Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo - A.C. 5386 - Parte Quarta: Iter al Senato (A.S. 24 e abb.) - Discussione in Assemblea: sedute dal 27 giugno al 25 luglio 2012) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 674 Progressivo: 1 | ||
Data: | 06/08/2012 | ||
Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Modifiche alla
Parte seconda della Costituzione concernenti le Camere A.C. 5386 |
Iter al Senato: discussione in Assemblea |
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n. 674/1 |
(Parte
quarta) |
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6 agosto 2012 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento istituzioni ( 066760-3855 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it |
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della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per
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File: ac0829a4.doc |
INDICE
Seguito
della discussione in Assemblea
Seduta del 27 giugno 2012 3
Seduta del 17 luglio 2012 57
Seduta del 18 luglio 2012 (antimeridiana) 91
Seduta del 18 luglio 2012 (pomeridiana) 139
Seduta del 18 luglio 2012 (notturna) 191
Seduta del 19 luglio 2012 (antimeridiana) 267
Seduta del 24 luglio 2012 (antimeridiana) 325
Seduta del 24 luglio 2012 (pomeridiana) 391
Seduta del 25 luglio 2012 (antimeridiana) 455
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Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea |
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RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
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ASSEMBLEA |
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753a seduta pubblica (pomeridiana) |
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mercoledì 27
giugno 2012 |
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Presidenza della vice presidente MAURO, indi del presidente SCHIFANI |
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,34).
Si dia lettura del processo verbale.
BAIO, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni,
il processo verbale è approvato.
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo,
composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato
attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione delle
leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione,
di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella
circoscrizione Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo
per la Camera dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 16,39)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana
del 21 giugno è stato approvato l'articolo 1 e sono stati rinviati alla 1a Commissione
permanente, ai sensi dell'articolo 100, comma 11 del Regolamento, l'intero
articolo 2 e gli emendamenti presentati in Assemblea concernenti la modifica
della forma di governo.
Do la parola al presidente della 1a
Commissione permanente, senatore Vizzini, per riferire sull'andamento dei
lavori.
VIZZINI, relatore. Signora Presidente, la 1a Commissione
permanente, affari costituzionali, ha sostanzialmente assolto il compito che le
era stato affidato dall'Assemblea, votando gli emendamenti all'articolo 2, così
come erano stati indicati, e avendo, in buona sostanza, non approvato
l'emendamento 2.550 (testo 2), così come era stato presentato in Assemblea.
Sono stati quindi dichiarati decaduti o
ritirati tutti i subemendamenti presentati. La Commissione ha altresì portato
avanti l'esame degli emendamenti... (Brusìo. Richiami del Presidente).
Se si alza il volume del mio microfono e si abbassa il tono dei colleghi, può
darsi che riusciamo nell'obiettivo.
PRESIDENTE. Prego di alzare il volume
del microfono del relatore.
VIZZINI, relatore. Per quanto
riguarda gli emendamenti relativi alla forma di governo, per comune decisione
di tutti i Gruppi parlamentari, dopo averne discusso, abbiamo rinviato la
votazione ad altra seduta, al fine di comprendere ciò che accadrà in Aula sulla
base delle valutazioni svolte sull'articolo 2 e sugli emendamenti ad esso
riferiti.
PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 2 e dei
relativi emendamenti, precedentemente accantonati.
Passiamo all'esame dei subemendamenti
riferiti all'emendamento 2.550 (testo 2), che invito i presentatori ad
illustrare.
Presidenza del presidente
SCHIFANI (ore 16,43)
CASTELLI (LNP). Signor Presidente, vorrei illustrare il
subemendamento 2.550 (testo 2)/101, che sostanzialmente si pone l'obiettivo di
dare contenuto al testo in esame.
Colleghi, vorrei attirare la vostra
attenzione su una questione: l'imperativo categorico di quest'Aula è quello di
diminuire il numero dei parlamentari. Occorre però chiedersi il perché. Una
risposta potrebbe essere: perché l'hanno deciso i direttori dei giornali (Applausi
dal Gruppo LNP); un'altra, forse più sostanziale, è che in questo modo si
diminuiscono i costi della politica. Questo, alla fine, è l'obiettivo.
Ma avete fatto i conti su cosa abbiamo
deciso? Al momento, è stato deciso che i deputati passino da 630 a 508, una
diminuzione del 20 per cento. Tutti noi sappiamo che nel bilancio di Camera e
Senato, che se non sbaglio viaggia intorno al miliardo l'anno per ciascuna
Camera, i costi vivi dei parlamentari contano per il 10 per cento. Pertanto, se
in via del tutto teorica dovessimo abbassare il costo dei servizi abbasseremo
in proporzione i costi del 2 per cento.
Facciamo quindi una riforma
costituzionale per diminuire il costo delle Camere del 2 per cento. In realtà
non sarà nemmeno così. È infatti del tutto ovvio - per chi ha un minimo di
contezza su come lavorano Senato e Camera - che, passando da 630 a 508 deputati
e da 315 a 250 senatori, gli uffici, i locali, gli impianti, e quindi i costi,
resteranno sostanzialmente gli stessi. Avremo fatto una riforma del nulla.
Pertanto, colleghi, mettere qualcosa in
più in questa riforma, come invocato da più parti, vale a dire il Senato
federale da un lato e il presidenzialismo dall'altro, rappresenta il tentativo
estremo di dare dignità a questa legislatura.
Cerchiamo di fare il nostro canto del
cigno, perché è del tutto evidente che l'appuntamento in Europa di sabato e
domenica sarà un fallimento. Il grande professor Monti tornerà a casa con le
pive nel sacco o con qualche piccolissimo risultato che i gazzettieri che lo
sostengono tenteranno di gabellare per un grande risultato.
Questa è l'ultima occasione che abbiamo
per dare un significato all'attuale legislatura. Credo che dobbiamo meditare su
tale aspetto. Se portiamo a casa il testo voluto fortemente da alcuni parti di
quest'Aula, sia ben chiaro che portiamo a casa il nulla. Valutiamo questo dato.
Signor Presidente, mi riservo di
approfondire la questione in fase di dichiarazione di voto. (Applausi dal
Gruppo LNP).
PASTORE (PdL). Signor Presidente, l'emendamento 2.550
(testo 2)/102 (testo corretto) prevede che il Regolamento del Senato non si
limiti a disciplinare le modalità dell'esercizio del voto, ma anche gli effetti
che il voto dei rappresentanti regionali producono.
Mi rendo però conto, signor Presidente,
che oltre all'intuitivo valore normativo dell'emendamento si pone un problema
di collocazione. I colleghi Calderoli e Divina hanno presentato un
subemendamento al loro emendamento, ossia il 2.550 (testo 2)/101, che verrà
votato prima di quello che ho presentato io: siccome il mio subemendamento è
registrato come successivo, esso rischia di venire assorbito dall'approvazione
del primo. Chiedo pertanto che la votazione del mio subemendamento venga
anticipata rispetto a quella del subemendamento presentato dai senatori
Calderoli e Divina. Credo che a tale proposito non vi siano problemi
sostanziali perché, con riguardo alla proposta da me presentata, il testo
dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101 è identico a quello dell'emendamento 2.550
(testo 2), cui il mio emendamento è riferito.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Signor
Presidente, nonostante siano stati rinviati in Commissione l'articolo 2 e gli
emendamenti ad esso presentati, il nostro emendamento non è stato trattato. Mi
vedo costretto a riproporre la questione e chiedo un attimo di attenzione ai
colleghi. Stiamo votando un importantissimo emendamento presentato dalla Lega
che vuole praticamente trasformare il Senato in Senato federale. Devo dire che,
se lo si farà bene, questa sarà stata l'occasione per farlo; altrimenti si
rischia di determinare una confusione tremenda per cui sarebbe meglio non fare.
Noi ci abbiamo pensato e, in proposito,
il subemendamento 2.550 (testo 2)/100 non tocca la prima parte dell'emendamento
dei senatori Calderoli e Divina. E questo vale per i commi primo, secondo e
terzo dell'articolo 57 della Costituzione sulle modifiche che loro hanno
proposto non c'è problema, siamo d'accordo.
Sulla seconda parte dell'emendamento
2.550 (testo2), insisto nel dire che si fa una grande confusione, poiché si
propone un Senato che non sarà degno del proprio nome. Con tale proposta si
costruirà un Senato in cui ci saranno i senatori di prima classe; poi avremo i
delegati regionali di seconda classe, ossia senatori che non avranno diritto di
voto e di intervento su tutto, ma solo sui temi che noi definiremo, e che non
saranno parlamentari, perché verranno tolte loro anche le prerogative previste
per i senatori sulla rappresentanza, sull'immunità, e quant'altro.
Abbiamo poi senatori o delegati di
terza classe che sono i Presidenti delle Regioni che vengono qui senza diritto
di voto. Si può immaginare un'Assembla con tre classi? Mi permetta il raffronto
con un treno di una volta in certi Paesi sottosviluppati, con la prima classe
per i senatori, la seconda classe per poveri e delegati delle Regioni e poi
un'altra classe ancora per i senza diritto di voto. (Applausi del senatore
Zanda).
Signori, questo non è il Senato come
noi lo immaginiamo. Questa forma non esiste in alcuna parte del mondo.
Pertanto, per quanto siamo d'accordo con l'obiettivo - e lo dico
sottolineandolo tre volte, perché l'Italia sta veramente perdendo un'occasione
di trasformarsi e di fare un passo in avanti verso la modernizzazione, facendo
dimagrire un po' la burocrazia centrale e dando peso anche alla voce della
popolazione più vicina alle Regioni - ci sembra però necessaria una nuova
formula che noi abbiamo proposto in modo molto semplice.
Invece di far partecipare i delegati
regionali e i Presidenti, e vediamo i senatori eletti nelle Assemblee regionali
con diritto di intervento, obbligo di relazionare e senza diritto di voto,
perché altrimenti lo avrebbero due volte.
In tal modo non solo avremmo un Senato
chiaro e limpido, con tutte le sue competenze e con i membri uguali per tutti,
ma avremmo anche un rafforzamento dei Consigli regionali, in cui il senatore
che rappresenta la Regione può anche riferire su quello che si fa, offrendo un
elemento di forte rappresentatività.
Avremmo altresì un modello molto
moderno, che non è quello austriaco, già superato per la debolezza
dell'elezione indiretta, e nemmeno quello tedesco, già superato per la sua
debolezza nell'elezione diretta: avremmo un Senato direttamente eletto dalla
popolazione, direttamente rappresentativo di tutti, ma ben inserito nel
contesto regionale di cui farà la rappresentanza. È questo che noi vogliamo.
C'è poi un ulteriore vantaggio. Non è
stato criticato per niente il fatto che questi ulteriori delegati non saranno
in verità una riduzione del Senato, ma un gonfiamento dello stesso. È infatti
un po' un correttivo ottico non dar loro l'articolo 68, l'articolo 67 e altre
prerogative parlamentari previste dalla Costituzione, perché comunque saranno
sempre qui. Le spese di viaggio, gli uffici e tutto quanto connesso con
l'attività parlamentare dovranno pur essere pagati.
Allora si pone una questione: cosa è
questa riduzione da 315 a 250, se poi di fatto aumentiamo nuovamente di 41
componenti? Si tratterà infatti minimo di 41 componenti da parte delle Regioni.
Capisco che siamo una parte politica
piccola, ma ricordo che rappresentiamo Regioni intere, come la Valle d'Aosta,
l'Alto Adige e, in parte, il Trentino; vogliamo contribuire con la nostra
esperienza autonomistica ad una seria discussione di sviluppo.
Penso veramente che sia necessario
ripensarci. Lo dico anche al Popolo della Libertà: ripensateci. Ho ben capito
che la trattativa significa mangiarsi il rospo: il Senato delle Regioni e il
voto favorevole per il presidenzialismo. Non voglio mettere in dubbio la
trattativa politica che vi sta bene, ma, piuttosto che mandarvi giù quel rospo
lì, guardate quello che proponiamo noi, che è molto più elegante e più
semplice. (Applausi del senatore Fosson).
DIVINA (LNP). Signor Presidente, il collega Peterlini ha
sollevato una questione che ha fondamenta, anche se poi ha un po' deragliato.
Se parliamo di fisica o di matematica, usiamo un termine che non dà sicuramente
problemi, che non può essere interpretato e compreso in modo diverso. Invece,
usando termini giuridici, a volte non abbiamo la stessa capacità di
puntualizzazione o di precisione.
Quando si parla di Senato federale o di
Paese federale, come possibilità di scelta e di modelli a cui far riferimento,
ne avremmo finché vogliamo. In ogni parte del mondo il regionalismo spinto e il
federalismo sono stati interpretati e radicati in modo diverso.
La Lega ha presentato una serie di
emendamenti in tal senso proprio per cercare di chiudere questo lungo periodo
di transizione che ci deve pur condurre ad uno sbocco. A partire dal 2001
abbiamo compiuto dei passi verso un sistema sempre più spinto di rispetto delle
autonomie locali, di un regionalismo spinto al massimo, che oggi deve essere
concretizzato con un Senato che rappresenti effettivamente i territori.
Qual è il Senato giusto che rappresenta
i territori? La Lega ha espresso una prima scelta, ma poiché in questa sede non
possono essere assecondate le aspirazioni di ognuno, bisognerà trovare una
mediazione tra la prima scelta della Lega - che è un Senato federale modello
tedesco, come il Bundesrat eletto indirettamente, non un Senato eletto a
suffragio universale, ma eletto dalle assemblee legislative dei Länder
come in Austria, o dagli Esecutivi dei Länder stessi come in Germania -
e altre soluzioni che sono state proposte, facendo in ogni caso riferimento ai
territori, arrivando via via all'elezione contestuale. Quest'ultimo è il
modello proposto dalla Volkspartei, che noi voteremo. Noi voteremo tutti gli
emendamenti presentati da tutti i colleghi che comportano riduzioni
significative, poiché, come abbiamo già detto, il numero di 250 senatori,
frutto di una mediazione generale, non soddisfa la Lega che voleva dare una
risposta concreta e non di facciata alle richieste che ci sono state rivolte.
In questa sede però non è soltanto il Gruppo della Lega, come non sono quelli
della Volkspartei o dell'Italia dei Valori a decidere. Siamo più di 300 e
dobbiamo trovare una soluzione su cui la maggioranza converga.
La soluzione, che non è la migliore ma
la migliore possibile oggi, sembra essere quella che prevede un Senato federale
costituito con questo temperamento: una parte eletta (come avviene oggi) in
modo diretto a suffragio universale e una parte di rappresentanti avulsa che
deve rappresentare (magari anche in contrasto) i territori. Che siano uno o due
i rappresentanti per Regione non importa: l'importante è che siano espressione
delle autonomie locali.
Se accedessimo a questa soluzione
avremmo vanificato il taglio dei senatori perché arriveremmo a numeri simili a
quelli attuali. Si deve allora prevedere che i rappresentanti territoriali non
siano senatori, ma membri delle Regioni che siedono a fianco dei senatori,
rispetto ai quali non giudicherà, ad esempio, la Giunta delle elezioni sui
requisiti di eleggibilità, e a cui non spetteranno le indennità. L'unica cosa
che dovremmo riconoscere (non perché siano di serie A o di serie B) sono le
immunità legate ai voti espressi e alle affermazioni rese in Aula, nel senso
che così come delle affermazioni fatte da un senatore non possono essere
perseguibili, analogamente ciò vale per quelle fatte dai rappresentanti delle
Regioni.
Gli emendamenti in esame prevedono che
tali rappresentanti possano essere uno o due per Regione. Noi crediamo comunque
nella necessità che al Senato arrivi la voce delle Regioni.
Il collega Pastore pone un problema
importantissimo, e cioè se quei soggetti, espressione non della votazione
diretta ma della rappresentanza regionale, debbano o no dare la fiducia al
Governo. Secondo noi, no. Non possono: non essendo senatori eletti su base
nazionale o regionale, non devono partecipare alla votazione di fiducia.
Potremmo scrivere ciò direttamente in Costituzione, oppure approvare
l'emendamento presentato dal senatore Pastore che rimanda la determinazione al
Regolamento del Senato, nell'ambito del quale si potrà provvedere in proposito
con più calma e possibilità di ragionare.
Pertanto, dove andremo a finire lo
vedremo tra un po'. La Lega voterà a favore di tutti gli emendamenti della
Südtiroler Volkspartei
e dell'Italia dei Valori, che dicono sostanzialmente che si deve andare nella
direzione di un Senato federale.
In che modo ci arriveremo, e quale sarà
il Senato federale? Vedremo quale sarà l'emendamento che otterrà i voti
dell'Aula e voteremo tutti gli emendamenti che vanno a restringere, cioè che
vanno a dare quella risposta che ci siamo impegnati a dare agli italiani: effettivamente
offrire e dare un taglio ai costi della politica.
Questa risposta, però, deve appunto
partire anche da una riduzione della rappresentanza parlamentare.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signor Presidente, onorevoli colleghi, dei
vari emendamenti che ho presentato, anche in Commissione, ho rinunziato alla
ripresentazione in Aula praticamente di tutti, ritirandoli prima della seduta,
ad eccezione di questo che segnalo alla vostra attenzione: l'emendamento 2.550
(testo 2)/1.
In buona sostanza, in esso si dice: «Ai
rappresentanti in Senato delle Regioni non si applicano gli articoli 66, 67,
68, secondo e terzo comma e 69 della Costituzione». Se ho ben ascoltato, questo
emendamento, in qualche modo, ha preceduto nel tempo l'emendamento 2.550 (testo
2)/101, e ora verrebbe in qualche modo prevenuto e assorbito.
L'emendamento dei senatori Calderoli e
Divina dice, alla fine: «I rappresentanti delle Regioni nel Senato Federale
della Repubblica non sono membri del Parlamento (...)». Quindi, i presentatori
anticiperebbero la dicitura del mio emendamento. Mi permetto di richiamare
perciò l'attenzione dei due colleghi della Lega presentatori dell'emendamento
2.550 (testo 2)/101, e del collega Divina in particolare. Quando loro dicono
che i rappresentanti delle Regioni non sono membri del Parlamento e non
ricevono la relativa indennità, vogliano perdonarmi, ma sembrano enfatizzare
solo il fatto che questi non ricevono l'indennità. Sì, l'emendamento è
pertinente, ma è di profilo non brillantissimo. Nella mia formulazione, se
permettete, io dico che, in quanto non sono parlamentari, ad essi non devono
essere applicati tutti quegli articoli della Costituzione che prevedono la
insindacabilità, le guarentigie, cioè lo status, e, dunque, anche
l'indennità. Io non porrei quest'ultima come elemento discriminante: insomma,
non come l'unico.
Naturalmente, in questa esclusione
dagli articoli 66, 67, 68 e 69 della Costituzione, ho precisato che,
relativamente all'articolo 68, si tratta solo del secondo e terzo comma. Il
primo comma dell'articolo 68, infatti, deve in tutto equiparare, allorché si
esprimono e votano, i rappresentanti regionali ai parlamentari. Essi devono
essere, evidentemente, immuni da ogni censurabilità per le opinioni espresse e
i voti dati nell'esercizio del loro mandato.
Pertanto, io mi permetterei di dire
che, ove si dovesse procedere dando la precedenza (perché vedo che è anteposto)
all'emendamento 2.550 (testo2)/101, dei senatori Calderoli e Divina,
eventualmente si potrebbe recepire la mia formulazione (che sommessamente
preferirei), dicendo che i rappresentanti delle Regioni non sono membri del
Parlamento e ad essi non si applicano gli articoli 66, 67, 68, secondo e terzo
comma e 69 della Costituzione.
Se anche i presentatori fossero
d'accordo e se la Presidenza consentisse, mi sembrerebbe più congrua questa
dicitura.
Concludo con il dire che questo
subemendamento potrebbe, se crede, votarlo l'intera Aula, senza compromissione
e senza pregiudizio della tesi di fondo. Chi poi non sarà d'accordo sul Senato
federale, in combinazione con la Repubblica semipresidenziale, ben potrà votare
in questo senso quando si andrà al testo padre (o madre, come preferite). Ma
tante volte dovessero poi essere approvati i testi che riguardano il
semipresidenzialismo e il Senato così definito federale, penso che questo mio
subemendamento dovrebbe essere approvato in via subordinata da tutti, anche da
coloro che magari non condividono la tesi principale.
Questa, signor Presidente, è la mia
proposta ai proponenti l'emendamento 2.550 (testo2)/101, alla Presidenza e
all'Aula. (Applausi dei senatori Valentino e Cursi).
PRESIDENTE. Senatore Divina, le chiedo di chiarire se condivide o
meno l'esigenza di una integrazione del suo emendamento. (Brusìo).
Colleghi, c'è troppa confusione in
Aula. Il dibattito è certamente difficile e delicato. Vorrei tentare di
condurlo nel modo migliore, cercando di consentire a tutti di intervenire e di
sapere che cosa si sta votando, per evitare votazioni inutili e
contraddittorie. Questo rientra nella logica dell'interesse alla trasparenza
dell'attività dell'Aula.
Il senatore Benedetti Valentini ha
posto una questione in relazione al suo emendamento, il quale verrebbe
teoricamente precluso dall'eventuale approvazione del suo emendamento, senatore
Divina, a meno che lei non consenta l'integrazione del suo testo che verrebbe
votato prima.
DIVINA (LNP). Signor Presidente, fornisco ora una
spiegazione.
Se nel testo originario
dell'emendamento 2.550 (testo 2) rimaneva tutta aperta la questione, con
l'emendamento 2.550 (testo 2)/101 andiamo a definire esattamente i non
senatori, ossia i partecipanti, in quanto si dice che partecipano ai lavori del
Senato i rappresentanti delle Regioni. Alla fine dell'emendamento si specifica,
infatti, che non sono membri del Parlamento e non ricevono l'indennità.
Probabilmente questa frase potrebbe
lasciare ancora dubbi, al punto che saremmo disposti ad aggiungere le seguenti
parole: «, e a tal fine».
L'emendamento del senatore Benedetti
Valentini si sposerebbe bene e il nuovo testo sarebbe il seguente: «e a tal
fine a tali soggetti non si applicano gli articoli 66, 67, 68, secondo e terzo
comma, e 69 della Costituzione». Pertanto, il testo dell'emendamento del
senatore Benedetti Valentini 2.550 (testo 2)/1 verrebbe inserito alla fine
dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101, presentato dal sottoscritto e dal
senatore Calderoli, per raggiungere perfettamente l'obiettivo.
PRESIDENTE. Occorre un'ulteriore spiegazione in merito
all'integrazione dell'emendamento dei senatori Calderoli e Divina.
Mi sembra che la sintesi del dibattito
sia di mettere in votazione l'emendamento dei senatori Calderoli e Divina
integrato con l'emendamento del senatore Benedetti Valentini.
Desidero mettere l'Assemblea nella
condizione di conoscere bene l'emendamento.
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
le rivolgo una richiesta di chiarimento.
Se passiamo alla fase delle votazioni,
si dovrebbe cominciare secondo l'ordine previsto?
PRESIDENTE. Senatore Pardi, si parte dalla votazione dei subemendamenti.
Le assicuro che la Presidenza seguirà con attenzione le operazioni. È nostro
compito e dovere.
Onorevoli colleghi, dobbiamo consentire
la stesura della nuova formulazione dell'emendamento, per darne poi lettura
all'Aula.
Nel frattempo, invito il relatore ed il
rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
VIZZINI, relatore. Esprimo parere contrario su tutti gli
emendamenti riferiti all'articolo 2 e, conseguentemente, sui subemendamenti.
MALASCHINI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri. Come già preannunciato, il Governo si rimette
all'Assemblea.
PRESIDENTE. Colleghi, sospendo brevemente la seduta in attesa della
riformulazione dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101.
(La seduta, sospesa alle ore 17,15, è
ripresa alle ore 17,25).
Riprendiamo i nostri lavori.
Il testo dell'emendamento 2.550 (testo
2)/101 (testo 2) è stato stampato e distribuito.
BIANCO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIANCO (PD). Signor Presidente,
ho ricevuto la riformulazione dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101. Con tutto
il rispetto per i colleghi che l'hanno preparata, mi chiedo come si possa
scrivere nella Costituzione la seguente norma: «I rappresentanti delle Regioni
nel Senato federale della Repubblica non sono membri del Parlamento e ad essi
non si applicano gli articoli 65, primo comma, 66, 67, 68, secondo e terzo
comma e 69 della Costituzione». Se non sono membri del Parlamento, per quale
ragione c'è questa specificazione assolutamente pleonastica?
PRESIDENTE. È il frutto di un dibattito che già si è tenuto. Lei
potrà dissentire, senatore Bianco, ci mancherebbe: è una sua un'opinione, più
che autorevole, ma è il frutto di un'intesa nascente da un dibattito avvenuto
tra l'illustrazione dell'emendamento 2.550 (testo 2)/1 del senatore Benedetti
Valentini e quella dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101.
Prendo comunque atto delle sue
osservazioni, senatore Bianco.
VIZZINI, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIZZINI, relatore. Signor
Presidente, credo che la questione posta dal collega Bianco sia di questo tipo:
nell'emendamento si afferma che i rappresentanti delle Regioni non sono membri
del Parlamento; poi si dice tutto quello che non si applica, ma è escluso e,
quindi, si applica il primo comma dell'articolo 68, che la Costituzione riserva
esclusivamente ai membri del Parlamento che non possono essere chiamati a
rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro
funzioni. Credo che il collega Bianco volesse dire questo.
PRESIDENTE. Parla, quindi, della norma relativa alle immunità. (Brusìo).
Stiamo discutendo di riforma costituzionale. Desidero, e lo pretendo da me
stesso, essere vigile e capace di controllare tutto quello che si sta votando,
partecipando anche io al dibattito per cercare di capire cosa si vota.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Dico
agli onorevoli colleghi che non sono d'accordo sul principio di fondo della
tesi principale, e cioè su un Senato federale in collegamento con quanto
eventualmente si voterà in ordine alla forma di Governo e al
semipresidenzialismo, che è legittimo che votino contro, che svolgano
argomenti, ma dal punto di vista della chiarezza espressiva e normativa non
vedo perché debbano essere recepite le obiezioni che vengono in le momento
avanzate.
Capirei se mi diceste che sarebbe
sufficiente dire che non sono membri del Parlamento o che semplicemente a
questi rappresentanti non si applicano i citati articoli della Costituzione e
mi obiettaste che forse stiamo dicendo due volte la stessa cosa. Dal punto di
vista sistematico, potrei misurarmi con questa tesi, ma che mi diciate che vi è
contraddizione tra i due periodi, questo è infondato e strumentale.
BIANCO (PD). Ho detto che è
pleonastico, non che vi è contraddizione.
BENEDETTI VALENTINI (PdL.) Noi
vorremmo dire che non sono parlamentari e, in quanto tali, ad essi non si
applicano tutte le figure giuridiche che la Costituzione prevede. Si applica,
invece, affermativamente il primo comma dell'articolo 68, e cioè che essi sono
immuni ed incensurabili per i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio
della loro funzione. È esattamente quello che vogliamo dire, sempre che uno
l'approvi. La contraddizione non c'è: giuridicamente è congruo. Tutt'al più
potete dire che eccede, che è in eccesso, ma non certamente in contraddizione.
Quindi, la scelta è chiara e onesta.
Naturalmente, si può rimanere del proprio punto di vista, ma contraddizione non
c'è. (Applausi dal Gruppo PdL).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, prima di votare sugli emendamenti (e vorrei anche capire
quando sarà possibile fare dichiarazioni di voto), vorrei chiedere ai colleghi
presentatori dell'emendamento 2.550 (testo2)/101 (testo2) se, all'esito
dell'eventuale sua approvazione, noi modificheremo anche la composizione del
Senato con riferimento ai senatori eletti all'estero. Infatti, dalla lettura
del testo e il suo combinato disposto con l'attuale testo dell'articolo 57
della Costituzione - però volevo un chiarimento, proprio per comprendere fino
in fondo il senso della proposta - potremmo trovarci nella paradossale
situazione in cui la Camera dei deputati, secondo la votazione che abbiamo
fatto la scorsa settimana, vede una riduzione del numero dei parlamentari cui
si associa una riduzione del numero dei deputati eletti all'estero, ma comunque
un loro mantenimento, mentre emergerebbe dalla formulazione del testo che il
Senato non vedrebbe senatori eletti all'estero.
Volevo allora capire se è un refuso
oppure se si tratta di una proposta precisa, perché credo sia giusto anche per
i colleghi senatori eletti all'estero qui presenti avere ben chiaro ciò di cui
ci stiamo occupando e su cui siamo chiamati a votare.
GIOVANARDI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANARDI (PdL). Signor
Presidente, poiché mi è accaduto di svolgere anche la funzione di consigliere
regionale, vorrei dire che, come è noto, la Costituzione prevede che i
consiglieri regionali non sono chiamati a rispondere delle opinioni e dei voti
espressi, analogamente a quanto prevede per i parlamentari. Quindi, questa
garanzia per i consiglieri regionali c'è già ed è evidente che nel caso che
consiglieri regionali siedano in questo Senato, nel momento in cui parlano di
questioni regionali e di materie che riguardano le Regioni possono essere già,
in maniera traslata, coperti da tale garanzia. Se dovessero esprimere altre
opinioni che esulano dalla materia regionale, il mantenimento della possibilità
di applicare l'articolo 68 della Costituzione, primo comma, li copre, nella
logica del Costituente che voleva che i consiglieri regionali, nell'esercizio
delle loro funzioni, non potessero essere perseguiti per le opinioni espresse e
i voti dati.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, avrei detto esattamente le stesse cose del senatore
Giovanardi. Potrebbe infatti verificarsi, purtroppo, la contraddizione secondo
la quale il consigliere regionale, in quanto tale, in consiglio regionale è
coperto, mentre il consigliere regionale, come espressione del consiglio
regionale nel Senato federale, potrebbe non esserlo. Bisogna allora fare in
modo che la copertura relativa alle opinioni espresse e ai voti dati sia ampia,
cioè sia posta in capo al consigliere regionale per le sue funzioni in
consiglio regionale e nel Senato federale.
PROCACCI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PROCACCI (PD). Signor
Presidente, mi scuso, ma siccome lei stesso dice che stiamo modificando la
Costituzione...
PRESIDENTE. Stiamo provando.
PROCACCI (PD). Bene, ci stiamo
provando. Ora, in merito alle eccezioni fatte dai colleghi Vizzini e Bianco
dico sin da adesso che è inutile passare al voto. Il primo comma dell'articolo
68 della Costituzione recita testualmente: «I membri del Parlamento non possono
essere chiamati a rispondere...». Se votiamo questo emendamento, quella norma
si applicherà o no? Il primo comma dell'articolo 68 - che si applica, lo so - è
rivolto ai membri del Parlamento. Questo emendamento è scritto malissimo.
PRESIDENTE. Copre una garanzia riconosciuta ai membri del
Parlamento. Non conferisce loro lo status, questo è stato il dibattito:
garantire ai componenti del futuro, eventuale, nuovo Senato, in quanto
rappresentanti delle Regioni, di godere dell'immunità in presenza di
dichiarazioni rese nell'esercizio delle loro funzioni, alla stregua dei
parlamentari in carica. Quindi, questo richiamo è mirato. Poi si può
condividere o no.
PROCACCI (PD). Ho capito, ma proprio dal punto di vista
della dizione, mentre diciamo che non sono membri del Parlamento, l'articolo 68
comincia così: «I membri del Parlamento». Chi ha scritto la Costituzione lo ha fatto
con molta sobrietà e con molta chiarezza, mentre in questo caso andiamo a
confondere.
PRESIDENTE. Si tratta dell'estensione a questi eventuali soggetti,
che non chiamo membri del Parlamento, di alcune guarentigie.
PROCACCI (PD). Signor Presidente, mi è chiaro, ma vorrei
solo dirle che un domani qualcuno potrà dire che in un articolo è scritto che
tali soggetti non sono membri del Parlamento, mentre l'articolo 68 si riferisce
ai membri del Parlamento, e quindi non si applica comunque. Anche se votiamo
l'emendamento così come è stato formulato, il primo comma dell'articolo 68 non
si applica, perché l'emendamento dice che tali soggetti non sono membri del
Parlamento e visto che l'articolo 68 si riferisce ai membri del Parlamento,
essi ne sono automaticamente esclusi.
PRESIDENTE. Secondo me, il richiamo al primo comma dell'articolo 68
si riferisce alle guarentigie e non allo status. Questo è il mio
pensiero, che può essere condiviso o non condiviso: poi è l'Assemblea che
decide.
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
l'osservazione che vorrei fare è assai affine a quella del senatore Procacci.
Non sono sicuro di aver compreso bene, ma secondo me anche il senatore Vizzini
aveva sollevato tale argomento; visto che però lo ha fatto in un momento di
grande rumore, non sono certo di aver capito bene. (Segni di assenso del
senatore Vizzini). Vedo che il senatore Vizzini fa segno di sì, e dunque mi
conferma che avevo ben compreso.
Ritengo che questa osservazione abbia
una pertinenza, perché la formulazione mi sembra inverosimile. Che in un
articolo ridisegnato della Costituzione ci sia una frase in cui si dice che
alcuni personaggi non sono membri del Parlamento mi sembra faccia parte di una
sorta di commedia surreale. Perché in un articolo della Costituzione ci deve
essere scritto che i rappresentanti delle Regioni non sono membri del
Parlamento? Perché si è creato un pasticcio terribile e si devono far
partecipare i rappresentanti delle Regioni ai lavori del Senato, senza che siano
membri del Senato. Tolta l'impressione di irrealtà totale, se dobbiamo vivere
dentro questa irrealtà, secondo me - per pulizia - si dovrebbe scrivere che non
sono applicabili il primo, il secondo e il terzo comma dell'articolo 68.
Altrimenti, la norma non funziona e rimarrà sempre una aporia tra i componenti
del Parlamento e i non componenti del Parlamento.
PRESIDENTE. Farò parlare tutti coloro che lo desiderano, ma vi
prego di fare come il senatore Pardi e il senatore Procacci, che hanno espresso
il concetto in modo sintetico.
CALIENDO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALIENDO (PdL). Signor
Presidente, tenendo conto della sua ultima osservazione, non sono solo i membri
del Parlamento a non essere responsabili delle opinioni espresse, ma la stessa
dizione del primo comma dell'articolo 68 è utilizzata non solo per i componenti
del consiglio regionale, ma anche per i componenti del Consiglio superiore
della magistratura. Quindi non vedrei nulla di anormale ‑ se i proponenti
sono d'accordo ‑ a modificare la norma nel modo seguente: «I
rappresentanti delle Regioni nel Senato federale della Repubblica non sono
membri del Parlamento e non ricevono la relativa indennità. Essi non possono
essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse, secondo la formula
dell'articolo 68, primo comma».
FANTETTI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FANTETTI (PdL). Signor Presidente,
sulla questione della presenza dei senatori della circoscrizione Estero, in
attesa di ricevere un'interpretazione definitiva, sollecitata anche
dall'illustre collega, presidente D'Alia, vorrei significare a quest'Assemblea,
anche per conto del senatore Giordano, che per noi appare dirimente il fatto
che, nella suddivisione delle competenze tra le Camere, sia pur sempre
garantita - nella Camera che si riterrà più coerentemente esposta agli
interessi della rappresentanza degli italiani all'estero - una consistenza
numerica in linea con quella già in essere, o per lo meno in linea con quella
prevista nella bozza della Commissione affari costituzionali, che prevedeva una
riduzione più o meno proporzionale a quella prevista per l'intera Assemblea. Si
tratta dunque di un numero che rispetti una fascia compresa tra i 12 membri
previsti dalla Commissione affari costituzionali e i 18 attualmente presenti.
Sulla ripartizione delle funzioni delle
Camere, ci rimettiamo alla decisione delle Aule, ma è per noi inderogabile che
sia rispettata questa consistenza.
ORSI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORSI (PdL). Signor Presidente,
non sono molto appassionato al problema che è stato sollevato sul richiamo
all'articolo 68, ma una soluzione potrebbe essere quella di richiamarsi
all'articolo 122, quarto comma, che non riguarda i membri del Parlamento bensì
i consiglieri regionali ed impedisce che questi ultimi vengano chiamati a
rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati. In questo modo, forse dal
punto di vista della purezza lessicale si darebbe la garanzia
dell'insindacabilità senza richiamare un articolo riguardante i parlamentari,
ma richiamando un articolo che si occupa dei consiglieri regionali.
*BOSCETTO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signor
Presidente, colleghi, mi pare che stiamo chiarendo i problemi relativi
all'emendamento presentato dal senatore Calderoli. La posizione del Gruppo del
Popolo della Libertà sarà quella di esprimere un voto favorevole. Attraverso la
discussione che si è svolta e dopo aver ascoltato l'intervento del senatore
Fantetti, ritengo che la questione dei senatori all'estero verrà risolta in un
seguito del provvedimento e non in questa sede. Certamente non dimenticheremo
la rappresentanza estera, anche se potrebbe diventare una rappresentanza
applicata per intero alla Camera e non per i quattro membri indicati per il
Senato. La questione però - lo ripeto - dovrà essere valutata in futuro.
Per quanto riguarda le precisazioni
relative ai membri del Parlamento che residuano rispetto al nuovo testo,
probabilmente poteva essere sufficiente il testo secondo il quale i
rappresentanti delle Regioni nel Senato federale della Repubblica non sono
membri del Parlamento. Questo ci avrebbe evitato anche la specificazione
contenuta nell'emendamento del senatore Benedetti Valentini. Tuttavia, quod
abundat non vitiat; quindi non guasta aggiungere espressamente che non si
tratta di membri del Parlamento e che a loro non si applicano le varie norme di
guarentigia previste per i parlamentari.
La norma, per come è formulata, è
chiara. Si prevede la possibilità di partecipazione ai lavori del Senato di un
rappresentante per ogni Regione, il quale rimane tale, non diventa
parlamentare, e può esprimersi soltanto su alcune materie di competenza
latamente regionale, di legislazione concorrente e su situazioni di incidenza
sugli enti territoriali. Quindi si chiarisce, forse si migliora, la competenza
del Senato.
Noi avevamo avuto il pregio di avere
riportato al Senato la fiducia senza lasciarla soltanto alla Camera, e di
riportare fra Camera e Senato la doppia conforme, quindi di non andare a
concludere senza che si siano pronunciate nello stesso modo le due Camere.
Aggiungiamo ora la rappresentanza
regionale e probabilmente attribuiamo al Senato ulteriori competenze, molto
indicate per questa Camera.
DIVINA (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LNP). Signor Presidente,
più si parla, più si torna al punto di partenza. Come Lega ci sembrava
sufficientemente esplicito stabilire che questi rappresentanti non sono membri
del Parlamento e, facendo un passo in più, abbiamo anche stabilito che, in
quanto tali, non ricevono la relativa indennità. I colleghi Benedetti Valentini
ed altri ci hanno proposto di specificare meglio gli articoli da applicare, e a
questo punto è sorto il problema che, se si applica l'articolo 68, primo comma,
della Costituzione, e non gli altri, poiché la formulazione letterale del primo
comma recita: «I membri del Parlamento (...)», l'affermazione è incongruente
con quanto abbiamo appena detto, ovvero che non lo sono. Dovremmo ulteriormente
specificare che a questi soggetti rappresentanti si estende l'articolo 68 primo
comma della Costituzione. Finiremmo però per dover continuare a specificare
ulteriormente.
Chiedo pertanto ai colleghi se non sia
il caso di tornare alla lettura originaria, che ci sembra chiara ed esaustiva.
PRESIDENTE. Colleghi, tra cinque minuti inizierò con le votazioni e
non darò la parola più a nessuno nell'ambito di questa discussione. Sto
garantendo il dibattito dando la parola a tutti, ma tra cinque minuti si vota.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signor Presidente, per me il testo al quale eravamo pervenuti è chiarissimo
perché l'interpretazione è univoca: si applica a un elenco di casi e l'unico
che non viene menzionato è quello a cui non si applica. Tuttavia, ove non
fossero strumentali le obiezioni avanzate, nessuno vieta che si dica che ad
essi si applica l'articolo 68, primo comma, della Costituzione, ma non si
applicano gli articoli 65, 66, 67 e così via. È una soluzione possibile se le
obiezioni sono mosse da una preoccupazione di carattere interpretativo,
altrimenti sono strumentali. Il merito è salvo.
PRESIDENTE. A mio avviso, vale l'affermazione principale che non
sono membri del Parlamento. Il richiamo agli articoli è per le guarentigie, per
i principi, non certo per lo status, che non può essere smentito un
attimo dopo che si è affermato in via principale e non incidentale che non sono
membri del Parlamento. Ci stiamo avvitando su un dibattito inutile.
MARITATI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARITATI (PD). Signor
Presidente, molto brevemente. Credo che, sulla base delle considerazioni
richiamate dal senatore Procacci, tutt'altro che superficiali, l'emendamento
debba essere reso accessibile ad una lettura plana, tipica della nostra
Costituzione. Se si afferma che non sono membri del Parlamento, l'unico
richiamo necessario è quello positivo, vale a dire che tuttavia si applica la
guarentigia relativa al primo comma dell'articolo 68 della Costituzione.
Tutto il resto è superfluo, rende più
difficile la lettura e indurrà ad interpretazioni potenzialmente equivoche.
Chiedo pertanto che l'emendamento si
modifichi in questo senso. Non c'è uno scontro di fondo, ma la ricerca di una
scrittura più piana e comprensibile. In sostanza, propongo di scrivere ad essi
si applica il primo comma dell'articolo 68, facendo solo un richiamo in
positivo.
PRESIDENTE. Colleghi, scusatemi, ma qui non c'è solo il problema
dell'applicazione del primo comma dell'articolo 68 della Costituzione, ma anche
quello dell'indicazione degli articoli della Costituzione che non si applicano
ai rappresentanti delle Regioni. Ci stiamo avvitando solo sul primo comma
dell'articolo 68, ma il problema è complessivo, e riguarda, ripeto, tutti gli
altri articoli. Pertanto, o si torna alla prima formulazione oppure continuiamo
ad incartarci su un problema dal quale non usciamo.
MICHELONI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELONI (PD). Signor
Presidente, intervengo per sollecitare una risposta alla domanda sollevata dal
senatore D'Alia. Infatti, se si voleva aprire un dibattito sulla presenza della
circoscrizione Estero nell'una o nell'altra Camera, la proposta era legittima.
Altrettanto legittimo è pensare che avrebbe avuto più senso la presenza, in un
Senato federale, di rappresentanti delle comunità all'estero come un territorio
a sé che partecipa ad un dibattito sui territori. Dunque, farlo in questo modo
mi sembra assolutamente inaccettabile. Pertanto, per favore, prima di passare
al voto, vorrei una risposta alla domanda che ha posto il presidente D'Alia,
anche perché, come ho detto quando abbiamo parlato della Camera, lavorare sulla
riforma della Costituzione in questo modo a me fa venire i brividi. (Applausi
del senatore Sangalli).
PRESIDENTE. Se vogliamo chiudere il problema, visto che ci siamo
concentrati sul tema della guarentigia dell'articolo 68, primo comma, potremmo
riprendere l'emendamento 2.550 (testo 2)/101, che afferma: «I rappresentanti
delle Regioni nel Senato Federale della Repubblica non sono membri del
Parlamento e non ricevono la relativa indennità» ed aggiungere «e tuttavia ad
essi si applica il primo comma dell'articolo 68», secondo la proposta Maritati.
Abbiamo così risolto il problema e chiarito un concetto perché il dibattito si
è concentrato sulla guarentigia del primo comma dell'articolo 68. C'è
condivisione su questa formulazione?
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
se deve valere il testo del primo comma dell'articolo 68, a maggior ragione si
risolverebbe la cosa facendo valere il quarto comma dell'articolo 122 della
Costituzione, che afferma : «I consiglieri regionali non possono essere
chiamati a rispondere delle opinioni espresse (...)». Non può infatti valere il
primo comma dell'articolo 68 perché non sono membri del Parlamento, mentre
invece sono consiglieri regionali. Se proprio uno vuole pescare la
formulazione, dovrebbe fare richiamo al quarto comma dell'articolo 122. (Applausi
dei senatori Carlino e Peterlini).
PRESIDENTE. Per una questione di chiarezza, potremmo richiamare sia
il primo comma dell'articolo 68 che il quarto comma dell'articolo 122.
BRICOLO (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRICOLO (LNP). Signor
Presidente, visto che l'emendamento 2.550 (testo 2)/101 è stato presentato dal
mio Gruppo, credo che sia sufficiente la proposta Maritati, che va sicuramente
nella giusta direzione perché questi rappresentanti sono già consiglieri
regionali.
PRESIDENTE. Se è condivisa, va bene allora la proposta Maritati.
L'emendamento 2.550 (testo 2)/101 s'intende dunque modificato secondo la
proposta Maritati, che mi sembra la più pertinente anche rispetto all'esito e
agli argomenti del dibattito.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 2.200.
PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signor Presidente,
non ho sentito se ci sono limitazioni di tempo, come invece è accaduto la
settimana scorsa.
PRESIDENTE. Secondo l'andamento del
dibattito. Entro le ore 20 devo chiudere le votazioni sull'articolo 2 e poi mi
organizzerò. Le do cinque minuti.
PERDUCA (PD). Grazie, signor
Presidente.
Questo è il motivo principale per cui
si dovrebbe avere un dibattito, perché, come è accaduto per quanto riguardava
l'articolo 1, dove si parlava della riduzione del numero dei membri della
Camera dei deputati, con l'articolo 2 si andrebbe invece a ridurre il numero
dei senatori, utilizzando ancora una volta delle percentuali arbitrarie che non
sono il frutto di un approfondimento che lega la diminuzione del numero dei
membri del Senato al ruolo diverso che dovrebbe avere il Senato. Se dovessimo
infatti avere un Senato federale, di rappresentanza di territorialità, non più
in un contesto di bicameralismo perfetto, la mera riduzione in percentuale del
numero dei membri di quella Camera non necessariamente risponde al requisito
che dovrebbe essere al centro della ridiscussione radicale del ruolo e delle
funzioni di quella Camera.
Tra l'altro, (e più avanti magari ne
parleremo), noi abbiamo proposto, sulla base dell'esempio degli Stati Uniti
d'America, come bilanciamento a una possibile federalizzazione del nostro
Stato, una diminuzione ancor più drastica dei membri del Senato, redistribuendo
però i seggi in base a un criterio di pariteticità fra le Regioni. Noi
proponiamo di fare come avviene nel Senato degli Stati Uniti in cui, pur
essendo rappresentate oltre 330 milioni di persone (oltre cinque volte la
nostra popolazione), ognuno dei 50 Stati è rappresentato da due senatori (i
senatori sono 100), e dunque che ogni Regione italiana venga rappresentata da
cinque senatori. Se la Lombardia, il Molise e la Sicilia venissero
rappresentati tutti allo stesso modo potremmo contare 100 senatori, 215 in meno
di quelli attuali e molti meno oltre 150, rispetto alla proposta licenziata
dalla Commissione.
Tutto questo sarebbe stato possibile se
all'interno del Paese, a seguito di una campagna elettorale per le elezioni del
2008, e all'interno delle nostre Aule parlamentari avessimo attribuito una
grande priorità alla riforma radicale della nostra Costituzione e non ci
fossimo fermati esclusivamente - lo ripeto ancora una volta - alla foglia di
fico della diminuzione del numero dei parlamentari. Se questo fosse avvenuto,
in effetti, oggi ci si potrebbe ritrovare in maniera molto più convinta sulla
necessità di diminuire il numero dei parlamentari. Invece oggi, proprio come è
avvenuto la settimana scorsa con il numero dei deputati, a proposito dei
senatori si parla esclusivamente di un taglio del 20 per cento delle presenze
senza, ancora una volta, fare un ragionamento che affronti il cuore della
necessità di modificare la Costituzione.
Anche in questo caso, ancora una volta,
l'unico argomento proposto è quello dell'efficienza delle Camere, neanche
dell'efficacia, anche se siamo qui da un'ora e mezza a dibattere su un
subemendamento che sicuramente affronta alcune questioni, come quella delle
«immunità», ma che ci ha portato via molto tempo per arrivare alla definizione
di qualcosa che ancora non abbiamo capito cosa comporterà.
Perché riteniamo che debba rimanere - e
lo ritenevamo anche per la Camera dei deputati - il numero attuale di senatori?
Perché semmai fosse necessaria una riforma della rappresentanza all'interno
delle due Camere, questa dovrebbe tener conto della necessità di rappresentare
il territorio, come dicevamo la scorsa volta; e i territori possono essere
rappresentati o in maniera proporzionale, come accade oggi per il Senato,
ritornando all'idea del collegio e non più della circoscrizione, cioè dando la
possibilità a un territorio determinato di essere rappresentato in tutti i suoi
aspetti (politici, civili e naturali), o, facendo l'altro ragionamento,
assicurando una rappresentanza territoriale equa per tutte le Regioni
rappresentate con un numero fisso. Invece qui siamo di fronte, ancora una
volta, a uno sconto del 20 per cento.
Perciò, contro tutto questo abbiamo
presentato un emendamento che vuole cancellare l'articolo 2. (Applausi della
senatrice Poretti).
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, mi rifaccio a quello che poco fa lei ha detto al senatore
Perduca, perché sinceramente non me lo aspettavo da lei.
Io credo nella sua assoluta buona fede
e nella sua imparzialità, che ho sempre sperimentato, ma ritengo che in un
momento come questo in cui stiamo discutendo di una riforma della Costituzione
(un problema che ci riguarda tutti singolarmente come parlamentari e come
cittadini, oltre che come Gruppi politici), non debba esserci il
contingentamento dei tempi. Credo invece che bisognerebbe dare a tutti
l'opportunità di intervenire su una questione che è al di sopra di qualunque
altra. In un momento come quello attuale credo di dire qualcosa di molto
sensato, dato il pericolo che corre la nostra comunità democratica.
Inoltre, signor Presidente, lei ha
autorizzato in quest'Aula la presentazione di cinque emendamenti ed il Senato
ha recepito la sua volontà. Mi auguro che la sua attenzione, sempre vigile e
sensibile, continui ad essere quella che io ho sempre conosciuto e che lei voglia
rivedere quanto ha detto poco fa, perché credo che restringere i tempi di un
dibattito così importante, limitandolo a questioni che possono anche essere di
mercanteggiamento (come si può vedere con molta trasparenza), sia molto
pericoloso.
Mi affido a lei, e voglio sperare di
essere compresa nel significato giusto che sto dando alle mie parole, con
equilibrio e, spero, anche con saggezza. (Applausi dal Gruppo
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, tutti gli istituti che si occupano di indagini demoscopiche
e che esaminano come si muove il consenso della nostra Nazione e come i
cittadini si orientano nel voto alle varie formazioni politiche oggi mostrano
che, in fondo, non c'è una rispondenza, in particolare tra le forze politiche
rappresentate nelle istituzioni. Anzi, molte dei cittadini si rivolgono a forze
politiche che stanno al di fuori del Parlamento.
Credo che basta questo tipo di
argomentazione per dimostrare come sia sbagliato ridurre gli spazi di
rappresentanza democratica. È profondamente sbagliato tentare di ridurre il
numero dei parlamentari, ed anche per questo io voterò a favore
dell'emendamento 2.200 presentato dai colleghi senatori Perduca, Poretti e
Bonino.
PORETTI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PORETTI (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 2.200.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice
Poretti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 2.200, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 2.300.
BUGNANO (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BUGNANO (IdV). Signor
Presidente, onorevoli colleghi, con questo emendamento noi chiediamo di
introdurre, sostanzialmente, una Camera che non mi piace però chiamare Senato
federale ma Camera delle rappresentanze territoriali.
Prevediamo una elezione di secondo
livello, quindi nell'ambito dei Consigli regionali.
Questo, sostanzialmente, porterebbe ad
una elezione di 150 rappresentanti delle Regioni e, quindi, anche ad un numero
che, a nostro parere, efficienterebbe i lavori dell'Aula e, ovviamente,
comporterebbe anche riduzioni notevoli di costi.
Un altro punto che mi piace
sottolineare di questo nostro emendamento è che si pone un'attenzione
particolare, nell'elezione di questi rappresentanti delle Regioni, alla
rappresentanza di genere e alle minoranze.
Spero perciò che l'Aula voglia votare a
favore di questo emendamento.
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 2.300.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore
Belisario, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 2.300, presentato dalla senatrice Bugnano e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 2.201.
CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI (LNP). Signor
Presidente, noi riteniamo che questo emendamento valga una qualche parola di
spiegazione. Molti di noi si riferiscono sempre alla Germania come esempio di
efficienza, come esempio di buon governo e come esempio di buona economia: e
non soltanto noi, ma anche i mercati. C'è il tormentone, che ormai ci segue da
oltre un anno, dello spread; e la Germania è il nostro punto di
riferimento.
Noi riteniamo che i tedeschi siano tali
e i latini siano altro per tutta una cultura che li permea e, sicuramente,
anche per la cultura politica. Noi riteniamo che il fatto che loro abbiano un
Parlamento che viene dal basso, con la partecipazione dal basso, serva a
permeare una cultura che permea anche le loro aziende. La cogestione è un dato
fondamentale delle aziende germaniche, che le fa funzionare bene, ed è un
modello che noi non riusciamo a portare avanti nel Paese.
Noi abbiamo creato un federalismo
diabolico dove c'è localmente l'autonomia della spesa e poi la centralità dei
pagamenti, con i risultati che tutti abbiamo visto.
Da dieci anni la Lega si batte
nell'ambito delle istituzioni per cambiare questo stato di cose, senza
riuscirci per vari motivi. Ma io ritengo che il motivo fondamentale sia il
fatto che le forze conservatrici del Paese, rappresentate fortissimamente anche
in quest'Aula, impediscono il cambiamento.
Sappiamo che l'emendamento 2.201 non
raccoglierà il favore di tutta la maggioranza, ma ci riteniamo in dovere di
portarlo comunque avanti, perché lo reputiamo un modello fondamentale di buon
governo. (Applausi dal Gruppo LNP).
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, come autonomisti siamo a favore dell'emendamento 2.201.
Come ho già detto nel corso della
discussione generale e nell'illustrazione del mio stesso emendamento, quello
svizzero è il modello migliore, più semplice e anche di maggiore
rappresentatività. È giusto considerare che la Germania e l'Austria hanno
questa esperienza, ma teniamo presente che la stanno superando, in quanto
l'elezione indiretta dà meno forza e rappresentatività ai rappresentanti.
Sarebbe comunque una soluzione con la quale ci avviciniamo all'Europa centrale
e modernizziamo questo Stato.
Per tale motivo, esprimeremo il nostro
voto favorevole.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, sono contrario a questo emendamento, e vi offro la
spiegazione in proposito attraverso un semplice ragionamento.
Il problema che abbiamo in Italia è
strutturale. Intanto, ha ragione il senatore Castelli quando rileva la
discrasia esistente fra i centri di spesa, che sono in numero enorme, e la
centralità dei pagamenti. Mentre l'Europa impone addirittura vincoli di
bilancio, le Regioni al di sotto dello Stato continuano a spendere come
vogliono.
Esiste comunque un problema strutturale
di fondo. Fin quando la rappresentanza viene lasciata alle Regioni così come
sono sulla base delle popolazioni, finisce che il numero dei rappresentanti
regionali rappresenta di fatto la Regione, e non più complessivamente la
Nazione.
Proprio per questo motivo, si parte già
con una disparità enorme fra Regioni piccole e Regioni grandi e non si vuole
mai operare una vera riforma delle Regioni e metterle veramente in condizioni
tali da essere tra loro competitive. Si mantiene questo status quo che,
di fatto, crea una geografia politica in Italia che sarà impossibile
modificare, come d'altronde hanno dimostrato gli ultimi cinquant'anni. (Applausi
dal Gruppo per il Terzo Polo:ApI-FLI e del senatore D'Ubaldo).
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
l'emendamento 2.201 presenta qualche punto di contatto con il precedente a
prima firma della senatrice Bugnano. Il nostro Gruppo tende a considerarlo con
un punto di vista più positivo rispetto a quello sull'emendamento 2.550, sul quale
al contrario le nostre perplessità sono fortissime e insormontabili.
L'emendamento in esame ha anche il
pregio di proporre una riduzione del numero dei senatori maggiore di quella
contenuta nell'altro emendamento, per cui su di esso il nostro Gruppo esprimerà
voto favorevole.
MURA (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MURA (LNP). Chiedo la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Mura,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 2.201, presentato dai senatori Calderoli e Divina.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 2.202.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
sull'emendamento 2.202 dei senatori Bonino, Perduca e Poretti il nostro Gruppo
annunzia voto favorevole.
Il testo è molto diverso da quello dei
nostri emendamenti, ma nella prassi emendativa si fanno i conti con le
modifiche plastiche prodotte dalla discussione, e in questo emendamento
apprezziamo la radicalità della decisione e la chiarezza estrema. È un'ipotesi
di modifica del Senato che per lo meno ha il pregio di essere molto chiara e
determinata.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.202, presentato dalla
senatrice Bonino e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 2.203.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, con questo emendamento propongo l'elezione del Senato
federale della Repubblica a suffragio diretto, su base regionale, con una
significativa riduzione del numero dei senatori, per cui il Senato risulterebbe
composto da 150 senatori che sarebbero eletti in ciascuna Regione
contestualmente all'elezione dei Consigli regionali.
Prevedo poi la partecipazione
all'attività del Senato federale della Repubblica di rappresentanti delle
Regioni e delle autonomie locali, ma senza diritto di voto.
Questa, in estrema sintesi, è la natura
dell'emendamento.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.203, presentato dal
senatore Fistarol.
Non è approvato.
Passiamo ora alla votazione
dell'emendamento 2.550 (testo 2)/100. Trattandosi di un subemendamento che
conclude con una previsione («Conseguentemente, sostituire l'articolo 3 con il
seguente: (...)»), che sarebbe immediatamente efficace, mentre l'approvazione
del subemendamento è sempre subordinata all'emendamento principale, se il
proponente è d'accordo, per una questione di logica procedurale, per fare le
cose bene (stiamo parlando di testi costituzionali), metterei in votazione la
prima parte dell'emendamento 2.550 (testo 2)/100 sino alle parole «previsti
dalla legge dello Stato», e, se questa sarà approvata, all'esito
dell'emendamento principale voteremo la restante parte.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Sono d'accordo, signor Presidente, e chiedo la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Peterlini, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, la prima
parte dell'emendamento 2.550 (testo 2)/100, presentato dal senatore Peterlini e
da altri senatori, sino alle parole «previsti dalla legge dello Stato».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Risulta pertanto preclusa
la restante parte dell'emendamento 2.550 (testo 2)/100.
Senatore Pastore, lei trova così
dirompente l'esigenza di votazione anticipata del suo emendamento 2.550 (testo
2)/102 (testo corretto)? Glielo chiedo perché temo che ciò crei una situazione
di poca chiarezza per l'intera Aula. Solo ai fini della trasparenza e della
consapevolezza di cosa vota l'Aula, la pregherei di...
PASTORE (PdL). Signor Presidente, credo sia un voto di
una certa rilevanza, e comunque non vorrei che fosse precluso dal voto del
subemendamento dei colleghi Calderoli e Divina. Peraltro, i presentatori del
subemendamento, come dichiarato dal collega Divina, sono favorevoli, quindi
sinceramente mi sembrerebbe paradossale che...
PRESIDENTE. Per la verità vorrei che si votasse il subemendamento
Calderoli, che è strutturale, in una sua autonomia di contesto di dibattito,
mentre l'anticipazione di una modifica del subemendamento Calderoli, che ancora
deve essere votato, temo ingeneri confusione nell'intera Aula. Lo faccio per
trasparenza, perché il mio dovere in questo dibattito è di garantire a tutti di
sapere cosa si sta votando. (Applausi dal Gruppo PdL).
PASTORE (PdL). Purché, signor Presidente, ci sia la
possibilità, se si approva il subemendamento 2.550 (testo 2)/101, di votare
anche il subemendamento 2.550 (testo 2)/102 (testo corretto), perché non è
secondario, in quanto a questa formula è ricollegata una possibilità di
intervento sul valore del voto dei 40 consiglieri che altrimenti sarebbe
precluso dalla mancanza di un riferimento costituzionale. A meno che i
presentatori del subemendamento non lo riformulino, inserendo queste due
paroline.
PRESIDENTE. Senatore Divina, faccio una proposta, per una questione
di coerenza. Se lei potesse riformulare - è un suggerimento della Presidenza -
il suo subemendamento, nel senso di accogliere la proposta del collega Pastore,
noi faremmo un'unica votazione. Almeno l'Aula saprebbe cosa si vota.
DIVINA (LNP). Ho capito la perplessità, nel senso che,
essendo il 2.550 (testo 2)/102 (testo corretto) un subemendamento al testo
2.550 (testo 2), mutandolo con il 2.550 (testo 2)/101 (testo 2), risulterebbe
precluso.
PRESIDENTE. L'obiezione del collega
Pastore non è priva di pertinenza.
DIVINA (LNP). Non è priva di
pertinenza, signor Presidente, però l'effetto che produrrebbe sul 2.550 (testo
2) vorremmo si producesse anche sul nostro subemendamento 2.550 (testo 2)/101
(testo 2), per cui si tratterebbe di riposizionarlo su quel che andremo a
votare immediatamente dopo. Per noi va bene, perché le modalità previste...
PRESIDENTE. La mia proposta però andava
in un altro senso, senatore Divina. Le chiedevo cioè di riformulare il suo
subemendamento inserendo la proposta Pastore...
DIVINA (LNP). L'effetto è lo
stesso. Va benissimo.
PRESIDENTE. Così abbiamo un minimo di razionalità
e di sistema. È d'accordo?
DIVINA (LNP). Perfetto.
PRESIDENTE. Colleghi, per chiarezza, stiamo esaminando
l'emendamento 2.550 (testo 2)/102 (testo corretto), illustrato dal
presentatore, senatore Pastore, che aveva chiesto, per paura che potesse essere
precluso dall'emendamento 2.250 (testo 2)/101 (testo 2), che fosse votato
prima.
Poiché si tratta di una questione di
dettaglio, per evitare che l'Assemblea possa trovarsi a non comprendere bene
ciò che si vota, sto lavorando per fare in modo che si faccia una sola
votazione strutturale. Se il senatore Divina accoglie la mia proposta di
riformulare il suo emendamento nel senso che fa propria la proposta Pastore,
voteremo l'emendamento Calderoli-Divina, riformulato nel senso che recepisce la
proposta Pastore. È d'accordo?
DIVINA (LNP). Sì, signor
Presidente.
PRESIDENTE. Passiamo pertanto alla
votazione dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3), che tiene conto della
proposta Pastore.
FINOCCHIARO (PD). Non abbiamo
capito niente.
PROCACCI (PD). Non si capisce
cosa votiamo.
PRESIDENTE. Colleghi, l'emendamento
2.250 (testo 2)/101 (testo 3) tiene conto della riformulazione proposta dal
senatore Maritati, che avevamo condiviso tutti, e recepisce il contenuto
dell'emendamento del senatore Pastore.
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signor
Presidente, a furia di saltare da un fossato all'altro, non riusciamo ad avere
un articolato chiaro.
PRESIDENTE. Ha ragione, senatore Belisario, la sua osservazione è
giusta e la faccio mia.
Sospendiamo la seduta per cinque minuti
e distribuiremo il nuovo testo.
(La seduta, sospesa alle ore 18,23, è
ripresa alle ore 18,30).
Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo ora alla votazione
dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3).
VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo su questo
emendamento, e ovviamente la mia dichiarazione vale per gli emendamenti a
seguire, presentati dai senatori Calderoli e Divina.
Volevo anzitutto fare un ragionamento
un po' più ampio, per arrivare poi ad affrontare alcuni difetti che a mio
avviso caratterizzano questo emendamento. Sappiamo ormai che questo testo non
otterrà mai la maggioranza dei due terzi dei componenti delle Camere, e dunque
sappiamo anche che, se dovesse passare questo emendamento, la riforma sarebbe
sottoposta a referendum. Se ciò dovesse avvenire, sappiamo anche con
certezza, considerando che questo testo presuppone leggi ulteriori di
attuazione, che per sei anni, cioè dunque per l'intera prossima legislatura,
nulla sarà cambiato: ci sarà ancora il bicameralismo perfetto, non ci sarà la
riduzione dei parlamentari e non ci sarà nemmeno il Senato cosiddetto federale.
Fra l'altro, mi chiedo anche se si
possa legiferare su un tema così delicato e così importante in modo così
pasticciato.
INCOSTANTE (PD). Bravo!
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Siamo in Aula e non c'è un testo base, che stiamo cercando
di individuare in modo molto confuso (Applausi del senatore Astore), con
proposte che, fra l'altro, i firmatari hanno presentato al Senato in modo
contraddittorio.
Se allora partiamo da questi
presupposti, il nostro voto dovrebbe essere senz'altro negativo. Avremo di
fronte tutta la prossima legislatura per fare qualcosa di più adeguato sul tema
specifico del Senato federale, salvando però quelle riforme su cui in
Commissione eravamo tutti d'accordo e che contengono innanzitutto la riduzione
dei parlamentari.
Venendo al testo dell'emendamento qui
in discussione, credo che gli errori e le inadeguatezze siano tali da renderlo
assolutamente invotabile. Innanzitutto, è evidente che ci sono due basi diverse
di elezione, di scelta, due corpi elettorali differenti; già questo è del tutto
anomalo. È stato già segnalato che per quanto riguarda la Camera dei deputati
si creerebbe una contraddizione difficilmente sanabile - se non con interventi
successivi che complicherebbero ulteriormente la situazione - relativamente
alla presenza dei parlamentari eletti all'estero.
C'è poi il problema della fiducia: non
è una cosa irrilevante se questi rappresentanti danno o meno la fiducia. Se
potessero votare la fiducia, ci troveremmo di fronte a una situazione
paradossale. Questi senatori, anzi, questi componenti del Senato federale di
provenienza regionale, potrebbero votare la fiducia, non avendo avuto alcun
mandato elettorale per esprimere la fiducia nei confronti del Governo. Se
invece dovesse avvenire il contrario e se non fossero legittimati a dare la
fiducia, ci troveremmo di fronte a una situazione di palese irrilevanza di tali
componenti. Nell'ipotesi in cui il Governo avesse a cuore un certo
provvedimento, metterebbe la fiducia e li farebbe automaticamente fuori. Quindi,
nella gran parte dei casi, probabilmente sarebbero del tutto irrilevanti.
D'altro canto avremmo 20 o 40, 21 o 41
rappresentanti delle Regioni di fronte a 250 senatori. Amici senatori della
Lega, capite chiaramente che questi rappresentanti sono del tutto irrilevanti e
anzi rischierebbero di creare una contrapposizione molto pericolosa tra coloro
che hanno ricevuto un mandato nazionale e coloro che hanno ricevuto un mandato
regionale. Infine, e probabilmente questa è la pecca più grave, essi intervengono
con diritto di voto sulla legislazione concorrente, ovvero di interesse degli
enti territoriali. Ma che cos'è l'interesse degli enti territoriali? Capite che
ogni volta si aprirebbe una discussione pazzesca e si paralizzerebbe l'attività
del Senato, per capire che cosa è e che cosa non è interesse regionale.
Infine, per quel che riguarda il
riferimento alla legislazione concorrente, intervenendo in discussione generale
dissi che uno dei temi più delicati era proprio la riforma dell'articolo 117,
terzo comma, della Costituzione, perché sono quadruplicati i ricorsi davanti
alla Corte costituzionale, dal momento che non si capisce cosa sia di
competenza delle Regioni, cosa sia di competenza concorrente e cosa sia di
competenza esclusiva dello Stato.
Dunque, anziché chiarire a priori
l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, come sarebbe stato necessario
per fare una buona riforma del Senato federale, presupponiamo la situazione
esistente. Faccio un esempio molto concreto: in materia di istruzione, le norme
generali sono di competenza esclusiva dello Stato, ma di chi è la competenza
sull'istruzione professionale? Per il Governo Berlusconi, nella XIV
legislatura, tale materia era di competenza esclusiva delle Regioni; per il
Governo Prodi, nella XV legislatura, era invece di competenza dello Stato; oggi
non sappiamo se sia di competenza dell'uno o dell'altro. Dunque, ci troveremmo
di fronte a una paralisi della legislazione.
Chiedo allora a voi, colleghi
parlamentari, se siamo veramente sicuri di voler gettare a mare una buona
riforma come quella approvata con ampio consenso in Commissione, per avere in
mano un nulla di fatto, per non fare alcuna riforma, per non approvare neanche
quella diminuzione del numero dei parlamentari che invece i cittadini italiani
ci richiedono. Non vorrei che le parole del senatore Saro, intervenuto la
scorsa settimana in Aula, fossero in qualche modo profetiche, quando diceva che
una cosa è migliorare tutti insieme questo testo, con il consenso generale
delle forze politiche, e un'altra è migliorarlo con un cambiamento degli
equilibri politici che hanno fatto approvare quel testo.
Non ci sarà nessuna modifica
costituzionale, ma il rischio è una destabilizzazione del quadro politico,
anche con una messa in crisi o un indebolimento di quella composita maggioranza
che regge l'attuale Governo. Non lo dicevo io, non lo diceva un membro del
Partito Democratico o dell'UDC, ma lo diceva un membro del PdL. Riflettete cari
amici, provate a riflettere seriamente prima di votare questo emendamento: non
buttiamo a mare una riforma seria per sfasciare il nostro quadro politico. (Applausi
dai Gruppi Per il Terzo Polo:ApI-FLI, PD e
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signor
Presidente, visto che parlerò in un clima di particolare confusione, vorrei che
mi confermasse se stiamo parlando sempre dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101
(testo 3), a firma Calderoli, Divina, Maritati e Pastore.
PRESIDENTE. Sì, ma l'emendamento non è
a firma del senatore Maritati e del senatore Pastore. Il senatore Maritati ha
fatto una proposta e ha portato un contributo anche proficuo, perché bisogna
dare a Cesare quel che è di Cesare.
BELISARIO (IdV). Non volevo
coinvolgere il collega Maritati nella genesi di questo emendamento, ma egli ha
di fatto cercato di migliorarne il testo.
PRESIDENTE. La Presidenza lo ha molto
apprezzato, perché il contributo è stato dato in termini giuridici.
BELISARIO (IdV). L'ho chiesto
per capire di cosa si discuteva.
Signor Presidente, più volte nel corso
delle sedute che hanno interessato la rilettura della nostra Carta
costituzionale ho cercato di sottolineare come la corsa ad ostacoli, pur di
approvare qualcosa da dare in pasto all'opinione pubblica, non ci avrebbe
aiutato a predisporre un testo. L'emendamento che stiamo discutendo è una
rappresentazione chiara della difficoltà che avremo ad andare avanti. Ma
vogliamo a tutti i costi, o meglio una parte di quest'Aula vuole, ancora una
volta, provare muscolarmente a cambiare la Carta costituzionale, a farlo con
testi approssimativi e spesso confusi, certamente non condivisi.
La prego, signor Presidente, mi dia
ascolto, perché non si può procedere in questa maniera, esaminando un testo a
colpi di emendamenti. Il testo uscito dalla Commissione, sul quale pure
l'Italia dei Valori non era d'accordo, era un testo potevamo esaminare in
maniera approfondita in Aula. Adesso stiamo ogni momento modificando,
correggendo, manipolando, chiosando, provando a scrivere qualcosa. Non penso
che il Paese ci chieda questo, nel momento attuale.
Signor Presidente, glielo chiedo come
garante. Si vuole a tutti i costi approvare uno straccio di riforma?
Assumetevene la responsabilità, ma fatelo in modo tale che quanto meno i testi
non siano farraginosi, ininterpretabili, dei cattivi testi, scritti in una
lingua italiana ancora più approssimativa. Non giochiamo al Costituente. Essere
legislatori costituenti è una cosa seria. Quando poi ciò non è stato fatto con
un ampio consenso, si è arrivati a conflitti tra istituzioni ed abbiamo reso
difficile anche la vita agli italiani. Per questo, chiedo ancora una volta di
fermare quello che definisco - me lo consentano i colleghi - uno scempio della
nostra Carta costituzionale. Fermiamoci, fermatevi prima di sommare danno a
danno. (Applausi dal Gruppo IdV).
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, lei più volte, nel corso di questa seduta, e giustamente, in
ragione della confusione che ha governato tutto il pomeriggio i lavori sulla
riforma costituzionale, ha invitato a una chiarezza dei testi che orientasse il
voto e ha detto più volte che deve essere chiaro e trasparente ciò che
quest'Aula è chiamata a votare.
A me pare che a questo punto della
discussione possiamo dire, con ogni chiarezza e con ogni trasparenza, che ciò
che stiamo votando qui non è una riforma costituzionale, bensì un voto per
seppellire, neanche onorevolmente, le riforme costituzionali. Penso che ciascuno
di coloro i quali voteranno questo emendamento sapendo che ciò è il prezzo, che
si riscuote da una parte o si concede dall'altra, per il voto successivo
sull'emendamento sul semipresidenzialismo debba ritenersi pienamente e
compiutamente responsabile del fatto che qui muore la prospettiva di una
riforma costituzionale. (Applausi dal Gruppo PD).
E lo dico, signor Presidente, con una
maggiore amarezza perché l'argomento oggetto di questo emendamento è un tema
sul quale quest'Aula ha ragionato a lungo negli anni precedenti. Lo ha fatto
quando abbiamo dato vita al provvedimento sul federalismo fiscale, sul quale il
Gruppo del Partito Democratico peraltro si è speso molto in un'alleanza
motivata da un reale interesse e valore attribuito alle autonomie, alla loro
competenza, ai loro poteri e alle loro funzioni.
Stavolta invece il popolo guerriero
della Lega - perché di popolo guerriero si tratta per la pertinacia, la forza e
la determinazione con la quale, sempre, comunque e nonostante tutto ha
sostenuto le proprie opinioni e inseguito un progetto politico, condivisibile o
meno che sia - come Esaù, che ha ceduto la primogenitura per un piatto di
lenticchie, si accontenta di questo emendamento che - lasciatemelo dire - ha in
sé più il segno dell'oltraggio nei confronti delle autonomia e della confusione
e dello sfascio nei confronti delle istituzioni che il senso di una vittoria di
una battaglia così a lungo inseguita e di una promessa così tanto evocata ai
propri elettori.
Cominciamo con il fatto che si tratta
di un Senato federale composto da 250 senatori: un numero magico, necessario
affinché dalle fila del PdL si transiga su un numero congruo rispetto ad
aspettative assai più punitive e afflittive. A questo numero congruo di
senatori della Repubblica si aggiunge una pattuglia.
Vorrei innanzitutto sottolineare in
questa sede il fatto che ciò che stiamo votando è chiaro, limpido e
trasparente: ci sono i senatori della Repubblica e poi ci sono i partecipanti
al Senato della Repubblica. Una figura, quella dei partecipanti, del tutto
inedita nella storia costituzionale mondiale, che inauguriamo in quest'Aula. (Applausi
dal Gruppo PD e del senatore Serra). Partecipanti che, bisogna dire
immediatamente per placare il vento dell'antipolitica, non percepiscono
indennità parlamentare, il che, francamente, fa un po' ridere. Vorrei capire
cosa ne facciamo, se li alloggiamo, li ammettiamo nei locali di servizio del
Senato della Repubblica e se in qualche modo questa istituzione si prenderà
carico di questi profughi ramenghi, ospiti indesiderati e certamente di una
categoria assai più infima, inferiore rispetto a quella dei senatori.
Tuttavia - e mi rivolgo ai colleghi del
PdL - vorrei sottolinearvi un punto che forse vi è sfuggito. Questi
partecipanti avranno diritto di voto su tutte le materie di legislazione
concorrente, ovvero di interesse degli enti territoriali. Vi pare così di aver
acquietato la vostra ansia che questo innesto sia sufficientemente
ammortizzabile dalle maggioranze parlamentari e comunque sostenibile quanto alla
sua forza d'urto. Vi sbagliate, perché per competenza pretenderanno - e
giustamente - di avere, per esempio, parola in quest'Aula su una manovra
finanziaria che rechi tagli agli enti locali. Questi 21, o 22 partecipanti (ho
perso il conto) costituiranno una pattuglia in perenne ebollizione che, su
scelte decisive per un Governo, saranno decisivi per determinare le politiche.
Benissimo, diranno i senatori della
Lega. Peccato però che, essendo solo partecipanti, l'apposizione di un voto di
fiducia li spazzerà via in un soffio. Capite allora come questa combinazione
del tutto eterogenea - direi eretica rispetto alla scienza costituzionalista -
rischia di diventare un elemento di instabilità perenne dei lavori del Senato
nonché dei Governi. Questo è quello che state approvando. (Applausi dal
Gruppo PD).
Dico ancora di più. Qualche settimana
fa, proprio discutendo di questa riforma costituzionale, denunciai il fatto che
si andava a seppellire la riforma costituzionale in virtù del fatto che si
saldava un patto politico tra la Lega e il Popolo della Libertà, che vedeva due
trofei, da una parte quello del Senato Federale, anche se chiamare Senato
Federale questa "cosicchia" mi pare francamente esagerato e diciamo
allora una forma trangugiabile da parte dei colleghi del PdL e, dall'altra
parte, il semipresidenzialismo. Colleghi della Lega, lo scambio non è uguale.
Non è uguale. Ci guadagnano loro, e di tanto.
Fui accusata di malevole insinuazioni
da rappresentanti autorevolissimi del Popolo della Libertà. Mi ha reso
giustizia in maniera del tutto inaspettata esattamente il segretario Alfano
nell'assemblea dei Gruppi parlamentari, svoltasi alla fine della settimana
scorsa. In quell'occasione infatti, papale papale, il segretario del PdL ha
detto che stavano facendo uno scambio, un accordo politico con la Lega: Senato
Federale contro semipresidenzialismo.
Su questo scambio, che è esclusivamente
uno scambio politico che affossa le riforme e fa saltare un accordo onorevole,
saggio e responsabile intorno ad un testo di riforma costituzionale, e
sull'altare di questo accordo politico che affossa le riforme, voi oggi,
colleghi del PdL, voterete l'emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3) e
pensate e vi aspettate, perché è ragionevole farlo, di incassare il
semipresidenzialismo per poi attaccare manifesti sui muri italiani e avere una
bandierina da usare solo in campagna elettorale. Francamente mi pare un
atteggiamento di assoluta irresponsabilità e, perdonatemi, essendo stata parte
di quell'accordo, di assoluta inaffidabilità politica, valutata non rispetto al
mio Partito e al mio Gruppo parlamentare, ma rispetto agli interessi del Paese.
(Applausi dal Gruppo PD).
Da ultimo, almeno rileggete le cose che
scrivete; c'è del beffardo in quello che avete scritto anche nel comma 1 dell'emendamento:
«L'elezione del Senato Federale della Repubblica è disciplinata con legge dello
Stato, che garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei senatori». La
legge dello Stato garantisce cioè che i senatori eletti si faranno portatori della
rappresentanza territoriale: almeno scrivitelo in un italiano decente. Voteremo
no. (Prolungati applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Colleghi, abbiamo capito.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signor Presidente, nel corso di due precedenti interventi ho già avuto modo di
esprimere le ragioni che sostanziano il voto contrario mio e della maggioranza
dei senatori del Gruppo Misto, nonché della senatrice Sbarbati all'emendamento
2.550 (testo 2)/101 (testo 3), che prevede l'istituzione del Senato federale,
un emendamento presentato dopo la conclusione dei lavori della Commissione e
successivamente rinviato alla stessa che lo ha respinto.
Un emendamento improvvisato e confuso.
Le istituzioni sono una cosa seria, che non si decidono sui prati di Pontida,
ma necessitano di un serio e approfondito confronto in Parlamento; confronto
che in questo caso è totalmente mancato. Io ho grande simpatia e - se egli me
lo consente - amicizia per il senatore Calderoli; ho anche apprezzato alcune
delle iniziative da lui assunte come Ministro per la semplificazione e per le
riforme costituzionali. Ma, proprio in nome del rispetto che gli porto, debbo
dirgli che non ci si può improvvisare da un'ora all'altra Padre Costituente.
Sono andato a rileggermi in questi
giorni l'interessante pubblicazione del Senato relativa alla modifica degli
articoli della Costituzione che riguardavano il cosiddetto bicameralismo
paritario alla fine degli anni Ottanta, un testo steso allora da un
parlamentare con il quale non ho avuto né i rapporti di cordialità, né i
rapporti di confidenza che ho avuto col senatore Calderoli, ma che era un
grande maestro del diritto costituzionale (lo dico anche se su alcune cose in
quegli anni dissentivo da lui): il senatore Leopoldo Elia.
Quel testo aveva una sua logica, sia
pur limitata, e una sua coerenza: mirava a semplificare le lungaggini dei
procedimento legislativo.
Vorrei ricordare cosa scriveva in
proposito un suo illustre predecessore, signor Presidente, e mio antico amico e
maestro, il senatore Giovanni Spadolini: «Quello raggiunto è un punto d'equilibrio
(...). Si è dovuto, dopo un confronto approfondito ed aperto a tutti, operare
una scelta fra le varie ipotesi avanzate. Ma è questa l'essenza dello stesso
processo democratico: deliberare nella ricerca del più ampio consenso (...).
Accantonate quindi le ipotesi di un sistema rigidamente monocamerale, di Camere
differenziate nella loro struttura - Camera delle Regioni o Camera degli
interessi - di gerarchia di funzioni, si è preferita la soluzione del
cosiddetto bicameralismo processuale. Camera e Senato restano componenti uguali
di un Parlamento concepito - come nella volontà dei costituenti - in modo
unitario. Con identici poteri e con identica dignità eliminando però quelle
duplicazioni, quei ritardi procedurali, quelle ripetizioni ormai incomprensibili
ed ingiustificabili. Bicameralismo paritario e non più bicameralismo perfetto».
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Mi
consenta di procedere, signor Presidente.
Ebbene, sono gli stessi criteri che
ritroviamo nel testo licenziato dalla Commissione per quanto riguarda la
semplificazione delle procedure nell'approvazione delle leggi e nello
snellimento del processo normativo.
Certo, il testo approvato dalla
Commissione contiene una differenziazione ulteriore tra le competenze della
Camera e del Senato basata sulle disposizioni del riformato Titolo V della
Costituzione. Una differenziazione incentrata sulla legislazione concorrente di
cui ho già evidenziato tutti i limiti e le contraddizioni e a proposito della
quale ho presentato appositi emendamenti.
Ma se si dovesse giungere
all'istituzione del Senato federale con un voto a maggioranza di quest'Aula si
interromperebbe definitivamente il processo riformatore, con le annunciate
dimissioni del relatore e il necessario ritorno in Commissione dell'intero
testo... (Vivaci commenti dai banchi del Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Senatore Del Pennino, la
prego.
Lei sta un po' abusando della mia
cortesia. Sta parlando da cinque minuti.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Gli
emendamenti sul Senato federale presentati all'ultimo momento e già respinti
dalla Commissione non possono essere oggetto di mercato da parte del partito di
maggioranza relativa per ottenere il consenso sugli emendamenti sul
semipresidenzialismo che, al di là del merito, che posso condividere, sono
stati anch'essi presentati fuori tempo massimo.
Ci auguriamo che il PdL ... (Il
microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Un attimo, senatore Del
Pennino.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Ci
auguriamo che il PdL non voglia, in nome di questo scambio, consentire
l'approvazione dell'emendamento sul Senato federale. Se così non fosse e
l'emendamento dovesse passare col sostegno del PdL e di Coesione Nazionale, non
solo questo significherebbe l'affossamento di ogni ipotesi di riforma, imponendo
il ritorno in Commissione e il procrastinamento dei tempi in modo da rendere
impossibile ogni riforma nell'attuale legislatura, ma avrebbe anche un chiaro
significato politico. Testimonierebbe la volontà del PdL di ripristinare l'asse
preferenziale con la Lega, cosa che, dopo le ultime prese di posizione
antieuropee di questo partito, sarebbe per i repubblicani - e qui parlo solo a
nome mio e della senatrice Sbarbati - del tutto inaccettabile. (Vivaci
commenti).
Le forze liberaldemocratiche, in cui il
PRI si riconosce, e per il cui rilancio sta lavorando, possono trovare alleanze
solo in uno schieramento di moderati e di riformisti, laici e cattolici,
fortemente caratterizzato dall'impegno europeista ed esente da ogni deriva
populistica ed estremista. (Applausi dai Gruppi Misto, PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI
e IdV. Congratulazioni).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, dividerò questa mia breve dichiarazione di voto in due
parti, sperando di non farmi travolgere dalla risata nel corso dell'intervento.
La prima parte riguarda il merito
tecnico della proposta scritta a quattro mani (anzi, a quattro piedi) dalla
Lega e dal Popolo della Libertà. (Applausi dai Gruppi
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI, PD e IdV).
Tale proposta, sostanzialmente, dice
che, in Senato, noi abbiamo votato la riduzione del numero dei deputati la
scorsa settimana. La Camera dei deputati ha un vincolo e un rapporto
fiduciario, ed ha sei deputati eletti nella circoscrizione Estero.
Vorrei dire al collega Fantetti e a
tutti gli altri amici e colleghi eletti nella circoscrizione Estero che, una
volta che il Senato si pronuncia sul suo numero e sulla sua composizione, non
si può più tornare indietro. Quindi, scordatevi (e chi ve lo ha detto dovrebbe
strappare la laurea) che noi poi vi ritorniamo e che quei senatori che non
abbiamo messo là li mettiamo da un'altra parte.
È una cosa che può andare bene giocando
a «Monopoli», ma qui siamo nel Senato della Repubblica. Cerchiamo di essere
seri, se ci riusciamo! Si cancellano i colleghi con un colpo di penna. Voi
cancellate la rappresentanza dei senatori eletti all'estero e introducete una
categoria anomala di senatori eletti all'estero, cioè eletti nelle Regioni, i
quali, dopo la polemica sul numero dei senatori, avete ridotto maldestramente
(e sottolineo maldestramente).
Infatti, da 44, o 62, che erano (perché
avete fatto il conto che poi si tornava a 313, e quindi non cambiava nulla), li
avete ridotti a 21, uno per Regione, così violando il principio della
rappresentanza delle minoranze nei Consigli regionali.
È chiaro, infatti, che verranno eletti
dall'«estero interno», cioè dalle Regioni, solo un rappresentante per Consiglio
regionale, uno che è espressione di una parte maggioritaria, eletta con il
sistema elettorale che conosciamo.
