Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: L'energia nucleare in Italia
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 42
Data: 28/01/2009
Descrittori:
ENERGIA NUCLEARE   IMPIANTI NUCLEARI
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Documentazione e ricerche

L’energia nucleare in Italia

 

 

 

 

 

n. 42

 

 

28 gennaio 2009

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Attività produttive

 

SIWEB

 

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File: AP0034.doc

 

 

 

 


INDICE

 

§         VAST, Prospettive dell’energia nucleare in Italia, Roma 20 ottobre 2005  1

§         VAST, Prospettive dell’energia nucleare in Italia, Relazione del prof. Renato Angelo Ricci, Roma 20 ottobre 2005  9

§         A. Clò, Corsi e ricorsi del nucleare in Italia, in Energia, 1/2005  23

§         C. Cavicchioli, M. Benini, M. Gallanti, Opzione nucleare e scenari elettrici in Italia , in Energia, 4/2006  31

§         L. Lerro, La questione del nucleare in Italia , in Economia italiana, 2/2006  41

§         Enea, Enea e la ricerca sul nucleare, dossier, 10 aprile 2008  69

§         L. Sertorio, L’energia nucleare in Italia, in Rivista bimestrale di cultura e politica, 6 /2008  119

§         Senato, Servizio Studi, Ddl A.S. 1195, Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, dossier n. 70/2008 (stralcio)131

 

 


Scenari di riferimento

Le fonti primarie (legno, carbone, petrolio, gas, idroelettrico + nucleare + geotermico –  sommati) hanno fornito nel mondo le porzioni di energia rappresentate nel diagramma di Fig.1. Le ordinate del diagramma sono proporzionali ai logaritmi di Fi/(1- Fi), ove Fi è la percentuale  dell’energia primaria fornita dalla fonte i.

 

Figura 1 - Ripartizione fonti primarie di energia nel mondo

 

In questa rappresentazione, se un diagramma è rappresentato da una retta inclinata verso l’alto o verso il basso, ciò significa che la variabile relativa è governata da un'equazione di Volterra- Lotka, segue, cioè, una curva ad S (o logistica) che parte e arriva a tratti orizzontali (in cui la variabile ha valore costante).Il declino del carbone nel secolo XX aveva pendenza vicina a quella già verificata col declino del legno nel secolo XIX e il declino del petrolio dopo il 1973, sembrava inizialmente destinato a seguire una terza curva parallela alle due dette. La crescita del gas avvenne con una pendenza vicina a quella del petrolio fino al 1970. Vent’anni dopo, però, il gas non ha superato il petrolio. Le 4 fonti considerate hanno mantenuto a lungo percentuali costanti. Il gas ha raggiunto il carbone nel 1999 e le 2 fonti forniscono la stessa percentuale fino al 2003.

 

Il consumo di energia è cresciuto senza posa nel secolo XX. Nel 2002 era di 428 EJ/anno [1 ExaJoule = 1018 Joules] cioè 9.405 MTEP (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Adattando alla serie 1925-2002 dei consumi mondiali una equazione di Volterra, si ottiene una proiezione al 2050 di 477 EJ (10.570 MTEP). La Fig.2 mostra la curva logistica dell’energia totale che meglio si adatta ai dati empirici.

Figura 2 - Consumo energia totale nel mondo: dati rilevati e curva logistica

 

Carbone, petrolio, gas, idroelettrico + nucleare + geotermico sommati) hanno fornito in Italia le porzioni di energia riportate in Fig.3.

Figura 3 - Ripartizione fonti primarie di energia in Italia

Il declino del carbone iniziò anche in Italia con il secolo XX. Dal 1970 oscilla intorno al 10% del totale. Il declino percentuale del petrolio dal 1973 sembrava inizialmente destinato a seguire un andamento simile a quello del carbone a metà del secolo scorso. Invece negli ultimi 20 anni ha rallentato. Se continuano gli andamenti attuali, potremmo attenderci che verso il 2025 le porzioni fornite da gas e petrolio vadano a coincidere al 42%, mentre il 16% sarà fornito in ugual misura da carbone e idroelettrico più geotermico.

