Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia - A.C. 1441-ter-B - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 1441-TER-B/XVI   AC N. 1441-TER-A/XVI
AC N. 1441-TER/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 40    Progressivo: 3
Data: 06/06/2009
Descrittori:
ASSISTENZA E INCENTIVAZIONE ECONOMICA   IMPRESE
INNOVAZIONE TECNOLOGICA   RISPARMIO ENERGETICO
TUTELA DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI     
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo
Altri riferimenti:
AS N. 1195/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia

A.C. 1441-ter-B

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 40/3

 

 

 

6 Giugno 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Coordinamento: dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

§       La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

Per l’esame presso la Commissione X (Attività produttive) dell’A.C. 1441-ter-B, Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, sono stati predisposti i seguenti dossier:

§       n. 40/2: Elementi per l’istruttoria legislativa;

§       n. 40/3: Schede di lettura.

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: AP0015B.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articoli soppressi3

§      Articolo 1 (Disposizioni per l’operatività delle reti di imprese)5

§      Articolo 2 (Riforma degli interventi di reindustrializzazione, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione e altre forme di incentivi)17

§      Articolo 3 (Riordino del sistema degli incentivi, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione e altre forme di incentivi)34

§      Articolo 4 (Attuazione del capo II del regolamento (CE) n. 765/2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per la commercializzazione dei prodotti)47

§      Articolo 5 (Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese)51

§      Articolo 6, commi 1-3 (Semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese)56

§      Articolo 6, commi 4 e 5 (Semplificazione di alcune procedure in materia di assunzioni)58

§      Articolo 7 (Semplificazione e razionalizzazione della riscossione della tassa automobilistica per le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano)60

§      Articolo 8 (Modifiche in materia di ICI)63

§      Articolo 9 (Disciplina dei consorzi agrari)65

§      Articolo 10 (Società cooperative)72

§      Articolo 11 (Internazionalizzazione delle imprese)82

§      Articolo 12 (Commercio internazionale e incentivi per l’internazionalizzazione delle imprese)85

§      Articolo 13 (Fondi regionali con finalità di venture capital gestiti dalla SIMEST Spa)93

§      Articolo 14 (Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa)96

§      Articolo 15 (Tutela penale dei diritti di proprietà industriale)99

§      Articolo 16 (Destinazione di beni sequestrati o confiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater del codice penale)118

§      Articolo 17 (Contrasto della contraffazione)122

§      Articolo 18 (Azioni a tutela della qualità delle produzioni agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura e per il contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici)128

§      Articolo 19 (Proprietà industriale)136

§      Articolo 20 (Bollo virtuale)155

§      Articolo 21, commi 1 e 2 (Iniziative a favore dei consumatori e della trasparenza dei prezzi)157

§      Articolo 21, commi 3 e 4 (Durata dell’assicurazione)159

§      Articolo 22 (Introduzione dell’articolo 22-bis del codice del consumo, in materia di tutela dei consumatori contro la pubblicità ingannevole delle compagnie marittime)161

§      Articolo 23 (Modifica alla legge 24 dicembre 2007, n. 244)164

§      Articolo 24 (Iniziative a favore dei consumatori e dell’emittenza locale)167

§      Articolo 25 (Delega al Governo in materia nucleare)172

§      Articolo 26 (Energia nucleare)191

§      Articolo 27, commi 1-6 (Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)195

§      Articolo 27, commi 7 e 8 (Sogin Spa)206

§      Articolo 27, comma 9 (Piano straordinario per l’efficienza e il risparmio energetico)208

§      Articolo 27, commi 10 e 11 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di incentivi per impianti alimentati da fonti rinnovabili e di efficienza energetica)213

§      Articolo 27, comma 12 (Fondo di sviluppo delle isole minori)215

§      Articolo 27, comma 13 (Soggetti sottoposti alla vigilanza dell’AEEG)218

§      Articolo 27, commi 14-17 (Incentivazione delle fonti rinnovabili)221

§      Articolo 27, comma 18 (Procedura per l’installazione e l’esercizio delle unità di microcogenerazione e piccola cogenerazione)225


 

§      Articolo 27, commi 19-20 (Disposizioni per promuovere l’utilizzo di fonti rinnovabili)228

§      Articolo 27, comma 21 (Proroga di un anno del termine di entrata in esercizio degli impianti di cogenerazione)231

§      Articolo 27, commi 22 e 23 (Modifica alle normativa in materia di sicurezza e sviluppo del sistema elettrico nazionale)233

§      Articolo 27, comma 24 (Modifiche al Codice dei contratti pubblici, in materia di funzioni amministrative relative alla realizzazione e all'esercizio delle infrastrutture strategiche per l'approvvigionamento energetico)243

§      Articolo 27, comma 25 (Riconversione di impianti di produzione di energia elettrica)245

§      Articolo 27, commi 26 e 27 (Delega in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche)247

§      Articolo 27, comma 28 (Rifiuto regionale dell’intesa per il rilascio di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici)250

§      Articolo 27, commi 29-31 (Modifiche alla disciplina in materia di procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione)252

§      Articolo 27, commi 32 e 33 (Modifiche alla disciplina in materia di permesso di ricerca e concessione di coltivazione degli idrocarburi in terraferma)257

§      Articolo 27, commi 34 e 35 (Soppressione del Comitato centrale metrico)267

§      Articolo 27, comma 36 (Svolgimento di attività di analisi e statistiche nel settore dell'energia)269

§      Articolo 27, commi 37-39 (Disposizioni in materia di risorse geotermiche)271

§      Articolo 27, comma 40 (Realizzazione di impianti alimentati a biomasse e fotovoltaici)275

§      Articolo 27, comma 41 (Modifiche all’allegato IV alla Parte II del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152)277

§      Articolo 27, commi 42 e 43 (Disposizioni in materia di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili)279


 

§      Articolo 27, comma 44 (Coordinamento dei piani regionali degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani)282

§      Articolo 28 (Ridefinizione dei poteri dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas)284

§      Articolo 29 (Agenzia per la sicurezza nucleare)287

§      Articolo 30, commi 1-13 (Misure per l’efficienza del settore energetico)302

§      Articolo 30, comma 14 (Integrazione al codice ambientale)314

§      Articolo 30, comma 15 (Aggiornamento trimestrale del valore della componente del costo evitato di combustibile di cui al provvedimento CIP 6)315

§      Articolo 30, commi 16 e 17 (Semplificazione delle norme fiscali per impianti di microcogenerazione ad alto rendimento)319

§      Articolo 30, commi 18 e 19 (Servizi di interrompibilità)321

§      Articolo 30, comma 20 (Meccanismi per la risoluzione anticipata delle convenzioni CIP 6/92)324

§      Articolo 30, commi 21-25 (Contatori del gas)325

§      Articolo 30, comma 26 (Modifica del comma 1 dell’articolo 23-bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112)329

§      Articolo 30, comma 27 (Miglioramento della qualità del servizio elettrico ai clienti finali collegati, attraverso reti private con eventuale produzione interna, al sistema elettrico nazionale)333

§      Articolo 30, comma 28 (Avvio al consumo delle miscele diesel-biodiesel)335

§      Articolo 30, comma 29 (Accisa agevolata sul biodiesel)337

§      Articolo 31 (Semplificazione di procedure)338

§      Articolo 32 (Impulso alla realizzazione del mercato unico dell’energia elettrica attraverso lo sviluppo di interconnector con il coinvolgimento di clienti finali energivori)340

§      Articolo 33 (Reti interne di utenza)348

§      Articolo 34 (Misure per il risparmio energetico)354

§      Articolo 35 (Efficienza energetica degli edifici)357

§      Articolo 36 (Misure per lo sviluppo della programmazione negoziata)361


 

§      Articolo 37 (Istituzione dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ENEA)365

§      Articolo 38 (Promozione dell’innovazione nel settore energetico)368

§      Articolo 39 (Valorizzazione ambientale degli immobili militari e penitenziari)380

§      Articolo 40 (Elettrodotti aerei)387

§      Articolo 41 (Tutela giurisdizionale)388

§      Articolo 42 (Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare e altre disposizioni in materia di fonti per la produzione di energia elettrica)393

§      Articolo 43, commi 1 e 2 (Tassa automobilistica dei veicoli alimentati a GPL o a metano)405

§      Articolo 43, comma 3 (Agevolazioni per l’installazione di impianti a GPL e a metano)408

§      Articolo 44 (Diritto annuale per le imprese esercenti attività di distribuzione di carburanti)410

§      Articolo 45 (Istituzione del Fondo per la riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi)414

§      Articolo 46 (Progetti di innovazione industriale e misure per il riordino del sistema delle stazioni sperimentali per l’industria)417

§      Articolo 47 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza)425

§      Articolo 48 (Modifiche al decreto-legge n. 223 del 2006)430

§      Articolo 49 (Modifiche dell’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206)433

§      Articolo 50 (Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili)444

§      Articolo 51 (Misure per la conoscibilità dei prezzi dei carburanti)447

§      Articolo 52 (SACE Spa)449

§      Articolo 53 (Delega al Governo per la riforma della disciplina in materia di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura)453

§      Articolo 54 (Internazionalizzazione delle imprese e sostegno alla rete estera dell’Istituto nazionale per il commercio estero)459


 

§      Articolo 55 (Interpretazione autentica in materia di esercizio di autotrasporto in forma associata)462

§      Articolo 56 (Editoria)464

§      Articolo 57 (Distruzione delle armi chimiche)470

§      Articolo 58 (Requisiti per lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri  in ambito nazionale)472

§      Articolo 59 (Limitazioni ai servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale)477

§      Articolo 60 (Modifiche al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422)481

§      Articolo 61 (Ulteriori disposizioni in materia di trasporto pubblico locale)484

§      Articolo 62 (Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188)489

§      Articolo 63 (Ulteriori misure in materia di trasporti ferroviari)496

§      Articolo 64 (Disposizioni in materia di farmaci)498

 


Schede di lettura


 

Articoli soppressi

 

Il disegno di legge A.C. 1441-ter recante Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia[1], già approvato con modificazioni dalla Camera, è stato approvato dal Senato il 14 maggio 2009 (A.S. 1195). Nel corso dell’esame al Senato, il testo ha subito ulteriori interventi aggiuntivi e di modifica, giungendo alla Camera, in seconda lettura, arricchito di ulteriori 35 articoli, mentre gli interventi di modifica, più o meno incisivi, hanno riguardato 26 articoli.

Nelle schede di lettura sui singoli articoli dell’A.C. 1441-ter-B sono evidenziate le modificazioni e le integrazioni apportate dal Senato. Qui seguito si elencano invece gli interventi soppressivi riferiti ad interi articoli.

 

Il Senato ha dunque soppresso interamente i seguenti articoli (la numerazione è riferita al testo approvato dalla Camera in prima lettura, A.S. 1195):

§      articolo 19, che allo scopo di garantire il funzionamento dell’istituendo Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), destinava ai capitoli di bilancio già intestati - alla data dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 112 del 2008 - all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici le somme assegnate, nella misura stabilita nell'anno 2008, all'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, nonché all'Istituto nazionale per la fauna selvatica;

§      articolo 26, che prevedeva l'adeguamento degli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione, la cui capacità è limitata fino a 30 mc, alle disposizioni di prevenzione incendi di cui al titolo III della regola tecnica in materia di sicurezza antincendio, di cui all'allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, recante la disciplina per la sicurezza degli impianti di distribuzione stradale di G.P.L. per autotrazione;

§      articolo 29, volto a costituire l'Istituto per la promozione industriale in ente pubblico strumentale al Ministero dello sviluppo economico prevedendo conseguentemente un riordino del medesimo Istituto;

§      articolo 33, recante varie norme modificatrici della disciplina vigente in materia di provvidenze all’editoria, in particolare in tema di contributi alla stampa di partito, in tema di titolarità delle imprese editrici, in tema di procedure di erogazione dei contributi; in tema di presupposti delle sovvenzioni statali indirette.


 

Articolo 1
(Disposizioni per l’operatività delle reti di imprese)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 1
(Distretti produttivi e reti di imprese)

Articolo 1
(Disposizioni per l'operatività delle reti di imprese)

 

1. All'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modi­ficazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sono apportate le seguenti modifica­zioni:

 

     a) al comma 4-ter:

 

          1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:

 

              «a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale degli aderenti alla rete»;

 

          2) alla lettera b), dopo le parole: «l'indicazione» sono inserite le seguenti: «degli obiettivi strategici e» e dopo le parole: «della rete» sono aggiunte le se­guenti: «, che dimostrino il migliora­mento della capacità innovativa e della competitività sul mercato»;

 

          3) alla lettera c), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «. Al fondo pa­trimoniale di cui alla presente lettera si applicano, in quanto compatibili, le di­sposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile»;

 

          4) alla lettera d), dopo le parole: «del contratto» sono inserite le seguenti: «, le modalità di adesione di altre im­prese»;

 

          5) alla lettera e), la parola: «pro­gramma» è sostituita dalla seguente: «contratto» ed è aggiunto, in fine, il se­guente periodo: «. Salvo che sia diver­samente disposto nel contratto di rete, l'organo agisce in rappresentanza delle imprese, anche individuali, aderenti al contratto medesimo, nelle procedure di programmazione negoziata con le pub­bliche amministrazioni, nonché nelle procedure inerenti ad interventi di ga­ranzia per l'accesso al credito, all'utiliz­zazione di strumenti di promozione e tu­tela dei prodotti italiani ed allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innova­zione, previsti dall'ordinamento»;

 

     b) dopo il comma 4-ter sono inse­riti i seguenti:

 

«4-ter.1. Le disposizioni di attuazione della lettera e) del comma 4-ter per le procedure attinenti alle pubbliche ammi­nistrazioni sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per le pro­cedure inerenti a specifici ambiti di competenza ministeriale o a settori spe­cifici di operatività dei contratti di rete, il decreto è adottato di concerto anche con il Ministro competente per settore.

 

4-ter.2. Nelle forme previste dal comma 4-ter.1 si procede alla ricogni­zione di interventi agevolativi previsti dalle vigenti disposizioni applicabili alle imprese aderenti al contratto di rete, in­teressate dalle procedure di cui al comma 4-ter, lettera e), secondo pe­riodo. Restano ferme le competenze re­gionali per le procedure di rispettivo in­teresse»;

 

     c) al comma 4-quinquies, le parole: «lettera b)» sono sostituite dalle se­guenti: «lettere b), c) e d)» e sono ag­giunte, in fine, le seguenti parole: «, pre­via autorizzazione rilasciata con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'econo­mia e delle finanze, da adottare entro sei mesi dalla relativa richiesta».

1. L'articolo 6-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è sostituito dai seguenti:

2. L'articolo 6-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è abrogato.

«Art. 6-bis. - (Delega al Governo in ma­teria di configurazione giuridica delle reti di imprese). - 1. Al fine di agevolare la crea­zione di reti o aggregazioni di imprese, il Governo è delegato ad adottare, entro do­dici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Mi­nistro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della giustizia, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi recanti norme in materia di confi­gurazione giuridica delle reti di imprese. I decreti legislativi sono adottati nel rispetto della normativa comunitaria e dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

     a) definire le forme di coordinamento stabile di natura contrattuale tra imprese aventi distinti centri di imputazione sogget­tiva, idonee a costituire una rete di imprese in forma di gruppo paritetico o gerarchico;

 

     b) definire i requisiti di stabilità, di co­ordinamento e di direzione necessari al fine di riconoscere la rete di imprese;

 

     c) definire le condizioni, le modalità, i limiti e le tutele che assistono l'adozione dei vincoli contrattuali di cui alla lettera a);

 

     d) definire le modalità per il riconosci­mento internazionale delle reti di imprese e per l'utilizzo, da parte delle reti medesime, degli strumenti di promozione e di tutela dei prodotti italiani sui mercati internazionali;

 

     e) definire, anche con riguardo alle conseguenze di natura contabile e imposi­tiva e in materia di mercato del lavoro, il re­gime giuridico della rete di imprese, even­tualmente coordinando o modificando le norme vigenti in materia di gruppi e con­sorzi di imprese;

 

     f) con riferimento alle reti che com­prendono imprese aventi sede legale in Pa­esi diversi dall'Italia, prevedere una disci­plina delle reti transnazionali, eventual­mente distinguendo tra reti europee e reti internazionali;

 

     g) prevedere che ai contratti di cui alla lettera a) possano aderire anche im­prese sociali, nel rispetto della disciplina di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, nonché, seppure in posizione minorita­ria, enti senza scopo di lucro che non eser­citino attività di impresa;

 

     h) favorire la costituzione di fondi di garanzia per l'accesso al credito destinati alle reti di imprese costituite all'interno dei distretti come definite dall'articolo 6-bis.1;

 

     i) riordinare la legislazione fiscale vi­gente relativamente alle reti costituite al­l'interno dei distretti, come definite dall'arti­colo 6-bis.1, al fine di prevedere, a parità di gettito complessivo e senza oneri aggiuntivi per lo Stato, specifiche agevolazioni fiscali per favorire la capitalizzazione mediante l'applicazione di un'aliquota ridotta rispetto a quella ordinaria agli utili corrispondenti alla remunerazione ordinaria del capitale investito.

 

2. Il parere delle Commissioni parla­mentari di cui al comma 1 è reso entro due mesi dalla data di trasmissione del relativo schema, decorsi i quali il decreto legislativo può essere comunque emanato. Entro do­dici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposi­zioni integrative e correttive dei predetti de­creti, con le medesime procedure e nel ri­spetto degli stessi princìpi e criteri direttivi.

 

Art. 6-bis.1. - (Distretti produttivi e reti di imprese). - 1. Al fine di promuovere lo svi­luppo dei distretti produttivi, come indivi­duati dalle leggi regionali, attraverso azioni di rete che ne rafforzino le misure organiz­zative, l'integrazione per filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive anche appartenenti a regioni diverse, alle reti di imprese di cui all'articolo 6-bis collocate al­l'interno dei distretti si applicano le disposi­zioni previste dall'articolo 1, commi 366 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come da ultimo modificati dal presente articolo, ad eccezione delle norme concer­nenti i tributi dovuti agli enti locali.

 

2. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) al comma 366, dopo le parole: "Mi­nistro per l'innovazione e le tecnologie," sono inserite le seguenti: "previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni in­teressate,";

 

     b) al comma 368, lettera a), i numeri da 1) a 15) sono sostituiti dai seguenti:

 

          "1) al fine della razionalizzazione e della riduzione degli oneri legati alle ri­sorse umane e finanziarie conseguenti al­l'effettuazione degli adempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto, con regola­mento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Confe­renza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate, sono disciplinate, per le imprese apparte­nenti ai distretti di cui al comma 366 del presente articolo, apposite semplificazioni contabili e procedurali, nel rispetto della di­sciplina comunitaria, e in particolare della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006;

 

          2) rimane ferma per le regioni e per gli enti locali, secondo i propri ordina­menti, la facoltà di stabilire procedure am­ministrative semplificate per l'applicazione di tributi propri";

 

     c) al comma 368, lettera b):

 

          1) al numero 1), ultimo periodo, dopo le parole: "Ministro per la funzione pubblica," sono inserite le seguenti: "previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate,";

 

          2) al numero 2), ultimo periodo, dopo le parole: "Ministro dell'economia e delle finanze" sono inserite le seguenti: ", previa intesa con la Conferenza perma­nente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bol­zano, sentite le regioni interessate,".

 

3. Al comma 3 dell'articolo 23 del de­creto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, le parole: "anche avvalendosi delle strutture tecnico-organiz­zative dei consorzi di sviluppo industriale di cui all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317" sono soppresse.

 

4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

 

 

 

L’articolo 1 è stato interamente riscritto durante l’esame al Senato.

Il comma 1 modifica ed integra l’articolo 3, relativo ai distretti produttivi e alle reti di imprese, del decreto-legge n. 5/2009[2].

Il punto a) del comma 1 interviene sul comma 4-ter dell’articolo 3.

Si ricorda che il comma 4-ter, nel testo attualmente vigente, definisce il contratto di rete, con il quale due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Tale contratto è redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, e deve indicare:

a)  la denominazione sociale delle imprese aderenti alla rete;

b)  l’indicazione delle attività comuni poste a base della rete;

c)  l’individuazione di un programma di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascuna impresa partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune da perseguirsi attraverso l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, in relazione al quale sono stabiliti i criteri di valutazione dei conferimenti che ciascun contraente si obbliga ad eseguire per la sua costituzione e le relative modalità di gestione, ovvero mediante ricorso alla costituzione da parte di ciascun contraente di un patrimonio destinato all’affare, ai sensi dell’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile;

d)  a durata del contratto e le relative ipotesi di recesso;

e)  l’organo comune incaricato di eseguire il programma di rete, i suoi poteri, anche di rappresentanza, e le modalità di partecipazione di ogni impresa all’attività dell’organo.

La norma in esame apporta le seguenti modificazioni al comma 4-ter:

§      la nuova lettera a) diventa: «a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale degli aderenti alla rete»;

§      la nuova lettera b) diventa: «b) l’indicazione degli obiettivi strategici e delle attività comuni poste a base della rete, che dimostrino il miglioramento della capacità innovativa e della competitività sul mercato»;

§      la lettera c) è integrata con la previsione che al fondo patrimoniale previsto si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni sul fondo consortile di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile; quindi:

§      non sarà possibile chiedere la divisione del fondo per la durata del contratto di rete e i creditori della singola impresa non potranno var valere il proprio diritto sul fondo;

§      per le obbligazioni assunte in nome del fondo patrimoniale dalle persone che ne hanno la rappresentanza, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo;

§      per le obbligazioni assunte dall’organo comune (del programma di rete) per conto delle singole imprese, queste ultime rispondono solidalmente col fondo consortile. In caso di insolvenza nei rapporti tra le imprese il debito dell'insolvente si ripartisce tra tutti in proporzione delle quote.

§         la nuova lettera d) diventa: « la durata del contratto, le modalità di adesione di altre imprese e le relative ipotesi di recesso» ;

§      alla lettera e), viene specificato che l’organo comune incaricato di eseguire il contratto di rete, salvo che sia diversamente disposto nel contratto, agisce in rappresentanza delle imprese, anche individuali, aderenti al contratto medesimo, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nonché nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito, all’utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti italiani ed allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione, previsti dall’ordinamento.

Il punto b) inserisce due nuovi commi dopo il 4-ter.

Il comma 4-ter.1 riguarda le disposizioni di attuazione della lettera e) del comma 4-ter, e prevede che le procedure attinenti alle pubbliche amministrazioni siano adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e per le procedure inerenti a specifici ambiti di competenza ministeriale o a settori specifici di operatività dei contratti di rete il decreto sia adottato di concerto anche con il Ministro competente per settore.

Il comma 4-ter.2 dispone la ricognizione di interventi agevolativi previsti dalle vigenti disposizioni applicabili alle imprese aderenti al contratto di rete, interessate dalle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nonché nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito.

 

Il punto c) integra il comma 4-quinquies.

Il richiamato comma 4-quinquies, nel testo attualmente vigente, prevede l’applicazione alle reti delle imprese delle disposizioni amministrative previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria per il 2006 (articolo 1, comma 368, lettera b), della legge 23 dicembre 2005, n. 266).

La norma in esame introduce l’applicazione alle reti delle imprese, oltre che delle disposizioni amministrative, anche delle disposizioni finanziarie e di ricerca e sviluppo previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria per il 2006 (rispettivamente: articolo 1, comma 368, lettere c) e d) della citata legge n. 266 del 2005).

Nella nuova formulazione, tuttavia, l’applicazione risulta subordinata all’autorizzazione rilasciata con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro sei mesi dalla relativa richiesta.

 

Si ricorda che il comma 368 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 ha recato numerose disposizioni per i distretti produttivi.

In particolare, la lettera c) del comma 368 ha individuato una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti; si tratta, in particolare, di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere il contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto.

A tale proposito, si dispongono forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società. A questo fine, la finanziaria 2006 aveva previsto che (numero 1)) con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle attività produttive e la CONSOB, fossero individuate le semplificazioni applicabili rispetto alla disciplina contenuta nella legge 30 aprile 1999, n. 130 in tema di cartolarizzazione dei crediti. Si demandava allo stesso regolamento, ai sensi del numero 2), di stabilire le condizioni e le garanzie - a favore dei soggetti cedenti i crediti di cui al numero 1) - in presenza delle quali tutto o parte del ricavato dell'emissione dei titoli possa essere destinato al finanziamento delle iniziative dei distretti e delle imprese dei distretti già beneficiarie dei crediti che sono stati oggetto di cessione. L’operazione comporta per i soggetti già beneficiari dei crediti ceduti la possibilità di ricevere ulteriore credito, da parte della società cessionaria, mediante destinazione del ricavato dell’emissione dei titoli il cui rimborso dovrebbe avvenire con le somme da essi medesimi corrisposte in qualità di debitori ceduti. Il numero 3) ha esteso le disposizioni relative alle obbligazioni bancarie garantite, disciplinate dall’articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, anche ai crediti delle banche nei confronti delle imprese facenti parte dei distretti.

Per le banche e gli altri intermediari concedenti crediti ai distretti o alle imprese facenti parte dei distretti e che non procedono alla loro cartolarizzazione o all’emissione di obbligazioni bancarie garantite, il numero 4) prevede la facoltà di effettuare accantonamenti ulteriori (rispetto a quelli già previsti dalle norme vigenti) alle condizioni che saranno stabilite dal predetto regolamento. Infine il numero 5), allo scopo di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, con particolare riguardo ai progetti di sviluppo e innovazione, affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di adottare o proporre misure volte a:

a)      assicurare che la garanzia che prestano i consorzi collettivi di garanzia dei fidi (confidi) sia riconosciuta come strumento idoneo per l'attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, previsti nel nuovo accordo di Basilea[3];

b)      favorire il rafforzamento patrimoniale e l'operatività dei confidi; i fondi di garanzia interconsortile[4] possono essere destinati anche alla prestazione di servizi ai confidi soci, per l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia;

c)      facilitare la costituzione di agenzie esterne di valutazione del merito di credito dei distretti e delle imprese che ne fanno parte, a beneficio delle imprese stesse e delle banche che applicano il metodo normalizzato di calcolo dei requisiti previsto nel nuovo accordo di Basilea;

d)      favorire la costituzione, da parte dei distretti, di fondi d’investimento in capitale di rischio delle imprese che ne fanno parte; a tali fondi potranno conferire il loro apporto soggetti sia pubblici, sia privati.

 

La lettera d) istituisce l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione[5], che promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo e stipula convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità.

 

Il comma 2 provvede all’abrogazione dell'articolo 6-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112[6], che dettava un'unica disciplina per distretti produttivi e reti di imprese.

Si ricorda che l‘articolo 6-bis, abrogato dalla norma in esame, modificava in più parti la disciplina suidistretti produttivi introdotta dall’articolo 1, commi 366 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), eliminando, in particolare, le disposizioni relative al consolidamento fiscale ed alla tassazione unitaria per le imprese appartenenti ai distretti produttivi, che venivano sostituite da norme di semplificazione ai fini degli adempimenti IVA. Inoltre, estendeva la normativa sui distretti produttivi come modificata alle reti delle imprese (di livello nazionale), nonché alle catene di fornitura (comma 2). Il medesimo articolo, al comma 1, demandava la definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazionedelle reti delle imprese e delle catene di fornitura ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni. Inoltre, il comma 4 dell’articolo 6-bis aveva soppresso le disposizioni del comma 3, art. 23, del D.Lgs. 112/1998 – aggiunte dal comma 370 della legge 266/2005 - che affidano lo svolgimento delle funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, anche alle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317.

Si consideri tuttavia che le disposizioni relative ai distretti produttivi sono state recentemente ulteriormente modificate dall’articolo 3 del DL 5/2009, che ha in sostanza determinato il superamento di alcune scelte normative effettuate con il menzionato articolo 6-bis.

Difatti, l’articolo 3 del DL 5/2009 ha modificato la disciplina fiscale dei distretti produttivi, estesa anche alle reti di imprese e alle catene di fornitura, reintroducendo il regime fiscale previsto dalla legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005)[7].

In particolare il comma 2 modifica la disciplina tributaria dei distretti produttivi prevedendo la facoltà, per questi ultimi, di optare per il regime della tassazione consolidata di distretto ovvero per la tassazione preventiva concordata triennale. Nel primo caso la base imponibile è determinata dalla somma algebrica dei redditi delle singole imprese aderenti al distretto. In caso di concordato preventivo, che può essere attribuito in capo al distretto o in capo a ciascuna impresa, la base imponibile è determinata dall’Agenzia delle entrate ovvero dagli enti locali interessati, previa consultazione delle categorie interessate e degli organismi rappresentativi dei distretti.

Inoltre, il comma 3 dispone che lo svolgimento delle funzioni di assistenza alle imprese esercitate dai Comuni prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte anche avvalendosi di strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 25 giugno 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Una corsia preferenziale per la piccola impresa” – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno ”Small Business Act” per l’Europa) (COM(2008)394), per consentire alle piccole e medie imprese europee (PMI) di valorizzare pienamente le loro potenzialità in termini di crescita sostenibile nel lungo periodo e di creazione di un maggior numero i posti di lavoro.

Lo Small Business act, propone, tra le altre cose, che la Commissione, consultandosi con gli Stati membri, elabori strategie di raggruppamento (cluster, cui può ricondursi l’esperienza italiana dei distretti) che includeranno iniziative tese alla cooperazione transnazionale di cluster, ad agevolare l’accesso dei cluster ai nuovi mercati e all’adozione di misure per ampliare la partecipazione delle PMI ai cluster innovativi.

Il piano d’azione per uno “Small Business Act” ha ricevuto il sostegno del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008 e del Parlamento europeo che il 10 marzo 2009 ha approvato una risoluzione con laquale appoggia la comunicazione della Commissione.

Il 17 ottobre 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Verso cluster competitivi di livello mondiale nell’UE: attuazione di una ampia strategia dell’innovazione” (COM(2008) 652), al fine di creare un quadro di riferimento per un sostegno efficace ai cluster nell’UE. Il cluster viene definito come un gruppo di imprese, di operatori economici collegati e di istituzioni geograficamente vicine e che ha raggiunto una scala sufficiente per sviluppare perizie, servizi, risorse, fornitori e competenze specializzate.

Il Consiglio competitività del 1° e 2 dicembre 2008 ha adottato conclusioni nelle quali, accogliendo favorevolmente l’iniziativa della Commissione, ribadisce l’importanza che i cluster rivestono per le piccole e medie imprese, in particolare per quelle innovatrici; auspica lo sviluppo della cooperazione tra cluster a livello europeo; ritiene che le politiche europee vadano orientate verso l’eccellenza e che sia favorito l’emergere di cluster di livello mondiale.

 


 

Articolo 2
(Riforma degli interventi di reindustrializzazione, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione
e altre forme di incentivi)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 2
(Riforma degli interventi di reindustrializza­zione, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione e altre forme di incentivi)

Articolo 2
(Riforma degli interventi di reindustrializza­zione, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione e altre forme di incentivi)

1. Al fine di assicurare l'efficacia e la tempestività delle iniziative di reindustrializ­zazione nelle aree o distretti in situazione di crisi industriale, nei casi di situazioni com­plesse nonché con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, nei quali si richieda l'attività integrata e coordinata di regioni, enti locali e altri soggetti pubblici e privati e di amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, ovvero la con­fluenza di risorse finanziarie da bilanci di istituzioni diverse e l'armonizzazione dei procedimenti amministrativi, l'iniziativa è di­sciplinata da appositi accordi di programma, promossi anche ai sensi delle vigenti dispo­sizioni in materia.

1. Identico.

2. L'accordo di programma è l'atto di re­golamentazione concordata con il quale sono regolati il coordinamento delle azioni di rispettiva competenza dei soggetti sotto­scrittori, le modalità di esecuzione degli in­terventi da parte di ciascuna amministra­zione partecipante, il controllo dell'attua­zione di essi, la verifica del rispetto delle condizioni fissate, l'individuazione di even­tuali ritardi o inadempienze, l'eventuale re­voca totale o parziale del finanziamento e l'attivazione di procedure sostitutive, le mo­dalità di promozione del reimpiego delle ri­sorse di lavoro rimaste inoccupate. Con ri­ferimento alla specifica iniziativa e nei limiti delle potestà proprie delle istituzioni parte­cipanti, fermo restando quanto stabilito al comma 9, l'accordo di programma costitui­sce fonte che regolamenta gli interventi e gli adempimenti previsti.

2. L'accordo di programma è l'atto di re­golamentazione concordata con il quale sono regolati il coordinamento delle azioni di rispettiva competenza dei soggetti sotto­scrittori, le modalità di esecuzione degli in­terventi da parte di ciascuna amministra­zione partecipante, il controllo dell'attua­zione di essi, la verifica del rispetto delle condizioni fissate, l'individuazione di even­tuali ritardi o inadempienze, l'eventuale re­voca totale o parziale del finanziamento e l'attivazione di procedure sostitutive, le mo­dalità di promozione del reimpiego delle ri­sorse di lavoro rimaste inoccupate. Con ri­ferimento alla specifica iniziativa e nei limiti delle potestà proprie delle istituzioni parte­cipanti, fermo restando quanto stabilito al comma 10, l'accordo di programma costi­tuisce fonte che regolamenta gli interventi e gli adempimenti previsti.

3. All'attuazione degli interventi di age­volazione degli investimenti produttivi nelle aree o distretti in situazione di crisi, nel ri­spetto della normativa comunitaria in mate­ria di aiuti di Stato, provvede, secondo le direttive emanate dal Ministro dello sviluppo economico ai sensi del comma 9, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, di seguito de­nominata «Agenzia», mediante l'applica­zione del regime di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181.

3. All'attuazione degli interventi di age­volazione degli investimenti produttivi nelle aree o distretti in situazione di crisi, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, provvede, secondo le direttive emanate dal Ministro dello svi­luppo economico ai sensi del comma 10, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli in­vestimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, di seguito denominata «Agenzia», mediante l'applicazione del regime di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181.

4. Gli accordi di programma di cui al comma 1 devono prevedere, tra l'altro, in­terventi al fine di promuovere iniziative di riqualificazione delle aree interessate da complesse situazioni di crisi con impatti si­gnificativi per la politica industriale nazio­nale, con particolare riferimento agli inter­venti da realizzare nei territori ricadenti nelle aree individuate nell'ambito dell'obiet­tivo convergenza di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006.

4. Identico.

5. La concessione di finanziamenti age­volati mediante contributo in conto interessi per l'incentivazione degli investimenti di cui al decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, è applicabile in tutto il territorio nazionale, fatte salve le soglie di intervento stabilite dalla disciplina comunita­ria per i singoli territori, nei limiti degli stan­ziamenti disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

5. Identico.

6. Nell'ambito degli accordi di pro­gramma si provvede, d'intesa, ove possi­bile, con enti e organismi locali competenti, alla realizzazione di interventi di infrastruttu­razione e di ristrutturazione economica di aree o distretti industriali dismessi da desti­nare ai nuovi investimenti produttivi.

6. Identico.

7. All'individuazione delle aree o dei di­stretti in situazione di crisi in cui realizzare gli interventi di cui al presente articolo, per i quali si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo econo­mico 3 dicembre 2007, n. 747, provvede, con proprio decreto, il Ministro dello svi­luppo economico, sentito il Ministro del la­voro, della salute e delle politiche sociali. Le disposizioni vigenti che prevedono modalità di individuazione di aree o distretti in situa­zione di crisi industriale diverse da quella prevista dal presente comma sono abro­gate.

7. All'individuazione delle aree o dei di­stretti in situazione di crisi in cui realizzare gli interventi di cui al presente articolo, per i quali si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo econo­mico 3 dicembre 2007, n. 747, provvede, con proprio decreto, il Ministro dello sviluppo economico, sentiti il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche so­ciali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le pro­vince autonome di Trento e di Bolzano. Le disposizioni vigenti che prevedono mo­dalità di individuazione di aree o distretti in situazione di crisi industriale diverse da quella prevista dal presente comma sono abrogate.

 

8. Il Ministro dello sviluppo econo­mico, nell'individuare, ai sensi del comma 7, le aree o i distretti in situazioni di crisi dà priorità ai siti che ricadono nelle aree individuate nell'ambito dell'o­biettivo convergenza di cui al regola­mento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006.

8. Il coordinamento dell'attuazione del­l'accordo di programma di cui al comma 2 è assicurato dal Ministero dello sviluppo eco­nomico, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. A tal fine il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi dell'Agenzia.

9. Identico.

9. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da ema­nare entro sessanta giorni dalla data di en­trata in vigore della presente legge, defini­sce le modalità di attuazione degli interventi di cui al comma 3 e impartisce le direttive all'Agenzia al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica e nei li­miti delle risorse umane, finanziarie e stru­mentali disponibili a legislazione vigente.

10. Identico.

10. All'attuazione dei seguenti accordi di programma, eventualmente integrati ai fini della coerenza con le disposizioni di cui al presente articolo, si provvede a valere sulle risorse finanziarie disponibili presso l'Agen­zia: accordo di programma sottoscritto il 26 luglio 2006 tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione Sardegna, il Con­sorzio ASI di Ottana e la società Nuoro Servizi Srl, per il riordino delle infrastrutture e dei servizi nell'area di crisi di Ottana, nella misura di 7 milioni di euro alla re­gione Sardegna; accordo di programma per la crisi industriale in Riva presso Chieri, sottoscritto il 10 luglio 2005 tra il mede­simo Ministero, la regione Piemonte, le province di Torino e di Asti, i comuni di Riva presso Chieri e di Chieri, nella mi­sura di 5 milioni di euro alla regione Piemonte; accordo di programma per la crisi industriale nell'area di crisi di Acerra, nella misura di 8 milioni di euro alla re­gione Campania per gli interventi integra­tivi, anche infrastrutturali, nell'ambito dell'i­niziativa di reindustrializzazione di cui all'ar­ticolo 11, comma 8, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, a sostegno degli investimenti di piccole e medie imprese che si insediano nelle aree o distretti industriali resi disponibili dalla di­smissione delle imprese in crisi.

11. All'attuazione dei seguenti accordi di programma, eventualmente integrati ai fini della coerenza con le disposizioni di cui al presente articolo, si provvede a valere sulle risorse finanziarie disponibili presso l'Agen­zia: accordo di programma sottoscritto il 26 settembre 2007 per il riordino delle infra­strutture e dei servizi nell'area di crisi di Ottana; accordo di programma per la crisi industriale in Riva presso Chieri, sottoscritto il 10 luglio 2005; accordo di programma per la crisi industriale nell'area di crisi di Acerra, sottoscritto il 15 luglio 2005 e succes­sive integrazioni, per gli interventi integra­tivi, anche infrastrutturali, nell'ambito delle iniziative di reindustrializzazione ivi previ­ste; accordo di programma sottoscritto il 1° aprile 2008 per la reindustrializzazione dell'area di crisi industriale di Caserta; accordo di programma sottoscritto il 1° aprile 2008 per l'attuazione degli inter­venti nell'area di crisi industriale ad ele­vata specializzazione nel settore tessile - abbigliamento - calzaturiero del PIT n. 9 - territorio salentino-leccese.

11. Le risorse di cui all'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, sono priorita­riamente destinate agli interventi individuati dal Ministro dello sviluppo economico in relazione alle seguenti aree o distretti di in­tervento:

12. Le risorse di cui all'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 8 del de­creto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, subordinatamente alla verifica, da parte del Ministero dell'eco­nomia e delle finanze, della provenienza delle stesse risorse, fermo restando il limite degli effetti stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, ai sensi del comma 556 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono destinate agli interventi individuati dal Ministero dello sviluppo economico in rela­zione alle seguenti aree o distretti di inter­vento:

     a) dell'internazionalizzazione, con par­ticolare riguardo all'operatività degli sportelli unici all'estero e all'attivazione di misure per lo sviluppo del «Made in Italy», per il rafforzamento del piano promozionale dell'Istituto nazionale per il commercio estero e per il sostegno delle esportazioni da parte di enti, consorzi e camere di com­mercio, industria, artigianato e agricoltura all'estero;

     a) identica;

     b) degli incentivi, per l'attivazione di nuovi contratti di sviluppo, di iniziative rea­lizzate in collaborazione tra enti pubblici di ricerca, università e privati, nonché di altri interventi di incentivazione a sostegno delle attività imprenditoriali, comprese le iniziative produttive a gestione prevalentemente femminile, anche in forma cooperativa;

     b) identica;

     c) dei progetti di innovazione indu­striale di cui all'articolo 1, comma 842, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e succes­sive modificazioni;

     c) identica;

     d) degli interventi nel settore delle co­municazioni, con particolare riferimento a esigenze connesse con lo svolgimento del vertice tra gli otto maggiori Paesi industria­lizzati (G8) da tenere in Italia nel 2009;

     d) identica;

 

     e) degli incentivi per la riorganizza­zione dei processi produttivi dei sistemi di impresa nei distretti industriali, garan­tendo parità di accesso alle piccole e medie imprese e ai loro consorzi;

     e) del sostegno al riutilizzo di aree industriali destinate al progressivo degrado per le quali sia già stato predisposto un nuovo progetto di investimento industriale finalizzato contemporaneamente all'interna­zionalizzazione dei prodotti, alla ricerca scientifica e alla massima attenzione per la tutela dell'ambiente.

     f) del sostegno alle aree industriali de­stinate alla progressiva dismissione e per le quali sia già stato predisposto un nuovo progetto di investimento finalizzato contemporaneamente: all'internazionalizza­zione dei prodotti; alla ricerca e allo svi­luppo per l'innovazione del prodotto e di processo realizzati in collaborazione con università o enti pubblici di ricerca; al­l'integrazione delle attività economiche con le esigenze di massima tutela del­l'ambiente e di risparmio energetico;

 

     g) dell'accrescimento della competi­tività, con particolare riferimento alle iniziative per la valorizzazione dello stile e della produzione italiana soste­nute dal Ministero dello sviluppo eco­nomico;

 

     h) del sostegno, riqualificazione e reindustrializzazione dei sistemi produttivi locali delle armi di Brescia e dei sistemi di illuminazione del Veneto mediante la definizione di accordi di pro­gramma ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, fino al limite di 2 mi­lioni di euro per ciascuno dei due di­stretti indicati.

12. Allo scopo di assicurare lo sviluppo dei progetti di innovazione industriale a fa­vore della crescita e della competitività del sistema produttivo, nel rispetto degli obiet­tivi della Strategia di Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, in ag­giunta alle aree tecnologiche di cui alla let­tera c) del comma 11, sono individuate quelle relative alla tecnologia dell'informa­zione e della comunicazione, all'industria aerospaziale e all'ambiente.

13. Allo scopo di assicurare lo sviluppo dei progetti di innovazione industriale a fa­vore della crescita e della competitività del sistema produttivo, nel rispetto degli obiettivi della Strategia di Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, in ag­giunta alle aree tecnologiche di cui alla let­tera c) del comma 12, sono individuate quelle relative alla tecnologia dell'informa­zione e della comunicazione, all'industria aerospaziale, all'osservazione della terra e all'ambiente.

13. Gli interventi di cui al comma 11 sono realizzati a valere direttamente sulle risorse disponibili come accertate con decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 febbraio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2008.

Soppresso

 

 

L'articolo 2, che reca disposizioni in materia di riforma degli interventi di reindustrializzazione, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione e altre forme di incentivi, ha subito numerose modifiche durante l’iter al Senato, intervenute soprattutto sugli ultimi commi.

Il comma 1, non modificato al Senato, precisa che le iniziative di reindustrializzazione delle aree o distretti di crisi industriale sono disciplinate da appositi accordi di programma, promossi anche ai sensi della legislazione vigente in materia, nei casi di situazioni complesse nonché con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, nei quali si richieda l'attività integrata e coordinata di regioni, enti locali ed altri soggetti pubblici e privati e amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, ovvero la confluenza di risorse finanziarie da bilanci di istituzioni diverse e l'armonizzazione dei procedimenti amministrativi.

Per quel che concerne la disciplina in materia di reindustrializzazione, si ricorda che il decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120[8], convertito con modificazioni dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, agli artt. 5-8, ha previsto la realizzazione di un programma speciale di reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica, attuato dalle aziende del gruppo IRI e specificamente rivolto alle zone di Napoli, Taranto, Genova e Terni (aree prioritarie), nonché un programma di promozione industriale esteso anche ad altre aree di crisi siderurgica (Massa, Piombino, Trieste, Lovere, Villadossola), predisposto dalla SPI, Società di promozione imprenditoriale controllata dall’IRI, poi confluita in Sviluppo Italia S.p.A (ora Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.), e relativo ad iniziative imprenditoriali nei settori dell'industria e dei servizi, con particolare riferimento a quelle da realizzare in collaborazione con imprenditori privati e con cooperative o loro consorzi.

La legge finanziaria 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 73, comma 1), ha poi previsto la possibilità di estendere le misure del decreto-legge n. 120 del 1989 anche ad aree diverse da quelle individuate dallo stesso decreto-legge, nonché alle aree industriali comprese nei territori per i quali fosse stato dichiarato o prorogato lo stato di emergenza con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Con l'art. 1, comma 265, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) le misure del decreto-legge n. 120 sono state estese anche ai territori dei comuni di Arese, Rho, Garbagnate Milanese e Lainate (limitatamente, tuttavia, alle aree individuate nell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo), nonché al comune di Marcianise (Caserta) e al distretto di Brindisi, mentre con il successivo comma 266 l’attuazione del programma di reindustrializzazione è stata affidata a Sviluppo Italia S.p.a., in accordo con le rispettive regioni. Lo stesso comma ha individuato ulteriori tipologie di interventi da ricomprendere nel programma. Si tratta di interventi di acquisizione, bonifica e infrastrutturazione di aree industriali dismesse.

Il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35[9], convertito con modificazioni con la legge 14 maggio 2005, n. 80, all’art. 11, comma 8, ha disposto, al fine di “concorrere alla soluzione dellecrisi industriali”, un ulteriore ampliamento della platea dei soggetti destinatari degli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale di cui al decreto legge n. 120 del 1989, prevedendo in particolare che questi fossero estesi anche alle aziende operanti in aree di crisi del comparto degli elettrodomestici, nonché al territorio dei comuni individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tenuto conto degli accordi intervenuti fra Governo, enti territoriali e parti economiche e sociali. Per la realizzazione di tali interventi è stato concesso un contributo straordinario pari a 50 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006, 85 milioni di euro per il 2007 e 65 milioni di euro per il 2008, ed è stata altresì assegnata una specifica priorità agli interventi cofinanziati dalle regioni e dagli enti locali, anche per il tramite di società o enti strumentali, tenuto conto della quota di cofinanziamento.

Da ultimo la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) al comma 30, art. 1, ha autorizzato, limitatamente all’anno 2006, una spesa di 20 milioni di euro, destinata alla prosecuzione degli interventi consentiti dal decreto legge n. 120 del 1989, al fine di concorrere alla soluzione di crisi industriali. La definizione delle relative modalità è stata demandata ad un decreto del Ministro delle attività produttive (ora: dello sviluppo economico), per la cui emanazione si richiede il concerto con i Ministri del lavoro e dell’economia.

 

Con il comma 2,non modificato al Senato, l'accordo di programma viene definito come l'atto di regolamentazione concordata con il quale sono regolati il coordinamento delle azioni di rispettiva competenza dei soggetti sottoscrittori, le modalità di esecuzione degli interventi da parte di ciascuna amministrazione partecipante, il controllo dell'attuazione di essi, la verifica del rispetto delle condizioni fissate, l'individuazione di eventuali ritardi o inadempienze, l'eventuale revoca del finanziamento totale o parziale e l'attivazione di procedure sostitutive, le modalità di promozione del reimpiego delle risorse di lavoro rimaste inoccupate. Con riferimento alla specifica iniziativa e nei limiti delle potestà proprie delle istituzioni partecipanti, sempre secondo il comma 2, l'accordo di programma costituisce fonte regolamentare per gli interventi e gli adempimenti previsti.

L’accordo di programma, introdotto dall'art. 27 della legge 8 giugno 1990 n. 142[10] e ora disciplinato dall'art. 34 del D.Lgs. 267/2000[11], è un atto mediante il quale diversi enti pubblici (regioni, province, comuni, amministrazioni statali) coordinano le loro attività future per la realizzazione di opere pubbliche e infrastrutture, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di due o più tra i soggetti predetti. Il procedimento per la conclusione dell'accordo è promosso, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, dall'ente territoriale cui spetta in modo prevalente la competenza per la realizzazione delle opere, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. L’accordo è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. Se comporta la partecipazione di più regioni deve essere promosso dalla Presidenza del consiglio dei ministri.

 

I commi 3, 9 e 10 (non modificati dal Senato) individuano i soggetti istituzionali ai quali è affidata l'attuazione degli interventi di agevolazione degli investimenti produttivi nelle aree o distretti di crisi, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, nonché il coordinamento degli accordi di programma. In particolare, ai sensi del comma 3 l'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A, provvede all'attuazione degli interventi di agevolazione degli investimenti produttivi nelle aree o distretti di crisi, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di stato, mediante l'applicazione del regime di cui al decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, e successive modificazioni ed integrazioni.

Per quanto riguarda la disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato, è noto che gli art. 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea definiscono incompatibili con il mercato comune gli aiuti concessi dagli Stati che favorendo talune imprese o talune produzioni, producano effetti distorsivi della concorrenza. Sono pertanto di norma vietati dalla disciplina comunitaria gli aiuti di Stato attuati mediante trasferimento a vario titolo di risorse pubbliche alle imprese o a comparti produttivi che determinino un vantaggio economico per i destinatari che non avrebbe potuto essere conseguito nel corso della loro normale attività, tale da produrre effetti potenziali sulla concorrenza e sugli scambi commerciali tra gli Stati membri.

La disciplina comunitaria in materia di aiuti statali alle imprese contempla numerose deroghe: in particolare, l'art. 87, par. 2 del Trattato considera compatibili gli aiuti volti a contrastare i danni determinati da calamità naturali o da altri eventi eccezionali, nonché gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori e l'art. 87, par. 3 elenca i casi in cui compete alla Commissione europea, previa notifica da parte dello Stato membro delle misure di aiuto, di decidere la compatibilità dell'aiuto medesimo con il mercato comune e concedere la relativa autorizzazione, in deroga al divieto generale. Tali casi riguardano:

-        gli aiuti di Stato a finalità regionale, cioè quelle misure volte a far fronte a difficoltà strutturali delle regioni svantaggiate rispetto alla media europea, ove il tenore di vita è anormalmente basso (le c.d. regioni obiettivo 1), o ad agevolare lo sviluppo di regioni economiche sfavorite rispetto alla media nazionale (le c.d. regioni obiettivo 2), sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;

-        gli aiuti orizzontali o intersettoriali, finalizzati a far fronte a difficoltà che possono emergere in qualunque settore dell’attività economica ed in ogni regione;

-        gli aiuti in regime de minimis. Tale regime, introdotto dalla Commissione con finalità di semplificazione, stabilisce che, al di sotto di una determinata soglia quantitativa, gli aiuti possano essere erogati alle imprese senza che l’ente erogatore notifichi lo strumento alla Commissione Europea(notifica altrimenti obbligatoria). Fino al 1996 il limite del "de minimis" era quantificato in 50.000 ECU; a partire dal marzo 1996 (GUCE C 68) l’importo massimo erogabile in regime di de minimis è stato elevato a 100.000 ECU (ora Euro); a seguito dell'approvazione da parte della Commissione europea del Regolamento 1998/2006, pubblicato sulla GUCE n. L379 del 28 dicembre 2006, dal 1° gennaio 2007, e fino al 31 dicembre 2013, il limite del de minimis è elevato a 200.000 euro. Non cambia invece il massimale di de minimis, che continua riferirsi al totale delle agevolazioni, in qualsiasi forma, ottenute dall’impresa in un periodo di tre anni.

I criteri dettati dalla Commissione per la valutazione delle varie categorie di aiuti, in sede di controllo della compatibilità o meno con il mercato comune, sono contenuti in normative specifiche che prendono la forma di "orientamenti", "discipline", "comunicazioni".

Ai sensi del regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio del 7 maggio 1998, la Commissione può inoltre dichiarare compatibili con il mercato comune e non soggette all'obbligo di notifica di cui all'articolo 93, paragrafo 3 del trattato, gli aiuti a favore delle piccole e medie imprese, della ricerca e dello sviluppo, della tutela dell'ambiente, dell'occupazione e della formazione, nonché gli aiuti che rispettano la mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l'erogazione degli aiuti a finalità regionale.

Relativamente alla disciplina degli aiuti di Stato si ricorda che con la Comunicazione della Commissione 2006/C 54/08 sono stati definiti i nuovi “Orientamenti in materia di aiuti a finalità regionale 2007-2013”. Per quanto riguarda l’Italia la “Carta degli aiuti" è stata approvata con Decisione della Commissione C(2007)5618 del 28 novembre 2007e recepita con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 dicembre 2007, successivamente modificato dal DM 27 marzo 2008.

 

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. deriva dal riassetto della società Sviluppo Italia S.p.A., attuato ai sensi dell’articolo 1, commi da 459 a 464, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006). In particolare, le norme citate hanno previsto un complessivo piano di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute da Sviluppo Italia S.p.A. nei settori non strategici e di cessione delle società regionali.

Al Ministro dello sviluppo economico è stata attribuita una serie di poteri, tra cui quello di definire con apposite direttive le priorità e gli obiettivi dell’Agenzia. La direttiva del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 marzo 2007 ha stabilito che l’azione dell’Agenzia dovrà essere diretta, con particolare riferimento al Mezzogiorno, a conseguire le seguenti priorità:

1.  favorire l’attrazione degli investimenti esteri di elevata qualità, in grado di dare un contributo allo sviluppo del sistema economico e produttivo nazionale;

2.  sviluppare l’innovazione e la competitività industriale e imprenditoriale nei sistemi produttivi e nei sistemi territoriali;

3.  promuovere la competitività e le potenzialità attrattive dei territori.

A seguito del piano di riordino dell’Agenzia e di dismissioni previsto dalla legge finanziaria 2007 e dalla direttiva ministeriale, la struttura dell’Agenzia si articola, ora, in 3 aree strategiche di affari (ASA): Impresa, Territorio e Investimenti esteri. Le società “controllate strategiche” sono confluite in 3 nuove società (“Newco”):

Dal mese di luglio 2008 l’Agenzia ha assunto la denominazione “INVITALIA”.

 

Ai sensi del comma 9, il coordinamento dell'attuazione dell'accordo di programma, come definito al comma 2, è assicurato dal Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. A tal fine il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi dell'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. Lo stesso Ministro per lo sviluppo economico, ai sensi del comma 10, definisce con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le modalità di attuazione degli interventi di agevolazione degli investimenti produttivi nelle aree o distretti di crisi, di cui al comma 3, ed impartisce le direttive all'Agenzia. Il decreto è emendato nel termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina.

 

In base al comma 4, non modificato dal Senato,gli accordi di programma richiamati al comma 1 devono prevedere, tra gli altri, interventi finalizzati alla promozione di iniziative di riqualificazione delle aree interessate da complesse situazioni di crisi con impatti significativi per la politica industriale nazionale, con particolare riferimento agli interventi da realizzare nei territori ricadenti nelle aree individuate dall'obiettivo convergenza di cui al Regolamento CE n. 1083/2006, del Consiglio dell'11 luglio 2006.

 

Il comma 5, non modificato dal Senato,dispone che la concessione di finanziamenti agevolati mediante contributo in conto interessi per la incentivazione degli investimenti di cui al decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120[12], convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, sia applicabile in tutto il territorio nazionale, fatte salve le soglie di intervento stabilite dai regolamenti comunitari per i singoli territori.

Il comma 6, non modificato dal Senato,precisa che nell'ambito degli accordi di programma si provvede, eventualmente d'intesa con enti ed organismi locali competenti, alla realizzazione di interventi di infrastrutturazione e di ristrutturazione economica di aree o distretti industriali dismessi da destinarsi ai nuovi investimenti produttivi, mentre il successivo comma 7 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano[13], l'individuazione delle aree o distretti di crisi nelle quali realizzare gli interventidi reindustrializzazione, le agevolazioni a favore di ricerca, sviluppo e innovazione e altre forme di incentivi di cui all'articolo in commento, precisando altresì che ad essi si applicano le disposizioni di cui al decreto ministeriale 3 dicembre 2007, n. 747, recante agevolazioni ai sensi degli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto legge n. 120 del 1989, e successive modificazioni. Ai sensi del comma 8, introdotto dal Senato, Il Ministro dello sviluppo economico, nell'individuare le aree o i distretti in situazioni di crisi dà priorità ai siti che ricadono nelle aree individuate nell'ambito dell'obiettivo convergenza di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006.

Il Regolamento CE n. 1083/2006 reca il quadro normativo comunitario che definisce gliobiettivi per il nuovo ciclo di programmazione 2007-2013 e gli strumenti finanziari di intervento della politica di coesione ad essi destinati. Nel periodo di programmazione 2007-2013 gli interventi dei Fondi strutturali sono concentrati su tre obiettivi: l’obiettivo “Convergenza”, inteso ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni in ritardo di sviluppo; l’obiettivo “Competitività e occupazione regionale”, inteso al rafforzamento della competitività e dell’occupazione delle regioni diverse da quelle in ritardo di sviluppo, e l’obiettivo “Cooperazione territoriale”, che mira alla integrazione equilibrata del territorio dell’UE.

Le regioni ammissibili al finanziamento dei Fondi strutturali nell'ambito dell'obiettivo "Convergenza" sono quelle il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media comunitaria dell’UE-25. L'elenco delle regioni interessate dall'obiettivo “Convergenza”, valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, è riportato nell’allegato I alla decisione della Commissione UE n. 595/2006 del 4 agosto 2006. Per l’Italia, vi rientrano le seguenti regioni: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

La Commissione ha peraltro previsto un sostegno transitorio, c.d. regime di “phasing-out”, nell’ambito dell’obiettivo “Convergenza”, in favore di quelle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria se calcolata sui 15 Stati membri, ma che hanno superato tale soglia per effetto dell’allargamento della UE a 25 Stati (cosiddetto “effetto statistico”). Le regioni interessate dal sostegno transitorio nel quadro dell'obiettivo “Convergenza” sono elencate nell'allegato II alla decisione della Commissione UE n. 595/2006. Per l’Italia, l’unica regione a beneficiare del regime transitorio di sostegno è la regione Basilicata.

 

Il decreto del Ministro per lo sviluppo economico 3 dicembre 2007, n. 747 (G.U. 23 gennaio 2008, n. 19, S.O.) reca la disciplina delle agevolazioni ai sensi degli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto-legge n. 120 del 1989, delle successive estensioni e della relativa attuazione in regime di esenzione ai sensi del regolamento (CE) n. 1968/2006, del regolamento (CE) n. 70/2001 come prorogato dal regolamento (CE) n. 1976/2006. Si ricorda in proposito che il citato decreto legge n. 120 del 1989, convertito con modificazioni dalla legge 15 maggio 1981, n. 181, e successive modifiche e integrazioni, ha disposto misure di sostegno e di reindustrializzazione per le aree di crisi siderurgica, in attuazione del piano di risanamento della siderurgia e, in particolare, con gli articoli 5 e 8, ha affidato alla SPI (Società per la promozione e lo sviluppo industriale, confluita nel 2000 in Sviluppo Italia) la realizzazione di un Piano di promozione industriale. Tale Piano fu successivamente dichiarato compatibile con il mercato comune dalle competenti sedi comunitarie e con la nota di autorizzazione del 18 settembre 2003 C(2003) 3365 la Commissione europea comunicò altresì di considerare compatibile con il mercato comune l'estensione del sistema agevolativo previsto dalla normativa del 1989 a nuove aree di crisi industriale diverse da quella siderurgica, come previsto dall'art. 73 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) e quindi potenzialmente a tutto il territorio nazionale, laddove si verificassero crisi settoriali localizzate. Ulteriori estensioni degli incentivi previsti dal decreto legge n. 120 del 1989, riconducibili all'autorizzazione comunitaria predetta, sono state poi approvate dalle successive leggi finanziarie, mentre i regolamenti (CE) n. 1968/2006 e (CE) n. 70/2001 come prorogato dal regolamento (CE) n. 1976/2006 disciplinano l'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE , rispettivamente agli aiuti di Stato per gli investimenti a finalità regionale e agli aiuti di Stato a favore delle piccole e delle medie imprese.

Il DM 3 dicembre 2007, n. 747 consta di sei articoli: in particolare, l'art. 1 definisce i compiti relativi all'ambito di intervento dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. relativamente alla concessione degli aiuti a finalità regionale, nell'ambito della realizzazione del Programma di promozione industriale di cui al decreto legge n. 120 del 1989 e alle successive estensioni, nel rispetto della disciplina comunitaria; l'art. 2 definisce le aree ammesse e la tipologia degli aiuti, stabilendo in particolare che le agevolazioni concesse ai sensi del decreto legge n. 120 del 1989 non possono essere cumulati con altri aiuti di Stato ai sensi dell'art. 87, paragrafo 1, del Trattato, né con altre misure di finanziamento comunitario o nazionale - anche a titolo «de minimis» - in relazione agli stessi costi ammissibili, qualora tale cumulo dia luogo a un'intensità d'aiuto superiore al livello fissato dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013; l'art. 3 definisce i settori ed i progetti ammessi alle agevolazioni; l'art. 4 indica le spese ammissibili e l'art. 5 detta la disciplina relativa alle revoche degli aiuti, mentre l'art. 6 reca le disposizioni finali.

Il comma 11, modificato dal Senato, effettua un elenco di accordi di programma all’attuazione dei quali si provvede con le risorse finanziarie disponibili presso l’Agenzia.

Gli accordi sono i seguenti:

§      accordo di programma sottoscritto il 26 settembre 2007 per il riordino delle infrastrutture e dei servizi nell'area di crisi di Ottana;

§      accordo di programma per la crisi industriale in Riva di Chieri, sottoscritto il 10 luglio 2005;

§      accordo di programma per la crisi industriale nell'area di crisi di Acerra, sottoscritto il 15 luglio 2005 e successive integrazioni, per gli interventi integrativi, anche infrastrutturali, nell'ambito delle iniziative di reindustrializzazione ivi previste;

§      accordo di programma sottoscritto il 1° aprile 2008 per la reindustrializzazione dell'area di crisi industriale di Caserta;

§      accordo di programma sottoscritto il 1° aprile 2008 per l'attuazione degli interventi nell'area di crisi industriale ad elevata specializzazione nel settore tessile - abbigliamento - calzaturiero del PIT n. 9 - territorio salentino-leccese.

 

Ai sensi del comma 12, modificato dal Senato, le risorse di cui all'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (cioè le economie derivanti dai provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni per le iniziative imprenditoriali nelle aree depresse: cfr. infra), sono destinate ad una serie di interventi individuati dal Ministero dello sviluppo economico in relazione ad alcune aree o distretti di intervento.

Le aree di intervento indicate dal comma 12 in esame sono le seguenti:

a)      dell'internazionalizzazione, con particolare riguardo all'operatività degli Sportelli Italia ed all'attivazione di misure per lo sviluppo del «Made in Italy», per il rafforzamento del piano promozionale dell'ICE e per il sostegno alle esportazioni da parte di enti, consorzi e camere di commercio all'estero.

Il sistema che muove i processi di internazionalizzazione dell'Italia si avvale di diversi strumenti ed organismi, tra i quali occorre richiamare i quasi 150 Uffici commerciali operanti presso le 238 sedi diplomatico-consolari italiane che rappresentano, a fianco dei 104 Uffici dell'Istituto per il Commercio Estero e delle 66 Camere di Commercio italiane all'estero, uno dei punti di riferimento più capillari per il sistema produttivo italiano sui mercati internazionali. Questo sistema ha trovato un nuovo quadro giuridico di riferimento nella legge 31 marzo 2005, n. 56 “Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore”. La legge prevede, fra l'altro, la costituzione di Sportelli Unici all'estero (c.d. “Sportelli Italia”) per l'internazionalizzazione delle imprese: gli Sportelli Italia costituiscono uno strumento di raccordo operativo con le Ambasciate e gli Uffici consolari, esercitando funzioni di orientamento, assistenza e consulenza ad imprese ed operatori, italiani ed esteri, in riferimento anche all'attività di attrazione degli investimenti esteri in Italia, nonché di coordinamento di attività promozionali realizzate in loco da enti pubblici e privati, integrando funzioni e strutture logistiche degli uffici esteri dell'ICE, delle Camere di Commercio, dell'ENIT e, ove presenti, delle Regioni;

b)      degli incentivi, per l'attivazione di nuovi contratti di sviluppo, di iniziative realizzate in collaborazione tra enti pubblici di ricerca, università e privati, nonché di altri interventi di incentivazione a sostegno delle attività imprenditoriali, comprese le iniziative produttive a gestione prevalentemente femminile, anche in forma cooperativa;

c)      dei progetti di innovazione industriale di cui all'articolo 1, comma 842, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

Il comma 842 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 provvede al finanziamento, nel rispetto degli obiettivi indicati dalla Strategia di Lisbona, dei progetti di innovazione industriale individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche, utilizzando a tal fine una quota delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo (istituito al precedente comma 841) individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

d)      degli interventi nel settore delle comunicazioni con particolare riferimento a esigenze connesse con lo svolgimento dell'evento G8 da tenersi in Italia nel 2009;

e)      degli incentivi per la riorganizzazione dei processi produttivi dei sistemi di impresa nei distretti industriali, garantendo parità di accesso alle piccole e medie imprese e ai loro consorzi[14];

f)        del sostegno alle aree industriali destinate alla progressiva dismissione e per le quali sia già stato predisposto un nuovo progetto di investimento industriale finalizzato contemporaneamente:

§          all'internazionalizzazione dei prodotti;

§          alla ricerca e allo sviluppo per l'innovazione del prodotto e di processo realizzati in collaborazione con università o enti pubblici di ricerca;

§          all'integrazione delle attività economiche con le esigenze di massima tutela dell'ambiente e di risparmio energetico;

g)      dell'accrescimento della competitività, con particolare riferimento alle iniziative per la valorizzazione dello stile e della produzione italiana sostenute dal Ministero dello sviluppo economico[15];

h)      del sostegno, riqualificazione e reindustrializzazione dei sistemi produttivi locali delle armi di Brescia e dei sistemi di illuminazione del Veneto mediante la definizione di accordi di programma ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, fino al limite di 2 milioni di euro per ciascuno dei due distretti indicati[16].

 

Durante l’iter al Senato è stata inserita una disposizione in base alla quale l’assegnazione di risorse derivanti dalle revoche della legge n. 488/1992 per le finalità previste dal comma 12 in esame avviene fatto salvo quanto disposto dall'articolo 8 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33), subordinatamente alla verifica, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della provenienza delle stesse risorse, fermo restando il limite degli effetti stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, ai sensi del comma 556 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Il citato articolo 8 del D.L. n. 5/2009 prevede, infatti, l’utilizzo delle economie conseguenti a rinunce e revoche delle agevolazioni della legge n. 488/1992 a copertura finanziaria degli oneri da esso stesso recati, per complessivi 933 milioni di euro.

 

Relativamente all’utilizzo delle economie derivanti da revoche delle agevolazioni della legge n. 488/1992, va ricordato che l'articolo 2, comma 554, della legge n. 244 del 2007, ha previsto che tali risorse, nel limite dell’85% delle economie accertate annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico (entro il 30 ottobre), siano destinate alla realizzazione di interventi specificamente indicati[17]. A tal fine, la norma prevedeva che le risorse accertate con il decreto del Ministro dello sviluppo economico fossero iscritte in un apposito fondo del medesimo Ministero.

Le economie derivanti da rinunce e revoche di iniziative agevolate ai sensi della legge n. 448 sono state accertate con il D.M. Sviluppo economico 28 febbraio 2008, n. 64 in complessivi 785 milioni di euro.

Tali risorse non sono però state iscritte in bilancio sull’apposito fondo, come previsto dalla legge finanziaria 2008, in quanto, a novembre 2008, è intervento il D.L. n. 185/2008 (legge n. 2/2009), che all’articolo 11 ha stabilito che le suddette risorse fossero invece destinate al rifinanziamento del Fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della legge n. 266/1997, nel limite massimo di 450 milioni di euro nel triennio, al fine di garantire l'estensione degli interventi di garanzia del Fondo anche alle imprese artigiane.

 

In merito alla possibilità di utilizzo delle risorse derivanti dalle revoche delle agevolazioni della legge n. 488/1992, ai sensi dell’art. 2, comma 554, della legge n. 244/2007, è successivamente intervenuto il D.L. n. 5/2009 (c.d. “decreto rottamazione”) il quale ha stabilito, all’articolo 8, che le risorse in questione venissero poste a copertura di una parte degli oneri derivanti dal decreto medesimo.

Nella Nota tecnica presentata alla Commissione bilancio in data 17 marzo 2009, il Ministero dell’economia ha precisato che la copertura del D.L. n. 5/2009, a valere sui residui di impegno della legge n. 488/1992, è basata sulle revoche individuate dal citato D.M. 28 febbraio 2008 per 785 milioni di euro, nonché su ulteriori revoche per circa 200 milioni che il Ministero dello sviluppo economico “ha garantito che effettuerà nei primi mesi del 2009”. Il Ministero dell’economia ha inoltre precisato, nella medesima Nota, che per provvedere alla copertura del provvedimento è stato pertanto ridotto il contributo che il D.L.n. 185/2008 assegnava in favore del Fondo di garanzia (previsto nel limite massimo di 450 milioni) a valere sulle medesime risorse.

 

Sulla base della normativa finora intervenuta sulla destinazione delle risorse in questione ed in particolare, da ultimo, di quanto previsto dal D.L. n. 5/2009, che ha destinato l’intero ammontare delle risorse derivanti da revoche finora accertate a copertura di quota parte degli oneri da esso recati, è da presumere che le disponibilità considerate dal comma 12 in esame siano ulteriori rispetto a quelle finora impiegate.

Tenuto conto peraltro che la nota tecnica del Ministero dell’economia sul D.L. n. 5/2009 fa riferimento, per la copertura del D.L. medesimo, anche a risorse ulteriori (per 200 milioni) rispetto a quelle già accertate, relative a nuove revoche da effettuare nel corso del 2009, e che inoltre, l’articolo 54 del d.d.l. in esame prevede un’altra e diversa finalità (in favore dell’Istituto per il commercio estero) cui destinare le somme derivanti dalle suddette revoche, andrebbe confermato, da parte del Governo, che il prevedibile andamento delle revoche delle agevolazioni della legge n. 488/1992 consenta di far fronte alle nuove destinazioni ora introdotte con il provvedimento in esame.

 

Si segnala inoltre l’opportunità di precisare meglio il contenuto dell’inciso che subordina l’utilizzo delle risorse in questione alla “verifica, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della provenienza delle stesse risorse”, atteso che la normativa vigente (art. 2, comma 554, legge n. 244/2007) prevede che le revoche siano annualmente accertate (entro il 30 ottobre) ad opera del Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 13 precisa che in aggiunta alle aree tecnologiche di cui alla lett. c) del comma 12, sono individuate quelle relative alla tecnologia dell'informazione e della comunicazione, all'industria aerospaziale, all’osservazione della terra[18] e all'ambiente, allo scopo di assicurare lo sviluppo dei progetti di innovazione industriale a favore della crescita e della competitività del sistema produttivo, nel rispetto degli obiettivi della Strategia di Lisbona.

 

 


 

Articolo 3
(Riordino del sistema degli incentivi, agevolazioni a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione e altre forme di incentivi)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 3
(Riordino del sistema degli incentivi, age­volazioni a favore della ricerca, dello svi­luppo e dell'innovazione e altre forme
di incentivi)

Articolo 3
(Riordino del sistema degli incentivi, age­volazioni a favore della ricerca, dello svi­luppo e dell'innovazione e altre forme
 di incentivi)

1. Il Governo, nel rispetto delle attribu­zioni costituzionali delle regioni, determina le priorità, le opere e gli investimenti strate­gici di interesse nazionale, compresi quelli relativi al fabbisogno energetico, in coe­renza con quanto previsto dalla strategia energetica nazionale, come definita ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con mo­dificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, da realizzare urgentemente per la cre­scita unitaria del sistema produttivo nazio­nale, con particolare riferimento agli inter­venti da realizzare nei territori ricadenti nelle aree individuate nell'ambito dell'obiet­tivo convergenza di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006. L'individuazione viene compiuta at­traverso un piano, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, predisposto dal Ministro dello sviluppo eco­nomico, di concerto con i Ministri compe­tenti e d'intesa con le regioni o le province autonome interessate e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sottoposto al­l'approvazione del Comitato interministe­riale per la programmazione economica (CIPE). Il Ministro dello sviluppo econo­mico, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, predi­spone il piano in funzione di unitari obiettivi di sviluppo sostenibile, assicurando l'inte­grazione delle attività economiche con le esigenze di tutela dell'ambiente, di sicu­rezza energetica e di riduzione dei costi di accesso. In sede di prima applicazione del presente articolo, il piano è approvato dal CIPE entro il 31 marzo 2009.

1. Il Governo, nel rispetto delle attribu­zioni costituzionali delle regioni, fermo re­stando quanto previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e dalla parte II, titolo III, capo IV, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forni­ture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, determina le priorità, le opere e gli investimenti strategici di inte­resse nazionale, compresi quelli relativi al fabbisogno energetico, in coerenza con quanto previsto dalla strategia energetica nazionale, come definita ai sensi dell'arti­colo 7, comma 1, del decreto-legge 25 giu­gno 2008, n. 112, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, da realizzare urgentemente per la crescita unitaria del sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento agli interventi da realizzare nei territori ricadenti nelle aree individuate nell'ambito dell'obiettivo conver­genza di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006. L'individuazione viene compiuta at­traverso un piano, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria, predisposto dal Ministro dello sviluppo eco­nomico, di concerto con i Ministri compe­tenti e d'intesa con le regioni o le province autonome interessate e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sottoposto al­l'approvazione del Comitato interministe­riale per la programmazione economica (CIPE). Il Ministro dello sviluppo econo­mico, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, predi­spone il piano in funzione di unitari obiettivi di sviluppo sostenibile, assicurando l'inte­grazione delle attività economiche con le esigenze di tutela dell'ambiente, di sicu­rezza energetica e di riduzione dei costi di accesso. In sede di prima applicazione del presente articolo, il piano è approvato dal CIPE entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sulla base della predetta procedura.

2. Al fine di rilanciare l'intervento dello Stato a sostegno delle aree o distretti in si­tuazione di crisi in funzione della crescita unitaria del sistema produttivo nazionale, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, su proposta del Ministro dello sviluppo econo­mico, di concerto con il Ministro dell'eco­nomia e delle finanze e con gli altri Ministri competenti per materia, sentita la Confe­renza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno o più decreti legislativi re­canti disposizioni per il riordino della disci­plina della programmazione negoziata e degli incentivi per lo sviluppo del territorio, degli interventi di reindustrializzazione di aree di crisi, degli incentivi per la ricerca, sviluppo e innovazione, limitatamente a quelli di competenza del predetto Ministero, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Al fine di rilanciare l'intervento dello Stato a sostegno delle aree o distretti in si­tuazione di crisi, con particolare riferi­mento a quelli del Mezzogiorno, in fun­zione della crescita unitaria del sistema produttivo nazionale, il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica salvo quanto previsto dal comma 3, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto della normativa comuni­taria in materia di aiuti di Stato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri compe­tenti per materia, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le re­gioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni per il riordino della disciplina della programmazione negoziata e degli in­centivi per lo sviluppo del territorio, degli interventi di reindustrializzazione di aree di crisi, degli incentivi per la ricerca, sviluppo e innovazione, limitatamente a quelli di com­petenza del predetto Ministero, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

     a) semplificazione delle norme statali concernenti l'incentivazione delle attività economiche, con particolare riferimento alla chiarezza e alla celerità delle modalità di concessione ed erogazione delle agevola­zioni e al più ampio ricorso ai sistemi di in­formatizzazione, nonché attraverso sistemi quali buoni e voucher;

     a) identica;

     b) razionalizzazione e riduzione delle misure di incentivazione di competenza del Ministero dello sviluppo economico;

     b) identica;

     c) differenziazione e regolamenta­zione delle misure di incentivazione ove ne­cessario in funzione della dimensione del­l'intervento agevolato, ovvero dei settori economici di riferimento;

     c) identica;

     d) priorità per l'erogazione degli incen­tivi definiti attraverso programmi ne­goziati con i soggetti destinatari degli inter­venti;

     d) identica;

     e) preferenza per le iniziative produt­tive con elevato contenuto di innovazione di prodotto e di processo;

     e) identica;

     f) snellimento delle attività di pro­grammazione con la soppressione o ridu­zione delle fasi inutili ed eccessivamente gravose, con la fissazione di termini certi per la conclusione dei relativi procedimenti amministrativi, conformemente ad un qua­dro normativo omogeneo a livello nazio­nale;

     f) identica;

     g) razionalizzazione delle modalità di monitoraggio, verifica e valutazione degli interventi;

     g) identica;

     h) adeguata diffusione di investimenti produttivi sull'intero territorio nazionale, te­nuto conto dei livelli di crescita e di occupa­zione con particolare attenzione ai distretti industriali in situazione di crisi;

     h) identica;

     i) individuazione di princìpi e criteri per l'attribuzione degli aiuti di maggior fa­vore alle piccole e medie imprese nonché destinazione alle stesse piccole e medie imprese di quote di risorse, che risultino effettivamente disponibili in quanto non già destinate ad altre finalità, non inferiori al 50 per cento.

     i) identica;

 

     l) previsione, in conformità con il di­ritto comunitario, di forme di fiscalità di sviluppo con particolare riguardo alla creazione di nuove attività di impresa, da realizzare nei territori ricadenti nelle aree individuate nell'ambito dell'obiettivo convergenza di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006.

 

3. L'attuazione del criterio di cui al comma 2, lettera l), è condizionata al previo reperimento delle risorse con legge ordinaria.

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 2 sono trasmessi per l'acquisi­zione dei pareri alle Commissioni parla­mentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. I pa­reri sono espressi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema; decorsi tali termini si procede an­che in assenza dei pareri. Entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti le­gislativi di cui al comma 2, con i medesimi criteri di delega, possono essere emanate disposizioni correttive e integrative dei me­desimi decreti previo parere delle compe­tenti Commissioni parlamentari con le me­desime modalità di cui al presente comma.

4. Identico.

4. Al Fondo di cui all'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, sono assegnate dal CIPE, a valere sul fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e succes­sive modificazioni, risorse fino al limite an­nuale di 50 milioni di euro. Per l'utilizzo delle risorse stanziate ai sensi del presente comma, il CIPE provvede, con le modalità di cui all'articolo 1, comma 342, della citata legge n. 296 del 2006, e successive modifi­cazioni, ad aggiornare i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane al fine di incrementare progressivamente la loro distribuzione ter­ritoriale.

5. Il CIPE, nell'ambito delle risorse di­sponibili per la programmazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, destina una quota del Fondo medesimo fino al limite annuale di 50 milioni di euro per le finalità di cui all'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per l'utilizzo delle risorse stanziate ai sensi del presente comma, il CIPE provvede, con le modalità di cui all'articolo 1, comma 342, della citata legge n. 296 del 2006, e suc­cessive modificazioni, ad aggiornare i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la deli­mitazione delle zone franche urbane al fine di incrementare progressivamente la loro distribuzione territoriale.

 

6. Per l'anno 2009 il fondo di cui all'ar­ticolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è incrementato di 30 milioni di euro. Al relativo onere si provvede nei limiti delle risorse di cui all'articolo 24, comma 1, della presente legge.

5. Al comma 853 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo le parole: «con delibera del CIPE,» è inserita la seguente: «adottata» e dopo le parole: «su proposta del Ministro dello sviluppo economico,» sono inserite le seguenti: «previa intesa con la Conferenza perma­nente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bol­zano,».

7. Identico.

6. I commi 32 e 33 dell'articolo 24 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e succes­sive modificazioni, si interpretano nel senso che il provvedimento di revoca delle age­volazioni disposte dal Ministero dell'indu­stria, del commercio e dell'artigianato, dal Ministero delle attività produttive e dal Mini­stero dello sviluppo economico in materia di incentivi alle imprese costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo degli importi corrisposti e dei relativi interessi, rivalutazioni e sanzioni nei confronti di tutti gli obbligati e quindi an­che nei confronti dei soggetti che hanno prestato garanzia fideiussoria in relazione alle agevolazioni revocate.

8. Identico.

7. Al fine di garantire migliori condizioni di competitività sul mercato internazionale e dell'offerta di servizi turistici, nelle strutture turistico-ricettive all'aperto, le installazioni e i rimessaggi dei mezzi mobili di pernotta­mento, anche se collocati permanente­mente, per l'esercizio dell'attività, entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purché ottempe­rino alle specifiche condizioni strutturali e di mobilità stabilite dagli ordinamenti regionali, non costituiscono in alcun caso attività rile­vanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggi­stici.

9. Identico.

 

 

L'articolo 3, introdotto dalla Camera e modificato dal Senato, reca disposizioni in materia di riordino del sistema degli incentivi, agevolazioni a favore di ricerca, sviluppo e innovazione e altre forme di incentivi.

In particolare, ai sensi del comma 1, il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, fermo restando quanto previsto dalla legge n. 443/2001 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive) e dalle disposizioni del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) in materia di lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi, determina le priorità, le opere e gli investimenti strategici di interesse nazionale, compresi quelli relativi al fabbisogno energetico, in coerenza con quanto previsto dalla strategia energetica nazionale, così come definita dall'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112[19], convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, da realizzare urgentemente per la crescita unitaria del sistema produttivo nazionale con particolare riferimento agli interventi da realizzare nei territori ricadenti nelle aree individuate dall'obiettivo “Convergenza” di cui al Regolamento CE n. 1083/2006, del Consiglio dell'11 luglio 2006.

Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto stesso, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, definisce la «Strategia energetica nazionale», che indica le priorità per il breve ed il lungo periodo e reca la determinazione delle misure necessarie per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato, i seguenti obiettivi: diversificazione delle fonti di energia e delle aree geografiche di approvvigionamento; miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo; promozione delle fonti rinnovabili di energia e dell'efficienza energetica; realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare; promozione della ricerca sul nucleare di quarta generazione o da fusione; incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica; sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra; garanzia di adeguati livelli di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori.

 

Si ricorda che il Regolamento CE n. 1083/2006, del Consiglio dell'11 luglio 2006 reca disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999, definendo gli obiettivi a cui i Fondi strutturali e il Fondo di coesione devono contribuire, i criteri di ammissibilità per gli Stati membri e le regioni, le risorse finanziarie disponibili e i criteri per la loro ripartizione. L'elenco delle regioni interessate dall'obiettivo “Convergenza”, valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, è riportato nell’allegato I alla decisione della Commissione UE n. 595/2006 del 4 agosto 2006. Per l’Italia vi rientrano le regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. La Commissione ha peraltro previsto un sostegno transitorio, c.d. regime di “phasing-out”, nell’ambito dell’obiettivo “Convergenza”, in favore di quelle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria se calcolata sui 15 Stati membri, ma che hanno superato tale soglia per effetto dell’allargamento della UE a 25 Stati (cosiddetto “effetto statistico”). Le regioni interessate dal sostegno transitorio nel quadro dell'obiettivo “Convergenza” sono elencate nell'allegato II alla decisione della Commissione UE n. 595/2006. Per l’Italia, l’unica regione a beneficiare del regime transitorio di sostegno è la regione Basilicata.

 

Sempre ai sensi del comma 1 dell'articolo in esame, l'individuazione delle priorità, delle opere e degli investimenti strategici di interesse nazionale viene compiuta attraverso un piano, predisposto dal Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate e previa intesa della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, inserito nel Documento di programmazione economico-finanziaria e sottoposto all'approvazione del CIPE. Il Ministro dello sviluppo economico, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, predispone il piano in funzione di unitari obiettivi di sviluppo sostenibile, assicurando l'integrazione delle attività economiche con le esigenze di tutela dell'ambiente e di sicurezza energetica e di riduzione dei costi di accesso. In sede di prima applicazione della nuova disciplina il piano è approvato dal CIPE entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sulla base della predetta procedura.

 

Con il comma 2 il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi oneri per la finanza pubblica (salvo quanto previsto dal comma 3: cfr. infra), entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge in esame, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni per il riordino della disciplina della programmazione negoziata e degli incentivi per lo sviluppo del territorio, degli interventi di reindustrializzazione di aree di crisi, degli incentivi per la ricerca, sviluppo e innovazione, limitatamente a quelli di competenza del predetto ministero. La delega è finalizzata a rilanciare l'intervento dello Stato a sostegno delle aree o distretti in crisi, con particolare riferimento a quelli del Mezzogiorno, in funzione della crescita unitaria del sistema produttivo nazionale, ed è esercitata sulla base dei seguenti principi di delega:

a)  semplificazione delle norme statali concernenti l'incentivazione delle attività economiche con particolare riferimento alla chiarezza e alla celerità delle modalità di concessione e erogazione delle agevolazioni, e al più ampio ricorso ai sistemi di informatizzazione nonché attraverso sistemi quali buoni e voucher;

b)  razionalizzazione e riduzione delle misure di incentivazione di competenza del Ministero dello sviluppo economico;

c)  differenziazione e regolamentazione delle misure di incentivazione ove necessario in funzione della dimensione dell'intervento agevolato, ovvero dei settori economici di riferimento;

d)  priorità per l'erogazione degli incentivi definiti attraverso programmi negoziati con i soggetti destinatari degli interventi;

e)  preferenza per le iniziative produttive con elevato contenuto di innovazione di prodotto e di processo;

f)   snellimento delle attività di programmazione con la soppressione o riduzione delle fasi inutili ed eccessivamente gravose, con la fissazione di termini certi per la conclusione dei relativi procedimenti amministrativi, conformemente ad un quadro normativo omogeneo a livello nazionale;

g)  razionalizzazione delle modalità di monitoraggio, verifica e valutazione degli interventi;

h)  adeguata diffusione di investimenti produttivi sull'intero territorio nazionale, tenuto conto dei livelli di crescita e di occupazione con particolare attenzione ai distretti industriali in situazioni di crisi;

i)   individuazione di principi e criteri per l'attribuzione degli aiuti di maggior favore alle piccole e medie imprese nonché destinazione alle stesse piccole e medie imprese di quote di risorse, che risultino effettivamente disponibili in quanto non già destinate ad altre finalità, non inferiori al 50%;

l)   previsione, in conformità delle norme comunitarie, di forme di fiscalità di sviluppo riguardanti in particolare la creazione di nuove attività imprenditoriali, da realizzare nei territori ricadenti nelle aree individuate nell’ambito dell’obiettivo Convergenza di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006[20].

Come già detto, le regioni interessate dall’obiettivo “Convergenza” sono la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia, nonché la Basilicata ammessa, quest’ultima, al sostegno transitorio (c.d. regime di “phasing-out”).

 

Il comma 3 (introdotto dal Senato) precisa che l'attuazione del criterio di cui alla lettera l) del precedente comma 2 è condizionato al previo reperimento delle risorse con legge ordinaria.

 

Per la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2.

 

Il comma 4 definisce il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi di attuazione della delega di cui al comma 2: i relativi schemi, adottati, ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri ministri competenti per materia, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri alle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. I pareri sono espressi, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema; decorsi tali termini si procede anche in assenza dei pareri. Entro un anno dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 2, con i medesimi criteri di delega, possono inoltre essere emanate disposizioni correttive e integrative dei medesimi decreti, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da adottare con le modalità indicate nello stesso comma 3.

 

Ai sensi del comma 5, il CIPE provvede ad assegnare risorse fino al limite annuale di 50 milioni di euro al Fondo istituito ai sensi dell'art. 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l’integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), all'art. 1, comma 340, ha istituito le zone franche urbane, con un numero di abitanti non superiore a 30.000. Ai sensi del comma 342 dell'art. 2 della legge finanziaria 2007, spetta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (ora del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali), provvedere alla definizione dei criteri per l’allocazione delle risorse e per la individuazione e la selezione delle zone franche urbane, sulla base di parametri socio-economici, rappresentativi dei fenomeni di degrado. La legge finanziaria del 2007, nel subordinare l'efficacia delle disposizioni istitutive delle zone franche urbane all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, par. 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, ha istituto un Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per il finanziamento delle zone franche urbane. La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), all'art. 2, commi 561, 562 e 563 ha confermato tale stanziamento e definito in maggiore dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali, demandandone la ulteriore determinazione ad un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (tale decreto risulta al momento in corso di predisposizione).

Con delibera n. 5 del 30 gennaio 2008, il CIPE ha fissato i criteri e gli indicatori per la delimitazione delle zone franche urbane e il 1° ottobre 2008 il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento politiche di sviluppo ha reso noto che sono state selezionate, sulle 64 proposte pervenute, 22 “zone franche urbane” che avranno diritto a incentivi e agevolazioni fiscali e previdenziali, per nuove attività economiche. Come già precisato, la procedura di ammissione al finanziamento, dopo tale selezione, prevede la valutazione del CIPE e l'autorizzazione della Commissione europea.

 

Poiché la legislazione vigente prevede stanziamenti in favore delle zone franche urbane sino al 2009, il comma 5 dell'articolo in esame autorizza il CIPE a destinare risorse, fino al limite annuale di 50 milioni di euro annui, al Fondo destinato a finanziare le agevolazioni previste per le zone franche urbane a valere sulle risorse disponibili del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). La medesima disposizione, ai fini dell’utilizzo delle risorse stanziate ai sensi del comma in esame, assegna al CIPE il compito di provvedere, con le modalità di cui al già citato comma 342 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007, ad aggiornare i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane al fine di incrementare progressivamente la loro distribuzione territoriale.

 

Il comma 6, introdotto dal Senato, incrementa di 30 milioni di euro la dotazione per l’anno 2009 del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio istituito dall’art. 13, comma 3-quater, del D.L. n. 112/2008.

 

Si ricorda che il menzionato comma 3-quater prevede l’istituzione, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, con una dotazione di 60 milioni di euro per il 2009, 30 milioni di euro per ciascuno degli anni del biennio 2010-2011.

Attraverso tale Fondo saranno concessi contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento ed il recupero dell’ambiente e lo sviluppo economico dei territori stessi. La ripartizione delle risorse e l’individuazione degli enti beneficiari sarà disposta con DM dell’economia e delle finanze, emanato previo atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il comma in commento prevede altresì la relativa norma di copertura finanziaria.

 

All’onere derivante da tale disposizione si provvede nei limiti delle risorse di cui all’art. 24, comma 1, del provvedimento in esame (cfr. la relativa scheda).

 

Il successivo comma 7 modifica il comma 853 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, prevedendo che la proposta del Ministro dello sviluppo economico relativa alla delibera con cui il CIPE dispone gli interventi del Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, costituito dall'art. 11 comma 3, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35[21], convertito, con modificazioni, dalla legge 14 marzo 2005, n. 80, sia formulata previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Con tale disposizione, viene recepita l'indicazione contenuta nella sentenza 10-14 marzo 2008, n. 63 della Corte Costituzionale (G.U. 19 marzo 2008, n. 13, Prima serie speciale), che ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del comma 853 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007, nella parte in cui non prevede che i poteri del CIPE di determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi di cui al Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà siano esercitati d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

 

Il comma 8 reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 24, commi 32 e 33, della legge 27 dicembre 1997, n. 449[22].

 

Il comma 32 dell'art. 24 della legge n. 449 del 1997 prevede che il provvedimento di revoca delle agevolazioni disposte dall'allora Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in materia di incentivi all'impresa costituisca titolo per l'iscrizione a ruolo ai sensi dell'art. 67, comma 2 del D.P.R. 28 gennaio 1998, n. 43 (riscossione coattiva delle imposte), e precisa che agli interventi di ricostruzione e sviluppo delle zone colpite dai terremoti del 1980 e del 1981 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 39, comma 11, del testo unico delle leggi per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti da eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982, approvato con decreto legislativo 30 marzo 1990, n. 76. Tale disposizione assegna all'intendenza di finanza competente per territorio il compito di ripetere le somme erogate a titolo di contributo pubblico per la realizzazione di nuove iniziative imprenditoriali, nel caso in cui tali iniziative si siano protratte oltre 18 mesi dalla concessione dello stesso contributo. La stessa disposizione chiarisce che il diritto alla restituzione dei contributi è preferito ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi.

Il successivo comma 33 dell'art. 24 della citata legge n. 449 del 1997 chiarisce che il diritto alla ripetizione delle somme concesse a titolo di agevolazione dal Ministero dell'industria costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile[23], fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l'efficacia del privilegio non sono subordinate né al consenso delle parti né a forme di pubblicità.

 

La disposizione in esame precisa che i predetti commi 32 e 33 dell'art. 34 della legge n. 449/1997 si interpretano nel senso che il provvedimento di revoca delle agevolazioni concesse a titolo di incentivo alle imprese costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo degli importi corrisposti e dei relativi interessi, rivalutazioni e sanzioni nei confronti di tutti gli obbligati e quindi anche nei confronti dei soggetti che hanno prestato garanzia fideiussoria in relazione alle agevolazioni revocate.

 

Il comma 9, infine, per garantire migliori condizioni di competitività sul mercato internazionale e dell'offerta di servizi turistici, stabilisce che nelle strutture turistico-ricettive all'aperto (come campeggi o villaggi vacanze) non costituiscono in alcun caso attività rilevanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici, le installazioni ed i rimessaggi dei mezzi mobili di pernottamento, collocati, anche in via permanente, nel perimetro delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purché ottemperino alle specifiche condizioni strutturali e di mobilità stabilite con legge regionale.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

La comunicazione della Commissione “Una corsia preferenziale per la piccola impresa” – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (un ”Small Business Act” per l’Europa) (COM(2008)394) (vedi la scheda relativa all’art. 1, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”), tra l’altro, propone agli Stati membri di:

§      elaborare programmi creditizi che suppliscano alla mancanza di finanziamenti tra cento mila e un milione di euro, soprattutto con strumenti che combinino indebitamento e capitale proprio, nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato;

§      eliminare gli ostacoli normativi e fiscali che impediscono ai capitali di rischio operanti nel mercato unico di investire alle stesse condizioni dei fondi nazionali;

§      far sì che l’imposizione fiscale sugli utili societari incoraggi gli investimenti;

Il Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008, nell’esprimere il proprio sostegno al Piano di ripresa economico, ha, in particolare, auspicato una franchigia temporanea di due anni al di là della soglia minima per gli aiuti di Stato per un importo fino a 500 mila euro e l’adeguamento del quadro, necessari per potenziare il sostegno alle imprese, in particolare le PMI.

Nell’ambito del Piano europeo di ripresa economica, approvato dal Consiglio europeo dell’11-12 dicembre 2008, si segnala che il 17 dicembre 2008 la Commissione europea ha adottato la comunicazione “Quadro di riferimento temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi finanziaria ed economica”,applicabile sino al 31 dicembre 2010 relativamente alle imprese che abbiano iniziato a trovarsi in difficoltà dopo il 1° luglio 2008, a seguito dell’attuale crisi finanziaria ed economica globale.

In base al Quadro di riferimento temporaneo, la Commissione europea considererà compatibili aiuti di Stato il cui ammontare, sotto forma di sovvenzioni dirette, non superi i 500.000 euro per ciascuna impresa in tre anni (il regolamento del 2006 sugli aiuti de minimis fissa, a regime, il limite massimo di 200.000 euro).

Quanto agli aiuti sotto forma di garanzia, si segnala che, in base al “Quadro di riferimento temporaneo”,gli Stati membri potranno accordare una riduzione fino al 25% per le PMI e fino al 15% per le grandi imprese del premio annuale dovuto per le nuove garanzie concesse in base alle disposizioni sulle soglie di sicurezza previste nella Comunicazione sugli aiuti di Stato sotto forma di garanzia, adottata dalla Commissione nel giugno 2008. La garanzia non dovrà assistere più del 90% del prestito (anziché l’80% come precedentemente stabilito).

Il 29 aprile la Commissione ha, inoltre, adottato un “pacchetto di semplificazione” volto a rendere più efficaci, trasparenti e rapide le procedure in materia di aiuti di Stato.

Il pacchetto comprende un codice delle migliori pratiche, che prevede contatti intensificati tra Stati membri e Commissione nella fase di pre-notificazione al fine di migliorare la qualità e la completezza delle notificazioni, e una comunicazione su una procedura semplificata che ha invece come oggetto i casi più semplici - cioè quelli chiaramente in linea con gli strumenti orizzontali esistenti o con la prassi decisionale consolidata – e prevede l’impegno della Commissione ad adottare le relative decisioni entro un mese dalla notifica.

Il Consiglio competitività del 28 maggio 2009 ha approvato conclusioni in materia di approccio integrato ad una politica industriale competitiva e sostenibile nell’Unione europea.

Il Consiglio, tra l’altro, rileva che per mantenere una base industriale competitiva e forte in Europa occorrano condizioni quadro favorevoli, stabili e prevedibili che promuovano l’eccellenza, l’innovazione e la sostenibilità e consentano alle imprese di operare ed investire. In tale contesto, il Consiglio ritiene che gli Stati membri dovrebbero mantenere o aumentare il volume, l’efficacia e l’efficienza degli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo (R&S) ed in innovazione e che le politiche della Comunità e degli Stati membri dovrebbero sostenere tutte le possibili forme di innovazione, rafforzare l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale e agevolare i trasferimenti di tecnologie e conoscenze a vantaggio delle imprese, specie le PMI.


 

Articolo 4
(Attuazione del capo II del regolamento (CE) n. 765/2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per la commercializzazione dei prodotti)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 4
(Attuazione del capo II del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per la commercializzazione dei prodotti)

 

1. Al fine di assicurare la pronta ap­plicazione del capo II del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accredita­mento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri in­teressati, provvede, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più decreti di natura non regolamentare, alla adozione delle prescrizioni relative alla organizzazione ed al funzionamento dell'unico organi­smo nazionale autorizzato a svolgere at­tività di accreditamento in conformità alle disposizioni del regolamento comu­nitario, alla definizione dei criteri per la fissazione di tariffe di accreditamento, anche tenuto conto degli analoghi si­stemi tariffari eventualmente adottati dagli altri Paesi dell'Unione europea, nonché alla disciplina delle modalità di controllo dell'organismo da parte dei Mi­nisteri concertanti, anche mediante la previsione della partecipazione di rap­presentanti degli stessi Ministeri ai rela­tivi organi statutari.

 

2. Il Ministro dello sviluppo econo­mico, di concerto con i Ministri interes­sati, provvede con decreto di natura non regolamentare, entro tre mesi dalla data di adozione del decreto di cui al comma 1, alla designazione dell'unico organi­smo italiano autorizzato a svolgere atti­vità di accreditamento. Il Ministero dello sviluppo economico, per il tramite del competente ufficio, è autorità nazionale referente per le attività di accredita­mento, punto nazionale di contatto con la Commissione europea ed assume le funzioni previste dal capo II del citato regolamento non assegnate all'organi­smo nazionale di accreditamento.

 

3. Per l'accreditamento delle strutture operanti nei diversi settori per i quali sia previsto l'accreditamento, il Ministero dello sviluppo economico e i Ministeri interessati disciplinano le modalità di partecipazione all'organismo di cui al comma 1 degli organismi di accredita­mento, già designati per i settori di com­petenza dei rispettivi Ministeri.

 

4. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono deri­vare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica. I Ministeri interessati provvedono all'at­tuazione del presente articolo con le ri­sorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

 

L’articolo 4, introdotto dal Senato, reca attuazione del Capo II del Regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il Regolamento (CEE) n. 339/93.

Il Regolamento (CE) n. 765/2008, in particolare:

-        stabilisce norme riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dell’accreditamento degli organismi di valutazione della conformità nello svolgimento di attività di valutazione della conformità;

-        fornisce un quadro per la vigilanza del mercato dei prodotti per garantire che essi soddisfino requisiti che offrano un grado elevato di protezione di interessi pubblici, come la salute e la sicurezza in generale, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, la protezione dei consumatori, la protezione dell’ambiente e la sicurezza pubblica;

-        fornisce un quadro per i controlli sui prodotti provenienti dai paesi terzi;

-        stabilisce i principi generali della marcatura CE.

 

In particolare il comma 1 prevede che, al fine di assicurare la pronta applicazione del Capo II del Regolamento (CE) n. 765/2008[24], il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri interessati, provvede, entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, con uno o più decreti di natura non regolamentare, alla adozione delle prescrizioni relative alla organizzazione ed al funzionamento dell'unico organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accreditamento in conformità alle disposizioni del menzionato Regolamento comunitario, alla definizione dei criteri per la fissazione di tariffe di accreditamento, anche tenuto conto degli analoghi sistemi tariffari eventualmente adottati dagli altri Paesi dell'Unione europea, nonché alla disciplina delle modalità di controllo dell'organismo da parte dei Ministeri concertanti, anche mediante la previsione della partecipazione di rappresentanti degli stessi Ministeri ai relativi organi statutari.

 

Si ricorda che l’articolo 4 del Regolamento (CE) n. 765/2008 dispone che ciascuno Stato membro designa un unico organismo nazionale di accreditamento.

Tuttavia, lo Stato membro che ritenga che, dal punto di vista economico, non abbia senso o non sia sostenibile avere un organismo nazionale di accreditamento o fornire certi servizi di accreditamento ricorre, quanto più possibile, all’organismo nazionale di accreditamento di un altro Stato membro.

Qualora l’accreditamento non sia effettuato direttamente dalle stesse autorità pubbliche, gli Stati membri incaricano il proprio organismo nazionale di accreditamento di effettuare l’accreditamento quale attività di autorità pubblica e gli conferiscono un riconoscimento formale.

Le responsabilità e i compiti dell’organismo nazionale di accreditamento, che opera senza scopo di lucro, sono chiaramente distinti da quelli di altre autorità nazionali.

L’organismo nazionale di accreditamento non offre o fornisce attività o servizi forniti dagli organismi di valutazione della conformità, non fornisce servizi di consulenza né possiede azioni o ha un interesse finanziario o gestionale in un organismo di valutazione di conformità.

Inoltre, l’organismo nazionale di accreditamento è membro dell’infrastruttura europea di accreditamento di cui all’articolo 14.

Tale articolo dispone che la Commissione, previa consultazione degli Stati membri, riconosce un organismo che soddisfi i requisiti di cui all’allegato I del Regolamento, stipulando con il medesimo organismo un accordo volto a specificare dettagliatamente i compiti dell’organismo, le disposizioni in materia di finanziamento e le disposizioni relative alla sua vigilanza. Sia la Commissione che tale organismo hanno la facoltà di risolvere l’accordo ad nutum, con un ragionevole periodo di preavviso da definire nell’accordo stesso.

La Commissione comunica il riconoscimento di tale organismo agli Stati membri e agli organismi nazionali di accreditamento.

Viene inoltre precisato che non può essere riconosciuto più di un organismo alla volta e che il primo organismo riconosciuto ai sensi del Regolamento è la Cooperazione europea per l’accreditamento, a condizione che abbia concluso l’accordo di cui sopra.

 

Il comma 2 dispone quindi che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri interessati, provvede con decreto di natura non regolamentare, entro tre mesi dalla data di adozione del decreto di cui al comma 1, alla designazione dell'unico organismo italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento. Il Ministero dello sviluppo economico, per il tramite del competente ufficio, è autorità nazionale referente per le attività di accreditamento, punto nazionale di contatto con la Commissione europea ed assume le funzioni previste dal Capo II del menzionato Regolamento non assegnate all'organismo nazionale di accreditamento.

Il comma 3 prevede inoltre che per l'accreditamento delle strutture operanti nei diversi settori per i quali sia previsto l'accreditamento, il Ministero dello sviluppo economico e i Ministeri interessati disciplinano le modalità di partecipazione all'organismo nazionale di accreditamento degli organismi di accreditamento, già designati per i settori di competenza dei rispettivi Ministeri.

Il comma 4 infine reca la clausola di invarianza finanziaria, precisando altresì che i Ministeri interessati provvedono all’attuazione del medesimo con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 5
(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 5
(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni
e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese)

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vi­gore della presente legge, uno o più de­creti legislativi per il riassetto delle pre­scrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modi­ficazioni, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

     a) riordino e coordinamento delle disposizioni legislative recanti le pre­scrizioni e gli adempimenti procedurali che devono essere rispettati ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento di attività di impresa;

 

     b) determinazione di tempi certi e inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti che fanno capo alle pub­bliche amministrazioni, nel rispetto delle competenze previste dal titolo V della parte seconda della Costituzione, ivi compresa l'erogazione di finanziamenti o agevolazioni economiche comunque de­finiti per i quali l'iter procedurale sia giunto a buon fine, che devono essere liquidati nei termini previsti dalle dispo­sizioni in base alle quali vengono con­cessi;

 

     c) abrogazione, dalla data di en­trata in vigore dei decreti legislativi, di tutte le disposizioni di legge statale non individuate ai sensi della lettera a).

 

2. Il Governo, nelle materie di compe­tenza esclusiva dello Stato, completa il processo di riassetto emanando, anche contestualmente ai decreti legislativi di cui al comma 1, una raccolta organica delle norme regolamentari che discipli­nano la medesima materia, ove necessa­rio adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo le modalità di cui all'articolo 20, comma 3-bis, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

 

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli atti ed ai proce­dimenti di competenza del Ministero del­l'interno e del Ministero della difesa, di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

4. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per la pubblica ammini­strazione e l'innovazione, dell'economia e delle finanze, dell'interno, del lavoro, della salute e delle politiche sociali, del­l'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, corredati di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in essi contenute, ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

 

5. Le regioni e gli enti locali si ade­guano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuove o maggiori spese né minori entrate per la finanza pubblica.

 

 

L’articolo 5, introdotto dal Senato, prevede (comma 1) una delega legislativa, da esercitare entro un anno dall’entrata in vigore del provvedimento, per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali che si applicano alle imprese, con le modalità e secondo i principi e criteri direttivi di cui all’art. 20 della L. 59/1997 (in materia di semplificazione e riassetto normativo), nonché secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a)  riordino e coordinamento delle norme di legge recanti le prescrizioni e gli adempimenti procedurali da rispettare ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento di attività di impresa;

b)  determinazione di tempi certi e inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti delle pubbliche amministrazioni, ivi compresa l’erogazione di finanziamenti o agevolazioni economiche comunque definiti per i quali l’iter procedurale sia giunto a buon fine, che devono essere liquidati nei termini previsti dalle disposizioni in base alle quali vengono concessi;

c)  abrogazione, dall’entrata in vigore dei previsti decreti legislativi, di tutte le disposizioni di legge statale non individuate ai sensi della precedente lettera a).

 

Il comma 2 dispone che il Governo, nelle materie attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, completa il processo di riassetto normativo emanando, anche contestualmente ai previsti decreti legislativi, una raccolta organica delle norme regolamentari che disciplinano la stessa materia, laddove necessario adeguandole alla nuova disciplina di rango primario e semplificandole secondo quanto previsto dall’art. 20, comma 3-bis, della L. 59/1997.

 

Si ricorda brevemente che al fine di soddisfare le esigenze di semplificazione amministrativa, con la legge n. 59/1997 (cd. legge Bassanini) si è provveduto a rendere più flessibili le regole dell’agire della pubblica amministrazione attraverso la delegificazione delle norme che regolano i procedimenti amministrativi. Per quanto in questa sede interessa, si evidenzia che il comma 3-bis dell’art. 20 prevede che il Governo, qualora proceda ad una codificazione, realizzi anche la raccolta organica delle norme regolamentari vigenti nella materia oggetto del riassetto.

 

Ai sensi del comma 3, le disposizioni di cui ai precedenti commi non si applicano agli atti e ai procedimenti di competenza dei Ministeri dell’interno e della difesa, di cui agli artt. 19, comma 1 (dichiarazione di inizio attività) e 20, comma 4 (silenzio assenso) della L. 241/1990[25].

 

Il comma 4 dispone quindi che gli schemi dei previsti decreti legislativi, corredati di relazione tecnica sugli effetti finanziari, sono trasmessi alle Camere per l’espressione dei relativi pareri. Inoltre, entro i due anni successivi all’entrata in vigore dei decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi ed integrativi.

 

Il comma 5 dispone che le regioni e gli enti locali si adeguano ai principi dell’articolo in esame, per quanto riguarda i procedimenti amministrativi che rientrano nella loro competenza, entro 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Infine il comma 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

La comunicazione della Commissione “Una corsia preferenziale per la piccola impresa” – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (un ”Small Business Act” per l’Europa) (COM(2008)394) chiede agli Stati membri di ridurre gli oneri amministrativi del 25% entro il 2012, che il tempo necessario per avviare una nuova impresa non sia più lungo di una settimana, che il tempo massimo necessario per ottenere licenze d’esercizio e permessi non superi il mese nonché un sistema di sportelli unici contribuisca ad agevolare gli avvii di imprese e le procedure di assunzione.

In tale contesto, la Commissione propone di:

-        ridurre il livello delle commissioni richieste dalle amministrazioni dagli Stati membri per registrare un’impresa, ispirandosi ai paesi UE che presentano i migliori risultati;

-        continuare a impegnarsi per ridurre a meno di una settimana il tempo necessario a fondare un’impresa, laddove tale risultato non sia stato ancora raggiunto e ridurre e semplificare licenze e permessi;

-        garantire l’attuazione completa e tempestiva della direttiva Servizi, compresa l’istituzione degli sportelli unici, presso i quali le imprese possono ottenere tutte le informazioni pertinenti ed espletare tutte le procedure e formalità necessarie per via elettronica.

Nell’ambito del Piano europeo di ripresa economica - presentato il 26 novembre 2008 e approvato dal Consiglio europeo dell’11-12 dicembre 2008 – la Commissione, in relazione al settore prioritario della strategia di Lisbona “Imprese”, propone, sulla base dell’atto per le piccole imprese, una riduzione degli oneri amministrativi per le attività imprenditoriali. A tal fine, la Commissione ritiene che l’UE e gli Stati membri dovrebbero:

§      assicurare che l’avvio di un’attività d’impresa richieda un massimo di 3 giorni e nessun costo;

§      eliminare l’obbligo per le microimprese di redigere i conti annuali e limitare ad 1 euro il requisito patrimoniale per le imprese private europee;

§      accelerare l’adozione della proposta di Statuto della società privata europea;

§      assicurare che le autorità pubbliche paghino le fatture per le forniture e i servizi entro un mese; tutti gli arretrati dovuti da enti pubblici dovranno essere ugualmente liquidati;

§      ridurre di una percentuale che potrà raggiungere il 75% i costi delle domande di brevetto e di rinnovo di brevetto e ridurre del 50% i costi per un marchio UE.

Il Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008, nell’esprimere il proprio sostegno al Piano di ripresa economico, ha, in particolare, auspicato il proseguimento di una riduzione generale e considerevole degli oneri amministrativi che gravano sulle imprese.

Il Consiglio competitività del 28 maggio 2009 ha approvato conclusioni in materia di approccio integrato ad una politica industriale competitiva e sostenibile nell’Unione europea nelle quali incoraggia la Commissione, il Parlamento europeo e gli Stati membri ad accelerare i lavori intesi a semplificare la legislazione e ridurre gli oneri amministrativi gravanti su industria e imprese.

 


 

Articolo 6, commi 1-3
(Semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 6
(Semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese)

 

 

 

1. Ai fini dell'ottenimento di titoli au­torizzatori o concessori da parte della pubblica amministrazione o dei conces­sionari di servizi pubblici e ai fini della partecipazione a procedure di evidenza pubblica, l'impresa interessata può alle­gare, in luogo delle richieste certifica­zioni, un'autocertificazione corredata dell'autorizzazione ad acquisire presso le pubbliche amministrazioni i dati ne­cessari per la verifica, ferme restando, in caso di dichiarazione mendace, l'esclu­sione dalle procedure per l'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o dalle procedure di evidenza pubblica e la re­sponsabilità per falso in atto pubblico.

 

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le certificazioni la cui presentazione può essere sostituita ai sensi del comma 1.

 

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli atti ed ai proce­dimenti di competenza del Ministero del­l'interno e del Ministero della difesa, di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

(…)

 

 

L’articolo 6, introdotto dal Senato, ai commi 1-3 reca disposizioni per la semplificazione e l’abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese ai fini dell’ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o di partecipazione a procedure di evidenza pubblica.

In particolare, il comma 1 dispone che ai fini su menzionati l’impresa interessata può allegare, in luogo delle richieste certificazioni, un’autocertificazione corredata dell’autorizzazione ad acquisire dalle pubbliche amministrazioni le informazioni necessarie per la verifica. Resta ferma, in caso di dichiarazione mendace, l’esclusione dalle procedure per l’ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o dalle procedure di evidenza pubblica e la responsabilità per falso in atto pubblico.

Le certificazioni che possono essere così sostituite sono individuate con apposito DPCM, da adottare entro un mese dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 2).

Ai sensi del comma 3 le disposizioni di cui ai precedenti commi non si applicano agli atti e ai procedimenti di competenza dei Ministeri dell’interno e della difesa, di cui agli artt. 19, comma 1 (dichiarazione di inizio attività) e 20, comma 4 (silenzio assenso) della L. 241/1990[26].

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 5, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 6, commi 4 e 5
(Semplificazione di alcune procedure in materia di assunzioni)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 6
(Semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese)

 

(…)

 

4. Al comma 6 dell'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, sono ag­giunte, in fine, le seguenti parole: «e delle province, ai fini delle assunzioni obbligatorie».

 

5. Al comma 6 dell'articolo 9 della legge 12 marzo 1999, n. 68, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con de­creto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province auto­nome di Trento e di Bolzano, è definito il modello unico di prospetto di cui al pre­sente comma».

 

 

I commi 4 e 5 dell’articolo 6 sono volti alla semplificazione di alcune procedure in materia di assunzioni.

 

In particolare, il comma 4 è volto a modificare l’articolo 4-bis, comma 6, del D.Lgs. 181/2000[27]che disciplina gli obblighi di comunicazione connessi all’instaurazione e alla successiva evoluzione dei rapporti di lavoro.

In particolare, la norma richiamata prevede che le comunicazioni relative ai rapporti di lavoro - assunzione, cessazione, trasformazione e proroga – inviate al Servizio per l’impiego competente (cioè quello nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro) sono valide ai fini dell'assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell’INPS, dell’INAIL, o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, nonché nei confronti della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo.

 

Con la modifica in esame si dispone che l’invio delle comunicazioni al Servizio per l’impiego competente è valido anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle province, ai fini delle assunzioni obbligatorie.

 

Il successivo comma 5 interviene sulla norma di cui all’articolo 9, comma 6, della legge 68/1999[28], in materia di comunicazioni obbligatorie da parte dei datori di lavoro soggetti alla disciplina sul collocamento obbligatorio dei disabili.

Si ricorda che l’art. 9 della L. 68/1999 reca disposizioni relative alle richieste di avviamento al lavoro da parte dei datori di lavoro obbligati all’assunzione dei lavoratori disabili.

In particolare, il comma 6 prevede che i datori di lavoro, pubblici e privati, soggetti alla disciplina della L. 68/1999 sono tenuti ad inviare in via telematica agli uffici competenti un prospetto informativo dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva relative alle assunzioni obbligatorie, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili. Si prevede inoltre che con apposito decreto ministeriale si provveda a definire il modulo per l'invio del prospetto informativo, nonché la periodicità e le modalità dell’invio del prospetto[29]. I prospetti sono pubblici e gli uffici competenti, al fine di rendere effettivo il diritto di accesso ai predetti documenti amministrativi, dispongono la loro consultazione nelle proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico.

 

In particolare, aggiungendo un ulteriore periodo al citato articolo 9, comma 6, si dispone che con decreto del Ministro del lavoro, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, sia definito il modello unico di prospetto informativo di cui al medesimo comma.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 5, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 7
(Semplificazione e razionalizzazione della riscossione della tassa automobilistica per le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 7
(Semplificazione e razionalizzazione della riscossione della tassa automobili­stica per le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano)

 

 

 

1. Al fine di semplificare e razionaliz­zare la riscossione della tassa dovuta su veicoli concessi in locazione finanziaria, le singole regioni e le province auto­nome di Trento e di Bolzano sono auto­rizzate a stabilire le modalità con le quali le imprese concedenti possono provve­dere ad eseguire cumulativamente, in luogo dei singoli utilizzatori, il versa­mento delle tasse dovute per i periodi di tassazione compresi nella durata dei ri­spettivi contratti.

