Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Rapporto finale sul futuro dell'UEM
Serie: Documentazione per le Commissioni - Attività dell'Unione europea    Numero: 227
Data: 11/12/2012
Descrittori:
MONETA EUROPEA O EURO   UNIONE ECONOMICA E MONETARIA (UEM)

11 dicembre 2012

 

n. 227

Rapporto finale sul futuro dell’UEM

 

Il 6 dicembre 2012 il Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha presentato il rapporto finale sul futuro dell’Unione economica e monetaria, elaborato - su richiesta del Consiglio europeo del 28-29 giugno scorso - in collaborazione con il Presidente della Commissione europea, Barroso, il Presidente dell’Eurogruppo, Juncker, e il Presidente della BCE, Draghi.

Il rapporto, che sarà esaminato al Consiglio europeo del 13-14 dicembre, stabilisce una tabella di marcia per "la creazione di un’autentica Unione economica e monetaria" e tiene conto delle indicazioni contenute nella comunicazione (cd. blueprint) della Commissione europea “Piano per una UEM autentica e approfondita – Avvio del dibattito europeo”, presentata il 30 novembre 2012.

In particolare, il rapporto prevede tre fasi temporali, ciascuna delle quali correlata ad obiettivi ed interventi specifici:

Fase 1 (fine 2012-2013): assicurare la sostenibilità finanziaria e rompere il circolo vizioso tra debito sovrano e crisi del sistema creditizio.

A tale fine, il rapporto indica come prioritari:

-  il completamento del nuovo quadro di governance economica dell’UE (attraverso l’attuazione del six pack e del fiscal compact, nonché la definitiva approvazione delle ulteriori proposte di modifica, cd. two pack);

-  l’introduzione di un quadro sistematico per il coordinamento ex ante delle riforme più importanti in materia di politica economica, come previsto dall’art. 11 del fiscal compact;

-  l’istituzione di un sistema unico di vigilanza bancaria - sulla base delle proposte legislative presentate il 12 settembre scorso – e l’approvazione definitiva delle proposte in materia di requisiti di capitale delle banche (cd. Basilea 3);

-  l’accordo sulla proposta di direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (COM(2010)369);

-  l’elaborazione di una procedura operativa per consentire -come richiesto dal Consiglio europeo di giugno 2012 - la possibilità di ricapitalizzare direttamente le banche attraverso Meccanismo europeo di stabilità (European stability mechanism, ESM).

·         Fase 2 (2013-2014): completare il quadro finanziario integrato e promuovere politiche strutturali solide

Sono previsti due interventi essenziali:

-  l’istituzione di un’autorità comune di risoluzione delle crisi bancarie;

-  la creazione di un meccanismo per rendere più forte il coordinamento, la convergenza e l’attuazione delle politiche strutturali mediante accordi di natura contrattuale tra gli Stati membri e le istituzioni dell’UE. Sulla base di una valutazione caso per caso, tali programmi di riforme strutturali potrebbero essere sostenuti da appositi contributi finanziari temporanei, flessibili e orientati sugli obiettivi, e come tali distinti dal quadro finanziario pluriennale – QFP - dell’UE (attualmente è in discussione il QFP 2014-2020).

 

·         Fase 3 (post 2014): rafforzare la resilienza dell’UEM attraverso un meccanismo centrale in grado di contrastare gli shock economico-finanziari a cui possono essere soggetti gli Stati membri

A tale fine si propone la realizzazione di:

-  una capacità di bilancio (fiscal capacity), sia pure limitata, dell’eurozona;

-  un livello più elevato di integrazione in materia di politiche economiche, in particolare nei settori della fiscalità e dell’occupazione.

Il rapporto è articolato sulla base dei quattro elementi fondamentali (building blocks) già individuati nel rapporto preliminare presentato al Consiglio europeo di giugno (vedi bollettino RUE “Preparazione del Consiglio europeo del 28-29 giugno”, del 27 giugno 2012), e ripresi nel rapporto intermedio di ottobre 2012 (vedi bollettino REU “Rapporto intermedio sul futuro dell’UEM”, del 15 ottobre 2012).

