Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare - A.C. 2260 - Schede di lettura e normativa di riferimento
Riferimenti:
AC N. 2260/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 168
Data: 18/05/2009
Descrittori:
CONCIMI E FERTILIZZANTI   ENERGIA ELETTRICA
PRODUZIONE E TRASFORMAZIONE AGRICOLA     
Organi della Camera: XIII-Agricoltura

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per il rafforzamento
della competitività del settore
agroalimentare

A.C. 2260

 

 

 

 

 

 

 

n. 168

 

 

 

18 maggio 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura

( 066760-3610 – * st_agricoltura@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: AG0069.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Estensione dei contratti di filiera e di distretto a tutto il territorio nazionale).3

§      Articolo 2 (Rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta)6

§      Articolo 3 (Promozione della produzione diffusa di energia elettrica da biomasse)8

§      Articolo 4 (Disciplina delle attività selvicolturali).13

§      Articolo 5 (Impiego del personale ministeriale nei controlli comunitari agricoli)17

§      Articolo 6 (Indicazione obbligatoria dell'origine dei prodotti alimentari nell'etichettatura)19

§      Articolo 7 (Misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio dei mangimi)33

§      L. 11 aprile 1974, n. 138 Nuove norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l'alimentazione umana. (art. 6)43

§      D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227 Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57 (art. 6)44

§      D.Lgs. 10 dicembre 2002, n. 305 Disposizioni sanzionatorie in attuazione del regolamento (CEE) n. 4045/89 relativo al sistema di finanziamento FEOGA - Sezione garanzia, a norma dell'articolo 4 della L. 29 dicembre 2000, n. 422. (art. 3)46

§      L. 27 dicembre 2002, n. 289 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003) (art. 66)48

§      D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38 (art. 18)49

§      D.L. 24 giugno 2004, n. 157 Disposizioni urgenti per l'etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca (art. 1-bis)52

§      L. 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (art. 1, co. 354)54

§      D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102 Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38. (art. 5)55

§      L. 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (art. 1, co. 382-ter e 1047)57

§      L. 24 dicembre 2007, n. 244 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008). (art. 2, co. 150 e 152, tab. 3)58

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Estensione dei contratti di filiera e di distretto a tutto il territorio nazionale).

 

1. All'articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema agricolo e agroalimentare e il rafforzamento dei distretti agroalimentari, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del CIPE in attuazione degli articoli 60 e 61 della presente legge e nel rispetto dei criteri di riparto territoriale stabiliti dalla medesima deliberazione del CIPE, dall'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, nonché dagli eventuali altri stanziamenti previsti dalla legge, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura».

 

 

L’articolo 1 estende all’intero territorio nazionale le disposizioni che promuovono la stipula di contratti di filiera e di distretto, contenute nell’art. 66 della legge n. 289/2002, la cui operatività è attualmente limitata alle aree sottoutilizzate.

 

I contratti di filiera nel settore agroalimentare sono stati introdotti dall’articolo 66, commi 1 e 2, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003). Con una modifica apportata al medesimo art. 66, comma 1, della L. 289/2002, dall’art. 10, comma 5, del D.L. n. 35/2005, sono stati successivamente disciplinati anche i contratti di distretto.

La normativa di cui sopra è diretta ad assicurare un sostegno alle filiere agroalimentari, agevolando investimenti o favorendo la capitalizzazione delle imprese del comparto dell’agroindustria.

In particolare con il comma 1 è assegnato al Ministro delle politiche agricole di promuovere la definizione di contratti di filiera e di distretto, in qualche modo assimilabili ai contratti di programma, attingendo alle risorse destinate alle cosiddette “aree sottoutilizzate”[1], coincidenti territorialmente con le aree depresse. Le finalità da perseguire sono quelle di favorire l’integrazione dei diversi soggetti partecipanti ad una medesima filiera del sistema agroalimentare e di rafforzare i distretti agroalimentari; gli operatori coinvolti potranno anche rivestire la forma associativa.

Per la conclusione dei contratti di filiera e di distretto è richiesto che siano soddisfatti i seguenti requisiti:

-        sia rispettata la programmazione regionale;

-        i contratti abbiano una rilevanza nazionale;

-        abbiano carattere interprofessionale (cioè prevedano la partecipazione dei rappresentanti di due o più categorie professionali - produttori, trasformatori, distributori- di una medesima filiera produttiva);

-        siano coerenti con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura;

-        rientrino nel limite finanziario complessivo che sarà fissato con delibera del CIPE in sede di ripartizione del Fondo per le aree sottoutilizzate, in attuazione degli articoli 60 e 61 della stessa legge n. 289.

In attuazione dell’articolo 66, comma 2, della legge n. 289 del 2002 è stato adottato dal Ministro delle politiche agricole e forestali il D.M. 1° agosto 2003, che ha dettato i criteri per l’attuazione dei contratti di filiera[2].

Successivamente:

-        il D.M. 20 marzo 2006 ha dettato ulteriori disposizioni per l’attuazione dei contratti di filiera;

-        il D.M. 27 aprile 2006, n. 215, ha dettato ulteriori disposizioni per l’erogazione delle agevolazioni relative alla programmazione negoziata nel settore agricolo;

-        il D.M. 22 novembre 2007, recanteCondizioni di accesso ai finanziamenti del fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca, ha esteso i finanziamenti in titolo ai contratti di filiera, ivi compresa la filiera agroenergetica, e di distretto di cui all'art. 66, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 

L’articolo in esame si ricollega alla nuova disciplina dei finanziamenti utilizzabili per i contratti di filiera e di distretto e, riformulando l’art. 66, comma 1, della legge n. 289, elimina la limitazione dell’ambito di applicazione di tale norma alle aree sottoutilizzate. La relazione illustrativa sottolinea infatti come il D.M. 22 novembre 2007 (V. supra) già preveda per l’attivazione dei contratti di filiera e di distretto il ricorso anche alle risorse del “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca”, che prescinde da vincoli di natura territoriale.

 


 

Articolo 2
(Rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta)

 

1. All'articolo 6 della legge 11 aprile 1974, n. 138, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le sanzioni di cui ai commi primo e secondo sono raddoppiate se la violazione riguarda prodotti a denominazione protetta ai sensi dei regolamenti (CE) n. 509/2006 e n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, o se la violazione riguarda locali in cui sono lavorati i predetti prodotti».

 

 

L’art. 2 reca disposizioniper il rafforzamento della tutela e della competitività dei prodotti a denominazione protetta. In particolare, modificandol’art. 6 della L. n. 138/1974, raddoppia le sanzioni relative alla violazione delle norme che limitano l’utilizzo di latte in polvere, qualora laviolazione riguardi prodotti DOP, IGP o riconosciuti come specialità tradizionali garantite (STG).

 

La legge 11 aprile 1974, n. 138 definisce il quadro dei divieti di ricostituzione del latte in polvere da destinare all’alimentazione umana, stabilendo anche le sanzioni da applicare, ferme restando quelle previste dal codice penale o da altre leggi speciali, e definendo altresì le modalità di pubblicazione della pronuncia di condanna.

L’articolo 1 pone una serie di divieti tutti volti ad evitare che il latte destinato all’alimentazione umana o alla produzione di prodotti caseari possa essere addizionato con latte in polvere o conservato o concentrato.

E’ escluso dal divieto il latte ottenuto dal latte in polvere, definito “granulare e a solubilità istantanea”, che può essere distribuito con apparecchiature automatiche o semiautomatiche e la cui miscelazione avviene al momento del consumo.

In particolare il primo comma vieta di detenere, vendere, porre in vendita o mettere in commercio:

-        latte destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari cui sia stato aggiunto latte in polvere, o ottenuto anche parzialmente con latte in polvere (o conservato o concentrato);

-        prodotti caseari  preparati o comunque derivati dal latte di cui sopra.

Il secondo comma vieta di detenere del latte in polvere negli stabilimenti di lavorazione o deposito (inclusi i locali annessi) di latte alimentare o di prodotti caseari.

Le violazioni di tali norme sono sanzionate dall’articolo 6 con il pagamento di una somma da 1 a 2 milioni di lire cui si aggiungono 500 lire per ogni litro o chilo di prodotto illegale; se il latte in polvere utilizzato ha anche beneficiato dell’aiuto comunitario riservato al latte ad uso zootecnico la somma da versare sarà invece compresa fra 2 e 3 milioni di lire, cui andrà aggiunto il pagamento di un importo pari al triplo dell’aiuto riscosso.

L’articolo 2 obbliga gli importatori di latte in polvere a comunicare, al momento dello sdoganamento, se il prodotto sia destinato ad uso zootecnico o alimentare umano, e l’articolo 3 impone a chiunque produca, importi o utilizzi latte in polvere o conservato di tenere un registro di carico e scarico, che va conservato almeno per i tre anni successivi all’ultima registrazione.

La sanzione a carico dei trasgressori delle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3, prevista dall’articolo 6,è di 500 mila lire.

Gli articoli 4 e 5 pongono il divieto di destinare all’alimentazione umana il latte in polvere e derivati che abbiano goduto dell’aiuto comunitario riservato al prodotto destinato ad uso zootecnico. In particolare è vietato detenere o preparare, vendere o porre in vendita, mettere in commercio o cedere latte in polvere o prodotti che lo contengano, se il latte in polvere utilizzato pur avendo beneficiato dell’aiuto comunitario per essere destinato ad uso zootecnico viene impiegato nell’alimentazione umana.

Le violazioni degli artt. 4 e 5, sempre a norma dell’articolo 6, sono punite con una sanzione amministrativa da 3 a 5 milioni di lire ed il beneficiario dell’aiuto deve anche versare una somma pari a tre volte l’aiuto riscosso.

Tutte la sanzioni previste dall’articolo 6 sono aumentate da un terzo alla metà in caso di recidiva.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

 

Il 15 ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di commercializzazione, esigenze di produzione e sistemi di qualità (COM(2008)641).

Con il documento la Commissione ha avviato una consultazione delle parti interessate su come instaurare il quadro politico e normativo più adatto per tutelare e promuovere la qualità dei prodotti agricoli europei, senza imporre costi ed oneri aggiuntivi. In particolare, la consultazione mira a verificare se gli strumenti esistenti sono adeguati e in che modo potrebbero essere migliorati e quali nuove iniziative sarebbero auspicabili.

Il Libro verde è diviso in tre sezioni, che trattano i seguenti aspetti: esigenze di produzione e norme di commercializzazione; regimi specifici dell'UE in materia di qualità, come quelli relativi alle indicazioni geografiche, alle specialità tradizionali e all'agricoltura biologica; sistemi di certificazione della qualità dei prodotti alimentari.

La consultazione è terminata il 31 dicembre 2008. Sulla base dei risultati ottenuti, la  Commissione elaborerà una comunicazione, presumibilmente entro la fine maggio 2009, ed eventualmente alcune proposte legislative in materia.

 

Articolo 3
(Promozione della produzione diffusa di energia elettrica da biomasse)

 


1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, il comma 382-ter è abrogato.

2. Alla tabella 3 allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il punto 6 è sostituito dal seguente:

«6. Biogas e biomasse, esclusi i biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009: 28»;

b) il punto 7 è abrogato;

c) il punto 8 è sostituito dal seguente:

«8. Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e di controllo previsto dal regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009».

3. All'articolo 2, comma 150, lettera c), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «di cui alle tabelle 2 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alla tabella 2».

4. All'articolo 2, comma 152, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti, di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, alimentati dalle fonti di cui al punto 6 della tabella 3, allegata alla presente legge, l'accesso alla tariffa fissa onnicomprensiva è cumulabile con altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata, non eccedenti il 40 per cento del costo dell'investimento».


 

 

L’articolo 3 modifica la normativasulla incentivazione della produzione di energia elettrica da biomasse, per quanto riguarda la tariffa fissa omnicomprensiva che i produttori utilizzanti impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 MW possono ottenere a titolo di remunerazione dell’energia immessa nel sistema elettrico.

 

Gli interventi volti ad incentivare l’utilizzo di prodotti di origine agricola per la produzione di energia elettrica si collocano nel quadro della normativa sulle fonti energetiche rinnovabili, contenuta nella direttiva 2001/77 CE[3], recepita nell’ordinamento italiano con il D.lgs. n. 387/2003[4]

Ai sensi della direttiva e dell’art. 2 del D.Lgs. n. 387/2003, infatti, tra le fonti energetiche rinnovabili non fossili[5] sono ricompresse le biomasse, intese come “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui proveniente dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani”.

In questo quadro, la legge finanziaria 2007[6] ha disposto, all’art. 1, commi 382 e 383, un intervento volto specificamente ad incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola, demandando ad un decreto ministeriale la revisione del principale strumento di promozione delle fonti rinnovabili (i cd. Certificati verdi), allo scopo appunto di incentivare l’impiego a fini energetici di prodotti e materiali residui provenienti dall’agricoltura, dalla zootecnia, dalle attività forestali e di trasformazione alimentare, nell’ambito di progetti rivolti a favorire la formazione di distretti locali agro-energetici.

