Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: I Giovani e le politiche per la crescita - Seconda edizione
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 279
Data: 14/11/2012
Descrittori:
DISOCCUPAZIONE GIOVANILE   GIOVANI
ISTRUZIONE     
Organi della Camera: XII-Affari sociali

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

I Giovani e le politiche per la crescita

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 279

Seconda edizione

 

 

14 novembre 2012

 


Servizi responsabili:

Servizio Studi

( 066760-3410 / 066760-3403 – * st_segreteria@camera.it

Servizio Biblioteca – Osservatorio della legislazione straniera

( 066760-2278 – * bib_segreteria@camera.it

 

 

 

 

 

 

File: AS0332

 


INDICE

1. Giovani e politiche di sostegno  3

§     1.1 La situazione dei giovani: dati demografici3

§     1.2 I Fondi7

§     1.3 Piano di Azione Coesione: II fase  13

2. Istruzione e formazione  15

§     2.1 La situazione dei giovani: dati statistici sull’istruzione a livello nazionale e comparato  15

§     2.2 Recenti politiche legislative  19

§     2.3 Strategia UE 2020 e programmazione degli interventi21

3. Giovani e lavoro  25

§     3.1 Occupazione giovanile  25

§     3.1.1 Il fenomeno dei NEET  27

§     3.2 Le politiche per l’occupazione giovanile nella legislatura in corso (i principali interventi normativi)30

4. L’imprenditorialità giovanile  37

§     4.1 I dati statistici sulle “imprese giovanili”37

§     4.2 Gli incentivi all’imprenditorialità giovanile  42

5. Le politiche in favore dei giovani nei principali paesi europei49

§     5.1 Francia  49

§     5.2 Germania  53

§     5.3 Regno Unito  57

§     5.4 Spagna  58

 

 


SIWEB

1. Giovani e politiche di sostegno

1.1 La situazione dei giovani: dati demografici

Popolazione

Dall’analisi della struttura per età della popolazione residente risulta evidente che gli italiani invecchiano: i bambini fino a 5 anni rappresentano il 5 per cento della popolazione mentre cresce la percentuale di over 65, pari nel 2010 al 10 per cento della popolazione.

Come molti processi demografici, l’invecchiamento della popolazione è un processo a crescita lenta ma costante e apparentemente incontrastabile, destinato ad accelerare nel prossimo futuro, confermando come questo aspetto strutturale della società italiana vada considerato attentamente per i suoi evidenti effetti sulla crescita e la composizione della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale.[1]

L’aumento della sopravvivenza e il calo della fecondità hanno infatti reso l’Italia uno dei paesi con il più elevato livello di invecchiamento all’interno dell’Unione europea. Al 1° gennaio 2011 ci sono 144,5 anziani ogni 100 giovani; mentre nel 1992 questa proporzione era di 97 a 100. A livello regionale la Liguria (232,0 per cento) detiene l’indice di vecchiaia più elevato, come si registra ormai da anni, seguita da Friuli-Venezia Giulia (186,2 per cento) e Toscana (182,9 per cento). La regione con l’indice più contenuto è la Campania (98,7 per cento) che ancora risulta l’unica area del Paese dove i giovani sono più numerosi degli anziani.

Tra il 2002 e il 2011 l’indice di invecchiamento, su base nazionale, registra un incremento di 13,1 punti percentuali. Gli incrementi maggiori si registrano nelle regioni del Mezzogiorno, che si stanno rapidamente allineando al resto del Paese. La crescita dell’indicatore è più contenuta al Centro e al Nord, dove tendono ormai a consolidarsi processi in controtendenza, ossia situazioni nelle quali i giovani iniziano numericamente a recuperare terreno nei confronti della popolazione anziana, grazie soprattutto alla forte presenza degli immigrati. Rispetto al 2010, esclusa la regione del Trentino- Alto Adige, tutte le altre registrano una diminuzione dell’indice di vecchiaia. Confrontando i valori degli anni 2002-2011, il recupero si ha solo in cinque regioni, con variazioni negative che vanno dal -0,4 del Friuli-Venezia Giulia al -24,7 dell’Emilia-Romagna.

 

 

Una diretta conseguenza dell’incremento della popolazione anziana è l’affermarsi in Italia di uno squilibrio generazionale. L’indice di dipendenza[2] in Italia ha raggiunto, al 1° gennaio 2010, un valore del 52,2 per cento, collocando il nostro paese al quarto posto della graduatoria dell’indice, dietro la Francia (54,2 per cento), la Svezia (53,1 per cento) e la Danimarca (52,4). I Paesi di nuova adesione sono invece caratterizzati da un carico strutturale decisamente basso, con valori inferiori al 44 per cento, a fronte di una media Ue del 49,3 per cento. Tra i 27 paesi dell’Unione europea anche Germania, Belgio, Regno Unito e Finlandia si trovano in una situazione di carico strutturale sostenuto, al di sopra del livello del 50,0 per cento; seguono Grecia, Portogallo e Paesi Bassi, con un valore di dipendenza strutturale vicino alla media Ue[3].

Un altro dato, a questi collegato, è rappresentato dall’indice di ricambio[4], che in Italia nel 2011, è arrivato a quota 130 per cento: in altri termini, le persone potenzialmente in uscita dal mercato del lavoro sono oltre il 20 per cento in più di quelle potenzialmente in entrata. Questo squilibrio pone il nostro Paese al secondo posto in Europa, dopo la Bulgaria[5].

La permanenza nella famiglia di origine

Come sottolineato dal Rapporto annuale Istat 2012, le nuove generazioni escono dalla famiglia più tardi determinando uno spostamento in avanti di tutte le fasi della vita. La dipendenza dalla famiglia di origine è per i giovani un fattore di stabilità molto rilevante pur caratterizzandosi allo stesso tempo come un freno ai normali processi di crescita e di sviluppo individuali e sociali, poiché riduce la crescita demografica e la mobilità sociale e aumenta i fenomeni di marginalizzazione e povertà. Le difficoltà nel raggiungimento della piena indipendenza economica rafforzano la bassa mobilità sociale che caratterizza il nostro paese, frenano le aspirazioni delle nuove generazioni, ne riducono il contributo allo sviluppo[6].

Il Rapporto individua, tra le cause della permanenza dei figli adulti all’interno della famiglia d’origine, l’allungamento dei tempi impiegati per il percorso formativo e l’instaurarsi di rapporti tra genitori e figli sempre meno basati su gerarchie. A queste determinanti socioculturali si aggiungono i fattori socioeconomici: il 45 per cento dei giovani di 25-34 anni dichiara di restare in famiglia perché non ha un lavoro e/o non può mantenersi autonomamente.

Le difficoltà di accesso al mercato del lavoro, la perdurante instabilità delle condizioni di impiego nella fase iniziale della carriera, il peggioramento relativo delle retribuzioni e il prolungamento dell’attività formativa hanno grandemente accresciuto la dipendenza dei giovani dalle famiglie di origine.

Dalla lettura dei dati, tale condizione risulta molto diffusa nel Mezzogiorno, dove la crisi occupazionale ha colpito prevalentemente soggetti giovani, con lavori temporanei e sostanzialmente privi di tutele o in fase di entrata nel mercato del lavoro.

La permanenza in famiglia comporta che l’età media alla nascita del primo figlio si sposti sempre più in avanti di generazione in generazione. Non si diventa genitori e si rimane figli: nel 2010-2011 vive nella famiglia di origine il 49,6 per cento dei maschi tra i 25 e i 34 anni e il 34 per cento delle femmine della stessa classe di età. In media, si tratta del 41,9 per cento dei giovani tra 25 e 34 anni contro il 33,2 per cento registrato negli anni 1993-1994. Il prolungamento della permanenza in casa con i genitori si estende anche ai giovani adulti: nella classe di età 35-44 anni il 7 per cento vive ancora in famiglia come figlio, una proporzione raddoppiata rispetto al 1993-1994.

L’analisi dei dati per generazione consente di cogliere questi cambiamenti in tutta la loro portata: se la principale causa di uscita dalla famiglia è sempre il matrimonio, soprattutto per le donne, passando dalle generazioni del 1959-1968 (i 25-34enni del 1993-1994) a quelle del 1976-1985 (ovvero i 25-34enni del 2010-2011) tale motivazione ha perso rilevanza. La percentuale di quanti si sposano all’uscita dalla famiglia di origine è scesa dal 68,9 per cento al 36,7 per cento, mentre è cresciuta quella di quanti hanno sperimentato un’unione libera (dal 5,2 per cento al 16,3 per cento), quanti sono usciti per lavoro (dal 9,1 per cento al 15,7), per studio (dal 4,4 per cento al 12,5 per cento) e per esigenze di autonomia e indipendenza (dal 5,6 per cento all’11,5 per cento).

 

 


 

1.2 I Fondi

Fondo per le politiche giovanili

D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale,  articolo 19, comma 2

 

- Il Fondo per le politiche giovanili è stato istituito, ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del decreto legge 223/2006, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi. Il fondo è destinato  a finanziare azioni e progetti di rilevante interesse nazionale, nonché le azioni ed i progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le Regioni e gli Enti Locali. Il decreto del 18 ottobre 2010 ha ripartito le risorse del Fondo per il 2010 pari a 81.087 milioni di euro. Il decreto destina alle azioni e ai progetti di rilevante interesse nazionale la somma di 33.181.019,40 euro. Contestualmente, al finanziamento delle azioni e dei progetti destinati al territorio viene assegnata una somma pari a 47.905.980,60 euro, di cui una quota di euro 37.421.650,50 è ripartita fra le Regioni, secondo i criteri indicati nell'Intesa sottoscritta nella Conferenza unificata del 7 ottobre 2010, mentre la quota destinata a cofinanziare interventi proposti da Comuni e Province è pari a 10.484.330,10 euro. Il D.M. 18 ottobre 2010, che ha effettuato il riparto delle risorse finanziarie del fondo nazionale per le politiche giovanili per l'anno 2010, ha destinato le suddette risorse al finanziamento di:

§      azioni e progetti di rilevante interesse nazionale;

§      azioni e progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le Regioni e gli Enti Locali.

Tra le azioni di rilevante interesse nazionale, l’articolo 3, comma 1, lettera a) del decreto contempla espressamente quella chiamata “Diritto alla prima casa”, finalizzata a sostenere iniziative sperimentali o a carattere innovativo per favorire l'accesso dei giovani al diritto alla prima casa di abitazione; la successiva lettera b) ammette al finanziamento l’azione “Imprese future”, volta a sostenere iniziative sperimentali o a carattere innovativo per favorire l'accesso dei giovani a forme di credito agevolato e garantito per l'avvio di iniziative imprenditoriali o a carattere professionale.

Per il 2011 il finanziamento del Fondo è pari a 32.909 euro, ridotti, attraverso successivi interventi legislativi, a 12.787 euro. Come illustrato dal Decreto di riparto del 4 novembre 2011[7], di tale somma  10.941 euro sono destinati alle azioni e ai progetti sul territorio.

La Legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), nella tabella C prevede per Fondo stanziamenti per il 2012 pari a 8.180 euro, per il 2013 a 7.187 euro e per il 2014 finanziamenti pari a 7.897 euro.

Come rinvenibile nel disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015 (A.C. 5535), le risorse allocate nel Fondo per le politiche della gioventù risultano avere una dotazione per il 2013 corrispondente a 6,2 mln euro, 6,8 mln euro per il 2014 e 6,7 mln euro nel 2015.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fondo per il credito ai giovani – Fondo per lo studio

 

D.L. 2 luglio 2007, n. 81, Disposizioni urgenti in materia finanziaria, dell’articolo 15, comma 6

 

- Il Fondo per il credito ai giovani, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche giovanili, ai sensi dell’articolo 15, comma 6, del decreto legge 81/2007, favorisce l'accesso al credito degli studenti universitari o post-universitari di età compresa tra i 18 e i 40 anni in possesso di particolari requisiti di merito. ll Fondo  ha una dotazione di 10 milioni per ciascun anno del triennio 2007-2009. Successivamente, in ragione delle esigenze di contenimento della finanza pubblica, a decorrere dall'anno 2009, è stato disposto un definanziamento del Fondo. La dotazione finanziaria attuale si compone pertanto di quanto residua dallo stanziamento già trasferito per l'esercizio finanziario 2007 e da quello impegnato contabilmente per l'esercizio finanziario 2008. Il decreto ministeriale 19 novembre 2010 reca la disciplina del Fondo di garanzia. Per il 2010 e il 2011 non è stato previsto alcun rifinanziamento.

Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa

D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, articolo 13, comma 3-bis

 

- Ai sensi dell’articolo 13, comma 3-bis, del  D.L. 112/2008, è istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della gioventù -, un Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, con priorità per quelli i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La complessiva dotazione del Fondo è pari a 4 milioni di euro per l’anno 2008 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010. Come previsto dalla  legge 191/2009 (legge finanziaria 2010) i criteri per l’accesso al Fondo e le modalità di funzionamento dello stesso sono stati disciplinati dal decreto 17 dicembre 2010, n. 256 , del Ministro della gioventù, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza unificata. Il Fondo non risulta rifinanziato per l’anno 2011.

 

Fondo nazionale per le comunità giovanili

L. 23 dicembre 2009, n. 191, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010), l'articolo 1, comma 60.

Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007), articolo 1, comma 556

 

- L’articolo 2, comma 60 della legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009) sostituendo l'articolo 1, comma 556, della legge finanziaria 2006, ha istituito l’Osservatorio nazionale sulle comunità giovanili, al fine di promuovere e valorizzare il ruolo di sviluppo e integrazione sociali svolto dalle comunità giovanili, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dove è altresì è istituito il Fondo nazionale per le comunità giovanili, per la realizzazione di azioni di promozione e valorizzazione delle attività delle comunità giovanili. La dotazione finanziaria del Fondo è pari a 3 milioni di euro per l’anno 2010. Come rilevato nel D.P.C.M. del 10 dicembre 2010 di approvazione del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri per il 2011, in considerazione delle significative riduzione dei nuovi stanziamenti destinati per il triennio alle politiche di settore si è scelto di allocare le risorse del fondo all’interno del Fondo per le politiche giovanili.

Fondo di sostegno per l'occupazione e l'imprenditoria giovanile – Fondo genitori precari

L. 24 dicembre 2007, n. 247, Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale, articolo 1, comma 72 - 73 .

 

- Il Fondo di sostegno per l'occupazione e l'imprenditoria giovanile, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 72, della legge 247/2007.  Ai sensi del successivo comma 73, la dotazione complessiva iniziale del Fondo è pari a 150 milioni di euro per l'anno 2008. Il decreto 19 novembre 2010 ha finalizzato 51 milioni di euro, parte di tali risorse, alla finalità di sopperire alle esigenze derivanti dalla peculiare attività lavorativa svolta da giovani di età inferiore ai 35 anni, genitori di figli minori legittimi, naturali o adottivi, ovvero affidatari di minori, ai quali sia in corso o sia scaduto un contratto di lavoro a tempo determinato. La misura prevede che il giovane disoccupato o precario porti in dote un bonus di 5mila euro all’azienda che lo assume a tempo indeterminato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fondo Mecenati

L. 24 dicembre 2007, n. 247, Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale, articolo 1, comma 72 - 73 .

 

Presso il Dipartimento della gioventù è istituito il Fondo Mecenati  con una dotazione di 40 milioni di euro, al fine di promuovere, sostenere e sviluppare  l'imprenditoria giovanile nonché di  promuovere e sostenere il talento e la creatività dei giovani di età inferiore ai  35 anni.

I progetti sono finalizzati a:

§        promuovere lo spirito e la capacità imprenditoriale tra i giovani di età inferiore ai 35 anni, favorendo e supportando la nascita o l’avvio di nuove imprese oppure sviluppando e sostenendo imprese già costituite, con particolare riguardo ai settori: dell’eco-innovazione e dell’innovazione tecnologica; del recupero delle arti e dei mestieri tradizionali; della responsabilità sociale d’impresa; della promozione dell’identità italiana ed europea.

§        sostenere lo sviluppo del talento, dell’immaginazione, della creatività e delle capacità d’innovazione dei giovani nel campo della cultura, della musica, del cinema, del teatro, dell’arte, della moda e del design dei giovani di età inferiore ai 35 anni, anche attraverso la concessione di premi, borse di studio o esperienze formative;

promuovere lo sviluppo dell’innovazione tecnologica, anche al fine di valorizzare i risultati della ricerca scientifica, favorendo l’acquisizione e/o l’utilizzo di brevetti e/o il trasferimento tecnologico promossi da giovani di età inferiore ai 35 anni.

I progetti, finanziati fino al 40 per cento dei costi e fino ad un massimo di 3 milioni di euro; devono essere di rilevanza nazionale e destinati ad essere attuati in non meno di tre Regioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'occupazione giovanile e delle donne

D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, articolo 24, comma 27.

 

Il Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con una dotazione nel limite di spesa di euro 196.108.953,00, per l'anno 2012 e di euro 36.000.000 per l'anno 2013. La misura, che ha carattere straordinario, riguarderà i rapporti di lavoro stabilizzati o attivati entro il 31 marzo 2013.

