Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Principi fondamentali per il governo del territorio - A.C. 329, 438 e 1794 - Terza edizione
Riferimenti:
AC N. 329/XVI   AC N. 1794/XVI
AC N. 438/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 30
Data: 03/02/2009
Descrittori:
AMBIENTE   OPERE DI URBANIZZAZIONE
URBANISTICA     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Principi fondamentali per il governo

del territorio

AA.CC. 329, 438 e 1794

 

 

 

 

 

n. 30

Terza edizione

 

3 febbraio 2009

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Am0015.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Art. 1 (Governo del territorio)  Capo I della pdl 329 e della pld 1794               3

§      Art. 2 (Definizioni)                                                                                          11

§      Art. 3 (Compiti e funzioni dello Stato) Art. 9 della pdl 329 e artt. 2 e 3 della pdl 1794           13

§      Art. 4 (Interventi speciali dello Stato)                                                             17

§      Art. 5 (Sussidiarietà, cooperazione e partecipazione)  Capo II della pdl 329 – capo III della pdl 1794 19

§      Art. 6 (Pianificazione del territorio) Capo III della pdl 329 e art. 5 della pdl 1794        25

§      Art. 7 (Dotazioni territoriali)  Capo III della pdl 329 – art. 9 della pdl 1974     31

§      Art. 8 (Predisposizione e approvazione del piano urbanistico)                     37

§      Art. 9 (Attuazione del piano urbanistico)                                                        41

§      Articolo 10 (Misure di salvaguardia)                                                              47

§      Articolo 11 (Attività edilizia)                                                                            49

§      Art. 12 (Fiscalità urbanistica)                                                                         55

§      Art. 13 (Abrogazioni e disposizioni finali) Capo IV della pdl 329 – art. 13 della pdl 1974       57

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE  (A cura dell’Ufficio Rapporti dell’Unione europea)    62

§      Procedure di contenzioso (A cura dell’Ufficio Rapporti dell’Unione europea) 65

Testo a fronte

§      Testo a fronte delle pdl A.C. 329, A.C. 438 e A.C. 1794                               69

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica Italiana (art. 116 e 117)                               121

§      L. 17 agosto 1942, n. 1150 Legge urbanistica (artt. 1, 4-18, 20-23, 28-30, 34, 35, 41-43)   123

§      L. 3 novembre 1952, n. 1902 Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori.                                                                                                     139

§      L. 18 aprile 1962, n. 167 Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare (artt. 2-9)                                                                 141

§      L. 6 agosto 1967, n. 765 Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (art. 2)                                                                                                                  145

§      D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765 .                                                                                               147

§      L. 19 novembre 1968, n. 1187 Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150                                                                                                             153

§      L. 22 ottobre 1971, n. 865 Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alla L. 17 agosto 1942, n. 1150; L. 18 aprile 1962, n. 167; L. 29 settembre 1964, n. 847 ; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata. (art. 27)         155

§      L. 28 gennaio 1977, n. 10 Norme per la edificabilità dei suoli (art. 13)       157

§      L. 5 agosto 1978, n. 457 Norme per l'edilizia residenziale (artt. 27-30)      159

§      D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.  (Testo A) (artt. 6, 8 e 9, 16, 17, 20 e 22)                                       163

§      D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. (Testo A) (art. 9)                                  171

 

 


Schede di lettura

 


Si segnala preliminarmente che le schede di lettura contenute nel presente Dossier seguono l’articolazione della proposta di legge n. 438 (Lupi e altri), la quale riproduce il testo della pdl 3860 approvato dalla Camera dei deputati nella XIV legislatura ed il cui esame non è stato concluso presso l’altro ramo del Parlamento (AS 3519).

 

Con riferimento a ciascuna disposizione si riportano le norme analoghe o riguardanti le stesse materie contenute nella pld 329 (Mariani e altri) e nella pdl 1794  (on. Mantini). Per una più approfondita valutazione delle analogie e delle differenze tra le due proposte, il Dossier contiene altresì un testo a fronte.

Art. 1
(Governo del territorio)
Capo I della pdl 329 e della pld 1794

Il comma 1 dell’articolo 1 enuncia la finalità del provvedimento che consiste nello stabilire i princìpi fondamentali in materia di governo del territorio.

Nel medesimo comma viene sottolineato che tale finalità consente di dare attuazione all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

Si osserva, tuttavia, che il terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione non contempla nessuna successiva attuazione e, pertanto, sembrerebbe opportuno riformulare tale periodo chiarendo che la presente proposta di legge viene emanata non tanto “in attuazione”, quanto “ai sensi” del citato art. 117 Cost., terzo comma.

 

La pdl 329 enuncia in modo analitico e dettagliato i principi e le finalità del governo del territorio al Capo I (articoli 1-8).

 

Con particolare riferimento alle finalità del provvedimento, l’articolo 1 riprende le medesime finalità della pdl 438 (comma 1), specificando peraltro il riferimento ai valori naturali e ambientali, alla difesa del suolo e all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, nonché al sistema delle città e delle aree metropolitane, anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree svantaggiate del Paese, nel rispetto dei vincoli dell'ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali. Quanto alle modalità di attuazione del provvedimento, l’ultimo periodo del comma 4 attribuisce alle regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la potestà di emanare norme in materia di governo del territorio, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla proposta di legge.

 

La pld 1794, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, mira a riordinare la legislazione vigente, sulla base dei seguenti criteri:

Ø       definizione di una legge statale di princìpi e conseguente abrogazione delle norme in contrasto con i medesimi;

Ø       programmazione solo strategica e di coordinamento a livello regionale;

Ø       principio di copianificazione, sulla base dell'esperienza francese, per rendere più efficace il coordinamento intersoggettivo;

Ø       nuovo piano territoriale provinciale fondato sul sistema ambientale  e sul sistema delle infrastrutture e dei servizi;

Ø       incentivazione delle aggregazioni tra comuni e delle azioni di marketing territoriali;

Ø       revisione della pianificazione comunale attraverso l'affermazione del principio della non obbligatoria estensione del piano regolatore all'intero territorio comunale e la nuova articolazione in piano strutturale-direttore, non vincolistico e di medio periodo, e piano-progetto operativo, vincolistico e, in alcuni modelli, legato al mandato politico-amministrativo;

Ø       integrazione preventiva di tecniche di tutela ambientale nella pianificazione urbanistica (principio di sostenibilità ambientale);

Ø       marginalizzazione, per quanto possibile, dell'esproprio e dei vincoli preordinati;

Ø       perequazione tra le proprietà inserite nei comparti di trasformazione;

Ø       una più netta distinzione tra regime degli interventi sull'edificato e opere nuove (le regole per gli interventi minori sul costruito non possono essere le stesse dell'urbanistica di espansione e di riqualificazione intensiva);

Ø       abbandono dell'attuale logica quantitativa degli standard, in mille modi derogata, in favore di standard prestazionali o reali, ossia di volta in volta valutati nell'ambito del piano-progetto operativo o nel piano comunale dei servizi e delle infrastrutture;

Ø       superamento dell'antica logica dello zooning monofunzionale;

Ø       determinazione di regole per la disciplina del procedimento di negoziazione urbanistica, anche ai fini dell'attuazione del piano-progetto operativo, garantendo trasparenza, partecipazione e par condicio concorsuale tra gli operatori;

Ø       eliminazione della commistione tra opere di urbanizzazione realizzabili direttamente e a scomputo degli oneri di concessione e opere pubbliche maggiori, la cui progettazione e costruzione devono essere soggette, sopra soglie determinate, alle regole delle gare comunitarie degli appalti;

Ø       semplificazione amministrativa delle procedure;

Ø       un nuovo approccio basato su un'«amministrazione per risultati» e una «pianificazione per obiettivi» coerente con il principio della separazione delle funzioni tra organi politici e responsabili della gestione amministrativa;

Ø       una più ampia previsione dei nuovi strumenti di partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche, superando sia il ristretto istituto delle «osservazioni» successive all'adozione sia il divieto di partecipazione posto dall'articolo 13 della legge n. 241 del 1990.

A tal fine, il capo I definisce (articolo 1) i diversi ambiti di competenza statale:

esclusiva, in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, in materia di ordinamento civile e penale e di regime delle proprietà, in materia di tutela della concorrenza, nonché nella definizione dei livelli minimi essenziali dei sistemi delle infrastrutture, delle attrezzature urbane e territoriali dei servizi;

concorrente, nella definizione dei princìpi del governo del territorio e dei princìpi ispiratori di sussidiarietà, sostenibilità ambientale ed economica, concertazione, partecipazione, pari opportunità nella negoziazione, perequazione, efficacia, efficienza, economicità, imparzialità e semplificazione dell'azione amministrativa.

 

 

Si ricorda che con le modifiche recate al Titolo V della Costituzione dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, è stato introdotta, tra le materie di legislazione concorrente, il “governo del territorio” che ha sostituito, comprendendola in sé, la materia dell’urbanistica. Alla luce di queste modifiche, gran parte della dottrina, ha evidenziato quindi la necessità di pervenire ad una legge quadro di principi necessaria a fronteggiare la devoluzione della disciplina urbanistica, anche in seguito alle sentenze della Corte costituzionale nn. 303 e 307 del 2003.

All’interno della sentenza n. 303 del 2003, seppur incidentalmente, viene chiarito che “La parola «urbanistica» non compare nel nuovo testo dell'art. 117, ma ciò non autorizza a ritenere che la relativa materia non sia più ricompresa nell'elenco del terzo comma: essa fa parte del «governo del territorio». Se si considera che altre materie o funzioni di competenza concorrente, quali porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, sono specificamente individuati nello stesso terzo comma dell'art. 117 Cost. e non rientrano quindi nel «governo del territorio», appare del tutto implausibile che dalla competenza statale di principio su questa materia siano stati estromessi aspetti così rilevanti, quali quelli connessi all'urbanistica, e che il «governo del territorio» sia stato ridotto a poco più di un guscio vuoto”.

Con la sentenza n. 307 del 2003, la Corte costituzionale ha chiarito anche che il "governo del territorio" comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti o attività: tutti ambiti rientranti nella sfera della potestà legislativa "concorrente" delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, e pertanto caratterizzati dal vincolo al rispetto dei (soli) principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato[1].

 

Lo stesso comma 1 dell’articolo 1 (pdl 438) precisa che sono fatte salve:

§      le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione;

§      le forme e le condizioni particolari di autonomia previste ai sensi dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione;

§      le disposizioni della sezione I della parte terza del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione.

 

Il comma 2 reca la definizione legislativa di governo del territorio che viene individuato come l’insieme delle attività conoscitive, regolative, di programmazione, di localizzazione e attuazione degli interventi, nonché di vigilanza e controllo, volte a perseguire i seguenti obiettivi:

-   la tutela e la valorizzazione del territorio;

-   la disciplina degli usi e delle trasformazioni dello stesso;

-   la mobilità in relazione a obiettivi di sviluppo del territorio.

 

Si osserva, in proposito, che non appare chiara l’indicazione del termine “mobilità” che di per sé non rappresenta un obiettivo. Sembrerebbe pertanto opportuno precisare le caratteristiche della mobilità che si intendono perseguire (quali l’efficienza o la sostenibilità).

 

Viene inoltre stabilito che il governo del territorio include altresì una serie di altre materie: l’urbanistica, l’edilizia, l'insieme dei programmi infrastrutturali, la difesa del suolo, la tutela del paesaggio e delle bellezze naturali[2], nonché la cura degli interessi pubblici funzionalmente collegati con le medesime materie.

 

Sulla portata della definizione in esame, si richiamano alcune critiche espresse dall’INU (Istituto nazionale di urbanistica) nel corso dell’audizione presso la 13a Commissione del Senato in data 8 novembre 2005[3]. Secondo l’INU, benché il comma in esame fornisca una definizione abbastanza ampia del concetto di “governo del territorio” derivata e ampliata rispetto a quella riportata, come “urbanistica”, nell’art. 80 del DPR n. 616/1977, “si possono tuttavia rilevare alcune carenze e/o incongruenze. È menzionata ad esempio la «programmazione», ma non la pianificazione; la «tutela e la valorizzazione del territorio», la «tutela (e non la valorizzazione) del paesaggio e delle bellezze naturali»”. Nello stesso documento viene sottolineato che la tutela dei beni culturali è menzionata, ma solo all’art. 3, comma 4, tra le competenze statali, così come la loro valorizzazione, e che nello stesso articolo e comma è menzionata anche la tutela dell’ambiente, ma solo in relazione alla protezione civile.

Sulla necessità di un miglioramento della citata definizione conveniva del resto il relatore all’AS 3519, senatore Specchia, affermando che il concetto di governo del territorio “dovrebbe essere meglio articolato”[4].

 

La pdl 329(articolo 1, comma 2) aggiunge, oltre a quelle già indicate dalla pdl 438, le seguenti finalità:

-        la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale e paesaggistico e del territorio rurale;

-        l'utilizzo sostenibile delle risorse non rinnovabili e la tutela della biodiversità;

-        la riduzione del consumo di suolo non urbanizzato;

-        il rapporto coerente tra localizzazione delle funzioni, sistema della mobilità e infrastrutture tecnologiche ed energetiche, in relazione alle risorse economiche e finanziarie attivate dai soggetti pubblici e privati.

 

Il comma 3 chiarisce che la tutela del territorio è perseguita in maniera integrata nei diversi aspetti e che anche la qualità degli insediamenti urbani deve essere considerata e promossa come parte essenziale di essa.

 

Ai sensi del successivo comma 4, il governo del territorio comprende l'urbanistica, l'edilizia, la difesa del suolo, l'espropriazione e l'edilizia sociale.

 

Il comma 3 dell’articolo 1 (pdl 438) assegna alle regioni la potestà legislativa in materia di governo del territorio, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali e ad eccezione degli aspetti direttamente incidenti:

-   sull'ordinamento civile e penale;

-   sulla difesa e sulle Forze armate;

-   sull'ordine pubblico e sulla sicurezza;

-   sulla tutela dei beni culturali e del paesaggio;

-   sulla tutela della concorrenza;

-   sulla garanzia di livelli uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

 

Pertanto permangono potestà legislative statali esclusive in alcuni settori chiave quali l’ambiente ed i beni culturali, la tutela della concorrenza, il diritto penale, l’ordinamento civile.

 

Si osserva in proposito che tale comma sembra superfluo, come del resto sottolineato anche nel documento presentato dalle regioni[5], in quanto ripropone il dettato dell’articolo 117 della Costituzione. Tra l’altro, nel riproporre il riparto di competenze sancito nel dettato costituzionale non si fa riferimento alle lettere m) e p) del secondo comma dell’articolo 117 che assegnano alla legislazione esclusiva dello Stato anche la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, nonché le “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.

 

L’articolo 2 della pdl 329 reca i principi fondamentali del governo del territorio, tra i quali è indicato innanzitutto il principio di pianificazione che viene esercitato mediante gli strumenti della pianificazione nel rispetto dei principi - oggetto dei successivi articoli - di sostenibilità (articolo 3), tutela e sicurezza (articolo 4), sussidiarietà e adeguatezza (articolo 5), trasparenza e democrazia (articolo 6), equità (articolo 7) e legalità del territorio (articolo 8).

 

Al fine di garantire il rispetto del principio di sostenibilità, quindi, il governo del territorio deve avere tra le proprie finalità (articolo 3):

a) la conservazione delle risorse naturali, della biodiversità e del patrimonio culturale, storico e paesaggistico;

b) la limitazione del consumo di suolo non urbanizzato, riservandolo esclusivamente ai casi di effettiva necessità e attivando processi di riqualificazione, di recupero, di riutilizzo, di modifica e di sostituzione delle opere esistenti;

c) il perseguimento della qualità economica e sociale dello sviluppo, prevedendo il risparmio delle risorse naturali non rinnovabili;

d) la qualità delle città e degli insediamenti abitativi, l'efficienza energetica e la diffusione di fonti energetiche rinnovabili, nonché la mobilità fluida e a basso impatto ambientale;

e) la tutela delle coste e del mare, dell'ambiente montano e del territorio rurale.

 

Ai sensi del comma 2, le azioni di trasformazione del territorio sono soggette alla valutazione preventiva degli effetti economico-sociali e ambientali prevista dalla normativa comunitaria e dalla legislazione statale vigenti in materia.

 

E’ quindi stabilito che le limitazioni alle facoltà di godimento dei beni immobili che costituiscono risorse non rinnovabili, quali acqua, suolo ed ecosistemi della fauna e della flora, paesaggi e beni culturali, non diano luogo a indennizzo (comma 3).

 

Ai sensi dell’articolo 4, i principi di tutela e sicurezza sono finalizzati a garantire la prevenzione dai rischi naturali e antropici e a mitigare gli effetti delle calamità nonché il relativo rischio. In tale ambito, la tutela dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali è considerata elemento prioritario di interesse e di azione. Nell'ambito delle attività di governo del territorio - realizzate attraverso forme ordinarie di programmazione e pianificazione - i soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio operano secondo il principio di precauzione e prevenzione.

 

La ripartizione dei poteri e delle competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nonché i rapporti con i cittadini, avvengono nel rispetto del principio di sussidiarietà - secondo i criteri della tutela, dell'affidamento, della responsabilità e della concorsualità - e quelli tra i vari soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio secondo il criterio di differenziazione e adeguatezza, nel rispetto dell'articolo 118 della Costituzione e sulla base del principio di cooperazione istituzionale, anche mediante la sottoscrizione di intese e accordi procedimentali, ovvero prevedendo l'istituzione di sedi stabili di concertazione (articolo 5).

 

Si ricorda che l’articolo 118 Cost. prevede che le funzioni amministrative siano attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Tali enti sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze; essi inoltre favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

 

Al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza e democrazia, l’articolo 6 prevede che il processo di formazione e approvazione degli strumenti di governo del territorio assicuri forme di pubblicità, di consultazione e partecipazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi, anche con riferimento alle scelte di localizzazione di opere e di infrastrutture di rilevante impatto ambientale e sociale.

L’articolo regola inoltre le forme di accesso agli atti, che devono essere adeguatamente motivati. Si prevede infine l’istituzione, con legge regionale, di un garante regionale dell'informazione e della comunicazione nel procedimento di formazione e di approvazione degli atti di governo del territorio.

 

Tale articolo reca contenuti analoghi all'articolo 7 della pdl 1794 in materia di partecipazione al procedimento di pianificazione, che deve essere assicurata mediante:

a) il coinvolgimento delle associazioni economiche e sociali in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;

b) le forme di pubblicità e di partecipazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi in ordine ai contenuti degli strumenti stessi.

Le scelte relative alla localizzazione di opere e di infrastrutture di rilevante impatto ambientale e sociale sono precedute da udienze pubbliche con la partecipazione dei cittadini e delle associazioni territorialmente radicate e da procedure di valutazione di impatto ambientale.

L'articolo 8 disciplina gli accordi con i privati (cd. negoziazione urbanistica), assai rilevanti in materia urbanistica, nel rispetto del principio di pari opportunità e attraverso procedure di confronto concorrenziale.

 

 

Ai sensi dell’articolo 7 della pdl 329, in relazione al principio di equità, viene stabilito che la pianificazione e lo svolgimento delle attività di trasformazione del territorio, attraverso l'utilizzazione di risorse non rinnovabili siano attuati garantendo l'uguaglianza dei diritti all'uso e al godimento e dei doveri di tutela e di conservazione dei beni comuni.

Nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale, gli atti di pianificazione del territorio determinano la partecipazione dei soggetti privati ai relativi costi.

 

L’articolo 8, in materia di legalità, prevede che le trasformazioni del territorio siano realizzate in conformità agli strumenti di governo del territorio ed attribuisce al comune compiti di vigilanza e controllo sulle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, fatta salva la potestà regionale di intervenire, in via sostitutiva, nei confronti delle amministrazioni inadempienti.

 


Art. 2
(Definizioni)

L’articolo 2 introduce una serie di definizioni che mirano a rendere più univoco il testo, in particolare in relazione al chiarimento dei rapporti fra i diversi livelli di pianificazione.

 

a)        «pianificazione territoriale»: la pianificazione di area vasta, che definisce l'assetto delle componenti territoriali fondamentali dell’area stessa;

Tale definizione richiama un concetto, quello di area vasta, cui non corrisponde una definizione giuridica precisa, benché sia largamente utilizzato nella normativa e nella dottrina per intendere una dimensione oltre i confini amministrativi del Comune[6].

 

b)        «pianificazione urbanistica»: la pianificazione funzionale e morfologica del territorio che disciplina le modalità d'uso e di trasformazione e comprende:

 

§      il piano strutturale;

Detto piano, ai sensi della successiva lettera e), è definito come “il piano urbanistico con il quale vengono operate le scelte fondamentali di programmazione dell'assetto del territorio di un comune o di più comuni in coordinamento fra loro”[7].

 

§      il piano operativo;

Ai sensi della successiva lettera f), definito come “il piano urbanistico con il quale vengono attuate le previsioni del piano strutturale, con effetti conformativi del regime dei suoli”.

 

§      la regolamentazione urbanistica ed edilizia;

Si fa notare che tale articolazione del piano corrisponde a quella auspicata nel documento dell’INU “Verso la legge sui principi del governo del territorio”[8].

 

c)        «piano di settore»: il piano di uno specifico settore funzionale con effetti sul territorio;

d)        «piano territoriale»: il documento che rappresenta l'esito del processo di pianificazione territoriale;

e)        «piano strutturale»: v. supra;

f)          «piano operativo»: v. supra;

g)        «dotazioni territoriali»: la misura adeguata del complesso di attrezzature, infrastrutture e reti di cui deve essere dotato un ambito territoriale;

h)        «rinnovo urbano»: l'insieme coordinato di interventi di conservazione, ristrutturazione, demolizione e ricostruzione di singoli edifici o di intere parti di insediamenti urbani, finalizzato alla rigenerazione, riqualificazione, riabilitazione, nonché all'adeguamento dell'estetica urbana.

 

Analogo elenco di definizioni non è previsto nella pdl 329 né nella pld 1794, laddove le definizioni sono esplicitate nei singoli articoli di riferimento.

 


Art. 3
(Compiti e funzioni dello Stato)
Art. 9 della pdl 329 e artt. 2 e 3 della pdl 1794

In base al comma 1 dell’articolo in esame, le funzioni dello Stato in materia di governo del territorio, vengono esercitate attraverso la predisposizione di politiche generali e di settore concernenti la tutela e la valorizzazione dell'ambiente; l'assetto del territorio; la promozione dello sviluppo economico-sociale; il rinnovo urbano.

 

Analoghe disposizioni sono contenute nell’articolo 9 della pdl 329 – che apre il Capo II della proposta, riguardante i soggetti istituzionali ed il coordinamento delle funzioni -  secondo il quale allo Stato competono, oltre alle funzioni già citate,i rapporti con gli organismi internazionali e il coordinamento con gli organismidell'Unione europea in materia di assetto del territorio e di politiche urbane (comma 1).

 

Al riguardo, il capo II della pdl 1794, nel delineare le competenze e le funzioni statali, afferma (articolo 2) la necessità, da parte dello Stato, di adottare appositi programmi di intervento in materia di:

Ø      tutela e valorizzazione dell'ambiente;

Ø      assetto del territorio;

Ø      promozione dello sviluppo economico-sociale;

Ø      rinnovo e riqualificazione urbana;

Ø      nonché grandi reti di infrastrutture

coordinando la sua azione con quella dell'Unione europea e previa intesa con la Conferenza unificata.

A tal fine lo Stato - prevalentemente attraverso intese in sede di Conferenza unificata - esercita anche le funzioni amministrative relative all'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale nei seguenti ambiti:

Ø      tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;

Ø      difesa del suolo;

Ø      articolazione delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale

in armonia con le politiche definite a livello comunitario, nazionale e regionale e in coerenza con le scelte di sostenibilità economica e ambientale.

Ai sensi del comma 4, sono altresì esercitate dallo Stato le funzioni amministrative connesse al governo del territorio relative a:

Ø      difesa e Forze armate;

Ø      ordine pubblico e sicurezza;

Ø      competenze istituzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in relazione alla difesa civile;

Ø      protezione civile concernenti la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;

Ø      tutela dei beni culturali;

Ø      valorizzazione dei beni culturali di appartenenza statale, nel rispetto del principio di leale collaborazione;

Ø      individuazione in via concorrente dei beni paesaggistici e partecipazione alla gestione dei vincoli paesaggistici, previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Con riferimento allo svolgimento di funzioni amministrative, si osserva che l’art. 118 Cost assegna tali funzioni ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

Ai sensi dei commi 5 e 6, infine, lo Stato predispone - previa intesa in sede di Conferenza unificata e prioritariamente attraverso gli strumenti di programmazione negoziata - programmi di intervento in determinati ambiti territoriali volti a promuovere politiche di sviluppo economico locale, di coesione e di solidarietà sociali coerenti con le prospettive di sviluppo sostenibile.

L’articolo 3 della pdl 1794 reca poi una norma di raccordo delle tutele cosiddette «separate» (parchi, autorità di bacino, sovrintendenze e altri soggetti pubblici titolari di interessi pubblici) con gli atti di pianificazione urbanistica, con l'obiettivo esplicito di coordinare, attraverso sedi di codecisione e intese procedimentali, le tutele settoriali con gli atti di pianificazione. (analoga disposizione è recata dal comma 3 dell’art. 10 della pdl 329)

 

Il comma 2 dell’art. 3 della pdl 438 (analogo al comma 2 dell’art. 9 della pdl 329)prevede che le citate politiche siano attuate mediante l’adozione - da parte dello Stato, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni - di programmi di intervento coordinati con l’azione dell’UE e delle regioni.

 

Il comma 3 della pdl 438(sostanzialmente analogo al comma 4 dell’articolo 9 della pdl 329) assegna allo Stato, attraverso intese da raggiungere in sede di Conferenza unificata, l’esercizio delle funzioni amministrative relative all'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale:

Ø      in ordine alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla difesa del suolo e all'articolazione delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale;

Si fa notare, con riferimento all’articolazione delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, che quanto previsto dal comma 3 appare rispettoso della giurisprudenza costituzionale. Con la sentenza n. 303/2003 la Corte costituzionale ha infatti sancito la necessità di pervenire all’intesa con le regioni interessate per le decisioni relative alla realizzazione delle opere inserite nel programma previsto dalla cd. legge obiettivo n. 443/2001.

Ø      in armonia con le politiche definite a livello comunitario, nazionale e regionale;

Ø      in coerenza con le scelte di sostenibilità economica e ambientale.

 

Per meglio comprendere il ruolo dello Stato nell’ambito del processo di pianificazione territoriale delineato dalla presente proposta di legge, si rimanda al diagramma di flusso esposto di seguito:

 


Note:

* L’art. 6, co. 2, dispone che il piano territoriale di coordinamento, previsto dall'art. 20, co. 2, del d.lgs. n. 267/2000, è di competenza delle province, salve diverse previsioni della legge regionale allo scopo di favorire la pianificazione delle aree metropolitane.

** Ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. b), la pianificazione urbanistica comprende, oltre al piano strutturale e al piano operativo, anche la regolamentazione urbanistica ed edilizia.

*** L’art. 9, co. 1, dispone che l'attuazione è subordinata all’esistenza o alla realizzazione delle dotazioni territoriali.

 
 



Il comma 4 elenca, quali ulteriori funzioni amministrative connesse al governo del territorio che sono esercitate dallo Stato, quelle relative a:

§         difesa e Forze armate;

§         ordine pubblico e sicurezza;

§         competenze istituzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in relazione alla difesa civile;

§         protezione civile concernenti la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;

§         tutela dei beni culturali;

§         valorizzazione dei beni culturali di appartenenza statale nel rispetto del principio di leale collaborazione;

§         individuazione in via concorrente dei beni paesaggistici;

§         partecipazione alla gestione dei vincoli paesaggistici, previste dal d.lgs. n. 42/2004.

 

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 9 della pdl 329 sono riservate allo Stato le seguenti funzioni:

 

a) la definizione e l'aggiornamento delle linee fondamentali di assetto del territorio nazionale, d'intesa con la Conferenza unificata;

 

b) le competenze riconosciute dalla legislazione vigente allo Stato in materia di aree naturali protette di interesse nazionale, di tutela del paesaggio e dei beni culturali, di distretti idrografici, di bonifica dei siti di interesse nazionale, di valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica, di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;

 

c) la pianificazione e la programmazione delle reti infrastrutturali a carattere nazionale e degli interventi per la tutela e la messa in sicurezza del territorio dai rischi naturali e antropici;

 

d) la definizione della normativa tecnica da applicare sul territorio nazionale riguardante la sicurezza sismica, i requisiti minimi per la tutela dell'igiene e della sicurezza, per l'accessibilità e la fruibilità degli abitati e delle costruzioni, nonché per la qualità dei tessuti urbani e delle dotazioni territoriali;

 

e) l'osservazione e il monitoraggio delle trasformazioni e dello sviluppo del territorio attraverso l'armonizzazione dei quadri conoscitivi e dei sistemi informativi di livello regionale.

 


Art. 4
(Interventi speciali dello Stato)

Il comma 1 dell’articolo in esame consente allo Stato di effettuare, previa intesa in sede di Conferenza unificata, interventi speciali in determinati ambiti territoriali, ai sensi del quinto comma dell'art. 119 Cost., finalizzati a :

§    rimuovere condizioni di squilibrio economico e sociale;

§    superare situazioni di degrado ambientale e urbano;

§    promuovere politiche di sviluppo economico locale, di coesione e solidarietà sociale coerenti con le prospettive di sviluppo sostenibile;

§    promuovere la rilocalizzazione di insediamenti esposti ai rischi naturali e tecnologici e la riqualificazione ambientale dei territori danneggiati.

 

Analoga disposizione è prevista dall’art. 2, commi 5 e 6 della pdl 1794, ai sensi dei quali, lo Stato predispone - previa intesa in sede di Conferenza unificata e prioritariamente attraverso gli strumenti di programmazione negoziata - programmi di intervento in determinati ambiti territoriali volti a promuovere politiche di sviluppo economico locale, di coesione e di solidarietà sociali coerenti con le prospettive di sviluppo sostenibile.

 

Si ricorda che il citato quinto comma dell’art. 119 Cost. dispone che per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

 

Il successivo comma 2 dispone che gli interventi speciali indicati al comma 1 siano attuati prioritariamente attraverso gli strumenti della programmazione negoziata.

 

Si segnala che, nel momento in cui il programma di intervento va ad incidere sulla pianificazione di un determinato ambito territoriale, ai sensi del successivo articolo 5, comma 3, il piano urbanistico relativo al medesimo ambito dovrà “ricomprendere e coordinare, con opportuni adeguamenti, ogni disposizioni…concernente il territorio”. Ciò si realizza attraverso la previsione del comma 2 in esame che prevede l’attuazione dei citati programmi attraverso gli strumenti di programmazione negoziata.

Si ricorda, infatti, che l’articolo 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante ”Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”, prevede quale strumento di programmazione negoziata l’accordo di programma cui ricorrere nel caso si tratti di definire ed attuare opere, interventi o programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici.

Il comma 4 dello stesso articolo dispone inoltre che, qualora l’accordo venga adottato con decreto del presidente della Regione, esso determina le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituisce le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato.

 

Sulla base delle osservazioni succitate sembrerebbe, quindi, opportuno esplicitare nel testo del comma in commento il riferimento alla disposizione legislativa del TU relativa alla programmazione negoziata.


Art. 5
(Sussidiarietà, cooperazione e partecipazione)
Capo II della pdl 329 – capo III della pdl 1794

L’articolo in esame elenca i principi che devono informare l’attività dei soggetti coinvolti nel governo del territorio, desumibili – in larga parte – daldettato costituzionale e da altre disposizioni – di carattere generale – contenute nella legislazione, anche regionale, vigente.

 

Il comma 1 enuncia i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza che devono ispirare la ripartizione delle competenze fra i diversi soggetti pubblici e i rapporti tra questi e i cittadini, secondo i criteri della responsabilità e della tutela dell'affidamento, fatti salvi i poteri sostitutivi previsti dalle norme vigenti.

Si ricorda che sussidiarietà (cd. verticale), differenziazione e adeguatezza sono principi già previsti dal comma primo dell’articolo 118 Cost. per il riparto delle funzioni amministrative tra lo Stato e gli enti locali.

Si ricorda, altresì, che l’articolo 118 Cost., comma quarto, dispone che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (in tal caso cd. orizzontale).

 

Il comma 2 introduce il principio della cooperazione tra i soggetti pubblici nella definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio.

Tale principio appare finalizzato a consentire il superamento del modello gerarchico nei rapporti tra i livelli di piano a favore di modalità di relazioni nel rispetto del ruolo e delle competenze di ogni livello e di ogni settore, con una visione concertativa e collaborativa.

 

Nel medesimo comma viene previsto che tale cooperazione può avvenire anche mediante intese e accordi procedimentali, privilegiando le sedi stabili di concertazione, con il fine di perseguire:

§         il principio dell'unità della pianificazione;

§         la semplificazione delle procedure;

§         la riduzione dei tempi.

 

Viene altresì previsto che nella definizione degli accordi di programma e degli atti equiparabili comunque denominati, sono stabilite le responsabilità e le modalità di attuazione, nonché le conseguenze in caso di inadempimento degli impegni assunti dai soggetti pubblici.

 

Si osserva che apparirebbe opportuno fornire una definizione del principio enunciato, anche alla luce dei dubbi sollevati da più parti.

Si ricorda, ad esempio, che l’INU[9] sottolinea come risulti “alquanto oscuro il riferimento alla "unità” della pianificazione, in contrasto con il riconoscimento, nello stesso testo della proposta di legge, che esistono altre forme di pianificazione. L'obiettivo, forse più che un "principio", dovrebbe essere comunque l'organica coerenza delle diverse pianificazioni, a diverse scale, con diverse finalità specifiche, e dal punto di vista amministrativo in capo a Enti diversi (tra l'altro non tutti elettivi). Ritenendosi tale obiettivo assolutamente condivisibile, si suggerisce una formulazione basata sui concetti di coerenza, integrazione, non contraddizione, e analoghi”.

Forse quindi, più che di unità, sembrerebbe opportuno parlare di “unitarietà”.

 

Il comma 3 prevede che, ai fini della definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio, le regioni raggiungono intese con le regioni limitrofe, ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione.

 

Il comma 4 enuncia il principio della semplificazione nell’esercizio delle funzioni amministrative, da attuarsi prioritariamente attraverso:

-   l'adozione di atti negoziali anziché atti autoritativi;

-   forme di coordinamento fra i soggetti pubblici e fra questi e i cittadini, ai quali deve essere riconosciuto comunque il diritto di partecipazione ai procedimenti di formazione degli atti.

 

Da più parti è stato sottolineato che, relativamente alla preferenza per i moduli negoziali, il comma in esame “opera un vero e proprio salto di qualità (oggi, l’art. 13 della l. 241/90 esclude dal campo di applicazione delle disposizioni in tema di accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento gli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione)”[10].

Si ricorda, infatti, che, tale legge ammette da un lato la possibilità che la pubblica amministrazione concluda i procedimenti a mezzo di “accordi con gli interessati”, per la determinazione del contenuto del provvedimento, dall’altro l’articolo 13 ne esclude l’applicabilità agli atti di pianificazione e di programmazione (tipici del governo del territorio), per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.

In realtà tale esplicita limitazione è stata superata nella legislazione, sia statale che regionale, in materia di riconversione e riqualificazione delle aree urbane, con speciali strumenti di pianificazione attuativa pattizia, in cui la parte privata assume un ruolo di coprotagonista, quali ad esempio il programma integrato di intervento (legge n. 179/1992).

 

Si segnala che i commi 1, 2 e 4 della pdl 438 corrispondono sostanzialmente ai commi 1, 2 3 dell’art. 5 della pdl 329.

In particolare, con riferimento alla cooperazione tra soggetti istituzionali, il comma 2 dell’art. 5 della pdl 329 richiama esplicitamente il citato articolo 118 della Costituzione e i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza in esso contenuti.

Il capo III della pdl 1794 specifica i princìpi fondamentali del governo del territorio. In particolare, l'articolo 4 richiama i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sulla base dei quali i comuni, soggetti primari del governo del territorio, le regioni, le province, le città metropolitane e le associazioni di comuni cooperano per la definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio.

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, viene in tale modo rimosso il principio di rigida gerarchia dei piani, che caratterizza la legge n. 1150 del 1942, lasciando agli enti territoriali e alla regione un'ampia libertà di autodeterminazione.

Si segnala che i commi da 2 a 7 dell’articolo 4 corrispondono sostanzialmente agli analoghi commi dell’articolo 5 della pdl 438.

 

Il comma 5 della pdl 438prevede l’eventuale collaborazione tra le regioni e le singole amministrazioni dello Stato per l'esercizio coordinato delle funzioni amministrative, compresi l'attuazione degli atti generali e il rilascio di permessi e di autorizzazioni, con particolare riferimento alla difesa del suolo, alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonché alle infrastrutture.

 

Secondo l’INU[11] il problema è “rendere, se non proprio obbligatorie, almeno di ordinaria amministrazione, e non affidate solo alla buona volontà delle parti, queste pratiche concertative tra Regioni e diverse amministrazioni dello Stato”. Inoltre l’INU sottolinea che “guardando alle esperienze degli ultimi anni comunque, occorrerebbe forse invertire l’ordine dei soggetti: in realtà sembra infatti più difficile costringere alla cooperazione le amministrazioni statali che Regioni ed Enti locali”.

 

Il comma 6 prevede che le regioni, nel disciplinare le modalità di acquisizione dei contributi conoscitivi e valutativi, nonché delle proposte delle altre amministrazioni interessate nel corso della formazione degli atti di governo del territorio, assicurino l'attribuzione in capo alla sola amministrazione procedente della responsabilità delle determinazioni conclusive del procedimento.

 

Il comma 7 demanda alla legislazione regionale la disciplina delle modalità di acquisizione dei contributi conoscitivi e delle informazioni cartografiche finalizzate alla realizzazione di un quadro del territorio unitario e condiviso.

Viene invece attribuita alla competenza dello Stato la definizione, d'intesa con le regioni e con le province autonome, dei criteri omogenei per le cartografie tecniche di dettaglio e di base ai fini della pianificazione del territorio.

Tale disposizione appare coerente con il disposto dell’art. 54 del d.lgs. n. 112/1998.

Si ricorda che l’articolo 54 del decreto legislativo n. 112 del 1998, tra le funzioni mantenute in capo allo Stato, prevede, al comma 1, lettera b), l'indicazione dei criteri per la raccolta e l'informatizzazione di tutto il materiale cartografico ufficiale esistente, e per quello in corso di elaborazione, al fine di unificare i diversi sistemi per una più agevole lettura dei dati. Il successivo comma 2 prevede, altresì, che tale funzione sia esercitata di intesa con la Conferenza unificata.

 

La pdl 329 dedica l’intero Capo II (articoli da 9 a 14) alla definizione delle funzioni e dei compiti dei soggetti istituzionali e alle modalità di coordinamento tra detti soggetti.

In particolare, come abbiamo visto (vedi commento all’articolo 3), l’articolo 9 reca le funzioni attribuite all’esclusiva competenza dello Stato (comma 3) e quelle che lo Stato esercita previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, ovvero con la Conferenza unificata(rispettivamente commi 2 e 4).

 

Ai sensi dell’articolo 10 (Soggetti della programmazione e della pianificazione del territorio) le funzioni di governo del territorio sono esercitate dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato in forma coordinata e integrata (comma 1) e nel rispetto dei principi di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, leale collaborazione e responsabilità amministrativa (comma 2).

Con riguardo a tale ultima previsione si segnala che i principi cui devono attenersi i soggetti istituzionali sono dettagliatamente descritti nel Capo I e, in particolare, con riferimento alla collaborazione, nell’articolo 5. Ai fini di una maggiore chiarezza del testo, occorrerebbe pertanto riformulare i commi 1 e 2 con un rinvio al predetto Capo I.

 

Anche le competenze degli enti parco, delle autorità di bacino, delle soprintendenze per i beni storico-artistici e paesaggistico-ambientali, nonché dei soggetti titolari di interessi pubblici incidenti sul governo del territorio sono esercitate in raccordo con gli atti di pianificazione previsti dalla presente legge (comma 3).

 

I successivi commi 4 e 5 definiscono quindi le competenze regionali, che riguardano la partecipazione alla definizione e l’attuazione dei piani, la programmazione territoriale e infrastrutturale, il coordinamento dei diversi livelli normativi e la concertazione tra i vari enti coinvolti, nonché i criteri di formazione degli oneri di costruzione per la parte riguardante opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale.