 


Cornice finanziaria integrata

Facendo seguito ad una specifica richiesta del Consiglio europeo di giugno il 12 settembre 2012 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte relative alla creazione di un sistema centralizzato di vigilanza sul settore bancario, comprendente:

·         una proposta di regolamento che conferisce poteri alla BCE per la vigilanza di tutte le banche della zona euro, nonché a quelle dei Paesi che vi aderiscano su base volontaria pur non avendo adottato la moneta unica. La BCE assolverebbe tali compiti in stretta cooperazione con le autorità di vigilanza nazionali e l'Autorità bancaria europea (ABE o EBA, secondo l’acronomico inglese comunemente utilizzato);

·         una proposta di regolamento che allinea il vigente regolamento istitutivo dell’Autorità bancaria europea  al nuovo assetto della vigilanza bancaria; in particolare, l'EBA continuerà ad elaborare le norme comuni applicabile a tutti i 27 Stati membri (single rule book) e  assicurerà che le prassi di vigilanza siano uniformi in tutta l'Unione;

·         una comunicazione che delinea la visione complessiva della Commissione per l'unione bancaria, comprese le prossime iniziative per l'istituzione di un  meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie.

In particolare, nella comunicazione la Commissione rileva la necessità di ulteriori misure per far fronte ai rischi specifici della zona euro, in cui l’accentramento delle competenze in materia di politica monetaria ha stimolato una forte integrazione economica e finanziaria e accresciuto la possibilità di effetti di ricaduta transfrontaliera in caso di crisi bancarie.

In particolare, il legame tra debito sovrano e debito bancario ha in taluni casi determinato un circolo vizioso, per cui è stato necessario utilizzare 4,5 miliardi di euro dei contribuenti per salvare le banche dell’UE. La crisi ha dimostrato che, sebbene essenziale, il semplice coordinamento tra le autorità di vigilanza non è sufficiente, in particolare nel contesto della moneta unica. Ad avviso della Commissione, è pertanto necessario un meccanismo decisionale comune. Al tempo stesso, è essenziale contenere il crescente rischio di frammentazione dei mercati bancari dell’UE, che compromette gravemente il mercato unico dei servizi finanziari e ostacola l’effettiva trasmissione della politica monetaria all’economia reale in tutta la zona euro.

La creazione di un sistema di vigilanza centralizzato costituirebbe pertanto il primo pilastro della futura unione bancaria unitamente:

·         al quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi, già oggetto di una proposta di direttiva presentata il 6 giugno 2012, in base alla quale gli Stati membri sarebbero tenuti a istituire un fondo di risoluzione ex ante finanziato dai contributi delle banche ed un meccanismo di prestiti obbligatori tra i sistemi nazionali;

·         all’approvazione della proposta di direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, presentata dalla Commissione europea nel 2010;

·         all’istituzione di un meccanismo unico europeo per la risoluzione delle crisi bancarie nell’area euro (e per gli altri Paesi aderenti alsistema di vigilanza unico) e per il coordinamento dell’applicazione degli strumenti di risoluzione alle banche. La Commissione intende presentare una proposta legislativa al riguardo una volta approvate quelle relative alla vigilanza  e ai sistemi nazionali di risanamento e risoluzione.

Il rapporto sul futuro dell’UEM ribadisce che Parlamento europeo e Consiglio dell’UE devono annettere priorità alla proposta di regolamento relativa ai poteri di vigilanza della BCE, con l’obiettivo di raggiungere un accordo – almeno sulla cornice giuridica – entro Il 1° gennaio 2013. I lavori preparatori per l’introduzione del sistema unico di vigilanza bancaria dovrebbero cominciare all’inizio del 2013, in modo che esso possa essere pienamente operativo al più tardi il 1° gennaio 2014. La cornice legale ed operativa per la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell’ESM (European stability mechanism) dovrebbe essere definita entro la fine di marzo 2013.

Inoltre, sottolinea l’opportunità di procedere rapidamente all’elaborazione del single rule book, inclusa l’approvazione entro fine 2012 delle nuove norme in materia di requisiti di capitale delle banche (Basilea 3). Auspica infine la rapida adozione delle proposte legislative in materia di armonizzazione dei fondi di risoluzione delle crisi bancarie e del sistema di garanzia dei depositi.

