Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini - A.C. 5565 -Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 5565/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 722
Data: 09/11/2012
Descrittori:
OLIO DI OLIVA     
Organi della Camera: XIII-Agricoltura
Altri riferimenti:
AS N. 3211/XVI     

 

9 novembre 2012

 

n. 722/0

 

Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera
degli oli di oliva vergini

A.C. 5565

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

A.C. 5565

Titolo

Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

Si

Numero di articoli

17

Date:

 

Trasmissione alla Camera

7 novembre 2012

assegnazione

8 novembre 2012

Commissione competente

XIII Agricoltura

Sede

Referente

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, II Giustizia (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V Bilancio, VI Finanze, X Attività produttive (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII Affari sociali, XIV Politiche dell'Unione europea e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

 


Contenuto

L’articolo 1 stabilisce le modalità di applicazione dell’articolo 4 del D.M. 10 novembre 2009, che ha recato le disposizioni nazionali per la commercializzazione dell'olio di oliva, la cui disciplina comunitaria è stata definita nel reg. (CE) n. 182/2009.

Detto articolo 4 prevede che la designazione dell'origine delle due categorie degli “oli extra vergini di oliva” e degli “oli di oliva vergini” debba figurare attraverso l'indicazione sull'etichetta del nome geografico di uno Stato membro, della Comunità, o di un Paese terzo. In base alla provenienza, le miscele dovrebbero essere indicate come “miscela di oli di oliva comunitari”, come “miscela di oli di oliva non comunitari”, oppure “miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari”; tali espressioni possono tuttavia essere sostituite con riferimenti che forniscano una informazione analoga, ma in nessun caso l’indicazione deve trarre in inganno il consumatore sulla reale zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l'olio.

Le norme in commento (commi 1-3) recano indicazioni in merito alla dimensione dei caratteri utilizzati, alla loro visibilità e leggibilità, alla distinguibilità dagli altri segni grafici, al luogo di apposizione dell’indicazione.

I commi 4 e 5 infine confermano l’obbligo dell’uso del termine “miscela”, per le miscele, pur lasciando impregiudicata l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 4 del decreto, che consente l’uso sostitutivo di riferimenti analoghi. Se utilizzato tuttavia, il termine “miscela” dovrà comparire nel rispetto dei canoni stabiliti ai precedenti commi 2 e 3, e comunque con “diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni ed alle denominazioni di vendita”.

L’articolo 2 modifica l’art. 43, comma 1-ter, del D.L. n. 83/12 recante misure per la crescita del Paese, che ha regolato la procedura per la verifica, da parte dei comitati di assaggiatori, delle qualità organolettiche degli oli d’oliva vergini.

L’ultimo periodo del comma 1-ter peraltro rimanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole la definizione delle modalità di accertamento delle caratteristiche degli oli di oliva vergini.

L’articolo 2 in commento abroga tale ultimo periodo, ed integrando l’articolo 43 con ulteriori cinque commi stabilisce esso stesso – con norme di rango primario - le modalità operative alle quali gli assaggiatori dovranno attenersi per esperire le verifiche (individuazione ed utilizzo degli utensili, selezione dei lotti e prelevamento dei campioni, condizioni fisiologiche dell’assaggiatore, redazione di un verbale).

Il comma 1-ter del decreto legge n. 83 trova origine nella necessità di rafforzare i controlli sugli oli di oliva vergini, per i quali diventa obbligatoria, per finalità probatorie nei procedimenti giurisdizionali, la verifica – da parte di un apposito comitato d’assaggio (panel) – della corrispondenza delle caratteristiche organolettiche del prodotto alla categoria degli oli dichiarata. La verifica delle caratteristiche dei menzionati oli deve essere compiuta da panel di assaggiatori riconosciuti dagli Stati membri (così l’art. 2 del regolamento comunitario n. 2568/91 sulle caratteristiche degli oli d'oliva). Criteri e modalità per il riconoscimento dei comitati nazionali sono stati definiti con decreto del Ministero agricolo (28/2/12, GU n. 97) che, lasciando l’iniziativa per la loro istituzione ad enti o associazioni professionali, richiede il riconoscimento dei panel con decreto Direttoriale del Mipaaf.