L’intera normativa in materia di incentivi per la utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili è stata poi completamente riscritta con la manovra finanziaria per il 2008. In particolare:

-        l’art. 26, comma 4-bis, del D.L. n. 159/2007[7], novellando l’art. 1, comma 382, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) e aggiungendovi i commi da 382-bis a 382-septies, ha definito una nuova disciplina dei meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali. Tale disciplina riguarda gli impianti autorizzati in data successiva al 31 dicembre2007 ed è espressamente limitata alle biomasse e biogas ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti-quadro, oppure nell’ambito di filiere corte (ottenuti cioè entro un raggio di 70 km dall’impianto utilizzatore);

-        l’art. 2 della legge finanziaria 2008[8], ai commi 143-154, ha definito una nuova disciplina dei meccanismi di incentivazione relativi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, facendo tuttavia salva la specifica normativa vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento o forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

La nuova disciplina per la promozione della produzione di energia elettrica con l’utilizzo di fonti rinnovabili di origine agricola, zootecnica e forestale è quindi differenziata a seconda della provenienza della materia prima: per gli impianti che utilizzano biomasse ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro (come definiti dagli articoli 9 e 10 del D.lgs. n. 102/2005[9]), ovvero ottenute entro un raggio di 70 km., (filiere corte), si applicala specifica normativa di cuiall’art. 1, commi 382-382 septies, della L. n. 296/2006; per gli impianti che utilizzano biomasse di diversa provenienza si rende invece applicabile la disciplina generale sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, contenuta nell’art. 2, commi 143-154, della L. n. 244/2007.

Per quanto riguarda in particolare gli impianti che utilizzano biomasse ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte, gli strumenti di incentivazione previsti sono:

-        per i soli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni;

-        gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW possono invece optare, in alternativa al rilascio di certificati verdi, su richiesta del produttore, per una tariffa fissa pari a 0,30 euro per ogni KWh, per un periodo di 15 anni (tariffa variabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, in ogni caso assicurando l’effetto incentivante).

Un decreto interministeriale dovrà definire le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli (ma anche di allevamento o forestali) devono garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera.

 

L’articolo in esame interviene sulla normativa sopra sintetizzata, modificandola nella parte relativa alla tariffa fissa omnicomprensiva che i produttori utilizzanti impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 MW, alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento o forestali, possono ottenere a titolo di remunerazione dell’energia immessa nel sistema elettrico.

In sintesi, le modifiche proposte riconducono ad unità la disciplina dell’incentivo costituito dalla tariffa fissa omnicomprensiva, eliminando per questa parte la distinzione tra produzione effettuata utilizzando biomasse provenienti da intese di filiera, accordi quadro o filiere corte e produzione effettuata utilizzando biomasse di diversa provenienza.

Secondo la relazione illustrativa questa scelta consente di rendere operativi i meccanismi di incentivazione previsti dalla finanziaria 2008, basati sulle filiere agricole locali, superando i ritardi legati alla definizione ed al recepimento dei principi di filiera e di filiera corta.

Si ricorda che la normativa vigente sul punto è così differenziata:

§      impianti che producono energia elettrica utilizzando biomasse provenienti da intese di filiera, accordi quadro o filiere corte: tariffa omnicomprensiva pari a 0,30 euro per KWH per un periodo di 15 anni (art. 1, comma 382-ter, della L n. 296/2006);

§      impianti che producono energia elettrica utilizzando biomasse diverse da quelle di cui sopra: tariffa omnicomprensiva pari a 0,22 euro per KWH per un periodo di 15 anni (art. 2, comma 145, della legge n. 244/2007 e allegata tabella 3, punto 6).

Questa differenziazione viene meno per effetto dell’articolo in esame.

Il comma 1 abroga infatti il comma 382-ter della L. n. 296/2006, di modo che l’art. 2, comma 145, della L. n. 244/2007 (con l’allegata tabella n. 3) viene ad essere l’unica fonte di disciplina della incentivazione della produzione di energia elettrica da biomasse di qualsiasi provenienza, per quanto riguarda la tariffa fissa omnicomprensiva che i produttori utilizzanti impianti di potenza elettrica non superiore ad 1 MW possono ottenere a titolo di remunerazione dell’energia immessa nel sistema elettrico[10].

Così ridefinita l’architettura normativa, i contenuti sostanziali delle innovazioni proposte si incentrano nel comma 2 dell’articolo in esame, che modifica la citata tabella 3 allegata alla legge n. 244/2007.

In particolare:

§      la lettera a) sostituisce il punto 6 della tabella, che attualmente prevede una tariffa incentivante di 0,22 euro/kwh per gli impianti alimentati da rifiuti biodegradabili e biomasse non ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte, stabilendo una tariffa di 0,28 euro/kwh per gli impianti alimentati da “biogas e biomasse, esclusi i biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili attraverso il sistema integrato di gestione e controllo previsto dal Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio”; secondo la relazione illustrativa tale formulazione escluderebbe dall’incentivo solo gli oli vegetali puri di origine extracomunitaria non rispondenti ai requisiti di tracciabilità, nonché gli altri biocombustibili liquidi (biodiesel e bioetanolo) già oggetto di specifici incentivi per l’uso come biocarburanti;

§      la lettera b) sopprime il punto 7 della tabella, che attualmente funge da mero rinvio alla specifica normativa in materia di impianti che producono energia elettrica utilizzando biomasse e biogas provenienti da intese di filiera, accordi quadro o filiere corte, normativa soppressa dal comma 1 dell’articolo;

§      la lettera c) modifica l’attuale punto 8 della tabella, per il quale è prevista una tariffa di 0,18 euro/kwh, sostituendo il riferimento ai biogas “diversi da quelli di cui al punto precedente” (v. supra) con quello ai “biocombustibili liquidi ad eccezione degli oli vegetali puri tracciabili” secondo il già richiamato Reg. n. 73/2009.

Il comma 3 modifica l’art. 2, comma 150, punto c), della legge n. 244/2007, che prevede l’emanazione di decreti ministeriali per stabilire le modalità di tracciabilità della filiera di produzione e distribuzione di biomasse, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti per il calcolo dei certificati verdi e delle tariffe omnicomprensive, di cui rispettivamente alle tabelle 2 e 3 allegate alla legge n. 244/2007. In particolare, la modifica sopprime il riferimento alla tabella 3, con la conseguenza di svincolare l’applicazione della tariffa dalla emanazione dei predetti decreti ministeriali.

Il comma 4, modificandol’art. 2, comma 152, della L. n. 244/2007, consente per gli impianti di proprietà di aziende agricole, agroalimentari, di allevamento e forestali, alimentati da biomasse, la cumulabilità della tariffa fissa omnicomprensiva con altri incentivi pubblici con capitalizzazione anticipata, non eccedenti il 40% del costo dell’investimento.

 

L’art. 2, comma 152, della legge n. 244/2007 riconosce alla produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, il diritto di accesso agli incentivi previsti dall’art. 2, commi 143-157, a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

 

Il Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008 ha raggiunto un accordo di compromesso sul pacchetto di proposte relative ad energia e cambiamenti climatici, che comprende anche una proposta di direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili (COM(2008)19) ai fini del raggiungimento degli obiettivi europei di riduzione delle emissioni di CO2 del 20% entro il 2020.

A seguito dell’esame, il 17 dicembre 2008, da parte del Parlamento europeo, il provvedimento, secondo la procedura di codecisione, è stato approvato in via definitiva dal Consiglio il 6 aprile 2009, e sarà pubblicato prossimamente sulla Gazzetta ufficiale dell’UE.

 

 


 

Articolo 4
(Disciplina delle attività selvicolturali).

 

1. All'articolo 6 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono approvati i criteri e le buone pratiche di gestione forestale, nel rispetto degli impegni assunti dall'Italia nell'ambito delle convenzioni internazionali che perseguono specifici programmi di lavoro per gli ecosistemi forestali e delle Conferenze ministeriali per la protezione delle foreste in Europa e in attuazione di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005».

2. Il decreto di cui all'articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

L’articolo prevede che, con Decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, siano approvati, entro 45 giorni dalla entrata in vigore della legge, i “criteri e buone pratiche di gestione forestale”, nel rispetto degli impegni internazionali assunti dall’Italia ed in attuazione del Regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale. La relazione illustrativa afferma che la norma si rende necessaria per l’attivazione dei programmi di sviluppo rurale presentati dalle regioni, in quanto la Commissione europea, nei negoziati per l’approvazione dei predetti programmi, ha richiesto la definizione di linee guida sulla cui base poter misurare gli impegni assunti dai singoli agricoltori da considerare eccedenti rispetto alla normale gestione forestale.

 

Il parere espresso dalla Conferenza Stato regioni, allegato al d.d.l., chiede al Ministro di sostenere nel corso dell’iter parlamentare ulteriori proposte di modifica al D.Lgs. n. 227/2001 di orientamento in materia forestale[11], tra le quali si segnalano, in particolare, quelle che prevedono:

-        l’adozione della definizione di bosco adottata dalle regioni ai fini della individuazione dei territori boschivi tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio;

-        nuove disposizioni sulla programmazione forestale, le quali sostituirebbero integralmente l’art. 3 del D.Lgs. n. 227/2001[12]; rispetto al testo vigente del citato art. 3, le principali differenze sono le seguenti: al comma 1 verrebbe eliminato il riferimento alle “specifiche linee di politica forestale nazionale”, prevedendosi invece che le Regioni provvedano alla redazione e revisione dei propri Piani o Programmi forestali “coerentemente anche agli indirizzi strategici nazionali definiti nel Programma quadro per il settore forestale” di cui alla legge n. 296/2006;

-        l’estensione delle disposizioni in materia di trasformazione del bosco, possibile solo su autorizzazione regionale nei casi disciplinati dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 227/2001, anche ai terreni sui quali, ai sensi del R.D. n. 3267/1923[13], siano stati effettuati interventi di rimboschimento, di formazione di nuovi boschi o di ricostituzione di boschi estremamente deteriorati, salvo che la legislazione regionale non disponga diversamente;

-        la possibilità per la legislazione regionaledi derogare al principio per cui le aree di rimboschimento devono ricadere all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale è stata autorizzata la trasformazione del bosco;

-        l’integrazione dell’art. 5 del D.Lgs. n. 227/2001 (“Forme di sostituzione, gestione e cessione del bosco”) all’art. 44 della Costituzione e con la previsione di idonee forme di sostituzione nella gestione del bosco;

-        la sostituzione del riferimento ai piani di assestamento con quello ai piani di gestione forestale o equivalenti, ai fini della deroga al divieto generale di taglio a raso dei boschi;

-        la modifica dell’ art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 227/2001, che consente alle Regioni e province autonome di istituire degli albi delle imprese per l’esecuzione di lavori, opere e servizi in ambito forestale, con la previsione della possibilità di deroghe rispetto ai requisiti di qualificazione delle imprese previsti dall’art. 40 del codice degli appalti;

-        l’inserimento nel medesimo art. 7 di un nuovo comma 2-bis, con il quale si consente alle regioni di prevedere forme di incentivazione per le attività selvicolturali;

Una vicenda analoga si è svolta nello scorcio finale della scorsa legislatura, quando il Governo ha presentato alle Camere uno schema di decreto legislativorecante disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi nn. 227/2001, 99/2004 e 102/2005 sulla modernizzazione e regolazione dei mercati in agricoltura, che non è stato tuttavia emanato nel corso della legislatura[14].

Anche in quella occasione il testo proposto dal Governo conteneva una norma corrispondente a quella dell’articolo in esame, mentre il parere della Conferenza Stato-regioni proponeva tutta una serie di ulteriori modifiche al D.Lgs. n. 227/2001, tra le quali anche quelle che adesso vengono riproposte, sia pure in qualche caso con diversa formulazione.

 

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

 

Il 17 ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legname e prodotti del legno (COM(2008)644).

L'obiettivo principale della proposta è integrare e rafforzare l'attuale quadro giuridico della UE e sostenere le iniziative internazionali per combattere il disboscamento illegale e il relativo commercio di legname. In particolare, la proposta fissa gli obblighi degli operatori che commercializzano legname e prodotti del legno su tale mercato, e prevede che essi si attengano al principio della dovuta diligenza: tale principio impone agli operatori di mettere in atto misure e procedure al fine di tracciare il legname e i prodotti del legno, di avere accesso alle informazioni relative alla sua conformità con la legislazione applicabile e di gestire il rischio di commercializzare sul mercato comunitario legname e prodotti del legno provenienti da attività illegali.

Il 22 aprile 2009 il Parlamento europeo ha approvato alcuni emendamenti alla proposta, che ora passa all’esame del Consiglio secondo la procedura di codecisione.

 


 

Articolo 5
(Impiego del personale ministeriale nei controlli comunitari agricoli)

 

1. All'articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Per lo svolgimento delle attività di controllo di rispettiva competenza, l'AGEA e l'Agecontrol Spa possono avvalersi dell'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari di cui all'articolo 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché del personale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base di un'apposita convenzione approvata dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».

2. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 10 dicembre 2002, n. 305, e successive modificazioni, dopo le parole: «regolamento (CEE) n. 4045/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989,» sono inserite le seguenti: «nonché i controlli eseguiti congiuntamente all'AGEA e all'Agecontrol Spa».

 

 

L’articolo consente all’AGEA ed all’AGECONTROL di avvalersi, per i controlli di propria competenza, oltre che del personale dell’Ispettorato centrale per il controllo della qualità[15], anche del personale del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ed attribuisce a tale personale, in relazione alle attività di controllo svolte, le qualifiche di pubblico ufficiale ed ufficiale di polizia giudiziaria.