Il consumo totale di energia in Italia è raddoppiato dalla metà degli anni '60 raggiungendo oggi 186 MTEP. (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Adattando alla serie dei consumi 1900-2004 un'equazione di Volterra, otteniamo una proiezione al 2050 di 216 MTEP. La Fig.4 mostra la logistica che meglio si adatta ai dati empirici dell’energia totale italiana.

 

Figura 4 - Energia totale consumata in Italia: dati rilevati e curva logistica

 

La crescita dei consumi energetici, dunque, continua e in termini assoluti, rallenta. Però la quota percentuale calante del petrolio corrisponde negli ultimi 25 anni a una quantità assoluta che oscilla di poco intorno a 90 MTEP. L'aumento dei consumi di energia così previsto nel prossimo quarto di secolo implicherà problemi relativi alla disponibilità di risorse, oltre che agli impatti ambientali. Occorre analizzare e pianificare l'uso di risorse energetiche diverse al petrolio.

Secondo le proiezioni precedenti l'incremento dei consumi da oggi al 2050 dovrebbe essere quello riportato nella tabella seguente.

 

Fonte

petrolio

gas

carbone

idro + geot.

totale

2004

90 MTEP

60

18

18

186

2050

90 MTEP

90

18

18

216

 

Taluno considera preoccupante questo aumento di circa il 18% nel ricorso ai combustibili fossili, costituito da 30 MTEP di gas naturale. Questo causerebbe un aumento eccessivo dell'effetto serra dovuto al CO2 prodotto.

Ne conseguirebbe un aumentato riscaldamento globale con conseguenze ambientali insostenibili. La tesi è contenuta nel Protocollo di Kyoto del 1992. Tale documento, pur firmato da 154 Paesi (stilato nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005), non contiene alcun dato numerico, nè cita alcuna analisi scientifica di tali processi. Si limita ad affermare gratuitamente che sono le attività antropiche a causare riscaldamento globale modificando il clima terrestre. Gode, quindi, di scarsa considerazione fra gli esperti.

Analisi più accurate indicano che il riscaldamento globale ha cause primarie astronomiche alle quali consegue un aumento dell'anidride carbonica atmosferica e un aumento dell'effetto serra.

(v. Vacca, R. "La verità sull'effetto serra", M!ND Agosto 2005). Certo, anche se bruciare petrolio e metano non è davvero rischioso ai fini dell'impatto sul clima, queste sostanze sono alla base dell'industria petrolchimica e della plastica con utilità ben maggiore di quella ottenuta bruciandole.

Inoltre esse sono soggette a rischi di approvvigionamento e a costi crescenti. Gli aumenti del prezzo del greggio sono drammatici: documentati dalla stampa e percepiti direttamente con l'aumento del prezzo dei carburanti. Misure efficaci da prendere in ogni caso, consistono nello sviluppare energie alternative che evitino di bruciare combustibili fossili.

 

Ritorno al nucleare - quale nucleare?

 

Per ridurre drasticamente la rischiosa dipendenza dell'Italia da fonti energetiche importate, converrebbe ricorrere di nuovo all'energia nucleare. Ogni dibattito in merito, però, è pervaso da considerazioni passionali e da disinformazione. In Italia le centrali esistenti sono state fermate e quella di Montalto è stata convertita in termoelettrica dopo il referendum del 1987, i cui quesiti erano e sono largamente ignorati dall'opinione pubblica, dai media, da pubblicisti e sociologi.

Le tecnologie a cui ricorrere per creare di nuovo una industria e una produzione elettronucleare in Italia sono ben note. Il libro "Orizzonti della Tecnologia Nucleare Italiana" (a cura di E. Mainardi e U. Spezia, Associazione Italiana Nucleare, 21° Secolo, 2005) analizza l'intera situazione alla luce dei progressi tecnologici notevoli compiuti negli ultimi due decenni. Le prospettivedell'energianucleare in Italia appaiono incerte non per ragioni tecniche, ma per motivi di inadeguatezza culturale.

