Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Rifiuti - Schema di D.Lgs. n. 250 (dir. 2002/98/CE) - Schede di lettura
Riferimenti:
SCH.DEC 250/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 220
Data: 14/10/2010
Descrittori:
DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA   RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI
RIFIUTI E MATERIALE DI SCARTO     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Rifiuti

Schema di D.Lgs. n. 250

(dir. 2008/98/CE)

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

n. 220

 

 

 

14 ottobre 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Ambiente

( 066760-9712 / 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it

 

 

 

 

 

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File: Am0161.doc


INDICE

Schede di lettura

La direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti3

Le principali novità previste dallo schema in esame  9

1.       Disposizioni generali (artt. 1-9)9

§      Finalità e principi (artt. 1 e 2)9

§      Responsabilità estesa del produttore del prodotto (art. 3)9

§      Gerarchia di trattamento dei rifiuti (art. 4)11

§      Prevenzione della produzione di rifiuti (art. 5)13

§      Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti (art. 6)14

§      Riciclaggio, recupero e smaltimento dei rifiuti (artt. 7, 8 e 9)15

2.       Campo di applicazione della normativa sui rifiuti (artt. 10-14)18

§      La nuova definizione di rifiuto (art. 10)19

§      Operazioni relative ai rifiuti e soggetti coinvolti – nuove definizioni (art. 10)19

§      Combustibili da rifiuti (art. 10)21

§      Rifiuti pericolosi (artt. 10, 11 e 14)22

§      Altre definizioni (art. 10)22

§      Terre e rocce da scavo (artt. 11, 12 e 13)23

§      Sottoprodotti (art. 12)26

§      Cessazione della qualifica di rifiuto (art. 12)28

§      Esclusioni dall’ambito di applicazione (art. 13)30

3.       Tracciabilità dei rifiuti33

§      Adempimenti documentali e SISTRI (artt. 15 e 16)33

4.       Competenze  46

§      Competenze dello Stato e delle Province (artt. 17 e 18)46

5.       Servizio di gestione integrata dei rifiuti47

§      Piani regionali (art. 19)47

§      Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (art. 20)49

6.       Autorizzazioni e iscrizioni50

§      Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (art. 21)50

§      Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale (art. 22)51

§      Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione (art. 23)52

§      Albo nazionale gestori ambientali (art. 24)52

§      Autorizzazioni integrate ambientali (art. 25)55

7.       Procedure semplificate  56

§      Procedure semplificate (artt. 26, 27 e 28)56

§      Olii usati (art. 29)57

§      Comunicazioni alla Commissione europea (art. 29)59

8.       Sistema sanzionatorio  59

§      Regime sanzionatorio (artt. 30 - 32)59

9.       Norme di raccordo, transitorie ed abrogazioni (artt. 33 e 34)65

10.     Allegati (art. 34, commi 4-6)66

Testo a fronte

§      Parte quarta. Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati. Titolo I - Gestione dei rifiuti. Capo I - Disposizioni generali71

Normativa comunitaria

§      Dir. 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE. DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (Testo rilevante ai fini del SEE).171

 

 


Schede di lettura

 


La direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti

 

Le novità previste dalla direttiva

 

La direttiva quadro in materia di rifiuti 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 si compone di 43 articoli e 5 allegati e provvederà a sostituire la precedente direttiva quadro (2006/12/CE) a decorrere dal 12 dicembre 2010.

 

 

Il tentativo di semplificazione e chiarificazione della normativa sui rifiuti

 

A tal fine vengono introdotte nuove definizioni allo scopo di prevenire le possibili distorsioni sul mercato derivanti da un’applicazione non uniforme delle nozioni in oggetto.

 

Benché la definizione di rifiuto rimanga sostanzialmente immutata, viene introdotta una serie di nuove nozioni (prima fra tutte, quella di ‘‘sottoprodotto’’), intese a circoscrivere l’ambito di applicazione della legislazione comunitaria in materia. Vengono, inoltre, introdotte le definizioni di ‘‘riciclaggio’’, ‘‘riutilizzo’’ e ‘‘ preparazione per il riutilizzo’’ nonché rivisitate le definizioni di ‘‘raccolta’’ e di ‘‘recupero’’, e fissati i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (cd. end of waste).

 

In particolare, si segnala che il concetto di «sottoprodotto» - introdotto dall’art. 5 della direttiva - seppur non nuovo nel diritto comunitario (in quanto oggetto di ricostruzione giurisprudenziale fin dal 2002), viene inserito per la prima volta in un provvedimento legislativo comunitario.

 

Ai sensi del successivo art. 6 (relativo alla “cessazione della qualifica di rifiuto”), taluni rifiuti specifici cessano di essere tali, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino determinati criteri da elaborare conformemente ad una serie di condizioni stabilite dalla norma.

 

Oltre all’inserimento di nuove definizioni, la direttiva prevede l’introduzione (all’art. 2) di nuove ipotesi di esclusione dal campo di applicazione della normativa in materia di rifiuti.

 

Tra di esse si ricordano, il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno; il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato escavato.

 

Si rammentano, altresì, tra le nuove esclusioni, i materiali agricoli o forestali naturali non pericolosi utilizzati nell'attività agricola, nella silvicoltura o per la produzione di energia a partire dalle stesse biomasse, nonché - nella misura in cui sono contemplati da altra normativa comunitaria - i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio. Inoltre, fatti salvi gli obblighi risultanti da altre normative comunitarie pertinenti, sono esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva i sedimenti spostati all'interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d'acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli, se è provato che i sedimenti non sono pericolosi.

 

Un’ulteriore semplificazione, operata dalla direttiva in esame, avviene mediante l’integrazione nel testo della stessa delle due direttive, che vengono contestualmente abrogate, sui rifiuti pericolosi (91/689/CEE) e sugli oli usati (75/439/CEE).

 

Il contenuto degli articoli della direttiva sui rifiuti pericolosi è trasposto nel testo degli articoli 17-20 della direttiva in esame, mentre gli obblighi in materia di raccolta e trattamento degli oli usati vengono incorporati nella direttiva quadro dall’art 21.

 

 

L'inserimento dell'obiettivo ambientale (art. 1) e l’introduzione del concetto di “ciclo di vita” in materia di rifiuti

 

L'obiettivo è, infatti, di ridurre l’impatto ambientale legato all’uso dei rifiuti, tenendo conto di tutte le fasi del loro ciclo di vita, ossia il periodo che va dalla produzione alla gestione. Il concetto di ciclo di vita si inserisce all’interno della “gerarchia dei rifiuti”, di fatto già esistente nella legislazione vigente, ma rielaborata dall’art. 4.

 

La nuova scala gerarchica (articolata su cinque stadi[1]) che, ai sensi dell’art. 4 della direttiva, deve essere rispettata quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti, a differenza della previgente norma di fonte comunitaria, che poneva il recupero di energia sullo stesso piano del recupero di materia prima, considera il riciclaggio preferibile rispetto ad altre forme di recupero. Inoltre viene concessa la facoltà agli Stati membri, per alcuni flussi di rifiuti, di discostarsi dalla gerarchia sulla base di valutazioni legate al ciclo di vita e che riguardano l'impatto generale del trattamento.

 

 

La previsione di specifici programmi di prevenzione dei rifiuti

 

Per quanto riguarda la prevenzione dei rifiuti, la fissazione di obiettivi quantitativi in materia di prevenzione viene rinviata ad un momento successivo ed è prevista (dall’art. 9) l’elaborazione, a livello nazionale, di programmi di prevenzione dei rifiuti entro il 12 dicembre 2013 (art. 29) volti a fissare gli obiettivi di prevenzione.

 

 

L’istituzione di un nuovo quadro normativo adeguato per lo sviluppo delle attività di recupero e riciclo

 

Ciò avviene, soprattutto[2], mediante l’introduzione di soglie di efficienza energetica al fine di inquadrare le operazioni di trattamento dei rifiuti urbani in inceneritori municipali come attività di recupero o di smaltimento (art. 38; Allegato II, punto R1);

 

Nell'ambito delle operazioni di recupero vengono infatti riconosciuti due tipi di incenerimento: quello volto a valorizzare i rifiuti e quello volto ad eliminarli. Nell'allegato II della direttiva sono riportate le percentuali dell’indice di efficienza energetica[3] quale linea di demarcazione per la classificazione delle operazioni di incenerimento come "recupero" o "smaltimento". Esse sono fissate al 60% per gli impianti già esistenti e al 65% per quelli autorizzati dopo il 31 dicembre 2008.

 

Un altro importante tassello del nuovo quadro normativo è costituito dall’inserimento di chiari obiettivi in materia di riciclaggio. Le disposizioni di cui all’art. 11, rubricato “riutilizzo e riciclaggio”, sono finalizzate ad incentivare gli investimenti nel settore della prevenzione, del riciclaggio e del riutilizzo. A tal fine, l’art. 11, oltre a prevedere l’adozione da parte degli Stati membri di una combinazione di misure per la promozione del riutilizzo e del riciclaggio (tra cui, strumenti economici, costituzione di reti di riutilizzo e riparazione, criteri in materia di appalti, obiettivi quantitativi), fissa i seguenti target:

 

- entro il 2015, istituzione della raccolta differenziata almeno per i seguenti materiali: carta, metallo, plastica e vetro;

 

- entro il 2020: incremento del 50 per cento, in termini di peso, per quanto attiene alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti, quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici; nonché incremento del 70 per cento, in termini di peso, relativamente alla preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi.

 

L’elemento di novità della disposizione in esame è – come sottolineato da più parti[4] - quello di coniugare obiettivi di riciclo e riutilizzo basati sui prodotti alla fine del ciclo di vita (già in vigore per gli imballaggi, i veicoli fuori uso, le pile e gli accumulatori usati ed i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) con obiettivi basati sui singoli materiali.

 

 

La “responsabilità estesa del produttore”

 

L’art. 8 prevede - fatti salvi i settori ove la legislazione comunitaria già prevede che il produttore sia responsabile delle varie fasi di gestione[5] - che gli Stati membri possano adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad responsabilità. Qualora uno Stato membro non decida di avvalersi di un regime specifico sulla responsabilità del produttore, ai sensi dell’art. 14 i “costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti”, secondo il principio «chi inquina paga».

 

 

Il recepimento della direttiva nell'ordinamento italiano

 

Il termine per il recepimento della direttiva 2008/98/CE da parte degli Stati membri è fissato al 12 dicembre 2010.

 

Ai fini del recepimento della direttiva nell'ordinamento nazionale, essa è stata inclusa nell'allegato B della legge 88/2009 (legge comunitaria 2008)

 

Ai sensi dell'art. 1 della medesima legge il Governo può provvedere al recepimento delle direttive citate mediante l'adozione di appositi decreti legislativi, entro i termini fissati dalle direttive per il recepimento oppure, qualora il termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.

 


Tabella di corrispondenza tra la direttiva e il Codice (come modificato dallo schema in esame)

 

§           Direttiva 2008/98/CE

§           d.lgs. 156/2006

§  Art. 1

§  Artt. 177 - 178

§  Art. 2

§  Art. 185

§  Art. 3

§  Art. 183

§  Art. 4

§  Artt. 178 - 179

§  Art. 5

§  Art. 184-bis

§  Art. 6

§  Art. 184-ter

§  Art. 7

§  Art. 184

§  Art. 8

§  Art. 178-bis

§  Art. 9

§  (obblighi della Commissione)

§  Art. 10

§  Art. 181

§  Art. 11

§  Artt. 180-bis - 181

§  Art. 12

§  Art. 182

§  Art. 13

§  Art. 177

§  Art. 14

§  Artt. 178-bis – 188

§  Art. 15

§  Art. 188

§  Art. 16

§  Art. 182-bis

§  Art. 17

§  Artt. da 188 a 194

§  Art. 18

§  Art. 187

§  Art. 19

§  Art. 193

§  Art. 20

§  Art. 184

§  Art. 21

§  Art. 216-bis

§  Art. 22

§  Art. 182-ter

§  Art. 23

§  Art. 208

§  Art. 24

§  Artt. 212 -216

§  Art. 25

§  Art. 215

§  Art. 26

§  Art. 212

§  Art. 28

§  Art. 199

§  Art. 29

§  Artt. 180 - 199

§  Art. 30

§  Art. 199

§  Art. 31

§  Art. 199

§  Art. 32

§  Art. 199

§  Art. 33

§  Art. 199

§  Art. 34

§  Artt. 197 – 216-ter

§  Art. 35

§  Artt. 188-bis – 188-ter 190

§  Art. 36

§  Artt. 255 – 260-bis – 260-ter

§  Art. 37

§  Art. 216-ter

 

 


Le principali novità previste dallo schema in esame

1.       Disposizioni generali (artt. 1-9)

Finalità e principi (artt. 1 e 2)

Il nuovo testo degli artt. 177-178 non si discosta, nella sostanza, da quello vigente e consente di recepire il dettato dell’art. 1 della direttiva, nonché del disposto del secondo paragrafo dell’art. 4 della direttiva medesima.

Tale ultimo disposto trova infatti accoglimento nel nuovo testo dell’art. 178 che, oltre ai principi già contemplati dal testo vigente, prevede anche il principio di sostenibilità e assoggetta la gestione dei rifiuti a criteri di fattibilità tecnica ed economica.

Si segnala altresì che il comma 4 del nuovo testo dell’art. 177 (che ripropone una disposizione collocata nel comma 2 del vigente art. 178), recepisce integralmente il dettato dell’art. 13 della direttiva.

 

Normativa di attuazione

Si segnala che l’art. 177, comma 7, analogamente a quanto già previsto dal testo vigente, impone l’adeguamento degli ordinamenti regionali alle nuove disposizioni entro un anno dalla data di entrata in vigore dello schema in esame.

Responsabilità estesa del produttore del prodotto (art. 3)

L’art. 178-bis introduce, recependo così l’art. 8 della direttiva, disposizioni finalizzate a consentire l’applicazione (facoltativa) del principio della responsabilità estesa del produttore del prodotto, secondo cui il produttore deve essere responsabile di tutte le varie fasi di gestione del prodotto e quindi anche del rifiuto che ne deriva.

 

A tal fine viene consentita l’emanazione di appositi decreti (vedi infra) volti a disciplinare modalità e criteri attuativi.

 

Lo stesso articolo, sempre in linea con il testo della direttiva, reca la definizione di produttore del prodotto, che viene inteso come “qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti”.

Si fa notare che, al fine di evitare inutili ripetizioni, sembrerebbe opportuno eliminare tale definizione, essendo già contemplata dall’art. 183 che raccoglie tutte le definizioni. In alternativa si segua la strada percorsa dalla direttiva che enuncia la definizione nell’ambito dell’art. 8 senza poi ripeterla nell’art. 3 relativo alle definizioni.

 

Il comma 3 dell’art. 178-bis, inoltre, dispone (recependo integralmente quanto previsto dal par. 4 dell’art. 8 della direttiva) che la responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatte salve:

§         la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all’art. 188, comma 1;

Si ricorda che il citato comma dell’art. 188, nel testo novellato dal presente schema, addossa la responsabilità della gestione dei rifiuti al produttore iniziale o altro detentore di rifiuti.

§         la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.

Si ricorda, in proposito, che a livello comunitario e quindi nazionale il principio della responsabilità estesa è stato reso obbligatorio unicamente in relazione ad un numero limitato di flussi di rifiuti: i veicoli fuori uso (D.Lgs. 209/2003), le apparecchiature elettriche ed elettroniche (D.Lgs. 151/2005), le pile e gli accumulatori (D.Lgs. 188/2008).

 

Il successivo comma 4 prevede la possibilità, per i decreti attuativi, di addossare i costi della gestione dei rifiuti parzialmente o interamente al produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto partecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all'intera copertura di tali costi.

Tale disposizione, come segnalato dalla relazione tecnica, consente di recepire il disposto dell’art. 14, paragrafo 2, della direttiva.

Normativa di attuazione

L’art. 178-bis, comma 1, come segnalato, prevede l’emanazione di uno o più decreti del Ministro dell’ambiente aventi natura regolamentare e volti a definire criteri e modalità per l’introduzione della citata responsabilità estesa nell’organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti e nell’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato ad inserire il parere della Conferenza unificata.

 

 

Viene altresì prevista, dal comma 2 dell'articolo in esame, la possibilità di adottare uno o più decreti interministeriali, adottati di concerto dai Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico, volti a definire le modalità e i criteri:

§      per la gestione dei rifiuti e della relativa responsabilità finanziaria dei produttori del prodotto (in tal caso è previsto anche il concerto del Ministero dell’economia e delle finanze);

§      per la pubblicizzazione dei modi in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile;

§      per la progettazione di prodotti aventi minore impatto ambientale;

§      per favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all'uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l'ambiente.

Gerarchia di trattamento dei rifiuti (art. 4)

Il nuovo testo dell’art. 179 introduce, al comma 1, in modo esplicito la seguente gerarchia del trattamento dei rifiuti che, in linea con quanto previsto dall’art. 4, par. 1, della direttiva, si articola in 5 livelli:

a)   prevenzione;

b)   preparazione per il riutilizzo;

c)   riciclaggio;

d)   recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

e)   smaltimento.

 

Tale disposizione va letta unitamente a quella del comma 6, che riprende, modificandolo, il contenuto del testo vigente del comma 2 dell’art. 179.

Ai sensi del comma 6, infatti, nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti, le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.

 

Al fine di recepire il dettato del par. 2 dell’art. 4 della direttiva i commi 2 e 3 del nuovo testo dell’art. 179 dispongono che:

§         nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, in applicazione del principio di precauzione e sostenibilità, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente, anche tenendo conto degli impatti socio-sanitari ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnico-economica.

§         in via eccezionale, può essere necessario discostarsi dalla citata gerarchia, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, qualora ciò sia giustificato, in applicazione del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad un’analisi in relazione agli impatti complessivi ambientali e sanitari della produzione e della gestione, in termini di ciclo di vita, di tali rifiuti, nonché socio-economici, ivi compresa la fattibilità tecnico-economica.

 

Il comma 5 riproduce, integrandolo, il dettato del vigente comma 1 dell’art. 179, relativo alle iniziative delle pubbliche amministrazioni per favorire il rispetto della gerarchia di trattamento dei rifiuti. Rispetto al testo vigente, che indica tra le iniziative che devono essere perseguite in particolare alcune misure di promozione di tecnologie pulite e più efficienti dal punto di vista ambientale, vengono indicate anche le seguenti iniziative:

§      la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

§      l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.

 

Si fa tuttavia notare che tali disposizioni non hanno carattere innovativo, in quanto riproducono nella sostanza quanto già disposto dal vigente art. 181, comma 1, lettere b) e c).

 

Se il comma 3 prevede un’analisi anche in termini di ciclo di vita, il comma 7 ribadisce l’attenzione posta dalla direttiva alla nozione del ‘‘ciclo di vita’’ nella politica di gestione dei rifiuti, prevedendo che le pubbliche amministrazioni promuovano l’analisi del ciclo di vita dei prodotti.

Si fa notare che una disposizione analoga è già contenuta nel testo vigente dell’art. 181, comma 2.

Normativa di attuazione

Il comma 4 prevede l’emanazione di uno o più decreti interministeriali, adottati di concerto dai Ministri dell’ambiente e della salute, finalizzati all’individuazione, per singoli flussi di rifiuti specifici, delle opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi precedenti, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente.

Si ricorda, in proposito, che i commi 2 e 3 prevedono l’adozione di misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente. Tali misure potranno discostarsi dalla citata gerarchia solo in via eccezionale e per singoli flussi di rifiuti specifici, qualora ciò sia giustificato in base ad un’analisi degli impatti e del ciclo di vita.


 

Si segnala infine che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato ad inserire nel testo il seguente emendamento:

“Con uno o più decreti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate.

 

Il governo ha inoltre accolto una riformulazione del comma 3 dell’art. 4, nel senso di prevedere la possibilità (e non la mera necessità in relazione all’analisi degli impatti complessivi) di discostarsi dall’ordine di priorità stabilito per il trattamento dei rifiuti, qualora ciò sia giustificato sia sotto profili ambientali e sanitari che sotto profili sociali ed economici.

 

La Conferenza aveva infine chiesto al governo di chiarire rispetto a quali parametri devono essere aumentati gli obiettivi del 50% e del 70% di cui rispettivamente all’art. 181, comma 1, lett. a) e lett. b).

 

Quanto, infine, al divieto di recupero dei rifiuti urbani in altre regioni, il governo ritiene di rinviare la questione all’emanazione delle apposite linee guida (di cui all’art. 195, co. 1, lett. t)). E’ in ogni caso accolto l’emendamento della Conferenza volto ad estendere il divieto di “smaltire” rifiuti urbani in altre regioni al divieto di “trattare” rifiuti (art. 182, co. 3).

Prevenzione della produzione di rifiuti (art. 5)

Le principali modifiche apportate dall’art. 5 al testo dell’art. 180 consistono non tanto nelle modifiche puntuali al comma 1, quanto nell’introduzione di alcuni commi aggiuntivi.

Si tratta, in particolare, dei nuovi commi da 2 a 4 che consentono di recepire il dettato dei paragrafi 1, 2 e 3 dell’art. 29 della direttiva.

 

Il comma 2 prevede l’adozione, da parte del Ministero dell’ambiente, di un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e che il medesimo Ministero elabori indicazioni per l’integrazione nei piani regionali di gestione dei rifiuti di cui all'art. 199.

Ai sensi del comma 3 nei programmi di prevenzione vengono fissati gli obiettivi di prevenzione.

Viene altresì previsto che il Ministero descriva le misure di prevenzione esistenti e valuti l'utilità degli esempi di misure di cui all'allegato L (tale allegato, inserito dallo schema in esame, riproduce fedelmente l’allegato IV della direttiva) o di altre misure adeguate.

Il Ministero inoltre, ai sensi del comma 4, individua gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i progressi realizzati nell'attuazione delle misure di prevenzione e può stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi.

Il comma 5 poi impone al Ministero dell'ambiente di assicurare la disponibilità di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti e, se del caso, di elaborare orientamenti per assistere le regioni nella preparazione dei programmi.

 

Si fa notare che mentre il comma 2 prevede l’adozione da parte del Ministero dell'ambiente di un programma nazionale di prevenzione, nei restanti commi si parla invece di programmi (regionali?) di prevenzione, i quali dovranno essere, sempre ai sensi del comma 1, integrati nei piani regionali di cui all’art. 199.

Sembra quindi opportuna una riformulazione dei commi da 2 a 5 al fine di eliminare l’ambiguità segnalata.

 

Si fa altresì notare che nulla è detto, dai commi succitati, circa il termine per l’adozione del programma o dei programmi di prevenzione, mentre l’art. 29 della direttiva fissa il termine del 12 dicembre 2013.

Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti (art. 6)

L’art. 6 dello schema in esame introduce nel testo del D.Lgs. 152/2006 un nuovo articolo 180-bis che impone:

§         alle pubbliche amministrazioni, la promozione di iniziative volte a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, elencando una serie di possibili iniziative, quali misure educative, strumenti economici, misure logistiche (come la costituzione e il sostegno di reti di riutilizzo/riparazione), adozione di idonei criteri nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici (al fine di attuare le disposizioni del D.Lgs. 163/2006 in tema di green public procurement) e definizione di obiettivi quantitativi (comma 1). La disposizione recata dal comma 1 consente di recepire il par. 1 dell’art. 11 della direttiva;

§         al Ministero dell'ambiente, di adottare le ulteriori misure necessarie per la promozione del riutilizzo dei prodotti e della preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto (comma 2).

Normativa di attuazione

Il comma 2 dell’art. 180-bis prevede che le citate ulteriori misure di promozione siano adottate attraverso l’emanazione di uno o più decreti interministeriali, adottati di concerto dai Ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato ad inserire il parere della Conferenza unificata.

Riciclaggio, recupero e smaltimento dei rifiuti (artt. 7, 8 e 9)

Il nuovo testo dell’art. 181 si caratterizza per alcune importanti novità che vengono introdotte nel Codice al fine di completare il recepimento del dettato degli artt. 10-11 della direttiva.

In particolare il comma 1 prevede, al fine di recepire l’art. 11 della direttiva:

§         la fissazione, da parte delle regioni, dei criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformità alle previsioni dell'art. 205[6];

§      la realizzazione entro il 2015, da parte delle autorità competenti, della raccolta differenziata almeno per carta, metalli, plastica e vetro;

§      l’introduzione di precisi obiettivi quantitativi (in termini di peso) relativi alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio/recupero di rifiuti, da raggiungere entro il 2020. In particolare vengono fissati i seguenti obiettivi:

      incremento del 50%, in termini di peso, per quanto attiene alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti, quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici (e possibilmente di altra origine, nella misura in cui assimilabili a quelli domestici);

      incremento del 70%, in termini di peso, relativamente alla preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi (escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 del CER).

Si ricorda che la citata voce 17 05 04 corrisponde, secondo l’elenco riportato nell’allegato D, a terra e rocce non contenenti sostanze pericolose.

 

Alcuni autori sottolineano che l’elemento di novità della disposizione in esame è quello di “coniugare obiettivi di riciclo e riutilizzo basati sui prodotti alla fine del ciclo di vita (già in vigore per gli imballaggi, i veicoli fuori uso, le pile e gli accumulatori usati ed i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) con obiettivi basati sui singoli materiali. In effetti, fino ad oggi la legislazione comunitaria ha prescritto obiettivi minimi di riciclo unicamente per materiali specifici contenuti negli imballaggi (vetro, plastica, carta, metalli, ecc.), non esigendo, tuttavia, il riciclo di tali materiali qualora gli stessi siano usati in altre applicazioni (ad esempio, la carta di giornale)”[7].

 

Le disposizioni del comma 3, che recepiscono fedelmente il contenuto del paragrafo 2 dell’art. 10 della direttiva, prevedono, al fine di facilitare o migliorare il recupero dei rifiuti, l’obbligo della raccolta separata dei rifiuti stessi, laddove ciò sia realizzabile, dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, ed il divieto di miscelazione di rifiuti con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse.

 

Ai sensi del comma 4, per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.

In realtà tale disposizione non ha carattere innovativo, in quanto è il risultato di una ricollocazione dell’ultimo periodo del comma 5 del vigente art. 182.

Normativa di attuazione

Il comma 1-bis affida al Ministero dell’ambiente il compito di provvedere, con proprio decreto, alla definizione delle modalità di attuazione e calcolo degli obiettivi fissati dal comma 1, nelle more dell’emanazione di analogo provvedimento da parte della Commissione UE (ai sensi di quanto previsto dal paragrafo 3 dell’art. 11 della direttiva).

Si fa notare che la modalità di calcolo dovrà, tra l’altro, indicare l’anno base rispetto a cui calcolare le variazioni del 50% e del 70% previste dalla norma.

 

Il comma 2 demanda ad uno o più decreti interministeriali, adottati di concerto dai Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico, l’adozione di:

§      misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformità ai criteri di priorità di cui all'art. 179 (gerarchia di trattamento dei rifiuti) e alle finalità indicate dall'art. 177, comma 4;

§      misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata dei rifiuti.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato ad inserire il parere della Conferenza unificata.

 

Relativamente all’art. 182che recepisce l’art. 12 della direttiva - non si segnalano variazioni di rilievo, in quanto le modifiche sono per lo più finalizzate a migliorare il testo o a ricollocare parti dello stesso in altri articoli.

Vale comunque la pena di sottolineare il tenore del nuovo testo del comma 4 che conferma quanto previsto dal testo vigente, che condiziona la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di incenerimento all’ottenimento di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, ma, rispetto al testo vigente, non prevede più che tale quota sia stabilita con apposite norme tecniche approvate con decreto interministeriale ma semplicemente tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.

 

Si segnala peraltro che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a modificare il comma in esame eliminando il riferimento alla “quota minima” di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile e prevedendo che il processo “garantisca un elevato livello di recupero energetico.

 

Il governo si è inoltre impegnato ad accogliere la richiesta della Conferenza di non sopprimere il comma 6 che reca un rinvio all'articolo 107, comma 3, del Codice per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti in fognatura.

 

L’art. 9 dello schema in esame introduce due nuovi articoli nel testo del Codice, finalizzati al recepimento degli omologhi articoli 16 e 22 della direttiva.

L’art. 182-bis recepisce fedelmente, nella sostanza, il disposto dell’art. 16 della direttiva, prevedendo che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati siano attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, che garantisca:

§         l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali (principio di autosufficienza);

§         lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi (principio di prossimità).

 

Il successivo art. 182-ter, in linea con quanto previsto dall’art. 22 della direttiva, prevede l’adozione entro 180 giorni dall’entrata in vigore dello schema in esame, da parte delle Regioni, delle Province autonome, dei Comuni e degli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, di misure volte ad incoraggiare, per i rifiuti organici:

la raccolta separata, finalizzata a compostaggio e digestione dei medesimi;

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato prevedere che tale raccolta avvenga “mediante contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002”.

§      il trattamento degli stessi, in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;

§      l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai medesimi rifiuti, ciò al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente.

 

L’introduzione di una norma specifica sui rifiuti organici è accompagnata dall’inserimento, nel nuovo testo dell’art. 183, della relativa definizione, mutuata dall’art. 3 della direttiva. Sono quindi “organici" i rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, i rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.

 

Si fa notare che nella corrispondente definizione prevista dalla direttiva non compare l’ultima parte del periodo che reca, quale condizione per la definizione di rifiuti organici, il fatto che siano raccolti in modo differenziato con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a sopprimere tale specificazione (avendola, come già detto, introdotta all’art. 182-ter)

 

La relazione illustrativa, nel commentare i principi introdotti dagli artt. 182-bis e 182-ter, segnala che l’attuazione degli stessi principi comporterà “notevoli benefici economici ed ambientali per il complessivo sistema di gestione dei rifiuti, attraverso la riduzione della movimentazione dei rifiuti e l’utilizzo dei metodi e delle migliori tecnologie”.

2.       Campo di applicazione della normativa sui rifiuti (artt. 10-14)

Le modifiche al campo di applicazione della normativa sui rifiuti derivano siano dalle nuove definizioni previste dall’art. 10 dello schema in esame, che riscrive completamente il testo dell’art. 183 al fine di rendere le definizioni conformi a quelle previste dall’art. 3 della direttiva, nonché dalle modifiche agli articoli successivi relativi alla classificazione dei rifiuti e alle esclusioni dal campo di applicazione (artt. 184-185 del Codice). Estrema rilevanza, inoltre, assumono i nuovi articoli 184-bis e 184-ter volti rispettivamente a disciplinare le condizioni per poter considerare un rifiuto come sottoprodotto e per valutare quando un rifiuto cessa di essere tale.

La nuova definizione di rifiuto (art. 10)

Una delle modifiche più rilevanti apportate all’apparato definitorio del Codice è senz’altro costituita dalla nuova nozione di “rifiuto” (lettera a) dell’art. 183). Pur restando inalterato il concetto di “disfarsi” nelle tre declinazioni («si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi»), viene eliminata la seconda condizione prevista dalla normativa vigente, vale a dire l’inserimento nell’elenco delle categorie di rifiuti previsto dal vigente Allegato A (che viene a sua volta abrogato dall’art. 34, comma 5, dello schema in esame).

Tale modifica si è resa necessaria, a livello comunitario, al fine di adeguare il dettato normativo alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Si ricorda, ad esempio, la sentenza della Corte di Giustizia 24 giugno 2008, C188/07 secondo cui, nonostante la direttiva 75/442 proponga, in allegato, elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili come rifiuti, «tali elenchi, tuttavia, hanno soltanto un valore indicativo, posto che la qualifica di rifiuto discende anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine “disfarsi”».

La nuova nozione “aperta” di rifiuto impatta sulla classificazione disciplinata dall’art. 184 del Codice. Si segnala, in particolare, la disposizione recata dall’ultimo periodo del comma 5 dell’art. 184 come modificato dall’art. 11 dello schema in esame, secondo cui l’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’art. 183 (vedi oltre).

Operazioni relative ai rifiuti e soggetti coinvolti – nuove definizioni (art. 10)

Vengono altresì introdotte alcune definizioni connesse alla nuova gerarchia di trattamento dei rifiuti, si pensi alle nozioni di “prevenzione”, “preparazione per il riutilizzo”, “riutilizzo”, “riciclaggio” e “trattamento” (lettere i), o), p), q) ed s) dell’art. 183), che recepiscono le omologhe definizioni della direttiva.

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato ad inserire anche la seguente definizione: lett. d-bis) autocompostaggio: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in situ del materiale prodotto.

 

Altra novità rilevante, sempre in linea con quanto previsto dalla direttiva, è l’introduzione delle nozioni di “commerciante” e “intermediario” (lettere g) ed h) dell’art. 183) e la modifica della nozione dell’attività di “gestione” dei rifiuti (lettera l) dell’art. 183). Tale ultima definizione viene infatti integrata al fine di includere, tra le attività di gestione, anche “le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario”.

Si fa notare che l’introduzione delle citate definizioni di commerciante e intermediario consente di colmare una lacuna nel testo vigente del Codice, ove le figure dell’intermediario e del commerciante di rifiuti sono citate più volte, senza però essere mai definite: ciò è evidente dalla lettura comparata del testo vigente degli articoli 189, comma 3, 190, comma 1, e 212, comma 5, del D.Lgs. 152/2006[8].

Quanto ai soggetti principali coinvolti nella gestione dei rifiuti, “produttore” e “detentore” (lettere e) ed f) dell’art. 183), non si registrano modifiche di rilievo nelle relative definizioni. Le modifiche sembrano finalizzate più che altro all’utilizzo di una terminologia più precisa.