Le qualifiche di pubblico ufficiale ed ufficiale di polizia giudiziaria sono attribuite al personale ministeriale modificando il primo comma dell’art. 3 del D.lgs. n. 305/02 che riconosce ai funzionari che effettuano i controlli di cui al regolamento (CEE) n. 4045/89 la qualifica di pubblici ufficiali, ai sensi dell'articolo 357 del codice penale, nonché, nei limiti del servizio cui sono destinati e per le attribuzioni loro conferite dal provvedimento, la qualifica di Ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 57, comma 3, del codice di procedura penale.

 

Le attività di controllo per le quali sono riconosciute le qualifiche suddette sono quelle che il regolamento CEE n. 4045/89[16] ha demandato ai singoli Stati membri e che la legge n. 296/2006 Finanziaria 2007 con il comma 1048 ha attribuito alla competenza dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). A tale ente è stato così assegnato l’espletamento dei controlli sulle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione garanzia, compito sottratti al corpo forestale dello Stato e all’ICRF, ai quali erano stati attribuiti dall’art. 4, comma 4 del D.L. n. 2/06[17].

Sulla base del regolamento CEE n. 4045/89 compete ai singoli Stati l’adozione delle misure necessarie per accertare che le operazioni finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) siano reali e regolari, nonché per prevenire e perseguire le irregolarità o negligenze. In attuazione di tale disposto l’Italia ha approvato il DPR n. 447/1982[18] e, a seguito dell’approvazione del menzionato decreto legge n. 2/06, il D.M. 23 marzo 2006 (G.U. n. 106/2006) che ha definito misure transitorie idonee ad assicurare il corretto espletamento delle attività di controllo in corso, attività definitivamente trasferite all’Agenzia con il D.M. 7 agosto 2006, modificato dal D.M. 22 settembre 2006.

 


 

Articolo 6
(Indicazione obbligatoria dell'origine dei prodotti alimentari nell'etichettatura)

 


1. Al fine di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori finali, in tutti i prodotti posti in commercio in Italia, l'etichettatura dei prodotti alimentari, nei casi in cui l'omissione di tale indicazione può indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza del prodotto alimentare, deve riportare l'indicazione del luogo di origine o di provenienza.

2. Con decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, tenuto conto delle valutazioni delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative della filiera, sono determinati, relativamente a ciascuna filiera, i prodotti alimentari soggetti all'obbligo di indicazione di cui al comma 1. Per i prodotti alimentari non trasformati, l'indicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di origine ed eventualmente la zona di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l'indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione sostanziale ovvero il luogo di origine o di provenienza della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti. Per luogo di origine o di provenienza si intende la zona di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola stessa ovvero il luogo di ultima trasformazione sostanziale.

3. Con i decreti di cui al comma 2 sono altresì definiti le modalità per l'indicazione del luogo di origine o provenienza e il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o produzione dei prodotti.

4. La violazione delle disposizioni relative alle indicazioni obbligatorie di cui ai commi 1, 2 e 3 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro.

5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204.


 

 

L’articolo 6 definisce una procedura attraverso la quale verranno definiti, per ciascuna filiera, i prodotti alimentari posti in commercio in Italia la cui etichetta dovrà riportare l’indicazione del luogo di origine o di provenienza, in ragione del fatto che l’omissione di tale indicazione potrebbe indurre in errore il consumatore.

Detta procedura prevede (comma 2) l’emanazione di decreti del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, tenuto conto delle valutazioni delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative della filiera.

Per quanto riguarda le modalità di individuazione del luogo di origine o provenienza, la norma (ancora il comma 2) distingue tra:

§      prodotti alimentari non trasformati, per i quali l’indicazione riguarda il paese di origine ed eventualmente la zona di produzione;

§      prodotti alimentari trasformati, per i quali l’indicazione può concernere, alternativamente, il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale ovvero il luogo di origine o di provenienza della materia prima agricola prevalente utilizzata.

I suddetti decreti definiranno altresì (comma 3) le modalità per l’indicazione in etichetta del luogo di origine o provenienza e per l’accertamento del requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata.

Il comma 4 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro per la violazione delle disposizioni sulle indicazioni obbligatorie di cui ai precedenti commi.

Il comma 5 abroga l’articolo 1-bis del D.L. n. 157/2004, che ha introdotto (V. infra) disposizioni, rimaste peraltro inattuate, aventi finalità analoghe a quelle della norma in commento.

 

Si segnala che al Senato è in stato di relazione per l’aula il d.d.l. Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti alimentari (AS 1331, Scarpa Bonazza Buora ed altri), approvato in sede referente il 22 aprile 2009 dalla Commissione IX(Agricoltura e produzione agroalimentare). Il d.d.l. reca norme sulla indicazione dell’origine territoriale della componente agricola presente negli alimenti, sostanzialmente analoghe all’articolo in commento. Il provvedimento all’esame del Senato prevede inoltre anche disposizioni transitorie per consentire lo smaltimento dei prodotti privi delle indicazioni obbligatorie, dispone un regime sanzionatorio di maggior rigore prevedendo la chiusura dell’esercizio in caso di violazioni reiterate, investe in modo esplicito le regioni di un compito di controllo da esercitare anche avvalendosi dei NAS dell’Arma dei carabinieri, nonché degli organi di polizia locale.

 

Le disposizioni contenute nell’articolo in esame toccano un tema sul quale a livello della normativa comunitaria si confrontano due esigenze potenzialmente contrastanti: quella, relativamente nuova, che attiene alla informazione ed alla tutela dei consumatori, e l’altra invece che trova fondamento diretto nella istanza di libertà degli scambi commerciali posta a fondamento dell’intero processo di formazione della Unione Europea e della quale è espressione principale l’articolo 28 TCE, che vieta fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione e le misure di effetto equivalente.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia ritiene infatti incompatibile con il mercato unico, sulla base dell’art. 28 del Trattato, la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo, “la quale di per ciò stesso limita o svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati membri”; a tale principio fanno eccezione solo le regole relative alle denominazioni di origine e alle indicazioni di provenienza, regole che peraltro la Corte di Giustizia interpreta in un modo assai limitativo delle competenze nazionali.

Il punto di equilibrio tra le due esigenze sopra enunciate in ordine alla etichettatura dei prodotti alimentari è stato sinora fissato prevedendosi che l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza possa essere resa obbligatoria solo nella ipotesi che l'omissione della indicazione stessa possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare (art. 3 della direttiva 2000/13/CE, recepito dall’art. 3 del D.Lgs. n. 109/1992[19]).

I più recenti orientamenti che stanno maturando in ambito comunitario potrebbero tuttavia determinare uno spostamento di tale punto di equilibrio nel senso di una maggiore tutela della informazione per i consumatori. Particolarmente significativo in questo senso l’orientamento espresso il 10 marzo 2009 dal Parlamento europeo che, nell’ambito della discussione sul libro verde della Commissione sulla qualità dei prodotti, ha approvato una risoluzione[20] ove si auspica (punto 14 del dispositivo) l’introduzione dell’indicazione obbligatoria del luogo di produzione delle materie prime attraverso un apposita etichetta che soddisfi l’esigenza dei consumatori di ricevere maggiori informazioni sull’origine del prodotto che acquistano. Questo sistema dovrebbe inoltre essere esteso ai prodotti alimentari trasformati per quanto riguarda i principali ingredienti e il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione.

La questione è trattata anche nella proposta di regolamento COM(2008) 40 sulla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori, presentata dalla Commissione europea (V. infra). L’art. 38, comma 2, della proposta prevede che gli Stati membri possano introdurre misure concernenti l’indicazione obbligatoria del paese di origine o del luogo di provenienza dei prodotti alimentari solo nei casi in cui “sia provato un collegamento tra talune qualità del prodotto alimentare e la sua origine o provenienza”. Al momento di notificare tali misure alla Commissione, inoltre, gli Stati dovrebbero documentare che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni. Nella relazione istruttoria della competente Commissione del Parlamento europeo, presentata il 7 novembre 2008, si propone tuttavia la soppressione del citato comma 2, considerando sufficiente il quadro normativo vigente a livello comunitario e non necessarie ulteriori norme nazionali.

 

Il quadro normativo

 

L’articolo 3 del D.Lgs. n. 109/1992 reca l’elenco delle indicazioni che debbono essere riportate sui prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore.

In conformità a quanto disposto nell’art. 3 della direttiva 2000/13/CE, la norma citata stabilisce l’obbligo di presentare nella etichetta soltanto talune indicazioni, che sono ritenute fondamentali: denominazione di vendita, elenco degli ingredienti (per alcuni specificando anche la quantità), quantità netta, termine minimo di conservazione e condizioni particolari di conservazione e di utilizzazione, nome, ragione sociale o marchio e sede del fabbricante, sede dello stabilimento, titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande alcoliche (a contenuto alcolico maggiore di 1,2% in volume), lotto di appartenenza, modalità di conservazione, istruzioni per l'uso (ove necessario).

Per quanto attiene l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza, la scelta del legislatore comunitario è che questa possa essere resa obbligatoria solo nella ipotesi che l'omissione della indicazione stessa possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare.

Da un lato, quindi, l’art. 2 del D.Lgs. n. 109/1992 fa divieto di inserire in etichetta elementi suscettibili di indurre in errore l’acquirente, tra l’altro, sull’origine e la provenienza del prodotto alimentare; dall’altro, appunto il successivo articolo 3 obbliga, in positivo, alla indicazione del luogo di origine o di provenienza “nel caso in cui l’omissione possa indurre in errore l’acquirente circa l’origine o la provenienza del prodotto”.

Occorre peraltro ricordare anche che l’articolo 4 della direttiva 2000/13/CE prevede che soltanto riguardo a determinati prodotti alimentari, e non in generale per tutti indistintamente i prodotti alimentari, possano essere rese obbligatorie, con norme comunitarie o in mancanza di queste in forza di una norma nazionale adottato dal singolo Stato membro, indicazioni aggiuntive diverse da quelle previste dall'art. 3 della direttiva medesima.

Nel caso tale obbligo discenda da una norma nazionale, lo Stato membro interessato deve attivare la procedura informativa prevista dall’articolo 19 della direttiva citata, cioè deve comunicare alla Commissione e agli altri Stati membri le misure adottate, precisandone i motivi. La Commissione consulta gli Stati membri in sede di comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dal regolamento (CE) n. 178/2002[21], qualora lo ritenga utile o a richiesta di uno Stato membro. Lo Stato membro può adottare le misure previste soltanto tre mesi dopo tale comunicazione e purché non abbia ricevuto parere contrario della Commissione.

Le disposizioni appena richiamate sulla integrazione degli obblighi di etichettatura per specifici prodotti alimentari debbono poi essere lette in connessione con quanto disposto riguardo alla rintracciabilità nel citato Regolamento (CE) n. 178/2002.

L’art. 18 di tale Regolamento prevede infatti (comma 1) che in tutte la fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione venga disposta la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. Di conseguenza il comma 4 del medesimo art. 18 stabilisce che “gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunità o che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati o identificati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche”.

Le disposizioni sinora approvate in merito all’indicazione dell'origine dei prodotti alimentari in base alle norme da ultimo citate riguardano talune categorie di prodotti, per le quali si veda infra.

L’articolo 1-bis del decreto legge n. 157/2004[22] ha introdotto invece l’obbligo generalizzato di indicare il luogo di origine della componente agricola incorporata in qualsiasi “prodotto alimentare”, trasformato e non trasformato, precisando che per luogo d’origine o provenienza debba intendersi:

-        per il prodotto alimentare non trasformato, il Paese d’origine ed eventualmente la zona di produzione del prodotto stesso;

-        per il prodotto alimentare trasformato, la zona di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata prevalentemente nel processo produttivo.

In merito alle norme sancite dal decreto legge n. 157/2004 sulla obbligatorietà di indicare la provenienza dei prodotti alimentari è peraltro intervenuta a chiarimento la circolare 1° dicembre 2004 del Ministero delle politiche agricole, che ha posto in evidenza il potenziale contrasto di tali norme con la legislazione comunitaria.

Con la circolare è stato rilevato che il decreto legge “contiene molteplici principi e disposizioni che richiedono una corretta interpretazione”, ritenendosi non immediatamente operative le disposizioni sull’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine dei prodotti. Il legislatore avrebbe inteso esclusivamente “formalizzare nel contesto di un atto legislativo alcuni principi ispiratori della politica di settore, che dovranno tuttavia essere tradotti in disposizioni concretamente operative mediante successivi atti normativi”. Il ministero ha inoltre precisato che una volta esaminate le problematiche tecniche, con il concorso delle organizzazioni di categoria, i testi normativi risultanti sarebbero stati “previamente notificati” alla Commissione europea.