Questi futuri colleghi dovrebbero
occuparsi di integrare il collegio che delibera sulle leggi, per le materie
della legislazione concorrente che attengono all'attività di indirizzo politico
(sostanzialmente, il 50 per cento dell'attività legislativa e parlamentare) e
dovrebbero poi intervenire e votare su tutte le materie di interesse
territoriale. Ora, io non credo che vi sia, statisticamente o dal punto di
vista della casistica, una materia su cui non vi sia un interesse territoriale.
Questi colleghi partecipano con diritto
di voto e secondo modalità che stabilisce il Regolamento del Senato. Quindi,
noi non stabiliamo tali modalità in Costituzione, signor Presidente, e io
faccio appello a lei su questo punto specifico, perché noi dobbiamo garantire
che il Parlamento, cioè il depositario della sovranità popolare, sia messo
nella condizione certa di deliberare, secondo la Costituzione e non secondo una
norma regolamentare che viene approvata da una maggioranza che può stabilire
chi vota, su che cosa e come vota.
Ma dove siamo? Vi rendete conto di ciò
che avete scritto in questa porcata? Sì, porcata, perché il copyright
dell'espressione ce l'ha il senatore Calderoli. (Applausi dai Gruppi
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI, PD e IdV).
Se così è, questi signori partecipano
eventualmente, però non sono parlamentari. Quindi, secondo la tesi giuridica
del collega Benedetti Valentini, essi hanno la stessa copertura dei consiglieri
regionali ma possono essere arrestati, giusto? Possono essere perquisiti:
giusto? E possono essere intercettati.
AMORUSO (PdL). Perché, noi no?
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Scusa, ora lo capisci anche tu quello che sto dicendo: ascoltami ché è
interessante. Succede però che votano per l'autorizzazione all'arresto, alla
perquisizione e alle intercettazioni nei confronti dei senatori, in una
condizione non di libertà e di autonomia, perché valutano anche...
AMORUSO (PdL). Anche tu!
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Non ti preoccupare. Poi te lo spiego.
PRESIDENTE. Senatore D'Alia, si rivolga
alla Presidenza.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Presidente, è meglio ha ragione, mi scusi, mi sono distratto.
A questi colleghi... (Commenti del
senatore Castelli). Datevi una calmata! Castelli, abbi pazienza.
Presidente, mi rivolgo a lei. Come
dicevo, a questi colleghi non si applica il divieto di mandato imperativo, per
cui vengono a votare secondo l'indicazione della maggioranza del Consiglio
regionale. Non si applicano le immunità relative all'autonomia della funzione
del parlamentare, nel senso che possono essere sottoposti alle iniziative
dell'autorità giudiziaria, anche a quelle più invasive, senza che vi sia
l'autorizzazione del Senato. Tuttavia, votano e partecipano: è quello che c'è
scritto (a qualcuno non l'avrà capito, ma è così: magari poi studieranno,
ripasseranno la Costituzione, non strapperanno la laurea e lo capiranno).
Quindi, votano per l'autorizzazione all'arresto, alla perquisizione, e via
dicendo, nei confronti degli altri parlamentari. Andiamo avanti. Castelli, sta
tranquillo, perché non ho ancora finito.
Dopo di che questi colleghi non
giudicano e non possono essere giudicati sui titoli di ammissione, secondo
l'articolo 66 della Costituzione.
Questi senatori eletti all'«estero», ossia
nelle Regioni, secondo la tesi sgrammaticata della Lega, che cosa fanno? In
merito alla loro incompatibilità, se sono stati eletti correttamente o se è
stato truccato il voto del Consiglio regionale che li ha mandati al Senato, su
tutto questo il Senato non può decidere. Abbiamo escluso espressamente che sui
requisiti di ammissibilità al Senato quest'ultimo vi possa mettere bocca. Su
tutto questo non decide nessuno, per cui questi colleghi che sostituiscono gli
eletti all'estero, nelle Regioni, possono in sostanza venire in questa sede e
nessuno valuta se sono stati eletti o meno regolarmente, e tutto questo avviene
normalmente. Questi signori, però, votano la fiducia al Governo. Votano l'80-90
per cento delle leggi. (Commenti dai banchi del PdL).
Lo so che vi fa male, ma è così.
Rassegnatevi, è così.
Votano il 90 per cento delle leggi di
questo Parlamento e lo fanno a geometria variabile, secondo un Regolamento che
poi approverà una maggioranza uscita dal voto.
Se questo è un sistema democratico,
istituzionale, che garantisce, e se questo è il Senato federale, cari colleghi
della Lega, voi siete messi non male ma malissimo, e peggio di voi è messo chi
vi viene appresso.
Detto questo, signor Presidente,
qualora questo emendamento venisse approvato, è evidente che dobbiamo tornare
in Commissione. Lo voglio dire prima, perché non intendiamo assolutamente
continuare in questo modo, a fare una discussione finta su un tema serio,
soprattutto dal punto di vista istituzionale e nel rapporto con la gente che ci
guarda da casa. Non lo intendiamo assolutamente.
Signor Presidente, se passa questo
emendamento, dovremo stabilire come si vota la normativa transitoria
sull'elezione dei Consigli regionali, perché ognuno di essi ha una propria data
di scadenza, perché ci sono le Regioni a Statuto speciale e quelle a Statuto
ordinario. Dobbiamo stabilire come tutto questo si armonizza con il
procedimento legislativo. È chiaro infatti che dobbiamo anche stabilire quali
sono le materie di interesse territoriale. Si tratta di un punto di garanzia
perché questo testo non sia a sua volta incostituzionale in quanto viola il
principio fondamentale della sovranità popolare. Se non so per che cosa mando
in questa sede degli eletti, che sono alla fine semieletti non essendo
senatori, di fatto sto chiudendo il Senato, e questo non credo che neanche lei,
Presidente, lo possa consentire. Allora, è chiaro che dovremo tornare a fare un
lavoro di coordinamento e di modifica delle altre parti del testo che occuperà
del tempo che sarà giusto, nel rispetto del voto dell'Aula, che si occupi.
Il risultato di tutto questo sarà che,
com'è noto, se non approviamo la riforma con una maggioranza dei due terzi
entro il 30 giugno in quest'Aula in prima lettura, non ci saranno i tempi
previsti dalla Costituzione per approvare alcuno straccio di riforma.
PRESIDENTE. Senatore D'Alia, ha ancora
un minuto.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Dal punto di vista politico, signor Presidente, mi permetto di svolgere tre
considerazioni: la prima è che vi state assumendo la responsabilità di far
fallire le riforme istituzionali; la seconda è che avete trovato il peggiore
tra gli espedienti per non votare la riduzione del numero dei parlamentari; la
terza è che avete mandato nel cestino cinque mesi di dialogo e di confronto
serio e vi siete guadagnati la patente, secondo la novella di Pirandello, che
vi consiglio di leggere, di inaffidabilità dal punto di vista politico e da
quello istituzionale, di fronte ai vostri elettori.
Voglio dirvi che dal punto di vista politico
prendiamo atto di tutto ciò: siete tornati, non fate paura, non fate danno,
perché gli elettori vi puniranno.
PRESIDENTE. La prego di concludere
senatore D'Alia.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Ho concluso, signor Presidente. Neanche farete danno perché gli elettori vi
puniranno: farete solo ridere. Ma vi voglio dire che tra un comico vero, che è
Grillo, e un comico finto, i vostri elettori sceglieranno un comico vero, e
faranno bene, perché voi non meritate altro. (Applausi dai Gruppi
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI, PD e del senatore Pardi).
CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI (LNP). Signor
Presidente, non rispondo al senatore D'Alia in quanto con il suo intervento ha
dimostrato di non avere nemmeno letto il testo, perché ha detto cose
assolutamente deliranti. (Applausi dal Gruppo LNP).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Delirante sei tu. Presidente, non deve offendere.
CASTELLI (LNP). Sta schiumando
rabbia perché vede che gli sfugge di mano la cosa. Vorrei rispondere invece ad
alcune questioni. Intanto Presidente, preciso che intervengo sul subemendamento
2.550 (testo 2)/101 (testo 3).
PRESIDENTE. Stiamo infatti discutendo
del subemendamento e poi dovrà essere votato l'emendamento principale.
CASTELLI (LNP). Siccome non
l'hanno capito e sono intervenuti sull'emendamento, preciso che sto intervenendo
sul subemendamento.
PRESIDENTE. Quello che è in votazione.
CASTELLI (LNP). La ringrazio,
signor Presidente. Credo ci siano tre punti da sottolineare sulla tematica che
ci sta appassionando, il primo dei quali è che, come ho cercato di dimostrare
numeri alla mano, la riduzione dei senatori che sta perseguendo la sinistra è
falsa: per citare un altro autore siciliano, anche se so che è abusato, è la
classica operazione gattopardesca per cui si cerca di far cambiare qualcosa
affinché nulla cambi. Ho dimostrato, numeri alla mano, che con la vostra
diminuzione nulla cambia, e vorrei che qualcuno mi opponesse un argomento su
questo tema con altri numeri alla mano.
Abbiamo quindi cercato, come ho detto
prima, di mettere una qualche sostanza in questo testo, che è l'ultima
occasione, e su questo ha ragione il senatore D'Alia.
Cosa abbiamo cercato di fare?
Sinceramente, colleghi, non so come andrà la votazione su questi emendamenti,
lo vedremo tra poco, ma abbiamo cercato di fare una cosa che ha destato grande
scandalo nella senatrice Finocchiaro: portare la voce dei territori in
Parlamento. (Applausi dal Gruppo LNP). Questo è lo scandalo mostruoso:
stiamo cercando di portare la voce dei nostri territori in questo Parlamento. (Commenti
della senatrice Finocchiaro). È legittimo, senatrice Finocchiaro
scandalizzarsi e dire che non bisogna disturbare il manovratore, però ci
consenta di pensarla diversamente. La ringraziamo perché lei ci ha dato l'onore
delle armi, riconoscendo che lottiamo: sì, lotteremo fino all'ultimo per le
nostre idee, e ne siamo orgogliosi. (Applausi dal Gruppo LNP).
Questo è quello che vogliamo dire sulla
ratio, e vengo adesso al subemendamento. Ci sono stati due ordini di
opposizioni sulla nostra azione politica e parlamentare. La prima dice:
attenzione, noi c'eravamo messi d'accordo, avevamo la maggioranza dei due terzi
e se adesso questo accordo salta vi porremo il referendum, e quindi non
ci sono i tempi tecnici per far entrare in vigore questa norma nella prossima
legislatura. Ma, signori, questo si chiama ricatto. Non si può ribaltare la
responsabilità tra ricattati e ricattatori. Ricordate, nella tristissima epoca
dei rapimenti, quando il rapitore diceva: attenzione, se non paghi il riscatto
ammazzo il tuo parente, quindi sarai il responsabile del suo assassinio?
Eh no! La responsabilità di bloccare la
riforma costituzionale se la prenderà, del caso, chi proporrà il referendum.
(Applausi dai Gruppi LNP e PdL). Questo è evidente, e va detto e
spiegato bene al popolo e alla Nazione, anche se sappiamo che la batteria dei
grandi giornali e delle televisioni è contro di noi (perché questa è la
verità). (Commenti dal Gruppo PD). Però prendiamo l'impegno di cercare
di spiegare al popolo italiano che stiamo cercando di fare una riforma vera,
una riforma vera e non falsa. Questo è il primo tema.
Si dice, con un espediente dialettico
che è normale in queste Aule, che dobbiamo tornare in Commissione. Ma non ci
siamo appena tornati? A me è sembrato di capire che proprio su questo tema
abbiamo discusso la settimana scorsa.
INCOSTANTE (PD). E la
Commissione ha bocciato l'emendamento.
CASTELLI (LNP). Siamo tornati in
Commissione, che ha lavorato. Adesso, una volta per tutte, si voti.
Infine, c'è l'altra opposizione a
questo testo, che è veramente strumentale, cioè si dice che noi non cambiamo il
numero dei senatori. A parte che non lo cambiavate neanche voi dal punto di
vista sostanziale, questo testo mira proprio a smontare questo tipo di
obiezione, che, ripeto, è meramente strumentale, tant'è vero che il subemendamento,
(che consiglio al collega D'Alia di leggere, perché ha detto un sacco di cose
confuse) cosa fa? Riduce a dieci il numero dei rappresentanti delle Regioni,
elimina i presidenti e quindi asciuga il numero dei partecipanti. Abbiamo
ribadito più volte che essi non fanno parte del Parlamento, quindi non costano
e non graveranno sul bilancio del Senato.
Vi dico di più, per dimostrare quanto
sia strumentale questa obiezione. Oggi esistono due commissioni, la Conferenza
unificata e la Conferenza Stato-Regioni, che vedono praticamente tutte le
settimane numerosissimi rappresentanti regionali (chi vi ha partecipato lo sa:
sono 50, 60 o 80, altro che 10 o 20!), venire a Roma a interloquire con il
Governo. Nessuno ha avuto nulla da dire. Adesso, guarda caso, questa cosa dei
rappresentanti delle Regioni che scendono in forze nella capitale diventa uno
scandalo perché vengono a disturbare il manovratore. (Applausi dal Gruppo
LNP e dei senatori Ramponi e Scarpa Bonazza Buora. Commenti della senatrice
Incostante).
Vengono a disturbare il manovratore.
Bene, noi riteniamo che disturbare il manovratore sia una cosa buona e giusta.
C'è di più, una cosa che la senatrice
Finocchiaro si è dimenticata di dire. Leggetevi l'articolo 13 del testo, che
prevede una Commissione paritetica fatta proprio di rappresentanti delle
Regioni. Quelli non costano? Fatemi capire, se vengono in Senato costano, e se
fanno parte di una commissione paritetica, siccome l'hanno scritta loro, non
costano più?
Questi sono gli argomenti che dobbiamo
portare all'opinione pubblica. Personalmente non so cosa succederà. Vedremo
adesso se questi emendamenti saranno approvati o meno. Comunque, preciso che
sono intervenuto sul subemendamento e che altri colleghi interverranno
sull'emendamento. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Ramponi).
TEDESCO (Misto-MSA). Domando di parlare per dichiarazione
di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
TEDESCO (Misto-MSA). Signor
Presidente, il dissenso lo motiverò brevemente. Scorrendo questa mattina la
rassegna stampa del Senato, ho trovato questo titolo: «Senato federale stoppato
dalle forze centraliste». Siccome ho partecipato ai lavori della Commissione,
che ha espresso un voto negativo, peraltro adeguandomi alla posizione del
relatore, quindi astenendomi sul subemendamento, vorrei chiarire che
personalmente non sono affatto contrario ad un'idea federalista dello Stato.
Mi richiamo, lo dico colleghi della
Lega, alle intuizioni originarie di Carlo Cattaneo, mi richiamo alle intuizioni
di Gaetano Salvemini, mi richiamo ai federalisti veri, che immaginavano uno
Stato all'interno del quale vi fossero la voce e la rappresentanza dei
territori e una condizione diversa da quella che viene prospettata da questo
emendamento ... (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Il minuto a sua
disposizione è terminato. Concluda, per favore.
TEDESCO (Misto-MSA). Ritengo
però che questo non sia il disegno di una rivisitazione di uno Stato, che così
com'è non ci piace. E anche questo mancato rispetto verso le rappresentanze
territoriali, individuando rappresentanze territoriali di primo livello e
rappresentanze territoriali di secondo livello, la dice lunga su questo
pasticcio che si vuole compiere. Tuttavia, proprio perché ritengo che l'idea in
sé sia positiva, mi asterrò nel voto di questo emendamento.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Abbiamo cercato sino all'ultimo momento di convincere proponendo un modello più
moderno ed avanzato, appoggiato ad una democrazia molto sviluppata e federale,
come la Svizzera. Un sistema molto semplice: avremmo mantenuto il modello
dell'elezione diretta di tutti i senatori, come previsto, e l'unica grande
novità sarebbe stata che questi senatori avrebbero fatto anche parte dei
Consigli regionali con il diritto-dovere di riferire sulle questioni nazionali.
È il modello che è stato sperimentato nei Cantoni svizzeri, dove funziona: i
senatori si sentono legati al territorio da questo mandato, però, compongono in
modo unitario il Senato centrale, nel nostro caso federale.
Io però devo dire - lo esprimo in
questo caso sicuramente a nome di tutti noi autonomisti - che l'obiettivo della
Lega...
PRESIDENTE. Grazie, senatore Peterlini.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Mi faccia finire, Presidente. È una discussione parlamentare sulla
Costituzione.
PRESIDENTE. Lei sta parlando in
dissenso, senatore Peterlini. Quindi, sto regolamentando tutti con lo stesso
regime. Concluda, per favore.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Presidente, questo era il modello proposto, per il nobile obiettivo della Lega.
Ma adesso addirittura nel subemendamento, abbiamo eliminato tutte le
prerogative a questi delegati, che diventano praticamente non solo di seconda
ma di decima classe. Ne abbiamo tagliati la metà per non far vedere che erano
troppi: sono praticamente ventuno poveri delegati che vengono qui dentro,
seduti vicino a noi, e alla fine cosa fanno? Forse chiederanno il voto. Non è
una soluzione organica.
MARITATI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARITATI (PD). Presidente, il
mio non è un intervento in dissenso, ma per un doveroso chiarimento, anche
perché in quest'Aula poco fa ho ascoltato che sarei stato addirittura confuso
con i firmatari di questo emendamento.
Io non ho mai avuto dubbi sulla
negatività del contenuto dell'emendamento, per le ragioni espresse dal mio
Capogruppo, a cui integralmente mi rifaccio. Ho soltanto esercitato una
facoltà, che ritengo sotto molti aspetti doverosa del senatore, di contribuire
a che la norma che rischia di essere varata abbia una veste almeno accettabile
per le ragioni inizialmente espresse dal collega Bianco, poi riprese dal
collega Procacci. Quindi, non ho alcun dubbio nel votare contro questo emendamento.
(Applausi della senatrice Bonino).
PERA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. In dissenso? Prego,
senatore Pera. La prego di essere, compatibilmente con le sue esigenze, come
gli altri, conciso. La ringrazio.
PERA (PdL). Lei ha veramente
fretta, signor Presidente. Io la capisco; non la approvo, perché lei sta
conducendo questi lavori in maniera politicamente orientata. È palese. Non
l'approvo. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Peterlini e Caforio).
Lei non ama che io intervenga. È molto più tollerante il Presidente del mio
Gruppo di quanto non sia lei. Lei è più coinvolto su questo testo di quanto
siano loro. E sono veramente dispiaciuto che lei, ancor prima che qualcuno del
mio Gruppo facesse una dichiarazione di voto, abbia detto che io parlo in
dissenso. In dissenso da chi?
PRESIDENTE. Ho chiesto. Gli Uffici
hanno chiesto.
PERA (PdL). Lei non ha chiesto.
Lei mi ha dato la parola in dissenso. E ha anche premesso: faccia presto.
Capisce, Presidente?
PRESIDENTE. Come ho fatto con tutti. La
prego, parli. Esprima la sua idea.
PERA (PdL). La esprimo, nel
tempo ristrettissimo che lei mi concede. In primo luogo, io, signor Presidente,
non capisco come si possa avere - parlo sul punto del subemendamento - in
Senato che si chiama federale e che è scritto essere eletto su base regionale e
che, al tempo stesso, per chiamarsi federale ha bisogno di rappresentanti delle
Regioni. O è un Senato federale oppure i rappresentanti delle Regioni sono un
ornamento ... (Il microfono si disattiva automaticamente). Non capisco,
signor Presidente, la figura di colui che entra in Parlamento, vota, e al tempo
stesso non è membro del Parlamento. Qual è la coerenza logica di questo
individuo? Questa mi sembra la coerenza logica che può avere un clandestino che
ha diritto di voto. Chi è costui? (Applausi dal Gruppo Per il Terzo
Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, c'è un'altra cosa.
So che devo finire perché so cosa succede altrimenti da parte sua. Io non
capisco proprio la logica di questa discussione; non capisco perché si debba
andare avanti con un testo che, concordo con la senatrice Finocchiaro, è morto.
Senatrice Finocchiaro, questo testo è morto, ma non creda che quello su cui lei
aveva fatto l'accordo fosse un testo che avesse della vita. Era privo di vita
anch'esso. (Applausi dei senatori Battaglia e Del Pennino).
Non capisco la logica politica che
muove la mia parte, ma noi stiamo sprecando un'occasione importante, perché Dio
sa quanto e se abbiamo bisogno di modificare questa Costituzione. (Applausi
del senatore Peterlini). Siamo di fronte ad una crisi europea. Ci
viene chiesto di cedere sovranità e abbiamo un testo costituzionale che non ci
parla di come si ceda la sovranità. (Applausi dei senatori Possa, Garavaglia
Mariapia e Astore). È un esempio tra tutti. Ne abbiamo bisogno. Noi oggi
sprechiamo, non capisco per quale logica politica della mia parte, un'occasione
importante e fondamentale per riformare una Costituzione che ha bisogno di
essere modificata. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Bonfrisco,
Amato e Valentino).
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
nel Resoconto in corso di seduta compare una sua frase, che ricordo benissimo,
che dice che per maggiore chiarezza si poteva far riferimento al primo comma
dell'articolo 68 e al quarto comma dell'articolo 122 della Costituzione. Qui il
richiamo a quest'ultimo viene a mancare e, forse, è anche una cosa
provvidenziale, ma resta il fatto che l'articolo 122 poteva richiamare la
dimensione dei consiglieri regionali, mentre il primo comma dell'articolo 68
determina un corto circuito contraddittorio perché si dice che a soggetti che
non sono membri del Parlamento si riconosce una prerogativa che riguarda invece
i membri del Parlamento.
Signor Presidente, la pongo alla sua
maggior attenzione; c'è una contraddizione in termini. Faccio osservare che
questa cosa sarebbe introdotta con una novità che introduce nella Carta
costituzionale il richiamo da un articolo a un altro. Per quanto ne sappia, nel
testo della Carta costituzionale non c'è un articolo dove ci sia il richiamo ad
un altro. Un'innovazione di questo tipo varrebbe la pena di farla per un motivo
serissimo, fondatissimo e per obiettivi seri. Questo mi sembra il momento più
sbagliato del mondo, proprio per una questione di serietà di testo.
PRESIDENTE. Per correttezza, poiché sta
parlando in dissenso, deve dire come vota.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
dichiaro il mio voto di astensione.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, a nome mio e di venti senatori del mio Gruppo e ai sensi del comma
4 dell'articolo 113 del Regolamento, che prevede la possibilità di un voto
segreto su richiesta di venti senatori nel caso di deliberazioni che concernono
le modificazioni al Regolamento del Senato, chiedo il voto segreto sull'emendamento,
e spiego perché. L'emendamento prevede la partecipazione ai lavori del Senato
federale, secondo le modalità del suo Regolamento, con diritto di voto sulle
materie di legislazione concorrente, di un rappresentante per ogni Regione.
È quindi un emendamento che reca in sé
la necessità, e impone l'obbligo, di una modifica regolamentare. Modifica
regolamentare che peraltro sarà particolarmente significativa perché deve
essere pienamente aderente a questo testo, al suo significato, al suo intento e
al suo fine costituzionale, perché riguarderà una quantità di questioni che
vengono predeterminate da questo testo che ci apprestiamo a votare e altre, di
natura non ancora ben precisata, ma che certamente incontreremo nel momento in
cui approfondiremo la modificazione dell'organizzazione e della disciplina dei
lavori del Senato ove questo emendamento diventasse legge costituzionale.
Per questa ragione, dunque in
attuazione non soltanto di un principio di cautela ma di aderenza
all'eventualità prevista dal comma 4 dell'articolo 113, io le chiedo, signor
Presidente, a nome di venti senatori del mio Gruppo, di votare su questo
emendamento con voto segreto.
PRESIDENTE. Senatrice Finocchiaro, le rispondo subito. Prendo atto
della sua richiesta, ma l'articolo da lei richiamato si riferisce alle
deliberazioni che concernono le modificazioni del Regolamento del Senato
vigente. È chiaro che l'emendamento al nostro esame parla di un futuro
Regolamento, quando verrà eletto il futuro Senato, non dell'attuale
Regolamento. (Applausi dal Gruppo PdL).
Quindi, lo spirito del voto segreto è
giusto, ma quando si riferisce al Regolamento in atto e vigente (ed è giusto in
questi casi il voto segreto), non al futuro Regolamento. Qui stiamo parlando di
un futuro Regolamento. (Commenti dal Gruppo PD). Io la interpreto così,
e mi pare di essere sereno in questo. (Commenti del senatore D'Alia).
LEGNINI (PD). Presidente, è
prescritto.
PRESIDENTE. Io mi sono pronunziato,
senatore Legnini.
MURA (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MURA (LNP). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Mura,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, della
prima parte dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3), presentato dai
senatori Calderoli e Divina.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione). (Numerosi
senatori dei Gruppi PD e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI
segnalano tra i banchi del PdL la presenza di luci accese cui non corrisponde
la presenza di senatori).
LEGNINI (PD). Signor Presidente,
vicino al senatore Centaro c'è una luce accesa cui non corrisponde alcun
senatore.
PRESIDENTE. Colleghi, abbiamo i
senatori Segretari.
Proclamo il risultato della votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:
Senatori presenti |
293 |
Senatori votanti |
292 |
Maggioranza |
147 |
Favorevoli |
148 |
Contrari |
134 |
Astenuti |
10 |
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi PdL e
LNP. Applausi ironici del senatore D'Alia).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Colleghi, dobbiamo adesso
passare alla votazione dell'emendamento principale, perché, come ha ricordato
il senatore Castelli, ma anche la stessa Presidenza, questo era un
subemendamento all'emendamento 2.550 (testo 2).
Passiamo dunque alla votazione
dell'emendamento 2.550 (testo 2), nel testo emendato.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
colleghi, ci troviamo con questo voto ad uno snodo veramente preoccupante
dell'involuzione del dibattito politico-costituzionale in Italia. Si possono
fare le osservazioni più politiche - sono già state fatte da molti colleghi -
sul baratto sostanziale che si verifica con questo emendamento, e ciò toglie
qualsiasi valore alla natura della lettera che stiamo discutendo. Le osservazioni
politiche fatte sono giuste. Noi assistiamo, non impotenti, ma arrabbiati, ad
un baratto tra un sedicente Senato federale e un sedicente, taumaturgico,
presidenzialismo. È un'operazione che non riuscirà, che non arriverà
all'obiettivo che si era stabilito. L'operazione fallirà, ci sarà un referendum,
e tutto questo avrà comportato uno sforzo enorme di lavoro tecnico, di
pensiero, di elaborazione e di consumazione di ore di lavoro umano dentro
queste Aule, tutto questo per niente.
Ma è importante anche considerare la
natura del testo: questo Senato federale è un Senato federale per modo di dire.
Non rinuncia a un rapporto fiduciario con il Governo, mantiene sostanzialmente
intatto - come ha avuto la sincerità di dire l'altro giorno, in Commissione, un
componente del Gruppo del PdL - un bicameralismo perfetto, che è appena
intaccato da alcune modifiche insignificanti, e per di più realizza questa
operazione con un testo che non fa onore al testo della Costituzione.
È da molto tempo che assistiamo a
tentativi di modifica costituzionale, che producono testi farraginosi,
illeggibili, contraddittori, pezzi di testo che non si conciliano né con la
lettera né con lo spirito del testo organico della Costituzione: il
subemendamento che è appena stato votato ne è la testimonianza. Introduciamo
nel testo costituzionale delle formule che sono intrinsecamente contraddittorie
e che saranno sanzionate chiaramente dalla Corte costituzionale, nel momento in
cui si dovesse sollevare una questione di costituzionalità. Mancanza di
chiarezza, mancanza di omogeneità, mancanza di razionalità: per una questione
di numeri, per un pelo, per quattro voti, non possiamo impedire questo delitto,
ma questo - cari colleghi e caro Presidente - è un delitto, che incide in
maniera insensata sul tessuto e sul testo della Costituzione. È un' operazione
che grida vendetta che, per la velleità di combinare un accordo di pura
convenienza tra un sedicente Senato federale e un sedicente presidenzialismo,
rovina un testo fondamentale.
Vengono qui a compimento due miti, che
non hanno un fondamento sostanziale: da una parte l'idea dei popoli separati
dentro la Nazione, l'idea dei territori con la loro virtù salvifica e
dall'altra l'idea taumaturgica di un presidenzialismo che acquista potere in
quanto si produce sulla base dell'elezione diretta del Presidente della
Repubblica. Siamo veramente all'assurdo, all'idea che la pura elezione diretta
del soggetto in questione produca, in maniera miracolosa, un carisma che le
figure non hanno, che i soggetti non hanno e che non riescono a possedere. Qui
si teorizza il fatto che la Costituzione non dia a chi governa gli strumenti
per governare: questa è una falsità totale, perché non è vero, e la storia
repubblicana dimostra invece che la Costituzione dà gli strumenti per
governare. (Applausi dal Gruppo IdV).
MURA (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MURA (LNP). Chiediamo la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Mura,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 2.550 (testo 2), presentato dai senatori Calderoli e Divina,
nel testo emendato, interamente sostitutivo dell'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione). (Proteste dai
banchi del PD e dell'IdV).
BIANCO (PD). Si faccia
attenzione!
INCOSTANTE (PD). Signor
Presidente, non può consentire questo, su questo tipo di votazione, con quattro
voti di differenza!
BIANCO (PD). Vergogna!
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia: ci
sono i senatori Segretari che controllano. (Proteste dai banchi del PD e
dell'IdV). La senatrice Segretario Baio sta controllando. Non urlate, per
favore.
GARRAFFA (PD). Togliete la
scheda nella postazione accanto a quella del senatore Dell'Utri!
PRESIDENTE. Senatore Garraffa, la
prego.
Proclamo il risultato della votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:
Senatori presenti |
295 |
Senatori votanti |
294 |
Maggioranza |
148 |
Favorevoli |
153 |
Contrari |
136 |
Astenuti |
5 |
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
VIZZINI, relatore. Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Presidente Vizzini, mi
consenta di chiudere il lavoro e poi le darò certamente la parola. (Commenti
dai Gruppi PD e IdV). Colleghi, per favore, consentitemi di finire un
lavoro pulito, poi parlerà il presidente Vizzini. (Vivaci commenti dai
Gruppi PD, IdV, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI e Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Colleghi, sto cercando di fare un lavoro pulito
legislativamente. Mi dispiace per voi.
BALDASSARRI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BALDASSARRI (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, vorrei farle notare che il collega Saia
ha votato, ma non è in Aula e non lo era neanche prima. (Applausi dai Gruppi
Per il Terzo Polo:ApI-FLI, PD, IdV e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
della restante parte dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3).
MURA (LNP). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Mura, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
della restante parte dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3), presentato
dai senatori Calderoli e Divina, che recita: «Conseguentemente, sopprimere
l'articolo 13».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi
tutti i restanti emendamenti riferiti all'articolo 2, ad eccezione degli
emendamenti 2.550 (testo 2)/103, 2.550 (testo 2)/104 e 2.550 (testo 2)/106, che
sono stati ritirati.
Naturalmente, quando torneremo
all'articolo 1, voteremo gli emendamenti che erano stati accantonati sulla
denominazione del Senato federale.
VIZZINI, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIZZINI, relatore. Signor
Presidente, non è compito di un relatore esprimere giudizi politici. Sono
entrato in quest'Aula con un mandato che mi è stato conferito dalla Commissione
affari costituzionali su un testo che era stato approvato in Commissione da un
numero di senatori che aveva una proiezione in Aula che superava i due terzi
dei voti.
Questa sera, su un emendamento che era
stato bocciato in Commissione nella sua versione originaria, che è stato
ripresentato in Aula, che è tornato in Commissione dove è stato ribocciato, si
è formata una maggioranza diversa, una maggioranza semplice che, se rispecchiata
nel voto finale, non consentirà al provvedimento di entrare in vigore se non
nel 2018.
Per queste ragioni, rassegno le mie
dimissioni da relatore con la correttezza che deve contraddistinguere... (Applausi
dai Gruppi PdL e LNP). Vi ringrazio per gli applausi perché, visto
che sto facendo un gesto di correttezza, probabilmente li merito.
Tuttavia, poiché l'articolo 2 entra in
rapporto con tutta una serie di altri articoli, con questo voto non abbiamo
messo assolutamente in sicurezza la riduzione del numero dei parlamentari.
Questo per essere chiaro. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI,
Per il Terzo Polo:ApI-FLI e IdV).
PRESIDENTE. Colleghi, a termini di Regolamento procederei nel
seguente modo. Poiché il Regolamento del Senato prevede che sia la stessa
Commissione a nominare il nuovo relatore, il provvedimento tornerà in
Commissione. Tale rinvio è dettato anche dalla necessità di procedere, in
quella sede, all'esame degli emendamenti sul presidenzialismo, perché la
Commissione aveva questo incarico. (Vivaci commenti dal Gruppo PD).
Rinvio pertanto il seguito della
discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 19,47).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le
Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della Repubblica
sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di
partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della
Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato
attivo e passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province (3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
ARTICOLO 2 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 2.
Non posto in
votazione (*)
(Modifiche all'articolo 57 della
Costituzione)
1. All'articolo 57 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Il numero dei senatori elettivi è di
duecentocinquantaquattro, quattro dei quali eletti nella circoscrizione
Estero.»;
b) il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
uno».
________________
(*) Approvato
l'emendamento 2.550 (testo 2) nel testo emendato, interamente sostitutivo
dell'articolo
EMENDAMENTI
2.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
2.300
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione). - 1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 57. - Il Senato della
Repubblica è composto da membri dei Consigli Regionali eletti, in ciascuna
Regione, su base proporzionale, dal Consiglio regionale al proprio interno e
dal Consiglio delle autonomie locali tra i componenti del Consigli dei Comuni e
delle Città metropolitane.
Il Consiglio regionale elegge al suo
interno con voto limitato, in modo che sia assicurata la rappresentanza delle
minoranze e tenendo conto delle esigenze di una equilibrata rappresentanza di
genere:
tre senatori nelle Regioni sino a un
milione di abitanti;
quattro senatori nelle Regioni con più
di un milione di abitanti e fino a due milioni;
cinque senatori nelle Regioni con più
di due milioni di abitanti e fino a tre milioni;
dieci senatori nelle Regioni con più di
tre milioni di abitanti e fino a quattro milioni e cinquecentomila abitanti;
tredici senatori nelle Regioni con più
di quattro milioni e cinquecentomila abitanti e fino a sei milioni;
ventidue senatori nelle Regioni con più
di sei milioni di abitanti.
Il Consiglio regionale della Valle
d'Aosta/Vallée d'Aoste e quello del Molise eleggono un senatore ciascuno; i
Consigli provinciali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol eleggono, contestualmente, tre senatori.
In ciascuna Regione, inoltre, il
Consiglio delle autonomie locali elegge:
un senatore nelle Regioni sino a due
milioni di abitanti;
due senatori nelle Regioni con più di
due milioni di abitanti e fino a tre milioni;
tre senatori nelle regioni con più di
tre milioni di abitanti e fino a quattro milioni e cinquecentomila abitanti;
quattro senatori nelle Regioni con più
di quattro milioni e cinquecentomila abitanti e fino a sei milioni;
otto senatori nelle Regioni con più di
sei milioni di abitanti.
I Consigli delle autonomie locali delle
Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol eleggono,
contestualmente, un senatore. Il Consiglio delle Autonomie locali della Valle
d'Aosta/Vallée d'Aoste e quello del Molise non eleggono senatori.
L'elezione ha luogo entro trenta giorni
dalla prima riunione del Consiglio regionale o delle Province autonome della
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Il Senato della Repubblica elegge il
suo Presidente per un anno"».
Conseguentemente, al secondo comma
dell'articolo 122 della Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite
dalle seguenti: «alla Camera dei deputati», e, al settimo comma
dell'articolo 135 della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita
dalla seguente: «deputato».
2.201
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - 1. L'articolo 57
della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 57. - Il Senato federale
della Repubblica è eletto su base regionale, secondo modalità stabilite dalla
legge dello Stato, che garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei
senatori.
In ciascuna Regione, i senatori sono
eletti dal Consiglio regionale con voto limitato.
Il Senato federale della Repubblica è
composto da duecento senatori.
Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
uno.
La ripartizione dei seggi tra le
Regioni, previa applicazione delle disposizioni del quarto comma, si effettua
in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo
censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti
resti".
2. In sede di prima applicazione, l'elezione del Senato federale
della Repubblica ai sensi dell'articolo57 della Costituzione, come sostituito
dalla presente legge costituzionale, ha luogo contestualmente all'elezione
della Camera dei deputati nella composizione di cui all'articolo 56 della
Costituzione, come modificato dalla presente legge costituzionale. Ciascun
Consiglio regionale, i Consigli provinciali delle Province autonome di Trento e
di Bolzano eleggono i rispettivi senatori entro dieci giorni dalla data di
svolgimento dell'elezione della Camera dei deputati. Nel caso in cui a tale
data sia già stata indetta l'elezione per il rinnovo di un Consiglio regionale
o di provincia autonoma, l'elezione dei rispettivi senatori ha luogo entro
trenta giorni dalla prima riunione del nuovo Consiglio».
2.202
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente;
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione). - 1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 57. - Il Senato della
Repubblica è eletto a base regionale.
Il numero dei senatori elettivi è di
cento.
Ciascuna Regione ha un numero di
senatori pari a cinque"».
2.203
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente;
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione - Senato federale della Repubblica). - 1. L'articolo
57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 57. - Il Senato federale
della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto su base regionale.
Il Senato federale della Repubblica è
composto da centocinquanta senatori eletti in ciascuna Regione contestualmente
all'elezione del rispettivo Consiglio regionale. L'elezione del Senato federale
della Repubblica è disciplinata con legge dello Stato che garantisce la
rappresentanza territoriale da parte dei senatori.
Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a tre. La ripartizione dei seggi tra le regioni, previa
applicazione delle disposizioni del terzo comma, si effettua in proporzione
alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale,
sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. Partecipano all'attività
del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, secondo le
modalità previste dal suo regolamento, rappresentanti delle Regioni e delle
autonomie locali. All'inizio di ogni legislatura regionale, ciascun consiglio
elegge un rappresentante tra i propri componenti e ciascun Consiglio delle
autonomie locali elegge un rappresentante tra i sindaci e i presidenti di città
metropolitana della Regione"».
2.550 testo
2/100
PETERLINI, PINZGER, FOSSON, THALER AUSSERHOFER
Le parole da: «All'emendamento» a: «dello Stato.".»
respinte; seconda parte preclusa
All'emendamento 2.550 (testo 2), al
comma 1, capoverso«art. 57», apportare le seguenti modificazioni:
«a) dopo il primo comma
aggiungere il seguente:
"Il Senato federale della
Repubblica rappresenta le Regioni e le Province autonome al fine di favorire e
rafforzare la partecipazione delle stesse alla politica ed alla legislazione
nazionale del Paese".
b) sostituire i commi quarto e quinto con il seguente:
"I senatori sono eletti in
ciascuna Regione contestualmente all'elezione per il rinnovo del rispettivo
Consiglio regionale o Assemblea regionale e, per la Regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol, dei Consigli delle Province autonome di cui fanno parte. Partecipano
alla loro attività con diritto di intervento, obbligo di relazione e senza
diritto di voto, secondo le modalità previste dai regolamenti regionali.
L'elezione dei Senatori è disciplinata con legge propria di ciascuna regione,
nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge dello Stato,"».
Conseguentemente, dopo il comma 1,
aggiungere i seguenti:
«1-bis. In relazione alle sole
funzioni previste dall'articolo 57 della Costituzione, non si applicano le
eventuali norme sull'incompatibilità previste per l'appartenenza ai Consigli
regionali, ai Consigli provinciali, nonché all'Assemblea regionale.
1-ter Dopo l'articolo 48 del
testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31
agosto 1972, n. 670, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 48-bis.
Contestualmente all'elezione per il
rinnovo dei Consigli provinciali, si provvede, ai sensi dell'articolo 57 della
Costituzione e secondo le norme stabilite con legge regionale, all'elezione dei
senatori che fanno parte dei Consigli provinciali e del Consiglio regionale, i
quali partecipano alla loro attività con diritto di intervento, obbligo di
relazione e senza diritto di voto, con le modalità previste dai regolamenti
provinciali e dal regolamento regionale.".
1-quater. Dopo l'articolo 3
dello statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto legislativo
15 maggio 1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 2, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 3-bis.
Contestualmente all'elezione per il
rinnovo dell'Assemblea regionale, si provvede, ai sensi dell'articolo 57 della
Costituzione e secondo le norme stabilite con legge regionale, all'elezione dei
senatori che fanno parte dell'Assemblea regionale, i quali partecipano alla
loro attività con diritto di intervento, obbligo di relazione e senza diritto
di voto, con le modalità previste dal regolamento regionale.".
1-quinquies. Dopo l'articolo 18
dello statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 3, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 18-bis.
Contestualmente all'elezione per il
rinnovo del Consiglio regionale, si provvede, ai sensi dell'articolo 57 della
Costituzione e secondo le norme stabilite con legge regionale, all'elezione dei
senatori che fanno parte del Consiglio regionale, i quali partecipano alla loro
attività con diritto di intervento, obbligo di relazione e senza diritto di
voto, con le modalità previste dal regolamento regionale.".
1-sexies. Dopo l'articolo 18 lo
statuto speciale per la Valle d'Aosta, approvato con legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 4, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 18-bis.
Contestualmente all'elezione per il
rinnovo del Consiglio regionale, si provvede, ai sensi dell'articolo 57 della
Costituzione e secondo le norme stabilite con legge regionale, all'elezione dei
senatori che fanno parte del Consiglio regionale, i quali partecipano alla loro
attività con diritto di intervento, obbligo di relazione e senza diritto di
voto, con le modalità previste dal regolamento regionale.".
1-septies. Dopo l'articolo 14
dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 14-bis.
Contestualmente all'elezione per il
rinnovo del Consiglio regionale, si provvede, ai sensi dell'articolo 57 della
Costituzione e secondo le norme stabilite con legge regionale, all'elezione dei
senatori che fanno parte del Consiglio regionale, i quali partecipano alla loro
attività con diritto di intervento, obbligo di relazione e senza diritto di
voto, con le modalità previste dal regolamento regionale.".
1-octies. Le Regioni ordinarie,
ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione, provvedono a disciplinare
l'elezione dei senatori con propria legge, secondo le procedure previste
dall'articolo 123 della Costituzione e nel rispetto dei principi previsti dalla
legge dello Stato.».
Conseguentemente, sostituire l'articolo
3 con il seguente:
«Art. 3. - L'articolo 58 della
Costituzione è abrogato».
2.550 testo
2/101
V. testo 2
All'emendamento 2.550 (testo 2), al
comma 1, capoverso «Art. 57» sostituire i commi quarto e quinto con i seguenti:
«L'elezione del Senato Federale della
Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la
rappresentanza territoriale da parte dei senatori.
Partecipa ai lavori del Senato Federale
della Repubblica, secondo le modalità previste dal suo regolamento, con diritto
di voto sulle materie di legislazione concorrente ovvero di interesse degli
enti territoriali, un rappresentante per ogni Regione, eletto fra i propri
componenti, all'inizio dI ogni legislatura regionale, da ciascun consiglio o
assemblea regionale. Per la Regione Trentino-Alto-Adige/Südtirol i Consigli
delle Province autonome eleggono ciascuno un rappresentante. I rappresentanti
delle Regioni nel Senato Federale della Repubblica non sono membri del
Parlamento e non ricevono la relativa indennità.».
Conseguentemente, sopprimere l'articolo
13.
2.550 testo
2/101 (testo 2)
V. testo 3
All'emendamento 2.550 (testo 2), al
comma 1, capoverso «Art. 57» sostituire i commi quarto e quinto con i seguenti:
«L'elezione del Senato Federale della
Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la
rappresentanza territoriale da parte dei senatori.
Partecipa ai lavori del Senato Federale
della Repubblica, secondo le modalità previste dal suo regolamento, con diritto
di voto sulle materie di legislazione concorrente ovvero di interesse degli
enti territoriali, un rappresentante per ogni Regione, eletto fra i propri
componenti, all'inizio dI ogni legislatura regionale, da ciascun consiglio o
assemblea regionale. Per la Regione Trentino-Alto-Adige/Südtirol i Consigli
delle Province autonome eleggono ciascuno un rappresentante. I rappresentanti
delle Regioni nel Senato Federale della Repubblica non sono membri del
Parlamento e ad essi non si applicano gli articoli 65, primo comma, 66, 67, 68,
secondo e terzo comma, e 69 della Costituzione.».
Conseguentemente, sopprimere l'articolo
13.
2.550 testo
2/101 (testo 3)
Approvato. Votato per parti separate.
All'emendamento 2.550 (testo 2), al
comma 1, capoverso «Art. 57» sostituire i commi quarto e quinto con i seguenti:
«L'elezione del Senato Federale della
Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la
rappresentanza territoriale da parte dei senatori.
Partecipa ai lavori del Senato Federale
della Repubblica, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal suo
regolamento, con diritto di voto sulle materie di legislazione concorrente
ovvero di interesse degli enti territoriali, un rappresentante per ogni
Regione, eletto fra i propri componenti, all'inizio dI ogni legislatura
regionale, da ciascun consiglio o assemblea regionale. Per la Regione
Trentino-Alto-Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome eleggono
ciascuno un rappresentante. I rappresentanti delle Regioni nel Senato Federale
della Repubblica non sono membri del Parlamento, non ricevono la relativa
indennità e ad essi si applica la prerogativa di cui all'articolo 68, primo
comma, della Costituzione.».
Conseguentemente, sopprimere l'articolo
13.
2.550 testo
2/102
V. testo corretto
All'emendamento 2.550 (testo 2),
capoverso «Art. 57», quarto comma, sostituire la parola: «previste» con le
seguenti: «e gli effetti previsti».
2.550 testo
2/102 (testo corretto)
Precluso dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101
(testo 3)
All'emendamento 2.550 (testo 2),
capoverso «Art. 57», quarto comma, sostituire la parola: «previste» con le
seguenti: «e con gli effetti previsti».
2.550 testo
2/103
Ritirato
All'emendamento 2.550 (testo 2),
capoverso «Art. 57», quarto comma, sostituire le parole: «sulle materie di
legislazione concorrente ovvero degli interesse di enti territoriali» con le
seguenti: «sui disegni di legge il cui esame ha inizio al Senato secondo quanto
stabilito dal terzo comma dell'articolo 72».
2.550 testo
2/104
Ritirato
All'emendamento 2.550 (testo 2), capoverso
«Art. 57», quarto comma, sostituire le parole: «sulle materie di legislazione
concorrente ovvero di interesse degli enti territoriali» con le seguenti: «sui
disegni di legge che trattano prevalentemente le materie di cui all'articolo
117, terzo comma, e all'articolo 119».
2.550 testo
2/105
V. testo 2
All'emendamento 2.550 (testo 2),
capoverso «Art. 57», quarto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo:
«Tale voto ha valore consultivo per l'approvazione dei disegni di legge sui
quali il Governo ha posto la questione di fiducia ovvero ha richiesto
l'applicazione della procedura prioritaria.».
2.550 testo
2/105 (testo 2)
Precluso dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101
(testo 3)
All'emendamento 2.550 (testo 2),
capoverso «Art. 57», quarto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo:
«Tale voto ha valore consultivo per l'approvazione dei disegni di legge sui
quali il Governo ha posto la questione di fiducia.».
2.550 testo
2/106
Ritirato
All'emendamento 2.550 (testo 2),
capoverso «Art. 57», quinto comma, sostituire le parole: «se richiesti
l'obbligo» con le seguenti:«possono essere richiesti».
2.550 testo
2/1
Precluso dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2)/101
(testo 3)
All'emendamento 2.550 (testo 2)
aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Ai rappresentanti in Senato delle
regioni non si applicano gli articoli 66, 67, 68, secondo e terzo comma e 69
della Costituzione».
2.550 (testo
2)
Approvato nel testo emendato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Senato Federale della
Repubblica). - 1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art 57. - Il Senato Federale
della Repubblica è composto da duecentocinquanta senatori eletti a suffragio
universale e diretto su base regionale.
Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta Valle d'Aosta
uno.
La ripartizione dei seggi fra le
Regioni previa applicazione delle disposizioni del secondo comma, si effettua
in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo
censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
L'elezione del Senato Federale della
Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la
rappresentanti territoriale da parte dei senatori. Partecipano ai lavori del
Senato Federale della Repubblica, secondo le modalità previste dal suo
regolamento, con diritto di voto sulle materie di legislazione concorrente
ovvero di interesse degli enti territoriali due rappresentanti per ogni
Regione, eletti tra i propri componenti con voto limitato, all'inizio di ogni legislatura
regionale, da ciascun consiglio o assemblea regionale. Per la Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome eleggono
ciascuno un rappresentante.
I Presidenti delle Regioni e delle
Province autonome di Trento e Bolzano hanno diritto, e se richiesti l'obbligo,
di intervenire alle sedute del Senato. Il regolamento del Senato disciplina le
modalità della loro partecipazione"».
2.204
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - 1. L'articolo 57 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 57. - Il Senato federale
della Repubblica rappresenta le Regioni e le Province autonome al fine di
favorire e rafforzare la partecipazione delle stesse alla politica ed alla
legislazione nazionale del Paese.
I senatori sono eletti in ciascuna
Regione contestualmente all'elezione per il rinnovo del rispettivo Consiglio
regionale o Assemblea regionale e, per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol,
dei Consigli delle Province autonome di cui fanno parte. Partecipano alla loro
attività con diritto di intervento, obbligo di relazione e senza diritto di
voto, secondo le modalità previste dai regolamenti regionali.
L'elezione dei Senatori è a suffragio
universale e diretto ed è disciplinata con legge propria di ciascuna regione,
nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla legge dello Stato. Ciascuna Regione è
costituita da tanti collegi uninominali quanti risultano i Senatori da eleggere
dalla ripartizione dei seggi di cui al settimo comma.
Il Senato federale della Repubblica è
composto da duecentoquaranta senatori. Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a sei; in Trentino-Alto Adige/Südtirol le Province autonome
di Trento e di Bolzano ne hanno tre per ciascuna provincia; il Molise ne ha
due; la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste ne ha uno.
La ripartizione dei seggi tra le
Regioni, previa applicazione delle disposizioni del sesto comma, si effettua in
proporzione alla popolazione delle Regioni quale risulta dall'ultimo censimento
generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti"».
2.205
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2.- (Composizione del Senato
federale). - 1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 57. - Il Senato federale
della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto su base regionale.
Il Senato federale della Repubblica è
composto da duecentocinquanta senatori. I senatori sono eletti in ciascuna
Regione contestualmente all'elezione del rispettivo Consiglio regionale o Assemblea
regionale e, per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, dei Consigli delle
Province autonome.
L'elezione del Senato federale della
Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la
rappresentanza territoriale da parte dei senatori.
Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
uno.
La ripartizione dei seggi tra le
Regioni, previa applicazione delle disposizioni del quarto comma, si effettua
in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo
censimento generale, sulla base del quozienti interi e dei più alti resti.
Partecipano all'attività del Senato
federale della Repubblica, con diritto di voto, secondo le modalità previste
dal suo regolamento, altri rappresentanti delle Regioni e delle autonomie
locali. A tal fine, all'inizio di ogni legislatura regionale ciascun Consiglio
o Assemblea regionale elegge un rappresentante tra i propri componenti e
ciascun Consiglio delle autonomie locali elegge un rappresentante tra i sindaci
e presidenti di Provincia o di Città metropolitana della Regione. Per la
Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome e i
rispettivi Consigli delle autonomie locali eleggono ciascuno un proprio
rappresentante"».
2.730 (già
2.3)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Modifica dell'articolo
57, della Costituzione). - 1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 57. Il Senato delle
autonomie è eletto dai consiglieri comunali di ciascuna regione secondo le
modalità previste dalla legge.
Lo status dei senatori è regolato dalla
legge tenendo conto delle funzioni ad essi assegnate dalla Costituzione.
Sono membri di diritto del Senato delle
autonomie i componenti delle Giunte regionali designati dai rispettivi
Presidenti in relazione alle materie oggetto di discussione.
Il numero dei senatori è di
centocinquantaquattro ai quali si aggiungono venti senatori designati dalle
Regioni.
Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a tre, il Molise ne ha due e la Valle d'Aosta uno."».
2.206
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - 1. L'articolo 57
della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 57. - Il Senato della
Repubblica è eletto a base regionale salvi i seggi assegnati alla
circoscrizione Estero.
Il Senato si compone di un minimo di
duecentosei e di un massimo di trecentonove senatori, oltre i sei senatori
eletti nella circoscrizione Estero.
La ripartizione dei seggi nazionali tra
le Regioni si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni quale
risulta dall'anagrafe della popolazione al 31 dicembre dell'anno precedente
l'elezione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. A nessuna
Regione può essere attribuito un numero massimo di senatori inferiore a sette;
il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno. Il numero di seggi minimo attribuito
a ciascuna Regione è pari a due terzi del numero massimo arrotondato all'unità
superiore.
L'indizione dell'elezione è effettuata
per il numero massimo di senatori, oltre ai sei senatori eletti nella
circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori eletti in
ciascuna Regione è pari al numero massimo dei seggi ad essa attribuiti
eventualmente decurtato di un numero di senatori proporzionale al totale di
schede bianche e voti nulli. A tal fine, il numero dei senatori effettivamente
eletto si calcola moltiplicando il numero dei voti espressi, sottratti le
schede bianche e i voti nulli, per il numero massimo dei seggi attribuiti alla
Regione e dividendo il risultato di tale moltiplicazione per il numero dei
votanti, con arrotondamento in ogni caso all'unità superiore. Il numero dei
senatori eletti non può comunque essere inferiore alla soglia minima stabilita
in sede di ripartizione"».
2.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione). - 1. All'articolo 57 della Costituzione, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, sono abrogate le seguenti parole:
", salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero";
b) il secondo comma è sostituito con il seguente:
"Il numero dei senatori elettivi è
di centocinquanta";
c) al terzo comma, la parola: "sette" è
sostituita con la seguente: "tre";
d) al quarto comma, sono abrogate le seguenti parole:
", fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione
Estero,";
e) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"La legge disciplina la
rappresentanza dei cittadini italiani residenti all'estero e le modalità per
assicurare ai medesimi l'esercizio del diritto di voto"».
2.208
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione). - 1. All'articolo 57 della Costituzione, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma sono soppresse le parole: "salvi i
seggi assegnati alla circoscrizione Estero.";
b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
"Il numero dei senatori elettivi è
di duecentocinquanta.";
c) il terzo comma è sostituito dal seguente:
"Nessuna Regione può avere un
numero di senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle
d'Aosta/Vallée d'Aoste uno.";
d) al quarto comma sono soppresse le parole: "fatto
salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero."».
2.209
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione). - 1. All'articolo 57 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
"Il Senato della Repubblica è
eletto a base regionale.";
b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
"Il numero dei senatori elettivi è
di 309. Le circoscrizioni Estero eleggono 6 delegati con funzioni di osservatori
del processo legislativo senza diritto di voto."».
2.210
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione). - 1. All'articolo 57 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il secondo comma è abrogato;
b) il terzo comma è abrogato;
c) il quarto comma è sostituito con il seguente:
«Il numero dei Senatori e la
ripartizione dei seggi tra le Regioni sono demandati alla legge."».
2.211
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 2. - (Modifiche all'articolo
57 della Costituzione). - 1. All'articolo 57 della Costituzione, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, la parola:
"trecentoquindici" è sostituita dalla seguente:
"centociquantasette" e le parole: "sei dei quali eletti nella
circoscrizione Estero" sono soppresse;
b) al terzo comma, la parola: "sette" è
sostituita dalla seguente: "sei";
c) al quarto comma, le parole: ", fatto salvo il
numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero", sono soppresse».
2.212
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, alla lettera a) premettere
la seguente:
«0a) il primo comma è sostituito
dal seguente:
"Il Senato della Repubblica è
composto da membri dei Consigli Regionali eletti, in ciascuna Regione, su base
proporzionale, dal Consiglio regionale al proprio interno e dal Consiglio delle
autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni e delle Città
metropolitane"».
2.213
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Precluso
Al comma 1, alla lettera a), premettere
la seguente:
«0a) il primo comma è sostituito
dal seguente:
"Il Senato della Repubblica
rappresenta il libero pluralismo politico ed è eletto a suffragio universale e
diretto, su base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione
estero"».
2.214
Precluso
Al comma 1, apportare le seguenti
modificazioni:
1) alla lettera a),
premettere la seguente:
"0a) al primo comma sono
soppresse le parole: "salvi i seggi assegnati alla circoscrizione
Estero";
2) alla lettera a) sopprimere le parole
da: "quattro" fino ad: "Estero";
3) dopo la lettera b),
aggiungere la seguente:
"b-bis) al quarto comma le
parole: "fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione
Estero" sono soppresse"».
2.215
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera a), premettere la
seguente:
«0a) al primo comma, sono
soppresse le seguenti parole: ", salvi i seggi assegnati alla
circoscrizione Estero"».
2.216
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sostituire la lettera a),
con la seguente:
«a) al secondo comma le parole:
"è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione
estero" sono sostituite dalle seguenti: "è di centocinquanta"».
2.217
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera a), sostituire la
parola: «duecentocinquantaquattro» con la seguente: «centocinquanta» e la
parola: «quattro» con la seguente: «due».
2.218
MICHELONI, TONINI, PEGORER, RANDAZZO, BERTUZZI, FANTETTI
Precluso
Al comma 1, lettera a), sostituire la
parola: «duecentocinquantaquattro» con la seguente: «duecentocinquanta» e
sostituire la parola: «quattro» con la seguente: «cinque».
2.219
MICHELONI, TONINI, RANDAZZO, BERTUZZI, FANTETTI
Precluso
Al comma 1, lettera a), sostituire la
parola: «duecentocinquantaquattro» con la seguente: «duecentocinquantacinque» e
sostituire la parola: «quattro» con la seguente: «cinque».
2.220
Precluso
Al comma 1, lettera a), sopprimere le
parole: «, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero».
2.221
Precluso
Al comma 1, lettera a), sopprimere le
parole: «quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero».
2.222
MICHELONI, PEGORER, TONINI, RANDAZZO, BERTUZZI, FANTETTI
Precluso
Al comma 1, lettera a), sostituire la
parola: «quattro» con la seguente: «cinque».
2.223
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera a), sostituire la
parola: «quattro» con la seguente «tre».
2.224
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, dopo la lettera a),
inserire la seguente:
«a-bis) dopo il primo comma è
inserito il seguente:
"Il Senato della Repubblica è
composto da membri dei Consigli Regionali eletti, in ciascuna Regione, su base
proporzionale, dal Consiglio regionale al proprio interno e dal Consiglio delle
autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni e dette Città
metropolitane"».
2.225
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera b), sostituire la
parola: «sei» con la seguente: «tre».
2.226
BUGNANO, CARLINO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera b), aggiungere, in
fine, il seguente periodo: «Il Senato della Repubblica è composto da membri dei
Consigli Regionali eletti, in ciascuna Regione, su base proporzionale, dal
Consiglio regionale al proprio interno e dal Consiglio delle autonomie locali
tra i componenti dei Consigli dei Comuni e delle Città metropolitane, in modo
che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze e tenendo conto delle
esigenze di una equilibrata rappresentanza di genere».
2.227
Precluso
Al comma 1, dopo la lettera b),
aggiungere la seguente:
«b-bis) al secondo comma, in
fine, sono aggiunte le seguenti parole: "e risiedono da almeno un anno, o
sono nati, o hanno risieduto per almeno dieci anni o sono stati eletti a una
carica pubblica nella regione in cui si candidano"».
2.228
CARLINO, BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
AI comma 1, dopo la lettera b)
aggiungere la seguente:
«b-bis) dopo il terzo comma è
inserito il seguente:
"Ferma restando la necessità di
garantire la rappresentanza delle minoranze e la parità di genere, il Senato
della Repubblica è composto da consiglieri regionali eletti, in ciascuna
Regione, su base proporzionale, dal Consiglio regionale e componenti dei
Consigli dei Comuni e delle Città metropolitane, eletti dal Consiglio delle
autonomie locali tra i rispettivi consigli"».
2.229
Precluso
Al comma 1, dopo la lettera b),
aggiungere la seguente:
«b-bis) al quarto comma, dopo le
parole: "in proporzione alla popolazione" sono inserite le seguenti:
"di cittadini Italiani"».
2.230
Precluso
Al comma 1, dopo la lettera b)
aggiungere la seguente:
«b-bis) dopo il quarto comma è
aggiunto il seguente:
"Non possono essere candidati e
non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che sono stati
condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo"».
2.231
Precluso
Al comma 1, dopo la lettera b)
aggiungere la seguente:
«b-bis) dopo il quarto comma è
aggiunto il seguente:
"La legge stabilisce la
incandidabilità e la decadenza dal seggio di quanti sono stati condannati con
sentenza definitiva"».
2.232
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, dopo la lettera b),
aggiungere la seguente:
b-bis) dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:
«La legge dispone la incandidabilità di
coloro che risultano avere la titolarità o il controllo, anche per interposta
persona, di un'impresa che svolga prevalentemente o esclusivamente la propria
attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato,
ovvero che risultano poterne disporre in tutto o in parte, direttamente o
indirettamente, o possano determinarne in qualche modo gli indirizzi, ivi
comprese le partecipazioni azionarie indirette, con particolare riferimento ai
settori della finanza e delle comunicazioni di rilevanza nazionale».
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Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea |
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RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
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ASSEMBLEA |
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768a seduta pubblica (pomeridiana): |
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martedì 17
luglio 2012 |
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Presidenza della vice presidente BONINO, indi del vice presidente NANIA |
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,34).
Si dia lettura del processo verbale.
MALAN, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni,
il processo verbale è approvato.
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione
e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione
delle leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica
amministrazione, di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte
costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella
circoscrizione Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo
per la Camera dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 18,25)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta pomeridiana
del 27 giugno scorso è stato approvato un emendamento interamente sostitutivo
dell'articolo 2. Successivamente la Commissione affari costituzionali ha
esaminato gli emendamenti, precedentemente rinviati, concernenti la forma di
governo.
Do la parola al presidente della 1a
Commissione permanente, senatore Vizzini, per riferire sull'andamento dei
lavori della Commissione stessa.
VIZZINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Signora
Presidente, come lei ha ben detto, nella seduta pomeridiana del 27 giugno, dopo
l'approvazione dell'emendamento sostitutivo dell'articolo 2 che istituisce il
Senato federale, presi la parola per osservare che su una proposta più volte ed
in forma diversa già respinta in Commissione e ripresentata in Aula con
formulazione nuova, ma identica nella sostanza politica, si era formata, in
Assemblea, una maggioranza diversa, di consistenza non così ampia come quella
che aveva prodotto il testo della Commissione e che, se rispecchiata nel voto
finale, non consentirebbe alla riforma di entrare in vigore se non dopo la
prossima legislatura. Per tale ragione comunicavo all'Assemblea le mie
dimissioni dall'incarico di relatore.
In seguito alla mia determinazione, il
Presidente del Senato disponeva il rinvio del provvedimento in Commissione per
la nomina del nuovo relatore da parte della Commissione stessa e anche per la
necessità di procedere, in quella sede, secondo quanto già disposto al riguardo
in una seduta precedente, all'esame degli emendamenti sull'elezione popolare e
diretta del Presidente della Repubblica, volti anche a introdurre una forma di
governo di tipo semipresidenziale.
Ricordo che sul punto la Commissione
aveva unanimemente convenuto di rinviare la votazione concernente l'elezione
diretta del Capo dello Stato, in attesa delle decisioni dell'Assemblea sulla
composizione del Senato della Repubblica.
Dunque, nella seduta notturna del 3
luglio, dopo aver conferito al senatore Boscetto l'incarico di relatore alla
Commissione, proponevo di procedere alla votazione che avevamo sospeso: il
relatore Boscetto esprimeva un parere favorevole, mentre il Governo, come di
consueto, si rimetteva alla Commissione, e la disposizione in questione, in
parità di voti, non risultava approvata dalla Commissione. Quindi si conveniva
di non procedere oltre nell'esame degli emendamenti sul semipresidenzialismo e
il senatore Boscetto avanzava la sua proposta sul seguito dell'esame in
Commissione e della discussione in Assemblea.
Posto ai voti il conferimento al
senatore Boscetto del mandato a riferire quale nuovo relatore all'Assemblea,
anche tale votazione aveva un esito non favorevole: non abbiamo, pertanto, un
nuovo relatore all'Assemblea nominato dalla Commissione.
Rimetto dunque alla Presidenza e
all'Assemblea ogni valutazione sulle determinazioni da assumere per il seguito
della discussione.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, alla luce di quanto testé riferito
dal presidente Vizzini, l'esame dei disegni di legge costituzionale all'ordine
del giorno proseguirà senza relatore.
Passiamo all'esame dell'articolo 3, su
cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
PARDI (IdV). Signora Presidente, gli emendamenti 3.202
e 3.205 si prestano alla facile ironia di voler eccedere nel ringiovanimento
dell'età per l'elettorato attivo e passivo, ma si prestano anche a
un'interpretazione opposta. Cioè, nella fase in cui tutti gli organi
dell'opinione pubblica si esercitano sul tema del «dare spazio ai giovani» e
sulla necessità di investirli di un ruolo in grado di responsabilizzarli,
procedere a questo ringiovanimento ha un senso progressivo. Si tratta di una
scommessa sul senso di responsabilità dei cittadini giovani, che sono messi in
grado di accedere alla discussione dell'interesse pubblico, di maturare dentro
di sé, individualmente e collettivamente, la consapevolezza necessaria per
porsi non solo il problema della pura e semplice rappresentanza, ma anche il
tema di come influire direttamente, attraverso la loro presenza attiva, sulla
determinazione della politica nazionale.
I giovani oggi si ritrovano in una
condizione che è nello stesso tempo di minorità e ‑ potrei dire ‑
di retorica maggiorità. Da un certo punto di vista sono considerati inadatti ad
assumersi responsabilità fino a un'età avanzata. Oggi, secondo le espressioni
giornalistiche più diffuse, quando avviene un fatto di cronaca qualsiasi che
investe la responsabilità, diretta o indiretta, di un trentenne, di un
trentacinquenne o di un quarantenne, negli organi di stampa si vede utilizzata
la stupefacente espressione «il ragazzo» o «la ragazza», ovvero termini che
tradiscono la stessa identificazione biologica delle persone. Si può essere
ragazzi fino a 35 o 40 anni e quindi, in un certo senso, consegnati ad un limbo
di gioventù perpetua, in attesa dell'età che permetta di esprimere liberi
giudizi su tutte le questioni della vita associata. Da qui nasce anche un
sentimento di tipo protettivo‑paternalistico, che porta a dire:
«Poveretti, non sono in grado di decidere». Un Ministro ha parlato di
«bamboccioni» e le esercitazioni su questo caso potrebbero essere infinite, e
anche noiose.
Accedere invece alla proposta di
abbassare l'età dell'elettorato attivo e passivo significa compiere
un'operazione che, nei confronti di questa cultura, potrebbe anche essere
brutale, dicendo loro: «Siete giovani, però siete già investiti, fin da adesso,
di una responsabilità». Può darsi - e possiamo mantenere una riserva mentale in
proposito - che investire persone, troppo giovani di questo tipo di
responsabilità possa essere un rischio. Essi potrebbero non essere pronti a
dare spessore dentro di sé a questo senso di responsabilità, però questa è una
scommessa che la Repubblica deve fare, buttandosi in un certo senso dietro le
spalle tutta la retorica inutile, che è stata consumata su questo argomento
fino ad ora. È una specie di scommessa democratica: «Siete ancora giovani per
davvero, ai limiti del diciottesimo anno di età; ma così come potete guidare
un'automobile e rischiare la vita vostra e quella degli altri, allo stesso
tempo siete investiti di un altro tipo di responsabilità: provare a produrre
pensiero e azione per migliorare la vita vostra e quella degli altri attraverso
l'esercizio della rappresentanza democratica. Provateci. Non è detto che vi
riesca, però noi vi diciamo di farlo».
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si
intendono illustrati.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo 3, che tocca l'articolo 58
della Costituzione, in effetti ci invita a un rapido esame di un argomento di
grande attualità, tale da toccare la sensibilità delle nostre scelte.
In realtà, le norme sono due: una è
quella che attribuisce l'elettorato attivo a tutti gli elettori, anche per il
Senato, a prescindere dal limite di età: non più a 25 anni, ma direttamente
quando acquisiscono il diritto generale all'elettorato attivo. La seconda
invece è quella che stabilisce che sono eleggibili a senatore gli elettori che
hanno compiuto il trentacinquesimo anno di età: stiamo cioè anticipando di
cinque anni l'eleggibilità dei cittadini alla carica di senatore. Sono due
norme diverse, evidentemente con un concetto diverso. La seconda abilita
all'elettorato passivo, ad essere eletti, soggetti un poco più giovani: quindi,
si prende del divenire dei tempi, del costume che cambia, dell'accelerazione di
certe maturazioni e quindi dell'accesso a possibili responsabilità e
investiture e si decide di anticipare l'età dell'elettorato passivo anche alla
Camera alta (come almeno fino a oggi ci siamo onorati di chiamare il Senato).
La prima vuole stabilire il principio per il quale la idoneità a votare e ad
eleggere dovrebbe essere in capo a tutti cittadini a prescindere dal
presumibile livello di «maturità» di questo o quell'altro elettore, o
elettrice.
Ebbene, il Gruppo del Popolo della
Libertà è favorevole - e anche io personalmente lo sono - a questo
ringiovanimento, pur di due qualità diverse, dell'una e l'altra prerogativa.
Presidenza del vice
presidente NANIA (ore 18,38)
(Segue BENEDETTI VALENTINI). Ma
vorrei che tutto questo avvenisse e fosse deliberato con quanto più largo
consenso possibile, senza demagogie, senza sbavature, né in senso di senilismo
conservatore, che pure può avere delle sue ragioni d'essere ma che non è
condivisibile alla stregua del divenire degli avvenimenti, delle generazioni,
né con della demagogia giovanilista di maniera, che sconfina in un altro
atteggiamento di facciata, non ispirato a un criterio di funzionalità e di
equilibrio istituzionale. E quindi la scelta di attestarsi su questo
ringiovanimento non trascurabile delle facoltà attive e passive quanto
all'elettorato dei più giovani concittadini mi sembra un punto di equilibrio
francamente apprezzabile allo stato attuale del dibattito.
Voglio ulteriormente motivare questa
scelta, dicendo che siamo in presenza di una grande rivoluzione e di uno
scontro di culture, di mentalità, di sensibilità ed anche in presenza di
epidermiche reazioni a spinte contestative di ogni genere, alcune
condivisibili, altre francamente molto superficiali e molto approssimative.
Vorrei dirvi questo, a mio modestissimo parere: credo che una Nazione, un
Paese, una comunità possano avere una prima grande fortuna: quella di avere un
incontro delle generazioni e di vedere che più generazioni si incontrano, si
capiscono ed interscambiano desideri, obiettivi, senso di appartenenza e valori
comuni. Un Paese, una Nazione e una comunità che hanno questa fortuna sono
benedetti da Dio. C'è poi un'altra cosa altrettanto bella: lo scontro tra le
generazioni, il clangore genuino dello scontro tra generazioni, quando c'è una
generazione che è consapevole di sé stessa e che è forte nei suoi valori e
nella sua tradizione e ce n'è una più giovane, altrettanto forte di nuovi
valori, che bussa alla porta e che, in nome di questa validità e non del
«levati tu che mi ci metto io», è capace di dare un grande contributo al
destino comune. È bellissimo sia l'incontro delle generazioni che lo scontro
delle generazioni. Ecco perché io dico, di fronte a giovanilismi e
conservatorismi contrapposti, che bisogna avere la lucidità dell'equilibrio e
il senso della comunità, per mettere a patrimonio ciò che ciascuna generazione
e ciascuna cultura, nel suo vissuto o nel suo vivendo, è nella condizione di
dare.
Non vi sembri strano questo paragone,
né di basso profilo. Io sono un appassionato giocatore di ping-pong e me la
cavo anche abbastanza bene. (Ilarità). Sì, sì, ridete, ridete: lo faccio
apposta, per farvi un po' sollevare. I miei due figlioli maschi, due
giovanottoni, sono diventati con il tempo altrettanto bravi giocatori di
ping-pong e abbiamo per anni combattuto sul tavolo verde, quello di legno del
ping-pong, ma non riuscivano mai a battermi, tant'è che mia moglie mi diceva:
«Vabbè, falli vincere una volta ogni tanto!». «No, no, non li faccio vincere;
vediamo, quando vinceranno». Il giorno in cui alla fine, come Dio ha voluto, mi
hanno battuto l'uno e l'altro, vi assicuro che è stato un guardarsi negli occhi
- direte che è una sciocchezza - e che ci sono stati una gioia e un orgoglio
nei loro occhi e una gioia nei miei. (Applausi). Questo è l'incontrarsi
e il misurarsi delle generazioni, nelle piccole come nelle grandi prove della
vita. E la politica è la sintesi di tutte le prove della vita e di tutte le
responsabilità che si possono assumere.
Sicché questo deve essere lo spirito
con cui, in sede di modifica della Costituzione, noi votiamo queste norme.
Ringiovanimento sì, ma non il bussare alla porta con arroganza perché mi ci
voglio mettere io al posto tuo. Misùrati con la validità del contributo civile
e delle idee che sei in grado di esprimere e sarà grande la soddisfazione di
chi potrà darti spazio e protagonismo! Questo è lo spirito con cui noi votiamo,
non formalmente e non ritualmente, questo ringiovanimento sancito dall'articolo
3. (Applausi dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Invito il rappresentante
del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
MALASCHINI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come precisato anche in altre
occasioni, il Governo si rimette alla valutazione dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.200.
PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signor Presidente,
pur privo del clangore del senatore Benedetti Valentini, vorrei fare una
dichiarazione di voto su questo mio emendamento, che potrebbe in qualche modo
aderire all'afflato retorico del senatore Benedetti Valentini, se in effetti
non ci fosse il problema che, in tutti questi articoli del disegno di legge
costituzionale, non si è preso in considerazione il problema dei problemi:
cioè, non dare «una mano di coppale» su un testo scritto dai Padri costituenti
e quindi cercare di renderlo un po' più lucido agli occhi degli italiani del
2012, ma andare a vedere che cosa all'interno delle istituzioni italiane
esiste, funziona e come funziona, e soprattutto come non viene fatto
funzionare.
Abbassare l'età dell'elettorato attivo
e dell'elettorato passivo sicuramente appartiene più «alla mano di coppale»
piuttosto che al cercare di affrontare il problema nel suo cuore, alla radice.
Qui in Italia non è consentita la rappresentanza territoriale all'interno del
Parlamento. In Italia c'è una legge elettorale che non consente di eleggere
direttamente, né i deputati né i senatori: abbassare l'età dell'elettorato
attivo e passivo sicuramente non ci fa affrontare questo problema, che resta
centrale per l'antidemocrazia italiana e per come si è andata consolidando
negli ultimi trent'anni. Quindi, con l'emendamento 3.200 vogliamo cancellare
l'articolo 3 del disegno di legge costituzionale.
Se proprio si volesse andare incontro
alla necessità di fare largo ai giovani dal punto di vista dell'elettorato sia
attivo che passivo, allora facciamo un lavoro di equiparazione con la Camera, e
abbiamo un altro emendamento più avanti di cui parlerà la senatrice Poretti.
Ripeto, se proprio è un problema di
numeri (ormai i parlamentari sono dei numeri e vanno diminuiti dal punto di
vista della loro presenza alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica, gli vanno tolti i soldi perché guadagnano troppo e gli va tolto
tutto quello che altrove si ritiene invece di non dover togliere anche ai
dipendenti pubblici), se proprio di numeri si deve parlare, facciamo un
ragionamento meramente numerico e abbassiamo anche per il Senato l'età
dell'elettorato attivo e passivo come alla Camera.
Chiedo infine che questo emendamento
sia votato mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Perduca,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.200, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. L'emendamento 3.201 è
precluso dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2), mentre
l'emendamento 3.300 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 3.550.
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor
Presidente, come ho comunicato precedentemente agli uffici, intendevo
riformulare l'emendamento 3.550, prevedendo non la sostituzione dell'articolo
58, ma l'aggiunta in fine delle parole: «e che risiedono nella Regione alla
data di indizione delle elezioni». Questo perché saremmo stati più favorevoli
al fatto che, al limite, l'età per l'elettorato passivo fosse identica a quello
della Camera di ventuno anni, però mi sembra che non tiri aria in questo
Parlamento per ridurre così tanto l'età dei senatori; dunque chiediamo per lo
meno che venga previsto rispetto alla candidabilità il requisito della
residenza nella Regione nel momento in cui vengono indette le elezioni.
Visto che l'elezione del Senato è su
base regionale prevediamo che i senatori siano quelli del posto e non quelli
«paracadutati» da altre parti. (Applausi dal Gruppo LNP).
PRESIDENTE. Senatore Calderoli, non so se ho capito perfettamente.
Quindi, lei la parte dell'emendamento che riguarda la possibilità di essere
eletti a ventuno anni la cancella, mentre resta la seconda parte come da lei
appena illustrato.
CALDEROLI (LNP). Sì, Presidente.
PRESIDENTE. Va bene, allora
l'emendamento 3.550 viene accantonato e sarà votato successivamente.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 3.3.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
la contrarietà del nostro Gruppo sull'emendamento 3.3 è data dall'espressione
«sono eletti a suffragio universale e diretto». La motivazione del voto contrario
sta nella dichiarazione di voto che la senatrice Bugnano farà quando si
tratterà della definizione della formazione del Senato.
Il nostro Gruppo, infatti, è promotore
di una soluzione di natura diversa che cerca di eliminare la sovrapposizione di
ruolo tra le Camere nella sua origine, che sta esattamente nell'elezione a
suffragio universale e diretto, scelta che produce una concorrenzialità
inevitabile nella decisione politica. Se si vuole superare il bicameralismo
perfetto bisogna trovare un'altra via, e non semplicemente percorrere quella
della distinzione delle competenze, che l'esperienza ha già dimostrato essere
decisamente fallimentare.
Una spiegazione più rotonda sarà data
dalla senatrice Bugnano quando si affronterà il nostro emendamento.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, stiamo parlando dell'emendamento 3.3, ma il mio
l'emendamento 3.201 è identico. Entrambi mirano all'abrogazione dell'articolo
58 della Costituzione. Volevo spiegare perché!
PRESIDENTE. Il suo propone l'abrogazione,
l'altro la sostituzione. Sono due cose diverse.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Formalmente sono diverse, ma il risultato è uguale. L'intento di abrogare
l'articolo 58 risultava dall'impianto che il nostro Gruppo aveva proposto per
il Senato, che noi vedevamo come federale. Questa discussione si è conclusa,
dal nostro punto di vista, poco felicemente perché si prevede solo che in
questo Senato federale ci siano 21 delegati regionali senza le prerogative
parlamentari e si evidenzia anche una mancata congruenza con un impianto
organico. Avremo nella stessa Aula del Senato dei senatori eletti e i delegati,
gli uni con prerogative parlamentari e gli altri senza; i primi potranno votare
su tutti i disegni di legge e sulla fiducia e gli altri saranno limitati agli
interventi riguardanti l'articolo 117, comma 3, cioè le materie di legislazione
concorrente e quelli ancora da stabilire e definiti di interesse delle
autonomie locali, che sarà un tema che darà adito sicuramente a molte discussioni.
Noi avevamo prospettato un Senato
eletto sì direttamente, ma in concomitanza con i Consigli regionali ed
espressione del territorio, con senatori che avrebbero fatto parte del
Consiglio regionale e che, inoltre, avrebbero rappresentato le Regioni in sede
nazionale. Pertanto, l'articolo 58 sarebbe stato superfluo. L'emendamento non è
passato, ma noi insistiamo sull'abrogazione dell'articolo 58 semplicemente per
evidenziare che questo articolo della Costituzione distingue il Senato (la
Camera alta, se così lo vogliamo definire) dalla Camera solo per l'età in cui
si acquisisce il diritto di elettorato attivo e passivo.
È un'occasione mancata per avere una
rappresentanza vera delle Regioni se si distinguono le due Camere solamente per
il numero di parlamentari che ne fanno parte e per l'età. Come una volta i
popoli indigeni avevano il collegio degli anziani che decideva, così noi,
invece di cogliere la sfida moderna di rappresentare le Regioni e di dare più
spazio e più rappresentanza alle comunità regionali dove il cittadino è più
vicino alle istituzioni stesse, differenziamo solamente in base all'età.
Si tratta di una decisione poco
sensata, e le proposte che provengono dalla Commissione di abbassare il limite
non fanno altro che attenuare il problema, perché giustamente ci si chiede
perché alla Camera dei deputati si debba votare ad un'età e al Senato ad
un'altra. Si evidenzia la mancata rappresentanza regionale. Pertanto, ripeto,
proponiamo l'abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione.
Su questo emendamento, signor
Presidente, chiedo inoltre la votazione nominale con scrutinio simultaneo,
mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore
Peterlini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.3, presentato dal senatore Saia e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Riprendiamo ora l'esame
dell'emendamento 3.550 (testo 2), precedentemente accantonato.
Ricordo che tale emendamento prevede
che all'articolo 58 della Costituzione si aggiunga l'ultimo parte
dell'emendamento medesimo. Voglio inoltre precisare che se l'emendamento verrà
approvato i successivi emendamenti risulteranno preclusi.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signor
Presidente, lei sta mettendo in votazione l'emendamento 3.550, presentato dal
senatore Calderoli precedentemente accantonato?
PRESIDENTE. Sì, senatore Boscetto, ma riformulato sopprimendone la
prima parte: resta l'inciso contenuto nella parte finale dell'emendamento. Con
l'approvazione di tale emendamento l'articolo 58 della Costituzione sarebbe
modificato con quell'aggiunta. Quindi, tutti gli altri emendamenti che
prevedono un'età diversa dell'elettorato passivo risulterebbero preclusi.
BOSCETTO (PdL). Su questa riformulazione che riguarda la
residenza nella Regione alla data di indizione delle elezioni, il Popolo della
Libertà è contrario. In Commissione ci siamo soffermati a lungo sull'argomento
e sono state avanzate proposte difformi al riguardo: sono stati presentati
emendamenti che prevedevano che si doveva essere residenti da almeno dieci
anni, mentre l'emendamento 3.550 prevede che è necessario risiedere alla data
di indizione delle elezioni. Non si garantisce niente in questo modo, perché si
fa presto a rendersi residenti alla data dell'indizione delle elezioni e si
finisce per creare un ostacolo a un elettorato passivo che deve essere
assicurato in modo universale.
Per questa motivazione il Popolo della
Libertà è contrario a quest'emendamento, senza nulla voler togliere
all'iniziativa del senatore Calderoli. La materia è stata oggetto di un
dibattito ampio, il senatore Calderoli è rimasto legato a questa formulazione e
noi, per le ragioni a cui ho accennato e per quelle che si possono leggere nei verbali
del lungo lavoro svolto in Commissione - lo ribadisco -siamo contrari.
PRESIDENTE. L'interpretazione espressa poc'anzi dalla Presidenza mi
sembra un po' delicata, perché è ovvio che, se fosse respinto l'emendamento
3.550 (testo 2), si intenderebbe respinta non solo la parte che con esso si
propone di inserire, ma anche quella, di cui all'alinea, relativa alla modifica
dell'articolo 58 della Costituzione.
Vorrei che lei, senatore Calderoli,
chiarisse bene la sua posizione, in modo che tutti possano regolarsi di
conseguenza. Diversamente, sospendiamo la seduta per qualche minuto.
CALDEROLI (LNP). Signor Presidente, c'è stata proprio
un'incomprensione al riguardo.
Quello che intendo proporre è di
aggiungere in fine all'articolo 3, quindi al testo dell'articolo 58 della
Costituzione come modificato in Commissione, le parole: «e che risiedono nella
Regione alla data di indizione delle elezioni». Quindi, il testo resterebbe
quello dell'articolo 58 della Commissione e non si precluderebbe alcunché; si
aggiungerebbe alla fine una frase, per cui il periodo diventerebbe: «Sono
eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il trentacinquesimo anno
e che risiedono nella Regione alla data di indizione delle elezioni». Secondo
me, l'emendamento non precluderebbe alcunché rispetto agli altri emendamenti.
PRESIDENTE. Sospendo la seduta per cinque minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 19,01, è
ripresa alle ore 19,06).
Riprendiamo i nostri lavori.
Do lettura dell'emendamento 3.550
(testo 2) del senatore Calderoli: «All'articolo 3, comma 1, lettera b),
aggiungere, in fine, le seguenti parole: "e che risiedono nella Regione
alla data di indizione delle elezioni."».
Così riformulato, l'emendamento sarà
posto in votazione dopo l'emendamento 3.213.
Passiamo pertanto alla votazione
dell'emendamento 3.202.
PARDI (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.202, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Gli emendamenti 3.203 e 3.204
sono preclusi.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 3.205.
PARDI (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento
3.205, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
3.206, presentato dal senatore Molinari.
Non è approvato.
L'emendamento 3.207 è precluso.
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
mi sono perso qualche passaggio. Le chiederei pertanto di avere la gentilezza
di spiegarmi per quali ragioni gli emendamenti 3.203, 3.204 e 3.207 sono
preclusi.
PRESIDENTE. Senatore Pardi, gli emendamenti 3.203, 3.204 e 3.207
risultano preclusi a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo
2), relativo alla formazione del Senato federale.
Passiamo ora alla votazione
dell'emendamento 3.208.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
desidero svolgere una breve dichiarazione di voto sull'emendamento 3.208.
Durante la discussione in Commissione è
stato affrontato l'argomento delle incandidabilità, delle ineleggibilità e
delle incompatibilità. Questo emendamento interviene per proporre che siano
eleggibili gli elettori che non abbiano riportato condanne definitive per reati
non colposi, cioè per reati dolosi. Detto in modo diretto, significa che non
sono eleggibili gli elettori che abbiano riportato condanne definitive per
reati dolosi.
