Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||
Altri Autori: | Servizio Rapporti Internazionali , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Copenhagen 7-18 dicembre 2009 | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 104 | ||
Data: | 09/12/2009 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici | ||
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
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Copenhagen 7-18 dicembre 2009
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n. 104 |
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9 dicembre 2009 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi Dipartimento Ambiente ( 066760-9712 / 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it Dipartimento Attività produttive ( 066760-4848 / 066760-9574 – * st_attprod@camera.it Dipartimento Agricoltura ( 066760-2872 / 066760-3610 – * st_agricoltura@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Servizio Rapporti Internazionali ( 066760-9330 / 066760-3948 – * cdrindp1@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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File: Am0104.doc |
INDICE
Schede a cura del Servizio Rapporti internazionali
Overview schedule United Nations Climate Change Conference Copenhagen, Denmark 7-18 December 2009
Parliamentary Meeting on the occasion of the United Nations Climate Change Conference
Riunione parlamentare in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
Il Forum globale dei legislatori del Dialogo sui Cambiamenti climatici dei Paesi G8+5
Relazione della Commissione GLOBE International sul Clima e la Sicurezza Energetica
La partecipazione parlamentare alle Conferenze delle parti sui cambiamenti climatici
VII Forum (Copenhagen, 24-26 ottobre 2009) Relazione sui lavori
Relazioni Parlamentari con la Danimarca
Schede a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea
La posizione dell’UE alla Conferenza climatica di Copenhagen
§ Posizione negoziale dell’Unione europea
Schede a cura del Servizio Studi
§ Lo sviluppo sostenibile e l’Agenda 21
§ Fonti energetiche rinnovabili
§ Risparmio ed efficienza energetica
§ Incentivazione delle agroenergie
§ Verso la COP15 di Copenaghen
§ Documenti utili disponibili in internet
La Conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici, che si svolgerà dal 7 al 18 dicembre a Copenaghen, è uno degli appuntamenti internazionali più importanti del 2009 e dovrebbe definire, negli auspici della Comunità Internazionale, un accordo globale per ridurre la produzione di gas a effetto serra dopo il 2012, anno in cui scadranno gli impegni adottati dai paesi industrializzati nel Protocollo di Kyoto.
Gli elementi di questo accordo dovrebbero essere principalmente quattro: a) impegni e azioni di riduzione delle emissioni di gas serra tanto per i Paesi industrializzati quanto per i PVS, tenuto conto dei diversi livelli di sviluppo economico e sociale; b) sostegno alle misure di adattamento nei PVS agli effetti dei cambiamenti climatici; c) rafforzamento della cooperazione tecnologica; d) sostegno finanziario.
Per l’Italia parteciperanno il Ministro dell’Ambiente, Prestigiacomo (Capo Delegazione), il Sottosegretario agli Esteri, Scotti, ed il Sottosegretario all’Ambiente, Menia. Il Presidente del Consiglio ha in agenda il segmento per i Capi di Stato (sera del 17 e mattina del 18 dicembre).
Hanno confermato la propria presenza il Presidente Obama (il 9 dicembre, quindi non durante il segmento di alto livello) e tra gli europei Brown, Merkel, Sarkozy. Saranno presenti, tra i Paesi emergenti, anche Lula e Wen Jabao.
L’Unione Europea ha assunto una posizione di leadership nella lotta al cambiamento climatico ed ha indicato la sua disponibilità a ridurre del 30% le emissioni nel quadro di un accordo condiviso e globale che preveda impegni di riduzione da parte di tutti i paesi industrializzati ed adeguati contributi da parte delle principali economie emergenti.
Tutti i Paesi UE hanno ratificato il Protocollo di Kyoto e nel complesso l’Unione ne sta rispettando gli obiettivi di riduzione (8% di riduzione delle emissioni entro il 2012 rispetto al 1990). L’UE e i singoli Paesi membri si sono inoltre dotati di una legislazione molto ambiziosa per il post 2012, che prevede un impegno unilaterale del 20% di riduzione delle emissioni rispetto al 1990 entro il 2020.
L’Italia, come Presidenza del G8, ha dato un contributo fondamentale al successo della Conferenza di Copenaghen, in quanto il Vertice de L’Aquila ha impresso un forte impulso politico nella direzione di un accordo globale. La condivisione con i Paesi del Major Economies Forum (sviluppati e emergenti) dell’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a un massimo di 2°C è da considerare un risultato significativo e storico.
Gli Stati Uniti, che non hanno ratificato Kyoto, hanno fatto della lotta al cambiamento climatico una delle loro priorità tanto nell’agenda internazionale che in quella nazionale con il nuovo Presidente Obama. Quest’ultimo ha avuto numerosi incontri bilaterali con le economie emergenti, in particolare la Cina, per favorire la partecipazione della stessa al futuro regime al cambiamento climatico. A livello nazionale, l’Amministrazione Obama e i democratici stanno portando avanti l’approvazione di una legge che, per la prima volta negli USA, contiene limiti alle emissioni così come una generale ristrutturazione dei comparti energetici e dei trasporti nella direzione di un minore e più efficiente consumo di energia. Una prima bozza è stata approvata dalla Camera la scorsa estate, mentre una seconda si trova ora all’esame del Senato. Gli USA non avranno una legislazione nazionale in tempo per Copenaghen, tuttavia il Presidente Obama ha annunciato (25 novembre) che gli USA sono disposti ad adottare un obiettivo di riduzione del 17% entro il 2020 rispetto al 2005. L’obiettivo finale del governo statunitense sarebbe di ridurre le emissioni dell’83% entro il 2050, passando da obiettivi intermedi del – 30% entro il 2025 e del – 42% entro il 2030.
I PVS considerano il futuro regime di lotta al cambiamento climatico altrettanto prioritario. Per i tanti Paesi più poveri e vulnerabili a eventi climatici estremi quali siccità e alluvioni o fenomeni come l’innalzamento del livello dei mari, l’adozione di obiettivi di riduzione da parte dei maggiori emettitori è una vera e propria condizione per la sopravvivenza.
Cina, India e Brasile hanno recentemente annunciato azioni di mitigazione a livello nazionale e tale circostanza deve essere considerata in modo incoraggiante. Il Brasile ha annunciato (13 novembre) che a Copenaghen intende assumere un impegno volontario di riduzione delle emissioni del 36,1-38,9% rispetto al business-as-usual, pari a circa -11 / 15% rispetto ai livelli del 2005. Ha inoltre annunciato una riduzione della deforestazione in Amazzonia dell’80% entro il 2020 (dalla quale deriverebbe una larga parte della riduzione delle emissioni). Il Brasile, in una dichiarazione congiunta con la Francia, enfatizza la necessità di promuovere l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili e di favorire il raggiungimento di un accordo a Copenaghen.
La Cina, subito dopo l’annuncio USA, ha dichiarato di voler ridurre la propria intensità carbonica (cioè l'ammontare di emissioni per unità di prodotto interno lordo), del 40-45% entro il 2020, rispetto ai valori del 2005.
Tuttavia, nel negoziato ONU, questi Paesi resistono a prendere impegni di riduzione quantificati e vincolanti a livello internazionale. Chiedono inoltre che i Paesi industrializzati facciano la loro parte adottando degli obiettivi di mitigazione ancor più significativi (che vorrebbero nell’ordine del 40%) e innalzando il livello dei flussi di finanziamento destinati a sostenere i PVS nei loro sforzi di mitigazione. Similmente sono restii al monitoraggio delle azioni intraprese, salvo il caso siano finanziate dai paesi industrializzati.
Nel Vertice dei Paesi APEC (Asia Pacific Economic Cooperation) di pochi giorni fa a Singapore è emerso che non sarà facile concludere già a Copenaghen un nuovo Protocollo legalmente vincolante. E’ oggetto di attento esame la proposta del Primo Ministro danese, Rasmussen, di un accordo in due fasi con un’intesa politica su tutti gli elementi cruciali a Copenaghen e un mandato a concludere il negoziato entro il 2010.
La Presidenza danese, in qualità di Presidente della Conferenza, sta lavorando affinché a Copenaghen i Capi di Stato e di Governo diano il loro placet a un accordo nel quale convergano tanto le percentuali dei futuri impegni di riduzione da parte di tutti i Paesi industrializzati quanto l’indicazione delle azioni di mitigazione da parte dei PVS. Si ipotizza anche che l’accordo finale conterrà l’indicazione di risorse destinate al sostegno dei PVS da qui al 2012 ed eventualmente la definizione della futura architettura finanziaria. Con questa decisione i Capi di Stato e di Governo daranno l’impulso a negoziare nel 2010 un accordo legalmente vincolante, comprensivo di tutti gli elementi necessari a rendere operativo il futuro regime globale di lotta al cambiamento climatico.
L’UE auspica che l’accordo sia uno solo, cioè che non vi siano due diversi strumenti internazionali, il primo per le parti del Protocollo di Kyoto che già hanno impegni ed il secondo per tutti gli altri. L’accordo dovrebbe invece contenere elementi importanti del Protocollo di Kyoto quali i meccanismi flessibili, sia pure riformati (CDM e mercati delle emissioni) ed altri non presenti finora, quali la lotta alla deforestazione.
Copenhagen, 16 dicembre 2009
La XV sessione della Conferenza delle parti nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici avrà luogo a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre 2009. Questo evento, comunemente conosciuto come COP15, dovrà adottare un nuovo accordo internazionale che sostituisca il protocollo di Kyoto, destinato a cessare nel 2012.
In occasione della COP15, l'Unione Interparlamentare ed il Parlamento danese hanno organizzato congiuntamente una riunione parlamentare, che avrà luogo mercoledì 16 dicembre 2009 presso la sede del Parlamento danese.
La riunione ha la finalità di fornire ai parlamentari l’opportunità di ottenere informazioni di prima mano sulle principali tematiche ed orientamenti della COP15, di interagire con i Governi negoziatori direttamente coinvolti nel processo decisionale della Conferenza, di ottenere una migliore conoscenza circa le raccomandazioni adottate dalla UIP con riferimento all'azione parlamentare sui cambiamenti climatici e di scambiare informazioni sul seguito parlamentare della COP15, in particolare per quanto riguarda il processo di ratifica.
La riunione sarà aperta a tutti i membri dei Parlamenti che sono presenti a Copenhagen per la COP15 e debitamente accreditati alla Conferenza intergovernativa.
La bozza di programma della Riunione parlamentare prevede alle 10 a.m. una cerimonia inaugurale che sarà seguita da due sessioni di lavoro. Al mattino avranno luogo un’informativa sullo stato dei negoziati COP15 ed un dibattito di esperti sulla politica in tema di legislazione ambientale, mentre nel pomeriggio si svolgeranno una riflessione sui seguiti post-Copenhagen ed un altro dibattito sul tema “Condividere la responsabilità per il futuro: la supervisione parlamentare sulla politica governativa in materia di cambiamento climatico” (si veda programma allegato).
Il G8 + 5 è un Dialogo a livello parlamentare sui cambiamenti climatici che vede coinvolti rappresentati legislativi dei Paesi del G8 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti) insieme a 5 paesi in fase di avanzato sviluppo (Cina, India, Messico, Brasile e Sud Africa). Il Dialogo, che è aperto anche a rappresentanti delle imprese, della società civile e ad opinion leaders, si pone l’obiettivo di discutere un accordo sui cambiamenti climatici “post-2012”, ovvero successivo alla prima scadenza del Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni dei gas serra, al fine di stabilire la più ampia convergenza sugli obiettivi ambientali a livello mondiale.
Il Dialogo intende presentare una piattaforma comune sul cambiamento climatico al vertice dei Capi di Stato del G8 che si terrà in Giappone nel 2008. L’iniziativa è promossa dall’Organizzazione globale dei legislatori per l’equilibrio ambientale (Globe), avente sede presso il Parlamento inglese (House of Commons), con il patrocinio della Banca mondiale. L’iniziativa è stata lanciata a seguito del Dialogo a livello governativo (a sua volta voluto dal Premier britannico Tony Blair), cui si è dato avvio con l’approvazione, al Vertice G8 di Gleneagles del luglio 2005, del Piano d’azione del G8 su cambiamenti climatici, energia pulita e sviluppo sostenibile.
I Legislatori avevano avuto modo di incontrarsi informalmente in due circostanze: nel corso del Vertice G 8 di Gleneagles (6-7 luglio 2005) e a Montreal, in occasione della XI sessione della Conferenza delle parti sui cambiamenti climatici (COP 11) nel dicembre 2005[1].
Il Dialogo G8+5 sui cambiamenti climatici è stato lanciato il 24 febbraio 2006 a Londra (alla riunione non hanno però partecipato membri del Parlamento italiano a causa delle imminenti elezioni politiche).
Nella riunione di Londra è stato stabilito che:
· il Forum dei legislatori è il principale organo decisionale del Dialogo; ne fanno parte 5 parlamentari per ciascun paese partecipante, nonché esponenti del mondo finanziario, della società civile ed esperti internazionali. Il Forum si riunisce prima dei Vertici dei Capi di Stato e di Governo del G8+5 e predisporrà una Dichiarazione da sottoporre ai Capi di Stato e di Governo;
· il dialogo si articola in almeno 2 riunioni internazionali annuali fino alla Presidenza giapponese del G8 nel 2008, oltre a specifici incontri regionali in Cina, India e negli Stati Uniti;
· a GLOBE UK è attribuita la presidenza di GLOBE International che ha il compito di predisporre un programma da sviluppare nell’arco di tre anni, fino alla Presidenza giapponese del G8 del 2008.
Il Primo Forum si è svolto a Bruxelles dal 7 al 9 luglio 2006, una settimana prima del Vertice G8 di San Pietroburgo[2], e vi hanno partecipato 35 parlamentari provenienti da tutti i Paesi del G8, nonché da Cina, India, Messico, Brasile e Sud Africa, ai quali si sono aggiunti alcuni parlamentari europei. Il Parlamento italiano era rappresentato dal senatore Luigi PALLARO (Gruppo Misto, X Commissione, industria, commercio e turismo).[3] Sono stati affrontati i seguenti argomenti:
I parlamentari riuniti a Bruxelles hanno altresì stabilito di dare una struttura organizzativa al Forum così articolata:
· l’Advisory Board, di cui fanno parte tutti i paesi del G8+5,è responsabile della direzione strategica del dialogo. L’Italia è rappresentata dall’onorevole Grazia Francescato;
· 4 Gruppi di lavoro, secondo il modello dei Gruppi di lavoro del G8 ministeriale. Ogni gruppo di lavoro predispone un rapporto ai due Fora annuali. Le proposte sono discusse dai legislatori al fine di formare la base dell’accordo dei legislatori per il 2012.
I 4 gruppi di lavoro sono i seguenti:
1. Sviluppo e Trasferimento di Tecnologia
2. Meccanismi di Mercato ed Economia
3. Risposta ai disastri naturali
4. Uso efficiente delle risorse energetiche
Al termine dei lavori è stata approvata una Dichiarazione finale rivolta ai Capi di Stato del G8, al Presidente della Banca Mondiale e al Direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA = International Energy Agency) nella quale:
In previsione del Secondo Forum (Washington, 14 – 15 febbraio 2007), a Pechino si è tenuta, il 26 ed il 27 ottobre 2006, una riunione dei quattro Gruppi di lavoro, finalizzata a predisporre la base di lavoro per il Forum di Washington. All’incontro di Pechino hanno partecipato circa 40 delegati, tra cui 10 parlamentari, in rappresentanza di Cina, India, Giappone, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Italia, Sud Africa, Svezia, Bangladesh, oltre a rappresentanti del Parlamento europeo, della Banca mondiale, del Centre for European Policy Studies e di imprese multinazionali (BP, Holcim, Vatenfall).
Quale esigenza comune a tutti i gruppi di lavoro è stata sottolineata l’urgenza di adottare politiche coordinate a livello mondiale per affrontare i rischi del cambiamento climatico e le sue conseguenze economiche, anche a partire dai primi risultati del recente “Rapporto Stern” commissionato dal governo inglese che ha valutato gli alti costi economici dell’emergenza climatica e individuato nell’”adattamento” e nella “attenuazione” i due fattori chiave delle politiche globali. E’ stato inoltre espressa l’esigenza di inserire il cambiamento climatico come priorità nell’agenda dei lavori del G8 sia per il 2007 (presidenza tedesca), sia per il 2008 (presidenza giapponese), nonché di inserirlo nell’ambito dei Millenium goal dell’UNDP.
I gruppi di lavoro si sono articolati come di seguito:
Gruppo di lavoro I - Sviluppo e Trasferimento di Tecnologia, coordinato dall’eurodeputato svedese Anders Wijkman: gli interventi si sono concentrati sugli strumenti normativi e politici per agevolare la produzione di energie a bassa emissione, sia nei paesi sviluppati che nei paesi in via di sviluppo, evidenziando gli ostacoli che si riscontrano allo sviluppo delle energie pulite e valorizzando le soluzioni più idonee a superarli, con particolare attenzione alla partnership pubblico-privato. Una particolare attenzione è stata data all’esigenza di conciliare la riduzione dei gas nocivi con il fabbisogno energetico e le priorità economiche e sociali di molti paesi in via di sviluppo e di intensificare le politiche per il trasferimento tecnologico.
Gruppo di lavoro II - Meccanismi di Mercato ed Economia, coordinato dal parlamentare inglese Stephen Byers: la discussione, che è stata in parte integrata nel gruppo su sviluppo e trasferimento tecnologico, si è incentrata sugli strumenti finanziari e fiscali per incentivare il mercato e le imprese a investire sulle tecnologie pulite. In particolare sono stati illustrati i vantaggi e le criticità dei cdm (clean development mechanism), il sistema che permette alle imprese dei paesi sviluppati con vincoli di emissione di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione, generando crediti di emissione che potranno essere utilizzati per l’osservanza degli impegni previsti dal protocollo di Kyoto.
Gruppo di lavoro III – Adeguamento e risposta al Cambiamento climatico, coordinato dal parlamentare indiano Suresh Prabhu: il gruppo di lavoro ha affrontato il problema dell’impatto del cambiamento climatico sul contesto economico e sociale degli stati nazionali, in particolare nei paesi meno sviluppati, e delle relative politiche di adattamento. L’aumento costante della temperatura sta gravemente compromettendo in alcune aree del mondo gli obiettivi di sviluppo e di riduzione della povertà. Gli interventi hanno sottolineato soprattutto la necessità dell’informazione per aumentare la consapevolezza dei rischi del cambiamento climatico nei decisori politici, nelle imprese e nella società civile al fine di facilitare le azioni di adattamento e di mitigazione dei fenomeni estremi.
Gruppo di lavoro IV - Uso efficiente delle risorse energetiche, coordinato dal parlamentare giapponese Yosuke Shinoda: il risparmio energetico è uno dei fattori chiave per facilitare la riduzione delle emissioni nocive. Sono state illustrate alcune linee di azione che i parlamenti possono intraprendere in questo campo sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda. In particolare: la razionalizzazione dell’utilizzo delle energie inquinanti, la diffusione di prodotti energetici basati sul risparmio, la diffusione di un sistema di trasporti pubblico non inquinante, standard edilizi sostenibili etc.
Il Secondo Forum di Washington si è svolto presso la sede del Senato americano dal 14 al 15 febbraio 2007 ed è stato ospitato dai membri di GLOBE USA, ossia i senatori John McCAIN (membro anziano della Commissione sulle Forze armate), Joseph LIEBERMAN (Presidente della Commissione per la Sicurezza nazionale), Joe BIDEN (Presidente della Commissione degli Affari internazionali), Jeff BINGAMAN (Presidente della Commissione Energia), Barbara BOXER (Presidente della Commissione Ambiente) e Larry CRAIG (membro della Commissione Energia). Per l’Italia hanno partecipato gli onn. Grazia FRANCESCATO (Verdi) e Antonio MEREU (UDC), entrambi membri della Commissione Ambiente della Camera dei deputati. Per il Senato della Repubblica erano stati designati a partecipare il Vice Presidente Mario BACCINI (UDC), della Commissione Affari Esteri, ed il senatore Edo RONCHI (Ulivo), della Commissione Territorio, Ambiente e Beni culturali, che tuttavia non hanno potuto partecipare al Forum per concomitanti impegni parlamentari.
Sono stati predisposti dei documenti che costituiranno la base della discussione. Essi saranno però definitivamente approvati nella prossima riunione del Forum. Al termine del Forum di Washington è stata approvata una Dichiarazione finale, per consenso, predisposta dalla presidenza di Globe international con la collaborazione di Lord Jay, già Sherpa G8 per il Regno Unito in occasione dei Vertici G8 di Gleneagles e San Pietroburgo.
Il Forum di Washington, che poneva come punto di partenza della discussione i Working paper predisposti dai 4 Gruppi di lavoro e le conclusioni della relazione del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change), pubblicata il 2 Febbraio 2007, che ha accertato – con una probabilità del 95% - come siano state le attività dell’uomo condotte dalla rivoluzione industriale ad oggi a determinare il riscaldamento del pianeta, è stato caratterizzato da due aspetti di particolare importanza nella politica riguardo al cambiamento climatico.
Il primo è rappresentato dal mutamento nell’orientamento americano rispetto al cambiamento climatico, definito questione di interesse nazionale, che rappresenterebbe una priorità assoluta per il Paese, rispetto alla quale gli USA intenderebbero assumere la leadership mondiale.
Il secondo passaggio di particolare rilievo politico è stato rappresentato dalla posizione in merito ai GHG (greenhouse gas) dell’Europa, espressa dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel. In tale prospettiva, il programma post-2012 per i paesi industrializzati predisposto dall’ Unione europea prevede interventi volti a fare in modo che la temperatura mondiale non aumenti più di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali come primo risultato da conseguire e la riduzione delle emissioni di CO2 nei Paesi UE del 20 per cento da qui al 2020, obiettivi da realizzare attraverso un aumento globale dell’efficienza energetica; un sempre maggiore ricorso alle energie rinnovabili; l’utilizzo di incentivi economici.
Anche la Cina, l’India ed il Brasile hanno manifestato l’intenzione di puntare quanto più possibile su forme di energia pulita e di favorire lo sviluppo sostenibile.
Il Secondo Forum si è caratterizzato per alcuni interventi di carattere tecnico di particolare rilievo, come quello di Sir Nicholas Stern, economista ed attuale consigliere del Governo britannico, coordinatore del famoso rapporto, il quale ha ricordato come nel rapporto da lui redatto si evidenzi chiaramente che i costi dell’inazione saranno di gran lunga superiori a quelli dell’azione, del professor Hans Joachim Schnellnhuber, direttore del Potsdam Institute e consigliere capo del Governo tedesco per la Presidenza G8 sul Cambiamento climatico, il quale ha riferito in merito agli studi svolti dal Potsdam Institute, del Presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, nonché di Lars Josefsson, del CEO Vattenfall Group e consigliere capo del Governo tedesco per la Presidenza G8 sul Cambiamento climatico, di Richard Branson, proprietario della Virgin, Rick Lazio, vicepresidente esecutivo della JP Morgan Chase, Jim Rogers della Duke/Cinergy e Roger Fergusson, della Swiss Re Amercia Corp.
A conclusione del Forum di Washington è stata approvata una dichiarazione finale nella quale si chiede ai Governi dei Paesi del G8 e a quelli del +5 di concordare, nel Vertice G8 di Heiligendamm, sugli aspetti chiave di un quadro post-2012 e di richiedere che i negoziati globali su tale quadro includano:
Il Terzo Forum si è svolto a Berlino, il 3 ed il 4 giugno 2007, presso la sede del Bundestag, e vi hanno partecipato, per la Camera dei Deputati, gli onorevoli Grazia FRANCESCATO (Verdi) e Antonio MEREU (UDC), per il Senato i senatori Donato PIGLIONICA (Ulivo), della Commissione Territorio, ed Aldo SCARABOSIO (FI), Presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo.
Il Quarto Forum sui Cambiamenti Climatici si è tenuto a Brasilia dal 19 al 21 febbraio 2008 e, nell’ambito del Forum, si è svolto anche il secondo incontro sulla deforestazione illegale. Vi ha preso parte, in rappresentanza della Camera dei deputati, l’on. FRANCESCATO (Verdi). La riunione aveva come scopo uno scambio di vedute in vista del Vertice G8 che si svolgerà a luglio in Giappone. In particolare, il tema principale ha riguardato le politiche per i biocarburanti ed i criteri di sostenibilità alle misure per stimolare la ricerca e il commercio.
Il Quinto Forum si è svolto a Tokyo, dal 27 al 29 giugno 2008. I lavori, aperti da Tony Blair e dal Primo Ministro giapponese, Fukuda, hanno visto l'intensa partecipazione di circa cento parlamentari dei Paesi maggiormente industrializzati (G8) e delle economie emergenti (Brasile, Cina, India, Messico, Russia e Sud Africa) accomunati dall'obiettivo di rendere più efficace e coerente il ruolo delle Istituzioni parlamentari nella definizione delle politiche. La delegazione italiana che vi ha partecipato era composta dai senatori Antonio D'ALÌ (Popolo delle libertà) e Costantino GARRAFFA (Partito democratico) e dagli onorevoli Salvatore MARGIOTTA (Partito democratico) e Luigi LAZZARI (Popolo delle libertà).
Il VI Forum si è svolto a Roma, in occasione del turno di Presidenza italiana del G8, presso la Camera dei deputati, dal 12 al 13 giugno 2009. Hanno aperto i lavori il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, il Presidente del Globe International, Stephen Byers, e il Ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo.
La delegazione italiana era composta, per quanto riguarda la Camera dei deputati, dagli onorevoli Angelo Alessandri (LNP) e Salvatore Margiotta (PD), rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Commissione Ambiente, e Andrea Gibelli (LNP) e Andrea Lulli (PD), rispettivamente Presidente e componente della Commissione attività produttive, mentre per il Senato hanno partecipato i senatori Antonio D’Alì (PDL), Andrea Fluttero (PDL) e Roberto Della Seta (PD) rispettivamente Presidente, Segretario e componente della Commissione Territorio, nonché il Presidente Commissione Industria, Cesare Cursi (PDL).
Gli onn. Alessandri e Margiotta hanno presieduto la prima e la terza sessione dei lavori della giornata di venerdì 12, mentre i senatori D’Alì e Cursi la seconda e la quarta sessione dei lavori, nel corso delle quali hanno svolto un intervento. Il Presidente D’Alì è inoltre intervenuto nella sessione inaugurale in rappresentanza del Presidente del Senato, Renato Schifani[4].
Come nelle precedenti occasioni, i lavori del forum si sono conclusi con l’approvazione di una dichiarazione finale.
Il 24 e il 25 ottobre 2009 si è tenuto a Copenaghen, ospitato dal Parlamento della Danimarca ed organizzato da Globe, il VII Forum dei Legislatori dei Paesi G8+5 (India, Cina, Brasile, Messico, Sud Africa), che ha predisposto un documento che verrà sottoposto alla Conferenza delle Parti sul Clima di Copenaghen (Cop15). Al Forum hanno partecipato oltre settanta parlamentari provenienti, oltre che dai paesi summenzionati, da Corea del Sud, Indonesia e Colombia. Erano inoltre presenti membri del Parlamento europeo.
Per il Parlamento italiano hanno preso parte al Forum, in rappresentanza della Camera dei Deputati, gli onorevoli Anna Teresa Formisano (UDC), componente della Commissione Attività produttive, e Renato Walter Togni (Lega Nord Padania), membro della Commissione Ambiente (si veda a tal proposito la relazione).