 

Nel suo blueprint del 28 novembre la Commissione rileva che meccanismo di risoluzione unico dovrà basarsi sui seguenti principi:

·         la necessità di interventi di risoluzione dovrebbe essere ridotta al minimo, grazie a rigorose norme prudenziali comuni e ad un migliore coordinamento della vigilanza nell’ambito del meccanismo unico;

·         quando l’intervento del meccanismo di risoluzione si rende necessario, gli azionisti e i creditori dovrebbero sostenere i costi della risoluzione prima della concessione di qualsiasi finanziamento esterno;

·         ogni risorsa aggiuntiva necessaria per finanziare il processo di ristrutturazione dovrebbe essere fornita da meccanismi finanziati dal settore bancario, invece di utilizzare il denaro dei contribuenti.

Quadro di bilancio integrato

Il rapporto - ribadito che, alla luce della crisi, le economie dell'area euro presentano una forte interdipendenza e le politiche di bilancio degli Stati membri costituiscono una questione di interesse comune - considera la creazione di un quadro di bilancio integrato un presupposto per la stabilità macroeconomica e la crescita sostenibile dell’area euro.

A questo scopo; il rapporto individua un intervento in due fasi.

Breve termine (fase 1)

A breve termine il rapporto chiede la concreta attuazione del nuovo sistema di governance economica dell’UE, basato sul six pack, il fiscal compact, ed il two pack (da approvare entro tempi brevi), che garantirebbe un coordinamento ex ante dei bilanci annuali dell'area euro e una sorveglianza rafforzata sugli Stati che registrano difficoltà.

Medio termine (fase 2)

A medio termine si prevede la creazione di una capacità fiscale autonoma del’UEM, che potrebbe assumere la forma di una meccanismo di mutua assicurazione tra i Paesi dell’eurozona per affrontare gli shock economici, agendo in funzione complementare al’ESM.

Al riguardo, il rapporto rileva che, normalmente, in un’area con una moneta unica, le crisi economiche vengono affrontate per il tramite di opportuni aggiustamenti in materia di mobilità del lavoro e del capitale, flessibilità dei costi e dei prezzi, tassazione. Viceversa, nell’eurozona questi elementi risultano rigidi e dunque può essere utile introdurre uno strumento comune che possa attenuare gli effetti della crisi (shock absorption function) in un Paese membro e, nel contempo, evitare il contagio in tutta l’area euro.

Accordi di natura contrattuale

Nel rapporto si fa riferimento alla creazione di un meccanismo per rendere più forte il coordinamento, la convergenza e l’attuazione delle politiche strutturali mediante accordi di natura contrattuale tra gli Stati membri e le istituzioni dell’UE. Tali accordi potrebbero essere supportati, in alcuni casi specifici, da incentivi limitati, temporanei, flessibili e orientati sull’obiettivo, e sarebbero obbligatori per il Paesi dell’eurozona e facoltativi per gli altri Paesi membri dell’UE. Il rapporto prende atto che la Commissione europea intende presentare una proposta sulle modalità operative che disciplineranno tali accordi e il relativo finanziamento.

L’attuazione degli accordi contrattuali agevolerebbe la realizzazione di un percorso di convergenza che dovrebbe condurre, nella terza fase, alla creazione di una capacità di bilancio (fiscal capacity) autonoma per l’eurozona.

In assenza di specifiche proposte della Commissione al riguardo, che dovrebbero essere presentate successivamente, non appare peraltro chiaro quale sarebbe la forma e il valore giuridico di tali accordi, che costituirebbero in ogni caso una innovazione nell'ordinamento europeo.

La stipulazione di "contratti" tra Commissione e Stati membri (ed eventualmente anche altri soggetti infrastatuali) è invero prevista anche dalle proposte relative alla disciplina dei fondi strutturali 2014-2020, sotto forma di contratti di partenariato; si tratta tuttavia in tal caso di accordi che sarebbero espressamente previsti da un atto legislativo (regolamento generale sui fondi strutturali) ed adottati con una decisione della Commissione europea e che riguarderebbero la concreta erogazione degli stanziamenti dei fondi strutturali in ciascuno Stato membro.

I citati accordi di natura contrattuale con i quali gli Stati membri si impegnano ad attuare le riforme strutturali concordate con le Istituzioni dell’UE dovrebbero impedire che gli Stati stessi, in presenza di una garanzia comune, siano indotti ad assumere condotte improntate all’azzardo morale che possano mettere a rischio le finanze pubbliche. Nella fase di transizione verso una capacità fiscale autonoma, si potrebbe prevedere, come accennato, l’utilizzo di sostegni finanziari temporanei e flessibili per promuovere le riforme strutturali nei singoli Paesi. Inoltre, l’utilizzo della shock absorption function potrebbe essere modulato a seconda della conformità degli Stati membri ai programmi concordati negli accordi contrattuali.