Può essere un emendamento che ha una
sua rozzezza, però interviene su un punto particolarmente all'attenzione
dell'opinione pubblica. L'attenzione affonda nel fatto che in questo
Parlamento, in queste Assemblee elettive l'opinione pubblica ritiene veramente
sovradimensionato il numero dei rappresentanti del popolo gravati da indagini,
condanne, carichi giudiziari. Sostenere questa posizione non significa adottare
un criterio di tipo giustizialista, come si dice normalmente, con parola
largamente impropria, dato che il giustizialismo niente ha a che fare con il
rispetto della legalità. Si tratta di affermare un principio per cui, per lo
meno nelle condizioni di partenza, i rappresentanti del popolo non devono
essere gravati da una ipoteca di natura giuridica preoccupante.
Se mandiamo nelle Assemblee elettive
persone che hanno riportato condanne definitive è come se accettassimo fin
dall'inizio che il rispetto della legge è una condizione del tutto opzionale e
marginale per individuare il profilo degli eletti. Questo non significa pretendere
di stabilire graduatorie di virtù: sappiamo bene che la virtù ha poco a che
fare con la legalità. Non c'è alcun intento moralistico in questa proposta:
lungi da noi stabilire un criterio di natura etica che possa richiamare la
natura dello Stato etico. Lo Stato etico è quello che stabilisce chi è virtuoso
e chi non lo è, e noi non vogliamo minimamente addentrarci in questo terreno,
che consideriamo tipico non delle democrazie ma semmai delle dittature. Siamo
per la libertà della coscienza individuale e non abbiamo alcuna intenzione di
stabilire criteri e barriere di tipo ideale, filosofico o morale a chiunque
intenda candidarsi.
Vogliamo soltanto sostenere che chi si
presenta alle elezioni non deve essere gravato da una condanna definitiva per
un reato doloso. È una misura imperfetta, perché sappiamo che anche il sistema
giudiziario è imperfetto e vi potrebbero anche essere condanne definitive non
giuste, ma nell'incertezza determinata da questa imperfezione comunque
riteniamo che questo abbia un valore significativo, se non altro per
l'educazione alla legalità delle giovani generazioni.
In questo mi ricollego alla scommessa
teorica dell'abbassare l'età dell'elettorato attivo e passivo, proprio con una
funzione di natura euristica. Si propone ai giovani di fare una scommessa per
il loro intervento in politica, ma se si fa questa scommessa non si può
lasciare loro la possibilità di pensare che chi è condannato può
tranquillamente andare a sedersi negli scranni delle Assemblee dove si decide
la politica nazionale.
Su quest'emendamento chiedo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signor
Presidente, l'emendamento 3.208 del senatore Pardi a prima vista è
incostituzionale in quanto renderebbe non eleggibile chi ha riportato condanne
definitive per reati non colposi. In altri termini, sarebbe ineleggibile colui
che ha posto in essere reati dolosi. Ma, ad esempio, reato doloso è il reato di
ingiuria, per cui noi, per una condanna definitiva a una multa per un delitto
di ingiuria, precluderemmo l'elettorato passivo. Qui l'irrazionalità è
manifesta.
Pertanto, il nostro voto, così come già
avvenuto in Commissione, sarà contrario. (Applausi dal Gruppo PdL).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, il contenuto di questo, come di altri emendamenti è da
approfondire, ma in altra sede. Questioni come l'ineleggibilità,
l'incompatibilità e l'incandidabilità sono argomenti che usualmente non si
discutono all'interno di una riforma costituzionale, né si scrivono in
Costituzione. (Applausi dal Gruppo PD). Sono emendamenti spot.
Non solo, ma anche la difficoltà e la fatica con le quali il senatore Pardi
(che sta facendo un'ottima attività parlamentare nel tentativo di riscrivere la
Costituzione) prova ad argomentare questo tipo di emendamenti dimostrano che,
oggettivamente, forse potremmo discuterne in ben altra sede e in ben altri
contesti. (Applausi dai Gruppi Per il Terzo Polo:ApI-FLI e
PD).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Pardi,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.208, presentato dal senatore Pardi.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 3.209.
BELISARIO (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signor
Presidente, desidero fare una precisazione, perché qualcuno di noi, ogni tanto,
sembra «cadere dal pero». Sia chiaro: nessuno ha prescritto a nessuno di noi di
fare i parlamentari con una fedina penale sporca. Nessuno.
Allora, mi sembra quanto meno balzano
parlare di incostituzionalità per un verso, di norma eccessivamente perversa
per un altro. O stabiliamo in Costituzione che non si può essere eletti in
presenza di una sentenza penale passata in giudicato per reati dolosi, oppure
permetteremo a coloro i quali sono letteralmente pregiudicati di sedere in
Parlamento e, guarda caso, di varare anche le riforme sulla giustizia (Commenti
del senatore Asciutti). Mi sembra una contraddizione assolutamente
evidente. Io vorrei che siano valutati nel migliore dei modi. Poi ci chiediamo
per quale motivo il Paese reale si allontana sempre di più dal Palazzo:
evidentemente, c'è qui più di una ragione.
Per tali motivi, l'Italia dei Valori ha
presentato questi emendamenti, che non sono di bandiera, né rendono difficile -
come qualcuno ha sostenuto - al senatore Pardi o a qualcuno di noi la loro
illustrazione. Non abbiamo alcuna difficoltà. Piuttosto, chiediamo a chi si
esprime in questi termini di guardarsi molto bene allo specchio. (Applausi
dal Gruppo IdV).
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, il senatore Boscetto, nel respingere l'emendamento del
senatore Pardi e ragionando sul fatto che le condanne definitive per reati non
colposi potrebbero anche essere condanne per reati minori, escludendo pertanto
ingiustificatamente gli elettori dal diritto di voto, ha affermato che questa
argomentazione non può applicarsi al caso previsto nell'emendamento 3.209 del
senatore Belisario, secondo il quale sarà la legge a stabilire la
ineleggibilità di quanti sono stati condannati con sentenza definitiva.
Sottolineo questo aspetto perché
ritengo che l'opinione pubblica si aspetti un segnale in merito all'aspetto
della moralità della politica. Le tante avversioni di cui abbiamo parlato in
quest'Aula nascono anche dalla mancata credibilità nei confronti degli organi o
degli eletti a causa degli scandali che nascono ogni giorno e che gettano il
discredito non solo sul singolo parlamentare o consigliere regionale o
comunale, ma addirittura sulle stesse istituzioni, su tutto il Parlamento, nel
nostro caso. La gente poi getta il bambino con l'acqua sporca, per dirla con un
detto popolare. Penso che limitare con legge l'eleggibilità di chi
effettivamente - lo dirà poi la normativa - abbia commesso reati risponda a un
intento molto positivo.
Vorrei però chiedere al senatore
Belisario, e a lei, Presidente, di separare la votazione dei due capoversi
dell'emendamento, perché sono state inserite in un unico emendamento due
diverse questioni. Una questione è rappresentata dall'abbattimento dell'età, che
portate al ventesimo anno di età. Tutt'altra questione è definire tramite legge
l'ineleggibilità. Chiedo pertanto due separate votazioni, nonché la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
Signor Presidente, ho chiesto sia a lei
che al proponente la votazione separata dei due paragrafi dell'emendamento,
perché immagino che alcuni senatori siano d'accordo con uno e non con l'altro.
Noi saremmo d'accordo con la scelta di limitare l'eleggibilità nel caso di
reati gravi.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, intervengo per avanzare la stessa richiesta del senatore
Peterlini.
Noi siamo a favore della votazione
dell'emendamento per parti separate, perché siamo d'accordo sul fatto che la
legge stabilisca l'ineleggibilità per coloro che sono stati condannati con
sentenza definitiva. Quanto all'età, interverrò successivamente, quando si
arriverà al mio emendamento, per spiegare la nostra contrarietà.
LONGO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LONGO (PdL). Signor Presidente,
l'emendamento in questione vuole limitare l'elettorato passivo nel caso di
persone condannate per reati non colposi, e quindi per reati dolosi, con buona
pace della discussione che potrebbe verificarsi e si verificherebbe per i reati
cosiddetti preterintenzionali o aggravati dall'evento. Gronda però demagogia
questa realtà, perché vorrebbe imprimere un suggello di infamia definitivo a
chi è stato condannato per un reato doloso, anche per un reato minimo.
A questo proposito, non sfugge
certamente ai signori senatori del Gruppo dell'Italia dei Valori che nel nostro
ordinamento esiste l'istituto della riabilitazione, che è esattamente un
istituto a favore del concetto per cui la pena, quando si è estinta o si è
patita, ripropone i soggetti condannati in pieno diritto nella comunità che li
ospita, tant'è vero che l'articolo 178 del codice penale stabilisce che la
riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della
condanna, salvo che la legge disponga altrimenti. L'istituto è tanto attento
anche alla possibilità di una revoca della riabilitazione.
Parlare dunque di sentenza di condanna
per reati non colposi come causa di incapacità totale ad essere eletti come
membri di un Parlamento mi sembra veramente una prospettazione del tutto
demagogica, senza contare che in quest'Aula, come in quella della Camera, si
sono seduti altissimi personaggi che avevano subito per varie ragioni sentenze
di condanna per reati dolosi, superate poi dalla storia, ma che altrimenti
sarebbero rimaste come un marchio di infamia per tutta la vita. (Applausi
dal Gruppo PdL e del senatore Fleres).
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor
Presidente, intervengo giusto per ricordare a me stesso, ma anche all'Aula, che
all'articolo 65 della Costituzione si dice: «La legge determina i casi di
ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore».
La ringrazio, Presidente. (Applausi
dal Gruppo LNP e dei senatori Asciutti e Fleres).
PRESIDENTE. Poiché non si fanno osservazioni, procederemo alla
votazione per parti separate.
Passiamo dunque alla votazione della
seconda parte dell'emendamento 3.209.
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
precedentemente avanzata dal senatore Peterlini, risulta appoggiata dal
prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
della seconda parte dell'emendamento 3.209, presentato dal senatore Belisario,
che così recita: «La legge stabilisce la ineleggibilità di quanti sono stati
condannati con sentenza definitiva».
Resta ferma ovviamente la precisazione
fatta dal senatore Calderioli, per cui si porrebbero ovviamente dei problemi di
coordinamento con l'articolo 65 della Costituzione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
della prima parte dell'emendamento 3.209.
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
precedentemente avanzata dal senatore Peterlini, risulta appoggiata dal
prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
della prima parte dell'emendamento 3.209, presentato dal senatore Belisario,
che così recita: «Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il
ventesimo anno di età».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 3.210.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, l'emendamento 3.210 è facile da comprendere, perché vuole
stabilire un'analogia con le leggi in vigore già da tanto tempo per l'elezione
dei sindaci, che possono portare a termine solo due consiliature, e dei
Presidenti di Provincia e di Regione, per cui valgono regole analoghe. È
infatti evidente che il ricambio, di cui i colleghi dell' Italia dei Valori
parlavano poco fa, si ottiene stabilendo un tetto al numero delle legislature e
non certamente abbassando a 18 o a 20 anni l'età minima per essere eletti.
Lo dico in modo breve, ma lo dico da
madre di famiglia, prima ancora che da parlamentare: credo che un ragazzo di 18
anni o di 20 anni debba pensare a costruirsi la sua vita professionale, a
trovare un posto di lavoro e a studiare. (Applausi dal Gruppo PdL).
Credo che un giovane di 18 anni debba capire se affrontare un mestiere o se
vuole o se può intraprendere una professione. e non avere come aspirazione
quella di essere eletto in Parlamento, per poi affidarsi, qualora non venga
rieletto dopo la prima legislatura, alla disperazione di una vita diversa da
quella del parlamentare. Non sono assolutamente d'accordo: lo dico in maniera
estremamente chiara.
Aggiungo, signor Presidente, che so
bene che non si può inserire in Costituzione il vincolo delle due legislature:
tutti abbiamo infatti approfittato della possibilità di dire, attraverso gli
emendamenti, delle cose che non riusciamo a dire in altro modo in questa
Assemblea e che, soprattutto, non riusciamo a portare avanti. Per questo, mi
farebbe piacere ritirare l'emendamento 3.210 e semmai trasformarlo in ordine
del giorno, perché si possa pensare, in altre circostanze, di prevedere un
limite massimo alle legislature di ciascun parlamentare, per tentare di creare
un ricambio, che non sia solo generazionale, ma che sia anche un ricambio delle
persone che possono partecipare attivamente alla vita politica italiana. (Applausi
dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL).
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). L'emendamento
3.210, presentato dalla senatrice Poli Bortone, e l'emendamento 3.211,
presentato dal senatore Fleres, al di là della volontà della senatrice di
ritirare l'emendamento per dare alla disposizione un carattere di impegno
futuro, rappresentano un modo per affermare che il mestiere di parlamentare non
può diventare un mestiere a vita.
La critica che viene rivolta al ceto
politico, in questo momento e in questi anni, si basa non solo sulla virtuale
abbondanza della remunerazione che tocca ai parlamentari e non solo sui
privilegi, spesso anacronistici e insensati, di cui godono i parlamentari. Uno
dei motivi di più fiera critica al carattere immanente e odierno del ceto
politico è infatti la sua eternità, è il fatto che quando qualcuno riesce ‑
come si dice in Toscana ‑ ad «agguantare» un seggio, fa di tutto e di più
per riuscire a mantenerlo più a lungo possibile, trasformando un'attività
nobile e significativa di proposizione di proposte, di riformismi e di idee, in
una sorta di meccanismo abitudinario e ripetitivo, che col passare degli anni
perde progressivamente la sua forza creativa e che si traduce, alla fine, in
una sorta di piatta, anonima e asfittica presenza nelle Assemblee elettive (non
voglio fare torto ai casi luminosi di senatori e deputati che hanno
baldanzosamente rappresentato la loro presenza fino alla fine, con battaglie e
idee). Tant'è. L'opinione pubblica percepisce la cosa in questo modo. E non è
per corrività che bisogna essere acquiescenti a questo modo di vedere. Bisogna
avere in noi stessi la forza di capire che questo è ormai un limite
irresistibile per la nostra dignità pubblica. Dobbiamo avere il coraggio di
affermare che le legislature non possono essere infinite. Bisogna impegnarsi
seriamente in questa dimensione di autolimitazione della propria facoltà di
farsi rieleggere.
Trovo in questi due emendamenti un
limite perché si parla soltanto di senatori. In realtà, credo che di non far
torto a nessuno dei due presentatori immaginando che loro stessi possano
accedere ad una formulazione diversa. Per la verità noi abbiamo trovato una
formulazione diversa con l'emendamento 4.0.221 (già 5.0.201), che propone di
aggiungere al secondo comma dell'articolo 65 della Costituzione, le seguenti
parole: «né essere eletto più di tre volte quale membro del Parlamento», in
modo tale che si possa configurare una limitazione sia dei senatori, sia dei deputati
a tre legislature.
Ma, comunque sia, al di là della sua
formulazione limitata, questo ed il successivo sono emendamenti
importantissimi, forse tra i più decisivi, per presentare l'Assemblea elettiva
con un volto diverso nel futuro. Noi non possiamo attardarci in una dimensione
di autoconservazione. Bisogna, anzi, per riprendere le parole della collega
Poli Bortone, vedere quasi con gioia, con senso di liberazione il momento in
cui, dopo la nostra esperienza parlamentare, usciremo da questa Aula ed andremo
a fare dell'altro. Sta alla nostra fantasia e alla nostra creatività trovare le
vie da percorrere, ma non possiamo immaginarci incartapecoriti in un ruolo
eterno.
Quindi, viva gli emendamenti 3.210 e
3.211!
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, se questo Parlamento fosse guidato dal buon senso e avesse
soltanto un pizzico del senso dello Stato che ebbero i Costituenti che vollero
la nostra Costituzione, probabilmente emendamenti come questi e come tanti
altri non sarebbero mai comparsi all'attenzione di un'Aula parlamentare, perché
non c'è dubbio che tale argomento non ha nulla a che fare con la Costituzione
italiana. (Applausi della senatrice Mariapia Garavaglia).
È un argomento che non può essere
affrontato in sede costituzionale perché è manifestamente legato a questioni
che attengono alle dinamiche dei partiti. Il nostro Parlamento non è stato
neanche capace di disciplinare l'attività dei partiti: figuriamoci se è nelle
condizioni di poter disciplinare tale questione.
Ma allora potreste chiedermi: perché
hai presentato un emendamento in questo senso e perché la senatrice Poli
Bortone ha presentato un emendamento in tal senso? È molto semplice. Ci
troviamo nella stessa ed identica situazione in cui ci trovammo quando fummo
nelle condizioni di dover proporre una riserva per le donne, una riserva di
genere che diventava indispensabile per rompere un meccanismo che certamente
determinava uno squilibrio all'interno di un Parlamento, dunque di un organo
democraticamente eletto, ed in cui però esiste una notevole dispari opportunità,
per usare un termine traslato, tra posizioni scaturenti da partiti diversi, da
storie diverse, da esperienze diverse.
Allora, con questi emendamenti - e
ringrazio il senatore Pardi per quanto ha detto, che certamente è in parte
condivisibile - vogliamo porre un problema. Esiste un problema di ricambio
generazionale in politica. I partiti non mostrano attenzione per il problema
del ricambio generazionale in politica. Questo tema deve essere affrontato in
qualche modo. Ne parliamo impropriamente in questa sede, perché non è
certamente di livello costituzionale la proposta che stiamo formulando, ma è
certamente di rilevanza politica; poi verificheremo quali debbano essere gli
schemi, i modelli ed i limiti per determinare un equilibrio tra la continuità dell'azione
politica ed un altrettanto degno di rilevanza problema di rappresentatività
generazionale e di ricambio della classe politica. Certamente, questo tema non
ha una rilevanza costituzionale, come invece dimostrerebbero gli emendamenti
che abbiamo presentato; ma abbiamo la consapevolezza di comprendere quale sia
il livello delle questioni che poniamo, e dunque ci comportiamo di conseguenza.
Non trascuriamo un dettaglio, però. E
questo sì, onorevoli colleghi, desidero che lo poniate alla vostra attenzione.
Emendamenti di questo genere, in quel fascicolo, ce ne sono a centinaia, e non
hanno niente a che vedere con una riforma costituzionale. Allora il tema che ci
dobbiamo porre è un altro. Un Parlamento che si trova a sette o otto mesi dalla
propria scadenza, un Parlamento che in questo momento è dilaniato da posizioni
difficili di natura politica, che attraversano trasversalmente il centrodestra,
il centrosinistra, il centrocentro, l'alto, il basso, il Nord e il Sud, è un
Parlamento che può ritenersi in maniera del tutto autoreferenziale abilitato ad
affrontare una riforma costituzionale? O non sarebbe invece molto più opportuno
- come qualcuno ha detto e come noi di Coesione Nazionale-Grande Sud abbiamo
più volte detto - in maniera molto stringata ed essenziale varare una legge che
istituisca un'Assemblea Costituente che, in maniera terza, a tempo determinato,
con fortissimi livelli di incompatibilità prima, e con fortissimi (al quadrato)
elementi di incompatibilità dopo, riscriva la Costituzione, avendo al centro il
buonsenso e il senso dello Stato? Quest'ultima cosa mi sembra di notare che tra
noi, senza offesa per nessuno (me incluso), non ci sia in questo momento, dato
che noi ci siamo posti - ed abbiamo deciso di farlo - al livello della
disinformazione che disinforma sulla nostra attività e non al livello di quello
che dovrebbe essere un Parlamento, soprattutto quando tenta di riscrivere la
legge generale dello Stato, la legge più importante dello Stato, cioè la
Costituzione. Ma così è. (Applausi della senatrice Mariapia
Garavaglia).
Abbiamo deciso non di competere tra
intelligenze e tra posizioni politiche, che possono anche essere diverse, ma
che hanno tutte la dignità dell'ascolto; abbiamo deciso invece di competere con
i pennivendoli e con gli imbrattacarte, con i giornalisti che, anziché
informare, disinformano, con quelli che tentano di delegittimare la classe
politica per affermare non un'altra classe politica alternativa, ma una
delegittimazione complessiva di un modello di democrazia che tende ad essere
sempre più vittima e prigioniero di meccanismi che sono esterni alla
democrazia.
Il suffragio universale in questo
momento è in forte crisi. Allora, o ci poniamo questo tema o non siamo classe
dirigente, né per fare questa riforma costituzionale, né per qualsiasi altro
modello normativo che ci venga sottoposto dal Governo o da altri. Noi non
attraversiamo in questo momento una situazione facile, ma non possiamo
certamente portare all'ammasso le nostre intelligenze e la nostra funzione solo
perché qualcuno scrive quello che scrive e qualcuno si è messo nelle mani di
coloro i quali condizionano il suffragio universale e di quelli che invece
vogliono sostituire il suffragio universale con il censo, con il potere, con lo
spread, con l'alta finanza, con i movimenti di borsa, con i ricatti
finanziari e con quant'altro in questo momento il nostro Paese e il mondo
stanno subendo.
Ciò posto, occorre riconsiderare il
rapporto che deve esistere tra modelli rappresentativi, suffragio universale,
democrazia e quant'altro attraverso un'Assemblea Costituente che in maniera
terza costruisca le nuove regole del gioco e le riequilibri. Oggi abbiamo
infatti una Costituzione fortemente squilibrata, fortemente sconnessa, che ha
travalicato pensino gli obiettivi che i Padri costituenti avevano costruito e
avevano messo in un equilibrio di funzioni e poteri di rara delicatezza.
Ebbene, quell'equilibrio è stato
sconvolto e questo Parlamento, me per primo, non sta mostrando di volerlo
ricomporre, ma soltanto di voler inseguire l'ultima notizia, l'ultima accusa,
l'ultima campagna populista antidemocratica che questo o quello sta mettendo in
campo, rispondendo a logiche che certamente poco hanno a che vedere sia con la
politica, sia con il buon governo, sia con la democrazia. (Applausi dai
Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-F e Per il Terzo Polo:ApI-FLI e della senatrice
Sbarbati).
GIOVANARDI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANARDI (PdL). Signor
Presidente, l'argomento che stiamo trattando è estremamente serio, e cercherò
di motivare perché non posso aderire a questa richiesta. Vorrei iniziare con un
omaggio alla sovranità popolare e anche a quei Paesi, come gli Stati Uniti o
l'Inghilterra, che di democrazia ne sanno, che vengono da lontano e che hanno
sempre costruito un equilibrio virtuoso tra l'Esecutivo, chi comanda (ad
esempio, il Presidente degli Stati Uniti, con qualche eccezione al tempo di
Roosevelt), che ha mandati limitati nel tempo perché accumula un grande potere,
e un legislativo nel quale senatori e deputati accumulano esperienze e capacità
e il cui rinnovo é determinato dal fatto che vengano o no rieletti dal popolo;
popolo che è liberissimo, di rieleggerli o di mandarli a casa senatori o
deputati, quando trova qualcuno più capace o preparato.
Del resto, nella storia europea i
grandileader del dopoguerra (italiani, tedeschi, francesi e inglesi),
non li avremmo mai conosciuti, perché con la regola delle due legislature non
avrebbero maturato l'esperienza e la capacità che li ha portati ad essere
grandi leader parlamentari, prima, e grandi leader del Paese,
dopo. Immagino l'obiezione che mi farete: in quei Paesi deputati e senatori
vengono eletti, invece noi siamo nominati all'interno di un meccanismo in cui
nulla cambia. Una menzogna ripetuta cento volte nel Paese non fa però una
realtà. Scusate, il partito più vecchio che siede in quest'Aula è la Lega. È il
partito che ha l'anzianità più grande...
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Siamo noi.
GIOVANARDI (PdL). Mi correggo, è
la Volkspartei, che naturalmente è un partito più locale. La Lega, insieme alla
Volkspartei, è sicuramente il partito più anziano, perché tutti i grandi
partiti che hanno fatto la storia d'Italia fino al 1994 sono spariti o hanno
cambiato nome. Questi partiti hanno subito un rinnovamento sostanziale. In
Germania ci sono i democristiani e i socialisti, in Spagna i popolari e i socialisti,
in Inghilterra i conservatori e i laburisti, nella continuità di un ricambio di
una classe dirigente; noi abbiamo invece cambiato tutto. Voi direte, come nel «
Gattopardo»: abbiamo cambiato tutto perché tutto rimanga uguale.
Ma non è così, perché, se andiamo a
quell'altra bugia che viene ripetuta, quella dei nominati, vogliamo guardare le
cose come stanno? Al tempo dei collegi uninominali e fino al 2006, lo sapete
benissimo, in qualunque modo votassero gli elettori il risultato delle elezioni
veniva deciso a tavolino un mese prima, con l'attribuzione dei collegi: tanti
ne aveva il PD, tanti Forza Italia e tanti la Lega. (Applausi dei senatori
Alicata e Camber). Comunque votassero gli elettori, anche se una forza
politica prendeva il 50 per cento dei voti, i suoi candidati non venivano
eletti in Parlamento in numero superiore ai 30 collegi che, ad esempio, le
erano stati attribuiti. Se permettete questo sistema, che era poi quello
precedente (e poi arriverò alle preferenze), ha una caratteristica nel caso gli
elettori non votino una determinata forza politica. Si veda, ad esempio, ciò
che è accaduto alla sinistra. Quattro anni fa la sinistra estrema si è
presentata alle elezioni, aveva le sue liste e i suoi leader; gli è
mancato solo un elemento, il voto popolare, e sono rimasti tutti a casa. La
Lega vent'anni fa non esisteva: è arrivato un leader che si chiama Bossi
e, dal nulla, ha portato in Parlamento decine e decine di deputati e senatori.
Forse vi è arrivata la voce che c'è un signore che si chiama Grillo, che era
inesistente, e che probabilmente con le prossime elezioni porterà decine o
centinaia di deputati e senatori. Questo vuol dire che si impedisce alla gente
di crearsi dei partiti, liste e di partecipare? C'è qualcuno cui verrà impedito
tra un anno, se è bravo, capace e ha idee per il Paese, di presentarsi alle
elezioni?
Del discorso sulle preferenze sarei un
po' stanco, perché nel 1993-1994 sono stato uno dei pochi che ha fatto la
battaglia contro l'abolizione delle preferenze, contro un'area
politico-partitica che massicciamente le contestava, più la Confindustria, la
Confartigianato, la Chiesa cattolica, l'associazionismo e per cui le preferenze
erano il male assoluto. Gli stessi oggi mi spiegano che le preferenze sono il
bene assoluto. Non erano né l'una né l'altra cosa, perché ogni sistema
elettorale purtroppo ha dei pro e dei contro. Le preferenze possono essere
democrazia, ma anche corruzione, e possono far vincere chi ha più soldi. (Applausi
dal Gruppo PdL). Il meccanismo dell'uninominale dipende da dove ti
presenti: non a caso, in Emilia-Romagna, Toscana e Umbria venivano paracadutati
i personaggi più incredibili e lontani dal territorio, ma se erano della
sinistra in quei territori venivano votati, e chi, come me, stava in Emilia-Romagna
e stava nel centro-destra veniva paracadutato in altre Regioni. Questo era
l'uninominale in Italia. Vi ricordate le riunioni con i meno tre, meno due,
meno uno, più uno, più due, la parametrazione dei posti a seconda che i collegi
fossero più o meno sicuri? Questi sono i collegi uninominali in Italia.
Allora, questa storia dei nominati è
falsa, perché ci sono partiti che probabilmente spariranno tra un anno e ce ne
sono altri che non hanno mai messo piede a Montecitorio che prenderanno il 20
per cento dei voti. Sono nominati quelli che porteranno il 20 per cento dei
voti o sono eletti dagli italiani? Sapete qual è il vero problema, che sta a
monte o a valle di quello che ho detto? È che la Costituzione vorrebbe che i
partiti fossero democratici: anche con le preferenze, se il partito non ti
mette in lista, sia che il sistema sia quello tedesco, francese o spagnolo, tu
non sei eletto.
C'è bisogno di un meccanismo
democratico nel partito per il quale i capaci, i bravi, i preparati e quelli
che hanno il consenso vengano messi in lista: con il nostro sistema elettorale,
quello dei simboli, dove non c'è una storia, una tradizione, ma il leader
(a destra come a sinistra) non andiamo da nessuna parte. Invidio la Germania,
la Francia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti, dove ci sono partiti che hanno
radici decennali o secolari, dove chi è bravo, capace e preparato viene eletto,
anche ripetutamente, finché riesce a dare un contributo: se arriva uno più
bravo di lui, magari viene eletto, anche a 25 anni, se ha qualcosa da dire.
Sarei stanco, come i miei colleghi, di ricevere delle e-mail, sulla base
di questa campagna di stampa, di ragazzi ventenni che dicono di voler andar in
Parlamento perché sono bravi e capaci e che ci invitano ad andare a casa perché
al nostro posto ci vengono loro. nome del singolo
Chi ha un po' d'esperienza, senza
offesa per nessuno perché non bisogna generalizzare, ricorda, come me, il
Parlamento del 1992-1994, quando ci sono arrivato, il suo livello e la sua
professionalità. Se mi dicono che nella seconda Repubblica quel livello e
quella professionalità sono aumentate mi sentirei in difficoltà ad avallare
questo ragionamento. Se nella terza Repubblica che sta arrivando le premesse
sono quelle che leggo sui giornali (i diciottenni in Parlamento), certo che ci
screditiamo da soli, perché noi teorizziamo che in Parlamento possa venire
chiunque, mentre per fare il chirurgo, il commercialista, l'avvocato, il
parroco si deve studiare e avere esperienza per guadagnarsi la fiducia della
gente. (Applausi dal Gruppo PdL e della senatrice Thaler Ausserhofer).
Noi screditiamo il rapporto virtuoso che il Parlamento deve avere con
l'opinione pubblica.
Mi rivolgo alla senatrice Poli Bortone
con riferimento alle scorciatoie demagogiche - su questo sono d'accordo con lei
- con cui facciamo diventare parlamentari i diciottenni e che la Camera ha
votato. Si elegge così una persona che non ha arte né parte, non ha studiato e
non ha un lavoro. Ci si dice che storicamente è accaduto: certo, i figli di
imperatori e re diventavano imperatori e re. (Applausi del senatore Fosson).
Se avessimo dato il voto ai diciottenni, i figli dei potenti o dei politici
potevano diventare parlamentari a 18 anni. Altrimenti bisogna tirare a sorte:
non si capisce infatti perché un diciottenne sia più bravo di un altro, quando
nella vita dovrebbe preoccuparsi di crearsi una professione, un lavoro, una
stabilità di vita e un equilibrio che gli permettano di fare anche il
parlamentare senza avere il dramma di dover abbandonare il posto se non si
viene più eletti.
Mi sembrano ragionamenti così
elementari che mi meraviglio che, per effetto della demagogia esterna, non
riusciamo in Parlamento a dirci la verità e non difendiamo i principi
fondamentali della democrazia che sono consolidati in tutti i Paesi, e che da
centinaia di anni insegnano ad un Paese accusato di fascismo, di comunismo e di
estremismo cosa è la vera democrazia. (Applausi dai Gruppi PdL, LNP e
dei senatori Fosson, Thaler Ausserhofer e Perduca).
PROCACCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PROCACCI (PD). Signor
Presidente, sento di dover intervenire perché, quando fu affrontato
specularmente lo stesso tema alla Camera dei deputati, chiesi al collega Fleres
di poter apporre la firma a quell'emendamento, con la consapevolezza che si
trattava di un emendamento a carattere più provocatorio - come diceva la
collega Poli Bortone - che non concretamente orientato a modificare la
Costituzione. (Brusìo).
PRESIDENTE. Senatore Fleres, il
senatore Procacci sta parlando di lei.
PROCACCI (PD). L'intervento del
senatore Fleres si è poi allargato alla questione di fondo che sottende alla
riforma che stiamo affrontando in quest'Aula.
Ma dovremmo avere l'onestà di dirci e
di dire al Paese che stiamo affrontando una riforma costituzionale che non
andrà in porto. O no? (Applausi dai Gruppi PD e IdV e del senatore
Peterlini). Non si tratta solo di istituire un'Assemblea Costituente.
Dovremmo avere il coraggio... (Brusìo).
PRESIDENTE. Colleghi, consentiamo al
senatore Procacci di svolgere il suo ragionamento.
PROCACCI (PD). Se avessimo
coraggio, anche per dare senso al tempo impiegato a dibattere dell'argomento,
dovremmo decidere prima lo stralcio delle parti concordate. Allora avrebbe
senso quello che stiamo facendo.
Abbiamo impiegato mesi per trovare
un'intesa. È poi stata avanzata in Aula una proposta che ha scombussolato
tutto. Se veramente non vogliamo buttare via il lavoro fatto, dato che sappiamo
che quell'accordo riguarda riforme assai importanti per il Paese, concordiamo
prima di stralciare le parti che sono oggetto dell'accordo e lasciamo che le
parti sulle quali il Senato è diviso siano sottoposte a referendum.
Del resto, in passato abbiamo applicato
l'articolo 138 della Costituzione in un modo non corretto. L'articolo 138
riferendosi al referendum parla delle leggi. Anche in passato, abbiamo
ritenuto di accomunare le diverse modifiche apportate alla Costituzione in
un'unica legge, non consentendo ai cittadini di esprimersi compiutamente sulle
riforme costituzionali. Faccio un esempio.
Nel 2006 ci fu un referendum
sulla devolution. Quel referendum chiedeva ai cittadini di votare
anche sulla diminuzione del numero dei parlamentari. Credete davvero che gli
italiani in maggioranza non volessero allora quella diminuzione? Sono stati
però costretti a votare su argomenti diversi, su alcuni dei quali potevano
essere d'accordo, su altri no.
Il Parlamento ha imposto un meccanismo
becero e confuso di votazione al referendum confermativo. Questo noi
dovremo evitarlo, perché nell'articolo 138 si fa riferimento alle leggi, cioè
ogni cambiamento sostanziale dovrebbe essere oggetto di una legge, e quindi
dovrebbe essere data la possibilità ai cittadini di esprimersi compiutamente su
ogni riforma, non fare una legge che le contiene tutte. Questa è una presa in
giro e non consente ai cittadini di esprimersi compiutamente e in modo
democratico sulle riforme che il Parlamento propone.
Ecco perché credo che, se c'è una parte
sulla quale tutti quanti abbiamo concordato (so che il senatore Quagliariello è
sensibile a questo argomento), se c'è un accordo, variamolo, e lasciamo che ciò
che non ci unisce sia messo al giudizio del popolo. Questa dovrebbe essere una
decisione da assumere preventivamente per dare senso, forza e anche entusiasmo
al lavoro che stiamo facendo in quest'Aula. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Senatrice Poli Bortone, ritira l'emendamento 3.210? Non
può trasformarlo in ordine del giorno perché il Governo si è rimesso all'Aula.
Pertanto, cosa intende fare, ritira l'emendamento o vuole che venga posto in
votazione? Se lei propone un ordine del giorno, poiché il Governo si è rimesso
all'Aula, dovrebbe chiedere che fosse votato, quindi saremmo punto e daccapo.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Signor Presidente, sono già
soddisfatta di aver provocato un minimo di discussione, altrimenti non
discutiamo neanche sulle cose serie. Quindi, secondo me, finalmente abbiamo
discusso di una questione un tantino seria.
Ne approfitto per dire al collega
Procacci che non facciamo parte né di A, né di B, né di C, quindi accordi non
ne abbiamo fatti con nessuno e non riteniamo di dover andare a rispettare degli
accordi (probabili) che qualcuno ha fatto o che ritiene di aver fatto in nome e
per conto dell'intera Assemblea. Pensiamo di essere parlamentari liberi di
poter esprimere il nostro pensiero. Tanto l'abbiamo espresso che addirittura il
relatore si è dovuto dimettere, perché è passato un emendamento che
evidentemente non rientrava negli accordi che altri avevano fatto, al di là di
coloro che non hanno partecipato agli accordi.
Ciò premesso, avevo già detto in
precedenza che sapevo perfettamente che in Costituzione non possiamo inserire
una norma del genere, e quindi ritiro l'emendamento, ringraziando il Governo
che si è rimesso all'Assemblea.
PRESIDENTE. E lei, senatore Fleres, insiste per la votazione
dell'analogo emendamento 3.211?
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Lo
ritiriamo, Presidente.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla
votazione dell'emendamento 3.212, identico all'emendamento 3.213.
PORETTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PORETTI (PD). Signor Presidente,
con l'emendamento 3.212 si chiede di sostituire il
trentacinquesimo anno di età con il
ventunesimo quale requisito per l'elettorato passivo per il Senato.
Mi sembra che la seduta si stia un po'
sfilacciando in una sorta di farsa. Si presentano emendamenti che si sa poi non
si possono votare, che sono incostituzionali, che poi si ritirano; poi si svela
il finale, come in un libro giallo, da parte del senatore Procacci e si sa che
in realtà questa sceneggiata non porta da nessuna parte. Verrebbe da ritirare
tutti gli emendamenti e chiuderla qua, però questo lo mantengo, e ne chiedo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice
Poretti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.212, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori,
identico all'emendamento 3.213, presentato dal senatore Pardi e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
VALLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALLI (LNP). Signor Presidente,
a causa del malfunzionamento del dispositivo elettronico, non sono riuscito a
votare.
GALLO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GALLO (PdL). Signor Presidente,
anch'io non sono riuscito a votare.
PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.
Passiamo ora alla votazione
dell'emendamento 3.550 (testo 2).
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
faccio presente che in precedenza non ho potuto votare perché non mi sono
nemmeno accorto che lei stava aprendo la votazione; quindi, chiedo che risulti
il mio orientamento di voto.
Relativamente all'emendamento 3.550
(testo 2), volevo far osservare al senatore Calderoli che la sua
rispettabilissima impostazione sulla necessità del radicamento territoriale con
detto emendamento viene solo sfiorata. Infatti, se la presenza si riduce alla
residenza nel momento in cui vengono indette le elezioni sono possibili
infinite soluzioni furbesche. Si tratterebbe infatti non di radicamento, ma di
presenza strumentale sul luogo del voto nel momento in cui scatta il meccanismo
delle elezioni.
Certamente il senatore Calderoli è
troppo intelligente per non essersi reso conto di questo. Mi chiedo pertanto
perché abbia scelto quella formulazione, dal momento che, se voleva affermare
il principio del radicamento, era più utile adottare una misura esagerata come quella
indicata dal senatore Malan, che proponeva una residenza di almeno 10 anni per
poter votare. Il senatore Malan ha poi ritirato il suo emendamento, per cui la
questione finisce nel nulla. Tuttavia, il problema resta.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, pur intervenendo sull'emendamento 3.550 (testo 2) del
senatore Calderoli, desidero esprimere il mio rammarico per il ritiro
dell'emendamento 3.214 del senatore Malan, perché mi aspettavo un dibattito sul
tema.
Entrambi gli emendamenti comunque
tendono a introdurre un principio identico, vale a dire la necessità di legare
fortemente l'eletto al proprio territorio, alla Regione. In quest'Aula ci siamo
battuti per un Senato più federale, per trasformare il Senato in una Camera di
effettiva rappresentanza delle Regioni, senza differenziarlo dall'altro ramo
del Parlamento unicamente per la diversa età, discutendo alla fine anche
sull'età stessa. Siamo infatti convinti che il territorio abbia bisogno di una
rappresentanza a base nazionale e che tale rappresentanza dia maggiore
credibilità ed espressione democratica agli stessi cittadini, che soffrono la
distanza dalle istituzioni.
Pertanto, sosteniamo l'emendamento
Calderoli perché rappresenta comunque un piccolo segnale, anche se era certamente
più forte il segnale contenuto nell'emendamento del senatore Malan, secondo cui
i candidati debbano essere espressione del territorio stesso.
C'è tuttavia un altro motivo che mi
spinge ad intervenire, un motivo ricordato poc'anzi dal senatore Giovanardi
quando criticava i collegi uninominali sottolineando l'uso strumentale della
formula del collegio che, a scacchiera, a Milano e a Roma, faceva in modo che
le centrali dei partiti si suddividessero i collegi elettorali, divedendoli tra
più sicuri, meno sicuri e a rischio - e in questo la critica era perfettamente
calzante - per posizionare di conseguenza i propri candidati.
Una formulazione come quella contenuta
nell'emendamento proposto e ritirato dal senatore Malan, che chiedeva almeno la
residenza al momento delle elezioni, avrebbe potuto limitare questo cattivo
utilizzo del collegio. Infatti, è un uso che ha messo nelle mani dei partiti
uno strumento che appartiene al popolo. Non è una critica ai collegi
uninominali, perché in proposito sono di parere un po' diverso rispetto al
senatore Giovanardi (il collegio uninominale infatti presenta anche dei
vantaggi, come il collegamento diretto con la popolazione là dove il candidato
conosca la popolazione stessa), ma è una critica al sistema dei partiti, giustamente
accusato dal senatore Giovanardi, che hanno fatto un abuso di questo strumento,
posizionando i loro candidati anche se erano di Bolzano, per esempio, in
Campania, come è successo per candidati sicuramente non del nostro partito ma
di altri partiti.
Avremmo visto con grande simpatia
l'emendamento del senatore Malan e mi spiace che, per ragioni sicuramente
interne al PdL, l'abbia ritirato, perché aveva un forte spirito di un
collegamento. Esso prevedeva che un candidato per il Senato dovesse risiedere sul
territorio o esservi nato o almeno avere ricoperto una carica pubblica.
Sottolineiamo questo, aderendo
all'emendamento presentato dal senatore Calderoli.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, capisco la logica dell'emendamento, lo comprendo bene: sta
dentro l'impianto della battaglia che la Lega fa sul Senato federale e sulla
costruzione dello Stato federale.
Tuttavia, sono molto perplesso, anzi
contrario a questo tipo di impostazione che prende le Regioni come entità
politiche, quelle Regioni che hanno confini geografici e quindi politici che
fanno sì che tra le Regioni vi sia uno squilibrio incolmabile, e non posso che
esprimere la mia contrarietà. Fin quando il criterio sarà quello della
popolazione, non si tratta di essere contro l'impianto federale: è che con
queste Regioni l'impianto federale oggettivamente sarebbe come condannare il
Paese a separarsi e a dividersi.
DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LNP). Signor Presidente,
come capita spesso in quest'Aula si pensa di votare una cosa e si parla di
tutt'altra. Se è concesso, vorrei utilizzare un minuto per inquadrare la
questione.
Poiché la Costituzione non è una legge omnibus
ma un quadro che dovrebbe risultare armonico, dovremmo pensare a che punto
siamo. Abbiamo già votato - qualcuno ha gradito, altri no - il Senato federale
della Repubblica. Questo sta a significare che abbiamo deciso che il Senato,
oltre che fare cose diverse, come vedremo, dalla Camera, sarà espressione dei
territori. Premesso questo, dovremmo procedere con consequenzialità.
Vi è poi un secondo aspetto. I
cittadini - e tutti qua parliamo a nome di una loro componente - hanno chiesto
di contare un po' di più. Oggi, nell'elezione dei propri parlamentari sembra
che i cittadini non contino assolutamente nulla e tutti quanti noi insistiamo
nel dire che dovremmo offrire loro un modo per incidere maggiormente, cioè
offrire loro almeno la possibilità di esprimere una preferenza. Verremo anche a
questo discutendo sulla legge elettorale, però sembra che questo sia
l'orientamento comune.
La cosa peggiore che capita a un
cittadino è non poter esprimersi e non poter dare una preferenza, e magari
vedersi propinato un candidato che nemmeno conosce e che non ha alcun legame
con il territorio, perché è il famoso paracadutato messo in quel collegio
perché lì si presume possa essere sicuramente eletto.
I due schiaffi peggiori che puoi dare
ad un cittadino è: non fargli scegliere il candidato e obbligarlo a votare un
candidato che non conosce perché non appartiene alla Regione, per cui è anche
disomogeneo rispetto ad un Senato federale che abbiamo già votato.
Se vogliamo dare consequenzialità, dico
che l'emendamento a firma Calderoli e Divina deve essere accolto per
razionalità di percorso. (Applausi dal Gruppo LNP).
PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signor Presidente,
anch'io sono rimasto colpito dal fatto che il senatore Procacci abbia poc'anzi
anticipato la fine dei nostri lavori. Siamo qua, ormai un mese e mezzo, a
discutere della modifica della Costituzione già sapendo che non andrà da
nessuna parte. Allora, bisognerebbe fare una sorta di mozione d'ordine. A parte
il fatto che bisognerebbe sapere chi ha detto al senatore Procacci come va a finire
questa faccenda: sarebbe importante acquisirlo agli atti perché in effetti, ad
oggi, 315 - quanti siamo - senatori possono decidere, assumendosi le proprie
responsabilità di andare anche contro il fato (non voglio chiamare in causa
altri tipi di Olimpo perché sono sufficientemente ben rappresentati e
altrettanto forti all'interno di queste Aule). Mi sfugge però la razionalità di
questo emendamento.
Se dovessi partire dalla conclusione
dell'intervento del senatore Divina, mi muovo nella direzione auspicata del
Senato federale se posso votare il mio vicino di casa perché lo è stato per un
tot numero di anni, ma che non conosco, né potrò scegliere all'interno di una
lista fissa, se rimane questo sistema elettorale; se invece un domani dovesse
cambiare il sistema elettorale, indipendentemente dalle qualità umane,
scientifiche, etiche, morali, religiose e politiche dell'individuo,
esclusivamente per il fatto che è mio vicino di casa va meglio di quello che mi
viene suggerito provenire dall'altra parte del Paese.
Non starò a fare la lunga lista di
esempi, compresi quelli del partito del senatore Divina, di persone
paracadutate in collegi sicuri, perché non sarebbe utile. Faccio un altro tipo
di esempio: Hillary Clinton, tanto per parlare di un Senato realmente federale
e di una persona talmente nota da non essere mai stata residente, se non una
settimana prima delle elezioni, nello Stato di New York, che poi è andata a
rappresentare al Senato federale degli Stati Uniti d'America. E lo ha fatto
talmente bene da essere poi ritenuta all'altezza di ricoprire la carica di
Segretario di Stato, rappresentando nel mondo la più grossa potenza mondiale,
non essendo stata residente di Chappaqua - così si chiama il paese dove ha
comprato casa insieme a Bill Clinton - per neanche una settimana. E siccome,
"ciapa qua, ciapa là", stiamo andando avanti un po', come ha detto
poco fa la senatrice Poli Bortone, con una serie di dichiarazioni che sarebbero
state meglio in un consesso politico di tipo diverso, e non legislativo, io questo
non lo "ciapo qua», e voterò contro, invitando a fare altrettanto tutti
coloro i quali credono sicuramente nel Senato federale, ma non in quello che è
stato votato poco fa, e ancor di più credono nella possibilità di far tornare
ai cittadini italiani il diritto garantito dalla Costituzione di scegliere
direttamente i loro rappresentanti alla Camera e al Senato. Questo, facendo
economia di alcuni ragionamenti un po' strani, come quelli del senatore
Giovanardi, che insiste dicendo che se si ripete la stessa cosa tante volta poi
quella diventa verità. Ecco, la sua è una nota autobiografica, la capisco
perfettamente, ma qui noi stiamo cercando di affrontare la Carta fondamentale
della nostra Repubblica italiana.
Dichiaro il voto contrario e chiedo,
anche se siamo alla fine della seduta, la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico, per chiudere in bellezza la
serata. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Perduca,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.550 (testo 2), presentato dai senatori Calderoli e Divina.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Apprezzate le circostanze, rinvio il
seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 20,27).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le
Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di
partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della
Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato
attivo e passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province (3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 2
2.0.200
PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA
V. em. 4.0.300
Dopo l'articolo, aggiungere il
seguente:
«Art. 2-bis.
(Inserimento dell'articolo 57-bis della Costituzione)
1. Dopo l'articolo 57 è inserito il
seguente:
"Art. 57-bis. - La legge
dispone che non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la
carica di deputato o senatore i soggetti nei confronti dei quali, alla data di
pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato emesso
decreto che dispone il giudizio, ovvero sia stata emessa misura cautelare
personale non revocata nè annullata, ovvero che si trovino in stato di
latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che siano stati condannati
con sentenza anche non definitiva, allorquando le predette condizioni siano
relative a delitti contro la pubblica amministrazione o l'amministrazione della
giustizia, di criminalità organizzata o di terrorismo"».
2.0.201
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 2-bis.
In relazione alle sole funzioni
previste dall'articolo 57 della Costituzione, non si applicano le eventuali
norme sull'incompatibilità previste per l'appartenenza ai Consigli regionali,
ai Consigli provinciali, nonchè all'Assemblea regionale».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
2.0.202
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 2-bis.
(Modifiche allo Statuto speciale per il
Trentino Alto Adige)
1. Dopo l'articolo 48 del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.
670, è aggiunto il seguente articolo:
"Art.48-bis. -
Contestualmente all'elezione per il rinnovo dei Consigli provinciali, si
provvede, ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione e secondo le norme
stabilite con legge regionale, all'elezione dei senatori che fanno parte dei
Consigli provinciali e del Consiglio regionale, i quali partecipano alla loro
attività con diritto di intervento, obbligo di relazione e senza diritto di
voto, con le modalità previste dai regolamenti provinciali e dal regolamento regionale"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
2.0.203
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 2-bis.
(Modifiche allo Statuto della Regione
siciliana)
1. Dopo l'articolo 3 dello statuto
della Regione siciliana, approvato con regio decreto legislativo 15 maggio
1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, è
aggiunto il seguente articolo:
"Art. 3-bis. -
Contestualmente all'elezione per il rinnovo dell'Assemblea regionale, si
provvede, ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione e secondo le norme
stabilite con legge regionale, all'elezione dei senatori che fanno parte
dell'Assemblea regionale, i quali partecipano alla loro attività con diritto di
intervento, obbligo di relazione e senza diritto di voto, con le modalità
previste dal regolamento regionale"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
2.0.204
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 2-bis.
(Modifiche allo statuto speciale per la
Sardegna)
1. Dopo l'articolo 18 dello statuto
speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 18-bis. - Contestualmente
all'elezione per il rinnovo del Consiglio regionale, si provvede, ai sensi
dell'articolo 57 della Costituzione e secondo le norme stabilite con legge
regionale, all'elezione dei senatori che fanno parte del Consiglio regionale, i
quali partecipano alla loro attività con diritto di intervento, obbligo di
relazione e senza diritto di voto, con le modalità previste dal regolamento
regionale"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
2.0.205
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 2-bis.
(Modifiche allo statuto speciale per la
Valle d'Aosta)
1. Dopo l'articolo 18 lo statuto
speciale per la Valle d'Aosta, approvato con legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 4, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 18-bis.
Contestualmente all'elezione per il rinnovo del Consiglio regionale si
provvede, ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione e seconda le norme
stabilite con legge regionale, all'elezione dei senatori che fanno parte del
Consiglio regionale, i quali partecipano alla loro attività con diritto di
intervento, obbligo di relazione e senza diritto di voto, con le modalità
previste dal regolamento regionale"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
2.0.206
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 2-bis.
(Modifiche allo statuto speciale della
regionale Friulii-Venezia-Giulia)
1. Dopo l'articolo 14 dello statuto
speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 14-bis.
Contestualmente all'elezione per il rinnovo del Consiglio regionale, si
provvede, ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione e secondo le norme
stabilite con legge regionale, all'elezione dei senatori che fanno parte del
Consiglio regionale, i quali partecipano alla loro attività con diritto di
intervento, obbligo di relazione e senza diritto di voto, con le modalità
previste dal regolamento regionale".
"Art. 2-octies. le Regioni
ordinarie, ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione, provvedono a
disciplinare l'elezione dei senatori con propria legge, secondo le procedure
previste dall'articolo 123 della Costituzione e nel rispetto dei princìpi
previsti dalla legge dello Stato"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
2.0.207
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 2-bis.
1. Le Regioni ordinarie, ai sensi
dell'articolo 57 della Costituzione, provvedono a disciplinare l'elezione dei
senatori con propria legge, secondo le procedure previste dall'articolo 123
della Costituzione e nel rispetto dei principi previsti dalla legge dello
Stato"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
ARTICOLO 3 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 3.
(Modifiche all'articolo 58 della
Costituzione)
1. All'articolo 58 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «dagli elettori che hanno
superato il venticinquesimo anno di età» sono soppresse;
b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Sono eleggibili a senatori gli
elettori che hanno compiuto il trentacinquesimo anno».
EMENDAMENTI
3.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
3.201
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 3. - 1. L'articolo 58
della Costituzione è abrogato».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
3.300
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 3. - (Abrogazione
dell'articolo 58 della Costituzione). - 1. L'articolo 58 della Costituzione
è abrogato».
3.550
V. testo 2
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 3. - (Modifica dell'articolo
58 della Costituzione). - 1. L'articolo 58 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 58. - Sono eleggibili a
senatori di una Regione gli elettori che hanno compiuto i ventuno anni di età e
che risiedono nella Regione alla data di indizione delle elezioni."».
3.3
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 3. - (Modifiche all'articolo
58 della Costituzione) - 1. L'articolo 58 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"I senatori sono eletti a
suffragio universale e diretto.
Sono eleggibili a senatori gli elettori
che hanno compiuto il venticinquesimo anno"».
3.202
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 3. - (Modifica all'articolo 58
della Costituzione). - 1. All'articolo 58 della Costituzione, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, sostituire la parola:
"venticinquesimo", con la seguente: "diciottesimo";
b) al secondo comma, sostituire la parola:
"quarantesimo", con la seguente: "ventunesimo".
3.203
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Al comma 1, sostituire la lettera a),
con la seguente:
«a) il primo comma è sostituito
dal seguente:
"Il Senato della Repubblica è
composto da membri dei Consigli Regionali eletti, in ciascuna Regione, su base proporzionale,
dal Consiglio regionale al proprio interno e dal Consiglio delle autonomie
locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni e delle Città
metropolitane"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
3.204
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Al comma 1, sostituire la lettera a),
con la seguente:
«a) al primo comma le parole da:
"a suffragio" fino alla fine del comma sono sostituite dalle
seguenti: "su base proporzionale, dai Consigli regionali al proprio
interno e dai Consigli delle autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei
Comuni e delle Città metropolitane"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
3.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera a),
con la seguente:
«a) il primo comma è sostituito
dal seguente:
"Il Senato è eletto a suffragio
universale e diretto dagli elettori che hanno superato il diciottesimo anno di
età"».
3.206
Respinto
Sostituire la lettera b) del comma 1,
con la seguente:
«b) il secondo comma è
abrogato».
3.207
BUGNANO, CARLINO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Al comma 1, sostituire la lettera b),
con la seguente:
«b) il secondo comma è
sostituito dal seguente:
"Il Senato della Repubblica è
composto da membri dei Consigli Regionali eletti, in ciascuna Regione, su base
proporzionale, dal Consiglio regionale al proprio interno e dal Consiglio delle
autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni e delle Città metropolitane,
in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze e tenendo conto
delle esigenze di una equilibrata rappresentanza di genere"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
3.208
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera b),
con la seguente:
«b) il secondo comma è
sostituito dal seguente:
"Sono eleggibili a senatori gli
elettori che hanno compiuto il diciottesimo anno di età e non hanno riportato
condanne definitive per reati non colposi"».
3.209
Respinto. Votato per parti separate.
Al comma 1, sostituire la lettera b),
con la seguente:
«c) il secondo comma è
sostituito dal seguente:
"Sono eleggibili a senatori gli
elettori che hanno compiuto il ventesimo anno di età. La legge stabilisce la
ineleggibilità di quanti sono stati condannati con sentenza definitiva"».
3.210
Ritirato
Al comma 1, lettera b), dopo le parole:
«a senatori» sono aggiunte le seguenti: «, nel limite di due legislature,».
3.211
Ritirato
Al comma 1, lettera b), dopo le parole:
«a senatori» sono aggiunte le seguenti: «, nel limite di tre legislature,».
3.212
Respinto
Al comma 1, lettera b), sostituire la parola:
«trentacinquesimo» con la seguente: «ventunesimo».
3.213
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Id. em. 3.212
Al comma 1, lettera b), sostituire la
parola: «trentacinquesimo» con la seguente: «ventunesimo».
3.550 (testo
2)
Respinto
All'articolo 3, al comma 1, lettera b),
aggiungere, in fine, le seguenti parole:
«e che risiedono nella Regione alla
data di indizione delle elezioni.».
3.214
Ritirato
Al comma 1, dopo la lettera b)
aggiungere la seguente:
«b-bis) al secondo comma, in
fine, sono aggiunte le seguenti parole: "e risiedono da almeno un anno, o
sono nati o hanno risieduto per almeno dieci anni o sono stati eletti a una
carica pubblica nella regione in cui si candidano"».
3.215
CARLINO, BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, dopo la lettera b)
aggiungere la seguente:
"b-bis) dopo il secondo
comma è aggiunto il seguente:
"La legge garantisce la
rappresentanza delle minoranze e la parità di genere"».
|
|
|
|
|
Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
|
|
Assemblea |
|
|
RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
|
ASSEMBLEA |
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769a seduta pubblica (antimeridiana): |
|
mercoledì 18
luglio 2012 |
|
Presidenza del vice presidente CHITI, indi della vice presidente MAURO |
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,33).
Si dia lettura del processo verbale.
MALAN, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni,
il processo verbale è approvato.
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo,
composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato
attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione delle
leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione,
di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella
circoscrizione Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo
per la Camera dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 9,37)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli del
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di
ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti presentati all'articolo 3.
Ricordo che l'emendamento 3.214 è stato
ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 3.215. (Brusìo).
Colleghi, data la materia che stiamo
trattando, vi avverto subito che, se continuerà questo brusìo, sospenderò la
seduta, e non sto scherzando. Si discute infatti, in un clima caratterizzato
anche da divisioni profonde, della riforma della Parte II della Costituzione.
CARLINO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLINO (IdV). Signor
Presidente, l'emendamento che ho presentato è diretto ad introdurre il
principio della garanzia della rappresentanza delle minoranze e affronta le
esigenze... (Brusìo).
PRESIDENTE. Mi scusi, senatrice Carlino. Cominciamo subito così:
colleghi, sospendo la seduta per dieci minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 9,38, è
ripresa alle ore 9,50).
Riprendiamo i nostri lavori.
Senatrice Carlino, ha facoltà di
iniziare nuovamente il suo intervento.
CARLINO (IdV). Signor Presidente, l'emendamento è diretto
ad introdurre il principio della garanzia della rappresentanza delle
minoranze... (Brusìo).
PRESIDENTE. Colleghi, vale la stessa
regola di prima: mi rifiuto di presiedere un'Aula che discute delle riforme
costituzionali nella confusione e nel disinteresse. Questo è un tema rilevante,
se si vuole affrontarlo. Vi prego quindi, poiché non voglio che vi siano altre
impressioni - che non devono esservi quando presiedo - di far sì che l'Aula
lavori in un clima di serietà e di dignità e di non mettere in difficoltà la
Presidenza.
CARLINO (IdV). Grazie, signor
Presidente.
Come dicevo, l'emendamento tende ad
introdurre la garanzia della rappresentanza delle minoranze e di una
equilibrata rappresentanza di genere. Sul problema della sottorappresentanza
delle donne nei luoghi decisionali della politica, in quest'Aula sono
intervenuta più volte, e credo che il tema richieda un intervento urgente anche
di carattere costituzionale.
Nonostante il 52 per cento dell'elettorato
sia composta da donne, nonostante siano passati nove anni da quando l'articolo
51 della Costituzione è stato modificato con l'introduzione del principio di
pari opportunità tra donne e uomini nelle cariche elettive, poche donne sono
presenti nelle istituzioni, e la questione non è squisitamente quantitativa, ma
riguarda la possibilità che una parte consistente della società possa prendere
parte ai processi decisionali e così contribuire alla realizzazione di
politiche in favore di tutti.
Il Consiglio d'Europa già dal marzo
2003 ha sottolineato che una rappresentanza equilibrata tra uomini e donne nei
processi decisionali è un'esigenza di mera giustizia e che la parità dei sessi
è elemento costitutivo non negoziabile della democrazia. Il Rapporto ombra sui
diritti delle donne in Italia che è stato elaborato l'anno scorso da una serie
di associazioni in occasione dei trent'anni dall'entrata in vigore della
Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna
(CEDAW) adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha sottolineato
una grave carenza di democrazia in Italia proprio a causa della
sottorappresentanza delle donne nei luoghi decisionali. Infatti, il CEDAW
sollecitava il Governo italiano ad adottare ulteriori misure per accrescere il
numero delle donne nelle cariche pubbliche e politiche.
È intervenuto su questo tema più volte
il presidente Napolitano, sottolineando che siamo davanti ad un problema
culturale e che è necessario incidere essenzialmente sulla cultura diffusa,
sulla concezione del ruolo della donna, sugli squilibri persistenti e capillari
nelle relazioni tra i generi. Quindi è importante sostenere e approvare
l'emendamento 3.125, che mira a risolvere questa disuguaglianza, a realizzare
la piena parità e che vuole rispondere anche alle esigenze del Movimento delle
donne, che chiede di contare di più non tanto per la propria affermazione, ma
per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese, e soprattutto per
adeguarci ai livelli di partecipazione politica delle donne di altri Paesi
europei.
L'Italia è in forte ritardo in questo
campo: ci poniamo soltanto al dodicesimo posto su 13 Paesi membri del Consiglio
d'Europa, proprio per la partecipazione delle donne alla vita politica.
Pertanto, invito i colleghi a sostenere questo emendamento, e ne chiedo la
votazione elettronica. (Applausi dal Gruppo IdV).
ADAMO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ADAMO (PD). Signor Presidente,
su questo emendamento avevamo anche un po' discusso in Commissione, anche per
quanto riguarda la sua collocazione, ma ritengo che valga la pena, laddove
modifichiamo anche le caratteristiche, con questo ragionamento sull'età, far
presente che, in questo contesto di innovazione e nel tentativo anche di
portare una nuova classe dirigente ad occuparsi delle questioni nazionali e del
Paese, sicuramente l'attenzione nei confronti della rappresentanza femminile è
più che pertinente. Come la senatrice Carlino e come molte delle colleghe
presenti, penso che il rinnovamento passi anche attraverso un aumento della
rappresentanza.
Sicuramente l'articolo 51 dovrebbe
offrire una tutela da questo punto di vista, ma la senatrice intervenuta prima
ci ricordava la sua difficile applicazione; forse questo passaggio dal concetto
di "promuove" al concetto di "garantisce" (poi si discuterà
in sede di legge su quali siano i meccanismi costituzionali per arrivare a
questa garanzia) rappresenta un rafforzativo che vale la pena di cogliere.
Inviterei, però, la senatrice Carlino
ad espungere la questione delle minoranze perché, mentre rispetto a un
rafforzamento della rappresentanza femminile il contesto è quello
dell'allargamento dell'elettorato, costituendo quindi un tentativo di favorire
il rinnovamento, la questione della garanzia delle minoranze deve essere
collocata più direttamente laddove si parli di legge elettorale. Sono due punti
di vista un po' diversi. A parte che l'accostamento tra la rappresentanza
femminile e quella delle minoranze mi urta un po', direi che la questione delle
minoranze in questo caso è anche fuori contesto.
Se la collega è d'accordo ad accogliere
questa modifica, penso che io e molte altre colleghe potremo votare a favore.
Naturalmente spero anche nel voto di tutta l'Assemblea. Mi rivolgo alle
colleghe del PdL e del centro destra, ma è ovvio che mi rivolgo a tutto il
Senato, per cogliere questa occasione di segnalare una volontà, sapendo che
sarà poi sui meccanismi delle leggi che andremo a un confronto più serrato. (Applausi
dal Gruppo PD).
BIANCONI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIANCONI (PdL). Signor
Presidente, desidererei ringraziare la senatrice Carlino per aver posto
all'attenzione di quest'Aula, in un momento così particolare e nell'ambito di
una discussione così complessa sulla modifica della nostra Costituzione, il
tema della rappresentanza di genere. La devo ringraziare perché in quest'Aula
ci siamo trovati spesso e volentieri a fare questi ragionamenti. Abbiamo
insieme votato anche la modifica dell'articolo 51, ma, in occasione di una
modifica così sostanziale della nostra Carta costituzionale, credo sia arrivato
il momento di cristallizzare questo principio: un principio di civiltà, un
principio di riconoscimento di quello che accade nella nostra società civile.
Probabilmente parlo a nome personale e
certamente non a nome del mio Gruppo; probabilmente sto parlando avendo con me
il sentimento di molte colleghe, e spero anche di molti colleghi. Credo
comunque che non possiamo permetterci di perdere questa occasione, veramente
molto importante.
Molte riforme degli ordinamenti delle
Regioni hanno garantito alle donne una rappresentanza oggettiva all'interno dei
consessi regionali. Credo che questo passaggio nazionale sia di assoluta
importanza.
Anch'io, però, chiedo alla senatrice
Carlino di non amplificare altri concetti con quel termine di minoranza, che
non garantirebbe a noi la libertà di poter sancire questo principio. Chiedo,
pertanto, ai colleghi, in modo particolare a quelli del mio Gruppo, di non
rimanere sordi di fronte a questa grande opportunità, in un momento nel quale
stiamo veramente assistendo a modifiche sostanziali nelle rappresentanze, nella
compartecipazione, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti, delle donne.
Pertanto, chiedo a tutta l'Aula - ma,
in modo particolare, al mio Gruppo - di sostenere questo emendamento, chiedendo
però alla collega Carlino di spostare altrove la parte relativa al
riconoscimento di tutte le minoranze.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signor
Presidente, colleghi, nel lungo lavoro in Commissione abbiamo stabilito di
limitare il nostro compito ad alcuni articoli della Costituzione, affinché questo
provvedimento diventasse una riforma su alcuni temi fondamentali e non si
allargasse ad altri concetti.
Quando si è discusso della norma
costituzionale sulla parità di genere, si è deciso di escluderla - ossia di non
votare su di essa in senso favorevole - sulla base di questo principio e del
fatto che la materia della parità di genere è meglio regolamentabile con leggi
ordinarie, senza andare a costituzionalizzare il contesto. Peraltro, noi tutti
ricordiamo la sentenza della Corte costituzionale che si è pronunciata in
materia di quote rosa e ha detto che era una limitazione non costituzionale.
Quindi, nel pieno rispetto delle
ragioni e delle posizioni che sono state esposte dalle senatrici che hanno
parlato e da coloro che hanno studiato questo problema, preannuncio il voto
contrario del Gruppo del Popolo della Libertà. (Applausi dal Gruppo PdL e
del senatore Astore).
PASTORE (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE (PdL). Intervengo per
chiedere un chiarimento ai presentatori dell'emendamento. Credo che ciò sia
importante, perché altrimenti, con un voto favorevole, creeremmo una
discriminazione tra Camera dei deputati e Senato.
La disposizione si inserisce
nell'ambito della normativa relativa alla composizione del Senato; analoga
norma, nemmeno parente alla lontana di questa, è presente nella disciplina
relativa alla composizione della Camera dei deputati. Quindi, per una battaglia
sulla quale, certo, si può intervenire con argomenti a favore o contro, avremmo
comunque un risultato che renderebbe questa riforma veramente indigeribile, più
di quanto qualcuno abbia rappresentato possa diventare se certi emendamenti
venissero approvati.
Tra l'altro, se questa norma venisse
approvata, creeremmo un paradosso, perché la stessa Corte costituzionale ha
sempre affermato che, mentre le pari opportunità vanno garantite, il risultato
garantito non è previsto dalla Costituzione. Questa è una norma costituzionale
e, quindi, potrebbe derogare a questo principio; tuttavia, avremmo un problema
di compatibilità con il principio di uguaglianza e una limitazione delle
opportunità di accesso alle cariche politiche che devono esservi per tutti
coloro che partecipano alle competizioni elettorali di qualsiasi livello.
Chiedo ai presentatori se hanno
riflettuto su questo punto. Condivido pienamente la scelta del mio Gruppo, ma -
ripeto - vorrei un chiarimento su questo dato. Vorrei inoltre sapere se rimane
il concetto di rappresentanza delle minoranze, perché altrimenti, se così
fosse, dovremmo garantire, ancorché limitatamente al Senato, la presenza di
tutti, alla luce del fatto che minoranza è - paradossalmente - anche un gruppo
formato da poche persone.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, mi associo anch'io alla richiesta, rivolta alla senatrice Carlino,
di una riformulazione dell'emendamento 3.215, che mi permetto di proporre in
questi termini: «La legge garantisce la parità di genere nella rappresentanza
elettiva». E ciò, non perché questa formulazione possa esaudire l'obiezione
appena formulata dal senatore Pastore, sulla quale tornerò, ma perché
equiparare il tema della rappresentanza di genere ad una questione
circoscrivibile al tema della tutela delle minoranze è francamente
inaccettabile, se non altro per ragioni demografiche.
Detto questo, vorrei rivolgermi ai
colleghi Boscetto e Pastore. Apprezzo molto il riferimento del senatore
Boscetto alle determinazioni adottate dalla Commissione, con una larghissima
maggioranza, circa gli ambiti del lavoro di riforma costituzionale ai quali ci
si doveva limitare. Francamente però non posso non constatare la fatale ironia
delle parole pronunciate dal senatore Boscetto nel momento in cui un testo
costituzionale, frutto di un larghissimo accordo che avrebbe potuto avere oltre
due terzi della maggioranza in quest'Aula e in quella della Camera, ha visto
questo limite più che travalicato con la presentazione dell'emendamento sul
semipresidenzialismo che ha inferto alla riforma un colpo mortale dal quale
temo che la stessa non si riprenderà mai più; non certamente in questa
legislatura. Quindi, lasciamo perdere i limiti che ci siamo dati in
Commissione, perché francamente non mi pare un argomento utilizzabile.
Il secondo argomento è che questa
partita può essere regolamentata con legge ordinaria. Questa è stata la
determinazione cui si è giunti nel momento in cui si è modificato l'articolo 51
della Costituzione. I colleghi ricorderanno che con quella modifica si è fatto
riferimento al ruolo di promozione della Repubblica affinché, con appositi
provvedimenti, si realizzasse la pari opportunità per donne e uomini.
Come i colleghi ricordano, questa
modifica costituzionale è del 2003. Sono trascorsi quasi 10 anni da allora e a
me pare che questa strada non soltanto vada percorsa fino in fondo - chiederò
anzi alla Conferenza dei Capigruppo di iscrivere subito all'ordine del giorno
dell'Aula il provvedimento, proveniente dalla Camera, sulla doppia preferenza
per le elezioni nelle Regioni e negli enti locali - ma la stessa composizione
di quest'Aula dimostri come quest'opera di promozione affidata alle leggi
ordinarie non sia in grado di garantire il principio della parità di genere
nella rappresentanza, un valore che l'Italia interpreta molto peggio di
centinaia di altri Paesi nel mondo.
Detto questo, sono dell'opinione che
occorra votare l'emendamento secondo il quale la Repubblica garantisce la pari
rappresentanza di genere. Il mio Gruppo pertanto voterà a favore di questo
emendamento.
Vorrei ancora aggiungere che se un
paradosso c'è è casomai quello di avere una norma di questo genere solo al
Senato, per cui si tratta semmai, in questa prima lettura del testo, che
certamente ben altre ne subirà, in questa legislatura e, credo, poi,
nell'ambito di una riedizione della riforma costituzionale nella prossima, di
cancellare questo, di paradosso. Il paradosso, dunque, opera per difetto e non
per eccesso, come sosteneva il senatore Pastore. Peraltro il paradosso, nella
ricerca filosofica ed anche in quella strettamente logica, è un ottimo
strumento per raggiungere il risultato.
Quindi, il mio Gruppo voterà
decisamente a favore di questo emendamento non appena la senatrice Carlino
deciderà di riformularlo espungendo la questione riguardante le minoranze, che
può trovare migliore collocazione in altra parte del testo. (Applausi dai
Gruppi PD e IdV).
BONFRISCO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BONFRISCO (PdL). Signor
Presidente, noi stiamo affrontando in quest'Aula uno dei passaggi più delicati
ed importanti di questa legislatura. La forte volontà di offrire ai cittadini
italiani un assetto diverso e una riforma profonda del nostro ordinamento e, soprattutto,
di quell'architettura istituzionale che vogliamo sempre più vicina e
rispondente ai cittadini, è oggi l'occasione per una seppur breve - ma io
ritengo incisiva - riflessione, soprattutto alla luce dell'intervento appena
svolto dalla capogruppo del PD in quest'Aula, Anna Finocchiaro, su un tema che
attraversa le vere e profonde motivazioni che stanno alla base di una scelta
forte, sostenuta in primis dal Presidente della Repubblica e che
attraversa la politica nel suo insieme. Mi riferisco alla formulazione e alle
proposte che in quest'Aula, così come nei luoghi decisionali della politica,
oggi animano il dibattito sulle riforme istituzionali, per poter fare il punto
riguardo ad una rappresentanza che - ne prendiamo atto - rivela una non più totale
rispondenza al sentimento e alla volontà dei cittadini italiani.
Ha fatto bene prima la senatrice
Finocchiaro a ricordare che sono passati quasi dieci anni da quella modifica
dell'articolo 51 della Costituzione che ha consolidato e riaffermato un principio
che era già scritto in una Carta non sempre rispondente alla realtà, quella
Carta costituzionale nominale che non sempre siamo riusciti a tradurre ancora
oggi in atti e fatti certi. E a lei voglio ricordare che ci sono voluti
vent'anni per trasformare il reato di violenza sessuale da reato di serie B a
reato di serie A, cioè rivolto contro una persona e non contro la morale. (Applausi
dal Gruppo PdL e della senatrice Incostante). Il cammino di queste
conquiste ha sempre avuto una storia difficile e tormentata.
Ma oggi difficile e tormentata è la
nostra storia, è la storia di questa politica, che viene chiamata a superare
una prova che io mi auguro sia in grado di cogliere in tutta la sua portata.
Vede, signor Presidente, i forti cambiamenti che sono in atto nella società,
certo in primis dal punto di vista economico, ma forse ancor di più (e
non ce ne siamo resi conto abbastanza) dal punto di vista culturale e sociale,
rischiano di travolgere totalmente questa nostra vecchia idea della
rappresentanza e di liquidarla definitivamente. Io penso che una classe
politica attenta innanzitutto al proprio ruolo non possa che interrogarsi
continuamente su quanto essa sia davvero adeguata ad interpretare i cambiamenti
in atto nella società e a corrispondervi. A me pare evidente e sotto gli occhi
di tutti che nelle Aule parlamentari quei cambiamenti qualcuno si ostina a non
volerli registrare.
Allora, mi auguro che non debbano
passare altri dieci anni prima che si prenda atto che nel Paese, nella realtà e
nella società c'è un grande lavoro svolto dalle donne che deve poter avere la
sua compiuta rappresentanza. Noi sappiamo, e non spetta a me ricordarlo adesso,
che una democrazia, per essere compiuta sul serio, deve saper rappresentare le
esigenze vere, profonde, culturali di una società. Diversamente, quella non
sarebbe una rappresentanza, ma l'arroccamento di una vecchia politica che non
riesce a cogliere i cambiamenti che sono già avvenuti fuori da quest'Aula e che
qui si ostina a non ascoltare.
Allora, in dissenso dal mio Gruppo,
annuncio il mio voto favorevole su questo testo, che fissa un principio e che
aiuta la politica a sapersi rigenerare, a sapersi migliorare e a sapersi
riqualificare. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e delle senatrici Bianconi e
Alberti Casellati).
BAIO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BAIO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, spenderò pochissime parole per associarmi alla richiesta
formulata della senatrice Bianconi, e sostenuta anche dalla presidente
Finocchiaro, di chiedere la modifica di questo emendamento relativamente alle
parole «la rappresentanza delle minoranze», perché riteniamo che in esse sia
insita una deminutio e vi sia una sorta di ingiustizia, quando invece
noi, con questo emendamento, vogliamo determinare giustizia e parità. (Brusìo).
PRESIDENTE. Non voglio dare
l'impressione di non voler fare la discussione, ma se si continua così sospendo
la seduta e chiedo al presidente Schifani di sostituirmi, perché io non sono
disposto a presiedere un'Aula che discute di una riforma costituzionale in
questo caos, che dovrebbe far vergognare tutti. (Applausi).
BAIO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiudo ribadendo la richiesta alla senatrice Carlino di espungere questa parte
dell'emendamento, perché non prevede correttamente il principio che, credo, lei
insieme ad altri colleghi volevano esprimere. Se è disponibile a fare questo,
aggiungiamo le firme, come donne del Gruppo del Terzo Polo.
Credo sia una scelta che l'Aula può
fare con serenità e coraggio, e mi auguro anche che ci sia un ravvedimento di
quei colleghi - penso al senatore Pastore a nome del Gruppo del Popolo della Libertà
- perché con questa modifica daremmo un positivo messaggio unitario al Paese su
questa riforma costituzionale. Non stravolge, ma aggiunge e determina risorse.
Voglio concludere citando le parole di
Madeleine Delbrêl che diceva di non guardare mai indietro e incoraggiava, in
situazioni di difficoltà, a cercare di guardare avanti, perché questo dà
speranza non solo a te, ma a tutto il popolo. Anche noi speriamo di fare
questo. (Applausi dal Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, per quanto riguarda le minoranze linguistiche esprimeremo un
voto favorevole, e lo avremmo fatto sia per le minoranze che per la parità del
sesso. Abbiamo però delle perplessità - è questo il motivo per cui abbiamo
preso la parola, nonostante il nostro voto favorevole - anche per le
dichiarazioni del collega Pastore, che prima ha rilevato che rimarrà una
disparità tra le due Camere.
Noi stiamo riformando la Costituzione e
mi pare giusto che ambedue le Camere siano trattate in maniera uguale da
subito, senza rimandare, come si è detto in questa Aula, a una seconda fase
emendativa del testo costituzionale. Un'altra perplessità riguarda l'articolo
51 della Costituzione che già prevede che la legge promuova con appositi
provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. C'è già la possibilità
per la legge di promuovere in ogni senso la presenza di tutti e due i generi
nelle nostre Aule. Mi sembra pertanto pleonastico, ammesso e non concesso che
sia un rafforzamento di questo principio, come qualcuno mi ricorda. Nonostante
questa perplessità voteremo a favore.
Per quanto riguarda le minoranze, per
come è scritto, capisco la motivazione di un voto contrario. Avremmo gradito il
termine non tanto per le minoranze politiche in genere, ma per le minoranze
linguistiche, però devo ammettere che, per come è scritto, nella prossima legge
elettorale, anche se maggioritaria e orientata verso un bipolarismo, se non un
bipartitismo come qualcuno vuole, si dovrebbe prevedere, se si accetta questo
emendamento, che almeno un rappresentante per tutti i partitini sia presente.
Questo lo trovo esagerato. Caso mai si sarebbe dovuto parlare di
"minoranze linguistiche", ma c'è già l'articolo 6 che le tutela.
Pertanto non avremmo particolare rammarico se la collega Carlino decidesse di
sopprimere questo riferimento.
Ecco, con questa obiezione e queste
precisazioni, dichiaro il voto favorevole sull'emendamento 3.215.
GIOVANARDI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANARDI (PdL). Signor
Presidente, vorrei provare a fare una piccola operazione verità.
Nel 1994 la legge prevedeva
l'alternanza uomo-donna uomo-donna nella parte proporzionale. La Corte
costituzionale l'ha dichiarata illegittima, spiegando che era in completo
contrasto con l'articolo 3 della Costituzione. Ha invitato, inoltre, a
promuovere leggi che consentano di far approdare alla politica il maggior
numero possibile di donne - promuovendo quindi una politica di pari opportunità
- per permettere alle stesse, partecipando alla vita politica, di assurgere ai
massimi livelli del Parlamento e del Governo. Tanto è vero che l'articolo 51
della Costituzione - mi spiace non sia presente il collega Pisanu - approdò in
Consiglio dei ministri sulla base di un testo che prevedeva una quota riservata
alle donne nei vari incarichi parlamentari.
Venne poi modificato perché l'attuale
articolo 51, avvallato dal Parlamento, parla di politiche di accesso e non di
garanzie di risultato. Non si dice, come invece è scritto qua, che se una
Regione vuole mandare due donne al Senato non può farlo, nel senso che deve
eliminare, ad esempio, Maria Ferrari, per mandare Mario Rossi perché la legge
impone ai massimi vertici che vi sia una lottizzazione di genere. Ciò è
assolutamente in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione. Ed ho ricordato
ieri che né negli Stati Uniti, né in Francia, né in Inghilterra - dove si fa
politica e democrazia sul serio - si è mai visto che per il Parlamento e per il
Senato vi sia una sorta di lottizzazione per cui gli elettori sono obbligati a
votare un uomo o una donna in termini numerici.
Se poi vogliamo spingerci ancora oltre,
dal momento che è stato annunciato il "voto di coppia" in tutti i
Comuni italiani, bisogna rendersi conto che di questo passo finiamo per
screditare la politica. Obbligare, nella seconda preferenza per i Comuni, a
votare una donna e un uomo pena l'annullamento della preferenza, vuol dire che
non il candidato non può più essere eletto con i suoi trecento voti perché un
uomo e una donna che ne hanno duecento possono sommare i loro voti, creando
alleanze elettorali in ogni Comune, e verrà meno il candidato o la candidata da
eleggere. Chi ha la fortuna di trovare un partner con cui accoppiarsi
raddoppierà i suoi voti, chi non ha questa fortuna rimarrà a casa.
Queste sarebbero le grandi riforme che
noi proponiamo come rinnovamento della politica. (Applausi dal Gruppo PdL e
dei senatori Perduca e Poretti. Commenti della senatrice Incostante). Vi
rendete conto di cosa stiamo facendo? Un conto è dire che bisogna fare di tutto
perché le donne abbiano percentualmente una maggiore partecipazione alla vita
politica, altro è dire che per legge e per Costituzione è fatto divieto di
presentare liste di donne o liste di uomini. Ad esempio, io non potrò più
presentare liste o comporre Giunte femminili. (Commenti della senatrice
Incostante). Mi sarà precluso dalla Costituzione. E perché in un Paese
civile e democratico dove vige l'articolo 3 della Costituzione ci deve essere
una discriminazione che in base al sesso cancella il principio di parità? (Applausi
del senatore Scarpa Bonazza Buora). E questo, non solo per consentire gli
accessi. Infatti - attenzione - si fa un passo in più: coloro che sono già
consiglieri regionali, in base alla modifica della Costituzione, avrebbero
anche il diritto di far parte del Senato, non sulla base delle loro capacità,
ma sulla base del fatto che sono uomini o donne. Quando si farà la lottizzazione
tra le Regioni e ci si accorgerà che si è arrivati già ad una quota massima di
uomini, con riferimento alle leggi che verranno varate sulla base della
Costituzione: il resto dovrà essere riservato obbligatoriamente alle donne, o
viceversa.
Così facendo ci inoltriamo in un
ginepraio totalmente incostituzionale, illogico, che disprezza anche il diritto
dei cittadini di votare gli eletti sulla base delle loro capacità,
professionalità e non in base a una lottizzazione di genere, come questo
provvedimento propone. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).
NANIA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NANIA (PdL). Signor Presidente,
quando è stata approvata la modifica all'articolo 51 della Costituzione, questo
dibattito è stato affrontato in maniera molto approfondita. Se mi è concesso
farlo, inviterei la senatrice Carlino a ritirare l'emendamento 3.215, perché
affronta un problema che esiste ma, a mio avviso, lo fa in maniera errata. Per
questo preannuncio il mio voto di astensione sull'emendamento in esame.
Il problema esiste perché,
generalmente, coloro che sostengono che non bisogna in nessun modo agevolare la
presenza delle donne in politica lo fanno sostenendo la famosa tesi dei panda.
Secondo costoro in politica devono essere presenti le persone in gamba: non
dobbiamo considerare le donne una specie in via di estinzione, mentre, se
garantiamo loro la partecipazione e le quote, ciò significherebbe volerle
proteggere. Tale tesi mi sembra completamente fuori luogo, anche perché, mentre
i panda sono una specie in via di estinzione, le donne non lo sono: sono bensì
un genere in espansione nella società civile, nel volontariato, nelle professioni,
nella scuola, nella sanità, nella magistratura. Come mai le donne sono presenti
in tutti i settori, a volte in misura superiore rispetto agli uomini, e in
politica no? Forse la politica non è il campo dell'onestà, della competenza e
dell'attenzione alla cura verso le nuove generazioni? La questione, dunque,
esiste ed è seria.
Personalmente mi sono interessato al
problema anche perché, statisticamente, in Inghilterra e negli Stati Uniti
d'America le donne votano a destra (e infatti sia Blair che Clinton, per
catturare il voto femminile, hanno previsto un fortissimo investimento), anche
perché la destra ha sempre investito molto nel volontariato, specie negli Stati
Uniti d'America dove le donne sono definite punti luminosi del sistema, mentre
la sinistra si è generalmente basata sullo Stato sociale, facendo un
investimento, diciamo, strutturale. Se così stanno le cose, il problema è
garantire il risultato, come diceva il senatore Giovanardi, o garantire la
competizione, e quindi la pari opportunità nella competizione e della
competizione? (Applausi del senatore Astore).
Invito quindi la senatrice Carlino a
ritirare l'emendamento, al di là del tema delle minoranze che, com'è ovvio,
potrebbe estendersi, per esempio, agli anziani, ai giovani, ai cinesi. Il
discorso sulle minoranze non riguarda la partecipazione di genere, investendo
sia il genere maschile che femminile; infatti, quand'anche dovessimo parlare di
minoranze all'interno dei generi, il discorso diventerebbe molto ampio e
riguarderebbe tante altre situazioni. La questione, quindi, è mal posta sotto
questo profilo. Ma anche dal punto di vista della parità del risultato
presuppone un vizio dal quale la democrazia italiana deve liberarsi, quello
cioè di una legge elettorale di nominati. Infatti presupporre la parità di
risultato, cioè la parità di genere, significa che c'è una legge elettorale di
nominati, e in questo caso non si capirebbe perché - e qui l'emendamento
avrebbe senso - dovrebbero essere presenti solo gli uomini piuttosto che le
donne, o viceversa. L'articolo 51, da questo punto di vista, è ben formulato
perché presuppone la pari opportunità e richiama l'impegno della Repubblica.