Ottobre 2009 DEFINITIVA
Ed Markey (Presidente), membro del Congresso e
Lord Michael Jay (Vicepresidente)
Indice
1. Introduzione del Presidente
2. Relazione della Commissione GLOBE International sul Clima e la Sicurezza Energetica
1. Introduzione del Presidente
Non esiste compito più importante di quello di proteggere gli individui ed il pianeta dalla destabilizzazione climatica. E’ questa la posta in gioco a Copenaghen ne prossimo mese di dicembre. Mi sembra evidente che il problema dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo sia risolvibile. Se interveniamo rapidamente, possiamo limitare i rischi derivanti dal surriscaldamento e prevedere correttivi che accelerino il conseguimento degli obiettivi fissati in materia di ripresa economica, indipendenza energetica, crescita sostenibile, sanità e salute, riduzione della povertà e prevenzione dei conflitti. E’ sufficiente prendere in esame le recenti proiezioni scientifiche sulle possibili conseguenze dei cambiamenti climatici per comprendere che affrontare tale problematica costituisce la sola strategia a favore della crescita.
Perché si possa avere una concreta possibilità di gestire i rischi legati al clima, tutti i Paesi devono attuare piani di sviluppo sostenibile e a bassa emissione di CO2. Sappiamo che oggi sono ampiamente disponibili le tecnologie necessarie, sono note le politiche necessarie ed sono sostenibili i relativi costi, anche in tempi di recessione economica.
Per giungere ad una soluzione è necessario investire nella Ricerca e Sviluppo, nell’innovazione e nelle infrastrutture: settori che agiranno da propulsori dell’attività economica, degli investimenti privati e della crescita.
La politica si sta finalmente muovendo, ma non è ancora al pari con la scienza. Tuttavia, sono ottimista: basti pensare alla velocità con cui si producono cambiamenti negli Stati Uniti. Dall’inazione si è passati al primo passo importante: la legge sull’energia del 2007 e, successivamente, durate la scorsa campagna elettorale per la Presidenza, entrambi i candidati hanno assunto posizioni più progressiste sui cambiamenti climatici, promuovendo l’adozione di un sistema di limitazione e scambio per limitare le emissioni di gas serra. All’inizio di quest’anno, il Congresso ha stanziato 80 miliardi di dollari per le energie rinnovabili, la ricerca e lo sviluppo finalizzati alla riduzione dei consumi di carburanti ed i trasporti a grande capacità. Nel mese di giugno, a soli 5 mesi dall’insediamento del Presidente Obama, insieme al Presidente della Commissione per l’Energia e il Commercio Henry Waxman, ho convinto la Camera dei Rappresentanti ad approvare una legge che passerà alla storia: l’American Clean Energy and Security Act (legge sull’energia pulita e la sicurezza).
Secondo i suoi detrattori, le limitazioni previste dalla legge non sono sufficienti. Tuttavia, essa ridurrà l’inquinamento pericoloso per il riscaldamento del pianeta, limitando le grandi fonti d’inquinamento interno, varando un programma di riduzione della deforestazione tropicale, oltre a numerosi altri provvedimenti accessori. Se considerati nel loro insieme, tali iniziative ridurranno le emissioni del 28-33 per cento rispetto ai livelli del 2005 entro il 2020 (e, quindi, del 17-23 per cento rispetto ai livelli del 1990).
Dopo dieci anni di immobilismo, gli Stati Uniti iniziano il loro cammino verso un’economia a basse emissioni di CO2. Il mio progetto di legge ci porrà su una strada credibile che, partendo dalle attuali posizioni di grande ritardo, ci condurrà ad una riduzione pari almeno all’80% dei livelli del 1990 entro il 2050 e credo che, grazie all’innovazione e all’industria per cui il mio Paese è famoso, per non parlare della grandissima capacità di ottenere velocemente ottimi risultati in materia di efficienza energetica, gli USA raggiungeranno gli obiettivi di breve e medio termine che si sono prefissati, con costi sensibilmente inferiori rispetto a quelli previsti, proprio come è avvenuto con il Clean Air Act (legge sull’aria pulita) volto ad eliminare le piogge acide e con la proibizione dei CFC per proteggere lo strato di ozono. Non appena si registreranno i primi successi della normativa per la creazione di un’economia ad energia pulita negli Stati Uniti, potremo rafforzarla ulteriormente.
L’esperienza dell’approvazione del nostro progetto di legge e le incognite da affrontare ancora al Senato, prima che con la sua firma il Presidente Obama lo trasformi in Legge, accresce l’importanza del coinvolgimento dei legislatori. Indipendentemente dagli accordi che i nostri Governi sigleranno a Copenaghen nel mese di dicembre, nella maggior parte dei casi spetterà ai legislatori nazionali ratificare detti accordi prima che possano essere attuati. Ed esistono diverse politiche e provvedimenti nazionali, soprattutto in materia di efficienza energetica degli immobili, dei trasporti, dell’industria e delle apparecchiature, il cui varo immediato da parte del legislatore non richiede la firma di un accordo internazionale. La verità è che dobbiamo attuare tali politiche, indipendentemente da quanto avverrà a Copenaghen. E’ per questo che la Commissione GLOBE sul Clima e la Sicurezza Energetica ha tanta rilevanza. E’ infatti estremamente importante riunire attorno allo stesso tavolo i legislatori delle principali economie mondiali, in un contesto assolutamente trasversale rispetto all’appartenenza politica, al fine di esaminare la politica nazionale dei principali Paesi, individuare punti di convergenza politicamente accettabili ed iniziative normative immediatamente attuabili.
La presente Relazione non soltanto dimostra l’esistenza di una coalizione trasversale ai partiti politici nelle principali economie a sostegno di un ambizioso quadro post 2012 ed efficace e delle politiche nazionali per realizzarle, ma offre anche una preziosa analisi politica di questioni di grande rilevanza quali il finanziamento e gli obiettivi a medio termine. Sottolineando come noi legislatori possiamo fare molto per sostenere questo cammino verso un’economia a bassa emissione di CO2, anche in mancanza di un accordo internazionale, la Relazione – approvata per consenso – presenta una serie di principi normativi che noi, come gruppo, ci impegniamo a promuovere presso i nostri Parlamenti nazionali. Questi principi rappresentano un indirizzo per i legislatori nazionali preposti a varare una normativa interna in materia climatica ed energetica e contribuiranno a garantire la massima coerenza e compatibilità possibile tra i diversi ordinamenti nazionali, grazie al fatto che raccogliamo tutti insieme la questa sfida.
E’ stato un onore presiedere la Commissione e sono altrettanto onorato di poter illustrare le conclusioni del suo lavoro al Primo Ministro danese in vista del COP15.
Ed Markey, Membro del Congresso
Presidente
Commissione Internazionale sul Clima e
sulla Sicurezza Energetica
2. Relazione della GLOBE International sul Clima e sulla Sicurezza Energetica
2.1 Messaggi principali:
· Nelle principali economie esiste un sostegno trasversale a favore di risultati ambiziosi, efficaci ed equi del COP15, che garantiscano una reale possibilità di evitare pericolosi cambiamenti climatici. I legislatori riconoscono che la scienza ha stabilito che l’aumento medio della temperatura del pianeta non dovrebbe superare i 2 gradi Celsius (3,6 gradi Fahrenheit);
· Un quadro sui cambiamenti climatici ambizioso, efficace ed equo che soddisfi i criteri positivi elencati di seguito sarà il motore di uno sviluppo economico sostenibile, della creazione di posti di lavoro, di una maggiore sicurezza energetica e climatica, di salute e minore povertà;
· I legislatori possono guidare oggi la transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2; la Commissione ha concordato una serie di principi normativi che i legislatori si sono impegnati a promuovere presso i loro Parlamenti nazionali.
2.2 Le ragioni dell’iniziativa
Riconoscendo che, secondo la comunità scientifica, l’aumento medio della temperatura del pianeta non deve superare i 2 gradi Celsius (3,6 gradi Fahrenheit), siamo estremamente preoccupati delle attuali dinamiche di crescita delle emissioni e del fatto che i programmi attualmente in essere, soprattutto nei Paesi sviluppati, siano inadeguati rispetto alla portata ed all’urgenza del problema. Sosteniamo, quindi, una collaborazione internazionale precoce ed agguerrita, che preveda la diminuzione quanto più tempestiva delle emissioni mondiali ed una successiva riduzione delle stesse nei Paesi in via di sviluppo. Se ci muoviamo velocemente ed insieme possiamo contenere il rischio di cambiamenti climatici, in maniera da rafforzare gli obiettivi dell’indipendenza energetica, della crescita sostenibile, della salute, dello sviluppo e della riduzione della povertà.
2.3 Il contesto economico
Riteniamo che un quadro post 2012 sui cambiamenti climatici ambizioso, efficace ed equo costituisca l’unica strategia di promozione della crescita. Esso sarà il motore della crescita economica, di un maggiore sicurezza energetica e climatica, di uno sviluppo sostenibile, di salute e minore povertà. Le politiche e gli investimenti volti a ridurre le emissioni di CO2 creano già oggi nuovi posti di lavoro e c’è crescente certezza sul fatto che gli investimenti in tecnologie a basse emissioni di CO2 creino un numero relativamente maggiore di nuovi posti di lavoro di quanto non facciano gli investimenti in sistemi ad elevate emissioni.
Il passaggio ad un’economia a basse emissioni di CO2 comporta cambiamenti strutturali, di lungo periodo, va al di là della congiuntura economica e presenta difficoltà soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. L’attuale crisi economica non costituisce un valido motivo per rinviare le iniziative sui cambiamenti climatici. In realtà, essa offre l’opportunità, grazie ai pacchetti di incentivi fiscali, di gettare le fondamenta e creare le infrastrutture di un’economia a basse emissioni di CO2. Sono già stati stanziati più di 470 miliardi di dollari (il 15% circa degli incentivi mondiali) da investire in sistemi a bassa emissione di CO2, i quali hanno una leva finanziaria di più di 980 miliardi di dollari.[5] Oltre a prevedere incentivi economici agli investimenti in tecnologie a bassa emissione di CO2, i governi devono evitare qualsiasi investimento che possa consolidare l’economia ad alta emissione di CO2 impedendone lo smantellamento per molti anni ancora, che possa aumentare la vulnerabilità rispetto alle crisi economiche, ridurre la sicurezza energetica, aumentare la povertà, ridurre la coesione sociale e creare quasi certamente un clima di instabilità. E’ essenziale che i Paesi in via di sviluppo ricevano aiuti tecnologici ed economici dai Paesi sviluppati al fine di evitare la chiusura in infrastrutture e impianti ad elevata emissione di CO2. “Una ripresa economica intelligente” – con investimenti in infrastrutture per la generazione di energia da fonti rinnovabili, “reti intelligenti” ed efficienza energetica – costituirà una efficace garanzia di un futuro prospero, sostenibile e caratterizzato da sicurezza energetica che, se coniugato alle giuste politiche, agirà da scudo da eventuali impennate dei costi dell’energia, creerà migliaia di posti di lavoro di elevata qualità nell’industria manifatturiera e nei nuovi comparti, aumentando la sicurezza energetica e climatica.
2.4 I criteri essenziali per il successo del COP 15
Un quadro post 2012 su cambiamenti climatici deve porsi tre obiettivi fondamentali:
· Un impegno da parte dei Paesi sviluppati a ridurre le emissioni quantificandone la riduzione ed iniziative specifiche per ciascuna nazione dei Paesi in via di sviluppo, che rispondano alla portata e all’urgenza del problema.
· Sostegno economico e tecnologico da parte dei Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo, tramite meccanismi pubblici di finanziamento e di mercato, volti ad aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adeguarsi alle conseguenze dei cambiamenti climatici e a ridurre le emissioni in maniera coerente con gli obiettivi di sviluppo.
· Un meccanismo di esame ed attuazione che rafforzi il sostegno e consenta il rafforzamento degli impegni e delle iniziative in funzione dei più recenti progressi scientifici e dati socioeconomici, nel rispetto dei principi di equità e di responsabilità comuni ma differenziate e ricordando che lo sviluppo sostenibile e l’eliminazione della povertà costituiscono le priorità principali dei Paesi in via di sviluppo.
In tale prospettiva, la Commissione ritiene che i criteri per il successo del COP15 siano:
· Obiettivo a lungo termine
E’ necessario un obiettivo di lungo periodo in termini di riduzione, adattamento, finanziamento e tecnologia per guidare impegni ed iniziative e come riferimento per misurare i progressi compiuti. La Commissione riconosce che esiste una teoria scientifica secondo cui l’aumento della temperatura media del pianeta non dovrebbe superare i 2 gradi C (3,6 gradi F). Tuttavia, un obiettivo di riduzione di lungo periodo deve essere accompagnato da altrettanti obiettivi a lungo termine di adattamento, sostegno economico e tecnologico. Tali obiettivi di lungo periodo devono inoltre essere sostenuti da obiettivi di medio periodo e segnatamente di riduzione a medio termine delle emissioni dei Paesi sviluppati.
· Obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni dei Paesi sviluppati
La Commissione concorda con il suggerimento contenuto nella Quarta Relazione di Valutazione dell’IPCC (AR4) di una riduzione delle emissioni aggregate dei Paesi sviluppati pari almeno all’80-95% rispetto ai livelli del 1990, entro il 2050. I Paesi sviluppati devono garantire di aver intrapreso un cammino credibile verso gli obiettivi del 2050, ponendosi obiettivi a medio termine per il 2020, 2030 e 2040 che siano i più ambiziosi possibili. Date la rilevanza delle emissioni cumulative di gas serra e la possibilità che gli obiettivi debbano divenire più stringenti ove emergano nuovi dati scientifici, è auspicabile un percorso verso una riduzione di breve e medio termine delle emissioni.
· Iniziative ambiziose specifiche per ciascuna nazione per i paesi in via di sviluppo
Come concordato con il Piano d’Azione di Bali, la Commissione è favorevole a che i Paesi in via di sviluppo assumano iniziative di riduzione specifiche per ciascuna nazione, a patto che ricevano aiuti economici ed assistenza tecnologica dai Paesi sviluppati, che li inducano a modificare significativamente i loro livelli di emissioni.
· Aiuti economici
o Importo
Ai sensi della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, i Paesi sviluppati hanno l’obbligo di sostenere i “costi aggiuntivi” delle iniziative assunte dai Paesi in via di sviluppo. Sebbene sia difficile fare stime precise e, quindi, siano disponibili soltanto cifre indicative, la Commissione concorda con le analisi compiute di recente secondo cui i costi congiunti di riduzione e adeguamento dei Paesi in via di Sviluppo potrebbero ammontare a circa 475 miliardi di dollari all’anno entro il 2030[6] e che sarebbero necessari circa 100 miliardi di dollari all’anno di nuovi finanziamenti da parte dei Paesi sviluppati a copertura dei costi delle iniziative di riduzione ed adeguamento dei Paesi in via di sviluppo. Date le risorse reperite per combattere la crisi economica, è possibile raggiungere i suddetti livelli di finanziamento.
o Fonti
I legislatori ritengono che la sicurezza degli aiuti economici, così come quella energetica, venga garantita dalla molteplicità delle fonti. Un meccanismo di finanziamento pubblico potrebbe svolgere un ruolo significativo nel reperimento dei fondi necessari. Sono state avanzate varie proposte, tra cui il Fondo Verde per il Messico (Mexico Green Fund), la proposta G77 e diverse altre. Inoltre, un mercato dell’anidride carbonica concepito quale mezzo per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, se ingrandito gradualmente e gestito in maniera efficace potrebbe costituire una fonte rilevante di finanziamenti, insieme ad altre misure in grado di agire da leva finanziaria per i finanziamenti privati. Ulteriori meccanismi di reperimento di finanziamenti internazionali (ad esempio fondi non controllati dai ministeri delle finanze nazionali), contribuirebbero ad aumentare la stabilità, la coerenza e la prevedibilità dei flussi di finanziamento. Detti meccanismi potrebbero tra l’altro prevedere la tassazione delle emissioni aeree e marittime, se questa venisse attuata in base al principio della responsabilità comune ma differenziata e delle unità del monte-emissioni assegnato ( AAU - proposta norvegese).
o Governance ed erogazione dei fondi
Delle riforme istituzionali ed una nuova struttura creata nell’ambito del COP devono spostare gli equilibri di potere all’interno delle strutture di governance. I Paesi in via di sviluppo devono poter far sentire maggiormente la loro voce ed avere un accesso più agevole ai finanziamenti. La Commissione è favorevole ad un regime di governance del finanziamento delle iniziative legate al clima che dia eguale voce ai Paesi sviluppati ed in via di sviluppo. I Legislatori ritengono che la finanzia internazionale debba aiutare i Paesi in via di sviluppo a trasformare le loro economie. Lo stanziamento dei fondi deve essere convogliato a sostegno delle specifiche iniziative di riduzione delle emissioni previste dai piani nazionali dei Paesi in via di sviluppo.
· Foreste
Riconoscendo la grande rilevanza del ruolo svolto dal settore forestale in materia di emissioni di gas serra nel mondo, è necessario varare iniziative immediate per ridurre la deforestazione. Simultaneamente, bisogna altresì intervenire contro il disboscamento illegale e combattere i fattori che inducono la domanda di deforestazione. Tali misure devono essere accompagnate da un pacchetto di finanziamenti volti a rafforzare la capacità dei Paesi dotati di foreste e varare programmi di incentivi basati sui risultati ottenuti, ove ritenuti opportuni. Il quadro post 2012 dovrebbe includere un meccanismo di finanziamento per la riduzione delle emissioni che promuova la riduzione tempestiva e sostanziale delle emissioni causate dalla deforestazione e incentivi per raggiungere livelli netti di deforestazione zero. Dovrebbe essere presa in considerazione l’istituzione di un fondo di stabilizzazione, al fine di prevedere incentivi finanziari a lungo termine che incoraggino tutte le nazioni dotate di foreste a raggiungere livelli di copertura forestale stabili o crescenti, pagando gli attuali servizi dell’ecosistema forestale. La Commissione sul Clima e la Sicurezza Energetica riconosce le conclusioni formulate dalla Commissione GLOBE International sull’utilizzo della terra e gli ecosistemi.
· Tecnologia
Il COP15 deve concordare un meccanismo generale in materia di tecnologia volto a:
o Istituire un quadro di trasferimento e utilizzo delle tecnologie esistenti e future dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, nella misura necessaria, con i relativi finanziamenti.
o Migliorare il Meccanismo di Sviluppo Pulito (CDM) per garantire che possa prevedere l’uso di tecnologie su ampia scala nei Paesi in via di sviluppo, che vadano ad affiancare i progetti i minore portata.
o Definire gli ambiti in cui dovrà attuarsi la cooperazione tecnologica – compresa la cooperazione in materia di ricerca e sviluppo e trasferimento di tecnologie – ed accelerare lo sviluppo e l’utilizzo di nuove tecnologie chiave quali, ad esempio, le “reti intelligenti”, i biocarburanti sostenibili, i veicoli elettrici, la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) ed istituire un soggetto istituzionale che valuti e verifichi le iniziative e riferisca in merito alle stesse.
Varare un meccanismo di “protezione e condivisione” dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) volto a consentire il rafforzamento dei DPI e ad agevolare l’utilizzo delle tecnologie da parte dei Paesi in via di sviluppo a costi accessibili.
· Monitoraggio e verifica
La Commissione è pienamente favorevole all’istituzione di un sistema internazionale di monitoraggio e verifica da applicarsi agli obiettivi di riduzione delle emissioni, alle iniziative legate alle tecnologie ed ai finanziamenti di tutti i Paesi sviluppati. La Commissione sostiene altresì il miglioramento delle comunicazioni a livello nazionale, al fine di aumentare l’esattezza e la trasparenza delle informazioni relative alle iniziative di riduzione delle emissioni nei Paesi in via di Sviluppo, coniugate ad azioni di monitoraggio, rendicontoe verifica internazionali delle iniziative finanziate dai Paesi sviluppati.
· Forma giuridica
o La questione chiave per il COP15 consiste nel decidere se esso debba avere quale risultato un nuovo Trattato giuridicamente vincolante o una continuazione del Protocollo di Kyoto accompagnato da decisioni del COP che coniughino un impegno da parte degli USA con iniziative dei Paesi in via di sviluppo.
o Qualsiasi sia il risultato del COP15, i Paesi non firmatari del Protocollo di Kyoto, quali gli Stati Uniti, devono assumere impegni simili in materia di riduzione delle emissioni e dei relativi aiuti economici e tecnologici ai Paesi in via di sviluppo, mentre i Paesi in via di sviluppo devono varare iniziative di riduzione delle emissioni eque e specifiche per ogni nazione.
2.5 Principi normativi
In quanto legislatori, abbiamo un ruolo chiave da svolgere nella creazione della volontà politica necessaria a garantire un esito ambizioso del COP15. Siamo in contatto con i leader politici, possiamo influenzare le politiche tramite il dibattito parlamentare ed il lavoro della nostra Commissione e, naturalmente, svolgiamo un ruolo di primaria importanza nella redazione ed approvazione della legislazione nazionale. In quanto rappresentanti dei nostri cittadini, abbiamo non solo la responsabilità di comunicare onestamente ed apertamente con l’opinione pubblica, ma anche di istituire i quadri normativi e legislativi atti a garantire un futuro di prosperità, anche affrontando problematiche di lungo periodo quali i cambiamenti climatici. Oltre a spostare in avanti i limiti del politicamente possibile prima del COP15, possiamo promuovere ora diverse politiche e provvedimenti, soprattutto in materia di efficienza energetica e standard per l’energia pulita, che non richiedono un accordo internazionale per essere adottati. Ad esempio, adeguati standard di efficienza energetica degli immobili, dei trasporti, delle apparecchiature e dell’industria possono consentire un notevole risparmio energetico e ridurre le emissioni di gas serra.
Dalle analisi effettuate si evince che esistono 5 leve politiche che potrebbero contribuire sensibilmente a ridurre le emissioni: standard per immobili ed apparecchiature, fonti energetiche rinnovabili, efficienza energetica del settore industriale, standard di efficienza energetica per carburanti e veicoli e silvicoltura. Dimostrare che tale riduzione delle emissioni è possibile ed economica contribuirà a dare ai leader politici la fiducia necessaria per perseguire obiettivi più ambiziosi. E’ per questa ragione che abbiamo concordato una seria di principi normativi da promuovere presso i nostri parlamenti nazionali, volti a catturare dette efficienze, molte delle quali contribuiranno a ridurre i costi dell’energia, ad aumentare la competitività ed a creare posti di lavoro. L’introduzione ed il rispetto di standard nazionali di efficienza energetica e produzione di energia pulita nelle nostre economie aumenterà gli effetti positivi del passaggio ad un’economia a bassa emissione di CO2. Tuttavia, alcune delle iniziative summenzionate comporteranno dei costi ed i Paesi in via di sviluppo promuoveranno tali principi a condizione di ricevere gli aiuti economici e tecnologici necessari dai paesi sviluppati e di vedere rispettate alcune esigenze delle loro nazioni, segnatamente le priorità dello sviluppo e della riduzione della povertà. Tra i principi di cui sopra si annoverano i seguenti:
· La normativa nazionale deve essere coerente con gli impegni di riduzione quantificata delle emissioni dei Paesi sviluppati e le iniziative di riduzione delle emissioni, specifiche per ogni nazione, condotte nei Paesi in via di sviluppo nell’ambito del quadro internazionale sul clima
· Si devono fissare obiettivi a breve e medio termine e segnatamente obiettivi di riduzione delle emissioni ed obiettivi specifici per ciascuna nazione nei Paesi in via di sviluppo
· Devono essere incluse tutte le fonti possibili di emissione di gas serra
· La normativa dei Paesi in via di sviluppo deve essere incentrata su un meccanismo di attribuzione di un prezzo alle emissioni di gas serra
· Tra le priorità della normative nazionale devono figurare:
o Standard di efficienza energetica (per l’industria, gli edifici e le apparecchiature)
o Standard di efficienza per veicoli e carburanti
o Incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili e a bassa emissione di CO2, anche tramite la fissazione di obiettivi riguardanti la percentuale di fonti rinnovabili nel mix energetico
o Promozione della connettività alle “reti intelligenti”
o Provvedimenti per ridurre il disboscamento e promuovere il rimboschimento, un’agricoltura e una gestione delle foreste sostenibili, nonché la protezione della biodiversità
o Incentivi agli investimenti in tecnologie pulite ed infrastrutture a bassa emissione di CO2
o Sostegno alla ricerca, allo sviluppo e all’utilizzo di tecnologie del futuro necessarie a ridurre le emissioni, quali ad esempio cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS), i biocarburanti sostenibili, le tecnologie per infrastrutture e veicoli elettrici.
o Misure che consentano l’adattamento alle inevitabili conseguenze dei cambiamenti climatici, quali ad esempio specifiche politiche volte al miglioramento della raccolta e diffusione dei dati e volte a garantire che le infrastrutture finanziate siano resilienti ai cambiamenti climatici, unitamente ad un rafforzamento delle politiche di adeguamento dei Paesi in via di sviluppo
· Le politiche di cui sopra devono essere coordinate a livello internazionale, nella misura del possibile, al fine di garantirne la massima coerenza e compatibilità e godere dei vantaggi prodotti dalle economie di scala.
· Tutte le principali decisioni dei governi devono essere coerenti con gli obiettivi fissati in relazione ai cambiamenti climatici
· Deve essere istituito un sistema nazionale di monitoraggio e verifica dei risultati
· Deve essere fatto obbligo per il Governo di riferire al Parlamento in maniera trasparente e a scadenza periodica sui progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi e le politiche attuate
· Deve essere effettuata una valutazione periodica a scadenze precise, per garantire che le politiche e gli obiettivi siano coerenti con i più recenti progressi scientifici e dati socioeconomici.
Allegato A: La Commissione sul Clima e la Sicurezza Energetica
Componenti e informazioni generali
La Commissione GLOBE sul Clima e la Sicurezza Energetica è stata istituita dal Congresso statunitense il 31 marzo 2009, sfruttando il lavoro svolto dal GLOBE nel 2008, culminato nell’accordo su un documento di definizione del quadro per il 2012, realizzato da Lord Michael Jay, in cui si delineano i principi e gli elementi chiave di un futuro accordo post 2012[7]. La Commissione è stata istituita al fine di esaminare in maniera più approfondita alcune delle questioni più difficili da risolvere in sede negoziale, quali i finanziamenti e gli obiettivi a medio termine, ai fini di una maggiore comprensione politica utile ad orientare i negoziatori ufficiali.
La Commissione è presieduta da Ed Markey, Membro del Congresso, Lord Michael Jay ne è il Vicepresidente e gli altri componenti sono illustri parlamentari provenienti dai seguenti Paesi:
· Brasile
· Canada
· Cina
· Danimarca
· Unione Europea
· Francia
· Germania
· India
· Italia
· Giappone
· Messico
· Russia
· Sud Africa
· Corea del Sud
· UK
· USA
Ringraziamenti
GLOBE International desidera esprimere i più sentiti ringraziamenti per la preziosissima collaborazione ed il sostegno ricevuto a: On. Wang Guangtao, Presidente della Commissione per la Protezione dell’Ambiente e delle Risorse del Congresso Nazionale del Popolo; On. Tony Blair; Prof. Katherine Richardson; Lord Nicholas Stern; Michael Liebreich, CEO di New Energy Finance; il Center for American Progress; la Banca Mondiale ed i collaboratori dell’On Ed Markey, in particolare Ana Unruh-Cohen e Gerry Walden.