 

Si osserva che il comma 5 contiene un ulteriore richiamo – che appare del tutto superfluo - ai principi cui le leggi regionali devono attenersi nella disciplina delle funzioni amministrative.

 

Ai sensi del comma 6, le province assicurano la coerenza dei contenuti delle pianificazioni di settore con il piano territoriale di coordinamento, mentre i comuni (comma 7) - titolari delle funzioni amministrative relative al governo del territorio - assicurano l'esercizio della pianificazione urbanistica e della regolamentazione edilizia attraverso il piano di governo del territorio e gli atti normativi ad esso connessi.

 

L’articolo 11 (Linee fondamentali di assetto del territorio nazionale) definisce (comma 1) le seguenti linee fondamentali di assetto del territorio nazionale, con riferimento ai valori naturali e ambientali:

a) l'identità, la riconoscibilità e la varietà dei paesaggi italiani pregevoli, da assicurare attraverso misure di protezione, pianificazione e recupero;

b) le aree naturali protette e la presenza di una naturalità diffusa, differenziata e articolata, connesse in una rete ecologica al fine di ridurre la vulnerabilità degli ecosistemi, per mantenere una elevata biodiversità e la qualità ambientale complessiva del territorio;

c) il riconoscimento delle Alpi e degli Appennini come sistemi di rilevante interesse nazionale, attraverso interventi finalizzati a ridurre l'abbandono delle zone montane;

d) la tutela delle coste italiane, cui si provvede con il Piano di tutela dell'ambiente costiero e marino; tale piano viene approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni costiere interessate;

e) l'efficienza energetica e la promozione e diffusione di fonti energetiche rinnovabili;

f) l'utilizzo razionale delle acque la loro tutela dall'inquinamento e la prevenzione e la riduzione dei rischi di dissesto idrogeologico;

g) il consumo limitato del territorio non urbanizzato, subordinando gli interventi di trasformazione a una valutazione delle alternative a minore impatto ambientale, quali il recupero, il risanamento, l'adeguamento di aree già utilizzate, di infrastrutture, di costruzioni o di insediamenti esistenti;

h) la tutela del territorio rurale per il mantenimento e l'arricchimento delle reti ecologiche, della diversità ecologica e paesistica, con la promozione del ruolo specifico dell'agricoltura multifunzionale intesa come produttrice di beni e servizi ambientali.

 

Ai sensi del comma 2, le linee fondamentali di assetto del territorio sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, con il Ministro dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico e d'intesa con la Conferenza unificata, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

 

L’articolo 12 (Coordinamento con la tutela e la valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali e paesaggistici) impegna lo Stato e i soggetti titolari delle funzioni amministrative di governo del territorio al rispetto della Convenzione europea sul paesaggio.

 

Si ricorda che la Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, è stata resa esecutiva con legge 9 gennaio 2006, n. 14. La Convenzione definisce regole comuni per la protezione, la pianificazione e la gestione dei paesaggi nel diritto internazionale. L'importanza della Convenzione sta anche nell'obbligo, per i Paesi aderenti al Consiglio d'Europa che la sottoscrivono, di adeguare le proprie leggi alle direttive previste. Essa fissa, inoltre, il principio giuridico dell'unicità culturale del paesaggio: in base ad esso, la tutela dovrà essere esercitata non più su singole porzioni di territorio, ma sul paesaggio nella sua complessità e totalità.

Definendo il paesaggio come una “determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, la Convenzione afferma la centralità della tutela del paesaggio come componente irrinunciabile delle strategie di gestione del territorio.

 

Le modalità di coordinamento tra soggetti istituzionali per la qualificazione paesaggistica della pianificazione nell'ambito del governo del territorio sono definite in sede di Conferenza Stato-regioni (comma 2).

Viene quindi richiamato il rispetto al codice dei beni culturali e del paesaggio per le attività di pianificazione territoriale, in relazione ai beni tutelati e ai valori di identità (comma 3).

 

L’articolo 13 (Coordinamento con la tutela e la valorizzazione dell'ambiente), in analogia con l’articolo 12, rinvia, per la definizione delle modalità di coordinamento degli interventi in materia ambientale, alla Conferenza Stato-regioni (comma 1). Il successivo comma 2, al fine di realizzare un'efficace prevenzione e un'incisiva riduzione dei rischi idrogeologici, impone ai soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio l’obbligo di assicurare l'unitarietà degli indirizzi e la compatibilità delle politiche di settore che incidono sul territorio, anche attraverso il costante miglioramento delle politiche ordinarie di gestione e di manutenzione.

 

L’articolo 14 (Coordinamento con la programmazione economica e con la pianificazione delle infrastrutture della mobilità) attribuisce al Governo il compito di predisporre, con cadenza annuale, d‘intesa con la Conferenza unificata, il Documento nazionale di programmazione del territorio.

Ai sensi del comma 2, il documento è finalizzato alla pianificazione, alla programmazione e all'attuazione in modo coordinato, integrato e sinergico degli interventi di infrastrutturazione del territorio, in relazione all'allocazione e alle priorità di investimento economico, in coerenza con il Documento di programmazione economica-finanziaria (DPEF).

Si ricorda che l’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo) prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate, predisponga un Programma delle infrastrutture strategiche (PIS, cd. allegato infrastrutture) destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), con l'indicazione dei relativi stanziamenti. Pertanto, lo stesso Parlamento si pronuncia sul Programma in sede di esame del DPEF. Il successivo comma 1-bis prevede che il Programma contenga le seguenti indicazioni:

-        l’elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare;

-        i costi stimati per ciascuno degli interventi;

-        le risorse disponibili e relative fonti di finanziamento;

-        lo stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati;

-        il quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi.

 

Il documento contiene, altresì, la verifica dei risultati conseguiti dalle politiche - previste all’articolo 9 della proposta in esame - concernenti l’assetto del territorio, la tutela dell’ambiente e dei beni paesaggistici, la promozione dello sviluppo economico-sociale, del rinnovo e della riqualificazione urbani.

I successivi commi 3 e 4 definiscono i compiti delle regioni in relazione al documento. In particolare, esse predispongono i propri documenti di programmazione e concorrono al perseguimento degli obiettivi di sviluppo delle comunità regionali; determinano le modalità di interrelazione tra la pianificazione territoriale e urbanistica e la pianificazione e la programmazione della mobilità locale e di area vasta[12]. E’ infine previsto che gli strumenti di governo del territorio prevedono l'obbligo di realizzare preventivamente le dotazioni necessarie e le funzioni gestionali del trasporto pubblico locale, determinando i relativi costi in relazione alle potenzialità di sviluppo previste e alla conseguente domanda di mobilità.

 


Art. 6
(Pianificazione del territorio)
Capo III della pdl 329 e art. 5 della pdl 1794

Ai sensi del comma 1 dell'articolo in esame, il Comune è:

§         l'ente preposto alla pianificazione urbanistica;

§         il soggetto primario titolare delle funzioni di governo del territorio.

 

Come sottolineato dall’INU[13], tale disposizione rappresenta una sorta di "norma argine" posta a tutela del principio di sussidiarietà “e a garanzia della sua applicazione anche nei rapporti tra Regioni ed Enti locali. L'esperienza dell'ultima decennio, infatti, rivela fin troppo chiaramente la tendenza di alcune amministrazioni regionali ad arroccarsi sui poteri a vario titoli acquisiti, a danno o comunque con forti limitazioni delle autonomie locali”.

Relativamente al richiamo alle “funzioni pubbliche di governo del territorio”, esso appare in linea con quanto osservato da più parti[14], circa la necessità di affermare esplicitamente la valenza pubblica della pianificazione.

 

Il comma 2, primo periodo, attribuisce alle regioni la disciplina della pianificazione del territorio. Infatti spetta alle regioni, nel rispetto delle competenze e funzioni delle province stabilite dalle leggi dello Stato, l’individuazione degli ambiti territoriali e dei contenuti della pianificazione del territorio, fissando regole di garanzia e di partecipazione degli enti territoriali ricompresi nell'ambito da pianificare.

Lo stesso comma indica, quali finalità da perseguire da parte della regione, quelle di:

§         assicurare lo sviluppo sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale;

§         soddisfare le nuove esigenze di sviluppo urbano, privilegiando il recupero e la riqualificazione dei territori già urbanizzati e la difesa dei caratteri tradizionali.

 

Il secondo periodo del comma 2 disciplina il livello di dettaglio dei piani relativi a tali ambiti, che - con esclusione delle sole materie preordinate – non può essere maggiore di quello dei piani urbanistici comunali.

 

Il terzo periodo attribuisce il piano territoriale di coordinamento (previsto dall'art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000) alla competenza delle province, salve diverse previsioni della legge regionale allo scopo di favorire la pianificazione delle aree metropolitane.

 

L’ultimo periodo prevede la facoltà, per la regione, di disciplinare e incentivare la pianificazione urbanistica intercomunale, con propria legge.

Tale facoltà viene concessa alla legge regionale, in considerazione della specificità di determinati ambiti sovracomunali e omogenei e in attuazione dei princìpi costituzionali di sussidiarietà e di adeguatezza.

Viene altresì previsto che le regioni stabiliscono idonee misure per la compensazione tra comuni limitrofi dei costi sociali generati dalla realizzazione di infrastrutture pubbliche che potrebbero causare squilibri economici o ambientali sul territorio.

 

Con riferimento alla pdl 329, si segnala che le norme relative alla disciplina della pianificazione sono previste nel Capo III (articoli da 15 a 24).

 

In particolare, gli strumenti di pianificazione sono regolati nell’articolo 15.

In tale ambito, il comma 1 attribuisce alla legge regionale il compito di disciplinare oltre al contenuto, alla durata e al procedimento di formazione e di approvazione degli strumenti di pianificazione - anche intercomunale e di gestione integrata di servizi ovvero semplificata per i comuni che hanno dimensione e complessità territoriali contenute e particolari condizioni socio-economiche - le misure di salvaguardia, nonché l'annullamento degli strumenti in contrasto con la normativa urbanistica ed edilizia statale e regionale vigente.

Al comma 2 sono previste forme di aggregazioni comunali per la pianificazione locale e viene demandata alla legge regionale la definizione delle modalità con le quali lo strumento di pianificazione territoriale di coordinamento provinciale può assumere valore di piano di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo, della tutela del paesaggio e dei beni paesaggistici, previa intesa tra le amministrazioni, anche statali, competenti.

 

I successivi commi (da 3 a 10) demandano alla legge regionale il compito di disciplinare gli strumenti territoriali di livello locale e individuare nell'ambito della pianificazione comunale o intercomunale:

a) il livello strutturale di governo del territorio, relativo all'intero territorio comunale che, oltre a contenere le scelte strategiche di trasformazione e di sviluppo del territorio, determina le invarianti territoriali e ambientali e recepisce i vincoli morfologici e ricognitivi posti dalle pianificazioni di settore o da singoli provvedimenti. In tali ultimi casi, le previsioni del livello strutturale hanno valore conformativo della proprietà e degli altri diritti reali (comma 5);

b) il livello operativo di governo del territorio, che ha una validità massima di cinque anni (comma 6) e definisce le destinazioni d'uso degli immobili e le modalità di attuazione degli interventi di trasformazione del territorio; esso ha efficacia conformativa dei suoli e della proprietà edilizia e include l’obbligo degli interventi necessari alla funzionalità dei nuovi insediamenti; in tale ambito sono definiti i criteri per la pianificazione di livello operativo con riguardo agli interventi di iniziativa pubblica o privata ovvero mista;

c) il livello regolamentare urbanistico-edilizio, che disciplina le modalità di intervento e di gestione degli insediamenti esistenti e delle aree di conservazione delle attività agricole.

 

L'articolo 5 della pdl 1974 definisce il governo del territorio una «funzione pubblica» che si attua «attraverso una pluralità di atti, istituti e tecniche di diverso contenuto disciplinare, di natura pubblicistica e privatistica».

Il governo del territorio è ispirato al rispetto degli interessi pubblici primari indicati dalle leggi e al perseguimento dell'interesse pubblico concreto individuato attraverso il metodo del confronto comparato tra interessi pubblici e privati, sulla base dei criteri della partecipazione e della motivazione pubblica delle scelte.

La pianificazione è quindi definita «la principale, sebbene non esclusiva, forma di governo del territorio», con ciò superando le tradizionali nozioni. Sono inoltre indicati due distinti livelli:

Ø      gli atti di contenuto strategico strutturale che non hanno efficacia conformativa delle proprietà;

Ø      gli atti di contenuto operativo, comunque denominati, che disciplinano il regime dei suoli e hanno efficacia conformativa delle proprietà.

Il comma 4 affida alla provincia il piano territoriale di coordinamento, mentre il comma 5 stabilisce che il territorio non urbanizzato è edificabile solo per opere e infrastrutture pubbliche e per servizi per l'agricoltura, l'agriturismo e l'ambiente e che le regioni stabiliscono i casi ulteriori di edificabilità, per categorie generali, degli ambiti del territorio non urbanizzato.

L'articolo 6 stabilisce e regola il metodo della cooperazione e della concertazione - sulla base del principio di competenza - tra i diversi soggetti istituzionali, nell'intento di perseguire il cosiddetto «principio di copianificazione».

E’ previsto che in sede di conferenza di pianificazione possono essere previste forme di compensazione economico-finanziarie in favore degli enti e dei territori che risultano penalizzati o comunque gravati dai maggiori oneri di impatto ambientale. Le decisioni relative al mutamento degli assetti vigenti sono assunte, in difetto di unanimità, a maggioranza dei soggetti partecipanti.

 

Il comma 3 della pld 438 individua nel piano urbanistico lo strumento di disciplina complessiva del territorio comunale, prevedendo altresì che esso debba ricomprendere e coordinare, con opportuni adeguamenti, ogni disposizione o piano di settore o territoriale concernente il territorio medesimo.

 

Il piano urbanistico delineato dal comma in esame sembra configurarsi come uno strumento volto non solo a sostituire il “piano regolatore generale” – di cui agli articoli 7 e seguenti della legge n. 1150 del 1942 - ma anche ad assorbire tutte le altre forme di pianificazione afferenti un determinato territorio, nel momento in cui prescrive che tale piano deve “ricomprendere e coordinare, con opportuni adeguamenti, ogni disposizione o piano di settore o territoriale concernente il territorio medesimo”.

 

Ai sensi del successivo comma 4 il piano urbanistico privilegia il rinnovo urbano, la ristrutturazione, l'adeguamento del patrimonio immobiliare esistente.

 

Si fa notare che la definizione di “rinnovo urbano” recata dall’art. 2 include, tra l’altro, interventi di conservazione e di ristrutturazione, nonché di adeguamento dell'estetica urbana, per cui sembrerebbe opportuno riformulare il comma nel senso di prevedere esclusivamente il riferimento al rinnovo urbano, considerando le altre espressioni superflue.

 

 

Il comma 5 classifica il territorio non urbanizzato in:

§    aree destinate all'agricoltura;

§    aree di pregio ambientale;

§    aree urbanizzabili.

 

Al riguardo, occorrerebbe valutare l’opportunità di recepire tale classificazione nel piano urbanistico.

 

Il comma 6 prevede le seguenti possibilità di utilizzo del territorio non urbanizzato:

 

Tipologia del territorio

Utilizzo

aree destinate all'agricoltura

Sono consentite nuove edificazioni solo per:

§    opere e infrastrutture pubbliche;

§    servizi per agricoltura, agriturismo ed ambiente.

aree di pregio ambientale

aree urbanizzabili

Gli interventi di trasformazione devono essere finalizzati ad assicurare lo sviluppo sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale.

 

Viene qui ribadito il principio, in coerenza con la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale, della non edificabilità "naturale" del territorio non urbanizzato, fatta salva la realizzazione dei servizi e delle infrastrutture necessarie, “nella logica del principio di sostenibilità e di salvaguardia del paesaggio da lasciare alle nuove generazioni come straordinario bene di valore economico”[15].

 

Il comma 7 prevede i seguenti due stadi di attuazione della pianificazione urbanistica:

1.    un piano strutturale privo di efficacia conformativa della proprietà (al contrario di quanto previsto dalla pdl 329 al comma 5 dell’articolo 15 con riferimento al”livello strutturale di governo del territorio;

2.    successivi piani o atti operativi, comunque denominati, volti a disciplinare il regime dei suoli, ai sensi dell'art. 42 Cost.

 

Si ricorda che la pianificazione assume o meno caratteri conformativi della proprietà, a seconda che siano determinate le destinazioni d’uso della varie aree o che vengano solo individuati gli usi nell’insieme allocabili in una zona[16].

 

L’evidente finalità del comma in esame è quella di superare ciò che da tempo è stato individuato come uno dei (o forse il maggiore dei) limiti della disciplina del 1942: la rigidità del piano, cioè il suo essere composto – insieme – di obiettivi di lungo respiro di assetto e trasformazione del territorio e di previsioni puntuali che hanno ad oggetto e vincolano le singole particelle immobiliari. Il tutto in un documento avente efficacia a tempo indeterminato[17].

Il principio della separazione di un piano strutturale – recante norme non direttamente vincolistiche per la proprietà immobiliare – da un piano operativo – recante le disposizioni attuative, ma sottoposto ad una scadenza, in genere quinquennale – ha ormai trovato attuazione in numerose leggi regionali[18].

Si osserva, in proposito, che nulla viene detto circa la durata degli strumenti pianificatori considerati, per cui si evince che se ne demandi la determinazione alla legge regionale.


Art. 7
(Dotazioni territoriali)

Capo III della pdl 329 – art. 9 della pdl 1974

Il comma 1 dell’articolo in esame è finalizzato a garantire il rispetto, da parte del piano urbanistico, della dotazione necessaria di attrezzature e servizi pubblici e di interesse pubblico o generale (cd. standard urbanistici minimi).

 

Viene altresì prevista la misurazione in base a criteri prestazionali dell'offerta dei servizi, di cui occorre garantirne un livello minimo anche con il concorso dei soggetti privati.

Secondo alcuni[19], sarebbe opportuno rubricare diversamente l’articolo in esame come “requisiti minimi”, in quanto le “dotazioni territoriali” ne rappresentano solo un aspetto, seppure molto rilevante e per certi aspetti pregiudiziale.

 

Lo stesso comma precisa, inoltre, che, nel rispetto del disposto dell’art. 117 Cost., secondo comma, lettera m), viene attribuita alla regioni la competenza per la definizione dei criteri di dimensionamento per i servizi che implicano l'esigenza di aree e relative attrezzature.

In proposito si ricorda che la citata lettera m) attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

 

Il comma 2 integra le disposizioni del comma precedente prevedendo che il piano urbanistico, oltre a garantire la necessaria dotazione di servizi, ne assicuri anche una razionale distribuzione ed un idoneo livello di accessibilità e fruibilità degli stessi.

A tal fine viene previsto che il piano urbanistico debba documentare lo stato dei servizi esistenti in base a parametri di utilizzazione e precisare le scelte relative alla politica dei servizi da realizzare, anche incentivando l'iniziativa dei soggetti interessati.

 

Dalla lettura congiunta dei commi 1 e 2 sembra che la logica sottesa sia quella, da più parti condivisa[20], della preferenza nei confronti di standard prestazionali, anziché meramente quantitativi (quali quelli indicati nel D.M. 2 aprile 1968, n. 1444), a prescindere dalla natura, pubblica o privata, dei mezzi e delle strutture che tali esigenze sono destinati a soddisfare, con l’obiettivo di garantire la qualità dell’offerta di servizi.

La perdita di efficacia degli standard urbanistici quantitativi indicati nel DM n. 1444 del 1968[21] rispetto alle attuali esigenze delle comunità urbane, rappresenta una realtà consolidata, tant’è che proprio in questa direzione si sono mosse le sperimentazioni operate attraverso i cosiddetti programmi complessi, specificamente in relazione alla questione degli standard aggiuntivi o qualitativi. La riforma da più parti auspicata riguarda proprio il passaggio dal concetto di dotazione minima di superficie per abitante a quello di servizio effettivamente reso al cittadino. Infatti, rispetto alle attrezzature contemplate dagli standard del 1968, le tipologie basilari di servizi richieste dalla popolazione, oltre ad essersi profondamente modificate e spostate su un livello qualitativo senz'altro superiore, non sono più riferibili in maniera univoca all'attrezzatura fisica, luogo di erogazione del servizio[22].

Tale mutamento di prospettiva sembra richiedere un passaggio dal ruolo passivo del cittadino/utente a un suo ruolo attivo di "co-progettista" e "co-gestore" dei servizi, che il comma 1 dell’articolo in esame sembra far suo nel momento in cui prevede la possibilità del concorso di soggetti privati nel raggiungimento dei livelli minimi da garantire.

Si ricorda che il D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, è stato emanato ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765. Tale articolo 17 - che ha introdotto l’articolo 41-quinquies nella legge urbanistica n. 1150 del 1942 – ha disposto che in tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.

 

Nella pdl 329 le disposizioni concernenti le dotazioni territoriali sono contenute al Capo III, articolo 16.

Alla pianificazione e programmazione del territorio è attribuito il compito di determinare la dotazione di attrezzature pubbliche e di servizi di interesse pubblico, collettivo e generale con l’obiettivo di garantire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili, nonché la dotazione delle reti e delle infrastrutture che consentono l'accessibilità alle attrezzature urbane e territoriali e la mobilità dei cittadini e delle merci.

 

Sono quindi definite (comma 2) dotazioni territoriali essenziali gli immobili e le attività gestionali finalizzati alla fornitura dei servizi relativi ai seguenti diritti di cittadinanza:

a) salute, assistenza sociale e sostegno della famiglia;

b) istruzione, innovazione e ricerca;

c) esercizio della libertà di religione;

d) fruizione del tempo libero, del verde pubblico, della cultura, dello sport e dello spettacolo;

e) mobilità e accessibilità, trasporto pubblico e collettivo;

f) godimento del paesaggio, del patrimonio storico-artistico e dell'ambiente;

g) sostegno all'iniziativa economica, in coerenza con l'utilità sociale e con la sicurezza del territorio e dei lavoratori;

h) servizio abitativo sociale.

 

La legge regionale, individua le opere e gli elementi gestionali necessari al soddisfacimento dei servizi relativi ai predetti diritti. Le previsioni delle dotazioni territoriali analizzano e documentano il fabbisogno pregresso e futuro e sono conformate secondo livelli minimi individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e d'intesa con la Conferenza unificata.

Ogni attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio è subordinata all'esistenza o alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale e concorre al costo di tali opere.

Si segnala, infine, che attraverso la pianificazione sono altresì definiti gli ambiti nei quali può essere proposta la cessione gratuita da parte dei proprietari di edifici destinati al servizio abitativo sociale, nonché l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale. Con legge regionale sono disciplinati la soglia minima della predetta cessione gratuita o fornitura, nonché i criteri e le modalità di attuazione della trasformazione di tali ambiti.

 

Con riguardo agli altri articoli del Capo III, si segnala che l’articolo 17 (Quadri conoscitivi e sistema informativo territoriale) prevede un sistema integrato delle informazioni e dei dati indispensabili per la comprensione delle condizioni, delle potenzialità, delle invarianti territoriali e ambientali e delle previsioni socio-economiche di sviluppo. A tal fine, le amministrazioni pubbliche che svolgono funzioni di raccolta, elaborazione e aggiornamento di dati relativi al territorio sono tenute a metterli a disposizione degli enti territoriali che procedono alla predisposizione dei piani e degli atti di governo del territorio, secondo le modalità stabilite dalle regioni.

 

L’articolo 18 (Qualità del territorio rurale) riconosce il valore del territorio rurale quale patrimonio di identità e di biodiversità e di pratiche agronomiche e forestali sostenibili da preservare e da valorizzare attraverso strumenti di programmazione e pianificazione del territorio, la cui competenza è attribuita alle regioni.

 

L’articolo 19 (Tutela degli insediamenti storici, qualità e rigenerazione urbana) attribuisce alla pianificazione urbanistica e del territorio il compito di perseguire gli obiettivi della tutela degli insediamenti storici,della promozione della qualità urbana e architettonica delle città, nonché dell'attivazione di processi di rigenerazione urbana. A tal fine, i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, individuano negli strumenti di pianificazione, d'intesa con i competenti organi dello Stato, gli immobili che presentano, singolarmente o come complesso, valore di testimonianza della cultura e della civiltà relativi a:

a) tessuti insediativi storici e urbani e insediamenti storici non urbani;

b) tessuti urbani consolidati aventi un impianto urbanistico significativo;

c) insediamenti minori o isolati, unità edilizie e spazi aperti aventi riconoscibili e significative caratteristiche strutturali, tipologiche e formali.

I medesimi strumenti di pianificazione promuovono quindi la rigenerazione urbana, tramite interventi di conservazione, di risanamento e di riqualificazione, anche attraverso la sostituzione di tessuti edilizi.

 

L’articolo 20 (Concorrenzialità) introduce, attraverso gli strumenti di pianificazione operativa, forme di confronto concorrenziale, garantendo la pubblicità e la trasparenza del processo. La legge regionale stabilisce i casi in cui il ricorso a tali forme di confronto è obbligatorio.

 

Ai sensi del successivo articolo 21 (Perequazione urbanistica e disciplina delle previsioni edificatorie) la perequazione urbanistica è una modalità di attuazione finalizzata ad assicurare le trasformazioni previste dagli strumenti di governo del territorio, nonché l'equità di trattamento fra le proprietà coinvolte nelle relative previsioni attraverso la ripartizione delle previsioni edificatorie e dei conseguenti oneri per le proprietà immobiliari ricadenti in ogni ambito oggetto di trasformazione urbanistica[23].

Ai proprietari di beni immobili rientranti nell'ambito territoriale di trasformazione è consentito associarsi nelle forme previste dalla normativa vigente in materia. Per la costituzione della forma associativa privata è sufficiente il 50,1 per cento del valore catastale dei beni immobili rientranti nell'ambito di trasformazione.

 

Ai sensi del comma 5, Il piano di governo del territorio individua:

a) gli ambiti territoriali nei quali l'attuazione avviene tramite perequazione urbanistica riguardanti il territorio da trasformare, escludendo le aree agricole, i tessuti storici e consolidati e le aree non soggette a trasformazione urbanistica;

b) l'edificabilità territoriale attribuita agli ambiti di trasformazione perequativa;

c) l'obbligo di cessione di beni immobili al comune per la realizzazione delle dotazioni territoriali o comunque per spazi pubblici, di pubblica utilità o di interesse generale e collettivo;

d) le modalità di progettazione unitaria dell'ambito di trasformazione;

e) ogni altro ulteriore criterio o modalità per l'applicazione della perequazione urbanistica.

 

Attraverso il contratto di trasferimento di volumetria il proprietario dei beni rientranti in un ambito di trasformazione urbanistica trasferisce la previsione edificatoria in un'altra area rientrante nel medesimo ambito di trasformazione, nei limiti di capacità edificatoria determinati dal piano di governo del territorio. Il comune istituisce, anche ai fini delle verifiche del raggiungimento dei limiti di incremento massimi della capacità edificatoria, un registro dei contratti di trasferimento delle previsioni edificatorie stipulati (commi 6 e 7).

 

L’articolo 22 (Valutazione integrata dei piani e dei programmi di governo del territorio) stabilisce che la valutazione integrata, anche in attuazione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, si applichi agli strumenti di pianificazione del governo del territorio al fine di orientare le scelte di governo del territorio; accrescere l'efficacia e l'efficienza delle decisioni assunte; generare un sistema interrelato di piani e di programmi; predisporre gli elementi per la verifica del grado di conseguimento degli obiettivi, semplificare le attività di valutazione d’impatto ambientale.

I contenuti e le modalità di svolgimento della valutazione integrata sono definiti con legge regionale.

 

Si ricorda che la direttiva 2001/42/CE sulla valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (VAS) individua nella valutazione ambientale strategica lo strumento per l’integrazione delle considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Essa è stata recepita, a livello statale, nella parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. codice ambientale), recentemente riscritta con il decreto legislativo n. 4 del 2008 (cod. secondo correttivo). Si ricorda, altresì, che alcune regioni hanno già emanato disposizioni riguardanti l’applicazione di tale procedura con riferimento alla direttiva comunitaria.

 

L'articolo 9 della pdl 1974 affida alla pianificazione strutturale, con riferimento a un periodo non inferiore a dieci anni, la definizione della dotazione complessiva delle attrezzature urbane e territoriali e dei servizi locali necessari alla soddisfazione dei fabbisogni civili e sociali delle collettività interessate nonchè delle infrastrutture che garantiscono l'accessibilità e la mobilità dei cittadini e degli utenti.

La pianificazione di contenuto operativo specifica e localizza, con atti di perimetrazione, le attrezzature e i servizi relativi agli ambiti specifici di intervento nonchè le reti delle infrastrutture generali e locali, anche sulla base della concreta offerta di servizi da parte dei privati.

In proposito, la relazione illustrativa precisa che anche per effetto dell'abrogazione normativa della zonizzazione, le regioni e i comuni saranno più liberi di definire, attraverso la «lettura» dei propri territori, i rapporti che intercorrono tra sviluppo o riuso edilizio e infrastrutture, opere viarie, parcheggi, servizi ambientali e servizi per l'habitat, nel rispetto del principio fondamentale posto dalla legislazione statale.

 

 


Art. 8
(Predisposizione e approvazione del piano urbanistico)

L’articolo 8 della pdl 438 affida alle regioni la disciplina della pianificazione urbanistica, prevedendo che esse stabiliscano:

§            modalità del procedimento di formazione e di approvazione del piano urbanistico e delle sue varianti;

§            termini perentori per la pubblicità e la consultazione;

§            disciplina (casistica, modalità e soggetto competente) delle attività di verifica della compatibilità del piano con gli strumenti di programmazione economica e con ogni disposizione o piano settoriale concernente il territorio;

§            analoghi termini perentori per una nuova previsione urbanistica in caso di decadenza, annullamento, anche giudiziale, o revoca della precedente previsione.

 

Si osserva che sembrerebbe opportuno inserire nell’articolato tutte le definizioni necessarie a garantire una agevole ed inequivoca comprensione del testo, tra le quali il concetto di “variante”.

 

Pertanto, il comma 1 assegna alle regioni la disciplina della pianificazione urbanistica, prevedendo che esse fissino le modalità del procedimento di formazione e di approvazione del piano urbanistico e delle sue varianti e gli eventuali poteri sostitutivi, nonché l'attività edilizia consentita in assenza di piano urbanistico, ovvero nelle more dell’approvazione del piano operativo.

 

I commi 2 e 3 recano, invece, disposizioni relative alla pubblicità ed alla consultazione dei cittadini nel procedimento di formazione del piano urbanistico.

 

Il comma 2 prevede, infatti, che al procedimento di formazione del piano urbanistico siano assicurate adeguate forme di pubblicità, consultazione e partecipazione dei cittadini, delle associazioni e delle categorie economiche e sociali, riproponendo i principi già ampiamente disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, i cui capi III e IV disciplinano rispettivamente la partecipazione al procedimento amministrativo e la semplificazione dell'azione amministrativa.

Le regioni dovranno, pertanto, garantire, nel rispetto dei principi di imparzialità amministrativa, trasparenza, concorrenzialità, pubblicità, la partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati, anche attraverso forme di confronto concorrenziale, al fine di recepire proposte di interventi coerenti con gli obiettivi strategici individuati negli atti di pianificazione[24].

 

Viene previsto anche l’obbligo - per gli organi istituzionali ed i responsabili amministrativi degli atti di pianificazione - di adeguata motivazione delle scelte, con particolare riferimento alle proposte presentate nell'ambito del procedimento ed ai princìpi di cui alla presente legge (Si veda L. n. 241/90).

 

Si ricorda che l’articolo 6 della pdl 329 prevede che il processo di formazione e approvazione degli strumenti di governo del territorio assicuri forme di pubblicità, di consultazione e partecipazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi, anche con riferimento alle scelte di localizzazione di opere e di infrastrutture di rilevante impatto ambientale e sociale. L’articolo regola inoltre le forme di accesso agli atti, che devono essere adeguatamente motivati. Si prevede infine l’istituzione, con legge regionale, di un garante regionale dell'informazione e della comunicazione nel procedimento di formazione e di approvazione degli atti di governo del territorio.

 

Analoghe disposizioni sono contenute nell’articolo 7 della pdl 1974.

 

Il comma 3 dispone che nell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all'esproprio deve essere garantito il contraddittorio degli interessati con l'amministrazione procedente.

 

Si ricorda che l'art. 9, co.1 del D.P.R. n. 327 del 2001 recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”, dispone che un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un opera pubblica o di pubblica utilità.

 

La disposizione in commento si colloca nell’ambito della successiva fase operativa dell'esproprio, già ampiamente disciplinata dagli articoli 20-42 del T.U. n. 327 del 2001.

 

Pertanto, sembrerebbe opportuno prevedere la garanzia del contraddittorio con gli interessati anziché nella fase dell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici, nella fase precedente volta alla loro individuazione.

 

Analogamente al comma 2, viene previsto l’obbligo - per i responsabili amministrativi degli atti di pianificazione - di esplicita ed adeguata motivazione delle scelte, con particolare riferimento alle proposte presentate nell'ambito del procedimento.

 

Il comma 4 prevede le regioni determinano i casi in cui il piano urbanistico è sottoposto a verifica di coerenza con gli strumenti di programmazione economica e con ogni disposizione o piano concernente il territorio, individuando il soggetto responsabile e stabilendone le relative modalità.

 

Si ricorda che già le regioni sono deputate a verificare la coerenza degli strumenti urbanistici generali degli enti locali con gli strumenti sovraordinati di governo del territorio e con le direttive regionali in materia urbanistica. La procedura di verifica ha inizio, generalmente, con l’acquisizione, da parte della Direzione generale della Pianificazione urbanistica dell’Assessorato degli Enti locali, finanze ed urbanistica, dell'atto pianificatorio, il quale viene poi assegnato al Servizio della pianificazione urbanistica territoriale per lo svolgimento dell'istruttoria. Il Servizio può richiedere all’Ente locale ulteriori atti e documenti necessari per il completamento dell'istruttoria. Le amministrazioni interessate ed i gruppi consiliari dell'Ente possono richiedere un'audizione al Direttore generale ed al Comitato tecnico regionale per l'urbanistica (C.T.R.U.). Terminata l'istruttoria, l’atto pianificatorio viene esaminato dal C.T.R.U. che esprime un parere. Una volta rilasciato il parere, il Direttore generale adotta la determinazione di conclusione della verifica di coerenza. La determinazione viene successivamente trasmessa all'Ente locale che ne cura la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione.

 

Il comma 5 prevede che le regioni possano, altresì, stabilire termini perentori per una nuova previsione urbanistica in caso di decadenza, annullamento, anche giudiziale, o revoca della precedente previsione.

 

Il comma 6 reca una disposizione volta a garantire il coordinamento del piano urbanistico con gli altri strumenti della pianificazione territoriale (piani settoriali o di settore).

Viene infatti previsto che, all’atto dell’adozione del piano urbanistico:

1.      l’ente titolare del piano proponga modifiche a piani territoriali o settoriali;

2.      previa intesa degli enti titolari dei piani interessati dalle modifiche proposte, l'atto di approvazione del piano urbanistico determini anche la variazione dei piani stessi.

 

Il comma 7 consente all’ente competente alla pianificazione urbanistica di stipulare accordi con i soggetti privati volti ad incidere sulla formazione degli atti di pianificazione, al fine di recepire proposte di interventi coerenti con gli obiettivi strategici individuati negli atti stessi.

Viene anche previsto che debbano comunque essere garantiti i principi di imparzialità amministrativa, concorrenzialità e partecipazione al procedimento, anche mediante procedure di confronto concorrenziale.

 

Si ricorda che norme analoghe sulla concorrenzialità sono contenute all’articolo 20 della pdl 329. In particolare, l’articolo introduce, attraverso gli strumenti di pianificazione operativa, forme di confronto concorrenziale, garantendo la pubblicità e la trasparenza del processo. La legge regionale stabilisce i casi in cui il ricorso a tali forme di confronto è obbligatorio.

 

Dalla lettura congiunta del comma in esame con il successivo articolo 9, comma 1, si evince che gli accordi menzionati intervengono nella formazione degli atti aventi contenuto operativo, poiché è attraverso questi che si perseguono gli obiettivi indicati nel piano strutturale.

 

Si ricorda come gli atti aventi contenuto operativo delineino il superamento del modello di pianificazione gerarchico a cascata, a favore di un modello reticolare, in cui i diversi strumenti urbanistici interagiscono non più secondo rapporti verticali di dipendenza, ma secondo rapporti orizzontali di interdipendenza.

 

Pertanto, sembrerebbe opportuno esplicitare il riferimento ad atti di pianificazione “operativa”.

 

Il comma 8, da ultimo, prevede che l'ente di pianificazione urbanistica promuova l'adozione di strumenti attuativi che permettano di recuperare le dotazioni territoriali di cui all'articolo 6, anche attraverso piani convenzionati stipulati con soggetti privati e accordi di programma.

 

Per piani esecutivi convenzionati si intendono i piani di iniziativa privata che permettono ai privati la trasformazione di ampie zone del territorio comunale altrimenti vietata. Le zone, i contenuti, i limiti, ecc., sono descritti dal Piano Regolatore Generale. I rapporti tra il Comune e i privati sono regolati da un atto notarile (convenzione) con cui sono disciplinati gli obblighi dei singoli operatori. L'approvazione del Piano Esecutivo Convenzionato non esonera i cittadini dal richiedere il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione delle previsioni dello strumento urbanistico esecutivo. Essi sono previsti da numerose leggi urbanistiche regionali.

 


 

Art. 9
(Attuazione del piano urbanistico)

L’articolo 9 della pdl 438, comma 1, primo periodo, prevede che l’attuazione del piano urbanistico avvenga con piano operativo o con intervento diretto, sulla base di progetti compatibili con gli obiettivi definiti nel piano strutturale.

 

Si osserva innanzitutto che occorrerebbe specificare che si tratta dell’attuazione del piano urbanistico “strutturale”, anche alla luce di quanto disposto nel successivo periodo, ove si parla delle modalità di attuazione del piano strutturale e delle definizioni recate dall’art. 2, comma 1, lett. b) ove la «pianificazione urbanistica» comprende il piano strutturale, il piano operativo e la regolamentazione urbanistica ed edilizia.

 

Occorrerebbe inoltre definire cosa si intenda per “intervento diretto”, poiché tale termine non compare in nessuna altra parte del testo. Se, come sembra, esso riguarda gli “atti di contenuto operativo” di cui all’articolo 6, comma 7, allora sembrerebbe opportuno utilizzare la stessa terminologia.

 

Si ricorda che l’Istituto nazionale di urbanistica (INU), in un documento presentato nel corso dell’audizione del 23 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione della Camera, propendeva per l’inserimento, tra gli strumenti attuativi, anche di atti regolamentari. Si suggeriva di riconsiderare, accanto alle due modalità indicate (strutturale e operativa, prevista ora dall’art. 6, comma 7, della proposta in esame), anche quella regolamentare sulla base della sua importanza, “in particolare per tutti gli interventi che non siano ricompresi entro specifici programmi e progetti di trasformazione, ovvero per la disciplina edilizia delle trasformazioni nelle parti urbane già consolidate. Tale necessità diventa per altro sempre più evidente con il diffondersi di pratiche di auto-certificazione (es. Dia), in luogo delle tradizionali procedure amministrative di autorizzazione comunque denominate”.

Per quanto riguarda il requisito della compatibilità con gli obiettivi definiti nel piano strutturale, si sottolinea che tale formulazione accoglie il mutamento di prospettiva richiesto da più parti (si veda per tutti Stella Richter[25]) consistente nel “passaggio dal principio di necessaria conformità al piano di ogni singola trasformazione a quello di semplice compatibilità con i suoi obiettivi”.