 

Cambiano, rispetto, al testo vigente, le definizioni di “raccolta” e di “raccolta differenziata” (lettere m) ed n) dell’art. 183). Mentre la nozione di raccolta differenziata viene semplificata, in linea con quella prevista dalla direttiva, il contrario accade per la definizione di raccolta che - come risulta dallo schema sottostante - appare più articolata sia di quella prevista dal testo vigente del Codice che di quella prevista dall’art. 3, numero 10), della direttiva:

 

D.Lgs. 152/2006

Schema in esame

Direttiva 2008/98/CE

e) raccolta: l'operazione di prelievo, di cernita o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto;

m) “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla successiva lettera “bb” del presente comma, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;

10)  «raccolta» il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;

 

Si fa notare che il rinvio alla lettera bb) è errato e quindi deve essere sostituito con un rinvio alla lettera hh) che reca la definizione di “centro di raccolta” (la lettera bb) infatti definisce il rifiuto biostabilizzato).

 

Si segnala al riguardo che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a sopprimere le note 3 e 8 rispettivamente degli allegati B e C riguardanti la definizione di deposito e a mantenere l’attuale definizione contenuta alla citata lett. m).

 

Le nozioni di “recupero” e “smaltimento” (lettere r) ed u) dell’art. 183), che nel testo vigente si limitavano a rinviare alle operazioni elencate negli allegati B e C, vengono integrate - in linea con il disposto della direttiva - da un lato al fine di chiarirne il significato e dall’altro al fine di chiarire che gli elenchi di cui agli allegati B e C sono elenchi “aperti” in quanto non esauriscono le possibili operazioni di recupero e smaltimento.

Combustibili da rifiuti (art. 10)

Una modifica rilevante è sicuramente quella relativa al combustibile da rifiuti (CDR) accompagnata dall’abrogazione (disposta dall’art. 34, comma 3, del presente schema) del vigente art. 229 del Codice che reca la disciplina di dettaglio per l’utilizzo del CDR.

La nuova definizione di CDR, recata dalla lettera aa) dell’art. 183, ne conferma sia la conformità alle norme tecniche UNI 9903-1 sia la natura di rifiuto speciale, fatta però salva l’applicazione del nuovo articolo 184-ter sulla cessazione della qualifica di rifiuto (vedi infra).

Scompare poi, rispetto al testo vigente, la distinzione tra CDR e CDR-Q (di qualità elevata). Il nuovo testo però contempla una nuova definizione, quella di “combustibile solido secondario” (CSS) (prevista dalla lettera aa-bis) dell’art. 183).

Il CSS è definito come il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le norme tecniche UNI CEN/TS 15359. Anche il CSS viene classificato come rifiuto speciale, fatta però sempre salva l’applicazione del citato articolo 184-ter.

Si fa notare che i combustibili solidi secondari (CSS, o Solid Recovered Fuels, SRF, nella terminologia inglese) sono una classe più ampia di combustibili, di cui il CDR è un caso particolare.

Mentre la norma UNI 9903-1 prevede due classi di qualità del combustibile (qualità normale, che ricalca le specifiche definite dal D.M. 5 febbraio 1998, e qualità elevata, con specifiche più stringenti riguardo al contenuto di sostanze potenzialmente dannose per l'ambiente e a parametri di interesse tecnologico), la normativa tecnica relativa ai CSS li classifica in una serie maggiore di classi di qualità in dipendenza del contenuto di cloro e mercurio e del potere calorifico inferiore (PCI), ma non definisce precise specifiche, essendo questo aspetto completamente demandato al produttore, anche sulla base delle richieste specifiche dell’utilizzatore[9].

 

Si segnala al riguardo che – in sede di Conferenza unificata – il governo ha chiarito che per semplificare la comprensione delle definizioni di CDR e CSS si intende eliminare la definizione di CDR prevista dalla citata lettera aa) e mantenere in essere, fino alla naturale scadenza, le autorizzazioni legate alla produzione e all’utilizzo del CDR e CDR-Q. (mediante l’inserimento di nuovo comma 8 all’art. 34).

Rifiuti pericolosi (artt. 10, 11 e 14)

Viene introdotta, sempre in linea con la direttiva, la definizione di “rifiuto pericoloso” (lettera b)dell’art. 183), inteso come rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto.

Si fa notare che la stessa definizione è ripetuta nel comma 4 dell’art. 184 come modificato dall’art. 11 del presente schema.

Sembra quindi opportuno valutare l’opportunità di mantenere la stessa definizione in due parti diverse dell’articolato.

 

Una disposizione rilevante in materia di rifiuti pericolosi sembra poi quella recata dal comma 5 dell’art. 184 come modificato dall’art. 11 del presente schema, ove viene statuito che l’elenco dei rifiuti di cui all’Allegato D è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. Tale norma recepisce fedelmente quella recata dall’art. 7, par. 1, della direttiva.

 

Relativamente alla miscelazione dei rifiuti pericolosi, il nuovo testo dell’art. 187, come riscritto dall’art. 14 dello schema in esame e che nella sostanza recepisce integralmente il dettato dell’art. 18 della direttiva, conferma il divieto di miscelazione già previsto dal testo vigente, introducendo, in particolare, rispetto al testo vigente:

§         la specificazione che la miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose;

§         l’aggiunta di due condizioni da rispettare per poter procedere alla miscelazione consentita, in deroga, dal comma 2. Le condizioni aggiuntive sono che la miscelazione sia effettuata da ente o impresa autorizzata ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 e che sia conforme alle migliori tecniche disponibili.

Altre definizioni (art. 10)

Accanto alla definizione di “compost di qualità” (che non compare nella direttiva), che rimane invariata, vengono introdotte le definizioni di “rifiuto biostabilizzato” e di “digestato di qualità” (anch’esse non previste dalla direttiva). Si vedano, in proposito, le lettere bb), cc) e cc-bis) del nuovo testo dell’art. 183[10].

 

Si segnala, con riguardo alla lett. cc), che occorre sostituire il riferimento al d.lgs. 217 del 2006 con il riferimento al d.lgs. 29 aprile 2010, n. 75, recante Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88.Analogamente occorre modificare l’art. 195, comma 2, lett. o).

Normativa di attuazione

Per il deposito temporaneo ed i centri di raccolta vengono confermate le modalità attuative previste dal testo vigente e già attuate per quanto riguarda i centri di raccolta, dal D.M. 8 aprile 2008 (recante “Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche”, pubblicato in G.U. 28 aprile 2008, n. 99).

La nuova definizione di digestato di qualità, prevista dalla lettera cc-bis) del nuovo testo dell’art. 183 di qualità rinvia, per le norme tecniche da rispettare, ad apposito decreto interministeriale, adottato di concerto dai Ministri dell’ambiente e delle politiche agricole.

Si osserva, in proposito, che sembrerebbe opportuna l’indicazione di un termine per l’emanazione dell’atto.

 

Tra le altre definizioni si ricordano, infine, le nuove nozioni di “rifiuto organico” (cfr. commento all’art. 182-ter) e di “produttore del prodotto” (cfr. commento all’art. 178-bis) recate dalle lettere d) e e-bis) del nuovo testo dell’art. 183), di cui si è già dato conto nei precedenti paragrafi.

 

Si segnala, infine, che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificatanon è stata accolta la proposta di chiarire che le operazioni di sgombero della neve esulano dall'applicazione delle norme relative alla gestione dei rifiuti (art. 183, comma 1, lett. ll) e art. 185, comma 1, lett. g)).

E’ comunque accolta la seguente riformulazione della lettera ll): modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico.

E’ inoltre inserita una nuova lettera mm) recante “circuito organizzato di raccolta”

 

Si osserva – sotto il profilo della formulazione del testo -  che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 128/2010 – correttivo al Codice – occorre sostituire, al comma 1, lettera ii), il riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le cui norme sono ora confluite nel Codice stesso.

Terre e rocce da scavo (artt. 11, 12 e 13)

Per effetto della modifica al comma 3, lettera b), dell’art. 184 (recata dall’art. 11 del presente schema), della contemporanea abrogazione dell’art. 186 relativo alle terre e rocce da scavo (prevista dall’art. 34, comma 3, del presente schema) e della riscrittura dell’art. 185 relativo alle esclusioni dal campo di applicazione del Codice, viene delineata una nuova disciplina per le terre e rocce da scavo, come si evince dal testo a fronte di seguito riportato, che mostra anche le corrispondenti norme recate dalla direttiva:

 

D.Lgs. 152/2006

Schema in esame

Direttiva 2008/98/CE

Art. 184

3. Sono rifiuti speciali:

[…]

b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 186;

art. 184

3. Sono rifiuti speciali:

[…]

b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;

 

 

Art. 184-bis. Sottoprodotto

1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che […]

Art. 5  Sottoprodotti

1. Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell'articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto […]

 

Art. 184-ter. Cessazione della qualifica di rifiuto

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni […]

Articolo 6  Cessazione della qualifica di rifiuto

1.  Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell'articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni […]

Art. 185 Limiti al campo di applicazione

1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

[…]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c-bis) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso dell'attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato scavato.

Art. 185 Esclusioni dall’ambito di applicazione

1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

[…]

b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;

c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;

 

 

4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, sono da valutarsi ai sensi degli articoli 183, comma 1, lett. a), 184-bis e 184-ter.

Articolo 2  Esclusioni dall'ambito di applicazione

1.  Sono esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva:

[…]

 

b)  terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno;

 

 

 

 

 

c)  suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato escavato;

Art. 186. Terre e rocce da scavo.

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, le terre e rocce da scavo […]

 

 

 

Come sottolineato dal Ministero dell’ambiente, in un comunicato stampa apparso sul suo sito internet in data 16 aprile 2010, la nuova disciplina delineata dallo schema in esame sembra finalizzata a consentire il riutilizzo di terre e rocce da scavo. Si legge infatti nel comunicato che “Sino ad ora tutte le imprese che realizzavano infrastrutture (strade, autostrade, immobili, metropolitane) erano costrette a smaltire il materiale scavato come rifiuto (con adempimenti e ancora oneri annessi, come portarlo in discarica) e acquisire nuovo materiale per le attività di costruzione delle opere. Oggi invece se il materiale di risulta non è contaminato verrà considerato un sottoprodotto e potrà essere riutilizzato in loco”.

Il venir meno della disciplina di dettaglio recata dall’art. 186, unitamente al nuovo comma 4 dell’art. 185, sembrano infatti demandare tutto alla valutazione caso per caso ai sensi degli artt. 183, comma 1, lett. a), 184-bis e 184-ter.

La relazione illustrativa sottolinea – in verità commentando l’art. 12 dello schema in esame relativo ai sottoprodotti – che “ove le terre e rocce da scavo siano né escluse a priori dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, né qualificabili come sottoprodotti, queste potranno essere escluse dalla normativa sui rifiuti ove corrispondano ai criteri di cessazione di qualifica del rifiuto, anche essi individuati dal presente schema”.

Lo stesso viene affermato nell’11° considerando della direttiva, ove si legge che “La qualifica di rifiuto dei suoli escavati non contaminati e di altro materiale allo stato naturale utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati dovrebbe essere esaminata in base alla definizione di rifiuto e alle disposizioni sui sottoprodotti o sulla cessazione della qualifica di rifiuto ai sensi della presente direttiva”.

Sottoprodotti (art. 12)

L’art. 12 introduce un nuovo art. 184-bis che, in linea con l’art. 5 della direttiva, prevede una nuova disciplina definitoria per i sottoprodotti.

La tabella seguente evidenzia sia le differenze rispetto al testo vigente, sia le differenze rispetto al testo della direttiva.

 

D.Lgs. 152/2006

Schema in esame

Direttiva 2008/98/CE

Art. 183, c. 1, lett. p)

p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione;

 

 

 

2) il loro impiego

sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito;

4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al p.to 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione;

3) soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati;

5) abbiano un valore economico di mercato;

Art. 184-bis  Sottoprodotto

1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

 

 

b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché una sostanza o un oggetto specifico sia considerato sottoprodotto e non rifiuto. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità con quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

Art. 5  Sottoprodotti

1. Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell'articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

c) la sostanza o l'oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e

 

a) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o;

 

 

 

 

b) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Sulla base delle condizioni previste al paragrafo 1, possono essere adottate misure per stabilire i criteri da soddisfare affinché sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti e non rifiuti ai sensi dell'articolo 3, punto 1. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2.

 

Come sottolineato dal Ministero dell’ambiente, in un comunicato stampa apparso sul suo sito internet in data 16 aprile 2010, la nuova disciplina delineata dallo schema in esame sembra finalizzata a stabilire “regole più semplici e più concrete per il riuso evitando tutta la trafila di adempimenti e costi legati al rifiuto”.

La relazione illustrativa sottolinea che tale nuovo articolo “individua i criteri generali applicabili ad ogni caso specifico per la riconduzione di una sostanza o materiale alla nozione di sottoprodotto. Ne risultano così assorbite, ad esempio, le problematiche inerenti i residui delle attività agricole come anche l’annosa querelle inerente le terre e rocce da scavo”.

Normativa di attuazione

Il comma 2 dell’art. 184-bis demanda ad uno o più decreti del Ministro dell’ambiente la fissazione, sulla base delle condizioni definite dal medesimo articolo per la qualificazione di sottoprodotto, di criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché una sostanza o un oggetto specifico sia considerato sottoprodotto e non rifiuto.

Si fa però notare che il par. 2 dell’art. 5 della direttiva prevede che tali criteri siano adottati a livello comunitario, probabilmente al fine di evitare il rischio di proliferazione di discipline nazionali differenti.

E’ pur vero che il comma 2 precisa che tali decreti devono essere adottati “in conformità con quanto previsto dalla disciplina comunitaria”, ma forse sarebbe preferibile riformulare la norma al fine di statuire una sorta di recepimento automatico.

Cessazione della qualifica di rifiuto (art. 12)

L’art. 12 introduce, oltre all’art. 184-bis, un ulteriore articolo, l’art. 184-ter, che disciplina, in linea con l’art. 6 della direttiva, le situazioni in cui si ha la cessazione della qualifica di rifiuto.

Ai sensi del nuovo art. 184-ter, comma 1, un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

 

Si fa notare che, rispetto al testo della direttiva, viene inclusa, tra le operazioni che possono portare alla cessazione, anche la preparazione per il riutilizzo.

Sempre in aggiunta rispetto al testo della direttiva, il primo periodo del comma 2 dispone che l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni.

Relativamente all’adozione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto previsti dal comma 1 dell’art. 184-ter, si fa notare che l’art. 6, par. 2, della direttiva ne prevede la fissazione a livello comunitario. Il secondo periodo del comma 2 dell’art. 184-ter prevede l’adozione di criteri conformi alla disciplina comunitaria oppure, in mancanza di criteri comunitari, l’emanazione, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto, di appositi decreti del Ministero dell'ambiente.

Anche in tale caso si potrebbe eventualmente riformulare la norma al fine di statuire una sorta di recepimento automatico

 

Viene altresì disposto che, nelle more dell’emanazione di tali decreti, continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni:

§      D.M. 5 febbraio 1998, recante “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22” (G.U. 16 aprile 1998, n. 88, S.O.) e relativi regolamenti di attuazione recati dal D.M. 161/2002 e (per i rifiuti delle navi) dal D.M. 269/2005;

§      Art. 9-bis, lett. b), della legge 210/2008;

Si ricorda che l’art. 9-bis, lett. b), del D.L. 172/2008 (convertito dalla L. 210/2008) ha previsto una disposizione transitoria volta a confermare l’efficacia degli accordi e dei contratti di programma in materia di rifiuti stipulati tra le amministrazioni pubbliche e i soggetti economici interessati o le associazioni di categoria prima della soppressione del comma 4 dell'art. 181 del D.Lgs. 152/2006 (che ne consentiva la stipula) da parte del D.Lgs. 4/2008.

§      Circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n. 3402/V/MIN (fino al 31 dicembre 2010), recante chiarimenti interpretativi in materia di definizione di rifiuto.

 

Si fa notare che le disposizioni recate dall’articolo in esame superano quelle previste per le materie prime secondarie (MPS) dall’art. 181-bis del Codice. Tale articolo infatti viene abrogato dall’art. 34, comma 3, dello schema in esame.

Si fa altresì notare che il richiamo ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 161/2002 e 269/2005, nonché alla circolare n. 3402/V/MIN sono attualmente previsti dall’art. 181-bis quale riferimento normativo da utilizzare nelle more della fissazione, da parte del Ministero dell'ambiente, delle caratteristiche che devono rispettare i metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari.

 

Il comma 6 dell’art. 184-ter reca una disposizione, aggiuntiva rispetto alla direttiva, secondo cui la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

 

Tale disposizione appare priva di contenuto normativo.

Normativa di attuazione

Come accennato sopra, in mancanza di criteri comunitari, il comma 2 dell’art. 184-ter prevede l’adozione di criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto mediante l’emanazione, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto, di appositi decreti del Ministero dell'ambiente.


 

Si segnala infine che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificatail governo ha accolto la richiesta di prorogare – nelle more dell’adozione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto- l’applicazione dell’art. 9-bis, comma 1, lett. b), DL 172/2008, sulla validità degli accordi e i contratti di programma in materia di rifiuti stipulati tra le amministrazioni pubbliche e i soggetti economici interessati o le associazioni di categoria rappresentative dei settori interessati.

Esclusioni dall’ambito di applicazione (art. 13)

L’art. 13 riscrive l’art. 185, che elenca una serie di sostanze e rifiuti esclusi dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti recata dalla parte quarta del Codice, recependo fedelmente la casistica contemplata dall’art. 2 della direttiva. Le differenze rispetto al testo vigente dell’art. 185 sono invece segnalate dalla seguente tabella, ove le disposizioni aggiuntive sono evidenziate in neretto, mentre quelle che riprendono nella sostanza, anche se non interamente, quelle vigenti, in neretto e carattere corsivo:

 

Esclusioni previste dal testo vigente

Nuovo testo dell’art. 185

 

 

a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;

 

 

 

 

 

 

c-bis) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso dell'attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato scavato.

2) i rifiuti radioattivi;

3) i materiali esplosivi in disuso;

 

 

5) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell'attività agricola;

Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell'articolo 183: materiali fecali e vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato, oppure da attività agricole, utilizzati nelle attività agricole, anche al di fuori del luogo di produzione, ovvero ceduti a terzi, o utilizzati in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas,

 

 

 

 

 

 

 

1) le acque di scarico, eccettuati i rifiuti allo stato liquido;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5) le carogne

 

 

 

 

 

4) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;

 

 

 

 

 

c) i materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di manutenzione di alvei di scolo ed irrigui;

 

 

 

 

 

 

Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell'articolo 183:

materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi,

eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281

 

1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;

b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;

c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;

d) i rifiuti radioattivi;

e) i materiali esplosivi in disuso;

 

 

 

f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

 

 

 

2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative sanitaria comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

a) le acque di scarico;

 

 

b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;

d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;

 

3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della Decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, sono da valutarsi ai sensi degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.

 

 

Relativamente ai sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal Regolamento (CE) n. 1774/2002, si ricorda che il citato regolamento è stato sostituto dal Regolamento (CE) n. 1069/2009. Ai sensi dell’art. 3 di tale nuovo regolamento, sono «sottoprodotti di origine animale» i “corpi interi o parti di animali, prodotti di origine animale o altri prodotti ottenuti da animali, non destinati al consumo umano, ivi compresi gli ovociti, gli embrioni e lo sperma”.

La relazione illustrativa sottolinea come il rapporto tra il comma 1, lett. f), ed il comma 2, lett. b), del nuovo testo dell’art. 185 sia di netta distinzione. Pertanto, con riferimento al materiale fecale occorrerà “verificare dapprima se esso rientri nel campo di applicazione del regolamento n. 1774/2002, nel qual caso le ipotesi di esclusione sono disciplinate dal comma 2, lett. b), dell'art. 185 del d.lgs. 152/2006. Ove invece non fosse riconducibile a tale previsione comunitaria, il materiale fecale sarà soggetto alla disciplina dei rifiuti, salvo il caso di utilizzo ai sensi del comma 1, lett. f), dell'art. 185 stesso. Una simile interpretazione appare suffragata dalla lettura del testo della direttiva in lingua originale inglese, in cui appare semanticamente chiaro che il comma 2, lett. f), si riferisce solo alle fattispecie contemplate dal regolamento n. 1774/2002”.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala l’erronea espressione “normative sanitaria comunitarie” contenuta nel primo periodo del comma 2. La lettura della relazione illustrativa sembra suggerire che l’espressione avrebbe dovuto essere così: “normative comunitarie che assicurano tutela ambientale e sanitaria”.

 


 

Si segnala infine che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificatail governo non ha accolto alcune richieste volte ad estendere la disciplina delle esclusioni per includervi: infrastrutture di servizio quali cisterne e tubazioni interrate; le sabbie per i ripascimenti dei litorali.

3.       Tracciabilità dei rifiuti

Adempimenti documentali e SISTRI (artt. 15 e 16)

Gli artt. 15 e 16 dello schema di decreto si occupano degli adempimenti documentali, integrandoli e adattandoli sia all’art. 17 della direttiva che prevede la tracciabilità per i rifiuti pericolosi, che al DM 17 dicembre 2009 con il quale è stato istituito il SISTRI.

Da qui le nuove formulazioni degli artt. 188 (Responsabilità della gestione dei rifiuti), 188-bis (Controllo della tracciabilità dei rifiuti), 188-ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti - Sistri), 189 (Catasto dei rifiuti), 190 (Registri di carico e scarico), 193 (Trasporto dei rifiuti) e 194 (Spedizioni transfrontaliere).

 

Il comma 1 dell’articolo 15 dello schema in esame precisa che l’entrata in vigore degli articoli 188, 189, 190 e 193 decorre dal secondo mese successivo alla data di operatività del SISTRI (che è stata prorogata 1° ottobre 2010 dal DM 9 luglio 2010).

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che con il DM 17 dicembre 2009 si è dato avvio al funzionamento del “sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” meglio noto con l’acronimo “SISTRI”[11]. Il nuovo sistema è volto a:

§       semplificare le attuali procedure attraverso l’informatizzazione dei processi e l’eliminazione di alcuni adempimenti documentali, quali il formulario, il registro di carico e scarico e il MUD;

§       conoscere in tempo reale i dati relativi all’intera filiera dei rifiuti (grazie all’utilizzo di dispositivi elettronici per la registrazione e comunicazione dei dati (chiavette USB e dispositivi di localizzazione satellitare dei mezzi di trasporto);

§       garantire una maggior efficacia all’azione di contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata nell’ambito dello smaltimento illecito dei rifiuti.

Il SISTRI doveva essere operativo a partire dal 13 luglio 2010 per il primo gruppo di operatori obbligati ad aderire al sistema (grandi imprese e operatori del settore) e dal 12 agosto 2010 per il secondo gruppo (imprese ed enti di media e piccola dimensione) e per un terzo gruppo che può aderire su base volontaria.

Il citato DM è stato modificato dal DM 15 febbraio e, da ultimo, dal DM 9 luglio 2010 che ha prorogato l'avvio del sistema al 1° ottobre 2010, indipendentemente dalla dimensione dell'impresa, come sollecitato dalla risoluzione 8-00065 approvata dalla VIII Commissione (Ambiente) della Camera nella seduta del 28 aprile 2010.

Nella risoluzione il Governo si impegnava, tra l’altro, a costituire il comitato di vigilanza e controllo previsto dal DM 17 dicembre 2009 per garantire un monitoraggio delle problematiche derivanti  dell'applicazione del sistema; a prevedere criteri e condizioni per l'applicazione del SISTRI anche agli operatori stranieri; a garantire l'interoperabilità del sistema con gli attuali software di gestione maggiormente diffusi tra le aziende che operano nel settore dei rifiuti; a prevedere, nell'ambito dell'integrazione della banca dati del SISTRI con quella dell'Albo gestori ambientali, un'unica procedura di registrazione; a tenere in considerazione i costi dell'introduzione del Sistri per le imprese, con particolare riguardo a quelle medio-piccole.

Si rammenta, infine, che la realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti era stata inizialmente prevista dall’art. 1, comma 1116, della legge 296/2006, (finanziaria 2007). Successivamente con il d.lgs 4/2008, che inseriva il comma 3-bis all’art. 189 del d.lgs. 152/2006, veniva stabilito l’obbligo, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, dell’installazione ed utilizzo di apparecchiature elettroniche per le categorie dei soggetti già obbligati alla predisposizione della documentazione cartacea in materia di rifiuti speciali. Infine, con l’art. 14-bis del decreto legge 78/2009 sono state dettate le modalità di finanziamento del sistema nazionale per il controllo e la tracciabilità.

 

Il nuovo testo dell’art. 188 definisce le responsabilità nella gestione dei rifiuti in attuazione dell’art. 15 della direttiva - imputandole non solo al produttore iniziale o altro detentore, ma anche ad un eventuale intermediario, commerciante, ente o impresa che effettuano le operazioni di trattamento dei rifiuti e ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti. Tale responsabilità rimane in capo al produttore o al detentore fino al termine delle operazioni di trattamento (comma 1).

 

Qualora, invece, il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti al SISTRI la responsabilità, salvo i casi di concorso di reato, è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema (comma 2).

 

I commi 3 e 4 prevedono alcuni casi di esclusione di responsabilità nei confronti dei produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che raccolgono e trasportano i propri rifiuti.

 

Da ultimo, il comma 6 consente di recepire il disposto dell’art. 14, paragrafo 1, della direttiva che, secondo il principio «chi inquina paga», imputa i costi della gestione dei rifiuti al produttore iniziale, ai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.

 

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a sopprimere il comma 4 e a riformulare il comma 3 come segue:

 

d.lgs. 152/2006

Schema di d.lgs.

Riformulazione del governo

3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.

 

 

4. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare, indicate rispettivamente ai punti D13, D14, D15 dell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto di cui al comma 3, lettera b), abbiano ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D1 a D12 del citato Allegato B. Le relative modalità di attuazione sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che dovrà anche determinare le responsabilità da attribuire all'intermediario dei rifiuti.

3. La responsabilità dei soggetti che, ai sensi dell’art. 212 comma 8 del presente decreto, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a) in caso di conferimento dei rifiuti ai centri di raccolta comunali ed intercomunali o a piattaforme private, autorizzati per le operazioni di messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) ai sensi degli articoli 208, 213 o 216 del presente decreto, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione o contratto;

b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.

 

4. Nel caso di conferimento dei rifiuti ai centri di raccolta comunali ed intercomunali o a piattaforme private, autorizzati per le operazioni di messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) ai sensi degli articoli 208, 213 o 216 del presente decreto, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione o contratto, è esclusa la responsabilità del produttore iniziale per l’esecuzione di un’operazione completa di recupero o smaltimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilità dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) di cui di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell’art. 212 comma 8 del presente decreto, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa:

 

a) a seguito del conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.

 

soppresso

 

 

 

 

Il nuovo art. 188-bis introduce norme di coordinamento con la normativa relativa all’istituzione del SISTRI.

 

Al fine di garantire la tracciabilità dei rifiuti a partire dalla loro produzione fino a giungere alla destinazione finale, viene prevista l’alternatività tra l’adesione al SISTRI e la tenuta dei registri di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti (commi 1 e 2).

 

Ai fini di una maggiore chiarezza interpretativa, viene ribadito che qualora si aderisca al SISTRI vengono meno gli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti previsti dagli artt. 190 e 193 mentre, nel caso di non adesione, devono essere adempiuti gli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari di identificazione (commi 3 e 4).

 

Si ricorda che l’art. 12 sulle disposizioni transitorie del citato DM 17 dicembre 2009 prevede che, per un mese successivo all’operatività del SISTRI (prorogata come anzidetto al 1° ottobre 2010) i soggetti che aderiscono al SISTRI rimangono comunque tenuti alla compilazione dei formulari e dei registri di carico e scarico.

 

Il comma 3 reca inoltre alcune norme relative al trasporto effettuato da enti o imprese.

 

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’art. 1 del citato DM 17 dicembre 2009, sono obbligati ad aderire al SISTRI anche chiunque effettua, a titolo professionale, attività di raccolta e trasporto di rifiuti (speciali), includendovi anche gli operatori dei trasporti intermodali (art. 5, comma 10).

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a prevedere, al comma 3, che per gli impianti di discarica il registro cronologico sia conservato fino al termine della fase di gestione post operativa della discarica.

 

 

Il nuovo art. 188-ter coordina quanto già previsto dal DM 17 dicembre 2009 in merito ai destinatari del sistema che vengono suddivisi in due gruppi: soggetti obbligati e quelli che possono aderire su base volontaria. Viene, previsto un obbligo di iscrizione a carico di un’ampia categoria di soggetti sostanzialmente coincidenti con quelli tenuti al tradizionale obbligo di invio e compilazione del MUD ex art. 189, comma 3, includendovi anche gli addetti al trasporto intermodale (commi 1 e 2).

 

Si ricorda, infatti, che una delle criticità sollevate in relazione alle disposizioni del citato DM è stata, infatti, quella relativa ai soggetti obbligati ad aderire al nuovo sistema che non avrebbero potuto essere diversi da quelli identificati dal d.lgs. 152/2006. Tale rilievo riguardava in particolare gli addetti al trasporto intermodale (art. 5, comma 10)[12].

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a chiarire – sostituendo la lettera e) del comma 2 – che i gestori dei centri di raccolta per rifiuti urbani e assimilati non sono soggetti all’iscrizione obbligatoria al Sistri, mentre resta soggetto all’iscrizione chi effettua il trasporto di rifiuti urbani assimilati ai centri di raccolta.

 

Rispetto al citato DM si dispone un obbligo generalizzato di adesione obbligatoria al sistema per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania (comma 3).

 

L’art. 2 del citato DM prevede, invece, la sottoposizione obbligatoria al SISTRI da parte dei comuni e delle imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della predetta Regione.

Normativa di attuazione

Il comma 4 affida ad uno o più decreti interministeriali, adottati di concerto dai Ministeri dell'ambiente e delle infrastrutture, il compito di provvedere all’estensione dell’obbligo di iscrizione al SISTRI anche a coloro che possono aderire su base volontaria e a coloro che effettuano la raccolta e il trasporto dei RAEE domestici e RAEE professionali secondo modalità semplificate ai sensi del recente DM 8 marzo 2010, n. 65 con cui è stata data attuazione all’art. 6, comma 1-bis, del d.lgs. 151/2005.

 

Il comma 5 demanda ad uno o più decreti interministeriali, adottati di concerto dai Ministeri dell'ambiente e delle infrastrutture, la definizione dei criteri e delle condizioni per l’applicazione del SISTRI alle spedizioni dei rifiuti di cui al Regolamento 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti. Nelle more dell’adozione dei decreti sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal DM del 17 dicembre 2009 relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero[13].

 

Il comma 6 demanda ad uno o più regolamenti, adottati ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 400/1988, la ricognizione delle disposizioni abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali.

 

Il comma 6-bis demanda ad un decreto interministeriale, adottato di concerto dai Ministeri dell'ambiente, dell’Economia e, per quanto di rispettiva competenza, della difesa e dell’interno, le procedure e le modalità con le quali il SISTRI si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali. Tale decreto deve essere adottato entro 120 giorni dall’entrata in vigore della disposizione in esame.

 

 

Il nuovo testo dell’art. 189 coordina, anch’esso, le disposizioni relative al catasto con la nuova normativa introdotta con il SISTRI e con quella relativa all’ISPRA, presso il quale è prevista l’operatività della sezione nazionale del catasto dei rifiuti (comma 1).

 

I dati acquisiti tramite il SISTRI costituiscono la base di aggiornamento costante del catasto anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti (comma 2).

 

Inoltre, dato che le informazioni contenute nel MUD saranno ricavate automaticamente dal SISTRI, l’obbligo di presentare annualmente alle Camere di commercio competenti per territorio il Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) previsto dalla legge 70/1994 viene mantenuto solo per i comuni o loro consorzi e comunità montane, ad eccezione dei comuni della regione Campania. Tali ultimi, che devono obbligatoriamente aderire al SISTRI, devono effettuare le comunicazioni tramite interconnessione diretta tra il catasto e il SITRA (commi 3 e 4).

La relazione illustrativa precisa che l'interconnessione tra i due sistemi informatici (il SISTRI e il SITRA di cui all'art. 2, comma 2-bis, del decreto legge 172/2008) entrambi già in funzione, corrisponde a quella già prevista dalla normativa vigente relativamente ai dati MUD. Il catasto telematico, infatti, è basato proprio su tale interconnessione, che prevede uno scambio di dati tra UnionCamere, l'Albo Gestori Ambientali,. ISPRA e le ARPA.

 

Sono esonerati dal presentare il MUD, fatta eccezione per i dati relativi ai costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'art. 238, i comuni che aderiscono volontariamente al SISTRI (comma 5).

 

Si ricorda che l’art. 12 , comma 1, del DM 17 dicembre 2009 sulle disposizioni transitorie ha previsto che entro il 31 dicembre 2010 i produttori iniziali di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti alla presentazione del MUD dovranno comunque comunicare al SISTRI, compilando una scheda scaricabile dal sito, le seguenti informazioni riguardanti il periodo dell’anno 2010 precedente all’operatività del sistema: il quantitativo totale di rifiuti annotati in carico sul registro, suddiviso per codice CER; per ciascun codice CER, il quantitativo totale annotato in scarico sul registro, con le relative destinazioni; per le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, le operazioni di gestione dei rifiuti effettuate; per ciascun codice CER, il quantitativo totale che risulta in giacenza.