Bibliografia
· Combating Climate Change: A Post-2012 Framework, GLOBE International, Giugno 2008
· Towards a Global Climate Agreement: Synthesis Briefing Paper, Project Catalyst, Giugno 2009
· Breaking The Climate Deadlock: Technology for a Low Carbon Future, The Office of Tony Blair and The Climate Group, Giugno 2009
· Lord Nicholas Stern, “Elements of a Global Deal”, 2007
· Risoluzione sui Cambiamenti Climatici, Congresso Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese, Agosto 2009
Ulteriori informazioni
Per ulteriori informazioni, contattare:
Terry Townshend, Policy Director, GLOBE International
Terry.Townshend@globeinternational.org
Adam Matthews, Segretario Generale, GLOBE International
Adam.Matthews@globeinternational.org
Sotto l’egida dell'ONU, vengono organizzati Summit, Conferenze e altre iniziative volte a migliorare le legislazioni mondiali, tramite l'adozione di Convenzioni, e a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle questioni più delicate che l'ONU ha in agenda. La frequenza e l'importanza di tali appuntamenti sono tali da coinvolgere l'attenzione e le attese, non solo dei Governi di tutto il mondo, ma anche dei Parlamenti e della società civile, coinvolta in primo piano tramite le ONG e altre forme di associazione. In proposito, si segnala il crescente ruolo dell'Unione Interparlamentare, che si propone come versante parlamentare di tali iniziative, organizzando e prendendo parte ai forum parlamentari a margine delle Conferenze.
La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), adottata nel 1992 al Vertice di Rio de Janeiro, stabilisce precisi impegni di stabilizzazione a livelli non pericolosi per gli equilibri climatici della concentrazione in atmosfera dell’anidride carbonica.
Nel 1997 è stato adottato il Protocollo di Kyoto che stabilisce obiettivi di riduzione delle emissioni di sei gas serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi e esafluoruro di zolfo). Periodicamente si svolgono delle Conferenze – dette Conferenze delle Parti (COP) - in cui i Paesi firmatari del Protocollo si riuniscono per monitorare i progressi e valutare il percorso da seguire per l’attuazione della Convenzione.
Anche nel corso della XV e della XIV legislatura delegazioni della Camera dei Deputati hanno regolarmente partecipato alle Sessioni annuali della Conferenza delle parti.
L’ultima Conferenza delle Parti (COP 14) relativa alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) si è svolta a Poznan, in Polonia, dal 1° al 12 dicembre 2008 e ha riunito oltre 12 mila delegati di circa 190 Paesi. All’High level segment della Conferenza, svoltosi l’11 e il 12 dicembre, hanno partecipato gli onn. Bratti (Pd) e Gibiino (Pdl) per la Camera dei deputati e i senn. Monti (Lnp) e Della Seta (Pd) per il Senato della Repubblica. I deputati e i senatori hanno partecipato alla conferenza in qualità di osservatori, nell’ambito della delegazione governativa italiana. La Conferenza ha sofferto per l'incertezza sull'adozione di un piano europeo e per la transizione in Usa, che erano per l'ultima volta rappresentati dall'amministrazione Bush. Ciononostante gli Stati firmatari della Convenzione al termine del vertice hanno adottato una road map con un calendario e un programma di negoziati per i 12 mesi che precederanno l’incontro di Copenaghen del dicembre 2009, allorquando verrà definito il regime che sostituirà il protocollo di Kyoto nel momento in cui scadrà il suo periodo di applicazione, nel 2012.
La Conferenza delle Parti chesi è svolta a Bali (COP13), dall’11 al 14 dicembre 2007, ha visto la partecipazione di 195 paesi ed aveva come obiettivo principale l’avvio del negoziato globale che dovrebbe concludersi nel 2009 a Copenaghen (passando attraverso una verifica prevista a Poznan per dicembre 2008) con l’adozione di un nuovo trattato che continuasse e andasse oltre l’attuale protocollo di Kyoto, la cui scadenza è prevista nel 2012. Per la Camera dei deputati vi ha partecipato l'on. Grazia Francescato (Verdi). L'intento di fondo è quello di contenere il riscaldamento globale del pianeta, ormai certificato con altissima probabilità di origine antropica, e di evitare un aumento della temperatura planetaria superiore ai due gradi centigradi, soglia oltre la quale potrebbero verificarsi disastri climatici estremi.
La XII Sessione della Conferenza delle parti (COP12) si è svolta a Nairobi, dal 14 al 17 novembre 2006 e per la Camera dei deputati vi ha preso parte l’on. Stradella (Forza Italia). Il vertice si è concluso con un risultato che si potrebbe definire «di compromesso»: per un verso, infatti, vi è stato l'accordo formale per prolungare la vita del Protocollo di Kyoto oltre la scadenza naturale del 2012 (il cosiddetto «Kyoto 2»); per altro verso, tuttavia, permangono le indisponibilità dei principali Paesi non aderenti ad accettare le limitazioni imposte dal Protocollo. Nelle sue linee generali, l'accordo finale raggiunto a Nairobi prevede che i Paesi aderenti al Protocollo di Kyoto dovranno approvare, entro il 2008, le nuove regole per il cosiddetto «Kyoto 2», destinate a contenere le emissioni di gas serra a partire dal 1° gennaio 2013. L'intesa consentirà ad ogni Stato aderente di disporre del tempo necessario per approfondire gli aspetti tecnici e, soprattutto, per giungere a ratificare entro il 2012 le nuove misure decise per contenere il livello di inquinamento.
La Conferenza delle Parti (COP11) si è svolta a Montreal dal 28 novembre al 9 dicembre 2005. In tale occasione si è anche svolta la prima Conferenza delle Parti dei Paesi che hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto (MOP1), entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Nei documenti conclusivi, approvati al termine del Segmento di Alto livello (7-9 dicembre), è stato ribadito l'impegno a rivedere il ruolo dei Paesi in Via di Sviluppo e dato il via ad una serie di provvedimenti vòlti a rendere operativo il Protocollo di Kyoto.
Ai lavori del Segmento di Alto livello ha assistito una delegazione parlamentare composta dall’on. Adriano Paroli (Forza Italia) e dai senatori Fausto Giovanelli (DS) e Sauro Turroni (Misto-Verdi).
La Sessione ministeriale precedente la Conferenza delle Parti sui Cambiamenti Climatici (COP10) si è svolta a Buenos Aires dal 14 al 17 dicembre 2004 e vi ha partecipato una Delegazione di parlamentari composta per la Camera dei deputati dagli onorevoli Valerio Calzolaio (DS e Adriano Paroli (FI), nonché dai senatori Gino Moncada Lo Giudice (UDC), Fausto Giovannelli (DS-U) e Stefano Morselli (AN). Durante i lavori della Conferenza sono stati approvati numerosi documenti, dei quali il più importante reca il titolo: «Programma di lavoro di Buenos Aires sull'adattamento e le misure di risposta». Si tratta di un documento che, basandosi sull'assunto che la scienza permette ormai di controllare gran parte delle variazioni climatiche, fa riferimento ad una serie di metodologie per favorire l'adozione delle migliori strategie di valutazione degli impatti sul clima e di adattamento al cambiamento climatico. Le misure attengono sia al monitoraggio degli impatti sul clima, sia alla comparazione fra strategie alternative di risposta.
La IX sessione della Conferenza delle Parti sui Cambiamenti climatici (COP9) dal 1° al 12 dicembre 2003 si è svolta a Milano. Durante i lavori ha avuto luogo dal 10 al 12 dicembre il cosiddetto"segmento di alto livello", a cui ha partecipato anche la delegazione italiana guidata dal Ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli; nell'ambito della delegazione ha assistito ai lavori una rappresentanza parlamentare della Camera dei deputati composta dall'onorevole Valerio Calzolaio (DS) e dai senatori Emiddio Novi (FI) e Sauro Turroni (Verdi). Si segnala che l’on. Calzolaio e il senatore Novi avevano composto la delegazione parlamentare che dal 30 ottobre al 1° novembre 2002 aveva seguito i lavori della COP8, svoltisi a Nuova Delhi.
La VII Conferenza delle Parti (COP7) si è tenuta a Marrakech dal 29 ottobre al 9 novembre 2001. Vi hanno preso parte per la Camera gli onorevoli Valerio Calzolaio (DS), Francesco Stradella (Forza Italia) e Francesco Brusco (UDC); per il Senato,i senatori Andrea Corrado (Lega Nord), Lucio Zappacosta (AN) e Sauro Turroni (Verdi).
Si ricorda, infine, che nel corso del 2001 si è svolta la Conferenza di Bonn (16-27 luglio 2001), che ha chiuso i lavori della VI Conferenza delle Parti (COP6), svoltasi nel novembre 2000 all'Aja, senza che si giungesse ad un accordo. Alla Conferenza di Bonn ha partecipato una delegazione della Camera dei deputati, composta dagli onorevoli Laura Cima (Misto-Verdi), Dario Rivolta (Forza Italia) e Francesco Stradella (Forza Italia).
RELAZIONE
Il Presidente della Camera dei deputati, su indicazione dell’VIII^ Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici), ha designato i deputati Alessandro Bratti (Pd) e Vincenzo Gibiino (Pdl) per la partecipazione all’high level segment della XIV^ Sessione della Conferenza delle Parti, relativa alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. I deputati hanno partecipato alla conferenza in qualità di osservatori, nell’ambito della delegazione governativa italiana. La Conferenza, che ha avuto luogo a Poznan, in Polonia, dal 1° al 12 dicembre 2008, ha riunito oltre 12 mila delegati di circa 190 Paesi; l’high level segment si è svolto nelle giornate dell’11 e del 12.
Pur trattandosi di un negoziato condotto dai rappresentanti dei Governi, l’Italia, per il rilievo politico dei temi affrontati, ha confermato anche quest’anno la prassi di inviare una delegazione parlamentare, composta da due deputati e due senatori, i quali, oltre ad assistere agli incontri ministeriali, hanno potuto anche prendere parte a specifiche sessioni organizzate da organismi internazionali.
Come è noto, la Conferenza delle Parti è la sede in cui ha luogo il confronto internazionale per l’esecuzione degli impegni finalizzati alla riduzione delle emissioni dei gas “ad effetto serra”, impegni che nella Conferenza di Kyoto del 1997, con la firma del relativo Protocollo, hanno assunto un vincolo giuridicamente rilevante.
La Conferenza di Poznan ha sofferto per l'incertezza sull'adozione di un piano europeo e per la transizione in Usa, che erano per l'ultima volta rappresentati dall'amministrazione Bush. Ciononostante gli Stati firmatari della Convenzione al termine del vertice hanno adottato una road map con un calendario e un programma di negoziati per i 12 mesi che precederanno l’incontro di Copenaghen (dicembre 2009), allorquando verrà definito il regime che sostituirà il protocollo di Kyoto nel momento in cui scadrà il suo periodo di applicazione, nel 2012.
In primo luogo, il calendario prevede che nel corso del 2009 abbiano luogo 4 sessioni di negoziati. I Paesi firmatari si ritroveranno dapprima a Bonn, nel marzo 2009, con la speranza di giungere ad una bozza di documento di negoziato che esprima una ''visione condivisa'' dai Paesi industrializzati e dai Paesi in via di sviluppo, e che potrebbe diventare il testo del Protocollo di Copenaghen. Il Segretario generale dell'Onu, Ban-Ki moon, potrebbe inoltre convocare un vertice dei capi di Stato sul clima in settembre a New York, mentre l'Unione Europea da parte sua ha suggerito una riunione ministeriale in autunno, per un incontro con la nuova amministrazione Usa.
I Paesi industrializzati firmatari del Protocollo di Kyoto - tutti tranne gli Usa - si sono dichiarati pronti a riprendere gli obiettivi di riduzione delle loro emissioni inquinanti e a considerare una riduzione tra il 20% e il 40% nel 2020 rispetto al 1990. I Paesi interessati dovranno comunque comunicare i loro rispettivi impegni prima della primavera del 2009.
A Poznan è stato trovato un accordo per dare temporaneamente accesso diretto ai Paesi in via di sviluppo al “Fondo di Adattamento” (Adaptation Fund) che aiuterà il Sud del Mondo a far fronte agli impatti del cambiamento climatico, aiuti che tuttavia sono stati accolti con delusione dai destinatari perché ritenuti inadeguati alle necessità. I Paesi donatori non hanno infatti voluto aumentare la dotazione del fondo (che non supererà i 300 milioni di dollari annuali) e tale mancanza di generosità è stata duramente criticata dai Paesi del Sud del Mondo.
Durante il vertice sono stati compiuti significativi passi in avanti anche per ciò che riguarda temi di fondamentale importanza, quali l’adattamento al cambiamento climatico (a fronte della crescente scarsità di cibo e di acqua, dell’aumento della violenza delle tempeste tropicali e delle inondazioni costiere che comportano sempre maggiori rischi per la salute e per la vita stessa di miliardi di persone, soprattutto nei paesi in via di sviluppo), la lotta alla deforestazione e la gestione dei disastri ambientali.
Il nostro paese era presente a Poznan con una delegazione del Ministero dell’Ambiente guidata dal Ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. Il ministro ha assicurato che l'Italia nel 2009, in qualità di Presidente del G8, assumerà ''ogni iniziativa utile'', in collaborazione con il Segretario Generale delle Nazioni Unite, per facilitare il raggiungimento di un accordo a Copenaghen. Il Ministro Prestigiacomo ha inoltre commentato positiviamente il piano di lavoro adottato perché in grado di guidare i prossimi passaggi della Conferenza delle Nazioni Unite per arrivare all'incontro di Copenaghen “con un testo negoziale sul quale impegnare tutti gli attori internazionali nella lotta ai cambiamenti climatici”. Il piano di lavoro negoziabile - secondo il Ministro - servirà a promuovere la trasformazione delle tecnologie energetiche e dei modelli di sviluppo, necessaria per invertire la tendenza attuale di crescita delle emissioni. Il Ministro ha quindi concluso il suo intervento dichiarando che “l'Europa deve mantenere la sua leadership, ma deve vedere lo sforzo comune anche degli altri grandi Paesi industrializzati e delle economie in vertiginoso sviluppo”.
La delegazione USA è stata la stessa dell'amministrazione Bush, ma stavolta era presente il senatore John Kerry, presidente della Commissione Esteri del Senato, il quale ha assicurato che gli Stati Uniti ''sono pronti a fare la loro parte” e che “la faranno sotto la guida del presidente Obama''.
Il Segretario dell’Onu Ban Ki-moon ha poi fatto riferimento all’attuale crisi ed ha affermato che la lotta al cambiamento climatico e quella all’attuale crisi finanziaria sono accomunate dall’esigenza di forti misure di rilancio orientate verso progetti verdi e che la crisi finanziaria pertanto non deve assolutamente compromettere la volontà di lottare per una società sostenibile. Ban Ki-moon ha poi esortato Europa e Stati Uniti ad assumere il ruolo di leader nella limitazione delle emissioni di gas serra ed ha invocato “una rivoluzione copernicana, una rivoluzione del pensiero, una rivoluzione in azione”.
La Conferenza è stata conclusa da Al Gore. Il premio Nobel 2007 per la Pace ha voluto congedare i partecipanti al summit incoraggiandoli ad agire, a sperare, a non cadere nel buio del pessimismo e dell’immobilità. L’ottimismo di Al Gore nasce dalla sua fiducia nel Presidente eletto degli USA, deciso ad imprimere una svolta ai negoziati sul clima e a far assumere agli Stati Uniti un ruolo di leadership mondiale anche in materia ambientale. Del resto - come ha sottolineato Gore nel suo intervento - già negli ultimi anni in America “centinaia di città e grandi stati come la California hanno spontaneamente assunto meccanismi di riduzione delle emissioni”.
In altre parole, tutti i presenti al summit hanno riconosciuto l’urgente necessità di affrontare i problemi climatici e sottolineato l’intenzione di impegnarsi in un’azione cooperativa nella lotta ai cambiamenti del clima. A definire l’entità di questo sforzo collettivo sarà il sostegno tecnologico e finanziario che i paesi sviluppati investiranno per garantire effettivamente la realizzazione di nuove tecnologie e per avanzare verso una nuova società sostenibile.
Il 24 e il 25 ottobre 2009 si è tenuto a Copenaghen, ospitato dal Parlamento della Danimarca ed organizzato da Globe, il Forum dei legislatori dei Paesi G8+5 (India, Cina, Brasile, Messico, Sud Africa), che ha predisposto un documento che verrà sottoposto alla Conferenza delle Parti sul Clima di Copenaghen (Cop15). Al Forum hanno partecipato oltre settanta parlamentari provenienti, oltre che dai paesi summenzionati, da Corea del Sud, Indonesia e Colombia. Erano inoltre presenti membri del Parlamento europeo.
Per il Parlamento italiano hanno preso parte al Forum, in rappresentanza della Camera dei Deputati, gli onorevoli Anna Teresa Formisano, del Gruppo del'UDC, componente della Commissione Attività produttive, e Renato Walter Togni, del Gruppo della Lega Nord Padania, della Commissione Ambiente. Il Senato non era rappresentato.
La Global Legislators Organization for a Balanced Environment (GLOBE) è un gruppo interparlamentare consultivo fondato nel 1989 tra il Congresso americano e il Parlamento europeo per rafforzare la cooperazione internazionale tra parlamentari su questioni ambientali globali.
Il Forum dei legislatori del Dialogo sui Cambiamenti Climatici di Paesi G8+5 ha l'obiettivo di riunire i legislatori dei Paesi membri del G8, dei cinque nuovi grandi (India, Cina, Brasile, Messico, Sud Africa), al fine di discutere un accordo sui cambiamenti climatici per il periodo successivo al 2012, anno cruciale per l’attuazione delle previsioni contenute nel Protocollo di Kyoto. Globe si è assunta l'impegno di coordinare i lavori del Forum.
Per quanto riguarda il Forum di Copenaghen, nella sessione di apertura è intervenuto il Primo Ministro danese, Lars Løkke Rasmussen, il quale ha ribadito a chiare lettere la sua intenzione di raggiungere il più largo consenso alla Cop15 di Copenaghen, sulla base dei pilastri della Cop di Bali del 2007: contenere l'aumento del riscaldamento globale entro i due gradi. Ciò comporta una riduzione delle emissioni dei paesi industrializzati dell'80 per cento rispetto ai livelli del 1990 e una limitazione delle emissioni da parte delle economie emergenti. Per tale motivo tale posizione è stata ribadita e illustrata in modo articolato dal Ministro del Clima e dell’energia danese e Presidente della Conferenza delle Parti sul Clima di Copenaghen (Cop15), Connie Hedegaard.
La Speaker della House of Representatives statunitense, on. Nancy Pelosi, ha inviato quindi un saluto via video e ha ricordato i cambiamenti intervenuti con il cambio di Amministrazione avvenuto negli Stati Uniti, che vuole marcare la differenza rispetto al passato. La visione di Obama è volta ad effettuare rilevanti investimenti nell'economia verde, nelle industrie del futuro: solare, eolico, biocarburanti. Occorre tuttavia agire subito. Come il Presidente Kennedy diceva, “abbiamo a cuore il futuro dei nostri figli”, per questo occorre compiere dei passi chiari verso un futuro caratterizzato da un'energia pulita.
Successivamente è intervenuto il Presidente dell'Assemblea Nazionale del Sud Africa, Max Sisulu, il quale ha rimarcato l'importanza di conseguire gli obiettivi del millennio, in particolare per quanto riguarda donne e bambini. L'Africa chiede ai Paesi che inquinano maggiormente, includendo tra questi gli Stati Uniti, di ridurre drasticamente le loro emissioni e di stanziare fondi a favore dell'Africa. Il Sud Africa chiede un programma globale sull'adattamento; inoltre, nei Paesi in via di sviluppo si devono favorire le economie sostenibili. Sotto il profilo della giustizia ambientale, l'Africa vorrebbe un'equa compensazione per le perdite subite. Infatti, per il continente africano l'impatto dei cambiamenti climatici è devastante e la soluzione del problema climatico non può essere separato dallo sradicamento della povertà.
La Conferenza di Copenaghen si è caratterizzata per la presenza assidua e la attiva partecipazione di parlamentari di Cina e Stati Uniti d'America. I lavori sono stati infatti condotti dal Presidente della Commissione Ambiente e protezione delle risorse dell’Assemblea Nazionale del Popolo cinese, Wang Guangtao, e dal Presidente della Commissione per l’Energia e i riscaldamento globale statunitense, on. Ed Markey.
Ed Markey ha spiegato come con Obama sia iniziata una nuova era negli Stati Uniti. La Speaker Pelosi ha voluto la creazione della Commissione per l’Energia e i riscaldamento globale statunitense, da lui presieduta. All'inizio dell'anno, è stato approvato dalla Camera dei Rappresentanti, l'American Clean Energy and Security Act, passato sotto il nome di legge Waxman-Markey, con la quale si vuole ridurre la dipendenza dal petrolio e riproporre gli Stati Uniti come Paese guida nel settore dell'innovazione. Rispetto ai cambiamenti climatici la prevenzione è una priorità assoluta e gli USA devono assumere la leadership e agire per primi.
Il Presidente della Commissione Ambiente e protezione delle risorse dell’Assemblea Nazionale del Popolo cinese, Wang Guangtao, a sua volta ha posto l'accento sulla sempre maggiore consapevolezza che si sta diffondendo nel popolo cinese di realizzare uno sviluppo “pulito”. Ha ricordato come il Parlamento cinese abbia approvato una risoluzione con la quale si chiede al Governo di affrontare il problema dei cambiamenti climatici. Dopo aver sottolineato l'urgenza di intervenire, ha posto l'accento sull'importanza che la risposta ai cambiamenti climatici sia basata su uno sviluppo degli studi che tenga tuttavia conto delle necessità connesse allo sviluppo. Ha infine affermato che la Cina continuerà a partecipare attivamente alle iniziative volte a favorire la cooperazione a livello internazionale per combattere i cambiamenti climatici.
Nel corso della sessione destinata alle domande, l'onorevole Formisano, rivolgendosi al Ministro del Clima e dell’energia danese e Presidente della Conferenza delle Parti sul Clima di Copenaghen (Cop15), Connie Hedegaard, ha proposto di costituire, dopo la Cop15 di Copenaghen, un intergruppo parlamentare formato da parlamentari dei paesi partecipanti al Forum volto a favorire un'economia verde.
Si sono quindi tenute le seguenti sessioni: “Da Pittsburg a Copenaghen: può un accordo raggiunto a Copenaghen rafforzare la ripresa economica?”, nella quale sono intervenuti il responsabile economico di Globe, dr. Sam Fankhauser, e l’amministratore delegato della Banca Mondiale, Graeme Wheeler; “Le implicazioni in termini di sicurezza dei cambiamenti climatici: quali interventi è necessario varare da parte dei dai Parlamenti?”; “Impatto dei Cambiamenti climatici sulla barrire corallina”; “Punto di vista del Parlamento danese” sul tema: C’è una piattaforma comune tra i partiti danesi rispetto alla UNFCCC COP?”; “Rinnovabili: che strumenti regolatori sono necessari per favorire l’incremento delle energie rinnovabili?”; “Un caso di studio: la soluzione messicana a basso consumo di carbone”.
Si è inoltre esaminato il Rapporto della Commissione internazionale in merito ai cambiamenti intervenuti nell’uso del territorio e negli ecosistemi, nelle foreste e nella barriera corallina.
Infine, si sono esaminati il rapporto della Commissione sul Clima e la Sicurezza energetica e la dichiarazione politica da sottoporre alla Cop15.
Nella dichiarazione che verrà sottoposta alla Cop15 e che è stata accolta con osservazioni dai partecipanti, si premette che si riconosce il punto di vista scientifico in base al quale l'aumento globale della temperatura non deve superare i 2 gradi centigradi e sulla conseguente necessità di limitare le emissioni di CO2.
Si sono quindi fissati i tre criteri che debbono ispirare, a medio termine, gli accordi per il quadro post-2012:
A tale riguardo l’on. Togni, a nome della delegazione italiana, ha osservato che le politiche sui cambiamenti climatici finalizzate alla mitigazione e all'adattamento devono integrarsi in strategie più ampie che considerino l'aumento demografico, la sicurezza e l'emergenza alimentare, nonché la redistribuzione delle risorse a livello mondiale.
L'impianto del documento è condivisibile a condizione che vengano verificate capillarmente, anche alla luce della crisi economica, le esigenze di ogni Paese.
Quanto agli obiettivi a lungo termine, in termini di mitigazione, adattamento, finanza e tecnologia, è necessario monitorare la corrispondenza tra proponimenti e interventi concreti al fine di misurare i progressi conseguiti.
Per quanto riguarda, in particolare, i Paesi sviluppati, questi devono compiere dei passi significativi per raggiungere l'obiettivo del dimezzamento delle emissioni entro il 2050, prevedendo obiettivi ambiziosi di medio termine, per il 2020, il 2030 e il 2040.
A tale riguardo l'onorevole Anna Teresa Formisano ha rilevato l'impossibilità per la delegazione italiana di assumere un impegno su date così stringenti senza acquisire prima il parere del Governo. Ha inoltre rilevato come la situazione sia differente nell'ambito dell'Unione europea all'interno dei vari Paesi membri dell'Unione. Pertanto il raffronto deve vedere tre grandi interlocutori: l'Europa, gli Stati Uniti e la Cina.
Inoltre, l'onorevole Formisano ha suggerito a Globe di istituire una borsa di studio o un assegno di ricerca con la finalità di premiare la migliore tesi di laurea avente per oggetto il risparmio energetico e le energie alternative.
Per quanto attiene al ricorso alle energie rinnovabili, l'onorevole Togni ha osservato che il nuovo Governo italiano si è impegnato a reintrodurre il nucleare in Italia. Se si stima di ridurre le emissioni di un 30 per cento attraverso il ricorso alle energie rinnovabili, bisogna pur sempre tener conto che il restante 70 per cento si ottiene attraverso carburanti fossili, per sostituire i quali l'unica via è quella del nucleare. Le altre tecnologie, come l'eolico, sono valide, ma si tratta di soluzioni che non sono per l'Italia sempre agevoli da adottare per ragioni di ordine paesaggistico e ambientale. Ha inoltre chiesto come mai nei documenti in esame non si parli del geotermico, una tecnologia rinnovabile importante. Inoltre, per quanto riguarda l'eolico ha chiesto se sia stato analizzato in modo approfondito il sistema delle nuove turbine Tornado (derivate dall’aviogetto militare Tornado)
La delegazione italiana ha quindi formulato, mettendole agli atti, le seguenti osservazioni all'impianto del documento presentato nel corso dei lavori:
“In primo luogo, resta un problema aperto: la contraddizione che si crea tra le esigenze prioritarie di bloccare la deforestazione e di aumentare la copertura di foreste e le esigenze assolutamente fondamentali di assicurare un adeguato livello di alimentazione a tutta la popolazione mondiale, anche a fronte di una preoccupante e continua crescita demografica.
In secondo luogo, occorre affrontare in una futura sessione di Globe, dopo la Cop15 e alla luce di quanto si deciderà in quella sede, le possibili soluzioni di quanto al punto 1. La delegazione italiana propone fin d'ora di pensare ad intervenire sulla desertificazione, sulla necessità di bloccarla e di riconquistare i territori persi attraverso politiche adeguate.”
Relazioni Parlamentari con la Danimarca
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Presidente del Folketing (Parlamento monocamerale) |
Thor Perdersen, dal 27 novembre 2007 |
Ambasciatore italiano in Danimarca Andrea Giuseppe Mochi Onory, da agosto 2007 |
Ambasciatore danese in Italia Gunnar Ortmann, da settembre 2006 |
XVI LEGISLATURA
Nella XVI legislatura non si registrano incontri bilaterali né delle Commissioni.
Per quanto riguarda la XV legislatura, il 30 luglio 2007, il Presidente della Commissione Affari esteri, Umberto Ranieri, ha ricevuto l’Ambasciatore italiano Andrea Giuseppe Mochi Onory di Saluzzo di Monterosso e Valgrana, in partenza per la nuova sede di Copenaghen. Il colloquio è stato incentrato sulla situazione interna della Danimarca, con particolare riguardo alla compagine governativa ed alle politiche dell’immigrazione.