L’articolo 3 reca una ulteriore modifica all’art. 43 del D.L. n. 83/12, inserendo dopo il comma 1-bis un comma 1-bis.1. diretto a rendere di pubblico dominio il quantitativo di alchil esteri contenuto negli oli d’oliva vergini che recano l’indicazione della provenienza nazionale.

Per tale categoria di oli, il comma 1-bis del decreto n. 83 ha introdotto il limite di 30 mg/kg per gli esteri di acidi grassi[1]. (ovvero i metil esteri + etil esteri degli acidi grassi). Il superamento di tale valore comporta l’avvio automatico da parte delle autorità nazionali di un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa, mettendo in atto i controlli previsti dal reg. (CE) n. 882/2004 sulle diverse fasi della produzione, trasformazione e della distribuzione dei prodotti. Il regolamento (CEE) n. 2568/91 ammette valori fino a 75 mg/kg, elevabili finanche a 150 mg/kg, e purché il rapporto metil esteri e etil esteri sia inferiore o uguale a 1,5.

L’articolo 3 in commento richiede che siano pubblicati, per il triennio 2013-2015, sul portale del Mipaaf, i risultati delle analisi di ricerca della presenza degli alchil esteri e dei metil alchil esteri il cui alto valore sarebbe indice di minore qualità del prodotto: un alto valore di alcol etilico è infatti legato a processi fermentativi iniziati nella fase di conservazione delle olive, mentre un valore elevato di alcol metilico può essere dovuto alla trasformazione di olive ad eccessiva maturazione.

L’articolo 4, in ragione delle pratiche che con maggior frequenza inducono in errore il consumatore danneggiando la produzione nazionale, reca dettagliate indicazioni su quelle pratiche che devono essere ritenute ingannevoli:

§       è ingannevole non solo l’uso di diciture, ma anche quello di immagini e simboli grafici che configuri una delle ipotesi di cui agli artt. 21-23 del codice del consumo (rispettivamente sulle azioni, sulle omissioni, sulla pubblicità, e sulle pratiche commerciali ingannevoli di cui al d.lgs. 206/05);

§       è ingannevole l’omissione che induca in errore sulla provenienza delle olive;

§       è ingannevole l’attribuzione di requisiti positivi non previsti dalle norme, o l’attribuzione di valutazioni organolettiche, riservate agli oli extravergini, agli altri oli d’oliva.

I soli attributi positivi previsti nell’All. XII del Reg. (CE) n. 640/2008[2] sono l’indicazione di fruttato (verde o maturo), amaro, piccante.

Gli articoli 5 e 6 disciplinano l’illecito uso di un marchio, le conseguenze amministrative, e le sanzioni nella ipotesi di reato.

Ai sensi dell’articolo 5 non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni idonei ad ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini. Le disposizioni ricalcano il contenuto del Codice della proprietà industriale (articolo 14, comma 1, lettera b), D.Lgs. 30/2005), che tuttavia riconnette l’inganno ai “prodotti o servizi”, laddove la norma in commento collega l’inganno alla provenienza delle “materie prime” (olive). Quelli eventualmente già registrati, sono dichiarati decaduti per illiceità sopravvenuta (articolo 26 del Codice della proprietà industriale), e il titolare del marchio deve:

§       dare notizia della decadenza e dei relativi motivi, a proprie spese, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale;

§       ritirare dal mercato tutti i prodotti contrassegnati dal marchio decaduto entro un anno dalla dichiarazione della decadenza.

Novellando la legge n. 350/03 (finanziaria 2004), con l’articolo 6 è introdotta l’ipotesi di reato per l’illecito uso del marchio delineato dal comma 49-bis dell’art. 4 della legge n. 350/03.