 

2. All'articolo 5, ventinovesimo comma, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53, sono apportate le seguenti modifica­zioni:

 

     a) nel primo periodo, dopo la pa­rola: «proprietari» sono inserite le se­guenti: «, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utiliz­zatori a titolo di locazione finanziaria,»;

 

     b) nel terzo periodo, dopo le pa­role: «i proprietari» sono inserite le se­guenti: «, gli usufruttuari, gli acquirenti con patto di riservato dominio, nonché gli utilizzatori a titolo di locazione finan­ziaria».

 

3. La competenza territoriale degli uf­fici del pubblico registro automobilistico e dei registri di immatricolazione è de­terminata in ogni caso in relazione al luogo di residenza del soggetto proprie­tario del veicolo.

L’articolo 7, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, reca disposizioni di semplificazione e razionalizzazione della riscossione della tassa automobilistica, in favore delle singole Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Le tasse automobilistiche sono tributi imposti ai proprietari di autoveicoli iscritti nei pubblici registri, ovvero a coloro che utilizzano veicoli non immatricolati. Le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993, come disposto dagli articoli 23-27 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, emanato in attuazione della delega al Governo conferita dall’art. 4 della legge n. 421 del 1992. La tassa automobilistica regionale assorbe l’intera tassa automobilistica prevista dal D.P.R. n. 39 del 1953, recante il Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche.

Le regioni possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche nella misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente. A decorrere dal 1° gennaio 1999, inoltre, il comma 10 dell’articolo 17 della legge n. 449 del 1997 ha previsto l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente alle tasse automobilistiche non erariali, con le modalità stabilite dal successivo decreto del Ministero delle finanze 18 novembre 1998, n. 462[30].

La legge finanziaria per il 2007, con l’articolo 1, comma 321 ha sostituitola tariffa delle tasse automobilistiche, stabilita dalla tabella allegata al decreto del Ministro delle finanze del 27 dicembre 1997, modificando i criteri di applicazione della tassa. Per effetto di questa modifica infatti, gli aumenti del bollo delle autovetture sono ora scaglionati non solo in base alle caratteristiche inquinanti dei veicoli (da Euro 0 a Euro 5), ma, con aumenti incrementali per ogni kw superiore a 100 kw di potenza, in relazione alla potenza dei veicoli. In altri termini, è stato introdotto un sistema a scaglioni per i kw, differenziato in funzione della classificazione del motore, che prevede l’applicazione di una maggiorazione del 50 per cento dell’imposta solo sui kw che superano i primi cento.

Lo stesso comma 321 ha poi disposto che gli incrementi percentuali delbollo auto approvati dalle Regioni o dalle Province autonome, prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria 2007, vengano ricalcolati sulla base degli importi della nuova Tabella 2, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali in misura pari al maggior gettito derivante dai predetti incrementi.

 

La disposizione reca modifiche alla disciplina della tassazione dei veicoli concessi in locazione finanziaria. Si consente, nel dettaglio, alle imprese concedenti di provvedere ad eseguire cumulativamente, in luogo dei singoli utilizzatori, il versamento delle tasse dovute, per i periodi di tassazione compresi nella durata dei rispettivi contratti. A tale scopo, le Regioni e le Province autonome sono autorizzate a stabilire le modalità attuative di tale norma.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame ha all’uopo modificato l’articolo 5, comma ventinovesimo, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953[31], estendendo (lettera a) agli usufruttuari, agli acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero agli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria l’obbligo di pagare le tasse dovute sui veicoli e sugli autoscafi per effetto della loro iscrizione nei rispettivi pubblici registri.

E’ stato poi (lettera b) esteso ai medesimi soggetti – ovvero usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, utilizzatori a titolo di locazione finanziaria – il pagamento delle stesse tasse dovute dai proprietari di ciclomotori, di autoscafi non iscritti nei registri e di motori fuoribordo applicati agli autoscafi, nonché di veicoli e autoscafi importati temporaneamente dall'estero.

 

Infine, il comma 3 stabilisce che la competenza territoriale degli uffici del pubblico registro automobilistico e dei registri di immatricolazione sia determinata, in ogni caso, in relazione al luogo di residenza del soggetto proprietario del veicolo.

 


 

Articolo 8
(Modifiche in materia di ICI)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 8
(Modifiche in materia di ICI).

 

 

 

1. All'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, il comma 2 è sostituito dal seguente:

 

«2. Nel caso di concessione su aree demaniali, soggetto passivo è il conces­sionario. Per gli immobili, anche da co­struire o in corso di costruzione, con­cessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto».

 

 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai contratti di locazione fi­nanziaria stipulati dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

L’articolo 8 della proposta di legge in esame, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, reca modifiche alla disciplina dell’imposta comunale sugli immobili – ICI.

 

Nel dettaglio, il comma 1 sostituisce integralmente il comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504[32], ovvero la norma che individua i soggetti passivi dell’imposta per le ipotesi di locazione finanziaria e di concessione di immobili.

Ai sensi dell’attuale formulazione del comma 2, per gli immobili concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo d’imposta è il locatario. Nella più specifica ipotesi di locazione finanziaria avente ad oggetto fabbricati classificabili nel gruppo catastale D[33], non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati (ai sensi dell’articolo 5, comma 3 del D.Lgs. n. 504 del 1992), il locatario assume la qualifica di soggetto passivo a decorrere dal primo gennaio dell'anno successivo a quello nel corso del quale è stato stipulato il contratto di locazione finanziaria.

La locazione finanziaria è un contratto atipico, nel quale un soggetto (locatore o concedente) concede ad un altro (utilizzatore o locatario) il diritto di utilizzare un determinato bene a fronte del pagamento di un canone periodico. Alla scadenza del contratto, l'utilizzatore può acquistare il bene, ove eserciti l’opzione di acquisto, pagando il corrispettivo al concedente.

Infine, per l’ipotesi di concessione su aree demaniali, il soggetto passivo è individuato nel concessionario.

 

La disposizione in esame lascia immutata la previsione che individua nel concessionario di area demaniale il soggetto passivo d’imposta. Anche per quanto attiene alla locazione finanziaria, soggetto passivo è sempre il locatario.

Tuttavia, per l’ipotesi di locazione finanziaria si precisa che:

§      la norma si applica anche gli immobili da costruire o in corso di costruzione concessi in locazione finanziaria;

§      la decorrenza dell’obbligo è fissata alla data della stipula del contratto e persiste per tutta la durata.

 

La disposizione in commento, dunque, propone l’eliminazione del caso specifico di locazione finanziaria avente ad oggetto fabbricati classificabili nel gruppo catastale D[34], non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati.

Sembrerebbe dunque evincersi che, con la disciplina proposta, si intenda uniformare l’individuazione del soggetto passivo d’imposta per tutte le ipotesi di locazione finanziaria – indipendentemente dalle caratteristiche del bene oggetto del contratto – circoscrivendola nel tempo e anticipandone gli effetti alla data di stipula del negozio.

 

Il comma 2 dell’articolo 8 applica la nuova disciplina ai contratti di locazione finanziaria stipulati dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame. Sembra dunque potersi supporre che, per i contratti stipulati antecedentemente, si continui ad applicare la previgente disciplina (la quale, come si è visto, per la categoria catastale “D” fa decorrere l’obbligo di pagamento dell’imposta dal primo gennaio dell'anno successivo a di stipula contrattuale).


 

Articolo 9
(Disciplina dei consorzi agrari)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 4
(Disciplina dei consorzi agrari)

Articolo 9
(Disciplina dei consorzi agrari)

 

 

1. Al fine di uniformarne la disciplina ai princìpi del codice civile, i consorzi agrari sono costituiti in società cooperative disci­plinate dalle disposizioni di cui agli articoli 2511 e seguenti del medesimo codice. L'uso della denominazione di consorzio agrario è riservato esclusivamente alle so­cietà cooperative di cui al presente comma. I consorzi agrari sono considerati coopera­tive a mutualità prevalente indipendente­mente dai criteri stabiliti dall'articolo 2513 del codice civile qualora rispettino i requisiti di cui all'articolo 2514 del medesimo codice. I consorzi agrari adeguano i propri statuti alle disposizioni del codice civile entro do­dici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per i consorzi agrari in li­quidazione coatta amministrativa per i quali sia accertata la mancanza di presupposti per il superamento dello stato di insolvenza e, in ogni caso, in mancanza della presen­tazione e dell'autorizzazione della proposta di concordato, l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione revoca l'esercizio provvisorio dell'impresa e provvede a rinno­vare la nomina dei commissari liquidatori. Alle proposte di concordato dei consorzi agrari non si applicano i termini di cui all'ar­ticolo 124, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modi­ficazioni.

1. Identico.

2. Il comma 9-bis dell'articolo 1 del de­creto-legge 18 maggio 2006, n. 181, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 17 lu­glio 2006, n. 233, è abrogato.

2. Identico.

 

3. Per consentire la chiusura delle procedure di liquidazione coatta ammi­nistrativa dei consorzi agrari entro il termine previsto dal comma 1 dell'arti­colo 18 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, i consorzi agrari entro il 30 settembre 2009 devono sottoporre all'autorità am­ministrativa che vigila sulla liquidazione gli atti di cui all'articolo 213 del regio de­creto 16 marzo 1942, n. 267, e succes­sive modificazioni. L'omessa trasmis­sione degli atti nel termine indicato o il diniego di autorizzazione al deposito da parte dell'autorità amministrativa com­porta la sostituzione dei commissari li­quidatori e di tutti i componenti dei co­mitati di sorveglianza. Si provvede alla sostituzione anche in presenza dell'av­venuto deposito degli atti di cui agli arti­coli 213 e 214 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, qualora il tribunale, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia ac­colto l'opposizione, per motivi connessi alla attività del commissario, indipen­dentemente dalla proposizione dell'even­tuale reclamo.

 

4. Agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 500.000 euro a decorrere dal­l'anno 2009, si provvede mediante corri­spondente riduzione del Fondo per in­terventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del de­creto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

 

 

L’articolo, modificato nel corso dell’esame presso il Senato con l’aggiunta dei commi 3 e 4, reca una nuova disciplina dei consorzi agrari, agevolandone il riconoscimento quali società cooperative a mutualità prevalente. Sono inoltre definiti nuovi termini per l’adeguamento degli statuti dei consorzi alle disposizioni del codice civile e nuove disposizioni per la revoca dell’esercizio provvisorio e per consentire la chiusura della procedure di liquidazione dei consorzi.

 

Il comma 1 reca ai primi tre periodi le nuove disposizioni sulla natura giuridica dei Consorzi agrari, ricalcando per quanto riguarda la riconduzione degli stessi alla disciplina civilistica delle società cooperative, le norme attualmente in vigore (art. 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 181/2006[35]), che vengono abrogate dal successivo comma 2, con una importante modifica. Si stabilisce infatti (con il terzo periodo) che il riconoscimento della qualificazione di società cooperative a mutualità prevalente(alla quale la normativa fiscale subordina il riconoscimento di una serie di agevolazioni) prescinda per i consorzi daglispecifici requisiti previsti al riguardo nell’art. 2513 del Codice civile (ove si quantificano le soglie percentuali necessarie per la realizzazione delle condizioni - svolgimento dell’attività prevalentemente in favore dei soci e con l’apporto prevalente degli stessi- poste dall’art. 2512), essendo sufficiente che lo statuto rispetti i divieti in ordine alla distribuzione di utili tra i soci previsti dal successivo art. 2514 del Codice. Si ricorda che la normativa vigente (art. 2 della legge n. 410/1999) attribuisce ai Consorzi compiti di supporto all’attività agricola in generale, il che ha di fatto precluso loro la possibilità di ottenere il riconoscimento della mutualità prevalente sulla base delle disposizioni civilistiche vigenti.

 

Fino all'approvazione del decreto-legge n. 181/2006 l’impianto normativo generale sulla base del quale i consorzi agrari hanno svolto la loro attività era dettato dalla legge n. 410/99[36]. quasi interamente abrogata dal comma 9-bis dell'art. 1 del citato D.L. n. 181, il quale ne ha invece lasciato in vigore la norma (art. 2) che definisce gli scopi cui sono preposti i consorzi: tali scopi richiedono l'esecuzione di attività dirette a contribuire alla innovazione ed al miglioramento della produzione agricola, nonché a predisporre e gestire servizi utili per l’agricoltura, conservando così una funzione parapubblica che richiede ai consorzi agrari di operare con tutti gli operatori, soci o non soci.

Il menzionato comma 9-bis dell'art. 1 del D.L. n. 181 prevede che i consorzi agrari siano società cooperative a responsabilità limitata, disciplinate a tutti gli effetti dagli articoli 2511 e seguenti del codice civile, disponendo che l'uso della denominazione di consorzio agrario è riservato esclusivamente alle società cooperative di cui al comma stesso.

L'articolo 2511 del Codice civile definisce le società cooperative come società a capitale variabile con scopo mutualistico ed il successivo articolo 2512 specifica che sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:

1)       svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

L'articolo 2513 definisce i criteri per la definizione della prevalenza che deve essere documentata dagli amministratori e sindaci evidenziando contabilmente i seguenti parametri:

a)       i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell'articolo 2425, primo comma, punto A1 (che prevede che il conto economico deve essere redatto in conformità ad uno schema che deve contenere, tra l'altro, il valore della produzione ed in particolare il dato dei ricavi delle vendite e delle prestazioni);

b)       il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B9 (costo della produzione per il personale) computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico;

b)c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B7 (costo della produzione per i servizi), ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B6 (costo della produzione per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci).

Quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali delle lettere precedenti.

Nelle cooperative agricole la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti.

L'articolo 2514 elenca i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente, che debbono prevedere nei propri statuti:

a)       il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

b)       il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c)       il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d)       l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

 

Ancora il comma 1, al quarto periodo, fissa un nuovo termine per l’adeguamento degli Statuti dei Consorzi alle disposizioni del codice civile, che dovrà avvenire entro dodici mesi dalla entrata in vigore della legge; tale termine è attualmente fissato al 31 dicembre 2009 dall’art. 18, co. 1 del D.L. n. 207/2008 di proroga termini[37].

Sempre il comma 1 dell'articolo in esame dispone che per i consorzi agrari in liquidazione coatta amministrativa, per i quali sia accertata la mancanza dei presupposti per il superamento dello stato di insolvenza e, in ogni caso, in mancanza della presentazione e dell'autorizzazione della proposta di concordato, l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione proceda alla revoca dell'esercizio provvisorio dell'impresa e provveda a rinnovare la nomina dei commissari liquidatori.

L'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo in esame prevede infine che alle proposte di concordato dei consorzi agrari non si applicano i termini previsti per la presentazione della domanda di concordato da parte del fallito. Si ricorda infatti che essa è possibile solo se è decorso un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.

 

L'art. 124 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, come modificato, disciplina la proposta di concordato, prevedendo che essa possa essere presentata anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purché sia stata tenuta la contabilità ed i dati risultanti da essa e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all'approvazione del giudice delegato. Essa non può essere presentata dal fallito o da società da lui partecipate o controllate se non dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.

 

Il comma 3, introdotto durante l’esame al Senato,definisce la modalità per chiudere i procedimenti di liquidazione dei consorzi in liquidazione coatta amministrativa entro il termine - 31 dicembre 2009- fissato da ultimo dal citato art. 18, comma 1, del D.L. n. 207/2008.

 

L’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 181/2006, che ha ricondotto i consorzi agrari alla disciplina generale delle società cooperative, è in particolare intervenuto sulle gestioni commissariali in corso, prevedendo la riduzione del numero (da 3 a 1) dei commissari liquidatori per i consorzi in liquidazione coatta amministrativa e la chiusura delle procedure liquidatorie entro il termine del 30 giugno 2007, nonché la cessazione dei commissari in carica e la ricostituzione degli organi statutari per gli altri consorzi in gestione commissariale.

Il termine per la chiusura delle procedure di liquidazione coatta amministrativa dei consorzi agrari è stato quindi prorogato dapprima al 31 dicembre 2007 dall’art. 1, comma 1076, della legge n. 296/2006 (Legge-finanziaria 2007); quindi al 31 dicembre 2008 dall’art. 26, comma 1, del D.L. N. 248/2007, anche allo scopo di consentire la presentazione di una proposta di concordato[38] sulla base dell’art. 124 del R.D. n. 267/1942[39]; da ultimo al 31 dicembre 2009 con l’art. 18, comma 1, del D.L. n. 207/2008.

 

Allo scopo di consentire il rispetto del termine (31 dicembre 2009) attualmente previsto per la chiusura delle liquidazioni amministrative in corso, la norma prevede che i consorzi in liquidazione sottopongano entro il 30 settembre 2009 all’autorità che vigila sulla liquidazione gli atti di cui all’art. 213 del R.D. n. 267/1942, e cioè:

§      il bilancio finale della gestione con il conto della gestione;

§      il piano di riparto tra i creditori;

§      la relazione del comitato di sorveglianza.

L’inosservanza di tale disposizione è sanzionata con la sostituzione dei commissari liquidatori e dei componenti dei comitati di sorveglianza.

 

In particolare, la sostituzione opera nei seguenti casi:

§      omessa trasmissione degli atti sopra indicati entro il termine del 30 settembre 2009;

§      diniego di autorizzazione al deposito degli atti stessi da parte dell’autorità vigilante;

§      accoglimento da parte del Tribunale, alla data di entrata in vigore della legge, di una opposizione agli atti per motivi connessi alla attività del commissario, a prescindere da eventuali reclami.

 

In merito al soggetto vigilante si ricorda che la vigilanza in generale sui consorzi agrari, come su tutte le forme di società cooperative e loro consorzi inclusi le piccole società cooperative, è dall’art. 1 del D.Lgs. 220/02[40]attribuita al Ministero delle attività produttive (ora dello Sviluppo Economico); l’art. 12 del medesimo D.Lgs. stabilisce peraltro che alcuni provvedimenti, se assunti nei confronti di Consorzi agrari debbono essere adottati dal dicastero delle attività produttivecon il concerto del ministero dell’agricoltura[41]. I provvedimenti di cui trattasi sono (comma 1 dell’art. 12):

-        cancellazione dall’albo nazionale degli enti cooperativi;

-        gestione commissariale (disciplinata dall’art. 2543 del cod. civ. in caso di irregolare funzionamento della società cooperativa);

-        scioglimento per atto dell’autorità (disciplinato dall’art. 2544 cod. civ.);

-        sostituzione dei liquidatori (prevista dall’art. 2545 cod. civ., in caso d'irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria);

-        liquidazione coatta amministrativa (prevista dall’art. 2540 cod. civ. per i casi di insolvenza)[42].

 

Il comma 4 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 500.000 euro a decorrere dall’anno 2009, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.


 

Articolo 10
(Società cooperative)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 10
(Società cooperative)

 

 

 

1. All'articolo 2511 del codice civile, dopo le parole: «con scopo mutuali­stico» sono aggiunte le seguenti: «iscritte presso l'albo delle società coo­perative di cui all'articolo 2512, secondo comma, e all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice».

 

2. La presentazione della comunica­zione unica di cui all'articolo 9 del de­creto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, all'ufficio del registro delle imprese determina, nel caso di im­presa cooperativa, l'automatica iscri­zione nell'albo delle società cooperative, di cui all'articolo 2512, secondo comma, del codice civile e all'articolo 223-sexie­sdecies delle disposizioni per l'attua­zione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, come modificato dal comma 6 del presente articolo.

 

3. Per i fini di cui al comma 2, l'ufficio del registro delle imprese trasmette im­mediatamente all'albo delle società coo­perative la comunicazione unica, nonché la comunicazione della cancellazione della società cooperativa dal registro o della sua trasformazione in altra forma societaria per l'immediata cancellazione dal suddetto albo.

 

4. Le società cooperative, ai fini della dimostrazione del possesso del requi­sito di cui all'articolo 2513 del codice ci­vile, comunicano annualmente le notizie di bilancio all'amministrazione presso la quale è tenuto l'albo delle società coo­perative con gli strumenti informatici di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle di­sposizioni per l'attuazione del codice ci­vile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, come modificato dal comma 6 del pre­sente articolo.

 

5. Il terzo comma dell'articolo 2515 del codice civile è abrogato.

 

6. All'articolo 223-sexiesdecies, primo comma, delle disposizioni per l'attua­zione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, le parole: «deposi­tare i bilanci attraverso strumenti di co­municazione informatica» sono sosti­tuite dalle seguenti: «comunicare an­nualmente attraverso strumenti di co­municazione informatica le notizie di bi­lancio, anche ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'arti­colo 2513 del codice, all'amministra­zione presso la quale è tenuto l'albo. L'omessa comunicazione comporta l'ap­plicazione della sanzione amministrativa della sospensione semestrale di ogni at­tività dell'ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali».

 

7. All'articolo 1 della legge 17 luglio 1975, n. 400, è aggiunto, in fine, il se­guente comma:

 

«La vidimazione del registro di cui al­l'articolo 38, primo comma, del regio de­creto 16 marzo 1942, n. 267, e succes­sive modificazioni, è effettuata in forma semplificata dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura terri­torialmente competente».

 

8. All'articolo 2545-octies del codice civile sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

 

«Qualora la cooperativa abbia perso la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di prevalenza di cui all'arti­colo 2513, l'obbligo di cui al secondo comma si applica soltanto nel caso in cui la cooperativa medesima modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514 o abbia emesso strumenti finan­ziari.

 

In tutti i casi di perdita della citata qualifica, la cooperativa è tenuta a se­gnalare espressamente tale condizione attraverso gli strumenti di comunica­zione informatica previsti dall'articolo 223-sexies-decies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice.

 

Lo stesso obbligo sussiste per la co­operativa nel caso in cui le risultanze contabili relative al primo anno succes­sivo alla perdita della detta qualifica evi­denzino il rientro nei parametri della mu­tualità prevalente.

 

In seguito alle predette segnalazioni, l'amministrazione presso la quale è te­nuto l'albo delle società cooperative provvede alla variazione della sezione di iscrizione all'albo medesimo senza alcun ulteriore onere istruttorio.

 

L'omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di coopera­tiva a mutualità prevalente è segnalata all'amministrazione finanziaria e com­porta l'applicazione della sanzione am­ministrativa della sospensione seme­strale di ogni attività dell'ente, intesa come divieto di assumere nuove even­tuali obbligazioni contrattuali».

 

9. All'articolo 1 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

 

«4-bis. Ferme le specifiche disposi­zioni civilistiche, gli uffici amministrativi preposti alla vigilanza cooperativa ai sensi dei commi precedenti assolvono i compiti loro affidati dalla legge esclusi­vamente nell'interesse pubblico».

 

10. Al fine di favorire la formazione, la promozione e la vigilanza in tema di co­operazione, l'Istituto italiano di studi co­operativi Luigi Luzzatti è trasformato nell'Associazione italiana di studi coo­perativi Luigi Luzzatti avente personalità giuridica, con sede in Roma, ed avente quale socio unico il Ministero dello svi­luppo economico, che ne assicura la vi­gilanza ed a supporto del quale l'ente opera, seguendo le direttive impartite. I mezzi finanziari e patrimoniali dell'Asso­ciazione sono costituiti, oltreché dal pa­trimonio già facente capo all'Istituto al momento della trasformazione, da una quota dello stanziamento di bilancio de­rivante dall'articolo 29-bis del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratifi­cato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, senza oneri aggiun­tivi per la finanza pubblica. L'entità della predetta quota è fissata annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico all'atto dell'approvazione del programma annuale di attività.

 

11. Al comma 2, secondo periodo, dell'articolo 1 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, la parola: «ammini­strativa» è sostituita dalla seguente: «esclusiva» e le parole: «anche in occa­sione di interventi ispettivi di altre am­ministrazioni pubbliche» sono sop­presse.

 

12. Dopo il comma 5 dell'articolo 12 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, è aggiunto il seguente:

 

«5-bis. Agli enti cooperativi che senza giustificato motivo non ottemperano, en­tro il termine prescritto, anche parzial­mente alla diffida impartita in sede di vi­gilanza, salva l'applicazione di ulteriori sanzioni, è irrogata la sanzione della so­spensione semestrale di ogni attività dell'ente, intesa come divieto di assu­mere nuove eventuali obbligazioni con­trattuali».

 

13. All'articolo 223-septiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, le parole: «entro il 31 dicembre 2004» sono soppresse.

 

14. Al comma 3 dell'articolo 21 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, dopo le pa­role: «gli articoli 2,» è inserita la se­guente: «4,».

 

 

L’articolo 10 in esame, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, pone una serie di norme in materia di società cooperative, modificando il codice civile e la relativa legislazione di settore.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 10 in esame modifica l'articolo 2511 del codice civile, secondo il quale le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico, specificando che le stesse cooperative siano iscritte presso l'albo delle società cooperative di cui all'articolo 2512, secondo comma, del codice civile e all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile.

Attualmente, il richiamato articolo 2512 cc prevede al secondo comma che le società cooperative a mutualità prevalente si debbano iscrivere in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

 

Sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che: svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

 

Il richiamato articolo 223-sexiesdecies, come aggiunto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dall'articolo 9 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, ha stabilito che entro il 30 giugno 2004 il Ministro delle attività produttive dovesse predisporre un Albo delle società cooperative tenuto a cura del Ministero delle attività produttive, ove dovessero iscriversi le cooperative a mutualità prevalente.

In una diversa sezione del medesimo Albo sono tuttavia tenute ad iscriversi anche le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 223-duodecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, le disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali si applicano soltanto alle cooperative a mutualità prevalente.

L'Albo delle società cooperative è stato istituito con D.M. 23 giugno 2004[43].

 

L’articolo 223-sexiesdecies citato viene ora modificato dal comma 6 dell’articolo 10 in commento, nei termini di cui si dirà infra.

 

La norma recata dal comma 1 dell’articolo 10 in commento appare pertanto conformare il dettato dell’articolo 2511 del codice civile al regime che prevede che tutte le società cooperative debbano iscriversi all’Albo, benché in due sezioni diverse in ragione del carattere – prevalente o meno – della mutualità.

 

Il comma 2 stabilisce che la presentazione della comunicazione unica per la nascita dell’impresa di cui all'articolo 9 del decreto-legge n. 7 del 2007, convertito dalla legge n. 40 del 2007, all'ufficio del registro delle imprese determina, nel caso di impresa cooperativa, l'automatica iscrizione nell'albo delle società cooperative, di cui all'articolo 2512, secondo comma, del codice civile e all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, come modificato dal comma 6 del presente articolo.

 

Si ricorda che il citato articolo 9 del decreto-legge n. 7 del 2007, convertito dalla legge n. 40 del 2007, ha previsto che ai fini dell'avvio dell'attività d'impresa, l'interessato presenta all'ufficio del registro delle imprese, per via telematica o su supporto informatico, la comunicazione unica per gli adempimenti previsti. La comunicazione unica vale quale assolvimento di tutti gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese ed ha effetto, sussistendo i presupposti di legge, ai fini previdenziali, assistenziali e fiscali nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA. L'ufficio del registro delle imprese contestualmente rilascia la ricevuta, che costituisce titolo per l'immediato avvio dell'attività imprenditoriale, ove sussistano i presupposti di legge, e dà notizia alle Amministrazioni competenti dell'avvenuta presentazione della comunicazione unica.

 

Il comma 3 pone in capo all'ufficio del registro delle imprese l’obbligo di trasmettere immediatamente all'albo delle società cooperative:

1)  la comunicazione unica prevista dal sopra illustrato comma 2;

2)  la comunicazione della cancellazione della società cooperativa dal registro;

3)  la comunicazione della sua trasformazione in altra forma societaria per l'immediata cancellazione dal suddetto albo.

 

Il comma 4 indica modalità con cui vanno comunicati da parte delle società cooperative i criteri per la definizione del requisito della mutualità prevalente. L’articolo 2513 del codice civile stabilisce infatti che gli amministratori e i sindaci debbano documentare la condizione di mutualità prevalente nella nota integrativa al bilancio, evidenziando contabilmente una serie di parametri.

A tal fine, il comma 4 in esame dispone che le società cooperative debbano comunicare annualmente le notizie di bilancio all'amministrazione presso la quale è tenuto l'albo delle società cooperative con gli strumenti informatici di cui all'articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile, come modificato dal comma 6 dell’articolo 10 in esame.

 

Il comma 5 abroga il terzo comma dell'articolo 2515 del codice civile, secondo cui le società cooperative a mutualità prevalente devono indicare negli atti e nella corrispondenza il numero di iscrizione presso l'albo delle cooperative a mutualità prevalente.

 

Il comma 6 modifica l'articolo 223-sexiesdecies, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, sostituendo la previsione della facoltà per le società cooperative di depositare i bilanci attraverso strumenti di comunicazione informatica con la previsione della facoltà di comunicare annualmente attraverso strumenti di comunicazione informatica le notizie di bilancio, anche ai fini della dimostrazione del possesso del requisito di cui all'articolo 2513 del codice, all'amministrazione presso la quale è tenuto l'albo. Viene altresì sanzionata l'omessa comunicazione con la sospensione semestrale di ogni attività dell'ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali.

 

Il comma 7 modifica l'articolo 1 della legge 17 luglio 1975, n. 400 il quale, al fine di uniformare ed accelerare la procedura di liquidazione coatta amministrativa degli enti cooperativi, ha previsto che le procedure, in genere, di liquidazione coatta amministrativa delle società cooperative disposte ai sensi di una serie di norme, in relazione ai vari tipi di cooperativa, siano disciplinate dalle norme generali sulla liquidazione coatta amministrativa contenute nel titolo V del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), salvo quanto previsto dalle leggi speciali.

Il comma in esame aggiunge, in fine del citato articolo 1 della legge 17 luglio 1975, n. 400, un comma secondo cui la vidimazione del registro tenuto dal curatore, di cui all'articolo 38, primo comma, della legge fallimentare, ove egli deve annotare giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione e che attualmente va preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, va effettuata in forma semplificata dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente.

 

Il comma 8 modifica l'articolo 2545-octies del codice civile che, in relazione alla perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente, stabilisce che la cooperativa perde la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti la condizione di prevalenza, di cui all'articolo 2513, ovvero quando modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514. In questo caso, sentito il parere del revisore esterno, ove presente, gli amministratori devono redigere un apposito bilancio, da notificarsi entro sessanta giorni dalla approvazione al Ministero delle attività produttive, al fine di determinare il valore effettivo dell'attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Il bilancio deve essere verificato senza rilievi da una società di revisione

Il comma 8 modifica ora il citato articolo 2545-octies del codice civile aggiungendovi una serie di commi, i quali precisano innanzitutto che, qualora la cooperativa abbia perso la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di prevalenza di cui all'articolo 2513, l'obbligo di redigere e di notificare un bilancio previsto dal secondo comma si applica soltanto nel caso in cui la cooperativa medesima modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514 o abbia emesso strumenti finanziari.

 

Il richiamato articolo 2514 c.c. stabilisce che le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti: a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Le cooperative deliberano l'introduzione e la soppressione di tali clausole con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria.

 

Nei casi di perdita della qualifica di mutualità prevalente, e nel caso in cui le risultanze contabili relative al primo anno successivo alla perdita della detta qualifica evidenzino il rientro nei parametri della mutualità prevalente, la cooperativa ha l’obbligo di segnalare tale condizione attraverso gli strumenti di comunicazione informatica previsti dall'articolo 223-sexies-decies delle disposizioni di attuazione del codice civile. In seguito alle predette segnalazioni, l'amministrazione presso la quale è tenuto l'albo delle società cooperative deve provvedere alla variazione della sezione di iscrizione all'albo medesimo senza alcun ulteriore onere istruttorio. Viene quindi sanzionata l'omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente, che va segnalata all'amministrazione finanziaria, con l'applicazione della sanzione amministrativa della sospensione semestrale di ogni attività dell'ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali.

 

Il comma 9 aggiunge all'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, recante norme in materia di vigilanza su tutte le forme di società cooperative e loro consorzi attribuita all’organo ministeriale, un comma 4-bis, che specifica che gli uffici amministrativi preposti alla vigilanza cooperativa, ferme le specifiche disposizioni civilistiche, assolvono i compiti loro affidati dalla legge esclusivamente nell'interesse pubblico.

 

Il comma 10 trasforma, al fine di favorire la formazione, la promozione e la vigilanza in tema di cooperazione, l'Istituto italiano di studi cooperativi Luigi Luzzatti nell'Associazione italiana di studi cooperativi Luigi Luzzatti avente personalità giuridica, con sede in Roma, ed avente quale socio unico il Ministero dello sviluppo economico, che ne assicura la vigilanza ed a supporto del quale l'ente opera, seguendo le direttive impartite.

 

Si specifica quindi che i mezzi finanziari e patrimoniali dell'Associazione sono costituiti:

1)  dal patrimonio già facente capo all'Istituto al momento della trasformazione;

2)  da una quota dello stanziamento di bilancio derivante dall'articolo 29-bis del d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 (Provvedimenti per la cooperazione), ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, prevedendosi che l'entità della predetta quota sia stabilita ogni anno con decreto del Ministro dello sviluppo economico all'atto dell'approvazione del programma annuale di attività.

 

Il comma 11 modifica il comma 2, secondo periodo, dell'articolo 1 del D.Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, secondo cui l’accertamento dei requisiti mutualistici è riservato, in via amministrativa, al Ministero anche in occasione di interventi ispettivi di altre amministrazioni pubbliche.

Il comma 11 in esame sostituisce la parola: «amministrativa» con la parola «esclusiva», sopprimendo altresì il riferimento agli interventi ispettivi di altre amministrazioni pubbliche.

 

Il comma 12 modifica l'articolo 12 del D.Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, che facoltizza il Ministero, sulla base delle risultanze emerse in sede di vigilanza, valutate le circostanze del caso, ad adottare, i seguenti provvedimenti: a) cancellazione dall'albo nazionale degli enti cooperativi ovvero cancellazione dal registro prefettizio e dallo schedario generale della cooperazione; b) gestione commissariale; c) scioglimento per atto dell'autorità; d) sostituzione dei liquidatori; e) liquidazione coatta amministrativa.

Il comma 12 in esame aggiunge al citato articolo 12 un comma 5-bis, che prevede l’irrogazione della sanzione della sospensione semestrale di ogni attività dell'ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali, agli enti cooperativi che senza giustificato motivo non ottemperano, entro il termine prescritto, anche parzialmente alla diffida – peraltro non espressamente citata nell’articolo 12 del d.lgs. 2 agosto 2002, n. 220 - impartita in sede di vigilanza, salva l'applicazione di ulteriori sanzioni.

 

Il comma 13 modifica l'articolo 223-septiesdeciesdelle disposizioni per l'attuazione del codice civile, sopprimendo il termine del 31 dicembre 2004 entro il quale avrebbero dovuto essere sciolti gli enti cooperativi che non hanno depositato i bilanci di esercizio da oltre cinque anni, qualora non risulti l'esistenza di valori patrimoniali immobiliari.

 

Il comma 14 modifica il comma 3 dell'articolo 21 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, che rende applicabili alle banche di credito cooperativo gli articoli 2, 7, 9, 11, 12, 14, comma 4, 18, commi 3 e 4, e 21, commi 1 e 2, della stessa legge n. 59 del 1992.

Il comma 14 in esame, introducendo nel corpo del testo il riferimento anche all’articolo 4 della legge n. 59 del 1992, rende applicabile anche tale disposizione alle banche di credito cooperativo.

 

Il richiamato l’articolo 4 della legge n. 59 del 1992, in materia di soci sovventori, stabilisce che il primo e il secondo comma dell'articolo 2548 del codice civile (secondo cui l'atto costitutivo può prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento delle indennità, mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o di terzi, attribuendo anche a questi ultimi la qualità di socio, e può attribuire a ciascuno dei soci sovventori più voti, ma non oltre cinque, in relazione all'ammontare del conferimento) si applicano alle società cooperative e ai loro consorzi, con esclusione delle società e dei consorzi operanti nel settore dell'edilizia abitativa, i cui statuti abbiano previsto la costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale. I voti attribuiti ai soci sovventori anche in relazione ai conferimenti comunque posseduti non devono in ogni caso superare un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. I soci sovventori possono essere nominati amministratori. La maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci cooperatori. I conferimenti dei soci sovventori sono rappresentati da azioni nominative trasferibili. Alle azioni dei soci sovventori si applicano il secondo comma dell' articolo 2348 ed il terzo comma dell'articolo 2355 del codice civile. Lo statuto può stabilire particolari condizioni a favore dei soci sovventori per la ripartizione degli utili e la liquidazione delle quote e delle azioni. Il tasso di remunerazione non può comunque essere maggiorato in misura superiore al 2 per cento rispetto a quello stabilito per gli altri soci.

 


 

Articolo 11
(Internazionalizzazione delle imprese)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 5
(Internazionalizzazione delle imprese)

Articolo 11
(Internazionalizzazione delle imprese)

 

 

1. Alla legge 31 marzo 2005, n. 56, sono apportate le seguenti modificazioni:

Identico.

     a) all'articolo 4, comma 2, le parole da: «e con il Ministro dell'istruzione» fino a: «Conferenza permanente» sono sostituite dalle seguenti: «, sentiti il Ministro dell'istru­zione, dell'università e della ricerca e la Conferenza permanente»;

 

     b) all'articolo 5, comma 3, le parole: «, di concerto con il Ministro per gli italiani nel Mondo, d'intesa con il Ministro delle po­litiche agricole e forestali e con il Ministro per gli affari regionali,» sono soppresse.

 

 

 

L’articolo 11, invariato rispetto al testo licenziato in prima lettura dalla Camera, modifica la legge 31 marzo 2005, n. 56[44] recante disposizioni in materia di internazionalizzazione delle imprese, al fine di semplificare le procedure nell’ambito dell’Accordo-quadro con le università e degli accordi di settore in materia di internazionalizzazione.

La legge n. 56/2005 costituisce il nuovo quadro giuridico di riferimento definito per promuovere interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano. La legge si colloca nell’ambito di un processo di riforma del sistema di sostegno pubblico all’internazionalizzazione avviato nella XIV legislatura, finalizzato, a fronte del decentramento, dell’ampliamento dell’autonomia delle regioni e degli enti locali e del coinvolgimento di numerosi soggetti (pubblici e privati) nelle attività di sostegno all’internazionalizzazione, ad evitare un’eccessiva polverizzazione e disorganicità degli interventi e degli strumenti nel settore dell’internazionalizzazione, integrando e coordinando le azioni dei diversi soggetti coinvolti in una logica di “sistema Paese”. In tale logica di recupero di una funzione statuale di coordinamento unitario, che trova la sua base giuridica nell’art. 118 Cost., si innestano: la previsione degli sportelli unici all’estero, le funzioni di coordinamento del Ministero delle attività produttive (ora: dello sviluppo economico) concernenti l’accordo-quadro con le università, gli accordi di settore.

Le modifiche introdotte dal comma 1 dell’articolo in commento riguardano in particolare:

§      l’articolo 4, comma 2, della legge n. 56 del 2005, recante disposizioni volte al rafforzamento delle sinergie tra il mondo imprenditoriale e quello universitario attraverso l’attivazione di strumenti indicati dall’Accordo-quadro sottoscritto tra il Ministero e le università.

Attraverso la concretizzazione degli strumenti indicati nell’Accordo-quadro sottoscritto nel 2001[45]tra l’allora Ministero del commercio con l’estero, ICE e Conferenza dei rettori delle università italiane, allo scopo di valorizzare le Università italiane nelle loro interconnessioni con il sistema economico, si evidenzia la funzione propulsiva e di coordinamento affidata al Ministero delle attività produttive (ora: dello sviluppo economico) per la ricerca di sinergie tra il mondo universitario e quello imprenditoriale nel settore della internazionalizzazione. Il comma 2 rinvia, per l’individuazione delle priorità e dei settori di intervento per effettuare gli investimenti previsti dall’articolo in attuazione dell’Accordo, nonché delle relative modalità di finanziamento, ad un successivo decreto del Ministro delle attività produttive, adottato di concerto con i Ministri degli affari esteri e dell’istruzione, sentita la Conferenza dei rettori delle università e la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Con la modifica introdotta dall’articolo in commento, per l’emanazione del decreto ministeriale di individuazione delle priorità e dei settori di intervento per effettuare gli investimenti previsti in attuazione dell’Accordo non è più richiesto il concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (che deve essere solo sentito) e viene meno anche l’obbligo di sentire la Conferenza dei rettori delle università italiane;

§      l’articolo 5 della legge n. 56 del 2005, contenente la previsione di accordi di settore volti a favorire e incentivare, anche attraverso l’ICE, il coordinamento delle attività promozionali e la realizzazione di progetti di investimenti pluriennali.

In particolare il comma 3 del predetto art. 5, oggetto di modifica, prevede forme di raccordo con le camere di commercio e le camere di commercio italiane all’estero, con il sistema associativo, rappresentativo degli interessi delle imprese, con le comunità, le comunità di affari italiane all’estero e con i loro organismi rappresentativi, alla cui promozione provvedono i Ministri delle attività produttive (ora: dello sviluppo economico) e degli affari esteri, di concerto con il Ministro per gli italiani nel mondo, d’intesa con i Ministri delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali.

A seguito delle modifiche proposte, non è più previsto il concerto con il Ministro per gli italiani nel mondo, né l’intesa con i Ministri delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali con riferimento alle forme di raccordo di cui al citato comma 3.

 


 

Articolo 12
(Commercio internazionale e incentivi
per l’internazionalizzazione delle imprese)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 6
(Commercio internazionale e incentivi per l'internazionalizzazione delle imprese)

Articolo 12
(Commercio internazionale e incentivi per l'internazionalizzazione delle imprese)

 

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, un decreto legislativo recante norme per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di internazionalizzazione delle imprese, se­condo le modalità e i princìpi e criteri diret­tivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, un decreto legislativo recante norme per il riassetto delle disposizioni vi­genti in materia di internazionalizzazione delle imprese, secondo le modalità e i prin­cìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e suc­cessive modificazioni, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

     a) riunire e coordinare tutte le disposi­zioni legislative vigenti in materia di internazionalizzazione delle imprese, consi­derando, oltre a quelle relative alle esporta­zioni, anche quelle concernenti gli investi­menti in grado di promuovere l'internazio­nalizzazione delle produzioni italiane e pre­vedendo la delegificazione dei procedimenti in materia;

     a) identica;

     b) coordinare gli interventi di com­petenza dello Stato con quelli di compe­tenza delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore dell'inter­nazionaliz­zazione delle imprese;

     soppressa

     c) prevedere accordi tra enti pub­blici e il sistema bancario per l'utilizzo dei servizi e delle sedi estere degli istituti di credito.

     b) identica.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, uno o più decreti legislativi ai fini della ridefinizione, del riordino e della razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle im­prese, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la fi­nanza pubblica, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisito il parere delle Commis­sioni parlamentari competenti per materia, previo parere della Conferenza perma­nente per i rapporti tra lo Stato, le re­gioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno o più decreti legislativi ai fini della ridefinizione, del riordino e della razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle im­prese, di cui all'allegato 1, nonché degli strumenti di incentivazione per la pro­mozione all'estero e l'internazionalizza­zione delle imprese erogati direttamente dagli enti di cui all'allegato 1, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

     a) rispetto dei compiti attribuiti al Mini­stero dello sviluppo economico, al Mini­stero degli affari esteri e al Ministero dell'e­conomia e delle finanze dal decreto legisla­tivo 30 luglio 1999, n. 300, e dal decreto le­gislativo 31 marzo 1998, n. 143, e adegua­mento delle disposizioni legislative che re­golano i singoli enti al quadro delle compe­tenze delineato dal citato decreto legislativo n. 143 del 1998, nonché all'assetto costitu­zionale derivante dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

     a) identica;

     b) riassetto organizzativo degli enti operanti nel settore dell'internazionalizza­zione delle imprese, secondo princìpi ispi­rati alla maggiore funzionalità dei medesimi in relazione alle rinnovate esigenze imposte dall'attuale quadro economico-finanziario, nonché a obiettivi di coerenza della politica economica e commerciale estera e della promozione del sistema economico italiano in ambito internazionale con le funzioni svolte dall'amministrazione centrale degli affari esteri, dalle rappresentanze diploma­tiche e dagli uffici consolari in materia di rappresentanza, di coordinamento e di tu­tela degli interessi italiani in sede interna­zionale;

     b) identica;

     c) compatibilità con gli obiettivi di rias­setto della normativa in materia di inter­nazionalizzazione delle imprese di cui al comma 1.

     c) identica;

 

     d) semplificazione della proce­dura di ripartizione dello stanziamento annuale per il finanziamento dei pro­grammi promozionali all'estero di enti, istituti, associazioni, consorzi export multiregionali, camere di commercio italiane all'estero, erogato ai sensi delle leggi di settore;

 

     e) complementarità degli incen­tivi rispetto ad analoghe misure di com­petenza regionale.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2, possono essere ema­nate disposizioni correttive e integrative dei decreti stessi, nel rispetto delle modalità e dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dai me­desimi commi.

3. Identico.

 

4. Per le finalità di cui all'articolo 1 della legge 27 febbraio 2006, n. 105, sono assegnati all'apposito Fondo isti­tuito presso il Ministero dello sviluppo economico 2 milioni di euro per cia­scuno degli anni 2009, 2010 e 2011, da ripartire secondo le modalità di cui al comma 3 del medesimo articolo. Al rela­tivo onere si provvede mediante corri­spondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della mis­sione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando, per l'anno 2009, quanto a euro 500.000 l'accanto­namento relativo al Ministero dell'eco­nomia e delle finanze e quanto a euro 1.500.000 l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per l'anno 2010, quanto a euro 2.000.000 l'accantonamento rela­tivo al Ministero dell'interno e, per l'anno 2011, quanto a euro 2.000.000 l'accanto­namento relativo al Ministero dell'eco­nomia e delle finanze.

 

 

L’articolo 12reca due deleghe legislative, volte rispettivamente al riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese e alla ridefinizione, al riordino e alla razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese[46]. Il termine fissato per l’esercizio di ciascuna delega è di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge. Viene inoltre richiesto, ai fini dell’esercizio di ciascuna delega, il parere della Conferenza Stato-regioni e delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Con il termine internazionalizzazione delle imprese si indica una molteplicità di attività piuttosto eterogenee, svolte da una pluralità di soggetti istituzionali, tra le quali rientrano: l’azione di politica estera volta a promuovere la presenza delle imprese nazionali all’estero ovvero l’incremento delle esportazioni; la costituzione di sportelli unici per le imprese che operano all’estero; l’assistenza e la consulenza alle imprese svolta all’estero; il sostegno ad iniziative di penetrazione commerciale; la concessione di crediti agevolati per l’esportazione e l’assicurazione degli stessi crediti; i finanziamenti diretti e la partecipazione, da parte di organismi societari sottoposti al controllo pubblico, in società finanziarie; il finanziamento di società miste all’estero.

Per quanto riguarda gli organismi la cui azione è volta a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese, oltre al Ministero dello sviluppo economico vanno menzionati il Ministero degli affari esteri e le regioni. A livello dell’amministrazione statale, è inoltre da ricordare l’attività di coordinamento e decisione svolta dal CIPE. Nel settore operano inoltre l’Istituto del commercio estero (ICE), sottoposto alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico; l’Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE, ora trasformato in Spa); la Società italiana per le imprese all’estero (SIMEST), le cui azioni sono per il 76% di proprietà pubblica; la Società finanziaria attiva nei confronti delle imprese che operano nelle zone di confine (FINEST). Vanno infine menzionati il Mediocredito Centrale, gli uffici commerciali delle rappresentanze diplomatiche e le camere di commercio italiane all’estero.

Delega per il riassetto normativo

La delega conferita al Governo ai sensi del comma 1 (modificato dal Senato) prevede l’adozione, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi destinati al riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese.

L’articolo in esame detta specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione della delega - in aggiunta a quelli di carattere generale definiti dall’articolo 20 della legge n. 59 del 1997 - che si possono così riassumere:

a)   esercizio della delega finalizzato alla raccolta e al coordinamento delle disposizioni legislative in materia di internazionalizzazione delle imprese, con l’indicazione di considerare, oltre a quelle relative alle esportazioni, anche quelle relative agli investimenti idonei a promuovere l’internazionalizzazione, nonché di delegificare i procedimenti in materia. Tale principio e criterio di delega, come del resto il successivo, non prevede alcuna modifica di carattere sostanziale della normativa vigente e sembra piuttosto orientato a consentire la predisposizione di un codice in materia di internazionalizzazione, come, peraltro, confermato dalla stessa relazione governativa al ddl in esame;

b)   accordi tra enti pubblici e il sistema bancario per l’utilizzo dei servizi e delle sedi estere degli istituti di credito.

La ripartizione delle funzioni amministrative tra Stato e regioni in materia di internazionalizzazione risulta dal decreto legislativo n. 112 del 1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Allo Stato (art. 18), oltre alla definizione dei criteri generali per la concessione degli incentivi e simili all’industria ed alla diretta concessione di determinati contributi (ad esempio quelli di rilevanza economica strategica o valutabili su scala nazionale), sono riservate funzioni e compiti in materia di: assicurazione, riassicurazione e finanziamento dei crediti all’esportazione; partecipazione ad imprese e società miste, promosse o partecipate da imprese italiane; sostegno alle iniziative di penetrazione commerciale ed industriale; sostegno alla partecipazione di imprese italiane a gare internazionali; attività promozionale di livello nazionale ed altre funzioni di analogo contenuto in cui si sostanzia la gran parte delle attività rivolte alla internazionalizzazione delle imprese. Alle regioni (art. 19) risultano invece attribuite le funzioni in materia di promozione di livello locale nonché la concessione di incentivi e simili per il sostegno allo sviluppo della commercializzazione e della internazionalizzazione delle imprese.

Va infine ricordato come il nuovo testo dell’articolo 117 Cost., introdotto nell’ambito della riforma del titolo V della Costituzione, ricomprenda tra le materie di legislazione concorrente - per le quali alle regioni spetta la potestà legislativa e regolamentare ed allo Stato la definizione con legge dei principi fondamentali della materia - il commercio con l’estero. Tale materia – alla quale può ricondursi l’internazionalizzazione delle imprese - sembra tuttavia presentare profili afferenti alle materie valutaria, finanziaria e della concorrenza, oltre che alla politica estera nazionale, tutte rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del medesimo articolo 117 Cost.

Delega per il riordino degli enti

Il comma 2, modificato dal Senato, delega il Governo alla ridefinizione, al riordino e alla razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese di cui all’allegato 1[47], nonché degli strumenti di incentivazione per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese erogati dagli enti indicati al citato allegato 1, attraverso l’adozione, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Tra i principi e i criteri direttivi enunciati dal comma 2, cui dovrà attenersi il Governo, si ricordano:

a)  il rispetto dei compiti attribuiti ai Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell’economia e delle finanze dal D.Lgs. n. 300 del 1999[48] e successive modificazioni e dal D.Lgs. n. 143 del 1998[49], nonché l’adeguamento delle disposizioni legislative regolanti i singoli enti al quadro delle competenze delineato dal citato D.Lgs. n. 143 e all’assetto costituzionale derivante dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

Con riferimento ai compiti dei ministeri sarebbe opportuno un rinvio anche al decreto-legge 85/2008[50], che ha inciso sull’assetto delle competenze del Ministero dello sviluppo economico assegnandogli funzioni in precedenza spettanti ai Ministeri del commercio internazionale e delle comunicazioni.

b)  il riassetto organizzativo degli enti secondo principi che si ispirano a maggiore funzionalità dei medesimi tenuto conto delle esigenze imposte dall’attuale quadro economico-finanziario, nonché ad obiettivi di coerenza della politica economica e commerciale estera e della promozione del sistema economico italiano, in ambito internazionale, con le funzioni svolte dall’amministrazione centrale degli affari esteri, dalle rappresentanze diplomatiche e dagli uffici consolari in materia di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale;

c)  la compatibilità con gli obiettivi di riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione di cui al comma 1.

Il Senato ha integrato i principi e i criteri suindicati prevedendo, in particolare:

d)  la semplificazione della procedura di riparto dello stanziamento annuale destinato a programmi di promozione all’estero di enti, istituti, associazioni, consorzi export multiregionali, camere di commercio italiane all’estero, erogato ai sensi delle leggi di settore;

e)  la complementarietà degli incentivi rispetto a misure analoghe di competenza delle regioni

 

Il comma 3, non modificato dal Senato, prevede la possibilità di adottare disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi.

 

Infine il comma 4, introdotto dal Senato, assegna 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, al Fondo per la mobilità al servizio delle fiere, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico allo scopo di assicurare la funzionalità dei sistemi fieristici di rilevanza nazionale, ai sensi dell’art. 1 della L. 105/2006[51]. Le risorse assegnate al Fondo dovranno essere ripartite secondo le modalità di cui al comma 3 del citato art. 1 della L. 105/2006.

 

L’articolo unico della L. 105/2006 è finalizzato ad assicurare la funzionalità dei sistemi fieristici di rilevanza nazionale mediante l’istituzione, presso il Ministero delle attività produttive (ora: Ministero dello sviluppo economico), di uno specifico Fondo per la mobilità al servizio delle fiere.

Tele Fondo, recante una dotazione finanziaria pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007[52], è destinato alla concessione di contributi in conto capitale per la realizzazione di infrastrutture al servizio dei sistemi fieristici di rilevanza nazionale.

Le modalità di riparto delle risorse del Fondo sono demandate (comma 3) ad decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e sentita la Conferenza unificata, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento. Nell’ambito delle risorse stanziate, un importo pari a 1 milione di euro annui è peraltro specificamente destinato, per il triennio 2005-2007, alla realizzazione di infrastrutture al servizio della Fiera di Bologna.

 

Il comma in esame dispone quindi che al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dei fondi speciali di parte corrente, utilizzando:

§      per l’anno 2009, quanto a euro 500.000 l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e quanto a euro 1.500.000 l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro;

§      per l’anno 2010, quanto a euro 2.000.000 l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno;

§      per l’anno 2011, quanto a euro 2.000.000 l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 16 dicembre 2008 la Commissione ha presentato una comunicazione sulla dimensione esterna della Strategia di Lisbona per l’occupazione e la crescita: relazione sull’accesso al mercato e definizione di un quadro per una cooperazione multilaterale più efficace (COM (2008)874) in cui identifica una serie di ostacoli significativi nel mercato attuale e in quello futuro per gli esportatori europei: differenze di regolamentazione per lo scambio di prodotti; ostacoli amministrativi e legali all’entrata in un paese terzo per la fornitura di servizi e lo stabilimento di attività; restrizioni in materia di pubblici appalti; insufficiente protezione del diritto di proprietà intellettuale. Nella comunicazione la Commissione individua anche diversi strumenti a disposizione per assicurare una risposta efficace e coerente, che includono tra l’altro:

-        negoziati commerciali multilaterali e bilaterali, in cui l’attenzione si concentri sulle opportunità per gli affari, definendo regole chiare e assicurandone la corretta applicazione;

-        contatti bilaterali di alto livello e cooperazione regolamentativa multilaterale. La Commissione cita fra le esperienze in atto il Consiglio economico transatlantico con gli Stati Uniti e il meccanismo di alto livello con la Cina, che costituiscono utili forum strutturati in cui sollevare le questioni ed eliminare le barriere non necessarie causate dalle differenze nelle pratiche di regolamentazione;

-        strumenti formali per affrontare specifiche barriere. Buoni esempi sono rappresentati a parere della Commissione dalle procedure di notifica dell’OMC per le barriere tecniche al commercio e dall’accordo sulle barriere sanitarie e fitosanitarie. Questi accordi garantiscono la trasparenza e rappresentano piattaforme multilaterali di consultazione e di negoziato;

-        ricorso alla citata cooperazione tra Commissione, Stati membri e imprese, che può prevenire l’insorgere di barriere attraverso un forte meccanismo di early warning nonché monitorando la legislazione del paese terzo e fornendo conoscenze e contatti.

Secondo la Commissione, attraverso l’uso di tali strumenti ci si dovrebbe concentrare in particolare sulle seguenti priorità: settori ad alto potenziale di crescita (come i settori farmaceutico e chimico, i prodotti ambientali, l’elettronica) e pubblici appalti; protezione e rafforzamento del diritto di proprietà intellettuale; accesso al mercato per le piccole e medie imprese.

 


 

Articolo 13
(Fondi regionali con finalità di venture capital gestiti dalla SIMEST Spa)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 7
(Fondi regionali con finalità di venture capital gestiti dalla SIMEST Spa)

Articolo 13
(Fondi regionali con finalità di venture capital gestiti dalla SIMEST Spa)

 

 

1. All'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, il comma 6-bis è sostituito dal seguente:

Identico.

«6-bis. Al fine di potenziare l'attività della SIMEST Spa a supporto dell'internaziona­lizzazione delle imprese, le regioni possono assegnare in gestione alla società stessa propri fondi rotativi con finalità di venture capital, per l'acquisizione di quote aggiun­tive di partecipazione fino a un massimo del 49 per cento del capitale o fondo sociale di società o imprese partecipate da imprese operanti nel proprio territorio. Tali fondi sono autonomi e restano distinti dal patri­monio della SIMEST Spa. Qualora i fondi rotativi siano assegnati da regioni del Mez­zogiorno, le quote di partecipazione com­plessivamente detenute dalla SIMEST Spa possono raggiungere una percentuale fino al 70 per cento del capitale o fondo sociale. I fondi rotativi regionali con finalità di ven­ture capital previsti dal presente comma possono anche confluire, ai fini della ge­stione, nel fondo unico di cui all'articolo 1, comma 932, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, estendendosi agli stessi la compe­tenza del Comitato di indirizzo e di rendi­contazione di cui al decreto del Vice Mini­stro delle attività produttive n. 404 del 26 agosto 2003. Il Ministro dello sviluppo eco­nomico provvede, con proprio decreto, al­l'integrazione della composizione del Co­mitato di indirizzo e di rendicontazione con un rappresentante della regione assegnata­ria del fondo per le specifiche delibere di impiego del medesimo, senza nuovi o mag­giori oneri a carico della finanza pubblica».

 

 

L’articolo 13, non modificato dal Senato, sostituisce il comma 6-bis, art. 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35[53]convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, concernente la gestione, da parte della SIMEST spa[54], di fondi rotativi regionali con finalità di venture capital.

Il comma 6-bis, aggiunto all’articolo 1 del decreto legge n. 35 del 2005 dal comma 4-ter dell’art. 2 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203[55], nell’ambito del potenziamento degli strumenti di supporto all’internazionalizzazione delle imprese, attribuisce alle regioni la facoltà di assegnare in gestione alla SIMEST spa propri fondi rotativi con finalità di capitale di rischio - venture capital - per l’acquisizione da parte della stessa società di quote aggiuntive di partecipazione, entro il limite massimo del 49 per cento del capitale o fondo sociale, in società o imprese partecipate da imprese operanti nel loro territorio. Tali fondi sono autonomi e restano distinti dal patrimonio della SIMEST.

In particolare, con l’articolo in esame il testo vigente del comma 6-bis viene integrato con l’aggiunta di ulteriori disposizioni.

In primo luogo, si prevede che qualora i fondi rotativi siano assegnati in gestione alla SIMEST da parte di regioni del Mezzogiorno, il limite massimo delle quote di partecipazione complessivamente detenute dalla suddetta società è stabilito al 70 per cento del capitale o fondo sociale (mentre lo stesso comma 6-bis pone come regola generale il limite massimo del 49 per cento: cfr. supra).

Si prevede, inoltre, che i suddetti fondi rotativi possono confluire - ai fini della loro gestione - nel fondo unico previsto dal comma 932 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), stabilendo che ad essi venga estesa la competenza del Comitato di indirizzo e di rendicontazione (istituito dall’art. 5 del decreto del viceministro delle attività produttive n. 397 del 3 giugno 2003 e disciplinato, quanto all’organizzazione, alla composizione, alle competenze e al funzionamento, dal decreto del viceministro delle attività produttive n. 404 del 26 agosto 2003) cui è affidata la definizione dei criteri generali per l’operatività del medesimo fondo unico. Il Comitato è quindi integrato, con decreto del Ministro dello sviluppo economico e senza ulteriori oneri a carico della finanzapubblica, con un rappresentante della regione assegnataria del fondo, per l’adozione di specifiche delibere di impiego del fondo stesso.

Si osserva che in tal modo il Comitato risulta disciplinato da un intreccio di norme legislative e non, che contrasta con le vigenti prescrizioni in materia di redazione dei testi normativi.

Ai sensi del comma 932 della legge finanziaria 2007, nel citato fondo unico sono unificati tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST spa, destinati ad operazioni di venture capital in paesi non aderenti alla UE, compreso il fondo autonomo previsto dall’articolo 5, comma 2, lettera c), della legge n. 84 del 2001 per l’acquisizione da parte della stessa Simest di partecipazioni societarie fino al 40% del capitale o del fondo sociale delle società o imprese partecipate[56].

Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge in commento, la modifica normativa è rivolta a rendere la norma maggiormente flessibile ed efficace, in modo da consentire alle regioni interessate una gestione autonoma dei fondi, procedendo in sinergia con il suindicato fondo unico, e di offrire il massimo supporto all’internazionalizzazione delle PMI del Mezzogiorno attraverso l’estensione delle quote detenute dalla SIMEST per i fondi delle regioni meridionali.

 


 

Articolo 14
(Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 8
(Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa)

Articolo 14
(Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa)

 

 

1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 3, comma 5, della legge 24 aprile 1990, n. 100, come da ultimo modifi­cato dall'articolo 1, comma 934, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è istituito presso la Tesoreria dello Stato, con apposita con­tabilità speciale, il Fondo rotativo per favo­rire la fase di avvio (start-up) di progetti di internazionalizzazione di imprese singole o aggregate, gestito dalla SIMEST Spa, ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143.

1. Identico.

2. Sono assegnate al Fondo, con de­creto del Ministero dello sviluppo econo­mico, le disponibilità finanziarie derivanti da utili di spettanza del Ministero stesso in qualità di socio della SIMEST Spa, già fina­lizzate, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, a interventi per lo svi­luppo delle esportazioni.

2. Identico.

3. Gli interventi del Fondo hanno per oggetto investimenti transitori e non di con­trollo nel capitale di rischio di società appo­sitamente costituite da singole piccole e medie imprese, o da loro raggruppamenti, per realizzare progetti di internazionalizza­zione.

3. Identico.

4. Il Ministro dello sviluppo economico, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce, con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le con­dizioni e le modalità operative del Fondo.

4. Il Ministro dello sviluppo economico, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce, con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le con­dizioni e le modalità operative del Fondo.

 

 

L’articolo 14, al comma 1, non modificato dal Senato, istituisce presso la Tesoreria dello Stato, con apposita contabilità speciale, un Fondo rotativo destinato a favorire la fase di avvio (start-up) di progetti di internazionalizzazione delle imprese, in relazione alle finalità di cui all’art. 3, comma 5, legge 24 aprile 1990, n. 100, come modificato dal comma 934 della legge finanziaria per il 2007.

La gestione del Fondo viene assegnata alla SIMEST Spa, ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143[57].

Si ricorda che l’articolo 3, comma 5 della legge n. 100 del 1990, recante norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero e istitutiva della SIMEST[58], stabilisce che gli utili conseguiti da quest’ultima, anche per la parte degli stessi determinati da plusvalenze sulle cessioni di partecipazioni effettuate, possono essere distribuiti agli azionisti diversi dallo Stato. La quota di utili di competenza del Ministro dello sviluppo economico (allora: del Ministro del commercio con l'estero) affluisce all'entrata del bilancio dello Stato per essere contestualmente riassegnata ad un apposito capitolo di spesa del Ministero del commercio con l'estero per interventi volti a sostenere l'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano.

Quanto sopra è il risultato delle modifiche apportate dapprima con l'art. 20 del citato D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143e in seguito, dal comma 934 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), il quale ha modificato la legge n. 100 del 1990, con riferimento alla destinazione degli utili conseguiti dalla SIMEST Spa, consentendo di destinare tali utili anziché, come previsto in precedenza, per le finalità della legge n. 100/90 sostanzialmente circoscritte alla partecipazione di quote di capitale da parte della Società, ad interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale.

 

Il comma 2, non modificato dal Senato, prevede che, con apposito decreto ministeriale, al Fondo siano assegnate le disponibilità finanziarie derivanti da utili spettanti al Ministero dello sviluppo economico quale socio della SIMEST, già destinate, ai sensi del citato D.Lgs. 143/1998, allo sviluppo delle esportazioni.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del D.Lgs. n. 143 del 1998, con decorrenza 1° gennaio 1999 la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema previste dalle varie leggi di settore (L. n. 227/1977; DL 251/1981, convertito, con modificazioni, dalla L. 394/1981; L. 304/1990; L. 100/1990; art. 14 della L 317/1991) è stata affidata alla SIMEST. La società, in qualità di gestore unico di fondi pubblici, corrisponde direttamente alle imprese italiane contributi agli interessi (nella misura massima del 50 per cento del tasso di riferimento) a fronte di finanziamenti concessi da banche, italiane o estere, con riferimento alla quota di capitale di rischio nelle società estere partecipate dalla stessa SIMEST.

 

Il comma 3, non modificato dal Senato, specifica che gli interventi del fondo sono destinati ad investimenti di carattere transitorio, e non di controllo, nel capitale di rischio di società costituite appositamente da singole PMI, o da loro raggruppamenti, per la realizzazione di progetti di internazionalizzazione.

La relazione allegata al disegno di legge in commento sottolinea come la finalità del progetto sia di supportare, attraverso investimenti nel capitale di rischio transitori e di minoranza, lo sviluppo di società che realizzino progetti di internazionalizzazione mediante società costituite da raggruppamenti di piccole e medie imprese che solitamente incontrano difficoltà nell’affrontare i mercati extra-europei a causa delle loro dimensioni.

 

Il comma 4, modificato dal Senato, infine dispone che le condizioni e modalità operative del Fondo sono definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro un mese dall’entrata in vigore della legge.


 

Articolo 15
(Tutela penale dei diritti di proprietà industriale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 9
(Tutela penale dei diritti
di proprietà industriale)

Articolo 15
(Tutela penale dei diritti
di proprietà industriale)

 

 

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico:

     a) l'articolo 473 è sostituito dal se­guente:

     a) identico:

«Art. 473. - (Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi. Usurpa­zione di brevetti, modelli e disegni). - Chiunque contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti indu­striali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è pu­nito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Alla stessa pena soggiace chi riproduce prodotti industriali usurpando i diritti di pro­prietà industriale protetti da brevetti o con­traffacendo i medesimi brevetti, disegni o modelli, ovvero, senza essere concorso nell'usurpazione o nella contraffazione, ne fa altrimenti uso.

Le disposizioni dei commi primo e se­condo si applicano sin dal momento del de­posito delle relative domande di registra­zione o di brevettazione, sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle conven­zioni internazionali rispettivamente applica­bili.

Nei casi di utilizzo di un titolo di proprietà industriale senza il consenso dell'avente di­ritto, quali i casi di produzione, di vendita, di commercializzazione, di deposito, di im­portazione ed esportazione, anche tempo­ranea, nonché in ogni caso di uso di un ti­tolo di proprietà industriale senza il con­senso dell'avente diritto, si applica la pena prevista dal primo comma, diminuita della metà»;

«Art. 473. - (Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni). - Chiunque, po­tendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclu­sione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Soggiace alla pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 3.500 a euro 35.000 chiunque con­traffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffa­zione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.
I delitti previsti dai commi primo e se­condo sono punibili a condizione che
siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale»;

     b) l'articolo 474 è sostituito dal se­guente:

     b) identico:

«Art. 474. - (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi o usurpativi). - Chiunque, fuori dei casi di concorso nei delitti previsti dall'articolo 473, introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati, ovvero prodotti in­dustriali realizzati usurpando i diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, disegni o modelli industriali, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Fuori dei casi di concorso nella contraf­fazione, alterazione, usurpazione o intro­duzione nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a euro 25.000 chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione i prodotti di cui al primo comma.

Si applica la disposizione del terzo comma dell'articolo 473»;

«Art. 474. - (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi). - Fuori dei casi di concorso nei reati previsti dall'articolo 473, chiunque introduce nel ter­ritorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000.

Fuori dei casi di concorso nella contraf­fazione, alterazione, introduzione nel territo­rio dello Stato, chiunque detiene per la ven­dita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
I delitti previsti dai commi primo e se­condo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o indu­striale»;

     c) dopo l'articolo 474 sono inseriti i se­guenti:

     c) identico:

«Art. 474-bis. - (Aggravante specifica). - La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.000 a euro 50.000, se i fatti previsti dagli articoli 473, primo e secondo comma, e 474, primo comma, sono commessi su ingenti quantità di merci, ovvero, fuori dei casi di cui all'arti­colo 416, attraverso l'allestimento di mezzi nonché di attività continuative e organiz­zate.

(Si veda il capoverso Art. 474-ter)

Art. 474-ter. - (Confisca). - Nei casi di cui agli articoli 473, primo e secondo comma, e 474, primo comma, è sempre ordinata la confisca delle cose che sono servite e sono state destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto, il prodotto o il profitto, a chiunque appartenenti.

«Art. 474-bis. - (Confisca). - Nei casi di cui agli articoli 473 e 474 è sempre ordi­nata, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servi­rono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, a chiunque appartenenti.

Quando non è possibile eseguire il prov­vedimento di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto.

Quando non è possibile eseguire il prov­vedimento di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto. Si applica il terzo comma dell'ar­ticolo 322-ter.

Si applicano le disposizioni dell'articolo 240 se si tratta di cose che sono servite o sono state destinate a commettere il reato appartenenti a persona estranea, qualora questa dimostri di non averne potuto preve­dere l'illecito impiego, anche occasionale, e di non essere incorsa in un difetto di vigi­lanza.

Si applicano le disposizioni dell'articolo 240, commi terzo e quarto, se si tratta di cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, ovvero che ne sono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il pro­fitto, appartenenti a persona estranea al reato medesimo, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito im­piego, anche occasionale, o l'illecita pro­venienza e di non essere incorsa in un di­fetto di vigilanza.

Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma del titolo II del libro sesto del codice di pro­cedura penale»;

Identico.

(Si veda il capoverso Art. 474-bis)

Art. 474-ter. - (Circostanza aggra­vante). - Se, fuori dai casi di cui all'arti­colo 416, i delitti puniti dagli articoli 473 e 474, primo comma, sono commessi in modo sistematico ovvero attraverso l'allestimento di mezzi e attività organiz­zate, la pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.000 a euro 50.000.
Si applica la pena della reclusione fino a tre anni e della multa fino a euro 30.000 se si tratta dei delitti puniti dall'articolo 474, secondo comma.

Art. 474-quater. - (Circostanza atte­nuante). - Le pene previste dagli articoli 473 e 474 sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti del colpevole che si adopera per aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nell'azione di contrasto dei delitti di cui ai predetti articoli 473 e 474, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individua­zione o la cattura dei concorrenti negli stessi, ovvero per la individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione dei delitti medesimi o dei profitti da essi derivanti»;

     d) all'articolo 517, le parole: «fino a un anno o» sono sostituite dalle seguenti: «fino a due anni e»;

     d) identica;

     e) al libro secondo, titolo VIII, capo II, dopo l'articolo 517-bis è aggiunto il se­guente:

     e) al libro secondo, titolo VIII, capo II, dopo l'articolo 517-bis sono aggiunti i se­guenti:

 

«Art. 517-ter. - (Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale). - Salva l'applicazione degli articoli 473 e 474 chiunque, potendo conoscere dell'esi­stenza del titolo di proprietà industriale, fabbrica o adopera industrialmente og­getti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in viola­zione dello stesso è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.

 

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consu­matori o mette comunque in circolazione i beni di cui al primo comma.

 

Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.

 

I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili sempre che siano state osservate le norme delle leggi in­terne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

«Art. 517-ter. - (Contraffazione di indica­zioni dei prodotti agroalimentari). - Chiun­que contraffà indicazioni geografiche o de­nominazioni di origine di prodotti agroali­mentari tutelate ai sensi di leggi speciali, regolamenti comunitari o convenzioni internazionali è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 30.000.

Art. 517-quater. - (Contraffazione di in­dicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari). - Chiunque contraffà o comunque altera in­dicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraf­fatte nel territorio dello Stato.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consuma­tori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o de­nominazioni contraffatte.

 

Si applicano le disposizioni di cui all'arti­colo 474-bis e al secondo comma dell'arti­colo 517-bis».

Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.

 

I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in ma­teria di tutela delle indicazioni geografi­che e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

 

Art. 517-quinquies. - (Circostanza at­tenuante). - Le pene previste dagli arti­coli 517-ter e 517-quater sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti del colpevole che si adopera per aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'au­torità giudiziaria nell'azione di contrasto dei delitti di cui ai predetti articoli 517-ter e 517-quater, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura dei concorrenti negli stessi, ovvero per la individuazione degli strumenti occor­renti per la commissione dei delitti me­desimi o dei profitti da essi derivanti».

 

2. Con effetto dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 1, lettera e), all'articolo 127 del codice della proprietà industriale, di cui al de­creto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, il comma 1 è abrogato.

2. All'articolo 12-sexies, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, dopo le parole: «416-bis,» sono inserite le seguenti: «473 e 474, ag­gravati ai sensi dell'articolo 474-bis,».

3. All'articolo 12-sexies, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, dopo le parole: «416, sesto comma,» sono inserite le seguenti: «416, realizzato allo scopo di commettere de­litti previsti dagli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater,».

3. All'articolo 51, comma 3-bis, del co­dice di procedura penale, dopo le parole: «decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43» sono inserite le seguenti: «, e per i delitti di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale, aggravati ai sensi dell'articolo 474-bis del medesimo codice,».

4. All'articolo 51, comma 3-bis, del co­dice di procedura penale, dopo le parole: «416, sesto comma,» sono inserite le se­guenti: «416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474,».

 

5. La disposizione di cui al comma 4 si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

6. All'articolo 4-bis, comma 1-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo le parole: «ai sensi dell'articolo 80, comma 2, del medesimo testo unico,» sono in­serite le seguenti: «all'articolo 416, primo e terzo comma, del codice penale, realizzato allo scopo di commettere de­litti previsti dagli articoli 473 e 474 del medesimo codice,».

 

7. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) all'articolo 25-bis:

 

     1) al comma 1, alinea, le parole: «e in valori di bollo» sono sostituite dalle seguenti: «, in valori di bollo e in stru­menti o segni di riconoscimento»;

 

     2) al comma 1, dopo la lettera f), è aggiunta la seguente:

 

     «f-bis) per i delitti di cui agli arti­coli 473 e 474, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote»;

 

     3) al comma 2, le parole: «e 461» sono sostituite dalle seguenti: «, 461, 473 e 474»;
     4) la rubrica è sostituita dalla se­guente: «Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento»;

 

     b) dopo l'articolo 25-bis è inserito il seguente:

 

«Art. 25-bis.1. - (Delitti contro l'indu­stria e il commercio). - 1. In relazione alla commissione dei delitti contro l'industria e il commercio previsti dal codice pe­nale, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

 

     a) per i delitti di cui agli articoli 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;

 

     b) per i delitti di cui agli articoli 513-bis e 514 la sanzione pecuniaria fino a ottocento quote.

 

2. Nel caso di condanna per i delitti di cui alla lettera b) del comma 1 si appli­cano all'ente le sanzioni interdittive pre­viste dall'articolo 9, comma 2»;

 

     c) dopo l'articolo 25-octies è inse­rito il seguente:

 

«Art. 25-novies. - (Delitti in materia di violazione del diritto d'autore). - 1. In re­lazione alla commissione dei delitti pre­visti dagli articoli 171, primo comma, let­tera a-bis), e terzo comma, 171-bis, 171-ter, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinque­cento quote.

 

2. Nel caso di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non supe­riore ad un anno. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 174-quinquies della citata legge n. 633 del 1941».

 

 

L'articolo 15, modificato dal Senato, riformula disposizioni del codice penale poste a tutela dei diritti di proprietà industriale, inserisce nuove fattispecie d reato e apporta modifiche conseguenti in materia di confisca e di competenza delle procure della Repubblica; interviene infine sulla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per introdurre specifiche sanzioni pecuniarie a carico dell’ente che si avvantaggia della commissione di delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio.

 

Il comma 1, composto da cinque lettere, novella il codice penale intervenendo sulCapo II del Titolo VII, relativo alla falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento e sul Capo del Titolo VIII, relativo ai Dei delitti contro l'industria e il commercio.

 

In particolare, la lettera a), ampiamente emendata nel corso dell’esame in Senato, riformula l’art. 473 c.p., che prevede attualmente il delitto di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali.


 

Normativa vigente

AC. 1441-ter-B

Art. 473
Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali.

Art. 473
Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni

Chiunque contraffà o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti indu­striali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 2.065.

Chiunque, potendo conoscere del­l'esistenza del titolo di proprietà indu­striale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti in­dustriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o altera­zione, fa uso di tali marchi o segni con­traffatti o alterati, è punito con la reclu­sione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Alla stessa pena soggiace chi con­traffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffa­zione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.

Soggiace alla pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 3.500 a euro 35.000 chiunque con­traffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffa­zione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.

Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle conven­zioni internazionali sulla tutela della pro­prietà intellettuale o industriale.

I delitti previsti dai commi primo e se­condo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tu­tela della proprietà intellettuale o indu­striale.

 

Come si evince da testo a fronte, il disegno di legge in commento modifica la fattispecie penale nei seguenti termini:

§      sopprime il riferimento alle opere dell'ingegno e modifica conseguentemente la rubrica dell’articolo;

§      inasprisce la sanzione penale per la contraffazione e l'alterazione di marchi e segni distintivi di prodotti industriali, ovvero per l’uso di marchi e segni contraffatti (individuando il termine minimo di sei mesi di reclusione e aumentando la multa);

§      sanziona più severamente - con la reclusione da 1 a 4 anni e la multa da 3.500 a 35.000 euro - la contraffazione e l'alterazione di brevetti, disegni e modelli industriali, ovvero il loro uso.

Si evidenzia, inoltre, che nel corso dell’esame del disegno di legge in Senato è stato inserito nel primo comma del nuovo art. 473 l’inciso «potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale». Ciò comporta che la condotta di colui che altera o contraffà un marchio o un segno distintivo di prodotto industriale potrà essere penalmente sanzionata solo se l’accusa potrà provare che l’indagato aveva elementi per conoscere che il marchio o il segno distintivo hanno un legittimo proprietario.

 

La lettera b)riformula l’art. 474 c.p., che già attualmente prevede il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.

 

Normativa vigente

AC. 1441-ter-B

Art. 474
Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi

Art. 474
Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi

Chiunque, fuori dei casi di concorso nei delitti preveduti dall'articolo prece­dente, introduce nel territorio dello Stato per farne commercio, detiene per ven­dere, o pone in vendita, o mette altri­menti in circolazione opere dell'inge­gno o prodotti industriali, con marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, con­traffatti o alterati, è punito con la reclu­sione fino a due anni e con la multa fino a euro 2.065.

Fuori dei casi di concorso nei reati previsti dall'articolo 473, chiunque intro­duce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000.

 

 

Fuori dei casi di concorso nella con­traffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.

Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.
[Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle conven­zioni internazionali sulla tutela della pro­prietà intellettuale o industriale].

I delitti previsti dai commi primo e se­condo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tu­tela della proprietà intellettuale o indu­striale.

 

In particolare, il nuovo art. 474 c.p. differenzia le fattispecie di illecito, che attualmente prevedono la medesima pena.

Il primo comma disciplina, infatti, l’ipotesi dell’introduzione in Italia, al fine di trarne profitto, di prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi contraffatti o alterati, e prevede la sanzione della reclusione da 1 a 4 anni e della multa da 3.500 a 35.000 euro.

Il secondo comma disciplina invece la fattispecie della detenzione per la vendita, della messa in vendita o della messa in circolazione dei suddetti prodotti, che è punita con la reclusione fino a 2 anni e con la multa fino a 20.000 euro.

 

La lettera c) inserisce nel codice penale, dopo l’art. 474, tre ulteriori disposizioni attraverso le quali disciplina la confisca dei beni inerenti ai reati di cui agli articoli 473 e 474 e le aggravanti e attenuanti speciali.

In particolare, il nuovo art. 474-bis c.p.introduce una specifica ipotesi di confisca obbligatoria:

§      delle cose, a chiunque appartenenti, che servirono o furono destinate a commettere i reati di cui agli artt. 473 e 474,

§      delle cose, che ne sono l’oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto (primo comma).

In base al secondo comma, se non è possibile eseguire il suddetto provvedimento, il giudice può disporre la confisca per equivalente, nelle forme dell’art. 322-ter c.p..

 

L’art. 322-ter prevede, laddove siano commessi alcuni reati contro la pubblica amministrazione, che alla condanna consegua la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo. Spetta al giudice, con la sentenza di condanna, determinare le somme di denaro o individuare i beni assoggettati a confisca in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

 

In caso di cose appartenenti a persona estranea al reato, la confisca è esclusa (attraverso il richiamo ai commi terzo e quarto dell’art. 240 c.p.) qualora la persona estranea dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego, anche occasionale, o l’illecita provenienza, senza essere per questo incorsa in un difetto di vigilanza (terzo comma).

Viene, infine, precisata l’applicabilità del nuovo art. 474-bis c.p. anche in caso di patteggiamento (quarto comma).

 

Il nuovo art. 474-ter c.p. introduce due circostanze aggravanti per l’ipotesi di commissione dei delitti in modo sistematico o con l’allestimento di mezzi e attività organizzate (sempre che gli stessi non rappresentino il fine di un’associazione a delinquere ai sensi dell’art. 416). In particolare,

§      la pena è della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 5.000 a 50.000 euro per i delitti di cui agli articoli 473 e 474 primo comma (v. sopra);

§      la pena è della reclusione fino a 3 anni e della multa fino a 30.000 euro per i delitti di cui all’art. 474, secondo comma.

L’art. 474-quater individua infine un’attenuante – pena diminuita dalla metà a due terzi - per il colpevole che aiuta le autorità:

§      nell’azione di contrasto ai delitti di cui agli artt. 473 e 474;

§      nella raccolta di elementi utili alla ricostruzione dei fatti o alla cattura di concorrenti;

§      nell’individuazione degli strumenti occorrenti alla commissione dei delitti;

§      nell’individuazione dei profitti derivanti dai delitti.

 

La lettera d)raddoppia il limite edittale della reclusione per il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.)[59] - che passa dall’attuale reclusione fino ad un annoalla reclusione fino a due anni - e prevede che reclusione e multa vengano inflitte cumulativamente e non alternativamente.

 

La lettera e)interviene sul titolo VIII del codice penale (relativo ai delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio) per inserire nel capo relativo ai delitti contro l’industria e il commercio tre ulteriori articoli.

 

Dalla data di entrata in vigore delle novelle contenute nella lettera e), in base al comma 2 dell’articolo 15 in commento, opererà l’abrogazione dell’art. 127, comma 1, del codice della proprietà industriale (v. infra).

 

In particolare, l’art. 517-ter (introdotto nel corso dell’esame al Senato) intende sanzionare la fabbricazione ed il commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale.

La disposizione prevede che oltre all’eventuale applicazione degli articoli 473 e 474 (v. sopra), chiunque fabbrica o adopera a livello industriale oggetti realizzati usurpando un titolo di proprietà del quale poteva aver conoscenza, è punito – previa querela della persona offesa - con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20.000 euro (primo comma).

Analoga sanzione si applica a chiunque introduce nello Stato, detiene per la vendita o pone in vendita tali beni (secondo comma).

A tali delitti si applicano inoltre le disposizioni riguardanti la confisca (di cui all’art. 474-bis) e le circostanze aggravanti (di cui agli articoli 474-ter, su cui. sopra, e 517-bis, secondo comma, che prevede la facoltà per il giudice, in caso di particolare gravità o recidiva specifica, di disporre la chiusura dello stabilimento in cui il fatto è stato commesso, ovvero la revoca della licenza o delle autorizzazioni) (terzo comma).

Anche in tal caso, la punibilità per tali nuove fattispecie è condizionata al rispetto da parte del titolare del titolo di proprietà industriale che è stato usurpato delle norme interne, comunitarie ed internazionali sulla tutela della proprietà industriale (quarto comma).

 

L’art. 517-quater, rubricato contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, punisce con la reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 20.000 euro chi contraffà o altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari (primo comma) ovvero introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o pone in vendita tali prodotti al fine di trarne profitto (secondo comma).

Anche in questo caso si applicano le disposizioni riguardanti la confisca (art. 474-bis) e le circostanze aggravanti (articoli 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma, c.p.) (terzo comma) ed i delitti sono punibili a condizione che siano state rispettate le norme interne, comunitarie ed internazionali sulla tutela della proprietà industriale (quarto comma).

 

L’art. 517-quinquies – mutuato sul precedente art. 474-quater - introduce invece una circostanza attenuante dei delitti di cui agli articoli 517-ter e 517-quater, prevedendo la diminuzione della pena dalla metà a due terzi per colui che aiuta le autorità

§      nell’azione di contrasto ai delitti di cui ai predetti articoli;

§      nella raccolta di elementi utili alla ricostruzione dei fatti o alla cattura di concorrenti;

§      nell’individuazione degli strumenti occorrenti alla commissione dei delitti;

§      nell’individuazione dei profitti derivanti dai delitti.

 

Il comma 2, introdotto nel corso dell’esame in Senato, stabilisce che dal momento dell’entrata in vigore delle novelle al codice penale introdotte dal comma 1, lett. e), e dunque dei nuovi articoli 517-ter, 517-quater e 517-quinquies, è abrogato il comma 1 dell’art. 127 del codice della proprietà industriale (D.Lgs. n. 30/2005).

 

Tale disposizione attualmente punisce, a querela di parte, con la multa fino a 1.032,91 euro chiunque fabbrica, vende, espone, adopera industrialmente, introduce nello Stato oggetti in violazione di un titolo di proprietà industriale valido.

 

Il comma 3, aggiunge ipotesi particolari di confisca obbligatoria a quelle previste dall’art. 12-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 306 del 1992 ("Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa").

 

Tale disposizione prevede attualmente che, in caso di condanna o patteggiamento per una serie di reati specificamente individuati (tra cui associazione mafiosa, sequestro di persona, tratta di persone, usura, estorsione, riciclaggio, terrorismo, ecc.), il giudice debba obbligatoriamente ordinare la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato o alla propria attività economica.

 

Alla lista di reati alla cui condanna o patteggiamento consegue detta confisca obbligatoria, sono aggiunte le violazioni della disciplina penale della proprietà industriale di cui agli artt. 473, 474, 517-ter e 517-quater c.p., laddove tali reati costituiscano il fine di un’associazione a delinquere.

 

Il comma 4 opera un’analoga integrazione all’art. 51, comma 3-bis c.p.p., attribuendo la competenza a svolgere le indagini per i reati di cui agli artt. 473 e 474 c.p., quando tali delitti rappresentino lo scopo di un’associazione a delinquere, al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello. Il successivo comma 5 specifica che tale disposizione si applica solo ai procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore della legge.

 

Il comma 6 interviene sull’ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354[60]) novellando l’art. 4-bis, volto a limitare l’accesso ai benefici penitenziari a determinate categorie di detenuti. In particolare, il comma 1-ter prevede che i benefici penitenziari possano essere concessi ai detenuti o internati per una serie di delitti purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. La disposizione in commento aggiunge all’elencazione dell’art. 4-bis, comma 1-ter, il delitto di associazione a delinquere finalizzato alla commissione dei delitti di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale.

 

Infine, il comma 7 – introdotto nel corso dell’esame in Senato, interviene sul decreto legislativo n. 231 del 2001 in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche[61].

 

Il D.Lgs. n. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 1) e prevede che, per una serie di reati espressamente individuati (artt. 24 e ss), possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca, pubblicazione della sentenza (art. 9).

Il presupposto per l’irrogazione della sanzione è la responsabilità dell’ente che, ai sensi dell’art. 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell’interesse dell’ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.

 

In particolare, la lett. a) novella l’art. 25-bis del decreto legislativo per inserirvi sanzioni pecuniarie a carico della persona giuridica anche in caso dei delitti di cui agli articoli 473 e 474 c.p. (v. sopra), nonché le sanzioni interdittive per una durata non superiore ad un anno.

La sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 10 del decreto legislativo, è applicata per quote, in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.

Nella commisurazione della sanzione pecuniaria (art. 11) il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

In base all’articolo 9, comma 2, le sanzioni interdittive sono: a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

 

 

Normativa vigente

AC. 1441-ter-B

Art. 25-bis
Falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo

Art. 25-bis
Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento

1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo, si applicano al­l'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per il delitto di cui all'articolo 453 la sanzione pecuniaria da trecento a otto­cento quote;

a) identica;

b) per i delitti di cui agli articoli 454, 460 e 461 la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;

b) identica;

c) per il delitto di cui all'articolo 455 le sanzioni pecuniarie stabilite dalla lettera a), in relazione all'articolo 453, e dalla lettera b), in relazione all'articolo 454, ri­dotte da un terzo alla metà;

c) identica;

d) per i delitti di cui agli articoli 457 e 464, secondo comma, le sanzioni pecu­niarie fino a duecento quote;

d) identica;

e) per il delitto di cui all'articolo 459 le sanzioni pecuniarie previste dalle lettere a), c) e d) ridotte di un terzo;

e) identica;

f) per il delitto di cui all'articolo 464, primo comma, la sanzione pecuniaria fino a trecento quote.

f) identica;

 

f-bis) per i delitti di cui agli articoli 473 e 474, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui agli articoli 453, 454, 455, 459, 460 e 461 del codice penale, si ap­plicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui agli articoli 453, 454, 455, 459, 460, 461, 473 e 474 del codice pe­nale, si applicano all'ente le sanzioni in­terdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno.

 

La lett. b) inserisce un’ulteriore articolo nel decreto legislativo, per sanzionare l’ente responsabile in caso di delitti contro l’industria e il commercio commessi in suo favore o a suo vantaggio. Il nuovo art. 25-bis.1 prevede infatti le seguenti sanzioni pecuniarie:

§      fino a 500 quote per i delitti di cui agli articoli 513 (Turbata libertà dell’industria o del commercio), 515 (Frode nell’esercizio del commercio), 516 (Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine), 517 (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci), 517-ter e 517-quater (v. sopra);

§      fino a 800 quote per i delitti di cui agli articoli 513-bis (Illecita concorrenza con minaccia o violenza) e 514 (Frodi contro le industrie nazionali). A tale sanzione pecuniaria si devono aggiungere, in caso di condanna per questi due delitti, anche sanzioni interdittive.

 

Infine, la lett. c) inserisce nel decreto legislativo n. 231/2001 l’articolo 25-novies, relativo alla responsabilità della persona giuridica per delitti in materia di violazione del diritto d’autore. Per la commissione di alcuni delitti previsti dalla legge sul diritto d’autore (legge 22 aprile 1941, n. 633[62]) – in particolare, art. 171, comma 1, lett. a-bis) e comma 3, art. 171-bis, art. 171-ter, art. 171-septies e art. 171-octies - l’ente risponde con la sanzione pecuniaria fino a 500 quote e con le sanzioni interdittive di durata non superiore a un anno.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 24 giugno 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata di direttiva (COM(2006)168), relativa alle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale[63].

In particolare, la proposta della Commissione prevede che gli Stati membri qualifichino penalmente ogni violazione intenzionale del diritto di proprietà intellettuale commessa su scala commerciale e il relativo tentativo nonché la complicità e l’incitamento, introducendo le seguenti sanzioni:

§      per le persone fisiche, pene restrittive della libertà;

§      per le persone fisiche e giuridiche:

§      ammende,

§      confisca dell’oggetto, degli strumenti e dei prodotti originati dai reati, o di beni il cui valore corrisponde a questi prodotti.

In base alla proposta gli Stati membri dovrebbero inoltre prevedere, nei casi opportuni, l’applicabilità delle sanzioni seguenti:

§      la distruzione dei beni che causano una violazione del diritto di proprietà intellettuale;

§      la chiusura, totale o parziale, definitiva o temporanea, dello stabilimento principalmente usato per commettere la violazione in questione;

§      l’interdizione permanente o temporanea di esercitare attività commerciali;

§      il controllo giudiziario;

§      la liquidazione giudiziaria;

§      il divieto di accedere a sovvenzioni e aiuti pubblici;

§      la pubblicazione delle decisioni giudiziarie.

Per quanto riguarda il livello delle sanzioni, la proposta di direttiva prevede che gli Stati membri garantiscano che il massimo della pena comminabile alle persone fisiche responsabili dei suddetti reati non sia inferiore a 4 anni di reclusione quando tali reati siano commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI sulla lotta contro la criminalità organizzata e comportino un rischio per la salute o la sicurezza delle persone.

Inoltre, le sanzioni devono comprendere ammende penali o sanzioni non penali:

-        di un massimo non inferiore a 100 000 euro per i casi meno gravi;

-        di un massimo non inferiore a 300 000 euro per i casi in cui tali reati siano commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro sulla lotta contro la criminalità organizzata, in corso di esame e comportino un rischio per la salute o la sicurezza delle persone.

La proposta di direttiva prevede inoltre ampi poteri di confisca e gli Stati membri adottano le misure necessarie a permettere la confisca, totale o parziale, dei beni appartenenti a persone fisiche o giuridiche condannate conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reati, quantomeno quando i reati siano stati commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale e qualora comportino un rischio per la salute o la sicurezza delle persone.

La proposta è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 25 aprile 2007, con l’approvazione di una risoluzione legislativa, contenente alcuni emendamenti.

Tra l’altro, il Parlamento europeo ritiene che:

-        dalla definizione di "diritti di proprietà intellettuale” si debbano escludere i brevetti;

-        per quanto riguarda l’oggetto e il campo di applicazione, la direttiva non debba applicarsi alle violazioni di un diritto di proprietà intellettuale collegato a:

-        brevetti, modelli di utilità e certificati complementari di protezione;

-        importazione parallela di beni originali che sono stati commercializzati con l’accordo del titolare dei diritti di un paese terzo;

-        per quanto riguarda la qualifica di reato, per violazione commessa su scala commerciale si debba intendere “la violazione di un diritto di proprietà intellettuale commesso per ottenere un vantaggio commerciale” escludendo perciò gli atti compiuti da un utilizzatore privato per fini personali e non di lucro;

-        per quanto riguarda le sanzioni, si debba aggiungere alle tipologie previste nella proposta della Commissione, anche la possibilità di “un ordine che richieda il pagamento, da parte del contraffattore, delle spese di custodia dei beni confiscati; il Parlamento europeo propone inoltre che nel fissare il livello delle sanzioni, secondo i limiti quantitativi già indicati dalla proposta della Commissione, gli Stati membri tengano conto delle violazioni ripetutamente commesse da persone fisiche o giuridiche in un altro Stato membro.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di esame da parte del Consiglio.

Un quadro complessivo della strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale è contenuto nella comunicazione in materia presentata dalla Commissione europea il 16 luglio 2008, (COM(2008)465),nella quale sono indicate misure legislative e non legislative da adottare entro il 2010.

Per quanto riguarda la lotta alla pirateria e alla contraffazione, rilevando come le differenze nell'attuazione dei procedimenti e nelle sanzioni penali comportino disparità per quanto concerne il livello di protezione di cui beneficiano i titolari dei diritti di proprietà intellettuale, la Commissione sottolinea la necessità che gli Stati membri si dotino di misure di diritto penale efficaci. La Commissione ritiene inoltre fondamentale migliorare i collegamenti tra la Commissione stessa e gli Stati membri, tra le diverse autorità nazionali negli Stati membri e tra il settore pubblico e quello privato. In questo quadro si segnala l’inaugurazione il 2 aprile scorso dell’Osservatorio europeo della contraffazione e della pirateria. L’Osservatorio, operativamente gestito dalla Commissione, raggruppa delegati e rappresentanti del settore privato di ogni Stato membro con lo scopo di realizzare valutazioni e ricerche aggiornate volte allo scambio di informazioni e buone pratiche.

Si ricorda inoltre che il 16 marzo 2009 il Consiglio ha adottato un piano d'azione doganale dell'UE, per il periodo 2009-2012, volto a combattere le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, elaborato dalla Presidenza in cooperazione con gli Stati membri e la Commissione, a seguito di una risoluzione del Consiglio del 25 settembre 2008. Il piano d'azione è inteso a contrastare la crescente minaccia che le merci contraffatte rappresentano per la salute e la sicurezza e per l'ambiente, mediante una cooperazione rafforzata tra amministrazioni e tra autorità doganali e settore industriale.

In materia di tutela giurisdizionale dei brevetti il 24 marzo 2009 la Commissione ha presentato una raccomandazione al Consiglio al fine di ottenere l’autorizzazione ad avviare negoziati per l’adozione di un accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti (SEC(2009)330) tra la Comunità europea, gli Stati membri ed altri Stati aderenti alla convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5 ottobre 1973. La struttura giurisdizionale che verrà creata nel quadro del sistema unico (e che dovrebbe essere composta da una prima istanza con divisioni locali e regionali, da un’istanza d’appello e da una Cancelleria) sarà competente sia per le azioni di nullità che per le azioni di violazione dei brevetti europei e dei futuri brevetti comunitari.

Il Consiglio ha esaminato la questione nella riunione del 28-29 maggio 2009, convenendo sulla necessità di richiedere il parere della Corte di Giustizia delle Comunità europee circa la compatibilità del futuro sistema unico con il Trattato CE.

In attesa che si realizzi il sistema unico, la Commissione europea ha recentemente osservato che un miglioramento della tutela della proprietà industriale è possibile anche attraverso la revisione del regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (cd. regolamento Bruxelles I).

In particolare, nel Libro verde sulle possibili modifiche al regolamento, presentato il 21 aprile scorso (COM(2009)175) la Commissione propone la completa eliminazione di tutte le procedure intermedie attualmente previste per ottenere la dichiarazione di esecutività in uno Stato membro di una decisione in materia civile e commerciale assunta in un altro Stato membro (abolizione dell’exequatur). La Commissione suggerisce inoltre di migliorare la comunicazione e l’interazione tra le corti adite nel caso di procedimenti paralleli in materia di diritti di proprietà industriale oppure di introdurre una norma specifica che autorizzi l’avvio di procedimenti contro più convenuti nello Stato membro in cui risiede il convenuto che ha coordinato le attività o è in altro modo maggiormente connesso alla violazione del diritto di proprietà industriale.

Per quanto riguarda la tutela dei diritti di autore si segnala che il 23 aprile 2009 il Parlamento europeo ha approvato in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, una risoluzione sulla proposta di direttiva che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (COM(2008)0464). (Al riguardo si veda il paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE” della scheda relativa all’articolo 19).

 


 

Articolo 16
(Destinazione di beni sequestrati o confiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater del codice penale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 16
(Destinazione di beni sequestrati o con­fiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater del codice penale)

 

 

 

1. I beni mobili iscritti in pubblici re­gistri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria per la repressione di reati di cui agli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater del codice penale sono affidati dall'autorità giudi­ziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per es­sere utilizzati in attività di polizia ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

 

2. Gli oneri relativi alla gestione dei beni e all'assicurazione obbligatoria dei veicoli, dei natanti e degli aeromobili sono a carico dell'ufficio o comando usuario.

 

3. Nel caso in cui non vi sia alcuna istanza di affidamento in custodia giudi­ziale ai sensi del comma 1, l'autorità giudiziaria competente dispone la di­struzione dei beni sequestrati secondo le modalità indicate all'articolo 83 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura pe­nale, di cui al decreto legislativo 28 lu­glio 1989, n. 271. In caso di distruzione, la cancellazione dei veicoli dai pubblici registri è eseguita in esenzione da qual­siasi tributo o diritto.

 

4. I beni mobili di cui al comma 1, ac­quisiti dallo Stato a seguito di provvedi­mento definitivo di confisca, sono asse­gnati, a richiesta, agli organi o enti che ne hanno avuto l'uso. Qualora tali enti od organi non presentino richiesta di assegnazione, i beni sono distrutti ai sensi del comma 3.

 

5. Per quanto non disposto dai commi 1, 2, 3 e 4 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 301-bis del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1973, n. 43.

 

 

L’articolo 16 – introdotto nel corso dell’esame al Senato – stabilisce che i beni mobili registrati sequestrati (automobili, navi, imbarcazioni, natanti e aeromobili) nel corso dei procedimenti per la repressione dei reati previsti dagli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater (modificati o introdotti dall’art. 15 del disegno di legge) siano affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o enti pubblici non economici per finalità di giustizia, protezione civile o tutela ambientale (comma 1).

 

La disposizione in commento ha dei precedenti nel TU delle dogane (D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301-bis), nel T.U. immigrazione (D.Lgs 286 del 1998, art. 12, comma 8). Si segnala, inoltre, che una disposizione in parte analoga è contenuta nell’art. 2, comma 18 del c.d. disegno di legge sicurezza attualmente all’esame del Senato (AS. 733-B).

 

Il comma 2 della disposizione chiarisce che agli oneri di gestione del bene affidato provvede l’ufficio o comando che ne ha chiesto l’affidamento.

Se nessun organo di polizia né altri organi dello Stato né enti pubblici non economici avanza istanza di affidamento, l’autorità giudiziaria dovrà disporre la distruzione dei beni sequestrati in base all’art. 83 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. In tal caso la cancellazione del bene dai registri dovrà avvenire senza pagamento di tributi o diritti (comma 3).

 

L’art. 83 disp.att.c.p.p. dispone che la distruzione dei beni è eseguita a cura della cancelleria o della segreteria anche a trattativa privata. Alla stessa può procedersi anche avvalendosi di persona idonea o della polizia giudiziaria che ha eseguito il sequestro. Delle operazioni compiute è sempre redatto verbale da allegare agli atti.

 

In base al comma 4 se al sequestro segue la confisca del bene, lo stesso è assegnato, a richiesta, all’ente che ne aveva l’affidamento. Se la richiesta non viene presentata, il bene deve essere distrutto.

Infine, il comma 5 rimanda – in quanto compatibile – alla disciplina prevista dal testo unico delle disposizioni doganali (sopra richiamato art. 301-bis del D.P.R. 25 gennaio 1973, n. 43[64]).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 20 novembre 2008 la Commissione europea ha presentato la comunicazione ”Proventi della criminalità organizzata – Garantire che “il crimine non paghi” (COM(2008)766). Il documento, in linea con le indicazioni del Consiglio del 12-13 giugno 2007, sottolineando la validità dello strumento della confisca e del recupero di beni illecitamente costituiti per combattere il crimine organizzato, osserva tuttavia come, allo stato attuale, il numero totale dei casi di confisca nell'Unione europea sia piuttosto limitato e i quantitativi sottratti alla disponibilità della criminalità organizzata siano modesti, soprattutto se paragonati ai redditi stimati dei gruppi di criminalità organizzata. Ritenendo pertanto auspicabile incentivare il ricorso allo strumento della confisca, la Commissione individua misure strategiche, legislative e non, per migliorare la cooperazione a livello UE.

In particolare la Commissione ritiene necessaria una riformulazione del quadro normativo dell'Unione[65] per una maggiore chiarezza e uniformità, l'estensione dei concetti giuridici e l'introduzione di nuove disposizioni. Viene sottolineata inoltre l’esigenza che gli Stati membri istituiscano[66] in tempi brevi uffici di recupero beni in grado di scambiarsi rapidamente informazioni, avere sufficienti poteri e agire secondo le migliori pratiche e che Eurojust promuova il rafforzamento della cooperazione sul piano giudiziario e del reciproco riconoscimento dei provvedimenti di confisca, agevolando la sinergia tra gli uffici di recupero di beni e le autorità giudiziarie.

Inoltre, sottolineando le notevoli differenze tra gli Stati membri quanto alle modalità di destinazione dei beni confiscati e recuperati, la Commissione auspica la promozione delle pratiche che a livello nazionale si siano rivelate valide.

A tale proposito la Commissione ricorda a titolo di esempio che nel Regno Unito i beni vengono ripartiti tra le autorità impegnate nel loro recupero, mentre in Italia questi sono spesso destinati alle ONG per scopi sociali.

 


 

Articolo 17
(Contrasto della contraffazione)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 10
(Contrasto della contraffazione)

Articolo 17
(Contrasto della contraffazione)

 

 

1. All'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo le parole: «in ordine ai delitti previsti dagli arti­coli» sono inserite le seguenti: «473 e 474, primo comma, e 517-ter, aggravati ai sensi dell'articolo 474-bis,».

1. All'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo le parole: «in ordine ai delitti previsti dagli arti­coli» sono inserite le seguenti: «473, 474,».

2. All'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e successive modificazioni, sono ap­portate le seguenti modificazioni:

2. Identico.

     a) nel primo periodo:

 

          1) le parole: «Salvo che il fatto co­stituisca reato,» sono soppresse;

 

          2) le parole: «da 500 euro fino a 10.000 euro l'acquisto o l'accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose» sono sostituite dalle seguenti: «da 100 euro fino a 7.000 euro l'acquirente finale che ac­quista a qualsiasi titolo cose»;

 

          3) la parola: «intellettuale» è sosti­tuita dalla seguente: «industriale»;

 

     b) il secondo periodo è soppresso;

 

     c) nel quinto periodo, prima delle pa­role: «Qualora l'acquisto sia effettuato da un operatore commerciale» sono inserite le seguenti: «Salvo che il fatto costituisca re­ato,».

 

3. Fermo restando quanto previsto dal­l'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, come modificato, da ultimo, dal comma 2 del presente articolo, e salvo che il fatto co­stituisca reato, è prevista la confisca ammi­nistrativa dei locali ove vengono prodotti, depositati, detenuti per la vendita o venduti i materiali contraffatti, salvaguardando il di­ritto del proprietario in buona fede.

3. Identico.

4. All'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modi­ficazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, dopo il comma 8 è inserito il se­guente:

Soppresso

«8-bis. Fermo restando il disposto dell'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia che, nell'ambito di indagini per il contrasto della circolazione e della vendita di merci contraffatte, al solo fine di acqui­sire elementi di prova, acquistano, rice­vono, occultano o comunque si intro­mettono nel fare acquistare, ricevere od occultare le merci suddette. Delle opera­zioni avviate è data immediata notizia al­l'autorità giudiziaria; questa, a richiesta degli ufficiali di polizia giudiziaria, può, con decreto motivato, differire il seque­stro delle merci contraffatte fino alla conclusione delle indagini. L'organo procedente trasmette motivato rapporto all'autorità giudiziaria entro quarantotto ore».

 

5. All'articolo 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

4. Identico.

     a) al secondo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine senza l'indi­cazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione suffi­ciente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera»;

 

     b) è aggiunto, in fine, il seguente pe­riodo: «Le false e le fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono co­munque essere regolarizzate quando i pro­dotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica».

 

 

 

 

L’articolo 17, modificato nel corso dell’esame al Senato,reca misure volte al contrasto della contraffazione.

In particolare, il comma 1, con la novella dell’art. 9, comma 1, della legge n. 146 del 2006 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale), estendeanche alle indagini per i delitti di contraffazione di cui agli artt. 473 e 474 c.p. (modificati dall’art. 15 del disegno di legge in commento) la disciplina delle c.d. indagini sottocopertura.

 

L’articolo 9 della legge n. 146 del 2006 introduce una disciplina unitaria delle “operazioni sotto copertura” provvedendo all’abrogazione espressa delle norme allora vigenti in materia. Tali operazioni consistono in attività di tipo investigativo affidate in via esclusiva ad ufficiali di polizia giudiziaria, infiltrati sotto falsa identità negli ambienti malavitosi al fine di reperire prove e accertare responsabilità. Fermo restando quanto dettato dall’art. 51 c.p. in materia di esercizio di un diritto o adempimento di un dovere, l’art. 9 prevede la non punibilità di ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, quando – anche per interposta persona – e nei limiti delle proprie competenze, nel corso di specifiche operazioni di polizia ed al solo fine di acquisire elementi di prova per una serie di delitti, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, stupefacenti, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l’individuazione della loro provenienza o ne consentono l’impiego. Nel corso di tali operazioni, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono utilizzare documenti, identità o indicazioni di copertura anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico ministero al più presto e comunque entro le quarantotto ore dall'inizio delle attività.

 

Il comma 2 apporta modifiche all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35[67], che qualifica come illecito amministrativo l’incauto acquisto di beni prodotti in violazione delle norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale.


 

Normativa vigente

AC. 1441-ter-B

D.L. 14 marzo 2005, n. 35

Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico,
sociale e territoriale

(convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80)

Art. 1, comma 7

Art. 1, comma 7

Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro fino a 10.000 euro l'acquisto o l'accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, in­ducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e prove­nienza dei prodotti ed in materia di pro­prietà intellettuale.

La sanzione di cui al presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o ri­cevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.

In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al pre­sente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70.

Qualora l'acquisto sia effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dal­l'acquirente finale, la sanzione ammini­strativa pecuniaria è stabilita da un mi­nimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro.

 

Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Fermo restando quanto previsto in or­dine ai poteri di accertamento degli uffi­ciali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981, all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa.

E’ punito con la sanzione amministra­tiva pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro l'acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a rite­nere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei pro­dotti ed in materia di proprietà indu­striale.

 

 

 

 

 

 

 

 

In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al pre­sente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70.

Salvo che il fatto costituisca reato, qualora l'acquisto sia effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dal­l'acquirente finale, la sanzione ammini­strativa pecuniaria è stabilita da un mi­nimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro.

Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Fermo restando quanto previsto in or­dine ai poteri di accertamento degli uffi­ciali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981, all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa.

 

 

In sintesi, la nuova norma, risultante dalle modifiche, prevede:

§      la sola punibilità a titolo amministrativo dell’incauto acquisto da parte dell’acquirente finale di prodotti in violazione della disciplina sulla proprietà industriale (anziché intellettuale);

§      l’irrogabilità della sanzione a prescindere dall’accertamento da parte dell’acquirente della legittima provenienza delle cose;

§      la diminuzione della sanzione amministrativa da irrogare, fissata tra 100 e 7.000 euro (in luogo di quella attuale da 500 a 10.000);

§      che non sia più sanzionato chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza;

§      la conferma della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro, per l’ipotesi di acquisto effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall'acquirente finale, con l’introduzione della clausola “salvo che il fatto costituisca reato”.

 

Il comma 3 stabilisce che, fermo restando quanto previsto dall’art. 1, comma 7, del decreto-legge 35/2005 (v. sopra) e salvo che il fatto costituisca reato, si proceda a confisca amministrativa dei locali ove vengono prodotti, depositati, detenuti per la vendita o venduti i materiali contraffatti, salvaguardando il diritto del proprietario in buona fede.

 

L’originario comma 4, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati è stato soppresso nel corso dell’esame al Senato.

 

La disposizione aggiungeva il comma 8-bis all’art. 1 del suddetto decreto-legge 35/2005, ai sensi del quale, fermo restando il disposto dell’art. 51 c.p. (che reca la scriminante dell'adempimento di un dovere), non erano punibili gli ufficiali di polizia che, nell’ambito di indagini per il contrasto della circolazione e della vendita di merci contraffatte, al solo fine di acquisire elementi di prova, acquistassero, ricevessero, occultassero o comunque si intromettessero nel fare acquistare, ricevere od occultare le merci suddette.

 

L’attuale comma 4 apporta modifiche all’art. 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004)[68], in tema di tutela del made in Italy.

 

La disposizione attualmente prevede che l'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione, ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine costituisce reato, sanzionato a norma dell’art. 517 c.p. La norma precisa che la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine costituisce falsa indicazione, al pari dell’uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, incluso l'uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli.

La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant'altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana. La falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura «made in Italy».

 

Il disegno di legge in esame stabilisce che:

§      costituisce fallace indicazione di provenienza o di origine (ed è dunque punibile ai sensi dell'art. 517 c.p. per il quale si rinvia al commento all’articolo 15 del d.d.l.) anche l’uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine senza l’indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera.

§      le false e le fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono comunque essere regolarizzate quando i prodotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 15, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 18
(Azioni a tutela della qualità delle produzioni agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura e per il contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 18
(Azioni a tutela della qualità delle produ­zioni agroalimentari, della pesca e del­l'acquacoltura e per il contrasto alla con­traffazione dei prodotti agroalimentari
ed ittici)

 

 

 

1. Al fine di rafforzare le azioni volte a tutelare la qualità delle produzioni agro­alimentari, della pesca e dell'acquacol­tura e a contrastare le frodi in campo agroalimentare e nella filiera ittica non­ché la commercializzazione di specie it­tiche protette ovvero prive delle infor­mazioni obbligatorie a tutela del consu­matore, per gli anni 2009-2011 il Mini­stero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove le iniziative necessa­rie per assicurare la qualità delle produ­zioni e dei prodotti immessi al consumo nel territorio nazionale.

 

2. All'attuazione del comma 1 il Mini­stero provvede ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 4 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, e, limitatamente alle attività di con­trollo, con il coordinamento dell'Ispetto­rato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, attraverso il Comando carabinieri politiche agricole e alimentari, il Corpo forestale dello Stato e il Corpo delle capitanerie di porto-guardia costiera, nell'ambito delle rispet­tive competenze.

 

3. Entro il 30 aprile di ogni anno, il Ministero delle politiche agricole alimen­tari e forestali trasmette alle Camere una relazione nella quale illustra, con riferi­mento all'anno precedente, le iniziative assunte a tutela della qualità delle pro­duzioni agroalimentari, della pesca e dell'acquacoltura, con specifico ri­guardo:

 

     a) alle iniziative di formazione e di informazione;

 

     b) alle attività di controllo effet­tuate, distinguendo quelle rivolte alle produzioni di qualità regolamentata e quelle effettuate nei singoli settori pro­duttivi;

 

     c) agli illeciti riscontrati nelle atti­vità di controllo, indicando le contesta­zioni amministrative sollevate, i seque­stri effettuati e le notizie di reato inviate, anche con specifico riguardo al reato di cui all'articolo 517-quater del codice pe­nale, introdotto dall'articolo 15, comma 1, lettera e), della presente legge.

 

4. Nella relazione di cui al comma 3, il Ministero dà un quadro complessivo delle tendenze del settore agroalimen­tare italiano nel contesto internazionale, prospettando le modifiche alla normativa vigente che ritenga necessarie per ga­rantire la qualità delle produzioni e dei prodotti.

 

5. Per potenziare l'azione di contrasto alle frodi e di monitoraggio della produ­zione dell'olio di oliva e delle olive da ta­vola, tenuto conto di quanto previsto nel regolamento (CE) n. 2153/2005 della Commissione, del 23 dicembre 2005, i frantoi oleari hanno l'obbligo di comuni­care all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 20 della legge 6 febbraio 2007, n. 13, anche le in­formazioni relative all'origine del pro­dotto trasformato.

 

6. L'AGEA, quale organismo di coor­dinamento e controllo ai sensi del rego­lamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, definisce il dettaglio dei dati da fornire per ciascuna azienda agricola nonché le regole di registra­zione e di controllo delle informazioni di cui al comma 5 e, nell'ambito dei servizi del Sistema informativo agricolo nazio­nale (SIAN), realizza e mette a disposi­zione dei soggetti della filiera interessati alla tracciabilità del prodotto le funzioni di alimentazione e fruizione dei dati so­pra individuati, provvedendo, anche me­diante specifici accordi di servizio con le unioni riconosciute dei frantoiani e dei produttori, alla diffusione dei servizi.