Il decreto interministeriale 5 ottobre 2012 individua nello specifico gli interventi. I contributi sono riconosciuti per contratti stipulati con giovani di età fino a ventinove anni ovvero con donne indipendentemente dall'età anagrafica, secondo limiti numerici per ciascun datore di lavoro. In particolare, viene riconosciuto un importo pari a 12.000 euro in caso di trasformazione di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, ovvero per ogni stabilizzazione di rapporti di lavoro nella forma di collaborazioni coordinate e continuative anche nella modalità di progetto o delle associazioni in partecipazione con apporto di lavoro. Tali forme di stabilizzazione dovranno riferirsi a contratti di lavoro in essere ovvero cessati da non più di sei mesi e mediante la stipula di contratti a tempo indeterminato, anche a tempo parziale. Sono inoltre previsti incentivi per le assunzioni di giovani e donne a tempo determinato, la cui misura varia in relazione alla durata del rapporto di lavoro. In particolare il valore del contributo è stabilito nella misura di 3.000 euro per contratti di lavoro di durata non inferiore a 12 mesi; nella misura di 4.000 euro se la durata del contratto supera i 18 mesi e, da ultimo, nella misura di 6.000 euro per i contratti aventi durata superiore a 24 mesi. L'INPS, cui è affidata la gestione della misura, corrisponderà gli incentivi in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande ed entro il limite delle risorse disponibili.

 

 

 


 

1.3 Piano di Azione Coesione: II fase

Come sottolineato dal Rapporto Svimez 2012[8], la cornice programmatica unitaria per la politica regionale[9], disegnata dal Quadro Strategico Nazionale (QSN)[10] 2007-2013, è finanziata con risorse nazionali, provenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), oggi Fondo per lo sviluppo e la coesione, e con risorse comunitarie provenienti dai Fondi strutturali (FS).

Nel corso del 2011 è stata avviata, di intesa con la Commissione Europea, l'azione per accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013. Dopo la prima fase, varata il 15 dicembre, relativa a fondi gestiti dalle Regioni (3,7 miliardi di riprogrammazione a favore di istruzione, ferrovie, formazione riformata, agenda digitale e occupazione di lavoratori svantaggiati), è stata predisposta la Fase II[11] che impegna le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi in grave ritardo, garantendo una forte concentrazione delle risorse su alcune priorità. In totale, le risorse impegnate, già iscritte in bilancio, sono pari a 2,3 miliardi di euro. La riprogrammazione riguarda primariamente quattro Regioni Convergenza (Calabria, Campania, Sicilia, Puglia), per le quali il Quadro Strategico nazionale 2007-2013 prevede Programmi operativi nazionali e interregionali. Altre Regioni del Sud vi aderiscono volontariamente.

La riprogrammazione dei fondi comunitari  ha previsto il definanziamento degli interventi con criticità di attuazione e il finanziamento di interventi rivolti all'inclusione sociale e alla crescita, rispondendo in tal senso anche agli impegni contenuti nelle Mozioni concernenti iniziative per favorire gli interventi produttivi e l'occupazione nel mezzogiorno[12]approvate a larga maggioranza dalla Camera dei Deputati il 28 marzo 2012.

Per i giovani sono previsti una serie di interventi combinati. Per l’inclusione sociale si è scelto di intervenire con azioni per la legalità in aree a elevata dispersione scolastica (77 milioni di euro) e promuovendo progetti promossi da giovani del privato sociale per l’offerta di servizi collettivi e la valorizzazione di beni pubblici (37,6 milioni). Per la crescita sono stati destinati 50 milioni di euro all’autoimpiego e auto imprenditorialità, ulteriori 50 milioni per l’apprendistato e 5,3 milioni di euro per la promozione di metodi applicati di studio/ricerca nelle Università attraverso ricercatori italiani all’estero.

Sulla G.U. del 7 novembre 2012 è stata pubblicata la comunicazione relativa agli Avvisi "Giovani per il sociale" e "Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici". L'intervento, corrispondente ad un finanziamento pari a 37, 4 milioni di euro, è stato promosso dal Ministro per la Coesione Territoriale e dal Ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione e attuato, rispettivamente, attraverso il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica e il Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Destinatari dei progetti sono i giovani under 35 delle Regioni Obiettivo Convergenza che, attraverso associazioni di volontariato e privato sociale, cooperative ed enti senza scopo di lucro, sono invitati a promuovere e sostenere progetti per il rafforzamento della coesione socio-economica delle regioni interessate[13]. La richiesta di cofinanziamento pubblico per ciascun progetto presentato non può essere inferiore ai 100.000,00 euro e non può in ogni caso superare l'importo massimo di 200.000,00 euro.

Per quanto riguarda Giovani per il sociale, l’azione è diretta a promuovere e a sostenere progetti del privato sociale favorendo l’inclusione sociale, il coinvolgimento ed il sostegno di giovani in condizioni di disagio, con l’obiettivo di promuovere la cittadinanza attiva e la solidarietà. Le risorse programmate per l'attuazione dell'intervento ammontano a 23.709.000,00 euro.

Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici intende favorire la valorizzazione dei beni demaniali ovvero patrimoniali, (fra gli altri beni ambientali, storico-artistici, confiscati alla criminalità organizzata, ecc.), di proprietà di una Pubblica Amministrazione, favorendone l'accessibilità e la fruizione da parte della collettività nelle regioni Obiettivo Convergenza. Le risorse programmate per l'attuazione dell'intervento nel quadro degli obiettivi del Piano di Azione e Coesione ammontano a 12.763.000,00 euro.


2. Istruzione e formazione

2.1 La situazione dei giovani: dati statistici sull’istruzione a livello nazionale e comparato

 

Tasso di scolarità, di istruzione e di abbandono scolastico tra i giovani

 

In base agli ultimi dati ufficiali disponibili, riferiti all’anno scolastico 2009-2010, l’ISTAT ha calcolato un tasso di scolarità dei giovani, quale rapporto tra gli iscritti alla scuola secondaria di secondo grado e la popolazione di 14-18 anni, che, per l’Italia, è pari, in media, al 92,3%[14].

Come osservato nel Rapporto SVIMEZ 2012[15], tale tasso, che aveva raggiunto il 93,2% nell’anno scolastico 2007-2008, ha fatto registrare un trend decrescente negli ultimi anni. Il tasso di scolarità, nell’a.s. 2010-2011, risale leggermente nel Mezzogiorno (94,9%, a fronte del 94,3% dell’anno precedente).

In leggero aumento è anche il tasso di conseguimento del diploma, che si attesta intorno al 75,7% nelle regioni meridionali e al 74,8% nella media delle regioni centro-settentrionali[16].

 

In base ai principali dati sui livelli di istruzione elaborati dall’Eurostat[17], nel 2011, in Italia,la percentuale dei giovani tra 20-24 anni che hanno conseguito almeno un livello di istruzione secondaria di secondo grado,è pari al 76,9%[18] (dato in aumento rispetto al 76,3% dell’anno precedente; un decennio fa esso era pari al 67,9%), rispetto ad una media dell’UE del 79,5%.In Germania il tasso dei diplomati si è attestato ad un livello inferiore, pari al 75,8%, così come in Spagna al 61,7%, mentre in Francia e Regno Unito si registrano percentuali più alte (rispettivamente dell’83,8% e dell’80,1%).

Sempre secondo l’Eurostat, nel 2010, la percentuale dei giovani di 18 anni che rimangono a studiare in uno qualsiasi dei livelli di istruzione previsti[19], a fronte di una media dell’UE a 27 Paesi pari al 79,1%, in Italia si attesta al 76,4%[20]; in Spagna, tale percentuale è del 75,5%, in Francia del 77,0%, in Germania dell’87,6%, nel Regno Unito del 57,5%.

 

Per quanto riguarda il tasso di abbandono dei percorsi di istruzione o formazione dei giovani tra 18 e i 24 anni[21], l’Italiafa registrare una percentuale dell’indicatore, misurato nel 2011, pari al 18,2% (dato in diminuzione rispetto all’anno precedente 18,8%; nel 2003 era del 23%), circa cinque punti percentuali in più della media UE (13,5%) e oltre otto punti al di sopra del valore fissato dalla strategia di Lisbona e ribadito da Europa 2020. In Francia e Germania il dato è migliore (rispettivamente il 12,0% e l’11,5%), mentre livelli molto elevati si registrano in Spagna (26,5%), Portogallo (23,2%) e Malta (33,5%).

 

Dati sulle iscrizioni universitarie e sul tasso di regolarità degli studi

Secondo le rilevazioni del Censis[22], nell’anno accademico 2009-2010, il complesso degli iscritti alle facoltà universitarie (lauree del vecchio e del nuovo ordinamento) è stato pari a 1.799.542, con una contrazione dello 0,7% rispetto all’anno accademico precedente, superiore alla contrazione che la percentuale degli iscritti nell’a.a. 2008-2009 aveva fatto registrare confrontata all’a.a precedente (0,2%).

Secondo i dati del MIUR[23], inoltre, nell’a.a. 2009-2010, i nuovi ingressi nel sistema universitario sono stati circa 293.000, con una prevalenza del 56,2% delle iscrizioni femminili. I nuovi iscritti ai corsi di livello universitario del vecchio e del nuovo ordinamento offerti dalle varie tipologie di istituti del sistema dell’Alta formazione artistico musicale (AFAM), invece, sono stati 10.280 e rappresentano circa il 25% delle iscrizioni complessive ai corsi superiori, con un aumento di quasi il 6% rispetto all’anno precedente.

 

Con riguardo alla regolarità degli studi, il Censis evidenzia che il totale degli studenti in corso ammonta al 42,8% degli iscritti nel 2009[24].

Per quanto attiene alle aree disciplinari, il tasso di regolarità più elevato (93,9%) si riscontra nel settore della difesa e della sicurezza, subito dopo si collocano l’area medica (con il 80,3%), l’educazione fisica (50,1%) e l’area economico-statistica (47,9%). Gli iscritti all’area chimico-farmaceutica, invece, fanno registrare un calo nella regolarità degli studi (39,2% degli studenti iscritti in corso).

Nel triennio 2007-2009[25] risulta tendenzialmente stabile la distribuzione tra le diverse aree disciplinari degli studenti che conseguono il titolo finale: in particolare, il 60,6% di laureati e diplomati risulta in uscita dalle due aree relative all’insieme degli studi economico-statistici, giuridici e politico-sociali (per un totale del 34,7%) e dall’insieme dei corsi di lettere, lingue, psicologia, difesa e sicurezza, educazione fisica e insegnamento (per un il 25,9%).

 

Giovani (30-34 anni) in possesso di un titolo di studio universitario

Il livello di istruzione della popolazione tra i 30-34 anni è tra gli indicatori individuati dalla Commissione europea nella Strategia Europa 2020. L’obiettivo è stato fissato, entro tale anno, al 40% dei giovani di tale età in possesso di un titolo di studio universitario o equivalente.

Secondo recenti elaborazioni dell’Istat[26], nel 2010, il 19,8% dei 30-34enni era in possesso di un titolo di studio universitario o equivalente[27](nel 2009 tale dato si fermava al 19%), percentuale considerevolmente distante dall’obiettivo comunitario per il 2020.

Esaminando i dati sotto il profilo territoriale si riscontra che la media dei laureati, dal 2004 al 2010, è cresciuta più nel Centro-Nord (+5%) che nel Mezzogiorno (+2,7%). Lo studio dell’ISTAT segnala che nel contesto europeo, attualmente, rispetto al predetto indicatore che nell’UE è pari in media al 33,6%, l’Italia si colloca in terz’ultima posizione, seguita solo dalla Romania e da Malta, mentre già circa la metà dei Paesi dell’Unione europea (i paesi del Nord Europa, Cipro, Francia, Belgio, Regno Unito e Spagna) ha già raggiunto nel 2010 l’obiettivo fissato.

Disaggregando i dati[28], in particolare, il tasso di conseguimento delle lauree triennali e a ciclo unico risulta, nel 2010, pari al 31,6%, mentre quello delle lauree di durata pari a 4-6 anni e specialistiche biennali è pari al 18,8%.

Laureati e mondo del lavoro

L’Indaginecampionariasvolta nel 2011 dal Consorzio AlmaLaureasul profilo dei laureati in Italia[29], finalizzata a valutare l’offerta formativa del sistema universitario italiano, evidenzia che, pur essendo il numero delle lauree lievitato da 172.000 del 2001 a 289.000 nel 2010[30], i diciannovenni che si iscrivono all’università rappresentano solo il 29% dei coetanei e il numero delle immatricolazioni si è ridotto del 15% nel corso degli ultimi otto anni, oltre che per il calo demografico, anche a causa del deterioramento della condizione occupazionale dei laureati. L’età media si attesta sui 26,9 anni e più della metà di essi risiede nella stessa provincia in cui ha svolto gli studi universitari.

L’indagine sulla condizione occupazionale dei laureati ad uno, due o tre anni dal conseguimento del titolo[31] attesta inoltre che, nel 2011, si è estesa la quota dei giovani che ha avuto un’esperienza di stage e tirocini svolti durante gli studi (41,9%) e di coloro che hanno avuto una esperienza di studio all’estero (10,2% dei laureati di primo livello).

Nel 2011, l’indagine fa registrare un aumento del tasso di disoccupazione calcolato, ad un anno dalla laurea,in base alla rilevazione ISTAT delle Forze di lavoro[32] dei giovani che hanno conseguito una laurea di primo livello, specialistica ovvero a ciclo unico (tasso di disoccupazione attestato, rispettivamente, al 23,1%, 20,4% e 18,4% per il campione selezionato).

Con riferimento al tasso di occupazione nel 2011 calcolato dall’ISTAT, sempre ad un anno dal conseguimento del titolo, si riscontra che quello dei laureati triennali è pari al 47,7%, decisamente inferiore a quello dei laureati di secondo livello,pari al 71,2%, o dei laureati in percorsi a ciclo unico, pari al 62,6%.

A tre anni dal conseguimento del titolo, in media, risulta occupato l’85,2% dei giovani e il livello di disoccupazione scende all’8,9%.

Il livello occupazionale più elevato - ad esclusione del settore difesa e sicurezza che risulta occupato per la quasi totalità - si riscontra tra i laureati nell’area ingegneristica (96,2%) e medica (occupati al 96,1%); subito dopo si collocano i laureati dell’area scientifica (91%) ed economico-statistica (90,8%); la percentuale minore di occupati si registra nell’area giuridica (55,5%) e letteraria (75,5%).

 

La collocazione degli atenei italiani nelle classifiche internazionali

Una delle più note classifiche accademiche delle università mondiali (Academic Ranking of World Universities) è redatta dai ricercatori dell'Università Jiao Tong di Shanghai ed include i principali istituti di educazione superiore in Nord America, Europa, Asia, Oceania, e America Latina. Essi sono comparati secondo criteri numerici, prevalentemente attinenti all’attività di ricerca; fra questi, per esempio, pubblicazioni e citazioni di ricercatori su riviste scientifiche di fama indiscussa, Nobel e riconoscimenti attribuiti ad allievi e docenti.

Nella classifica relativa al 2012[33],le università italiane non sono incluse tra le cento migliori, tra le quali prevalgono invece quelle degli Stati Uniti.Le prime sedi italiane menzionate nell’elenco sono le stesse dell’anno passato e alcune di queste hanno migliorato il loro punteggio in graduatoria: l’università di Pisa è salita dal 322° al 143° posto davanti all’Università “La Sapienza” di Roma, all’Università di Milano e all’Università di Padova, anch’esse salite, rispettivamente, dal 210° al 144° posto, dal 275° al 185° posto e dal 263° al 187° posto. Il Politecnico di Milano è salito dal 277° al 225° posto, mentre l’ateneo di Bologna è sceso dal 183° al 255° posto.

2.2 Recenti politiche legislative

Nel settore scolastico, tra le politiche perseguite nel corso della XVI legislatura, con l’obiettivo di rilanciare la qualità degli studi ed incentivare il conseguimento di un titolo, figura il riordino dell’ istruzione secondaria di secondo grado (istituti professionali, istituti tecnici e licei - DPR 87, 88 e 89/2010); dall’anno scolastico 2010-2011, inoltre, sono entrati a regime i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale di competenza regionale (IeFP), di cui al Capo III del D.lgs. 227/2005, per i quali lo Stato garantisceesclusivamente i livelli essenziali delle prestazioni riguardanti l’offerta formativa, l’orario minimo annuale, i requisiti dei docenti, la valutazione e certificazione delle competenze, le strutture e i servizi delle istituzioni formative[34].

 

Con riguardo all’università, completata nel corso della XV legislatura la riforma degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea (cosiddetto “3+2”) attraverso la ridefinizione delle classi di laurea (43 a fronte delle precedenti 42) e di laurea magistrale ex specialistica (94 a fronte delle precedenti 108), l’intervento legislativo è stato finalizzato al rilancio di qualità ed efficienza del sistema universitario.

