Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||
Titolo: | Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini - A.C. 5565 -Elementi per l'istruttoria legislativa | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 722 | ||
Data: | 09/11/2012 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XIII-Agricoltura | ||
Altri riferimenti: |
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n. 722/0 |
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Norme sulla qualità
e la trasparenza della filiera
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Numero del progetto di legge |
A.C. 5565 |
Titolo |
Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini |
Iniziativa |
Parlamentare |
Iter al Senato |
Si |
Numero di articoli |
17 |
Date: |
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Trasmissione alla Camera |
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assegnazione |
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Commissione competente |
XIII Agricoltura |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Affari Costituzionali, II Giustizia (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V Bilancio, VI Finanze, X Attività produttive (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII Affari sociali, XIV Politiche dell'Unione europea e della Commissione parlamentare per le questioni regionali |
L’articolo 1 stabilisce le modalità di applicazione dell’articolo 4 del D.M. 10 novembre 2009, che ha recato le disposizioni nazionali per la commercializzazione dell'olio di oliva, la cui disciplina comunitaria è stata definita nel reg. (CE) n. 182/2009.
Detto articolo 4 prevede che la designazione dell'origine delle due categorie degli “oli extra vergini di oliva” e degli “oli di oliva vergini” debba figurare attraverso l'indicazione sull'etichetta del nome geografico di uno Stato membro, della Comunità, o di un Paese terzo. In base alla provenienza, le miscele dovrebbero essere indicate come “miscela di oli di oliva comunitari”, come “miscela di oli di oliva non comunitari”, oppure “miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari”; tali espressioni possono tuttavia essere sostituite con riferimenti che forniscano una informazione analoga, ma in nessun caso l’indicazione deve trarre in inganno il consumatore sulla reale zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l'olio.
Le norme in commento (commi 1-3) recano indicazioni in merito alla dimensione dei caratteri utilizzati, alla loro visibilità e leggibilità, alla distinguibilità dagli altri segni grafici, al luogo di apposizione dell’indicazione.
I commi 4 e 5 infine confermano l’obbligo dell’uso del termine “miscela”, per le miscele, pur lasciando impregiudicata l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 4 del decreto, che consente l’uso sostitutivo di riferimenti analoghi. Se utilizzato tuttavia, il termine “miscela” dovrà comparire nel rispetto dei canoni stabiliti ai precedenti commi 2 e 3, e comunque con “diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni ed alle denominazioni di vendita”.
L’articolo 2 modifica l’art. 43, comma 1-ter, del D.L. n. 83/12 recante misure per la crescita del Paese, che ha regolato la procedura per la verifica, da parte dei comitati di assaggiatori, delle qualità organolettiche degli oli d’oliva vergini.
L’ultimo periodo del comma 1-ter peraltro rimanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole la definizione delle modalità di accertamento delle caratteristiche degli oli di oliva vergini.
L’articolo
Il comma 1-ter
del decreto legge n. 83 trova origine nella necessità di rafforzare i controlli
sugli oli di oliva vergini, per i quali diventa obbligatoria, per finalità
probatorie nei procedimenti giurisdizionali, la verifica – da parte di un
apposito comitato d’assaggio (panel) – della corrispondenza delle
caratteristiche organolettiche del prodotto alla categoria degli oli
dichiarata. La verifica delle caratteristiche dei menzionati oli deve essere
compiuta da panel di assaggiatori riconosciuti dagli Stati membri (così l’art.
2 del regolamento comunitario n. 2568/91 sulle caratteristiche degli oli
d'oliva). Criteri e modalità per il riconoscimento dei comitati nazionali sono
stati definiti con decreto del Ministero agricolo (
L’articolo 3 reca una ulteriore modifica all’art. 43 del D.L. n. 83/12, inserendo dopo il comma 1-bis un comma 1-bis.1. diretto a rendere di pubblico dominio il quantitativo di alchil esteri contenuto negli oli d’oliva vergini che recano l’indicazione della provenienza nazionale.
Per tale categoria di oli, il comma 1-bis del decreto n.
L’articolo
L’articolo
§ è ingannevole non solo l’uso di diciture, ma anche quello di immagini e simboli grafici che configuri una delle ipotesi di cui agli artt. 21-23 del codice del consumo (rispettivamente sulle azioni, sulle omissioni, sulla pubblicità, e sulle pratiche commerciali ingannevoli di cui al d.lgs. 206/05);
§ è ingannevole l’omissione che induca in errore sulla provenienza delle olive;
§ è ingannevole l’attribuzione di requisiti positivi non previsti dalle norme, o l’attribuzione di valutazioni organolettiche, riservate agli oli extravergini, agli altri oli d’oliva.