 

7. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, pari a euro 14 mi­lioni per l'anno 2009, si provvede me­diante corrispondente riduzione delle ri­sorse dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, relativa al Fondo per l'attua­zione di interventi e misure nazionali nel settore agricolo e agroalimentare. Le ri­sorse necessarie all'attuazione dei commi 1, 2, 3 e 4, quantificate in euro 7 milioni per l'anno 2009, per iniziative volte a garantire la qualità ed il monito­raggio delle produzioni agricole ed agroalimentari e in euro 2 milioni per l'anno 2009, per le iniziative volte a ga­rantire le attività di controllo per la qua­lità e di monitoraggio della filiera ittica, vengono assegnate dall'AGEA secondo le modalità di cui al comma 4-ter dell'ar­ticolo 4 del citato decreto-legge n. 2 del 2006. La complessiva dotazione di euro 14 milioni per l'anno 2009 può essere in­crementata mediante corrispondente riassegnazione dei contributi versati al­l'entrata del bilancio dello Stato da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, secondo modalità stabilite con apposite convenzioni. Per l'attuazione dei commi 5 e 6 è istituito, nello stato di previsione dell'AGEA, un fondo denomi­nato «Fondo per la tracciabilità dei pro­dotti olio d'oliva e olive da tavola» alla cui dotazione si provvede per euro 5 mi­lioni per l'anno 2009. Con specifico rife­rimento alle sole attività di controllo sulla pesca e sull'acquacoltura, è auto­rizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 da de­stinare a favore del Corpo delle capita­nerie di porto - guardia costiera al fine di garantire lo svolgimento delle relative attività operative. All'onere derivante dal periodo precedente si provvede a valere sul fondo di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come ride­terminato ai sensi dell'articolo 60, comma 8, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

 

L’articolo 18 è volto a promuovere per il triennio 2009-2011 le attività del dicastero agricolo, comprese quelle di controllo, al fine di meglio tutelare la qualità delle produzioni agroalimentari, incluse quelle provenienti dalla filiera ittica, immesse al consumo sul territorio nazionale.

 

Il comma 2 definisce le modalità operative dell’azione ministeriale che per la identificazione e registrazione degli animali e la tracciabilità dei prodotti dovrà avvalersi della società consortile Consorzio Anagrafe Animale - CO.AN.AN. (di cui ai commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 4 decreto-legge n. 2/2006) quale ente strumentale di assistenza tecnica al sistema nazionale delle anagrafi animali e della tracciabilità degli alimenti; per quanto attiene all’attività di controllo il Ministero dovrà fare ricorso al Comando carabinieri politiche agricole e alimentari, al Corpo forestale dello Stato ed alla guardia costiera del Corpo della capitanerie di porto, ciascuno per quanto di propria competenza ma con il coordinamento dell’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari[69].

 

I commi 3 e 4 sono diretti a tenere informato il Parlamento sia dell’azione governativa svolta a tutela della qualità, che delle tendenze del settore e delle correlate modifiche al quadro legislativo che si renderebbero necessarie.

Le disposizioni impegnano il Governo a trasmettere annualmente, entro il 30 aprile, una relazione al Parlamento nella quale siano illustrate:

§      le iniziative di formazione e informazione;

§      l’attività di controllo svolta distinguendo fra quella relativa ai prodotti di qualità regolamentata (DOP, IGP, produzioni biologiche, specialità tradizionali), e quella svolta sui singoli settori merceologici;

§      i fatti emersi in sede di controllo indicando gli illeciti riscontrati, le contestazioni amministrative sollevate, i sequestri disposti e le notizie di reato inviate. In merito a queste ultime la norma in commento rinvia alle nuove disposizioni del codice penale che l’art. 15 del provvedimento in esame introduce: il nuovo art. 517-quater c.p., integrando il D.Lgs. n. 297/04 che definisce il quadro sanzionatorio di tutela delle denominazioni protette con la quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie da applicare, introduce infatti nuove figure di reato sanzionate con la reclusione.

La relazione dovrà inoltre fornire il quadro delle tendenze del settore nazionale posto in relazione con il contesto internazionale, prospettando conseguentemente le modifiche normative che si renderebbero necessarie per garantire la qualità di prodotti e produzioni.

 

I commi 5 e 6 introducono l’obbligo per i frantoi di comunicare all’AGEA l’origine delle olive trattate allo scopo sia di combattere le frodi che di monitorare la produzione.

In proposito viene richiamato il reg. (CE) n. 2153/2005 che definisce il regime di aiuto all'ammasso privato di olio di oliva. Tale provvedimento è stato abrogato e sostituito dal reg. (CE) n. 826/2008[70] che per la concessione dell’aiuto richiede che il prodotto risponda ai seguenti requisiti: sia di qualità sana, leale e mercantile e di origine comunitaria (allegato I, primo capoverso).

Il nuovo dato dovrà integrare la comunicazione che i frantoi (e le imprese di trasformazione) sono tenuti a trasmettere all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA- ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 13/2007 in materia di produzione di olio di oliva e di olive da tavola.

La comunicazione di cui sopra è diretta a consentire all’Italia di trasmettere alla Commissione le informazioni richieste dall’art. 6 del reg. 2153 (ora allegato III del reg. 826) relativamente ai prezzi medi rilevati ed alle stime sulla produzione di olio d’oliva e di olive da tavola.

La definizione in dettaglio dei dati che dovranno essere trasmessi è attribuita all’AGEA che dovrà anche consentire agli operatori della filiera, che ne abbiano interesse, di accedere attraverso il Sistema informativo agricolo nazionale – Sian- alle funzioni di alimentazione e fruizione dei dati raccolti.

 

Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dall’attuazione dei commi 1-6 dell’articolo in esame in complessivi 14 milioni di euro per l’anno 2009, di cui:

§         9 milioni sono diretti all’attuazione dei commi 1-4 e specificamente destinati all’AGEA e finalizzati all’attività di monitoraggio e controllo della qualità delle produzioni agroalimentari (per 7 milioni) e della qualità della filiera ittica (per 2 milioni);

§         5 milioni sono destinati all’attuazione dei commi 5-6, e diretti all’istituzione di “Fondo per la tracciabilità dei prodotti olio d’oliva e olive da tavola” da istituirsi nello stato di previsione dell’AGEA.

 

Agli oneri pari di 14 milioni per il 2009, si provvede a valere sul Fondo per l’attuazione di interventi e misure nazionali nel settore agricolo e agroalimentare, di cui all’articolo 1-bis, comma 2, del decreto legge n. 2/2006 [71], istituito nello stato di previsione dell’AGEA.

 

L’articolo 1-bis, comma 2 del citato decreto legge n. 2/2006, ha previsto che le somme assegnate all'AGEA, destinate all'attuazione di interventi e misure sul mercato agricolo, affluiscono all'apposito conto corrente n. 20082 acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato e intestato all'AGEA medesima. Nell'ambito dello stato di previsione dell' AGEA è stato quindi istituito per l'anno 2006 un apposito capitolo in entrata "Entrate destinate al Fondo per l'attuazione di interventi e misure nazionali nel settore agricolo e agroalimentare”, e un corrispondente capitolo alla spesa denominato “Fondo per l'attuazione di interventi e misure nazionali nel settore agricolo e agroalimentare”. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sono individuati gli interventi e le misure da attuare utilizzando le risorse iscritte in tale Fondo.

Da informazioni ricevute dall’AGEA, il predetto Fondo ha una disponibilità nell’anno 2009 non inferiore a 40 milioni di euro, e tali somme sono iscritte in conto residui.

 

Il comma 7 prevede che la dotazione complessiva di 14 milioni per l'anno 2009 può essere incrementata mediante riassegnazione dei contributi versati all'entrata del bilancio dello Stato da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, secondo modalità stabilite con apposite convenzioni.

 

Il comma 7, infine, autorizza una spesa di 2 milioni per l’anno 2010 e per l’anno 2011 finalizzata alle Capitanerie di porto per l’espletamento delle attività operative di controllo sulle attività di pesca e acquacoltura.

Alla copertura dell’onere di 2 milioni di euro per il 2010 e per il 2011 si provvede a valere sul Fondo per il reintegro delle dotazioni finanziarie dei programmi di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del D.L. n. 93/2008 [72].

 

L'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 93/2008 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo da utilizzare a reintegro delle dotazioni finanziarie dei programmi di spesa del bilancio statale. L'utilizzo del fondo è disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Nella legge di bilancio 2009 (legge n. 204/2008) [73] il Fondo è iscritto nel capitolo 3076 (U.p.b.1.2.3, Missione “Politiche economiche e di bilancio”, Programma “Programmazione economico finanziaria e politiche di bilancio”).

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Qualità dei prodotti agricoli

Il 28 maggio 2009 la Commissione ha presentato la comunicazione sulla politica di qualità dei prodotti agricoli (COM (2009) 234) in cui avanza proposte per migliorare la comunicazione tra produttori, acquirenti e consumatori sulla qualità dei prodotti agricoli; accrescere la coerenza degli strumenti della politica di qualità dei prodotti agricoli; rendere i vari sistemi di certificazione ed etichettatura più facili da capire e usare per agricoltori, produttori e consumatori.

La comunicazione è stata elaborata sulla base dei 560 contributi ricevuti dal 15 ottobre al 31 dicembre 2008 in risposta al libro verde della Commissione sulla qualità dei prodotti agricoli (COM (2008) 641) e dei risultati della conferenza ad alto livello sulla politica di qualità dei prodotti agricoli organizzata dalla Presidenza ceca nel mese di marzo 2009.

Nella comunicazione la Commissione propone in particolare di:

§      estendere l’etichettatura, fissando criteri per le indicazioni di qualità e rendendo obbligatoria l'indicazione del luogo di produzione;

§      esaminare l’opportunità di introdurre specifici termini per “prodotto di montagna” e “prodotto tradizionale”. Quest’ultimo potrebbe sostituire l’attuale regime delle “specialità tradizionali garantite” (STG);

§      istituire un unico registro per tutte le indicazioni geografiche (per i vini, le bevande alcoliche e i prodotti agricoli e alimentari), preservando la specificità di ciascun regime;

§      migliorare le condizioni del commercio su scala UE dei prodotti biologici;

§      aumentare a livello internazionale la tutela delle indicazioni geografiche - denominazione di origine protetta (DOP) e indicazione geografica protetta (IGP) - e contribuire allo sviluppo di disposizioni internazionali per le norme di commercializzazione e i prodotti biologici;

§      elaborare orientamenti in materia di “buone pratiche” per i sistemi di certificazione privati, al fine di ridurre la potenziale confusione dei consumatori e gli oneri amministrativi per gli agricoltori.

Nuovi prodotti alimentari

Il 14 gennaio 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sui nuovi prodotti alimentari (COM(2007)872).

La proposta mira a garantire la sicurezza degli alimenti, a proteggere la salute umana e a garantire il funzionamento del mercato interno degli alimenti. A tal fine, essa intende snellire la procedura di autorizzazione, sviluppare un sistema più efficace di valutazione della sicurezza degli alimenti tradizionali provenienti dai Paesi terzi, considerati come nuovi prodotti alimentari ai sensi del regolamento attuale, e chiarire la definizione di nuovi prodotti alimentari, includendo le nuove tecnologie con un impatto sugli alimenti, nonché il campo d’applicazione del regolamento sui nuovi prodotti alimentari.

Il 25 marzo 2009 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in prima lettura, approvando alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. La proposta passa ora all’esame del Consiglio dell’UE, nell’ambito della procedura di codecisione.

Acquacoltura

L’8 aprile 2009 la Commissione ha presentato una comunicazione sullo sviluppo dell’acquacoltura in Europa (COM(2009)162), nella quale esamina le cause del ristagno della produzione acquicola europea e le modalità per migliorare la competitività, la sostenibilità e la governance del settore.

La comunicazione affronta tra l’altro il tema della compatibilità tra l’acquacoltura e l’ambiente, nonché della qualità e sicurezza dei prodotti, attraverso il rispetto della normativa comunitaria in materia di acque, la disponibilità di mangimi di elevata qualità, la tutela del benessere degli animali allevati, il miglioramento della sorveglianza da parte delle autorità preposte.

Il Consiglio ha svolto un primo esame della comunicazione della Commissione il 24 aprile 2009 e si prefigge di adottare conclusioni in una prossima riunione, nel mese di giugno.

 


 

Articolo 19
(Proprietà industriale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 11
(Proprietà industriale)

Articolo 19
(Proprietà industriale)

 

 

1. All'articolo 47 del codice della pro­prietà industriale, di cui al decreto legisla­tivo 10 febbraio 2005, n. 30, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

1. Identico.

«3-bis. Per i brevetti di invenzione e per i modelli di utilità, il deposito nazionale in Ita­lia dà luogo al diritto di priorità anche ri­spetto a una successiva domanda nazio­nale depositata in Italia, in relazione a ele­menti già contenuti nella domanda di cui si rivendica la priorità».

 

2. All'articolo 120 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, il comma 1 è sostituito dal seguente:

2. Identico.

«1. Le azioni in materia di proprietà in­dustriale i cui titoli sono concessi o in corso di concessione si propongono avanti l'auto­rità giudiziaria dello Stato, qualunque sia la cittadinanza, il domicilio o la residenza delle parti. Se l'azione di nullità o quella di con­traffazione sono proposte quando il titolo non è stato ancora concesso, la sentenza può essere pronunciata solo dopo che l'Uf­ficio italiano brevetti e marchi ha provveduto sulla domanda di concessione, esaminan­dola con precedenza rispetto a domande presentate in data anteriore. Il giudice, te­nuto conto delle circostanze, dispone la so­spensione del processo, per una o più volte, fissando con il medesimo provvedi­mento l'udienza in cui il processo deve pro­seguire».

 

 

3. All'articolo 122 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) il comma 1 è sostituito dal se­guente:

«1. Fatto salvo il disposto dell'articolo 118, comma 4, l'azione diretta ad otte­nere la dichiarazione di decadenza o di nullità di un titolo di proprietà industriale può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e promossa d'ufficio dal pubblico ministero. In deroga all'articolo 70 del codice di procedura civile l'inter­vento del pubblico ministero non è ob­bligatorio»;

 

     b) ai commi 6 e 8, la parola: «di­ritti» è sostituita dalla seguente: «titoli».

 

4. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. L'articolo 134 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

5. Identico.

«Art. 134. - (Norme in materia di com­petenza). - 1. Sono devoluti alla cognizione delle sezioni specializzate previste dal de­creto legislativo 27 giugno 2003, n. 168:

 

     a) i procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono, neppure indiretta­mente, con l'esercizio dei diritti di proprietà industriale, nonché in materia di illeciti affe­renti all'esercizio dei diritti di proprietà indu­striale ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e degli articoli 81 e 82 del Trattato che istituisce la Comunità europea, la cui cognizione è del giudice ordinario, e in ge­nerale in materie che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con quelle di competenza delle sezioni specializzate;

 

     b) le controversie nelle materie disci­plinate dagli articoli 64, 65, 98 e 99 del pre­sente codice;

 

     c) le controversie in materia di inden­nità di espropriazione dei diritti di proprietà industriale, di cui conosce il giudice ordina­rio;

 

     d) le controversie che abbiano ad og­getto i provvedimenti del Consiglio dell'or­dine di cui al capo VI di cui conosce il giu­dice ordinario».

 

4. L'articolo 239 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

6. Identico.

«Art. 239. - (Limiti alla protezione accor­data dal diritto d'autore). - 1. La protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi del­l'articolo 2, numero 10), della legge 22 aprile 1941, n. 633, non opera nei soli con­fronti di coloro che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, hanno intrapreso la fab­bricazione, l'offerta o la commercializza­zione di prodotti realizzati in conformità con disegni o modelli che erano oppure erano divenuti di pubblico dominio. L'attività in tale caso può proseguire nei limiti del preuso. I diritti di fabbricazione, di offerta e di com­mercializzazione non possono essere tra­sferiti separatamente dall'azienda».

 

5. Il comma 2 dell'articolo 245 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 feb­braio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

7. All'articolo 245 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, sono apportate le seguenti modifica­zioni:

     a) il comma 2 è sostituito dal se­guente:

«2. Le controversie in grado d'appello nelle materie di cui all'articolo 134, iniziate dopo la data di entrata in vigore del pre­sente codice, restano devolute alla cogni­zione delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, anche se il giudizio di primo grado o il giu­dizio arbitrale sono iniziati o si sono svolti secondo le norme precedentemente in vi­gore, a meno che non sia già intervenuta nell'ambito di essi una pronuncia sulla competenza».

«2. Identico»;

 

     b) il comma 3 è sostituito dal se­guente:

 

«3. Le procedure di reclamo e le cause di merito nelle materie di cui al­l'articolo 134, iniziate dopo la data di en­trata in vigore del presente codice, re­stano devolute alla cognizione delle se­zioni specializzate di cui al decreto legi­slativo 27 giugno 2003, n. 168, anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore».

6. La disposizione di cui all'articolo 120, comma 1, del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. La disposizione di cui all'articolo 134 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come sostituito dal comma 3 del presente articolo, si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a meno che non sia già intervenuta nell'am­bito di essi una pronuncia sulla compe­tenza.

8. La disposizione di cui all'articolo 120, comma 1, del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. La disposizione di cui all'articolo 134 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come sostituito dal comma 5 del presente articolo, si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a meno che non sia già intervenuta nell'am­bito di essi una pronuncia sulla compe­tenza.

7. L'articolo 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 3 ottobre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2007, è abrogato.

9. Identico.

8. Presso il Ministero dello sviluppo eco­nomico è istituito il Consiglio nazionale anti­contraffazione, con funzioni di coordina­mento delle azioni intraprese da ogni am­ministrazione al fine di migliorare l'insieme dell'azione di contrasto della contraffazione a livello nazionale. Sono inoltre attribuiti allo stesso Consiglio i seguenti compiti:

10. Presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il Consiglio nazionale anticontraffazione, con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento delle azioni strategiche intraprese da ogni amministra­zione, al fine di migliorare l'insieme dell'a­zione di contrasto della contraffazione a li­vello nazionale.

     a) monitorare i fenomeni in materia di violazione dei diritti di proprietà indu­striale, nonché di proprietà intellettuale limitatamente ai disegni e modelli;

 

     b) studiare misure volte a contra­stare la violazione dei diritti di proprietà industriale e intellettuale che realizzino un enforcement effettivo dei diritti di proprietà industriale;

 

     c) sensibilizzare le imprese sui di­ritti e doveri della proprietà industriale, facilitando la conoscenza della regola­mentazione dei Paesi esteri con un'in­formativa continua, nonché assistere le imprese per la tutela contro le pratiche commerciali sleali;

 

     d) monitorare i fenomeni in mate­ria di contraffazione dei prodotti agroa­limentari e studiare misure specifiche per potenziare l'attività di contrasto della contraffazione agroalimentare che rie­scano ad innalzare effettivamente il li­vello di protezione per i consumatori e i produttori;

 

     e) coordinare e monitorare l'atti­vità di controllo nel settore agroalimen­tare biologico;

 

     f) sviluppare azioni di sensibilizza­zione dei consumatori e dei lavoratori;

 

     g) elaborare ogni anno un piano d'azione in materia di lotta alla contraf­fazione effettuando un monitoraggio e una valutazione dei risultati;

 

     h) favorire azioni di coordinamento con altre strutture omologhe di Paesi esteri.

 

(Si veda il comma 12)

11. Il Consiglio nazionale anticontraffa­zione è presieduto dal Ministro dello svi­luppo economico o da un rappresentante da lui designato. Al fine di garantire la rap­presentanza degli interessi pubblici e privati e assicurare le necessarie sinergie tra am­ministrazione pubblica e imprese, il Consi­glio è composto da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, da un rappresentante del Ministero dell'econo­mia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero degli affari esteri, da un rap­presentante del Ministero della difesa, da un rappresentante del Ministero delle politi­che agricole alimentari e forestali, da un rappresentante del Ministero dell'interno, da un rappresentante del Ministero della giu­stizia, da un rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali e da un rappresentante del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Consiglio può invitare a partecipare ai pro­pri lavori, in ragione dei temi trattati, rappre­sentanti di altre amministrazioni pubbli­che nonché delle categorie di imprese, lavoratori e consumatori.

9. Il Consiglio nazionale anticontraf­fazione delibera altresì in ordine alle modalità di svolgimento da parte delle aziende interessate, in regime di auto­controllo e con procedure di campiona­mento e metodi conformi alle vigenti di­sposizioni, dei prelievi e delle determi­nazioni necessari per il controllo perio­dico della produzione e della verifica dei limiti chimico-analitici, nel rispetto dei criteri stabiliti nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 1975, n. 428, anche ai fini della presentazione, all'atto dell'operazione doganale, della dichiarazione di sussi­stenza dei requisiti di idoneità all'espor­tazione ai sensi della legge 10 marzo 1969, n. 96.

Soppresso

10. La deliberazione di cui al comma 9 è adottata con decreto del Ministro dello sviluppo economico.

Soppresso

(Si veda il comma 13)

12. Le modalità di funzionamento del Consiglio nazionale anticontraffazione sono definite con decreto del Ministro dello svi­luppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, della difesa, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'interno, della giu­stizia, per i beni e le attività culturali e del lavoro, della salute e delle politiche so­ciali. Le attività di segreteria sono svolte dalla Direzione generale per la lotta alla contraffazione - Ufficio italiano brevetti e marchi.

(Si veda il comma 14)

13. La partecipazione al Consiglio na­zionale anticontraffazione non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese. All'attuazione dei commi da 10 a 12 si provvede nell'am­bito delle risorse umane, finanziarie e stru­mentali disponibili a legislazione vigente.

11. L'articolo 7 della legge 10 marzo 1969, n. 96, è abrogato.

14. Identico.

12. Il Consiglio nazionale anticontraffa­zione è presieduto dal Ministro dello svi­luppo economico o da un rappresentante da lui designato. Al fine di garantire la rap­presentanza degli interessi pubblici e privati e assicurare le necessarie sinergie tra am­ministrazione pubblica e imprese, il Consi­glio è composto da quattro rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico; da tre rappresentanti del Ministero dell'econo­mia e delle finanze; da un rappresentante del Ministero degli affari esteri; da un rap­presentante del Ministero della difesa; da un rappresentante del Ministero delle politi­che agricole alimentari e forestali; da un rappresentante del Ministero dell'interno e da un rappresentante del Ministero della giustizia. Il Consiglio può invitare a parteci­pare ai propri lavori, in ragione dei temi trattati, rappresentanti delle imprese e dei produttori senza diritto di voto.

(Si veda il comma 11)

13. Le modalità di funzionamento del Consiglio nazionale anticontraffazione sono definite con decreto del Ministro dello svi­luppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'interno, della giustizia e per i beni e le attività culturali. Le attività di se­greteria sono svolte dall'Ufficio italiano bre­vetti e marchi.

(Si veda il comma 12)

14. La partecipazione al Consiglio na­zionale anticontraffazione non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese. All'attuazione dei commi da 8 a 13 si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumen­tali disponibili a legislazione vigente.

(Si veda il comma 13)

15. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 30 dicembre 2008, disposizioni cor­rettive o integrative del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come da ultimo modificato dal presente articolo, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, e previo parere delle com­petenti Commissioni parlamentari, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri di­rettivi:

15. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 31 dicembre 2009, disposizioni cor­rettive o integrative, anche con riferimento all'aspetto processuale, del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come modificato dalla pre­sente legge, secondo le modalità e i prin­cìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e suc­cessive modificazioni, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, non­ché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

     a) correggere gli errori materiali e i di­fetti di coordinamento presenti nel codice;

     a) identica;

     b) armonizzare la normativa con la disciplina comunitaria e internazionale, in particolare con quella intervenuta successi­vamente all'emanazione del medesimo co­dice di cui al decreto legislativo n. 30 del 2005, e definire le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni recate in materia di protezione giuridica delle in­venzioni biotecnologiche dall'articolo 5 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2006, n. 78;

     b) identica;

     c) introdurre strumenti di semplifica­zione e di riduzione degli adempimenti am­ministrativi;

     c) identica;

     d) prevedere che, nel caso di inven­zioni realizzate da ricercatori universitari o di altre strutture pubbliche di ricerca, l'uni­versità o l'amministrazione attui la proce­dura di brevettazione, acquisendo il relativo diritto sull'invenzione.

     d) identica;

 

     e) riconoscere ai comuni la possibilità di ottenere il riconoscimento di un marchio e utilizzarlo per fini com­merciali per identificare con elementi grafici distintivi il patrimonio culturale, storico, architettonico, ambientale del relativo territorio; lo sfruttamento del marchio a fini commerciali può essere esercitato direttamente dal comune an­che attraverso lo svolgimento di attività di merchandising, vincolando in ogni caso la destinazione dei proventi ad esso connessi al finanziamento delle at­tività istituzionali o alla copertura dei di­savanzi pregressi dell'ente;

 

     f) riconoscere ai comuni la pos­sibilità di ottenere il riconoscimento del marchio in relazione ad un singolo bene storico, architettonico, ambientale che identifica il relativo territorio; l'utilizzo del marchio da parte di qualsiasi sog­getto pubblico o privato è subordinato alla corresponsione dei relativi diritti di proprietà intellettuale al comune titolare; la destinazione dei proventi ottenuti dal­l'utilizzo del marchio è in ogni caso vin­colata al finanziamento delle attività isti­tuzionali o alla copertura dei disavanzi pregressi dell'ente.

16. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Agli adem­pimenti previsti dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legi­slazione vigente.

16. Identico.

 

 

L'articolo 19 apporta modifiche al Codice della proprietà industriale (commi 1-8) e istituisce il Consiglio nazionale anticontraffazione (commi 10-13). Esso inoltre delega il Governo ad adottare disposizioni correttive o integrative del citato Codice (comma 15).

 

Come detto, i commi 1-8 modificano alcune disposizioni del Codice della proprietà industriale[74] (di seguito anche il "Codice").

In particolare il comma 1, invariato rispetto al testo approvato dalla Camera, modifica l’art. 47 del Codice, aggiungendo un comma 3-bis in virtù del quale, per i brevetti di invenzione e per i modelli di utilità, il deposito nazionale in Italia dà luogo ad un diritto di priorità anche rispetto ad una domanda nazionale successiva depositata in Italia, in relazione a elementi già contenuti nella domanda di cui si rivendica la priorità.

 

L’art. 47 del Codice reca norme in materia di divulgazioni non opponibili, stabilendo che, per l'applicazione del precedente art. 46[75], una divulgazione dell'invenzione non è presa in considerazione se si è verificata nei sei mesi che precedono la data di deposito della domanda di brevetto e risulta direttamente o indirettamente da un abuso evidente ai danni del richiedente o del suo dante causa. Non è presa, altresì, in considerazione, la divulgazione avvenuta in esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione concernente le esposizioni internazionali, firmata a Parigi il 22 novembre 1928, e successive modificazioni[76]. Per le invenzioni per le quali si è rivendicata la priorità ai sensi delleconvenzioni internazionali, la sussistenza del requisito della novità deve valutarsi con riferimento alla data alla quale risale la priorità. Più specificamente, si rammenta che il citato art. 47 è collocato nella sezione del Codice relativa alle invenzioni (artt. 45-81). Si ricorda, sinteticamente, che il brevetto per invenzioni industriali si rinviene quando si è in presenza di una invenzione nuova - vale a dire di una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico non ancora risolto o risolto con mezzi e metodi diversi - adatta ad essere realizzata e suscettibile di avere un'applicazione su scala industriale. Dagli artt. 46, 48, 49 e 50 del Codice, si desumono i 4 requisiti di brevettabilità delle invenzioni industriali: novità, attività inventiva, industrialità e liceità. Il brevetto viene pertanto concesso a tutela di una invenzione nuova, ossia non compresa nello stato della tecnica, che implichi un’attività inventiva (o originalità) e che sia atta ad avere un’applicazione industriale; inoltre, deve essere lecito e usato in conformità all’ordine pubblico e al buon costume. All’attività inventiva sono riconosciuti diritti di carattere patrimoniale (esclusiva di sfruttamento concessa dal brevetto registrato) e di carattere morale: i primi hanno una durata temporale e sono alienabili, a differenza dei secondi che non sono soggetti a scadenza temporale, non possono essere alienati e consentono di far figurare il proprio nome sul brevetto e sul registro dei brevetti, nonché di agire in giudizio per rivendicare la paternità dell’opera ed opporsi a qualsiasi deformazione e, in genere, a qualsiasi atto a danno dell’opera stessa che possa essere di pregiudizio all’onore o alla reputazione dell’autore. In via generale si segnala, inoltre, che nel Codice viene mantenuta distinta la disciplina delle invenzioni industriali da quella dei modelli di utilità (nonostante tale distinzione non sia contemplata dalla Convenzione sul brevetto europeo). Si segnala, peraltro, che l'art. 85, al comma 2, chiarisce che gli effetti della brevettazione del modello di utilità equivalgono esattamente agli effetti della brevettazione delle invenzioni industriali.

 

Il comma 2, non modificato dal Senato, sostituisce il comma 1 dell’articolo 120 del Codice, in materia di giurisdizione e competenza sulle azioni a tutela della proprietà industriale.

 

Normativa vigente

AC. 1441-ter-B

Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 120, comma 1

1. Le azioni in materia di proprietà industriale i cui titoli sono concessi o in corso di concessione si propongono dinnanzi l'autorità giudiziaria dello Stato, qualunque sia la cittadinanza, il domicilio e la residenza delle parti. Se l'azione di nullità è proposta quando il titolo non è stato ancora concesso, la sentenza può essere pronunciata solo dopo che l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha provveduto sulla domanda, esaminandola con precedenza rispetto a domande presentate in data anteriore.

1. Le azioni in materia di proprietà industriale i cui titoli sono concessi o in corso di concessione si propongono avanti l'autorità giudiziaria dello Stato, qualunque sia la cittadinanza, il domicilio o la residenza delle parti. Se l'azione di nullità o quella di contraffazione sono proposte quando il titolo non è stato ancora concesso, la sentenza può essere pronunciata solo dopo che l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha provveduto sulla domanda di concessione, esaminandola con precedenza rispetto a domande presentate in data anteriore. Il giudice, tenuto conto delle circostanze, dispone la sospensione del processo, per una o più volte, fissando con il medesimo provvedimento l'udienza in cui il processo deve proseguire.

 

In sintesi, con questo intervento il disegno di legge persegue le seguenti finalità:

§         esplicita che anche in caso di azione di contraffazione, la sentenza può essere pronunciata solo dopo che l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha provveduto sulla domanda di concessione del titolo (ciò è ora espressamente previsto solo per quanto concerne l'azione di nullità);

§         prevede che il giudice, tenuto conto delle circostanze, disponga la sospensione del processo, per una o più volte, fissando con il medesimo provvedimento l'udienza in cui il processo deve proseguire (attualmente, la giurisprudenza di merito ha in più occasioni statuito l'inammissibilità o improcedibilità della domanda di nullità del marchio quando al momento della decisione non sia intervenuta la registrazione del marchio di cui si richiede la declaratoria di nullità).

 

I commi 3 e 4 sono stati introdotti dal Senato e riguardano, rispettivamente, la correzione di un errore materiale nel comma 1 dell’art. 122 del Codice (in tema di legittimazione all'azione di nullità e di decadenza), e la norma transitoria circa l’applicazione della modifica stessa.

In particolare, il comma 3 pur sostituendo integralmente il comma 1 dell’art. 122 del Codice, si limita in realtà a correggere un errore materiale; attualmente, infatti, la disposizione fa erroneamente salvo il disposto dell’art. 188, comma 4, del Codice (il comma richiamato è inesistente e la disposizione riguarda tutt’altra materia), mentre il riferimento corretto va fatto all’art. 118, comma 4 (relativo alla legittimazione all’esercizio dell’azione di nullità). Anche le ulteriori novelle all’art. 122 si limitano alla sostituzione dell’attuale dicitura “diritti di proprietà” con la più corretta “titoli di proprietà”.

Come detto, il comma 4 stabilisce che la novella si applichi anche ai procedimenti già in corso all’entrata in vigore della legge.

 

Il comma 5, non modificato dal Senato, riformula l'art. 134 del Codice, che disciplina la procedura applicabile nei procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale.

 

Originariamente, l'art. 134 prevedeva che, nei procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, nonché in materia di illeciti afferenti all'esercizio di diritti di proprietà industriale, la cui cognizione è del giudice ordinario, si applicasse il rito societario. Le controversie suddette erano devolute alla cognizione delle sezioni dei tribunali specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale. Alla competenza delle stesse sezioni venivano devolute anche le controversie in materia di indennità di espropriazione dei diritti di proprietà industriale, di cui conosce il giudice ordinario.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 170 del 2007, ha però dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 134, comma 1, del Codice per eccesso di delega, nella parte in cui esso stabiliva che alle controversie attribuite alla cognizione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale si applicasse il rito societario[77].

Per dar seguito a tale sentenza nella scorsa legislatura è stato presentato un progetto di legge (A.S. 1609, Modifica delle disposizioni processuali di cui all'articolo 134 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30) che, pur approvato dal Senato, non ha concluso l’iter.

Peraltro, si evidenzia che il c.d. rito societario è stato recentemente soppresso, nell’ambito di una generale semplificazione dei riti processual-civili, dall’art. 54 del disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica (AS 1082-B, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) approvato definitivamente dal Senato il 26 maggio scorso.

 

Il disegno di legge in esame:

§      elimina dall'art. 134 ogni riferimento al rito societario;

§      devolve alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale anche le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti del Consiglio dell’ordine dei consulenti in proprietà industriale di cui conosce il giudice ordinario.

 

Si segnala, inoltre, che la disposizione non riproduce l’attuale comma 2 dell’articolo 134, relativo all’applicazione agli arbitrati in materia di proprietà industriale e concorrenza sleale degli articoli 35 e 36 del d.lgs. n. 5 del 2003, che dettano una disciplina di natura inderogabile per il procedimento arbitrale in materia societaria. Conseguentemente, rispetto agli arbitrati in materia di proprietà industriale e concorrenza sleale, troverà applicazione la disciplina generale.

 

Il comma 6, non modificato dal Senato, sostituisce l’art. 239 del Codice, relativo ai limiti alla protezione accordata dal diritto d’autore ai disegni e modelli industriali.

 

Preliminarmente, si ricorda che la legge 22 aprile 1941, n. 633[78], ossia la legge principale in materia di diritto d’autore, a seguito di modifica introdotta con il decreto legislativo 22 febbraio 2001, n. 95[79] (di recepimento della direttiva 98/71/CE[80]), annovera tra le opere che possono beneficiare della tutela d’autore anche le “opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico” (art. 2, numero 10)[81]. Parallelamente, l’art. 44, comma 1, del Codice specifica che i diritti di utilizzazione economica dei disegni e modelli industriali suscettibili di essere protetti durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte o dopo la morte dell'ultimo dei coautori. L’art. 239 del Codice, novellato da ultimo con il decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10[82], circoscrive, invece, l’ambito oggettivo della protezione accordata. In particolare, tale norma, nel testo attualmente vigente, stabilisce che la protezione non opera in relazione ai prodotti realizzati in conformità con disegni e modelli che, anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo n. 95/2001 (ossia 19 aprile 2001), erano, oppure, erano diventati, di pubblico dominio.

 

La disposizione in esame modifica la norma, circoscrivendo le ipotesi di esclusione della protezione. Infatti, essa specifica che la tutela per diritto d’autore non può essere fatta valere unicamente nei confronti di coloro che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, hanno intrapreso la fabbricazione, l’offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in conformità con disegni e modelli che erano, ovvero erano divenuti, di pubblico dominio. In tali casi, tuttavia, l’attività può proseguire nei soli limiti del preuso. In altri termini, la novella sembra restringere le ipotesi di limite solo in relazione a coloro che prima del 2001 abbiano compiuto investimenti effettivi per lo sfruttamento di ciò che, a partire dal 2001, è entrato nell'ambito della protezione del diritto d’autore.

La novella, prevede, inoltre, che i diritti di fabbricazione, di offerta e di commercializzazione non possano essere trasferiti separatamente dall’azienda.

 

Il comma 7, modificato dal Senato, novella l'art. 245 del Codice, che reca disposizioni transitorie.

 

Normativa vigente

AC. 1441-ter

Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 245, Disposizioni procedurali

 

1. Le norme dei capi I e IV del titolo II quelle del titolo III e le norme degli articoli 35 e 36 del titolo V del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, si applicano ai procedimenti giudiziari ed agli arbitrati che siano iniziati con atto notificato oppure con deposito del ricorso sei mesi dopo l'entrata in vigore del codice.

1. Identico.

2. Sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate di cui all'articolo 134, comma 3, le controversie in grado d'appello iniziate dopo l'entrata in vigore del codice anche se il giudizio di primo grado o il giudizio arbitrale sono iniziati e si sono svolti secondo le norme precedentemente in vigore.

2. Le controversie in grado d'appello nelle materie di cui all'articolo 134, iniziate dopo la data di entrata in vigore del presente codice, restano devolute alla cognizione delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, anche se il giudizio di primo grado o il giudizio arbitrale sono iniziati o si sono svolti secondo le norme precedentemente in vigore, a meno che non sia già intervenuta nell'ambito di essi una pronuncia sulla competenza.

3. Sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate le procedure di reclamo e le cause di merito iniziate dopo l'entrata in vigore del codice anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore.

3. Le procedure di reclamo e le cause di merito nelle materie di cui all’art. 134, iniziate dopo la data di entrata in vigore del presente codice, restano devolute alla cognizione delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore.

4. Le norme di procedura di cui all'articolo 136 concernenti la funzione giurisdizionale della commissione dei ricorsi si applicano a partire da un anno dopo l'entrata in vigore del codice.

4. Identico.

5. Le norme di procedura di cui agli articoli 137,146, 194, 195, 196, 198, 199 e 200 si applicano con l'entrata in vigore del codice.

5. Identico.

 

Le novelle apportate all’art. 245 sono volte a confermare la competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale tanto per le controversie in grado d’appello, iniziate dopo la data di entrata in vigore del Codice (anche se il giudizio di primo grado o il giudizio arbitrale sono iniziati o si sono svolti secondo le norme precedentemente in vigore), quanto per le procedure di reclamo e le cause di merito di cui all’art. 134 (v. sopra). Nel primo caso la disposizione si applica a meno che non sia già intervenuta una pronuncia sulla competenza.

 

Disposizioni transitorie sono recate anche dal comma 8 dell’articolo in commento (non modificato dal Senato), in base al quale:

§      la disposizione di cui all’art. 120, comma 1, del Codice (modificata dal comma 2, v. sopra) si applica anche ai procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore della legge;

§      la disposizione di cui all’art. 134 del Codice (modificata dal comma 5, v. sopra) si applica anche ai procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore della legge, a meno che nei suddetti procedimenti non sia già intervenuta una pronuncia sulla competenza.

 

Il comma 9, non modificato dal Senato, dispone l’abrogazione dell'art. 3 del D.M. 3 ottobre 2007.

Il D.M. 3 ottobre 2007 attribuisce all'Ufficio europeo dei brevetti il compito di effettuare la ricerca di anteriorità. Segnatamente, l’art. 3 fissa norme in materia di decadenza stabilendo che il ritardo del pagamento della quinta annualità per il brevetto per invenzione industriale, del secondo quinquennio per il brevetto per modello di utilità e per la registrazione di disegno o modello comporta la decadenza del diritto di proprietà industriale dalla data del deposito della relativa domanda.

 

Si segnala il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 27 giugno 2008, il quale, nel disciplinare la ricerca di anteriorità relativamente alle domande di brevetto per invenzione industriale, conferma come l'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) sia l'autorità competente ad effettuare tale ricerca relativamente alle domande di brevetto per invenzione industriale depositate presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi prevedendo che le modalità siano stabilite da un apposito Accordo stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico -Ufficio italiano brevetti e marchi e l'Organizzazione europea dei brevetti. La ricerca di anteriorità di cui sopra si applica alle domande di brevetto per invenzione industriale depositate a partire dal 1° luglio 2008.

 

I commi da 10 a 13 dell'articolo in esame concernono l'istituzione del Consiglio nazionale anticontraffazione.

In particolare, il comma 10, modificato dal Senato, istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Consiglio nazionale anticontraffazione (di seguito anche il "Consiglio"), con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento delle azioni intraprese da ogni amministrazione, al fine di migliorare l’insieme dell’azione di contrasto della contraffazione a livello nazionale.

 

Ai sensi del comma 11, modificato dal Senato, il Consiglio è presieduto dal Ministro dello sviluppo economico o da un rappresentante da lui designato. Il Consiglio è composto da: 1 rappresentante del Ministero dello sviluppo economico; 1 rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze; 1 rappresentante del Ministero degli affari esteri; 1 rappresentante del Ministero della difesa; 1 rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; 1 rappresentante del Ministero dell’interno; 1 rappresentante del Ministero della giustizia; 1 rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali; 1 rappresentante del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

Il Consiglio può invitare a partecipare ai propri lavori, in ragione dei temi trattati, rappresentanti di altre pubbliche amministrazioni nonché delle imprese, dei lavoratori e dei consumatori.

 

Ai sensi del comma 12, modificato dal Senato, le modalità di funzionamento del Consiglio sono definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, degli affari esteri, della difesa, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’interno, della giustizia, per i beni e le attività culturali e del lavoro, della salute e delle politiche sociali.Le attività di segreteria sono svolte dall’Ufficio italiano brevetti e marchi.

 

Il comma 13, non modificato dal Senato, chiarisce che la partecipazione al Consiglio nazionale anticontraffazione non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese e che all’attuazione dei commi da 10 a 12 si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 14, non modificato dal Senato, abroga l’art. 7 della legge n. 96/1969[83], che devolve all'Istituto nazionale per le conserve alimentari l'accertamento dei requisiti stabiliti per i prodotti oggetto della medesima legge n. 96/1969 destinati all'esportazione ed il rilascio del certificato di idoneità all'esportazione, da esibirsi alla dogana all'atto dell'operazione doganale.

 

Il comma 15 delega il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2009[84], disposizioni correttive o integrative, anche con riferimento all’aspetto processuale (specificazione introdotta dal Senato), del Codice della proprietà industriale, secondo le modalità e i princìpi di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)    correggere gli errori materiali e i difetti di coordinamento presenti nel codice;

b)    armonizzare la normativa con la disciplina comunitaria e internazionale e definire le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni recate in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche dall’art. 5 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3[85];

c)    introdurre strumenti di semplificazione e di riduzione degli adempimenti amministrativi;

d)    prevedere che, in caso di invenzioni realizzate da ricercatori universitari o di altre strutture pubbliche di ricerca, l'università o l'amministrazione attui la procedura di brevettazione, acquisendo il relativo diritto sull'invenzione;

e)    attribuire ai comuni la possibilità di ottenere il riconoscimento di un marchio e utilizzarlo per fini commerciali per identificare con elementi grafici distintivi il patrimonio culturale, storico, architettonico, ambientale del relativo territorio[86];

f)     attribuire ai comuni la possibilità di ottenere il riconoscimento del marchio in relazione ad un singolo bene storico, architettonico, ambientale che identifica il relativo territorio[87].

Alle lettere e) e f) viene inoltre precisato che la destinazione dei proventi ottenuti dall’utilizzo del marchio è comunque vincolata al finanziamento delle attività istituzionali o alla copertura dei disavanzi pregressi dell’ente.

 

Si ricorda brevemente che al fine di soddisfare le esigenze di semplificazione amministrativa, con la legge n. 59/1997 (cd. legge Bassanini) si è provveduto a rendere più flessibili le regole dell’agire della pubblica amministrazione attraverso la delegificazione delle norme che regolano i procedimenti amministrativi. Per quanto in questa sede interessa, si evidenzia che il comma 3-bis dell’art. 20 prevede che, qualora il Governo proceda ad una codificazione, questo realizzi anche la raccolta organica delle norme regolamentari vigenti nella materia oggetto del riassetto.

 

Infine il comma 16, non modificato dal Senato, stabilisce che dall'attuazione dell'articolo in esame non devono derivare nuovi oneri a carico della finanza pubblica e che agli adempimenti previsti dal medesimo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

II 16 luglio 2008 la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative sui diritti di proprietà intellettuale[88] che comprende:

§      una comunicazione relativa ad una nuova strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale (COM(2008)465) che oltre alla creazione di un brevetto comunitario e di una giurisdizione integrata specializzata in materia di brevetti, descrive una serie di misure considerate essenziali al fine di creare un sistema solido di proprietà industriale per l’UE nel 21° secolo necessario per garantire la competitività dell’economia europea. Tali misure comprendono:

§      la lotta contro la contraffazione e la pirateria (per le specifiche misure di contrasto alla contraffazione si rinvia al paragrafo “Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE” relativo all’articolo 15);

§      la promozione di un alto livello di qualità dei diritti di proprietà industriale in Europa, accessibili a tutti gli innovatori. A tal fine la Commissione intende realizzare studi sulla qualità del sistema di brevetti e sul funzionamento generale dei sistemi di marchi commerciali nell’UE;

§      un migliore uso dei diritti di proprietà industriale da parte delle PMI, facilitando l’accesso ai diritti di proprietà industriale e alle procedure di regolamento delle controversie.

§      una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2006/116/CE sulla durata della protezione del diritto di autore e di alcuni diritti correlati (COM(2008)464). La proposta è intesa ad allineare la durata della protezione dei diritti degli artisti interpreti o esecutori a quella degli autori, portando da 50 a 95 anni la durata di protezione delle esecuzioni registrate e della registrazione propriamente detta. Continuerebbero inoltre a beneficiare delle remunerazioni per la radiodiffusione e le esecuzioni in luoghi pubblici, così come per la copia privata delle loro esecuzioni. Si prospetta, inoltre, un’armonizzazione completa della durata dei diritti che si applicano alle composizioni musicali contenenti contributi di più autori.

 

Si segnala, inoltre, che il 31 marzo 2009 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 355/2009 inteso a ridurre le tasse dovute all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno, responsabile della concessione di diritti di marchio nell’UE. Tale misura, che è entrata il vigore il 1° maggio 2009, consiste in un azzeramento della tassa di registrazione per i marchi comunitari. Di conseguenza le imprese saranno tenute a pagare unicamente una tassa per il deposito della domanda, con la conseguente riduzione dei tempi per la registrazione di un marchio comunitario e dei relativi costi (40% in meno e fino al 44% se si usano mezzi elettronici, per un risparmio complessivo pari a circa 60 milioni di euro l’anno).


 

Articolo 20
(Bollo virtuale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 20
(Bollo virtuale)

 

 

 

1. La lettera a) del comma 1-quater dell'articolo 1 della tariffa dell'imposta di bollo, parte I, allegata al decreto del Pre­sidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992, pubblicato nel supplemento ordi­nario alla Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 1992, e successive modificazioni, è sostituita dalla seguente:

 

     «a) per ogni domanda di conces­sione o di registrazione di marchi d'im­presa, novità vegetali, certificati com­plementari di protezione e topografie di prodotti per semiconduttori:

 

          euro 42,00».

 

2. Dopo la lettera a) del comma 1-qua­ter dell'articolo 1 della citata tariffa del­l'imposta di bollo, parte I, è inserita la seguente:

 

     «a-bis) per ogni domanda di con­cessione o di registrazione di brevetto per invenzione, modello di utilità, dise­gno e modello ove alla stessa risulti al­legato uno o più dei seguenti documenti:

 

          1) lettera di incarico a consu­lente di proprietà industriale o riferi­mento alla stessa;

 

          2) richiesta di copia autentica del verbale di deposito;

 

          3) rilascio di copia autentica del verbale di deposito:

 

euro 20,00».

 

 

L’articolo 20, introdotto dal Senato, riduce da 42 euro a 20 euro la misura dell’imposta di bollo dovuta sulla concessione o registrazione di brevetti per invenzione, modello di utilità, disegno e modello qualora alla domanda presentata sia allegato almeno uno tra i seguenti documenti:

1)    lettera di incarico a consulente di proprietà industriale o riferimento alla stessa;

2)    richiesta di copia autentica del verbale di deposito;

3)    rilascio di copia autentica del verbale di deposito.

 

Sul piano formale, la modifica viene effettuata sostituendo la lettera a) dell’articolo 1, comma 1-quater¸ della Tariffa – parte prima – allegata al D.P.R. n. 642 del 1972 con le lettere a) ed a-bis).

 

La vigente lettera a) del richiamato comma 1-quater, infatti, dispone l’applicazione di un’imposta di bollo pari a 42 euro per “ciascuna domanda di concessione o di registrazione di ciascuna privativa e relativi allegati” relativamente ai “titoli di proprietà industriale ed atti allegati, successive formalità ed istanze varie presentate alle Camere di Commercio e all’Ufficio italiano brevetti e marchi ed inviate per via telematica ovvero consegnate su supporto informatico ai sensi dell’articolo 14 del D.P.R. n. 445 del 2000”.

 


 

Articolo 21, commi 1 e 2
(Iniziative a favore dei consumatori e della trasparenza dei prezzi)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 12
(Iniziative a favore dei consumatori e della trasparenza dei prezzi)

Articolo 21
(Iniziative a favore dei consumatori e della trasparenza dei prezzi)

 

 

1. I gestori dei servizi dell'energia elet­trica, del gas naturale e delle telecomunica­zioni forniscono all'utente indicazioni tra­sparenti circa le offerte proposte sul mer­cato, affinché sia possibile per il cliente inte­ressato dall'offerta di servizi effettuare va­lutazioni e confronti, anche in relazione ad eventuali offerte alternative di altri gestori.

1. Identico.

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni predispon­gono le disposizioni regolamentari necessa­rie per l'attuazione delle misure di cui al comma 1.

2. Identico.

 

(…)

 

 

L'articolo 21, commi 1 e 2 (non modificati dal Senato), reca disposizioni per la trasparenza delle offerte proposte dai gestori dei servizi dell'energia elettrica, del gas naturale e delle telecomunicazioni.

 

In particolare il comma 1 dispone che i gestori dei servizi dell'energia elettrica, del gas naturale, delle telecomunicazioni, forniscano all'utente indicazioni trasparenti circa le offerte proposte sul mercato, affinché sia possibile per il cliente interessato dall'offerta di servizi effettuare valutazioni e confronti, anche in relazione ad eventuali offerte alternative di altri gestori.

 

Il comma 2 demanda all’Autorità per l'energia elettrica e il gas e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di predisporre le disposizioni regolamentari necessarie per l'attuazione delle misure di cui al comma 1. Per tale adempimento è fissato il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento.

 

Il terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione rimette alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni le materie «ordinamento della comunicazione» e «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 6 del 2004, ha ammesso la legittimità costituzionale della normativa statale di dettaglio in materia di energia, applicando il principio dell'attrazione in sussidiarietà elaborato nella sentenza n. 303 del 2003, ove è affermato che l'inversione della tecnica di riparto delle potestà legislative effettuato dalla riforma costituzionale del 2001, mediante l'enumerazione tassativa delle competenze dello Stato, dovrebbe portare ad escludere la possibilità di dettare norme suppletive statali in materie di legislazione concorrente; tuttavia, secondo la Corte, una simile lettura dell'art. 117 svaluterebbe la portata precettiva dell'art. 118, comma primo, che consente l'attrazione allo Stato, per sussidiarietà e adeguatezza, delle funzioni amministrative e delle correlative funzioni legislative, ditalchè la disciplina statale di dettaglio a carattere suppletivo determina una temporanea compressione della competenza legislativa regionale che deve ritenersi non irragionevole, finalizzata com'è ad assicurare l'immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono essere esposte al rischio della ineffettività.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il Forum dei cittadini per l’energia, la cui prima riunione si è svolta a Londra il 28 ottobre 2008, riunisce le organizzazioni nazionali dei consumatori, l’industria, le autorità nazionali di regolamentazione e le autorità governative allo scopo di trattare questioni quale il passaggio da un fornitore di energia all'altro, la fatturazione user-friendly o la tutela di gruppi vulnerabili, predisponendo raccomandazioni volte ad attuare e fare rispettare i diritti di consumatori di energia e assicurare più efficaci mercati al dettaglio di elettricità e gas.

Tra i temi che saranno discussi rientrano la fatturazione e il cambio di fornitore. In particolare sarà sottolineata la necessità:

§      che il passaggio da un fornitore all'altro sia agevole, rapido e senza oneri;

§      che le informazioni sul modo per passare da un fornitore all'altro siano chiare e accessibili;

§      che la bolletta sia semplice e accurata e che permetta il raffronto tra fornitori.

 


 

Articolo 21, commi 3 e 4
(Durata dell’assicurazione)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 12
(Iniziative a favore dei consumatori e della trasparenza dei prezzi)

Articolo 21
(Iniziative a favore dei consumatori e della trasparenza dei prezzi)

 

 

 

(…)

 

 

 

3. Al primo comma dell'articolo 1899 del codice civile, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «L'assicuratore, in alternativa ad una copertura di durata annuale, può proporre una copertura di durata poliennale a fronte di una ridu­zione del premio rispetto a quello previ­sto per la stessa copertura dal contratto annuale. In questo caso, se il contratto supera i cinque anni, l'assicurato, tra­scorso il quinquennio, ha facoltà di re­cedere dal contratto con preavviso di sessanta giorni e con effetto dalla fine dell'annualità nel corso della quale la fa­coltà di recesso è stata esercitata».

 

4. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano ai contratti stipulati successi­vamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

I commi 3 e 4, inseriti durante l’esame del provvedimento al Senato,recano innovazioni alle norme generali in tema di assicurazione (contenuta nella Sezione I, Capo XX del Libro Quarto del Codice civile), all’uopo modificando l’articolo 1899 c.c., che si occupa della durata dell’assicurazione. Le norme in esame modificano la disciplina dell’assicurazione poliennale, ponendo dei limiti alla facoltà di esercizio del recesso da parte dell’assicurato.

A norma dell’attuale articolo 1899, l’assicurazione ha effetto dalle ore ventiquattro del giorno della conclusione del contratto alle ore ventiquattro dell'ultimo giorno della durata stabilita nel contratto stesso. In caso di durata poliennale del contratto, l'assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni (tale disposizione è stata introdotta dall’articolo 5, comma 4 del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7[89]).

Il contratto può essere tacitamente prorogato una o più volte, ma ciascuna proroga tacita non può avere una durata superiore a due anni. Si escludono dall’ambito applicativo delle suddette norme le assicurazioni sulla vita.

 

Il comma 3 della disposizione in esame sostituisceil secondo periodo della norma succitata, modificando dunque la disciplina in tema di diritto di recesso nell’ipotesi di contratto di durata poliennale. Si concede infatti all'assicuratore la facoltà, in alternativa ad una copertura di durata annuale, di proporre una copertura di durata poliennale. In tale caso, all’assicurato spetta una riduzione del premio rispetto a quello previsto per la stessa copertura dal contratto annuale.

Per quanto attiene al diritto di recesso, nel caso di contratti che superino i cinque anni, l'assicurato ha facoltà di recedere dal contratto con preavviso di sessanta giorni una volta trascorso il quinquennio, con effetto dalla fine dell'annualità nel corso della quale la facoltà di recesso è stata esercitata.

Sembrerebbe dunque evincersi, rispetto alla disciplina precedente – che concedeva all'assicurato la facoltà di recedere annualmente dal contratto, senza oneri e con preavviso di sessanta giorni, nel caso di contratto poliennale - la limitazione del diritto di recesso ai soli contratti poliennali di durata superiore ai cinque anni, con preavviso di sessanta giorni e con effetto posticipato al termine dell’annualità nella quale è stato esercitato il diritto.

Il comma 4 dispone l’applicabilità delle disposizioni introdotte ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 22
(Introduzione dell’articolo 22-bis del codice del consumo, in materia di tutela dei consumatori contro la pubblicità ingannevole delle compagnie marittime)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 22
(Introduzione dell'articolo 22-bis del co­dice del consumo, in materia di tutela dei consumatori contro la pubblicità in­gannevole delle compagnie marittime)

 

 

 

1. Dopo l'articolo 22 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è inserito il se­guente:

 

«Art. 22-bis. - (Pubblicità ingannevole delle tariffe marittime). - 1. È considerata ingannevole la pubblicità che, riguar­dando le tariffe praticate da compagnie marittime che operano sul territorio ita­liano direttamente o in code-sharing, re­clamizzi il prezzo del biglietto dovuto alla compagnia marittima separatamente dagli oneri accessori, dalle tasse por­tuali e da tutti gli oneri comunque desti­nati a gravare sul consumatore, dovendo la compagnia marittima pubblicizzare un unico prezzo che includa tutte queste voci».

 

 

L’articolo 22, introdotto dal Senato, inserisce nel decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo, l’art. 22-bis in materia di tutela dei consumatori contro la pubblicità ingannevole delle compagnie marittime.

La normativa in materia di tutela dei consumatori è stata riordinata e raccolta nel cd. Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206)emanato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (recante Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e semplificazione – Legge di semplificazione 2001). Il Codice è intervenuto su di un tessuto normativo costituito da provvedimenti di recepimento di direttive comunitarie, da norme del Codice civile (artt. 1496-bis e seguenti, in tema di clausole abusive, e 1519-bis e seguenti, in tema di vendita di beni mobili di consumo) e da numerosi atti di diverso rango legislativo, formalmente non coordinati con la principale legge di riferimento, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (recante Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti), con la quale si era provveduto all’introduzione di una disciplina generale dei principi che presiedono alla tutela dei consumatori, definendo una carta dei diritti dei consumatori e degli utenti[90]. Il Codice del consumo reca, quindi, una disciplina organica in materia di tutela dei consumatori, coordinata con la normativa comunitaria e diretta alla semplificazione normativa sia sul piano quantitativo, attraverso l’unificazione redazionale di numerosi provvedimenti legislativi, che su quello qualitativo dell’unificazione del linguaggio e della coerenza giuridica e sistematica delle norme. Dopo due anni dalla sua emanazione, il Codice ha subito alcune significative modifiche ed integrazioni, dapprima per dare attuazione agli obblighi comunitari di cui alla direttiva 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori (recepita all'interno del Codice con il decreto legislativo n. 146 del 2 agosto 2007[91]), e successivamente per adeguarlo alle Disposizioni correttive ed integrative adottate con il decreto legislativo n. 221 del 23 ottobre 2007, che ha anche provveduto a convogliare nel Codice del consumo le disposizioni di attuazione della direttiva 2002/65/CE in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, precedentemente recate dal decreto legislativo n. 190/2005 (di cui si è prevista contestualmente l’abrogazione).

 

In particolare con la disposizione in esame si stabilisce che è considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando le tariffe praticate da compagnie marittime che operano sul territorio italiano direttamente o in code-sharing, reclamizzi il prezzo del biglietto dovuto alla compagnia marittima separatamente dagli oneri accessori, dalle tasse portuali e da tutti gli oneri comunque destinati a gravare sul consumatore, dovendo la compagnia marittima pubblicizzare un unico prezzo che includa tutte queste voci.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Con riferimento alla necessità di assicurare la trasparenza dei prezzi e delle tariffe, si segnala che il 14 maggio 2009 la Commissione europea ha presentato una relazione sui risultati finali di una indagine iniziata nel settembre 2007 insieme a 15 autorità nazionali e la Norvegia contro le pratiche sleali e le pubblicità fuorvianti dei siti web che vendono biglietti aerei.

Su 137 siti esaminati, 115 sono stati corretti, 16 linee aeree risultano rispettare tutti gli standard di valutazione, 36 assicurano che le questioni in sospeso sollevate nella valutazione sono state risolte o saranno risolte a breve termine per garantire il rispetto dei livelli fissati.


 

Articolo 23
(Modifica alla legge 24 dicembre 2007, n. 244)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 23
(Modifica alla legge 24 dicembre 2007, n 244)

 

 

 

1. Al comma 199 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e suc­cessive modificazioni, dopo il primo pe­riodo è inserito il seguente: «Nell'ambito delle indagini conoscitive avviate dal Garante, la Guardia di finanza agisce con i poteri di indagine ad essa attribuiti ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette, anche ai sensi del combinato disposto dei commi 2, lettera m), e 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68».

 

 

L’articolo 23, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, consente al Corpo della Guardia di finanza l’esercizio dei poteri di indagine ad essa attribuiti in sede di accertamento dell’IVA e delle imposte dirette anche in seno alle indagini conoscitive avviate dal Garante per la sorveglianza dei prezzi.

 

Si ricorda in proposito che le disposizioni in materia di sorveglianza dei prezzi praticati ai consumatori finali, introdotte dalla legge finanziaria 2008 (articolo 2, commi 196-203 dell’articolo 2 della legge 244 del 2007) hanno tra l’altro affidato agli “uffici prezzi” delle camere di commercio il compito di verificare le dinamiche relative alle variazioni dei prezzi al consumo (comma 196).

E’ stato all’uopo costituito un Garante per la sorveglianza dei prezzi (comma 198, come modificato dall’articolo 5 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112[92]) presso il Ministero dello sviluppo economico, che sovrintende alla tenuta ed elaborazione delle informazioni richieste agli “'uffici prezzi'” delle camere di commercio.

Il Garante è incaricato, altresì, di verificare le segnalazioni delle associazioni dei consumatori riconosciute, di analizzare le ulteriori segnalazioni ritenute meritevoli di approfondimento e decidere, se necessario, di avviare indagini conoscitive finalizzate a verificare l'andamento dei prezzi di determinati prodotti e servizi. I risultati dell'attività svolta sono messi a disposizione, su richiesta, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Ai sensi del successivo comma 199, per l'esercizio della propria attività il Garante si avvale – tra gli altri - del supporto operativo della Guardia di finanza per lo svolgimento di indagini conoscitive.

 

L’articolospecifica che tale esercizio possa avvenire anche ai sensi del combinato disposto dei commi 2, lettera m), e 4 dell'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68[93], ovvero con la finalità di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di ogni interesse economico-finanziario nazionale o dell'Unione europea.

 

L’articolo 2, comma 2, lettera m), del citato D.Lgs. n. 68 del 2001 demanda alla Guardia di finanza – tra l’altro - compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di ogni interesse economico-finanziario nazionale o dell'Unione europea non contemplato dalle precedenti lettere da a) a l). Ai sensi del successivo comma 4, nell’espletamento dei compiti connessi alle finalità elencate al comma 2 - ferme restando le norme del codice di procedura penale e delle altre leggi vigenti -, i militari del Corpo si avvalgono delle facoltà e dei poteri attribuiti, ai fini dell’accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, rispettivamente dagli analoghi articoli 51 e 52 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, nonché 32 e 33 del DPR 29 settembre 1973, n. 600.

 

I citati articoli contengono un ampio ventaglio di poteri attribuiti alla Guardia di finanza in seno all’accertamento. Tra i principali, si ricordano il potere di procedere all'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche; il potere di invitare i soggetti che esercitano imprese, arti o professioni a comparire di persona o a mezzo di rappresentanti per esibire documenti e scritture o per fornire dati, notizie e chiarimenti rilevanti ai fini degli accertamenti nei loro confronti; il potere di inviare questionari ai soggetti che esercitano imprese, arti e professioni, con invito a restituirli compilati e firmati, relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento, anche nei confronti di loro clienti e fornitori; il potere di invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, documenti e fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevute ed a fornire ogni informazione relativa alle operazioni stesse; il potere di chiedere ad una vasta pletora di soggetti pubblici e privati la trasmissione di informazioni, dati e notizie.


 

Articolo 24
(Iniziative a favore dei consumatori e dell’emittenza locale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 13
(Iniziative a favore dei consumatori e dell'emittenza locale)

Articolo 24
(Iniziative a favore dei consumatori e dell'emittenza locale)

 

 

1. Per l'anno 2008, le risorse di cui al­l'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, al netto di quanto previsto dal comma 3 del pre­sente articolo, sono destinate ad incre­mentare il Fondo di cui all'articolo 81, comma 30, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

1. Le risorse di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e succes­sive modificazioni, mantenute nella di­sponibilità del fondo di cui al medesimo articolo 148 della predetta legge n. 388 del 2000, ai sensi dell'articolo 17 del de­creto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, al netto di quanto previsto dal comma 2 del presente articolo nonché dall'articolo 3, comma 6, della presente legge, sono destinate ad incrementare il Fondo di cui all'articolo 81, comma 30, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

2. Le risorse di cui al comma 1, relative a somme riassegnate nel corso dell'anno 2008, permangono nella disponibilità del fondo di cui all'articolo 148, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e succes­sive modificazioni, per complessivi euro 25.066.556.

(Si veda il comma 1)

3. Per l'anno 2008, gli incentivi previsti dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, dalla legge 27 di­cembre 2006, n. 296, e dalla legge 24 di­cembre 2007, n. 244, sono incrementati di 40 milioni di euro, a valere sulle risorse di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni.

2. Gli incentivi previsti dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive rideterminazioni, sono incrementati di 40 milioni di euro, a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa in attuazione del­l'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, mante­nute nella disponibilità del fondo di cui al medesimo articolo 148 della predetta legge n. 388 del 2000 ai sensi dell'arti­colo 17 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

4. Gli importi da pagare per le san­zioni amministrative pecuniarie previste dai decreti legislativi 2 agosto 2007, n. 145, e 2 agosto 2007, n. 146, sono, co­munque, direttamente versati, per il fun­zionamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, a uno speci­fico fondo di tesoreria a essa intestato, fino a corrispondenza di un importo pari al minimo edittale stabilito dall'articolo 27, comma 9, del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, come sostituito dal citato decreto legislativo n. 146 del 2007, per le infrazioni di cui all'articolo 21, commi 3 e 4, dello stesso codice. La parte di san­zione eccedente ha la destinazione pre­vista dal comma 1 del presente articolo. Il presente comma si applica anche ai versamenti ancora da effettuare.

Soppresso

 

 

L'articolo 24 reca disposizioni sul Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti nonché sui finanziamenti per l'emittenza locale.

Il comma 1, in particolare, destina le risorse di cui all'articolo 148 della legge n. 388/2000[94], non impegnate al termine dell'esercizio finanziario 2008 e mantenute per l’anno 2009 nella disponibilità dell’apposito fondo finalizzato ad iniziative a vantaggio dei consumatori (iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico) ai sensi dell’art. 17 del DL 207/2008[95], all’incremento del Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti, istituito dall'articolo 81, comma 30, del decreto-legge 112/2008[96].

Le risorse così destinate sono al netto di quanto previsto dal comma 2 dell'articolo in esame (cfr. infra), nonché dall’art. 3, comma 6, della presente legge che incrementa di 30 milioni di euro la dotazione per l’anno 2009 del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio istituito dall’art. 13, comma 3-quater, del DL 112/2008.

 

L’articolo 148 della citata legge n. 388/2000 al comma 1 dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato siano destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori. Il successivo comma 2 specifica che le predette entrate sono riassegnate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori individuate di volta in volta con decreto dello stesso Ministro, sentite le competenti Commissioni parlamentari. In attuazione di quanto previsto dal citato comma, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 124331 del 2002, nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive è stato istituito il capitolo n. 1650, denominato “Fondo derivante da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori".

L'articolo 17 del DL 207/2008 hadisposto la conservazione, per l’anno 2009, nel fondo di cui al citato capitolo 1650, delle somme già riassegnate ma non impegnate nell’anno 2008.

Per quanto concerne le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità antitrust, si ricorda, in via generale, che con la legge n. 287 del 10 ottobre 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) è stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 TCE). La legge individua le fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i cui compiti sono definiti dall'art. 10 della legge stessa e alla quale sono attribuiti, in particolare, poteri sanzionatori in ordine ad ognuna delle tre fattispecie anticoncorrenziali individuate.

 

L’articolo 81, commi 29 e 30, del citato decreto-legge 112/2008, istituisce e disciplina il Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti.

Il comma 29 stabilisce che le finalità di tale Fondo speciale riguardano: il soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare e successivamente anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti.

Il comma 30 prevede che il finanziamento del citato Fondo avvenga attraverso: a) le somme riscosse in eccesso dagli agenti della riscossione ai sensi dell’articolo 83, comma 22, del presente decreto; b) le somme conseguenti al recupero dell’aiuto di Stato concernente incentivi fiscali a favore di taluni istituti di credito oggetto di riorganizzazione societaria, dichiarato dalla decisione C(2008)869 def. dell’11 marzo 2008 della Commissione europea incompatibile con il mercato comune; c) le somme versate dalle cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 82, commi 25 e 26, del medesimo decreto-legge; d) trasferimenti dal bilancio dello Stato; e) versamenti effettuati, a titolo spontaneo e solidale, da chiunque, ivi inclusi, in particolare, le società e gli enti operanti nel comparto energetico.

 

L'articolo in esame, al comma 2, reca un incremento di 40 milioni di euro per gli incentivi previsti in favore delle emittenti televisive locali ai sensi dell'art. 52, co.18, della L. n. 448/2001, e successive rideterminazioni, utilizzando le risorse iscritte nello stato di previsione della spesa in attuazione dell'art. 148 della L. n.388/2000, istitutivo del Fondo finalizzato ad iniziative a vantaggio dei consumatori, così come mantenute nella disponibilità di cui al predetto art. 148 ai sensi dell'art. 17 del D.L. n.207/2008.

 

Più specificamente l’art. 17 del D.L. n.207/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14 recante Proroga di termini e disposizioni finanziarie urgenti, conserva in bilancio, per l'anno 2009, nelle disponibilità del fondo finalizzato ad iniziative a vantaggio dei consumatori - istituito ai sensi dell'articolo 148, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) - le risorse riassegnate e non impegnate al termine dell'esercizio finanziario 2008.

Si ricorda che l’art. 148, della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (legge finanziaria 2001), al comma 1 dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercatosono destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori. Il successivo comma 2 specifica che le predette entrate sono riassegnate con decreto del Ministro dell’economiae delle finanze ad un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico), per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori individuate di volta in volta con decreto dello stesso Ministro, sentite le competenti Commissioni parlamentari. In attuazione di quanto previsto dal citato comma 148, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 124331 del 2002, nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive è stato istituito il capitolo n. 1650, denominato “Fondo derivante da sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori. Trattandosi di stanziamento di parte corrente, le somme derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Antitrust sono normalmente utilizzabili nel solo esercizio di riassegnazione.

Con l’art. 52, comma 18, della citata legge n. 448/2001 è stato poi incrementato lo stanziamento di 20 milioni di euro in ragione d’anno, a decorrere dal 2002. Si ricorda che l’art. 52 ha ammesso a beneficiare del contributo previsto per le emittenti locali anche le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti alla data di entrata in vigore della legge, prevedendo, peraltro, che lo stanziamento complessivo a favore della radiofonia locale non possa superare il 10% del totale.

I criteri per l’assegnazione dei contributi sono stati definiti dal decreto del Ministero (oggi Dipartimento) delle comunicazioni n. 292/2004 (recante Regolamento per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefici previsti dall’articolo 45, comma 3, della legge n. 448/1998), sulla base delle indicazioni fornite nel Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva (di cui alla delibera n. 68/1998 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). L’articolo 1, comma 4, di tale regolamento stabilisce che l’ammontare annuo dei contributi viene ripartito dal Ministero secondo bacini di utenza costituiti dalle regioni e dalle province autonome, in proporzione al fatturato realizzato nel triennio precedente dalle emittenti che abbiano chiesto di beneficiare delle misure di sostegno. Nella ripartizione si deve dare rilievo alle regioni e province autonome ricomprese nelle aree economicamente depresse e con elevato indice di disoccupazione. La ripartizione dei contributi secondo bacini di utenza costituiti dalle regioni e dalle province autonome (di cui al D.M. n. 292/2004 sopra citato) deve essere effettuata entro il 30 maggio di ogni anno ed attribuendo in via provvisoria, a tali enti un importo pari al 90 per cento della somma assegnata nell’anno precedente, e procedendo poi alla rideterminazione definitiva a seguito delle risultanze dei conteggi ufficiali.

In conclusione si rileva che la norma in esame andrebbe ad incentivare le risorse allocate sul capitolo n. 3121 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (U.P.B. 6.7.1.) relativo ai contributi in favore delle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale la cui dotazione, nelle legge di bilancio per il 2009, è indicata in 114,8 milioni di euro.

 


 

Articolo 25
(Delega al Governo in materia nucleare)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 14
(Delega al Governo in materia nucleare)

Articolo 25
(Delega al Governo in materia nucleare)

 

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 30 giugno 2009, nel rispetto delle norme in tema di valutazione di impatto ambientale e di pubblicità delle relative pro­cedure, uno o più decreti legislativi di rias­setto normativo recanti criteri per la disci­plina della localizzazione di impianti di pro­duzione di energia elettrica nucleare non­ché dei sistemi di stoccaggio dei rifiuti ra­dioattivi e del materiale nucleare nel territo­rio nazionale e per la definizione delle mi­sure compensative da corrispondere alle popolazioni interessate. I decreti sono adottati, secondo le modalità e i princìpi di­rettivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modifica­zioni, nonché nel rispetto dei princìpi e cri­teri direttivi di cui al comma 2 del presente articolo, su proposta del Ministro dello svi­luppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e succes­sivamente delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conse­guenze di carattere finanziario. I pareri delle Commissioni parlamentari sono espressi entro sessanta giorni dalla data di trasmis­sione degli schemi medesimi. Con i decreti di cui al presente comma sono altresì stabi­liti le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti di cui al primo periodo.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vi­gore della presente legge, nel rispetto delle norme in tema di valutazione di im­patto ambientale e di pubblicità delle rela­tive procedure, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti la disciplina della localizzazione nel territorio nazio­nale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbrica­zione del combustibile nucleare, dei si­stemi di stoccaggio del combustibile ir­raggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché dei sistemi per il deposito definitivo dei ma­teriali e rifiuti radioattivi e per la defini­zione delle misure compensative da corri­spondere e da realizzare in favore delle popolazioni interessate. I decreti sono adottati, secondo le modalità e i princìpi di­rettivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modifica­zioni, nonché nel rispetto dei princìpi e cri­teri direttivi di cui al comma 2 del presente articolo, su proposta del Ministro dello svi­luppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrut­ture e dei trasporti, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui al­l'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e successivamente delle Commissioni parla­mentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. I pa­reri delle Commissioni parlamentari sono espressi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione degli schemi dei decreti legi­slativi. Con i medesimi decreti sono altresì stabiliti le procedure autorizzative e i requi­siti soggettivi per lo svolgimento delle atti­vità di costruzione, di esercizio e di disatti­vazione degli impianti di cui al primo pe­riodo.

2. La delega di cui al comma 1 è eser­citata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Identico:

     a) previsione della possibilità di dichia­rare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vi­gilanza e di protezione;

     a) identica;

     b) definizione di adeguati livelli di sicu­rezza dei siti, che soddisfino le esi­genze di tutela della salute della popola­zione e dell'ambiente;

     b) definizione di elevati livelli di sicu­rezza dei siti, che soddisfino le esigenze di tutela della salute della popolazione e del­l'ambiente;

     c) riconoscimento di benefìci diretti alle persone residenti e alle imprese ope­ranti nel territorio circostante il sito, con oneri a carico delle imprese coinvolte nella costruzione o nell'esercizio degli impianti e delle strutture;

     c) riconoscimento di benefìci diretti alle persone residenti, agli enti locali e alle imprese operanti nel territorio circostante il sito, con oneri a carico delle imprese coin­volte nella costruzione o nell'esercizio degli impianti e delle strutture, alle quali è fatto divieto di trasferire tali oneri a carico degli utenti finali;

     d) previsione delle modalità che i pro­duttori di energia elettrica nucleare devono adottare per la sistemazione dei rifiuti ra­dioattivi e dei materiali nucleari irraggiati e per lo smantellamento degli impianti a fine vita;

     d) previsione delle modalità che i ti­tolari di autorizzazioni di attività devono adottare per la sistemazione dei rifiuti ra­dioattivi e dei materiali nucleari irraggiati e per lo smantellamento degli impianti a fine vita;

     e) acquisizione di dati tecnico-scienti­fici predisposti da enti pubblici di ricerca e università;

     e) acquisizione di dati tecnico-scienti­fici predisposti da enti pubblici di ricerca, ivi incluso l'Istituto superiore per la prote­zione e la ricerca ambientale (ISPRA), e università;

     f) determinazione delle modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall'arti­colo 120 della Costituzione;

     f) identica;

     g) previsione che la costruzione e l'e­sercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita siano considerati attività di premi­nente interesse statale e, come tali, sog­gette ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del soggetto richiedente e previa intesa con la Conferenza unificata di cui al­l'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con decreto del Ministro dello sviluppo eco­nomico, di concerto con il Ministro dell'am­biente e della tutela del territorio e del mare;

     g) previsione che la costruzione e l'e­sercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse siano considerati attività di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizza­zione unica rilasciata, su istanza del sog­getto richiedente e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con de­creto del Ministro dello sviluppo economico, di con­certo con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Mi­nistro delle infrastrutture e dei tra­sporti;

     h) previsione che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedi­mento unico al quale partecipano le ammi­nistrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le mo­dalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241; l'autorizzazione deve comprendere la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere, l'eventuale dichiara­zione di inamovibilità e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi; l'autorizzazione unica so­stituisce ogni provvedimento amministra­tivo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto ammini­strativo, comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a co­struire ed esercire le infrastrutture in con­formità del progetto approvato;

     h) previsione che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedi­mento unico al quale partecipano le ammi­nistrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le mo­dalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241; l'autorizzazione deve comprendere la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere, l'eventuale dichiara­zione di inamovibilità e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi; l'autorizzazione unica so­stituisce ogni provvedimento amministra­tivo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto ammini­strativo, comunque denominati, ad ecce­zione delle procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione ambientale strategica (VAS) cui si deve obbligatoriamente ottemperare, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a co­struire ed esercire le infrastrutture in con­formità del progetto approvato;

     i) previsione che le approvazioni rela­tive ai requisiti e alle specifiche tecniche degli impianti nucleari, già concesse negli ultimi dieci anni dalle Autorità competenti di Paesi membri dell'Agenzia per l'energia nu­cleare dell'Organizzazione per la coopera­zione e lo sviluppo economico (AEN-OCSE) o dalle autorità competenti di Paesi con i quali siano definiti accordi bilaterali di coo­perazione tecnologica e industriale nel set­tore nucleare, siano considerate valide in Italia, previa approvazione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare;

     i) identica;

     l) previsione che gli oneri relativi ai controlli di sicurezza e di radioprotezione siano a titolo oneroso a carico degli eser­centi le attività nucleari e possano essere svolti, in tempi certi e compatibili con la programmazione complessiva delle attività, avvalendosi anche del supporto e della consulenza di esperti di analoghe organiz­zazioni di sicurezza europee;

     l) previsione che gli oneri relativi ai controlli di sicurezza e di radioprotezione, che devono comunque assicurare la massima trasparenza nei confronti dei cittadini e delle amministrazioni locali, siano a titolo oneroso a carico degli eser­centi le attività nucleari e possano essere svolti, in tempi certi e compatibili con la programmazione complessiva delle attività, avvalendosi anche del supporto e della consulenza di esperti di analoghe organiz­zazioni di sicurezza europee;

     m) individuazione degli strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro il rischio di prolungamento dei tempi di co­struzione per motivi indipendenti dal titolare dell'autorizzazione unica;

     m) identica;

     n) previsione delle modalità attra­verso le quali i produttori di energia elettrica nucleare dovranno provvedere alla costitu­zione di un fondo per il «decommissioning»;

     n) previsione delle modalità attra­verso le quali i produttori di energia elettrica nucleare dovranno provvedere alla costitu­zione, con contribuzione a carico dei medesimi produttori, e alla gestione di un fondo per lo smantellamento degli impianti nucleari e opere connesse, per il trattamento e lo smaltimento finale dei rifiuti radioattivi, al termine della vita operativa degli impianti, in linea con le raccomandazioni della Commissione eu­ropea e gli standard internazionali in ma­teria. Le risorse finanziarie di cui al sud­detto fondo possono essere attribuite, oltre che alla provincia e al comune che ospitano la centrale nucleare, anche ai comuni confinanti con quello in cui è si­tuata la centrale, tenuto conto delle limi­tazioni d'uso del territorio;

     o) previsione di opportune forme di informazione diffusa e capillare per le po­polazioni coinvolte al fine di creare le condi­zioni idonee per l'esecuzione degli inter­venti.

     o) previsione di opportune forme di informazione diffusa e capillare per le po­polazioni, e in particolare per quelle coin­volte, al fine di creare le condizioni idonee per l'esecuzione degli interventi e per la gestione degli impianti;

 

     p) previsione di sanzioni per la vio­lazione delle norme prescrittive previste nei decreti legislativi;

 

     q) previsione, nell'ambito delle ri­sorse di bilancio disponibili allo scopo, di una opportuna campagna di informa­zione alla popolazione italiana sull'ener­gia nucleare, con particolare riferimento alla sua sicurezza e alla sua economi­cità.

3. Nei giudizi davanti agli organi di giu­stizia amministrativa che comunque riguar­dino le procedure di progettazione, appro­vazione e realizzazione delle opere, infra­strutture e insediamenti produttivi concer­nenti il settore dell'energia e relative attività di espropriazione, occupazione e asservi­mento si applicano le disposizioni di cui al­l'articolo 246 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

3. Nei giudizi davanti agli organi di giu­stizia amministrativa che comunque riguar­dino le procedure di progettazione, appro­vazione e realizzazione delle opere, infra­strutture e insediamenti produttivi concer­nenti il settore dell'energia nucleare e rela­tive attività di espropriazione, occupazione e asservimento si applicano le disposizioni di cui all'articolo 246 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

4. Al comma 4 dell'articolo 11 del de­creto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, dopo le parole: «fonti energetiche rinnovabili» sono inserite le seguenti: «, energia nucle­are prodotta sul territorio nazionale».

4. Identico.

5. Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1 pos­sono essere emanate, nel rispetto delle modalità e dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 1 e 2, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore.

5. Identico.

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Ai relativi adempimenti si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

6. Identico.

 

7. All'articolo 3 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

 

«2-bis. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è regola­mentata la garanzia finanziaria di cui al numero 1) della lettera d) del comma 2».

 

 

L’articolo 25 ha subito numerose modifiche durante l’iter al Senato. Gli unici commi non modificati sono quelli dal 3 al 6.

Il comma 1 delega il Governo ad adottare entro sei mesi[97]dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti la disciplina[98]:

§      della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare;

Tale disposizione appare necessaria alla luce della possibilità di realizzare sul territorio nazionale impianti di produzione di energia nucleare prevista dall’art. 7 del D.L. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008, come uno degli obiettivi cui deve tendere la «Strategia energetica nazionale» prevista dal medesimo articolo.

Si ricorda che l’attuale disciplina in materia di sorgenti e impianti nucleari è contenuta nel D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230 recante “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti” (le cui disposizioni si applicano, tra l’altro, “alla costruzione, all'esercizio ed alla disattivazione degli impianti nucleari”), e nel D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 52 di attuazione della direttiva 2003/122/CE Euratom sul controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane. Si segnala, inoltre, che con il d.lgs. 20 febbraio 2009, n. 23 è stata attuata la direttiva 2006/117/EURATOM, relativa alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito.

§      dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi e dei sistemi per il deposito definitivo dei materiali e rifiuti radioattivi;

Relativamente al problema dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi, si ricorda che nel corso della XIV legislatura, è stata adottata una normativa finalizzata ad individuare le procedure per la messa in sicurezza delle scorie radioattive.

Con l’emanazione del decreto-legge n. 314/2003[99], il Governo ha provveduto, in particolare, a dettare norme per l’individuazione di un sito ove realizzare sia gli impianti e le infrastrutture per il deposito definitivo dei rifiuti a bassa e media attività e a breve vita (II categoria) - che rappresentano volumetricamente la quantità principale di rifiuti presenti sul territorio nazionale - sia il deposito temporaneo in bunker del combustibile irraggiato e dei rifiuti ad alta attività e/o a lunga vita (III categoria)[100].

L’individuazione del sito più idoneo (sulla base delle integrazioni apportate al decreto legge dai commi 98-105 della cd. legge Marzano, n. 239/2004) per la realizzazione del citato deposito è stata demandata ad un Commissario straordinario, previo parere di una apposita Commissione tecnico-scientifica istituita con compiti di valutazione e di alta vigilanza e previa intesa in sede di Conferenza unificata ed è stata fissata la data del 31 dicembre 2008 quale termine ultimo per la realizzazione (affidata alla SOGIN S.p.A.[101]) del deposito stesso.

Lo stesso decreto n. 314, come integrato dai citati commi della cd. legge Marzano, inoltre, ha previsto una specifica procedura per la messa in sicurezza e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di I, II e III categoria, da parte della SOGIN S.p.A.[102]

La citata Commissione non è tuttavia mai stata costituita. Con il D.M. 25 febbraio 2008[103] però, il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto alla costituzione di un gruppo di lavoro per l'individuazione della tipologia, delle procedure e della metodologia di selezione dirette alla realizzazione, su un sito del territorio nazionale, di un centro di servizi tecnologici e di ricerca ad alto livello nel settore dei rifiuti radioattivi, comprendente un deposito nazionale centralizzato per l'allocazione definitiva dei rifiuti radioattivi di seconda categoria, e per l'immagazzinamento temporaneo di medio termine dei rifiuti radioattivi di terza categoria, del combustibile nucleare esaurito e delle materie nucleari ancora presenti in Italia, anche alla luce dell’accordo intergovernativo (ricordato nelle premesse del decreto) “firmato in data 24 novembre 2006, tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese e perfezionato in data 2 maggio 2007, per il riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato depositato negli impianti nucleari italiani che prevede tra l'altro il rientro in Italia dei relativi rifiuti entro il 2025”.

§      la definizione delle misure compensative da corrispondere e da realizzare in favore delle popolazioni interessate.

In proposito si ricorda che l’art. 4 del D.L. n. 314/2003 ha previsto la determinazione di misure di compensazione territoriale, a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, fino al definitivo smantellamento degli impianti. Dalla data di messa in esercizio del deposito nazionale, tali misure sono trasferite al territorio che ospita il deposito, proporzionalmente alla allocazione dei rifiuti radioattivi. Lo stesso articolo ha demandato al CIPE l’effettuazione del riparto, avvenuto con la delibera n. 101 del 28 settembre 2007[104]. Successivamente l’art. 7-ter, del decreto legge n. 208/2008, con una modifica al comma 1-bis del citato art. 4 del DL n. 314, ha modificato le percentuali relative al contributo di compensazione territoriale previsto a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare. Il nuovo testo prevede che esso sia ripartito, per ciascun territorio, nella misura del 50% in favore del comune nel cui territorio è ubicato il sito, mentre il restante 50% dovrà essere ripartito in misura eguale tra la relativa provincia (25%) ed i comuni confinanti con quello nel cui territorio è ubicato il sito (25%). Vengono anche modificate le modalità di calcolo del contributo previsto per i comuni confinanti che dovrà essere calcolato tenendo conto di due parametri: in proporzione alla superficie ed alla popolazione residente nel raggio di dieci chilometri dall'impianto.

Lo stesso comma 1 precisa che i decreti legislativi devono essere adottati nel rispetto delle norme in tema di valutazione di impatto ambientale e di pubblicità delle relative procedure.

Si ricorda, in proposito, che la disciplina delle procedure di valutazione dell’impatto ambientale (VIA) è recata dalla parte seconda del D.Lgs. 152/2006 (cd. codice ambientale). Si tratta di un procedimento con cui vengono analizzate le conseguenze prodotte dalla realizzazione di un’opera all’interno di un sistema territoriale, valutando se tali trasformazioni siano ambientalmente compatibili.

La norma prevede, poi, che i decreti legislativi devono essere adottati secondo le modalità e nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 20 della legge n. 59 del 1997.

L’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, disciplina le procedure per l’emanazione della legge annuale di semplificazione, nonché dei decreti legislativi e regolamenti adottati in attuazione di essa.

Per quanto concerne la procedura di adozione dei decreti legislativi, il comma 5 dispone che essi siano emanati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per la funzione pubblica, con i Ministri interessati e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.

Quanto ai principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, il comma 3 dispone che i decreti legislativi devono prevedere:

a)         la definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;

a-bis)il coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo (64);

b)         l’indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

c)         l’indicazione dei princìpi generali, in particolare per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi, nell'àmbito dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

d)         l’eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela dell'igiene e della salute pubblica;

e)         la sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di discrezionalità amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge, con una denuncia di inizio di attività da presentare da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente richieste;

f)           la determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di discrezionalità amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attività da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti in relazione alla complessità del procedimento, con esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto;

g)         la revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte:

1.       alla regolazione ai fini dell'incentivazione della concorrenza;

2.       alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività, anche alla luce della normativa comunitaria;

3.       alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e lavorative;

4.       alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarietà sociale;

5.       alla tutela dell'identità e della qualità della produzione tipica e tradizionale e della professionalità;

h)         la promozione degli interventi di autoregolazione per standard qualitativi e delle certificazioni di conformità da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che accertino e garantiscano la qualità delle fasi delle attività economiche e professionali, nonché dei processi produttivi e dei prodotti o dei servizi;

i)           per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attività private, la previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonché di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialità, alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilità dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato;

l)     l’attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, salvo il conferimento di funzioni a province, città metropolitane, regioni e Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; determinazione dei princìpi fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle regioni nelle materie di competenza legislativa concorrente;

m)   la definizione dei criteri di adeguamento dell'organizzazione amministrativa alle modalità di esercizio delle funzioni di cui al presente comma;

n)    l’indicazione esplicita dell'autorità competente a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

I decreti legislativi di cui al comma in esame sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti[105], previa acquisizione del parere della Conferenza unificata, e successivamente delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. I pareri delle Commissioni parlamentari sono espressi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione degli schemi medesimi. Con i decreti di cui al comma 1 in commento sono, altresì, stabilite le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti.

 

Il comma 2 definisce i principi e criteri direttivi (oltre quelli previsti al comma 1) che il Governo è tenuto a rispettare nell’esercizio della delega:

a)      previsione della possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione;

b)      definizione di elevati[106] livelli di sicurezza dei siti, che tengano conto delle esigenze di tutela della salute della popolazione e dell'ambiente;

c)      riconoscimento di benefìci diretti alle famiglie residenti, agli enti locali[107], e alle imprese operanti nel territorio circostante al sito, con oneri a carico delle imprese coinvolte nella costruzione o nell'esercizio degli impianti e delle strutture, alle quali è fatto divieto di trasferire tali oneri a carico degli utenti finali[108];

d)      previsione delle modalità che i titolari di autorizzazioni di attività[109] devono adottare per la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari irraggiati e per lo smantellamento degli impianti a fine vita;

e)      acquisizione di dati tecnico-scientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, incluso l’ISPRA[110], e università;

f)        determinazione delle modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti, secondo quanto previsto dall’articolo 120 della Costituzione;

g)      previsione che la costruzione e l’esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita e tutte le opere connesse[111] siano considerati attività di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del soggetto richiedente e previa intesa con la Conferenza unificata, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti[112];

Si ricorda, anche con riferimento alla successiva lettera h), che il modello autorizzativo che prevede il rilascio di un’autorizzazione unica a seguito di un procedimento unico, è quello oggi maggiormente utilizzato per le autorizzazioni nel settore elettrico, essendo previsto per tutti gli impianti di produzione di energia elettrica superiori a 300 MW (art. 1-sexies, comma 8, del DL n. 239/2003[113]), nonché per le reti nazionali di trasporto dell'energia elettrica (commi 1-3 del medesimo art. 1-sexies) e per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (in tal caso però l’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 prevede che l’autorizzazione non sia rilasciata dal Ministero ma dalla Regione).

h)      previsione che l’autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni interessate; l’autorizzazione deve comprendere la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere, l’eventuale dichiarazione di inamovibilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi; l’autorizzazione unica sostituisce ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto amministrativo, comunque denominati, ad eccezione delle procedure di VIA e VAS cui si deve obbligatoriamente ottemperare[114], previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire ed esercire le infrastrutture in conformità del progetto approvato;

In relazione alle procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) si ricorda che esse sono state profondamente modificate con il d.lgs. n. 4 del 2008 (con cui, appunto, è stata totalmente riscritta la Parte Seconda del d.lgs. n. 152 del 2006).

In estrema sintesi si ricorda che la VAS rappresenta un processo sistematico di valutazione delle conseguenze ambientali di piani e programmi e nasce dall’esigenza che nella loro predisposizione, insieme agli aspetti sociali ed economici, vengano considerati anche gli impatti ambientali.

La VIA è, invece, un procedimento con cui vengono analizzate le conseguenze prodotte dalla realizzazione di un’opera all’interno di un sistema territoriale, valutando se tali trasformazioni siano ambientalmente compatibili.

i)    previsione che le approvazioni relative ai requisiti e alle specifiche tecniche degli impianti nucleari, già concesse negli ultimi dieci anni dalle Autorità competenti di Paesi membri dell’Agenzia per l’energia nucleare dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (AEN-OCSE) o dalle autorità competenti di Paesi con i quali siano definiti accordi bilaterali di cooperazione tecnologica e industriale nel settore nucleare, siano considerate valide in Italia, previa approvazione dell’Agenzia per la sicurezza nucleare;

l)    previsione che gli oneri relativi ai controlli di sicurezza e di radioprotezione, che devono comunque assicurare la massima trasparenza nei confronti dei cittadini e delle amministrazioni locali, siano a titolo oneroso a carico degli esercenti le attività nucleari e possano essere svolti, in tempi certi e compatibili con la programmazione complessiva delle attività, avvalendosi anche del supporto e della consulenza di esperti di analoghe organizzazioni di sicurezza europee;

m)   individuazione degli strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro il rischio di prolungamento dei tempi di costruzione per motivi indipendenti dal titolare dell’autorizzazione unica;

n)      previsione delle modalità attraverso le quali i produttori di energia elettrica nucleare dovranno provvedere alla costituzione, con contribuzione a carico dei medesimi produttori, e alla gestione di un fondo per lo smantellamento degli impianti nucleari e opere connesse, per il trattamento e lo smaltimento finale dei rifiuti radioattivi, al termine della vita operativa degli impianti, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea e gli standard internazionali in materia[115]. Le risorse finanziarie, di cui al suddetto fondo, possono essere attribuite, oltre che alla Provincia e al Comune che ospitano la centrale nucleare, anche ai Comuni confinanti con quello in cui è situata la centrale, tenuto conto delle limitazioni d'uso del territorio[116];

o)      previsione di opportune forme di informazione diffusa e capillare per le popolazioni, e in particolare per quelle coinvolte, al fine di creare le condizioni idonee per l’esecuzione degli interventi e per la gestione degli impianti;

p)      previsione di sanzioni per la violazione delle norme prescrittive previste nei decreti di cui al comma 1[117];

q)      previsione, nell'ambito delle risorse di bilancio disponibili allo scopo, di una opportuna campagna di informazione alla popolazione italiana sull’energia nucleare, con particolare riferimento alla sua sicurezza e alla sua economicità[118].

 

Il comma 3, non modificato dal Senato, dispone che nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle opere, delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi concernenti il settore dell'energia nucleare e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, si applichino le disposizioni dell'articolo 246 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Si ricorda che tale previsione, nel testo originario del disegno di legge in esame, rientrava tra i principi e i criteri direttivi del comma 2, e durante l’iter alla Camera è stato approvato come comma autonomo. Nella relazione illustrativa al testo originario, si motivava tale previsione con l’esigenza di ridurre l’incidenza dei provvedimenti giurisdizionali sulla realizzazione delle opere e degli interventi programmati in sede politica e normativa, che “non è limitata al solo profilo della mancata realizzazione – nei tempi previsti – delle opere e degli interventi, ma concerne anche il profilo dei costi degli interventi stessi, i livelli di occupazione, la credibilità degli attori istituzionali del sistema e la fiducia degli operatori economici. Appare opportuno, pertanto, estendere al settore dell’energia modelli processuali già sperimentati dal legislatore in altri settori e ritenuti pienamente legittimi dalla Corte costituzionale”.

Si ricorda che l’art. 246 del D.Lgs. n. 163/2006 si connota – secondo quanto riportato nella medesima relazione illustrativa[119] - per “l'applicazione delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE che permettono di escludere la caducazione del contratto già stipulato dai soggetti aggiudicatori nelle ipotesi di sospensione o di annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture, limitando la riparazione degli interessi o dei diritti lesi al solo risarcimento per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica”.

 

Il comma 4, non modificato dal Senato, integra l'articolo 11, comma 4 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

Nel testo vigente, tale comma - specificatamente dedicato all'energia elettrica da fonti rinnovabili - prevede che il gestore della rete di trasmissione nazionale assicuri la precedenza all'energia prodotta da impianti che utilizzano, nell'ordine, fonti energetiche rinnovabili, sistemi di cogenerazione - sulla base di specifici criteri definiti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas - e fonti nazionali di energia combustibile primaria, queste ultime per una quota massima annuale non superiore al quindici per cento di tutta l'energia primaria necessaria per generare l'energia elettrica consumata.

Con la modifica introdotta dalla disposizione in esame, l'ordine di precedenza prescritto al gestore delle rete è integrato mediante l'inserimento, dopo le parole «fonti energetiche rinnovabili», e prima di «sistemi di cogenerazione», delle parole « energia nucleare prodotta sul territorio nazionale».

 

Il comma 5, non modificato dal Senato, prevede che il Governo possa adottare disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi entro un anno dalla loro entrata in vigore, nel rispetto delle medesime modalità di adozione dei provvedimenti e dei medesimi principi e criteri direttivi, mentre il comma 6 (anch’esso non modificato), oltre a stabilire dall’attuazione delle norme non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, precisa che ai relativi adempimenti si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 7, introdotto al Senato, integra l’articolo 3 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 52[120], con il comma 2-bis, prevedendo che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sia regolamentata la garanzia finanziaria di cui al numero 1) della lettera d) del comma 2.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del richiamato decreto legislativo riguarda i provvedimenti autorizzativi delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane. Secondo il comma 2, il richiedente il nulla osta all'impiego, di una nuova sorgente e ove possibile, delle sorgenti immesse sul mercato anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, deve documentare – fra l’altro – di essere in possesso di misure atte a garantire la gestione in sicurezza della sorgente al termine della sua utilizzazione anche nel caso in cui il detentore diventi insolvente o cessi l'attività (punto d). Una delle possibilità per tali misure (punto 1) è quella di prestare una garanzia finanziaria per assicurare i fondi necessari alla gestione della sorgente fino allo smaltimento, compreso il relativo condizionamento mediante fideiussione bancaria o assicurativa con clausola di pagamento a semplice richiesta, prestata oltre che da una compagnia di assicurazione o da un istituto finanziario, anche da intermediari finanziari iscritti all'elenco speciale di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, a ciò autorizzati dal Ministero dell'economia e delle finanze, a condizione che tali intermediari siano sottoposti a revisione contabile di una società di revisione iscritta nell'albo previsto dall'articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 13 novembre 2008 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un aggiornamento del programma indicativo per il settore nucleare nel contesto del secondo riesame strategico delle politica energetica (COM(2008)776) che aggiorna le informazioni contenute nel programma indicativo per il settore nucleare presentato nel 2007[121].

La Commissione ribadisce l’importanza dell'energia nucleare nel conseguimento degli obiettivi europei in materia di sicurezza degli approvvigionamenti energetici e di riduzione delle emissioni di CO2, sottolineando, nel contempo, la necessità di mantenere la sicurezza e la protezione nucleare al centro del processo decisionale, assicurando che lo sviluppo di questa fonte di energia risponda ai requisiti più rigorosi in materia di sicurezza.

La Commissione, tra l’altro, raccomanda:

-        l’attuazione di tutte le soluzioni tecniche già disponibili nel settore della gestione dei rifiuti radioattivi nonché la collaborazione tra le principali parti in causa nel settore della ricerca e sviluppo, in particolare le agenzie nazionali per la gestione dei rifiuti, al fine di creare un programma di ricerca strategica e un piano di attuazione di attività di ricerca;

-        che l'UE prosegua gli sforzi intesi a promuovere livelli di sicurezza elevati a livello internazionale mediante gli strumenti di cooperazione esterna;

-        la promozione e la creazione di un quadro economico e normativo più uniforme nell'UE, in particolare, armonizzando e semplificando le procedure di rilascio delle autorizzazioni e delle certificazioni di progetto in modo da favorire gli investimenti negli Stati membri che decidono di includere l'energia nucleare nel loro mix energetico;

-        sviluppare un regime di responsabilità civile più uniforme e armonizzato in modo da garantire un livello di protezione omogeneo a tutti i cittadini e creare condizioni di parità nel settore dell'energia nucleare dell'UE.

La Commissione, inoltre, sottolinea l’importanza degli strumenti creati per migliorare il quadro per l'energia nucleare in Europa nel contesto del piano d’azione del piano d’azione del Consiglio, sopra citato, quali il gruppo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti[122], il forum europeo per l'energia nucleare[123], la piattaforma tecnologica per un'energia nucleare sostenibile[124], auspicando la creazione di una nuova piattaforma tecnologica sullo smaltimento geologico. In particolare, la Commissione ritiene che tali strumenti consentano di affrontare meglio i problemi legati ai rifiuti radioattivi e raggiungere obiettivi quali: ottimizzare le attività di ricerca e sviluppo europee; migliorare il coordinamento; fissare obiettivi comuni; rafforzare la partecipazione e l'impegno delle imprese del settore nella ricerca di soluzioni alle questioni relative alla gestione dei rifiuti radioattivi.

Sicurezza nucleare

Il 26 novembre 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio (Euratom) relativa alla predisposizione di un quadro comunitario per la sicurezza nucleare (COM(2008)790) intesa a definire gli obblighi fondamentali e i principi generali per gli impianti nucleari che tutti gli Stati membri della UE sono tenuti ad applicare.

La proposta della Commissione stabilisce alcuni principi e prescrizioni validi a livello UE, ed un insieme di norme relative, tra l’altro, al rafforzamento dell’indipendenza degli organismi di controllo, alle responsabilità degli esercenti, nonché una serie di garanzie in riferimento alle risorse umane e finanziarie, ai sistemi di gestione, alla periodica supervisione della sicurezza, alla disponibilità di competenze tecniche a livello transfrontaliero. La proposta, infine, prevede la creazione di un gruppo di esperti per coordinare la cooperazione tra le autorità di regolamentazione.

Il 22 aprile 2009 il Parlamento europeo ha approvato, nell’ambito della procedura di consultazione, una relazione con cui sostiene l’iniziativa della Commissione, proponendo che un allegato elenchi con maggior dettaglio i principi di sicurezza a cui si fa riferimento nella proposta di direttiva.

Rifiuti radioattivi

L’8 settembre 2008 la Commissione ha presentato la sesta relazione sulla situazione della gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito nell'Unione europea (COM(2008)542).

La Commissione, apprezzati i progressi realizzati in campo scientifico e tecnico per lo smaltimento geologico dei rifiuti nucleari, ritiene di poter considerare attualmente lo stoccaggio attraverso deposito geologico l'opzione più sicura e sostenibile per la gestione a lungo termine dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito. Secondo la Commissione, dovrebbe essere incoraggiata e facilitata l'identificazione, la creazione e l'uso di depositi di rifiuti sicuri, anche attraverso la cooperazione regionale e internazionale, che potrebbe accelerare l'adozione di soluzioni definitive oltreché vantaggiose in termini di economie di scala. La Commissione, tuttavia, ricorda la necessità, per gli Stati eventualmente disposti a ospitare tali centri regionali di tenere nella dovuta considerazione l'accettazione di tali scelte a livello politico e sociale. La Commissione giudica opportuno, inoltre, non incentivare le proposte avanzate dagli Stati non comunitari in materia di depositi di rifiuti radioattivi e combustibile esaurito, per motivi tecnici, economici e di sicurezza.

Il 16 dicembre 2008 il Consiglio ha approvato una risoluzione sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi.

Il Consiglio, nel prendere atto della relazione della Commissione, constata che gli Stati membri dell’UE concordano sui seguenti principi:

-        è imperativa l'attuazione da parte di ciascuno Stato membro di un piano nazionale di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Tali piani devono essere a lungo termine, comprendere tutti i tipi di rifiuti radioattivi e precisare tutte le fasi della loro attuazione. Essi devono includere, tra l’altro, un inventario dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito presenti sul territorio;

-        l'attuazione di politiche per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, basata sui progressi scientifici e tecnologici, deve essere effettuata mediante processi trasparenti che consentano d'informare correttamente il pubblico e di coinvolgerlo nel processo decisionale (in particolare per l'insediamento di un sito di deposito);

Infrastrutture critiche

Il 28 ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione relative a una rete informativa di allarme sulle infrastrutture critiche – CIWIN (COM(2008)676).

La proposta intende creare un sistema d'informazione sicuro (CIWIN) che sarà gestito dalla Commissione europea e ospitato dal Centro comune di ricerca di Ispra. L'obiettivo del sistema è aiutare gli Stati membri a scambiarsi migliori prassi e informazioni su minacce e debolezze, nonché informazioni sulle attività realizzate congiuntamente per proteggere le infrastrutture critiche.

La proposta prevede che gli Stati membri possano partecipare alla rete d’informazione dopo aver sottoscritto un memorandum di intesa che contiene i requisiti tecnici e di sicurezza ad essa applicabili, e le informazioni sui siti con cui sarà interconnessa. E’ altresì prevista la realizzazione di un forum elettronico per lo scambio di informazioni riguardanti la protezione delle infrastrutture critiche tra le quali l’industria del ciclo del combustibile nucleare.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento europeo in plenaria il 22 aprile 2009, ed è ora in attesa di una decisione finale da parte del Consiglio.

Si segnala che, in precedenza, l’8 dicembre 2008 il Consiglio ha definitivamente adottato la direttiva 2008/114/CE relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione.

Procedure di contenzioso

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in relazione al mancato adempimento di quanto prescritto nel parere motivato che la Commissione ha inviato all’Italia il 5 luglio 2005[125].

La Commissione contesta all’Italia di essere venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 96/29/Euratom, che stabilisce le norme di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti e dalla direttiva 89/618/Euratom, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva.

La procedura d’infrazione prende le mosse da alcune denunce che hanno per oggetto la mancanza di piani d’intervento di emergenza necessari a fronteggiare un’eventuale situazione di emergenza radioattiva che possa trarre origine, per la regione di Trieste, dalla centrale nucleare di Krsko (Slovenia) e dai navigli a propulsione nucleare che attraccano occasionalmente nel porto di Trieste, nonché dai siti nucleari nei comuni di Saluggia (VC), Trino (VC), e di Bosco Marengo (AL), sia in relazione a situazioni di emergenza che possano trarre origine nei siti menzionati, sia in relazione alle operazioni di trasporto di combustibile irraggiato, per via ferroviaria, svolte tra Saluggia e Sellafeld (Gran Bretagna).

La Commissione, in particolare, contesta all’Italia di non aver adottato i decreti di attuazione necessari a garantire un’effettiva applicazione delle due direttive in esame[126].

 


 

Articolo 26
(Energia nucleare)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 15
(Energia nucleare)

Articolo 26
(Energia nucleare)

 

 

1. Con delibera del CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sen­tito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Commis­sioni parlamentari competenti, sono definite le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale.

1. Con delibera del CIPE, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vi­gore della presente legge su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare, sentite le Commissioni parlamentari competenti, sono definite le tipologie degli impianti per la produzione di energia elettrica nucleare che possono es­sere realizzati nel territorio nazionale.

2. Con delibera del CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sono individuati, senza nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pub­blica, i criteri e le misure atti a favorire la costituzione di consorzi per lo sviluppo e l'utilizzo degli impianti di cui al comma 1, formati da soggetti produttori di energia elettrica, da soggetti industriali anche riuniti in consorzi e, eventualmente, in quota minoritaria dalla Cassa depositi e prestiti Spa. L'eventuale percentuale della quota posseduta dalla Cassa depositi e prestiti Spa è definita con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.

2. Con delibera del CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sono individuati, senza nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pub­blica, i criteri e le misure atti a favorire la costituzione di consorzi per la costruzione e l'esercizio degli impianti di cui al comma 1, formati da soggetti produttori di energia elettrica e da soggetti industriali anche riu­niti in consorzi.

 

3. L'articolo 1, comma 298, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è sosti­tuito dal seguente:

 

«298. A decorrere dal 1° gennaio 2009 è assicurato un gettito annuo pari a 100 milioni di euro mediante il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una quota di pari importo a valere sulle en­trate derivanti dalla componente tariffa­ria A2 sul prezzo dell'energia elettrica, definito ai sensi dell'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83. Con decreto del Ministro dell'economia e delle fi­nanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono stabiliti modalità e termini per il versamento di cui al pre­sente comma».

 

 

L’articolo 26 reca disposizioni in materia di tipologie di impianti nucleari.

Il comma 1affida ad una delibera del CIPE la definizione delle tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, nonché le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti.

Il termine di adozione della delibera, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell’ambiente, e sentite le Commissioni parlamentari competenti, è fissato in sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame (il termine di adozione è stato introdotto dal Senato).

Sempre ad una delibera del CIPE, da adottarsi su proposta del Ministro per lo sviluppo economico, è affidata l’individuazione – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica - dei i criteri e delle misure atti a favorire la costituzione di consorzi per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari, di cui al comma 1, formati da soggetti produttori di energia elettrica e da soggetti industriali anche riuniti in consorzi (comma 2, modificato dal Senato)

 

Il comma 3, introdotto dal Senato, sostituisce il comma 298, art. 1, della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005).

Il comma 298 nel testo vigente prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2005, venga versato al bilancio dello Stato un importo pari a 100 milioni di euro, proveniente da:

-        una quota pari al 70 per cento degli importi derivanti dall'applicazione dell'articolo 4, comma 1-bis, del DL 314/2003 (compensazioni territoriali a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare)

-        la rimanente parte, fino al raggiungimento dell’importo di 100 milioni di euro, con una quota degli importi derivanti dalla componente A2 della tariffa elettrica destinata al rimborso degli oneri relativi allo smantellamento delle centrali nucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e delle attività connesse.

 

Il comma 298 della legge finanziaria 2005, così come sostituito prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2009, venga versato al bilancio dello Stato un importo annuo pari a 100 milioni di euro, a valere sulle entrate derivanti dalla componente A2 sul prezzo dell’energia elettrica destinata al rimborso degli oneri relativi allo smantellamento delle centrali nucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e delle attività connesse, ai sensi dell’art. 3, comma 1 del D.Lgs. 79/1999.

Le componenti tariffarie Acostituiscono un'importante caratteristica della tariffa elettrica italiana e sono poste a copertura di oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili etc.) individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge. Tali oneri vengono generalmente identificati come oneri impropri in quanto rappresentano costi che ricadono in tariffa senza essere giustificati da ragioni di efficienza, in quanto si tratta di oneri sostenuti nell'interesse della collettività.

In particolare la componente tariffaria A2 copre i costi per lo smantellamento delle centrali nucleari e la chiusura del ciclo del combustibile.

Tale componente è fissata dall'Autorità dell'energia elettrica e del gas, che altresì provvede all'adeguamento della stessa tariffa, tenuto conto degli oneri generali afferenti al sistema elettrico, come stabilito dall'articolo 3, comma 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica).

L’art. 3, comma 11 del D.Lgs. 79/99 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) ha demandato ad un decreto del Ministro dell'industria, di concerto con il Ministro del tesoro, su proposta dell'Autorità per l'energia, l’individuazione gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, stabilendo che la quota parte del corrispettivo a copertura dei suddetti oneri a carico dei clienti finali, in particolare per le attività ad alto consumo di energia, sia definita in misura decrescente in rapporto ai consumi maggiori. Il DL n. 25 del 2003[127] all’articolo 1 ha provveduto alla rideterminazione degli oneri generali afferenti al sistema elettrico (stranded costs: costi sostenuti dalle imprese in seguito all’avvio del processo di liberalizzazione del settore ed al referendum sull’energia nucleare).

A decorrere dal 1° gennaio 2004, si fa riferimento alle seguenti categorie:

a)       costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse e alla chiusura del ciclo combustibile nucleare, conseguenti al referendum del 1987;

b)       costi relativi all’attività di ricerca e sviluppo finalizzata all’innovazione tecnologica d’interesse generale per il sistema elettrico;

c)       applicazione dei regimi tariffari speciali previsti da disposizioni precedenti alla liberalizzazione, richiamate nella delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 70/97 (art. 2, comma 2.4) e nel D.M. 19 febbraio 1997;

d)       reintegrazione, per un massimo di dieci anni, dei maggiori costi derivanti dalla forzata rilocalizzazione all’estero delle attività di scarico a terra e rigassificazione del gas naturale importato dall’ENEL S.p.A dalla Nigeria, in base agli obblighi assunti anteriormente alla data di entrata in vigore della direttiva di liberalizzazione del settore 96/92/CE.

 

Il comma 298 prevede, inoltre che con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, siano definite le modalità per il versamento di cui al comma in esame.


 

Articolo 27, commi 1-6
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

1. Per lo svolgimento dei servizi specia­listici in campo energetico, le amministra­zioni di cui all'articolo 1, comma 2, del de­creto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono rivol­gersi, nell'ambito delle risorse disponibili, al Gestore dei servizi elettrici Spa e alle so­cietà da esso controllate. Il Gestore dei ser­vizi elettrici Spa e le società da esso con­trollate forniscono tale supporto secondo modalità stabilite con atto di indirizzo del Ministro dello sviluppo economico e, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano lo statuto societario.

1. Identico.

 

2. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas si avvale del Gestore dei servizi elet­trici Spa e dell'Acquirente unico Spa per il rafforzamento delle attività di tutela dei consumatori di energia, anche con rife­rimento alle attività relative alle funzioni di cui all'articolo 2, comma 12, lettere l) e m), della legge 14 novembre 1995, n. 481, nonché per l'espletamento di atti­vità tecniche sottese all'accertamento e alla verifica dei costi posti a carico dei clienti come maggiorazioni e ulteriori componenti del prezzo finale dell'ener­gia. Dall'avvalimento del Gestore dei servizi elettrici Spa e dell'Acquirente unico Spa da parte dell'Autorità per l'e­nergia elettrica e il gas non devono deri­vare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Al fine di consentire la razionalizza­zione e l'efficienza delle strutture di natura pubblicistica operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas naturale e la loro sempli­ficazione gestionale mediante l'accorpa­mento funzionale con altre strutture a totale partecipazione pubblica esistenti, il fondo bombole per metano, di cui alla legge 8 lu­glio 1950, n. 640, l'Agenzia nazionale delle scorte di riserva, di cui all'articolo 8 del de­creto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, e la Cassa conguaglio per il settore elet­trico, di cui al provvedimento del Comi­tato interministeriale dei prezzi 6 luglio 1974, n. 34, sono soppressi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Al fine di consentire la razionalizza­zione e l'efficienza delle strutture di natura pubblicistica operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas naturale e la loro sempli­ficazione gestionale mediante l'accorpa­mento funzionale con altre strutture a totale partecipazione pubblica esistenti, il fondo bombole per metano, di cui alla legge 8 lu­glio 1950, n. 640, e l'Agenzia nazionale delle scorte di riserva, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, sono soppressi dalla data di entrata in vi­gore della presente legge.

 

4. Per incentivare l'utilizzazione del­l'energia elettrica prodotta con fonti rin­novabili, i comuni con popolazione fino a 20.000 residenti possono usufruire del servizio di scambio sul posto dell'ener­gia elettrica prodotta, secondo quanto stabilito dall'articolo 2, comma 150, let­tera a), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per gli impianti di cui sono proprie­tari di potenza non superiore a 200 kW, a copertura dei consumi di proprie utenze, senza tener conto dell'obbligo di coinci­denza tra il punto di immissione e il punto di prelievo dell'energia scambiata con la rete e fermo restando il paga­mento degli oneri di rete.

3. Le funzioni esercitate dal fondo bom­bole per metano, di cui alla legge 8 luglio 1950, n. 640, e dall'Agenzia nazionale delle scorte di riserva di cui all'articolo 8 del de­creto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, sono attribuite alla cassa conguaglio GPL (gas di petrolio liquefatto), di cui al provve­dimento del Comitato interministeriale dei prezzi 28 ottobre 1977, n. 44.

5. La gestione in regime di separa­zione contabile ed amministrativa del fondo bombole per metano, di cui alla legge 8 luglio 1950, n. 640, e le funzioni dell'A­genzia nazionale delle scorte di riserva, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, sono attribuite alla cassa conguaglio GPL (gas di petrolio li­quefatto), di cui al provvedimento del Co­mitato interministeriale dei prezzi n. 44/1977 del 28 ottobre 1977.

4. Le funzioni e i compiti attribuiti alla Cassa conguaglio per il settore elettrico, di cui al provvedimento del Comitato in­terministeriale dei prezzi 6 luglio 1974, n. 34, sono trasferiti all'Acquirente unico Spa, fatta eccezione per le attività di ac­certamento e verifica di natura tecnica, che sono trasferite al Gestore dei servizi elettrici Spa.