 

Le disposizioni sinora approvate circa l’indicazione dell'origine in etichetta riguardano le seguenti categorie di prodotti alimentari:

-    carni bovine

Il 17 luglio 2000 è stato approvato il reg. CE n. 1760/2000 che, fra l'altro, ha obbligato tutti i venditori al dettaglio di carni bovine ad apporre sull'etichetta l’indicazione della provenienza delle carni poste in vendita. Il provvedimento è stato approvato in connessione con la grave crisi che aveva colpito il comparto a seguito della comparsa di casi di BSE, ed ha più in generale meglio definito anche il sistema di identificazione e registrazione dei capi. Consentendo di arricchire le informazioni fornite al consumatore con la indicazione facoltativa di ulteriori elementi, ha inteso rassicurare il mercato ponendo in condizione il consumatore di ricostruire l'intero percorso seguito dalle carni, dall'azienda di allevamento del capo alla tavola. Le norme di attuazione per l’Italia sono state definite con il DM del 30 agosto 2000, che dal 1° dicembre ha obbligato gli operatori a rendere pubblici i dati relativi al codice animale, al paese di macellazione e quello di sezionamento; l’obbligo di indicare anche il paese di nascita e quello di ingrasso è decorso invece dal 1° gennaio 2002. Tali informazioni riportate sull’etichetta, se trattasi di prodotti confezionati, oppure su cartelli esposti sul banco macelleria, per i prodotti venduti al dettaglio.

Le sanzioni per la mancata osservanza delle menzionate norme sono state definite con il D.lgs. n. 58/2004[23].

Per quanto riguarda le informazioni che gli operatori hanno “facoltà” di inserire in etichetta, il Ministero delle politiche agricole ha fornito con le circolare n. 5 del 15 ottobre 2001 e n. 1 del 9 aprile 2003 chiarimenti sulla predisposizione dei disciplinari di etichettatura volontaria delle carni bovine. A seguito dell’attività di monitoraggio espletata dal dicastero è stata da ultimo diramata la circolare 15 febbraio 2008, n. 1 che ha fornito “ulteriori chiarimenti”.

-    ortofrutta

Con il decreto legislativo 306/2002[24], entrato in vigore il 15 febbraio 2002, sono state definite le sanzioni per coloro che violano i regolamenti comunitari sulla commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli stabilendo fra l’altro i requisiti che debbono essere posseduti dai prodotti. Quanto alla etichettatura l'articolo 6 del regolamento 2200/1996/CEE aveva disposto che nella fase di vendita dovessero essere presentate in modo chiaro e leggibile per l’acquirente le seguenti indicazioni: identificazione del prodotto, natura e origine, varietà e caratteristiche commerciali. Con l’approvazione del reg. 1234/2007 regolamento unico OCM, nel quale sono ora trasfuse anche le norme che regolavano la OCM ortofrutticola, si consente la commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, destinati alla vendita al consumatore come prodotti freschi, soltanto se di qualità sana, leale e mercantile e se sia indicato il paese di origine (art. 113-bis).

-    prodotti ittici

I regolamenti (CE) nn. 104/2000 e 2065/2001 prevedono che i cartellini di vendita rechino le seguenti indicazioni: a) in primo luogo il metodo di produzione, ovvero se trattasi di prodotto pescato, oppure pescato in acque dolci, oppure allevato; b) quale sia la denominazione commerciale; c) il Paese o la zona di mare di cattura (Mar Mediterraneo, Oceano Atlantico, Oceano Pacifico).

Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 27 marzo 2002 è stata disciplinata in Italia l'etichettatura dei prodotti ittici ed è stato istituito un sistema di controllo. Istruzioni in merito sono state diffuse con la circolare 27 maggio 2002, n. 21329 del dicastero agricolo.

-    miele

Nel dicembre del 2001 è stata approvata la direttiva comunitaria 2001/110/CE che ha regolato la produzione e commercializzazione del miele. Per il prodotto in questione la scelta comunitaria è stata quella di rendere obbligatoria la indicazione del paese o dei paesi d'origine in cui il miele è stato raccolto allo scopo di evitare di indurre in errore il consumatore (art. 2, punto 4). Tuttavia, se il miele è originario di più Stati membri o paesi terzi l'indicazione da riportare è quella di “miscela” di mieli originari della CE, non originari della CE, o miscela di mieli originari e non originari dell’area comunitaria. Le disposizioni nazionali di recepimento sono state approvate con il D.lgs. n. 179/2004[25] che inizialmente nella sostanza riproduceva con l’art. 3 il dispositivo comunitario. Tuttavia, in sede di conversione del D.L. n. 2/2006[26] il menzionato articolo 3 è stato rivisto abrogando le norme che consentivano, per il miele originario di più Stati membri o più paesi terzi, l’utilizzo delle diciture indicative della miscelazione richiedendo viceversa che anche per quello importato o miscelato siano sempre indicati il Paese o i Paesi di raccolta del prodotto.

Le ulteriori specifiche indicazioni che debbono essere riportate sull’etichetta sono state individuate con la circolare 30 luglio 2004, n. 22844, di completamento dell’art. 3 del decreto legislativo n. 179 che richiede anche, per il miele ottenuto e confezionato conto terzi in un luogo diverso da quello di produzione, che vengano indicate sull’etichetta sia nome e sede del fabbricante (o in alternativa del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea), sia la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento (così le lettere e) ed f) dell’art. 3 del D.lgs. 109/92). La circolare 8 marzo 2005, n. 1 (GU n. 67/2005) è intervenuta a chiarimento di talune indicazioni aggiuntive che possono essere riportate in etichetta (tra le altre consentendo la dicitura millefiori, ma vietando quella di montagna).

-    uova

Anche le disposizioni sulla commercializzazione delle uova, in precedenza recate dal reg. 1907/90, sono state ricondotte nell’ambito del regolamento unico OCM, il reg. n. 1234/2007, che con l’allegato XIV conferma che gli ovoprodotti sono riconducibili a due sole categoria, la A destinata ad essere commercializzata come uova da tavola e la B destinata all’industria, richiedendo che sulle prime sia stampigliato il codice del produttore, mentre le seconde possono essere stampigliate anche con un'altra indicazione[27].

Le norme di applicazione recate dal reg. n. 589/2008[28] intervengono su qualità e peso, imballaggio, magazzinaggio, trasporto, presentazione e marcatura degli oviprodotti, minuziosamente regolando anche il contenuto delle informazioni che debbono essere fornite al consumatore (categoria di qualità, durata minima, data d’imballaggio, data raccomandata di vendita, data di deposizione, indicazione dei metodi di allevamento e del tipo di alimentazione).

In merito alle informazioni minime dovute al consumatori va detto che il precedente reg. n. 2295/2003[29] sulla commercializzazione delle uova consentiva di indicare sui prodotti di categoria A la regione d’origine (art. 15) utilizzando sia diciture che simboli che individuassero una circoscrizione amministrativa o altra regione “definita dall’autorità” dello Stato membro (art. 15). Tale disposizione non è stata riprodotta nei successivi provvedimenti.

In attesa dell’adeguamento della legislazione nazionale il Dicastero agricolo è intervenuto in un primo momento con la circolare 19 gennaio 2004, n. 1[30], che ha recato le indicazioni per una corretta immissione sul mercato dell’oviprodotto introducendo un sistema facoltativo che consentiva ai produttori di indicare oltre al proprio numero distintivo anche la data di deposizione, l'alimentazione delle galline e l'origine regionale del prodotto.

Tale regime confermato dal D.M. 4 marzo 2005[31] è ora regolato dal D.M. 13 novembre 2007[32] che consente di apporre direttamente, da parte dei soggetti interessati, diciture e/o simboli relativi all'origine delle uova purché tale origine “sia rilevabile dal codice distintivo del produttore”. In tal caso peraltro è fatto obbligo a produttori e centri d'imballaggio interessati di darne comunicazione al Mipaaf tramite l'Ufficio dell'Ispettorato competente per territorio (art. 7).

-    carni di pollame

In conseguenza del diffondersi di un nuovo rischio epidemiologico correlato al settore delle carni avicole le autorità nazionali, con il D.M. 29 luglio 2004, hanno ritenuto necessario introdurre la etichettatura volontaria delle carni di pollame, in modo da garantire una comunicazione ottimale e la massima trasparenza nella commercializzazione facendo ricorso ad un sistema che consente di risalire al gruppo di animali di origine. Il sistema si basa sulla predisposizione di un disciplinare per l’etichettatura volontaria da parte delle organizzazioni interessate, disciplinare che deve essere sottoposto all’approvazione del dicastero agricolo. Gli operatori aderenti debbono poi sottoporsi al sistema di controllo ed accertamenti che sono posti a carico di un organismo indipendente rispondente ai requisiti richiesti dalle disposizioni comunitarie sull’accreditamento di tali soggetti.

Un sistema provvisorio di etichettatura obbligatoria con indicazione del paese d’origine è stato disposto in connessione della crisi conseguente alla diffusione dell’influenza aviaria, con l’ordinanza del Ministero della salute 26 agosto 2005 “Misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive dei volatili da cortile”. Venendo a scadere tali obblighi il 31 dicembre 2007, l’ordinanza del 21 dicembre 2007 ha prorogato l’obbligo di indicazione della provenienza delle carni e dei prodotti derivati a tutto il 2008, obbligo ulteriormente protratto al 31 dicembre 2010 dall'art. 1, O.M. 16 dicembre 2008.

La commissione fin dall’85 ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per il sistema di etichettatura obbligatoria del pollame (n. 2005-4897), cui ha fatto seguito il deferimento della stessa alla Corte di giustizia per violazione della direttiva 2000/13/CE (Causa C-283/08 presentata il 25 agosto 2008).

L’articolo 45 del reg. 1234/2007 prevede invece che la Commissione possa adottare misure eccezionali di “sostegno del mercato” per tener conto di gravi perturbazioni direttamente legate ad una perdita di fiducia del consumatore conseguente alla comparsa di rischi per la salute pubblica o animale. Le misure sono adottate su richiesta dello o degli Stati membri interessati.

-    olio d’oliva

La indicazione dell’origine dell’olio d’oliva, almeno delle sue produzioni più pregiate l’extra vergine ed il vergine, ha prodotto un contenzioso tra l’Italia, sostenitrice delle necessità di indicare la provenienza della materia utilizzata ovvero delle olive, e la Commissione che anche dove consentiva tale indicazione la connetteva, seguendo le regole generali in materia, al luogo di lavorazione del prodotto, che è il frantoio.

Il contenzioso, che può dirsi ormai risolto con l’accettazione della tesi italiana nell’ambito del Regolamento (CE) n. 182/2009 di modifica delle norme sulla commercializzazione dell’olio d’oliva, nasce dall’approvazione della legge 313/1998[33] che regolava la possibilità di indicare l’origine dell’olio d’oliva in Italia per le categorie merceologiche dell’olio extra vergine d’oliva, olio d’oliva vergine e olio d’oliva, stabilendo il divieto di vendita del prodotto con le diciture “prodotto in Italia” o “fabbricato in Italia” a meno che “l’intero ciclo di raccolta, produzione, lavorazione e condizionamento non si sia svolto in territorio nazionale”.

Il regime introdotto con la menzionata legge è stato al centro di una complessa controversia con la Comunità che merita di essere riassunta. L’Unione europea ha interpretato il contenuto delle disposizioni sull’indicazione di provenienza come “regole tecniche” di commercializzazione di prodotti, soggette pertanto all’obbligo di informazione preventiva alla Commissione sulla base della dir. 83/139. Pertanto, già nel corso dell’approvazione della legge n. 313/1998, dalla U.E. era pervenuta una nota nella quale si ipotizzava l’avvio di una procedura di infrazione. A seguito dell’approvazione delle legge, la Commissione ha effettivamente avviato tale procedura in data 30 settembre 1998, incentrando i motivi del ricorso sul metodo seguito per l’approvazione del provvedimento e non tanto sul contenuto dello stesso, sul quale si è riservata di intervenire in seguito.

L’evolversi delle esigenze dei consumatori orientati verso prodotti di particolare qualità, e la connessa necessità sempre più diffusa di essere sufficientemente e correttamente informati sulle caratteristiche possedute dal prodotto acquistato, hanno indotto la Comunità a rivedere le proprie norme, fino a pervenire all’approvazione del reg. 1019/2002[34]. In detto provvedimento si è riconosciuto che, oltre alle denominazioni obbligatorie previste per le diverse categorie di oli d'oliva dall'articolo 35 del regolamento n. 136/66/CEE, è necessario informare il consumatore sulla tipologia degli oli offertigli, in particolare per quanto attiene le categorie dei “vergini”, in ragione della variabilità di qualità e prezzo che le contraddistingue. Pertanto, pur convenendo che un regime obbligatorio di designazione dell'origine per queste categorie di oli d'oliva costituisce l'obiettivo da realizzare, tuttavia, in mancanza di un sistema di tracciabilità e di controlli su tutti i quantitativi di olio in circolazione, si afferma che è necessario procrastinarne l’adozione, mettendo invece in atto un regime facoltativo di designazione dell'origine.

Con l’articolo 4 del menzionato regolamento comunitario è stata conseguentemente “consentita” la indicazione dell’origine per i soli oli vergine ed extra vergine, precisandosi, con il par. 5, che detta designazione corrisponde alla “zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l'olio”.

Qualora le olive siano state raccolte in uno Stato membro o un paese terzo diverso da quello in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l'olio, la designazione dell'origine comporta la dicitura seguente: "Olio (extra) vergine di oliva ottenuto in (designazione della Comunità o dello Stato membro o Paese di molitura) da olive raccolte in (designazione della Comunità, dello Stato membro o del paese interessato)".