I soli attributi positivi previsti nell’All. XII del Reg. (CE) n. 640/2008[2] sono l’indicazione di fruttato (verde o maturo), amaro, piccante.
Gli articoli 5 e 6 disciplinano l’illecito uso di un marchio, le conseguenze amministrative, e le sanzioni nella ipotesi di reato.
Ai sensi dell’articolo 5 non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni idonei ad ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini. Le disposizioni ricalcano il contenuto del Codice della proprietà industriale (articolo 14, comma 1, lettera b), D.Lgs. 30/2005), che tuttavia riconnette l’inganno ai “prodotti o servizi”, laddove la norma in commento collega l’inganno alla provenienza delle “materie prime” (olive). Quelli eventualmente già registrati, sono dichiarati decaduti per illiceità sopravvenuta (articolo 26 del Codice della proprietà industriale), e il titolare del marchio deve:
§ dare notizia della decadenza e dei relativi motivi, a proprie spese, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale;
§ ritirare dal mercato tutti i prodotti contrassegnati dal marchio decaduto entro un anno dalla dichiarazione della decadenza.
Novellando la legge n. 350/03 (finanziaria 2004), con l’articolo 6 è introdotta l’ipotesi di reato per l’illecito uso del marchio delineato dal comma 49-bis dell’art. 4 della legge n. 350/03.
Le norme si ricollegano con i commi 49-bis e ss. dell’art. 4 della legge n.
350/2003 (introdotti con l’art. 16, comma 6, del D.L. n. 135/09, e modificati
con il D.L. n. 83/12) che sanzionano la condotta del produttore e del
licenziatario che maliziosamente omettano di indicare l’origine estera dei
prodotti pur utilizzando marchi naturalmente riconducibili a prodotti italiani.
Le disposizioni qualificano la violazione come illecito amministrativo (di più
facile accertamento), al quale va applicata una significativa sanzione
amministrativa pecuniaria (da euro
Le norme in commento, introducendo il comma 49-quater – rectius 49-quinquies - dispongono che l’illecito definito al comma 49-bis sia anche sanzionato penalmente, dovendosi applicare l’art. 517 c.p., e facendo in ogni caso salva la sanzione prevista dall’art. 16, co. 4 del D.L. 135/09.
Il comma 4 dell’art. 16, del menzionato D.L. n. 135, prevede l’applicazione di una sanzione penale per l’uso di un’indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, o altra che sia idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero per l’uso di segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione: per tale fattispecie vanno comminate le pene di cui all’art. 517 c.p., aumentate di un terzo. L’articolo 517 c.p., sulla vendita di prodotti con segni mendaci, quantifica la pena con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.
Con l’articolo 7 è stabilito ex lege il termine entro il quale il prodotto conserva, in adeguate condizioni di trattamento, le possedute proprietà specifiche. Tale termine non potrà superare i 18 mesi dalla data d’imbottigliamento.
Attualmente il D.lgs. n. 109/92 (di attuazione delle norme comunitarie sull’etichettatura dei prodotti alimentari) definisce come termine minimo di conservazione “la data fino alla quale l’olio conserva le sue specifiche proprietà in adeguate condizioni di conservazione” (art. 10). Il termine – così il comma 2 - è determinato dal produttore o dal confezionatore o, nel caso di prodotti importati, dal primo venditore stabilito nell’Unione Europea.
Ancora l’articolo 7 (commi 3-4) rivede le disposizioni sulle modalità di proposizione nei pubblici esercizi degli oli d’oliva vergini, abrogando le norme attualmente contenute nell’art. 4, commi 4-quater e 4-quinquies del D.L. n. 2/06.
I menzionati commi 4-quater e 4-quinquies hanno introdotto il divieto per i pubblici esercizi di proporre al consumo, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, olio d’oliva in contenitori non etichettati conformemente alla normativa vigente. La sanzione amministrativa pecuniaria è compresa tra 1.000 euro e 3.000 euro.
Le norme che si illustrano abrogano i commi 4-quater e 4-quinquies sancendo il divieto, per i pubblici esercizi, di proporre al consumo olio d’oliva vergine in contenitori:
§ privi di un dispositivo di chiusura che debba necessariamente essere alterato per consentire la modifica del contenuto,
§ oppure privi della indicazione in etichetta dell’origine e del lotto di appartenenza.
Il comportamento illecito è sanzionato con una pena pecuniaria compresa tra 1.000 euro e 8.000 euro, cui si aggiunge la confisca del prodotto.
L’articolo 8 sembra ribadire il potere di vigilanza attribuito all'Autorità
garante della concorrenza e del mercato dalla legge n. 287/90, che con l’art.