Si segnala, infine, che con il comma 1 dell’articolo 1 del decreto legge 72/2010 era stato prorogato al 30 giugno 2010 il termine (scaduto il 30 aprile 2010) per la presentazione del MUD relativo all’anno 2009, aggiornato (ai sensi dell'art. 1, comma 3, della L. 70/1994) dal D.P.C.M. 27 aprile 2010.

 

Viene introdotta, quindi, una procedura in caso di inadempimento relativo al MUD da presentare da parte dei comuni che fa capo alle province e che consta di una previa diffida ad adempiere rivolta all’ente inadempiente e successivamente anche della nomina di un commissario ad acta con spese a carico dello stesso ente che non ha effettuato le comunicazioni previste (comma 6).

 

Sarà compito dell’ISPRA elaborare annualmente i dati trasmessi alla sezione nazionale del catasto dalle sezioni regionali e provinciali e darne adeguata pubblicità (comma 7), nei limiti delle risorse umane e finanziarie a disposizione.

 

Infine il comma 8 precisa che per le comunicazioni relative ai rifiuti da imballaggio si applicano le norme previste dal successivo art. 220, comma 2 che prevede la comunicazione annuale attraverso il MUD.

 

 

La riformulazione dell’art. 190, analogamente agli articoli precedenti, reca disposizioni di coordinamento relative ai registri di carico e scarico con le norme relative al SISTRI.

A seguito dell’entrata in vigore del nuovo sistema, il comma 1 precisa che sono tenuti alla tenuta dei registri di carico e scarico unicamente coloro che non hanno aderito su base volontaria al SISTRI e, nello specifico:

§      le imprese e gli enti produttori di rifiuti non pericolosi di cui all’art. 184, comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno più di dieci dipendenti;

Si ricorda che le disposizioni del citato art. 184 riguardano alcuni rifiuti speciali quali i rifiuti da lavorazioni industriali, i rifiuti da lavorazioni artigianali e i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi.

§      gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8.

Sono, ai sensi del citato art. 212, comma 8, i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti ed i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti.

 

Non appare chiaro se sono tenuti alla tenuta dei registri di carico e scarico anche gli altri operatori che possono aderire su base volontaria al SISTRI ai sensi del nuovo art. 188-ter, comma 3, ovvero:

c) gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del codice civile che producono rifiuti non pericolosi;

d) le imprese e gli enti produttori di rifiuti non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’art. 184, comma 3, lettere c), d) e g);

e) i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla Regione Campania.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato ad escludere le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all’art. 183, comma 1, lett. hh) dagli obblighi di tenuta dei registri di carico e scarico limitatamente ai rifiuti non pericolosi.

 

Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo (comma 1).

 

Un’importante innovazione introdotta è la soppressione dell’obbligo di conservare a tempo indeterminato i registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica.

I registri di carico e scarico, integrati con i formulari di identificazione relativi al trasporto dei rifiuti o con la copia della scheda del SISTRI sono, invece, tenuti per cinque anni, come già prevedeva la normativa vigente (comma 2).

 

Viene, inoltre, soppressa la previsione che prevedeva che potessero adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate i soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le due tonnellate di rifiuti pericolosi, mantenendo, invece, tale facoltà per quelli che non superano le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi (comma 3).

 

Il comma 6 ribadisce che la disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico è quella di cui al DM 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 8, mentre nel testo vigente il citato DM veniva applicato in attesa dell’emanazione di un nuovo decreto ministeriale.

In merito alla formulazione occorrerebbe far riferimento non al comma 8 ma al comma 7, in quanto è in tale comma che vengono apportate le modifiche al citato DM.

 

Si ricorda che con DM 148/1998 è stato approvato il “Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22”.

 

Il comma 7 – non modificato - reca una modifica all’allegato C1, sezione III, lettera c), del citato DM 148/1998 relativo alle informazioni da inserire nel registro che sembrerebbe già prevista dal vigente comma 9.

Conseguentemente se ne suggerisce la soppressione.

 

Il comma 8, infine, stabilisce l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico per i produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa, che vi adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del SISTRI relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.

 

 

La riformulazione dell’art. 193 sul trasporto di rifiuti mantiene l’obbligo del formulario unicamente per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, e che non aderiscono su base volontaria al SISTRI (comma 1).

 

Viene poi introdotta l’esenzione dalla responsabilità per il trasportatore in relazione a quanto indicato nella Scheda SISTRI – Area Movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico (comma 3) .

 

Analogamente al registro di carico e scarico, anche per il formulario viene ribadito che la disciplina di carattere nazionale è quella indicata dal DM 1° aprile 1998, n. 145, mentre nel testo vigente il citato DM veniva applicato in attesa dell’emanazione di un nuovo decreto ministeriale.

Si ricorda che con DM 145/1998 è stato approvato il “Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli 15, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22” e per la cui applicazione è stata emanata anche circolare 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato ad escludere dall’obbligo del formulario il trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi al centro di raccolta.

 

Alcuni casi particolari di trasporto sono indicati ai commi 8 ed 9.

 

Il comma 8 riguarda le spedizioni transfrontaliere da parte diimprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi e che non aderiscono su base volontaria al SISTRI. In tal caso il formulario di identificazione è validamente sostituito dai documenti previsti dal nuovo articolo 194 (vedi infra), anche con riferimento alla tratta percorsa su territorio nazionale (comma 8).

 

Il comma 9 fa riferimento all’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura e prevede, per essi, la sostituzione della scheda di accompagnamento prevista dall’art. 13 del d.lgs. 99/1992, con la scheda SISTRI – Area movimentazione.

 

L’art. 13 del d.lgs. 99/1992 prevede che nelle varie fasi di raccolta e trasporto, stoccaggio, condizionamento ed utilizzazione, i fanghi da utilizzare in agricoltura devono essere corredati da una scheda di accompagnamento compilata dal produttore o detentore e consegnata a chi prende in carico i fanghi. Tale scheda deve essere compilata secondo lo schema riportato nel decreto deve essere conservata per un periodo di almeno 6 anni.

 

Il comma 10 prevede, per la microraccolta di rifiuti, che anche nelle schede SISTRI – Area movimentazione vengano indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste o le eventuali variazioni al percorso.

 

Viene, quindi, introdotta una puntuale disciplina per il trasporto intermodale (comma 12).

Qualora nel trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste tecniche (nei porti e scali ferroviari, interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci) superino,per caso fortuito o per forza maggiore, il termine massimo di sei giorni il detentore del rifiuto ha l’obbligo di darne indicazione non solo nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area Movimentazione ma dovrà anche informare, prima della scadenza del predetto termine, il comune e la provincia territorialmente competente.

Il detentore del rifiuto dovrà inoltre adottare a proprie spese, tutte le iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana.

Qualora, infine, tale impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore duri per un periodo superiore a 30 giorni, il detentore sarà obbligato a conferire, sempre a proprie spese, i rifiuti ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179.

 

Da ultimo, il comma 13 dichiara l’equipollenza della copia cartacea della scheda SISTRI - Area movimentazione e il formulario di identificazione di cui al comma 1 con la scheda di trasporto prevista dall’art. 7-bis del d.lgs. 21 novembre 2005, n. 286[14] e al DM attuativo del 30 giugno 2009, come peraltro già previsto dall’art. 5, comma 8, del DM 17 dicembre 2009 sul SISTRI.

Al riguardo alcuni autori hanno sottolineato come tale adempimento, forse giustificato dalle attuali esigenze di controllo dei mezzi su strada, sembrerebbe confliggere con il nuovo sistema di monitoraggio elettronico dei percorsi e dei carichi trasportati[15].

 

Si ricorda che l’art. 7-bis del d.lgs. 286/2005 ha istituito, al fine di conseguire maggiori livelli di sicurezza stradale e favorire le verifiche sul corretto esercizio dell'attività di autotrasporto di merci per conto di terzi in ambito nazionale, la scheda di trasporto, da compilare a cura del committente e conservare a bordo del veicolo adibito a tale attività, a cura del vettore.

 

 

La sostituzione dell’art. 194 sulle spedizioni transfrontaliere di rifiuti è resa necessaria dall’adeguamento al Regolamento CE 1013/2006 sulle spedizioni di rifiuti le agli accordi bilaterali previsti negli artt. 41 e 43 del citato regolamento per le spedizioni di rifiuti destinati allo smaltimento o al recupero.

 

Inoltre il DM 17 dicembre 2009 sul SISTRI reca un’unica previsione sul trasporto transfrontaliero all’art. 5, comma 9, in cui si occupa solo dell’ipotesi delle spedizioni transfrontaliere dall’Italia, con la precisazione che il produttore dovrà inserire il documento di movimento previsto dall’art. 4 del Regolamento CE 1013/2006 rigorosamente in formato pdf, nel sistema SISTRI, mentre nulla viene invece previsto per i documenti relativi alle spedizioni “in ingresso”.

Tale aspetto è stato sottolineato anche da alcuni autori in dottrina[16] che hanno rilevato come i trasportatori stranieri che recano un carico destinato in Italia entrano nel nostro Paese con il solo documento di cui al Regolamento CE n. 1013/2006. Ciò costituisce un aspetto tutt’altro che secondario, soprattutto con riguardo ai trasportatori italiani che sono tenuti ad adempiere al SISTRI anche per brevi tragitti.

A tal proposito si riporta anche quanto contenuto nell’interrogazione a risposta immediata 5/02530 presentata presso la VIII Commissione alla Camera il 23 febbraio 2010, in cui si legge che «in merito al rilievo relativo al trasporto transfrontaliero, è opportuno segnalare che il Sistri, nel garantire un maggior controllo sulla destinazione finale dei rifiuti, non va peraltro a modificare la disciplina dettata dal Regolamento comunitario n. 1013/2006 sul trasporto transfrontaliero dei rifiuti».

 

Viene quindi previsto che le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano siano iscritte all'Albo nazionale gestori ambientali di cui all'art. 212, ma in tal caso l’iscrizione non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie previste dall’art. 212, comma 7 (comma 3).

Normativa di attuazione

Il comma 4 affida ad un decreti interministeriali, adottati di concerto dai Ministeri dell'ambiente, dello sviluppo economico, della salute e dell’economia e delle infrastrutture, nel rispetto del citato regolamento CE 1013/2006, la disciplina dei criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, delle spese amministrative a carico dei notificatori e delle modalità specifiche per il trasporto dei rifiuti nella Città del vaticano e nella Repubblica di San Marino.

 

Sino all’entrata in vigore del decreto previsto dal comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni del DM 3 settembre 1998, n. 370 con cui è stato approvato il regolamento recante norme concernenti le modalità di prestazione della garanzia finanziaria per il trasporto transfrontaliero di rifiuti (comma 5).

 

Vengono poi introdotte alcune definizioni ai fini dell’adeguamento all’art. 2 del Regolamento CE 1013/2006 (comma 6) e viene, infine, previsto che le regioni e le province comunichino le informazioni previste dall’art. 56 del citato Regolamento CE (ovvero le designazioni delle autorità competenti di transito e dei corrispondenti incaricati di informare e consigliare le persone o le imprese che desiderano informazioni) al Ministero dell’ambiente per il loro successivo inoltro alla Commissione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, anche i dati dell’anno precedente previsti dall’art. 13, comma 3, della Convenzione di Basilea (comma 7).

 

Si ricorda che il comma 3 dell’art. 13 della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e loro eliminazione, ratificata con la legge 340/1993, prevede che le Parti compilino un rapporto sull’anno civile precedente con le seguenti informazioni: a) le autorità competenti e i corrispondenti che hanno designato;b) i movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi ai quali hanno partecipato; c) i provvedimenti adottati per applicare la Convenzione; d) i dati statistici relativi agli effetti della produzione, trasporto ed eliminazione di rifiuti pericolosi; e) gli accordi e le convenzioni bilaterali/multilaterali e regionali conclusi; f) gli incidenti capitati durante un movimento oltre frontiera e le misure adottate; g) i metodi di eliminazione impiegati nella zona sottoposta alla loro giurisdizione; h) i provvedimenti presi per sviluppare tecnologie atte a ridurre e/o a eliminare la produzione di rifiuti pericolosi; i) ogni altra informazione che possa risultare utile.

4.       Competenze

Competenze dello Stato e delle Province (artt. 17 e 18)

Le principali modifiche apportate dall’art. 17 al testo dell’art. 195 consistono nell’introduzione di ulteriori competenze in capo allo Stato, oltre a quelle già indicate nello stesso art. 195.

Si tratta, in particolare, delle nuove lettere b-bis) e b-ter) del comma 1 che prevedono che spetti allo Stato definire le linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. 281/1997, relative:

§      ai contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216;

§      alle attività di recupero energetico dei rifiuti.

 

Il comma 3, rispetto al testo vigente, prevede che tutte le funzioni di cui ai comma 1 vengano esercitate sentita la Conferenza unificata e non più la Conferenza Stato Regioni.

 

In relazione alle altre funzioni assegnate allo Stato viene introdotta invece l’intesa della Conferenza Unificata al posto della Conferenza Stato Regioni, per la determinazione delle linee guida già previste dal vigente comma 1 per:

§      l’individuazione degli ATO, da costituirsi ai sensi dell'art. 200 e per il coordinamento dei piani stessi (lettera m);

§      la definizione delle gare d'appalto relative all'assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti (lettera n);

§      le forme di cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità (lettera o);

§      i criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati e i criteri per individuare gli interventi di bonifica che rivestono interesse nazionale (lettera r).

 

Il comma 2, rispetto alle competenze statali indicate dal vigente comma 2, introduce ulteriori competenze alle nuove lettere t), u) e v) che riguardano:

§         la predisposizione di linee guida per una codificazione omogenea delle operazioni di recupero e smaltimento ai fini autorizzativi, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/CE relativa a pile e accumulatori e ai relativi rifiuti;

§         l’individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli artt. 208, 209, 211;

§         predisposizione di linee guida per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’allegato D della parta quarta del decreto in esame.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – non è stata accolta la richiesta di chiarire i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti prodotti nelle aree produttive e nelle strutture di vendita.

Sotto il profilo della formulazione del testo occorre aggiornare il riferimento alla legge finanziaria di cui alla lettera f) del comma 1 con quello alla legge di stabilità, di cui all'articolo 11, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica).

 

Le principali modifiche apportate dall’art. 18 al testo dell’art. 197 consistono nell’imputare alle Province adeguati controlli periodici sugli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale (comma 5).

La relazione tecnica precisa che, pur essendo stato introdotto un ampliamento dell'ambito soggettivo ed oggettivo dei controlli periodici ivi contemplati, non vi è un obbligo di proporzionale incremento degli stessi che ben potranno numericamente non aumentare in cifra assoluta. La stessa relazione precisa poi che tali controlli sono finanziati con copertura a tariffa in quanto, con l’art. 19 del d.Igs. 504/1992, è stato istituito un tributo annuale a favore delle Province parametrato sulla tassa - tariffa rifiuti destinato, tra l’altro, alla copertura dei predetti costi.

 

Con il nuovo comma 5-bis viene previsto che le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell'ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

5.       Servizio di gestione integrata dei rifiuti

Piani regionali (art. 19)

Il nuovo testo dell’art. 199 si caratterizza per alcune importanti novità che vengono introdotte nel Codice al fine di completare il recepimento del dettato degli artt. 28 e seguenti della direttiva.

 

 

In particolare il comma 1, al fine di recepire l’art. 31 della direttiva sulla partecipazione del pubblico, introduce particolari forme di pubblicità sia per la fase iniziale del procedimento che per la decisione finale, ai fini di un pieno coinvolgimento del pubblico.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a prevedere – per l’adozione dei piani regionali di rifiuti - l’applicazione della procedura di cui alla parte II del d.lgs. in materia di VAS in luogo della procedura descritta al comma 1.

Il governo si è impegnato inoltre a chiarire cosa si intende per “grandi impianti di smaltimento e recupero” (comma 3, lett. b))

 

Il comma 2 recepisce fedelmente il disposto dell’art. 28, par. 2 della direttiva relativo al contenuto necessario del piano di gestione dei rifiuti.

 

Il comma 3 integra il contenuto necessario con le disposizioni recate dall’art. 28, par. 3 e 5 e dall’art. 29 della direttiva quali, tra l’altro:

§      il tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio e la valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti;

§      i sistemi di raccolta dei rifiuti e grandi impianti di smaltimento e recupero esistenti;

§      la valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti per i rifiuti esistenti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza;

§      le informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento;

§      le politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti;

§      il programma per la per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica;

§      un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti.

 

In relazione al contenuto eventuale del piano, il comma 4 riproduce esattamente il contenuto dell’art. 28, par. 4 della direttiva che contempla anche aspetti organizzativi e gestionali nonché campagne di sensibilizzazione e di informazioni destinate al pubblico o a specifiche categorie di consumatori.

 

In linea con quanto previsto dall’art. 29, par. 1 della direttiva, viene disposta l’approvazione o l’adozione del piano da parte della regione entro il 12 dicembre 2013 (comma 8) pena, come sottolinea la relazione illustrativa di accedere ai finanziamenti nazionali.

 

E’ inoltre prevista, al comma 9, l’attivazione di un potere sostitutivo da parte del Presidente del Consiglio dei ministri in caso di inerzia delle regioni nell’approvazione del piano, attivabile su proposta del Ministro dell’ambiente, previa diffida agli organi regionali competenti ad adempiere entro un congruo termine.

 

Come indicato nell’art. 30, par. 1 della direttiva, la valutazione della necessità dell’aggiornamento del piano dovrà essere effettuata ogni sei anni (comma 10).

 

Infine, i commi 11 e 12 assolvono agli obblighi di comunicazione e pubblicazione informatica previsti dagli artt. 31 e 33 della direttiva.

Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (art. 20)

L'articolo 20 reca una modifica formale all'articolo 201 in materia di gestione integrata dei rifiuti urbani, nella quale viene ricompresa l’attività di recupero.

 

In merito alla gestione integrata dei rifiuti, si ricorda – come peraltro segnalato dall’Anci nel corso delle audizioni al Senato – che il decreto-legge 2/2010 ha previsto - con una modifica all'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, (legge finanziaria 2010) - la soppressione, entro un anno, delle Autorità d'ambito territoriale (ATO) in materia di acqua e rifiuti.

 

In particolare, il comma186-bis dell’art. 2 prevede che decorso un anno dalla data di entrata in vigore della legge (vale a dire, a decorrere dal 1° gennaio 2011), ogni atto compiuto dalle Autorità d'ambito è da considerarsi nullo, mentre è attribuito alle regioni il compito di disciplinare con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del Codice sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

In proposito si ricorda che le regioni e i comuni – nel corso delle audizioni al Senato – hanno chiesto l’apertura di un tavolo di confronto per definire


 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a introdurre alcune modifiche all’art.205, relativo alle misure per incrementare la raccolta differenziata. In particolare, è previsto un nuovo comma 2, ai sensi del quale qualora non sia possibile, dal punto di vista tecnico ambientale ed economico, realizzare gli obiettivi di raccolta differenziata previsti al comma 1, il comune può richiedere una deroga al Ministero dell’ambiente, che la autorizza previa stipula di un accordo di programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, subordinatamente ad alcune condizione specificate nel comma.

6.       Autorizzazioni e iscrizioni

Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (art. 21)

L'articolo 21 reca una serie di  modifiche all'articolo 208 in materia di autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

In particolare, ai sensi del comma 3, la decisione della conferenza dei servizi competente per il rilascio dell’autorizzazione - cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali interessati - è assunta a maggioranza.

Le modifiche introdotte al comma 11 sono volte a precisare gli elementi minimi che l'autorizzazione deve contenere e consentono di recepire il dettato dell’art. 23, comma 1 della direttiva.

Inoltre, il nuovo comma 11-bis - che recepisce il contenuto dell’art. 23, comma 4 della direttiva - stabilisce che le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica.

Ai sensi del comma 12, le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo.

Si prevede, inoltre, al nuovo comma 17, che l’autorizzazione debba essere comunicata, a cura dell'amministrazione competente, al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, e che essa debba contenere i seguenti elementi identificativi:

a) ragione sociale;

b) sede legale dell’impresa autorizzata;

c) sede dell’impianto autorizzato;

d) attività di gestione autorizzata;

e) i rifiuti oggetto dell’attività di gestione;

f)   quantità autorizzate;

g) scadenza dell’autorizzazione.

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo si è impegnato a reinserire il vecchio comma 17, che esclude dall’autorizzazione unica il deposito temporaneo.

E’ inoltre previsto un nuovo comma 17-bis riguardante la comunicazione dei dati tra i sistemi informativi regionali e il Catasto telematico. Analoghe disposizioni sono previste all’art. 209, nuovo comma 7-bis, all’art. 211, nuovo comma 5-bis e all’art. 214, nuovo comma 9-bis.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala che la direttiva 96/61/CE citata al comma 2 è stata abrogata dall'articolo 22 della direttiva 2008/1/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento.

Si osserva inoltre che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 128/2010 – correttivo al Codice – occorre sostituire, al comma 2, il riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le cui norme sono ora confluite nel Codice stesso.

Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale (art. 22)

L'articolo 22 reca alcune modifiche all'articolo 209, il quale disciplina il rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale, eliminando riferimenti non più attuali e aggiornando i rinvii alla normativa comunitaria in materia di certificazioni.

Si ricorda che, ai sensi del comma 1, per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo, le imprese che risultino registrate a un sistema comunitario di ecogestione e audit (Emas) possono sostituire tali autorizzazioni con l’autocertificazione.

 

L'attività di ISPRA, è svolta ai sensi del comma 7, nell'ambito delle competenze operative già proprie dell'Istituto, restando limitata ad operazioni di data entry e di tenuta di un archivio informatico.

 

Si osserva che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 128/2010 – correttivo al Codice – occorre sostituire, al comma 6, il riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le cui norme sono ora confluite nel Codice stesso.

Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione (art. 23)

L'articolo 23 apporta modifiche testuali all'articolo 211 in materia di autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione, sostituendo il riferimento all'Albo nazionale dei. gestori ambientali con il riferimento all'ISPRA.

In particolare – al comma 4 – la competenza per l'autorizzazione in caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario è trasferita dall’organo politico (il Ministro) alla struttura amministrativa (il Ministero).

Ai sensi del comma 5, l'autorizzazione deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all’ISPRA (e non più all’Albo nazionale gestori ambientali) che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 17 (vedi sopra).

Si osserva che la norma rinvia, erroneamente, al comma 16 dell’articolo 208, anziché al comma 17, che contiene gli elementi identificativi sopra citati.

Albo nazionale gestori ambientali (art. 24)

Con l'articolo 24 viene parzialmente modificato l'articolo 212 al fine di chiarire le modalità operative dell'Albo nazionale gestori ambientali.

 

Si ricorda che l’Albo è stato istituito presso il Ministero dell’ambiente dall’articolo 212, che ha modificato la struttura e i compiti dell’Albo gestori rifiuti di cui all’art. 30 del d.lgs. 22/1997 (cd. decreto Ronchi). Ai sensi della normativa vigente, l’iscrizione all’Albo costituisce titolo per l’esercizio delle attività di raccolta, trasporto, commercio e intermediazione dei rifiuti. I soggetti interessati alla procedura d’iscrizione sono i produttori iniziali di rifiuti. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni ed è subordinata alla prestazione di garanzie finanziarie (fideiussioni).

Le imprese iscritte all’Albo sono circa 120.000, di cui circa 98.000 iscritte per il trasporto dei propri rifiuti[17]

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, le modifiche sono volte a implementare con disposizioni di raccordo sia il sistema di tracciabilità di rifiuti, sia la consistenza delle garanzie finanziarie che devono essere prestate dalle imprese che svolgono per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l'attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti, nonché delle imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto.

 

Viene innanzitutto modificata la composizione del Comitato nazionale dell’Albo a regime (comma 2) sostituendo due rappresentanti sindacali con due rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, lasciando immutato il numero complessivo dei componenti. Si prevede la nomina di componenti supplenti per ogni effettivo.

Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, la disposizione non comporta oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche in quanto il compenso dei membri del Comitato consta di una parte fissa e di una variabile ("gettone di presenza"). Solo il "gettone di presenza" è corrisposto al componente supplente in ragione del numero delle sue partecipazioni sostitutive, nulla spettando al medesimo in ragione della mera nomina.

 

E' altresì prevista una disposizione transitoria - al comma 2 dell’articolo 24, che non confluisce nel Codice - concernente la composizione del Comitato, ai sensi della quale le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono svolte, sino alla scadenza del mandato in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento, rispettivamente dal Comitato nazionale integrato da due membri in rappresentanza delle organizzazioni imprenditoriali e dalle Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti.

 

Ai sensi del comma 5 – in conformità a quanto stabilito dall’articolo 26 della direttiva -  l'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi.

Sono esonerati dall'obbligo di iscrizione, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti:

- i produttori che organizzano autonomamente la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale ovvero che attestano sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, (articoli 221, comma 3, lettere a) e c) del Codice);

- i consorzi di cui all’articolo 223 e il consorzio nazionale imballaggi (art. 224);

- i produttori e importatori di pneumatici (art. 228);

- il Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti (art. 233); il Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene (art. 234); il Consorzio nazionale per la raccolta ed il trattamento delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (art. 235); il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati (art. 236);

- i soggetti interessati dal d.lgs. n. 188/2008 recante attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti;

- i soggetti interessati dal d.lgs. n. 151/2005 sulla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti.

 

Ai sensi del nuovo comma 7, gli enti e le imprese iscritti all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerati dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte.

 

Rispetto alla versione vigente del comma 9, sono state eliminate le specificazioni di cui alle vigenti lettere a) e b): ciò, da un lato (lettera a), perché il nuovo testo del comma 5 non prevede più l'obbligo dell'iscrizione all’Albo per la gestione degli impianti di titolarità di terzi e degli impianti mobili - in quanto tale iscrizione è stata ritenuta una duplicazione dell'autorizzazione di cui agli articoli 208 e seguenti - e dall’altro (lettera b), perché il comma 11 del nuovo testo già dispone che le garanzie finanziarie da prestarsi a favore della Regione da parte delle imprese che si iscrivono all'Albo per l'attività di bonifica dei siti debbano essere prestate per ogni intervento di bonifica.

 

Il nuovo comma 9 prevede quindi che le imprese di cui ai commi 5 e 8  tenute ad aderire al SISTRI provvedono ad installare su ciascun autoveicolo utilizzato per la raccolta e il trasporto dei rifiuti un dispositivo elettronico con la funzione di monitorare il percorso effettuato dal medesimo, definito black box, secondo quanto già previsto dall’articolo 3, comma 6, lettera c) del decreto del Ministro dell'Ambiente 17 dicembre 2009.

 

E’ quindi stabilito che la Sezione regionale dell’Albo proceda, in sede di prima applicazione entro il 30 giugno 2010, alla cancellazione d’ufficio dall’Albo degli autoveicoli per i quali non è stato adempiuto l’obbligo di cui al precedente periodo.

 

Si osserva al riguardo che il D.M. 9-7-2010 - Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante l'istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, ha prorogato il termine per l’installazione del dispositivo al 1° ottobre 2010. Occorre pertanto aggiornare conseguentemente il comma in esame.

 

Ai sensi del nuovo comma 10, l’iscrizione all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi nonché per l’attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato.

 

Viene, infine, disciplinata l'attività delle imprese e degli operatori logistici a cui sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa ferroviaria o navale o dell'impresa che effettua il successivo trasporto (comma 12).

 

Sono infine abrogati i commi da 20 a 28.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala che il riferimento contenuto al comma 19, riguardante la denuncia di inizio attività (Dia) di cui agli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, deve essere modificato a seguito dell’introduzione, da parte del comma 4-bis  dell'art. 49, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, della segnalazione certificata di inizio attività – Scia in luogo della Dia.

Normativa di attuazione

Si segnala che l’art. 212, comma 15, prevede che con decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione.

Autorizzazioni integrate ambientali (art. 25)

L’articolo 25 abroga il comma 2 dell’articolo 213 che recava un riferimento al regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, ora abrogato.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si osserva che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 128/2010 – correttivo al Codice – occorre sostituire, al comma 1, il riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le cui norme sono ora confluite nel Codice stesso.

Si ricorda che il recente d.lgs. 128 del 2010 ha modificato le parti Prima (Disposizioni comuni e principi generali), Seconda (Procedure per la valutazione ambientale strategica - VAS, per la valutazione d'impatto ambientale - VIA e per l'autorizzazione ambientale integrata - IPPC) e Quinta (Norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera) del medesimo provvedimento in attuazione della delega contenuta nell’articolo 12 della legge n. 69 del 2009.

La disciplina in materia di autorizzazione ambientale integrata (AIA) prima contenuta nel d.lgs. 59 del 2005 è stata quindi trasposta all'interno della parte seconda del Codice (artt. 29bis – 29quattuordecies). In particolare, sono state introdotte disposizioni di coordinamento delle procedure di VIA ed AIA che, nella prassi, tendevano a sovrapporsi creando duplicazioni istruttorie e ritardi procedimentali. Per le opere di competenza statale è prevista per legge l’accorpamento delle due procedure, con assorbimento della procedura di AIA da parte della procedura VIA. Per le opere di competenza regionale, il predetto assorbimento è previsto solo ove l'autorità competente in materia di VIA coincida con quella competente in materia di AIA.

7.       Procedure semplificate

Procedure semplificate (artt. 26, 27 e 28)

Gli articoli 26, 27 e 28 dello schema in esame modificano in più punti l’intero capo V del Titolo I della parte quarta del Codice relativo alle procedure semplificate, costituito dagli artt. 214, 215 e 216.

In particolare l’art. 214 viene completamente riscritto, ad opera dell’art. 24 dello schema in esame. Oltre ad una serie di modifiche puntuali volte ad aggiornare i riferimenti normativi o a correggere errori materiali, le uniche modifiche degne di nota apportate all’art. 214 sono le seguenti:

          il nuovo comma 6 modifica il vigente comma 7 prevedendo che il versamento annuale dovuto per la tenuta, da parte delle province, dei registri di cui agli artt. 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, debba essere effettuato alla Provincia territorialmente competente e non invece, come prevede il testo vigente, alla Sezione regionale dell'Albo. La determinazione dell’ammontare del versamento viene poi demandata ad apposito decreto interministeriale (vedi infra)

Si ricorda che i registri citati sono quelli in cui le province iscrivono le comunicazioni di inizio attività di autosmaltimento di rifiuti non pericolosi (art. 215, comma 3) e di recupero di rifiuti (art. 216, comma 3).;

vengono introdotti - come sottolinea la relazione illustrativa - oneri informativi di competenza delle province al fine di implementare e rendere efficace il Catasto telematico dei rifiuti di cui all’art. 189 del Codice. Il nuovo comma 9, infatti, impone alle province di comunicare al Catasto dei rifiuti, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, una serie di dati identificativi delle imprese iscritte nei registri provinciali di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3 e dell’attività svolta (quindi anche delle tipologie e quantità di rifiuti trattati) dalle imprese medesime.

 

L’unica modifica all’art. 215, prevista dall’art. 27, consiste nell’integrazione dei requisiti per l’accesso alle procedure semplificate per l’autosmaltimento di rifiuti non pericolosi, al fine di prescrivere, in aggiunta a quanto già previsto dal testo vigente, che siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili. Tale modifica recepisce quanto previsto dal paragrafo 1 dell’articolo 25 della direttiva.

 

Per quanto riguarda l’art. 216, si fa notare che l’intervento di modifica ha carattere unicamente abrogatorio. I nuovi commi 7, 8 e 9 previsti dall’art. 28 dello schema in esame sono infatti identici, rispettivamente, ai vigenti commi 11, 13 e 14. Pertanto l’unica rilevante differenza rispetto al testo vigente è data dall’abrogazione dei vigenti commi 7 e 8 recanti le seguenti disposizioni:

§      il vigente comma 7 prevede la non applicazione delle procedure semplificate previste dall’art. 216 alle attività di recupero dei rifiuti urbani, salvo alcune eccezioni. Tale abrogazione sembra quindi estendere l’applicazione delle procedure semplificate a tutte le attività di recupero dei rifiuti urbani;

§      il vigente comma 8 prevede l’emanazione di apposito decreto interministeriale (mai avvenuta, nonostante il termine concesso sia scaduto da più di 4 anni) volto alla determinazione di modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore del riciclaggio e recupero dei rifiuti.

 

 

Relativamente alla formulazione del testo, si fa notare l’erroneo rinvio ad un inesistente comma 13 operato dal comma 9. In realtà trattasi di un mero errore formale dovuto al fatto che il comma 9 riproduce il vigente comma 14 mentre il vigente comma 13 è stato trasposto nel nuovo comma 8. Occorre quindi correggere il testo rinviando al comma 8.

 

Si osserva inoltre che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 128/2010 – correttivo al Codice – occorre sostituire, al comma 3, lettera b), il riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, le cui norme sono ora confluite nel Codice stesso.

Olii usati (art. 29)

L’art. 216-bis introduce, recependo così l’art. 21 della direttiva, disposizioni relative alla gestione degli oli usati.

 

L’art. 10 dello schema di decreto in esame, reca, infatti, adeguandosi all’art. 3 della direttiva, la loro definizione: “qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli lubrificanti e gli oli per turbine e comandi idraulici”.

 

Il comma 1 prevede quindi, fermi restando il divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi e le norme sul trasporto di rifiuti disciplinati rispettivamente agli artt. 187 e 193, che gli oli usati debbano essere gestiti in conformità al principio di responsabilità estesa del produttore del prodotto (art. 178-bis).