Con l’approvazione il 6 marzo 2009 dell’atteso regolamento (CE) n. 182/2009 di modifica del precedente n. 1019/2002 anche la legislazione comunitaria ha riconosciuto la necessità di passare ad un regime obbligatorio di indicazione in etichetta dell’origine dell’olio extra vergine e dell’olio vergine essendosi le disposizioni facoltative rivelate “insufficienti per evitare che i consumatori fossero fuorviati circa le caratteristiche effettive” del prodotto. Il provvedimento reca anche disposizioni che semplificano l’indicazione della provenienza delle miscele.

Tale obbligo era stato peraltro già posto dal legislatore nazionale che, dovendo superare le questioni sorte con la legge n. 313 del 1998, in occasione della conversione del decreto legge n. 157/2004[35] aveva disposto con l’art. 1-ter che, almeno per gli “oli di oliva vergini” ed “extravergini”, in etichetta si dovessero indicare il luogo di “coltivazione e molitura” delle olive dalle quali gli oli erano estratti.

Con la successiva circolare 1° dicembre 2004 (vedi supra) veniva tuttavia precisato che tali disposizioni non erano immediatamente operative.

Le modalità ed i requisiti per l'indicazione obbligatoria della provenienza sono stati infine approvati con il DM il 10 ottobre 2007[36], che non reca alcun richiamo al decreto legge n. 157 ma invoca il D.lgs. n. 109/92 nel suo art. 3, co. 5-bis che rende obbligatoria la menzione del luogo di origine o di provenienza nel caso in cui l'omissione possa indurre in errore l'acquirente.

Ai sensi del decreto ultimo citato pertanto devono essere indicati sia lo Stato membro o Paese terzo nel quale sono state raccolte – o coltivate - le olive, sia lo Stato membro o Paese terzo dove sia situato il frantoio di molitura nella ipotesi che le due operazioni si siano svolte in luoghi diversi. Nel caso poi che la coltivazione delle olive, o estrazione dell’olio, si siano svolte in più Stati, questi debbono essere tutti elencati in etichetta. L’indicazione a livello regionale della zona geografica di coltivazione o molitura è riservata ai soli prodotti a denominazione protetta.

Il Decr. 5 febbraio 2008 (GU n. 114/08) Modalità applicative in materia di controllo dell'etichettatura dell'olio di oliva è infine diretto a fornire indicazioni per la realizzazione della verifica da parte dell'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari della corrispondenza tra la zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e quella dove è situato il frantoio in cui è stato estratto l'olio.

Sul tema va segnalato che da ultimo nel disegno di legge comunitaria 2008[37], il cui esame in sede referente si è concluso presso la Commissione XIV della Camera il 14 maggio 2009, è stato inserito l’articolo 14-bis che in attuazione delle disposizioni comunitarie recate dal reg. CE n. 182/2009 disciplina gli adempimenti a carico degli operatori, i controlli e le sanzioni, destinati ad assicurare la corretta etichettatura e la rintracciabilità degli oli vergini ed extravergini.

-    latte fresco

Anche sul latte è intervenuto il decreto legge n. 157/2004 sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari che ha previsto l’obbligo di apporre sulle etichette una dicitura che indichi il luogo di origine e provenienza del “latte fresco pastorizzato” e del “latte fresco pastorizzato di alta qualità” - con ciò escludendo da tale obbligo il latte commercializzato con ogni altra denominazione - secondo le modalità da definirsi con decreto ministeriale (art. 1, co. 4).

In merito all’adozione di tale decreto il DL 157 invocava il comma 5-bis dell'art. 3 del D.Lgs. n. 109 del 1992 che, peraltro riproducendo nella sostanza l’articolo 3 della direttiva 2000/13/CE, attribuisce ai due dicasteri dell’agricoltura e delle attività produttive la facoltà di definire le modalità per la indicazione del luogo di origine o provenienza dei prodotti preconfezionati destinati al consumatore, nel caso in cui l'omissione di tali informazioni possa “indurre in errore” l'acquirente circa l'origine o la provenienza del prodotto.

A ridosso dell’approvazione del decreto legge appena menzionato i Ministri delle attività produttive e delle politiche agricole hanno emanato disposizioni sulla “Rintracciabilità e scadenza del latte fresco” (D.M. 27/5/04) con le quali hanno definito un sistema di rintracciabilità del latte alimentare destinato ad assicurare una più ampia tutela del consumatore, e per consentire allo stesso di non essere indotto in errore hanno istituito un sistema di indicazione obbligatoria della regione di provenienza del latte o della zona di mungitura. Il provvedimento è stato integrato ed in parte modificato con il D.M. 14 gennaio 2005 che ha recato le “Linee guida per la stesura del manuale aziendale per la rintracciabilità del latte”.

-    passata di pomodoro

Lo stesso articolo 1 comma 4 del decreto legge n. 157/004 aveva richiesto che con il decreto ministeriale di cui al precedente punto venissero definite anche le modalità e i requisiti per l’indicazione in etichetta del luogo di origine e provenienza del prodotto “passata di pomodoro”, che il comma 3 del medesimo art. 4 ha definito “prodotto ottenuto dalla spremitura diretta del pomodoro fresco” onde evitare che con tale definizione sia posto in vendita il prodotto ottenuto per diluizione del concentrato di pomodoro. Le richieste disposizioni operative sono state adottate con il D.M. 17 febbraio 2006[38] che impone l’obbligo di indicare in etichetta la zona di coltivazione del pomodoro fresco utilizzato per la produzione della passata di pomodoro individuando la regione o il Paese di provenienza.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 30 gennaio 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sulla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori, che aggiorna la legislazione comunitaria in materia di etichettatura degli alimenti (COM(2008)40).

Il documento stabilisce requisiti generali sul modo in cui le informazioni nutrizionali vanno presentate sulle etichette degli alimenti, anche se gli Stati membri avranno la facoltà di applicare misure nazionali addizionali sempre che queste non vanifichino le regole UE. La proposta estende gli attuali requisiti in materia di etichettatura degli allergeni, in modo da coprire anche gli alimenti non preconfezionati, compresi gli alimenti venduti nei ristoranti e in altri luoghi di ristorazione.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo presumibilmente nella seduta del 14 dicembre 2009.

Il 14 gennaio 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sui nuovi prodotti alimentari (COM(2007)872).

La proposta mira a garantire la sicurezza degli alimenti, a proteggere la salute umana e a garantire il funzionamento del mercato interno degli alimenti. A tal fine, essa intende snellire la procedura di autorizzazione, sviluppare un sistema meglio adattato di valutazione della sicurezza degli alimenti tradizionali provenienti dai Paesi terzi, considerati come nuovi prodotti alimentari ai sensi del regolamento attuale, e chiarire la definizione di nuovi prodotti alimentari, includendo le nuove tecnologie con un impatto sugli alimenti, nonché il campo d’applicazione del regolamento sui nuovi prodotti alimentari.

Il 25 marzo 2009 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in prima lettura, approvando alcuni emendamenti. La proposta passa ora all’esame del Consiglio dell’UE, nell’ambito della procedura di codecisione.

 

Procedure di contenzioso

 

Il 29 gennaio 2009 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura n. 2008/0560) per mancato recepimento della direttiva 2007/68/CE che modifica l'allegato III-bis della direttiva 2000/13/CE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari.

Il termine di recepimento era il 31 maggio 2008.

Il 25 agosto 2008 la Commissione europea ha altresì presentato ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee, contestando all’Italia l’adozione delle prescrizioni dell'ordinanza ministeriale del 26 agosto 2005, come da ultimo modificata dall'ordinanza 17 dicembre 2007; tali norme, infatti, rendono obbligatoria l'indicazione del Paese di origine delle carni di pollame, e non sono conformi agli obblighi previsti dall'articolo 3, paragrafo 1, punto 8), e dall'articolo 18, paragrafo 2, della direttiva (CE) n. 2000/13 concernente l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, in combinato disposto con gli articoli 5, paragrafo 3, lettera e), e 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 1906/90 che stabilisce talune norme di commercializzazione per le carni di pollame. Il legislatore comunitario non ritiene infatti che l'indicazione dell'origine sia un'informazione necessaria per il consumatore in modo generale e assoluto, ma unicamente qualora l'assenza di tale indicazione possa indurlo in errore.


Articolo 7
(Misure sanzionatorie per la produzione e per il commercio dei mangimi)

 


1. L'articolo 22 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art. 22. - 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla presente legge non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 6.000 euro.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita, mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla presente legge contenenti sostanze di cui è vietato l'impiego, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 20.000 euro.

3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto di terzi o, comunque, per la distribuzione e per il consumo, sostanze vietate o prodotti, con dichiarazioni, indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno sulla composizione, specie e natura della merce, è punito con la sanzione amministrativa da 20.000 euro a 66.000 euro.

4. Le sanzioni previste dai commi 2 e 3 si applicano anche all'allevatore che detiene e somministra i prodotti richiamati ai medesimi commi».

 

2. L'articolo 23 della legge 15 febbraio 1963, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art. 23. - 1. In caso di reiterazione della violazione delle disposizioni previste dall'articolo 22, commi 2 e 3, l'autorità competente dispone la sospensione dell'attività per un periodo da tre giorni a tre mesi.

2. Se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute umana, l'autorità competente dispone la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio. Il titolare dello stabilimento o dell'esercizio non può ottenere una nuova autorizzazione allo svolgimento della stessa attività o di un'attività analoga per la durata di cinque anni».


 

 

L’articolo 7 modifica la disciplina sanzionatoria prevista dalla legge n. 281 del 1963[39], in tema di preparazione e commercio dei mangimi.

 

Si ricordano i due più recenti interventi del legislatore sulle disposizioni sanzionatorie previste da questa legge:

-        nel 1999 (art. 1, decreto legislativo n. 507 del 1999[40]) il legislatore ha operato una depenalizzazione di tutte le violazioni previste come reato dalla legge n. 281/63, che sono state così trasformate in illecito amministrativo;

-        due anni più tardi, il decreto-legge n. 1 del 2001[41], emanato per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina (c.d. “mucca pazza”) ha nuovamente qualificato come reati alcune delle fattispecie già depenalizzate.

Si segnala che, in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 171 del 2008[42], il Senato aveva approvato una disposizione (art. 4-terdecies) che interveniva sull’apparato sanzionatorio della legge n. 281 del 1963 (cfr. AC 1961). Sul provvedimento, la Commissione Giustizia della Camera aveva espresso parere favorevole, con tre osservazioni tutte riferite all'articolo 4-terdecies (seduta dell’11 dicembre 2008). Tale disposizione è stata successivamente soppressa nel corso dell’esame alla Camera. La disposizione in commento in parte riprende il contenuto di tale norma, tenendo conto del sopra richiamato parere.

 

Il comma 1 sostituisce l’articolo 22 della legge, che prevede le sanzioni per la vendita di mangimi con caratteristiche diverse rispetto a quelle dichiarate, ovvero contenenti sostanze vietate dalla legge. Si ricorda che l’attuale formulazione dell’art. 22 è frutto della novella apportata dal decreto legge n. 1 del 2001, adottato per fronteggiare la c.d. emergenza “mucca pazza”, che ha configurato le violazioni come reati, sanzionati con l’ammenda.


 

Fattispecie (art. 22)

Sanzione

 

Normativa vigente

A.C. 2260

Chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla legge n. 281/63 non rispondenti alle prescrizioni stabilite o risultati adulterati (comma 1)

(salvo che il fatto costituisca più grave reato)

Ammenda
da 1.549 a 15.493 euro

(salvo che il fatto costituisca reato)


Sanzione amministrativa
da 1.000 a 6.000 euro

 

 

 

Chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla legge n. 281/63 contenenti sostanze vietate (comma 2)

(salvo che il fatto costituisca più grave reato)

Ammenda
da 15.493 a 61.974 euro

(salvo che il fatto costituisca reato)


Sanzione amministrativa
da 2.000 a 20.000 euro

 

 

 

Chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione e per il consumo, prodotti con indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno l'acquirente sulla composizione, specie e natura della merce (comma 3)

(salvo che il fatto costituisca più grave reato)

Ammenda
da 25.822 a 77.468 euro

(salvo che il fatto costituisca reato)


Sanzione amministrativa
da 20.000 a 66.000 euro

 

Come risulta dalla tabella, il disegno di legge trasforma tutti i reati in illeciti amministrativi, contestualmente riducendo l’entità della somma che dovrà essere pagata a titolo di sanzione.

 

La relazione illustrativa del disegno di legge precisa che l’intento del Governo è di «eliminare la rilevanza penale di infrazioni per le quali è di norma da escludere il fatto intenzionale e che non comportano rischi per la salute umana e animale».

Si ricorda, tuttavia, che la Commissione Giustizia della Camera nel sopra richiamato parere sull’AC 1961 aveva sottolineato che le modifiche all’articolo 22 «intervengono sulla materia della vendita di mangimi con caratteristiche diverse rispetto a quelle dichiarate, ovvero contenenti sostanze vietate dalla legge, che incide direttamente su un interesse di rilevanza costituzionale, quale la salute dei consumatori, per cui appare opportuna una riflessione sulla reale esigenza di rendere meno rigoroso l'apparato sanzionatorio relativo alla predetta materia».