Chi avesse voglia di leggere l'intera
Costituzione italiana - cosa che, detta da me che vengo dal Movimento Sociale
Italiano, può incuriosire - scoprirebbe che la nostra Costituzione non prevede
imposizioni. Non c'è un articolo che dica: la Repubblica impone o costringe; si
dice invece: la Repubblica favorisce, la Repubblica promuove, la Repubblica si
impegna. L'articolo 51, quindi, è ben formulato perché presuppone che la
Repubblica promuova le pari opportunità. La questione quindi riguarda la legge
elettorale. Lo diceva bene anche il senatore Giovanardi, le cui ragioni voglio
richiamare, anche se la penso diversamente: se la Repubblica promuove una
simile misura in via provvisoria, non bisogna scandalizzarsi se tra le
preferenze si introduce quella di genere, perché si tratterebbe di un'attività
promozionale che, come tale, sarebbe provvisoria, anche se potrebbe durare a
lungo nel tempo, e si incastonerebbe perfettamente nel secondo comma
dell'articolo 3 della Costituzione che impegna la Repubblica ad intervenire in
chiave dinamica in proposito.
Concludo sottolineando quindi che
l'emendamento 3.215, pur affrontando una tematica di grande rilievo e di grande
pregio, è mal posto - per questo inviterei al ritiro - perché le donne non sono
un problema, ma una risorsa. Garantire loro la parità nella competizione è un
conto; nel caso in cui si arrivasse ad una legge elettorale che in qualche modo
le aiuti in questa fase dinamica ad essere più presenti nella politica (non
essendo una specie in estinzione, ma in espansione), sarei d'accordo; altro
conto è inserire la parità del risultato, che è quanto di più osceno si possa
immaginare. Ciò, infatti, appartiene ad una concezione vetera
dell'uguaglianza, che non considera il merito, il talento, l'impegno, il
coraggio e tutte quelle qualità che sono anche femminili e che le donne possono
mettere in campo battendo gli altri competitori. (Applausi dai Gruppi PdL e
CN:GS-SI-PID-IB-FI).
CALIENDO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALIENDO (PdL). Signor
Presidente, annuncio che non parteciperò al voto perché ritengo che
l'emendamento 3.215 non sia produttivo di effetti positivi per le donne.
Credo che gli articoli 2 e 3 della
Costituzione rappresentino il connotato essenziale del nostro Stato, della
nostra Repubblica. Nella mia vita ho svolto molte azioni positive. L'articolo
3, secondo comma, della Costituzione non contiene una norma programmatica, ma
impone azioni positive in ciascun soggetto politico, in ciascun funzionario
pubblico, perché quei principi si realizzino.
L'articolo 51 della Costituzione ha
riproposto quei principi: quando i valori forti - come quelli contenuti negli
articoli 2 e 3 della Costituzione - vengono riproposti più volte, si annacqua
il significato di quegli stessi principi. Per questo motivo mi astengo dal
voto. Infatti, ripetere ancora oggi ciò che già nell'ambito della modifica
dell'articolo 51 è stato messo - e che non era stato considerato necessario
perché l'articolo 3, capoverso, già imponeva azioni positive - significa
dubitare e renderlo un diritto di serie B rispetto al secondo comma
dell'articolo 3.
Ripeto che proprio per tale ragione non
parteciperò al voto. Credo nella vera parità tra gli uomini e le donne. La
donna va difesa con azioni positive che riguardano tutti i soggetti pubblici e
non con le leggi. In una Costituzione forte non si può ripetere per tre volte
lo stesso concetto perché, se si ripete tre volte, vuol dire che non si crede
in quel concetto. (Applausi del senatore Scarpa Bonazza Buora).
PERDUCA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signor Presidente,
la senatrice Poretti ed io stiamo facendo lo sciopero della fame da ieri sera
per denunciare la mala amministrazione della giustizia e, come decine di
migliaia di persone, soprattutto negli istituti penitenziari, avevamo scelto il
silenzio per affrontare i prossimi quattro giorni. (Commenti dal Gruppo Pdl).
Quando però si parla della Costituzione e si ascoltano alcuni ragionamenti, con
rispetto parlando, è difficile mantenere il silenzio. Quindi, ci troviamo
costretti ad intervenire, non sempre, ma sicuramente su alcune questioni
fondamentali.
È stato già fatto notare che alla
Camera dei deputati tale problema non è stato sollevato con altrettanta
decisione e forza. I presentatori dell'emendamento intendono affrontare una
questione di pari rappresentanza, e pari rappresentanza vorrebbe dire che in entrambe
le Camere essa va «garantita per legge».
Vi è però un problema aggiuntivo, che
avevamo cercato di sollevare durante il dibattito sul finanziamento pubblico
dei partiti, ossia che la scienza ed anche la sociologia ci dicono che non è
così semplice definire l'identità di genere e che magari i generi - a questo
punto - possono non essere più due, ma eventualmente anche tre. (Brusìo).
Allora, dal momento che state facendo un discorso presuntamente modernista,
secondo il quale volete veder rappresentati all'interno delle Aule parlamentari
due generi, al 50 e 50, cerco di ricordarvi che siamo nel 2012 e che al di
fuori di queste Aule sono in corso dibattiti che riguardano non soltanto
l'identità di genere e l'orientamento sessuale - che qui non ci interessano -
ma anche i diritti da garantire a queste persone, in quanto individui portatori
di diritti.
Cosa implicherebbe tale riformulazione,
che andrebbe sicuramente a migliorare il testo originario dell'emendamento?
Peraltro non ho ancora capito come si possa garantire tale pari rappresentanza
di genere all'interno delle Camere: la persona che viene nominata o eletta deve
sottoscrivere una dichiarazione di appartenenza ad un determinato genere, con
il divieto di cambiarlo una volta eletto? (Applausi dal Gruppo PdL).
Scusate, ma quest'argomento, più di tutti gli altri che sono stati utilizzati,
è quello per cui - pur essendo i radicali da sempre molto attenti all'accesso
di chiunque, indipendentemente da genere, religione e razza, a qualsiasi
ufficio pubblico - la senatrice Poretti ed io ci asterremo, non nel senso che
non parteciperemo alla votazione, bensì pigiando il bottone bianco, qualora si
dovesse arrivare al voto elettronico. (Applausi dei senatori Poretti e
Valentino).
FRANCO Vittoria (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCO Vittoria (PD). Signor
Presidente, mi pare evidente che, quando si affrontano temi che attengono alla
parità fra uomini e donne in politica e nelle istituzioni, vi sia una
sollevazione da parte di un'ala di quest'Aula.
Non vorrei dar vita ad una discussione
che veda uomini contro donne o viceversa, perché credo che questo Paese sia
maturo per affrontare il problema della democrazia paritaria, che vuol dire
eguali opportunità fra uomini e donne in tutto. Vorrei invece riprendere il
quesito formulato dal senatore Nania: perché le donne sono attive e molto
presenti in tanti settori della società, del lavoro e delle attività più varie,
mentre in politica sono così poche? È una bella domanda. La risposta è che la
politica costituisce il luogo del potere per eccellenza, il luogo dove si
scrivono le regole, anche quelle che escludono o includono: e mi pare che in
quest'Aula stamattina molti siano per escludere le donne dalla politica, cioè
dal luogo del potere di fare le regole.
Bisognerebbe poi analizzare
attentamente il linguaggio usato stamattina da molti colleghi uomini, da
specificare. Qualcuno ha detto che le donne non sono dei panda: questa storia è
vecchissima, proprio perché le donne vogliono le opportunità per manifestare le
capacità e il talento di cui dispongono e metterli a disposizione dell'intera
comunità.
Qualcun altro ha detto che si discrediterebbe
la politica se si assumessero una regola o un sistema elettorale che preveda la
doppia preferenza. E perché? Non esistevano le doppie preferenze prima? Si
propone soltanto che chi ne voglia esprimere due debba assegnare la seconda ad
un candidato di genere diverso da quello cui ha dato la prima. So che il
senatore Giovanardi vorrebbe liste monosex, composte da soli uomini,
perché è chiaro che qui c'è un patto fra uomini per escludere le donne.
Colleghi maschi, cercate di... (Brusìo. Richiami del Presidente. Applausi
della senatrice Donaggio). Ve lo ripeto: alcuni di voi vogliono liste monosex,
perché hanno fatto un patto politico fra di loro - questa è la verità! - per
escludere le donne, anche quelle in gamba, che sono molto più brave di voi in politica
e nelle istituzioni. (Applausi delle senatrici Donaggio e Negri. Commenti
dal Gruppo PdL. Richiami del Presidente).
ALBERTI CASELLATI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTI CASELLATI (PdL). Signor
Presidente, trovo che vi sia un'ipocrisia di fondo in questa discussione, se si
considera che, dal Presidente della Repubblica a tutti i più alti
rappresentanti delle istituzioni, sentiamo sempre dire che le donne hanno
grandi meriti. Anche di recente, dopo l'approvazione della legge - che era
stata peraltro contestata - per la partecipazione delle donne nelle società
quotate in Borsa, una legge volta a promuovere dunque il ruolo femminile, che
non ha nulla a che vedere con i panda ma che premia semplicemente il merito, il
Presidente della Repubblica ha detto che, quando ci sono donne nei consigli di
amministrazione, i risultati sono migliori.
Ultimamente c'è stata anche un'indagine
che stabilisce che il quoziente intellettivo delle donne è superiore a quello
degli uomini. (Commenti dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Non
mi costringete a sospendere la seduta. Non è ammissibile questo comportamento.
La senatrice Alberti Casellati ha il diritto di parlare.
ALBERTI CASELLATI (PdL).
Colleghi, non è una considerazione che ho fatto io: è una ricerca scientifica
che stabilisce che le donne hanno un quoziente intellettivo più elevato. (Commenti
dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Mi scusi un attimo,
senatrice Alberti Casellati, perché lei ha il diritto di poter svolgere il suo
intervento.
Colleghi, si intende far parlare la
senatrice Alberti Casellati, o si vuole una pausa di riflessione? Prego,
senatrice, continui pure.
ALBERTI CASELLATI (PdL). La
ringrazio, Presidente. Vedo neuroni circolare liberi nell'Aula!
Questo emendamento non è altro che un
corollario dell'articolo 51 della Costituzione: non capisco perché oggi
determini tanto sconcerto. Esso promuove semplicemente il ruolo delle donne e
degli uomini in maniera paritaria, perché è giusto che vi sia un punto di
partenza eguale, ma anche un punto di arrivo.
Se dunque in una società, che è formata
da più donne che uomini, non c'è una parità nel potere, nella condivisione
delle decisioni, significa che c'è un deficit di democrazia. È proprio
questo che noi non vogliamo: vogliamo che sia riconosciuto il merito là dove il
merito c'è. (Applausi dal Gruppo IdV e delle senatrici Pinotti e
Franco Vittoria).
LAURO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LAURO (PdL). Signor Presidente,
mi permetto di suggerirle fin d'ora di sospendere la seduta, perché penso che
il mio intervento procurerà molti clamori. (Commenti dal Gruppo PdL).
Badate bene, cari colleghi di Gruppo, che io ho parlato di fronte ad assemblee
infuocate e minacciose: non mi lascerò certo intimidire dai vostri mugugni.
Signor Presidente, vorrei annunciare il
mio voto in dissenso dal Gruppo, e vorrei spiegarne qui il motivo. Quando amici
presenti in quest'Assemblea invocano giustamente i valori della nostra
Costituzione e la sua straordinaria modernità avuto riguardo ai principi dalla
stessa sanciti, facendo specifico riferimento all'articolo 3, dovrebbero essere
coerenti fino in fondo, perché l'uguaglianza dei cittadini indipendentemente
dalla razza, dal sesso o da altri elementi che possano essere fatti oggetto di
valutazioni negative non può essere confinata soltanto alla parità di genere.
Non è possibile. Questo Parlamento, questa legislatura, quest'Assemblea hanno
ignorato le proposte di legge finalizzate a riconoscere diritti a cittadini, a
nuclei di persone con figli che non sono tutelati nei loro diritti
fondamentali. Ci sono disegni di legge, proposte di legge finalizzate a
regolamentare le coppie di fatto, che non sono solo coppie di fatto
omosessuali: ci sono centinaia e centinaia di coppie di fatto eterosessuali, con
i figli, che non hanno nessuna tutela nei loro diritti fondamentali. (Applausi
dai Gruppi PD e IdV e della senatrice De Feo).
Ci dobbiamo più volte chiedere perché
la Costituzione giustamente tutela la famiglia nella sua composizione naturale
e perché queste persone, in una democrazia, nel loro rapporto personale, non
possano ottenere da questo Parlamento una tutela, in applicazione dell'articolo
3 della Costituzione, dell'articolo 2 della stessa e delle sentenze della Corte
costituzionale, che sono state ignorate. Quest'Assemblea non tiene conto della
realtà, di quello che si vive fuori da quest'Aula (Applausi delle senatrici
Contini e Negri) e, con un atteggiamento disinformato e oscurantista, non
riesce ad affrontare i problemi veri della società italiana, che riguardano
anche le coppie di fatto, eterosessuali e omosessuali. Lo dico da cattolico
praticante, e non da laicista. (Applausi dal Gruppo PD e della
senatrice Contini). Questa è la verità.
Ecco perché io, pur non condividendo,
signor Presidente, le modalità attraverso le quali quel principio deve essere
applicato, in dissenso dal mio Gruppo voterò a favore di questo emendamento. (Applausi
dai Gruppi PD e IDV e delle senatrici Alberti Casellati, Bonfrisco, De
Feo e Contini).
VALENTINO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALENTINO (PdL). Signor
Presidente, mi limiterò a fare pochissime considerazioni. I temi trattati sono
di grande impegno e grande coinvolgimento emotivo: tutti partecipano dando il
contributo della loro sensibilità e della loro capacità. Però, c'è un dato di
ordine sistematico che vorrei rassegnare all'Assemblea perché tragga le
conclusioni più opportune e lo valuti. Noi oggi ci stiamo occupando
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di composizione del Senato. E
alla Camera che cosa accadrebbe, se noi modificassimo l'articolo soltanto al
Senato? Sarebbe auspicabile che alla Camera si realizzassero analoghe
condizioni, ma allo stato così non è.
Dobbiamo tenere conto delle esigenze
che siamo chiamati a trattare, e sulle quali siamo chiamati a discutere. Penso
pertanto che, ferme restando tutte le considerazioni apprezzabili che sono
state fatte finora su temi e valori che ci trovano certamente d'accordo,
bisogna anche fare una piccola riflessione sul dato afferente all'articolo del
quale stiamo discutendo. È vero che alla Camera c'è una presenza femminile
certamente significativa e che quindi si può trovare una formula normativa per
poter ricostituire l'equilibrio, ma non basta questa considerazione. Per questa
ragione, signor Presidente, sarò costretto mio malgrado a votare contro questo
emendamento. (Applausi del senatore Bornacin).
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor
Presidente, non voglio insegnare niente a nessuno, ma vorrei ricordare che non
siamo in discussione generale, ma in dichiarazione di voto, e quindi sarebbero
ammesse le sole dichiarazioni in dissenso e non certo in assenso.
Rispetto al merito, personalmente sono
d'accordo sulle pari opportunità, ma dipende da come sono poste. Aver aggiunto
questo punto all'interno di quest'articolo, nella parte conclusiva, vuol dire
che la parità di genere deve essere garantita anche sul risultato e nella
migliore delle ipotesi si dovrebbe avere un rapporto di 125 a 125. Se si
dovesse accedere all'ipotesi del senatore Perduca (che la Corte potrebbe anche
considerare percorribile), si dovrebbe arrivare ad eleggere 83,3 (con il 3
periodico) rappresentanti secondo il principio di genere, che francamente mi
sembra un po' ridicolo. Per poter arrivare ad un simile risultato (125 o 83,3)
si deve realizzare una legge elettorale che imponga di esprimere il voto
secondo determinati criteri.
Peccato che l'articolo 48 della
Costituzione, che non abbiamo modificato, dica che il voto è personale, uguale
e libero. Se si introduce un concetto del genere, il voto non è più libero, ma
è obbligato secondo determinati binari. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).
Pertanto, pur condividendo il valore
della parità e apprezzando le sue esigenze, esprimeremo voto contrario rispetto
a questa proposta irrealizzabile, perché qualunque legge elettorale o qualunque
esito di votazione, che non sia l'83,3 o il 125, diventerebbe incostituzionale.
(Applausi dai Gruppi LNP e PdL).
PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Calderoli, per il suo benevolo
richiamo. Lei ha perfettamente ragione: siamo in dichiarazione di voto, ma ho
ritenuto, e me ne sono assunto la responsabilità, visto il tema (riforma della
Costituzione) e visto l'argomento specifico, di consentire che ci fosse un
confronto, anche perché c'è un numero molto elevato di interventi e quindi mi
sono regolato in questo modo.
DONAGGIO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONAGGIO (PD). Signor
Presidente, credo che in questa discussione una cosa vada evitata:
ridicolizzare le posizioni di chi dissente o ha opinioni diverse dalle proprie,
perché stiamo parlando di un tema che ci portiamo dietro dall'inizio del
Novecento. In tale contesto storico, quando si pose il problema del suffragio
universale, dell'estensione del diritto di voto alle donne, successe di tutto,
in questo Paese, a tal punto che il regime fascista bloccò la legge Acerbo e le
donne non votarono mai. Poi arrivò la guerra, poi arrivò il tempo che tutti
conosciamo, e quindi la discussione su come è formulata la nostra Costituzione
altro non è che la prosecuzione di quel dibattito relativo al fatto che alle
donne venisse riconosciuto un diritto elementare quale quello dell'elettorato
attivo.
Era una rivoluzione, in cui vennero
coinvolti gli stessi partiti: penso all'appello all'estensione del diritto di
voto di Anna Kuliscioff, che di questo fece un suo manifesto programmatico,
andando anche in rotta di collisione con il suo compagno di allora, Turati,
perché il gruppo non era assolutamente d'accordo. Bisognava infatti che le
donne, ad esempio, non fossero analfabete, mentre magari il diritto di voto si
poteva riconoscere ai maschi analfabeti, ma non, ripeto, alle donne analfabete.
Si trovarono moltissime argomentazioni per bloccare quella che è secondo me la
vera innovazione: il mondo ha la possibilità di camminare in equilibrio se,
come ogni persona, cammina con tutti e due gli occhi aperti, ma se cammina con
un solo occhio aperto ed uno chiuso, è chiaro che si sbanda.
Questa è la ragione per cui oggi le
donne chiedono non solo il diritto di voto, cioè l'elettorato attivo, ma
chiedono il diritto di rappresentarsi in modo efficace attraverso l'elettorato
passivo, cioè nelle rappresentanze istituzionali.
Ricordo, agli amanti delle distinzioni,
delle differenze, delle discriminazioni che nell'immediato dopoguerra non tutte
le donne ebbero il diritto di voto. Le prostitute, quelle che esercitavano la
professione nei bordelli di Stato, non avevano il diritto di voto e i loro
figli non potevano partecipare ai concorsi per i posti nella pubblica
amministrazione. Ci volle la legge Merlin per rimuovere questa discriminazione.
Ci furono enormi argomentazioni a sostegno di questa tesi, ma le donne non si
sono arrese. Hanno sempre portato avanti l'idea che il Paese è anche un
problema loro, che non sono semplicemente al servizio del Paese in termini di
lavoro di cura, ancillare, ma vogliono partecipare alla gestione del potere.
Poiché era troppo difficile affrontare
questo tema in una legge, io e molte altre persone - mi riconosco totalmente
nelle cose che diceva la Presidente del mio Gruppo - lo affrontammo nelle
regole interne alle grandi organizzazioni politiche e sociali, mutuando dalla
Germania un principio, che era quello delle quote. Vi risparmio la discussione
sull'introduzione delle quote. Chi vi parla veniva fermata nei corridoi delle
riunioni sindacali cui partecipava dai suoi colleghi maschi (non vado a casa di
nessuno) che dicevano: «Ma care campagne, dovremo andare a Casablanca per avere
un posto?». Questo era il modo signorile con il quale si affrontava la
discussione sulle quote.
Oggi i grandi partiti e i grandi
sindacati hanno regole che non sono più le quote di tutela, ma sono norme
antidiscriminatorie: nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura
superiore o inferiore a una certa soglia. Siamo andati oltre la norma di
tutela. Guardate bene le grandi organizzazioni: ci sono donne che dirigono la
CGIL, Emma Marcegaglia ha diretto Confindustria, cose che non si sarebbero mai
pensate.
Ma perché, se è vero che le donne sono
riuscite ad entrare in maniera così determinata anche nel governo delle grandi
organizzazioni sociali, non sono mai riuscite a scalfire la politica? È un
problema che deve essere guardato in faccia. Gli uomini pian piano sono
arretrati. Hanno detto: «Sono più brave a scuola. Arretriamo. Sono più brave in
altri campi. Arretriamo». Si sono asserragliati in quella che io chiamo la
cittadella del potere, in cui sono loro a determinare le regole.
Vogliamo far capire questo: la cittadella
del potere non regge più. Anche quella è destinata a crollare, perché il
protagonismo delle donne, non solo di quelle della mia generazione, ma anche di
quelle delle giovani generazioni, spazzerà via questo atteggiamento di
conservazione. Oggi, infatti, le donne vogliono sentirsi cittadine a tutto
tondo.
Il fatto di introdurre norme che non
solo promuovano ma garantiscano anche il risultato significa solo guardare in
faccia il Paese: il 52 per cento del corpo elettorale è composto da donne. Se
si vuole dare rappresentanza al Paese per come si è trasformato, questo 52 per
cento deve avere la sua rappresentanza e la sua collocazione.
Torno allora alla domanda di prima. Ma
perché una donna non è mai stata neanche ipoteticamente candidata alla carica
di Presidente della Repubblica, men che meno Presidente del Consiglio e neppure
Presidente del Senato? Non c'è mai stata una donna Presidente del Senato. Nilde
Iotti è stata presidente della Camera proprio perché veniva da un partito in
cui le donne fecero una battaglia per la rappresentanza femminile nelle più
alte cariche istituzionali. (Commenti dal Gruppo PdL).
GAMBA (PdL). La Pivetti non
veniva da lì.
DONAGGIO (PD). Non vi dice
niente tutto questo?
Vi chiedo solo di fare uno sforzo di
modernizzazione. Guardate in faccia le nuove generazioni delle donne. Oggi
queste donne hanno il diritto, perché partecipano insieme con i loro compagni e
con gli uomini alle trasformazioni di questo Paese, anche di esprimere una
rappresentanza in proprio e non per interposta persona al governo del Paese e
all'interno dei processi di trasformazione della nostra Repubblica. (Applausi
dai Gruppi PD, IdV e Per il Terzo Polo:ApI‑FLI e della senatrice
Bonfrisco. Congratulazioni).
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, abbiamo assistito, da ultimo con l'intervento della
senatrice Donaggio, a un dibattito di grande densità politica e di grande
qualità civile. Debbo tuttavia esprimere il mio dissenso, argomentandolo e
pregando i colleghi di ragionare su un punto.
Signor Presidente, di cosa risente
questo modo di legiferare sulla Costituzione? Esso risente del fatto che non
abbiamo un relatore e, quindi, siamo esposti in Aula al vento della discussione
su singole proposte modificative, al di fuori di una visione unitaria
dell'attività legislativa che stiamo facendo.
Per questo motivo, vorrei sottoporre ai
colleghi tutti e ai presentatori un punto che, secondo me, è dirimente. Come
già accennato da altri colleghi, stiamo ragionando sull'articolo 58 della
Costituzione, stabilendo un principio di parità di genere (adesso vedremo la
formulazione che verrà adottata al termine di questo dibattito).
Tuttavia, colleghi e colleghe, questa
materia è regolata dall'articolo 51 della Costituzione, che al primo comma
stabilisce quanto segue: «Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono
accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di
eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la
Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e
uomini». Se noi interveniamo con una modifica all'articolo 58, tralasciamo il
fatto che l'articolo 51 della Costituzione prescrive che i requisiti della
legge sulle pari opportunità intervengano sui seguenti organi collegiali: la
Camera dei deputati (ricordo che abbiamo già approvato l'articolo riguardante
la Camera, senza inserirvi questa norma), la Presidenza della Repubblica
(articolo 84), gli uffici pubblici (articolo 97), la magistratura (articoli 104
e 106) e la Corte costituzionale (articolo 135).
Come possiamo modificare la
Costituzione, che ha già una norma di impianto generale sulle pari opportunità
(che è propriamente frutto delle battaglie e delle conquiste per le pari
opportunità femminili, come ha rivendicato in modo così efficace - da ultimo -
la collega Donaggio), con una previsione per il solo Senato? È assurdo. Chiedo
scusa, ma si tratta di un intervento privo di senso. Non possiamo modificare la
Costituzione, che ha già una norma d'impianto sulle pari opportunità -
l'articolo 51 - dettagliandola solo per il Senato poiché siamo senatori, dopo
che non l'abbiamo dettagliata per la Camera dei deputati e dopo che nel testo
di legge non la prevediamo per la Corte costituzionale, per la magistratura,
per gli uffici pubblici e per le altre funzioni repubblicane.
Se ci fosse stato un relatore, si
sarebbe alzato e, con riferimento all'emendamento in esame, avrebbe detto:
l'istanza è sacrosanta e l'esigenza è giusta, ma la formulazione è fatta male,
quindi, per favore, passiamo al punto successivo.
Condivido tutti gli argomenti di merito
sulla parità che sono stati portati, ma essi non sono presentabili, né
accoglibili in questa forma e in questa parte del testo della riforma al nostro
esame. (Applausi dai Gruppi Per il Terzo Polo:ApI-FLI e PdL).
CARLINO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLINO (IdV). Signor
Presidente, faccio anzitutto una precisazione: non vi è stata alcuna malafede
in ordine all'affiancamento delle minoranze al genere. Però condivido la
richiesta di riformulare l'emendamento venuta da più colleghe, e in particolare
dalla presidente Finocchiaro. Pertanto, do lettura della riformulazione: «La
legge garantisce la parità di genere nella rappresentanza elettiva».
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, si è acceso il dibattito se la questione riguardasse solo il
Senato. Un tema che l'Aula ha già discusso e sul quale sono intervenuta
anch'io. Non mi pare affatto un punto dirimente, perché, casomai, agiamo per
difetto e non per eccesso.
Volevo comunque annunciare che
sull'emendamento 3.215 (testo 2), come riformulato poc'anzi dalla senatrice
Carlino, che ringrazio, appongono la firma tutti i senatori e le senatrici del
Gruppo del Partito Democratico. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e della senatrice
Alberti Casellati).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 3.215 (testo 2).
PASTORE (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE (PdL). Signor
Presidente, questa riformulazione, invocata dalla collega Finocchiaro e accolta
dalla presentatrice, a parte la sua applicazione solo al Senato, comporta
un'interpretazione della norma nei seguenti termini: in quest'Aula, dei 250
senatori elettivi, devono esserci 125 donne e 125 uomini, prevedendo la parità
di genere nella rappresentanza elettiva, e quindi non nel processo elettorale
ma nell'esito elettorale.
Chiedo ai colleghi se questo non sia
solo un mega-spot elettorale piuttosto che una norma rispondente
all'esigenza di ampliare l'accesso, nei cosiddetti gangli del potere, anche al
genere femminile. (Applausi del senatore Sibilia).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signor
Presidente, rimango francamente stupito per il tempo che stiamo spendendo
nell'esame di questo emendamento. Rimango stupito perché la norma è di una
semplicità sostanziale e nessuna esercitazione scientifica ci potrà convincere
del contrario.
Ripeto, stiamo affermando qualcosa di
una tale semplicità e così elementare che tornare a parlare di Costituzione, di
differenze, di forzatura, di violazioni mi sembra veramente paradossale. Se poi
vogliamo essere considerati degli orribili parrucconi che non solo discettano
per tanto tempo di una cosa elementare ma che poi si sottraggono ad altro tipo
di confronto, francamente non ci sto.
Ringrazio comunque tutti i colleghi che
hanno partecipato al dibattito. Capisco che esistono delle differenze, ma
affrontiamo l'argomento con la semplicità che merita. Ci sono voci di dissenso,
ben vengano, ma il tentativo è di migliorare la partecipazione femminile nelle
assemblee elettive, visto che dai Comuni a salire non viene rispettata la
parità di genere; anzi, si lavora perché quello stesso principio sia affossato.
Ritengo pertanto che uno stimolo sia positivo e che lo sia proprio in un
momento in cui finalmente riusciamo a discutere - visto che in Commissione non
siamo riusciti a farlo - di riforme costituzionali, che interessano tutti ma
che forse non tutti vogliono. (Applausi dal Gruppo IdV).
PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
PERDUCA (PD). Signor Presidente,
siccome è stata cambiata l'attuale formulazione rispetto a quella originaria,
che comunque non incontra il nostro consenso, dichiaro, insieme alle senatrici
Bonino e Poretti, la nostra astensione nella votazione di questo emendamento e
che non ne sottoscriviamo la nuova formulazione.
VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto, in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, intervengo molto rapidamente in dissenso
dal mio Gruppo per un motivo molto semplice, e colgo l'occasione di questo
intervento per avanzare una proposta.
È evidente che ci vuole comunque ed in
ogni caso un coordinamento con l'articolo 51, primo comma, della Costituzione,
altrimenti rischiamo di introdurre una norma che è un doppione rispetto a tale
comma. Quando si sviluppò la discussione nel 2002 sulla riforma di
quell'articolo, le motivazioni furono esattamente quelle sentite in quest'Aula
oggi. Quindi francamente il buon legislatore non può introdurre una norma che
non sia quanto meno coordinata con una già esistente che dice sostanzialmente
le stesse cose.
NANIA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
NANIA (PdL). Signor Presidente,
io voterò in dissenso dal mio Gruppo, quindi mi asterrò, perché questa
riformulazione impone una legge di nominati. Se non ci fosse una legge
elettorale di nominati, ma una legge libera, dove gli elettori possono
scegliere, potremmo avere il risultato di più maschi e meno donne o di più
donne e meno maschi, il che vuol dire che sarebbe una legge elettorale
incostituzionale.
Allora, per essere praticabile questa
norma, deve avvenire ciò che avveniva con il «Mattarellum»: un uomo, una donna.
Ma - attenzione - solo con due candidati, non con tre, oppure con quattro,
oppure con sei. E poi, se in una circoscrizione, ad esempio, visto che mi viene
più facile, quella della Sicilia orientale, si comincia con l'uomo, in quella
della Sicilia occidentale si deve cominciare con la donna, e viceversa. Quindi,
è una norma che dimostra il ridicolo al quale si sta arrivando (Applausi dai
Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI), che soprattutto colpisce le donne
e che - aggiungo ancora - dimostra chiaramente che non si vuole assolutamente
risolvere questo problema.
Dunque, per un verso vogliamo che siano
gli elettori a scegliere deputati e senatori con il loro voto e per l'altro
verso pensiamo ad una legge che garantisce questo risultato di parità. E poiché
un giudice qualunque potrebbe dire: «Ohibò, ma questa legge non garantisce la
parità del risultato», deve essere una legge di nominati: e io non capisco come
l'Italia dei Valori, che fa una battaglia contro la legge dei nominati, possa
presentare un emendamento che obbligatoriamente, come conseguenza, porta al
risultato che ci sia una legge di nominati. Questa è schizofrenia pura! (Applausi
dai Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI e dei senatori Del Pennino e
Garavaglia Massimo).
PALMA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PALMA (PdL). Signor Presidente,
confesso che, attesa la delicatezza dell'argomento, forse sarebbe stato da
parte mia più prudente non intervenire. Ma confesso altresì che taluni
interventi, a partire da quello del senatore Rutelli, per seguire con l'ultimo
intervento del senatore Pastore, mi hanno convinto ad intervenire.
Io vorrei dire pochissime cose. La
prima è che vi è una differenza sostanziale tra le pari opportunità e la parità
di genere. Le pari opportunità, che sono garantite nella nostra Costituzione,
tendono a tutelare le pari possibilità, indipendentemente dal genere, per
accedere allo sviluppo della propria vita. La parità di genere nella
rappresentanza elettiva invece impone sostanzialmente la parità con riferimento
al risultato e in maniera del tutto indipendente sia dalle opportunità di
partenza sia dal valore delle persone.
Faccio un esempio fra tutti. Nel
1964-1965, se non ricordo male, si modificò la normativa sul concorso in
magistratura e si consentì alle donne di parteciparvi. Si apriva sul mondo
delle pari opportunità, com'era giusto che fosse. Con il trascorrere del tempo
ci troviamo adesso di fronte a una magistratura che vede, vivaddio, negli
ultimi concorsi e ormai da diversi anni un prevalere del genere femminile
rispetto a quello maschile. Le pari opportunità sono garantite per gli uomini e
per le donne; la differenza di merito assicura il risultato finale.
Con la riformulazione che voi avanzate
proponete sostanzialmente che per il Senato il risultato e non la base di
partenza garantisca parità, in maniera del tutto scissa dai meriti e dalle
capacità personali dei soggetti. (Applausi dal Gruppo PdL e dei senatori
Astore, Del Pennino e Fosson).
Mi chiedo e vi chiedo con molta
serenità, al di là dei richiami del senatore Rutelli all'articolo 51 o del
senatore Calderoli all'articolo 48: siete davvero sicuri che assicurare la
parità del risultato sia in linea con uno dei capisaldi della nostra
Costituzione e, cioè, l'articolo 3, che non prevede disparità di trattamento
fondate sul genere? Mi rendo conto che questo tipo di discorso può essere da
taluno di voi immaginato come paradossale; ma quell'articolo 3 vuol dire
semplicemente che l'uomo, la donna, il nero e il bianco valgono per quello che
sono e per le loro capacità. Quelle loro capacità non possono essere compresse
o soppresse in ragione solo della differenza di genere. (Applausi dal Gruppo
PdL). La parità di risultato questo comporta.
Signori senatori, non stiamo operando
su una legge ordinaria, e con questo non voglio dire che la cosa sia di minore
gravità; noi operiamo sulla Carta costituzionale e in che modo vi sentite oggi
di varare una modifica della Carta costituzionale che prevede per il solo
Senato la parità di genere sul risultato e non la prevede, ad esempio, per la
Camera dei deputati e per tutta quella serie di uffici pubblici in cui in
sostanza le problematiche sono assolutamente le stesse?
Vorrei dire un'ultima cosa alla
presidente Finocchiaro, con riferimento a un suo passaggio sul
semipresidenzialismo. Io so bene quali sono i problemi che accompagnano questa
riforma costituzionale; conosco bene l'accordo iniziale e quello che è accaduto
dopo con un allargamento della normativa sul Senato federale e sul
semipresidenzialismo; ma, senatrice Finocchiaro, noi ancora non ci siamo
sostanzialmente arrivati a quel punto. Non pensa lei che, nel varare questa
norma, che è fuori dal sistema della Costituzione, si vada sostanzialmente con
questo voto ad ammazzare definitivamente questa riforma? Ella non potrà non
condividere con me la necessità alla Camera di riportare a parità la normativa
della Camera con quella del Senato. (Applausi dal Gruppo PdL e del
senatore Del Pennino).
PRESIDENTE. Prego i senatori di intervenire per dichiarare il voto.
Ora torniamo alla dichiarazione di voto vera. Ho diretto in modo molto aperto
questa discussione, per cui, vi chiedo di fare una rapida dichiarazione di
voto, in un senso o in un altro.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, intervengo per dichiarare il nostro voto contrario, e ne
spiego le ragioni.
Cari colleghi, noi partiamo dal
presupposto che quello che stiamo facendo è obiettivamente surreale: stiamo
discutendo di una riforma che non vedrà la luce; le ragioni non le spiego, le
abbiamo già dette. Siamo fuori tempo limite e non c'è il tempo per fare la
seconda lettura e le letture previste dall'articolo 138 della Costituzione. In
sostanza, stiamo facendo una cosa surreale, un dibattito che sinceramente ci
saremmo potuti risparmiare utilizzando questo tempo e l'Aula del Senato per
varare provvedimenti molto più utili ed urgenti per il Paese.
Ciò detto, questa discussione è la
prova provata del fatto che stiamo affrontando un dibattito surreale. Infatti,
ricordo a me stesso che nel 2003 il Parlamento, con votazione pressoché
unanime, intervenne modificando l'articolo 51 della Costituzione ed
introducendo il principio delle pari opportunità per l'accesso a tutti gli
uffici pubblici, ivi comprese le cariche elettive, e utilizzando una formula
molto ampia e importante. L'ultimo capoverso del primo comma dell'articolo 51
della Costituzione recita: «A tale fine la Repubblica promuove con appositi
provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini». In sostanza, è stato
introdotto un principio che ha carattere precettivo nel nostro ordinamento e
che non riguarda solo l'elezione del Senato - perché di questo stiamo
discutendo - ma l'elezione al Senato, alla Camera, ai Consigli regionali, la
nomina degli assessori regionali, dei componenti delle giunte, dei consigli
comunali. In sostanza, riguarda l'accesso ad ogni tipo di carica pubblica
elettiva o che sia oggetto di una nomina o di una designazione.
Oggi interveniamo su una riforma che
non vedrà mai la luce e ci attardiamo in un dibattito che riguarda la
riproposizione di questo principio che già fa parte dell'ordinamento, ed è un
principio che ha un carattere generale, solo ed esclusivamente per parlare
dell'accesso alla carica di senatore, e credo che ciò sia obiettivamente, dal
punto di vista tecnico, prima ancora che politico, imbarazzante. Ma siccome è
imbarazzante, signor Presidente, tutto questo dibattito, proprio perché serve
solo per far scrivere nel programma elettorale di qualcuno che si farà il
Senato federale e la Repubblica semipresidenziale, ci consentirà, con il nostro
voto contrario di continuare a manifestare il nostro dissenso. (Applausi dal
Gruppo (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
VICARI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VICARI (PdL). Signor Presidente,
cercherò di attenermi ai tempi previsti per le dichiarazioni di voto, però
dalla discussione che è emersa sentivo l'esigenza di esprimere la mia opinione
sull'emendamento in questione, avendo registrato molta ipocrisia, come del
resto spesso avviene su questo tema, anche in quest'Aula.
È chiaro che l'emendamento è
pretestuoso, demagogico, mal posizionato. È un emendamento propagandistico,
punto e basta. Ma certamente il tema è serio: non è questo il modo di
affrontarlo o di proporre soluzioni, ma il tema resta assolutamente serio.
Mi dispiace sentire da colleghi in
quest'Aula, ogniqualvolta si parla di donne o di presenza femminile, commenti
come: «al di là dei loro meriti», «al di là delle loro capacità». Io ribalto
esattamente agli uomini quello che è stato espresso nei confronti delle donne,
dicendo che sono presenti in quest'Aula al di là dei loro meriti e delle loro
capacità. (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Bonfrisco).
Detto questo, non abbiamo bisogno di
dimostrare nulla a nessuno. Non abbiamo bisogno di dimostrare le nostre
capacità. C'è bisogno soltanto di prendere atto di una società, di una vita che
è cambiata. Sarebbe molto più bello, serio e concreto adottare delle azioni e
raggiungere l'obiettivo di far sì che le donne riescano ad essere presenti nel
mondo del lavoro, quindi anche nel mondo politico, nonostante siano mogli e
madri. Cosa che in questo Paese viene fatta molto, ma molto poco.
Ha ragione il senatore Nania quando
parla di schizofrenia della proposta, perché un conto è dire: «garantisce» o:
«promuove iniziative al fine di garantire» così come, secondo me, è già
abbastanza chiaro nell'articolo 51 della nostra Costituzione, recentemente
modificato, altra cosa è ragionarne seriamente. E il Senato dovrà farlo da qui
a breve tempo.
Senatore D'Alia, lei ha detto che
quello che stiamo facendo è un esercizio inutile; non so se è inutile, ma
certamente dibattere su temi così importanti dà un segnale a noi stessi e al
Paese del livello culturale della classe politica rispetto ad alcuni problemi.
Forse non arriveremo alla conclusione o forse sì, ma certamente i dibattiti di
questi giorni resteranno per iscritto e quando noi ci troveremo, o chi verrà
dopo di noi si troverà, a dibattere e ad affrontare questi problemi, non si
potrà non guardare ai discorsi che abbiamo ascoltato ancora oggi, nel 2012.
Dicevo che ha ragione il senatore Nania
quando parla di incongruenza. Io invito i colleghi, e tutta quest'Aula a non
trattare il problema con sufficienza, a non cercare un escamotage
diretto al fine di non consentire un'invasione da parte delle donne anche delle
istituzioni della politica, e quindi a non spaventarsi di una presenza che sia
esattamente la fotografia di quello che è la società oggi.
Detto questo, l'argomento dovrà essere
affrontato seriamente a breve quando il Senato inizierà la discussione in Aula
sulla riforma elettorale perché, in quella occasione, si potrà incidere
realmente sulle pari opportunità e quindi sulla presenza di entrambi i generi
all'interno del Parlamento.
Si parla di collegi e di preferenze, ma
l'unico vero strumento per raggiungere l'equilibrio nella rappresentanza dei
sessi, nel momento in cui si decide la strada delle preferenze, è la
multipreferenza, che consente di votare contemporaneamente per un uomo e per
una donna. Questo è l'unico modello che si può adottare e su questo vi
misurerete e ci misureremo. Il dibattito di oggi è soltanto un esercizio
culturale; sulla legge elettorale misureremo la capacità e la volontà reali
della classe politica presente oggi in Parlamento di garantire l'equilibrio
nella rappresentanza dei sessi. Va bene la preferenza, ma soltanto a condizione
che sia multipla, cioè data ad un uomo e ad una donna contemporaneamente. (Applausi
della senatrice Bonfrisco)
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, sono intervenuta altre volte in quest'Aula su questo stesso
tema e non soltanto in questa legislatura, perché questo è un problema che ci
affligge, da più legislature. (Brusìo).
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, sta
parlando la senatrice Poli Bortone. Siamo arrivati alla conclusione del
dibattito. Cerchiamo di arrivare al voto.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Voglio dire soltanto due parole: se avessi avuto qualche dubbio (e non ne ho
mai avuti fino a questo momento), mi sarei convinta ancora di più di esprimere
non un voto pilatesco di astensione ma un voto decisamente contrario a questo
emendamento. (Applausi dal Gruppo PdL).
Un voto decisamente contrario che
deriva da una mia cultura politica, che sarà minoritaria, per carità, ma è pur
sempre una cultura politica rispettabile, rispetto alla quale ho sempre
considerato che esistessero già parametri chiari di riferimento: uno è il
merito, un altro è la capacità di sapersi esprimere in un settore piuttosto che
in un altro. Non tutte dobbiamo far politica necessariamente, care amiche:
possiamo anche fare qualche altra cosa, se la sappiamo fare, così come gli
uomini possono tranquillamente fare qualche altra cosa, se ne sono capaci.
Poi, c'è il parametro del consenso. Io
sono stufa di sentir dire da cinquant'anni a questa parte che il 52 per cento
dell'elettorato passivo è composto da donne mentre appena il 10 per cento del
Parlamento è composto da donne. Si vede che le donne non vogliono votare per le
donne. Lasceremo la libertà alle donne di scegliere chi diavolo vogliono in
Parlamento! (Applausi dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL e del senatore
Astore).
Allora, care amiche, non sono d'accordo
con il senatore D'Alia (mi dispiace collega D'Alia, questa volta non sono
proprio d'accordo con te), anche perché stiamo lanciando un brutto messaggio
alla gente che ci ascolta in questo momento (almeno attraverso Radio Radicale):
la gente non può sentire che siamo in quest'Aula, alla metà di luglio, a
svolgere un dibattito surreale. Ritengo, per dignità del Parlamento, che non ci
sia niente di surreale nei dibattiti, ma sia tutto reale, concreto e dignitoso.
(Applausi dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL). Noi siamo in quest'Aula
per discutere dignitosamente di problemi degni di essere affrontati.
Signor Presidente, questo problema non
mi appassiona più di tanto. Ritengo che la presidente Iotti abbia fatto la
presidente della Camera dei deputati per quello che lei rappresentava nella
storia politica italiana e nella storia del suo partito e non certamente perché
era una quota di un partito, assolutamente no. (Applausi dai Gruppi
CN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL).
Mi meraviglio - lo affermo chiaramente
- del Partito Democratico, che ha condotto battaglie, non di parità di genere,
ma di pari opportunità. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Astore).
Qui stiamo confondendo la parità di genere con le pari opportunità.
L'opportunità deve essere data al contadino e al professionista, al disoccupato
e all'occupato, e non all'uomo e alla donna: altrimenti stiamo ragionando con
parametri del passato, ormai superati. (Applausi dal Gruppo PdL).
Dobbiamo ragionare con parametri del futuro. Il compito del Parlamento è di
consentire a tutti di partecipare alla vita politica. Poi, come in ogni
situazione, è bene che vinca il migliore, uomo o donna che sia, purché sia
capace di fare politica. (Applausi dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI, PdL e Per
il Terzo Polo:ApI-FLI e del senatore Pinzger. Congratulazioni).
DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LNP). Signor Presidente,
come Lega Nord, dobbiamo affermare in modo estremamente chiaro che non potremmo
mai votare un emendamento demagogico come quello ora al nostro esame.
Vorrei farvi sapere ciò che di
disgraziato ha portato la parità intesa come obbligo di risultato di arrivo.
Provengo da una Regione in cui sono componenti etniche diverse, italiana e
tedesca. Credendo di fare buona cosa, abbiamo previsto nel nostro Statuto che
per accedere alle pubbliche amministrazioni le componenti italiana e tedesca
avessero la parità sulla base di un censimento. Ne è risultato che per accedere
alle pubbliche amministrazioni ci sono posti riservati agli italiani ed altri
ai tedeschi. Ciò può andare bene in un'amministrazione di pura burocrazia, ma
in realtà vale per tutti i livelli dirigenziali, compresi quelli della sanità.
Nella nostra Regione, per un concorso per un posto di primario, per esempio di
chirurgia, cioè di una persona che ha la vita degli altri nelle sue mani, non
può accedere il migliore: infatti, se quella posizione dirigenziale compete al
gruppo tedesco, o viceversa, il migliore non potrà diventare primario e offrire
il miglior servizio alla sanità, perché si dovrà seguire la legge.
Ricordo alla senatrice Finocchiaro che
il Partito Democratico si è impegnato, raccogliendo migliaia di firme, per
ridare al popolo la possibilità di scegliere gli eletti. Se si tornerà alla
preferenza, sarà il libero voto, cioè la preferenza degli italiani, a stabilire
l'arrivo. Vi devono essere pari opportunità di partenza, ma non si può
garantire un sistema di voto blindato che obblighi a un risultato finale! (Applausi
dai Gruppi LNP e PdL). Non è possibile, perché ciò va contro la libertà del
voto dell'elettore! O l'una o l'altra: o si fa demagogia o si dà veramente
libertà di voto agli italiani! Fate una scelta coerente, per cortesia. (Applausi
dai Gruppi LNP e PdL).
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per
effettuare quello che sarà l'ultimo intervento, dato che non ha parlato nessuno
del suo Gruppo. (Commenti). Mi pare ne abbia il diritto, colleghi, visto
che - lo ribadisco - non ha parlato nessuno del Gruppo Misto.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signor Presidente, non avrei chiesto di fare quest'intervento, se non fosse
stato modificato l'emendamento e non si fosse presentato il testo che è stato
ora proposto.
Le osservazioni fatte dai colleghi
Pastore e Nania, sono a mio avviso, così precise e puntuali da non consentire
l'approvazione dell'emendamento in discorso. Stabiliamo non le pari
opportunità, come hanno detto altri colleghi, ma la parità degli eletti, che non
può essere stabilita a priori, se vogliamo riconoscere la sovranità
popolare. (Applausi del senatore Benedetti Valentini). E se stabiliamo
questo, dobbiamo ristabilire il principio delle liste bloccate, che nessuno qui
dentro dice di volere. (Applausi del senatore Pastore). Ci si può
dividere sui collegi uninominali o sulle preferenze ma, se vogliamo garantire
la parità degli eletti, non valgono né i primi né le seconde, ma soltanto le
liste bloccate.
Questi sono i motivi per cui voterò
contro quest'emendamento. (Applausi del senatore Astore e del Gruppo PdL).
CARLINO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLINO (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice
Carlino, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Prima di procedere alla
votazione, colleghi, ricordo che la riformulazione del testo proposta dalla
senatrice Carlino è la seguente: «La legge garantisce la parità di genere nella
rappresentanza elettiva».
Indìco pertanto la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento
3.215 (testo 2), presentato dalla senatrice Carlino e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi PdL e LNP e del
senatore Astore).
Presidenza della vice
presidente MAURO (ore 11,39)
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 3.
È approvato.
Passiamo all'esame degli emendamenti
tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 3, che invito i
presentatori ad illustrare.
CALDEROLI (LNP). Signora Presidente, ritiro gli emendamenti
3.0.550, 3.0.201, 3.0.204, 3.0.551, 3.0.205 e 3.0.206.
MALAN (PdL). Signora Presidente, ritiro l'emendamento
3.0.203.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si
intendono illustrati.
Invito il rappresentante del Governo a
pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
MALASCHINI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri. Signora Presidente, il Governo si rimette
all'Assemblea.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.0.200.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
l'emendamento in esame propone l'abrogazione dell'articolo 59 della
Costituzione, cioè la cancellazione dei senatori a vita.
Su questo voglio fare una
considerazione. I senatori a vita fanno parte della storia nobile della
politica e della politica istituzionale in Italia, oltre che della
rappresentanza. Essi non sono eletti direttamente e non sono il prodotto di
un'elezione, ma sono indicati secondo un criterio che li raffigura come dei
soggetti, delle persone, dei cittadini che con la loro vita, la loro
professione, i loro scritti ed il loro operato hanno illustrato la Repubblica.
Per far capire ai colleghi distratti
qual è il vero significato della figura del senatore a vita vorrei fare un
semplice esempio. Immaginiamo che figure come Umberto Terracini, Benigno
Zaccagnini, Emilio Lussu e Tina Anselmi non avessero avuto accesso alla vita
politica rappresentativa. (Applausi del senatore Astore). Si tratta di
figure di grandissimo rilievo della cultura e della politica, che hanno
impiegato le proprie energie con forza, con coerenza e con continuità nella
difficile attività di produrre buone leggi e condurre il Paese in un senso
appropriato; parliamo di persone che vengono da un'esperienza di lotta contro la
dittatura, che sono maturate culturalmente in una temperie che oggi ci è molto
lontana. Se queste persone non avessero avuto accesso alla rappresentanza
politica, non avrebbero avuto il ruolo che hanno avuto all'interno delle
Assemblee legislative.
Chi oggi, riflettendo sul significato
di quelle figure, oserebbe pensare che Emilio Lussu e Tina Anselmi non erano
degni di stare all'interno di un'Assemblea legislativa?
Quando ci misuriamo con la figura dei
senatori a vita è a questo che dobbiamo pensare: non alle miserie dei singoli
individui, sempre possibili, ma alla capacità di attingere una qualità
superiore.
È pur vero che nell'esperienza recente
delle ultime due legislature una polemica forzosa e priva di reale fondamento
aveva individuato nei senatori a vita i «parassiti» usati da una maggioranza
risicata per riuscire a spuntare qualche risultato nelle votazioni. Ma su
questo voglio glissare, perché l'argomento è troppo volgare e non voglio
insistere su una polemica che ha squalificato la prassi assembleare del
centrodestra. Questa non è l'atmosfera in cui bisogna evocare le risse. Lo
ricordo solo di sfuggita per sostenere che la squalificazione del senatore a
vita ha avuto un'occasione puramente contingente, legata a una condizione di
lotta politica avvelenata, e quindi ha espresso punti di vista ed interessi che
oggi devono essere lontani da noi il più possibile.
Tra gli emendamenti che propongono
l'abrogazione dell'articolo 59, quello del senatore Molinari contiene una sorta
di correttivo nei confronti dei senatori in carica, di cui sono fatte salve le
prerogative. Ma io vorrei sottolineare un altro aspetto, questa volta più
tecnico, della cancellazione dei senatori a vita, che richiama, signora
Presidente, la presenza dei Presidenti della Repubblica, una volta giunti al
termine del loro mandato, come senatori a vita: nel momento in cui proponiamo
di eliminare i senatori a vita, interveniamo specificamente anche sulla
prerogativa dei Presidenti della Repubblica di ricoprire il ruolo di senatori a
vita una volta giunti al termine del loro mandato. Penso che ciò costituisca
una forzatura poco in accordo con la finezza del ragionamento costituzionale.
Se n'è accorto il senatore Calderoli, il quale, infatti, nel suo emendamento
3.0.201 propone di salvare il Presidente della Repubblica, suggerendo
l'abrogazione del secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione.
Resta comunque il rilievo complessivo:
salvaguardare la figura dei senatori a vita è importante non solo per la vita
istituzionale, ma anche per la rappresentanza politica intesa in senso più
ampio, la rappresentanza in genere del Paese, per un'impronta e una qualità
culturale. Inoltre, resta in piedi l'obiezione relativa al fatto che, qualora
venissero approvati questi emendamenti, vi sarebbe la cancellazione di una
prerogativa del Presidente della Repubblica.
Signor Presidente, su questo
emendamento chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante
procedimento elettronico.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signora
Presidente, sono costretto a ripetere quanto ho già detto sul tema dello
svolgimento dei lavori in Commissione. Il senatore Rutelli ha lamentato il
fatto che la mancanza di un relatore in Aula crea qualche squilibrio. Non
possiamo farci niente, visto che la Commissione, con 13 voti contro 13, non ha
dato mandato al relatore. Siamo quindi costretti a muoverci in questo contesto
senza la presenza di un relatore e anche con la posizione di assoluto non
impegno del Governo, che ha dichiarato chiaramente di non voler intervenire
sulla riforma costituzionale di carattere parlamentare.
Quando però si parla di abrogazione
dell'articolo 59, bisogna tenere conto di come abbiamo delimitato questa
riforma in Commissione. Si è partiti da un testo del presidente Vizzini che ha
tenuto conto di 25-30 proposte di riforma costituzionale e, d'accordo, si sono
selezionati alcuni argomenti molto importanti: parlo del bicameralismo non più
perfetto e della sfiducia costruttiva, argomenti di particolare rilievo. Si è
deciso di non entrare negli altri.
Il giudizio del mio Gruppo, espresso
attraverso la mia dichiarazione di voto, non può che essere contrario a questi
emendamenti, a tutti gli emendamenti: innanzitutto a quelli dei quali parlava
il senatore Pardi, presentati dal senatore Molinari e da altri senatori, che
addirittura vogliono che non sia più senatore di diritto e a vita neppure chi è
stato Presidente della Repubblica, ma anche quello (che però mi sembra sia
stato ritirato) del senatore Calderoli, che mantiene la prerogativa di senatore
a vita per gli ex Presidenti della Repubblica, ma esclude i cinque cittadini
che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale,
scientifico, artistico e letterario. Questa è un'antica tradizione che viene
dalla Costituzione iniziale, dal lavoro dei Padri costituenti, ma che si radica
in precedenti provvedimenti di carattere giuridico.
Andare quindi ad eliminare questo
istituto con un tratto di penna, senza che questa materia faccia parte del
contesto concordato, è qualcosa su cui non possiamo essere d'accordo. Credo che
se si vogliono rispettare le cose che si sono dette, stabilite ed approvate in
Commissione, anche il Partito Democratico debba pensarla in questo modo.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.0.200, presentato dal senatore Molinari.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento
3.0.730.
MURA (LNP). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Mura, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 3.0.730, presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Gli emendamenti 3.0.550 e
3.0.201 sono stati ritirati.
Metto ai voti l'emendamento 3.0.202,
presentato dai senatori Peterlini e Pinzger.
Non è approvato.
Ricordo che l'emendamento 3.0.731 è
precluso dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2).
Tutti i restanti emendamenti diretti ad
inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 3 sono stati ritirati.
Passiamo all'esame dell'articolo 4, sul
quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad
illustrare.
PARDI (IdV). Signora Presidente, il Gruppo dell'Italia
dei Valori ha presentato molti emendamenti all'articolo 4. Mi dispiace che il
senatore Saia non abbia voluto illustrare il suo, perché poteva essere
interessante un confronto sull'argomento. Essenzialmente, gli emendamenti
presentati dal nostro Gruppo hanno una caratteristica unitaria, che è quella di
intervenire sulla modifica molto potente e penetrante degli equilibri tra
maggioranza ed opposizione, tra Governo e minoranza parlamentare.
Questo disegno di modifica
costituzionale, prima ancora che fosse sfigurato dall'arrivo degli emendamenti
sul Senato federale e sul presidenzialismo, ai nostri occhi era comunque
intensamente criticabile perché introduceva modifiche a tutto vantaggio del
potere esecutivo e a tutto svantaggio del potere legislativo. Questo è il tema
continuativo di tutta questa riforma, dall'articolo 4 fino alla fine.
La riforma prima dello sfiguramento
(per intenderci, la riforma di natura premierale, che dà il potere al
Presidente del Consiglio e non al Presidente della Repubblica) riduce le Camere
a un ruolo di sostanziali spettatrici dell'attività legislativa, salvo qualche
correttivo; ma l'esperienza delle ultime legislature ci ha fatto capire che non
ci si può fidare da questo punto di vista. Non si può sperare che chi si è
concesso un potere superiore abbia poi il senso della misura, la capacità di
correggere i propri passi e di intendersi con gli interlocutori: non succederà.
Se si stabilisce un potere, questo potere sarà usato. Purtroppo veniamo da una
storia degli ultimi vent'anni in cui chi ha avuto un potere intollerabile e
intollerato in nessun'altra parte del mondo sui mezzi di comunicazione l'ha
usato nella maniera più spregiudicata. Se si stabilisce un potere, da qualcuno
questo potere sarà usato.
Proviamo, quindi, a contrastare questo
disegno con gli emendamenti presentati dall'articolo 4 in poi, nel tentativo di
interporre strumenti di controllo e di attenuazione del potere smisurato
dell'Esecutivo.
Per esempio, si comincia dalla vita
fisiologica delle Assemblee. Con l'emendamento 4.201 si propone che ciascuna
Camera adotti il proprio Regolamento a maggioranza di tre quinti dei suoi
componenti, in modo tale da evitare modifiche costituzionali dissimulate
attraverso l'introduzione in Regolamento di elementi molto cogenti.
Non è un mistero per nessuno che,
mentre le forze che sostengono il Governo attuale si accordavano per questo
rafforzamento del potere esecutivo a danno del potere legislativo, nello stesso
momento si provava a determinare una deriva del Regolamento del Senato che
perseguiva gli stessi fini con mezzi diversi. La questione della potestà di
controllo sul Regolamento, quindi, è fondamentale per evitare che, anche in
assenza di una riforma costituzionale incisiva a favore del potere esecutivo,
si possa comunque dare a questo poteri più penetranti di quelli di cui ha
goduto fino adesso.
Si propone, poi, di introdurre nei
Regolamenti di Camera e Senato meccanismi di garanzia per le opposizioni
parlamentari e, come rafforzamento al sostegno di tali meccanismi di garanzia,
si prevede la possibilità di accedere direttamente alla Corte costituzionale in
casi determinati come, per esempio, quando si ritenga che il Regolamento
siastato violato in maniera più o meno evidente.
La questione ha dei risvolti particolarmente
rilevanti per il dibattito interno alle forze di quella che era stata
l'opposizione al Governo Berlusconi. C'è stato un lungo momento in cui i
colleghi del Partito Democratico (che continuo a considerare i nostri alleati
naturali per il futuro della politica italiana) hanno espresso il loro punto di
vista in relazione alla modifica costituzionale, ripetendo continuamente il
tema di una garanzia fondamentale: ossia che, di fronte al rafforzamento del
Governo, dovesse esservi anche un rafforzamento del Parlamento, il quale
avrebbe dovuto poggiare - è una parola d'ordine di antica data - sullo statuto
dell'opposizione.
Ora, proprio nel momento in cui
accediamo a questa fase, per noi insidiosa, di rafforzamento dell'Esecutivo e
di limitazione delle prerogative del potere legislativo, il Partito Democratico
- purtroppo - ha rinunciato ad esercitare, con la necessaria fermezza, la
pratica di questa garanzia. Lo statuto dell'opposizione è scomparso
dall'orizzonte del dibattito politico e culturale contenuto all'interno del
dibattito sulla riforma costituzionale, o - meglio - è scomparso nel senso che
i colleghi del Partito Democratico ne hanno parlato sempre di meno e in forma
sempre più flebile.
Noi pensiamo, invece, che, sotto questo
profilo, il legislatore costituzionale debba avere sempre presente il ciclo
della vita politica. Non si disegna una riforma costituzionale pensando di
esercitare il potere: essa si disegna pensando all'inevitabilità storica del
rovesciamento delle maggioranze, della perdita di consenso e dell'impossibilità
di accedere all'ampliamento del proprio elettorato. Ci siamo passati tutti,
direttamente o indirettamente: anzi, direi che il centro sinistra dovrebbe aver
sperimentato sulla propria pelle, perfino con eccessiva durezza, cosa vuol dire
fidarsi delle promesse dell'avversario con cui si stabilisce un'intesa di
natura costituzionale. L'ammaestramento avrebbe dovuto essere severo. Non ci si
può fidare di quello che ci viene promesso: questo valeva per la Bicamerale di
Massimo D'Alema e vale ancora oggi.
Quindi, di fronte ad un meccanismo che
sostanzialmente macina le possibilità di intervento e di azione della minoranza
parlamentare, anche chi pensa di avere il vento in poppa e di poter governare
per una o due legislature dovrebbe avere il riflesso fisiologico democratico di
pensare che nella vita politica si sale e si scende e, quindi, la garanzia
costituzionale non deve essere tarata sulla forza che vince, ma
sull'interlocuzione, sul dialogo, sul conflitto e anche sulla lotta aperta che
può esserci tra le parti avverse nelle Assemblee elettive.
È essenzialmente a questo fine che sono
orientati i nostri emendamenti, i quali verranno poi considerati uno per uno
nelle dichiarazioni di voto, se e quando sarà necessario. Lo spirito unitario
che li lega tutti è esattamente questo: garantire la possibilità per
l'opposizione di non essere schiacciata nel dibattito parlamentare. Ma ancora
di più: garantire che le Assemblee elettive abbiano la loro potestà d'azione di
fronte alla potestà del Governo.
Tutta la storia recente è permeata dal
crescente tentativo del Governo (peraltro riuscito) di impossessarsi delle
potestà legislative. Tutti noi ripetiamo lo stesso ritornello ogni volta che
arrivano al nostro esame soltanto decreti-legge, nella totale assenza di
disegni di legge, ma poi dimentichiamo quanto sia invadente questo cammino
apparentemente inarrestabile.
Credo pertanto che tutta l'Assemblea
dovrebbe prendere consapevolezza di questo argomento: con tranquillità, senza
drammi precipitosi, ma ragionando con freddezza sull'equilibrio fondamentale
che deve esseri all'interno delle Assemblee elettive.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi,
senza la benché minima intenzione di ritardare i lavori di percorso di questa
riforma, gradisco richiamare la vostra attenzione, o quella di chi sia
interessato, sull'emendamento 4.206, a firma del sottoscritto e dei colleghi
Saltamartini, Castro, De Eccher, Bevilacqua, Milone e Coronella.
Ho l'ambizione, non so se temeraria, di
proporvi un'approvazione all'unanimità di questo nostro modesto emendamento. In
realtà, non so se è modesto: lo è per come lo presentiamo, senza la minima
arroganza, ma non nella portata del contenuto. E gradirei che anche il nostro
valoroso Capogruppo in Commissione affari costituzionali, senatore Boscetto, al
di là della regola che si è dato di non esprimere orientamento favorevole su alcun
emendamento, prendesse atto della portata dell'emendamento stesso. Esso incide
sull'articolo 4 del testo base, di cui do lettura: «All'articolo 64 della
Costituzione è aggiunto il seguente comma: "I Regolamenti delle Camere
garantiscono le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i
diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività
parlamentare"».
La modifica che proponiamo,
apparentemente lieve, è la seguente: «I Regolamenti delle Camere garantiscono
le prerogative e facoltà del parlamentare, le prerogative e i poteri del
Governo e della maggioranza nonché i diritti delle opposizioni e delle
minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare».
Si tratta di una modifica aggiuntiva
che, alle prerogative e ai poteri del Governo e della maggioranza e ai diritti
delle opposizioni e delle minoranze, premette le prerogative e le facoltà del
parlamentare. Anche quelli che, come il sottoscritto e i colleghi firmatari di
questo emendamento, possono essere a favore dell'opzione dell'elezione diretta
del Capo dello Stato o del Governo, e quindi per un'opzione presidenzialista,
ciò non di meno - e forse proprio per questo - tendono a corroborare e a
rinforzare la centralità del Parlamento, le sue prerogative, l'equilibrio dei poteri
e delle facoltà tra la figura apicale, anche direttamente eletta, e il
Parlamento, sempre sovrano e direttamente eletto. Proprio per questo vogliamo
bilanciare i due istituti.
Quando, sulla scorta di tutto il
dibattito e dell'esperienza parlamentare vissuta, si tende a dire che con i
Regolamenti dobbiamo fare uno statuto dell'opposizione per garantire le
minoranze e poi anche uno statuto dei poteri e delle prerogative del Governo e
della maggioranza (dei Gruppi in particolare), stiamo enfatizzando il Governo,
la maggioranza, la minoranza organizzata e i Gruppi. E il singolo parlamentare,
onorevoli colleghi?
Ci siamo o no accorti, in questa
legislatura ed anche nelle precedenti, che chi tende a scomparire e ad essere
fagocitato ed inibito in ogni sua facoltà è il parlamentare nella sua
sovranità, nel mandato democratico che riceve e del quale deve rispondere ai
suoi elettori? E anche chi ritiene che debbano essere ragionevolmente diminuiti
nel numero i parlamentari penso che lo debba fare nell'ottica e nella mentalità
che, quanto più si restringe il numero degli appartenenti ad una Camera, tanto
più si devono potenziare le prerogative, le risorse e le facoltà del
parlamentare. Al limite, per analogia, potremmo prendere l'esempio della grande
democrazia statunitense, dove si è pensato ad un Senato di pochissimi membri,
ma si è dato a quei pochissimi membri una grande autorità, un grande potere e
un grande peso; essi hanno anche una grande struttura dietro di sé, che
collabora con loro nello svolgere questo importante mandato parlamentare.
Noi, dunque, dobbiamo prevedere che i
Regolamenti parlamentari certo provvedano a disciplinare le prerogative del
Governo e della maggioranza, certo debbano disciplinare lo statuto
dell'opposizione e delle minoranze, ma prima - se permettete anche in ordine
lessicale e logico - dobbiamo prevedere le facoltà e le prerogative del
parlamentare. Quando noi abbiamo annebbiato e disciolto la figura e le risorse
operative del parlamentare rispetto ai Gruppi (rispettabilissimi), alla maggioranza
e alle minoranze, noi abbiamo minato al cuore l'istituto parlamentare e della
democrazia rappresentativa.
Sulla base di queste considerazioni,
che mi permetto di rivolgere anche al mio Capogruppo in Commissione affari
costituzionali, che esprime i pareri per il Gruppo stesso, nonché a tutti i
Gruppi, direi che questa nostra formulazione non stravolge minimamente la
sostanza del testo base, ma l'arricchisce di un elemento democratico
fondamentale. Ecco perché dico che di certo non rinunceremo a questo
emendamento - e che ognuno si assumerà la sua responsabilità istituzionale,
morale e politica - ma penso anche che, senza nulla stravolgere, esso potrebbe
essere accolto e votato da tutti i Gruppi e da tutti i singoli parlamentari. Lo
affido pertanto alla vostra benevola ed attenta considerazione.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si
intendono illustrati.
Invito il rappresentante del Governo a
pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
MALASCHINI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri. Il Governo si rimette all'Aula, signora Presidente.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della prima parte
dell'emendamento 4.600.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
anche se sappiamo che i colleghi firmatari di questo emendamento l'hanno
presentato partendo da ragioni diverse dalle nostre (forse molto diverse dalle
nostre), noi esprimeremo comunque un voto favorevole su di esso, perché ci
ritroviamo il senso fondamentale delle considerazioni che svolgevo
nell'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 4.
Sopprimendo gli articoli 4, 5, 6, 7, 8,
9 e 10 in un colpo solo, si azzera la riforma costituzionale che non ci
convince, si elimina il rafforzamento dell'Esecutivo a danno del Legislativo e,
sostanzialmente, si accede a una prospettiva di manutenzione ordinaria con
scarsissimi interventi (quelli che ci sono stati finora) sulla Costituzione
italiana. Poiché noi pensiamo che tutte le modifiche, che pure sono necessarie
per garantire una maggiore efficacia della politica, sono perfettamente
raggiungibili modificando la legge elettorale, per esempio, e stabilendo una
vitalità democratica dei partiti come auspicato dall'articolo 49 della
Costituzione, ma mai realizzato, crediamo che si potrebbe accedere ad una vita
politica più sensata senza modificare la Costituzione.
Noi non concordiamo con un assunto
fondamentale che è dietro questo disegno di riforma della Costituzione (questo,
non quell'altro: di quello sfigurato non ne voglio nemmeno parlare per ora).
Parlo del fatto che la Costituzione, secondo alcuni, non dà a chi governa gli
strumenti per farlo. Non è vero! Non è vero nella maniera più plateale: chi
governa ha gli strumenti per farlo, solo che, o li usa male, o non sa usarli, o
non sa che cosa fa, o prende decisioni sbagliate, o prende decisioni a favore
di interessi specifici, o è addirittura guidato da interessi specifici, più
privati che pubblici, ma qualche volta pubblici e privati.
Non è vero che la Costituzione non dà
gli strumenti per governare a chi governa: è una sorta di credenza che si è
diffusa nell'ultimo decennio per iniziativa soprattutto dell'ex Presidente del
Consiglio, il quale, del tutto incapace di governare e guidato da un solipsismo
autistico di natura clinica, ha dovuto trovare il modo per giustificare la
propria incapacità di governare attribuendo la colpa alla Costituzione. Era lui
che non sapeva governare, cari senatori, e non sapeva farlo in maniera plateale
e, qualche volta, anche disgustosa. La Costituzione funziona benissimo; ci
vogliono delle aggiustature minime, ma non certo un disegno che riconfigura l'assetto
e l'equilibrio tra i poteri.
Quindi, anche se non condividiamo le
ragioni per cui i colleghi di Coesione Nazionale hanno presentato la proposta
di sopprimere gli articoli da 4 a 10 , a noi tale proposta va bene, e voteremo
a favore. (Applausi dal Gruppo IdV).
Chiediamo inoltre la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signora
Presidente, onorevoli senatori, l'emendamento 4.600 sopprime tutta la riforma,
mantenendo solo i primi tre articoli e, cioè, la riduzione del numero dei
parlamentari e gli altri aspetti che finora abbiamo esaminato.
I proponenti sono colleghi di peso e di
valore, però mi pare che un emendativo soppressivo di tutta la riforma
difficilmente si giustifica. Non riesco a capire la logica che ispira questo
tipo di intervento emendativo; di conseguenza, non posso che esprimere in
dichiarazione di voto il voto contrario del Popolo della Libertà, che vuole
andare avanti con questa riforma e ha proposto anche gli emendamenti presentati
dai senatori Gasparri e Quagliariello riguardanti il semipresidenzialismo.
Pertanto, la posizione del Gruppo risulterà essere questa.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signora Presidente, intervengo per cercare di chiarire in particolare al
senatore Boscetto, che apprezzo e stimo, la logica, la ratio, la
finalità, l'obiettivo, il carattere strategico degli emendamenti abbiamo
presentato. Per farlo devo fare un passo indietro.
Abbiamo presentato, senatore Boscetto,
onorevoli colleghi, un organico progetto di riforma della Costituzione.
L'abbiamo fatto partendo da un presupposto, peraltro condiviso, seppur per
ragioni diverse, almeno in relazione al bicameralismo, dall'Italia dei Valori.
Abbiamo prospettato l'idea di un Senato delle autonomie, espressione di secondo
livello, nella convinzione che solo questa è la strada per realizzare il
superamento del bicameralismo e per introdurre un elemento di rappresentatività
territoriale che trovi un momento bicamerale nelle leggi di bilancio.
Si può essere d'accordo o no, ci sono
motivazioni pro o contro, ma la proposta che abbiamo enucleato è questa.
Abbiamo altresì acceduto alla tesi di votare il Senato federale nella
convinzione che si dovesse affrontare comunque il nodo irrisolto di una riforma
costituzionale che ha lasciato troppi vuoti che vanno colmati dal punto di
vista del riassetto complessivo della forma di Stato e della forma di governo.
Lo abbiamo fatto in una logica
complessiva unitaria che ci vede favorevoli al semipresidenzialismo, pur nella
consapevolezza che altro - a nostro avviso - è il percorso costituente che
bisogna o bisognerà perseguire per raggiungere l'obiettivo reale di varare
riforme complessive e organiche. Sicché l'emendamento soppressivo degli
articoli 4, 5, 6, 7, 8, 9 e10 è coerente con questa impostazione: si può essere
o no d'accordo, ma c'è una coerenza di valutazione, perché noi non siamo
d'accordo sulla riforma così come è uscita dalla Commissione. Lo dico anche al
senatore Procacci, che ieri ha chiesto una sorta di stralcio: noi non siamo
d'accordo. Non ci si può chiedere, per quel poco che esprimiamo e rappresentiamo
in termini quantitativi e qualitativi, di essere d'accordo su un'impostazione
che non abbiamo condiviso. A nostro avviso (ed è stata una delle motivazioni
che ci ha spinto, oltre a ragioni di convergenza tradizionale su alcune
tematiche come quelle di carattere presidenzialista), quello è un modo non per
innestare una scelta diversa sul tronco delle riforme uscite dalla Commissione,
ma per cercare di impostare diversamente l'approdo organico di riforma della
Costituzione.
Quindi, noi non siamo d'accordo sul
disegno che è uscito dalla Commissione. Abbiamo presentato la nostra proposta
organica. Prendiamo atto dei rapporti di forza e delle scelte che in Parlamento
si fanno e sulle motivazioni che spingono a fare alcune proposte ci misuriamo
con i contenuti, ma se ci chiedete qual è la nostra posizione di fondo, noi non
l'abbiamo modificata: la nostra posizione di fondo è il progetto che abbiamo
presentato, che parla del Senato e del superamento del bicameralismo, che
interviene sulle Province, sull'accorpamento dei Comuni, in altri termini, sul
riordino e sul riassetto complessivo, e che si pone l'obiettivo in prospettiva
di individuare un luogo dove sia possibile affrontare, non come stiamo facendo,
la riforma organica della Costituzione.
Questo è il percorso che abbiamo sempre
indicato, cioè quello di dire che, dipendesse da noi e soltanto da noi (vorrei
essere chiaro, dopo di che taccio), questo ramo del Parlamento in particolare
avrebbe già dovuto, fin dall'anno scorso, aprire una vera e propria sessione
costituente (come avevamo proposto) e misurarsi su due questioni fondamentali,
vale a dire la legge elettorale e la riforma dei partiti ai sensi dell'articolo
49 della Costituzione, e poi delegare ad un'Assemblea costituente la
possibilità di un intervento organico di revisione della Costituzione. Questo,
perché siamo convinti che bisogna mettere mano alla Costituzione perché viviamo
nell'epoca del tempo reale, perché le istituzioni devono rispondere ad un
principio di partecipazione di decisione, perché vorremmo contribuire a
costruire una democrazia governante, capace di incidere rispetto ai processi e
alla capacità di far recuperare alla politica un ruolo e una funzione alti e
nobili.
Noi siamo convinti che questa sia la
strada. Si devono consumare le diverse proposte, ma ribadiamo ancora una volta,
per quanto ci riguarda, che a nostro avviso sarebbe responsabile, anche per
dare una risposta al di fuori di questo Parlamento, determinare una condizione
di luogo istituzionale-costituzionale per affrontare le riforme, per rimettere
in moto un processo di mobilitazione e di partecipazione popolare per
addivenire ad un testo da sottoporre a referendum confermativo, perché
noi riteniamo che questo debba essere e sia il percorso.
Naturalmente ci misuriamo con le
proposte, e nel farlo esprimiamo consenso e dissenso: in questo caso, pieno
dissenso, per testimoniare ancora una volta che, per quanto ci riguarda, quella
che è uscita dalla Commissione non è una buona riforma e che noi ci poniamo
l'obiettivo di cambiarla e modificarla. (Applausi dal Gruppo
CN:GS-SI-PID-IB-FI).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta
di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal senatore
Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
della prima parte dell'emendamento 4.600, presentato dal senatore Saia e da
altri senatori, fino alle parole «Sopprimere gli articoli 4».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi
la restante parte dell'emendamento 4.600 e l'emendamento 4.200.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.201.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, trovo che alcune parti di questo emendamento andrebbero
oggettivamente approfondite. Tuttavia l'incipit mi convince ad esprimere
il mio voto favorevole perché prevede, per l'adozione dei i Regolamenti, che
ciascuna delle due Camere debba operare con la maggioranza dei tre quinti dei
suoi componenti. È lo stesso motivo per cui ho votato a favore dell'emendamento
presentato poc'anzi.
Noi dobbiamo apportare una modifica
alla Costituzione partendo da una principale e da una successiva: la principale
è che i Regolamenti devono garantire le prerogative e i poteri del Governo e
della maggioranza e, solo successivamente, tenere conto che esistono anche i
diritti dell'opposizione, delle minoranze o dei singoli parlamentari. Io credo
che tale impostazione complessiva sia sbagliata perché ritengo sbagliato
esercitare il potere in modo eccessivamente verticale. Con la modifica
regolamentare, in sostanza, si tenta di stravolgere il senso vero della
Repubblica per passare da una Repubblica parlamentare qual è la nostra ad altro
tipo di Repubblica senza i necessari contrappesi. È per questo motivo che, nonostante
qualche perplessità, voterò a favore dell'emendamento 4.600 e di tutti gli
altri emendamenti che tendano a favorire il mantenimento di un potere
esercitato in maniera più orizzontale, più legato alla storia e alla tradizione
di questo Paese e anche, mi auguro, al suo futuro.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
il collega Bruno ha toccato un punto delicato che ha richiamato alla mia
memoria un'osservazione che avevo dimenticato nel corso dell'illustrazione
degli emendamenti. Troppe cose si affollano nella mente e ogni tanto qualcuna
sfugge.
La formulazione dell'articolo 4 nasce
dalla presentazione di due emendamenti diversi ma convergenti: uno del Gruppo
dell'Italia dei Valori e uno del Gruppo della Lega. La formulazione proposta
dal nostro Gruppo, purtroppo, non ha avuto successo in Commissione, mentre
quella del Gruppo della Lega sì. Noi abbiamo ritenuto di votare comunque a
favore della proposta della Lega, anche se c'era una parziale insoddisfazione,
che apriva comunque un capitolo che finora non era stato minimamente toccato
nel contesto costituzionale.
Per ottenere la soddisfazione di avere
una menzione aperta, letterale, dei diritti delle opposizioni e delle minoranze
abbiamo dovuto pagare lo scotto di una riaffermazione delle prerogative e dei
poteri del Governo. La formulazione resta insoddisfacente: nello stesso momento
in cui ci rallegriamo del fatto che quanto meno è aperto un tema, rimaniamo
fondamentalmente insoddisfatti della formulazione. In effetti, fin dall'inizio
vi è una plateale asimmetria: da una parte, vi sono prerogative e poteri del
Governo e, dall'altra, vi sono i diritti delle opposizioni e delle minoranze.
Insomma, per dirla anche in termini hegeliani, vi è un soggetto e vi è un
oggetto, ma non si vede la sintesi.
Per tale motivo, abbiamo presentato
l'emendamento 4.201, perché ci ripromettiamo di prevedere una versione più
equilibrata, progressiva e capace di garantire l'equilibrio della democrazia
per il futuro.
Inoltre, il rafforzamento della
maggioranza che approva il Regolamento è essenziale, perché sottrae ad una
maggioranza occasionale o contingente la potestà sul Regolamento. La
maggioranza dei tre quinti è abbastanza robusta per garantire una pluralità di
punti di vista.
È necessario, poi, che si fissino i
contenuti precisi delle garanzie delle opposizioni parlamentari. In
particolare, l'elemento fondamentale è rappresentato dalla designazione da
parte delle opposizioni parlamentari dei Presidenti delle Commissioni aventi
funzioni di controllo e di garanzia. Inoltre, si dispone l'iscrizione
all'ordine del giorno di proposte ed iniziative autonomamente determinate con
riserva di tempi e previsione del voto finale. Quest'ultima parte non è
un'opzione marginale. Infatti, sappiamo bene che in Parlamento esiste una gamma
di velocità estremamente variabile per le iniziative che corrono in Commissione
ed in Assemblea. Ad esempio, l'iter di alcuni disegni di legge è
velocissimo. Nella legislatura precedente abbiamo assistito a disegni di legge
che, poiché facevano l'interesse del Presidente del Consiglio dell'epoca,
sorpassavano addirittura i decreti-legge accantonati su un binario di riserva e
procedevano rapidamente. Quelli sono stati casi da letteratura costituzionale,
che ormai lasciamo al passato. Nella prassi costante, però, esiste una sorta di
cammino preferenziale non scritto per alcuni progetti, così come vi è la morte
per inedia di molti altri progetti legislativi. Quindi, è essenziale garantire
all'opposizione l'iscrizione con riserva di tempi e previsione del voto finale.
L'ultimo elemento, che riguarda la
possibilità di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale senza passare
attraverso il cammino oggi necessario (la pendenza di un giudizio e la
decisione di un giudice di rimettere la questione alla Corte stessa, e tutto
quello che sappiamo), può essere considerato una forzatura, da un certo punto
di vista. In realtà, nel momento in cui lo presentiamo, sappiamo che può
rappresentare una forzatura: di fronte ad una prassi corretta degli equilibri
costituzionali, forse il ricorso classico alla Corte costituzionale avrebbe
potuto bastare; invece noi operiamo in un contesto in cui gli equilibri
costituzionali sono costantemente sovvertiti ed incrinati da un'alterazione
cosiddetta materiale, che in realtà affida al potere esecutivo una prevalenza
incontrollabile e alle varie opposizioni una vita magra per l'impossibilità di
intervenire in modo significativo.
Allora, la nostra proposta di accesso
diretto alla Corte costituzionale ha una motivazione che potrei definire
contingente: sì, lo confesso, è legata ad una contingenza di qualche decennio,
in cui il vero equilibrio costituzionale è stato mandato al macero e ne è stato
inventato un altro, totalmente falsificato rispetto a quello originario. A
questo punto, di fronte alla falsificazione dell'equilibrio originario, vi è bisogno
di un riaggiustamento.
Siamo pronti, in futuro, a rinunciare
subito a questo tipo d'innesto, sapendo che si tratta proprio di una
contromisura, la quale però deve essere efficace e, per assicurare la vitalità
dell'opposizione, si deve poter garantire proprio tale misura. L'accesso
diretto alla Corte costituzionale, cioè, dal punto di vista disciplinare, è una
scelta rischiosa in senso teorico, ma ha una profonda capacità di determinare e
ricostituire equilibri tra opposizione e maggioranza che rendono più vitale
l'esercizio della democrazia. Questa motivazione può apparire insoddisfacente -
e per moltissimi lo sarà sicuramente - ma in questo momento ed in questo
dibattito rappresentiamo qui un'opposizione che, dal punto di vista virtuale,
potrebbe essere condannata al silenzio. Vogliamo dunque tener fermo questo
punto, consapevoli di non lavorare per noi stessi, ma per le opposizioni del
futuro.
Con l'occasione, signora Presidente,
preannuncio la richiesta di votazione nominale con scrutinio simultaneo,
mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.201.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, cari colleghi, gli obiettivi di quest'emendamento, a prima
firma Pardi, sono in sostanza due: alzare la maggioranza necessaria per approvare
i Regolamenti parlamentari e garantire meglio le opposizioni. Per quanto
riguarda le minoranze linguistiche, mi paiono apprezzabili entrambi gli
obiettivi, per le motivazioni che vado ad esporre.
Con riferimento alla maggioranza
rafforzata qui prevista, ritengo che il nuovo sistema realizzato dalla legge
elettorale ormai dal 1992, che mira al bipolarismo, abbia messo in forte dubbio
la maggioranza assoluta per quanto riguarda sia i Regolamenti parlamentari sia
la Costituzione stessa. Sappiamo che l'articolo 138 della Costituzione, che
prevede una maggioranza assoluta per cambiare la Carta costituzionale, nel 1947
era stato elaborato in una situazione di pluralità di partiti, che
difficilmente poi trovavano un accordo e in cui la maggioranza assoluta rappresentava
un livello davvero molto alto da raggiungere.
Adesso invece, nel sistema bipolare, in
cui vi sono una maggioranza ed un'opposizione, essa è dovuta e praticamente
permette alla maggioranza di Governo una cosa che i Costituenti non avrebbero
mai gradito, ossia di far passare sia la Costituzione sia i Regolamenti
parlamentari con una sua maggioranza, anche se stretta. I Padri costituenti non
volevano questo, ma una garanzia che per il sistema elettorale di allora fosse
effettivamente alta, al fine di assicurare che tutte le forze politiche fossero
coinvolte.
Anch'io pertanto, come altri colleghi,
mi sono permesso di presentare un emendamento all'articolo 138, attualmente in
discussione in 1ª Commissione, per aumentare la barra della maggioranza assoluta
prevista dalla Costituzione. In via consequenziale, è giusto che lo si faccia
anche per il Regolamento.
Desidero però aggiungere un'ulteriore
elemento: quanto sta accadendo in Aula è la pura dimostrazione di quanto sia
necessario trovare una convergenza tra le forze politiche e non giocare sulla
maggioranza assoluta, per questo tassello che poi comunque può essere superato
tramite la richiesta di referendum. È la dimostrazione della confusione
di questa fase costituente, così come dovrebbe essere nobilmente chiamata,
anche se tale non è, considerato che praticamente, attraverso l'approvazione in
Aula di una serie di emendamenti, si cambia la Carta costituzionale che era
stata pensata dai più grandi filosofi e giuristi d'Italia, oltre che dai Padri
nobili della nostra democrazia. Procedere, dunque, attraverso l'approvazione in
Aula di emendamenti non mi pare sia degno della nostra Costituzione. Per questo
motivo, ritengo sia utile e necessario alzare il livello, sia per quanto
riguarda la modifica dei Regolamenti che, in una seconda fase, anche della
stessa Carta costituzionale.
La seconda questione che voglio porre
riguarda i diritti delle opposizioni, per cui il collega Pardi in
quest'emendamento ha previsto delle garanzie molto forti. Mi pare che ciò sia giusto,
anche in questo contesto, perché c'è il rischio che due grandi poli possano
schiacciare chi sta tra i banchi, ma non appartiene né all'uno, né all'altro
schieramento. Il discorso non riguarda soltanto le minoranze linguistiche, ma
anche le forze politiche di opposizione, che hanno diritto ad esistere e che in
Aula - lo ripeto - potrebbero essere invece schiacciate dagli stessi
Regolamenti.