Premesso che gli oli minerali usati devono essere raccolti separatamente (comma 2), i medesimi devono essere gestiti (comma 3):

§         in via prioritaria tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;

§         in via sussidiaria, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione.

 

Vengono poi previste alcune norme relative alle spedizioni transfrontaliere (commi 4 e 5) in adempimento alpar. 3 dell’art. 21 della direttiva, che prevede che qualora gli oli usati devono essere rigenerati, gli Stati membri possono prescrivere, laddove si applichino gli articoli 11 o 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006, di limitare le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal loro territorio agli impianti di incenerimento o coincenerimento al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati.

Pertanto, nel caso di spedizioni transfrontaliere dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento, esse sono escluse qualora  ricorrano le condizioni di cui agli artt. 11 e 12 del Regolamento n. 1013/2006/CE, mentre le spedizioni transfrontaliere verso impianti di rigenerazione sono valutate ai sensi dell’art. 12 del citato Regolamento.

Si ricorda che gli artt. 11 e 12 del Regolamento n. 1013/2006/CE riguardano rispettivamente le obiezioni che possono essere sollevate nei confronti delle spedizioni di rifiuti destinati allo smaltimento e le obiezioni alle spedizioni di rifiuti destinati al recupero.

Normativa di attuazione

Il comma 6 affida ad un eventuale decreto ministeriale l’individuazione degli elementi da valutare in capo alle autorità di spedizione o di transito conformemente agli artt. 11 e 12 del citato Regolamento n. 1013/2006/CE.

Comunicazioni alla Commissione europea (art. 29)

Assumono importanza strategica le comunicazioni alla Commissione Europea, a cui viene dedicato l’articolo aggiuntivo 216-ter, in conformità a quanto previsto dall’art. 37 della direttiva.

Alla Commissione europea dovranno essere trasmessi, a cura del Ministero dell’ambiente:

§      i piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all’art. 199, commi 1 e 3, lett. r) e le loro eventuali revisioni sostanziali (comma 1);

§      le informazioni sull’applicazione della direttiva n. 2008/98/CE, con cadenza triennale (comma 2);

§      gli obiettivi di cui all’art. 181 relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, anch’essi con cadenza triennale (comma 4);

§      la Parte IV del d.lgs. 152/2006, nonché i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti (comma 5).

 

Il comma 3 indica, inoltre, le informazioni da indicare nella relazione sull’applicazione della direttiva 2008/98/CE prevista al comma 2, che deve contenere, come dispone il par. 1 dell’art. 37 della direttiva, anche le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui progressi compiuti nell’attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti e sulla misure previste dall’eventuale attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore.

8.       Sistema sanzionatorio

Regime sanzionatorio (artt. 30 - 32)

Il nuovo testo dell’art. 255 interviene sul regime sanzionatorio nel caso di abbandono di rifiuti, prevedendo da un lato, l’incremento della sanzione amministrativa pecuniaria (il minimo viene aumentato da centocinque a trecento euro; il massimo da seicentoventi a cinquemila euro) e introducendo una fattispecie aggravata nel caso di abbandono di rifiuti pericolosi, ricorrendo la quale la sanzione è elevata fino al doppio.

 

Le modifiche all’art. 258 e i nuovi articoli 260-bis e 260-ter introducono il sistema sanzionatorio necessario per l’efficace funzionamento del SISTRI e per l’adeguamento all’art. 36 della direttiva che prevede l’adozione, da parte degli Stati membri, di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive

 

Si segnala che nel corso delle audizioni al Senato sullo schema di decreto in esame, le regioni ed i comuni hanno sottolineato la necessità di una revisione dell’entità delle sanzioni in quanto giudicate troppo onerose.

 

Il nuovo testo dell’art. 258 relativo alla violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari, riguarda le prevalentemente i soggetti che possono, su base volontaria, non aderire al SISTRI.

Il comma 1 prevede, quindi, che i soggetti dell’art. 190, comma 1 (imprese ed enti produttori di rifiuti non pericolosi che non hanno più di dieci dipendenti e enti ed imprese che raccolgono e trasportano propri rifiuti non pericolosi) qualora omettano di tenere o tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

 

Il comma 2 è rivolto ai produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’art. 11, comma 1, della legge 29/2006 e all’art. 6, comma 1 del D.M. 17 dicembre 2009, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

Al riguardo si veda anche il comma 8 del nuovo art. 190 che prevede che tale obbligo è adempiuto attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del SISTRI relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.

 

In merito alla formulazione del comma 2 si rileva un errato riferimento normativo – l’art. 1, comma 1, della legge 26/2006 - che dovrebbe essere sostituito con l’art. 11, comma 1, della legge 29/2006 in quanto è in tale articolo che si fa riferimento ai produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa che hanno l'obbligo della tenuta del registro di carico e scarico.

 

Il comma 3 dispone che le sanzioni ivi previste siano applicabili solo alle imprese con meno di 5 dipendenti, mentre il testo previgente prevedeva una riduzione per imprese con meno di 15 dipendenti.

 

Nel corso delle audizioni al Senato è stato evidenziato come l’art. 3 della legge 88/2008 (comunitaria 2008) consente la delega a sanzionare unicamente quelle violazioni che non siano già oggetto di sanzioni penali o amministrative, mentre nel comma in esame vengono modificate sanzioni relative a violazioni già sanzionate. Il che apparirebbe al di fuori della delega.

 

La nuova formulazione del comma 4 risolve, invece, un’annosa questione inerente l’applicabilità dell’art. 483 del codice penale (reclusione fino a due anni), ovvero se la pena da esso prevista sia applicabile in tutte le ipotesi di cui al comma 4 o solo nel caso di predisposizione di un certificato di analisi falso.

Fino ad oggi, la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza hanno ritenuto che la pena di cui all’art. 483 del codice penale godesse di un’applicazione generale; invece, il nuovo comma 4 si muove in direzione contraria: «si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto»[18].

 

I nuovi commi 6 e 7 prevedono sanzioni amministrative pecuniarie rispettivamente nei confronti dei soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi che hanno alcuni obblighi di comunicazione ai sensi dell’art. 220, comma 2 e nei confronti dei sindaci che non presentino il MUD o lo presentino incompleto o inesatto oppure oltre i termini previsti.

 

 

Un nuovo regime sanzionatorio derivante dall’inadempimento degli obblighi introdotti dal DM 17 dicembre 2009, è introdotto quindi con i nuovi art. 260-bise 260- ter, quest’ultimo riguardante le sanzioni amministrative accessorie e la confisca a seguito dell’accertamento delle violazioni di cui all’art. 260-bis.

 

Il Ministero dell’ambiente, nella commisurare l’entità delle sanzioni del nuovo sistema sanzionatorio, si è ispirato essenzialmente a quello ad oggi già previsto all’art. 258 del d.lgs. 152/2006 con riferimento al MUD, al registro di carico e scarico e al formulario. La scelta del legislatore di prendere come modello il sistema sanzionatorio attualmente già previsto per il sistema cartaceo di comunicazione dei dati in materia di rifiuti appare ragionevole in considerazione del fatto che il SISTRI si sostituisce, per i soggetti obbligati di iscriversi al SISTRI, al vigente sistema per il controllo della tracciabilità dei rifiuti.

In sintesi, il sistema sanzionatorio si è conformato – in punto di entità delle sanzioni – a quello attualmente già previsto dal Codice ambientale creando, tuttavia, nuove fattispecie per tener conto degli obblighi stabiliti dal D.M. 17 dicembre 2009 istitutivo del SISTRI. Nell’elaborazione delle diverse fattispecie sanzionate il legislatore italiano ha, infatti, tenuto conto degli obblighi previsti dal D.M. 17 dicembre 2009 che, oltre a stabilire obblighi di iscrizione per varie tipologie di soggetti, prevede una serie di comunicazioni obbligatorie da effettuare secondo determinati criteri e tempistiche. Così all’obbligo previsto per determinate categorie di soggetti di iscriversi al SISTRI corrisponde una sanzione per l’omessa iscrizione, variabile in funzione della tipologia di rifiuti per la quale viene effettuata l’iscrizione (rifiuti pericolosi o non pericolosi). È sanzionabile anche l’omessa compilazione – secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal SISTRI – del registro cronologico o della scheda SISTRI – Area movimentazione. È, altresì, sanzionabile chi fornisce al SISTRI informazioni incomplete, inesatte o insufficienti.

Con specifico riferimento al trasporto, in considerazione del fatto che i rischi collegati alla gestione dei rifiuti aumentano sensibilmente in caso di trasporto dei rifiuti, viene prevista una pluralità di sanzioni, anche di natura amministrativa quali, ad esempio, il fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti.


Con particolare riferimento alle sanzioni introdotte dal nuovo art. 260-bis la tabella seguente[19] schematizza gli illeciti e le relative sanzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Si osserva che

 

Sono, inoltre, previste riduzioni delle sanzioni amministrative pecuniarie per le imprese con meno di 15 dipendenti che omettono lacompilazione del registro cronologico o della scheda SISTRI – Area Movimentazione (sia per i rifiuti pericolosi che non).

La relazione tecnica sottolinea, in merito all'autorità competente per l'accertamento delle violazioni nell'irrogazione delle sanzioni, come in linea generale essa sia individuata nella provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione ai sensi del vigente art. 262, comma 1, mentre per l’eventuale sospensione dal servizio prevista dal comma 6 dell'art. 260-bis per l’omissione del pagamento del contributo annuale al SISTRI, spetta al Ministero dell’ambiente. Il Ministero, infatti, nella determinazione del contributo annuale di iscrizione al SISTRI (previsto dall’art. 4, commi 1 e 3 del DM 17 dicembre 2009) terrà conto dei casi di mancato pagamento.

 

 

Il successivo nuovo art. 260-ter dispone, inoltre, la sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti per un anno qualora, nel caso delle violazioni di cui ai commi 8 e 9 dell’art. 260-bis (copia cartacea alterata della scheda SISTRI – Area Movimentazione), il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 del Codice penale (recidiva) o all’art. 8-bis della legge 689/1981 (reiterazione delle violazioni) o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti (comma 1).

 

Il comma 2 prevede anche l’applicabilità, in quanto compatibili, di alcune norme del d.lgs. 285/1992 (artt.213, 214 e 214-bis), cd. Codice della strada, sul sequestro e fermo amministrativo del veicolo.

 

Il comma 3 dispone che all’accertamento delle violazioni per i trasportatori di rifiuti pericolosi che utilizzano veicoli non iscritti al SISTRI, oltre alla sanzione prevista anche la sanzione accessoria del fermo amministrativo di un anno del mezzo.

 

Infine, il comma 4 prevede che, nel caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, venga sempre disposta la confisca del veicolo ai sensi dell’art. 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.

9.     Norme di raccordo, transitorie ed abrogazioni (artt. 33 e 34)

Gli articoli aggiuntivi artt. 264-bis, 264-ter e 264-quater contengono alcune disposizioni di coordinamento ed alcune abrogazioni necessarie a seguito dell’istituzione del SISTRI.

Il comma 1 del nuovo art. 264-bis dispone, pertanto, l’abrogazione parziale del D.P.C.M. 2 dicembre 2008, nello specifico di quelle sezioni dell’Allegato I relative al MUD di cui al DPCM 2 dicembre 2008 che non sonopiù applicabili in quanto sostituite dal nuovo sistema informatizzato SISTRI.

 

Si ricorda che con il DPCM 2 dicembre 2008 è stato approvato il MUD per l'anno 2009, mentre con il DPCM 27 aprile 2010 sono state apportate alcune modifiche all’articolazione del MUD indicata nell’Allegato al decreto. Pertanto il comma 1 in esame dovrebbe essere opportunamente coordinato anche tale ultimo DPCM.

 

Per quanto riguarda, invece, il MUD Veicoli Fuori Uso e il MUD RAEE, previsti dallo stesso Allegato I del citato DPCM, essi sono abrogati a decorrere dalla data di operatività del SISTRI, come individuata all’art. 1, comma 1, lett. b), del DM 17 dicembre 2009 (prorogata al 1° ottobre 2010 dal DM 9 luglio 2010). Il MUD per le citate categorie di rifiuti devono comunque essere presentati, per il 2010, solo per il periodo precedente alla operatività del SISTRI.

 

Con gli artt. 264-tere 264-quater, attraverso alcune novelle alle leggi sui veicoli fuori uso e sui RAEE (art. 11, comma 3, del d.lgs. 209/2003 e art. 9, comma 4, del d.lgs. 151/2005) viene previsto che i dati sulle attività di raccolta, trasporto e trattamento dei veicoli fuori uso e quelli sui RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego che annualmente vengono trasmessi con la compilazione del MUD, vengano ora forniti attraverso il SISTRI.

 

L’articolo 34 reca, infine, norme transitorie (commi 1 e 2) ed alcune abrogazioni (commi 3-6).

 

Considerando la necessità di concedere agli operatori del settore un periodo di tempo per adeguarsi al nuovo sistema SISTRI, i commi 1 e 2 introducono un sistema sanzionatorio transitorio che prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa di entità ridotta nei confronti dei soggetti obbligati all’iscrizione al SISTRI che omettono l’iscrizione fino alla data del 31 dicembre del 2010.

La sanzione viene, al contrario inasprita nei confronti di coloro che, successivamente a tale data, esercitano l’attività senza essere iscritti né all’Albo nazionale dei gestori ambientali di cui all’art. 212 né al SISTRI.

 

Il comma 3 dell’art. 34 dello schema in esame dispone l’abrogazione dei seguenti articoli del Codice dell’ambiente:

§      art. 181-bis , relativo a materie, sostanze e prodotti secondari (MPS), le cui disposizioni risultano assorbite e superate dalle nuove norme dettate dall’art. 12 dello schema in esame per i sottoprodotti e la cessazione della qualifica di rifiuto (cfr. commento all’art. 12);

§      art. 186, recante disposizioni volte a disciplinare le terre e rocce da scavo. Tali disposizioni - come sottolinea la relazione illustrativa – sono ormai rese superflue dalla nuova nozione di sottoprodotto, dalla previsione dei casi di cessazione della qualifica di rifiuto e dalla gamma di esclusioni prevista dall’art. 185 (cfr. paragrafo relativo alle terre e rocce da scavo);

 

Si segnala che – secondo quanto emerge dal parere della Conferenza unificata – il governo ha accolto la richiesta di abrogare l’art. 186 solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale previsto dall’art. 184-bis, comma 2, sui criteri da soddisfare affinché una sostanza sia considerata sottoprodotto e non rifiuto.

 

§      art. 210, che disciplina particolari ipotesi autorizzative: dal rilascio, modifica o rinnovo dell’autorizzazione degli impianti non ancora autorizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del Codice (29 aprile 2006) all’autorizzazione concessa a chi intende avviare una attività di recupero o di smaltimento di rifiuti in un impianto già esistente, precedentemente utilizzato o adibito ad altre attività;

§      art. 229 volto a disciplinare, nel dettaglio, i combustibili da rifiuti (CDR). Tale abrogazione si giustifica da un lato per il fatto che l’art. 229 reca una disciplina che riguarda sia il CDR che il CDR-Q (la cui definizione è stata soppressa dall’art. 10 dello schema in esame) e dall’altro perché forse con le nuove norme recate dall’art. 12 (sottoprodotti e cessazione della qualifica di rifiuto) il CDR può essere utilizzato anche al di fuori dalla disciplina dei rifiuti.

10.Allegati (art. 34, commi 4-6)

L’elenco seguente mostra gli effetti delle sostituzioni e delle abrogazioni disposte dai commi 4, 5 e 6 dell’art. 34 sugli allegati al Codice:

Allegato a)    abrogato

Tale allegato elenca categorie di rifiuti che risultano inutili alla luce della nuova nozione “aperta” di rifiuto recata dal nuovo testo dell’art. 183 (cfr. commento alla nuova definizione di rifiuto). L’omologo allegato è stato abrogato dalla direttiva.

Allegato b)    riscritto

Allegato c)    riscritto

Il nuovo testo degli allegati B e C, che elencano le operazioni di recupero e smaltimento, recepisce fedelmente quello degli allegati I e II alla direttiva. Rispetto al testo vigente le uniche variazioni sono nell’inserimento di una serie di note.

All’interno di tali note si segnala l’introduzione, nell’allegato C relativo alle operazioni di recupero, in linea con la direttiva, di una soglia di efficienza energetica (calcolata sulla base di apposita formula indicata in nota al medesimo allegato) al fine di valutare l’inclusione degli impianti di incenerimento di rifiuti solidi urbani nell’ambito dell’operazione R1 “Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia”;

Allegato d)    riscritto

Tale elenco contiene l’elenco dei rifiuti istituito dalla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000.

Allegato e)    invariato

Tale allegato contiene gli obiettivi di recupero e di riciclaggio dei materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio, nonché criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della Direttiva 2004/12/CE.

Allegato f)    invariato

Tale allegato reca criteri da applicarsi in materia di imballaggi.

Allegato g)   abrogato

Tale allegato, che contiene categorie di rifiuti pericolosi, viene abrogato - specularmente a quanto avviene per la categorie di rifiuti di cui all’allegato A – in quanto la definizione di rifiuto pericoloso rinvia unicamente alle caratteristiche di pericolo recate dall’allegato I.

Allegato h)    abrogato

Tale allegato, che contiene un elenco di costituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell'allegato G, viene abrogato per la sua connessione con l’allegato G.

Allegato i)      riscritto

Tale allegato, che contiene un elenco di caratteristiche di pericolo per i rifiuti, recepisce integralmente il dettato dell’allegato III alla direttiva e si discosta dal vigente allegato I al Codice soprattutto per l’introduzione della voce «sensibilizzanti» (voce inserita come H13, la vigente voce H13 compare nel nuovo allegato come voce H15), intesi come “sostanze o preparati che, per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo ad una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici”.

Si ricorda che ai sensi della nuova definizione introdotta dall’art. 10 dello schema in esame, un rifiuto è pericoloso se presenta almeno una delle caratteristiche previste da tale allegato I.

Allegato l)    introdotto dallo schema in esame

Tale allegato, che contiene un elenco di esempi di misure di prevenzione dei rifiuti recepisce fedelmente l’allegato IV alla direttiva e rappresenta uno strumento di base per l’elaborazione e la valutazione delle politiche di prevenzione dei rifiuti previste dal nuovo testo dell’art. 180 previsto dall’art. 5 dello schema in esame.

 

 

 

 

 


Testo a fronte

 


Parte quarta.
Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati.
Titolo I - Gestione dei rifiuti.
Capo I - Disposizioni generali

D.lgs. 152/2006

Schema di decreto correttivo

 

Articolo 1

Articolo 177

Articolo 177

Campo di applicazione

Campo di applicazione e finalità.

1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli oli usati, sulle batterie esauste, sui rifiuti di imballaggio, sui policlorobifenili (PCB), sulle discariche, sugli inceneritori, sui rifiuti elettrici ed elettronici, sui rifiuti portuali, sui veicoli fuori uso, sui rifiuti sanitari e sui rifiuti contenenti amianto.

 

(vedi art. 178, co. 1)

 

 

Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

 

 

(vedi art. 178, co. 2)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi art. 178, co. 4)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi art. 178, co. 5)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso.

 

2-bis. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro può avvalersi del supporto tecnico dell'APAT - Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi tecnici, senza nuovi o maggiori oneri né compensi o indennizzi per i componenti dell'APAT - Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi tecnici

1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della Direttiva 2008/98/CE, prevedendo misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell'uso delle risorse e migliorandone l'efficacia.

 

2. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse.

 

3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

 

5. Per conseguire le finalità e gli obiettivi di cui ai commi precedenti, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.

 

6. I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.

7. Le Regioni e le Province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso.

 

8. Ai fini dell'attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, il Ministro può avvalersi del supporto tecnico dell'Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale (ISPRA) senza nuovi o maggiori oneri.

 

 

Articolo 2

Articolo 178

Articolo 178

Finalità

Principi

1. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dalla parte quarta del presente decreto al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi, nonché al fine di preservare le risorse naturali.

 

2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;

c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

 

3. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario "chi inquina paga". A tal fine le gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza.

 

4. Per conseguire le finalità e gli obiettivi della parte quarta del presente decreto, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di rispettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati.

 

5. I soggetti di cui al comma 4 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un contesto unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accreditamento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.

 

 

 

 

(vedi art. 178, co. 2)

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi art. 178, co. 4)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tal fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.

 

Articolo 3

 

Articolo 178-bis

 

Responsabilità estesa del produttore

 

1. Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l'utilizzo efficiente delle risorse durante l'intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera circolazione delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa consultazione delle parti interessate, con uno o più decreti del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare aventi natura regolamentare le modalità e i criteri di introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, nell'organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo.

 

2. Ai medesimi fini di cui al comma 1 possono essere adottati con uno o più decreti del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, le modalità e i criteri:

 

a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilità finanziaria dei produttori del prodotto. I decreti della presente lettera sono adottati di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze;

b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile;

c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali;

d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformità con i criteri di cui agli articoli 177 e 179;

e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all'uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l'ambiente.

 

3. La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all'articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.

 

4. I decreti di cui al comma 1 possono prevedere altresì che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto partecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all'intera copertura di tali costi.

 

5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Articolo 4

Articolo 179

Articolo 179

Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti

Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, in particolare mediante:

 

a) lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;

 

b) la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

 

c) lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero.

 

(vedi art. 181, comma 1, lettere b) e c))

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Nel rispetto delle misure prioritarie di cui al comma 1, le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante riutilizzo, riciclo o ogni altra azione diretta ad ottenere da essi materia prima secondaria sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.

 

 

 

(vedi art. 181, co. 2)

1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia del trattamento dei rifiuti:

a) prevenzione;

b) preparazione per il riutilizzo;

c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

e) smaltimento.

 

2. La gerarchia del trattamento dei rifiuti stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di  cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, in applicazione del principio di precauzione e sostenibilità, il miglior risultato in termini di  protezione della salute umana e dell'ambiente

a) valutando, in particolare,

-      le emissioni prevedibili;

-      il grado di protezione delle risorse naturali e del loro uso efficiente;

-      l'energia impiegata e ricavata;

-      l'accumulo di contaminanti nei prodotti, nei rifiuti destinati al recupero oppure nei prodotti recuperati;

b) tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

 

3. In via eccezionale, può essere necessario discostarsi, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, dall'ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, in applicazione del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad un'analisi in relazione agli impatti complessivi:

a) ambientali e sanitari della produzione e della gestione, in termini di ciclo di vita, di tali rifiuti;

b) sociali ed economici, ivi compresi la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

 

4. Con uno o più decreti del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di  concerto con il Ministro della Salute possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di  rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi precedenti, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente.

 

5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative  dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:

 

a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;

b) la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose  contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero.

d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai  rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e; più in generale,  l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.

 

6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di  materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.

 

7. Le Pubbliche Amministrazioni promuovono l'analisi del ciclo di vita dei prodotti, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del d.lgs. 195/2005, l'uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica; e di altre misure necessarie.

 

8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le  risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori  oneri a carico della finanza pubblica.

 

Articolo 5

Articolo 180

Articolo 180

Prevenzione della produzione di rifiuti

Prevenzione della produzione di rifiuti

1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all'articolo 179 riguardano in particolare:

 

a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo;

 

b) la previsione di clausole di gare d'appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;

 

c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali finalizzati, con effetti migliorativi, alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;

d) l'attuazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e degli altri decreti di recepimento della direttiva 96/61/CE in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento.

1. Al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, le iniziative di cui all'articolo 179 riguardano in particolare:

 

a) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di certificazione ambientale, utilizzo delle migliori tecniche disponibili, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, l'uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo;

b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d’invito che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;

c) la promozione di accordi e contratti di programma o protocolli d'intesa anche sperimentali finalizzati alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti;

 

soppressa

 

 

 

 

2. Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare adotta, a norma degli articoli 177, 178 e 179, un programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni affinché tali programmi siano integrati nei piani di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199. In caso di integrazione nel piano di gestione, sono chiaramente identificate le misure di prevenzione dei rifiuti.

 

3. I programmi di cui al comma precedente fissano gli obiettivi di prevenzione. Il ministero descrive le misure di prevenzione esistenti e valuta l'utilità degli esempi di misure di cui all'allegato L o di altre misure adeguate.

 

4. Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare individua gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i progressi realizzati nell'attuazione delle misure di prevenzione e può stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi.

 

5. Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare assicura la disponibilità di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti e; se del caso, elabora orientamenti per assistere le regioni nella preparazione dei programmi.

 

6. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 

Articolo 6

 

Articolo 180-bis

 

Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti

 

1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in:

a) uso di strumenti economici;

b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo;

c) adozione, nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b) e 69 del medesimo decreto;

d) definizione di obiettivi quantitativi;

e) misure educative.

 

2. Con uno o più decreti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto.

 

3. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Articolo 7

Articolo 181

Articolo 181

Recupero dei rifiuti.

Riciclaggio e recupero dei rifiuti.

1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale degli stessi, attraverso:

 

a) il riutilizzo, il riciclo o le altre forme di recupero;

 

b) l'adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

 

c) l'utilizzazione dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Al fine di favorire ed incrementare le attività di riutilizzo, riciclo e recupero le autorità competenti ed i produttori promuovono analisi dei cicli di vita dei prodotti, ecobilanci, informazioni e tutte le altre iniziative utili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino al completamento delle operazioni di recupero.

1. Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformità a quanto previsto dall'articolo 205. Le autorità competenti realizzano, altresì, entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro nonché adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

 

a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono assimilabili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;

b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 % in termini di peso.

 

1-bis. Nelle more della definizione, da parte della Commissione europea, delle modalità di attuazione e di calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, tali modalità sono definite con decreto del Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare.

 

(vedi art. 179, co. 7)

 

2. Con uno o più decreti del Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformità ai criteri di priorità di cui all'articolo 179 e alle modalità di cui all'articolo 177, comma 4, nonché misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata dei rifiuti.

 

3. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile, dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse.

 

4. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata, destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.

 

5. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Articolo 8

Articolo 182

Articolo 182

Smaltimento dei rifiuti

Smaltimento dei rifiuti

1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

 

2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero.

 

 

 

 

 

(vedi comma 5)

 

 

 

 

 

 

 

3. Lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, attraverso le migliori tecniche disponibili e tenuto conto del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

 

4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nei decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tecniche approvate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, tenendo conto di eventuali norme tecniche di settore esistenti, anche a livello comunitario.

 

5. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. Sono esclusi dal divieto le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinate al recupero per le quali è sempre permessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto di prossimità agli impianti di recupero.

 

6. Lo smaltimento dei rifiuti in fognatura è disciplinato dall'articolo 107, comma 3.

 

7. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE

1. Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli.

 

2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recuperoe prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell'ambito di attività di riciclaggio o di recupero.

 

3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.

 

 

soppresso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nei decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi comma 3)

 

 

 

 

soppresso

 

 

 

 

 

 

 

 

soppresso

 

 

5. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.

 

 

Articolo 9

 

Articolo 182-bis

 

Principi di autosufficienza e prossimità

 

1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

 

2. Sulla base di una motivata richiesta delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le modalità di cui al periodo precedente, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel Regolamento CE n. 1013/2006.

 

3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione Europea.

 

Articolo 182-ter

 

Rifiuti organici

 

1. Le Regioni le Province autonome, i Comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte ad incoraggiare:

 a) la raccolta separata dei rifiuti organici al fine del compostaggio e della digestione dei medesimi;

 b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;

 c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente.

 

Articolo 10

Articolo 183

Articolo 183

Definizioni

Definizioni

1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

 

a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

b) produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti cioè il produttore iniziale e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti;

 

 

 

 

 

c) detentore: il produttore dei rifiuti o il soggetto che li detiene;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura;

 

 

 

e) raccolta: l'operazione di prelievo, di cernita o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto;

 

 

 

 

f) raccolta differenziata: la raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee compresa la frazione organica umida, destinate al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia. La frazione organica umida è raccolta separatamente o con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti biodegradabili certificati;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

g) smaltimento: le operazioni previste nell'allegato B alla parte quarta del presente decreto;

h) recupero: le operazioni previste nell'allegato C alla parte quarta del presente decreto;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o più edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di un'area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali sono originati i rifiuti;

 

 

 

 

 

 

 

l) stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta;

m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:

1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 parti per milione (ppm), nè policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione (ppm);

 

 

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore, con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi nel caso di rifiuti pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di rifiuti non pericolosi. In ogni caso, allorchè il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi i 10 metri cubi l'anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;

5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;

n) frazione umida: rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di umidità, proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani;

o) frazione secca: rifiuto a bassa putrescibilità e a basso tenore di umidità proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani, avente un rilevante contenuto energetico;

p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; 4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; 5) abbiano un valore economico di mercato;

q) materia prima secondaria: sostanza o materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell'articolo 181-bis;

r) combustibile da rifiuti (CDR): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità normale, che è ottenuto dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti finalizzati a garantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonché a ridurre e controllare: 1) il rischio ambientale e sanitario; 2) la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile e il contenuto di umidità; 3) la presenza di sostanze pericolose, in particolare ai fini della combustione;

s) combustibile da rifiuti di qualità elevata (CDR-Q): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualità elevata;

t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

u) compost di qualità: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo n. 217 del 2006 e successive modifiche e integrazioni;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

v) emissioni: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, lettera b);

z) scarichi idrici: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff);

aa) inquinamento atmosferico: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, lettera a);

bb) gestione integrata dei rifiuti: il complesso delle attività volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti, come definita alla lettera d), ivi compresa l'attività di spazzamento delle strade;

cc) centro di raccolta: area presidiata ed allestita, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni, città e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

 

 

 

 

 

dd) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti su strada.

1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

 

a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;

b) “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto;

c) “oli usati”: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;

d) "rifiuto organico" rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002;

e) “produttore di rifiuti”:  il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti;

e-bis): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;

f) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;

g) "commerciante": qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;

h) "intermediario" qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti;

i) “prevenzione”: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:

1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita;

2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana;

3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti.

l) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario;

m) “raccolta”:il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla successiva lettera “bb” del presente comma, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;

n) “raccolta differenziata”: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;

 

 

 

 

o) “preparazione per il riutilizzo": le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;

p) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;

q) "trattamento" operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;

 

(vedi lett. u)

 

r) “recupero”: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. L'allegato C della Parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;

s) “riciclaggio”: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;

t) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;

 

 

 

 

 

u) “smaltimento”: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla Parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;

v) “stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta;

z) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:

1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 29 aprile 2004, n. 850 e successive modificazioni devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti, con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

 

 

3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;

5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi articolo 184-bis)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

aa) “combustibile da rifiuti (CDR)”: il combustibile prodotto da rifiuti avente caratteristiche individuate delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile da rifiuti, è classificato come rifiuto speciale;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

aa-bis) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario è classificato come rifiuto speciale.

bb) “rifiuto biostabilizzato”: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;

cc) “compost di qualità”: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo n. 217 del 2006 e successive modifiche e integrazioni;

cc-bis) “digestato di qualità”: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole;

dd) “emissioni”: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, lettera b);

ee) “scarichi idrici”: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff);

ff) “inquinamento atmosferico”: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, lettera a);

gg) “gestione integrata dei rifiuti”: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera ll), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;

hh) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato - Regioni, città e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

ii) "migliori tecniche disponibili": le migliori tecniche disponibili quali definite all’articolo 2, comma 1, lett. o). decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;

ll) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti su strada.

 

Articolo 11

Articolo 184

Articolo 184

Classificazione

Classificazione

1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

 

2. Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).

 

3. Sono rifiuti speciali:

a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;

 

b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 186;

 

c) i rifiuti da lavorazioni industriali;

d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e) i rifiuti da attività commerciali;

f) i rifiuti da attività di servizio;

g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;

l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;

m) il combustibile derivato da rifiuti;

 

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive si provvede ad istituire l'elenco dei rifiuti, conformemente all'articolo 1, comma 1, lettera a), della direttiva 75/442/CE ed all'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CE, di cui alla Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla direttiva del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 9 aprile 2002, pubblicata nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 10 maggio 2002 e riportata nell'Allegato D alla parte quarta del presente decreto.

 

5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell'elenco di cui all'Allegato D alla parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta.

 

 

 

 

 

 

5-bis. I sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali, sono disciplinati dalla parte quarta del presente decreto con procedure speciali da definirsi con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro della salute, da adottarsi entro il 31 dicembre 2008. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono custoditi i medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni ed ai nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale.

1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

 

2. Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).

 

3. Sono rifiuti speciali:

a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.;

b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;

c) i rifiuti da lavorazioni industriali;

d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e) i rifiuti da attività commerciali;

f) i rifiuti da attività di servizio;

g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

 

soppressa;

 

soppressa;

soppressa;

 

4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della Parte Quarta del presente decreto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5. L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’art. 183 del presente decreto.

 

5-bis. I sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale individuati con decreto del Ministro della difesa, nonché la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali, sono disciplinati dalla parte quarta del presente decreto con procedure speciali da definirsi con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro della salute, da adottarsi entro il 31 dicembre 2008. I magazzini, i depositi e i siti di stoccaggio nei quali vengono custoditi i medesimi materiali e rifiuti sono soggetti alle autorizzazioni ed ai nulla osta previsti dal medesimo decreto interministeriale.

 

5-ter. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto.

5-quater. L’obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all’art. 193 del presente decreto e l’obbligo di tenuta dei registri di cui all’art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformità agli articoli 208, 212, 214 e 216 del presente decreto.