Il 24 ottobre 2006, il Presidente Ranieri, ha incontrato l’Ambasciatore di Danimarca, Gunnar Ortmann.
Cooperazione multilaterale
La Danimarca prende parte alla cooperazione parlamentare nell'ambito dell'Unione Europea e del Partenariato euromediterraneo. Invia, inoltre, delegazioni alle Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa, della UEO, della NATO e dell'OSCE.
La Danimarca ha ospitato, dal 29 giugno al 2 luglio 2006 a Copenaghen, la Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea a cui ha preso parte, per la Camera dei deputati, il Vice Presidente, on. Carlo Leoni.
La Danimarca non fa parte del G8 e quindi non prende parte alla dimensione parlamentare del G8. Tuttavia, il 24 e 25 ottobre 2009 il Parlamento danese, in collaborazione con Globe International, ha ospitato il Forum globale dei legislatori del Dialogo sui Cambiamenti climatici dei Paesi G8+5, a cui ha partecipato anche il Primo Ministro danese, Lars Løkke Rasmussen.
Il precedente Forum, il VI, promosso e organizzato da Globe International e dal Parlamento italiano, si era svolto a Roma, presso la Camera dei deputati, il 12 e 13 giugno 2009, nel quadro delle iniziative connesse alla presidenza italiana del G8. Il Primo Ministro Rasmussen, invitato ad aprire la sessione inaugurale del Forum, essendo impossibilitato a prendervi parte, ha tuttavia inviato ai partecipanti un videomessaggio.
Dal 7 al 18 dicembre 2009 Copenhagen ospiterà la 15^ Sessione della Conferenza delle Parti (COP15) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC).
Cooperazione amministrativa
Dal 14 al 16 giugno 2009, ha avuto luogo presso la Camera una visita di una delegazione di funzionari del Folketing, che ha incontrato i funzionari del dipartimento Unione Europea del Servizio Studi, della Segreteria della XIV Commissione per le Politiche dell'Unione Europea della Camera, della Biblioteca e dell’Ufficio Rapporti con l'Unione Europea.
Nell’ambito della medesima visita ha avuto luogo il “Seminario di approfondimento sui rapporti tra Stato nazionale e Unione europea in Italia e in Danimarca”, ove i funzionari danesi e quelli italiani hanno avuto modo di mettere a confronto e scambiare le reciproche buone pratiche ed esperienze.
Il 15 maggio 2009, il Segretario Generale della Camera, Ugo Zampetti, ha incontrato il Segretario Generale del Folketing, Carsten U. Larsen.
Su richiesta del Segretario generale del Parlamento danese, Carsten U. Larsen, il 4, 5 e 6 maggio 2009 si è svolta una visita di funzionari del Dipartimento Internazionale del Parlamento Danese presso entrambe le Camere del Parlamento italiano. Il 4 maggio la delegazione ha visitato il Senato ed il 5 e 6 maggio ha avuto luogo la visita alla Camera dei deputati. In tale contesto la delegazione ha incontrato il Vice Segretario Generale, Alessandro Palanza, ed altri funzionari dei Servizi Commissioni, Studi e Rapporti internazionali. La delegazione era guidata da Ms. Lis Grønnegård Rasmussen, Capo del Dipartimento Internazionale, e composta da funzionari e dipendenti che assistono le Commissioni parlamentari per gli Affari esteri e la Difesa , nonché le delegazioni presso La NATO, l’OSCE, l’UIP, l’Assemblea delle Nazioni Unite, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e l’Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea.
Il 28 ottobre 2008 ha avuto luogo, presso la Camera una visita di funzionari della Sezione Comunicazione del Folketing, che ha svolto incontri con il Vice Segretario Generale, Alessandro Palanza, con il Capo Ufficio Stampa, Giuseppe Leone, con il Capo Servizio Biblioteca, Antonio Casu, e con il Capo Servizio dell’Ufficio Pubblicazioni, Giovanni Rizzoni.
Si ricorda, infine, che entrambe le Amministrazioni parlamentari hanno espresso l’auspicio di una intensificazione dei rapporti di collaborazione già esistenti, al fine di scambiare conoscenze ed esperienze reciproche.
A tale proposito si fa presente che tale collaborazione si è già sviluppata nell’arco della XV legislatura e ancor prima nella XIV. Il 24-25 giugno 2004 infatti una delegazione di funzionari del Parlamento danese ha effettuato una visita di studio presso la Camera dei Deputati e tali visite si sono ripetute il 20-21 settembre 2005 e il 24-25 settembre 2007.
Attività legislativa
Allo stato attuale non vi sono all’esame delle Camere disegni di legge di ratifica di trattati internazionali riguardanti il Regno di Danimarca.
Unione Interparlamentare
Nell'ambito dell'Unione Interparlamentare, opera la sezione bilaterale di amicizia Italia – Paesi nordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia), presieduta dal sen. Francesco Amoruso (Pdl).
La lotta ai cambiamenti climatici è stata oggetto di particolare attenzione da parte dell’UE, con particolare riguardo al contenimento delle emissioni di gas serra in vista della definizione di un regime internazionale da negoziare alla prossima Conferenza di Copenhagenche si terrà nel mesedicembre 2009.
Il Consiglio europeo nel marzo 2007 ha definito quali obiettivi strategici della politica energetica europea:
· la riduzione almeno del 20%, entro il 2020,delle emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990 (e addirittura del 30% in presenza di analoghi impegni da parte di altri paesi);
· l’aumento al 20% della percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020;
· il miglioramento del 20% dell’efficienza energetica.
Nel dicembre 2008 si è poi raggiunto un accordo di compromesso che ha consentito l’adozione, nei primi mesi del 2009, di un pacchetto di atti normativi (tre direttive e una decisione) riguardanti, rispettivamente la promozione dell’energia da fonti rinnovabili, la definizione dell’ambito di applicazione del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione (Emission Trading System ETS-UE), lo stoccaggio geologico di CO2 nonché la ripartizione degli sforzi cui ciascuno degli Stati membri deve far fronte affinché l’UE rispetti gli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2020.
Il compromesso e gli atti normativi che ne sono scaturiti prevedono, tra l’altro, che le imprese esposte a rischio di rilocalizzazione possano ricevere quote gratuite di emissione. I settori interessati saranno individuati sulla base di parametri atti a valutare l’incidenza dei costi aggiuntivi derivanti dall’applicazione della normativa proposta sulla capacità concorrenziale di uno specifico settore. Per i settori non esposti al rischio di rilocalizzazione si procederà alla vendita all’asta. Per ciò che concerne le energie rinnovabili, il testo di compromesso, tra l’altro, recepisce una proposta relativa a meccanismi di cooperazione che consentirebbero, tra l’altro, agli Stati membri di associarsi per progetti comuni per la produzione di elettricità o di riscaldamento/ raffreddamento da fonti rinnovabili e di trasferire “statisticamente” l'energia prodotta con fonti rinnovabili in un altro Stato membro, o in un paese terzo, nel quale hanno realizzato investimenti; l’accordo, inoltre, ha reso più stringenti i criteri di sostenibilità da applicare ai biocarburanti.
A tali atti normativi vanno poi aggiunti un regolamento che fissa a 130 g/km a vettura i livelli di emissione di CO2 delle autovetture nuove entro il 2015, ed una direttiva sugli standard dei combustibili che fissa limiti al tenore di zolfo per il diesel e consente un maggior utilizzo di biocarburanti nella benzina.
Il Consiglio è attualmente impegnato a discutere degli aspetti necessari all’attuazione del pacchetto clima-energia, tra i quali la definizione dei settori esposti alla delocalizzazione e dei parametri di riferimento, dei limiti di emissione settoriali, del regolamento per le aste delle quote di emissione e delle quantità di credito derivanti dai meccanismi flessibili.
Strettamente correlato al tema della lotta ai cambiamenti climatici è quello della sicurezza energetica dell’UE. La Commissione ha presentato, nel novembre 2008, il Secondo riesame strategico della politica energetica che si propone di ridurre la vulnerabilità dell’UE di fronte ad improvvise interruzioni dell’approvvigionamento di energia attraverso:
· una proposta di regolamento concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas che ha come obiettivo generale quello di prevenire o comunque far fronte a interruzioni improvvise dell'approvvigionamento di gas delle dimensioni di quella verificatasi nel gennaio 2009, in particolare, attraverso: l’istituzione di incentivi necessari ad investire nelle infrastrutture, nel gas e nel funzionamento efficace del mercato; l'elaborazione di piani di emergenza predefiniti che coinvolgano tutti i soggetti, negli Stati membri e a livello di UE;
· una proposta di direttiva che stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi, con particolare riguardo ai meccanismi di stoccaggio del petrolio;
· il libro verde “Verso una rete energetica europea sicura, sostenibile e competitiva”, che concerne in particolare le reti transeuropee dell’energia (TEN-E) e una relazione sull’attuazione del programma relativo alle reti TEN-E per il periodo 2002-2006;
· la comunicazione “Energia eolica offshore” che intende definire un contesto favorevole al pieno sviluppo delle potenzialità di tale fonte energetica;
· una comunicazione che aggiorna il programma indicativo per il settore nucleare in cui la Commissione, tra l’altro, riconosce il ruolo importante dell'energia nucleare nella transizione verso un'economia a bassa intensità di carbonio e nella riduzione della dipendenza dell'UE dagli approvvigionamenti esterni, fermo restando il principio che la decisione di introdurre l'energia nucleare nel mix energetico spetta a ogni singolo Stato membro. Inoltre, il 26 novembre 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio (Euratom) relativa alla predisposizione di un quadro comunitario per la sicurezza nucleare.
Il pacchetto di proposte collegato al riesame, inoltre, è finalizzato a migliorare più rapidamente l’efficienza energetica in settori fondamentali come, ad esempio, l’edilizia o l’etichettatura dei prodotti energetici, mentre anche il piano d’azione per l’efficienza energetica sarà sottoposto dalla Commissione ad una valutazione di medio termine.
L’UE si è, altresì, fatta carico di concorrere al sostegno dei Paesi in via di sviluppo per promuoverne la conversione in chiave ecocompatibile anche attraverso il trasferimento di tecnologie adeguate. In tale contesto, si segnalano: la proposta di decisione volta a consentire alla Comunità europea di far parte della Partnership internazionale per la cooperazione sull’efficienza energetica; il Fondo globale per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, che investirà in sotto-fondi regionali negli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), nel Nordafrica, nei paesi dell'Europa orientale non facenti parte dell'UE, nell'America latina e nell'Asia. La Commissione europea ha quantificato in almeno 100 miliardi di euro all’anno le risorse da destinare allo scopo nei Paesi in via di sviluppo.
L’impegno dell’UE in materia di lotta ai cambiamenti climatici è confermato con il Libro bianco “L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo” (COM(2009)147), presentato dalla Commissione il 1° aprile 2009.
In particolare, il documento propone un approccio strategico ai cambiamenti climatici in atto che, attraverso un'impostazione multisettoriale, consenta all'Europa di definire politiche efficaci nonché di predisporre soluzioni concrete per potenziare la resilienza del sistema naturale ed economico europeo - cioè la capacità dello stesso sistema di assorbire le perturbazioni mantenendo la stessa struttura e le stesse modalità di funzionamento - ovvero favorire un adattamento specifico, anche nel medio e lungo termine.
La Commissione propone, tra l’altro, di integrare l'impatto del mutamento del clima nelle principali politiche dell'UE per aumentare la resilienza in settori quali, ad esempio, l’uso efficiente dell’acqua in agricoltura e la gestione delle risorse idriche, o il potenziamento della capacità di stoccaggio idrico degli ecosistemi in Europa. Si evidenzia inoltre la necessità di istituire, entro settembre 2009, un gruppo di pilotaggio per l’adattamento ai cambiamenti climatici, composto da rappresentanti degli Stati membri, che in collaborazione con la società civile e la comunità scientifica sviluppi le priorità indicate dal Libro bianco e consenta la predisposizione di un meccanismo comune di scambio delle informazioni.
La base per sviluppare la posizione negoziale dell’Unione europea in vista della Conferenza di Copenhagenè stata definita dalla Commissione con la comunicazione “Verso un accordo complessivo sui cambiamenti climatici a Copenhagen” (COM(2009)39), presentata il 28 gennaio 2009.
In particolare, la Commissione, ritiene necessario che:
· i Paesi più industrializzati, nel loro complesso, dovrebbero ridurre, entro il 2020, le loro emissioni del 30% rispetto ai valori del 1990.
L’obiettivo di riduzione delle proprie emissioni di CO2 del 20%, assunto unilateralmente dall’UE nell’ambito del compromesso sul pacchetto energia-clima raggiunto dal Consiglio europeo di dicembre 2008, potrebbe essere esteso al 30% nell’ambito di un accordo internazionale che riguardi riduzioni comparabili da parte di altri Paesi industrializzati e azioni appropriate da parte dei paesi in via di sviluppo. Per permettere di confrontare gli sforzi intrapresi, la Commissione propone di considerare, quali parametri chiave: il PIL pro capite (come nel pacchetto clima dell'UE); il potenziale di riduzione delle emissioni; le tendenze demografiche; gli sforzi di riduzione delle emissioni già intrapresi tra il 1990 e il 2005 e la presa in considerazione delle emissioni in eccedenza rispetto al primo periodo di impegni del protocollo di Kyoto.
· i Paesi in via di sviluppo, nel loro complesso, dovrebbero limitare l’aumento delle loro emissioni tra il 15 e il 30% rispetto al livello l’attuale.
Fondandosi sulle previsioni indipendenti delle Nazioni Unite, la Commissione valuta in 175 miliardi di euro all'anno gli investimenti supplementari netti necessari sul piano mondiale tra il 2013 ed il 2020, più della metà dei quali dovrà essere investita nei paesi in via di sviluppo. Per individuare fonti innovative di finanziamento, la Commissione propone due opzioni, di cui si discute attualmente all'ONU: un impegno annuale dei paesi ricchi in favore dei paesi in via di sviluppo, fondato sul loro livello di emissioni (fondato sul principio “chi inquina, paga”) e sul PIL pro capite, oppure un prelievo sui proventi delle aste dei paesi ricchi, da versare in un fondo speciale per la riduzione delle emissioni.
· un mercato globale del carbonio dovrebbe poter collegare i sistemi di scambio di emissione attuali affinché sia possibile ottenere una riduzione delle emissioni vantaggiosa anche dal punto di vista economico. L’UE dovrebbe estendere il proprio sistema ad altri paesi per assicurare un mercato in ambito OCSE entro il 2015 ed anche più esteso entro il 2020.
Tale posizione è stata ulteriormente precisata dal Consiglio europeo e dal Consiglio in fasi successive.
Il Consiglio europeo informale del 17 settembre 2009, nelle sue conclusioni, ha fatto proprie le proposte della Commissione (COM(2009)475) per il sostegno internazionale agli sforzi di mitigazione climatica delle economie più deboli che, in base alle stime della Commissione europea, potrebbe raggiungere circa 100 miliardi di euro l'anno entro il 2020. La Commissione calcola che il contributo dell’UE potrebbe variare dal 10% circa (se si applicasse esclusivamente un criterio di responsabilità delle emissioni) al 30% circa (se prevalesse il criterio di capacità contributiva ovvero il PIL) che corrisponderebbe ad un impegno variabile tra 0,5-2,1 miliardi di euro nel biennio 2010-2012, e da 0,9-3,9 miliardi di euro l’anno a 2-15 miliardi tra il 2013 e il 2020. Il Consiglio europeo propone, inoltre, di riconoscere la necessità di un sostegno internazionale pubblico per affrontare i bisogni urgenti di adattamento che, secondo la Commissione, richiederebbero circa 5-7 miliardi di euro l'anno nel periodo 2010-2012.
Il Consiglio ambiente del 21 ottobre 2009, nelle sue conclusioni, definisce la posizione dell'UE alla Conferenza di Copenaghen sotto molteplici aspetti. Tra l’altro, il Consiglio:
per ciò che concerne la mitigazione:
Le misure contenute nel regolamento sono destinate, tra l’altro, a fronteggiare le conseguenze, anche sotto il profilo dell’impatto ambientale, del raddoppio del volume del traffico aereo atteso per il 2020. A tal fine la Commissione propone di realizzare una gestione integrata dello spazio aereo mediante la creazione di “blocchi funzionali di spazio aereo” basati su requisiti operativi e destinati a superare l’attuale situazione per cui la rete delle rotte europee è semplicemente la sommatoria di rotte nazionali, corrispondenti sostanzialmente agli spazi aerei di competenza di ciascuno Stato membro, con conseguenti prolungamenti della durata dei voli ed aumento dell’impatto ambientale. La gestione dello spazio aereo mediante blocchi funzionali di spazio aereo consentirebbe di razionalizzare la lunghezza delle rotte e di ridurre di conseguenza le emissioni inquinanti. In sede di definizione dei blocchi, si dovrebbe garantire la compatibilità tra usi civili e militari dello spazio aereo in un quadro coerente per garantire il pieno coinvolgimento dei diversi soggetti competenti.
per ciò che concerne l’adattamento
· per ciò che riguarda la riduzione delle emissioni derivanti da deforestazione e degrado delle foreste (reducing deforestationa and forest degradation REDD) il Consiglio sostiene un approccio in tre fasi che comprenda: lo sviluppo di strategie per la conservazione delle foreste (REDD+) e la predisposizione di inventari forestali nazionali (fase preparatoria), misure di governance forestale, p.e. la conservazione della biodiversità (seconda fase), meccanismi per la valutazione delle riduzioni delle emissioni (terza fase).
La Commissione europea ritiene che, nello sforzo di limitare il riscaldamento della terra a 2 gradi centigradi, la riduzione delle emissioni provocate dalla deforestazione è essenziale dal momento che:
- le foreste, coprendo circa il 30% della superficie terrestre (il 42% nell’UE nel 2005 secondo dati Eurostat), immagazzinano circa la metà del carbonio terrestre; pertanto, il processo di deforestazione, che secondo stime della FAO costerebbe la perdita di circa 13 milioni di ettari di foreste l’anno, ovvero una superficie pari circa alla Grecia, sarebbe responsabile di circa il 20% delle emissioni mondiali di biossido di carbonio (IPCC, 2007), equivalenti a più del totale delle emissioni di gas serra della UE;
- vanno ribaditi il valore economico delle foreste, che forniscono un numero importante di servizi ecosistemici, e la loro importanza ai fini del mantenimento della biodiversità e delle condizioni di vita di circa 1,6 miliardi di persone che dipendono dalle risorse forestali e di 60 milioni di autoctoni che ne dipendono direttamente per la loro sopravvivenza
Le preoccupazioni della Commissione per la perdita della biodiversità sono invece legate alla dipendenza degli esseri umani dai beni e dai servizi offerti dagli ecosistemi, dimostrata anche dai risultati di uno studio, pubblicato nel maggio 2008 in occasione della 9a conferenza della convenzione sulla diversità biologica, secondo il quale, con la scomparsa del 60% delle barriere coralline nel 2030 e la perdita dell’11% delle aree naturali del pianeta nel 2050 a causa della conversione all’agricoltura, per l’espansione delle infrastrutture e per le conseguenze dei cambiamenti climatici, la perdita globale dei servizi ecosistemici ammonterebbe a 50 miliardi di euro l’anno con perdite in termini di benessere che, nel complesso, potrebbero rappresentare il 7% del PIL.
Il Consiglio europeo del 29-30 ottobre 2009 nelle sue conclusioni ha definito la posizione dell'UE in riferimento alla prossima conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici confermando la determinazione dell’UE a svolgere un ruolo trainante e a contribuire al raggiungimento di un accordo globale, ambizioso e completo. Il Consiglio europeo, inoltre, ha sottolineato l'esigenza di un accordo giuridicamente vincolante per il periodo a decorrere dal 1º gennaio 2013, che si basi sul protocollo di Kyoto e ne riprenda gli elementi essenziali. Il Consiglio europeo ha riconosciuto, altresì, la necessità che tutti i paesi, compresi quelli che attualmente non sono vincolati dal protocollo di Kyoto, adottino misure immediate.
Il Consiglio, tra l’altro:
· ha auspicato che si assuma l’obiettivo del limite dei 2°C dell’UE e richiede una riduzione delle emissioni mondiali di gas serra di almeno il 50% nel 2050, rispetto ai livelli del 1990; la riduzione, per i Paesi industrializzati, dovrebbe essere nell’ordine dell’80-95%;
· ha sollecitato gli altri paesi sviluppati a condividere l’impegno dell’UE, e i paesi in via di sviluppo, specialmente quelli più avanzati, a impegnarsi con misure di mitigazione adeguate che rispecchino le loro responsabilità comuni, ma differenziate, e le rispettive capacità. Il Consiglio europeo sottolinea l’impegno dell’UE a fare la propria parte, nonché la necessità di procedere alla misurazione, notifica e verifica (MRV) delle azioni di mitigazione in tutti i paesi;
· ha sottolineato la necessità di aumentare i finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici dei Paesi in via di sviluppo, “a partire da quelli particolarmente vulnerabili”, con flussi finanziari, stimati complessivamente in circa 100 miliardi di euro l'anno entro il 2020, sostenuti combinando sforzi propri dei PVS, proventi del mercato internazionale del CO2 e finanziamenti pubblici internazionali;
· ha affermato che la ripartizione dei finanziamenti pubblici internazionali, stimati attorno ai 22-50 miliardi di euro l'anno entro il 2020, dovrà avvenire, a livello globale, in modo che tutti i paesi, salvo quelli meno avanzati, contribuiscano sulla base del PIL e dei livelli di emissione;
· ha sottolineato la disponibilità dell’UE a contribuire in maniera adeguata, per un importo che sarà determinato alla luce dell’esito della Conferenza di Copenhagen, ad un finanziamento pubblico internazionale rapido destinato, nell’ambito di un accordo completo, equilibrato ed ambizioso, ad azioni a medio e lungo termine che non possono essere ritardate e che richiedono un importo stimato in 5-7 miliardi di EUR all'anno per il periodo 2010-2012;
· ha affermato che la questione delle unità di quantità assegnate (AAU) inutilizzate deve essere affrontata senza discriminazioni, garantendo parità di trattamento ai paesi europei e non europei;
· ha preso atto della proposta della Commissione (D006234/02) che individua, in base ai criteri fissati dalla direttiva ETS, 164 settori e sottosettori industriali considerati ad elevato rischio di rilocalizzazione delle emissioni CO2 - o carbon leakage – e che beneficeranno, nel periodo 2013-2020, di un sistema di allocazioni gratuite, rilevando che un settore o sottosettore può essere aggiunto all’elenco, sulla base di nuove informazioni, se soddisfa i pertinenti criteri.
Per ciò che riguarda il finanziamento della lotta contro il cambiamento climatico nei paesi in via di sviluppo, il Consiglio del 17 novembre 2009 ha approvato un compromesso in base al quale il finanziamento dell'adattamento e della mitigazione deve sommarsi all'aiuto pubblico allo sviluppo tenendo conto del fatto che alcuni Stati membri hanno già rispettato i loro precedenti obiettivi di Kyoto. Infine, il Consiglio Ambiente del 23 novembre 2009 ha ribadito che la posizione negoziale dell’UE si basa sulle conclusioni del Consiglio Ambiente del 21 ottobre 2009 e del Consiglio europeo del 29-30 ottobre 2009.
Il 25 novembre 2009 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzionesulla strategia dell'Unione europea per la conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici (COP 15) con la quale chiede formalmente all'UE di mantenere un elevato livello di ambizione a Copenaghen per un accordo mondiale vincolante in grado di rispettare l'obiettivo di 2 gradi °C.
Secondo il Parlamento europeo, il vertice di Copenaghen dovrebbe raggiungere almeno un accordo vincolante sugli obiettivi e il finanziamento delle misure di sostegno ai paesi industrializzati e stabilire un processo formale per arrivare, all'inizio del 2010, ad un accordo globale formale sul clima per il dopo-2012, che entrerebbe in vigore il 1° gennaio 2013, alla scadenza del protocollo di Kyoto.
Il Parlamento chiede, inoltre, all'UE di mantenere l'obiettivo di aumentare fino al 30% la riduzione delle emissioni, e di presentare chiaramente questo obiettivo a Copenaghen per tentare di ottenere impegni analoghi anche dai paesi maggiormente responsabili di emissioni inquinanti.
La risoluzione del Parlamento raccomanda:
- una riduzione delle emissioni compresa tra il 25 e il 40% entro il 2020 rispetto al 1990 per il gruppo dei paesi industrializzati;
- una limitazione dell'aumento delle emissioni dei paesi in via di sviluppo compresa tra il 15 e il 30% al di sotto del livello che sarebbe raggiunto in uno scenario di statu quo; tuttavia, a causa del loro peso economico, la Cina, l'India e il Brasile dovrebbero impegnarsi a conseguire obiettivi simili a quelli dei paesi industrializzati;
- l'impegno dei paesi industrializzati di fornire un aiuto finanziario e tecnico sufficiente, durevole e prevedibile ai paesi in via di sviluppo, il sostegno finanziario alle azioni volte ad alleviare l'impatto degli sforzi necessari e a permettere ai paesi in via di sviluppo di adattarsi devono aggiungersi all'aiuto allo sviluppo (APS): l'aiuto immediato richiesto sarebbe compreso tra i 5 e i 7 miliardi di euro all'anno tra il 2010 e il 2012;
- non meno di 30 miliardi di euro all'anno entro il 2020 per il contributo collettivo dell'UE agli sforzi intesi ad alleviare i sacrifici e alle azioni di adattamento dei paesi in via di sviluppo;
- un regime di controllo rafforzato, che comprenda un meccanismo di preallarme ed un regime di sanzioni tanto per quanto riguarda gli obiettivi di riduzione delle emissioni che per gli impegni finanziari;
- meccanismi di compensazione che prevedano, in futuro, norme rigorose di qualità dei progetti, per evitare che i paesi ricchi approfittino delle possibilità poco costose di riduzione delle emissioni a spese dei paesi in via di sviluppo e per garantire che i progetti rispondano a riduzioni affidabili, verificabili e reali delle emissioni;
- l'inclusione dei trasporti aerei e della navigazione marittima internazionale nell'accordo con i medesimi obiettivi costrittivi previsti per gli altri settori industriali, e un meccanismo di asta per almeno il 50% delle quote di emissioni;
- un aiuto finanziario consistente ai paesi in via di sviluppo perché si fermi, entro il 2020 al più tardi, il disboscamento tropicale indiscriminato e perché sia creato un meccanismo mondiale per il carbonio forestale (MMCF).
Il 26 novembre 2009 il presidente pro tempore del Consiglio europeo, il primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt, e il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, con una dichiarazione congiunta hanno accolto favorevolmente gli impegni di riduzione di emissioni di CO2 annunciati dagli Stati Uniti e dalla Repubblica Popolare Cinese (RPC), che assieme sono responsabili del 40% delle emissioni climalteranti del Pianeta.
In particolare, il 25 novembre 2009 il presidente, Barack Obama, ha prospettato l’impegno degli USA a diminuire del 17% le emissioni di gas a effetto serra per il 2020 - rispetto ai livelli del 2005 – a cui seguiranno riduzioni del 30% nel 2025 e del 42% nel 2030.