Per tali motivi, annuncio il voto
favorevole del mio Gruppo sull'emendamento in esame.
INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
INCOSTANTE (PD). Signora
Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario del Gruppo del Partito
Democratico sull'emendamento 4.201, che tratta un tema molto delicato,
innalzando in modo molto significativo il quorum necessario per
l'adozione dei Regolamenti di ciascuna Camera, portandolo a tre quinti dei suoi
componenti.
Sappiamo quanto la vicenda dei
Regolamenti sia stata, in parte, garantista per le minoranze o le opposizioni
progressivamente venutesi a determinare nella storia del Parlamento italiano;
sappiamo però anche che questo è stato uno degli elementi che hanno frenato
qualsiasi possibilità di riorganizzare i lavori parlamentari e di adeguare in
modo sempre più efficiente i Regolamenti, così da consentire lo svolgimento
dell'attività parlamentare in modo analogo a quanto avviene in tante altre
assemblee. Penso, ad esempio, alle assemblee del Parlamento europeo, che
richiedono tempi diversi e modalità molto più celeri, oltre che procedimenti
differenti per quanto riguarda la discussione e la regolazione dei rapporti tra
maggioranza ed opposizione all'interno dello stesso Parlamento.
Ciò fino ad oggi non è stato possibile
proprio per un veto reciproco. Ci sembra che innalzare ulteriormente il quorum
richiesto per l'adozione dei Regolamenti potrebbe essere disastroso rispetto
alla possibilità di dare esito ad una modifica dei Regolamenti stessi.
In questo Paese siamo sempre stati
assillati da questa mancanza di fiducia e da questo reciproco opporsi anche sul
tema delle regole, che dovrebbe invece essere - ed è così per molti Paesi - il
perimetro comune all'interno del quale si conviene, al di là delle posizioni
differenti e dei diversi schieramenti. Credo che ci troviamo anche in questo
caso di fronte ad un'arretratezza della cultura politica italiana, che ha
dimostrato in questo, come in altri campi, di non essere in linea con tanti
altri Paesi europei sviluppati quanto il nostro. Tutto questo ci fa capire che
è assolutamente necessario fare del tema delle regole un tema comune.
Quello che è avvenuto anche in questi
ultimi tempi, in particolare il fatto che in qualche modo si sia mandato in
soffitta un accordo che era stato siglato e che era propedeutico, non soltanto
ad una riforma della Costituzione, ma anche della legge elettorale, oltre che -
proprio con specifico riferimento all'emendamento in esame - dei Regolamenti di
ciascuna Camera, renderà sicuramente impossibile, dati i tempi, procedere ad
alcune parziali riforme, pur necessarie.
Ribadiamo pertanto, sia nel merito che
nel metodo, com'è avvenuto fino ad ora, la nostra contrarietà a questo
emendamento.
PRESIDENTE. Hanno chiesto di parlare in dichiarazione di voto anche
altri colleghi, ma data l'ora rinviamo i loro interventi alla seduta
pomeridiana.
Rinvio pertanto il seguito della
discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 12,58).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le
Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di partiti
politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della
Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato
attivo e passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province (3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
ARTICOLO 3 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 3.
Approvato
(Modifiche all'articolo 58 della
Costituzione)
1. All'articolo 58 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «dagli elettori che hanno
superato il venticinquesimo anno di età» sono soppresse;
b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Sono eleggibili a senatori gli
elettori che hanno compiuto il trentacinquesimo anno».
EMENDAMENTO 3.215
3.215
CARLINO, BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
V. testo 2
Al comma 1, dopo la lettera b)
aggiungere la seguente:
"b-bis) dopo il secondo
comma è aggiunto il seguente:
"La legge garantisce la
rappresentanza delle minoranze e la parità di genere"».
3.215 (testo
2)
CARLINO, BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA (*)
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera b)
aggiungere la seguente:
"b-bis) dopo il secondo
comma è aggiunto il seguente:
"La legge garantisce la parità di
genere nella rappresentanza elettiva"».
________________
(*) Aggiungono la firma in corso di seduta i senatori Baio,
Germontani, Contini, De Luca Cristina, Vizzini e i senatori del Gruppo PD ad
eccezione dei senatori Bonino, Poretti, Perduca, Morando e Marcucci.
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 3
3.0.200
Respinto
Dopo l'articolo, aggiungere il
seguente:
«Art. 3-bis.
L'articolo 59 della Costituzione è
abrogato.
Sono fatte salve le prerogative dei
senatori di diritto e a vita e dei senatori a vita in carica alla data della entrata
in vigore della presente legge di modifica della Costituzione».
3.0.730 (già
2.3)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Abrogazione dell'articolo 59 della
Costituzione)
1. L'articolo 59 della Costituzione è
abrogato».
3.0.550
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Abrogazione dell'articolo 59 della
Costituzione)
1. L'articolo 59 della Costituzione è
abrogato».
3.0.201
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Modifica all'articolo 59 della Costituzione)
1. Il secondo comma dell'articolo 59
della Costituzione è abrogato».
3.0.202
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
Al secondo comma dell'articolo 59 della
Costituzione, le parole: "cinque cittadini" sono sostituite dalle
seguenti: "tre cittadini"».
3.0.203
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
All'articolo 59 della Costituzione,
secondo comma, la parola: "cinque" è sostituita dalla seguente:
"quattro"».
3.0.731 (già
2.3)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Modifica all'articolo 60 della
Costituzione)
1. All'articolo 60 della Costituzione,
al primo comma, le parole "Senato della Repubblica" sono sostituite
dalle seguenti: "Senato delle autonomie".
________________
(*) Cfr. seduta n. 753
3.0.204
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Durata della legislatura)
1. L'articolo 60 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 60. - La Camera dei deputati
è eletta per cinque anni.
I senatori eletti in ciascuna Regione e
nelle Province autonome di Trento e di Bolzano rimangono in carica fino alla
data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima Regione o Provincia
autonoma.
La durata della Camera dei deputati, di
ciascun Consiglio o Assemblea regionale e dei Consigli delle province autonome
di Trento e di Bolzano non può essere prorogata se non per legge dello Stato e
soltanto in caso di guerra. Con la proroga di ciascun Consiglio o Assemblea
regionale o dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano è
prorogato anche il mandato dei senatori in carica"».
3.0.300
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
L'articolo 60 è sostituito dal
seguente:
"Art. 60. - La Camera dei deputati
è eletta per cinque anni.
I senatori eletti in ciascuna Regione e
nelle Province autonome di Trento e di Bolzano rimangono in carica fino alla
data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima Regione o Provincia
autonoma.
La durata della Camera dei deputati, di
ciascun Consiglio regionale e dei Consigli delle Province autonome di Trento e
di Bolzano non può essere prorogata se non per legge dello Stato e soltanto in
caso di guerra. Con la proroga di ciascun Consiglio regionale o dei Consigli
delle Province autonome di Trento e di Bolzano è prorogato anche il mandato dei
senatori in carica"».
3.0.551
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Modifiche all'articolo 61 della
Costituzione e disposizioni transitorie)
1. L'articolo 61, primo comma, della
Costituzione è sostituito dal seguente: "Le elezioni della nuova Camera
dei deputati hanno luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La
prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
2. In sede di prima applicazione, la
prima riunione del Senato federale della Repubblica ha luogo nello stesso
giorno in cui il Presidente della Repubblica - fissa, ai sensi degli articoli
61 e 87 della Costituzione, la riunione della Camera dei deputati successiva
alle prime elezioni indette dopo la data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale. A tale fine, fra il ventesimo e il decimo giorno
precedente alla prima riunione del Senato federale della Repubblica, ciascun
Consiglio regionale e ciascuna Assemblea regionale elegge i senatori spettanti
a ciascuna Regione, scelti fra i cittadini che abbiano i requisiti di cui
all'articolo 58 della Costituzione, come modificato dalla presente legge
costituzionale. I consiglieri regionali votano per un numero di candidati non
superiore ai due terzi del senatori da eleggere, con arrotondamento aritmetico,
salvo quelli appartenenti ai Consigli regionali della Valle d'Aosta e del
Molise, che possono esprimere un solo voto. I Consigli regionali e le Assemblee
regionali e i Consigli delle autonomie locali eleggono altresì i rappresentanti
di cui all'articolo 57, sesto comma, della Costituzione, come sostituito dalla
presente legge costituzionale.
3. I senatori e i rappresentanti eletti
ai sensi del comma 5 restano in carica fino al primo rinnovo successivo del Consiglio
regionale che li ha eletti. Le nuove elezioni dei membri del Senato federale
della Repubblica hanno luogo secondo le disposizioni della legge elettorale di
cui all'articolo, terzo comma, della Costituzione, come sostituito dalla
presente legge costituzionale in mancanza della predetta legge e fino alla sua
approvazione si continua ad applicare la disciplina di cui al comma 5».
3.0.205
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Elezioni della nuova Camera)
1. L'articolo 61, primo comma, della
Costituzione è sostituito dal seguente:
"Le elezioni della nuova Camera
del deputati hanno luogo entro settanta giorni dalla fine della Camera
precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle
elezioni"».
3.0.301
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Modifica dell'articolo 61 della
Costituzione)
1. L'articolo 61 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
-Art. 61. - L'elezione della nuova
Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente.
La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall'elezione.
Finché non sia riunita la nuova Camera
dei deputati sono prorogati i poteri della precedente».
3.0.206
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Elezioni dei Presidenti delle Camere e
Ufficio di Presidenza del Senato federale)
1. All'articolo 63, primo comma, della
Costituzione, è aggiunto in fine il seguente periodo: "Il regolamento del
Senato federale della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo dell'Ufficio
di Presidenza"
2. All'articolo 63 della Costituzione,
dopo il primo comma è inserito il seguente: "I Presidenti delle Camere sono
eletti a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna di esse"».
3.0.302
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 3-bis.
(Modifica all'articolo 63 della Costituzione)
1. All'articolo 63, primo comma, della
Costituzione, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il regolamento
del Senato della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo dell'Ufficio di
Presidenza"».
ARTICOLO 4 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 4.
(Modifica all'articolo 64 della
Costituzione)
1. All'articolo 64 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I regolamenti delle Camere
garantiscono le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i
diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività
parlamentare».
EMENDAMENTI
4.600 (già
4.666)
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Le parole da: «Sopprimere» a: «4» respinte; seconda
parte preclusa
Sopprimere gli articoli 4, 5, 6, 7, 8,
9 e 10.
4.200
Precluso
Sopprimere l'articolo.
4.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 4. - (Modifica dell'articolo
64 della Costituzione). - 1. L'articolo 64 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 64. - Ciascuna Camera adotta
il proprio regolamento a maggioranza del tre quinti dei suoi componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna
delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di
adunarsi in seduta segreta.
Le deliberazioni di ciascuna Camera e
del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro
componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la
Costituzione prescriva una maggioranza speciale.
I membri del Governo, anche se non
fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere
alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.
Il regolamento garantisce i diritti
delle opposizioni in ogni fase dell'attività parlamentare; disciplina la
designazione da parte delle stesse dei presidenti delle Commissioni aventi
funzioni di controllo e di garanzia; dispone l'iscrizione all'ordine del giorno
di proposte e iniziative autonomamente determinate con riserva di tempi e
previsione del voto finale.
Contro le violazioni del regolamento,
nei casi e nei modi stabiliti con legge costituzionale, è ammesso ricorso alla
Corte costituzionale entro trenta giorni dall'atto o dal fatto che ha
determinato la violazione. Hanno titolo tutti i soggetti, singoli o gruppi,
lesi nelle loro prerogative regolamentari o costituzionali"».
4.202
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 4. - (Modifiche all'articolo
64 della Costituzione). - 1. All'articolo 64 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma le parole: "Le sedute sono
pubbliche" sono sostituite con le seguenti: "Le sedute d'aula sono
pubbliche, e pubblici sono i lavori delle commissioni e delle giunte.";
b) dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:
"I regolamenti delle Camere
garantiscono le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i
diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività
parlamentare."».
4.203
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 4. - (Modifica all'articolo 64
della Costituzione). - 1. All'articolo 64 della Costituzione è aggiunto, in
fine, il seguente comma:
"I Regolamenti delle Camere
garantiscono i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase
dell'attività parlamentare"».
4.204
Al comma 1, premettere il seguente:
«01. Il comma 1 dell'articolo 64 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
"Ciascuna Camera adotta il proprio
regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti in merito alle attività
parlamentari che hanno rilevanza costituzionale, con esclusione delle attività
strettamente amministrative rispetto alle quali l'organo legislativo opera come
un qualsiasi altro organo dello Stato."».
4.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire il comma 1, con il seguente:
«1. All'articolo 64 della Costituzione
sostituire il primo comma con il seguente:
"Ciascuna Camera adotta il proprio
regolamento a maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti"».
4.206
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, sostituire le parole da: «I
regolamenti» fino a: «attività parlamentare» con le seguenti: «I regolamenti
delle Camere garantiscono le prerogative e facoltà del parlamentare, le
prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i diritti delle
opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare».
4.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sostituire la parola:
«garantiscono» con la seguente: «delimitano».
Conseguentemente, al medesimo comma,
sostituire la parola: «nonché» con
le seguenti: «e garantiscono».
4.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché».
4.209
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «le prerogative e».
4.210
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sostituire le parole: «le
prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i diritti delle
opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare», con le
seguenti: «i diritti delle opposizioni in ogni fase dell'attività parlamentare;
disciplina la designazione da parte delle stesse dei presidenti delle
Commissioni aventi funzioni di controllo e di garanzia; dispone l'iscrizione
all'ordine del giorno di proposte e iniziative autonomamente determinate con
riserva di tempi e previsione del voto finale».
4.211
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «e i poteri del Governo e».
4.212
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «e i poteri».
4.213
Al comma 1, sostituire le parole da: «e
i poteri del Governo» fino alla fine del comma con le seguenti: «i diritti dei
singoli Deputati e Senatori in ogni fase dell'attività parlamentare».
4.214
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «del Governo e».
4.215
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «e della maggioranza».
4.216
Al comma 1, sostituire le parole: «delle
opposizioni e delle minoranze» con le seguenti: «dei singoli deputati e
senatori».
4.217
Al comma 1, aggiungere, in fine il
seguente periodo: «Individuano altresì le Commissioni, diverse da quelle di cui
all'articolo 72, primo comma, le Giunte e gli organismi interni, cui sono
attribuiti compiti ispettivi, di controllo o di garanzia, la cui Presidenza è
riservata a deputati appartenenti a gruppi di opposizione».
4.218
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, aggiungere, in fine, le
seguenti parole: «Contro le deliberazioni di ciascuna Camera è ammesso ricorso
alla Corte costituzionale, nei modi e nei termini stabiliti dalla legge della
Repubblica».
4.219
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, aggiungere in fine le
seguenti parole: «Contro le violazioni del regolamento, nei casi e nei modi
stabiliti con legge costituzionale, è ammesso ricorso alla Corte costituzionale
entro trenta giorni dall'atto o dal fatto che ha determinato la violazione,
Hanno titolo tutti i soggetti, singoli o gruppi, lesi nelle loro prerogative
regolamentari o costituzionali».
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Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea |
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RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
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ASSEMBLEA |
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770a seduta pubblica (pomeridiana): |
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mercoledì 18
luglio 2012 |
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Presidenza della vice presidente MAURO, indi del presidente SCHIFANI e del vice presidente NANIA |
Presidenza della vice
presidente MAURO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,33).
Si dia lettura del processo verbale.
MALAN, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni,
il processo verbale è approvato.
Colleghi, essendo ancora in corso la
riunione della Conferenza dei Capigruppo, sospendo la seduta per 20 minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 16,37, è
ripresa alle ore 17).
Preannunzio di votazioni mediante
procedimento elettronico
PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno
essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il
termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del
Regolamento (ore 17).
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo,
composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo
e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione
delle leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica
amministrazione, di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte
costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella
circoscrizione Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo
per la Camera dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di accorpamento
delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni concernenti
la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale
della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 17,01).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana
ha avuto inizio la votazione degli emendamenti presentati all'articolo 4 ed
hanno avuto luogo alcune dichiarazioni di voto sull'emendamento 4.201, che ora
riprendiamo.
MENARDI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MENARDI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signora Presidente, intervengo solo per dire che su tutti gli emendamenti
riferiti agli articoli per i quali noi abbiamo chiesto la soppressione con il
nostro emendamento, il Gruppo di Coesione Nazionale si asterrà dal voto.
SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALTAMARTINI (PdL). Signora
Presidente, questo provvedimento, volto a modificare la Parte II della
Costituzione, intende realizzare un'economia funzionale nell'apparato di
governo del nostro Paese.
Moltissimi emendamenti, invece, vanno a
colpire il funzionamento dell'architettura costituzionale così come la
conosciamo.
Questa mattina si è svolto un dibattito
che riguarda l'emendamento 4.201, che presenta una serie di controindicazioni.
La prima è che, assoggettando i Regolamenti parlamentari alla giurisdizione del
giudice delle leggi, viene meno il principio di autodichia delle Camere.
C'è stato un lungo dibattito su questo
argomento all'indomani dell'entrata in vigore della Corte costituzionale e
ricordo in proposito la pregevole bibliografia che, al riguardo, è stata
scritta da Aldo Sandulli e Vezio Crisafulli. Quindi, assoggettare i Regolamenti
parlamentari ad una valutazione della Corte costituzionale va a modificare
l'assetto complessivo della gerarchia delle fonti, così come si va ad alterare
il sistema delle regole che presiedono alla soluzione dei conflitti tra poteri
dello Stato.
Attribuire ai Gruppi parlamentari o,
addirittura, ai partiti politici la qualità di potere dello Stato per
promuovere conflitti di attribuzione significa, appunto, modificare la
struttura complessiva della Corte costituzionale.
Voglio ricordare qui che la nostra è
una Corte costituzionale con un potere di sindacato accentrato ad alto livello
tecnico, diverso dal modello americano del judicial review. È il modello
di Kelsen e della Costituzione di Weimar. Questo impedisce sostanzialmente di
portare di fronte alla Corte costituzionale problemi riguardanti addirittura le
relazioni tra maggioranza e opposizione.
Vorrei anche aggiungere che proprio la
struttura della nostra Corte costituzionale è atipica rispetto alla Corte
federale costituzionale tedesca, alla Corte suprema americana o al Consiglio
costituzionale francese. La nostra Corte è composta da 15 giudici, nominati,
per un terzo ciascuno, rispettivamente dal Presidente della Repubblica, dalle
supreme magistrature ordinaria e amministrativa e dal Parlamento in seduta
comune. Solo cinque giudici sono quindi eletti dal Parlamento.
Quindi, questo emendamento deve essere
assolutamente bocciato, perché modifica l'assetto costituzionale del nostro
Paese senza ottenere l'obiettivo che si prefigge, senza naturalmente che si
possa sottacere il rilievo per cui verrebbe modificata la sovranità che la
Costituzione attribuisce al Parlamento.
Attribuire alla Corte costituzionale il
potere, addirittura, di sindacare i Regolamenti o di regolare il rapporto tra
maggioranza e opposizione significa modificare l'assetto democratico, che
attribuisce ai cittadini la potestà di scegliere i loro rappresentanti e alle
Camere la funzione legislativa. (Applausi del senatore Fantetti).
LANNUTTI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANNUTTI (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore
Lannutti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Colleghi, in attesa che decorra il
termine di venti minuti dal preavviso di cui all'articolo 119, comma 1, del
Regolamento, sospendo la seduta fino alle ore 17,20.
(La seduta, sospesa alle ore 17,05, è
ripresa alle ore 17,20).
Riprendiamo i nostri lavori.
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.201, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.202.
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
vorrei rivolgere una richiesta ai senatori Poretti, Bonino e Perduca, firmatari
dell'emendamento 4.202.
Chiederei loro - se è possibile - di
votare l'emendamento per parti separate, in quanto saremmo orientati a votare a
favore della lettera a), («al secondo comma le parole: "Le sedute
sono pubbliche" sono sostituite con le seguenti: "Le sedute d'aula
sono pubbliche, e pubblici sono i lavori delle commissioni e delle giunte»),
mentre invece abbiamo dei dubbi sulla lettera b), perché in realtà i
proponenti emendano ma ripetono la formula del testo precedente, ossia: «I
regolamenti delle Camere garantiscono le prerogative e i poteri del Governo
(...) nonché i diritti delle opposizioni».
Pertanto, se loro sono d'accordo,
vorremmo che si procedesse alla votazione per parti separate.
PRESIDENTE. Senatrice Poretti, è d'accordo?
PORETTI (PD). Sì, signor
Presidente.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, capisco la ratio della lettera a)
dell'emendamento 4.202, però vorrei sollevare un'obiezione di fondo. Per come
esso è formulato, in alcune fasi della vita parlamentare sarebbe improponibile:
esistono anche la Commissione antimafia, il COPASIR, sedute delle Commissioni o
delle Giunte che un minimo di riservatezza oggettivamente la richiedono.
Questo è il motivo per cui, nonostante
sia d'accordo sul principio, così com'è formulato non posso che votare contro.
PRESIDENTE. Poiché non si fanno osservazioni, procederemo alla
votazione per parti separate.
Passiamo dunque alla votazione della
prima parte dell'emendamento 4.202.
PORETTI (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dalla senatrice Poretti, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, della
prima parte dell'emendamento 4.202, presentato dalla senatrice Poretti e da
altri senatori, fino alle parole «delle giunte».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Risulta pertanto preclusa
la restante parte dell'emendamento 4.202.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.203.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
avevo già accennato per sommi capi all'atteggiamento critico nei confronti
dell'articolo 4, con tutte le sue connessioni relative al rafforzamento del
potere esecutivo e all'indebolimento del potere legislativo e dei diritti
dell'opposizione. A questo scopo, riprendendo in parte il tema già oggetto
dell'emendamento 4.201, prima respinto, proponiamo con l'emendamento 4.203 che
si riferisce al testo dell'articolo 4, introducendo una modifica più limitata.
L'articolo 4 effettivamente introduce in Costituzione l'opposizione
parlamentare, ma attribuisce ai Regolamenti di Camera e Senato il compito di
garantire prerogative e poteri del Governo.
Questo articolo va visto anche in
controluce attraverso la lettura dell'articolo 7, il quale introduce un
fortissimo squilibrio, in particolare tra maggioranza e opposizione. Pertanto
proponiamo una formula che mette da parte prerogative e poteri del Governo e
lascia in vista soltanto la garanzia dei «diritti delle opposizioni e delle
minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare»: altrimenti, questa sorta di
rafforzamento retorico continuo su poteri e prerogative del Governo finisce per
essere anche stucchevole e poco opportuno sotto il profilo della razionalità
del testo.
Pertanto annunciamo un voto favorevole
sull'emendamento 4.203, e chiediamo la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Pardi,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.203, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
4.204, presentato dalla senatrice Poli Bortone.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.205.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
anche questo argomento era presente nel primo emendamento riassuntivo, che
comprendeva tutti i temi. In questo emendamento si evidenzia l'importanza di
rafforzare le garanzie costituzionali attraverso una piccola modifica
dell'articolo 64 della Costituzione, in base alla quale ciascuna Camera adotta
il proprio Regolamento a maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti.
Questa modifica è il prodotto della
cultura costituzionale e parlamentare emergente negli ultimi due decenni. Di
fronte ad una composizione dell'Aula risultato di leggi elettorali fortemente
squilibrate, che producono maggioranze artificiali, gonfiate da premi di
maggioranza privi di qualsiasi ragione, alla fine si determina una
distribuzione dei seggi parlamentari fortemente distorta rispetto
all'equilibrio percentuale dei voti espressi dalla società. Non è più
assolutamente vero il principio "una testa un voto". Ormai, con l'alterazione
del sistema elettorale, una testa conta un voto e mezzo e un'altra testa conta
mezzo voto. Il risultato è una distribuzione diseguale dei seggi, quasi a
parità di suffragi elettorali.
Il premio di maggioranza altera in
maniera irrimediabile la giustizia, e quindi una maggioranza, prodotta in
maniera artificiale sulla base dei meccanismi regolativi antecedenti, ha la
possibilità di fare e disfare senza un controllo effettivo e di prendere
decisioni e imporle. Ce n'è una, per esempio, che ci capiterà tra poco tra capo
e collo (forse adesso, alla fine della votazione). Mi riferisco all'imposizione
del voto a maggioranza sul calendario dei lavori, che rappresenta una forzatura
inenarrabile, a maggior ragione in questo contesto. Stiamo quindi vivendo
"in provetta" la dimostrazione scientifica di quanto sto affermando,
vale a dire che maggioranze alterate da premi di maggioranza possono imporre,
al di là di qualsiasi canone di giustizia, il potere di una decisione che in un
mondo parlamentare normale non vedrebbe mai la luce.
A maggior ragione, se vige questo
sistema, occorre introdurre un correttivo che è appunto quello che proponiamo:
l'approvazione del Regolamento a maggioranza di tre quinti, con la speranza che
in futuro non esistano premi di maggioranza in grado di garantire
artificialmente anche una maggioranza di tre quinti.
Su questo emendamento chiedo la
votazione elettronica.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, poiché questo tema è già stato trattato e ho sentito le
argomentazioni di chi ha votato contro, vorrei porre due semplici questioni,
una delle quali, sostanzialmente aritmetica, dà il senso di ciò che si chiede.
Per approvare un Regolamento, per ogni 100 deputati ce ne vorrebbero 51, se
l'approvazione fosse a maggioranza assoluta, 60 qualora fosse richiesta la
maggioranza dei tre quinti. Quindi, non si chiedono maggioranze così larghe o
un'unanimità del Parlamento.
Vi è poi un'altra valutazione da fare,
più propriamente politica. Molti colleghi, molte forze politiche e molti Gruppi
parlamentari hanno sostenuto spesso con forza e sulla base di grandi
argomentazioni - lo hanno fatto anche oggi - che le regole si decidono insieme
e non possono essere sottoposte alla maggioranza di turno. Vorrei sapere se,
invece, vogliamo approvare i Regolamenti secondo la maggioranza di turno. A mio
avviso, questa è un'esagerazione.
Dunque, io sosterrò l'emendamento
4.205, perché ritengo sia una buona proposta.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.205, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.206.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, onorevoli colleghi, con riferimento a quanto affermato
questa mattina in fase di illustrazione degli emendamenti, chiedo ai Gruppi
parlamentari e a tutti i senatori di approvare l'emendamento 4.206, a firma del
sottoscritto e di altri sei colleghi. Si tratta di lasciare assolutamente
intatto il testo base, ma di premettere alle prerogative e ai poteri del
Governo e della maggioranza nonché ai diritti delle opposizioni e delle
minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare la dicitura che «i
Regolamenti delle Camere garantiscono le prerogative e facoltà del
parlamentare», cioè del singolo parlamentare. In sostanza, intendiamo affermare
il principio che contano i diritti della maggioranza, le prerogative del
Governo, le prerogative ed i diritti delle minoranze, ma prima di tutto sono
centrali le prerogative e le facoltà del parlamentare. Ciò è un atto di omaggio
al ruolo ed alla rappresentanza democratica del parlamentare, ma ha anche una
sua efficacia, perché i Regolamenti dovranno prima di tutto stabilire le
guarentigie, e le risorse con cui il parlamentare, nella sua primazia, esercita
le sue facoltà.
Onorevoli colleghi, vi sono due
possibilità, e possiamo parlarne apertamente: se questa riforma si concludesse
positivamente, prendesse vigore e andasse in porto (come io e molti senatori
auspichiamo), avremmo fatto del bene al nostro ordinamento di democrazia
parlamentare, perché avremmo stabilito una regola virtuosa; se, però, per una
qualche ragione, dovesse fallire e non andasse in porto, con un voto
dell'Assemblea avremmo stabilito il principio, per chi lo dovrà amministrare ed
attuare, per chi gli dovrà dare concretezza nel tempo, che il parlamentare è il
centro della vicissitudine dell'istituzione parlamentare.
Se non l'ho già fatto in sede di
illustrazione degli emendamenti, vorrei precisare che coloro che ritengono che
la primazia del Parlamento sia assoluta anche rispetto alle cariche apicali di
Governo, istituzionali e di ogni genere, ma anche chi è favorevole - e molti di
noi lo sono - all'elezione diretta del Capo dello Stato o del Capo del Governo,
e quindi ha una visione presidenzialista o semipresidenzialista della
democrazia moderna, a maggior ragione rivendicano un Parlamento forte, autorevole
e consapevole delle proprie consacrate prerogative. Ciò significa appunto il
semplicissimo ritocco del testo base previsto dall'emendamento 4.206.
Chiedo, dunque, all'intera Assemblea -
se crede e se è possibile - di votare a favore dell'emendamento 4.206.
Presidenza del presidente
SCHIFANI (ore 17,37)
PRESIDENTE. Buonasera, colleghi.
Terminate le dichiarazioni di voto su
questo emendamento, leggerò il calendario dei lavori dell'Assemblea, perché in
sede di Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari è stato assunto un
impegno a darne lettura alle ore 17,30.
CECCANTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CECCANTI (PD). Signor
Presidente, annuncio che il nostro voto sarà favorevole, perché in effetti
l'emendamento 4.206 tiene insieme i diritti del singolo, della maggioranza e
dell'opposizione, quindi è molto ragionevole.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
noi abbiamo apprezzato, mentre il senatore Benedetti Valentini la svolgeva, la
sua perorazione accorata a sostegno delle prerogative e delle facoltà del
singolo parlamentare.
Abbiamo trovato che c'era un vero senso
di parlamentarismo genuino dentro questa ispirazione. Troppo spesso l'azione
del singolo parlamentare scompare ed è soffocata sotto la vis dominante
del partito e delle gerarchie non scritte.
Tuttavia, pur apprezzando la prima
parte dell'emendamento, poiché il periodo è unico, non c'è interruzione, e dato
che più di una volta ci siamo espressi rispetto ad emendamenti analoghi alla
seconda parte dell'emendamento 4.206 con un voto contrario, siamo dolenti ma
non possiamo esprimere un voto favorevole.
Rimane la stima per la prima parte
dell'emendamento da lei presentato, senatore Benedetti Valentini. Annuncio
pertanto che ci asterremo dalla votazione.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Ma è
analogo al vostro!
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, siccome credo sia importante collocare le prerogative e le
facoltà del parlamentare garantite dai Regolamenti, prima ancora di quelle del
Governo e della maggioranza, non solo voterò a favore ma invito il senatore
Benedetti Valentini a considerare l'ipotesi di votare l'emendamento per parti
separate per consentire anche ad altri Gruppi di aderire all'impianto
originario.
IZZO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IZZO (PdL). Signor Presidente,
chiedo di poter aggiungere la mia firma all'emendamento 4.206, sposandone
convintamente lo spirito.
PRESIDENTE. Ne prendo atto, senatore Izzo.
Metto ai voti l'emendamento 4.206,
presentato dal senatore Benedetti Valentini e da altri senatori.
È approvato. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).
Risultano pertanto preclusi i
successivi emendamenti fino al 4.216, mentre l'emendamento 4.217 è ritirato.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (Brusìo).
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, è difficile parlare.
PRESIDENTE. Colleghi, non comprendo
tutto questo brusìo. La senatrice Finocchiaro ha chiesto di parlare. Devo
sospendere la seduta?
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, la Conferenza dei Capigruppo ha registrato l'opposizione del nostro
Gruppo all'approvazione del calendario, insieme a quella di altri Gruppi come
quello dell'Italia dei Valori, quello dell'UDC e quello dell'API.
La ragione sta nei molti interventi che
si sono susseguiti che abbiamo fatto in queste settimane.
Ancora stamattina siamo stati impegnati
in una discussione che non porta da nessuna parte.
Nel momento in cui improvvidamente è
stato presentato l'emendamento sul semipresidenzialismo in Aula, nel momento in
cui si è deciso di rompere il patto che reggeva un testo che avremmo potuto
approvare con una maggioranza esuberante i due terzi e che avrebbe potuto
vedere la luce in questa legislatura, abbiamo condannato questo testo di
riforme costituzionali a non essere mai approvato dai due rami del Parlamento -
che è l'evenienza più probabile - oppure ad essere approvato con una
maggioranza talmente risicata da non entrare in vigore, come il voto e i numeri
sull'emendamento sul Senato federale hanno dimostrato.
L'accanimento che viene dimostrato da
alcuni Gruppi, in particolare dal Gruppo del PdL, ma anche da quello della
Lega, è evidentemente teso a fare in modo che si arrivi finalmente alla
discussione degli emendamenti all'articolo 9 e che ci sia un voto d'Aula sul
semipresidenzialismo. Immagino che, raggiunto tale obiettivo, questo interesse
decadrà, poiché, come ho già denunciato altre volte, quello delle riforme
costituzionali è stato un terreno di scorribanda per fini di tattica politica e
di propaganda.
Ora, continuare una discussione con
questi toni, modi e tempi (peraltro una discussione senza guida, perché avviene
senza relatore, e forse questo non è indifferente al fine della valutazione
della questione) mentre urgono questioni molto serie per il Paese - davvero
molto serie - e prevedere un calendario che lunedì, martedì e mercoledì
contempli l'esame del testo sulle riforme costituzionali, con il che le
Commissioni competenti dovranno lavorare sulla spending review nelle
poche ore che riusciranno a ricavare, mentre si tratta di un provvedimento che
ha la complessità di una legge finanziaria e che tocca interessi e carne viva
di cittadini ed imprese, a me pare francamente un passare il limite.
Nel corso della Conferenza dei
Capigruppo si è ulteriormente discusso che per accelerare l'agonia, per
abbreviarla, si dovrebbero anche regolamentare i tempi della discussione delle
riforme costituzionali.
Allora, Presidente, lo dico con molta
chiarezza: riteniamo che questo sia assolutamente inaccettabile, e per questa
ragione le proponiamo un calendario alternativo. L'abbiamo già proposto in
Conferenza dei Capigruppo, e ora posso essere ancora più precisa: anzitutto c'è
un'esigenza primaria, che è quella che la Commissione bilancio e le Commissioni
competenti siano messe nelle condizioni di effettuare un esame vero, serio e
profondo del testo della spending review, e anche, mi lasci dire
Presidente, con quell'attività parlamentare e politica che è di incontro e di
confronto con i diversi soggetti interessati, per ammortizzare i rischi e i
costi che questo provvedimento, in termini istituzionali prima che politici, può
causare.
Infatti, ciascuno di noi e ciascun
Gruppo parlamentare è ovviamente destinatario di richieste di incontri, ne ha
già fatti molti e altri ne farà e sappiamo quanto sono importanti perché questo
provvedimento possa essere portato all'approvazione. Ma al di là di questo, che
pure trovo essere un pezzo importantissimo, definitivo, del lavoro parlamentare
della prossima settimana, quello delle Commissioni, ci sono alcune questioni
che potrebbero benissimo e con maggiore utilità, certamente per il Paese,
essere affrontate.
Il decreto-legge sul terremoto attende
soltanto il parere della 5a Commissione. Abbiamo disegni di legge che vedono la
possibilità pacifica di essere posti in discussione, sui quali abbiamo già
registrato alla Camera un'approvazione o un consenso, o in quest'Aula un forte
interesse, o addirittura un consenso. Mi riferisco al disegno di legge sulle
professioni non regolamentate e a quello riguardante la Convenzione di
Lanzarote, che è pronto per l'Aula.
Ebbene, in queste condizioni, che si
decida di destinare alla spending review una mattina e un pomeriggio di
giovedì, e a riforme costituzionali già finite, morte per iniziativa politica
di altri Gruppi e di altre forze politiche, le giornate di lunedì, martedì e
mercoledì, lo trovo francamente impresentabile di fronte al Paese.
Chiediamo, quindi, che venga messa in
votazione la nostra proposta di calendario. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, abbiamo votato contro il calendario in Conferenza dei
Capigruppo per ragioni che già la presidente Finocchiaro ha illustrato.
Non intendo tornare sulla polemica
relativa al dibattito surreale su questa riforma costituzionale, perché non
vorrei essere ripreso nuovamente dalla collega Poli Bortone. Però, è evidente
che, nel momento in cui una parte autorevolissima di questo Parlamento ha
cambiato opinione sul testo da licenziare e da inviare alla Camera: questo
testo nuovo è improbabile, diciamo così: non ha la maggioranza dei due terzi.
Ebbene, ci troviamo quasi alla fine del mese di luglio: realisticamente,
quindi, qualunque testo venga licenziato dal Senato potrà essere esaminato
dalla Camera alla ripresa dei lavori, dopo la pausa estiva, prima dalla
competente Commissione di merito, quindi dall'Aula. Quindi siamo già fuori dai
tempi che secondo l'articolo 138 della Costituzione ci possono consentire di
approvare una riforma che entri in vigore nella nuova legislatura, a maggior
ragione trattandosi di una riforma che non è ampiamente condivisa e che quindi
non ha quella maggioranza dei due terzi che evita il cosiddetto referendum
confermativo.
Ora, se così è - e così è - capisco che
il Parlamento debba discutere di tutto ciò che riguarda il Paese, ma c'è anche
un problema di priorità nelle questioni che il Senato deve affrontare. Abbiamo
cinque, o sei, o sette decreti-legge in scadenza la cui discussione stiamo
accorpando in un paio di giorni, mentre stiamo allargando la discussione sulla
riforma costituzionale con l'ulteriore paradosso che, poiché sappiamo che
comunque non riusciremmo a licenziare il testo della riforma entro mercoledì
sera prossimo, dobbiamo anche armonizzare i tempi. In sostanza, dobbiamo
comprimere i tempi di discussione, di esame e di voto del testo della riforma
costituzionale per far sì che il suo esame possa terminare entro mercoledì
prossimo.
Così facendo, creiamo un ulteriore
precedente: in una materia che deve essere discussa con tutto il tempo
necessario perché riguarda una modifica costituzionale, quindi la Carta fondamentale
del nostro Paese, introduciamo il principio del contingentamento dei tempi di
discussione, perché comunque si deve approvare entro mercoledì prossimo. Ma
approvare che cosa, signor Presidente? Approvare un testo che non vedrà mai la
luce. Ora, capisco che c'è un'esigenza legittima (per chi la promuove, non
certamente per noi) di utilizzare questo strumento come una buona - a loro
avviso - argomentazione per la campagna elettorale, però cerchiamo di evitare -
mi rivolgo ai colleghi del Popolo della Libertà - di dare l'impressione, anzi
la certezza, ai cittadini che qui stiamo discutendo una cosa che comunque non
verrà toccata con mano da nessuno, a tal punto da essere costretti ad esaminare
ed approvare un provvedimento importante, come quello sulla spending review
e altri provvedimenti previsti per la prossima settimana, a cominciare da
quello riguardante gli interventi per il terremoto in Emilia-Romagna, in un
arco di temporale che è un terzo di quello che si è dedicato in queste ultime
tre settimane a questa riforma costituzionale, rispettabilissima, ma che non
entrerà mai in vigore.
Allora, esiste anche un problema
estetico (lo dico nel senso non superficiale del termine): intendo dire che ciò
che rappresentiamo all'esterno rischia di farci giudicare dalla gente. Non
possiamo avere un calendario dei lavori che prevede per questa e la prossima
settimana ancora una discussione sulla riforma e poi dedicare la giornata di
giovedì, e forse quella del venerdì, al tema più importante relativo ad una
manovra economica che cambierà in profondità il senso della pubblica
amministrazione del nostro Paese, cui riserviamo quindi una discussione in
condizioni di marginalità.
Reputo di buonsenso la proposta
avanzata dalla collega Finocchiaro sul calendario dei lavori. Potremo
utilizzare al meglio il tempo che abbiamo a disposizione la prossima settimana
per anticipare l'esame di qualche decreto che è maturo per la decisione. Il
decreto-legge, ad esempio, che riguarda il terremoto dell'Emilia-Romagna ha
bisogno del parere della Commissione bilancio, il quale può essere dato in
tempi rapidi, mettendoci nella condizione di approfondire e licenziare un
provvedimento estremamente importante e molto atteso dalle popolazioni colpite
dal sisma. Possiamo iniziare una discussione parlamentare sulla spending
review in modo più ampio, indipendentemente da ciò che il Governo riterrà o
meno di fare, nella sua autonomia, sulla fiducia, mettendo, comunque, il
Parlamento nella condizione di discutere in tempi civili una materia così complessa
come quella oggetto di quel decreto. Dovremmo esaminare, signor Presidente, il
decreto sviluppo, a cui dedicheremo solo qualche ora secondo la previsione del
calendario dei lavori del Senato.
Vogliamo evitare di coprirci di
ridicolo per un puntiglio? Vogliamo cioè dedicare il tempo necessario alla
discussione delle questioni che riguardano le priorità vere del Paese, anziché
continuare un dibattito che rispetto ma che oggettivamente è surreale, in
quanto non troverà mai concretezza, per (consentire un elogio delle future
sorti di una parte autorevolissima della politica di questo Paese? Non possiamo
davvero superare i limiti della decenza e del decoro. (Commenti del senatore
Divina).
Mi consenta, Presidente. Non si tratta
di un problema che la riguarda. Le diamo atto di aver rimesso all'Aula la
discussione sul calendario. Credo, però, che la proposta dei colleghi della
Lega e del Popolo della Libertà superi ogni limite di tolleranza dal punto di
vista della decenza e del decoro. Li invito quindi a rivedere questa posizione,
che è suicida per loro: si assumono infatti la responsabilità di fronte al
Paese di discutere non di problemi reali e concreti che riguardano i cittadini,
ma di fuffa che non vedrà mai la luce. (Applausi dai Gruppi IdV e PD e
del senatore Pardi).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, intervengo per esprimere la contrarietà del nostro Gruppo al
calendario così come è stato prospettato.
Signor Presidente, si sta chiaramente
svolgendo una discussione su un binario morto. Le questioni tecniche e il
motivo in base al quale sarebbe opportuno occuparci di altro hanno ricevuto
un'ampia illustrazione da parte dei presidenti D'Alia e Finocchiaro.
Si utilizza l'Aula del Senato per
agitare le proprie bandiere politiche, come se si trattasse già di una campagna
elettorale, di un comizio, di una tribuna televisiva. Purtroppo c'è un costo
nell'utilizzare il Senato, un costo che grava sui cittadini: noi continuiamo ad
utilizzare l'Aula del Senato esclusivamente per questioni di propaganda.
Il nostro, però, è un voto contrario
rispetto anche ad una occasione mancata. Dobbiamo prendiamo atto che c'è stata
una grande occasione per fare riforme costituzionali importanti e serie nel
Paese che purtroppo naufraga pesantemente in una costrizione temporale.
Signor Presidente, capisco la sua difficoltà,
ma anche lei si renderà conto che modificare la Costituzione sotto la spada di
Damocle e con la sabbia che scorre nella clessidra rispetto a discussioni così
importanti è assolutamente improponibile.
Anche per questo motivo voteremo contro
il calendario. (Applausi dal Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI e della
senatrice Pinotti).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signor
Presidente, non ripeterò quello che i colleghi che i colleghi che sono
intervenuti prima di me hanno detto, perché condivido integralmente la loro
impostazione.
Voglio soltanto rilevare, ancora una
volta, come questo dibattito, che opportunamente è stato definito surreale - le
sembra strano, signor Presidente - non interessa al Paese, che appare
assolutamente distratto rispetto ad una discussione che sa di essere vuota,
inutile e senza sbocchi; una discussione che sta dando al Paese l'idea di un
Parlamento che si parla addosso, perché evidentemente si cerca di traguardare
al 2013 qualche alleanza che al momento appare piuttosto improbabile.
Voglio ricordare a me stesso - è stato
già detto questa mattina - che stiamo discutendo in Aula senza relatore di una
riforma approdata in una direzione e stravolta con un emendamento presentato in
Aula. Una riforma che vede già il traguardo di arrivo, con la data e l'orario
in cui andremo a votare. Signor Presidente, è vero che ci parliamo addosso, ma
la prego di ricordare che stiamo parlando di una riforma costituzionale, e mi
pare che sia davvero improvvido mettere dei tempi di scadenza, dei tempi
tagliola. Noi chiediamo che si discuta, e si discuta fino in fondo. Non stiamo
recitando una parte in commedia: la lasciamo ad altri.
Stiamo discutendo - lo abbiamo fatto
stamattina, cercando di trovare anche un consenso bipartisan sulla
rappresentanza di genere - e approvando, ma stiamo facendo delle discussioni
meramente accademiche. Se il Senato ritiene di voler sensibilizzare il Paese,
faccia una carovana itinerante in Italia e spieghi le ragioni del
semipresidenzialismo, piuttosto che del premierato forte, ma non stiamo a
discutere di aria fritta qua dentro quando fuori questi problemi non vengono
proprio avvertiti.
Per di più, dobbiamo sbandierare un
testo rabberciato, non coordinato e anche pieno (per forza) di errori di
coordinamento.
Signor Presidente, faccio appello anche
ai senatori dei Gruppi del Popolo della Libertà e della Lega Nord di non
fissarsi sull'approvazione di una norma che non solo finirà su un binario
morto, ma non viene neppure percepita dal Paese. Vi chiedo di ragionare nel
modo più completo del taglio e della revisione della spesa pubblica, che
colpirà famiglie, imprese e larghi settori della nostra società. Torniamo a
dividerci sui problemi che il Paese ci sta ponendo e non su una riforma che è
assolutamente vana.
La presidente Finocchiaro ha proposto
un calendario alternativo. Per noi quel calendario va bene. Voglio ricordare
che ci sono degli atti che sono stati approvati all'unanimità nelle
Commissioni: penso, ad esempio, alla ratifica del trattato internazionale sugli
atti di terrorismo, pronto per essere esaminato in Aula, o alla ratifica del
trattato sul terrorismo cosiddetto classico.
Allora la proposta di calendario
alternativo avanzata dalla presidente Finocchiaro ci consentirebbe di varare
qualche provvedimento, che così potrebbe vedere la luce e rivelarsi un utile
riferimento per la nostra comunità. (Applausi dal Gruppo IdV).
GASPARRI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (PdL). Signor
Presidente, ho ascoltato le motivazioni espresse, che avevamo già sentito anche
altre volte. Siamo di fronte ad un paradosso: alcuni Gruppi allungano i tempi
della discussione, salvo poi lamentarsi che possa esservi un'armonizzazione,
che peraltro ha alcuni precedenti, anche in materia di riforma costituzionale.
Tutto si può dire, tranne che non si
sia dedicato e non si stia dedicando un congruo tempo alle modifiche della
Costituzione. Stiamo discutendo da settimane, siamo venuti in Aula, poi siamo
tornati in Commissione, per poi ritornare nuovamente in Aula, e stiamo
approvando emendamenti di provenienza parlamentare, nella più ampia libertà di
discussione.
Anche per un procedimento così
complesso, che prevede quattro votazioni e consentirà poi valutazioni
definitive ai Gruppi parlamentari e alle forze politiche nell'avanzare del
dibattito, riteniamo giusto che si arrivi ad un tempo di decisione. In
Conferenza dei Capigruppo ho ugualmente rilevato che, se è giusto avere un
tempo congruo per la discussione, che si è avuto e si avrà, secondo la proposta
che è stata avanzata, è anche giusto che vi siano momenti di decisione.
Ciò vale per il problema dell'elezione
diretta del Presidente della Repubblica da parte dei cittadini e per altre
questioni: riteniamo che i Gruppi debbano esprimersi in Aula, e non vorremmo
che alcuni non volessero arrivare alla decisione, e non per dedicarsi ad altri
provvedimenti, anch'essi importanti. Sappiamo infatti quanti decreti e quante
proposte vi siano. Il calendario che è stato sottoposto all'Assemblea prevede
la conclusione dei lavori entro il 3 agosto: io dico ai colleghi che la
complessità delle materie fa sì che sia sempre probabile la prosecuzione oltre
quella data. Se sarà necessario, saremo qui a fare il nostro dovere di
legislatori, rispetto a tanti temi che riteniamo importanti, come l'emergenza
sismica o il problema della revisione della spesa.
Pensiamo però anche che, accanto a
questi temi, sia giusto che questa prima lettura della riforma costituzionale
abbia un punto di approdo, consentendo a ciascun Gruppo di assumere delle
posizioni. Il dibattito poi proseguirà, avendo la possibilità - in cui noi
crediamo realmente - di avere un esito positivo, sia sull'elezione diretta del
Presidente della Repubblica sia sugli altri temi (numero dei parlamentari,
poteri del Governo e altre questioni).
Ecco perché il Gruppo del Popolo della
Libertà voterà a favore della proposta di calendario che è stata avanzata, che
contempera le più diverse esigenze, sia nel senso della possibilità di
pronunciarsi, sia nel senso di continuare a discutere: tutte nel Parlamento
devono essere considerate, e riteniamo che trovino un elemento di sintesi in
quella proposta. (Applausi della senatrice Alberti Casellati).
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CADEROLI. Signor Presidente, desidero
confermare che siamo assolutamente d'accordo sulla proposta di calendario che
lei ha fatto, per due ragioni che mi accingo a precisare.
PRESIDENTE. Senatore Calderoli, mi
scusi se la interrompo, ma non si tratta di una proposta mia, bensì di quella
che è stata approvata in Conferenza dei Capigruppo a maggioranza.
CALDEROLI. Mi scusi, signor Presidente,
però vorrei precisare che qualcuno si è lamentato dell'assenza del relatore in
Aula. Se oggi in Aula non c'è un relatore, è perché qualcuno - cioè quelli che
oggi sono contrari al calendario - ha votato contro il mandato al relatore. Chi
è causa del suo mal, quindi, pianga se stesso.
Con riferimento poi al rilievo che le
riforme sono già morte, con tutto il rispetto nei confronti dei colleghi, mi
dispiace, ma le riforme si fanno o meno perché lo decide il Parlamento, i
parlamentari ed eventualmente il popolo, cosa a cui evidentemente siete
allergici. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, mi spiace approfittare dell'attenzione dell'Aula, ma ho chiesto di
prendere nuovamente la parola perché stiamo discutendo di un tema importante e
io non sono intervenuta se non discutendo del calendario e di scelte che hanno
riguardato non il contenuto, ma la presentazione di emendamenti, per cui
ritengo di poter disporre di qualche minuto.
Stiamo per votare una proposta della
Presidenza, lo dico per uscire dall'equivoco: la proposta è venuta dalla
Presidenza del Senato, alcuni Gruppi l'hanno accettata e altri no. Potrei
aggiungere che, discutendo con i colleghi della Commissione bilancio, durante
questi minuti che sono stati occupati dalle altre dichiarazioni di voto,
abbiamo scoperto che alla spending review, in Commissione bilancio, si
dedicherà - sì e no - mezza giornata, perché verrà elaborato un emendamento,
sul quale probabilmente - non certamente, com'è naturale che sia - verrà poi
posta la questione di fiducia: mi chiedo dunque come possa fare la Commissione
bilancio a risolvere in mezza giornata questioni così centrali come quelle
oggetto di questo provvedimento.
Ma vorrei richiamare l'attenzione sua e
dei colleghi su un'altra questione.
Al di là di ogni valutazione e del
fatto che mi sento di rispondere al presidente Gasparri che non s'è fatto lo
stralcio della riduzione del numero dei parlamentari perché alcuni Gruppi si
sono opposti (mentre questo stralcio è stato chiesto vigorosamente da noi,
dall'Italia dei Valori, dall'UDC) e che quindi anche la riduzione del numero
dei parlamentari andrà a picco come il resto delle riforme costituzionali per
volontà di questi Gruppi ben identificati (il PdL e la Lega), sottoporre alla
sua attenzione uno spunto di riflessione politica: lei sa, per essere stato protagonista
(e talvolta, mi scuso, anche per essere stato vittima di critiche da questi
banchi) che la discussione sulle riforme costituzionali è stata attraversata da
tensioni tali per cui, normalmente, il calendario che riguarda le riforme
costituzionali è oggetto di discussione, e singole scelte operate dalla
Presidenza sono state oggetto di discussione, dall'ammissibilità degli
emendamenti all'armonizzazione dei tempi alla stessa predisposizione del
calendario.
Una tensione politica molto evidente e
forte che certo non è rimasta limitata a quest'Aula e che indubitabilmente
pesa, in una situazione politica più complessiva che registra - come oggi ha
detto il presidente Chiti e come altre volte abbiamo osservato - una sorta di
doppia maggioranza: una maggioranza di sostegno al Governo Monti da una parte
e, dall'altra, una maggioranza che diversamente si colloca sullo scacchiere
dell'Aula parlamentare.
Che questo avvenga, peraltro, sulle
riforme costituzionali è particolarmente significativo perché incide esattamente
su quel capitolo, quello delle regole, che da una parte contiene il tema delle
riforme costituzionali, dall'altro quello ancora più delicato, in questo
momento, visto che quello delle riforme costituzionali è parlare al vento e
votare inutilmente, della riforma elettorale.
Le chiedo quindi - non è questa certo
l'occasione, non è questo il momento - di contribuire perché una riflessione e
un chiarimento politico su questo tema emerga e si concretizzi in decisioni che
riguardano il prosieguo dei nostri lavori, lavori gravati da molte e molte
responsabilità, responsabilità comuni, e che ci sia un momento, sia pure in
Conferenza dei Capigruppo per la decisione del calendario, che abbia al centro
tale questione squisitamente politica.
Noi non siamo più nelle condizioni,
Presidente, di dover ogni volta sollevare una questione, ogni volta subire - mi
perdoni - la prepotenza e ogni volta essere talmente responsabili da subire
atti tanto insidiosi, gravi ed aggressivi quanto assolutamente inutili, utili
soltanto al tornaconto politico di una o due forze rappresentate in questa
Aula, in un momento così delicato per il Paese e la Repubblica, in un momento
così delicato della vita politica italiana. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e
del senatore Tedesco).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, l'intervento della senatrice Finocchiaro pone una questione
che va ben oltre la votazione sul calendario.
Apre un confronto politico
significativo e rilevante che si colloca però ad un livello che non è quello
della decisione sul calendario che dobbiamo assumere. Pertanto la conseguenza
del ragionamento - mi permetta, senatrice Finocchiaro, di soffermarmi per
capire meglio - è quella di rinviare la votazione sul calendario o quella di
considerare politicamente rilevante...
GARAVAGLIA Mariapia (PD).
Politicamente rilevante!
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
...al di là del calendario, il voto che eventualmente dovesse esserci da parte
di una maggioranza del Senato sul calendario stesso? Altrimenti non c'è esito.
Allora, la questione diventa una sorta di pregiudiziale di carattere politico,
e ne capisco e comprendo il senso e ne avverto la responsabilità, e credo che
l'avvertano tutti, perché può darsi che finalmente si trovi un luogo politico
dove si definisce un itinerario che vada oltre la contrapposizione che sta
emergendo. La verità è che, surreale o non surreale, il Paese ha bisogno di
riforme e anche della modernizzazione istituzionale. Troviamo il modo per
farle, le riforme. Troviamo il luogo, troviamo la scelta per farle.
Io vorrei che la senatrice Finocchiaro,
se lo ritiene, cercasse di porre al Senato il tema della decisione. Se cioè vi
è una richiesta di sospendere il voto sul calendario per farlo precedere da una
riflessione politica, le dico subito che, da questo punto di vista, per quanto
ci riguarda siamo disponibili a riflettere e considerare insieme quale sia il
percorso più virtuoso e più responsabile per fare le riforme. (Applausi dal
Gruppo CN:GS-SI-PID-IB-FI).
PRESIDENTE. Colleghi, mi pare che il senso dell'intervento della
presidente Finocchiaro non fosse quello di proporre una sospensione, quanto di
introdurre un tema di rilevanza politica nel rapporto tra una nuova maggioranza
che sostiene il Governo e una maggioranza, invece, che sostiene le riforme.
Vorrei ribadire un concetto, senatrice
Finocchiaro. La mia proposta, quella di occuparci la prossima settimana di
riforme, non era altro che un atto dovuto, perché era una prosecuzione di un
tema non concluso in questa settimana, in assenza di provvedimenti che, entro
la giornata di mercoledì, fossero maturi per la discussione nella logica della
decretazione di urgenza.
Allo stato attuale, infatti, il decreto
sul terremoto, come lei ha ben detto, attende il parere della 5a Commissione e
quindi non è maturo per l'Aula, e altri decreti, come la spending review
e altri, saranno maturi, secondo le consultazioni tra la Presidenza del Senato
e la Presidenza della Commissione bilancio, non prima della mattinata di
giovedì.
Quindi, in presenza di questo scenario,
la Presidenza ha sottoposto alla Conferenza dei Capigruppo l'opportunità di
proseguire il tema già incardinato in Aula questa settimana, cioè le riforme,
prevedendo astrattamente di dedicarvi le giornate di lunedì, martedì e
mercoledì, lasciando alla Conferenza dei Capigruppo ogni decisione, in assenza
di provvedimenti che potessero scavalcare la prosecuzione di questo testo,
perché non vi erano provvedimenti di urgenza maturi.
Quindi, io non ho portato una mia
proposta di calendario, ma uno scenario sul quale si è aperto un dibattito e
sul quale si sono confrontati i Gruppi. La Presidenza ha preso atto che vi era
una maggioranza che era dell'idea che lunedì non si lavorasse per dedicare i lavori
alla spending review e che, comunque, si concludesse questo iter
di lavori sulla riforma costituzionale nella prima parte della giornata di
mercoledì.
Non erano, tra l'altro, nelle
prerogative della Presidenza altre facoltà se non quelle di garantire il
funzionamento dei lavori. Se la Conferenza dei Capigruppo avesse determinato,
per esempio, di non lavorare tre giorni e di dedicarli all'attività della
Commissione, io ne avrei preso atto. Ma lei conosce bene il Regolamento del
Senato, come lo hanno conosciuto, e correttamente applicato, i miei
predecessori: sul calendario dei lavori, in presenza di dissonanza tra Gruppi e
in assenza di unanimità, è sempre l'Aula a decidere.
In questa occasione, io ho voluto
presentarmi con una anomalia, nel senso - lei l'avrà notato - che ho detto che
la prossima settimana, nelle giornate di lunedì, martedì e mercoledì, ci
sarebbe da proseguire un lavoro che già abbiamo iniziato (non è altro che una
prosecuzione), perché non abbiamo decreti.
Non potevo presentare un calendario
vuoto. Era un mio dovere dire alla Conferenza dei Capigruppo quali erano i temi
incardinati in Aula e sui quali era opportuno proseguire, per la logica della
funzionalità del Parlamento. Solo a questo ci siamo limitati (e poi lei ha
partecipato al dibattito in Conferenza dei Capigruppo).
Il tema di rilevanza politica lei lo
pone correttamente e seriamente. Sfugge naturalmente alle responsabilità della
Presidenza, la quale non può che prenderne atto.
Lei pone un tema, vi è stata una
risposta del presidente Viespoli, non vi sono state altre risposte. È un tema
che appartiene, probabilmente, al confronto tra i partiti e non tra i Gruppi
parlamentari, e che può costituire oggetto di incontri estranei all'attività
parlamentare, che poi possono ridondare invece sull'attività parlamentare.
A questo punto, esaurito questo ampio
dibattito, vorrei riepilogare le proposte di modifica del calendario, che
sembrano convergere sulla proposta della senatrice Finocchiaro di non impegnare
l'Aula del Parlamento nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì ad eccezione
dell'ipotesi in cui, entro quei giorni, venga ad essere maturo per l'Aula il
decreto sul terremoto, ovvero di impegnare l'Aula sulla ipotesi di discussione
di ratifiche internazionali richiamate anche dalla presidente Finocchiaro e dal
presidente Belisario.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, non ho richiamato le ratifiche internazionali.
PRESIDENTE. No, soltanto il decreto.
Faremo allora due votazioni, perché il presidente Belisario ha invece
richiamato le ratifiche.
FINOCCHIARO (PD). Le chiedo
scusa, signor Presidente, visto che siamo in fase di voto mi vorrei permettere
di fare due osservazioni brevissime per rispondere con una battuta al
presidente Viespoli. Volevo anzitutto dire che questo voto sul calendario è un
voto politico.
In secondo luogo, Presidente, lei ha
spiegato le ragioni per le quali ha formulato la proposta, dicendo che, non
avendo altri decreti, non apparteneva ovviamente alla sua responsabilità
cercare meglio, come il mio Gruppo ha ritenuto di fare. Però appartiene alla
sua responsabilità, Presidente, garantire che la discussione in Commissione del
provvedimento sulla spending review abbia il tempo e l'aggio di essere
una discussione vera, seria e profonda. Lo dobbiamo a tutti coloro i quali
vedranno questo provvedimento incidere sulla carne viva di tanti cittadini e di
tante imprese italiane. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Senatrice Finocchiaro, sarà naturalmente la Commissione
di merito a sollevare eventuali problemi di organizzazione dei suoi lavori.
Metto ai voti la proposta di modifica
del calendario dei lavori dell'Assemblea, avanzata dalla senatrice Finocchiaro,
di non lavorare fino a mercoledì, fatta eccezione per l'eventuale decreto-legge
sul terremoto... (Proteste dal Gruppo PD).
Presidente Finocchiaro, vuole allora
riepilogare la sua proposta, così che la Presidenza la faccia sua ed evitiamo
fraintendimenti?
FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, io ho proposto di porre
all'ordine del giorno il decreto‑legge sul terremoto, per il quale la
Commissione bilancio può agevolmente esprimere il suo parere tra oggi e domani.
Peraltro, mi segnala il senatore Morando che è già stato esitato dalla
Commissione bilancio l'altro decreto, quello che riguarda il Monte dei Paschi
di Siena.
Ritenevo anche di proporre, al di là
del fatto che in Conferenza dei Capigruppo ho detto che assolutamente pronto
per l'Aula il disegno di legge di ratifica del Trattato di Lanzarote, di
organizzare i nostri lavori della settimana prossima in modo che la Commissione
bilancio, oltre all'esame di questi testi, fosse in grado di condurre un esame
serio del provvedimento sulla spending review. Non si tratta della
proposta di non lavorare lunedì, martedì e mercoledì. (Applausi dal Gruppo
PD).
PRESIDENTE. Senatrice Finocchiaro, stavo dicendo che la sua
proposta era di non lavorare in quei giorni a meno che non fosse stato pronto
il decreto-legge sul terremoto, ma lei non mi ha consentito di concludere.
Stavo dicendo di non impegnare i lavori d'Aula a meno che non fosse stato
pronto per l'Aula il decretolegge sul terremoto. Comunque, ci atteniamo alla
spiegazione analitica della sua proposta, che la Presidenza fa propria.
Metto pertanto ai voti la proposta di
modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, avanzata dalla senatrice
Finocchiaro.
Non è approvata.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la
controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle
porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
Non è approvata.
Passiamo alla votazione della proposta
di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, avanzata dal senatore
Belisario.
BELISARIO (IdV). La ritiro,
Presidente.
PRESIDENTE. Resta pertanto definitivo
il calendario dei lavori adottato a maggioranza dalla Conferenza dei Capigruppo
e da me comunicato all'Assemblea.
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
(ore 18,24)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.218,
sostanzialmente identico all'emendamento 4.0.222.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (Brusìo).
Colleghi, si continua a lavorare e a votare.
PARDI (IdV). Aspetto un secondo.
(Brusìo). Non che voglia essere ascoltato...
PRESIDENTE. Colleghi, ricordo a chi
deve lasciare l'Aula che le votazioni continuano. Siamo in dichiarazione di
voto. (Brusìo). Colleghi, forse non avete ben compreso: si vota!
PARDI (IdV). Tutti se ne stanno
andando: non vogliono votare.
PRESIDENTE. Adesso sospendiamo.
PARDI (IdV). Le consiglierei di
sospendere, Presidente.
PRESIDENTE. Questo lo decide la
Presidenza. (Brusìo).
Colleghi, chi deve lasciare l'Aula lo
faccia velocemente, per favore, per consentire una prosecuzione corretta dei
lavori.
PARDI (IdV). Chi deve lasciare
l'Aula non torni per votare, visto che lascia l'Aula!
PRESIDENTE. Prego, senatore Pardi,
faccia la sua dichiarazione di voto.
PARDI (IdV). Sì, signor
Presidente.
Gli emendamenti 4.218 e 4.219 si
appoggiano sulla stessa logica, che è quella che abbiamo affrontato
nell'illustrazione relativa agli emendamenti sull'articolo 4. Il punto di
partenza del ragionamento è la sproporzione evidente di forze, tra maggioranza
e opposizione, prodotta da una legge elettorale profondamente ingiusta che, con
un premio di maggioranza artificioso, altera i rapporti all'interno del
suffragio universale attribuendo più voti a una parte e meno voti ad un'altra.
Presidenza della vice
presidente MAURO (ore 18,27)
(Segue PARDI). Questo comporta
un'alterazione sistematica dei rapporti tra maggioranza e opposizione sia in
Commissione che in Aula, e tale distorsione influisce in modo pervasivo e
penetrante su tutta lo svolgimento del dibattito parlamentare.
La maggioranza ha possibilità che alla
minoranza sfuggono del tutto, e si possono produrre decisioni anche
profondamente errate che la minoranza non ha la possibilità di sottoporre al
controllo. È in questo quadro generale di disagio parlamentare che il Gruppo
dell'Italia dei Valori propone uno strumento finora ignoto nell'ambito
costituzionale italiano, ossia la possibilità di ricorso diretto alla Corte
costituzionale contro le deliberazioni di ciascuna Camera.
Sappiamo bene che è una forzatura
rispetto al meccanismo originario del ricorso ad un giudice, della possibilità
dello stesso di esprimersi per un rinvio alla Corte e dell'esame e la deliberazione
successivi della Corte. Tuttavia, in altri sistemi costituzionali questa
strumentazione viene adottata. Per esempio, nel modello tedesco c'è un
meccanismo di verifica dei poteri che lascia alle Camere la possibilità di
giudicare dei titoli di ammissione dei loro componenti e delle cause
sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità, ma con possibilità di
soluzione finale da parte della Corte federale costituzionale nei casi di
palese violazione costituzionale da parte delle deliberazioni camerali.
Quindi, proponiamo questo emendamento e
il successivo, che presenta delle affinità, ma sul quale mi riservo di
intervenire dopo, perché, se è vero che si tratta di uno strumento finora
sconosciuto nell'ambito costituzionale, esso presenta dei precedenti, di cui
dirò a proposito del successivo emendamento, in disegni di legge presentati da
alcuni componenti di questa Camera.
Più in generale, invito a votare questo
emendamento con l'intenzione di attribuire alle Camere elettive la possibilità
di un accesso diretto alla Corte costituzionale come strumento per
riequilibrare il disequilibrio, profondamente ingiusto, prodotto dalla
costruzione di maggioranze artificiose.
Chiedo inoltre che la votazione avvenga
con il sistema elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Pardi,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento
4.218, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori, sostanzialmente
identico all'emendamento 4.0.222, presentato dal senatore Pardi e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.219.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
l'emendamento, analogo nel tema a quello appena votato, recita: «Contro le
violazioni del Regolamento, nei casi e nei modi stabiliti con legge
costituzionale, è ammesso ricorso alla Corte costituzionale entro trenta giorni
dall'atto o dal fatto che ha determinato la violazione. Hanno titolo tutti i soggetti,
singoli o gruppi, lesi nelle loro prerogative regolamentari o costituzionali».
L'articolo 4 introduce, in una forma
che per noi è stata insoddisfacente fin dall'inizio, il riconoscimento delle
prerogative e dei poteri del Governo e dei diritti delle minoranze. Noi non ci
riconosciamo nell'asimmetria tra i poteri del Governo i diritti delle
minoranze.
Approfitto dell'occasione per svolgere
un'osservazione proprio sui poteri del Governo, che mi è stata impedita dalla
non procedibilità degli emendamenti precedenti. Attiro l'attenzione dei
colleghi che si interessano di lessico costituzionale sull'accoppiamento del
termine «potere» al termine «Governo». Vorrei fare osservare ai colleghi
senatori quante e quali volte la parola «potere» compare nel testo costituzionale.
A mia conoscenza, compare solo due volte: nell'articolo 104, in cui si
stabilisce che «la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente
da ogni altro potere», dove la parola «potere» ha un significato astratto, e
poi nell'articolo 117, comma quinto, in cui si afferma che la legge dello Stato
«disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di
inadempienza».
In un caso, il termine «potere» è
riferito a una condizione astratta, che rappresenta l'orizzonte che non può
incombere sull'autonomia dell'ordine giudiziario; l'altro caso, invece, è molto
specifico e riguarda i misteri - per così dire - dell'articolo 117 modificato.
A me pare evidente che l'uso all'interno della Costituzione del termine
«potere» correlato al termine «Governo» rappresenterebbe una sorta di
violazione dei canoni del linguaggio costituzionale. Questo è un particolare
lessicale, a cui non volevo rinunciare, perché forse per qualcuno potrebbe
essere materiale di riflessione.
Desidero anche motivare la possibilità
di ricorrere alla Corte costituzionale contro le violazioni del Regolamento da
parte di tutti i soggetti, singoli o gruppi, lesi nelle loro prerogative. Se si
arrivasse a questo risultato, si supererebbe una delle zone d'ombra più significative,
non giustiziabili, ancora presenti nel nostro ordinamento, che da questo punto
di vista appare - mano a mano che il tempo passa - in una posizione sempre più
isolata nella prospettiva del diritto comparato. Decidere di rendere
giustiziabili le violazioni dei Regolamenti parlamentari significa porre fine a
una salvaguardia che nei tempi è diventata un privilegio e che ha perduto la
sua ragione d'essere, e permette finalmente di trasformare anche le regole
parlamentari in un vero e proprio diritto, consentendo un'effettiva garanzia
delle opposizioni e dei diritti di tutti i soggetti coinvolti nel sistema
parlamentare.
Sono stato così pedante perché mi è
stato rimproverato che questo rappresenterebbe un'eccezione sconosciuta, ma al
contrario ha un contenuto analogo ai termini che ha svolto il disegno di legge
n. 1125, a prima firma del senatore Ceccanti e di cui sono cofirmatari anche
altri esimi colleghi del Partito Democratico (come i senatori Adamo,
Chiaromonte, Chiti e De Sena). Dunque, come ho accennato poc'anzi, non si
tratta di una proposta di norma del tutto assente dal panorama del pensiero
costituzionale, perché è già stata inserita in un progetto di legge.
Quindi, faccio appello sia alla
razionalità intrinseca della proposta, sia alla volontà di limitare l'efficacia
eccessiva di maggioranze prodotte da un premio di maggioranza artificioso, sia
al fatto che c'è un precedente esperito dentro un disegno di legge presentato
dai colleghi del Partito Democratico.
Chiedo la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Colleghi, vi comunico la ripartizione dei tempi: al
Gruppo del Popolo della Libertà sono attribuiti 4 ore e 42 minuti; al Gruppo
del Partito Democratico 4 ore e 3 minuti; al Gruppo Lega Nord Padania 1 ora e
45 minuti; al Gruppo UDC, SVP e Autonomie 1 ora e 33 minuti; al Gruppo Per il
Terzo Polo (ApI-FLI) 1 ora e 31 minuti; al Gruppo Misto 1 ora e 29 minuti; al
Gruppo Coesione Nazionale 1 ora e 29 minuti; al Gruppo Italia dei Valori 1 ora
e 28 minuti.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, non capisco il totale disinteresse dimostrato nei riguardi
degli emendamenti in esame, che meriterebbero almeno una riflessione.
Avendo appena constatato che la
cosiddetta maggioranza trasversale sulla riforma costituzionale non esiste più
non capisco perché i Gruppi, sia di sinistra che di destra, vista questa
spaccatura totale, non abbiano la dignità di rivolgere attenzione almeno agli
emendamenti più importanti.
Come rappresentanti delle Autonomie
abbiamo appena votato favorevolmente sull'emendamento 4.218, che riguardava la
possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale avverso le delibere di
ciascuna Camera.
Anticipo fin d'ora che sosterremo anche
l'emendamento 4.219, per il semplice motivo che dà ulteriori garanzie al
parlamentare e ai Gruppi (soprattutto quelli minori). Non voglio dipingere
scenari negativi per il futuro. Spero infatti che l'Italia marci sempre sulla
via democratica e che le maggioranze siano rispettose delle minoranze. Però è
bene tutelarsi.
Mi rendo conto che c'è un principio,
quello dell'autonomia e della giurisdizione interna delle Camere, che stiamo
così superando, ma con le schiaccianti maggioranze che ci sono ora, anche
questo è messo purtroppo in dubbio. Basta pensare alle deliberazioni sulle
immunità parlamentari, che sono state utilizzate in modo strumentale da una
parte e dall'altra a seconda dei soggetti: per alcuni colleghi non abbiamo
concesso l'autorizzazione a procedere, per altri sì. Mi sembra che i vecchi
principi pensati dai Padri fondatori della Costituzione per un sistema bipolare
siano ormai superati.
A noi piccoli rappresentanti di realtà
speciali sta bene avere le massime garanzie, anche con il ricorso alla Corte
costituzionale. Mi dispiace però che la disattenzione dell'Aula sia rimasta
immutata dal momento che avevo chiesto che, almeno sui temi delicati, si
ragionasse tutti, dato che anche il centrosinistra non è costretto ad
appoggiare, come continua a fare, un accordo che non esiste più. (Applausi
della senatrice Carlino).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.219, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'articolo 4, nel testo emendato.
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
approfitto per dire due parole semplici sulla insostenibile limitazione dei
tempi per la discussione della riforma costituzionale.
O la riforma costituzionale viene presa
sul serio, e allora si dovrebbe poter discutere quanto ci pare, senza limitare
la possibilità di espressione dei singoli parlamentari, oppure la riforma
costituzionale non viene presa sul serio, e questa ne è la dimostrazione. Non
viene presa sul serio perché oramai ai parlamentari non gliene importa quasi
più niente (e uso un termine gentile). E limitare il tempo vuol dire
esattamente che oramai la si dà per carta straccia di scarso consumo, che è un
compito che dobbiamo portare a termine solo perché oramai siamo inchiavardati
dentro questa logica.
Lo faremo, però questo significa la
limitazione del tempo: disinteresse per la materia e assoluta mancanza di
interesse anche di tipo disciplinare e parlamentare per la questione.
Stiamo lavorando dentro un fantasma e
rischiamo di diventare noi stessi fantasmi, occupandoci e pensando di essere
attivi dentro una dimensione fantasmatica. La cosa è inaccettabile! (Applausi
dei senatori Carlino e Peterlini).
Chiedo la votazione nominale con
scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Senatore Pardi, lei ha perfettamente ragione, e credo
si possa commentare guardando quest'Aula, rilevando su un argomento così
importante della riforma costituzionale la poca attenzione che c'è. Credo non
sia una bella immagine che si dà all'esterno e al Paese, visto che si parla di
riformare la Costituzione. (Applausi dei senatori Carlino e Peterlini).
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal
senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'articolo 4, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli
emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 4, che
invito i presentatori ad illustrare.
DE LUCA Vincenzo (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi,
lasciare agli atti l'illustrazione di un emendamento che mai vedrà la luce,
insieme a tutta questa attività di riforma costituzionale.
L'emendamento 4.0.200 fa riferimento
all'articolo 65 della Costituzione che tocca due punti, l'incompatibilità e
l'ineleggibilità. Per recuperare una maggiore credibilità da parte della
politica e delle istituzioni, esso sancisce la incompatibilità delle cariche di
Presidente della Provincia e di Sindaco con il ruolo di parlamentare, deputato
e senatore, anche per non affaticare chi svolge questa doppia funzione e
tenerlo in salute.
L'emendamento prevede anche
l'ineleggibilità dei candidati condannati con sentenza definitiva per reati non
colposi.
Su questo emendamento chiederò non solo
il voto elettronico, ma anche che, seppure sarà un voto che resterà solo agli
atti, ci sia da parte del Parlamento un sussulto rispetto a queste
incompatibilità e ineleggibilità, che possono far recuperare alla politica e
alle istituzioni la credibilità necessaria dando un segnale di sensibilità ad
una società che è alquanto disorientata rispetto al quadro politico che si sta
vivendo, alla riforma costituzionale e alla prospettiva della legge elettorale.
PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Senatore Pardi, siamo in
sede di illustrazione degli emendamenti e lei dovrebbe illustrare l'emendamento
4.0.220.
PARDI (IdV). Signora Presidente,
non so se la cosa conforterà il collega Vincenzo De Luca, ma sono stato ad
ascoltarlo e il nostro Gruppo approva incondizionatamente l'emendamento 4.0.200
a firma sua e della senatrice Armato, anche perché erano stati votati,
purtroppo con esito negativo, nostri emendamenti che coprivano lo stesso campo
d'azione del suo. Pertanto, il nostro sì è entusiastico.
DELLA SETA (PD). Signor Presidente, l'emendamento 4.0.202
che ho presentato insieme ad altri colleghi del mio Gruppo propone di
modificare l'articolo 67 della Costituzione, che sancisce il principio della
libertà dal vincolo di mandato per i parlamentari.
Credo sia evidente l'attualità di
questo tema. Il principio della libertà dal vincolo di mandato è importante, ed
è stato consapevolmente messo in rilievo dai Padri costituenti, ma oggi fa i
conti con una realtà che credo sia sotto gli occhi di tutti noi. Dall'inizio di
questa legislatura un parlamentare su otto di quelli eletti nel 2008 ha, come
si dice in gergo giornalistico «cambiato casacca». Gran parte di questi
parlamentari non si sono iscritti al Gruppo misto, come sarebbe stato lecito
attendersi, ma o si sono iscritti a Gruppi collegati a partiti diversi e competitori
rispetto a quelli nei quali erano stati eletti, oppure hanno dato vita a nuovi
Gruppi, talvolta espressione di nuovi partiti. Complessivamente sono molto più
di cento i parlamentari che si trovano in questa situazione.
Credo che questo fenomeno - cui è stato
dato il nome di «transfughismo parlamentare» - in queste dimensioni sia una
delle cause principali del discredito della politica italiana e della sfiducia
crescente dei cittadini nei confronti dei loro rappresentanti. Il problema è
aggravato dall'attuale legge elettorale, che già sottrae ai cittadini la
possibilità di scegliere le persone che devono rappresentarli. Il fenomeno del
«nomadismo parlamentare» aggiunge a questo danno la beffa. L'unica possibilità
di scelta che oggi hanno gli elettori italiani è quella di scegliere se non
altro l'indirizzo politico che coloro che con il loro voto vengono eletti in
Parlamento dovranno sostenere. Ebbene, con questo fenomeno così largo e ormai
così diffuso, anche questa possibilità molto spesso viene negata, e quindi i
cittadini si trovano ad eleggere persone che non hanno scelto e persone che,
dopo qualche mese, vanno a rappresentare e a sostenere indirizzi politici
diversi e talvolta contrastanti rispetto a quelli di chi li ha eletti.
Questo tema non riguarda solo l'Italia,
anche se solo in Italia si presenta con questi numeri, in queste dimensioni. È
un problema che in altri Paesi europei è stato affrontato anche in sede
costituzionale. Ci sono Paesi che hanno limitato il principio della libertà dal
vincolo di mandato e Paesi come il Regno Unito dove proprio in questi mesi è in
discussione una proposta che prevede che chi, eletto in un collegio
uninominale, cambia Gruppo parlamentare di appartenenza si espone alla
possibilità che un numero non alto di elettori del suo collegio chieda le
elezioni suppletive per sottoporre di nuovo a verifica questa sua scelta.
Il nostro emendamento, riguarda un
fenomeno che ha colpito, quale più, quale meno, tutti gli schieramenti e tutte
le parti politiche. Questa pratica ha riguardato in maniera significativa anche
questo ramo del Parlamento, ma io non intendo esprimere giudizi morali - non
spetta a me darne - su chi ha compiuto questa scelta.
La proposta emendativa che abbiamo
presentato ribadisce il principio della libertà dal vincolo di mandato e
riconosce al parlamentare la possibilità, se decide di uscire dal Gruppo di
appartenenza, se viene espulso o estromesso, di iscriversi al Gruppo misto, ma
pone il divieto di iscriversi a Gruppi che facciano riferimento a partiti diversi
e in molti casi competitori rispetto a quello nelle cui liste è stato eletto o
- ancora peggio - a partiti che nel momento in cui il parlamentare «nomade» è
stato eletto nemmeno esistevano.
Credo sia una modifica saggia, che non
demolisce il principio fissato dai Padri costituenti, ma lo interpreta e
soprattutto lo armonizza con un altro principio, fissato non dall'articolo 67
ma dall'articolo 1 della nostra Costituzione: il principio secondo cui la
sovranità appartiene al popolo. Se la sovranità appartiene al popolo, è bene
che il popolo, a cui già è stata tolta la possibilità di scegliere direttamente
i propri rappresentanti, possa se non altro determinare l'indirizzo politico
dei propri rappresentanti. (Applausi dal Gruppo PD).
ALBERTI CASELLATI (PdL). Signora Presidente, vorrei che l'Aula
seguisse la discussione dell'emendamento 4.0.203 che modifica la norma
costituzionale imponendo il vincolo di mandato.
Penso che non si possa parlare oggi di
alcuna riforma dell'architettura costituzionale, di alcuna legge elettorale né
di sistemi, né tanto meno di preferenze. Oggi tutti dicono, anche in questa
sede, che all'elettore non è lasciata la libertà di scelta se non si risolve
una questione che si pone come pregiudiziale: occorre cioè ristabilire un
rapporto trasparente tra elettore ed eletto. Occorre porre il cittadino al
centro del sistema, rendendolo protagonista delle scelte, dei programmi e della
forma di governo.
Purtroppo, negli ultimi anni, abbiamo
assistito al vertiginoso accrescersi di eletti nelle Assemblee parlamentari che
trasmigrano indifferentemente da uno schieramento all'altro, provocando
improvvisi cambi di maggioranza parlamentare. (Brusìo). Mi scusi,
signora Presidente, ma non riesco a parlare, mi fa male la gola se urlo così.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
ALBERTI CASELLATI (PdL). Allora
io ritengo che ogniqualvolta un parlamentare cambia collocazione all'interno degli
schieramenti politici, il voto dei cittadini, di cui tanto si discute oggi
anche nella riformulazione della legge elettorale, diventa improvvisamente
carta straccia e si determina una alterazione, che francamente trovo
inaccettabile, della volontà espressa dal corpo elettorale. Per questa strada
si attua una grave violazione del principio democratico.
È chiaro che non si vuole negare a
nessuno la possibilità di cambiare idea - ci mancherebbe altro - e di non
concordare più con le direttive del proprio partito, con il proprio movimento,
con la formazione di cui fa parte. Ognuno è libero di modificare le proprie
opinioni. Ma ciò che non trovo giusto né corretto è che chi esercita questa
libertà di scelta rimanga al suo posto, qualunque promessa abbia fatto ai
propri elettori (Applausi della senatrice Garavaglia Mariapia).
Credo sia giunto il momento di porre
fine, di mettere uno stop a questa deriva di carattere istituzionale. Se
vogliamo oggi restituire credibilità ad un sistema nel quale la mortificazione
della volontà del corpo elettorale è diventata ormai una regola, è chiaro che
non possiamo affidarci alla speranza di un'autoriforma da parte della politica
basata su una sorta di recupero di idealità. Dobbiamo necessariamente cambiare
il quadro di riferimento, perché, come ho detto, la deriva di questo sistema è
consentita dalla previsione del divieto di mandato imperativo che stravolge, in
ultima analisi, non solo il principio di rappresentatività, ma anche il
principio di responsabilità di fronte al corpo elettorale.
È una questione di coerenza e di
credibilità delle istituzioni, tanto più necessaria oggi, in un momento di
grave crisi e caduta di credibilità della politica e dei partiti. (Applausi
dal Gruppo PdL).
COMPAGNA (PdL). Signora Presidente, la collega Chiaromonte
mi concede l'onore di illustrare l'emendamento 4.0.204, che è una proposta a
cui abbiamo sempre pensato nel corso di questa legislatura. Lo presentammo come
disegno di legge autonomo qualche anno fa, durante quello sgradevole, ma spesso
ripetuto ping pong tra prerogative del Parlamento e prerogative della
magistratura.
Il nostro è un testo sul quale l'Aula
del Senato ebbe già a pronunciarsi con un voto favorevole: nel 1993 il senatore
Antonio Maccanico lo portò con intelligenza all'approvazione della Commissione
affari costituzionali, prima, e, poi, ad un largo consenso in Aula. Purtroppo,
alla Camera dei deputati questo emendamento non poté essere neanche discusso,
perché finì «seppellito» sotto il voto di alcune autorizzazioni a procedere che
riguardavano l'onorevole Craxi.
Rispetto alla normativa originaria
della Costituzione del 1948, il nostro emendamento, che potremmo anche chiamare
testo Maccanico (lo diciamo con rispetto e profondo onore), cerca di adeguare
la norma costituzionale al nuovo codice di procedura penale. Sarebbe improprio,
perciò, parlare di restaurazione dell'istituto dell'autorizzazione a procedere.
Tutt'altro: la magistratura esercita il suo compito di indagine e soltanto al
momento del rinvio a giudizio, superati i novanta giorni, può eventualmente
scattare quel meccanismo di silenzio assenso, che nel 1993, in quest'Aula, ebbe
consenso e per il quale noi riteniamo di prefigurare un futuro di maggior
equilibrio qualora si riesca, in questa legislatura, ad inserirlo nella nostra
Carta costituzionale. (Applausi dal Gruppo PdL e della senatrice Sbarbati).
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si
intendono illustrati.
Invito il rappresentante del Governo a
pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
MALASCHINI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri. Signora Presidente, il Governo si rimette
all'Assemblea.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.0.200.
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
precedentemente avanzata dal senatore De Luca, risulta appoggiata dal
prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.0.200, presentato dal senatore De Luca Vincenzo e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, vorrei precisare che ho sbagliato a votare. Il mio voto
voleva essere favorevole.
PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.0.220.
PARDI (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.0.220, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.0.221.
PARDI (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.0.221, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.0.300.
PARDI (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Pardi, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.0.300, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.0.201.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, questa proposta emendativa prevede praticamente che i
Regolamenti delle Camere stabiliscano le forme per assicurare che ogni deputato
e ogni senatore aderiscano al Gruppo corrispondente alla lista o al gruppo di
candidati in cui sono stati eletti.