In particolare, la recente legge 240/2010 - tesa aconiugare autonomia e responsabilità, valorizzare il merito, combinare didattica e ricerca - interviene sulle modalità di governance e sui meccanismi di finanziamento degli atenei,sul sistema di reclutamento del personale docente,sul diritto allo studio.

Con riguardo a quest’ultimo, si conferisce una delega al Governo per la revisione delle norme e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), anche con riferimento ai requisiti di merito ed economici, al fine di assicurare a tutti il conseguimento di un pieno successo formativo (art. 5) .

Tra le novità introdotte dalla legge figura l’istituzione di un Fondo per il merito, volto alla promozione dell’eccellenza degli studenti universitari, da individuare tramite prove nazionali e criteri nazionali standard (art. 4 L. 240/2010). Il Fondo - per la cui gestione è stato recentemente adottato lo strumento della Fondazione di diritto privato (art. 9 D.L. 70/2011) – è volto a fornire una garanzia sui finanziamenti concessi agli studenti da istituti di credito ed erogherà premi di studio, utilizzabili anche per esperienze di formazione presso università e centri di ricerca stranieri, e buoni studio, di cui una quota, da determinare in relazione ai risultati accademici, sarà restituita dopo la conclusione degli studi e secondo tempi parametrati al reddito lavorativo percepito.

Una nuova opportunità di formazione, appena entrata a regime, è costituita dal percorso post-secondario di istruzione terziaria non universitaria,[35] che non si configura come prolungamento della scuola superiore, bensì come percorso professionalizzante di alta specializzazione tecnica, realizzato secondo i modelli internazionali più avanzati (gli Istituti universitari di tecnologia francesi ovvero le Fachhochschule tedesche).

Gli istituti tecnici superiori, attivati dal settembre 2011 e attualmente in un numero di 59[36] fondazioni (struttura giuridica funzionale ad un’effettiva integrazione tra istruzione, formazione e lavoro), sono scuole speciali di tecnologia, con percorsi di norma biennali, finalizzati al rilascio di un diploma di tecnico superiore afferente ad aree tecnologiche ritenute prioritarie per gli indirizzi di programmazione economica, anche in relazione al quadro strategico dell’UE(in particolare: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie dell’informazione e della comunicazione).

2.3 Strategia UE 2020 e programmazione degli interventi

Nel settore dell’istruzione, come prima accennato, la Strategia UE 2020 fissa un duplice obiettivo: limitare, entro tale anno, a meno del 10% la percentuale della popolazione compresa fra i 18 e i 24 anni che ha abbandonato gli studi e consentire che almeno il 40% dei giovani di età 30-34 anni abbia completato l’istruzione terziaria o equivalente.

A tale riguardo, il Piano nazionale di riforma (PNR) allegato al Documento di economia e finanza 2012, presentato dal Governo il 18 aprile 2012, ha confermato la necessità di perseguire i due obiettivi sopra evidenziati, sottolineando l’intenzione di intervenire, nel rispetto della stabilità della finanza pubblica, a sostegno del capitale umano e per il miglioramento dell’efficacia dell’istruzione.

 

In tema di riduzione dell’abbandono scolastico, gli obiettivi nazionali non recano variazioni rispetto a quelli preventivati in sede di PNR 2011, attestandosi all’obiettivo del 17,9% dell’indicatore per il 2013, al 17,3% per il 2015 e al 15-16% per il 2020[37].

Il PNR 2012, inoltre, evidenzia che il conseguimento dell’obiettivo sopra indicato è supportato anche dalle maggiori risorse derivanti dalla riprogrammazione dei Fondi strutturali realizzata attraverso il Piano di Azione Coesione, nel cui ambito si prevede la realizzazione di prototipi di azioni integrate affidate a reti di scuole e ad altri attori del territorio (servizi sociali, centri sportivi, centri di aggregazione giovanile e solidale, associazionismo, volontariato ecc.)[38]. Il Programma ricorda, inoltre, che, ai fini della riduzione della dispersione scolastica, nel 2011, è stato avviato un piano di edilizia per le scuole al fine di dotare soprattutto le regioni meridionali di strutture conformi ai più moderni standard didattici e di ridurre la spesa per locazioni passive da parte delle amministrazioni locali per edifici non idonei all’uso scolastico[39].

 

Anche per quanto attiene all’istruzione universitaria, il PNR 2012 conferma i target indicati l’anno precedente con riferimento all’obiettivo della Strategia Europa 2020, vale a dire il 22,3% nel 2013, il 23,6% nel 2015, e il 26-27% nel 2020 dei giovani tra i 30 e 34 anni che hanno completato l’istruzione terziaria o equivalente.

Sull’argomento, il Programma evidenzia un divario di genere, a netto vantaggio delle donne, e la forte dispersione regionale, con tassi superiori al 25% in alcune regioni del Centro-Nord e inferiori al 15% in alcune regioni del Mezzogiorno.

 

A livello comunitario, secondo i dati dell’Eurostat[40], nel 2010 il 14,1 % dei giovani di 18-24 anni aveva abbandonato l'istruzione o la formazione nell'ambito dei Paesi dell’UE a 27, con una leggera prevalenza di maschi (16,0%) rispetto alle femmine (12,1%).

Per tale ragione la Commissione europea ha adottato la comunicazione denominata “La lotta contro l’abbandono scolastico: un contributo decisivo all’agenda Europa 2020” (COM(2011)18, gennaio 2011)[41], che contiene un’analisi dei principali motivi dell’abbandono scolastico, fornendo una panoramica delle misure attuali e future per contrastare il fenomeno a livello UE. In materia, è stata inoltre rafforzata la collaborazione politica all’interno dell’UE, grazie al programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” che ha integrato le diverse iniziative per tali settori, dal quale è derivato il Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione[42], adottato dal Consiglio nel maggio 2009.

Si segnala infine che, nell'ambito dell'iniziativa Youth on the move[43], la Commissione europea ha formulato specifiche proposte, orientate anche a livello nazionale, per consentire all'UE di conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020 nei settori dell'istruzione e dell'occupazione.

 

 


3. Giovani e lavoro

3.1 Occupazione giovanile

Secondo le ultime rilevazioni ISTAT[44], a settembre 2012 gli occupati sono 22.937.000, in diminuzione dello 0,2% rispetto ad agosto (-57.000 unità). Il calo riguarda esclusivamente la componente maschile. Il numero di occupati è invariato su base annua.

Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in diminuzione dello 0,1% nel confronto congiunturale, risultando stabile su base annua.

Il numero dei disoccupati, pari a 2.774.000, aumenta del 2,3% rispetto ad agosto (62.000 unità). La crescita della disoccupazione riguarda prevalentemente gli uomini. Su base annua si registra una crescita pari al 24,9% (554.000 unità). Il tasso di disoccupazione è pari al 10,8%, in aumento dello 0,2% rispetto ad agosto e del 2,0% su base tendenziale.

Infine, il numero di individui inattivi risulta sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente. Il tasso di inattività si attesta al 36,3%, stabile in termini congiunturali, ma in diminuzione dell’1,3% su base annua.

 

Per quanto concerne i giovani (15-24enni), l’Istituto rileva che le persone in cerca di lavoro sono 608.000 e rappresentano il 10,1% della popolazione in questa fascia d’età. Il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l’incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 35,1%, in aumento dell’1,3% rispetto al mese precedente e del 4,7% su base annua.

 

Secondo quanto comunicato dall’Eurostat[45], a settembre 2012 in Europa risultano disoccupati 5.520.000 milioni di giovani (età minore di 25 anni) nell’area EU27, di cui 3.493.000 nella zona euro (EU17). Rispetto a settembre 2011, la disoccupazione giovanile è aumentata di 164.000 unità nell’area EU27 e di 275.000 nella zona euro. Nel mese di settembre 2012, il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 22,8% nell'area EU27 e del 23,3% nell’area euro, in aumento rispetto ai valori di settembre 2011 (21,7% e 21,0%, rispettivamente). A settembre 2012 i più bassi tassi di disoccupazione sono stati rilevati in Germania (8,0%), Paesi Bassi (9,7%) e Austria (9,9%), mentre i più alti in Grecia (55,6% a luglio 2012) e in Spagna (54,2%).

 

Le seguenti tabelle indicano i tassi di disoccupazione giovanile (dati destagionalizzati) nelle aree EU27 ed EU17 (area euro), nei singoli paesi europei e negli USA e Giappone a settembre 2012, nonché, per lo stesso periodo, il numero dei disoccupati (in milioni, dati destagionalizzati) in generale e tra i giovani, nelle aree EU27 ed EU17 (area euro).

 

 

 

 

Infine, si rileva come secondo la questione generazionale in Italia sia una questione essenzialmente meridionale[46], e la crisi sia andata a incidere su una situazione già estremamente precaria. In particolare, dal 2008 al 2011 gli occupati giovani (sotto i 30 anni) sono scesi dell’11% a livello nazionale e del 22% al Sud. Dei 3.228.000 NEET, 330.000 sono laureati, di cui 157.000 al Sud. Complessivamente, il 57% dei NEET nazionali vive al Sud, con oltre un milione concentrati tra Sicilia (490.000) e Campania (597.000).

Sempre al Sud si rileva la riduzione, nell’ultimo triennio, dei giovani occupati (sotto i 35 anni) che risultavano disoccupati nell’anno precedente ,di quasi il 20% nelle regioni meridionali contro il 2% nelle regioni del Centro-Nord, In termini assoluti, se nel 2008 i giovani neo-occupati meridionali ammontavano a 430.000 unità, nel 2011 si è assistito ad una diminuzione di 100.000 unità.

3.1.1 Il fenomeno dei NEET

Già da diversi anni a livello europeo si è posta l’attenzione sui giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo, ma neppure impegnati in un’attività lavorativa: i NEET (Not in Education, Employment or Training)[47]. Per molti di loro un prolungato allontanamento dal mercato del lavoro o dal sistema formativo può comportare il rischio di una difficoltà di reinserimento.

E’ opportuno ricordare che la fascia di età in cui collocare i NEET varia: l’ISTAT l’individua nell’arco temporale compreso tra i 15 e i 29 anni, lo SVIMEZ considera anche i giovani adulti fino ai 35 anni, mentre EUROFOND[48] comprende nel gruppo i giovani fra i 15 e 24 anni.

Nel 2010[49], in Italia più di 2 milioni di giovani (il 22,1% della popolazione tra i 15 ed i 29 anni) risulta fuori dal circuito formativo e lavorativo. La quota dei NEET è più elevata tra le donne rispetto agli uomini (24,9% contro 19,3%). Dopo un periodo in cui il fenomeno aveva mostrato una leggera regressione (tra il 2005 ed il 2007 si era passati dal 20,0% al 18,9%) l’incidenza dei NEET torna a crescere durante la recente fase ciclica negativa, segnalando l’incremento più sostenuto tra il 2009 e il 2010.

Anche nel 2010 la crescita dell’area dei NEET coinvolge principalmente i giovani del Centro-Nord, in particolare il Nord-est, dove la crisi ha intensificato i fenomeni di non occupazione. Tuttavia la quota di giovani che non lavorano e non studiano aumenta anche nel Mezzogiorno dove peraltro la condizione di NEET è di gran lunga prevalente. In tale area l’incidenza del fenomeno raggiunge infatti il 30,9% (contro il 16,1% nel Centro-Nord), ponendo in luce le criticità di accesso all’occupazione per un gran numero di giovani residenti nel meridione. Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni con le quote più elevate (superiori al 30%) seguite da Puglia e Basilicata con valori intorno al 28%. Nel Mezzogiorno il fenomeno dei NEET è peraltro così pervasivo da non mostrare nette differenze di genere: il vantaggio per gli uomini è minimo (28,6%) rispetto a quello delle donne (33,2%) .

Il Rapporto Svimez 2012 sull’economia del Mezzogiorno evidenzia come in Italia i NEET siano particolarmente diffusi tra i “giovani-adulti” (25-34 anni), più che tra i “giovani-giovani” (15-24 anni). Mentre per questi ultimi, al 2011, l’incidenza di NEET è inferiore al 20%, i giovani-adulti hanno un tasso di quasi 8 punti percentuali più elevato. I più giovani sono infatti per la maggior parte impegnati nel percorso scolastico, la cui durata è aumentata (non solo perché è stato innalzato l’obbligo scolastico, ma anche per la crescente propensione verso più elevati livelli di istruzione). È tra i giovani delle età successive che emerge in termini più specifici il problema dell’inserimento nel mercato del lavoro, giacché la maggioranza di questi ha concluso il proprio percorso di studi. In termini di livelli, permane una caratterizzazione meridionale del fenomeno, dove comprende una fascia di popolazione di età sempre più avanzata. Nel 2011 il 57% dei giovani NEET italiani sta al Sud, con un’incidenza sulla popolazione della stessa età (15-34 anni) che ha raggiunto il 34,8% (contro il 16,8% del Centro-Nord). All’interno del Mezzogiorno la diffusione dei NEET è sensibilmente differenziata. Particolarmente elevata è l’incidenza rispetto alla popolazione in Campania (38,8%), Sicilia (38,1%) e Calabria (35,7%), mentre valori inferiori al 30% si rilevano in Abruzzo, Molise e Sardegna. Secondo il Rapporto, questi dati offrono un ulteriore tassello al quadro drammatico della condizione giovanile nelle regioni meridionali. Una condizione di diffusa disoccupazione, sottoccupazione e desiderio di fuga verso aree più favorevoli per la propria realizzazione professionale.

Eurofond[50], infine, ricorda che in Europa, nel 2011, i giovani occupati erano soltanto il 4%, la percentuale più bassa mai registrata dall’Eurostat. A livello comunitario, i NEET sono ritenuti uno dei gruppi più problematici nel quadro della disoccupazione giovanile. La risposta della Commissione europea si è articolata in due direzioni: l’iniziativa prioritaria della strategia Europa 2020, dal titolo Youth on the Move (Gioventù in movimento) e l’iniziativa Opportunità per i giovani per il periodo 2012-2013. Nel 2012 il pacchetto della Commissione europea per l’occupazione, “Verso una ripresa fonte di occupazione”, ha ribadito la necessità di offrire nuove opportunità ai giovani, sottolineando l’importanza di ridurre i drammatici livelli di disoccupazione giovanile e la condizione di NEET attraverso misure di sostegno al passaggio dagli studi alla vita lavorativa. Secondo i dati dell’Eurostat, nel 2011 in Europa 7,5 milioni di giovani di età compresa tra 15 e 24 anni e altri 6,5 milioni di giovani tra i 25 e i 29 anni erano esclusi dal mondo del lavoro e dell’istruzione. Ciò corrisponde a un incremento significativo nel tasso dei NEET: in Europa nel 2008 questa cifra si attestava all’11% dei giovani di età compresa tra 15 e 24 anni e al 17 % di quelli tra i 25 e i 29 anni, mentre nel 2011 era salita rispettivamente a quota 13% e 20%. Su scala europea, l'assenza dalla società attiva di questi giovani corrisponde a una perdita economica stimata per il 2011 in 153 milioni di euro. Nel nostro Paese la quota di PIL persa è del 2,06% non il valore più alto in termini percentuali, ma al primo posto in termini assoluti: 32,6 miliardi di euro. A seguire Francia (22 miliardi), Regno Unito (18), e Spagna (15,7). In termini relativi, il primato spetta alla Bulgaria, dove la mancata integrazione dei NEET nei circuiti economici ed educativi rappresenta il 3,31% del Pil, seguita da Grecia (3,28%) e Irlanda (2,77%). Esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, con tassi che oscillano da valori inferiori al 7% (in Lussemburgo e nei Paesi Bassi) a valori superiori al 17% (in Bulgaria, Irlanda, Italia e Spagna). I NEET rappresentano una popolazione molto eterogenea. Il gruppo più esteso tende a essere quello dei disoccupati tradizionali. Altri gruppi vulnerabili includono i malati e disabili e i giovani che accudiscono altri familiari. Dei gruppi non vulnerabili fanno parte coloro che scelgono volontariamente di prendersi una pausa e le persone che sono impegnate in maniera costruttiva in altre attività, come l’arte, la musica e l’autoapprendimento. Ciò che questi gruppi hanno in comune è il fatto di non accumulare capitale umano attraverso i canali formali. Alcuni giovani (i soggetti con bassi livelli d’istruzione presentano una probabilità tre volte più elevata di essere NEET rispetto a quelli che hanno conseguito un’istruzione superiore, mentre i giovani immigrati hanno il 70% in più di probabilità di diventarlo rispetto ai residenti) sono più esposti di altri al rischio di entrare a far parte dei NEET. I giovani che soffrono di qualche disabilità o di problemi di salute hanno il 40% in più di probabilità di entrare a far parte della categoria rispetto a quelli in buona salute. Anche il contesto familiare riveste un ruolo determinante.

3.2 Le politiche per l’occupazione giovanile nella legislatura in corso (i principali interventi normativi)

Di seguito si riporta un elenco dei provvedimenti di maggiore rilievo riconducibili a politiche per l’occupabilità dei giovani adottati nel corso della XVI legislatura.

