Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Esito dei pareri al Governo - D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 - Codice del turismo e Contratti di multiproprietà - (Schema di D.Lgs. n. 327) - Schede di lettura
Serie: Atti del Governo    Numero: 292    Progressivo: 1
Data: 23/06/2011
Descrittori:
CODICE E CODIFICAZIONI   COMPROPRIETA' E COMUNIONE
DL 2011 0079   TURISMO
Organi della Camera: Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione
II-Giustizia
X-Attività produttive, commercio e turismo
XIV - Politiche dell'Unione europea

 

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di

Atti del Governo

Esito dei pareri al Governo

 

D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79

Codice del turismo e contratti di multiproprietà

(Schema di D.Lgs. n. 327)

 

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 292/1

 

 

23 giugno 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 –   st_attprod@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 – *st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

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File: AP0178a.doc


INDICE

Schede di lettura

Introduzione. 3

§      1. Competenze legislative in materia di turismo. 3

§      2. Quadro normativo preesistente. 4

2.1 Dalla legge-quadro sul turismo al Codice del turismo. 4

2.2 L’accordo Stato-Regioni del 2002 (DPCM 13 settembre 2002)5

2.3 Le misure organizzative del 2005/2006 nel settore del turismo e la loro attuazione  6

2.4 Le agenzie di turismo e  le professioni turistiche. 10

2.5 Le strutture ricettive. 12

2.6 Prezzi dei servizi turistici14

2.7 Pacchetti turistici, tutela del consumatore turista, circuiti turistici tematici e di eccellenza  14

Contenuto del decreto legislativo. 17

§      1. Premessa. 17

§      2. Codice della normativa statale sul turismo (Allegato I)19

Titolo I – Disposizioni generali (artt.1- 5)19

Titolo II – Professioni e formazione nel settore turistico (artt. 6-7)22

Titolo III – Mercato del turismo (artt. 8-17)23

Titolo IV – Agenzie di viaggio e turismo (artt. 18-21)27

Titolo V – Tipologie di prodotti turistici e relativi circuiti nazionali di eccellenza (artt. 22-31)29

Titolo VI – I contratti (artt. 32-53)34

Titolo VII – Ordinamento (artt. 54-69)41

§      3. Normativa sulla multiproprietà (Art. 2 e all. 2-bis/2-sexies)48

 


Schede di lettura

 

 


Introduzione

1. Competenze legislative in materia di turismo

L’originario art. 117 della Costituzione nell’attribuire alle Regioni la competenza legislativa in materia di turismo ne fissava il limite nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Detti principi sono stati definiti inizialmente con legge 17 maggio 1983, n. 217 (legge quadro per il turismo), a seguito della quale le regioni hanno adottato le rispettive discipline, e più recentemente con legge 29 marzo 2001, n. 135 di riforma della legislazione nazionale sul turismo.

A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la materia turismo, non essendo indicata né nel secondo né nel terzo comma del nuovo art. 117 Cost., appartiene alla competenza legislativa “residuale” delle Regioni ai sensi del quanto comma dello stesso articolo (sul punto è pacifica la giurisprudenza costituzionale: cfr., ex plurimis, sentenze n. 76/2009, n. 13/2009, n. 94/2008, n. 214/2006 e n. 90/2006).

Ciò non ha impedito alla Corte costituzionale di affermare la legittimità di norme statali (ovvero l’illegittimità di norme regionali) che disciplinavano alcuni profili in qualche maniera coinvolti nella materia in oggetto.

Le fattispecie in questione possono essere ricondotte a due "filoni":

§      casi nei quali la Corte ha affermato che in realtà la disposizione impugnata era riconducibile a materie diverse da quella del turismo;

§      casi nei quali, pur riconoscendo che si verteva in materia di turismo, la Corte ha ritenuto legittimo l'intervento legislativo statale ravvisando la sussistenza di valide ragioni per l'attrazione in sussidiarietà in capo allo Stato della disciplina in questione.

Si può dire, quindi, che nella materia del turismo l'intervento legislativo statale è consentito, in primo luogo, se assistito da un autonomo titolo competenziale (in via esclusiva o concorrente) prevalente, con riferimento allo specifico oggetto di volta in volta in questione, rispetto a quello del turismo: ordinamento civile, tutela della concorrenza, coordinamento informativo statistico ed informatico, diritto alla salute, professioni.

Si ricorda, infatti, che ad avviso della giurisprudenza costituzionale, non rientrano nella materia “turismo”: la disciplina delle professioni turistiche, riconducibile alla materia “professioni”; la disciplina dei rapporti civilistici coinvolti, rientrante nella materia “ordinamento civile”; la disciplina dei canoni d’uso per le concessioni dei beni demaniali marittimi riconducibile alle materie “ordinamento civile” e “tutela della concorrenza”; la disciplina del meccanismo di regolazione tariffaria dei diritti aeroportuali riconducibile alle materie “ordinamento civile” e “tutela della concorrenza”; la disciplina dei principi generali in materia di bevande ed alimenti trattati e somministrati nelle aziende di agriturismo, rientrante nella materia “tutela della salute”; l’imposizione alle Regioni di obblighi di fornire informazioni ad organismi nazionali, riconducibile alla materia “"coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale e regionale”.

Nella materia del turismo l'intervento legislativo statale è consentito, inoltre, se sussistono esigenze di accentramento, in capo allo Stato, di funzioni amministrative in materia turistica (attrazione in sussidiarietà). Al riguardo la giurisprudenza della Corte sembra abbastanza permissiva con riferimento all'individuazione di tali esigenze e, invece, piuttosto restrittiva quanto alla forma di leale collaborazione con le Regioni richiesta (tendendo a richiedere l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni).

2. Quadro normativo preesistente

2.1 Dalla legge-quadro sul turismo al Codice del turismo

Prima dell’adozione del Codice del turismo con il D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (art. 1 e all. 1), la materia trovava il suo principale riferimento normativo nazionale nella legge-quadro 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo).

Il nuovo Codice del turismo ha abrogato tale legge, assorbendone però alcune delle principali disposizioni.

La legge-quadro del 2001 definiva innanzi tutto (art. 1) - in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, dell’art. 56 del D.P.R. 616/1977 e ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del D.Lgs. 112/1998 – una serie di principi fondamentali in materia di turismo e gli strumenti della politica di settore. All’art. 2, poi, definiva il riparto di competenze tra Stato e Regioni e, al comma 4, demandava ad un DPCM (da adottarsi d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni) l’adozione di terminologie, criteri e standards comuni in materia di servizi turistici e attività d’impresa correlate.

Sempre la legge 135/2001 introdusse, poi, una serie di innovazioni, tra le quali vanno ricordate l'istituzione della Conferenza nazionale del turismo, l'introduzione di una Carta dei diritti dei turisti, la definizione e l'individuazione dei Sistemi turistici locali; l'istituzione di un Fondo di cofinanziamento dell’offerta turistica, la definizione di Impresa turistica, l’estensione al settore turistico dello Sportello unico per le attività produttive.

Il d.lgs. 79/2011 ha abrogato (art. 3) la legge-quadro sul turismo del 2001, ma alcune delle norme di questa legge sono confluite, senza o con minime modifiche, nel Codice del turismo. E’ il caso:

§      della norma sulla Conferenza nazionale del turismo (già art. 3 della legge 135/2001, ora art. 56 del Codice);

§      della normativa sui Sistemi turistici locali (già art. 5 della legge 135/2001, ora art. 23, commi 1-3, del Codice);

§      della norma sulla definizione di impresa e di professione turistica (già art. 7 della legge 135/2001, confluita, con minime variazioni, negli artt. 4, 5 e 6 del Codice);

§      della norma sull’estensione dello sportello unico per le attività produttive anche al settore turistico (già art. 9, comma 6, della legge 135/2001, ora art 17 del Codice).

2.2 L’accordo Stato-Regioni del 2002 (DPCM 13 settembre 2002)

Di rilievo, nel settore, è il DPCM 13 settembre 2002, recante “Recepimento dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico” e con cui è stata data attuazione alla previsione di principio dell’art. 2, comma 4, della legge 135/2001, di cui si è detto nel par. che precede.

Il provvedimento, volto alla definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, emanato d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e le associazioni degli operatori turistici e dei consumatori, individua le caratteristiche qualitative dell'offerta turistica italiana, attraverso intese con le regioni e le province autonome, secondo i criteri e gli standard minimi comuni per i differenti prodotti e servizi turistici.

In particolare il DPCM ha recepito l’Accordo-quadro, sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni in data 14 febbraio 2002, che ha rinviato ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina.

L’impostazione complessiva del decreto si conforma ai contenuti dell’Accordo, nel quale “si riconosce che la separazione delle competenze comporta la valorizzazione della leale collaborazione tra gli enti che compongono la Repubblica, finalizzata alla ricerca della più ampia convergenza, per addivenire a soluzioni condivise in ordine alle rilevanti questioni interpretative e di attuazione poste dalla riforma costituzionale del titolo V” e, successivamente, si aggiunge che “in relazione ai poteri legislativi assegnati, lo Stato e le Regioni individuano e delimitano i rispettivi ambiti di competenza per un corretto esercizio delle funzioni legislative. Tale delimitazione si rende necessaria anche al fine di dare certezza dell’ambito delle materie rimesse in competenza residuale regionale e per l’individuazione di soluzioni volte a prevenire e limitare il contenzioso costituzionale”.

2.3 Le misure organizzative del 2005/2006 nel settore del turismo e la loro attuazione

Nel biennio 2005-2006 è stato complessivamente ridefinito l’assetto organizzativo nazionale relativo al settore del turismo.

Il riassetto ha preso le mosse con il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale; cd decreto “competitività”), che ha introdotto alcune importanti innovazioni anche nella prospettiva del nuovo ruolo delle Regioni in questo campo[1].

 

In particolare, all’articolo 12 (Rafforzamento e rilancio del settore turistico) questo provvedimento ha disposto:

 

§      l'istituzione di un Comitato nazionale per il turismo, come organismo misto Stato-Regioni-Operatori di settore, con compiti di orientamento e di coordinamento delle politiche turistiche nazionali e di indirizzo per l'attività dell'Agenzia nazionale del turismo.

Il Comitato nazionale per il turismo, concretamente istituito con il DPCM 8 settembre 2005 [2], a seguito della sentenza 17 maggio-1° giugno 2006, n. 214 della Corte costituzionale - che accogliendo il ricorso presentato da alcune regioni, ha dichiarato l’illegittimità del comma 1 dell’art. 12, del D.L. 35/2005 (che demandava ad un DPCM l’istituzione del Comitato nazionale) - è stato ridisegnato prevedendo un maggior coinvolgimento delle regioni, ed ha assunto il nome di Comitato delle Politiche turistiche (il DPCM di istituzione è stato firmato il 28 luglio 2006 e registrato alla Corte dei conti il 7 settembre 2006 al registro n. 10, foglio n. 176). Al Comitato sono affidati – alla luce della sentenza della Corte costituzionale - compiti di identificazione di aree di intervento soggette ad elaborazione di linee guida per una regia comune delle politiche nazionali e regionali, e di individuazione di iniziative nell’ambito di strategie condivise, finalizzate all’implementazione ed allo sviluppo del settore medesimo.

 

§      la trasformazione dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) in Agenzia nazionale del turismo.

Il secondo comma dell’art. 12 motiva la trasformazione dell’ENIT in “Agenzia nazionale del turismo” con la finalità di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione. La previsione, poi, di contributi regionali per il funzionamento della nuova Agenzia (art. 12, comma 5) e la sua sottoposizione agli indirizzi del Comitato nazionale sopra menzionato (art. 12, comma 1, fine primo periodo), lascia intravedere anche l’esigenza di adeguamento dell’ente (ora Agenzia) nazionale al nuovo quadro delle competenze regionali in materia di turismo.  L’Agenzia, qualificata come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, è sottoposta all’attività di indirizzo e di vigilanza dello Stato (inizialmente ad opera del Ministero delle attività produttive, poi ridenominato Ministero dello sviluppo economico; dopo il D.L. 181/206, di cui si dice oltre, ad opera invece del Dipartimento della PCM per lo sviluppo del turismo), nonché, come detto, agli indirizzi del Comitato nazionale. La sua organizzazione e la relativa disciplina sono affidate ad un regolamento di delegificazione. Tra i compiti della nuova Agenzia rientrano, in particolare, lo sviluppo e la cura del turismo culturale, da effettuarsi in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo congressuale[3].

Con D.P.R. 6 aprile 2006, n. 207, è stato adottato il Regolamento per l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia.

 

§         la creazione di un Osservatorio nazionale per il turismo.

Tale Osservatorio, previsto dal comma 7 dell’articolo 12 del citato D.L. 35/2205, è stato concretamente istituito presso la presidenza del Comitato delle Politiche turistiche dall’articolo 9 del D.P.R. 6 aprile 2006 n. 207. Ad esso sono assegnati compiti di studio, analisi e monitoraggio delle dinamiche economico-sociali connesse al settore, anche ai fini della misurazione del livello di competitività del sistema.

 

Non è stata incisa la previsione della legge 135/2001 sulla istituzione della Conferenza nazionale del turismo.

 

L’anno dopo, nel 2006, il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 [4] ha trasferito dal Ministero delle attività produttive (contestualmente ridenominato Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 12) alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo, di cui agli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999.

Per l’esercizio di tali funzioni è stata prevista l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di un apposito Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo (cfr. sempre il comma 19-bis dell’art. 1 del D.L. 181/2006, come modificato dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262).

Con il D.P.R. 8 maggio 2009 è stata nominato ilMinistro del Turismo (senza portafoglio). La delega di funzioni da parte del Presidente del Consiglio è stata disposta con il DPCM 15 maggio 2009.

Con DPCM 2 luglio 2009 è stata prevista la riorganizzazione del Dipartimento come struttura di supporto delle politiche del Governo nel settore turismo per assolvere compiti quali: intensificazione delle relazioni istituzionali con le Regioni per attuare forme di programmazione concordata; intensificazione delle attività di ideazione di grandi eventi; cooperazione istituzionale per definire un indirizzo politico unitario in materia di formazione.

Il Ministro e il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo (DSCT), inserito nell’ambito della Presidenza del Consiglio, esercitano funzioni e compiti di:

§      elaborazione degli indirizzi generali, dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo competitivo del sistema turistico nazionale, in raccordo con le regioni;

§      incentivazione ed interventi per il settore turistico, nonché programmazione e gestione dei fondi strutturali;

§      vigilanza su enti autonomi con compiti specifici quali l’ENIT - Agenzia nazionale del turismo, l’Automobile Club d’Italia (ACI) e il Club Alpino Italiano (CAI);

§      assistenza alla domanda turistica;

§      promozione di investimenti turistici all’estero e in Italia;

§      riconoscimento dei titoli di studio e autorizzazione all’esercizio delle attività professionali turistiche per i cittadini comunitari ed extracomunitari;

§      relazioni istituzionali con l’Unione Europea, le Organizzazioni internazionali e gli Stati esteri nel settore di competenza.

Presso il DSCT operano l’Osservatorio Nazionale del Turismo (ONT) e la segreteria del Comitato delle politiche turistiche.

 

Al termine di questo percorso l’assetto delle strutture statali e nazionali operanti - con funzioni essenzialmente di programmazione, indirizzo e raccordo, nel settore del turismo - è risultato, quindi, complessivamente ridefinito.

A questo complesso organizzativo nazionale si affiancano, poi, gli enti ed organismi che definiscono ed attuano le politiche turistiche al livello regionale e locale: Regioni; Province e Comuni; Agenzie regionali per la promozione turistica; Aziende/Agenzie di Promozione Turistica (APT) e uffici di Informazione e Accoglienza Turistica (IAT).