Le norme si ricollegano con i commi 49-bis e ss. dell’art. 4 della legge n. 350/2003 (introdotti con l’art. 16, comma 6, del D.L. n. 135/09, e modificati con il D.L. n. 83/12) che sanzionano la condotta del produttore e del licenziatario che maliziosamente omettano di indicare l’origine estera dei prodotti pur utilizzando marchi naturalmente riconducibili a prodotti italiani. Le disposizioni qualificano la violazione come illecito amministrativo (di più facile accertamento), al quale va applicata una significativa sanzione amministrativa pecuniaria (da euro 10.000 a euro 250.000), accompagnata - al fine di assicurare una reale ed efficace tutela dei consumatori - dalla confisca amministrativa del prodotto o della merce, salvo che le indicazioni necessarie siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell’illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore (così il comma 49-ter). Infine, il comma 49-quater (introdotto dal D.L. 83/12) prevede che le Camere di commercio competenti per territorio siano le destinatarie, ai fini dell’irrogazione della sanzione di cui al comma 49-bis, del rapporto con il quale viene accertata la violazione delle norme a tutela dei prodotti made in Italy.

Le norme in commento, introducendo il comma 49-quaterrectius 49-quinquies - dispongono che l’illecito definito al comma 49-bis sia anche sanzionato penalmente, dovendosi applicare l’art. 517 c.p., e facendo in ogni caso salva la sanzione prevista dall’art. 16, co. 4 del D.L. 135/09.

Il comma 4 dell’art. 16, del menzionato D.L. n. 135, prevede l’applicazione di una sanzione penale per l’uso di un’indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, o altra che sia idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero per l’uso di segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione: per tale fattispecie vanno comminate le pene di cui all’art. 517 c.p., aumentate di un terzo. L’articolo 517 c.p., sulla vendita di prodotti con segni mendaci, quantifica la pena con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.

Con l’articolo 7 è stabilito ex lege il termine entro il quale il prodotto conserva, in adeguate condizioni di trattamento, le possedute proprietà specifiche. Tale termine non potrà superare i 18 mesi dalla data d’imbottigliamento.

Attualmente il D.lgs. n. 109/92 (di attuazione delle norme comunitarie sull’etichettatura dei prodotti alimentari) definisce come termine minimo di conservazione “la data fino alla quale l’olio conserva le sue specifiche proprietà in adeguate condizioni di conservazione” (art. 10). Il termine – così il comma 2 - è determinato dal produttore o dal confezionatore o, nel caso di prodotti importati, dal primo venditore stabilito nell’Unione Europea.

Ancora l’articolo 7 (commi 3-4) rivede le disposizioni sulle modalità di proposizione nei pubblici esercizi degli oli d’oliva vergini, abrogando le norme attualmente contenute nell’art. 4, commi 4-quater e 4-quinquies del D.L. n. 2/06.

I menzionati commi 4-quater e 4-quinquies hanno introdotto il divieto per i pubblici esercizi di proporre al consumo, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, olio d’oliva in contenitori non etichettati conformemente alla normativa vigente. La sanzione amministrativa pecuniaria è compresa tra 1.000 euro e 3.000 euro.

Le norme che si illustrano abrogano i commi 4-quater e 4-quinquies sancendo il divieto, per i pubblici esercizi, di proporre al consumo olio d’oliva vergine in contenitori:

§       privi di un dispositivo di chiusura che debba necessariamente essere alterato per consentire la modifica del contenuto,

§       oppure privi della indicazione in etichetta dell’origine e del lotto di appartenenza.

Il comportamento illecito è sanzionato con una pena pecuniaria compresa tra 1.000 euro e 8.000 euro, cui si aggiunge la confisca del prodotto.