Soppresso

5. I soggetti indicati ai commi 3 e 4 suc­cedono a titolo universale agli enti sop­pressi, in ogni rapporto, anche controverso, e ne acquisiscono le risorse finanziarie, strumentali e di personale.

6. Il soggetto indicato al comma 5 succede a titolo universale agli enti sop­pressi in ogni rapporto, anche controverso, e ne acquisisce le risorse finanziarie, strumentali e di personale, senza oneri per la finanza pubblica.

(…)

(…)

 

 

L'articolo 27, introdotto dalla Camera dei deputati e ampiamente integrato e modificato dal Senato, contempla varie misure volte a garantire la sicurezza ed il potenziamento del settore energetico.

In particolare il comma 1, non modificato dal Senato, individua nel Gestore dei servizi elettrici (GSE) l’organismo chiamato a supportare le amministrazioni dello Stato (di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165) nell’ambito di servizi specialistici in campo energetico, sulla base di indirizzi definiti dal Ministro dello sviluppo economico.

Infatti il GSE e le sue controllate forniscono tale supporto secondo modalità stabilite con atto di indirizzo del Ministro dello sviluppo economico e adeguano lo statuto societario entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina.

Si ricorda che a decorrere dal 1° novembre 2005, a seguito dell’emanazione del DPCM 11 maggio 2004(Criteri, modalità e condizioni per l'unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione) che ha disposto il trasferimento del ramo d’azienda relativo a dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete a Terna s.p.a., il Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN) - società per azioni costituita il 27 aprile 1999 in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 3, co. 4, del D.Lgs. 79/99 - ha cambiato denominazione socialediventando Gestore del sistema elettrico - Gse spae svolgendo essenzialmente attività di gestione, promozione e incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia. Al GSE spetta il rilascio della garanzia di origine, riconoscimento introdotto dalla direttiva comunitaria 2001/77 per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabile, e dei certificati RECS (Renewable Energy Certificate System), titoli internazionali, su base volontaria, attestanti la produzione rinnovabile. In capo a detto soggetto, sulla base delle disposizioni dell'art. 1 del decreto, rimangono inoltre le funzioni di cui all'art. 3, commi 12 e 13, del D.Lgs. n. 79/99 (cessione dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica, comunque prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'Enel spa al Gestore della rete di trasmissione nazionale spa; cessione, da parte del Gestore del sistema elettrico spa, dell'energia elettrica ritirata ai sensi del comma 3 dell'art. 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, nonché di quella prodotta da parte delle imprese produttrici-distributrici ai sensi del titolo IV, lettera b) del provvedimento CIP n. 6/92, ceduta al Gestore medesimo previa definizione).

 

Il comma 2, aggiunto dal Senato, prevede che ai fini del rafforzamento dell’attività di tutela dei consumatori l’Autorità per l’energia elettrica e il gas(AEEG)si avvalga – senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica - del Gestore dei servizi elettrici (GSE spa) e dell’Acquirente unico spa, anche:

§      in relazione alle funzioni di pubblicizzazione e diffusione della conoscenza delle condizioni di svolgimento dei servizi e di valutazione dei reclami, delle istanze e delle segnalazioni degli utenti, assegnate all’AEEG ai sensi dell’art. 2, comma 12, lett. l) e m), della legge 481/95[128].

L’articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481,istitutiva dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, al comma 12 ne fissa le funzioni stabilendo che l’Autorità:

l)   pubblicizza e diffonde la conoscenza delle condizioni di svolgimento dei servizi al fine di garantire la massima trasparenza, la concorrenzialità dell'offerta e la possibilità di migliori scelte da parte degli utenti intermedi o finali;

m)valuta reclami, istanze e segnalazioni presentate dagli utenti o dai consumatori, singoli o associati, in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il servizio nei confronti dei quali interviene imponendo, ove opportuno, modifiche alle modalità di esercizio degli stessi ovvero procedendo alla revisione dei regolamenti di servizio;

§      con riferimento allo svolgimento di attività tecniche di accertamento e di verifica dei costi posti a carico del cliente, quali maggiorazioni e ulteriori componenti del prezzo finale dell’energia.

Acquirente Unico è la società per azioni del gruppo GSE S.p.A. cui è affidato per legge il ruolo di garante della fornitura di energia elettrica alle famiglie e alle piccole imprese, a prezzi competitivi e in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio. Il suo compito è quello di acquistare energia elettrica alle condizioni più favorevoli sul mercato e di cederla ai distributori o alle imprese di vendita al dettaglio, per la fornitura ai piccoli consumatori che non acquistano sul mercato libero. Dal 1° luglio 2007, con la completa apertura del mercato elettrico, Acquirente Unico, secondo quanto stabilito dal DL 73/07[129], acquista l’energia elettrica per il fabbisogno dei clienti appartenenti al mercato di “maggior tutela”, consumatori domestici e piccole imprese (connesse in bassa tensione, con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro) che non hanno scelto un nuovo fornitore nel mercato libero. Le modalità di approvvigionamento cui Acquirente Unico deve attenersi sono state fissate nel decreto del Ministro delle attività produttive del 19 dicembre 2003, mentre l'energia elettrica acquistata da Acquirente Unico è rivenduta alle imprese distributrici secondo le direttive dell’AEEG, a prezzi che assicurano la copertura dei costi riconosciuti e l’equilibrio del bilancio.

 

Il comma 3 dispone, nell’ambito di una razionalizzazione delle strutture di natura pubblicistica operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas naturale e della loro semplificazione gestionale, volta a migliorarne l'efficienza, la soppressione a far data dall’entrata in vigore della legge in esame:

§      del Fondo bombole metano di cui alla legge 8 luglio 1950, n. 640;

§      dell'Agenzia nazionale delle scorte petrolifere di cui all'articolo 8 del D.Lgs. n. 32/1998[130].

Il Fondo bombole metano è una gestione istituita nell'ambito dell'Ente metano ai sensi della legge n. 640/1950 e trasferita all'ENI, ai sensi dell'art. 6 della L. 10 febbraio 1053, n. 136, che ha determinato lo scioglimento dell'Ente metano e il trasferimento all'Eni delle sue attribuzioni. Il fondo provvede al controllo periodico dei serbatoi, alla loro sostituzione gratuita, se deteriorati o scaduti, e all’assicurazione contro gli eventuali rischi derivanti dal loro uso.

L'Agenzia nazionale delle scorte petrolifere è stata istituita dall'art. 8, comma 1 del D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32[131] con il compito di gestire, senza fini di lucro, le scorte di riserva di prodotti petroliferi disciplinate dalla legge 10 marzo 1986, n. 61, sulla base di immissioni in consumo dei prodotti, delle giacenze operative degli impianti e della localizzazione dei prodotti nelle aree di consumo, ai sensi della direttiva CEE 68/414/CEE del Consiglio che stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi, poi abrogata per effetto della direttiva 2006/67/CE (versione codificata). L'agenzia, il cui statuto è stato approvato con DM 29 gennaio 2001, espleta le proprie funzioni provvedendo a: distribuire nel territorio nazionale le scorte in base alle disponibilità di stoccaggio e al consumo dei prodotti finiti; soddisfare la domanda di prodotti finiti in caso di crisi; garantire la disponibilità di stoccaggio per gli operatori; registrare le domande di prodotti finiti nelle diverse aree geografiche del paese; verificare le capacità di stoccaggio dei depositi fiscali e la capacità di lavorazione sulla base dei decreti di concessione rilasciati dal Ministero dell'industria (ora dello sviluppo economico); annotare le immissioni al consumo degli impianti di raffinazione e dei depositi fiscali; valutare il grado di utilizzo degli impianti di produzione e di stoccaggio, evidenziando separatamente i quantitativi movimentati tramite permute; determinare la capacità disponibile per gli operatori nei singoli impianti; registrare le tariffe di transito e di permuta, aggregate per aree geografiche, praticate dai titolari degli impianti di deposito o di produzione; trasmettere al Ministero i dati concernenti l'attività dell'Agenzia e, in particolare, il livello delle capacità utilizzate nei singoli impianti, le capacità disponibili e le tariffe praticate, anche aggregate per regione (art. 9, comma 4, D.Lgs. n. 32/98).

 

Il comma 4, inserito in corso d’esame al Senato, consente ai comuni con popolazione fino a 20 mila residenti di usufruire del servizio di scambio sul posto per impianti di proprietà fino a 200Kw, a copertura dei consumi di proprie utenze, secondo quanto stabilito dalla legge finanziaria per il 2008 (L. 244/07), art. 2, comma 150, lett. a), senza obbligo di coincidenza tra il punto di immissione e di prelievo e dietro pagamento degli oneri di rete. Scopo della norma è l’incentivazione dell’utilizzo dell’energia da fonti rinnovabili.

Si ricorda che il citato art. 2, comma 150, lett. a) della legge finanziaria per il 2008 ha affidato al Ministro dello sviluppo economico il compito di stabilire le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica.

La disciplina del servizio di scambio, introdotto dall’art. 6 del D.Lgs. 387/03 per agevolare la diffusione degli impianti di piccola taglia, è stata inizialmente definita dalla delibera AEEG n. 28/2006.

Con il termine scambio sul posto si intende il servizio erogato dall’impresa distributrice competente nell’ambito territoriale in cui è ubicato l’impianto che consiste nell’operare un saldo annuo tra l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto medesimo e l’energia elettrica prelevata dalla rete, nel caso in cui il punto di immissione e di prelievo dell'energia elettrica scambiata con la rete coincidono. Il servizio di scambio sul posto consente ad un cliente di utilizzare i servizi di rete per “immagazzinare” l’energia elettrica immessa quando non ci sono necessità di consumo e di riprelevarla dalla rete quando gli serve. Lo scambio sul posto comporta pertanto il venir meno del costo di acquisto dell’energia elettrica per una quantità pari a quella prodotta dall’impianto (sia la quota auto-consumata immediatamente sia la quota immessa in rete e riprelevata successivamente). Lo scambio sul posto è alternativo alla vendita di energia elettrica: pertanto, nell’ambito dello scambio, le immissioni di energia in rete non possono essere vendute. L’energia elettrica immessa in rete e non consumata nell’anno di riferimento costituisce un credito, in termini di energia ma non in termini economici, che può essere utilizzato nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Al termine dei tre anni successivi, l’eventuale credito residuo viene annullato. Pertanto lo scambio sul posto presenta vantaggi qualora, su base triennale, il consumo di energia elettrica risulti mediamente pari o superiore alla produzione. In caso contrario sarebbe preferibile scegliere, anziché lo scambio sul posto, la vendita di energia elettrica.

Regole più semplici a sostegno della produzione di energia elettrica nei piccoli impianti alimentati da fonti rinnovabili o da cogenerazione sono state introdotte con la delibera AEEG n. 74/08 ai sensi della quale a partire dal 1° gennaio 2009, il servizio di ‘scambio sul posto’ viene gestito non più dai diversi distributori ma dal solo GSE, secondo modalità uniformi per tutto il sistema nazionale. Le nuove regole si applicano agli impianti di produzione da fonti rinnovabili fino a 20 kW e quelli da cogenerazione ad alto rendimento con potenza fino a 200 kW.

Più recentemente con la delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas ARG/elt 1/09 del 12 gennaio 2009, il regime dello scambio sul posto (di cui alla delibera ARG/elt 74/08) è stato esteso agli impianti di generazione alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 200 kW entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007, ai quali si applicheranno le regole già in vigore dal 1° gennaio 2009 per gli impianti da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW.

 

Il comma 5, modificato dal Senato, attribuisce alla Cassa conguaglio GPL (gas di petrolio liquefatto) di cui al provvedimento del CIP n. 44/1977:

§      la gestione del Fondo bombole per metanoin regime di separazione contabile ed amministrativa;

§      le funzioni esercitate dall'Agenzia nazionale delle scorte petrolifere.

Istituita con delibera CIP n. 44/1977 come Cassa conguaglio per i trasporti di gas liquefatto, la Cassa conguaglio GPL ha assunto l’attuale denominazione con il provvedimento CIP 50/1982 che ha provveduto alla sua ristrutturazione. Ente pubblico non economico, si occupa attualmente della gestione del Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti. Tale Fondo, costituito con i contributi versati da titolari di concessione e da gestori di impianti di distribuzione dei carburanti, viene utilizzato per il pagamento di indennizzi, a seguito della chiusura di impianti, a favore di gestori e titolari di autorizzazione o concessione.

Si ricorda che con decreto del Ministro del 19 novembre 2008 i ministri per la Pubblica amministrazione e per la Semplificazione normativa hanno inserito la Cassa conguaglio per il Gpl e la Cassa conguaglio settore elettrico tra gli enti non “tagliati” in base a quanto previsto dalla “manovra estiva” (decreto-legge 112/08 convertito nella legge 133/08).

 

Con il comma 6 si dispone che la Cassa conguaglio GPL, cui sono devolute le attribuzioni degli enti soppressi, succede a titolo universale agli enti stessi, in ogni rapporto, anche controverso, e ne acquisisce le risorse finanziarie, strumentali e di personale, senza oneri per la finanza pubblica (tale ultima precisazione è stata aggiunta dal Senato).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Secondo riesame strategico della politica energetica

Il 13 novembre 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione relativa al secondo riesame strategico della politica energetica (COM(2008)781) con cui propone un piano d'azione europeo in materia di sicurezza e solidarietà nel settore dell'energia che contiene misure per affrontare le due priorità strategiche individuate nel settore energetico:

§      adottare le misure per soddisfare gli obiettivi definiti dal pacchetto energia clima, approvato definitivamente il 23 aprile 2009[132];

§      far fronte alla crescente precarietà dell’approvvigionamento energetico intervenendo in 5 settori prioritari tra i quali, in particolare, si segnala la necessità di attivarsi con maggiore impegno e urgenza per migliorare l’efficienza energetica[133];

In tale contesto la Commissione ha individuato una serie di priorità per migliorare l’interconnessione della rete europea dell’energia, ai fini dell’attuazione del Piano d'azione europeo in materia di sicurezza e solidarietà nel settore dell'energia sopra citato, ritenendo tra l’altro necessario costruire capacità sufficienti di stoccaggio del gas sfruttando i vantaggi offerti dal GNL predisponendo una rete costituita da terminal di GNL e infrastrutture di rigassificazione a bordo di navi. Secondo la Commissione, tutti gli Stati membri dovrebbero disporre - direttamente o mediante altri Stati membri sulla base di accordi per garantire la sicurezza comune dell'approvvigionamento - di capacità di GNL adeguate e, attraverso la possibile estensione della rete alla costa adriatica, anche la Comunità dell'energia potrebbe essere coinvolta;

Efficienza energetica

Sempre nell’ambito del riesame strategico, la Commissione ha presentato la comunicazioneEfficienza energetica: conseguire l'obiettivo del 20%” (COM(2008)772), con la quale definisce la strategia per conseguire l'obiettivo del 20% di risparmio energetico, entro il 2020, stabilito dal Consiglio europeo del marzo 2007.

La Commissione propone di integrare la normativa esistente rafforzando i principali atti legislativi esistenti in materia di efficienza energetica concernenti gli edifici, i prodotti che consumano energia e i pneumatici, nonché di rafforzare l'efficienza energetica nell'approvvigionamento energetico attraverso orientamenti dettagliati per agevolare la diffusione della produzione di energia elettrica da impianti di cogenerazione ad elevata efficienza energetica.

Rendimento energetico degli edifici

Tra le proposte presentate nel piano d'azione dell'UE per la sicurezza e la solidarietà nel settore energetico, nell’ambito del secondo riesame strategico, la Commissione ha presentato una proposta di rifusione[134] della direttiva sul rendimento energetico degli edifici[135] (COM(2008)780).

La Commissione sottolinea la continuità di tale proposta di direttiva con la disciplina vigente, di cui auspica una completa e piena attuazione, confermandone gli obiettivi e i principi fondamentali. In particolare, la proposta chiarisce, rafforza ed amplia il campo di applicazione della vigente direttiva:

§      rafforzando le disposizioni in materia di certificazione energetica, ispezioni degli impianti di riscaldamento e condizionamento, requisiti di rendimento energetico, informazione ed esperti indipendenti.

In particolare, vengono riformulate le prescrizioni relative al rilascio degli attestati al fine di assicurare che per ogni operazione immobiliare sia emesso un attestato e che al potenziale acquirente o locatario siano fornite informazioni sul rendimento energetico dell'edificio (o di sue parti) con sufficiente anticipo (cioè nell'annuncio di vendita o di affitto). La proposta impone, inoltre, l'emissione di un attestato, entro il 31 dicembre 2010, per gli edifici in cui una metratura utile totale superiore a 250 m2 è occupata da enti pubblici. Gli Stati membri, infine, sono tenuti ad informare i proprietari o locatari di edifici in merito agli attestati di certificazione energetica;

§      ampliando il campo di applicazione della disposizione che impone agli Stati membri di fissare requisiti minimi di rendimento energetico in caso di ristrutturazioni importanti.

Per gli edifici esistenti, la proposta elimina la soglia di 1000 m2 di metratura al disotto della quale non è attualmente previsto l'obbligo, in caso di ristrutturazioni importanti[136], di conformarsi ai requisiti minimi di rendimento energetico, nazionali o regionali. Sono importanti le ristrutturazioni che richiedono un investimento che superi il 25% del valore totale dell'edificio, escluso il terreno, o che la ristrutturazione riguardi oltre il 25% degli elementi che servono a separare un edificio dall'esterno (ad esempio, finestre, pareti, soffitto, tetto e sistema di isolamento);

§      allo scopo di pervenire ad un graduale allineamento dei requisiti fissati dai diversi Stati membri, attualmente assai differenziati, si fornisce uno strumento di calcolo comparativo utilizzato dagli Stati membri a scopo di confronto. A partire dal 30 giugno 2014, gli Stati membri non potranno più concedere incentivi per la costruzione o la ristrutturazione di edifici che risultino non conformi ai requisiti minimi di rendimento energetico fissati dagli Stati membri sulla base di tali calcoli;

§      incoraggiando gli Stati membri a elaborare piani nazionali volti a favorire la diffusione sul mercato di edifici con un consumo di energia ed emissioni di carbonio bassi o nulli;

La proposta sposta al 31 dicembre 2010 i termini per il recepimento delle disposizioni nuove o modificate e al 31 gennaio 2012 i termini per l’attuazione. Al fine di rafforzare l'importante ruolo di esempio che il settore pubblico è chiamato a svolgere, il termine per l'attuazione delle disposizioni è più breve nel caso degli enti pubblici (31 dicembre 2010).

Cogenerazione

Per ciò che riguarda la cogenerazione[137], il pacchetto di misure presentato dalla Commissione nel contesto del riesame della politica energetica, comprende:

§      la comunicazione “L'Europa può risparmiare più energia con la generazione combinata di calore ed energia elettrica” (COM(2008)771).

In particolare, la Commissione ribadisce l’importanza della cogenerazione nella lotta contro i cambiamenti climatici, in quanto consente di conseguire risultati in materia di efficienza e risparmio energetico, nonché di riduzione delle emissioni di CO2 e delle perdite di rete. Secondo la Commissione la cogenerazione può, inoltre, rafforzare la competitività mediante lo sviluppo delle tecnologie di cogenerazione ad alto rendimento con potenzialità di esportazione e contribuire allo sviluppo economico, alla crescita e alla creazione di posti di lavoro.

§      una decisione (C(2008)7294) che stabilisce linee guida dettagliate per il calcolo dell'elettricità prodotta mediante cogenerazione, approvata il 19 novembre 2009.

Approvvigionamento di gas naturale

Tra le proposte presentate nel contesto del secondo riesame strategico della politica energetica si segnala anche una comunicazione intesa ad aprire la discussione tra le parti interessate in merito alla possibile revisione della direttiva direttiva 2004/67/CE, del 26 aprile 2004, concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas naturale (COM(2008)769). In particolare, la Commissione individua alcune carenze che potrebbero essere affrontate, ad esempio: definendo norme sulla sicurezza dell'approvvigionamento in modo più dettagliato; definendo un eventuale piano di emergenza comunitario efficace; inserendo obblighi adeguati in materia di comunicazione di dati per aumentare la trasparenza e valutare la situazione dell'UE in materia di sicurezza dell'approvvigionamento; garantendo un "margine di sicurezza dell'approvvigionamento" di gas agli utenti domestici ed agli altri soggetti protetti dalla direttiva attraverso aumento del gas disponibile, nonché della disponibilità di infrastrutture sufficienti per il trasporto del gas; incrementando, ove possibile o necessario, gli stock strategici di gas.

Procedure di contenzioso

Il 12 ottobre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[138] con cui si contesta una non corretta attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia.

La Commissione ritiene che il decreto legislativo n. 192 del 19 agosto 2005, di attuazione della direttiva 2002/91/CE, costituisca un semplice quadro generale di riferimento che avrebbe dovuto essere completato da successivi decreti, linee guida e relazioni da approvare, rispettivamente, entro 120 e 180 giorni, dall’entrata in vigore del D.Lgs. 192. Non avendo ricevuto alcuna comunicazione inerente tali misure di attuazione, né disponendo di altri elementi d’informazione, la Commissione conclude che l’Italia non ha adempiuto all’obbligo di attuare la direttiva in oggetto.


 

Articolo 27, commi 7 e 8
(Sogin Spa)

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

 

(…)

6. Con atto di indirizzo strategico del Mi­nistro dello sviluppo economico e del Mini­stro dell'economia e delle finanze sono ri­definiti i compiti e le funzioni della società Sogin Spa, prevedendo le modalità per di­sporre il conferimento di beni o rami di azienda della società Sogin Spa ad una o più società, partecipate dallo Stato in mi­sura non inferiore al 20 per cento, operanti nel settore energetico.

7. Identico.

7. Ai fini dell'attuazione dell'atto di indi­rizzo strategico di cui al comma 6 e fino alla sua completa esecuzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro trenta giorni dalla data di en­trata in vigore della presente legge, si prov­vede alla nomina di un commissario e di due vicecommissari per la società Sogin Spa, mantenendo in capo ad essa in fase transitoria gli attuali compiti, dipendenze e fonti di finanziamento, che saranno ridefiniti al fine di assicurare una maggiore efficienza nel settore. Il consiglio di amministrazione della società Sogin Spa in carica alla data di entrata in vigore della presente legge de­cade alla medesima data.

8. Ai fini dell'attuazione dell'atto di indi­rizzo strategico di cui al comma 7 e fino alla sua completa esecuzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro trenta giorni dalla data di en­trata in vigore della presente legge, si prov­vede alla nomina di un commissario e di due vicecommissari per la società Sogin Spa, mantenendo in capo ad essa in fase transitoria gli attuali compiti, dipendenze e fonti di finanziamento, che saranno ridefiniti al fine di assicurare una maggiore efficienza nel settore. Il consiglio di amministrazione della società Sogin Spa in carica alla data di nomina dei commissari decade alla medesima data.

 

(…)

 

 

I commi 7 ed 8 dell’articolo in esame si occupano della Sogin S.p.A.

 

Il comma 7 demanda ad un atto di indirizzo strategico del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di ridefinire i compiti e le funzioni della Sogin S.p.A. prevedendo le modalità per disporre il conferimento di beni o rami di azienda di Sogin S.p.A. ad una o più società, partecipate dallo Stato in misura non inferiore al 20 per cento, operanti nel settore energetico.

 

La Società Gestione Impianti Nucleari S.p.A. (SOGIN) è stata istituita nel quadro del riassetto del mercato elettrico disposto dal citato decreto legislativo n. 79 del 1999; con la trasformazione dell'ENEL in una Holding formata da diverse società indipendenti, le attività nucleari sono state trasferite alla SOGIN, che ha pertanto incorporato le strutture e le competenze precedentemente applicate alla progettazione, alla costruzione e all’esercizio delle centrali elettronucleari italiane, ed ha conseguentemente acquisito le quattro centrali nucleari italiane di Trino, Caorso, Latina e Garigliano di Sessa Aurunca. Poiché con il referendum del 1987 è stata bloccata la possibilità di costruire nuove centrali nucleari, la SOGIN, oltre ad essere impegnata in attività ricerca, consulenza, assistenza e servizio in campo nucleare, energetico e ambientale, ha avuto come missione lo smantellamento (decommissioning)degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi. Nel 2003 le sono stati affidati in gestione gli impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di ENEA (l'impianto EUREX di Saluggia, gli impianti OPEC e IPU della Casaccia, l’impianto ITREC di Rotondella). L'impianto di Bosco Marengo è stato acquisito nel 2005.

 

Ai fini dell'attuazione dell'indirizzo strategico di cui al comma 7, il successivo comma 8 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame, si provveda alla nomina di un commissario e di due vicecommissari per la società Sogin Spa, mantenendo in capo ad essa in fase transitoria gli attuali compiti, dipendenze e fonti di finanziamento.

Si prevede altresì che il Consiglio di amministrazione della SOGIN Spa, in carica alla data di nomina dei commissari, decada alla medesima data.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 9
(Piano straordinario per l’efficienza e il risparmio energetico)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

8. Al fine di accelerare e assicurare l'at­tuazione dei programmi per l'efficienza e il risparmio energetico, nei limiti di stanzia­mento a legislazione vigente, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare e d'intesa con la Confe­renza unificata di cui all'articolo 8 del de­creto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, predispone un piano straordinario per l'efficienza e il ri­sparmio energetico entro il 31 dicembre 2009 e lo trasmette alla Commissione eu­ropea. Il piano straordinario predisposto con l'apporto dell'Agenzia di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, contiene in particolare:

9. Al fine di accelerare e assicurare l'at­tuazione dei programmi per l'efficienza e il risparmio energetico, nei limiti di stanzia­mento a legislazione vigente, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, predispone un piano straordinario per l'efficienza e il risparmio energetico entro il 31 dicembre 2009 e lo trasmette alla Commissione eu­ropea. Il piano straordinario, predisposto con l'apporto dell'Agenzia di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, contiene in particolare:

     a) misure per favorire il coordina­mento e l'armonizzazione tra le funzioni e i compiti in materia di efficienza energetica svolti dallo Stato, dalle regioni, dalle pro­vince autonome e dagli enti locali;

     a) identica;

 

     b) misure volte ad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico e la riqualificazione energetica degli edifici esistenti;

     b) valutazioni di efficacia dei pro­grammi e delle iniziative attuati e in fase di avvio, con definizione di strumenti per la raccolta centralizzata delle informazioni;

     c) identica;

     c) meccanismi e incentivi per l'offerta di servizi energetici da parte di categorie professionali, organismi territoriali, imprese e loro associazioni e grandi centri commer­ciali;

     d) meccanismi e incentivi per l'offerta di servizi energetici da parte di categorie professionali, organismi territoriali, imprese e loro associazioni, ESCO e soggetti forni­tori di servizi energetici come definiti al­l'articolo 2 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e grandi centri com­merciali;

 

     e) meccanismi e incentivi per lo sviluppo dei sistemi di microcogenera­zione e di piccola cogenerazione;

 

     f) sostegno e sviluppo della do­manda di titoli di efficienza energetica e dei certificati verdi attraverso un am­pliamento ed in sostegno della do­manda;

     d) definizione di indirizzi per la sostitu­zione di prodotti, apparecchiature e processi con sistemi ad alta efficienza, an­che estendendo l'applicazione dei certificati bianchi e di standard di efficienza, anche prevedendo forme di detassazione e l'istitu­zione di fondi di rotazione per il finanzia­mento tramite terzi nei settori dell'edilizia, dell'industria e del trasporto.

     h) definizione di indirizzi per l'acqui­sto e l'installazione di prodotti nuovi e per la sostituzione di prodotti, apparec­chiature e processi con sistemi ad alta effi­cienza, anche estendendo l'applicazione dei certificati bianchi e di standard di effi­cienza, anche prevedendo forme di detas­sazione e l'istituzione di fondi di rotazione per il finanziamento tramite terzi nei settori dell'edilizia per uso civile abitativo o ter­ziario, delle infrastrutture, dell'industria e del trasporto;

 

     i) misure volte a favorire le piccole e medie imprese e agevolare l'accesso delle medesime all'autoproduzione, con particolare riferimento alla microgenera­zione distribuita, all'utilizzo delle migliori tecnologie per l'efficienza energetica e alla cogenerazione.

(…)

(…)

 

 

Il comma 9, modificato dal Senato, demanda al Ministro dello sviluppo economico la predisposizione, entro il 31 dicembre 2009, di un piano straordinario per l'efficienza ed il risparmio energetico da trasmettere alla Commissione europea.

Il piano - per la cui predisposizione è richiesto il concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti[139] nonché l’intesa con la Conferenza unificata - è preparato con l'apporto dell'Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, di cui all'articolo 4 del D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 115, ed è volto ad accelerare l'attuazione dei programmi per l'efficienza ed il risparmio energetico, nei limiti di stanziamento a legislazione vigente.

Ai sensi dell'articolo 4 del D.Lgs. n. 115/2008, di attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e dei servizi energetici, l’ENEA svolge le funzioni di autorità nazionale di controllo e supervisione del quadro istituito dalla predetta direttiva. Tale quadro è finalizzato (art. 4, par. 1) all'adozione da parte degli Stati membri di un obiettivo nazionale indicativo globale di risparmio energetico, pari al 9% per il nono anno di applicazione della direttiva medesima, da conseguire tramite i servizi energetici e altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica. L'ENEA svolge il predetto compito di controllo tramite una struttura, denominata Agenzia nazionale per l'efficienza energetica (di seguito: «Agenzia»), senza nuovi o maggiori oneri, né minori entrate a carico della finanza pubblica e nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. A tale struttura, secondo il par. 4 dell'art. 4 della citata direttiva comunitaria, è attribuito il compito di verificare il risparmio energetico risultante dai servizi energetici e dalle altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica, comprese quelle vigenti a livello nazionale e di riferire in merito ai risultati della verifica.

L'Agenzia opera secondo un proprio piano di attività, predisposto dall'ENEA e, come prescritto dal comma 4 dell'art. 4 del D.Lgs. n. 115, svolge anche funzioni di supporto al Ministero per lo sviluppo economico e alle regioni; di verifica e monitoraggio dei progetti di risparmio energetico; di predisposizione di tecniche per definire metodi di misurazione e verifiche del risparmio; di supporto tecnico-scientifico e consulenza per lo Stato, le regioni e gli enti locali anche ai fini della predisposizione degli strumenti attuativi necessari al conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali di risparmio energetico e di informazione ai cittadini.

Il suddetto piano conterrà in particolare:

a)      misure per favorire il coordinamento e l'armonizzazione tra funzioni e compiti in materia di efficienza energetica svolti dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome e dagli enti locali;

b)      misure finalizzate alla promozione di nuova edilizia a risparmio energetico e alla riqualificazione energetica degli edifici esistenti(lettera aggiunta dal Senato);

c)      valutazioni di efficacia dei programmi e delle iniziative attuate e in fase di avvio con definizione di strumenti per la raccolta centralizzata delle informazioni;

d)      meccanismi ed incentivi per l'offerta di servizi energetici da parte di categorie professionali, organismi territoriali, imprese e loro associazioni, ESCO e fornitori di servizi energetici definiti dal D.Lgs. 115/08 (integrazione disposta dal Senato)e grandi centri commerciali.

Ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 115/08 cit. per ESCO (Energy Service Company) si intende la persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici o altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell'utente e, ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell'efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento. Per fornitore di servizi energetici si intende il soggetto che fornisce tali servizi e che può essere uno dei soggetti di cui alle lettere i), q), r), s), z) ed aa) dell’art. 2 (vale a dire ESCO, distributore di energia, gestore del sistema di distribuzione, società di vendita di energia al dettaglio, esperto in gestione dell'energia, ESPCo[140]);

e)      meccanismi e incentivi per lo sviluppo dei sistemi di microcogenerazione e di piccola cogenerazione (lettera aggiunta dal Senato);

f)        sostegno e sviluppo della domanda di titoli di efficienza energetica (certificati bianchi) e dei certificati verdi attraverso un ampliamento ed in sostegno (rectius: il sostegno) della domanda (lettera aggiunta dal Senato);

g)      misure di semplificazione amministrativa che consentano lo sviluppo reale del mercato della generazione distribuita (lettera aggiunta dal Senato);

h)      definizione di indirizzi per l’acquisto e l’installazione di prodotti nuovi e per la sostituzione di prodotti, apparecchiature e processi con sistemi ad alta efficienza anche attraverso l’estensione dell’applicazione dei certificati bianchi e di standard di efficienza, e prevedendo forme di detassazione, nonché l'istituzione di fondi di rotazione per il finanziamento tramite terzi nei settori dell'edilizia per uso civile abitativo o terziario, delle infrastrutture, dell'industria e del trasporto;

I certificati bianchi sono titoli di efficienza energetica (TEE) rilasciati dal Gestore del mercato elettrico (GME) che attestano il conseguimento di risparmi di energia da parte dei distributori di energia elettrica e gas conseguiti attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica. Gli obiettivi di incremento della suddetta efficienza possono essere conseguiti dai distributori sia attraverso la realizzazione di progetti di efficienza energetica - con conseguente emissione dei TEE - sia attraverso l’acquisto dei certificati da altri soggetti. L’acquisto e lo scambio di titoli può avvenire tramite contratti bilaterali o un apposito mercato istituito dal Gestore del Mercato Elettrico (GME). La disciplina dei certificati bianchi è stata sottoposta ad una revisione e ad un aggiornamento da parte del DM 21 dicembre 2007[141]che ne haallargato la disciplina ai distributori con meno di 100 mila clienti ma più di 50 mila[142]. L’Autorità ha definito le regole tecniche ed economiche per l’attuazione del meccanismo e ripartisce annualmente gli obiettivi nazionali tra i distributori di energia elettrica e gas naturale secondo i criteri definiti dai decreti. I decreti stabiliscono che ogni anno vengano fissati obiettivi di risparmio obbligatori per i distributori di energia elettrica e le imprese distributrici di gas naturale. Per dimostrare di aver raggiunto gli obblighi di risparmio energetico e non incorrere in sanzioni dell’Autorità, i distributori devono consegnare annualmente all’Autorità un numero di ‘titoli di efficienza energetica’ equivalente all’obiettivo obbligatorio. L’Autorità valuta i risparmi energetici conseguiti dai singoli interventi e autorizza il GME all’emissione dei certificati bianchi. I TEE sono emessi dal Gestore del mercato elettrico (GME) a favore dei distributori, delle società controllate dai distributori medesimi o a favore di società operanti nel settore dei servizi energetici (ESCO) con l’obiettivo di certificare la riduzione dei consumi conseguita attraverso interventi e progetti di incremento di efficienza energetica.

i)        misure volte a favorire le PMI e ad agevolarne l’accesso all’autoproduzione, con particolare riferimento alla microgenerazione distribuita, all’utilizzo delle migliori tecnologie per l’efficienza energetica e alla cogenerazione (lettera aggiunta dal Senato).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 10 e 11
(Modifiche alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di incentivi per impianti alimentati da fonti rinnovabili e di efficienza energetica)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

10. All'articolo 2 della legge 24 di­cembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) al comma 152, le parole: «31 di­cembre 2008» sono sostituite dalle se­guenti: «30 giugno 2009, termine non prorogabile»;

 

     b) al comma 162, le parole da: «A decorrere dal 1° gennaio 2010» fino a: «all'interno di apparati» sono soppresse;

 

     c) il comma 163 è abrogato.

 

11. All'attuazione della disposizione di cui al comma 10, lettera a), si prov­vede, nel limite massimo di 300.000 euro per l'anno 2009, mediante corrispon­dente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di poli­tica economica.

(…)

(…)

 

 

Il comma 10, introdotto dal Senato, interviene in materia di incentivi per impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili e di efficienza energetica attraverso la modifica dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), prevedendo in particolare:

a)      laproroga al 30 giugno 2009 del terminefissato al 31 dicembre 2008 dal comma 152 dell’art. 2 entro il quale agli impianti alimentati da energia rinnovabile, entrati in esercizio entro tale data, viene riconosciuta la possibilità di cumulare più incentivi pubblici. Il nuovo termine è improrogabile.

Il comma 152, infatti, esclude per gli impianti entrati in esercizio successivamente al 31 dicembre 2008 la possibilità di cumulare più incentivi pubblici consentita agli impianti entrati in esercizio nel corso del 2008.

b)      la soppressione al comma 162, del divieto – a far data dal 1° gennaio 2010 - di commercializzazione di tutti gli elettrodomestici appartenenti a classi energetiche inferiori alla classe A e di motori elettrici appartenenti alla classe 3 anche posti all’interno di apparati;

c)      l’abrogazione del comma 163 che ha introdotto il divieto, a far data dal 1° gennaio 2011, di importare, distribuire e vendere lampadine ad incandescenza, nonché elettrodomestici privi di dispositivo per l’interruzione completa del collegamento alla rete elettrica.

 

Ai sensi del comma 11 all’attuazione delle disposizioni di cui al precedente comma, lett. a), si provvede, entro il limite di 300 mila euro per l’anno 2009, mediante riduzione di pari importo dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 10, comma 5, del DL 282/04[143], relativa al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 12
(Fondo di sviluppo delle isole minori)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

9. All'articolo 2, comma 41, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, l'ultimo periodo è sostituito dai seguenti: «I criteri per l'eroga­zione del Fondo di sviluppo delle isole mi­nori sono stabiliti con decreto del Presi­dente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sen­tite l'Associazione nazionale dei comuni delle isole minori (ANCIM) e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legi­slativo 28 agosto 1997, n. 281, e succes­sive modificazioni. Con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, sono individuati gli interventi am­messi al relativo finanziamento, previa in­tesa con gli enti locali interessati».

12. Identico.

(…)

(…)

 

 

Il comma 12 dell’articolo in esame,non modificato durante l’iter al Senato, dispone talune variazioni ai criteri di erogazione del Fondo per lo sviluppo delle isole minori, istituito dall’articolo 2, comma 41, della legge n. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008).

In particolare la norma, novellando il citato comma 41, prevede che i criteri di erogazione delle risorse del Fondo siano stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione nazionale comuni isole minori (ANCIM) e la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del D.Lgs. n. 281/1997.

Gli interventi ammessi al finanziamento del Fondo sono individuati mediante apposito decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, adottato di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, previa intesa con gli enti locali interessati.

Secondo la normativa vigente, all’erogazione del fondo si provvede sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Associazione nazionale isole minori (ANCIM), nel quale devono essere indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni. Tale documento è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia, sentita la Conferenza unificata.

 

Si ricorda che il Fondo per lo sviluppo delle isole minori è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali dall'articolo 2, comma 41, della legge n. 244/2007 con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. La disposizione ha previsto che al fondo confluissero le risorse del “Fondo per la tutela e sviluppo delle isole minori”[144], istituito presso il Ministero dell’interno, dall’art. 25, co. 7, della legge n. 488/2001 (finanziaria per il 2002).

A seguito delle riduzioni di autorizzazioni legislative di spesa operate con il D.L. n. 93/2008 (c.d. “decreto ICI”), la dotazione del Fondo per lo sviluppo delle isole minori per gli anni 2010 e successivi è stata annullata.

Il fondo, che presenta pertanto stanziamenti per il solo anno 2009, è destinato a finanziare:

-        specifici interventi nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone.

La norma prevede l’uso prioritario delle risorse del fondo per i progetti realizzati nelle aree protette e nella rete “Natura 2000[145]”, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti e delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, alla contingentazione dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici e alla certificazione ambientale dei servizi;

-        misure dirette a favorire la competitività delle imprese insulari.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 13
(Soggetti sottoposti alla vigilanza dell’AEEG)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

10. La lettera a) del comma 2 dell'arti­colo 5 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, è abrogata.

Soppresso

 

13. All'articolo 81, comma 18, del de­creto-legge 25 giugno 2008, n. 112, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il secondo pe­riodo è inserito il seguente: «La vigi­lanza dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas si applica ai soli soggetti il cui fatturato è superiore a quello previsto dall'articolo 16, comma 1, prima ipotesi, della legge 10 ottobre 1990, n. 287».

(…)

(…)

 

 

Il comma 13 dell’articolo 27, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, restringe il campo della vigilanza anti-traslazione dei prezzi sui consumatori finali da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas per quanto concerne la cosiddetta “Robin tax” alle imprese il cui fatturato superi i 448 milioni di euro, di cui al richiamato articolo 16, comma 1, prima ipotesi, della legge n. 287 del 1990.

 

Si ricorda che il comma 16 dell’articolo 81 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha stabilito che in dipendenza dell’andamento dell’economia e dell’impatto sociale dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società di cui all’articolo 75 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è applicata con una addizionale di 5,5 punti percentuali per i soggetti che abbiano conseguito nel periodo di imposta precedente un volume di ricavi superiore a 25 milioni di euro e che operano nei settori di seguito indicati:

a)  ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;

b)  raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per usi vari, oli lubrificanti e residuati, gas di petrolio liquefatto e gas naturale;

c)  produzione o commercializzazione di energia elettrica.

Nel caso di soggetti operanti anche in settori diversi da quelli di cui alle lettere a), b) e c), la disposizione del primo periodo si applica qualora i ricavi relativi ad attività riconducibili ai predetti settori siano prevalenti rispetto all’ammontare complessivo dei ricavi conseguiti. La medesima disposizione non si applica ai soggetti che producono energia elettrica mediante l’impiego prevalente di biomasse e di fonte solare-fotovoltaica o eolica.

 

Il successivo comma 18 dell’articolo 81 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 fa divieto agli operatori economici dei settori richiamati al comma 16 di traslare l'onere della maggiorazione d'imposta sui prezzi al consumo.

L'Autorità per l'energia elettrica e il gas deve vigilare sulla puntuale osservanza di tale disposizione.

 

Con l’integrazione disposta dal comma in esame la vigilanza anti-traslazione dei prezzi sui consumatori finali da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas per quanto concerne la “Robin tax” viene ristretta alle imprese il cui fatturato superi i 448 milioni di euro, di cui all’articolo 16, comma 1, prima ipotesi, della legge n. 287/1990.

 

L’articolo 16, comma 1, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante Norme per la tutela della concorrenza e del mercato, prevede l’obbligo di preventiva comunicazione all'Autorità delle operazioni di concentrazione disciplinate all'articolo 5 della legge, qualora il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'insieme delle imprese interessate superi i cinquecento miliardi di lire, ovvero qualora il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'impresa di cui è prevista l'acquisizione superi i cinquanta miliardi di lire.

L'ammontare di fatturato previsto dal comma in esame è stato fissato, nella prima ipotesi, a quattrocentoquarantotto milioni di euro e, nella seconda ipotesi, a quarantacinque milioni di euro dal Provvedimento n. 18205 del 30 aprile 2008 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, pubblicato nel Bollettino 5 maggio 2008, n. 12.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 5 cit. una operazione di concentrazione si realizza:

a)quando due o più imprese procedono a fusione;

b)  quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;

c)  quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune”.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 14-17
(Incentivazione delle fonti rinnovabili)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

11. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di age­volare e promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, il Ministro dello svi­luppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'intesa con la Conferenza unifi­cata di cui all'articolo 8 del decreto legisla­tivo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con proprio decreto, definisce norme, criteri e procedure standardizzate che le amministrazioni responsabili adot­tano ai fini dell'individuazione delle risorse rinnovabili disponibili e dell'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio delle diverse tipologie di impianti che utilizzano le fonti rinnovabili di energia, fatti salvi gli impianti idroelettrici e geotermoelettrici con potenza superiore a 10 MWe. Il decreto stabilisce criteri e meccanismi per migliorare la rac­colta e lo scambio delle informazioni. Le norme e le procedure standardizzate sono definite nel rispetto dei principi della sem­plificazione, della certezza e della traspa­renza dell'azione amministrativa.

14. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di age­volare e promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, il Ministro dello svi­luppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrut­ture e dei trasporti e d'intesa con la Con­ferenza unificata di cui all'articolo 8 del de­creto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con proprio de­creto, definisce norme, criteri e procedure standardizzate che le amministrazioni re­sponsabili adottano ai fini dell'individua­zione delle risorse rinnovabili disponibili e dell'autorizzazione alla costruzione e all'e­sercizio delle diverse tipologie di impianti che utilizzano le fonti rinnovabili di energia, fatti salvi gli impianti idroelettrici e geoter­moelettrici con potenza superiore a 10 MWe. Il decreto stabilisce criteri e meccani­smi per migliorare la raccolta e lo scambio delle informazioni. Le norme e le procedure standardizzate sono definite nel rispetto dei principi della semplificazione, della certezza e della trasparenza dell'azione amministra­tiva e della salvaguardia della salute dei cittadini e della tutela ambientale, non­ché nel rispetto delle competenze delle regioni e delle amministrazioni locali.

 

15. A decorrere dal 1° gennaio 2007, il segno zonale non concorre alla determi­nazione dei corrispettivi di conguaglio e di rettifiche, già effettuate in corso d'anno, degli oneri di dispacciamento dovuti al gestore della rete elettrica na­zionale.

 

16. Allo scopo di rendere più effi­ciente il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili, l'obbligo, di cui all'arti­colo 11, commi 1 e 2, del decreto legisla­tivo 16 marzo 1999, n. 79, è trasferito ai soggetti che concludono con la società Terna Spa uno o più contratti di dispac­ciamento di energia elettrica in prelievo ai sensi della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 9 giugno 2006, n. 111/06.

 

17. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità con cui, a decorrere dall'anno 2011 e sulla base dell'energia elettrica prelevata nell'anno precedente, si pro­cede all'attuazione di quanto stabilito dal comma 16. Con il medesimo decreto sono rimodulati gli incrementi della quota minima di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sulla base degli effetti del trasferimento di cui al comma 16 e coerentemente con gli impegni di svi­luppo delle fonti rinnovabili assunti a li­vello nazionale e comunitario.

(…)

(…)

 

 

I commi 14-17 recano disposizioni in materia di fonti energetiche rinnovabili con particolare riferimento alla loro incentivazione.

Il comma 14, al fine di promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili, demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione di norme, criteri e procedure standardizzate che le amministrazioni responsabili adottano per individuare le risorse rinnovabili disponibili e per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio delle varie tipologie di impianti che utilizzano le fonti energetiche rinnovabili, fatti salvi gli impianti idroelettrici e geotermoelettrici con potenza superiore a 10 MWe.

Il termine ultimo per l’adozione del decreto - per cui è richiesto il concerto con i Ministri dell'ambiente e delle infrastrutture[146] e l’intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del D.Lgs. 281/97 - è fissato in un anno dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

Il decreto stabilisce criteri e meccanismi volti a migliorare la raccolta e lo scambio delle informazioni.

Le norme e le procedure standardizzate sono definite nel rispetto dei principi della semplificazione, della certezza e della trasparenza dell'azione amministrativa e – come precisato dal Senato - della salvaguardia della salute dei cittadini e della tutela dell’ambiente. Nel definire le norme e procedure standardizzate occorre rispettare altresì – come disposto dal Senato - le competenze regionali e delle amministrazioni locali.

 

Il comma 15, introdotto dal Senato, stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, il segno zonale non concorre a determinare i corrispettivi di conguaglio e di rettifiche degli oneri di dispacciamento dovuti al gestore della rete elettrica nazionale, che siano già state effettuate in corso d’anno.

 

Il comma sancisce quanto già contenuto nella recente delibera dell’Autorità ARG/ELT 34/09, del 27 marzo 2009 e pertanto “cristallizza” in una legge un contenuto già attuato da un provvedimento dell’Autorità, costituendo in tal modo un vincolo per il sistema (nell’eventualità di dover intervenire con prontezza su questo genere di materia, infatti, lo strumento amministrativo della delibera dell’Autorità è senz’altro il più agile).

 

Si osserva che il testo appare di difficile comprensione nella parte in cui fa riferimentoallerettifiche “già effettuate in corso d'anno”.

 

Il comma 16,introdotto dal Senato, stabilisce che a partire dal 2011 la quota obbligatoria di produzione di energia da fonti rinnovabili sia calcolata sul consumo e non più in base alla produzione e all'import come attualmente previsto dal D.Lgs. n. 79/99 all’articolo 11.

Infatti trasferisce l'obbligo di immettere nella rete elettricauna quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili, di cui al citato D.Lgs 79/99, daiproduttori e importatori ai soggetti che concludono con la società Terna Spa uno o più contratti di dispacciamento di energia elettrica in prelievo ai sensi della delibera dell’AEEG 111/06[147].

 

Si ricorda che il meccanismo dei certificati verdi consiste nell’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%[148], è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh, successivamente ridotta a 50 GWh. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo della precedenza nel dispacciamento.

Il comma 17, introdotto dal Senato,rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle modalità per procedere all’attuazione – con decorrenza dal 2011 e sulla base dell’energia prelevata l’anno precedente - delle disposizioni di cui al comma precedente.

Lo stesso decreto, il cui termine di adozione è fissato entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, provvederà alla rimodulazione degli incrementi della quota minima di cui al citato D.Lgs. 79 /99, art. 11, co. 2, sulla base del trasferimento dell’obbligo previsto dal precedente articolo e in coerenza con gli impegni di sviluppo delle fonti rinnovabili assunti a livello nazionale e comunitario.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 18
(Procedura per l’installazione e l’esercizio delle unità
di microcogenerazione e piccola cogenerazione)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

18. L'installazione e l'esercizio di unità di microcogenerazione così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, sono assoggettati alla sola comunicazione da presentare alla auto­rità competente ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regola­mentari in materia edilizia, di cui al de­creto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. L'installazione e l'e­sercizio di unità di piccola cogenera­zione, così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto legisla­tivo 8 febbraio 2007, n. 20, sono assog­gettati alla disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

(…)

(…)

 

 

Il comma 18 reca la disciplina delle procedure di installazione e di esercizio di unità di microcogenerazione e di piccola cogenerazione, così come definite dal D.Lgs. 20/07, art. 2, comma 1, rispettivamente alle lettere e) e d).

Si ricorda, preliminarmente, che ai sensi dell’ art. 2, comma 1, lett. a), b) e c) del D.Lgs 8 febbraio 2007, n. 20 (Attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia, nonché modifica alla direttiva 92/42/CEE ) la cogenerazione è la creazione simultanea, in un unico processo, di energia termica ed elettrica o termica e meccanica o termica, elettrica e meccanica; per unità di cogenerazione una sezione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore e per produzione mediante cogenerazione la somma dell'elettricità, dell'energia meccanica e del calore utile prodotti mediante cogenerazione. Conseguentemente si intende:

-        per unità di microcogenerazione, un'unità di cogenerazione con una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe (art. 2, comma 1, lett. e);

-        per unità di piccola cogenerazione, un'unità di cogenerazione con una capacità di generazione installata inferiore a 1 Mwe (art. 2, comma 1, lett. d).

 

In particolare il comma in esame assoggetta:

§      l’installazione e l’esercizio di unità di microcogenerazione alla sola comunicazione da presentare all’autorità competente ai sensi del DPR 380/2001 (TU in materia edilizia);

Dato che nel citato DPR n. 380 i titoli abilitativi all’attività edilizia sono rappresentati unicamente dal permesso di costruire e dalla DIA, la “comunicazione” contemplata dal comma in esame per le unità di microcogenerazione sembra essere riferita all’art. 125 dello stesso DPR sulla denuncia dell’inizio dei lavori relativi ad impianti per fonti rinnovabili di energia. Tale articolo prevede che per l’installazione o trasformazione di tali impianti il proprietario debba depositate presso lo sportello unico la denuncia di inizio lavori relativi alle opere previste corredata da una relazione tecnica, sottoscritta dal progettista.

§      l’installazione e l’esercizio di unità di piccola cogenerazione alla disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli artt. 22 e 23 del citato DPR n. 380/2001.

 

Si ricorda, infatti, che la denuncia di inizio attività (cd. DIA) rappresenta uno dei titoli abilitativi all’attività edilizia (oltre al permesso di costruire e all’attività edilizia libera), disciplinato dagli artt. 22 e 23 del citato T.U. dell’edilizia.

L’ambito di operatività della DIA è definito residualmente, così come disposto dall'art. 22, comma 1. Sono, pertanto, soggetti a DIA gli interventi non ricompresi negli artt. 6 e 10, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente (l’art. 6 reca le fattispecie di attività edilizia libera, mentre l’art. 10 gli interventi soggetti a permesso di costruire).

La DIA ha, pertanto, a oggetto interventi edilizi minori, con facoltà per l'interessato di chiedere alternativamente il permesso di costruire (art. 22, comma 7)[149].

La DIA, in linea di principio, è gratuita, salvo che diventi onerosa per effetto delle leggi regionali.

Per quanto riguarda la disciplina procedimentale della Dia essa è contenuta nell’art. 23. Viene previsto, in estrema sintesi, che il proprietario dell'immobile, almeno 30 giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenti allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. La DIA deve essere corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori. La DIA è soggetta al silenzio assenso. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la DIA.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 19-20
(Disposizioni per promuovere l’utilizzo di fonti rinnovabili)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

12. Allo scopo di promuovere l'utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia e di incentivare la costruzione di impianti fotovoltaici, ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e delle relative disposizioni di attua­zione, i comuni possono destinare aree ap­partenenti al proprio patrimonio disponibile alla realizzazione degli impianti per l'eroga­zione in «conto energia» e dei servizi di «scambio sul posto» dell'energia elettrica prodotta, da cedere a privati cittadini che intendono accedere agli incentivi in «conto energia» e sottoscrivere contratti di scam­bio energetico con il gestore della rete.

19. Identico.

13. Al comma 2 dell'articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, come sosti­tuito dall'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, dopo le parole: «maggioranza semplice delle quote mille­simali» sono aggiunte le seguenti: «rappre­sentate dagli intervenuti in assemblea».

20. Identico.

(…)

(…)

 

 

I commi 19 e 20, non modificati dal Senato, recano disposizioni volte ad incentivare l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili.

 

Nello specifico il comma 19 consente ai comuni di destinare aree appartenenti al proprio patrimonio disponibile per la realizzazione di impianti per l'erogazione in «conto energia» e di servizi di «scambio sul posto» dell'energia elettrica prodotta, da cedere a privati cittadini che intendono accedere agli incentivi in «conto energia» e sottoscrivere contratti di scambio energetico con il gestore della rete. Lo scopo è quello di promuovere l'utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia ed incentivare la costruzione di impianti fotovoltaici, ai sensi degli articoli 6 e 7 del D.Lgs 387/03[150].

Conto energia è il nome comune assunto dal programma europeo di incentivazione in conto esercizio della produzione di elettricità da fonte solare mediante impianti fotovoltaici connessi in via permanente alla rete elettrica. Il conto energia è stato introdotto in Italia in forza del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, con cui è stata recepita la citata direttiva 2001/77/CE, ed è stato attuato con il decreto del Ministero delle attività produttive e dell'ambiente del 5 agosto 2005 (che fissa i tempi ed i termini per l'incentivazione), poi modificato con il DM 6 febbraio 2006 e da ultimo con il DM 23 febbraio 2007, che ha disciplinato l’accesso alle tariffe incentivanti per chi produce energia attraverso impianti fotovoltaici, e fissato le tariffe da un minimo di 36 ad un massimo di 49 centesimi di euro per kWh prodotto, innalzandole rispetto alla normativa previgente.

Il servizio di scambio sul posto di energia, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 387 del 2003 è il servizio erogato dal Gestore contraente che consiste nell'operare un saldo annuo tra l'energia elettrica immessa in rete dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili, e l'energia elettrica prelevata dalla rete, nel caso in cui il punto di immissione e di prelievo dell'energia elettrica scambiata con la rete coincidono; con questo servizio, l’utente rimane comunque connesso alla rete elettrica, e consuma l’energia che serve quando serve, a prescindere dalla produzione dell’impianto fotovoltaico, senza alcuna differenza con quello che avveniva prima dell’installazione dell’impianto fotovoltaico. Il distributore di energia tiene conto dell’energia prodotta in eccesso e quindi non consumata dall’impianto fotovoltaico, e compensa in bolletta i consumi avvenuti in assenza di produzione fotovoltaica con la produzione eccedente. Recentemente con la delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas ARG/elt 1/09 del 12 gennaio 2009, il regime dello scambio sul posto (di cui alla delibera ARG/elt 74/08) è stato esteso agli impianti di generazione alimentati a fonti rinnovabili di potenza fino a 200 kW entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007, ai quali si applicheranno le regole già in vigore dal 1° gennaio 2009 per gli impianti da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW. (cfr.scheda relativa all’art. 27, commi 1-6).

 

Il comma 20 integra la disposizione della legge n. 10/91 - come modificata dal D.Lgs. 311/06 sul rendimento energetico nell’edilizia - che riconosce la validità delle decisioni condominiali concernenti interventi di contenimento dei consumi energetici e di utilizzazione delle fonti rinnovabili (sia sugli edifici che sugli impianti) se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali, precisando che tali quote millesimali sono quelle rappresentate dagli intervenuti in assemblea.

Con il comma 2 dell'art. 26 della legge n. 10 del 1991, recante norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, come modificato dall'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell'edilizia, si dispone che per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia rinnovabili, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 21
(Proroga di un anno del termine di entrata in esercizio
degli impianti di cogenerazione)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

21. Il termine previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, per l'entrata in esercizio degli im­pianti di cogenerazione è prorogato di un anno, al fine di salvaguardare i diritti acquisiti ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

(…)

(…)

 

 

Il comma 21, introdotto dal Senato,proroga (rectius: differisce) di un anno – vale a dire al 31 dicembre del 2009 - il termine di entrata in esercizio degli impianti di cogenerazione, fissato al 31 dicembre 2008 dall’articolo 14 del D.Lgs. 20/07, ai fini della salvaguardia dei diritti alla emissione di certificati verdi relativi all’energiaprodotta da impianti di cogenerazione abbinati a reti di teleriscaldamento riconosciuti dall’art. 1, comma 71, della legge 239/04 (di riordino del settore energetico).

Il comma 71, art. 1, della legge 23 agosto 2004, n. 239[151](c.d. Legge Marzano), peraltro abrogato dalla legge finanziaria per il 2007 (Legge n. 296/06, art. 1, comma 1120), ha esteso lostrumento di incentivazione della produzione di energia elettrica basato sui c.d. “Certificati Verdiall’energia elettrica prodotta mediante utilizzo di idrogeno e a quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

L’articolo 14 cit. al comma 1, fa salvi i diritti acquisiti dai soggetti titolari degli impianti di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento realizzati o in fase di realizzazione in attuazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 239/2004, come vigente al 31 dicembre 2006, purché gli stessi impianti risultino in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:

a)  siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge 239/2004 e la data del 31 dicembre 2006;

b)  siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 239/2004 e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008;

c)  entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

 

Andrebbe valutata l’opportunità di formulare la norma come novella all’art. 14, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. 20/2007.

Si segnala inoltre che l’articolo 30, comma 12, seppur con una diversa formulazione, reca una norma dal contenuto sostanzialmente identico a quella in esame.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 22 e 23
(Modifica alle normativa in materia di sicurezza e sviluppo del sistema elettrico nazionale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

14. All'articolo 1-sexies del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

22. Identico:

     a) al comma 3, dopo il secondo pe­riodo sono inseriti i seguenti: «Dalla data della comunicazione dell'avviso dell'avvio del procedimento ai comuni interessati, è sospesa ogni determinazione comunale in ordine alle domande di permesso di co­struire nell'ambito delle aree potenzial­mente impegnate, fino alla conclusione del procedimento autorizzativo. In ogni caso la misura di salvaguardia perde efficacia de­corsi tre anni dalla data della comunica­zione dell'avvio del procedimento»;

     b) identica;

 

     c) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:

 

«4-bis. In caso di mancata definizione dell'intesa con la regione o le regioni in­teressate per il rilascio dell'autorizza­zione, entro i novanta giorni successivi al termine di cui al comma 3, si provvede al rilascio della stessa previa intesa da concludere in un apposito comitato inte­ristituzionale, i cui componenti sono de­signati, in modo da assicurare una com­posizione paritaria, rispettivamente dai Ministeri dello sviluppo economico, del­l'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei tra­sporti e dalla regione o dalle regioni in­teressate. Ove non si pervenga ancora alla definizione dell'intesa, entro i ses­santa giorni successivi al termine di cui al primo periodo, si provvede all'autoriz­zazione con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, integrato con la partecipazione del presidente della re­gione o delle regioni interessate, su pro­posta del Ministro dello sviluppo eco­nomico, di concerto con il Ministro del­l'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infra­strutture e dei trasporti. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della pre­sente disposizione, con decreto del Mi­nistro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le pro­vince autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le regole di funzionamento del comitato di cui al presente comma. Ai componenti del comitato interistitu­zionale non spetta alcun compenso o rimborso spese comunque denominati. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;

     b) dopo il comma 4-quater sono inse­riti i seguenti:

     d) identico:

«4-quinquies. Non richiedono alcuna autorizzazione gli interventi su elettrodotti esistenti, consistenti nella riparazione, nella rimozione e nella sostituzione di compo­nenti di linea, quali, a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di guardia, catene, isolatori, morsetteria, sfere di segnalazione, fondazioni, impianti di terra, con elementi di caratteristiche analoghe, anche in ra­gione delle evoluzioni tecnologiche.

«4-quinquies. Non richiedono alcuna autorizzazione gli interventi di manuten­zione su elettrodotti esistenti, consistenti nella riparazione, nella rimozione e nella sostituzione di componenti di linea, quali, a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di guardia, catene, isolatori, morsette­ria, sfere di segnalazione, impianti di terra, con elementi di caratteristiche analoghe, anche in ragione delle evoluzioni tecnologi­che.

4-sexies. Sono realizzabili mediante de­nuncia di inizio attività gli interventi sugli elettrodotti che comportino varianti di lun­ghezza non superiore a metri lineari 1.500 e che utilizzino il medesimo tracciato, ovvero se ne discostino per un massimo di 40 metri lineari, e componenti di linea, quali, a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di guardia, catene, isolatori, morsetteria, sfere di segnalazione, fondazioni, impianti di terra, aventi caratteristiche analoghe, anche in ragione delle evoluzioni tecnologiche. Sono altresì realizzabili mediante denuncia di inizio attività varianti all'interno delle sta­zioni elettriche che non comportino aumenti della cubatura degli edifici. Tali interventi sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività a condizione che non siano in con­trasto con gli strumenti urbanistici vigenti e rispettino le norme in materia di elettroma­gnetismo.

4-sexies. Sono realizzabili mediante de­nuncia di inizio attività gli interventi sugli elettrodotti che comportino varianti di lun­ghezza non superiore a metri lineari 1.500 e che utilizzino il medesimo tracciato, ovvero se ne discostino per un massimo di 40 metri lineari, e componenti di linea, quali, a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di guardia, catene, isolatori, morsetteria, sfere di segnalazione, fondazioni, impianti di terra, aventi caratteristiche analoghe, anche in ragione delle evoluzioni tecnologiche. Sono altresì realizzabili mediante denuncia di inizio attività varianti all'interno delle sta­zioni elettriche che non comportino aumenti della cubatura degli edifici. Tali interventi sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività a condizione che non siano in con­trasto con gli strumenti urbanistici vigenti e rispettino le norme in materia di elettroma­gnetismo e di progettazione, costruzione ed esercizio di linee elettriche, nonché le norme tecniche per le costruzioni.

4-septies. La denuncia di inizio attività costituisce parte integrante del provvedi­mento di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio dell'opera principale.

4-septies. Identico.

4-octies. Il gestore dell'elettrodotto, al­meno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta al Ministero dello svi­luppo economico e, in copia, ai comuni inte­ressati la denuncia di inizio attività, accom­pagnata da una dettagliata relazione, sotto­scritta da un progettista abilitato, e dagli opportuni elaborati progettuali, che asse­vera la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati e ai regola­menti edilizi vigenti, nonché il rispetto della normativa in materia di elettromagnetismo e di progettazione, costruzione ed esercizio delle linee elettriche.

4-octies. Il gestore dell'elettrodotto, al­meno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta al Ministero dello svi­luppo economico e, in copia, ai comuni inte­ressati la denuncia di inizio attività, accom­pagnata da una dettagliata relazione, sotto­scritta da un progettista abilitato, e dal pro­getto definitivo, che assevera la confor­mità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto della normativa in materia di elettromagnetismo e di progettazione, costruzione ed esercizio delle linee elettri­che e delle norme tecniche per le costru­zioni.

4-novies. Qualora la variante interessi aree sottoposte ad un vincolo, il termine di trenta giorni decorre dalla data del rilascio del relativo atto di assenso. Ove tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti.

4-novies. Identico.

4-decies. La sussistenza del titolo è pro­vata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risultino la data di ricevimento della denuncia stessa, l'elenco dei docu­menti presentati a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari.

4-decies. Identico.

4-undecies. Il comune interessato, ove entro il termine indicato al comma 4-octies riscontri l'assenza di una o più delle condi­zioni stabilite, informa il Ministero dello svi­luppo economico e notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento.

4-undecies. Identico.

4-duodecies. È fatta salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessa­rie per renderla conforme alla normativa ur­banistica ed edilizia.

4-duodecies. Identico.

4-terdecies. Ultimato l'intervento, il pro­gettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, da presentare al Ministero dello sviluppo economico, con il quale attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di ini­zio attività».

4-terdecies. Ultimato l'intervento, il sog­getto incaricato del collaudo rilascia un certificato di collaudo finale, da presentare al Ministero dello sviluppo economico, con il quale attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di ini­zio attività.

 

4-quaterdecies. Le varianti da appor­tare al progetto definitivo approvato, sia in sede di redazione del progetto esecu­tivo sia in fase di realizzazione delle opere, ove non assumano rilievo sotto l'aspetto localizzativo, sono sottoposte al regime di inizio attività già previsto al comma 4-sexies. Non assumono rilievo localizzativo le varianti di tracciato con­tenute nell'ambito del corridoio indivi­duato in sede di approvazione del pro­getto ai fini urbanistici. In mancanza di diversa individuazione costituiscono corridoio di riferimento a fini urbanistici le fasce di rispetto previste dalla norma­tiva in materia di elettromagnetismo. Non assumono rilievo localizzativo, inol­tre, le varianti all'interno delle stazioni elettriche che non comportino aumenti della cubatura degli edifici. Le eventuali modificazioni del piano di esproprio connesse alle varianti di tracciato prive di rilievo localizzativo sono approvate ai fini della dichiarazione di pubblica utilità dall'autorità espropriante ai sensi del te­sto unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropria­zione per pubblica utilità, di cui al de­creto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e non richiedono nuova apposizione del vincolo preordi­nato all'esproprio. Ove assumano rilievo localizzativo, le varianti sono approvate dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infra­strutture e dei trasporti e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il consenso dei presi­denti delle regioni e province autonome interessate. Sono fatte salve le norme in tema di pubblicità».

15. All'articolo 1, comma 1, primo pe­riodo, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, dopo le parole: «la co­struzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ri­potenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi» sono inserite le seguenti: «, ivi compresi gli interventi di sviluppo e ade­guamento della rete elettrica di trasmis­sione nazionale necessari all'immissione in rete dell'energia prodotta».

23. Identico.

(…)

(…)

 

 

I commi 22 e 23 recano modifiche alle disposizioni in materia di sicurezza e sviluppo del sistema elettrico contenute nei decreti-legge nn. 239/2003 e 7/2002.

 

Il comma 22, modificato dal Senato, apporta una serie di modificazioni all'articolo 1-sexiesdel decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239[152] recante disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica.

Il decreto-legge n. 239 del 2003,emanato a seguito del black out verificatosi in Italia nel settembre 2003, con l’intento di garantire per tutto il 2004 interventi efficaci in caso di emergenza elettrica, e modificato dalla legge 239/04, all'art. 1-sexies detta disposizioni di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per le reti nazionali di trasporto dell'energia e per gli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.

In particolare, il comma 1 prevede un'autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive (ora: dello sviluppo economico) di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e previa intesa con la regione o le regioni interessate, per la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica, considerati attività di preminente interesse statale. L'autorizzazione sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture in conformità al progetto approvato. Il successivo comma 2 indica i contenuti dell'autorizzazione unica, mentre il comma 3 precisa che l'autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, svolto entro il termine di centottanta giorni, nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1991, n. 241, sul procedimento amministrativo. Sempre ai sensi del comma 3, il procedimento può essere avviato sulla base di un progetto preliminare o analogo purché evidenzi, con elaborato cartografico, le aree potenzialmente impegnate sulle quali apporre il vincolo preordinato all'esproprio, le eventuali fasce di rispetto e le necessarie misure di salvaguardia. Al procedimento partecipano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e le altre amministrazioni interessate nonché i soggetti preposti ad esprimersi in relazione ad eventuali interferenze con altre infrastrutture esistenti. Per il rilascio dell'autorizzazione, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, è fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadano le opere di cui al comma 1. Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del termine entro il quale è prevista la conclusione del procedimento.

 

In particolare, la lettera a) del comma 22 reca integrazioni alle disposizioni del comma 1 dell’art. 6-sexies, in conseguenza delle quali l’autorizzazione unica cui è assoggettata la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti:

§      comprende tutte le opere connesse e le infrastrutture necessarie all’esercizio degli impianti;

§      comprenda tutte le opere e gli interventi necessari a risolvere eventuali interferenze con le altre infrastrutture esistenti;

§      costituisce titolo a costruire e ad esercire oltre che tali infrastrutture, anche opere e interventi, in conformità al progetto approvato.

 

La lettera b) integra il comma 3, prevedendo che una volta comunicato l'avvio del procedimento ai comuni interessati, ogni determinazione comunale in ordine alle domande di permesso di costruire nell'ambito delle aree potenzialmente impegnate è sospesa fino alla conclusione del procedimento autorizzativo. In ogni caso la misura di salvaguardia perde efficacia decorsi tre anni dalla data della comunicazione dell'avvio del procedimento.

L'articolo 1-sexies del DL n. 239 del 2003 stabilisce poi, al comma 4, che, laddove prevista, l'esito positivo della valutazione di impatto ambientale (VIA) costituisca parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio; il comma 4-bis disciplina l'esercizio del potere sostitutivo dello Stato nel caso di mancata definizione dell'intesa con la regione o le regioni interessate nel termine prescritto per il rilascio dell'autorizzazione; il comma 4-ter estende l'applicazione dell'art. 1-sexies anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della disposizione eccetto i procedimenti per i quali fosse stata completata o in corso di completamento la procedura di VIA e il comma 4-quater precisa che l'art. 1-sexies medesimo si applica alle reti elettriche di interconnessione con l'estero con livello di tensione pari o superiore a 150 kV qualora per esse vi sia un diritto di accesso a titolo prioritario, e alle opere connesse e alle infrastrutture per il collegamento alle reti nazionali di trasporto dell'energia delle centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW termici.

La lettera c) novella il comma 4-bis dell’art. 1-sexies relativo all’esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, in caso di mancata intesa con la regione o le regioni interessate nel termine prescritto per il rilascio dell'autorizzazione unica, previsto ai sensi dell’art. 120 Cost.

Il testo del comma 4-bis così come riformulato stabilisce che, in caso di mancata intesa con la regione o le regioni interessate, si provvede al rilascio dell’autorizzazione entro i novanta giorni successivi al termine di centottanta giorni fissato dal comma 3 dell’art. 1-sexies, previa intesa conclusa nell’ambito di un apposito comitato interistituzionale.

I componenti di tale comitato – ai quali non compete alcun compenso né rimborsi spese - sono disegnati dai Ministeri dello sviluppo economico, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti e dalla regione o dalle regioni interessate, in modo da garantire una composizione paritaria.

Qualora entro i sessanta giorni successivi al termine suindicato di novanta giorni non si pervenisse ancora alla definizione dell’intesa, si provvederà al rilascio dell’autorizzazione con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei ministri integrato con la partecipazione del presidente della regione, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’ambiente e delle infrastrutture.

La definizione delle regole di funzionamento del suddetto comitato sono rinviate ad un decreto del Ministro dello sviluppo da emanarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione, previo parere della Conferenza stato-regioni.

L’ultimo periodo introduce la clausola di invarianza finanziaria.

 

La lettera d) inserisce, dopo il comma 4-quater,i seguenti commi aggiuntivi:

§      4-quinquies, in forza del quale non richiedono alcuna autorizzazione gli interventi di manutenzione su elettrodotti esistenti, consistenti in riparazione, rimozione e sostituzione di componenti di linea, quali, a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di guardia, catene, isolatori, morsetteria, sfere di segnalazione, impianti di terra, con elementi di caratteristiche analoghe, anche in ragione delle evoluzioni tecnologiche.

§      4-sexies, che consente la realizzazione mediante denuncia di inizio attività:

§       di interventi sugli elettrodotti che comportino varianti di lunghezza non superiore a metri lineari 1500 e che utilizzino il medesimo tracciato ovvero se ne discostino per un massimo di 40 metri lineari, e componenti di linea, quali, a titolo esemplificativo, sostegni, conduttori, funi di guardia, catene, isolatori, morsetteria, sfere di segnalazione, fondazioni, impianti di terra, aventi caratteristiche analoghe, anche in ragione delle evoluzioni tecnologiche;

§       di varianti all'interno delle stazioni elettriche che non comportino aumenti della cubatura degli edifici, a condizione che non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti e rispettino le norme in materia di elettromagnetismo e (come disposto dal Senato) di progettazione, costruzione ed esercizio delle linee elettriche, nonché le norme tecniche per le costruzioni.

§      4-septies, in base al quale la denuncia di inizio attività costituisce parte integrante del provvedimento di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio dell'opera principale.

§      4-octies, che disciplina le modalità di presentazione della denuncia di inizio di attività che deve essere presentata dal gestore dell'elettrodotto, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, al Ministero dello sviluppo economico, ed in copia ai comuni interessati. La denuncia deve essere accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dal progetto definitivo[153] che assevera la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto della normativa in materia di elettromagnetismo e di progettazione, costruzione ed esercizio delle linee elettriche e delle norme tecniche per le costruzioni[154].

§      4-novies, che per le varianti riguardanti aree sottoposte a vincolo prevede che il termine di trenta giorni indicato dal comma 4-octies decorra dalla data del rilascio del relativo atto di assenso, precisando altresì che la denuncia è priva di effetti, qualora tale atto non sia favorevole.

§      4-decies, in base al quale la sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risulti la data di ricevimento della denuncia, l'elenco dei documenti presentati a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari;

§      4-undecies, in base al quale il comune interessato, ove entro il termine indicato al comma 4-octies riscontri l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, informa il Ministero dello sviluppo economico, e notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento;

§      4-duodecies che fa salva la facoltà di ripresentare le denunce di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.

§      4-terdecies, riguardante il certificato di collaudo finale, rilasciato dal soggetto incaricato del collaudo una volta ultimato l'intervento. Il certificato deve essere presentato al Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero dello sviluppo economico, quale attestato di conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività.

§      4-quaterdecies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, che riconduce al regime di inizio attività di cui al comma 4-sexies, le varianti da apportare al progetto definitivo approvato (sia in sede di redazione del progetto esecutivo sia in fase di realizzazione delle opere) che non hanno rilievo sotto l'aspetto localizzativo, vale a dire:

a)      siano contenute nell'ambito del corridoio individuato in sede di approvazione del progetto ai fini urbanistici, ovvero

b)      siano all'interno delle stazioni elettriche e non comportino aumenti della cubatura degli edifici.

Le eventuali modificazioni del piano di esproprio connesse alle varianti di tracciato prive di rilievo localizzativo sono approvate ai fini della dichiarazione di pubblica utilità dall'autorità espropriante ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità (DPR 8 giugno 2001, n. 327) e non richiedono nuova apposizione del vincolo preordinato all'esproprio.

Si ricorda che le norme relative all’esproprio in materia di infrastrutture lineari energetiche sono contenute al Capo II del Titolo III del citato TU sulle espropriazioni (artt. 52-bis – 52-nonies). In particolare, per le infrastrutture lineari energetiche facenti parte delle reti energetiche nazionali, si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 1-sexies del DL n. 239 del 2003 e del comma 6 dell’art. 52-quater del citato TU sulle varianti[155]: in tali casi l’autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive (ora Ministero per lo Sviluppo economico) comprende, tra l’altro, l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio; viceversa, per le infrastrutture non facenti parte delle reti energetiche nazionali, il provvedimento è adottato dalla regione competente. Le funzioni amministrative in materia di espropriazione di infrastrutture lineari energetiche di rilevanza o interesse esclusivamente locale sono esercitate dal comune.

Al contrario, ove assumano rilievo localizzativo, le varianti sono approvate dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il consenso dei presidenti delle regioni e province autonome interessate.

La norma fa salve, infine, le norme in tema di pubblicità.

 

Il comma 23, non modificato dal Senato, reca una integrazione all'art. 1, comma 1, del decreto-legge 7/02 (c.d. sblocca centrali)[156] con la quale si aggiungono alle opere dichiarate di pubblica utilità e soggette ad una autorizzazione unica, anche gli interventi di sviluppo ed adeguamento della rete elettrica di trasmissione nazionale necessari all'immissione in rete dell'energia prodotta.

Tale disposizione, nel testo vigente, dispone temporaneamente (sino alla determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2003) che la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, siano dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti - con l'eccezione dei progetti per i quali sia completata o si stia per completare la procedura di VIA - costituendo titolo a costruire e ad esercire l'impianto in conformità al progetto approvato.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 24
(Modifiche al Codice dei contratti pubblici, in materia di funzioni amministrative relative alla realizzazione e all'esercizio delle infrastrutture strategiche per l'approvvigionamento energetico)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

24. All'articolo 179, comma 6, del co­dice dei contratti pubblici relativi a la­vori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è ag­giunto, in fine, il seguente periodo: «Le predette funzioni comprendono anche quelle relative all'esercizio dei poteri espropriativi previsti dal testo unico delle disposizioni legislative e regola­mentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Pre­sidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e quelle relative alle autorizza­zioni delle varianti da apportare al pro­getto definitivo approvato dal CIPE, sia in sede di redazione del progetto esecu­tivo sia in fase di realizzazione delle opere, che non assumono rilievo sotto l'aspetto localizzativo ai sensi dell'arti­colo 169, comma 3, quarto periodo, del presente codice e non comportano altre sostanziali modificazioni rispetto al pro­getto approvato».

(…)

(…)

 

 

Il comma 24, introdotto durante l’iter al Senato, integra le funzioni amministrative previste per la realizzazione e l'esercizio delle infrastrutture strategiche per l'approvvigionamento energetico, attraverso una novella all’art. 179, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006 (cd. Codice dei contratti pubblici).

 

Il novellato art. 179 del Codice dei contratti pubblici riguarda la procedura speciale prevista per la realizzazione degli insediamenti produttivi e delle infrastrutture private strategiche per l'approvvigionamento energetico.

 

Viene previsto che tali funzioni, svolte di concerto tra il Ministero delle infrastrutture e quello delle attività produttive, comprendono anche quelle relative all’esercizio dei poteri espropriativi di cui al D.P.R. n. 327 del 2001 (TU in materia di espropriazione per pubblica utilità) e quelle relative alle autorizzazioni delle varianti al progetto definitivo approvato dal CIPE (sia in sede di redazione del progetto esecutivo sia in fase di realizzazione delle opere) che non assumono rilievo sotto l’aspetto localizzativo ai sensi dell’art. 169, comma 3, quarto periodo, dello stesso Codice e non comportano altre sostanziali modifiche rispetto al progetto approvato.

 

Si ricorda che il citato quarto periodo del comma 3 dell’art. 169 del D.Lgs. n. 163 del 2006 dispone che non assumono rilievo localizzativo le varianti di tracciato delle opere lineari contenute nell'àmbito del corridoio individuato in sede di approvazione del progetto ai fini urbanistici.

Per quanto riguarda, invece, la procedura relativa all’autorizzazione alle varianti da apportare al progetto definitivo approvato dal CIPE (sia in sede di redazione del progetto esecutivo sia in fase di realizzazione delle opere), essa prevede che vengano approvate esclusivamente dal soggetto aggiudicatore ove non assumano rilievo sotto l'aspetto localizzativo, né comportino altre sostanziali modificazioni rispetto al progetto approvato e non richiedano la attribuzione di nuovi finanziamenti a carico dei fondi; in caso contrario sono approvate dal CIPE. Le varianti rilevanti sotto l'aspetto localizzativo sono, invece, approvate con il consenso dei presidenti delle regioni e province autonome interessate (art. 163, comma 3).

Si ricorda, infine, che le norme relative all’esproprio in materia di infrastrutture lineari energetiche sono contenute al Capo II del Titolo III del citato TU sulle espropriazioni (artt. 52-bis – 52-nonies).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 25
(Riconversione di impianti di produzione di energia elettrica)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

25. Agli impianti di produzione di energia elettrica alimentati con carbon fossile di nuova generazione, se allocati in impianti industriali dismessi, nonché agli impianti di produzione di energia elettrica a carbon fossile, qualora sia stato richiesto un aumento della capa­cità produttiva, si applicano, alle condi­zioni ivi previste, le disposizioni di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modi­ficazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

(…)

(…)

 

 

Il comma 25, inserito durante l’esame al Senato, estende l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 5-bis del DL n. 5/2009 agli impianti di produzione di energia elettrica alimentati con carbon fossile di seguito indicati:

§      alimentati con carbon fossile di nuova generazione, se allocati in impianti industriali dimessi;

§      alimentati a carbon fossile, qualora sia stato richiesto un aumento della capacità produttiva.

 

Si ricorda che l’art. 5-bis del decreto-legge n. 5/2009 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33/2009) reca una norma finalizzata ad agevolare la riconversione a carbone o altro combustibile solido degli impianti, in esercizio, di produzione di energia elettrica alimentati ad olio combustibile.

A tal fine la norma, che si applica anche ai procedimenti in corso, consente di derogare alle vigenti disposizioni nazionali e regionali che prevedono limiti di localizzazione territoriale a condizione che la riconversione assicuri l’abbattimento delle emissioni di almeno il 50% rispetto ai limiti dettati dalle sezioni 1, 4 e 5 della Parte II dell’Allegato II alla Parte V del D.Lgs. n. 152/2006.

Il citato Allegato II ha adeguato le disposizioni previgenti a quelle più aggiornate dettate dalla direttiva 2001/80/CE.

In particolare, nella Parte II dell’Allegato II sono indicati nelle sezioni da 1 a 5 i limiti di emissione per l’anidride solforosa (SO2), il diossido di azoto (NO2) e le polveri. Ogni sezione è suddivisa in due parti, indicate dalle lettere A e B, che dettano i limiti con riferimento – rispettivamente – agli impianti esistenti[157] e a quelli nuovi.

Si fa notare che la norma recata dall’art. 5-bis citato sembra recepire le soglie di garanzia già previste, ad esempio, dal Decreto VIA n. 680 del 4 novembre 2003[158] per la conversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord (TVN), ubicata nel Comune di Civitavecchia. Il rispetto del 50% degli attuali limiti equivale, infatti, con riferimento all’utilizzo di carbone in un nuovo impianto, proprio a quello delle seguenti soglie stabilite nel citato decreto per la centrale di TVN:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte:Enel[159]

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 26 e 27
(Delega in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

26. Il Governo è delegato ad adottare, entro centottanta giorni dalla data di en­trata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno o più decreti legislativi al fine di determinare un nuovo assetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche che garantisca, in un contesto di svi­luppo sostenibile del settore e assicu­rando la protezione ambientale, un re­gime concorrenziale per l'utilizzo delle risorse geotermiche ad alta temperatura e che semplifichi i procedimenti ammini­strativi per l'utilizzo delle risorse geo­termiche a bassa e media temperatura. La delega è esercitata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e con le risorse umane, strumentali e fi­nanziarie previste a legislazione vigente, secondo i seguenti principi e criteri di­rettivi:

 

     a) garantire, in coerenza con quanto già previsto all'articolo 10, comma 3, della legge 9 dicembre 1986, n. 896, l'allineamento delle scadenze delle concessioni in essere facendo salvi gli accordi intercorsi tra regioni ed operatori, gli investimenti programmati e i diritti acquisiti;

 

     b) stabilire i requisiti organizzativi e finanziari da prendere a riferimento per lo svolgimento, da parte delle regioni, delle procedure concorrenziali ad evi­denza pubblica per l'assegnazione di nuovi permessi di ricerca e per il rilascio di nuove concessioni per la coltivazione di risorse geotermiche ad alta tempera­tura;

 

     c) individuare i criteri per determi­nare, senza oneri né diretti né indiretti per la finanza pubblica, l'indennizzo del concessionario uscente relativamente alla valorizzazione dei beni e degli inve­stimenti funzionali all'esercizio delle at­tività oggetto di permesso o conces­sione, nel caso di subentro di un nuovo soggetto imprenditoriale;

 

     d) definire procedure semplificate per lo sfruttamento del gradiente geo­termico o di fluidi geotermici a bassa e media temperatura;

 

     e) abrogare regolamenti e norme statali in materia di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche incompatibili con la nuova normativa.

 

27. Con effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 26, sono abrogati gli articoli 3, commi 3 e 6, e 10, comma 2, secondo periodo, della legge 9 dicembre 1986, n. 896.

(…)

(…)

 

 

I commi 26 e 27, introdotti dal Senato, intervengono in materia di geotermia.

Il comma 26 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi volti ad un riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche al fine di:

§      garantire un regime concorrenziale per l'utilizzo delle risorse geotermiche ad alta temperatura, nel rispetto dell’ambiente;

§      semplificare i procedimenti amministrativi per l'utilizzo delle risorse geotermiche a bassa e media temperatura.

I decreti legislativi saranno adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Il termine ultimo per l’esercizio della delega, che non dovrà comportare maggiori o nuovi oneri per la finanza pubblica, è fissato in centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

L’articolo detta i seguenti principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo:

§      garantire l'allineamento delle scadenze delle concessioni in essere facendo salvi gli accordi tra le regioni e gli operatori, gli investimenti programmati e i diritti acquisiti, in coerenza con quanto previsto dall’art. 10, comma 3, della legge 9 dicembre 1986, n. 896;

Ai sensi del richiamato comma 3 della legge 9 dicembre 1986 n. 896 (Disciplina della ricerca e della coltivazione delle risorse geotermiche) la concessione può essere accordata per la durata massima di trenta anni, e può essere prorogata per periodi non superiori a dieci anni ciascuno.

§     stabilire i requisiti organizzativi e finanziari cui dovranno attenersi le regioni per lo svolgimento delle procedure concorrenziali ad evidenza pubblica per l'assegnazione di nuovi permessi di ricerca e per il rilascio di nuove concessioni per la coltivazione di risorse geotermiche ad alta temperatura;

§     individuare i criteri di determinazione dell'indennizzo del concessionario uscente, senza oneri né diretti né indiretti per la finanza pubblica, nel caso di subentro di un nuovo soggetto imprenditoriale;

§     definire procedure semplificate per lo sfruttamento del gradiente geotermico o di fluidi geotermici a bassa e media temperatura;

§     abrogare regolamenti e norme statali in materia incompatibili con la nuova normativa.

Il comma 27 dispone l’abrogazione degli articoli 3, commi 3 e 6, e 10, comma 2, secondo capoverso, della legge 9 dicembre 1986, n. 896, avente effetto dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dal precedente comma.

L’articolo 3 disciplinante l’assegnazione del permesso di ricerca e i criteri di preferenza, al comma 3(identico alcomma 2, secondo capoverso dell’art. 10) prevede che la concessione sia accordata in via preferenziale all'ENEL o all'ENI a parità di condizioni. Con l’abrogazione del comma 6 viene meno l'esclusiva attribuita all'ENEL per legge in materia di ricerca e di coltivazione delle risorse geotermiche di interesse nazionale nei territori delle province di Grosseto, Livorno, Pisa e Siena.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 28
(Rifiuto regionale dell’intesa per il rilascio di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

28. All'articolo 1, comma 2, del de­creto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, conver­tito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «L'eventuale ri­fiuto regionale dell'intesa deve essere espresso con provvedimento motivato, che deve specificatamente tenere conto delle risultanze dell'istruttoria ed esporre in modo chiaro e dettagliato le ragioni del dissenso dalla proposta mi­nisteriale di intesa».

(…)

(…)

 

 

Il comma 28, introdotto dal Senato, interviene in materia di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici integrando il comma 2, art. 1, del decreto-legge n. 7/02[160], con l’aggiunta di un nuovo periodo.

Il comma 2, primo periodo, dell’articolo 1 del decreto-legge n. 7/2002, oggetto di integrazione, prevede il rilascio dell'autorizzazione unica da parte del Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) per la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi, di cui al comma 1, a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, d'intesa con la regione interessata.

Con l’integrazione disposta dal comma in esame si stabilisce che l’eventuale rifiuto della prevista intesa, da parte della regione interessata, comporta l’obbligo di espressione del medesimo con provvedimento motivato.

Si precisa, inoltre, che tale provvedimento dovrà tener conto delle risultanze dell’istruttoria e dovrà esporre chiaramente e dettagliatamente le ragioni di dissenso dalla proposta di intesa del Ministero.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 29-31
(Modifiche alla disciplina in materia di procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

16. L'articolo 46 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, è sostituito dal seguente:

29. Identico:

«Art. 46. - (Procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale lique­fatto). - 1. L'autorizzazione per la costru­zione e l'esercizio di terminali di rigassifica­zione di gas naturale liquefatto e delle opere connesse, ovvero per l'aumento della capacità dei terminali esistenti, è rilasciata a seguito di procedimento unico ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'in­tesa con la regione interessata, previa va­lutazione di impatto ambientale ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Il procedimento di autorizzazione si conclude nel termine massimo di duecento giorni dalla data di presentazione della relativa istanza. L'autorizzazione, ai sensi dell'arti­colo 14-ter, comma 9, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sostituisce ogni autorizzazione, conces­sione o atto di assenso comunque denomi­nato, ivi compresi la concessione dema­niale e il permesso di costruire, fatti salvi la successiva adozione e l'aggiornamento delle relative condizioni economiche e tec­nico-operative da parte dei competenti or­gani del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

«Art. 46. - (Procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale lique­fatto). - 1. Gli atti amministrativi relativi alla costruzione e all'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e delle opere connesse, ovvero all'aumento della capacità dei terminali esistenti, sono rilasciati a seguito di procedimento unico ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, con decreto del Ministro dello sviluppo eco­nomico, di concerto con il Ministro dell'am­biente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e d'intesa con la regione interes­sata, previa valutazione di impatto ambien­tale ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Il procedimento di autorizza­zione si conclude nel termine massimo di duecento giorni dalla data di presentazione della relativa istanza. L'autorizzazione, ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 9, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sostituisce ogni autorizza­zione, concessione o atto di assenso co­munque denominato, ivi compresi la con­cessione demaniale e il permesso di co­struire, fatti salvi la successiva adozione e l'aggiornamento delle relative condizioni economiche e tecnico-operative da parte dei competenti organi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

2. Qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello stru­mento urbanistico, la determinazione di conclusione del procedimento costituisce proposta di variante sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, delle proposte e delle opposizioni formulate dagli aventi ti­tolo ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, si pronuncia definitivamente il consi­glio comunale entro il termine perentorio di novanta giorni. Decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.

2. L'autorizzazione di cui al comma 1 sostituisce, anche ai fini urbanistici ed edilizi, fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme di sicurezza, ogni altra auto­rizzazione, concessione, approvazione, parere e nulla osta comunque denomi­nati necessari alla realizzazione e all'e­sercizio dei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e delle opere connesse o all'aumento della capacità dei terminali esistenti. L'intesa con la regione costituisce variazione degli strumenti urbanistici vigenti o degli strumenti di pianificazione e di coordi­namento comunque denominati o so­praordinati alla strumentazione vigente in ambito comunale. Per il rilascio della autorizzazione, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, è fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio rica­dono le opere da realizzare.

3. Nei casi in cui gli impianti di cui al comma 1 siano ubicati in area portuale o in area terrestre ad essa contigua e la loro re­alizzazione comporti modifiche sostanziali del piano regolatore portuale, il procedi­mento unico di cui al comma 1 considera contestualmente il progetto di variante del piano regolatore portuale e il progetto di terminale di rigassificazione e il relativo complessivo provvedimento è reso anche in mancanza del parere del Consiglio supe­riore dei lavori pubblici, di cui all'articolo 5, comma 3, della legge 28 gennaio 1994, n. 84. Negli stessi casi, l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata di concerto anche con il Ministro delle infrastrutture e dei tra­sporti e costituisce anche approvazione della variante del piano regolatore por­tuale».

3. Identico».

17. Le disposizioni del presente articolo si applicano, su richiesta del proponente, da presentare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai procedimenti autorizzativi in corso alla me­desima data.

30. Le disposizioni del presente articolo si applicano, su richiesta del proponente, da presentare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai procedimenti amministrativi in corso alla medesima data.

18. L'articolo 8 della legge 24 novembre 2000, n. 340, è abrogato, fatta salva la sua applicazione ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge per i quali non è esercitata l'opzione di cui al comma 17 del presente articolo.

31. L'articolo 8 della legge 24 novembre 2000, n. 340, è abrogato, fatta salva la sua applicazione ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge per i quali non è esercitata l'opzione di cui al comma 30 del presente articolo.

(…)

(…)

 

 

Il comma 29, modificato dal Senato, interviene in materia di terminali di rigassificazioneattraverso una integrale riscrittura dell'articolo 46 del decreto-legge n.159/07 (collegato alla finanziaria 2008)[161].

 

L'articolo 46 del decreto-legge citato infatti disciplina le procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, anche situati al di fuori di siti industriali, stabilendo che sia rilasciata ai sensi dell'art. 8 della legge 24 novembre 2000, n, 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999), a seguito di valutazione dell'impatto ambientale. L'art. 8 della legge n. 340 del 2000 riguarda l'utilizzo di siti industriali per la sicurezza e l'approvvigionamento energetico, e stabilisce che l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell'industria, di concerto con il Ministero dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata, precisando che ai fini della procedura di autorizzazione, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. L'art. 46 precisa altresì che nei casi in cui gli impianti siano ubicati in area portuale o ad essa contigua, il giudizio è reso anche in assenza del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che deve comunque essere espresso nell'ambito della conferenza di servizi, indicata dal comma 2 dell'art. 8 della citata legge di semplificazione 1999 come la sede istituzionale di svolgimento della procedimento autorizzatorio ivi disciplinato, convocata per iniziativa del responsabile unico del procedimento stesso, nominato dal Ministro dell'industria. Sempre ai sensi dell'art. 46 del decreto-legge n. 149, l'autorizzazione è rilasciata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la regione interessata. L'autorizzazione costituisce variante anche del piano regolatore portuale.

 

Il nuovo testo dell'articolo 46 si compone di tre commi.

Ai sensi del comma 1, gli atti amministrativi relativi alla costruzione e all'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e delle opere connesse, ovvero l'aumento della capacità dei terminali esistenti, sono rilasciati a seguito di procedimento unico ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti[162]e d'intesa con la regione interessata, previa valutazione di impatto ambientale ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Il procedimento di autorizzazione si conclude nel termine massimo di 200 giorni dalla data di presentazione della relativa istanza e l'autorizzazione, ai sensi dell'articolo 14-ter, comma 9, della legge 7 agosto 1990, n. 241, sostituisce ogni autorizzazione, concessione o atto di assenso comunque denominato ivi compresa la concessione demaniale ed il permesso di costruire, fatta salva la successiva adozione e aggiornamento delle relative condizioni economiche e tecnico-operative da parte dei competenti organi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Si ricorda che le legge n. 241 del 1990 detta la disciplina generale del procedimento amministrativo; in particolare, l'art. 14-ter, comma 9, dispone che il provvedimento finale conforme alla determinazione motivata di conclusione del procedimento adottata dall'amministrazione decidente all'esito dei lavori della conferenza di servizi, sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.

Il comma 2 stabilisce chel’autorizzazione di cui al comma 1 sostituisce ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere e nulla osta, necessari per la realizzazione e l’esercizio dei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e delle opere connesse o per l’aumento della capacità dei terminali esistenti, anche ai fini urbanistici ed edilizi. Sono fatte salve le norme di sicurezza.

Il comma 2 stabilisce, inoltre, che l’intesa con le regioni costituisce variazione degli strumenti urbanistici in vigore o di quelli di pianificazione e coordinamento, o sovraordinato alla strumentazione in vigore in ambito comunale.

Da ultimo, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, il comma introduce, per il rilascio dell’autorizzazione, l’obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadono le opere da realizzare.

Ai sensi del comma 3, nel caso in cui gli impianti di rigassificazione siano ubicati in area portuale o in area terrestre ad essa contigua e la loro realizzazione comporti modifiche sostanziali del piano regolatore portuale, il procedimento unico di cui al comma 1 considera contestualmente il progetto di variante di piano regolatore portuale ed il progetto di terminale di rigassificazione ed il relativo complessivo provvedimento è reso anche in assenza del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. In questi casi l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata di concerto anche con il Ministro delle infrastrutture e trasporti e costituisce approvazione della variante del piano regolatore portuale.

 

Il comma 30, modificato dal Senato, stabilisce che “le disposizioni del presente articolo” si applicano ai procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della legge in esame, su richiesta del proponente da presentare entro 30 giorni dalla medesima data.

Si osserva che, per chiarezza della norma, sarebbe opportuno sostituire il riferimento alle disposizioni del presente articolo con quello, più corretto, alle disposizioni dell’articolo 46 del DL 159/2007 così come sostituito dal comma 29 del presente articolo.

 

Viene conseguentemente abrogato, dal successivo comma 31 (non modificato dal Senato), l'art. 8 della legge 24 novembre 2000, n. 340 che, come già illustrato in precedenza, disciplina il procedimento di autorizzazione per l'uso ed il riutilizzo di siti industriali per la sicurezza e l'approvvigionamento strategico per l'energia. E’ tuttavia fatta salva l’applicazione dell’art. 8 ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina per i quali non sia esercitata l'opzione di applicazione della stessa disciplina ai sensi del comma 30.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 32 e 33
(Modifiche alla disciplina in materia di permesso di ricerca e concessione di coltivazione degli idrocarburi in terraferma)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

19. I commi da 77 a 82 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono sostituiti dai seguenti:

32. Identico:

«77. Il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, di cui all'arti­colo 6 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, e successive modificazioni, è rilasciato a se­guito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali e re­gionali interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Esso consente lo svolgimento di attività di prospezione consistente in rilievi geologici, geofisici e geochimici, eseguiti con qualun­que metodo o mezzo, e ogni altra opera­zione volta al rinvenimento di giacimenti, escluse le perforazioni dei pozzi esplorativi. Del rilascio del permesso di ricerca è data comunicazione ai comuni interessati.

 

78. L'autorizzazione alla perforazione del pozzo esplorativo, alla costruzione degli impianti e delle opere necessari, delle opere connesse e delle infrastrutture indi­spensabili all'attività di perforazione, che sono dichiarati di pubblica utilità, è con­cessa, previa valutazione di impatto am­bientale, su istanza del titolare del per­messo di ricerca, da parte dell'ufficio territo­riale minerario per gli idrocarburi e la geo­termia competente, a seguito di un proce­dimento unico, al quale partecipano la re­gione e gli enti locali interessati, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

78. Identico.

 

79. Il permesso di ricerca di idrocar­buri liquidi e gassosi in mare, di cui al­l'articolo 6 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, e successive modificazioni, è rila­sciato a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le ammini­strazioni statali interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Esso consente lo svolgi­mento di attività di prospezione consi­stente in rilievi geologici, geofisici e ge­ochimici, eseguiti con qualunque me­todo o mezzo, e ogni altra operazione volta al rinvenimento di giacimenti, escluse le perforazioni dei pozzi esplora­tivi.

 

80. L'autorizzazione alla perforazione del pozzo esplorativo, alla costruzione degli impianti e delle opere necessari, delle opere connesse e delle infrastrut­ture indispensabili all'attività di perfora­zione è concessa, previa valutazione di impatto ambientale, su istanza del tito­lare del permesso di ricerca di cui al comma 79, da parte dell'ufficio territo­riale minerario per gli idrocarburi e la geotermia competente.

 

81. Nel caso in cui l'attività di prospe­zione di cui al comma 79 non debba es­sere effettuata all'interno di aree marine a qualsiasi titolo protette per scopi di tu­tela ambientale, di ripopolamento, di tu­tela biologica o di tutela archeologica, in virtù di leggi nazionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali, essa è sottoposta a verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale, di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modi­ficazioni.

79. Alle autorizzazioni di cui al comma 78 si applicano le disposizioni dell'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

82. Identico.

80. Qualora le opere di cui al comma 78 comportino variazione degli strumenti urba­nistici, il rilascio dell'autorizzazione di cui al medesimo comma 78 ha effetto di variante urbanistica.

82-bis. Identico.

81. La concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, di cui all'articolo 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, e successive modificazioni, è rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministra­zioni statali, regionali e locali interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplifica­zione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

82-ter. La concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, di cui all'arti­colo 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, e successive modificazioni, è rilasciata a se­guito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni competenti ai sensi del comma 7, lettera n), del pre­sente articolo, svolto nel rispetto dei prin­cìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Con decreto dei Ministri dello sviluppo eco­nomico, delle infrastrutture e dei tra­sporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono individuate le attività preliminari che non comportano effetti significativi e permanenti sull'am­biente che, in attesa della determina­zione conclusiva della conferenza di servizi, l'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia è compe­tente ad autorizzare.

82. La concessione di coltivazione di idrocarburi in terraferma costituisce titolo per la costruzione degli impianti e delle opere necessari, degli interventi di modifica, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all'esercizio, che sono consi­derati di pubblica utilità ai sensi della legi­slazione vigente.

82-quater. Identico.

82-bis. Qualora le opere di cui al comma 82 comportino variazioni degli strumenti ur­banistici, il rilascio della concessione di cui al medesimo comma 82 ha effetto di va­riante urbanistica. Nel procedimento unico di cui ai commi da 77 a 81, è indetta la conferenza di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nell'ambito della quale si considera acquisito l'assenso dell'ammi­nistrazione convocata se questa non parte­cipa o se il suo rappresentante non ne esprime in tale sede definitivamente la vo­lontà».

82-quinquies. Qualora le opere di cui al comma 82-quater comportino variazioni degli strumenti urbanistici, il rilascio della concessione di cui al medesimo comma 82-quater ha effetto di variante urbanistica. Nel procedimento unico di cui ai commi da 77 a 82-ter, è indetta la conferenza di ser­vizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nell'ambito della quale si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione convocata se questa non partecipa o se il suo rappresentante non ne esprime in tale sede definitivamente la volontà.

 

82-sexies. Le attività finalizzate a mi­gliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione, se effettuate a partire da opere esistenti e nell'ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati, sono soggette ad autorizzazione rilasciata dall'Ufficio na­zionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia».

20. Le disposizioni di cui ai commi da 77 a 82-bis della legge 23 agosto 2004, n. 239, come sostituiti dal comma 19 del presente articolo, si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura per il rilascio del­l'intesa da parte della regione competente.

33. Le disposizioni di cui ai commi da 77 a 82-sexies dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, come sostituiti dal comma 32 del presente articolo, si appli­cano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché ai procedimenti relativi ai titoli minerari vigenti, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura per il rila­scio dell'intesa da parte della regione com­petente.

(…)

(…)

 

 

Il comma 32 sostituisce integralmente i commi da 77 a 82 dell'art. 1 della legge n. 239/2004 al fine di modificare ed integrare la disciplina in materia di permesso di ricerca e concessione di coltivazione degli idrocarburi.

La nuova normativa prevista dal comma in esame si differenzia da quella vigente non solo per le modifiche apportate ai contenuti e per l’estensione della disciplina anche alle attività di ricerca e coltivazione in mare, ma anche per uno sforzo di sistematizzazione delle norme. Rispetto al testo vigente, in cui i vari commi disciplinano sia il permesso di ricerca che la concessione di coltivazione (limitatamente alla terraferma), i diversi e più ampi ambiti sono ora suddivisi in gruppi distinti di commi, come schematizzato nella tabella seguente:

 

Commi

Materia disciplinata[163]

77,78, 82 e 82-bis

ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma

79, 80 e 81

ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in mare

82-ter, 82-quater, 82-quinquies (primo periodo) e 82-sexies

concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare o in terraferma

(in realtà i commi 82-quater e il primo periodo del comma 82-quinquies si riferiscono alla sola coltivazione in terraferma)

Il secondo periodo del comma 82-quinquies reca una norma, relativa alla conferenza di servizi, che si applica a tutti i commi precedenti

La normativa vigente

I commi 77-82 dell’art. 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239 ("Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia") si occupano del permesso di ricerca e della concessione di coltivazione degli idrocarburi in terraferma che, ai sensi del comma 77, costituiscono titolo per la costruzione degli impianti e delle opere necessari, degli interventi di modifica, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all'esercizio, che sono dichiarati di pubblica utilità, e sostituiscono, ad ogni effetto, autorizzazioni, permessi, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, salvo quanto disposto dal d.lgs. n. 624/1996[164].

Il successivo comma 78 dispone che il permesso e la concessione di cui al comma precedente siano rilasciati a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni statali, regionali e locali interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge n. 241/1990, mentre il comma 79 fissa il termine per la valutazione di impatto ambientale (VIA) che, ove richiesta dalle norme vigenti, è parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzativo.

I commi 80 e 81 fissano i termini entro i quali deve concludersi l'istruttoria, mentre il comma 82 precisa che il permesso di ricerca e la concessione di coltivazione degli idrocarburi indicano le prescrizioni e gli obblighi di informativa posti a carico del richiedente per garantire la tutela ambientale e dei beni culturali e che il rilascio del permesso o della concessione ha effetto di variante urbanistica, nel caso in cui le relative opere comportino variazioni degli strumenti urbanistici.

 

In particolare i commi 77 e 78 dell'art. 1 della legge n. 239/2004, non modificati dal Senato, disciplinano rispettivamente:

§      il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, di cui all'art. 6 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, che viene rilasciato a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali e regionali interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge n. 241/1990. Tale permesso consente lo svolgimento di attività di prospezione consistente in rilievi geologici, geofisici e geochimici, eseguiti con qualunque metodo o mezzo, e ogni altra operazione volta al rinvenimento di giacimenti, escluse le perforazioni dei pozzi esplorativi;

La legge n. 9 del 1991, nel dettare la disciplina attuativa del Piano energetico nazionale, ha regolato con l'art. 6 il conferimento dei permessi di ricerca, nonché la loro estensione e durata (fissata in 6 anni). In sintesi, la disposizione prevede che il permesso di ricerca sia accordato con decreto del Ministro dell'industria, sentiti il Comitato tecnico per gli idrocarburi e la geotermia, e la regione o la provincia autonoma territorialmente interessata di concerto, per le rispettive competenze, con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro della marina mercantile.

Una delle principali differenze rispetto al testo vigente è l’eliminazione delle amministrazioni locali dalla partecipazione al citato procedimento unico, invece prevista dal vigente testo del comma 78. Tale novella è però in parte compensata dal coinvolgimento delle autorità locali nel procedimento unico previsto dal nuovo testo del comma 78 per l’autorizzazione alla perforazione del pozzo esplorativo e alla costruzione degli impianti e delle opere necessarie e connesse.

§      l’autorizzazione alla perforazione del pozzo esplorativo, alla costruzione degli impianti e delle opere necessari, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all'attività di perforazione, che sono dichiarati di pubblica utilità, che è concessa, previa valutazione di impatto ambientale, su istanza del titolare del permesso di ricerca, da parte dell'ufficio territoriale minerario per gli idrocarburi e la geotermia competente, a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano la regione e gli enti locali interessati, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge n. 241/1990.

Si osserva in proposito che l’introduzione, nel corso dell’esame al Senato, di una speculare disciplina per le attività in mare, sembra rendere opportuna l’indicazione, nel comma 78, di un rinvio (prima non necessario) al comma 77 in modo da chiarire che l’ambito di applicabilità è ristretto alla terraferma.

L’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia (UNMIG)[165]

L'UNMIG è stato istituito presso la Direzione generale delle miniere del Ministero dell'industria, commercio e artigianato dall’art. 40 della legge 11 gennaio 1957 n. 6 (recante “Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi”).

Anche se da allora si sono succedute molte modifiche normative, l'UNMIG continua tuttora a svolgere il suo compito, consistente fondamentalmente nell'applicazione delle normative e nella gestione delle procedure amministrative che disciplinano il conferimento dei titoli minerari e le conseguenti attività di ricerca e coltivazione, nell'approvazione dei programmi e delle operazioni e nell'effettuazione dei necessari controlli sugli stessi. Tali compiti vengono svolti sia per le attività di terraferma che per quelle marine.

Dei sette uffici di cui si compone attualmente l'UNMIG, tre uffici hanno competenze territoriali per l'Italia settentrionale (Bologna), centrale (Roma) e meridionale (Napoli).

 

I commi 79-80, introdotti nel corso dell’esame al Senato, recano le seguenti norme, speculari a quelle recate dai precedenti commi 77-78, che disciplinano, analogamente alla ricerca e perforazione sulla terraferma, il caso in cui il permesso di ricerca e la perforazione interessino aree marine. Le differenze rispetto alla ricerca nella terraferma sono le seguenti:

§      il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in mare è sempre rilasciato a seguito di un procedimento unico al quale partecipano però le sole amministrazioni statali interessate;

§      l’autorizzazione alla perforazione del pozzo esplorativo e alla costruzione degli impianti e delle opere necessarie e connesse è concessa, dopo l’ottenimento della VIA, da parte dell'ufficio territoriale minerario per gli idrocarburi e la geotermia competente, ma non in seguito ad un procedimento unico.

 

Il comma 81, introdotto dal Senato, disciplina il caso in cui l'attività di prospezione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare prevista dal comma 79 non riguardi aree marine a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, di ripopolamento, di tutela biologica o di tutela archeologica, in virtù di leggi nazionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali.

In tal caso l’attività è sottoposta a verifica di assoggettabilità alla VIA, di cui all'art. 20 del D.Lgs. n. 152/2006.

Tale articolo 20 del D.Lgs. n. 152/2006 (cd. Codice ambientale) disciplina le modalità per verificare se un progetto debba essere o meno sottoposto alla VIA. Ai sensi del comma 5, “se il progetto non ha impatti ambientali significativi o non costituisce modifica sostanziale, l'autorità compente dispone l'esclusione dalla procedura di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce le necessarie prescrizioni”, diversamente occorre applicare la procedura di VIA prevista dagli articoli da 21 a 28 della parte II del Codice ambientale.

 

Si segnala che ai sensi dell’Allegato II della parte II del Codice ambientale, che elenca i progetti di competenza statale da sottoporre a VIA, tra questi vi rientrano quelli relativi alla “prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare” (numero 7 dell’Allegato), indipendentemente dal tipo di zona marina. Conseguentemente, il comma 81 in commento andrebbe riformulato come novella al citato allegato II.

 

I commi 82 e 82-bis, non modificati nel corso dell’esame al Senato, completano la disciplina delle autorizzazioni recata dal comma 78 relativamente alla perforazione del pozzo esplorativo e alla costruzione degli impianti e delle opere necessarie e connesse sulla terraferma.

Il comma 82 prevede l’applicazione alle citate autorizzazioni del disposto dell'art. 8, comma 1, del DL n. 112/2008 (convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008), mentre il comma 82-bis dispone che il rilascio delle medesime autorizzazioni ha effetto di variante urbanistica, qualora le opere interessate comportino variazione degli strumenti urbanistici.

Relativamente al richiamato art. 8, comma 1, del DL n. 112/2008, si ricorda che tale comma modifica la disciplina relativa al divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle acque del golfo di Venezia, di cui all’art. 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, disponendo che esso si applica fino a quando il Consiglio dei ministri, d’intesa con la regione Veneto e su proposta del Ministro dell’ambiente, non pervenga in modo definitivo all’accertamento della non sussistenza di rischi apprezzabili di subsidenza sulle coste. Tale accertamento, secondo lo stesso comma, dovrà essere basato su nuovi e aggiornati studi, che dovranno essere presentati dai titolari di permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione, utilizzando i metodi di valutazione più conservativi e prevedendo l’uso delle migliori tecnologie disponibili per la coltivazione[166].

 

Il comma 82-ter, modificato nel corso dell’esame al Senato,disciplina il rilascio della concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, di cui all'art. 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9.

La principale modifica apportata dal Senato riguarda l’estensione della disciplina a tutte le tipologie di coltivazione.

Il testo approvato dalla Camera in prima lettura prevedeva, invece, che il comma in esame disciplinasse solamente le concessioni di coltivazione in terraferma.

Quanto al richiamo all’art. 9 della legge n. 9 del 1991, si ricorda che esso ha dettato disposizioni generali relative alle concessioni di coltivazione di idrocarburi. Ai sensi di tale articolo, al titolare del permesso che, in seguito alla perforazione di uno o più pozzi, abbia rinvenuto idrocarburi liquidi o gassosi è accordata la concessione di coltivazione “se la capacità produttiva dei pozzi e gli altri elementi di valutazione geo-mineraria disponibili giustificano tecnicamente ed economicamente lo sviluppo del giacimento scoperto” (comma 1). A tal fine, all'istanza di concessione deve essere allegato il programma di sviluppo del giacimento. Ai sensi del comma 10 del medesimo articolo, ove ricada nei territori di rispettiva competenza, la concessione di coltivazione è accordata dal Ministero dell'industria, d'intesa con le regioni a statuto speciale o le province autonome interessate.

 

Il rilascio della concessione avviene a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni competenti ai sensi del comma 7, lettera n), dell’art. 1 della legge n. 239/2004e che viene svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge n. 241/1990.

Il riferimento alla partecipazione delle amministrazioni competenti è stata introdotta durante l’esame al Senato, in luogo di quello alla partecipazione delle amministrazioni statali, regionali e locali interessate.

Ai sensi della citata lettera n) del comma 7 dell’art. 1 della legge n. 239/2004, tra i compiti e funzioni amministrativi esercitati dallo Stato, anche avvalendosi dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, rientrano “le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate”.

Durante l’esame al Senato è stato inoltre introdotto un periodo volto a demandare ad apposito decreto interministeriale (adottato di concerto dai Ministri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente) l’individuazione delle attività preliminari che non comportano effetti significativi e permanenti sull'ambiente che l'UNMIG è competente ad autorizzare in via provvisoria, in attesa della determinazione conclusiva della conferenza di servizi.

Si ricorda, in proposito, che ai sensi del successivo comma 82-quinquies, nel procedimento unico per il rilascio della concessione di coltivazione è indetta la conferenza di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

Il successivo comma 82-quater e il primo periodo del comma 82-quinquies, non modificati nel corso dell’esame al Senato, recano disposizioni che si applicano alle sole concessioni di coltivazione in terraferma.

Ai fini dell’esposizione possiamo raggruppare tali disposizioni in due classi:

I.      la norma che prevede che la concessione di coltivazione di idrocarburi in terraferma costituisce titolo per la costruzione degli impianti e delle opere necessari, degli interventi di modifica, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili;

II.     le norme secondo cui tali opere sono considerate di pubblica utilità ai sensi della legislazione vigente e, qualora comportino variazioni degli strumenti urbanistici, la relativa concessione ha effetto di variante urbanistica.

 

Il secondo periodo del comma 82-quinquies dispone che nel procedimento unico di cui ai commi da 77 a 82-ter, è indetta la conferenza di servizi ai sensi della legge n. 241/1990 e che in essa vige il principio del silenzio-assenso delle amministrazioni convocate, vale a dire che si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione convocata se questa non partecipa o se il suo rappresentante non ne esprime in tale sede definitivamente la volontà.

 

Il comma 82-sexies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, assoggetta ad autorizzazione rilasciata dall'UNMIG lo svolgimento delle attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione, se effettuate a partire da opere esistenti e nell'ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati.

Vale la pena ricordare in proposito la disciplina delle concessioni di coltivazione recata dall’art. 30 del d.lgs. n. 625/1996. Il comma 1 dispone infatti che il “provvedimento di attribuzione approva il programma dei lavori da svolgere e stabilisce ogni altro obbligo in conformità delle disposizioni di legge”.

 

Il comma 33 disciplina l’applicabilità dei nuovi commi da 77 a 82-sexies dell’art. 1 della legge n. 239/2004 introdotti dal precedente comma 32.

Ai sensi del comma in esame, tali nuovi commi si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e – per effetto dell’aggiunta operata dal Senato - ai procedimenti relativi ai titoli minerari vigenti[167], eccetto quelli per i quali sia completata la procedura per il rilascio dell'intesa da parte della regione competente.