Le Regioni hanno competenze legislative di pianificazione e programmazione turistica, di politiche per l’accoglienza turistica, di regolamentazione delle professioni turistiche, di autorizzazione, monitoraggio e controllo delle attività delle imprese turistiche, di erogazione di servizi e contributi alle imprese del settore, di determinazione di banche dati e di creazione di reti e sistemi per il settore turistico.

Le Province e i Comuni operano, eventualmente, su delega delle Regioni e quindi le loro competenze si differenziano da regione a regione.

Le Agenzie regionali, ove istituite, sono gli enti strumentali delle politiche delle Regioni che attuano i programmi di promozione del settore.

Le APT, gli uffici IAT ed eventualmente le Pro loco sono organizzazioni a carattere provinciale o comunale che svolgono attività diversificate per l’accoglienza in senso stretto (informazioni per i turisti), per la promozione di iniziative a carattere turistico (feste, sagre, iniziative di promozione dei prodotti locali, ecc.), e/o di intrattenimento (e quindi di accoglienza) per i turisti.

 

 

Questo assetto organizzativo non è stato inciso dal Codice del turismo del 2011.

Da un lato, infatti, l’art. 3 del d.lgs. 79/2011 (norma sulle abrogazioni) non fa riferimento ai decreti-legge del 2005-2006 sopra ricordati.

Dall’altro, il Capo I del VII Titolo del Codice, intitolato “Organizzazione” (artt. 54-58), sostanzialmente riconferma:

§      le competenze di indirizzo e vigilanza del Presidente del Consiglio (o Ministro delegato), supportato dall’apposito Dipartimento della Presidenza del Consiglio;

§      ruolo e competenze della Conferenza nazionale del turismo, già istituita dalla legge 135/2001;

§      ruolo e competenze dell’Agenzia nazionale del turismo

§      Comitato permanente per la promozione del turismo in Italia (ora disciplinato dall’art. 58 del nuovo Codice del Turismo), quale organismo stabile rappresentativo congiuntamente delle amministrazioni pubbliche e delle categorie di soggetti operanti nel ramo, che trova il suo precedente nel Comitato nazionale per il turismo di cui al DPCM 8 settembre 2005 (poi evolutosi nel 2006 in Comitato delle politiche turistiche).

2.4 Le agenzie di turismo e  le professioni turistiche

L’attività delle agenzie di viaggio e turismo, che rientrano nella categoria delle imprese turistiche [5], con lo scopo di fornire una serie di servizi turistici dietro corrispettivo, ha trovato fino ad oggi disciplina principalmente nell’art. 7 della legge 135/2001, negli artt. 82-100 del Codice del consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206) e nella legislazione regionale. Nel complesso, si tratta di una disciplina che comprende sia norme di diritto amministrativo, afferenti agli aspetti autorizzatori e requisiti/capacità professionali e organizzative degli operatori del settore [6], sia norme di diritto privato, afferenti al rapporto fra l'agenzia e la propria clientela (disciplina dei contratti di viaggio).

 

All’art. 7 della legge del 2001, abrogata dal Codice del turismo, si è venuta oggi a sostituire la normativa, per molti aspetti corrispondente, degli artt. 4-5 e 18-21 del Codice del turismo del 2011.

 

Tali disposizioni riguardano, in particolare: la definizione di impresa turistica, i contenuti tipici dell’attività d’impresa turistica e delle “agenzia di viaggio e turismo”, gli standard per le cauzioni richieste alle agenzie di viaggio e turismo, le caratteristiche non ingannevoli che le denominazioni sociali delle agenzie in questione devono possedere, l’obbligo delle agenzie di dotarsi di copertura assicurativa, i requisiti professionali dei direttori tecnici di agenzia di viaggio e turismo e la semplificazione di alcune procedure amministrative concernenti l’attività delle agenzie. Per il resto della disciplina di natura amministrativa, il Codice rimanda alle legislazioni regionali.

 

Nel nuovo Codice del turismo del 2011 confluiscono, inoltre (Titolo V, Capo I sui “Contratti del turismo organizzato”, artt. 32-51) anche le norme di natura privatistica sui contratti afferenti ai servizi turistici già recate dagli artt. 82-100 del Codice del consumo del 2006.

 

Come si vedrà meglio più oltre, la disciplina civilistica preesistente non subisce variazioni di particolare rilievo, salvo che per la diversa formulazione del danno da mancato adempimento (art. 43 del Codice del turismo), l’introduzione del nuovo istituto del “danno da vacanza rovinata” (art. 47), per la più analitica disciplina in materia di assicurazione da parte delle agenzie di viaggio e turismo (art. 50 Codice del turismo) e per la introduzione di una norma di principio sul “turismo accessibile” per persone con situazioni di disabilità (art. 3 del Codice del turismo). Si rimanda comunque alla parte di questo dossier dedicata alla descrizione del contenuto del Codice per una disamina più analitica delle differenze in materia.

Anche le professioni turistiche erano fino ad oggi principalmente disciplinate dall’art. 7 della ormai abrogata legge 135/2001 (commi 5 e 6) e dalla legislazione regionale. La definizione generale di “professione turistica”, già dettata dal comma 5 dell’art. 7 della legge del 2001, è per altro confluita, con poche variazioni, nell’art. 6 del Codice del turismo del 2011. L’art. 7 del nuovo Codice detta inoltre una nuova norma sui “percorsi formativi” per l’inserimento nel  mercato del lavoro turistico.

Nel nuovo Codice del turismo non confluisce, invece, il comma 6 dell’art. 7 della legge del 2001, che prevedeva una autorizzazione all’esercizio della professione turistica valida (ad eccezione che per le guide) su tutto il territorio nazionale. Tale norma risulta pertanto oggi abrogata. Nemmeno è riproposta – ed è anzi espressamente abrogata dall’art. 3 del nuovo Codice del turismo - la norma dell’articolo 10, comma 4, del decreto-legge 7/2007 (c.d. Bersani-bis) che dettava varie prescrizioni per l’esercizio della attività di guida turistica/accompagnatore, tra cui: l’eliminazione dell’obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell’attività; che l’esercizio dell’attività di guida turistica, per i laureati in lettere con indirizzo in storia dell’arte o archeologia o titolo equipollente, è in ogni caso consentito e non è subordinato allo svolgimento di un esame abilitante o di altre prove selettive, fatta salva la previa verifica delle relative conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento; la promozione da parte delle regioni di sistemi di accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori (il fine è quello del miglioramento della qualità dell'offerta del servizio in relazione a specifici territori o contesti tematici); che l'esercizio dell'attività di accompagnatore turistico è in ogni caso consentito ai soggetti titolari di laurea o diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente, fatta salva la previa verifica delle conoscenze specifiche quando non siano state oggetto del corso di studi; che è consentito ai soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese UE di appartenenza di operare in regime di libera prestazione dei servizi, senza necessità di alcuna autorizzazione né abilitazione, generale o specifica.

 

La disciplina delle professioni turistiche viene ricondotta dalla Corte costituzionale (sentenze n. 222/2008, n. 271/2009 e n. 132/2010) alla materia "professioni", oggetto di competenza legislativa concorrente di Stato e regioni ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost. Si consideri inoltre che la Corte costituzionale, in materia di professioni, ha più volte ribadito (sentenze n. 271/2009, n. 138/2009, n. 222/2008, n. 57/2007, n. 424/2006, n. 153/2006 e n. 355/2005) che allo Stato compete l’individuazione delle figure e profili professionali e dei requisiti necessari per l‘esercizio della relativa professione, mentre alle regioni spetta la disciplina di quegli aspetti che presentano specifico collegamento con la realtà regionale, precisando che tale riparto di competenze vale anche per le professioni turistiche.

2.5 Le strutture ricettive

Lo svolgimento dell'attività ricettiva è soggetto a controlli amministrativi che impongo precisi obblighi nei confronti di titolari e gestori.

Tale disciplina, già contenuta in norme diverse di varie leggi, tra cui la legge 135/2001, è ora riunita organicamente nel Titolo III del nuovo Codice del turismo (artt. 8-17). In particolare, la disciplina in tema di inizio attività e, in genere, quella sugli adempimenti amministrativi cui sono soggette le strutture turistico-ricettive si trova ora principalmente nell’art. 16 del Codice del turismo.

Precedentemente, l’art. 9, primo comma, della legge 135/2001 prevedeva che l’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi ricettivi fossero soggetti ad autorizzazione del Comune e disciplinava contenuti ed eventuale revoca ditale abilitazione/licenza. Tale adempimento, per altro, è stato trasformato in una più semplice DIA (denuncia di inizio attività) dal D.Lgs. 26 marzo 2010 n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) che all’art. 83ha assoggettato l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l’operatività delle strutture turistico-ricettive alla dichiarazione di inizio attività (DIA). E subito dopo, il D.Lgs. 78/2010 ha sostituito la DIA con la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Tutte queste norme sono per altro state abrogate dal d.lgs. 79/2011, che ne ha dettato, per altro, una disciplina non dissimile nell’ambito del nuovo Codice del Turismo.

Tra gli obblighi gravanti sul gestore delle attività ricettive rientrava anche quello (implicitamente richiamato dal secondo comma dell’art. 9 della legge 135) di registrazione e comunicazione all'autorità di Pubblica Sicurezza delle generalità delle persone alloggiate, dei relativi arrivi e partenze. L’art. 8 della stessa legge 135,  per altro, sancì l’abolizione, per affittacamere o gestori di case/appartamenti per vacanze, di conservare le schede presenze, mantenendo solo l’obbligo di comunicazione delle schede entro 24 ore dell'arrivo del cliente. La licenza di Pubblica Sicurezza è di competenza del Comune. Una ulteriore semplificazione è stata prevista dall’articolo 11 della legge 135/2001 nel senso della esenzione delle autorizzazioni in esame dall'applicazione di una serie di disposizioni del regolamento attuativo del t.u.l.p.s. relative ai pubblici esercizi, sinora invece applicabili anche a loro, ferme le disposizioni del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.) che individuano condizioni e presupposti soggettivi cui è subordinato l'esercizio dell'attività di gestione di strutture ricettive ed il rilascio della relativa autorizzazione comunale.

Tali obblighi e regimi permangono anche con il nuovo Codice del turismo.

 

In materia di standardizzazione/classificazione delle tipologie di servizi offerti dalle strutture ricettive è intervenuto, nel 2007, l’art. 2, comma 193, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

In particolare, tale norma ha demandato ad appositi decreti non regolamentari del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni, la classificazione delle tipologie di servizi in modo similare su tutto il territorio nazionale, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali. Questa previsione è stata attuata con il con il DPCM 21 ottobre 2008 recante “Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell'ambito dell'armonizzazione della classificazione alberghiera.”

Il decreto indica le dotazioni per la classificazione degli alberghi, basata su un codice rappresentato da un numero di stelle crescente; le regioni e le province autonome, nelle norme di recepimento, possono introdurre miglioramenti o applicare caratteristiche più aderenti alle specificità climatiche o culturali dei loro territori. Gli standard minimi sono definiti in relazione all’apertura di nuovi alberghi o alla ristrutturazione di quelli già esistenti.

Le stelle indicano un insieme di servizi garantiti dall'albergatore per una certa struttura. In aggiunta a ciò, al fine di assicurare una maggiore tutela del turista, il decreto istituisce un sistema di rating che consentirà la misurazione e la valutazione della qualità del servizio reso ai clienti. A tale sistema aderiscono, su base volontaria, i singoli alberghi.

In un albergo ad 1 stella il ricevimento è assicurato 12 ore su 24, la pulizia delle camere una volta al giorno, le dimensioni minime della camera doppia sono di 14 metri quadri, il cambio della biancheria da camera è previsto una volta alla settimana. In quello a 2 stelle ci dovrà essere anche l’ascensore e il cambio della biancheria da camera avviene due volte a settimana. Le 3 stelle richiedono, tra l’altro, un servizio bar, la conoscenza di una lingua straniera da parte della reception (aperta almeno per 16 ore), divise per il personale, servizio internet e tutte le camere dotate di bagno privato.Gli alberghi a 4 stelle devono offrire, oltre al servizio di pulizia giornaliero della camera, anche un riassetto pomeridiano e il cambio della biancheria ogni giorno (salvo diverse scelte del cliente a tutela dell’ambiente), servizio di lavaggio e stiratura della biancheria dei clienti, parcheggio per almeno il 50% delle camere, camere doppie di almeno 15 metri quadrati e bagno di 4.Le 5 stelle garantiscono un servizio di ricevimento aperto 24 ore su 24 e tre lingue straniere da parte degli addetti; le camere singole devono avere una dimensione minima di 9 metri quadrati e le doppie di 16.

 

Tanto la norma della legge del 2007 (non abrogata dall’art. 3 del D.Lgs. 79/2011) che il DPCM attuativo 21 ottobre 2008 non sono stati espressamente abrogati dal nuovo Codice del Turismo.

Questo, per altro, ha dettato un regime organico in materia di classificazione e standards delle strutture ricettive (artt. 8-15), distinguendo fra strutture alberghiere/paralberghiere, extralberghiere, strutture ricettive all’aperto e strutture ricettive di mero supporto e dettando, per ciascuna di queste categorie, una serie di specifiche prescrizioni.

2.6 Prezzi dei servizi turistici

La materia di prezzi dei servizi turistici è stata disciplinata da ultimo con la legge 25 agosto 1991, n. 284 (Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi a sostegno delle imprese) e con il successivo D.M. 16 ottobre 1991. Questi provvedimenti  hanno introdotto la libera determinazione dei prezzi dei servizi delle strutture ricettive, nonché delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione (stabilimenti balneari).

Le Regionihanno inserito la relativa disciplina all'interno delle leggi generali di regolamentazione delle strutture ricettive oppure hanno emanato appositi provvedimenti legislativi che hanno specificato le modalità di comunicazione e pubblicazione a livello regionale dei prezzi liberamente determinati e previsto le sanzioni per mancata comunicazione. Hanno spesso mantenuto la tendenza di avere una qualche forma di controllo amministrativo sull'applicazione dei prezzi affermando il principio di inderogabilità dei prezzi comunicati e sanzionando applicazione di prezzi diversi.

Sebbene la legge 284 del 1991 risulti formalmente abrogata dall’art. 3 del D.Lgs. 79/2011, l’art. 11 del Codice del turismo ripropone sostanzialmente la medesima disciplina.

2.7 Pacchetti turistici, tutela del consumatore turista, circuiti turistici tematici e di eccellenza

Il Codice del Turismo interviene in modo organico sulla tematica dei  pacchetti turistici e della tutela del consumatore turista, assorbendo le normative preesistenti ed integrandole con nuove disposizioni.

 

I “pacchetti turistici” sono offerte rivolte al consumatore aventi ad oggetto i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso” venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfetario, e di durata superiore alle 24 ore o estendentisi per un periodo di tempo comprendente almeno una notte.

Tale materia era stata disciplinata organicamente nel 2005 dagli artt. 82-100 del Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206). Si tratta essenzialmente di norme di natura civilistica.

Per l’art. 84 del Codice del Consumo, la nozione di “pacchetto turistico” era fondata sulla combinazione di almeno due degli elementi seguenti: a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio, come guide turistiche o escursioni, che costituiscano parte significativa del pacchetto turistico.