 

Articolo 12

 

Articolo 184-bis

 

Sottoprodotto

(vedi art. 183, comma 1 lett. ))

1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

 

2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché una sostanza o un oggetto specifico sia considerato sottoprodotto e non rifiuto. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità con quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

 

Articolo 184-ter

 

Cessazione della qualifica di rifiuto

 

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

 

2. L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità con quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

 

3. Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’art. 9-bis lett. b) della legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino al 31 dicembre 2010.

 

4. Ai decreti di cui al comma 2 si applica la procedura di notifica stabilita dalla direttiva 93/34/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998.

 

5. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 209 del 2003, dal decreto legislativo 151 del 2005 e dal decreto legislativo 188 del 2008 ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

 

6. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.”

 

Articolo 13

Articolo 185

Articolo 185

Limiti al campo di applicazione.

Esclusioni dall’ambito di applicazione

1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;

b) in quanto regolati da altre disposizioni normative che assicurano tutela ambientale e sanitaria:

1) le acque di scarico, eccettuati i rifiuti allo stato liquido;

 

 

 

 

 

 

 

2) i rifiuti radioattivi;

3) i materiali esplosivi in disuso;

4) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;

5) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell'attività agricola;

c) i materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di manutenzione di alvei di scolo ed irrigui;

c-bis) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso dell'attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato scavato.

2. Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell'articolo 183:

materiali fecali e vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato, oppure da attività agricole, utilizzati nelle attività agricole, anche al di fuori del luogo di produzione, ovvero ceduti a terzi, o utilizzati in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas,

materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi,

eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281

 

1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:

a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;

b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;

c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;

d) i rifiuti radioattivi;

e) i materiali esplosivi in disuso;

f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

 

2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative sanitaria comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

a) le acque di scarico;

b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;

d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117;

 

 

 

3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della Decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000.

4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, sono da valutarsi ai sensi degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.

 

Articolo 14

Articolo 187

Articolo 187

Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi.

Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi

1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui all'Allegato G alla parte quarta del presente decreto ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.

 

 

2. In deroga al divieto di cui al comma 1, la miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209, 210 e 211 qualora siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 178, comma 2, e al fine di rendere più sicuro il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni di cui all'articolo 178, comma 2.

1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

 

2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata  ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 a condizione che:

a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4 e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;

b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli artt. 208, 209 e 211;

c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’art. 183, comma 1 lettera ii).

 

3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4.

 

Articolo 15

Articolo 188

Articolo 188

Oneri dei produttori e dei detentori

Responsabilità della gestione dei rifiuti

1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Il produttore o detentore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità:

a) autosmaltimento dei rifiuti;

b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti;

c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione;

d) utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate;

e) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall'articolo 194.

 

3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa:

a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;

 

 

 

 

 

 

 

 

b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.

 

4. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare, indicate rispettivamente ai punti D13, D14, D15 dell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto di cui al comma 3, lettera b), abbiano ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D1 a D12 del citato Allegato B. Le relative modalità di attuazione sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che dovrà anche determinare le responsabilità da attribuire all'intermediario dei rifiuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi co. 1)

 

1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del presente articolo, il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste.

 

2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal Regolamento (CE) n.1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2 lett. a), la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema.

 

 

 

 

3. La responsabilità dei soggetti che, ai sensi dell’art. 212 comma 8 del presente decreto, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa:

a) in caso di conferimento dei rifiuti ai centri di raccolta comunali ed intercomunali o a piattaforme private, autorizzati per le operazioni di messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) ai sensi degli articoli 208, 213 o 216 del presente decreto, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione o contratto;

b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.

 

4. Nel caso di conferimento dei rifiuti ai centri di raccolta comunali ed intercomunali o a piattaforme private, autorizzati per le operazioni di messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) ai sensi degli articoli 208, 213 o 216 del presente decreto, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione o contratto, è esclusa la responsabilità del produttore iniziale per l’esecuzione di un’operazione completa di recupero o smaltimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

5. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale, conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli articoli 208, 209, 211, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 177, comma 4.

 

6. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.”

 

Articolo 188-bis

 

Controllo della tracciabilità dei rifiuti

 

1. In attuazione di quanto stabilito all’articolo 177, comma 4, la tracciabilità dei rifiuti deve essere garantita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale.

 

2. A tal fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire:

a) nel rispetto degli obblighi istituiti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 14-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n.78, convertito con legge 3 agosto 2009, n. 102, e al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009; oppure

b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché del formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193.

 

3. Il soggetto che aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al precedente comma 2, lett. a) non adempie agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda di movimentazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Il registro cronologico e le schede di movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), sono conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti e sono resi disponibili all’autorità di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta.

 

4. Il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al precedente comma 2, lett. a), deve adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193.

 

Articolo 188-ter

 

Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)

 

1. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a):

a) gli enti e le imprese produttori di rifiuti pericolosi - ivi compresi quelli di cui all’articolo 212, comma 8;

b) le imprese e gli enti produttori di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), con più di dieci dipendenti, nonché le imprese e gli enti che effettuano operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti e che producano per effetto di tale attività rifiuti non pericolosi, indipendentemente dal numero di dipendenti;

c) i commercianti e gli intermediari di rifiuti;

d) i consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati;

e) le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento di rifiuti;

f) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti speciali a titolo professionale;

g) in caso di trasporto marittimo o ferroviario, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto.

 

2. Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), su base volontaria:

a) le imprese e gli enti produttori di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno più di dieci dipendenti;

b) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8;

c) gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile che producono rifiuti non pericolosi;

d) le imprese e gli enti produttori di rifiuti non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g);

e) i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla Regione Campania.

 

3. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Campania.

 

4. Con uno o più decreti del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l’obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2, nonché ai soggetti di cui al decreto previsto dall’articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151 recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.

 

5. Con uno o più decreti del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l’applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al Regolamento 1013/2006, e successive modifiche. Nelle more dell’adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009 relativi alla tratta del territorio nazionale interessata dal trasporto transfrontaliero.

 

6. Con uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, è effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate.

6-bis. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamente, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti Amministrazioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell’Economia e delle Finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell’interno, da adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione.

 

Articolo 189

Articolo 189

Catasto dei rifiuti.

Catasto dei rifiuti.

1. Il Catasto dei rifiuti, istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente e, ove tali Agenzie non siano ancora costituite, presso la regione. Le norme di organizzazione del Catasto sono emanate ed aggiornate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 4 agosto 1998, n. 372. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, dei dati raccolti ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura prevista nel Catalogo europeo dei rifiuti, di cui alla decisione 20 dicembre 1993, 94/3/CE.

 

3. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi istituiti per il recupero ed il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), comunicano annualmente alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'articolo 212, comma 8, nonché, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

 

3-bis. Senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a partire dall'istituzione di un sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai fini della trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti e la realizzazione in formato elettronico del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del M.U.D., da stabilirsi con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le categorie di soggetti di cui al comma precedente sono assoggettati all'obbligo di installazione e utilizzo delle apparecchiature elettroniche.

 

4. Nel caso in cui i produttori di rifiuti pericolosi conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio e previa apposita convenzione, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita.

 

5. I soggetti istituzionali responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati comunicano annualmente, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:

 

a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;

b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;

c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;

d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;

e) i dati relativi alla raccolta differenziata;

f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.

 

6. Le Sezioni regionali e provinciali e delle province autonome del Catasto, sulla base dei dati trasmessi dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, provvedono all'elaborazione dei dati ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale entro trenta giorni dal ricevimento, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 25 gennaio 1994, n. 70, delle informazioni di cui ai commi 3 e 4. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) elabora i dati, evidenziando le tipologie e le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti, nonché gli impianti di smaltimento e di recupero in esercizio e ne assicura la pubblicità.

 

7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.

1. Il Catasto dei rifiuti, istituito dall'art. 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e delle informazioni di cui al comma 3, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti.

 

3. I comuni o loro consorzi e le comunità montane comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a)la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio;

b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti pubblici o privati;

c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno;

d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti;

e) i dati relativi alla raccolta differenziata;

f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attuazione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti.

 

4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai comuni della Regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Le informazioni di cui al comma 3, lettera d), sono trasmesse all’ISPRA, tramite interconnessione diretta tra il Catasto dei rifiuti e il sistema di tracciabilità dei rifiuti nella Regione Campania di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210 (SITRA). Le attività di cui al presente comma sono svolte nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

5. Le disposizioni di cui al comma 3, fatta eccezione per le informazioni di cui alla lettera d), non si applicano altresì ai comuni di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e) che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a).

 

6. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione di cui al comma 3 la provincia territorialmente competente, previa diffida con intimazione a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni, in caso di perdurante inerzia, nomina un Commissario ad acta incaricato di provvedere ai predetti oneri informativi, con spese della procedura a carico dell’ente inadempiente e diritto di rivalsa sulle pretese creditorie derivanti dal servizio di gestione dei rifiuti.

 

7. Le Sezioni regionali e provinciali del Catasto, provvedono all'elaborazione dei dati di cui al comma 3 e all’articolo 188-ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale, entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) elabora annualmente i dati e ne assicura la pubblicità. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

8. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio si applica quanto previsto dall'articolo 220, comma 2.”

Articolo 190

Articolo 190

Registri di carico e scarico

Registri di carico e scarico

1. I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. I soggetti che producono rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate:

 

a) per i produttori, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo:

 

b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione del trasporto;

 

c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione della transazione relativa;

 

d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.

 

2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere:

 

a) l'origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti;

 

b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato;

 

c) il metodo di trattamento impiegato.

 

3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, nonché presso la sede dei commercianti e degli intermediari. I registri integrati con i formulari di cui all'articolo 193 relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque anni dalla data dell'ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell'attività devono essere consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione.

 

4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.

 

 

5. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta.

 

6. I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti .

 

6-bis. Per le attività di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora vengano utilizzati i registri IVA di acquisto e di vendita, secondo le procedure e le modalità fissate dall'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni ed integrazioni .

 

7. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente articolo è definita con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 9, e di cui alla circolare del Ministro dell'ambiente del 4 agosto 1998.

 

8. Sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 1 le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e e), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili con analoghe funzioni e fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative.

 

9. Nell'Allegato 6.C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: «in litri» la congiunzione: «e» è sostituita dalla disgiunzione: «o».

 

1. I soggetti di cui all’articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno aderito su base volontaria al sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione e, integrati con i formulari di identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall’impianto di destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione.

 

 

 

 

 

 

3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o società di servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.

 

4. Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo qualora ne faccia richiesta.

 

5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri Iva. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico è quella di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 8.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7. Nell'Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: “in litri” la congiunzione: “e” è sostituita dalla disgiunzione: “o”.

 

8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.

Articolo 193

Articolo 193

Trasporto dei rifiuti

Trasporto dei rifiuti

1. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati:

 

 

 

 

 

 

a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;

b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;

c) impianto di destinazione;

d) data e percorso dell'istradamento;

e) nome ed indirizzo del destinatario.

 

2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore o dal detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore o il detentore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri.

 

4-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano altresì nel caso di trasporto di rifiuti speciali di cui all'articolo 184, comma 3, lettera a), effettuato dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario e finalizzato al conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani con il quale sia stata stipulata una convenzione, purché tali rifiuti non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri.

 

5. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente articolo è definita con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145.

 

6. La definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione e le modalità di numerazione, di vidimazione ai sensi della lettera b) e di gestione dei formulari di identificazione, nonché la disciplina delle specifiche responsabilità del produttore o detentore, del trasportatore e del destinatario sono fissati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio tenendo conto delle specifiche modalità delle singole tipologie di trasporto, con particolare riferimento ai trasporti intermodali, ai trasporti per ferrovia e alla microraccolta. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le seguenti disposizioni:

 

a) relativamente alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145;

 

b) relativamente alla numerazione e vidimazione, i formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro IVA acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

 

7. Il formulario di cui al presente articolo è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.

 

 

 

 

 

8. La scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativo all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, è sostituita dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all'allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 non previste nel modello del formulario di cui al comma 1 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni del medesimo formulario.

 

 

 

 

 

 

 

 

9. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.

 

10. Il documento commerciale, di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, per gli operatori soggetti all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 190, sostituisce a tutti gli effetti il formulario di identificazione di cui al comma 1.

 

11. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, dev'essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni dev'essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.

 

 

 

 

 

12. La sosta durante il trasporto dei rifiuti caricati per la spedizione all'interno dei porti e degli scali ferroviari, delle stazioni di partenza, di smistamento e di arrivo, gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera l), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

 

13. Il formulario di identificazione dei rifiuti di cui al comma 1 sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392.

 

1. Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, e che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati:

a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;

b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;

c) impianto di destinazione;

d) data e percorso dell'istradamento;

e) nome ed indirizzo del destinatario.

 

2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti che in tal modo dà atto di aver ricevuto i rifiuti. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.

3. Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nella Scheda SISTRI – Area Movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico .

 

4. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia di imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose.

 

5. Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonché per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani in regioni diverse dalla Regione Campania di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. In ordine alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 145.

 

7. I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell'Agenzia delle Entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

 

8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), il formulario di identificazione è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.

 

9. La scheda di accompagnamento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativa all'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, è sostituita dalla Scheda SISTRI – Area Movimentazione di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009 o, per le imprese che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche informazioni di cui all'allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area Movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nelle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative alla movimentazione dei rifiuti, e nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.

 

11. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera v), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

 

12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste tecniche all’interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, comma 1, lettera v) purchè siano effettuate nel più breve tempo possibile e non superino comunque, salvo impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore, il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto inizio predette attività. Ove si prospetti l’impossibilità del rispetto del predetto termine per caso fortuito o per forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l’obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI – Area Movimentazione e informare, senza indugio e comunque prima della scadenza del predetto termine, il comune e la provincia territorialmente competente indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore del rifiuto dovrà adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana. La decorrenza del termine massimo di sei giorni resta sospesa durante il periodo in cui perduri l’impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore. In caso di persistente impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore per un periodo superiore a 30 giorni a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio l’attività di cui al primo periodo del presente comma, il detentore del rifiuto sarà obbligato a conferire, a propri costi e spese, i rifiuti ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179.

 

13. La copia cartacea della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relativa alla movimentazione dei rifiuti e il formulario di identificazione di cui al comma 1 costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui all’articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 30 giugno 2009, n. 554.

 

Articolo 16

Articolo 194

Articolo 194

Spedizioni transfrontaliere

Spedizioni transfrontaliere

1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all'articolo 19 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, e dal decreto di cui al comma 3.

 

2. Sono fatti salvi, ai sensi dell'articolo 19 del predetto regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti solidi urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20 del predetto regolamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993 sono disciplinati:

 

a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 27 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;

b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 1, del regolamento;

c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2;

d) le modalità di verifica dell'applicazione del principio di prossimità per i rifiuti destinati a smaltimento.

 

4. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto interministeriale 3 settembre 1998, n. 370.

 

5. Ai sensi e per gli effetti del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993:

a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;

b) l'autorità di transito è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;

c) corrispondente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

 

 

 

6. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 38 del regolamento (CEE) n. 259 del 1° febbraio 1993 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.

 

7. Ai rottami ferrosi e non ferrosi di cui all'articolo 183, comma 1, lettera u), si applicano le disposizioni di cui all'articolo 212, comma 12.

1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 e dal decreto di cui al comma 4.

 

2. Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 42 del predetto regolamento.

 

3. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212. L’iscrizione all’Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 7 del medesimo articolo 212.

 

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 sono disciplinati:

a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001;

b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 29, del regolamento;

c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2.

 

 

 

 

 

5. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto interministeriale 3 settembre 1998, n. 370.

 

6. Ai sensi e per gli effetti del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013:

a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome;

b) l'autorità di transito è il Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare;

c) corrispondente è il Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare.

 

7. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo  56 del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all'anno precedente, previsti dall'articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.

 

Articolo 17

Articolo 195

Articolo 195

Competenze dello Stato

Competenze dello Stato

1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:

 

a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

 

b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, nonché l'individuazione dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;

 

d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi:

 

e) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;

 

f) l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell'erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;

 

g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione;

 

h) l'indicazione delle tipologie delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;

 

i) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di materia prima secondaria dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203;

 

l) l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;

 

m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi;

 

 

 

n) la determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti;

 

 

o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità:

 

 

p) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;

 

q) l'indicazione dei criteri generali per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;

 

r) la determinazione, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale;

 

 

 

s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);

 

t) l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.

 

2. Sono inoltre di competenza dello Stato:

 

a) l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 178, comma 5;

 

b) l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;

 

c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;

 

d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;

 

e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Ai rifiuti assimilati, entro due anni, si applica esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantità conferite che deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, è determinata dall'amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li producono. A tale tariffazione si applica una riduzione, fissata dall'amministrazione comunale, in proporzione alle quantità dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti urbani. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l'avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani;

 

f) l'adozione di un modello uniforme del certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che dovrà indicare per ogni carico e/o conferimento la quota smaltita in relazione alla capacità autorizzata annuale dello stesso impianto;

 

g) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti;

 

h) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie a favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti sottoposti all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo;

 

i) la riorganizzazione e la tenuta del Catasto nazionale dei rifiuti;

 

l) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti, ivi inclusa l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche devono essere trasportati con modalità ferroviaria;

 

m) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;

 

n) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso;

 

o) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a);

 

p) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;

 

q) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata;

 

r) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire;

 

s) l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da Università o Istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori al fine di prevenire l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attività esercitata;

 

s-bis) l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di semplificazioni con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da adottarsi entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente disciplina in materia di adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto .

 

 

(vedi lettera i))

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui ai comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, sentite la Conferenza Stato-regioni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti .

 

5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato .

1. Ferme restando le ulteriori competenze statali previste da speciali disposizioni, anche contenute nella parte quarta del presente decreto, spettano allo Stato:

 

a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione della parte quarta del presente decreto, da esercitare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

 

b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti;

 

 

 

b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216;

 

b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attività di recupero energetico dei rifiuti;"

 

c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurne la pericolosità;

 

d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi:

 

e) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti;

 

f) l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione. Nell'individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale. Il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le risorse necessarie, anche ai fini dell'erogazione dei contributi compensativi a favore degli enti locali, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili;

 

g) la definizione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, di un piano nazionale di comunicazione e di conoscenza ambientale. La definizione è operata, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un Programma, formulato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione;

 

h) l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;

 

i) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio e il recupero di materia prima secondaria dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti economici, anche ai sensi dell'articolo 52, comma 56, lettera a), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 maggio 2003, n. 203;

 

l) l'individuazione di obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti;

 

m) la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi;

 

n) la determinazione, relativamente all'assegnazione della concessione del servizio per la gestione integrata dei rifiuti, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la definizione delle gare d'appalto, ed in particolare dei requisiti di ammissione delle imprese, e dei relativi capitolati, anche con riferimento agli elementi economici relativi agli impianti esistenti;

 

o) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida inerenti le forme ed i modi della cooperazione fra gli enti locali, anche con riferimento alla riscossione della tariffa sui rifiuti urbani ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità:

 

p) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;

 

q) l'indicazione dei criteri generali per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;

 

r) la determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida, dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale;

 

s) la determinazione delle metodologie di calcolo e la definizione di materiale riciclato per l'attuazione dell'articolo 196, comma 1, lettera p);

 

t) l'adeguamento della parte quarta del presente decreto alle direttive, alle decisioni ed ai regolamenti dell'Unione europea.

 

2. Sono inoltre di competenza dello Stato:

 

a) l'indicazione dei criteri e delle modalità di adozione, secondo principi di unitarietà, compiutezza e coordinamento, delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, con riferimento anche ai relativi sistemi di accreditamento e di certificazione ai sensi dell'articolo 178, comma 5;

 

b) l'adozione delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215 e 216, ivi comprese le linee guida contenenti la specificazione della relazione da allegare alla comunicazione prevista da tali articoli;

 

c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi;

 

d) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle attività produttive;

 

e) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e della gestione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Ai rifiuti assimilati, entro due anni, si applica esclusivamente una tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione dei rifiuti urbani. La tariffazione per le quantità conferite che deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa ed una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale, è determinata dall'amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li producono. A tale tariffazione si applica una riduzione, fissata dall'amministrazione comunale, in proporzione alle quantità dei rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero tramite soggetto diverso dal gestore dei rifiuti urbani. Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l'avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti;

 

g) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determinazione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo;

 

(vedi lettera s))

 

 

h) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di cui all'articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti;

 

 

 

 

 

i) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica;

 

l) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso;

 

m) l'individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a);

 

n) l'aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto;

 

o) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del decreto legislativo 217 del 2006, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata;

 

p) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire;

 

q) l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da Università o Istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione di accumulatori al fine di prevenire l'inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all'ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversamento connesso alla tipologia dell'attività esercitata;

 

r) l'individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recupero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del  Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente disciplina;

 

s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiuti.

 

t) predisposizione di linee guida per l’individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità competenti, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/Ce e sue modificazioni; 

 

u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inserire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211;

 

v) predisposizione di linee guida per l’individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’allegato D della parta quarta del presente decreto.

 

3. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le funzioni di cui ai comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

4. Salvo che non sia diversamente disposto dalla parte quarta del presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'interno, nonché, quando le predette norme riguardino i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle politiche agricole e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti .

 

5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione della normativa in materia di rifiuti nonché della repressione dei traffici illeciti e degli smaltimenti illegali dei rifiuti provvedono il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) e il Corpo delle Capitanerie di porto; può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato .

 

Articolo 18

Articolo 197

Articolo 197

Competenze delle province

Competenze delle province

1. In attuazione dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono in linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare:

 

a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;

 

b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;

 

c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;

 

d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.

 

2. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.

 

3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.

 

4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.

 

5. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali

1. In attuazione dell'articolo 19 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alle province competono in linea generale le funzioni amministrative concernenti la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particola:

 

a) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti;

 

b) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto;

 

c) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui agli articoli 214, 215, e 216;

 

d) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.

 

2. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, fermo restando quanto previsto dagli articoli 214, 215 e 216 in tema di procedure semplificate.

 

3. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono, a loro volta, tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente.

 

4. Il personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.) è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente.

 

5. Nell'ambito delle competenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo professionale, gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, che vengano effettuati adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 214, 215, e 216 e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti.

 

5-bis. Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell’ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

 

6. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo previste da disposizioni speciali

 

 

 

 

Articolo 19

Articolo 199

Articolo 199

Piani regionali

Piani regionali

1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei princìpi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m) ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono misure tese alla riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

 

a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;

 

 

 

 

 

 

b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);

d) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

 

e) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali attraverso una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;

f) le prescrizioni contro l'inquinamento del suolo ed il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che comunque possano incidere sulla qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate ai sensi dell'articolo 65, comma 3, lettera f);

g) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;

h) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);

i) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti;

l) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia;

m) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;

n) i tipi, le quantità e l'origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire, suddivisi per singolo ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani;

o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare, comprese quelle di cui all'articolo 225, comma 6;

p) i requisiti tecnici generali relativi alle attività di gestione dei rifiuti nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati.

 

5. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);

 

b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;

c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

d) la stima degli oneri finanziari;

e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.

 

6. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

 

7. La regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto; nel frattempo, restano in vigore i piani regionali vigenti.

 

8. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente e tutela del territorio diffida gli organi regionali competenti ad adempiere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell'inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione del piano regionale.

9. Qualora le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale nei termini e con le modalità stabiliti e tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all'attuazione del piano medesimo, il Ministro dell'ambiente e tutela del territorio diffida le autorità inadempienti a provvedere entro un termine non inferiore a centottanta giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Ministro può adottare, in via sostitutiva, tutti i provvedimenti necessari e idonei per l'attuazione degli interventi contenuti nel piano. A tal fine può avvalersi anche di commissari ad acta".

 

10. I provvedimenti di cui al comma 9 possono riguardare interventi finalizzati a:

a) attuare la raccolta differenziata dei rifiuti;

b) provvedere al reimpiego, al recupero e al riciclaggio degli imballaggi conferiti al servizio pubblico;

c) favorire operazioni di trattamento dei rifiuti urbani ai fini del riciclaggio e recupero degli stessi;

d) favorire la realizzazione e l'utilizzo di impianti per il recupero dei rifiuti solidi urbani.

 

11. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono all'aggiornamento del piano nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.

 

12. Sulla base di appositi accordi di programma stipulati con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, d'intesa con la regione interessata, possono essere autorizzati, ai sensi degli articoli 214 e 216, la costruzione e l'esercizio, oppure il solo esercizio, all'interno di insediamenti industriali esistenti, di impianti per il recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale, qualora ricorrano le seguenti condizioni:

a) siano riciclati e recuperati come materia prima rifiuti provenienti da raccolta differenziata, sia prodotto composto da rifiuti oppure sia utilizzato combustibile da rifiuti;

b) siano rispettate le norme tecniche di cui agli articoli 214 e 216;

c) siano utilizzate le migliori tecnologie di tutela dell'ambiente;

d) sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti.

1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d'ambito di cui all'articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m) ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. A tale scopo, entro trenta giorni dalla conclusione della fase istruttoria e dall’adozione del piano la regione provvede alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale di un annuncio contenente l'indicazione del responsabile del procedimento e degli uffici dove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere osservazioni. Tali forme di pubblicità sostituiscono le comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione di tale annuncio, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta osservazioni al responsabile del procedimento, che ne cura l’inoltro agli organi competenti ai fini di un loro esame entro i successivi trenta giorni. All’esito di tale esame, il piano è approvato definitivamente e la relativa decisione è messa a disposizione del pubblico presso gli uffici sopra indicati. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.

2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.

 

3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

 

a) tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’articolo 205;

b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e grandi impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica;

c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti per i rifiuti esistenti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati;

d) informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;

e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione;

f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m);

g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;

 

 

 

 

 

 

 

 

i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;

l) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);

m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;

 

n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;

 

 

 

 

o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;

 

p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all'articolo 225, comma 6;

q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.

 

4. Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:

a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;

b) valutazione dell’utilità e dell’idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di  problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;

c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

 

5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente.

 

 

6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA);

b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;

c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

d) la stima degli oneri finanziari;

e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.

 

7. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

 

8. La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti.

 

 

9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell’approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell’ aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.

 

11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione Europea.

 

12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione dei piani e dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l’inserimento degli stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma.

 

13. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Articolo 20

Articolo 201

Articolo 201

Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

Disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani

1. Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.

 

2. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

 

3. L'Autorità d'ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d'ambito in conformità a quanto previsto dall'articolo 203, comma 3.

 

4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall'Autorità d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:

 

a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;

b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO.

 

5. In ogni ambito:

a) è raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;

b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.

 

6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.

1. Al fine dell'organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disciplinano le forme e i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti.

 

2. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti.

 

3. L'Autorità d'ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia, di economicità e di trasparenza; a tal fine adotta un apposito piano d'ambito in conformità a quanto previsto dall'articolo 203, comma 3.

 

4. Per la gestione ed erogazione del servizio di gestione integrata e per il perseguimento degli obiettivi determinati dall'Autorità d'ambito, sono affidate, ai sensi dell'articolo 202 e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull'evidenza pubblica, le seguenti attività:

 

a) la realizzazione, gestione ed erogazione dell'intero servizio, comprensivo delle attività di gestione e realizzazione degli impianti;

b) la raccolta, raccolta differenziata, commercializzazione, recupero e smaltimento completo di tutti i rifiuti urbani e assimilati prodotti all'interno dell'ATO.

 

5. In ogni ambito:

a) è raggiunta, nell'arco di cinque anni dalla sua costituzione, l'autosufficienza di smaltimento anche, ove opportuno, attraverso forme di cooperazione e collegamento con altri soggetti pubblici e privati;

b) è garantita la presenza di almeno un impianto di trattamento a tecnologia complessa, compresa una discarica di servizio.

 

6. La durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, non inferiore a quindici anni, è disciplinata dalle regioni in modo da consentire il raggiungimento di obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità.

 

Articolo 21

Articolo 208

Articolo 208

Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

1. 1 soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.

 

2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

 

3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle Autorità d'ambito e degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare, con preavviso di almeno venti giorni, anche il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. La documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la riunione; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

 

 

 

4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:

a) procede alla valutazione dei progetti;

b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali;

 

c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;

d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.

 

5. Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

 

6. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza di servizi e sulla base delle risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva, approva il progetto e autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

 

7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.

 

8. L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

 

9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.

 

10. Ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

 

 

 

 

11. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

 

a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare;

b) i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto al progetto approvato;

 

 

c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale;

d) la localizzazione dell'impianto da autorizzare;

e) il metodo di trattamento e di recupero;

 

f) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito;

g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; a tal fine, le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

h) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;

i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

 

 

 

 

 

 

 

 

12. L'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. In ogni caso l'attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili.

 

 

 

13. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

 

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

 

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

 

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

 

14. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 194 del presente decreto.

 

 

15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ad esclusione della sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica.

 

 

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.

 

17. Fatti salvi l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 183, comma 1, lettera m).

 

18. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212, comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

19. In caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all'interessato, oltre che allo stesso, anche all'Albo.

 

20. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.

1. 1 soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto.

 

2. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

 

3. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi.  Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e la relativa delibera di adozione deve fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

 

 

4. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la Conferenza di servizi:

a) procede alla valutazione dei progetti;

b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con quanto previsto dall’articolo 177, comma 4;

c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale;

d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla regione.

 

5. Per l'istruttoria tecnica della domanda le regioni possono avvalersi delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

 

6. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza di servizi e sulla base delle risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva, approva il progetto e autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

 

7. Nel caso in cui il progetto riguardi aree vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si applicano le disposizioni dell'articolo 146 di tale decreto in materia di autorizzazione.

 

8. L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

 

9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.

 

10. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

 

11. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 e contiene almeno i seguenti elementi:

 

a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati;

b) per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato;

c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;

d) la localizzazione dell'impianto autorizzato;

e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;

f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie;

g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

 

h) la data di scadenza dell'autorizzazione, in conformità con quanto previsto al comma 12;

i) i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

 

11-bis. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica;

 

12. L'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile. A tale fine, almeno centottanta giorni prima della scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. In ogni caso l'attività può essere proseguita fino alla decisione espressa, previa estensione delle garanzie finanziarie prestate. Le prescrizioni dell'autorizzazione possono essere modificate, prima del termine di scadenza e dopo almeno cinque anni dal rilascio, nel caso di condizioni di criticità ambientale, tenendo conto dell'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili e nel rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990.

 

13. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

 

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

 

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

 

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

 

14. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182 di attuazione della direttiva 2000/59/CE sui rifiuti prodotti sulle navi e dalle altre disposizioni previste in materia dalla normativa vigente. Nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti, l'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 193, comma 1,  del presente decreto.

 

15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l'acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica.

 

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17.L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

a) ragione sociale;

b) sede legale dell’impresa autorizzata;

c) sede dell’impianto autorizzato;

d) attività di gestione autorizzata;

e) i rifiuti oggetto dell’attività di gestione;

f) quantità autorizzate;

g) scadenza dell’autorizzazione.

 

18. In caso di eventi incidenti sull'autorizzazione, questi sono comunicati, previo avviso all'interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189.

 

19. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.

 

 

Articoli 22

Articolo 209

Articolo 209

Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale.

Rinnovo delle autorizzazioni alle imprese in possesso di certificazione ambientale.

1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto, ovvero per il rinnovo dell'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas) ed operino nell'ambito del sistema Ecolabel di cui al regolamento 17 luglio 2000, n. 1980, o certificati UNI-EN ISO 14001 possono sostituire tali autorizzazioni o il nuovo certificato di iscrizione al suddetto Albo con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

 

 

 

2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.

 

3. L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatone di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

4. L'autocertificazione e i relativi documenti mantengono l'efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all'interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.

 

5. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.

 

6. Resta ferma l'applicazione della normativa nazionale di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione della medesima, con particolare riferimento al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.

 

7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212, comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica .

1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizzazioni all'esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’art. 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221/2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (Emas), che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001 possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

 

2. L'autocertificazione di cui al comma 1 deve essere accompagnata da una copia conforme del certificato di registrazione ottenuto ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al medesimo comma 1, nonché da una denuncia di prosecuzione delle attività, attestante la conformità dell'impresa, dei mezzi e degli impianti alle prescrizioni legislative e regolamentari, con allegata una certificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste.

 

3. L'autocertificazione e i relativi documenti, di cui ai commi 1 e 2, sostituiscono a tutti gli effetti l'autorizzazione alla prosecuzione, ovvero all'esercizio delle attività previste dalle norme di cui al comma 1 e ad essi si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300. Si applicano, altresì, le disposizioni sanzionatone di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

4. L'autocertificazione e i relativi documenti mantengono l'efficacia sostitutiva di cui al comma 3 fino ad un periodo massimo di centottanta giorni successivi alla data di comunicazione all'interessato della decadenza, a qualsiasi titolo avvenuta, della registrazione ottenuta ai sensi dei regolamenti e degli standard parametrici di cui al comma 1.

 

5. Salva l'applicazione delle sanzioni specifiche e salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di accertata falsità delle attestazioni contenute nell'autocertificazione e dei relativi documenti, si applica l'articolo 483 del codice penale nei confronti di chiunque abbia sottoscritto la documentazione di cui ai commi 1 e 2.

 

6. Resta ferma l'applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 relativo alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del medesimo.