 

Si osserva che, in considerazione dell’introduzione della nuova disciplina di cui ai commi da 77 a 82-sexies dell’art. 1 della legge n. 239/2004 e della specifica previsione di cui al comma 33 dell’articolo in esame, sarebbe opportuno prevedere altresì la soppressione del comma 83 dell’art. 1 della legge n. 239/2004, che appare superato disciplinando proprio l’applicazione dei precedenti commi da 77 a 82 ai procedimenti in corso.

 

Difatti, il menzionato comma 83 stabilisce che le disposizioni di cui ai precedenti commi da 77 a 82 si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 239/2004, eccetto quelli per i quali sia completata la procedura di valutazione di impatto ambientale, ovvero quelli per cui sia in corso di conclusione il relativo procedimento su dichiarazione del proponente.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 34 e 35
(Soppressione del Comitato centrale metrico)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

21. Il Comitato centrale metrico istituito dall'articolo 7 del regio decreto 9 gennaio 1939, n. 206, e successive modificazioni, è soppresso.

34. Identico.

22. Laddove per disposizione di legge o di regolamento è previsto che debba essere acquisito il parere tecnico del Comitato centrale metrico, il Ministero dello sviluppo economico può chiedere un parere facolta­tivo agli istituti metrologici primari, di cui al­l'articolo 2 della legge 11 agosto 1991, n. 273, ovvero ad istituti universitari, con i quali stipula convenzioni senza oneri ag­giuntivi a carico del bilancio dello Stato.

35. Identico.

(…)

(…)

 

 

Il comma 34 dispone la soppressione del Comitato centrale metrico istituito dall'articolo 7 del regio decreto 9 gennaio 1939, n. 206, come modificato dall'articolo 5 della legge 11 agosto 1991, n. 273, e dall'articolo 15 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 40.

Il Comitato centrale metrico è costituito: dal Ministro dell'industria (ora: dello sviluppo economico) o da un suo delegato con funzioni di presidente; dal direttore generale del commercio interno e dei consumi industriali del Ministero; dal dirigente dell'Ufficio centrale metrico; da un rappresentante di ciascuno degli istituti metrologici primari; da un rappresentante del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica; da cinque docenti universitari in discipline matematiche, fisiche, chimiche, ingegneristiche; da un rappresentante dell'Istituto superiore delle poste e delle telecomunicazioni; da un esperto in metrologia legale, con particolare conoscenza di quella comunitaria, nominati per quattro anni con decreto del Ministro dell'industria.

Spetta al Comitato, ai sensi della norma istitutiva (art. 7 del regio decreto 9 gennaio 1939, n. 206, e successive modificazioni): dare parere sulle questioni tecniche ad esso sottoposte dal Ministero; compilare le istruzioni sui metodi e le norme da usarsi nelle varie verificazioni e nei saggi; compiere l'esame definitivo prescritto dagli artt. 79, 88 e 110 del regolamento metrico in caso di disaccordo fra l'ispettore metrico e l'utente e le direzioni ed imprese del gas, e fra il saggiatore ed il presentatore; proporre le norme di insegnamento per il corso di tirocinio degli ispettori metrici in prova; vigilare sull'andamento scientifico tecnico dell'Ufficio centrale metrico e determinare il materiale scientifico ad esso occorrente; sorvegliare i lavori per la verificazione decennale dei campioni prototipi; proporre eventuali riforme per l'ordinamento dei servizi metrici e dei saggi. Il Comitato, inoltre, svolge funzioni di consulenza e di proposta nell'ambito del sistema nazionale di taratura ed esprime pareri sulle materie ad esso sottoposte dal Ministro dell'industria.

 

In conseguenza della soppressione del Comitato centrale metrico, il comma 35 prevede che il Ministero dello sviluppo economico possa chiedere un parere facoltativo agli istituti metrologici primari, di cui all'articolo 2 della legge 11 agosto 1991, n. 273, ovvero ad istituti universitari con i quali stipula convenzioni senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, in tutti i casi in cui per disposizione di legge o di regolamento sia prevista l'acquisizione del parere tecnico del Comitato centrale metrico.

La legge n. 273 del 1991, che istituisce il sistema nazionale di taratura, all'articolo 2, attribuisce agli istituti metrologici primari il compito di effettuare studi e ricerche finalizzati alla realizzazione dei campioni primari delle unità di misura di base, supplementari e derivate del sistema internazionale delle unità di misura (SI). Tali istituti confrontano a livello internazionale i campioni realizzati e li mettono a disposizione ai fini della disseminazione prevista dal sistema nazionale di taratura. Svolgono la funzione di istituti metrologici primari:

-        l'Istituto di metrologia «G. Colonnetti» del Consiglio nazionale delle ricerche per i campioni riguardanti le unità di misura impiegate nel campo della meccanica e della termologia;

-        l’Istituto elettrotecnico nazionale «G. Ferraris» per i campioni riguardanti le unità di misura del tempo e delle frequenze e per le unità di misura impiegate nel campo dell'elettricità, della fotometria, dell'optometria e dell'acustica;

-        L'ENEA, per i campioni delle unità di misura impiegate nel campo delle radiazioni ionizzanti.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 36
(Svolgimento di attività di analisi e statistiche nel settore dell'energia)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

23. Lo svolgimento di attività di analisi e statistiche nel settore dell'energia, previste dalla proposta di regolamento del Parla­mento europeo e del Consiglio COM(2006)850 def., nonché l'avvio e il mo­nitoraggio dell'attuazione della strategia energetica nazionale di cui all'articolo 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono effettuati dal Mi­nistero dello sviluppo economico senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nei limiti delle economie derivanti dai provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, e successive modificazioni, ai sensi dell'arti­colo 2, comma 554, della legge 24 dicem­bre 2007, n. 244, e successive modifica­zioni, secondo le procedure di cui al mede­simo comma 554.

36. Lo svolgimento di attività di analisi e statistiche nel settore dell'energia, previste dalla proposta di regolamento del Parla­mento europeo e del Consiglio COM(2006)850 def., nonché l'avvio e il mo­nitoraggio, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'attuazione della strategia energetica nazionale di cui all'articolo 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono effettuati dal Ministero dello sviluppo economico entro il limite massimo di 3 milioni di euro per il 2009. Al relativo onere si provvede, per l'anno 2009, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista dal­l'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicem­bre 2004, n. 307, relativa al Fondo per in­terventi strutturali di politica economica.

(…)

(…)

 

 

Il comma 36, modificato dal Senato, stanzia apposite risorse per lo svolgimento, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di attività di analisi e statistiche nel settore dell'energia, previste dalla proposta di regolamento COM(2006)850 def., nonché per l'avvio e il monitoraggio, con il Ministero dell’ambiente, dell'attuazione della strategia energetica nazionale di cui all'art. 7 del DL 112/08[168].

Tali attività sono effettuate entro il limite massimo di 3 milioni di euro per l’anno 2009.

Alla copertura del suddetto onere si provvede, per il 2009, mediante riduzione di pari importo dell’autorizzazione di spesa di cui all’art 10, comma 5, del DL 282 del 2004[169], relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Il Fondo è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche con interventi di riduzione della pressione fiscale.

L'art. 7 del decreto-legge n. 112 prevede che il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, definisca la «Strategia energetica nazionale», che indica le priorità per il breve ed il lungo periodo e reca la determinazione delle misure necessarie per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato, i seguenti obiettivi:

-        diversificazione delle fonti di energia e delle aree geografiche di approvvigionamento;

-        miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo;

-        promozione delle fonti rinnovabili di energia e dell'efficienza energetica;

-        realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare;

-        promozione della ricerca sul nucleare di quarta generazione o da fusione;

-        incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica;

-        sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra;

-        garanzia di adeguati livelli di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori.

 

Il Ministro dello sviluppo economico è tenuto a convocare, d’intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una Conferenza Energia-Ambiente al fine di elaborare il suddetto piano strategico.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.


 

Articolo 27, commi 37-39
(Disposizioni in materia di risorse geotermiche)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

37. Entro sei mesi dalla data di en­trata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei tra­sporti, di intesa con la Conferenza unifi­cata di cui all'articolo 8 del decreto legi­slativo 28 agosto 1997, n. 281, emana un decreto volto a definire le prescrizioni relative alla posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geo­termica, ovvero sonde geotermiche, de­stinati al riscaldamento e alla climatizza­zione di edifici, per cui è necessaria la sola dichiarazione di inizio attività.

 

38. Il comma 1 dell'articolo 9 della legge 9 dicembre 1986, n. 896, è sosti­tuito dal seguente:

 

«1. L'esecuzione dei pozzi di profon­dità fino a 400 metri per ricerca, estra­zione e utilizzazione di acque calde, comprese quelle sgorganti da sorgenti, per potenza termica complessiva non superiore a 2.000 chilowatt termici, an­che per eventuale produzione di energia elettrica con impianti a ciclo binario ad emissione nulla, è autorizzata dalla re­gione territorialmente competente con le modalità previste dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e im­pianti elettrici, di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775».

 

39. La temperatura convenzionale dei reflui di cui all'articolo 1 della legge 9 di­cembre 1986, n. 896, è pari a 15 gradi centigradi.

(…)

(…)

 

 

I commi da 37 a 39, introdotti dal Senato, recano disposizioni in materia di risorse geotermiche.

Il comma 37 interviene in materia di geotermia prevedendo l’emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico che definisca le prescrizioni concernenti la posa in opera degli impianti di calore da risorsa geotermica o sonde geotermiche destinati a riscaldare e a climatizzare gli edifici, per cui si richiede la sola dichiarazione di inizio attività (DIA).

 

Si ricorda che DIA rappresenta uno dei titoli abilitativi all’attività edilizia (oltre al permesso di costruire e all’attività edilizia libera), disciplinato dagli artt. 22 e 23 del T.U. dell’edilizia, DPR n. 380/2001. L’ambito di operatività della DIA è definito residualmente, così come disposto dal comma 1 del citato art. 22.

Ai sensi del comma 1 sono, infatti, realizzabili mediante DIA gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'art. 6 e all’art. 10, contenenti rispettivamente le fattispecie di attività edilizia libera e gli interventi che invece devono essere esplicitamente autorizzati con il permesso di costruire.

La DIA, in linea di principio, è gratuita, salvo che diventi onerosa per effetto delle leggi regionali.

Per quanto riguarda la disciplina procedimentale della Dia essa è contenuta nell’art. 23. Viene previsto, in estrema sintesi, che il proprietario dell'immobile, almeno 30 giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenti allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.

La DIA deve essere corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori. La DIA è soggetta al silenzio assenso. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la DIA.

 

Per l’emanazione del decreto – prevista entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge - è richiesto il concerto con i Ministri dell’ambiente e delle infrastrutture, e l’intesa con la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 281/97[170].

 

Il comma 38 novella l’art. 9, comma 1, della legge 9 dicembre 1986, n. 896 recante Disciplina della ricerca e della coltivazione delle risorse geotermiche.

Il comma 1 dell’articolo 9 citato, relativo alle piccole utilizzazioni, così come sostituito, stabilisce che spetta alla regione territorialmente competente il rilascio dell’autorizzazione all’esecuzione di pozzi di profondità fino a 400 metri per la ricerca, l’estrazione e l’utilizzo di acque calde, incluse quelle di sorgente, per una potenza termica complessiva che non superi i 2000 chilowatt termici ed anche per l’eventuale produzione di energia elettrica mediante impianti a ciclo binario e ad emissione nulla.

Quest’ultima finalità costituisce la novità rispetto al testo in vigore del comma 1 dell’articolo 9.

L’autorizzazione è rilasciata in base alle modalità fissate dal regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici ).

 

L’energia elettrica è prodotta in impianti convenzionali o a ciclo binario, secondo le caratteristiche delle risorse geotermiche disponibili. Gli impianti convenzionali richiedono fluidi con una temperatura di almeno 150°C e sono disponibili nel tipo a contropressione (con scarico diretto nell’atmosfera) e a condensazione. Notevoli progressi, realizzati negli ultimi decenni, nella tecnologia dei cicli binari hanno reso possibile produrre elettricità, sfruttando fluidi geotermici a temperatura medio-bassa ed acque calde di scarico emesse dai separatori nei campi geotermici ad acqua dominante. Gli impianti binari utilizzano un fluido secondario di lavoro, di solito un fluido organico, che ha un basso punto di ebollizione ed un’elevata pressione di vapore a bassa temperatura rispetto al vapore acqueo. Gli impianti binari operano in circuiti chiusi: né i fluidi di lavoro, né i fluidi geotermici vengono a contatto con l’esterno, con ovvi vantaggi per l’ambiente.

 

Il comma 39 dispone la riduzione a 15 gradi (dai 25 attuali) della temperatura convenzionale dei reflui, riferita alle risorse geotermiche, di cui all’art. 1 della citata legge 896/86.

 

Le disposizioni dell’art. 1 attualmente in vigore riguardano sia le risorse geotermiche d'interesse nazionale, quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico in grado di assicurare una potenza erogabile complessiva di almeno 20.000 kilowatt termici alla temperatura convenzionale dei reflui di 25 gradi centigradi (comma 4), sia le risorse geotermiche di interesse locale, quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico di potenza inferiore a 20.000 kilowatt termici ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 25 gradi centigradi (comma 5).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.


 

Articolo 27, comma 40
(Realizzazione di impianti alimentati a biomasse e fotovoltaici)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

40. All'articolo 12 del decreto legisla­tivo 29 dicembre 2003, n. 387, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

 

«4-bis. Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa e per impianti fo­tovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve di­mostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell'autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l'impianto».

(…)

(…)

 

 

Il comma 40, introdotto dal Senato, integra l’articolo 12 del D.Lgs. 387/03 relativo alla promozione dell’energia rinnovabile, mediante l’aggiunta del nuovo comma 4-bis recante disposizioni relative agli impianti alimentati a biomasse e fotovoltaici.

Per incentivare la costruzione di nuovi impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili (FER) l’articolo 12 del decreto legislativo n. 387/03[171] interviene sulla disciplina di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti alimentati da FER, al fine di renderla maggiormente semplice e certa.

L’articolo ribadisce che le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, sono opere di pubblica utilità indifferibili e urgenti, stabilendo che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate da questa, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente e di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. Tale autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico (della durata massima di 180 giorni), al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato.

Alcune modifiche apportate dalla legge finanziaria per il 2008 (L. 244/07, art. 2, comma 158) prevedono che per gli impianti offshore l’autorizzazione venga rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima

 

In particolare il nuovo comma 4-bisconcerne la realizzazione di impianti alimentati a biomasse e di impianti fotovoltaici, prevedendo che a tali fini, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente, nel corso del procedimento e prima del rilascio dell’autorizzazione, è tenuto a dimostrare la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 41
(Modifiche all’allegato IV alla Parte II del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

41. All'allegato IV alla Parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) al numero 2, lettera c), dopo le parole: «energia, vapore ed acqua calda» sono aggiunte le seguenti: «con potenza complessiva superiore a 1 MW»;

 

     b) al numero 2, lettera e), dopo le parole: «sfruttamento del vento» sono aggiunte le seguenti: «con potenza complessiva superiore a 1 MW».

(…)

(…)

 

 

Il comma 41, introdotto durante l’iter al Senato,attraverso alcune modifiche all’allegato IV della parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006 (cd. Codice ambientale), prevede la verifica di assoggettabilità sui seguenti progetti di competenza regionale solo nel caso abbiano una potenza complessiva superiore a 1MW:

§      gli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda;

§      gli impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento.

 

Si ricorda, che l’allegato IV della parte seconda del Codice ambientale reca i progetti di competenza regionale per i quali è prevista una previa verifica di assoggettabilità per la loro sottoposizione alla procedura di VIA (valutazione di impatto ambientale) o di VAS (valutazione ambientale strategica).

Tra essi sono compresi, al n. 2 relativo all’industria energetica ed estrattiva, gli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda (lett. c) e gli impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento (lett. e).

Le disposizioni che disciplinano, invece, la previa verifica di assoggettabilità sono contenute nell’art. 12 (per la VAS) e nell’art. 20 (per la VIA)

Per quanto riguarda la procedura di VAS, essa prende, infatti, avvio contestualmente al processo di formazione del piano o programma. La p.a. incaricata dell’approvazione del piano o programma (autorità procedente) dovrà, infatti, richiedere all’autorità competente in materia di VAS un parere in merito all’assoggettabilità della relativa proposta alla VAS, ai sensi dell’art. 12. L’autorità ambientale competente dovrà emettere il provvedimento di verifica, la cd. verifica di assoggettabilità, assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla VAS, entro 90 giorni dalla trasmissione degli atti da parte dell’autorità procedente.

A seguito dell’esito positivo della verifica si procederà con la vera e propria fase di valutazione ambientale.

La procedura di VIA si apre con una verifica di assoggettabilità (art. 20) da parte dell’autorità competente sul progetto trasmesso dal proponente, che tende ad accertare, nei successivi 45 giorni, sulla base degli elementi di cui all'allegato V, se il progetto abbia possibili effetti negativi apprezzabili sull'ambiente. Entro la scadenza del termine l'autorità competente deve comunque esprimersi.

In entrambi i casi i risultati della verifica devono essere resi pubblici.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, commi 42 e 43
(Disposizioni in materia di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

42. Il secondo periodo del comma 4 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive mo­dificazioni, è soppresso.

 

43. Il comma 2 dell'articolo 6 del de­creto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, è sostituito dal seguente:

 

«2. Nell'ambito della disciplina di cui al comma 1, l'energia elettrica prodotta può essere remunerata a condizioni economiche di mercato per la parte im­messa in rete e nei limiti del valore ec­cedente il costo sostenuto per il con­sumo dell'energia».

(…)

(…)

 

 

I commi 42 e 43, introdotti dal Senato, intervengono in materia di energie rinnovabili attraverso la modifica di alcune disposizioni del decreto legislativo 387/03, con il quale si è provveduto al recepimento della direttiva 2001/77/CE.

Le modifiche riguardano in particolare l’articolo 12 concernente la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure autorizzative e l’articolo 6 recante specifiche disposizioni per gli impianti di potenza non superiore a 20 kW.

 

Si ricorda brevemente che il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387oltre alla definizione degli obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione da adottare ai fini dello sviluppo della produzione di energia dalle suddette fonti, contiene disposizioni specifiche relative a singole fonti energetiche, norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.

 

Nello specifico il comma 42 dispone la soppressione del secondo periodo del comma 4 del citato articolo 12, che era stato a sua volta aggiunto con il comma 158, art. 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008).

 

Si ricorda che l’articolo 12 del D.Lgs n. 387/03 che, come ricordato, interviene sulla disciplina di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili, al comma 4 prevede che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge n. 241/1990. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire e ad esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione del procedimento in questione non può comunque essere superiore a centottanta giorni

La norma di cui si dispone la soppressione prevede che in caso di dissenso nel procedimento unico (purché il dissenso non sia espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e del patrimonio storico-artistico) la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, sia rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Si ricorda che il comma 6-bis dell'articolo 14-ter della legge 241/1990, applicabile anche al procedimento di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003, prevede che all'esito dei lavori della conferenza di servizi, e in ogni caso scaduto il termine, l'amministrazione procedente adotti la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. Dunque in caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali l'amministrazione procedente ben può concludere il procedimento e concedere l'autorizzazione unica se le posizioni prevalenti sono state orientate in tal senso.

 

Il comma 43 provvede alla sostituzione del comma 2 dell’art. 6 che nel testo in vigore non consente la vendita dell'energia elettrica prodotta dagli impianti alimentati da fonti rinnovabilicon potenza nominale non superiore a 20 kW nell’ambito della disciplina del servizio di scambio sul posto.

 

L’articolo 6 al comma 1 prevede l’emanazione da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas delle condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto cui si è provveduto con la Del. 3 giugno 2008 n. ARG/elt 74/08 (Testo integrato delle modalità e delle condizioni tecnico-economiche per lo scambio sul posto (TISP). Il comma 2, come anticipato, non consente la vendita dell'energia elettrica prodotta dagli impianti nell’ambito di tale disciplina.

 

Il comma novellato consente la remunerazione dell’energia elettrica prodotta da impianti con potenza nominale non superiore a 20 kW nell’ambito del servizio di scambio sul posto a condizioni economiche di mercato per la parte di energia immessa in rete e nei limiti del valore che eccede il costo sostenuto per il consumo dell’energia.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 27, comma 44
(Coordinamento dei piani regionali degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 16
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

Articolo 27
(Misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

44. Ai fini del miglior perseguimento delle finalità di incremento della produ­zione di energia elettrica da fonti rinno­vabili sull'intero territorio nazionale nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, l'articolo 9-ter del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, conver­tito, con modificazioni, dalla legge 30 di­cembre 2008, n. 210, è sostituito dal se­guente:

 

«Art. 9-ter. - (Coordinamento dei piani regionali degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani). - 1.

Ai fini di prevenire le emergenze nel settore dello smaltimento dei rifiuti, di contribuire al raggiungimento degli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto e di incrementare la produzione di ener­gia elettrica da fonti rinnovabili, nel ri­spetto delle attribuzioni delle regioni e della normativa europea sulla gestione dei rifiuti, è istituita la Cabina di regia nazionale per il coordinamento dei piani regionali degli inceneritori dei rifiuti ur­bani residuati dalla raccolta differen­ziata, la cui organizzazione e il cui fun­zionamento sono disciplinati con de­creto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di con­certo con il Ministro dello sviluppo eco­nomico e d'intesa con la Conferenza uni­ficata di cui all'articolo 8 del decreto le­gislativo 28 agosto 1997, n. 281, utiliz­zando allo scopo le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a le­gislazione vigente».

 

Il comma 44, introdotto durante l’esame al Senato, novella l’articolo 9-ter del decreto-legge n. 172/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 210/2008) al fine di prevedere, in luogo dell’adozione di un piano nazionale degli inceneritori dei rifiuti urbani residuati dalla raccolta differenziata, l’istituzione di una cabina di regia nazionale per il coordinamento dei piani regionali degli inceneritori dei rifiuti medesimi.

Il testo originario dell’articolo 9-ter prevedeva, infatti, l’adozione entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore di un piano nazionale degli inceneritori dei rifiuti urbani residuati dalla raccolta differenziata mediante DPCM adottato d'intesa con la Conferenza unificata e con il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.

Lo stesso articolo escludeva l’applicazione delle disposizioni di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 195 del D.Lgs. n. 152/2006, la quale affida alla competenza dello Stato “l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese”.

 

La novella in esame consente di riportare il dettato dell’articolo 9-ter in linea con la ripartizione di competenze prevista, in materia di rifiuti, dal Codice dell’ambiente (D.Lgs. n. 152/2006).

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’articolo 196, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, sono di competenza delle regioni, tra l’altro, la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, i quali contengono, tra l’altro, l’indicazione della tipologia e del complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione (art. 199, comma 3, lettera b), del D.Lgs. n. 152/2006).

 

Relativamente all’organizzazione e al funzionamento della istituenda Cabina di regia, il comma in esame ne demanda la disciplina ad apposito decreto interministeriale, adottato di concerto dai Ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico e d'intesa con la Conferenza unificata, utilizzando allo scopo le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 27, commi 1-6, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 28
(Ridefinizione dei poteri dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 28
(Ridefinizione dei poteri dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas)

 

 

 

1. All'articolo 2, comma 5, della legge 14 novembre 1995, n. 481, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i settori dell'energia elettrica e del gas, al fine di tutelare i clienti finali e di garantire mer­cati effettivamente concorrenziali, le competenze ricomprendono tutte le atti­vità della relativa filiera».

 

2. All'articolo 1, comma 12, della legge 23 agosto 2004, n. 239, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'Autorità per l'energia elettrica e il gas riferisce, anche in relazione alle lettere c) ed i) del comma 3, entro il 30 gennaio di ogni anno alle Commissioni parlamentari competenti sullo stato del mercato del­l'energia elettrica e del gas naturale e sullo stato di utilizzo ed integrazione de­gli impianti alimentati da fonti rinnova­bili».

 

3. Ai compiti attribuiti ai sensi del presente articolo l'Autorità per l'energia elettrica e il gas provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie dispo­nibili a legislazione vigente.

 

4. Alla lettera c) del comma 20 dell'ar­ticolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, le parole: «lire 50 milioni» sono so­stituite dalle seguenti: «euro 2.500».

 

 

L’articolo 28, introdotto dal Senato, ridefinisce i poteri dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas attraverso modifiche alla legge 481/95[172], istitutiva dell’Autorità e alla legge 239/04[173] di riordino del settore energetico (c.d. legge Marzano).

 

In particolare il comma 1 dispone una integrazione all’articolo 2, comma 5, della legge 481/95, con la quale si stabilisce che relativamente ai settori dell’elettricità e del gas le competenze dell’Autorità si estendono a tutte le attività della relativa filiera. La disposizione è volta a tutelare dei clienti finali e a garantire mercati concorrenziali.

La legge 481/95 al citato comma 5 (Istituzione delle Autorità per i servizi di pubblica utilità) stabilisce chele autorità operano in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione e sono preposte alla regolazione e al controllo del settore di propria competenza.

 

Il comma 2 integra il comma 12, art. 1, della legge 239/04, prevedendo che l’Autorità con cadenza annuale (entro il 30 gennaio) riferisca alle competenti Commissioni parlamentari in merito al mercato dell’energia elettrica e del gas e sullo stato di utilizzo e di integrazione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, anche in relazione agli obiettivi di politica energetica generale individuati alle lettere c) ed i) del comma 3 della citata legge 239 le quali prevedono:

§      che sia assicurata l'economicità dell'energia offerta ai clienti finali e la competitività del sistema economico del Paese;

§      la tutela degli utenti-consumatori, con particolare riferimento alle famiglie che versano in condizioni economiche disagiate.

Il comma 12 oggetto di integrazione prevede l’invio annuale (entro il 30 giugno) al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei ministri, da parte dell’AEEG, di una relazione sullo stato dei servizi e sull'attività svolta in cui l'Autorità illustra anche le iniziative assunte nel quadro delle esigenze di sviluppo dei servizi di pubblica utilità e in conformità agli indirizzi di politica generale del settore individuati al comma 11 della stessa legge 239/04.

Il comma 3 prevede che l’Autorità faccia fronte ai compiti che le sono attribuiti dal presente articolo avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Da ultimo il comma 4 interviene in materia di sanzioni amministrative irrogate dall’AEEG attraverso una modifica alla lett. c) del comma 20, art. 2, della legge 481/1995 con la quale si provvede a rideterminare l’importo minimo delle sanzioni pecuniarie, fissandolo a 2.500 euro (mentre la normativa vigente prevede un importo minimo di 50 milioni di lire).

 

La lettera c), modificata dal comma in esame, riconosce all’Autorità il potere di irrogare sanzioni amministrative non inferiori a 50 milioni di lire e non superiori a 300 miliardi di lire, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di:

-        inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità;

-        mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio, alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli;

-        informazioni e documenti acquisiti non veritieri.

Tra le sanzioni va segnalata la sospensione dell'attività di impresa per un periodo massimo di sei mesi o, in caso di reiterazione della violazione, la proposta al Ministro di disporre la sospensione o la decadenza della concessione.

 


 

Articolo 29
(Agenzia per la sicurezza nucleare)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 17
(Agenzia per la sicurezza nucleare)

Articolo 29
(Agenzia per la sicurezza nucleare)

 

 

1. È istituita l'Agenzia per la sicurezza nucleare. L'Agenzia svolge le funzioni e i compiti di autorità nazionale per la regola­mentazione tecnica, il controllo e l'autoriz­zazione ai fini della sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici dell'energia nucleare, la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari, la protezione dalle radiazioni, nonché le fun­zioni e i compiti di salvaguardia degli im­pianti e dei materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica.

1. È istituita l'Agenzia per la sicurezza nucleare. L'Agenzia svolge le funzioni e i compiti di autorità nazionale per la regola­mentazione tecnica, il controllo e l'autoriz­zazione ai fini della sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici dell'energia nucleare, la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari pro­venienti sia da impianti di produzione di elettricità, sia da attività mediche ed in­dustriali, la protezione dalle radiazioni, nonché le funzioni e i compiti di vigilanza sulla costruzione, l'esercizio e la salva­guardia degli impianti e dei materiali nucle­ari, comprese le loro infrastrutture e la logi­stica.

3. L'Agenzia svolge le funzioni di cui al comma 1, senza nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pub­blica e nel limite delle risorse umane, stru­mentali e finanziarie disponibili a legisla­zione vigente, di cui al comma 15.

3. L'Agenzia opera con indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena au­tonomia tecnico-scientifica e regolamen­tare, avvalendosi di personale qualifi­cato ed altamente specializzato. L'Agen­zia svolge le funzioni di cui al comma 1 senza nuovi o maggiori oneri né minori en­trate a carico della finanza pubblica e nel limite delle risorse umane, strumentali e fi­nanziarie disponibili a legislazione vigente di cui al comma 17.

4. L'Agenzia garantisce la sicurezza nu­cleare nel rispetto delle norme e delle pro­cedure vigenti a livello nazionale, comunita­rio e internazionale, applicando le migliori efficaci ed efficienti tecniche disponibili, nel­l'ambito di priorità e indirizzi di politica energetica nazionale e nel rispetto del di­ritto alla salute e all'ambiente. Le linee guida e i criteri per il funzionamento del­l'Agenzia sono stabiliti dal Governo, previo parere delle competenti Commis­sioni parlamentari. L'Agenzia mantiene e sviluppa relazioni con le analoghe agenzie di altri Paesi e con le organizzazioni euro­pee e internazionali d'interesse per lo svol­gimento dei compiti e delle funzioni asse­gnati, anche concludendo accordi di colla­borazione.

4. L'Agenzia vigila sulla sicurezza nu­cleare e sulla radioprotezione nel rispetto delle norme e delle procedure vigenti a li­vello nazionale, comunitario e internazio­nale, applicando le migliori efficaci ed effi­cienti tecniche disponibili, nell'ambito di priorità e indirizzi di politica energetica na­zionale e nel rispetto del diritto alla salute e all'ambiente ed in ossequio ai princìpi di precauzione suggeriti dagli organismi comunitari. L'Agenzia presenta annual­mente al Parlamento una relazione sulla sicurezza nucleare. L'Agenzia mantiene e sviluppa relazioni con le analoghe agenzie di altri Paesi e con le organizzazioni euro­pee e internazionali d'interesse per lo svol­gimento dei compiti e delle funzioni asse­gnati, anche concludendo accordi di colla­borazione.

5. L'Agenzia è la sola autorità nazionale responsabile per la sicurezza e la salva­guardia nucleare. In particolare:

5. L'Agenzia è la sola autorità nazionale responsabile per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. In particolare:

     a) le autorizzazioni rilasciate da am­ministrazioni pubbliche statali in riferimento alle attività di cui al comma 1 sono soggette al preventivo parere obbligatorio e vinco­lante dell'Agenzia;

     a) le autorizzazioni rilasciate da am­ministrazioni pubbliche in riferimento alle attività di cui al comma 1 sono soggette al preventivo parere obbligatorio e vincolante dell'Agenzia;

     b) l'Agenzia ha la responsabilità del controllo e della verifica ambientale sulla gestione dei rifiuti radioattivi;

     b) identica;

     c) l'Agenzia svolge ispezioni sugli impianti nucleari nazionali e loro infrastrut­ture, al fine di assicurare che le attività non producano rischi per le popolazioni e l'am­biente e che le condizioni di esercizio siano rispettate;

     c) identica;

     d) gli ispettori dell'Agenzia, nell'esercizio delle loro funzioni, sono legit­timati ad accedere agli impianti e ai docu­menti e a partecipare alle prove richieste;

     d) identica;

     e) ai fini della verifica della sicu­rezza e delle garanzie di qualità, l'Agenzia richiede ai soggetti responsabili del pro­getto, della costruzione e dell'esercizio degli impianti nucleari, nonché delle infrastrutture pertinenziali, la trasmissione di dati, infor­mazioni e documenti;

     e) identica;

     f) l'Agenzia emana e propone rego­lamenti, standard e procedure tecniche e pubblica rapporti sulle nuove tecnologie e metodologie, anche in conformità alla nor­mativa comunitaria e internazionale in ma­teria di sicurezza nucleare e di radioprote­zione;

     f) identica;

     g) l'Agenzia può imporre misure correttive, diffidare i titolari delle autorizza­zioni e, in caso di violazioni, irrogare san­zioni amministrative pecuniarie di importo compreso tra 25.000 euro e 150 milioni di euro, nonché sospendere e revocare le autorizzazioni;

     g) l'Agenzia può imporre prescri­zioni e misure correttive, diffidare i titolari delle autorizzazioni e, in caso di inosser­vanza dei propri provvedimenti, o in caso di mancata ottemperanza da parte dei medesimi soggetti alle richieste di esibizione di documenti ed accesso agli impianti o a quelle connesse all'effettua­zione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni o i documenti acquisiti non siano veritieri, irrogare, salvo che il fatto costituisca reato, sanzioni ammini­strative pecuniarie non inferiori nel mi­nimo a 25.000 euro e non superiori nel massimo a 150 milioni di euro, nonché disporre la sospensione delle attività di cui alle autorizzazioni e proporre alle au­torità competenti la revoca delle autoriz­zazioni medesime. Alle sanzioni non si applica quanto previsto dall'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. Gli importi delle sanzioni irrogate dall'Agenzia sono versati, per il funzionamento dell'Agen­zia stessa, al conto di tesoreria unica, ad essa intestato, da aprire presso la teso­reria dello Stato ai sensi dell'articolo 1, primo comma, della legge 29 ottobre 1984, n. 720. L'Agenzia comunica an­nualmente all'Amministrazione vigilante e al Ministero dell'economia e delle fi­nanze gli importi delle sanzioni com­plessivamente incassati. Il finanzia­mento ordinario annuale a carico del bi­lancio dello Stato di cui ai commi 17 e 18 del presente articolo è corrispondente­mente ridotto per pari importi. L'Agenzia è tenuta a versare, nel medesimo eserci­zio, anche successivamente all'avvio dell'ordinaria attività, all'entrata del bi­lancio dello Stato le somme rivenienti dal pagamento delle sanzioni da essa incassate ed eccedenti l'importo del fi­nanziamento ordinario annuale ad essa riconosciuto a legislazione vigente;

     h) l'Agenzia ha il potere di pro­porre ad altre istituzioni l'avvio di proce­dure sanzionatorie;

     soppressa

     i) l'Agenzia svolge attività di informazione tecnico-scientifica verso il pubblico e nelle scuole, anche in collabora­zione con altri organismi e istituzioni, e corsi relativi ai casi di emergenza;

     h) l'Agenzia informa il pubblico con trasparenza circa gli effetti sulla po­pola­zione e sull'ambiente delle radia­zioni ionizzanti dovuti alle operazioni degli impianti nucleari ed all'utilizzo delle tecnologie nucleari, sia in situa­zioni ordinarie che straordinarie;

     l) l'Agenzia controlla la modalità che i produttori di energia elettrica nucleare de­vono adottare per la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari irraggiati e lo smantellamento degli impianti a fine vita.

     i) l'Agenzia definisce e controlla le procedure che i titolari dell'autorizza­zione all'esercizio o allo smantellamento di impianti nucleari o alla detenzione e custodia di materiale radioattivo devono adottare per la sistemazione dei rifiuti ra­dioattivi e dei materiali nucleari irraggiati e lo smantellamento degli impianti a fine vita nel rispetto dei migliori standard inter­nazionali, fissati dall'Agenzia internazio­nale dell'energia atomica (AIEA).

 

6. Nell'esercizio delle proprie fun­zioni, l'Agenzia può avvalersi, previa la stipula di apposite convenzioni, della collaborazione delle agenzie regionali per l'ambiente.

 

7. Per l'esercizio delle attività con­nesse ai compiti ed alle funzioni dell'A­genzia, gli esercenti interessati sono te­nuti al versamento di un corrispettivo da determinare, sulla base dei costi effetti­vamente sostenuti per l'effettuazione dei servizi, con decreto del Ministro dell'e­conomia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'ambiente e della tu­tela del territorio e del mare, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari.

6. L'Agenzia è organo collegiale compo­sto dal presidente e da quattro membri. I componenti dell'Agenzia sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri designa il presidente dell'Agenzia, due componenti sono designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, gli altri due componenti sono de­signati dal Ministro dello sviluppo econo­mico. Prima della deliberazione del Consi­glio dei ministri, le competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere e possono procedere all'audizione delle per­sone individuate. In nessun caso le nomine possono esser effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle predette Commissioni. Il presidente e i membri del­l'Agenzia sono scelti tra persone di indi­scusse moralità e indipendenza, di compro­vata professionalità ed elevate qualifica­zione e competenza nel settore della tec­nologia nucleare, della gestione di impianti tecnologici, della sicurezza nucleare, della radioprotezione, della tutela dell'ambiente e della sicurezza sanitaria. La carica di com­ponente dell'Agenzia è incompatibile con incarichi politici elettivi, né possono essere nominati componenti coloro che abbiano interessi di qualunque natura in conflitto con le funzioni dell'Agenzia. Il Governo tra­smette annualmente al Parlamento una re­lazione sulla sicurezza nucleare predispo­sta dall'Agenzia.

8. L'Agenzia è organo collegiale compo­sto dal presidente e da quattro membri. I componenti dell'Agenzia sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri designa il presidente dell'Agenzia, due membri sono designati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e due dal Ministro dello sviluppo economico. Prima della deliberazione del Consiglio dei ministri, le competenti Com­missioni parlamentari esprimono il loro pa­rere e possono procedere all'audizione delle persone individuate. In nessun caso le nomine possono esser effettuate in man­canza del parere favorevole espresso dalle predette Commissioni. Il presidente e i membri dell'Agenzia sono scelti tra persone di indiscusse moralità e indipendenza, di comprovata professionalità ed elevate qua­lificazione e competenza nel settore della tecnologia nucleare, della gestione di im­pianti tecnologici, della sicurezza nucleare, della radioprotezione, della tutela dell'am­biente e della sicurezza sanitaria. La carica di componente dell'Agenzia è incom­patibile con incarichi politici elettivi, né pos­sono essere nominati componenti coloro che ab­biano interessi di qualunque natura in con­flitto con le funzioni dell'Agenzia. Il Governo trasmette annualmente al Parla­mento una relazione sulla sicurezza nucle­are predi­sposta dall'Agenzia.

7. Il presidente dell'Agenzia ha la rap­presentanza legale dell'Agenzia, ne con­voca e presiede le riunioni. Per la validità delle riunioni è richiesta la presenza del presidente e di almeno due membri. Le de­cisioni dell'Agenzia sono prese a maggio­ranza dei presenti.

9. Identico.

8. Sono organi dell'Agenzia il presidente e il collegio dei revisori dei conti. Il direttore generale è nominato collegialmente dall'A­genzia all'unanimità dei suoi componenti e svolge funzioni di direzione, coordinamento e controllo della struttura. Il collegio dei re­visori dei conti, nominato dal Ministro dell'e­conomia e delle finanze, è composto da tre componenti effettivi, di cui uno con funzioni di presidente scelto tra dirigenti del Diparti­mento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, e da due componenti supplenti. Il collegio dei revisori dei conti vigila, ai sensi dell'arti­colo 2403 del codice civile, sull'osservanza delle leggi e verifica la regolarità della ge­stione.

10. Identico.

9. I compensi spettanti ai componenti degli organi dell'Agenzia sono determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'eco­nomia e delle finanze, con il Ministro del­l'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dello sviluppo eco­nomico. Con il medesimo decreto è definita e individuata anche la sede dell'Agenzia. Gli oneri derivanti dall'attuazione del pre­sente comma sono coperti con le risorse dell'ISPRA e dell'ENEA allo stato disponibili ai sensi del comma 16.

11. I compensi spettanti ai componenti dell'Agenzia e dei suoi organi sono deter­minati con decreto del Presidente del Con­siglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dello sviluppo economico. Con il medesimo decreto è de­finita e individuata anche la sede dell'Agen­zia. Gli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma sono coperti con le risorse dell'ISPRA e dell'ENEA allo stato disponibili ai sensi del comma 18.

10. Gli organi dell'Agenzia durano in ca­rica sette anni.

12. Gli organi dell'Agenzia e i suoi componenti durano in carica sette anni.

11. A pena di decadenza il presidente, i membri dell'Agenzia e il direttore generale non possono esercitare, direttamente o indi­rettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o di­pendenti di soggetti pubblici o privati né ri­coprire altri uffici pubblici di qualsiasi na­tura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese ope­ranti nel settore. I dipendenti delle ammini­strazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo o in aspettativa, in ogni caso senza asse­gni, per l'intera durata dell'incarico.

13. Identico.

12. Per almeno dodici mesi dalla cessa­zione dell'incarico, il presidente, i membri dell'Agenzia e il direttore generale non pos­sono intrattenere, direttamente o indiretta­mente, rapporti di collaborazione, di con­sulenza o di impiego con le imprese ope­ranti nel settore di competenza, né con le relative associazioni. La violazione di tale divieto è punita, salvo che il fatto costituisca reato, con una sanzione amministrativa pe­cuniaria pari ad un'annualità dell'importo del corrispettivo percepito. All'imprenditore che abbia violato tale divieto si applica la san­zione amministrativa pecuniaria pari allo 0,5 per cento del fatturato e, comunque, non inferiore a euro 150.000 e non superiore a euro 10 milioni, e, nei casi più gravi o quando il comportamento illecito sia stato reiterato, la revoca dell'atto autorizzativo. I limiti massimo e minimo di tali sanzioni sono rivalutati secondo il tasso di variazione annuo dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dal­l'ISTAT.

14. Per almeno trentasei mesi dalla cessazione dell'incarico, il presidente, i membri dell'Agenzia e il direttore generale non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza, né con le relative associazioni. La violazione di tale divieto è punita, salvo che il fatto costituisca reato, con una sanzione amministrativa pe­cuniaria pari ad un'annualità dell'importo del corrispettivo percepito. All'imprenditore che abbia violato tale divieto si applica la san­zione amministrativa pecuniaria pari allo 0,5 per cento del fatturato e, comunque, non inferiore a euro 150.000 e non superiore a euro 10 milioni, e, nei casi più gravi o quando il comportamento illecito sia stato reiterato, la revoca dell'atto autorizzativo. I limiti massimo e minimo di tali sanzioni sono rivalutati secondo il tasso di variazione annuo dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dal­l'ISTAT.

13. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è approvato lo statuto dell'Agenzia, che stabi­lisce i criteri per l'organizzazione, il funzio­namento, la regolamentazione e la vigilanza della stessa in funzione dei compiti istitu­zionali definiti dalla legge.

15. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, è approvato lo statuto del­l'Agenzia, che stabilisce i criteri per l'orga­nizzazione, il funzionamento, la regola­mentazione e la vigilanza della stessa in funzione dei compiti istituzionali definiti dalla legge.

14. Entro tre mesi dalla data di emana­zione del decreto di cui al comma 13 e se­condo i criteri da esso stabiliti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministra­zione e l'innovazione, è approvato il rego­lamento che definisce l'organizzazione e il funzionamento interni dell'Agenzia.

16. Entro tre mesi dalla data di emana­zione del decreto di cui al comma 15 e se­condo i criteri da esso stabiliti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministra­zione e l'innovazione, è approvato il rego­lamento che definisce l'organizzazione e il funzionamento interni dell'Agenzia.

15. Con decreto del Ministro dell'am­biente e della tutela del territorio e del mare sono individuate le risorse di personale del­l'organico del Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA, che verranno trasferite all'Agenzia nel limite di 50 unità. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono individuate le ri­sorse di personale dell'organico dell'ENEA e di sue società partecipate, che verranno trasferite all'Agenzia nel limite di 50 unità. Il personale conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento all'atto del tra­sferimento. Con decreto del Ministro dell'e­conomia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare e con il Ministro dello sviluppo economico, sono trasferite all'A­genzia le risorse finanziarie, attualmente in dotazione alle amministrazioni cedenti, ne­cessarie alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma, assicu­rando in ogni caso l'invarianza della spesa mediante corrispondente riduzione delle autorizzazioni di spesa di cui al comma 16. Con lo stesso decreto sono apportate le corrispondenti riduzioni della dotazione or­ganica delle amministrazioni cedenti.

17. Con decreto del Ministro dell'am­biente e della tutela del territorio e del mare sono individuate le risorse di personale del­l'organico del Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA, che verranno trasferite all'Agenzia nel limite di 50 unità. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono individuate le ri­sorse di personale dell'organico dell'ENEA e di sue società partecipate, che verranno trasferite all'Agenzia nel limite di 50 unità. Il personale conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento all'atto del tra­sferimento. Con decreto del Ministro dell'e­conomia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Mi­nistro dello sviluppo economico, sono tra­sferite all'Agenzia le risorse finanziarie, at­tualmente in dotazione alle amministrazioni cedenti, necessarie alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma, assicurando in ogni caso l'inva­rianza della spesa mediante corrispondente riduzione delle autorizzazioni di spesa di cui al comma 18. Con lo stesso decreto sono apportate le corrispondenti riduzioni della dotazione organica delle amministrazioni cedenti.

16. Nelle more dell'avvio dell'ordinaria attività dell'Agenzia e del conseguente af­flusso delle risorse derivanti dai diritti che l'Agenzia è autorizzata ad applicare e in­troitare in relazione alle prestazioni di cui al comma 5, agli oneri relativi al funziona­mento dell'Agenzia, determinati in 500.000 euro per l'anno 2009 e in 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, si provvede, quanto a 250.000 euro per l'anno 2009 e a 750.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 lu­glio 1999, n. 300, e successive modifica­zioni, come rideterminata dalla Tabella C allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, e, quanto a 250.000 euro per l'anno 2009 e a 750.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 282, come ri­determinata dalla Tabella C allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, e relative proiezioni.

18. Nelle more dell'avvio dell'ordinaria attività dell'Agenzia e del conseguente af­flusso delle risorse derivanti dai diritti che l'Agenzia è autorizzata ad applicare e in­troitare in relazione alle prestazioni di cui al comma 5, agli oneri relativi al funziona­mento dell'Agenzia, determinati in 500.000 euro per l'anno 2009 e in 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, si provvede, quanto a 250.000 euro per l'anno 2009 e a 750.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione dell'au­torizzazione di spesa di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 lu­glio 1999, n. 300, e successive modifica­zioni, come ri­determinata dalla Tabella C allegata alla legge 22 dicembre 2008, n. 203, e, quanto a 250.000 euro per l'anno 2009 e a 750.000 euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione dell'au­torizzazione di spesa di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 282, come ri­determinata dalla Tabella C allegata alla legge 22 di­cembre 2008, n. 203.

17. Per l'amministrazione e la contabilità dell'Agenzia si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97. I bilanci preventivi, le relative variazioni e i conti consuntivi sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze. Il rendiconto della gestione finanziaria è approvato entro il 30 aprile dell'anno successivo ed è sog­getto al controllo della Corte dei conti. Il bi­lancio preventivo e il rendiconto della ge­stione finanziaria sono pubblicati nella Gaz­zetta Ufficiale.

19. Identico.

18. Fino alla data di pubblicazione del regolamento di cui al comma 14, le funzioni trasferite all'Agenzia per la sicurezza nucle­are per effetto del presente articolo conti­nuano ad essere esercitate dal Diparti­mento nucleare, rischio tecnologico e indu­striale dell'Agenzia per la protezione del­l'ambiente e per i servizi tecnici già discipli­nata dall'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modifi­cazioni, o dall'articolazione organizzativa dell'ISPRA nel frattempo eventualmente in­dividuata con il decreto di cui all'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Sono fatti salvi gli atti adottati e i procedimenti av­viati o conclusi dallo stesso Dipartimento o dall'articolazione di cui al precedente pe­riodo sino alla medesima data.

20. Fino alla data di pubblicazione del regolamento di cui al comma 16, le funzioni trasferite all'Agenzia per la sicurezza nucle­are per effetto del presente articolo conti­nuano ad essere esercitate dal Diparti­mento nucleare, rischio tecnologico e indu­striale dell'Agenzia per la protezione del­l'ambiente e per i servizi tecnici già discipli­nata dall'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modifi­cazioni, o dall'articolazione organizzativa dell'ISPRA nel frattempo eventualmente in­dividuata con il decreto di cui all'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Sono fatti salvi gli atti adottati e i procedimenti av­viati o conclusi dallo stesso Dipartimento o dall'articolazione di cui al precedente pe­riodo sino alla medesima data.

19. L'Agenzia può essere sciolta per gravi e motivate ragioni, inerenti al suo cor­retto funzionamento e al perseguimento dei suoi fini istituzionali, con decreto del Presi­dente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello svi­luppo economico. In tale ipotesi, con de­creto del Presidente del Consiglio dei mini­stri, è nominato un commissario straordina­rio, per un periodo non superiore a diciotto mesi, che esercita le funzioni del presidente e dei membri dell'Agenzia, eventualmente coadiuvato da due vice commissari.

21. Identico.

20. Il Ministro dell'economia e delle fi­nanze è autorizzato ad apportare, con pro­pri decreti, le occorrenti variazioni di bilan­cio.

22. Identico.

 

 

L'articolo 29, modificato durante l’esame al Senato,istituisce l'Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare.

Funzioni e compiti (commi 1 e 5)

Ai sensi del comma 1 l’Agenzia svolge le funzioni e i compiti:

§         di autorità nazionale per:

-       la regolamentazione tecnica, il controllo e l'autorizzazione ai fini della sicurezza delle attività concernenti gli impieghi pacifici dell'energia nucleare;

-       la gestione e la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari;

-       Relativamente a questo aspetto, nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che tali elementi possono essere provenienti sia da impianti di produzione di elettricità sia da attività mediche ed industriali.

-       la protezione dalle radiazioni;

di vigilanza sulla costruzione, l'esercizio e la salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari, comprese le loro infrastrutture e la logistica.

Tale competenza è stata meglio precisata durante l’esame al Senato. Il testo approvato dalla Camera prevedeva infatti funzioni e compiti di salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari (comprese le loro infrastrutture e la logistica).

 

Il comma 5 ribadisce che l’Agenzia è la sola autorità nazionale responsabile per la sicurezza nucleare (e, per quanto aggiunto dal Senato, per la radioprotezione).

Il seguito del comma 5 elenca la seguente serie di compiti attribuiti all’Agenzia, in relazione ai quali sono intervenute modifiche durante l’iter al Senato:

§      parere preventivo obbligatorio e vincolante sulle autorizzazioni rilasciate da amministrazioni pubbliche in riferimento alle attività di competenza dell’Agenzia indicate al comma 1 (lettera a);

Nel corso dell’esame al Senato tale lettera è stata modificata al fine di estendere il parere a tutte le amministrazioni pubbliche e non solo, come prevedeva il testo approvato dalla Camera, alle sole amministrazioni pubbliche statali.

§      imposizione di prescrizioni e misure correttive e diffida dei titolari delle autorizzazioni e irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie (salvo che il fatto costituisca reato) da 25.000 euro a 150 milioni di euro, in caso di inosservanza dei propri provvedimenti, o in caso di mancata ottemperanza da parte dei citati titolari alle richieste di esibizione di documenti ed accesso agli impianti o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni o i documenti acquisiti non siano veritieri. L’Agenzia può altresì disporre la sospensione delle attività di cui alle autorizzazioni e proporre alle autorità competenti la revoca delle autorizzazioni medesime. Oltre a tale disposto, che corrisponde nella sostanza a quanto già previsto nel testo della lettera g) approvato dalla Camera, durante l’iter al Senato è stata esclusa l’applicabilità dell’articolo 16 della legge n. 689/1981 relativo al pagamento in misura ridotta. Inoltre, relativamente agli importi derivanti dalle sanzioni, vengono previsti i seguenti adempimenti in capo all’Agenzia:

§       versamento degli importi delle sanzioni, per il funzionamento dell'Agenzia, al conto di tesoreria unica, ad essa intestato, da aprire presso la tesoreria dello Stato ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 720/1984 recante “Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici”;

§       comunicazione annuale all'Amministrazione vigilante e al Ministero dell'economia e delle finanze degli importi complessivamente incassati;

§       corrispondente riduzione del finanziamento ordinario annuale a carico del bilancio dello Stato di cui ai commi 17 e 18 del presente articolo (che riguardano rispettivamente gli oneri per il personale e quelli per il funzionamento dell’Agenzia);

§       versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle somme rivenienti dal pagamento delle sanzioni incassate ed eccedenti l'importo del finanziamento ordinario annuale riconosciuto a legislazione vigente;

§      informare il pubblico con trasparenza circa gli effetti sulla popolazione e sull'ambiente delle radiazioni ionizzanti dovuti alle operazioni degli impianti nucleari ed all'utilizzo delle tecnologie nucleari, sia in situazioni ordinarie che straordinarie (lettera h). Nel corso dell’esame al Senato l’enfasi del contenuto della disposizione è stato spostato dai luoghi e dai modi dell’informazione ai contenuti della medesima;

§      definizione e controllo delle procedure da adottare per la sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari irraggiati e lo smantellamento degli impianti a fine vita nel rispetto dei migliori standard internazionali, fissati dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica - AIEA (lettera i). Nel corso dell’esame al Senato è stata estesa l’applicabilità della norma, che priva riguardava i soli produttori di energia elettrica nucleare, ed è stato introdotto il rispetto degli standard internazionali AIEA.

 

Le disposizioni recate dalle lettere b)-f), non modificate dal Senato, affidano all’Agenzia:

§      responsabilità del controllo e della verifica ambientale sulla gestione dei rifiuti radioattivi (lettera b);

§      svolgimento di ispezioni sugli impianti nucleari nazionali e loro infrastrutture ai fini del controllo sia del rispetto delle condizioni di esercizio sia dei rischi per la popolazione e l’ambiente (lettera c). La successiva lettera d) disciplina poi i poteri degli ispettori;

§      acquisizione di dati, informazioni e documenti, per la verifica della sicurezza e delle garanzie di qualità, dai soggetti responsabili del progetto, della costruzione e dell'esercizio degli impianti nucleari, nonché delle infrastrutture pertinenziali (lettera e);

§      emanazione e proposta di regolamenti, standard e procedure tecniche e pubblicazione di rapporti sulle nuove tecnologie e metodologie, in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione (lettera f).

Principi regolanti il funzionamento dell’Agenzia (commi 3-4 e 6-7)

Il comma 3 prevede che l'Agenzia svolga le funzioni indicate dal comma 1 senza nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica e nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente (di cui al successivo comma 17, vedi oltre).

Nel corso dell’esame al Senato tale comma è stato integrato con l’aggiunta di un periodo che stabilisce che l'Agenzia opera con indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia tecnico-scientifica e regolamentare, avvalendosi di personale qualificato ed altamente specializzato.

Ai sensi del successivo comma 4 l'Agenzia vigila sulla sicurezza nucleare e sulla radioprotezione nel rispetto delle norme e delle procedure vigenti a livello nazionale, comunitario e internazionale e – come specificato nel corso dell’esame al Senato - in ossequio ai princìpi di precauzione suggeriti dagli organismi comunitari.

E’ rimasta invece immutata la parte della disposizione che disciplina le relazioni internazionali dell’Agenzia.

Relativamente, invece, alla vigilanza sulla sicurezza nucleare, si fa notare che nel testo approvato in prima lettura dalla Camera veniva previsto che l’Agenzia non vigilasse ma garantisse la sicurezza nucleare e non era menzionata la radioprotezione.

Il comma 4 è stato ulteriormente integrato nel corso dell’esame al Senato. E’ stato infatti introdotto l’obbligo per l’Agenzia di presentare annualmente una relazione al Parlamento sulla sicurezza nucleare.

In verità tale obbligo è già previsto dall’ultimo periodo del comma 8, secondo il quale il Governo trasmette annualmente al Parlamento una relazione sulla sicurezza nucleare predisposta dall'Agenzia.

Sembrerebbe pertanto opportuno eliminare una delle due disposizioni e chiarire se l’Agenzia presenta la relazione direttamente al Parlamento o per il tramite del Governo.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono stati introdotti due nuovi commi (6 e 7) aventi rispettivamente lo scopo di:

§      consentire all’Agenzia, nell'esercizio delle proprie funzioni, di avvalersi, previa la stipula di apposite convenzioni, della collaborazione delle agenzie regionali per l'ambiente;

§      introdurre l’obbligo per gli “esercenti interessati” del versamento di un corrispettivo per i servizi resi dall’Agenzia, da definire con decreto del Ministero dell’economia.

Occorrerebbe chiarire il funzionamento della norma, con particolare riferimento all’individuazione degli esercenti interessati e del tipo di servizio da remunerare.

Profili organizzativi

Organi e componenti (commi 8-12)

Gli attuali commi 8-12, che disciplinano le modalità di nomina e di funzionamento degli organi e dei componenti dell’Agenzia (che durano in carica 7 anni e sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica), nonché i relativi compensi e la sede dell’Agenzia stessa non hanno subito variazioni sostanziali nel corso dell’esame al Senato.

Si osserva che il comma 2 del medesimo articolo stabilisce che l'Agenzia è composta dalle strutture dell'attuale Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA e dalle risorse dell'ENEA attualmente preposte alle attività di competenza dell'Agenzia che le verranno associate. Occorrerebbe pertanto coordinare i due commi in commento, distinguendo tra il personale assegnato all’Agenzia e i relativi organi direttivi.

Analoghe considerazioni valgono per il comma 12, che stabilisce che gli “organi” dell’Agenzia e i suoi “componenti” durano in carica sette anni, laddove il comma 8 definisce l’agenzia “un organo collegiale” e il comma 10 stabilisce che sono “organi” dell’Agenzia il presidente e il collegio dei revisori dei conti.

Attività vietate per il Presidente, il Direttore generale e i membri dell'Agenzia (commi 13-14)

Nel corso dell’esame al Senato è stato elevato da 12 a 36 mesi il termine, decorrente dalla cessazione dell'incarico, entro il quale vige il divieto per il presidente, i membri dell'Agenzia e il direttore generale di intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza, né con le relative associazioni.

Resta invece immutata la norma che disciplina i casi di decadenza per i medesimi membri e organi dell’Agenzia.

Statuto e regolamento (commi 15-16)

Il comma 15, che prevede l’emanazione, entro 3 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, dello statuto dell’Agenzia con apposito DPCM su proposta concertata dei vari Ministeri coinvolti, è stato modificato nel corso dell’esame al Senato al fine di prevedere il coinvolgimento, nella formazione della citata proposta concertata, anche del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

Ai sensi del comma 16, non modificato dal Senato, si prevede l’emanazione del regolamento per l'organizzazione e il funzionamento interni dell'Agenzia entro 3 mesi dall’emanazione dello statuto.

Personale (commi 2 e 17)

Ai sensi del comma 2, non modificato dal Senato, l'Agenzia è composta dalle strutture dell'attuale Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA e dalle risorse dell'ENEA attualmente preposte alle attività di competenza dell'Agenzia che le verranno associate.

Il comma 17 demanda poi a due decreti ministeriali l’individuazione delle unità di personale delle citate strutture dell’ISPRA e dell’ENEA da trasferire all’Agenzia, nel limite di 50 unità per ogni struttura.

Viene altresì previsto che il personale conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento all'atto del trasferimento e viene conseguentemente demandato ad apposito decreto interministeriale il trasferimento all'Agenzia delle risorse finanziarie, attualmente in dotazione alle amministrazioni cedenti, necessarie alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del comma 17.

Tale comma è stato modificato nel corso dell’esame al Senato al fine di prevedere, nell’emanazione del citato decreto, anche il concerto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

Disposizioni transitorie e finali (commi 18, 20 e 22)

Il comma 18 reca una disposizione transitoria volta a garantire la copertura degli oneri relativi al funzionamento dell'Agenzia, nelle more dell'avvio della sua ordinaria attività e del conseguente afflusso delle risorse derivanti dai diritti che l'Agenzia è autorizzata ad applicare e introitare per le sue prestazioni (come disciplinato dal comma 5).

Si segnala che il riferimento adeguato agli introiti propri dell’Agenzia è il comma 7, mentre il comma 5 riguarda le sanzioni irrogate dall’Agenzia, i cui proventi sono destinati a concorrere al finanziamento ordinario dell’Agenzia medesima.

Tali oneri, determinati in 500.000 euro per l'anno 2009 e in 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, sono coperti mediante corrispondenti riduzioni, per la metà degli importi indicati, delle autorizzazioni di spesa di cui all'art. 38 del D.Lgs. n. 300/1999 e di cui alla legge n. 282/1991, come rideterminate dalla Tabella C allegata alla legge n. 203/2008 (finanziaria 2009).

Nel corso dell’esame al Senato si è provveduto ad aggiornare il riferimento normativo alla legge finanziaria, in seguito all’intervenuta approvazione della legge n. 203/2008 (legge finanziaria per il 2009), la cui tabella C rappresenta l’ultima rideterminazione delle autorizzazioni indicate.

Il comma 20, non modificato sostanzialmente nel corso dell’esame al Senato, prevede che, fino alla pubblicazione del regolamento di organizzazione e funzionamento dell’Agenzia (previsto dal comma 16), le funzioni trasferite all'Agenzia per effetto del presente articolo continuano ad essere esercitate dal Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'APAT o dall'articolazione organizzativa dell'ISPRA nel frattempo eventualmente individuata ai sensi dell’articolo 28, comma 3, del decreto-legge n. 112/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008) e sono fatti salvi gli atti adottati e i procedimenti avviati o conclusi dalla stessa struttura sino alla medesima data.

Si fa notare che nel comma 20 si fa riferimento al Dipartimento APAT o alla corrispondente nuova struttura ISPRA, mentre nel comma 2 si menziona direttamente il Dipartimento ISPRA. Occorrerebbe coordinare le due disposizioni in commento.

 

Il comma 22, rimasto invariato durante l’iter al Senato, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Altre disposizioni (commi 19 e 21)

Il comma 19, non modificato durante l’iter al Senato, dispone che per l'amministrazione e la contabilità dell'Agenzia si applica il DPR n. 97/2003 e reca la disciplina del bilancio preventivo e del rendiconto, prevedendone la pubblicazione in G.U. e, per il rendiconto, il controllo della Corte dei conti.

Il comma 21, anch’esso immutato, disciplina la procedura per lo scioglimento dell'Agenzia per gravi e motivate ragioni, inerenti al suo corretto funzionamento e al perseguimento dei suoi fini istituzionali, e la successiva nomina di apposito commissario straordinario per un periodo non superiore a 18 mesi.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 25, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 30, commi 1-13
(Misure per l’efficienza del settore energetico)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

1. La gestione economica del mercato del gas naturale è affidata in esclusiva al Gestore del mercato elettrico di cui all'arti­colo 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Il Gestore organizza il mercato del gas naturale secondo criteri di neutra­lità, trasparenza, obiettività, nonché di con­correnza. La disciplina del mercato del gas naturale, predisposta dal Gestore, è appro­vata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commis­sioni parlamentari e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

1. Identico.

2. Il Gestore del mercato elettrico, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, assume la gestione delle offerte di acquisto e di vendita del gas natu­rale e di tutti i servizi connessi secondo cri­teri di merito economico.

2. Identico.

3. Le garanzie a copertura delle obbliga­zioni assunte dagli operatori ammessi ai mercati organizzati e gestiti dal Gestore del mercato elettrico, in qualunque forma pre­state, non possono essere distratte dalla destinazione prevista, né essere soggette ad azioni ordinarie, cautelari o conservative da parte dei creditori dei singoli partecipanti o del Gestore del mercato elettrico, anche in caso di apertura di procedure concor­suali. Non opera, nei confronti dell'ammon­tare garantito, la compensazione legale e giudiziale e non può essere pattuita la com­pensazione volontaria.

3. Identico.

4. Il Gestore del mercato elettrico defini­sce le modalità e i tempi di escussione delle garanzie prestate nonché il momento in cui i contratti conclusi sui mercati, la compen­sazione e i conseguenti pagamenti diven­tano vincolanti tra i partecipanti ai mercati organizzati e gestiti dal Gestore e, nel caso di apertura di una procedura concorsuale nei confronti di un partecipante, opponibili ai terzi, compresi gli organi preposti alla pro­cedura medesima. Nessuna azione, com­presa quella di nullità, può pregiudicare la definitività di cui al periodo precedente. Le società di gestione di sistemi di garanzia di cui agli articoli 69 e 70 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modifi­cazioni, possono svolgere i servizi di com­pensazione, garanzia e liquidazione anche con riferimento ai contratti conclusi nelle piattaforme di mercato organizzate e gestite dal Gestore ai sensi del presente comma.

4. Identico.

5. Al fine di assicurare elevati livelli di tutela per i clienti finali del settore del gas, la società Acquirente unico Spa garantisce la fornitura di gas ai clienti finali domestici con consumi annui fino a 200.000 metri cubi in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio.

5. Al fine di assicurare elevati livelli di tutela per i clienti finali del settore del gas, la società Acquirente unico Spa quale for­nitore di ultima istanza garantisce la for­nitura di gas ai clienti finali domestici con consumi annui fino a 200.000 metri cubi in condizioni di continuità, sicurezza ed effi­cienza del servizio.

 

6. Al fine di garantire la competitività dei clienti industriali finali dei settori dell'industria manifatturiera italiana ca­ratterizzati da elevato e costante utilizzo di gas, il Governo è delegato ad adot­tare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un de­creto legislativo nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

     a) procedere alla revisione delle norme previste ai commi 2 e 3 dell'arti­colo 19 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, al fine di rendere il mercato del gas naturale maggiormente concor­renziale;

 

     b) definire misure che promuo­vano l'incontro della domanda di gas dei clienti finali industriali e di loro aggrega­zioni con l'offerta, al fine di garantire l'ef­fettivo trasferimento dei benefìci della concorrenzialità del mercato anche agli stessi clienti finali industriali.

 

7. Entro nove mesi dalla data di en­trata in vigore della presente legge, lo schema del decreto legislativo di cui al comma 6 è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. In caso di ritardo nella trasmissione, il termine per l'esercizio della delega è dif­ferito di un periodo corrispondente al ri­tardo medesimo, comunque non ecce­dente i tre mesi dalla scadenza del ter­mine di cui al comma 6. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l'e­spressione del parere decorra inutil­mente, il decreto legislativo può comun­que essere emanato.

6. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Mi­nistro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, adotta gli indirizzi ai quali si attiene la so­cietà Acquirente unico Spa al fine di salva­guardare la sicurezza e l'economicità degli approvvigionamenti di gas per i clienti finali di cui al comma 5. Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico è stabilita la data di assunzione da parte della società Acquirente unico Spa della funzione di garante della fornitura di gas per i clienti finali di cui al medesimo comma 5.

8. Identico.

7. Al fine di elevare il livello di concor­renza del mercato elettrico nella regione Sardegna, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro trenta giorni dalla data di en­trata in vigore della presente legge e sulla base di indirizzi emanati dal Ministro dello sviluppo economico, adotta misure tempo­ranee finalizzate ad ampliare l'offerta di energia nella medesima regione mediante l'individuazione di un meccanismo di mer­cato che consenta l'acquisizione e la ces­sione di capacità produttiva virtuale sino alla completa realizzazione delle infrastrut­ture energetiche di integrazione con la rete nazionale.

9. Identico.

8. Trascorsi centottanta giorni dall'avvio del meccanismo di cui al comma 7, l'Auto­rità per l'energia elettrica e il gas determina le modalità per la cessazione, entro il 31 dicembre 2009, dell'applicazione delle con­dizioni tariffarie per le forniture di energia elettrica di cui ai commi 11 e 12 dell'articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

10. Trascorsi novanta giorni dall'avvio del meccanismo di cui al comma 9, l'Auto­rità per l'energia elettrica e il gas determina le modalità per la cessazione, entro il 31 dicembre 2009, dell'applicazione delle con­dizioni tariffarie per le forniture di energia elettrica di cui ai commi 11 e 12 dell'articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

9. Il regime di sostegno previsto per la cogenerazione ad alto rendimento ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legi­slativo 8 febbraio 2007, n. 20, è ricono­sciuto per un periodo non inferiore a dieci anni. Il medesimo regime di sostegno è ri­conosciuto sulla base del risparmio di ener­gia primaria e assicurando che il valore economico dello stesso regime di sostegno sia in linea con quello riconosciuto nei prin­cipali Stati membri dell'Unione europea al fine di perseguire l'obiettivo dell'armonizza­zione ed evitare distorsioni della concor­renza. Con decreto del Ministro dello svi­luppo economico, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità per il riconoscimento dei benefìci di cui al presente comma.

11. Il regime di sostegno previsto per la cogenerazione ad alto rendimento di cui al secondo periodo del comma 1 dell'articolo 6 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, è riconosciuto per un periodo non infe­riore a dieci anni, limitatamente alla nuova potenza entrata in esercizio dopo la data di entrata in vigore del medesimo de­creto legislativo, a seguito di nuova co­struzione o rifacimento nonché limitata­mente ai rifacimenti di impianti esistenti. Il medesimo regime di sostegno è ricono­sciuto sulla base del risparmio di energia primaria, anche con riguardo all'energia autoconsumata sul sito di produzione, assicurando che il valore economico dello stesso regime di sostegno sia in linea con quello riconosciuto nei principali Stati mem­bri dell'Unione europea al fine di perseguire l'obiettivo dell'armonizzazione ed evitare distorsioni della concorrenza. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità per il riconoscimento dei benefìci di cui al presente comma e all'arti­colo 14 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, garantendo la non cumulabi­lità delle forme incentivanti.

 

12. Sono prorogati di un anno i ter­mini previsti dall'articolo 14, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, per l'entrata in esercizio degli impianti di cogenera­zione, al fine di salvaguardare i diritti acquisiti ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239. Per effetto di detta proroga, i diritti ac­quisiti da soggetti titolari di impianti rea­lizzati, o in fase di realizzazione, in at­tuazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, nel testo vigente al 31 dicembre 2006, sono fatti salvi purché i medesimi impianti:

 

     a) siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di en­trata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e la data del 31 dicembre 2006;

 

     b) siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in eser­cizio entro il 31 dicembre 2009;

 

     c) entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2009, purché i lavori di realiz­zazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

 

13. All'articolo 2, comma 152, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «assegnati dopo il 31 dicembre 2007». All'articolo 2, comma 173, della mede­sima legge n. 244 del 2007, dopo le pa­role: «enti locali» sono inserite le se­guenti: «o regioni».

(…)

(…)

 

 

L'articolo 30, ai commi dall’1 al 4 (non modificati dal Senato), affida in esclusiva la gestione economica del mercato del gas naturale al Gestore del mercato elettrico, che lo organizza secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività, nonché di concorrenza. A tal fine il Gestore predispone la disciplina del gas naturale, che viene poi approvata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (comma 1).

Il Gestore assume la gestione delle offerte di acquisto e di vendita del gas naturale e di tutti i servizi connessi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della nuova legge (comma 2).

Il Gestore del mercato elettrico (GME) è la società per azioni, costituita e interamente controllata dal Gestore dei servizi elettrici S.p.A., alla quale è affidata la gestione economica del mercato elettrico secondo criteri di trasparenza e obiettività, al fine di promuovere la concorrenza tra i produttori assicurando la disponibilità di un adeguato livello di riserva di potenza. In particolare il GME, nell'ambito del mercato dell'elettricità, gestisce il Mercato del giorno prima dell’energia (sede di negoziazione delle offerte di acquisto e vendita di energia elettrica per ciascuna ora del giorno successivo, alla quale possono partecipare tutti gli operatori elettrici), il Mercato di Aggiustamento (sede di negoziazione delle offerte di acquisto e vendita di energia elettrica per ciascuna ora del giorno successivo, ai fini della modifica dei programmi di immissione e prelievo definiti sul mercato del giorno prima), il Mercato dei servizi di dispacciamento (sede di negoziazione delle offerte di vendita e di acquisto di servizi di dispacciamento, utilizzata da Terna S.p.A. per le risoluzioni delle congestioni intrazonali, per l’approvvigionamento della riserva e per il bilanciamento in tempo reale tra immissioni e prelievi) ed il Mercato dei Certificati Verdi (sede per la negoziazione dei certificati verdi organizzata dal GME ai sensi dell’articolo 6 del D.M. 11/11/99: i Certificati verdi, ai sensi dell’art. 5 del D.M. 24 ottobre 2005 e successive modificazioni ed integrazioni, attestano la produzione di energia da fonte rinnovabile).

I commi 3 e 4 definiscono il regime delle garanzie prestate a copertura delle obbligazioni assunte dagli operatori ammessi ai mercati organizzati e gestiti dal Gestore del mercato elettrico: esse, in qualunque forma prestate, non possono essere distratte dalla destinazione prevista, né essere soggette ad azioni ordinarie, cautelari o conservative da parte dei creditori dei singoli partecipanti o del Gestore del mercato elettrico, anche in caso di apertura di procedure concorsuali. Nei confronti dell'ammontare degli importi garantiti non opera la compensazione legale e giudiziale e non può essere pattuita la compensazione volontaria (comma 3). Il Gestore del mercato elettrico, ai sensi del comma 4, definisce le modalità ed i tempi di escussione delle garanzie prestate e il momento in cui i contratti conclusi, i pagamenti e le compensazioni diventano vincolanti tra i soggetti che partecipano al mercato organizzato, nonché opponibili a terzi, anche nel caso di procedure concorsuali.

Nessuna azione, compresa quella di nullità, può inoltre pregiudicare la definitività delle operazioni definite dal Gestore.

Le società di gestione di sistemi di garanzia di cui agli articoli 69 e 70 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, possono svolgere i servizi di compensazione, garanzia e liquidazione anche con riferimento ai contratti conclusi sulle piattaforme di mercato organizzate e gestite dal Gestore.

Gli articoli 69 e 70 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, disciplinano, rispettivamente, la compensazione e liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari non derivati e la compensazione e garanzia su strumenti finanziari: in particolare, l'art. 69 prevede che la Banca d'Italia, d'intesa con la CONSOB, disciplini il funzionamento del servizio di compensazione e di liquidazione delle operazioni aventi a oggetto strumenti finanziari non derivati, inclusi le modalità di tempo e gli adempimenti preliminari e complementari. Tale disciplina può prevedere che il servizio di compensazione e di liquidazione e il servizio di liquidazione su base lorda, esclusa la fase di regolamento finale del contante, siano gestiti da una società autorizzata dalla Banca d'Italia, d'intesa con la CONSOB; l'art. 70 prevede che la Banca d'Italia, d'intesa con la CONSOB, possa disciplinare il funzionamento di sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari, anche prevedendo che i partecipanti al sistema effettuino versamenti di margini o altre prestazioni a titolo di garanzia dell'adempimento degli obblighi derivanti dalla partecipazione al sistema stesso. Le garanzie acquisite non possono essere soggette ad azioni esecutive o cautelari da parte dei creditori del singolo partecipante o del soggetto che gestisce il sistema, anche in caso di apertura di procedure concorsuali. Lo stesso articolo, al comma 2, dispone che la Banca d'Italia, d'intesa con la CONSOB, definisca i requisiti organizzativi e finanziari dei soggetti che prendono parte ai sistemi di compensazione e garanzia disciplinati dallo stesso art. 70.

 

I commi dal 5 all’8 riguardano il settore del gas e, in particolare, i commi 5 e 8 hanno come obiettivo i clienti finali domestici, mentre i commi 6 e 7 i clienti finali industriali.

Il comma 5 (modificato dal Senato) assegna all'Acquirente Unico S.p.A., quale fornitore di ultima istanza, il compito di garantire la fornitura di gas ai predetti clienti finali con consumi annui fino a 200.000 metri cubi in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio. In relazione a tale compito, ai sensi del comma 8 (non modificato dal Senato), entro sessanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina, il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, adotta gli indirizzi ai quali si attiene l'Acquirente Unico Spa al fine di salvaguardare la sicurezza ed economicità degli approvvigionamenti di gas per i clienti finali domestici e, con successivo decreto stabilisce la data di assunzione da parte dell'Acquirente Unico Spa della funzione di garante della fornitura di gas per i clienti finali di cui al comma precedente.

L'Acquirente unico è una società per azioni costituita e interamente partecipata dal Gestore dei servizi elettrici S.p.A. per garantire ai clienti vincolati la fornitura di energia elettrica in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio, nonché l'applicazione di una tariffa unica nazionale. Per cliente vincolato si intende il cliente finale (ovvero la persona fisica o giuridica che acquista energia elettrica esclusivamente per uso proprio) che può stipulare contratti di fornitura esclusivamente con il distributore che esercita il servizio nell'area territoriale dove è localizzata l’utenza, differenziandosi in ciò dai clienti idonei, che possono stipulare contratti di fornitura con qualsiasi produttore, distributore o grossista, sia in Italia che all'estero.

I commi 6 e 7, introdotti al Senato, sono finalizzati a garantire la competitività dei clienti industriali finali dei settori dell’industria manifatturiera italiana caratterizzati da elevato e costante utilizzo di gas.

Con il comma 6 il Governo è delegato ad adottare entro un anno un decreto legislativo nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a)  procedere alla revisione delle norme previste ai commi 2 e 3 dell’articolo 19 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164[174], al fine di rendere il mercato del gas naturale maggiormente concorrenziale;

Si ricorda che secondo il citato comma 2 del D.Lgs. n. 164/2000, a decorrere dal 1° gennaio 2003 e fino al 31 dicembre 2010, nessuna impresa del gas può vendere, direttamente o indirettamente, ai clienti finali più del 50% dei consumi nazionali di gas naturale su base annuale. Ai sensi del comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2002 e fino al 31 dicembre 2010, nessuna impresa del gas può immettere gas importato o prodotto in Italia, nella rete nazionale, al fine della vendita in Italia, direttamente o indirettamente, per quantitativi superiori al 75% dei consumi nazionali di gas naturale su base annuale. La suddetta percentuale è ridotta di due punti percentuali per ciascun anno successivo al 2002 fino a raggiungere il 61%.

b)  definire misure che promuovano l’incontro della domanda di gas dei clienti finali industriali e di loro aggregazioni con l’offerta, al fine di garantire l’effettivo trasferimento dei benefici della concorrenzialità del mercato anche agli stessi clienti finali industriali.

Ai sensi del comma 7, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo schema di tale decreto legislativo è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. In caso di ritardo nella trasmissione, il termine per l’esercizio della delega è differito di un periodo corrispondente al ritardo medesimo, comunque non eccedente i tre mesi dalla scadenza del termine. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, il decreto legislativo può comunque essere emanato.

 

Con il comma 9, non modificato dal Senato, si prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge e sulla base di indirizzi emanati dal Ministro dello sviluppo economico, adotti misure temporanee finalizzate ad ampliare l'offerta di energia nella regione Sardegna, al fine di elevare il livello di concorrenza del mercato elettrico della regione stessa, mediante l'individuazione di un meccanismo di mercato che consenta l'acquisizione e la cessione di capacità produttiva virtuale sino alla completa realizzazione delle infrastrutture energetiche di integrazione con la rete nazionale.

 

Il successivo comma 10 dispone altresì che, trascorsi novanta[175] giorni dall'avvio del meccanismo di cui al comma 9, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas determini le modalità per la cessazione, entro il 31 dicembre 2009, dell'applicazione delle condizioni tariffarie per le forniture di energia elettrica di cui ai commi 11 e 12 dell'articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

Il comma 11 dell'art. 11 del decreto legge n. 35 del 2005 proroga a tutto l'anno 2010 le tariffe per le forniture di energia elettrica fissate alla data del 31 dicembre 2004, alle condizioni più favorevoli introdotte dall'art. 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito con modificazioni dalla legge 17 aprile 2003, n. 83. Con la lettera c) l'applicazione di condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica previste dalle disposizioni richiamate nell'articolo 2, punto 2.4, della Del. Aut.en.el. e gas 26 giugno 1997, n. 70/97, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 30 giugno 1997, e dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 19 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 16 febbraio 1996, è indicata tra gli oneri generali del sistema elettrico, come definiti dall'art. 3 comma 11 del decreto legislativo n. 79 del 1999. Ai sensi del successivo comma 12 dell'art. 11 del decreto legge n. 35, le condizioni tariffarie di cui al predetto decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 19 dicembre 1995 sono estese con provvedimento dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, alle forniture di energia elettrica destinata alle produzioni e lavorazioni dell'alluminio, piombo, argento e zinco e al ciclo clorosoda, con riferimento ai prezzi praticati per forniture analoghe sui mercati europei nei limiti degli impianti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, situati nel territorio della regione Sardegna e caratterizzati da alimentazione in alta tensione. Per il riconoscimento delle agevolazioni tariffarie veniva altresì prevista la definizione di un protocollo d'intesa contenente impegni per il lungo periodo sottoscritto dalle parti con l'amministrazione della regione Sardegna ed i Ministeri interessati.

 

Il comma 11, modificato dal Senato, specifica che il regime di sostegno previsto per la cogenerazione ad alto rendimento[176] è riconosciuto:

§      per un periodo non inferiore a dieci anni limitatamente alla nuova potenza entrata in esercizio dopo la data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, a seguito di nuova costruzione o rifacimento, nonché ai rifacimenti di impianti esistenti[177];

§      sulla base del risparmio di energia primaria, anche con riguardo all'energia autoconsumata sul sito di produzione[178], e assicurando che il valore economico dello stesso regime di sostegno sia in linea con quello riconosciuto nei principali Paesi membri dell'Unione europea al fine di perseguire l'obiettivo dell'armonizzazione ed evitare distorsioni della concorrenza.

Si ricorda preliminarmente che qualunque processo di produzione termoelettrica è in grado di trasformare solo in parte l’energia chimica dei combustibili in energia elettrica. Una buona parte dell’energia primaria prende infatti forma di calore che di norma viene disperso. Negli impianti con cogenerazione il calore residuo viene recuperato in una forma sfruttabile da utilizzatori civili o industriali. In questo modo l’energia totale fornita (elettricità più calore) diventa più elevata a parità di combustibile consumato, rispetto a un impianto senza cogenerazione.

L'art. 6, comma 1 del decreto legislativo n. 20 del 2007 dispone, al secondo periodo, l’applicazione alla cogenerazione ad alto rendimento dei benefici derivanti dall'applicazione dei provvedimenti attuativi dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 79 del 1999 e dell'art. 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.

L'art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 79 disciplina l'obbligo delle imprese distributrici di connettere alle proprie reti tutti i soggetti che ne facciano richiesta, senza compromettere la continuità del servizio e purché siano rispettate le regole tecniche nonché le deliberazioni emanate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in materia di tariffe, contributi ed oneri.

L'art. 16, comma 4, del decreto legislativo n. 164 del 2000, di attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144, definisce le modalità con cui le imprese di distribuzione del gas perseguono il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, in coerenza con gli impegni previsti dal protocollo di Kyoto.

Lo stesso comma 11 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione dei criteri e delle modalità per il riconoscimento dei benefici di cui al presente comma e all’articolo 14 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20[179], garantendo la non cumulabilità delle forme incentivanti.

L'articolo 14 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20 reca disposizioni transitorie relativamente ai diritti acquisiti da soggetti titolari di impianti realizzati o in fase di realizzazione in attuazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, come vigente al 31 dicembre 2006. Il citato comma 71, che attribuiva il diritto alla emissione dei certificati verdi - fra l’altro - all’energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento, è stato abrogato dal comma 1120 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

 

Il comma 12, introdotto al Senato, proroga (rectius: differisce) di un anno i termini previsti dall’articolo 14, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, per l’entrata in esercizio degli impianti di cogenerazione, al fine di salvaguardare i diritti acquisiti ai sensi dell’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

Il citato comma 1 dell’articolo 14 del D.Lgs. 20/2007 prevede che i diritti acquisiti da soggetti titolari di impianti realizzati o in fase di realizzazione in attuazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, come vigente al 31 dicembre 2006[180], rimangano validi purché i medesimi impianti posseggano almeno uno dei seguenti requisiti:

a)  siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge 239/2004 e la data del 31 dicembre 2006;

b)  siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 239/2004 e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008;

c)  entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

Per effetto di detta proroga, i diritti acquisiti da soggetti titolari di impianti realizzati, o in fase di realizzazione, in attuazione dell’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, nel testo vigente al 31 dicembre 2006, sono fatti salvi purché i medesimi impianti:

a)  siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e la data del 31 dicembre 2006;

b)  siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2009;

c)  entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2009, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

Andrebbe valutata l’opportunità di formulare la norma come novella all’art. 14, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. 20/2007.

Peraltro, nell’ipotesi di mantenere l’attuale formulazione, all’alinea, per ragioni di chiarezza, dopo le parole “purché i medesimi impianti”, sarebbe opportuno aggiungere le seguenti “posseggano almeno uno dei seguenti requisiti”.

Si segnala inoltre che l’articolo 27, comma 21, seppur con una diversa formulazione, reca una norma dal contenuto sostanzialmente identico a quella in esame.

 

Il comma 13, introdotto al Senato, apporta alcune modifiche all’articolo 2 della legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244):

§      nel comma 152 vengono limitati a quelli assegnati dopo il 31 dicembre 2007 gli incentivi pubblici non cumulabili a quelli previsti dalla stessa finanziaria per le fonti rinnovabili;

Il citato comma 152 dispone il divieto di cumulo degli incentivi per impianti entrati in esercizio a partire dal 2009. Nella formulazione attualmente in vigore, stabilisce il diritto di accesso agli incentivi di cui ai commi da 143 a 157 per la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

Si ricorda che commi 143-157 delineano una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: i commi da 143 a 154 per gli impianti nuovi, ossia entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, mentre i commi da 155 a 157 riguardano gli impianti esistenti, ossia in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

§      al comma 173, che fa rientrare gli impianti i cui soggetti responsabili sono gli enti locali nella tipologia di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica[181], viene aggiunto il riferimento anche alle regioni (come soggetti responsabili);

Si ricorda che i commi 173 e 174 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2008 recano disposizioni concernenti gli impianti fotovoltaici i cui “soggetti responsabili” (ovvero che hanno diritto a richiedere e ottenere le tariffe incentivanti) sono gli enti locali. In particolare il comma 173 prevede che i suddetti impianti fotovoltaici rientrino ex lege nella tipologia di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica. Ai sensi del comma 174, inoltre, l’autorizzazione per la costituzione e l’esercizio degli stessi impianti fotovoltaici, ove necessaria ai sensi della legislazione nazionale o regionale vigente e in relazione alle caratteristiche e alla ubicazione dell’impianto, è rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, per il complesso degli impianti.

Andrebbe valutata l’opportunità di estendere agli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono le regioni, anche la norma di cui al menzionato comma 174.


 

Articolo 30, comma 14
(Integrazione al codice ambientale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

14. Alla lettera d) del numero 1 della sezione 4 della parte II dell'allegato X alla Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo le parole: «esclusivamente meccanica» sono inserite le seguenti: «e dal trattamento con aria, vapore o acqua anche surriscaldata».

(…)

(…)

 

 

Il comma 14, introdotto durante l’iter al Senato,include tra le biomasse combustibili anche il materiale vegetale prodotto dal trattamento con aria, vapore o acqua anche surriscaldata di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti.

Tale disposizione è introdotta attraverso una modifica alla lettera d) del n. 1 della parte II, sezione 4, dell’allegato X alla Parte V del d.lgs. n. 152 del 2006 (cd. Codice ambientale).

 

Si ricorda che la citata lett. d) include attualmente tra le biomasse combustibili il materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti.


 

Articolo 30, comma 15
(Aggiornamento trimestrale del valore della componente del costo evitato di combustibile di cui al provvedimento CIP 6)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

10. Per le diverse tipologie di impianto di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992, e successive modificazioni, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas da presentare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono definiti i criteri per l'aggiornamento annuale del costo evitato di combustibile in modo da determinare una riduzione dell'ammontare della relativa voce tariffaria a carico degli utenti da applicare a conclusione del periodo di riconoscimento dell'ulteriore componente di cui al titolo II, punto 3, dello stesso provvedimento n. 6 del 1992, al fine di rendere coerenti tali aggiornamenti con l'evoluzione dei costi di produzione delle diverse tipologie di impianto e con la salvaguardia della redditività degli investimenti effettuati.

15. In conformità a quanto previsto dall'articolo 2, comma 141, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, a decorrere dall'anno 2009, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, è aggiornato trimestralmente il valore della componente del costo evitato di combustibile di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6/92 del 29 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 marzo 1992, da riconoscere in acconto fino alla fissazione del valore annuale di conguaglio. Tali aggiornamenti sono effettuati sulla base di periodi trimestrali di registrazione delle quotazioni dei prodotti del paniere di riferimento della componente convenzionale relativa al valore del gas naturale di cui al punto 3 della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 154/08 del 21 ottobre 2008 per tener conto delle dinamiche di prezzo dei prodotti petroliferi, tenendo altresì conto dell'evoluzione dell'efficienza di conversione e fermi restando i criteri di calcolo del costo evitato di combustibile di cui alla deliberazione della medesima Autorità n. 249/06 del 15 novembre 2006.

(…)

(…)

 

 

Il comma 15, modificato dal Senato, prevede che a decorrere dall’anno 2009, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, sia aggiornato trimestralmente il valore della componente del costo evitato di combustibile di cui al provvedimento CIP 6[182] da riconoscere in acconto fino alla fissazione del valore annuale di conguaglio.

Il provvedimento n. 6 del Comitato Interministeriale Prezzi è stato adottato nel 1992, per definire gli incentivi alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili e/o assimilate previsti dalla legge n. 9 del 1991. L’energia prodotta da tali impianti viene acquistata dal GSE ai sensi dell’articolo 3, comma 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 e da questi viene ceduta in borsa ai sensi dell’articolo 3, comma 13 dello stesso decreto. L’energia CIP6 gode di priorità di dispacciamento ai sensi dell’articolo 3, comma 12 del decreto legislativo n. 79. Negli anni intercorsi tra l’approvazione del predetto decreto e l’avvio operativo della borsa elettrica, il GSE ha ceduto tale energia ai clienti finali attraverso la vendita di bande annuali e mensili di energia assimilabili a contratti bilaterali. A partire dal 1 gennaio 2005 l’energia CIP6 viene offerta dal GSE direttamente sulla borsa elettrica e gli operatori assegnatari di quote di tale energia sono tenuti a stipulare un contratto per differenza con il GSE, che li impegna ad approvvigionarsi sul mercato elettrico per le quantità loro assegnate.

In particolare, il titolo II, punto 3 del provvedimento CIP 6/92 prevede che i prezzi di cessione dell'energia, oltre ai costi evitati, includano per i primi otto anni di gestione degli impianti anche una serie di componenti, che vengono analiticamente elencate, correlate ai maggiori costi della specifica tipologia di ciascun impianto.

Tale disposizione, secondo il comma in esame, si applica in conformità a quanto previsto dall’articolo 2, comma 141, della legge finanziaria per il 2008, secondo cui il valore medio del prezzo del metano ai fini dell’aggiornamento del costo evitato di combustibile è determinato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, tenendo conto dell’effettiva struttura dei costi nel mercato del gas naturale.

 

Tali aggiornamenti sono effettuati sulla base di periodi trimestrali di registrazione delle quotazioni dei prodotti del paniere di riferimento della componente convenzionale relativa al valore del gas naturale di cui al punto 3 della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 154/08 del 21 ottobre 2008 per tener conto delle dinamiche di prezzo dei prodotti petroliferi, tenendo altresì conto dell’evoluzione dell’efficienza di conversione e fermi restando i criteri di calcolo del costo evitato di combustibile di cui alla deliberazione della medesima Autorità n. 249/06 del 15 novembre 2006.

 

Si ricorda che, con riferimento all’aggiornamento del costo evitato di combustibile (CEC), il provvedimento CIP n. 6/92 prevedeva una regola che, attraverso il rinvio all’accordo Snam/Confindustria, ha avuto scadenza il 31 dicembre 2006, limitando i suoi effetti per l’aggiornamento della medesima componente sino all’anno 2006 compreso. Pertanto l’Autorità, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge n. 481/95, ha dovuto dar corso ad un aggiornamento della componente costo evitato di combustibile a decorrere dall’ 1 gennaio 2007. In particolare, l’Autorità, con deliberazione n. 249/06, ha aggiornato la componente costo evitato di combustibile utilizzando il prezzo medio del combustibile convenzionale coerente con l’attuale struttura del mercato del gas naturale, tenendo conto delle riforme dell’assetto del settore del gas naturale e degli interventi dell’Autorità. Per il 2007 è stato fissato un valore di acconto pari a 60,5 euro per MWh, di circa 13 euro/MWh inferiore rispetto al valore definitivo 2006. Grazie a tale intervento, è dunque possibile un contenimento degli oneri per il finanziamento degli impianti di produzione ammessi alle agevolazioni CIP6 a partire dal 2007 rispetto al meccanismo di aggiornamento precedentemente in vigore (il risparmio stimato è pari a 600 milioni di euro l’anno per il 2007 e il 2008).

Alcune tra le principali imprese elettriche hanno avanzato ricorso avverso tale deliberazione, accolto dalla Quarta Sezione del TAR di Milano, che aveva affermato l’intangibilità del regime di incentivazione assicurato dal provvedimento CIP 6/1992 alle iniziative convenzionate, sul cui presupposto sono stati impegnati ingenti investimenti privati, annullando la deliberazione n. 249/2006. Con essa infatti l’Autorità aveva aggiornato il prezzo di cessione dell’energia elettrica riconosciuto alle “iniziative prescelte” (cioè i progetti già ammessi ad un regime incentivante alla data di entrata in vigore della legge 481/1995) abbattendo una delle componenti che concorrono alla sua determinazione (come detto, quella del costo evitato di combustibile: uno dei costi che l’allora monopolista della distribuzione evitava mediante l’esternalizzazione della produzione). L’Autorità, affiancata in giudizio dall’Associazione Difesa Consumatori e Ambiente ADICONSUM, giustificava la riduzione con la finalità di rendere i consumatori maggiormente partecipi dei benefici delle mutate condizioni del mercato, dopo la scadenza dell’accordo fra Snam e Confindustria che ha in passato fornito il parametro per la valutazione della componente revisionata.

Il Consiglio di Stato nell’udienza del 22 gennaio 2008 ha accolto l’appello promosso dall’AEEG contro tale annullamento, in quanto il giudice ha ritenuto che l’AEEG sia titolare del potere di aggiornamento e lo abbia, fino ad ora, correttamente esercitato. Il potere in capo all’AEEG è, infatti, considerato dall’organo giurisdizionale un potere regolatorio già esistente in capo all’Autorità e confermato dal legislatore con la Legge Finanziaria 2008.

L’AEEG, successivamente, ha avviato una consultazione sulla proposta di applicazione di una nuova metodologia di aggiornamento della componente tariffaria a copertura del CEC. A seguito della consultazione l’AEEG ha emanato la Delibera ARG/elt 154/08 recante “Aggiornamento del prezzo medio del combustibile convenzionale per la determinazione del costo evitato di combustibile di cui al Titolo II, punto 2, del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6/92”. Con tale delibera l'Autorità ha stabilito che il prezzo medio del combustibile ai fini della determinazione del CEC per i prezzi di ritiro dell'energia CIP6 a partire dal 2008, è aggiornato confermando la metodologia della precedente delibera 249/06, modificando alcuni criteri di quantificazione del combustibile convenzionale di riferimento e riservandosi a breve decisioni sulla componente trasporto. In particolare, il punto 3 richiamato dal comma in esame prevede che, ai fini della quantificazione del prezzo medio del combustibile convenzionale del CEC, la componente convenzionale relativa al valore del gas naturale è calcolata:

-        aumentando la frequenza di aggiornamento da trimestrale a mensile;

-        utilizzando, ai fini del calcolo dell’indice It di cui alla deliberazione n. 249/06, le medie mensili delle quotazioni dei prodotti del paniere di riferimento riferite al periodo intercorrente tra il nono e l’ultimo mese precedente la data di aggiornamento;

-        eliminando, ai fini del presente provvedimento, la soglia di invarianza di cui all’articolo 1, comma 3 della deliberazione n. 52/99;

-        aggiornando, con le modalità di cui ai precedenti tre alinea, nonché con i criteri di cui al punto 2 dell’Allegato A alla deliberazione n. 195/02, il valore di 12,76 c€/mc fissato dalla deliberazione n. 249/06, con riferimento al mese di ottobre 2004;

-        utilizzando, per ciascun anno, la media dei dodici valori mensili risultanti.

-        Edison Spa ha presentato ricorso avverso tale ultima delibera.


 

Articolo 30, commi 16 e 17
(Semplificazione delle norme fiscali per impianti di microcogenerazione ad alto rendimento)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

 

16. Per gli impianti di microcogenera­zione ad alto rendimento ai sensi della normativa vigente, con decreto del Mini­stro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono stabilite norme per la semplificazione degli adempimenti rela­tivi all'installazione dei dispositivi e alle misure di carattere fiscale e per la defi­nizione di procedure semplificate in ma­teria di versamento delle accise e degli altri oneri tributari e fiscali.

 

17. Il decreto di cui al comma 16 non deve comportare minori entrate o mag­giori oneri a carico del bilancio dello Stato.

(…)

(…)

 

 

I commi 16 e 17, inseriti nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, prevedono l’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il quale, relativamente agli impianti di microcogenerazione ad alto rendimento saranno disposte semplificazioni degli adempimenti relativi a:

a)  installazione dei dispositivi;

b)  misure di carattere fiscale;

c)  definizione di procedure semplificate in materia di versamento delle accise e degli altri oneri tributari e fiscali.

 

Sarebbe opportuno chiarire la portata della norma con particolare riferimento alla prevista semplificazione degli adempimenti relativi alle “misure di carattere fiscale” da attuarsi con decreto ministeriale, al fine di escludere che detti adempimenti rientrino nella riserva di legge, prevista dall’articolo 23 della Costituzione, in materia tributaria.

 

Ai sensi del comma 17, l’emanazione del predetto decreto non dovrà comportare effetti finanziari negativi per la finanza pubblica.

 


 

Articolo 30, commi 18 e 19
(Servizi di interrompibilità)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

11. In deroga all'applicazione delle pro­cedure vigenti, l'Autorità per l'energia elet­trica e il gas definisce entro il 31 dicembre 2008 i criteri e le modalità per l'assegna­zione delle risorse interrompibili istantane­amente e interrompibili con preavviso, da assegnare con procedure di gara a ribasso, cui partecipano esclusivamente le società utenti finali. Le maggiori entrate eventual­mente derivanti dall'applicazione del pre­sente comma sono destinate all'ammoder­namento della rete elettrica. Le assegna­zioni rimangono in capo agli attuali benefi­ciari fino alla data del 31 dicembre 2008.

18. In deroga all'applicazione delle pro­cedure vigenti, l'Autorità per l'energia elet­trica e il gas definisce entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i criteri e le modalità per l'assegna­zione delle risorse interrompibili istantane­amente e interrompibili con preavviso, da assegnare con procedure di gara a ribasso, cui partecipano esclusivamente le società utenti finali. Le maggiori entrate eventual­mente derivanti dall'applicazione del pre­sente comma sono destinate all'ammoder­namento della rete elettrica. Le assegna­zioni rimangono in capo agli attuali benefi­ciari per i sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

19. I clienti finali che prestano servizi di interrompibilità istantanea o di emer­genza sono esentati, relativamente ai prelievi di energia elettrica nei siti che hanno contrattualizzato una potenza in­terrompibile non inferiore a 70 MW per sito e solo per la quota parte sottesa alla potenza interrompibile, dall'applicazione dei corrispettivi di cui agli articoli 44, 45, 48 e 73 dell'allegato A della delibera­zione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 111/06 del 9 giugno 2006.

(…)

(…)

 

 

I commi 18 e 19 riguardano il servizio di interrompibilità.

Il servizio di interrompibilità del carico è il servizio fornito dalle utenze connesse a reti disponibili a distacchi di carico in tempo reale (interruzioni della fornitura), attuabili in frazioni di secondo con le modalità definite dal Gestore della rete nazionale (TERNA S.p.A.), per assicurare la continuità del servizio elettrico. La quantità di potenza interrompibile può essere utilizzata:

-        nel caso di interrompibilità istantanea, cioè senza preavviso, prevalentemente per ricostituire con rapidità riserva e bilanciamento in tempo reale;

-        nel caso di interrompibilità con preavviso, per delimitare alle situazioni di effettivo rischio per il sistema elettrico nazionale il ricorso all’attivazione di procedure di alleggerimento del carico.

Con il comma 18 si prevede che, in deroga all'applicazione delle procedure vigenti, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, definisca, entro 6 mesi[183]dall’entrata in vigore della presente legge, i criteri e le modalità per l'assegnazione delle risorse interrompibili istantaneamente e interrompibili con preavviso, da assegnare con procedure di gara a ribasso, a cui partecipano esclusivamente le società utenti finali. Le maggiori entrate eventualmente derivanti dall'applicazione del presente comma sono finalizzate all'ammodernamento della rete elettrica. Le assegnazioni rimangono in capo agli attuali beneficiari per i sei mesi successivi all’entrata in vigore della presente legge.

Si ricorda che la delibera n. 289/06[184] dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas recante Disposizioni per l'approvvigionamento e la remunerazione delle risorse in grado di garantire l'interrompibilità istantanea o con preavviso dei prelievi di energia elettrica a decorrere dall'1 gennaio 2007 regola il servizio di interrompibilità istantanea e di emergenza dei prelievi di energia elettrica a decorrere dall’ 1 gennaio 2008 e fino al 31 dicembre 2010. Ai sensi di tale deliberazione, Terna ha predisposto un regolamento per la gestione del servizio di interrompibilità istantanea e un contratto tipo per la fornitura del medesimo servizio - che prevedono, tra l’altro, nel corso di ciascun anno due sole assegnazioni da parte di Terna della potenza interrompibile che si rendesse disponibile per la risoluzione dei contratti stipulati con gli operatori o per la rinuncia da parte dei medesimi operatori a una quota della potenza di cui risultano assegnatari.

Siccome l’attuale congiuntura economica rischia di portare a una significativa contrazione dei consumi di utenze industriali che prestano il servizio di interrompibilità del carico ai sensi della deliberazione n. 289/06, riducendo la potenza resa disponibile a Terna per la fornitura del medesimo servizio, si è resa necessaria una gestione più flessibile del servizio di interrompibilità istantanea al fine di consentire a Terna di massimizzare in ciascun mese dell’anno la disponibilità di risorse per far fronte alle esigenze di sicurezza del sistema elettrico. Per tale motivo, l’Autorità ha richiesto a Terna di adeguare le modalità di gestione del servizio di interrompibilità istantanea, adottate ai sensi della deliberazione n. 289/06, al fine di consentire ai fornitori del medesimo servizio di rendere disponibili, per assegnazione su base mensile, delle quote di potenza interrompibile precedentemente contrattualizzata. Le nuove procedure di gestione su base mensile del servizio di interrompibilità istantanea decorrono dal mese di febbraio 2009, con riferimento alle assegnazioni valevoli per il mese di marzo 2009, e trovano applicazione sino al mese di dicembre 2010[185].

 

Il comma 19, introdotto dal Senato, dispone l’esenzione per i clienti finali che prestano servizi di interrompibilità istantanea o di emergenza, relativamente ai prelievi di energia elettrica nei siti che hanno contrattualizzato una potenza interrompibile non inferiore a 70 MW per sito e solo per la quota parte sottesa alla potenza interrompibile, dall'applicazione dei corrispettivi di cui agli articoli 44, 45, 48 e 73 dell'allegato A della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas del 9 giugno 2006, n. 111/06.

 

Gli articoli citati dell’allegato A della deliberazione 111/06, recante Condizioni per l’erogazione del pubblico servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio nazionale e per l’approvvigionamento delle relative risorse su base di merito economico, ai sensi degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, riguardano:

-        l’articolo 44, i corrispettivi per l’approvvigionamento delle risorse nel mercato per il servizio di dispacciamento;

-        l’articolo 45, il corrispettivo a copertura dei costi delle unità essenziali per la sicurezza del sistema;

-        l’articolo 48, il corrispettivo a copertura dei costi per la remunerazione della disponibilità di capacità produttiva;

-        l’articolo 73, il corrispettivo a copertura dei costi per la remunerazione del servizio di interrompibilità del carico.


 

Articolo 30, comma 20
(Meccanismi per la risoluzione anticipata delle convenzioni CIP 6/92)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

12. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Au­torità per l'energia elettrica e il gas propone al Ministro dello sviluppo economico ade­guati meccanismi per la risoluzione antici­pata delle convenzioni CIP 6/92, da di­sporre con decreti del medesimo Ministro, con i produttori che volontariamente aderi­scono a detti meccanismi. Gli oneri deri­vanti dalla risoluzione anticipata da liqui­dare ai produttori aderenti devono essere inferiori a quelli che si realizzerebbero nei casi in cui non si risolvano le convenzioni.

20. Identico.

(…)

(…)

 

 

Il comma 20, non modificato dal Senato, prevede che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'Autorità per l'energia elettrica e il gas proponga al Ministro dello sviluppo economico adeguati meccanismi per la risoluzione anticipata delle convenzioni CIP 6/92, da disporre con decreti del medesimo Ministro, con i produttori che volontariamente aderiscano a detti meccanismi. Gli oneri derivanti dalla risoluzione anticipata da liquidare ai produttori aderenti devono essere inferiori a quelli che si realizzerebbero nei casi di mancata risoluzione delle convenzioni.

 

Si ricorda che le convenzioni CIP6, precedentemente siglate con ENEL, sono successivamente passate nella titolarità del GSE che ritira l’energia elettrica prodotta dagli impianti CIP6 ed hanno una durata variabile che può arrivare fino a 15 o 20 anni.

 


 

Articolo 30, commi 21-25
(Contatori del gas)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

(…)

(…)

13. La validità temporale dei bolli metrici e della marcatura «CE» apposti sui misu­ratori volumetrici di gas a pareti deformabili, installati presso le utenze domestiche, è di quindici anni, decorrenti dall'anno della loro apposizione, in sede di verificazione o accertamento della conformità prima della loro immissione in commercio.

21. La validità temporale dei bolli metrici e della marcatura «CE» apposti sui misu­ratori di gas con portata massima fino a 10 metri cubi/h è di quindici anni, decor­renti dall'anno della loro apposizione, in sede di verificazione o accertamento della conformità prima della loro immissione in commercio.

14. Per le tipologie di misuratori diverse da quelle di cui al comma 13 installati presso le utenze domestiche la validità dei bolli metrici apposti è di quindici anni, de­correnti dall'anno della loro apposizione.

22. Con proprio decreto di natura non regolamentare il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'ener­gia elettrica e il gas, può stabilire una maggiore validità temporale rispetto a quella di cui al comma 21, comunque non superiore a venti anni, per partico­lari tipologie di misuratori di gas che as­sicurano maggiori efficienza e garanzie per i consumatori rispetto a quelli at­tualmente installati in prevalenza.

15. Non può essere apposto un nuovo bollo recante l'anno di verificazione o di fabbricazione o di apposizione della mar­catura «CE» ai misuratori di gas sottoposti a verificazione dopo la loro riparazione o rimozione.

23. Identico.

16. Con decreto di natura non regola­mentare, il Ministro dello sviluppo econo­mico stabilisce, con riferimento alle diverse tipologie di misuratori e alla relativa norma­tiva nazionale e comunitaria, le modalità di individuazione dell'anno di apposizione dei bolli metrici e della marcatura «CE».

24. Identico.

17. Ai fini di una graduale applicazione della prescrizione sul limite temporale dei bolli metrici, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas stabilisce, con proprio provvedi­mento, le modalità e i tempi per procedere alla sostituzione dei misuratori volumetrici di gas a pareti deformabili soggetti a rimo­zione, assicurando che i costi delle opera­zioni di sostituzione non vengano posti a carico dei consumatori né direttamente né indirettamente. Con il medesimo provvedi­mento sono determinate le sanzioni ammi­nistrative pecuniarie che l'Autorità può irro­gare in caso di violazioni, nella misura mi­nima e massima di cui all'articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481.

25. Ai fini di una graduale applicazione della prescrizione sul limite temporale dei bolli metrici, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas stabilisce, con proprio provvedi­mento, le modalità e i tempi per procedere alla sostituzione dei misuratori volumetrici di gas a pareti deformabili soggetti a rimo­zione, assicurando che i costi dei misura­tori da sostituire non vengano posti a ca­rico dei consumatori né direttamente né in­direttamente. Al fine di consentire l'inno­vazione tecnologica del parco contatori gas, l'Autorità per l'e­nergia elettrica e il gas potrà prevedere che la sostituzione dei misuratori volu­metrici di gas a pareti deformabili mediante contatori elettro­nici che adottino soluzioni tecnologica­mente avanzate quali la telelettura e la telegestione, che assicurino vantaggi ai consumatori finali quali una maggiore informazione al cliente circa l'anda­mento reale dei propri consumi nonché riduzioni tariffarie conseguenti ai minori costi sostenuti dalle imprese, sia esclusa dall'applicazione del periodo precedente. Con il medesimo provvedi­mento sono determinate le sanzioni ammi­nistrative pecuniarie che l'Autorità può irro­gare in caso di violazioni, nella misura mi­nima e massima di cui all'articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481.

(…)

(…)

 

 

I commi da 21 a 25 dell’articolo 30 riguardano i contatori del gas.

 

I commi 21 e 22, modificati dal Senato, recano disposizioni relative alla validità temporale. Per i misuratori di gas con portata massima fino a 10 metri cubi/h, la validità temporale dei bolli metrici e della marcatura «CE» è di 15 anni decorrenti dall'anno della relativa apposizione (comma 21), mentre per particolari tipologie di misuratori di gas che assicurano maggiori efficienza e garanzie per i consumatori rispetto a quelli installati in prevalenza il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas (AEEG), può prevedere una maggiore validità temporale tramite proprio decreto di natura non regolamentare (comma 22).

 

Il comma 23, non modificato dal Senato, vieta l'apposizione di un nuovo bollo recante l'anno di verificazione o di fabbricazione o di apposizione della marcatura «CE» ai misuratori di gas sottoposti a verificazione dopo la loro riparazione o rimozione, mentre il comma 24 (non modificato dal Senato) rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico la determinazione delle modalità di individuazione dell'anno di apposizione dei bolli metrici e della marcatura «CE», con riferimento alle diverse tipologie di misuratori ed alla relativa normativa nazionale e comunitaria di riferimento.

 

Il comma 25, modificato dal Senato, dispone infine che l’AEEG stabilisca, con proprio provvedimento, le modalità e i tempi per procedere alla sostituzione dei misuratori volumetrici di gas a pareti deformabili soggetti a rimozione, assicurando che i costi delle operazioni di sostituzione non vengano posti a carico dei consumatori né direttamente né indirettamente. Tuttavia, per consentire l’innovazione tecnologica del parco contatori gas, l’AEEG potrà prevedere che sia esclusa dall’applicazione di quest’ultima previsione la sostituzione dei misuratori volumetrici di gas a pareti deformabili mediante contatori elettronici che adottino soluzioni tecnologicamente avanzate quali la telelettura e la telegestione, tali da assicurare vantaggi ai consumatori finali in termini di maggiore informazione circa l’andamento reale dei propri consumi e di riduzioni tariffarie conseguenti ai minori costi sostenuti dalle imprese.

Con il medesimo provvedimento sono determinate le sanzioni amministrative pecuniarie che l’AEEG può irrogare in caso di violazioni, nella misura minima e massima di cui all'articolo 2, comma 20, lettera c), della L. 481/1995[186].

In particolare, l'articolo 2, comma 20, lettera c), della legge n. 481/1995, prevede che ciascuna Autorità (Autorità per l'energia elettrica e il gas e Autorità per le telecomunicazioni) possa irrogare salvo che il fatto costituisca reato, in caso di inosservanza dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio, alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri, sanzioni amministrative pecuniarie non inferiori nel minimo a lire 50 milioni di lire[187] e non superiori nel massimo a lire 300 miliardi di lire; in caso di reiterazione delle violazioni ha la facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità del servizio da parte degli utenti, di sospendere l'attività di impresa fino a 6 mesi ovvero proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione.

In attuazione del menzionato articolo 2, comma 20, lettera c), l’Autorità per l'energia elettrica e il gas ha adottato la Delibera 2 ottobre 2008, n. ARG/com 144/08, recante Linee guida sull'applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autorità' per l'energia elettrica e il gas ai sensi dell'articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481[188].

 

Si ricorda infine che l’articolo 28, comma 4, del ddl in esame interviene in materia di sanzioni amministrative irrogate dall’AEEG attraverso una modifica alla lett. c) del comma 20, art. 2, della legge 481/1995, con la quale si provvede a rideterminare l’importo minimo delle sanzioni pecuniarie, fissandolo a 2.500 euro (mentre la normativa vigente prevede un importo minimo di 50 milioni di lire).


 

Articolo 30, comma 26
(Modifica del comma 1 dell’articolo 23-bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l’efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l’efficienza del settore energetico)

 

 

 

(…)

 

26. Al comma 1 dell’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono ag­giunte, in fine, le seguenti parole: «Sono fatte salve le disposizioni del decreto le­gislativo 23 maggio 2000, n. 164, e del­l’articolo 46-bis del decreto-legge 1° ot­tobre 2007, n. 159, convertito, con modi­ficazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in materia di distribuzione di gas naturale».

 

(…)

 

 

Il comma 26, introdotto dal Senato, è volto a novellare l’articolo 23-bis, comma 1, del D.L. 112/2008, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica.

 

Si ricorda che il menzionato art. 23-bisdisciplina organicamente il settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, con l’intendimento di sostituire la normativa precedente anche settoriale. L’articolo prevede il principio della gara ma regola anche le situazioni in deroga, che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato; inoltre reca (al comma 10) un’ampia disposizione di delegificazione del settore.

In precedenza, la disciplina generale in materia di servizi pubblici locali era contenuta principalmente nell’articolo 113 del testo unico degli enti locali del 2000[189], che viene abrogato (nelle parti incompatibili con la nuova disciplina) dall’articolo in esame (comma 11).

L’art. 23-bis regola, dunque, l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della normativa comunitaria ed al fine di favorire la diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale (comma 1).

Finalità ulteriore è quella di garantire il diritto di tutti gli utenti all’universalità e accessibilità dei servizi pubblici locali e al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione.

Ai sensi dello stesso comma 1 le disposizioni in esame si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili.

Tale disposizione modifica profondamente l’assetto precedente contribuendo a chiarire il rapporto tra disciplina generale e norme di settore.

Infatti, il comma 1 dell’art. 113, nel circoscrivere l’ambito di applicazione delle disposizioni del medesimo articolo, le definisce quali norme inderogabili ed integrative delle discipline di settore afferenti ai servizi pubblici locali. Allo stesso tempo, tuttavia, sono stati progressivamente esclusi dall’applicazione delle norme generali diversi settori: dapprima l’energia elettrica e il gas (disciplinati, rispettivamente, dal D.Lgs. 79/1999[190] e dal D.Lgs. 164/2000[191]) esclusi ad opera dello stesso comma 1 dell’art. 113; successivamente, il settore del trasporto pubblico locale (si veda art. 1, comma 48, della L. 308/2004[192], che aggiunge un comma 1-bis all’art. 113 del testo unico); lo stesso art. 1, comma 48, ha sottratto al regime generale anche gli impianti di trasporti a fune nelle località turistiche montane.

Le maggiori attività di erogazione di servizi pubblici locali (elettricità, gas e trasporto pubblico locale) risultavano dunque escluse dall’ambito di applicazione delle norme del testo unico.

Si consideri inoltre che l’art. 23-bis del D.L. 112/2008 prevede tra l’altro, tramite l’emanazione di regolamenti di delegificazione, l’armonizzazione tra la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, individuando le norme applicabili in via generale per l’affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua (comma 10, lett. d).

Per quanto riguarda la gestione dei servizi pubblici locali il menzionato art. 23-bis prevede due modalità di affidamento: una, ordinaria, mediante gara pubblica, l’altra, in deroga, senza gara attraverso un conferimento diretto. Viene così semplificato il quadro definito dall’art. 113 del TUEL che prevede invece tre tipologie di soggetto affidatario (comma 5): società di capitali scelte con gara; società miste pubblico-private, in cui il socio privato è scelto mediante gara; società interamente pubbliche con modalità in house[193].