Il contratto di vendita di pacchetti turistici è redatto in forma scritta in termini chiari e precisi. Al consumatore deve essere rilasciata una copia del contratto stipulato, sottoscritto o timbrato dall'organizzatore o venditore. Gli altri aspetti disciplinati attengono alle modalità di informazione al consumatore, alla cessione del contratto, alla revisione del prezzo e altre modifiche delle condizioni contrattuali, ai diritti del consumatore in caso di recesso o annullamento del servizio, al mancato o inesatto adempimento, alle responsabilità per danno, ai reclami e coperture assicurative.

Tali norme assorbirono quelle del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111, con il quale si era in precedenza data attuazione alla direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, ampliando lo spettro di previsioni a garanzia del consumatore-turista relativamente ai contratti aventi ad oggetto la prestazione dei pacchetti turistici. La disciplina del 1995 già disponeva l'obbligatorietà della forma scritta per il contratto di vendita di pacchetti turistici, prescrive il contenuto minimo necessario del contratto stesso, pone a carico del venditore alcuni obblighi informativi, limita la revisione del prezzo e comunque la possibilità di modifica delle condizioni contrattuali, amplia i diritti del consumatore in caso di recesso o annullamento del servizio quando questo non sia stato determinato da colpa del consumatore e stabilisce i limiti minimi per la risarcibilità dei danni derivanti alle cose e alle persone.

 

In particolare, l’art. 100 del Codice del consumo aveva istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Fondo nazionale di garanzia per i servizi turistici, sulla scia di esperienze maturate in altri Paesi, per rispondere ad un’esigenza largamente diffusa nel settore turistico. Una descrizione più dettagliata della questione si trova oltre, al commento dell’art. 51.

In materia di tutela del consumatore-turista va poi ricordato anche l’art. 4 della legge 135/2001, che ha previsto la redazione di una Carta nazionale del turista.

 

Come accennato, le norme sopra citate del Codice del Consumo in materia di pacchetti turistici e tutela del consumatore sono state ora trasferite, con qualche innovazione e integrazione, all’interno del Codice del Turismo, di cui sono gli artt. 32-51.

 

Alla tutela del consumatore turista, sotto il profilo della qualità del servizio e della soluzione delle controversie, il nuovo Codice del Turismo del 2011 dedica, per altro, anche altre norme. Oltre alla norma di principio sul turismo accessibile (art. 3), vanno segnalati gli artt. 66-69, rispettivamente concernenti la “Carta dei servizi turistici pubblici”, la composizione (mediazione) delle controversie in materia di turismo, nonché forme assistenza al turista e di supporto nella gestione dei suoi reclami  mediate appositi uffici del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Infine, un altro profilo di novità del Codice del turismo riguarda la promozione di circuiti turistici tematici e di eccellenza, al fine di superare la frammentazione dell’offerta turistica e di promuovere un’offerta tematica di dimensione nazionale.

In questa prospettiva si inseriscono le norme del titolo V. Oltre a riproporre, con l’art. 23, la norma sui sistemi turistici locali già dettata dall’art. 5, commi 1-3, della legge 135/2001, questo titolo del Codice del Turismo prevede (art. 22) la definizione di circuiti turistici di eccellenza ripartiti tra 13 grandi aree tematiche (dal turismo della montagna a quello del mare, dal turismo religioso a quello congressuale, dal turismo culturale a quello giovanile, ecc.), cui sono dedicate poi specifiche disposizioni negli artt. 24-31.

Nella stessa logica si muovono, poi, le nuove disposizioni che, inserite nel Capo II del titolo VII del Codice del Turismo (artt. 59-65), disciplinano la promozione dell’eccellenza turistica italiana mediante il rilascio di specifiche attestazioni e la attribuzione di riconoscimenti e premi.


Contenuto del decreto legislativo

1. Premessa

Il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, è composto da 4 articoli e da diversi Allegati.

L'articolo 1 approva il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, le cui disposizioni sono riportatenell’Allegato 1.

L'articolo 2 reca l'attuazione della direttiva 2008/122/CE in materia di relativa ai contratti multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio: a tal fine modifica diversi articoli del D.Lgs. 206/2005 e reca 5 Allegati (da II-bis a II-sexies) concernenti altrettanti formulari per procedure in materia di multiproprietà.

L'articolo 3 elenca le disposizioni abrogate dal decreto legislativo 79/2011, mentre l'articolo 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

In sostanza il  decreto legislativo contiene due distinti interventi normativi: uno in tema di turismo e l’altro in tema di contratti di multiproprietà.

 

Alquanto complessa è la vicenda della delega che ha portato al nuovo Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo. Occorre risalire, infatti, all’articolo 14, commi 14, 15, 18, della legge n. 246/2005, e ai criteri di codificazione sanciti dall'art. 20, commi 3 e 4, della legge n. 59/1997.

L’articolo 14 della legge n. 246/2005 aveva previsto una complessa procedura di semplificazione e riordino della normativa vigente in vari settori:

-        il suo comma 14 previde in particolare l’adozione, entro il 16 dicembre 2009, di decreti legislativi volti ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, di cui si ritenesse indispensabile la permanenza in vigore, con la conseguente abrogazione generalizzata della restante legislazione a decorrere dal 16 dicembre 2010 [7];

-        il comma 15 del medesimo articolo 14 dispose che i decreti legislativi di cui al comma 14 potessero provvedere non solo alla individuazione delle disposizioni legislative statali vigenti ma anche alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è oggetto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge n. 59/1997, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate successivamente alla data del 1° gennaio 1970.

A queste deleghe è stata data attuazione dal decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179 [8].

Nel frattempo, l'articolo 13 della legge n. 15/2009 ha introdotto, nell’art. 14 della legge 246/2005, un comma 18 che ha ulteriormente delegato il Governo ad emanare decreti legislativi contenenti disposizioni di riassetto (oltre che integrative o correttive) dei settori già oggetto della ricognizione normativa sopra descritta. A questa delega è stato dato, come termine, un biennio dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 179/2009. Ed è in attuazione di quest’ultima delega, strettamente interconnessa alle precedenti, che è stato adottato il D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79.

La facoltà prevista dal comma 18 dell’art. 14 della legge 246/2005 (introdottovi dalla legge 15/2009) si affianca a quella di cui al comma 15 dell’art. 14 e nasce dall'impossibilità di raggiungere l'obiettivo di riassetto “generale" delle normative statali nei tempi ristretti previsti dal medesimo comma 15.

Sul punto si è recentemente pronunciato con un parere (n. 5136 del 2009) il Consiglio di Stato che, sull'interpretazione dei commi 14, 15, 18 e 18-bis, ha stabilito che "l'ampiezza della autorizzazione legislativa è tale da indurre a ritenere che l'opera di riassetto possa, per la prima volta ed ove non effettuata in precedenza, essere realizzata anche nel biennio indicato dal nuovo testo del comma 18".

Sempre il Consiglio di Stato, nel predetto parere, ha posto in rilievo che i criteri direttivi di cui al comma 18 dell'art. 14 - da seguire nella fase di riassetto e semplificazione delle materie - sono identificabili negli ampi criteri di cui all'articolo 20 della legge n. 59/1997. Tali ampi criteri consentono, quindi, non solo di abrogare dal nostro ordinamento norme desuete, ma anche di apportare significative innovazioni nella stesura dei codici, al fine di adeguare la disciplina all'evoluzione del quadro giuridico nazionale e di armonizzarla con la disciplina internazionale e dell’Unione europea.

 

L’altra parte del D.Lgs. 79/2011 invece, che recepisce la direttiva 2008/122/CE relativa ai contratti di multiproprietà, ai contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e ai contratti di rivendita e di scambio (sulla direttiva cfr. infra, le schede relative all’articolo 2 dello schema), dà attuazione alla delega di cui all’art. 1, comma 3, della legge n. 96/2010 (comunitaria 2009).

2. Codice della normativa statale sul turismo (Allegato I)

Titolo I – Disposizioni generali (artt.1- 5)

Il titolo I contiene le disposizioni generali e si articola in due Capi, concernenti i “Principi generali” (artt. 1-3) e le “Imprese turistiche” (artt. 4 e 5).

L’articolo 1 riguarda l’ambito di applicazione del Codice, che reca la disciplina organica del settore del turismo, nei limiti consentiti dalla competenza statale, attraverso un riordino delle disposizioni legislative statali vigenti in materia, nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione europea e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali.

 

Secondo la relazione illustrativa, allegata allo schema di decreto legislativo presentato per il parere alle camere, la norma manifesta la finalità di operare con il Codice il coordinamento sistematico delle disposizioni normative vigenti nel settore, per rispondere all’esigenza di promuovere e tutelare il mercato del turismo. Tale mercato, sempre secondo la relazione, oltre ad essere strategico per lo sviluppo economico e occupazionale dell'intero territorio nazionale, e occasione di promozione internazionale per il Paese, rappresenta anche un ambito d'azione rilevante nel quadro della più innovativa concezione dei servizi alla persona e del loro corretto sviluppo nel senso della sostenibilità, in linea con quanto enunciato nel Codice Mondiale di etica del turismo adottato

 

L’articolo 2 afferma alcuni principi sull’intervento legislativo dello Stato in materia turistica, che è consentito

1.  quando il suo oggetto principale costituisce esercizio di una autonoma competenza legislativa statale esclusiva o concorrente;

2.  quando sussistono le seguenti esigenze di carattere unitario:

a) valorizzazione, sviluppo e competitività, a livello interno ed internazionale, del settore turistico quale fondamentale risorsa del Paese;

b) riordino e unitarietà dell'offerta turistica italiana.

 

Infine è previsto che le funzioni amministrative sono attribuite al Presidente del Consiglio o al Ministro delegato.

 

Secondo la relazione illustrativa, allegata al testo dello schema di decreto presentato per il parere alle camere, l’articolo recepisce la giurisprudenza della Corte costituzionale relativa alle competenze statali in materia di turismo. La Corte, infatti, nelle sentenze n. 76 del 2009, n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006 afferma, con specifico riguardo al settore turistico, che “la necessità di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall'esigenza di valorizzare al meglio l'attività turistica sul piano economico interno ed internazionale, attraverso misure di varia e complessa natura, e dalla necessità di ricondurre ad unità la grande varietà dell'offerta turistica del nostro Paese e di esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito dell'economia nazionale". L’impianto teorico sostenuto dalla relazione illustrativa del Governo per giustificare l’intervento unitario è condivisa dal Consiglio di stato nel parere reso sul provvedimento in esame. Il Consiglio di Stato, comunque, invita il Governo a valutare se, a fronte del parere sfavorevole delle Regioni, sia il caso di soprassedere all’opera di codificazione (che potrebbe essere foriera di un contenzioso costituzionale) per privilegiare interventi immediati più specifici legati all’esistenza di un preciso titolo di competenza statale.

La Conferenza Unificata, infatti, nel proprio parere, ha obiettato che la stessa sentenza n. 76/2009 della Corte Costituzionale – richiamata dal Governo per giustificare l’intervento onnicomprensivo – anche laddove prevede la possibilità di esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative nel settore del turismo, afferma che l’applicabilità del principio di sussidiarietà è condizionata da un’adeguata valutazione dell’interesse pubblico in tal senso e che sia necessariamente disposta l’intesa con le Regioni.

 

L'articolo 3 ha ad oggetto i principi in materia di turismo accessibile, in attuazione dell'art 30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità[9]. La norma in esame riprende il principio secondo cui lo Stato deve assicurare che le persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive possano fruire dell'offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi al medesimo livello di qualità degli altri fruitori senza aggravi di prezzo. Tali garanzie sono estese agli ospiti delle strutture ricettive che soffrono di temporanea mobilità ridotta. A tali fini, lo Stato promuove la fattiva collaborazione tra le autonomie locali, gli enti pubblici, gli operatori turistici, le associazioni delle persone con disabilità e le organizzazioni del turismo sociale. Inoltre è considerato discriminatorio impedire alle persone con disabilità motorie, sensoriali, e intellettive, di fruire, in modo completo ed in autonomia, dell’offerta turistica, esclusivamente per motivi comunque connessi o riferibili alla loro disabilità.

 

La relazione tecnica, allegata al testo del decreto presentato per il parere alle camere, afferma che tali attività sono già svolte dagli uffici facenti capo al Ministro del turismo a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio.

 

Il Capo II riguarda le imprese turistiche.

La legislazione previgente (articolo 7 della legge 135/2001[10]) è per molti aspetti corrispondente alle norme del Codice del turismo. Più in particolare definisce le imprese turistiche come quelle imprese che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica. Il citato articolo subordina l’esercizio dell’attività da parte delle imprese turistiche all’iscrizione nel registro delle imprese ed estende alle imprese turistiche tutte le agevolazioni previste per l'industria. L'esercizio dell'attività da parte di imprese o di esercenti professioni turistiche non appartenenti alla UE è consentita, nel nostro Paese, previa iscrizione al registro delle imprese e previo accertamento, limitatamente agli esercenti professioni turistiche, del possesso dei requisiti richiesti dalle leggi vigenti Lo stesso articolo, ai commi 9 e 10, disciplina anche l’attività delle associazioni senza scopo di lucro aventi finalità ricreative, culturali, religiose e sociali. A tale proposito stabilisce che dette associazioni sono autorizzate all’esercizio di attività turistico-ricreative esclusivamente a favore dei loro aderenti ed associati, anche se appartenenti ad associazioni straniere aventi le medesime finalità e tra loro legate da accordi internazionali. Alle associazioni si richiede l'adeguamento a disposizioni internazionali e comunitarie già recepite nel nostro ordinamento.

 

L’articolo 4 del Codice riprende e rielabora la definizione vigente di impresa turistica e le norme in materia disposte dal citato articolo 7 della legge 135/2001.

In particolare, rispetto alla normativa vigente:

§      l’iscrizione al registro delle imprese o al repertorio delle notizie economiche e amministrative, non è più considerata condizione necessaria per l’esercizio dell’attività turistica, ma solo per l’ottenimento di benefici, agevolazioni e incentivi[11];

§      viene integrata la normativa sulle imprese turistiche non costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro dell'Unione europea, per tenere conto, secondo la relazione illustrativa, delle previsioni di cui agli artt. 31 a 34 dell'Accordo sullo Spazio Economico Europeo, che equipara le imprese dell'Islanda, del Liechtenstein e della Norvegia a quelle costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro dell'Unione europea.

 

L’articolo 5 riguarda le imprese turistiche senza scopo di lucro, che esercitano attività nel settore del turismo giovanile e per finalità ricreative, culturali, religiose o sociali, le quali, già a legislazione vigente, possono esercitare le attività turistiche, esclusivamente per gli associati, anche se appartenenti ad associazioni straniere aventi finalità analoghe e legate fra di loro da accordi di collaborazione. Le stesse associazioni, inoltre, assicurano il rispetto dei diritti del turista tutelati dall’ordinamento internazionale e dell’UE.

Rispetto alla legislazione vigente, la relazione illustrativa precisa che vengono eliminati i richiami:

§      al D.Lgs. n. 392/1991 di attuazione della direttiva n. 82/470/CEE, in quanto nel presente Codice si disciplina espressamente la materia delle agenzie di viaggio e conseguentemente viene abrogata la predetta disciplina;

§      alla legge 27 dicembre 1977, n. 1084, che ha ratificato e resa esecutiva la Convenzione internazionale sul contratto di viaggio CCV del 23 aprile 1970 n. 1084. L'Accordo internazionale contiene infatti disposizioni meno favorevoli al turista di quelle contenute nella Direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso (attuata con D.Lgs. 111/1995 confluito nel Codice del Consumo).