 

·        Istituzione del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione disposta dal D.L. 185/2008, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale” (nel quale sono confluite le risorse del Fondo per l’occupazione di cui al D.L. 148/1993). Nel Fondo affluiscono anche le risorse destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Tali somme sono destinate alle attività di apprendistato nonché al sostegno al reddito.

·        Inoltre, per quanto concerne i giovani il provvedimento istituisce il Fondo di sostegno per l'occupazione e l'imprenditoria giovanile ed innalza a 35 anni il limite di età per accedere ai finanziamenti agevolati.

 

·        La legge 69/2009, “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, prevede incentivi per l’applicazione, da parte delle aziende, di accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità degli orari, volte a conciliare i tempi di vita e di lavoro, con finanziamenti ai datori di lavoro privati che applicano tali accordi, con flessibilità di orari e di organizzazione del lavoro, di reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo parentale, o per motivi comunque legati ad esigenze di conciliazione

 

·        In tema di autoimprenditorialità il D.L. 78/2009, “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini” prevede incentivi per l’assunzione di lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali in deroga, che siano stati licenziati o sospesi da specifiche imprese, anche per il lavoratore destinatario del trattamento di sostegno al reddito, a condizione che intraprenda un’attività di lavoro autonomo, avvii un’attività autoimprenditoriale o una micro impresa o si associ in cooperativa. Inoltre, nel decreto n. 78/2010 vi sono disposizioni in materia di ammortizzatori sociali per i settori non coperti dalla Cassa integrazione guadagni.

 

·        La Legge 183 del 2010, c.d. “Collegato lavoro” (collegato alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013) ha disposto la proroga dei termini per l'esercizio delle deleghe in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato e di occupazione femminile, già conferite dalla legge 247/2007 (di attuazione del Protocollo sul Welfare del 23 luglio 2007). In attuazione del richiamato articolo, è stato emanato il decreto legislativo di riordino della disciplina dell’apprendistato (il provvedimento ha completato il suo iter ed è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale)[51], il quale recepisce gli indirizzi condivisi da Governo, regioni e parti sociali nell’intesa del 27 ottobre 2010 (per il rilancio dell’apprendistato) e nell’intesa del 17 febbraio 2010 (contenente le Linee guida per la formazione).

Il provvedimento definisce l’apprendistato come un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani, ribadendo l’articolazione dell’istituto in tre diverse tipologie contrattuali (che vengono peraltro ridenominate). Tra i principali elementi di novità vi è, innanzitutto, l'unificazione della regolamentazione normativa, economica e previdenziale del contratto (applicabile a tutti i settori pubblici e privati), attualmente strutturata per ciascuna delle tre tipologie contrattuali, garantendo la semplificazione dell’istituto e l’uniformità di disciplina a livello nazionale. Inoltre, si afferma il coinvolgimento pieno delle parti sociali, attraverso il rinvio alla disciplina attuativa recata da appositi accordi interconfederali o da contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. La disciplina pattizia deve muoversi nel rispetto di una serie di principi, in parte mutuati dalla legislazione vigente e in parte nuovi. In particolare, tra gli elementi di novità si segnala l’estensione della forma scritta al piano formativo individuale, che deve essere definito (anche su appositi formulari elaborati contrattualmente) entro 30 giorni (non più quindi contestualmente) dalla stipulazione del contratto. Per quanto riguarda la retribuzione dell’apprendista, si specifica invece che i due sistemi previsti (sottoinquadramento o percentualizzazione) devono intendersi alternativi tra loro.

Di grande rilievo sono anche il rafforzamento dell’apparato ispettivo e sanzionatorio vigente (al fine di evitare usi distorti e abusi del contratto di apprendistato); la possibilità di assumere come apprendisti i lavoratori in mobilità; il mantenimento dei benefici contributivi per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione.
Gli standard formativi sono definiti mediante un apposito decreto interministeriale (da emanare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento), nel rispetto delle competenze delle Regioni e delle Province autonome e di quanto stabilito nell'intesa Stato-regioni del 17 febbraio 2010. Gli standard professionali sono definiti nei contratti collettivi nazionali di categoria o, in mancanza, attraverso intese specifiche da sottoscrivere a livello nazionale o interconfederale. Viene altresì specificato che ai fini della verifica dei percorsi formativi in apprendistato professionalizzante e in apprendistato di ricerca, i profili di riferimento debbano essere legati a quelli definiti nei contratti collettivi.
Restano confermate, infine, le norme vigenti riguardanti il referente aziendale, la registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo, la possibilità di riconoscere all’apprendista una qualifica professionale ai fini contrattuali e le competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi, i limiti quantitativi per le assunzioni di apprendisti e la tutela previdenziale e assicurativa.

 

·        L’articolo 11 del D.L. 138/2011 ha recato alcune norme generali in materia di tirocini formativi e di orientamento, finalizzate principalmente a contrastare gli abusi nell’utilizzo di tali strumenti. In particolare, è stato stabilito che i tirocini formativi e di orientamento siano promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti determinati dalle regioni. Inoltre, si prevede che i tirocini formativi e di orientamento "non curriculari" abbiano una durata non superiore a sei mesi (comprese eventuali proroghe) e possono essere promossi esclusivamente a favore neodiplomati e neo-laureati, entro dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. Tali norme non si applicano a disabili, invalidi fisici, psichici e sensoriali, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti e ai condannati ammessi a misure alternative di detenzione.

 

·        La legge n.92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro, che nell’ambito di una razionalizzazione delle tipologie contrattuali esistenti, ha configurato il contratto a tempo indeterminato quale contratto prevalente, disincentivando il ricorso ai contratti a tempo determinato e alle forme flessibili, in un’ottica di contrasto alla precarietà del lavoro (soprattutto giovanile). La riforma procede verso una redistribuzione delle tutele dell’impiego, da un lato contrastando l’uso improprio degli elementi di flessibilità relativi a talune tipologie contrattuali, dall’altro adeguando la disciplina dei licenziamenti, collettivi ed individuali. Per quanto concerne, specificamente, la promozione e la tutela dei lavoratori più giovani, si segnalano:

-        la valorizzazione dell’apprendistato quale contratto tipico per l’accesso al mercato del lavoro (nonché per l’instaurazione di rapporti a tempo indeterminato), ampliandone le possibilità di utilizzo (si innalza il rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati dall’attuale 1/1 a 3/2) e rafforzandone il ruolo formativo.

-        l’art. 1, co. 23, che ha innovato la disciplina del corrispettivo per i lavoratori a progetto, prevedendo che lo stesso deve essere adeguato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò, non può essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività (eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati) dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.

-        l’art. 1, co. 26-27, volto a razionalizzare il ricorso alle collaborazioni rese da titolari di partita IVA e a colpirne l’uso distorto. La norma ha introdotto la presunzione che tali prestazioni siano da considerarsi rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in presenza di alcuni presupposti (collaborazione con il medesimo committente di durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi; corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, che costituisce più dell'80 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi; collaboratore che disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente).

 

Merita infine segnalare, tra i provvedimenti in corso di approvazione parlamentare, la proposta di legge C. 3555-B (approvata in prima lettura da camera e Senato e ora all’esame, in sede legislativa, della VII Commissione) che introduce norme volte a promuovere l’equo compenso nel lavoro giornalistico, con riferimento alle retribuzioni dei giornalisti iscritti all’albo titolari di un rapporto di lavoro non subordinato in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive (i c.d. free lance).

 

Per quanto concerne gli atti di indirizzo adottati dal Governo in materia occupazione giovanile, occorre fare riferimento ai seguenti documenti:

·        il Programma di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro“ITALIA 2020”, come piano per la conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi dedicati alla cura della famiglia e per la promozione delle pari opportunità nell'accesso al lavoro, presentato il 1° dicembre 2009, dai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e delle pari opportunità. Le linee di azione individuate vanno dagli incentivi ai nidi familiari, alla creazione di albi di badanti e baby sitter, dai voucher per l'acquisto di servizi di cura in ludoteche e centri estivi, al sostegno di cooperative sociali, dall’incentivo al telelavoro femminile ai percorsi formativi per il reinserimento di lavoratrici nel mercato del lavoro dopo un periodo di allontanamento;

 

·        il Piano di azione per l'occupabilità dei giovani attraverso l'integrazione tra apprendimento e lavoro, presentato il 23 settembre 2009 dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e del Ministero istruzione università e ricerca. In esso sono indicate le linee di azione comuni per costruire una maggiore integrazione tra sistema formativo e mondo del lavoro al fine di realizzare la piena occupabilità dei giovani. Le priorità individuate sono la facilitazione della transizione dalla scuola al lavoro, il rilancio dell'istruzione tecnico-professionale ed il contratto di apprendistato, il ripensamento del ruolo della formazione universitaria, l’apertura dei dottorati di ricerca al sistema produttivo e al mercato del lavoro;

 

·        il Piano triennale del lavoro, “liberare il lavoro per liberare i lavori”, presentato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali il 30 luglio 2010, con l’obiettivo di concorrere, in coerenza con i valori e la visione del Libro Bianco sul futuro del modello sociale, a promuovere la crescita economica e una occupazione maggiore e di qualità ponendo particolare attenzione alla produttività del lavoro, all’occupabilità delle persone, all’emersione dell’economia informale e ad un’efficace azione di contrasto del lavoro irregolare. In tal modo sono state definite le priorità con un percorso valido per il prossimo triennio in modo da liberare il lavoro dall’illegalità e dal pericolo, dal centralismo regolatorio e dalla incompetenza;

 

·        il Programma Nazionale di Riforma (PNR) che si colloca nella fase transitoria della nuova strategia comunitaria "Europa 2020" (definita dal Consiglio europeo del 17-18 giugno 2010), di cui il Consiglio dei ministri ha approvato una bozza lo scorso 5 novembre 2010. In esso sono indicati gli obiettivi e le misure per l’attuazione in Italia della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione “Europa 2020”. L’obiettivo nazionale 2020 espresso nel documento è un tasso di occupazione tra il 67% e il 69% (pari a un aumento di 1,6-1,8 milioni di occupati), al di sotto (13 punti) dell’obiettivo programmatico UE (75%). La fissazione dell’obiettivo tiene conto del basso livello di partenza dell’indicatore (61% nel 2009) e del più grave ritardo di molte regioni del centro-sud (ad esempio, 44% in Campania);

 

Tra gli altri interventi di derivazione governativa merita ricordare inoltre:

·        il finanziamento (biennio 2009-2010), da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel corso della programmazione FSE 2007-2013, di diversi progetti finalizzati al miglioramento delle condizioni dei soggetti svantaggiati, tra i quali i giovani disoccupati e inoccupati (Progetto Monitoraggio dell’occupazione, Progetto Monitoraggio e analisi qualitative dei modelli di organizzazione ed erogazione dei servizi per il lavoro, Progetto Sviluppo delle prestazioni occasionali di tipo accessorio i beneficiari di sostegno al reddito, i giovani, i pensionati e per ridurre il rischio “sommerso”);

·        il progetto AMVA (Apprendistato e Mestieri a Vocazione Artigianale) che ha lo scopo di migliorare i livelli di occupabilità e occupazione del mercato del lavoro, promuovendo l’apprendistato e, appunto, il recupero dei mestieri a vocazione artigianale;

·        l’azione, da parte del Ministero della gioventù, concretizzatasi normativamente nel D.M. 19 novembre 2010, finalizzata alla creazione di 10.000 posti di lavoro a tempo indeterminato per i giovani genitori precari. Più specificamente, il provvedimento prevede la destinazione e le modalità di utilizzazione delle risorse (51 milioni di euro) al fine della costituzione di una “dote” trasferibile, per un massimo di 5.000 euro per ogni assunzione, ad imprese e cooperative che assumano giovani con contratti a tempo indeterminato, anche part-time, per un massimo di 5 assunzioni per datore di lavoro. I giovani devono essere disoccupati ovvero occupati con contratti a tempo determinato o flessibili. La dote può essere utilizzata dai giovani anche per la trasformazione di un preesistente contratto di collaborazione coordinata e continuativa in contratto a tempo indeterminato;

·        l’iniziativa, sempre da parte del Ministero della gioventù, concretizzatasi nel Progetto Campus Mentis, per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e per orientare i giovani verso le scelte con maggiori opportunità occupazionali.

 


4. L’imprenditorialità giovanile

4.1 I dati statistici sulle “imprese giovanili”

Nel 2011 è stata realizzata per la prima volta, da Unioncamere in collaborazione con InfoCamere, nell’ambito dell’Osservatorio sull’imprenditoria giovanile, una rilevazione sistematica del particolare universo statistico riguardante l’imprenditoria giovanile, al fine di analizzarne le dinamiche settoriali, territoriali e dimensionali.

Le “imprese giovanili[52]”, cioè quelle guidate da un under 35, sono attualmente 700mila, dato in calo rispetto ai dati del 2010 che avevano rilevato 720mila imprese. imprese.La riduzione si spiega sia con il superamento della soglia dei 35 anni da parte di un cospicuo numero di imprenditori, usciti, così, dal campo di osservazione, sia, parallelamente, con un rallentamento delle iscrizioni di imprese giovanili, che è stato accentuato soprattutto nella seconda metà dell’anno. Il 2011, comunque, si chiude con 135mila giovani che, pur in uno scenario economico non certo favorevole, hanno deciso di avviare una nuova iniziativa imprenditoriale.

Rispetto al 2010, l’incidenza delle imprese giovanili scende dall’11,8% all’11,4%. Al 31 dicembre del 2011,i settori più tradizionali, quali i servizi alle persone, le costruzioni, l’alloggio e ristorazione, e i servizi alle imprese sono quelli in cui, infatti, si registra l’incidenza maggiore di imprese giovanili sul totale, mentre il commercio, le costruzioni e, a distanza, l’agricoltura, sono quelli sui quali si concentra maggiormente l’attenzione dei giovani imprenditori in valore assoluto: ben 193.000 nel commercio, pari al 27,7% del totale delle imprese degli under 35), quasi 135.000 nelle costruzioni (il 9,3% del totale), 61.603 nell’agricoltura (quasi il 9% di tutte quelle guidate da giovani).

Ed è sempre il commercio che, anche nel 2011, ha attratto l’attenzione dei neo-imprenditori: quasi 28mila delle 135mila nuove iscrizioni (ovvero il 22% del totale) hanno riguardato questo settore, mentre altre 21mila (pari al 15% del totale) le costruzioni.

Sud e Isole sono l’area che ha dimostrato nel 2011 la maggiore vivacità: 52.671 le nuove imprese nate al Mezzogiorno, pari al 39% del totale. Segue il Nord-Ovest (33.151 nuove iscrizioni, il 24% del totale), quindi il Centro con 27.700 nuove imprese, pari al 20% del totale, in coda il Nord-Est (21.812 iscrizioni, pari al 16% del totale).

Le giovani imprese hanno in Roma la città d’elezione. Sono, infatti, 43.704 le imprese guidate da under 35 nella capitale. Segue Napoli (39.355) quindi Milano (28.892). Oltre al capoluogo partenopeo, nella classifica delle prime 10 province italiane con il maggior numero di imprese giovanili si incontrano altre 5 province del Mezzogiorno. In quarta posizione si trova Torino, con le sue 27.290 imprese di under 35, Bari (21.325 imprese), seguita da Salerno (17.660), Catania (15.784), Palermo,  (15.094) e Caserta (15.089). All’estremo opposto, tra le province meno popolate da imprese giovanili spiccano quelle centro-settentrionali: ben 7 su 10. Nell’ordine, si tratta di Gorizia (1.009 imprese), Aosta (1.338), Trieste (1.350), Verbano-Cusio-Ossola (1.502), Belluno (1.538), Sondrio (1.745) e Biella (1.920). Nel gruppo di coda anche Isernia (1.262), Oristano (1.818) e Rieti (1.909). Se si guarda invece all’incidenza percentuale sul totale delle imprese delle aziende condotte dagli under 35, ai primi posti si incontrano diverse province del Mezzogiorno, prime tra tutte Enna, Crotone e Vibo Valentia.

 

 

Distribuzione settoriale delle imprese giovanili al 31.12.2011

Valori assoluti e confronti % con il totale delle imprese registrate

 

 

Fonte: Unioncamere, Osservatorio sull’Imprenditoria Giovanile

 

 

 

 

 

Distribuzione settoriale delle imprese giovanili al 31.12.2011

Valori assoluti e percentuali e confronti % con il totale delle imprese registrate per settore

Settori

Totale imprese giovanili 2011

Totale imprese 2011

Incidenza % giovanili su totale

 

Valori assoluti

%

Valori assoluti

%

 

G Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di aut...

193.021

27,7

1.550.863

25%

12,4%

F Costruzioni

134.922

19,3

906.496

15%

14,9%

A Agricoltura, silvicoltura pesca

61.603

8,8

837.624

14%

7,4%

I Attività dei servizi alloggio e ristorazione

58.282

8,4

392.337

6%

14,9%

C Attività manifatturiere

46.703

6,7

617.768

10%

7,6%

S Altre attività di servizi

36.298

5,2

231.360

4%

15,7%

N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle im...