Il comma 4 dispone che le sanzioni (di cui ai commi 2 e 3), relative alla vendita, messa in commercio, preparazione per la distribuzione di prodotti contenenti sostanze vietate o di prodotti con indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno l'acquirente sulla composizione, specie e natura della merce, si applichino anche all’allevatore che detiene e somministra i prodotti ivi richiamati.

L’attuale formulazione del comma 4 dell’articolo 22, prevede invece che l’ammenda si applichi all’allevatore che non osserva la disposizione di cui all’articolo 17, comma 2 (ovvero che detenga o somministri agli animali «sostanze capaci di provocare modificazioni al naturale svolgersi delle funzioni fisiologiche» nonché alcuni tipi di integratori). Il mancato rinvio a tale ultima disposizione nel nuovo testo sembrerebbe comportare la possibilità che la medesima rimanga sprovvista di sanzione.

 

Si segnala tuttavia che la nuova formulazione riprende il sopra richiamato parere reso dalla II Commissione sull’AC 1961. In particolare, con riferimento al comma 4 dell’art. 4-terdecies (che prevedeva l’applicazione delle sanzioni di cui ai commi 2 e 3 all’allevatore che non osservi le disposizioni ivi previste), la Commissione giustizia osservava, nelle premesse del parere, che «è stato soppresso il riferimento contenuto nel vigente comma 4 alla sanzione per la violazione, da parte dell'allevatore, del divieto di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 281, che ha per oggetto la condotta di chi detiene o somministra agli animali “sostanze capaci di provocare modificazioni al naturale svolgersi delle funzioni fisiologiche” nonché alcuni tipi di integratori, che pertanto rimane priva di sanzione»; formulava quindi un’osservazione, con la quale chiedeva alla Commissione di merito di valutare «l'opportunità di sostituire il comma 4 con il seguente: “La pena di cui al comma 3 si applica altresì all'allevatore che non osservi la disposizione di cui all'articolo 17, comma 2” ovvero con il seguente “Le sanzioni previste dai commi 2 e 3 si applicano altresì all'allevatore che detiene e somministra agli animali i prodotti ivi richiamati”».

 

 

Il comma 2 dell’articolo in commento sostituisce l’art. 23 della legge n. 281 relativo alla sanzione accessoria della sospensione dell’attività. In particolare, e rinviando al testo a fronte per l’analisi completa delle differenze rispetto alla normativa attuale, si evidenziano le seguenti novità:

§      la sospensione dell’attività (per un periodo massimo di 3 mesi) non costituisce una sanzione accessoria in caso di violazione di una qualsiasi delle disposizioni previste dalla legge, ma può essere irrogata solo per la – reiterata – vendita di prodotti contenenti sostanze vietate ovvero vendita di prodotti con indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno l'acquirente (ex art. 22, commi 2 e 3);

§      viene soppressa la più severa sanzione accessoria della sospensione dell’attività fino ad un anno (attualmente prevista in caso di reiterazione dell’illecito);

In merito, la relazione illustrativa del disegno di legge spiega che la sospensione per un termine massimo di tre mesi sarebbe di per sé un sufficiente deterrente alla commissione dell’illecito in quanto l’attività di produzione dei mangimi comporta un ciclo pressoché continuo con scorte praticamente inesistenti, e dunque «una sospensione, anche breve, dell’attività, comporta danni in buona parte irreversibili per il produttore».

 

§      la chiusura dello stabilimento o dell’esercizio (con conseguente impossibilità di ottenere una nuova autorizzazione per 5 anni) è disposta solo se dal fatto è derivato pericolo per la salute umana; la messa in pericolo della salute degli animali non comporta più l’applicazione di questa sanzione accessoria;

§      l’affissione e pubblicazione del provvedimento che applica le sanzioni amministrative è rimessa alla discrezionalità dell’autorità amministrativa che irroga la sanzione; viene infatti soppressa la previsione che attualmente rende tali attività obbligatorie.

 

 

 

Normativa vigente, art. 23

A.C. 2260, art. 23

1. In caso di violazione delle disposizioni previste dalla presente legge, l'autorità competente può ordinare la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre mesi.

 

2. In caso di reiterazione della violazione, l'autorità competente dispone la sospensione dell'attività per un periodo da tre mesi ad un anno.

1. In caso di reiterazione della violazione delle disposizioni previste dall’articolo 22, commi 2 e 3, l’autorità competente dispone la sospensione dell’attività per un periodo da tre giorni a tre mesi.

3. Se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute, l'autorità competente dispone la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio. Il titolare dello stabilimento o dell'esercizio non può ottenere una nuova autorizzazione allo svolgimento della stessa attività o di attività analoga per la durata di cinque anni.

2. Se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute umana, l’autorità competente dispone la chiusura definitiva dello stabilimento o dell’esercizio. Il titolare dello stabilimento o dell’esercizio non può ottenere una nuova autorizzazione allo svolgimento della stessa attività o di un’attività analoga per la durata di cinque anni.

4. Si applica in ogni caso la disposizione di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.

 

 

 

 

 

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

 

Il 3 marzo 2008 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento sull’immissione sul mercato e sull’uso dei mangimi (COM(2008)124).

La proposta è finalizzata a consolidare, rivedere e aggiornare le direttive relative alla circolazione e all'etichettatura delle materie prime per mangimi e mangimi composti, garantendo al contempo il livello elevato di sicurezza dei mangimi e degli alimenti raggiunto nella Comunità. In particolare, si intende garantire che i requisiti per ottenere un'autorizzazione per l'immissione sul mercato del prodotto siano proporzionali al rischio.

La proposta è stata approvata con emendamenti dal Parlamento europeo nella seduta del 5 febbraio 2009, e passa ora all’esame del Consiglio nell’ambito della procedura di codecisione.

 

 


Normativa di riferimento

 


 

L. 15 febbraio 1963, n. 281
Disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi(art. 22 e 23)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 marzo 1963, n. 82.

(2) Le violazioni previste come reato dalla presente legge sono state trasformate in illeciti amministrativi dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, in attuazione della delega contenuta nella L. 25 giugno 1999, n. 205. Vedi, anche, l'art. 93 del suddetto decreto, nel quale sono indicate le autorità competenti ad applicare le sanzioni amministrative per le violazioni depenalizzate. L'art. 2, D.P.R. 2 novembre 2001, n. 433 ha disposto che il termine «premiscela» sostituisca il termine «integratore» utilizzato nella presente legge.

(omissis)

Art. 22

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti disciplinati dalla presente legge non rispondenti alle prescrizioni stabilite, o risultanti all'analisi non conformi alle dichiarazioni, indicazioni e denominazioni, è punito con l'ammenda da lire 3.000.000 a lire 30.000.000.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque vende, pone in vendita, mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, sostanze vietate è punito con l'ammenda da lire 30.000.000 a lire 120.000.000.

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o prepara per conto terzi o, comunque, per la distribuzione per il consumo, prodotti contenenti sostanze di cui è vietato l'impiego o con dichiarazioni, indicazioni e denominazioni tali da trarre in inganno l'acquirente sulla composizione, specie e natura della merce è punito con l'ammenda da lire 50.000.000 a lire 150.000.000.

4. La pena di cui al comma 3 si applica altresì all'allevatore che non osservi la disposizione di cui all'articolo 17, comma 2.

5. Le disposizioni dell'articolo 162 del codice penale non si applicano ai reati previsti dal presente articolo (49).

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(49) Articolo prima sostituito dall'art. 19, L. 8 marzo 1968, n. 399, poi modificato dall'art. 7, D.P.R. 31 marzo 1988, n. 152 ed infine così sostituito dall'art. 3, comma 1, D.L. 14 febbraio 2001, n. 8. Successivamente il citato D.L. n. 8/2001 è stato abrogato dall'art. 1, L. 9 marzo 2001, n. 49, e le relative disposizioni sono confluite nel D.L. 11 gennaio 2001, n. 1, il cui articolo 7-quater ha nuovamente sostituito il presente articolo 22.

 

Art. 23

1. In caso di violazione delle disposizioni previste dalla presente legge, l'autorità competente può ordinare la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre mesi.

2. In caso di reiterazione della violazione, l'autorità competente dispone la sospensione dell'attività per un periodo da tre mesi ad un anno.

3. Se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute, l'autorità competente dispone la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio. Il titolare dello stabilimento o dell'esercizio non può ottenere una nuova autorizzazione allo svolgimento della stessa attività o di attività analoga per la durata di cinque anni.

4. Si applica in ogni caso la disposizione di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (50).

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(50) Articolo prima modificato dall'art. 21, L. 8 marzo 1968, n. 399 e poi così sostituito dall'art. 3, comma 2, D.L. 14 febbraio 2001, n. 8. Successivamente il citato D.L. n. 8/2001 è stato abrogato dall'art. 1, L. 9 marzo 2001, n. 49, e le relative disposizioni sono confluite nel D.L. 11 gennaio 2001, n. 1, il cui articolo 7-quater ha nuovamente sostituito il presente articolo 22.

 

(omissis)


L. 11 aprile 1974, n. 138
Nuove norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l'alimentazione umana. (art. 6)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 7 maggio 1974, n. 117.

(omissis)

Art. 6.

Ferme le sanzioni previste dal codice penale o da altre leggi speciali, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma:

 

1) da L. 1.000.000 a L. 2.000.000 a carico di chiunque violi le disposizioni di cui all'articolo 1.

A detta sanzione si aggiunge quella di L. 500 per ogni litro di latte fresco o di latte liquido ottenuto, in tutto o in parte, con latte in polvere o altri latti comunque conservati o per ogni chilogrammo di prodotti caseari preparati con i latti stessi.

La medesima sanzione di L. 500 al chilogrammo si applica per la detenzione di prodotti di cui all'ultimo comma dell'articolo 1;

2) da L. 2.000.000 a L. 3.000.000, qualora le infrazioni di cui all'art. 1 riguardino latte in polvere che ha beneficiato dell'aiuto comunitario per essere destinato ad uso zootecnico. In questo caso, colui che ha beneficiato dell'aiuto comunitario è, altresì, punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento dell'importo pari a tre volte quello dell'aiuto riscosso sui quantitativi di latte in polvere destinati all'adulterazione del latte fresco o alla preparazione dei prodotti caseari;

3) di lire 500 mila a carico di chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3;

4) da L. 3.000.000 a L. 5.000.000 a carico di chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5. Per tali violazioni, colui che ha beneficiato dell'aiuto comunitario è, altresì, punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento dell'importo pari a tre volte quello dello aiuto riscosso sui quantitativi di latte in polvere tal quale o contenuti nei mangimi composti, destinati alla preparazione dei prodotti per l'alimentazione umana, diversi da quelli indicati alle lettere a), b) e c) dell'articolo 1.

In caso di recidiva le sanzioni amministrative di cui al presente articolo sono aumentate da un terzo alla metà.

 

(omissis)


 

D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227
Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57 (art. 6)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2001, n. 137, S.O.

(2) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 7 febbraio 2002, n. 34; Circ. 1 dicembre 2003, n. 186.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visti gli articoli 7 e 8 della legge 5 marzo 2001, n. 57;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 aprile 2001;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, reso il 24 aprile 2001;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 maggio 2001;

Sulla proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali e del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, delle finanze, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero e per gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

(omissis)

Art. 6

Disciplina delle attività selvicolturali.

1. Le attività selvicolturali sono fattore di sviluppo dell'economia nazionale, di miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle zone montane, nonché a sostegno di nuove opportunità imprenditoriali ed occupazionali anche in forma associata o cooperativa. Esse sono strumento fondamentale per la tutela attiva degli ecosistemi e dell'assetto idrogeologico e paesaggistico del territorio.

2. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, è vietata la conversione dei boschi governati o avviati a fustaia in boschi governati a ceduo, fatti salvi gli interventi autorizzati dalle regioni ai fini della difesa fitosanitaria o di altri motivi di rilevante interesse pubblico. È vietato altresì il taglio a raso dei boschi laddove le tecniche selvicolturali non siano finalizzate alla rinnovazione naturale, salvo casi diversi previsti dai piani di assestamento regolarmente approvati e redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b). Sono fatti salvi gli interventi disposti dalle regioni ai fini della difesa fitosanitaria o di altri motivi di interesse pubblico.

3. Le regioni, in accordo con i princìpi di salvaguardia della biodiversità, con particolare riferimento alla conservazione delle specie dipendenti dalle necromasse legnose, favoriscono il rilascio in bosco di alberi da destinare all'invecchiamento a tempo indefinito.