 

Titolo II – Professioni e formazione nel settore turistico (artt. 6-7)

Il titolo II (artt. 6-7), che si articola in due capi, riguarda gli aspetti inerenti le professioni, la formazione nel settore turistico e il mercato del lavoro.

 

L’articolo 6 definisce professioni turistiche quelle attività, aventi ad oggetto la prestazione di servizi di promozione dell'attività turistica, nonché servizi di ospitalità, assistenza, accompagnamento e guida, diretti a consentire ai turisti la migliore fruizione del viaggio e della vacanza, anche sotto il profilo della conoscenza dei luoghi visitati.

Tale nuova definizione risulta molto simile a quella attualmente vigente, contenuta nel comma 5[12] dell’articolo 7 della legge 135/2001, ma - secondo la relazione illustrativa – pone maggiormente l’accento sul turista e sulla migliore fruizione da parte sua della vacanza e del viaggio.

 

L’articolo 7 prevede la realizzazione di percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo nel settore del mercato turistico dei giovani laureati o diplomati, attraverso la stipula di accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini professionali per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani operatori. La norma contiene una clausola di neutralità finanziaria.

Secondo la relazione tecnica, allegata al testo del decreto presentato per il parere alle camere, la norma prevede la stipula di accordi in cui il ruolo del Ministro del Turismo si limita a indurre l'offerta formativa di settore ponendosi come intermediario tra il sistema formativo e gli operatori del settore, utilizzando, se necessario, la flessibilità di allocazione delle risorse ordinarie derivante dall'autonomia dell'ordinamento contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri come già avvenuto, sulla base degli indirizzi del Ministro, per il finanziamento di altre iniziative formative per la formazione dei manager per l'innovazione turistica e la formazione della polizia locale a fini turistici.

 

Titolo III – Mercato del turismo (artt. 8-17)

Il Titolo III, recante disposizioni relative al mercato del turismo, si articola in tre Capi, concernenti, nell’ordine, le “Strutture ricettive ed altre forme di ricettività” (artt. 8-11) “Altre strutture ricettive” (artt. 12-14), “Disposizioni comuni per le strutture turistico-ricettive” (artt. 15-17).

Secondo la relazione illustrativa, allegata al testo del decreto presentato per il parere alle camere, la ratio della disciplina contenuta nel Titolo III si rinviene nella necessità non solo di uniformare e coordinare l'offerta turistica sul territorio nazionale, ma anche di garantire, al contempo, livelli adeguati di tutela sia dei turisti che della concorrenza tra gli operatori del mercato, e di semplificare i procedimenti amministrativi per l'esercizio delle attività delle imprese turistiche ricettive, nei limiti delle potestà legislative regionali di cui all'art. 117, comma 4, Cost.

In materia di classificazione e di definizioni delle strutture ricettive, le disposizioni del Titolo IIII - volte ad uniformare le definizioni sul territorio nazionale lasciando integra la competenza regionale in materia - da un lato riprendono quanto già stabilito nella prima legge-quadro sul turismo (artt. 6 e 7 della L. 217/1984), dall'altro richiamano le novità, quali le strutture di mero supporto o le definizioni di strutture extralberghiere, introdotte da alcuni legislatori regionali che nella maggior parte dei casi si rifanno alla vecchia disciplina limitandosi ad integrare e a precisare quanto previsto dalla citata legge-quadro.

Come si ricorda nella relazione governativa, un DPCM, previsto dall'art. 2, comma 4 della legge 135/2001, avrebbe dovuto individuare le tipologie di imprese operanti nel settore nonché i criteri e le modalità d’esercizio su tutto il territorio. Si tratta del DPCM 13 settembre 2002 che ha recepito l’Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni, in data 14 febbraio 2002, che ha definito i Principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico ai fini dell'adozione del provvedimento attuativo dell'art. 2, comma 4, della L. 135/2001, rinviando ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina.

 

L’articolo 8 del decretoclassifica le strutture ricettive in: alberghiere e paralberghiere, extra alberghiere, all'aperto e di mero supporto. La classificazione è seguita dalla definizione di attività ricettiva con la quale si intende l’attività diretta alla produzione di servizi per l’ospitalità esercitata nelle strutture ricettive, nella quale rientra anche la somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, nonché la fornitura a queste di giornali, pellicole, strumenti informatici cartoline, francobolli e la gestione di strutture a carattere ricreativo. Inoltre è previsto che nella licenza di esercizio di attività sia ricompresa anche l’attività di somministrazione di alimenti e bevande anche a persone non alloggiate nella struttura. Infine sono previste sanzioni amministrative pecuniari per le persone che non svolgendo attività ricettiva, utilizzano forme di comunicazione tali da indurre in confusione sulla legittimazione allo svolgimento dell’attività ricettiva.

 

L’articolo 9 definisce le strutture alberghiere e paralberghiere nelle quali rientrano: alberghi; motels; villaggi-albergo; residenze turistico alberghiere; alberghi diffusi; residenze d’epoca alberghiere; bed and breakfast organizzati in forma imprenditoriale; le residenze della salute-beauty farm, ogni altra struttura turistico-ricettiva che presenti elementi ricollegabili a una o più delle precedenti categorie.

 

L’articolo 10 del Codice del Turismodemanda ad un DPCM la disciplina di standard minimi nazionali per le imprese turistiche ricettive, escluse quelle agrituristiche disciplinate dalla legge 96/2006. Alle regioni e alle province autonome viene lasciata la possibilità dell’introduzione di livelli di standard migliorativi rispetti a quelli minimi definiti in ambito nazionale.

La norma, confermando una previsione già dettata dalla legge n. 244/2007 (art. 2, comma 193), consolida così la cornice legislativa sulla cui base, nel 2008, con il DPCM 21 ottobre, è stato definito il sistema degli standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni per la classificazione degli alberghi ed è stato attivato. La conferma dei parametri di classificazione dei servizi offerti dalle imprese turistiche - dettati dall’art 193, comma 2, della legge 244/2007, quindi precisati dal DPCM 21 ottobre 2008 e oggi riconfermati implicitamente dall’art. 19 del Codice del Turismo -  è anche ribadita espressamente dal comma 4 dell’art. 16 del Codice del Turismo.

Il terzo comma dell’art. 10 del Codice del Turismo fa, poi, propria la disciplina già recata dagli artt. 6 e 7 del DPCM 21 ottobre 2008  per la istituzione di un sistema nazionale di rating, associabile alle stelle per la misurazione della qualità dei servizi.

 

La relazione tecnicaallegata allo schema di decreto legislativo presentato per il parere alle Cameresi preoccupa di sottolineare chela neutralità finanziaria dell’art. 10 del D.Lgs. 79/2011 deriva dal fatto che la creazione di uno standard omogeneo su tutto il territorio nazionale comporta un’attività di mero coordinamento con i sistemi locali, peraltro già svolta dal Dipartimento del Turismo della PCM ai sensi del citato DPCM 21 ottobre 2008.

Si ricorda, più in dettaglio, che il DPCM 21 ottobre 2008 (Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell'ambito dell'armonizzazione della classificazione alberghiera) definisce gli standard minimi dei servizi che gli alberghi devono fornire sul territorio nazionale con l’obiettivo di offrire un più alto livello di tutela ai turisti, assicurare maggiore competitività all’offerta turistica e promuoverne un’immagine unitaria. Il decreto indica le dotazioni per la classificazione degli alberghi, basata su un codice rappresentato da un numero di stelle crescente indicanti un insieme di servizi garantiti dall'albergatore per una certa struttura; le regioni e le province autonome, nelle norme di recepimento, possono introdurre miglioramenti o applicare caratteristiche più aderenti alle specificità climatiche o culturali dei loro territori. Gli standard minimi sono definiti in relazione all’apertura di nuovi alberghi o alla ristrutturazione di quelli già esistenti. Al fine di assicurare una maggiore tutela del turista, il decreto istituisce un sistema di rating che consentirà la misurazione e la valutazione della qualità del servizio reso ai clienti. A tale sistema aderiscono, su base volontaria, i singoli alberghi.

 

Nell’articolo 11 del D.Lgs. 79/2011 confluisce quanto stabilito dalla legge 284/1991 (Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi a sostegno delle imprese) abrogata ai sensi dell’art. 3 dello schema. In sostanza rimangono le disposizioni sulla libera determinazione dei prezzi da parte degli operatori turistici e l’obbligo di comunicarli alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, mentre si demanda alle leggi regionali l’informazione sui prezzi, la previsione di sanzioni in caso di mancata comunicazione alle regioni e i controlli sull’effettiva applicazione delle tariffe comunicate.

 

Si ricorda che la legge 25 agosto 1991, n. 284 e il successivo D.M. 16 ottobre 1991[13] hanno introdotto la libera determinazione dei prezzi dei servizi delle strutture ricettive, nonché delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione (stabilimenti balneari). Le Regioni hanno inserito la relativa disciplina all'interno delle leggi generali di regolamentazione delle strutture ricettive oppure hanno emanato appositi provvedimenti legislativi che hanno specificato le modalità di comunicazione e pubblicazione a livello regionale dei prezzi liberamente determinati e previsto le sanzioni per mancata comunicazione. Hanno spesso mantenuto la tendenza ad avere una qualche forma di controllo amministrativo sull'applicazione dei prezzi affermando il principio di inderogabilità dei prezzi comunicati e sanzionando l’applicazione di prezzi diversi.

 

Gli articoli 12,13 e 14 definiscono, rispettivamente, le strutture ricettive extra-alberghiere, le strutture all'aperto e quelle di mero supporto (allestite dagli enti locali per coadiuvare il campeggio itinerante, escursionistico e locale).

 

L’articolo 15 del Codice del Turismo ripropone la stessa normativa già dettata dall’art. 10 del Codice, estendendola anche alle strutture ricettive non aventi natura imprenditoriale.

 

Come previsto dalla delega, che autorizza il governo ad adottare strumenti di semplificazione e di riduzione degli adempimenti posti a carico degli operatori del settore, il Codice del Turismo, agli artt. 16 e 17 recepisce la recente disciplina della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e del SUAP (Sportello unico per le attività produttive), anche al fine di porre termine alle distorsioni della concorrenza dovute a diverse discipline regionali in materia.

 

L’articolo 16 reca infatti misure di semplificazione degli adempimenti amministrativi delle strutture turistico-ricettive, che costituisce uno degli obiettivi del codice.

Vengono assoggettati a segnalazione certificata di inizio attività – SCIA (di cui all’art. 19 della legge 241/1990) l’avvio e l’esercizio delle strutture ricettive, che tuttavia rimangono soggetti al rispetto delle norme in materia ambientale, edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, prevenzione incendi e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Attiene poi non direttamente alla materia delle semplificazioni, ma alla classificazione dei servizi forniti dalle imprese turistiche, il comma 4 dell’art. 16 del Codice del Turismo che - ricollegandosi implicitamente agli artt. 10 e 15 del Codice -  fa salvi “i parametri dettati ai sensi dell’art. 2, comma 193, della legge 244/2007”, cui come visto in precedenza è stata data attuazione dal DPCM  21 ottobre 2008 (Definizione delle tipologie di servizi forniti dalle imprese turistiche).

Il comma 5 dell’art. 16 del Codice del Turismo prevede, per parte sua, l’obbligo di comunicazione all’autorità competente in caso di chiusura dell’esercizio ricettivo per più di otto giorni, mentre il comma 6 conferma la necessità di possedere, per l’esercizio delle strutture ricettive, i requisiti previsti dagli artt. 11 e 93 del TU di PS (RD 773/1931).

Si segnala che l'articolo 49 del decreto-legge 78/2010[14], riformulando l’articolo 19 della legge 241/1990, ha disposto la sostituzione della disciplina della dichiarazione di inizio attività (Dia) - recata da ogni normativa statale e regionale - con quella della segnalazione certificata di inizio attività (Scia). La disciplina da ultimo introdotta consente che l’attività oggetto della segnalazione possa essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente[15].

 

L’articolo 17 estende alle imprese turistico-ricettive l’applicazione della disciplina dello Sportello unico per le attività produttive, di cui all'art. 38 del D.L. 112/2008 (conv. con modificazioni dalla L. 133/2008) e del relativo regolamento attuativo (D.P.R. 160/2010). La norma in commento fa salve le forme più avanzate di semplificazione previste da leggi regionali.

Si ricorda che l’articolo 38 del decreto-legge 112/2008, al fine di semplificare le procedure per l’avvio e lo svolgimento dell'attività d'impresa, ha affidato al Governo il compito di procedere - tramite apposito regolamento e sulla base di specifici principi e criteri - alla semplificazione e al riordino della disciplina dello Sportello unico per le attività produttive (SUAP), già previsto presso i Comuni dal decreto legislativo 112/1998.

In attuazione di tale previsione è stato emanato il regolamento di cui al D.P.R. 160/2010. Il provvedimento abroga il precedente regolamento di cui al D.P.R. 447/1998 e attua un riordino complessivo della disciplina del SUAP, che – già individuato come canale unico tra imprenditore ed Amministrazione per eliminare ripetizioni istruttorie e documentali – è caratterizzato dall’introduzione dell’esclusivo utilizzo degli strumenti telematici.

 

Nella relazione tecnica, allegata allo schema di decreto presentato per il parere alle camere, si sottolinea che la previsione contenuta nell’articolo non comporta nuovi o maggiori oneri in quanto si limita a rinviare ad altra normativa già in vigore contenente a sua volta la clausola di invarianza finanziaria.

 

Titolo IV – Agenzie di viaggio e turismo (artt. 18-21)

Le disposizioni del Titolo IV sono volte ad uniformare la vigente disciplina delle agenzie di viaggio e turismo – oggetto di appositi interventi legislativi come ad esempio la normativa di pubblica sicurezza - al fine di evitare distorsioni della concorrenza determinate dalla previsione di differenti discipline regionali.

 

L’articolo 18 definisce le agenzie di viaggio e turismo e detta per esse una disciplina che assorbe e integra quella preesistente dell’articolo 7 della legge 135/2001, per altro genericamente riferito alle imprese turistiche.

Sono agenzie le imprese turistiche che svolgono congiuntamente o disgiuntamente attività di produzione, organizzazione ed intermediazione di viaggi e soggiorni e ogni altra forma di prestazione turistica. Sono considerate agenzie anche le imprese che svolgono attività di accoglienza e assistenza ai turisti, di organizzazione dell’attività di trasporto quando organizzano viaggi, crociere, gite ecc., mentre sono escluse le mere attività di distribuzione di titoli di viaggio. In sostanza la norma si riallaccia a quanto previsto dal citato DPCM 13 settembre 2002, condiviso con le Regioni (art. 1, co. 2, lett. b)).

Le disposizioni dei commi 5-9 dell’articolo 18 tutelano il consumatore da possibili inganni. Infatti per le agenzie di viaggio permane l’obbligo di non adottare denominazioni che possono ingenerare confusione nel consumatore. E’ fatto inoltre divieto ai soggetti che non svolgono l’attività di agenzia di utilizzare denominazioni attinenti a tale attività, inducendo in inganno il consumatore sulla legittimazione allo svolgimento della medesima. Per i contravventori sono previste sanzioni amministrative pecuniarie stabilite da regioni e province autonome. Infine è previsto che le persone fisiche o giuridiche che effettuano la sola vendita e distribuzione dei cofanetti, o voucher, regalo che permettono di usufruire di servizi turistici anche disaggregati, non rientrano nella nozione di agenzia di viaggio e turismo, di intermediario, di venditore o di organizzatore di viaggio.

 

L’articolo 19 prevede l'obbligo per le agenzie di viaggio e turismo di stipulare congrue polizze di assicurazione in relazione al costo del viaggio, che garantiscano al turista l'esatto adempimento degli obblighi assunti con il contratto di viaggio.