L’articolo 8 sembra ribadire il potere di vigilanza attribuito all'Autorità garante della concorrenza e del mercato dalla legge n. 287/90, che con l’art. 12 ha peraltro conferito all'Antitrust il potere di procedere, d'ufficio o su richiesta del Ministro dell'industria, ad indagini conoscitive di natura generale nei settori economici nei quali l'evoluzione degli scambi, il comportamento dei prezzi, o altre circostanze facciano presumere che la concorrenza sia impedita, ristretta o falsata.

Il comma 2, con disposizione innovativa, consentirebbe all’Autorità di acquisire dall’Agenzia delle dogane le necessarie informazioni, obbligando la stessa Autorità a presentare annualmente al Parlamento una propria relazione.

L’articolo 9 è diretto ad evitare frodi in conseguenza dell’applicazione del regime di perfezionamento attivo[3], previsto per agevolare l’importazione dall'esterno della comunità dei prodotti necessari per produrne altri evitando doppie imposizioni; condizioni sono previste per evitare che l’applicazione del regime si risolva in uno svantaggio a carico dei produttori comunitari.

Le nuove norme consentono che gli oli vergini d’oliva (anche quando i committenti della lavorazione siano stabiliti in Paesi extra UE) siano ammessi al regime a condizione che siano acquisiti previamente:

§       l’autorizzazione del Mipaaf;

§       il parere obbligatorio e vincolante del Comitato di coordinamento che il D.L. n. 282/06 aveva previsto con l’articolo 6 per la prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari.

I compiti attribuiti dalla legge al Comitato vanno dalla realizzazione di una costante collaborazione tra le varie amministrazioni incaricate della prevenzione e della repressione delle frodi e delle sofisticazioni alimentari, alla proposizione di provvedimenti di carattere amministrativo o di eventuali modifiche delle vigenti disposizioni in materia di vigilanza.

L’articolo 10 obbliga gli uffici della sanità transfrontaliera (di cui fanno parte gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera – USMAF - direttamente dipendenti dal Ministero della Salute, situati all’interno dei maggiori porti ed aeroporti nazionali) a rendere accessibili le informazioni circa l’origine degli oli extra vergini e delle olive, sia agli organi di controllo sia alle amministrazioni interessate, anche creando delle connessioni con sistemi informativi e banche dati di altre autorità pubbliche.

La vendita sottocosto, regolata con l’articolo 11:

§       sarà consentita una sola volta l’anno;

§       dovrà essere preceduta dalla comunicazione, entro i 20 giorni precedenti, al Comune dove è ubicato l’esercizio di vendita;

§       sarà vietata se l’esercizio – o il gruppo – detiene più del 10% della superficie di vendita presente nella provincia.

L’articolo 12 prevede la responsabilità amministrativa degli enti della filiera degli oli vergini d’oliva laddove alcuni reati siano commessi nel loro interesse. La disposizione non novella tuttavia – come sarebbe opportuno per ragioni sistematiche – il decreto legislativo n. 231 del 2001, preferendo disciplinare ex novo i presupposti della responsabilità amministrativa della persona giuridica.

Al riguardo, si ricorda che il D.Lgs. n. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 1) e prevede che, per una serie di reati espressamente individuati (artt. 24 e ss), possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca, pubblicazione della sentenza (art. 9).

Il presupposto per l’irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell’ente che, ai sensi dell’art. 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell’interesse dell’ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.

Le sanzioni interdittive sono le seguenti (artt. 9, 13-18, 23):

-           l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

-           la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

-           il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

-           l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi.

La sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 10, è applicate per quote, in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.

Nella commisurazione della sanzione pecuniaria (art. 11) il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

Infine, il decreto legislativo prevede che la responsabilità per fatti antecedenti permanga anche in caso di successiva trasformazione, fusione o scissione dell’ente; la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente è dello stesso giudice penale competente per i reati dai quali essi dipendono.