Il comma 2, con disposizione innovativa, consentirebbe all’Autorità di acquisire dall’Agenzia delle dogane le necessarie informazioni, obbligando la stessa Autorità a presentare annualmente al Parlamento una propria relazione.
L’articolo 9 è diretto ad evitare frodi in conseguenza dell’applicazione del regime di perfezionamento attivo[3], previsto per agevolare l’importazione dall'esterno della comunità dei prodotti necessari per produrne altri evitando doppie imposizioni; condizioni sono previste per evitare che l’applicazione del regime si risolva in uno svantaggio a carico dei produttori comunitari.
Le nuove norme consentono che gli oli vergini d’oliva (anche quando i committenti della lavorazione siano stabiliti in Paesi extra UE) siano ammessi al regime a condizione che siano acquisiti previamente:
§ l’autorizzazione del Mipaaf;
§ il parere obbligatorio e vincolante del Comitato di coordinamento che il D.L. n. 282/06 aveva previsto con l’articolo 6 per la prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari.
I compiti attribuiti dalla legge al Comitato vanno dalla realizzazione di una costante collaborazione tra le varie amministrazioni incaricate della prevenzione e della repressione delle frodi e delle sofisticazioni alimentari, alla proposizione di provvedimenti di carattere amministrativo o di eventuali modifiche delle vigenti disposizioni in materia di vigilanza.
L’articolo 10 obbliga gli uffici della sanità transfrontaliera (di cui fanno parte gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera – USMAF - direttamente dipendenti dal Ministero della Salute, situati all’interno dei maggiori porti ed aeroporti nazionali) a rendere accessibili le informazioni circa l’origine degli oli extra vergini e delle olive, sia agli organi di controllo sia alle amministrazioni interessate, anche creando delle connessioni con sistemi informativi e banche dati di altre autorità pubbliche.
La vendita sottocosto, regolata con l’articolo 11:
§ sarà consentita una sola volta l’anno;
§ dovrà essere preceduta dalla comunicazione, entro i 20 giorni precedenti, al Comune dove è ubicato l’esercizio di vendita;
§ sarà vietata se l’esercizio – o il gruppo – detiene più del 10% della superficie di vendita presente nella provincia.
L’articolo 12 prevede la responsabilità amministrativa degli enti della filiera degli oli vergini d’oliva laddove alcuni reati siano commessi nel loro interesse. La disposizione non novella tuttavia – come sarebbe opportuno per ragioni sistematiche – il decreto legislativo n. 231 del 2001, preferendo disciplinare ex novo i presupposti della responsabilità amministrativa della persona giuridica.
Al riguardo, si ricorda che il D.Lgs. n. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 1) e prevede che, per una serie di reati espressamente individuati (artt. 24 e ss), possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca, pubblicazione della sentenza (art. 9).
Il presupposto per l’irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell’ente che, ai sensi dell’art. 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell’interesse dell’ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.
Le sanzioni interdittive sono le seguenti (artt. 9, 13-18, 23):
- l'interdizione dall'esercizio dell'attività;
- la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
- il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
- l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi.
La sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 10, è applicate per quote, in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.
Nella commisurazione della sanzione pecuniaria (art. 11) il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.
Infine, il decreto legislativo prevede che la responsabilità per fatti antecedenti permanga anche in caso di successiva trasformazione, fusione o scissione dell’ente; la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente è dello stesso giudice penale competente per i reati dai quali essi dipendono.
I delitti che comportano la responsabilità amministrativa dell’ente sono, in base al comma 1 dell’articolo 12, i seguenti:
- art. 440 c.p., “Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari”;
- art. 442 c.p., “Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate”;
- art. 444 c.p., “Commercio di sostanze alimentari nocive”;
- art. 473 c.p., “Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni”;
- art. 474 c.p., “Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi”;
- art. 515 c.p., “Frode nell’esercizio del commercio”;
- art. 516 c.p., “Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine”;
- art. 517 c.p., “Vendita di prodotti industriali con segni mendaci”;
- art. 517-quater c.p., “Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari”.
In merito va osservato che alcune di queste fattispecie già comportano la responsabilità amministrativa dell’ente in base al decreto legislativo n. 231 del 2001.
In particolare, l’art. 25-bis (Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento) del decreto legislativo prevede l’applicazione all’ente «per i delitti di cui agli articoli 473 e 474» della «sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote» (comma 1, lettera f-bis), oltre alle sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno (comma 2).
Inoltre, l’art. 25-bis.1 (Delitti contro l'industria e il commercio) prevede la «sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote» per l’ente responsabile dei delitti di cui «agli articoli 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater».