Per consentire ai decisori pubblici e privati di formulare piani di sviluppo razionali e realistici, occorre intraprendere una vasta operazione culturale che fornisca informazione corretta in termini semplici atti a raggiungere un pubblico vasto. Sono da illustrare i punti seguenti:

 

Referendum del 1987 - non verteva sull'impiego del nucleare, nè certo sulla eventuale opportunità di chiudere le centrali esistenti. I referendum in Italia possono solo essere abrogativi Poneva quesiti che hanno ridato al Parlamento facoltà di scegliere i siti senza compensi ai Comuni interessati.

 

Sicurezza - Il disastro di Chernobyl ha provato che l'addestramento degli operatori è fattore vitale. A Chernobyl con leggerezza inaudita (in assenza di ingegneri nucleari) ingegneri elettrotecnici tolsero le sicurezze dall'impianto e provarono se in caso di distacco dalla rete. l'energia immagazzinata nei rotori dei turboalternatori fosse adeguata ad abbassare le sbarre di carburo di boro. Non lo era e l'impianto esplose. La catastrofe sarebbe stata molto meno grave, se il reattore fosse stato contenuto in guscio di acciaio come quelli USA. Gli effetti dell'incidente alla centrale di Harrisburg (USA) furono contenuti dallo scudo metallico e notoriamente non causarono alcun evento fatale.

 

Nuove soluzioni - I timori riguardanti i rischi dovuti a centrali nucleari vengono discussi con riferimento alla struttura di centrali di molti decenni or sono. A parte il fatto che quelle realizzate in USA, Canada, Francia erano già molto più sicure di quelle russe, i progetti e le realizzazioni cui si mira attualmente sono intrinsecamente sicure. Gli interventi di sicurezza non avvengono in essi in base al funzionamento di sistemi attivi (sensori e motori elettrici), ma per azione di forze naturali (gravità, dilatazione di elementi in bimetalli). Il reattore MARS è stato progettato all'Università di Roma consiste di moduli da 200 Mwe; è componibile, cioè costituito da elementi flangiati sostituibili singolarmente in caso di usura o danneggiamento (anche da radiazioni). Quindi i tempi di costruzione sono drasticamente ridotti. La vita del MARS è praticamente illimitata riducendo drasticamente le spese di smantellamento, citate come troppo onerose nei dibattiti correnti. Il costo e la produzione di scorie sono molto limitati.

Alternativa attraente è quella di passare a reattori di IV generazione ad alta temperatura raffreddati a gas. Questi, oltre ad essere più sicuri dei reattori ad acqua, possono raggiungere temperature di 1000°C cui conseguono rendimenti termodinamici del 50% e la possibilità di produrre economicamente idrogeno per via termochimica. Ne furono realizzati prototipi in USA e in Germania, ma si affermò già dai primordi la preferenza per i reattori ad acqua, molto più compatti e adatti a essere installati in sottomarini. A.S. Thompson ha documentato la storia del pesante coinvolgimento in quelle decisioni dell'Ammiraglio H.J. Rickover.

 

Tendenze attuali in altri Paesi - Col metano 3 volte più caro di 10 anni fa, ci sono 24 centrali elettronucleari in costruzione nel mondo (fra cui 8 in India, 4 in Russia, 3 in Giappone, una in Finlandia). La prima pietra della nuova centrale finlandese di Olkiluoto (la quinta del Paese) è stata posta il 12/9/2005. E' un reattore EPR (ad acqua in pressione) della potenza di 1600 Mwe e del costo di 3 G€ (1.9 k€/kW). In USA 9 produttori di energia insieme a 2 costruttori, hanno costituito il consorzio NuStart ("Ripresa") per progettare nuove centrali atomiche moderne, raffreddate ad acqua, ma a sicurezza passiva. La NRC (Nuclear Regulatory Commission) ha già approvato il progetto di una centrale Westinghouse da 1 GW. La General Electric ne progetta una da 1,5 GW.

 

Altre fonti di energia alternative

 

Idroelettrico

Il potenziale idroelettrico mondiale ancora non sfruttato è di circa 1500 GW (equivalente a 1500 grandi centrali nucleari a fissione), che potrebbero produrre 40 EJ/anno in più. Gli impianti fattibili si dovranno costruire in luoghi remoti in Africa, Asia e Sud America e la potenza si dovrà trasportare a migliaia di km in corrente continua a tensioni di oltre 1 MV. Sono noti i grandi programmi in corso, in particolare in Cina.