22.391

3,2

156.616

3%

14,3%

M Attività professionali, scientifiche e tecniche

18.370

2,6

193.251

3%

9,5%

K Attività finanziarie e assicurative

15.533

2,2

116.807

2%

13,3%

L Attivita' immobiliari

14.169

2,0

281.265

5%

5,0%

H Trasporto e magazzinaggio

14.158

2,0

178.846

3%

7,9%

J Servizi di informazione e comunicazione

14.278

2,0

125.190

2%

11,4%

R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e diver...

8.797

1,3

66.334

1%

13,3%

Q Sanita' e assistenza sociale

3.129

0,4

33.885

1%

9,2%

P Istruzione

1.995

0,3

26.262

0%

7,6%

E Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione d...

671

0,1

10.666

0%

6,3%

D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz...

421

0,1

6.702

0%

6,3%

X Imprese non classificate

52.685

7,6

377.802

6%

13,9%

Totale

697.426

100

6.110.074

100%

11,4%

Fonte: Unioncamere, Osservatorio sull’Imprenditoria Giovanile.

 


Distribuzione settoriale nuove iscrizioni imprese giovanili al 31.12.2011

Valori assoluti e % per area geografica

SETTORE

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

Totale

Valori assoluti

%

G Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di aut...

6.040

3.915

5.615

14.149

29.719

22

F Costruzioni

7.271

4.615

4.123

4.523

20.532

15

A Agricoltura, silvicoltura pesca

778

1.086

924

4.415

7.203

5

I Attività dei servizi alloggio e ristorazione

1.897

1.071

1.191

2.564

6.723

5

C Attività manifatturiere

1.560

1.385

1.557

1.508

6.010

4

S Altre attività di servizi

1.197

710

998

1.388

4.293

3

N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle im...

1.260

664

1.145

1.029

4.098

3

M Attività professionali, scientifiche e tecniche

1.086

773

847

850

3.556

3

K Attività finanziarie e assicurative

935

518

605

829

2.887

2

L Attivita' immobiliari

486

300

257

262

1.305

1

H Trasporto e magazzinaggio

282

192

276

391

1.141

1

J Servizi di informazione e comunicazione

611

453

517

944

2525

2

R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e diver...

238

160

238

563

1.199

1

Q Sanita' e assistenza sociale

61

37

30

55

183

0

P Istruzione

56

37

48

102

243

0

E Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione d...

7

2

8

20

37

0

D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz...

21

18

19

30

88

0

X Imprese non classificate

9.365

5876

9.302

19.049

43.592

32

Totale

33.151

21.812

27.700

52.671

135.334

100

Fonte: Unioncamere, Osservatorio sull’Impernditoria Giovanile

 


Classifica provinciale delle imprese giovanili al 31.12.2011 (Valori assoluti e %)

PROVINCIA

Totale (va)

Totale (%)

 

 

PROVINCIA

Totale (va)

Totale (%)

Roma               

43.704

6,3

 

 

Alessandria        

4.507

0,6

Napoli             

39.355

5,6

 

 

Teramo             

4.499

0,6

Milano             

28.892

4,1

 

 

Udine              

4.483

0,6

Torino             

27.290

3,9

 

 

Viterbo            

4.475

0,6

Bari               

21.325

3,1

 

 

Macerata           

4.472

0,6

Salerno            

17.660

2,5

 

 

Mantova            

4.438

0,6

Catania            

15.784

2,3

 

 

Parma              

4.415

0,6

Palermo            

15.094

2,2

 

 

Pesaro E Urbino    

4.196

0,6

Caserta            

15.089

2,2

 

 

Pescara            

4.163

0,6

Brescia            

14.355

2,1

 

 

Arezzo             

4.133

0,6

Lecce              

11.455

1,6

 

 

L'aquila           

4.096

0,6

Bergamo             

11.181

1,6

 

 

Nuoro              

3.965

0,6

Firenze            

10.803

1,5

 

 

Forli' - Cesena    

3.913

0,6

Cosenza            

10.268

1,5

 

 

Novara             

3.902

0,6

Verona             

10.258

1,5

 

 

Caltanissetta      

3.899

0,6

Foggia              

9.957

1,4

 

 

Pistoia            

3.815

0,5

Padova             

9.207

1,3

 

 

Rimini             

3.709

0,5

Reggio Di Calabria 

8.842

1,3

 

 

Cremona            

3.694

0,5

Bologna            

8.280

1,2

 

 

Ravenna            

3.690

0,5

Messina            

8.220

1,2

 

 

Ferrara            

3.551

0,5

Cagliari           

7.916

1,1

 

 

Livorno            

3.327

0,5

Treviso            

7.862

1,1

 

 

Savona             

3.288

0,5

Vicenza            

7.855

1,1

 

 

Campobasso         

3.250

0,5

Cuneo              

7.812

1,1

 

 

Crotone            

3.128

0,4

Varese             

7.736

1,1

 

 

Rovigo             

3.066

0,4

Perugia            

7.729

1,1

 

 

Piacenza           

3.051

0,4

Genova             

7.647

1,1

 

 

Enna               

3.037

0,4

Monza E Brianza    

7.338

1,1

 

 

Lecco              

2.948

0,4

Latina             

7.333

1,1

 

 

Siena              

2.921

0,4

Venezia            

7.041

1,0

 

 

Imperia            

2.876

0,4

Modena             

6.723

1,0

 

 

Grosseto           

2.744

0,4

Frosinone          

6.576

0,9

 

 

Matera             

2.714

0,4

Reggio Emilia      

6.538

0,9

 

 

Asti               

2.645

0,4

Agrigento          

6.493

0,9

 

 

Ascoli Piceno      

2.500

0,4

Sassari            

6.322

0,9

 

 

Massa Carrara      

2.472

0,4

Trapani            

6.288

0,9

 

 

Vibo Valentia      

2.449

0,4

Avellino           

6.148

0,9

 

 

Terni              

2.420

0,3

Taranto            

6.004

0,9

 

 

Fermo              

2.362

0,3

Pavia              

5.758

0,8

 

 

Pordenone           

2.320

0,3

Como               

5.470

0,8

 

 

La Spezia          

2.248

0,3

Catanzaro          

5.430

0,8

 

 

Lodi               

2.235

0,3

Ragusa             

5.157

0,7

 

 

Vercelli           

2.138

0,3

Brindisi           

5.125

0,7

 

 

Biella              

1.920

0,3

Chieti             

5.080

0,7

 

 

Rieti              

1.909

0,3

Siracusa           

4.980

0,7

 

 

Oristano           

1.818

0,3

Trento             

4.938

0,7

 

 

Sondrio            

1.745

0,3

Pisa               

4.937

0,7

 

 

Belluno             

1.538

0,2

Ancona             

4.928

0,7

 

 

Verbania           

1.502

0,2

Lucca              

4.891

0,7

 

 

Trieste            

1.350

0,2

Benevento          

4.750

0,7

 

 

Aosta              

1.338

0,2

Potenza            

4.733

0,7

 

 

Isernia            

1.262

0,2

Prato              

4.668

0,7

 

 

Gorizia            

1.009

0,1

Bolzano            

4.656

0,7

 

 

TOTALE

697.426

100,0

Fonte: Unioncamere, Osservatorio sull’Imprenditoria Giovanile

 


Distribuzione geografica delle imprese giovanili al 31.12.2011

 

Distribuzione per trimestri nell’anno 2011 delle nuove iscrizioni di imprese giovanili

Valori assoluti e per area geografica

AREA GEOGRAFICA

Totale iscrizioni imprese giovanili I trimestre 2011

Totale iscrizioni imprese giovanili II trimestre 2011

Totale iscrizioni imprese giovanili III trimestre 2011

Totale iscrizioni imprese giovanili IV  trimestre 2011

Totale

Nord-Ovest

11.143

8.859

6.281

6.868

33.151

Nord-Est

7.201

5.825

4.533

4.253

21.812

Centro

8.740

7.233

5.713

6.014

27.700

Sud e Isole

14.432

15.152

11.013

12.074

52.671

 

 

 

 

 

 

Totale

41.516

37.069

27.540

29.209

135.334

Fonte: Unioncamere, Osservatorio sull’Imprenditoria Giovanile

 

4.2 Gli incentivi all’imprenditorialità giovanile

Gli interventi normativi in materia di agevolazioni all’imprenditorialità giovanile sono stati riordinati in un quadro unitario e sistematico con il D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185. In particolare, con il citato decreto legislativo sono stati disciplinati i nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, che hanno sostituito, rispettivamente, le diverse forme di agevolazione all’imprenditorialità giovanile, disciplinate dal D.L. n. 26/1995, ed il prestito d’onore, disciplinato dal D.L. n. 510/1996.

 

Con il D.M. Tesoro 28 maggio 2001, n. 295 è stato adottato il regolamento di attuazione della disciplina in favore dell’autoimpiego, mentre le disposizioni relative ai criteri e alle modalità di concessione degli incentivi a favore dell’autoimprenditorialità sono state emanate con D.M. Economia 16 luglio 2004, n. 250.

Con il D.M. Economia del 30 novembre 2004sono stati successivamente ridefiniti i criteri e modalità di concessione da parte di Sviluppo Italia S.p.A., oraAgenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A.(ora denominata Invitalia)degli incentivi a favore dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego previsti dal D.Lgs. n. 185 del 2000, in attuazione dell’articolo 72 della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003), in base al quale l'ammontare della quota di contributo soggetta a rimborso non può essere inferiore al 50% dell'importo contributivo.

 

I soggetti interessati devono risultare residenti nei comuni ricadenti nei territori sopraindicati alla data del 1° gennaio 2000 ovvero da almeno 6 mesi all’atto della presentazione della domanda.

Per la promozione di iniziative di autoimprenditorialità e di autoimpiego gli articoli 3 e 15 del D.Lgs. n. 185/2000 prevedono la concessione di contributi a fondo perduto e mutui agevolati, stipulati con Sviluppo Italia, secondo i limiti fissati dall'Unione europea. I mutui agevolati sono assistiti dalle garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale.

L’articolo 23 del D.Lgs. n. 185/2000 affida a Sviluppo Italia S.p.A., ora Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. il compito di provvedere alla selezione delle domande e alla erogazione delle agevolazioni, nonché all’assistenza tecnica dei progetti e delle iniziative presentate.

La società Sviluppo Italia è, dunque, l’ente autorizzato a stipulare i contratti di finanziamento con i beneficiari delle misure agevolative.

Autoimprenditorialità

Nel titolo I del D.Lgs. n. 185/2000sono state accorpate le diverse forme di agevolazione in favore dell’imprenditorialità giovanile: nei settori della produzione dei beni e dei servizi alle imprese, nel settore dei servizi, in agricoltura, in favore delle cooperative sociali.

Le disposizioni relative ai criteri e alle modalità di concessione degli incentivi a favore dell’autoimprenditorialitàsono state emanate con D.M. Economia 16 luglio 2004, n. 250.

Per quanto concerne la promozione dell’autoimprenditorialità, possono beneficiare delle agevolazioni:

§      le società, incluse le cooperative di produzione e lavoro, composte prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che presentino progetti per l’avvio di nuove iniziative nei seguenti settori:

a)     produzione di beni nei settori dell’agricoltura, dell’artigianato o dell’industria e fornitura di servizi alle imprese;

b)     fornitura di servizi nei settori della fruizione dei beni culturali, del turismo, della manutenzione di opere civili ed industriali, della innovazione tecnologica, della tutela ambientale, dell’agricoltura e trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroindustriali;

§      le cooperative sociali, composte (ad eccezione dei soci svantaggiati) prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che presentino progetti per la creazione o il potenziamento di iniziative relative alla produzione di beni o alla fornitura di servizi alle imprese.

 

Le agevolazioni previste assumono la forma di:

§      contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, entro i limiti stabiliti dall'Unione Europea;

§      contributi a fondo perduto in conto gestione, nel rispetto della soglia de minimis, a copertura delle spese di funzionamento sostenute nel primo triennio di attività.

§      assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative.

§      attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto.

 

Per quanto riguarda i criteri di concessione delle agevolazioni a favore dell’autoimprenditorialità, il D.M. Economia del 30 novembre 2004 ha precisato che l'ammontare della quota di contributo soggetta a rimborso non può essere inferiore al 50 per cento dell'importo del contributivo.

 

Possono essere finanziati i progetti d'impresa che prevedono investimenti fino ad un massimo di 2.582.000 di euro.

 

Autoimpiego

Nel titolo II del D.Lgs. n. 185/2000 sono disciplinate le misure volte a favorire la diffusione di forme di autoimpiego nelle aree depresse e svantaggiate del Paese, attraverso strumenti di promozione del lavoro autonomo e dell'autoimprenditorialità, consistenti nel finanziamento e nell’assistenza tecnica da parte di Sviluppo Italia S.p.A. di progetti relativi all’avvio di attività di lavoro autonomo e alla creazione di imprese di piccole dimensioni (imprese in franchising e microimprese) poste in essere da persone prive di occupazione (inoccupati) o disoccupati nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda.

Oltre allo strumento già esistente del c.d. “prestito d’onore”, il D.Lgs. n. 185/2000 ha previsto incentivi per nuove tipologie di autoimpiego, in forma di microimpresa e in forma di franchising.

Il requisito territoriale è l’ulteriore condizione necessaria per la concessione delle agevolazioni; in particolare, è richiesto che i soggetti interessati devono risultare residenti nei comuni ricadenti nei territori ammissibili alla data del 1° gennaio 2000 ovvero da almeno 6 mesi all’atto della presentazione della domanda.

La disciplina delle misure in favore dell’autoimpiego ha ricevuto attuazione con l’emanazione delD.M. Tesoro 28 maggio 2001, n. 295.

 

Possono beneficiare delle agevolazioni dell’autoimpiego:

a)     i soggetti singoli, nel caso di iniziative di lavoro autonomo(c.d. prestito d’onore). In tal caso, i destinatari devono essere maggiorenni alla data di presentazione della domanda e siano privi di occupazione.

b)     le imprese di piccola dimensione (c.d. microimprese).

c)     le iniziative di autoimpiego in forma di franchising

I titolari delle imprese individuali ed almeno la metà numerica dei soci delle società, i quali devono detenere almeno la metà delle quote di partecipazione, devono possedere i medesimi requisiti richiesti per le altre forme di agevolazioni, devono, cioè, essere maggiorenni alla data di presentazione della domanda e privi di occupazione nei 6 mesi antecedenti la data di presentazione della richiesta di ammissione alle agevolazioni.

 

Per quanto riguarda le iniziative finanziabili, il D.Lgs. n. 185/2000 distingue tra tre tipologie di autoimpiego:

a)     per la concessione di misure in favore della promozione del lavoro autonomo, le iniziative finanziabili possono riguardare qualsiasi settore, la cui realizzazione avvenga in forma di ditta individuale:

-        produzione di beni;

-        fornitura di servizi;

-        commercio;

b)     per le agevolazioni in favore dell’autoimpiego in forma di microimpresa, sono finanziabili le iniziative relative ai settori della:

-        produzione di beni;

-        fornitura di servizi.

c)     per le agevolazioni in favore di iniziative di autoimpiego in forma di franchising, sono agevolabili le attività relative ai settori della:

-        produzione di beni e servizi mediante franchising;

-        commercializzazione di beni e servizi mediante franchising.

 

I benefici concessi consistono in:

§      contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall'Unione europea;

§      contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall'Unione europea, limitatamente al primo anno di attività;

§      assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative, che può essere concessa per il periodo massimo di un anno.

 

Il D.M. Economia 30 novembre 2004, che reca la definizione dei criteri e delle modalità di concessione da parte di Sviluppo Italia degli incentivi a favore dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego, a seguito della riforma introdotta dall’articolo 72 della legge finanziaria per il 2003 (in base alla quale l'ammontare della quota di contributo soggetta a rimborso non può essere inferiore al 50% dell'importo contributivo) ha specificato che le agevolazioni finanziarie in favore dell'autoimpiego, nella forma del lavoro autonomo, devono essere concesse secondo i seguenti criteri:

§      mutuo a tasso agevolato per gli investimenti nella misura del 50% del totale dei contributi concessi, e comunque per un importo complessivo non superiore a 15.494 euro;

§      contributo a fondo perduto per gli investimenti in misura pari alla differenza tra l'importo degli investimenti ammessi e l'importo del mutuo agevolato;

§      contributo a fondo perduto sulle spese di gestione per il primo anno, per un ammontare non superiore a 5.165 euro.

 

I benefici finanziari suddetti sono concessi entro il limite del de minimis, come individuato dalle norme comunitarie, che ha fissato l'importo complessivo degli aiuti de minimis accordabili ad una medesima impresa entro la soglia dei 200.000 euro su un periodo di tre anni. Tale massimale si applica indipendentemente dalla forma degli aiuti o dall'obiettivo perseguito.