Peraltro, le disposizioni del decreto legislativo hanno portata generale e si applicano dunque a tutti gli enti, non solo a quelli della filiera degli oli vergini di oliva.
Conseguentemente appare opportuno coordinare la disposizione dell’art. 12 con la normativa vigente.
La proposta di legge peraltro (comma 2), dopo aver sottolineato il legame che deve sussistere tra l’autore del reato e l’ente (lettere a) e b)) – riprendendo principi già contenuti nel decreto legislativo – stabilisce laresponsabilità dell’enteanche quando l’autore del reato non è identificato o non è imputabile.
Anche tale previsione è già dettata dall’art. 8, comma 1, lett. a) del d.lgs 231/2011.
L’articolo 13 prevede - a titolo di pena accessoria - la pubblicazione, su almeno due quotidiani nazionali, dellasentenza di condannaper contraffazione di oli di oliva vergini in relazione ad indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti. Ulteriore pena di natura interdittiva conseguente a detta condanna concerne il divieto di svolgere qualunque attività di comunicazione commerciale e pubblicitaria, anche tramite terzi, finalizzata a promuovere oli di oliva vergini.
Pare opportuno, per chiarezza interpretativa, che l’art. 13 espliciti - come fa l’art. 15 - se le indicate pene accessorie conseguano alle sole condanne passate in giudicato ovvero anche a quelle non definitive.
L’articolo 14 prevede una serie di misure finalizzate alrafforzamento di istituti processuali ed investigativi.
La norma stabilisce, anzitutto, che in relazione ai delitti di criminalità organizzata finalizzati all’adulterazione e frode nel settore in oggetto non si applichi il periodo di sospensione feriale dei termini delle indagini preliminari, che la legge 742 del 1989 - come per tutti i termini processuali - fissa di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno.
Viene, poi introdotta un’ulteriore ipotesi di confisca obbligatoria mutuata dalla disciplina speciale antimafia: si prevede, infatti, che alla condanna o al patteggiamento per uno dei delitti sopraindicati consegua, da parte del giudice, l’obbligo di confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui risulti, anche attraverso terze persone (fisiche o giuridiche), avere la disponibilità in misura sproporzionata al proprio reddito.
L’art. 14, infine, novella l’art. 266 del codice di rito penale aggiungendo i procedimenti per i delitti di commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.), contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.), introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.), frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.), vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.) e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.) tra quelli per cui è consentito l’uso di intercettazioni telefoniche.
L’articolo 15 del provvedimento introduce ulteriori pene accessorie a carico dei condannati per un delitto di avvelenamento, contraffazione o adulterazione nel settore degli oli di oliva vergini, consistente sia nell’impossibilità di ottenere autorizzazioni, concessioni o abilitazioni per lo svolgimento di attività imprenditoriali, sia nella perdita della possibilità di accedere a contributi, finanziamenti o mutui agevolati erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione Europea.
L’articolo 16 rende obbligatori l’istituzione e l’aggiornamento del fascicolo aziendale da parte di tutti i produttori di oli vergini, extravergini e lampanti; all’inadempienza farà seguito:
§ il divieto di commercializzare la produzione;
§ l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa fra 500 e 3.000 euro;
§ l’applicazione della medesima sanzione pecuniaria alle imprese obbligate a tenere il registro di carico e scarico dell’olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine, per i quantitativi di oli o olive i cui produttori non siano in regola con il fascicolo aziendale.
Il fascicolo
aziendale, modello cartaceo ed elettronico preposto alla raccolta delle
informazioni relative a ciascuna azienda agricola, è stato istituito, dapprima,
in base al DPR 503/99 (articolo 9) e successivamente regolato dal decreto
legislativo n. 99/2004 (articolo 13). Il fascicolo deve essere costituito per
tutti i soggetti pubblici e privati, identificati dal Codice Fiscale (CUAA),
esercenti attività agricola, agroalimentare o forestale, che intrattengano a
qualsiasi titolo rapporti con
Per agevolare i controlli sulla commercializzazione dell'olio di oliva, il D.M. 10/11/2009 ha introdotto l’obbligo - per i frantoi, le imprese di condizionamento e i commercianti di olio sfuso – di tenere un registro per ogni stabilimento e deposito, nel quale vanno annotate le produzioni, i movimenti e le lavorazioni dell'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine.
Con l’articolo 17 e regolata l’entrata in vigore della legge, ed è inserita la clausola d’invarianza della spesa pubblica.
Le norme, oltre a regolare ipotesi di reato, intervengono sulla esistente legislazione di disciplina della produzione e commercio degli oli d’oliva.