Di interesse europeo, e italiano, è la diga della Grande Inga sul fiume Congo che potrebbe produrre secondo uno studio del Prof L Paris 30 GW per 8700 ore/anno cioè 260 TWh/anno. L'apporto di tale energia, unito a quella idroelettrica e geotermica già disponibile, sarebbe tale non solo da soddisfare l'intera nostra domanda di energia elettrica, ma di consentire anche l'accumulo in laghi alpini e appenninici e l'esportazione a Paesi limitrofi. L'energia potrebbe essere trasportata in Italia su cavo sottomarino a ± 1 MV in corrente continua, della lunghezza di circa 8.000 km. Le perdite nel cavo sarebbero di circa il 15%. Il costo dell'impianto della grande Inga, valutato verso il 1980 ammontava a circa 100 TL -- e includeva il cavo sottomarino. Ai livelli attuali il costo dell'impianto dovrebbe essere dell'ordine di 150 G€. Occorrerebbe ovviamente ricalcolarlo tenendo conto dei progressi tecnologici e dell'ipotesi di usare come vettore l'idrogeno invece di elettricità via cavo.

 

Solare fotovoltaico

Il solare fotovoltaico darebbe un contributo decisivo, se si raggiungessero rendimenti molto maggiori degli attuali. Ciò si otterrebbe usando rectenne, nanotubi di carbonio inclusi in polimeri. Il massimo teorico del 93% fu determinato nel 1977 da P.T. Landsberg. Oggi la tecnologia è studiata da Martin Green all'università del South Wales (Australia) utilizzando film sottili avanzati di terza generazione. Finora si sono ottenuti rendimenti del 35%. Si spera di conseguire rendimenti dell'80%, con un costo di produzione di 0,2$/Watt. Si tratta di tecnologie avveniristiche per realizzare le quali occorrono sforzi di ricerca notevoli. Sarebbe azzardato sperare in sviluppi interessanti in Italia: i dati pubblicati da ISTAT (Ottobre 2005) indicano che gli investimenti in R&S erano 1.16% del PIL nel 2002 e 1.14 nel 2003. Nel 2004 gli investimenti degli enti pubblici sono scesi dell'11%. Gli investimenti delle imprese si prevede che salgano nel 2005 del 5,1%: inadeguato rispetto al livello che è 1/3 della media europea. Il numero degli addetti alla ricerca è diminuito nel 2003 dell'1,3%.

 

Eolico

L'Italia è al quinto posto in Europa per la potenza installata con aeromotori (1.125 MW - dopo Germania con 16.629, Spagna con 8.263, Danimarca con 3.117). L'energia elettrica prodotta, però, è solo lo 0,5% del totale. I costi di impianto non sono alti (1k€/kW), ma il coefficiente di utilizzazione è solo del 25%: si conta in media su 2.200 ore/anno. Non possiamo attenderci, quindi, contributi apprezzabili da questa fonte.

 


 

Relazione del Prof. Renato Angelo Ricci Presidente Associazione Italiana Nucleare (AIN)

 

 

Prospettive dell'energia nucleare in Italia

 

1) Situazione dell'energia nucleare

La produzione di energia nucleare dopo Chernobyl non ha subito arresti. La potenza nucleare installata nel mondo e' passata da 249.688 Mwe del 1985 ai 358.661 del 2002; corrispondentemente la produzione totale e' passata da 1500 TWh a 2575 TWh (17% della produzione di energia mondiale di elettricita').

Per cio' che riguarda il numero di centrali nucleari che assicurano tale produzione, sempre facendo riferimento al 2002, esso e' di 441 (125 USA, 143 UE di cui 59 in Francia, 97 in Asia e 67 nell'Europa dell'Est e Russia).

Ufficialmente vi sono 33 unita' di costruzione (2/3 in Asia, 1/3 in Europa centrale e orientale) cui vanno aggiunti i due reattori EPR previsti in Finlandia e in Francia.

Nel 2002 sono stati collegati alla rete 6 nuovi reattori per una potenza complessiva di 5013 MWe mentre altri 7 sono stati ordinati.