Opzioni per la shock absorption function

La shock absorption function potrebbe assumere la forma di una assicurazione tra i Paesi dell’eurozona. A differenza dell’ESM, che è stato istituito come strumento di gestione delle crisi, ma non ha le caratteristiche per svolgere una funzione di intervento rapido, l’assorbimento degli shock asimmetrici rappresenterebbe invece una forma, sia pur limitata, di solidarietà fiscale, rafforzando la resilienza dell’UEM nel suo complesso. I contributi versati e ricevuti dai singoli Stati varierebbero in funzione della loro posizione nel ciclo economico, secondo due possibili approcci:

·         il primo, macroeconomico, in base al quale contributi e versamenti si baserebbero sulle variazioni di entrate e spese, o su indicatori dell’attività economica;

·         il secondo, microeconomico, sarebbe correlato a specifiche funzioni pubbliche sensibili al ciclo economico, quali ad esempio gli ammortizzatori sociali contro la disoccupazione. In questo caso, i contributi/benefici da/verso la capacità fiscale dipenderebbero direttamente dagli sviluppi nel mercato del lavoro, e l’intervento europeo sostituirebbe le risorse nazionali destinate a tale scopo.

Pertanto, ciascun Paese potrebbe risultare di volta in volta contributore netto o beneficiario netto, a seconda del proprio ciclo economico.

Il rapporto precisa che, indipendentemente dall’approccio scelto, e dai criteri e parametri che definiranno la dimensione della capacità di bilancio, essa non dovrà comportare un aumento della spesa pubblica o della pressione fiscale nell’ambito dell’area euro.

Nel blueprint Commissione europea rileva che le modifiche dei Trattati necessarie per creare le basi giuridiche di una capacità fiscale con funzione di stabilizzazione dovrebbero:

·         introdurre una base giuridica esplicita che permetta di istituire un fondo capace di servire obiettivi più ampi di quelli attualmente previsti dall’articolo 136[1] del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), anche ai fini della stabilizzazione macroeconomica;

·         introdurre una corrispondente procedura specifica di bilancio e per le risorse proprie;

·         introdurre a livello di Unione un nuovo potere impositivo o un potere di generare entrate indebitandosi sui mercati (opzione attualmente vietata dagli articoli 310 e 311 del TFUE);

·         introdurre una struttura simile a un “Tesoro” dell’UEM in seno alla Commissione;

·         permettere infine ad altri Stati membri che lo desiderino di aderire liberamente a questa capacità fiscale, come tappa preparatoria all’adesione alla zona euro.

Emissioni comuni di debito

Le risorse da conferire alla fiscal capacity potrebbero pervenire da contributi degli Stati membri, da un sistema di risorse proprie (come per il bilancio dell’UE) o da una combinazione di entrambi. In una prospettiva d più lungo periodo si potrebbe valutare la possibilità di attribuire alla fiscal capacity la facoltà di contrarre prestiti, attraverso emissioni comuni di debito che tuttavia non si traducano in una mutualizzazione dei debiti sovrani esistenti.

Nel blueprint la Commissione riprende l’idea del fondo di redenzione (European redemption fund, ERF.

L’ERF è stato proposto dal Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca e sostenuto a più riprese dal Parlamento europeo: nel Fondo confluirebbe l’importo dei debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona per la parteeccedente il 60% del PIL; L’ERF emetterebbe titoli per una durata massima di 20-25 anni garantiti dal gettito delle imposte riscosse a livello nazionale e da asset pubblici - in particolare, riserve auree e di valuta estera - dei Paesi assistiti.

Ad avviso della Commissione, creazione di un tale fondo di rimborso del debito potrebbe essere ipotizzabile solo nel contesto di una revisione dei vigenti trattati: la norma da introdurre nel trattato dovrebbe consentire la creazione del fondo mediante decisione del Consiglio, adottata all’unanimità degli Stati membri della zona euro con l’accordo del Parlamento europeo e soggetta a ratifica da parte degli Stati membri ai sensi delle rispettive norme costituzionali. La decisione stabilirebbe il volume massimo, la durata e le condizioni di partecipazione al fondo. Un organismo europeo di gestione del debito in seno alla Commissione, responsabile nei confronti del Parlamento europeo, gestirebbe i fondi conformemente alle norme fissate nella decisione del Consiglio .