 

In particolare, con la norma in esame si fanno comunque salve le disposizioni in materia di mercato interno del gas naturale di cui al D.Lgs. 164/2000[194] e all’art. 46-bis del D.L. 159/2007[195].

 

Si ricorda che l’art. 46-bis citato reca disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi nel settore della distribuzione di gas naturale.

Il comma 1 prevede l’individuazione da parte del Ministro dello sviluppo economico e degli affari regionali e delle autonomie locali, sentita la Conferenza Unificata e su parere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, dei criteri di gara e di valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas previsto dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164, tenendo conto:

-        delle condizioni economiche offerte (in particolare quelle a vantaggio dei consumatori);

-        degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio;

-        dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti.

La finalità della disposizione è quella di garantire al settore maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità dei servizi essenziali.

Si ricorda che l’art. 14 del D.Lgs. 164/2000 attiene proprio all’attività di distribuzione del gas naturale, che è attività di servizio pubblico. Il servizio è affidato esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni. Gli enti locali che affidano il servizio, anche in forma associata, svolgono attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione, ed i loro rapporti con il gestore del servizio sono regolati da appositi contratti di servizio.

Il comma 2 del menzionato art. 46-bis prevede che i ministri dello sviluppo economico e degli affari regionali e delle autonomie locali, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza Unificata, determinino gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e determinino misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione[196].

Al fine di incentivare tali operazioni di aggregazione, il comma 3 del citato articolo 46-bis dispone che la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione sia bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto[197].

Il comma 4 prevede la facoltà per i comuni interessati dalle nuove gare di cui al co. 3 di incrementare, a decorrere dal 1º gennaio 2008, il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10 per cento del vincolo dei ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 28 dicembre 2000 n. 237 e successive modifiche e integrazioni[198]. Viene quindi precisato che le risorse aggiuntive siano destinate prioritariamente all’attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi di gas da parte delle fasce deboli di utenti.

Infine il comma 4-bis dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 dello stesso art. 46-bis si applicano, oltre alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 10, del D.Lgs. n. 164/2000 (che disciplina il regime transitorio nell’attività di distribuzione), anche le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 15-quater, del D.Lgs. 267/2000[199], che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete.


 

Articolo 30, comma 27
(Miglioramento della qualità del servizio elettrico ai clienti finali collegati, attraverso reti private con eventuale produzione interna, al sistema elettrico nazionale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

 

(…)

 

27. Al fine di garantire e migliorare la qualità del servizio elettrico ai clienti fi­nali collegati, attraverso reti private con eventuale produzione interna, al sistema elettrico nazionale di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, il Ministero dello sviluppo economico determina, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nuovi criteri per la definizione dei rapporti intercorrenti fra il gestore della rete, le società di distribuzione in con­cessione, il proprietario delle reti private ed il cliente finale collegato a tali reti. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas è incaricata dell'attuazione dei suddetti criteri al fine del contemperamento e della salvaguardia dei diritti acquisiti, anche con riferimento alla necessità di un razionale utilizzo delle risorse esi­stenti.

 

(…)

 

 

Il comma 27, introdotto al Senato, mira a garantire e migliorare la qualità del servizio elettrico ai clienti finali collegati, attraverso reti private con eventuale produzione interna, al sistema elettrico nazionale di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79[200].

Si ricorda che, secondo il richiamato articolo 2 del D.Lgs n. 79/1999, per “sistema elettrico nazionale” si intende il complesso degli impianti di produzione, delle reti di trasmissione e di distribuzione nonché dei servizi ausiliari e dei dispositivi di interconnessione e dispacciamento ubicati nel territorio nazionale.

 

A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico determina, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nuovi criteri per la definizione dei rapporti intercorrenti fra il gestore della rete, le società di distribuzione in concessione, il proprietario delle reti private ed il cliente finale collegato a tali reti.

Dell’attuazione di tali criteri è incaricata l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, al fine del contemperamento e della salvaguardia dei diritti acquisiti, anche con riferimento alla necessità di un razionale utilizzo delle risorse esistenti.

 


 

Articolo 30, comma 28
(Avvio al consumo delle miscele diesel-biodiesel)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

 

(…)

 

28. Il comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente:

 

«1. Le miscele combustibili diesel-biodiesel con contenuto in biodiesel inferiore o uguale al 7 per cento, che rispettano le caratteristiche del combustibile diesel previste dalla norma CEN prEN 590 - Settembre 2008, possono essere immesse in consumo sia presso utenti extra rete che in rete. Le miscele con contenuto in biodiesel in misura superiore al 7 per cento possono essere avviate al consumo solo presso utenti extra rete e impiegate esclusivamente in veicoli omologati per l'utilizzo di tali miscele».

 

(…)

 

 

Il comma 28 dell’articolo 30 interviene sulla immissione al consumo del diesel miscelato con biodiesel come carburante per autotrazione.

Le disposizioni attuali contenute nell’art. 8 del D.Lgs. n. 128/05[201] prevedono che qualora la componente di biodiesel non ecceda il 5% della miscela il carburante può essere messo a disposizione degli utenti sia in rete che extra-rete. Per le miscele con un tasso di biodiesel superiore al 5% è consentita solo la immissione extra-rete ed il consumo è riservato ai veicoli appositamente omologati.

La norma in commento eleva dal 5% al 7% la percentuale di biodiesel ammessa nella miscela destinata al consumo in rete.

La definizione che lo stesso D.lgs. n. 128/05 da di biocarburante è contenuta nell’art. 2 che fa riferimento al prodotto liquido o gassoso per trasporti ricavato dalla biomassa, intendendosi per tale la parte biodegradabile dei residui vegetali o animali dell’agricoltura, silvicoltura e industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.


 

Articolo 30, comma 29
(Accisa agevolata sul biodiesel)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 18
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

Articolo 30
(Misure per l'efficienza del settore energetico)

 

 

 

(…)

 

29. Nel regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle fi­nanze 3 settembre 2008, n. 156, recante la disciplina per l'applicazione dell'ac­cisa agevolata sul biodiesel, il limite del 5 per cento del contenuto sul biodiesel di cui agli articoli 7 e 9 è elevato al 7 per cento.

 

 

Il comma 29, introdotto nel corso dell’esame al Senato,interviene sui criteri di miscelazione tra biodiesel e gasolio ai fini della fruizione dell’aliquota di accisa agevolata.

Il regolamento n. 156 del 2008[202] stabilisce che l’applicazione dell’accisa agevolata sul biodiesel interessa anche le miscele tra gasolio e biocarburante purché il volume di quest’ultimo non sia superiore al 5% (articolo 7). L’articolo 9 del medesimo regolamento stabilisce l’obbligo di apporre sui documenti di trasporto delle miscele gasolio-biodiesel la dicitura “gasolio contenente biodiesel in misura non superiore al 5%”:

Si segnala, in proposito, che l’agevolazione consiste nell’applicazione di un’aliquota pari al 20% dell’aliquota dovuta sul gasolio usato come carburante e che il soggetto beneficiario è il depositario autorizzato che effettua le operazioni di miscelazione.

La norma, modificando l’articolo 7 del D.M. n. 156 del 2008, eleva dal 5 al 7 per cento la quota massima di biocarburante che può essere contenuta nella miscela gasolio-biodiesel ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata di accisa.

A fini di coordinamento, inoltre, apporta la medesima modifica all’articolo 9 del decreto ai sensi del quale il documento di trasporto della miscela dovrà contenere la dicitura “gasolio contenente biodiesel in misura non superiore al 7%”.


 

Articolo 31
(Semplificazione di procedure)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 31
(Semplificazione di procedure)

 

 

 

1. All'articolo 1, comma 24, lettera c), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «e al comma 346 del medesimo articolo 1» sono sostituite dalle se­guenti: «e ai commi 346 e 347 del mede­simo articolo 1».

 

 

L’articolo 31, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, semplifica gli adempimenti necessari per usufruire delle agevolazioni tributarie legate alla riqualificazione energetica degli edifici; in particolare, si ampliano le ipotesi per cui il contribuente non è obbligato acquisire la certificazione energetica dell’edificio per l’applicazione delle norme di favore.

 

Nel dettaglio, la norma reca modifiche all’articolo 1, comma 24, lettera c) della legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244), che reca precisazioni relative alle agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici.

Si ricorda che il comma 20 dell’articolo 1 ha prorogato al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale devono essere sostenute e documentate le spese di seguito indicate al fine della fruizione della detrazione fiscale del 55%.

Si tratta di:

-        spese per la riqualificazione energetica (comma 344 della finanziaria 2007);

-        spese per interventi su strutture opache verticali, orizzontali e finestre (comma 345 della finanziaria 2007);

-        spese per l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (comma 346 della finanziaria 2007);

-        spese per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale a condensazione (comma 347 della finanziaria 2007). La norma in esame, inoltre, estende il beneficio di cui al citato comma 347 anche alle spese sostenute per la sostituzione intera o parziale dell’impianto di climatizzazione invernale non a condensazione sostenute entro il 2009.

 

Con la modifica proposta si intende incidere sullalettera c) del comma 24, che specifica le ipotesi per le quali non è richiesta l’acquisizione, da parte del contribuente, della certificazione energetica dell’edificio (ai sensi del citato articolo 1, comma 348, lettera b), della legge 296/2006) al fine di usufruire delle agevolazioni fiscali.

Secondo la formulazione attuale della norma, le ipotesi di “procedura semplificata” sono le seguenti:

§      interventi su strutture opache verticali, orizzontali e finestre (comma 345 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296), limitatamente alla sostituzione di finestre comprensive di infissi in singole unità immobiliari;

§      installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (comma 346 del medesimo articolo 1).

Con la modifica proposta, alle suddette ipotesi “semplificate“ si aggiungerebbero anche gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione (successivo comma 347).


 

Articolo 32
(Impulso alla realizzazione del mercato unico dell’energia elettrica attraverso lo sviluppo di interconnector con il coinvolgimento di clienti finali energivori)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 32
(Impulso alla realizzazione del mercato unico dell'energia elettrica attraverso lo sviluppo di interconnector con il coin­volgimento di clienti finali energivori)

 

 

 

1. Al fine di contribuire alla realizza­zione del mercato unico dell'energia elettrica, la società Terna Spa provvede, a fronte di specifico finanziamento da parte di soggetti investitori terzi, a pro­grammare, costruire ed esercire a se­guito di specifici mandati dei medesimi soggetti uno o più potenziamenti delle infrastrutture di interconnessione con l'estero nella forma di «interconnector» ai sensi del regolamento (CE) n. 1228/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, nonché le necessarie opere di decongestiona­mento interno della rete di trasmissione nazionale, in modo che venga posto in essere un incremento globale fino a 2000 MW della complessiva capacità di trasporto disponibile con i Paesi esteri, in particolare con quelli confinanti con il nord dell'Italia.

 

2. Terna Spa comunica un elenco di massima di possibili infrastrutture da realizzare ai sensi del comma 1 e delle relative opere al Ministro dello sviluppo economico ed all'Autorità per l'energia elettrica e il gas entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge.

 

3. Entro sessanta giorni dal termine di cui al comma 2, Terna Spa organizza una procedura concorsuale per la sele­zione dei soggetti che intendono soste­nere il finanziamento dei singoli inter­connector, specificando nel bando le misure ed i corrispettivi di cui al comma 6 per il singolo interconnector, le condi­zioni del contratto di mandato da stipu­lare con i soggetti aggiudicatari per la programmazione e la progettazione del­l'opera e l'impegno che i medesimi sog­getti devono assumere a stipulare un successivo contratto di mandato per la costruzione e l'esercizio dell'intercon­nector, il cui perfezionamento è subor­dinato al rilascio di apposita esenzione, per una durata pari a venti anni, dall'ac­cesso a terzi sulla capacità di trasporto che tali infrastrutture rendono disponi­bile, secondo le modalità di cui al de­creto del Ministro delle attività produt­tive 21 ottobre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 256 del 3 novembre 2005.

 

4. Ciascun interconnector che ottiene l'esenzione di cui al comma 3 deve en­trare in servizio entro trentasei mesi dalla data di pubblicazione nella Gaz­zetta Ufficiale del decreto di rilascio del­l'esenzione stessa; in difetto, è ricono­sciuto il diritto, da esercitare entro i ses­santa giorni successivi alla scadenza del suddetto termine, a ciascuno dei sog­getti selezionati di rinunciare alla realiz­zazione dell'infrastruttura ed ai relativi diritti di utilizzazione della connessa ca­pacità di trasporto, fermo restando il pa­gamento degli oneri già sostenuti da Terna Spa in esecuzione dei contratti di mandato di cui al comma 3.

 

5. In considerazione dell'impatto che il significativo incremento della capacità complessiva di interconnessione indotto dalle disposizioni del presente articolo può avere sulla gestione del sistema elettrico italiano e sui relativi livelli di si­curezza, alle procedure concorsuali di cui al comma 3 possono partecipare esclusivamente clienti finali, anche rag­gruppati in forma consortile fra loro, che siano titolari di punti di prelievo cia­scuno con potenza impegnata non infe­riore a 10 MW, caratterizzati da un fattore di utilizzazione della potenza impegnata mediamente nel triennio precedente non inferiore al 40 per cento escludendo i quindici giorni di minori prelievi di ener­gia elettrica su base annua e che si im­pegnino a riduzioni del proprio prelievo dalla rete, secondo modalità definite da Terna Spa, nelle situazioni di criticità in relazione al potenziamento del sistema di interconnessione. Ciascun cliente che soddisfa i requisiti di cui al precedente periodo può partecipare alle procedure concorsuali di cui al comma 3 per una quota non superiore al valore della po­tenza disponibile complessiva dei pre­detti punti di prelievo. La perdita di tito­larità di punti di prelievo di cui al pre­sente comma comporta la decadenza dai relativi diritti, ferme restando le eventuali obbligazioni assunte nei confronti di Terna Spa.

 

6. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con provvedimenti da adottare en­tro trenta giorni dal termine di cui al comma 2, disciplina misure volte a con­sentire, a partire dalla conclusione del contratto di mandato per la programma­zione e la progettazione di cui al comma 3 e fino alla messa in servizio dell'inter­connector e comunque per un periodo non superiore a sei anni, l'esecuzione, nei limiti della capacità di trasporto og­getto della richiesta di esenzione di cui al comma 3, degli eventuali contratti di approvvigionamento all'estero di energia elettrica per la fornitura ai punti di pre­lievo dei clienti finali selezionati. A tal fine, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas determina i corrispettivi che i clienti finali selezionati sono tenuti a ricono­scere, in ragione del costo efficiente per la realizzazione e la gestione di efficaci infrastrutture di potenziamento, a Terna Spa a fronte delle predette misure, non­ché le modalità per la copertura delle eventuali differenze maturate in capo a Terna Spa tra detti corrispettivi ed i costi conseguenti al rendere possibile l'ese­cuzione dei contratti di approvvigiona­mento all'estero nell'ambito delle mede­sime misure.

 

7. Per i casi in cui i soggetti selezio­nati esercitano il diritto di rinunciare alla realizzazione dell'infrastruttura ai sensi del comma 4, i provvedimenti dell'Auto­rità per l'energia elettrica e il gas di cui al comma 6 prevedono il diritto dei sog­getti stessi di avvalersi delle misure di cui al medesimo comma, a fronte dei relativi corrispettivi, non oltre l'esercizio del diritto di rinuncia.

 

8. Ai clienti finali selezionati nelle procedure di cui al presente articolo vengono ridotte, se esistenti, le obbliga­zioni di erogazione dei servizi di inter­rompibilità istantanea e con preavviso resi a Terna Spa nella misura del 20 per cento rispetto agli ammontari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, con conseguente riduzione del corrispettivo cui i medesimi clienti hanno diritto per il periodo rimanente sotteso alle succitate obbligazioni. Le quote non coperte dei servizi di inter­rompibilità a seguito delle suddette ridu­zioni vengono eventualmente riallocate da Terna Spa, esperita una rivalutazione delle necessità di sistema, a soggetti di­versi dai predetti clienti finali. Con l'e­stinguersi delle suddette obbligazioni, i clienti finali selezionati non sono am­messi all'erogazione dei servizi di inter­rompibilità istantanea e con preavviso eventualmente richiesti da Terna Spa che potranno invece essere resi, con le medesime modalità attualmente in vi­gore, da clienti finali diversi da quelli selezionati.

 

9. Terna Spa provvede ad assegnare le obbligazioni di erogazione dei servizi di interrompibilità, che si rendessero eventualmente disponibili, ai migliori of­ferenti selezionati mediante un'asta al ribasso a valere sul corrispettivo per il servizio da rendere, disciplinata dall'Au­torità per l'energia elettrica e il gas che opera per minimizzare il corrispettivo di dispacciamento imposto all'utenza finale a remunerazione del complessivo servi­zio di interrompibilità, anche ai fini della riallocazione di cui al comma 8.

 

 

L’articolo 32, introdotto dal Senato, mira a favorire la realizzazione di infrastrutture di interconnessione con l’estero, e in particolare con i Paesi confinanti con il nord dell’Italia, per giungere ad un vero mercato unico dell’energia elettrica.

Secondo il comma 1, la società Terna Spa deve provvedere, a fronte di specifico finanziamento da parte di soggetti investitori terzi, a programmare, costruire ed esercire a seguito di specifici mandati dei medesimi soggetti uno o più potenziamenti delle infrastrutture di interconnessione con l'estero nella forma di "interconnector" ai sensi del Regolamento (CE) n. 1228/2003, nonché le necessarie opere di decongestionamento interno della rete di trasmissione nazionale, in modo che venga posto in essere un incremento globale fino a 2000 MW della complessiva capacità di trasporto disponibile con i paesi esteri.

Terna Spa è il principale proprietario della Rete di Trasmissione Nazionale di energia elettrica ad alta tensione con il 98,3% delle infrastrutture elettriche nazionali. E’ anche responsabile della trasmissione e del dispacciamento dell'energia sull'intero territorio e quindi della gestione in sicurezza dell’equilibrio tra la domanda e l’offerta di energia elettrica. La Società è inoltre responsabile dell'attività di programmazione e sviluppo della Rete, provvede alla sua manutenzione e al suo sviluppo nel rispetto dell'ambiente e coniuga competenze e tecnologie per migliorarne l'efficienza.

Terna è quotata alla Borsa Italiana dal 2004. L’azionista di riferimento è la Cassa Depositi e Prestiti con un pacchetto azionario del 29,9%. Il 64% del capitale sociale è in mani italiane mentre il 36% è detenuto da fondi esteri. Tra i principali azionisti della società troviamo Enel e Pictet Asset Management SA al 5,1% (dati al 19/12/2008). Il restante 58% circa è ripartito tra investitori istituzionali e retail.

Il Regolamento (CE) n. 1228/2003 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica mira a stabilire norme eque per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica, rafforzando così la concorrenza nel mercato interno dell'energia elettrica tenendo conto delle caratteristiche dei mercati nazionali e regionali. Ciò implica la creazione di un meccanismo di compensazione per i flussi transfrontalieri di energia elettrica e la definizione di principi armonizzati in materia di oneri di trasmissione transfrontaliera e l'assegnazione delle capacità disponibili di interconnessione tra sistemi nazionali di trasmissione. Ai sensi di tale regolamento, è definito «interconnector» una linea di trasmissione che attraversa o si estende oltre una frontiera tra Stati membri e che collega i sistemi nazionali di trasmissione degli Stati membri.

 

Ai sensi del comma 2, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge Terna deve comunicare un elenco di massima di possibili infrastrutture da realizzare e delle relative opere al Ministro dello sviluppo economico ed all'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

Entro 60 giorni da tale termine, ai sensi del comma 3 Terna deve organizzare una procedura concorsuale per la selezione dei soggetti che intendono sostenere il finanziamento dei singoli interconnector, specificando nel bando:

§      le misure ed i corrispettivi di cui al successivo comma 4 per il singolo interconnector;

§      le condizioni del contratto di mandato da stipulare con i soggetti aggiudicatari per la programmazione e la progettazione dell'opera;

§      l'impegno che i medesimi soggetti devono assumere a stipulare un successivo contratto di mandato per la costruzione e l'esercizio dell'interconnector.

Il perfezionamento di tale contratto è subordinato al rilascio di apposita esenzione, per una durata pari a 20 anni, dall'accesso a terzi sulla capacità di trasporto che tali infrastrutture rendono disponibile, secondo le modalità di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 21 ottobre 2005[203].

 

Il comma 4 pone il termine di 36 mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di rilascio dell'esenzione per entrare in servizio a ciascun interconnector che ottenga l'esenzione. In difetto, è riconosciuto il diritto, da esercitare entro i 60 giorni successivi alla scadenza del suddetto termine, a ciascuno dei soggetti selezionati di rinunciare alla realizzazione dell'infrastruttura ed ai relativi diritti di utilizzazione della connessa capacità di trasporto, fermo restando il pagamento degli oneri già sostenuti da Terna in esecuzione dei contratti di mandato.

 

Il comma 5 riserva la partecipazione alle procedure concorsuali di cui al comma 3 ai soli clienti finali, anche raggruppati in forma consortile fra loro, che:

§      siano titolari di punti di prelievo ciascuno con potenza impegnata non inferiore a 10 MW, caratterizzati da un fattore di utilizzazione della potenza impegnata nel biennio precedente non inferiore al 40% escludendo i 15 giorni di minori prelievi di energia elettrica su base annua;

§      si impegnino a riduzioni del proprio prelievo dalla rete, secondo modalità definite da Terna, nelle situazioni di criticità in relazione al potenziamento del sistema di interconnessione.

Ciascun cliente che soddisfa tali requisiti può partecipare alle procedure concorsuali per una quota non superiore al valore della potenza disponibile complessiva dei predetti punti di prelievo.

La perdita di titolarità di punti di prelievo di cui al presente comma comporta la decadenza dai relativi diritti, ferme restando le eventuali obbligazioni assunte nei confronti di Terna.

Tale limitazioni vengono introdotte in considerazione dell'impatto che il significativo incremento della capacità complessiva di interconnessione indotto dalle presenti disposizioni può avere sulla gestione del sistema elettrico italiano e sui relativi livelli di sicurezza.

 

Il comma 6 dispone che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro 30 giorni dal termine di cui al comma 2, disciplini le misure volte a consentire, a partire dalla conclusione del contratto di mandato per la programmazione e la progettazione e fino alla messa in servizio dell'interconnector e comunque per un periodo non superiore a sei anni, l'esecuzione degli eventuali contratti di approvvigionamento all'estero di energia elettrica per la fornitura ai punti di prelievo dei clienti finali selezionati, nei limiti della capacità di trasporto oggetto della richiesta di esenzione.

A tal fine, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas determina:

§      i corrispettivi che i clienti finali selezionati sono tenuti a riconoscere, in ragione del costo efficiente per la realizzazione e la gestione di efficaci infrastrutture di potenziamento, a Terna Spa a fronte delle predette misure;

§      le modalità per la copertura delle eventuali differenze maturate in capo a Terna Spa tra detti corrispettivi ed i costi conseguenti al rendere possibile l'esecuzione dei contratti di approvvigionamento all'estero nell'ambito delle medesime misure.

 

Il comma 7 riguarda i casi in cui i soggetti selezionati esercitano il diritto di rinunciare alla realizzazione dell'infrastruttura ai sensi del comma 4. In tali casi i provvedimenti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas di cui al precedente comma 6 prevedono il diritto dei soggetti stessi ad avvalersi delle misure di cui al medesimo comma, a fronte dei relativi corrispettivi, non oltre l'esercizio del diritto di rinuncia.

 

I commi 8 e 9 riguardano i servizi di interrompibilità.

Il servizio di interrompibilità del carico è il servizio fornito dalle utenze connesse a reti disponibili a distacchi di carico in tempo reale (interruzioni della fornitura), attuabili in frazioni di secondo con le modalità definite dal Gestore della rete nazionale (TERNA S.p.A.), per assicurare la continuità del servizio elettrico. La quantità di potenza interrompibile può essere utilizzata:

-        nel caso di interrompibilità istantanea, cioè senza preavviso, prevalentemente per ricostituire con rapidità riserva e bilanciamento in tempo reale;

-        nel caso di interrompibilità con preavviso, per delimitare alle situazioni di effettivo rischio per il sistema elettrico nazionale il ricorso all’attivazione di procedure di alleggerimento del carico.

Il comma 8 dispone la riduzione, ai clienti finali selezionati nelle procedure di cui al presente articolo, delle eventuali obbligazioni di erogazione dei servizi di interrompibilità istantanea e con preavviso resi a Terna, nella misura del 20% rispetto agli ammontari vigenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. A tale riduzione consegue la diminuzione del corrispettivo cui i medesimi clienti hanno diritto per il periodo rimanente sotteso alle succitate obbligazioni.

Le quote non coperte dei servizi di interrompibilità a seguito delle suddette riduzioni vengono eventualmente riallocate da Terna a soggetti diversi dai predetti clienti finali, previa valutazione delle necessità di sistema. Con l'estinguersi delle suddette obbligazioni, i clienti finali selezionati non sono ammessi all'erogazione dei servizi di interrompibilità istantanea e con preavviso eventualmente richiesti da Terna.

Il comma 9 dispone che Terna assegni le obbligazioni di erogazione dei servizi di interrompibilità, che si rendessero eventualmente disponibili, ai migliori offerenti selezionati mediante un'asta al ribasso a valere sul corrispettivo per il servizio da rendere. Tale asta viene disciplinata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in modo da minimizzare il corrispettivo di dispacciamento imposto all'utenza finale a remunerazione del complessivo servizio di interrompibilità, anche ai fini della riallocazione di cui al precedente comma 8.


 

Articolo 33
(Reti interne di utenza)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 33
(Reti interne di utenza)

 

 

 

1. Nelle more del recepimento nell'or­dinamento nazionale della normativa comunitaria in materia, è definita Rete interna di utenza (RIU) una rete elettrica il cui assetto è conforme a tutte le se­guenti condizioni:

 

     a) è una rete esistente alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero è una rete di cui, alla medesima data, siano stati avviati i lavori di realiz­zazione ovvero siano state ottenute tutte le autorizzazioni previste dalla normativa vigente;

 

     b) connette unità di consumo indu­striali, ovvero connette unità di consumo industriali e unità di produzione di ener­gia elettrica funzionalmente essenziali per il processo produttivo industriale, purché esse siano ricomprese in aree insistenti sul territorio di non più di tre comuni adiacenti, ovvero di non più di tre province adiacenti nel solo caso in cui le unità di produzione siano alimen­tate da fonti rinnovabili;

 

     c) è una rete non sottoposta all'ob­bligo di connessione di terzi, fermo re­stando il diritto per ciascuno dei sog­getti ricompresi nella medesima rete di connettersi, in alternativa alla rete con obbligo di connessione di terzi;

 

     d) è collegata tramite uno o più punti di connessione a una rete con ob­bligo di connessione di terzi a tensione nominale non inferiore a 120 kV;

 

     e) ha un soggetto responsabile che agisce come unico gestore della medesima rete. Tale soggetto può es­sere diverso dai soggetti titolari delle unità di consumo o di produzione, ma non può essere titolare di concessioni di trasmissione e dispacciamento o di di­stribuzione di energia elettrica.

 

2. Ai fini della qualità del servizio elet­trico e dell'erogazione dei servizi di tra­smissione e di distribuzione, la respon­sabilità del gestore di rete con obbligo di connessione di terzi è limitata, nei con­fronti delle unità di produzione e di con­sumo connesse alle RIU, al punto di connessione con la rete con obbligo di connessione di terzi, ferma restando l'e­rogazione, da parte della società Terna Spa, del servizio di dispacciamento alle singole unità di produzione e di con­sumo connesse alla RIU. Resta in capo al soggetto responsabile della RIU il compito di assicurare la sicurezza di persone e cose, in relazione all'attività svolta.

 

3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas:

 

     a) individua i casi di cui al comma 1 e li comunica al Ministero dello svi­luppo economico;

 

     b) stabilisce le modalità con le quali è assicurato il diritto dei soggetti connessi alla RIU di accedere diretta­mente alle reti con obbligo di connes­sione di terzi;

 

     c) fissa le condizioni alle quali le singole unità di produzione e di con­sumo connesse nella RIU fruiscono del servizio di dispacciamento;

 

     d) definisce le modalità con le quali il soggetto responsabile della RIU provvede alle attività di misura all'in­terno della medesima rete, in collabora­zione con i gestori di rete con obbligo di connessione di terzi deputati alle mede­sime attività;

 

     e) ai sensi dell'articolo 2, comma 12, lettere a) e b), della legge 14 novem­bre 1995, n. 481, formula proposte al Mi­nistero dello sviluppo economico con­cernenti eventuali esigenze di aggior­namento delle vigenti concessioni di di­stribuzione, trasmissione e dispaccia­mento.

 

4. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas effettua il monitoraggio ai fini del ri­spetto delle condizioni di cui al presente articolo.

 

5. Fatto salvo quanto previsto al comma 6, a decorrere dalla data di en­trata in vigore della presente legge i cor­rispettivi tariffari di trasmissione e di di­stribuzione, nonché quelli a copertura degli oneri generali di sistema di cui al­l'articolo 3, comma 11, del decreto legi­slativo 16 marzo 1999, n. 79, e degli oneri ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, sono de­terminati facendo esclusivo riferimento al consumo di energia elettrica dei clienti finali o a parametri relativi al punto di connessione dei medesimi clienti finali.

 

6. Limitatamente alle RIU di cui al comma 1, i corrispettivi tariffari di cui al comma 5 si applicano esclusivamente all'energia elettrica prelevata nei punti di connessione.

 

7. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas adegua le proprie determinazioni tariffa­rie per dare attuazione a quanto dispo­sto dai commi 5 e 6 del presente arti­colo.

 

 

L’articolo 33, introdotto dal Senato, reca disposizioni in materia di Reti interne di utenza (RIU).

Il comma 1 prevede che, in attesa del recepimento nell’ordinamento interno della normativa comunitaria in materia, si definisce Rete Interna di Utenza (RIU) una rete elettrica il cui assetto risponde a tutte le seguenti condizioni:

§      si tratta di una rete già esistente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, o comunque una rete di cui alla stessa data siano stati avviati i lavori di realizzazione ovvero siano state ottenute tutte le autorizzazioni richieste dalla vigente normativa (lett. a));

§      connette unità di consumo industriali, ovvero queste ultime e unità di produzione di energia elettrica funzionalmente essenziali per il processo produttivo industriale, a condizione che esse siano ricompresse nel territorio di non più di 3 comuni adiacenti, ovvero di non più di 3 province adiacenti solamente nel caso in cui le unità di produzione siano alimentate da fondi energetiche rinnovabili (lett. b));

§      si tratta di una rete non soggetta all’obbligo di connessione di terzi (fermo restando il diritto per chiunque dei soggetti ricompresi nella stessa rete di connettersi) in alternativa alla rete con obbligo di connessione di terzi (lett. c));

§      è collegata attraverso uno o più punti di connessione a una rete con obbligo di connessione di terzi a tensione nominale non inferiore a 120 kV (lett. d));

§      ha un soggetto responsabile che agisce come unico gestore della stessa rete, che può essere diverso dai soggetti titolari delle unità di consumo o di produzione, ma non può essere titolare di concessioni di trasmissione e dispacciamento o di distribuzione di energia elettrica (lett. e)).

 

Il comma 2 precisa che, ai fini della qualità del servizio elettrico e dell'erogazione dei servizi di trasmissione e di distribuzione, la responsabilità del gestore di rete con obbligo di connessione di terzi è limitata, nei confronti delle unità di produzione e di consumo connesse alle RIU, al punto di connessione con la rete con obbligo di connessione di terzi, fermo restando l'erogazione, da parte della società Terna Spa, del servizio di dispacciamento alle singole unità di produzione e di consumo connesse alla RIU. Resta in capo al soggetto responsabile della rete interna di utenza il compito di assicurare, in relazione all'attività svolta, la sicurezza di persone e cose.

 

Il comma 3 prevede una serie di adempimenti per l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG), da attuare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. In particolare, entro tale termine l’AEEG:

§      individua i casi in cui esistono le condizioni di cui al comma 1 e li comunica al Ministero dello sviluppo economico;

§      stabilisce le modalità con le quali è assicurato il diritto dei soggetti connessi alla RIU di accedere direttamente alle reti con obbligo di connessione di terzi;

§      stabilisce le condizioni alle quali le singole unità di produzione e di consumo connesse nella RIU fruiscono del servizio di dispacciamento;

§      definisce le modalità con le quali il soggetto responsabile della RIU provvede alle attività di misura all'interno della medesima rete, in collaborazione con i gestori di rete con obbligo di connessione di terzi deputati alle stesse attività;

§      secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 12, lettere a) e b) della L. 481/1995[204], formula proposte al Ministero dello sviluppo economico concernenti eventuali esigenze di aggiornamento delle vigenti concessioni di distribuzione, trasmissione e dispacciamento.

Si ricorda che il menzionato articolo 2, nel prevedere l’istituzione delle Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità, competenti, rispettivamente, per l'energia elettrica e il gas e per le telecomunicazioni, al comma 12 dispone che ciascuna Autorità, nel perseguire le finalità di cui all'articolo 1 (sostanzialmente garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità), svolge, tra l’altro, le seguenti funzioni:

a)  formula osservazioni e proposte da trasmettere al Governo e al Parlamento sui servizi da assoggettare a regime di concessione o di autorizzazione e sulle relative forme di mercato, nei limiti delle leggi esistenti, proponendo al Governo le modifiche normative e regolamentari necessarie in relazione alle dinamiche tecnologiche, alle condizioni di mercato ed all'evoluzione delle normative comunitarie;

b)  propone i Ministri competenti gli schemi per il rinnovo nonché per eventuali variazioni dei singoli atti di concessione o di autorizzazione, delle convenzioni e dei contratti di programma.

 

Il comma 4 attribuisce all’AEEG il compito di monitorare il rispetto delle condizioni previste dall’articolo in esame.

 

Ai sensi del comma 5, fatto salvo quanto previsto al successivo comma 6, a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame i corrispettivi tariffari di trasmissione e di distribuzione, nonché quelli a copertura degli oneri generali di sistema di cui all'articolo 3, comma 11, del D.Lgs. 79/1999[205], e degli oneri ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del D.L. 314/2003[206], sono determinati facendo esclusivo riferimento al consumo di energia elettrica dei clienti finali o a parametri relativi al punto di connessione dei medesimi clienti finali.

L’art. 3 del D.Lgs. 79/1999, relativo al Gestore della rete di trasmissione nazionale, al comma 11 dispone che entro 180 giorni dall'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, con uno o più decreti del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (adesso: Ministro dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (adesso: Ministro dell’economia e delle finanze), su proposta dell’AEEG, sono individuati gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, ivi inclusi gli oneri concernenti le attività di ricerca e le attività di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas provvede al conseguente adeguamento del corrispettivo (di cui al comma 10) per l'accesso e l'uso della rete di trasmissione nazionale. La quota parte del corrispettivo a copertura dei suddetti oneri a carico dei clienti finali, in particolare per le attività ad alto consumo di energia, è definita in misura decrescente in rapporto ai consumi maggiori.

L’articolo 4, comma 1, del D.L. 314/2003 prevede che misure di compensazione territoriale sono stabilite, fino al definitivo smantellamento degli impianti nucleari, a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare e che, alla data della messa in esercizio del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, le misure sono trasferite al territorio che ospita il Deposito, proporzionalmente alla allocazione dei rifiuti radioattivi.

 

Il comma 6 dispone invece che, limitatamente alle RIU, i corrispettivi tariffari di cui al precedente comma 5 si applicano esclusivamente all’energia elettrica prelevata nei punti di connessione.

 

Infine il comma 7 affida all’AEEG il compito di adeguare le proprie determinazioni tariffarie per dare attuazione a quanto previsto dai precedenti commi 5 e 6, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

 


 

Articolo 34
(Misure per il risparmio energetico)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 34
(Misure per il risparmio energetico)

 

 

 

1. Al fine di adeguare la normativa nazionale in tema di risparmio energe­tico a quella comunitaria, alla parte II dell'allegato IX alla Parte quinta del de­creto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modifica­zioni:

 

     a) al numero 2.7, dopo le parole: «fenomeni di condensa» sono inserite le seguenti: «con esclusione degli impianti termici alimentati da apparecchi a con­densazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d'a­ria calda a condensazione a scambio di­retto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071»;

 

     b) al numero 2.10 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «Le presenti disposizioni non si applicano agli im­pianti termici a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 90/396/CE del Consiglio, del 29 giugno 1990, concernente gli apparecchi a gas»;

 

     c) al numero 3.4 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «Le presenti di­sposizioni non si applicano agli impianti termici alimentati da apparecchi a con­densazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d'a­ria calda a condensazione a scambio di­retto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071»;

 

     d) al numero 3.6 sono soppresse le parole: «esclusivamente metallici,».

 

 

L’articolo 34, introdotto dal Senato, effettua alcune integrazioni al Codice ambientale[207] finalizzate all’adeguamento della normativa nazionale in tema di risparmio energetico a quella comunitaria, in particolare in tema di impianti a condensazione.

Le modificazioni apportate dalla norma in esame riguardano la parte II dell’allegato IX alla Parte quinta[208] del Codice ambientale, che tratta dei requisiti tecnici e costruttivi degli impianti termici civili:

a)   al numero 2.7, vengono esclusi gli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio[209] nonché da generatori d’aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071[210];

Gli impianti installati o che hanno subito una modifica relativa ai camini successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del Codice ambientale devono essere dotati di camini che godano di particolari requisiti, tra cui quello di garantire che siano evitati fenomeni di condensa. Secondo la norma in esame, per gli impianti a condensazione non è necessario che sia rispettato quel requisito.

b)   vengono esclusi dall’applicazione delle disposizioni del numero 2.10[211] gli impianti termici a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 90/396/CE del Consiglio[212];

c)   vengono esclusi dall’applicazione del numero 3.4[213] gli impianti termici alimentati dai medesimi apparecchi a condensazione e generatori d’aria calda a condensazione di cui al punto a) ;

d)   al numero 3.6, che dispone che “i raccordi fra i canali da fumo e gli apparecchi di cui fanno parte i focolari devono essere esclusivamente metallici, rimovibili con facilità e dovranno avere spessore non inferiore ad 1/100 del loro diametro medio, nel caso di materiali ferrosi comuni, e spessore adeguato, nel caso di altri metalli”, sono soppresse le parole: «esclusivamente metallici,».

 


 

Articolo 35
(Efficienza energetica degli edifici)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 35
(Efficienza energetica degli edifici)

 

 

 

1. Al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, all'allegato A sono appor­tate le seguenti modificazioni:

 

     a) al numero 14, sono soppresse le parole: «, scaldacqua unifamiliari»;

 

     b) dopo il numero 14 è inserito il seguente:

 

«14-bis. Impianto tecnologico idrico sanitario è un impianto di qualsiasi na­tura o specie destinato al servizio di produzione di acqua calda sanitaria non incluso nel numero 14 e comprendente sistemi di accumulo, distribuzione o erogazione dell'acqua calda sanitaria».

 

 

L’articolo 35, introdotto dal Senato, reca disposizioni in materia di efficienza energetica degli edifici volte ad introdurre limitate modifiche al D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, recante Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia[214].

 

Il tema del rendimento energetico dell’edilizia è stato oggetto negli ultimi anni, nel più ampio quadro delle politiche finalizzate al risparmio energetico, di numerosi e significativi interventi, anche di natura fiscale.

In tale ambito, il decreto legislativo n. 192/2005 è volto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici - che nel settore residenziale e terziario impiegano una percentuale elevata del consumo finale dell'energia della Comunità - anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto, nonché a promuovere la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico.

In particolare il provvedimento disciplina:

-        la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici;

-        l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici;

-        i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici;

-        le ispezioni periodiche degli impianti di climatizzazione;

-        i criteri per garantire la qualificazione e l'indipendenza degli esperti incaricati della certificazione energetica e delle ispezioni degli impianti;

-        la raccolta delle informazioni e delle esperienze, delle elaborazioni e degli studi necessari all'orientamento della politica energetica del settore;

-        la promozione dell'uso razionale dell'energia anche attraverso l'informazione e la sensibilizzazione degli utenti finali, la formazione e l'aggiornamento degli operatori del settore.

Il decreto legislativo si applica agli edifici di nuova costruzione, ad eccezione di alcune categorie di edifici espressamente esclusi (art. 3).

La definizione dei criteri generali tecnico-costruttivi degli edifici e degli impianti volti al risparmio energetico è demandata ad uno o più DPR, da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo (art. 4). In particolare con tali DPR dovranno essere definiti:

-        i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi finalizzati al contenimento dei consumi di energia, in merito alla progettazione, installazione, esercizio manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione (invernale ed estiva) degli edifici, per la preparazione dell'acqua calda per usi igienico-sanitari e per l'illuminazione artificiale degli edifici del settore terziario (lett. a);

-        i criteri generali di prestazione energetica per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata, nonché per l'edilizia pubblica e privata, anche riguardo la ristrutturazione degli edifici esistenti, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi in merito alla progettazione e realizzazione dell'involucro edilizio (lett. b);

-        i requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti o degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici e l'ispezione degliimpianti di climatizzazione. I requisiti minimi sono rivisti ogni 5 anni e aggiornati in funzione dei progressi della tecnica (lett. c)[215].

 

Il D.Lgs. 152/2005 prevede inoltre (art. 6) che, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto (vale a dire entro l’8 ottobre 2006), gli edifici di nuova costruzione dovranno essere dotati, al termine della costruzione, di un attestato di certificazione energetica, redatto secondo i criteri e le metodologie fissati dall'articolo 4. La certificazione può fondarsi, oltre che sulla valutazione dell’appartamento interessato anche su una certificazione comune dell’intero edificio o su un altro appartamento rappresentativo.

Si segnala inoltre che il decreto legislativo n. 311 del 2006 ha introdotto modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 192/2005, recante l’attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell'edilizia, alla luce dell'esperienza acquisita nei primi mesi di applicazione delle nuove norme in materia di rendimento energetico nell'edilizia e al fine di rendere pienamente conforme la normativa interna alla citata direttiva comunitaria.

Le correzioni introdotte dal D.Lgs. 311/2006 hanno comportato l'estensione del campo di applicazione della disciplina oltre che alla progettazione e realizzazione di nuovi edifici e alla ristrutturazione di quelli esistenti, anche all'esercizio, al controllo, alla manutenzione e all’ispezione degli impianti termici, nonché l'introduzione (graduale) di un obbligo di certificazione energetica degli edifici esistenti nel caso di trasferimenti a titolo oneroso[216].

 

Le modifiche introdotte dall’articolo in esame si riferiscono all’allegato A del D.Lgs. 192/2005, recante ulteriori definizioni rispetto a quelle previste dall’art. 2 del medesimo decreto.

In primo luogo, con una modifica al numero 14 (definizione di impianto termico), si fanno rientrare tra gli impianti termici anche gli scaldacqua unifamiliari.

Impianto termico è un impianto tecnologico destinato alla climatizzazione estiva ed invernale degli ambienti con o senza produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari o alla sola produzione centralizzata di acqua calda per gli stessi usi, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolazione e di controllo

 

Inoltre, si aggiunge il numero 14-bis, relativo alla definizione di impianto tecnologico idrico sanitario. In particolare, si dispone che quest’ultimo è un impianto di qualsiasi natura o specie destinato al servizio di produzione di acqua calda sanitaria non incluso nel numero 14 e comprendente sistemi di accumulo, distribuzione o erogazione dell’acqua calda sanitaria.


 

Articolo 36
(Misure per lo sviluppo della programmazione negoziata)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 36
(Misure per lo sviluppo della programmazione negoziata)

 

 

 

1. Le richieste di rimodulazione, pre­sentate dai patti territoriali entro il 31 di­cembre 2008 ai sensi dell'articolo 2, comma 191, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, devono riguardare iniziative comprese nel medesimo patto sentito il parere, sul bando di rimodulazione, della regione o provincia autonoma interes­sata, che si deve esprimere entro trenta giorni dalla richiesta del Ministero dello sviluppo economico.

 

2. All'articolo 8-bis, comma 6, lettera b), del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, e succes­sive modificazioni, le parole: «31 dicem­bre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».

 

3. Al punto 3.3 della delibera CIPE n. 69 del 22 giugno 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 22 agosto 2000, e successive modificazioni, le pa­role: «250.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «500.000 euro».

 

4. Ai fini degli accertamenti finali di spesa sull'avvenuta realizzazione degli investimenti agevolati nell'ambito dei patti territoriali, contratti d'area e loro rimodulazioni o protocolli aggiuntivi, è data facoltà al Ministero dello sviluppo economico di usufruire dell'attività di professionisti esterni alla pubblica am­ministrazione entro il limite previsto del 20 per cento, reclutati con apposito av­viso pubblico che ne stabilisce i requisiti professionali minimi, con oneri a carico dell'impresa beneficiaria delle misure agevolate.

 

 

L’articolo 36 reca disposizioni in materia di rimodulazione degli investimenti relativi ad interventi ricompresi nei patti territoriali[217]e nei contratti d’area[218], nonché di accertamenti finali di spesa sulla realizzazione degli investimenti agevolati ricompresi nei suddetti strumenti di intervento.

 

In particolare, il comma 1riguarda le richieste di rimodulazione presentate dai patti territoriali ai sensi dell'articolo 2, comma 191, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), ai fini del riutilizzo delle risorse rese disponibili a seguito di revoche o rinunce delle agevolazioni, come disposto dall’articolo 8-bis del D.L. n. 81/2007.

 

L’articolo 8-bis, comma 6, lettera b), del D.L. n. 81 del 2007 (legge n. 127 del 2007) ha previsto la possibilità di utilizzo delle risorse già impegnate dal Ministero dello sviluppo economico in favore di iniziative imprenditoriali e di interventi infrastrutturali compresi nei patti territoriali e nei contratti d'area in essere alla data del 31 dicembre 2007,che risultino tuttavia disponibili a seguito di rinuncia delle imprese ovvero di provvedimenti di revoca e di rideterminazione delle agevolazioni.

Il comma 191, articolo 2, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) ha novellato il termine per la presentazione delle richieste di rimodulazione degli investimenti di cui al citato articolo 8-bis, fissando al 31 dicembre 2008 (in luogo dei 48 mesi dalla data di avvio dell'istruttoria originariamente previsto).

 

La norma in esame precisa che le richieste di rimodulazione devono riguardare iniziative comprese nel medesimo patto. Non è pertanto ammissibile lo spostamento di risorse di investimento da un patto territoriale ad un altro.

Sulla rimodulazione, la regione o provincia autonoma interessata esprime il parere entro 30 giorni dalla richiesta del Ministero dello sviluppo economico.

 

La norma fa riferimento alle richieste di rimodulazione presentate dai patti “entro il 31 dicembre 2008”, termine previsto dalla legge finanziaria per il 2008.

 

Si segnala, al riguardo, che tale termine viene peraltro modificato dal successivo comma 2 dell’articolo in esame.

Il comma 2, infatti, novellando ulteriormente l'articolo 8-bis, comma 6, lettera b), del D.L. n. 81 del 2007, differisce dal 31 dicembre 2008 al 31 dicembre 2009 il termine per la presentazione delle richieste di rimodulazione delle risorse relative sia ai patti territoriali che ai contratti d'area in essere alla data del 31 dicembre 2007.

 

In relazione a tale differimento, si segnala l’opportunità di eliminare il riferimento al termine del 31 dicembre 2008 nel comma 1, al fine di evitare che la disciplina introdotta dal comma medesimo possa riguardare esclusivamente i patti territoriali che hanno presentato richiesta di rimodulazione entro tale data – che, peraltro, qualora non conformi alle nuove prescrizioni recate dal comma 1 non potrebbero comunque essere adeguati alle disposizioni sopravvenute - e non anche quelli che ne faranno richiesta nel corso del 2009, a seguito del differimento del termine di presentazione delle richieste stesse, disposto dal comma 2.

 

Il comma 3 modifica il punto 3.3 della delibera CIPE 22 giugno 2000, n. 69, come successivamente sostituito dalla delibera 2 dicembre 2005, n. 171, relativamente alla disciplina in materia di accertamenti di spesa degli investimenti relativi a patti territoriali e contratti d'area, stabilendo che gli accertamenti da parte del Ministero dello sviluppo economico sono effettuati sulle iniziative imprenditoriali che comportano investimenti ammissibili di importo superiore o uguale a 500.000 euro, in luogo dell’importo 250.000 euro come previsto dal testo vigente della delibera CIPE.

 

La delibera richiamata, nel testo vigente, prevede che gli accertamenti finali di spesa sull'avvenuta realizzazione degli investimenti agevolati nell'ambito di patti territoriali, contratti d'area e loro rimodulazioni o protocolli aggiuntivi siano effettuati dal Ministero delle attività produttive (ora sviluppo economico) esclusivamente per le iniziative imprenditoriali che comportano un investimento ammissibile, sulla base del quale sono state concesse le agevolazioni in via provvisoria, di importo superiore o uguale a 250.000 euro.

In relazione alle iniziative imprenditoriali che presentano, invece, un investimento ammissibile di importo inferiore a 250.000 euro, il Ministero delle attività produttive, nell'esercizio delle proprie funzioni, dispone i controlli e le ispezioni, anche a campione, ai sensi del decreto del Ministro del tesoro del 31 luglio 2000, n. 320 e provvede a promuovere l'emissione del provvedimento definitivo di concessione sulla base delle risultanze della relazione istruttoria finale.

 

Va segnalato al riguardo che sulla materia è intervenuto, di recente, il D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (c.d. “decreto anticrisi”) che, all’articolo 18-bis, comma 3, dispone, in via generale, che gli accertamenti di spesa da parte delle commissioni ministeriali sono effettuati sulle iniziative dei patti territoriali e dei contratti d'area comportanti investimentiagevolabili ammessi in sede di concessione provvisoria di importo superiore a 1 milione di euro.

 

In merito alla formulazione della norma in esame si osserva che:

§       essa interviene recando una modifica testuale ad un atto di natura non primaria, costituito da una delibera CIPE;

§       alla luce dell’intervento normativo recato dal D.L. n. 185/2008, sembrerebbe che l’importo indicato nel punto 3.3 della delibera CIPE n. 69 del 22 giugno 2000 si debba intendere superato (in quanto stabilito in un atto non normativo) dal disposto dell’articolo 18-bis del D.L. n. 185/2008. La modifica introdotta dal comma in esame dovrebbe pertanto essere riferita all’importo indicato al citato articolo 18-bis, comma 3.

 

Per procedere agli accertamenti finali di spesa sull'avvenuta realizzazione degli investimenti agevolati nell'ambito dei patti territoriali, contratti d'area e loro rimodulazioni o protocolli aggiuntivi, il comma 4 prevede la possibilità per il Ministero dello sviluppo economico di usufruire dell'attività di professionisti esterni alla pubblica amministrazione entro il limite previsto del 20%, reclutati con apposito avviso pubblico che ne stabilisca i requisiti professionali minimi, con oneri a carico dell'impresa beneficiaria delle misure agevolate.

 


 

Articolo 37
(Istituzione dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ENEA)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 20
(Istituzione dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA)

Articolo 37
(Istituzione dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA)

 

 

1. È istituita, sotto la vigilanza del Mini­stro dello sviluppo economico, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).

1. Identico.

2. L'Agenzia nazionale per le nuove tec­nologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) è un ente di diritto pub­blico finalizzato alla ricerca e all'innova­zione tecnologica nonché alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell'energia, con particolare riguardo al settore nucleare, e dello sviluppo economico sostenibile.

2. Identico.

3. L'Agenzia nazionale per le nuove tec­nologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) opera in piena autono­mia per lo svolgimento delle funzioni istitu­zionali ad essa assegnate, secondo le di­sposizioni previste dal presente articolo e sulla base degli indirizzi definiti dal Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare e con il Ministro dell'istru­zione, dell'università e della ricerca. L'A­genzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sosteni­bile (ENEA) svolge le rispettive funzioni con le risorse finanziarie, strumentali e di per­sonale dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) di cui al de­creto legislativo 3 settembre 2003, n. 257, che, a decorrere dalla data di insediamento dei commissari di cui al comma 5 del pre­sente articolo, è soppresso.

3. Identico.

4. Con decreto del Ministro dello svi­luppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'am­biente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Commissioni parlamentari com­petenti, che si esprimono entro venti giorni dalla data di trasmissione, sono determinati, in coerenza con obiettivi di funzionalità, effi­cienza ed economicità, le specifiche fun­zioni, gli organi di amministrazione e di controllo, la sede, le modalità di costitu­zione e di funzionamento e le procedure per la definizione e l'attuazione dei programmi per l'assunzione e l'utilizzo del personale, nel rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto degli enti di ricerca e della normativa vigente, nonché per l'ero­gazione delle risorse dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo svi­luppo economico sostenibile (ENEA). In sede di adozione di tale decreto si tiene conto dei risparmi conseguenti alla raziona­lizzazione delle funzioni amministrative, an­che attraverso l'eliminazione delle duplica­zioni organizzative e funzionali, e al minor fabbisogno di risorse strumentali e logisti­che.

4. Con decreto del Ministro dello svi­luppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica ammini­strazione e l'innovazione, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Commis­sioni parlamentari competenti, che si espri­mono entro venti giorni dalla data di tra­smissione, sono determinati, in coerenza con obiettivi di funzionalità, efficienza ed economicità, le specifiche funzioni, gli or­gani di amministrazione e di controllo, la sede, le modalità di costituzione e di fun­zionamento e le procedure per la defini­zione e l'attuazione dei programmi per l'as­sunzione e l'utilizzo del personale, nel ri­spetto del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto degli enti di ricerca e della normativa vigente, nonché per l'ero­gazione delle risorse dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo svi­luppo economico sostenibile (ENEA). In sede di adozione di tale decreto si tiene conto dei risparmi conseguenti alla raziona­lizzazione delle funzioni amministrative, an­che attraverso l'eliminazione delle duplica­zioni organizzative e funzionali, e al minor fabbisogno di risorse strumentali e logisti­che.

5. Per garantire l'ordinaria amministra­zione e lo svolgimento delle attività istitu­zionali fino all'avvio del funzionamento del­l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sosteni­bile (ENEA), il Ministro dello sviluppo eco­nomico, con proprio decreto, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nomina un commissario e due subcommissari.

5. Identico.

6. Dall'attuazione del presente articolo, compresa l'attività dei commissari di cui al comma 5, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pub­blica.

6. Identico.

 

 

L'articolo 37 istituisce (comma 1), sotto la vigilanza del Ministro dello sviluppo economico, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca ed alla innovazione tecnologica nonché alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell'energia, con particolare riguardo al settore nucleare, e dello sviluppo economico sostenibile (comma 2).

L'Agenzia, che opera in piena autonomia per lo svolgimento delle funzioni istituzionali ad essa assegnate, secondo le disposizioni previste dall'articolo in esame e sulla base degli indirizzi definiti dal Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, svolge le rispettive funzioni con le risorse finanziarie strumentali e di personale dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) di cui al decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257[219], che è soppresso a decorrere dalla data di insediamento dei commissari previsti al successivo comma 5 (comma 3).

Ai sensi del comma 4, le specifiche funzioni, gli organi di amministrazione e controllo, la sede, le modalità di costituzione e di funzionamento, le procedure per la definizione e l'attuazione dei programmi per l'assunzione e l'utilizzo del personale, nel rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto degli enti di ricerca e della normativa vigente, nonché per l'erogazione delle risorse dell' Agenzia, sono determinate con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione[220], con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sentite le Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro venti giorni dalla data di trasmissione. In sede di adozione del decreto si tiene conto dei risparmi conseguenti alla razionalizzazione delle funzioni amministrative, anche attraverso l'eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, e al minor fabbisogno di risorse strumentali e logistiche.

Con il comma 5 è prevista la nomina di un commissario e due subcommissari, effettuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, al fine di garantire l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali fino all'avvio dell' Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA).

Infine il comma 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

 


 

Articolo 38
(Promozione dell’innovazione nel settore energetico)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 21
(Promozione dell'innovazione nel settore energetico)

Articolo 38
(Promozione dell'innovazione nel settore energetico)

 

 

1. Al fine di promuovere la ricerca e la sperimentazione nel settore energetico, con particolare riferimento allo sviluppo del nu­cleare di nuova generazione e delle tecno­logie per la cattura e il confinamento dell'a­nidride carbonica emessa dagli impianti termoelettrici, è stipulata un'apposita con­venzione tra l'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, il Ministero dello sviluppo economico e il Mi­nistero dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare, nella quale sono indivi­duate le risorse della stessa Agenzia dispo­nibili per la realizzazione del piano di cui al terzo periodo del presente comma, per cia­scun anno del triennio. La convenzione è approvata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Mini­stro dell'economia e delle finanze. Per i fini di cui al presente comma il CIPE, su propo­sta del Ministro dello sviluppo economico, provvede all'approvazione di un piano ope­rativo che, fermo restando quanto disposto al comma 2, definisce obiettivi specifici, priorità, modalità di utilizzo delle risorse e tipologia dei soggetti esecutori.

1. Al fine di promuovere la ricerca e la sperimentazione nel settore energetico, con particolare riferimento allo sviluppo del nu­cleare di nuova generazione e delle tecno­logie per la cattura e il confinamento dell'a­nidride carbonica emessa dagli impianti termoelettrici, nonché per lo sviluppo della generazione distribuita di energia e di nuove tecnologie per l'efficienza energetica, è stipulata un'apposita conven­zione tra l'Agenzia per l'attrazione degli in­vestimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, il Ministero dello sviluppo economico e il Mi­nistero dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare, nella quale sono indivi­duate le risorse della stessa Agenzia dispo­nibili per la realizzazione del piano di cui al terzo periodo del presente comma, per cia­scun anno del triennio. La convenzione è approvata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Mini­stro dell'economia e delle finanze. Per i fini di cui al presente comma il CIPE, su propo­sta del Ministro dello sviluppo economico, provvede all'approvazione di un piano ope­rativo che, fermo restando quanto disposto al comma 2, definisce obiettivi specifici, priorità, modalità di utilizzo delle risorse e tipologia dei soggetti esecutori.

2. Il piano di cui al comma 1 persegue in particolare le seguenti finalità:

2. Identico:

     a) realizzazione di progetti dimostra­tivi sulla cattura e sul confinamento dell'ani­dride carbonica emessa dagli impianti ter­moelettrici nonché, in via sperimentale, an­che per il sequestro dell'anidride carbonica nei giacimenti di idrocarburi in terraferma, a fine di coltivazione, con il concorso dei principali operatori nazionali industriali e della ricerca, con sostegno finanziario li­mitato alla copertura dei costi addizionali per lo sviluppo della parte innovativa a maggiore rischio del progetto, nel rispetto delle varie alternative tecnologiche pro­spettabili;

     a) realizzazione di progetti dimostra­tivi sulla cattura e sullo stoccaggio defini­tivo del biossido di carbonio emesso da­gli impianti termoelettrici nonché realizza­zione, anche in via sperimentale, dello stoccaggio definitivo del biossido di carbonio in formazioni geologiche pro­fonde e idonee, anche a fini di coltiva­zione, con sostegno finanziario limitato alla copertura dei costi addizionali per lo svi­luppo della parte innovativa a maggiore ri­schio del progetto;

     b) partecipazione attiva, con ricostru­zione della capacità di ricerca e di sviluppo di ausilio alla realizzazione sia di apparati dimostrativi sia di futuri reattori di potenza, ai programmi internazionali sul nucleare denominati «Generation IV International Fo­rum» (GIF), «Global Nuclear Energy Partnership» (GNEP), «International Project on Innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycles» (INPRO), «Accordo bilaterale Italia-USA di cooperazione energetica» e «Inter­national Thermonuclear Experimental Re­actor» (ITER), ad accordi bilaterali, interna­zionali di cooperazione energetica e nucle­are, nonché partecipazione attiva ai pro­grammi di ricerca, con particolare atten­zione a quelli comunitari, nel settore del trattamento e dello stoccaggio del combu­stibile esaurito, con specifica attenzione al­l'area della separazione e trasmutazione delle scorie;

     b) partecipazione attiva, con ricostru­zione della capacità di ricerca e di sviluppo di ausilio alla realizzazione sia di apparati dimostrativi sia di futuri reattori di potenza, ai programmi internazionali sul nucleare denominati «Generation IV International Fo­rum» (GIF), «Global Nuclear Energy Partnership» (GNEP), «International Project on Innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycles» (INPRO), «Accordo bilaterale Italia-USA di cooperazione energetica», «Inter­national Thermonuclear Experimental Re­actor» (ITER) e «Broader Approach», ad accordi bilaterali, internazionali di coopera­zione energetica e nucleare anche finaliz­zati alla realizzazione sia di apparati di­mostrativi sia di futuri reattori di po­tenza, nonché partecipazione attiva ai pro­grammi di ricerca, con particolare atten­zione a quelli comunitari, nel settore del trattamento e dello stoccaggio del combu­stibile esaurito, con specifica attenzione al­l'area della separazione e trasmutazione delle scorie;

 

     c) adozione di misure di sostegno e finanziamento per la promozione di in­terventi innovativi nel settore della gene­razione di energia di piccola taglia, in particolare da fonte rinnovabile, nonché in materia di risparmio ed efficienza energetica e microcogenerazione;

     c) partecipazione ai progetti per la promozione delle tecnologie «a basso con­tenuto di carbonio» secondo quanto previ­sto dall'Accordo di collaborazione Italia-USA sui cambiamenti climatici del luglio 2001 e dalla Dichiarazione congiunta sulla cooperazione per la protezione dell'am­biente tra l'Agenzia per la protezione del­l'ambiente degli Stati Uniti d'America e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

     d) identica.

3. Al fine di garantire la continuità delle iniziative intraprese nel settore della ricerca di sistema elettrico, il Ministro dello sviluppo economico attua le disposizioni in materia di ricerca e sviluppo di sistema previste dal­l'articolo 3, comma 11, del decreto legisla­tivo 16 marzo 1999, n. 79, e dal decreto del Ministro delle attività produttive 8 marzo 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16 marzo 2006, per il triennio 2009-2011 anche attraverso la stipula di specifici accordi di programma.

3. Identico.

 

4. Al fine di promuovere l'innovazione tecnologica, la sicurezza energetica e la riduzione di emissione di gas effetto serra, all'articolo 11, comma 14, del de­creto-legge 14 marzo 2005, n. 35, conver­tito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) il primo periodo è sostituito dal seguente: «Fermo restando quanto di­sposto dall'articolo 8, comma 1, del de­creto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 9 marzo 1994, la re­gione Sardegna assegna una conces­sione integrata per la gestione della mi­niera di carbone del Sulcis e la produ­zione di energia elettrica con la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta»;

 

     b) al terzo periodo, le parole: «en­tro un anno dalla data di entrata in vi­gore del presente decreto» sono sosti­tuite dalle seguenti: «entro il 31 dicem­bre 2010»;

 

     c) le lettere d) ed e) sono sostituite dalle seguenti:

 

     «d) definizione di un piano indu­striale quinquennale per lo sfruttamento della miniera e la realizzazione e l'eser­cizio della centrale di produzione dell'e­nergia elettrica;

 

     e) presentazione di un programma di attività per la cattura ed il sequestro dell'anidride carbonica emessa dall'im­pianto».

 

 

L’articolo 38, ai commi 1 e 2, prevede la predisposizione, da parte del CIPE, di un Piano operativo per la promozione della ricerca e dell’innovazione nel settore energetico, con particolare riferimento allo sviluppo del nucleare di nuova generazione e delle tecnologie per la cattura dell’anidride carbonica emessa dagli impianti termoelettrici, nonché per lo sviluppo della generazione distribuita di energia e di nuove tecnologie per l’efficienza energetica.

Più in particolare il comma 1 (modificato dal Senato) per la realizzazione degli interventi rinvia ad apposita convenzione tra l’Agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente, con la quale si provvederà anche ad individuare le risorse dell’Agenzia da destinare alla realizzazione del Piano operativo. Il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, approva appunto un Piano operativo per individuare obiettivi, priorità, modalità di utilizzo delle risorse, tipologia dei soggetti esecutori.

Il comma 2, modificato dal Senato, stabilisce, in particolare, che il Piano di cui al comma 1 debba prevedere:

a)  la realizzazione di progetti dimostrativi sulla cattura e sullo stoccaggio definitivo del biossido di carbonio emesso dagli impianti termoelettrici e realizzazione, anche in forma sperimentale, dello stoccaggio definitivo del biossido di carbonio in formazioni geologiche profonde idonee anche a fini di coltivazione. Il finanziamento pubblico viene limitato ai costi addizionali relativi alla parte innovativa e quindi a maggior rischio;

b)  la partecipazione a vari programmi internazionali sull’energia nucleare, ad accordi bilaterali internazionali di cooperazione energetica e nucleare, nonché partecipazione ai programmi di ricerca nel settore del trattamento e dello stoccaggio del combustibile esaurito (per l'illustrazione dei programmi internazionale sul nucleare menzionati nell'articolo, vedi infra);

c)  l’adozione di misure di sostegno per la promozione di interventi innovativi nel settore della generazione di energia di piccola taglia, in particolare da fonte rinnovabile, nonché in materia di risparmio ed efficienza energetica e microgenerazione[221];

d)  la partecipazione ai progetti di promozione di tecnologie a basso contenuto di carbonio secondo l’Accordo Italia-Usa sui cambiamenti climatici del 2001 e la Dichiarazione congiunta sulla cooperazione per la protezione dell’ambiente tra l’Agenzia Usa per la protezione dell’ambiente e il Ministero dell’ambiente.

Il programma di collaborazione Italia-USA sui cambiamenti climatici è stato avviato nel 2002, in attuazione della dichiarazione congiunta del 19 luglio 2001, che impegnava i due paesi a sviluppare programmi comuni di ricerca sui cambiamenti climatici e sulle tecnologie innovative a “basso contenuto di carbonio”. Il programma, articolato in sette linee di attività prevedeva, fra le altre, quella relativa al ciclo del carbonio, per la valutazione del ruolo degli oceani e delle foreste nei cambiamenti climatici e quella delle Tecnologie a basse emissioni di carbonio, fonti rinnovabili di nuova generazione, cattura e sequestro del carbonio.

 

Il comma 3, non modificato dal Senato, a garanzia della continuità delle iniziative già intraprese nel settore della ricerca di sistema elettrico, demanda al Ministro dello sviluppo economico l’attuazione delle disposizioni relative alla ricerca e sviluppo di sistema elettrico (previste dal D.Lgs. 79/1999 di liberalizzazione del settore elettrico e dal DM 8 marzo 2006), per il triennio 2009-2011 anche tramite la stipula di specifici accordi di programma.

 

Si ricorda che il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della direttiva n. 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, ed in particolare l'art. 3, comma 11, prevede che, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del predetto decreto legislativo, con uno o più decreti del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (oggi Ministro delle attività produttive), di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (oggi Ministro dell'economia e delle finanze), su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono individuati gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, ivi inclusi gli oneri concernenti le attività di ricerca.

Inoltre la deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas del 29 dicembre 1999, n. 204/1999, ha istituito la componente tariffaria A5 a copertura dei costi di finanziamento dell'attività di ricerca.

 

Il decreto del Ministro delle Attività produttive del 8 marzo 2006, "Nuove modalità di gestione del Fondo per il finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico nazionale e abrogazione del D.M. 28 febbraio 2003 del Ministro delle attività produttive" ha definito le modalità per la selezione ed il finanziamento dei progetti di ricerca da ammettere all'erogazione degli stanziamenti di cui all'art. 11, comma 1, del decreto 26 gennaio 2000, le modalità per il controllo dello stato di avanzamento e dei risultati delle attività e dei progetti di ricerca di sistema nonché i criteri per l'organizzazione strutturale della ricerca di sistema. Ha previsto in particolare un Piano triennale della ricerca di sistema, predisposto dal Comitato di esperti di ricerca per il settore elettrico (CERSE), di cui fa parte integrante il Piano operativo annuale relativo al primo anno del triennio. Il piano triennale previsto dal decreto ministeriale è stato approvato con D.M. 23 marzo 2006. Il decreto ministeriale prevede, coerentemente con il dettato legislativo, che l'affidamento delle attività di ricerca a totale beneficio degli utenti del sistema elettrico nazionale: i risultati dei progetti di ricerca sono liberamente utilizzabili, secondo criteri non discriminatori, da tutti i soggetti pubblici e privati. Riguardo agli accordi di programma, che l'articolo in esame menziona, occorre rammentare che essi sono previsti dal decreto ministeriale, ove si stabilisce che ilMinistero delle attività produttive, per l'attuazione dei progetti di ricerca di interesse generale contenuti nel Piano triennale può stipulare accordi di programma con validità anche triennale con soggetti pubblici o con organismi a prevalente partecipazione pubblica, aventi i requisiti tecnici e professionali e l'esperienza richiesta, sulla base di proposte di programmi di attività ritenuti coerenti con gli obiettivi del Piano. Si prevede inoltre che per ciascun accordo di programma l'istituzione presso la Direzione generale per l'energia e le risorse minerarie del Ministero delle attività produttive di un comitato di sorveglianza che effettua un'attività di vigilanza e controllo sulla realizzazione dell'accordo e sul raggiungimento degli obiettivi.

 

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.

Per quanto riguarda l’attività di attrazione degli investimenti, si segnala che l’articolo 43 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (c.d. manovra per il 2009-2011) provvede a ridisciplinare la materia, prevedendo l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico per la concessione di agevolazioni finanziarie a sostegno degli investimenti privati e per la realizzazione di interventi ad essi complementari e funzionali. La gestione degli interventi viene affidata, con modalità stabilite da apposita convenzione, all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. Tale strumento di intervento sostituirà i contratti di programma e i contratti di localizzazione per l’attrazione degli investimenti[222].

Si ricorda che, a partire dalla legge finanziaria 2005, sono stati previsti diversi strumenti di intervento per favorire l’attrazione di investimenti in Italia, assegnandone la competenza gestionale a Sviluppo Italia, poi trasformata in Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A Infatti la legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) all’articolo 1, comma 460, oltre a mutare la denominazione di Sviluppo Italia S.p.A. in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“, ha attribuito al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri, tra cui quello di definire con apposite direttive le priorità e gli obiettivi dell’Agenzia. In particolare la direttiva del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 marzo 2007 ha stabilito che l’azione dell’Agenzia dovrà essere diretta, con particolare riferimento al Mezzogiorno, a conseguire le seguenti priorità:

1)  favorire l’attrazione degli investimenti esteri di elevata qualità, in grado di dare un contributo allo sviluppo del sistema economico e produttivo nazionale;

2)  sviluppare l’innovazione e la competitività industriale e imprenditoriale nei sistemi produttivi e nei sistemi territoriali;

3)  promuovere la competitività e le potenzialità attrattive dei territori.

 

L’ENEA e i recenti sviluppi delle ricerche in materia di energia nucleare[223]

Il mantenimento della cultura e delle competenze nel settore nucleare è affidato all’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA), che promuove e svolge attività di ricerca nucleare di base e applicata, per le quali esplica il ruolo di advisor tecnico-scientifico per il Governo. Il decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257, recante il riordino della disciplina dell’ENEA, affida all'Ente il compito di preservare la cultura e le competenze nel settore del nucleare nel nostro Paese, conferendogli il “ruolo di responsabile del presidio scientifico e tecnologico in tema di energia nucleare”. L’ENEA è inoltre chiamato a svolgere attività di ricerca e sviluppo (R&S) in questo campo, a supporto della competitività del settore produttivo.

L’Ente detiene rilevanti competenze, conservate e sviluppate grazie alla partecipazione ai programmi del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sulla trasmutazione, ai progetti europei dei vari programmi quadro Euratom e agli organismi internazionali del settore (OECD Nuclear Energy Agency - NEA, International Atomic Energy Agency - IAEA, ecc.). Peculiare è la sua capacità di integrazione di sistema, in particolare per quanto riguarda la progettazione dell’isola nucleare, i cicli avanzati del combustibile e gli aspetti di sicurezza e radioprotezione. A ciò si aggiunge l’esistenza di importanti infrastrutture sperimentali, presso i Centri ricerche ENEA della Casaccia e del Brasimone, in cui è possibile effettuare prove di qualifica di componenti e sviluppo dei materiali per reattori.

Le iniziative internazionali più rilevanti in cui si sviluppa l’attività dell’ENEA, e che prevedono, a medio-lungo termine, realizzazioni di sistemi nucleari avanzati sono:

-        GNEP (Global Nuclear Energy Initiative), lanciata dal Governo statunitense nel 2006;

-        Generation IV, lanciata dal U.S.Department of Energy (DOE) nel 2000;

-        INPRO (International Project on Innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycles) promosso nel 2000 dall’International Atomic Energy Agency (IAEA);

-        Sustainable Nuclear Energy Technology Platform europea lanciata dalla Commissione Europea il 21 settembre 2007.

In particolare, i grandi temi di R&S su cui l’ENEA, assieme alle sue partecipate, sarà maggiormente impegnato nel prossimo triennio sono:

-        nell’ambito GNEP, lo sviluppo del reattore PWR IRIS, con 22 partners di 10 paesi, sette dei quali italiani, sotto la responsabilità della Westinghouse. Il reattore IRIS è di Generation III+, cioè appartiene a quella classe di reattori meno rivoluzionari della Generation IV, ma di tecnologia più certa e realizzabile (2012-2015);

-        nell’ambito Generation IV:

-        il reattore veloce raffreddato a piombo (LFR) che, se risultasse vincente come tecnologia (aspetti di compatibilità piombo fuso-acciaio) porterebbe a reattori veloci semplici, sicuri ed economicamente più competitivi di quelli raffreddati a sodio rendendo l’uranio una risorsa praticamente inesauribile;

-        il reattore veloce raffreddato a sodio (SFR), in collaborazione, nell’ambito del VI Programma Quadro europeo, con l’Università di Roma “La Sapienza”, la controllata CESI Ricerca e il CEA francese;

-        il Technology Survey sui reattori a gas ad alta temperatura (VHTR – Very High Temperature Reactor) per il quale è attiva la partecipazione in ambito europeo;

-        nell’ambito degli studi riguardanti la non proliferazione e i cicli avanzati del combustibile mediante Partitioning&Transmutation in reattori critici e sottocritici (ADS–Accelerator Driven System), l’eliminazione dei rifiuti radioattivi ad alta attività e lunga vita.

 

Nucleare da fissione

Nonostante il ridimensionamento di risorse umane e strumentali conseguente al referendum del 1987, l’Italia possiede ancora rilevanti competenze specifiche sul nucleare da fissione[224] e infrastrutture di ricerca di livello internazionale, conservate e sviluppate in questi anni da ENEA con il concorso e in collaborazione con gli altri soggetti nazionali attivi nel settore, che hanno permesso di ricostituire e mantenere un sistema nazionale qualificato, agevolmente inserito in attività di ricerca e sviluppo sia a livello comunitario, sia ad un più ampio livello internazionale.

Competenze ed infrastrutture per la ricerca nucleare da fissione sono concentrate presso i Centri ENEA di Bologna, del Brasimone, della Casaccia (dove si trovano due dei quattro reattori di ricerca italiani ancora in funzione) e di Saluggia, le partecipate SIET, CESI Ricerca e NUCLECO e presso le Università che fanno capo al Consorzio CIRTEN[225].

ENEA è impegnato in numerose attività di ricerca e sviluppo (R&S) e di sistema sul nucleare a fissione per contribuire a ricreare le competenze e le capacità in questo settore e consentire all’Italia di partecipare a pieno titolo alle grandi iniziative di R&S internazionali ed europee attualmente in atto.

A livello nazionale, nell’ambito dell’Accordo di programma con il Ministero dello sviluppo economico[226], cui fornisce supporto per il coordinamento della partecipazione nazionale a progetti e accordi internazionali nel campo del nuovo nucleare da fissione, ENEA sta effettuando rilevanti attività teoriche e sperimentali per lo sviluppo degli impianti di ultima generazione (GEN III+, GEN IV), che soddisfano i criteri di sostenibilità, economicità, sicurezza e resistenza alla proliferazione.

A livello europeo e internazionale l’ente presidia e sviluppa, attraverso la partecipazione alle grandi iniziative europee e internazionali in corso[227] e mediante accordi bilaterali con organismi governativi di ricerca come il DOE americano e il CEAfrancese, importanti attività di R&S sui reattori avanzati e innovativi, nonché sui cicli del combustibile avanzati, che permettono un migliore sfruttamento delle risorse naturali e la minimizzazione dei rifiuti radioattivi ad alta attività e a lunga vita.

 

Nucleare da fusione

La fusione termonucleare[228] è attualmente considerata una delle opzioni utili, in presenza di una crescente richiesta globale di energia e di sicurezza nell’approvvigionamento, in grado di rendere disponibile una fonte di energia sostenibile, di larga scala, sicura e praticamente inesauribile. Sebbene i progressi compiuti dalla ricerca negli ultimi anni siano notevoli, per poter realizzare una centrale a fusione commerciale, che consentirebbe un approvvigionamento quasi illimitato di energia pulita, sono necessari ulteriori sviluppi di fisica, tecnologia e ingegneria.

L'Italia è fortemente impegnata nelle ricerche sulla fusione a livello europeo e internazionale sia nel campo della fisica, che nel in quello della tecnologia. Le attività vengono svolte dall' Associazione ENEA-EURATOM che, oltre all' EURATOM e alla UTS Fusione dell' ENEA, comprende:

-        l'Istituto di fisica del plasma del Centro nazionale delle ricerche (CNR) di Milano;

-        il Consorzio RFX (CNR-Padova), dove è attiva la macchina di tipo Reversed Field Pinch RFX;

-        istituti universitari quali il Politecnico di Torino, l'Università di Catania DIEES, l'Universita' di Roma Tor Vergata e il Consorzio universitario CREATE (Consorzio di ricerca per l’energia e le applicazioni tecnologiche dell’elettromagnetismo).

 

Il comma 4, introdotto dal Senato, reca modifiche all’articolo 11, comma 14, del D.L. 35/2005[229], al fine di promuovere l’innovazione tecnologica, la sicurezza energetica e la riduzione di emissione di gas effetto serra.

 

Allo scopo di ridurre i costi di fornitura dell'energia elettrica alle imprese e in generale ai clienti finali sfruttando risorse del bacino carbonifero del Sulcis, il menzionato comma 14 prevede che la Regione Sardegna, in coerenza con gli indirizzi e le priorità del sistema energetico regionale assegni, nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale ed ai sensi del D.P.R. 28 gennaio 1994 (cfr. infra), una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica.

Il secondo periodo del comma precisa che al concessionario è assicurato l’acquisto da parte del Gestore della rete di trasmissione nazionale s.p.a. dell’energia elettrica prodotta ai prezzi e secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994.

Ai sensi del terzo periodo del comma, la regione Sardegna, che assicurerà anche la disponibilità delle aree e delle infrastrutture necessarie, assegnerà la concessione mediante procedure di gara entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto.

Il quarto periodo del comma in esame assegna al Comitato di coordinamento, istituito ai sensi dell’articolo 2 del citato DPR 28 gennaio 1994, funzioni di vigilanza e monitoraggio, fino all’entrata in esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica oggetto della concessione.

In base al comma in esame, gli elementi da prendere in considerazione per la valutazione delle offerte ai fini dell'assegnazione della concessione, “previo esame dell’adeguatezza della struttura economica e finanziaria del progetto” sono:

a)       la massimizzazione del rendimento energetico complessivo degli impianti;

b)       la minimizzazione delle emissioni con utilizzo di tecnologia idonea al contenimento delle polveri e degli inquinanti gassosi, in forma di gassificazione, ciclo supercritico o altro equivalente;

c)       il contenimento dei tempi di esecuzione del progetto;

d)       la presentazione di un piano industriale per lo sfruttamento della miniera e la realizzazione e l'esercizio della centrale di produzione di energia elettrica, che preveda ricadute atte a promuovere lo sviluppo economico dell'area del Sulcis Iglesiente, avvalendosi della disponibilità di energia elettrica a costo ridotto per le imprese localizzate nell'Isola;

e)       la definizione e promozione di un programma di attività finalizzato alle tecnologie di impiego del carbone ad emissione zero,ai sensi della legge 27 giugno 1985, n. 351(Norme per la riattivazione del bacino carbonifero del Sulcis).

 

In particolare, all'articolo 11, comma 14, del D.L. 35/2005:

a)   viene sostituito il primo periodo, prevedendo che, fermo restando quanto disposto dall’art. 8, comma 1, del D.P.R. 28 gennaio 1994, la regione Sardegna assegna una gestione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica con la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta;

L’art. 8 comma 1, del DPR 28 gennaio 1994, dispone che il prezzo di cessione dell'energia elettrica prodotta dal concessionario con carbone Sulcis mediante gassificazione, riportato nell'allegato B al DPR, è regolato, ad eccezione di quanto diversamente previsto dallo stesso DPR., dalle disposizioni del provvedimento CIP n. 6 del 29 aprile 1992. Al riguardo si ricorda che, fino all’entrata in vigore del c.d. “decreto Bersani” di liberalizzazione del sistema elettrico (decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999), che ha definito un nuovo meccanismo di incentivazione in attuazione della direttiva 96/92/CE, la politica di supporto alle energie rinnovabili si è basata su un sistema di incentivazione tariffaria meglio noto come “CIP6” (delibera del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992), consistente in un incentivo diretto ai produttori di energie rinnovabili e assimilate che, avvalendosi di una apposita convenzione , cedevano all’ENEL (ai sensi dell’art. 22, comma 3, della legge 9 gennaio 1991 n. 9) l’energia prodotta in eccedenza ad un prezzo fisso superiore a quello di mercato. L’ENEL da parte sua recuperava la differenza di prezzo attraverso un’apposita voce di costo nella bolletta degli utenti[230].

b)   il termine di cui al terzo periodo è fissato al 31 dicembre 2010. Si tratta del termine entro cui la regione Sardegna procede ad assegnare la concessione mediante procedure di gara (ciò sarebbe dovuto avvenireentro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto);

c)   si provvede a sostituire le lettere d) e e), prevedendo quindi la predisposizione di un piano industriale quinquennale per lo sfruttamento della miniera e la realizzazione e l'esercizio della centrale di produzione di energia elettrica (lett. d) e la presentazione di un programma di attività per la cattura ed il sequestro dell’anidride carbonica emessa dall’impianto (lett. e).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 inserisce tra le iniziative prioritarie la pubblicazione di una comunicazione sul finanziamento delle tecnologie a basso tenore di carbonio, intesa a valutare la questione del fabbisogno di risorse e delle relative fonti, esaminando tutte le vie possibili per: ottenere finanziamenti privati, compreso il private equity e il venture capital; migliorare il coordinamento fra le fonti di finanziamento; raccogliere ulteriori finanziamenti.

In particolare, la Commissione intenderà valutare l’opportunità di istituire un nuovo meccanismo per la dimostrazione su scala industriale e la prima applicazione commerciale di tecnologie avanzate a basso tenore di carbonio. La comunicazione, inoltre, valuterà i costi e i benefici degli incentivi fiscali per l’innovazione.

Il Consiglio europeo di dicembre 2008, nelle sue conclusioni, sostiene nell’ambito del Piano europeo per il rilancio dell’economia l'aumento degli interventi della Banca europea per gli investimenti, per un importo dell'ordine di 30 miliardi di EUR nel 2009/2010, a favore, tra l’altro, della creazione del Fondo europeo 2020 per l'energia, i cambiamenti climatici e le infrastrutture ("Fondo Margherita"), in partenariato con investitori istituzionali nazionali.

Il Fondo europeo Marguerite (“2020 European Fund for Energy, Climate Change and Infrastructure”) èun fondo equity destinato a finanziare le reti TEN-E, inclusi elettricità, gas, GNL (gas naturale liquefatto), petrolio, trasmissione, interconnessione, capacità di stoccaggio, produzione di energia rinnovabile. L’area di investimento geografico è quella dell’Europa a 27. Il Fondo Marguerite è promosso dalla Banca Europea degli Investimenti (Bei) insieme a varie banche di sviluppo nazionali tra le quali la Cassa Depositi e prestiti (CDP) italiana. Questo fondo sosterrà gli investimenti strategici europei con risorse esterne ai bilanci pubblici dei singoli Stati, e investirà a fianco dei fondi privati con orizzonti di lungo periodo (fino a 30 anni) e con ritorni non speculativi. Nei prossimi 3-5 anni dovrebbe essere in grado di mobilitare investimenti nell’ordine dei 30-50 miliardi di euro.


 

Articolo 39
(Valorizzazione ambientale degli immobili militari e penitenziari)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 22
(Valorizzazione ambientale degli immobili militari)

Articolo 39
(Valorizzazione ambientale degli immobili militari e penitenziari)

 

 

1. Il Ministero della difesa, nel rispetto del codice dei beni culturali e del paesag­gio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, allo scopo di soddisfare le pro­prie esigenze energetiche, nonché per con­seguire significative misure di contenimento degli oneri connessi e delle spese per la gestione delle aree interessate, può, fatti salvi i diritti dei terzi, affidare in concessione o in locazione, o utilizzare direttamente, in tutto o in parte, i siti militari, le infrastrutture e i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso o in dotazione alle Forze ar­mate, compresa l'Arma dei carabinieri, con la finalità di installare impianti energetici de­stinati al miglioramento del quadro di ap­provvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del si­stema, nonché della flessibilità e della di­versificazione dell'offerta, nel quadro degli obiettivi comunitari in materia di energia e ambiente. Resta ferma l'appartenenza al demanio dello Stato.

1. Identico.

 

2. Il Ministero della giustizia, nel ri­spetto del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, allo scopo di soddisfare le proprie esigenze energeti­che, nonché per conseguire significative misure di contenimento degli oneri con­nessi e delle spese per la gestione delle aree interessate, può, fatti salvi i diritti dei terzi, utilizzare direttamente gli isti­tuti penitenziari con le medesime finalità di cui al comma 1.

2. Non possono essere utilizzati ai fini del comma 1 i beni immobili di cui all'arti­colo 27, comma 13-ter, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni.

3. Identico.

3. Ai fini di cui al comma 1, il Ministero della difesa, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle infrastrut­ture e dei trasporti, sentita la regione inte­ressata, nel rispetto dei princìpi e con le modalità previsti dal codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, anche con particolare riferimento all'articolo 17 del medesimo codice, e suc­cessive modificazioni, può stipulare accordi con imprese a partecipazione pubblica o private. All'accordo devono essere allegati un progetto preliminare e uno studio di im­patto ambientale che attesti la conformità del progetto medesimo alla normativa vi­gente in materia di ambiente.

4. Identico.

4. Il proponente, contemporaneamente alla presentazione del progetto preliminare al Ministero della difesa e al Ministero dello sviluppo economico, presenta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ovvero alla regione territorial­mente competente, istanza per la valuta­zione di impatto ambientale, ovvero per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, se previste dalla nor­mativa vigente.

5. Identico.

5. Il Ministero della difesa, quale ammi­nistrazione procedente, convoca una confe­renza di servizi per l'acquisizione delle in­tese, dei concerti, dei nulla osta o degli as­sensi comunque denominati delle altre amministrazioni, che svolge i propri lavori secondo le modalità di cui agli articoli da 14 a 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, anche con riferimento alle disposizioni concernenti il raccordo con le procedure di valutazione di impatto ambientale.

6. Il Ministero della difesa, quale ammi­nistrazione procedente, convoca una confe­renza di servizi per l'acquisizione delle in­tese, dei concerti, dei nulla osta o degli as­sensi comunque denominati delle altre amministrazioni, che svolge i propri lavori secondo le modalità di cui agli articoli da 14 a 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, anche con riferimento alle disposizioni concernenti il raccordo con le procedure di valutazione di impatto ambientale. Restano ferme le competenze del Ministero delle infra­strutture e dei trasporti in merito all'ac­certamento della conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi. Il parere del Consiglio superiore dei lavori pub­blici, qualora previsto, è reso in base alla normativa vigente.

6. La determinazione finale della confe­renza di servizi di cui al comma 5 costitui­sce provvedimento unico di autorizzazione, concessione, atto amministrativo, parere o atto di assenso comunque denominato.

7. La determinazione finale della confe­renza di servizi di cui al comma 6 costitui­sce provvedimento unico di autorizzazione, concessione, atto amministrativo, parere o atto di assenso comunque denominato.

 

 

L’articolo 39, comma 1, prevede la possibilità per il Ministero della Difesa di utilizzare le infrastrutture militari ed i beni demaniali militari o in uso alle Forze armate, compresa l’Arma dei Carabinieri, per l’istallazione di impianti energetici.

La ratio della disposizione in esame consiste nella soddisfazione di esigenze energetiche proprie della Difesa e nel contenimento degli oneri e delle spese di gestione delle infrastrutture militari.

Le modalità attraverso le quali la Difesa esercita tale possibilità sono la concessione, la locazione ovvero l’utilizzo diretto dei beni in questione per installarvi impianti energetici volti a contribuire al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico di energia e alla diversificazione dell’offerta energetica, nel quadro degli obiettivi comunitari in materia di energia e ambiente.

Tali attività devono avvenire nel rispetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio[231] e, per i beni demaniali, ferma l’appartenenza al demanio dello Stato.

 

Si ricorda che i beni della Difesa riconosciuti di interesse storico-artistico sono soggetti a tutela da parte del suddetto Codice che, nella parte II (Beni Culturali), Titolo I (Tutela), Capo III (Protezione e conservazione), stabilisce specifiche misure di protezione, definendo in particolare gli interventi vietati (art. 20) o soggetti ad autorizzazione, da parte del Ministero dei beni culturali e ambientali, su tali beni e le relative procedure (artt. 21-28).

 

Il comma 2, introdotto dal Senato, attribuisce al Ministero della giustizia la facoltà di utilizzare direttamente gli istituti penitenziari per le medesime finalità di cui al comma 1 (soddisfazione delle proprie esigenze energetiche e contenimento degli oneri e delle spese di gestione delle aree interessate) e, anche in questo caso, nel rispetto del cd. codice Urbani. Rispetto al comma 1, non viene naturalmente prevista la possibilità di affidare in concessione o in locazione tali aree.

 

Il comma 3 esclude che possano essere utilizzati ai fini del comma 1 i beni immobili della Difesa non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia del demanio, di cui al comma 13-ter dell’articolo 27 del decreto legge n. 269 del 2003[232].

 

Si ricorda che il suddetto comma 13-ter ha attribuito al Ministero della difesa, di concerto con l’Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, l'individuazione dei propri beni immobili non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima.

Più dettagliatamente, la disposizione del comma 13-ter, recentementenovellata dal DL n. 112 del 2008[233], prevede che, nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis del medesimo articolo, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l’Agenzia del demanio del Ministero dell’economia e delle finanze, provveda ad individuare:

-        entro il 28 febbraio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da dismettere e consegnare all'Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2007;

-        entro il 31 luglio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2007.

Inoltre prevede che il Ministero della difesa, sentita l'Agenzia del demanio, adotti, entro il 31 luglio 2008, un Programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione ed ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso, allo scopo di favorirne la riallocazione in aree maggiormente funzionali e che individui, entro il 31 dicembre 2008, immobili non più utilizzati per finalità istituzionali, da consegnare all'Agenzia del demanio una volta completate le procedure di riallocazione concernenti i programmi di cui ai commi 13-ter e 13-ter1.

Il programma di cui al comma 13-ter già richiamato consiste in un Programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione ed ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso, allo scopo di favorirne la riallocazione in aree maggiormente funzionali. Inoltre, come precisato nel comma 13-ter-1, tale programmaindividua, oltre agli immobili non più utilizzati, anche quelli parzialmente utilizzati e quelli in uso all’Amministrazione della difesa nei quali sono tuttora presenti funzioni altrove ricollocabili. Infine tale programma definisce le nuove localizzazioni delle funzioni, quantifica il costo e stabilisce le modalità temporali per costruzioni ex novo, ammodernamenti, razionalizzazioni degli immobili.

 

Si ricorda inoltre, per completezza, che il comma 13-ter2, novellato dal ricordato decreto-legge n. 112 del 2008, definisce le modalità per la riallocazione delle funzioni presso idonee strutture sostitutive ed istituisce nello stato di previsione del Ministero della Difesa un fondo in conto capitale e un fondo di parte corrente destinati al finanziamento della riallocazione del citato patrimonio infrastrutturale, nonché alle esigenze di funzionamento, ammodernamento e manutenzione dei mezzi delle Forze armate, inclusa l'Arma dei carabinieri.

 

I commi da 4 a 7 disciplinano le procedure contrattuali per affidare in concessione o in locazione i siti militari, le infrastrutture e i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso o in dotazione alle Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, per le finalità indicate al comma 1.

 

Il comma 4 dispone che per l'utilizzo dei siti militari possono essere stipulati accordi con imprese a partecipazione pubblica o private.

L'accordo in questione equivale ad un contratto ad evidenza pubblica.

Per la conclusione dell'accordo il comma in esame prevede che:

§      Il Ministero della difesa;

§      di concerto con il Ministero dello sviluppo economico;

§      con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

§      con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

§      sentita la regione interessata;

§      nel rispetto dei princìpi e con le modalità previsti dal codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 163/2006[234]);

§      anche con particolare riferimento all’articolo 17 del medesimo codice;

§      può stipulare accordi con imprese a partecipazione pubblica o private;

§      all’accordo devono essere allegati un progetto preliminare e uno studio di impatto ambientale che attesti la conformità del progetto medesimo alla normativa vigente in materia di ambiente.

 

L'articolo 17 del codice dei contratti pubblici dispone che le opere, i servizi e le forniture destinati ad attività della Banca d’Italia, delle forze armate o dei corpi di polizia per la difesa della Nazione o per i compiti di istituto nonché dell'amministrazione della giustizia, o ad attività degli enti aggiudicatori nei settori dei servizi pubblici, nei casi in cui sono richieste misure speciali di sicurezza o di segretezza in conformità a disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti o quando lo esiga la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato, possono essere eseguiti in deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, nel rispetto delle previsioni del medesimo articolo 17.

Le amministrazioni e gli enti usuari dichiarano con provvedimento motivato, le opere, servizi e forniture da considerarsi «segreti» oppure «eseguibili con speciali misure di sicurezza».

Il comma 5 dispone che il proponente l'accordo, contemporaneamente alla presentazione del progetto preliminare al Ministero della difesa e al Ministero dello sviluppo economico, presenti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ovvero alla regione territorialmente competente, istanza per la valutazione di impatto ambientale, ovvero per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, se previste dalla normativa vigente.

Il comma 6, modificato dal Senato,disciplina la conferenza di servizi per l’acquisizione delle intese, dei concerti, dei nulla osta o degli assensi comunque denominati.

Il Ministero della difesa, quale amministrazione procedente, convoca la conferenza, che svolge i propri lavori secondo le modalità di cui agli articoli da 14 a 14-quater della legge 241/1990[235], anche con riferimento alle disposizioni concernenti il raccordo con le procedure di valutazione di impatto ambientale.

Il medesimo articolo 6 mantiene ferme le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito all'accertamento della conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi. Viene altresì previsto che il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, qualora previsto, sia reso in base alla normativa vigente.

 

Il citato articolo 14 della legge n. 241/1990 prevede che qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

L'articolo 14-bis della legge n. 241/1990 disciplina la conferenza di servizi preliminare che può essere convocata per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell'interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.

L'articolo 14-ter della legge n. 241/1990 disciplina i lavori della conferenza di servizi, la cui prima riunione è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.

La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti.

All'esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine prefissato, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.

 

Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.

Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.

L'articolo 14-quater della legge n. 241/1990 disciplina il dissenso espresso nella conferenza di servizi.

Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.

 

Il comma 7 integra il precedente comma 6, in tema di conferenza di servizi, specificando che la determinazione finale costituisce provvedimento unico di autorizzazione, concessione, atto amministrativo, parere o atto di assenso comunque denominato.

 

Si rileva che la disposizione in esame non sembra contenere novità rispetto a quanto previsto in via generale dalla legge 241/1990 (articoli 14-14-quater) prima illustrati.


 

Articolo 40
(Elettrodotti aerei)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 23
(Elettrodotti aerei)

Articolo 40
(Elettrodotti aerei)

1. Alla lettera z) dell'allegato III alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo la parola: «elettrodotti» è inserita la seguente: «aerei».

Identico.

 

 

L'articolo 40 integra l'allegato III, lettera z) della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice ambientale), introducendovi gli elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km.

In particolare, l'allegato III reca l'elenco dei progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano ai quali si applicano le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) di cui alla Parte II del citato decreto legislativo n. 152.

Alla lettera z), nel testo modificato, si fa riferimento agli elettrodotti aerei (e non più a tutti gli elettrodotti, come nel testo vigente) per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore 100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km.

 

Si ricorda, che l’allegato III della parte seconda del Codice ambientale reca i progetti di competenza regionale sottoposti alle procedure di VIA o di VAS. Tale parte seconda è stata totalmente riscritta con il decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4.

In particolare, sotto il profilo delle competenze, con riferimento alla VAS, è stato confermato il criterio previsto dal Codice ambientale, secondo cui la ripartizione delle competenze ha luogo in ragione della titolarità ad approvare i piani e programmi da valutare. Con riferimento alla VIA, è stato, invece, ripristinato il criterio previgente, reintroducendo una chiara suddivisione tra Stato e Regioni in materia di VIA, che attribuiva allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto e alle regioni la competenza su un elenco di opere di minore impatto, cd. criterio “tabellare”. Conseguentemente nell’allegato II vengono indicati i progetti di competenza statale, nell’allegato III quelli sottoposti a VIA regionale e nell’allegato IV i progetti di competenza regionale per i quali è prevista una previa verifica di assoggettabilità.

 


 

Articolo 41
(Tutela giurisdizionale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 24
(Tutela giurisdizionale)

Articolo 41
(Tutela giurisdizionale)

 

 

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e attri­buite alla competenza del tribunale ammini­strativo regionale del Lazio, con sede in Roma, tutte le controversie, anche in rela­zione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie, comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell'am­ministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti il settore del­l'energia.

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e attri­buite alla competenza del tribunale ammini­strativo regionale del Lazio, con sede in Roma, tutte le controversie, anche in rela­zione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie, comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell'am­ministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti la produ­zione di energia elettrica da fonte nucle­are, i rigassificatori, i gasdotti di impor­tazione, le centrali termoelettriche di po­tenza termica superiore a 400 MW non­ché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricompren­dere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti.

 

2. Per le controversie di cui al pre­sente articolo trovano applicazione le disposizioni processuali di cui all'arti­colo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

2. Le questioni di cui al comma 1 sono rilevate d'ufficio.

3. Identico.

3. Sono fatte salve le disposizioni in materia di competenza territoriale di cui al comma 25 dell'articolo 2 della legge 14 no­vembre 1995, n. 481.

4. Identico.

4. Le norme del presente articolo si ap­plicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e l'efficacia delle misure cautelari emanate da un'autorità giudiziaria diversa da quella di cui al comma 1 è sospesa fino alla loro conferma, modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata può riproporre il ricorso e l'istanza caute­lare.

5. Le norme del presente articolo si ap­plicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e l'efficacia delle misure cautelari emanate da un'autorità giudiziaria diversa da quella di cui al comma 1 permane fino alla loro mo­difica o revoca da parte del tribunale ammi­nistrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, dinanzi al quale la parte interessata ha l'onere di riassumere il ricorso e l'i­stanza cautelare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge.

 

6. Nelle ipotesi di riassunzione del ri­corso di cui al comma 5, non è dovuto il contributo unificato di cui all'articolo 9 del testo unico delle disposizioni legisla­tive e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presi­dente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni.

5. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pub­blica. Agli adempimenti previsti dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

7. Identico.

 

 

L'articolo 41, modificato presso l’altro ramo del Parlamento,devolve allagiurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza del TAR del Lazio, sede di Roma, le controversie (comprese quelle di natura cautelare e risarcitoria) concernenti le procedure e i provvedimenti della pubblica amministrazione e dei soggetti alla medesima equiparati in materia di infrastrutture energetiche.

 

Le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del TAR Lazio sono individuate dal comma 1 in quelle relative:

§      alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare;

§      ai rigassificatori;

§      ai gasdotti di importazione;

§      alle centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW;

§      alle infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti.

 

Per quanto concerne il settore dell’energia, l’art. 1, comma 552, della legge 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica di cui al decreto-legge 7/2002 ("Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale") convertito, con modificazioni, dalla legge 55/2002 e le relative questioni risarcitorie.

La norma citata ha superato il vaglio di legittimità costituzionale (C. Cost. 27 aprile 2007, n. 140)[236]; la Corte ha affermato che essa “è conforme all’orientamento espresso nelle sentenze n. 204 del 2004 e, soprattutto, n. 191 del 2006 di questa Corte”. Secondo tali pronunce, l’art. 103 Cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe "anche" diritti soggettivi. Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle quali la pubblica amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere. La richiamata giurisprudenza della Corte esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006).

Nella fattispecie disciplinata dal comma 552 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 la Corte costituzionale ha ritenuto sufficienti i presupposti che legittimano il riconoscimento di una giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo in quanto l’oggetto delle controversie è rigorosamente circoscritto alle particolari "procedure e provvedimenti", tipizzati dalla legge (decreto-legge n. 7 del 2002), e concernenti una materia specifica (gli impianti di generazione di energia elettrica).

Inoltre, la Consulta ha affermato che alla validità costituzionale del "sistema" in esame non è di ostacolo la natura "fondamentale" dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie de quibus, non essendovi alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario - escludendone il giudice amministrativo - la tutela dei diritti costituzionalmente protetti.

Da ultimo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 18 dicembre 2007 n. 27187, sono intervenute sulla questione dei diritti fondamentali e - riprendendo quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza 140/2007 - hanno precisato che, in materia di giurisdizione esclusiva, la tutela giurisdizionale spetta al giudice amministrativo anche quando l’atto amministrativo o il comportamento esecutivo di un atto amministrativo incide sui diritti fondamentali.

Va, per completezza, segnalato che una norma analoga, di attribuzione della giurisdizione esclusiva, è stata introdotta dall’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008 n. 90 “Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile”, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123. Tale disposizione ha attribuito al TAR del Lazio, con sede in Roma, la competenza (in primo grado) su tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, anche posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati[237].

 

Il comma 2, introdotto dal Senato, specifica che alle suddette controversie si applica il rito speciale e accelerato delineato dall’art. 23-bis della legge n. 1034 del 1971, istitutiva dei TAR.

 

L’art. 23-bis (inserito dalla legge n. 205 del 2000, di riforma della giustizia amministrativa) delinea un rito speciale, accelerato (netta riduzione dei termini processuali ordinari, generalmente dimezzati), applicabile solo a particolari tipi di controversie, relative a settori che, per la delicatezza delle materie considerate e la complessità dei contrapposti interessi giuridici coinvolti, necessitano di una drastica riduzione dei tempi del processo e di una significativa semplificazione dello svolgimento di determinate fasi. Si tratta del settore delle opere pubbliche (procedure di affidamento di incarichi di progettazione e attività tecnico-amministrative ad esse connesse; procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche e di servizi pubblici e forniture), dei provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti, delle procedure di privatizzazione di imprese o beni pubblici, dei provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri, nonché dei provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi. Il rito presenta elementi di specialità sia per quanto riguarda la tutela cautelare che la pubblicazione della sentenza, oltre che l’impugnazione della decisione (l’appello avverso la sentenza del TAR deve essere presentato entro 30 giorni dalla notificazione e 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza). Le medesime disposizioni speciali si applicano anche davanti al Consiglio di Stato, in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata.

Si segnala che l’articolo 53, comma 2, del provvedimento in esame (su cui infra), attraverso una novella all’articolo 23-bis, estende l’applicazione del rito speciale a un’ulteriore categoria di controversie (in materia di organi delle camere di commercio).

 

Il comma 3 prevede la rilevabilità d’ufficio delle questioni di giurisdizione e competenza di cui al comma 1.

 

Il comma 4 fa salve le disposizioni in materia di competenza territoriale di cui all'art. 2, comma 25, della legge 14 novembre 1995, n. 481[238], istitutiva delle Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità, competenti, rispettivamente, per l'energia elettrica e il gas e per le telecomunicazioni.

 

Tale disposizione prevede che i ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti delle Autorità suddette rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e sono proposti innanzi al tribunale amministrativo regionale ove ha sede l'Autorità (rispettivamente, Milano e Roma).

 

Il comma 5 definisce la disciplina transitoria, precisando che le norme sulla devoluzione di competenza al TAR del Lazio si applicano anche ai processi in corso. Particolare disciplina è inoltre dettata per le misure cautelari adottate da un’autorità giudiziaria diversa dal TAR del Lazio, la cui efficacia permane (il testo precedentemente approvato dalla Camera dei deputati ne stabiliva invece la sospensione) fino alla loro modifica o revoca da parte del TAR Lazio-Roma. In merito, la parte interessata ha l’onere, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, di:

§      riassumere il ricorso;

§      riassumere l’istanza cautelare.

 

Il comma 6, introdotto dal Senato, precisa che in caso di riassunzione del ricorso, non è dovuto l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

 

Il comma 7 contiene, infine, la clausola di invarianza finanziaria.


 

Articolo 42
(Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare e altre disposizioni in materia di fonti per la produzione di energia elettrica)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 25
(Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare)

Articolo 42
(Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare e altre disposizioni in materia di fonti per la produzione di energia elettrica)

 

 

1. Nell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, dopo il numero 7 è inserito il seguente:

1. Identico.

«7-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare».

 

2. Alla lettera c-bis) dell'allegato III alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifica­zioni, dopo le parole: «energia elettrica» sono inserite le seguenti: «sulla terra­ferma».

2. Identico.

3. In relazione ai progetti di cui al nu­mero 7-bis) dell'allegato II alla parte se­conda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dal comma 1 del presente articolo, le procedure di valutazione di impatto ambientale avviate prima della data di entrata in vigore della presente legge sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento del loro avvio.

3. In relazione ai progetti di cui al numero 7-bis) dell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introdotto dal comma 1 del presente articolo, le procedure di valutazione di impatto ambientale avviate prima della data di entrata in vigore della presente legge sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento del loro avvio. Per le medesime procedure avviate prima della data di entrata in vigore della presente legge è fatta salva la facoltà dei proponenti di richiedere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, che la procedura di valutazione di impatto ambientale sia svolta in conformità a quanto disposto dal comma 1.

4. Nella tabella 2 allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, al numero 1-bis, ri­ferito alla fonte eolica offshore, il valore del coefficiente: «1,10» è sostituito dal se­guente: «1,60».

4. Nella tabella 2 allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) al numero 1-bis, fonte eolica off­shore, il coefficiente: «1,10» è sostituito dal seguente: «1,50»;

 

     b) al numero 6, rifiuti biodegrada­bili, biomasse diverse da quelle di cui al punto successivo, il coefficiente: «1,10» è sostituito dal seguente: «1,30».

 

5. All'articolo 1 della legge 27 dicem­bre 2006, n. 296, il comma 382-ter è abrogato.

 

6. Alla tabella 3 allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) il numero 6 è sostituito dal se­guente:

 

«6. Biogas e biomasse, esclusi i bio­combustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e di con­trollo previsto dal regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009: 28»;

 

     b) il numero 7 è abrogato;

 

     c) il numero 8 è sostituito dal se­guente:

 

«8. Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biocombusti­bili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema inte­grato di gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009: 0,80».

 

7. All'articolo 2, comma 150, lettera c), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «di cui alle tabelle 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alla ta­bella 2».

 

8. All'articolo 2, comma 152, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è ag­giunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti, di proprietà di aziende agri­cole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di alle­vamento e forestali, alimentati dalle fonti di cui al numero 6 della tabella 3 allegata alla presente legge, l'accesso, dall'eser­cizio commerciale, alla tariffa fissa onni­comprensiva è cumulabile con altri in­centivi pubblici di natura nazionale, re­gionale, locale o comunitaria in conto capitale o in conto interessi con capita­lizzazione anticipata, non eccedenti il 40 per cento del costo dell'investimento».

 

 

L’articolo 42, modificato nel corso dell’iter al Senato, con alcune novelle al decreto legislativo n. 152 del 2006 (cd. Codice ambientale), introduce gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare tra i progetti di competenza statale soggetti alle procedure di VIA e VAS.

Limita, invece, la competenza regionale ai soli impianti eolici per la produzione di energia elettrica situati sulla terraferma (per i quali è però prevista la partecipazione obbligatoria di un rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo).

Per quanto riguarda le fonti energetiche rinnovabili, viene incrementata l’incentivazione della fonte eolica offshore e della fonte costituita da rifiuti biodegradabili e biomasse per gli impiantidi potenza elettrica superiore a 1 megawatt (MW), mediante l’innalzamento (rispettivamente da 1,1 a 1,5 e da 1,1 a 1,3) del coefficiente previsto, ai fini del rilascio dei certificati verdi, dalla legge finanziaria per il 2008.

Infine, viene modificata la normativa sulla incentivazione della produzione di energia elettrica da biomasse e biogas, per quanto riguarda la tariffa fissa omnicomprensiva che i produttori utilizzanti impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 MW possono ottenere a titolo di remunerazione dell’energia immessa nel sistema elettrico.

 

In particolare il comma 1, non modificato dal Senato, introducegli impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare nell'allegato II alla parte seconda del Codice ambientale che riguarda i progetti di competenza statale sottoposti a VIA e VAS (art. 7, commi 1 e 3 del Codice ambientale).

 

Occorre ricordare che a seguito delle ultime modifiche apportate al Codice ambientale dal D.Lgs. n. 4 del 2008, per la VIA vige il criterio che attribuisce allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto (quelle dell’allegato II) e alle regioni la competenza su un elenco di opere di minore impatto (quelle dell’allegato III e IV), cd. criterio tabellare. Per la VAS, vige invece il criterio secondo cui la ripartizione delle competenze ha luogo in ragione della titolarità ad approvare i piani e programmi da valutare (art. 7, commi 1 e 2).

 

Il comma 2, non modificato dal Senato, modifica l'allegato III alla parte seconda del Codice ambientale (relativo ai progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano), limitando la lettera c-bis - che attualmente riguarda gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica, con procedimento nel quale sia prevista la partecipazione obbligatoria del rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali - ai soli impianti eolici che si trovino sulla terraferma.

 

Il comma 3 fa salve, per gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica in mare, le procedure di valutazione di impatto ambientale avviate prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame, stabilendo che debbano concludersi secondo le norme vigenti. In sostanza, riguardo alle procedure già avviate, rimane la competenza regionale.

A seguito di alcune modifiche apportate nel corso dell’iter al Senato, viene, previsto che per tali procedure i proponenti possono richiedere al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, che la procedura di valutazione di impatto ambientale sia svolta in conformità alle nuove disposizioni introdotte dal comma 1, ovvero nell’ambito della competenza statale.

 

In relazione alle procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) si ricorda che esse sono state profondamente modificate con il D.Lgs. n. 4 del 2008 (con cui, appunto, è stata totalmente riscritta la Parte Seconda del D.Lgs. n. 152 del 2006).

In estrema sintesi si ricorda che la VAS rappresenta un processo sistematico di valutazione delle conseguenze ambientali di piani e programmi e nasce dall’esigenza che nella loro predisposizione, insieme agli aspetti sociali ed economici, vengano considerati anche gli impatti ambientali.

La VIA è, invece, un procedimento con cui vengono analizzate le conseguenze prodotte dalla realizzazione di un’opera all’interno di un sistema territoriale, valutando se tali trasformazioni siano ambientalmente compatibili.

Per quanto riguarda la procedura di VAS, essa prende avvio contestualmente al processo di formazione del piano o programma. La p.a. incaricata dell’approvazione del piano o programma (autorità procedente) dovrà, infatti, richiedere all’autorità competente in materia di VAS un parere in merito all’assoggettabilità della relativa proposta alla VAS, ai sensi dell’art. 12. L’autorità ambientale competente dovrà emettere il provvedimento di verifica, la cd. verifica di assoggettabilità, assoggettando o escludendo il piano o il programma dalla VAS, entro 90 giorni dalla trasmissione degli atti da parte dell’autorità procedente.

A seguito dell’esito positivo della verifica si procederà con la vera e propria fase di valutazione ambientale, che diventa parte integrante del procedimento di adozione e approvazione. Le due autorità dovranno, quindi, collaborare per definire le forme, i soggetti della consultazione pubblica, l’impostazione del rapporto ambientale e le successive modalità di monitoraggio del piano. Tale fase dovrà concludersi entro 90 giorni.

Il piano o programma sottoposto a VAS dovrà, quindi, essere oggetto di uno specifico rapporto ambientale preparato dall’autorità procedente, che costituisce parte integrante del piano/programma e ne accompagna l’intero processo di elaborazione e approvazione.

La proposta di piano/programma dovrà essere comunicata, con il rapporto ed una sintesi non tecnica dello stesso, all’autorità ambientale e messa a disposizione del pubblico interessato, che ha 60 giorni di tempo per presentare eventuali osservazioni.

L'autorità ambientale, in collaborazione con l'autorità procedente, svolge le attività tecnico-istruttorie, acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, nonché le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'art. 14 ed esprime il proprio parere motivato entro il termine di 90 giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui all'art. 14.

Da ultimo il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, viene trasmesso all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma

La procedura di VIA si apre con lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità (art. 20) da parte dell’autorità competente sul progetto trasmesso dal proponente, che tende ad accertare, nei successivi 45 giorni, sulla base degli elementi di cui all'allegato V, se il progetto abbia possibili effetti negativi apprezzabili sull'ambiente. Entro la scadenza del termine l'autorità competente deve comunque esprimersi.

Ai sensi dell’art. 23 il proponente l’opera o l’intervento presenta l’istanza all’autorità competente corredata dalla documentazione richiesta, tra cui un elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati, già acquisiti o da acquisire ai sensi della realizzazione e dell’esercizio dell’opera o intervento, con la finalità di agevolare le altre procedure autorizzatorie e di evitare sovrapposizioni o duplicazioni.

Contestualmente alla presentazione del progetto viene avviata una fase di consultazione con il pubblico. I termini per la richiesta consultazione del pubblico sono fissati in 60 giorni e lo stesso termine viene concesso alle autorità competenti per il rilascio delle proprie determinazioni.

La procedura si conclude entro 150 giorni dalla presentazione dell’istanza (con un eventuale prolungamento fino ad un massimo di 330 giorni in casi particolarmente complessi) con un provvedimento espresso e motivato.

Decorsi inutilmente tali termini, viene esercitato il potere sostitutivo da parte del Consiglio dei ministri (scomparendo, invece, l’originario silenzio-rifiuto), su istanza delle parti, che deciderà entro i successivi 60 giorni, previa diffida ad adempiere all’organo competente. Il provvedimento finale dovrà essere pubblicato per estratto sulla G.U. o nel Bollettino regionale con espressa previsione di decorrenza dei termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale. Anche la nuova VIA prevede sistemi di monitoraggio, controllo e sanzioni, come già prevedeva il testo originario.

 

Il comma 4, modificato dal Senato, incrementa, per quanto riguarda le energie rinnovabili, l’incentivazione della fonte eolica offshore e della fonte costituita da rifiuti biodegradabili e biomasse per gli impiantidi potenza elettrica superiore a 1 MW, mediante l’innalzamento del coefficiente previsto, ai fini del rilascio dei certificati verdi, dalla legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008).

A tal fine viene modificata la tabella 2, allegata alla legge finanziaria 2008, prevedendo:

§      l’innalzamento da 1,1 a 1,5 del coefficiente previsto per la fonte eolica offshore;

§      l’innalzamento da 1,1 a 1,3 del coefficiente previsto per i rifiuti biodegradabili e per le biomasse (diverse da quelle prodotte da attività agricola, allevamento e forestale da filiera corta).

 

La finanziaria 2008 prevede, infatti, all'art. 2, comma 144, che la produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti energetiche rinnovabili di cui alla tabella 2 e di potenza nominale media annua superiore a 1 MW, sia incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di quindici anni.

Si ricorda che tali certificati verdi sono emessi dal GSE, con riferimento agli impianti a produzione incentivata entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, in numero corrispondente al prodotto della produzione netta di energia elettrica moltiplicata per i coefficienti previsti dalla tabella 2, diversificati in relazione alla fonte utilizzata. Il loro valore unitario è pari a 1 MWh.