Il 26 novembre 2009 il primo ministro cinese Wen Jiabao, ha reso nota l’intenzione del proprio paese di abbassare l’“intensità carbonica” del 40, forse 45% (rispetto a quelle del 2005) entro il 2020. L’impegno della Cina si basa sul progressivo disaccoppiamento tra la crescita dell’economia - tra il 1980 e il 2005 la crescita annua del Pil cinese è stata del 9,4% - e l’energia utilizzata. Utilizzando sempre meglio l’energia in fase produttiva la Cina, infatti, è riuscita, negli ultimi 25 anni, a ridurre l’intensità energetica del 4% ogni anno. Contando sul fatto che la riduzione dell’intensità energetica proseguirà nei prossimi dieci anni, anche se a un ritmo meno intenso, e sull’avvio di un disaccoppiamento tra consumi e CO2, la Cina punterebbe a mantenere inalterata la quantità di emissioni, pur in presenza di una crescita a tassi molto elevati, nel contesto dello sviluppo di un’economia più efficiente e perciò meno inquinante.
L’apprezzamento dell’UE per gli impegni della Cina è espresso anche nella dichiarazione congiunta rilasciata in occasione del 12° vertice UE-Cina svolto il 30 novembre 2009. La Cina, dal canto suo, ha riconosciuto il ruolo guida e gli sforzi dell’UE per il raggiungimento di un accordo su un nuovo regime climatico mondiale.
Paesi industrializzati:
· Giappone: ha proposto di ridurre le emissioni del 25% nel 2020 rispetto al 1990 "in caso di accordo molto ambizioso con la partecipazione di tutti i principali paesi";
· Canada: mira a ridurre le emissioni del 20% nel 2020 rispetto al 1990. Il Parlamento canadese ha appena votato una mozione che invita il governo a maggiori impegni (meno 25% nel 2020 rispetto al 1990);
· Russia: nessun impegno formale. Secondo quanto annunciato dal presidente della Commissione Ue Jose Manuel Barroso, Mosca sarebbe pronta a ridurre la CO2 tra il 20 e il 25% nel 2020 rispetto al 1990. Tuttavia, nel 1990 funzionavano ancora a pieno regime il sistema industriale sovietico ad altissima intensità carbonica;
· Australia: il Parlamento ha appena bocciato, un'altra volta, il testo del governo che prevede per il 2020 una riduzione delle emissioni tra il 5 e il 25% rispetto al 2000;
· Nuova Zelanda: riduzione tra il 10 e il 20% delle emissioni nel 2020 rispetto del 1990;
Paesi in via di sviluppo:
· Brasile: il governo prenderà "l'impegno volontario" di ridurre tra il 36 e il 39% le emissioni rispetto alle previsioni per il 2020, grazie soprattutto ai maggiori sforzi contro la deforestazione dell'Amazzonia, la più grande foresta tropicale del pianeta;
· India: afferma di aver preso misure "che comportano una significativa riduzione delle emissioni di gas a effetto serra", che potrebbe essere quantificata in una "cifra indicativa" non ancora annunciata;
· Indonesia: un programma nazionale potrebbe permettere di ridurre le emissioni del 26% nel 2020 rispetto allo scenario "business as usual", essenzialmente grazie alla lotta alla deforestazione;
· Corea del Sud: si è impegnata a ridurre le 4% le sue emissioni di gas serra nel 2020 rispetto al livello del 2005, che corrisponde a un calo del 30% rispetto alle previsioni a politiche invariate.
· Messico: proporrà a Copenaghen di ridurre le missioni del 50% nel 2050 se disporrà "delle tecnologie e dei finanziamenti adeguati".
Il Programma Agenda 21, approvato nella Conferenza di Rio de Janeiro del 1992[8] e sottoscritto da oltre 170 nazioni, è un catalogo delle politiche e delle azioni mirate allo Sviluppo Sostenibile. L'Agenda 21 è il processo di partnership attraverso il quale gli enti locali operano in collaborazione con tutti i settori della comunità locale per definire piani di azione per perseguire la sostenibilità. Proprio in considerazione delle peculiarità di ogni singola città, le autorità locali di tutto il mondo sono quindi invitate a dotarsi di una propria Agenda.
L’Unione europea si è attivamente adoperata per recepire nella propria politica ambientale le indicazioni contenute nell’Agenda 21: il primo rilevante documento di riferimento è rappresentato dalla Decisione n. 2179/98/CE[9], a cui ha fatto seguito, nel giugno 2002, la decisione relativa al “Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente 2001-2010"[10], che individua le priorità e gli obiettivi della politica ambientale della Comunità per il periodo dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2010 e indica i provvedimenti da adottare per contribuire alla realizzazione della Strategia dell'Unione europea in materia di sviluppo sostenibile[11].
Tale strategia, adottata nel 2001 (COM[2001]264 def.) è stata più volte riesaminata. Da ultima è intervenuta la comunicazione COM(2009)400 def. “Integrare lo sviluppo sostenibile nelle politiche dell’UE”, con cui la Commissione ha sottolineato che la crisi economica in atto può costituire un’occasione per accelerare il passaggio ad un’economia più compatibile con l’ambiente.
Per quanto riguarda le iniziative italiane, sin dal 1993 – quindi immediatamente dopo il Summit di Rio - l’Italia si è dotata di un Piano globale, approvato dal CIPE, per l’attuazione dell’Agenda 21.
Da diversi anni il Ministero dell'ambiente incentiva gli enti locali nell'attuare politiche di sviluppo sostenibile avviando specifiche azioni di sostegno, come il cofinanziamento dei processi di Agenda 21 locale.
Si ricorda, inoltre, che l’art. 21 della legge 23 marzo 2001, n. 93 ha istituito un fondo per il sostegno di una serie di iniziative, in particolare “ai fini di promuovere ed attuare presso i comuni, le province e le regioni l'adozione delle procedure e dei programmi denominati «Agende 21».
Nell’ambito della politica europea per lo sviluppo sostenibile che invita gli Stati membri a delineare le proprie strategie nazionali, l’Italia ha provveduto ad approvare la “Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”, (Deliberazione CIPE 2 agosto 2002, n. 57); un documento che riflette la proposta della Commissione europea sul Sesto Piano d’Azione per l’Ambiente e conferma la volontà nazionale di conformarsi al nuovo cammino europeo e internazionale a favore della sostenibilità[12].
Nella stessa data con la delibera CIPE n. 63/2002 (poi integrata con la delibera n. 80/2002), è stato deliberato anche il Programma di attività per gli anni finanziari 2001-2002 relativo al Fondo per la promozione dello sviluppo sostenibile istituito dall’art. 109 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001), come modificato dall'art. 62 della legge 28 dicembre 2001, n. 488 (finanziaria 2002).
Tale fondo è stato “riproposto” dal comma 1124 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, di un nuovo Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare:
§ progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche;
§ l’educazione e informazione ambientale;
§ progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile.
Il successivo comma 1125 determina la dotazione del fondo in 25 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
L’operatività del Fondo è stata avviata con l’adozione del decreto interministeriale 16 gennaio 2008.
Nel corso del processo di revisione del cd. codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152/2006), con il d.lgs n. 4/2008 sono stati introdotti, nel testo del codice, alcuni articoli contenenti i principi generali sulla produzione del diritto ambientale. In particolare l’art. 3-quater ha introdotto il principio dello sviluppo sostenibile.
Il primo comma del citato articolo prevede che ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del codice debba “conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future”. Il successivo comma dispone che “anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione”. Inoltre al comma 3 viene stabilito che “data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro.
Il comma 4 dispone, infine, che “la risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane”.
Nel corso dell’attuale legislatura l’Assemblea della Camera dei deputati ha approvato, nel febbraio 2009, una mozione (n. 1/00122[13]) - condivisa da maggioranza e opposizione - concernente iniziative per favorire uno sviluppo ambientale sostenibile e finalizzata ad impegnare il Governo ad avviare misure da attuare già nel 2009, dirette a favorire uno sviluppo ambientale sostenibile e indirizzate soprattutto al risparmio e all’efficienza energetica, allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile e di sistemi di trasporto “puliti” nonché per migliorare la gestione dei rifiuti.
Analoghe finalità sono contenute nella mozione 1-00065, approvata nella seduta del 27 novembre 2008, che ha impegnato il governo ad intraprendere un'azione coordinata in campo ambientale volta a colmare i ritardi rispetto all’attuazione del protocollo di Kyoto e a facilitare il raggiungimento di un nuovo accordo globale per una significativa riduzione dei gas ad effetto serra in vista della Conferenza Onu sul clima che si terrà a Copenhagen nel dicembre 2009, nonché a promuovere la competitività internazionale del sistema produttivo europeo e consentire di inaugurare un nuovo corso anche in tema di trasferimento tecnologico per l'efficienza energetica e lo sviluppo di fonti di energia pulita.
Da ultimo, n vista del vertice di Copenhagen che si terrà dal 7 al 19 dicembre prossimi, il 25 novembre è stata approvata la mozione 1-00290 sulle politiche connesse allo sviluppo sostenibile che impegna Governo, in occasione del vertice, a farsi promotore di iniziative, anche di carattere normativo:
o per definire un quadro di interventi di sensibilizzazione della popolazione sulla natura strategica delle politiche ambientali e sull'essenziale importanza dei comportamenti virtuosi individuali;
o per adottare misure per il sostegno degli investimenti diretti al risparmio energetico, alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni e, in particolare, alla riduzione dei consumi energetici degli edifici privati, nonché degli edifici pubblici e della pubblica illuminazione;
o per realizzare politiche volte alla tutela del suolo dai fenomeni di erosione, perdita di materiale organico, smottamenti e contaminazioni, in modo da prevenire eventi catastrofici;
o per porre l'Italia all'avanguardia dello sforzo europeo, assumendo le politiche per combattere i mutamenti climatici come motore di un nuovo ciclo economico, energetico e ambientale, capace di coinvolgere tutti i soggetti interessati.
In questi giorni è all’esame del Parlamento il disegno di legge che definisce la manovra finanziaria e di bilancio per il prossimo triennio, all’interno della quale il Governo evidenzia in modo separato - sin dal 2000[14] – le poste del bilancio destinate alla tutela dell’ambiente (cd. ecobilancio).
In seguito alla radicale riorganizzazione operata nel corso del 2007 (circolare n. 21 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del 5 giugno 2007), con cui la struttura del bilancio è mutata da una struttura per organizzazione delle amministrazioni (centri di responsabilità amministrativa, gestori delle risorse) ad una struttura che pone al centro le funzioni (missioni e programmi, cosa viene fatto con le risorse disponibili), l’ecobilancio risulta di immediata individuazione.
L’ecobilancio corrisponde infatti alla missione 18 Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente interamente considerata (cioè non limitatamente alle sole risorse del Ministero dell’ambiente) e integrata con le risorse del programma 17.3 Ricerca in materia ambientale (collocato nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente).
La tabella seguente, tratta dall’ecobilancio per il 2010, riporta la serie storica dal 2007 degli stanziamenti nel bilancio dello Stato per la tutela dell’ambiente:
2007 R |
2008 R |
2009 A |
2010 B |
|
17.3 Ricerca ambientale |
122,8 |
116,6 |
114,2 |
91,3 |
18 Sviluppo sostenibile |
1.663,4 |
2.234,7 |
1.393,4 |
897,2 |
Totale |
1.786,3 |
2.351,3 |
1.507,7 |
988,6 |
(stanziamenti di competenza – milioni di euro)
R = Rendiconto; A = Assestamento; B = Bilancio di previsione
Eventuali incongruenze sono dovute agli arrotondamenti
L’analisi della tabella riportata evidenzia il deciso trend discendente in corso dal 2009, che inverte la tendenza all’aumento instauratasi durante la precedente legislatura: nel 2010 si registra una riduzione del 34,4% rispetto al dato assestato del 2009, mentre rispetto allo stanziamento definitivo del 2008 la riduzione è addirittura pari al 58%.
I nuovi trattati dell’Unione europea
La centralità delle tematiche ambientali nei trattati dell’UE - nei testi consolidati che tengono conto delle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009 - si evince già dalle parti iniziali del Trattato sull’Unione europea[15], dedicate alla definizione degli obiettivi dell’Unione. Secondo l’articolo 3, paragrafo 3, l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, da raggiungere anche attraverso un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Viene quindi sancito il principio che lo sviluppo sostenibile include la tutela dell'ambiente[16].
Lo sviluppo sostenibile rappresenta un obiettivo che l’Unione persegue non solo all’interno dell’Europa, ma anche nel resto del mondo. Nel successivo paragrafo 5 dell’art. 3 del medesimo Trattato viene infatti posto l’obiettivo di contribuire allo “sviluppo sostenibile della Terra”, accanto alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani.
Tale affermazione corrisponde all’impegno assunto in questi anni dall’Unione europea nell’ambito del processo internazionale di definizione di una politica globale dell’ambiente. A tal proposito possono essere ricordati – fra i casi più recenti - gli accordi di Kyoto sulle emissioni di gas serra e il Summit di Johannesburg del 2002, che hanno visto l’UE svolgere un ruolo particolarmente attivo.
Lo stesso impegno viene ribadito dall’art. 21, paragrafo 2, relativo all’azione dell’Unione sulla scena internazionale.
Viene, infatti, previsto che l’Unione definisca ed attui politiche comuni ed azioni ed operi per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali, al fine, tra l’altro, di favorire lo sviluppo sostenibile nei Paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo primo di eliminare la povertà (lettera d).
La centralità dello sviluppo sostenibile viene ribadita anche dall’art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea[17], in base al quale “le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”.
L’ambiente nella Costituzione italiana
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, la materia “tutela dell’ambiente” ha trovato posto - per la prima volta - nelle elencazioni dell’art. 117 e quindi un’esplicita considerazione ai fini del riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni. L’innovazione, testimonianza in sé dell’accresciuto rilievo sociale ed economico delle problematiche ambientali, è addirittura caratterizzata da un’articolazione definitoria. Infatti, il legislatore costituzionale ha distinto fra la legislazione in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, e legislazione finalizzata alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”, collocata invece al comma terzo dell’articolo 117, e quindi attribuita alla competenza concorrente di Stato e regioni.
Si segnala, inoltre, che nel corso della XIV legislatura, la Camera dei deputati, nella seduta del 28 ottobre 2004, ha approvato in prima deliberazione con maggioranza quasi unanime (303 voti su 312 votanti) la riforma dell'articolo 9 della Costituzione. Agli originari due primi commi ne è stato aggiunto un terzo secondo cui: "(La Repubblica) ... tutela l'ambiente e gli ecosistemi, anche negli interessi delle future generazioni. Protegge la biodiversità e promuove il rispetto degli animali". Tale progetto di riforma[18], tuttavia, non ha completato l’iter necessario alla sua trasposizione in legge costituzionale.
Il codice ambientale e i principi del diritto ambientale
Con il decreto legislativo n. 152/2006, in attuazione della delega recata dalla legge 308/2004, gran parte delle disposizioni legislative in materia ambientale sono state raccolte in un unico testo legislativo, composto da più di 300 articoli e oltre 40 allegati.
Benché tale decreto non costituisca un vero e proprio testo unico in materia ambientale[19], esso rappresenta dal 29 aprile 2006 (data della sua entrata in vigore[20]) il principale atto normativo di riferimento in materia ambientale (o, per lo meno, in materia di VIA e VAS, tutela delle acque e difesa del suolo, rifiuti, inquinamento atmosferico e danno ambientale), tanto da venir comunemente indicato come “codice ambientale”.
Nel corso dei due anni successivi alla sua entrata in vigore[21], il Codice è stato oggetto di alcuni interventi correttivi, principalmente finalizzati a superare i contrasti emersi con la normativa dell’Unione europea[22].
In particolare, con il decreto legislativo n. 4/2008, sono state apportate alcune modifiche alla Parte prima del d.lgs. n. 152/2006, volte a codificare nel diritto nazionale i principi del diritto ambientale, prevalentemente di derivazione comunitaria, che rappresentano una novità nel panorama legislativo italiano in materia ambientale.
I principi generali del diritto ambientale introdotti riguardano:
§ il principio sulla produzione del diritto ambientale, in base al quale le disposizioni generali del d.lgs. n. 152 del 2006 sono "principi fondamentali" e "norme fondamentali di riforma economico-sociale" che - in conformità al Titolo V della Costituzione - limitano la potestà legislativa di Regioni ordinarie ed enti ad autonomia speciale. Alle Regioni è consentito adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, con il limite però che non si determini un’arbitraria discriminazione;
§ il principio dello sviluppo sostenibile, in base al quale la pubblica amministrazione deve dare priorità alla tutela ambientale;
§ il principio di sussidiarietà in base al quale lo Stato interviene solo per inefficacia delle azioni poste a livello inferiore (operante sia nei rapporti tra Stato e livelli territoriali di governo inferiori sia nei rapporti tra Regioni ed enti locali) e principio di leale collaborazione tra gli enti esponenziali dei diversi livelli di governo;
§ il principio del libero accesso alle informazioni ambientali, nonché il diritto di partecipare ai procedimenti in cui sono coinvolti interessi ambientali, a prescindere dalla dimostrazione della sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante.
Nel recente Libro bianco della Commissione europea sui cambiamenti climatici (v. infra) si legge che “i servizi ecosistemici, come il sequestro del carbonio, … sono direttamente legati ai cambiamenti climatici”.
L’importanza della tutela della biodiversità era già stata precedentemente sottolineata nel Piano d'azione europeo a favore della biodiversità (Comunicazione della Commissione del 22 maggio 2006 “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre” - COM(2006)216 def.), in cui si fa risaltare sia il potenziale contributo della biodiversità per limitare le emissioni di gas serra nell'atmosfera, grazie al meccanismo di cattura del carbonio, che l’importanza di politiche volte a limitare l'impatto del cambiamento climatico sulla biodiversità[23].
Sul ruolo chiave della biodiversità nelle strategie di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici si è soffermata anche la recente Carta di Siracusa[24], adottata nell’aprile 2009, nel corso del G8 Ambiente tenutosi nella città siciliana.
La diversità biologica (biodiversità) è essenziale per conservare la vita sulla terra e ha un importante valore a livello sociale, economico, scientifico, educativo, culturale, ricreativo ed estetico. Oltre a questo suo valore intrinseco, la biodiversità determina la capacità degli esseri viventi di adattarsi e resistere al cambiamento.
La Convenzione sulla Diversità Biologica[25] è stata adottata il 5 giugno del 1992, al Summit Mondiale di Rio de Janeiro delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo. Dalla sua adozione ad oggi, 192 Paesi hanno ratificato o aderito alla Convenzione[26], rendendola uno degli accordi internazionali più importanti.
Nel ratificare la Convenzione, le Parti contraenti si sono impegnate a intraprendere misure nazionali e internazionali finalizzate al raggiungimento di tre obiettivi: la conservazione in situ ed ex situ della diversità biologica (a livello di geni, popolazioni, specie, habitat ed ecosistemi), l'uso sostenibile delle sue componenti e l'equa condivisione dei benefici derivanti dall'utilizzazione delle risorse genetiche.
La Convenzione rappresenta una pietra miliare nell'approccio della Comunità internazionale all'ambiente e allo sviluppo poiché è il primo a riconoscere la necessità di adottare un approccio olistico alla conservazione e all'uso sostenibile della biodiversità.
Per raggiungere i suoi obiettivi la Convenzione richiede una più efficiente utilizzazione delle conoscenze esistenti, una più profonda comprensione dell'ecologia umana e delle dinamiche ambientali, l'applicazione di pratiche e tecnologie sostenibili e la cooperazione internazionale tecnica e finanziaria.
La Convenzione sottolinea, infine, il ruolo delle comunità locali e delle popolazioni autoctone per la conservazione della biodiversità.
La CBD ha intrapreso un programma di azione su cinque aree tematiche: biodiversità marina e costiera, biodiversità agricola, biodiversità delle foreste, biodiversità delle acque interne e biodiversità delle zone aride[27].
L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge n. 124 del 1994 cui hanno fatto seguito numerose iniziative, anche normative.
Si ricorda, tra le altre, l’istituzione - in data 27 aprile 2004, con Decreto del Ministro per le Politiche Comunitarie - del Comitato di Coordinamento Nazionale per la Biodiversità.
Nel corso del 2005, inoltre, il Ministero dell'Ambiente ha pubblicato un importante volume dal titolo “Stato della biodiversità in Italia”, quale contributo propedeutico alla preparazione di una Strategia nazionale per la Biodiversità[28].
Da diversi anni negli ambienti internazionali veniva sottolineata la necessità di intraprendere un piano per la difesa della biodiversità. Una decisione condivisa e rafforzata in diverse sedi internazionali, quali il Summit di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002.
Nel maggio del 2004, a Malahide, in Irlanda, nel corso di una conferenza organizzata dalla Presidenza irlandese dell’unione, è stata lanciata ufficialmente, a livello europeo, l’iniziativa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) denominata “countdown 2010”[29] avente lo scopo di sensibilizzare i vari settori della società civile sul raggiungimento dell’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010. Pochi mesi dopo l’Italia ha aderito formalmente alla citata iniziativa e lanciato il sito web www.iucn.it.
Il degrado ambientale e le minacce che gravano su talune specie animali e vegetali hanno indotto l’Unione europea a cercare di garantire la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e seminaturali, e della flora e della fauna selvatiche sul territorio degli Stati membri.
Con la direttiva 92/43/CEE, nota come direttiva habitat, è stata attribuita ad un sistema coordinato e coerente di aree la conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell’UE, ed in particolare la tutela di una serie di habitat, nonché di specie animali e vegetali, indicati dalla stessa direttiva habitat, e dalla direttiva 79/409 (cd. direttiva uccelli). Tale rete ecologica, cui è stato attribuito il nome Natura 2000 dall’art. 3 della direttiva n. 43, è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS), che possono fra loro avere relazioni spaziali diverse, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione. La realizzazione della rete avviene fondamentalmente sulla base di informazioni scientifiche, ed ha consentito una prima raccolta standardizzata delle conoscenze naturalistiche finalizzata alle conservazione della biodiversità.
La designazione delle zone speciali di conservazione si basa su una procedura che, sulla base delle proposte degli Stati membri, conduce all’adozione, da parte della Commissione, di un elenco di siti d'importanza comunitaria (SIC) per ognuna delle sette regioni biogeografiche dell'UE (alpina, atlantica, boreale, continentale, macaronesica, mediterranea e pannonica), cui può far seguito la sua designazione, da parte dello Stato membro interessato, come zona speciale di conservazione.
I siti di importanza comunitaria oggi rappresentano circa l'11,6% del territorio dell'UE. In Italia, i SIC e le ZPS coprono complessivamente il 20% circa del territorio nazionale.
Uno dei principali strumenti a sostegno della Rete Natura è senz’altro il programma finanziario LIFE, ora LIFE+, dopo l’approvazione del nuovo Regolamento (CE) n. 614/2007[30].
La conservazione dei territori naturali che ancora mantengono inalterate le matrici ecosistemiche rappresenta il principale obiettivo dell’istituzione di aree naturali protette.
Attraverso l'individuazione dei territori terrestri e marini nei quali promuovere l'istituzione di riserve naturali statali e parchi nazionali, che attualmente occupano circa 1,3 milioni di ettari, e la definizione dei criteri di gestione, unitamente all'elaborazione di norme generali di indirizzo e coordinamento vengono realizzate le misure conservative.
La legge 6 dicembre 1991, n. 394 (“Legge quadro sulle aree protette”) ha provveduto alla classificazione delle aree naturali protette[31] ed ha istituito, altresì, l’Elenco ufficiale delle aree protette[32].
Tale elenco, periodicamente aggiornato a cura del Ministero dell'Ambiente, è stato da ultimo rivisto con la delibera della Conferenza Stato Regioni del 24 luglio 2003[33].
L’Italia ha provveduto a ratificare il protocollo di Kyoto con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale reca anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (UNFCCC[34]).
Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra.
I paesi industrializzati (elencati nell’Annex I del Protocollo) si impegnano a ridurre le proprie emissioni entro il 2012. Il protocollo di Kyoto non prevede vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata” secondo il quale, nel controllo delle emissioni i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni di sviluppo economico dei PVS.
Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (N2O), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).
Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono:
- il miglioramento dell’efficienza energetica
- la correzione delle imperfezioni del mercato (attraverso incentivi fiscali e sussidi)
- la promozione dell’agricoltura sostenibile
- la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti
- l’informazione a tutte le altre Parti sulle azioni intraprese (cd “comunicazioni nazionali”)
La misura complessiva di riduzione deve essere del 5,2% rispetto ai livelli di emissione del 1990. L’onere, tuttavia, è stato ripartito fra i Paesi dell’Annex I in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica.
Per garantire un’attuazione flessibile del Protocollo e una riduzione di costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo sono stati introdotti i seguenti meccanismi flessibili:
§ l’emission trading (commercio dei diritti di emissione)[35], in base al quale i paesi soggetti al vincolo che riescano ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri paesi soggetti a vincolo che - al contrario - non riescano a raggiungere gli obiettivi assegnati;
§ la joint implementation(attuazione congiunta degli obblighi individuali)[36], secondo cui gruppi di paesi soggetti a vincolo, fra quelli indicati dall’Annex I, possono collaborare per raggiungere gli obiettivi fissati accordandosi su una diversa distribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, purchè venga rispettato l'obbligo complessivo. A tal fine essi possono trasferire a, o acquistare da, ogni altro Paese “emission reduction units” (ERUs) realizzate attraverso specifici progetti di riduzione delle emissioni;
§ i clean development mechanisms(meccanismi per lo sviluppo pulito)[37] , il cui fine è quello di fornire assistenza alle Parti non incluse nell’Annex I negli sforzi per la riduzione delle emissioni. I privati o i governi dei paesi dell’Annex I che forniscono tale assistenza possono ottenere, in cambio dei risultati raggiunti nei paesi in via di sviluppo grazie ai progetti, “certified emission reductions” (CERs) il cui ammontare viene calcolato ai fini del raggiungimento del target.
In base all’accordo le riduzioni dovranno essere conseguite nelle seguenti misure percentuali:
Protocollo di Kyoto Impegni assunti[38] |
Riduzione (entro il 2008-2012) dei gas serra rispetto ai livelli del 1990 |
Stati membri UE |
8% |
USA |
7% |
Giappone |
6% |
Canada |
6% |
Totale paesi Annex I |
5,2%[39] |
Il Protocollo di Kyoto riconosce all’Unione europea (che ha provveduto a ratificarlo in data 31 maggio 2002) la facoltà di ridistribuire tra i suoi Stati membri gli obiettivi ad essa imposti, a condizione che rimanga invariato il risultato finale. Con la decisione politica nota come accordo sulla ripartizione degli oneri (raggiunto nel Consiglio Ambiente del 16-17 giugno 1998) sono state fissate le seguenti percentuali di riduzione:
Austria |
-13% |
-6,5% |
|
Belgio |
-7,5% |
Lussemburgo |
-28% |
Danimarca |
-21% |
Paesi Bassi |
-6% |
Finlandia |
0% |
Portogallo |
+27% |
Francia |
0% |
Regno Unito |
-12,5% |
Germania |
-21% |
Spagna |
+15% |
Grecia |
+25% |
Svezia |
+4% |
Irlanda |
+13% |
|
|
Il protocollo è diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005 in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia[40].
Si ricorda, infatti, che l’art. 24 del Protocollo ne ha previsto l’entrata in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, comprendenti un numero di Paesi dell’Annex I a cui sia riferibile almeno il 55% delle emissioni calcolate al 1990.
In attuazione delle citate disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra contenute nella legge di ratifica del Protocollo di Kyoto (n. 120/2002), il Ministero dell'ambiente ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010 (per consentire all'Italia di rispettare l’obiettivo di riduzione del 6,5% previsto dal Protocollo di Kyoto), nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.
Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[41], contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra[42].
Per il finanziamento di tali misure è intervenuto l’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), che ha istituito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009[43].
Tale norma è stata attuata con il successivo D.M. ambiente 25 novembre 2008 che ha dettato la disciplina delle modalità di erogazione dei citati finanziamenti.