Un’altra soluzione suggerita dalla Commissione per favorire l’integrazione dei mercati finanziari della zona euro e in particolare per stabilizzare i volatili mercati del debito pubblico è quella degli “euro-BOT” (o eurobills), titoli di debito con durata fino a 1-2 anni che potrebbero sostituire gradualmente l’attuale debito a breve termine dei singoli Stati senza aumentare l’importo complessivo del debito nazionale a breve termine della zona euro.

L’attuazione di un tale strumento di debito comune richiederebbe un più stretto coordinamento ed una maggiore sorveglianza della gestione del debito degli Stati membri, al fine di assicurare politiche di bilancio nazionali sostenibili ed efficienti. Questa funzione di controllo e di gestione potrebbe essere svolta da un “Tesoro” dell’UEM in seno alla Commissione.

Golden rule sugli investimenti

Dovrebbe essere approfondita l’ipotesi di introdurre una regola aurea (golden rule) che consenta di scorporare i costi per investimento dal calcolo del deficit pubblico, sulla base delle disposizioni in vigore del six pack e del fiscal compact.

Nel blueprint la Commissione europea sottolinea che “sta valutando l’incidenza delle forti restrizioni di bilancio sulla spesa pubblica a favore della crescita e sugli investimenti pubblici. In tale contesto, la zona euro deve garantire che gli investimenti siano mantenuti a livelli sufficienti per creare condizioni generali favorevoli all’aumento della competitività e contribuire alla crescita e all’occupazione.” Inoltre, in base alla nuova disciplina del Patto di stabilità introdotta con il six pack, “a determinate condizioni, programmi di investimenti pubblici straordinari con un impatto certo sulla stabilità delle finanze pubbliche possono esser considerati una deviazione temporanea dall’obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo”, e come tali ammessi. Tuttavia, in un altro passaggio si precisa che “disposizioni specifiche sui progetti di investimento non vanno confuse con la “regola aurea”, che introduce una deroga permanente per tutti gli investimenti pubblici, perché un tale approccio indiscriminato potrebbe mettere facilmente in pericolo l’obiettivo principale del patto di stabilità e crescita e compromettere la sostenibilità del debito pubblico.”

Dipartimento del tesoro UE

Infine, l’introduzione della capacità di bilancio richiederebbe l’istituzione di un Dipartimento del tesoro dell’UE, con competenze chiaramente definite.

Nell’ottica del blueprint della Commissione, questa struttura, dovrebbe essere guidata da un membro importante della Commissione, quale il Vicepresidente responsabile per gli Affari economici e finanziari e per l’euro, adeguatamente coordinato con il commissario responsabile per il Bilancio, e dovrebbe essere sostenuta da appropriate strutture collegiali.

Cornice integrata di politica economica

Promuovere le riforme strutturali attraverso accordi di natura contrattuale

Oltre al completamento del mercato unico, il buon funzionamento dell’UEM richiede anche un coordinamento e una convergenza più incisivi in tema di politiche economiche. I citati accordi individuali di natura contrattuale,vincolanti per i Paesi dell’eurozona e facoltativi per gli altri,dovrebbero mirare a sciogliere i nodi (bottlenecks) istituzionali, settoriali e microeconomici, e promuovere la competitività. Pertanto, dovranno essere calibrati sulle esigenze specifiche di ciascun Paese (ad esempio, un mercato del lavoro che agevoli l’occupazione giovanile, l’ammodernamento del sistema giudiziario civile, etc.).

Gli accordi, coprirebbero un arco temporale variabile a seconda delle misure da adottare (e comunque pluriennale), dovrebbero prevedere una certa flessibilità per adattarli al sopravvenire di eventuali crisi. Inoltre, come già menzionato, potrebbero essere supportati da sostegni finanziari temporanei, flessibili e orientati sugli obiettivi (che verrebbero ritirati i caso di mancato rispetto dell’accordo).