- L'energia nucleare contribuisce alla copertura del fabbisogno elettrico (dati ONU-IAEA 2002) per il 35% in Europa (percentuale che non muta sostanzialmente nell'UE a 15 o a 25, visto che i nuovi membri utilizzano ampiamente anch'essi l'energia elettronucleare) e per il 25% nei paesi dell'OCSE.

- La competivita' dell'energia nucleare e' misurabile anche dai reattori di nuova generazione. La terza generazione, esemplificata dall'EPR, si confronta in modo positivo con altri impianti, a causa di un ridotto costo capitale (1250 euro/kW installato) secondo la seguente tabella:

 

Costo medio a vita intera        EPR                  Ciclo combinato          Carbone

 

Tasso 8%                E/MWh                28,4                            35,0               33,7

 

Tasso 11%              E/MWh                37,0                            36,9               38,5

 

 

A cio' si aggiungono nuovi accorgimenti progettuali, maggiore sicurezza e affidabilita' e una vita utile dell'impianto di 60 anni. Da notare che gia' i reattori attuali (di 2a generazione) hanno visto prolungata la loro vita utile dai 20-30 anni di progetto ai 40-50 anni, rinviando quindi la loro dismissione e costituendo quindi un atout economico e competitivo non indifferente.

Se si confrontano le varie fonti primarie tenendo conto di tutti i costi, compresi quelli ambientali, si trova che il costo totale per un impianto che produce 1000 MWe (MegaWatt elettrici) e' realisticamente di 1400-1500 $/kWe per il nucleare, con un'area occupata di 15 ettari, 1770 $/kWe per il carbone (area occupata 30 ettari), 1500 per l'olio combustibile (20 ettari), 1200 per il gas naturale (12 ettari) mentre, escludendo gli impianti idroelettrici, per le cosiddette nuove energie rinnovabili come il solare (fotovoltaico) e l'eolico, si hanno rispettivamente costi totali di impianto di 7.200 $ al kWe (area occupata 200 ettari) e 2.400 $ al kWe (12.500 ettari).

Tenendo conto inoltre dei costi di funzionamento e della effettiva disponibilita', si ottiene che il prezzo del kWe e' di circa 3 centesimi di euro per il nucleare, 4 per il carbone, 7 per l'olio combustibile, 6 per il gas a ciclo combinato, 55 per il fotovoltaico e 11 per l'eolico.

Corrispondentemente le emissioni di CO2 nulle per il nucleare e le energie rinnovabili, ammontano a 7,5 Mtonn annue per il carbone, 6,2 per l'olio combustibile e 4,3 per il gas. Differenze notevoli si hanno anche per le emissioni di ossidi di zolfo e di azoto, comuni a tutti i combustibili fossili e assenti negli impianti nucleari, fotovoltaici ed eolici. Un dato interessante e' il rapporto fra energia spesa ed energia ricavata: 1,7% per il nucleare, 5% per il carbone, 3% per l'olio combustibile, 3,8% per il gas mentre sale al 27% per il fotovoltaico e al 16,7% per l'eolico. Il che e' correlato con il fatto che il fattore di carico (grosso modo la percentuale di utilizzazione) e' del 90% per le centrali nucleari, a carbone, olio e gas, mentre e' del 15% e del 30% rispettivamente per il fotovoltaico e l'eolico. In effetti, a fianco di un sistema rinnovabile va sempre previsto un metodo tradizionale di supporto e complemento, pena interruzioni impreviste ed imprevedibili, con un aggravio ulteriore di costi.

 

2) L'opzione nucleare e il nostro Paese

 

La strategia energetica al giorno d'oggi deve dare una risposta positiva alle seguenti esigenze:

- Uso razionale delle risorse energetiche

- Contenimento dell'impatto ambientale

- Produzione dell' energia utile a costi contenuti

- Uso razionale delle risorse naturali

e l' energia nucleare puo' farlo, attenuando le preoccupazioni crescenti associate ad un uso esteso dei combustibili fossili.