4. I tagli eseguiti in conformità al presente articolo ed alle specifiche norme regionali vigenti, sono considerati tagli colturali ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 152, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

(omissis)


 

D.Lgs. 10 dicembre 2002, n. 305
Disposizioni sanzionatorie in attuazione del regolamento (CEE) n. 4045/89 relativo al sistema di finanziamento FEOGA - Sezione garanzia, a norma dell'articolo 4 della L. 29 dicembre 2000, n. 422. (art. 3)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 gennaio 2003, n. 24.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto il regolamento (CEE) n. 4045/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, e successive modifiche ed integrazioni, relativo ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia (F.E.O.G.A.), e che abroga la direttiva 77/435/CEE, ed, in particolare, l'articolo 6, paragrafo 2, laddove si prevede l'obbligo degli Stati membri di adottare misure appropriate per sanzionare le persone fisiche o giuridiche che non rispettano gli obblighi previsti nel regolamento medesimo;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 447, con il quale si è data attuazione alla direttiva 77/435/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1977, relativa ai controlli, da parte degli Stati membri delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia;

Visto il decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 701, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 898, recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell'olio d'oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo, e successive modifiche ed integrazioni;

Visto l'articolo 4, comma 1, della legge 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000), che conferisce delega al Governo ad emanare, entro il termine di due anni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per violazioni di regolamenti comunitari vigenti alla data del 30 giugno 2000 per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 aprile 2002;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 novembre 2002;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali ed il Ministro dell'economia e delle finanze;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

(omissis)

 

Art. 3

1. I funzionari che effettuano i controlli di cui al regolamento (CEE) n. 4045/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, hanno la qualifica di pubblici ufficiali, ai sensi dell'articolo 357 del codice penale, nonché, nei limiti del servizio cui sono destinati e per le attribuzioni di cui al presente decreto, la qualifica di Ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 57, comma 3, del codice di procedura penale (3).

 

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(3) Comma così modificato dal comma 5 dell'art. 18, D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99.

(omissis)


L. 27 dicembre 2002, n. 289
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2003)
(art. 66)

(omissis)

Art. 66

Sostegno della filiera agroalimentare.

1. Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema agricolo e agroalimentare e il rafforzamento dei distretti agroalimentari nelle aree sottoutilizzate, il Ministero delle politiche agricole e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del CIPE in attuazione degli articoli 60 e 61 della presente legge, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura (387).

2. I criteri, le modalità e le procedure per l'attuazione delle iniziative di cui al comma 1 sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (388).

3. Al fine di facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituito un regime di aiuti conformemente a quanto disposto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura nonché dalla comunicazione della Commissione delle Comunità europee 2001/C 235 03 del 23 maggio 2001, recante aiuti di Stato e capitale di rischio, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C/235 del 21 agosto 2001. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 (389).

 

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(387) Comma così modificato dal comma 5 dell'art. 10, D.L. 14 marzo 2005, n. 35. Vedi, anche, l'art. 10-terdel citato decreto-legge nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(388) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 1° agosto 2003. Vedi, anche, l'art. 10-ter, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(389) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 22 giugno 2004, n. 182. Vedi, anche, l'art. 3, D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 100 e l'art. 14, D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102.

(omissis)

 


 

D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99
Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38 (art. 18)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 2004, n. 94.

(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 24 maggio 2004, n. 85; Circ. 18 giugno 2004, n. 96; Circ. 1 luglio 2004, n. 100.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 1 della legge 7 marzo 2003, n. 38;

Visti gli articoli 7 e 8 della legge 5 marzo 2001, n. 57;

Visto il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 dicembre 2003;

Vista la nota 4 marzo 2004, n. 376 con la quale è stato inviato alla Commissione europea, in attuazione del regolamento (CE) n. 659/1999 del 22 marzo 1999, del Consiglio, lo schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, reso il 15 gennaio 2004;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 25 marzo 2004;

Sulla proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, della giustizia, per gli affari regionali e per le politiche comunitarie;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

(omissis)

Art. 18

Armonizzazione e razionalizzazione in materia di controlli e di frodi alimentari.

1. L'AGEA quale autorità competente ai sensi del Titolo II, capitolo 4, del regolamento (CE) n. 1782/2003, esercita nei confronti dell'Agecontrol S.p.a. il controllo ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del regolamento (CEE) n. 27/1985 del 4 gennaio 1985 della Commissione. A tale scopo sono trasferite all'AGEA le relative partecipazioni azionarie del Ministero delle politiche agricole e forestali e dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA).

1-bis. L'AGEA è l'autorità nazionale responsabile delle misure necessarie per assicurare l'osservanza delle normative comunitarie, relative ai controlli di conformità alle norme di commercializzazione nel settore degli ortofrutticoli, avvalendosi dell'Agecontrol S.p.a. L'AGEA opera con le risorse umane e finanziarie assegnate a legislazione vigente (28).

1-ter. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali può, con apposito decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, individuare ulteriori organismi di controllo (29).

1-quater. L'AGEA assume l'incarico di coordinamento delle attività dei controlli di conformità degli organismi di cui al comma 1-ter (30).

1-quinquies. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali può, con apposito decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, aggiungere altri settori merceologici a quello di cui al comma 1-bis, una volta verificata la compatibilità con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili di AGEA e Agecontrol S.p.a. (31).

2. Il comma 7 dell'articolo 1 del decreto legislativo 14 maggio 2001, n. 223, è sostituito dal seguente:

«7. Le Regioni e l'Agecontrol S.p.a., nei casi previsti dai commi 1, 2, 3, 4 e 5 provvedono, anche ai sensi del D.M. 21 giugno 2000, n. 217 del Ministro delle politiche agricole e forestali, alle irrogazioni delle relative sanzioni. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le modalità di riparto dei proventi delle predette sanzioni.».

3. Per lo svolgimento delle attività di controllo di propria competenza, l'AGEA può avvalersi dell'Ispettorato centrale repressioni frodi di cui al decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 486, sulla base di apposita convenzione approvata dal Ministro delle politiche agricole e forestali.

4. All'articolo 18 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente comma:

«4-bis. Nelle materie di propria competenza, spetta all'Ispettorato centrale repressioni frodi l'irrogazione delle sanzioni amministrative.».

5. All'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 10 dicembre 2002, n. 305, dopo le parole: «ai sensi dell'articolo 357 del codice penale», sono aggiunte le seguenti: «, nonché, nei limiti del servizio cui sono destinati e per le attribuzioni di cui al presente decreto, la qualifica di Ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 57, comma 3, del codice di procedura penale».

6. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono trasferiti all'Agecontrol S.p.a. gli stanziamenti dello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole e forestali relativi alle funzioni dell'Agecontrol S.p.a., trasferite in attuazione del presente articolo. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, sono altresì trasferite all'Agecontrol S.p.a. le risorse umane e finanziarie relative allo svolgimento dei controlli di cui al comma 1-bis, precedentemente svolti dall'Istituto nazionale per il commercio estero ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera h), della legge 25 marzo 1997, n. 68 (32).

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(28) Gli attuali commi da 1-bis a 1-quinquies così sostituiscono l’originario comma 1-bis - aggiunto dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 28 febbraio 2005, n. 22, come modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dall’art. 7, L. 25 febbraio 2008, n. 34 - Legge comunitaria 2007. Vedi, anche, il comma 427 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(29) Gli attuali commi da 1-bis a 1-quinquies così sostituiscono l’originario comma 1-bis - aggiunto dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 28 febbraio 2005, n. 22, come modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dall’art. 7, L. 25 febbraio 2008, n. 34 - Legge comunitaria 2007. Vedi, anche, il comma 427 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(30) Gli attuali commi da 1-bis a 1-quinquies così sostituiscono l’originario comma 1-bis - aggiunto dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 28 febbraio 2005, n. 22, come modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dall’art. 7, L. 25 febbraio 2008, n. 34 - Legge comunitaria 2007. Vedi, anche, il comma 427 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(31) Gli attuali commi da 1-bis a 1-quinquies così sostituiscono l’originario comma 1-bis - aggiunto dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 28 febbraio 2005, n. 22, come modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dall’art. 7, L. 25 febbraio 2008, n. 34 - Legge comunitaria 2007. Vedi, anche, il comma 427 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(32) Comma così sostituito dal comma 5 dell'art. 1, D.L. 28 febbraio 2005, n. 22, come rettificato con Comunicato 3 marzo 2005 (Gazz. Uff. 3 marzo 2005, n. 51). Vedi, anche, il comma 427 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(omissis)


 

D.L. 24 giugno 2004, n. 157
Disposizioni urgenti per l'etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca (art. 1-bis)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 giugno 2004, n. 147.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 agosto 2004, n. 204 (Gazz. Uff. 10 agosto 2004, n. 186), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure in materia di etichettatura e presentazione di alcuni prodotti agroalimentari, non disciplinati dalla normativa comunitaria, al fine di garantire la più ampia tutela del consumatore assicurandone la corretta e trasparente informazione in un quadro di compatibilità con l'ordinamento comunitario, nonché di adottare particolari misure a favore del comparto agricolo e della pesca, nel rispetto di quanto normativamente previsto nei rapporti tra Stato e regioni;

Vista la direttiva 98/34/CE del 22 giugno 1998, del Parlamento e del Consiglio, come modificata dalla direttiva 98/48/CE del 20 luglio 1998, del Parlamento e del Consiglio, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, recepita con la legge 21 giugno 1986, n. 317, e con il decreto legislativo 23 novembre 2000, n. 427;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 giugno 2004;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per gli affari regionali, delle attività produttive, della salute e dell'economia e delle finanze;

 

Emana il seguente decreto-legge:

(omissis)

Art. 1-bis.

Indicazione obbligatoria nell'etichettatura dell'origine dei prodotti alimentari.

1. Al fine di consentire al consumatore finale di compiere scelte consapevoli sulle caratteristiche dei prodotti alimentari posti in vendita, l'etichettatura dei prodotti medesimi deve riportare obbligatoriamente, oltre alle indicazioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, l'indicazione del luogo di origine o provenienza.

2. Per luogo di origine o provenienza di un prodotto alimentare non trasformato si intende il Paese di origine ed eventualmente la zona di produzione e, per un prodotto alimentare trasformato, la zona di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata prevalentemente nella preparazione e nella produzione.

3. Con decreti del Ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con il Ministro delle attività produttive sono individuate, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le modalità per la indicazione del luogo di origine o di provenienza.

4. La violazione delle disposizioni relative alle indicazioni obbligatorie di cui ai commi 1, 2 e 3 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro e nel caso di più violazioni, commesse anche in tempi diversi, è disposta la sospensione della commercializzazione, fino a sei mesi, dei prodotti alimentari interessati (11).

 

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(11) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 3 agosto 2004, n. 204.

(omissis)


L. 30 dicembre 2004, n. 311
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (art. 1, co. 354)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2004, n. 306, S.O.

(2) La presente legge era stata modificata, con l'aggiunta dell'art. 1, comma 119-bis, dall'art. 1, D.L. 17 agosto 2005, n. 163, non convertito in legge.

(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- E.N.P.A.L.S., Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo: Circ. 4 marzo 2005, n. 3;

- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Nota 13 gennaio 2005;

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Nota 1 luglio 2005, n. 25; Circ. 6 luglio 2005, n. 27;

- I.N.P.G.I., Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani: Circ. 3 marzo 2005, n. PC/20/CV;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 31 gennaio 2005, n. 17; Msg. 15 febbraio 2005, n. 5369; Circ. 16 febbraio 2005, n. 30; Circ. 3 marzo 2005, n. 37; Circ. 6 maggio 2005, n. 64; Msg. 24 maggio 2005, n. 20058; Circ. 16 giugno 2005, n. 77; Msg. 8 luglio 2005, n. 25558;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Nota 30 dicembre 2004, n. 4015/ACVCT/V; Circ. 3 gennaio 2005, n. 2/E; Ris. 10 gennaio 2005, n. 6/E; Nota 14 gennaio 2005, n. 142/V/AGT; Circ. 3 febbraio 2005, n. 7/D; Circ. 8 febbraio 2005, n. 4; Circ. 9 febbraio 2005, n. 1/COA/ADI/2005; Circ. 10 febbraio 2005, n. 2/T; Circ. 11 febbraio 2005, n. 5; Circ. 23 febbraio 2005, n. 3/2005; Circ. 21 marzo 2005, n. 11; Circ. 7 aprile 2005, n. 13; Circ. 22 aprile 2005, n. 16/E; Circ. 28 giugno 2005;

- Ministero dell'interno: Circ. 17 febbraio 2005, n. F.L.3/2005; Circ. 14 marzo 2005, n. F.L.7/2005;

- Ministero della giustizia: Nota 23 febbraio 2005, n. 1/2534//44/U-05;

- Ministero delle attività produttive: Lett.Circ. 31 marzo 2005 , n. 2600.

(omissis)

Articolo 1, comma 354

Istituzione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese.

È istituito, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, un apposito fondo rotativo, denominato «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca». Il Fondo è finalizzato alla concessione alle imprese, anche associate in appositi organismi, anche cooperativi, costituiti o promossi dalle associazioni imprenditoriali e dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell'anticipazione, rimborsabile con un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale, è stabilita in 6.000 milioni di euro. Le successive variazioni della dotazione sono disposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa, in relazione alle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, e comunque nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati ai sensi del comma 361 (170).

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(170) Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 6, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 1 dello stesso articolo 6 e il comma 855 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296. Con Del.CIPE 15 luglio 2005, n. 76/2005 (Gazz. Uff. 21 ottobre 2005, n. 246) sono state fissate le modalità di funzionamento del fondo di cui al presente comma.

(omissis)


D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102
Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38. (art. 5)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 137.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 1, comma 1, della legge 7 marzo 2003, n. 38;

Visto l'articolo 2, comma 11, della legge 27 luglio 2004, n. 186;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata, nella riunione del 18 febbraio 2005;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, reso nella seduta del 3 marzo 2005;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 maggio 2005;

Sulla proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, della giustizia, per gli affari regionali e per le politiche comunitarie;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

(omissis)

Art. 5

Forme associate delle organizzazioni di produttori.