Nel blueprint la Commissione precisa che  per realizzare questo meccanismo di sostegno finanziario potrebbe essere creato un apposito strumento finanziario, in linea di principio nell’ambito del bilancio UE. Lo strumento sarebbe istituito mediante un atto di diritto derivato come parte integrante della procedura per gli squilibri macroeconomici, e quindi essere basato sull’articolo 136 del TFUE. In alternativa si potrebbe prevedere il ricorso all’articolo 352[2] del medesimo TFUE, se necessario mediante cooperazione rafforzata.

I contributi finanziari necessari per lo strumento potrebbero essere basati su un impegno degli Stati membri della zona euro o su un obbligo giuridico in tal senso sancito nella normativa UE sulle risorse proprie. I contributi sarebbero inseriti nel bilancio UE come entrate con destinazione specifica e, come tali, non sarebbero soggetti ai massimali fissati nel regolamento che stabilisce il quadro finanziario pluriennale. Solo gli Stati membri contribuenti potrebbero concludere un accordo contrattuale con la Commissione e beneficiare del sostegno finanziario.

Al fine di evitare incongruenze, gli accordi  sarebbero inquadrati nel processo del semestre europeo di coordinamento ex ante delle politiche economiche: pertanto, sarebbero coerenti con le raccomandazioni specifiche per Paese in materia di politica economica, e  - nel caso di un Paese sottoposto a procedura per squilibri macroeconomici eccessivi (prevista dal six pack) – costituirebbero, di fatto, il piano correttivo per sanare gli squilibri.

Poiché l’attuazione di riforme strutturali richiede una forte responsabilità a livello nazionale e un’ampia legittimazione democratica, le parti contraenti (Stati membri e Istituzioni UE) dovrebbero informare regolarmente il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sullo stato di implementazione dei programmi: a tal fine, occorrerebbe stabilire ex ante un piano dettagliato, comprendente scadenze e obiettivi misurabili. Cambiamenti significativi sul piano economico o politico (ad es., un cambio di governo), potrebbero determinare una rinegoziazione degli accordi.

Il rispetto degli accordi contrattuali potrebbe infine costituire il pre-requisito per l’accesso alle risorse della fiscal capacity.

Nel blueprint la Commissione rileva che il nuovo sistema si baserebbe sul vigente quadro di sorveglianza UE, vale a dire la procedura per la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici. Gli accordi sarebbero negoziati tra i singoli Stati membri e la Commissione, discussi nell’Eurogruppo e conclusi dalla Commissione con lo Stato membro.

A medio termine, la Commissione ritiene che occorrerebbe rafforzare ulteriormente il coordinamento di bilancio (compresa la possibilità di richiedere una revisione dei bilanci nazionali in linea con gli impegni europei), estendere il coordinamento rafforzato alle politiche in materia di fiscalità e di occupazione e creare una vera capacità fiscale autonoma dell’UEM per sostenere l’attuazione delle scelte politiche derivanti dal maggiore coordinamento. Precisa tuttavia che alcuni di questi elementi richiedono la modifica dei Trattati.

Potrebbero essere prese in considerazione le seguenti possibilità:

·          in primo luogo, un obbligo a carico dello Stato membro di rivedere il suo progetto di bilancio nazionale se l’UE lo esige in caso di deviazione dagli obblighi in materia di disciplina di bilancio precedentemente fissati a livello UE. A tale scopo bisognerebbe rendere vincolante il parere sui bilanci nazionali previsto dal two-pack;

·         in secondo luogo, sulla base della procedura di controllo e di coordinamento più rigorosa prevista dal two-pack, in talune situazioni di particolare gravità - da definire - il diritto di imporre la revisione di singole decisioni di esecuzione del bilancio che comportino una grave deviazione dal percorso di risanamento del bilancio fissato a livello UE;

·         in terzo luogo, la chiara competenza dell’UE ad armonizzare le legislazioni nazionali in materia di bilancio (in linea con le disposizioni del fiscal compact) e ad adire la Corte di giustizia in caso di inosservanza.

 

Legittimità democratica e responsabilità

Il rapporto rileva che, in via di principio, il controllo democratico deve essere esercitato al livello in cui vengono assunte le decisioni. Dunque, il Parlamento europeo è responsabile per le misure decise a livello europeo, assicurando tuttavia un ruolo centrale anche ai Parlamenti nazionali.