I delitti che comportano la responsabilità amministrativa dell’ente sono, in base al comma 1 dell’articolo 12, i seguenti:

- art. 440 c.p., “Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari”;

- art. 442 c.p., “Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate”;

- art. 444 c.p., “Commercio di sostanze alimentari nocive”;

- art. 473 c.p., “Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni”;

- art. 474 c.p., “Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”;

- art. 515 c.p., “Frode nell’esercizio del commercio”;

- art. 516 c.p., “Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine”;

- art. 517 c.p., “Vendita di prodotti industriali con segni mendaci”;

- art. 517-quater c.p., “Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari”.

In merito va osservato che alcune di queste fattispecie già comportano la responsabilità amministrativa dell’ente in base al decreto legislativo n. 231 del 2001.

In particolare, l’art. 25-bis (Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento) del decreto legislativo prevede l’applicazione all’ente «per i delitti di cui agli articoli 473 e 474» della «sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote» (comma 1, lettera f-bis), oltre alle sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno (comma 2).

Inoltre, l’art. 25-bis.1 (Delitti contro l'industria e il commercio) prevede la «sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote» per l’ente responsabile dei delitti di cui «agli articoli 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater».

Peraltro, le disposizioni del decreto legislativo hanno portata generale e si applicano dunque a tutti gli enti, non solo a quelli della filiera degli oli vergini di oliva.

Conseguentemente appare opportuno coordinare la disposizione dell’art. 12 con la normativa vigente.

La proposta di legge peraltro (comma 2), dopo aver sottolineato il legame che deve sussistere tra l’autore del reato e l’ente (lettere a) e b)) – riprendendo principi già contenuti nel decreto legislativo – stabilisce laresponsabilità dell’enteanche quando l’autore del reato non è identificato o non è imputabile.

Anche tale previsione è già dettata dall’art. 8, comma 1, lett. a) del d.lgs 231/2011.

L’articolo 13 prevede - a titolo di pena accessoria - la pubblicazione, su almeno due quotidiani nazionali, dellasentenza di condannaper contraffazione di oli di oliva vergini in relazione ad indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti. Ulteriore pena di natura interdittiva conseguente a detta condanna concerne il divieto di svolgere qualunque attività di comunicazione commerciale e pubblicitaria, anche tramite terzi, finalizzata a promuovere oli di oliva vergini.

Pare opportuno, per chiarezza interpretativa, che l’art. 13 espliciti - come fa l’art. 15 - se le indicate pene accessorie conseguano alle sole condanne passate in giudicato ovvero anche a quelle non definitive.

L’articolo 14 prevede una serie di misure finalizzate alrafforzamento di istituti processuali ed investigativi.

La norma stabilisce, anzitutto, che in relazione ai delitti di criminalità organizzata finalizzati all’adulterazione e frode nel settore in oggetto non si applichi il periodo di sospensione feriale dei termini delle indagini preliminari, che la legge 742 del 1989 - come per tutti i termini processuali - fissa di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno.

Viene, poi introdotta un’ulteriore ipotesi di confisca obbligatoria mutuata dalla disciplina speciale antimafia: si prevede, infatti, che alla condanna o al patteggiamento per uno dei delitti sopraindicati consegua, da parte del giudice, l’obbligo di confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui risulti, anche attraverso terze persone (fisiche o giuridiche), avere la disponibilità in misura sproporzionata al proprio reddito.

L’art. 14, infine, novella l’art. 266 del codice di rito penale aggiungendo i procedimenti per i delitti di commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.), contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.), introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.), frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.), vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.) e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.) tra quelli per cui è consentito l’uso di intercettazioni telefoniche.

L’articolo 15 del provvedimento introduce ulteriori pene accessorie a carico dei condannati per un delitto di avvelenamento, contraffazione o adulterazione nel settore degli oli di oliva vergini, consistente sia nell’impossibilità di ottenere autorizzazioni, concessioni o abilitazioni per lo svolgimento di attività imprenditoriali, sia nella perdita della possibilità di accedere a contributi, finanziamenti o mutui agevolati erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione Europea.