Ho solo una perplessità, collega Pardi:
per un Gruppo piccolo come il nostro, che in passato è riuscito due volte - ma
non questa - a formarsi, come rappresentanza delle minoranze linguistiche e
come delegazione di Regioni a Statuto speciale, non so come si potrebbe poi
immaginare di dover rimanere fedele al proprio simbolo.
In questo caso, quindi, dobbiamo
astenerci, perché siamo favorevoli all'obiettivo dell'emendamento, ma non alla
forma con cui si cerca di raggiungerlo.
LANNUTTI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANNUTTI (IdV). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta
di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Lannutti, risulta
appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.0.201, presentato dal senatore De Luca Vincenzo e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.0.202.
DELLA SETA (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Della Seta, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 4.0.202, presentato dal senatore Della Seta e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.0.203.
ALBERTI CASELLATI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTI CASELLATI (PdL). Signora
Presidente, su quest'emendamento vorrei invitare l'Aula ad una riflessione,
perché esso, a mio parere, rappresenta l'unico modo per ristabilire un rapporto
trasparente fra elettore ed eletto, responsabilizzando quest'ultimo e
riavvicinando in questo modo il cittadino alle istituzioni.
BATTAGLIA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BATTAGLIA (PdL). Signora
Presidente, apprezzo lo spirito di quest'emendamento e ne condivido il
contenuto, per una questione fortemente morale. Non mi preoccupo di chi cambia
casacca, ma di chi lo fa dopo aver ricevuto il mio voto: quello, per me, è il
fatto grave.
Ne condivido lo spirito, ma non ne
posso condividere il contenuto perché la parola "con" non permette di
far comprendere quale vincolo dovrebbe avere il parlamentare. Con chi? Con il
partito, con il Gruppo parlamentare, con i cacciatori? Quindi, se la parola
"con" si vincola ad una finalità, ritengo che l'emendamento possa
trovare spazio, perché sul piano morale deve essere fortemente votato da questa
Assemblea, se è vero com'è vero, che vogliamo recuperare sul piano dei
contenuti il rapporto con quegli elettori che siamo tutti bravi a rincorrere,
salvo poi che, quando dobbiamo intervenire per legarci al loro voto, non vogliamo
l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, non vogliamo le preferenze,
scappiamo di fronte alle responsabilità e di fronte agli elettori.
GRAMAZIO (PdL). Bravo!
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, capisco l'intento dei firmatari dell'emendamento, ma dal
punto di vista democratico e delle libertà costituzionali sarebbe una
gravissima violazione. Saremmo gli unici al mondo a limitare il mandato
parlamentare. In tutte le democrazie del mondo ci si basa infatti in proposito
sul principio che non ci sia vincolo di mandato. Il vincolo di mandato lo hanno
avuto in Unione Sovietica, addirittura con un partito unico. Si può discutere
sul cambiamento dei Gruppi, sul cambiamento di casacca, ma togliere la libertà
al parlamentare sarebbe un gravissimo attentato alla democrazia. Pertanto,
voteremo sicuramente contro e chiediamo la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico. (Applausi dal Gruppo
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
CECCANTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CECCANTI (PD). L'idea del
mandato imperativo è la classica idea delle Costituzioni sovietiche e delle
democrazie popolari. Risulta un po' strano che dei colleghi del PdL si ispirino
a questa eredità. Poi, se lo vogliono fare, lo facciano pure. (Applausi dal
Gruppo PD e del senatore Peterlini).
ASCIUTTI (PdL). Hai perfettamente
ragione!
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore
Peterlini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo,
mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.203, presentato dalla
senatrice Alberti Casellati e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 4.0.204.
*SANNA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANNA (PD). Se fosse approvato
l'emendamento che modifica l'articolo 68, a firma della senatrice Chiaromonte e
del senatore Compagna, precedentemente illustrato, introdurremmo nella
Costituzione una sorta di nuova autorizzazione parlamentare a decidere il
rinvio a giudizio. Come ha detto giustamente prima il senatore Compagna, non si
tratta del ripristino della vecchia autorizzazione a procedere nelle indagini,
però, il sistema - mi permettano i proponenti - non funziona.
Intanto il Parlamento sarebbe costretto
a svolgere un'attività che oggi svolge solamente per le richieste di
autorizzazione alla misura cautelare. In pratica il suo lavoro sarebbe una
sorta di "processo al processo" o quantomeno un processo al
procedimento di indagine. E situandosi l'autorizzazione - nella proposta che
dobbiamo votare - immediatamente prima della decisione di un giudice terzo,
essa arriverebbe a bloccare non solo l'eventuale decisione favorevole al rinvio
a giudizio, ma anche quella che rigettasse la richiesta del pubblico ministero
del rinvio a giudizio, mantenendo quindi in capo al parlamentare indagato il
sospetto perenne che il Parlamento lo abbia voluto - come si dice volgarmente -
"salvare" addirittura dal rischio... di farsi dichiarare innocente.
Questo è un fortissimo limite della
proposta. Non autorizzare il processo potrebbe macchiare la reputazione -
perché di questo stiamo anche parlando - del parlamentare indagato che invece
potrebbe, di fronte alla fragilità delle indagini, essere "scagionato"
dalla decisione del giudice per le indagini preliminari. Quindi, è sbagliato
bloccare l'eventuale processo perché si limiterebbe anche il diritto alla
reputazione e alla dichiarazione di innocenza, di non procedere nel giudizio
del senatore indagato.
Voglio dire che questa impostazione è
sbagliata anche rispetto alla motivazione che si individua nel testo. La Camera
dovrebbe - si dice - impedire il giudizio del giudice delle indagini
preliminari per tutelare la funzione parlamentare. Ma questa, nel caso in cui
il parlamentare sia rinviato a giudizio, è già tutelata dal codice di procedura
penale e dalle sentenze della Corte costituzionale dopo il caso Previti.
Se si è parlamentari e ci si deve
andare a difendere in un processo, si hanno tutte le garanzie che ciò possa
avvenire ogni qual volta si dimostri l'esistenza di un impegno parlamentare.
Abbiamo però anche il diritto-dovere di garantire l'esercizio di un altro bene
costituzionale, e cioè quello del rendere giustizia da parte dei tribunali. Dal
contemperamento di questi due interessi costituzionali i tribunali decidono di
cambiare, concordandoli con le parti, i calendari delle udienze.
Dunque la tutela della funzione
parlamentare si ha anche con parlamentari rinviati a giudizio. Ma l'onorabilità
del Parlamento si ha solo se i parlamentari accettano la giurisdizione e se
vengono dichiarati innocenti rispetto ad accuse ingiuste. L'onorabilità del
Parlamento, la credibilità delle istituzioni, invece, si consuma radicalmente
ed è totalmente perduta se questo valore non lo facciamo proprio e se non
diciamo che, quando la sentenza di condanna è dichiarata anche nel grado
definitivo, quella persona deve rinunciare a fare il parlamentare e, quindi, è
meglio che non rientri più nelle istituzioni parlamentari.
Queste sono le motivazioni che ci
portano a dire che questa proposta è sbagliata, e su di essa esprimeremo un
voto contrario. (Applausi dal Gruppo PD).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, condivido molte delle argomentazioni portate ora dal
senatore Sanna. Questo è un articolo delicatissimo ed è un articolo che ha
subito, anche abbastanza recentemente rispetto all'impianto costituzionale,
delle modifiche. Io starei attento a toccare l'equilibrio che si è trovato, tra
diritti peraltro garantiti dalla stessa Costituzione.
Aggiungo solo una riflessione
ulteriore. Mi pare che l'emendamento sia sostanzialmente sostitutivo
dell'articolo nel suo complesso. E dentro l'articolo 68 è in qualche modo
disciplinato, ovviamente sul piano del principio, anche il tema delle
intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni dei membri del
Parlamento. Con l'approvazione di tale emendamento sostitutivo scomparirebbe
complessivamente questo tema. Anche per questo motivo, oltre che per gli altri
ragionamenti, ritengo che questo non sia un emendamento che si possa accettare.
LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LI GOTTI (IdV). Signora
Presidente, onorevoli colleghi, nel momento in cui il Parlamento cerca di
impegnarsi, con tutte le osservazioni che sono state fatte nel corso dei
lavori, sull'inutilità di questo sforzo, nel momento in cui ci si appresta a
cambiare la nostra Carta costituzionale, noi facciamo anche un'opera di
restaurazione, nel senso che restauriamo, di fatto, ciò che il Parlamento volle
eliminare 19 anni fa. Diciamo, cioè, che esiste nuovamente, o comunque dovrebbe
esistere nuovamente, di fatto, l'istituto della autorizzazione a procedere per
qualunque reato.
Infatti, la Camera può disporre la
sospensione del procedimento per la durata del mandato, a garanzia della
libertà delle funzioni parlamentari. Ossia, noi diciamo che, a garanzia del
cittadino che ha subito un reato da parte del parlamentare, non esiste più una
tutela. Nel senso che al cittadino che ha subito un torto gravissimo, poniamo
il caso, avendo perso un familiare in un incidente stradale, e che attende
casomai di essere risarcito perché per poter vivere ha bisogno di essere
ristorato del danno fisico da lui subito o della perdita di un congiunto,
diciamo: «No, visto che il tuo congiunto te lo ha ucciso un parlamentare, il
processo viene sospeso, e se ne parla a fine mandato, anche dopo cinque anni, e
tu cittadino devi rispettare questa decisione sovrana del Parlamento perché
viene assunta a garanzia delle funzioni parlamentari».
Cosa c'entra il processo con le
funzioni parlamentari? Perché un parlamentare non potrebbe essere processato, partecipando
alle udienze il sabato di ogni settimana? Ma quale funzione parlamentare! Si
tratta di coordinare, come avviene attualmente, il lavoro parlamentare con il
diritto legittimo del parlamentare a presenziare al proprio processo. Esiste
per tutti i cittadini questa garanzia, è l'istituto del legittimo impedimento,
ma non possiamo introdurre un legittimo impedimento permanente per la durata di
un intero mandato parlamentare, che può arrivare sino a cinque anni, a tutela
di una funzione anche quando non viene esercitata.
Questo si chiama privilegio, questo si
chiama reintroduzione di un privilegio che il Parlamento volle cancellare
introducendo una serie di garanzie per i parlamentari (non ci possono essere
perquisizioni, sequestri e intercettazioni se non con l'autorizzazione del
Parlamento), con una riforma ipocrita che fu una presa in giro, perché per
intercettare il parlamentare ci vuole il voto della Camera di appartenenza e il
voto dello stesso parlamentare che deve essere intercettato. Siamo a questi
livelli di ipocrisia.
Ci sono una serie di tutele e ne
vogliamo introdurre una massima, ossia la Camera di appartenenza è sovrana e
può dire che non si fa il processo per tutto il mandato parlamentare, qualunque
esso sia. Può trattarsi di un processo connotato da una parvenza politica, ma
può essere anche un processo volgarissimo, un processo per pedofilia, omicidio,
maltrattamento, stalking, furto, rapina. Può essere qualunque cosa, e il
Parlamento per qualunque cosa può dire che non si fa il processo e le parti
offese devono attendere, con tutto ciò che comporta il rinvio di un processo
per anni agli effetti della genuinità della prova e della sua conservazione,
che viene sicuramente compromessa con il passare del tempo, anche se poi
possono esistere comunque le eccezioni in caso di compromissione della prova.
In ogni modo, se volete farlo, fatelo,
ma non possiamo dire agli italiani - anzi, da domani lo diremo - che nel 2012
la grande riforma, il cuore della riforma, è darci un altro privilegio, perché
il Parlamento ha detto che per i reati commessi dai parlamentari non si fanno i
processi. Votatelo! (Applausi dai Gruppi IdV e PD).
TEDESCO (Misto-MSA). Domando di parlare per dichiarazione
di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEDESCO (Misto-MSA). Signora
Presidente, colleghi, avevo deciso di non intervenire nel dibattito che
molti... (Brusìo).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia,
ognuno ha il diritto di intervenire.
TEDESCO (Misto-MSA). ...che
molti senatori hanno definito una fiction, nel senso che sappiamo tutti
che stiamo discutendo, forse inutilmente, di una riforma che non vedrà mai la
luce. Quindi, per rispetto a quest'Aula, per rispetto dei cittadini e per
rispetto - se mi si consente - per me stesso, avevo deciso di non prendere la
parola su questa materia.
Tuttavia, proprio l'intervento ultimo
del senatore Li Gotti mi spinge invece a chiedere e a prendere la parola,
perché di questa fiction il senatore Li Gotti ci ha appena avvertiti che
darà all'esterno un'interpretazione sbrigativa, comunicando ai cittadini che
sostanzialmente il cuore della riforma consisterebbe in questa norma (che
ringrazio sia la senatrice Chiaromonte che il senatore Compagna di aver voluto
presentare). Inoltre, egli porta a sostegno di questa sua dichiarazione degli
elementi speciosi, nel senso che ovviamente cerca di colpire l'immaginario
dell'opinione pubblica portando a quest'Aula l'esempio del cittadino vittima di
un incidente stradale nel quale viene coinvolto un parlamentare, del cittadino
vittima di uno stupro o di quant'altro, ignorando proprio il cuore di questa
norma, che sottopone all'Aula una valutazione delle singole fattispecie,
proprio per ovviare a casi di questo genere.
Tale norma (lo faccio presente al
collega Li Gotti, ma anche all'intera Aula, perché lo dissi al Presidente del
Senato in occasione di un precedente dibattito su una questione connessa) serve
ad impedire che quest'Aula venga apostrofata dalle procure della Repubblica del
Paese come un'Aula potenzialmente criminogena, cioè un'Aula che ospita soggetti
che, per l'espletamento della loro funzione parlamentare e per questo solo,
possono essere ritenuti meritevoli di un provvedimento custodiale senza che
possano avere, appunto in quanto parlamentari, la possibilità di difendersi da
questa che è una vera e propria invasione di campo da parte della magistratura.
Né può valere (e mi dispiace che il
senatore Li Gotti proprio in questi giorni abbia portato un simile esempio)
l'ulteriore sottolineatura della richiesta di autorizzazione per le
intercettazioni dei parlamentari, che egli considera una richiesta ipocrita.
Purtroppo, senatore Li Gotti, come i casi clamorosi di questi giorni e di
queste ore stanno dimostrando, i magistrati non hanno assolutamente bisogno di
questa autorizzazione da parte del Parlamento: basta loro intercettare un quisque
de populo che viene in contatto telefonico con un parlamentare (Applausi
dal Gruppo PdL), o finanche con il Presidente della Repubblica, per
esercitare liberamente un potere che non hanno assolutamente a loro
disposizione.
Quindi credo che, proprio per la natura
di questo dibattito, assolutamente inutile, forse sarebbe stato meglio
destinare gli sforzi lodevoli del senatore Compagna e della senatrice
Chiaromonte ad un altro momento e ad un altro ambito, un ambito cioè
all'interno del quale poter discutere seriamente del ripristino, non di
privilegi, senatore Li Gotti, ma di prerogative che sono state pensate, e che
mantengono intatta tutta la loro validità, proprio per tutelare il libero
esercizio dell'attività parlamentare rispetto ad invasioni di campo, queste sì,
assolutamente destituite di fondamento.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché stiamo affrontando
un argomento, la modifica dell'articolo 68 della Costituzione, su cui nessuno
di noi è estraneo ad una discussione di merito, ma che rispetto
all'impostazione che avevamo dato al testo di riforma costituzionale appare
oggettivamente estraneo. Se avessimo seguito l'impostazione stabilita in
Commissione, che aveva portato ad un voto ampio e ad un mandato altrettanto
ampio al relatore, presidente Vizzini, su un determinato testo, oggi,
verosimilmente, questo emendamento, come altri che riguardano materie che non
erano oggetto di un'intesa di riforma costituzionale, non avrebbe trovato
ingresso nella nostra discussione.
Il fatto che ci si ritrovi qui, in
Aula, a discutere su materie diverse da quelle per cui avevamo iniziato un
percorso, e che lo si faccia in assenza di un relatore che possa dirci quali
emendamenti siano utili alla discussione e all'approvazione e quali, viceversa,
non lo siano, ci mette oggettivamente in una condizione di imbarazzo. Infatti,
avendo cambiato il metodo di lavoro, le chiediamo di riaprire i termini della
discussione perché vorremmo intervenire, visto che si è introdotto il tema del
Senato federale, in materia di modifiche all'articolo 117 della Costituzione,
quindi di ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni ed enti locali.
Come intendiamo procedere, signora
Presidente? Discutiamo di tutto ciò che fa parte del testo licenziato in
Commissione o discutiamo anche di altro? Se discutiamo di altro, desidero
sottolineare che se avessi saputo, ad esempio, che in Aula avremmo discusso
dell'articolo 68 della Costituzione, avrei presentato degli emendamenti, avrei
introdotto proposte di modifica sull'articolo 66 della Costituzione, collegato
all'articolo 68, e che concerne il giudizio relativo ai titoli di ammissione
dei componenti di Camera e Senato, avrei discusso, in relazione al Senato
federale, delle competenze da lasciare allo Stato, da mantenere alle Regioni e
degli aspetti della legislazione concorrente da modificare o togliere. In sostanza,
avrei introdotto tanti altri temi oggetto di una discussione in Aula.
Poiché non credo che tutto questo ci
porti da qualche parte e ritengo che obiettivamente, proprio per queste
ragioni, la discussione stia diventando sempre più surreale, le comunico che i
colleghi dell'UDC non intendono procedere in questo modo né continuare i lavori
nell'anarchia più totale, senza un relatore, senza linee guida e senza un
percorso di materie su cui intervenire. E, visto che si dice che è una riforma
seria, non ci piace lavorare a tema libero discutendo di tutto e del contrario
di tutto e buttando dentro emendamenti di ogni genere, con tutto il rispetto
per l'iniziativa del collega Compagna, che posso anche apprezzare. Sto
svolgendo una serie di osservazioni sul metodo e su come intendiamo procedere
nei nostri lavori.
Signora Presidente, mi rivolgo a lei
perché non posso certamente rivolgermi al Governo che su questa materia,
giustamente, si è rimesso all'Aula, e non posso rivolgermi nemmeno ad un
relatore, perché su questo testo un relatore non c'è: con chi dobbiamo parlare?
Come dobbiamo procedere nei nostri lavori? In questo modo, però, non intendiamo
continuare, perché obiettivamente non ci sembra rispettoso dell'Assemblea né
serio rispetto a ciò che si vuole fare. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI
e PD e del senatore Li Gotti).
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signora
Presidente, il senatore D'Alia ha posto l'ennesima questione, su cui si è
soffermato con argomentazioni che io condivido pienamente.
A me pare ormai così evidente e - mi
lasci dire - così mortificante la casualità e l'erraticità della discussione,
ma anche delle votazioni che si stanno susseguendo: non vi sono paragoni né
altre occasioni in cui in un'Aula parlamentare - credo di qualunque Paese del
mondo - sia stata affrontata la riforma costituzionale in questo modo; ciò non
è accettabile in un Paese come il nostro, con la sua storia democratica e la
sua attenzione alla Costituzione.
Presidenza del vice
presidente NANIA (ore 19,35)
(Segue FINOCCHIARO). Ora ci
troviamo ad affrontare un tema rispetto al quale ho un'idea molto diversa da
quella recata nel testo; tuttavia, non intendo entrare nel merito
dell'emendamento, ma mi ritrovo a manifestare ancora una volta il mio stupore.
So, però, ancora una volta che, se a quello scranno fosse seduto il presidente
Schifani, non otterrei una risposta più esauriente di quella che oggi potrebbe
darmi il presidente Nania sull'ammissibilità dell'emendamento 4.0.204.
Ritengo che la decisione di ammettere
tale emendamento sia frutto, da una parte, della disattenzione con cui si è
guardato al contenuto del testo (visto che l'obiettivo perseguito era altro che
non approvare un testo concordato, equilibrato e meditato sul tema delle
riforme costituzionali) e, dall'altra, dell'assenza nella discussione e
nell'organizzazione dei lavori di una guida orientata dai principi del buon
risultato del lavoro svolto. Ebbene, questi sono gli effetti che si producono.
Paradossalmente, da qui a pochi minuti,
ci accingiamo a votare un emendamento che riguarda una questione su cui, ad
esempio, in questo ramo del Parlamento è stato depositato un gran numero di
proposte di legge, alcune a mia firma. Ovviamente, nessuno si è arrischiato a
pensare che il contenuto di alcune di quelle proposte potesse essere
trasformato in emendamenti al testo in esame, da una parte perché tenevamo al
patto, all'accordo, che avevamo fatto, e, dall'altra parte, perché una prima
analisi delle nostre ottime ragioni poteva farci ritenere che l'emendamento
sarebbe stato comunque dichiarato inammissibile. Invece, si procede.
Mi perdoni la brutalità, ma il
Parlamento «pascola», erompendo sui temi più diversi del nostro impianto
costituzionale, perché l'unica strada da perseguire è quella volta a portare a
casa lo straccio agitabile, a mo' di bandiera, del semipresidenzialismo. Tutto
ciò non è serio!
Dopo la dichiarazione del senatore
D'Alia svolta a nome del suo Gruppo, anch'io voglio annunciare che subito dopo
la votazione dell'emendamento 4.0.204 - alla quale non mancheremo - non
parteciperemo più ai lavori. (Applausi dai Gruppi PD e IdV). Infatti,
troviamo mortificante continuare a partecipare a queste sedute, perché per una
forza seria è impossibile assecondare la torsione del dibattito sulle riforme
costituzionali a fini esclusivamente di propaganda. Riteniamo che, nella lunga
storia delle mancate riforme costituzionali del nostro Paese, una pagina
indegna come questa non sia stata mai scritta. (Applausi dal Gruppo PD).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signor
Presidente, questa volta non intendo davvero ripetere quanto ho già
sottolineato nel mio precedente intervento, ed esaudirò subito la curiosità di
qualche impaziente collega.
Concordo pienamente con le
argomentazioni addotte dal collega D'Alia e dalla senatrice Finocchiaro, di cui
condivido soprattutto la parte finale dell'intervento.
PRESIDENTE. Colleghi, vi informo di una bella notizia: è stata
liberata Rossella Urru. (Vivi, generali applausi).
BELISARIO (IdV). È vecchia di
mezz'ora, signor Presidente.
PRESIDENTE. La rendiamo nota a tutti.
Perché è vecchia non dovremmo diffonderla?
Prego, senatore Belisario, continui
pure il suo intervento.
BELISARIO (IdV). Noi riteniamo, signor Presidente, che non
sia più il caso, votato l'emendamento 4.0.204, di continuare a partecipare a
quella che, per quanto ci riguarda, sta diventando una commedia. Ognuno reciti
la parte dei fantasmi; noi preferiamo lasciare quest'Aula ad un dibattito
surreale, vacuo, inutile, completamente fuori da qualsiasi logica, che serve
soltanto per issare una bandierina che risulterà non visibile, strappata di
nessuna utilità per il Paese. (Applausi dal Gruppo IdV).
COMPAGNA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMPAGNA (PdL). Signor
Presidente, sono molto grato dell'attenzione che l'Aula ha riservato alla mia
proposta.
Se me lo consentono i destinatari
vorrei dire con molta amicizia che, francamente, non merito l'aggettivo
«indegno» perché la Presidenza... (Applausi dal Gruppo PdL e della
senatrice Sbarbati. Commenti dal gruppo PD).
LA TORRE (PD). Nulla di personale.
COMPAGNA (PdL). Benissimo, nulla
di personale.
La Presidenza è in grado di
tranquillizzare la senatrice Finocchiaro e il senatore D'Alia circa il fatto
che il presidente Schifani aveva allegato al fascicolo iniziale il mio
emendamento, e che di questo emendamento la senatrice Chiaromonte ed io avevamo
fatto un precedente disegno di legge. E nella discussione generale - mi
dispiace che l'amico D'Alia, uno dei pochi presenti, non lo ricordi - avevo
fatto riferimento all'emendamento che avevo presentato in tal senso.
Francamente, la sensazione di assistere
ad un dibattito surreale è qualcosa di abbastanza soggettivo. Io l'ho avuta in
altri momenti della nostra discussione. Nell'esprimere la mia gratitudine a
tutti i colleghi preciso però che ora non l'ho proprio respirata, perché mi
rendo conto che una proposta come la nostra è veramente di spirito
costituzionale.
Debbo inoltre particolare gratitudine
al senatore Bruno, che nel corso del suo intervento mi ha fatto rilevare come
la fedeltà della collega Chiaromonte e mia al testo Maccanico avesse fatto
perdere quell'ultimo capoverso dell'attuale articolo 68 della Costituzione che
mi permetto di aggiungere nella proposta. (Applausi dal Gruppo PdL).
Da questo punto di vista, sono grato a tutti gli intervenuti, e con la stessa
cortesia e amicizia sono grato al senatore Tedesco e al senatore Li Gotti che
hanno sostenuto punti di vista diversi.
Per quanto riguarda le obiezioni che
vengono mosse a questo emendamento, non tutte le posso accettare, perché ho la
sensazione che, nonostante tanto tempo e tanto dibattito siano passati, non si
sia guardato attentamente come nella nostra parte innovativa, quella che ho
chiamato il meccanismo del silenzio assenso, la questione del singolo
parlamentare non compare mai. Leggetelo, quel capoverso Maccanico.
Per quello che riguarda il processo al
processo (mi pare sia stata una battuta efficace dell'intervento del collega
Sanna), non credo che il nostro possa diventare un meccanismo di processo al
processo, e non vorrei che un meccanismo di processo alle intenzioni faccia
perdere di vista come il meccanismo del nuovo articolo 68 non abbia nulla a che
vedere con quel meccanismo costituzionale al quale io sono storicamente
affezionato, ma che mi rendo conto (se ne rese conto meglio di me Maccanico)
che, dopo l'approvazione, alla fine degli anni Ottanta, del nuovo codice di
procedura penale era saltato.
Da questo punto di vista, l'emendamento
4.0.204 non credo sia indegno; assolutamente non è una provocazione, ma un
tentativo di partecipare con spirito costituente e costituzionale ad una
discussione. Se sono riuscito a convincere qualcuno tanto meglio, se non ci
sono riuscito sono grato a quelli che sono invece riusciti a convincere me.
Per quel che dipende da me, e credo
anche dalla senatrice Chiaromonte, siamo disponibili a considerare il nostro
emendamento comprensivo dell'ultimo capoverso, non citato graficamente, dell'attuale
articolo 68. (Applausi dal Gruppo PdL).
*QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUAGLIARIELLO (PdL). Signor
Presidente, i lavori su questa materia sono stati sicuramente di difficile
svolgimento ed è evidente che la valutazione politica su di essi può essere
differente, anche molto dura, ed è stata espressa in più occasioni anche nella
giornata di oggi, quando abbiamo discusso del calendario. Tuttavia, invito i
colleghi, tutti i colleghi, senza differenziazione di schieramento, a non
superare il limite per il quale ci metteremmo in rotta di collisione con i
meccanismi della democrazia parlamentare.
Ritenere che non sia legittima la
presentazione di un emendamento in Aula da parte di alcuni colleghi, che tra
l'altro in questa circostanza fanno riferimento a schieramenti differenti, a
partiti differenti, a forze che fino a poco tempo fa erano su due sponde
diverse rispetto al Governo e al verdetto elettorale; ritenere che questo non
sia legittimo e far seguire alla discussione di un emendamento bipartisan
l'abbandono dell'Aula, questo sì sarebbe un atto al limite dell'eversione,
altro che questo dibattito! (Applausi dai Gruppi PdL. Commenti dal
Gruppo PD). Caro Presidente, è così!
Cari colleghi, lo dico non per fare
pubblicità, e vi esorto a fare attenzione.
Per quel che ci riguarda, eserciteremo
tutta la nostra responsabilità e tutta la nostra pazienza. Non si può
abbandonare l'Aula in questo momento. C'erano magari altre occasioni che
sarebbero state più propizie, senza offendere il Parlamento, senza offendere
quella centralità del parlamentare sulla quale oggi abbiamo votato tutti
insieme, accettando un emendamento del senatore Benedetti Valentini. Tutti
insieme abbiamo votato per quell'emendamento, non lo tradiamo dopo poche ore!
Per questo e per spirito di
responsabilità, invito i colleghi Chiaromonte e Compagna a chiedere
l'accantonamento dell'emendamento 4.0.204, per non dare pretesti, per
consentire quella riflessione che mi sembrerebbe necessaria prima di uno
strappo che sarebbe veramente un fatto storico di inaudita gravità. (Applausi
dai Gruppi PdL, CN:GS-SI-PID-IB-FI e della senatrice Sbarbati).
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
non credo che il vero motivo sia la discussione di questo emendamento di
modifica dell'articolo 68 della Costituzione.
Che sia detto o meno, a mio avviso pesa
su quest'Aula il vincolo imposto dal contingentamento dei tempi. Chiedo ai
colleghi di riflettere per un solo secondo liberamente, secondo coscienza, se
sembra loro ragionevole che si sia consumata una quantità di tempo misurabile
in ore per discutere della riduzione dell'età dell'elettorato attivo e passivo
e si abbiano a disposizione solo poche decine di minuti per discutere del cuore
della riforma costituzionale posta all'interno di quest'Aula.
Dobbiamo discutere ancora di come
modificare il bicameralismo, se vogliamo dotare di tutti i poteri il Presidente
del Consiglio, se dobbiamo dotare di tutti gli ultrapoteri il Presidente della
Repubblica, e lo dobbiamo fare in una manciata di secondi, mentre abbiamo
passato ore e ore a discutere dei preliminari. Vi sembra ragionevole tutto
questo? Vi sembra un inno alla sacralità del lavoro parlamentare?
È una cosa del tutto inaccettabile.
Dall'articolo 6, dall'articolo 7 avrebbe dovuto partire la dilatazione dei
tempi della discussione. Al limite, avremmo potuto - mi rendo conto che sto per
dire un'eresia - contingentare la discussione sugli articoli precedenti, ma non
su questi, perché è su questi che si decide la natura della modifica
costituzionale. Questo non è accettabile. Chi è venuto in questa sede per
sostenere un punto di vista o per combatterlo, per sostenere il rafforzamento
dei poteri del Premier o per lottare strenuamente contro il rafforzamento
dei suoi poteri, contro il presidenzialismo o a suo favore, non può essere
costretto a esprimere le sue opinioni nel giro di pochi minuti. Non è degno,
non ha serietà.
Questo è il punto fondamentale che
giustifica l'abbandono del lavori dell'Aula. Non c'è più niente da discutere
perché non abbiamo i tempi per farlo. Se dobbiamo arrivare a votare il
mercoledì, verremo a votare mercoledì. Esprimeremo il nostro punto di vista
finale, ma non chiedeteci di far finta di discutere argomenti che non è
possibile discutere nell'arco di pochi minuti. (Applausi dal Gruppo IdV.
Commenti dal Gruppo PdL).
LATORRE (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LATORRE (PD). Signor Presidente,
sento il dovere di replicare a quella che abbiamo ascoltato questa sera, che
non è una lezione su come funziona la democrazia parlamentare, bensì una
lezione su come si è ipocriti e si mortifica la democrazia parlamentare. (Applausi
dal Gruppo PD). Questa lezione è ormai inaccettabile.
Caro senatore Quagliariello, ad aver
superato il limite dell'ipocrisia è il tuo partito ed il modo con cui state
affrontando questa discussione sulle riforme. (Applausi dal Gruppo PD.
Commenti del senatore Quagliariello). Siamo in una situazione non più
tollerabile, perché è del tutto evidente che si sta cercando di
strumentalizzare il dibattito sulle riforme.. Noi non stiamo
abbandonando la seduta in relazione a questo emendamento. Lo stiamo facendo in
relazione a come si stanno affossando le riforme costituzionali di cui ha
bisogno l'Italia. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti dal Gruppo PdL)).
Questa è la ragione.
C'era un accordo raggiunto, che è stato
stracciato in virtù di una miserrima operazione politica di propaganda. (Commenti
della senatrice Bianconi). Questa è la verità. E guardate che stiamo
affrontando questa discussione, così come hanno rilevato il nostro Presidente e
il presidente D'Alia, senza una relatore, con una modalità e una forma per
nulla consuete, tra l'altro sull'onda di una serie di voti. Vorrei ricordare al
senatore Quagliariello che in tre anni di maggioranza del centrodestra il
calendario è stato sempre votato all'unanimità e che da quando si è aperta la
discussione sulle riforme costituzionali si sta imponendo a maggioranza una
volontà che non è certamente funzionale ad approvare le riforme.
Dunque, sia chiaro che con questo atto
riteniamo di mettere in risalto un fatto politico molto grave, che tra l'altro
rende molto più complicato il percorso del Governo - e questo ci preoccupa - in
una fase così delicata per la vita del Paese e non apre alcuno spiraglio alla
prospettiva di quelle riforme di cui l'Italia ha bisogno. (Applausi dal
Gruppo PD e del senatore Serra).
COMPAGNA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMPAGNA (PdL). Signor
Presidente, l'aver cambiato geografia mi ha consentito di consultarmi con la
collega Chiaromonte, ma ciò mi ha impedito di ascoltare - credo però di non
aver perso molto - gli ultimi interventi svolti. (Applausi dal Gruppo PdL).
Ritorno a quando il Vicepresidente del
Gruppo cui ho l'onere di appartenere, vecchio amico di sempre, ha chiesto alla
collega Chiaromonte e a me di accantonare il nostro emendamento. Se la
Presidenza me lo consente, noi saremmo disposti ad accantonarlo, ovviamente
nella versione che comprende anche l'ultimo capoverso dell'articolo 68, quella
scaturita da questo dibattito.
Nel momento in cui lo accantoniamo ci
teniamo, però, a dire a tutta l'Aula e a noi stessi di aderire ad un costume di
compostezza parlamentare, di rispetto della funzione, che abbiamo posto al
centro della nostra proposta, e che consideriamo al momento accantonata, ma
alla quale non rinunciamo. Del resto, la inseguiamo dal 1993. (Applausi dal
Gruppo PdLe della senatrice Negri).
ZANDA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signor Presidente,
non avrei voluto prendere la parola. (Commenti dal Gruppo PdL), ma lo
faccio per due motivi. In primo luogo, debbo dire che l'inciso del senatore
Compagna ("non mi sono perduto niente con gli interventi di chi mi ha
preceduto") è - se posso dirlo - una cafonata. (Applausi dai Gruppi PD
e IdV). Si tratta di una cafonata gratuita (Commenti dal Gruppo PdL)
che, come tutti voi, non avevo finora mai sentito in Parlamento. Ho sentito
scambiarci molti complimenti, della cui sincerità qualche volta ho dubitato, ma
non ho mai sentito nessuno rendere una affermazione del genere.
In secondo luogo, vorrei che fosse chiaro
un aspetto, perché forse potrebbero far sorgere un equivoco gli interventi dei
senatori Quagliariello e Compagna. Mi è sembrato di capire da parte loro che
l'accantonamento viene fatto per rispetto all'opposizione.
L'opposizione non vuole l'accantonamento.
(Applausi dal Gruppo PD). Non vogliamo l'accantonamento. Vogliamo votare
l'emendamento. Non capisco perché debba essere accantonato. È stata posta la
questione come un riguardo nei nostri confronti. Non chiediamo questo riguardo.
Vogliamo votare l'emendamento seguendo l'ordine degli emendamenti.
Mi rivolgo poi al senatore
Quagliariello, alla cui considerazione tengo in modo particolare e nei
confronti del quale nutro anch'io considerazione. Non credo che egli possa non
ricordare per quale motivo noi abbiamo tanto ricercato intese sulla riforma in
esame. Noi le abbiamo ricercate perché sapevamo che ci serviva una maggioranza
dei due terzi dei parlamentari. Senza detta maggioranza, questa riforma non ha
senso, e non ha nemmeno possibilità di entrare in vigore, e denuncia anche
l'ipocrisia - questa sì, ipocrisia - di votare gli articoli relativi alla
riduzione del numero dei parlamentari ben sapendo con certezza che non potremo
applicarli alle elezioni del 2013.
Questa non è la rottura di un patto
politico, ma la rottura - ancora di più - di un accordo tra i Gruppi
parlamentari per rendere efficace la riforma, che è cosa ben diversa e di ben
altro valore. Questa rottura non è venuta da noi, ma da voi, ed è questo che
rende sostanzialmente inutile la nostra discussione.
Per questa ragione, noi siamo costretti
- adesso - a misure che non vorremmo prendere, perché - lo dico sinceramente -
è una riforma che non potrà entrare in vigore, con un Presidente del Senato che
ha contingentato i tempi, con la conseguenza che dobbiamo terminare la nostra
discussione entro la data che lui ha deciso...
GRAMAZIO (PdL). Per noi va bene!
ZANDA (PD). ...con il tempo che
viene levato alla discussione di provvedimenti economici che sono stati
richiesti dal Governo con tale intensità che noi, oggi, ci troviamo addirittura
in un ingorgo di decreti-legge da approvare.
Vi è inoltre la dichiarazione di
ammissibilità di emendamenti visibilmente estranei per materia, come questo
sull'articolo 68 della Costituzione. Non voglio discutere nel merito
dell'articolo 68, ma con questa riforma l'emendamento non c'entra nulla, nulla,
nulla. Si tratta dell'ennesima decisione ingiustificata della Presidenza del
Senato in questa materia e - lasciatemelo dire - qui gli emendamenti vengono
dichiarati ammissibili o inammissibili a seconda degli interessi politici che
ci sono dietro e non in relazione alla loro reale ammissibilità. (Applausi
dai Gruppi PD e IdV. Commenti dal Gruppo PdL).
Queste sono le ragioni delle nostre
decisioni, signor Presidente. Per concludere, questo emendamento votiamolo,
perché questa cortesia non l'abbiamo chiesta e non la vogliamo. (Applausi
dal Gruppo PD).
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor
Presidente, personalmente, se avessi dovuto giudicare sull'ammissibilità
dell'emendamento rispetto alla materia (non è mia competenza, ovviamente),
sarei stato dell'idea che esso fosse inammissibile. Non è però ammessa la
discussione sulle dichiarazioni di ammissibilità o meno degli emendamenti, per
quanto ne stiamo parlando da un'ora.
Quindi, l'emendamento c'è ed è stato
dichiarato ammissibile: votiamolo. Il Gruppo della Lega Nord voterà contro
questo emendamento. (Applausi del senatore Peterlini).
PALMA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PALMA (PdL). Signor Presidente,
ho ascoltato con interesse l'intervento del senatore Latorre, che,
sostanzialmente, taccia la mia parte politica (o chi è intervenuto per essa) di
aver dato corso ad una grande sagra dell'ipocrisia. Mentre il senatore Latorre
interveniva, pensavo che, cambiando i soggetti, lo stesso identico rilievo si
poteva rivolgere, forse con maggiore forza, al suo Gruppo. (Applausi dal
Gruppo PdL).
Dopo di che - devo dire la verità - ho
ascoltato come sempre l'intelligente e garbatissimo intervento del senatore
Compagna e sono rimasto colpito dall'eccesso di delicatezza e di sensibilità
del senatore Zanda, che, addirittura, a fronte di una critica garbata - non mi
sono perso nulla: ne abbiamo sentite di molto più pesanti - ha ritenuto che il
barone senatore Compagna potesse essere stato responsabile di una cafonata.
Vede, senatore Zanda: cosa dovremmo
dire noi, ad esempio, di una sua affermazione molto grave? Verso la fine del
suo discorso, ha detto che le valutazioni della Presidenza sull'ammissibilità o
meno degli emendamenti non sono state ispirate alle norme del Regolamento, ma a
chiari obiettivi di tipo politico. (Brusìo). Per me potete parlare, non
ho problemi, e ascolto con piacere.
Così ella, senatore Zanda, ha minato
pubblicamente ed in maniera violenta - questo sì - la neutralità del Presidente
del Senato, la quale - badi bene - circa un'ora prima era stata riconosciuta
dalla senatrice Finocchiaro, nel corso del suo intervento, e non solo, dato che
si era anche quasi scusata per avere in qualche modo ipotizzato una precedente
non neutralità del senatore Schifani. (Commenti della senatrice Finocchiaro
e del senatore Barbolini). In quanti interloquiamo? Per me va bene.
E allora, arriviamo ad un discorso più
vero e concreto: voi non volete le riforme, come non le avete mai volute. (Commenti
della senatrice Franco Vittoria. Applausi dal Gruppo PdL). Signora, per
cortesia, si rivolga alla Presidenza.
Come dicevo, voi non volete le riforme,
esattamente come non le avete mai volute, come ad esempio nella XIV
legislatura, quando il centrodestra varò un'ampia riforma costituzionale, molti
tratti della quale erano assolutamente condivisi, non solo dal centrosinistra,
ma dallo stesso Paese. E penso alla diminuzione dei parlamentari, ai poteri del
Presidente del Consiglio e all'iter di formazione della legge, che -
badate bene - sono grosso modo gli stessi concetti che avete traslato in quella
riforma costituzionale che fino a poco fa avete detto essere oggetto di un
solido accordo bipartisan. Quella riforma non è entrata in vigore: come
mai? Perché qualcuno... (Commenti dei senatori Amati, Agostini e Ferrante).
Forza, parlate, andate avanti.
PRESIDENTE. Senatore Palma, si rivolga
alla Presidenza, così eviteranno di interloquire.
PALMA (PdL). Ed io alla
Presidenza mi rivolgo, signor Presidente, ma sono loro che si rivolgono a me, e
ne sono contento: del resto, hanno l'abitudine di interrompere perché sperano
che, così, qualcuno possa perdere il filo del discorso. (Applausi del
senatore Izzo).
Perché dunque quella riforma non è
andata avanti? Evidentemente qualcuno - cioè voi - si è reso protagonista di un
referendum, conclusosi con la reiezione della legge costituzionale che
era stata approvata dal Parlamento. Quella fu un'operazione di propaganda
politica, com'è dimostrato esattamente dall'accordo che avete raggiunto con noi
in questa riforma costituzionale sui concetti che erano oggetto di quell'altra
riforma.
In conclusione, minacciate di uscire
dall'Aula, ora per un emendamento, ora perché non vi sono i tempi, ora per chi
sa quale altra ragione.
INCOSTANTE (PD). Non è per
l'emendamento, che minacciamo di uscire dall'Aula!
PALMA (PdL). Ma scusate, sotto
il piano squisitamente politico, non sarebbe forse più logico, politicamente
trasparente e responsabile fare il vostro lavoro ed esprimere le vostre
argomentazioni fino in fondo, per poi votare come meglio riterrete di fare?
Alla fine, se volete varare questa grande riforma, che è oggetto dell'accordo,
votiamola a maggioranza dei due terzi, tanto, visto che siete sicuri di vincere
le elezioni al prossimo giro, provvederete rapidamente a ritoccare quello che
dovete; altrimenti passerà a maggioranza assoluta, ma non con i due terzi, e
potrete scegliere se procedere o meno al referendum: questo è il gioco
democratico previsto dall'articolo 138 della Costituzione. (Commenti della
senatrice Franco Vittoria).
Vi è un'ultima cosa che vorrei dire con
riferimento all'emendamento «indegno», e via dicendo. (Commenti della
senatrice Finocchiaro). Il senatore D'Ambrosio ricorderà quando, da
Procuratore della Repubblica di Milano - se non ricordo male era il 2003 o il
2004 - in un'intervista sul «Corriere della Sera», ebbe ad affermare che
probabilmente tutti i problemi che all'epoca esistevano tra la magistratura e
la politica avrebbero potuto essere risolti, per ipotesi, anche attraverso la
restaurazione dell'immunità parlamentare.
Ed una cosa quasi simile disse la
presidente Finocchiaro in Commissione affari costituzionali, quando si arrivò
al ritiro di un emendamento che anticipava il cosiddetto lodo Alfano. Il
problema c'è: è superato, lo so. Non si potrà nuovamente affrontare in questa
sede. È troppo analoga l'opinione pubblica rispetto al passato.
Vorrei però dire una cosa - non mi
rivolgo al senatore Compagna, al quale sono legato, oltre che da grande stima,
da grande amicizia - alla senatrice Chiaromonte: senatrice, lei sa quanta stima
ho nei suoi confronti. Lei, con la presentazione di questo emendamento, ha
compiuto un atto di coraggio, assolutamente identico al coraggio che ha sempre
connotato le azioni di suo padre, il senatore Gerardo Chiaromonte. (Applausi
dal Gruppo PdL e delle senatrici Chiaromonte e Sbarbati).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, capiamo che la modifica dell'articolo 68 va al di là dei
nostri lavori e che la discussione è più complessa, articolata e politica.
Capiamo anche che ci stiamo attrezzando tutti a tentare di evidenziare delle
responsabilità per la mancata riforma della Costituzione. Ognuno lo fa secondo
il proprio stile, mettendoci del suo e avendo le sue buone ragioni per
argomentare la questione.
Temo che complessivamente dalla
discussione di oggi al Senato - lo dico per gli amici che hanno più a cuore
giustamente in questa fase l'economia del Paese - i mercati non si sentiranno
molto rassicurati e anche in termini complessivi di continuità rispetto ad un
Governo sostenuto più complessivamente da un largo schieramento in questo
Parlamento. Tuttavia, non vorrei che proprio per questa ragione ci fossero dei
fraintendimenti sull'articolo 68 della Costituzione. Non vorrei cioè che
venisse utilizzato, al di fuori di questa Aula, l'argomento di chi voleva o di
chi vorrà, e di chi non voleva o di chi non vorrà reintrodurre l'immunità
parlamentare.
Anche questo sarà un argomento su cui
ci confronteremo con l'opinione pubblica. Ed è anche per questo motivo che,
nonostante il senatore Compagna e la senatrice Chiaromonte abbiano accettato
un'obiezione sul fatto che un comma intero venisse espunto dal loro
emendamento, mi auguro che non venga accantonato. Mi auguro che venga comunque
votato, questo emendamento, perché, essendo noi contro la reintroduzione
dell'immunità parlamentare, vorremmo lasciarlo almeno agli atti della
discussione politica, sapendo bene che la discussione sulla riforma della
Costituzione, e non solo su questo emendamento, è sepolta.
D'AMBROSIO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'AMBROSIO (PD). Signor Presidente,
credo che i nostri Padri costituenti, se ci ascoltassero adesso, rimarrebbero
profondamente stupiti. Vorrei ricordare che non stiamo discutendo di un disegno
di legge qualsiasi o della riforma di una sola norma costituzionale. Stiamo
affrontando in questa Assemblea, senza limiti, una riforma dei princìpi
fondanti del nostro Stato.
Ebbene, non dimentichiamo la nostra
storia. Noi uscivamo da un ventennio di dittatura e i nostri Padri costituenti
(la maggior parte di loro) avevano fatto parte della Resistenza e della
opposizione alla dittatura.
Quindi, quando ci fu la Liberazione, si
decise di fare un'Assemblea costituente perché l'Italia voleva condividere i
principi fondanti della nuova democrazia. Allora si misero d'accordo le varie
anime: quella liberale, quella cattolica, quella socialista. I nostri Padri
costituenti riuscirono, discutendo per due anni, a redigere una Costituzione
che noi abbiamo difeso.
Badate bene, i nostri principi
fondamentali li abbiamo dovuti difendere. Li abbiamo dovuti difendere a denti
stretti, perché non si deve dimenticare quella che è stata la nostra storia. E
noi ci siamo impegnati in tutti i modi per difendere questi principi
fondamentali.
Adesso siamo qui riuniti e tutti quanti
siamo a ristabilire, a cercare di stabilire i nostri principi fondamentali.
Rispetto a ciò che diceva il collega Nitto Palma, vorrei ricordare, quando si
fanno delle osservazioni, che la nostra Costituzione stabilisce, proprio perché
si tratta di principi che devono essere condivisi da tutti, che se non si
raggiunge, la seconda votazione, la maggioranza dei due terzi del Parlamento,
occorre sottoporre a referendum confermativo il risultato della riforma.
(Brusìo).
E allora bisogna anche ricordare che
questo referendum sia ritenuto appena sei anni fa e che, all'esito di
questo referendum, il 65 per cento si pronunciò contro le riforme
costituzionali. Il che vuol dire che il nostro popolo crede ancora che i
principi fondamentali della nostra Costituzione sono validi.
Quando ho letto il testo di questa
riforma, mi sono domandato di che cosa avremmo discusso in quest'Aula, se cioè
valeva la pena abbandonare il bicameralismo o meno. Mi domandavo altresì se in
Aula avremmo discusso solamente della parte pervenuta ed esaminata in
Commissione, e se l'Assemblea avrebbe condiviso le soluzioni adottate.
Invece in Assemblea, dove si pensava di
dare una soluzione a determinati problemi e di verificare se questa soluzione
era condivisa da tutti o dai due terzi dell'Aula, viene presentato
quell'emendamento.
Inutile dire che non si sapeva a che
cosa avrebbe portato l'approvazione di quell'emendamento. Lo hanno scritto
tutti. Io chiedo a quest'Assemblea di notare come viene seguito il nostro
lavoro nel senso che, anche se stiamo modificando i principi fondanti del nostro
Stato, non vedo neanche un giornalista interessato a questi problemi, e non mi
pare che di questa discussione se ne parli fuori di quest'Aula e che in essa
venga coinvolto l'intero popolo italiano. Credo che, a questo punto, se
vogliamo votare su tale autorizzazione a procedere, bisognerà votarla, ma
vorrei fare solamente una considerazione. Quando vengono in conflitto due
forze... (Commenti dai banchi del PdL).
Ho capito, devo tagliare. ma stiamo
parlando di riforme costituzionali importanti. Se non devo parlare posso anche
non farlo, a me non interessa, ma siccome sono stato chiamato in causa ero
estremamente preoccupato del conflitto che si stava creando tra due poteri
fondamentali dello Stato, il giudiziario e il legislativo. Ero profondamente
preoccupato perché quando si creano questi conflitti, l'ho ripetuto anche
recentemente in sede di esame del disegno di legge sulla corruzione, e quando
si affida alla magistratura la lotta alla corruzione e il potere politico non
si fa vivo dicendo «per la lotta alla corruzione ci penso io», allora è chiaro
che poi nascono queste conflittualità difficili da risolvere. Pur di non avere
tale conflittualità, che crea un danno a tutte le istituzioni che vengono in
conflitto, dissi anche che forse valeva la pena di reintrodurre
l'autorizzazione a procedere, ma non nel modo in cui era stata proposta.
A mio parere, questa autorizzazione a
procedere doveva essere richiesta dal parlamentare, sperando che se ne
assumesse la piena responsabilità e prevedendo che poi lo stesso parlamentare
non si potesse presentare più alle elezioni se non avesse prima risolto i
propri problemi con la giustizia, creando un binario preferenziale per i
processi, quanto meno nell'ultimo anno (perché si possono fare i processi
velocemente). Quindi, se il parlamentare voleva ripresentarsi alle successive
elezioni doveva farsi processare prima.
Ora, se vogliamo votare, votiamo pure,
ma attenzione: secondo me non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando dei
principi fondamentali del nostro ordinamento, che devono essere condivisi, se
non da tutti, dalla maggior parte di noi. (Applausi dai Gruppi PD e Per il
Terzo Polo:ApI-FLI).
LAURO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Faccio presente ai colleghi che alle 20,30 la seduta si
concluderà e che alle 21 inizierà una nuova seduta, dedicata solo
all'illustrazione degli emendamenti. Poiché hanno chiesto di intervenire il
senatore Lauro e la senatrice Sbarbati, se si riesce a contenere tali
interventi entro le 20,30 possiamo esaurire questa discussione. In ogni caso,
l'emendamento 4.0.204 (testo 2) viene accantonato, e per il resto si vedrà.
Accantonare l'emendamento significa comunque che, prima o dopo, bisognerà
votarlo.
Prego, senatore Lauro, ha facoltà di
parlare.
LAURO (PdL). Signor Presidente, rinunzio a favore della
senatrice Sbarbati, perché il mio intervento non può essere breve riguardando
tutta questa commedia degli equivoci e delle ipocrisie che si sono consumati da
tutte le parti. (Applausi dal Gruppo PdL).
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, sarò quasi telegrafica, però, avendo ascoltato la
discussione e tutti gli interventi con attenzione, la mia coscienza, e
soprattutto la mia cultura politica, mi impongono di non fare come lo struzzo
che nasconde la testa sotto le piume di fronte al problema che questo emendamento
pone alla nostra coscienza di politici.
Credo che i Padri costituenti, nel
momento in cui hanno scritto la Costituzione - l'articolo 68, se non sbaglio,
faceva parte del testo costituzionale - abbiano inteso salvaguardare non tanto
la persona in quanto parlamentare, ma la persona in quanto parlamentare facente
parte di un organo il cui plenum doveva essere la garanzia della tutela,
sotto tutti i profili, dei diritti e dei doveri del popolo italiano.
Credo che ripristinare appunto
l'articolo 68 in questo dettato costituzionale, in questa riforma, non sia poi
del tutto estraneo, come qualcuno ha voluto dimostrare. Credo nella bontà di
questo emendamento, soprattutto se esso viene riproposto nella sua versione
originale, ossia la versione Maccanico. Manca un capoverso in cui si dice che
analoga autorizzazione deve essere data per procedere alle intercettazioni
qualora si tratta di parlamentari.
Quindi, se questo è il testo che viene
accantonato, se questo è il testo nella sua versione integrale, per quanto mi
riguarda (e penso di non offendere nessuno, ma anzi di fare tutto il mio dovere
a garanzia e tutela, non di me stessa certamente, ma dell'organo di cui faccio
parte) vorrei apporre, se la senatrice Chiaromonte me lo consente, la mia
firma: ed è la firma di una persona che crede nelle istituzioni, crede nella
giustizia, vuole però che i poteri dello Stato facciano, ciascuno per propria
responsabilità, il loro dovere, senza interferenze e con la massima capacità di
integrazione, nell'interesse del popolo italiano. (Applausi dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei
disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 20,25).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le
Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di
partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della
Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato attivo
e passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di accorpamento
delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle province
(3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
ARTICOLO 4 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 4.
Approvato nel testo
emendato
(Modifica all'articolo 64 della
Costituzione)
1. All'articolo 64 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
«I regolamenti delle Camere
garantiscono le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i
diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività
parlamentare».
EMENDAMENTO 4.201 E
SEGUENTI
4.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 4. - (Modifica dell'articolo
64 della Costituzione). - 1. L'articolo 64 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 64. - Ciascuna Camera adotta
il proprio regolamento a maggioranza del tre quinti dei suoi componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia
ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare
di adunarsi in seduta segreta.
Le deliberazioni di ciascuna Camera e
del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro
componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la
Costituzione prescriva una maggioranza speciale.
I membri del Governo, anche se non
fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere
alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.
Il regolamento garantisce i diritti
delle opposizioni in ogni fase dell'attività parlamentare; disciplina la
designazione da parte delle stesse dei presidenti delle Commissioni aventi funzioni
di controllo e di garanzia; dispone l'iscrizione all'ordine del giorno di
proposte e iniziative autonomamente determinate con riserva di tempi e
previsione del voto finale.
Contro le violazioni del regolamento,
nei casi e nei modi stabiliti con legge costituzionale, è ammesso ricorso alla
Corte costituzionale entro trenta giorni dall'atto o dal fatto che ha
determinato la violazione. Hanno titolo tutti i soggetti, singoli o gruppi,
lesi nelle loro prerogative regolamentari o costituzionali"».
4.202
Le parole da «Sostituire» a «giunte.";» respinte; la
seconda parte preclusa.
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 4. - (Modifiche all'articolo
64 della Costituzione). - 1. All'articolo 64 della Costituzione sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma le parole: "Le sedute sono
pubbliche" sono sostituite con le seguenti: "Le sedute d'aula sono
pubbliche, e pubblici sono i lavori delle commissioni e delle giunte.";
b) dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:
"I regolamenti delle Camere
garantiscono le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i
diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività
parlamentare."».
4.203
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 4. - (Modifica all'articolo 64
della Costituzione). - 1. All'articolo 64 della Costituzione è aggiunto, in
fine, il seguente comma:
"I Regolamenti delle Camere
garantiscono i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase
dell'attività parlamentare"».
4.204
Respinto
Al comma 1, premettere il seguente:
«01. Il comma 1 dell'articolo 64 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
"Ciascuna Camera adotta il proprio
regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti in merito alle attività
parlamentari che hanno rilevanza costituzionale, con esclusione delle attività
strettamente amministrative rispetto alle quali l'organo legislativo opera come
un qualsiasi altro organo dello Stato."».
4.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire il comma 1, con il seguente:
«1. All'articolo 64 della Costituzione
sostituire il primo comma con il seguente:
"Ciascuna Camera adotta il proprio
regolamento a maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti"».
4.206
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA, IZZO (*)
Approvato
Al comma 1, sostituire le parole da: «I
regolamenti» fino a: «attività parlamentare» con le seguenti: «I regolamenti
delle Camere garantiscono le prerogative e facoltà del parlamentare, le
prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i diritti delle
opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare».
________________
(*) Firma aggiunta in corso di seduta
4.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sostituire la parola:
«garantiscono» con la seguente: «delimitano».
Conseguentemente, al medesimo comma,
sostituire la parola: «nonché» con
le seguenti: «e garantiscono».
4.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché».
4.209
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «le prerogative e».
4.210
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole: «le
prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i diritti delle
opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare», con le
seguenti: «i diritti delle opposizioni in ogni fase dell'attività parlamentare;
disciplina la designazione da parte delle stesse dei presidenti delle
Commissioni aventi funzioni di controllo e di garanzia; dispone l'iscrizione
all'ordine del giorno di proposte e iniziative autonomamente determinate con
riserva di tempi e previsione del voto finale».
4.211
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «e i poteri del Governo e».
4.212
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «e i poteri».
4.213
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole da: «e
i poteri del Governo» fino alla fine del comma con le seguenti: «i diritti dei
singoli Deputati e Senatori in ogni fase dell'attività parlamentare».
4.214
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «del Governo e».
4.215
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere le seguenti
parole: «e della maggioranza».
4.216
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole:
«delle opposizioni e delle minoranze» con le seguenti: «dei singoli deputati e
senatori».
4.217
Ritirato
A l comma 1, aggiungere, in fine il
seguente periodo: «Individuano altresì le Commissioni, diverse da quelle di cui
all'articolo 72, primo comma, le Giunte e gli organismi interni, cui sono
attribuiti compiti ispettivi, di controllo o di garanzia, la cui Presidenza è
riservata a deputati appartenenti a gruppi di opposizione».
4.218
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, aggiungere, in fine, le
seguenti parole: «Contro le deliberazioni di ciascuna Camera è ammesso ricorso
alla Corte costituzionale, nei modi e nei termini stabiliti dalla legge della
Repubblica».
4.219
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, aggiungere in fine le
seguenti parole: «Contro le violazioni del regolamento, nei casi e nei modi
stabiliti con legge costituzionale, è ammesso ricorso alla Corte costituzionale
entro trenta giorni dall'atto o dal fatto che ha determinato la violazione,
Hanno titolo tutti i soggetti, singoli o gruppi, lesi nelle loro prerogative
regolamentari o costituzionali».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 4
4.0.200
DE LUCA VINCENZO, ARMATO, BIONDELLI (*)
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 4-bis.
(Modifica dell'articolo 65 della
Costituzione, in materia di ineleggibilità ed incompatibilità)
1. L'articolo 65 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 65. - Nessuno può
appartenere contemporaneamente alle due Camere.
Nessuno può appartenere ad una delle
Camere e contemporaneamente svolgere l'ufficio di Presidente di Provincia o di
Sindaco.
Non sono eleggibili alla carica di
deputato o di senatore coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva
per un delitto non colposo.
La legge determina gli altri casi di
ineleggibilità e di incompatibilità con ufficio di deputato o di
senatore"».
________________
(*) Firma aggiunta in corso di seduta
4.0.220 (già
5.0.200)
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo inserito il
seguente:
«Art. 5-bis.
(Modifica all'articolo 65 della
Costituzione)
1. All'articolo 65 della Costituzione,
primo comma, dopo le parole: "i casi", inserire le seguenti: "di
incandidabilità,".
4.0.221 (già
5.0.201)
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo inserire il
seguente:
«Art. 5-bis.
(Modifica all'articolo 65 della
Costituzione)
1. All'articolo 65 della Costituzione
secondo comma, sono aggiunte le seguenti parole: «né essere eletto più di tre
volte quale membro del Parlamento».
4.0.300 (già 2.0.200)
PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo, aggiungere il
seguente:
«Art. 2-bis.
(Inserimento dell'articolo 65-bis della Costituzione)
1. Dopo l'articolo 65 è inserito il
seguente:
"Art. 65-bis. - La legge
dispone che non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la
carica di deputato o senatore i soggetti nei confronti dei quali, alla data di
pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato emesso
decreto che dispone il giudizio, ovvero sia stata emessa misura cautelare
personale non revocata nè annullata, ovvero che si trovino in stato di
latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che siano stati condannati
con sentenza anche non definitiva, allorquando le predette condizioni siano
relative a delitti contro la pubblica amministrazione o l'amministrazione della
giustizia, di criminalità organizzata o di terrorismo"».
4.0.222 (già
5.0.202)
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sost. id. all'em. 4.218
Dopo l'articolo inserire il
seguente:
«Art. 5-bis.
(Modifica all'articolo 66 della
Costituzione)
1. All'articolo 66 della Costituzione,
dopo il primo comma, è aggiunto il seguente:
"Contro le deliberazioni di
ciascuna Camera è ammesso ricorso alla Corte costituzionale, nei modi e nei
termini stabiliti dalla legge della Repubblica"».
4.0.201
DE LUCA VINCENZO, ARMATO, DELLA SETA, SCANU
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 4-bis.
(Modifica dell'articolo 67 della
Costituzione, in materia di costituzione dei gruppi parlamentari)
1. L'articolo 67 della Costituzione è
sostituita dal seguente:
"Art. 67. - I membri del
Parlamento rappresentano la nazione.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
le forme e i limiti per la costituzione dei gruppi parlamentari in modo da
assicurare l'adesione dei deputati e dei senatori al gruppo corrispondente alla
lista o al gruppo di candidati in cui sono stati eletti"».
4.0.202
DELLA SETA, FERRANTE, DE SENA, DE LUCA VINCENZO, DI GIOVAN PAOLO, GARAVAGLIA MARIAPIA, MARITATI, RANUCCI, SCANU
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 4-bis.
(Modifica dell'articolo 67 della
Costituzione, in materia di divieto di mandato imperativo)
1. L'articolo 67 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 67. - I membri del Parlamento
rappresentano la nazione senza vincolo di mandato.
Decade dal mandato il parlamentare che
s'iscrive ad un gruppo parlamentare, diverso dal misto, che non rappresenti il
partito per cui è stato eletto».
4.0.203
ALBERTI CASELLATI, VICARI, GALLONE, TOFANI, BIANCONI, THALER AUSSERHOFER, TOMASSINI, BONFRISCO
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 4-bis.
(Modifica all'articolo 67 della
Costituzione)
1. All'articolo 67 della Costituzione
la parola: "senza" è sostituita dalla seguente: "con"».
4.0.204
V. testo 2
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 4-bis.
(Modifica dell'articolo 68 della
Costituzione)
1. L'articolo 68 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 68. - I membri del
Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e
dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla
quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a
perquisizione personale o domiciliare, a misure restrittive della libertà
personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di un sentenza
irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un
delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
L'autorità giudiziaria quando, al
termine delle indagini preliminari, ritenga di esercitare l'azione penale nei
confronti di un membro del Parlamento, ne dà immediata comunicazione alla
Camera di appartenenza, trasmettendo gli atti del procedimento. Entro il termine
perentorio di novanta giorni dalla comunicazione, nel corso dei quali il
procedimento è sospeso, la Camera decide se disporre, a garanzia della libertà
della funzione parlamentare, la sospensione del procedimento per la durata del
mandato.
4.0.204 (testo
2)
CHIAROMONTE, COMPAGNA, SBARBATI, DE FEO
Accantonato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 4-bis.
(Modifica dell'articolo 68 della
Costituzione)
1. L'articolo 68 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 68. - I membri del
Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e
dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla
quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a
perquisizione personale o domiciliare, a misure restrittive della libertà
personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di un sentenza
irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un
delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per
sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di
conversazione o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
L'autorità giudiziaria quando, al
termine delle indagini preliminari, ritenga di esercitare l'azione penale nei
confronti di un membro del Parlamento, ne dà immediata comunicazione alla
Camera di appartenenza, trasmettendo gli atti del procedimento. Entro il
termine perentorio di novanta giorni dalla comunicazione, nel corso dei quali
il procedimento è sospeso, la Camera decide se disporre, a garanzia della
libertà della funzione parlamentare, la sospensione del procedimento per la
durata del mandato.
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Senato della Repubblica |
XV LEGISLATURA |
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Assemblea |
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RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
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ASSEMBLEA |
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771a seduta pubblica (notturna): |
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mercoledì 18
luglio 2012 |
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Presidenza del vice presidente NANIA |
Presidenza del vice
presidente NANIA
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 21,07).
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico
ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno
pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo,
composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato
attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione
delle leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica
amministrazione, di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte
costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella
circoscrizione Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo
per la Camera dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 21,08)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta pomeridiana si
è conclusa la votazione degli emendamenti volti ad inserire articoli aggiuntivi
dopo l'articolo 4, ad eccezione dell'emendamento 4.0.204 (testo 2) che è stato
accantonato.
Come convenuto, procederemo ora alla
sola illustrazione degli emendamenti.
Passiamo pertanto all'esame dell'articolo
5, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad
illustrare.
PORETTI (PD). Signor Presidente, l'ironia della sorte
vuole che l'articolo 5 reciti: «L'articolo 69 della Costituzione e sostituito
dal seguente: "Art. 69. - I membri del Parlamento hanno il dovere di
partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni, e ricevono
un'indennità stabilita dalla legge"».
Parlo di ironia perché, evidentemente,
chi in Commissione ha lavorato per arrivare a questo testo poi, forse per il
susseguirsi degli eventi, ha deciso di abbandonare anche questa parte;
evidentemente, il senso del dovere è venuto meno ai sostenitori di questa
riforma della Costituzione.
In quest'Aula ora siamo una ventina.
Certamente non possono essere mossi rimproveri a noi radicali che, fin
dall'inizio, abbiamo cercato di sottolineare che non è così che si fa una
riforma della Costituzione, che non è così che si risponde alla richiesta della
piazza di dimezzare il numero dei parlamentari e il relativo stipendio, o di
eliminarci, addirittura. Evidentemente, questo non è il modo più adeguato per
rispondere alla necessità di riaprire un collegamento tra le istituzioni e la
cosiddetta società civile; rapporto che evidentemente si continua a
sfilacciare, ma per ben altri motivi: non perché sono troppi i parlamentari o
perché troppo pagati, ma piuttosto per il lavoro che non viene fatto o, peggio
ancora, per quello che viene fatto.
Fin dall'inizio, dunque, abbiamo
sollevato la questione che, se si doveva riallacciare il rapporto con la
società civile, forse si doveva iniziare dalla legge elettorale, che avrebbe
dovuto ricreare il collegamento tra eletti ed elettori.
La riforma elettorale ora è di nuovo un
argomento all'ordine del giorno dei giornali, ma anche da quel dibattito ancora
non si sa come se ne uscirà. Certamente, se se ne uscirà in qualche modo sarà
solo per le convenienze dei partiti che potranno decidere le preferenze o
altro, non certo per ripristinare un collegamento tra eletti ed elettori.
L'ironia della sorte era quella che ci
faceva discutere di questo articolo 5, e avevamo addirittura presentato
emendamenti, ad esempio, per cercare di raccordare e proporzionare l'indennità
ai lavori cui i singoli parlamentari avrebbero potuto destinare il loro tempo,
seguendo l'attività delle Commissioni e dell'Aula. Ma, come dicevo, la sorte
lascia decisamente quest'Aula vuota. Un'Aula che ha visto questa riforma della
Costituzione andare «ad organetto», con i tempi che si dilatavano e
restringevano, ancora una volta secondo solo ed esclusivamente esigenze
mediatiche.
Poc'anzi è stato rimproverato che ora
si andrà di fretta. Ma forse qualcuno non si è ricordato di non essersi
scandalizzato quando a presiedere quest'Aula era il presidente Schifani e
veniva dato neanche un minuto per illustrare gli emendamenti che parlavano del
dimezzamento del numero dei senatori e dei parlamentari. Veniva dato un minuto
semplicemente perché c'erano i tempi dei telegiornali che stringevano e,
altrimenti, la notizia non usciva in tempo per dire che il Senato aveva
dimezzato i parlamentari.
Ora che i telegiornali non ci seguono,
siamo qui in venti e possiamo parlarci tranquillamente. Sappiamo benissimo,
come è emerso ieri e oggi ancor di più, che questa riforma evidentemente a
nessuno interessa più di tanto e sappiamo bene che, come finale del libro
giallo, essa non andrà da nessuna parte.
Sinceramente, non siamo sadici né
masochisti. Poiché inutilmente illustreremmo degli emendamenti in questa fase,
rimanderemo il nostro lavoro di parlamentari, ossia l'illustrare le ragioni che
ci hanno indotto a presentare questi emendamenti, alla sede delle dichiarazioni
di voto, quando, immaginiamo domani,la seduta sarà forse un pochino più
frequentata - perché si voterà, e quindi c'è anche la diaria di mezzo - e ci
sarà anche una platea che, forse, se vorrà, ascolterà le ragioni che ci hanno
spinto a presentare gli emendamenti radicali a questa riforma della
Costituzione.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si
intendono illustrati.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Senatore Benedetti
Valentini, vuole svolgere un intervento solo sull'articolo 5 o un intervento
complessivo anche su altri articoli?
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Una
cosa alla volta: adesso parliamo dell'articolo 5.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
L'articolo 5, per l'appunto, recita: "L'articolo 69 della Costituzione è
sostituito dal seguente: «I membri del Parlamento hanno il dovere di
partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni, e ricevono un'indennità
stabilita dalla legge»". Questo è il testo base.
Qui vi sono due punti, sui quali
richiamo l'attenzione dei superstiti colleghi (e rimarco che stiamo riformando
la Costituzione in circa dieci senatori della Repubblica).
PRESIDENTE. Senatore Benedetti
Valentini, lei sa benissimo che i senatori possono seguire i lavori anche
ciascuno nella propria stanza. Può presumere che la stanno ascoltando tutti
quanti e che l'attività parlamentare si svolge nel pieno della sua regolarità.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Sicuramente. Infatti c'è chi sostiene che basterebbe che ci stesse qui uno per
Gruppo, e gli altri se ne potrebbero stare a casa.
PRESIDENTE. Quello lo si sostiene sul
voto. Qui stiamo sull'ascolto: ancora l'obbligatorietà dell'ascolto non esiste.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Presidente, lei fa benissimo, ed è encomiabile quando difende l'istituzione nel
suo formalismo. Io, invece, che ho abbandonato in questa legislatura ogni freno
inibitorio e formalistico (mi dicono che sono un piccolo Cossiga post litteram,
un picconatore) parlo a ruota libera!
PRESIDENTE. Senatore Benedetti Valentini, il fatto che lei
intervenga su tutti gli articoli dimostra invece che è un sostenitore coerente
della validità dell'istituzione parlamentare.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). La
ringrazio, Presidente.
PRESIDENTE. Lei sa che i suoi
interventi sono mirati non soltanto all'attività parlamentare, perché qualunque
italiano, un domani, voglia fare una ricerca può studiare sul punto come si è
espresso un parlamentare.
Quindi lei, come la senatrice Poretti e
gli altri senatori, svolge un'azione di cui tutti devono esserle grati.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Lei mi fa troppo onore.
L'articolo 5 del provvedimento al
nostro esame contiene due affermazioni: la prima è che i membri del Parlamento
hanno il dovere di partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni.
Ora, questo è il segno del decadimento delle istituzioni, perché quando
sentiamo il bisogno di stabilire in un precetto il dovere di partecipare ai
lavori parlamentari significa che la norma insegue il degrado della realtà. I
latini classici affermavano che, quando col diritto si devono stabilire norme,
obblighi e così via, significa che c'è l'allentamento dei costumi, altrimenti
non ci sarebbe bisogno di normare. Era vero. E così sta accadendo.
Se sentiamo il bisogno di affermare che
si ha il dovere di partecipare stiamo dicendo che dopo aver mangiato bisogna
lavarsi i denti, che quando uno si alza poi rifà il letto. È di tutta evidenza
che se ci candidiamo al Parlamento abbiamo l'obbligo istituzionale e morale di
partecipare ai lavori. C'è bisogno di una norma che lo affermi? È roba da
matti. Non è che io disapprovi la norma, semplicemente sta dicendo una banalità
che mi allarma, mi preoccupa. Inoltre, sempre l'articolo 5 afferma che i
parlamentari ricevono un'indennità stabilita dalla legge. Questo si lega
all'attuale articolo 69 della Costituzione secondo cui appunto i membri del
Parlamento ricevono un'indennità stabilita dalla legge.
A quest'ultimo riguardo ricordo che,
sempre per questa linea picconatrice che gioca quasi sul filo dell'assurdo (può
sembrare quasi che uno si sia impazzito, invece no, sta semplicemente
registrando da anni quello che sta accadendo nell'opinione pubblica), come i
nostri egregi funzionari sanno, sono depositario di una proposta di legge
costituzionale estrema, parossistica, secondo cui tutte le cariche elettive, da
Presidente della Repubblica fino a consigliere di quartiere, anche di secondo
grado, sono totalmente gratuite. Chi non si vuole candidare non si candida: io
sono disposto a candidarmi lo stesso. Gratuite. È stato detto che si tratta di
una provocazione. Sarà quello che vi pare. Tanto se si stabilisce come compenso
10 è troppo, 8 è troppo, 2 è troppo, 1 è giusto, però è rubato perché il parlamentare
non fa niente e non si cura degli interessi dei cittadini. Tutto è troppo.
Benissimo. Allora, ripartiamo da zero. Dopodiché, la sensibilità e la spinta
democratica diranno come bisogna organizzare questo delicato e pruriginoso
aspetto.
La conclusione pratica di quello che
dico sempre sul filo del paradosso è che l'articolo 5 è dunque condivisibile, e
che quindi il complesso degli emendamenti poco può attribuire o conferire di
più a questo testo, tant'è che si tratta di uno dei pochi articoli sul quale
personalmente non ho presentato emendamenti, proprio perché alla fine è una
formula accettabile. Però, per chi guarda esegeticamente la norma e va a vedere
ciò che c'è sotto, dietro o avanti, è preoccupante, nella parte in cui
avvertiamo il bisogno di scrivere il dovere di partecipare ai lavori, fermo
restando che bisogna realisticamente prendere atto della situazione. E dunque
personalmente sono assolutamente favorevole a che vi siano misure sanzionatorie
anche sul piano economico. Ripeto, anche sul piano economico, perché vorrei che
la sanzione fosse di carattere essenzialmente politico e istituzionale. È
necessario che in qualche modo vi sia una sanzione per chi non partecipa ai
lavori sia dell'Assemblea che delle Commissioni, poiché non v'è bisogno di essere
come noi, più anziani di mandato parlamentare, per sapere che il lavoro delle
Commissioni è fondamentale e anche il lavoro dell'Aula, anche nella sede
dell'illustrazione degli emendamenti e durante il confronto delle opinioni, è
importante, e non solo nel momento, che non oso più definire sacro (perché
consiste nello spingere un bottone in cui si vota con un dito).
Quindi, dichiaro la mia adesione
all'articolo 5, ma con queste non lievi osservazioni. (Applausi dei senatori
Gramazio e Mura).
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6, su cui sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
CALDEROLI (LNP). Preannunciando che illustrerò in questo
intervento anche gli emendamenti presentati agli altri articoli, comunico che
l'emendamento 6.202 è stato ritirato dai presentatori, così come sono stati
ritirati tutti gli emendamenti a firma mia e del collega Divina. Detti
emendamenti, infatti, sono stati in parte oggetto di una valutazione positiva
da parte della Commissione, per cui sono stati già inseriti nel testo.
Fra l'altro, a seguito dell'intervento
del collega che mi ha preceduto, mi onoro di aver previsto il dovere del
parlamentare di partecipare ai lavori. Se fosse da me dipeso, avrei
strettamente correlato l'indennità alla partecipazione ai lavori. È vero quanto
si dice rispetto alla libertà da vincoli di mandato, ma è anche giusto dire
che, se si prende una indennità per compiere un lavoro, quel lavoro deve essere
fatto e non si deve fare altro nella vita, se non partecipare ai lavori nelle
Aule parlamentari e nelle Commissioni per guadagnarsi quella indennità.
In merito a tutti gli altri emendamenti
da noi presentati, li abbiamo ritirati tutti ad eccezione di due che poniamo
come pregiudiziali rispetto ad una nostra valutazione positiva della riforma
nel suo complesso. Si tratta degli emendamenti 7.224 e 7.254.
In merito all'articolo 7, e quindi alla
modifica dell'articolo 72 della Costituzione, rispetto al testo licenziato
dalla Commissione, inizialmente avevamo espresso una valutazione assolutamente
negativa rispetto ad una riforma che in termini di riforma aveva ben poco.
Addirittura avrebbe rappresentato una controriforma rispetto a quel poco di
federalismo introdotto nel 2001 con la modifica del Titolo V, Parte II della
Costituzione, con la quale si introdussero nuovi criteri circa le materie
concorrenti e le modalità di esecuzione della potestà legislativa regionale.
Con un intervento al testo redatto dal
relatore, attraverso un emendamento, si è introdotta una clausola che definirei
abbastanza truffaldina con la quale si dice quanto segue: «La funzione
legislativa è altresì esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando,
al fine di garantire l'unità giuridica o economica della Repubblica, il Governo
presenta al Parlamento un disegno di legge che, nel rispetto dei principi di
leale collaborazione e di sussidiarietà, interviene nelle materie attribuite
alla potestà legislativa regionale».
È evidente che l'inserimento di questo
periodo avrebbe di fatto sottratto e soppresso la potestà legislativa regionale
così difficilmente portata a casa con la modifica del Titolo V. Sarebbe
inverosimile, in una riforma che tenderebbe ad una trasformazione in senso
federale dello Stato, che la potestà legislativa della Regione venisse attribuita
nuovamente a livello centrale, andando contro la prassi costituzionale e
soprattutto contro la storia. Al riguardo, poco incisivi sono i richiami
all'unità giuridica ed economica della Repubblica. Ricordo, in base
all'articolo 120 della Costituzione, che proprio a tutela della stessa c'è il
potere sostitutivo dello Stato. Quindi, neppure questo può essere richiamato,
se non per pensare che è un atto superfluo la potestà legislativa delle
Regioni.
Sono molto soddisfatto che altri
colleghi, soprattutto quelli che rappresentano i partiti delle autonomie,
abbiano sottoscritto il nostro emendamento 7.224, perché è evidente che
diversamente si va a ledere una potestà della Regione conquistata con tanta
difficoltà.
L'emendamento 7.254 va ad incidere sul
sempre discusso bicameralismo e sull'esame bicamerale delle leggi. È forse da
decenni che stiamo affrontando la materia del bicameralismo che, come tutti
sappiamo, nella forma del bicameralismo perfetto esiste solo nel nostro Paese.
Al riguardo abbiamo sviluppato una
specializzazione rispetto alle competenze della Camera e del Senato in termini
di funzione legislativa diversa, distinguendo tra materie di competenza dello
Stato attribuite alla Camera, e materie attribuite invece al Senato ai sensi
del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, nonché dell'articolo 119,
oltre alle materie riguardanti le leggi inerenti al territorio o alle Regioni.
In una prima stesura del testo,
rispetto a queste materie che dovrebbero essere tendenzialmente attribuite ad uno
dei due rami del Parlamento, la Camera o il Senato avrebbero espresso l'ultima
parola. È stata introdotta però all'ultimo momento una modifica nel testo
proposto dal relatore, per cui sarebbe stato sufficiente il richiamo da parte
di una delle due Camere rispetto all'altra per riportare all'approvazione della
copia conforme di una legge, con il ritorno quindi al bicameralismo perfetto.
Non ho mai condiviso il bicameralismo
perfetto, e a parole non lo condivide nessuno, anche se poi nei fatti vedo che
si cerca di far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta. Una
cosa però è certa, e cioè che, se il testo dovesse rimanere così com'è, non
solo saremmo ritornati al bicameralismo, ma avremmo introdotto degli ulteriori
passaggi, per cui i tempi e le complicazioni si amplificherebbero ancora di più
rispetto a quelli attuali.
A questo punto mi chiedo se, quando si
fanno proposte del genere, ci si renda conto di quanto costino la Camera e il
Senato e di quanto sia costato, non solo in termini economici, ma anche sociali
e di mancata crescita, il continuo balletto delle navette fra Camera e
Senato, magari solo per una virgola.
Mi sembra dunque che la novità
introdotta all'ultimo momento in Commissione debba essere soppressa con il
nostro emendamento.
È evidente che questi sono due passaggi
fondamentali, accanto alla riduzione del numero dei parlamentari,
all'introduzione del Senato federale e - perché no - del semipresidenzialismo,
su cui poi ci pronunceremo in sede di dichiarazione di voto, ma che ci vede
assolutamente favorevoli. Sicuramente il nostro voto favorevole dipenderà dal
fatto che le Regioni non vengano espropriate della loro funzione legislativa e
che non si ritorni ad un bicameralismo più che imperfetto, perché diversamente
avremmo soltanto allungato i tempi, aumentato i costi e avremmo preso veramente
in giro i cittadini. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Nessa).
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si
intendono illustrati.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signor Presidente, mi consenta di fare una breve considerazione sul complesso
dell'articolo 6. Contrariamente ad altri, senza alcuna differenza di
schieramento né solidarietà precostituita, io sono un difensore del
bicameralismo, cioè ritengo che una democrazia articolata e matura si giovi
fortemente del bicameralismo.
Come avrete avuto la bontà di notare,
quando, insieme ad altri colleghi, che mi hanno seguito in questo lavoro,
abbiamo presentato emendamenti che io ho difeso in quest'Aula, lo abbiamo fatto
sempre alla luce del criterio del bicameralismo, ma auspicando, agognando e
prefigurando una differenziazione organica ed ontologica tra le due Camere.
Abbiamo sostenuto cioè che, se si differenzia il bicameralismo in modo
efficace, lo si fa perché una Camera fa riferimento ad un criterio
rappresentativo democratico dei cittadini, mentre l'altra rappresenta sempre il
corpo elettorale e i cittadini, ma sotto altro profilo, sotto altra
aggregazione di interessi legittimi, di competenze, di partecipazione
localistica.
Ho spiegato ampiamente la mia
posizione, con parole che non sto qui a ripetere, perché riteniamo che le due
Camere debbano essere differenziate. Anzi, con riferimento alla Camera
politica, come io chiamo la Camera alta - e la definisco "alta" non
già perché «più anziana», com'era una volta, ma perché è quella politica - ho
precisato che deve essere quella che ha una primazia, cioè quella che è la
sintesi di tutti i valori e deve dire l'ultima parola su tutti i disegni di
leggi, su tutti i provvedimenti.
Questa è la differenziazione forte. Ma
devono avere la stessa competenza. I disegni di legge cioè devono passare per
le due Camere, differenziate queste ultime, ma con poteri sulle stesse materie.
Allora si ha veramente il doppio filtro, la doppia griglia, la doppia
competenza, il doppio esame. Altrimenti, cari colleghi, ci dibattiamo in un
vicolo cieco, senza via d'uscita.
C'è chi mette in caricatura il
bicameralismo dicendo male della navette, che rallenta l'iter.
Vorrei sapere qual è questa legge, se me ne sapete semplificare una, che se non
passa entro dieci giorni crolla l'Italia! Fatemi un esempio e vi dirò grazie.
Magari ci fossero leggi così efficaci, rivoluzionarie e incisive che se non
passano in una settimana cambia il destino economico o sociale del Paese. Io
non ne vedo neanche una e non è da ieri sera che sono in Parlamento.
Allora, qui il problema non è la navette.
La navette è virtuosa. Chi dice che è il Parlamento a storpiare le leggi
da un ramo all'altro dice una cosa non vera. Qualche volta può darsi che le
complichi, ma il più delle volte cerca di rimediare a strafalcioni non
indifferenti che spesso partono anche dall'origine, cioè dagli uffici
legislativi dei Ministeri, e quindi sempre dagli stessi spin doctors,
teste d'uovo che non so se siano tali o di altro genere. La conclusione pratica
è che dopo i Governi sposano queste leggi e pretendono talvolta di imporle
anche col voto di fiducia.
Il bicameralismo pertanto è una grande
risorsa se coraggiosamente riformata; non per sopprimerla, non intendendola
demagogicamente come un impaccio: quasi diamo in pasto alla gente che se invece
di due Camere fosse una sarebbe più rapida la procedura e si pagherebbe meno la
democrazia. Su questo non sono assolutamente d'accordo. Un conto è diminuire
congruamente e ragionevolmente il numero dei parlamentari; un conto è
sopprimere il bicameralismo, che è una grande risorsa.
Ecco perché dico che con l'articolo 6
si può togliere la parola «collettivamente» ma sempre che non significhi
rinunciare al bicameralismo. Lo vedremo sull'articolo 7. Può darsi che sia
ridondante, e forse anche un'espressione poco elegante, se vogliamo dire anche
un po' datata, però bisogna capire che significa quando togliamo
«collettivamente». Saremo più precisi sull'articolo 7. (Applausi del
senatore Nessa).
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7, su cui sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Signor Presidente, data la
"grande" affluenza, mi riservo di esplicitare meglio le ragioni che
sostanziano i miei emendamenti in sede di dichiarazione di voto. Ed illustrerò
quindi, per non far perdere tempo né a lei né ai colleghi, sia l'emendamento
7.205, sia il 7.204.
Essi si basano su un principio: la
riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, l'abolizione o quanto
meno la riduzione delle competenze della legislazione concorrente.
Sappiamo tutti - e lei che è un fine
giurista lo sa prima di ogni altro - che la legislazione concorrente è stata
l'elemento che ha determinato il massimo dei conflitti di attribuzione fra
Stato e Regioni, che ha ingolfato la Corte costituzionale, ha prodotto una
giurisprudenza della Corte costituzionale che ha riscritto in parte il terzo
comma dell'articolo 117 della Costituzione. E allora io propongo, collegandomi
strettamente alla sostanza di questa riforma, che siano assegnate alla Camera
una serie di competenze che, invece, sono assegnate alla legislazione
concorrente e, quindi, al Senato. Non sto a illustrarle adesso. Le illustrerò
poi, in dichiarazione di voto. E io propongo che sia assegnata al Senato una
serie di competenze che vengono invece sottratte alla competenza concorrente e
affidate alle Regioni.