 

Secondo Stella Richter, l’affermazione del principio di semplice compatibilità (contenuta nel comma 1 in esame), unitamente all’alleggerimento del contenuto del piano strutturale, disposto dall’art. 6, comma 7 della proposta di legge in esame, “spostano necessariamente al momento dell’approvazione dello specifico intervento di trasformazione i problemi relativi alla concreta determinazione delle sue caratteristiche. Se il piano non individua più puntuali destinazioni d’uso e specifiche soluzioni, ma si limita ad indicare obiettivi da raggiungere e tutele da assicurare, assume automaticamente una rilevanza centrale l’elaborazione e l’approvazione del progetto, che l’esperienza dimostra essere il momento migliore per la corretta composizione dei vari interessi…L’approvazione del progetto assumerà evidentemente una natura discrezionale, sul modello largamente sperimentato degli ordinamenti anglosassoni. La sua più importante ricaduta è quella di una grande flessibilità del sistema.” Il medesimo autore suggerisce, inoltre, quale modello di riferimento per una adeguata valutazione delle esternalità del progetto, l’art. 55 del D.Lgs. n. 112 del 1998, dettato per la localizzazione di opere di interesse statale.

Si ricorda che l’art. 55, comma 2, del d.lgs. n. 112 prevede che nei casi di variazione degli strumenti urbanistici vigenti conseguente all'approvazione di progetti di opere e interventi pubblici, l'amministrazione procedente è tenuta a predisporre, insieme al progetto, uno specifico studio sugli effetti urbanistico-territoriali e ambientali dell'opera o dell'intervento e sulle misure necessarie per il suo inserimento nel territorio comunale.

 

Il comma 1, secondo periodo demanda alla legge regionale la disciplina delle modalità di attuazione del piano strutturale.

 

Il comma 1, terzo periodo, subordina all’esistenza o alla realizzazione delle dotazioni territoriali, l'attuazione del piano strutturale.

 

Con le disposizioni contenute nei commi da 2 a 9 si invitano le regioni ad introdurre nel loro ordinamento i principi della perequazione, da utilizzare nella fase di programmazione delle scelte urbanistiche di carattere generale, e della compensazione, cui fare ricorso nella fase della gestione urbanistica.

 

Nello specifico il comma 2 prevede che il piano urbanistico può essere attuato anche sulla base dei criteri di perequazione e compensazione i cui parametri devono essere fissati dalle regioni.

 

Sul significato della perequazione i vari contributi dottrinali sono concordi nel definirla come ricerca di una più equa distribuzione di vantaggi economici e d’oneri a carico dei proprietari nei processi di conformazione del territorio[26].

La perequazione, infatti, intende “attribuire un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà che possono concorrere alla trasformazione urbanistica di uno o più ambiti del territorio prescindendo dall’effettiva localizzazione della capacità edificatoria sulle singole proprietà e dalla imposizione di vincoli d’inedificabilità ai fini della dotazione di spazi da riservare alle opere collettive. Questo vuol dire che tutti i proprietari partecipano in misura uguale alla distribuzione dei valori e degli oneri derivanti dalla pianificazione ai fini della trasformazione. In tal modo le amministrazioni possono disporre, senza ricorrere all’esproprio (quindi senza oneri), di un cospicuo patrimonio fondiario pubblico come conseguenza diretta dell’attuazione del “piano perequativo”… L’applicabilità della tecnica perequativa sembra, comunque ristretta a determinate parti del territorio, che possono essere definite zone o comparti di trasformazione individuate dal piano urbanistico”[27].

Il concetto di compensazione è strettamente collegato a quello di perequazione[28]. Il meccanismo di compensazione rappresenta, infatti, un metodo alternativo a quello classico dell’esproprio, che acquisisce terreni privati dietro la corresponsione di un indennizzo ai proprietari. Mediante questo meccanismo, si assegnano dei diritti edificatori privati a tutte le aree sottoposte a trasformazione, in cambio della cessione gratuita dei terreni per il verde e i servizi, in una quota anche superiore alla metà dei suoli in oggetto. Così facendo, si garantiscono gli standard senza ricorrere al meccanismo dell’esproprio (dai tempi lunghissimi e dai costi pubblici molto alti). Il meccanismo è compensativo quando la concessione dei diritti di edificazione è compensata dalla cessione gratuita dei terreni per i servizi. È perequato, quando la compensazione non è contrattata caso per caso, ma fissata per tutte le aree in trasformazione.

Il modello perequativo-compensativo, rappresenta l’alternativa, oggi largamente utilizzata (come dimostrano tutte le leggi regionali e i piani regolatori generali più recenti di ultima generazione), rispetto alle tradizionali procedure espropriative, lunghe, defatiganti, dall’esito incerto, anche per l’alto tasso di conflittualità che normalmente le caratterizza.

Da diverse parti[29] si sottolinea che sembrerebbe opportuno rendere la perequazione il metodo ordinario della pianificazione urbanistica, disponendo che le previsioni di quest’ultima sono attuate (senza lasciare spazio alla discrezionalità delle regioni, come invece si evince dal tenore letterale del comma in esame) sulla base di criteri di perequazione e compensazione.

 

Con riferimento, invece, alla fissazione dei parametri perequativi-compensativi da parte delle regioni, attraverso i quali può essere attuato il piano urbanistico, si fa notare che le Regioni nella loro legislazione locale potranno, pertanto, stabilire o meno, che l'attuazione e la gestione dei piano urbanistico avvengano anche attraverso strumenti di perequazione. In tal caso le modalità essenziali con cui questa avrà luogo non potranno essere diverse da quelle enunciate dall'art. 8 e, in quanto materia di legislazione regionale, non potrà essere consentito, o previsto, che ogni Comune ne disponga in modo difforme e autonomo.

 

Si fa notare, al riguardo, che nella legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), i commi 258 e 259 dell’articolo 1, hanno già previsto alcune forme in materia di compensazione urbanistica, in attesa della riforma organica del governo del territorio.

Il comma 258 ha consentito la definizione, negli strumenti urbanistici e fino alla riforma organica del governo del territorio, di zone da destinare alla trasformazione in cui sia possibile la cessione gratuita da parte dei proprietari di aree o immobili destinati ad edilizia residenziale sociale e sia altresì possibile la fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale.

Il comma 259 ha previsto che il comune possa, nell’ambito degli strumenti urbanistici, consentire aumenti di volumetrie premiali ai fini della realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio e di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale.

 

I successivi commi 3 e 4 dispongono che la perequazione si realizza mediante l’attribuzione di diritti edificatori alle proprietà immobiliari ricomprese in determinati ambiti territoriali, e ne disciplinano le modalità di attribuzione.

 

In relazione al comma 3, si osserva che appare alquanto generico il riferimento a “determinati” ambiti territoriali, mentre potrebbe essere opportuno specificare quali sono, come per esempio quelli oggetto di trasformazione urbanistica.

 

In merito alle modalità di attribuzione, viene previsto che essi vengano attribuiti indipendentemente dalle destinazioni d'uso e in percentuale dell’estensione e del complessivo valore della proprietà di ciascun proprietario, e che sono liberamente commerciabili negli e tra gli ambiti territoriali omogenei.

 

Si ricorda che la pdl 329 disciplina l’istituto della perequazione all’articolo 21, stabilendo la ripartizione delle previsioni edificatorie e dei conseguenti oneri per le proprietà immobiliari ricadenti in ogni ambito oggetto di trasformazione urbanistica. Gli ambiti territoriali nei quali l'attuazione avviene tramite perequazione urbanistica sono definiti dal piano di governo del territorio (vedi supra).

L'articolo 10 della pdl 1794 affronta il tema dei vincoli urbanistici e della perequazione.

Il vincolo preordinato all'espropriazione per la realizzazione di opere e di servizi pubblici o di interesse pubblico ha la durata di cinque anni e può essere motivatamente reiterato per una sola volta. In tale caso, al proprietario è dovuto un indennizzo pari a un terzo dell'ammontare dell'indennità di esproprio dell'immobile.

Sono inoltre previste ipotesi di permuta dell'area e di trasferimento dei diritti edificatori, nel rispetto del piano comunale.

Ai sensi del comma 4, la perequazione è il metodo ordinario della pianificazione operativa con l'espresso fine dell'attribuzione dei diritti edificatori a tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di trasformazione urbanistica e con caratteristiche omogenee. I diritti edificatori sono liberamente commerciabili negli ambiti urbanistici individuati e i trasferimenti di cubature sono esenti da imposte.

 

Il comma 4 consente l’individuazione di alcune aree cui attribuire indici di edificabilità incrementabili, anche allo scopo di favorire il rinnovo urbano e la prevenzione di rischi naturali e tecnologici.

 

Si osserva che non appare chiaro questo meccanismo di attribuzione di indici di edificabilità incrementabili.

 

Il comma 5 disciplina l’ipotesi di vincoli di destinazione pubblica (anche sopravvenuti) in aree non ricomprese negli ambiti in cui si effettua la perequazione. In questi casi, il proprietario, in alternativa all'indennizzo monetario previsto per la procedura di espropriazione, può scegliere fra uno dei meccanismi di compensazione espressamente definiti:

ü      trasferimento dei diritti edificatori di pertinenza dell’area su altra area di sua disponibilità;

ü      permuta dell’area con altra area di proprietà dell’ente (con eventuali conguagli);

ü      realizzazione diretta degli interventi pubblici (previa stipula di convenzione per la gestione dei servizi).

 

Occorre considerare che le disposizioni in esame sembrerebbero introdurre un sistema flessibile, attuabile su base negoziale, che potrebbe determinare situazioni di disparità di trattamento e con una portata derogatoria rispetto alla disciplina dell’espropriazione recata dal DPR n. 327 del 2001.

 

Riprendendo le disposizioni dell’art. 2 della legge n. 2359 del 1985, l’art. 2 del citato DPR dispone che l’espropriazione dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili per l’esecuzione di opere di pubblica utilità non può aver luogo che con l’osservanza delle forme stabilite dalla legge. Se così non fosse, significherebbe accettare l'esistenza di un sistema espropriativo affatto discrezionale, potendo l'ente procedente determinarsi alla fissazione, su base negoziale, di corrispettivi d'esproprio differenziati svincolati da parametrazioni preconosciute, e legati al raggiungimento di convenienze contrattuali, esterne al procedimento d'esproprio, e valutate caso per caso. Appare evidente la violazione dei principio costituzionale d'eguaglianza dei cittadini sancito dall'art. 3 della Costituzione, cioè il loro diritto a vedersi riconosciuta, a parità di condizioni, l'applicazione costante nel tempo di trattamenti uniformi nei rapporti con l'amministrazione su tutto il territorio nazionale.

Rilevanti considerazioni sull’esigenza di coordinamento tra la normativa urbanistica e quella sull’espropriazione sono state espresse dal Consiglio di Stato nel parere 2001 n. 4 del 29 marzo 2001 sul T.U in materia di espropriazione[30] che ha, tra l’altro ritenuto doveroso segnalare “che una maggiore qualità dell’azione amministrativa nella materia espropriativa può derivare da una complessiva riforma della normativa urbanistica, che tenga conto dei principi costituzionali, come interpretati dalla Corte Costituzionale, e dell’esigenza di evitare, per quanto più è possibile, che le scelte urbanistiche si basino su ingiustificate disparità di trattamento, destinate ad aggravarsi nel caso di espropriazione”. Il Consiglio di Stato suggerisce, al fine di ottenere un più marcato rispetto sostanziale del principio di uguaglianza, di incidere sulla normativa urbanistica, prevedendo, innanzitutto, più efficaci forme di partecipazione dei proprietari, poiché solo solide garanzie procedimentali e la trasparente azione amministrativa consentono una fisiologica mediazione degli interessi, coerente con i valori espressi dagli artt. 42 e 97 della Costituzione. Inoltre le più efficaci forme di partecipazione consentirebbero anche di ridurre la amplissima discrezionalità dell’Autorità urbanistica (le cui scelte, come ha evidenziato la dottrina più avveduta, il più delle volte non sono specificamente motivate). Il confronto tra gli interessati, improntato ad una maggiore trasparenza, potrebbe condurre ad un miglioramento della qualità delle scelte ed anche ad una loro maggiore rapidità, in quanto è noto che il ritardo dell’azione delle Autorità urbanistiche, specie nella fase della approvazione, oltre a precludere la legittima e fisiologica destinazione delle risorse economiche, contribuisce a stimolare illegali attività di trasformazione del territorio ed abusi edilizi. A parte le possibili modifiche riguardanti il procedimento di adozione e di approvazione degli strumenti urbanistici e delle loro varianti (ovvero di atti aventi effetti equivalenti), sul piano sostanziale potrebbero essere previsti meccanismi compensativi, volti a ridurre, per quanto possibile, l’obiettiva diversità di trattamento tra il proprietario che può edificare e quello che subisce l’esproprio, ad esempio perché vanno soddisfatti gli standard.

 

Il comma 6 prevede la possibilità per le regioni possono di assicurare agli enti di pianificazione adeguate risorse economico-finanziarie al fine di compensarli di eventuali previsioni limitative delle potenzialità di sviluppo del territorio conseguenti ad atti di pianificazione sovracomunale.

 

Al riguardo si fa notare che la pianificazione intercomunale, genericamente prevista dal precedente art. 6, comma 2, “in considerazione della specificità di determinati ambiti sovracomunali”, afferisce ad un sistema di pianificazione gerarchico a cascata, caratterizzato appunto da atti sovra e sotto ordinati, che la proposta di legge in esame sembra abbandonare a favore di una pianificazione ove i diversi strumenti urbanistici interagiscono non più secondo rapporti verticali di dipendenza, ma secondo rapporti orizzontali di interdipendenza.

 

Il comma 7 demanda alla legge regionale la disciplina delle forme di perequazione intercomunale, quali modalità di compensazione e riequilibrio delle differenti opportunità riconosciute alle diverse realtà locali e degli oneri ambientali su queste gravanti.

 


Articolo 10
(Misure di salvaguardia)

L’articolo 10 della pdl 438 affida alla legge regionale la definizione delle misure di salvaguardia da deliberare nelle more dell'approvazione degli atti di pianificazione.

 

Si osserva che sembrerebbe opportuno definire chiaramente cosa si intende per misure di salvaguardia.

A livello statale la disciplina delle misure di salvaguardia è contenuta nell’art. 12, commi 3 e 4, delD.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. Edilizia), i quali distinguono una misura comunale ed un’altraregionale, distinte per diversità di presupposti, effetti ed autorità competente all’adozione.

La misura di salvaguardia comunale (cd. ordinaria), ai sensi della normativa citata in oggetto, consiste nellasospensione di ogni determinazione in ordine alla domanda di permesso di costruire in casodi contrasto dell’intervento da realizzare con le previsioni degli strumenti urbanisticiadottati.Il periodo massimo di applicazione è di 5 anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico,quando lo strumento stesso sia stato trasmesso all’amministrazione competente per l’approvazioneentro un anno dall’adozione e, in ogni altro caso, di 3 anni. La ratio dell’istituto in oggetto è quella di evitare che nelle more dell’approvazione di un nuovostrumento urbanistico o di una variante urbanistica possa essere compromesso l’assetto territorialeprogrammato.

Diverse finalità e presupposti caratterizzano la misura di salvaguardia regionale(cd. eccezionale), affidata alPresidente della Giunta Regionale, su richiesta del Sindaco, ai sensi dell’art. 12, comma 4, del citato T.U. Per il periodo di 3 o 5 anni il presidente della Giunta Regionale , con provvedimento motivato danotificare all’interessato, può ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ededilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione deglistrumenti urbanistici.

In tal caso la misura riguarda l’esecuzione di opere legittimamente assentite con titolo edilizio giàrilasciato.Tale misura ha carattere cautelare e temporaneo, nonché discrezionale ed eccezionale.In tale fattispecie l’interesse pubblico mira a rendere effettiva l’attuazione delle previsioniurbanistiche in contrasto con l’esecuzione dei lavori, nel periodo intercorrente tra la loro adozione el’approvazione, e comunque nel termine massimo di efficacia di 3 o 5 anni, definito all’art. 12,comma 3, dello stesso D.P.R.

Da ultimo si ricorda che le misure di salvaguardia, quali strumento di preservazione dell’assetto urbanistico esistente alladata di adozione di nuove previsioni urbanistiche, hanno valenza generale e sono riferibili aqualsivoglia atto dell’amministrazione (autoritativo o convenzionale), e quindi non solo alpermesso di costruire, che possa comportare una modificazione dello stato di fatto o di diritto deisuoli, difformemente dalle previsioni del piano in corso di approvazione. L’adozione delle misure di salvaguardia, disciplinata dal T:U.Edilizia da norme dirango legislativo, va ritenuta espressione di un principio fondamentale della materia, da ravvisarecome sopradetto nella prevalenza delle scelte effettuate dall’ente pubblico sull’uso da imprimere alterritorio rispetto alle facoltà dei privati.

 

La pdl 329, al comma 1 dell’articolo 15, attribuisce alla legge regionale l’individuazione degli strumenti e delle finalità della pianificazione ai diversi livelli istituzionali, comunale e provinciale, nonché l'emanazione delle misure di salvaguardia ordinarie, nelle more dell'approvazione degli strumenti di pianificazione e delle misure di salvaguardia straordinaria, al fine di ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio che siano tali da compromettere o da rendere più onerosa l'attuazione degli strumenti di pianificazione (lettera f)); l'applicazione delle norme di salvaguardia da osservare nel territorio dei comuni sprovvisti di strumenti di pianificazione (lettera g)).


Articolo 11
(Attività edilizia)

I commi 1 e 2 dell’articolo 11 della pdl 438 attribuiscono alle regioni, fatto salvo quanto previsto per le aree vincolate dal Codice dei beni culturali e paesaggistici (d.lgs. n. 42 del 2004)[31], una serie di compiti in materia edilizia, tra i quali:

ü      l’individuazione delle attività di trasformazione del territorio non aventi rilevanti effetti urbanistici ed edilizi e non soggette a titolo abilitativo (comma 1, seconda alinea);

ü      l’identificazione delle categorie di opere e dei presupposti urbanistici in base ai quali il soggetto interessato ha la facoltà di presentare una denuncia di inizio attività (Dia) in luogo della domanda di permesso di costruire (comma 1, secondo periodo);

ü      la decisione circa l’eventuale onerosità del permesso di costruire e i casi di esenzione per finalità sociali, economiche e urbanistiche.

 

Con tali disposizioni le regioni diventano gli unici soggetti titolati a individuare l'ambito di applicazione dell'attività edilizia, conferendogli pieni poteri sulla Dia. Spetterà, infatti, ad esse individuare i casi in cui va presentata la Dia in luogo della domanda di permesso di costruire.

In sostanza, viene ribadito che il permesso di costruire e la Dia sono fungibili e che, quindi, dove è previsto il permesso di costruire l'interessato può anche scegliere di presentare una Dia.

La disciplina vigente recata dal TU dell’edilizia prevede, invece, casi determinati in cui è richiesto o il permesso di costruire o la Dia, prevedendo solo un caso in cui l’interessato può chiedere il rilascio del permesso di costruire al posto della Dia, ma non viceversa (art. 22, comma 5).

 

La normativa vigente recata dal TU dell’edilizia n. 380 del 2001 disciplina, infatti, in due distinti Capi, gli interventi sottoposti a permesso di costruire e quelli, invece, per i quali è sufficiente la Dia. Gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio subordinati al permesso di costruire ed il procedimento per il suo rilascio sono, infatti, regolati nello specifico Titolo II, Capo I e II, agli artt. 10 e seguenti, mentre quelli sottoposti a Dia sono contemplati nel Capo III, agli artt. 22 e seguenti.

Ai sensi del citato art. 10, comma 1, costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire, i seguenti:

a) gli interventi di nuova costruzione;

b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;

c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.

Il comma 2 dispone che le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a Dia.

Il comma 3 prevede la possibilità, per le regioni, di individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire.

Per quanto riguarda, invece, gli interventi subordinati a Dia, l’art. 22, comma 1,prevede che essi siano individuati in tutti quelli non riconducibili all'elenco di cui all'art. 10 e all'art. 6 (gli interventi eseguiti senza titolo abilitativo), che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente .

Sono, altresì, realizzabili mediante Dia le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire (comma 2).

Ai sensi del comma 3, vengono indicati alcuni interventi che possono essere realizzati mediante Dia, in alternativa al permesso di costruire

Resta salva la possibilità, per le regioni, di ampliare o ridurre l'àmbito applicativo delle citate disposizioni (comma 4).

Le regioni possono individuare con legge ulteriori interventi soggetti a Dia, diversi da quelli di cui al comma 3, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e parametri per la relativa determinazione (secondo periodo, comma 5).

È comunque salva la facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1 e 2, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui all'art. 16, salvo quanto previsto dal secondo periodo del comma 5.

Si ricorda, infine, che con l’art. 1, commi 6-14, della legge n. 443 del 2001, si è operata una revisione della disciplina dei titoli abilitativi all’attività edilizia, attraverso un ampio ricorso alla Dia (Superdia) nelle ristrutturazioni immobiliari, in continuità con una legislazione che aveva progressivamente ridotto il campo di applicazione della concessione edilizia. In base al comma 12 (come modificato dall'art. 13, commi 7 e 8, della legge n. 166 del 2002), tali disposizioni si applicano nelle regioni a statuto ordinario, salvo che le leggi regionali emanate prima dell’entrata in vigore della legge siano già conformi a quanto da esse previsto, anche disponendo eventuali categorie aggiuntive e differenti presupposti urbanistici. Alle stesse regioni è inoltre attribuita la facoltà di ampliare o ridurre l’ambito applicativo di tali disposizioni[32].

 

In proposito si osserva che sarebbe opportuno prevedere un coordinamento con le disposizioni del “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

 

Da ultimo si rammenta anche la modifica introdotta dal comma 4 dell’art. 13 della pdl in esame che introduce il silenzio-assenso nella fase finale del procedimento previsto per il rilascio del permesso di costruire (ove la norma vigente prevede, invece, il silenzio-rifiuto).

 

Il comma 3 individua nel comune l’ente cui competono le funzioni di vigilanza e controllo sulle trasformazioni urbanistiche ed edilizie ricadenti nel proprio territorio.

 

Si ricorda che già il TU in materia edilizia di cui al D.P.R. n. 380 del 2001 individua già, all’art. 27, nel dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, la persona preposta ad esercitare, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti comunali, la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.

 

Il comma 4 fa salve le sanzioni penali, amministrative e civili previste dalle leggi statali vigenti per gli interventi compiuti in violazione delle disposizioni di legge, ferma restando la possibilità per le regioni di prevedere ulteriori sanzioni amministrative – di natura reale, ripristinatoria, pecuniaria o interdittiva – per gli abusi più gravi.

Le previsioni del comma in esame provvedono a definire, pertanto, i diversi piani sanzionatori, quelli di competenza statale e quelli definiti con legge regionale. La legge statale individua sanzioni civili, penali e amministrative, mentre le regioni possono prevedere sanzioni amministrative.

 

A questo proposito, si osserva, che occorrerà comprendere se si tratta di sanzioni aggiuntive o sostitutive rispetto a quelle previste dalla legge statale. Inoltre letteralmente le sanzioni riguardano gli “abusi più gravi” e potrebbe risultare una questione interpretativa non facile che cosa debba intendersi per abusi più gravi. Da ultimo occorrerebbe specificare se le sanzioni regionali colpiscono solo gli autori dell'abuso o anche il proprietario o il proprietario attuale dell'immobile totalmente o parzialmente abusivo.

 

Al riguardo si ricorda che agli artt. 30 e seguenti del TU dell’edilizia prevedono, in relazione alla gravità dell'abuso, tre tipi diversi di sanzioni: la demolizione, la sanzione pecuniaria, l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale o anche la confisca amministrativa, tutte strumentali rispetto alla precipua funzione riparatoria dell'ordine urbanistico violato e tendenzialmente applicabili in via alternativa ovvero consequenziale. L’abuso più grave riguarda le opere che comportano un maggiore impatto sull'assetto del territorio (artt. 30 e 31) per le quali il regime sanzionatorio contemplato dalla richiamata disciplina di settore si risolve tendenzialmente nell'applicazione della più grave misura ripristinatoria dello status quo ante.

 

Il comma 5 dispone che, in caso di sostituzione del permesso di costruzione con la Dia, resta fermo il regime sanzionatorio penale, amministrativo e civilistico previsto per la concessione edilizia dalle leggi statali vigenti in materia.

 

Si rammenta che il regime sanzionatorio previsto in assenza o difformità (totale o parziale) del permesso di costruire è recato al Capo II del TU dell’edilizia agli artt. 30 e seguenti.

 

 

La disciplina edilizia e dell'espropriazione è recata dall’articolo 24 della pdl 329. Ai sensi del comma 1, l’attività edilizia costituisce parte integrante del processo di trasformazione e di sviluppo del territorio ed è soggetta a titolo abilitativo rilasciato dal comune con l'obbligo di partecipare all'incidenza di tale trasformazione sul territorio e sull'ambiente. I titoli abilitativi edilizi sono (comma 3):

§         il permesso di costruire;

§         la denuncia di inizio attività.

Alle regioni è demandato il compito di determinare:

a) i criteri per la disciplina delle modalità costruttive;

b) le modalità e le condizioni delle procedure relative ai titoli abilitativi edilizi, prevedendo, in caso di mancata risposta da parte del comune, il silenzio-rifiuto (al contrario, la pdl 438 introduce, all’articolo 13, comma 4, il silenzio-assenso);

c) le modalità di sostituzione e di risarcimento del danno nel caso di inadempienza da parte dell'amministrazione comunale;

d) le categorie di opere e i presupposti di conformità urbanistica ed edilizia in base ai quali l'interessato ha facoltà di presentare una denuncia di inizio attività in luogo della domanda per il rilascio del permesso di costruire;

e) la disciplina della natura onerosa delle categorie di intervento edilizio che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio;

f) le condizioni di interesse pubblico per il rilascio del permesso di costruire in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici.

 

Ai sensi del comma 6, l’esproprio dei beni immobili o di diritti relativi a immobili può essere disposto dall'amministrazione, a seguito dell’approvazione del piano operativo di governo del territorio, per l'esecuzione di opere pubbliche, di pubblica utilità o di interesse pubblico. Il vincolo preordinato all'esproprio dura cinque anni e può essere motivatamente reiterato. In tal caso deve essere previsto un indennizzo, determinato ai sensi della legislazione vigente (comma 7). Si ricorda che l’articolo 13, comma 3, della pdl 438, fissa detto indennizzo “ad un terzo dell'ammontare dell'indennità di esproprio dell'immobile, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di reiterazione del vincolo”.

 

L'articolo 11 della pdl 1794, dedicato ai titoli abilitativi e alla negoziazione di iniziativa pubblica, recepisce l'attuale indirizzo legislativo che ha progressivamente esteso la denuncia di inizio attività (dichiarazione di avvio dei lavori e certificazione tecnica di conformità) di interventi edilizi dapprima in funzione sostitutiva delle «autorizzazioni edilizie» e, in seguito, anche di interventi edilizi in precedenza soggetti a concessione edilizia, attribuendo alle regioni la facoltà di individuare le relative categorie di opere e i presupposti urbanistici.

Al fine di favorire il confronto concorrenziale, il piano comunale individua le tipologie degli interventi per i quali la determinazione degli oneri dovuti è libera nel massimo ed è stabilita sulla base dell'effettivo valore dell'intervento individuato tramite libera contrattazione di mercato.

E’ inoltre previsto che i comuni abbiano la prelazione civilistica nell'acquisto delle aree ritenute di rilievo strategico da reimmettere, conseguentemente valorizzate, nel mercato.

L'articolo 12 - in analogia a quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 11 della pdl 438 -ribadisce i poteri di vigilanza e di controllo dei comuni sulle trasformazioni urbanistico-edilizie nel proprio territorio. Sono fatte salve le sanzioni penali, amministrative e civili previste dalle leggi statali, ferma restando la potestà delle regioni di prevedere ulteriori e diverse sanzioni amministrative di natura pecuniaria e interdittiva. Sono inoltre stabiliti gli interventi di natura sostitutiva di competenza delle regioni sulla base delle esperienze consolidate nell'ordinamento.


Art. 12
(Fiscalità urbanistica)

Il comma 1 prevede l’istituzione, a decorrere dall'anno 2008, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture, di un Fondo per gli interventi di fiscalità urbanistica, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2008 e di 20 milioni di euro per l'anno 2009, per l’attuazione delle finalità indicate nel successivo comma 2.

Il comma 2 reca una delega al Governo ad emanare, entro diciotto mesi dell'entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi volti a definire un regime fiscale speciale per gli interventi in materia urbanistica e per il recupero e la riqualificazione dei centri urbani.

 

Si osserva che la delega sembrerebbe alquanto generica e non reca i principi e i criteri ai quali dovrà essere informata la legislazione delegata.

 

Il comma 3 dispone che i decreti legislativi previsti debbano essere adottati esclusivamente nel limite delle risorse del citato Fondo e non possono, in ogni caso, avere efficacia prima della data del 1 ottobre 2008.

I commi 4 e 5 recano le modalità di redazione e approvazione degli schemi di decreto previsti (relazione tecnica sugli effetti finanziari e doppio parere delle competenti Commissioni parlamentari).

I commi 6 e 7 recano rispettivamente la norma di copertura finanziaria dell’l’istituendo Fondo per primi due anni 2008 e 2009 e la previsione che, a decorrere dal 2010, si provvederà a rifinanziarlo con l’annuale legge finanziaria.

Il comma 8 autorizza, infine, il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

L’articolo 23 della pdl 329 (Fiscalità urbanistica e immobiliare) reca un’analoga delega al Governo ad adottare, entro diciotto mesi, uno o più decreti legislativi volti al riordino e all'armonizzazione del regime fiscale urbanistico e immobiliare, prevedendo forme di perequazione o di compensazione territoriale a carattere intercomunale, nonché all'incentivazione di interventi di rigenerazione urbana, per il miglioramento qualitativo e prestazionale degli edifici e dei relativi tessuti edilizi, con particolare riguardo al risparmio energetico.

Sono quindi definiti i seguenti princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega:

a) semplificazione, armonizzazione e selettività delle imposte relative al valore patrimoniale degli immobili, al ciclo di trasformazione urbanistica, della produzione edilizia e dei trasferimenti immobiliari per quanto riguarda le imposte sul valore aggiunto, di registro, ipotecarie e catastali e sul costo del lavoro;

b) riordino degli incentivi previsti dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e degli incentivi di analoga finalità[33], anche prevedendo la stabilizzazione a regime degli incentivi destinati a specifiche categorie di intervento, al fine di promuovere la messa in sicurezza degli edifici o di loro parti strutturali e tecnologiche, il risparmio energetico, l'eliminazione delle barriere architettoniche e l'adeguamento degli impianti, nonché di attivare un programma di comunicazione e di assistenza alle famiglie e alle imprese per la più efficace ed efficiente finalizzazione dei predetti incentivi;

 

Si ricorda che l’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ha disposto una serie di agevolazioni - detrazione IRPEF e aliquota IVA agevolata[34] - a favore degli interventi di recupero del patrimonio edilizio, che sono stati, da ultimo, prorogati per gli anni 2008, 2009 e 2010 dall’art. 1, commi 17-19, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008).

 

c) revisione dei criteri di formazione del contributo di costruzione, relativamente alla parte riguardante il costo di costruzione, tenendo conto, tra l'altro, dei plusvalori immobiliari realizzati a seguito di interventi pubblici e di interesse generale, al fine di consentire la promozione del recupero edilizio e urbanistico e il riuso delle aree dismesse e degradate, nonché di favorire il processo di sostituzione edilizia e di determinare i costi esterni di natura ambientale, infrastrutturale e territoriale delle trasformazioni urbanistiche.

 

Ai sensi del comma 2, gli schemi dei decreti legislativi sono sottoposti al parere parlamentare, sentita la Conferenza Stato-regioni. Decorsi trenta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del predetto parere.

 


Art. 13
(Abrogazioni e disposizioni finali)
Capo IV della pdl 329 – art. 13 della pdl 1974

L’articolo 13 della pdl 438 contiene le abrogazioni delle norme previgenti incompatibili.

I commi 1 e 2 recano due elenchi diversi per le norme da abrogare:

§         nel comma 1 vengono abrogate le norme statali non più compatibili con la pdl in esame (comma 1);

§         nel comma 2, ai fini del coordinamento con la legislazione regionale, viene disposta la perdita di efficacia della legislazione statale ove la regione abbia già legiferato sul medesimo oggetto.

 

L’esigenza di distinguere fra due elenchi - un primo elenco riguardante alcune norme di principio, presenti nella legislazione statale vigente che possono essere abrogate direttamente, a decorrere dall'entrata in vigore della legge, e un secondo elenco di norme, la cui abrogazione è subordinata all'entrata in vigore di una legislazione regionale di attuazione dei principi contenuti nella «legge quadro» sul governo del territorio - era stata sollevata nella fase conclusiva dell’iter della pdl 3860[35]. Il distinguo dei due elenchi avrebbe, pertanto, permesso di superare alcune perplessità in ordine alle “previsioni normative che sarebbe rischioso eliminare dall'ordinamento in coincidenza con l'entrata in vigore della legge di principi sul governo del territorio. Infatti, è vero che il testo unificato rinvia alla legislazione regionale la definizione - ad esempio - delle procedure e degli strumenti attuativi del piano urbanistico, ma è anche vero che non si è certi che tutte le regioni si siano già dotate di una legislazione propria, che disciplini compiutamente questa materia. Poiché strumenti quali i piani particolareggiati di attuazione, i piani di insediamenti produttivi e i piani di recupero urbano sono tuttora adoperati in molte realtà, disporne immediatamente l'abrogazione potrebbe infatti creare un vuoto normativo. Pertanto, l'ipotesi che giudica più corretta è quella di distinguere fra due elenchi...”.

Precedentemente[36], il relatore aveva sottolineato che “nella proposta di testo unificato non è stato riprodotto l'articolo contenente le disposizioni finali poiché, al riguardo, è sorto il problema della individuazione degli effetti abrogativi di un provvedimento che disciplina principi generali”. In particolare, il relatore aveva osservato che “anche tra i costituzionalisti, sussiste il dubbio se gli effetti abrogativi sulla normativa statale relativa alle stesse materie siano immediati o se invece essi non si producano solo a seguito della emanazione delle leggi regionali volte ad attuare la legge statale di principio”.

 

I commi 3 e 4 modificano, rispettivamente, alcune disposizioni del DPR n. 327 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) e del DPR n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

Coerentemente con quanto era emerso nel corso dell’iter della pdl 3860[37], sia la modifica al DPR n. 327 del 2001 che quella al DPR n. 380 del 2001, sono formulate quali novelle ai citati T.U. nel rispetto della finalità dei testi unici, che è quella di unificare le norme su ciascuna materia mantenendo nel tempo tale unificazione.

 

Il comma 3 apporta alcune modifiche all’art. 9, commi 3 e 4, del TU sugli espropri approvato con DPR 8 giugno 2001, n. 327.

 

Art. 9 DPR n. 327/2001

 

Art. 9 DPR n. 327/2001,

come novellato dalla pdl in esame

 

(omissis)

 

3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

 

 

 

4. Il vincolo preordinato all'esproprio, dopo la sua decadenza, può essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1 e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard.

 

(omissis)

 

(omissis)

 

3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai vincoli e alle destinazioni che il piano deve recepire.

 

4. Il vincolo preordinato all'esproprio, dopo la sua decadenza, può essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1 e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard. In tale caso, al proprietario è dovuto un indennizzo pari ad un terzo dell'ammontare dell'indennità di esproprio dell'immobile, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di reiterazione del vincolo.

 

(omissis)

 

La lettera a) del comma 3 che novella, a sua volta il comma 3 dell’art. 9 del DPR n. 321, esclude i vincoli e le destinazioni che il piano deve recepire dalla decadenza del vincolo preordinato all’esproprio prevista quando non venga tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell’opera.

 

Si ricorda che, ai sensi del citato art. 9 del DPR n. 327 del 2001, l'espropriazione di beni immobili è subordinata alla sussistenza di determinati presupposti.

Il primo presuppostoè costituito dall'apposizione del vincolo sul bene da espropriare per la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, nonché dal conseguimento della piena efficienza giuridica[38] da parte dello strumento attraverso cui può avvenire la determinazione vincolistica.

Gli strumenti attraverso cui può avvenire l'apposizione dei vincoli urbanistici sono:

1. il piano urbanistico generale;

2. la variante al piano urbanistico generale;

3. altri provvedimenti di natura urbanistico-territoriale (quali la conferenza di servizi, l'accordo di programma ecc.) comportanti, in base alla vigente legislazione, variante al piano urbanistico generale.

Il secondo presupposto è la dichiarazione di pubblica utilità che si ha, quando l'opera è conforme alle previsioni degli strumenti sopraindicati, nei casi seguenti:

§         approvazione definitiva del progetto dell'opera, del piano particolareggiato, del piano di lottizzazione, del piano di recupero, del piano di ricostruzione, del piano per gli insediamenti produttivi, del piano di zona;

§         approvazione di uno strumento urbanistico di settore o attuativo ovvero del rilascio di una concessione o di un'autorizzazione o di un atto avente effetti equivalenti ove la relativa approvazione, in base alla normativa vigente, equivale a dichiarazione di pubblica utilità;

§         approvazione dei progetti concernenti reti ferroviarie da parte della conferenza di servizi.

Ai fini espropriativi la nuova disciplina postula la piena conformità dell'opera alle previsioni del piano urbanistico generale e non è più possibile, come in passato, con l'approvazione del progetto definitivo ed esecutivo, apportare varianti al piano urbanistico generale ai sensi dell'art. 1, comma 5, della legge n. 1 del 1978, essendo tale disposizione espressamente abrogata dal T.U.

In concreto, le Amministrazioni comunali sono chiamate, nel predisporre il piano regolatore generale, a una più realistica e attenta valutazione delle necessarie opere e interventi da realizzare in modo che vi sia piena corrispondenza fra pianificazione e programmazione dei lavori pubblici.

Il comune ha solo la possibilità (art. 9, comma 5), nel corso di 5 anni di durata del vincolo preordinato all'esproprio, di disporre, qualora sussistano idonei motivi, che sul bene vincolato siano realizzate opere pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale.

Il terzo presupposto è costituito dalla determinazione, anche in via provvisoria, dell'indennità di esproprio.

 

La lettera b) del comma 3, che novella il comma 4 dell’art. 9 del DPR n. 321, determina l’ammontare dell’indennizzo qualora il vincolo preordinato all'esproprio venga motivatamente reiterato dopo la sua decadenza.

L’indennizzo sarà pari ad un terzo dell'ammontare dell'indennità di esproprio dell'immobile, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di reiterazione del vincolo.

Pertanto, con la novella in esame, si provvede a quantificare l’indennità dovuta al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo che l’art. 39 del citato DPR dispone sia commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto.

 

Si osserva che la disposizione del nuovo comma 4 andrebbe coordinata con il citato art. 39, comma 1, del DPR n. 321.

 

Si rammenta che i vincoli preordinati all'esproprio possono, intervenuta la decadenza, essere reiterati (art. 9, comma 4, del DPR n. 327 del 2001)[39].

La reiterazione presuppone, per espressa prescrizione dello stesso comma 4, la presenza di due condizioni:

§         l'indicazione dei motivi per i quali il vincolo viene reiterato;

§         la dimostrazione delle necessità di standard.

Il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio è stato introdotto nell’ordinamento  con la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999[40].

Tale principio è stato ora esplicitato dall’art. 39, comma 1, del DPR n. 327 che prevede, “in attesa di una organica risistemazione della materia”, la corresponsione al proprietario di una "indennità commisurata all'entità del danno effettivamente prodotto", che non va compresa nell'importo dell'indennità di espropriazione ove l'area venga successivamente espropriata (comma 5).

Nell'ipotesi in cui il provvedimento di reiterazione non preveda la corresponsione dell'indennizzo, il Consiglio comunale è tenuto a liquidarlo entro il termine di 2 mesi dalla data in cui abbia ricevuto la documentata domanda di pagamento e a disporne la corresponsione entro i successivi 30 giorni, decorsi i quali sono dovuti anche gli interessi legali (comma 2).

Qualora l'Amministrazione comunale non provveda entro il termine suindicato, il proprietario può chiedere alla Corte di appello la determinazione dell'indennizzo (comma 3).

Il proprietario stesso può, altresì, impugnare, con atto di citazione innanzi alla Corte di appello nel cui distretto si trova l'area, la stima dell'indennizzo entro 30 giorni dalla notifica dell'atto, a pena di decadenza (comma 4).

L'indennizzo, secondo la citata pronuncia della Corte, non va commisurato al valore dell'immobile, ma “al mancato uso normale del bene, ovvero alla riduzione di utilizzazione o alla diminuzione del prezzo di mercato” per effetto del vincolo.

 

Il comma 4, attraverso la sostituzione del comma 9 dell’art. 20 del DPR n. 380 del 2001 (TU dell’edilizia), introduce il silenzio-assenso nella fase finale del procedimento previsto per il rilascio del permesso di costruire.