 

 

 

7. I titoli abilitativi di cui al presente articolo devono essere comunicati, a cura dell'amministrazione che li rilascia, all’ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 17, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica .

 

Articolo 23

Articolo 211

Articolo 211

Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione.

Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione.

1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:

a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;

b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.

 

2. La ha durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni.

 

3. Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può presentare istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.

 

4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

 

5. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all'Albo di cui all'articolo 212, comma 1, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 212, comma 23, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica .

1. I termini di cui agli articoli 208 e 210 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni:

a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico;

b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove.

 

2. La ha durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di due anni, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare altri due anni.

 

3. Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può presentare istanza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.

 

4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

 

5. L'autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell'amministrazione che la rilascia, all’ISPRA che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, degli elementi identificativi di cui all'articolo 208, comma 16, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Articolo 24

Articolo 212

Articolo 212

Albo nazionale gestori ambientali.

Albo nazionale gestori ambientali.

1. È costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio, l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.

 

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:

 

a) due dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di cui uno con funzioni di Presidente;

b) uno dal Ministro delle attività produttive, con funzioni di vice-Presidente;

 

c) uno dal Ministro della salute;

d) uno dal Ministro dell'economia e delle finanze

e) uno dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

f) uno dal Ministro dell'interno;

g) tre dalle regioni;

h) uno dall'Unione italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;

i) sei dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle associazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti;

 

l) due dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

 

3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e sono composte:

a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;

 

b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;

c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;

d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

 

4. Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono svolte, sino alla scadenza del loro mandato, rispettivamente dal Comitato nazionale e dalle Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti già previsti all'articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, integrati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dai nuovi componenti individuati ai sensi, rispettivamente, del comma 2, lettera 1), e del comma 3, lettere e) ed f), nel rispetto di quanto previsto dal comma 16.

 

5. L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi, nonché di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, nei limiti di cui all'articolo 208, comma 15. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti di imballaggio, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili che svolgano funzioni analoghe, fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative. Per le aziende speciali, i consorzi e le società di gestione dei servizi pubblici di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'iscrizione all'Albo è effettuata mediante apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani nei medesimi comuni.

 

6. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato o allo svolgimento delle attività soggette ad iscrizione.

 

7. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, le imprese che effettuano attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti, senza detenzione dei medesimi, e le imprese che effettuano l'attività di gestione di impianti mobili di smaltimento e recupero dei rifiuti devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quarantapercento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.

 

8. Le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 non si applicano ai produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nè ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Dette imprese non sono tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti; c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) il versamento del diritto annuale di registrazione, che in fase di prima applicazione è determinato nella somma di 50 euro all'anno, ed è rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. L'impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni delle imprese di cui al presente comma effettuate entro sessanta giorni dall'entrata in vigore delle presenti disposizioni restano valide ed efficaci. Non è comunque richiesta l'iscrizione all'Albo per il trasporto dei propri rifiuti, come definiti dal presente comma, purché lo stesso trasporto sia esclusivamente finalizzato al conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani con il quale sia stata stipulata una convenzione.

 

9. Le imprese che effettuano attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della regione territorialmente competente, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 2, lettera h). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Le garanzie di cui al presente comma devono essere in ogni caso prestate in base alla seguente distinzione:

 

a) le imprese che effettuano l'attività di gestione di impianti fissi di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per ogni impianto che viene gestito;

b) le imprese che effettuano l'attività di bonifica dei siti e dei beni contenenti amianto devono prestare le garanzie finanziarie a favore della regione per ogni intervento di bonifica.

 

10. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, sentito il parere del Comitato nazionale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione, nonché le modalità e gli importi delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato. Fino all'emanazione del predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:

a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;

b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);

c) trattamento uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire l'efficienza operativa;

d) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione.

 

11. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza Stato regioni, sono fissati i criteri generali per la definizione delle garanzie finanziarie da prestare a favore delle regioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

13. L'iscrizione all'Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonché l'accettazione, la revoca e lo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell'Albo della regione ove ha sede legale l'impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale .

 

(vedi comma 15)

 

14. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, disposizioni la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti.

 

(vedi comma 10)

 

 

 

 

15. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

16. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. L'integrazione del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali con i rappresentanti di cui ai commi 2, lettera 1), e 3, lettere e) ed f), è subordinata all'entrata in vigore del predetto decreto. Sino all'emanazione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 20 dicembre 1993 e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 13 dicembre 1995.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell'attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo.

 

18. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216, ed effettivamente avviati al riciclaggio ed al recupero, non sono sottoposte alle garanzie finanziarie di cui al comma 8 e sono iscritte all'Albo mediante l'invio di comunicazione di inizio di attività alla Sezione regionale o provinciale territorialmente competente. Detta comunicazione deve essere rinnovata ogni cinque anni e deve essere corredata da idonea documentazione predisposta ai sensi dell'articolo 13 del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406, nonché delle deliberazioni del Comitato nazionale dalla quale risultino i seguenti elementi:

a) la quantità, la natura, l'origine e la destinazione dei rifiuti;

b) la rispondenza delle caratteristiche tecniche e della tipologia del mezzo utilizzato ai requisiti stabiliti dall'Albo in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare;

c) il rispetto delle condizioni ed il possesso dei requisiti soggettivi, di idoneità tecnica e di capacità finanziaria.

 

19. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio di attività le Sezioni regionali e provinciali prendono atto dell'avventa iscrizione e inseriscono le imprese di cui al comma 18 in appositi elenchi dandone comunicazione al Comitato nazionale, alla provincia territorialmente competente ed all'interessato.

 

20. Le imprese iscritte all'Albo con procedura ordinaria ai sensi del comma 5 sono esentate dall'obbligo della comunicazione di cui al comma 18 se lo svolgimento dell'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 216 ed effettivamente avviati al riciclaggio e al recupero non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali tali imprese sono iscritte.

 

21. Alla comunicazione di cui al comma 18 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Alle imprese che svolgono le attività di cui al comma 18 a seguito di comunicazione corredata da documentazione incompleta o inidonea, si applica il disposto di cui all'articolo 256, comma 1.

 

23. Sono istituiti presso il Comitato nazionale i registri delle imprese autorizzate alla gestione di rifiuti, aggiornati ogni trenta giorni, nei quali sono inseriti, a domanda, gli elementi identificativi dell'impresa consultabili dagli operatori secondo le procedure fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. I registri sono pubblici e, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono resi disponibili al pubblico, senza oneri, anche per via telematica, secondo i criteri fissati dal predetto decreto. Le Amministrazioni autorizzanti comunicano al Comitato nazionale, subito dopo il rilascio dell'autorizzazione, la ragione sociale dell'impresa autorizzata, l'attività per la quale viene rilasciata l'autorizzazione, i rifiuti oggetto dell'attività di gestione, la scadenza dell'autorizzazione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell'autorizzazione stessa. Nel caso di ritardo dell'Amministrazione superiore a trenta giorni dal rilascio dell'autorizzazione, l'impresa interessata può inoltrare copia autentica del provvedimento, anche per via telematica, al Comitato nazionale, che ne dispone l'inserimento nei registri.

 

26. Per la tenuta dei registri di cui ai commi 22, 23, 24 e 25 gli interessati sono tenuti alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione, per ogni tipologia di registro, pari a 50 euro, rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406. I diritti di cui al commi 8, 24 e 25 sono versati, secondo le modalità di cui al comma 16, alla competente Sezione regionale dell'Albo, che procede a contabilizzarli separatamente e ad utilizzarli integralmente per l'attuazione dei medesimi commi.

 

27. La tenuta dei registri di cui ai commi 22 e 23 decorre dall'entrata in vigore del decreto di cui al comma 16.

 

28. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

 

1. È costituito, presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio, l'Albo nazionale gestori ambientali, di seguito denominato Albo, articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali durano in carica cinque anni.

 

2. Con decreto del  Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di comprovata e documentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente:

a) due dal Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di cui uno con funzioni di Presidente;

b) uno dal Ministro dello Sviluppo Economico, con funzioni di vice-Presidente;

c) uno dal Ministro della Salute;

d) uno dal Ministro dell'Economia e delle Finanze

e) uno dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti;

f) uno dal Ministro dell'Interno;

g) tre dalle Regioni;

h) uno dall'Unione Italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura;

i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle organizzazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente;

 

 

3. Le Sezioni regionali e provinciali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e sono composte:

a) dal Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato dallo stesso, con funzioni di Presidente;

 

b) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale designato dalla regione o dalla provincia autonoma, con funzioni di vice-Presidente;

c) da un funzionario o dirigente di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dall'Unione regionale delle province o dalla provincia autonoma;

d) da un esperto di comprovata esperienza nella materia ambientale, designato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

 

4. Soppresso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5. L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al Decreto Legislativo 20 novembre 2008, n. 188 e al Decreto Legislativo 25 luglio 2005, n. 151 limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende speciali, i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici ci cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, l'iscrizione all'Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti.

 

 

 

 

 

7. Gli Enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8.I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti.Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 28 aprile 1998, n. 406. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l'impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere rinnovate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

 

 

 

 

9. Le imprese di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) procedono, in relazione a ciascun autoveicolo utilizzato per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, all’adempimento degli obblighi stabiliti dall’articolo 3, comma 6, lettera c) del decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 17 dicembre 2009. La Sezione regionale dell’Albo procede, in sede di prima applicazione entro il 30 giugno 2010, alla cancellazione d’ufficio dall’Albo degli autoveicoli per i quali non è stato adempiuto l’obbligo di cui al precedente periodo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi comma 15)

 

 

10. L’iscrizione all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l’attività di intermediazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalità sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze.Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221 del 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti si applicano la modalità e gli importi previsti dal Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio dell’8 ottobre 1996, come modificato dal Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 23 aprile 1999.

 

 

 

 

11. Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della Regione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001.

 

12. Sono iscritti all’Albo le imprese e gli operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell’ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o navale o dell’impresa che effettua il successivo trasporto. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non è subordinata alla prestazione delle garanzie finanziarie.

 

13. L'iscrizione all'Albo ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonché l'accettazione, la revoca e lo  vincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell'Albo della Regione ove ha sede legale l'impresa interessata, in base alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale.

 

14. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo.

 

 

 

 

 

 

 

15. Con decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d'iscrizione. Fino all'emanazione dei predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406 e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell’Albo. Il decreto di cui al presente comma si informa ai seguenti principi:

a) individuazione di requisiti per l'iscrizione, validi per tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure;

b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, sul trasporto ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a);

c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione;

d) ridefinizione dei diritti annuali d’iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali;

e) interconnessione e interoperabilità con le pubbliche amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri;

f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell’Albo e delle cause di cancellazione dell’iscrizione;

g) definizione delle competenze e delle responsabilità del responsabile tecnico.

 

16. Nelle more dell'emanazione dei decreti di cui al presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti.

 

17. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le previsioni, anche relative alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.Sino all'emanazione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 29 dicembre 1993, e successive modifiche e integrazioni e le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 13 dicembre 1995. Le somme di cui all’articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell’Ambiente 29 dicembre 1993  sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, articolo 04, dell’entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, al Capitolo 7082 dello stato di previsione del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare.

 

18. I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell’Albo e delle Sezioni regionali dell’Albo sono determinati ai sensi dell’articolo 7, comma 5, del decreto ministeriale 28 aprile 1998, 406.

 

19. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'esercizio di un'attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell'attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

20. Soppresso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

21. Soppresso.

 

 

 

 

 

 

 

 

23. Soppresso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

26 Soppresso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

27. Soppresso.

 

 

 

28. Soppresso. (vedi comma 17)

 

 

2. Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali dell'Albo sono svolte, sino alla scadenza del mandato in corso alla data di entrata in vigore del presente articolo, rispettivamente dal Comitato nazionale integrato da due membri in rappresentanza delle organizzazioni imprenditoriali e dalle Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, senza che da ciò derivino oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche.

 

Articolo 25

Articolo 213

Articolo 213

Autorizzazioni integrate ambientali.

Autorizzazioni integrate ambientali.

1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:

 

a) le autorizzazioni di cui al presente capo;

 

b) la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.

 

2. Al trasporto dei rifiuti di cui alla lista verde del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, destinati agli impianti di cui al comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto.

1. Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sostituiscono ad ogni effetto, secondo le modalità ivi previste:

 

a) le autorizzazioni di cui al presente capo;

 

b) la comunicazione di cui all'articolo 216, limitatamente alle attività non ricadenti nella categoria 5 dell'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che, se svolte in procedura semplificata, sono escluse dall'autorizzazione ambientale integrata, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V.

 

Soppresso.

 

Articolo 26

Articolo 214

Articolo 214

Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate.

Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate.

1. Le procedure semplificate di cui al presente Capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 178, comma 2.

 

2. Con decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela dei territorio di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che danno vita ai fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti, e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.

 

 

4. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:

a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;

b) i limiti di emissione non siano inferiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;

d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, comma 2, e 216, commi 1, 2 e 3,

 

5. Sino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161.

 

6. La emanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato II del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259.

 

7. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla Sezione regionale dell'Albo il diritto di iscrizione annuale di cui all'articolo 212, comma 26.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211.

 

 

 

9. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente Capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia.

 

1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 177, comma 4.

 

2. Con decreti del Ministro dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni.

 

3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 , per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni:

a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;

b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferimento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;

c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale;

d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1 e 2, e 216, commi 1, 2 e 3.

 

4. Sino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998  e 12 giugno 2002, n. 161.

 

5. La emanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'Allegato III del regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013.

 

6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla Provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazione del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 21 luglio 1998, n. 350. All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di qualità dell'aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211.

 

8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 216, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia.

 

9. Le Province comunicano al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l'inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3:

a) ragione sociale;

b) sede legale dell’impresa;

c) sede dell’impianto;

d) tipologia di rifiuti oggetto dell’attività di gestione;

e) relative quantità;

f) attività di gestione;

g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3.

 

Articolo 27

Articolo 215

Articolo 215

Autosmaltimento

Autosmaltimento

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa.

 

 

 

2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:

 

a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;

b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;

c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;

d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;

e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.

 

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare:

 

a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;

b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.

 

4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.

 

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.

 

6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa.

 

2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare:

 

a) il tipo, la quantità e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire;

b) il ciclo di provenienza dei rifiuti;

c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti;

d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento;

e) la qualità delle emissioni e degli scarichi idrici nell'ambiente.

 

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale deve risultare:

 

a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1;

b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente.

 

4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.

 

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento.

 

6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209, 210 e 211 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti.

 

Articolo 28

Articolo 216

Articolo 216

Operazioni di recupero

Operazioni di recupero

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione.

 

2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

 

a) per i rifiuti non pericolosi:

 

1) le quantità massime impiegabili;

 

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;

 

3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;

 

b) per i rifiuti pericolosi:

 

1) le quantità massime impiegabili;

 

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;

 

3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;

 

4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;

 

5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.

 

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:

 

a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;

b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;

c) le attività di recupero che si intendono svolgere;

d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;

e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.

 

4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.

 

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.

 

6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell'impianto,

 

7. Le disposizioni semplificate del presente articolo non si applicano alle attività di recupero dei rifiuti urbani, ad eccezione:

 

a) delle attività per il riciclaggio e per il recupero di materia prima secondaria e di produzione di compost di qualità dai rifiuti provenienti da raccolta differenziata;

b) delle attività di trattamento dei rifiuti urbani per ottenere combustibile da rifiuto effettuate nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 1.

 

8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all'articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell'utilizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001 e dal relativo decreto legislativo di attuazione 29 dicembre 2003, n. 387.

 

11. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero.

 

12. Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dell'Unione europea tre mesi prima della loro entrata in vigore.

 

13. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.

 

14. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.

 

15. Le comunicazioni effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto alle sezioni regionali dell'Albo sono trasmesse, a cura delle Sezioni medesime, alla provincia territorialmente competente.

1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici di cui all'articolo 227, comma 1, lettera a), di veicoli fuori uso di cui all'articolo 227, comma 1, lettera c), e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della predetta comunicazione.

 

 

 

2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare:

 

a) per i rifiuti non pericolosi:

 

1) le quantità massime impiegabili;

 

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo;

 

3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente;

 

b) per i rifiuti pericolosi:

 

1) le quantità massime impiegabili;

 

2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti;

 

3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito;

 

4) gli altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero;

 

5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente.

 

3. La provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività e, entro il termine di cui al comma 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine, alla comunicazione di inizio di attività, a firma del legale rappresentante dell'impresa, è allegata una relazione dalla quale risulti:

 

a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1;

b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti;

c) le attività di recupero che si intendono svolgere;

d) lo stabilimento, la capacità di recupero e il ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati, nonché l'utilizzo di eventuali impianti mobili;

e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero.

 

4. La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione.

 

5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero.

 

6. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi, l'autorizzazione di cui all'articolo 269 in caso di modifica sostanziale dell'impianto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7. Alle attività di cui al presente articolo si applicano integralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo  al recupero.

 

 

 

 

 

 

 

8. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto.

 

9. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.

 

 

 

Articolo 29

 

Articolo 216-bis

 

Oli usati

 

1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi di cui agli articoli 187 e 193, gli oli minerali usati sono trattati in conformità a quanto stabilito all’articolo 177, comma 4 e al principio di responsabilità estesa del produttore del prodotto.

 

2. Gli oli minerali usati devono essere raccolti separatamente. Laddove ciò sia tecnicamente fattibile ed economicamente praticabile, è fatto divieto di miscelare gli oli minerali usati con caratteristiche differenti e gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze, se tale miscelazione impedisce il trattamento.

 

3. Gli oli minerali usati devono essere gestiti:

a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla produzione di basi lubrificanti;

b) in via sussidiaria, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed economicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133.

 

4. Le spedizioni transfrontaliere di oli minerali usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del Regolamento (CE) n. 1013/2006.

 

5. Le spedizioni transfrontaliere di oli minerali usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collocati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi e per gli effetti dell’articolo 12 del Regolamento (CE) n. 1013/2006.

 

6. Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare può individuare con proprio decreto gli elementi da valutare nell’esercizio delle facoltà concesse alle autorità di spedizione o di transito nell’esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del Regolamento (CE) n. 1013/2006.

 

Articolo 216-ter

 

Comunicazioni alla Commissione Europea

 

1. I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all’articolo 199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro eventuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione europea.

 

2. Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Commissione europea le informazioni sull’applicazione della Direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione settoriale in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato dalla Commissione Europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla citata relazione settoriale.

 

3. La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione europea entro nove mesi dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l’altro, le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui progressi compiuti nell’attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti, di cui all’articolo 199, comma 3, lettera r) e sulla misure previste dall’eventuale attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore, di cui all’articolo 178, comma 2, lettera a).

 

4. Gli obiettivi di cui all’articolo 181 relativi alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea con i tempi e le modalità descritte nei commi 2 e 3 del presente articolo.

 

5. La parte quarta del presente decreto nonché i provvedimenti inerenti la gestione dei rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea.

 

Articolo 30

Articolo 255

Articolo 255

Abbandono di rifiuti.

Abbandono di rifiuti.

1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinque euro a seicentoventi euro. Se l'abbandono di rifiuti sul suolo riguarda rifiuti non pericolosi e non ingombranti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da venticinque euro a centocinquantacinque euro.

 

2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.

 

3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.

1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a cinquemila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.

 

 

 

2. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.

 

3. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 192, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all'articolo 192, comma 3, ovvero all'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 187, comma 3.

 

Articolo 31

Articolo 258

Articolo 258

Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari.

Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari.

1. I soggetti di cui all'articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

 

2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore.

 

3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 2 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.

 

4. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

 

 

 

 

 

 

 

5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193.

1. I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1 che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

 

 

 

2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29 e all’articolo 6, comma 1 del D.M. 17 dicembre 2009, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

 

 

 

 

 

3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative fino ad un numero di 5 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione.

 

 

 

4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.Si applica la pena di cui all'art. 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.

 

5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193 da parte dei soggetti obbligati.

 

6. I soggetti di cui all'articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

 

7. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all'articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.

 

Articolo 32

 

Articolo 260-bis

 

Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti

 

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 34, comma 1, in via transitoria, i soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a) sono puniti:

a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con quella dell’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con quella dell’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

 

1-bis. I trasportatori di rifiuti tenuti all’iscrizione al sistema di cui al comma 1 che utilizzano autoveicoli non iscritti al sistema medesimo sono puniti:

a) con la pena dell’arresto da un anno a due anno e con quella dell’ammenda da ventiseimila euro a novantatremila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) con la pena dell’arresto da due anni a tre anni e con quella dell’ammenda da ventiseimila euro a novantatremila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

 

2. Chiunque omette di compilare il registro cronologico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, inesatte o insufficienti é punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

 

3. Qualora le condotte di cui al comma che precede siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l’infrazione è imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al precedente comma 2. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro tremilacento.

 

4. Al di fuori di quanto previsto nei commi che precedono, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)  sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.

 

5. Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti.

 

6. L’omissione del pagamento, nei termini previsti, del contributo annuale di cui al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), comporta una sanzione amministrativa da euro cinquecento ad euro duemilacinquecento. La sanzione amministrativa è aumentata di un terzo in caso di rifiuti pericolosi. Nei casi che precedono, tenendo conto dell’entità della violazione e della sua eventuale reiterazione, ilo Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può decidere la sospensione dal servizio nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di cui all’articolo 4, commi 1 e 3 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009 occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma.

 

7. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati.

 

8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi.

 

9. Se le indicazioni riportate sulla copia cartacea di cui al comma 7, pur incomplete o inesatte, non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da  euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

 

Articolo 260-ter

 

(Sanzioni amministrative accessorie. Confisca)

 

1. All’accertamento delle violazioni di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 c.p. o all’art. 8 bis della L. 689/1981 o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti.

 

2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214 e 214 bis del D. Lgs. 285 del 1992 e relative norme di attuazione.

 

3. All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1-bis, lettera b), dell’articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del mezzo utilizzato dal trasportatore.

 

4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo  e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.

 

Articolo 33

 

Articolo 264-bis

 

Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 dicembre 2008

 

1. All’Allegato I del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 dicembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Supplemento ordinario n. 278 del 17 dicembre 2008, sono abrogate le sezioni 1 (Sezione rifiuti semplificata), 2 (Sezione rifiuti speciali), 4 (Sezione intermediazione) e 5 (Sezione Consorzi) della Comunicazione rifiuti.

 

2. La Comunicazione veicoli fuori uso e la Comunicazione Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche di cui al medesimo Allegato I del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 dicembre 2008, sono abrogate a decorrere dalla data di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188 bis, comma 2 lett. a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e all’articolo 14-bis del decreto legge n.78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 102 del 2009, come individuata all’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 17 dicembre 2009; le predette Comunicazioni sono rese, per l’anno 2010, solo per il periodo precedente alla operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti definita, per le diverse categorie di soggetti interessati, dagli articoli 1 e 2 del citato decreto del  Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare.

 

Articolo 264-ter

 

(Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209)

 

1. All’articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. A decorrere dalla data di operatività sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) e all’articolo 14-bis del decreto legge n.78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 102 del 2009, come individuata all’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del  Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 17 dicembre 2009, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti materiali e componenti sottoposti a trattamento, nonché i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego, al riciclaggio e al recupero, sono forniti attraverso il predetto sistema di controllo.

 

Articolo 264-quater

 

(Abrogazioni e modifiche di disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151)

 

1. All’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dalla data di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a e all’articolo 14-bis del decreto legge n.78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 102 del 2009, come individuata all’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 17 dicembre 2009, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso il predetto sistema di controllo. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l'allegato 1A, il peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.

 

Articolo 34

 

(Disposizioni transitorie e finali)

 

1. I soggetti obbligati all’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) che omettono l’iscrizione, sono puniti, fino alla data del 31 dicembre del 2010, esclusivamente con la sanzione pecuniaria amministrativa pari alla metà dell’importo dovuto per l’iscrizione per ciascun mese di ritardo fermo restando l’obbligo di adempiere all’iscrizione al predetto sistema con pagamento del relativo contributo.

 

2. I soggetti che, successivamente alla data del 31 dicembre 2010, esercitano l’attività senza essere iscritti né all’Albo di cui all’articolo 212 né al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con le sanzioni di cui all’articolo 260-bis, comma 1, aumentate fino al triplo.

 

3. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati gli articoli 181-bis, 186, 210 e 229 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

 

4. Gli  allegati  B, C, D ed I alla Parte IV del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  sono sostituiti dai corrispondenti allegati al presente decreto.

 

5. Gli allegati A, G ed H alla Parte IV del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152 sono abrogati.

 

6. Dopo l’allegato I alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152, è aggiunto l’allegato L riportato in allegato al presente decreto.

 

 


Normativa comunitaria

 


Dir. 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE.
DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (Testo rilevante ai fini del SEE).

 

 

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(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 22 novembre 2008, n. L 312.

(2)  Termine di recepimento: 12 dicembre 2010.

(3)  La presente direttiva è entrata in vigore il 12 dicembre 2008.

 

 

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (4),

visto il parere del Comitato delle regioni (5),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (6),

 

considerando quanto segue:

 

(1) La direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti , stabilisce il quadro normativo per il trattamento dei rifiuti nella Comunità. La direttiva definisce alcuni concetti basilari, come le nozioni di rifiuto, recupero e smaltimento, e stabilisce gli obblighi essenziali per la gestione dei rifiuti, in particolare un obbligo di autorizzazione e di registrazione per un ente o un'impresa che effettua le operazioni di gestione dei rifiuti e un obbligo per gli Stati membri di elaborare piani per la gestione dei rifiuti. Stabilisce inoltre principi fondamentali come l'obbligo di trattare i rifiuti in modo da evitare impatti negativi sull'ambiente e sulla salute umana, un incentivo ad applicare la gerarchia dei rifiuti e, secondo il principio «chi inquina paga», il requisito che i costi dello smaltimento dei rifiuti siano sostenuti dal detentore dei rifiuti, dai detentori precedenti o dai produttori del prodotto causa dei rifiuti.

 

(2) La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente , sollecita l'estensione o la revisione della normativa sui rifiuti, in particolare al fine di chiarire la distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è, e lo sviluppo di misure in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti, compresa la fissazione di obiettivi.

 

(3) Nella comunicazione del 27 maggio 2003 intitolata «Verso una strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti» la Commissione sottolineava la necessità di riesaminare le definizioni esistenti di «recupero» e «smaltimento», di introdurre una definizione di «riciclaggio» di applicazione generale e di avviare un dibattito sulla definizione di «rifiuto».

 

(4) Nella risoluzione del 20 aprile 2004 sulla succitata comunicazione (7), il Parlamento europeo invitava la Commissione a considerare la possibilità di estendere l'ambito di applicazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento , all'intero settore dei rifiuti. Il Parlamento chiedeva inoltre alla Commissione di stabilire una chiara distinzione tra recupero e smaltimento e di precisare la distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è.

 

(5) Nelle conclusioni del 1° luglio 2004 il Consiglio invitava la Commissione a presentare una proposta di revisione di alcuni aspetti della direttiva 75/442/CEE, abrogata e sostituita dalla direttiva 2006/12/CE, per chiarire la distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è e tra recupero e smaltimento.

 

(6) L'obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente. La politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l'uso di risorse e promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti.

 

(7) Nella risoluzione del 24 febbraio 1997 sulla strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti (8), il Consiglio ha confermato che la priorità principale della gestione dei rifiuti dovrebbe essere la prevenzione e che il riutilizzo e il riciclaggio di materiali dovrebbero preferirsi alla valorizzazione energetica dei rifiuti, nella misura in cui essi rappresentano le alternative migliori dal punto di vista ecologico.

 

(8) È pertanto necessario procedere a una revisione della direttiva 2006/12/CE per precisare alcuni concetti basilari come le definizioni di rifiuto, recupero e smaltimento, per rafforzare le misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti, per introdurre un approccio che tenga conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, non soltanto della fase in cui diventano rifiuti, e per concentrare l'attenzione sulla riduzione degli impatti ambientali connessi alla produzione e alla gestione dei rifiuti, rafforzando in tal modo il valore economico di questi ultimi. Inoltre, si dovrebbe favorire il recupero dei rifiuti e l'utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali. Per esigenze di chiarezza e leggibilità, la direttiva 2006/12/CE dovrebbe essere abrogata e sostituita da una nuova direttiva.

 

(9) Poiché le principali operazioni di gestione dei rifiuti sono ormai disciplinate dalla normativa comunitaria in materia di ambiente, è importante che la presente direttiva si adegui a tale impostazione. L'accento posto sugli obiettivi ambientali stabiliti dall'articolo 174 del trattato porterebbe maggiormente l'attenzione sugli impatti ambientali connessi alla produzione e alla gestione dei rifiuti nel corso dell'intero ciclo di vita delle risorse. La base giuridica della presente direttiva dovrebbe pertanto essere l'articolo 175.

 

(10) Una regolamentazione efficace e coerente del trattamento dei rifiuti dovrebbe applicarsi, fatte salve talune eccezioni, ai beni mobili di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi.

 

(11) La qualifica di rifiuto dei suoli escavati non contaminati e di altro materiale allo stato naturale utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati dovrebbe essere esaminata in base alla definizione di rifiuto e alle disposizioni sui sottoprodotti o sulla cessazione della qualifica di rifiuto ai sensi della presente direttiva.

 

(12) Il regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 ottobre 2002, che stabilisce norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano , prevede tra l'altro controlli proporzionati per quanto riguarda la raccolta, il trasporto, la trasformazione, l'uso e lo smaltimento di tutti i sottoprodotti di origine animale, compresi i rifiuti di origine animale, al fine di evitare che essi presentino rischi per la salute delle persone o degli animali. È pertanto necessario chiarire il legame con tale regolamento ed evitare una duplicazione delle norme, escludendo dall'ambito di applicazione della presente direttiva i sottoprodotti di origine animale nel caso in cui siano destinati ad usi che non sono considerati operazioni di trattamento dei rifiuti.

 

(13) Alla luce dell'esperienza acquisita nell'applicazione del regolamento (CE) n. 1774/2002, è opportuno precisare l'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, in particolare delle disposizioni sui rifiuti pericolosi in relazione ai sottoprodotti di origine animale disciplinati dal regolamento (CE) n. 1774/2002. Nel caso in cui i sottoprodotti di origine animale presentino rischi potenziali per la salute, lo strumento giuridico idoneo per far fronte a tali rischi è il regolamento (CE) n. 1774/2002 e dovrebbero essere evitate sovrapposizioni inutili con la normativa in materia di rifiuti.

 

(14) La classificazione dei rifiuti come pericolosi dovrebbe essere basata, tra l'altro, sulla normativa comunitaria relativa alle sostanze chimiche, in particolare per quanto concerne la classificazione dei preparati come pericolosi, inclusi i valori limite di concentrazione usati a tal fine. I rifiuti pericolosi dovrebbero essere regolamentati con specifiche rigorose, al fine di impedire o limitare, per quanto possibile, le potenziali conseguenze negative sull'ambiente e sulla salute umana di una gestione inadeguata. È inoltre necessario mantenere il sistema con cui i rifiuti e i rifiuti pericolosi sono stati classificati in conformità dell'elenco di tipi di rifiuti stabilito da ultimo dalla decisione 2000/532/CE della Commissione (9) al fine di favorire una classificazione armonizzata dei rifiuti e di garantire una determinazione armonizzata dei rifiuti pericolosi all'interno della Comunità.

 

(15) È necessario operare una distinzione tra il deposito preliminare dei rifiuti in attesa della loro raccolta, la raccolta di rifiuti e il deposito di rifiuti in attesa del trattamento. Gli enti o le imprese che producono rifiuti durante le loro attività non dovrebbero essere considerati impegnati nella gestione dei rifiuti e soggetti ad autorizzazione per il deposito dei propri rifiuti in attesa della raccolta.

 

(16) Nell'ambito della definizione di raccolta, il deposito preliminare di rifiuti è inteso come attività di deposito in attesa della raccolta in impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero o smaltimento. Dovrebbe essere operata una distinzione tra il deposito preliminare di rifiuti in attesa della raccolta e il deposito di rifiuti in attesa del trattamento, tenuto conto dell'obiettivo della presente direttiva, in funzione del tipo di rifiuti, delle dimensioni e del periodo di deposito e dell'obiettivo della raccolta. Tale distinzione dovrebbe essere operata dagli Stati membri. Il deposito di rifiuti prima del recupero per un periodo pari o superiore a tre anni e il deposito di rifiuti prima dello smaltimento per un periodo pari o superiore ad un anno sono disciplinati dalla direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti .

 

(17) I sistemi di raccolta dei rifiuti non gestiti su base professionale non dovrebbero essere soggetti a registrazione in quanto presentano rischi inferiori e contribuiscono alla raccolta differenziata dei rifiuti. Rappresentano esempi di tali sistemi la raccolta di rifiuti medicinali nelle farmacie, i sistemi di ritiro dei beni di consumo nei negozi e i sistemi di raccolta di rifiuti nelle collettività scolastiche.

 

(18) Dovrebbero essere introdotte nella presente direttiva le definizioni di «prevenzione», «riutilizzo», «preparazione per il riutilizzo», «trattamento» e «riciclaggio» per precisare la portata di questi concetti.

 

(19) Occorre modificare le definizioni di «recupero» e «smaltimento » per garantire una netta distinzione tra questi due concetti, fondata su una vera differenza in termini di impatto ambientale tramite la sostituzione di risorse naturali nell'economia e riconoscendo i potenziali vantaggi per l'ambiente e la salute umana derivanti dall'utilizzo dei rifiuti come risorse. Possono inoltre essere elaborati orientamenti per chiarire le situazioni in cui risulta difficile applicare tale distinzione a livello pratico o in cui la classificazione dell'attività come recupero non corrisponde all'impatto ambientale effettivo dell'operazione.