 

Start-up innovative

 

Anche se non riservate all’imprenditoria giovanile ma comunque finalizzate a favorire l’occupazione giovanile, sono le disposizioni contenute nel D.L.179/2012 attualmente all’esame del Senato, riguardanti le start-up innovative, intese come  modello imprenditoriale atto a veicolare l'innovazione all'interno di un sistema economico. La definizione di impresa Start-up innovativa fa riferimento al possesso di requisiti che concernono la persona fisica che detiene la maggioranza del capitale, il tempo trascorso dalla relativa data di costituzione (quarantotto mesi), il valore della produzione annua (non superiore a 5 milioni di euro), la ragione per cui è nata (prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico) e, infine, il legame con l’innovazione ad alto valore tecnologico (le spese in ricerca e sviluppo sono uguali o superiori al 30 per cento del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione),nonché la gestione degli utili (articolo 25 ).

Inoltre è previsto che, in caso di assegnazione, nell'ambito di un piano di incentivazione, di azioni, quote, titoli, diritti, opzioni o strumenti finanziari ad amministratori, dipendenti e collaboratori delle imprese start-up innovative e degli incubatori certificati, il reddito di lavoro derivante dall’assegnazione di tali strumenti finanziari o diritti non concorre alla formazione del reddito imponibile di tali soggetti, sia a fini fiscali che contributivi (articolo 27).

Infine prevede, per gli anni 2013, 2014 e 2015, una normativa di incentivazione che consente alle persone fisiche e alle persone giuridiche di detrarre o dedurre dal proprio reddito imponibile le somme investite nel capitale sociale di imprese start-up innovative, sia direttamente che indirettamente tramite organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investono prevalentemente in start-up innovative. (articolo 29).

 

 


Camera dei deputati

XVI Legislatura

 

BIBLIOTECA - LEGISLAZIONE STRANIERA

 

Guida alla documentazione

 

5. Le politiche in favore dei giovani nei principali paesi europei

(agg. 13 novembre 2012)

 

Quadro comparato

A. Bazzanella (a cura di), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo, Editore Provincia Autonoma di Trento – IPRASE del Trentino, giugno 2010 (il testo contiene un’analisi dettagliata delle politiche giovanili in Danimarca, Germania, Regno Unito e Slovenia; i capitoli su Germania e Regno Unito sono inseriti anche nella rispettiva documentazione).

5.1 Francia

1.      Formazione professionale e occupazione giovanile

La crisi economica ha aggravato le difficoltà sul mercato del lavoro per i giovani e il Governo francese ha varato, fin dall’aprile 2009, misure urgenti per la formazione, l’apprendistato e la professionalizzazione dei giovani di meno di 26 anni, con l’obiettivo di puntare su soluzioni che permettano l’inserimento stabile e durevole nel mondo dei mestieri commerciali e industriali e di fare della formazione professionale per i giovani (iniziale e continua) uno strumento contro la crisi economica.

Il Piano Agir pour la Jeunesse, lanciato a settembre 2009 dal Presidente della Repubblica allora in carica, Nicolas Sarkozy, ha previsto soprattutto misure sull’orientamento e la formazione professionale e sugli aiuti sociali per i giovani tra i 16 e i 25 anni. Nell’ambito dell’attuazione del Piano del 2009 si inserisce la Loi n. 2009-1437 du 24 novembre 2009 relative à l’orientation et à la formation professionnelle tout au long de la vie, che ha ratificato l’accordo nazionale interprofessionale del 7 gennaio 2009 sullo sviluppo della formazione continua lungo l’intero arco della vita lavorativa ed ha rinnovato il sistema di formazione professionale francese. La legge del 2009 ha creato, tra l’altro, un Fonds paritaire (con una dotazione iniziale superiore a un miliardo di euro) per la “messa in sicurezza” dei percorsi formativi professionali al fine di orientare meglio i finanziamenti della formazione verso gli effettivi bisogni del mercato del lavoro. Lo sforzo del legislatore ha puntato anche ad una migliore qualità dell’offerta formativa attraverso un potenziamento del servizio pubblico per l’informazione e l’orientamento alla formazione professionale ed è stato rafforzato il coordinamento del sistema di formazione professionale ai livelli nazionale e regionale. In particolare la legge ha previsto un Plan régional de développement des formations professionnelles, da approvare sotto forma di “contratto” tra lo Stato e ciascuna Regione, in stretto collegamento con le parti sociali, proprio per rendere più coerenti le politiche di formazione nelle regioni e adeguare i bacini occupazionali alle concrete esigenze locali di lavoro.

Tra le misure messe in cantiere in tale contesto dal Governo, allora presieduto da François Fillon, si segnala anche il potenziamento di dispositivi già esistenti come il Passeport vers l’Emploi, un programma pedagogico in favore dell’inserimento e l’integrazione dei giovani di quartieri svantaggiati, destinatoa giovani tra i 14 e i 20 anni provenienti da “zone urbane sensibili” (come la banlieue parigina, ad esempio) e gestito in partenariato tra il Ministero dell’Educazione nazionale e le imprese che operano nella zona.

Nel giugno 2011 il Governo ha attivato il nuovo portale TrouveTaBoite, dedicato ai giovani dai 16 ai 25 anni, in cui sono pubblicate le offerte di lavoro, di stages e di esperienze di formazione, relative ad uno specifico territorio e raccolte dalle "missions locales". Queste missions sono uffici pubblici che hanno il compito di assistere i giovani, della fascia di età sopra indicata, nella ricerca di un impiego. Sono attualmente presenti sul territorio francese 470 missions locales.

Dopo l’elezione a maggio 2012 del nuovo Presidente della Repubblica, François Hollande, e le elezioni politiche del giugno 2012, l’attuale Governo, presieduto da Jean-Marc Ayrault,si è subito impegnato nel dare attuazione agli impegni a favore dell’occupazione giovanile assunti in campagna elettorale dal Presidente Hollande. La prima realizzazione del programma è stata l’approvazione, a ottobre 2012, della Loi n. 2012-1189 du 26 octobre 2012 portant création des emplois d'avenir .

La legge ha creato un nuovo dispositivo di aiuto per favorire l’inserimento professionale e l’accesso ad una qualifica professionale di giovani in difficoltà. I primi beneficiari dell’aiuto all’occupazione “emplois d’avenir” saranno i giovani senza diploma tra i 16 e i 25 anni delle zone urbane e rurali più svantaggiate. Ai nuovi posti di lavoro potranno accedere anche altri giovani che abbiano proseguito gli studi fino al primo livello di qualificazione (CAP-BEP) o fino al diploma (baccalauréat) e siano residenti in aree nelle quali sussistano particolari difficoltà nell’inserimento sul mercato del lavoro.

La creazione di posti di lavoro riguarderà in particolare il settore non commerciale (organismi non a scopo di lucro, collettività territoriali, etc.) nell’ambito di attività di utilità sociale o ambientale, suscettibili di offrire prospettive di assunzione stabile (filiere verdi e digitali, settori sociale e medico-sociale, aiuto alla persona, insegnamento, animazione e svago, turismo). Alcuni dei nuovi posti di lavoro, denominati emplois d’avenir professeur, saranno peraltro accessibili anche agli studenti borsisti (circa 18.000 giovani) che abbiano scelto l’avvio alla professione dell’insegnamento per il loro futuro.

Entro il 2014 il governo prevede la creazione di circa 150.000 “lavori del futuro”, 100.000 dei quali già nel 2013. I nuovi emplois saranno a tempo pieno - con contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato di 3 anni (o di 1 anno, rinnovabile fino a 3 anni) - e il 75% dell’ammontare lordo delle relative remunerazioni sarà a carico dello Stato per la durata massima di 3 anni.

Alcune misure previste dalla nuova legge si applicano dal 1° novembre 2012 e il 30 ottobre 2012 sono state firmate le prime trenta convenzioni d’impegno (il testo delle convenzioni è consultabile sulla pagina web del sito del Ministero del Lavoro francese dedicata ai sostenitori dell’iniziativa) per l’attuazione degli emplois d’avenir con i rappresentanti dei principali attori pubblici, nazionali e locali, mobilitati per la realizzazione del nuovo dispositivo di aiuto all’occupazione giovanile.

 

documentazione

Con riferimento agli Emplois d’avenir si segnalano in particolare:

Service-public.fr, Emploi d'avenir (scheda informativa, aggiornata al 2 novembre 2012);

Service-public.fr, Emploi d'avenir professeur (scheda informativa, aggiornata al 2 novembre 2012);

Ministère du travail, de l’emploi, de la formation professionnelle et du dialogue social, Emplois d’avenir (pagina web del sito internet ufficiale del Ministero dedicata agli emplois d’avenir).

 

2.     Promozione del regime di “alternanza” e sviluppo dell’apprendistato

Diverse misure sono state adottate per favorire l’ingresso dei giovani (dai 16 ai 25 anni) nel mondo del lavoro in “alternanza” (ossia l'alternanza tra periodi di formazione scolastica e universitaria e periodi di lavoro in impresa).

Nel 2009 il Governo allora in carica ha messo a punto il dispositivo dei “développeurs de l’apprentissage”, destinato a promuovere lo strumento dell’”alternanza” presso le imprese e la scelta dell’apprendistato da parte dei giovani. Le prime convenzioni con le imprese sono state firmate nell’intento di creare 200 posti di développeurs de l’apprentissage su tutto il territorio francese. L’obiettivo iniziale era di coinvolgere 50.000 imprese e firmare più di 5.000 nuovi contratti, ma la misura è stata poi mantenuta e protratta fino alla fine del 2011 per accompagnare le altre politiche in favore dei giovani.

Nel luglio 2011 è stata approvata la Loi n. 2011-893 du 28 juillet 2011 pour le développement de l'alternance et la sécurisation des parcours professionnels. Tra le varie misure, è stata istituita la carta "Etudiant des métiers" rilasciata ad ogni giovane apprendista. La carta permette al giovane di godere di alcuni benefici (ad esempio, riduzioni sulle tariffe per l'acquisto di determinati prodotti o servizi, identiche a quelle di cui godono gli studenti di istituti di formazione superiore). È inoltre previsto che un giovane possa concludere un "contratto di apprendistato" o "di professionalizzazione" con due datori di lavoro nell'ambito di attività stagionali ed è stabilita la possibilità di rinnovare un "contratto di professionalizzazione" a tempo determinato in alcune specifiche situazioni. La legge dispone inoltre un migliore inquadramento degli stages nelle imprese: all'interno del Codice dell'educazione è creata una sezione apposita dedicata agli "stages en entreprises" (artt. da L612-8 a L612-13).

Il provvedimento legislativo ha inteso anche promuovere la protezione dei percorsi professionali per l'intero ciclo dell'attività lavorativa di una persona attraverso misure che favoriscano la creazione dei "gruppi di datori di lavoro" (groupements d'employeurs), che sono agevolati nello stipulare contratti a tempo indeterminato in luogo di contratti a tempo determinato, e attraverso la creazione di "contratti di protezione professionale" (contrat de sécurisation professionelle).

La legge favorisce, infine, lo sviluppo dell'attività associativa dei giovani abbassando, da 18 a 16 anni, l'età minima necessaria per costituire un'associazione.

 

documentazione

Con riferimento al regime dell’“alternanza” e ai contratti di apprendistato, si segnalano in particolare:

il Portail de l’alternance che, lanciato a ottobre 2011 dal Ministero del Lavoro francese in partenariato con Pôle Emploi, le Camere di Commercio e Industria, le Camere dei Mestieri e le organizzazioni padronali (Medef, Cgpme et Upa), riunisce l’insieme delle offerte di formazione in alternanza;

Ministère du Travail, de l’Emploi et de la Santé, Le contrat d'apprentissage (scheda informativa);

Ministère du Travail, de l’Emploi et de la Santé, Le contrat de professionnalisation (scheda informativa).

3.     Misure in favore dell’imprenditorialità giovanile

Il Governo francese, nell’ambito del Piano anticrisi a favore delle imprese, ha permesso da gennaio 2011 anche l’apertura dell’imprenditoria ai minori emancipati, che possono aprire attività commerciali, e ai minori non emancipati, che possono creare proprie imprese previa autorizzazione dei genitori (richiesta anche per i più importanti atti della vita dell’impresa).

I giovani che hanno aperto, o sono in procinto di aprire, piccole imprese artigianali o commerciali possono avvalersi, in particolare, della nuova Legge sullo statuto dell’auto-imprenditore, la Loi n. 2010-658du 15 juin 2010 relative à l'entrepreneur individuel à responsabilité limitée. La legge del 15 giugno 2010 ha infatti creato la nuova figura dell’imprenditore individuale a responsabilità limitata (EIRL), rispondendo ad una delle principali preoccupazioni degli imprenditori individuali, artigiani, commercianti, imprenditori di piccole imprese, piccoli imprenditori agricoli o liberi professionisti: la protezione dei loro beni personali in caso di fallimento dell’impresa.

Oltre alle iniziative sopra citate, va anche menzionato il Plan pour l’entrepreneuriat étudiant, lanciato dal Governo Fillon alla fine del 2009, per sviluppare lo spirito imprenditoriale presso gli studenti e far quindi emergere una nuova generazione di imprenditori. Lo sforzo governativo di coinvolgere gli istituti d’insegnamento superiore in questa dinamica si è tradotto in alcune misure, tra le quali: l’invito a presentare progetti per la”Création de Pôles de l’entrepreneuriat étudiant”; il concorso nazionale per l’imprenditorialità studentesca“Innovons Ensemble“; la designazione di un Référent entrepreneuriat“ all’interno di ciascun istituto scolastico con il compito di orientare gli studenti sulle possibili carriere imprenditoriali e sui sostegni dei quali possono beneficiare; la creazione di circa 20 nuove “Junior–Entreprises” presso le università, collegate con la Confederazione delle Junior-Entreprises[53]; l’attuazione di un coordinamento nazionale sull’entrepreneuriat.

 

documentazione

Per ulteriori informazioni in merito alla figura dell’imprenditore individuale si segnalano:

il sito internet Auto- entrepreneur;

il sito dello sportello unico per le imprese francesi, Guichet-Entreprises.fr, sul quale gli auto imprenditori possono registrarsi;

la pagina web Jeunes, dedicata alla creazione di nuove imprese per i giovani imprenditori sotto i 30 anni, all’interno del sito internet dell’Agence pour la création d’entreprises (APCE).

 

 

4.     Forme di sostegno sociale

Il Governo francese, nell’ambito delle misure sociali anti-crisi, ha introdotto dal 1° giugno 2009 il revenu de solidarité active (RSA) a integrazione dei redditi più bassi con la Loi n. 2008-1249 généralisant le revenu de solidarité active et réformant les politiques d'insertion (modificata da ultimo dalla Legge finanziaria per il 2012, art. 38).

Dal 1° settembre 2010 le condizioni per ottenere il RSA sono state estese a tutti i giovani attivi tra i 18 e i 25 anni (in precedenza potevano accedere al dispositivo solo se con figli, nati o nascituri, a carico): è sufficiente dimostrare di aver svolto un’attività professionale per due degli ultimi tre anni (3.214 ore di lavoro al momento della domanda). L’ammontare del RSA-jeunes actif è calcolato secondo le stesse modalità degli altri tipi di RSA (RSA-socle e RSA-activité). L’estensione ha l’obiettivo di dare un sostegno ai giovani che sono entrati presto nella vita attiva e aiutarli a raggiungere l’autonomia. Sono considerati “attività professionale” tutti i tipi di contratto di lavoro (a tempo pieno o a tempo parziale): lavoro interinale, contratto in alternanza, contratto d’apprendistato, di professionalizzazione, CDI, CDD, contratto di transizione professionale (CTP) o di Convenzione di riqualificazione personalizzata (CRP). Anche i periodi di disoccupazione indennizzati sono considerati (al massimo sei mesi) e prolungano il periodo di attività esaminato.

Secondo i dati riportati nella Tabella pubblicata dal Ministero degli affari sociali francese, i beneficiari del RSA al di sotto dei 25 anni erano circa 10.000 a luglio 2011.

Per i giovani disoccupati tra i 15 e i 18 anni sono previsti particolari sussidi di disoccupazione (Allocation d’aide au retour à l’emploi (ARE), Allocation temporaire d'attente).

Sono previste anche, a particolari condizioni,.

Per ulteriori approfondimenti sulle diverse forme di sostegno sociale ai giovani, quali le forme di aiuto all’alloggio, stages e lavori, si segnalano le pagine pubblicate sul portale Jeunes.gouv.frdel Ministero degli Sports, della Gioventù, dell’Educazione popolare e della Vita associativa.

 

documentazione

Service-Public.fr, RSA jeune actif (scheda informativa aggiornata al 10 agosto 2012);

Service-Public.fr, Allocation d'aide au retour à l'emploi (ARE) : durée de versement et montant (scheda informativa aggiornata al 2 luglio 2012) ;

Service-Public.fr, Allocation temporaire d'attente (Ata) (scheda informativa aggiornata al 2 luglio 2012);

Si segnala infine il portaleJcomJeune, gestito dal Centre d’information e de documentation Jeunesse (CIDJ) .