Il vigente comma 9 dell’art. 20 prevede, invece, il silenzio-rifiuto nel caso di inutile decorso del termine per l’adozione del provvedimento conclusivo relativo al permesso di costruire.

 

Con la nuova disposizione in materia di silenzio-assenso verrebbe a modificarsi profondamente la disciplina dell’attività edilizia, rischiando di relegare a un ruolo marginale la procedura di Dia, nonostante la proposta in esame, all’art. 11, preveda il mantenimento della Dia anche in sostituzione del permesso di costruire.

 

Si fa osservare che l’introduzione del silenzio-assenso potrebbe determinare la necessità di interventi normativi conseguenti, per esempio con riferimento alle disposizioni sul trasferimento di immobili. Si pensi, infatti, alla necessità di documentare la regolarità edilizia dell'immobile venduto e quindi alla necessità di individuare un documento in sostituzione del permesso di costruire.

 

Ovviamente, resta comunque applicabile la disciplina generale del silenzio-assenso contenuta nella legge 241/1990. In sostanza, per esempio, la p.a. potrà sempre intervenire sia con atti di revoca e annullamento sia in relazione ad accertamento e sanzioni per abusivismo edilizio.

 

Il Capo IV della pdl 329 reca le disposizioni transitorie e finali.

 

Ai sensi dell’articolo 25 (Norma transitoria) le regioni provvedono - entro sei mesi - all'adeguamento della propria normativa in materia di governo del territorio.

 

Il successivo articolo 26 (Delega al Governo per il riordino e il coordinamento della legislazione vigente) reca una delega al Governo ad adottare, entro sei mesi, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri interessati, previa intesa in sede di Conferenza Stato- regioni e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi recanti l'indicazione espressa delle norme abrogate o rese inefficaci a seguito dell'entrata in vigore delle discipline regionali, nonché eventuali modifiche correttive alle norme vigenti.

Sono quindi definiti (comma 2) i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega:

a) formazione di un quadro unitario della materia del governo del territorio, nel rispetto del quadro istituzionale definito dal Titolo V Cost.;

b) tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, della tutela dell'ambiente e del territorio nonché dell'incolumità e della sicurezza pubblica, nel rispetto dei princìpi generali in materia di procedimenti amministrativi;

c) coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione.

 

Infine, ai sensi dell’articolo 27 (Relazione al Parlamento), il Governo è tenuto a presentare - entro il 30 aprile di ciascun anno - al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge, con particolare riferimento alle misure di coordinamento degli strumenti di programmazione del territorio, al conseguimento degli obiettivi fissati dalla legge, alle azioni realizzate per il raggiungimento dei livelli minimi delle dotazioni territoriali nonché alla realizzazione del sistema informativo territoriale.

 

L'articolo 13 della pdl 438 reca le norme statali oggetto di abrogazione:

a) legge 17 agosto 1942, n. 1150 recante Legge urbanistica;

b) articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 18 aprile 1962, n. 167 recante Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare;

c) legge 19 novembre 1968, n. 1187 recante Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150;

d) articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in materia di edilizia residenziale pubblica e norme sull’espropriazione per pubblica utilità;

e) articolo 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 recante Norme per la edificabilità dei suoli;

f) articoli 27, 28, 29, 30 e 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, recante Norme per l'edilizia residenziale;

g) articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 recante Norme per l'edilizia residenziale pubblica;

h) articolo 11 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 recante Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia.

 

L’articolo 14, infine, stabilisce che la legge entra in vigore il centottantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, allo scopo di consentire un congruo termine, in specie alle regioni, per l'attuazione consapevole dei nuovi princìpi.

 


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(A cura dell’Ufficio Rapporti dell’Unione europea)

Strategia sull’ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM (2005) 718), destinata ad aiutare gli Stati membri e le autorità locali e regionali a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee. La strategia per l’ambiente urbano è una delle sette strategie previste dal Sesto programma di azione in materia di ambiente. Il suo obiettivo è favorire una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitarie in materia ambientale, attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche tra le autorità locali.

La strategia, basata su un’ampia consultazione dei soggetti interessati svoltasi nell’autunno 2005, propone una serie di azioni tra le quali si segnalano:

·         Orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile. Gli orientamenti sono basati sull’esperienza acquisita dalle città, sui pareri degli esperti e sui risultati delle ricerche, e serviranno a favorire la piena attuazione della legislazione comunitaria, oltre a costituire una fonte di informazioni supplementari ai fini dell’elaborazione e dell’attuazione di specifici piani di azione.

·         Formazione. Alcuni programmi comunitari offrono alle autorità locali opportunità di formazione e di rafforzamento delle rispettive capacità, per consentire loro di sviluppare le competenze necessarie per gestire l’ambiente urbano. E’ inoltre offerto un sostegno per promuovere la collaborazione e l’apprendimento reciproco tra autorità locali.

·         Sostegno allo scambio delle migliori pratiche a livello comunitario. In questo contesto verrà valutata l’opportunità di elaborare un nuovo programma europeo per lo scambio di conoscenze ed esperienze sui problemi dell’ambiente urbano, nell’ambito della nuova politica di coesione. A tal fine la Commissione opererà in stretta collaborazione con gli Stati membri e le autorità locali, sulla base di una rete pilota di punti di contatto nazionali sulle questioni urbane (la “Piattaforma europea delle conoscenze”) che fornisce consulenza alle autorità locali in tutta Europa.

·         Portale Internet della Commissione destinato alle autorità locali. La Commissione studierà la fattibilità di un portale destinato alle autorità locali sul sito “Europa”, in modo da facilitare l'accesso alle informazioni più recenti.

·         Sostegno finanziario. I programmi comunitari di sostegno esistenti nel quadro della politica di coesione o di ricerca 2007-2013 tengono conto della dimensione urbana delle politiche strutturali.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro:

·         chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città, con le loro politiche, possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, e di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento per affrontare i problemi dell'ambiente urbano, come pure le opportunità nell'ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[41];

·         riconosce l'importanza del settimo programma quadro di ricerca e sviluppo[42], nonché la necessità di promuovere l'ecoinnovazione attraverso la rapida attuazione del piano d'azione per le tecnologie ambientali (ETAP)[43];

·         incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, tra cui, segnatamente, meccanismi innovativi e flessibili per il finanziamento del rinnovamento urbano;

·         invita l'Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell'ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l'attuazione della gestione ambientale integrata.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia sull’ambiente urbano, nella quale, fra l’altro:

·         insiste sul fatto che la Commissione, d'intesa con le autorità nazionali, debba incitare tutti gli agglomerati superiori ai 100.000 abitanti, ad elaborare un piano di gestione urbana sostenibile (PGUS) e un piano di trasporti urbani sostenibili (PTUS);

·         sottolinea la dimensione sociale di un progetto urbanistico sostenibile e raccomanda di migliorare in via generale la qualità della vita nei centri delle città attraverso una strategia globale (soprattutto a carattere sociale, culturale ed ecologico);

·         chiede, quale misura cautelare per salvaguardare i centri storici e gli spazi naturali, i fiumi, i laghi o le zone umide, che si creino, in prossimità di questi luoghi, anelli di protezione a basso indice di edificabilità per evitare le pressioni immobiliari;

·         sottolinea che alcuni centri storici – pregevoli elementi del nostro patrimonio comune – sono da anni abbandonati: raccomanda di disporre, a livello nazionale, regionale o locale, programmi di aiuto per promuovere un adeguato restauro di queste zone e che includano l’architettura, gli spazi aperti e le piazze nonché le rive dei fiumi, i ponti e altre opere pubbliche;

·         si rammarica del fatto che, sebbene la costruzione urbana sostenibile sia ritenuta uno dei quattro principali settori della “strategia tematica sull’ambiente urbano”, la strategia proposta non contempli alcuna azione specifica in materia;

·         propone che i fondi dell’UE siano assegnati e utilizzati dagli Stati membri al fine di riadattare edifici e quartieri.

Si segnala infine che, facendo seguito agli impegni assunti nella strategia per l’ambiente urbano, la Commissione ha predisposto nel 2007 un documento che contiene le linee guida per la gestione ambientale integrata. Come precisato dalla Commissione non si tratta di previsioni vincolanti ma piuttosto di una sintesi delle informazioni disponibili e delle migliori pratiche finanziate da fondi europei, con lo scopo di assistere le autorità municipali nella definizione di sistemi di gestione ambientale integrata a livello locale.

Coesione territoriale

La coesione territoriale - che è espressamente riconosciuta e disciplinata dal Trattato di Lisbona e disciplinata accanto alla coesione economica e sociale, tra gli obiettivi generali e le politiche dell’UE - è una delle priorità della Commissione europea che, nel programma legislativo per il 2008, ha preannunciato la presentazione, nel settembre 2008, diun libro verde in materia. Il libro verde aprirà una consultazione pubblica volta a suscitare un vasto dibattito su ciò che implica l’introduzione nel trattato della nozione di “Coesione territoriale”. La Presidenza francese ha inoltre previsto, nel novembre 2008, una riunione  informale dei ministri delle politiche regionali, che tratterà, analogamente a quanto avvenuto nel corso delle presidenze tedesca e portoghese dell’UE (primo e secondo semestre 2007) anche i temi connessi alla coesione territoriale.

Si ricorda che, il 24 e 25 maggio 2007 a Lipsia, nel corso della riunione informale dei ministri responsabili dello sviluppo urbano e della coesione territoriale , sono stati adottati due documenti: l’“Agenda territoriale dell’UE” e la “Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili.

Il primo documento è inteso a promuovere una intensificazione della cooperazione territoriale attorno ai temi della crescita economica sostenibile, delle politiche del mercato del lavoro; dello sviluppo urbano e territoriale sostenibile, associando i diversi attori regionali e locali.

Il secondo documento sottolinea che una pianificazione urbana integrata è la condizione indispensabile per lo sviluppo sostenibile delle città europee e propone le strategie volte a valorizzare il tessuto urbano e a migliorare il mercato dell’occupazione, i trasporti urbani e l’integrazione degli immigrati.

La Commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo ha invece commissionato uno studio, presentato nel dicembre 2007, dal titolo “Follow-up of the Territorial Agenda and the Leipzig Charter: towards a European Action Programme for Spatial Development and Territorial Cohesion” e contenente alcune raccomandazioni sull’implementazione dell’Agenda territoriale dell’UE.

Il 19 giugno 2008, il segretario di Stato francese al riassetto territoriale, Hubert Falco, ha presentato le priorità della Presidenza francese dell’Ue in materia di riassetto del territorio al Comitato delle Regioni. Il sig, Falco ha precisato che sotto la Presidenza francese verranno presentate due richieste di parere, la prima sulle modalità di attuazione di “un aspetto territoriale” al progetto di Unione per il Mediterraneo; la seconda sul ruolo degli enti territoriali in materia di politica d’integrazione e di dialogo interculturale. Per quanto riguarda la politica di coesione, da notizie di stampa, il sig, Falco avrebbe dichiarato che, in questa fase, occorre metter in disparte la riflessione sul bilancio  e chiedersi come la politica regionale europea possa contribuire a insufflare una nuova dinamica in ciascuno dei territori dell’Unione, ciascuno a suo modo e secondo le sue possibilità. Secondo il sig. Falco, la coesione territoriale dovrebbe diventare un elemento importante, o strutturante della politica di coesione e in maggior misure dell’azione dell’Ue nei territori dell’Unione; questo presupporrebbe una visione rigorosa e chiara di ciò che à la coesione territoriale  e una migliore presa in considerazione della specificità dei territori a livello europeo. La Presidenza francese tenterà di fare il punto sull’attuazione del programma d’azione dell’Agenda territoriale; comincerà i lavori volti a elaborare un riferimento comune per le città sostenibili nel quadro dell’attuazione della Carta dello sviluppo urbanistico; proporrà altresì ai suoi partner di lavorare sugli effetti territoriali della PAC, e in particolare sulla strategia di sviluppo rurale.

GMES (sistema globale di osservazione per l'ambiente e la sicurezza)

Nel programma legislativo e di lavoro per il 2008, la Commissione preannuncia la presentazione di una comunicazione sull'avvio del programma GMES (Sistema globale di osservazione per l'ambiente e la sicurezza), che definirà la sostenibilità nel lungo termine del programma ed il relativo quadro finanziario. La comunicazione potrebbe essere accompagnata o seguita da proposte legislative di attuazione.

Si ricorda che il 10 novembre 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES): dal concetto alla realtà[44],in cui delinea una strategia per la realizzazione di un sistema globale di osservazione della terra che ricorra a tecniche spaziali e terrestri. L’obiettivo del GMES è assicurare, su basi durevoli, servizi affidabili e puntuali riguardo ai temi ambientali e della sicurezza, per andare incontro ai bisogni di coloro che indirizzano le politiche pubbliche. Il GMES è un’iniziativa guidata dall’UE, nel cui ambito all’Agenzia spaziale europea spetta il compito di attuare la componente spaziale, mentre la Commissione gestirà le azioni volte ad individuare e sviluppare servizi basati sia su dati disponibili in situ che su dati ottenuti tramite telerilevamento.

Procedure di contenzioso
(A cura dell’Ufficio Rapporti dell’Unione europea)

Il 31 gennaio 2008 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia[45]  per non aver messo in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale.

Si segnala che, dopo l’avvio della procedura di infrazione - avvenuto il 28 luglio 2005, con l’invio della lettera di messa in mora -, la citata direttiva è stata attuata con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Tuttavia la Commissione, ritenendo, da un lato, che la misura nazionale di attuazione fosse stata adottata dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato[46] e, dall’altro, che essa non fosse completa, ha deciso di presentare dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento.

 

 


Testo a fronte

 


 

AC 329

AC 438

AC 1794

 

 

 

Art. 1.

(Oggetto e finalità della legge).

1. La presente legge, in attuazione dell'articolo 117 della Costituzione, individua i princìpi fondamentali della materia del governo del territorio e della sua tutela, quale ecosistema di primaria importanza per la qualità della vita e dello sviluppo del Paese per le sue qualità ambientali, culturali e paesistiche. La presente legge individua i criteri e le modalità per la definizione delle linee fondamentali per l'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali, alla difesa del suolo e all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, nonché al sistema delle città e delle aree metropolitane, anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree svantaggiate del Paese, nel rispetto dei vincoli dell'ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali.

Art. 1.

(Governo del territorio).

1. In attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la presente legge stabilisce i princìpi fondamentali in materia di governo del territorio. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione, nonché le forme e le condizioni particolari di autonomia previste ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Sono fatte altresì salve le disposizioni della sezione I della parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione.

Art. 1.

(Oggetto).

1. In attuazione dell'articolo 117 della Costituzione la presente legge stabilisce i princìpi fondamentali di governo del territorio nel rispetto dell'ordinamento comunitario e della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, in materia di ordinamento civile e penale e del regime delle proprietà, nonché in materia di tutela della concorrenza. La presente legge disciplina, altresì, i livelli minimi essenziali dei sistemi delle infrastrutture, delle attrezzature urbane e territoriali nonché dei servizi.

 

2. Il governo del territorio, in relazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile determinati dalle autorità pubbliche, consiste nell'insieme coordinato delle attività conoscitive, regolative, programmatorie, valutative e attuative, nonché di vigilanza e di controllo degli interventi di trasformazione e di uso del territorio, allo scopo di perseguire:la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale e paesaggistico e del territorio rurale; l'utilizzo sostenibile delle risorse non rinnovabili e la tutela della biodiversità; la riduzione del consumo di suolo non urbanizzato; il rapporto coerente tra localizzazione delle funzioni, sistema della mobilità e infrastrutture tecnologiche ed energetiche, in relazione alle risorse economiche e finanziarie attivate dai soggetti pubblici e privati.

2. Il governo del territorio consiste nell'insieme delle attività conoscitive, valutative, regolative, di programmazione, di localizzazione e di attuazione degli interventi, nonché di vigilanza e di controllo, volte a perseguire la tutela e la valorizzazione del territorio, la disciplina degli usi e delle trasformazioni dello stesso e la mobilità in relazione a obiettivi di sviluppo del territorio. Il governo del territorio comprende altresì l'urbanistica, l'edilizia, l'insieme dei programmi infrastrutturali, la difesa del suolo, la tutela del paesaggio e delle bellezze naturali, nonché la cura degli interessi pubblici funzionalmente collegati a tali materie.

2. Il governo del territorio, oggetto di legislazione concorrente ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, consiste nell'insieme delle attività conoscitive, valutative, regolative, di programmazione, di localizzazione e di attuazione degli interventi, nonché di vigilanza e di controllo, volte a perseguire la tutela e la valorizzazione del territorio, la disciplina degli usi e delle trasformazioni dello stesso e la mobilità in relazione a obiettivi di sviluppo del territorio. Il governo del territorio comprende altresì l'urbanistica, l'edilizia, i programmi infrastrutturali, la difesa del suolo, nonché la cura degli interessi pubblici funzionalmente collegati a tali materie.

 

3. La tutela del territorio è perseguita in maniera integrata nei diversi aspetti, relativi al suolo, al sottosuolo, alle acque di superficie e sotterranee, agli assetti idrogeologici, al mare e alle coste, alle aree rurali, all'ambiente alpino e appenninico, alla biodiversità e al patrimonio naturale, paesistico, storico e culturale. La qualità degli insediamenti urbani deve essere considerata e promossa come parte essenziale della qualità del territorio.

 

3. La presente legge attua i princìpi di sussidiarietà, sostenibilità ambientale ed economica, concertazione, partecipazione, pari opportunità nella negoziazione, perequazione, semplificazione, efficacia, efficienza, economicità e imparzialità dell'azione amministrativa.

 

4. Il governo del territorio comprende l'urbanistica, l'edilizia, nonché, per le parti riguardanti gli aspetti connessi alla programmazione e alla pianificazione del territorio, la difesa del suolo, l'espropriazione e l'edilizia sociale. Ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, le regioni emanano norme in materia di governo del territorio, in conformità ai princìpi fondamentali della legislazione statale stabiliti dalla presente legge.

 

(Vedi anche ultimo periodo del comma 2)

 

 

 

3. La potestà legislativa in materia di governo del territorio spetta alle regioni, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali e ad esclusione degli aspetti direttamente incidenti sull'ordinamento civile e penale, sulla difesa, sulle Forze armate, sull'ordine pubblico, sulla sicurezza, sulla tutela dei beni culturali e del paesaggio, sulla tutela della concorrenza, nonché sulla garanzia di livelli uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, le regioni emanano norme in materia di governo del territorio in conformità ai princìpi fondamentali della legislazione statale stabiliti dal capo III della presente legge. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione, nonché le forme e le condizioni particolari di autonomia previste ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

5. La presente legge stabilisce altresì le principali competenze e funzioni statali in materia di infrastrutture e di grandi reti di trasporto incidenti nel governo del territorio e le modalità di esercizio allo scopo di garantire il migliore coordinamento con le regioni e con le autonomie locali.

 

Art. 2.

(Definizioni).

1. Ai fini della presente legge si intendono per:

a) «pianificazione territoriale»: la pianificazione di area vasta, che ne definisce l'assetto per quanto riguarda le componenti territoriali fondamentali;

b) «pianificazione urbanistica»: la pianificazione funzionale e morfologica del territorio che disciplina le modalità d'uso e di trasformazione e comprende il piano strutturale, il piano operativo e la regolamentazione urbanistica ed edilizia;

c) «piano di settore»: il piano di uno specifico settore funzionale con effetti sul territorio;

d) «piano territoriale»: il documento che rappresenta l'esito del processo di pianificazione territoriale;

e) «piano strutturale»: il piano urbanistico con il quale vengono operate le scelte fondamentali di programmazione dell'assetto del territorio di un comune o di più comuni in coordinamento fra loro;

f) «piano operativo»: il piano urbanistico con il quale vengono attuate le previsioni del piano strutturale, con effetti conformativi del regime dei suoli;

g) «dotazioni territoriali»: la misura adeguata del complesso delle attrezzature, infrastrutture e reti di cui deve essere dotato un ambito territoriale;

h) «rinnovo urbano»: l'insieme coordinato di interventi di conservazione, ristrutturazione, demolizione e ricostruzione di singoli edifici o di intere parti di insediamenti urbani, finalizzato alla rigenerazione, riqualificazione, riabilitazione, nonché all'adeguamento dell'estetica urbana.

 

Art. 2.

(Princìpi fondamentali del governo

del territorio).

1. Il principio di pianificazione è l'elemento fondante del governo del territorio. Esso è esercitato mediante gli strumenti della pianificazione che coordinano e indirizzano lo sviluppo del territorio in coerenza con il benessere delle comunità insediate ed è espresso in relazione ai diversi livelli istituzionali. Le attività relative all'uso e alla trasformazione del territorio sono oggetto di pianificazione da parte dell'autorità pubblica.

 

 

2. Il processo di pianificazione è svolto nel rispetto dei princìpi di:

a) sostenibilità;

b) tutela e sicurezza;

c) sussidiarietà e adeguatezza;

d) trasparenza e democrazia;

e) equità;

f) legalità del territorio.

 

 

3. Gli strumenti di pianificazione, nel rispetto dei princìpi di cui al comma 2, disciplinano le trasformazioni fisiche e funzionali nonché le azioni di conservazione, di tutela e di riqualificazione del territorio, dei sistemi e dei tessuti insediativi assicurando scelte coerenti in relazione sia alla loro collocazione nello spazio sia alla loro successione nel tempo.

 

 

Art. 3.

(Sostenibilità).

1. Il governo del territorio è finalizzato:

 

a) alla conservazione delle risorse naturali, della biodiversità e del patrimonio culturale, storico e paesaggistico, garantendo che la loro fruizione non comprometta la loro disponibilità per le generazioni future;

b) alla limitazione del consumo di suolo non urbanizzato, riservandolo esclusivamente ai casi di effettiva necessità, ovvero per opere e interventi per i quali non sussistano alternative praticabili con le migliori tecniche disponibili, e attivando processi di riqualificazione, di recupero, di riutilizzo, di modifica e di sostituzione delle opere esistenti;

c) al perseguimento della qualità economica e sociale dello sviluppo, prevedendo il risparmio delle risorse naturali non rinnovabili, incentivando la produzione di energia da fonti rinnovabili e garantendo che ogni trasformazione non riduca la permeabilità e la stabilità dei suoli e il corretto uso e recupero delle acque;

d) alla qualità delle città e degli insediamenti abitativi, al risparmio e all'efficienza energetica e alla diffusione di fonti energetiche rinnovabili e pulite, nonché alla mobilità fluida e a basso impatto ambientale e alla logistica efficiente, incentivando il trasporto collettivo e subordinando ogni trasformazione territoriale alla previsione e alla realizzazione di adeguate infrastrutture e sistemi di mobilità collettiva;

e) alla tutela delle coste e del mare, dell'ambiente montano e del territorio rurale, contrastandone il consumo.

2. Le azioni di trasformazione del territorio sono soggette alla valutazione preventiva degli effetti economico-sociali e ambientali prevista dalla normativa comunitaria e dalla legislazione statale vigenti in materia.

 

 

3. L'individuazione dei beni immobili che costituiscono risorse non rinnovabili, quali acqua, suolo ed ecosistemi della fauna e della flora, paesaggi e beni culturali, anche in relazione a condizioni di fragilità del territorio e per finalità di tutela, costituisce accertamento delle caratteristiche intrinseche e connaturate dei beni stessi. Le conseguenti limitazioni alle facoltà di godimento dei beni immobili individuati non danno luogo a indennizzo.

 

 

Art. 4.

(Tutela e sicurezza).

 

 

1. La tutela dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali rappresenta un elemento prioritario di interesse e di azione dei soggetti responsabili del governo del territorio. Il principio della tutela e della sicurezza è finalizzato a garantire la prevenzione dai rischi naturali e antropici, a mitigare gli effetti delle calamità e a ridurre i predetti rischi e le probabilità di accadimento delle calamità.

 

 

2. Nell'ambito delle attività di governo del territorio sono previste azioni volte alla manutenzione del territorio e alla prevenzione dei rischi naturali e antropici, attraverso forme ordinarie di programmazione e di pianificazione, favorendo il recupero, il risanamento e il ripristino ambientale, in coordinamento con il sistema di previsione e di prevenzione della protezione civile.

 

 

 

3. I soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio operano secondo il principio di precauzione e prevenzione adottando opportune misure, in armonia con gli orientamenti della Commissione europea, tenendo conto di valutazioni scientifiche il più possibile complete, facendo precedere la propria decisione da una valutazione del rischio e delle conseguenze potenziali dell'assenza di azione, rendendo disponibili alle parti interessate i risultati delle valutazioni di rischio e consentendo la loro partecipazione.

 

 

 

Art. 4.

(Interventi speciali dello Stato).

 

 

 

 

1. Lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, effettua interventi speciali in determinati ambiti territoriali, ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, allo scopo di rimuovere condizioni di squilibrio territoriale, economico e sociale, superare situazioni di degrado ambientale e urbano, promuovere politiche di sviluppo economico locale, di coesione e solidarietà sociale coerenti con le prospettive di sviluppo sostenibile, promuovere la rilocalizzazione di insediamenti esposti ai rischi naturali e tecnologici e la riqualificazione ambientale dei territori danneggiati.

 

 

2. Gli interventi speciali, di cui al comma 1, sono attuati prioritariamente attraverso gli strumenti di programmazione negoziata.

Art. 2

(Compiti e funzioni dello Stato)

 

(per i commi da 1 a 4, vedi sotto – art. 3 pdl 438)

 

5. Allo scopo di rimuovere condizioni di squilibrio territoriale, economico e sociale, di promuovere la rilocalizzazione di insediamenti esposti al rischio di calamità naturali o di dissesto idrogeologico e la riqualificazione ambientale dei territori danneggiati, di superare situazioni di degrado ambientale e urbano, nonché di favorire l'integrazione tramite l'edilizia sociale, lo Stato predispone programmi di intervento in determinati ambiti territoriali volti a promuovere politiche di sviluppo economico locale, di coesione e di solidarietà sociali coerenti con le prospettive di sviluppo sostenibile, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

6. I programmi di intervento speciali di cui al comma 5 sono attuati prioritariamente attraverso gli strumenti di programmazione negoziata.

Art. 5.

(Sussidiarietà e adeguatezza).

Art. 5.

(Sussidiarietà, cooperazione e partecipazione).

Art. 4.

(Sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza).

1. Il principio di sussidiarietà ispira la ripartizione dei poteri e delle competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nonché i rapporti tra questi e i cittadini secondo i criteri della tutela, dell'affidamento, della responsabilità e della concorsualità.

1. I princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza ispirano la ripartizione delle competenze fra i diversi soggetti pubblici e i rapporti tra questi e i cittadini, secondo i criteri della responsabilità e della tutela dell'affidamento, fatti salvi i poteri sostitutivi previsti dalle norme vigenti.

1. Il principio di sussidiarietà ispira la ripartizione dei poteri e delle competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nonchè i rapporti tra questi e i cittadini secondo i criteri della tutela, dell'affidamento, della responsabilità e della concorsualità.

 

 

2. I comuni, soggetti primari del governo del territorio ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, le regioni, le province, le città metropolitane e le associazioni di comuni cooperano ai fini della definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio, secondo i princìpi di differenziazione e di adeguatezza nell'esercizio delle funzioni. Sulla base di tali princìpi sono, altresì, individuati gli ambiti territoriali di riferimento, favorendo la collaborazione e la competizione tra territori.

 

 

Art. 6.

(Concertazione istituzionale).

1. I soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio perseguono il metodo della cooperazione tra i diversi soggetti istituzionali nell'elaborazione delle scelte fondamentali riferite al territorio, sulla base del principio di competenza, anche mediante la stipula di intese e di accordi procedimentali e l'istituzione di sedi stabili di concertazione, con il fine di perseguire il principio dell'unicità del piano territoriale.

2. I soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio cooperano secondo il criterio di differenziazione e adeguatezza, nel rispetto dell'articolo 118 della Costituzione. Tali soggetti, sulla base del principio di cooperazione istituzionale, agiscono anche mediante intese e accordi procedimentali, prevedendo l'istituzione di sedi stabili di concertazione al fine di perseguire il coordinamento, l'armonizzazione, la coerenza e la riduzione dei tempi delle procedure di pianificazione del territorio.

2. I soggetti pubblici cooperano nella definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio,anche mediante intese e accordi procedimentali, privilegiando le sedi stabili di concertazione, con il fine di perseguire il principio dell'unità della pianificazione, la semplificazione delle procedure e la riduzione dei tempi. Nella definizione degli accordi di programma e degli atti equiparabili comunque denominati, sono stabilite le responsabilità e le modalità di attuazione, nonché le conseguenze in caso di inadempimento degli impegni assunti dai soggetti pubblici.

2. I soggetti pubblici cooperano nella definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio, anche mediante la stipula di intese e accordi procedimentali, privilegiando le sedi stabili di concertazione, con il fine di perseguire il principio dell'unità della pianificazione, la semplificazione delle procedure e la riduzione dei tempi. Nella definizione degli accordi di programma e degli atti equiparabili comunque denominati, sono stabilite le responsabilità e le modalità di attuazione, nonché le sanzioni in caso di inadempimento degli impegni assunti dai soggetti pubblici.

 

 

3. Ai fini della definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio, le regioni raggiungono intese con le regioni limitrofe, ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione.

3. Ai fini della definizione delle linee guida per la programmazione e la pianificazione del territorio, le regioni stipulano intese con le regioni limitrofe, ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione.

3. Le funzioni amministrative relative al governo del territorio sono improntate al principio di efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa anche al fine di promuovere processi di semplificazione e di coordinamento delle istituzioni competenti.

4. Le funzioni amministrative sono esercitate in maniera semplificata, prioritariamente mediante l'adozione di atti negoziali in luogo di atti autoritativi, e attraverso forme di coordinamento fra i soggetti pubblici, nonché, ai sensi dell'articolo 8, comma 7, fra questi e i cittadini, ai quali deve essere riconosciuto comunque il diritto di partecipazione ai procedimenti di formazione degli atti.

4. Le funzioni amministrative sono esercitate in maniera semplificata, anche attraverso forme di coordinamento tra i soggetti pubblici, nonché, ai sensi dell'articolo 7, comma 3, tra questi e i cittadini, ai quali va riconosciuto comunque il diritto di partecipazione ai procedimenti di formazione degli atti.

 

5. Le regioni possono concordare con le singole amministrazioni dello Stato forme di collaborazione per l'esercizio coordinato delle funzioni amministrative, compresi l'attuazione degli atti generali e il rilascio di permessi e di autorizzazioni, con particolare riferimento alla difesa del suolo, alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonché alle infrastrutture.

5. Le regioni possono concordare con le singole amministrazioni dello Stato forme di collaborazione per l'esercizio coordinato delle funzioni amministrative, compresi l'attuazione degli atti generali e il rilascio di permessi e di autorizzazioni, con particolare riferimento alla difesa del suolo, alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonché alle infrastrutture.

 

6. Le regioni, nel disciplinare le modalità di acquisizione dei contributi conoscitivi e valutativi, nonché delle proposte delle altre amministrazioni interessate nel corso della formazione degli atti di governo del territorio, assicurano l'attribuzione in capo alla sola amministrazione procedente della responsabilità delle determinazioni conclusive del procedimento.

6. Le regioni, nel disciplinare le modalità di acquisizione dei contributi conoscitivi e valutativi, nonché delle proposte delle altre amministrazioni interessate nel corso della formazione degli atti di governo del territorio, assicurano l'attribuzione in capo alla sola amministrazione procedente della responsabilità delle determinazioni conclusive del procedimento.

 

7. Le regioni disciplinano modalità di acquisizione dei contributi conoscitivi e delle informazioni cartografiche finalizzate alla realizzazione di un quadro del territorio unitario e condiviso. Lo Stato definisce, d'intesa con le regioni e con le province autonome, criteri omogenei per le cartografie tecniche di dettaglio e di base ai fini della pianificazione del territorio.

7. Le regioni disciplinano modalità di acquisizione dei contributi conoscitivi e delle informazioni cartografiche finalizzati alla realizzazione di un quadro del territorio unitario e condiviso. Lo Stato definisce, d'intesa con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, criteri omogenei per le cartografie tecniche di dettaglio e di base ai fini della pianificazione del territorio.

8. Gli atti di pianificazione sono approvati da parte dell'ente competente previe certificazione e verifica di compatibilità con il sistema dei vincoli di natura ambientale e paesaggistica, relativi a tutti gli interessi tutelati, nonché verifica di congruenza con la pianificazione vigente e interagente, con particolare riferimento alle opere pubbliche e alle infrastrutture per la viabilità.

9. Le verifiche di compatibilità e di coerenza, ove comportino conflitto di previsioni, sono svolte attraverso un'apposita conferenza di pianificazione, con la partecipazione degli enti pubblici competenti e dei soggetti concessionari dei servizi pubblici interessati. Fatta salva l'autonomia delle funzioni amministrative di controllo, le decisioni relative al mutamento degli assetti vigenti sono assunte, in difetto di unanimità, a maggioranza dei soggetti partecipanti.

10. In sede di conferenza di pianificazione ai sensi del comma 9 sono previste, di regola, forme di compensazione economico-finanziarie in favore degli enti locali ricadenti in ambiti oggetto di previsioni limitative delle potenzialità di sviluppo o che sopportano particolari impatti negativi.

Art. 6.

(Trasparenza e democrazia).

1. Il processo di formazione e di approvazione degli strumenti di governo del territorio assicura:

 

 

a) le forme di pubblicità, di consultazione e di partecipazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi;

b) il coinvolgimento delle associazioni economiche e delle rappresentanze sociali;

c) gli strumenti di raccordo e di collaborazione tra i soggetti preposti al governo del territorio, i soggetti preposti alla salvaguardia dei beni e delle risorse presenti sul territorio e i soggetti titolari della gestione di attività comportanti effetti sul territorio, con particolare riferimento alla mobilità delle persone e delle merci, all'energia, al turismo, al commercio, alle attività produttive e alla gestione dei beni immobili pubblici;

d) la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento di formazione degli strumenti che incidono direttamente sulle situazioni giuridiche soggettive, attraverso la più ampia pubblicità degli atti concernenti la pianificazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 7.

(Partecipazione al procedimento di pianificazione).

1. Nei procedimenti di formazione e di approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica sono assicurati:

a) il coinvolgimento delle associazioni economiche e sociali in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;

b) le forme di pubblicità e di partecipazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi in ordine ai contenuti degli strumenti stessi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Nell'ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive è garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento, attraverso la più ampia pubblicità degli atti e dei documenti comunque concernenti la pianificazione, assicurando il tempestivo e adeguato esame delle osservazioni dei soggetti intervenuti e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse. Nell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all'esproprio è garantito il contraddittorio degli interessati con l'amministrazione procedente.

2. Per le scelte di localizzazione di opere e di infrastrutture di rilevante impatto ambientale e sociale sono garantite l'informazione e la partecipazione dei cittadini, delle associazioni, delle organizzazioni economiche e sociali, attraverso udienze o strumenti di governance ambientale, anche ai fini di quanto previsto all'articolo 22 della presente legge nonché in attuazione della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, resa esecutiva con legge 16 marzo 2001, n. 108.

 

3. Le scelte relative alla localizzazione di opere e di infrastrutture di rilevante impatto ambientale e sociale sono precedute da udienze pubbliche con la partecipazione dei cittadini e delle associazioni territorialmente radicate e, ai sensi della legislazione vigente, da procedure di valutazione di impatto ambientale.

 

3. Lo Stato e le regioni definiscono, nell'ambito delle rispettive competenze, le responsabilità e le modalità operative di pubblicità e di accesso agli atti e ai documenti, la partecipazione al procedimento di approvazione, in conformità alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, nonché i criteri e le modalità per la richiesta da parte dei cittadini delle inchieste pubbliche. L'amministrazione competente ha l'obbligo di fornire esplicita e adeguata motivazione delle proprie determinazioni, con particolare riferimento alle osservazioni o alle proposte presentate nell'ambito del procedimento. Le leggi regionali disciplinano altresì l'istituzione di un garante regionale dell'informazione e della comunicazione nel procedimento di formazione e di approvazione degli atti di governo del territorio.

 

4. Il responsabile del procedimento, di cui all'articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,cura tutte le attività relative alla pubblicità, all'accesso agli atti e ai documenti nonché alla partecipazione al procedimento di approvazione.

5. Gli organi politici e i funzionari professionali responsabili degli atti di pianificazione hanno obbligo di esplicita e adeguata motivazione delle scelte, con particolare riferimento alle osservazioni o alle proposte presentate nell'ambito del procedimento e ai princìpi di cui al presente capo.

 

 

Art. 8.

(Principio di pari opportunità e di partecipazione negli accordi con i privati).

1. Gli enti locali possono concludere accordi con i soggetti privati, nel rispetto del principio di pari opportunità e di partecipazione al procedimento per le intese preliminari o preparatorie dell'atto amministrativo e attraverso procedure di confronto concorrenziale per gli accordi sostitutivi degli atti amministrativi, al fine di recepire negli atti di pianificazione proposte di interventi, in attuazione coerente degli obiettivi strategici contenuti negli atti di pianificazione e delle dotazioni minime di cui all'articolo 9, la cui localizzazione è di competenza pubblica.

2. L'accordo è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione dell'atto di pianificazione che lo recepisce.

3. I procedimenti di negoziazione urbanistica sono retti dai princìpi di trasparenza e di pari opportunità concorsuale. Nei piani strutturali sono indicati i criteri e i metodi per l'individuazione dei corrispettivi richiesti nella negoziazione urbanistica.

4. Per quanto non disciplinato dalla presente legge trovano applicazione le disposizioni in materia di partecipazione al procedimento amministrativo, di accordi con i privati e di tutela giurisdizionale, di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

Art. 7.

(Equità).

 

 

1. La pianificazione e lo svolgimento delle attività di trasformazione del territorio, di iniziativa pubblica o privata, che comportano l'utilizzazione delle risorse non rinnovabili sono attuati garantendo l'uguaglianza dei diritti all'uso e al godimento e dei doveri di tutela e di conservazione dei beni comuni. Il governo del territorio garantisce pari opportunità di accesso a tutti i cittadini ai vantaggi offerti dal sistema antropico e naturale, in termini di residenza, accessibilità, servizi collettivi e qualità ambientale, anche per assicurare solidarietà e coesione sociali.

 

 

2. Al fine di garantire una migliore qualità urbana e territoriale, nonché l'incremento e il rinnovo delle dotazioni territoriali di infrastrutture e di servizi, gli atti di pianificazione del territorio, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale, determinano la partecipazione dei soggetti privati ai relativi costi. Per le stesse finalità, l'amministrazione competente, qualora intenda rivolgersi a soggetti privati per l'attuazione delle scelte di governo del territorio, ricorre a forme di confronto concorrenziale.

 

 

Art. 8.

(Legalità del territorio).

 

 

1. Qualunque trasformazione del territorio deve essere realizzata in conformità agli strumenti di governo del territorio. Gli interventi privi di titolo abilitavo ovvero in contrasto o in difformità a tali strumenti sono soggetti alle sanzioni penali, civili e amministrative previste dalla legislazione statale vigente in materia.

 

 

2. Il comune esercita la vigilanza e il controllo sulle trasformazioni urbanistiche ed edilizie per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi edilizi, fatta salva la potestà regionale di intervenire, in via sostitutiva, nei confronti delle amministrazioni inadempienti.

 

 

Art. 9.

(Funzioni e compiti dello Stato).

Art. 3.

(Compiti e funzioni dello Stato).

Art. 2.

(Compiti e funzioni dello Stato).

1. Le funzioni dello Stato sono esercitate attraverso politiche generali e di settore concernenti l'assetto del territorio, la tutela dell'ambiente e dei beni paesaggistici, la promozione dello sviluppo economico-sociale, del rinnovo e della riqualificazione urbani. Allo Stato competono, inoltre, i rapporti con gli organismi internazionali e il coordinamento con gli organismi dell'Unione europea in materia di assetto del territorio e di politiche urbane.

1. Le funzioni dello Stato sono esercitate attraverso politiche generali e di settore concernenti la tutela e la valorizzazione dell'ambiente, l'assetto del territorio, la promozione dello sviluppo economico-sociale e il rinnovo urbano.