 

L’articolo 20 rinvia ad un DPCM la fissazione di requisiti professionali, uniformi sul territorio nazionale, dei direttori tecnici delle agenzie, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni. Inoltre, recependo quanto affermato dalla Corte costituzionale – come si legge nella relazione illustrativa - stabilisce che l’apertura di succursali e altri punti vendita di agenzie già legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore tecnico per ciascun punto di erogazione del servizio.

 

L’articolo 21, da ultimo, recepisce l’istituto della SCIA, di cui all’art. 19 della legge 241/1990 per l'autorizzazione all'apertura e al trasferimento di un agenzia di viaggio e turismo che - come si legge nella relazione governativa - si traduce nella mera verifica della sussistenza dei requisiti e dei presupposti prescritti dalle singole normative regionali. L’apertura di filiali e succursali è soggetta a comunicazione alla provincia in cui esse sono ubicate e a quella cui è stato segnalato l’inizio di attività.

La stessa relazione motiva l’introduzione della SCIA con la necessità di uniformare la disciplina onde evitare distorsioni della concorrenza imputabili a previsioni contenute in differenti discipline regionali. Inoltre l'intervento statale di semplificazione amministrativa si rende necessario anche alla luce della segnalazione ASO49 dell'8 giugno 1995 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in cui si evidenziano possibili distorsioni della concorrenza. determinate dalla disciplina recata dalla legislazione regionale (ad eccezione della Regione Liguria e della Regione Toscana) e dalla disciplina recata dalla Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di autorizzazione delle agenzie di viaggi e turismo.

La norma prevede anche il rispetto dei requisiti di professionalità, onorabilità e finanziari previsti dalle leggi regionali per l’esercizio dell’attività nonché richiesti - come ricorda la relazione - anche dalle disposizioni dell’art. 3 del D.Lgs. 392/1991 recante Attuazione della direttiva n. 82/470/CEE nella parte concernente gli agenti di viaggio e turismo, a norma dell'art. 16 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (comunitaria).

 

Titolo V – Tipologie di prodotti turistici e relativi circuiti nazionali di eccellenza (artt. 22-31)

Il Titolo V, articolato in quattro Capi, contiene disposizioni relative ai circuiti nazionali di eccellenza e ai sistemi turistici locali (Capo I – artt. 22 - 23), al turismo culturale (Capo II – artt. 24 - 26), a quello sociale (Capo III – art. 27) e ad altri settori (Capo IV – artt. 28-31).

 

L’articolo 22 prevede la realizzazione, a sostegno dell’immagine turistica dell’Italia, di circuiti nazionali di eccellenza che corrispondono a contesti turistici omogenei, e di itinerari tematici, entrambi da definirsi con DPCM di concerto con vari Ministeri e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni. Alla promozione dei suddetti circuiti a livello nazionale e internazionale, concorrono, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri, anche enti locali, regioni, associazioni di categoria e soggetti pubblici e privati interessati.

Si ricorda che la realizzazione di progetti di eccellenza per lo sviluppo e la promozione del sistema turistico nazionale, nonché per il recupero della sua competitività sul piano internazionale è contemplata anche dall’art. 1, comma 1228, della legge 296/2006, modificata dall’art. 18 della legge n. 69/2009 (legge di semplificazione).

Per tali attività sono state previste spese di investimento sostenute sia dagli ordinari stanziamenti di bilancio che da risorse provenienti da residui di stanziamento non utilizzati, come si legge nella relazione tecnica che spiega in tal modo la neutralità finanziaria dell’articolo 22 in commento.

 

L’articolo 23 rielabora, come si legge nella relazione illustrativa,la disciplina dei sistemi turistici locali - mai attuata – contenuta nell’art. 5 della L. 135/2001, anche alla luce delle discipline regionali sviluppate in materia.

In sostanza l’articolo ripropone i primi tre commi della disciplina contenuta nella legge quadro, tralasciando il comma 4 che demanda alle Regioni la definizione delle modalità e della misura del finanziamento dei progetti di sviluppo dei sistemi turistici locali, predisposti da soggetti pubblici o privati, in forma singola o associata, che perseguono finalità individuate dal comma medesimo.

In particolare, l’art. 23 dispone che i sistemi turistici locali sono i contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate.

Gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell'offerta turistica, nonché con i soggetti pubblici e privati interessati.

Inoltre, nell'ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l'integrazione tra politiche del turismo e politiche di governo del territorio e di sviluppo economico, le regioni provvedono, ai sensi del capo V del titolo II della parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e del titolo II, capo III, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a riconoscere i sistemi turistici locali.

 

Il Capo II (artt. 24, 25 e 26) reca disposizioni che prevedono l’incentivazione di iniziative di promozione, in chiave turistica, del patrimonio culturale, attualmente assai carente.

Nella relazione illustrativa si sottolinea, infatti, come in Italia non esista la cultura della promozione, sotto il profilo turistico, del nostro vastissimo patrimonio storico e artistico e come tale mancanza incida negativamente sulla possibilità di uno suo sfruttamento sempre in chiave turistica. Si evidenzia, inoltre, l’opportunità di attuare iniziative a favore del turismo culturale – che possono dare luogo a consistenti introiti economici in grado di assicurare, in viatendenziale, l'autofinanziamento degli interventi di recupero e di restauro del predetto patrimonio - avvalendosi di modelli il più possibile efficaci ed efficienti.

In particolare ai sensi dell’articolo 24 la realizzazione delle suddette iniziative spetta al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro del turismo delegato, di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali, nel rispetto dell’art. 9 Cost. (relativo alla tutela assicurata alla cultura, alla ricerca, al paesaggio e al patrimonio artistico) e del codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004). L’articolo contiene la clausola di invarianza finanziaria.

 

L’articolo 25 prevede l’utilizzo di strumenti di programmazione negoziale per la definizione del programma degli interventi da attuare (di cui all’art. 2, co. 203., della L. 662/1996). Le misure previste da accordi di programma-quadro sono volte: alla promozione, in chiave turistica, di iniziative di valorizzazione del patrimonio artistico, archeologico e architettonico presente sul territorio italiano; a garantire la completa accessibilità da parte del pubblico al suddetto patrimonio anche al fine di assicurare l'autofinanziamento degli interventi di recupero e di restauro dello stesso, nonché l’effettiva fruibilità, da parte dei visitatori, in particolare di quelli stranieri, del predetto patrimonio attraverso la predisposizione di materiale informativo in varie lingue.

 

L’articolo 26 del Codice del Turismoaffida le funzioni di monitoraggio delle attività elencate al comma 2 dell’art. 22 (relativo ai circuiti di eccellenza) al Comitato permanente di promozione del turismo in Italia, disciplinato dall’art. 58 dello stesso Codice.

 

L’articolo 27 (unico articolo del Capo III) ha ad oggetto il turismo sociale e, in particolare, i cd. “buoni-vacanza”.

Si ricorda che la legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha previsto all’articolo 2, comma 193, lettera b), l’adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di natura non regolamentare, per definire le modalità di impiego delle risorsedi cui all’articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135, per l’erogazione di «buoni-vacanza» da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale.

Con l'articolo 10 della legge 135/2001 era statoistituito presso l’allora Ministero dell'industria il Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico. Scopo del Fondo - al quale affluiscono risparmi di individui, imprese, istituzioni e associazioni private (circoli aziendali, associazioni non-profit, banche e società finanziarie), nonché risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità provenienti da soggetti sia pubblici che privati - è quello di favorire l'accesso alle vacanze dei cittadini, sostenendo in tal modo la domanda interna, attraverso l'erogazione di prestiti turistici a tasso agevolato sia a singoli che a famiglie a basso reddito.

Le modalità di erogazione dei buoni vacanza sono state determinate dapprima con il decreto 21 ottobre 2008[16], e poi riviste con il D.M. 9 luglio 2010[17].

La norma in esame rinomina tale fondo “Fondo buoni vacanze”, e prevede che ad esso affluiscano:

a)  risparmi costituiti da individui, imprese, istituzioni o associazioni private quali circoli aziendali, associazioni non-profit, banche, società finanziarie;

b)  risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità, erogati da soggetti pubblici o privati;

c)  a decorrere dall'anno d'imposta 2011, parte della quota dell’otto per mille destinata allo Stato per scopi di interesse sociale o di carattere umanitario. Tale previsione costituisce un’innovazione rispetto alla normativa attualmente vigente.

Le modalità per l'erogazione di buoni vacanza da destinare ad interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici ed anche ai fini della valorizzazione delle aree che non abbiano ancora conosciuto una adeguata fruizione turistica, sono definite con appositi decreti, di natura non regolamentare, del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, sentito il Dipartimento per le politiche della famiglia, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.

La relazione tecnica, allegata al testo dello schema di decreto presentato alle Camere per il parere, afferma che la disposizione non crea nuovi oneri in quanto l’otto per mille si limita a ripartire il gettito destinato allo Stato che affluisce al fondo prevedendo, con questa norma, un'ulteriore fattispecie.

 

Il Capo IV (artt. 28, 29, 30 e 31) reca disposizioni che riguardano altre tipologie di turismo, quali il turismo termale e del benessere, il turismo della natura e faunistico, il turismo con animali al seguito e, infine, il turismo nautico.

 

L’articolo 28 opera il rinvio alla legge 323/2000[18] per il turismo termale e alla disciplina prevista dal Titolo III del presente Codice per il turismo del benessere.

 

L’articolo 29 rinvia all’articolo 3 del decreto legislativo n. 228/2001[19] e alla legge 96/2006 per la disciplina dell’agriturismo[20]. Per il turismo della natura, che comprende le attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi finalizzate alla corretta fruizione e alla valorizzazione delle risorse naturalistiche, del patrimonio faunistico e acquatico e degli itinerari di recupero delle ippovie e delle antiche trazzere del Paese, si rinvia al Titolo III dello stesso Codice del Turismo, per quanto non specificamente previsto dalle normative di settore.

La relazione illustrativa allegata al testo dello schema di decreto presentato per il parere alle Camere, precisa di non aver operato, per l’agriturismo, il rinvio al codice dell'agricoltura[21] in quanto non ancora entrato in vigore.

 

L’articolo 30 si pone l’obiettivo di agevolare ed incentivare le iniziative degli operatori del settore tese a favorire e agevolare l'accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito. A tal fine, lo Stato promuove la fattiva collaborazione tra le autonomie locali, gli enti pubblici, gli operatori turistici, le associazioni di tutela del settore.

Secondo la relazione illustrativa, allegata al testo dello schema di decreto presentato per il parere alle camere, la norma è volta ad indirizzare verso una nuova cultura animal friedly in linea con la disciplina prevista negli ordinamenti dei principali concorrenti stranieri. In tal modo, si incentiva lo sviluppo e la diffusione di una cultura moderna, espressione di quella cospicua comunità che convive con animali domestici, tenuto infatti conto che oggi una famiglia su tre ne possiede uno e desidera poter fruire dei servizi turistici senza allontanarsi dal proprio animale. Inoltre, tali misure vanno lette in un quadro generale di interventi finalizzati a contrastare il fenomeno di abbandono e randagismo.

 

L’articolo 31 prevede che la realizzazione delle strutture di interesse turistico-ricreativo dedicate alla nautica da diporto, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997, n 509, per la quale sia stata autorizzata concessione demaniale marittima o lacuale, anche provvisoria, non necessita di alcun ulteriore titolo abilitativo edilizio e demaniale, ferma restando la quantificazione del canone in base alla superficie occupata. Per strutture di interesse turistico ricreativo si intendono anche i pontili galleggianti a carattere stagionale, collegati alla terra ferma mediante ancoraggio con corpi morti e catenarie

Si precisa che l’articolo 2, comma 1, lettere c), del D.P.R 509/1997 definisce come strutture dedicate alla nautica da diporto i punti d'ormeggio, ovvero le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati all'ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto.

 

Titolo VI – I contratti (artt. 32-53)

Il Capo I (artt. da 32 a 51) rivede la normativa dei “Contratti del turismo organizzato”.

 I contratti del turismo erano in precedenza disciplinati dal Titolo IV, Capo II, artt. da 82 a 100 del Codice del consumo, D.Lgs. n. 205 del 2006, norme  abrogate dall’articolo 3, comma 1, lettera m) del decreto in esame.

 

Gli articoli 82 ss. del Codice del consumo prevedevano la vendita o l’offerta di vendita a prezzo forfetario di pacchetti turistici. Il “pacchetto turistico” ha ad oggetto i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, risultanti dalla prefissata combinazione di almeno due tra gli elementi trasporto, alloggio e servizi turistici non accessori, che siano parte significativa del pacchetto. Parti del contratto sono l’organizzatore (che può vendere il contratto anche tramite un intermediario venditore) e il consumatore, ovvero l’acquirente o il cessionario del pacchetto. Il contratto ha forma scritta ad substantiam e il contenuto minimo indicato dall’articolo 86. La legge pone a carico dell’organizzatore o del venditore alcuni obblighi informativi da adempiere nel corso delle trattative e prima dell’inizio del viaggio e detta il contenuto minimo dell’eventuale opuscolo informativo posto a disposizione del consumatore. È inoltre dettata una disciplina specifica per la revisione del prezzo (a seguito di un sopravvenuta variazione dei costi) e per la modifica delle condizioni contrattuali. Per quanto riguarda i profili di responsabilità, l’organizzatore e il venditore rispondono per il mancato o inesatto adempimento, che non dipenda da impossibilità della prestazione per causa ad essi non imputabile. L’azione per l’eventuale danno alla persona è risarcibile nel termine di tre anni dal rientro del viaggiatore nel luogo di partenza; quella per danno diversi nel termine di un anno. Il danno alla persona è risarcibile secondo le norme stabilite dalle Convenzioni internazionali che disciplinano la materia ed è nullo ogni accordo che stabilisca limiti per il risarcimento di tale danno; il danno diverso da quello alla persona è risarcibile, in assenza di specifica pattuizione, nei limiti previsti dall’articolo 13 della Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (C.C.V.) di Bruxelles del 1970. In ogni caso, il consumatore deve contestare senza ritardo ogni mancanza nell’esecuzione del contratto. La legge prevede inoltre l’obbligo per l’organizzatore e per il venditore di assicurarsi per la responsabilità civile istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un fondo nazionale di garanzia, con la finalità di consentire, in caso di insolvenza o di fallimento del venditore o dell'organizzatore, il rimborso del prezzo versato ed il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all'estero, nonché per fornire un’immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore. Il D.M. n. 349 del 1999 reca il regolamento per la gestione ed il funzionamento del Fondo di garanzia.

 

Le novità più significative apportate dal provvedimento in esame consistono nell’esplicita affermazione della risarcibilità del “danno da vacanza rovinata” (art. 47) e nella definizione della nozione di inesatto adempimento (art. 43), oltre che nella disciplina degli obblighi assicurativi a carico dell’organizzatore e dell’intermediario (art. 50).

 

In base alla giurisprudenza il cd. danno da vacanza rovinata è un pregiudizio di natura prettamente non patrimoniale; esso non si traduce in una perdita economica, né in termini di danno emergente né in termini di lucro cessante, bensì in disagio, stress, sofferenza per non aver potuto godere della vacanza immaginata. Sui limiti alla sua risarcibilità si registrano pronunce difformi.