Ulteriori misure di attuazione del Protocollo sono state previste nella manovra finanziaria per il 2008, costituita dal DL n. 159/2007, convertito in legge dalla legge n. 222 del 2007 e dalla legge finanziaria 2008 (n. 244/2007).
Si ricordano, in particolare, le disposizioni relative all’incentivazione delle energie rinnovabili e le misure di promozione dell’efficienza e del risparmio energetici (quali ad es. le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio).
Nonostante gli sforzi intrapresi, però, l’incertezza sulle possibilità di riuscire a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra previsti dal Protocollo di Kyoto ha reso necessario l’avvio, sancito con la delibera CIPE n. 135 dell’11 dicembre 2007[44] (Aggiornamento della delibera CIPE n. 123/2002 recante «revisione delle linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni di gas-serra»), di un più ampio processo di aggiornamento della delibera n. 123/2002.
Secondo quanto indicato nella citata delibera, tale aggiornamento:
§ dovrà prevedere, nella sua fase conclusiva, tutte le azioni e le misure necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas-serra fissato per l’Italia nell’ambito del protocollo di Kyoto, nonché l’individuazione delle risorse finanziarie necessarie e la loro copertura;
§ non dovrà prevedere, in linea di massima, ulteriori impegni di riduzione per i settori soggetti all’emission trading;
§ le misure ulteriori dovranno essere individuate in via prioritaria nel settore dei trasporti (in particolare della gestione della mobilità in ambito urbano ed extraurbano), nel settore civile (con particolare attenzione all’edilizia scolastica), nel settore dell’agricoltura e nella promozione dell’ecoefficienza nei consumi industriali e civili (pubblici e privati).
Ai fini del citato aggiornamento della strategia nazionale per la riduzione delle emissioni di gas-serra, con la delibera CIPE 16/2009 è stato ricostituito il Comitato tecnico emissioni dei gas-serra (CTE) con il compito si sottoporre al CIPE le eventuali proposte di integrazione o modifica.
Con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) - al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica, l’Unione europea ha inteso anticipare la piena entrata in vigore dell'emission trading, prevista a livello internazionale solo dal 2008. Tale direttiva ha infatti previsto l’istituzione di un mercato delle emissioni su scala europea già a partire dal 2005 da affiancare all’emission trading previsto su scala globale dal Protocollo.
Con il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216 (successivamente integrato e modificato dal d.lgs. 51/2008) è stata recepita nell’ordinamento nazionale la direttiva 2003/87/CE.
Il campo di applicazione del decreto n. 216/2006 (art. 2) riguarda le emissioni provenienti dalle attività indicate nell’allegato A e relative ai gas-serra elencati nell’allegato B.
I punti salienti del citato decreto sono:
§ l’obbligo dell’autorizzazione ad emettere gas serra per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del decreto stesso, in linea con le disposizioni del corrispondente articolo della direttiva;
§ la disciplina procedurale per il rilascio, da parte dell’ANC per l’attuazione della direttiva, dell’autorizzazione ad emettere gas serra (artt. 5-6);
§ l’individuazione di una procedura che, in linea con le disposizioni della direttiva, conduce dall’approvazione del Piano nazionale di assegnazione (PNA) all’assegnazione e al successivo rilascio delle quote di emissioni ai singoli impianti (artt. 10-11);
§ l’istituzione del “Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE”, cui sono affidate le funzioni di ANC (art. 8);
§ l’istituzione del Registro nazionale delle emissioni e delle quote d’emissioni (art. 14).
Con l’emanazione del decreto legislativo 51/2008 sono state apportate numerose modifiche e integrazioni al D.Lgs. 216/2006. Le principali modifiche hanno riguardato la struttura e il funzionamento del Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE, con specifico riferimento alle attività inerenti all’assegnazione ed al rilascio delle quote di emissione. Numerose disposizioni del D.Lgs. 51/2008 sono inoltre finalizzate a fornire una spinta verso un più ampio utilizzo dei meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (CDM e JI) al fine di un compiuto recepimento della direttiva 2003/87/CE, con specifico riferimento alla possibilità di ricorso ai crediti derivanti dai meccanismi di progetto.
Ulteriori modifiche al D.Lgs. 216/2006 sono state introdotte, nel corso dell'attuale legislatura, dall’art. 4, comma 9-sexies, del D.L. 97/2008 (convertito dalla legge 129/2008), che ha dettato una disposizione transitoria per consentire al Comitato di operare, fino alla costituzione nella forma prevista dal D.Lgs. 51/2008, nella composizione e con i compiti previsti dalla precedente normativa.
Successivamente l'art. 27, comma 47, della legge 99/2009 ha provveduto ad una ridefinizione, in senso restrittivo, delle funzioni del Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE.
Tali norme sono state recentemente integrate dall'art. 4, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 166/2009, con cui viene ridefinita e razionalizzata la collocazione amministrativa e la governance del Comitato, in relazione alle necessità di coordinamento con le modifiche recate dal citato comma 47.
In data 18 dicembre 2006 i ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico hanno approvato (con decreto DEC/RAS/1448/2006) il PNA delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012[45].
In tale piano si legge che “La decisione di ratifica del Protocollo di Kyoto impone all’Italia di ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra del 6,5% rispetto ai livelli del 1990, ciò implica che le emissioni medie nel periodo 2008-2012 non potranno superare 485,7 MtCO2eq/anno. L’inventario nazionale delle emissioni di gas ad effetto serra relativo all’anno 2006 evidenzia che al 2004 le emissioni totali di gas ad effetto serra (580,7 MtCO2eq) sono aumentate del 11,8% rispetto ai livelli del 1990 (519,5 MtCO2eq). Pertanto la distanza che al 2004 separa il Paese dal raggiungimento dell’obiettivo di Kyoto è pari a 95,0 MtCO2eq”. Di conseguenza nello stesso piano si afferma che “l’assegnazione delle quote nel periodo 2008-2012 dovrà essere parte del più generale impegno di riduzione delle emissioni e le quote assegnate dovranno essere ridotte rispetto a quelle del periodo 2005-2007” e che tale approccio è conforme con quanto indicato dalla Commissione nella Comunicazione “Orientamenti complementari sui Piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione della UE” (COM(2005)703 def).
Viene poi indicata in 209,0 MtCO2/anno la quantità totale media annua che si intende assegnare nel periodo 2008-2012 (tale valore rappresenta una riduzione di 14,1 MtCO2/anno rispetto all’assegnazione 2005-2007), ritenuta coerente con l’obiettivo di Kyoto.
Tale piano è stato trasmesso alla Commissione europea, che ha espresso il prescritto parere ai fini della predisposizione del successivo schema di decisione di assegnazione.
Nel comunicato stampa che illustra la decisione della Commissione europea del 15 maggio 2007 si legge che “la Commissione ha accolto il piano nazionale dell’Italia a condizione che vi siano apportati cambiamenti, tra i quali la riduzione del quantitativo totale di quote di emissione proposto. L’assegnazione annua autorizzata di quote di emissione è pari a 195,8 milioni di tonnellate di CO2, il 6,3% in meno di quanto proposto dall’Italia” (pari a 13,2 milioni di tonn. di CO2 equivalente anno).
La Decisione di assegnazione per il periodo 2008-2012 è stata approvata in data 29 febbraio 2008 dai ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico e resa esecutiva con la Deliberazione n. 20/2008 del Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE (adottata in seguito al rilascio del nulla osta da parte della Commissione europea, acquisito in data 20 ottobre 2008).
La decisione di assegnazione e le emissioni dei “nuovi entranti”
La Decisione di assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012 individua il numero di quote complessivo, a livello di settore e a livello di impianto, che sarà assegnato nel periodo 2008-2012, nonché le modalità per il trattamento degli impianti “nuovi entranti” nel sistema e delle chiusure di impianti nel medesimo periodo.
Relativamente alla cd. riserva per i nuovi entranti, si ricorda che l’art. 2, comma 554, lettera e), della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007) ha previsto che le risorse recuperate a seguito di provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni previste dalla legge n. 488 del 1992 nell’ambito degli interventi ordinari nelle aree sottoutilizzate del territorio nazionale siano destinate, tra l’altro, alla creazione di un «Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE», da destinare alla citata «riserva nuovi entranti», secondo modalità stabilite con apposito decreto interministeriale.
Come recentemente riportato da notizie di stampa[46], tale riserva si è rivelata – secondo apposita relazione del Comitato di gestione della direttiva 2003/87/CE[47]– insufficiente. Secondo il Comitato il deficit per l’intero periodo 2008-2012 dovrebbe essere circa pari a 56 milioni di tonnellate di quote, mentre la quantità di quote necessaria per soddisfare le esigenze di assegnazione agli impianti già entrati in funzione o che entreranno in funzione nel 2009 - diminuita del residuo «riserva nuovi entranti» a oggi disponibile – è pari a 37 milioni di tonnellate di quote. Il Comitato conclude affermando che “in assenza di tale disponibilità il Comitato non potrà procedere all’assegnazione e gli impianti in questione saranno costretti ad adempiere agli obblighi di restituzione delle quote per l’anno 2009 acquistando l’intera quantità di quote necessarie sul mercato comunitario. Considerato l’attuale prezzo di mercato delle quote (15 euro/quota), le risorse necessarie da stanziare per l’acquisto delle quote sul mercato comunitario è pari a 555 milioni di euro. In caso di mancato stanziamento, la suddetta somma risulterebbe un esborso netto per gli operatori in questione”.
Si ricorda, infine, che il 2 aprile 2007 è stato avviato il Mercato volontario delle unità di emissione di CO2, gestito dal Gestore del mercato elettrico (GME)[48], che si aggiunge alle altre “borse delle emissioni” europee[49].
Con la Delibera 1/2009/G del 5 marzo 2009, la Corte dei conti ha approvato la relazione conclusiva[50] dell'indagine di controllo concernente il "Piano Nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas responsabili dell'effetto serra".
Le conclusioni e raccomandazioni contenute nella citata relazione possono essere riassunte, in estrema sintesi, nella necessità di:
§ dare piena funzionalità al Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE, emanando il regolamento previsto dal d.lgs. n. 51/2008;
§ aggiornare la direttiva CIPE n. 123/2002, dando attuazione a quanto previsto dalla Delibera CIPE 11 dicembre 2007, n. 135;
§ dare continuità ai finanziamenti per l'Italian Carbon Fund e per l'Inventario forestale e dei serbatoi di carbonio;
§ attivare il fondo rotativo per Kyoto previsto dalla legge finanziaria per il 2007 (n. 296/2006);
§ migliorare il coordinamento tra le amministrazioni coinvolte, sia a livello centrale che locale, che risentono anche di una non sempre sufficiente
§ preparazione tecnica sull'argomento.
Dando seguito a quanto annunciato nel piano d’azione per una politica energetica europea (approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007) il 23 gennaio 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Due volte 20 per il 2020 - L'opportunità del cambiamento climatico per l'Europa” (COM(2008)30) con cui ha illustrato un pacchetto di interventi nel settore dell'energia e della lotta ai cambiamenti climatici, il cd. pacchetto clima-energia, quale contributo della Commissione al nuovo approccio strategico integrato europeo che propone di combinare la politica energetica con gli obiettivi ambiziosi in materia di lotta al mutamento climatico, in particolare, prefiggendosi di limitare il riscaldamento del Pianeta a 2 gradi Celsius entro il 2020.
Con l’entrata in vigore di tale pacchetto (approvato nel dicembre 2008 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE del 5 giugno 2009 l’UE si dota di nuovi strumenti per conseguire gli obiettivi che l'UE si è fissata per il 2020: ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili.
Il pacchetto include 4 direttive, che dovranno essere recepite nell’ordinamento nazionale (la delega per il recepimento è prevista dall'Allegato B del disegno di legge comunitaria 2009 - A.C. 2449), una decisione ed un regolamento, vertenti sulle seguenti materie:
§ revisione del sistema di scambio delle emissioni di gas a effetto serra (ETS) per il post-2012;
La direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.
Secondo quanto indicato nel 5° considerando della direttiva “per ottemperare in maniera economicamente efficiente all’impegno di abbattere le emissioni di gas a effetto serra della Comunità di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990, le quote di emissione assegnate a tali impianti dovrebbero essere, nel 2020, inferiori del 21% rispetto ai livelli di emissione registrati per detti impianti nel 2005”.
A tal fine la direttiva provvede a riscrivere l’art. 10 della direttiva 2003/87/CE prevedendo un sistema di aste, dal 2013, per l'acquisto delle quote di emissione, i cui introiti andranno a finanziare misure di riduzione delle emissioni e di adattamento al cambiamento climatico.
Viene altresì previsto (attraverso la riscrittura dell’art. 9 della direttiva 2003/87/CE) che il quantitativo comunitario di quote rilasciate ogni anno a decorrere dal 2013diminuisca in maniera lineare, a partire dall’anno intermedio del periodo 2008-2012, di un fattore pari all’1,74% rispetto al quantitativo medio annuo totale di quote rilasciate dagli Stati membri conformemente alle decisioni della Commissione sui loro piani nazionali di assegnazione per il periodo 2008-2012.
Tra le altre novità inserite nel testo della direttiva 2003/87/CE si segnala il nuovo art. 10-ter recante “Misure di sostegno a favore di determinate industrie ad elevata intensità energetica nell’eventualità di una rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”.
Il termine per il recepimento nell’ordinamento nazionale delle disposizioni della direttiva 2009/29/CE è fissato al 31 dicembre 2012.
§ ripartizione degli sforzi per ridurre le emissioni;
Anche la Decisione 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio si propone di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020.
A tal fine vengono fissati precisi obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni rispetto ai livelli del 2005 (per l'Italia il 13%), prevedendo anche la possibilità per gli Stati membri di ricorrere a parte delle emissioni consentite per l'anno successivo o di scambiarsi diritti di emissione (art. 3).
L’art. 5 disciplina l’utilizzo dei crediti risultanti da attività di progetto per l’adempimento degli obiettivi di riduzione fissati.
Il successivo articolo 7 elenca invece le misure correttive da applicare in caso di superamento dei citati target, tra cui la riduzione dell’assegnazione di emissioni dello Stato membro dell’anno successivo e lo sviluppo di un piano d’azione correttivo.
§ nuovo quadro comune per la promozione delle energie rinnovabili;
La direttiva 2009/28/CE stabilisce un nuovo quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili, destinato a sostituire (in base al disposto dell’art. 26), a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’attuale regime dettato dalle direttive 2001/77/CE (sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità) e 2003/30/CE (sulla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti), che saranno abrogate a partire dalla medesima data.
La direttiva 2009/28/CE stabilisce (all’art. 3) obiettivi nazionali obbligatori per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia nel 2020 (17% per l'Italia) in modo da garantire che, a tale data, una media del 20% del consumo di energia dell'UE provenga da fonti rinnovabili. Lo stesso articolo prevede che al fine di conseguire più facilmente tali obiettivi ogni Stato membro promuove e incoraggia l'efficienza ed il risparmio energetici e che sia possibile, per gli stessi Stati, tra l'altro, applicare regimi di sostegno e/o misure di cooperazione tra i vari Stati membri e con paesi terzi.
La direttiva (par. 4 dell’art. 3) fissa poi un ulteriore obiettivonazionale per il settore dei trasporti, prevedendo che la quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto dovrà essere, nel 2020, almeno pari al 10% del consumo finale nazionale di energia del settore.
L’art. 4 impone agli Stati membri l’adozione di piani di azione nazionale per le energie rinnovabili (sulla base dell’apposito modello adottato dalla Commissione) da notificare alla Commissione europea entro il 30 giugno 2010.
Ai sensi dell’art. 4 i piani di azione nazionali per le energie rinnovabili fissano gli obiettivi nazionali degli Stati membri per la quota di energia da fonti rinnovabili consumata nel settore dei trasporti, dell'elettricità e del riscaldamento e raffreddamento nel 2020.
Lo stesso articolo prevede che tali piani siano redatti “tenendo conto degli effetti di altre misure politiche relative all'efficienza energetica sul consumo finale di energia, e le misure appropriate da adottare per raggiungere detti obiettivi nazionali generali, ivi compresi la cooperazione tra autorità locali, regionali e nazionali, i trasferimenti statistici o i progetti comuni pianificati, le politiche nazionali per lo sviluppo delle risorse della biomassa esistenti e per lo sfruttamento di nuove risorse della biomassa per usi diversi”, nonché delle misure di semplificazione amministrativa e delle misure per la sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi.
L’art. 13 della direttiva detta una serie di prescrizioni finalizzate, in particolare, a garantire negli Stati membri la semplificazione e l’accelerazione delle procedure amministrative.
Gli articoli da 17 a 19 disciplinano, invece, i criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi, nonché la relativa verifica.
Vengono poi dettate norme relative alle garanzie di origine dell'elettricità, del calore e del freddo prodotti da fonti energetiche rinnovabili (art. 15) e per lo sviluppo delle reti, in modo da consentire il funzionamento sicuro del sistema elettrico nel far fronte all’ulteriore sviluppo della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili.
L’art. 27 fissa al 5 dicembre 2010 il termine per il recepimento della direttiva.
§ cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio;
Nel 5° considerando della direttiva 2009/31/CE, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio viene ricordato che secondo le stime preliminari effettuate per valutare l’impatto della direttiva stessa si potrebbero stoccare 7 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2020 e fino a 160 milioni di tonnellate entro il 2030: le emissioni di CO2 così evitate nel 2030 corrisponderebbero al 15% circa delle riduzioni richieste nell’UE.
La direttiva 2009/31/CE prevede quindi l’istituzione di un quadro giuridico per lo stoccaggio geologico ambientalmente sicuro di biossido di carbonio (CO2) con la finalità di contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici (art. 1).
Gli articoli da 4 a 11 disciplinano la scelta dei siti di stoccaggio e la procedura per il rilascio, il rinnovo e l’eventuale revoca delle autorizzazioni allo stoccaggio. Viene altresì disciplinata (artt. 12-20) la gestione, la chiusura e la fase post-chiusura dei siti di stoccaggio.
Gli articoli da 31 a 37 recano una serie di modifiche di coordinamento alle direttive 85/337/CEE, 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE e 2008/1/CE, nonché del regolamento (CE) 1013/2006.
Il termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri scade il 25 giugno 2011.
§ riduzione del CO2 da parte delle auto;
Il Regolamento (CE) 443/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, che definisce i livelli di prestazione delle autovetture nuove nell’ambito dell’approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri, fissa il livello medio di emissioni di CO2 delle auto nuove a 130g CO2/km a partire dal 2012, da ottenere con miglioramenti tecnologici dei motori. L’ulteriore riduzione di 10g, necessaria per raggiungere entro il 2012 l’obiettivo di 120 g (dichiarato nelle due comunicazioni che la Commissione europea ha diramato il 7 febbraio 2007, una sui risultati del riesame della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri e l’altra su un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo - CARS 21), dovrà essere ricercata attraverso tecnologie di altra natura e il maggiore ricorso ai biocarburanti (considerando 9 del Regolamento).
A partire dal 2020 in avanti il presente regolamento fissa un obiettivo di 95g CO2/km come livello medio di emissioni per il nuovo parco auto.
L’applicazione del regolamento avverrà però in stadi successivi: entro il 2012 il 65% delle nuove vetture dovrà rispondere ai requisiti previsti; entro il 2014 lo dovrà essere l'80% delle auto, dal 2015 l'intera produzione.
Sono previste "multe" progressive per ogni grammo di CO2 in eccesso, ma anche agevolazioni per i costruttori che sfruttano tecnologie innovative e per i piccoli produttori.
§ riduzione dei gas a effetto serra nel ciclo di vita dei combustibili;
La direttiva 2009/30/CE, per ragioni di tutela della salute e dell'ambiente, fissa specifiche tecniche per i carburanti.
Ai sensi della direttiva, le emissioni di gas serra prodotte dal ciclo dei combustibili dovranno essere abbattute di almeno il 6% entro il 2020.
L'obiettivo, imposto dalla direttiva, sarà assicurato tramite il divieto di commercializzazione di benzine e combustibili diesel con tenore di zolfo e additivi superiori ai nuovi limiti sanciti dalla direttiva in parola e alle nuove caratteristiche che i biocombustibili dovranno avere. Per la fabbricazione di questi ultimi sarà infatti vietato l'impiego di materie prime che può cagionare danni all'agricoltura e l'utilizzo di terreni che mediante la conversione a fonte di produzione possano provocare una perdita di carbonio non compensabile.
La direttiva, che dovrà essere trasposta nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 2010, si applica a veicoli stradali, macchine mobili non stradali (comprese le navi adibite alla navigazione interna quando non sono in mare), trattori agricoli e forestali e imbarcazioni da diporto.
Il 1° aprile 2009 la Commissione europea ha presentato il Libro bianco sull’adattamento ai cambiamenti climatici (COM(2009)147), che intende definire un complesso di misure per l’UE meno vulnerabile di fronte agli impatti dei cambiamenti climatici.
A tal fine, la Commissione propone, tra l’altro, di integrare l'impatto del mutamento del clima nelle principali politiche dell'UE per aumentare la resilienza in settori quali, ad esempio, l’uso efficiente dell’acqua in agricoltura e la gestione delle risorse idriche, o il potenziamento della capacità di stoccaggio idrico degli ecosistemi in Europa.
L’aspetto prioritario della lotta al cambiamento climatico è confermato dalla comunicazione della Commissione relativa al Sesto riesame della politica ambientale (COM(2009)304) che considera come priorità principale la positiva conclusione dei lavori alla conferenza che si terrà a Copenaghen nel prossimo dicembre e indica gli obiettivi da raggiungere.
Gli obiettivi indicati sono:
§ rafforzamento della capacità di adattamento ai cambiamenti climatici (riduzione delle emissioni di carbonio ed uso più efficiente delle risorse);
§ arresto della perdita di biodiversità all’interno dell’UE su scala mondiale;
§ rafforzamento della cooperazione internazionale in materia ambientale;
§ miglioramento della governance internazionale in materia di ambiente.
Dal recentissimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) dal titolo Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2009[51]emerge – come sottolineato in un comunicato stampa della stessa Agenzia[52] – “che l'Unione europea e tutti gli Stati membri tranne uno sono sulla buona strada per ottemperare agli impegni di limitare e ridurre le emissioni di gas serra assunti nell'ambito del protocollo di Kyoto” e che, a fronte dell’obiettivo di una riduzione di emissioni dell’8% rispetto al 1990, “dalle ultime proiezioni risulta che l'UE a 15 riuscirà a oltrepassare tale soglia, raggiungendo una riduzione totale di oltre il 13% rispetto all'anno di riferimento”.
Sulla base delle stime fornite dall’Agenzia, la Commissione europea, nella sua Relazione sui progressi verso il conseguimento dell’obiettivo comunitario di Kyoto (COM(2009) 630 def.[53]) mette in luce che “le politiche e le misure esistenti - cioè quelle già in atto - dovrebbero permettere di abbattere le emissioni dell'UE-15 fino al 6,9% rispetto ai livelli dell'anno di riferimento nel periodo d'impegno 2008-2012. Dieci Stati membri dell'UE-15 prevedono di acquistare crediti derivanti da progetti di riduzione delle emissioni svolti in paesi terzi nell'ambito dei tre meccanismi di mercato previsti dal protocollo di Kyoto - scambio dei diritti di emissione, meccanismo di sviluppo pulito e attuazione congiunta - e ciò dovrebbe consentire un'ulteriore diminuzione delle emissioni del 2,2%. Nel complesso, dunque, le emissioni dovrebbero ridursi di circa il 9% e in tal modo l'UE supererebbe addirittura l'obiettivo fissato a Kyoto. L'acquisizione di quote e crediti da parte degli impianti partecipanti al sistema ETS comunitario dovrebbe garantire una diminuzione ulteriore, pari all'1,4%. Le attività di afforestazione e riforestazione previste, che permettono di creare dei "pozzi di assorbimento" biologici in grado di catturare l'anidride carbonica dall'atmosfera, dovrebbero consentire una riduzione aggiuntiva dell'1%. Altre politiche e misure, attualmente in discussione, dovrebbero abbattere le emissioni di un altro 1,6% una volta attuate integralmente. Questi strumenti porterebbero ad una diminuzione globale delle emissioni pari a circa il 13,1%, garantendo un ampio margine di sicurezza per il conseguimento dell'obiettivo dell'8%. Tutti i dieci paesi dell'UE-12 per i quali è previsto un obiettivo di riduzione nel protocollo di Kyoto dovrebbero rispettare i propri impegni e addirittura conseguire risultati migliori. L’attuale incertezza circa la durata e la gravità della recessione economica e, di conseguenza, il suo impatto sulle emissioni, potrebbe portare ad una revisione delle proiezioni in futuro, quando la situazione sarà più chiara. Inoltre, le proiezioni di alcuni Stati membri possono sottostimare le riduzioni future perché non tengono ancora conto degli effetti del pacchetto UE su clima ed energia adottato all'inizio dell'anno”[54].
Relativamente all’Italia, nella scheda relativa al nostro Paese contenuta nel citato Rapporto dell’AEA[55] si legge che le emissioni medie nel periodo 2004-2008 sono state superiori dell’8,5% rispetto ai livelli del 1990, decisamente lontane quindi dall’obiettivo di -6,5% fissato per il nostro Paese.
Secondo l’AEA, una parte del gap che separa l’Italia dal proprio obiettivo di Kyoto sarà raggiunto dagli operatori all’interno del sistema europeo (ETS) di scambio di quote di emissione (le cui emissioni rappresentano circa il 41% delle emissioni totali) attraverso l’implementazione di misure addizionali quali l’incremento di sistemi per il sequestro della CO2 e l’utilizzo dei meccanismi flessibili di Kyoto.
La seguente tabella, tratta dalla citata scheda del Rapporto dell’AEA, evidenzia come nel 2007 si è registrato un incremento del 7,1% delle emissioni rispetto all'anno base, anziché una riduzione. Tuttavia a partire dal 2007 si è avuta un’inversione di tendenza. Nel 2008 le emissioni si sono assestate ad un livello del 4,7% superiore all’obiettivo di Kyoto. Ciò implica che per il suo raggiungimento occorre una riduzione, rispetto ai livelli attuali (2008), del 10,7%.
|
1990 |
2006 |
2007 |
2008 |
Kyoto target |
Emissioni totali[56] |
516,3 |
563 |
552,8 |
540,7 |
482,7 |
Variazione rispetto al 1990 |
|
9,0% |
7,1% |
4,7% |
-10,7% |
Variazione annua |
|
|
-1,8% |
-2,2% |
|
Emissioni pro-capite[57] |
9,1 |
9,6 |
9,3 |
9,1 |
|
Emissioni per unità di PIL[58] |
507 |
443 |
429 |
424 |
|
Nella relazione inviata dal Ministero dell’ambiente all’VIII Commissione (Ambiente) della Camera recante “Aggiornamento in merito allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra in coerenza con gli obblighi derivanti dall’attuazione del Protocollo di Kyoto e sui relativi indirizzi da predisporre ai sensi dell’articolo 26 del decreto-legge n. 159/2007”, allegata al presente dossier, viene fornita una panoramica di tutte le misure messe in atto per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. In particolare nelle tabelle allegate alla stessa relazione vengono elencate:
§ le politiche e le misure incluse nello scenario emissivo al 2010 (tabella 1);
§ le politiche e le misure adottate a partire dal maggio 2007;
§ i progetti pilota e i bandi nazionali attivati dal Ministero dell’ambiente per dare avvio alle misure individuate dalla delibera CIPE 123/2002.