1. Le funzioni dello Stato sono esercitate attraverso politiche generali e di settore inerenti la tutela e la valorizzazione dell'ambiente, l'assetto del territorio, la promozione dello sviluppo economico-sociale, il rinnovo e la riqualificazione urbana, nonché le grandi reti di infrastrutture.

 

2. Per l'attuazione delle politiche di cui al comma 1, lo Stato promuove, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, appositi programmi di intervento, coordinando la propria azione con quella dell'Unione europea e delle regioni.

2. Per l'attuazione delle politiche di cui al comma 1, lo Stato adotta, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, programmi di intervento, coordinando la sua azione con quella dell'Unione europea e delle regioni.

2. Per l'attuazione delle politiche di cui al comma 1, lo Stato adotta, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, appositi programmi di intervento, coordinando la sua azione con quella dell'Unione europea e delle regioni.

 

3. Nell'ambito del governo del territorio sono riservati allo Stato:

a) la definizione e l'aggiornamento delle linee fondamentali di assetto del territorio nazionale, di cui all'articolo 11 della presente legge, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni;

b) le competenze riconosciute dalla legislazione vigente allo Stato in materia di aree naturali protette di interesse nazionale, di tutela del paesaggio e dei beni culturali, di distretti idrografici, di bonifica dei siti di interesse nazionale, di valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica, di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;

c) la pianificazione e la programmazione delle reti infrastrutturali a carattere nazionale e degli interventi per la tutela e la messa in sicurezza del territorio dai rischi naturali e antropici;

d) la definizione della normativa tecnica da applicare sul territorio nazionale riguardante la sicurezza sismica, i requisiti minimi per la tutela dell'igiene e della sicurezza, per l'accessibilità e la fruibilità degli abitati e delle costruzioni, nonché per la qualità dei tessuti urbani e delle dotazioni territoriali;

e) l'osservazione e il monitoraggio delle trasformazioni e dello sviluppo del territorio attraverso l'armonizzazione dei quadri conoscitivi e dei sistemi informativi di livello regionale.

 

 

4. Sono esercitate dallo Stato, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni: le funzioni amministrative relative all'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, coerenti con le scelte di sostenibilità sociale, ambientale ed economica; la fissazione dei criteri per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, per la conservazione e il miglioramento della qualità dell'ambiente, per la difesa del suolo e per l'equilibrio e la tutela degli ecosistemi; le funzioni amministrative relative all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale.

3. Sono esercitate dallo Stato, attraverso intese in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le funzioni amministrative relative all'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale in ordine alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla difesa del suolo e all'articolazione delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, in armonia con le politiche definite a livello comunitario, nazionale e regionale e in coerenza con le scelte di sostenibilità economica e ambientale.

3. Sono esercitate dallo Stato, prevalentemente attraverso intese in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le funzioni amministrative relative all'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale in ordine alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla difesa del suolo e all'articolazione delle reti infrastrutturali e delle opere di competenza statale, in armonia con le politiche definite a livello comunitario, nazionale e regionale e in coerenza con le scelte di sostenibilità economica e ambientale.

 

4. Sono altresì esercitate dallo Stato le funzioni amministrative connesse al governo del territorio relative alla difesa e alle Forze armate, all'ordine pubblico e alla sicurezza, alle competenze istituzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in relazione alla difesa civile, nonché quelle relative alla protezione civile concernenti la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e quelle relative alla tutela dei beni culturali, alla valorizzazione dei beni culturali di appartenenza statale nel rispetto del principio di leale collaborazione, all'individuazione in via concorrente dei beni paesaggistici, alla partecipazione alla gestione dei vincoli paesaggistici, previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

 

4. Sono altresì esercitate dallo Stato le funzioni amministrative connesse al governo del territorio relative alla difesa e alle Forze armate, all'ordine pubblico e alla sicurezza, alle competenze istituzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in relazione alla difesa civile, nonché quelle relative alla protezione civile concernenti la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e quelle relative alla tutela dei beni culturali, alla valorizzazione dei beni culturali di appartenenza statale nel rispetto del principio di leale collaborazione, all'individuazione in via concorrente dei beni paesaggistici e alla partecipazione alla gestione dei vincoli paesaggistici, previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

(per i commi 5 e 6 vedi sopra – art. 4 pdl 438))

Art. 10.

(Soggetti della programmazione e della pianificazione del territorio).

 

 

1. Le funzioni di governo del territorio sono esercitate dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato, attraverso strumenti di pianificazione, in forma coordinata e integrata.

 

 

2. Ai fini della pianificazione, programmazione, attuazione, monitoraggio e verifica delle trasformazioni del territorio, i soggetti titolari delle funzioni di governo del territorio costituiscono un sistema unitario e agiscono nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, leale collaborazione e responsabilità amministrativa.

 

 

 

 

 

3. Le competenze degli enti parco, delle autorità di bacino, delle soprintendenze per i beni storico-artistici e paesaggistico-ambientali nonché dei soggetti titolari di interessi pubblici incidenti sul governo del territorio sono esercitate in raccordo con gli atti di pianificazione previsti dalla presente legge, al fine di coordinare le tutele e le pianificazioni settoriali con gli atti di governo del territorio.

 

Art. 3.

(Esercizio delle tutele separate da parte dello Stato).

1. Le competenze degli enti parco, delle autorità di bacino, delle sovrintendenze competenti per i beni storico-artistici e ambientali nonché dei soggetti titolari di interessi pubblici incidenti nel governo del territorio sono definite dalla legislazione statale e regionale e sono esercitate in raccordo con gli atti di pianificazione di cui alla presente legge, con l'obiettivo di coordinare, attraverso sedi di codecisione e intese procedimentali, le tutele settoriali con gli atti di pianificazione urbanistica e territoriale.

4. Le regioni, in applicazione dei princìpi della presente legge:

a) partecipano alla definizione e all'attuazione dei piani e dei programmi di governo del territorio di competenza statale e di quelli derivanti dalla programmazione comunitaria;

b) provvedono, nell'ambito delle proprie competenze, alla programmazione territoriale e infrastrutturale finalizzata a garantire la realizzazione delle strategie di governo del territorio atte a promuovere lo sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio regionale;

c) assicurano il coordinamento con i piani e i programmi di rilievo nazionale e il coordinamento delle norme in materia di pianificazione urbanistica e territoriale, di tutela ambientale e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali, prevedendo forme di concertazione fra gli enti territoriali competenti e con i soggetti interessati;

d) disciplinano e incentivano la pianificazione intercomunale tenendo conto della specificità e dei caratteri omogenei di determinati ambiti sovracomunali;

e) disciplinano le modalità di acquisizione dei contributi conoscitivi e valutativi, nonché delle proposte delle amministrazioni interessate nel corso della formazione degli atti di governo del territorio;

f) disciplinano i criteri di formazione degli oneri di costruzione, per la parte riguardante opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale negli interventi diretti, in relazione ai costi effettivi di tali opere e ai costi di mitigazione degli impatti, nonché in base alla dimensione e alla complessità territoriali dei comuni.

 

 

5. Le leggi regionali garantiscono e disciplinano le competenze e le funzioni amministrative attinenti al governo del territorio e alla pianificazione territoriale delle province, delle città metropolitane e dei comuni, ai sensi di quanto previsto dall'ordinamento statale, secondo i princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione.

 

 

6. Le province sono titolari delle funzioni di programmazione e di pianificazione territoriale anche per quanto concerne il compito di assicurare la coerenza dei contenuti delle pianificazioni di settore con il piano territoriale di coordinamento.

 

 

7. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative relative al governo del territorio, ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione. I comuni, nell'ambito delle attribuzioni proprie e di quanto previsto dalla legislazione regionale, assicurano l'esercizio della pianificazione urbanistica e della regolamentazione edilizia attraverso il piano di governo del territorio e gli atti normativi ad esso connessi.

 

 

Art. 11.

(Linee fondamentali di assetto del territorio nazionale).

 

 

1. Costituiscono linee fondamentali di assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali:

a) l'identità, la riconoscibilità, la varietà dei paesaggi italiani pregevoli non solo per aree e frammenti di grande valore, ma in relazione all'intero territorio, urbano e periurbano, rurale e montano, marino e costiero, attraverso misure di protezione, di limitazione e di difesa, nonché mediante la gestione accorta dei processi di trasformazione, di pianificazione e di recupero;

b) le aree naturali protette e la presenza di una naturalità diffusa, differenziata e articolata, connesse in una rete ecologica che costituisce una condizione necessaria per impedire la frammentazione degli habitat, per ridurre la vulnerabilità degli ecosistemi, per mantenere una elevata biodiversità e la qualità ambientale complessiva del territorio;

c) il riconoscimento delle Alpi e degli Appennini come sistemi di rilevante interesse nazionale. La Repubblica promuove interventi finalizzati a ridurre l'abbandono delle zone montane, a tutelare e a valorizzare culture e tradizioni locali, a sviluppare attività economiche compatibili e utili al recupero e al mantenimento dell'ambiente e del territorio montano;

d) la tutela delle coste italiane, cui si provvede con il Piano di tutela dell'ambiente costiero e marino, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni costiere interessate;

e) l'efficienza energetica e la promozione e diffusione di fonti energetiche rinnovabili alle quali devono essere indirizzate le attività di programmazione, pianificazione degli usi e degli interventi anche edilizi sul territorio, in attuazione degli obiettivi e degli indirizzi della legislazione nazionale ed europea;

f) l'utilizzo razionale delle acque, la loro tutela dall'inquinamento, la prevenzione e la riduzione dei rischi di dissesto idrogeologico, tenuto conto dei rischi connessi con il cambiamento climatico, al fine di promuovere, nella pianificazione e programmazione del territorio, un livello unitario a livello di bacino idrografico;

g) il consumo limitato del territorio non urbanizzato, subordinando gli interventi di trasformazione a una valutazione delle alternative a minore impatto ambientale, quali il recupero, il risanamento, l'adeguamento di aree già utilizzate, di infrastrutture, di costruzioni o di insediamenti esistenti;

h) la tutela del territorio rurale per il mantenimento e l'arricchimento delle reti ecologiche, della diversità ecologica e paesistica, con il contrasto dell'abbandono e dell'interruzione delle cure manutentive e la promozione del ruolo specifico dell'agricoltura multifunzionale intesa come produttrice sia di beni, sia di servizi ambientali.

 

 

2. Le linee fondamentali di assetto del territorio di cui al comma 1 sono formate in armonia con le politiche definite a livello comunitario, nazionale e regionale e in coerenza con le scelte di sostenibilità economica, sociale e ambientale e con lo Schema di sviluppo dello spazio europeo. Le linee fondamentali di assetto del territorio sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, con il Ministro dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuate le modalità e il termine per aggiornare, integrare e rivedere le linee fondamentali di assetto del territorio di cui al comma 1 del presente articolo, su proposta dei Ministri competenti e d'intesa con la Conferenza unificata.

 

 

3. Lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 2, recante la definizione delle linee fondamentali di assetto del territorio nazionale, è trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione dei relativi pareri, nei termini previsti dai rispettivi regolamenti.

 

 

Art. 12.

(Coordinamento con la tutela e la valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali e paesaggistici).

 

 

1. Lo Stato e i soggetti titolari delle funzioni amministrative di governo del territorio esercitano le competenze loro attribuite, relative alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, coordinandole con quelle relative alla disciplina delle trasformazioni dei paesaggi, secondo i princìpi stabiliti dalla Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, resa esecutiva con legge 9 gennaio 2006, n. 14.

 

 

2. Le modalità di coordinamento di cui al comma 1, finalizzate ad assicurare per ogni livello istituzionale la qualificazione paesaggistica della pianificazione nell'ambito del governo del territorio, sono definite in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

3. La pianificazione territoriale è esercitata ai sensi di quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, in relazione ai beni tutelati e ai valori di identità. Ai fini dell'integrazione e dell'armonizzazione della pianificazione del paesaggio e di quella dei beni paesaggistici si procede alla stipulazione di intese tra la regione o le regioni interessate e il competente organo dello Stato, anche prevedendo appositi accordi per la tutela e la valorizzazione delle risorse essenziali e non rinnovabili.

 

 

Art. 13.

(Coordinamento con la tutela e la valorizzazione dell'ambiente).

 

 

1. I comuni, le province, le città metropolitane, le regioni e lo Stato esercitano le competenze loro attribuite relative alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente e del territorio, coordinandole con quelle di competenza dello Stato e integrandole nel governo del territorio, e collaborano per la tutela e per il risanamento del suolo e del sottosuolo nonché per il risanamento idrogeologico del territorio, tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione. Le modalità di coordinamento degli interventi sono stabilite in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

2. Al fine di realizzare un'efficace prevenzione e un'incisiva riduzione dei rischi idrogeologici, tenuto conto anche dei rischi connessi ai cambiamenti climatici, i soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio assicurano l'unitarietà degli indirizzi e la compatibilità delle politiche di settore che incidono sul territorio, provvedendo, altresì, a un costante miglioramento delle politiche ordinarie di gestione e di manutenzione.

 

 

Art. 14.

(Coordinamento con la programmazione economica e con la pianificazione delle infrastrutture della mobilità).

 

 

1. Il Governo predispone, con cadenza annuale, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, il Documento nazionale di programmazione del territorio.

 

 

2. Il Documento nazionale di programmazione del territorio, avente carattere programmatico e operativo, da redigere tenuto conto delle linee fondamentali di assetto del territorio nazionale di cui all'articolo 11, è finalizzato alla pianificazione, alla programmazione e all'attuazione in modo coordinato, integrato e sinergico degli interventi di infrastrutturazione del territorio, in relazione all'allocazione e alle priorità di investimento economico, in coerenza con il Documento di programmazione economica-finanziaria. Il Documento nazionale di programmazione del territorio contiene, altresì, la verifica dei risultati conseguiti dalle politiche e dai programmi di cui all'articolo 9, commi 1 e 2, e della coerenza programmatica per la migliore articolazione territoriale degli interventi relativi alle reti infrastrutturali e alle opere di competenza statale, al sistema delle città e delle aree metropolitane, anche ai fini dello sviluppo del Mezzogiorno e delle aree marginali del Paese nonché alla promozione di programmi innovativi in ambito urbano che implichino un intervento coordinato da parte di diverse amministrazioni dello Stato.

 

 

3. Le regioni, in coerenza con gli indirizzi del Documento nazionale di programmazione del territorio, predispongono i propri documenti di programmazione e concorrono alle scelte localizzative e al perseguimento degli obiettivi di sviluppo delle comunità regionali.

 

 

4. Le regioni determinano le modalità di interrelazione tra la pianificazione territoriale e urbanistica e la pianificazione e la programmazione della mobilità locale e di area vasta, al fine di individuare gli elementi di funzionalità indispensabili del sistema della mobilità in relazione alle previsioni di localizzazione di nuove funzioni o di interventi di rigenerazione dei tessuti urbani. Gli strumenti di governo del territorio prevedono l'obbligo di realizzare preventivamente le dotazioni necessarie e le funzioni gestionali del trasporto pubblico locale, determinando i relativi costi in relazione alle potenzialità di sviluppo previste e alla conseguente domanda di mobilità.

 

 

Art. 15.

(Strumenti di pianificazione).

Art. 6.

(Pianificazione del territorio).

Art. 5.

(Natura e contenuti della pianificazione).

1. La legge regionale, nell'ambito dei princìpi fissati dalla presente legge, individua gli strumenti e le finalità della pianificazione ai diversi livelli istituzionali, comunale e provinciale, e disciplina:

a) il contenuto, la durata temporale, le modalità di attuazione, l'efficacia e gli effetti degli strumenti di pianificazione sul regime conformativo degli immobili;

b) il procedimento di formazione e di approvazione degli strumenti di pianificazione e dei loro eventuali aggiornamenti, nel rispetto dei princìpi di trasparenza e di democrazia, di cui all'articolo 6, e del giusto procedimento;

c) i casi in cui gli strumenti di pianificazione sono sottoposti a verifica di coerenza con gli strumenti di programmazione economica, con la pianificazione di settore e con ogni altra disposizione o piano, individuando il soggetto responsabile e stabilendone le relative modalità;

d) la formazione di strumenti di pianificazione intercomunale e di gestione integrata dei servizi connessi in relazione alla specificità di determinati ambiti territoriali omogenei sotto il profilo sociale ed economico o alla presenza sul territorio di comuni di ridotte dimensioni; a tale fine, le regioni disciplinano il procedimento di formazione dello strumento urbanistico intercomunale e la costituzione della forma associativa tra gli enti locali interessati;

e) la formazione semplificata degli strumenti di pianificazione comunale, per i comuni che hanno dimensione e complessità territoriali contenute e particolari condizioni socio-economiche;

f) l'emanazione delle misure di salvaguardia ordinarie nelle more dell'approvazione degli strumenti di pianificazione e delle misure di salvaguardia straordinaria, al fine di ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio che siano tali da compromettere o da rendere più onerosa l'attuazione degli strumenti di pianificazione;

g) l'applicazione delle norme di salvaguardia da osservare nel territorio dei comuni sprovvisti di strumenti di pianificazione;

h) l'annullamento degli strumenti in contrasto con la normativa urbanistica ed edilizia statale e regionale vigente.

1. Il comune è l'ente preposto alla pianificazione urbanistica ed è il soggetto primario titolare delle funzioni di governo del territorio.

 

1. Il governo del territorio è funzione pubblica, esercitata nelle forme stabilite dalla legge, che si attua attraverso una pluralità di atti, istituti e tecniche di diverso contenuto disciplinare, di natura pubblicistica e privatistica, con il fine della promozione di progetti di sviluppo sostenibile in relazione alle risorse sociali, ambientali ed economiche.

 

2. La pianificazione territoriale disciplina le principali componenti dell'assetto del territorio e le relative invarianti strutturali, in raccordo con la programmazione e con le politiche regionali e provinciali, sostenendo forme di opportune aggregazioni comunali per la pianificazione locale, e determinando gli eventuali effetti conformativi della proprietà o del territorio sugli strumenti di pianificazione comunale. La pianificazione territoriale recepisce e coordina le prescrizioni relative alle invarianti ambientali e territoriali costituite dalle risorse non rinnovabili nonché ai vincoli territoriali, paesaggistici e ambientali che derivano da piani sovralocali, da singoli provvedimenti amministrativi o da norme di legge. Con legge regionale sono definite le modalità con le quali lo strumento di pianificazione territoriale di coordinamento provinciale può assumere valore di piano di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e della difesa del suolo, della tutela del paesaggio e dei beni paesaggistici, a condizione che la definizione delle relative disposizioni avvenga tramite intese tra le amministrazioni, anche statali, competenti.

2. Le regioni, nel rispetto delle competenze e funzioni delle province stabilite dalle leggi dello Stato, individuano gli ambiti territoriali e i contenuti della pianificazione del territorio, fissando regole di garanzia e di partecipazione degli enti territoriali ricompresi nell'ambito da pianificare, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale e al fine di soddisfare le nuove esigenze di sviluppo urbano, privilegiando il recupero e la riqualificazione dei territori già urbanizzati e la difesa dei caratteri tradizionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I piani relativi a tali ambiti non possono avere, con esclusione delle sole materie preordinate, un livello di dettaglio maggiore di quello dei piani urbanistici comunali. Il piano territoriale di coordinamento, previsto dall'articolo 20, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è di competenza delle province, salve diverse previsioni della legge regionale allo scopo di favorire la pianificazione delle aree metropolitane. La regione, con propria legge, in considerazione della specificità di determinati ambiti sovracomunali e omogenei e in attuazione dei princìpi costituzionali di sussidiarietà e di adeguatezza, può disciplinare e incentivare la pianificazione urbanistica intercomunale. Le regioni stabiliscono idonee misure per la compensazione tra comuni limitrofi dei costi sociali generati dalla realizzazione di infrastrutture pubbliche che potrebbero causare squilibri economici o ambientali sul territorio.

2. La pianificazione disciplina il territorio, con atti amministrativi generali, procedendo all'individuazione di ambiti territoriali di riferimento. Il governo del territorio è ispirato al rispetto degli interessi pubblici primari indicati dalla legge e al perseguimento dell'interesse pubblico concreto individuato attraverso il metodo del confronto comparato tra interessi pubblici e privati, sulla base dei criteri della partecipazione e della motivazione pubblica delle scelte.

3. La pianificazione è la principale, sebbene non esclusiva, forma di governo del territorio, che si attua attraverso modalità strategiche, strutturali e operative. Gli atti di contenuto strategico strutturale non hanno efficacia conformativa delle proprietà. Gli atti di contenuto operativo, comunque denominati, disciplinano il regime dei suoli e hanno efficacia conformativa delle proprietà, ai sensi dell'articolo 42 della Costituzione. Gli atti di pianificazione concorrono nel garantire le prestazioni minime dell'insediamento anche attraverso idonee misure di salvaguardia.

4. Il piano territoriale di coordinamento previsto dall'articolo 20, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è di competenza delle province, fatte salve diverse previsioni della legge regionale allo scopo di favorire la pianificazione delle aree metropolitane. La regione, con propria legge, in considerazione della specificità di determinati ambiti sovracomunali e omogenei e in attuazione dei princìpi costituzionali di sussidiarietà e di adeguatezza, può disciplinare e incentivare la pianificazione urbanistica intercomunale.

 

3. La legge regionale disciplina gli strumenti territoriali di livello locale e individua nell'ambito della pianificazione comunale o intercomunale:

a) il livello strutturale di governo del territorio che riguarda l'intero territorio comunale;

b) il livello operativo di governo del territorio;

c) il livello regolamentare urbanistico-edilizio.

 

 

 

3. Il piano urbanistico è lo strumento di disciplina complessiva del territorio comunale e deve ricomprendere e coordinare, con opportuni adeguamenti, ogni disposizione o piano di settore o territoriale concernente il territorio medesimo. Esso recepisce le prescrizioni e i vincoli contenuti nei piani paesaggistici, nonché quelli imposti ai sensi delle normative statali in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio.

 

 

4. Il piano urbanistico privilegia il rinnovo urbano, la ristrutturazione, l'adeguamento del patrimonio immobiliare esistente.

 

 

5. Nell'ambito del territorio non urbanizzato si distingue tra aree destinate all'agricoltura, aree di pregio ambientale e aree urbanizzabili.

6. Nelle aree destinate all'agricoltura e nelle aree di pregio ambientale la nuova edificazione è consentita solo per opere e infrastrutture pubbliche e per servizi per l'agricoltura, l'agriturismo e l'ambiente. Nelle aree urbanizzabili gli interventi di trasformazione sono finalizzati ad assicurare lo sviluppo sostenibile sul piano sociale, economico e ambientale.

5. Il territorio non urbanizzato è edificabile solo per opere e infrastrutture pubbliche e per servizi per l'agricoltura, l'agriturismo e l'ambiente. Le regioni stabiliscono i casi di edificabilità, attraverso l'individuazione, per categorie generali, degli ambiti del territorio non urbanizzato.

 

 

 

6. La pianificazione è ispirata al principio dell'integrazione delle funzioni e della qualità urbana.

4. Il livello strutturale di governo del territorio:

a) determina le invarianti territoriali e ambientali;

b) contiene le scelte strategiche di trasformazione e di sviluppo del territorio, armonizzandole con la disciplina di tutela e di valorizzazione dell'integrità fisica e ambientale, nonché dell'identità culturale del rispettivo territorio;

c) recepisce i vincoli morfologici e ricognitivi posti dalle pianificazioni di settore o da singoli provvedimenti amministrativi o da norme di legge in materia di paesaggio e di beni paesaggistici, delle acque e della difesa del suolo, della protezione della natura e della tutela dell'ambiente.

7. La pianificazione urbanistica è attuata attraverso modalità strutturali e operative. Il piano strutturale non ha efficacia conformativa della proprietà. Gli atti di contenuto operativo, comunque denominati, disciplinano il regime dei suoli ai sensi dell'articolo 42 della Costituzione.

 

5. Le previsioni del livello strutturale di governo del territorio hanno valore conformativo della proprietà e degli altri diritti reali nei casi di cui alle lettere a) e c) del comma 4.

 

 

6. Il livello operativo di governo del territorio, in conformità con il livello strutturale di cui al comma 4, definisce le destinazioni d'uso degli immobili e disciplina le modalità di attuazione degli interventi di trasformazione del territorio da avviare nell'arco temporale determinato dall'amministrazione competente e comunque non superiore a cinque anni, decorsi i quali ne decade la validità.

 

 

7. Il livello operativo del governo del territorio ha efficacia conformativa dei suoli e della proprietà edilizia unitamente all'obbligo della contemporanea realizzazione degli interventi di trasformazione e delle necessarie dotazioni territoriali, delle infrastrutture per la mobilità e delle opere pubbliche indispensabili per la funzionalità dei nuovi insediamenti.

 

 

8. Le previsioni della pianificazione di livello operativo sono attuate attraverso modalità compensative e perequative o mediante esproprio per pubblica utilità. Le previsioni urbanistiche inattuate degli interventi pubblici e privati decadono di diritto all'atto dell'adozione delle nuove previsioni.

 

 

9. Per l'attuazione degli interventi di trasformazione urbanistica e di recupero, la pianificazione di livello operativo può definire un livello abitativo di iniziativa pubblica o privata ovvero mista che preveda, in particolare: la pluralità delle funzioni urbanistiche ed edilizie, delle categorie di intervento e delle eventuali azioni di carattere sociale ed economico, nonché forme di incentivazione; l'indicazione dei soggetti interessati alla promozione e all'attuazione del programma; gli ambiti minimi di intervento; l'integrazione delle risorse pubbliche e private; l'integrazione degli strumenti, anche di gestione, dei settori della mobilità e della produzione di beni e di servizi; le procedure amministrative e le modalità concorsuali di accesso ai finanziamenti pubblici.

 

 

10. Il livello regolamentare urbanistico-edilizio disciplina le modalità di intervento e di gestione degli insediamenti esistenti e delle aree di conservazione delle attività agricole.

 

 

Art. 16.

(Livelli minimi delle dotazioni territoriali).

Art. 7.

(Dotazioni territoriali).

Art. 9.

(Infrastrutture e prestazioni minime).

 

 

 

 

 

 

1. La pianificazione e la programmazione del territorio prevedono la dotazione di attrezzature pubbliche e di servizi di interesse pubblico, collettivo e generale per garantire, sul territorio nazionale, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili, nonché la dotazione delle reti e delle infrastrutture che consentono l'accessibilità alle attrezzature urbane e territoriali e la mobilità dei cittadini e delle merci.

 

 

 

 

 

 

1. Nei piani urbanistici deve essere garantita la dotazione necessaria di attrezzature e servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, anche attraverso la prestazione concreta del servizio non connessa ad aree e ad immobili. L'entità dell'offerta di servizi è misurata in base a criteri prestazionali, con l'obiettivo di garantirne comunque un livello minimo anche con il concorso dei soggetti privati. Nel rispetto di quanto stabilito ai sensi della lettera m) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, le regioni determinano i criteri di dimensionamento per i servizi che implicano l'esigenza di aree e relative attrezzature.

1. Gli atti di pianificazione prevedono adeguate dotazioni di viabilità, di parcheggi, di aree verdi e di servizi, avendo cura delle effettive esigenze prestazionali.

2. La pianificazione di contenuto strutturale definisce, con riferimento a un periodo non inferiore a dieci anni, la dotazione complessiva delle attrezzature urbane e territoriali e dei servizi locali necessaria alla soddisfazione dei fabbisogni civili e sociali delle collettività interessate nonchè delle infrastrutture che garantiscono l'accessibilità e la mobilità dei cittadini e degli utenti.

3. La pianificazione di contenuto operativo specifica e localizza, con atti di perimetrazione, le attrezzature e i servizi relativi agli ambiti specifici di intervento nonchè le reti delle infrastrutture generali e locali, sulla base delle analisi dei fabbisogni di cui al comma 2.

 

2. Costituiscono dotazioni territoriali essenziali, indispensabili per il raggiungimento dei livelli di qualità urbana e per la realizzazione di interventi organici di riqualificazione dei tessuti edilizi, nonché di infrastrutturazione del territorio, gli immobili e le attività gestionali finalizzati alla fornitura dei servizi relativi ai seguenti diritti di cittadinanza:

a) salute, assistenza sociale e sostegno della famiglia;

b) istruzione, innovazione e ricerca;

c) esercizio della libertà di religione;

d) fruizione del tempo libero, del verde pubblico, della cultura, dello sport e dello spettacolo;

e) mobilità e accessibilità, trasporto pubblico e collettivo;

f) godimento del paesaggio, del patrimonio storico-artistico e dell'ambiente;

g) sostegno all'iniziativa economica, in coerenza con l'utilità sociale e con la sicurezza del territorio e dei lavoratori;

h) servizio abitativo sociale.

2. Al fine di assicurare una razionale distribuzione di attrezzature urbane nelle diverse parti del territorio interessato, il piano urbanistico deve documentare lo stato dei servizi esistenti in base a parametri di utilizzazione e precisare le scelte relative alla politica dei servizi da realizzare, assicurandone un idoneo livello di accessibilità e fruibilità e incentivando l'iniziativa dei soggetti interessati.

4. Al fine di assicurare una razionale distribuzione di attrezzature urbane nelle diverse parti del territorio comunale, gli atti di pianificazione documentano lo stato dei servizi esistenti in base a parametri reali di utilizzazione e precisano le scelte relative alla politica dei servizi da realizzare, assicurandone un idoneo livello di accessibilità e di fruibilità nonché incentivando l'iniziativa dei privati.

3. La legge regionale garantisce che gli strumenti di governo del territorio comprendano la pianificazione e la programmazione della dotazione e della gestione dei servizi primari, secondari e di interesse generale, individuando le opere e gli elementi gestionali necessari al soddisfacimento dei servizi relativi ai diritti di cui al comma 2. Le previsioni delle dotazioni territoriali analizzano e documentano il fabbisogno pregresso e futuro, nonché lo stato effettivo di accessibilità e di fruibilità dei servizi pubblici, di interesse pubblico e generale, determinando le modalità, i criteri e i parametri tecnici ed economici attraverso i quali sono assicurate la fornitura e la qualità di tali servizi, in relazione alle politiche sociali, locali e sovralocali, anche tramite il concorso di soggetti privati.

 

 

4. Le previsioni di cui al comma 3 sono conformate secondo livelli minimi individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

5. Il decreto di cui al comma 4 individua, in particolare:

a) i livelli minimi essenziali dei servizi indispensabili relativi ai diritti di cui al comma 2;

b) gli elementi economico-sociali che determinano la variazione dei livelli minimi essenziali di cui alla lettera a), nonché le modalità con le quali i livelli minimi essenziali sono periodicamente aggiornati, in funzione dell'evoluzione economica e sociale del Paese;

c) gli elementi essenziali di tutela dell'igiene dell'abitato, dei tessuti urbani e del territorio, anche al fine di garantire la salute pubblica, nonché le prestazioni ambientali ed energetiche, con particolare riferimento alla diffusione di fonti energetiche rinnovabili e del risparmio energetico;

d) i criteri per la verifica della qualità e dell'effettività delle prestazioni di servizio rese e per la determinazione dei bacini di utenza ottimali, in relazione al livello istituzionale adeguato per la realizzazione e la gestione delle dotazioni territoriali;

e) le categorie di opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generali, fermi restando il loro ampliamento e la loro integrazione con legge regionale, in relazione alla qualificazione dei tessuti urbani e del territorio.

 

 

6. Ogni attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio è subordinata all'esistenza o alla contestuale realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale e concorre al costo di tali opere. Nelle attività di trasformazione urbanistica ed edilizia è ripartito proporzionalmente il costo effettivo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria da realizzare, nonché delle dotazioni territoriali, delle mitigazioni e delle compensazioni relative agli impatti ambientali di tali trasformazioni. Il costo effettivo delle opere di urbanizzazione generale è ripartito sulla base di riferimenti parametrici sull'insieme degli interventi ricadenti nel territorio comunale. Gli oneri concessori sono destinati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione e alle dotazioni territoriali previste dalla pianificazione comunale.

 

 

7. La pianificazione definisce gli ambiti nei quali può essere proposta la cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di edifici destinati al servizio abitativo sociale in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all'entità e al valore della trasformazione, nonché l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale. Con legge regionale sono disciplinati la soglia minima della predetta cessione gratuita o fornitura, nonché i criteri e le modalità di attuazione della trasformazione di tali ambiti.

 

 

 

Art. 8.

(Predisposizione e approvazione del piano urbanistico).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi articolo 6)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi articolo 8)

1. Le regioni disciplinano il procedimento di formazione, le modalità di approvazione e gli eventuali poteri sostitutivi, la durata e gli effetti dei piani urbanistici e territoriali e delle loro varianti, nonché l'attività edilizia consentita in assenza di piano urbanistico, ovvero nelle more dell'approvazione del piano operativo.

2. Nel procedimento di formazione degli atti di pianificazione sono assicurate adeguate forme di pubblicità e di partecipazione dei cittadini e delle associazioni e categorie economiche e sociali, nonché l'esame delle osservazioni dei soggetti intervenuti e l'obbligo di motivazione in merito all'accoglimento o al rigetto delle stesse.

3. Nell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all'esproprio è comunque garantito il contraddittorio degli interessati con l'amministrazione procedente. I soggetti responsabili degli atti di pianificazione hanno obbligo di esplicita e adeguata motivazione delle scelte, con particolare riferimento alle proposte presentate nell'ambito del procedimento.

4. Le regioni determinano i casi in cui il piano urbanistico è sottoposto a verifica di coerenza con gli strumenti di programmazione economica e con ogni disposizione o piano concernente il territorio, individuando il soggetto responsabile e stabilendone le relative modalità.

5. Le regioni determinano termini perentori per una nuova previsione urbanistica in caso di decadenza, annullamento, anche giudiziale, o revoca della precedente previsione.

6. Con l'adozione dei piani urbanistici gli enti competenti possono proporre espressamente modificazioni ai piani territoriali o di settore, al fine di garantire la coerenza del sistema degli strumenti di pianificazione. L'atto di approvazione del piano urbanistico contenente le proposte di modifica comporta anche la variazione del piano territoriale o di settore, qualora sulle modifiche sia acquisita l'intesa dell'ente titolare del piano modificato.

7. Gli enti competenti alla pianificazione urbanistica possono concludere accordi con i soggetti privati, nel rispetto dei princìpi di imparzialità amministrativa, di trasparenza, di concorrenzialità, di pubblicità e di partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati all'intervento, per la formazione degli atti di pianificazione anche attraverso procedure di confronto concorrenziale, al fine di recepire proposte di interventi coerenti con gli obiettivi strategici individuati negli atti di pianificazione.

8. L'ente di pianificazione urbanistica promuove l'adozione di strumenti attuativi che favoriscono il recupero delle dotazioni territoriali di cui all'articolo 7, anche attraverso piani convenzionati stipulati con soggetti privati e accordi di programma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(vedi articolo 7)

 

 

 

Art. 9.

(Attuazione del piano urbanistico).

 

 

1. Le disposizioni del piano urbanistico sono attuate con piano operativo o con intervento diretto, sulla base di progetti compatibili con gli obiettivi definiti nel piano strutturale. Le modalità di attuazione del piano strutturale sono definite dalla legge regionale. L'attuazione è comunque subordinata alla esistenza o alla realizzazione delle dotazioni territoriali.

2. Il piano urbanistico può essere attuato anche con sistemi perequativi e compensativi secondo criteri e modalità stabiliti dalle regioni.

3. La perequazione si realizza con l'attribuzione di diritti edificatori alle proprietà immobiliari ricomprese in determinati ambiti territoriali, in percentuale dell'estensione o del valore di esse e indipendentemente dalla specifica destinazione d'uso. I diritti edificatori sono trasferibili e liberamente commerciabili negli ambiti territoriali e tra di essi.

4. Anche allo scopo di favorire il rinnovo urbano e la prevenzione di rischi naturali e tecnologici, le regioni possono prevedere incentivi consistenti nella incrementabilità dei diritti edificatori già attribuiti dai piani urbanistici vigenti.

5. Nelle ipotesi di vincoli di destinazione pubblica, anche sopravvenuti, su terreni non ricompresi negli ambiti oggetto di attuazione perequativa, in alternativa all'indennizzo monetario previsto per la procedura di espropriazione, il proprietario interessato può chiedere il trasferimento dei diritti edificatori di pertinenza dell'area su altra area di sua disponibilità, la permuta dell'area con area di proprietà dell'ente di pianificazione, con gli eventuali conguagli, ovvero la realizzazione diretta degli interventi di interesse pubblico o generale previa stipula di convenzione con l'amministrazione per la gestione di servizi.

6. Le regioni possono assicurare agli enti di pianificazione le adeguate risorse economico-finanziarie per ovviare a eventuali previsioni limitative delle potenzialità di sviluppo del territorio derivanti da atti di pianificazione sovracomunale.

7. Le leggi regionali disciplinano forme di perequazione intercomunale, quali modalità di compensazione e riequilibrio delle differenti opportunità riconosciute alle diverse realtà locali e degli oneri ambientali su queste gravanti.

 

 

Art. 10.

(Misure di salvaguardia).

 

 

(vedi articolo 15, comma 1, lettera f))

1. Le regioni definiscono le misure di salvaguardia che devono essere deliberate nelle more dell'approvazione degli atti di pianificazione.

 

Art. 17.

(Quadri conoscitivi e sistema informativo territoriale).

 

 

1. Il quadro conoscitivo del territorio costituisce il sistema integrato delle informazioni e dei dati indispensabili per la comprensione delle condizioni, delle potenzialità, delle invarianti territoriali e ambientali e delle previsioni socio-economiche di sviluppo. Esso provvede all'organica rappresentazione e valutazione dello stato del territorio e dei processi evolutivi che lo caratterizzano e costituisce riferimento indispensabile per la definizione degli obiettivi e dei contenuti della pianificazione territoriale e di governo del territorio, nonché per la valutazione dei piani e dei programmi di intervento.

 

 

2. Il quadro conoscitivo contiene, nelle forme e nei contenuti determinati con legge regionale, la lettura del territorio effettuata attraverso l'analisi delle componenti ambientali, culturali e paesaggistiche, economiche e sociali, demografiche e infrastrutturali. I comuni, le province, le città metropolitane, le regioni e lo Stato, singoli o associati tra loro, partecipano alla formazione e alla gestione del sistema informativo territoriale che costituisce il riferimento conoscitivo per la definizione degli strumenti di pianificazione del suolo e per la verifica dei loro effetti, nonché per il monitoraggio dell'uso e della riduzione del consumo di suolo.

 

 

3. Le amministrazioni pubbliche che svolgono funzioni di raccolta, elaborazione e aggiornamento di dati e di informazioni relativi al territorio e all'ambiente sono tenute a metterli a disposizione degli enti territoriali che procedono alla predisposizione dei piani e degli atti di governo del territorio, anche ai fini della costituzione del sistema informativo nazionale e regionale previsto dai commi 1 e 2.

 

 

4. Le regioni stabiliscono, in raccordo con le specifiche tecniche stabilite dagli organismi nazionali competenti, le modalità per la raccolta, l'elaborazione, la conservazione e la diffusione dei dati, le caratteristiche generali dei sistemi informativi geografici e statistici nonché le modalità per assicurare la congruenza dei sistemi informativi territoriali previsti dal presente articolo, in coerenza con le indicazioni di carattere nazionale, determinate dallo Stato, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

 

 

5. Le regioni determinano il recepimento e le relative modalità di acquisizione e di restituzione delle informazioni riguardanti le invarianti ambientali e territoriali, anche al fine di poter disporre di uno strumento unico di condivisione delle informazioni per la pianificazione e per le verifiche di conformità urbanistica ed edilizia. La legge regionale disciplina le modalità di collaborazione e di interscambio delle informazioni e di implementazione delle stesse tra gli enti territoriali ai fini dell'elaborazione e dell'aggiornamento del quadro conoscitivo dei piani di cui al comma 3 e del monitoraggio dell'attuazione degli stessi.

 

 

Art. 18.

(Qualità del territorio rurale).

 

 

1. Il valore del territorio rurale è riconosciuto quale patrimonio di identità e di biodiversità e di pratiche agronomiche e forestali sostenibili da preservare e da valorizzare. La programmazione e la pianificazione del territorio perseguono la qualità e la sostenibilità dello sviluppo delle aree agricole e del territorio non urbanizzato, contrastando il consumo di suolo anche attraverso il consolidamento e la promozione del ruolo multifunzionale svolto dall'attività agricola, nonché tramite il contrasto all'abbandono, al degrado e alla carenza di manutenzione del territorio, riconoscendo il valore economico, sociale e culturale della produzione primaria e dei servizi ambientali resi dalle attività agricole.