5.2 Germania

1.      Occupazione giovanile e diritto alla casa

La riforma del mercato del lavoro, varata nel 2005, ha introdotto una nuova “indennità di disoccupazione di lunga durata” (Arbeitslosengeld II), dal carattere assistenziale e finanziata attraverso l’imposizione generale. Questa nuova indennità si è aggiunta alla Arbeitslosengeld I, la precedente indennità di disoccupazione in senso stretto (tuttora in vigore), avente carattere previdenziale e quindi finanziata mediante il versamento di contributi. La Arbeitslosengeld II, dalle procedure molto semplificate, è l’unico strumento di aiuto economico per i disoccupati di lunga durata idonei al lavoro. L’indennità comprende, oltre ad una somma forfettaria(dal 1° luglio 2009 ammonta a 359 euro su tutto il territorio nazionale), altri benefici accessori (ad esempio, entro limiti predeterminati, i costi di alloggio e di riscaldamento).

L’anno successivo, la Legge di modifica del Secondo libro del Codice sociale (Gesetz zur Änderung des Zweiten Buches Sozialgesetzbuch, del 24 marzo 2006) ha riordinato la Arbeitslosengeld II quando corrisposta ai giovani di età inferiore a 25 anni. Come già accennato, l’indennità, oltre alla somma forfettaria sopra specificata, copre anche, entro certi limiti, le spese di affitto e di riscaldamento e per tale motivo è stata spesso utilizzata dai giovani disoccupati fra i 18 e i 25 anni per poter cercare un proprio alloggio. Secondo la precedente normativa, ogni maggiorenne disoccupato sotto i 25 anni di età costituiva da solo una “comunità”di tal genere e aveva pertanto diritto all’indennità, all’affitto e al riscaldamento qualora avesse abbandonato l’abitazione familiare. Con la nuova legge, il giovane e la famiglia costituiscono un’unica “comunità beneficiaria” ai sensi della riforma Hartz IV, con la conseguenza che la nuova indennità spettante al giovane è pari all’80% della precedente. In questo modo l’incidenza delle spese per l’affitto e per il riscaldamento viene ripartita su tutti i componenti della famiglia. Inoltre, il giovane beneficiario dell’indennità, se vuole aver diritto a quest’ultima per poter lasciare la casa dei genitori, deve chiedere un’autorizzazione all’Agenzia federale del lavoro, che potrà concedergliela solo per “gravi motivi sociali”; in tal caso, egli percepirà la nuova indennità ridotta, nonché l’affitto e il riscaldamento.

Nel 2007, attraverso due leggi di modifica del Secondo e del Terzo Libro del Codice Sociale, il Parlamento federale tedesco, stante la positiva fase congiunturale e un evidente miglioramento del mercato del lavoro, è intervenuto per incrementare le possibilità occupazionali e di qualificazione di un gruppo consistente di persone che incontra particolari ostacoli nell’inserimento nel mondo del lavoro, quali la disoccupazione cronica, l’assenza di una preparazione professionale, limitazioni per motivi sanitari e problemi finanziari.

In particolare, la quarta Legge di modifica del Terzo Libro del Codice Sociale (Viertes Gesetz zur Änderung des Dritten Buches Sozialgesetzbuch, del 10 ottobre 2007) si è posta come obiettivo il miglioramento della qualificazione professionale e l’incremento delle opportunità di lavoro per i giovani con particolari difficoltà di inserimento.

La nuova legge prevede il finanziamento di un contributo per la qualificazione (Qualifizierungszuschusses), a carico del datore di lavoro, del valore del 50 per cento del salario lordo, per l’inserimento e, contemporaneamente, il perfezionamento dei nuovi impiegati. Destinatari di questa misura sociale sono i giovani che non abbiano compiuto i 25 anni di età, che siano disoccupati da almeno sei mesi e che non possiedano alcun titolo professionale.

Al fine di evitare il consolidamento della disoccupazione, la Federazione può promuovere, attraverso il cosiddetto contributo per l’assunzione (Eingliederungszuschuss), a carico del datore di lavoro, di valore compreso tra il 25 e il 50 per cento del salario lordo e fino ad un massimo di 1.000 euro mensili, l’impiego dei lavoratori più giovani che non abbiano compiuto i 25 anni di età e che siano disoccupati da almeno sei mesi, nonostante abbiano conseguito un titolo professionale.

Nel novembre 2008, il Governo federale ha adottato un pacchetto di misure valide per il biennio 2009/2010, dirette a contrastare gli effetti negativi sull’economia legati alla crisi finanziaria. Tali misure sono state finalizzate, in particolare, a promuovere gli investimenti per garantire la crescita e per salvaguardare l’occupazione.

Sul sito del Ministero dell’Economia e della Tecnologia è disponibile, in inglese, una sintesi del primo pacchetto di misure.

Al fine di rafforzare ulteriormente la rete di sicurezza dei lavoratori, sono state adottate alcune misure finanziate dall’Agenzia federale del lavoro (Bundesagentur für Arbeit) e il 21 dicembre 2008 è stata approvata la Legge di attuazione del primo pacchetto di misure (Gesetz zur Umsetzung steurrechtlicher Regelungen des Maßnahmenpakets “Beschäftigungssicherung durch Wachstumsstärkung: Maßnahmenpaket der Bundesregierung).

Nel gennaio 2009, il Governo federale ha varato un secondo pacchetto di aiuti all’economia, che contiene misure, per il biennio 2009-2010, volte a superare la negativa congiuntura economica e a tutelare l’occupazione. Il pacchetto prevede, in particolare, un ulteriore sviluppo del “Programma speciale per la qualificazione dei lavoratori più anziani e scarsamente qualificati” (istituito nel I pacchetto congiunturale) in favore anche dei disoccupati di lunga durata e dei giovani senza una qualifica professionale.

In materia di occupazione giovanile si segnalano, inoltre, i seguenti documenti e siti web:

- Federal Ministry of Labour and Social Affairs, Career counselling and vocational guidance (scheda in lingua inglese);

- sito ufficiale dell’Istituto per la ricerca nel mercato del lavoro e per la guida all’occupazione giovanile (Institut für Arbeitsmarktforschung und Jugendberufshilfe - IAJ);

- Bundesagentur für Arbeit, The Labour Market in February 2011, marzo 2011 (relazione mensile, in lingua inglese, sul mercato del lavoro in Germania, tratto dal sito dell’Agenzia federale del lavoro).

2.     Formazione professionale

In materia di formazione professionale si segnalano i seguenti materiali on-line (tutti in tedesco, tranne l’ultimo):

- Kompetenzen junger Menschen (sviluppo delle competenze dei giovani di sesso maschile; informazioni tratte dal sito del Ministero della famiglia, degli anziani, delle donne e dei giovani);

- Integration und Chancen für Jugendliche(integrazione e possibilità per i giovani; informazioni tratte dal sito del Ministero della famiglia, degli anziani, delle donne e dei giovani);

- ISG Institut für Sozialforschung und Gesellschaftspolitik e.V., Zusammenhang von sozialer Schicht und Teilnahme an Kultur-, Bildungs-und Freizeitangeboten für Kinder und Jugendliche, Colonia, 7 febbraio 2011;

- Vorstudie zur Evaluation von Fördermaßnahmen für Jugendliche im SGB II und SGB III, novembre 2010 (Documento del Ministero del lavoro);

- Ausbildungsbegleitende Hilfen, sozialpädagogische Begleitung und Ausbildungsmanagement, settembre 2010 (Foglio informativo del Ministero del lavoro);

- Promotion of training(scheda tratta dal sito del Ministero del lavoro).

3.     Volontariato giovanile

In Germania, il volontariato giovanile (Jugendfreiwilligendienste) costituisce il luogo di apprendimento per l’impegno civile, da una parte, e per la formazione, dall’altra. Oltre all’orientamento professionale e all’esperienza lavorativa, i giovani volontari acquisiscono rilevanti competenze personali e sociali che possono migliorare le loro possibilità occupazionali.

Per rispondere alla crescente domanda da parte dei giovani di impegnarsi attivamente per il bene della comunità, il Parlamento tedesco ha approvato la Legge di incentivazione del volontariato giovanile (Gesetz zur Förderung von Jugendfreiwilligendiensten – JFDG, del 16 maggio 2008) con l’obiettivo principale di migliorare le condizioni generali riguardanti l’anno di volontariato sociale (Freiwillige Soziale Jahr – FSJ) e l’anno di volontariato ecologico (Freiwillige Ökologische Jahr – FÖJ), le cui distinte discipline (Gesetz zur Förderung eines freiwilligen sozialen Jahres e Gesetz zur Förderung eines freiwilligen ökologischen Jares) sono state, a tale scopo, raccolte in un unico quadro normativo che reca un contributo alla trasparenza e alla chiarezza del diritto.

La nuova legge, che stabilisce chiaramente che il servizio di volontariato promuove ed incentiva le possibilità occupazionali e formative e l’impegno dei giovani, introduce alcune novità.

Al fine di migliorare la compatibilità dei servizi di volontariato con le diverse situazioni di vita dei giovani e rendere ancora più attrattivi l’anno sociale e l’anno ecologico, vengono previste diverse opzioni di flessibilizzazione temporale:

1) la durata ordinaria dei servizi di volontariato svolti sul territorio nazionale varia da sei a dodici mesi. In casi eccezionali, un servizio che abbia una finalità specificamente pedagogica può essere prolungato fino a 24 mesi;

2) possono essere svolti più servizi della durata minima di sei mesi, uno di seguito all’altro, sia all’interno del paese sia all’estero;

3) il volontariato svolto sul territorio nazionale, può essere assolto, sempre nell’ambito di un progetto pedagogico, in blocchi di tre mesi, per un periodo complessivo minimo di sei mesi;

4) si possono combinare periodi di attività di volontariato da svolgere all’interno del paese e all’estero della durata massima di 18 mesi.

Oltre alla flessibilizzazione temporale, la legge prevede la possibilità per gli organismi promotori e per i centri di impiego del volontariato di regolare più liberamente i diritti e i doveri contrattuali.

A seconda delle condizioni stabilite nei contratti, tali enti possono diventare gli interlocutori per l’assicurazione contro la malattia, gli infortuni e l’eventuale degenza (i volontari sono inseriti per legge nel sistema tedesco della previdenza sociale), versando i relativi contributi.

L’anno di volontariato sociale può essere assolto negli istituti per la cura degli anziani, delle persone diversamente abili o dei bambini, nelle scuole, nei centri di igiene e negli ospizi. Si può prestare servizio anche nel settore dello sport, della cultura e della tutela dei beni artistici e monumentali.

Per quanto riguarda, invece, l’anno di volontariato ecologico, i giovani possono operare nell’ambito delle organizzazioni per la tutela delle bellezze naturali e paesaggistiche o presso le autorità forestali.

I giovani volontari che desiderano partecipare all’anno sociale o all’anno ecologico devono aver completato la suola dell’obbligo e avere un’età non superiore ai 27 anni. Anche gli obiettori di coscienza possono assolvere il servizio di volontariato della durata di dodici mesi al posto del servizio civile.

 

4.     Politiche giovanili in genere

Una dettagliata illustrazione delle politiche giovanili in Germania è contenuta in:

R. Bendit, Germania (in A. Bazzanella (a cura di), Investire nelle nuove generazioni: modelli di politiche giovanili in Italia e in Europa. Uno studio comparativo, Trento, 2010).

5.3 Regno Unito

Nell’aprile 2012 il Department for Work and Pensions ha avviato un programma triennale di misure per fronteggiare il fenomeno della disoccupazione giovanile. Denominato Youth Contract, il programma si avvale di uno stanziamento di un miliardo di sterline e aspira ad offrire la possibilità di un’occupazione a circa mezzo milione di giovani dai 18 ai 14 anni. Le misure a tal fine previste comprendono in particolare un’incentivazione delle nuove assunzioni da parte dei datori di lavoro, l’accesso dei giovani all’apprendistato professionale presso le imprese, la frequenza di corsi di formazione professionale orientati all’inserimento lavorativo e la formazione dei minori di 17 anni di età non inseriti nella scuola o nel tirocinio professionale.

Il programma si inserisce in un più ampio sistema di agevolazioni e di misure di sostegno i cui assi portanti riguardano principalmente i seguenti ambiti:

1.      Occupazione giovanile

·        sussidi per i giovani lavoratori

Income Support, erogabile ai lavoratori occupati per non più di 16 ore settimanali e che non percepiscono i sussidi per la disoccupazione: (http://www.direct.gov.uk/en/MoneyTaxAndBenefits/BenefitsTaxCreditsAndOtherSupport/On_a_low_income/DG_10018708)

·        sussidio di disoccupazione

Accesso al Jobseeker’s Allowance, erogabile alle persone con almeno 18 anni di età

2.     Formazione professionale

·        sussidi per lo studio e per la formazione

Education Maintenance Allowance;

·        sussidi per il trasporto, riservati agli studenti.

3.     Previdenza e benefici economici

Working Tax Credit, erogabile ai lavoratori a basso reddito con almeno 25 anni..

4.     Diritto alla casa

·        sussidi per le locazioni abitative

Housing Benefit, disciplinato in base a schemi adottati in ambito locale.

Documentazione on-line sulle politiche giovanili

Nel luglio 2010 l’Office for Standards in Education, Children’s Services and Skills (OFSTED) ha pubblicato un rapporto sui servizi pubblici locali competenti per l’attuazione delle politiche in favore dei giovani:

·        Supporting Young People: an evaluation of recent reforms to youth support services in 11 local areas.

Nel dicembre 2011 il Governo ha pubblicato un documento sulle politiche dirette a promuovere la partecipazione e l’integrazione dei giovani dai 16 ai 24 nel mondo della scuola, della formazione professionale e del lavoro:

Si segnala, inoltre, il seguente studio, in italiano, sulle politiche giovanili nel Regno Unito:

5.4 Spagna

L’art. 48 della Costituzione prevede che: “I pubblici poteri promuoveranno le condizioni per la partecipazione libera ed efficace della gioventù nello sviluppo politico, sociale ed economico e culturale”.

Esistono pertanto delle leggi delle Comunità autonome che intervengono in materia di politiche giovanili.

Ad esempio, laLey 8/2002, de 27 de noviembre, de Juventud, de la Comunidad de Madrid stabilisce un quadro normativo per lo sviluppo delle politiche promosse dalla Comunità di Madrid in favore dei giovani, al fine di migliorarne lo sviluppo personale, familiare, sociale, educativo, economico e culturale, nonché di generare le condizioni necessarie che permettano la transizione dei giovani alla vita adulta in tutte le sue dimensioni (art. 1).

Tra le varie leggi delle Comunità autonome in materia di politiche giovanili, si segnalano le seguenti:

- Catalogna: Ley 33/2010, de 1 de octubre, de políticas de juventud;

- Isole Baleari: Ley 10/2006, de 27 de julio, integral de la juventud;

- La Rioja: Ley 7/2005, 30 de junio, de Juventud de La Rioja;

- Aragona: Ley 3/2007, de 21 de marzo, de Juventud de Aragón.

In generale, le leggi citate contengono diverse previsioni in materia di formazione, occupazione, educazione, associazionismo giovanile, cultura, sport etc.

Nell’ambito dell’amministrazione centrale dello Stato opera l’Instituto de la Juventud (Injuve), ascritto al Ministero della Sanità, Servizi sociali ed Eguaglianza (Ministerio de Sanidad, Servicios Sociales e Igualdad). L’Istituto ha il compito di realizzare iniziative ed attività che permettano la partecipazione dei giovani nella società, sia con riguardo ai settori culturali, artistici, civili, interculturali, sia per quanto concerne la realizzazione di programmi rivolti all’orientamento al lavoro e alla creazione d’impresa. Esso collabora con i diversi Ministeri, gli organismi della gioventù delle Comunità autonome e le organizzazioni giovanili e studentesche, attraverso il Consejo de la Juventud de España.

Il Consejo de la Juventud de España è un ente associativo di diritto pubblico con personalità giuridica propria e piena capacità per il compimento dei propri fini, tra cui l’offerta di uno spazio di libera adesione al fine di promuovere la partecipazione della gioventù allo sviluppo politico, sociale, economico e culturale del Paese. Esso è regolato dalla Ley 18/1983, de 16 de noviembre, de creación del organismo autónomo Consejo de la Juventud de España.

 

Il Real Decreto-ley 10/2011[54], del 26 agosto 2011, ha adottato, accanto a disposizioni riguardanti altri profili in ambito lavorativo, alcune misure urgenti per la promozione dell’occupazione giovanile.

L’art. 1 ha introdotto il contratto di formazione e apprendistato (contrato para la formación y el aprendizaje), disciplinato dal comma 2 dell’art. 11 dello Statuto dei lavoratori (Real Decreto Legislativo 1/1995), poi modificato dal Real-Decreto-ley 3/2012[55] e dalla Ley 3/2012[56], in materia di riforma del mercato del lavoro.