Relativamente ai futuri indirizzi, nella relazione il Ministero si limita ad affermare che le ulteriori misure da adottare per colmare il gap che separa il nostro Paese dal raggiungimento del Protocollo di Kyoto saranno individuate sulla base dei risultati del monitoraggio e saranno incluse nei prossimi DPEF e leggi finanziarie.
La promozione delle energie rinnovabili - energia eolica, solare (termica e fotovoltaica), idraulica, mareomotrice, geotermica e da biomassa - costituisce da tempo uno degli obiettivi principali della politica dell’Unione europea nel settore energetico, in quanto dallo sviluppo del settore delle energie alternative può derivare non solo un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto, ma anche una riduzione della dipendenza dell’Unione europea (UE) dalle importazioni di combustibili fossili (in particolare gas e petrolio).
L’Unione Europea ha recentemente varato una serie di provvedimenti che fissano in modo vincolante il percorso che si intende intraprendere, da qui al 2020, per contrastare gli effetti sul clima dell’attuale livello di consumo energetico.
E’ stato, infatti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE del 5 giugno 2009 il “pacchetto legislativo” energia-clima contenente misure volte a combattere i cambiamenti climatici e a promuovere le energie rinnovabili, che consentirà alla UE di ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, di portare al 20% il risparmio energetico e di aumentare al 20% la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia da qui al 2020. Tra le misure, oltre alla decisione n. 406/2009/CE diretta a ridurre i livelli delle emissioni anche tramite una maggiore efficienza energetica, rientra anche la direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, con la quale si intende fissare obiettivi giuridicamente vincolanti per ciascuno Stato membro, tali da incrementare l’attuale quota complessiva di energie rinnovabili sul consumo energetico finale della UE fino al 20% nel 2020. Per l’Italia l’incremento finale, entro il 2020, dovrà essere non inferiore al 17%.
In precedenza il principale riferimento normativo comunitario nell’ambito delle fonti rinnovabili è stato rappresentato dalla direttiva 2001/77/CE, recepita nell’ordinamento interno con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 che ha definito nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime.
Nel nostro paese il principale meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da rinnovabili è costituito dai certificati verdi, introdotti nell’ordinamento dall’art. 11 del D.Lgs n. 79 del 1999 per superare il vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come CIP 6 (attualmente ancora in vigore per i vecchi impianti in esercizio e consistente in un incentivo diretto ai produttori di energie rinnovabili e assimilate).
I certificati verdi possono essere utilizzati per assolvere all’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%[59], è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh, successivamente ridotta a 50 GWh. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo della precedenza nel dispacciamento.
La legge 99/2009[60] a partire dal 2011 ha trasferito l'obbligo di immettere nella rete elettrica una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili dai produttori e importatori ai soggetti che concludono con la società Terna Spa uno o più contratti di dispacciamento.A partire da tale data, quindi, la quota obbligatoria di produzione di energia da fonti rinnovabili sarà calcolata sul consumo e non più in base alla produzione e all'import come precedentemente previsto. Il recente decreto-legge 135/2009[61], all’art. 7, comma 2-bis, dispone che il termine in questione decorra dal 2012 anziché dal 2011.
La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008)ha introdotto una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili relativamente agli impianti entrati in funzione dal 1° gennaio 2008. Sono previsti due meccanismi alternativi di incentivazione: per gli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW si prevedono i certificati verdi, della durata di 15 anni, di valore variabile a seconda della fonte utilizzata; per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW, in alternativa ai certificati verdi, si prevede una tariffa fissa onnicomprensiva, anch’essa variabile a seconda delle fonte utilizzata, sempre per un periodo di 15 anni. Inoltre, sono previste modifiche alla disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, al fine di facilitarne la diffusione[62].
La legge finanziaria 2008 ed il decreto-legge 159/2007[63] (il c.d collegato alla finanziaria) hanno previsto l’emanazione da parte del Ministro dello sviluppo economico (MISE) di concerto con il Ministro dell’ambiente e, per alcuni aspetti relativi alle biomasse, con il Ministro delle politiche agricole, di alcuni decreti attuativi tesi a dare compiuta operatività alle norme.
Il 2 gennaio 2009 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto 18 dicembre 2008 del Ministero dello sviluppo economico, recante le disposizioni in materia di incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Il decreto fornisce le prime direttive generali per regolare la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione nel campo delle energie alternative, in attuazione della legge finanziaria 2008.
Dalla normativa rimane esclusa la tecnologia fotovoltaica che gode di una forma di incentivazione specifica, vale a dire il nuovo Conto Energia introdotto dal DM 19 febbraio 2007. Per tutti gli altri impianti il sistema di incentivi – certificati verdi (CV) o in alternativa una tariffa omnicomprensiva – è stabilito in base alla taglia e la domanda per accedere all’incentivazione va presentata al Gestore del Servizio Elettrico (GSE) entro tre anni dall’entrata in esercizio dell’impianto. Sarà dunque il GSE stesso a qualificare gli impianti e a determinare l’energia elettrica incentivata, definendo il numero di CV e la tariffa onnicomprensiva cui si ha diritto. Spetterà poi all’Autorità per l’energia elettrica e il gas stabilire, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, modalità, tempi e condizioni per l’erogazione delle tariffe fisse onnicomprensive, modalità per lo scambio sul posto,nonché per la verifica del rispetto delle disposizioni che “trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica”.
Con il termine scambio sul posto – la cui disciplina è stata introdotto dall’art. 6 del D.Lgs. 387/03 per agevolare la diffusione degli impianti di piccola taglia e inizialmente definita dalla delibera AEEG n. 28/2006 - si intende il servizio erogato dal GSE[64] che consiste nell’operare un saldo annuo tra l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto medesimo e l’energia elettrica prelevata dalla rete, nel caso in cui il punto di immissione e di prelievo dell'energia elettrica scambiata con la rete coincidono. Il servizio di scambio sul posto consente ad un cliente di utilizzare i servizi di rete per “immagazzinare” l’energia elettrica immessa quando non ci sono necessità di consumo e di riprelevarla dalla rete quando gli serve e comporta pertanto il venir meno del costo di acquisto dell’energia elettrica per una quantità pari a quella prodotta dall’impianto (sia la quota auto-consumata immediatamente sia la quota immessa in rete e riprelevata successivamente). Il servizio è alternativo alla vendita di energia elettrica: pertanto, nell’ambito dello scambio, le immissioni di energia in rete non possono essere vendute. L’energia elettrica immessa in rete e non consumata nell’anno di riferimento costituisce un credito, in termini di energia ma non in termini economici, che può essere utilizzato nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Al termine dei tre anni successivi, l’eventuale credito residuo viene annullato. Pertanto lo scambio sul posto presenta vantaggi qualora, su base triennale, il consumo di energia elettrica risulti mediamente pari o superiore alla produzione. In caso contrario sarebbe preferibile scegliere, anziché lo scambio sul posto, la vendita di energia elettrica.
Regole più semplici a sostegno della produzione di energia elettrica nei piccoli impianti alimentati da fonti rinnovabili o da cogenerazione sono state introdotte con la delibera AEEG n. 74/08 ai sensi della quale, a partire dal 1° gennaio 2009, il servizio di “scambio sul posto” viene gestito non più dai diversi distributori competenti nell’ambito terrritoriale in cui è ubicato l’impianto ma dal solo GSE, secondo modalità uniformi per tutto il sistema nazionale. Le nuove regole si applicano agli impianti di produzione da fonti rinnovabili fino a 20 kW e quelli da cogenerazione ad alto rendimento con potenza fino a 200 kW.
Più recentemente con la delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas ARG/elt 1/09 del 12 gennaio 2009, il regime dello scambio sul posto (di cui alla delibera ARG/elt 74/08) è stato esteso agli impianti di generazione alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 200 kW entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007, ai quali si applicheranno le regole già in vigore dal 1° gennaio 2009 per gli impianti da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW.
ll meccanismo dei certificati verdi non rappresenta l’unica forma nazionale di sostegno al settore delle energie rinnovabili.
In attuazione del disposto dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 387/03 di recepimento della dir. 2001/77/CE, il DM 28 luglio 2005 del Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’ambiente (come integrato dal DM 6 febbraio 2006 e, successivamente, dal DM 19 febbraio 2007) ha definito i criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare coerenti con le disposizioni le disposizioni comunitarie, introducendo una nuova modalità di incentivazione per la produzione di energia da impianti fotovoltaici con taglie comprese tra 1 kW e 1000 kW di potenza elettrica, il c.d. cosiddetto “conto energia” (in sostituzione del precedente sistema di incentivazione basato esclusivamente su contributi in conto capitale per la costruzione degli impianti – erogati, sotto varie forme, a livello regionale, nazionale o comunitario - e idoneo a finanziare il 50-75% del costo di investimento).
A differenza delle incentivazioni in conto capitale, questo meccanismo incentiva l’energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici collegati alla rete elettrica, il cui surplus potrà essere venduto alla rete stessa a tariffe incentivanti. In sostanza, con l’attivazione del “conto energia”, a partire dal mese di settembre 2005 anche i privati, le famiglie e i condomini possono connettersi alla rete nazionale e vendere a tariffe incentivanti la propria energia elettrica prodotta da pannelli fotovoltaici. Ai DM del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006 è poi subentrato il DM 19 febbraio 2007, (pubblicato nella GU del 23 febbraio 2007) disciplinante il “Nuovo conto energia”.
Le modifiche più significative, rispetto alla precedente disciplina, apportate dal DM 19 febbraio 2007 riguardano:
§ la semplificazione delle procedure di accesso alle tariffe incentivanti con l’eliminazione delle graduatorie e con la possibilità di richiesta dell’incentivazione al GSE dopo l’entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici;
§ l’abolizione del limite annuo di potenza incentivabile, sostituito da un limite massimo cumulato della potenza incentivabile;
§ tariffe differenziate in base al grado di integrazione architettonica;
§ maggiorazioni delle tariffe per particolari tipologie di soggetti responsabili (piccoli Comuni, autoproduttori, scuole e strutture sanitarie pubbliche, ecc).
§ l’introduzione di un premio per impianti fotovoltaici abbinati all’uso efficiente dell’energia.
Misure incentivanti le fonti rinnovabili sono contenute nella citata legge 99/2009[65] tra le quali si segnalano i quelle che consentono ai comuni fino a 20.000 residenti di usufruire del servizio di “scambio sul posto” per gli impianti di potenza non superiore a 200 Kw di cui sono proprietari, a copertura dei consumi di proprie utenze, e a tutti i comuni di destinare aree del proprio patrimonio disponibile alla realizzazione di impianti per l'erogazione in “conto energia” e di servizi di “scambio sul posto” dell'energia elettrica prodotta, da cedere a privati cittadini.
La legge contiene anche misure di semplificazione per l’installazione e l’esercizio di impianti di cogenerazione, prevedendo la semplice comunicazione all’autorità competente ai sensi del Testo Unico in materia edilizia (DPR 380/2001) per le unità di microcogenerazione, fino a 50 kWe, e una denuncia di inizio attività (DIA) per gli impianti di piccola cogenerazione, fino a 1 MWe.
Costituiscono ulteriori misure di sostegno alle fonti rinnovabili la proroga al 30 giugno 2009 del termine ultimo per il riconoscimento, agli impianti alimentati da tali fonti, della possibilità di cumulare più incentivi pubblici e la possibilità di remunerare l’energia elettrica da impianti di potenza non superiore a 20 kW a condizioni economiche di mercato per la parte immessa in rete e nei limiti del valore eccedente il costo sostenuto per il consumo dell’energia.
Il provvedimento interviene anche in materia di geotermia con una delega al Governo finalizzata al riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche al fine di garantire un regime concorrenziale per l'utilizzo delle risorse ad alta temperatura e semplificare i procedimenti amministrativi per l'utilizzo delle risorse a bassa e media temperatura.
Nel corso degli ultimi anni sono stati realizzati interventi di vario tipo, finalizzati al risparmio energetico, all’efficienza nell’uso dell’energia e al rendimento energetico dell’edilizia. In particolare, sono stati introdotti incentivi per la rottamazione di autoveicoli, autocarri e motocicli edetrazioni di imposta per la sostituzione di elettrodomestici (frigoriferi, congelatori e loro combinazioni) con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+. Sul fronte delle imprese, sono state riconosciute agevolazioni fiscali (sotto forma di detrazioni di imposta) per la sostituzione di apparecchi illuminanti con altri ad alta efficienza energetica, fluorescenti, ovvero ad alto rendimento ottico, nonché detrazioni di imposta per motori industriali ad alta efficienza. Alcune agevolazioni fiscali sono state introdotte in materia di efficienza energetica dell’edilizia, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda, per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici). In particolare, è stata prevista una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico.
Nel corso della presente legislatura il Parlamento ha convertito in legge due provvedimenti d’urgenza recanti misure a sostegno del risparmio e dell’efficienza energetica consistenti in detrazioni fiscali.
Il decreto-legge 185/2008[66], è intervenuto sulla disciplina relativa alla detrazione IRPEF del 55% per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, introdotta dalla legge finanziaria 2007 e prorogata sino al 2010 dalla finanziaria 2008. Il decreto-legge ha disposto, in particolare, che per le spese sostenute a decorrere dal 1° gennaio 2009, i contribuenti interessati a tali detrazioni inviano all'Agenzia delle entrate apposita comunicazione e che la detrazione dall'imposta lorda deve essere ripartita in cinque rate annuali di pari importo.
Un’ulteriore agevolazione fiscale è stata introdotta dal decreto-legge 5/2009[67]. Si tratta di una detrazione IRPEF del 20% delle spese documentate - spettante nella misura massima di 2.000 euro e ripartita in cinque annualità - sostenute dal 7 febbraio 2009 al 31 dicembre 2009 per l'acquisto di mobili, elettrodomestici di classe energetica non inferiore ad A+, nonché apparecchi televisivi e computer, finalizzati all'arredo di un immobile per il quale siano effettuati a partire dal 1o luglio 2008 interventi di ristrutturazione edilizia che danno diritto alla detrazione IRPEF del 36% delle spese sostenute. Lo stesso decreto-legge reca inoltre incentivi per la sostituzione di veicoli inquinanti con altri meno inquinanti, per l’acquisto di veicoli ecologici e per l’installazione di impianti a GPL e a metano e, allo scopo di ridurre le emissioni di particolato nel settore del trasporto pubblico, introduce agevolazioni per l’installazione di filtri antiparticolato su veicoli utilizzati dalle aziende che svolgono servizi di pubblica utilità.
Ulteriori misure a favore del risparmio e dell’efficienza energetica sono state introdotte con la legge 99/2009 che prevede l’elaborazione, entro il 31 dicembre 2009, di un piano straordinario, da trasmettere alla Commissione europea, volto ad accelerare l'attuazione dei programmi per l'efficienza e il risparmio energetico. Il piano conterrà misure di coordinamento e armonizzazione delle funzioni e compiti in materia di efficienza energetica tra Stato ed enti territoriali, misure di promozione di nuova edilizia a risparmio energetico e riqualificazione degli edifici esistenti, incentivi per lo sviluppo di sistemi di microcogenerazione, sostegno della domanda di certificati bianchi e certificati verdi, misure di semplificazione amministrativa per lo sviluppo reale del mercato della generazione distribuita, definizione di indirizzi per l’acquisto e l’installazione di prodotti nuovi e per la sostituzione di prodotti, apparecchiature e processi con sistemi ad alta efficienza, misure volte ad agevolare l’accesso delle piccole e medie imprese all’autoproduzione.
Inoltre viene rafforzato il regime di sostegno per la cogenerazione ad alto rendimento, in modo da adeguarlo a quello riconosciuto nei principali Stati membri dell'Unione europea.
La legge 99/2009 prevede anche alcune integrazioni al Codice ambientale (decreto legislativo 152/2006), relative ai requisiti tecnici e costruttivi degli impianti termici civili, finalizzate all’adeguamento della normativa nazionale in tema di risparmio energetico a quella comunitaria, con riferimento, in particolare, agli impianti a condensazione.
La certificazione energetica, attestante il fabbisogno annuo di energia di un edificio, è ritenuta a livello comunitario una delle azioni più efficaci per ridurre i consumi nel settore civile che assorbono una parte consistente dell’intero fabbisogno di energia.
Le prime disposizioni in materia di certificazione energetica degli edifici risalgono alla legge 9 gennaio 1991, n. 10[68], volta a favorire e ad incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi. La legge al Titolo II recava, infatti, un quadro organico di disposizioni per il contenimento dei consumi di energia negli edifici concernente, tra l’altro, proprio la certificazione energetica degli edifici.
A partire dal 2005 nel nostro Paese sono state emanate diverse normative che hanno reso obbligatoria la certificazione energetica degli edifici sia di nuova costruzione sia già esistenti. Infatti le disposizioni in materia sono state riviste ed integrate dai decreti legislativi n. 192/2005 e n. 311/2006 con i quali si è provveduto al recepimento nel nostro ordinamento della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia, che ha introdotta nell’Unione europea la certificazione energetica degli edifici intesa soprattutto come strumento di trasformazione del mercato immobiliare, finalizzato a sensibilizzare gli utenti sugli aspetti energetici all'atto della scelta dell'immobile.
Il D.Lgs. 192/2005, disciplinante - fra l’altro - la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici e l'applicazione di requisiti minimi in materia, ha stabilito (in attuazione dell'art. 7 della direttiva) i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici, prevedendone l’obbligo per gli edifici di nuova costruzione.
Con il D.Lgs. 311/2006, recante disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 192, l’obbligo della certificazione energetica è stato esteso gradualmentea tutti gli edifici preesistenti all’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (8 ottobre 2005), purché oggetto di compravendita o locazione, al fine di rendere il provvedimento maggiormente aderente alle disposizioni dell’art. 7 della direttiva.
Per l'estensione dell'obbligo della certificazione è stato previsto un percorso graduale:
a) a decorrere dal 1° luglio 2007 agli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, nel caso di vendita dell'intero immobile;
b) a decorrere dal 1° luglio 2008 agli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadrati, nel caso di vendita dell'intero immobile con l'esclusione delle singole unità immobiliari;
c) a decorrere dal 1° luglio 2009 alle singole unità immobiliari, nel caso di vendita.
A partire dal 1° gennaio 2007, l’attestato di certificazione energetica è diventato prerequisito essenziale per accedere ad incentivi ed agevolazioni di qualsiasi natura destinati al miglioramento delle prestazioni energetiche – sia sgravi fiscali, sia contributi a carico di fondi pubblici o degli utenti – ed è stato reso obbligatorio per tutti gli edifici pubblici (o comunque in cui figura come committente un soggetto pubblico) in concomitanza con la stipula o il rinnovo dei contratti di gestione degli impianti termici o di climatizzazione, entro i primi sei mesi di vigenza contrattuale.
Inoltre, si stabiliva che, nel caso di trasferimento a titolo oneroso di interi immobili o di singole unità immobiliari, l’attestato di certificazione energetica dovesse essere allegato all'atto di trasferimento (art. 6, co. 3, D.Lgs. 192/2005) e che in caso di locazione lo stesso attestato dovesse essere messo a disposizione del conduttore o ad esso consegnato in copia conforme all'originale (art. 6, co. 4, D.Lgs. 192/2005). In caso di inadempimento si prevedeva la nullità del contratto che poteva essere fatta valere solamente dal compratore o, rispettivamente, dal conduttore (art. 15, co. 8, D.Lgs. 192/2005). Tali disposizioni relative all’obbligo di allegare l’attestato di certificazione energetica sono state in seguito abrogate dal decreto-legge 112/2008[69] (resta invece fermo l’obbligo di redigere l’attestato di certificazione energetica nei casi previsti dal medesimo D.Lgs. 192/2005).
Si ricorda inoltre che, in attuazione del D.Lgs. 192/2005, sono state emanate con il DM 28 giugno 2009[70] le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici.
Specifiche disposizioni in materia di efficienza energetica degli edifici sono contenute anche nella succitata legge 99/2009.
Il sostegno alla filiera agroenergetica è stato uno dei punti qualificanti degli interventi legislativi in materia agricola nelle ultime legislature.
La partecipazione dell’agricoltura all’approvvigionamento energetico del nostro paese risponde infatti da un lato alla esigenza ormai pressante di ridurre gli oneri finanziari e l’impatto ambientale che gravano sull’Italia per la dipendenza da fonti non rinnovabili di provenienza estera, dall’altro può fornire a quello stesso mondo una fonte di integrazione del reddito in molti casi indispensabile per garantire la continuità delle proprie attività.
L’incentivazione dell’uso di energia di origine agricola si colloca d’altra parte nell’ambito della normativa comunitaria che promuove l’utilizzazione dei biocarburanti e, più in generale, delle fonti energetiche rinnovabili[71].
Gli interventi legislativi in materia possono essere raggruppati in tre principali filoni:
- definizione di una quota minima di biocarburanti da immettere al consumo nel settore dei trasporti;
- promozione dell’utilizzo dei prodotti agricoli per la produzione di energia elettrica;
- incentivi fiscali.
Il decreto legislativo n. 128/2005[72]ha stabilito con l’articolo 3 che una percentuale prefissata di tutto il carburante (gasolio e benzina) impiegato per i trasporti debba essere progressivamente sostituita con biocarburanti ed altri carburanti rinnovabili, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di sicurezza dell'approvvigionamento di fonti di energia rispettando l'ambiente.
I prodotti di sostituzione sono i seguenti:
- biocarburante, ovvero carburante liquido o gassoso ricavato da biomassa, da intendersi come parte biodegradabile di derivazione agricola o delle connesse industrie, ma anche proveniente dai rifiuti industriali e urbani;
- altri carburanti rinnovabili, ovvero le fonti energetiche rinnovabili non fossili, che ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. n. 387/2003[73] sono le seguenti: eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.
Peraltro gli obiettivi indicativi nazionali, fissati in sede comunitaria con la direttiva 2003/30/CE, cui il decreto legislativo n. 128 del 2005 intendeva dare attuazione, erano più elevati di quelli fissati con il medesimo decreto, il che ha dato luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea, che hanno condotto alla revisione della norma.
L’art. 1, comma 367, della legge finanziaria 2007[74], di modifica dell'articolo 3 del D.lgs. n. 128/05, ha così rideterminato gli obiettivi che, si ricorda, vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale:
a) entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;
b) entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;
c) entro il 31 dicembre 2010: 5,75 per cento».
Nell’ambito della normativa di cui sopra già il decreto legge n. 2/2006[75] (art. 2-quater) conteneva norme volte a promuovere la produzione ed il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola imponendo, fra le altre misure, ai petrolieri l’obbligo di commercializzare una quota minima di biocarburanti di origine agricola provenienti da intese di filiera o contratti quadro[76].
Dalla completa riscrittura della menzionata norma (fatta dal comma 368 della legge n. 296/06 “Finanziaria 2007”) deriva l’obbligo,a decorrere dal 1o gennaio 2007, per i soggetti che immettono in consumo benzina o gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili, di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima dei seguenti biocarburanti: biodiesel, bioetanolo e derivati, ETBE e bioidrogeno. Tale quota è fissata nell’1% per il 2007, ma è elevata al 2% a decorrere dal 2008 (comma 2 dell’art. 2-quater del decreto legge).
La norma affida a decreti interministeriali la definizione di criteri, condizioni e modalità per l'attuazione dell’obbligo, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche ed in base a criteri che in via prioritaria tengano conto della quantità di prodotto proveniente da intese di filiera, da contratti quadro o da contratti ad essi equiparati (comma 3 dell’art. 2-quater), nonché la determinazione delle relative sanzioni. Per assolvere all’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti, è tuttavia consentito l’acquisto, in tutto o in parte, dell'equivalente quota di immissione o dei relativi diritti da altri soggetti (comma 1 dell’art. 2-quater). Di rilievo è anche il comma 8 dell’articolo 2-quater, che impone agli operatori della filiera di produzione e distribuzione dei biocarburanti di origine agricola di garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, realizzando un sistema di identificazione e registrazione di tutte le informazioni necessarie, riservando una cura particolare per i dati relativi alle materie agricole o da esse derivate.
Le sanzioni pecuniarie per il mancato adempimento dell’obbligo di cui sopra sono state recentemente definite con il Decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 aprile 2008, n. 100[77], mentre con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 29 aprile 2008, n. 110, è stato approvato il Regolamento di attuazione[78].
La normativa contenuta nell’art. 2-quater del D.L. n. 2/2006 è stata poi ulteriormente modificata dalla legge finanziaria 2008[79]con l’art. 2, comma 139, che ha elevato la quota minima di biocarburanti da immettere al consumo nel 2009, stabilendo che sia del 3% di tutto il carburante (benzina e gasolio) immesso al consumo nell’anno solare precedente, restando pertanto invariata la quota del 2% fissata per il 2008. Ai sensi del successivo comma 140 per gli anni successivi al 2009 la quota minima del 3% potrà essere ulteriormente incrementata con decreto interministeriale, allo scopo di conseguire gli “obiettivi indicativi nazionali” (previsti dalla normativa comunitaria).
Da ultimo l’art. 3, comma 8-ter, del D.L. n. 97/2008[80]ha ulteriormentemodificato l’art. 2-quater del D.L. n. 2/2006, aggiungendo alle tipologie di carburanti in precedenza ammesse per l’adempimento degli obblighi di immissione al consumo ivi previsti i “combustibili sintetici”[81], purché siano esclusivamente ricavati dalle biomasse.
Gli interventi volti ad incentivare l’utilizzo di prodotti di origine agricola per la produzione di energia elettrica si collocano nel quadro della normativa sulle fonti energetiche rinnovabili, contenuta nella direttiva 2001/77 CE[82], recepita nell’ordinamento italiano con il D.lgs. n. 387/2003[83]
Ai sensi della direttiva e dell’art. 2 del D.Lgs. n. 387/2003, infatti, tra le fonti energetiche rinnovabili non fossili[84] sono ricompresse le biomasse, intese come “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui proveniente dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani”.
In questo quadro, la legge finanziaria 2007[85] ha disposto, all’art. 1, commi 382 e 383, un intervento volto specificamente ad incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola, demandando ad un decreto ministeriale la revisione del principale strumento di promozione delle fonti rinnovabili, individuato nei cd. Certificati verdi.
Anche tale quadro normativo è stato poi completamente riscritto con l’art. 26, comma 4-bis, del D.L. n. 159/2007[86] che, novellando l’art. 1, comma 382 e aggiungendovi i commi da 382-bis a 382-septies, ha definito una nuova disciplinadei meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali. Tale disciplina riguarda gli impianti autorizzati in data successiva al 31 dicembre2007 ed è espressamente limitata alle biomasse e biogas ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti-quadro, oppure nell’ambito di filiere corte.
La nuova disciplina riserva dunque il nuovo sistema di incentivazione, individuato nel rilascio di certificati verdi (per i quali vedi infra), ai soli impianti che utilizzano materie prime ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro (come definiti dagli articoli 9 e 10 del d.lgs. n. 102/2005[87]).
L’incentivo è anche riconosciuto per chi utilizzi i prodotti agricoli ottenuti entro un raggio di 70 km., ovvero provenienti da filiere corte, ottenuti cioè entro un raggio di 70 km dall’impianto utilizzatore.
Qualora l’impianto di produzione utilizzi fonti energetiche miste, l’incentivo è comunque riconosciuto per la quota energetica prodotta a partire dalle fonti sopra menzionate. L’autorizzazione a produrre l’energia elettrica deve essere successiva al 31 dicembre 2007.
Relativamente alle modalità di incentivazione all’uso delle materie prime, per i soli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW, si prevede il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni; gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW possono invece optare, in alternativa al rilascio di certificati verdi, su richiesta del produttore, per una tariffa fissa pari a 0,30 euro per ogni KWh, per un periodo di 15 anni (tariffa variabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, in ogni caso assicurando l’effetto incentivante).