 

 

2. In attuazione di quanto previsto dal comma 1, le regioni:

a) assicurano che gli strumenti di pianificazione impediscano, sul territorio non urbanizzato, interventi di trasformazione degli edifici, ad eccezione degli interventi strettamente relativi all'esercizio di attività agricole e di quelle multifunzionali connesse, nel rispetto di parametri rapportati alla qualità e all'estensione delle colture praticate e alla capacità produttiva prevista dai piani di sviluppo aziendale;

b) disciplinano gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia necessari allo sviluppo dell'agricoltura e delle attività multifunzionali ad esse connesse, compatibili con la tutela e con l'utilizzazione delle risorse non rinnovabili, con particolare riferimento al suolo e alle risorse idriche;

c) promuovono, in via prioritaria, il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente e consentono l'edificazione solo se necessaria alla conduzione del fondo e all'esercizio delle attività agricole e di quelle ad esse connesse e alla manutenzione del territorio.

 

 

3. Gli strumenti di programmazione e di pianificazione territoriale e di governo del territorio promuovono misure per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione dei paesaggi agrari e montani e, in particolare, delle aree di pregio e con valenza paesaggistico-ambientale.

 

 

Art. 19.

(Tutela degli insediamenti storici, qualità e rigenerazione urbana).

 

 

1. La pianificazione urbanistica e del territorio persegue gli obiettivi della tutela degli insediamenti storici, della promozione della qualità urbana e architettonica delle città, nonché dell'attivazione di processi di rigenerazione urbana.

 

 

2. I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, ai fini della tutela dell'identità e della funzionalità di immobili e di tessuti edilizi, individuano negli strumenti di pianificazione, d'intesa con i competenti organi dello Stato, gli immobili che presentano, singolarmente o come complesso, valore di testimonianza della cultura e della civiltà relativi a:

a) tessuti insediativi storici e urbani e insediamenti storici non urbani;

b) tessuti urbani consolidati aventi un impianto urbanistico significativo;

c) insediamenti minori o isolati, unità edilizie e spazi aperti aventi riconoscibili e significative caratteristiche strutturali, tipologiche e formali.

 

 

3. Resta ferma la competenza degli organi dello Stato di integrare l'elenco degli immobili individuati ai sensi del comma 2 con propri provvedimenti amministrativi.

 

 

4. Le trasformazioni ammissibili e le utilizzazioni compatibili degli immobili individuati ai sensi del comma 2 sono disciplinate dagli strumenti di governo del territorio dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle regioni, nell'ambito delle rispettive competenze definite dalla legislazione regionale. Qualora i predetti immobili siano oggetto di disposizioni immediatamente precettive e operative, definite d'intesa con i competenti organi dello Stato, i titoli abilitativi edilizi conformi a tali disposizioni tengono luogo delle autorizzazioni dei citati organi dello Stato.

 

 

5. Gli strumenti di pianificazione, ai fini della promozione della qualità urbana, provvedono a garantire, nelle trasformazioni urbane ed edilizie, un'adeguata articolazione funzionale di destinazioni d'uso, un'efficiente mobilità e accessibilità agli insediamenti, un'adeguata dotazione di aree verdi e di spazi per la collettività e un corretto rapporto degli insediamenti con il contesto storico-insediativo, geomorfologico, ambientale e paesaggistico.

 

 

6. Ai fini del recupero dell'identità e della funzionalità di immobili e di tessuti edilizi nonché della rimozione delle condizioni di degrado, gli strumenti di pianificazione promuovono la rigenerazione urbana, tramite interventi di conservazione, di risanamento e di riqualificazione, anche attraverso la sostituzione di tessuti edilizi. I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, integrano le politiche di rigenerazione urbana con azioni di politica sociale e assistenziale, volte al recupero della coesione e della solidarietà sociali, in particolare nelle zone periferiche delle città.

 

 

Art. 20.

(Concorrenzialità).

 

 

1. Nell'ambito della titolarità pubblica della pianificazione del territorio, anche per l'innalzamento della qualità degli interventi e al fine di dare certezza della loro fattibilità, gli strumenti di pianificazione operativa di cui all'articolo 15, commi 6 e seguenti, possono prevedere forme di confronto concorrenziale atte a promuovere e a selezionare capacità e risorse imprenditoriali e progettuali private e pubbliche, garantendo la pubblicità e la trasparenza del processo e un equo trattamento della proprietà, nonché assicurando la coerenza con il piano strutturale di cui al citato articolo 15, commi 4 e 5, nel raggiungimento degli obiettivi fissati dall'amministrazione pubblica.

 

 

2. La legge regionale stabilisce i casi in cui il ricorso a forme di confronto concorrenziale è obbligatorio e ne detta le modalità operative, atte a garantirne la pubblicità. La legge regionale indica, altresì, le modalità con le quali i soggetti titolari di diritti edificatori e promotori di interventi di trasformazione partecipano, anche con contributi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dalla normativa urbanistica ed edilizia vigente, alla realizzazione delle dotazioni infrastrutturali di cui all'articolo 16 e delle eventuali opere di mitigazione degli impatti urbanistici e ambientali degli interventi stessi.

 

 

 

 

Art. 10.

(Vincoli, perequazione, compensazione e fiscalità).

 

 

1. Le previsioni della pianificazione di contenuto operativo sono attuate sulla base dei criteri di perequazione, compensazione ed espropriazione.

Art. 24

(Disciplina edilizia e dell’espropriazione)

6. L'esproprio dei beni immobili o di diritti relativi a immobili può essere disposto dall'amministrazione per l'esecuzione di opere pubbliche, di pubblica utilità o di interesse pubblico. Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio al momento dell'efficacia dell'atto di approvazione del piano operativo di governo del territorio, predisposto ai sensi dell'articolo 15, commi 6 e seguenti, o di altro strumento equivalente determinato dal comune.

 

 

7. Il vincolo preordinato all'esproprio di cui al comma 6 ha la durata di cinque anni, pari a quella prevista per le previsioni edificatorie private di cui all'articolo 21. Il vincolo preordinato all'esproprio può essere motivatamente reiterato, in analogia a quanto disposto dal citato articolo 21, comma 6, per le predette previsioni edificatorie. Nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all'esproprio deve essere previsto un indennizzo, determinato ai sensi della legislazione vigente in materia.

 

 

 

 

 

(vedi oltre, articolo 13, comma 3, lett. b))

2. Il vincolo preordinato all'espropriazione per la realizzazione di opere e di servizi pubblici o di interesse pubblico ha la durata di cinque anni e può essere motivatamente reiterato per una sola volta. In tale caso, al proprietario è dovuto un indennizzo pari a un terzo dell'ammontare dell'indennità di esproprio dell'immobile, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di reiterazione del vincolo.

 

 

 

3. In alternativa all'ipotesi di cui al comma 2, il proprietario dell'area vincolata può chiedere di trasferire i diritti edificatori su un'altra area di sua proprietà o su un'area pubblica in permuta, edificabili ai sensi del piano urbanistico comunale, previa cessione gratuita al comune dell'area di sua proprietà.

Art. 21.

(Perequazione urbanistica e disciplina delle previsioni edificatorie).

1. La perequazione urbanistica è una modalità di attuazione finalizzata ad assicurare le trasformazioni previste dagli strumenti di governo del territorio, nonché l'equità di trattamento fra le proprietà coinvolte nelle relative previsioni attraverso la ripartizione delle previsioni edificatorie e dei conseguenti oneri per le proprietàimmobiliari ricadenti in ogni ambito oggetto di trasformazioneurbanistica.

 

 

 

 

4. La perequazione è il metodo ordinario della pianificazione operativa ed è finalizzata all'attribuzione di diritti edificatori a tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di trasformazione urbanistica e con caratteristiche territoriali omogenee. I diritti edificatori sono attribuiti indipendentemente dalle destinazioni d'uso e in misura percentuale rispetto al complessivo valore detenuto da ciascun proprietario.

 

 

5. I diritti edificatori sono liberamente commerciabili negli e tra gli ambiti individuati con la pianificazione comunale.

6. I negozi relativi alle permute di cui al comma 3 e ai diritti edificatori di cui al comma 5 non sono soggetti a imposte e a tasse.

7. Ai fini della corresponsione dell'imposta comunale sugli immobili si tiene conto esclusivamente dell'edificabilità riconosciuta in maniera espressa dal piano urbanistico.

2. Le previsioni edificatorie e i relativi oneri sono attribuiti a ciascun proprietario incluso in un ambito di trasformazione, come stabilito dal piano di governo del territorio e in base a criteri generali determinati dalla regione. Le previsioni edificatorie incluse nel piano operativo perdono efficacia decorsi cinque anni dalla data di entrata in vigore delle stesse qualora non sia avvenuta la stipula dell'atto, comunque denominato, che definisce le modalità di attuazione nell'ambito di trasformazione.

 

 

3. I proprietari di beni immobili rientranti nell'ambito territoriale di trasformazione si associano nelle forme previste dalla normativa vigente in materia. Le destinazioni d'uso delle aree interessate sono determinate dal piano di governo del territorio e localizzate, mediante l'attribuzione della edificabilità concessa all'ambito di trasformazione, negli immobili da trasformare, con la contemporanea cessione al comune degli immobili necessari per la realizzazione delle dotazioni territoriali. Le dotazioni territoriali dell'ambito di trasformazione sono poste a carico dei soggetti attuatori; la relativa realizzazione può avvenire a scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, nel rispetto della disciplina comunitaria vigente in materia.

 

 

4. Per la costituzione della forma associativa privata di cui al comma 3 è sufficiente il 50,1 per cento del valore catastale dei beni immobili rientranti nell'ambito di trasformazione. Nel caso di mancata costituzione della forma associativa il comune può espropriare le aree al fine di riassegnarle mediante procedimento ad evidenza pubblica. Qualora, costituito il consorzio, vi siano proprietari non aderenti, i proprietari che rappresentano il 50,1 per cento del valore catastale sono abilitati a promuovere l'avvio della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei medesimi proprietari non aderenti entro i termini assegnati dal comune. L'indennità espropriativa, posta a carico del consorzio, deve corrispondere al valore venale dei beni espropriati diminuito degli oneri di urbanizzazione stabiliti in convenzione.

 

 

5. Il piano di governo del territorio individua:

a) gli ambiti territoriali nei quali l'attuazione avviene tramite perequazione urbanistica riguardanti il territorio da trasformare, escludendo le aree agricole, i tessuti storici e consolidati e le aree non soggette a trasformazione urbanistica;

b) l'edificabilità territoriale attribuita agli ambiti di trasformazione perequativa;

c) l'obbligo di cessione di beni immobili al comune per la realizzazione delle dotazioni territoriali o comunque per spazi pubblici, di pubblica utilità o di interesse generale e collettivo;

d) le modalità di progettazione unitaria dell'ambito di trasformazione;

e) ogni altro ulteriore criterio o modalità per l'applicazione della perequazione urbanistica non previsto dalle lettere da a) a d).

 

 

6. L'utilizzazione delle previsioni edificatorie avviene a seguito di contratto di trasferimento di volumetria. Con tale contratto il proprietario dei beni rientranti in un ambito di trasformazione urbanistica trasferisce la previsione edificatoria in un'altra area rientrante nel medesimo ambito di trasformazione, nei limiti di capacità edificatoria determinati dal piano di governo del territorio e in conformità a quanto previsto dal comma 5.

 

 

7. La conservatoria dei registri immobiliari provvede alla registrazione dei contratti di cui al comma 6, nonché delle eventuali servitù pubbliche o di altri gravami. Il comune istituisce, anche ai fini delle verifiche del raggiungimento dei limiti di incremento massimi della capacità edificatoria, un registro dei contratti di trasferimento delle previsioni edificatorie stipulati, corredato da un idoneo sistema informativo su base catastale.

 

 

 

 

Art. 22.

(Valutazione integrata dei piani e dei programmi di governo del territorio).

 

 

1. La valutazione integrata, anche in attuazione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, si applica agli strumenti di pianificazione del governo del territorio al fine di:

a) orientare le scelte di governo del territorio in base a criteri di sviluppo sostenibile;

b) accrescere l'efficacia e l'efficienza delle decisioni assunte nel procedimento di formazione dei piani e dei programmi, garantendone la coerenza interna ed esterna;

c) generare un sistema interrelato di piani e di programmi che risultino adeguati, differenziati e posti in relazione di sussidiarietà, garantendo la coerenza tra i diversi livelli di pianificazione;

d) predisporre gli elementi e le modalità per la verifica del grado di conseguimento degli obiettivi;

e) garantire l'utilizzazione di tutte le informazioni disponibili che possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto delle conoscenze, dei contenuti e del livello di dettaglio dei piani o dei programmi, della loro collocazione gerarchica e delle informazioni e delle valutazioni ottenute od ottenibili nell'ambito di altri livelli decisionali;

f) esplicitare le ragioni delle scelte assunte nel corso della formazione dei piani e dei programmi, nonché delle scelte relative alla determinazione degli ambiti di trasformazione per i quali sia prevedibile l'attuazione tramite modalità perequativa, e stabilire la capacità edificatoria massima ammissibile;

g) anticipare in parte o, comunque, semplificare le attività di valutazione d'impatto ambientale per i progetti generati dai piani o dai programmi.

 

 

2. Per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, il processo di valutazione integrata garantisce, anche in coerenza con le linee fondamentali di assetto del territorio nazionale definite ai sensi dell'articolo 11, un'adeguata considerazione degli effetti territoriali, ambientali, sociali, economici e sulla salute umana delle scelte contenute negli strumenti di pianificazione, prima della loro adozione, tramite la formazione di bilanci socio-economici e territoriali-ambientali, ex ante, in itinere ed ex post, relativi all'efficacia del processo di pianificazione territoriale e urbanistica.

 

 

3. Le leggi regionali, nel definire i contenuti e le modalità di svolgimento della valutazione integrata in relazione all'articolazione della pianificazione, stabiliscono, in particolare, l'integrazione nel processo di pianificazione delle valutazioni degli effetti territoriali, ambientali, sociali, economici e sulla salute umana, individuati ai sensi del comma 2.

 

 

Art. 23.

(Fiscalità urbanistica e immobiliare).

Art. 12.

(Fiscalità urbanistica).

 

 

1. Ai fini dell'avvio delle misure di cui al comma 2, è istituito, a decorrere dall'anno 2008, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture, il Fondo per gli interventi di fiscalità urbanistica, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2008 e di 20 milioni di euro per l'anno 2009.

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti al riordino e all'armonizzazione del regime fiscale urbanistico e immobiliare, prevedendo forme di perequazione o di compensazione territoriale a carattere intercomunale, nonché all'incentivazione di interventi di rigenerazione urbana, per il miglioramento qualitativo e prestazionale degli edifici e dei relativi tessuti edilizi, con particolare riguardo al risparmio energetico. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a definire un regime fiscale speciale per gli interventi in materia urbanistica e per il recupero dei centri urbani, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

 

 

a) semplificazione, armonizzazione e selettività delle imposte relative al valore patrimoniale degli immobili, al ciclo di trasformazione urbanistica, della produzione edilizia e dei trasferimenti immobiliari per quanto riguarda le imposte sul valore aggiunto, di registro, ipotecarie e catastali e sul costo del lavoro. In particolare, sono previste forme di neutralità impositiva dei trasferimenti di cui all'articolo 21;

b) riordino degli incentivi previsti dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e degli incentivi di analoga finalità stabiliti dalla legislazione vigente in materia, anche prevedendo la stabilizzazione a regime degli incentivi destinati a specifiche categorie di intervento, al fine di promuovere la messa in sicurezza degli edifici o di loro parti strutturali e tecnologiche, il risparmio energetico, l'eliminazione delle barriere architettoniche e l'adeguamento degli impianti nonché di attivare un programma di comunicazione e di assistenza alle famiglie e alle imprese per la più efficace ed efficiente finalizzazione dei predetti incentivi;

c) revisione dei criteri di formazione del contributo di costruzione, relativamente alla parte riguardante il costo di costruzione, tenendo conto, tra l'altro, dei plusvalori immobiliari realizzati a seguito di interventi pubblici e di interesse generale, al fine di consentire la promozione del recupero edilizio e urbanistico e il riuso delle aree dismesse e degradate, nonché di favorire il processo di sostituzione edilizia e di determinare i costi esterni di natura ambientale, infrastrutturale e territoriale delle trasformazioni urbanistiche.

a) previsione di agevolazioni in forma di credito d'imposta, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, con riferimento ai trasferimenti di immobili o dei diritti edificatori per l'attuazione del piano urbanistico ai sensi dell'articolo 9, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di imposta sul valore aggiunto;

b) possibilità, nel caso di localizzazione di attrezzature di interesse sovracomunale per la realizzazione di aree per insediamenti produttivi di beni e servizi a seguito della formazione di consorzi di comuni, di redistribuire l'imposta comunale sugli immobili tra i predetti comuni, indipendentemente dall'ubicazione dell'area e in relazione alla partecipazione delle singole amministrazioni comunali al consorzio;

c) previsione di una procedura per l'accesso alle agevolazioni di cui alla lettera a) mediante presentazione, da parte dei soggetti interessati, di apposita istanza all'amministrazione finanziaria e successivo esame da parte dell'amministrazione stessa delle istanze secondo l'ordine cronologico di presentazione;

d) possibilità di rideterminazione, anche in riduzione, delle agevolazioni di cui alla lettera a), nonché definizione delle modalità di applicazione delle medesime;

e) previsione dell'obbligo del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture, di trasmettere una relazione semestrale al Parlamento sull'utilizzo del credito d'imposta, sul numero dei soggetti che se ne sono avvalsi e sulla misura entro la quale ciascun soggetto ne ha fruito.

 

 

3. I decreti legislativi di cui al comma 2 sono adottati esclusivamente nel limite delle risorse del Fondo di cui al comma 1 e non possono, in ogni caso, avere efficacia prima della data del 1o ottobre 2008.

 

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo, corredati dalla relazione tecnica ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi trenta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del predetto parere.

4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 2, ciascuno dei quali deve essere corredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

5. Entro i trenta giorni successivi all'espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate, esclusivamente con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

6. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, pari a 10 milioni di euro per l'anno 2008 e a 20 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

7. A decorrere dall'anno 2010, al finanziamento del Fondo di cui al comma 1 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 24.

(Disciplina edilizia e dell'espropriazione).

Art. 11.

(Attività edilizia).

Art. 11.

(Titoli abilitativi e negoziazione di iniziativa pubblica).

1. L'attività edilizia costituisce parte integrante del processo di trasformazione e di sviluppo del territorio ed è soggetta a titolo abilitativo rilasciato dal comune al proprietario dell'immobile o a chi ne abbia titolo per richiederlo ovvero formato in base a presupposti di conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia. L'esercizio della trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comporta l'obbligo di partecipare, anche totalmente, all'incidenza di tale trasformazione sul territorio e sull'ambiente.

 

1. Le principali attività di trasformazione urbanistica ed edilizia sono in ogni caso soggette a titolo abilitativo rilasciato dal comune.

 

 

1. Fatte salve le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, le regioni individuano le attività di trasformazione del territorio non aventi rilevanti effetti urbanistici ed edilizi e non soggette a titolo abilitativo. Le regioni individuano altresì le categorie di opere e i presupposti urbanistici in base ai quali l'interessato ha la facoltà di presentare la denuncia di inizio attività in luogo della domanda di permesso di costruire.

2. Le regioni definiscono la disciplina della natura onerosa del permesso di costruire,ivi incluse le ipotesi di esenzione totale o parziale dal pagamento del contributo di costruzione per il perseguimento di finalità sociali, economiche ed urbanistiche.

 

 

 

 

 

2. Le regioni stabiliscono: le attività edilizie non soggette a titolo abilitativo; le categorie di opere e i presupposti urbanistici in base ai quali l'interessato ha la facoltà di presentare la denuncia di inizio attività in luogo della domanda di permesso di costruire;l'onerosità del permesso di costruire e i casi di esenzione per il perseguimento di finalità sociali ed economiche.

 

 

 

3. Al fine di favorire il confronto concorrenziale, il piano comunale individua le tipologie degli interventi per i quali la determinazione degli oneri dovuti è libera nel massimo ed è stabilita sulla base dell'effettivo valore dell'intervento individuato tramite libera contrattazione di mercato, nell'ambito di procedure di confronto concorrenziale.

4. I comuni hanno la prelazione, da esercitare nelle forme previste dal codice civile e sulla base dei valori di mercato, nell'acquisto delle aree ritenute di rilievo strategico e inserite nei piani operativi. Il piano strutturale può prevedere indici volumetrici premiali nelle negoziazioni di iniziativa pubblica.

2. La realizzazione delle opere e degli interventi edilizi è soggetta alla verifica di sussistenza delle condizioni di sicurezza statica e sismica, tecnologica e impiantistica, di salubrità, di risparmio energetico degli edifici e degli impianti in essi installati, nonché di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche.

 

 

3. Le definizioni degli interventi edilizi, stabilite dalla normativa vigente in materia, costituiscono riferimento omogeneo sul territorio nazionale ai fini della richiesta dei titoli abilitativi di cui al comma 4.

 

 

4. Sono titoli abilitativi edilizi il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività, come disciplinati dalla normativa vigente in materia. Tali titoli sono necessari, in caso di costruzione, qualora l'amministrazione competente debba esprimere una valutazione sulla trasformazione edilizia e, in caso di inizio attività, qualora la trasformazione sia consentita a seguito di un'attestazione di conformità agli strumenti urbanistici, ai regolamenti e alle prescrizioni edilizie.

 

 

 

3. Il comune esercita la vigilanza e il controllo sulle trasformazioni urbanistiche ed edilizie ricadenti nel proprio territorio.

Art. 12.

(Vigilanza sul territorio e regime sanzionatorio).

1. Il comune esercita la vigilanza e il controllo sulle trasformazioni urbanistiche ed edilizie ricadenti nel proprio territorio.

 

4. Gli abusi edilizi sono soggetti alle sanzioni penali, civili e amministrative previste dalle leggi statali vigenti in materia, ferma la potestà delle regioni di prevedere sanzioni amministrative di natura reale, ripristinatoria, pecuniaria o interdittiva dell'attività edilizia nei confronti dei responsabili degli abusi più gravi.

2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 è soggetta alle sanzioni penali, civili e amministrative previste dalle leggi statali vigenti in materia, ferma restando la potestà delle regioni di prevedere sanzioni amministrative di natura pecuniaria e interdittiva.

 

5. Ai fini di cui al presente articolo, le regioni determinano:

a) i criteri per la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità, nonché di qualità prestazionale ambientale ed energetica degli immobili;

b) le modalità e le condizioni delle procedure relative ai titoli abilitativi edilizi, la loro efficacia temporale e le condizioni di decadenza, fissando tempi perentori ed esiti certi, prevedendo che, in caso di mancata risposta da parte del comune, la richiesta si intende rifiutata;

 

 

c) le modalità di sostituzione, sanzionatoria e di risarcimento del danno nel caso di inadempienza agli obblighi di cui alla lettera b) da parte dell'amministrazione comunale;

 

3. Le regioni determinano gli interventi sostitutivi e le sanzioni nel caso di mancata adozione dei provvedimenti repressivi, ferme restando le disposizioni stabilite dalle leggi statali vigenti in materia.

 

d) le categorie di opere e i presupposti di conformità urbanistica ed edilizia in base ai quali l'interessato ha facoltà di presentare una denuncia di inizio attività in luogo della domanda per il rilascio del permesso di costruire. In tale caso resta fermo il regime sanzionatorio penale, amministrativo e civilistico previsto per il permesso di costruire;

 

5. In caso di sostituzione del permesso di costruire con la denuncia di inizio attività resta fermo il regime sanzionatorio penale, amministrativo e civilistico previsto per la concessione edilizia dalle leggi statali vigenti in materia.

 

 

 

 

4. In caso di sostituzione del permesso di costruire con la denuncia di inizio attività resta fermo il regime sanzionatorio penale, amministrativo e civilistico previsto per la concessione edilizia dalle leggi statali vigenti in materia.

5. Restano ferme le sanzioni penali, amministrative e civilistiche per gli interventi compiuti in violazione delle disposizioni di legge, di piano e di regolamento vigenti in materia nonché per le omissioni nell'esercizio delle funzioni di controllo.

e) la disciplina della natura onerosa delle categorie di intervento edilizio che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio nonché le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione;

f) le condizioni di interesse pubblico per il rilascio del permesso di costruire in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici.

 

 

(per i commi 6 e 7 vedi sopra, art. 10 pdl 1794)

 

 

Art. 25.

(Norma transitoria).

 

 

1. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono all'adeguamento della propria normativa vigente in materia di governo del territorio in base ai princìpi della presente legge.

 

 

Art. 26.

(Delega al Governo per il riordino e il coordinamento della legislazione vigente).

Art. 13.

(Abrogazioni e disposizioni finali).

 

Art. 13.

(Disposizioni finali).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri interessati, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi recanti l'indicazione espressa delle norme abrogate o rese inefficaci a seguito dell'entrata in vigore delle discipline regionali previste dalla presente legge, nonché eventuali modifiche correttive alle disposizioni vigenti, strettamente connesse ai contenuti della presente legge.

 

1. Il Governo provvede, con appositi provvedimenti, ad apportare le modificazioni necessarie per assicurare il coordinamento con le disposizioni della presente legge, anche ai fini della delegificazione e della semplificazione della materia, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.

2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri:

a) formazione di un quadro unitario della materia del governo del territorio, ferma restando le considerazione prioritaria del nuovo sistema di rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114, 117, 118 e 119 della Costituzione;

b) considerazione prioritaria dell'unità giuridica ed economica, della tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, del rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, della tutela dell'ambiente e del territorio nonché dell'incolumità e della sicurezza pubblica, nel rispetto dei princìpi generali in materia di procedimenti amministrativi;

c) coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione, nell'ambito delle attribuzioni delle istituzioni della Repubblica.

 

 

 

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) articoli 1, 4, 7, 18, 29, 35, 42 e 43 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni;

b) articolo 2 della legge 6 agosto 1967, n. 765;

 

(vedi comma 2, lett. c))

 

c) legge 19 novembre 1968, n. 1187, e successive modificazioni.

2. Le seguenti disposizioni perdono efficacia nel territorio della regione ove questa abbia emanato o emani normative sul medesimo oggetto:

a) articoli 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 20, 21, primo comma, 22, 23, 28, 30, 34 e 41-quinquies, commi sesto, ottavo e nono, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni;

b) legge 3 novembre 1952, n. 1902, e successive modificazioni;

c) articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni;

d) decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;

e) articoli 3 e 4 della legge 19 novembre 1968, n. 1187;

f) articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni;

g) articolo 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;

h) articoli 27, 28, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni;

 

 

 

 

 

i) articoli 6, 8, 16, 17 e 22 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.  

2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) legge 17 agosto 1942, n. 1150;

 

 

 

b) articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni;

c) legge 19 novembre 1968, n. 1187;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

d) articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni;

e) articolo 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;

f) articoli 27, 28, 29, 30 e 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni;

g) articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;

h) articolo 11 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, e successive modificazioni.

 

3. All'articolo 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai vincoli e alle destinazioni che il piano deve recepire»;

b) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Il vincolo preordinato all'esproprio, dopo la sua decadenza, può essere motivatamente reiterato per una sola volta, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1, e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard. In tale caso, al proprietario è dovuto un indennizzo pari ad un terzo dell'ammontare dell'indennità di esproprio dell'immobile, da corrispondere entro sessanta giorni dalla data di reiterazione del vincolo».

 

 

4. All'articolo 20 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, il comma 9 è sostituito dal seguente:

«9. Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, la domanda di permesso di costruire si intende favorevolmente accolta».

 

Art. 27.

(Relazione al Parlamento).

1. Entro il 30 aprile di ciascun anno il Governo presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, con particolare riferimento alle misure di coordinamento degli strumenti di programmazione del territorio definiti dai diversi soggetti istituzionali della Repubblica, al conseguimento delle finalità stabilite dal capo I, alle azioni realizzate per il raggiungimento dei livelli minimi delle dotazioni territoriali di cui all'articolo 16 nonché alla realizzazione del sistema informativo territoriale previsto dall'articolo 17.

 

 

 

 

Art. 14.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il centottantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


Normativa di riferimento

 


Costituzione della Repubblica Italiana (art. 116 e 117)

(omissis)

116. Il Friuli-Venezia Giulia [disp. att. Cost. X], la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallé d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale [Cost. 138] (1).

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata (2).

 

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(1) Vedi R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, recante lo statuto della Regione siciliana, convertito in legge costituzionale con L.cost. 26 febbraio 1948, n. 2; L.cost. 26 febbraio 1948, n. 3, recante lo statuto speciale per la Sardegna; L.cost. 26 febbraio 1948, n. 4, recante lo statuto speciale per la Valle d'Aosta; L.cost. 26 febbraio 1948, n. 5, recante lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; L.cost. 31 gennaio 1963, n. 1, recante lo statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 2, L.cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «116. Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali».

 

117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

 

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».

(omissis)

 


 

L. 17 agosto 1942, n. 1150
Legge urbanistica (artt. 1, 4-18, 20-23, 28-30, 34, 35, 41-43)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1942, n. 244.

(2)  Per il trasferimento di funzioni amministrative statali alle Regioni a statuto ordinario in materia di urbanistica, vedi il D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8. Vedi, ora, la L. 28 gennaio 1977, n. 10 e, in particolare, l'art. 21.

 

TITOLO I

 

Ordinamento statale dei servizi urbanistici

 

Art. 1

Disciplina dell'attività urbanistica e suoi scopi.

L'assetto e l'incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo urbanistico in genere nel territorio del Regno sono disciplinati dalla presente legge.

Il Ministero dei lavori pubblici vigila sull'attività urbanistica anche allo scopo di assicurare, nel rinnovamento ed ampliamento edilizio delle città, il rispetto dei caratteri tradizionali, di favorire il disurbanamento e di frenare la tendenza all'urbanesimo.

 

TITOLO II

 

Disciplina urbanistica

 

Capo I - Modi di attuazione.

(omissis)

Art. 4

Piani regolatori e norme sull'attività costruttiva.

La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull'attività costruttiva edilizia, sancite dalla presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti.

 

Capo II - Piani territoriali di coordinamento.

 

Art. 5

Formazione ed approvazione dei piani territoriali di coordinamento.

Allo scopo di orientare o coordinare l'attività urbanistica da svolgere in determinate parti del territorio nazionale, il Ministero dei lavori pubblici ha facoltà di provvedere, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, alla compilazione di piani territoriali di coordinamento fissando il perimetro di ogni singolo piano (5).

Nella formazione dei detti piani devono stabilirsi le direttive da seguire nel territorio considerato, in rapporto principalmente:

a) alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge;

b) alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di particolare natura ed importanza;

c) alla rete delle principali linee di comunicazioni stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili esistenti e in programma.

 

I piani, elaborati d'intesa con le altre Amministrazioni interessate e previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sono approvati per decreto Reale su proposta del Ministro per i lavori pubblici, di concerto col Ministro per le comunicazioni (6), quando interessino impianti ferroviari, e col Ministro per le corporazioni (7), ai fini della sistemazione delle zone industriali nel territorio nazionale.

Il decreto di approvazione viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno, ed allo scopo di dare ordine e disciplina anche all'attività privata, un esemplare del piano approvato deve essere depositato, a libera visione del pubblico, presso ogni Comune il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, nell'ambito del piano medesimo (8) (9).

 

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(5)  Con il D.M. 31 gennaio 1949 è stata costituita, presso il Ministero dei lavori pubblici, una Commissione per lo studio dei piani territoriali di coordinamento.

(6)  Ora, Ministro dei trasporti e dell'aviazione civile.

(7)  Ora, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

(8)  Per il trasferimento di funzioni amministrative statali alle Regioni a statuto ordinario in materia di urbanistica, vedi il D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8. Vedi, ora, la L. 28 gennaio 1977, n. 10 e, in particolare, l'art. 21.

(9)  Vedi, anche, l'art. 53, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

 

 

Art. 6

Durata ed effetti dei piani territoriali di coordinamento.

Il piano territoriale di coordinamento ha vigore a tempo indeterminato e può essere variato con decreto Reale previa la osservanza della procedura che sarà stabilita dal regolamento di esecuzione della presente legge (10).

I Comuni, il cui territorio sia compreso in tutto o in parte nell'ambito di un piano territoriale di coordinamento, sono tenuti ad uniformare a questo il rispettivo piano regolatore comunale.

 

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(10)  Tale regolamento non è stato ancora emanato.

 

Capo III - Piani regolatori comunali

 

Sezione I - Piani regolatori generali

 

Art. 7

Il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale.

Esso deve indicare essenzialmente:

1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti;

2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona (11);

3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù (12);

4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale (13);

5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;

6) le norme per l'attuazione del piano (14).

 

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(11)  Con sentenza 12-20 maggio 1999, n. 179 (Gazz. Uff. 26 maggio 1999, n. 21 - Serie Speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 della presente legge e dell'art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187, nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo.

(12)  Con sentenza 12-20 maggio 1999, n. 179 (Gazz. Uff. 26 maggio 1999, n. 21 - Serie Speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 della presente legge e dell'art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187, nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo.

(13)  Con sentenza 12-20 maggio 1999, n. 179 (Gazz. Uff. 26 maggio 1999, n. 21 - Serie Speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 della presente legge e dell'art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968, n. 1187, nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo.

(14)  Dopo la sentenza n. 55 del 9-29 maggio 1968 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di parte dell'art. 7 e dell'art. 40 della presente legge, l'art. 7 è stato così sostituito dall'art. 1, L. 19 novembre 1968, n. 1187. Vedi, anche, la L. 30 novembre 1973, n. 756.

 

Art. 8

Formazione del piano regolatore generale.

I Comuni hanno la facoltà di formare il piano regolatore generale del proprio territorio. La deliberazione con la quale il Consiglio comunale decide di procedere alla formazione del piano non è soggetta a speciale approvazione e diviene esecutiva in conformità dell'art. 3 della L. 9 giugno 1947, n. 530; la spesa conseguente è obbligatoria (15).

La formazione del piano è obbligatoria per tutti i Comuni compresi in appositi elenchi da approvarsi con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e per le finanze, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici (16).

Il primo elenco sarà approvato non oltre un anno dall'entrata in vigore della presente legge.

I Comuni compresi negli elenchi di cui al secondo comma devono procedere alla nomina dei progettisti per la formazione del piano regolatore generale entro tre mesi dalla data del decreto ministeriale con cui è stato approvato il rispettivo elenco, nonché alla deliberazione di adozione del piano stesso entro i successivi dodici mesi ed alla presentazione al Ministero dei lavori pubblici per l'approvazione entro due anni dalla data del sopracitato decreto ministeriale (17).

Trascorso ciascuno dei termini sopra indicati il prefetto, salvo il caso di proroga non superiore ad un anno concessa dal Ministro per i lavori pubblici su richiesta motivata del Comune, convoca il Consiglio comunale per gli adempimenti relativi da adottarsi entro il termine di 30 giorni (18).

Decorso quest'ultimo termine il prefetto, d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche, nomina un commissario per la designazione dei progettisti, ovvero per l'adozione del piano regolatore generale o per gli ulteriori adempimenti necessari per la presentazione del piano stesso al Ministero dei lavori pubblici (19).

Nel caso in cui il piano venga restituito per modifiche, integrazioni o rielaborazioni al Comune, quest'ultimo provvede ad adottare le proprie determinazioni nel termine di 180 giorni dalla restituzione. Trascorso tale termine si applicano le disposizioni dei commi precedenti (20).

Nel caso di compilazione o di rielaborazione d'ufficio del piano, il prefetto promuove d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche l'iscrizione d'ufficio della relativa spesa nel bilancio comunale (21).

Il piano regolatore generale è approvato entro un anno dal suo inoltro al Ministero dei lavori pubblici (22).

 

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(15)  Comma così sostituito dall'art. 1, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(16)  Vedi la sottovoce B, Comuni obbligati alla formazione del piano regolatore e l'art. 2, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(17)  I commi dal quarto sino all'ultimo così sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, L. 6 agosto 1967, n. 765. Vedi, anche, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

(18)  I commi dal quarto sino all'ultimo così sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, L. 6 agosto 1967, n. 765. Vedi, anche, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

(19)  I commi dal quarto sino all'ultimo così sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, L. 6 agosto 1967, n. 765. Vedi, anche, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

(20)  I commi dal quarto sino all'ultimo così sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, L. 6 agosto 1967, n. 765. Vedi, anche, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

(21)  I commi dal quarto sino all'ultimo così sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, L. 6 agosto 1967, n. 765. Vedi, anche, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

(22)  I commi dal quarto sino all'ultimo così sostituiscono gli originari commi quarto, quinto e sesto, per effetto dell'art. 1, L. 6 agosto 1967, n. 765. Vedi, anche, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

 

Art. 9

Pubblicazione del progetto di piano generale. Osservazioni.

Il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella Segreteria comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prendere visione. L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge.

Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito possono presentare osservazioni le Associazioni sindacali e gli altri Enti pubblici ed istituzioni interessate.

 

 

Art. 10

Approvazione del piano regolatore.

Il piano regolatore generale è approvato con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici (23) (24).

Con lo stesso decreto di approvazione possono essere apportate al piano, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentito il Comune, le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché quelle che siano riconosciute indispensabili per assicurare:

a) il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento a norma dell'articolo 6, secondo comma;

b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato;

c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici;

d) l'osservanza dei limiti di cui agli articoli 41-quinquies, sesto e ottavo comma e 41-sexies della presente legge (25).

Le modifiche di cui alla lettera c) sono approvate sentito il Ministro per la pubblica istruzione, che può anche dettare prescrizioni particolari per singoli immobili di interesse storico-artistico (26).

Le proposte di modifica, di cui al secondo comma, ad eccezione di quelle riguardanti le osservazioni presentate al piano, sono comunicate al Comune, il quale entro novanta giorni adotta le proprie controdeduzioni con deliberazione del Consiglio comunale che, previa pubblicazione nel primo giorno festivo, è trasmessa al Ministero dei lavori pubblici nei successivi quindici giorni (27).

Nelle more di approvazione del piano, le normali misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, sono obbligatorie (28).

Il decreto di approvazione del piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno. Il deposito del piano approvato, presso il Comune, a libera visione del pubblico, è fatto nei modi e termini stabiliti dal regolamento.

Nessuna proposta di variante al piano approvato può aver corso se non sia intervenuta la preventiva autorizzazione del Ministro per i lavori pubblici che potrà concederla, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, in vista di sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale inattualità del piano medesimo o la convenienza di migliorarlo.

Non sono soggette alla preventiva autorizzazione le varianti, anche generali, intese ad adeguare il piano approvato ai limiti e rapporti fissati con i decreti previsti dall'ultimo comma dell'articolo 41-quinquies e dall'articolo 41-septies della presente legge nonché le modifiche alle norme di attuazione e le varianti parziali che non incidano sui criteri informatori del piano stesso (29).

La variazione del piano è approvata con la stessa procedura stabilita per l'approvazione del piano originario.

 

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(23)  Comma così sostituito dall'art. 1, L. 1° giugno 1971, n. 291.

(24)  L'art. 16, L. 9 agosto 1954, n. 640, aveva precedentemente così disposto:

«Art. 16. Agli effetti dell'approvazione dei piani regolatori generali di cui all'art. 10 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici sostituisce ogni altro parere di Amministrazione attiva e Corpi consultivi, salvo il parere del Consiglio di Stato».

(25)  Comma inserito dopo il primo dall'art. 3, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(26)  Comma inserito dopo il primo dall'art. 3, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(27)  Comma inserito dopo il primo dall'art. 3, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(28)  Comma inserito dopo il primo dall'art. 3, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(29)  Comma aggiunto dall'art. 1, L. 1° giugno 1971, n. 291.

 

Art. 11

Durata ed effetti del piano generale.

Il piano regolatore generale del Comune ha vigore a tempo indeterminato.

I proprietari degli immobili hanno l'obbligo di osservare nelle costruzioni e nelle ricostruzioni le linee e le prescrizioni di zona che sono indicate nel piano.

 

... (30).

 

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(30)  Seguiva un comma soppresso dall'art. 4, L. 6 agosto 1967, n. 765.

 

Art. 12

Piani regolatori generali intercomunali.