La normativa introdotta sembra possa ricollegarsi, da un lato, ai rapporti dello Stato con l’Unione europea, in quanto attuativa di normativa europea, e alla disciplina dell’ordinamento civile e penale che l’art. 117, primo comma, lett. a) e l) della Costituzione, riserva alla competenza esclusiva dello Stato, e dall’altro, alla materia dell’alimentazione, affidata, dall’articolo 117, terzo comma, alla legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni.
L’evolversi delle esigenze dei consumatori orientati verso
prodotti di particolare qualità, e la connessa necessità sempre più diffusa di
essere sufficientemente e correttamente informati sulle caratteristiche
possedute dal prodotto acquistato, hanno indotto
Con portata generale, è stato approvato
il Regolamento UE n. 1169/2011
relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, volto a
razionalizzare e rendere più chiara l’attuale legislazione sull’etichettatura,
che continua ad essere valida. Il regolamento si applica a tutti gli alimenti destinati al consumatore finale,
inclusi i prodotti destinati al consumo immediato presso ristoranti, mense,
scuole, ospedali e imprese di ristorazione (non ricompresi dalla direttiva
2000/13/CE); restano tuttavia esclusi gli alimenti imballati nei luoghi di
vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta
Oltre alla generica previsione dell’obbligo di indicazione dell’origine nel caso in cui tale omissione possa
indurre in errore il consumatore, già disposta dalla direttiva 2000/13/CE, il
nuovo regolamento ne impone l’apposizione in etichetta anche per altre
tipologie di carni diverse da quelle bovine, purché preceduta dall’adozione di
atti di esecuzione da parte della Commissione. Atti di esecuzioni sono anche
necessari per consentire l’indicazione del paese di origine o del luogo di
provenienza dell’ingrediente
primario di un alimento. In merito alla leggibilità
delle indicazioni obbligatorie, il nuovo regolamento introduce disposizioni
più restrittive di quelle definite con la direttiva 2000/13/CE, prevedendo che
le indicazioni obbligatorie siano apposte sull'imballaggio o sull'etichetta in
caratteri aventi una altezza minima di
Il 10 dicembre 2010
Il pacchetto è costituito da una proposta di regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli (COM(2010)733), una proposta di regolamento recante modifica del regolamento (CE) n. 1234/2007 relativo alle norme di commercializzazione (COM(2010)738), orientamenti sulle buone pratiche applicabili ai sistemi di certificazione volontaria e all'etichettatura dei prodotti DOP e IGP.
In particolare, la proposta di regolamento volta a semplificare le norme di commercializzazione (COM(2010)738) prevede che le norme vigenti continuino ad esistere e che si possano razionalizzare mediante un meccanismo uniforme di delega di poteri alla Commissione.
Con riguardo all’olio di oliva vergine, vengono definiti tali gli oli ottenuti dal frutto dell'olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazioni dell'olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica.
Sono classificati come
- Olio extra vergine di oliva (la cui acidità libera è al massimo di 0,8 gr. per 100 gr.;
- Olio di oliva vergine (la cui acidità libera è al massimo di 2 gr. per 100 gr.);
- Olio di oliva lampante (la cui acidità libera è superiore a 2 gr. per 100 gr.).
In merito all’articolo 3 va rilevato che la locuzione alchil esteri già include sia gli etil esteri che i metil esteri, conseguentemente la menzione dei “metil alchil esteri” diventa superflua; va anche aggiunto che sarebbe preferibile sostituire la locuzione con le definizioni etil esteri e metil esteri, adeguandosi a quella adottata nella legislazione nazionale e comunitaria.
L’articolo 6 reca un comma aggiuntivo - il comma 49-quater - all’articolo 4 della legge n. 350/03, nonostante un comma con tale numerazione sia stato già introdotto dall’articolo 43 del D.L. n. 83/12, per la crescita del Paese.
Relativamente all’articolo 12 si osserva, sotto il profilo sistematico, l’esigenza di novellare direttamente il decreto legislativo n. 231 del 2001.
Dipartimento Agricoltura ( 6760-3610 - *st_agricoltura
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze
di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei
parlamentari.
[1] Gli esteri menzionati, detti anche alchil esteri, derivano dalla combinazione degli acidi grassi liberi con l’alcol metilico (da cui si originano i metil esteri) o con l’alcol etilico (con produzione di etil esteri).
[2] Di modifica del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi di analisi.
[3] Su regime di veda l’Agenzia delle dogane: http://www.agenziadogane.it/wps/wcm/connect/Internet/ed/Operatore/Regimi+e+istituti+doganali/I+Regimi+Doganali/Perfezionamento+attivo/Introduzione