 

(20) La presente direttiva dovrebbe inoltre precisare quando l'incenerimento dei rifiuti solidi urbani è efficiente dal punto di vista energetico e può essere considerato un'operazione di recupero.

 

(21) Le operazioni di smaltimento consistenti nello scarico in mari e oceani, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino, sono disciplinate anche da convenzioni internazionali, segnatamente la Convenzione sulla prevenzione dell'inquinamento marino provocato dallo scarico di rifiuti e di altre sostanze, conclusa a Londra il 13 novembre 1972, e il relativo protocollo del 1996 come modificato nel 2006.

 

(22) Non dovrebbe esserci confusione tra i vari aspetti della definizione di rifiuti e dovrebbero essere applicate procedure appropriate, se del caso, ai sottoprodotti che non sono rifiuti, da un lato, e ai rifiuti che cessano di essere tali, dall'altro. Per precisare taluni aspetti della definizione di rifiuti, la presente direttiva dovrebbe chiarire:

 

- quando sostanze od oggetti derivanti da un processo di produzione che non ha come obiettivo primario la loro produzione sono sottoprodotti e non rifiuti. La decisione che una sostanza non è un rifiuto può essere presa solo sulla base di un approccio coordinato, da aggiornare regolarmente, e ove ciò sia coerente con la protezione dell'ambiente e della salute umana. Se l'utilizzo di un sottoprodotto è consentito in base ad un'autorizzazione ambientale o a norme generali di protezione dell'ambiente, ciò può essere usato dagli Stati membri quale strumento per decidere che non dovrebbero prodursi impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana; un oggetto o una sostanza dovrebbero essere considerati sottoprodotti solo quando si verificano determinate condizioni. Poiché i sottoprodotti rientrano nella categoria dei prodotti, le esportazioni di sottoprodotti dovrebbero conformarsi ai requisiti della legislazione comunitaria pertinente; e

 

- quando taluni rifiuti cessano di essere tali, stabilendo criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale che assicurano un livello elevato di protezione dell'ambiente e un vantaggio economico e ambientale; eventuali categorie di rifiuti per le quali dovrebbero essere elaborati criteri e specifiche volti a definire «quando un rifiuto cessa di essere tale» sono, fra l'altro, i rifiuti da costruzione e da demolizione, alcune ceneri e scorie, i rottami ferrosi, gli aggregati, i pneumatici, i rifiuti tessili, i composti, i rifiuti di carta e di vetro. Per la cessazione della qualifica di rifiuto, l'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale.

 

(23) Al fine di verificare o calcolare se sono stati raggiunti gli obiettivi di riciclaggio e di recupero stabiliti nelle direttive 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio , 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso , 2002/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) , e 2006/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori , nonché nell'altra normativa comunitaria pertinente, i quantitativi di rifiuti che hanno cessato di essere tali dovrebbero essere considerati rifiuti riciclati e recuperati quando sono soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero di tale legislazione.

 

(24) Sulla base della definizione di rifiuti la Commissione può adottare, per favorire la certezza e la coerenza, orientamenti volti a precisare in taluni casi quando sostanze o oggetti diventano rifiuti. Detti orientamenti possono essere elaborate tra l'altro per le apparecchiature elettriche ed elettroniche e per i veicoli.

 

(25) È opportuno che i costi siano ripartiti in modo da rispecchiare il costo reale per l'ambiente della produzione e della gestione dei rifiuti.

 

(26) Il principio «chi inquina paga» è un principio guida a livello europeo e internazionale. Il produttore di rifiuti e il detentore di rifiuti dovrebbero gestire gli stessi in modo da garantire un livello elevato di protezione dell'ambiente e della salute umana.

 

(27) L'introduzione della responsabilità estesa del produttore nella presente direttiva è uno dei mezzi per sostenere una progettazione e una produzione dei beni che prendano pienamente in considerazione e facilitino l'utilizzo efficiente delle risorse durante l'intero ciclo di vita, comprendendone la riparazione, il riutilizzo, lo smontaggio e il riciclaggio senza compromettere la libera circolazione delle merci nel mercato interno.

 

(28) La presente direttiva dovrebbe aiutare l'Unione europea ad avvicinarsi a una «società del riciclaggio», cercando di evitare la produzione di rifiuti e di utilizzare i rifiuti come risorse. In particolare, il Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente sollecita misure volte a garantire la separazione alla fonte, la raccolta e il riciclaggio dei flussi di rifiuti prioritari. In linea con tale obiettivo e quale mezzo per agevolarne o migliorarne il potenziale di recupero, i rifiuti dovrebbero essere raccolti separatamente nella misura in cui ciò sia praticabile da un punto di vista tecnico, ambientale ed economico, prima di essere sottoposti a operazioni di recupero che diano il miglior risultato ambientale complessivo. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la separazione dei composti pericolosi dai flussi di rifiuti se necessario per conseguire una gestione compatibile con l'ambiente.

 

(29) Gli Stati membri dovrebbero sostenere l'uso di materiali riciclati (come la carta riciclata) in linea con la gerarchia dei rifiuti e con l'obiettivo di realizzare una società del riciclaggio e non dovrebbero promuovere, laddove possibile, lo smaltimento in discarica o l'incenerimento di detti materiali riciclati.

 

(30) Ai fini dell'attuazione dei principi della precauzione e dell'azione preventiva di cui all'articolo 174, paragrafo 2 del trattato, occorre fissare obiettivi ambientali generali per la gestione dei rifiuti all'interno della Comunità. In virtù di tali principi, spetta alla Comunità e agli Stati membri stabilire un quadro per prevenire, ridurre e, per quanto possibile, eliminare dall'inizio le fonti di inquinamento o di molestia mediante l'adozione di misure grazie a cui i rischi riconosciuti sono eliminati.

 

(31) La gerarchia dei rifiuti stabilisce in generale un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale nella normativa e politica dei rifiuti, tuttavia discostarsene può essere necessario per flussi di rifiuti specifici quando è giustificato da motivi, tra l'altro, di fattibilità tecnica, praticabilità economica e protezione dell'ambiente.

 

(32) Al fine di consentire alla Comunità nel suo complesso di diventare autosufficiente nello smaltimento dei rifiuti e nel recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, nonché di consentire agli Stati membri di convergere individualmente verso tale obiettivo, è necessario prevedere una rete di cooperazione tra impianti di smaltimento e impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, che tenga conto del contesto geografico e della necessità di disporre di impianti specializzati per alcuni tipi di rifiuti.

 

(33) Ai fini dell'applicazione del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti , i rifiuti urbani non differenziati di cui all'articolo 3, paragrafo 5 dello stesso rimangono rifiuti urbani non differenziati anche quando sono stati oggetto di un'operazione di trattamento dei rifiuti che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà.

 

(34) È importante che i rifiuti pericolosi siano etichettati in conformità delle norme comunitarie ed internazionali. Tuttavia, quando tali rifiuti sono raccolti separatamente dai nuclei domestici, ciò non dovrebbe comportare per questi ultimi l'obbligo di completare la documentazione necessaria.

 

(35) È importante, in conformità della gerarchia dei rifiuti e ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra provenienti dallo smaltimento dei rifiuti nelle discariche, facilitare la raccolta differenziata e l'idoneo trattamento dei rifiuti organici al fine di produrre composti e altri materiali basati su rifiuti organici che non presentano rischi per l'ambiente. La Commissione, dopo una valutazione della gestione dei rifiuti organici, presenterà, se del caso, proposte di misure legislative.

 

(36) Possono essere adottate norme tecniche minime concernenti le attività di trattamento dei rifiuti non contemplate dalla direttiva 96/61/CE qualora sia provato che ne conseguirebbe un vantaggio in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente e che un approccio coordinato all'attuazione della presente direttiva garantirebbe la protezione della salute umana e dell'ambiente.

 

(37) È necessario precisare meglio l'ambito di applicazione e il contenuto dell'obbligo di predisporre piani per la gestione dei rifiuti e integrare nel processo di elaborazione o modifica dei piani per la gestione dei rifiuti la necessità di considerare gli impatti ambientali derivanti dalla produzione e dalla gestione dei rifiuti. Ove opportuno, si dovrebbe anche tener conto delle prescrizioni in materia di pianificazione nel settore dei rifiuti contenute all'articolo 14 della direttiva 94/62/CE e della strategia per la riduzione dei rifiuti biodegradabili conferiti in discarica di cui all'articolo 5 della direttiva 1999/31/CE.

 

(38) Gli Stati membri possono applicare le autorizzazioni ambientali o le norme generali in materia di ambiente a taluni produttori di rifiuti senza compromettere il corretto funzionamento del mercato interno.

 

(39) A norma del regolamento (CE) n. 1013/2006, gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per impedire le spedizioni di rifiuti non conformi ai rispettivi piani di gestione. In deroga a tale regolamento, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di limitare le spedizioni in entrata di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero qualora sia stato accertato che i rifiuti nazionali avrebbero dovuto essere smaltiti o che i rifiuti avrebbero dovuto essere trattati in modo non coerente con i loro piani di gestione dei rifiuti. Si riconosce che taluni Stati membri possono non essere in grado di fornire una rete comprendente l'intera gamma di impianti di recupero finale all'interno del proprio territorio.

 

(40) Per migliorare le modalità di attuazione delle azioni di prevenzione dei rifiuti negli Stati membri e per favorire la diffusione delle migliori prassi in questo settore, è necessario rafforzare le disposizioni riguardanti la prevenzione dei rifiuti e introdurre l'obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti incentrati sui principali impatti ambientali e basati sulla considerazione dell'intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali. Tali misure dovrebbero perseguire l'obiettivo di dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione di rifiuti. Le parti interessate e il pubblico in generale dovrebbero avere la possibilità di partecipare all'elaborazione di tali programmi e dovrebbero avere accesso ad essi una volta elaborati, come previsto dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale . La prevenzione dei rifiuti e gli obiettivi di dissociazione dovrebbero essere perseguiti includendo, se del caso, la riduzione degli effetti negativi dei rifiuti e della quantità di rifiuti prodotti.

 

(41) Al fine di procedere verso una società europea del riciclaggio, con un alto livello di efficienza delle risorse, è opportuno definire obiettivi per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti. Gli Stati membri conservano approcci differenti in relazione alla raccolta dei rifiuti domestici e dei rifiuti di natura e composizione simili. È quindi opportuno che tali obiettivi tengano conto dei diversi sistemi di raccolta dei vari Stati membri. I flussi di rifiuti di origini diverse analoghi ai rifiuti domestici includono i rifiuti di cui alla voce 20 dell'elenco istituito dalla decisione 2000/532/CE della Commissione.

 

(42) Gli strumenti economici possono svolgere un ruolo cruciale nella realizzazione degli obiettivi di prevenzione e gestione dei rifiuti. Spesso i rifiuti hanno un valore in quanto risorse e un maggiore ricorso agli strumenti economici può consentire di massimizzare i benefici ambientali. Il ricorso a tali strumenti dovrebbe quindi essere incoraggiato al livello appropriato sottolineando al tempo stesso che i singoli Stati membri possono decidere circa il loro impiego.

 

(43) Alcune disposizioni riguardanti il trattamento dei rifiuti contenute nella direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi , dovrebbero essere modificate per eliminare disposizioni obsolete e rendere il testo più chiaro. Al fine di semplificare la normativa comunitaria, tali disposizioni dovrebbero essere integrate nella presente direttiva. Per chiarire le modalità di applicazione del divieto di miscelazione di cui alla direttiva 91/689/CEE e per proteggere l'ambiente e la salute umana, le deroghe al suddetto divieto dovrebbero in aggiunta conformarsi alle migliori tecniche disponibili ai sensi della direttiva 96/61/CE. La direttiva 91/689/CEE dovrebbe essere conseguentemente abrogata.

 

(44) Nell'interesse della semplificazione della normativa comunitaria e tenuto conto dei vantaggi ambientali, nella presente direttiva dovrebbero essere integrate le disposizioni pertinenti della direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l'eliminazione degli oli usati . La direttiva 75/439/CEE dovrebbe essere conseguentemente abrogata. La gestione degli oli usati dovrebbe avvenire secondo l'ordine di priorità della gerarchia dei rifiuti e dovrebbe essere accordata una preferenza alle opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo. La raccolta differenziata è un elemento determinante per l'adeguata gestione degli oli usati, al fine di evitare danni ambientali dovuti ad uno smaltimento inadeguato.

 

(45) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive da irrogare a persone fisiche o giuridiche responsabili della gestione dei rifiuti, ad esempio produttori, detentori, intermediari, commercianti, addetti alla raccolta e al trasporto di rifiuti, enti o imprese che effettuano operazioni di trattamento dei rifiuti e sistemi di gestione dei rifiuti, nei casi in cui violino le disposizioni della presente direttiva. Gli Stati membri possono altresì disporre il recupero dei costi derivanti dall'inosservanza e dalle misure di riparazione, fatta salva la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale .

 

(46) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione .

 

(47) In particolare, la Commissione ha il potere di stabilire criteri relativi a una serie di questioni quali le condizioni alle quali un oggetto deve essere considerato un sottoprodotto, la cessazione della qualifica di rifiuto e la determinazione dei rifiuti che sono considerati come pericolosi, nonché di definire modalità dettagliate di attuazione e di calcolo per verificare la conformità con gli obiettivi di riciclaggio stabiliti nella presente direttiva. Inoltre, la Commissione dovrebbe avere il potere di adeguare gli allegati al progresso tecnico e scientifico e di precisare l'applicazione della formula per gli impianti di incenerimento di cui all'allegato II, R1. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola con nuovi elementi non essenziali devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.

 

(48) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione.

 

(49) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire la protezione dell'ambiente e della salute umana, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

 

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

 

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(4)  GU C 309 del 16.12.2006, pag. 55.

(5)  GU C 229 del 22.9.2006, pag. 1.

(6)  Parere del Parlamento europeo del 13 febbraio 2007 (GU C 287 E del 29.11.2007, pag. 135), posizione comune del Consiglio del 20 dicembre 2007 (GU C 71 E del 18.3.2008, pag. 16) e posizione del Parlamento europeo del 17 giugno 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 20 ottobre 2008.

(7)  GU C 104 E del 30.4.2004, pag. 401.

(8)  GU C 76 dell'11.3.1997, pag. 1.

(9)  Decisione 200/532/CE del 3 maggio 2000 che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 226 del 6.9.2000, pag. 3).

(10)  GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.

 

 

Capo I

Oggetto, ambito di applicazione e definizioni

 

Articolo 1 

Oggetto e ambito di applicazione

La presente direttiva stabilisce misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell'uso delle risorse e migliorandone l'efficacia.

 

Articolo 2 

Esclusioni dall'ambito di applicazione

1.  Sono esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva:

a)  effluenti gassosi emessi in atmosfera;

b)  terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno;

c)  suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato escavato;

d)  rifiuti radioattivi;

e)  materiali esplosivi in disuso;

f)  materie fecali, se non contemplate dal paragrafo 2, lettera b), paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati nell'attività agricola, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

2.  Sono esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva nella misura in cui sono contemplati da altra normativa comunitaria:

a)  acque di scarico;

b)  sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

c)  carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;

d)  rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento e dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave contemplati dalla direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive .

3.  Fatti salvi gli obblighi risultanti da altre normative comunitarie pertinenti, sono esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva i sedimenti spostati all'interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d'acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli, se è provato che i sedimenti non sono pericolosi.

4.  Disposizioni specifiche particolari o complementari a quelle della presente direttiva per disciplinare la gestione di determinate categorie di rifiuti possono essere fissate da direttive particolari.

 

Articolo 3 

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)  «rifiuto» qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi;

2)  «rifiuto pericoloso» rifiuto che presenta una o più caratteristiche pericolose di cui all'allegato III;

3)  «oli usati» qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli lubrificanti e gli oli per turbine e comandi idraulici;

4)  «rifiuto organico» rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dagli impianti dell'industria alimentare;

5)  «produttore di rifiuti» la persona la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale di rifiuti) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti;

6)  «detentore di rifiuti» il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;

7)  «commerciante» qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;

8)  «intermediario» qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di altri, compresi gli intermediari che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;

9)  «gestione dei rifiuti» la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento nonché le operazioni effettuate in qualità di commercianti o intermediari;

10)  «raccolta» il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;

11)  «raccolta differenziata»: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo e alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;

12)  «prevenzione» misure, prese prima che una sostanza, un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto, che riducono:

a)  la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita;

b)  gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana; oppure

c)  il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;

13)  «riutilizzo» qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;

14)  «trattamento» operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;

15)  «recupero» qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale. L'allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;

16)  «preparazione per il riutilizzo» le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;

17)  «riciclaggio» qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;

18)  «rigenerazione di oli usati» qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;

19)  «smaltimento» qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l'operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L'allegato I riporta un elenco non esaustivo di operazioni di smaltimento;

20)  «migliori tecniche disponibili» le migliori tecniche disponibili quali definite all'articolo 2, paragrafo 11 della direttiva 96/61/CE.

 

Articolo 4 

Gerarchia dei rifiuti

1.  La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:

a)  prevenzione;

b)  preparazione per il riutilizzo;

c)  riciclaggio;

d)  recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e

e)  smaltimento.

2.  Nell'applicare la gerarchia dei rifiuti di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo. A tal fine può essere necessario che flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall'impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti.

Gli Stati membri garantiscono che l'elaborazione della normativa e della politica dei rifiuti avvenga in modo pienamente trasparente, nel rispetto delle norme nazionali vigenti in materia di consultazione e partecipazione dei cittadini e dei soggetti interessati.

Conformemente agli articoli 1 e 13, gli Stati membri tengono conto dei principi generali in materia di protezione dell'ambiente di precauzione e sostenibilità, della fattibilità tecnica e praticabilità economica, della protezione delle risorse nonché degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali.

 

Articolo 5 

Sottoprodotti

1.  Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell'articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)  è certo che la sostanza o l'oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o;

b)  la sostanza o l'oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

c)  la sostanza o l'oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e

d)  l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

2.  Sulla base delle condizioni previste al paragrafo 1, possono essere adottate misure per stabilire i criteri da soddisfare affinché sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti e non rifiuti ai sensi dell'articolo 3, punto 1. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2.

 

Articolo 6 

Cessazione della qualifica di rifiuto

1.  Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell'articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni:

a)   la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;

b)  esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c)  la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e

d)  l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.

2.  Le misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, che riguardano l'adozione dei criteri di cui al paragrafo 1 e specificano il tipo di rifiuti ai quali si applicano tali criteri, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2. Criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale dovrebbero essere considerati, tra gli altri, almeno per gli aggregati, i rifiuti di carta e di vetro, i metalli, i pneumatici e i rifiuti tessili.

3.  I rifiuti che cessano di essere tali conformemente ai paragrafi 1 e 2 cessano di essere tali anche ai fini degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti nelle direttive 94/62/CE, 2000/53/CE, 2002/96/CE e 2006/66/CE e nell'altra normativa comunitaria pertinente quando sono soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero di tale legislazione.

4.  Se non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario in conformità della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile. Essi notificano tali decisioni alla Commissione in conformità della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione , ove quest'ultima lo imponga.

 

Articolo 7 

Elenco dei rifiuti

1.  Le misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, relative all'aggiornamento dell'elenco dei rifiuti istituito dalla decisione 2000/532/CE, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2. L'elenco dei rifiuti include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell'origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L'inclusione di una sostanza o di un oggetto nell'elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi. Una sostanza o un oggetto è considerato un rifiuto solo se rientra nella definizione di cui all'articolo 3, punto 1.

2.  Uno Stato membro può considerare come pericolosi i rifiuti che, pur non figurando come tali nell'elenco dei rifiuti, presentano una o più caratteristiche fra quelle elencate nell'allegato III. Lo Stato membro notifica senza indugio tali casi alla Commissione. Esso li iscrive nella relazione di cui all'articolo 37, paragrafo 1, fornendole tutte le informazioni pertinenti. Alla luce delle notifiche ricevute, l'elenco è riesaminato per deciderne l'eventuale adeguamento.

3.  Uno Stato membro può considerare come non pericoloso uno specifico rifiuto che nell'elenco è indicato come pericoloso se dispone di prove che dimostrano che esso non possiede nessuna delle caratteristiche elencate nell'allegato III. Lo Stato membro notifica senza indugio tali casi alla Commissione fornendole tutte le prove necessarie. Alla luce delle notifiche ricevute, l'elenco è riesaminato per deciderne l'eventuale adeguamento.

4.  La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso di un rifiuto.

5.  Le misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, relative al riesame dell'elenco per deciderne l'eventuale adeguamento in conformità dei paragrafi 2 e 3, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2.

6.  Gli Stati membri possono considerare un rifiuto come non pericoloso in base all'elenco di rifiuti di cui al paragrafo 1.

7.  La Commissione provvede affinché l'elenco dei rifiuti e ogni suo eventuale riesame rispettino, se del caso, i principi di chiarezza, comprensibilità e accessibilità per gli utenti, in particolare le piccole e medie imprese (PMI).

 

Capo II

Requisiti generali

 

Articolo 8 

Responsabilità estesa del produttore

1.  Per rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e l'altro recupero dei rifiuti, gli Stati membri possono adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del prodotto) sia soggetto ad una responsabilità estesa del produttore.

Tali misure possono includere l'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l'utilizzo di tali prodotti, nonché la successiva gestione dei rifiuti e la responsabilità finanziaria per tali attività. Tali misure possono includere l'obbligo di mettere a disposizione del pubblico informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile.

2.  Gli Stati membri possono adottare misure appropriate per incoraggiare una progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali e la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti e ad assicurare che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformità degli articoli 4 e 13.

Tali misure possono incoraggiare, tra l'altro, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all'uso multiplo, tecnicamente durevoli e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti a un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l'ambiente.

3.  Nell'applicare la responsabilità estesa del produttore, gli Stati membri tengono conto della fattibilità tecnica e della praticabilità economica nonché degli impatti complessivi sociali, sanitari e ambientali, rispettando l'esigenza di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno.

4.  La responsabilità estesa del produttore è applicata fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all'articolo 15, paragrafo 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici.

 

Articolo 9 

Prevenzione dei rifiuti

Previa consultazione dei soggetti interessati,la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio le seguenti relazioni corredate, se del caso, di proposte concernenti le misure necessarie a sostegno delle attività di prevenzione e dell'attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui all'articolo 29 comprendenti:

a)  entro la fine del 2011, una relazione intermedia sull'evoluzione della produzione dei rifiuti e l'ambito di applicazione della prevenzione dei rifiuti, che comprende la definizione di una politica di progettazione ecologica dei prodotti che riduca al contempo la produzione di rifiuti e la presenza di sostanze nocive in essi, favorendo tecnologie incentrate su prodotti sostenibili, riutilizzabili e riciclabili;

b)  entro la fine del 2011, la formulazione di un piano d'azione per ulteriori misure di sostegno a livello europeo volte, in particolare, a modificare gli attuali modelli di consumo;

c)  entro la fine del 2014 la definizione di obiettivi in materia di prevenzione dei rifiuti e di dissociazione per il 2020, basati sulle migliori prassi disponibili, incluso, se del caso, un riesame degli indicatori di cui all'articolo 29, paragrafo 4.

 

Articolo 10 

Recupero

1.  Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i rifiuti siano sottoposti a operazioni di recupero a norma degli articoli 4 e 13.

2.  Ove necessario per ottemperare al paragrafo 1 e per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse.

 

Articolo 11 

Riutilizzo e riciclaggio

1.  Gli Stati membri adottano le misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e le misure di preparazione per le attività di riutilizzo, in particolare favorendo la costituzione e il sostegno di reti di riutilizzo e di riparazione, l'uso di strumenti economici, di criteri in materia di appalti, di obiettivi quantitativi o di altre misure.

Gli Stati membri adottano misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità e a tal fine istituiscono la raccolta differenziata dei rifiuti, ove essa sia fattibile sul piano tecnico, ambientale ed economico e al fine di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti.

Fatto salvo l'articolo 10, paragrafo 2, entro il 2015 la raccolta differenziata sarà istituita almeno per i seguenti rifiuti: carta, metalli, plastica e vetro.

2.  Al fine di rispettare gli obiettivi della presente direttiva e tendere verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse, gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

a)  entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;

b)  entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso.

3.  La Commissione definisce modalità dettagliate di attuazione e di calcolo per verificare la conformità con gli obiettivi definiti al paragrafo 2 del presente articolo, tenuto conto del regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2002, relativo alle statistiche sui rifiuti . Esse possono includere periodi di transizione per gli Stati membri che nel 2008 hanno riciclato meno del 5% rispetto ad una delle due categorie di rifiuti di cui al paragrafo 2. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2 della presente direttiva.

4.  Entro il 31 dicembre 2014, la Commissione esamina le misure e gli obiettivi di cui al paragrafo 2 al fine, se necessario, di rafforzare gli obiettivi e di valutare la definizione di obiettivi per altri flussi di rifiuti. La relazione della Commissione, se del caso corredata di una proposta, è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio. Nella relazione la Commissione tiene conto dell'impatto ambientale, economico e sociale della fissazione degli obiettivi.

5.  Ogni tre anni, ai sensi dell'articolo 37, gli Stati membri riferiscono alla Commissione in merito ai risultati relativi al conseguimento degli obiettivi. Qualora gli obiettivi non siano conseguiti, tale relazione include i motivi del mancato conseguimento e le azioni che lo Stato membro intende adottare per porvi rimedio.

 

Articolo 12 

Smaltimento

Gli Stati membri provvedono affinché, quando non sia effettuato il recupero a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, i rifiuti siano sottoposti a operazioni di smaltimento sicure che ottemperino alle disposizioni di cui all'articolo 13 in relazione alla protezione della salute umana e dell'ambiente.

 

Articolo 13 

Protezione della salute umana e dell'ambiente

Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

a)  senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna;

b)  senza causare inconvenienti da rumori od odori e

c)  senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse.

 

Articolo 14 

Costi

1.  Secondo il principio «chi inquina paga», i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.

2.  Gli Stati membri possono decidere che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti e che i distributori di tale prodotto possano contribuire alla copertura di tali costi.

 

Capo III

Gestione dei rifiuti

 

Articolo 15 

Responsabilità della gestione dei rifiuti

1.  Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che ogni produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provveda personalmente al loro trattamento oppure li consegni ad un commerciante o ad un ente o a un'impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto addetto alla raccolta dei rifiuti pubblico o privato in conformità degli articoli 4 e 13.

2.  Quando i rifiuti sono trasferiti per il trattamento preliminare dal produttore iniziale o dal detentore a una delle persone fisiche o giuridiche di cui al paragrafo 1, la responsabilità dell'esecuzione di un'operazione completa di recupero o smaltimento di regola non è assolta.

Fatto salvo il regolamento (CE) n. 1013/2006, gli Stati membri possono precisare le condizioni della responsabilità e decidere in quali casi il produttore originario conserva la responsabilità per l'intera catena di trattamento o in quali casi la responsabilità del produttore e del detentore può essere condivisa o delegata tra i diversi soggetti della catena di trattamento.

3.  Gli Stati membri possono decidere, a norma dell'articolo 8, che la responsabilità di provvedere alla gestione dei rifiuti sia sostenuta parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti e che i distributori di tale prodotto possano condividere tale responsabilità.

4.  Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, all'interno del loro territorio, gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto di rifiuti a titolo professionale conferiscano i rifiuti raccolti e trasportati agli appositi impianti di trattamento nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 13.

 

Articolo 16 

Principi di autosufficienza e prossimità

1.  Gli Stati membri adottano, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, inclusi i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.

In deroga al regolamento (CE) n. 1013/2006, al fine di proteggere la loro rete gli Stati membri possono limitare le spedizioni in entrata di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia stato accertato che tali spedizioni avrebbero come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i loro piani di gestione dei rifiuti. Gli Stati membri notificano siffatta decisione alla Commissione. Gli Stati membri possono altresì limitare le spedizioni in uscita di rifiuti per motivi ambientali come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006.

2.  La rete è concepita in modo da consentire alla Comunità nel suo insieme di raggiungere l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti nonché nel recupero dei rifiuti di cui al paragrafo 1 e da consentire agli Stati membri di mirare individualmente al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti.

3.  La rete permette lo smaltimento dei rifiuti o il recupero di quelli menzionati al paragrafo 1 in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all'utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonei, al fine di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

4.  I principi di prossimità e autosufficienza non significano che ciascuno Stato membro debba possedere l'intera gamma di impianti di recupero finale al suo interno.

 

Articolo 17 

Controllo dei rifiuti pericolosi

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell'ambiente e della salute umana, al fine di ottemperare le disposizioni di cui all'articolo 13, comprese misure volte a garantire la tracciabilità dalla produzione alla destinazione finale e il controllo dei rifiuti pericolosi al fine di soddisfare i requisiti di cui agli articoli 35 e 36.

 

Articolo 18 

Divieto di miscelazione dei rifiuti pericolosi

1.  Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i rifiuti pericolosi non siano miscelati con altre categorie di rifiuti pericolosi o con altri rifiuti, sostanze o materiali. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

2.  In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono permettere la miscelazione a condizione che:

a)  l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un'impresa che ha ottenuto un'autorizzazione a norma dell'articolo 23;

b)  le disposizioni dell'articolo 13 siano ottemperate e l'impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente non risulti accresciuto; e

c)  l'operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili.

3.  Fatti salvi i criteri di fattibilità tecnica ed economica, qualora i rifiuti pericolosi siano stati miscelati senza tener conto di quanto previsto dal paragrafo 1, si procede alla separazione, ove possibile e necessario, per ottemperare all'articolo 13.

 

Articolo 19 

Etichettatura dei rifiuti pericolosi

1.  Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, nel corso della raccolta, del trasporto e del deposito temporaneo, i rifiuti pericolosi siano imballati ed etichettati in conformità delle norme internazionali e comunitarie in vigore.

2.  In caso di trasferimento all'interno di uno Stato membro, i rifiuti pericolosi sono corredati di un documento di identificazione, eventualmente in formato elettronico, che riporta i dati appropriati specificati all'allegato IB del regolamento (CE) n. 1013/2006.

 

Articolo 20 

Rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici

Gli articoli 17, 18, 19 e 35 non si applicano ai rifiuti non differenziati prodotti da nuclei domestici.

Gli articoli 19 e 35 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un'impresa che abbiano ottenuto l'autorizzazione o siano registrati in conformità degli articoli 23 o 26.

 

Articolo 21 

Oli usati

1.  Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi di cui agli articoli 18 e 19, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che:

a)  gli oli usati siano raccolti separatamente, laddove ciò sia tecnicamente fattibile;

b)  gli oli usati siano trattati in conformità degli articoli 4 e 13;

c)  laddove ciò sia tecnicamente fattibile ed economicamente praticabile, gli oli usati con caratteristiche differenti non siano miscelati e gli oli usati non siano miscelati con altri tipi di rifiuti o di sostanze, se tale miscelazione ne impedisce il trattamento.

2.  Ai fini della raccolta separata di oli usati e del loro trattamento adeguato, gli Stati membri possono, conformemente alle loro condizioni nazionali, applicare ulteriori misure quali requisiti tecnici, la responsabilità del produttore, strumenti economici o accordi volontari.

3.  Se gli oli usati, conformemente alla legislazione nazionale, devono essere rigenerati, gli Stati membri possono prescrivere che tali oli siano rigenerati se tecnicamente fattibile e, laddove si applichino gli articoli 11 o 12 del regolamento (CE) n. 1013/2006, limitare le spedizioni transfrontaliere di oli usati dal loro territorio agli impianti di incenerimento o coincenerimento al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati.

 

Articolo 22 

Rifiuti organici

Gli Stati membri adottano, se del caso e a norma degli articoli 4 e 13, misure volte a incoraggiare:

a)  la raccolta separata dei rifiuti organici ai fini del compostaggio e dello smaltimento dei rifiuti organici;

b)  il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;

c)  l'utilizzo di materiali sicuri per l'ambiente ottenuti dai rifiuti organici.

La Commissione effettua una valutazione sulla gestione dei rifiuti organici in vista di presentare una proposta, se opportuno. La valutazione esamina l'opportunità di definire requisiti minimi per la gestione dei rifiuti organici e criteri di qualità per il composto e il digestato prodotto dai rifiuti organici, al fine di garantire un livello elevato di protezione per la salute umana e l'ambiente.

 

Capo IV

Autorizzazioni e registrazioni

 

Articolo 23 

Rilascio delle autorizzazioni

1.  Gli Stati membri impongono a qualsiasi ente o impresa che intende effettuare il trattamento dei rifiuti di ottenere l'autorizzazione dell'autorità competente.

Tali autorizzazioni precisano almeno quanto segue:

a)  i tipi e i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati;

b)  per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici e di altro tipo applicabili al sito interessato;

c)  le misure precauzionali e di sicurezza da prendere;

d)  il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;

e)  le operazioni di monitoraggio e di controllo che si rivelano necessarie;

f)  le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelano necessarie.

2.  Le autorizzazioni possono essere concesse per un periodo determinato ed essere rinnovate.

3.  L'autorità competente nega l'autorizzazione qualora ritenga che il metodo di trattamento previsto sia inaccettabile dal punto di vista della protezione dell'ambiente, in particolare quando non sia conforme all'articolo 13.