C'è una semplificazione del sistema del
Titolo V, che prevede le due competenze principali (quella dello Stato e quella
delle Regioni) e che affida, quindi, alle competenze della Camera tutte le
materie che sono assegnate alla competenza dello Stato e affida al Senato, che
è espressione delle autonomie regionali (e non entro qui nella polemica sul
Senato federale o non federale), le competenze che invece sono assegnate alle Regioni.
Per il resto, non incido
particolarmente sul testo approvato dalla Commissione per quanto riguarda le
materie di competenza bicamerale. Aggiungo solo che fra le materie di
competenza bicamerale occorre mettere anche la protezione civile, perché è tema
di tale rilevanza che non può essere affidato a un voto monocamerale.
Con l'emendamento 7.204, qualora non si
accettasse l'abolizione del sistema della legislazione concorrente e lo si
volesse mantenere, io cerco di differenziare le competenze indicate dalla
legislazione concorrente fra le due Camere, prevedendo che quelle materie che
io vorrei assegnare allo Stato e, quindi, alla Camera, siano assegnate in prima
lettura alla Camera e che quelle materie, che io invece voglio riconoscere alle
Regioni, siano assegnate in prima competenza al Senato, con due sole
correzioni, su cui adesso non mi soffermo, che riguardano le lettere p), s)
e z) del secondo comma dell'articolo 117, che mi riservo di illustrare
meglio in sede di dichiarazione di voto.
Credo che questo non stravolga il testo
della Commissione, ma lo razionalizzi, e razionalizzi soprattutto un sistema,
quello della legislazione concorrente, su cui già la riforma del 2006 (e vedo
il collega Pastore presente) aveva cercato di incidere. Certo, io incido in
modo molto più drastico di quanto non fece la riforma del 2006, ma ritengo che
se vogliamo fare una riforma seria, prescindendo dai motivi di scontro che ci
sono su altri temi fra le forze politiche maggiori in Parlamento, questo sia un
contributo minimo a ricostruire un tessuto dello Stato in cui si pone fine alla
contraddizione fra le competenze dei diversi organi costituzionali, al
conflitto permanente fra Regioni e Stato.
Si difende una separazione - anzi,
direi meglio, una separatezza di competenze - che è indispensabile. Abbiamo
modellato la legislazione concorrente sul sistema tedesco. Ma il sistema
tedesco è nato come Repubblica federale iniziale che dava al Bundesrat
precise competenze costituzionali e al Bundestag altre carte e altre
competenze costituzionali. Quella del Titolo V è una scopiazzatura, mi
consenta, signor Presidente, che non si colloca in un disegno organico di
riforma come era quello adottato nella Repubblica federale tedesca. È un
pasticciaccio. Stiamo mettendo mano alla riforma della Costituzione. Adesso non
entro nei temi che ci dividono, cioè quello del Senato federale, del
presidenzialismo o del cancellierato: affronto solo questo aspetto, e dico che
è un aspetto fondamentale, da cui dipende, a seconda dell'accoglimento, anche
il consenso complessivo della senatrice Sbarbati e mio sul testo di riforma.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi,
spero di farvi dilapidare solo un po' di tempo su questo articolo 7, che, come
sapete, è il cuore della riforma, o per lo meno lo era, nel senso che ormai il
dibattito politico ha spostato fortemente l'attenzione sulla natura del Senato
e sulla proposta semipresidenzialista, quindi sull'elezione diretta del Capo
dello Stato. Questo è.
Dirò di più: quello che abbiamo
ascoltato è sempre un tambureggiante dibattito che in realtà dimentica una cosa
molto semplice che dobbiamo dire con onestà e cioè che nei mesi scorsi c'è
stato qualcosa di grosso, ci sono state le elezioni, c'è stata la frana del
consenso, un sommovimento nei flussi di consenso dell'opinione pubblica.
Quindi, non era concepibile che non si reagisse a questo fatto nuovo con proposte
forti e incisive che cambiassero lo scenario.
Ebbene, parlando ora dell'articolo 7,
quello che attiene al procedimento legislativo e alla ripartizione delle
competenze, debbo dire che ne sono alquanto insoddisfatto. Ne sono molto
insoddisfatto sotto molteplici profili. Prima di tutto, perché, come ho detto,
sono un credente nel bicameralismo, e quindi aver scelto la strada di superare
il bicameralismo adottando una caricatura di bicameralismo, perché in
definitiva non si ha il coraggio né di superarlo del tutto né di renderne
efficiente la differenziazione è qualcosa che non mi convince. In modo
particolare, abbiamo visto che si è fatta la scelta di rendere alcune materie
del tutto bicamerali; poi ci sono altre materie per le quali si comincia da un
ramo, oppure dall'altro: precisamente, si comincia dal Senato essenzialmente
per quelle materie che sono a competenza concorrente Stato-Regioni, e invece
per le altre si parte dalla Camera.
Ora, se fosse stabilita soltanto la
regola della Camera da cui partire, potrei perfino condividerla. Il problema è
che dopo ci si inventa pudicamente un meccanismo di eventuale richiamo da parte
dell'altra Camera. Intanto non si è fatta la scelta coraggiosa di stabilire,
seppur si voleva fare (magari io non sarei stato d'accordo), una cesura netta
tra le due aree di competenza. Allora si adotta un medium remedium e
precisamente si stabilisce che, dopo la Camera di partenza, l'altra Camera, con
un meccanismo alquanto barocco e non so quanto destinato a funzionare, in cui
c'è una quota di parlamentari che deve formulare la richiesta di richiamo, a
maggioranza deve deliberare tale richiamo; allora viene il richiamo, dopodiché,
con un potere sostanzialmente solo consultivo, la Camera che ha richiamato può
deliberare delle mere proposte di emendamento, sulle quali però si pronuncia
definitivamente la Camera di partenza.
Ebbene, noi abbiamo ormai esperienza
parlamentare in abbondanza che dice che di tutto quello che non è vincolante ma
è un mero parere di proposta non se ne infischia nessuno. O dico cosa falsa?
Qualcuno si interessa dei pareri che le nostre Commissioni danno all'altra
Commissione, quella di competenza primaria? Una volta che ha la competenza se
ne infischia, non c'è niente da fare. Se la Presidenza della Camera o del
Senato non dà la competenza congiunta a due o più Commissioni permanenti
(generalmente a due), le altre possono dare tutti i pareri più fondati e
pertinenti che vogliono, tanto quella che ha la competenza se ne infischia.
Qualcuno si interessa dei pareri che
vengono dati da Commissioni straordinarie, che ormai neanche le so più contare
tra Camera e Senato quante sono, per la semplificazione legislativa e così via?
Niente, l'organo deliberante se ne infischia perché ha il suo potere
definitivo, che oltretutto è molto delegato alle decisioni prese in sede
extraparlamentare o ai livelli apicali, e così, ripeto, uno se ne infischia dei
pareri.
Abbiamo mantenuto in piedi il CNEL, che
è deputato ad esprimere pareri. Qualcuno si interessa dei pareri che dà il CNEL,
o qualcuno glieli sollecita, anche in materia di economia e del lavoro,
vivaddio come si chiama il CNEL? Assolutamente no, in tanti anni non ho mai
visto tener conto di un parere di questo organo pur costituzionalmente
presente, vivo (vivo non vegeto o forse vegeto ma non vivo, scegliete voi).
Questa storia che uno possa formulare
una proposta di modifica, tanto delibera la Camera di partenza, è una presa in
giro, è una burletta: tanto delibera solo quella là. Non solo, ancor peggio:
tanto ci sono di mezzo anche i voti di fiducia, che si assommeranno. E qui si
lega altro contenuto dei miei emendamenti.
Nel percorso legislativo previsto nel
testo base c'è una previsione che sicuramente ai colleghi non è sfuggita,
perché tutti sicuramente l'hanno approfondita come me e anche più di me. Non
solo sono previsti dei percorsi agevolati o accelerati che il Governo può
attivare (il Governo chiede che sia data priorità a una propria proposta, a un
proprio disegno di legge, e fino a qui - dico la verità - lo condivido; è
giusto che l'Esecutivo, in vista della realizzazione del suo programma, possa
chiedere una corsia accelerata e una priorità per i suoi disegni di legge,
specie i più importanti, lo condivido), ma nell'articolo 7 - come voi sapete -
c'è scritto molto di più, e precisamente che può chiedere addirittura che sia
stabilita una data fissa, non entro la quale il Senato o la Camera debbano
prendere in esame, affrontare il disegno di legge, ma entro la quale lo debbono
votare. Si stabilisce proprio una scadenza, si mette in mora. Se poi non si è
ottemperato alla scadenza, allora praticamente c'è una sorta di supervoto di
fiducia blindato per il quale si può solo votare senza altra aggiunta né
discussione, articolo per articolo, il disegno di legge, come esso è.
Abbiamo, praticamente, una larga
espropriazione, sistematica, delle Camere parlamentari; abbiamo il voto di
fiducia, che già occupa ormai i nove decimi dei nostri percorsi legislativi; e
in più, all'articolo 7, abbiamo questo rincaro di dose per il quale il
Parlamento se ne può anche andare a casa, perché tanto il Governo, attivando
questo ulteriore strumento ha stabilito un supervoto di fiducia con il quale
blinda tutto.
Ma l'insidia è ancora più grave. Basta
una parolina, come voi mi insegnate, alle volte. Qui stiamo stabilendo la
competenza dell'una o dell'altra Camera attraverso il termine
«prevalentemente». E questa è la ragione per la quale illustro i miei
emendamenti che cercano di sopprimere questi passaggi o di attenuarne, a mio
avviso e a quello dei colleghi che hanno firmato gli emendamenti stessi, la
portata negativa. Infatti, per stabilire la competenza dell'una o dell'altra
Camera si guarda al contenuto prevalente del provvedimento.
Voi mi insegnate che prevalente è solo
un criterio di riferimento, ma non è né geometrico né matematico né oggettivo
né preciso, per cui qualcuno può ritenere prevalente una materia di competenza
di una Camera e qualcun altro può ritenere prevalente la competenza dell'altra;
tanto più che il degrado della prassi politica e parlamentare sta prevedendo
ormai provvedimenti omnibus. Sapete benissimo che ormai non facciamo
altro che esaminare testi di legge di 100, 120, 130 articoli, che vanno dai
trasporti al risparmio, dalla giustizia alla difesa, dall'economia agli enti locali.
Qual è dunque il contenuto prevalente?
Non si sa. Questo può dar luogo ad una evasione molto grave della competenza,
che pure costituzionalmente stiamo riservando all'una e all'altra Camera.
Infatti, con la scusa del prevalente, quando qualcuno vuole aggirare la
competenza di una delle due Camere, perché magari non fa comodo al Governo o a
chicchessia, inserisce il grosso delle norme di competenza di una Camera, ci
infila anche un'importante norma, che non è quantitativamente prevalente, che
sarebbe di competenza dell'altra, e a questo punto la Camera precipuamente
competente viene espropriata della propria competenza, perché quella materia
sta insieme ad altre tre o quattro materie e quindi viene «tirata via». In
questo modo la competenza viene aggirata e violata. Non ho dubbi che in tal
modo venga violato non solo lo spirito della Costituzione, ma praticamente
anche la lettera. Per questo propongo di sopprimere il termine
«prevalentemente», nella maniera più assoluta.
Ciò si lega anche a un altro mio
emendamento che richiama qualcosa che era presente nel testo di partenza e che
è stato tolto, perché di solito c'è l'abitudine di togliere le cose buone,
laddove si dice che le leggi debbono avere un contenuto omogeneo, mirato. Se
non sbaglio il Capo dello Stato ha predicato diverse volte che una corretta
procedura legislativa dovrebbe prevedere testi omogenei, non polverizzati nelle
competenze. È chiaro infatti che se il contenuto non è omogeneo si presta
automaticamente all'abuso di cui ho appena parlato.
Il tutto si completa con un'altra
norma... (Richiami del Presidente).
Signor Presidente, le chiedo molto
perdono, però l'abbiamo detto sia in Commissione sia in Aula che l'articolo 7
rappresenta sostanzialmente tutta la riforma.
PASTORE (PdL). Può riprendere il
discorso dopo.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Dopo
quando, onorevole collega?
PRESIDENTE. Potrebbe intervenire
nell'illustrazione dell'articolo 8, anche perché le ho già concesso tre minuti
oltre il tempo previsto.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Ho
capito, signor Presidente, ma se tutta la riforma è contenuta nell'articolo 7,
mi chiedo come posso fare.
PRESIDENTE. Siccome lei dovrà
intervenire anche sugli emendamenti all'articolo 8...
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Va
bene, mi appresto a terminare su questo punto...
PRESIDENTE. ...in quella sede potrà
riprendere le argomentazioni relative all'articolo 7.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Ho
capito, parliamo di Biancaneve mentre parliamo di Cenerentola. Va benissimo,
non cambia niente.
Nell'articolo 7 è compresa la norma che
dice che saranno i Presidenti delle Camere che assegneranno gli oggetti, a loro
insindacabile giudizio, all'una o all'altra Camera. Questo si presta
evidentemente ad abusi, ad alte opinabilità, ma non solo, anche ad un giudizio
di infallibilità, perché si dice che la decisione non è impugnabile in nessuna
sede.
Ebbene, io di infallibile e
inappellabile conosco solo il Padreterno; noi pretendiamo di stabilire nella
Carta costituzionale che qualunque decisione dei due Presidenti delle Camere,
che anche abusino in base alla questione della prevalenza, sia addirittura
insindacabile. Vogliamo cioè mettere le mani avanti inibendo perfino il riesame
della Corte costituzionale. Ritengo che questa norma sia nulla, inefficace, non
concepibile e, qualora non sia tale, è da disapprovare totalmente.
PASTORE (PdL). Signor Presidente, pur non appassionandomi
all'articolo 7, poiché avrei preferito la scelta di un Senato federale come si
prevede nella riforma del 2005-2006, tuttavia onoro il mandato che abbiamo
votato in Commissione e ritengo che il testo di questo articolo sia un
tentativo positivo per cercare di risolvere delle questioni fondamentali.
Esso cerca anzitutto di modificare il
sistema della legislazione che, come è attualmente, non può durare nel tempo.
Nonostante il Governo Monti abbia il 90 per cento dei parlamentari a favore,
non riesce a legiferare se non con decreti-legge; mantenendo questo sistema,
noi consacriamo questa procedura di decretazione d'urgenza che durerà la
prossima legislatura, quella successiva e quella successiva ancora. Quando sono
entrato in Parlamento si ricorreva ai decreti-legge in via eccezionale; oggi
invece si ricorre ad essi in via del tutto ordinaria e ricorrente.
Credo quindi che il testo dell'articolo
7 della riforma, concernente la modifica dell'articolo 72 della Costituzione,
sia positivo, perché cerca di conciliare due esigenze. Innanzitutto cerca di mantenere
il bicameralismo, quando stabilisce che sia la Camera che il Senato danno la
fiducia al Governo, attribuendo così alla Camera e al Senato una funzione
politica paritaria che, chiaramente, si trasferisce anche sulla procedura
legislativa.
Il tentativo della Commissione è stato
poi quello di modernizzare, accelerare e rendere più aderente il provvedimento
anche ai tempi, che oggi richiedono una legislazione efficiente, per consentire
al Parlamento di mantenere una doppia lettura senza le lungaggini e spesso le
farraginosità delle procedure che oggi viviamo.
Tale tentativo ha previsto due
meccanismi; il primo è la lettura ordinaria tradizionale; il secondo è una
lettura bicamerale, ma con una sorta di silenzio assenso dovuta ai richiami tra
Camera e Senato. C'è una distinzione delle materie, però alla fine c'è
un'approvazione, esplicita o implicita, dei testi delle leggi da parte sia
della Camera dei deputati che del Senato della Repubblica.
Questo è il risultato che la
Commissione ha cercato di raggiungere con un elemento in più, perché ha
introdotto nel nostro sistema quello che i francesi chiamano il «sistema di
voto bloccato», con una procedura meno rigida, però ugualmente utile, per
consentire al Governo, laddove ritenga che quel certo provvedimento debba
essere approvato entro un certo termine e in un certo testo, di chiedere alla
Camera, o alle Camere, a seconda della procedura adottata, di votare il testo
articolo per articolo secondo la proposta fatta dallo stesso Governo. Questo è
già un grande passo avanti rispetto alla situazione attuale.
Credo che questo testo sia del tutto
accettabile nel contesto attuale. Mi auguro anzi che fino a questo punto si
possa realizzare un consenso molto ampio, che si possa tradurre in una legge
definitiva. Non smetto mai di sperare, e magari di sognare.
Vi sono però alcuni passaggi che,
secondo me, occorre correggere.
L'emendamento 7.227 prevede che nel
catalogo delle leggi per le quali è prevista una lettura bicamerale ordinaria,
che noi possiamo chiamare lettura paritaria o approvazione collettiva, venga
espunto il richiamo a una fantomatica categoria di leggi della Repubblica che,
seppur menzionate nel corpo della Costituzione, in realtà, non rappresentano né
una particolare legge quanto a valore, peso ed importanza costituzionale o
procedurale né una particolare materia. Si tratta di una serie di espressioni
utilizzate nel Titolo V della Costituzione (forse per differenziarle dalle
leggi dello Stato e da quelle regionali già previste nel Titolo V prima della
riforma) che riguardano materie molto diverse: legge elettorale delle Regioni,
istituzione dei TAR, leggi di modifica delle circoscrizioni provinciali e così
via. Proprio perché si tratta di una categoria non rilevante e - lo ripeto -
fonte di confusione con le altre categorie enumerate, propongo di espungere
questa indicazione dalle leggi che devono essere necessariamente approvate con
procedura ordinaria da Camera e Senato.
La seconda modifica, signor Presidente,
riguarda proprio la procedura del voto cosiddetto bloccato. Si tratta di
piccoli aggiustamenti con un richiamo al Regolamento del Senato e della Camera
che disciplini questa procedura, Regolamento non citato nel testo e che invece
mi sembra opportuno richiamare, anche perché il ricorso ad un voto straordinario
e particolare richiede un approfondimento procedurale a tutela delle
prerogative del Parlamento per le quali ci siamo espressi proprio oggi nella
votazione di articoli precedenti.
Poi vi è un'altra necessità di
carattere tecnico, ma anche politico-sostanziale. Tra le leggi per le quali è
richiesto il procedimento ordinario e quindi per le quali non è consentito il
ricorso alle leggi di delega né ai decreti-legge, sono stati inclusi
impropriamente anche i disegni di legge diretti all'adempimento degli obblighi
comunitari, quando sappiamo che per adempiere agli obblighi comunitari il
ricorso soprattutto alla delega legislativa è abituale (qualche volta si è
ricorso anche al decreto-legge). Quindi, se manteniamo questa formula
nell'elenco delle materie (siamo in un altro campo, però) per le quali è
prevista solo la possibilità di ricorrere alla legge ordinaria, e quindi per le
quali non è previsto il ricorso alle sedi deliberante o redigente ma solo al
procedimento in Aula, verremmo ad escludere il ricorso ai decreti-legge e ai
decreti delegati che invece sono mezzi ordinari per attuare le direttive
comunitarie.
Infine, una battuta sulla questione del
procedimento legislativo. Ripeto: io non sono innamorato di questo testo; avrei
preferito un Senato federale. Ma dobbiamo renderci conto che la procedura
legislativa è la parte più complessa di qualsiasi sistema in cui esistono due
Camere che siano paritarie o differenziate, che si tratti di una Camera del
territorio e di una Camera nazionale. Qualsiasi Costituzione sulla legislazione
contiene una serie di norme complicatissime, di difficile lettura, comprensione
ed applicazione (lo facemmo anche noi nella riforma del 2005 e, magari, è
presente anche nel testo di questa riforma).
È il caso, per esempio, della
Costituzione degli Stati Uniti, che presenta una complessità notevole; la
stessa Costituzione francese, oggi presa a modello di un tipo di governo
improntato alla semplicità, alla chiarezza e alla dinamicità, contiene nel
testo costituzionale una serie di procedure, di norme, di richiami e di
sottorichiami che per un esperto possono risultare ovvi, ma a chi non lo è
fanno tremare le vene e i polsi.
Credo che non dobbiamo sottilizzare
troppo sul processo legislativo. Qualche correzione va fatta, ma credo che una
volta che si è scelta la funzione politica di Camera e Senato occorre essere
conseguenti.
In questo contesto, non possiamo negare
l'inserimento dei 20 rappresentanti delle Regioni che partecipano alla
legislazione, tra l'altro, in materie che non coincidono con quelle
dell'articolo 72 proposto dalla Commissione e questo può creare dei problemi.
Mi auguro che se il testo avrà un esito positivo sia la Camera ad apportare
delle correzioni e a coordinare questi elementi. Nel testo sul Senato che
abbiamo approvato si prevede però espressamente che i rappresentanti regionali
non diano la fiducia, e comunque si richiama anche il Regolamento del Senato
per stabilire quale sia il valore che si vuol dare al voto di questi 20
rappresentanti, che potrebbe essere anche un valore in alcuni casi deliberativo
e in altri casi puramente consultivo.
Signor Presidente, faccio un cenno
sulla questione delle competenze regionali per seguire il ragionamento del
collega Del Pennino e anche per anticipare quello che probabilmente sarà
oggetto di dibattito nei prossimi giorni. Credo che il procedimento legislativo
potrebbe far preoccupare di meno se ci fosse maggior chiarezza tra competenze
dello Stato e delle Regioni.
La riforma del 2005 prevedeva una
«ripulitura» - il Presidente lo ricorderà - dell'articolo 117 e l'introduzione
dell'interesse nazionale. Ora, se non si fa questo, non è pensabile che ci
possano essere due Camere talmente differenziate, con la divisione di
competenze a seconda che riguardino la competenza concorrente o la competenza
statale, quando proprio la materia delle competenze è il punto dolente della
chiarezza dei rapporti tra Stato e Regioni, e quindi questa mancanza di
chiarezza si tradurrebbe in una mancanza di chiarezza nel processo legislativo.
Noi verremmo a trasferire il virus della confusione legislativa
dell'articolo 117 anche all'interno del Parlamento. Questo lo dobbiamo evitare
e spero che il seguito del dibattito possa portare a questa conclusione.
Sull'articolo 9 ho presentato alcuni
subemendamenti agli emendamenti del Gruppo del PdL sul semipresidenzialismo e
sono tutti ricopiati, parola per parola, dal testo proposto dalla Commissione
D'Alema. Sono scritti - diciamo così - sotto dettatura di quella Commissione
che produsse un buon testo. Produsse anche un buon testo del Titolo V che però
non fu ripreso interamente nella riforma del 2001, così determinando purtroppo
cotanti danni. Cerchiamo almeno di risolvere qualcosa sulla legislazione.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Passiamo all'esame dell'articolo 8, su
cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signor Presidente, l'articolo 8 è quello che prevede una modifica dell'articolo
74 della Costituzione, relativo al rinvio delle leggi da parte del Presidente
della Repubblica con messaggio.
Abbiamo soprasseduto a un tema che
appassiona moltissimo chi di noi ha passione per le questioni costituzionali,
cioè il famoso tema del rinvio parziale: da un altro punto di vista, si tratta
di vedere quanto e se sia concepibile la questione del rinvio totale di un
testo che contenga norme che il Capo dello Stato ritiene non appropriate o
censurabili sotto qualche profilo e se questo debba comportare automaticamente
il rinvio totale di un intero testo, che come ho detto spesso è fatto di tanti
articoli e di tanti argomenti.
In questo caso, il legislatore
costituente ha voluto, non so se ignorare il problema o non volerselo porre in
questa fase, ma certamente è un problema appassionante che, debbo ritenere,
sempre più verrà d'attualità, proprio per la multicomprensività dei
provvedimenti che purtroppo si vanno assommando.
Colgo l'occasione, parlando
dell'articolo 8, per concludere il discorso che mi riviene dal 7, cioè dicendo
che insisto particolarmente - e nel testo base c'è, se resiste - sul fatto che
debbano rimanere assolutamente di competenza bicamerale paritaria, integrale
sia i provvedimenti di delegazione legislativa sia la conversione in legge dei
decreti-legge.
Su queste due cose proprio non
transigo, perché comprendete bene che già con la questione del
«prevalentemente», come ho spiegato, si può aggirare la competenza propria
dell'una o dell'altra Camera, ma due questioni straordinarie - perché nella
nostra legislazione sono procedimenti straordinari, non ordinari, quello del
decreto-legge e quello della delegazione legislativa - il legislatore, se non
vuole rompere il sistema costituzionale, non può affrontarle come una cosa
ordinaria, di tutti giorni; non può spogliarsi del potere legislativo: può
farlo solo con certe premesse, certe guarentigie, certe caratteristiche, in
casi, materie e situazioni eccezionali.
Quindi, dal momento che, invece, la
questione della delega e la conversione di decreti-legge sta diventando la
regola, se si prevede anche la possibilità che non siano di stretta competenza
bicamerale, si verificherebbe un'espropriazione molto grave dei poteri del
Parlamento e una rottura del sistema.
Ecco perché segnalo la mia
preoccupazione nei riguardi dell'emendamento 7.217 di un mio bravo e valoroso
collega di Gruppo, senatore Malan, e mi auguro che non venga mantenuto. Questa
proposta, infatti, sembrerebbe voler sopprimere dalla competenza bicamerale la delegazione
legislativa e la conversione in legge dei decreti-legge, il che, con tutto il
rispetto e l'amicizia, mi allarmerebbe fortemente e non mi troverebbe
d'accordo.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9, su cui sono stati
presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signor Presidente, affronto un solo tema
con riferimento all'articolo 9, ma anche questo denuncia la mia ormai
conclamata attitudine a difensore delle prerogative parlamentari.
L'emendamento 9.0.200 prevede di
aggiungere, all'articolo 76 della Costituzione, dopo il primo comma, il
seguente: "I decreti legislativi delegati entrino in vigore 30 giorni dopo
la loro pubblicazione. Se entro tale termine una delle Camere abbia, su
richiesta di un decimo dei suoi componenti, riesaminato il testo e deliberato
la difformità rispetto ai principi e criteri direttivi della delega di una o
più disposizioni, queste sono espunte dal testo. Entro 15 giorni dalla
deliberazione, il Governo può rinunciare all'esercizio della delega oppure
riformulare con le necessarie modifiche di coordinamento il testo, il quale
entra in vigore il giorno successivo alla sua nuova pubblicazione".
Il perché di tale previsione sta in
questo: si sta sempre più abusando di questo autospogliarsi del Parlamento
mediante leggi di delegazione. Come ci viene ripetuto anche in questi ultimi
mesi e giorni, il Governo ci dice di aver predisposto uno schema di decreto
legislativo e che il parere delle Commissioni parlamentari è solo di natura facoltativa
e non vincolante. E allora, siccome si rischia spesso - ed io ho fior di esempi
- l'abuso e quindi l'eccesso di delega - come dicono i costituzionalisti - mi
chiedo come sia possibile porvi rimedio. Se il Governo sempre più spesso, con
questa forma di decisionismo rampante che sta prendendo quota, aizzato e
avvalorato anche da altri organi istituzionali, eccede nella delega, come si
rimedia? Si censura il Governo con un voto di sfiducia a posteriori? Sono tutte
balle. Non avviene. Il cane abbaia e la carovana passa. Non si fa così.
Allora per questo, in qualità di primo
firmatario dell'emendamento aggiuntivo 9.0.200, ho previsto il meccanismo per
cui il Parlamento, che è stato praticamente l'organo delegante, possa sindacare
il modo con cui il Governo ha attuato la delega. E se ravvisa che vi è stato un
eccesso, un'infedeltà di delega, ha lo strumento per far valere le sue ragioni.
Altrimenti, bisogna impugnare il provvedimento davanti alla Corte
costituzionale e mettere in moto un meccanismo complesso, il cui onere spesso
ricade su enti locali, su cittadini controinteressati, sulle altre istanze
istituzionali, su organi magistratuali che quando hanno delle controversie
possono rimetterle alla Corte costituzionale. Ho capito, ma tutto questo è un
rimedio tardivo, oneroso e spesso inefficace.
Ho sperimentato con dolore e con
rincrescimento nel corso degli anni - e qualche volta, di fronte a casi che ho
ritenuto particolarmente gravi, l'ho segnalato al Quirinale nella mia
responsabilità di parlamentare - che vi era stato un eccesso di delega o una
non fedeltà ai criteri della delega e, o non mi ha risposto nessuno (come se a
segnalare la questione fosse stato un bettoliere qualsiasi) oppure
semplicemente ho ricevuto una letterina nella quale si diceva che si era preso
nota della segnalazione. No, questo non va bene. Secondo me, questo meccanismo
che abbiamo previsto potrà essere discusso nelle sue modalità. In ogni caso, un
qualche meccanismo deve essere attuato.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
All'articolo 10 sono stati presentati
emendamenti che si danno per illustrati.
Passiamo all'esame dell'articolo 11, su
cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). L'emendamento 11.215 riguarda un problema
che ritengo di grande interesse politico ed istituzionale. Mi riferisco ai
ribaltoni.
Proprio oggi pomeriggio abbiamo vissuto
una vicenda simile, sia pure in forma impropria, in quanto l'emendamento di cui
si parlava era sotteso da lodevole intenzione ma, tecnicamente e
costituzionalmente, non funzionava. Si voleva addirittura introdurre il vincolo
di mandato nei confronti del parlamentare. Questo francamente era impossibile,
per un verso, ed inappropriato per un altro. Veniva però fuori l'esigenza del
non ribaltone, ossia del fatto che l'elettore non deve vedere tradito e
disatteso il proprio voto, perché chi è eletto per un certo destino politico,
in linea di massima, vi si deve attenere.
Risponde a verità che le vicende
possono essere tante e quindi, alle volte, i partiti possono non essere fedeli
a se stessi e i programmi possono venire disattesi. Si pone pertanto il
problema della coscienza individuale del parlamentare che abbia una sua
personalità, il quale non deve venire in questa sede a scaldare la sedia o a
ritirare la paga o a premere il bottone del meccanismo elettronico per il voto.
La fedeltà al mandato elettorale deve comunque sussistere.
Noi andiamo a prevedere quindi la
sfiducia costruttiva, che è un meccanismo molto serio da tanti invocato. In
sostanza, non si devono fare crisi al buio. Non si deve far cadere un Governo
se non si è pronti ad officiarne un altro con una maggioranza che lo sostiene.
A questo punto, come si fa ad evitare i ribaltoni, se si è stati eletti con una
maggioranza di centrodestra o di centrosinistra e, a metà della legislatura, si
fa cadere quel Governo e si passa ad appoggiarne un altro, magari opposto come
istanza politica?
Insieme ad alcuni colleghi ho cercato
di studiare un meccanismo, che esplicito all'emendamento 11.215, che recita
come segue: «La mozione di sfiducia deve essere approvata dal Parlamento in
seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle due
Camere» - fino a questo punto nulla di innovativo rispetto ad altre proposte,
ma aggiungo - «e con un voto favorevole della maggioranza sia dei senatori sia
dei deputati che abbiano votato la fiducia al Governo insediato a seguito delle
elezioni».
Funziona? Forse. Ho pensato a tal
riguardo per un po' di tempo, e credo che comunque funzioni. Se qualcuno ha un
altro meccanismo migliore da proporre, lo prenderemo seriamente in esame. In
sostanza, dico quanto segue. Una maggioranza ha appoggiato il Governo che si è
insediato a seguito del risultato elettorale. A metà della legislatura, o
quando che sia, si fa cadere quel Governo e si forma un'altra maggioranza. A
questo punto, si cambia la persona, ma è sempre la stessa maggioranza. Se non
si tratta esattamente della stessa maggioranza, bisogna che almeno la nuova
maggioranza sia composta in misura prevalente, e quindi nella sua stessa
maggioranza, dai parlamentari che hanno votato la fiducia al precedente
Governo.
Se al contrario la nuova maggioranza è
costituita addirittura in misura prevalente da nuovi e diversi parlamentari, si
verifica a questo punto il ribaltone. Evidentemente una quota minoritaria ha
fatto transumanza e, per suoi legittimi o meno legittimi, per apprezzabili o
meno apprezzabili motivi, ha cambiato schieramento. Questo significa ribaltare
il risultato elettorale democratico.
L'emendamento in esame, del quale
invito a non sottovalutare l'importanza, tende appunto a garantire che non si
verifichino il tradimento e il ribaltamento della volontà democratica popolare
che, fino a prova contraria, dovrebbe essere sovrana.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Poiché all'articolo 12 sono stati
presentati emendamenti che si intendono illustrati e l'articolo 13 è precluso
dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2) come subemendato, passiamo
all'esame degli emendamenti volti ad introdurre articoli aggiuntivi dopo
l'articolo 13, che invito i presentatori ad illustrare.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Signor Presidente, mi era
venuta la tentazione di illustrare anche gli emendamenti da me presentati con
riferimento agli articoli in precedenza esaminati, ma avendo poi interpretato
la mimica del suo volto - che tra noi siciliani è particolarmente chiara - ho
deciso di graziare lei e quel che resta dell'Assemblea, per cui mi limiterò a
parlare molto brevemente degli emendamenti diretti ad inserire articoli
aggiuntivi dopo l'articolo 13 e, in particolare, dell'emendamento 13.0.201.
Signor Presidente, il Gruppo di
Coesione Nazionale - come ha manifestato anche nel corso della giornata con
ripetuti interventi - considera l'andamento dei nostri lavori abbondantemente
inficiato con riferimento all'esito finale. Lo considera inficiato non soltanto
per le considerazioni che sono emerse nel corso degli interventi dei colleghi
della sinistra, ma anche per quelle emerse nel corso degli interventi formulati
dai colleghi del centrodestra.
Stiamo consumando un rito, e
consideriamo questi passaggi come rituali. Probabilmente è giusto che questo
rito si consumi e che ciò avvenga il più rapidamente possibile, ma tra chi
all'interno di questo Parlamento ha onestà intellettuale esiste la convinzione
che la strada intrapresa, per tutta una serie di ragioni che abbiamo ascoltato
nel corso delle diverse sedute che si sono succedute, non approderà alla
riforma costituzionale di cui invece, paradossalmente e con urgenza, il Paese
avrebbe bisogno. Ci poniamo dunque il problema di quello che dovrà essere
l'assetto costituzionale del Paese nel momento in cui questo tentativo, come
ormai mi sembra abbondantemente chiaro, non dovesse andare in porto.
È in questo senso che va letto
l'emendamento 13.0.201 che porta la mia firma e quella degli altri colleghi del
Gruppo di Coesione Nazionale: è un emendamento che prevede l'istituzione
dell'Assemblea costituente. Ci sono anche emendamenti di altri colleghi: cito
solo quello del senatore D'Alì, del Gruppo del Popolo della Libertà, che, in
buona sostanza, ipotizza una soluzione di questo genere. È una soluzione che
certamente riconsegnerebbe all'alveo dell'autorevolezza una decisione così
importante, quale quella della modifica della legge fondamentale del nostro
Stato.
Un'Assemblea costituente che,
nell'ipotesi che noi formuliamo, deve essere eletta dai cittadini a suffragio
universale e con un numero di componenti non particolarmente elevato. L'ipotesi
che formuliamo è di un membro ogni 500.000 abitanti. Quindi, stiamo parlando di
un organismo di circa 120-125 componenti, che è munito di una serie di filtri
di incompatibilità a monte e di altrettanti filtri di incompatibilità a valle
per quanto riguarda i suoi membri, proprio perché siamo convinti che questo
organismo non debba soffrire neanche lontanamente la tentazione di predisporre
un testo che serva a predeterminare per una parte politica o per una parte
dell'Assemblea costituente stessa o anche per il singolo Costituente alcun tipo
di vantaggio di natura individuale, soggettiva o di parte.
Vorremmo che questo organismo fosse
sinceramente, realisticamente e realmente terzo, che produca una modifica
costituzionale che non deve riguardare i principi fondamentali e le
disposizioni fondanti la Costituzione vigente, ma invece affrontare quelle
parti che nel frattempo meritano, se non addirittura necessitano, una profonda
rivisitazione, non soltanto perché sono passati tanti anni dalla approvazione
della Costituzione. Ci sono infatti adempimenti europei; sono intervenute
esigenze in tema di tutela dei dati personali oltre che di diritti individuali
e di diritti di nuova generazione, che dobbiamo prendere in considerazione.
Sono intervenute sensibilità di natura politica e sociale molto diverse e molto
più articolate: ad esempio, in tema di tutela dell'ambiente, per il rispetto
delle diversità tra persone, tra culture, tra religioni, tra modi di essere,
tra etnie e così via. Alcuni di questi aspetti non erano profondamente ed
articolatamente previsti nella Costituzione vigente. Riteniamo che un'Assemblea
costituente li debba prendere in considerazione.
Ma al di là del merito dell'Assemblea
costituente che noi ipotizziamo e del lavoro che essa dovrà svolgere, riteniamo
importante recuperare il metodo. Pensiamo che un Parlamento, a sette-otto mesi
dal suo naturale scioglimento, non sia nelle condizioni di esprimere un testo
che abbia i crismi dell'equilibrio e dell'autorevolezza che una Carta
fondamentale dello Stato merita di dover avere.
Ed allora l'ipotesi che noi formuliamo
è quella della istituzione di un'Assemblea costituente che elabori il nuovo
testo della Costituzione e lo sottoponga a referendum popolare,
esattamente come avvenne alcuni decenni fa in occasione dell'approvazione della
Costituzione vigente.
Noi crediamo che la Carta
costituzionale di un Paese, laddove si renda necessario apportare modifiche
significative e profonde come in questo caso, non possa essere elaborata
attraverso un normale iter parlamentare, soprattutto quando il
Parlamento in questione è prossimo alla conclusione della legislatura e debba
essere, invece, interamente affidata alla valutazione dei cittadini attraverso
il referendum.
Io mi auguro, ma noi siamo
inguaribilmente ottimisti da questo punto di vista, che, sancito il naufragio
del tentativo di riforma di natura parlamentare, si tenti di recuperare
quest'altra ipotesi, che ridarebbe dignità al suffragio popolare, che ridarebbe
dignità a questo Parlamento e che non ricondurrebbe a uno scontro politico
frontale come quello cui abbiamo assistito oggi. Una riforma che tutto merita
tranne che di essere affrontata sul piano delle differenziazioni di natura
ideologica e culturale, se non addirittura tattica e preelettorale. Se un testo
di riforma costituzionale dovesse essere inficiato da un condizionamento di
natura elettorale o, peggio, elettoralistica, il Paese sarebbe di fronte,
veramente, al pericolo del crollo dei suoi elementi fondanti e del crollo dei
suoi principi, voluti in altra epoca, ma certamente ancora saldi e solidi;
principi che non può certamente permettersi di trascurare né di violentare,
come ho visto che sta accadendo in quest'Aula in questi giorni.
Signor Presidente, avevo promesso di
non essere particolarmente lungo, ma il tema della Assemblea costituente è
forse quello che resta, alla fine di un percorso che si è rivelato del tutto
impotente rispetto all'esito finale. La decisione del Gruppo del PD, questa
sera, di dare addirittura valore politico al voto sul calendario dei lavori ha
dato il colpo finale a qualsiasi ipotesi di incontro di posizioni, sia pure
diverse, ma che potevano essere oggetto di mediazione e di verifica, nel senso
positivo del termine, del risultato finale.
Ci auguriamo che quest'ultimo tentativo,
volto a istituire una Assemblea costituente a cui affidare la riforma
costituzionale, possa essere quello che noi lasciamo al futuro Parlamento e al
Paese, nella speranza che l'uno e l'altro possano costruirsi un percorso più
idoneo per gli anni a venire.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Si è così conclusa l'illustrazione
degli emendamenti. A questo punto, rinvio il seguito della discussione dei
disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 22,34).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le
Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di
partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della Costituzione,
in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato attivo e
passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province (3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
ARTICOLO 5 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 5
(Modifica dell'articolo 69 della
Costituzione)
1. L'articolo 69 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 69. - I membri del Parlamento
hanno il dovere di partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni,
e ricevono un'indennità stabilita dalla legge».
EMENDAMENTI
5.200
Sopprimere l'articolo.
5.201
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 5. - (Modifica dell'articolo
69 della Costituzione) - 1. L'articolo 69 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 69. - I membri del
Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute delle Assemblee e ai
lavori delle Commissioni e delle Giunte. Tale dovere è esteso alle elezioni
degli organi collegiali di garanzia. I membri del Parlamento ricevono
un'indennità stabilita dalla legge"».
5.202
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 5. - (Modifica dell'articolo
69 della Costituzione) - 1. L'articolo 69 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 69. - I membri del
Parlamento partecipano ai lavori delle Camere, delle Commissioni e delle Giunte
e ricevono un'indennità stabilita dalla legge in base alla loro presenza».
5.203
Al comma 1, capoverso «Art. 69»
sostituire le parole: «il dovere» con«l'obbligo».
5.204
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sostituire le parole: «ai
lavori delle Camere anche nelle Commissioni,», con le seguenti: «alle sedute
delle Camere e ai lavori delle Commissioni».
5.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, dopo le parole: «nelle
Commissioni», sono inserite le seguenti: «permanenti, bicamerali, speciali e di
inchiesta e nelle Giunte».
5.206
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, dopo le parole: «nelle
Commissioni», sono inserite le seguenti: «e nelle Giunte».
5.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, aggiungere infine le
seguenti parole: «, non cumulabile con altri redditi da lavoro».
ARTICOLO 6 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 6.
(Modifica all'articolo 70 della
Costituzione)
1. All'articolo 70 della Costituzione
la parola: «collettivamente» è soppressa.
EMENDAMENTI
6.200
Sopprimere l'articolo.
6.201
Sopprimere l'articolo.
6.202
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 6. - (Procedimento
legislativo). - 1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 70. - La funzione
legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera del deputati
e dal Senato federale della Repubblica nei seguenti casi:
a) disegni di legge di revisione della Costituzione e altri
disegni di legge costituzionale;
b) disegni di legge concernenti l'esercizlo della
competenza legislativa dello Stato di cui all'articolo 116, terzo comma.
Salvo quanto previsto dal commi primo e
terzo, la Camera dei deputati è competente per i disegni di legge concernenti
l'esercizio delle competenze legislative dello Stato di cui agli articoli 117,
secondo comma, ad eccezione di quelli concernenti la perequazione delle risorse
finanziarie, e 119, quinto comma.
Il Senato federale della Repubblica è
competente per i disegni di legge concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato di cui agIi articoli 57, terzo comma, 117, comma
secondo, lettere e), limitatamente alla perequazione delle risorse
finanziarie, m), p), t) e u), comma quinto e comma nono. Il
Senato federale della Repubblica è altresì competente in ogni caso in cui la
Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o della Repubblica.
Dopo l'approvazione da parte della
Camera competente ai sensi del secondo o terzo comma, i disegni di legge sono
esaminati dall'altra Camera che può esprimere, entro trenta giorni, il proprio
parere. La Camera competente decide in via definitiva e può deliberare, a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, di non recepire il parere. Qualora
non sia espresso alcun parere entro il termine previsto, la legge può essere
promulgata.
I termini per l'espressione del parere
di cui al comma quarto del presente articolo sono ridotti della metà per i
disegni di legge di conversione dei decreti emanati al sensi dell'articolo 77.
I Presidenti del Senato federale della
Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra di loro, decidono le
eventuali questioni di competenza tra le due Camere, sollevate secondo le norme
dei rispettivi regolamenti, in ordine all'esercizio della funzione legislativa.
La decisione dei Presidenti non è sindacabile in alcuna sede."».
6.203
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 6. - (Modifiche all'articolo
70 della Costituzione). - 1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 70. - La funzione
legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati
e dal Senato della Repubblica nei seguenti casi:
a) disegni di legge in materia costituzionale ed
elettorale;
b) disegni di legge di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci
e consuntivi;
c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni
fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane;
d) leggi concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo
comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123,
quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;
e) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle
Autorità di garanzia e di vigilanza;
f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
Il Presidente della Camera dei deputati
e il Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa tra loro, individuano al
fine dell'assegnazione al Senato della Repubblica i disegni di legge che hanno
lo scopo di determinare i princìpi fondamentali nelle materie di cui
all'articolo 117, terzo comma. Dopo l'approvazione da parte del Senato della
Repubblica, tali disegni di legge sono trasmessi alla Camera dei deputati che
delibera in via definitiva e può apportare modifiche solo a maggioranza
assoluta dei suoi componenti.
In tutti gli altri casi, dopo
l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono
trasmessi al Senato della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di
un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera
dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate
riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119,
commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o
respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Qualora il
Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine previsto, la
legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo 77"».
Conseguentemente, sopprimere l'articolo
7.
6.300 (già
6.0.300)
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
Art. 6. - (Modifica dell'articolo 70
della Costituzione). - L'articolo 70 è sostituito dal seguente:
"Art. 70. - La funzione
legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati
e dal Senato della Repubblica nei seguenti casi:
a) leggi di revisione della Costituzione e altre leggi
costituzionali;
b) leggi in materia di organi di governo e di funzioni
fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane;
c) leggi concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo
comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123,
quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;
d) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle
Autorità di garanzia e di vigilanza;
e) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
Il Presidente della Camera dei deputati
e il Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa tra loro, individuano al
fine dell'assegnazione al Senato della Repubblica i disegni di legge che hanno
lo scopo di determinare i princìpi fondamentali nelle materie di cui
all'articolo 117, terzo comma. Dopo l'approvazione da parte del Senato della
Repubblica, tali disegni di legge sono trasmessi alla Camera dei deputati che
delibera in via definitiva e può apportare modifiche solo a maggioranza
assoluta dei suoi componenti.
In tutti gli altri casi, dopo
l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono
trasmessi al Senato della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di
un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera
dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate
riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119,
commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o
respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Qualora il
Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine previsto, la
legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo 77"».
ARTICOLO 7 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 7.
(Modifica dell'articolo 72 della
Costituzione)
1. L'articolo 72 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 72. - I disegni di legge sono
presentati al Presidente di una delle Camere.
La funzione legislativa è esercitata in
forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una
maggioranza speciale di approvazione, per le leggi in materia costituzionale ed
elettorale, per quelle concernenti le prerogative e le funzioni degli organi
costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelle di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di
approvazione di bilanci e consuntivi. La funzione legislativa è altresì
esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando, al fine di garantire
l'unità giuridica o economica della Repubblica, il Governo presenta al
Parlamento un disegno di legge che, nel rispetto dei princìpi di leale
collaborazione e di sussidiarietà, interviene nelle materie attribuite alla
potestà legislativa regionale.
L'esame dei disegni di legge ha inizio
alla Camera presso la quale sono stati presentati, quando la funzione
legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Ha inizio al Senato
della Repubblica, quando la Costituzione prevede una legge della Repubblica e
quando i disegni di legge riguardano prevalentemente le materie di cui
all'articolo 117, terzo comma, e all'articolo 119, ha inizio alla Camera dei
deputati in tutti gli altri casi.
I disegni di legge sono assegnati a una
delle due Camere, con decisione non sindacabile in alcuna sede, dai Presidenti
delle Camere d'intesa tra loro secondo le norme della Costituzione e dei
rispettivi regolamenti.
Ogni disegno di legge è esaminato,
secondo le norme dei regolamenti delle Camere, da una Commissione e poi dalla
Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. I
regolamenti possono stabilire che un disegno di legge sia esaminato da una
Commissione composta da un eguale numero di deputati e di senatori designati in
modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza
e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi
di proposte indicate dai gruppi parlamentari di opposizione.
Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che lo
esamina e sottoposto alla votazione finale entro un termine determinato.
Decorso il termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta,
è messo in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione
finale.
I regolamenti delle Camere possono
stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge
sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento
della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera,
se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della
Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che
sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I
regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
La procedura normale di esame e di
approvazione è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale
ed elettorale, di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti
con forza di legge, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di
approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti all'adempimento degli
obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.
I disegni di legge approvati da una
Camera sono trasmessi all'altra Camera e, salvo il caso di esercizio collettivo
della funzione legislativa, sono da questa esaminati se, entro quindici giorni
dalla trasmissione, ne è deliberato il riesame su proposta di un terzo dei suoi
componenti. Il riesame ha luogo anche su richiesta del Governo. Il disegno di
legge può essere approvato, anche con modifiche, o respinto, entro i trenta
giorni successivi alla deliberazione o alla richiesta di riesame. I disegni di
legge si intendono definitivamente approvati quando si forma una deliberazione
conforme delle due Camere ovvero, nel testo approvato da una Camera, in
mancanza di deliberazione o richiesta di riesame o quando queste non sono
seguite dalla votazione finale sul disegno di legge nel termine prescritto».
EMENDAMENTI
7.200
Sopprimere l'articolo.
7.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sopprimere l'articolo.
7.205
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 7. - (Modifica dell'articolo
72 della Costituzione). - L'articolo 72 della Costituzione sostituito è dal
seguente:
"Art. 72. - I disegni di legge
sono presentati al Presidente di una delle Camere.
I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo.
La funzione legislativa è esercitata in
forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una
maggioranza speciale di approvazione, per la legge in materia costituzionale ed
elettorale o concernenti le prerogative e le funzioni degli organi
costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelli di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di
concessione di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti
all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea.
La funzione legislativa è altresì esercitata in forma collettiva dalle due
Camere quando, al fine di garantire l'unità giuridica o economica della
Repubblica, il Governo presenti al parlamento un disegno di legge che, nel
rispetto dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà, interviene
nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale. Per tali disegni
di legge non si applica il comma 13 del presente articolo.
I disegni di legge riguardanti le
materie di cui al comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione ad esclusione di
quelli di cui alle lettere p) e s), nonché quelli previsti dal
comma 3 dello stesso articolo che riguardano:
-tutela dell'ambiente, dell'ecosistema
e dei beni culturali;
-ricerca e innovazione scientifica e
tecnologica;
-reti di trasporto, di navigazione e di
comunicazione di interesse nazionale e relative opere;
-produzione, trasporto e distribuzione
dell'energia;
-protezione civile;
-commercio con l'estero;
-professioni;
-ordinamento sportivo.
sono assegnati alla Camera dei
deputati.
Al Senato della Repubblica sono
assegnati i disegni di legge di cui alle lettere p) e s) del
comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione e quelli di cui al comma 3 dello
stesso articolo ad eccezione dei disegni di legge concernenti:
-tutela dell'ambiente, dell'ecosistema
e dei beni culturali;
-ricerca e innovazione scientifica e
tecnologica;
-reti di trasporto, di navigazione e di
comunicazione di interesse nazionale e relative opere;
-produzione, trasporto e distribuzione
dell'energia;
-protezione civile;
-commercio con l'estero;
-professioni;
-ordinamento sportivo.
I disegni di legge sono assegnati, ad
una delle due Camere, d'intesa tra i loro Presidenti, secondo le norme della
Costituzione e dei rispettivi regolamenti.
Ogni disegno di legge è esaminato,
secondo le norme del regolamento della Camera alla quale è stato assegnato, da
una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo
e con votazione finale. r regolamenti delle Camere possono stabilire che un
disegno di legge sia esaminato da una commissione composta da un eguale numero
di deputati e di senatori designati in modo da 11specchiare la proporzione dei
gruppi parlamentari.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza
e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi
di proposte indicati dai gruppi parlamentari di opposizione.
I regolamenti della Camera possono
stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge
sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della
sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il
Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione
richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia
sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I
regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che deve
esaminarlo e che sia votato entro un termine determinato secondo le modalità e
con i limiti stabiliti dai regolamenti. Può altresì chiedere che, decorso tale
termine, il testo proposto o condiviso dal Governo sia approvato articolo per
articolo, senza emendamenti, e con votazione finale.
Ad eccezione dei disegni di legge per i
quali è prevista la forma collettiva, il disegno di legge, approvato da una
Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro
quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame
su proposta di un terzo dei suoi componenti. La Camera che dispone di
riesaminare il disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta
giorni successivi alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine,
il disegno di legge si intende definitivamente approvato. Se la Camera che ha
chiesto il riesame lo approva con emendamenti o lo respinge, il disegno di
legge è trasmesso alla prima Camera, che delibera in via definitiva"».
7.204
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 7. - (Modifica dell'articolo
72 della Costituzione). - L'articolo 72 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 72. I disegni di legge sono
presentati al Presidente di una delle Camere.
I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo.
La funzione legislativa è esercitata in
forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una
maggioranza speciale di approvazione, per la legge in materia costituzionale ed
elettorale o concernenti le prerogative e le funzioni degli organi
costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelli di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di
concessione di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali,
di approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti all'adempimento
degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. La funzione
legislativa è altresì esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando,
al fine di garantire l'unità giuridica o economica della Repubblica, il Governo
presenti al parlamento un disegno di legge che, nel rispetto dei princìpi di
leale collaborazione e di sussidiarietà, interviene nelle materie attribuite
alla potestà legislativa regionale. Per tali disegni di legge non si applica il
comma 13 del presente articolo.
I disegni di legge riguardanti le
materie di cui al 2º comma dell'articolo 117, come modificato dalla presente
legge costituzionale, sono assegnati alla Camera dei deputati, ad esclusione di
quelli indicati dalle lettere p), s), z), aa).
Al Senato della Repubblica sono
assegnati i disegni di legge di cui alle lettere p), s), z), aa) del 2º
comma dell'articolo 117, come modificato dalla presente legge costituzionale,
nonché quelli che stabiliscono i princìpi generali delle materie di competenza
regionale e quelli relativi al coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario.
I disegni di legge sono assegnati, ad
una delle due Camere, d'intesa tra i loro Presidenti, secondo le norme della
Costituzione e dei rispettivi regolamenti.
Ogni disegno di legge è esaminato,
secondo le norme del regolamento della Camera alla quale è stato assegnato, da
una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo
e con votazione finale. I regolamenti possono stabilire che un disegno di legge
sia esaminato da una commissione composta da un eguale numero di deputati e di
senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi
parlamentari.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza
e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi
di proposte indicati dai gruppi parlamentari di opposizione.
I regolamenti delle Camere possono
stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge
sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento
della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera,
se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della
Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che
sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il
regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che deve
esaminarlo e che sia votato entro un termine determinato secondo le modalità e
con i limiti stabiliti dai regolamenti. Può altresì chiedere che, decorso tale
termine, il testo proposto o condiviso dal Governo sia approvato articolo per
articolo, senza emendamenti, e con votazione finale.
Ad eccezione dei disegni di legge per i
quali è prevista la forma collettiva il disegno di legge, approvato da una
Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro
quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame
su proposta di un terzo dei suoi componenti. La Camera che dispone di
riesaminare il disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta
giorni successivi alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine,
il disegno di legge si intende definitivamente approvato. Se la Camera che ha
chiesto il riesame lo approva con emendamenti o lo respinge, il disegno di
legge è trasmesso alla prima Camera, che delibera in via definitiva"».
7.203
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 7. - 1. L'articolo 72 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 72. - La Camera dei deputati
esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117,
secondo comma, fatto salvo quanto previsto dal terzo comma del presente
articolo. Dopo l'approvazione da parte della Camera, il Senato federale della
Repubblica, entro trenta giorni, può proporre modifiche ai disegni di legge
sulle quali la Camera decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla
metà per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
Il Senato federale della Repubblica
esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi
fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, fatto salvo
quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da
parte del Senato, la Camera dei deputati, entro trenta giorni dalla loro
trasmissione, può proporre modifiche ai disegni di legge, sulle quali il Senato
decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti-legge.
La funzione legislativa dello Stato è
esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge
concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m)
e p), e 119, l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 120, secondo
comma, il sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale
della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente
alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 117,
commi quinto e nono, 118, commi secondo, 122, primo comma, 125, 132, secondo
comma, e 133, secondo comma.
Qualora il Governo ritenga che proprie
modifiche a un disegno di legge, sottoposto all'esame del Senato federale della
Repubblica ai sensi del secondo comma, siano essenziali per l'attuazione del
suo programma approvato dalla Camera dei deputati, ovvero per la tutela delle
finalità di cui all'articolo 120, secondo comma, il Presidente della
Repubblica, verificati i presupposti costituzionali, può autorizzare il
Presidente del Consiglio dei ministri ad esporne le motivazioni al Senato, che
decide entro trenta giorni. Se tali modifiche non sono accolte dal Senato, il
disegno di legge è trasmesso alla Camera che decide in via definitiva a
maggioranza assoluta dei suoi componenti sulle modifiche proposte.
L'autorizzazione da parte del
Presidente della Repubblica di cui al quarto comma può avere ad oggetto
esclusivamente le modifiche proposte dal Governo ed approvate dalla Camera dei
deputati ai sensi del secondo periodo del secondo comma"».
7.202
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Sostituire l'articolo, con il seguente:
«Art. 7. - (Modifiche all'articolo
72 della Costituzione) - 1. All'articolo 72 della Costituzione, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
"La funzione legislativa è
esercitata dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge è esaminato da una
Commissione e poi dall'Aula, che l'approva articolo per articolo e con
votazione finale".
b) dopo il quarto comma sono aggiunti, infine, i seguenti:
"Il Senato delle autonomie approva
le leggi di bilancio. Un terzo dei componenti il Senato delle autonomie può
chiedere alla Camera dei deputati che un disegno di legge sia sottoposto alla
sua approvazione.
Qualora il Senato delle autonomie non
approvi un disegno di legge già deliberato dalla Camera dei deputati,
quest'ultima è tenuta a riapprovarlo deliberando a maggioranza assoluta dei
componenti"».
7.206
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
apportare le seguenti modificazioni:
-i commi primo, secondo, terzo e quarto
sono soppressi;
-al quinto comma il primo periodo è
sostituito dal seguente: «Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è,
secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla
Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale»;
-al decimo comma sopprimere lo parole:
«, salvo il caso di esercizio collettivo della funzione legislativa,».
7.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, sostituire il primo comma con il seguente:
«Ogni disegno di legge, presentato ad
una Camera, è assegnato ad una delle due Camere dai loro Presidenti, d'intesa
tra loro, secondo le norme della Costituzione».
Conseguentemente, sopprimere il quarto
comma.
7.208
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72», primo
comma, sostituire le parole: «sono presentati al Presidente di una delle
Camere», con le seguenti: «sono presentati alla Camera cui spetta il primo
esame ovvero ad una delle Camere nelle materie di pari competenza bicamerale».
7.209
PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto specifico ed omogeneo».
7.210
PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo e corrispondente al titolo».
7.211
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72», dopo
il primo comma, inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo».
7.212
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo».
7.213
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono essere formulati
in modo chiaro, assicurare l'intellegibilità del dettato normativa ed avere un
contenuto omogeneo».
7.214
PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge, al fine di
assicurare la conoscibilità e l'osservanza delle leggi, non possono essere
formulati in modo oscuro e devono avere un contenuto omogeneo».
7.215
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire i commi dal secondo al decimo con i seguenti:
«La funzione legislativa dello Stato è
esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato della
Repubblica nei seguenti casi:
a) disegni di legge in materia costituzionale ed
elettorale;
b) disegni di legge di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci
e consuntivi;
c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni
fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane;
d) leggi concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo
comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123,
quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;
e) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle
Autorità di garanzia e di vigilanza;
f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
In tutti gli altri casi, dopo
l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono
trasmessi al Senato della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di
un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera
dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate
riguardano le materie di cui all'articolo 117, terzo comma, 118, commi secondo
e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente
modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti.
Qualora il Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine
previsto, la legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i
disegni di legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo
77.».
7.216
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, secondo comma, primo periodo, sostituire le parole: «in forma
collettiva», con la seguente: «collettivamente».
Conseguentemente, al secondo comma,
secondo periodo, sostituire le parole:
«in forma collettiva», con la seguente: «collettivamente».
7.217
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
secondo comma, sopprimere le seguenti parole: «per quelle di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge».
7.218
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, dopo le parole: «dei decreti con forza di legge,» inserire le
seguenti: «di autorizzazione a ratificare trattati internazionali,».
7.219
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
secondo comma, dopo le parole: «di conversione in legge dei decreti con forza
di legge,» inserire le seguenti: «di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali,».
7.220
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
secondo comma, dopo le parole: «di conversione in legge dei decreti con forza
di legge,» inserire le seguenti: «di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali che comportino una limitazione di sovranità,».
7.221
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, dopo le parole: «con forza di legge» inserire le seguenti «, di
concessione di amnistia e indulto».
7.222
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, dopo le parole: «con forza di legge» inserire le seguenti: «in
materia di difesa, Forze armate, sicurezza dello Stato».
7.223
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72», dopo
le parole: «con forza di legge» inserire le parole: «in materia di
giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia
amministrativa».
7.224
CALDEROLI, DIVINA, MOLINARI, PETERLINI, FOSSON, PINZGER, THALER AUSSERHOFER, PISTORIO, PORETTI, PERDUCA
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, sopprimere l'ultimo periodo.
7.225
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA, PETERLINI, MOLINARI, FOSSON, PINZGER, THALER AUSSERHOFER, PISTORIO, PORETTI, PERDUCA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, secondo comma, sopprimere il secondo periodo.
7.226
V. testo 2
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
terzo comma, sopprimere le seguenti parole: «quando la Costituzione prevede una
legge della Repubblica e».
7.226 (testo
2)
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
terzo comma, secondo periodo, sopprimere le parole: «quando la Costituzione
prevede una legge della Repubblica e» e dopo le parole: «articolo 119»,
inserire le seguenti: «nonché per le leggi di cui agli articoli 122, 125, 132,
secondo comma, e133,».
7.227
Al comma1, capoverso «Art. 72», terzo
comma, sopprimere le seguenti parole: «quando la Costituzione prevede una legge
della Repubblica e».
7.228
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, terzo comma, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole:
«quando la Costituzione prevede una legge della Repubblica e».
7.229
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72», terzo
comma, sopprimere la parola: «prevalentemente».
7.230
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere il quarto comma.
7.231
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, sostituire il quarto comma con il seguente: «I disegni di legge
sono assegnati ad una delle due Camere d'intesa tra i loro presidenti. Nel caso
in cui i disegni di legge non sono assegnati entro quindici giorni dalla loro
presentazione, il Presidente della Repubblica può procedere alla loro
assegnazione a una delle due Camere, sentiti i loro Presidenti, secondo le
norme della Costituzione».
7.232
LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, quarto comma, sopprimere le seguenti parole: «, con decisione non
sindaca bile in alcuna sede,».
7.233
LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, quarto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Nel caso
in cui i disegni di legge non sono assegnati entro quindici giorni dalla loro
presentazione, il Presidente della Repubblica può procedere alla loro
assegnazione a una delle due Camere, sentiti i loro Presidenti, secondo le
norme della Costituzione».
7.234
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, quarto comma, sopprimere le seguenti parole: «e dei rispettivi
regolamenti».
7.235
Al comma 1, capoverso «Art. 72», quarto
comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «In caso di mancata intesa, la
decisione è deferita agli uffici di presidenza delle Camere convocati
congiuntamente in numero paritario, escludendo per estrazione, a sorte, i
componenti eccedenti».
7.236
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72», dopo
il quarto comma inserire il seguente: «La funzione legislativa è esercitata in
forma paritaria dalle due Camere quando la Costituzione prescrive che sia
sempre adottata la procedura normale di esame e di approvazione dei disegni di
legge, quando prescrive una maggioranza speciale di approvazione e negli altri
casi di leggi viste dalla Costituzione o da leggi costituzionali».
7.237
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
comma quinto, dopo le parole: «articolo per articolo» inserire le seguenti: «ad
eccezione di quelli già eventualmente approvati».
7.238
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
sesto comma, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e delle proposte di
legge di iniziativa popolare».
7.239
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere il settimo comma.
7.240
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere il settimo comma.
7.241
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, sopprimere il settimo comma.
7.242
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire il settimo comma con il seguente:
«Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera di
competenza e che esso venga esaminato entro un termine determinato secondo le
modalità e con i limiti stabiliti dai regolamenti».
7.243
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
settimo comma, sostituire le parole da: «Decorso il termine» fino alla fine del
comma con le seguenti: «nei limiti e secondo le modalità stabilite nei
regolamenti. Il termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame dei
disegni di legge. Decorso tale termine il Governo può chiedere che il testo
ancora da approvare, come proposto o accolto dal Governo, è messo in votazione
articolo per articolo e con votazione finale».
7.244
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, settimo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente: «Il
termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame del disegno di legge».
7.245
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi richiamato,
settimo comma, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole: «, senza
modifiche».
7.246
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
settimo comma, aggiungere in fine le seguenti parole: «; in sede di tale
richiesta non possono essere Introdotte nel testo modifiche non proposte in
precedenza, né modificare articoli già approvati».
7.247
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, al settimo comma aggiungere il seguente periodo: «Tale procedura
non è applicabile ai disegni di legge di cui ai commi primo e ottavo del
presente articolo».
7.248
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere l'ottavo comma.
7.249
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, nono comma, dopo le parole: «e di approvazione», inserire le
seguenti: «diretta da parte della Camera».
7.250
Al comma 1, capoverso: «Art, 72» al
nono comma, sopprimere le parole: «e per quelli diretti all'adempimento degli
obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea».
7.251
Al comma 1, capoverso «Art. 72», nono
comma, sopprimere le seguenti parole: «e per quelli diretti all'adempimento
degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea».
7.252
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, nono comma, sostituire le parole: «e per quelli diretti
all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea»,
con le seguenti: «, per quelli diretti all'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza all'Unione europea e per quelli rinviati alle Camere ai sensi
dell'articolo 74».
7.253
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire l'ultimo comma con il seguente:
«I disegni di legge approvati da una
Camera sono trasmessi all'altra Camera e, salvo i casi di esercizio collettivo
della funzione legislativa, sono da questa esaminati, entro quindici giorni
dall'annuncio dell'avvenuta trasmissione, se ne è richiesto il riesame da un
quinto dei suoi componenti. Il riesame ha luogo anche su richiesta del Governo.
Il disegno di legge può essere approvato, anche con modifiche, o respinto,
entro i trenta giorni successivi all'inizio dell'esame. I disegni di legge si
intendono definitivamente approvati quando si forma una deliberazione conforme
delle due Camere ovvero, nel testo approvato da una Camera, in mancanza di
richiesta di riesame o quando questa non sia seguita dalla votazione finale sul
disegno di legge nel termine prescritto».
7.254
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire l'ultimo comma con i seguenti:
«Il disegno di legge, approvato da una
Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro
quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame
su proposta di un terzo dei suoi componenti.
La Camera che dispone di riesaminare Il
disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta giorni successivi
alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine, 11 disegno di
legge si intende definitivamente approvato.
Se la Camera che ha chiesto Il riesame
lo approva con emendamenti o lo respinge, Il disegno di legge è trasmesso alla
prima Camera, che delibera in via definitiva».
7.255
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, decimo comma, sopprimere il secondo periodo.
7.256
V. testo 2
Al comma 1, capoverso: «Art. 72», al
decimo comma, ultimo periodo apportare le seguenti modificazioni:
sostituire le parole: «da una Camera» con le seguenti: «o modificato»;
sostituire le parole: «nel termine prescritto» con le seguenti: «nel
prescritto termine di trenta giorni».
7.256 (testo
2)
Al comma 1, capoverso: «Art. 72», al
decimo comma, ultimo periodo apportare le seguenti modificazioni:
1) sostituire le parole:
«approvato da una Camera» con le seguenti: «già approvato o modificato»;
2) sostituire le parole: «nel
termine prescritto» con le seguenti: «nel prescritto termine di trenta
giorni».
7.257
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, decimo comma, aggiungere in fine il seguente periodo: «Se la Camera
che ha chiesto il riesame lo approva con emendamenti il disegno di legge è
trasmesso alla prima Camera che delibera in via definitiva a maggioranza
assoluta dei suoi componenti».
7.258
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
aggiungere, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Le leggi in materia
elettorale si applicano a decorrere dalla seconda elezione delle Camere
successiva alla data di entrata in vigore delle leggi medesime».
EMENDAMENTO TENDENTE
AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 7
7.0.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
V. em. 12.0.400
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 7-bis.
(Modifica all'articolo 73 della
Costituzione)
1. All'articolo 73 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma: "Un quarto dei componenti di
ciascuna Camera può, quando ritenga che una legge o un atto approvato dal
Parlamento violi la Costituzione, promuovere la questione di legittimità
costituzionale davanti alla Corte costituzionale nelle condizioni, forme e
termini stabiliti con legge costituzionale"».
ARTICOLO 8 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 8.
(Modifica all'articolo 74 della
Costituzione)
1. All'articolo 74, secondo comma,
della Costituzione, le parole: «Se le Camere approvano nuovamente la legge,
questa» sono sostituite dalle seguenti: «Se è nuovamente approvata, la legge».
EMENDAMENTI
8.200
Sopprimere l'articolo.
8.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 8. - (Modifica all'articolo 74
della Costituzione) - 1. L'articolo 74 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 74. - Il Presidente della
Repubblica, prima della promulgazione, può con messaggio motivato alle Camere
chiedere una nuova deliberazione sulla legge o su parti di essa. In caso di
rinvio parziale sono promulgate le parti su cui non è richiesta una nuova
deliberazione, secondo le procedure di cui all'articolo 72.
Se le Camere approvano nuovamente la
legge o la parte di essa oggetto del rinvio, questa deve essere
promulgata"».
8.202
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 8. - (Rinvio presidenziale
delle leggi) - 1. Il secondo comma dell'articolo 74 della Costituzione, è
sostituito dal seguente:
"Se le Camere approvano nuovamente
la legge, secondo il procedimento di cui all'articolo 70, questa deve essere
promulgata."».
ARTICOLO 9 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 9.
(Modifica all'articolo 75 della
Costituzione)
1. All'articolo 75, terzo comma, della
Costituzione, le parole: «cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei
deputati» sono sostituite dalle seguenti: «cittadini elettori».
EMENDAMENTI
9.200
Sopprimere l'articolo.
9.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifica all'articolo 75
della Costituzione) - 1. L'articolo 75 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 75. - È indetto referendum
popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un
atto avente valore di legge, quando lo richiedono settecentocinquantamila
elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le
leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al
referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum se è
raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di
attuazione del referendum"».
9.202
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifica all'articolo 75
della Costituzione) - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: "cinquecentomila elettori
o cinque Consigli regionali" sono sostituite dalle seguenti:
"settecentocinquantamila elettori o cinque Consigli regionali";
b) al quarto comma, sono soppresse le seguenti parole:
"se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto,
e"».
9.203
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifiche all'articolo 75
della Costituzione) - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al secondo comma dopo le parole "trattati
internazionali" sono aggiunte le seguenti "salvo accordi e concordati
bilaterali";
b) al terzo comma le parole "cittadini chiamati ad
eleggere la Camera dei deputati" sono sostituite dalle seguenti:
"cittadini elettori"».
9.204
PORETTI, PERDUCA, BONINO, PETERLINI
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifiche all'articolo 75
della Costituzione) - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al terzo comma le parole "cittadini chiamati ad
eleggere la Camera dei deputati" sono sostituite dalle seguenti:
"cittadini elettori";
b) il quarto comma è sostituito dal seguente: "La
proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei
voti validamente espressi"».
9.205
Dopo il comma 1, aggiungere il
seguente:
«1-bis. All'articolo 75, quarto
comma, della Costituzione, le parole: "se ha partecipato alla votazione la
maggioranza degli aventi diritto e" sono soppresse».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 9
9.0.200
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 76 della
Costituzione)
1. All'articolo 76, dopo il primo
comma, è aggiunto il seguente:
"I decreti legislativi delegati
entrano in vigore trenta giorni dopo la loro pubblicazione. Se entro tale
termine una delle Camere abbia, su richiesta di un decimo dei suoi componenti,
riesaminato il testo e deliberato la difformità rispetto ai principi e criteri
direttivi della delega di una o più disposizioni, queste sono espunte dal
testo. Entro quindici giorni dalla deliberazione, il Governo può rinunciare all'esercizio
della delega ovvero riformulare con le necessarie modifiche di coordinamento il
testo, il quale entra in vigore il giorno successivo alla sua nuova
pubblicazione"».
9.0.201
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Parere parlamentare sugli schemi di
decreti legislativi)
1. All'articola 76 della Costituzione è
aggiunto In fine il seguente comma:
"Gli schemi del decreti
legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle
Commissioni parlamentari competenti"».
9.0.202
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo l'articolo, è inserito il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 76 della
Costituzione)
1. All'articolo 76 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Gli schemi dei decreti
legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle
Commissioni parlamentari competenti."».
9.0.300
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 77 della
Costituzione)
1. L'articolo 77 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 77. - Fatta eccezione per
quanto previsto dall'articolo 76, il Governo non può emanare decreti che
abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di
necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità,
provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli
per la conversione alle Camere, che si riuniscono entro cinque giorni. la
Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata.
I decreti perdono efficacia sin
dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro
pubblicazione. Si possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
base dei decreti non convertiti.
Il Governo non può, mediante decreto,
rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge, ripristinare
l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale,
conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari in materie già
disciplinate con legge.
I decreti e le relative leggi di
conversione devono contenere misure di immediata applicazione e il loro
contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Al procedimento di conversione si
applica la disciplina di cui all'articolo 70"».
9.0.203
Dopo l'articolo inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Il Governo non può, mediante
decreti:
a) conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76;
b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, nono
comma;
c) rinnovare le disposizioni di decreti dei quali sia stata
negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;
d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei
decreti non convertiti;
e) ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.
I decreti devono contenere misure di
immediata applicazione e il loro contenuto, anche dopo le eventuali
modificazioni intervenute in sede di conversione, deve essere specifico,
omogeneo e corrispondente al titolo"».
9.0.204
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione
sono aggiunti, in fine i seguenti commi:
"Il Governo non può, mediante
decreti:
a) conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76;
b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, nono
comma;
c) rinnovare le disposizioni di decreti dei quali sia stata
negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;
d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei
decreti non convertiti;
e) ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.
I decreti, anche nel testo emendato,
devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve
essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo"».
9.0.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Il Governo non può, mediante
decreto, rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge,
ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte
costituzionale, conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari
in materie già disciplinate con legge.
I decreti e le relative leggi di
conversione devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto
deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Al procedimento di conversione si
applica la disciplina di cui all'articolo 72"».
9.0.206
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Decretazione d'urgenza)
1. All'articolo 77 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Il Governo non può, mediante
decreto, rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge,
ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale,
conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari in materie già
disciplinate con legge"».
9.0.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Al procedimento di conversione si
applica la disciplina di assegnazione e trattazione di cui all'articolo
72"».
9.0.208
PARDI, PEDICA, CAFORIO, CARLINO
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 81 della
Costituzione)
1. L'articolo 81 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 81. - Le Camere approvano
ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L'esercizio provvisorio del bilancio
non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori
complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del
bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o
maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".
2. L'articolo 5 della legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, è abrogato».
9.0.500
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 83 della
Costituzione)
1. L'articolo 83 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 83. - Il Presidente della
Repubblica è il Capo dello Stato.
Rappresenta l'unità della Nazione e ne
garantisce l'indipendenza.
Vigila sul rispetto della Costituzione.
Assicura il rispetto dei trattati e
degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia a organizzazioni
internazionali e sovranazionali.
Rappresenta l'Italia in sede
internazionale ed europea.
Il Presidente della Repubblica è eletto
a suffragio universale e diretto. Sono elettori tutti i cittadini che hanno
compiuto la maggiore età"».
9.0.730 (già
2.3)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 83 della
Costituzione)
1. All'articolo 83 della Costituzione,
il secondo comma è abrogato».
9.0.301
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 83 della
Costituzione)
1. Il secondo comma dell'articolo 83
della Costituzione è abrogato».
9.0.501/100
All'emendamento 9.0.501, capoverso
«Art. 84», aggiungere, in fine, il seguente comma: «Alla cessazione dalla
carica entra a far parte di diritto e a vita della Corte costituzionale».
Conseguentemente sopprimere l'articolo
59 della Costituzione.
9.0.501
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 84 della Costituzione)
1. L'articolo 84 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 84. - Può essere eletto
Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto quarant'anni e
goda dei diritti politici e civili.
L'ufficio è incompatibile con qualsiasi
altra carica e attività pubblica o privata. La legge prevede altresì
disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi privati del
Presidente della Repubblica e gli interessi pubblici. A tal fine la legge
individua le situazioni di ineleggibilità e incompatibilità.
L'assegno e la dotazione del Presidente
della Repubblica sono determinati per legge"».
9.0.209
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 84 della
Costituzione)
1. Al primo comma dell'articolo 84
della Costituzione, le parole: "cinquant'anni" sono sostituite dalle
seguenti: "quarant'anni"».
9.0.210
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
1. Al primo comma dell'articolo 84
della Costituzione, le parole: "cinquant'anni" sono sostituite dalle
seguenti: "quarant'anni".
9.0.211
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
1. Al primo comma dell'articolo 84
della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Può essere
eletto chi ha ottenuto la sottoscrizione della propria candidatura da parte di
cinquecento sindaci"».
9.0.502
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 85 della
Costituzione)
1. L'articolo 85 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 85. - Il Presidente della
Repubblica è eletto per cinque anni. Può essere rieletto una sola volta.
Il Presidente del Senato della
Repubblica, il novantesimo giorno prima che scada il mandato del Presidente
della Repubblica, indice l'elezione, che deve aver luogo in una data compresa
tra il sessantesimo e il trentesimo giorno precedente la scadenza.
Le candidature sono presentate da un
gruppo parlamentare delle Camere, ovvero da duecentomila elettori, o da
deputati e senatori, da membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, da
consiglieri regionali, da presidenti delle Giunte regionali e da sindaci, che
vi provvedono nel numero e secondo le modalità stabiliti dalla legge.
I finanziamenti e le spese per la
campagna elettorale, nonché la partecipazione alle trasmissioni radiotelevisive
sono regolati dalla legge al fine di assicurare la parità di condizioni tra i
candidati.
È eletto il candidato che ha ottenuto la
maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Qualora nessun candidato
abbia conseguito la maggioranza, il quattordicesimo giorno successivo si
procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno conseguito il maggior
numero di voti.
La legge disciplina la procedura per la
sostituzione e per l'eventuale rinvio della data dell'elezione in caso di morte
o di impedimento permanente di uno dei candidati.
Il Presidente della Repubblica assume
le funzioni l'ultimo giorno del mandato del Presidente uscente. In caso di
elezione per vacanza della carica, il Presidente assume le funzioni il settimo
giorno successivo a quello della proclamazione dei risultati elettorali.
Il procedimento elettorale e le altre
modalità di applicazione del presente articolo sono regolati dalla
legge"».
9.0.302
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 85 della
Costituzione)
1. L'articolo 85 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 85. - Il Presidente della
Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il
termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il
Parlamento, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se la Camera dei deputati è sciolta, o
manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro quindici
giorni dalla riunione della nuova Camera. Nel frattempo sono prorogati i poteri
del Presidente in carica"».
9.0.212
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Indizione delle elezioni del
Presidente della Repubblica)
1. Il comma terzo dell'articolo 85
della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Se la Camera del deputati è
sciolta, o mancano meno di tre mesi alla cessazione della Camera del deputati,
l'elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della nùova Camera.
Nel frattempo sono prorogati I poteri del Presidente in carica"».
9.0.213
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Supplenza del Presidente della
Repubblica)
1. L'Articolo 86 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 86 - Le funzioni del
Presidente della Repubblica, in ogni caso in cui egli non possa adempierle,
sono esercitate dal Presidente della Camera dei deputati.
In caso di impedimento permanente o di
morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della
Camera dei deputati indice l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica
entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se la Camera del
deputati è sciolta o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione.».
9.0.303
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 86 della
Costituzione)
1. L'articolo 86 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 86. - Le funzioni del
Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono
esercitate dal Presidente della Camera dei deputati.
In caso di impedimento permanente o di
morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica. il Presidente della
Camera del deputati indice l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica
entro quindici giorni, salvo il maggiore termine previsto se la Camera è
sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione».
9.0.503
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 86 della
Costituzione)
1. Il secondo comma dell'articolo 86
della Costituzione è sostituito dal seguente:
«In caso di impedimento permanente o di
morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato
della Repubblica indice entro dieci giorni l'elezione del nuovo Presidente
della Repubblica L'elezione deve avere luogo in una data compresa tra il
sessantesimo e il novantesimo giorno successivo al verificarsi dell'evento o
della dichiarazione di impedimento».
9.0.504/100
All'emendamento 9.0.504, comma 1, dopo
la lettera a) inserire la seguente:
a-bis) dopo il primo comma sono inseriti i seguenti:
«Nomina il Primo ministro, tenendo
conto dei risultati delle elezioni delle Camere.
Su proposta del Primo ministro, nomina
e revoca i ministri.
Può chiedere al Primo ministro di
presentarsi alle Camere o ad una di esse per verificare la sussistenza del
rapporto di fiducia».
Conseguentemente, sopprimere i commi
primo, secondo e terzo dell'articolo 94 della Costituzione.
E conseguentemente, sopprimere il
secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione.
9.0.504
Dopo l'articolo 9, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 87 della
Costituzione)
1. All'articolo 87 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: "Il
Presidente della Repubblica presiede il Consiglio Supremo per la politica
estera e la difesa, costituito secondo la legge, e ha il comando delle Forze
armate»;
b) il nono comma è sostituito dal seguente: «Dichiara lo
stato di guerra deliberato delle Camere»;
c) il decimo comma è soppresso"».
9.0.304
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 87 della
Costituzione)
1. All'articolo 87 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni.
a) al terzo comma, le parole: "delle nuove
Camere" sono sostituite dalle seguenti: "della nuova Camera dei
deputati";
b) l'ottavo comma è sostituito dal seguente:
"Accredita e riceve i
rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando
occorra, l'autorizzazione con legge"».
9.0.214
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Attribuzioni del Presidente della
Repubblica)
1. All'articolo 87, terzo comma, della
Costituzione, le parole: "delle nuove Camere" sono sostituite dalle
seguenti: "della Camera dei deputati"».
9.0.505
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 87 della
Costituzione)
1. All'articolo 87 della Costituzione
il decimo comma è soppresso».
9.0.506/1
All'emendamento 9.0.506, sostituire il
capoverso «Art. 88» con il seguente: «Art. 88. - Il presidente della Repubblica
può, sentiti il Primo ministro e i loro Presidenti, sciogliere le Camere o
anche una sola di esse quando non siano in condizione di adempiere alle loro
funzioni.
Se la scadenza delle Camere cade
nell'ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, la loro
durata è prorogata. L'elezione delle nuove Camere si svolgono entro sessanta
giorni dall'elezione del Presidente della Repubblica.
La facoltà di cui al primo comma non
può essere esercitata nei confronti delle Camere che siano state elette dopo
l'elezione del Presidente della repubblica in carica, salvo che siano esse
stesse a farne richiesta con mozione votata dalla maggioranza dei propri
componenti, e in ogni caso non può essere esercitata durante i dodici mesi che
seguono le elezioni delle Camere.».
9.0.506/3
All'emendamento 9.0.506, capoverso
«Art. 88», aggiungere, in fine, il seguente comma:
«I limiti all'esercizio della facoltà
di scioglimento vigono anche per i casi di negata fiducia di cui all'articolo
94 della Costituzione».
9.0.506
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 88 della
Costituzione)
1. L'articolo 88 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 88. - Il Presidente della
Repubblica può, sentiti il Primo ministro e i loro Presidenti, sciogliere le
Camere o anche una sola di esse.
Se la scadenza delle Camere cade
nell'ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, la loro
durata è prorogata. Le elezioni delle nuove Camere si svolgono entro due mesi
dall'elezione del Presidente della Repubblica.
La facoltà di cui al primo comma non
può essere esercitata durante i dodici mesi che seguono le elezioni delle
Camere"».
9.0.215
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Scioglimento delle Camere)
1. L'articolo 88 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 88. - Il Presidente della
Repubblica può sciogliere la Camera dei deputati sentiti Il suo Presidente e i
rappresentanti dei gruppi parlamentari, anche su richiesta del Primo
Ministro"».
9.0.305
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 88 della
Costituzione)
1. All'articolo 88 della Costituzione
il primo comma è sostituito dal seguente:
"Il Presidente della Repubblica
può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati"».
9.0.216
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 88 della
Costituzione)
1. All'articolo 88 della Costituzione,
primo comma, dopo le parole: "Il Presidente della Repubblica" sono
inserite le seguenti: "anche su proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri,"».
9.0.507/100
All'emendamento 9.0.507, aggiungere, in
fine, il seguente comma:
«1-bis. All'articolo 90 della
Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Per atti diversi il Presidente
della Repubblica risponde personalmente, secondo la procedura prevista con
legge costituzionale, previa autorizzazione deliberata dal Parlamento in seduta
comune a maggioranza dei suoi componenti".».
9.0.507
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 89 della Costituzione)
1. L'articolo 89 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 89. - Gli atti del
Presidente della Repubblica adottati su proposta del Primo ministro o dei
ministri sono controfirmati dal proponente, che ne assume la responsabilità.
Non sono sottoposti a controfirma la
nomina del Primo ministro, l'indizione delle elezioni delle Camere e lo
scioglimento delle stesse, l'indizione dei referendum nei casi previsti dalla
Costituzione, il rinvio e la promulgazione delle leggi, l'invio dei messaggi
alle Camere, le nomine che sono attribuite al Presidente della Repubblica dalla
Costituzione e quelle per le quali la legge non prevede la proposta del
Governo"».
ARTICOLO 10 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 10.
(Modifica all'articolo 92 della
Costituzione)
1. All'articolo 92, secondo comma,
della Costituzione, dopo le parole: «su proposta di questo,» sono inserite le
seguenti: «nomina e revoca».
EMENDAMENTI
10.200
Sopprimere l'articolo.
10.500
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. (Modifiche agli articoli
92, 93, 95 e 96 della Costituzione) 1. L'articolo 92 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 92. - Il Governo della
Repubblica è composto del Primo ministro e dei ministri, che costituiscono
insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica presiede
il Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro.
Il Presidente della Repubblica nomina
il Primo ministro. Su proposta del Primo ministro nomina e revoca i ministri».