L’articolo 16 rende obbligatori l’istituzione e l’aggiornamento del fascicolo aziendale da parte di tutti i produttori di oli vergini, extravergini e lampanti; all’inadempienza farà seguito:

§       il divieto di commercializzare la produzione;

§       l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa fra 500 e 3.000 euro;

§       l’applicazione della medesima sanzione pecuniaria alle imprese obbligate a tenere il registro di carico e scarico dell’olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine, per i quantitativi di oli o olive i cui produttori non siano in regola con il fascicolo aziendale.

Il fascicolo aziendale, modello cartaceo ed elettronico preposto alla raccolta delle informazioni relative a ciascuna azienda agricola, è stato istituito, dapprima, in base al DPR 503/99 (articolo 9) e successivamente regolato dal decreto legislativo n. 99/2004 (articolo 13). Il fascicolo deve essere costituito per tutti i soggetti pubblici e privati, identificati dal Codice Fiscale (CUAA), esercenti attività agricola, agroalimentare o forestale, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la Pubblica Amministrazione centrale o regionale. Il fascicolo è gestito dalla società SIN (partecipata al 51% da AGEA).

Per agevolare i controlli sulla commercializzazione dell'olio di oliva, il D.M. 10/11/2009 ha introdotto l’obbligo - per i frantoi, le imprese di condizionamento e i commercianti di olio sfuso – di tenere un registro per ogni stabilimento e deposito, nel quale vanno annotate le produzioni, i movimenti e le lavorazioni dell'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine.

Con l’articolo 17 e regolata l’entrata in vigore della legge, ed è inserita la clausola d’invarianza della spesa pubblica.

Necessità dell’intervento con legge

Le norme, oltre a regolare ipotesi di reato, intervengono sulla esistente legislazione di disciplina della produzione e commercio degli oli d’oliva.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La normativa introdotta sembra possa ricollegarsi, da un lato, ai rapporti dello Stato con l’Unione europea, in quanto attuativa di normativa europea, e alla disciplina dell’ordinamento civile e penale che l’art. 117, primo comma, lett. a) e l) della Costituzione, riserva alla competenza esclusiva dello Stato, e dall’altro, alla materia dell’alimentazione, affidata, dall’articolo 117, terzo comma, alla legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

L’evolversi delle esigenze dei consumatori orientati verso prodotti di particolare qualità, e la connessa necessità sempre più diffusa di essere sufficientemente e correttamente informati sulle caratteristiche possedute dal prodotto acquistato, hanno indotto la Comunità a rivedere le proprie norme sull’etichettatura dell'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine, ammettendo in un primo tempo un regime facoltativo di designazione dell'origine (Reg. (CE) n. 1019/2002), sostituito nel 2009 da un regime obbligatorio di indicazione in etichetta dell’origine dell’olio extra vergine e dell’olio vergine (Reg. (CE) n. 182/2009). La legislazione richiamata è stata abrogata e codificata con il Reg. (CE) n. 29/2012, ai sensi del quale la designazione dell'origine deve riferirsi alla zona geografica nella quale l'olio è stato ottenuto, che di norma corrisponde alla zona nella quale è stato estratto dalle olive. Tuttavia, se il luogo di raccolta delle olive è diverso da quello di estrazione dell'olio, tale informazione deve essere indicata sugli imballaggi o sulle relative etichette per non indurre in errore il consumatore e non perturbare il mercato dell'olio d'oliva (articolo 4).