4.  Le autorizzazioni concernenti l'incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica.

5.  A condizione che le prescrizioni del presente articolo siano rispettate, l'autorizzazione rilasciata in virtù di un'altra normativa nazionale o comunitaria può essere combinata con l'autorizzazione di cui al paragrafo 1 in un'unica autorizzazione, qualora tale formato permetta di evitare una ripetizione inutile delle informazioni e dei lavori effettuati dall'operatore o dall'autorità competente.

 

Articolo 24 

Deroghe all'obbligo di autorizzazione

Gli Stati membri possono dispensare dall'obbligo di cui all'articolo 23, paragrafo 1, gli enti o le imprese che effettuano le seguenti operazioni:

a)  smaltimento dei propri rifiuti non pericolosi nei luoghi di produzione; o

b)  recupero dei rifiuti.

 

Articolo 25 

Condizioni delle deroghe

1.  Gli Stati membri che intendono autorizzare una deroga a norma dell'articolo 24 adottano, per ciascun tipo di attività, regole generali che stabiliscano i tipi e i quantitativi di rifiuti che possono essere oggetto di deroga, nonché il metodo di trattamento da utilizzare.

Tali regole sono finalizzate a garantire un trattamento dei rifiuti conforme all'articolo 13. Nel caso delle operazioni di smaltimento di cui all'articolo 24, lettera a), tali regole dovrebbero tenere in considerazione le migliori tecniche disponibili.

2.  Oltre alle regole generali di cui al paragrafo 1, gli Stati membri stabiliscono condizioni specifiche per le deroghe riguardanti i rifiuti pericolosi, compresi i tipi di attività, e ogni altra prescrizione necessaria per procedere alle varie forme di recupero e, se del caso, i valori limite per il contenuto di sostanze pericolose presenti nei rifiuti nonché i valori limite di emissione.

3.  Gli Stati membri informano la Commissione delle regole generali adottate in applicazione dei paragrafi 1 e 2.

 

Articolo 26 

Registrazione

Qualora i soggetti di seguito elencati non siano sottoposti all'obbligo di autorizzazione, gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti tengano un registro:

a)  degli enti o delle imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto di rifiuti a titolo professionale;

b)  dei commercianti o degli intermediari; e

c)  degli enti o delle imprese cui si applicano le deroghe all'obbligo di autorizzazione a norma dell'articolo 24.

Ove possibile, i registri tenuti dalle autorità competenti sono utilizzati per ottenere le informazioni necessarie per la procedura di registrazione, al fine di ridurre al minimo gli oneri amministrativi.

 

Articolo 27 

Norme minime

1.  Possono essere adottate norme tecniche minime per le attività di trattamento che richiedono un'autorizzazione ai sensi dell'articolo 23 qualora sia dimostrato che dette norme minime produrrebbero un beneficio in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2.

2.  Tali norme minime riguardano solo le attività di trattamento dei rifiuti che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 96/61/CE o non sono atte a rientrarvi.

3.  Tali norme minime:

a)  sono incentrate sui principali impatti ambientali dell'attività di trattamento dei rifiuti;

b)  assicurano che i rifiuti siano trattati conformemente all'articolo 13;

c)  tengono in considerazione le migliori tecniche disponibili; e

d)  includono, se opportuno, elementi riguardanti i requisiti di qualità del trattamento e del processo.

4.  Si adottano norme minime per le attività che richiedono una registrazione ai sensi dell'articolo 26, lettere a) e b), qualora sia dimostrato che tali norme minime, compresi elementi riguardanti la qualifica tecnica di addetti alla raccolta e al trasporto, di commercianti o intermediari, produrrebbero un beneficio in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente o per evitare perturbazioni del mercato interno.

Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2.

 

Capo V

Piani e programmi

 

Articolo 28 

Piani di gestione dei rifiuti

1.  Gli Stati membri provvedono affinché le rispettive autorità competenti predispongano, a norma degli articoli 1, 4, 13 e 16, uno o più piani di gestione dei rifiuti.

Tali piani coprono, singolarmente o in combinazione tra loro, l'intero territorio geografico dello Stato membro interessato.

2.  I piani di gestione dei rifiuti comprendono un'analisi della situazione della gestione dei rifiuti esistente nell'ambito geografico interessato nonché le misure da adottare per migliorare una preparazione per il riutilizzo, un riciclaggio, un recupero e uno smaltimento dei rifiuti corretti dal punto vista ambientale e una valutazione del modo in cui i piani contribuiranno all'attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della presente direttiva.

3.  I piani di gestione dei rifiuti contengono, se opportuno e tenuto conto del livello e della copertura geografici dell'area oggetto di pianificazione, almeno i seguenti elementi:

a)  tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all'interno del territorio, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell'evoluzione futura dei flussi di rifiuti;

b)  sistemi di raccolta dei rifiuti e grandi impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica;

c)  una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti per i rifiuti esistenti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti ai sensi dell'articolo 16 e, se necessario, degli investimenti correlati;

d)  informazioni sufficienti sui criteri di riferimento per l'individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;

e)  politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione.

4.  Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografici dell'area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:

a)  aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti, inclusa una descrizione della ripartizione delle competenze tra i soggetti pubblici e privati che provvedono alla gestione dei rifiuti;

b)  valutazione dell'utilità e dell'idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di vari problemi riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;

c)  campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori;

d)  siti contaminati, un tempo destinati allo smaltimento dei rifiuti, e misure per la loro bonifica.

 

5.  I piani di gestione dei rifiuti si conformano alle prescrizioni in materia di pianificazione di cui all'articolo 14 della direttiva 94/62/CE e alla strategia al fine di procedere alla riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare a discarica di cui all'articolo 5 della direttiva 1999/31/CE.

 

Articolo 29 

Programmi di prevenzione dei rifiuti

1.  Gli Stati membri adottano, a norma degli articoli 1 e 4, programmi di prevenzione dei rifiuti entro il 12 dicembre 2013.

Tali programmi sono integrati nei piani di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 28 o, se opportuno, in altri programmi di politica ambientale oppure costituiscono programmi a sé stanti. In caso di integrazione nel piano di gestione o in altri programmi, vengono chiaramente identificate le misure di prevenzione dei rifiuti.

2.  I programmi di cui al paragrafo 1 fissano gli obiettivi di prevenzione. Gli Stati membri descrivono le misure di prevenzione esistenti e valutano l'utilità degli esempi di misure di cui all'allegato IV o di altre misure adeguate.

Lo scopo di tali obiettivi e misure è di dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti.

3.  Gli Stati membri stabiliscono gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i progressi realizzati nell'attuazione delle misure e possono stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi, diversi da quelli menzionati nel paragrafo 4, per lo stesso scopo.

4.  Gli indicatori per le misure di prevenzione dei rifiuti possono essere adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 39, paragrafo 3.

5.  La Commissione crea un sistema per lo scambio di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti ed elabora orientamenti per assistere gli Stati membri nella preparazione dei programmi.

 

Articolo 30 

Valutazione e riesame dei piani e dei programmi

1.  Gli Stati membri provvedono affinché i piani di gestione e i programmi di prevenzione dei rifiuti siano valutati almeno ogni sei anni e, se opportuno, riesaminati ai sensi degli articoli 9 e 11.

2.  L'Agenzia europea per l'ambiente è invitata a includere nella sua relazione annuale un riesame dei progressi compiuti nel completamento e nell'attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti.

 

Articolo 31 

Partecipazione del pubblico

Gli Stati membri provvedono affinché le pertinenti parti interessate e autorità e il pubblico in generale abbiano la possibilità di partecipare all'elaborazione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti e di accedervi una volta ultimata la loro elaborazione, come previsto dalla direttiva 2003/35/CE o, se del caso, dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente . Essi pubblicano i piani e programmi su un sito web pubblicamente accessibile.

 

Articolo 32

Cooperazione

Gli Stati membri cooperano, ove opportuno, con gli altri Stati membri interessati e con la Commissione alla predisposizione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti in conformità degli articoli 28 e 29.

 

Articolo 33 

Informazioni da comunicare alla Commissione

1.  Gli Stati membri informano la Commissione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui agli articoli 28 e 29 che sono stati adottati e delle eventuali revisioni sostanziali ad essi apportate.

2.  Il formato per la notifica delle informazioni sull'adozione e sulle revisioni sostanziali di tali piani e programmi è adottato secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 39, paragrafo 3.

 

Capo VI

Ispezioni e registri

 

Articolo 34 

Ispezioni

1.  Gli enti o le imprese che effettuano operazioni di trattamento dei rifiuti, gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti a titolo professionale, gli intermediari e i commercianti nonché gli enti o le imprese che producono rifiuti pericolosi sono soggetti ad adeguate ispezioni periodiche da parte delle autorità competenti.

2.  Le ispezioni relative alle operazioni di raccolta e di trasporto dei rifiuti riguardano l'origine, la natura, la quantità e la destinazione dei rifiuti raccolti e trasportati.

3.  Gli Stati membri possono tenere conto delle registrazioni ottenute nell'ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) in particolare per quanto riguarda la frequenza e l'intensità delle ispezioni.

 

Articolo 35 

Tenuta di registri

1.  Gli enti o le imprese di cui all'articolo 23, paragrafo 1, i produttori di rifiuti pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, o che operano in qualità di commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi, tengono un registro cronologico in cui sono indicati la quantità, la natura e l'origine dei rifiuti, nonché, se opportuno, la destinazione, la frequenza di raccolta, il mezzo di trasporto e il metodo di trattamento previsti per i rifiuti e forniscono, su richiesta, tali informazioni alle autorità competenti.

2.  Per i rifiuti pericolosi i registri sono conservati per un periodo minimo di tre anni, salvo il caso degli enti e delle imprese che trasportano rifiuti pericolosi, che devono conservare tali registri per almeno dodici mesi.

I documenti che comprovano l'esecuzione delle operazioni di gestione sono forniti su richiesta delle autorità competenti o dei precedenti detentori.

3.  Gli Stati membri possono esigere che i produttori di rifiuti non pericolosi si conformino ai paragrafi 1 e 2.

 

Articolo 36 

Applicazione e sanzioni

1.  Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico e la gestione incontrollata dei rifiuti.

2.  Gli Stati membri emanano le disposizioni relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l'applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.

 

Capo VII

Disposizioni finali

 

Articolo 37 

Relazioni e riesame

1.  Ogni tre anni gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni sull'applicazione della presente direttiva inviando una relazione settoriale in formato elettronico. Tale relazione contiene anche informazioni sulla gestione degli oli usati e sui progressi compiuti nell'attuazione dei programmi di prevenzione dei rifiuti e, se del caso, informazioni sulle misure previste dall'articolo 8 sulla responsabilità estesa del produttore.

La relazione è redatta sulla base di un questionario o di uno schema elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 6 della direttiva 91/692/CEE del Consiglio, del 23 dicembre 1991, per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente . La relazione è trasmessa alla Commissione entro nove mesi dalla fine del triennio considerato.

2.  La Commissione invia il questionario o lo schema agli Stati membri sei mesi prima dell'inizio del periodo contemplato dalla relazione settoriale.

3.  Entro nove mesi dalla data di ricevimento delle relazioni settoriali degli Stati membri in conformità del paragrafo 1, la Commissione pubblica una relazione sull'applicazione della presente direttiva.

4.  Nella prima relazione, elaborata entro il 12 dicembre 2014, la Commissione riesamina l'applicazione della presente direttiva, incluse le disposizioni in materia di efficienza energetica, e, ove opportuno, presenta una proposta di revisione. La relazione valuta anche i programmi, gli obiettivi e gli indicatori esistenti negli Stati membri in materia di prevenzione dei rifiuti ed esamina l'opportunità di programmi a livello comunitario, inclusi regimi di responsabilità estesa del produttore per determinati flussi di rifiuti, obiettivi, indicatori e misure correlati al riciclaggio, nonché operazioni di recupero di energia e materiali, che possano contribuire a raggiungere in modo più efficace gli obiettivi di cui agli articoli 1 e 4.

 

Articolo 38 

Interpretazione e adeguamento al progresso tecnico

1.  La Commissione può elaborare orientamenti per l'interpretazione delle definizioni di recupero e di smaltimento.

Se necessario, l'applicazione della formula per gli impianti di incenerimento di cui all'allegato II, codice R1, è specificata. È possibile considerare le condizioni climatiche locali, ad esempio la rigidità del clima e il bisogno di riscaldamento nella misura in cui influenzano i quantitativi di energia che possono essere tecnicamente usati o prodotti sotto forma di energia elettrica, termica, raffreddamento o vapore. Anche le condizioni locali delle regioni ultraperiferiche di cui all'articolo 299, paragrafo 2, quarto comma, del trattato e dei territori di cui all'articolo 25 dell'atto di adesione del 1985 possono essere prese in considerazione. Tale misura, intesa a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2.

2.  Gli allegati possono essere modificati per tener conto del progresso scientifico e tecnico. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2.

 

Articolo 39 

Procedura di comitato

1.  La Commissione è assistita da un comitato.

2.  Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

3.  Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

 

Articolo 40 

Attuazione

1.  Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 dicembre 2010.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2.  Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

Articolo 41 

Abrogazione e disposizioni transitorie

Le direttive 75/439/CEE, 91/689/CEE e 2006/12/CE sono abrogate con effetto dal 12 dicembre 2010.

Tuttavia, dal 12 dicembre 2008 si applicano le seguenti disposizioni:

a)  l'articolo 10, paragrafo 4 della direttiva 75/439/CEE è sostituito dal seguente:

«4. Il metodo di riferimento per la misurazione del contenuto di PCB/PCT degli oli usati è fissato dalla Commissione. Tale misura, intesa a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 18, paragrafo 4 della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (*).

(*) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 9.»;

b)  la direttiva 91/689/CEEè così modificata:

i)  l'articolo 1, paragrafo 4 è sostituito dal seguente:

«4. Ai fini della presente direttiva, si intendono per “rifiuti pericolosi”:

- rifiuti classificati come pericolosi figuranti nell'elenco stabilito dalla decisione 2000/532/CE della Commissione (*) sulla base degli allegati I e II della presente direttiva. Tali rifiuti devono possedere almeno una delle caratteristiche elencate nell'allegato III. L'elenco tiene conto dell'origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione. L'elenco è riesaminato periodicamente e, se necessario, riveduto. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 18, paragrafo 4 della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (**);

- qualsiasi altro rifiuto che, secondo uno Stato membro, possiede una delle caratteristiche indicate nell'allegato III. Tali casi sono notificati alla Commissione e riesaminati ai fini dell'adeguamento dell'elenco. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 18, paragrafo 4 della direttiva 2006/12/CE.

(*) GU L 226 del 6.9.2000, pag. 3.

(**) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 9.»;

ii)  l'articolo 9 è sostituito dal seguente:

«Articolo 9

Le misure necessarie per adeguare gli allegati della presente direttiva al progresso tecnico e scientifico e per rivedere l'elenco dei rifiuti di cui all'articolo 1, paragrafo 4, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 18, paragrafo 4 della direttiva 2006/12/CE.»;

c)  la direttiva 2006/12/CEè modificata come segue:

i)  l'articolo 1, paragrafo 2 è sostituito dal seguente:

«2. Ai fini del paragrafo 1, lettera a), si applica la decisione 2000/532/CE della Commissione (*) che riporta l'elenco dei rifiuti che rientrano nella categorie elencate nell'allegato I. L'elenco è riesaminato periodicamente e, se necessario, riveduto. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 18, paragrafo 4.

(*) GU L 226 del 6.9.2000, pag. 3.»;

ii)  l'articolo 17 è sostituito dal seguente:

«Articolo 17

Le misure necessarie per adeguare gli allegati al progresso tecnico e scientifico, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 18, paragrafo 4.»;

iii)  l'articolo 18, paragrafo 4, è sostituito dal seguente:

«4. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.».

I riferimenti alle direttive abrogate si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato V.

 

Articolo 42

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

Articolo 43 

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Strasburgo, addì 19 novembre 2008.

Per il Parlamento europeo

Il presidente

H.-G. PÖTTERING

Per il Consiglio

Il presidente

J.-P. JOUYET

 

Allegato I

Operazioni di smaltimento

D 1 Deposito sul o nel suolo (ad es. discarica, ecc.)

 

D 2 Trattamento in ambiente terrestre (ad es. biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli, ecc.)

 

D 3 Iniezioni in profondità (ad es. iniezione dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o in faglie geologiche naturali, ecc.)

 

D 4 Lagunaggio (ad es. scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.)

 

D 5 Messa in discarica specialmente allestita (ad es. sistemazione in alveoli stagni separati, ricoperti e isolati gli uni dagli altri e dall'ambiente, ecc.)

 

D 6 Scarico dei rifiuti solidi nell'ambiente idrico eccetto l'immersione

 

D 7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino

 

D 8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti indicati da D 1 a D 12

 

D 9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti indicati da D 1 a D 12 (ad es. evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)

 

D 10 Incenerimento a terra

 

D 11 Incenerimento in mare (11)

 

D 12 Deposito permanente (ad es. sistemazione di contenitori in una miniera)

 

D 13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni indicate da D 1 a D 12 (12)

 

D 14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni indicate da D 1 a D 13

 

D 15 Deposito preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D 1 a D 14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti) (13)

 

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(11)  Questa operazione è vietata dalla normativa UE e dalle convenzioni internazionali.

(12)  In mancanza di un altro codice D appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima di una delle operazioni indicate da D 1 a D 12.

(13)  Il deposito temporaneo è il deposito preliminare a norma dell'articolo 3, punto 10.

 

Allegato II

Operazioni di recupero

R 1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (14)

 

R 2 Recupero/rigenerazione dei solventi

 

R 3 Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche) (15)

 

R 4 Riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici

 

R 5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (16)

 

R 6 Rigenerazione degli acidi o delle basi

 

R 7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l'inquinamento

 

R 8 Recupero dei prodotti provenienti da catalizzatori

 

R 9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

 

R 10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell'agricoltura o dell'ecologia

 

R 11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R 1 a R 10

 

R 12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R 1 a R 11 (17)

 

R 13 Messa in riserva di rifiuti in attesa di una delle operazioni indicate da R 1 a R 12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti) (18)

 

 

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(14) Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a:

- 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile anteriormente al 1° gennaio 2009,

- 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008,

calcolata con la seguente formula:

Efficienza energetica = (Ep – (Ef + Ei))/(0,97 × (Ew + Ef))

dove: Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia termica o elettrica. È calcolata moltiplicando l'energia sotto forma di elettricità per 2,6 e l'energia termica prodotta per uso commerciale per 1,1 (GJ/anno)

Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili che contribuiscono alla produzione di vapore (GJ/anno)

Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati calcolata in base al potere calorifico netto dei rifiuti (GJ/anno)

Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)

0,97 = fattore corrispondente alle perdite di energia dovute alle ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni.

La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l'incenerimento dei rifiuti.

(15)  Sono comprese la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche.

(16)  È compresa la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo e il riciclaggio dei materiali da costruzione inorganici.

(17)  In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11.

(18)  Il deposito temporaneo è il deposito preliminare a norma dell'articolo 3, punto 10.

 

Allegato III

Caratteristiche di pericolo per i rifiuti

H 1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene.

 

H 2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica.

 

H 3-A «Facilmente infiammabile»:

 

- sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21 °C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o

 

- sostanze e preparati che a contatto con l'aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o

 

- sostanze e preparati solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l'allontanamento della sorgente di accensione, o

 

- sostanze e preparati gassosi che si infiammano a contatto con l'aria a pressione normale, o

 

- sostanze e preparati che, a contatto con l'acqua o con l'aria umida, sprigionano gas facilmente infiammabili in quantità pericolose.

 

H 3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21 °C e inferiore o pari a 55 °C.

 

H 4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria.

 

H 5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata.

 

H 6 «Tossico»: sostanze e preparati (compresi sostanze e preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte.

 

H 7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l'incidenza.

 

H 8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un'azione distruttiva.

 

H 9 «Infettivo»: sostanze e preparati contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell'uomo o in altri organismi viventi.

 

H 10 «Tossico per la riproduzione»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne l'incidenza.

 

H 11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne l'incidenza.

 

H 12 Rifiuti che, a contatto con l'acqua, l'aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico.

 

H 13 (19) «Sensibilizzanti»: sostanze e preparati che, per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo ad una reazione di ipersensibilizzazione per cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici.

 

H 14 «Ecotossico»: rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.

 

H 15 Rifiuti suscettibili, dopo eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un'altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate.

 

Note

 

1. L'attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo», «irritante», «cancerogeno », «tossico per la riproduzione», «mutageno» ed «ecotossico» è effettuata secondo i criteri stabiliti nell'allegato VI della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose .

 

2. Ove pertinente si applicano i valori limite di cui agli allegati II e III della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 1999 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi .

 

Metodi di prova

 

I metodi da utilizzare sono descritti nell'allegato V della direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.

 

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(19)  Se disponibili metodi di prova.

 

Allegato IV

Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti di cui all'articolo 29

Misure che possono incidere sulle condizioni generali relative alla produzione di rifiuti

 

1. Ricorso a misure di pianificazione o ad altri strumenti economici che promuovono l'uso efficiente delle risorse.

 

2. Promozione di attività di ricerca e sviluppo finalizzate a realizzare prodotti e tecnologie più puliti e capaci di generare meno rifiuti; diffusione e utilizzo dei risultati di tali attività.

 

3. Elaborazione di indicatori efficaci e significativi delle pressioni ambientali associate alla produzione di rifiuti volti a contribuire alla prevenzione della produzione di rifiuti a tutti i livelli, dalla comparazione di prodotti a livello comunitario attraverso interventi delle autorità locali fino a misure nazionali.

 

Misure che possono incidere sulla fase di progettazione e produzione e di distribuzione

 

4. Promozione della progettazione ecologica (cioè l'integrazione sistematica degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto al fine di migliorarne le prestazioni ambientali nel corso dell'intero ciclo di vita).

 

5. Diffusione di informazioni sulle tecniche di prevenzione dei rifiuti al fine di agevolare l'applicazione delle migliori tecniche disponibili da parte dell'industria.

 

6. Organizzazione di attività di formazione delle autorità competenti per quanto riguarda l'integrazione delle prescrizioni in materia di prevenzione dei rifiuti nelle autorizzazioni rilasciate a norma della presente direttiva e della direttiva 96/61/CE.

 

7. Introduzione di misure per prevenire la produzione di rifiuti negli impianti non soggetti alla direttiva 96/61/CE. Tali misure potrebbero eventualmente comprendere valutazioni o piani di prevenzione dei rifiuti.

 

8. Campagne di sensibilizzazione o interventi per sostenere le imprese a livello finanziario, decisionale o in altro modo. Tali misure possono essere particolarmente efficaci se sono destinate specificamente (e adattate) alle piccole e medie imprese e se operano attraverso reti di imprese già costituite.

 

9. Ricorso ad accordi volontari, a panel di consumatori e produttori o a negoziati settoriali per incoraggiare le imprese o i settori industriali interessati a predisporre i propri piani o obiettivi di prevenzione dei rifiuti o a modificare prodotti o imballaggi che generano troppi rifiuti.

 

10. Promozione di sistemi di gestione ambientale affidabili, come l'EMAS e la norma ISO 14001.

 

Misure che possono incidere sulla fase del consumo e dell'utilizzo

 

11. Ricorso a strumenti economici, ad esempio incentivi per l'acquisto di beni e servizi meno inquinanti o imposizione ai consumatori di un pagamento obbligatorio per un determinato articolo o elemento dell'imballaggio che altrimenti sarebbe fornito gratuitamente.

 

12. Campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

 

13. Promozione di marchi di qualità ecologica affidabili.

 

14. Accordi con l'industria, ricorrendo ad esempio a gruppi di studio sui prodotti come quelli costituiti nell'ambito delle politiche integrate di prodotto, o accordi con i rivenditori per garantire la disponibilità di informazioni sulla prevenzione dei rifiuti e di prodotti a minor impatto ambientale.

 

15. Nell'ambito degli appalti pubblici e privati, integrazione dei criteri ambientali e di prevenzione dei rifiuti nei bandi di gara e nei contratti, coerentemente con quanto indicato nel manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili pubblicato dalla Commissione il 29 ottobre 2004.

 

16. Promozione del riutilizzo e/o della riparazione di determinati prodotti scartati, o loro componenti in particolare attraverso misure educative, economiche, logistiche o altro, ad esempio il sostegno o la creazione di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo, specialmente in regioni densamente popolate.

 

Allegato V

Tavola di concordanza

 

Direttiva 2006/12/CE

Attuale direttiva

Articolo 1, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 3, punto 1

Articolo 1, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 3, punto 5

Articolo 1, paragrafo 1, lettera c)

Articolo 3, punto 6

Articolo 1, paragrafo 1, lettera d)

Articolo 3, punto 9

Articolo 1, paragrafo 1, lettera e)

Articolo 3, punto 19

Articolo 1, paragrafo 1, lettera f)

Articolo 3, punto 15

Articolo 1, paragrafo 1, lettera g)

Articolo 3, punto 10

Articolo 1, paragrafo 2

Articolo 7

Articolo 2, paragrafo 1

Articolo 2, paragrafo 1

Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b)

Articolo 2, paragrafo 2

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto i)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera d)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto ii)

Articolo 2, paragrafo 2, lettera d)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto iii)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera f), e articolo 2, paragrafo 2, lettera c)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto iv)

Articolo 2, paragrafo 2, lettera a)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto v)

Articolo 2, paragrafo 1, lettera e)

Articolo 2, paragrafo 2

Articolo 2, paragrafo 4

Articolo 3, paragrafo 1

Articolo 4

Articolo 4, paragrafo 1

Articolo 13

Articolo 4 paragrafo 2

Articolo 36 paragrafo 1

Articolo 5

Articolo 16

Articolo 6

-

Articolo 7

Articolo 28

Articolo 8

Articolo 15

Articolo 9

Articolo 23

Articolo 10

Articolo 23

Articolo 11

Articoli 24 e 25

Articolo 12

Articolo 26

Articolo 13

Articolo 34

Articolo 14

Articolo 35

Articolo 15

Articolo 14

Articolo 16

Articolo 37

Articolo 17

Articolo 38

Articolo 18, paragrafo 1

Articolo 39, paragrafo 1

-

Articolo 39, paragrafo 2

Articolo 18, paragrafo 2

-

Articolo 18, paragrafo 3

Articolo 39, paragrafo 3

Articolo 19

Articolo 40

Articolo 20

-

Articolo 21

Articolo 42

Articolo 22

Articolo 43

Allegato I

-

Allegato IIA

Allegato I

Allegato IIB

Allegato II

Direttiva 75/439/CEE

Attuale direttiva

Articolo 1, paragrafo 1

Articolo 3, punto 18

Articolo 2

Articoli 13 e 21

Articolo 3, paragrafi 1 e 2

-

Articolo 3, paragrafo 3

Articolo 13

Articolo 4

Articolo 13

Articolo 5, paragrafo 1

-

Articolo 5, paragrafo 2

-

Articolo 5, paragrafo 3

-

Articolo 5, paragrafo 4

Articoli 26 e 34

Articolo 6

Articolo 23

Articolo 7, lettera a)

Articolo 13

Articolo 7, lettera b)

-

Articolo 8, paragrafo 1

-

Articolo 8, paragrafo 2, lettera a)

-

Articolo 8, paragrafo 2, lettera b)

-

Articolo 8, paragrafo 3

-

Articolo 9

-

Articolo 10, paragrafo 1

Articolo 18

Articolo 10, paragrafo 2

Articolo 13

Articolo 10, paragrafi 3 e 4

-

Articolo 10, paragrafo 5

Articoli 19, 21, 25 e 35

Articolo 11

-

Articolo 12

Articolo 35

Articolo 13, paragrafo 1

Articolo 34

Articolo 13, paragrafo 2

-

Articolo 14

-

Articolo 15

-

Articolo 16

-

Articolo 17

-

Articolo 18

Articolo 37

Articolo 19

-

Articolo 20

-

Articolo 21

-

Articolo 22

-

Allegato I

-

Direttiva 91/689/CEE

Attuale direttiva

Articolo 1, paragrafo 1

-

Articolo 1, paragrafo 2

-

Articolo 1, paragrafo 3

-

Articolo 1, paragrafo 4

Articolo 3, punto 2 e articolo 7

Articolo 1, paragrafo 5

Articolo 20

Articolo 2, paragrafo 1

Articolo 23

Articolo 2, paragrafi da 2 a 4

Articolo 18

Articolo 3

Articoli 24, 25 e 26

Articolo 4, paragrafo 1

Articolo 34 paragrafo 1

Articolo 4, paragrafi 2 e 3

Articolo 35

Articolo 5, paragrafo 1

Articolo 19, paragrafo 1

Articolo 5, paragrafo 2

Articolo 34 paragrafo 2

Articolo 5, paragrafo 3

Articolo 19, paragrafo 2

Articolo 6

Articolo 28

Articolo 7

-

Articolo 8

-

Articolo 9

-

Articolo 10

-

Articolo 11

-

Articolo 12

-

Allegati I e II

-

Allegato III

Allegato III

 

 

 

 

 



[1]    Tali stadi sono: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento. Si fa notare che l’art. 3 introduce, oltre alle nozioni di “smaltimento” e “recupero”, già presenti nella precedente direttiva quadro, anche le definizioni di “prevenzione”, “preparazione per il riutilizzo” e di “riciclaggio”.

[2]    Oltre alle misure indicate, si ricorda che vengono modificate le definizioni di recupero e smaltimento, nonché introdotta la definizione di riciclaggio. La definizione di «riciclaggio», introdotta al punto 17) dell’art. 3, risponde all’esigenza di disporre di una nozione di riciclaggio di applicabilità generale, mentre le definizioni di «recupero» e «smaltimento» contenute, rispettivamente, ai punti 15) e 19) dell’art. 3, sono mutuate dalla giurisprudenza comunitaria volta ad inquadrare le operazioni di trattamento termico dei rifiuti quali attività di recupero o di smaltimento.

[3]    calcolato tramite la formula prevista dall’Allegato II.

[4]    Si veda ad es. M. G. Boccia, Guida alla lettura della nuova Direttiva Quadro per la gestione dei rifiuti nell’Unione Europea, in Ambiente e sviluppo nn. 1, 2 e 3 del 2009.

[5]    A livello comunitario, tale principio è stato reso obbligatorio unicamente in relazione ad un numero limitato di flussi di rifiuti: i veicoli fuori uso, le apparecchiature elettriche ed elettroniche, le pile e gli accumulatori.

[6]    Ai sensi dell’art.205, in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari a: almeno il 35% per cento entro il 31 dicembre 2006; il 45% entro il 31 dicembre 2008; il 65% entro il 31 dicembre 2012. Il comma 1108 dell'art. 1, L. 296/2006 ha quindi previsto 40% entro il 31 dicembre 2007, il 50% entro il 31 dicembre 2009; il 60% entro il 31 dicembre 2011.

[7]    Maria Grazia Boccia, Guida alla lettura della nuova Direttiva Quadro per la gestione dei rifiuti nell’Unione Europea, in Ambiente & Sviluppo nn. 1, 2 e 3 del 2009.

[8]    Per approfondimenti si veda, ad es., S. Maglia, M. Taina, Intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti, in Ambiente & Sviluppo n. 7/2009.

[9]    Per approfondimenti si rinvia a CESI RICERCA, Quantificazione del contenuto di biomassa nei rifiuti e nei CDR (a cura di G.Ciceri, D. Cipriano, C.Scacchi), disponibile all’indirizzo internet http://www.erse-web.it/Documenti/showfile.aspx?idD=1793.

[10]   Per un approfondimento dei concetti citati si rinvia a M. Centemero, Il trattamento biologico dei rifiuti urbani in Italia: compostaggio, trattamento meccanico-biologico, digestione anaerobica (www.compost.it/images/varie/2008_06_12_stato_dell_arte_compost_italia_giugno_08.pdf).

[11]   Il Ministero dell’ambiente ha istituito un specifico sito internet http://www.sistri.it/ ove sono reperibili tutti gli adempimenti in capo agli operatori.

[12]   S. Maglia e M. V. Balossi, Prime osservazioni al “decreto SISTRI”, in Ambiente & Sviluppo n. 2  del 2010.

[13]   L’art. 5 del DM 17 dicembre 2009 prevede, al comma 8, che durante il trasporto i rifiuti vengano accompagnati dalla copia cartacea della Scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE relativa ai rifiuti movimentati, stampata dal produttore dei rifiuti al momento della presa in carico dei rifiuti da parte del conducente dell’impresa di trasporto. Tale copia, sottoscritta dal produttore e dal trasportatore dei rifiuti, costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto prevista dall’art. 7-bis del d.lgs. 286/2005 relativo alla liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore e dal DM attuativo 554/2009.

[14]   “Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasportatore”

[15]   P.Pipere, SISTRI, le novità per gli operatori, in Ambiente e sicurezza n. 4 del 23 febbraio 2010.

[16]   S. Maglia e M. V. Balossi, Prime osservazioni al “decreto SISTRI”, in Ambiente & Sviluppo n. 2  del 2010.

[17]   Eugenio Onori, Guida a categorie, requisiti e condizioni per iscriversi all’Albo gestori ambientali, in Edilizia e territorio, n. 16 del 2009, pagg. 31-38

[18]   S. Maglia e M. V. Balossi, Recepimento della Direttiva n. 2008/98/Ce relativa ai rifiuti o adeguamento al Sistri?”, in Ambiente & Sviluppo n. 2 del 2010.

[19]   Tabella tratta da Ambiente & Sviluppo n. 2 del 2010.