Un decreto interministeriale dovrà definire le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli (ma anche di allevamento o forestali) devono garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera.
Per quanto riguarda il regime fiscale delle produzioni agroenergetiche vengono in considerazione sia il versante delle imposte dirette che quello delle imposte indirette.
Per quanto riguarda l’imposizione diretta, già l’art. 1, comma 423 della legge finanziaria 2006[88] aveva ricondotto nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato effettuato su base catastale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione e alla cessione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili agroforestali, qualificandola come attività connessa all’attività agricola (ai sensi dell'art. 2135, terzo comma, del codice civile)
L’art. 1, comma 369 della legge finanziaria 2007[89], ha novellato il menzionato comma 423 al fine di estendere i benefici in precedenza disposti. Il testo novellato dispone infatti che la produzione e la cessione di energia sia elettrica che calorica, ottenuta da fonti rinnovabili agroforestali o di origine fotovoltaica, nonché proveniente dall’utilizzo di carburanti vegetali o di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo coltivato, costituiscono attività connesse, nei termini già definiti, se effettuate dagli imprenditori agricoli e si considerano produttive di reddito agrario[90].
Per quanto riguarda l’imposizione indiretta, ed in particolare le accise, ancora la legge finanziaria 2007 (commi da 371 a 377 dell’articolo 1), integrata dal D.L. n. 159/2007[91] (art. 26 commi da 4-ter a 4-sexies), hamodificato una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti.
In particolare è stato modificato l’articolo 22-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, recante Testo unico sulle imposte sulla produzione e sui consumi, nella parte relativa alla tassazione del biodiesel.
Si ricorda che la direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici, inserisce tra i prodotti energetici, il biodiesel qualora destinato ad essere utilizzato come combustibile o carburante (art. 2). L’articolo 16 della direttiva prevede la facoltà degli Stati membri di applicare sotto controllo fiscale esenzioni o riduzioni dell'aliquota di imposta ai prodotti soggetti ad accisa di cui all'articolo 2 quando questi sono costituiti da uno o più dei prodotti seguenti o li contengono:
- i prodotti di cui ai codici NC da 1507 a 1518,
- i prodotti di cui ai codici NC 3824 90 55 e da 3824 90 80 a 3824 90 99 per i loro componenti derivati dalla biomassa,
- i prodotti di cui ai codici NC 2207 20 00 e 2905 11 00 che non siano di origine sintetica,
- i prodotti derivati dalla biomassa, inclusi i prodotti di cui ai codici NC 4401 e 4402.
Per «biomassa» si intende la parte biodegradabile dei prodotti, dei rifiuti e dei residui provenienti dall'agricoltura (comprese le sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.
I livelli di tassazione che gli Stati membri applicano ai prodotti costituiti dai prodotti di cui al paragrafo 1° che li contengono, possono essere inferiori ai livelli minimi previsti all'articolo 4. Inoltre le esenzioni o riduzioni di tassazione applicate dagli Stati membri sono modulate in funzione dell'evoluzione dei prezzi delle materie prime, affinché dette riduzioni non conducano ad una sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione dei prodotti.
L’articolo 22-bis, che resta dunque la norma di riferimento, introduce, nei commi da 1 a 4, agevolazioni fiscali finalizzate all’attuazione di un programma pluriennale (2007-2010) diretto a promuovere l’utilizzo di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili in sostituzione della benzina e del gasolio nel settore dei trasporti. Viene disposta, tra l’altro, la riduzione della misura dell’accisa da applicare al biodisel destinato ad essere impiegato in miscela con il gasolio. L’agevolazione, che spetta su un contingente annuo fissato in 250.000 tonnellate, consiste nell’applicazione di un’aliquota di accisa corrispondente al 20 per cento di quella ordinaria applicata al gasolio come carburante.
Il medesimo articolo, nei commi da 5 a 5-quater, introduce ulteriori agevolazioni fiscali finalizzate all’attuazione di un ulteriore programma triennale con decorrenza 1° gennaio 2008 che ha l’obiettivo di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche, utilizzate come carburanti da sole o in miscela con oli minerali, che determinano un ridotto impatto ambientale. In particolare, si introducono misure agevolate di accisa per il bioetanolo di origine agricola, l’etere etilterbutilico (ETBE) e gli additivi e riformulanti prodotti da biomasse. In merito al profilo finanziario il comma 5-bis stabilisce, per l’attuazione del programma 2008-2010, un limite di spesa fissato in 73 milioni di euro annui, comprensivi dell’IVA.
Da ultimo con il D.M. 5 agosto 2009, n. 128[92] sono state approvate le norme che consentono l’avvio del programma agevolativo con decorrenza 1° gennaio 2008.
Si ricorda che la concessione di un’aliquota d’accisa agevolata sul biodiesel va sottoposta ad autorizzazione da parte della Commissione europea[93].
Il 28 gennaio 2009 la Commissione europea ha pubblicato la Comunicazione “Verso un accordo organico sui cambiamenti climatici a Copenhagen” (COM(2009)39 def.), che costituisce la prima concreta proposta di accordo da parte di un grande blocco nell’ambito del negoziato internazionale post-Kyoto.
Successivamente, in data 1° aprile 2009, la Commissione europea ha adottato il Libro bianco “L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo” (COM(2009) 147 def.) che illustra gli interventi necessari ad aumentare la resistenza dell'Unione nell'adattarsi ai mutamenti del clima.
Tale libro bianco è stato esaminato dalla 13a Commissione (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato che, in data 8 luglio 2009, ha approvato una risoluzione (doc. Senato XVIII, n. 17) per impegnare il Governo, tra l'altro, "alla definizione della priorità delle azioni da mettere in campo per affrontare i cambiamenti climatici, all’aggiunta degli obiettivi della riduzione dell’inquinamento chimico-fisico globale e dell’indipendenza energetica alle finalità dei finanziamenti da predisporre per la riduzione di CO2, nonché alla indispensabile definizione in sede comunitaria di significativi investimenti verso i Paesi dell’area mediterranea, in considerazione del fatto che quest’ultima apparirebbe maggiormente esposta alle conseguenze negative dello spostamento verso nord delle fasce climatiche".
Lo stesso libro bianco è attualmente oggetto di esame da parte dell’VIII Commissione (Ambiente) della Camera. L'esame, iniziato nella seduta del 22 settembre 2009, avviene congiuntamente a quello degli altri documenti strategici presentati recentemente dall'UE[94].
Si ricorda, infine, che è attualmente in corso, presso la 13a Commissione del Senato, l'indagine conoscitiva sulle problematiche relative alle fonti di energia alternative e rinnovabili, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni in atmosfera e ai mutamenti climatici, anche in vista della Conferenza COP 15 di Copenhagen.
§ Sintesi della legislazione europea in materia di sviluppo sostenibile
http://europa.eu/legislation_summaries/environment/sustainable_development/index_it.htm
§ Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente 2001-2010
http://europa.eu/legislation_summaries/environment/general_provisions/l28027_it.htm
§ Strategia dell'Unione europea in materia di sviluppo sostenibile
http://europa.eu/legislation_summaries/environment/sustainable_development/l28117_en.htm(tale sintesi è disponibile solo in lingua inglese - il testo integrale dell’atto - COM(2001)264 def. - è invece disponibile anche in lingua italiana all’indirizzo
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2001:0264:FIN:it:PDF)
§ Integrare lo sviluppo sostenibile nelle politiche dell’UE: riesame 2009 della strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0400:FIN:IT:PDF
§ Rapporto 2007 - Strategia europea per lo Sviluppo Sostenibile - Contributo degli Stati membri – Italia
http://www.politichecomunitarie.it/file_download/93
§ Biodiversità (Sintesi della legislazione comunitaria)
http://europa.eu/legislation_summaries/environment/nature_and_biodiversity/index_it.htm
§ G8 Ambiente, Carta di Siracusa (24/4/2009)
www.g8ambiente.it/public/images/20090424/docita/09_04_24_Carta di Siracusa sulla Biodiversità.pdf
§ Ministero dell’ambiente - Sezione “Natura”
http://www.minambiente.it/opencms/opencms/home_it/home_natura.html?lang=it&Area=Natura
§ Commissione europea – Azione per il clima
http://ec.europa.eu/climateaction/key_documents/index_it.htm
§ Libro bianco Libro bianco sull’adattamento ai cambiamenti climatici - COM(2009)147
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0147:FIN:it:PDF
§ Commissione europea, Report from the Commission to the European Parliament and the Council progress towards achieving the Kyoto objectives - COM(2009)630 final
http://ec.europa.eu/environment/climat/pdf/gge/com_2009_630.pdf
§ Senato della Repubblica, 13ª Commissione Territorio, ambiente, beni ambientali - Indagine conoscitiva sulle problematiche relative alle fonti di energia alternative e rinnovabili, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni in atmosfera e ai mutamenti climatici, anche in vista della Conferenza COP 15 di Copenhagen
http://www.senato.it/commissioni/4575/106768/156687/sommarioindagini.htm
§ Audizione del Ministro dell’ambiente presso l’VIII Commissione (Ambiente) della Camera, 3 novembre 2009
https://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stencomm/08/audiz2/2009/1103/s010.htm
§ Il pacchetto clima-energia
http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:L:2009:140:SOM:IT:HTML
§ Senato della Repubblica, Pacchetto clima-energia – Stime dei costi (Dossier n. 65 – Novembre 2008)
http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/studi/2008/Dossier_065.pdf
§ Camera dei deputati – Temi dell’attività parlamentare
http://nuovo.camera.it/465?area=5&tema=24&Cambiamenti+climatici
§ Ministero dell’ambiente - Emission trading
§ Corte dei conti – Relazione conclusiva dell'indagine di controllo concernente il "Piano Nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas responsabili dell'effetto serra".
§ Agenzia europea dell’ambiente, Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2009
http://www.eea.europa.eu/publications/eea_report_2009_9
§ ISPRA, Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2007 - National Inventory Report 2009
http://www.apat.gov.it/site/_contentfiles/00155800/155881_NIR09_ITALY_stampa.pdf
§ UNFCCC, National greenhouse gas inventory data for the period 1990-2007
http://unfccc.int/resource/docs/2009/sbi/eng/12.pdf
§ UNFCCC, Annual compilation and accounting report for Annex B Parties under the Kyoto Protocol – Addendum: Compilation and accounting information by Party
http://unfccc.int/resource/docs/2009/cmp5/eng/15a01.pdf
§ Relazione sullo stato dell’ambiente 2009 – Sintesi (disponibile anche in lingua inglese)
§ ENEA, Rapporto Energia e ambiente 2008
http://www.enea.it/produzione_scientifica/REA.html
§ GSE, Statistiche sulle fonti rinnovabili in Italia – Anno 2008
http://www.gse.it/attivita/statistiche/Documents/STATISTICHE2008GSE.pdf
§ COP15
§ United Nations Framework Convention on Climate Change
§ Intergovernmental Panel on Climate Change
§ Unione europea – Ambiente
http://europa.eu/pol/env/index_it.htm
§ Unione europea – Cambiamento climatico
http://europa.eu/legislation_summaries/environment/tackling_climate_change/index_it.htm
§ Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
§ ISPRA
§ CIPE – Raccolta delle delibere
http://www.cipecomitato.it/Ricerca_Delibere.asp
§ Kyoto club
§ Atti del Convegno "Copenhagen e oltre. Le risposte del mondo alla sfida del clima" (31/10/09)
[1] Alla Conferenza di Montreal ha partecipato per la Camera l’onorevole Adriano Paroli del gruppo di Forza Italia.
[2] Originariamente il Primo Forum avrebbe dovuto tenersi a San Pietroburgo (in occasione del turno di Presidenza russa del G8), dove si ospitava il Vertice G8 ma per difficoltà logistiche si è svolto a Bruxelles.
[3] Anche l’onorevole Grazia FRANCESCATO (Verdi, Commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici) avrebbe dovuto partecipare all’evento ma ha dovuto cancellare la sua partecipazione a causa di concomitanti impegni derivanti dagli intensi lavori parlamentari.
[4] Si segnala che il senatore D'Alì fa parte del Board di Globe.
[5] HSBC, “Building a Green Recovery”, maggio 2009
[6] Bnca Mondiale, “The World Bank Development Report”, settembre 2009
[7] Combating Climate Change: A Post-2012 Framework, Lord Michael Jay, giugno 2008
[8] Che ha rappresentato uno dei momenti più importanti del percorso internazionale dello sviluppo sostenibile, cui ha fatto seguito, in ordine di importanza, nel 2002, il Vertice di Johannesburg.
[9] Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 1998 relativa al riesame del Programma Comunitario di politica ed azione a favore dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile, noto anche come “Quinto Programma d’azione a favore dell’ambiente” (1992-2000).
[10] Cfr. http://europa.eu/legislation_summaries/agriculture/environment/l28027_it.htm. Per approfondimenti sulle attività ed i documenti dell'UE sullo sviluppo sostenibile si rinvia a http://europa.eu/legislation_summaries/environment/sustainable_development/index_it.htm.
[11] Tale a valutazione dei risultati raggiunti nell’ambito della citata strategia è stata compiuta dalla Commissione europea nella Relazione dell’ottobre del 2007 (COM[2007]642 def.). Nelle conclusioni di tale documento si legge che “i progressi concreti sono modesti, ma che, a livello sia dell'UE che degli Stati membri, vi è stato un considerevole sviluppo delle politiche in numerosi settori, e in particolare per quanto riguarda i cambiamenti climatici e l'energia pulita”.
[12] Nel Rapporto 2007 - Strategia europea per lo Sviluppo Sostenibile - Contributo degli Stati membri – Italia (http://www.politichecomunitarie.it/file_download/93), vengono analizzati i progressi nazionali nell’attuazione della strategia europea.
[13] http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.asp?highLight=0&idAtto=9824&stile=6.
[14] In attuazione dell’impegno imposto al Governo nel 1999, con apposita risoluzione approvata da entrambi i rami del Parlamento in sede di esame del Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), di esporre all’interno del bilancio le risultanze del bilancio ambientale dello Stato (o ecobilancio).
[16] Tale concetto era già contenuto nella Carta dei diritti fondamentali, approvata a Nizza nel 2000.
[18] A.C. 4307 (https://leg14.camera.it/_dati/leg14/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.asp?PDL=4307) - A.S. 553-B (http://www.senato.it/leg/14/BGT/Schede/Ddliter/22157.htm).
Per un commento sui contenuti della riforma si veda E. Lucchese, La riforma dell’ art. 9 Costituzione nel testo approvato dalla Camera all’indirizzo internet www.forumcostituzionale.it/site/index3.php?option=content&task=view&id=222.
Relativamente alla riforma del titolo V della Costituzione, si rinvia invece a www.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/08/08_cap02_sch01.htm.
[19] Poiché non tocca settori normativi, quali – ad esempio, tra gli altri – l’inquinamento acustico, l’inquinamento elettromagnetico, la tutela della fauna e le energie rinnovabili.
[20] Ad eccezione della Parte II in materia di VIA, VAS e IPCC, entrata in vigore (dopo una serie di proroghe, l’ultima delle quali disposta dall’art. 5, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300) il 31 luglio 2007.
[21] Sulla base della delega contenuta nel comma 6 dell’art. 1 della stessa legge n. 308/2004.
[22] Si segnala, in proposito, che l’art. 12 della legge 69/2009 ha “riaperto” il processo di ridefinizione dei contenuti del Codice ambientale, concedendo una nuova delega al Governo per l’adozione - entro il 30 giugno 2010 - di nuovi decreti correttivi del D.Lgs. 152/2006.
[23] Sul punto si segnala Biodiversità e cambiamenti climatici - Il ruolo della rete Natura 2000, a cura della Direzione Ambiente della Commissione europea (http://ec.europa.eu/environment/nature/info/pubs/docs/nat2000newsl/nat22_it.pdf).
[24] www.g8ambiente.it/public/images/20090424/docita/09_04_24_Carta di Siracusa sulla Biodiversità.pdf.
[27] Sull’aggiornamento degli obiettivi della Convenzione si veda http://www.cmcc.it/ipcc-focal-point/notizie/09-settembre-2009-ue-incontro-di-alto-livello-sulla-biodiversita-e-i-cambiamenti-climatici-stroemstad-svezia.
[28]www.minambiente.it/opencms/opencms/home_it/menu.html?menuItem=/menu/menu_informazioni/Verso_la_Strategia_Nazionale_per_la_Biod.html&menu=/menu/menu_informazioni/argomenti.html|/menu/menu_informazioni/biodiversita_fa.html|/menu/menu_informazioni/Verso_la_Strategia_Nazionale_per_la_Biod.html&lang=it.
[30]www.minambiente.it/opencms/opencms/home_it/menu.html?menuItem=/menu/menu_informazioni/LIFE_.html&menu=/menu/menu_informazioni/argomenti.html|/menu/menu_informazioni/LIFE_.html&lang=it.
[31] La classificazione delle aree protette è disciplinata dalla deliberazione del 21/12/1993 (G.U. n. 62/1994), che è stata integrata con la Deliberazione 2 dicembre 1996, del Comitato per le aree naturali protette (G.U. 139/1997), che ha incluso nell’elenco anche le ZPS e le ZSC. Tale ultima delibera è stata recentemente integrata dalla Deliberazione 26 marzo 2008 della Conferenza Stato-Regioni (Pubblicata nella G.U. n. 137 del 13 giugno 2008) che ha disciplinato il regime di protezione applicabile alle ZPS ed alle ZSC.
[32] Tale elenco include tutte le aree che rispondono ai criteri fissati dalla delibera 1° dicembre 1993 del Comitato Nazionale per le Aree Naturali Protette (comitato soppresso dal D.Lgs. 281/1997).
[33] Pubblicata nella G.U. n. 205 del 4 settembre 2003 – S.O. n. 144.
[35] Previsto dall’art. 3 del Protocollo.
[36] Prevista dall’art. 6 del Protocollo.
[37] Previsti dall’art. 12 del Protocollo.
[38] Le percentuali di responsabilità nelle emissioni globali sono le seguenti: gli Stati membri UE sono responsabili del 22,1%, gli USA del 30,3%, il Giappone del 3,7%, il Canada del 2,3%.
[39] La percentuale di riduzione globale che il Protocollo si prefigge quale obiettivo è scesa - dopo l’abbandono del negoziato da parte degli Stati Uniti - dal 5,2% al 3,8%.
[40] Il notevole ritardo con cui si è pervenuti all’entrata in vigore, rispetto alla firma del protocollo medesimo, è stato principalmente causato dall'uscita dal Protocollo degli USA, che rappresentano da soli il 36% delle emissioni dei Paesi industrializzati.
[42] Nella legge di ratifica viene specificato che tali azioni devono tendere al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, all'aumento degli assorbimenti di gas serra derivanti dalle attività e dai cambiamenti di uso del suolo e forestali, alla piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation) e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism), e, infine, all’accelerazione delle iniziative di ricerca e sperimentazione per l’introduzione dell’idrogeno quale combustibile e per la realizzazione di impianti per la produzione di energie alternative pulite (biomasse, biogas, combustibile derivato dai rifiuti, impianti eolici, fotovoltaici, solari)
[43] Tale norma è stata attuata con il successivo D.M. ambiente 25 novembre 2008 che ha dettato la disciplina delle modalità di erogazione dei citati finanziamenti.
[45] Tutti i documenti relativi all’assegnazione delle quote di emissione sono disponibili all’indirizzo www.minambiente.it/opencms/opencms/home_it/menu.html?menuItem=/menu/menu_informazioni/Assegnazione_delle_quote_di_emissione_di.html&menu=/menu/menu_informazioni/argomenti.html|/menu/menu_informazioni/Clima.html|/menu/menu_informazioni/Direttiva__Emission_trading_.html|/menu/menu_informazioni/Assegnazione_delle_quote_di_emissione_di.html&lang=it.
[46] J. Giliberto, Kyoto e l'effetto serra: un'eco-bolletta da 840 milioni - Il Sole 24 ore, 13 agosto 2009 (http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2009/08/emissioni-kyoto-italia.shtml?uuid=350f181c-87cf-11de-873c-ca3137183d57&DocRulesView=Libero). Si fa notare che l’importo citato di 840 milioni è il prodotto del prezzo di 15 euro per le 56 tonnellate di deficit per il periodo 2008-2012.
[48] Il Regolamento che disciplina il funzionamento di tale mercato è consultabile all’indirizzo http://www.mercatoelettrico.org/It/MenuBiblioteca/documenti/20070315RegolamentoEmissionsMarket.pdf.
[49] Exaa- Austria, Ecx- Olanda, Eex- Germania, Powernext- Francia e Nordpool- Norvegia.
[50] http://www.corteconti.it/Ricerca-e-1/Gli-Atti-d/Controllo-/Documenti/Sezione-ce1/Anno-2009/Primo-Coll/all-1-09/RELAZIONE-Kyoto-2008-rettificata.doc_cvt.htm.
[52] http://www.eea.europa.eu/it/pressroom/newsreleases/le-emissioni-non-industriali-sono-fondamentali-per-il-conseguimento-degli-obiettivi-di-kyoto.
[54] Comunicato stampa IP/09/1703 del 12 novembre 2009, disponibile all’indirizzo internet http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/09/1703&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=en.
[55] Consultabile anche all’indirizzo http://www.eea.europa.eu/themes/climate/ghg-country-profiles/tp-report-country-profiles/italy-greenhouse-gas-profile-summary-1990-2020.pdf.
[56] Mt CO2-eq.
[57] t CO2-eq./persona.
[58] g CO2-eq/euro.
[59] Tale quota è stata poi innalzata dal D.Lgs. n. 387/2003 (art. 4), che ne ha stabilito un incremento annuo dello 0,35% per il triennio 2004-2006, demandando a successivi decreti la fissazione degli ulteriori incrementi per i trienni successivi. Su tale norma è successivamente intervenuta la legge finanziaria 2008 (L. 244/07, comma 146 dell’art. 2), che ha fissato l’incremento annuo della quota minima d'obbligo, con riferimento al periodo 2007-2012, in 0,75 punti percentuali, prevedendo che gli ulteriori incrementi per gli anni successivi al 2012 saranno stabiliti con decreti ministeriali.
[60] L. 23 luglio 2009, n. 99, Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
[61] D.L. 25 settembre 2009, n. 135, Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 (GU n. 274 del 24 novembre 2009, SO n. 215).
[62] Con DM 18 dicembre 2008 sono state stabilite le direttive per l’attuazione della disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili introdotta dalla legge finanziaria 2008.
[63] Il decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità fiscale,è statoconvertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.
[64] Inizialmente dall’impresa distributrice competente nell’ambito territoriale in cui era ubicato l’impianto.
[65] Legge 23 luglio 2009, n. 99 recante Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, pubblicata nella GU n. 176 del 31 luglio 2009 - SO n. 136.
[66] Il decreto-legge29 novembre 2008, n. 185, recanteMisure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale, è stato convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
[67] D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito con modificazioni dalla L. 9 aprile 2009, n. 33.
[68] Legge 9 gennaio 1991, n. 10, recante Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.
[69] D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.
[70] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 10 luglio 2009.
[71] Oltre alle direttive volte specificamente a promuovere l’uso dei biocarburanti, nell’ambito della riforma della Politica agricola comune (PAC) sono state previste anche misure volte a incentivare le produzioni agroenergetiche. In particolare, il regolamento n.1782 del 2003 (articoli 55-56 e 88) ha escluso dall’obbligo di ritiro (set aside) i terreni utilizzati per le coltivazioni agroenergetiche e previsto, nel caso di colture pluriennali destinate alla produzione di biomasse, un aiuto comunitario accoppiato pari a 45 euro/ettaro. Le proposte della Commissione europea in ordine alla revisione (cd. health check) della PAC prevedono tuttavia la soppressione di tale aiuto.
[72] D.Lgs 30 maggio 2005, n. 128, Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.
[73] D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.
[74] Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[75] D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81.
[76]Merita ricordare che nella segnalazione AS368 del 3 novembre 2006 (consultabile sul sito internet www.agcm.it) l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato affermava che le previsioni contenute nella normativa allora vigente (testo originario dell’articolo 2-quater del DL n. 2 del 2006, convertito dalla legge n.81 del 2006), ove si prevedeva l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e benzina di immettere in consumo una quota di carburanti di origine agricola oggetto di intese di filiera, contratti quadro o accordi di programma agroenergetici, apparivano restrittive della concorrenza. L’Autorità formulava inoltre considerazioni analoghe anche con riferimento alle proposte di modifica di tale normativa allora pendenti e poi approvate (v. infra nel testo), che pure non prevedevano più un formale obbligo di approvvigionamento esclusivo nell’ambito di intese o accordi, e valutava altresì distorsivi della concorrenza e indebitamente discriminatori gli interventi volti ad attribuire titoli di preferenza nei bandi pubblici o nei contratti di fornitura delle P.A. a favore di operatori che sottoscrivono contratti di filiera, contratti quadro o accordi di programma agroenergetici. L’Autorità considerava altresì le disposizioni sopra indicate in contrasto con l’art. 81 del Trattato CE, in quanto non strettamente necessarie al perseguimento dei pur condivisibili obiettivi di politica agricola sottostanti la predetta normativa, e quindi non in grado di soddisfare “il test diproporzionalità con le norme antitrust, richiesto dalla Corte di giustizia anche per i provvedimenti volti a tutelare il mondo agricolo”.
[77] Regolamento recante le sanzioni amministrative per il mancato raggiungimento dell'obbligo di immissione in consumo di una quota minima di biocarburanti, ai sensi dell'articolo 2-quater, comma 2, della legge 11 marzo 2006, n. 81, così come sostituito dall'articolo 1, comma 368, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[78] Regolamento recante criteri, condizioni e modalità per l'attuazione dell'obbligo di immissione in consumo nel territorio nazionale di una quota minima di biocarburanti, ai sensi dell'articolo 1, comma 368, punto 3, della legge n. 296/2006.
[79] Legge 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).
[80] D.L. 3 giugno 2008, n. 97, Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini, convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2008, n. 129.
[81] A questo proposito si evidenzia che i combustibili sintetici possono essere ricavati, tramite il processo chimico di Fischer-Tropsch, a partire dal gas metano, dalle biomasse (non solo vegetali, anche legname e rifiuti organici) e dal carbone.
[82] Direttiva 2001/77 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità:
[83] D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.
[84] L’elenco completo delle fonti energetiche rinnovabili comprende le seguenti fonti: eolica; solare; geotermica; del moto ondoso; maremotrice; idraulica; biomasse; gas di discarica; gas residuati dei processi di depurazione; biogas.
[85] Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[86] D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.
[87] D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102, Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2 lettera e) della legge 7 marzo 2003, n. 38.
[88] Legge 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006).
[89] Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[90] L’articolo 2-quater, comma 11, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, aveva già modificato la disposizione ricomprendendovi anche la produzione e cessione di energia calorica e riferendola anche alle attività svolte mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche. Tuttavia il comma 11 menzionato non è stato riprodotto nell’articolo 2-quater novellato dal comma 368 della legge n. 296/06 -Finanziaria 2007.
[91] D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.
[92] Regolamento recante agevolazioni fiscali al bioetanolo di origine agricola, da adottare ai sensi dell'articolo 22-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle accise).
[93] Con decisione della Commissione del 23 ottobre 2007 è stata autorizzata fino al 31 dicembre 2007 la riduzione dell’aliquota d’accisa sui biocarburanti prevista dal regime introdotto dall’articolo 1, comma 520 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
[94] Si tratta della Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo "Riesame della politica ambientale 2008" (COM(2009) 304 def.) e la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Integrare lo sviluppo sostenibile nelle politiche dell'UE: riesame 2009 della strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile" (COM(2009) 400 def.).