Quando per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più Comuni contermini si riconosca opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto urbanistico dei Comuni stessi, il Ministro per i lavori pubblici può, a richiesta di una delle Amministrazioni interessate o di propria iniziativa, disporre la formazione di un piano regolatore intercomunale.

In tal caso il Ministro, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, determina:

a) l'estensione del piano intercomunale da formare;

b) quale dei Comuni interessati debba provvedere alla redazione del piano stesso e come debba essere ripartita la relativa spesa.

 

Il piano intercomunale deve, a cura del Comune incaricato di redigerlo, essere pubblicato nei modi e per gli effetti di cui all'art. 9 in tutti i Comuni compresi nel territorio da esso considerato.

Deve inoltre essere comunicato ai podestà (31) degli stessi Comuni perché deliberino circa la sua adozione.

Compiuta l'ulteriore istruttoria a norma del regolamento di esecuzione della presente legge, il piano intercomunale è approvato negli stessi modi stabiliti dall'art. 10 per l'approvazione del piano generale comunale (32).

 

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(31)  Ora, ai Consigli comunali.

(32)  Vedi, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

 

Sezione II - Piani regolatori particolareggiati (33).

 

 

Art. 13

Contenuto dei piani particolareggiati.

Il piano regolatore generale è attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione nei quali devono essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati:

le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze;

gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico;

gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia;

le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano;

gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare;

la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future.

 

Ciascun piano particolareggiato di esecuzione deve essere corredato dalla relazione illustrativa e dal piano finanziario di cui al successivo articolo 30 (34).

 

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(33)  Vedi, anche, L. 18 aprile 1962, n. 167.

(34)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

Art. 14

Compilazione dei piani particolareggiati.

I piani particolareggiati di esecuzione sono compilati a cura del Comune e debbono essere adottati dal podestà (35) con apposita deliberazione.

È però in facoltà del prefetto di prefiggere un termine per la compilazione dei piani particolareggiati riguardanti determinate zone.

Contro il decreto del prefetto il podestà può ricorrere, entro 30 giorni, al Ministro per i lavori pubblici (36).

 

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(35)  Ora, dal Consiglio comunale.

(36)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

Art. 15

Pubblicazione dei piani particolareggiati. Opposizioni.

I piani particolareggiati devono essere depositati nella Segreteria del Comune per la durata di 30 giorni consecutivi.

L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge.

Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito potranno essere presentate opposizioni dai proprietari di immobili compresi nei piani ed osservazioni da parte delle Associazioni sindacali interessate (37).

 

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(37)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

 

Art. 16

Approvazione dei piani particolareggiati.

I piani particolareggiati di esecuzione del piano regolatore generale sono approvati con decreto del provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, entro 180 giorni dalla presentazione da parte dei Comuni (38).

Con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e per la pubblica istruzione può essere disposto che l'approvazione dei piani particolareggiati di determinati Comuni avvenga con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. Le determinazioni in tal caso sono assunte entro 80 giorni dalla presentazione del piano da parte dei Comuni (39).

I piani particolareggiati nei quali siano comprese cose immobili soggette alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose di interesse artistico o storico, e alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali, sono preventivamente sottoposti alla competente Soprintendenza ovvero al Ministero della pubblica istruzione quando sono approvati con decreto del Ministro per i lavori pubblici (40).

Le eventuali osservazioni del Ministero della pubblica istruzione o delle Soprintendenze sono presentate entro novanta giorni dall'avvenuta comunicazione del piano particolareggiato di esecuzione (41).

Col decreto di approvazione sono decise le opposizioni e sono fissati il tempo, non maggiore di anni 10, entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato ed i termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni.

Con il decreto di approvazione possono essere introdotte nel piano le modifiche che siano conseguenti all'accoglimento di osservazioni o di opposizioni ovvero siano riconosciute indispensabili per assicurare: 1) la osservanza del piano regolatore generale; 2) il conseguimento delle finalità di cui al secondo comma lettera b), c), d) del precedente articolo 10; 3) una dotazione dei servizi e degli spazi pubblici adeguati alle necessità della zona (42).

Le modifiche di cui al punto 2), lettera c), del precedente comma, sono adottate sentita la competente Soprintendenza o il Ministro per la pubblica istruzione a seconda che l'approvazione avvenga con decreto del provveditore regionale alle opere pubbliche oppure del Ministro per i lavori pubblici (43).

Le modifiche di cui ai precedenti commi sono comunicate per la pubblicazione ai sensi dell'articolo 15 al Comune, il quale entro novanta giorni adotta le proprie controdeduzioni con deliberazione del Consiglio comunale che, previa pubblicazione del primo giorno festivo, è trasmessa nei successivi quindici giorni al Provveditorato regionale alle opere pubbliche od al Ministero dei lavori pubblici che adottano le relative determinazioni entro 90 giorni (44).

L'approvazione dei piani particolareggiati equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in essi previste.

Il decreto di approvazione di un piano particolareggiato deve essere depositato nella segreteria comunale e notificato nelle forme delle citazioni a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso entro un mese dall'annuncio dell'avvenuto deposito.

Le varianti ai piani particolareggiati devono essere approvate con la stessa procedura (45).

 

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(38)  I primi quattro commi così sostituiscono gli originari commi primo e secondo per effetto dell'art. 5, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(39)  I primi quattro commi così sostituiscono gli originari commi primo e secondo per effetto dell'art. 5, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(40)  I primi quattro commi così sostituiscono gli originari commi primo e secondo per effetto dell'art. 5, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(41)  I primi quattro commi così sostituiscono gli originari commi primo e secondo per effetto dell'art. 5, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(42)  Comma aggiunto, dopo l'originario comma terzo, dall'art. 5, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(43)  Comma aggiunto, dopo l'originario comma terzo, dall'art. 5, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(44)  Comma aggiunto, dopo l'originario comma terzo, dall'art. 5, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(45)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

Art. 17

Validità dei piani particolareggiati.

Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso.

Ove il Comune non provveda a presentare un nuovo piano per il necessario assesto della parte di piano particolareggiato che sia rimasta inattuata per decorso di termine, la compilazione potrà essere disposta dal prefetto a norma del secondo comma dell'art. 14 (46).

 

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(46)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

 

Sezione III - Norme per l'attuazione dei piani regolatori comunali.

 

Art. 18

Espropriabilità delle aree urbane.

In conseguenza dell'approvazione del piano regolatore generale i Comuni, allo scopo di predisporre l'ordinata attuazione del piano medesimo, hanno facoltà di espropriare entro le zone di espansione dell'aggregato urbano di cui al n. 2 dell'art. 7 le aree inedificate e quelle su cui insistano costruzioni che siano in contrasto con la destinazione di zona ovvero abbiano carattere provvisorio.

Quelle fra le dette aree che in seguito all'approvazione del piano particolareggiato in cui sono comprese, risultino destinate alla edificazione privata, e vengano richieste dai primitivi proprietari ai sensi del seguente art. 19, saranno dal Comune ricedute ai richiedenti, sempreché essi stessi si impegnino a costruirvi in proprio secondo le destinazioni del piano regolatore, ad un prezzo che, tenuto per base quello di esproprio, sia maggiorato solo di una quota commisurata alle spese incontrate dal Comune per le opere ed impianti di piano regolatore e all'importanza della destinazione.

Le aree espropriate ai sensi del primo comma del presente articolo dovranno dal Comune, verso pagamento di un congruo fitto, essere lasciate in uso ai proprietari espropriati che ne facciano richiesta fino all'approvazione del piano particolareggiato in cui sono compresi.

Se entro dieci anni dall'avvenuta espropriazione di un'area il Comune non provveda alla pubblicazione del piano particolareggiato in cui l'area medesima è compresa, l'espropriato o i suoi eredi avranno il diritto di chiederne la retrocessione (47).

 

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(47)  I commi secondo, terzo e quarto dell'art. 18 e l'art. 19 sono stati abrogati dall'art. 26, L. 22 ottobre 1971, n. 865. Successivamente il presente articolo è stato interamente abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

(omissis)

Art. 20

Sistemazioni edilizie a carico dei privati. Procedura coattiva.

Per l'esecuzione delle sistemazioni previste dal piano particolareggiato che consistano in costruzioni, ricostruzioni o modificazioni d'immobili appartenenti a privati, il podestà (49) ingiunge ai proprietari eseguire i lavori entro un congruo termine.

Decorso tale termine il podestà (50) diffiderà i proprietari rimasti inadempienti, assegnando un nuovo termine. Se alla scadenza di questo i lavori non risultino ancora eseguiti, il Comune potrà procedere all'espropriazione.

Tanto l'ingiunzione quanto l'atto di diffida di cui al primo ed al secondo comma devono essere trascritti all'Ufficio dei registri immobiliari (51).

 

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(49)  Ora, Sindaco.

(50)  Ora, Sindaco.

(51)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

Art. 21

Attribuzione ai privati di aree già pubbliche.

Le aree che per effetto della esecuzione di un piano particolareggiato cessino di far parte del suolo pubblico, e che non si prestino da sole ad utilizzazione edilizia, accedono alla proprietà di coloro che hanno edifici o terreni confinanti con i detti relitti, previo versamento del prezzo che sarà determinato nei modi da stabilirsi dal regolamento di esecuzione della presente legge, in rapporto al vantaggio derivante dall'incorporamento dell'area.

Il Comune ha facoltà di espropriare in tutto o in parte l'immobile al quale debbono essere incorporate le aree di cui al precedente comma, quando il proprietario di esso si rifiuti di acquistarle o lasci inutilmente decorrere, per manifestare la propria volontà il termine che gli sarà prefisso con ordinanza podestarile (52) nei modi che saranno stabiliti nel regolamento (53).

 

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(52)  Ora, del Sindaco.

(53)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

Art. 22

Il potestà (54) ha facoltà di notificare ai proprietari delle aree fabbricabili esistenti in un determinato comprensorio, l'invito a mettersi d'accordo per una modificazione dei confini fra le diverse proprietà, quando ciò sia necessario per l'attuazione del piano regolatore.

Decorso inutilmente il termine stabilito nell'atto di notifica per dare la prova del raggiunto accordo, il Comune può procedere alle espropriazioni indispensabili per attuare la nuova delimitazione delle aree (55).

 

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(54)  Ora, Sindaco.

(55)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

Art. 23

Comparti edificatori.

Indipendentemente dalla facoltà prevista dall'articolo precedente il Comune può procedere, in sede di approvazione del piano regolatore particolareggiato o successivamente nei modi che saranno stabiliti nel regolamento ma sempre entro il termine di durata del piano stesso, alla formazione di comparti costituenti unità fabbricabili, comprendendo aree inedificate e costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni.

Formato il comparto, il podestà (56) deve invitare i proprietari a dichiarare entro un termine fissato nell'atto di notifica se intendano procedere da soli, se proprietari dell'intero comparto, o riuniti in consorzio alla edificazione dell'area e alle trasformazioni degli immobili in esso compresi secondo le dette prescrizioni.

A costituire il consorzio basterà il concorso dei proprietari rappresentanti, in base all'imponibile catastale, i tre quarti del valore dell'intero comparto. I consorzi così costituiti conseguiranno la piena disponibilità del comparto mediante la espropriazione delle aree e costruzioni dei proprietari non aderenti.

Quando sia decorso inutilmente il termine stabilito nell'atto di notifica il Comune procederà all'espropriazione del comparto.

Per l'assegnazione di esso, con l'obbligo di provvedere ai lavori di edificazione o di trasformazione a norma del piano particolareggiato, il Comune indirà una gara fra i proprietari espropriati sulla base di un prezzo corrispondente alla indennità di espropriazione aumentata da una somma corrispondente all'aumento di valore derivante dall'approvazione del piano regolatore.

In caso di diserzione della gara, il Comune potrà procedere all'assegnazione mediante gara aperta a tutti od anche, previa la prescritta autorizzazione, mediante vendita a trattativa privata, a prezzo non inferiore a quello posto a base della gara fra i proprietari espropriati (57).

 

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(56)  Ora, Sindaco.

(57)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come modificato dall'art. 5, comma 1, L. 1° agosto 2002, n. 166, limitatamente alle norme riguardanti l'espropriazione e con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

(omissis)

Art. 28

Lottizzazione di aree.

Prima dell'approvazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione di cui all'articolo 34 della presente legge è vietato procedere alla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio (62).

Nei Comuni forniti di programma di fabbricazione ed in quelli dotati di piano regolatore generale fino a quando non sia stato approvato il piano particolareggiato di esecuzione, la lottizzazione di terreno a scopo edilizio può essere autorizzata dal Comune previo nulla osta del provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, nonché la competente Soprintendenza (63).

L'autorizzazione di cui al comma precedente può essere rilasciata anche dai Comuni che hanno adottato il programma di fabbricazione o il piano regolatore generale, se entro dodici mesi dalla presentazione al Ministero dei lavori pubblici la competente autorità non ha adottato alcuna determinazione, sempre che si tratti di piani di lottizzazione conformi al piano regolatore generale ovvero al programma di fabbricazione adottato (64).

Con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e per la pubblica istruzione può disporsi che il nullaosta all'autorizzazione di cui ai precedenti commi venga rilasciato per determinati Comuni con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici (65).

L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:

1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;

2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;

3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;

4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione (66).

 

La convenzione deve essere approvata con deliberazione consiliare nei modi e forme di legge (67).

Il rilascio delle licenze edilizie nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi (68).

Sono fatte salve soltanto ai fini del quinto comma le autorizzazioni rilasciate sulla base di deliberazioni del Consiglio comunale, approvate nei modi e forme di legge, aventi data anteriore al 2 dicembre 1966 (69).

Il termine per l'esecuzione di opere di urbanizzazione poste a carico del proprietario è stabilito in dieci anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, salvo che non sia stato previsto un termine diverso (70).

Le autorizzazioni rilasciate dopo il 2 dicembre 1966 e prima dell'entrata in vigore della presente legge e relative a lottizzazioni per le quali non siano stati stipulati atti di convenzione contenenti gli oneri e i vincoli precisati al quinto comma del presente articolo, restano sospese fino alla stipula di dette convenzioni (71).

Nei Comuni forniti di programma di fabbricazione e in quelli dotati di piano regolatore generale anche se non si è provveduto alla formazione del piano particolareggiato di esecuzione, il sindaco ha facoltà di invitare i proprietari delle aree fabbricabili esistenti nelle singole zone a presentare entro congruo termine un progetto di lottizzazione delle aree stesse. Se essi non aderiscono, provvede alla compilazione d'ufficio (72).

Il progetto di lottizzazione approvato con le modificazioni che l'Autorità comunale abbia ritenuto di apportare è notificato per mezzo del messo comunale ai proprietari delle aree fabbricabili con invito a dichiarare, entro 30 giorni dalla notifica, se l'accettino. Ove manchi tale accettazione, il podestà (73) ha facoltà di variare il progetto di lottizzazione in conformità alle richieste degli interessati o di procedere alla espropriazione delle aree.

 

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(62)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(63)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(64)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(65)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(66)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(67)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(68)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(69)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(70)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(71)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(72)  I primi undici commi così sostituiscono il primo ed il secondo comma dell'art. 28 per effetto dell'art. 8, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(73)  Ora, il Consiglio comunale.

 

Art. 29

Conformità delle costruzioni statali alle prescrizioni del piano regolatore comunale.

Compete al Ministero dei lavori pubblici accertare che le opere da eseguirsi da Amministrazioni statali non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore e del regolamento edilizio vigenti nel territorio comunale in cui esse ricadono.

A tale scopo le Amministrazioni interessate sono tenute a comunicare preventivamente i progetti al Ministero dei lavori pubblici.

 

Art. 30

Approvazione del piano finanziario.

Il piano regolatore generale, agli effetti del primo comma dell'articolo 18, ed i piani particolareggiati previsti dall'articolo 13 sono corredati da una relazione di previsione di massima delle spese occorrenti per la acquisizione delle aree e per le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano (74).

 

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(74)  Così sostituito dall'art. 9, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(omissis)

Art. 34

Programma di fabbricazione per i Comuni sprovvisti di piano regolatore.

I Comuni sprovvisti di piano regolatore dovranno includere nel proprio regolamento edilizio un programma di fabbricazione, con l'indicazione dei limiti di ciascuna zona, secondo le delimitazioni in atto o da adottarsi, nonché con la precisazione dei tipi edilizi propri di ciascuna zona. Potranno anche indicare le eventuali direttrici di espansione.

 

Art. 35

Termine per uniformare i regolamenti edilizi comunali alle norme della presente legge.

I Comuni che hanno un regolamento edilizio sono tenuti ad uniformarlo alle disposizioni della presente legge entro sei mesi dalla sua entrata in vigore.

Qualora entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, non sia stato adempiuto a quanto stabilito dagli articoli 33 e 34 e dal precedente comma del presente articolo, il prefetto, salvo il caso di proroga non superiore a sei mesi concessa dal Ministro per i lavori pubblici su richiesta del Comune, convoca il Consiglio comunale per gli adempimenti relativi da adottarsi entro il termine di 30 giorni (88).

Decorso questo ultimo termine il prefetto nomina un commissario per la designazione dei progettisti, di intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche, ovvero per la adozione del regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione o per gli ulteriori adempimenti necessari per la presentazione del regolamento stesso al Ministero dei lavori pubblici (89).

Nel caso in cui il regolamento edilizio e l'annesso programma di fabbricazione redatti dal Comune, ovvero d'ufficio, vengano restituiti per modifiche o rielaborazioni al Comune stesso, questo provvede, nel termine di 90 giorni dalla restituzione, ad adottare le proprie determinazioni. Trascorso tale termine, si applicano le disposizioni di cui ai commi precedenti (90).

Nel caso di compilazione d'ufficio, il prefetto promuove d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche la iscrizione d'ufficio, nel bilancio comunale, della spesa occorrente per la redazione o rielaborazione del regolamento edilizio e del programma di fabbricazione (91).

 

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(88)  Gli attuali commi dal secondo al quinto così sostituiscono l'originario comma secondo per effetto dell'art. 11, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(89)  Gli attuali commi dal secondo al quarto così sostituiscono l'originario comma secondo per effetto dell'art. 11, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(90)  Gli attuali commi dal secondo al quarto così sostituiscono l'originario comma secondo per effetto dell'art. 11, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(91)  Gli attuali commi dal secondo al quarto così sostituiscono l'originario comma secondo per effetto dell'art. 11, L. 6 agosto 1967, n. 765.

(omissis)

Art. 41-quinquies

[Nei Comuni sprovvisti di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, la edificazione a scopo residenziale è soggetta alle seguenti limitazioni:

a) il volume complessivo costruito di ciascun fabbricato non può superare la misura di un metro cubo e mezzo per ogni metro quadrato di area edificabile, se trattasi di edifici ricadenti in centri abitati, i cui perimetri sono definiti entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con deliberazione del Consiglio comunale sentiti il Provveditorato regionale alle opere pubbliche e la Soprintendenza competente, e di un decimo di metro cubo per ogni metro quadrato di area edificabile, se la costruzione è ubicata nelle altre parti del territorio;

b) gli edifici non possono comprendere più di tre piani;

c) l'altezza di ogni edificio non può essere superiore alla larghezza degli spazi pubblici o privati su cui esso prospetta e la distanza dagli edifici vicini non può essere inferiore all'altezza di ciascun fronte dell'edificio da costruire (103)] (104).

 

[Per le costruzioni di cui alla legge 30 dicembre 1960, n. 1676, il Ministro per i lavori pubblici può disporre con proprio decreto, sentito il Comitato di attuazione del piano di costruzione di abitazione per i lavoratori agricoli dipendenti, limitazioni diverse da quelle previste dal precedente comma (105)] (106).

[Le superfici coperte degli edifici e dei complessi produttivi non possono superare un terzo dell'area di proprietà] (107).

[Le limitazioni previste ai commi precedenti si applicano nei Comuni che hanno adottato il piano regolatore generale o il programma di fabbricazione fino ad un anno dalla data di presentazione al Ministero dei lavori pubblici. Qualora il piano regolatore generale o il programma di fabbricazione sia restituito al Comune, le limitazioni medesime si applicano fino ad un anno dalla data di nuova trasmissione al Ministero dei lavori pubblici] (108).

[Qualora l'agglomerato urbano rivesta carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale sono consentite esclusivamente opere di consolidamento o restauro, senza alterazioni di volumi. Le aree libere sono inedificabili fino all'approvazione del piano regolatore generale] (109).

Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.

[Le disposizioni di cui ai commi primo, secondo, terzo, quarto e sesto hanno applicazione dopo un anno dalla entrata in vigore della presente legge. Le licenze edilizie rilasciate nel medesimo periodo non sono prorogabili e le costruzioni devono essere ultimate entro due anni dalla data di inizio dei lavori (110)] (111).

In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.

I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima (112).

 

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(103)  La Corte costituzionale, con sentenza 15-18 aprile 1996, n. 120 (Gazz. Uff. 24 aprile 1996, n. 17, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, lettera c), L. 6 agosto 1967, n. 765, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 97 della Costituzione. (Nella specie l'art. 17 ha aggiunto l'art. 41-quinquies alla L. 17 agosto 1942, n. 1150, e la norma impugnata è contenuta, in effetti, alla lettera c) del suddetto articolo 41-quinquies.

(104)  Comma abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

(105)  Vedi il D.M. 7 novembre 1968.

(106)  Comma abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

(107)  Comma abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

(108)  Comma abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

(109)  Comma abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

(110)  Vedi, anche, l'art. 64, D.L. 26 ottobre 1970, numero 745.

(111)  Comma abrogato dall'art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto.

(112)  Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 6 agosto 1967, n. 765. Vedi, anche, l'art. 31, comma 7, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

 

Art. 42

Validità dei piani regolatori precedentemente approvati.

Il termine assegnato per l'attuazione dei piani regolatori, approvati prima della data di entrata in vigore della presente legge, resta limitata a dieci anni dalla data stessa (118) nel caso in cui esso venga a scadere oltre detto periodo.

Trascorso tale termine, i Comuni interessati devono procedere alla revisione del piano regolatore esistente od alla formazione di un nuovo piano regolatore secondo le norme della presente legge.

 

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(118)  Il termine è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 1960 dall'art. 1, L. 19 dicembre 1957, n. 1231.

 

Art. 43

Servizi tecnici comunali o consorziali.

Entro un decennio dall'entrata in vigore della presente legge per i Comuni sprovvisti di personale tecnico, qualora se ne riconosca la necessità, verrà provveduto ad assicurare il disimpegno delle mansioni di carattere tecnico nei modi e nelle forme che saranno stabiliti con separate disposizioni.

 


 

L. 3 novembre 1952, n. 1902
Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori.

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 dicembre 1952, n. 286.

 

 

Articolo unico.

 

- A decorrere dalla data della deliberazione comunale di adozione dei piani regolatori generali e particolareggiati, e fino all'emanazione del relativo decreto di approvazione, il sindaco, su parere conforme della Commissione edilizia comunale, può, con prevvedimento motivato da notificare al richiedente, sospendere ogni determinazione sulle domande di licenza di costruzione, di cui all'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, quando riconosca che tali domande siano in contrasto con il piano adottato (2).

A richiesta del sindaco, e per il periodo suddetto, il prefetto, con provvedimento motivato da notificare all'interessato, può ordinare la sospensione dei lavori di trasformazione delle proprietà private che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione del piano (3).

Le sospensioni suddette non potranno essere protratte oltre tre anni dalla data di deliberazione di cui al primo comma (4).

Per i Comuni che entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione del piano abbiano presentato il piano stesso all'Amministrazione dei lavori pubblici per l'approvazione, le sospensioni di cui ai commi precedenti potranno essere protratte per un periodo complessivo non superiore a cinque anni dalla data della deliberazione di adozione del piano (5).

Quando, in seguito alle osservazioni del Ministero dei lavori pubblici, si renda necessaria la riadozione del piano, le sospensioni di cui ai due commi precedenti decorrono, per tutto il territorio interessato dal piano stesso, dalla data della deliberazione comunale di riadozione dei piani regolatori generali e particolareggiati (6).

Nei confronti dei trasgressori ai provvedimenti emessi in base alla presente legge sono applicabili le disposizioni di cui agli articoli 32, terzo e quarto comma, e 41 della suddetta legge urbanistica.

 

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(2)  Così sostituito dall'art. 4, L. 21 dicembre 1955, n. 1357. Vedi, ora, il comma 3 dell'art. 12 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

(3)  Vedi, ora, il comma 4 dell'art. 12 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

(4)  Vedi, ora, il comma 3 dell'art. 12 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

(5)  Vedi, ora, il comma 3 dell'art. 12 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

(6)  Il terzo comma del presente articolo, già sostituito dall'articolo unico, L. 30 luglio 1959, n. 615 è stato successivamente sostituito con gli attuali commi terzo, quarto e quinto, dall'art. 1, L. 5 luglio 1966, n. 517.

 


 

L. 18 aprile 1962, n. 167
Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare (artt. 2-9)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 aprile 1962, n. 111.

(2)  Vedi, anche, l'art. 1, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero delle finanze: Circ. 12 aprile 1996, n. 91/T; Circ. 24 luglio 1998, n. 194/E.

(omissis)

2. Qualora nel termine di 180 giorni decorrente dalla data di entrata in vigore della presente legge o, nei casi di cui all'art. 1, terzo comma, dalla comunicazione del provvedimento del Ministro per i lavori pubblici, il Comune non abbia deliberato il piano, il Prefetto, salvo il caso di proroga concessa dal Ministro su richiesta del comune, provvede alla nomina di un commissario per la formazione del piano.

Il commissario è tenuto a compilare il piano entro i 180 giorni dalla data del decreto di nomina e a portarlo entro i successivi 30 giorni a conoscenza del Consiglio comunale.

 

3. L'estensione delle zone da includere nei piani è determinata in relazione alle esigenze dell'edilizia economica e popolare per un decennio e non può essere inferiore al 40 per cento e superiore al 70 per cento di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerato (6).

Le aree da comprendere nei piani sono, di norma, scelte nelle zone destinate ad edilizia residenziale nei piani regolatori vigenti, con preferenza in quelle di espansione dell'aggregato urbano.

Possono essere comprese nei piani anche le aree sulle quali insistono immobili la cui demolizione o trasformazione sia richiesta da ragioni igienico-sanitarie ovvero sia ritenuta necessaria per la realizzazione del piano (7).

Ove si manifesti l'esigenza di reperine in parte le aree per la formazione dei piani in zone non destinate all'edilizia residenziale nei piani regolatori vigenti, o si renda comunque necessario apportare modifiche a questi ultimi, si può procedere con varianti agli stessi. In tal caso il piano approvato a norma della presente legge costituisce variante al piano regolatore.

Qualora non esista piano regolatore approvato, le zone riservate all'edilizia economica e popolare ai sensi dei precedenti commi sono comprese in un programma di fabbricazione il quale è compilato a norma dell'articolo 34 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, ed è approvato a norma dell'articolo 8 della presente legge (8).

I comuni possono comprendere tali zone anche in un piano regolatore soltanto adottato e trasmesso ai competenti organi per l'approvazione. In tali ipotesi il piano delle zone suddette, approvato con le modalità di cui al comma precedente, è vincolante in sede di approvazione del piano regolatore (9).

 

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(6)  Comma così sostituito prima dall'art. 29, L. 22 ottobre 1971, n. 865 e poi dall'art. 2, L. 28 gennaio 1977, n. 10.

(7)  Comma così sostituito dall'art. 32, L. 22 ottobre 1971, n. 865.

(8)  Gli attuali commi penultimo ed ultimo così sostituiscono l'originario ultimo comma per effetto dell'art. 33, L. 22 ottobre 1971, n. 865.

(9)  Gli attuali commi penultimo ed ultimo così sostituiscono l'originario ultimo comma per effetto dell'art. 33, L. 22 ottobre 1971, n. 865.

 

4. Il piano deve contenere i seguenti elementi:

a) la rete stradale e la delimitazione degli spazi riservati ad opere ed impianti di interesse pubblico, nonché ad edifici pubblici o di culto;

b) la suddivisione in lotti delle aree, con l'indicazione della tipologia edilizia e, ove del caso, l'ubicazione e la volumetria dei singoli edifici;

c) la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future.

 

5. Il progetto del piano è costituito dai seguenti elaborati:

1) planimetria in scala non inferiore a 1:10.000, contenente le previsioni del piano regolatore, ovvero, quando questo non esista, le indicazioni del programma di fabbricazione, con la precisa individuazione delle zone destinate all'edilizia popolare;

2) planimetria in scala non inferiore ad 1:2.000, disegnata sulla mappa catastale e contenente gli elementi di cui all'art. 4;

3) gli elenchi catastali delle proprietà comprese nel piano;

4) il compendio delle norme urbanistiche edilizie per la buona esecuzione del piano;

5) relazione illustrativa e relazione sulle previsioni della spesa occorrente per le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano.

 

6. Entro cinque giorni dalla deliberazione di adozione da parte del Consiglio comunale, il piano deve essere depositato nella segreteria comunale e rimanervi nei dieci giorni successivi.

Dell'eseguito deposito è data immediata notizia al pubblico mediante avviso da affiggere all'albo del Comune e da inserire nel Foglio annunzi legali della Provincia (10), nonché mediante manifesti.

Entro venti giorni dalla data di inserzione nel Foglio annunzi legali (11), gli interessati possono presentare al Comune le proprie opposizioni.

Nello stesso termine stabilito per il deposito nella segreteria comunale, il sindaco comunica il piano anche alle competenti Amministrazioni centrali dello Stato, ove esso riguardi terreni sui quali esistano vincoli paesistici, artistici o militari o che siano in uso di dette Amministrazioni.

Le Amministrazioni predette devono trasmettere al Comune le loro eventuali osservazioni entro trenta giorni dalla ricevuta comunicazione.

 

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(10)  I fogli degli annunzi legali delle province sono stati aboliti dall'art. 31, L. 24 novembre 2000, n. 340, con la decorrenza ivi indicata. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che, quando disposizioni vigenti prevedono la pubblicazione nel foglio annunzi legali come unica forma di pubblicità, la pubblicazione venga effettuata nella Gazzetta Ufficiale.

(11)  I fogli degli annunzi legali delle province sono stati aboliti dall'art. 31, L. 24 novembre 2000, n. 340, con la decorrenza ivi indicata. Lo stesso articolo ha inoltre stabilito che, quando disposizioni vigenti prevedono la pubblicazione nel foglio annunzi legali come unica forma di pubblicità, la pubblicazione venga effettuata nella Gazzetta Ufficiale.

 

7. Decorso il periodo per le opposizioni e osservazioni, nonché il termine di trenta giorni di cui all'ultimo comma del precedente art. 6, il sindaco, nei successivi trenta giorni, trasmette tutti gli atti, con le deduzioni del Consiglio comunale sulle osservazioni ed opposizioni presentate, al provveditore regionale alle opere pubbliche.

 

8. I piani sono approvati dal provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la sezione urbanistica regionale, se non comportano varianti ai piani regolatori vigenti e se non vi sono opposizioni od osservazioni da parte delle Amministrazioni centrali dello Stato.

Qualora il piano comporti varianti al piano regolatore ovvero vi siano opposizioni od osservazioni da parte dei Ministeri di cui al comma che precede, il provveditore regionale alle opere pubbliche, riscontrata la regolarità degli atti, li trasmette, entro trenta giorni dal ricevimento, al Ministero dei lavori pubblici con una relazione della sezione urbanistica regionale. In tal caso i piani sono approvati dal Ministro per i lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Con gli stessi provvedimenti di approvazione dei piani di cui ai due commi precedenti sono decise anche le opposizioni.

Il decreto di approvazione di ciascun piano va inserito per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica ed è depositato, con gli atti allegati, nella segreteria comunale a libera visione del pubblico.

Dell'eseguito deposito è data notizia, a cura del sindaco, con atto notificato nella forma delle citazioni, a ciascun proprietario degli immobili compresi nel piano stesso, entro venti giorni dalla inserzione nella Gazzetta Ufficiale.

Le varianti che non incidono sul dimensionamento globale del piano e non comportano modifiche al perimetro, agli indici di fabbricabilità ed alle dotazioni di spazi pubblici o di uso pubblico, o costituiscono adeguamento delle previsioni del piano ai limiti ed ai rapporti di cui all'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, sono approvate con deliberazione del consiglio comunale. La deliberazione diviene esecutiva ai sensi dell'articolo 3 della legge 9 giugno 1947, n. 530 (12).

 

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(12)  Comma aggiunto dall'art. 34, L. 22 ottobre 1971, n. 865.

 

9. I piani approvati ai sensi del precedente art. 8 hanno efficacia per dieci anni (13) dalla data del decreto di approvazione ed hanno valore di piani particolareggiati di esecuzione ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150.

Per giustificati motivi l'efficacia dei piani può, su richiesta del Comune interessato, essere prorogata, con decreto del Ministro per i lavori pubblici, per non oltre due anni.

L'approvazione dei piani equivale anche a dichiarazione di indifferibilità ed urgenza di tutte le opere, impianti ed edifici in esso previsti.

L'indicazione nel piano delle aree occorrenti per la costruzione di edifici scolastici sostituisce a tutti gli effetti la dichiarazione di idoneità preveduta dall'art. 8 della legge 9 agosto 1954, numero 645.

Le aree comprese nel piano rimangono soggette, durante il periodo di efficacia del piano stesso, ad espropriazione a norma degli articoli seguenti, per i fini di cui al primo comma dell'art. 1.

 

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(13)  L'efficacia dei piani è stata portata a 15 anni dall'art. 1, L. 18 aprile 1962, n. 167, modificato dall'art. 38, L. 22 ottobre 1971, n. 865, e, successivamente, a 18 anni dall'art. 51, L. 5 agosto 1978, n. 457.

(omissis)


 

L. 6 agosto 1967, n. 765
Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (art. 2)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 agosto 1967, n. 218.

(2)  Vedi, ora, la L. 28 gennaio 1977, n. 10.

(omissis)

Art. 2

I Comuni già compresi negli elenchi, di cui al secondo comma dell'articolo 8 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (4), approvati con decreto ministeriale prima dell'entrata in vigore della presente legge, provvedono agli adempimenti relativi alla formazione del piano regolatore generale entro sei mesi, trascorsi i quali applicano nei loro confronti le disposizioni dell'articolo 1 della presente legge.

 

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(4)  Vedi, ora, la L. 28 gennaio 1977, n. 10.

(omissis)

 


 

D.M. 2 aprile 1968, n. 1444
Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765 .

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 aprile 1968, n. 97.

 

Art. 1

Campo di applicazione.

Le disposizioni che seguono si applicano ai nuovi piani regolatori generali e relativi piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate; ai nuovi regolamenti edilizi con annesso programma di fabbricazione e relative lottizzazioni convenzionate; alle revisioni degli strumenti urbanistici esistenti.

 

Art. 2

Zone territoriali omogenee.

Sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 :

A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;

C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

 

Art. 3

Rapporti massimi, tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.

Per gli insediamenti residenziali, i rapporti massimi di cui all'art. 17 - penultimo comma - della legge n. 765 del 1967 , sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante - insediato o da insediare - la dotazione minima, inderogabile, di mq. 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie.

Tale quantità complessiva va ripartita, di norma, nel modo appresso indicato:

a) mq. 4,50 di aree per l'istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo;

b) mq. 2 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.) ed altre;

c) mq. 9 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade;

d) mq. 2,50 di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967): tali aree - in casi speciali - potranno essere distribuite su diversi livelli.

 

Ai fini dell'osservanza dei rapporti suindicati nella formazione degli strumenti urbanistici, si assume che, salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente 25 mq. di superficie lorda abitabile (pari a circa 80 mc. vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq. (pari a circa 20 mc. vuoto per pieno) per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.).

 

Art. 4

Quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali nelle singole zone territoriali omogenee.

La quantità minima di spazi - definita al precedente articolo in via generale - è soggetta, per le diverse zone territoriali omogenee, alle articolazioni e variazioni come appresso stabilite in rapporto alla diversità di situazioni obiettive.

1 - Zone A): l'amministrazione comunale, qualora dimostri l'impossibilità - per mancata disponibilità di aree idonee, ovvero per ragioni di rispetto ambientale e di salvaguardia delle caratteristiche, della conformazione e delle funzioni della zona stessa - di raggiungere le quantità minime di cui al precedente art. 3, deve precisare come siano altrimenti soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature.

2 - Zone B): quando sia dimostrata l'impossibilità - detratti i fabbisogni comunque già soddisfatti - di raggiungere la predetta quantità minima di spazi su aree idonee, gli spazi stessi vanno reperiti entro i limiti delle disponibilità esistenti nelle adiacenze immediate, ovvero su aree accessibili tenendo conto dei raggi di influenza delle singole attrezzature e della organizzazione dei trasporti pubblici.

 

Le aree che verranno destinate agli spazi di cui al precedente art. 3 nell'ambito delle zone A) e B) saranno computate, ai fini della determinazione delle quantità minime prescritte dallo stesso articolo, in misura doppia di quella effettiva.

 

3 - Zone C): deve essere assicurata integralmente la quantità minima di spazi di cui all'articolo 3.

 

Nei comuni per i quali la popolazione prevista dagli strumenti urbanistici non superi i 10 mila abitanti, la predetta quantità minima di spazio è fissata in mq. 12 dei quali mq. 4 riservati alle attrezzature scolastiche di cui alla lettera a) dell'articolo 3. La stessa disposizione si applica agli insediamenti residenziali in comuni con popolazione prevista superiore a 10 mila abitanti, quando trattasi di nuovi complessi insediativi per i quali la densità fondiaria non superi i mc/mq.

Quando le zone C) siano contigue o in diretto rapporto visuale con particolari connotati naturali del territorio (quali coste marine, laghi, lagune, corsi d'acqua importanti; nonché singolarità orografiche di rilievo) ovvero con preesistenze storico-artistiche ed archeologiche, la quantità minima di spazio di cui al punto c) del precedente art. 3 resta fissata in mq. 15: tale disposizione non si applica quando le zone siano contigue ad attrezzature portuali di interesse nazionale.

 

4 - Zone E): la quantità minima è stabilita in mq. 6, da riservare complessivamente per le attrezzature ed i servizi di cui alle lettere a) e b) del precedente art. 3.

5 - Zone F): gli spazi per le attrezzature pubbliche di interesse generale - quando risulti la esigenza di prevedere le attrezzature stesse - debbono essere previsti in misura non inferiore a quella appresso indicata in rapporto alla popolazione del territorio servito:

1,5 mq/abitante per le attrezzature per la istruzione superiore all'obbligo (istituti universitari esclusi);

1 mq/abitante per le attrezzature sanitarie ed ospedaliere;

15 mq/abitante per i parchi pubblici urbani e territoriali.

 

Art. 5

Rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.

I rapporti massimi di cui all'articolo 17 della legge n. 765 del 1967, per gli insediamenti produttivi, sono definiti come appresso:

1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi viarie) non può essere inferiore al 10% dell'intera superficie destinata a tali insediamenti;

2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale, a 100 mq. di superficie lorda di pavimento di edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di 80 mq. di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui all'art. 18 della legge n. 765 del 1967); tale quantità, per le zone A) e B) è ridotta alla metà, purché siano previste adeguate attrezzature integrative.

 

Art. 6

Mancanza di aree disponibili.

I comuni che si trovano nell'impossibilità, per mancanza di aree disponibili, di rispettare integralmente le norme stabilite per le varie zone territoriali omogenee dai precedenti artt. 3, 4 e 5 debbono dimostrare tale indisponibilità anche agli effetti dell'articolo 3 lett. d) e dell'art. 5, n. 2) della legge n. 765 del 1967.

 

Art. 7

Limiti di densità edilizia.

I limiti inderogabili di densità edilizia per le diverse zone territoriali omogenee sono stabiliti come segue:

 

1) Zone A):

per le operazioni di risanamento conservativo ed altre trasformazioni conservative, le densità edilizie di zone e fondiarie non debbono superare quelle preesistenti, computate senza tener conto delle soprastrutture di epoca recente prive di valore storico-artistico;

per le eventuali nuove costruzioni ammesse, la densità fondiaria non deve superare il 50% della densità fondiaria media della zona e, in nessun caso, i 5 mc/mq;

2) Zone B): le densità territoriali e fondiarie sono stabilite in sede di formazione degli strumenti urbanistici tenendo conto delle esigenze igieniche, di decongestionamento urbano e delle quantità minime di spazi previste dagli articoli 3,4 e 5.