Si tratta di un contratto con pieni diritti lavorativi e di protezione sociale, che coniuga il lavoro retribuito in azienda con la formazione volta ad acquisire una qualifica professionale. Il contratto permette, da un lato, di fornire una qualifica professionale accreditata a tutti i giovani che ne sono privi, dall’altro, consente al lavoratore di poter essere occupato in un’impresa strettamente correlata con l’effettiva formazione ricevuta. Esso prevede un regime di alternanza tra attività lavorativa retribuita e attività formativa. La giornata lavorativa è dedicata per il 75% al lavoro in impresa per il primo anno e per l’85% per gli altri anni, il resto ad attività formative. La durata minima del contratto è di un anno, la massima è di tre anni.

Il contratto è rivolto ai giovani tra i sedici e i venticinque anni (non compiuti) che non possiedono alcuna qualifica professionale. Esso può essere utilizzato anche per i giovani fino a trenta anni (non compiuti), fino a quando il tasso di disoccupazione risulti inferiore al 15%.

Il Real Decreto 1529/2012[57] contiene le norme di dettaglio del contratto di formazione e apprendistato e della formazione duale. Si intende per formazione professionale duale l’insieme delle azioni e iniziative formative, di lavoro e formazione, che hanno per oggetto la qualificazione professionale dei lavoratori in regime di alternanza di attività lavorativa in un’impresa con l’attività formativa ricevuta nel quadro del sistema di formazione professionale per l’occupazione o del sistema educativo (art. 2). Le aziende possono finanziare il costo della formazione inerente al contratto di formazione e apprendistato attraverso riduzioni dei contributi previdenziali, a carico dell’apposito fondo del Servizio pubblico di collocamento (art. 24).

 



[1]    Istat, Rapporto annuale 2012: la situazione del paese, maggio 2012.

http://www.istat.it/it/files/2012/05/Rapporto-annuale-2012.pdf

[2]    L’indice di dipendenza si ottiene dal rapporto tra la popolazione residente in età non attiva (da 0 a 14 anni e da 65 anni e oltre) e la popolazione in età lavorativa (da 15 a 64 anni). Tale rapporto, che viene generalmente moltiplicato per cento, misura il carico sociale ed economico teorico sulla popolazione attiva. Valori superiori al 50 per cento indicano una situazione di squilibrio generazionale.

[3]    I dati qui riportati sono contenuti in: Istat, Noi Italia edizione 2012, febbraio 2012.

      http://www3.istat.it/dati/catalogo/20120215_00/Noi_Italia_2012.pdf

[4]    L’indice di ricambio è un indicatore demografico che rapporta la popolazione residente in età 60-64 anni alla popolazione in età 15-19 anni. Tale rapporto, che viene generalmente moltiplicato per cento, si utilizza anche per misurare le opportunità occupazionali per i giovani, derivanti dai posti di lavoro lasciati disponibili da coloro che si accingono a lasciare l’attività lavorativa per limiti di età.

[5]    Elaborazioni SVIMEZ su dati ISTAT ed EUROSTAT in Rapporto Svimez 2012, pag. 162

[6]    Saccomanni F., La generazione esclusa: il contributo dei giovani alla crescita economica, 41° Convegno dei Giovani Imprenditori – Confindustria, giugno 2011

[7]    D.M. 4 novembre 2011, Ripartizione del Fondo Politiche giovanili, ai sensi dell'art. 19, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248- Anno 2011

 

[8]    Il Rapporto Svimez 2012 dedica il IX Capitolo alle Politiche speciali per il sud.

[9]    La politica regionale di sviluppo è specificatamente diretta a garantire che gli obiettivi di competitività siano raggiunti da tutti i territori regionali, anche e soprattutto da quelli che presentano squilibri economico-sociali ed è finanziata da risorse aggiuntive, comunitarie e nazionali, provenienti, rispettivamente, dal bilancio europeo (Fondi strutturali) e nazionali (fondo di cofinanziamento nazionale ai Fondi strutturali e fondo per le aree sottoutilizzate).

[10]  Il QSN definisce il quadro programmatico unitario per le due componenti della politica regionale, quella nazionale e quella comunitaria. La prima rappresenta l’impegno nazionale alla riduzione degli squilibri territoriali presenti nel Paese e, in particolare, nel Mezzogiorno; la politica regionale comunitaria, invece, persegue obiettivi di sviluppo e coesione socio-economica fissati a livello europeo ed agisce concentrando risorse ed interventi nelle regioni della Convergenza. Per entrambe le componenti della politica regionale, ed in relazione al quadro di politica ordinaria dello Stato e delle Regioni, il QSN individua la strategia, indica obiettivi e priorità e definisce il percorso e le regole comuni, stabilendo un unico ciclo temporale di programmazione. Il disegno di unificazione della programmazione della politica regionale ha previsto un sistema di regole di attuazione, di sorveglianza e di valutazione comuni, un comune orizzonte temporale di 7 anni e un cospicuo bacino finanziario con cui realizzare gli interventi con l’obiettivo di superare i processi di programmazione «paralleli» che per il passato hanno caratterizzato la politica regionale in Italia. La Commissione europea ha preso atto del QSN italiano con decisione del 13 luglio 2007.

[11]  Sul punto, una sezione dedicata del sito del Ministro della Coesione territoriale:

http://www.ministrocoesioneterritoriale.it/fondi/piano-di-azione-coesione/

[12]  Mozioni Franceschini ed altri n. 1-00880, Iannaccone ed altri n. 1-00887, Miccichè ed altri n. 1-00928, Ossorio ed altri n. 1-00930, Cicchitto ed altri n. 1-00932, Occhiuto ed altri n. 1-00933, Commercio ed altri n. 1-00934, Aniello Formisano ed altri n. 1-00935, Ruvolo ed altri n. 1-00940, Versace ed altri n. 1-00941 e Briguglio ed altri n. 1-00972: Iniziative per favorire gli interventi produttivi e l’occupazione nel Mezzogiorno.

[13]  http://www.gioventu.gov.it/salastampa/comunicati/2012/11/07/noprofitgu.aspx

[14]  http://www.istat.it/it/archivio/17290, disaggregati per macroarea, i dati sono i seguenti: Nord 88,6%, Centro 95,8%, Mezzogiorno 94,3%.

[15]  Rapporto SVIMEZ 2012 (Bologna, il Mulino, 2012), Cap. VI “La condizione dei giovani nel «circolo vizioso» della crisi: processi formativi e accesso al lavoro “, pagg. 232-235.

[16]  Si ricorda che il secondo obiettivo della strategia di Lisbona per il 2010 prevedeva il raggiungimento di una quota dell’85% dei giovani tra i 20 e i 24 anni con almeno un diploma di scuola secondaria superiore.

[17]  http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/education/data/main_tables

[18]  http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=en&pcode=tps00186

[19]  Tale percentuale fornisce una indicazione del numero dei giovani che non hanno abbandonato la scuola indipendentemente dal livello in cui si trovano, misurato secondo lo standard dell’UNESCO (classificazione ISCED: International Standard Classification of Education).

      http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=en&pcode=tps00060

[20]   http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=tps00060&plugin=1

[21]  http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=en&pcode=tsdsc410

[22]  CENSIS, 45° Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011, Roma, dicembre 2011. Le rilevazioni relative all’istruzione universitaria sono tratte dal capitolo primo della parte terza, paragrafo 3 (Monitoraggio annuale). Nella maggior parte dei casi, le elaborazioni dell’istituto derivano da dati MIUR e ISTAT.

[23]  Tratti dal volume “Università in cifre 2009-2010”, cap. Alta formazione artistica e musicale, http://statistica.miur.it/normal.aspx?link=pubblicazioni

[24]  Rapporto cit. p. 149; il dato si riferisce all’anno solare.

[25]  Rapporto cit. p. 148; i dati si riferiscono all’anno solare.

[26]  Istat, NoiItalia 2012, 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo.

http://noi-italia.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1[id_pagina]=28&cHash=bd888d0b80b4d4898e84460b03600067

[27]  La classificazione Istat include lauree di 4 anni o più (ovvero lauree del vecchio ordinamento o lauree specialistiche/magistrali a ciclo unico), lauree triennali di primo livello, lauree specialistiche di 2 anni di secondo livello, diplomi di scuole dirette a fini speciali, scuole parauniversitarie e diplomi di primo e secondo livello rilasciati da Accademie di Alta formazione artistico musicale.

[28]  http://www.istat.it/it/archivio/61203, Rapporto annuale ISTAT 2012 - La situazione del Paese,pag. 79-80.

[29]   www.almalaurea.it/universita/profilo/profilo2011/index.shtml - Si tratta di un’indagine condotta annualmente dal Consorzio a partire dalla metà degli anni novanta. Il XIV Rapporto, presentato nel maggio 2012, ha coinvolto 215.525 giovani usciti dalle università nel 2011 (121.065 con laurea di primo livello, 62.482 con laurea specialistica/magistrale e 19.367 con laurea a ciclo unico) in uno dei 61 Atenei aderenti da almeno un anno ad AlmaLaurea.

[30]  Il Rapporto specifica che tale aumento è in larga parte dovuto alla duplicazione dei titoli (laurea di primo livello seguita da laurea specialistica).

[31]  https://www.almalaurea.it/universita/occupazione/occupazione10/ L'indagine ha coinvolto quasi 400.000 laureati di 57 Atenei aderenti al Consorzio nel 2011 (64 Atenei italiani al 13/07/2012); sono stati intervistati 186.000 laureati post-riforma ad un anno dalla conclusione degli studi, 53.000 laureati di secondo livello a tre anni e 22.000 laureati pre-riforma a cinque anni.

[32]  Per tasso di disoccupazione si intende il rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro(costituite dalle persone occupate e dalle persone in cerca di occupazione) .http://www3.istat.it/cgi-bin/glossario/indice.pl. Nel 2009, il tasso di disoccupazione dei titolari di laurea triennale, specialistica o a ciclo unico, ad un anno dalla laurea, era, rispettivamente, pari al 16, al 18 e al 16,5 per cento).

 

[33]  http://www.shanghairanking.com/ARWU-2012-Press-Release.html

[34]  L’Accordo siglato il 29 aprile 2010 tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha chiuso la fase di sperimentazione. L’IeFP si articola in due distinte tipologie (art. 17 D.lgs. 227/2005):

a) corsi triennali, in esito ai quali si consegueun titolo di qualifica professionale, valido per l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale;

b) corsi di durata almeno quadriennale, in esito ai quali si consegueun titolo di diploma professionale, utile per l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore.

Tali percorsi possono essere espletati anche presso gli istituti professionali (art. 2, D.P.R. 87/2010) che - nel rispetto delle competenze esclusive delle Regioni - sono abilitati a svolgere, in regime di sussidiarietà, un ruolo integrativo e complementare dell’offerta delle istituzioni formative regionali. A tal fine sono state adottate(DM 18 gennaio 2011) apposite Linee guida per la realizzazione dei raccordi tra gli ambiti formativi ed i titoli rilasciati dagli Istituti Professionali e dall’IeFP regionale. Le citate linee guida, sono conseguenti all'approvazione, in sede di Conferenza Unificata, di un’apposita Intesa (16 dicembre 2010) per la realizzazione dei raccordi tra i percorsi quinquennali degli IP, come riordinati dal DPR n.87/2010, e i percorsi di IeFP, a norma dell’art. 13 comma 1- quinquies della legge 40/2007.

[35]  Tale percorso formativo è previsto dalle disposizioni sul riordino dell’istruzione tecnica superiore. Si ricorda brevemente che l’art. 1, comma 631, della legge finanziaria 2007 ha avviato la riorganizzazione del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore ( istituito dall’art. 69 della legge n. 144 del 1999); l’art. 13, comma 2, del D.L. 7/2007 (L.40/2007) ha individuato la configurazione degli istituti tecnici superiori nell’ambito della predetta riorganizzazione; il DPCM 25 gennaio 2008 (Linee guida) ha poi stabilito che il riordino, da realizzare a partire dal triennio 2007-2009, comprende tre tipologie di formazione: gli istituti tecnici superiori (ITS),i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) ed i poli tecnico-professionali.

[36]  V. anche http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/focus_130612, secondo stime giugno 2012 (v. Il Sole 24 Ore, 13.06.12, p. 23: Bruno, Eugenio, Gli ITS conquistano 2.000 studenti) nel complesso, le 59 fondazioni (più tre sedi distaccate) hanno attivato 77 corsi in 16 regioni, per un totale di quasi 2.000 studenti. Inoltre, in base al comunicato del MIUR http://www.istruzione.it/web/ministero/cs260511-, la costituzione delle nuove strutture prevede il coinvolgimento di 110 istituti tecnici e professionali, più di 60 tra province e comuni, 200 imprese, 67 tra università e centri di ricerca, 87 strutture di alta formazione ed altri soggetti pubblici e privati.

[37]  Si ricorda, a titolo di esempio, che, per contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico, l’art. 1-quater del D.L. 134/2009 (L. 167/2009) ha disposto che, nell’ambito del Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti (istituito dal D.lgs. 76/2005) siano acquisiti da parte del MIUR i dati utili alla prevenzione della dispersione scolastica in possesso delle scuole.

[38]  Per gli interventi citati – anticipa il PNR – si prevede lo stanziamento di 24,9 mln di euro derivanti dai complessivi 974,3 mln destinati dal Piano di Azione Coesione alle misure a sostegno dell’istruzione.

[39]  A tal fine si evidenzia che i 222,4 mln di euro stanziati sono stati tutti impegnati per 541 istituti.

[40]http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Education_statistics_at_regional_level/it

[41]  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52011DC0018:IT:NOT

[42]  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52008DC0865:IT:NOT.

Si ricorda che tale quadro stabilisce una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2020: a) almeno il 95 % dei bambini tra i quattro anni e l'età di inizio dell'istruzione primaria obbligatoria dovrebbe partecipare all'educazione della prima infanzia; b) la quota di giovani di 15 anni con insufficienti competenze di base (lettura, matematica e scienze) dovrebbe essere inferiore al 15 %; c) la quota di abbandono dell'istruzione e della formazione dovrebbe essere inferiore al 10 %; d) la quota di adulti di 30-34 anni con un livello di istruzione terziaria dovrebbe essere almeno del 40 %; e) in media, almeno il 15 % degli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni dovrebbe partecipare a iniziative di formazione permanente.

[43]  http://ec.europa.eu/youthonthemove/index_en.htm

[44]  ISTAT, occupati e disoccupati (dati provvisori) – 31 ottobre 2012.

http://www.istat.it/it/archivio/73714

[45]  Eurostat, newsrelease euroindicator, 155/2012, 31 ottobre 2012.

http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-31102012-BP/EN/3-31102012-BP-EN.PDF

[46]  SVIMEZ, Rapporto SVIMEZ 2012 sull’economia del Mezzogiorno, 2012 (sintesi).

[47]  L’indicatore individua la quota di popolazione in età 15-29 anni né occupata, né inserita in un percorso regolare di istruzione/formazione. Il caso italiano si riferisce all’istruzione scolastica/universitaria e ai corsi di formazione professionale regionale di durata uguale o maggiore a sei mesi.

[48]  Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

[49]  Fonte: ISTAT: noi Italia 2012.

[50]  Eurofond, NEETs - Young people not in employment, education or training: Characteristics, costs and policy responses in Europe, 22 ottobre 2012.

http://www.eurofound.europa.eu/pubdocs/2012/54/en/1/EF1254EN.pdf

[51]  La XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati ha espresso parere favorevole sullo schema nella seduta del 27 luglio 2011.

[52]  Per impresa giovanile si intende l’impresa in cui, alla data della rilevazione, si verifichino le seguenti condizioni: nel caso di imprese individuali, che il titolare abbia meno di 35 anni; nel caso di società di persone, che oltre il 50% dei soci abbia meno di 35 anni; nel caso di società di capitali, che la media delle età dei soci e degli amministratori sia inferiore al limite dei 35 anni.

[53] Le Junior-Entreprises sono associazioni no-profit a vocazione pedagogico-economica (secondo il metodo learning by doing), gestite interamente da studenti universitari e funzionanti come studi di consulenza per le imprese in formazione, le associazioni, le PMI o anche le filiali di grandi gruppi. Sono federate nella Confédération Nationale des Junior-Entreprises (CNJE), attraverso la quale la Francia, pioniera dell’iniziativa, ha esportato il concetto delle Junior-Entreprises anche in altri Paesi, in particolare in Germania e in America del Sud.

[54]     Real Decreto-ley 10/2011, de 26 de agosto, de medidas urgentes para la promoción del empleo de los jóvenes, el fomento de la estabilidad en el empleo y el mantenimiento del programa de recualificación profesional de las personas que agoten su protección por desempleo.

[55]     Real Decreto-ley 3/2012, de 10 de febrero, de medidas urgentes para la reforma del mercado laboral.

[56]     Ley 3/2012, de 6 de julio, de medidas urgentes para la reforma del mercado laboral.

[57]     Real Decreto 1529/2012, de 8 de noviembre, por el que se desarrolla el contrato para la formación y el aprendizaje y se establecen las bases de la formación profesional dual.