Con portata generale, è stato approvato il Regolamento UE n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, volto a razionalizzare e rendere più chiara l’attuale legislazione sull’etichettatura, che continua ad essere valida. Il regolamento si applica a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale, inclusi i prodotti destinati al consumo immediato presso ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione (non ricompresi dalla direttiva 2000/13/CE); restano tuttavia esclusi gli alimenti imballati nei luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta Oltre alla generica previsione dell’obbligo di indicazione dell’origine nel caso in cui tale omissione possa indurre in errore il consumatore, già disposta dalla direttiva 2000/13/CE, il nuovo regolamento ne impone l’apposizione in etichetta anche per altre tipologie di carni diverse da quelle bovine, purché preceduta dall’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione. Atti di esecuzioni sono anche necessari per consentire l’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento. In merito alla leggibilità delle indicazioni obbligatorie, il nuovo regolamento introduce disposizioni più restrittive di quelle definite con la direttiva 2000/13/CE, prevedendo che le indicazioni obbligatorie siano apposte sull'imballaggio o sull'etichetta in caratteri aventi una altezza minima di 1,2 mm, fermo restando il vincolo di chiara leggibilità (che, tuttavia, non viene meglio definito). Il regolamento - entrato in vigore il 13 dicembre 2011 - si applicherà a partire dal 13 dicembre 2014.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 10 dicembre 2010 la Commissione europea ha presentato il “pacchetto qualità”, cheper la prima volta definisce in maniera complessiva i sistemi di certificazione, di indicazione delle proprietà dei prodotti agricoli e di commercializzazione e le cui misure sono volte a garantire la qualità dei prodotti agricoli e alimentari ai consumatori e un prezzo equo agli agricoltori.

Il pacchetto è costituito da una proposta di regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli (COM(2010)733), una proposta di regolamento recante modifica del regolamento (CE) n. 1234/2007 relativo alle norme di commercializzazione (COM(2010)738), orientamenti sulle buone pratiche applicabili ai sistemi di certificazione volontaria e all'etichettatura dei prodotti DOP e IGP.

In particolare, la proposta di regolamento volta a semplificare le norme di commercializzazione (COM(2010)738) prevede che le norme vigenti continuino ad esistere e che si possano razionalizzare mediante un meccanismo uniforme di delega di poteri alla Commissione.

La Commissione propone inoltre di estendere (sempre con "atti delegati") le disposizioni settoriali relative all'indicazione del luogo di produzione, tenendo conto delle specificità di ciascun settore e delle esigenze dei consumatori in materia di trasparenza.

Con riguardo all’olio di oliva vergine, vengono definiti tali gli oli ottenuti dal frutto dell'olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazioni dell'olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica.

Sono classificati come

-        Olio extra vergine di oliva (la cui acidità libera è al massimo di 0,8 gr. per 100 gr.;

-        Olio di oliva vergine (la cui acidità libera è al massimo di 2 gr. per 100 gr.);

-        Olio di oliva lampante (la cui acidità libera è superiore a 2 gr. per 100 gr.).

Formulazione del testo

In merito all’articolo 3 va rilevato che la locuzione alchil esteri già include sia gli etil esteri che i metil esteri, conseguentemente la menzione dei “metil alchil esteri” diventa superflua; va anche aggiunto che sarebbe preferibile sostituire la locuzione con le definizioni etil esteri e metil esteri, adeguandosi a quella adottata nella legislazione nazionale e comunitaria.

L’articolo 6 reca un comma aggiuntivo - il comma 49-quater - all’articolo 4 della legge n. 350/03, nonostante un comma con tale numerazione sia stato già introdotto dall’articolo 43 del D.L. n. 83/12, per la crescita del Paese.

Relativamente all’articolo 12 si osserva, sotto il profilo sistematico, l’esigenza di novellare direttamente il decreto legislativo n. 231 del 2001.


 

 

 

 

 

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[1]     Gli esteri menzionati, detti anche alchil esteri, derivano dalla combinazione degli acidi grassi liberi con l’alcol metilico (da cui si originano i metil esteri) o con l’alcol etilico (con produzione di etil esteri).

[2]     Di modifica del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi di analisi.

[3]     Su regime di veda l’Agenzia delle dogane: http://www.agenziadogane.it/wps/wcm/connect/Internet/ed/Operatore/Regimi+e+istituti+doganali/I+Regimi+Doganali/Perfezionamento+attivo/Introduzione