 

I certificati verdi costituiscono il principale strumento di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999[239]. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio meccanismo di incentivazione tariffaria noto come Cip6 (attualmente ancora in vigore per i vecchi impianti in esercizio e consistente in un incentivo diretto ai produttori di energie rinnovabili e assimilate), ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il meccanismo dei certificati verdi consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%[240], è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh, successivamente ridotta a 50 GWh.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo - ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n.387/2003 - della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN (ora GSE) rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto.

Per i soggetti che non rispettano l’obbligo di immissione, la cui verifica di adempienza è affidata al GSE, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offerta è rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GSE stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

La legge finanziaria per il 2008 (L. 24 dicembre 2007, n. 244 - art. 2, commi 143 ss.) ha introdotto una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili relativamente agli impianti entranti in funzione dal 1° gennaio 2008. Sono previsti due meccanismi alternativi di incentivazione: per gli impianti di potenza elettrica superiore a 1 MW si prevedono i certificati verdi, della durata di 15 anni, di valore variabile a seconda della fonte utilizzata (comma 144); per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1 MW, in alternativa ai certificati verdi e su richiesta del produttore, si prevede una tariffa fissa onnicomprensiva, anch’essa variabile a seconda delle fonte utilizzata, sempre per un periodo di 15 anni (comma 145). Inoltre, sono state introdotte modifiche alla disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, al fine di facilitarne la diffusione[241].

 

I commi da 5 a 8, introdotti dal Senato, modificano la normativa sulla incentivazione della produzione di energia elettrica da biomasse e biogas, per quanto riguarda la tariffa fissa omnicomprensiva che i produttori utilizzanti impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 MW possono ottenere a titolo di remunerazione dell’energia immessa nel sistema elettrico.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del disegno di legge AC 2260[242], attualmente all’esame della XIII Commissione (Agricoltura), reca disposizioni pressoché identiche ai commi 5-8 in esame.

 

Gli interventi volti ad incentivare l’utilizzo di prodotti di origine agricola per la produzione di energia elettrica si collocano nel quadro della normativa sulle fonti energetiche rinnovabili, contenuta nella direttiva 2001/77 CE[243], recepita nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. n. 387/2003[244]

Ai sensi della direttiva e dell’art. 2 del D.Lgs. n. 387/2003, infatti, tra le fonti energetiche rinnovabili non fossili[245] sono ricompresse le biomasse, intese come “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui proveniente dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani”.

In questo quadro, la legge finanziaria 2007[246] ha disposto, all’art. 1, commi 382 e 383, un intervento volto specificamente ad incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola, demandando ad un decreto ministeriale la revisione del principale strumento di promozione delle fonti rinnovabili (i cd. Certificati verdi), allo scopo appunto di incentivare l’impiego a fini energetici di prodotti e materiali residui provenienti dall’agricoltura, dalla zootecnia, dalle attività forestali e di trasformazione alimentare, nell’ambito di progetti rivolti a favorire la formazione di distretti locali agro-energetici.

L’intera normativa in materia di incentivi per la utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili è stata poi completamente riscritta con la manovra finanziaria per il 2008. In particolare:

-        l’art. 26, comma 4-bis, del D.L. n. 159/2007[247], novellando l’art. 1, comma 382, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) e aggiungendovi i commi da 382-bis a 382-septies, ha definito una nuova disciplina dei meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali. Tale disciplina riguarda gli impianti autorizzati in data successiva al 31 dicembre2007 ed è espressamente limitata alle biomasse e biogas ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti-quadro, oppure nell’ambito di filiere corte (ottenuti cioè entro un raggio di 70 km dall’impianto utilizzatore);

-        l’art. 2 della legge finanziaria 2008[248], ai commi 143-154, ha definito una nuova disciplina dei meccanismi di incentivazione relativi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, facendo tuttavia salva la specifica normativa vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento o forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

La nuova disciplina per la promozione della produzione di energia elettrica con l’utilizzo di fonti rinnovabili di origine agricola, zootecnica e forestale è quindi differenziata a seconda della provenienza della materia prima: per gli impianti che utilizzano biomasse ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro (come definiti dagli articoli 9 e 10 del D.lgs. n. 102/2005[249]), ovvero ottenute entro un raggio di 70 km. (filiere corte), si applicala specifica normativa di cuiall’art. 1, commi 382-382 septies, della L. n. 296/2006; per gli impianti che utilizzano biomasse di diversa provenienza si rende invece applicabile la disciplina generale sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, contenuta nell’art. 2, commi 143-154, della L. n. 244/2007.

Per quanto riguarda in particolare gli impianti che utilizzano biomasse ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte, gli strumenti di incentivazione previsti sono:

-        per i soli impianti di potenza elettrica superiore a 1 MW il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni;

-        gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1 MW possono invece optare, in alternativa al rilascio di certificati verdi, su richiesta del produttore, per una tariffa fissa pari a 0,30 euro per ogni KWh, per un periodo di 15 anni (tariffa variabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, in ogni caso assicurando l’effetto incentivante).

Un decreto interministeriale dovrà definire le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli (ma anche di allevamento o forestali) devono garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera.

 

I commi in esame intervengono sulla normativa sopra sintetizzata, modificandola nella parte relativa alla tariffa fissa omnicomprensiva che i produttori utilizzanti impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 MW, alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento o forestali, possono ottenere a titolo di remunerazione dell’energia immessa nel sistema elettrico.

In sintesi, le modifiche proposte riconducono ad unità la disciplina dell’incentivo costituito dalla tariffa fissa omnicomprensiva, eliminando per questa parte la distinzione tra produzione effettuata utilizzando biomasse provenienti da intese di filiera, accordi quadro o filiere corte e produzione effettuata utilizzando biomasse di diversa provenienza[250].

Si ricorda che la normativa vigente sul punto è così differenziata:

§      impianti che producono energia elettrica utilizzando biomasse provenienti da intese di filiera, accordi quadro o filiere corte: tariffa omnicomprensiva pari a 0,30 euro per KWH per un periodo di 15 anni (art. 1, comma 382-ter, della legge n. 296/2006);

§      impianti che producono energia elettrica utilizzando biomasse diverse da quelle di cui sopra: tariffa omnicomprensiva pari a 0,22 euro per KWH per un periodo di 15 anni (art. 2, comma 145, della legge n. 244/2007 e allegata tabella 3, punto 6).

Questa differenziazione viene meno per effetto dei commi in esame.

 

Il comma 5 abroga infatti il comma 382-ter della L. n. 296/2006, di modo che l’art. 2, comma 145, della L. n. 244/2007 (con l’allegata tabella n. 3) viene ad essere l’unica fonte di disciplina della incentivazione della produzione di energia elettrica da biomasse di qualsiasi provenienza, per quanto riguarda la tariffa fissa omnicomprensiva che i produttori utilizzanti impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 MW possono ottenere a titolo di remunerazione dell’energia immessa nel sistema elettrico.

 

Così ridefinita l’architettura normativa, i contenuti sostanziali delle innovazioni proposte si incentrano nel comma 6 dell’articolo in esame, che modifica la citata tabella 3 allegata alla legge n. 244/2007.

In particolare:

§      la lettera a) sostituisce il punto 6 della tabella, che attualmente prevede una tariffa incentivante di 0,22 euro/kwh per gli impianti alimentati da rifiuti biodegradabili e biomasse non ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte, stabilendo una tariffa di 0,28 euro/kwh per gli impianti alimentati da “biogas e biomasse, esclusi i biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e controllo previsto dal Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009”[251];

§      la lettera b) sopprime il punto 7 della tabella, che attualmente funge da mero rinvio alla specifica normativa in materia di impianti che producono energia elettrica utilizzando biomasse e biogas provenienti da intese di filiera, accordi quadro o filiere corte, normativa soppressa dal comma 1 dell’articolo;

§      la lettera c) modifica l’attuale punto 8 della tabella[252], per il quale è prevista una tariffa di 0,18 euro/kwh, sostituendo il riferimento ai biogas “diversi da quelli di cui al punto precedente” (v. supra) con quello ai “biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili” secondo il già richiamato Reg. n. 73/2009, e prevedendo una tariffa di 0,0080 euro/kwh (ben inferiore a quella attualmente prevista).

 

Il comma 7 modifica l’art. 2, comma 150, punto c), della legge n. 244/2007, che prevede l’emanazione di decreti ministeriali per stabilire le modalità di tracciabilità della filiera di produzione e distribuzione di biomasse, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti per il calcolo dei certificati verdi e delle tariffe omnicomprensive, di cui rispettivamente alle tabelle 2 e 3 allegate alla legge n. 244/2007. In particolare, la modifica sopprime il riferimento alla tabella 3, con la conseguenza di svincolare l’applicazione della tariffa dalla emanazione dei predetti decreti ministeriali.

Si osserva, sul piano della formulazione della norma, che sarebbe opportuno prevedere altresì che, alla menzionata lettera c) del comma 150, venga eliminato il riferimento alle tariffe; ciò appare consequenziale alla eliminazione nella medesima lettera c) del riferimento alla tabella 3 (in cui appunto è riportata l’entità di tali tariffe).

 

Si ricorda che il DM 18 dicembre 2008 (Gazz. Uff. 2 gennaio 2009, n. 1), con cui, in attuazione del menzionato comma 150, sono state stabilite le direttive per l’attuazione della disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili introdotta dalla legge finanziaria 2008, all’art. 5 si occupa delle biomasse da filiera. In particolare, si prevede che nei casi di produzione di energia elettrica da biomasse da filiera negli impianti di cui all'art. 1, comma 382, della legge finanziaria 2007 (cioè negli impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali), ai fini dell'applicazione del coefficiente moltiplicativo di cui al comma 382-quater e della tariffa onnicomprensiva di cui al comma 382-ter della stessa legge, si applica la disciplina specifica di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, di cui al comma 382-septies della medesima legge finanziaria 2007 (cfr. supra). Tuttavia, si prevede che nelle more dell'emanazione di tale decreto, il GSE applica anche all'energia elettrica incentivata prodotta da biomassa da filiera, il coefficiente di cui al n. 6 della tabella 2 allegata alla legge finanziaria 2008 e la tariffa fissa onnicomprensiva di cui al n. 6 della tabella 3 allegata alla medesima legge.

 

Il comma 8, modificandol’art. 2, comma 152, della L. n. 244/2007, consente per gli impianti di proprietà di aziende agricole, agroalimentari, di allevamento e forestali, alimentati da biomasse, la cumulabilità della tariffa fissa omnicomprensiva con altri incentivi pubblici con capitalizzazione anticipata, non eccedenti il 40% del costo dell’investimento.

 

L’art. 2, comma 152, della legge n. 244/2007 riconosce alla produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, il diritto di accesso agli incentivi previsti dall’art. 2, commi 143-157, a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.


 

Articolo 43, commi 1 e 2
(Tassa automobilistica dei veicoli alimentati a GPL o a metano)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 43
(Tassa automobilistica dei veicoli alimentati a GPL o a metano)

 

 

 

1. L'articolo 2, comma 61, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 no­vembre 2006, n. 286, è sostituito dal se­guente:

 

«61. Le regioni possono esentare dal pagamento della tassa automobilistica regionale per cinque annualità succes­sive i veicoli appartenenti alle categorie internazionali M1 e N1 su cui viene in­stallato un sistema di alimentazione a GPL o a metano, collaudato in data suc­cessiva alla data di entrata in vigore del presente decreto. I suddetti veicoli de­vono essere conformi ad una delle se­guenti direttive o regolamenti del Parla­mento europeo e del Consiglio: direttiva 94/12/CE, del 23 marzo 1994, direttiva 98/69/CE, del 13 ottobre 1998, regola­mento (CE) n. 715/2007, del 20 giugno 2007».

 

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non devono comportare nuovi o mag­giori oneri a carico della finanza pub­blica.

 

(…)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 43, introdotto dal Senato, sostituendo il comma 61 dell’articolo 2 del D.L. n. 262/2006[253] interviene sulla disciplina che concede alle regioni la facoltà di introdurre una esenzione quinquennale dalla tassa automobilistica dei veicoli M1 e N1 a doppia alimentazione alimentati anche a GPL o a metano.

 

L’articolo 2, comma 61, del D.L. n. 61/2006 consente alle regioni di disporre l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica dei veicoli appartenenti alle categorie internazionali M1 (destinati al trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere, oltre il conducente) e N1 (destinati al trasporto di merci, aventi massa massima fino a 3,5 tonnellate) con doppia alimentazione rappresentata da benzina/GPL oppure benzina/metano. Il beneficio è ammesso per un periodo pari a cinque annualità e spetta a condizione che i veicoli siano conformi alla direttiva 94/12/CE[254].

 

Rispetto alla norma vigente – che ammette al beneficio i veicoli conformi alla direttiva n. 94/12/CE, il comma proposto in sostituzione include nell’ambito di applicazione del beneficio anche i veicoli conformi alla direttiva n. 98/69/CE- Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni dei veicoli a motore e recante modificazione della direttiva 70/220/CEE del Consiglio - o al regolamento n. 715/2007 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all'ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo.

In sostanza, la modifica introdotta è diretta ad estendere l’ambito di applicazione del beneficio, in quanto include i veicoli classificati fino ad “Euro 6”.

Sul piano normativo, si segnala che le direttive n. 94/12/CE e n. 98/69/CE – che permangono citate nel testo presumibilmente quali riferimenti normativi per le esenzioni disciplinate dalla formulazione precedente - sono state abrogate dall’articolo 17 del regolamento n. 715/2007 entrato in vigore il 2 luglio 2007.

 

Ai sensi del comma 2 la modifica introdotta dal comma 1 non deve comportare effetti finanziari negativi a carico della finanza pubblica.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261) volta ad assicurare un migliore funzionamento del mercato unico dell'UE nel settore automobilistico e ad aiutare a ridurre le emissioni di CO2.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento europeo il 5 settembre 2006. Il Consiglio del 13 novembre 2007 ha avviato un dibattito orientativo durante il quale si è rilevata una convergenza tra gli Stati membri sulla necessità di ricorrere a misure fiscali nell'ambito della tassazione delle autovetture allo scopo di scoraggiare comportamenti dannosi per l'ambiente. Sono stati tuttavia espressi pareri diversi sulle modalità per conseguire tale obiettivo, in particolare sulla necessità di un'iniziativa comunitaria in questo settore.

La proposta risponde ad una duplice esigenza:

-        migliorare il funzionamento del mercato interno, eliminando gli ostacoli fiscali quali la doppia imposizione, il doppio pagamento della tassa di immatricolazione, le procedure amministrative;

-        attuare la strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture. Allo scopo la proposta non prevede l'introduzione di nuove tasse relative alle autovetture, ma mira soltanto alla ristrutturazione di quelle vigenti senza obbligare gli Stati membri che non le applicano ad introdurle.

In particolare, la proposta prospetta tre interventi principali:

§      ristrutturazione della base imponibile della tassa di immatricolazione e della tassa annuale di circolazione in modo da arrivare per il 2010 all'applicazione di una tassa interamente o in parte basata sulle emissioni di biossido di carbonio delle singole autovetture;

§      graduale abolizione della tassa immatricolazione nell'arco di un periodo transitorio della durata di 5-10 anni, in modo da evitare un eccessivo onere fiscale per gli utenti che devono pagare anche una tassa annuale di circolazione elevata e imposte sul carburante;

§      rimborso della tassa di immatricolazione per le autovetture immatricolate in uno Stato membro e successivamente esportate o trasferite a titolo permanente in un altro Stato membro. Analogo sistema di rimborso viene previsto per la tassa annuale di circolazione da calcolare secondo un criterio di proporzionalità temporale.


 

Articolo 43, comma 3
(Agevolazioni per l’installazione di impianti a GPL e a metano)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 43
(Tassa automobilistica dei veicoli alimentati a GPL o a metano)

 

 

 

(…)

 

3. All'articolo 1, comma 7, del de­creto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, nei limiti delle risorse ivi disponibili, le parole: «, sugli autovei­coli di categoria "euro 0", "euro 1" e "euro 2"» sono soppresse.

 

 

L’articolo 43, comma 3, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, novellando l’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 5/2009[255], consente l’applicazione delle agevolazioni per l’installazione di impianti a GPL e a metano anche alle operazioni effettuate su autoveicoli appartenenti alle categorie “euro 3” e successive[256].

 

L’agevolazioni in oggetto consiste nella concessione di un contributo di 500 euro per l’installazione di impianti a GPL e di 650 euro per l’installazione di impianti a metano ed è attualmente applicabile, ai sensi del citato articolo 1 del D.L. n. 5/2009, alle operazioni effettuate su autoveicoli appartenenti alle categorie “euro 0”, “euro 1” e “euro 2[257].

 

L’estensione opera nei limiti dell’autorizzazione di spesa di 100 milioni di euro per il 2009, fissata dal combinato disposto dell’articolo 2, comma 59, del D.L. n. 262/2006[258], e dell’articolo 29, comma 8, del D.L. n. 248/2007[259].

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda la scheda relativa all’articolo 43, commi 1 e 2, paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”.

 


 

Articolo 44
(Diritto annuale per le imprese esercenti attività di distribuzione di carburanti)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 27
(Diritto annuale per le imprese esercenti attività di distribuzione di carburanti)

Articolo 44
(Diritto annuale per le imprese esercenti attività di distribuzione di carburanti)

 

 

1. Fatta salva la possibilità di successive disposizioni di portata più generale e di du­rata non limitata, anche nell'ambito dell'or­dinaria potestà regolamentare in materia di accertamento, riscossione e liquidazione del diritto annuale di cui al comma 3 dell'ar­ticolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, limitata­mente al versamento del diritto annuale re­lativo all'anno 2009, per le imprese eser­centi attività di distribuzione di carburanti, il fatturato di cui all'articolo 1, comma 1, let­tera f), numero 4), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'industria, del com­mercio e dell'artigianato 11 maggio 2001, n. 359, deve essere inteso al netto delle ac­cise. Le conseguenti minori entrate per il sistema camerale sono compensate nella misura di 1,5 milioni di euro da trasferire al­l'Unione italiana delle camere di commer­cio, industria, artigianato e agricoltura per essere successivamente ripartite tra le sin­gole camere di commercio, industria, arti­gianato e agricoltura in proporzione alle mi­nori entrate valutate per ciascuna di esse sulla base dei dati relativi alla riscossione del diritto annuale per l'anno 2008. All'onere derivante dalle disposizioni di cui al pre­sente comma, pari a 1,5 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede, in via prioritaria, mediante utilizzo, per pari importo, delle economie derivanti dai provvedimenti di re­voca totale o parziale delle agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, e successive modificazioni, ai sensi dell'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e succes­sive modificazioni.

1. Fatta salva la possibilità di successive disposizioni di portata più generale e di du­rata non limitata, anche nell'ambito dell'or­dinaria potestà regolamentare in materia di accertamento, riscossione e liquidazione del diritto annuale di cui al comma 3 dell'ar­ticolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, limitata­mente al versamento del diritto annuale re­lativo all'anno 2009, per le imprese eser­centi attività di distribuzione di carburanti, il fatturato di cui all'articolo 1, comma 1, let­tera f), numero 4), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'industria, del com­mercio e dell'artigianato 11 maggio 2001, n. 359, deve essere inteso al netto delle ac­cise. Le conseguenti minori entrate per il sistema camerale sono compensate nella misura di 1,5 milioni di euro da trasferire al­l'Unione italiana delle camere di commer­cio, industria, artigianato e agricoltura per essere successivamente ripartite tra le sin­gole camere di commercio, industria, arti­gianato e agricoltura in proporzione alle mi­nori entrate valutate per ciascuna di esse sulla base dei dati relativi alla riscossione del diritto annuale per l'anno 2008. All'onere derivante dalle disposizioni di cui al pre­sente comma, pari a 1,5 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede mediante corri­spondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, re­lativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 

 

L’articolo 44 modifica le modalità di calcolo del fatturato delle imprese esercenti attività di distribuzione di carburanti, ai fini della liquidazione e del successivo versamento alle camere di commercio del diritto annuale, di cui all’art. 18, comma 3, della legge 580/93[260], relativo all’anno 2009.

Nel dettaglio si prevede che, ai fini della liquidazione e del successivo versamento alle camere di commercio del diritto annuale, il fatturato delle imprese esercenti attività di distribuzione di carburanti – di cui al DM industria 11 maggio 2001, n. 359[261] - debba essere calcolato al netto delle accise[262].

Dal momento che il fatturato rappresenta una delle basi su cui computare l’entità dei diritti annuali, la misura in commento comporta un alleggerimento del prelievo a carico delle imprese interessate.

Resta salva la possibilità di adottare successive disposizioni di portata più generale e di durata non limitata, anche nell’ambito dell’ordinaria potestà regolamentare in materia di accertamento, riscossione e liquidazione del diritto annuale da versare alle camere di commercio di cui al citato art. 18.

Ai sensi dell’articolo 18, terzo comma, della legge n. 580 del 1993[263], il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (ora: dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora: dell’economia e delle finanze), determina ed aggiorna con proprio decreto, da emanare entro il 31 ottobre dell’anno precedente, sentite l’Unioncamere e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, la misura del diritto annuale dovuto ad ogni singola camera di commercio da parte di ogni impresa iscritta o annotata nei registri delle imprese, da applicare secondo le modalità di cui al quarto comma, ivi compresi gli importi minimi, che comunque non possono essere inferiori a quelli dovuti in base alla normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e quelli massimi, nonché gli importi del diritto dovuti in misura fissa. Con lo stesso decreto, sono altresì determinati gli importi del diritto applicabili alle unità locali, nonché le modalità e i termini di liquidazione, accertamento e riscossione. In caso di tardivo o omesso pagamento, si applica la sanzione amministrativa dal 10 al 100 per cento dell’ammontare del diritto dovuto, secondo le disposizioni in materia di sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472[264].

Ai sensi dell’articolo 18, quarto comma, della legge n. 580 del 1993, il diritto annuale di cui al terzo comma è determinato in base al seguente metodo:

a)       individuazione del fabbisogno necessario per l’espletamento dei servizi che il sistema delle camere di commercio è tenuto a fornire sull’intero territorio nazionale, in relazione alle funzioni amministrative ed economiche di cui all’articolo 2, nonché a quelle attribuite dallo Stato e dalle regioni;

b)      detrazione dal fabbisogno di cui alla lettera a) di una quota calcolata in relazione ad un obiettivo annuale di efficienza del sistema delle camere di commercio nell’espletamento delle funzioni amministrative, sentita l’Unioncamere;

c)       copertura del fabbisogno mediante diritti annuali fissi per le imprese iscritte o annotate nelle sezioni speciali del registro delle imprese, e mediante applicazione di diritti commisurati al fatturato dell’esercizio precedente, per gli altri soggetti;

d)       nei primi due anni di applicazione l’importo non potrà comunque essere superiore del 20 per cento rispetto al diritto annuale riscosso in base alla normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente norma.

In applicazione dei sopra illustrati commi terzo e quarto dell’art. 18 della legge n. 580/93, sono stati adottati vari decreti ministeriali, tra cui, da ultimo, il DM 30 aprile 2009[265].

Ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. f), n. 4, del DM 11 maggio 2001, n. 359[266], il fatturato – anche per le imprese distributrici di carburanti – è dato dalla somma dei ricavi delle vendite e delle prestazioni e degli altri ricavi e proventi ordinari, come dichiarati ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e, in mancanza, come rappresentati nelle scritture contabili previste dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile.

 

La disposizione in esame comporta un minore introito per il sistema camerale. Di conseguenza, si introduce un meccanismo compensativo consistente nel trasferimento all’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Unioncamere) di uno stanziamento pari a 1,5 milioni di euro.

Tale stanziamento deve essere successivamente ripartito fra le singole camere di commercio in proporzione alle minori entrate valutate per ciascuna di esse sulla base dei dati relativi alla riscossione del diritto annuale per il 2008.

In merito all’onere derivante dalla norma in esame, stimato in 1,5 milioni di euro per l’anno 2009, disposizione – modificata dal Senato – prevede che la relativa copertura sia assicurata attraverso la riduzione, per pari importo, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del DL 282/04[267], relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Si ricorda che il Fondo è destinato ad agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale.


 

Articolo 45
(Istituzione del Fondo per la riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 45
(Istituzione del Fondo per la riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi)

 

 

 

1. Per le produzioni di idrocarburi li­quidi e gassosi ottenute in terraferma, ivi compresi i pozzi che partono dalla terra­ferma, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l'aliquota di prodotto che il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è tenuto a corrispondere annualmente, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, del de­creto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, è elevata dal 7 per cento al 10 per cento. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a corri­spondere le somme corrispondenti al valore dell'incremento di aliquota ad ap­posito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Tali somme sono intera­mente riassegnate al Fondo di cui al comma 2.

 

2. Nello stato di previsione del Mini­stero dello sviluppo economico è isti­tuito il Fondo preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gas­sosi nonché dalle attività di rigassifica­zione anche attraverso impianti fissi off­shore.

 

3. Il Fondo è alimentato:

 

     a) dagli importi rivenienti dalle maggiorazioni di aliquota di cui al comma 1;

 

     b) dalle erogazioni liberali da parte dei titolari di concessione di coltivazione e di eventuali altri soggetti, pubblici e privati.

 

4. Con decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti le modalità procedurali di utilizzo da parte dei residenti nelle re­gioni interessate dei benefici previsti dal presente articolo e i meccanismi volti a garantire la compensazione finalizzata all'equilibrio finanziario del Fondo.

 

5. Con decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono annualmente destinate, sulla base delle disponibilità del Fondo, le somme spet­tanti per le iniziative a favore dei resi­denti in ciascuna regione interessata, calcolate in proporzione alle produzioni ivi ottenute. Tali somme dovranno com­pensare il minor gettito derivante dalle riduzioni delle accise disposte con il medesimo decreto.

 

 

L’articolo 45, introdotto dal Senato, prevede una riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti in favore dei residenti nelle regioni interessate dall’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi, nonché dalle attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi off-shore.

A tal fine il comma 1 dispone, con decorrenza 1° gennaio 2009, un aumento dal 7% al 10% delle royalties che i titolari di concessioni di coltivazione per le produzione di idrocarburi liquidi e gassosi ottenute in terraferma – compresi i pozzi che partono dalla terraferma - sono tenuti a corrispondere ai sensi dell’art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 625/96.

Il D.Lgs. 625/96 recante Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, all’articolo 19 ha ridefinito le aliquote del prodotto della coltivazione che, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 613/67, istitutiva dell’ENI, il titolare della concessione ha l'obbligo di corrispondere allo Stato, nonché le produzioni esenti.Le aliquote risultano pari al 7% per idrocarburi liquidi e gassosi estratti in terraferma, al 7% per idrocarburi gassosi. Per gli idrocarburi liquidi estratti in mare l'aliquota da corrispondere è pari al 4% del prodotto estratto. Le produzioni su cui si applica l'aliquota sono al netto delle produzioni disperse, bruciate, impiegate in operazioni di cantiere oppure ottenute durante prove di produzione.

Lemodalità di determinazione delle aliquote di prodotto versate dai titolari delle concessioni di coltivazione per le produzioni nazionali di gas (royalties), sono state modificate dai commi da 93 a 97, art. 1, della legge n. 239/04[268], di riordino del settore energetico (c.d. legge Marzano). Si segnala, in particolare, il comma 94 che ha introdotto una semplificazione del procedimento di calcolo delle stesse royalties per ogni singola concessione.

 

Il titolare unico o il contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti alla maggiorazione di aliquota ad un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.

Le somme saranno interamente riassegnata al Fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per la riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti a favore dei residenti delle regioni interessate dall’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi, nonché dalle attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi off-shore (comma 2).

Concorrono all’alimentazione del Fondo (comma 3):

§      le somme derivanti dall’aumento delle royalties ;

§      le erogazioni liberali da parte dei titolari di concessioni di coltivazione e da parte di eventuali altri soggetti sia pubblici sia privati.

 

Il comma 4 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la definizione delle modalità procedurali di utilizzo dei benefici previsti dalla norma in esame da parte dei residenti nelle regioni interessate, nonché dei meccanismi di compensazione finalizzati all’equilibrio finanziario del Fondo.

Il termine ultimo per l’adozione del decreto, per cui si richiede il concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è fissato in novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

Sempre con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sulla base della disponibilità del Fondo si provvederà annualmente a destinare le somme spettanti alle iniziative a favore dei residenti in ciascuna regione interessata.

Tali somme, calcolate in proporzione alle produzioni ottenute in ciascuna regione, dovranno compensare il minor gettito derivante dalla riduzione delle accise che sarà disposta con il medesimo decreto.


 

Articolo 46
(Progetti di innovazione industriale e misure per il riordino del sistema delle stazioni sperimentali per l’industria)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 28
(Progetti di innovazione industriale e misure per il riordino del sistema delle stazioni sperimentali per l'industria)

Articolo 46
(Progetti di innovazione industriale e misure per il riordino del sistema delle stazioni sperimentali per l'industria)

 

 

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di pro­muovere e sostenere la competitività del sistema produttivo, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'i­struzione, dell'università e della ricerca, sentiti il Ministro per la semplificazione normativa e il Ministro per la pubblica am­ministrazione e l'innovazione, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può aggiornare o modificare le aree tecnologiche per i pro­getti di innovazione industriale indicate al­l'articolo 1, comma 842, della legge 27 di­cembre 2006, n. 296, e successive modifi­cazioni, ovvero individuare nuove aree tec­nologiche. A decorrere dall'anno 2009, l'ag­giornamento o l'individuazione di nuove aree tecnologiche può intervenire entro il 30 giugno di ogni anno.

1. Identico.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 ago­sto 1997, n. 281, e successive modifica­zioni, e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta, un decreto legislativo per il riordino del sistema delle stazioni sperimentali per l'industria con riat­tribuzione delle competenze e conseguente soppressione dell'Istituto nazionale per le conserve alimentari, nel rispetto dei se­guenti principi e criteri direttivi:

2. Identico:

     a) definizione del sistema delle sta­zioni sperimentali in termini di organicità delle relazioni tra gli enti e il Ministero dello sviluppo economico, in funzione di obiettivi di politica economica generale di migliora­mento della competitività del sistema pro­duttivo nazionale attraverso la promozione e il sostegno all'innovazione, alla ricerca e alla formazione del personale qualificato;

     a) identica;

     b) qualificazione delle stazioni sperimentali come enti pubblici economici, sottoposti alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, considerati nell'esple­tamento delle loro attività di ricerca e svi­luppo precompetitivo anche come organi­smi di ricerca secondo la disciplina comu­nitaria;

     b) identica;

     c) razionalizzazione organizzativa e funzionale mediante la trasformazione, la fusione, lo scorporo o la soppressione delle stazioni sperimentali già esistenti in rela­zione alle esigenze di promozione e soste­gno del sistema produttivo nazionale attra­verso l'individuazione o il riordino dei settori produttivi di riferimento per la relativa atti­vità, in considerazione delle capacità ed esperienze specifiche maturate dalle sta­zioni sperimentali nei tradizionali campi di attività e in quelli connessi o funzionali alle capacità operative, professionali e tecniche, definendo le modalità operative per il trasfe­rimento di risorse umane e finanziarie, sen­tite le organizzazioni sindacali in relazione alla destinazione del personale;

     c) identica;

     d) previsione dell'adozione di un re­golamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dello sviluppo econo­mico, di concerto con il Ministro dell'eco­nomia e delle finanze, sentite le organizza­zioni sindacali in relazione alla destinazione del personale in caso di trasformazione, fu­sione, scorporo o soppressione delle sta­zioni sperimentali già esistenti, con indivi­duazione di modalità operative per l'artico­lazione delle attività di riferimento delle sta­zioni sperimentali secondo gli obiettivi di cui alle lettere a) e c);

     d) previsione dell'adozione di un re­golamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dello sviluppo econo­mico, di concerto con il Ministro dell'eco­nomia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innova­zione, sentite le organizzazioni sindacali in relazione alla destinazione del personale in caso di trasformazione, fusione, scorporo o soppressione delle stazioni sperimentali già esistenti, con individuazione di modalità operative per l'articolazione delle attività di riferimento delle stazioni sperimentali se­condo gli obiettivi di cui alle lettere a) e c);

     e) riconoscimento dell'autonomia statutaria delle stazioni sperimentali, con previsione dell'adozione della deliberazione di approvazione dello statuto e delle relative modifiche a maggioranza dei due terzi dei componenti del consiglio di amministra­zione della stazione sperimentale e relativa approvazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, con determinazione del limite massimo di componenti per la composizione del consiglio di amministra­zione in funzione dell'articolazione rappre­sentativa del nuovo o diverso settore di competenza individuato secondo gli obiettivi di cui alle lettere a) e c) e comunque in mi­sura non superiore a dodici;

     e) identica;

     f) previsione che ogni stazione spe­rimentale provveda alla gestione delle spese e al finanziamento delle proprie atti­vità mediante i proventi e i contributi a ca­rico delle imprese, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540, senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, nonché previsione della stipulazione di convenzioni tra il Ministero dello sviluppo economico, l'Agenzia delle entrate e le altre amministrazioni competenti, per la regola­zione dei rapporti finanziari e delle modalità di riscossione dei contributi previsti;

     f) identica;

     g) previsione della possibilità di stipu­lazione, da parte delle stazioni sperimentali, di convenzioni e accordi di programma con amministrazioni, enti pubblici e privati, nazionali, comunitari e internazionali, per le finalità di cui al comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540, secondo le modalità e i criteri definiti nello statuto;

     g) identica;

     h) riassetto e semplificazione della normativa vigente sulle stazioni sperimen­tali, fatto salvo quanto previsto alla lettera d), modificando le disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540, secondo i principi e criteri direttivi di cui al presente articolo e all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, e individuando espressa­mente le norme abrogate;

     h) identica;

     i) previsione che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle stazioni sperimentali siano disciplinati dalle disposizioni del capo I del titolo II del libro quinto del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordi­nato nell'impresa;

     i) identica;

     l) definizione delle misure transitorie per assicurare la continuità operativa degli organismi nel processo di riordino, anche stabilendo che i consigli di amministrazione siano costituiti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legisla­tivo di cui al presente comma, che gli statuti siano deliberati dal consiglio di amministra­zione entro due mesi dalla data di insedia­mento e che, in caso di inutile decorso del termine, con decreto del Ministro dello svi­luppo economico sia nominato un commis­sario straordinario per l'adozione degli atti richiesti.

     l) identica.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2, il Governo può adottare, nel ri­spetto degli oggetti e dei principi e criteri direttivi nonché della procedura di cui al medesimo comma 2, uno o più decreti legi­slativi recanti disposizioni integrative e cor­rettive.

3. Identico.

 

4. Nelle more dell'adozione e dell'at­tuazione del decreto legislativo di cui al comma 2, sono prorogate le gestioni commissariali in essere relative alle sta­zioni sperimentali per l'industria.

4. Dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pub­blica.

5. Dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 46, al comma 1 (non modificato dal Senato) interviene in materia di progetti di innovazione industriale (PII), la cui disciplina è stata introdotta dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), attribuendo al Ministro dello sviluppo economico il potere di individuare nuove aree tecnologiche, ovvero di aggiornare o modificare quelle già individuate per i suddetti progetti, entro il termine di tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

Alla individuazione o alla modifica delle suddette aree - che a partire dal 2009 potrà avere cadenza annuale (entro il 30 giugno) - il titolare del dicastero dello sviluppo economico provvederà di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti i ministri per la semplificazione amministrativa e per la pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica. E’ prevista, altresì, l’intesa con la Conferenza Stato-regioni.

I Progetti di innovazione industriale (PII) (previsti dal comma 842 della legge finanziaria per il 2007) sono progetti di intervento organico miranti a favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree strategiche per lo sviluppo del Paese: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni culturali e turistici. I Progetti di innovazione industriale si inseriscono nel quadro di politiche pubbliche volte al rafforzamento della competitività del sistema anche attraverso liberalizzazioni e misure di semplificazione amministrativa e di sostegno generalizzato all’apparato produttivo, da realizzarsi prevalentemente con incentivi automatici (quali il credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo).

Tra le novità dei Progetti di innovazione industriale si segnalano:

-        la designazione di un responsabile (Project Manager) per ogni progetto industriale;

-        la mobilitazione di una pluralità di attori per il raggiungimento degli obiettivi tecnologico-produttivi: imprese (piccole, medie e grandi), enti di ricerca, università e soggetti. Le amministrazioni pubbliche nazionali e locali, in particolare le regioni, possono contribuire prevedendo strumenti di intervento che andranno ad affiancarsi a quello specificatamente previsto per i Progetti di innovazione industriale;

-        la ridefinizione degli strumenti di incentivazione per le imprese che partecipano ai PII;

-        la possibilità di attivare il partenariato pubblico-privato.

Si segnala che ad oggi sono stati avviati i primi tre Progetti di innovazione industriale, riguardanti le seguenti aree strategiche: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile e Nuove Tecnologie per il Made in Italy.

Il comma 2, non modificato dal Senato, reca una delega al Governo per l’adozione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto legislativo volto al riordino del sistema delle stazioni sperimentali per l'industria, con riattribuzione delle competenze e conseguente soppressione dell'Istituto nazionale per le conserve alimentari.

E’ d’obbligo l’acquisizione del parere della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti che devono essere resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.

Secondo le disposizioni del D.Lgs. 540/99[269] che ne disciplina il riordino, le Stazioni sperimentali per l'industria sono enti pubblici economici e sono sottoposte alla vigilanza del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora dello sviluppo economico). Le Stazioni sperimentali, in relazione ai settori di competenza e secondo le rispettive leggi istitutive, svolgono attività di ricerca industriale e attività di sviluppo precompetitiva; attività di certificazione di prodotti o di processi produttivi; analisi e controlli; consulenza alle imprese, alle pubbliche amministrazioni ed enti pubblici; attività di documentazione, divulgazione, promozione della qualità e supporto alla formazione negli specifici settori produttivi, anche al fine di consentire la crescita occupazionale qualificata; partecipazione all'attività di normazione tecnica; attività ad esse affidate dallo Stato, dalle Regioni, nonché quelle derivanti da convenzioni internazionali.

L'Istituto nazionale per le conserve alimentari (INCA) è un ente di diritto pubblico non economico posto sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, istituito con il Regio Decreto-Legge 8 febbraio 1923, n. 501, modificato successivamente con: RD 31 agosto 1928, n. 2126, DPR 27 dicembre 1953, n. 1260, DPR 10 dicembre 1986, n. 1089 e DPR 18 febbraio 1993 n. 135.

L'Ente ha come principale compito istituzionale la vigilanza, in tutto il territorio nazionale, sugli stabilimenti di produzione di conserve alimentari, sia di origine la fabbricazione delle citate conserve. Ha anche il compito di accertare l'idoneità all'esportazione dei derivati del pomodoro (L. 10 marzo 1969, n. 96 e DPR 11 aprile 1975, n. 428). Inoltre svolge compiti per incarico del Ministero delle politiche agricole e forestali e per conto dell'AGEA (ex AIMA). La struttura dell'Ente è composta da una sede centrale in Roma, dove sono accentrati i servizi amministrativi, e da tre sedi periferiche dotate di laboratorio chimico ed ubicate nelle zone dove maggiore è la concentrazione di insediamenti industriali conservieri (Parma, Fisciano (SA) e Cosenza). Nelle zone non coperte dagli Uffici periferici, e precisamente nelle circoscrizioni di Modena, Ferrara, Bologna, Forlì e Ravenna, e nelle regione Sardegna, operano "ispettori delegati". Le analisi, in questo caso, vengono effettuate da laboratori esterni.

L'art. 8 del decreto legislativo n. 540 del 1999 prevede che le stazioni sperimentali si finanzino attraverso i proventi derivanti dalle attività di cui all'articolo 2, comma 2 del decreto legislativo medesimo, consistenti nella ricerca e attività di sviluppo precompetitiva; certificazione di prodotti o di processi produttivi; analisi e controlli; consulenza alle imprese; attività di documentazione e divulgazione; supporto alla formazione negli specifici settori produttivi e attività ad esse affidate dallo Stato, dalle Regioni, nonché quelle derivanti da convenzioni internazionali.

 

La delega di cui al comma 2 viene esercitata sulla base dei seguenti criteri e principi direttivi:

a)      definizione del sistema delle stazioni sperimentali in termini di organicità delle relazioni tra enti e Ministero dello sviluppo economico, in funzione di obiettivi di politica economia generale di miglioramento della competitività del sistema produttivo nazionale attraverso la promozione ed il sostegno all'innovazione, alla ricerca ed alla formazione del personale qualificato;

b)      qualificazione delle stazioni sperimentali come enti pubblici economici, sottoposti alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, considerati nell'espletamento delle loro attività di ricerca e sviluppo precompetitivo anche come organismi di ricerca secondo la disciplina comunitaria;

c)      razionalizzazione organizzativa e funzionale mediante la trasformazione, la fusione, lo scorporo o la soppressione delle stazioni sperimentali già esistenti in relazione alle esigenze di promozione e sostegno al sistema produttivo nazionale;

d)      adozione di un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in relazione alla destinazione del personale, con individuazione di modalità operative per la articolazione delle attività di riferimento delle stazioni sperimentali secondo gli obiettivi di cui alle lett. a)e c) su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i ministri dell’economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l’innovazione[270];

e)      riconoscimento dell'autonomia statutaria delle Stazioni sperimentali, con previsione della adozione a maggioranza dei due terzi dei componenti del consiglio di amministrazione della deliberazione di approvazione dello statuto e delle relative modifiche, con determinazione del limite massimo di componenti per la composizione del consiglio di amministrazione;

f)        gestione delle spese e finanziamento delle attività mediante i proventi ed i contributi a carico delle imprese senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, nonché stipula di convenzioni tra il Ministero dello sviluppo economico, l'Agenzia delle entrate e le altre amministrazioni competenti, per la regolazione dei rapporti finanziari e delle modalità di riscossione dei contributi previsti;

g)      possibilità di stipula da parte delle stazioni sperimentali di convenzioni ed accordi di programma con amministrazioni, enti pubblici e privati, nazionali, comunitari ed internazionali secondo le modalità ed i criteri definiti nello statuto;

h)      riassetto e semplificazione della normativa vigente sulle stazioni sperimentali, modificando le disposizioni del D.Lgs. 540/99, secondo i principi e criteri direttivi di cui all'articolo in commento articolo ed all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, ed individuando espressamente le norme abrogate;

i)        disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle stazioni sperimentali sulla base delle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa;

j)        definizione delle misure transitorie per assicurare la continuità operativa degli organismi nel processo di riordino.

Il comma 3, non modificato dal Senato, prevede la possibilità per il Governo di adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 2, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, secondo le procedure e in base ai principi contenuti nel comma 2 dell’articolo in esame.

Il comma 4, introdotto dal Senato, proroga le gestioni commissariali in essere riguardanti le stazioni sperimentali per l’industria, in attesa dell’adozione e dell’attuazione del relativo decreto legislativo di riordino di cui al comma 2 del presente articolo.

Il comma 5 infine stabilisce che dall’attuazione delle disposizioni recate dai commi 2, 3 e 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 47
(Legge annuale per il mercato e la concorrenza)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 30
(Legge annuale per il mercato e la concorrenza)

Articolo 47
(Legge annuale per il mercato e la concorrenza)

 

 

1. Il presente articolo disciplina l'ado­zione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, al fine di rimuovere gli osta­coli regolatori, di carattere normativo o am­ministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori.

Identico.

2. Entro sessanta giorni dalla data di trasmissione al Governo della relazione an­nuale dell'Autorità garante della concor­renza e del mercato, ai sensi dell'articolo 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, come modificato dal comma 5 del presente arti­colo, il Governo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Confe­renza unificata di cui all'articolo 8 del de­creto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, tenendo conto anche delle segnalazioni eventualmente trasmesse agli stessi fini di cui al comma 1 del presente articolo dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, presenta alle Camere il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza.

 

3. Il disegno di legge di cui al comma 2 reca, in distinte sezioni:

 

     a) norme di immediata applica­zione, al fine, anche in relazione ai pareri e alle segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi degli articoli 21, 22 e 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nonché alle indica­zioni contenute nelle relazioni annuali del­l'Autorità per le garanzie nelle comunica­zioni e delle altre autorità amministrative indipendenti, di rimuovere gli ostacoli all'a­pertura dei mercati, di promuovere lo svi­luppo della concorrenza, anche con riferi­mento alle funzioni pubbliche e ai costi re­golatori condizionanti l'esercizio delle atti­vità economiche private, nonché di garan­tire la tutela dei consumatori;

 

     b) una o più deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi, da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ai fini di cui al comma 1;

 

     c) l'autorizzazione all'adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti, ai fini di cui al comma 1;

 

     d) disposizioni recanti i principi fon­damentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano le proprie competenze normative, quando vengano in rilievo profili attinenti alla tutela della con­correnza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

 

     e) norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, con espli­cita indicazione delle norme da modificare o abrogare.

 

4. Il Governo allega al disegno di legge di cui al comma 2 una relazione di accom­pagnamento che evidenzi:

 

     a) lo stato di conformità dell'ordina­mento interno ai principi comunitari in mate­ria di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza;

 

     b) lo stato di attuazione degli inter­venti previsti nelle precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, indicando gli ef­fetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione;

 

     c) l'elenco delle segnalazioni e dei pa­reri dell'Autorità garante della concor­renza e del mercato, espressi ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito.

 

5. All'articolo 23, comma 1, primo pe­riodo, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le parole: «entro il 30 aprile di ogni anno» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 marzo di ogni anno».

 

 

L'articolo 47, non modificato dal Senato, introduce la disciplina relativa all’adozione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, finalizzata a rimuovere gli ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori (comma 1).

Si prevede quindi che il Governo è tenuto a presentare alle Camere, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (di seguito: Autorità), sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del D.Lgs. 281/97, tenendo anche conto delle segnalazioni della stessa Autorità, il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza (comma 2).

Il comma 3 disciplina in particolare i contenuti del suddetto disegno di legge, prevedendo che esso sia diviso in diverse sezioni recanti:

a)    norme di immediata applicazione al fine di rimuovere gli ostacoli all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e garantire la tutela dei consumatori, anche in relazione ai pareri e alle segnalazioni dell'Autorità, ed alle indicazioni contenute nella Relazione annuale e nelle relazioni di altre autorità amministrative indipendenti, espressi ai sensi degli articoli 21, 22 e 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;

b)    una o più deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi, sempre ai fini di cui al punto precedente, da adottarsi entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge in esame;

c)    l'autorizzazione ad adottare atti di normazione secondaria;

d)    disposizioni recanti i principi fondamentali che le regioni e le province autonome sono tenute a rispettare nell’esercizio delle proprie competenze normative, in presenza di profili attinenti alla tutela della concorrenza, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

e)    norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.

 

L'art. 21 della legge n. 287 del 1990, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato, prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato possa individuare e segnalare al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei ministri e, negli altri casi, al medesimo Presidente, ai ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati, i casi di particolare rilevanza nei quali norme di legge o di regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere generale determinano distorsioni della concorrenza o del corretto funzionamento del mercato che non siano giustificate da esigenze di interesse generale (commi 1 e 2). L'Autorità, ove ne ravvisi l'opportunità, esprime altresì parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni e può pubblicare le segnalazioni ed i pareri nei modi più congrui in relazione alla natura e all'importanza delle situazioni distorsive (comma 2).

L'art. 22 disciplina l'attività consultiva dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, precisando che quest'ultima esprime pareri sulle iniziative legislative o regolamentari e sui problemi riguardanti la concorrenza ed il mercato quando lo ritenga opportuno, o su richiesta di amministrazioni ed enti pubblici interessati. Il Presidente del Consiglio dei ministri può inoltre chiedere il parere dell'Autorità sulle iniziative legislative o regolamentari che abbiano direttamente per effetto:

a)    di sottomettere l'esercizio di una attività o l'accesso ad un mercato a restrizioni quantitative;

b)    di stabilire diritti esclusivi in certe aree;

c)    di imporre pratiche generalizzate in materia di prezzi e di condizioni di vendita.

Il successivo articolo 23 dispone che l'Autorità presenti al Presidente del Consiglio dei ministri, entro il 30 aprile di ogni anno (cfr. infra, il comma 5 dell’articolo 47 in esame, che modifica data scadenza), una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente, successivamente da questi trasmessa, entro trenta giorni, al Parlamento.

 

Con il comma 4 si prevede che il disegno di legge annuale sulla concorrenza sia accompagnato da una relazione illustrativa che evidenzi:

a)    lo stato di conformità dell'ordinamento interno ai principi comunitari in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza;

b)    lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione;

c)    l'elenco delle segnalazioni e dei pareri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi degli articoli 22 e 23 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, ai quali, in tutto o in parte, il Governo non intenda dare attuazione, indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito.

 

Il comma 5 modifica l'articolo 23 della legge n. 287/90, già ricordato, anticipando dal 30 aprile al 31 marzo di ogni anno il termine per la presentazione all'Esecutivo della relazione annuale dell'Autorità.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

In materia di normativa antitrust, il 30 aprile 2009 la Commissione europea ha presentato una relazione sul funzionamento del regolamento (CE) n.1/2003 (COM(2009)206) concernente l'applicazione delle regole di concorrenza relative alle pratiche commerciali restrittive (articolo 81 TCE) e agli abusi di posizione dominante (articolo 82 TCE). La Commissione rileva che il regolamento ha contribuito a rafforzare l'attuazione delle regole di concorrenza nell'UE, attraverso:

§      l'abolizione della notifica sistematica di accordi commerciali alla Commissione, consentendo a quest'ultima di concentrare le proprie risorse sulla lotta contro i cartelli e le altre gravi violazioni delle norme antitrust;

§      il conferimento alle autorità nazionali garanti della concorrenza e alle giurisdizioni nazionali del potere di applicare le norme antitrust CE nella loro interezza;

§      condizioni di maggiori parità per le imprese che operano a livello transfrontaliero in quanto tutti i soggetti a cui spetta l'applicazione delle norme in materia di concorrenza - compresi i giudici nazionali e le autorità nazionali garanti della concorrenza - sono tenuti ad applicare le norme antitrust CE ai casi che incidono sugli scambi tra Stati membri;

§      una stretta collaborazione tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza nell'ambito della Rete europea della concorrenza (European Competition Network, "ECN").

Pur non ritenendo al momento necessarie modifiche alle norme o alle prassi vigenti, la relazione sottolinea che alcuni aspetti del regolamento meritano tuttavia un'ulteriore valutazione: la razionalizzazione del trattamento delle denunce, la possibilità di superare il divieto per un'autorità nazionale garante della concorrenza di utilizzare, per imporre sanzioni detentive, informazioni ricevute da una giurisdizione che non prevede tali sanzioni; le divergenze tra i sistemi di applicazione delle norme negli Stati membri su aspetti quali le ammende, le sanzioni penali, la responsabilità nei gruppi di imprese, la responsabilità di associazioni di imprese, i termini di prescrizione.

Per quanto riguarda gli aiuti di Stato, si segnala che con una comunicazione adottata il 25 febbraio 2009 (2009/C 85/01), la Commissione europea ha formulato orientamenti sull’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato da parte dei giudici nazionali. I nuovi orientamenti hanno il duplice scopo di chiarire il ruolo dei tribunali nazionali nel settore degli aiuti di Stato, come delineatosi nella giurisprudenza comunitaria più recente e di offrire ai giudici nazionali un sostegno pratico in casi concreti.

 


 

Articolo 48
(Modifiche al decreto-legge n. 223 del 2006)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 48
(Modifiche al decreto-legge n 223 del 2006)

 

 

 

1. All'articolo 13, comma 1, primo pe­riodo, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo le pa­role: «degli operatori» sono inserite le seguenti: «nel territorio nazionale», la parola: «esclusivamente» è soppressa e dopo le parole: «società o enti» sono aggiunte le seguenti: «aventi sede nel territorio nazionale».

 

 

L’articolo 48, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica l’art. 13, co. 1, del D.L. 223/2006[271]. L’art. 13, recante Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza, ha introdotto limiti all’attività che le amministrazioni degli enti territoriali possono svolgere per il tramite di strutture societarie.

 

L’art. 13 del D.L. 223/2006, al co. 1, al fine dichiarato “di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori”, pone limiti all’attività delle società a capitale interamente pubblico o anche misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali con le seguenti finalità (verosimilmente aventi riflesso sull’oggetto sociale):

-        produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti;

-        svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza (nei casi consentiti dalla legge, vale a dire per le funzioni “esternalizzabili”; al di fuori di tale condizioni si verserebbe per definizione in ipotesi di illegittimità).

Per produzione di beni e servizi strumentali all’attività di regioni e di enti locali la norma intende quelli “in funzione della loro attività”, ad esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni pubbliche individuate quali “amministrazioni aggiudicatrici” dall’art. 3, co. 25, del codice degli appalti pubblici[272].

Tali società:

-        debbono operare esclusivamente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti; la norma richiede dunque che le società siano affidatarie di compiti solo da parte degli enti costituenti;

-        non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara; la norma è complementare a quella precedente, ma specifica l’ininfluenza della modalità di affidamento, se con gara o diretta: neppure la presenza di una gara legittima la società ad assumere servizi per conto di soggetti che non siano gli enti costituenti.

-        non possono partecipare ad altre società o enti (sono escluse da tale divieto le società di intermediazione finanziaria, la cui attività istituzionale comprende anche l’assunzione di partecipazioni);

-        sono ad oggetto sociale esclusivo (così il successivo co. 2).

 

Le modifiche apportate dall’articolo in commento consistono essenzialmente:

§      nella soppressione del termine “esclusivamente” riferito all’obbligo di operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti (resta peraltro fermo il divieto svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati);

§      nella limitazione del divieto di partecipare ad altre società o enti, alle sole società o enti aventi sede nel territorio nazionale. Restano quindi possibili le partecipazioni a società aventi sede all’estero.

 

Le modificazioni in oggetto sono evidenziate nel testo a fronte che segue.

 

D.L. 223/2006

Testo vigente

D.L. 223/2006

Modificazioni proposte dall’art. 48

Art. 13
(Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza)

Art. 13
(Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza)

1. Al fine di evitare alterazioni o distor­sioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le so­cietà, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle am­ministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi stru­mentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei ser­vizi pubblici locali e dei servizi di com­mittenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di ammini­strazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pub­blici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro compe­tenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o af­fidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti.

1. Al fine di evitare alterazioni o distor­sioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, le società, a capi­tale interamente pubblico o misto, costi­tuite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produ­zione di beni e servizi strumentali all'atti­vità di tali enti in funzione della loro atti­vità, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di commit­tenza apprestati a livello regionale a sup­porto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'ar­ticolo 3, comma 25, del codice dei con­tratti pubblici relativi a lavori, servizi e for­niture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi con­sentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affi­danti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazio­nale. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti.

2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1.

2. [Identico].

3. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro quarantadue mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consen­tite. A tale fine possono cedere, nel ri­spetto delle procedure ad evidenza pub­blica, le attività non consentite a terzi ov­vero scorporarle, anche costituendo una separata società. I contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del termine indicato nel primo periodo del presente comma.

3. [Identico].

4. I contratti conclusi, dopo la data di en­trata in vigore del presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i con­tratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data.

4. [Identico].

 


 

Articolo 49
(Modifiche dell’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 49
(Modifica dell'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n 206)

 

 

 

1. L'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è sostituito dal seguente:

 

«Art. 140-bis. - (Azione di classe). - 1. I diritti individuali omogenei dei consu­matori e degli utenti di cui al comma 2 sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo le previsioni del pre­sente articolo. A tal fine ciascun compo­nente della classe, anche mediante as­sociazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restitu­zioni.

 

2. L'azione tutela:

 

     a) i diritti contrattuali di una plura­lità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;

 

     b) i diritti identici spettanti ai con­sumatori finali di un determinato pro­dotto nei confronti del relativo produt­tore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;

 

     c) i diritti identici al ristoro del pre­giudizio derivante agli stessi consuma­tori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticon­correnziali.

 

3. I consumatori e utenti che inten­dono avvalersi della tutela di cui al pre­sente articolo aderiscono all'azione di classe, senza ministero di difensore. L'adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria indivi­duale fondata sul medesimo titolo, salvo quanto previsto dal comma 15. L'atto di adesione, contenente, oltre all'elezione di domicilio, l'indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria, è depositato in cancelleria, anche tramite l'attore, nel termine di cui al comma 9, lettera b). Gli effetti sulla prescrizione ai sensi degli articoli 2943 e 2945 del co­dice civile decorrono dalla notificazione della domanda e, per coloro che hanno aderito successivamente, dal deposito dell'atto di adesione.

 

4. La domanda è proposta al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l'impresa, ma per la Valle d'Aosta è competente il tribunale di Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è compe­tente il tribunale di Venezia, per le Mar­che, l'Umbria, l'Abruzzo e il Molise è competente il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è competente il tribunale di Napoli. Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale.

 

5. La domanda si propone con atto di citazione notificato anche all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adìto, il quale può intervenire limitata­mente al giudizio di ammissibilità.

 

6. All'esito della prima udienza il tri­bunale decide con ordinanza sull'am­missibilità della domanda, ma può so­spendere il giudizio quando sui fatti rile­vanti ai fini del decidere è in corso un'i­struttoria davanti a un'autorità indipen­dente ovvero un giudizio davanti al giu­dice amministrativo. La domanda è di­chiarata inammissibile quando è manife­stamente infondata, quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l'identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2, nonché quando il proponente non ap­pare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.

 

7. L'ordinanza che decide sulla am­missibilità è reclamabile davanti alla corte d'appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione se anteriore. Sul reclamo la corte d'appello decide con ordinanza in camera di consiglio non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il re­clamo dell'ordinanza ammissiva non so­spende il procedimento davanti al tribu­nale.

 

8. Con l'ordinanza di inammissibilità, il giudice regola le spese, anche ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile, e ordina la più opportuna pubbli­cità a cura e spese del soccombente.

 

9. Con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale fissa termini e moda­lità della più opportuna pubblicità, ai fini della tempestiva adesione degli apparte­nenti alla classe. L'esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità della domanda. Con la stessa ordinanza il tribunale:

 

     a) definisce i caratteri dei diritti in­dividuali oggetto del giudizio, specifi­cando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall'azione;

 

     b) fissa un termine perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla sca­denza di quello per l'esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di ade­sione, anche a mezzo dell'attore, sono depositati in cancelleria. Copia dell'ordi­nanza è trasmessa, a cura della cancel­leria, al Ministero dello sviluppo econo­mico che ne cura ulteriori forme di pub­blicità, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet.

 

10. È escluso l'intervento di terzi ai sensi dell'articolo 105 del codice di pro­cedura civile.

 

11. Con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale determina altresì il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l'equa, effi­cace e sollecita gestione del processo. Con la stessa o con successiva ordi­nanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o com­plicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli ade­renti; regola nel modo che ritiene più opportuno l'istruzione probatoria e di­sciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio.

 

12. Se accoglie la domanda, il tribu­nale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell'articolo 1226 del codice civile, le somme defini­tive dovute a coloro che hanno aderito all'azione o stabilisce il criterio omoge­neo di calcolo per la liquidazione di dette somme. In caso di accoglimento di un'a­zione di classe proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, il tribunale tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate. La sentenza diviene esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione. I pagamenti delle somme dovute effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli ac­cessori di legge maturati dopo la pubbli­cazione della sentenza.

 

13. La corte d'appello, richiesta dei provvedimenti di cui all'articolo 283 del codice di procedura civile, tiene altresì conto dell'entità complessiva della somma gravante sul debitore, del nu­mero dei creditori, nonché delle con­nesse difficoltà di ripetizione in caso di accoglimento del gravame. La corte può comunque disporre che, fino al passag­gio in giudicato della sentenza, la somma complessivamente dovuta dal debitore sia depositata e resti vincolata nelle forme ritenute più opportune.

 

14. La sentenza che definisce il giudi­zio fa stato anche nei confronti degli aderenti. È fatta salva l'azione indivi­duale dei soggetti che non aderiscono all'azione collettiva. Non sono proponi­bili ulteriori azioni di classe per i mede­simi fatti e nei confronti della stessa im­presa dopo la scadenza del termine per l'adesione assegnato dal giudice ai sensi del comma 9. Quelle proposte en­tro detto termine sono riunite d'ufficio se pendenti davanti allo stesso tribunale; altrimenti il giudice successivamente adìto ordina la cancellazione della causa dal ruolo, assegnando un termine peren­torio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice.

 

15. Le rinunce e le transazioni inter­venute tra le parti non pregiudicano i di­ritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito. Gli stessi di­ritti sono fatti salvi anche nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura an­ticipata del processo».

 

2. Le disposizioni dell'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, come sostituito dal comma 1 del pre­sente articolo, si applicano agli illeciti compiuti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

L’articolo 49, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riforma l’istituto, non ancora in vigore, dell’azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori disciplinato dall’art. 140-bis del Codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005).

La legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) ha introdotto nel nostro ordinamento l’azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori (art. 2, commi da 445 a 449).

Si tratta di un’azione giudiziale di gruppo – attivabile da associazioni rappresentative di consumatori o utenti nei confronti delle imprese per specifici illeciti contrattuali ed extracontrattuali – dei cui effetti risarcitori possono giovarsi tutti gli appartenenti alla stessa categoria.

Il procedimento prevede una doppia fase:

-        la prima è volta alla pronuncia della sentenza di accertamento;

-             la seconda, di carattere conciliativo, è finalizzata alla quantificazione del risarcimento individuale.

Con riferimento alla legittimazione all’azione, questa spetta alle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale nonché alle associazioni e ai comitati che siano “adeguatamente rappresentativi” dei diritti collettivi che si intendono far valere in giudizio.

Per quanto attiene all’oggetto della tutela, la normativa fa riferimento:

-        a illeciti relativi a rapporti giuridici originati dai contratti cd. di massa o per adesione, conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile (con moduli o formulari);

-        a illeciti extracontrattuali (risarcimento ex art. 2043 c.c.)

-        a pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali, quando ledano i diritti di una pluralità di consumatori o utenti.

Il giudice, se accoglie l’azione collettiva con la sentenza di condanna, determina i criteri in base ai quali liquidare la somma da corrispondere o da restituire ai singoli consumatori o utenti che hanno aderito all'azione collettiva o che sono intervenuti in giudizio. Ove possibile, il giudice determina anche la somma minima da corrispondere a ciascun consumatore o utente. Spetta poi all’impresa proporre l’entità del risarcimento ai singoli consumatori; la mancata accettazione (o la mancata proposta) comporta l’apertura di una fase non contenziosa presso una camera di conciliazione composta da 3 avvocati (un presidente, nominato dal Tribunale e due membri in rappresentanza delle parti); in alternativa la fase conciliativa potrà tenersi presso gli organismi conciliativi stragiudiziali previsti dal processo societario (art. 38, D.Lgs. n. 5/2003).

Coloro che non hanno aderito all’azione e che non sono intervenuti nel giudizio potranno comunque agire individualmente. Il legislatore italiano ha quindi adottato, come la gran parte di quelli europei, il sistema dell’opt-in, ovvero la soggezione del membro della classe al giudicato soltanto nel caso in cui manifesti esplicitamente una volontà in tal senso (aderendo all’azione collettiva o intervenendo in causa).

L’entrata in vigore della nuova disciplina della class action era fissata decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria e, dunque, a partire dal 30 giugno 2008. Tuttavia, prima l’art. 36 del decreto-legge n. 112 del 2008[273], quindi l’articolo 19 del decreto cd. milleproroghe n. 207 del 2008[274] hanno prorogato la sospensione dell’entrata in vigore della nuova disciplina, che attualmente è destinata ad operare fino al 30 giugno 2009.

Va segnalato che l’art. 36 del citato DL 112/2008 precisava come la proroga fosse stata disposta “anche al fine di individuare e coordinare specifici strumenti di tutela risarcitoria collettiva, anche in forma specifica nei confronti delle pubbliche amministrazioni”.

In proposito, si richiama l’art. 4, comma 2, lett. l) della legge n. 15 del 2009[275] che, tra i principi e i criteri di una più generale delega al Governo in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche, prevede che sia consentito a ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonché dei concessionari di servizi pubblici se, dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall'omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali, derivi la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori. La medesima disposizione, a tal fine, detta ulteriori specifici criteri.

In proposito, si richiama la dichiarazione rilasciata dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro Brunetta al termine del Consiglio dei ministri dello scorso 15 maggio, con la quale è stato comunicato che questa materia sarà trattata non nel decreto legislativo generale sulla riforma del lavoro pubblico, ma in un secondo specifico decreto legislativo. Ciò in considerazione sia della necessità di acquisire preliminarmente il parere del Consiglio di Stato e dell’Avvocatura dello Stato sui riflessi che la nuova azione avrà sul processo amministrativo e sulla difesa erariale sia di un coordinamento della disciplina della class action “amministrativa” con quella della class action generale contenuta nella disposizione in commento.

Si ricorda, infine, che presso la Commissione giustizia della Camera è in corso l’esame di diverse proposte di legge in materia (C. 410 Contento, C. 1845 Di Pietro e C. 1824 Mantini.). Nella seduta del 29 aprile, il Presidente della medesima Commissione ha avvertito delle dimissioni del relatore a seguito dell'approvazione, da parte del Senato, dell’emendamento recante la riforma della class action (nell’ambito del disegno di legge collegato in commento) e ha avvertito che, non appena trasmesso il collegato alla Camera, “la Commissione Giustizia potrà invitare la Commissione Attività produttive, alla quale verosimilmente sarà assegnato il provvedimento, a chiedere all'Assemblea lo stralcio dell'articolo contenente tale normativa. Una volta avvenuto lo stralcio, il provvedimento potrà essere assegnato alla Commissione Giustizia ed essere quindi abbinato alle proposte di legge oggi in esame”.

In sintesi, il nuovo articolo 140-bis del codice del consumo, come sostituito dall’articolo 49 in commento:

§      prevede una specifica tutela per i diritti di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica (“diritti individuali omogenei”); può trattarsi di danni derivanti dalla violazione di diritti contrattuali (compresi quelli derivanti dal contratto per adesione, di cui all’art. 1342 c.c.) o di diritti comunque spettanti al consumatore finale del prodotto (a prescindere da un rapporto contrattuale), da comportamenti anticoncorrenziali o da pratiche commerciali scorrette (comma 2);

§      riconosce la legittimazione ad agire in giudizio per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni ai singoli cittadini-consumatori, anche mediante associazioni cui diano mandato o comitati cui partecipino (comma 1);

§      prevede che l’adesione all’azione di classe entro il termine perentorio stabilito comporti la rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale (salve le ipotesi di cui al comma 15 del nuovo art. 140-bis ovvero transazioni o rinunce cui l’aderente non abbia consentito e in caso di estinzione o chiusura anticipata del giudizio) (comma 3); è comunque esplicitamente ammessa l’azione individuale di chi non aderisce all’azione collettiva (comma 14);

§      prevede, diversamente dall’attuale art. 140-bis, che dopo la scadenza del termine fissato per l’adesione all’azione collettiva, non sono più proponibili azioni collettive ulteriori contro la stessa impresa per gli stessi fatti; se proposte entro il termine davanti allo stesso tribunale, le azioni sono riunite d’ufficio, se proposte oltre il termine, sono cancellate dal ruolo ed eventualmente riassunte davanti al primo giudice (comma 14);

§      delinea un procedimento in due fasi: la prima fase (commi 6 e ss.) è volta alla pronuncia sull’ammissibilità dell’azione di classe e, in caso di esito positivo (ordinanza di ammissione), comporta che all’azione debba essere data adeguata pubblicità affinché tutti gli interessati possano aderirvi (il nuovo comma 9 individua l’esecuzione della pubblicità come condizione di procedibilità della domanda). Motivo di inammissibilità - oltre alla manifesta infondatezza, alla presenza di un conflitto di interessi e la mancata identità del diritti da tutelare (attualmente il motivo è la ravvisata inesistenza di un interesse collettivo tutelabile) - anche il fatto, ora non previsto, che il proponente non appaia al tribunale in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe (comma 6); viene disciplinato il contenuto dell’ordinanza di ammissione (da trasmettere al Ministero dello sviluppo economico) e individuato un termine di 120 giorni per il deposito degli atti di adesione all’azione collettiva (comma 9); la seconda fase (commi 12 e ss.) è finalizzata invece alla decisione nel merito e, in caso di accoglimento della domanda, si conclude con la sentenza di condanna alla liquidazione, in via equitativa, delle somme dovute a coloro che hanno aderito all’azione ovvero con la definizione di un criterio omogeneo di calcolo per la suddetta liquidazione; una nuova disposizione prevede, in caso di successo dell’azione proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, che il tribunale debba tener conto, ai fini liquidatori, di quanto previsto nelle eventuali carte dei servizi. La sentenza diviene esecutiva decorsi 180 giorni dalla pubblicazione.

 

Nell’attuale art. 140-bis, il giudice non liquida direttamente la somma da corrispondere, ma determina i criteri in base ai quali tale somma deve essere liquidata, limitandosi eventualmente a definire la somma minima da corrispondere a ciascun consumatore o utente. La compiuta determinazione di tale somma viene demandata o all’accordo tra impresa e singolo consumatore o all’esito della fase conciliativa (su cui cfr. sopra).

 

Nel caso di determinazione da parte del giudice del solo criterio di calcolo della liquidazione della somma da corrispondere ai singoli consumatori, non sono chiari i successivi passaggi procedurali volti alla compiuta definizione dell’entità di tale somma e alla formazione del titolo esecutivo.

 

§      prevede la possibile esecuzione provvisoria in appello ex art. 283 c.p.c.. La corte d’appello, se richiesta in tal senso, tiene conto:

-       dell’entità complessiva della somma a carico dell’impresa debitrice;

-       del numero dei creditori;

-       delle previste difficoltà di ripetere la somma in caso di accoglimento dell’appello.

È data, comunque, facoltà al giudice del gravame di far vincolare e depositare dall’impresa gli importi dovuti fino al passaggio in giudicato della sentenza

§      esclude la retroattività della disciplina, disponendo che l’esercizio dell’azione sia ammesso solo per gli illeciti compiuti dopo la data di entrata in vigore del provvedimento in esame (art. 49, comma 2).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

L’8 ottobre 2008 la Commissione ha presentato la proposta di direttiva sui diritti dei consumatori (COM(2008)614) che si inserisce in un processo di riesame avviato nel 2004, volto a semplificare e completare il quadro normativo esistente in materia.

Obiettivo del riesame è la realizzazione di un mercato interno tra imprese e consumatori che raggiunga un equilibrio tra un elevato livello di tutela dei consumatori e competitività delle imprese, assicurando nel contempo il rispetto del principio di sussidiarietà, aumentando la fiducia del consumatore e riducendo la riluttanza delle imprese ad operare a livello transfrontaliero.

La proposta, tra l’altro:

§      prevede un insieme di obblighi di informazioni da fornire ai consumatori sia da parte dei commercianti prima della conclusione di qualsiasi contratto, sia degli intermediari che concludano contratti a nome dei consumatori;

§      regolamenta il diritto di recesso in materia di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali;

§      mantiene il principio di responsabilità del commerciante nei confronti del consumatore per un periodo di due anni qualora le merci non siano conformi al contratto.

Il 27 novembre 2008 la Commissione ha presentato un Libro verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori (COM(2008)794).

Il Libro verde individua gli ostacoli che si frappongono a un efficace ricorso dei consumatori in termini di accesso, efficacia e economicità, ed avvia una consultazione delle parti interessate sulle diverse opzioni.

Le opzioni proposte sono le seguenti:

-        nessun intervento comunitario: nessuna azione comune nell’immediato (ci si basa sulle misure nazionali e comunitarie esistenti);

-        cooperazione tra Stati membri: gli Stati membri che possiedono un meccanismo di ricorso collettivo ne consentono l'accesso ai consumatori di altri Stati membri e che gli Stati membri che non possiedono questo tipo di meccanismo ne creino uno;

-        associazione di strumenti diversi: si tratterebbe di attivare diversi strumenti, vincolanti e non vincolanti, quali: il miglioramento dei meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie; l'ampliamento del campo d'applicazione delle procedure relative alle controversie di modesta entità ai ricorsi di massa; l'ampliamento del campo di applicazione del regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori; l'incoraggiamento delle imprese a migliorare i sistemi di gestione dei reclami; le azioni per sensibilizzare i consumatori circa i meccanismi di ricorso esistenti;

-        procedura giudiziaria di ricorso collettivo a livello comunitario: previsione di una misura comunitaria, vincolante o meno, per garantire che in tutti gli Stati membri esista un meccanismo di ricorso giudiziario collettivo.

La consultazione è terminata il 1° marzo 2009.

La Commissione ha avviato un’ulteriore consultazione sul follow-up del richiamato Libro verde, al fine di completare l’analisi dell’impatto delle opzioni prospettate.

La consultazione si concluderà il 7 luglio 2009 ed in base ai risultati la Commissione presenterà un nuovo documento orientativo nel corso del 2009.

Nella seduta del 26 marzo 2009, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (COM(2008)165), presentato dalla Commissione europea il 2 aprile 2008, nella quale afferma di condividere la proposta della Commissione di istituire meccanismi per migliorare le azioni risarcitorie collettive.

Si segnala infine che nel Libro verde sulla revisione del Reg. 44/2001/CE concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (c.d. regolamento Bruxelles I) (COM(2009)175) presentato il 21 aprile 2009, la Commissione europea ha suggerito l’elaborazione di norme uniformi in materia di riunione di procedimenti, in particolare a vantaggio dei casi di ricorsi collettivi dei consumatori e delle azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie.

 


 

Articolo 50
(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 50
(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili)

 

 

 

1. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ogni sei mesi, presenta alle Camere una relazione sul grado di libe­ralizzazione dei servizi a terra negli ae­roporti civili, con particolare riferimento:

 

     a) al mercato dei servizi aeropor­tuali a terra;

 

     b) al miglioramento del servizio di vendita dei biglietti aerei in termini di re­peribilità, informazione in tempo reale all'utenza, minori costi per i consuma­tori;

 

     c) ai rapporti fra scali aeroportuali, trasporti intermodali, infrastrutture di trasporto e territorio;

 

     d) alle misure e ai correttivi con­creti adottati per un'effettiva liberalizza­zione nel settore;

 

     e) agli ulteriori eventuali provvedi­menti volti a garantire un'effettiva con­correnzialità del mercato.

 

 

L’articolo 50, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, si inserisce nell’ambito del percorso volto a promuovere l'effettiva liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti civili nazionali, prevedendo l’obbligo, in capo al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di presentare semestralmente al Parlamento una relazione sullo stato di avanzamento di tale processo di apertura dei servizi aeroportuali, con specifico riferimento:

§      al mercato dei servizi aeroportuali di terra;

§      al perfezionamento del servizio di vendita dei biglietti aerei sotto il profilo della reperibilità e dell’informazione in tempo reale all'utenza nell’ottica di una sensibile riduzione dei costi per i consumatori

§      ai rapporti fra scali aeroportuali, trasporti intermodali ed infrastrutture di trasporto e territorio;

§      alle misure ed ai correttivi concreti adottati per un'effettiva liberalizzazione nel settore;

§      agli ulteriori eventuali provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato.

 

Si ricorda che la liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti è stata avviata con il D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, che ha dato attuazione alla direttiva 96/67/CE del Consiglio del 15 ottobre 1996, relativa all’accesso al mercato dell’assistenza a terra negli aeroporti della Comunità. Il suddetto decreto legislativo si applica così ai servizi di assistenza amministrativa a terra; passeggeri; bagagli; merci e posta; operazioni in pista; pulizia dell’aereo e servizi di scalo; assistenza carburante e olio; manutenzione dell’aereo; operazioni aeree e gestione equipaggi; assistenza trasporto a terra e catering.

Si segnala che il Garante della concorrenza e del mercato, nell’ambito di una segnalazione al Parlamento e al Governo resa il 29 gennaio 2004 sulle problematiche di carattere concorrenziale relative alla gestione degli scali e delle attività aeroportuali, aveva posto in evidenza come il processo di liberalizzazione avesse incontrato alcuni significativi ostacoli. Tra questi veniva evidenziato un tardivo ed inadeguato utilizzo delle procedure di selezione degli operatori di handling, nei casi di limitazioni all’accesso, accanto ad alcuni comportamenti ostruzionistici posti in essere da determinati gestori. Un terzo rilevante elemento di ostacolo allo sviluppo della concorrenza nel settore veniva individuato nelle modalità di applicazione della cosiddetta “clausola di protezione sociale” di cui all’articolo 14 del D.Lgs. 18/99, che nella versione originaria imponeva ai nuovi entranti l’onere di assorbire manodopera eccedente.

A seguito di varie modifiche - da ultimo quella apportata dall’articolo 23 della legge comunitaria per il 2006 (L. 13/2007) - intervenute anche in relazione al parere motivato della Corte di giustizia europea emessonell’ambito di una procedura di infrazione, l’articolo è stato riformulato in modo da sopprimere oneri di assunzione per il personale nuovo entrante[276].

Si segnala inoltre che, nell’ambito di una relazione sull’applicazione della direttiva 96/67[277], la Commissione europea ha segnalato che - laddove la società che gestisce l’aeroporto è attiva nel mercato dei servizi di assistenza a terra e quindi direttamente in concorrenza con i prestatori di servizi di assistenza a terra - il gestore aeroportuale, disponendo di una posizione dominante, non consente per un concorrente o per un nuovo handler di conquistare quote di mercato. Nella medesima relazione si legge inoltre che la direttiva non offre strumenti solidi per affrontare la situazione in cui la società di gestione sia contemporaneamente organismo di regolazione, gestore dell’infrastruttura e prestatore di servizi di assistenza a terra e assuma quindi ruoli in conflitto tra di loro.

In ordine alle prospettive future sull’applicazione ed eventuali modifiche della direttiva 96/67, la Commissione ha evidenziato come il provvedimento abbia consentito l'introduzione della concorrenza presso numerosi aeroporti che in precedenza erano mercati chiusi o statici; un migliore rapporto costo/qualità dei servizi di assistenza a terra; maggiori pressioni sui prezzi per i servizi di assistenza a terra; in alcuni casi, alcune conseguenze sulle condizioni di lavoro nel settore, anche a fronte di una generale riduzione dell'occupazione.

 


 

Articolo 51
(Misure per la conoscibilità dei prezzi dei carburanti)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 51
(Misure per la conoscibilità dei prezzi dei carburanti)

 

 

 

1. Al fine di favorire la più ampia dif­fusione delle informazioni sui prezzi dei carburanti praticati da ogni singolo im­pianto di distribuzione di carburanti per autotrazione sull'intero territorio nazio­nale, è fatto obbligo a chiunque eserciti l'attività di vendita al pubblico di carbu­rante per autotrazione per uso civile di comunicare al Ministero dello sviluppo economico i prezzi praticati per ogni ti­pologia di carburante per autotrazione commercializzato.

 

2. Il Ministro dello sviluppo econo­mico, con proprio decreto da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vi­gore della presente legge, definisce i cri­teri e le modalità per la comunicazione delle informazioni di prezzo da parte dei gestori degli impianti, per l'acquisizione ed il trattamento dei suddetti prezzi dei carburanti, nonché per la loro pubblica­zione sul sito internet del Ministero me­desimo ovvero anche attraverso altri strumenti di comunicazione atti a favo­rire la più ampia diffusione di tali infor­mazioni presso i consumatori. La diffu­sione delle informazioni di prezzo può avvenire anche per il tramite di soggetti terzi.

 

3. In caso di omessa o mancata co­municazione o in caso di sua difformità rispetto al prezzo effettivamente prati­cato dal singolo impianto di distribu­zione di cui al comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, da ir­rogare con le modalità ivi previste.

 

 

 

L’articolo 51, introdotto dal Senato, reca misure per la conoscibilità dei prezzi dei carburanti.

In particolare il comma 1, al fine di favorire la più ampia diffusione delle informazioni sui prezzi dei carburanti praticati da ogni singolo impianto di distribuzione di carburanti per autotrazione sull’intero territorio nazionale, dispone un obbligo per chiunque eserciti l’attività di vendita al pubblico di carburante per autotrazione di comunicare al Ministero dello sviluppo economico i prezzi praticati per ogni tipologia di carburante commercializzato.

Ai sensi del comma 2, il Ministero dello sviluppo economico adotta, entro 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, un decreto volto a definire i criteri e le modalità per la comunicazione delle informazioni di prezzo da parte dei gestori degli impianti, per l’acquisizione e il trattamento dei prezzi dei carburanti, nonché per la loro pubblicazione sul sito internetdello stesso Ministero ovvero anche mediante altri strumenti di comunicazione idonei a favorire la diffusione quanto più ampia possibile di tali informazioni presso i consumatori.

Il comma 3 si occupa dei profili sanzionatori, prevedendo che, nel caso di omessa comunicazione o in caso di sua difformità rispetto al prezzo effettivamente praticato dal singolo impianto di distribuzione, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 (euro 516,46) a lire 6.000.000 (euro 3.098,74), ai sensi dell’art. 22, comma 3, del D.Lgs. 114/1998[278]. Tale sanzione deve essere irrogata con le modalità previste dallo stesso art. 22 del D.Lgs. 114/1998.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 22 del D.Lgs. 114/1998, al comma 7, dispone che per le violazioni di cui al medesimo articolo l'autorità competente è il sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo e che alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.


 

Articolo 52
(SACE Spa)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 31
(SACE Spa)

Articolo 52
(SACE Spa)

 

 

1. Al fine di ottimizzare l'efficienza del­l'attività della società SACE Spa a sostegno dell'internazionalizzazione dell'economia italiana e la sua competitività rispetto agli altri organismi che operano con le stesse finalità sui mercati internazionali, il Governo è delegato ad adottare, sentito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, entro sei mesi dalla data di en­trata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

1. Identico:

     a) separazione tra le attività che la società SACE Spa svolge a condizioni di mercato dall'attività che, avendo ad oggetto rischi non di mercato, beneficia della garan­zia dello Stato secondo la normativa vi­gente;

     a) identica;

     b) possibilità che le due attività di cui alla lettera a) siano esercitate da organismi diversi, determinandone la costituzione e i rapporti;

     b) identica;

     c) possibilità che all'organismo desti­nato a svolgere l'attività a condizioni di mercato partecipino anche soggetti interes­sati all'attività o all'investimento purché non in evidente conflitto di interessi.

     c) identica;

 

     d) previsione, nell'ambito della se­parazione delle attività della società, e anche nelle ipotesi di cui alla lettera a), di opportune forme di trasparenza, ed eventuali procedure di verifica e con­trollo indipendente, delle attività svolte sia dal suddetto organismo che dalle imprese assicurate.

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Identico.

 

 

L’articolo 52 al comma 1 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi destinati ad incidere sull’attività svolta dalla SACE spa a favore dell’internazionalizzazione e della competitività dell’economia italiana.

Lo scopo è quello di ottimizzare l’efficienza della società e la sua competitività rispetto ad altri organismi operanti sui mercati internazionali con le stesse finalità.

LIstituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE), riformato dal titolo I del D.Lgs. 143 del 1998[279] e successivamente dal D.Lgs. n. 170/1999 (recante disposizioni correttive del D.Lgs 143/98), ha la funzione di assumere in assicurazione e in riassicurazione la garanzia sui rischi (di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e dei cambi) ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività con l'estero. Il DL n. 269 del 2003, convertito con modificazioni nella legge n. 326/2003, all’art. 6 ha disposto la trasformazione della SACE in spa con decorrenza dal 1 gennaio 2004. Le azioni della SACE spa sono state attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze che provvede alle nomine dei componenti degli organi sociali, d’intesa con i Ministeri degli affari esteri, delle attività produttive (ora sviluppo economico) e delle politiche agricole e forestali. Ulteriori modifiche alla disciplina relativa alla SACE sono state apportate dal DL competitività n. 35/05[280], che con l’articolo 11-quinquies ha introdotto disposizioni volte al sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento all’attività di rilascio di garanzie e di coperture assicurative da parte di SACE spa. Da ultimo è intervenuta la legge finanziaria 2007 (L. 296/06) con le disposizioni dei commi 1334-1339. In particolare, oltre a provvedere alla sostituzione del termine “ Istituto” con il termine “Società”, in conformità all’attuale natura giuridica della SACE Spa (comma 1334), tali disposizioni hanno precisato che le attività della società sono rivolte non solo a favore degli operatori nazionali ma anche delle loro controllate e collegate estere (comma 1334) e che la SACE è autorizzata al rilascio di garanzie e coperture assicurative per le imprese estere in relazione a progetti strategici per l’economia italiana. I commi 1336 e 1337 hanno provveduto ad ampliare la gamma dei clienti della società consentendo il rilascio di garanzie anche a società finanziarie che rispettino adeguati principi di organizzazione, vigilanza, patrimonializzazione e operatività, relativamente a crediti concessi da tali soggetti ad operatori nazionali o alla controparte estera e destinati al finanziamento, mentre è stata esclusa la possibilità di concedere garanzie ad operatori e controparte estera per crediti concessi da questi soggetti a Stati e banche centrali per il finanziamento di debiti statali. Con il comma 1338 relativo agli accordi di riassicurazione e coassicurazione, è venuta meno la limitazione prevista in precedenza in base alla quale tali accordi possono essere stipulati con enti o imprese autorizzati ai sensi del DPR 229/59. Si è inoltre prevista la possibilità per la SACE di stipulare contratti di copertura del rischio assicurativo a condizioni di mercato con primari operatori del settore. Il comma 1339 prevede una riduzione del capitale sociale della SACE in favore del Ministero dell’economia e delle finanze.

I decreti legislativi – il cui termine di adozione è stabilito in sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame e sui quali dovranno essere sentite preliminarmente le Commissioni parlamentari competenti in materia - dovranno in particolare:

a)   -prevedere la separazione dell’attività che la SACE svolge a condizioni di mercato da quella che beneficia della garanzia da parte dello Stato avendo come oggetto rischi non di mercato;

b)   consentire l’esercizio delle due attività di cui sopra da parte di organismi diversi, determinandone costituzione e rapporti;

c)   consentire la partecipazione all’organismo destinato allo svolgimento dell’attività a condizioni di mercato anche a soggetti interessati a tale attività o all’investimento, purché in assenza di conflitto di interessi;

d)   prevedere, nell’ambito della suddetta separazione di attività, e nell’ipotesi di cui alla lettera a) (rectius: lettera c), opportune forme di trasparenza ed eventuali procedure di verifica e di controllo indipendente delle attività svolte sia dal suddetto organismo destinato a svolgere l’attività a condizioni di mercato sia dalle imprese assicurate (lettera aggiunta dal Senato).

 

Il comma 11, art. 6, del citato DL 269/03 mantiene esplicitamente la disciplina dettata dall’articolo 2, comma 3, dall’articolo 8, comma 1, e dall’articolo 24 del D.Lgs. n. 143 del 1998, riguardanti la definizione da parte del CIPE dei rischi assicurabili, per quelle attività SACE che godono della garanzia dello Stato.

I commi 12 e 13 regolamentano l'attività della società con riferimento ai segmenti di mercato che in base alla disciplina comunitaria non possono beneficiare del sostegno pubblico.

Il comma 12, in particolare, stabilisce che la SACE Spa può svolgere attività assicurativa e di garanzia dei rischi di mercato, che non beneficia comunque di garanzia da parte dello Stato, operando con contabilità separata rispetto alle attività che beneficiano invece di garanzia statale ovvero mediante la costituzione di una diversa società.

Nel caso in cui l'esercizio dell'attività suddetta venga effettuato attraverso la costituzione di una diversa società, la partecipazione in tale società da parte della SACE Spa non può essere inferiore al 30%. Tale partecipazione, inoltre, non può essere sottoscritta mediante conferimento dei crediti indennizzati[281] esistenti al 31 dicembre 2003, che ai sensi del comma 3 dell’art. 6 in esame sono trasferiti dal Ministro dell'economia e delle finanze alla SACE Spa a titolo di conferimento di capitale.

Il comma 13 assoggetta le attività della SACE S.p.A., svolte a garanzia dei rischi di mercato, che non beneficino di garanzia da parte dello Stato, alla normativa nazionale sulle assicurazioni private, in particolare alle disposizioni della legge n. 576 del 1982, recante la riforma della vigilanza sulle assicurazioni.

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

 


 

Articolo 53
(Delega al Governo per la riforma della disciplina in materia di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 53
(Delega al Governo per la riforma della disciplina in materia di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura)

 

 

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vi­gore della presente legge, un decreto le­gislativo, ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su propo­sta del Ministro dello sviluppo econo­mico, d'intesa con la Conferenza perma­nente per i rapporti tra lo Stato, le re­gioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la riforma della disciplina in materia di camere di commercio, in­dustria, artigianato e agricoltura, nel ri­spetto dei seguenti princìpi e criteri di­rettivi:

 

     a) riordino della disciplina in mate­ria di vigilanza sulle camere di commer­cio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di assicurare uniformità e coe­renza nelle funzioni e nei compiti eserci­tati, nel rispetto del riparto di compe­tenze tra lo Stato e le regioni, e revisione della disciplina relativa ai segretari ge­nerali delle camere di commercio;

 

     b) semplificazione e rafforzamento delle procedure di nomina degli organi camerali al fine di consentire un efficace funzionamento degli stessi;

 

     c) previsione di una maggiore tra­sparenza nelle procedure relative alla rilevazione del grado di rappresentatività delle organizzazioni imprenditoriali, sin­dacali e delle associazioni di consuma­tori, ai fini della designazione dei com­ponenti delle stesse nei consigli came­rali;

 

     d) valorizzazione del ruolo delle camere di commercio quali autonomie funzionali nello svolgimento dei propri compiti di interesse generale per il si­stema delle imprese nell'ambito delle economie locali, nel contesto del si­stema regionale delle autonomie locali;

 

     e) previsione di limitazioni per la costituzione di nuove camere di com­mercio ai fini del raggiungimento di un sufficiente equilibrio economico;

 

     f) valorizzazione e rafforzamento del ruolo delle camere di commercio a sostegno dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di alternanza scuola-lavoro e di orientamento al lavoro e alle professioni;

 

     g) miglioramento degli assetti orga­nizzativi in coerenza con i compiti assegnati alle camere di commercio sul territorio, nonché valorizzazione del ruolo dell'Unioncamere con conse­guente razionalizzazione e semplifica­zione del sistema contrattuale;

 

     h) previsione che all'attuazione del presente comma si provveda nei limiti delle risorse umane, finanziarie e stru­mentali disponibili a legislazione vi­gente.

 

2. Al comma 1 dell'articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, dopo la lettera g) è aggiunta la seguente:

 

     «g-bis) i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580».

 

3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è emanato previa acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari.

 

4. Dall'attuazione del presente arti­colo non devono derivare nuovi o mag­giori oneri per la finanza pubblica.

 

 

L’articolo 53,introdotto dal Senato, delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per la riforma della disciplina in materia di camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

La legge n. 580/93, Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, reca ladisciplina generale sulle camere di commercio di cui fissa le funzioni, la struttura e l'organizzazione.

Legislativamente definite "enti autonomi di diritto pubblico", le camere di commercio hanno sede, generalmente, in ogni capoluogo di provincia e operano essenzialmente in campo amministrativo e promozionale. In campo amministrativo regolamentano l'accesso e lo svolgimento delle attività economiche, mediante la gestione di registri, albi e ruoli; quali, ad esempio, il Registro delle imprese, in cui sono tenuti ad iscriversi tutti gli imprenditori. In campo promozionale svolgono funzioni di supporto e di promozione degli interessi delle imprese, con riferimento particolare al loro sviluppo nell'ambito delle economie locali. I più importanti campi di intervento delle camere di commercio sono: la formazione, l'innovazione tecnologica, la certificazione di qualità, l'internazionalizzazione, l'arbitrato e lo sviluppo di servizi avanzati alle imprese, specie di piccole e medie dimensioni. Gli strumenti giuridici per il perseguimento di questi scopi sono vari. In particolare, le camere di commercio promuovono, realizzano e gestiscono strutture ed infrastrutture economiche sia in forma diretta, sia mediante il sistema della compartecipazione ad organismi associativi insieme ad altri soggetti pubblici o privati, sia mediante la costituzione di aziende speciali che agiscono in regime di diritto privato. Le camere di commercio esercitano, inoltre, le funzioni ad esse delegate dallo Stato e dalle regioni, nonché quelle derivanti da convenzioni internazionali. Alle camere di commercio sono poi attribuiti compiti in materia di tutela degli interessi dei consumatori. La vigilanza sull'attività, con particolare riguardo al profilo patrimoniale e gestionale, è svolta dal Ministro dello sviluppo economico nel rispetto dell'autonomia statutaria riconosciuta a ciascuna camera. La legge individua nel Consiglio, nella Giunta, nel Presidente e nel Collegio dei revisori dei conti, gli organi delle camere di commercio. Il Consiglio, in particolare, si configura quale organo di vertice composto da un numero variabile di membri indicati dalle categorie economiche più rappresentative della provincia, che elegge al suo interno la Giunta, organo esecutivo dell'ente, e il Presidente.La figura del presidente è disciplinata, in particolare, dall’articolo 16 della legge.

Il suddetto articolo 16, al comma 3, così come modificato dall’articolo 11 della legge 140/99 (Norme in materia di attività produttive), fissa la durata in carica del presidente della camera di commercio in 5 anni (anziché in 4 come previsto in origine dalla legge 580/93). Lo stesso comma, come modificato dal DL 35/05[282] (c.d. competitività), stabilisce che il presidente possa essere rieletto solo due volte.

 

Nell’adozione del decreto legislativo, che dovrà avvenire su proposta del Ministro dello sviluppo economico e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, il Governo è tenuto a rispettare i seguenti principi e criteri direttivi:

a)    riordino della disciplina in materia di vigilanza sulle camere di commercio, per assicurare uniformità e coerenza nelle funzioni e nei compiti esercitati, nel rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni, e revisione della disciplina concernente i segretari generali delle camere di commercio;

b)    semplificazione e rafforzamento delle procedure di nomina degli organi camerali in modo da consentire un efficace funzionamento degli stessi;

c)    maggiore trasparenza nelle procedure relative alla rilevazione del grado di rappresentatività delle organizzazioni imprenditoriali, sindacali e delle associazioni di consumatori, ai fini della designazione dei relativi componenti nei consigli camerali;

d)    valorizzazione del ruolo delle camere di commercio quali autonomie funzionali nello svolgimento dei propri compiti di interesse generale per il sistema delle imprese in ambito locale, nel contesto del sistema regionale delle autonomie locali;

e)    limitazioni alla costituzione di nuove camere di commercio volte al raggiungimento di un sufficiente equilibrio economico;

f)     valorizzazione e rafforzamento del ruolo delle camere di commercio a sostegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di alternanza scuola-lavoro e di orientamento al lavoro e alle professioni;

g)    miglioramento degli assetti organizzativi coerentemente ai compiti assegnati alle camere sul territorio, nonché valorizzazione del ruolo dell’Unioncamere con conseguente razionalizzazione e semplificazione del sistema contrattuale.

Si ricorda che l’articolo 7 della legge 580/93 reca disposizioni relative all’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Unioncamere), cui affida la cura e la rappresentanza degli interessi generali delle camere di commercio, nonché la promozione, la realizzazione e la gestione - direttamente o tramite proprie aziende speciali ovvero attraverso la partecipazione ad organismi anche associativi, ad enti, a consorzi e a società anche a prevalente capitale privato - di servizi e attività di interesse delle camere di commercio e delle categorie economiche. Il comma 2 dell’articolo 7 stabilisce che lo statuto dell'Unioncamere venga deliberato, con il voto dei due terzi dei componenti, dall'assemblea composta dai rappresentanti di tutte le camere di commercio e che sia è approvato con DPCM su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora dello sviluppo economico);

h)    attuazione del presente comma entro i limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 2 introduce la lettera g-bis) nell’art. 23-bis, comma 1, della legge n. 1034 del 1971[283]. Attraverso tale integrazione, la disposizione estende il rito speciale delineato dal suddetto art. 23-bis ai giudizi innanzi agli organi amministrativi aventi ad oggetto i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

 

L’articolo 12 della legge n. 580 del 1993, disciplinante la costituzione del Consiglio delle Camere di commercio, al comma 3 ha demandato al Ministro dell’industria (ora: Ministro dello sviluppo economico) l’emanazione di norme attuative delle disposizioni relative alla designazione dei componenti il Consiglio da parte delle organizzazioni rappresentative delle imprese (commi 1 e 2 dell’articolo) e alla composizione della Giunta (comma 1 dell'articolo 14), con particolare riferimento ai tempi, ai criteri e alle modalità relativi alla procedura di designazione dei componenti il consiglio e alle modalità per esperire i ricorsi relativi all'individuazione della rappresentatività delle organizzazioni di cui al comma 1 nonché all'elezione dei membri della giunta.

In attuazione dell’articolo 12 è stato emanato il DM 24 luglio 1996, n. 501 (Regolamento di attuazione dell'art. 12, comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, recante riordino delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura).

Si ricorda inoltre che il menzionato art. 23-bis della legge n. 1034 del 1971 introduce nella legge sul processo amministrativo un rito speciale, accelerato (netta riduzione dei termini processuali ordinari, generalmente dimezzati), applicabile solo a particolari tipi di controversie, relative a settori che, per la delicatezza delle materie considerate e la complessità dei contrapposti interessi giuridici coinvolti, necessitano di una drastica riduzione dei tempi del processo e di una significativa semplificazione dello svolgimento di determinate fasi. Si tratta del settore delle opere pubbliche (procedure di affidamento di incarichi di progettazione e attività tecnico-amministrative ad esse connesse; procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche e di servizi pubblici e forniture), dei provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti, delle procedure di privatizzazione di imprese o beni pubblici, dei provvedimenti di nomina adottati previa delibera del Consiglio dei ministri, dei provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi. In particolare, il rito presenta elementi di specialità sia per quanto riguarda la tutela cautelare che la pubblicazione della sentenza, oltre che per l’impugnazione della decisione (l’appello avverso la sentenza del TAR deve essere presentato entro 30 giorni dalla notificazione e 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza). Le medesime disposizioni speciali si applicano anche davanti al Consiglio di Stato, in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata.

Si segnala che il sopra commentato articolo 41 del provvedimento in esame inserisce un’ulteriore categoria di controversie (infrastrutture energetiche) nell’ambito di applicazione dell’articolo 23-bis, pur senza novellare direttamente tale ultima disposizione.

Il comma 3 richiede la previa acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari per l’emanazione del decreto legislativo di riforma della disciplina delle camere di commercio, di cui al comma 1.

Il comma 4, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria.


 

Articolo 54
(Internazionalizzazione delle imprese e sostegno alla rete estera dell’Istituto nazionale per il commercio estero)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 32
(Internazionalizzazione delle imprese e sostegno alla rete estera dell'Istituto nazionale per il commercio estero)

Articolo 54
(Internazionalizzazione delle imprese e sostegno alla rete estera dell'Istituto nazionale per il commercio estero)

1. Le risorse di cui all'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, fatto salvo quanto previsto dal comma 11 dell'articolo 2 della presente legge, sono altresì destinate agli interventi individuati dal Ministro dello sviluppo economico per garantire il mante­nimento dell'operatività della rete estera degli uffici dell'Istituto nazionale per il com­mercio estero.

1. Le risorse di cui all'articolo 2, comma 554, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, fatto salvo quanto previsto dal comma 12 dell'articolo 2 della presente legge, sono altresì destinate agli interventi individuati dal Ministro dello sviluppo economico per garantire il mante­nimento dell'operatività della rete estera degli uffici dell'Istituto nazionale per il com­mercio estero, subordinatamente alla ve­rifica, da parte del Ministero dell'econo­mia e delle finanze, della provenienza delle stesse risorse, fermo restando il limite degli effetti stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, ai sensi del comma 556 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

 

 

L'articolo 54, modificato dal Senato, dispone che le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni concesse ai sensi della legge n. 488/1992, secondo le procedure definite dall’art. 2, comma 554, della legge n. 244/2007 (finanziaria per il 2008), siano altresì destinate agli interventi individuati dal Ministro dello sviluppo economico per garantire il mantenimento dell'operatività della rete estera degli uffici dell'Istituto nazionale per il commercio estero, fatto salvo quanto previsto dal comma 12 dell'articolo 2 del provvedimento in esame, che reca un elenco di ulteriori interventi individuati dal Ministero dello sviluppo economico cui destinare le risorse in questione (cfr. la relativa scheda di lettura).

L'Istituto per il commercio estero (ICE), riordinato dalla legge 25 marzo 1997, n. 68, ha il compito di promuovere e di sviluppare il commercio con l'estero e i processi di internazionalizzazione dell'apparato produttivo nazionale elaborando, a tal fine, in stretta collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico, il Programma delle attività promozionali, assumendo le necessarie iniziative e curandone direttamente la realizzazione. L'attività dell'ICE è finanziata con fondi del Ministero vigilante e, parzialmente, con entrate proprie derivanti dai corrispettivi dei servizi forniti a operatori pubblici e privati. L'ICE ha la propria sede centrale in Roma e dispone di una rete composta da 17 Uffici in Italia e da 117 Uffici in 87 Paesi del mondo.

 

Secondo la modifica introdotta dal Senato, la destinazione prevista dall’articolo in esame è subordinata ad una verifica della provenienza delle risorse da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.

Resta, altresì, fermo il limite degli effetti stimati per ciascun anno in termini di indebitamento netto, ai sensi del comma 556, art. 2, della citata legge n. 244/2007.

 

L'articolo 2, comma 554, della legge n. 244 del 2007 prevede che le risorse derivanti da revoche delle agevolazioni della legge n. 488/1992, nel limite dell’85% delle economie accertate annualmente (entro il 30 ottobre) con decreto del Ministro dello sviluppo economico, siano destinate alla realizzazione di una serie di interventi specificamente indicati[284]. A tal fine, la norma prevede che le risorse accertate con il decreto del Ministro dello sviluppo economico siano iscritte in un apposito fondo del medesimo Ministero.

In sede di prima applicazione, le economie derivanti da rinunce e revoche di iniziative agevolate ai sensi della legge n. 448 sono state accertate con il D.M. Sviluppo economico 28 febbraio 2008, n. 64 in complessivi 785 milioni di euro.

 

In merito all’utilizzo di tali risorse, si rinvia a quanto già osservato con riferimento all’articolo 2, comma 12, del provvedimento in esame (cfr. la relativa scheda di lettura).

 

Con riferimento alla formulazione del testo, si valuti l’opportunità di inserire la destinazione delle risorse recata dalla norma in esame come ulteriore lettera del comma 12 dell’articolo 2.


 

Articolo 55
(Interpretazione autentica in materia
di esercizio di autotrasporto in forma associata)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 55
(Interpretazione autentica in materia di esercizio di autotrasporto in forma associata)

 

 

 

1. L'espressione «in forma associata» di cui all'articolo 2, comma 227, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, si inter­preta nel senso che le imprese, in pos­sesso dei requisiti di onorabilità, capa­cità finanziaria e professionale ed iscritte all'albo degli autotrasportatori per conto di terzi, che intendono eserci­tare la professione di autotrasportatore di cose per conto di terzi attraverso tale tipologia di accesso al mercato, devono aderire, ferme le condizioni di dettaglio stabilite con provvedimento del Diparti­mento per i trasporti terrestri e il tra­sporto intermodale - Direzione generale per il trasporto stradale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a un consorzio o a una cooperativa a pro­prietà divisa, esistente o di nuova costi­tuzione, che:

 

     a) sia iscritto o venga iscritto alla sezione speciale, prevista dal regola­mento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 1990, n. 155, dell'albo degli autotrasportatori per conto di terzi;

 

     b) gestisca e coordini effettiva­mente a livello centralizzato e in tutte le sue fasi l'esercizio dell'autotrasporto da parte delle imprese aderenti.

 

 

L’articolo 55, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca l’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 227, della legge finanziaria 2008[285]. Tale comma fissa alcune condizioni, tra loro alternative, per l’esercizio della professione di autotrasportatore di cose per conto di terzi, ferma restando la necessità del possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e professionale e l’iscrizione all’albo degli autotrasportatori. Tali condizioni sono:

§      l’acquisizione, per cessione di azienda, di altra impresa di autotrasporto;

§      l’acquisizione dell’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 3, di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto;

§      l’acquisizione e l’immatricolazione, singolarmente o in forma associata, di veicoli adibiti al trasporto di cose, di categoria non inferiore a Euro 3 e aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a ottanta tonnellate.

 

La disposizione in esame interviene con riferimento a tale ultima condizione, precisando che con l’espressione acquisto e immatricolazione di veicoli in forma associata si debba intendere che le imprese che intendono accedere al mercato devono aderire a un consorzio o a una cooperativa a proprietà indivisa, esistente o appositamente costituito, che:

§      sia iscritto, o venga iscritto, alla sezione speciale dell’albo degli autotrasportatori per conto di terzi;

La sezione speciale dell’albo, disciplinata dal D.P.R. 19 aprile 1990, n. 155, è riservata alle cooperative tra persone fisiche, alle cooperative tra persone giuridiche e ai consorzi di imprese. Si richiede che i soci delle cooperative e dei consorzi siano iscritti all’albo e siano titolari dell’autorizzazione per il trasporto di cose per conto di terzi.

§      gestisca e coordini effettivamente, a livello centralizzato e in tutte le sue fasi, l’esercizio dell’autotrasporto da parte delle imprese aderenti.

 

Le condizioni di dettaglio per l’applicazione della norma in esame saranno stabilite con un successivo provvedimento del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale – Direzione generale per il trasporto stradale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


 

Articolo 56
(Editoria)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

Articolo 33
(Editoria)

Articolo 56
(Editoria)

 

 

1. All'articolo 20 del decreto-legge 4 lu­glio 2006, n. 223, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il comma 3-ter è sostituito dal seguente:

«3-ter. Il requisito della rappresentanza parlamentare indicato dall'articolo 153, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, non è richiesto per le imprese e per le testate di quotidiani o periodici che risultano essere giornali od organi di partiti o movi­menti politici, che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai con­tributi di cui all'articolo 3, comma 10, della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni».

2. All'articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al quarto comma, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le azioni aventi diritto di voto o le quote possono essere intestate a società per azioni, in accoman­dita per azioni o a responsabilità limitata, purché la partecipazione di controllo di dette società sia intestata a persone fisiche o a società direttamente o indirettamente controllate da persone fisiche»;

     b) il sesto comma è sostituito dal se­guente:

«Qualora la partecipazione di controllo di cui al quarto comma sia intestata a so­cietà fiduciarie, il requisito ivi previsto del controllo diretto o indiretto da parte di per­sone fisiche si intende riferito ai fiducianti, in quanto soggetti effettivamente titolari delle azioni o quote medesime. In tal caso la so­cietà fiduciaria è tenuta, ai fini del presente articolo, a comunicare i nominativi dei fidu­cianti all'Autorità per le garanzie nelle co­municazioni ai fini e per gli effetti dell'arti­colo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249».

1. Il regolamento di delegificazione previsto dal comma 1 dell'articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, entra in vi­gore, relativamente ai contributi previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 250, a de­correre dal bilancio di esercizio delle imprese beneficiarie successivo a quello in corso alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regolamento stesso.

2. All'onere derivante dal comma 1, pari a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010, si provvede me­diante quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 3 e 4.

3. All'articolo 81, comma 16, del citato decreto-legge n. 112 del 2008, conver­tito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, le parole: «5,5 punti percen­tuali» sono sostituite dalle seguenti: «6,5 punti percentuali».

4. Nelle more della liberalizzazione dei servizi postali, e fino alla ridetermi­nazione delle tariffe agevolate per la spedizione di prodotti editoriali di cui ai decreti del Ministro delle comunicazioni in data 13 novembre 2002, a decorrere dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge il costo unitario cui si rap­porta il rimborso in favore della società Poste italiane Spa nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli di bilan­cio autonomo della Presidenza del Con­siglio dei ministri, di cui all'articolo 3 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46, è pari a quello riveniente dalla convenzione in essere in analoga materia più favorevole al prenditore.

3. All'articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) al comma 1, alinea, dopo le pa­role: «che costituiscono» sono inserite le seguenti: «, a decorrere dall'esercizio finan­ziario successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma,»;

 

     b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

«1-bis. Lo schema del regolamento di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere vincolante delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario».

 

4. A decorrere dai contributi relativi al­l'anno 2009, hanno accesso alle sovven­zioni statali indirette di cui alla legge 5 ago­sto 1981, n. 416, esclusivamente le imprese editrici aventi diritto che abbiano inserito nel proprio statuto il divieto di distribuzione de­gli utili della società.

 

5. All'attuazione del presente articolo si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

 

L’articolo 56, introdotto dal Senato, stabilisce al comma 1 che la vigenza del regolamento di delegificazione in materia di contributi all’editoria – previsto dal comma 1 dell’articolo 44 del d.l. n. 112 del 2008[286], e non ancora emanato – decorra, relativamente ai contributi di cui alla l. n. 250 del 1990[287], a partire dal bilancio di esercizio delle imprese beneficiarie relativo all’anno successivo a quello in corso alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Preliminarmente, si evidenzia che l’articolo 33 (Editoria) del testo approvato dalla Camera in prima lettura (A.S. 1195) è stato soppresso dal Senato nel corso dell’esame in Commissione a seguito dell’approvazione dell’emendamento 33.200, in recepimento delle condizioni poste dalla Commissione bilancio di quel ramo del Parlamento. Peraltro, il contenuto dei commi 1 e 2 dell’articolo 33 era già stato trasfuso nell’art. 41-bis (commi 1 e 2) del d.l. n. 207 del 2008[288].

Successivamente, l’Aula del Senato ha approvato l’emendamento 32-bis.0.303 (testo 2), attuale articolo 56 del disegno di legge.

 

L’art. 44 del d.l. n. 112 del 2008 ha previsto l’emanazione con regolamento di delegificazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di misure di semplificazione e riordino della disciplina di erogazione dei contributi all’editoria di cui alla legge n. 250 del 1990, e successive modificazioni, e alla legge n. 62 del 2001[289], nonché di ogni altra disposizione legislativa o regolamentare ad esse connessa. Ha, altresì, individuato, i principi direttivi ai quali uniformarsi[290]. Successivamente, l’art. 41-bis, c. 3, del già citato d.l. n. 207 del 2008, novellando l’art. 44 del d.l. n. 112 del 2008, ha previsto che, nell’ambito delle disponibilità stanziate nel bilancio dello Stato per l’editoria, le erogazioni sono destinate prioritariamente ai contributi diretti e, in via sussidiaria, alle altre tipologie di agevolazioni del settore. Il medesimo articolo 41-bis ha, inoltre, disposto che lo schema di regolamento venga trasmesso alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario.

 

Potrebbe essere opportuno chiarire la ragione per la quale si fa riferimento solo ai contributi di cui alla legge n. 250 del 1990, in considerazione della circostanza che l’art. 44 del d.l. n. 112 del 2008 fa riferimento anche ai contributi di cui alla legge n. 62 del 2001, nonché a quelli di ogni altra disposizione legislativa o regolamentare connessa alle due esplicitamente citate.

 

La legge n. 250 del 1990 disciplina, in particolare, l’erogazione di contributi in favore di:

-        quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti (art. 3, commi 2 e 2-quater);

-        quotidiani editi da società con maggioranza del capitale detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, c. 2-bis);

-        quotidiani o emittenti radiotelevisive che trasmettano programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (art. 3, c. 2-ter);

-        quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, c. 2-ter);

-        periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società con maggioranza del capitale detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro (art. 3, c. 3).

-        quotidiani e periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o nel Parlamento europeo avendo almeno un rappresentate in un ramo del Parlamento italiano, nell’anno di riferimento dei contributi (art. 3, c. 10);

-        imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento e che, oltre ad aver registrato la testata e a non essere editori o controllori delle imprese editrici di quotidiani o periodici organi dei medesimi partiti politici, trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali per non meno del 50 per cento delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20 (art. 4);

-        imprese di radiodiffusione sonora a carattere locale che abbiano registrato la testata e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 15 per cento delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20 (art. 8).

 

La legge n. 62 del 2001 regola, tra l’altro, l’erogazione di contributi in favore di quotidiani italiani teletrasmessi all’estero (art. 3, c. 2), nonché la concessione di agevolazioni di credito alle imprese operanti nel settore editoriale (artt. 4-7).

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che all’onere derivante dal comma 1, stimato in 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni recate ai successivi commi 3 e 4.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame eleva di un punto percentuale - dunque al 6,5 per cento, dall’originario 5,5 per cento - l’aliquota dell’addizionale allimposta sul reddito delle società (IRES) a carico di alcuni soggetti che operano nel settore petrolifero, ivi compreso il settore dell’energia elettrica, disposta dai commi da 16 a 18 dell’articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112[291], con finalità di copertura degli oneri recati dal comma 1 delle disposizioni in commento.

 

Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 81, comma 16 del D.L. n. 112 del 2008, sono soggetti passivi i contribuenti che operano nei settori della ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, della raffinazione del petrolio nonché della produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per vari usi, oli lubrificati e residuati, gas di petrolio liquefatto, gas naturale e energia elettrica e che, nel periodo d’imposta precedente, abbiano realizzato un volume di ricavi superiore a 25 milioni di euro.Ai sensi del comma 16-bis, l’addizionale IRES si applica anche alle società ed agli enti che abbiano optato congiuntamente per la tassazione di gruppo, in base all’articolo 117 del TUIR, e che tali soggetti dovranno assoggettare ciascuno autonomamente il proprio reddito imponibile all’addizionale, provvedendo altresì al relativo versamento. Pertanto, ciascuna delle singole società partecipanti al consolidato dovrà versare la propria addizionale IRES. Ai sensi del comma 16-ter, inoltre, l’addizionale è dovuta anche dai soggetti che hanno optato per la trasparenza fiscale di cui all’art. 115 del TUIR. Si prevede che le società partecipate in questione determinino e versino l’addizionale imputando il reddito alle società partecipanti; queste ultime, viceversa, determinano la propria addizionale senza considerare il reddito della società partecipata “trasparente”. Sono, invece, esclusi i soggetti che producono energia elettrica mediante l’impiego prevalente di biomasse e di fonte solare fotovoltaica o eolica.

 

Il comma 4 dell’articolo 56, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, interviene in materia di agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali, stabilendo che il costo unitario delle spedizioni, al quale si rapporta il rimborso in favore della società Poste italiane S.p.A., sia pari alla tariffa più conveniente praticata alla propria clientela dalla suddetta società.

 

Le agevolazioni postali per le spedizioni di prodotti editoriali sono disciplinate dal D.L. n. 353/2003[292], che prevede un sistema di rimborso a posteriori da parte dello Stato alla società Poste italiane S.p.A.. La società pratica alle imprese editoriali una tariffa agevolata, nella misura prevista da appositi decreti ministeriali[293], e ottiene dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il rimborso della differenza tra il costo unitario della spedizione e la tariffa agevolata applicata. Il rimborso è effettuato nei limiti dei fondi appositamente stanziati.

 

La norma in esame stabilisce che, per la determinazione dell’importo da rimborsare, il costo unitario sia fissato in misura pari a quello praticato convenzionalmente al cliente al quale vengono concesse le tariffe più convenienti. Con questo intervento si auspica di ridurre l’onere a carico lo Stato, il quale si potrà avvalere degli sconti normalmente praticati dalla società Poste italiane S.p.A., in relazione alla quantità di prodotti spediti.

Come già previsto dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 353/2003, si conferma che il rimborso è disposto nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Il comma in esame dichiara che l’intervento è disposto nelle more della liberalizzazione dei servizi postali. A tal proposito si segnala che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha più volte[294] sottolineato come l’attuale sistema di agevolazione per la spedizione di prodotti editoriali, che prevede il rimborso esclusivamente in favore della società Poste italiane S.p.A., determini una distorsione concorrenziale in quanto gli altri operatori postali non sono in grado di praticare offerte competitive agli editori per tale tipo di prestazione.

Si ricorda infine che, ai sensi della direttiva 2008/6/CE[295], entro il 31 dicembre 2010 dovrà essere completata la liberalizzazione dei servizi postali.