In mancanza di espliciti riferimenti normativi, inizialmente il fondamento della sua risarcibilità è stato individuato nell'art. 13, 1° par., Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV), il quale dispone che «l'organizzatore di viaggi risponde di qualunque pregiudizio causato al viaggiatore a motivo dell'inadempimento totale o parziale dei suoi obblighi di organizzazione». Successivamente, la Corte di Giustizia (C. Giust. CE 12.3.2002) ne ha ammesso il risarcimento, ravvisandone il fondamento nell’art. 5 della dir. 90/314/CEE (disciplinante i contratti di viaggio concernenti pacchetti turistici «tutto compreso»); secondo la Corte, tale disposizione implicitamente riconosce l'esistenza di un diritto al risarcimento dei danni diversi da quelli corporali, tra cui il danno morale, in conseguenza il consumatore dell'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso.

Da ultimo, con più generale riferimento alla risarcibilità dei danni non patrimoniali, devono richiamarsi le Sezioni unite della Cassazione (11 novembre 2008, n. 26972), che hanno affermato che ai fini della risarcibilità di tali danni occorre che l'offesa arrecata al diritto sia grave e il pregiudizio sia serio. La Corte ha aggiunto che anche dall'inadempimento di un’obbligazione contrattuale può derivare un danno non patrimoniale, il cui risarcimento è regolato secondo le norme dettate in materia di responsabilità contrattuale.

 

Il danno da vacanza rovinata viene definito come il danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta. Si tratta quindi di un pregiudizio di natura non patrimoniale e contrattuale, essendo risarcito in quanto conseguenza dell’inadempimento o dell’inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico.

Legittimato ad agire è esclusivamente il turista, ovvero l’acquirente del pacchetto turistico, e non anche il consumatore di servizi turistici disaggregati.

La sua risarcibilità viene limitata ai danni che non siano di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 c.c.[22].

Tale limite va coordinato con la nozione di inesatto adempimento, contenuta nell’articolo 43, che comprende la difformità dagli standards qualitativi del servizio promessi o pubblicizzati dal venditore del pacchetto turistico.

 

Sempre con riferimento alla nozione di inesatto adempimento, si segnala, che il medesimo articolo 43, comma 1, rispetto al testo vigente dell’art. 93 D.Lgs. 206/2005, non contiene l’esplicita esclusione della responsabilità nel caso in cui il mancato o inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile.

 

Il profilo degli obblighi assicurativi a carico di organizzatore e intermediario è invece disciplinato dall’articolo 50.

 

Il Codice del consumo prevedeva che l'organizzatore e il venditore fossero coperti dall'assicurazione per la responsabilità civile verso il consumatore per il risarcimento dei danni di cui agli articoli 94 e 95 (danni alla persona e danni diversi da quelli alla persona), fatta salva la facoltà di stipulare polizze assicurative di assistenza al turista (art. 99).

 

L’articolo 50 conferma l’obbligo per organizzatore e intermediario di assicurarsi per la responsabilità civile a favore del turista per il risarcimento dei danni che, oltre a quelli alla persona e diversi da quelli alla persona, ora comprende anche quelli definiti specificamente dall’art. 47 “da vacanza rovinata”; l’art. 50, inoltre, introduce la possibilità di copertura assicurativa per i contratti di turismo organizzato nei casi attualmente coperti dal citato fondo nazionale di garanzia (insolvenza o di fallimento del venditore o dell'organizzatore, rimborso del prezzo versato e rientro immediato del turista, nel caso di viaggi all’estero, assistenza economica in caso di rientro forzato di turisti dall’estero in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore). Il testo originario presentato dal Governo prevedeva come obbligatoria anche questo tipo di assicurazioni (art. 50).

Nel caso in cui la pubblica amministrazione abbia sostenuto le spese di assistenza e rimpatrio, il rimborso deve essere effettuato direttamente a quest’ultima da parte dell’assicuratore.

In ogni caso viene introdotta la possibilità che il Ministero degli esteri chieda agli interessati il rimborso delle spese di soccorso e rimpatrio se questi ultimi sia siano esposti deliberatamente a rischi che avrebbero potuto conoscere con l’uso della normale diligenza, con il limite dei giustificati motivi correlati all’esercizio delle attività professionali.

Ulteriore novità dell’art. 50 è costituita dalla prevista facoltà degli operatori di costituirsi in consorzi o altre forme associative, anche costituendo all’uopo un apposito fondo, nonché dalla possibilità di coinvolgere nei consorzi anche imprese ed associazioni di categoria del settore assicurativo, individuando forme di riassicurazione dei rischi.

 

Per quanto riguarda gli ulteriori profili di novità rispetto alla disciplina previgente, si segnalano i seguenti:

§      con riferimento alle parti del contratto, l’art. 33 include nella definizione di “organizzatore di viaggio” anche il soggetto che rende possibile la formazione del pacchetto turistico anche per via elettronica; la definizione di “intermediario” ricomprenda invece, da un lato, il soggetto che opera non professionalmente e senza scopo di lucro; dall’altro, il soggetto che vende singoli servizi turistici disaggregati. La medesima disposizione sostituisce inoltre il riferimento al “consumatore di pacchetti turistici” con quello al “turista”; sulla base della relazione illustrativa, tale modifica è coordinata con la nuova disciplina del danno da vacanza rovinata (cfr. art. 47) e mira ad evitare che la legittimazione ad agire per il risarcimento di tali danni sia attribuita, oltre che a chi acquista un pacchetto turistico, anche al consumatore di servizi turistici disaggregati;

§      l’estensione dell’ambito di applicazione della disciplina dei pacchetti turistici alle crociere turistiche e ai viaggi su misura nei quali il turista sceglie tra i vari servizi offerti da singoli organizzatori (art. 34);

§      nel caso di pacchetti turistici negoziati al di fuori dei locali commerciali o a distanza, l’esclusione del diritto di recesso deve essere esplicitamente comunicata per iscritto dal professionista[23] (art. 32); tale modifica, recependo un consolidato orientamento, mira ad esplicitare l’inapplicabilità ai contratti last minute della disciplina del recesso;

§      l’integrazione degli obblighi inerenti la forma del contratto a carico del venditore che si obbliga a procurare a terzi servizi disaggregati anche in via telematica (art. 35); il contenuto necessario del contratto (che ora comprende, in caso nel pacchetto turistico sia incluso il trasporto aereo, “il nome del vettore e la sua eventuale non conformità alla regolamentazione dell’Unione europea”, art. 36) e dell’opuscolo informativo (art. 38);

§      alcune modifiche, prevalentemente di coordinamento (legate anche all’abrogazione della legge di ratifica della Convenzione internazionale sul contratto di viaggio, v. ultra), alla disciplina della responsabilità per danni alla persona (art. 44) e per danni diversi da quelli alla persona (art. 45), a seguito di inadempimento o di inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico;

§      la possibilità di valutare la mancata presentazione del reclamo da parte del turista ai sensi dell’articolo 1227 c.c., quale concorso del fatto colposo del creditore ai fini della diminuzione del risarcimento del danno (art. 49).

 

Si segnala, infine, l’abrogazione della legge 27 dicembre 1977, n. 1084, che ha reso esecutiva la Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (CCV) del 23 aprile 1970, a decorrere dal momento in cui diviene efficace la denuncia dello Stato italiano della Convenzione, in conformità a quanto disposto dall’articolo 37 della medesima (art. 3, comma 2, del decreto)  Tale disposizione prevede che ciascuno Stato Contraente avrà diritto di denunciare la presente Convenzione in qualsiasi momento dopo l'entrata in vigore nei suoi confronti. Tale denuncia prenderà effetto solo un anno dopo la data di ricevimento della notifica di denuncia da parte del Governo belga.

La previsione si spiega in relazione alla difficoltà di individuare i limiti nei quali la Convenzione è ancora in vigore a seguito dell’entrata in vigore della direttiva 90/314/CEE del 1990 (recepita dal D.Lgs. n. 111/1995 sui viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» poi confluito nel codice del consumo).

 

L’articolo 51 istituisce il Fondo nazionale di garanzia.

Tale Fondo era in precedenza disciplinato dall’articolo 100 del decreto legislativo 206/2005, abrogato dal decreto in esame.

Più in particolare la norma istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo - un fondo nazionale di garanzia (alimentato da una quota del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria), con la finalità di consentire, in caso di insolvenza o di fallimento del venditore o dell'organizzatore, il rimborso del prezzo versato ed il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all'estero, nonché per fornire un’immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore. Le modalità di gestione e di funzionamento del fondo sono determinate con D.P.C.M. di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico.

 

 

Il Capo II (artt. 52 e 53) disciplina le locazioni turistiche.

 

L’articolo 52 reca alcune modifiche all’art. 27 alla legge 22 luglio 1978, n. 392 relativo alla disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione.

Con la prima modifica all’art. 27, primo comma, attraverso l’eliminazione del riferimento all’art. 2 della legge n. 326 del 1968 e la contestuale precisazione delle attività di interesse turistico, si intende escludere dal campo di applicazione dello stesso comma gli alberghi e le imprese assimilate, in quanto per essi vale la durata minima novennale indicata nel terzo comma. Tale rinvio, come precisa la relazione illustrativa, è stato spesso nel passato fonte di equivoci.

 

Tra i numerosi problemi emersi nel corso degli anni, un primo gruppo riguarda appunto l’ambito di applicazione dell’art. 27 della legge n. 392 del 1978 che pone una distinzione tra locazioni aventi ad oggetto immobili adibiti ad “attività…di interesse turistico” e locazioni alberghiere, in relazioni alle quali la legge stabilisce una diversa durata contrattuale, sei anni per le prime e nove anni per le seconde. Nella versione dell’art 27 della legge 392/1978 antecedente alle modifiche apportate dall’art. 52 del Codice del Turismo del 2011, le attività di interesse turistico erano individuate mediante rinvio all’art. 2 della legge n. 326/68, che prevede particolari agevolazioni economiche per le attività di alberghi, pensioni, locande, villaggi turistici, campeggi, case per ferie, alberghi per la gioventù. Tali attività potrebbero però anche rientrare nel generale ambito alberghiero, per il quale è prevista una durata novennale. Vi era dunque un problema di interpretazione per stabilire se il contratto di locazione relativo ad immobili destinati all’esercizio di un’attività potenzialmente rientrante nel concetto di quella alberghiera elencata nell’art. 2 della legge n. 326/68, fosse da considerarsi di durata novennale, oppure destinato ad esaurirsi nell’ordinario arco temporale di 6 anni in quanto rientrante nell’ambito dell’attività turistica non alberghiera. A favore di tale ultima interpretazione si è pronunciata più volte la giurisprudenza dichiarando che gli immobili adibiti a campeggio non possono equipararsi agli alberghi per quanto concerne la durata minima dei relativi contratti di locazione. Dal combinato disposto dell’art. 27 della legge n. 392 del 1978 e dell’art. 2 della n. 326 del 1968 emerge con chiarezza il tratto distintivo dell'attività alberghiera rispetto a qualsiasi altra attività diretta a fornire ospitalità, consistente nell'offrire un alloggio all'ospite in una struttura propria, con la conseguenza che non può legittimamente definirsi attività alberghiera quella di colui che offre all'ospite una porzione di terreno attrezzato dove sistemare una tenda, un caravan o una roulotte, come avviene nei campeggi e nei parchi-vacanze (Cass. Civ., sez. III, sentenza 30.12.1991, n. 13999, sentenza n. 4491 del 21.04.1995 e sentenza n. 11600 del 22.06.2004).

 

La seconda modifica all’art. 27 attraverso la sostituzione del terzo comma, estende l’applicabilità della durata novennale della locazione di immobili urbani anche agli stabilimenti e locali assimilati agli alberghi ai sensi dell’art. 1786 del Codice civile.

In tal modo si opera un raccordo con la modifica apportata dal primo comma, in quanto l’art. 2 della legge n. 326 del 1968 includeva alcune attività di interesse turistico che l’art. 1786 del Codice civile assimila invece agli alberghi ed alle quali viene ora estesa la durata minima novennale.

 

L’art. 1786 del Codice civile assimila agli alberghi le case di cura, gli stabilimenti di pubblici spettacoli, gli stabilimenti balneari, le pensioni, le trattorie, le carrozze letto e simili.

 

Legge n. 392 del 1978

Art. 27, primo e terzo comma

Art. 27, primo e terzo comma novellato dall’art. in esame

La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate:

1) industriali, commerciali e artigianali;

2) di interesse turistico comprese tra quelle di cui all'articolo 2 della legge 12 marzo 1968, n. 326 .

 

La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali, di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.

omissis

 

omissis

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere o all'esercizio di attività teatrali

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’articolo 1786 del codice civile o all'esercizio di attività teatrali

 

Si ricorda che la normativa di riferimento in materia di locazioni (sia ad uso abitativo che non) è oggi costituita prevalentemente dalla legge n. 431 del 1998, nonché dalle parti non abrogate della legge n. 392 del 1978 che disciplinano, tra l’altro, la locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione (e tra queste ultime, rientra anche l’articolo novellato dallo schema in commento). La legge n. 431 del 1998, che ha notevolmente modificato il regime delle locazioni, ha infatti abrogato integralmente la legge n. 61 del 1989 sugli sfratti e la legge n. 359 del 1992 dei cd.“patti in deroga” e, in buona parte (ma non integralmente), anche la legge n. 392 del 1978 sul cd. “equo canone”.

 

L’articolo 53 tende a far rientrare integralmente la fattispecie della locazione turistiche ad uso abitativo nell’ambito della normativa generale sulle locazioni contenuta nel Codice civile (Capo IV, art. 1571-1614) che lascia ampia discrezionalità alla volontà delle parti (libera contrattazione sia per quanto riguarda il canone che nella durata del contratto), sottraendola all’impianto normativo della legge n. 431 del 1998.

La relazione illustrativa sottolinea, infatti, che la finalità di tale disposizione è quella di tracciare una più netta distinzione tra la locazione per finalità turistiche dalle altre fattispecie di locazione transitoria, sgombrando il campo da dubbi interpretativi.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, al di là dell’obbligo della stipula del contratto in forma scritta sancito dall’art. 1, comma 4, sono sottratti dalla disciplina generale sulle locazioni della legge n. 431 del 1998 dall’art. 1, comma 2, lett. c), della stessa legge. In particolare ad esse non si applicano le disposizioni degli artt. 2, 3, 4, 4-bis, 7, 8 e 13 (definizione del canone, durata, recesso delle parti, termine per la disdetta). Occorre però notare che l’art. 1, comma 2, lett. c), della legge n. 431 non sembra escludere tale tipologia di contratti dall’applicabilità dell’art. 5 relativo ai contratti di natura transitoria.

In ogni caso, il contratto di locazione a uso turistico abitativo è disciplinato dagli articoli 1571 e seguenti del Codice civile e, pertanto, non è soggetto ad alcun vincolo di durata o di canone. Inoltre, ove abbia durata inferiore a 30 giorni – si pensi al privato che conceda in locazione a terzi il proprio appartamento in montagna per una settimana bianca o al mare, per alcuni weekend – il locatore non è tenuto a comunicare alcunché all’Autorità di pubblica sicurezza, a norma dell’art. 12 del decreto legge n. 59 del 1978, né è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista dallo stesso art. 12.

 

Titolo VII – Ordinamento (artt. 54-69)

Il Titolo VII, che si articola in tre Capi, reca norme sull’ordinamento del turismo. Le disposizioni del Capo I (artt. 54-58) forniscono un quadro esaustivo degli organi statali aventi competenza diretta nel settore, colmando, come si legge nella relazione, una lacuna del sistema e affermando principi idonei ad evitare ambiguità interpretative. Il Capo II (artt. 59-65) riguarda le condizioni e i meccanismi di premialità, nonché la promozione dell’eccellenza turistica da parte degli operatori del settore. Nel Capo III (artt. 66-69), infine, si forniscono ai turisti gli strumenti di risoluzione extragiudiziale delle controversie.

 

L’articolo 54 prevede che alPresidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato, spetta l’adozione di atti di indirizzo e l’esercizio della vigilanza su ACI e CAI.

 

L’articolo 55 individua nel Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo la struttura di supporto delle politiche governative nel settore turistico. Il Dipartimento si avvale, ai fini dello svolgimento della propria attività, degli altri organismi costituiti e delle società partecipate.

 

L’articolo 56 disciplina, riprendendo la norma dell’art. 3 della legge 135/2001, la Conferenza nazionale del turismo, adeguando il testo all’attuale assetto delle competenze tra amministrazioni statali. La Conferenzanazionale del turismo è indetta dal Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato almeno ogni due anni ed è organizzata d’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, ed ha compiti di orientamento per la definizione e l'aggiornamento del documento recante le linee guida e per la verifica dell'attuazione delle medesime. Alla Conferenza nazionale del turismo partecipano rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, dell'ANCI (Associazione dei comuni italiani) dell'UPI (unione delle province italiane) dell'UNCEM (Unione nazionale comuni comunità ed enti montani), del CNEL, di UNIONCAMERE, dell’ISTAT delle altre autonomie territoriali, nonché rappresentanti delle associazioni degli imprenditori turistici, dei consumatori, del turismo sociale, delle associazioni pro loco, delle associazioni senza scopo di lucro, di quelle ambientaliste e delle organizzazioni sindacali.

Si ricorda in proposito che il D.L. 181/2006[24] ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo, precedentemente attribuite al Ministero delle attività produttive (nuovo Ministero dello sviluppo economico di cui ai co. 1 e 12, art. 1 del citato decreto-legge) dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999. Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo. Successivamente, il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) ha provveduto ad incardinare, presso la Presidenza del Consiglio, il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo.

 

L’articolo 57 reca la disciplina dell’ENIT- Agenzia nazionale del turismo.

L’ENIT, il più importante ente pubblico attivo in materia di turismo, è stato trasformato in “Agenzia nazionale del turismo” ai sensi dell’art. 12, commi 2-7, del D.L. 35/2005 (decreto competitività) allo scopo di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione. L’Agenzia, qualificata come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, al momento della trasformazione era sottoposta alla vigilanza del Ministero delle attività produttive. La sua organizzazione e la relativa disciplina sono state affidate ad un regolamento di delegificazione; si tratta del D.P.R. 6 aprile 2006 n. 207 recante Regolamento recante organizzazione e disciplina dell'Agenzia nazionale del turismo, a norma dell'articolo 12, comma 7, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80. Tra i compiti della nuova Agenzia rientrano, in particolare, lo sviluppo e la cura del turismo culturale, da effettuarsi in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo congressuale.

La norma in esame assegna il compito di vigilare sull’Agenzia alla Presidenza del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato.

 

L'articolo 58 disciplina, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, il Comitato permanente di promozione del turismo in Italia.

Come si legge nella relazione governativa, allegata al testo del decreto presentato per il parere alle camere, la norma in esame recepisce quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 214 del 2001 in merito al ricorso presentato da alcune regioni avverso l’art. 12, comma 1, del D.L. 35/2005 che prevedeva l’istituzione con DPCM di un Comitato nazionale del turismo, dichiarato illegittimo in quanto non contemplava alcun coinvolgimento delle regioni nella fase di definizione della disciplina relativa alla sua istituzione e al suo funzionamento.

L’articolo in esame, che risponde alla logica di coordinamento del settore del turismo, prevede che il decreto di istituzione del Comitato permanente - presieduto dal Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato – sia adottato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Il Comitatopromuove le azioni relative ai seguenti ambiti:

§      identificazione omogenea delle strutture pubbliche che garantiscono i servizi del turismo;

§      accordi di programma con le regioni e sviluppo della strutturazione turistica sul territorio;

§      progetti di formazione nazionale per promuovere lo sviluppo turistico;

§      sostegno ed assistenza alle imprese che concorrono a riqualificare l'offerta turistica nazionale;

§       diffusione dell'immagine dell'Italia, nel settore turistico, all'interno confini nazionali, con particolare riguardo ai sistemi turistici di  eccellenza, garantendo sul territorio pari opportunità di propaganda ed una comunicazione unitaria;

§      organizzazione dei momenti e degli eventi nazionali ad impulso turistico che coinvolgano territori, soggetti pubblici e privati;

§      raccordo e cooperazione tra regioni, province e comuni e le istituzioni di governo.

 

Il Capo II (artt. 59-65) introduce una nuova normativa finalizzata ad implementare e premiare le eccellenze turistiche nei settori enogastronomici ed alberghiero.

 

L’articolo 59 al fine di promuovere l'offerta turistica italiana, istituisce due tipologie di attestazioni di eccellenza turistica:

§      Maestro di cucina italiana, da attribuire, ogni anno, alle imprese della ristorazione italiana di eccellenza;

§      Maestro dell'ospitalità italiana, da attribuire, ogni anno, alle imprese alberghiere italiane di eccellenza.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato saranno disciplinatele modalità organizzative e procedurali e individuato il numero massimo di imprese da premiare ogni anno, comunque non superiore a venti per ciascuna onorificenza. Le denominazioni di tali imprese saranno inserite nel portale Italia.it.

 

L’articolo 60 istituisce l’attestazione della Medaglia al merito del turismo per la valorizzazione dell'immagine dell'Italia, per tributare un giusto riconoscimento alle persone che, per il loro impegno e valore professionale hanno contribuito allo sviluppo del settore turistico ed alla valorizzazione e diffusione dell'immagine dell'Italia nel mondo.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato saranno disciplinatele modalità organizzative e procedurali e individuato il numero massimo di imprese da premiare ogni anno.

 

L’articolo 61 esplicita le caratteristiche dell'attestazione di cui all’articolo 60, stabilendone fra l’altro il contingente annuale (10 medaglie d'oro, 25 medaglie d'argento e 50 medaglie di bronzo).

 

L’articolo 62 disciplina le modalità di attribuzione delle attestazioni, che sono conferite nel giorno della giornata mondiale del turismo (27 settembre). L'accertamento dei titoli per il conferimento dell'attestazione è fatto da una Commissione nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro dallo stesso delegato e composta:

a)  dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato, che la presiede;

b)  dal Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo o da un suo delegato;

c)  dal Coordinatore della Struttura di missione per il rilancio dell'immagine dell'Italia, ove esistente;

d)  dal Presidente dell'Agenzia nazionale per il Turismo-ENIT o da un suo delegato;

e)  da tre membri, scelti dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato fra persone in possesso di adeguata esperienza nel settore turistico.

 

L’articolo 63 istituisce l’attestazione Medaglia al merito del turismo per gli italiani all'estero, per tributare riconoscimento alle persone, operanti all'estero, che hanno dato lustro al Made in Italy.

 

L’articolo 64 definisce le caratteristiche dell'attestazione di cui all’articolo 63, stabilendone fra l’altro il contingente annuale (10 medaglie d'oro, 25 medaglie d'argento e 50 medaglie di bronzo).

 

L’articolo 65, che prevede le modalità di attribuzione delle attestazioni della medaglia al merito del turismo per gli italiani all’estero, ripropone (in modo quasi identico) le disposizioni dell’articolo 62 sulle modalità di attribuzione delle attestazioni. Più in particolare è previsto che le attestazioni  siano conferite anche con  il Ministro degli affari esteri e che la Commissione che conferisce le attestazione sia integrata  da un membro designato dal Ministero per gli affari esteri.

 

Nel Capo III (artt. 66-69), infine, si forniscono ai turisti gli strumenti di risoluzione extragiudiziale delle controversie.

 

L’articolo 66, che rielabora la disciplina della Carta dei diritti del turista contenuta nell’art. 4 della legge-quadro 135/2001, prevede l’adozione da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[25], della Carta dei servizi turistici che sono erogati dalle amministrazioni medesime. Lo scopo è di aumentare la qualità e la competitività di detti servizi.

Le carte, che individuano i servizi da erogare e quali standard di qualità si intendono garantire, sono trasmessa al Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

La determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dei servizi turistici sono fissate con decreto del Presidente del Consiglio o del Ministro delegato, previa intesa con la Conferenza Stato–regioni.

La normativa vigente (citato art. 4) assegna la redazione della Carta dei servizi, almeno in quattro lingue, al Ministero. Questa deve contenere: informazioni sui diritti e sugli obblighi degli utenti in ordine alla fruizione dei servizi turistico-ricettivi e sulle procedure di ricorso, nonché sulle forme di arbitrato in caso di inadempienza contrattuale; informazioni sui diritti e sugli obblighi dei turisti in qualità di utenti delle agenzie di viaggio; informazioni in ordine all’utilizzazione dei mezzi di trasporto e delle agenzie turistiche; informazioni sui contratti di multiproprietà, sui sistemi di classificazione, sulle polizze di assicurazione, sull'assistenza sanitaria, sulle norme valutarie e doganali e sulle norme disciplinanti il settore in generale, informazioni sui metodi che i turisti devono seguire per far valere i propri diritti e per contattare le associazioni per la tutela dei consumatori, nonché sugli usi e le consuetudini diffusi a livello locale.

 

 

L’articolo 67 interviene in materia di composizione delle controversie nel settore del turismo rinviando alla procedura prevista dal decreto legislativo n. 28/2010[26].

Il decreto legislativo n. 28 del 2010, in attuazione di una delega contenuta nella legge di riforma del processo civile (legge n. 69/2009), disciplina la mediazione civile e commerciale. Il procedimento di mediazione mira a favorire la composizione stragiudiziale delle liti che abbiano ad oggetto diritti disponibili delle parti, non preclude l'azione ordinaria ed è affidato ad appositi organismi di conciliazione, iscritti in un registro tenuto dal Ministero della Giustizia (disciplinato dal D.M. 180/2010).

Il tentativo di mediazione riveste carattere obbligatorio, e costituisce quindi condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, soltanto rispetto ad alcune specifiche categorie di controversie. Nella scelta di tali controversie, il Governo si è attenuto ai seguenti criteri: rapporti destinati a prolungarsi nel tempo o in cui sono coinvolti soggetti appartenenti alla stessa famiglia, gruppo sociale o area territoriale, per i quali appaiono preferibili soluzioni extragiudiziali che meglio consentono la prosecuzione del rapporto (condominio, locazione, comodato, affitto di azienda, diritti reali, divisione, successioni, patto di famiglia); rapporti particolarmente conflittuali, rispetto ai quali appare più fertile il terreno della composizione giudiziale (responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa); tipologie contrattuali che, oltre a sottendere rapporti duraturi tra le parti, conoscono una diffusione di massa (contratti assicurativi, bancari e finanziari).

Al di fuori di tali ipotesi, la mediazione è facoltativa e può essere attivata anche su invito che il giudice può formulare in qualsiasi momento del procedimento, tenendo conto della natura della causa, dello stato dell’istruzione e del comportamento delle parti.

Le disposizioni in materia di mediazione obbligatoria sono entrate in vigore il 20 marzo 2011 con l’esclusione di quelle riferite alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, la cui vigenza è stata differita al 20 marzo 2012 (a seguito della proroga disposta dall’articolo 2, comma 16-decies, del decreto-legge 225/2010, convertito dalla legge n. 10 del 2011).

Al fine di facilitare il ricorso alla mediazione, si prevede a carico dell’avvocato - già all'atto del conferimento dell'incarico - uno speciale obbligo di informazione al cliente della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione.

Il decreto legislativo opta per una regolamentazione “leggera” del procedimento di mediazione; tale scelta si traduce nel rinvio al regolamento dell’organismo scelto dalle parti per la disciplina di dettaglio, nell’assenza di formalità per gli atti del procedimento e nella possibilità che esso si svolga secondo modalità telematiche.

 

Il tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale o arbitrale soltanto quando ciò sia previsto da una clausola del contratto di fornitura dei servizi approvata per iscritto dal turista.

Quest’ultimo è comunque libero di optare per altre procedure di conciliazione ovvero per la risoluzione della controversia davanti alle commissioni arbitrali o conciliative istituite presso le Camere di commercio.

 

L’art. 67 del Codice del Turismo del 2011, in relazione alle Commissioni conciliative operanti davanti alle Camere di commercio, reca un erroneo riferimento normativo. Esso fa infatti riferimento ad una inesistente lettera a) del comma 4 dell’articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580. In via interpretativa, per salvaguardare la volontà legislativa, si deve ritenere che il rinvio sia fatto sempre all’art 2 della legge 580/1993, però al comma 2, lett. g), che effettivamente prevede la possibilità di istituire, presso le Camere di commercio, commissioni arbitrali e conciliative.

 

Gli aspetti procedurali di tali conciliazioni sono soggetti alla disciplina degli artt. 140 e 141 del Codice del consumo; in particolare:

§      la procedura è, in ogni caso, definita entro 60 giorni;

§      il processo verbale di conciliazione, sottoscritto dalle parti e dal rappresentante dell'organismo di conciliazione, è depositato per l'omologazione nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale si è svolto il procedimento di conciliazione;

§      il tribunale, in composizione monocratica, accertata la regolarità formale del processo verbale, lo dichiara esecutivo con decreto. Il verbale di conciliazione omologato costituisce titolo esecutivo.

 

L’articolo 68 intervenendo in tema di assistenza al turista - che viene assicurata dal Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo anche attraverso call centers -, prevede la possibilità di gestire i reclami tramite uno sportello del turista istituito presso il Dipartimento medesimo, il quale provvede, altresì ad assicurare, ai fini dell’assistenza, l’omogeneità di informazione anche attraverso l’individuazione di denominazioni standard. La norma fa salva la possibilità di utilizzare le procedure di negoziazione volontaria e paritetica di cui all’art. 2, comma 2, del citato D.Lgs. 28/2010. Infine le province autonome di Trento e Bolzano possono prevedere l’istituzione di sportelli del turista la cui gestione può essere delegata agli enti locali

 

L’articolo 69, da ultimo, in materia di gestione dei reclami, stabilisce che entro 15 giorni dal ricevimento di istanze e reclami presso lo sportello del turista il Dipartimento avvii l’istruttoria, il cui esito viene comunicato ai soggetti interessati entro quarantacinque giorni dalla ricezione del reclamo. Nel corso dell’istruttoria il Dipartimento può richiedere informazioni ai soggetti proponenti il reclamo, alle imprese, agli operatori turistici e ai soggetti vigilati che sono tenuti a rispondere entro trenta giorni durante i quali il procedimento viene sospeso.

La disciplina, mediante regolamento, della procedura di gestione dei reclami compete al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato.

 

3. Normativa sulla multiproprietà (Art. 2 e all. 2-bis/2-sexies)

L’articolo 2 del decreto reca modifiche al Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005) sostituendo e integrando il relativo Titolo IV, Capo I nella parte relativa alla disciplina dei contratti di multiproprietà, in attuazione della direttiva 2008/122/CE[27].

La direttiva disciplina - con finalità di tutela dei consumatori - alcuni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio, abrogando la disciplina previgente, contenuta nella direttiva 94/47/CE[28].

La direttiva 2008/122/CE è inserita nell’Allegato B della legge comunitaria 2010 (legge n. 96 del 2009); il termine per il suo recepimento è scaduto il 23 febbraio 2011.

 

In attuazione della direttiva, il nuovo articolo 69 del Codice del consumo (che attua l’articolo 2 della direttiva) estende l’ambito di applicazione della disciplina della multiproprietà, intervenendo su due profili.