Qualora le previsioni di piano consentano trasformazioni per singoli edifici mediante demolizione e ricostruzione, non sono ammesse densità fondiarie superiori ai seguenti limiti:

7 mc/mq per comuni superiori ai 200 mila abitanti;

6 mc/mq per comuni tra 200 mila e 50 mila abitanti;

5 mc/mq per comuni al di sotto dei 50 mila abitanti.

 

Gli abitanti sono riferiti alla situazione del comune alla data di adozione del piano.

Sono ammesse densità superiori ai predetti limiti quando esse non eccedano il 70% delle densità preesistenti.

3) Zone C): i limiti di densità edilizia di zona risulteranno determinati dalla combinata applicazione delle norme di cui agli artt. 3, 4 e 5 e di quelle di cui agli artt. 8 e 9, nonché dagli indici di densità fondiaria che dovranno essere stabiliti in sede di formazione degli strumenti urbanistici, e per i quali non sono posti specifici limiti.

4) Zone E): è prescritta per le abitazioni la massima densità fondiaria di mc. 0,03 per mq.

 

Art. 8

Limiti di altezza degli edifici.

Le altezze massime degli edifici per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A):

per le operazioni di risanamento conservativo non è consentito superare le altezze degli edifici preesistenti, computate senza tener conto di soprastrutture o di sopraelevazioni aggiunte alle antiche strutture;

per le eventuali trasformazioni o nuove costruzioni che risultino ammissibili, l'altezza massima di ogni edificio non può superare l'altezza degli edifici circostanti di carattere storico-artistico.

2) Zone B):

l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con la eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all'art. 7.

3) Zone C): contigue o in diretto rapporto visuale con zone del tipo A): le altezze massime dei nuovi edifici non possono superare altezze compatibili con quelle degli edifici delle zone A) predette.

4) Edifici ricadenti in altre zone: le altezze massime sono stabilite dagli strumenti urbanistici in relazione alle norme sulle distanze tra i fabbricati di cui al successivo art. 9.

 

Art. 9

Limiti di distanza tra i fabbricati.

Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;

3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.

 

Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;

ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;

ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

 

Art. 10

Pubblicazione del presente decreto.

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


L. 19 novembre 1968, n. 1187
Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 novembre 1968, n. 304.

(2)  Per la proroga dell'efficacia della presente legge, vedi la L. 30 novembre 1973, n. 756 e D.L. 29 novembre 1975, n. 562, inserito in nota alla citata L. 30 novembre 1973, n. 756. Una ulteriore proroga di due mesi è stata disposta dal D.L. 26 novembre 1976, n. 781 (Gazz. Uff. 27 novembre 1976, n. 317), convertito in legge con la L. 24 gennaio 1977, n. 6 (Gazz. Uff. 26 gennaio 1977, n. 23).

 

1.... (3).

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(3)  Sostituisce l'art. 7, L. 17 agosto 1942, n. 1150.

 

2. [Le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione od a vincoli che comportino l'inedificabilità, perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. L'efficacia dei vincoli predetti non può essere protratta oltre il termine di attuazione dei piani particolareggiati e di lottizzazione (4).

Per i piani regolatori generali approvati prima della data di entrata in vigore della presente legge, il termine di cinque anni di cui al precedente comma decorre dalla predetta data] (5).

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(4)  Con sentenza 12-20 maggio 1999, n. 179 (Gazz. Uff. 26 maggio 1999, n. 21 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dagli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40, L. 17 agosto 1942, n. 1150 e 2, primo comma della presente legge, nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo.

(5)  Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.

 

3. L'applicazione delle misure di salvaguardia per i piani particolareggiati è, in ogni caso, obbligatoria dalla data della deliberazione di adozione.

 

4. Le misure di salvaguardia di cui al precedente articolo continuano ad applicarsi entro il periodo di tempo indicato nell'art. 3 della legge 5 luglio 1966, n. 517, ai piani particolareggiati adottati dopo l'entrata in vigore della presente legge e non approvati nel termine di cinque anni di cui all'art. 2.

 

5.... (6).

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(6)  Sostituisce il primo comma dell'art. 40, L. 17 agosto 1942, n. 1150.

 

6. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.


 

L. 22 ottobre 1971, n. 865
Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alla L. 17 agosto 1942, n. 1150; L. 18 aprile 1962, n. 167; L. 29 settembre 1964, n. 847 ; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata. (art. 27)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 ottobre 1971, n. 276.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 15 aprile 2003, n. 91/E;

- Ministero delle finanze: Circ. 12 aprile 1996, n. 91/T; Circ. 16 ottobre 1997, n. 266/T; Circ. 24 luglio 1998, n. 194/E.

(omissis)

27. I comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi.

Le aree da comprendere nel piano sono delimitate, nell'ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione vigenti, con deliberazione del consiglio comunale, la quale, previa pubblicazione, insieme agli elaborati, a mezzo di deposito presso la segreteria del comune per la durata di venti giorni, è approvata con decreto del presidente della giunta regionale.

Il piano approvato ai sensi del presente articolo ha efficacia per dieci anni dalla data del decreto di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d'esecuzione ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150 , e successive modificazioni.

Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, alla deliberazione del consiglio comunale e al decreto del presidente della giunta regionale si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 18 aprile 1962, n. 167 , e successive modificazioni.

Le aree comprese nel piano approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità.

Il comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime. Tra più istanze concorrenti è data la preferenza a quelle presentate da enti pubblici e aziende a partecipazione statale nell'ambito di programmi già approvati dal CIPE (59).

La concessione del diritto di superficie ad enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona delimitata dal piano, è a tempo indeterminato, in tutti gli altri casi ha una durata non inferiore a sessanta anni e non superiore a novantanove anni.

Contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza.

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(59)  Il primo periodo del comma 6 è stato sostituito dall'art. 49, L. 27 dicembre 1997, n. 449.

(omissis)


 

L. 28 gennaio 1977, n. 10
Norme per la edificabilità dei suoli (art. 13)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 gennaio 1977, n. 27.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 17 dicembre 2004, n. 156/E.

(omissis)

Art. 13

Programmi pluriennali di attuazione.

L'attuazione degli strumenti urbanistici generali avviene sulla base di programmi pluriennali di attuazione che delimitano le aree e le zone - incluse o meno in piani particolareggiati o in piani convenzionati di lottizzazione - nelle quali debbono realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni, con riferimento ad un periodo di tempo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni.

Nella formulazione dei programmi deve essere osservata la proporzione tra aree destinate all'edilizia economica e popolare e aree riservate all'attività edilizia privata, stabilita ai sensi dell'articolo 3 della L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni, come modificato ai sensi dell'articolo 2 della presente legge.

La regione stabilisce con propria legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il contenuto ed il procedimento di formazione dei programmi pluriennali di attuazione, individua i comuni esonerati, anche in relazione alla dimensione, all'andamento demografico ed alle caratteristiche geografiche, storiche ed ambientali - fatta comunque eccezione per quelli di particolare espansione industriale e turistica - dall'obbligo di dotarsi di tali programmi e prevede le forme e le modalità di esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei comuni inadempienti.

Nei comuni obbligati ai sensi del terzo comma la concessione di cui all'articolo 1 della presente legge è data solo per le aree incluse nei programmi di attuazione e, al di fuori di esse, per le opere e gli interventi previsti dal precedente articolo 9, sempreché non siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici generali.

Fino all'approvazione dei programmi di attuazione, al di fuori dei casi previsti nel precedente comma, la concessione è data dai comuni obbligati soltanto su aree dotate di opere di urbanizzazione o per le quali esista l'impegno dei concessionari a realizzarle.

Qualora nei tempi indicati dai programmi di attuazione gli aventi titolo non presentino istanza di concessione singolarmente o riuniti in consorzio, il comune espropria le aree sulla base delle disposizioni della legge 22 ottobre 1971, n. 865, come modificata dalla presente legge.

Le disposizioni del comma precedente non si applicano ai beni immobili di proprietà dello Stato.

La legge regionale prevede le modalità di utilizzazione delle aree espropriate.

Nei comuni esonerati trova applicazione la norma di cui al primo comma del precedente articolo 4.

(omissis)

 


 

L. 5 agosto 1978, n. 457
Norme per l'edilizia residenziale (artt. 27-30)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 19 agosto 1978, n. 231.

(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 7 agosto 1997, n. 137960;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Nota 5 dicembre 2003, n. 108923; Ris. 8 febbraio 2005, n. 14/E;

- Ministero delle finanze: Circ. 11 luglio 1996, n. 182/E; Circ. 5 marzo 1997, n. 67/E; Circ. 13 giugno 1997, n. 167/E; Circ. 11 maggio 1998, n. 121/E; Nota 30 marzo 1999, n. 10; Circ. 9 luglio 1999, n. 151/E.

 

TITOLO IV

 

Norme generali per il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente

(omissis)

Art. 27

Individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente.

I comuni individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature.

Le zone sono individuate in sede di formazione dello strumento urbanistico generale ovvero, per i comuni che, alla data di entrata in vigore della presente legge, ne sono dotati, con deliberazione del consiglio comunale sottoposta al controllo di cui all'articolo 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.

Nell'ambito delle zone, con la deliberazione di cui al precedente comma o successivamente con le stesse modalità di approvazione, possono essere individuati gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui al successivo articolo 28.

Per le aree e gli immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali (37). Ove gli strumenti urbanistici generali subordinino il rilascio della concessione alla formazione degli strumenti attuativi, ovvero nell'ambito delle zone destinate a servizi i cui vincoli risultano scaduti, sono sempre consentiti, in attesa di tali strumenti urbanistici attuativi, gli interventi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse (38). Inoltre sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 31 che riguardino globalmente uno o più edifici anche se modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti purché il concessionario si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10 , e successive modificazioni (39).

 

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(37)  Vedi, ora, la lettera a) del comma 1 dell'art. 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

(38)  Vedi, ora, il comma 2 dell'art. 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

(39)  L'attuale comma quarto così sostituisce gli originari commi quarto e quinto per effetto dell'art. 14, L. 17 febbraio 1992, n. 179.

 

Art. 28

Piani di recupero del patrimonio edilizio esistente.

I piani di recupero prevedono la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree di cui al terzo comma del precedente articolo 27, anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica, individuando le unità minime di intervento.

I piani di recupero sono approvati con la deliberazione del consiglio comunale con la quale vengono decise le opposizioni presentate al piano, ed hanno efficacia dal momento in cui questa abbia riportato il visto di legittimità di cui all'articolo 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 .

Ove la deliberazione del consiglio comunale di cui al comma precedente non sia assunta, per ciascun piano di recupero, entro tre anni dalla individuazione di cui al terzo comma del precedente articolo 27, ovvero non sia divenuta esecutiva entro il termine di un anno dalla predetta scadenza, l'individuazione stessa decade ad ogni effetto. In tal caso, sono consentiti gli interventi edilizi previsti dal quarto e quinto comma del precedente articolo 27.

Per quanto non stabilito dal presente titolo si applicano ai piani di recupero le disposizioni previste per i piani particolareggiati dalla vigente legislazione regionale e, in mancanza, da quella statale.

I piani di recupero sono attuati:

a) dai proprietari singoli o riuniti in consorzio o dalle cooperative edilizie di cui siano soci, dalle imprese di costruzione o dalle cooperative edilizie cui i proprietari o i soci abbiano conferito il mandato all'esecuzione delle opere, dai condominii o loro consorzi, dai consorzi fra i primi ed i secondi, nonché dagli IACP o loro consorzi, da imprese di costruzione o loro associazioni temporanee o consorzi e da cooperative o loro consorzi;

b) dai comuni, direttamente ovvero mediante apposite convenzioni con i soggetti di cui alla lettera a) nei seguenti casi:

1) per gli interventi che essi intendono eseguire direttamente per il recupero del patrimonio edilizio esistente nonché, limitatamente agli interventi di rilevante interesse pubblico, con interventi diretti;

2) per l'adeguamento delle urbanizzazioni;

3) per gli interventi da attuare mediante cessione volontaria, espropriazione od occupazione temporanea, previa diffida nei confronti dei proprietari delle unità minime di intervento, in caso di inerzia dei medesimi, o in sostituzione dei medesimi nell'ipotesi di interventi assistiti da contributo. La diffida può essere effettuata anche prima della decorrenza del termine di scadenza del programma pluriennale di attuazione nel quale il piano di recupero sia stato eventualmente incluso (40).

 

I comuni, sempre previa diffida, possono provvedere all'esecuzione delle opere previste dal piano di recupero, anche mediante occupazione temporanea, con diritto di rivalsa, nei confronti dei proprietari, delle spese sostenute.

I comuni possono affidare la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ai proprietari singoli o riuniti in consorzio che eseguono gli interventi previsti dal piano di recupero.

 

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(40)  L'attuale comma quinto così sostituisce gli originari commi quinto, sesto e settimo per effetto dell'art. 13, L. 17 febbraio 1992, n. 179.

 

Art. 29

Utilizzazione dei fondi da parte dei comuni.

Per l'attuazione dei piani di recupero da parte dei comuni, nei casi previsti dal quinto comma del precedente articolo 28, viene utilizzata la quota dei fondi destinata al recupero del patrimonio edilizio esistente, ai sensi della lettera c) del precedente articolo 4, detratta la parte destinata alla concessione dei contributi dello Stato per i mutui agevolati.

La predetta quota è messa a disposizione dei comuni e può essere utilizzata, nei limiti che saranno determinati dalla regione, anche per il trasferimento e la sistemazione temporanea delle famiglie, con esclusione della costruzione di nuovi alloggi, per la prosecuzione delle attività economiche insediate negli immobili interessati dagli interventi, nonché per la redazione dei piani di recupero.

 

Art. 30

Piani di recupero di iniziativa dei privati.

I proprietari di immobili e di aree compresi nelle zone di recupero, rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore degli immobili interessati, possono presentare proposte di piani di recupero.

In deroga agli articoli 1120, 1121 e 1136, quinto comma, del codice civile gli interventi di recupero relativi ad un unico immobile composto da più unità immobiliari possono essere disposti dalla maggioranza dei condomini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio (41).

La proposta di piano è adottata con deliberazione del consiglio comunale unitamente alla convenzione contenente le previsioni stabilite dall'articolo 28, comma quinto, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 , e successive modificazioni.

La proposta di piano deve essere pubblicata, ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150 , con la procedura prevista per i piani particolareggiati.

I piani di recupero di iniziativa dei privati diventano efficaci dopo che la deliberazione del consiglio comunale, con la quale vengono decise le opposizioni, ha riportato il visto di legittimità di cui all'articolo 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 .

 

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(41) Comma aggiunto dall'art. 15, L. 17 febbraio 1992, n. 179.

(omissis)


 

D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
(Testo A)
(artt. 6, 8 e 9, 16, 17, 20 e 22)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 2001, n. 245, S.O.

(2) Il presente testo unico raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378 e nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 379. Tali disposizioni sono contrassegnate nel testo, rispettivamente, con le lettere «L» ed «R».

(3) Il termine di entrata in vigore del presente testo unico è stato prorogato prima al 30 giugno 2002 dall'art. 5-bis, D.L. 23 novembre 2001, n. 411, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi al 30 giugno 2003 dall'art. 2, D.L. 20 giugno 2002, n. 122, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione. Successivamente, l'entrata in vigore delle disposizioni del capo quinto della parte seconda del presente testo unico (artt. 107-121) è stata differita prima al 1° gennaio 2004 dall'art. 4, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, come modificato dalla relativa legge di conversione e al 1° gennaio 2005 dall'art. 14, D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, poi al 1° luglio 2005 dall'art. 19-quater, D.L. 9 novembre 2004, n. 266, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione ed infine al 1° luglio 2006, dall'art. 5-bis, D.L. 27 maggio 2005, n. 86, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Da ultimo, il termine previsto dal citato articolo 5-bis è stato prorogato fino all'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, e comunque non oltre il 1° gennaio 2007, dall’art. 1-quater, D.L. 12 maggio 2006, n. 173, aggiunto dalla relativa legge di conversione, e non oltre il 31 marzo 2008, dal comma 1 dell'art. 3, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, come modificato dall'art. 29-bis, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione. La proroga non si applica agli edifici scolastici di ogni ordine e grado. Vedi, anche, l'art. 11, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 115.

(4) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'interno: Lett.Circ. 22 marzo 2004, n. P559/4101/sott.72/E.6;

- Ministero delle attività produttive: Circ. 24 novembre 2004, n. 3580/C; Circ. 14 giugno 2005, n. 3584/C;

- Ministero delle infrastrutture dei trasporti: Circ. 7 agosto 2003, n. 4174/316/26.

 

TITOLO II

 

Titoli abilitativi

 

Capo I - Disposizioni generali

(omissis)

Art. 6. (L)

Attività edilizia libera.

(legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 9, lettera c); legge 9 gennaio 1989, n. 13, art. 7, commi 1 e 2; decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, art. 7, comma 4, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94)

 

1. Salvo più restrittive disposizioni previste dalla disciplina regionale e dagli strumenti urbanistici, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, i seguenti interventi possono essere eseguiti senza titolo abilitativo:

a) interventi di manutenzione ordinaria;

b) interventi [...] volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;

c) opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato.

(omissis)

Art. 8. (L)

Attività edilizia dei privati su aree demaniali.

(legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31, comma 3)

 

1. La realizzazione da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali è disciplinata dalle norme del presente testo unico.

 

Art. 9. (L)

Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica.

(legge n. 10 del 1977, art. 4, ultimo comma; legge n. 457 del 1978, art. 27, ultimo comma)

 

1. Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:

a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;

b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà.

2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo.

(omissis)

Sezione II - Contributo di costruzione

(omissis)

Art. 16. (L)

Contributo per il rilascio del permesso di costruire.

(legge 28 gennaio 1977, n. 10, articoli 3; 5, comma 1; 6, commi 1, 4 e 5; 11; legge 5 agosto 1978, n. 457, art. 47; legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 7; legge 29 settembre 1964, n. 847, articoli 1, comma 1, lettere b) e c), e 4; legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 44; legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 17; decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, art. 58, comma 1; legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 61, comma 2)

 

1. Salvo quanto disposto dall'articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo.

2. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune (9).

3. La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione.

4. L'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione:

a) all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni;

b) alle caratteristiche geografiche dei comuni;

c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti;

d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall'articolo 41-quinquies, penultimo e ultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche e integrazioni, nonché delle leggi regionali.

5. Nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione e fino alla definizione delle tabelle stesse, i comuni provvedono, in via provvisoria, con deliberazione del consiglio comunale.

6. Ogni cinque anni i comuni provvedono ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale.

7. Gli oneri di urbanizzazione primaria sono relativi ai seguenti interventi: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato (10).

7-bis. Tra gli interventi di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 rientrano i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni (11).

8. Gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi ai seguenti interventi: asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.

9. Il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell'articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l'edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.

10. Nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi non superino i valori determinati per le nuove costruzioni ai sensi del comma 6 (12).

 

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(9) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2003, n. 16).

(10) Vedi, anche, l'art. 2, comma 5, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

(11) Comma aggiunto dall'art. 40, comma 9, L. 1° agosto 2002, n. 166. Vedi, anche, il comma 10 del medesimo articolo.

(12) Vedi, anche, il comma 43 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 e il comma 593 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

 

Art. 17. (L)

Riduzione o esonero dal contributo di costruzione.

(legge 28 gennaio 1977, n. 10, articoli 7, comma 1; 9; decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, articoli 7 e 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94; legge 24 marzo 1989, n. 122, art. 11; legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 26, comma 1; legge n. 662 del 1996, art. 2, comma 60)

 

1. Nei casi di edilizia abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici esistenti, il contributo afferente al permesso di costruire è ridotto alla sola quota degli oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dall'articolo 18.

2. Il contributo per la realizzazione della prima abitazione è pari a quanto stabilito per la corrispondente edilizia residenziale pubblica, purché sussistano i requisiti indicati dalla normativa di settore.

3. Il contributo di costruzione non è dovuto:

a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell'imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153;

b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore al 20%, di edifici unifamiliari;

c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici;

d) per gli interventi da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità;

e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale.

4. Per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole opere di urbanizzazione.

(omissis)

Sezione III - Procedimento

(omissis)

Art. 20. (R)

Procedimento per il rilascio del permesso di costruire.

(decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, commi 1, 2, 3 e 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493)

 

1. La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 11, va presentata allo sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio, e quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II, nonché da un'autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali.

2. Lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. L'esame delle domande si svolge secondo l'ordine cronologico di presentazione.

3. Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l'istruttoria, acquisisce, avvalendosi dello sportello unico, i prescritti pareri dagli uffici comunali, nonché i pareri di cui all'articolo 5, comma 3, sempre che gli stessi non siano già stati allegati alla domanda dal richiedente e, valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto.

4. Il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può, nello stesso termine di cui al comma 3, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni. L'interessato si pronuncia sulla richiesta di modifica entro il termine fissato e, in caso di adesione, è tenuto ad integrare la documentazione nei successivi quindici giorni. La richiesta di cui al presente comma sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di cui al comma 3.

5. Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.

6. Nell'ipotesi in cui, ai fini della realizzazione dell'intervento, sia necessario acquisire atti di assenso, comunque denominati, di altre amministrazioni, diverse da quelle di cui all'articolo 5, comma 3, il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Qualora si tratti di opere pubbliche incidenti su beni culturali, si applica l'articolo 25 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

7. Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all'interessato, è adottato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio, entro quindici giorni dalla proposta di cui al comma 3, ovvero dall'esito della conferenza di servizi di cui al comma 6. Dell'avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all'albo pretorio. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio.

8. I termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.

9. Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto.

10. Il procedimento previsto dal presente articolo si applica anche al procedimento per il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, a seguito dell'approvazione della deliberazione consiliare di cui all'articolo 14.

10-bis. Il termine per il rilascio del permesso di costruire per gli interventi di cui all'articolo 22, comma 7, è di sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda (13).

 

--------------------------------------------------------------------------------

(13) Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2003, n. 16).

(omissis)

Capo III - Denuncia di inizio attività

(omissis)

Art. 22. (L)

Interventi subordinati a denuncia di inizio attività.

(decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, commi 7, 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come modificato dall'art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 10 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669; decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, art. 11, convertito, con modifiche, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135; decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, in part. articoli 34 ss, e 149)

 

1. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

2. Sono, altresì, realizzabili mediante denuncia di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tali denunce di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività:

a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);

b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall'atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseverata l'esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;

c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

4. Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l'àmbito applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti. Restano, comunque, ferme le sanzioni penali previste all'articolo 44.

5. Gli interventi di cui al comma 3 sono soggetti al contributo di costruzione ai sensi dell'articolo 16. Le regioni possono individuare con legge gli altri interventi soggetti a denuncia di inizio attività, diversi da quelli di cui al comma 3, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e parametri per la relativa determinazione.

6. La realizzazione degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica-ambientale, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell'àmbito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

7. È comunque salva la facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1 e 2, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui all'articolo 16, salvo quanto previsto dal secondo periodo del comma 5. In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44 ed è soggetta all'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 37 (14).

--------------------------------------------------------------------------------

(14) Articolo così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2003, n. 16).

(omissis)


 

D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. (Testo A) (art. 9)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 agosto 2001, n. 189, S.O.

(2) Il presente testo unico, rettificato con Comunicato 14 settembre 2001 (Gazz. Uff. 14 settembre 2001, n. 214), raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325 e nel D.P.R. 8 giugno 2001, n. 326. Tali disposizioni sono contrassegnate nel testo, rispettivamente, con le lettere "L" ed "R".

(3) Il termine di entrata in vigore del presente testo unico è stato prorogato prima al 30 giugno 2002, dall'art. 5, D.L. 23 novembre 2001, n. 411 e poi al 31 dicembre 2002 dall'art. 5, comma 3, L. 1° agosto 2002, n. 166. Vedi, anche, i commi 2 e 4 del medesimo articolo. Successivamente lo stesso termine è stato ulteriormente prorogato al 30 giugno 2003 dall'art. 3, D.L. 20 giugno 2002, n. 122, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione. L'art. 1-sexies, D.L. 29 agosto 2003, n. 239, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e modificato dal comma 12 dell'art. 2, L. 27 luglio 2004, n. 186 e dal comma 25 dell'art. 1, L. 23 agosto 2004, n. 239, ha disposto che le norme del presente testo unico si applichino alle reti energetiche a decorrere dal 31 dicembre 2004. Per l'espropriazione dei beni culturali vedi l'art. 95, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

(4) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- Ministero dell'interno: Circ. 26 ottobre 2001, n. 68.

 

 

Capo II - La fase della sottoposizione del bene al vincolo preordinato all'esproprio

(omissis)

Art. 9. (L)

Vincoli derivanti da piani urbanistici.

1. Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un opera pubblica o di pubblica utilità. (L)

2. Il vincolo preordinato all'esproprio ha la durata di cinque anni. Entro tale termine, può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. (L)

3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (L) (15).

4. Il vincolo preordinato all'esproprio, dopo la sua decadenza, può essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1 e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard. (L) (16).

5. Nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all'esproprio, il consiglio comunale può motivatamente disporre o autorizzare che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale. In tal caso, se la Regione o l'ente da questa delegato all'approvazione del piano urbanistico generale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del Consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del Consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l'efficacia. (L) (17).

6. Salvo quanto previsto dal comma 5, nulla è innovato in ordine alla normativa statale o regionale sulla adozione e sulla approvazione degli strumenti urbanistici. (L) (18).

 

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(15) Comma prima rettificato con Comunicato 14 settembre 2001 (Gazz. Uff. 14 settembre 2001, n. 214), e poi così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302.

(16) Comma così rettificato con Comunicato 14 settembre 2001 (Gazz. Uff. 14 settembre 2001, n. 214).

(17) Comma prima rettificato con Comunicato 14 settembre 2001 (Gazz. Uff. 14 settembre 2001, n. 214, e poi così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302.

(18) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302.

(omissis)

 



[1]     Nel documento consegnato dall’INU (Istituto nazionale di urbanistica) nel corso dell’audizione del 23 febbraio 2004 (XIV legislatura) presso l’VIII Commissione della Camera (disponibile all’indirizzo www.inu.it/download_eventi/nuova_legge_urban/INUxaudizione23F.doc) in occasione dell’esame della pdl 3860, si osserva, infatti, che le citate sentenze della Corte Costituzionale chiariscono che la "urbanistica" fa parte del "governo del territorio", ma proprio per questo "far parte" evidentemente non lo esaurisce. E d'altronde è proprio questa natura più ampia del "governo del territorio” rispetto alla "urbanistica" tradizionalmente intesa, che giustifica, legittima e richiede necessariamente una legislazione statale di principi e di indirizzi.

[2]     L’accezione ampia dell’espressione governo del territorio – e la sua stretta interconnessione con la materia ambientale – è un dato non solo acquisito dalla dottrina, ma anche ricavabile (implicitamente) dalla normativa vigente.

[3]     Disponibile all’indirizzo:

www.inu.it/download_eventi/nuova_legge_urban/05audizione_Senato.doc.

[4]www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=SommComm&leg=14&id=00148909&offset=526&length=14687&parse=no&stampa=si.

[5]     Nel corso dell’audizione informale del 24 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione della Camera.

[6]     Sul concetto di “area vasta” e sulla difficoltà di definirlo in modo preciso si veda l’articolo di A. Delpiano e M. Pompilio, Area vasta e pianificazione provinciale, all’indirizzo internet www.inu.it/attivita_inu/download/Documenti%20Congresso%20AN/Risposta_a_Savarese.pdf.

[7]     Secondo quanto emerso nel corso del seminario INU “Un nuovo passo per la riforma urbanistica”, Roma 15 settembre 2005, una delle principali ragioni d’esistenza del piano strutturale (distinto da quello operativo) è quello di “definire uno strumento avente la funzione di raccordo e unificazione delle diverse politiche settoriali di tutela dell’ambiente e dei valori culturali, sociali e paesaggistici del territorio”.

[8]     http://www.inu.it/riforma_urbanistica/LeggediPrincipi3gennaio2007.doc.

[9]     Documento presentato nel corso dell’audizione del 23 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione (www.inu.it/download_eventi/nuova_legge_urban/INUxaudizione23F.doc).

[10]    E. Amante, www.inu.it/sezioniregionali/toscana/download/Contributo_Amante.doc.

[11]    Documento presentato nel corso dell’audizione del 23 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione (www.inu.it/download_eventi/nuova_legge_urban/INUxaudizione23F.doc).

[12]    Per il significato dell’espressione “area vasta” vedi quanto riportato cl commento all’articolo 2, in materia di definizioni.

[13]    Documento presentato nel corso dell’audizione del 23 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione (www.inu.it/download_eventi/nuova_legge_urban/INUxaudizione23F.doc).

[14]    Si veda ad es. il documento presentato dall’ANCI nel corso dell’audizione del 24 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione della Camera.

[15]    Documento presentato dal Coordinamento interregionale urbanistica nel corso dell’audizione del 24 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione della Camera. Le stesse opinioni sono state espresse nel corso dell’iter dell’AC 3860/XIV (http://www.awn.it/AWN/download/ARCHIVIO.pdf).

[16]    Si vedano in proposito, ad esempio, G. Alpa, M. Bessone e A. Fusaro, Proprietà edilizia, diritto urbanistico e facoltà di edificare. Una antologia di orientamenti, all’indirizzo web www.ambientediritto.it/dottrina/dottrina 2003/Propriet%C3%A0_edilizia_urbanistica.htm.

[17]    Numerosi autori, tra cui, Campos Venuti, sottolineano che, sebbene di durata indeterminata, il piano strutturale andrebbe comunque riformulato dopo non più di quindici anni (Urbanistica e Informazioni, n. 190, luglio-agosto 2003).

[18]    Per una panoramica sullo stato e i contenuti della legislazione regionale, si vedano i paragrafi del Rapporto dal territorio 2005 dell’INU dal titolo I Soggetti e i Piani (www.rapportodalterritorioinu.it/Pagine separate/Soggetti_Piani.pdf) e Disciplina della Pianificazione e Governo del Territorio (www.rapportodalterritorioinu.it/Pagine separate/Disciplina_Pianificazione.pdf). Un’analisi più approfondita si ritrova invece nel documento Leggi regionali e riforma nazionale - Sintesi dei rapporti curati dagli INU regionali (www.inu.it/download_eventi/nuova_legge_urban/alemagna_sintesi.pdf).

[19]    Si veda ad esempio il documento presentato dall’INU il 23 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione (www.inu.it/download_eventi/nuova_legge_urban/INUxaudizione23F.doc).

[20]    Si veda ad esempio il documento presentato dall’ANCI nel corso dell’audizione del 24 febbraio 2004 presso l’VIII Commissione della Camera.

[21]    Deve qui ricordarsi che lo strumento degli standard fu introdotto dalle legge 6 agosto 1967, n. 765 (cd. legge-ponte) al fine di porre rimedio ai fenomeni di speculazione edilizia, contrassegnati dalla realizzazione di nuovi quartieri residenziali privi delle necessarie opere di urbanizzazione. Con siffatto strumento il legislatore ha imposto il rispetto di un rapporto minimo inderogabile tra la cubatura dei nuovi fabbricati e la consistenza delle infrastrutture di zona: e la concreta determinazione di detto rapporto è stata rimessa al D.M: n. 1444 del 1968.

Al riguardo, va pure aggiunto che la giurisprudenza è costante nel ritenere che il citato D.M. n. 1444 stabilisca semplicemente le percentuali minime di standard da assicurare, in sede di pianificazione generale, alle singole zone dell’abitato, con la conseguenza che l’amministrazione può discrezionalmente fissare percentuali maggior, purchè siano contenute nei limiti della ragionevolezza (cfr. Consiglio di Stato, sez.IV, 17/11/1981, n. 877; Id. sez. IV, 9/4/1984, n. 226; Id., sez. IV, 30/11/1988, n. 905).

[22]    Esistono, infatti, servizi forniti attraverso le reti, servizi prestati a domicilio e servizi prestati in maniera indiretta (attraverso bonus o attraverso sconti fiscali).

[23]    Sul significato attribuito al termine perequazione si rinvia al commento all’articolo 9 della pdl 438. Secondo  la decisione del Consiglio di Stato, IV, 26 maggio 2006, n. 3198, “attraverso lo strumento della c.d. perequazione urbanistica l’Amminsitrazione persegue l’obiettivo di neutralizzare, rispetto al regime di suoli aventi la medesima destinazione, l’incidenza della sua pianificazione, in modo da far gravare in pari misura sui diversi proprietari coinvolti le scelte di pianificazione riguardanti la soddisfazione dei bisogni collettivi ed in particolare l’allocazione degli standard. A tal fine i singoli lotti omogenei sono aggregati in comparti ai quali è assegnato un indice territoriale convenzionale e quindi una potenzialità edificatoria della quale beneficiano pro quota tutti i proprietari, ivi compresi quelli delle aree che dovranno essere gratuitamente cedute dall’Amministrazione”.

[24]    In tal senso anche B. Delfino, Il Governo del territorio tra politica ed amministrazione, con particolare riferimento alla pianificazione territoriale ed urbanistica con finalità anche paesaggistiche, Rivista giuridica di urbanistica n. 4/2006.

[25]    Cfr. P. Stella Richter, I principi del diritto urbanistico, Milano, 2002.

[26]    Si vedano i contributi di A. Police A., Gli strumenti di perequazione urbanistica: magia evocativa dei nomi, legalità ed effettività, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2004 e G. Giovannelli, Perequazione urbanistica e costruzione della città pubblica, XXVI Congresso nazionale INU, Ancona, aprile 2008, consultabile all’indirizzo

http://www.inu.it/attivita_inu/download/Documenti%20Congresso%20AN/Risposta_call/Gianluca_Giovannelli.pdf.  

[27]    P. Urbani, Perequazione urbanistica e nuovi scenari legislativi, consultabile all’indirizzo http://www.perequazioneurbanistica.it/documenti/purbani.pdf. In un altro articolo dello stesso autore “I problemi giuridici della perequazione urbanistica” (Rivista giuridica di urbanistica n. 4/2002) si sottolinea, tra l’altro, come l’istituto della perequazione incida su materia di diritto civile, quindi di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117 Cost. “Occorre chiedersi se la previsione del modello perequativo generalizzato e a priori rientri nella competenza legislativa delle regioni. Si potrebbe pensare, infatti, che tale modello in realtà configuri un regime generale statale della proprietà immobiliare, riconducibile come tale alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost. in materia di ordinamento civile, che da molti è stato letto alla stregua del vecchio limite del diritto privato. E’ anche vero che vi sono margini per una lettura meno arroccata della materia di ordinamento civile, ma attenendosi alla prima impressione, parrebbe necessario l’intervento di una disciplina legislativa statale per dare legittimazione al sistema perequativo, specie se portato all’eccesso come nell’ultimo modello esposto. Né d’altronde abbiamo in materia il conforto della giurisprudenza, mai espressasi su questo profilo…”.

[28]    G. Ciaglia, Della compensazione urbanistica ovvero di come rivoluzionare l`urbanistica senza che nessuno se ne accorga, Rivista giuridica di urbanistica : trimestrale di giurisprudenza, dottrina e legislazione, Anno 2005, fasc. 3, p. 446-463. P. Urbani, Conformazione della proprietà, diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei suoli, all’indirizzo http://www.astrid-online.it/Gli-osserv/llpp/P_Urbani_Conformazione-della-proprie.pdf.

[29]    Si veda ad esempio A.Chierichetti in: Urbanistica Informazioni, n. 190, luglio-agosto 2003.

[30] www.comune.venezia.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/D.a0538c43303a2589430e/P/BLOB:ID%3D2289

[31]    Si ricorda che il Codice dei beni culturali e paesaggistici è stato recentemente modificato dal d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 al fine di un più completo recepimento della Convenzione europea del paesaggio e delle indicazioni della sentenza della Corte costituzionale n. 367 del 2007, relative alla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni rispetto alla tutela del paesaggio (artt. 133 e seguenti).

[32]    Le norme indicate sono state impugnate da tre regioni dinanzi alla Corte costituzionale, in quanto giudicate lesive della competenza residuale delle regioni in materia edilizia e, in via subordinata, della competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio. La Corte, con la sentenza n. 303 del 2003, ha chiarito in senso positivo i dubbi sulla ammissibilità – dopo la riforma del Titolo V della Costituzione - di norme statali che disciplinino i titoli abilitativi all’attività edilizia. Nella citata sentenza la Corte ha affrontato, tra le altre, la questione della legittimità costituzionale dei commi da 6 a 12 e del comma 14 dell’art. 1 della legge n. 443 del 2001 che disciplinano i titoli abilitativi all’esercizio dell’attività edilizia. Nelle more del giudizio, è intervenuto l’art. 13, comma 7, della legge n. 166 del 2002, che ha modificato il citato comma 12, attribuendo in particolare alle Regioni a statuto ordinario la facoltà di ampliare o ridurre le categorie di opere per le quali è prevista la denuncia di inizio attività. In tal senso hanno operato, successivamente all’agosto 2002, numerose regioni.

[33]    Si ricordano, ad esempio, alcune norme volte a favorire lo sblocco degli interventi costruttivi con finalità pubbliche e a garantire ad essi maggiore efficienza e produttività, inserite nella legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007):

§          l’adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico (art. 2, commi 276 e 277);

§          l’avvio di un programma straordinario di edilizia penitenziaria, per il quale è stata autorizzata una spesa complessiva di 70 milioni di euro (art. 2, comma 278);

§          l’avvio di un programma di interventi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico (commi 279 e 280).

Viene, inoltre, stabilito che gli stanziamenti destinati agli interventi sopra indicati siano subordinati a verifiche energetiche e che gli stessi interventi prevedano misure significative di efficienza energetica, di produzione di energia da fonti rinnovabili rinnovabile e di risparmio idrico (art. 2, comma 281).

Nella stessa legge finanziaria sono state inserite anche una serie di disposizioni di carattere fiscale volte a favorire la locazione.

[34]    La proroga della detrazione IRPEF viene fissata in misura pari al 36 per cento delle spese di ristrutturazione sostenute e comunque per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare e spetta solo se risulta evidenziato in fattura il costo della relativa manodopera. In merito, quindi, all’IVA agevolata, essa consiste nell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta 10 per cento, in luogo dell’aliquota ordinaria del 20 per cento, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.

[35]    Seduta della VIII Commissione (Ambiente) del 19 gennaio 2005.

[36]    Seduta della VIII Commissione (Ambiente) del 3 marzo 2004.

[37]    Seduta della VIII Commissione (Ambiente) del 19 gennaio 2005.

[38]    Il P.R.G. diventa efficace allorquando sia stata espletata, a seguito dell'approvazione da parte della regione o della provincia, la procedura di pubblicazione relativa; il medesimo discorso vale per la variante. Per gli altri provvedimenti l'efficacia si consegue con la definizione del relativo procedimento.

[39]    La reiterazione può riguardare i soli vincoli posti con il piano urbanistico generale e con la relativa variante e non con gli altri provvedimenti (per esempio, conferenza di servizi) comportanti varianti allo strumento urbanistico. Inoltre, la reiterazione deve riguardare l'opera originariamente prevista.

[40]    Il testo della sentenza è consultabile all’indirizzo http://www.giurcost.org/decisioni/1999/0179s-99.html

[41]    Con il regolamento (CE) n. 614/2007 del 23 maggio 2007 è stato istituito un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+), inteso a riunire gran parte dei precedenti programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza.

[42]    Con decisione n. 1982/2006/CE del 18 dicembre 2006è stato istituito il Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013).

[43]    Il piano d’azione è stato presentato dalla Commissione nella comunicazione del 28 gennaio 2004 “Incentivare le tecnologie per lo sviluppo sostenibile: piano d’azione sulle tecnologie ambientali per l’Unione europea “ (COM(2004)38) in cui vengono individuate undici azioni prioritarie con cui la Commissione, i governi nazionali e regionali, l’industria e gli altri soggetti interessati potranno promuovere lo sviluppo e l’adozione delle tecnologie ambientali. Il piano d’azione è stato approvato dal Consiglio europeo di primavera del 25-26 marzo 2004. In ordine all’attuazione del piano d’azione, è stato creato un Gruppo di lavoro ad alto livello composto dai rappresentati degli Stati membri e presieduto dalla Commissione.

[44]    COM (2005) 565.

[45]             Procedura 2005/640 causa C-69/07.

[46]    Con il parere motivato del 13 dicembre 2005, la Commissione ha invitatol’Italiaad adottare i provvedimenti necessari entro due mesi a decorrere dal suo ricevimento.