Se il nucleare puo' essere una soluzione percorribile, se pur parziale, per fronteggiare i problemi succitati, ancora di piu' lo sarebbe per il nostro Paese, che deve affrontare vere e proprie emergenze nel settore energetico e precisamente:

- Eccessiva dipendenza da petrolio e gas anche nel settore elettrico

- Continuo aumento di gas serra

- Energia elettrica troppo cara

- Inquinamento dell'area nei grandi centri urbani

- Diminuzione della capacita' manifatturiera nello specifico settore

- Poca ricerca

In effetti, l'energia primaria necessaria al nostro Paese e' in continua crescita (196 Mtep nel 2003).

Essa dipende da un'importazione pari al 82% del fabbisogno, con un esborso annuo che nel 2003 ha superato i 30 miliardi di euro. Il fabbisogno nazionale e' coperto per il 65% attraverso il ricorso agli idrocarburi (petrolio e gas naturale). La situazione e' ancora piu' grave nel sistema elettrico dove la dipendenza dall'estero raggiunge l'84% e la dipendenza dagli idrocarburi l'80%.

L'energia elettrica prodotta in Italia (in massima parte utilizzando petrolio e gas naturale) costa il 60% piu' della media europea, due volte quella prodotta in Francia e tre volte quella prodotta in Svezia.

Sul piano ambientale, secondo le valutazioni del Ministero dell'Ambiente, l'attuazione del protocollo di Kyoto costerebbe all'Italia 360 dollari per abitante, contro i 5 della Germania (33% nucleare) e i 3 della Francia (76% nucleare).

Quanto alla possibilita' di far fronte a tale situazione con il ricorso alle energie rinnovabili, basta ricordare che, a livello nazionale, il ruolo delle fonti "rinnovabili" e' del 17,6% e, all'interno di questa quota, il 96,8% e' prodotto con il rinnovabile tradizionale (geotermico e idroelettrico). Le fonti rinnovabili non tradizionali (0,1% in Italia) sono sostanzialmente date dal fotovoltaico e dall'eolico, con qualche contributo dalle biomasse.

Se poi, malgrado la scarsa utilita' ormai chiara a tutti del Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas serra di origine antropica, il suo rispetto viene pervicacemente considerato ineluttabile per onore di firma, allora il problema diventa molto serio perche' non si vede come, malgrado costi esorbitanti, l'Italia possa rientrare nei limiti considerati (-6,5% rispetto al 1990, quando ancora siamo a +5-6%), se non ricorrendo a diversificazioni delle fonti primarie, il che, cosi' stando le cose, nel decennio in corso e su una ragionevole economia di scala, implicherebbe un ricorso all'energia elettrica di origine nucleare comprata all'estero.

Il quadro e' chiaro e il nostro Paese non puo' prendersi il lusso di "guardare" il nuovo corso energetico-ambientale che si imporra' nello sviluppo mondiale e che comprende (vedansi le recenti decisioni del Regno Unito, degli Stati Uniti e dei Paesi asiatici) un contributo apprezzabile dell'energia nucleare. Segnali positivi sono la politica dell'ENEL (acquisto di centrali nucleari in Slovacchia), l'accordo EDF-Edison, che permettera' all'Italia di entrare nella filiera del nuovo reattore europeo EPR. Ci si aspettano inoltre iniziative per una possibile collaborazione ai progetti dei reattori di IV generazione all'interno della collaborazione internazionale (Generation IV).

Cio' appare lodevole ma non risolverebbe il problema di una utilizzazione nazionale piu' consistente di energia elettronucleare comunque prodotta e consumata all'estero.

In conclusione appare chiaro che ogni politica energetica a livello mondiale, europeo e quindi anche nel nostro Paese, non puo' ne' potra' prescindere da una analisi obbiettiva e comparata delle possibilita' tecnico-economiche in gioco. La stessa questione ambientale non potra' essere affrontata seriamente e consapevolmente senza una base conoscitiva scientificamente corretta.

Il binomio energia-ambiente, che sara' la base delle strategie socio-politiche di questo secolo si trova di fronte ad una sfida epocale.

Posizioni ideologicamente preconcette e disinformazioni fuorvianti dovranno cedere il passo alle forze della ragione. La classe politica deve seriamente affrontare la questione.