 

Articolo 57
(Distruzione delle armi chimiche)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 57
(Distruzione delle armi chimiche)

 

 

 

1. È autorizzata, a decorrere dall'anno 2009 e fino all'anno 2023, la spesa di euro 1.200.000 annui per la distruzione delle armi chimiche, in attuazione della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro di­struzione, con annessi, fatta a Parigi il 13 gennaio 1993, ratificata ai sensi della legge 18 novembre 1995, n. 496.

 

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione della disposizione di cui al comma 1, pari a 1.200.000 euro annui a decorrere dall'anno 2009 e fino all'anno 2023, si provvede mediante corrispondente ridu­zione dello stanziamento del fondo spe­ciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e spe­ciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utiliz­zando gli accantonamenti indicati nel­l'Allegato 2.

 

3. Il Ministro dell'economia e delle fi­nanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 57, introdotto durante l’esame del provvedimento al Senato, autorizza, dal 2009 al 2023, la spesa di 1.200.000 euro annui per la distruzione delle armi chimiche, in attuazione della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, del 13 gennaio 1993, ratificata dall’Italia con la legge n. 496 del 1995.

In particolare, il comma 2 stabilisce che agli oneri derivanti dall'attuazione della disposizione di cui al precedente comma 1, si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti indicati nell'Allegato 2.

 

Da ultimo, il comma 3 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

La Convenzione di Parigi, entrata in vigore nel 1997, rappresenta uno dei più importanti esiti della positiva evoluzione delle relazioni internazionali prodottasi agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, con la fine della Guerra fredda.

L’adesione alla Convenzione è stata generalizzata, essendo a tutt’oggi stata ratificata da 188 Paesi.

Gli obblighi a carico degli Stati Parte previsti dalla Convenzione sono:

-        distruggere tutte le armi chimiche esistenti sul proprio territorio;

-        non detenere, fabbricare o sviluppare altre armi;

-        non fare ricorso per nessun motivo ad armi chimiche (neanche in risposta ad un attacco con armi chimiche);

-        accogliere le ispezioni dell’apposito organismo di controllo, denominato Organizzazione Internazionale per la proibizione delle armi chimiche (OPAC). Tali ispezioni possono essere rivolte anche ad industrie chimiche al fine di verificare che prodotti chimici idonei ad usi civili non vengano impiegati illegalmente per la produzione di armi chimiche;

-        adottare un’apposita legislazione nazionale che comprenda la criminalizzazione delle violazioni.


 

Articolo 58
(Requisiti per lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri
in ambito nazionale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 58
(Requisiti per lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale)

 

 

 

1. Per lo svolgimento di servizi ferro­viari passeggeri aventi origine e destina­zione nel territorio nazionale, per i quali sia necessario l'accesso alla infrastrut­tura ferroviaria nazionale, le imprese fer­roviarie devono essere in possesso di apposita licenza valida in ambito nazio­nale rilasciata con le procedure previste dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188.

 

2. Con decreto del Ministro delle in­frastrutture e dei trasporti, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono in­dividuati i requisiti in termini di capacità finanziaria e professionale che le im­prese richiedenti devono possedere ai fini del rilascio della licenza, nonché i servizi minimi che le stesse devono as­sicurare in termini di servizi complemen­tari all'utenza.

 

3. Il rilascio della licenza per i servizi nazionali passeggeri può avvenire esclusivamente nei confronti di imprese aventi sede legale in Italia e, qualora siano controllate, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, da imprese aventi sede all'estero, nei limiti dei medesimi princìpi di reciprocità pre­visti per il rilascio del titolo autorizzato­rio di cui all'articolo 131, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

 

4. Le imprese che alla data di entrata in vigore della presente legge siano già in possesso del titolo autorizzatorio di cui all'articolo 131, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 possono ri­chiedere la conversione dello stesso in licenza nazionale, previa dimostrazione dell'avvio delle attività finalizzate all'ot­tenimento del certificato di sicurezza.

 

5. Le imprese già in possesso di titolo autorizzatorio e che abbiano già iniziato la loro attività continuano ad avere ac­cesso all'infrastruttura nazionale, ferma restando la necessità di richiedere entro il termine di cui al comma 4 la conversione dello stesso in licenza nazionale.

 

 

L’articolo 58, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, richiede il possesso di un’apposita licenza per lo svolgimento dei servizi ferroviari passeggeri aventi origine e destinazione nel territorio italiano, per i quali sia necessario l’accesso all’infrastruttura ferroviaria nazionale.

 

Attualmente l’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 188/2003[296], per lo svolgimento del servizio di trasporto ferroviario nazionale di passeggeri, richiede il possesso di entrambi i seguenti documenti:

-        licenza, di cui all’articolo 3, comma 1, lett. p), del citato D.Lgs. n. 188/2003;

-        La licenza viene rilasciata a imprese aventi sede in uno Stato membro dell’Unione europea dall’apposita Autorità di tale Stato. Essa è valida su tutto il territorio comunitario ed abilita all’espletamento di servizi internazionali[297] di trasporto di merci e passeggeri per ferrovia.

-        titolo autorizzatorio, di cui all’articolo 131, comma 1, della legge finanziaria 2001[298], richiamato all’articolo 3, comma 1, lett. r), del citato D.Lgs. n. 188/2003.

-        Il titolo autorizzatorio è rilasciato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti a imprese in possesso della licenza sopra menzionata. Oltre che alle imprese con sede in Italia, può essere rilasciato anche a imprese aventi sede all’estero o a loro controllate, a condizioni di reciprocità. Il titolo consente l’espletamento in Italia di tutte le tipologie di servizi di trasporto ferroviario in ambito nazionale ed internazionale. I requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale per ottenere il rilascio della licenza sono quelli di cui all’articolo 5 del D.P.R. n. 146/1999.[299]

 

La licenza prevista dall’articolo in esame è valida in ambito nazionale ed è rilasciata con le procedure previste dal D.Lgs. n. 188/2003 (comma 1).

Il citato decreto legislativo, all’articolo 7, disciplina la procedura per il rilascio della licenza di cui all’articolo 3, comma 1, lett. p), dello stesso decreto legislativo: la licenza è rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dal ricevimento della richiesta, completa di tutta la documentazione prescritta. Il rigetto della richiesta deve essere motivato.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, determini i requisiti delle imprese richiedenti, in termini di capacità finanziaria e professionale, e i servizi minimi che le imprese stesse devono assicurare come servizi complementari all’utenza.

 

Il comma 3 prescrive che la licenza in oggetto possa essere rilasciata esclusivamente a imprese aventi sede legale in Italia. Qualora dette imprese siano controllate da imprese aventi sede all’estero, la licenza viene rilasciata a condizioni di reciprocità.

Per la definizione del rapporto di controllo, la norma rinvia all’articolo 7 della legge n. 287/1990[300], ai sensi del quale si ha controllo:

-        nei casi contemplati dall'articolo 2359 del codice civile, ovvero:

1)    quando una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria di un'altra società;

2)    quando una società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria di un'altra società;

3)    quando una società è sotto l’influenza dominante di un'altra società, in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa;

oppure

-        in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, la possibilità di esercitare un'influenza determinante sulle attività di un'impresa, tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto.

 

Le imprese che, alla data di entrata in vigore della legge in esame, sono in possesso del sopra menzionato titolo autorizzatorio, di cui all’articolo 131 della legge n. 388/2000, possono richiedere la conversione dello stesso entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale che, ai sensi del comma 2 del presente articolo, dovrà determinare i requisiti delle imprese richiedenti la licenza in oggetto. Le imprese stesse dovranno preventivamente dimostrare l’avvio delle attività finalizzate all’ottenimento del certificato di sicurezza (comma 4).

Il certificato di sicurezza è disciplinato dall’articolo 10 del citato D.Lgs. n. 188/2003 e dall’articolo 14 del D.Lgs. n. 162/2007[301] ed è necessario per avere accesso all’infrastruttura ferroviaria. Il certificato può valere per l'intera rete ferroviaria o soltanto per una parte delimitata.

 

Nelle more della scadenza del termine per la richiesta di conversione del titolo autorizzatorio, le imprese in possesso del suddetto titolo possono continuare ad avere accesso all’infrastruttura nazionale, ferma restando la necessità di richiedere la conversione del titolo autorizzatorio in licenza nazionale (comma 5).

Da quanto previsto dal comma 5 si deve ritenere che le imprese ferroviarie abbiano l’onere, e non la semplice facoltà, di richiedere la conversione del titolo autorizzatorio, e conseguentemente che lo stesso, a decorrere dalla scadenza del termine di cui al comma 4, non sarà più sufficiente per lo svolgimento dei servizi ferroviari di cui al presente articolo.

 

Per le limitazioni allo svolgimento del servizio oggetto del presente articolo si veda il comma 2 del successivo articolo 59.

Procedure di contenzioso

Il 26 giugno 2008 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2008/2097) per la non corretta trasposizione delle direttive 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie e 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza.

I rilievi formulati dalla Commissione riguardano tra l’altro i seguenti aspetti:

§      non corretta trasposizione dell’articolo 4 della direttiva 2001/14/CE conformemente al quale le funzioni indicate nell’allegato II alla direttiva 91/440/CEE relative alla preparazione e all’adozione delle decisioni riguardanti le licenze delle imprese ferroviarie, l’assegnazione delle linee ferroviarie e l’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura nonché il controllo del rispetto degli obblighi di servizio pubblico previsti nella prestazione di taluni servizi devono essere svolte da enti o società che non prestano servizi di trasporto ferroviario. A tale proposito la Commissione rileva che in Italia diverse funzioni essenziali sono affidate alla società “Rete Ferroviaria Italiana SPA” (RFI) che fa parte del gruppo “Ferrovie dello Stato”. Sulla base delle risposte fornite ad un questionario predisposto dalla Commissione al fine di valutare l’attuazione della direttiva, la stessa Commissione ha appurato l’esistenza di una dipendenza decisionale ed organizzativa della società di gestione dell’infrastruttura (RFI) rispetto alla holding di appartenenza;

§      non corretta trasposizione dell’articolo 30 della direttiva 2001/14/CE in base al quale l’organismo di regolamentazione è indipendente, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dai gestori dell’infrastruttura, dagli organismi preposti alla determinazione dei diritti e da quelli preposti all’assegnazione nonché dai richiedenti. La Commissione rileva a tale proposito che il Ministero dei Trasporti italiano in veste di Autorità di regolamentazione non è indipendente dalla società di gestione delle infrastrutture.

 


 

Articolo 59
(Limitazioni ai servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 59
(Limitazioni ai servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale)

 

 

 

1. Dal 1° gennaio 2010, le imprese fer­roviarie che forniscono servizi di tra­sporto internazionale di passeggeri hanno il diritto di far salire e scendere passeggeri tra stazioni nazionali situate lungo il percorso del servizio internazio­nale, senza il possesso della licenza na­zionale di cui all'articolo 58, a condi­zione che la finalità principale del servi­zio sia il trasporto di passeggeri tra sta­zioni situate in Stati membri diversi. Il rispetto di tale condizione è valutato in base a criteri, determinati con provvedi­mento dell'Organismo di regolazione di cui all'articolo 37 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, quali la percentuale del volume di affari e di carico, rappre­sentata rispettivamente dai passeggeri sulle tratte nazionali e sulle tratte inter­nazionali, nonché la percorrenza coperta dal servizio.

 

2. Lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi com­presa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa com­promettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività di tutti i servizi coperti da tale contratto, incluse le ripercussioni sul costo netto per le competenti auto­rità pubbliche titolari del contratto, do­manda dei passeggeri, determinazione dei prezzi dei biglietti e relative modalità di emissione, ubicazione e numero delle fermate, orario e frequenza del nuovo servizio proposto.

 

3. L'Organismo di regolazione di cui al comma 1, entro due mesi dal ricevi­mento di tutte le informazioni necessa­rie, stabilisce se un servizio ferroviario rispetta le condizioni ed i requisiti di cui ai commi 1 e 2 e, se del caso, dispone le eventuali limitazioni al servizio, in base ad un'analisi economica oggettiva e a criteri prestabiliti, previa richiesta:

 

     a) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

 

     b) del gestore dell'infrastruttura;

 

     c) della o delle regioni titolari del contratto di servizio pubblico;

 

     d) della impresa ferroviaria che for­nisce il servizio pubblico.

 

4. L'Organismo di regolazione motiva la sua decisione e ne informa tutte le parti interessate, precisando il termine entro il quale le medesime possono ri­chiedere il riesame della decisione e le relative condizioni cui questo è assog­gettato.

 

 

L’articolo 59, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, disciplina il cabotaggio di passeggeri lungo un percorso internazionale, ovvero il servizio, svolto da treni che attraversano almeno una frontiera, nei confronti di passeggeri che salgono e scendono in stazioni situate su territorio italiano.

 

Il comma 1 riconosce, a decorrere dal 1° gennaio 2010, il diritto delle imprese che svolgono il servizio di trasporto internazionale di passeggeri di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate nel territorio italiano, anche in mancanza della licenza nazionale di cui al precedente articolo 58. Il diritto è concesso a condizione che la finalità principale del servizio sia il trasporto di passeggeri tra stazioni situate in Stati membri diversi. L’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari[302] dovrà determinare, con proprio provvedimento, i criteri per la valutazione della presenza della suddetta condizione. Tra tali criteri la norma menziona, a titolo esemplificativo:

§      la percentuale del volume di affari e di carico dei passeggeri sulle tratte nazionali rispetto a quelli delle tratte internazionali;

§      la percorrenza coperta dal servizio.

 

Si osserva che non è indicato il termine entro il quale dovrà essere emanato il provvedimento dell’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari.

 

Il comma 2 consente di apporre limitazioni al diritto di far salire e scendere passeggeri lungo il percorso del servizio, nei casi in cui l’esercizio del diritto possa compromettere l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico. Le limitazioni possono essere riferite sia ai tragitti aventi origine e destinazione nel territorio italiano, sia ai servizi internazionali, per la parte svolta sul territorio italiano.

La possibile compromissione dell’equilibrio economico del contratto di servizio pubblico deve essere valutata in termini di redditività di tutti i servizi coperti dal contratto stesso, inclusi:

§      le ripercussioni sul costo netto per le competenti autorità pubbliche titolari del contratto;

§      la domanda dei passeggeri;

§      la determinazione dei prezzi dei biglietti e le relative modalità di emissione;

§      l’ubicazione e il numero delle fermate;

§      l’orario e la frequenza del nuovo servizio proposto.

 

Il soggetto al quale spetta stabilire se un servizio ferroviario rispetta le condizioni di cui ai commi 1 (individuazione della finalità principale di un servizio di trasporto internazionale di passeggeri) e 2 (compromissione dell’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico) e, se del caso, disporre le eventuali limitazioni di tale servizio, è l’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari. L’Ufficio delibera in base ad un’analisi economica oggettiva e a criteri prestabiliti e deve decidere entro due mesi dal ricevimento di tutte le informazioni necessarie.

L’Ufficio interviene su richiesta di uno dei seguenti soggetti:

a)        il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

b)        il gestore dell’infrastruttura;

c)        la regione o le regioni parti del contratto di servizio pubblico;

d)        l’impresa ferroviaria che fornisce il servizio pubblico.

 

La decisione deve essere motivata. L’Ufficio informa della decisione tutte le parti interessate, precisando il termine entro il quale può essere richiesto il riesame[303] e le condizioni alle quali il riesame è assoggettato (comma 4).

 

L’articolo in esame recepisce quanto previsto dall’articolo 10, paragrafi 3-bis e 3-ter, della direttiva 91/440/CEE, come modificato dall’articolo 1 della direttiva 2007/58/CE.[304]

Il paragrafo 3-bis del citato articolo 10 stabilisce che entro il 1° gennaio 2010 alle imprese ferroviarie stabilite in uno Stato membro è accordato il diritto di accesso all’infrastruttura ferroviaria di tutti gli Stati membri, per lo svolgimento del servizio di trasporto internazionale di passeggeri, comprensivo del diritto di far salire e scendere passeggeri nelle stazioni situate lungo il percorso internazionale. All’organismo nazionale di regolamentazione spetta valutare se la finalità principale del servizio sia il trasporto internazionale di passeggeri.

Il diritto di accesso all'infrastruttura è concesso invece entro il 1° gennaio 2012 negli Stati membri nei quali il trasporto internazionale di passeggeri per ferrovia rappresenta più della metà del fatturato viaggiatori delle imprese ferroviarie dello Stato membro in questione.

Il paragrafo 3-ter dell’articolo 10 consente agli Stati membri di limitare il diritto di accesso sui servizi che sono oggetto di contratti di servizio pubblico. La limitazione del diritto di far salire e scendere passeggeri è ammessa esclusivamente quando l’esercizio di tale diritto comprometta l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico. Anche in questo caso è l’organismo nazionale di regolazione che deve stabilire se l’equilibrio economico del contratto di servizio pubblico risulta compromesso.


 

Articolo 60
(Modifiche al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 60
(Modifiche al decreto legislativo 19 novembre 1997, n 422)

 

 

 

1. Al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

     a) all'articolo 18:

 

          1) dopo il comma 1, è inserito il seguente:

 

«1-bis. I servizi di trasporto pubblico ferroviario, qualora debbano essere svolti anche sulla rete infrastrutturale nazionale, sono affidati dalle regioni ai soggetti in possesso del titolo autorizza­torio di cui all'articolo 3, comma 1, let­tera r), del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, ovvero della apposita li­cenza valida in ambito nazionale rila­sciata con le procedure previste dal me­desimo decreto legislativo n. 188 del 2003»;

 

          2) al comma 2, lettera a), dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Tale esclusione non si applica alle im­prese ferroviarie affidatarie di servizi pubblici relativamente all'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto ser­vizi già forniti dalle stesse»;

 

          3) al comma 2, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

 

«g-bis) relativamente ai servizi di tra­sporto pubblico ferroviario, la defini­zione di meccanismi certi e trasparenti di aggiornamento annuale delle tariffe in coerenza con l'incremento dei costi dei servizi, che tenga conto del necessario miglioramento dell'efficienza nella pre­stazione dei servizi, del rapporto tra ri­cavi da traffico e costi operativi, di cui all'articolo 19, comma 5, del tasso di in­flazione programmato, nonché del recu­pero di produttività e della qualità del servizio reso»;

 

     b) all'articolo 19, comma 3, lettera d), sono aggiunte, in fine, le seguenti pa­role: «ed i criteri di aggiornamento an­nuale di cui all'articolo 18, comma 2, let­tera g-bis)».

 

 

L’articolo 60, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, apporta alcune modifiche al D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, recante Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale.

SI ricorda che, in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge n. 59/1997 (c.d. legge Bassanini), è stata avviata la riforma dei trasporti pubblici locali, mediante l’approvazione del citato D.Lgs. 422/1997, che ha disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi medesimi. Le funzioni delegate alle regioni riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale.

 

Il comma 1, lett. a), n. 1), introduce un comma aggiuntivo, denominato 1-bis, all’articolo 18 del D.Lgs. n. 422/1997, con il quale si richiede il possesso del titolo autorizzatorio[305], di cui all’articolo 3, comma 1, lett. r), del D.Lgs. n. 188/2003, o della licenza per lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, introdotta dal precedente articolo 58 del presente disegno di legge, per lo svolgimento del servizio di trasporto pubblico ferroviario in ambito regionale e locale, qualora detti servizi debbano essere svolti anche sulla rete infrastrutturale nazionale.

 

Il comma 1, lett. a), n. 2), inserisce un periodo aggiuntivo al comma 2 del citato articolo 18.

Il comma 2 dell’articolo 18 prevede che le regioni e gli enti locali, per l’affidamento dei servizi pubblici di trasporto regionale e locale, dovranno garantire, tra gli altri, il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio (lettera a)). La norma stabilisce che alle gare non possono partecipare le società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica[306] e le società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali. Tale esclusione si applica a decorrere dalla conclusione del periodo transitorio, fissato dalle singole regioni; periodo transitorio che, ai sensi del comma 3 bis dello stesso art. 18, avrebbe dovuto concludersi entro il 31 dicembre 2007.

La norma in commento stabilisce che alla prima gara per l’affidamento dei servizi pubblici di trasporto ferroviario regionale e locale potranno partecipare anche le imprese ferroviarie affidatarie dello stesso servizio.

 

Il comma 1, lett. a), n. 3), inserendo una lettera aggiuntiva (lett. g-bis)) al citato comma 2 dell’articolo 18, stabilisce che, per l’affidamento dei servizi pubblici di trasporto regionale e locale, le regioni e gli enti locali dovranno garantire anche la definizione di meccanismi certi e trasparenti di aggiornamento annuale delle tariffe, in relazione all’incremento dei costi dei servizi. Il meccanismo di aggiornamento dovrà tener conto dei seguenti elementi:

§      necessario miglioramento dell’efficienza nella prestazione del servizio;

§      rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, che, ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del D.Lgs. n. 422/1997, deve essere pari almeno allo 0,35, al netto dei costi di infrastruttura;

§      tasso di inflazione programmato;

§      recupero di produttività e della qualità del servizio reso.

La disposizione in esame si riferisce esclusivamente ai servizi di trasporto pubblico ferroviario.

 

Il comma 1, lett. b), che novella l’articolo 19 del D.Lgs. n. 422/1997, prevede che i contratti di servizio del trasporto pubblico locale ferroviario definiscano anche il meccanismo di aggiornamento annuale delle tariffe, introdotto dal comma 1, lett. a), n. 3), del presente articolo.

 

 


 

Articolo 61
(Ulteriori disposizioni in materia di trasporto pubblico locale)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 61
(Ulteriori disposizioni in materia di trasporto pubblico locale)

 

 

 

1. Al fine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie, le au­torità competenti all'aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all'articolo 5, pa­ragrafi 2, 4, 5 e 6, e all'articolo 8, para­grafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007. Alle so­cietà che, in Italia o all'estero, risultino aggiudicatarie di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del predetto rego­lamento (CE) n. 1370/2007 non si applica l'esclusione di cui all'articolo 18, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422.

 

 

L’articolo 61, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, autorizza le autorità idonee ad aggiudicarsi i contratti per l’esercizio dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale ad avvalersi delle norme di cui all'art. 5 (par. 2, 4, 5, 6) e 8 (par.2) del Regolamento CE n.1370/2007, con facoltà di poter anche derogare alle leggi di settore.

La norma appare collegata all’esigenza di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie.

 

Si ricorda che, per quanto concerne la normativa nazionale, la materia in esame risulta disciplinata, dal D.Lgs. 19 dicembre 1997, n. 422[307], con il quale è stata, tra l’altro, data attuazione a quanto stabilito dal regolamento comunitario n. 1191/69.

La materia del trasporto pubblico di passeggeri è, in sede comunitaria, disciplinata dal citato regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007, recante l’abrogazione del regolamento (CEE) n. 1191/1969.

Le norme contenute nel predetto regolamento del 2007 entreranno in vigore soltantoil 3 dicembre 2009, così come previsto dall’art. 12, con la conseguenza che, sino a tale data, restano in vigore le disposizioni del regolamento n. 1191/1969. In realtà, però, lo stesso regolamento prevede un lungo periodo transitorio, che scadrà il 2 dicembre 2019.

Appare, quindi, opportuno premettere una breve descrizione delle disposizioni previgenti, al fine di constatare le novità introdotte con il regolamento n. 1370/07.

Con il regolamento n. 1191/69 sono stati, in particolare, soppressi "gli obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico"[308] (art. 1, reg. 1893/91) ferma restando la possibilità, per le amministrazioni competenti, di mantenere o imporre ai soggetti erogatori (cioè alle imprese di trasporto) gli obblighi di servizio pubblico, con l’obbligo, in tal caso, di concludere un apposito "contratto di servizio pubblico" avente lo scopo di garantire "servizi di trasporto sufficienti".

Alla suddetta normativa si è adeguato il legislatore interno, prevedendo, con il D.Lgs. n. 422/1997, che spetta alle regioni – sulla base di parametri direttamente previsti dalla legge – stabilire i servizi minimi, qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni stesse. Le province, i comuni e le comunità montane, allo scopo di assicurare la mobilità degli utenti, possono, tuttavia, istituire, d’intesa con la regione ai fini della compatibilità di rete, servizi di trasporti aggiuntivi a quelli definiti dalla regione con oneri a carico degli enti stessi.

In ordine all’ambito di applicazione del regolamento n. 1370/07, questo si riferisce all’esercizio dei servizi nazionali e internazionali di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia e altri modi di trasporto su rotaia e su strada, con esclusione dei servizi di trasporto prestati prevalentemente in ragione del loro interesse storico e del loro valore turistico. Gli Stati membri hanno, poi, la facoltà, ma non l’obbligo, di applicare il regolamento anche al trasporto pubblico di passeggeri per via navigabile interna e acque marine nazionali, ferme restando le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3572 del Consiglio del 7 dicembre 1992, concernente l’applicazione del principio della libera prestazione di servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo).

Le disposizioni del regolamento n. 1370/07 si applicano, inoltre, soltanto ai contratti di servizio pubblico per la fornitura e gestione di servizi di trasporto di passeggeri sotto forma di concessione di servizi. Diversamente, ossia se i detti contratti assumono la forma dell’appalto pubblico, ad essi si applicano le disposizioni di cui alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (alle quali è stata data attuazione nell’ordinamento interno con il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163[309] )[310].

Si richiama l’attenzione in ordine alla differenza tra le due suddette modalità di aggiudicazione dei contratti pubblici che si sostanzia, dunque, in questo: nella "concessione", l’impresa concessionaria eroga le proprie prestazioni al pubblico e, pertanto, assume il rischio della gestione dell’opera o del servizio, in quanto si remunera, almeno per una parte significativa, presso gli utenti mediante la riscossione di un prezzo; nell’"appalto", invece, le prestazioni vengono erogate non al pubblico, ma all’amministrazione, la quale è tenuta a remunerare l’attività svolta dall’appaltatore per le prestazioni ad essa rese senza che l’impresa si assuma il rischio connesso alla gestione dell’opera o del servizio.

Ciò premesso, il nuovo sistema di affidamento del servizio di trasporto pubblico di passeggeri introdotto con il regolamento n. 1370/07 consiste nel fatto che l’autorità competente sceglie, qualora non intenda erogare direttamente il servizio, l’operatore al quale affidare, mediante un contratto di servizio pubblico, la fornitura e la gestione dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri sottoposti ad obblighi di servizio pubblico. Con riferimento specifico all’affidamento della fornitura ed alla gestione dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri, questi possono avvenire, come precisato, o in forma diretta o mediante gara. La forma diretta di affidamento è sempre ammessa, a meno che la legislazione nazionale non la vieti (art. 5, par. 2).

L’affidamento diretto può essere disposto dalle autorità competenti a livello locale con facoltà, altresì, di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri (c.d. gestione diretta in economia) ovvero di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico ad un soggetto giuridicamente distinto, in qualità di operatore interno (affidamento c.d. in house).

L’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico ad un operatore interno è consentita solo se l’autorità competente o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, eserciti sull’operatore interno un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture. Il regolamento n. 1370/07 elenca, poi, gli elementi che devono essere presi in considerazione al fine di verificare la sussistenza di tale controllo: il livello di rappresentanza della autorità (e/o delle autorità) in seno agli organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza; le relative disposizioni negli statuti; l’assetto proprietario; l’influenza e il controllo effettivo sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni.

L’operatore interno e qualsiasi soggetto sul quale il detto operatore esercita un’influenza anche minima incontrano, nell’espletamento della loro attività, alcune limitazioni, peraltro note anche all’ordinamento nazionale: devono esercitare la loro attività di trasporto pubblico di passeggeri all’interno del territorio competente; non possono partecipare a procedure di gara per la fornitura di trasporto pubblico di passeggeri organizzate fuori del territorio dell’autorità competente a livello locale.

L’operatore interno deve, inoltre, svolgere la parte più importante della propria attività con l’autorità o con le autorità che lo controllano. Ciò non è previsto espressamente (diversamente, ad es., dall’art. 113, c. 5, lett. c), del TUEL), ma lo si desume dalla norma sul subappalto (art. 5, par. 2, lett. d), la quale dispone che in caso, appunto, di subappalto l’operatore interno è obbligato a prestare egli stesso la "maggior parte" dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri.

Il regolamento n. 1370/07 ammette altre ipotesi di "affidamento diretto", senza, in tal caso, che occorra che l’affidatario sia un operatore interno (art. 5, par. 4). Trattasi dei c.d. affidamenti sotto soglia, accanto al parametro della percorrenza chilometrica.

L’autorità competente può, infine, procedere all’affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico di passeggeri anche nel caso in cui si verifichi una situazione di "emergenza" determinata dalla interruzione del servizio o dal pericolo imminente di interruzione (art. 5, par. 5).

I casi di affidamento diretto qui considerati possono, comunque, essere vietati dalla legislazione nazionale.

Il regolamento n. 1370/07 (art. 4, par. 3 e 4) stabilisce, altresì, quale debba essere la durata massima degli affidamenti del servizio di trasporto pubblico di passeggeri, distinguendo, al riguardo, a seconda che si tratti di trasporto con autobus (non superiore a 10 anni), per ferrovia (non superiore a 15 anni) o con altri modi di trasporto su rotaia o "misto" (non superiore a 15 anni qualora il trasporto per ferrovia o su rotaia è superiore al 50% rispetto a quello effettuato con autobus). La durata dell’affidamento può, comunque, essere "prorogata" sino al massimo del 50% se si deve tener conto delle modalità di ammortamento dei beni o di affidamenti che riguardano regioni ultra periferiche.

Come è stato in precedenza rilevato, il regolamento n. 1370/07 entrerà in vigore il 3 dicembre 2009, fermo restando il periodo transitorio con scadenza il 2 dicembre 2019. L’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico di trasporto su strada e per ferrovia in conformità alle disposizioni dell’art. 5 del regolamento (ossia o mediante affidamento diretto o mediante gara equa) dovrà, infatti, avvenire a decorrere dal 3 dicembre 2019 e, pertanto, trascorsi, appunto, dieci anni dall’entrata in vigore del regolamento stesso. Durante tale periodo transitorio, gli Stati membri dovranno comunque, adottare misure per conformarsi gradualmente alle disposizioni dell’art. 5 del regolamento, “al fine di evitare gravi problemi strutturali, in particolare per quanto riguarda la capacità di trasporto“.

 

La norma in commento stabilisce, infine, che per le società aggiudicatarie, in Italia o all’estero, di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del suddetto Regolamento n.1370/2007, non trova applicazione la dispensa di cui all’art. 18, co. 2, lett. a), del D.Lgs. n. 422/1997.

 

Si ricorda che l’art.18 citato stabilisce che regioni ed enti locali, nell'affidamento dei servizi, si attengono ai princìpi di cui all'art. 2 della L. n. 481/1995[311] allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale garantendo, in particolare, il ricorso a procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio.

Più specificamente, la lett. a) del comma 2 prevede che alle gare possano partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada, con esclusione, terminato il periodo transitorio previsto dal medesimo decreto o dalle singole leggi regionali, delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate o ad esse collegate, delle loro controllanti e delle società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali (tale esclusione non opera limitatamente alle gare che hanno ad oggetto i servizi già espletati dai soggetti stessi).

 


 

Articolo 62
(Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 62
(Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 2003, n 188)

 

 

 

1. Al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, sono apportate le seguenti modi­ficazioni:

 

     a) all'articolo 3, comma 1, lettera r), sono aggiunte, in fine, le seguenti pa­role: «ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287»;

 

     b) all'articolo 6, comma 2, la lettera a) è abrogata e alla lettera b) sono ag­giunte, in fine, le seguenti parole: «limi­tatamente ai servizi a committenza pub­blica»;

 

     c) all'articolo 9, dopo il comma 7 è inserito il seguente:

 

«7-bis. Nei casi di cui al comma 7, il Ministero delle infrastrutture e dei tra­sporti verifica altresì la permanenza delle condizioni per il rilascio del titolo autorizzatorio di cui all'articolo 131, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con particolare riferimento alla condizione di reciprocità qualora si tratti di imprese aventi sede all'estero o loro controllate ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287»;

 

     d) all'articolo 12, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

«1-bis. Il gestore dell'infrastruttura ferroviaria mette a disposizione delle imprese ferroviarie, nei termini e con le modalità previste dal presente decreto, l'infrastruttura ferroviaria e presta i ser­vizi di cui all'articolo 20, nel rispetto dei princìpi di non discriminazione e di equità, allo scopo di garantire un'effi­ciente gestione della rete, nonché di conseguire la massima utilizzazione della relativa capacità»;

 

     e) all'articolo 17:

 

          1) al comma 3, primo periodo, le parole: «di circolazione» sono sosti­tuite dalle seguenti: «dei servizi di ge­stione d'infrastruttura forniti»;

 

          2) al comma 10, le parole: «e comunque non oltre il 31 dicembre 2008» sono soppresse;

 

          3) dopo il comma 11, è aggiunto il seguente:

 

«11-bis. Relativamente alla corrente di trazione di cui alla lettera e) del comma 5, il relativo prezzo di fornitura è determinato secondo i seguenti princìpi:

 

     a) applicazione delle condizioni di approvvigionamento a minor costo ai servizi oggetto di contratti di servizio pubblico, al fine di minimizzare il costo del servizio universale;

 

     b) computo dei consumi medi per tipologia di treno;

 

     c) calcolo del costo dell'energia per fasce orarie;

 

     d) applicazione di meccanismi di adeguamento alle condizioni del mer­cato dell'energia elettrica, anche tramite conguagli alle imprese ferroviarie, sulla base dei costi di approvvigionamento effettivamente sostenuti dal gestore del­l'infrastruttura e comunicati alle imprese ferroviarie»;

 

     f) all'articolo 20:

 

          1) al comma 2, le lettere g), h) e i) sono abrogate;

 

          2) al comma 5, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:

 

     «c-bis) servizi di manovra;

 

     c-ter) controllo della circolazione di treni che effettuano trasporti di merci pericolose, previa sottoscrizione di con­tratti specifici con il gestore dell'infra­struttura;

 

     c-quater) assistenza alla circola­zione di treni speciali, previa sottoscri­zione di contratti specifici con il gestore dell'infrastruttura»;

 

          3) dopo il comma 5, è inserito il seguente:

 

«5-bis. Il gestore dell'infrastruttura, ove decida di fornire alcuni dei servizi di cui al comma 5 ma non intenda prestarli direttamente, provvede ad affidarne la gestione a sue società controllate ov­vero, con procedure trasparenti nel ri­spetto della normativa nazionale e co­munitaria, a soggetti terzi, nel rispetto delle esigenze di accesso equo, traspa­rente e non discriminatorio da parte delle imprese ferroviarie»;

 

          4) il comma 8 è sostituito dal se­guente:

 

«8. I raccordi ferroviari di accesso e, ove disponibile, la prestazione di servizi connessi con attività ferroviarie nei ter­minali, nei porti e negli interporti che servono o potrebbero servire più di un cliente finale, sono forniti a tutte le im­prese ferroviarie in maniera equa, non discriminatoria e trasparente e le richie­ste da parte delle imprese ferroviarie possono essere soggette a restrizioni soltanto se esistono alternative valide a condizioni di mercato»;

 

     g) all'articolo 23:

 

          1) al comma 1, secondo pe­riodo, dopo le parole: «delle tracce ora­rie richieste» sono inserite le seguenti: «e degli eventuali servizi connessi»;

 

          2) al comma 5, al terzo periodo, le parole: «, e comunque non superiore a dieci anni,» sono soppresse ed è ag­giunto, in fine, il seguente periodo: «Un periodo superiore ai dieci anni è possi­bile solo in casi particolari, in presenza di cospicui investimenti a lungo termine e soprattutto se questi costituiscono l'oggetto di impegni contrattuali»;

 

          3) al comma 7, secondo pe­riodo, dopo le parole: «sotto forma di tracce orarie» sono inserite le seguenti: «e dei servizi connessi»;

 

     h) all'articolo 24, comma 1, le pa­role: «sotto forma di tracce orarie» sono soppresse e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «sotto forma di tracce orarie e dei connessi servizi di cui all'ar­ticolo 20, comma 2, lettere b) e c)»;

 

     i) all'articolo 25, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

 

«4-bis. Le imprese ferroviarie e le as­sociazioni internazionali di imprese fer­roviarie devono, preliminarmente alla sottoscrizione del contratto per la con­cessione dei diritti di utilizzo, essere in possesso del certificato di sicurezza».

 

 

L’articolo 62 in esame, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, reca numerose modifiche al D.Lgs. n. 188/2003, che ha recepito le direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE in materia di trasporto ferroviario (c.d. primo pacchetto ferroviario).

 

Lettera a): interviene sull’articolo 1 del D.Lgs., che reca le definizioni. Alla lettera r), che concerne il titolo autorizzatorio rilasciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alle imprese che intendono esercitare i servizi di trasporto, a condizione di reciprocità quando si tratti di imprese ferroviarie aventi sede all'estero o loro controllate, viene aggiunto un riferimento all’articolo 7 della legge n. 287/1990. Tale articolo stabilisce che si ha controllo nei casi contemplati dall'articolo 2359 del codice civile, ed inoltre in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un'influenza determinante sulle attività di un'impresa.

 

Lettera b): Modifica l’articolo 6, comma 2, il quale stabilisce i requisiti richiesti per l’utilizzo della infrastruttura ferroviaria, prevedendo che le imprese che intendono esercitare l’attività di trasporto nazionale merci, nazionale passeggeri e internazionale passeggeri, devono possedere il titolo autorizzatorio indicato dall’articolo 3, comma 1, lettera r), sopra ricordato. La lettera b) in esame sopprime il riferimento al servizio nazionale merci, escludendo quindi la necessità del titolo autorizzatorio per tale servizio, e, con riferimento al servizio nazionale passeggeri, limita la necessità del titolo autorizzatorio ai servizi a committenza pubblica.

 

Lettera c): Modifica l’articolo 9, che riguarda la validità della licenza, documento con cui viene riconosciuta la qualità di «impresa ferroviaria» e viene legittimato l'espletamento di servizi internazionali di trasporto di merci o di persone per ferrovia. Il comma 7 di tale articolo prevede che l'impresa ferroviaria è tenuta a richiedere la conferma della licenza nel caso in cui siano sopravvenute modifiche della configurazione giuridica dell'impresa stessa e, in particolare, nei casi di fusione, incorporazione o acquisizione del controllo societario da parte di un altro soggetto. L'impresa ferroviaria che richiede la conferma può continuare l'attività a meno che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sospenda, con provvedimento motivato, l'efficacia della licenza già rilasciata se ritiene compromessa la sicurezza del servizio di trasporto. Viene ora aggiunto un comma 7-bis, con il quale si prevede che, nei casi sopra indicati, il Ministero deve verificare la permanenza delle condizioni per il rilascio del titolo autorizzatorio di cui all’articolo 131, comma 1, della legge n. 388/2000, con particolare riferimento alla condizione di reciprocità, nei casi di imprese aventi sede all’estero o loro controllate.

Va ricordato che il citato articolo 131 permette, al fine di garantire il contenimento delle tariffe e il risanamento finanziario delle attività di trasporto ferroviario, che il Ministro dei trasporti possa rilasciare titoli autorizzatori ai soggetti in possesso dei requisiti previsti dal DPR n. 146/1999, anche in deroga a quanto disposto dallo stesso DPR.

Si osserva che il decreto n. 146/1999 è stato abrogato dall’articolo 38 del D.Lgs. n. 188/2003 e che pertanto la norma inserita dalla lettera c) dovrebbe unicamente riguardare autorizzazioni pregresse.

 

Lettera d): modifica l’articolo 12, in materia di accesso all’infrastruttura ferroviaria. Il comma 1 dell’articolo dispone che alle imprese ferroviarie che rientrano nell'ambito di applicazione del decreto è riconosciuto, a condizioni eque, non discriminatorie e trasparenti, l'accesso all'intera rete ferroviaria, per l'esercizio dei servizi di trasporto internazionale di merci e che, entro il 1° gennaio 2007, alle imprese ferroviarie che rientrano nell'ambito di applicazione è consentito, a condizioni eque, non discriminatorie e trasparenti, l'accesso all'infrastruttura per l'esercizio di tutti i tipi di servizi di trasporto ferroviario di merci. La lettera d) aggiunge un comma 1-bis, nel quale si prevede che il gestore dell’infrastruttura mette a disposizione delle imprese ferroviarie l’infrastruttura ferroviaria e presta i servizi indicati dall’articolo 20, rispettando i principi di non discriminazione ed equità allo scopo di garantire una efficiente gestione della rete e di conseguire la massima utilizzazione della capacità.

 

Lettera e): apporta modifiche all’articolo 17, riguardante i canoni per l’utilizzo della infrastruttura ferroviaria.

Il comma 3 dell’articolo 17 indica fra gli elementi necessari alla determinazione del canone i costi di circolazione; tale riferimento viene ora sostituito con l’indicazione dei costi dei servizi di gestione d’infrastruttura forniti.

Il comma 10 prevede che, nelle more dell’emanazione del decreto, previsto dal comma 1, con cui il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce il canone dovuto per l'accesso all'infrastruttura ferroviaria, e comunque non oltre il 31 dicembre 2009, i canoni di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria continuano ad essere calcolati sulla base dei criteri dettati dal D.M. 21 marzo 2000 e dal D.M. 22 marzo 2000. La lettera e) in esame sopprime il riferimento alla data del 31 dicembre 2009.

Dopo il comma 11 viene aggiunto un comma 11-bis, che riguarda uno dei parametri per il calcolo del canone, indicati dal comma 5 dello stesso articolo 17, e, in particolare, quello del consumo energetico legato alla tipologia di trazione utilizzata. Il comma 11-bis introduce una serie di principi in base ai quali si deve determinare il prezzo di fornitura della corrente di trazione: applicazione delle condizioni di approvvigionamento al minor costo di servizio; computo dei consumi medi per tipologia di treno; calcolo del costo dell’energia per fasce orarie; applicazione dei meccanismi di adeguamento alle condizioni del mercato dell’energia elettrica, anche tramite conguagli alle imprese ferroviarie, sulla base dei costi sostenuti dal gestore dell’infrastruttura.

 

Lettera f): modifica l’articolo 20, nel quale sono indicati i servizi che il gestore dell’infrastruttura deve mettere a disposizione delle imprese.

Vengono in primo luogo soppressi i riferimenti contenuti al comma 2: ai servizi di manovra; al controllo dei trasporti di merci pericolose, previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell'infrastruttura; all’assistenza alla circolazione di treni speciali, previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell'infrastruttura.

Tali servizi vengono inseriti al comma 5, che indica gli ulteriori servizi di cui le imprese possono fare richiesta.

Viene poi aggiunto un comma 5-bis, il quale precisa che ove il gestore decida di fornire i servizi di cui al comma 5, ma non di prestarli direttamente, può affidarne la gestione a società controllate ovvero a soggetti terzi, nel rispetto del principi normativi nazionali e comunitari e delle esigenze di accesso equo e non discriminatorio da parte delle imprese ferroviarie.

Viene sostituito il comma 8, che regola la fornitura dei raccordi ferroviari di accesso e la prestazione di servizi connessi con attività ferroviarie nei terminali e nei porti che servono o potrebbero servire più di un cliente finale; il nuovo testo del comma 8 contiene un inciso con il quale si precisa che la prestazione dei predetti servizi viene effettuata “ove disponibile”.

All’articolo 23, che definisce i contenuti degli accordi quadro che possono essere conclusi dal gestore dell'infrastruttura e imprese per l'utilizzo di capacità sull'infrastruttura ferroviaria interessata per un periodo superiore a quello di vigenza di un orario di servizio, vengono apportate alcune modifiche. Al comma 1 si prevede che l'accordo quadro deve specificare, oltre che il dettaglio delle tracce orarie richieste, anche degli eventuali servizi connessi. Al comma 5 viene soppresso il limite massimo di dieci anni previsto per la durata degli accordi quadro, precisando peraltro che periodi superiori a dieci anni sono possibili solo in casi particolari in presenza di importanti investimenti a lungo termine. Al comma 7 viene apportata una modifica di coordinamento, prevedendo anche per le ipotesi ivi indicate che le richieste di assegnazione di capacità specifiche, sotto forma di tracce orarie, si estendono ai servizi connessi.

Analogamente, all’articolo 24, che disciplina la richieste di tracce orarie da parte delle imprese, il comma 1 viene modificato precisando che la richiesta si estende ai servizi connessi.

All’articolo 25, che concerne i contratti per la concessione dei diritti di utilizzo, viene aggiunto un comma 4-bis, con il quale si stabilisce che le imprese ferroviarie, per poter sottoscrivere tali contratti, devono risultare in possesso del certificati di sicurezza.

Va in proposito ricordato che la normativa in materia di certificazione di sicurezza – precedentemente recata dall’articolo 10 del d.lgs. n. 188/2003 – è ora dettata dall’articolo 14 del D.Lgs. n. 162/2007, il quale stabilisce che scopo del certificato di sicurezza è fornire la prova che l'impresa ferroviaria ha elaborato un proprio sistema di gestione della sicurezza ed è in grado di soddisfare i requisiti delle STI (specifiche tecniche di interoperabilità), di altre pertinenti disposizioni della normativa comunitaria e delle norme nazionali di sicurezza ai fini del controllo dei rischi e del funzionamento sicuro sulla rete. Organo competente al rilascio del certificato è l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, istituita dall’articolo 4 del medesimo D.Lgs. n. 162/2007.

Procedure di contenzioso

Si veda la scheda relativa all’articolo 58, paragrafo “Procedure di contenzioso”.

 


 

Articolo 63
(Ulteriori misure in materia di trasporti ferroviari)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 63
(Ulteriori misure in materia di trasporti ferroviari)

 

 

 

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge i servizi fer­roviari di interesse locale di cui all'arti­colo 9 del decreto legislativo 19 novem­bre 1997, n. 422, svolti nelle regioni a statuto speciale e nelle province auto­nome di Trento e di Bolzano sono attri­buiti, anche in attesa dell'adozione delle norme di attuazione degli statuti di cui all'articolo 1, comma 3, del citato de­creto legislativo n. 422 del 1997, alla competenza delle medesime regioni e province autonome. A tal fine il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al trasferimento delle risorse, in confor­mità agli ordinamenti finanziari delle singole regioni e province autonome, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, uti­lizzando le risorse già destinate a tale titolo al pagamento dei corrispettivi in favore di Trenitalia Spa derivanti dal contratto di servizio in essere con lo Stato, sulla base di un piano di riparto predisposto con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le regioni e le pro­vince autonome interessate.

 

 

L’articolo 63, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, interviene in materia di servizi ferroviari di interesse locale, con riferimento all’articolo 9 del decreto legislativo n. 422/1997 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Tale articolo ha delegato alle regioni, a partire dal 1° giugno 1999, le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai servizi ferroviari in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.A. di interesse regionale e locale.

L’articolo 63 prevede che questi servizi, svolti nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome, vengano attribuiti - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge - alla competenza delle regioni e province stesse. A tal fine, il Ministro dell’economia e delle finanze dovrà trasferire le risorse necessarie, restando nei limiti degli stanziamenti di bilancio e utilizzando le risorse già destinate, secondo i contratti di servizio, al pagamento dei corrispettivi in favore di Trenitalia.

La norma precisa che tale attribuzione avvenga “anche in attesa delle norme di attuazione degli statuti, di cui all’articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 422/1997”.

 

Va ricordato che per le regioni a statuto speciale e per le province autonome l’articolo 1 del d.lgs. n. 422/1997 ha disposto che il conferimento delle funzioni, nonché il trasferimento dei relativi beni e risorse, siano disposti nel rispetto degli statuti e attraverso apposite norme di attuazione.

Si rammenta che sono stati finora emanati, in materia, decreti legislativi di attuazione con riguardo alle regioni Friuli-Venezia Giulia (D.Lgs, 1 aprile 2004, n. 111, "Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti") eSardegna (D.Lgs. 21 febbraio 2008, n. 46, "Norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma Sardegna concernenti il conferimento di funzioni e compiti di programmazione e amministrazione in materia di trasporto pubblico locale").

 

 


 

Articolo 64
(Disposizioni in materia di farmaci)

 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

 

 

 

Articolo 64
(Disposizioni in materia di farmaci)

 

 

 

1. La disposizione di cui alla lettera g) del comma 796 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applica, fino al 31 dicembre 2009, su richiesta delle imprese interessate, anche ai farmaci immessi in commercio dopo il 31 dicem­bre 2006. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) de­finisce le modalità tecniche applicative della disposizione di cui al primo pe­riodo.

 

 

L'articolo in esame, introdotto al Senato, estende anche ai farmaci immessi in commercio dopo il 31 dicembre 2006 la facoltà delle aziende farmaceutiche di avvalersi del previsto meccanismo del pay- back, già prorogato al 31 dicembre 2009, in alternativa alla riduzione del cinque per cento del prezzo al pubblico dei farmaci rimborsabili, in tutto o in parte, a carico del Servizio sanitario nazionale. Viene poi demandata all’AIFA la definizione, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, delle modalità applicative di tale disposizione.

 

Il meccanismo del pay- back previsto dall'articolo 1, comma 796, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), prorogato, prima al 31 dicembre 2008, dall'articolo 9, comma 1, del decreto – legge 31 dicembre 2007, n. 248[312] e infine, al 31 dicembre 2009, dall’articolo 34 del decreto – legge 30 dicembre 2008, n. 207[313], consente alle aziende farmaceutiche, per i farmaci immessi in commercio al 31 dicembre 2006, ai fini del contenimento della spesa farmaceutica[314], di versare alle regioni determinate somme, stabilite secondo specifiche tabelle di equivalenza approvate dall'Agenzia Italiana del Farmaco, sospendendo in tal modo la prevista riduzione del cinque per cento del prezzo del farmaco.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 10 dicembre 2008 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM (2008) 666) che definisce, tra l’altro, le linee di azione della Commissione per migliorare l’accesso al mercato, rendendo le decisioni di prezzatura e rimborso più trasparenti.

In particolare la comunicazione osserva che il mercato dei farmaci nell'UE è caratterizzato da una forte frammentazione dovuta principalmente alla diversità dei sistemi nazionali di fissazione dei prezzi e di rimborso. Pur spettando agli Stati membri stabilire quali medicinali rimborsare anche in considerazione dei rispettivi vincoli di bilancio, la Commissione sottolinea che la disponibilità e l'accessibilità dei medicinali hanno tuttavia una dimensione europea. In particolare la Commissione osserva che meccanismi di mercato più efficienti e, in particolare, una concorrenza basata sui prezzi per i medicinali non rimborsati darebbero più scelta ai pazienti a un costo più conveniente; gli Stati membri dovrebbero quindi eliminare i controlli dei prezzi sui fabbricanti, che impediscono la piena concorrenza dei medicinali autorizzati che non sono né acquistati né rimborsati dallo Stato.

Si ricorda inoltre che, contestualmente alla comunicazione, la Commissione ha presentato cinque proposte normative di modifica del regolamento CE n. 726/2004 - che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali - e della direttiva 2001/83/CE - recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.


 



[1]Risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31 e 70 del disegno di legge A.C. 1441, deliberato dall’Assemblea nella seduta n. 48 del 5 agosto 2008. Si ricorda che il ddl A.C. 1441, e conseguentemente il ddl A.C. 1441-quater derivante dallo stralcio del primo, hanno natura di provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013.

[2]     Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 aprile 2009, n. 33.

[3]     Il nuovo accordo di Basilea (più noto come Basilea 2) è un accordo che ha definito a livello internazionale i requisiti patrimoniali delle banche. L’accordo è stato approvato il 26 giugno 2004 dalle banche centrali e dalle autorità di vigilanza del Gruppo dei dieci. Scopo dell'accordo è stato di aumentare la stabilità del sistema bancario internazionale rendendo le banche più sensibili al controllo dei rischi di credito, di mercato e operativi; per raggiungere tale obiettivo, sono state definite, in estrema sintesi, nuove regole fondate su tre "pilastri". Il primo pilastro è quello dei requisiti patrimoniali minimi, che si traducono in vincoli all’operatività bancaria al fine di garantire la solidità economica e finanziaria delle banche; il secondo pilastro riguarda l'efficienza della vigilanza sulla gestione del rischio da parte delle banche, che implica per le Banche centrali la verifica sulla disponibilità, da parte delle banche, dei requisiti patrimoniali minimi e il controllo del rischio degli impieghi, al fine di prevenire la possibilità che il capitale scenda al di sotto della soglia minima; il terzo pilastro, infine, concerne la disciplina del mercato e la trasparenza, e si traduce in regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.

      Per quanto riguarda il rischio di credito, Basilea 2 introduce la possibilità di scegliere fra più metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali, in particolare:

-        un metodo normalizzato (standardised approach) basato sull’utilizzo di valutazioni (rating) esterne forniti dalle agenzie specializzate, in base ai quali vengono applicati coefficienti prudenziali omogenei predefiniti dall’Autorità di vigilanza;

-        un metodo più sofisticato, il quale, utilizzando rating interni, permette di correlare meglio il capitale regolamentare al rischio effettivo; esso si suddivide a sua volta in un metodo di base (foundation approach) e un metodo avanzato (advanced approach), in relazione alla capacità delle banche di stimare direttamente alcuni parametri necessari alla valutazione del coefficiente prudenziale da applicare all’esposizione sottostante.

      Si ricorda che in data 6 maggio 2009 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi (COM(2008)0602 – C6-0339/2008 – 2008/0191(COD)), intesa a modificare i criteri dettati dal Nuovo Accordo di Basilea.

[4]     La costituzione di fondi di garanzia interconsortile è prevista dall’articolo 13, comma 20 e seguenti, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Esso prevede che i confidi i quali riuniscono complessivamente non meno di 15 mila imprese e garantiscono finanziamenti complessivamente non inferiori a 500 milioni di euro possono istituire, anche tramite le loro associazioni nazionali di rappresentanza, fondi di garanzia interconsortile destinati alla prestazione di controgaranzie e cogaranzie ai confidi. Per i confidi che riuniscono cooperative e loro consorzi, i requisiti predetti sono stabiliti rispettivamente nell’associazione di non meno di 5.000 imprese e nella garanzia di finanziamenti complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro. I predetti fondi sono gestiti da società consortili per azioni o a responsabilità limitata, il cui oggetto sociale preveda in via esclusiva lo svolgimento di tale attività, ovvero dalle società finanziarie costituite ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. In deroga all'articolo 2602 del codice civile, le società consortili possono essere costituite anche dalle associazioni di cui al comma 20. Si ricorda che la legge finanziaria 2007 (L. 27dicembre 2006 n. 296), col fine di favorire il rafforzamento patrimoniale dei confidi, ha concesso la possibilità di destinare i fondi di garanzia interconsortile anche alla prestazione di servizi ai confidi soci ai fini dell'iscrizione nell'elenco speciale degli intermediari finanziari (articolo 107 del testo unico bancario- TUB, D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385), nonché, in generale, ai fini della riorganizzazione, integrazione e sviluppo operativo dei confidi stessi.

[5]     Con DPCM 8 aprile 2008 è stato approvato lo statuto dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.

[6]     Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133.

[7]     Tale disciplina non ha trovato applicazione in quanto non sono stati emanati i relativi decreti attuativi.

[8]    Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia.

[9]    Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

[10]   Ordinamento delle autonomie locali.

[11]   Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[12]    Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia.

[13]   Il richiamo alla Conferenza permanente è stato inserito durante l’iter al Senato.

[14]   Tale area di intervento è stata inserita durante l’iter al Senato.

[15]   Tale area di intervento è stata inserita durante l’iter al Senato.

[16]   Tale area di intervento è stata inserita durante l’iter al Senato.

[17]    Le iniziative che ai sensi del comma 554 della legge finanziaria 2008 avrebbero dovuto essere finanziate con le risorse rivenienti dalle revoche ex legge n. 488/1992 sono le seguenti:

-        programma nazionale destinato ai giovani laureati residenti nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia), finalizzato a favorirne l’inserimento lavorativo, con priorità ai contratti di lavoro a tempo indeterminato;

-        costituzione di un Osservatorio sulla migrazione interna, per il monitoraggio della mobilità dal sud verso il nord del Paese e per favorire i percorsi di rientro;

-        agevolazioni alle imprese innovatrici in fase di avvio, mediante riduzione degli oneri sociali per tutti i ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati a decorrere dal 2007;

-        sviluppo di attività produttive previste da accordi di programma in vigore, nonché programmi di sviluppo regionale e interventi finalizzati alla costruzione di Poli di innovazione nelle regioni Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata;

-        creazione di un “Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE”, da destinare alla "riserva nuovi entranti" dei Piani nazionali;

-        proroga per il 2008, 2009 e 2010 della deduzione forfettaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburanti;

-        sostegno dell’attività di ricerca nel sistema energetico e di riutilizzo di aree industriali, in particolare nel Mezzogiorno.

[18]   Aggiunta durante l’iter al Senato.

[19]    Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.

[20]    Lettera introdotta dal Senato.

[21]    Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

[22]    Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[23]    Ai sensi dell'art. 2751-bis del Codice civile sono privilegiati, ossia hanno la precedenza su tutti gli altri nei pagamenti, i crediti riguardanti le retribuzioni dovute ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed il credito per il risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile; le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione; le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l'ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo; i crediti del coltivatore diretto per i corrispettivi della vendita dei prodotti, i crediti dell'impresa artigiana e delle società od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti; i crediti delle società cooperative agricole e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei prodotti; i crediti delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo per gli oneri retributivi e previdenziali addebitati alle imprese utilizzatrici.

[24]    Il Capo II reca disciplina l’accreditamento, utilizzato su base obbligatoria o volontaria, in relazione alla valutazione della conformità.

[25]    Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[26]    Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[27]   Decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell’articolo 45, coma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144.

[28]   Legge 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

[29]   A tale disposizione si è data attuazione con D.M. 22 novembre 1999, Criteri relativi alla trasmissione dei prospetti informativi da parte dei datori di lavoro soggetti alla disciplina in materia di assunzioni obbligatorie di cui alla L. 12 marzo 1999, n. 68, recante: «Norme per il diritto al lavoro dei disabili».

[30]    Successivamente, la legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) è intervenuta per sanare il contenzioso costituzionale sorto tra Governo e regioni sulle competenze regionali in materia di tributi, in particolare IRAP e tassa automobilistica. Le regioni Piemonte, Veneto, Campania, infatti, avevano disposto con proprie leggi, tra l’altro, la proroga dei termini (dal 31 dicembre 2002 al 31 dicembre 2003) per il recupero della tassa automobilistica dovuta per l’anno 1999. Queste disposizioni erano state impugnate dal Governo innanzi alla Corte costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni stesse con le sentenze, rispettivamente, n. 296 e 297 del 22-26 settembre 2003 e n. 311 del 2-15 ottobre 2003 .

      Le disposizioni recate dai commi 22 e 23 dell’articolo 2 della legge n. 350 del 2003 hanno disposto sostanzialmente una sanatoria, nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di studio per il federalismo fiscale, per le disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP, in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale. In particolare in tali regioni l’applicazione delle sopra citate imposte opera, fino al periodo d’imposta 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), ed entro la stessa data le regioni avrebbero dovuto rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica.

      La legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004, articolo 1, comma 61) ha confermato la sanatoria per le disposizioni delle leggi regionali in materia di tassa automobilistica e IRAP emanate in violazione dei limiti della loro potestà legislativa, estendendola anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte e promulgate prima del 1° gennaio 2005.

[31]    Recante misure in materia tributaria e convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53.

[32]    Recante il riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[33]    In tale categoria rientrano alberghi, pensioni teatri, cinematografi, case di cura e ospedali con fine di lucro, istituti di credito, cambio e assicurazione, nonché i fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali, scuole e laboratori scientifici privati.

[34]    In tale categoria rientrano alberghi, pensioni teatri, cinematografi, case di cura e ospedali con fine di lucro, istituti di credito, cambio e assicurazione, nonché i fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali, scuole e laboratori scientifici privati.

[35]    D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 luglio 2006, n. 233.

[36]    Legge 28 ottobre 1999, n. 410, Nuovo ordinamento dei consorzi agrari.

[37]    Il termine per l’adeguamento degli statuti dei consorzi agrari alle norme che il codice civile detta per le società cooperative, originariamente fissato al 30 giugno 2007 dal D.L. n. 181/2006, era già stato prorogato dapprima al 31 dicembre 2007 dall’art. 1, comma 1076 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), quindi al 30 giugno 2008 con l’art. 2, co. 5-quater del D.L. n. 300/2006 ed al 31 dicembre 2008 con l’art 26, comma 1, del D.L. n. 248/2007.

[38]    Il medesimo art. 26, comma 1, in forma di novella al citato art. 1, comma 9-bis, del D.L. n. 181/2006, stabilisce poi che, in mancanza della presentazione e approvazione della proposta di concordato, l’autorizzazione all’esercizio provvisorio venga revocata dall’autorità amministrativa preposta alla vigilanza.

[39]    Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, che a decorrere dal 1° gennaio 2008 si applica nella versione integrata e corretta dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169.

[40]    Decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della L. 3 aprile 2001, n. 142, recante: “Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore”.

[41]    Il decreto legge n. 181/2006 (art. 1, comma 9-bis, primo periodo), con norma ora abrogata dal provvedimento in esame, precisa che la vigilanza sui consorzi agrari è esercitata “congiuntamente” dal ministro dello sviluppo economico e da quello delle politiche agricole “ai sensi dell’articolo 12 del D.lgs. n. 220/2002”.

[42]    L’articolo 12 del decreto legislativo n. 220 prosegue richiedendo che i sopraelencati provvedimenti sanzionatori siano adottati previa consultazione della Commissione centrale per le cooperative, e che gli enti cooperativi che si sottraggono all’attività di vigilanza o non rispettino le finalità mutualistiche siano cancellati dall’albo nazionale degli enti cooperativi con conseguente perdita dei benefici connessi all’iscrizione.

[43]    In G.U. 13 luglio 2004, n. 162, corretto con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 19 luglio 2004, n. 167.

[44]    Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore.

[45]    L’Accordo, di durata triennale e tacitamente rinnovabile per un periodo di uguale durata, è stato sottoscritto il 30 aprile 2001 allo scopo di valorizzare le Università italiane nelle loro interconnessioni con il sistema economico, sia in qualità di soggetti a cui è demandata in via prioritaria la creazione di conoscenza e l'alta formazione, sia in qualità di canali per l'acquisizione, lo sviluppo e la diffusione delle conoscenze specialistiche e innovative che fanno da supporto ai processi di internazionalizzazione e di acquisizione di una maggiore competitività delle imprese. Tra gli obiettivi primari individuati dall’Accordo rientrano: a) l'integrazione fra la produzione di conoscenza in materia di internazionalizzazione del sistema universitario e il mondo delle imprese, incentivando a tal fine i rapporti delle Università con i sistemi produttivi locali, i distretti industriali e i parchi tecnologici italiani e stranieri; b) promozione all'estero dell'offerta formativa del sistema universitario italiano. Le azioni derivanti dall’Accordo dovranno essere individuate in coerenza con le Linee direttrici ministeriali in materia di attività promozionale e tenendo conto degli interventi a favore dei sistemi produttivi anche in ambito degli Accordi programma sottoscritti con le Regioni e degli Accordi di settore sottoscritti con le Associazioni di categoria. In prima applicazione tali azioni saranno volte: alla promozione e al sostegno della diffusione all'estero di informazioni sulle attività formative delle Università italiane; alla realizzazione di specifiche iniziative promozionali per presentare l'offerta formativa del sistema universitario italiano o le opportunità formative settoriali; l'identificazione di potenziali partners stranieri per lo svolgimento di attività di ricerca e formazione in materia di internazionalizzazione; la realizzazione di iniziative di scambio, comprese quelle relative a tecnologie, tra Università ed imprese, mediante forum, organizzazione di meeting, workshop, seminari nei centri di produzione, parchi tecnologici ecc.; lo sviluppo della collaborazione tra le Università e tra queste e gli altri soggetti operanti nel campo della formazione per l'internazionalizzazione - in primo luogo l'ICE. L’art. 3 dell’Accordo demanda al Ministero (ora dello sviluppo economico) il compito di individuare priorità, risorse e procedure relative alla selezione e al finanziamento dei progetti, stabilendo, inoltre che la valutazione dei progetti sia realizzata con l’apporto di un Comitato di valutazione appositamente costituito. Lo stesso art. 3 stabilisce che la valutazione dei progetti sia realizzata con l’apporto di un Comitato costituito ad hoc (art.4), in cui siedono i rappresentanti del Ministero delle attività produttive, della Conferenza dei rettori delle università, dell’Istituto per il commercio estero e del Ministero degli affari esteri.

[46]    Si ricorda che nel corso della XIV legislatura l’intento governativo di riordinare il settore si era concretizzato nella previsione di due deleghe per l’adozione di appositi provvedimenti, contenute nelle leggi n. 229 del 2003 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001) e n. 56 del 2005, nessuna delle quali è peraltro stata attuata, nonché nella trasformazione in società per azioni dell’Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE) e nella revisione della disciplina istitutiva della società SIMEST, recata dalla legge n. 100 del 1990.

[47]    Si tratta dei seguenti enti: ICE, SIMEST Spa, INFORMEST, FINEST Spa, Camere di commercio italiane all’estero.

[48]    Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[49]    Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[50]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 121/2008.

[51]    Legge 27 febbraio 2006, n. 105, Interventi dello Stato nel sistema fieristico nazionale.

[52]    A decorrere dall'anno 2008, al rifinanziamento del Fondo si provvede con gli appositi stanziamenti nell’ambito della legge finanziaria.

[53]    Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

[54]    SIMEST (Società italiana per le imprese all'estero) è una società per azioni controllata dallo Stato, che ne detiene il 76 per cento del pacchetto azionario, istituita nel 1990 sulla base di quanto previsto dalla legge n. 100 del 1990 (Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero) ed operativa dal 1991. La missione della Società è la promozione del processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e l’assistenza degli imprenditori nelle loro attività all’estero, mediante la partecipazione alle società estere partecipate da imprese italiane (c.d. joint-ventures) ovvero ai consorzi che prestano servizi alle imprese, nonché l’offerta di servizi di assistenza e consulenza e la concessione di garanzie a favore delle imprese presso gli intermediari finanziari.

[55]    Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[56]    La legge n. n. 84 del 2001 (Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo di Paesi dell'area balcanica), all’articolo 5, co. 2, lettera c), prevede, l'istituzione presso la SIMEST Spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima con finalità di capitale di rischio (venture capital), per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipare. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo delle vecchie lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione. Analogamente l’articolo 46 della legge n. 273 del 2002 (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza) ha autorizzato il Ministero delle attività produttive a costituire, ai sensi e per le finalità della legge n. 100 del 24 aprile 1990, e successive modificazioni, fondi rotativi per la gestione delle risorse deliberate dal CIPE per il sostegno degli investimenti delle piccole e medie imprese nella Repubblica Federale di Jugoslavia, per il finanziamento di operazioni venture capital nei Paesi del Mediterraneo e per favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane.

[57]    Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 recante Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[58]    La SIMEST (Società italiana per le imprese all'estero) è una società per azioni controllata dal Governo italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, ed è stata istituita dalla legge 24 aprile 1990, n. 100 con il compito di promuovere il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e di assistere gli imprenditori nelle loro attività all’estero. V. anche la scheda relativa all'art. 13.

[59]    Attualmente l'art. 517 c.p. prevede che chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a ventimila euro.

[60]    Recante Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.

[61]    Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.

[62]    Recante Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

[63]    Secondo la dichiarazione della Commissione 2005/295/CE - da applicare alla proposta in questione - la definizione di diritti di proprietà intellettuale comprende almeno i seguenti diritti: diritto d'autore, diritti connessi al diritto di autore, diritto sui generis del costitutore di una banca di dati, diritti dei creatori di topografie di prodotti a semiconduttori, diritti relativi ai marchi, diritti relativi ai disegni e modelli, diritti brevettuali, compresi i diritti derivanti da certificati protettivi complementari, indicazioni geografiche, diritti relativi ai modelli di utilità, diritti di privativa per ritrovati vegetali, nomi commerciali, se protetti da diritti di privativa nella legislazione nazionale.

[64]    Recante Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale.

[65]    Decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato; decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato; decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca.

[66]    In attuazione della decisione 2007/845/GAI del Consiglio del 6 dicembre 2007 concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi.

[67]    "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale", convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[68]    "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)".

[69]    Lo schema di regolamento di organizzazione del MIPAAF n. 77/09, recentemente sottoposto all’esame delle Commissioni parlamentari, riorganizza l’Ispettorato in struttura dipartimentale ridenominandolo Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro-alimentari, con ciò evidenziando la duplice funzione della struttura deputata a vigilare sulla qualità e a prevenire e reprimere le frodi.

[70]   Reg. (CE) n. 826/2008, recante norme comuni per la concessione di aiuti all’ammasso privato per taluni prodotti agricoli.

[71]    Decreto-legge n. 2/2006, recante “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”, convertito, con modificazioni, in legge 11 marzo 2006, n. 81, convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio 2008, n. 126.

[72]   Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante "Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie".

[73]    Cfr. D.M. economia e finanze 30 dicembre 2008 , recante la ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base del bilancio di previsione per il 2009)

[74]   Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della L. 12 dicembre 2002, n. 273.

[75]   Il citato art. 46 fissa in norme in tema di novità stabilendo che un'invenzione viene considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica che, a sua volta, è costituito da tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio dello Stato o all'estero prima della data del deposito della domanda di brevetto, mediante una descrizione scritta od orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo. È pure considerato come compreso nello stato della tecnica il contenuto di domande di brevetto nazionale o di domande di brevetto europeo o internazionali designanti e aventi effetto per l'Italia, così come sono state depositate, che abbiano una data di deposito anteriore a quella sopra menzionata e che siano state pubblicate o rese accessibili al pubblico anche in questa data o più tardi. Le disposizioni anzidette non escludono la brevettabilità di una sostanza o di una composizione di sostanze già compresa nello stato della tecnica, purché in funzione di una nuova utilizzazione.

[76]   Con la Convenzione di Parigi del 22 novembre 1928, caratterizzata dall’adesione di molti Stati tra cui l’Italia, con il fine di regolamentare organizzazione e frequenza delle molte esposizioni internazionali succedutesi in varie città dei paesi industrializzati dalla seconda metà dell’Ottocento al primi decennio del Novecento, è stato istituto il B.I.E. (Bureau International des Expositions). La Convenzione conta attualmente 140 Stati e organismi membri. Aggiornata di continuo dal 1928 ad oggi, la Convenzione ha delineato il carattere fondamentale che ogni Esposizione internazionale deve assumere. Nella Convenzione inoltre vengono distinte due tipologie di Esposizioni internazionali: l’Esposizione Internazionale registrata, o Universale, caratterizzata dalla frequenza ogni cinque anni, dalla durata di sei mesi, da una estensione superficiale non aprioristicamente delimitata e da ampio tema generale di identificazione; l’Esposizione Internazionale riconosciuta, o Internazionale, da svolgere nell’intervallo temporale tra due Esposizioni Universali, con durata massima di tre mesi, superficie occupata che non supera 25 ettari e con tema centrale a carattere specialistico.

[77]   Secondo la Corte, la delega aveva ad oggetto il riordino delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale, senza che nessuno dei principi e criteri direttivi permettesse di ritenere che, sia pure implicitamente, il legislatore delegato fosse stato autorizzato ad innovare la disciplina processuale prevedendo, per le relative controversie, un rito diverso da quello ordinario né le ragioni di opportunità e la finalità di maggiore efficienza, dedotte nella relazione ministeriale al decreto legislativo 30/2005 a sostegno dell’intervento sulla disciplina del processo, sono idonee a fondare l’estensione dell’oggetto della delega in difetto di ogni previsione in tal senso nella legge di delegazione.

La delimitazione dell’oggetto della delega alla sola disciplina sostanziale (salve le norme processuali già contenute nelle leggi speciali da riordinare) era confermata anche dai lavori preparatori della legge di delegazione e dal contesto normativo nel quale si inserisce il disposto che prevede la delega: infatti, da un lato la relazione al disegno di legge delega precisava che la razionalizzazione e la semplificazione si riferivano alle disposizioni di diritto sostanziale; dall’altro, la medesima legge disciplinava (in un articolo diverso da quello che fungeva da base legislativa della disposizione impugnata) una distinta ed ulteriore delega, funzionale all’emanazione di decreti legislativi diretti proprio “ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti giudiziari”.

[78]   Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

[79]   Attuazione della direttiva 98/71/CE relativa alla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (art. 22, comma 1, lett. b)).

[80]   Dir. 13 ottobre 1998, n. 98/71/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli. In particolare, l’art. 17 della direttiva prevede che i disegni e modelli protetti come disegni o modelli registrati in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d'autore vigente in tale Stato fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma. Ciascuno Stato membro determina l'estensione della protezione e le condizioni alle quali essa è concessa, compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere.

[81]   In tal modo, si è rinunciato al principio della tutela superata ed è stato introdotto il principio del cumulo della protezione offerta dalla normativa sui disegni e modelli registrati e dalla normativa concernente il diritto d’autore. In altri termini, a partire dal 2001, l’opera di design industriale può godere di due tutele concorrenti: a) la registrazione; b) il diritto d’autore.

[82]   Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali (art. 4, comma 4, lett. b)), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46.

[83]   Legge 10 marzo 1969, n. 96, Istituzione di un controllo qualitativo sulle esportazioni di pomodori pelati e concentrati di pomodoro ed estensione di determinate norme ai medesimi prodotti destinati al mercato interno.

[84]   Il testo approvato dalla Camera prevedeva invece il termine del 30 dicembre 2008.

[85]   Attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2006, n. 78.

[86]   Lettera aggiunta dal Senato.

[87]   Lettera aggiunta dal Senato.

[88]    La Commissione specifica che la proprietà intellettuale si riferisce ai diritti connessi alla creazione intellettuale, quali le invenzioni, i lavori artistici e letterari, simboli e disegni. La proprietà intellettuale si divide normalmente in due categorie: diritto d’autore e proprietà industriale. Il diritto d’autore – copyrights – comprende le creazioni letterarie ed artistiche. I diritti di proprietà industriale comprendono, fra l’altro, brevetti per invenzioni, marchi, design industriale.

[89]   Recante “Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli “ e convertito in legge, con modificazioni con L. 2 aprile 2007, n. 40 (cd. “secondo pacchetto Bersani”).

[90]    Per consumatore o utente si intende la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.

[91]    Si ricorda però che l’articolo 14 della direttiva 2005/29/CE, in materia di tutela dei professionisti dalla pubblicità ingannevole e di condizioni di liceità della pubblicità comparativa, è stato invece recepito con il decreto legislativo n. 145 del 2 agosto 2007 (ai fini della disciplina in esame, per professionista si intende qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale). Il decreto legislativo n. 145/07 reca inoltre disposizioni relative a specifiche fattispecie di pubblicità ingannevole (pubblicità di prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza, pubblicità rivolta a bambini e adolescenti o che impiega gli stessi), la cui disciplina era precedentemente contenuta nel Codice del consumo.

[92]    Recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria e convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.

[93]    Il decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68 è stato emanato al fine di adeguare i compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell'articolo 4 della L. 31 marzo 2000, n. 78. La norma ha delegato il Governo ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima , uno o più decreti legislativi per la revisione delle norme concernenti il reclutamento, lo stato giuridico e l'avanzamento degli ufficiali del Corpo della guardia di finanza e per l'adeguamento dei compiti del Corpo in relazione al riordino della pubblica amministrazione.

[94]   Legge 23 dicembre 2000, n. 388 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001).

[95]   Decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14.

[96]   Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione.

[97]    Nel testo approvato dalla Camera dei deputati il temine era fissato nel 30 giugno 2009.

[98]    Nel testo approvato dalla Camera dei deputati era previsto che i decreti legislativi recassero i criteri per la disciplina.

[99]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 368/2003.

[100]  Sulla classificazione dei rifiuti radioattivi nelle tre categorie I, II e III, si veda la Guida Tecnica n. 26 “Gestione dei rifiuti radioattivi” dell’ENEA (1987), disponibile anche all’indirizzo internet http://info.casaccia.enea.it/conferenza-statoregioni/atti/doc_attori/11 - guidatecnica26.pdf.

[101]  Società gestione impianti nucleari (www.sogin.it).

[102]  Per una trattazione più approfondita dei contenuti del decreto-legge n. 314/2003 e della legge n. 239/2004 (cd. legge Marzano) si rinvia al capitolo “Scorie nucleari” del dossier “L’attività delle commissioni nella XIV legislatura”, consultabile all’indirizzo internet www.camera.it/­cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/08/08_cap04.htm.

[102]  Pubblicato nella G.U. 7 marzo 2008, n. 57.

[103]  Pubblicato nella G.U. 7 marzo 2008, n. 57.

[104]  Pubblicata nella G.U. n. 277 del 28 novembre 2007 e disponibile anche all’indirizzo internet www.cipecomitato.it/delibere/E070101.doc.

[105]  La previsione che i decreti legislativi debbano essere emanati anche di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è stata inserita durante l’esame al Senato.

[106]  Nel testo approvato dalla Camera dei deputati si parlava di “adeguati” livelli di sicurezza.

[107]  Il riferimento agli enti locali è stato aggiunto durante l’esame in Commissione X presso il Senato.

[108]  Tale divieto è stato inserito durante l’esame dell’Assemblea del Senato.

[109]  Nel testo approvato dalla Camera la previsione riguardava i produttori di energia elettrica nucleare.

[110]  Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale istituito dall’articolo 28 del D.L. n. 112 del 2008. Si veda in proposito la scheda di lettura relativa all’articolo 29, istitutivo dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. Si ricorda inoltre che l’articolo 19 del testo uscito dalla Camera, relativo al funzionamento dell’ISPRA, è stato soppresso durante l’iter al Senato.

[111]  Le “opere connesse” sono state aggiunte durante l’iter al Senato.

[112]  La concertazione con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è stata inserita durante l’esame del Senato.

[113]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 290/2003.

[114]  L’eccezione per VIA e VAS è stata introdotta al Senato.

[115]  Nel testo approvato dalla Camera si parlava di un fondo per il «decommissioning».

[116]  Il riferimento ai comuni confinanti è stato inserito durante l’esame dell’Assemblea del Senato.

[117]  Questo criterio direttivo è stato inserito durante l’iter al Senato.

[118]  Questo criterio direttivo è stato inserito durante l’iter al Senato.

[119]  www.camera.it/_dati/leg16/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=16PDL00060­50#RL.

[120]  Attuazione della direttiva 2003/122/CE Euratom sul controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane.

[121]  Programma indicativo per il settore nucleare, COM(2007)565 presentato dalla Commissione il 4 ottobre 2007. L’articolo 40, Titolo II, Capo 4 del trattato Euratom dispone che la Commissione “pubblica periodicamente dei programmi a carattere indicativo, riguardanti in particolare obiettivi di produzione di energia nucleare e gli investimenti di qualsiasi natura richiesti dalla loro realizzazione”. Dal 1958 sono stati pubblicati quattro programmi indicativi ed un aggiornamento: nel 1966, 1972, 1984, 1990 e l'ultima volta nel 1997. La versione finale del “Programma indicativo per il settore nucleare” è stata pubblicata dalla Commissione in seguito al parere espresso dal Comitato economico e sociale europeo in merito ad un progetto di “Programma indicativo per il settore nucleare” (COM(2006)844), presentato il 23 gennaio 2007 dalla Commissione nel contesto di un pacchetto di proposte per la politica energetica europea, ben illustrate dalla comunicazione della Commissione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), che sono alla base del Piano d’azione approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007.

[122]  Il gruppo di alto livello sulla sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti – istituito con decisione della Commissione del 17 luglio 2007 (2007/530/Euratom) - ha costituito, tra l'altro, un gruppo di lavoro cui ha assegnato il mandato di individuare soluzioni per migliorare la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi nonché delle operazioni di smantellamento nell'interesse dei cittadini comunitari.

[123]  In linea con le conclusioni del Consiglio europeo di primavera, la Commissione ha creato un forum europeo per facilitare il dialogo tra le diverse parti interessate sulle opportunità e i rischi dell'energia nucleare. Al forum partecipano governi della UE, membri del Parlamento europeo, rappresentanti dell’industria nucleare, consumatori industriali di energia e rappresentanti della società civile. Gli incontri del forum si tengono alternativamente a Bratislava e a Praga. La riunione inaugurale del forum si è tenuta in novembre 2008 a Bratislava In tale occasione sono stati creati tre gruppi di lavoro sulle opportunità, i rischi e la trasparenza. Il forum si concentra, altresì, sulla competitività dell'energia nucleare, sulle specificità del finanziamento della costruzione di nuovi impianti, sulla necessità di una tabella di marcia giuridica per un utilizzo responsabile dell'energia nucleare, sulle modalità per migliorare la gestione dei rifiuti e sulle strategie per accrescere la trasparenza e la fiducia tra il pubblico e i soggetti partecipanti al processo.

[124]  Il 21 settembre 2008 la Commissione ha lanciato la piattaforma tecnologica per l'energia nucleare sostenibile (SNE-TP) allo scopo, tra l'altro, di favorire e consolidare la cooperazione europea nel settore della ricerca e dello sviluppo nel settore della fissione nucleare.

[125]  Procedura 2003/4755.

[126]  Il recepimento delle direttive 96/29/Euratom e 89/618/Euratom è previsto dal D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230, modificato dal D.L. 26 maggio 2000, n. 241.

[127]  Decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25 (Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti termoelettrici), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83.

[128]  Legge 14 novembre-1995 n. 481, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.

[129]  Il decreto legge 18 giugno 2007, n. 73, recante Misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 125.

[130]  Il testo approvato dalla Camera prevedeva anche la soppressione della Cassa conguaglio per il settore elettrico, di cui al provvedimento CIP n. 34/74.

[131]  Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti,a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59. (GU n. 53 del 5 marzo 1998).

[132]  Il pacchetto prevede, entro il 2020, di: ridurre le emissioni di gas serra del 20% nell’UE; raggiungere il 20% di energia da fonti rinnovabili; ridurre la domanda di energia del 20%.

[133]  In tale ambito la Commissione segnala la necessità di: realizzare nuove infrastrutture; sfruttare al meglio le risorse energetiche interne dell’UE, sia rinnovabili che fossili; dare maggiore spazio alla solidarietà, compresi i meccanismi di crisi di cui dispone l’UE; prestare da parte dell’UE maggiore attenzione alle relazioni con i paesi fornitori.

[134]  La rifusione dei testi legislativi implica l'adozione, in occasione di nuove modifiche di carattere sostanziale apportate ad un atto di base, di un atto giuridico nuovo che, integrando queste modifiche, abroga l'atto di base e, al tempo stesso, consente di avere una visione di insieme in ordine ad un determinato settore legislativo.

[135]  Direttiva2002/91CE detta anche "direttiva EPBD" (dall'inglese Energy Performance of Buildings Directive).

[136]  La Commissione ha valutato che la soglia prevista dalla vigente direttiva esclude di fatto il 72% del patrimonio immobiliare.

[137]  La cogenerazione (CHP) è la produzione associata di energia elettrica e di calore in una centrale termoelettrica, nella quale il vapore uscente dalla turbina viene inviato ad utenze diverse, civili o industriali, sia tal quale, sia come acqua calda, dopo condensazione. Questa tecnica è caratterizzata da un'elevata efficienza termodinamica e il suo utilizzo si sta sviluppando sia nel settore industriale, sia in quello civile.

[138]  Procedura d’infrazione 2006/2378.

[139]  Il riferimento al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è stato inserito dal Senato.

[140]  ESPCo: soggetto fisico o giuridico, ivi incluse le imprese artigiane e le loro forme consortili, che ha come scopo l'offerta di servizi energetici atti al miglioramento dell'efficienza nell'uso dell'energia.

[141]  DM 21 dicembre 2007 recante Revisione e aggiornamento dei D.M. 20 luglio 2004, concernenti l'incremento dell'efficienza energetica degli usi finali di energia, il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, pubblicato nella GU 28 dicembre 2007, n. 300.

[142]  In materia di certificati bianchi sono intervenuti: il D.Lgs. 8 febbraio 2007, n. 20, Attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia, nonché modifica alla direttiva 92/42/CEE, che ha modificato la legge 239/04 di riordino del settore energetico al fine di sostituire, con riferimento alla cogenerazione abbinata al teleriscaldamento, il beneficio dei certificati verdi ivi previsto, con quello dei certificati bianchi e degli altri benefici previsti dall’attuale normativa per la cogenerazione e il D.Lgs. 115/08 di recepimento della direttiva 2006/32/CE concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e dei servizi energetici, recentemente sottoposto al parere parlamentare il quale all’art. 7 ha esteso l’obbligo di adottare misure di efficienza energetica, già previste a carico dei distributori di energia elettrica e gas, ai venditori di energia. A tal fine è stato consentito il ricorso all’acquisto di quote di risparmio tramite i certificati bianchi. All’AEEG è assegnato il compito di definire le modalità con cui i costi sostenuti per la realizzazione dei progetti nell’ambito dei certificati bianchi trovino copertura sulle tariffe per il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica e il gas.

[143]  Decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 dicembre 2004, n. 307(GU 27 dicembre 2004, n. 302).

[144]Tale Fondo, istituito con una dotazione di 51,6 milioni di euro per il solo anno 2002, era finalizzato all’adozione urgente di misure di salvaguardia ambientale e di sviluppo socio-economico delle isole minori, individuate tra gli ambiti territoriali singolarmente indicati nell’allegato “A” annesso alla legge finanziaria medesima.

La tipologia ed i settori degli interventi ammessi ad accedere al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori sono stati individuati con il D.P.C.M. 7 marzo 2003; i criteri e le modalità di accesso al Fondo sono stati stabiliti con D.M. Interno 15 marzo 2004, n. 163.

[145]Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa, ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva "Habitat", nonché delle specie di cui all'allegato I della Direttiva "Uccelli" e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia.

[146]  Il riferimento al Ministro delle infrastrutture è stato aggiunto dal Senato.

[147]  Autorità per l’energia elettrica e il gas, delibera n. 111/06 recante Condizioni per l’erogazione del pubblico servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio nazionale e per l’approvvigionamento delle relative risorse su base di merito economico, ai sensi degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Con tale provvedimento l’AEEGha deliberato una riforma rilevante delle condizioni del dispacciamento di merito economico. La delibera è stata modificata più volte, da ultimo con la delibera ARG/elt 52/09 con la quale l’Autorità ha introdotto alcune significative novità per i servizi di dispacciamento, con l’obiettivo di aumentare la concorrenza nel mercato e di contenere i prezzi dell’energia elettrica, in coerenza con quanto previsto dal decreto-legge n. 185/08 (d.l. anti-crisi).

[148]  Come già ricordato, tale quota è stata poi innalzata dal D.Lgs. n. 387/2003 (art. 4), che ne ha stabilito un incremento annuo dello 0,35% per il triennio 2004-2006, demandando a successivi decreti la fissazione degli ulteriori incrementi per i trienni successivi.

[149]  In tale caso il regime giuridico applicabile rimane quello della DIA e non quello del permesso di costruire, anche se per il suo rilascio sono necessari 60 giorni dalla presentazione della domanda (art. 20, comma 10-bis). Pertanto non c’è l’obbligo del pagamento del contributo di costruzione né l’applicabilità, in caso di violazione della disciplina urbanistico-edilizia, delle sanzioni penali di cui all'art. 44, ma solo di quelle amministrative di carattere pecuniario cui all’art. 37 relative alla DIA.

[150]  Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, e delle relative disposizioni di attuazione

[151]La legge n. 239/04 reca “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”.

[152]  Il decreto legge n.239 del 29 agosto 2003 recante Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge n.290 del 27 ottobre 2003.

[153]  Il riferimento al progetto definitivo è stato aggiunto dal Senato.

[154]  Il riferimento alle norme tecniche per le costruzioni è stato aggiunto dal Senato.

[155]  Tale comma prevede che qualora le varianti in corso d’opera non comportino variazioni di tracciato al di fuori delle zone di rispetto previste per ciascun tipo di infrastruttura lineare energetica dalle norme vigenti, sono approvate dall'autorità espropriante e non richiedono nuova apposizione del vincolo preordinato all'esproprio.

[156]  Decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, recante "Misure urgenti per garantire la sicurezzadel settore elettrico nazionale", convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n. 55.

[157]  Per gli impianti esistenti, l’applicazione dei limiti di emissione previsti dall’Allegato II viene prevista a decorrere dal 1° gennaio 2008 (art. 273, commi 3-4).

[158]  http://www.minambiente.it/moduli/output_immagine.php?id=1255.

[159]  La presente tabella è tratta da un documento redatto dall’Enel in occasione dell’incontro dell’ottobre 2007 presso la Camera di Commercio di Rovigo (http://files.meetup.com/268342/­Enel Incontro CCOM RO 15 10 07.pdf) sulla conversione a carbone della centrale di Porto Tolle, che rappresenta forse il caso principale di applicazione dell’articolo 5-bis del DL n. 5/2009.

[160]  Decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, recante "Misure urgenti per garantire la sicurezzadel settore elettrico nazionale", convertito dalla legge 9 aprile 2002, n. 55.

[161]  Decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

[162]  Il riferimento al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è stato aggiunto dal Senato.

[163]  Per una breve illustrazione delle attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi si rinvia alla documentazione predisposta dall’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia all’indirizzo http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/info/cittadino/ricercagiacimenti.html

[164]  Attuativo delle direttive 92/91/CEE e 92/104/CEE in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e in quelle estrattive a cielo aperto o sotterranee.

[165]  Per ulteriori informazioni sull’attività dell’UNMIG si rimanda al relativo sito web http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/unmig.htm e all’ultimo rapporto annuale dell’Ufficio, relativo al 2007, disponibile all’indirizzo http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it­/unmig/stat/ra2007.pdf.

[166]  Per un commento più approfondito della norma si rinvia a http://documenti.camera.it/leg16/­dossier/Testi/D08112f1.htm#_Toc211058998.

[167]  L’elenco dei titoli minerari vigenti, aggiornato al 31 marzo 2009, è disponibile all’indirizzo internet http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/titoli/titoli.asp.

[168]  Il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[169]  Decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, recante Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica, conv. Con modif. dall’art. 1 della L. 27 dicembre 2004, n. 307. (GU 27 dicembre 2004, n. 302).

[170]  Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato -città ed autonomie locali.

[171]  Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.

[172]  Legge 14 novembre 1995, n. 481 recante Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.

[173]  Legge 23 agosto 2004, n. 239 recante Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[174]  Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144.

[175]  Il testo approvato dalla Camera dei Deputati prevedeva un termine di 180 giorni.

[176]  Ai sensi dell'articolo 6, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, recante Attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia, nonché modifica alla direttiva 92/42/CEE.

[177]  Tale limitazione è stata introdotta durante l’esame in Assemblea del Senato.

[178]  Il riferimento all’energia autoconsumata è stato introdotto dall’Assemblea del Senato.

[179]  Attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia, nonché modifica alla direttiva 92/42/CEE.

[180]Come si è detto, il citato comma 71, che attribuiva il diritto alla emissione dei certificati verdi - fra l’altro - all’energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento, è stato abrogato dal comma 1120 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.

[181]  Di cui alla lettera b3) dell'articolo 2 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007.

[182]  Sul provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6/92 del 29 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 marzo 1992, noto come CIP 6, si veda anche il dossier Documentazione e ricerche n. 41 del Servizio Studi, su Incentivi CIP6 - Energie rinnovabili ed assimilate.

[183]  Tale termine è stato aggiornato dal Senato, dal momento che il testo approvato dalla Camera prevedeva come scadenza il 31 dicembre 2008.

[184]  Come aggiornata dalla Delibera n. 122/07, recante Integrazioni alle disposizioni per l’approvvigionamento di risorse in grado di garantire l’interrompibilità dei prelievi di energia elettrica di cui alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 15 dicembre 2006, n. 289/06.

[185]  Si veda la delibera ARG/elt 21/09 recante Verifica di conformità della proposta di regolamento per la gestione su base mensile del servizio di interrompibilità istantanea e della integrazione al Codice di trasmissione, dispacciamento, sviluppo e sicurezza della rete predisposte da Terna S.p.A. ai sensi della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 15 dicembre 2006, n. 289/06.

[186]  Legge 14 novembre 1995, n. 481, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.

[187]  Si consideri tuttavia che l’art. 28, comma 4, del ddl in esame interviene in materia di sanzioni amministrative irrogate dall’AEEG attraverso una modifica alla lett. c) del comma 20, art. 2, della legge 481/1995 con la quale si provvede a rideterminare l’importo minimo delle sanzioni pecuniarie, fissandolo a 2.500 euro

[188]  Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 20 ottobre 2008, n. 246.

[189]  Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[190]  Decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica.

[191]  Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144.

[192]  Legge 15 dicembre 2004, n. 308, Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione.

[193]  Si tratta di società nei confronti delle quali l’ente locale esercita un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e realizza la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla. I requisiti per l’affidamento in house si desumono dalla normativa europea in materia di appalti pubblici, e sono stati enucleati nella storica sentenza della Corte di giustizia CE del 18 novembre 1999, causa C-107/98, nota come sentenza Teckal.

[194]  Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144.

[195]  Decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, conv. con mod. dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[196]  Il settore della distribuzione del gas è storicamente caratterizzato da un forte grado di frazionamento ascrivibile alla prerogativa dei comuni sulla gestione dei servizi pubblici locali. Il D.Lgs. n.164/2000, di attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, ha apportato importanti modificazioni alle condizioni di svolgimento del servizio pubblico di distribuzione del gas, con gli articoli dal 14 al 21. In particolare si segnala che l’articolo 19 dispone che alle imprese di gas naturale si applicano le norme in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287.

[197]  Il citato D.Lgs. 164/2000 (c.d. decreto Letta) ha in pratica introdotto la liberalizzazione del servizio gas. Fra l’altro, ha previsto che gli enti locali debbano affidare la gestione del servizio di distribuzione solamente a mezzo gara, per cui l’unica forma di gestione è quella che viene definita in “concessione”. Il medesimo decreto ha previsto la salvaguardia delle gestioni esistenti per un periodo “transitorio”, al fine di tener conto delle legittime aspettative sorte in base ad un quadro legislativo previgente. Tale regime di transizione nell’attività di distribuzione di gas naturale è disciplinato dal richiamato l’articolo 15.

[198]  La delibera AEEG n. 237/00 reca la definizione di criteri per la determinazione delle tariffe per le attività di distribuzione del gas e di fornitura ai clienti del mercato vincolato. Le tariffe vigenti rappresentano dunque l’esito della metodologia prevista dalla deliberazione n. 237/00 e dalle successive delibere n. 122/02, n. 87/03 e n. 89/03, queste ultime due assunte in ottemperanza di sentenze del TAR Lombardia.

[199]  Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[200]Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[201]Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

[202]Emanato ai sensi dell’articolo 22-bis del D.Lgs. n. 504/95 (Testo Unico accise).

[203]Modalità e criteri per il rilascio dell'esenzione dalla disciplina del diritto di accesso dei terzi alle nuove linee elettriche di interconnessione con i sistemi elettrici di altri Stati.

[204]Legge 14 novembre1995, n. 481, Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.

[205]Decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[206]Decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi, convertito con modificazioni dalla L. 24 dicembre 2003, n. 368.

[207]Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 recante Norme in materia ambientale.

[208]La parte quinta raccoglie le norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera.

[209]La Direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, concernente i requisiti di rendimento delle nuove caldaie ad acqua calda, alimentate con combustibili liquidi o gassosi è stata attuata nell’ordinamento nazionale con il Decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 660.

[210]La norma UNI 11071 si riferisce ad “Impianti a gas per uso domestico asserviti ad apparecchi a condensazione e affini - Criteri per la progettazione, l'installazione, la messa in servizio e la manutenzione”.

[211]Tale norma prevede che le bocche dei camini situati a distanza compresa fra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati devono essere a quota non inferiore a quella del filo superiore dell'apertura più alta.

[212]La direttiva 90/396/CEE del Consiglio del 29 giugno 1990, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di apparecchi a gas è stata poi modificata dalla direttiva 93/68/CEE del Consiglio del 22 luglio 1993. Il decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661, ha recepito la direttiva 90/396/CEE e trasposto un primo elenco di norme armonizzate. Il D.M. 03 novembre 2006 del Ministro dello sviluppo economico riporta il quarto elenco riepilogativo di norme europee armonizzate adottate ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 15 novembre 1996, n. 661, concernente l'attuazione della direttiva 90/396/CEE sugli apparecchi a gas.

[213]Tale disposizione impone che i canali da fumo siano costituiti con strutture e materiali aventi le medesime caratteristiche stabilite per i camini.

[214]La direttiva 2002/91/CE è stata adottata con l'obiettivo di migliorare la prestazione energetica degli edifici nella Comunità, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni riguardanti il clima degli ambienti interni e l'efficacia sotto il profilo dei costi; il miglioramento del rendimento energetico degli edifici è funzionale alla riduzione delle emissioni inquinanti di biossido di carbonio. Il considerando n.6 della direttiva mette in evidenza come l’energia impiegata nel settore residenziale e del terziario costituisca oltre il 40% del consumo finale di energia della Comunità (a 15 membri), e come essendo questo un settore in espansione i consumi di energia e le conseguenti emissioni di carbonio siano destinati ad aumentare.

[215]Il regolamento con cui si dà attuazione alle su menzionate lettere a) e b) dell’art. 4, comma 1, del decreto legislativo in esame è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 6 marzo 2009; il relativo DPR non risulta ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Si consideri tuttavia che il regolamento in questione attua solamente parzialmente le lettere a) e b), poiché (art. 1, comma 2) rinvia a successivi provvedimenti la definizione dei criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli impianti termici per la climatizzazione estiva e per l’illuminazione artificiale degli edifici del settore terziario. Invece non risulta ancora approvato il regolamento volto a dare attuazione alla su menzionata lettera c)del medesimo articolo 4, comma 1.

[216]La certificazione è estesa: a decorrere dal 1° luglio 2007, agli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento dell'intero immobile; a decorrere dal 1° luglio 2008, agli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento dell'intero immobile con l'esclusione delle singole unità immobiliari; a decorrere dal 1° luglio 2009 alle singole unità immobiliari.

[217]Il patto territoriale, quale espressione del partenariato sociale, consiste nell'accordo tra più soggetti (enti locali, soggetti pubblici operanti a livello locale, rappresentanze locali delle categorie imprenditoriali, soggetti privati) per l'attuazione di un programma di interventi nei settori dell'industria, agroindustria, agricoltura, pesca e acquacoltura, produzione di energia termica o elettrica da biomasse, servizi, turismo ed in quello dell'apparato infrastrutturale, tra loro integrati.

[218]Il contratto d'area (introdotto dall’art. 2, comma 203, lettera f), della legge n. 662/1996) costituisce lo strumento operativo - concordato tra le amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati - funzionale alla realizzazione di un ambiente economico favorevole all'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione attraverso condizioni di massima flessibilità amministrativa ed in presenza di investimenti qualificati da validità tecnica, economica e finanziaria, nonché di relazioni sindacali e di condizioni di accesso al credito particolarmente favorevoli.

[219]Riordino della disciplina dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente - ENEA, a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[220]La previsione della necessità del concerto anche con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione costituisce l’unica modifica introdotta dal Senato nell’articolo in esame.

[221]Tale lettera è stata aggiunta dal Senato.

[222]Il principale strumento di attrazione degli investimenti è stato identificato nel “contratto di localizzazione”. Si tratta di uno strumento previsto nel “Programma operativo pluriennale di marketing territoriale per l’attrazione degli investimenti esteri”, finanziato dal CIPE con la delibera n. 130/2002 e richiamato dall’articolo 6, comma 13, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005.

[223]Le seguenti note sono una sintetica rielaborazione di alcune pagine presenti sul sito www.enea.it, a cui si rimanda per eventuali approfondimenti.

[224]La fissione nucleare è una reazione in cui atomi di uranio 235, plutonio 239 o di altri elementi pesanti adatti vengono divisi in due o più frammenti in un processo che libera energia. La reazione può avvenire spontaneamente o a causa del bombardamento di neutroni (è il caso più diffuso), particelle cariche, raggi gamma (fissione nucleare indotta). La fissione è comunemente utilizzata nelle centrali nucleari, dove avviene in modo controllato e il calore prodotto viene trasformato in energia elettrica.

[225]Università italiane raggruppate nel consorzio CIRTEN: Politecnici di Milano e Torino e Università di Roma, Palermo, Pisa e Pavia.

[226]L’Accordo di programma triennale è stato siglato il 21 giugno 2007. Nel programma di ricerca sono coinvolti, oltre ad ENEA, che svolge il ruolo di capofila, anche la sua partecipata SIET, il Consorzio interuniversitario CIRTEN, l’Ansaldo Nucleare, l’Ansaldo Camozzi e la Del Fungo Giera Energia.

[227]L’Italia partecipa al Generation IV International Forum tramite l’Euratom.

[228]La fusione nucleare, che è il processo che avviene nel Sole e nelle stelle, consiste nella fusione di due atomi leggeri in uno più pesante, che libera energia in quantità proporzionale alla massa persa; perché avvenga la fusione nucleare, i nuclei devono avvicinarsi fra loro vincendo la forza di repulsione elettrostatica dovuta alla loro carica positiva. Questo è possibile solo in gas a temperature di milioni o decine di milioni di gradi, in cui i nuclei si muovono ad altissima velocità a causa del violento moto di agitazione termica.

[229]Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.

[230]Con l’entrata in vigore del “decreto Bersani” (D.Lgs. n. 79/99), in base a quanto ivi previsto dall’art. 3, comma 12, è stata disposta la cessione, da parte dell'ENEL spa al GRTN spa (ora GSE spa) , dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica prodotta da altri operatori nazionali. Il GSE è dunque subentrato nei rapporti contrattuali in essere tra ENEL ed altri operatori nazionali e dal 1°gennaio 2001 ritira le cosiddette “eccedenze” di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui alla citata legge n. 9/91, offerta dai produttori ai prezzi determinati dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas in applicazione del criterio del costo evitato (più la quota incentivante per il periodo in cui è dovuta).

[231]  Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

[232]  Decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[233]  Il decreto-legge n. 112 del 2008, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[234]  Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 "Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE".

[235]  Legge 7 agosto 1990, n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[236]    Il ricorso alla Consulta contro la norma della Finanziaria 2005, sollevato dal Tribunale di Civitavecchia, riguardava la devoluzione esclusiva al giudice amministrativo delle controversie sul procedimento autorizzativo della riconversione a carbone della centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord di Civitavecchia.

[237]  L’attribuzione di tale giurisdizione esclusiva opera mediante il richiamo all’applicazione dell’art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 245/2005 Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania (convertito dalla legge 21/2006) che ha previsto che in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 225/1992, la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. Il citato art. 3, comma 2-bis, è stata dichiarato costituzionalmente legittimo da C. Cost. 26 giugno 2007, n. 237.

[238]  "Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità".

[239]  Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[240]Tale quota è stata poi innalzata dal D.Lgs. n. 387/2003 (art. 4), che ne ha stabilito un incremento annuo dello 0,35% per il triennio 2004-2006, demandando a successivi decreti la fissazione degli ulteriori incrementi per i trienni successivi. Su tale norma è successivamente intervenuta la legge finanziaria 2008 (L. 244/07, comma 146 dell’art. 2), che ha fissato l’incremento annuo della quota minima d'obbligo, con riferimento al periodo 2007-2012, in 0,75 punti percentuali, prevedendo che gli ulteriori incrementi per gli anni successivi al 2012 saranno stabiliti con decreti ministeriali.

[241]Con DM 18 dicembre 2008 (Gazzetta Ufficiale 2 gennaio 2009, n. 1) sono state stabilite le direttive per l’attuazione della disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili introdotta dalla legge finanziaria 2008. Al decreto ha fatto seguito la delibera dell’AEEG ARG/elt 1/09 recante Attuazione dell’articolo 2, comma 153, della legge n. 244/07 e dell’articolo 20 del decreto ministeriale 18 dicembre 2008, in materia di incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili tramite la tariffa fissa onnicomprensiva e di scambio sul posto.

[242]Recante Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare.

[243]  Direttiva 2001/77 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità:

[244]  Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.

[245]  L’elenco completo delle fonti energetiche rinnovabili comprende le seguenti fonti: eolica; solare; geotermica; del moto ondoso; maremotrice; idraulica; biomasse; gas di discarica; gas residuati dei processi di depurazione; biogas.

[246]  Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[247]  Decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

[248]  Legge 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).

[249]Decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2 lettera e) della legge 7 marzo 2003, n. 38.

[250]Secondo la relazione illustrativa al citato AC 2260, che come detto all’art. 3 reca disposizioni identiche ai commi 5-8 in esame (cfr. supra, nel testo), questa scelta consente di rendere operativi i meccanismi di incentivazione previsti dalla finanziaria 2008, basati sulle filiere agricole locali, superando i ritardi legati alla definizione ed al recepimento dei principi di filiera e di filiera corta.

[251]Secondo la relazione illustrativa al citato AC 2260 tale formulazione escluderebbe dall’incentivo solo gli oli vegetali puri di origine extracomunitaria non rispondenti ai requisiti di tracciabilità, nonché gli altri biocombustibili liquidi (biodiesel e bioetanolo) già oggetto di specifici incentivi per l’uso come biocarburanti.

[252]L’attuale punto 8 della tabella riguarda gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas diversi da quelli ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

[253]Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.

[254]Direttiva relativa alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni di veicoli a motore e recante modifica della direttiva 70/220/CEE.

[255]  Decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, e convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

[256]  Si riporta la classificazione dei veicoli secondo la normativa comunitaria in materia di emissioni inquinanti:

-        Euro 0: indica i veicoli "non catalizzati" a benzina e i veicoli "non ecodiesel”.

-        Euro 1: indica le autovetture conformi alla direttiva 91/441/CEE o i "veicoli commerciali leggeri" conformi alla direttiva 93/59/CEE. Ha introdotto l’obbligo per la casa costruttrice di montare la marmitta catalitica e di usare l’alimentazione a iniezione.

-        Euro 2: indica le autovetture conformi alla direttiva 94/12/CEE o i "veicoli commerciali leggeri" conformi alla direttiva 96/69/CE.

-        Euro 3: indica i veicoli conformi alla direttiva 98/69/CE.

-        Euro 4: indica i veicoli conformi alla seconda parte della tabella dei limiti di emissione della medesima direttiva 98/69/CE.

-        Euro 5: indica i veicoli conformi al regolamento 2007/715/CE. Obbligatoria per gli autoveicoli fabbricati dal 1° settembre 2009.

[257]  La concessione dell’agevolazione è disciplinata dal decreto del Ministro dello sviluppo economico dell’11 gennaio 2007, pubblicato nella G.U. 19 gennaio 2007, n. 15.

[258]  Il Decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, e convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, ha autorizzato una spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2009.

[259]  Il decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, e convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha incrementato di 50 milioni di euro l’autorizzazione di spesa per l’anno 2009.

[260]  Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

[261]  Decreto del Ministero dell’industria 11 maggio 2001 n. 359 recanteRegolamento per l'attuazione dell'articolo 17 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, in materia di accertamento, riscossione e liquidazione del diritto annuale versato dalle imprese in favore delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, pubblicato nella GU 2 ottobre 2001, n. 229.

[262]  Le accise sono imposte di fabbricazione o di consumo che colpiscono determinati prodotti industriali nel momento in cui escono dal loro ciclo produttivo. Esse incidono sulla produzione o sul consumo di una serie di beni tassativamente indicati dalla legge: è il caso, per esempio, degli oli minerali (per le imposte di fabbricazione) e dell’energia elettrica o del gas metano (per le imposte sui consumi).

[263]  Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

[264]  Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[265]  Determinazione delle misure del diritto annuale dovuto per l'anno 2009, dalle imprese alle camere di commercio (GU 19 maggio 2009).

[266]  Regolamento per l’attuazione dell’articolo 17 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, in materia di accertamento, riscossione e liquidazione del diritto annuale versato dalle imprese in favore delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (GU 2 ottobre 2001, n. 229).

[267]  Il decreto-legge 29 novembre 2004, n.282 recante Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n.307.

[268]  Legge 23 agosto 2004, n. 239, Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia,pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 13 settembre 2004.

[269]  Decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540 recante Riordino delle stazioni sperimentali per l'industria, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Gazzetta Ufficiale n. 32 del 9 febbraio 2000).

[270]  Il riferimento al Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione è stato aggiunto dal Senato.

[271]  Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, conv. con mod. dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[272]  Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[273]  Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.

[274]  Decreto-legge 30 dicembre 2008 n. 207 (convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti.

[275]  Legge 4 marzo 2009, n. 15, Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti.

[276]Il 4 aprile 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato (Procedura di infrazione n. 1999/4472), in base all’articolo 228 del Trattato CE, per non aver adottato le misure volte a dare esecuzione alla sentenza (causa C-460/02) della Corte di giustizia del 9 dicembre 2004, che ha stabilito la non conformità alla citata direttiva 96/67/CE di alcune disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, attuativo della direttiva medesima. Il 21 marzo 2007 la Commissione europea ha poi deciso di archiviare la procedura di infrazione, in seguito all’adozione dell’articolo 23 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria per il 2006), che modifica l'articolo 14 del citato decreto legislativo n. 18, proprio al fine di tenere conto della sentenza sopra richiamata.

[277]  COM (2006) 821 definitivo del 24 gennaio 2007

[278]Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[279]Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 recante Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[280]DL 14 marzo 2005, n. 35 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale) convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[281]Inseriti negli accordi bilaterali intergovernativi di ristrutturazione del debito.

[282]Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[283]  Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, Istituzione dei tribunali amministrativi regionali.

[284]  Le iniziative che ai sensi del comma 554 della legge finanziaria 2008 avrebbero dovuto essere finanziate con le risorse rivenienti dalle revoche ex legge n. 488/1992 sono le seguenti:

-        programma nazionale destinato ai giovani laureati residenti nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia), finalizzato a favorirne l’inserimento lavorativo, con priorità ai contratti di lavoro a tempo indeterminato;

-        costituzione di un Osservatorio sulla migrazione interna, per il monitoraggio della mobilità dal sud verso il nord del Paese e per favorire i percorsi di rientro;

-        agevolazioni alle imprese innovatrici in fase di avvio, mediante riduzione degli oneri sociali per tutti i ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati a decorrere dal 2007;

-        sviluppo di attività produttive previste da accordi di programma in vigore, nonché programmi di sviluppo regionale e interventi finalizzati alla costruzione di Poli di innovazione nelle regioni Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata;

-        creazione di un “Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE”, da destinare alla "riserva nuovi entranti" dei Piani nazionali;

-        proroga per il 2008, 2009 e 2010 della deduzione forfettaria dal reddito d'impresa in favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburanti;

-        sostegno dell’attività di ricerca nel sistema energetico e di riutilizzo di aree industriali, in particolare nel Mezzogiorno.

[285]  Legge 24 dicembre 2007, n. 244.

[286]Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[287]Legge 7 agosto 1990, n. 250, Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della L. 25 febbraio 1987, n. 67, per l'accesso ai benefici di cui all'articolo 11 della legge stessa.

[288]Decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14.

[289]L. 7 marzo 2001, n. 62, Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla L. 5 agosto 1981, n. 416.

[290]I principi direttivi riguardano la semplificazione della documentazione necessaria per accedere ai contributi, dei criteri di calcolo degli stessi e delle fasi del procedimento di erogazione, nonché il diritto delle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di interesse generale ai sensi della l. n. 250 del 1990 a percepire l’intero contributo, anche nell’ipotesi di riparto percentuale tra gli aventi diritto.

[291]Recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[292]  Decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353, recante Disposizioni urgenti in materia di tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali, e convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 46.

[293]  Si tratta di tre decreti del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell’economia, che sono richiamati anche dalla norma in esame:

-        D.M. 13 novembre 2002 (G.U. 10 novembre 2002, n. 289) recante Tariffe per la spedizione di invii di libri e di stampe in abbonamento postale di cui alla lettera b) del comma 20 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

-        D.M. 13 novembre 2002 (G.U. 11 novembre 2002, n. 290) recante Spedizioni di stampe in abbonamento postale di cui alla lettera c) del comma 20 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

-        D.M. 13 novembre 2002 (G.U. 12 novembre 2002, n. 291) Prezzi per la spedizione di stampe in abbonamento postale non iscritte al registro nazionale delle stampe e non rientranti nella categoria no profit.

[294]  Si veda, da ultimo, la segnalazione del 18 ottobre 2007.

[295]  Direttiva del 20 febbraio 2008, n. 2008/6/CE, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari.

[296]  Decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, recante Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.

[297]  I servizi di trasporto internazionale sono quelli in cui il treno attraversa almeno una frontiera di uno Stato membro.

[298]  Legge 23 dicembre 2000, n. 388.

[299]  D.P.R. 16 marzo 1999 n. 146, recante Regolamento recante norme di attuazione della direttiva 95/18/CE, relativa alle licenze delle imprese ferroviarie, e della direttiva 95/19/CE, relativa alla ripartizione delle capacità di infrastruttura ferroviaria e alla riscossione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura.

[300]  Legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

[301]  Decreto legislativo. 10 agosto 2007 n. 162, recante Attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie comunitari.

[302]  L'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (articolo 4 del D.P.R. n. 211/2008) opera nell’ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e svolge le funzioni di Organismo di regolazione di cui all’articolo 37 del D.Lgs. n. 188/2003, vigilando sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari.

[303]  Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 37, comma 7, del D.Lgs. n. 188/2003, avverso le determinazioni dell’Ufficio ammesso è in ogni caso il sindacato giurisdizionale.

[304]  La direttiva 2007/58/CE deve essere recepita entro il 4 giugno 2009.

[305]  Per una breve descrizione di tale titolo si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 58 del presente disegno di legge. A tal proposito si evidenzia che le imprese in possesso del titolo autorizzatorio dovranno richiedere la sua conversione nella licenza nazionale, introdotta dal citato articolo 58, entro dodici mesi dall’adozione del decreto ministeriale, di cui al comma 2 dello stesso articolo 58.

[306]  Sono equiparate a queste le società che le controllano, che ne sono controllate o che sono ad esse collegate.

[307]Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”. Pubblicato nella G.U. 10 dicembre 1997, n. 287.

[308]In tale ambito per servizio pubblico si faceva riferimento ai servizi intesi come "gli obblighi che l’impresa di trasporto, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni" e che comprendono "l’obbligo di esercizio, l’obbligo di trasporto e l’obbligo tariffario" (art. 2, paragrafi 1 e 2, reg. 1191/69). Diversamente da quanto stabilito dal precedente regolamento, il regolamento (CE) n. 1370/07 non definisce gli obblighi di servizio (con una parziale eccezione per quelli tariffari), ma attribuisce alle "autorità competenti" (anche locali) tale definizione e individuazione, precisando che essi devono perseguire il fine di garantire la prestazione di trasporto pubblico di passeggeri di interesse economico "senza discriminazione e in maniera continuativa" [art. 2, lett. a) e c)]

[309]Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.” Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 maggio 2006, n. 100, S.O.

[310]Le "concessioni" di lavori o di servizi (non è prevista quella di forniture) sono, come gli appalti pubblici, contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori o la prestazione di servizi, il cui corrispettivo, però, consiste nel diritto di gestire l’opera o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo.

[311]Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”.

[312]  Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.

[313]  Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

[314]  Con riferimento ai tetti di spesa in materia farmaceutica, l’articolo 5 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e da ultimo modificato dall’articolo 13 del decreto – legge 28 aprile 2009, n. 39, attualmente in fase di conversione, prevede che l'onere a carico del Servizio sanitario nazionale per l'assistenza farmaceutica territoriale non può superare il 13,6 per cento (prima era il 14 per cento) del finanziamento complessivo ordinario del medesimo SSN. La spesa farmaceutica in oggetto comprende la distribuzione dei farmaci in via convenzionata, al lordo delle quote di partecipazione a carico degli assistiti (ticket regionali), nonché la distribuzione diretta dei medicinali collocati in classe “A” ai fini della rimborsabilità, inclusa la distribuzione “per conto” e la distribuzione in dimissione ospedaliera (comma 1). Per quanto concerne la spesa farmaceutica ospedaliera, al netto della distribuzione diretta (che, come detto, rientra nei limiti della spesa farmaceutica territoriale), essa non deve superare il limite del 2,4 per cento del finanziamento complessivo ordinario del Servizio sanitario nazionale (comma 5).