Benché le decisioni sui bilanci nazionali siano una delle prerogative essenziali dei parlamenti nazionali, le disposizioni sulla legittimità democratica e la responsabilità dovrebbero assicurare che il comune interesse dell’unione venga tenuto nel dovuto conto: ad avviso del rapporto, i parlamenti nazionali “non sono nella migliore posizione per tenerne pienamente conto”. Ciò implica che una più ampia condivisione delle competenze a livello europeo debba essere accompagnata da un commisurato coinvolgimento del Parlamento europeo.

Per quanto concerne specificamente il quadro finanziario integrato, le nuove competenze attribuite alla BCE dovrebbero comportare obblighi di informazione e di reporting nei confronti dei parlamenti degli Stati membri partecipanti alla vigilanza bancaria unica.

Per ciò che riguarda la cornice di bilancio integrata, i Paesi membri dovrebbero assicurare il coinvolgimento dei rispettivi parlamenti nella elaborazione degli accordi contrattuali con le Istituzioni dell’UE.

In questo quadro, il rapporto suggerisce di compiere passi concreti per aumentare il livello di cooperazione tra PE e Parlamenti nazionali, sulla base di quanto disposto dall’art. 13 del Fiscal Compact e dal Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali allegato al Trattato sul funzionamento dell’UE.

L’art. 13 del fiscal Compact stabilisce che il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti determineranno insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti dei parlamenti nazionali e delle competenti Commissioni del PE.

Inoltre, dovrebbe essere approfondita la possibilità di assicurare sia nel Parlamento europeo sia nei Parlamenti nazionali un dibattito sulle raccomandazioni di politica economica adottate nel contesto del semestre europeo.

Per dare coerenza al quadro giuridico, sarebbe opportuno che gli strumenti attualmente fuori dalla cornice dell’UE (fiscal compact e trattato ESM) siano integrati nei trattati.

L’introduzione di una fiscal capacity implicherebbe ulteriori sfide in tema di legittimità democratica, che dipenderebbero in larga misura dalle caratteristiche del nuovo strumento.

La Commissione suggerisce che il Parlamento europeo partecipi alle discussioni sull’analisi annuale della crescita della Commissione, in particolare con due dibattiti in Parlamento in momenti chiave del semestre europeo, uno prima che il Consiglio europeo discuta l’analisi annuale della crescita e l’altro prima che il Consiglio adotti le raccomandazioni specifiche per Paese. Questa modifica potrebbe essere introdotta da un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione. La Commissione e il Consiglio potrebbero partecipare inoltre a riunioni interparlamentari tra i rappresentanti del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali da tenersi nel semestre europeo. Per facilitare il compito dei parlamenti nazionali, i membri della Commissione potrebbero poi, su richiesta dei primi, partecipare ai dibattiti parlamentari nazionali sulle raccomandazioni specifiche per paese dell’Unione.

Inoltre, la Commissione sottolinea che Parlamento europeo ha facoltà di adeguare la propria organizzazione interna in funzione di un’UEM più forte, istituendo per esempio una commissione speciale per le questioni riguardanti l’euro, preposta al controllo e all’iter decisionale della zona euro.  

Dal momento che l’UEM potrebbe evolvere verso una vera unione bancaria, fiscale ed economica, si dovrebbe prevedere l’adozione di una sistema di rappresentanza unica dell’UEM nelle sedi internazionali.

Su questo teme, la Commissione nel blueprint rileva, in particolare, che la rappresentanza della zona euro in seno al FMI andrebbe  rafforzata in due tempi. In un primo tempo occorrerebbe riorganizzare i raggruppamenti dei Paesi in seno all’FMI in modo da creare raggruppamenti della zona euro, estesi eventualmente anche ai futuri Stati membri dell’euro. In un secondo tempo, si dovrebbe  chiedere un seggio unico per la zona euro in seno agli organi dell’FMI (consiglio esecutivo e comitato monetario e finanziario internazionale). La Commissione intende presentare prossimamente preposte formali in tale senso, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 2, del TFUE.

Il sistema di governance, infine, richiederebbe un rinnovato dialogo con le parti sociali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

XVI legislatura – Documentazione per le Commissioni – Attività  dell’UE, n. 227, 11 dicembre 2012

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - *cdrue@camera.it)

 



[1] Che prevede la possibilità di rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio per i Paesi dell’eurozona.

 

[2] Tale art. prevede che se un'azione dell'Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai Trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai Trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate.