Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Servizi nel mercato interno - Direttiva 2006/123/CE - Schema di D.Lgs. n. 171 - (art. 1, co. 3, e art. 41, L. 88/2009) - Elementi per l'istruttoria normativa
Riferimenti:
SCH.DEC 171/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 157
Data: 20/01/2010
Descrittori:
CONCORRENZA   PRIVATIZZAZIONI
SERVIZI E TERZIARIO     
Organi della Camera: II-Giustizia
X-Attività produttive, commercio e turismo
XIV - Politiche dell'Unione europea
Altri riferimenti:
L N. 88 DEL 07-LUG-09   L N. 88 DEL 07-LUG-09

 

20 gennaio 2010

 

n. 157/0

 

 

Servizi nel mercato interno
Direttiva 2006/123/CE

Schema di D.Lgs. n. 171
(art. 1, co. 3, e art. 41, L. 88/2009)

Elementi per l’istruttoria normativa

 

Numero dello schema di decreto legislativo

171

Titolo

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno

Norma di delega

Legge 7 luglio 2009, n. 88, articoli 1, co. 1, e 41

Numero di articoli

85

Date:

 

presentazione

21 dicembre 2009

assegnazione

22 dicembre 2009

termine per l’espressione del parere

31 gennaio 2010

termine per l’esercizio della delega

28 marzo 2010

Commissioni competenti

II (Giustizia), X (Attività produttive); XIV (Politiche dell’UE) ai sensi dell'art. 126, co. 2, del regolamento

Rilievi di altre Commissioni

V (Bilancio)

 

 


Contenuto

Il decreto legislativo in esame dà attuazione alla direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, il cui termine di recepimento è fissato al 28 dicembre 2009. La direttiva “servizi” è una delle misure più rilevanti per la crescita economica e occupazionale e lo sviluppo della competitività dell’Unione europea, in quanto consente di superare gli ostacoli di natura giuridica che si frappongono in concreto alla libertà di stabilimento dei prestatori e alla libera circolazione dei servizi negli Stati membri. Poiché i servizi rappresentano un settore chiave per la competitività a livello mondiale e la crescita occupazionale dell’UE, la direttiva contribuisce in maniera determinante al processo di liberalizzazione e semplificazione del mercato dei servizi, in linea con le previsioni della Strategia di Lisbona.

 

Il Titolo I della Parte Prima (artt. 1-9) reca disposizioni di carattere generale che definiscono l’ambito di applicazione del provvedimento, nel quale rientrano le attività economiche di carattere imprenditoriale o professionale svolte senza vincolo di subordinazione e dirette allo scambio di beni o fornitura di prestazioni anche di carattere intellettuale e dal quale risultano escluse (artt. 2-7):

§       le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri;

§       la disciplina fiscale delle attività di servizi;

§       i servizi di interesse economico generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva;

§       i servizi sociali, relativi ad alloggi popolari, assistenza all’infanzia, sostegno alle famiglie e alle persone in stato di bisogno;i servizi finanziari e di trasporto. Ai servizi di comunicazione si applicano solo le disposizioni del titolo IV e V.

Ulteriori servizi esclusi sono quelli di: somministrazione ai lavoratori forniti da agenzie di lavoro; sanitari e farmaceutici forniti a scopo terapeutico; audiovisivi; privati di sicurezza e forniti da notai. Sono infine esclusi il gioco d’azzardo, le scommesse e le attività delle case da gioco.

E’ prevista l’adozione di un decreto del Ministro delle politiche europee volto alla ricognizione delle attività di sevizi comunque escluse dall’ambito di applicazione della direttiva.

Il Titolo II (artt. 10-19) disciplina l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi in regime di stabilimento; il Titolo III (artt. 20-24) riguarda invece le prestazioni effettuate in via transfrontaliera non in regime di stabilimento, ma in modo occasionale e temporaneo

La direttiva, al considerando n. 77, precisa che, per quanto concerne la distinzione tra la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia l'elemento chiave è lo stabilimento o meno dell'operatore nello Stato membro in cui presta il servizio in questione e che occorre valutare il carattere temporaneo delle attività considerate non solo in funzione della durata della prestazione, ma anche in funzione della sua regolarità, periodicità o continuità.

La nuova normativa è fondata sul principio contenuto nell’art. 9 della direttiva 2006/123/CE, secondo cui l’esercizio dell’attività di servizi è espressione della libertà economica del prestatore e non può essere soggetto a limitazioni ingiustificate o discriminatorie (art. 10 dello schema di decreto).

L’art. 9 della direttiva prevede infatti che gli Stati membri possono subordinare l'accesso ad un'attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti: a) il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore; b) la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale; c) l'obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia.

Sostanzialmente il titolo II consente di norma l’esercizio in Italia di uno dei servizi ricompresi nella direttiva a seguito della presentazione di una dichiarazione di inizio attività (cd. D.I.A.). La nuova disciplina ribalta l’attuale regime autorizzatorio, superando anche il principio di cui all’art. 19, comma 2, della legge 241 del 2000, secondo il quale, decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente, l'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata. Tale disposizione infatti, come novellata dall’art. 84, comma 1, dello schema di decreto, contiene la previsione secondo la quale l’esercizio di attività di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE può iniziare già dalla data di presentazione della D.I.A.

La relazione illustrativa precisa che tale regime generale, definito della D.I.A. ad efficacia immediata, non costituisce regime autorizzatorio.

Esso non è comunque estensibile a tutti i settori dei servizi interessati alla direttiva: per diversi di essi, infatti, motivi imperativi di interesse generale, definiti dall’art. 8, comma 1, lett. h), possono imporre di subordinare l’accesso all’esercizio dell’attività di servizi a specifici requisiti o a particolari regimi autorizzatori.

Nella prima ipotesi, in ogni caso, i requisiti indicati dall’articolo 11 (che riprendono quelli indicati dall’articolo 14 della direttiva, individuati sulla base della consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia) sono considerati incompatibili con la libertà di stabilimento e non possono quindi essere introdotti (tra di essi, il requisito della cittadinanza e residenza in Italia; l’obbligo che lo stabilimento principale sia in Italia; di dimostrare un bisogno economico o un’adeguata richiesta del mercato; di presentare idonea garanzia finanziaria; di aver già esercitato l’attività in Italia).

In base all’articolo 12 possono invece essere richiesti specifici requisiti consistenti in restrizioni numeriche o territoriali, alla presenza di un determinato statuto, ad obblighi inerenti al capitale, al rispetto di tariffe obbligatorie inderogabili, ecc., in ogni caso da notificare previamente alla Commissione Europea (art. 13).

Sempre in presenza di motivi imperativi di interesse generale, fatte salve le disposizioni relative ad ordini, collegi e albi professionali, sarà possibile istituire o mantenere regimi autorizzatori solo ove siano rispettati i principi di non discriminazione e di proporzionalità (rispetto all’interesse generale) ed ove le condizioni alle quali è subordinato l’accesso siano, inoltre, chiare ed inequivocabili, oggettive, rese pubbliche preventivamente, trasparenti ed accessibili (artt. 14 e 15).

La relazione illustrativa spiega che le disposizioni generali relative ai regimi autorizzatori derivano anche dai risultati di un monitoraggio di tali regimi e dei relativi requisiti di accesso effettuato in collaborazione con tutte le amministrazioni, a seguito del quale sono state introdotte anche le disposizioni della seconda parte del decreto sui singoli regimi autorizzatori.

Sono da considerarsi regimi autorizzatori sia quelli che prevedono la D.I.A. ad efficacia differita (ovvero la formazione del silenzio assenso trascorso un dato periodo di tempo: art. 20, legge n. 241 del 1990) sia quelli che si concludono con un provvedimento espresso che autorizza l’attività. La previsione di un provvedimento espresso richiede la sussistenza di un interesse generale; l’art. 17 fissa inoltre la decorrenza del termine di conclusione del procedimento nel momento in cui il prestatore ha presentato tutta la documentazione necessaria prevede che la ricevuta della domanda contenga specifiche informazioni sul termine conclusivo dell’iter e sui possibili mezzi di ricorso esperibili; domanda e risposta possono essere, rispettivamente, inviate e ricevute anche per posta elettronica.

La limitazione delle autorizzazioni (numero chiuso) può essere correlata unicamente: 1) a motivi inerenti la scarsità delle risorse naturali 2) alle capacità tecniche disponibili. In tal caso sono previste procedure di selezione tra i candidati improntate alla predeterminazione dei criteri e all’imparzialità(art. 16).

Salvo deroghe in talune limitate ipotesi e per motivi imperativi di interesse generale, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività (art. 19) ha normalmente efficacia su tutto il territorio nazionale, consentendo anche l’apertura di filiali, rappresentanze o uffici locali e ha durata illimitata.

A fini di imparzialità e di tutela della concorrenza, si prevede che operatori concorrenti (nel settore dei servizi interessato) non possano prendere parte, direttamente o indirettamente, al procedimento cui consegue l’autorizzazione da parte dell’autorità competente. Sono fatti salvi i poteri di ordini, collegi e organismi professionali e di ordini professionali che agiscono in qualità di autorità competente.

Le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione – di cui si può prevedere la revoca se l’attività non è avviata entro un certo termine – sono periodicamente verificabili dall’amministrazione interessata (art. 19).

Con riferimento alle prestazioni di servizi in Italia in via temporanea e occasionale (non quindi da parte di prestatori ivi stabiliti), il Titolo III esonera i relativi prestatori dai requisiti derivanti dalla legislazione italiana di settore (art. 20). Deroghe a tale regola generale - ovvero la richiesta al prestatore transfrontaliero del possesso di specifici requisiti - sono possibili solo in presenza di motivi imperativi di interesse generale che riguardino ordine pubblico, sicurezza, sanità pubblica o tutela dell’ambiente (art. 20). Rimangono in ogni caso salve le disposizioni relative alla prestazione di servizi per le professioni regolamentate disciplinate dal d.lgs. n. 206 del 2007 (di recepimento della direttiva 2005/36/CE).

Anche in relazione alle prestazioni temporanee e occasionali di servizi sono dettati “requisiti vietati” ovvero requisiti al cui possesso non può essere subordinato il diritto del libero prestatore transfrontaliero (art. 21); come nel caso dell’art. 11, il divieto deriva essenzialmente dal carattere discriminatorio dell’eventuale richiesta, possibile solo ove giustificata da gravi motivi imperativi negli specifici settori di interesse generale sopraindicati.

La disciplina sopra richiamata non si applica ad alcune materie, elencate dall’articolo 22, nelle quali quindi sono possibili deroghe al regime della libertà della prestazione di servizi; tra queste: i servizi di interesse economico generale (nel settore postale, dell’energia, dell’acqua e dei rifiuti), il distacco dei lavoratori nell'ambito della prestazione di servizi, la disciplina della privacy, la libera prestazione di avvocati comunitari, la normativa sull’immigrazione, la prestazione di servizi per le professioni regolamentate (cui si applica la specifica disciplina contenuta nel sopra richiamato D.Lgs. n. 206 del 2007), gli atti per i quali la legge richiede l’intervento di un notaio, il diritto d’autore, ecc.

Regole di cooperazione amministrativa tra Stati membri in caso di prestazioni transfrontaliere (verifiche, ispezioni, scambi di informazioni) sono dettate dagli artt. 38 e 40 del decreto.

Mentre l’art. 23 – riproducendo il regime del D.Lgs 72 del 2000, di attuazione della dir. 96/71/CE – stabilisce condizioni di lavoro dei prestatori comunitari distaccati analoghe a quelle stabilite dalla disciplina nazionale (leggi, regolamenti, contratti di lavoro) per i lavoratori italiani che svolgano le analoghe prestazioni subordinate di servizi, l’art. 24 chiarisce, infine, che i prestatori di servizi stabiliti in Italia, ove svolgano lavoro temporaneo o occasionale, godono degli stessi diritti dei prestatori comunitari in regime di libera prestazione. la relazione illustrativa spiega che tale disposizione è diretta ad evitare le cd. discriminazioni al contrario di soggetti nazionali, principalmente nel caso di spostamento sul territorio, ai fini di una prestazione temporanea od occasionale, del prestatore che disponga di un’autorizzazione territorialmente limitata.

Il Titolo IV (artt. 25-27), recante disposizioni in materia di semplificazione amministrativa, all’art. 25 consente ai prestatori l’espletamento in via telematica di tutte le procedure necessarie per lo svolgimento delle attività di servizi attraverso lo sportello unico per le attività produttive, di cui all’art. 38 del DL 112/2008, convertito dalla legge 133/2008.

L’art. 38, al fine di semplificare le procedure per l’avvio e lo svolgimento delle attività imprenditoriali, affida al Governo il compito di procedere - tramite apposito regolamento e sulla base di specifici principi e criteri - alla semplificazione e al riordino della disciplina degli sportelli unici per le attività produttive, già previsti presso i Comuni dal D.Lgs. 112/1998. Secondo la legge 69/2009, le disposizioni dell’art. 38 costituiscono adempimento della direttiva “servizi”. Per i Comuni che non istituiscono lo sportello unico, le funzioni inerenti verranno esercitate dalle camere di commercio, mediante il portale "impresa.gov", che assume la denominazione di “impresainungiorno”, gestito congiuntamente con l’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

Come si sottolinea nella relazione illustrativa, la procedura prevista dall’art. 38 viene estesa alle prestazioni di servizi che non rientrano nella c.d. “impresa in un giorno” e non riguardano la realizzazione di impianti, in quanto il campo di applicazione della direttiva “servizi” è più ampio di quello coperto dalla precedente normativa in materia di sportello unico.

Le domande di accesso all’attività di servizi, oltre che attraverso lo sportello unico, possono essere presentate contestualmente alla comunicazione unica attraverso il registro delle imprese che provvede a trasmetterle immediatamente allo sportello unico.

Per quanto riguarda le comunicazioni iniziali per l'avvio dell'attività d'impresa, l’art. 9 del DL 7/2007, convertito dalla L. 40/2007, prevede che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, ai fini previdenziali, assistenziali, assicurativi e fiscali, nonché per l’ottenimento del codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica presentata per via telematica o su supporto informatico all’Ufficio del Registro delle imprese delle camere di commercio, il quale rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale.

L’esercizio delle funzioni dello sportello unico possono essere delegate alle camere di commercio in caso di mancata istituzione del medesimo da parte del comune o di non rispondenza dello sportello ai requisiti di cui all’art. 38 cit. Per le attività che non richiedono iscrizione al registro delle imprese il punto di contatto nazionale con le amministrazioni statali, regionali o locali e con i soggetti responsabili dei controlli e della disciplina delle attività dei servizi è costituito dal portale “impresa in un giorno”.

Le autorità competenti devono garantire l’espletamento presso lo sportello unico, da parte del prestatore, di tutte le ulteriori formalità richieste ai fini del rilascio dell’autorizzazione.

L’art. 26 garantisce ai prestatori e ai destinatari l’accesso, attraverso lo sportello unico, ad una serie di informazioni che comprendono: i requisiti imposti ai prestatori stabiliti in Italia; i dati necessari per entrare in contatto diretto con le autorità competenti; i mezzi e le condizioni di accesso alle banche dati e ai registri pubblici relativi ai prestatori; i mezzi di ricorso in caso di controversie; i dati relativi ad associazioni o organizzazioni preso cui ottenere assistenza.

In materia di certificazioni attestanti il possesso di determinati requisiti viene riconosciuta come idonea la documentazione rilasciata da un altro Stato membro dell’UE che abbia finalità equivalenti o dalla quale comunque si evinca che il requisito è rispettato (art. 27).

Il Titolo V (artt. 28-30) reca disposizioni a tutela dei destinatari dei servizi, prevedendo che la fruizione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in altro Stato membro non può essere subordinata all’obbligo per il destinatario di ottenere un’autorizzazione o a limiti discriminatori alla concessione di aiuti finanziari al destinatario.

Inoltre, al destinatario non possono essere imposti requisiti discriminatori in base alla sua nazionalità o alla sua residenza.

Le disposizioni del Titolo VI – in attuazione degli artt. 22-27 della direttiva – recano disposizioni in materia di informazioni che il prestatore deve fornire al destinatario del servizio (consumatore o impresa), di risoluzione delle eventuali controversie, di obblighi assicurativi e di pubblicità.

L’art. 31 stabilisce in capo al prestatore precisi obblighi informativi al destinatario da assolvere entro la stipula del contratto e comunque prima della fornitura del servizio. Tali informazioni, da rendere in modo chiaro e senza ambiguità, riguardano il prestatore e la sua attività; si tratta in particolare dei dati identificativi (nome, status, forma giuridica, indirizzo), dei dati IVA, delle informazioni relative all’iscrizione all’albo e all’Ordine competente, alla qualifica professionale e allo Stato membro nel quale è stata acquisita, alle clausole contrattuali eventualmente praticate, al prezzo del servizio se precostituito, all’assicurazione, se esistente, alla presenza di eventuali codici di condotta da rispettare, ecc. Tali informazioni, res dal prestatore di propria iniziativa, devono essere rese essere accessibili al destinatario anche in forma elettronica (ad esempio sul sito Internet del prestatore) e riportate su ogni documento informativo di illustrazione del servizio reso. Informazioni supplementari possono, poi, essere richieste al prestatore dal destinatario in relazione al costo del servizio (se non ci sono prezzi predefiniti, va comunicato il metodo di calcolo del prezzo o un dettagliato preventivo); alle eventuali discipline professionali vigenti (leggi, regolamenti, codici deontologici, l’esistenza di organismi di conciliazione presso gli Ordini). L’art. 32 specifica che – per rendere possibile reclami sul servizio reso - tra i dati identificativi vadano indicati indirizzo postale, numeri di telefono, fax ed indirizzo e-mail. Nell’ipotesi in cui sia obbligatorio prestare una garanzia finanziaria per ottemperare ad una decisione giudiziaria sono considerate equivalenti le garanzie finanziarie costituite dal prestatore presso una banca o istituto assicurativo costituite presso altro Stato membro dell’Unione. È prevista, inoltre, l’obbligatorietà per il prestatore (membro di ordini professionali, associazioni professionali o assoggettato a codici di condotta) di informare il destinatario dell’eventuale possibilità di ricorrere ad organismi di conciliazione stragiudiziale.

Nel caso in cui sia prevista un’assicurazione di responsabilità professionale, l’art. 33 considera equivalente la garanzia stipulata in altro Stato membro che quindi non può essere imposta ex-novo al prestatore di servizi stabilito.

L’art. 34, nel confermare la libertà di ricorrere alla pubblicità in materia di professioni regolamentate, permette esclusivamente limitazioni giustificate da motivi imperativi di interesse generale nel rispetto dei principi di non-discriminazione e di proporzionalità. Le comunicazioni commerciali del professionista devono essere conformi alle regole di deontologia professionale; in particolare, i relativi codici devono rispettare le norme comunitarie relative all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi.

Per quanto riguarda l’organizzazione dell’attività professionale – ferma la libertà di scegliere le forme più opportune - si possono svolgere attività multidisciplinari (art. 35); tuttavia – in relazione alle sole professioni regolamentate ed alle prestazioni di servizi di certificazione, di omologazione, controllo, prova e collaudo tecnico - è consentito apporre limitazioni per evitare i conflitti d’interesse e garantire indipendenza e imparzialità, nonché regole deontologiche specifiche per rendere le attività compatibili tra loro e per garantire il segreto professionale.

Il Titolo VII (artt. 36-43) disciplina la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri (la leale collaborazione amministrativa tra gli Stati membri costituisce uno dei principi cardine del Trattato dell’Unione europea).

Le competenti autorità amministrative degli Stati membri sono pertanto tenute al rispetto di specifici e definiti comportamenti nello scambio informativo con le autorità di altri Stati membri, pena l’attivazione di procedure di infrazione da parte della Commissione europea. Considerata la prescrizione che lo scambio di informazioni e richieste deve avvenire obbligatoriamente per via elettronica, per accelerare e facilitare la cooperazione tra Stati membri, la Commissione europea ha elaborato, in collaborazione con gli Stati membri, un sistema informativo chiamato Internal Market Information (IMI). Tale sistema ha previsto la designazione di un Coordinatore Nazionale con il compito di costituire il “punto di contatto nazionale” per la gestione tecnica del sistema e per coordinare il flusso informativo al fine di evitare “blocchi” o per facilitare la ricerca delle autorità competenti a rispondere alle richieste delle autorità competenti degli altri Stati membri. Tale punto di contatto è stato individuato nel Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’obbligo di prestarsi reciproca assistenza è imposto sia in caso di stabilimento sia in caso di libera circolazione dei servizi. La cooperazione amministrativa, necessaria per garantire il controllo dei prestatori e dei loro servizi, contribuirà al rispetto dei requisiti applicabili e a non ingenerare, per esempio, duplicazioni dei controlli o ulteriori e non giustificabili barriere.

Le richieste che possono essere inoltrate al fine di assicurare il controllo effettivo di un prestatore e la tutela dei destinatari dei servizi devono essere precise e motivate e indicare chiaramente i tipi di informazione richiesta e le ragioni per le quali l’informazione è necessaria per svolgere correttamente il controllo.

Le risposte alle domande devono essere fornite al più presto e per via elettronica. L’autorità competente che riceve la richiesta di informazioni dovrebbe essere capace di trasmettere rapidamente l’informazione all’autorità richiedente dell’altro Stato membro. Le informazioni fornite ad altri Stati membri non devono essere utilizzate per scopi diversi da quelli motivati nella richiesta.

In casi eccezionali lo scambio di informazioni può essere difficoltoso, per esempio perché il prestatore non coopera con le autorità competenti. In tal caso le autorità richiedenti e quelle riceventi devono cercare una soluzione e nelle situazioni più critiche dovranno consultare i punti di contatto nazionali per facilitare la soluzione del problema. Nel caso estremo di incapacità di un’autorità ad adempiere all’obbligo di mutua assistenza, la Commissione europea deve essere informata affinché vengano prese misure adeguate, ultima delle quali la procedura d’infrazione.

Le autorità competenti provvedono affinché i registri nei quali i prestatori sono iscritti e che possono essere consultati dalle autorità competenti sul territorio nazionale siano altresì consultabili, alle stesse condizioni, dalle competenti autorità omologhe degli altri Stati membri.

Per quanto riguarda gli obblighi di cooperazione in caso di stabilimento sul territorio, è compito dell’autorità competente nazionale assicurare la conformità alla propria legislazione. A tal fine, la stessa autorità competente può chiedere ai suoi omologhi in altri Stati membri di verificare la conformità con alcune proprie esigenze (per esempio nel caso di un prestatore di servizi che esibisce documenti emessi da autorità competenti di altri Stati membri e che l’autenticità di tali documenti sia dubbia). L’autorità competente può anche chiedere ragguagli al fine di evitare duplicazioni di requisiti e di controlli.

Per quanto invece riguarda gli obblighi di cooperazione in caso di prestazione di servizi transfrontalieri, si consideri che, ai sensi degli artt. 21 e 22 del decreto, gli Stati membri nei quali vengono erogati i servizi non possono imporre i propri requisiti a prestatori di servizi degli altri Stati membri, a meno che non siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di salute pubblica o di protezione dell’ambiente. Tale distinzione caratterizza gli artt. 38 e 40, che stabiliscono regole di collaborazione amministrativa in caso di prestazioni transfrontaliere, differenziando i compiti delle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento e dello Stato membro ove il servizio viene prestato sulla base della stessa distinzione.

In particolare, nei casi in cui lo Stato membro ove il servizio viene prestato può imporre i propri requisiti, l’art. 40, comma 1, dispone che tocca al medesimo Stato membro di controllare l’attività del prestatore transfrontaliero che fornisce il servizio sul territorio ed effettuare le verifiche necessarie ad assicurare il rispetto di tali regole. Peraltro l’autorità competente può chiedere l’aiuto dello Stato membro in cui il prestatore è stabilito.

Invece, nei casi in cui lo Stato membro di stabilimento vigila sul rispetto dei propri requisiti, le autorità nazionali competenti dovranno aiutare lo stesso Stato membro ai fini del controllo del prestatore.

Viene inoltre previsto, dall’art. 41, un meccanismo d’allerta qualora un’autorità competente venga a conoscenza di fatti gravi e precisi riguardanti un’attività di servizi che potrebbero provocare un pregiudizio grave alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente.

La Parte seconda del provvedimento in esame riguarda le disposizioni relative ai procedimenti autorizzatori di competenza delle singole amministrazioni.

In tale ambito, il Titolo I (artt. 44-62) riguarda i procedimenti autorizzatori di competenza del Ministero della giustiziaconcernenti le professioni regolamentate (coerentemente con l’art. 2, par. 2, della direttiva, sono esclusi i servizi forniti dai notai).

L’art. 44 stabilisce, anzitutto, che l’attività professionale regolamentata esercitata in via temporanea e occasionale (in libera prestazione) è soggetta alle previsioni dell’art. 20 (su cui sopra), ferma restando la disciplina contenuta nel Titolo II del D.Lgs 207/2006, di recepimento della direttiva qualifiche 2005/36/CE (che sancisce il principio del libero esercizio della professione, in modo occasionale e temporaneo, da parte del prestatore transfrontaliero, prevedendo nel contempo specifici adempimenti) e nella legge n. 31 del 1982 (in materia di libera prestazione di servizi da parte di avvocati cittadini di Stati membri), nonché le altre disposizioni di attuazione di norme comunitarie che disciplinano specifiche professioni.

Tale disposizione riprende la clausola di specialità contenuta nell’art. 3 della direttiva servizi (e nell’articolo 9 dello schema di decreto), secondo la quale nel caso di contrasto tra le disposizioni della direttiva servizi e le disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici di attività di servizi o professioni specifiche, fa prevalere queste ultime sulla direttiva servizi. Tra tali atti comunitari rientra anche la direttiva qualifiche.

L’articolo 9, comma 4, del D.Lgs. n. 207/2006 (in attuazione dell’articolo 5 della direttiva qualifiche) dispone che, in caso di spostamento, il prestatore è soggetto alle norme che disciplinano l'esercizio della professione che è ammesso ad esercitare, quali la definizione della professione, l'uso dei titoli e la responsabilità professionale connessa direttamente e specificamente alla tutela e sicurezza dei consumatori, nonché alle disposizioni disciplinari applicabili ai professionisti che, sul territorio italiano, esercitano la professione corrispondente. In proposito, il considerando n. 31 della direttiva, in merito al rapporto tra le due direttive, spiega che la direttiva servizi riguarda questioni diverse da quelle relative al riconoscimento delle qualifiche professionali, quali l’assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali, le attività multidisciplinari e la semplificazioni amministrative.

In forza del medesimo principio di specialità, la relazione illustrativa esplicita la prevalenza sulla direttiva servizi delle direttive che regolamentano in via specifica la professione forense, ovvero la direttiva 77/249/CEE (recepita dalla legge 31/1982) e la direttiva 98/5/CE (recepita dalla legge 96/2001); tali atti rispettivamente riguardano la libera prestazione di servizi da parte di avvocati cittadini di Stati membri e l’esercizio permanente della professione di avvocato in Stato membro diverso da quello di acquisizione della qualifica.

Gli artt. 45 e 46 riguardano il procedimento per l’iscrizione agli albi, registri o elenchi per l’esercizio delle professioni regolamentate nonché i requisiti di iscrizione. In particolare, in attuazione dell’art. 14 della direttiva ed in attuazione del principio di non discriminazione, è stabilito il principio per il quale i cittadini UE sono equiparati ai cittadini italiani ai fini dell’iscrizione e del mantenimento della medesima e la residenza in Italia è equiparata al domicilio professionale; coordinando, inoltre, con le singole leggi professionali quanto previsto dalla normativa di attuazione della direttiva qualifiche (il citato D.Lgs 207/2006) si ribadisce che il D.M. di riconoscimento della qualifica costituisce titolo per l’iscrizione (art. 46).

L’art. 45 detta la procedura per l’iscrizione individuando nel Consiglio dell’ordine o nel Collegio competente l’autorità deputata a ricevere la domanda; fissa un termine di due mesi per la conclusione del procedimento d’iscrizione; prevede che il silenzio-assenso (ovvero il decorso del termine indicato in assenza di risposta) comporta l’automatica iscrizione all’albo, registro o elenco. In applicazione della clausola di specialità, si ribadisce la prevalenza di discipline speciali di attuazione di norme comunitarie relative a particolari professioni (come quella, citata, degli avvocati).

L’art. 47 permette l’esercizio in forma associata delle professioni regolamentate in regime di stabilimento fermo restando, in ogni caso, il rispetto della legislazione nazionale; in particolare sono richiamate le norme della cd. legge Bersani (art. 2, L. 248/2006) che hanno abrogato l’obbligatorietà delle tariffe massime e minime ed il divieto del patto di quota-lite, i limiti alla pubblicità informativa ed il divieto di società professionali multidisciplinari.

Si demanda poi a specifici regolamenti, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti, il coordinamento della normativa secondaria vigente in materia di professioni regolamentate con i principi contenuti nello schema di decreto (art. 48).

In proposito, la relazione al provvedimento spiega la necessità della disposizione in considerazione del fatto che alcune professioni sono attualmente regolamentate da fonti di rango secondario (in particolare con riferimento ai criteri di iscrizione all’albo e ai requisiti). In proposito, si richiamano, a titolo esemplificativo, il regolamento n. 2537 del 1925 relativo alle professioni d'ingegnere e di architetto e il regolamento n. 274 del 1929 relativo alla professione di geometra.

I successivi 14 articoli dello schema di decreto in esame (artt. 49-62) novellano le leggi che disciplinano le singole professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, per adeguarle ai principi fissati dalla direttiva servizi.

Le diverse discipline sono conformate - nel rispetto delle condizioni di non discriminazione, necessità (motivi imperativi d’interesse generale) e proporzionalità – ad una serie di principi fondamentali della direttiva 2006/123/CE: parificazione dei cittadini comunitari a quelli italiani ed equiparazione della residenza al domicilio professionale ai fini dell’iscrizione all’albo; eliminazione della condizione di reciprocità per i cittadini della UE; riconoscimento come titolo abilitante del decreto ministeriale di riconoscimento ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva qualifiche; adozione del principio del silenzio assenso (art. 45, commi 4 e 5, dello schema di decreto) decorsi due mesi – anziché tre - dalla domanda di iscrizione all’albo (iscrizione automatica); eliminazione dalle singole discipline professionali di norme superate o incompatibili con la direttiva servizi.

Sono cosi adeguati ai principi della direttiva i contenuti delle leggi ordinamentali relative alle seguenti professioni regolamentate: avvocato (RD n. 1578 del 1933, convertito dalla L. n. 36 del 1934) (art. 49); dottore agronomo e forestale (L. n. 3 del 1976) (art. 50); agrotecnico (L. n. 251 del 1986) (art. 51); attuario (L. n. 124 del 1942) (art. 52); perito agrario (L: n. 434 del 1968) (art. 53); giornalista (L. n. 69 del 1963) (art. 54)(in particolare, a fini di coordinamento è aggiunta alla legge professionale un art. 31-bis, il cui comma 1 equipara i cittadini membri dell’Unione ai cittadini italiani ai fini dell’iscrizione nel registro dei praticanti e nell’elenco dei pubblicisti); dottore commercialista ed esperto contabile (L: n. 139 del 2005) (art. 55); biologo (L. n. 396 del 1967) (art. 56); consulente del lavoro (L. n. 12 del 1979) (art. 57); geologo (L: n. 112 del 1963 e n. 339 del 1990)(artt. 58 e 59); tecnologo alimentare (L. n. 59 del 1994) (art. 60); perito industriale (L. n. 17 del 1990) (art. 61); assistente sociale (L. n. 84 del 1993) (art. 62).

Il Titolo II (artt. 63-80) reca disposizioni relative a procedimenti di competenza del Ministero dello sviluppo economico.

Obiettivo dell’intervento normativo in commento – come si legge nella relazione illustrativa - è quello di razionalizzare e rendere omogenea sul territorio nazionale la disciplina in materia di requisiti di accesso e svolgimento delle attività di servizi, secondo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria e della Corte costituzionale italiana.

Le scelte di semplificazione più rilevanti effettuate in materia di esercizio dell’attività commerciale possono essere così sintetizzate:

§       trasformazione in DIA dell’autorizzazione per l’apertura di un punto esclusivo e non esclusivo di quotidiani e periodici ed eliminazione della verifica di natura economica ai medesimi fini (art. 71);

§       eliminazione del contingentamento numerico e del criterio del reddito della popolazione residente e fluttuante, per le attività di somministrazione di alimenti e bevande (art. 63);

§       in materia di requisiti di accesso, unificazione per tutte le attività commerciali, sia di vendita sia di somministrazione di alimenti e bevande (art. 70).

Nello specifico le disposizioni concernenti l’attività di somministrazione di alimenti e bevande – che modificano o abrogano diverse norme della legge 287/1991 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi) -prevedono:

§       il rilascio di autorizzazione da parte del comune per l’apertura degli esercizi e la dichiarazione di inizio di attività per il trasferimento di sede, di gestione o di titolarità degli esercizi e per l’attività riservata a particolari soggetti di cui all’art. 3, co. 6, della L. 287/1991;

§       l’adozione di provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi da parte dei comuni che possano prevedere anche divieti e limitazioni all’apertura di nuove strutture per ragioni di sostenibilità ambientale, sociale viabilità. Dalla programmazione sono escluse le attività riservate a particolari soggetti;

§       il trasferimento di gestione subordinato all’effettivo trasferimento dell’attività e al possesso dei requisiti prescritti da parte del subentrante;

§       l’assoggettamento dell’esercizio dell’attività alla conformità del locale a criteri sulla sorvegliabilità stabiliti con decreto del Ministro dell’interno e al rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro;

§       la decadenza dell’autorizzazione qualora il titolare non possieda più i requisiti previsti, in caso di sospensione dell’attività per oltre dodici mesi, di non rispondenza dello stato dei locali ai criteri ministeriali, di mancata attivazione dell’esercizio entro 180 giorni dall’autorizzazione.

Sono previste, altresì, modifiche e abrogazioni di norme contenute nel decreto legislativo 114/1998 che comportano:

§       la dichiarazione di inizio attività ad efficacia immediata da presentare allo sportello unico (in luogo della attuale comunicazione ad efficacia differita), per l’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie degli esercizi di vicinato (in sostanza, degli esercizi commerciali di ridotta dimensione), nonché per le vendite negli spacci interni, per le vendite mediante apparecchi automatici, per le vendite per corrispondenza, televisione e altri sistemi di comunicazione, per le vendite presso il domicilio dei consumatori;

§       l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche rilasciata oltre che a persone fisiche e a società di persone anche a società di capitali o cooperative. Per l’attività in forma itinerante il rilascio compete al comune in cui il richiedente intende avviare l’attività (e non più al comune in cui è residente o ha la sede legale).

Inoltre si provvede (art. 70) alla modifica ed omogeneizzazione dei requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali attualmente contenuti nella legge 287/1991 (per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande) e nel D.Lgs. 114/1998 (per l’attività commerciale di vendita).

L’articolo 71 liberalizza il sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica. Difatti, la normativa vigente (D.Lgs. 170/2001) prevede il regime autorizzatorio per l’apertura di punti vendita di quotidiani e periodici. L’autorizzazione viene rilasciata dai Comuni sulla base di appositi requisiti e nel rispetto dei piani di localizzazione dei punti vendita esclusivi dei quotidiani adottati dai Comuni.

Con l’articolo in esame si sostituisce il regime autorizzatorio con la dichiarazione di inizio di attività presentata agli sportelli unici presso i Comuni.

Limitazioni alle nuove aperture possono essere adottate esclusivamente se finalizzate alla tutela delle zone di pregio artistico, storico architettonico e ambientale.

L’articolo 72 introduce semplificazioni per quanto riguarda lo svolgimento dell’attività di facchinaggio, prevedendo che non debba essere presentata la dichiarazione di inizio di attività (D.I.A.) prevista dal D.P.R. 342/1994 da quei soggetti che abbiano presentato la D.I.A. ai sensi dell’art. 17 della L. 57/2001, facendo così venir meno il sistema di una doppia presentazione della D.I.A. che risulta ingiustificato in termini di adeguatezza e proporzionalità.

Gli artt. 73-76 prevedono misure di semplificazione per le attività di agente di affari in mediazione, agente immobiliare, agente d’affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo e spedizioniere, la cui disciplina nazionale vigente subordina, peraltro con varie differenze tra le varie categorie, l’esercizio dell’attività all’iscrizione in ruoli o elenchi, per l’accesso ai quali sono stabiliti requisiti vari, ovvero ad autorizzazioni di pubblica sicurezza oramai prive di una effettiva giustificazione.

Si ricorda che, per quanto riguarda gli agenti commerciali, la normativa comunitaria esclude per l’esercizio di tali professioni la necessità di iscriversi in ruoli e anche la Corte di Giustizia UE ha affermato che l’iscrizione dell’agente commerciale nel ruolo non può essere considerata condizione di validità del contratto di agenzia concluso dall’agente con il suo proponente.

Gli articoli in esame per le menzionate attività di servizio che necessitano di iscrizione in ruoli o elenchi prevedono la soppressione di tali ruoli o elenchi (unificando i relativi profili professionali nell’ambito della nuova categoria degli intermediari commerciali e di affari) e la trasformazione del titolo autorizzatorio in dichiarazione di inizio di attività (D.I.A.). In particolare, per l’esercizio delle relative attività si richiede unicamente una D.I.A. da presentare alla Camera di commercio tramite lo sportello unico per le attività produttive e per conoscenza alla Questura, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente, alla quale consegue, verificato il possesso dei requisirti, l’iscrizione nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) tenuto dalle Camere di commercio e la contestuale attribuzione della qualifica.

Gli artt. 77-79, per le attività di acconciatore, di estetista e di tintolavanderia, prevedono la presentazione della D.I.A. ad efficacia differita allo sportello unico per le attività produttive. Per le attività di acconciatore e di estetista ciò conferma quanto previsto dalla normativa vigente, mentre per l’attività di tintolavanderia – la cui disciplina nazionale emanata con la legge n. 84/2006 non è stata recepita da nessuna delle regioni – si è prevista la semplificazione dei requisiti professionali di accesso.

Infine l’art. 80 rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la disciplina delle modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui agli artt. 72-76.

Passando al Titolo III, l’art. 81 reca modifiche alla disciplina dell’attività di spedizioniere doganale di cui al D.P.R. 43/1973, in primo luogo eliminando le limitazioni territoriali attualmente vigenti per l’esercizio di tale attività, in linea con il principio della libera circolazione dei servizi in ambito nazionale. In tal modo lo spedizioniere doganale potrà operare sull’intero territorio nazionale.

Inoltre si modificano i requisiti di ammissione agli esami di spedizioniere doganale, al fine di facilitare l’accesso al medesimo esame. In particolare si consente di partecipare allo stesso esame anche coloro che, in possesso degli altri requisiti richiesti, abbiano superato un corso di formazione professionale di durata almeno annuale organizzato da un istituto universitario e siano iscritti da almeno un anno nel registro del personale ausiliario.

L’art. 82 reca una semplificazione delle procedure amministrative per l’apertura e l’operatività delle strutture turistico – ricettive, prevedendo che siano soggette alla dichiarazione di inizio di attività ai sensi dell’art. 19, co. 2, primo periodo, L. 241/1990. Viene in tal modo garantito un lasso temporale di possibile intervento dell’autorità competente prima di consentire l’avvio della nuova attività.

La Parte III, infine, è composta da due titoli, il Titolo I, recante la clausola di cedevolezza e il Titolo II, recante le disposizioni finali.

Dalla clausola di cedevolezza contenuta nell’articolo 83 deriva l’applicabilità delle disposizioni del decreto che incidono su materie di competenza esclusiva o concorrente delle Regioni, fino alla data di entrata in vigore della normativa regionale di attuazione della direttiva “servizi” (sul punto cfr. la voce Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite).

Il comma 1 dell’art. 84 novella l’art. 19 della legge 241 del 1990, introducendo la D.I.A ad efficacia immediata (vd. sopra, art. 10); i commi successivi recano specifiche modifiche ad abrogazioni per coordinare la normativa di settore alla nuova disciplina di attuazione della direttiva servizi.

Il comma 2 dell’art. 84, che modifica l’art. 60, comma 4, del decreto attuativo della vigente direttiva qualifiche (D.Lgs n. 206 del 2007), ha natura di mero coordinamento normativo.

L’art. 60, comma 4, prevede attualmente che ogni riferimento contenuto in vigenti disposizioni di legge agli abrogati decreti legislativi nn. 115/1992 e 319/1994 (di recepimento delle precedenti direttive in materia) vada fatto alle corrispondenti disposizioni del decreto n. 206. Poiché il comma 2 dell’art. 60 ha abrogato le precedenti discipline attuative delle direttive in materia di qualifiche professionali cioè i decreti legislativi nn. 115/1992, 319/1994 e 229/2002, con la modifica del comma 4 si aggiunge ad essi anche il mancante D.Lgs 229/2002 (di attuazione della direttiva 1999/42/CE, istituiva un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche).

I successivi commi dell’art. 84 abrogano disposizioni incompatibili con la nuova disciplina.

Oltre all’art. 9 della legge n. 428/1990 (legge comunitaria per il 1990) che prevede, per i giornalisti, disposizioni ora contenute nel nuovo art. 31-bis introdotto nella legge professionale dall’art. 54, comma 4, dello schema di decreto in esame (v. sopra) sono abrogate alcune disposizioni delle seguenti leggi (comma 5): legge n. 287/1991 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi); legge n. 114/1998 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio); legge n. 170/2001 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica); legge n. 204/1985 (Disciplina dell'attività di agente e rappresentante di commercio), norme sui requisiti per l’iscrizione nel ruolo (art. 5); legge n. 478/1968 (Ordinamento della professione di mediatore marittimo); DPR n. 66/1973 (Regolamento di esecuzione della legge 478/1968); legge n. 135/1977 (Disciplina della professione di raccomandatario marittimo), norme sui requisiti d’iscrizione nell’elenco professionale (art. 9); legge n. 1/1990 (Disciplina dell'attività di estetista); legge n. 84/2006 (Disciplina dell'attività professionale di tintolavanderia).

Il comma 4 dell’art. 84 sembra recare una disposizione di chiusura che prevede l’abrogazione di tutte le leggi e i regolamenti statali incompatibili con il contenuto della nuova disciplina attuativa della direttiva servizi. L’art. 85, infine, reca la clausola d’invarianza finanziaria.

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto è corredato dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica sugli oneri finanziari e dalla relazione tecnico-normativa, mentre manca la relazione AIR (Analisi di impatto della regolamentazione). Manca invece il parere della Conferenza Stato-Regioni, che il Ministro per i rapporti con il Parlamento si riserva di trasmettere al Parlamento non appena acquisito.

Conformità con la norma di delega

I principi e criteri direttivi della delega sono contenuti nell’art. 41, comma 1, della legge comunitaria 2008.

Tra questi, si segnalano: la promozione dell’elaborazione di codici di condotta e disciplinari, finalizzati, in particolare, a promuovere la qualità dei servizi, tenendo conto delle loro caratteristiche specifiche (lett. b) che non sembra avere riscontro nello schema di decreto; il criterio di cui alla lettera e) che richiedeva un elenco allegato al decreto legislativo di eventuali regimi autorizzatori richiesti per l’accesso alle attività di servizi; il criterio di cui alla lett. s), che, nel garantire l’applicazione della normativa del luogo in cui viene effettuata la prestazione di servizi, faceva salvi trattamenti più favorevoli al prestatore previsti contrattualmente, ovvero assicurati dai Paesi di provenienza con oneri a carico di questi ultimi (in proposito, cfr. art. 23, che non reca esplicitamente tali esclusioni).

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L’articolo 83, recante la cd. clausola di cedevolezza, prevede l’applicabilità delle disposizioni del decreto che incidono su materie di competenza esclusiva o concorrente delle Regioni, fino alla data di entrata in vigore della normativa regionale di attuazione della direttiva “servizi”. Sono fatte salve le previsioni dell’art. 16, comma 3, della legge n. 11 del 2005 relativo alle condizioni e procedure di adeguamento alla disciplina statale di attuazione e dell’art. 10, comma 3, della stessa legge in relazione all’esercizio di poteri sostitutivi dello Stato.

La prima di tali disposizioni prevede che le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli obblighi comunitari, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano, per le regioni e le province autonome, alle condizioni e secondo la procedura di cui all'articolo 11, comma 8, secondo periodo. Gli atti normativi statali adottati si applicano quindi a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria, perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma e recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute. Il termine di attuazione della direttiva 2006/113/CE è scaduto il 28 dicembre 2009. L’art. 10, comma 3, prevede invece che, nei casi in cui il Consiglio dei Ministri adotti provvedimenti, anche urgenti, necessari all’adeguamento ad atti normativi e a sentenze degli organi giurisdizionali che riguardino materie di competenza legislativa o amministrativa delle regioni e delle province autonome, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche comunitarie informa gli enti interessati assegnando un termine per provvedere e, ove necessario, chiede che la questione venga sottoposta all'esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per concordare le iniziative da assumere. In caso di mancato tempestivo adeguamento da parte dei suddetti enti, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche comunitarie propone al Consiglio dei Ministri le opportune iniziative ai fini dell'esercizio dei conseguenti poteri sostitutivi di cui agli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli 11, comma 8, 13, comma 2, e 16, comma 3, della legge 11/2005.

Lo spirito del provvedimento, finalizzato a recepire la direttiva 2006/123/CE che è uno dei tasselli per la crescita economica e occupazionale e lo sviluppo della competitività del sistema produttivo dell’Unione europea, fa ricondurre lo stesso provvedimento, in via generale, alla materia tutela della concorrenza, attribuita, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Inoltre, se si considerano le singole disposizioni che lo compongono, il provvedimento attiene anche alla materia professioni, che il terzo comma dell’art. 117 Cost. rimette alla legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni, nonché alla materia ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. g), Cost.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Per quanto concerne la compatibilità dello schema in esame con la direttiva 2006/123/CE, si segnala in primo luogo che si può rilevare una parziale difformità tra l’art. 9 e il contenuto della direttiva. Infatti l’articolo 9 precisa che, in caso di contrasto con le disposizioni del decreto in esame, si applicano le disposizioni attuative di altre norme comunitarie che disciplinano aspetti specifici. Tra queste vengono espressamente citate: la legge n. 31/1982, sulla libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, in attuazione della direttiva 77/249/CEE; il D.Lgs. n. 72/2000, in materia di distacco dei lavoratori nell'àmbito di una prestazione di servizi, attuativo della direttiva 96/71/CE; il D.Lgs. n. 96/2001, concernente l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale, di attuazione della direttiva 98/5/CE; il D.Lgs. n. 177/2005, sull’esercizio delle attività televisive, di attuazione della direttiva 89/552/CEE; il D.Lgs. n. 206/2007, relativo al riconoscimento delle qualifiche professionali, in attuazione della direttiva 2005/36/CE. L’art. 3 della direttiva cita invece solo i seguenti atti comunitari: a) la direttiva 96/71/CE; b) il regolamento (CEE) n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità; c) la direttiva 89/552/CEE.

Rispetto alle deroghe al regime della libertà della prestazione di servizi contemplate dalla direttiva all’articolo 17, l’articolo 22 dello schema in esame non contempla le attività di recupero giudiziario dei crediti.

Si segnala inoltre che l’articolo 26 della direttiva prevede anche l’adozione di misure di accompagnamento volte ad incoraggiare i prestatori di servizi a garantire (volontariamente) la qualità del servizio reso, in particolare, mediante certificazione da parte di un organismo indipendente o accreditato o con ricorso a carte di qualità o marchi predisposti da ordini professionali a livello comunitario. Nello schema in esame non risulta prevista l’adozione di tali misure.

Per quanto riguarda l’art. 44 dello schema in esame - premesso che nella clausola di specialità contenuta nell’articolo 3 della direttiva si afferma la prevalenza sulla “direttiva servizi” anche di specifici atti comunitari direttamente applicabili (in particolare, il regolamento 1408/1971) - occorre valutare se è opportuno esplicitare il riferimento a tali atti. Infatti l’art. 44 menziona solo le disposizioni nazionali di attuazione delle norme comunitarie, e quindi sostanzialmente il recepimento di direttive e non anche i regolamenti comunitari che, come è noto, risultano direttamente applicabili nell’ordinamento interno a prescindere dalla presenza di specifiche disposizioni nazionali attuative.

Formulazione del testo

In varie parti del testo (artt. 63, 64, 65, 66, 67, 68, 84) si fa riferimento erroneamente all’art. 19, comma 2, secondo periodo, della legge 241/1990, anziché al terzo periodo dello stesso comma.

All’articolo 48, che demanda a specifici regolamenti l’adeguamento della normativa secondaria vigente in materia di professioni regolamentate, andrebbe precisato il rinvio all’articolo 17 della legge n. 400 del 1988, chiarendo la natura di tali regolamenti.

All’art. 63, co. 8, appare erroneo il riferimento all’ “articolo 6, commi 1 e 2”, che tratta di tutt’altra materia (servizi di trasporto).

Con riferimento all’articolo 84, comma 4, recante l’abrogazione di tutte le leggi e i regolamenti statali incompatibili con il contenuto della nuova disciplina attuativa della direttiva servizi, occorre richiamare le regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi contenute nella Circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001, secondo cui la formula abrogativa esplicita innominata  non deve essere utilizzata. Essa è superflua, essendo una inutile e, al limite, equivoca ripetizione del principio stabilito, in via generale, sulla abrogazione implicita dall'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale.

 


 

 

 

 

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