1. Le organizzazioni dei produttori riconosciute possono costituire una organizzazione comune, nelle forme societarie di cui all'articolo 3, comma 1, per il perseguimento dei seguenti scopi:

a) concentrare e valorizzare l'offerta dei prodotti agricoli sottoscrivendo i contratti quadro al fine di commercializzare la produzione delle organizzazioni dei produttori;

b) gestire le crisi di mercato;

c) costituire fondi di esercizio per la realizzazione di programmi;

d) coordinare le attività delle organizzazioni di produttori;

e) promuovere e realizzare servizi per il miglioramento qualitativo e la valorizzazione del prodotto e progetti di interesse comune per le organizzazioni associate allo scopo di rendere più funzionale l'attività delle stesse;

f) svolgere azioni di supporto alle attività commerciali dei soci, anche mediante la creazione di società di servizi.

2. Le Unioni nazionali delle organizzazioni dei produttori riconosciute alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, qualora perseguano gli scopi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), devono costituirsi nelle forme societarie di cui all'articolo 3, comma 1.

3. Spettano al Ministero delle politiche agricole e forestali i compiti di riconoscimento, controllo, vigilanza e sostegno delle forme associate di organizzazioni di produttori, ai sensi dell'articolo 33, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

4. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere definiti i requisiti minimi differenziati delle forme associate di organizzazioni di produttori ai fini del loro riconoscimento.

(omissis)


 

L. 27 dicembre 2006, n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2007)
(art. 1, co. 382-ter e 1047)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 299, S.O.

(omissis)

Articolo 1, comma 382-ter

Incentivi per la produzione di energia elettrica mediante fonti alternative.

La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui al comma 382 e di potenza elettrica non superiore ad 1 MW, immessa nel sistema elettrico, ha diritto, in alternativa ai certificati verdi di cui al comma 382-bis e su richiesta del produttore, a una tariffa fissa omnicomprensiva pari a 0,30 euro per ogni kWh, per un periodo di quindici anni. Al termine di tale periodo, l’energia elettrica è remunerata, con le medesime modalità, alle condizioni economiche previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. La tariffa omnicomprensiva di cui al presente comma può essere variata, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo di tali fonti (113).

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(113) L'originario comma 382 è stato così sostituito, con gli attuali commi da 382 e 382-septies, dal comma 4-bis dell'art. 26, D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(omissis)

Articolo 1, comma 1047

Funzioni dell'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari.

Le funzioni statali di vigilanza sull'attività di controllo degli organismi pubblici e privati nell'ambito dei regimi di produzioni agroalimentari di qualità registrata sono demandate all'Ispettorato centrale repressione frodi di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462, che assume la denominazione di «Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari» e costituisce struttura dipartimentale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

(omissis)


L. 24 dicembre 2007, n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2008).
(art. 2, co. 150 e 152, tab. 3)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 dicembre 2007, n. 300, S.O.

(omissis)

Articolo 2, comma 150

Decreti attuativi dei commi da 143 a 149.

Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le direttive per l’attuazione di quanto disposto dai commi da 143 a 149. Con tali decreti, che per le lettere b) e c) del presente comma sono adottati di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, inoltre:

a) sono stabilite le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui ai commi da 143 a 157 nonché le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza nominale media annua non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica (131);

b) sono stabiliti i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all’allegato X alla parte quinta, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, a scopi alimentari, industriali ed energetici;

c) sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle 2 e 3;

d) sono aggiornate le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell’articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (132).

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(131) In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi il D.M. 18 dicembre 2008.

(132) In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi il D.M. 18 dicembre 2008.

(omissis)

Articolo 2, comma 152

Divieto di cumulo degli incentivi per impianti entrati in esercizio a partire dal 2009.

La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui ai commi da 143 a 157 a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

(omissis)

 

Tabella 3

(Articolo 2, comma 145)

 

 

Fonte

Entità della tariffa (euro cent/kWh)

1

Eolica per impianti di taglia inferiore a 200 kW

30

2

Solare **

**

3

Geotermica

20

4

Moto ondoso e maremotrice

34

5

Idraulica diversa da quella del punto precedente

22

6

Rifiuti biodegradabili, biomasse diverse da quelle di cui al punto successivo

22

7

Biomasse e biogas prodotti da attività agricola, allevamento e forestale da filiera corta *

*

8

Gas di discarica e gas residuati dai processi di depurazione e biogas diversi da quelli del punto precedente

18

* È fatto salvo quanto disposto a legislazione vigente in materia di produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 102 del 2005 oppure di filiere corte.

** Per gli impianti da fonte solare si applicano i provvedimenti attuativi dell’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

(omissis)

 



[1]     Il Fondo per le aree sottoutilizzate è statoistituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), la quale ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP).

Nel Fondo MEF, sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno; all’intervento ordinario nelle aree depresse; al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. Nel Fondo MAP, sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, vale a dire, le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari, alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

[2]    Disposizioni attuative del D.M. 1° agosto 2003 sono state dettate con la circolare 2 dicembre 2003, più volte modificata, da ultimo, in forma codificata, con la circolare n. 463 del 16 luglio 2007.

[3]     Direttiva 2001/77 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità:

[4]     D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.

[5]     L’elenco completo delle fonti energetiche rinnovabili comprende le seguenti fonti: eolica; solare; geotermica; del moto ondoso; maremotrice; idraulica; biomasse; gas di discarica; gas residuati dei processi di depurazione; biogas.

[6]     Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[7]     D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

[8]     Legge 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).

[9]    D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 102, Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2 lettera e) della legge 7 marzo 2003, n. 38.

[10]    Come risulta dalla documentazione allegata al d.d.l. (A.C. 2260) il testo originario del disegno di legge sottoposto al parere della Conferenza Stato-regioni prevedeva al comma 4 la soppressione all’interno dell’art. 2, comma 145, della L. n. 244/2007 dell’inciso ”fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte”. Il parere espresso dalla Conferenza ha però posto in riferimento all’art. 3 alcune condizioni, tra le quali appunto la soppressione dell’originario comma 4, con conseguente ripristino del riferimento alla filiera corta.

[11]    D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma della legge 5 marzo 2001, n. 57.

[12]    L’articolo 3 del D.Lgs. n. 227/2001 pone in connessione e raccorda gli strumenti di pianificazione nazionale con quelli regionali.

      In accordo con la competenza primaria delle regioni in tema di foreste, ad esse spetta la definizione sul rispettivo territorio dei Piani forestali, volti alla tutela, conservazione, valorizzazione e sviluppo del settore. Ad esse spetta anche il periodico riesame o revisione dei piani, nonché il controllo sulla loro applicazione.

      La pianificazione regionale deve tuttavia essere svolta in coerenza con le direttrici individuate a livello nazionale nei seguenti documenti:

-        le linee guida emanate, per quanto di rispettiva competenza, dal Ministero agricolo (che deve indicare le scelte di politica agricola, agroindustriale e forestale in coerenza con quella comunitaria) e da quello ambientale (che deve identificare le linee fondamentali per l’assetto del territorio nazionale);

-        le indicazioni, alla cui elaborazione il Governo è tenuto in forza della legge n. 499/1999, nota come nuova legge pluriennale, e che avrebbero dovuto essere definite entro trenta giorni dalla entrata in vigore della stessa L. n. 499.

      Nella sua attività di indirizzo e coordinamento il Governo si deve ispirare a quanto definito:

-        in sede di accordi internazionali nonché della Comunità Europea;

-        nel Documento di programmazione economico-finanziaria DPEF;

-        nella Piattaforma programmatica di politica agricola nazionale;

      In proposito la disposizione in commento, con ciò integrando quanto precedentemente disposto, aggiunge che i citati documenti di indirizzo dovranno essere integrati da specifiche linee di politica forestale nazionale, che consentano fondamentalmente di procedere:

-        ad una ricognizione delle attuali condizioni del bosco italiano, inclusi gli aspetti relativi alla biodiversità;

-        ad una definizione delle linee strategiche degli interventi, in coerenza con le indicazioni ed i criteri elaborati a livello internazionale, con la relativa previsione di spesa.

      Con il D.M. 16 giugno 2005 il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ha adottato, per quanto di sua competenza, le previste linee guida di programmazione forestale.

[13]    R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di territori montani.

[14]    Sullo schema la Commissione agricoltura della Camera ha espresso nella seduta del 31 marzo 2008 un parere favorevole con condizioni (tra le quali il recepimento di gran parte delle modifiche ed integrazioni proposte dalla Conferenza Stato-regioni) ed osservazioni. La Commissione agricoltura del Senato non ha invece espresso il parere, essendosi constatata nella seduta del 2 aprile 2008 la mancanza del numero legale.

[15]    Nello schema del nuovo regolamento di organizzazione del MIPAAF (schema di regolamento n. 77, presentato dal Governo il 28 aprile 2009 ed attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari) l’Ispettorato assume la nuova denominazione di Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro-alimentari.

[16]    Reg. (CEE) n. 4045/89 del 21 dicembre 1989, “Regolamento del Consiglio relativo ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia, e che abroga la direttiva 77/435/CEE”. Il reg. 4045/89 è stato codificato con il Reg. (CE) n. 485/2008 sui controlli delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del nuovo Fondo europeo agricolo di garanzia.

[17]    Recante “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa” convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, legge 11 marzo 2006, n. 81.

[18]    DPR 8 giugno 1982, n. 447 “Attuazione della direttiva (CEE) n. 77/435 relativa ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia (FEOGA)”.

[19]   D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, Attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Il D.Lgs. n. 109/1992 è stato più volte modificato in adeguamento alle disposizioni comunitarie successivamente intervenute; la direttiva di riferimento è attualmente la direttiva 2000/13/CE.

[20]    Risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2009 su “Garantire la qualità degli alimenti-Armonizzazione o reciproco riconoscimento delle norme” (2008/2220 (INI)).

[21]   Reg. (CE) 28 gennaio 2002 n. 178/2002, Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.

[22]   D.L. 24 giugno 2004, n. 157, Disposizioni urgenti per l’etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2004, n. 204. 

[23]   D.Lgs. 29 gennaio 2004, n. 58, Disposizioni sanzionatorie per le violazioni del Regolamento (CE) n. 1760 del 2000 e del Regolamento (CE) n. 1825 del 2000, relativi all'identificazione e registrazione dei bovini, nonché all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, a norma dell'articolo 3 della L. 1° marzo 2002, n. 39.

[24]   D.Lgs. 10 dicembre 2002, n. 306, Disposizioni sanzionatorie in attuazione del regolamento (CE) n. 1148/2001 relativo ai controlli di conformità alle norme di commercializzazione applicabili nel settore degli ortofrutticoli freschi, a norma dell’articolo 3 della legge 1° marzo 2002, n. 39.

[25]   D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 179, Attuazione della direttiva 2001/110/Ce concernente la produzione e la commercializzazione del miele.

[26]   D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81.

[27]   La distinzione fra uova da tavola o uova da industria è stata introdotta nel 2003 con il reg. 2052/2003.

[28]   Il reg. (CE) 23 giugno 2008, n. 589/2008 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova ha sostituito il regime precedente definito con il reg. n. 2295/2003 sostituito da ultimo dal reg. n. 557/2007.

[29]   Reg. (CE) n. 2295/2003 Regolamento della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1907/90 del Consiglio relativo a talune norme di commercializzazione applicabili alle uova.

[30]    Avente ad oggetto il Reg. (CEE) n. 1907/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990, sulla commercializzazione delle uova e del regolamento (CE) n. 2295/2003 della Commissione, di applicazione (G.U. n. 41/2004).

[31]   Modalità per l'applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova, concernenti l'uso di particolari diciture, ai sensi del regolamento (CE) n. 2295/2003 del 23 dicembre 2003 della Commissione e del D.Lgs. 29 luglio 2003, n. 267, (GU n. 108/2005).

[32]   D.M. 13 novembre 2007 Modalità per l'applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova, ai sensi dei regolamenti (CE) n. 1028/2006, del Consiglio e n. 557/2007, della Commissione e del D.Lgs. 29 luglio 2003, n. 267 (GU n. 297/2007).

[33]   Legge 3 agosto 1998, n. 313, Disposizioni per la etichettatura d’origine dell’olio extravergine di oliva, dell’olio di oliva vergine e dell’olio di oliva.

[34]    Regolamento (CE) n. 1019/2002 della Commissione, del 13 giugno 2002, relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva.

[35]    D.L. 24 giugno 2004, n. 157, Disposizioni urgenti per l'etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2004, n. 204.

[36]   D.M. 10 ottobre 2007, Norme in materia di indicazioni obbligatorie nell'etichetta dell'olio vergine ed extravergine di oliva.

[37]   AC 2320, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008.

[38]   D.M. 17 febbraio 2006, Passata di pomodoro. Origine del pomodoro fresco.

[39]   Legge 15 febbraio 1963, n. 281, Disciplina della preparazione e del commercio dei mangimi.

[40]   D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1 della L. 25 giugno 1999, n. 205.

[41]   Decreto legge 11 gennaio 2001, n. 1, Disposizioni urgenti per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio, nonché per l'ammasso pubblico temporaneo delle proteine animali a basso rischio. Ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 marzo 2001, n. 49.

[42]   Decreto legge 3 novembre 2008, n. 171, Misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 dicembre 2008, n. 205.