Da un lato viene ampliata la stessa definizione di “contratto di multiproprietà”: la durata minima del contratto viene ridotta da tre anni a un anno; attraverso il contratto di multiproprietà può essere trasferito non solo un diritto reale, ma anche un diritto personale di godimento[29]; oggetto di tale diritto, che nella formulazione vigente è un immobile, diviene “un alloggio” (nozione che è suscettibile di comprendere anche beni mobili quali roulotte, chiatte o navi); non è più richiesto un periodo minimo annuale di godimento dell’alloggio di una settimana, prevedendosi invece il pernottamento per più di un periodo di occupazione.

Dall’altro, l’applicazione della disciplina viene estesa a tipologie contrattuali ulteriori rispetto al contratto di multiproprietà. Si tratta in particolare delle seguenti:

§      contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, ovvero il contratto di durata superiore a un anno ai sensi dei quali un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di ottenere sconti o altri vantaggi relativamente ad un alloggio, separatamente o unitamente al viaggio o ad altri servizi;

§      contratto di rivendita, ovvero il contratto in forza del quale un operatore assiste a titolo oneroso un consumatore nella vendita o nell'acquisto di una multiproprietà o di un prodotto per le vacanze di lungo termine;

§      contratto di scambio, ovvero il contratto in forza del quale un consumatore partecipa a titolo oneroso a un sistema di scambio che gli consente l'accesso all'alloggio per il pernottamento o ad altri servizi in cambio della concessione ad altri dell'accesso temporaneo ai vantaggi che risultano dai diritti derivanti dal suo contratto di multiproprietà.

 

Le ulteriori innovazioni apportate alla disciplina vigente in attuazione dalla direttiva 2008/122/CE riguardano principalmente la disciplina della pubblicità, le informazioni da fornire prima della firma dei contratti, la lingua da usare, il diritto di recesso senza costi e il divieto di pagamenti anticipati.

 

In particolare, l’articolo 70 (cfr. art. 3 della direttiva) prevede in particolare che nel caso in cui il contratto di multiproprietà o le altre tipologie contrattuali affini siano offerte al consumatore nell’ambito di una promozione o un’iniziativa di vendita l’operatore deve indicare chiaramente nell’invito lo scopo commerciale e la natura dell’evento.

 

In materia di informazioni precontrattuali, l’articolo 71 (che riprende l’articolo 4 della direttiva) prevede, in via generale, che esse siano accurate e sufficienti e fornite in maniera chiara e comprensibile; tali informazioni dovranno essere date a titolo gratuito su carta o altro supporto durevole, in lingua italiana e nella lingua dello Stato UE in cui il consumatore risiede o di cui è cittadino; la medesima disposizione rinvia ad appositi allegati per l’individuazione delle specifiche informazioni da fornire per ciascuna tipologia contrattuale[30]. A tali obblighi si aggiunge la previsione contenuta nell’articolo 72, comma 6, circa le informazioni che l’operatore è tenuto a fornire prima della conclusione del contratto in merito al diritto di recesso (su cui infra).

 

L’articolo 72 (che riprende l’articolo 5 della direttiva), oltre a disciplinare la lingua del contratto e a prevedere la forma scritta ad substantiam, ne determina il contenuto minimo. Il contratto dovrà in particolare includere un formulario separato (Allegato V alla direttiva) attraverso il quale potrà essere esercitato il diritto di recesso. Mentre con l’articolo 72-bis rimangono inalterati gli obblighi fideiussori in capo agli operatori già stabiliti dall’art. 76 del Codice del consumo, l’articolo 73 (che riprende l’articolo 6 della direttiva) prolunga a 14 giorni (dai 10 già previsti) il termine utile per il diritto di recesso da parte del consumatore e senza dover indicare particolari motivi.

Il periodo di recesso si calcola:

-        dal giorno della conclusione del contratto o del contratto preliminare;

-        dal giorno in cui il consumatore riceve il contratto o qualsiasi contratto preliminare vincolante, se posteriore alla data della conclusione del contratto o del preliminare vincolante.

Vengono dettate disposizioni specifiche in ordine ai termini per recedere nel caso di mancata compilazione del formulario di recesso (1 anno e 14 giorni) e di mancata consegna al consumatore per iscritto delle informazioni precontrattuali (3 mesi e 14 giorni).

 

In base all’articolo 74 (che riprende gli articoli 7 e 8 della direttiva) il consumatore che intenda esercitare il diritto di recesso deve dare comunicazione scritta della propria decisione. In tal caso, diversamente rispetto alla previgente disciplina del Codice del consumo, il consumatore non sostiene alcuna spesa né è debitore del valore corrispondente all’eventuale servizio reso prima del recesso. L’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore pone fine all’obbligo delle parti di eseguire il contratto e comporta, in base all’articolo 77 (che riprende l’articolo 11 della direttiva), la risoluzione di tutti i contratti accessori, oltre che, come nel testo vigente, dell’eventuale contratto di credito stipulato tra il consumatore e l’operatore o un terzo (in quest’ultimo caso sulla base di un accordo tra terzo e operatore).

 

L’articolo 75 (che riprende l’art. 9 della direttiva) estende a qualsiasi forma di pagamento (versamento di denaro a titolo di acconto, prestazione di garanzie, depositi bancari, riconoscimento di debito od ogni altro onere a favore dell’operatore o del terzo) il divieto di acconti attualmente previsto dall’articolo 74 del Codice del consumo; tale divieto – che recepisce il diffuso orientamento “funzionale” della giurisprudenza di merito - opera nel periodo durante il quale il consumatore può esercitare il diritto di recesso o, nel caso di contratti di rivendita, nel periodo anteriore al momento in cui la vendita abbia effettivamente luogo o sia posta fine in altro modo al contratto di rivendita.

 

L’articolo 76 (che riprende l’articolo 10 della direttiva) prevede, per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine, che il pagamento avvenga secondo il piano di pagamento scaglionato. In particolare, i pagamenti, comprese le quote di affiliazione, sono ripartiti in rate annuali, ciascuna di pari valore e, a partire dal secondo pagamento rateale, il consumatore può recedere dal contratto senza incorrere in penali dando preavviso all’operatore entro quattordici giorni dalla ricezione della richiesta di pagamento per ciascuna rata.

 

L’articolo 77 rafforza la tutela dell’acquirente rispetto alla previgente disciplina del Codice del consumo con la previsione che dal recesso dal contratto di multiproprietà (o relativo a un prodotto per le vacanze a lungo termine) –deriva non solo la risoluzione del contratto di finanziamento principale ma anche quella relativa agli eventuali contratti accessori ad esso.

 

L’articolo 78 (che riprende in particolare l’articolo 12 della direttiva) interviene in materia di legge applicabile al contratto, chiarendo in particolare la natura inderogabile delle condizioni di tutela previste dal Capo I sia nel caso in cui si applichi la legge di uno Stato membro, sia nel caso in cui si applichi la legge di uno Stato extracomunitario se il bene immobile interessato sia situato sul territorio di un Paese membro o, se il contratto non riguarda beni immobili, nei casi in cui l'operatore svolga l'attività commerciale o professionale in uno Stato membro o diriga la sua attività verso il territorio comunitario.

 

Al fine di garantire il rispetto della nuova disciplina da parte degli operatori, l’articolo 79, in attuazione dell’articolo 13 della direttiva, attribuisce ai consumatori la facoltà di attivare gli strumenti specifici previsti dagli articoli 27, 139, 140 e 140-bis del Codice del consumo.

 

L’articolo 27 disciplina i poteri inibitori e sanzionatori dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato rispetto a pratiche commerciali scorrette; gli articoli 139 e 140 riguardano la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti, ai fini dell’adozione di provvedimenti inibitori; l’articolo 140-bis disciplina la class action, che può essere esercitata a tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, al fine di ottenere la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

 

In ogni caso, è fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario.

 

L’articolo 80, in attuazione dell’articolo 14 della direttiva, oltre alla previsione dell’adozione da parte degli operatori di appositi codici di condotta, conferma la possibilità di ricorrere alle procedure di mediazione di cui al decreto legislativo n. 28 del 2010 (v.ante, art. 67), richiamando anche la possibilità di utilizzare le procedure di negoziazione volontaria e paritetica, che in base all’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo non sono precluse dalla disciplina della mediazione.

 

Per quanto riguarda la disciplina sanzionatoria[31], recata dall’art. 81, si segnalano:

§      l’aumento dell’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili e della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell’esercizio dell’attività;

§      la previsione di ulteriori condotte sanzionabili; tra queste in particolare le violazioni in materia di obbligo di fideiussione (art. 72-bis), delle disposizioni specifiche concernenti i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine (art. 76) e della disciplina della risoluzione dei contratti accessori (art. 77).

 

L’articolo 81-bis del Codice del consumo, come modificato, appare come norma di chiusura che – per la disciplina dei contratti in oggetto - prevede l’eventuale integrazione normativa delle disposizioni del codice civile sui contratti, fermo restando il diritto del consumatore a norme più favorevoli ove presenti nell’ordinamento giuridico.

 


 



[1]    Il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, (GU 16 marzo 2005, n. 62) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[2]    DPCM 8 settembre 2005 "Istituzione del Comitato nazionale per il turismo" (GU n. 227 del 29 settembre 2005).

[3]    Presso l’Agenzia è inoltre istituito il Comitato tecnico consultivo con funzioni consultive sull’attività della stessa Agenzia composto da 40 membri tra cui 12 rappresentanti delle Regioni, 13 rappresentanti dei Ministeri, 2 membri designati dalla conferenza unificata, 13 rappresentanti delle principali associazioni imprenditoriali, sindacali e di turismo sociale, 1 rappresentante delle Camere di Commercio, 1 rappresentante delle associazioni di categoria del turismo congressuale.

[4]    Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[5]    Ai sensi dell’articolo 7 della L. 135/2001, “sono imprese turistiche quelle che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica”.

[6]    La prima organica disciplina sull'apertura di agenzie di viaggio e turismo è stata prevista dal R.D.L. 23/11/36 n. 2523.

[7]    Per la precisione, il comma 12 dell’art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, previde che in 24 mesi fosse fatta una ricognizione delle antinomie presenti nella legislazione statale e che il Governo ne riferisse al Parlamento, mentre il comma 14 dell’art. 14 previde che, nei successivi 24 mesi (quindi entro fine 2009), fossero adottati decreti legislativi per individuare le norme legislative da mantenere in vigore.

[8]    Il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, emanato in attuazione di tale delega, è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" del 14 dicembre 2009; esso fa salvi circa 2.400 atti normativi di rango primario anteriori al 1°gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore. Il decreto legislativo è stato preceduto da altri due interventi legislativi che, agendo in maniera speculare rispetto al meccanismo taglia-leggi ed utilizzando anche il lavoro di ricognizione effettuato a quel fine, abrogano espressamente circa 32.000 atti normativi, anche successivi al 1970. Si tratta dell’art. 24 del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, e del successivo decreto-legge 200/2008, convertito dalla legge 9/2009.

[9]    La Convenzione, fatta a New York il 13 dicembre 2006, è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18, che istituisce anche l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. In particolare, l’articolo 30, relativo alla partecipazione alla vita culturale, ricreativa e sportiva, impegna gli Stati parti a riconoscere il diritto delle persone con disabilità di partecipare su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e ad adottare tutte le misure appropriate per garantire che le persone con disabilità abbiano accesso ai luoghi culturali, sportivi, ricreativi e turistici.

[10]   Riforma della legislazione nazionale del turismo, c.d. Legge quadro del turismo.

[11]   Secondo la relazione illustrativa, si supera in tal modo un’imprecisione della vigente normativa, in quanto il diritto privato comune attribuisce all'iscrizione nel registro delle imprese efficacia dichiarativa e non costitutiva (art. 2196, comma 1, c.c., secondo cui l'imprenditore che esercita un'attività commerciale è tenuto a chiedere l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese entro 30 giorni dall'inizio dell'impresa), per cui l'iscrizione nel registro delle imprese è da reputarsi condizione non già per l'esercizio di attività commerciale del turismo, bensì per accedere ai finanziamenti ed alle provvidenze previste dalla legislazione speciale.

[12]   Secondo tale definizione, le professioni turistiche sono quelle che organizzano e forniscono servizi di promozione dell'attività turistica, nonché servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti.

[13]   Determinazione delle modalità di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi dei servizi delle strutture ricettive, nonché delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione.

[14]   D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività, economica, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122.

[15]   In caso di avvio di un’attività commerciale la Scia va presentata, di norma, allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP).

[16]   Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo – recante “Modalità di erogazione dei «Buoni vacanza»”, pubblicato nella G. U. 6 febbraio 2009, n. 30.

[17]   Decreto recante “Ridefinizione delle modalità di impiego delle risorse di cui all'articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135, come previsto dell'articolo 2, comma 193, lettera b) della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'erogazione di buoni vacanze da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli e favorire la destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale”, Pubblicato nella G. U. 2 agosto 2010, n. 178.

[18]   Riordino del settore termale.

[19]   Decreto legislativo recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57”. In particolare l’articolo 3 riguarda le attività agrituristiche.

[20]   Disciplina dell'agriturismo.

[21]   Si rinvia, per approfondimenti, al tema dell’attività parlamentare “Codice dell’agricoltura”, reperibile al link

      www.camera.it/465?area=4&tema=226&Il+codice+dell'attivit%C3%A0+agricola.

[22]    Tale disposizione esclude la risoluzione del contratto nel caso di inadempimenti di scarsa importanza.

[23]    Tale riferimento al professionista non appare coordinato con la figura dell’intermediario definito dall’art. 33, comma 1, lett. b) come un soggetto che opera non professionalmente e senza fini di lucro.

[24]   Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[25]   Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[26]   Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, recante Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009,n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

[27]    Dir. 14 gennaio 2009, n. 2008/122/CE. Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio.

[28]   Direttiva 26 ottobre 1994, n. 94/47/CEE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili.

      La direttiva è stata attuata nel nostro ordinamento attraverso la legge 24 aprile 1998, n. 128 e il decreto legislativo 9 novembre 1998, n. 427. Tale decreto è stato poi abrogato dal c.d. Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), i cui articoli da 69 a 81 disciplinano la multiproprietà in attuazione della disciplina comunitaria.

[29] Con riferimento a tale profilo, la relazione illustrativa spiega che, a fronte della facoltà attribuita agli Stati membri di qualificare il diritto di godimento come diritto reale o personale, il legislatore ha ritenuto di estendere la disciplina contenuta nel Capo I anche al caso in cui il contratto abbia ad oggetto un diritto personale di godimento ternario, come nella cd. multiproprietà azionaria.

[30]   L’Allegato III è relativo ai contratti di multiproprietà e prescrive che oltre a una descrizione del prodotto debbano essere fornite al consumatore informazioni sul prezzo e l'eventuale piano di pagamento scaglionato, debbano essere indicati i servizi inclusi come elettricità, acqua e manutenzione, nonché le strutture a disposizione. Inoltre, l'operatore dovrà chiarire se ha aderito a un codice di condotta applicabile agli operatori del settore che deve essere adottato dagli organismi di categoria e se è stato attivato un sistema di scambio (il formulario per i contratti di scambio è contenuto nell’Allegato VI), specificandone i costi. Gli Allegati IV e V contengono i formulari, rispettivamente, per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine e per i contratti di rivendita.

[31]    In proposito, la direttiva (articolo 15) demanda agli Stati il compito di individuare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per l’ipotesi in cui l’operatore non rispetti le disposizioni contenute nella direttiva stessa.