2. Agli articoli 93, 95 e 96 della
Costituzione, le parole: «Presidente del Consiglio dei ministri» sono
sostituite dalle seguenti: "Primo ministro".»
Conseguentemente sopprimere l'articolo
11.
10.201
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. - (Governo) - 1.
L'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 92. - Il Governo della Repubblica
è composto dal Primo Ministro e dai ministri, che costituiscono Insieme il
Consiglio dei ministri. È composto altresì dai sottosegretari di Stato e dai
Viceministri.
Il Presidente della Repubblica nomina e
revoca il Primo Ministro. Il Primo Ministro è nominato sulla base dei risultati
delle elezioni della Camera del deputati.
La legge disciplina l'elezione del
deputati In modo da favorire la formazione di una maggioranza».
10.202
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10 (Modifica all'articolo 92
della Costituzione) 1. Il primo comma dell'articolo 92 della Costituzione,
è sostituito dal seguente:
"Il Governo della Repubblica è
composto dal Presidente del Consiglio e da dieci ministri, che costituiscono
insieme il Consiglio dei ministri"».
10.203
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10 (Modifica all'articolo 92
della Costituzione) 1. All'articolo 92 della Costituzione, il secondo comma
è sostituito dal seguente:
"Il Presidente della Repubblica,
sulla base dei risultati delle elezioni, nomina il Presidente del Consiglio dei
Ministri e su proposta di questo, nomina e revoca i Ministri"».
10.204
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. (Modifiche all'articolo 92
della Costituzione) 1. All'articolo 92, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al secondo comma, della Costituzione, dopo le parole:
"su proposta di questo," sono inserite le seguenti: "nomina e
revoca";
b) dopo il secondo comma è inserito il seguente "La
legge prevede le disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi
privati del Presidente del Consiglio e degli altri membri del Governo e gli
interessi pubblici"».
10.205
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. - (Governo) - 1. al
comma 2 dell'articolo 92 della Costituzione sostituire le parole: "su
proposta" con le seguenti: "su designazione"».
10.206
Ritirato
Sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. All'articolo 92 della Costituzione,
secondo comma, dopo le parole: "Il Presidente della Repubblica" sono
inserite le seguenti: "sulla base dei risultati delle elezioni"».
10.207
Al comma 1, dopo le parole: «nomina»
inserire le seguenti: «sulla base dei risultati delle elezioni».
10.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
«1-bis. All'articolo 92, dopo il
secondo comma è aggiunto in fine il seguente: "La legge disciplina i casi
in cui non possono ricoprire cariche di governo coloro nei confronti dei quali
è stato disposto il decreto di rinvio a giudizio per reati non colposi"».
10.209
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo il comma 1, aggiungere il
seguente:
«1-bis. All'articolo 92, dopo il
secondo comma è aggiunto in fine il seguente: «La legge provvede a regolare le
modalità in basse alle quali non possono ricoprire cariche di governo le
persone che risultano avere la titolarità o il controllo, anche per interposta
persona, di un'impresa che svolga prevalentemente o esclusivamente la propria
attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato,
ovvero che risultano poterne disporre in tutto o in parte, direttamente o
indirettamente o possano determinarne in qualche modo gli indirizzi, ivi
comprese le partecipazioni azionarie indirette. Tali preclusioni si applicano
anche nel caso in cui ad avere la titolarità ed il controllo risultano essere
il coniuge, parenti ed affini entro il quarto grado, nonché persone conviventi
non a scopo di lavoro domestico».
EMENDAMENTO TENDENTE
AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 10
10.0.550
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 10-bis.
(Modifiche all'articolo 93 della
Costituzione)
1. L'articolo 93 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 93. Il primo Ministro e i
ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del
Presidente della Repubblica"».
ARTICOLO 11 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 11.
(Modifiche all'articolo 94 della
Costituzione)
1. All'articolo 94 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: «Governo» è sostituita dalle
seguenti: «Presidente del Consiglio dei Ministri»;
b) al secondo comma, le parole: «accorda e revoca la
fiducia» sono sostituite dalle seguenti: «accorda la fiducia»;
c) al terzo comma, le parole: «Entro dieci giorni dalla sua
formazione il Governo» sono sostituite dalle seguenti: «Entro dieci giorni
dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei Ministri»;
d) il quinto comma è sostituito dai seguenti:
«La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un terzo dei componenti di ciascuna delle due Camere, deve
contenere l'indicazione del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri e non
può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
La mozione di sfiducia deve essere
approvata dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti
di ciascuna delle due Camere.
Il Presidente del Consiglio dei
Ministri può porre davanti a una delle Camere la questione di fiducia.
Qualora la richiesta sia respinta, il
Presidente del Consiglio dei Ministri si dimette e può chiedere al Presidente
della Repubblica lo scioglimento delle Camere o anche di una sola di esse. Le
Camere non possono essere sciolte se il Parlamento in seduta comune entro
ventuno giorni dalla richiesta di scioglimento indica, a maggioranza assoluta
dei componenti di ciascuna delle due Camere, il Presidente del Consiglio da
nominare.
Quando è approvata una mozione di
sfiducia o il Parlamento indica un nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri
nei ventuno giorni successivi alla richiesta di scioglimento, il Presidente
della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio indicato e su proposta di
questi i Ministri. In questi casi si intende che il Presidente del Consiglio
indicato abbia già ottenuto la fiducia delle due Camere».
EMENDAMENTI
11.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sopprimere l'articolo.
11.201
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Fiducia) - 1.
L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 94 - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati.
La Camera dei deputati accorda o revoca
la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dal giuramento dei
Ministri, il Governo si presenta alla Camera per ottenerne la fiducia. In tale
sede, il Primo Ministro impegna davanti alla Camera dei deputati la
responsabilità del Governo su un determinato programma.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera dei deputati e non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Essa è
approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati. In
tal caso, il Primo Ministro deve presentare le dimissioni del Governo al
Presidente della Repubblica.
Il voto contrario della Camera dei
deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
Il Primo Ministro può porre la
questione di fiducia alla Camera dei deputati sull'approvazione o reiezione di
un provvedimento, di emendamenti o articoli di disegni di legge o su atti di
indirizzo alloro esame.
Se la richiesta di fiducia è respinta o
la mozione di sfiducia approvata, entro sette giorni il Primo Ministro presenta
al Presidente della Repubblica le dimissioni. Il Presidente della Repubblica,
sulla base dei risultati delle elezioni, nomina un nuovo Primo Ministro ovvero
scioglie la Camera dei deputati.
Qualora sia presentata e approvata una
mozione di sfiducia con la designazione di un nuovo Primo Ministro, da parte
della Camera dei deputati a maggioranza assoluta dei propri componenti che sia
conforme ai risultati delle elezioni il Primo Ministro si dimette e il
Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo Ministro designato dalla
mozione. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni
dalla sua presentazione e deve essere votata per appello nominale".».
11.300
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Modifica dell'articolo
94 della Costituzione). - 1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 94. - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati.
La Camera dei deputati accorda e revoca
la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla formazione, il
Governo si presenta alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario della Camera dei
deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione ed è
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
In caso di approvazione della mozione
di sfiducia o di dimissioni accettate del Presidente del Consiglio dei
ministri, il Presidente della Repubblica scioglie la Camera.
Non procede allo scioglimento qualora,
entro tre giorni dall'accettazione delle dimissioni del Presidente del
Consiglio dei ministri, sia presentata una mozione firmata, rispettivamente, da
almeno un terzo dei deputati, contenente l'indicazione di un nuovo Presidente
del Consiglio dei ministri, ed essa sia approvata a maggioranza assoluta dei
componenti della Camera dei deputati entro i tre giorni successivi alla sua
presentazione"».
11.202
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Modifiche all'articolo
94 della Costituzione). - 1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 94. - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati.
La Camera dei deputati accorda e revoca
la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla formazione, il
Governo si presenta alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario della Camera dei
deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione ed è
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, per appello nominale.
In caso di approvazione della mozione
di sfiducia o di dimissioni accettate del Presidente del Consiglio dei
ministri, il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere o una sola di
esse.
Non procede allo scioglimento qualora,
entro tre giorni dall'accettazione delle dimissioni del Presidente del
Consiglio dei ministri, sia presentata una mozione firmata, rispettivamente, da
almeno un terzo dei deputati, contenente l'indicazione di un Presidente del
Consiglio dei ministri, ed essa sia approvata a maggioranza assoluta dei
componenti della Camera entro i tre giorni successivi alla sua
presentazione."».
11.203
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Modifiche all'articolo
94 della Costituzione). - 1. L'articolo 94 della costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 94. - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati, la quale l'accorda o la revoca mediante
mozione motivata e per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione
il Governo si presenta alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia. Il
voto contrario della Camera dei deputati su una proposta del Governo non
importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera dei deputati e non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione."».
11.204
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
11.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere la lettera b).
Conseguentemente, sopprimere la lettera c).
11.206
Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:
sostituire la lettera b) con la seguente:
«b) il secondo comma è
sostituito dal seguente:
"La fiducia è accordata e revocata
mediante mozione motivata e votata per appello nominale.";
alla lettera d) terzo capoverso dopo le
parole: «questione di fiducia» aggiungere, in fine, le seguenti: «che è votata
per appello nominale».
11.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Sostituire la lettera b) con la
seguente:
«b) sostituire il secondo comma
con il seguente:
"Il Parlamento in seduta comune
delibera sulla richiesta di fiducia mediante mozione motivata e votata per
appello nominale"».
Conseguentemente, al comma 1, lettera d), secondo capoverso, aggiungere, in fine, le
seguenti parole: «e votata per appello nominale».
11.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
11.209
Al comma 1, sostituire la lettera c)
con la seguente:
«c) il terzo comma è sostituito
dai seguenti:
"Entro tre giorni dalla nomina, il
Presidente del Consiglio dei ministri si presenta alle Camere per ottenerne la
fiducia.
Entro sette giorni dalla nomina dei
ministri il Presidente del Consiglio presenta alla Camere il governo"».
11.210
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere la lettera d).
11.211
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, lettera d), primo
capoverso, sostituire la parola: «sottoscritta» con la seguente: «firmata».
11.212
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, lettera d), primo
capoverso, sostituire le parole: «da almeno un terzo dei componenti della
Camera e dei componenti del Senato,» con le seguenti: «da almeno un decimo dei
componenti della Camera».
Conseguentemente, alla lettera d), sopprimere il secondo capoverso.
Conseguentemente, alla lettera d),
sopprimere il terzo capoverso.
11.213
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, lettera d), primo
capoverso, sostituire le parole: «, deve contenere la indicazione del nuovo
Presidente del Consiglio dei Ministri, da nominare ai sensi dell'articolo 92,
secondo comma,» con la seguente: «e».
11.214
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, lettera d), primo capo
verso, sopprimere la seguente parola: «nuovo».
11.215
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Al comma 1, lettera d), sostituire il
secondo capoverso con il seguente:
«La mozione di sfiducia deve essere
approvata dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti
di ciascuna delle due Camere e con voto favorevole della maggioranza sia dei
senatori sia dei deputati che abbiano votato la fiducia al Governo insediato a
seguito delle elezioni».
11.216
Al comma 1, lettera d), sopprimere le
parole da: «La mozione di sfiducia deve essere approvata» fino alla fine della
lettera.
11.217
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, lettera d), quarto
capoverso sopprimere le parole da: «e può chiedere» fino alla fine del medesimo
capoverso.
11.218
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1 lettera d), quarto
capoverso, sostituire le parole: «Le Camere non possono essere sciolte se il
Parlamento in seduta comune entro ventuno giorni dalla richiesta di
scioglimento indica a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle due
Camere il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, da nominare ai sensi
dell'articolo 92, secondo comma», con le seguenti: «. Non procede allo
scioglimento qualora, entro tre giorni dall'accettazione delle dimissioni del
Presidente del Consiglio dei ministri, sia presentata una mozione firmata da
almeno un terzo dei componenti della Camera, contenente l'indicazione di un Presidente
del Consiglio dei ministri, ed essa sia approvata a maggioranza assoluta dei
componenti della Camera entro i tre giorni successivi alla sua presentazione».
11.219
Al comma 1, lettera d), al quarto
capoverso, sostituire il periodo: «Le Camere non possono essere sciolte se il
Parlamento in seduta comune entro ventuno giorni dalla richiesta di
scioglimento indica, a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle
due Camere, il Presidente del Consiglio da nominare» con il seguente: «Lo
scioglimento è disposto salvo che il Parlamento in seduta comune entro ventuno
giorni dalla richiesta indichi, a maggioranza assoluta dei componenti di
ciascuna delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei Ministri da
nominare».
11.220
Al comma 1, lettera d), aggiungere, in
fine, il seguente comma:
«Quando il Parlamento indica un nuovo
Presidente del Consiglio dei ministri, il Presidente della Repubblica scioglie
le Camere entro un anno».
11.221
ALBERTI CASELLATI, VICARI, GALLONE, TOFANI, BIANCONI, THALER AUSSERHOFER, TOMASSINI, BONFRISCO
Al comma 1, lettera d), aggiungere, in
fine, il seguente comma:
«Il Presidente del Consiglio dei
Ministri si dimette qualora la fiducia sia stata ottenuta con il voto
determinante di parlamentari non appartenenti alla maggioranza espressa dalle
elezioni ovvero qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto
determinante di parlamentari non appartenenti alla maggioranza espressa dalle
elezioni. In tali casi il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento
delle Camere ed indice le elezioni».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 11
11.0.200
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Primo Ministro e Ministri)
1. L'articolo 95 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 95. - Il Primo Ministro è
responsabile della politica generale del Governo. Mantiene l'unità di indirizzo
politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri.
Nomina e revoca i ministri. Nomina e revoca i Sottosegretari di Stato ed i
Viceministri, che prestano giuramento nelle sue mani prima di assumere le
funzioni.
I ministri sono responsabili
collegialmente degli atti dei Consiglio dei ministri, e individualmente degli
atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all'ordinamento
dell'ufficio del Primo Ministro e determina il numero, le attribuzioni e
l'organizzazione del ministeri."».
11.0.201
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Reati ministeriali)
1. L'articolo 96 della Costituzione è sostituito
dai seguente:
"Art. 96. - Il Primo Ministro ed i
ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi
nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa
autorizzazione del Senato federale della Repubblica o della Camera dei
deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale."».
11.0.730 (già
2.3)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica all'articolo 96 della
Costituzione)
All'articolo 96 della Costituzione, le
parole: "Senato della Repubblica o" sono soppresse.».
11.0.202
Dopo l'articolo inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
L'articolo 99 della Costituzione è
abrogato».
11.0.203
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Soppressione del CNEL)
1. L'articolo 99 della Costituzione è
abrogato».
11.0.500
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 104 della
Costituzione)
1. All'articolo 104 della Costituzione
il secondo ed il terzo comma sono sostituiti dai seguenti:
"Il Consiglio superiore della
magistratura è presieduto dal primo presidente della Corte di cassazione.
Ne fa parte di diritto anche il
procuratore generale presso la Corte di cassazione"».
11.0.204
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Funzioni del Consiglio superiore della
magistratura)
1. All'articolo 105 della Costituzione
sopprimere le parole: "e i provvedimenti disciplinari nel riguardi del
magistrati"».
11.0.205
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modificazione dell'articolo 107 della
Costituzione)
1. All'articolo 107 della Costituzione
il primo comma è sostituito dal seguente:
"I magistrati sono inamovibili.
Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi
o funzioni se non in seguito a provvedimenti disciplinari adottati dall'Alta
Corte di giustizia della magistratura per i motivi e con le garanzie di difesa
stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso"».
11.0.206
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Alta Corte di giustizia della
magistratura)
1. Dopo l'articolo 113 della
Costituzione è inserito il seguente:
"Art. 113-bis. - Spettano
all'Alta Corte di giustizia della magistratura i provvedimenti disciplinari nei
riguardi dei magistrati ordinari e onorari. La Corte è altresì organo di tutela
giurisdlzlonale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti
dal Consiglio superiore della Magistratura.
La Corte è formata da nove membri, di
cui quattro eletti dal Parlamento in seduta comune, quattro dal Consiglio
superiore della magistratura ed uno nominato dal Presidente della Repubblica.
Hanno diritto all'elezione e alla
nomina i magistrati ordinari, i professori ordinari di università in materie
giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
La Corte elegge il proprio presidente
tra i componenti eletti dal parlamento.
I componenti dell'Alta Corte durano in
carica sette anni e non sono rieleggibili.
Essi, per tutta la durata del mandato
non possono esercitare alcuna attività professionale di qualsiasi natura né
possono ricoprire alcuna carica elettiva pubblica. I magistrati ordinari non
possono rientrare in ruolo dopo la cessazione del mandato.
La legge disciplina l'attività della
Corte, stabilisce i compensi e regola gli effetti previdenziali per i
componenti"».
11.0.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche agli articoli 114, 117, 118,
119, 120, 132 e 133 della Costituzione in materia di soppressione delle
Province)
1. La rubrica del titolo V della parte
seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni e i
Comuni».
2. All'articolo 114 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: "La
Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e
dallo Stato.";
b) il secondo comma è sostituito dal seguente: "I
Comuni, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri
statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione".
3. All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, lettera p), la parola: ",
Province" è soppressa;
b) al sesto comma, terzo periodo, le parole: ", le
Province" sono soppresse.
4. All'articolo 118 della Costituzione
sono apportate le segunti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: "Province," è
soppressa;
b) al secondo comma, le parole: ", le Province"
sono soppresse;
c) al quarto comma, la parola: ", Province" è
soppressa.
5. All'articolo 119 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) ai commi primo, secondo e sesto, le parole: "le
Province," sono soppresse;
b) al quarto comma, le parole: "alle Province,"
sono soppresse;
c) al quinto comma, la parola: "Province," è
soppressa.
6. Al secondo comma dell'articolo 120
della Costituzione, le parole: ", delle Province" sono soppresse.
7. Il secondo comma dell'articolo 132
della Costituzione è abrogato.
8. Il primo comma dell'articolo 133
della Costituzione è abrogato».
11.0.830 (già
10.0.1)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Soppressione dei comuni sotto i 5.000
abitanti, delle province e delle città metropolitane)
1. All'articolo 114 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 114:
1) il primo comma è sostituito dal
seguente:
"La Repubblica è costituita dai
Comuni, dalle Regioni e dallo Stato";
2) il secondo comma è sostituito dal
seguente:
"I Comuni e le Regioni sono enti
autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla
Costituzione";
3) dopo il terzo comma è aggiunto, in
fine, il seguente:
"I Comuni devono avere un numero
minimo di 5000 abitanti".
2. Con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, sono modificate
le circoscrizioni e le denominazioni dei comuni con popolazione inferiore ai
5000 abitanti, incorporando tali comuni a quelli con essi confinanti,
promuovendo fusioni di comuni, ovvero creando apposite Unioni di comuni. Tale
disposizione può essere derogata unicamente nel caso di comuni ubicati in aree
montane».
Conseguentemente, nella rubrica del
titolo V della parte seconda della Costituzione, le parole: «le Province,» sono soppresse.
11.0.208
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 114 della
Costituzione)
1. All'articolo 114 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: "dalle Province"
sono soppresse;
b) al secondo comma le parole: "le Province" sono
soppresse».
11.0.209
RUTELLI, BAIO, BRUNO, CONTINI, DE LUCA CRISTINA, MILANA, RUSSO, STRANO
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
1. L'articolo 116, comma terzo, della
Costituzione è abrogato».
11.0.831 (già
10.0.1)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Abrogazione dell'articolo 116 della
Costituzione)
1. L'articolo 116 è abrogato».
11.0.210
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modificazione dell'articolo 116 della
Costituzione)
1. All'articolo 116 della Costituzione,
il terzo comma è sostituito dal seguente:
"Ulteriori forme e condizioni
particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al secondo comma
dell'articolo 117 possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello
Stato, su iniziativa della Regione interessata"».
11.0.211
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche dell'articolo 117 della
Costituzione)
1. L'articolo 117 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 117. - La potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali, secondo quanto stabilito dall'articolo 10, primo
comma, e dall'articolo 11.
Lo Stato ha legislazione esclusiva
nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato;
rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione
giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi,
munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari;
tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile
dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum
statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato
e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza interna e internazionale, ad
esclusione della polizia locale con compiti amministrativi;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e
penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili, sociali e sanitari, che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni
fondamentali di Comuni, Province o Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionalie profilassi
internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento
informtivo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale,
regionale e locale; brevetti e opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali;
t) ricerca e innovazione scientifica e tecnologica;
u) reti di trasporto, di navigazione e di comunicazione di
interesse nazionale e relative opere;
v) produzione, trasporto e distribuzione dell'energia;
z) protezione civile;
aa) commercio con l'estero;
bb) professioni;
cc) ordinamento sportivo.
In ogni altra materia la potestà
legislativa spetta alle Regioni, che la esercitano in armonia con i principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica e nel rispetto
dell'interesse nazionale. La legge statale stabilisce i principi generali che
garantiscano coordinamento e armonia tra le legislazioni regionali e tra queste
e la legislazione statale.
Le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti
dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge
dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in
caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo
Stato nelle materie in cui ha legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni nelle materie di loro
competenza. I Comuni, le Province o le Città metropolitane hanno potestà
regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento
delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni
ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita
sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e
uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese
della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie
funzioni.
Nelle materie di sua competenza la
Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni
ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello
Stato"».
11.0.212
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche dell'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: "La
potestà legislativa è esercitata dallo Stato, dalle Regioni e dalla Città
Metropolitana di Roma Capitale nel rispetto della Costituzione nonché dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comtmitario e dagli obbIiglli
internazionali. Essa esercita, analogamente alle Regioni i poteri, i compiti e
le funzioni conferitegli dagli articoli 75, 83, 121, 122, 123, 126, 127, 132,
133, 138 della Costituzione e dalle leggi dello Stato.";
b) il quarto comma è sostituito dal seguente: "Spetta
alle Regioni ed alla Città Metropolitana di Roma Capitale la potestà
legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato.";
c) il quinto comma è sostituito dal seguente: "Le
Regioni, la Città Metropolitana di Roma Capitale e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti
dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge
dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in
caso di inadempienza.";
d) il sesto comma è sostituito dal seguente: "La
potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle Regioni e alla Città Metropolitana di Roma
Capitale. La potestà regolamentare spetta alle Regioni e alla Città
Metropolitana di Roma Capitale in ogni altra materia. I Comuni, le Province e
le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine aUa disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.";
e) il settimo comma è sostituito dal seguente: "Le
leggi regionali e deIla Città Metropolitana di Roma Capitale rimuovono ogni
ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita
sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e
uomini alle cariche elettive.";
f) l'ottavo comma è sostituito dal seguente: "La legge
regionale e della Città Metropolitana e di Roma Capitale ratifica le intese
della Regione e di Roma Capitale con altre Regioni per il migliore esercizio
delle proprie funzioni anche con individuazione di organi comuni.";
g) il nono comma è sostituito dal seguente: "Nelle
materie di sua competenza la Regione e la Città Metropolitana di Roma Capitale
può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad
altro Stato nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato"».
11.0.213
RUTELLI, BAIO, BRUNO, CONTINI, DE LUCA CRISTINA, MILANA, RUSSO, STRANO
Dopo l'articolo, inserire iI
seguente:
«Art. 11-bis.
All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
1 Al comma secondo,
alla lettera a), dopo le parole:
"rapporti internazionali dello Stato" sono aggiunte le seguenti:
"e delle Regioni" e dopo le parole: "rapporti dello Stato"
sono aggiunte le seguenti: "e delle Regioni";
alla lettera e), dopo le parole:
"perequazione delle risorse finanziarie" sono aggiunte le seguenti:
"coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario";
alla lettera m), prima delle
parole: "determinazione dei livelli essenziali," sono aggiunte le
seguenti: "tutela della salute e";
alla lettera o), dopo le parole:
"previdenza sociale" sono aggiunte le seguenti: ", complementare
ed integrativa";
dopo la lettera s) sono aggiunte
le seguenti:
"t) commercio con l'estero;
u) tutela e sicurezza del lavoro;
v) grandi reti dì trasporto e navigazione;
z) produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia".
4. Al comma terzo, sono soppresse le
parole da: "rapporti internazionali" a "sicurezza del
lavoro"; da "grandi reti di trasporto e di navigazione"; da
"produzione, trasporto e distribuzione" a "sistema tributario"
e dopo le parole: "sostegno all'innovazione per i settori
produttivi;" è aggiunta la seguente: "turismo;" e dopo le
parole: "porti e aeroporti civili;" sono aggiunte le seguenti:
"infrastrutture di interesse regionale;";
le parole: "tutela della
salute" sono sostituite dalle seguenti: "organizzazione territoriale
dell'offerta sanitaria".
5. Al comma nono, sono soppresse le
parole: "accordi con Stati e";
6. Dopo l'ultimo comma è aggiunto il
seguente: "Qualora ricorra un preminente interesse nazionale, lo Stato può
comunque esercitare la potestà legislativa anche nelle materie di competenza
regionale"».
11.0.214
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, la lettera o) è sostituita con
la seguente: «o) ordinamento delle professioni, sicurezza sul lavoro e
previdenza sociale»;
b) al secondo comma, dopo la lettera s), sono
aggiunte le seguenti:
"s-bis) grandi reti di
trasporto e di navigazione;
s-ter) porti e aeroporti civili di interesse nazionale;
s-quater) produzione e trasporto di energia di interesse nazionale;
s-quinques) ordinamento della comunicazione e reti di comunicazione
di interesse nazionale";
c) al terzo comma le parole: «e sicurezza»,
"professioni", "porti e aeroporti civili", "grandi
reti di trasporto e di navigazione", "ordinamento della comunicazione"
e trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» sono soppresse;
d) dopo il nono comma è aggiunto il seguente: «Il
legislatore statale, nel rispetto dei principi di leale collaborazione e di
sussidiarietà, può adottare i provvedimenti necessari ad assicurare la garanzia
dei diritti costituzionali e la tutela dell'unità giuridica o economica della
Repubblica».
11.0.215
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, lettera p) la parola:
"Province" è soppressa;
b) al quinto comma, le parole: "e le Province autonome
di Trento e di Bolzano" sono soppresse;
c) al sesto comma, le parole: ", le Province"
sono soppresse».
11.0.832 (già
10.0.1)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo 11, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al secondo comma, lettera p,
le parole: ", Province e Città metropolitane" sono soppresse;
2) al sesto comma, terzo periodo, le
parole: ", le Province e le Città metropolitane" sono soppresse;
3) il terzo comma è abrogato;
4) al quarto comma, dopo la parola:
"Stato" sono aggiunte le seguenti: ", salvo che non vi sia
contrasto con l'interesse nazionale o con quello di altre Regioni"».
11.0.216
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica dell'articolo 117 della
Costituzione)
1. Al comma secondo dell'articolo 117
aggiungere le seguenti lettere:
t) grandi reti di trasporto e di navigazione;
u) ordinamento della comunicazione, ad esclusione della
comunicazione locale;
v) produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia;
z) previdenza complementare e integrativa;
aa) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e
promozione e organizzazione di attività culturali di interesse nazionale.»
2. Il comma terzo dell'articolo 117 è
sostituito dal seguente:
"Sono materie di legislazione
concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea
delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; ricerca
scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;
ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e
aeroporti civili; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello
Stato"».
11.0.833
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 118 della
Costituzione)
All'articolo 118 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
"1) al primo comma, le parole:
"Province, Città metropolitane," sono soppresse;
2) al secondo comma, le parole: ",
le Province e le Città metropolitane" sono soppresse;
3) al quarto comma, le parole: ",
Città metropolitane. Province" sono soppresse».
11.0.217
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 118 della
Costituzione)
1. All'articolo 118 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: "Province," è
soppressa;
b) al secondo comma, le parole: ", le province"
sono soppresse;
c) al quarto comma, la parola: "Province" è
soppressa».
11.0.218
RUTELLI, BAIO, BRUNO, CONTINI, DE LUCA CRISTINA, MILANA, RUSSO, STRANO
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
All'articolo 118 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
2. Al comma, terzo, le parole: «b)
e h)» sono sostituite dalle parole: «b), h) e m)».
11.0.834
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 119 della
Costituzione)
1. All'articolo 119 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
1) ai commi primo e sesto, le parole:
", le Province, le Città metropolitane" sono soppresse;
2) al secondo comma, le parole: ",
le Province, le Città metropolitane" sono soppresse, ed è aggiunto, in
fine, il seguente periodo: "A tal fine la legge prevede adeguate misure
per assicurare che i soggetti di imposta operanti in territori diversi da
quelli in cui hanno fissato la propria residenza fiscale contribuiscano alla
commisurazione della quota di gettito tributario relativa al territorio in cui
effettivamente operano";
3) al quarto comma, le parole: ",
alle Province, alle Città metropolitane" sono soppresse;
4) al quinto comma, le parole: ",
Province, Città metropolitane" sono soppresse ed è aggiunto, in fine, il
seguente periodo: "Nel rispetto dell'articolo 3, secondo comma, della
Costituzione, la legge fissa le quote di compartecipazione ai tributi erariali
versati nei rispettivi territori di cui al secondo comma del presente articolo,
tenendo conto dei dislivelli territoriali, infrastrutturali ed occupazionali
esistenti, con particolare riferimento alle aree situate al Sud del
Paese."».
11.0.219
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 119 della
Costituzione)
1. All'articolo 119 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: "le Province," sono
soppresse;
b) al secondo comma, le parole: "le Province,"
sono soppresse;
c) al quarto comma, le parole: "alle Province"
sono soppresse;
d) al quinto comma, la parola: "Province," è
soppressa;
e) al sesto comma, le parole: "le Province," sono
soppresse».
11.0.220
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modificazione dell'articolo 119 della
Costituzione)
1. All'articolo 119 della Costituzione
sono abrogati il comma terzo e il comma quinto».
11.0.835
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica dell'articolo 120 della
Costituzione)
1. All'articolo 120 della Costituzione,
al secondo comma, le parole: ", delle Città metropolitane, delle
Province" sono soppresse».
11.0.221
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica all'articolo 120 della
Costituzione)
1. Al secondo comma dell'articolo 120
della Costituzione, le parole: ", delle Province" sono soppresse».
11.0.222
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Limiti al numero e all'indennità dei
Consiglieri regionali)
1. Al primo comma dell'articolo 122
della Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "la
medesima legge determina il limite massimo delle indennità dei consiglieri
regionali e il loro numero in proporzione alla popolazione della
Regione."».
11.0.223
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica all'articolo 120 della
Costituzione)
1. All'articolo 122 della Costituzione,
dopo il primo comma è inserito il seguente: "In ogni caso il numero di
consiglieri regionali non può essere superiore a cinquanta nelle regioni con
più di cinque milioni di abitanti; a quaranta nelle regioni con popolazione
compresa tra i due e i cinque milioni di abitanti; a trenta nelle altre
regioni. Il Presidente della Giunta regionale è membro di diritto del Consiglio
regionale e si aggiunge ai componenti eletti ai sensi della normativa
vigente.».
11.0.836
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 122 della
Costituzione)
1. All'articolo 122 della Costituzione,
al secondo comma, apportare le seguenti modificazioni:
1) dopo le parole: "o a una Giunta
regionale" sono inserire le seguenti: ", a un Consiglio o a una
Giunta comunale";
2) dopo le parole: "o ad altra
Giunta regionale", sono inserite le seguenti: "ad un altro Consiglio
o ad altra Giunta comunale,"».
11.0.224
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica alla rubrica del Titolo V
della Parte II della Costituzione)
1. La rubrica del Titolo V della Parte
II della Costituzione è sostituita dalla seguente: "Le regioni e i
comuni"».
ARTICOLO 12 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 12.
(Modifica all'articolo 126 della
Costituzione)
1. All'articolo 126, primo comma, della
Costituzione, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto è
adottato sentita la Commissione paritetica per le questioni regionali,
costituita presso il Senato della Repubblica».
EMENDAMENTO
12.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Al comma 1, sopprimere la seguente
parola: «paritetica».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 12
12.0.200
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica dell'articolo 131 della
Costituzione)
1. L'articolo 131 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 131. - Sono costituite le
seguenti Regioni:
Piemonte; Valle d'Aosta; Lombardia;
Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia; Romagna;
Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise; Campania; Principato di
Salerno; Puglia; Salento; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna».
12.0.201
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 131 della
Costituzione)
1. All'articolo 131 della Costituzione,
dopo il primo comma, è inserito il seguente:
"È costituita altresì la città
metropolitana di Roma capitale, il cui territorio corrisponde all'area
dell'attuale comune di Roma ed a quella dei comuni della provincia di Roma che
vi aderiscono. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento"».
12.0.830
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 131 della
Costituzione)
1. All'articolo 131 della Costituzione,
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Unione dei comuni (al di
sotto dei 5000 abitanti); Comunità montane"».
12.0.202
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 132 della
Costituzione)
1. Il comma primo dell'articolo 132 è
sostituito dal seguente:
"Le regioni hanno almeno
cinquecentomila d'abitanti, ad eccezione di quelle di cui all'articolo 116. Con
legge ordinaria, sentiti i rispettivi consigli regionali coinvolti, vengono
stabilite le modalità con cui aggregare i territori delle Regioni
soppresse"».
12.0.203
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Istituzione di nuove regioni)
1. Il primo comma dell'articolo 132
della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Con legge costituzionale, sentiti
i Consigli regionali, si può disporre la fusione di Regioni esistenti o la
creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti. La proposta
di legge costituzionale è sottoposta a referendum dalle popolazioni della
istituenda Regione, le quali deliberano a maggioranza assoluta degli aventi
diritto. La legge costituzionale dovrà prevedere la possibilità, nei cinque
anni successivi alla sua pubblicazione, che i Comuni ubicati in prossimità dei
confini della nuova Regione possano chiedere di aggregarsi alla nuova Regione,
ovvero di rimanere nel territorio della Regione oggetto di distacco"».
12.0.831
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 132 della
Costituzione)
1. All'articolo 132 della Costituzione,
al secondo comma, le parole: "della Provincia o delle Province interessate
e" sono soppresse, e le parole: "Province e" sono sostituite
dalla seguente: "i"».
12.0.832
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 133 della
Costituzione)
1. Il primo comma dell'articolo 133
della Costituzione è abrogato.
12.0.833
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Trasferimento delle funzioni
esercitate dalle province soppresse)
1. Gli organi amministrativi delle
province cessano da ogni funzione entro due anni dalla data di entrata in
vigore della presente legge costituzionale.
2. Entro il medesimo termine di cui al
comma 1, lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a
conferire ai comuni e alle loro forme associate le funzioni amministrative
esercitate dalle province alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza.
3. Entro il medesimo termine di cui al
comma l, la legge dello Stato, tenendo conto dei conferimenti effettuati dalle
regioni ai sensi del comma 2, disciplina:
a) il trasferimento del personale dipendente dalle province
e dagli enti e dalle aziende che esercitano funzioni amministrative delle
province, secondo princìpi di economicità ed efficienza di impiego. conservando
al medesimo personale le posizioni giuridiche ed economiche in atto al momento
del trasferimento, o loro equivalenti;
b) il trasferimento delle funzioni dei beni e delle risorse
finanziarie, strumentali e organizzative delle province agli enti destinatari e
la successione nei rispettivi rapporti giuridici e finanziari. li trasferimento
dei beni e delle risorse deve comunque essere congruo rispetto alle funzioni
amministrative conferite;
c) la disciplina, anche transitoria, dei tributi, delle
compartecipazioni, dei canoni e di ogni altra entrata assegnata dalla legge o
comunque spettante alle soppresse province.
4. Qualora le disposizioni previste dai
commi 2 e 3 non siano state adottate alla scadenza del termine ivi previsto e
qualora, in ogni caso, gli enti destinatari delle funzioni non siano ancora in
grado di provvedere alloro effettivo esercizio, il Presidente della Giunta
regionale e la Giunta regionale esercitano le funzioni già spettanti ai
corrispondenti organi delle province soppresse nei rispettivi territori. In
caso di inadempimento della regione il Governo provvede ai sensi dell'articolo
120, secondo comma, della Costituzione.».
12.0.204
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 133 della
Costituzione)
1. All'articolo 133 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
"La Regione, in specifiche parti
del territorio, e per determinate materie può istituire un livello
amministrativo sovracomunale i cui organi sono composti da consiglieri dei
Comuni facenti parte del territorio interessato";
b) dopo il secondo comma sono aggiunti, infine i seguenti:
"Ciascun Comune non può avere una
popolazione inferiore a ventimila abitanti, salvo motivate deroghe
limitatamente alle aree montane e insulari.
Per assicurare una adeguata
rappresentanza degli interessi locali, le Regioni possono istituire unità
municipali aventi una popolazione inferiore a ventimila abitanti, dotate di
rappresentanti eletti a suffragio universale la cui carica è onoraria e
gratuita. Le unità municipali svolgono esclusivamente funzioni consultive e
sono prive di funzioni amministrative o gestionali"».
12.0.205
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 133 della
Costituzione)
1. Il comma secondo dell'art. 133 è
sostituito dal seguente:
"La Regione, sentite le
popolazioni interessate, con sue leggi istituisce nel proprio territorio Comuni
con non meno di 5.000 abitanti, modificando le circoscrizioni e denominazioni
dei Comuni al di sotto dei 5000 abitanti e conservando la toponomastica dei
luoghi"».
12.0.206
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Composizione della Corte
Costituzionale)
1. All'articolo 135 della Costituzione,
il primo comma è sostituito dal seguente:
"La Corte Costituzionale è
composta da nove giudici eletti dal Parlamento in seduta comune."».
12.0.207
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
All'articolo 135, primo comma, della Costituzione,
la parola: "supreme" è soppressa».
12.0.208
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
1. L'articolo 136 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 136. - La Corte
Costituzionale assicura l'inviolabilità della Costituzione e giudica sulle
controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
aventi forza di legge, eliminando o conservando la norma di legge o di atto
avente forza di legge di cui si contesta la conformità alla Costituzione.
L'ambito del giudizio della Corte è
limitato alla norma di legge o di atto avente forza di legge sottoposta al suo
esame e nell'ambito dei motivi sollevati nella ordinanza di rimessione. Non
sono ammesse sentenze interpretative, additive o sostitutive.
L'illegittimità costituzionale è
deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Corte.
Quando la Corte dichiara
l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di
legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e
comunicata alle Camere ed ai Consiglio regionali interessati, affinché, ove lo
ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali"».
12.0.400/1
(già 7.0.200/1)
All'emendamento 12.0.400, al comma 1,
aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Lo stesso numero dei componenti di
ciascuna Camera, nei medesimi termini, condizioni e forme, può promuovere
dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale
quando ritenga che una o più .disposizioni contenute in un decreto legislativo
importino eccesso o violazioni alla legge di delega».
12.0.400 (già
7.0.200)
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 73 della Costituzione)
1. All'articolo 73 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma: "Un quarto dei componenti di
ciascuna Camera può, quando ritenga che una legge o un atto approvato dal
Parlamento violi la Costituzione, promuovere la questione di legittimità
costituzionale davanti alla Corte costituzionale nelle condizioni, forme e
termini stabiliti con legge costituzionale"».
12.0.500/1
(testo corretto)
All'emendamento 12.0.500, dopo il primo
periodo inserire il seguente: «Lo stesso numero dei componenti di una Camera,
entro lo stesso termine, può sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la
questione di legittimità costituzionale di un decreto legislativo per
violazione o eccesso di delega».
12.0.500
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 137 della
Costituzione)
1. All'articolo 137 della Costituzione,
dopo il primo comma, è inserito il seguente:
"Un quarto dei componenti di una
Camera può sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi
approvate dal Parlamento entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore. Con
legge costituzionale sono stabilite condizioni, limiti e modalità di esercizio
di tale facoltà"».
12.0.209
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 138 della
Costituzione)
1. All'articolo 138 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
"a) il primo comma è sostituito dal seguente:
Le leggi di revisione della
Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera
con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono
approvate a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera nella
seconda votazione";
b) il terzo comma è abrogato».
12.0.210
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Revisione costituzionale)
1. All'articolo 138 della Costituzione
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"È indetto referendum
popolare deliberativo di revisione di uno o più articoli della Costituzione
qualora lo richiedano un milione di elettori, entro dodici mesi dalla
pubblicazione della relativa proposta presentata.
La proposta di revisione, redatta in
articoli, è sottoposta a referendum popolare deliberativo entro tre mesi
dall'accertamento della regolarità della presentazione e della compatibilità
con le norme cogenti del diritto internazionale e con i vincoli discendenti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
Hanno diritto di partecipare al referendum
popolare deliberativo tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera del
deputati. La proposta di revisione costituzionale è approvata se i voti
favorevoli rappresentano la maggioranza dei voti validi. La legge dello Stato
determina le modalità di attuazione del referendum popolare deliberativo
di revisione costituzionale".
2. La Corte costituzionale giudica se
le proposte di revisione costituzionale da sottoporre a referendum
popolare deliberativo siano ammissibili al sensi di quanto previsto
dall'articolo 138, comma quinto, della Costituzione, come Introdotto dalla
presente legge costituzionale.
3. Fino alla data di entrata In vigore
della legge con la quale sono disciplinate le modalità di attuazione del referendum
popolare deliberativo di revisione costituzionale ai sensi dell'articolo 138,
quinto comma, della Costituzione, come introdotto dalla presente legge
costituzionale, si applicano, in quanto compatibili, le vigenti disposizioni di
legge in materia di referendum previsti dalla Costituzione».
ARTICOLO 13 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 13.
Soppresso (*)
(Disposizioni finali)
1. Presso il Senato della Repubblica è
istituita la Commissione paritetica per le questioni regionali, composta da un
rappresentante per ciascuna Regione e Provincia autonoma, eletto, su proposta
della Giunta, dai rispettivi Consigli tra i propri componenti, e da un eguale
numero di senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi
parlamentari. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è rappresentata dai
componenti eletti dai Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Il Presidente della Commissione è nominato tra i senatori dal Presidente del
Senato. La Commissione, entro i termini e nei modi stabiliti dal Regolamento
del Senato, esprime il parere sui disegni di legge riguardanti le materie di
cui all'articolo 117, terzo comma, e all'articolo 119 della Costituzione.
Quando i pareri sono contrari o condizionati a specifiche modificazioni, le
corrispondenti disposizioni sono sottoposte alla deliberazione del Senato con
votazione nominale.
________________
(*) Approvato
l'emendamento 2.550 (testo 2), nel testo emendato, soppressivo dell'articolo.
Cfr. seduta n. 753.
EMENDAMENTI
13.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 13.- (Disposizioni finali).
- 1. Presso il Senato della Repubblica è istituita la Commissione per le
questioni regionali, composta da un rappresentante per ciascuna regione e provincia
autonoma, eletto dai rispettivi consigli, e da un eguale numero di senatori che
rispecchi la proporzione tra i gruppi parlamentari, la quale esprime, entro
termini e secondo procedure stabiliti dal Regolamento, parere sulle materie di
cui al terzo comma dell'articolo 117, terzo comma, 118, secondo e terzo comma e
119, qualora il Senato esamini il disegno di legge».
13.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, primo periodo, sopprimere la
seguente parola: «paritetica».
13.202
Precluso
Al comma 1, sopprimere le parole: «, su
proposta della Giunta,».
13.203
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, primo periodo, sopprimere
le seguenti parole: «, su proposta della Giunta,».
13.204
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, primo periodo, dopo le
parole: «composta da un rappresentante per ciascuna Regione e Provincia
autonoma, eletto, su proposta delta Giunta, dai rispettivi Consigli tra i
propri componenti,» inserire le seguenti: «, nonché da rappresentanti dei
Comuni e delle Città metropolitane che compongono la Conferenza Stato-città e
autonomie locali».
13.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, terzo periodo con il
seguente: «Il Presidente della Commissione è eletto tra i propri componenti».
13.206
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, quarto periodo, dopo le
parole: «sui disegni di legge» sono inserite le seguenti: «, sugli emendamenti
presentati in Commissione come pure in Assemblea, nonché sugli schemi di atti
normativi del Governo,».
13.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, quarto periodo, dopo le
parole: «117, terzo comma,» inserire le seguenti: «118, commi secondo e
terzo,».
13.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sostituire il quinto
periodo con i seguenti: «Nel caso in cui la Commissione abbia espresso parere
contrario o favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni o
riformulazioni su un testo o su un emendamento, e la Commissione in sede
referente non si sia adeguata, l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei
suoi componenti. Nel caso in cui l'esame del disegno di legge sia svolto in
sede deliberante o redigente, il mancato adeguamento al parere della
Commissione parlamentare per le questioni regionali determina la rimessione in
Assemblea».
13.209
Precluso
Dopo il comma 1, inserire il seguente:
«1-bis. Decorsi ventiquattro
mesi dall'inizio della legislatura successiva alla data di entrata in vigore
della presente legge costituzionale, la Commissione di cui al comma 1 può
presentare un disegno di legge costituzionale per l'istituzione del Senato
federale della Repubblica, che preveda, in particolare, l'elezione contestuale
in ciascuna Regione dei rispettivi senatori e dei consiglieri regionali».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 13
13.0.200
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
(Istituzione di una Assemblea
Costituente per la revisione della Costituzione)
1. È istituita un'Assemblea
costituente, di seguito denominata "Assemblea", con il compito di
riscrivere la Costituzione della Repubblica Italiana adeguandola alla necessità
di governare i forti processi di responsabilità sovranazionale della situazione
economica e finanziaria in atto nell'Unione Europea e di procedere
inderogabilmente alla riduzione e razionalizzazione dei centri pubblici di
spesa, con specifica aderenza alle caratteristiche socio economiche della
nazione, e agli assetti territoriali di Governo, quali Regioni, aree
metropolitane, province e comuni.
2. L'Assemblea è composta da cento
membri elettivi.
3. I membri elettivi dell'Assemblea
sono eletti a suffragio universale, con voto diretto, eguale, libero e segreto,
attribuito a liste di candidati concorrenti dai cittadini iscritti nelle liste
elettorali per l'elezione della Camera del deputati.
4. Sono eleggibili all'Assemblea tutti
i cittadini italiani che abbiano i requisiti per l'elezione alla Camera dei
deputati.
5. le elezioni per l'Assemblea
Costituente sono indette con decreto del Presidente della Repubblica, emanato
previa deliberazione del Consiglio del ministri e hanno luogo contestualmente
alle elezioni per il rinnovo delle Camere previste al termine della XVI
legislatura.
6. L'Assemblea tiene la sua prima
seduta entro venti giorni dalla data delle elezioni.
7. Le circoscrizioni elettorali ed i
relativi capoluoghi sono stabiliti come segue:
a) I circoscrizione, capoluogo Milano: Piemonte, Valle
d'Aosta, Liguria, Lombardia;
b) II circoscrizione, capoluogo Venezia: Veneto,
Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Glulia;
c) III circoscrizione, capoluogo Roma: Emilia-Romagna,
Toscana, Umbria, Marche, lazio;
d) IV circoscrizione, capoluogo Napoli: Abruzzo, Molise,
Campania, Puglia, Basilicata, Calabria;
e) V circoscrlzione, capoluogo Palermo: Sicilia
f) VI circoscrizione, capoluogo Cagliari: Sardegna.
8. L'assegnazione del numero del seggi
alle singole circoscrizioni di cui al comma 7 è effettuata con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Interno, da emanare
contemporaneamente al decreto di indizione delle elezioni dell'Assemblea.
9. La determinazione del seggi da
assegnare alle singole circoscrizioni è effettuata in proporzione alla popolazione
residente in ciascuna di esse, sulla base dei risultati dell'ultimo censimento
generale. Nel calcolo del seggi si tiene conto dei quozienti interi e del più
alti resti.
10. L'attribuzione del seggi alle liste
concorrenti avviene in ragione proporzionale secondo le modalità previste dalla
legge 24 gennaio 1979, n.18.
11. Il programma di riforma
costituzionale di ciascuna lista viene depositato presso il Ministero
dell'interno contestualmente al contrassegno della lista medesima.
12. Per quanto non previsto dalla
presente legge costituzionale si applicano, in quanto con essa compatibili, le
norme di cui alla legge 24 gennaio 1979, n.18.
13. È ineleggibile alla carica di
membro dell'Assemblea chi ricopre la carica di Ministro, di Sottosegretario o
di Parlamentare; ai membri dell'Assemblea si applicano altresì le norme in
materia di ineleggibilità e incompatibilità previste dalla legge per i membri
del Parlamento della Repubblica. .
14. Le situazioni di incompatibilità di
cui al comma 13 sono risolte con opzione espressa entro trenta giorni dal
verificarsi delle stesse, in mancanza della quale il membro dell'Assemblea è
dichiarato decaduto.
15. Al membro dell'Assemblea che cessi
di fame parte a seguito di opzione o decadenza subentra il candidato che nella stessa
lista e nella stessa circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto.
16. Ai membri dell'Assemblea si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 66, 67, 68 e 69 della
Costituzione della Repubblica.
17. I membri dell'Assemblea non sono
eleggibili alla prima consultazione successiva alla chiusura dei llavori
dell'Assemblea stessa valida per il rinnovo del Parlamento.
18. Nella prima seduta l'Assemblea,
presieduta provvisoriamente dal membro più anziano, elegge tra i suoi membri il
presidente, due vicepresidenti e quattro segretari, che ne costituiscono
l'ufficio di presidenza.
19. L'Assemblea approva il proprio
regolamento, a maggioranza assoluta dei componenti, entro quindici giorni dalla
data della prima seduta.
20. L'Assemblea può demandare lo
svolgimento di funzioni referenti a commissioni permanenti, composte in modo da
rispecchiare la proporzione dei gruppi in essa presenti.
21. In Assemblea e nelle commissioni le
votazioni hanno luogo a scrutinio palese, salvo quelle riguardanti persone, che
si effettuano a scrutinio segreto.
22. L'Assemblea ha sede in Roma e si
avvale delle strutture e del personale della Camera del deputati e del Senato
della Repubblica; l'Assemblea può altresì disporre di personale comandato dalle
pubbliche amministrazioni.
23. L'Assemblea conclude i propri
lavori con l'approvazione a maggioranza assoluta del componenti, entro due anni
dalla prima seduta, di un testo di revisione della Costituzione, che viene
immediatamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
24. Il testo approvato, qualora lo
richiedano i 2/3 dei componenti dell'Assemblea, è sottoposto a referendum
popolare entro tre mesi dalla data di pubblicazione del testo medesimo nella Gazzetta
Ufficiale. Partecipano al referendum i cittadini elettori per la
Camera del deputati.
25. Qualora sia richiesto il referendum
al sensi del comma 24, è promulgato li testo sottoposto a referendum che sia
stato approvato dalla maggioranza dei voti validi. Se non è richiesto il
referendum è promulgato il testo approvato al sensi del comma 23. Il testo
promulgato è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana entro trenta giorni dalla data di svolgimento del referendum ed
entra in vigore tre mesi dopo la sua pubblicazione.
26. L'Assemblea è sciolta dal giorno
successivo a quello della pubblicazione del testo di revisione costituzionale
promulgato dal Presidente della Repubblica.
27. Dalla data di entrata in vigore
della presente legge costituzionale e fino allo scioglimento dell'Assemblea è
precluso al Parlamento l'esercizio del potere di revisione costituzionale nelle
materie attribuite alla competenza dell'Assemblea.
28. Alla data della definitiva
promulgazione del testo di revisione costituzionale approvato dall'Assemblea si
chiude la legislatura in corso alla medesima data».
13.0.201
FLERES, VIESPOLI, POLI BORTONE, CARRARA, CASTIGLIONE, CENTARO, FERRARA, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
(Istituzione dell'Assemblea
Costituente)
1. È istituita l'Assemblea Costituente
per la revisione dell'ordinamento della Repubblica Italiana, l'adeguamento, il
rafforzamento e l'ampliamento dei diritti costituzionali, anche in chiave
internazionale, nonché per rendere più efficienti ed efficaci le varie
istituzioni attraverso le quali è organizzato lo Stato.
2, L'Assemblea Costituente non può
sottoporre a revisione i principi fondamentali e le disposizioni della prima
parte della Costituzione della Repubblica italiana, salve le specificazioni di
cui ai commi 3 e 4.
3. L'Assemblea Costituente non può
sottoporre a revisione la forma di Stato repubblicana.
4. L'Assemblea Costituente può recare
modifiche alle seguenti disposizioni della parte prima della Costituzione:
a) articolo 9, in tema di tutela dell'ambiente e delle
specie animali;
b) articolo 11, in tema di adempimento degli obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea ed agli organismi
internazionali;
c) articolo 13, in tema di tutela dei dati personali;
d) articolo 29, in tema di diritti individuali;
e) articolo 41, in tema di tutela della libertà di
concorrenza e di tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori.
5. L'Assemblea Costituente è composta
da un numero di membri eletti a suffragio universale, con voto diretto,
personale e segreto, dai cittadini elettori per la Camera dei deputati in
ragione di uno ogni 500,000 abitanti o frazione superiore a 250.000 per
ciascuna circoscrizione elettorale. I requisiti per l'elettorato attivo sono i
medesimi previsti per la Camera dei deputati, quelli per l'elettorato passivo
sono quelli previsti per il Senato della Repubblica.
6. Le circoscrizioni elettorali ed i
loro capoluoghi sono stabiliti come segue:
1) Piemonte, Valle D'Aosta, Liguria,
capoluogo Torino;
2) Lombardia, capoluogo Milano;
3) Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli
Venezia Giulia, capoluogo Venezia;
4) Emilia Romagna, Toscana, Umbria,
Marche, capoluogo Bologna;
5) Lazio, capoluogo Roma;
6) Puglia, Basilicata, Calabria,
capoluogo Bari;
7) Campania, Abruzzo, Molise, capoluogo
Napoli;
8) Sicilia, capoluogo Palermo;
9) Sardegna, capoluogo Cagliari.
L'assegnazione dei seggi alle singole
circoscrizioni è stabilita proporzionalmente alla popolazione residente in base
all'ultimo censimento generale.
7. Con successiva legge saranno
indicate le modalità di elezione e di presentazione di liste e candidati nel
rispetto dei principi di pari opportunità di genere, proporzionaiità
nell'attribuzione dei seggi, sbarramento per l'accesso all'attribuzione dei
seggi non superiore al 2%.
8. La carica di membro dell'Assemblea
Costituente è incompatibile con quella di membro del Governo, Parlamentare
europeo, presidente, consigliere o assessore regionale, parlamentare nazionale.
Ai membri dell'Assemblea Costituente sono estese le altre incompatibilità
previste dalla Costituzione e dalla legge per i membri del Parlamento
nazionale.
9. Il nuovo testo della Costituzione è
sottoposto a referendum popolare entro sei mesi dalla sua adozione da parte
dell'Assemblea Costituente.
10. L'Assemblea Costituente è sciolta
24 mesi dopo la sua prima seduta, i suoi componenti non sono eleggibili ad
alcuna delle cariche previste dal comma 8.
13.0.660
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. Nella legislatura successiva alla
data di entrata in vigore della presente legge costituzionale il Senato della
Repubblica assume le funzioni di Assemblea per la revisione della Parte Seconda
della Costituzione (Ordinamento della Repubblica).»
13.0.661
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. La revisione dell'ordinamento della
Repubblica è finalizzata a rafforzare ed ampliare la tutela dei diritti
costituzionali e rendere più efficienti le istituzioni. Il Senato della
Repubblica può sottoporre a revisione le disposizioni della Parte Prima della
Costituzione nei soli limiti di cui al comma 2.
2. La legge di revisione costituzionale
di cui al comma 1 può recare modifiche alle seguenti disposizioni della Parte
Prima della Costituzione, nei limiti indicati:
a) articolo 9, in tema di tutela dell'ambiente;
b) articolo 11, in tema di adempimento degli obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea;
c) articolo 13. in tema di tutela dei dati personali;
d) articolo 41, in tema di tutela delle libertà di
concorrenza e di tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori».
13.0.662
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. I disegni di legge costituzionale di
cui all'articolo 3-ter sono presentati al Senato della Repubblica, anche
se proposti da deputati».
13.0.663
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. In deroga all'articolo 138 della
Costituzione la legge costituzionale di revisione di cui all'articolo 3-ter
è approvata con unica deliberazione del Senato della Repubblica, adottata a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, entro i dodici mesi successivi
all'inizio della legislatura».
13.0.664
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
Ai sensi e per gli effetti di cui
all'articolo 3-quinquies, la legge di revisione costituzionale è
comunque sottoposta a referendum popolare entro i sei mesi successivi alla
deliberazione del Senato. Non si applicano le disposizioni dell'articolo 138
della Costituzione concernenti le richieste di referendum.
2. La legge sottoposta a referendum
è promulgata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi
diritto e se è raggiunta la maggioranza favorevole dei voti validamente
espressi».
13.0.665
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. Fino alla deliberazione di cui
all'articolo 3-quinquies, il Senato della Repubblica non esercita
diversamente la funzione legislativa né le altre funzioni previste dalla
Costituzione, salvo che per l'approvazione delle leggi per l'elezione delle
Camere.
2. Il Senato della Repubblica è sciolto
di diritto dalla data di entrata in vigore della legge di revisione
costituzionale di cui all'articolo 3-ter, che dispone sulla composizione
e le funzioni di una Camera rappresentativa delle autonomie territoriali in
luogo del medesimo Senato della Repubblica e provvede alla relativa disciplina
transitoria»
|
|
|
|
|
Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
|
|
Assemblea |
|
|
RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
|
ASSEMBLEA |
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772a seduta pubblica (antimeridiana): |
|
giovedì 19
luglio 2012 |
|
Presidenza del presidente SCHIFANI, indi del vice presidente CHITI, del vice presidente NANIA e della vice presidente MAURO |
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,38).
Si dia lettura del processo verbale.
MALAN, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni,
il processo verbale è approvato.
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo,
composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato
attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione
delle leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica
amministrazione, di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte
costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione
Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera
dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 10,57)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli del
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta notturna di
ieri si è conclusa l'illustrazione di tutti gli emendamenti presentati.
Riprendiamo dalla votazione
dell'emendamento 4.0.204 (testo 2), sul quale aveva chiesto di intervenire, per
dichiarazione di voto, il senatore Caliendo.
Su tale emendamento preciso che
nell'annesso al fascicolo compare, per un mero errore tipografico, la firma del
senatore Li Gotti, che va pertanto considerata per non apposta. Mi viene da
sorridere, perché non ci può essere dubbio alcuno che il senatore Li Gotti non
abbia apposto quella firma, e che si tratti quindi effettivamente di un mero
errore.
COMPAGNA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMPAGNA (PdL). Signor
Presidente, sempre onorati di ascoltare l'opinione del collega Caliendo su
questa e su altre materie, la collega Chiaromonte ed io abbiamo a lungo
riflettuto sulla discussione che si è svolta ieri pomeriggio. Ci riteniamo
abbastanza soddisfatti per i consensi incontrati dal nostro emendamento e per
quelli acquisiti, come ad esempio quello della senatrice Sbarbati.
L'emendamento da noi presentato
contiene a nostro avviso un'idea delle garanzie della funzione parlamentare non
legata al singolo parlamentare. In questo senso, molto opportunamente qualcuno
ha evocato continuità e contiguità di accenti con l'emendamento del senatore
Benedetti Valentini, al quale mi sembra di ricordare che persino il senatore
Pardi avesse concesso, se non la sua adesione, la sua simpatia, almeno per la
prima parte relativa alla garanzia della funzione parlamentare.
Ci sembra però, alla luce della
discussione che si è sviluppata che, al di là dell'esito, qualora il nostro
emendamento si sottoponesse oggi ad una votazione, andrebbe smarrita quella
natura bipartisan la quale ci preme invece conservare. E in questo
spirito, grati delle adesioni e della prospettiva di una nuova formulazione,
avendo accettato la senatrice Chiaromonte ed io anche l'ultimo capoverso
dell'attuale articolo 68 della Costituzione, ritiriamo l'emendamento. Ecco,
emendamento Maccanico, ma fino ad un certo punto, dato che il senso della
nostra proposta emendativa, o del nostro disegno di legge, era quello di
riferirsi a Sua Maestà il parlamentarismo. In tutti i Parlamenti europei questa
funzione di garanzia c'è.
Quattro anni fa, rifiutammo però di
inerpicarci su un testo tipo quello del Parlamento europeo, perché preferimmo,
per rispetto ed affetto del Senato, legarci ad un testo, quello Maccanico, che
il Senato aveva votato e trasmesso alla Camera, dove non si poté discuterlo. La
sua lacuna è che non conteneva - e giustamente i colleghi Bruno, Giuliano ed
altri ce lo hanno segnalato - il paragrafo sulle intercettazioni.
In questo spirito, non volendo
forzature, che comunque renderebbero egualmente lontano quel muro dei due
terzi, ci riteniamo soddisfatti. Pensiamo che questo nostro gesto sia un segno
che possa aiutare l'Assemblea ed i nostri lavori a tutelare quella compostezza
che, mi preme rilevare, i proponenti non hanno mai cercato di venire meno. E mi
avrebbe fatto piacere che il Presidente della Commissione, il collega Vizzini,
ce ne avesse dato atto nella lunga vicenda che abbiamo attraversato come
disegno di legge e come emendamento e che affidiamo adesso alla Commissione
affari costituzionali, forti di nuove adesioni, come quella della senatrice
Sbarbati (non so se anche quella del senatore Lauro, e mi piacerebbe quella del
collega Pastore).
Il fatto che della Commissione affari
costituzionali né la senatrice Chiaromonte né io ne siamo membri non attenua
minimamente la nostra fiducia, il nostro rispetto ed il nostro affetto per il
Senato. (Applausi dai Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI) e della senatrice
Sbarbati).
*SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, ringrazio il senatore Compagna per le parole che ha detto, e
che condivido pienamente, anche per quanto riguarda il ritiro di questo
emendamento, ma, considerata la discussione che in quest'Aula vi è stata,
voglio fare un piccolo riferimento che credo sia molto doveroso nei confronti
di tutti noi e della situazione che il Parlamento complessivamente sta vivendo
in questo momento delicatissimo della storia del Paese.
È stato detto ieri che l'articolo 68
non fa parte della riforma della Costituzione. Ho ribadito nel mio brevissimo
intervento a fine seduta che questo non è vero nella sostanza, perché
quell'articolo era parte integrante e costitutiva della Costituzione
repubblicana e fu scritto dai Padri costituenti per tutelare non tanto il
singolo parlamentare in quanto persona, ma l'organo e l'istituzione. Nel
momento in cui si determinò la cancellazione di questo articolo e la sua
riscrittura, vi era una situazione particolare nel nostro Paese e gli obiettivi
di quell'intervento erano volti a fare in modo che l'istituzione fosse
rappresentata integralmente da soggetti puliti sotto il profilo penale, e
soprattutto dediti a servire l'interesse generale e non quello particolare.
Ebbene, dobbiamo riconoscere che da
quel momento in poi, accedendo all'urlo della piazza e ad una situazione
contingente molto difficile da affrontare, il Parlamento non ha drizzato la
schiena, almeno a mio modesto avviso, e ha continuamente ceduto all'urlo della
piazza e ad una pressante, mortificante e definita negativa azione dei media
nei confronti del Parlamento e delle prerogative dei parlamentari, volte a
tutelare il plenum dell'istituzione, che garantisce la corretta funzione
del plenum stesso.
Ad oggi dobbiamo riflettere su tutto
questo e l'emendamento ha portato e voleva portare proprio un'ulteriore
riflessione su quanto è accaduto. L'abrogazione di questa norma, a mio modesto
avviso, ha creato un profondo squilibrio tra il potere politico e l'ordine
giudiziario, così come diceva Francesco Cossiga. Ad oggi è innegabile che
questo profondo squilibrio, se il Presidente della Repubblica arriva a fare ciò
che ha fatto: credo che l'accedere al conflitto di attribuzione sia stato
pesante per lui e materia di profonda riflessione, ma lo ha fatto a garanzia
delle prerogative della sua funzione, non di sé stesso.
Analogamente, dovremmo procedere a
difendere le prerogative della nostra funzione. (Applausi dal Gruppo PdL
e del senatore Fleres). O lo facciamo e drizziamo la schiena, una volta per
tutte - e questo non significa difendere i malfattori e i disonesti, ma
difendere le istituzioni repubblicane così come sono state concepite dai Padri
costituenti (Applausi dai Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI) -, o
lo facciamo una volta per tutte - e decidiamo di farlo con dignità e compiendo
le operazioni all'interno dei partiti per garantire che chi arriva qui, in
Parlamento, sia onesto e pulito - oppure abbiamo chiuso. Se non lo facciamo -
nel momento in cui abbiamo persino abdicato alla nostra dignità, perché giorno
per giorno, pezzetto per pezzetto, siamo succubi di ciò che avviene fuori e di
ciò che ci rovesciano addosso - abbiamo chiuso. (Applausi dal Gruppo PdL).
Onorevoli colleghi, è il momento di
dare una risposta: oggi la diamo in questi termini, a garanzia di un equilibrio
che è stato raggiunto e - per carità! - non voglio essere io quella che
distrugge questo equilibrio, perché ho a cuore, per cultura politica,
soprattutto il funzionamento e la dignità delle istituzioni repubblicane.
Quindi, anche a nome della mia storia repubblicana, voglio consentire al ritiro
dell'emendamento, ma ribadendo quanto ho detto poco fa, perché veramente credo
sia giunta l'ora anche per il Parlamento - se non ora, quando? - di difendere
la sua dignità, che è la dignità delle istituzioni e non del singolo
parlamentare. (Applausi dai Gruppi PdL, PD e CN:GS-SI-PID-IB-FI e
della senatrice Thaler Ausserhofer. Congratulazioni).
CALIENDO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALIENDO (PdL). Signor
Presidente, rinuncio all'intervento in dichiarazione di voto che intendevo
compiere, visto che l'emendamento è stato ritirato. Mi auguro però che
l'Assemblea possa discutere di questo argomento prima della fine della
legislatura: veniamo meno al nostro dovere, se non lo facciamo.
Da quello che è emerso ieri nel
dibattito, ho sentito che esso sarebbe inammissibile e che non bisogna
discuterne. Per questo ringrazio la senatrice Chiaromonte e il senatore
Compagna di avere avuto il coraggio di aprire il dibattito su tale argomento.
Lo faccio per correttezza intellettuale, dal momento che tutti, nei convegni e
nei dibattiti, diciamo che la modifica dell'articolo 68 della Costituzione è
stata un errore, ma poi non ne possiamo discutere.
Ieri abbiamo discusso a lungo sulla
funzione del parlamentare senza vincolo di mandato. Credo che in una
discussione sulla riforma della Costituzione ciascuno di noi debba poter
portare un contributo; altrimenti, se non c'è un vincolo di mandato ma poi i
limiti del dibattito e della discussione vengono imposti dai Gruppi, vuol dire
che non c'è quello spirito costituente che lasciava tutti i Gruppi e ciascun
deputato liberi di sostenere la propria tesi nell'Assemblea costituente e con
il rispetto degli altri, senza alcun ricatto morale, di poter continuare la
discussione in libertà. (Applausi del senatore Astore).
PRESIDENTE. L'emendamento 4.0.204 (testo 2) è stato dunque
ritirato. (Commenti del senatore Peterlini).
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor
Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori solo per ribadire la decisione
annunziata ieri ripetutamente dal mio Gruppo, con interventi di diversi
rappresentanti della Presidenza, chiarendo di nuovo, se vi fosse ancora la
volontà di strumentalizzare e di giocare sull'equivoco, che la non
partecipazione ai lavori di questa sessione sulle riforme costituzionali da
parte del Gruppo del Partito Democratico certamente non è motivata dal voto su
questo emendamento - che peraltro non avverrà, essendo stato ritirato - bensì
per la strumentalizzazione, a nostro avviso inaccettabile, che dei lavori sulle
riforme costituzionali è stata fatta da altri Gruppi, con l'impossibilità di
giungere ad un testo condiviso in questa legislatura, con il tradimento di un
accordo che su questo era stato fatto, e con il profilarsi di un uso del tutto
strumentale, del tutto volto a fini di propaganda elettorale, di un dibattito
che dovrebbe avere e vedere ben altri toni e ben altre responsabilità. (Applausi
dal Gruppo PD. I senatori del Gruppo PD abbandonano l'Aula).
PARDI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
onorevoli colleghi, il Gruppo dell'Italia dei Valori aveva e ha un'idea
profondamente diversa sulle riforme costituzionali in discussione anche
rispetto ai colleghi del PD. Per essere esplicito, il Gruppo dell'Italia dei
Valori non ha condiviso minimamente l'ipotesi di testo di riforma
costituzionale su cui era stato trovato l'accordo tra PD e PdL. Non ha
condiviso tale testo perché non riesce ad apprezzare per nessun motivo il
rafforzamento eccessivo dei poteri dell'Esecutivo e la riduzione del potere
legislativo a spettatore dell'attività legislativa.
Quindi, i motivi per cui noi usciamo
all'Aula non sono tanto attribuibili allo sfiguramento di questo primo disegno
di riforma costituzionale a seguito dell'introduzione dei due emendamenti
surrettizi su Senato federale e presidenzialismo avanzati da PdL e Lega. Questo
fa parte di una storia di natura parlamentare che non ci piace ma che non è il
motivo per cui usciamo dall'Aula. Noi usciamo dell'Aula perché la decisione
della Presidenza di contingentare i tempi oltre i limiti del sostenibile
impedisce nel modo più letterale al nostro Gruppo di poter intervenire, in una
maniera persuasiva e utile per il dibattito collettivo, su entrambi i criteri
di riforma costituzionali, sia quello orientato al rafforzamento dei poteri del
Presidente del Consiglio sia quello orientato al rafforzamento dei poteri del
Presidente della Repubblica.
Siamo nell'impossibilità di esprimere
un punto di vista ragionato su queste materie e consideriamo del tutto
inaccettabile che una riforma costituzionale qualsiasi venga discussa in questa
maniera. Riteniamo inaccettabile che si possano contingentare i tempi su una
riforma costituzionale, che dovrebbe essere invece il momento della massima
interlocuzione e della massima libertà di espressione, e per questo motivo
abbandoniamo l'Aula. (Applausi dal Gruppo IdV. I senatori del Gruppo IdV
abbandonano l'Aula).
CUTRUFO (PdL). Bravo!
PASTORE (PdL). Complimenti!
MENARDI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Mi
raccomando, sbrigatevi!
LIVI BACCI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LIVI BACCI (PD). Signor
Presidente, esprimendo il mio dissenso rispetto alla decisione del mio Gruppo,
vorrei illustrare tre punti.
Il primo riguarda il mio assoluto e
pieno accordo alle motivazioni politiche, più volte enunciate in maniera
stringente e efficace dalla nostra presidente Anna Finocchiaro. C'è stato un
patto politico, e questo patto è stato rotto; era un compromesso di riforma
costituzionale forse non entusiasmante, ma un compromesso onorevole e raggiunto
faticosamente, e che quindi andava rispettato. La presentazione degli
emendamenti e il corso della discussione dimostrano che quel patto è stato
rotto e che quindi dal punto di vista politico si è fatto uno sfregio ad
un'intesa raggiunta così faticosamente dai due maggiori Gruppi in quest'Aula.
Questo è il primo punto politico di completa adesione alle motivazioni
presentate più volte dai rappresentanti del nostro Gruppo.
Il secondo punto che vorrei rilevare è
che noi continuiamo in un dibattito assolutamente sterile, inefficace e
inutile. La Presidenza del Senato fa da levatrice in una gravidanza che sta
prolungando con grottesco accanimento terapeutico perché sappiamo bene che il
bambino è già morto e io mi rifiuto di prendere parte attivamente a dei lavori
che sono destinati al niente con il mio voto. Sono destinati a finire nel
nulla. Da questo punto di vista, credo ci sia stata una sostanziale forzatura
da parte della Presidenza del Senato, in più occasioni rilevata dal nostro
Gruppo.
Il terzo punto è quello che mi ha
convinto a non uscire dall'Aula ed è più rispettoso della considerazione che ho
per la mia funzione di parlamentare. Si tratta di una considerazione personale:
ho deciso di restare in questa Aula, ascoltare il dibattito, ma non partecipare
al voto. La ringrazio del tempo che mi ha concesso. (Applausi dei senatori
D'Ambrosio e Negri).
*QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUAGLIARIELLO (PdL). Signor
Presidente, intervengo solo per un commento pacato e il più possibile sereno su
questa vicenda. È evidente che essa presenta degli aspetti anche procedurali
sui quali un giudizio politico di aspra critica è possibile. Questa vicenda è
partita con un percorso condiviso, al quale, tra l'altro, ho preso parte
personalmente, e poi si è sviluppata in maniera differente.
Per amor di verità, signor Presidente,
bisogna anche aggiungere che nel corso di questo percorso qualcosa di non
secondario è avvenuto. Parlo del turno elettorale amministrativo che ha
evidenziato una crisi profonda del nostro sistema politico e del nostro sistema
partitico. È avvenuto anche che un default politico in un Paese
dell'Unione - mi riferisco alla Grecia - ha messo in evidenza la necessità di
dighe costituzionali che impediscano alla crisi dei partiti di entrare nello
Stato e di invadere le istituzioni.
In questo quadro i partiti hanno
assunto delle loro determinazioni sia in merito alle misure istituzionali
necessarie sia in merito alla legge elettorale. Presidente, tutto questo è
stato fatto alla luce del sole e ha anche suscitato un dibattito politico nelle
diverse parti politiche. Ci sono state delle contrapposizioni interne ai due
schieramenti e poi si sono determinate delle maggioranze. Le proposte avanzate
non erano tuttavia irricevibili, se è vero che l'elezione diretta del
Presidente della Repubblica ha suscitato anche delle adesioni pubbliche da
parte del centrosinistra e di suoi esponenti di spicco, alcuni dei quali
presenti in questa Aula, e se è vero che sono state perseguite possibili
mediazioni per far procedere il percorso delle riforme e per alzare ancora di
più la diga che insieme avevamo immaginato.
Signor Presidente, credo che di fronte
a questa realtà tutto sia legittimo, anche la critica politica più dura; non è
invece legittimo, in termini di tradizione parlamentare e, se mi consente,
anche di omaggio nei confronti della politica, quella più nobile, un gesto come
questo. Si tratta di una forzatura eccessiva rispetto al corso delle cose e,
come abbiamo visto anche nella giornata di ieri, sembra quasi voler dire che in
questa materia qualsiasi accordo deve essere assunto precedentemente e non
possa invece definirsi in Aula anche attraverso la libera discussione di
emendamenti, magari provenienti da singoli parlamentari.
Signor Presidente, credo che al di là
di alcuni dilungamenti eccessivi, quello che si è svolto in quest'Aula fino a
ieri ha avuto la piena dignità di un dibattito parlamentare, anche quando ha
assunto degli aspetti molto duri e surreali, come quelli che sono stati toccati
ieri mattina quando si è discusso il grande tema della parità di genere e si è
presa a pretesto una situazione non perfettamente confacente a quel tema.
Di fronte a questa situazione, torno a
chiedere ai colleghi della sinistra perché compiere questo strappo troppo forte
e troppo violento e perché invece non affidarsi anche in questo ambito alla
politica, alla sua nobiltà, al suo svolgimento.
Signor Presidente, credo che vincere o
perdere una votazione non sia la fine del mondo. E poi la politica ci ha
insegnato che ci sono sempre dei tempi di recupero. Probabilmente dall'esito
delle votazioni in quest'Aula sarebbe potuto scaturire qualcosa di diverso alla
Camera dei deputati, che certamente oggi viene reso più difficile.
Allora ritengo, signor Presidente, che
anche la legittima volontà di non pronunziarsi su un aspetto come quello
dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica, la legittima volontà di
non voler dire no per paura di pagarne un prezzo nei confronti dell'opinione
pubblica, avrebbe potuto esprimersi - lo dico sinceramente - attraverso forme
diverse, più conformi alla civiltà politica, più conformi alla tradizione del
parlamentarismo. La secessione dai lavori parlamentari non è una pagina
gloriosa nella nostra storia nazionale, e soprattutto la nostra storia
nazionale ci insegna che questa scelta la si compie solo in condizioni di
autentica emergenza. Non si inventano le emergenze perché la strumentalità alla
fine si ritorce contro chi la mette in pratica.
Per quel che ci riguarda, signor
Presidente, continueremo con pacatezza ad affermare la libertà del Parlamento
di esprimersi. Non pensiamo di possedere la verità, non abbiamo la presunzione
di dire di aver seguito la migliore strada, ma sicuramente è una strada
compatibile con le tradizioni parlamentari. Ci impegniamo anche a collocare
all'interno di questo solco l'eventuale approvazione di una riforma elettorale,
non facendone una bandiera propagandistica, ma guardando al prosieguo dei
lavori parlamentari anche nell'altra Camera per poter trovare delle soluzioni e
far uscire da tutto questo qualcosa di buono. (Applausi dal Gruppo PdL e
della senatrice Sbarbati).
PERDUCA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signor Presidente,
credo che laicamente bisognerebbe recuperare, a parte la serenità, che non è un
problema, in politica, un minimo di memoria storica. Ma il lapsus del
senatore Quagliariello in qualche modo ci aiuta. Egli ha parlato di legge
elettorale mentre stiamo parlando di una legge costituzionale, che è cosa
diversa. Insieme alla senatrice Poretti, fin dall'inizio di questo percorso
avviato in Commissione affari costituzionali, ho posto il problema di come, in
un Paese in cui non si applica la Costituzione vigente, si fosse intrapreso un
percorso molto spericolato, oltre che pericoloso; ancora non si sapeva infatti
dove si sarebbe andati a finire nel merito, ma sicuramente dal punto di vista
del metodo il percorso era spericolato, perché per modificare la Carta che
fonda una Repubblica occorreva un dibattito che avesse il tempo necessario non
soltanto per poter essere condiviso all'interno delle Aule parlamentari ma
anche nel Paese. Un Paese che poi tutto chiede alla politica tranne che avviare
una riforma costituzionale, in un momento in cui tutti sappiamo dove ci
troviamo, sia dal punto di vista economico e finanziario interno, sia sul piano
nei riguardi dell'Unione europea, sia dal punto di vista del rispetto dello
Stato di diritto e della certezza del diritto.
Chi da quattro anni e mezzo non riesce
quotidianamente a far applicare la Costituzione è, secondo gli italiani, il
gruppo di persone più adatto a modificare la stessa? Secondo noi, certamente
non lo è, o lo è quando ha preso delle decisioni radicali per cui in qualche
modo riesce a cancellare tutto ciò che c'è stato in termini di violazione di
diritti in Italia.
Insistiamo, e ancora in questi giorni
siamo mobilitati con uno sciopero della fame e una consegna del silenzio (che
purtroppo ci tocca violare quasi quotidianamente), affinché si conceda
un'amnistia per la Repubblica al fine di ricominciare da capo. E ricominciare
da capo magari con il problema dei problemi, che interessa 11 milioni di
italiani, vale a dire la giustizia.
Già all'inizio di questo percorso
abbiamo avuto modo di criticare - unici, occorre dirlo - la gestione dell'Aula
del presidente Schifani, quando decise di contingentare i tempi. Sono d'accordo
su una parte di quanto affermato dal senatore Quagliariello poco fa. Se noi
dovessimo continuare a fare una riforma costituzionale con metà Aula vuota, sia
da parte di chi resta sia da parte di chi è andato via, ci assumeremmo
un'enorme responsabilità, perché non si parla di una legge qualsiasi ma della
modifica della Carta fondamentale e fondativa della nostra Repubblica.
Già allora, però, denunciammo il
silenzio che ci circondò, quando ci veniva data la parola per un minuto per
spiegare emendamenti che toccavano aspetti fondamentali come la composizione
della Camera e del Senato. Si sapeva già allora quello che poi è diventato una
sorta di triste ritornello, ovvero che non si sarebbe andati da nessuna parte
perché il giorno dopo la chiusura dei lavori, in 1a Commissione, furono
presentati cinque emendamenti, più uno, che andavano a stravolgere il testo
uscito da quei lavori e quindi che, avendolo stravolto e avendo contravvenuto al
famigerato patto concluso fuori dalle Aule parlamentari, non ci sarebbero stati
i due terzi dei voti necessari all'approvazione e, di fronte ad un referendum
confermativo, tutto sarebbe stato rinviato di molti anni.
In quel silenzio, fummo gli unici a insistere
nel denunciare l'utilizzo di questa proposta di riforma costituzionale come di
una sorta di contentino da dare al popolo "sovrano" che richiedeva a
gran voce (povero lui, mi verrebbe da dire a questo punto!) non tanto di venire
rappresentato pienamente, debitamente e direttamente all'interno delle Aule
parlamentari, ma di vedere diminuito il numero dei parlamentari stessi di un 20
per cento alla Camera e di un 20 per cento al Senato, partecipando quindi, con
queste dichiarazioni di mera aritmetica, al gioco dell'antipolitica dal cuore
della politica, che dovrebbe invece interessarsi di tutt'altre questioni.
Sentiremo come si intende sviluppare il dibattito.
Insieme alla senatrice Poretti ed al
senatore Fleres ieri sera siamo stati presenti fino alle ore 22,34 per
illustrare i nostri emendamenti, anche perché l'ironia della sorte voleva che
l'articolo 5 andasse a modificare la Costituzione imponendo al parlamentare il
dovere di svolgere le proprie funzioni. Ebbene, se ai 315 senatori totali si
sottraggono quei tre, vuol dire che 312 senatori hanno contravvenuto a quel
dovere che, invece, con gran forza, volevano porre come modifica necessaria al
testo licenziato dalla Commissione. Hanno preso la parola anche i senatori
Benedetti Valentini e Pastore, ieri sera, ma gli atti parlamentari non
recupereranno altre persone che sono state presenti fino a tarda notte.
Procedere senza prevedere un'ulteriore
riunione della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato
credo sia un'ulteriore scelta che non va nella direzione che forse alcuni
auspicano e alla quale altri continuano ad opporsi: quella, se non altro, del
rispetto delle regole e della decenza delle istituzioni. Modificare la
Costituzione in queste condizioni, lo ripeto, oltre a non portare
all'approvazione del provvedimento con i due terzi dei voti a fine percorso, è
un'ulteriore offesa nei confronti della Carta fondamentale di questa
Repubblica, che ha bisogno di ripartire da zero, che ha bisogno di un'amnistia
per rimettersi in cammino - non al pari, in cammino - verso il rispetto dello
Stato di diritto, come ci chiede da sempre il Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa.
D'UBALDO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'UBALDO (PD). Signor
Presidente, vorrei anch'io, come il collega Livi Bacci, spiegare che la mia
presenza in Aula non è casuale: rimango in Aula per le stesse identiche
motivazioni che con grande acume e correttezza ha illustrato poc'anzi il
senatore Livi Bacci.
Mantengo anch'io un netto dissenso su
come è stata condotta dalla Presidenza la discussione sulla riforma
fondamentale della Carta costituzionale e sul comportamento adottato in
quest'Aula, attraverso il quale si è ricostituita, in modo surrettizio una
maggioranza, la vecchia maggioranza, quando siamo in un ciclo politico
completamente diverso con l'assunzione di una responsabilità da parte del
Partito Democratico e, conseguentemente, anche del partito del Popolo della
Libertà.
Ho poi ascoltato, come sempre, con
grande attenzione l'intervento del senatore Quagliariello. A me sembra che
ancora una volta stiamo ribadendo, ciascuno per la propria parte, ciò che serve
a gestire il rapporto con la pubblica opinione quasi a fini elettorali. In
queste condizioni non credo sia agevole per nessuno, né dignitoso per nessuno
di noi continuare a condurre in questo modo un confronto che dovrebbe essere di
alto livello e di grande qualità.
Ciò nondimeno, le conclusioni che
traggo non possono che confermare una forma di dissenso tecnico (non politico,
ovviamente) dal mio Gruppo di appartenenza, perché ritengo che abbandonare
l'Aula di un ramo del Parlamento non sia una decisione che si possa prendere a
cuor leggero. Noi siamo chiamati dai nostri elettori a sviluppare nelle Aule
parlamentari un'iniziativa politica ed una riflessione anche quando una
maggioranza - come in questo caso - ci mette in condizioni di forte imbarazzo.
Questo, signor Presidente, è il mio
personale convincimento. Sono intervenuto chiedendo a lei la cortesia di
concedermi la parola per lasciare a verbale questa mia presa di posizione.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, il mio intervento sarà breve, anche perché per questo
provvedimento, che non avrà mai un esito finale, si è perso fin troppo tempo.
Il senatore Quagliariello sa quanta
stima reale nutra per lui. Tuttavia, egli deve prendere atto che non può
parlare di fatti specifici come il presidenzialismo o il Senato federale senza
pensare a come sia stato tradito il patto sottoscritto in Commissione.
Non si può sentir dire, da un altro
collega al quale mi lega altrettanta stima, «voi non volete le riforme, non le
avete mai volute». Credo che la fotografia dell'Aula di oggi costituisca un fatto
di estrema gravità, di cui tutti devono prendere atto. Tutti.
Credo sia necessario riallacciare il
dialogo, ma il dialogo non si può riallacciare se non si comprendono le ragioni
dell'altro. Le responsabilità non sono mai tutte da una parte.
Per concludere, signor Presidente, il
nostro Gruppo resterà in Aula cercando di far comprendere, di volta in volta,
quale sia il clamoroso errore commesso dal Popolo della Libertà. (Applausi
dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
BRICOLO (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRICOLO (LNP). Signor
Presidente, rispettiamo le scelte di tutti, però quella di abbandonare i lavori
d'Aula ci sembra una scelta sbagliata e anche strumentale.
Durante le sedute che hanno impegnato
il Senato nella discussione del provvedimento in esame in queste settimane
abbiamo visto il centrosinistra intervenire su ogni emendamento, in molti casi
adottando anche tattiche ostruzionistiche. Dopo che è stato deciso il
contingentamento dei tempi e di arrivare all'approvazione la settimana
prossima, vista ormai la fase avanzata dei lavori, attraverso il voto finale di
questa prima lettura delle riforme che vedono impegnato il Senato dall'inizio
della legislatura, l'abbandono dell'Aula lo riteniamo veramente una scelta
sbagliata.
Siamo all'opposizione ormai da otto
mesi e abbiamo contestato quasi tutti i provvedimenti che il Governo ha
presentato in Parlamento; li abbiamo contestati in Aula presentando emendamenti
di merito e mai abbiamo adottato tattiche ostruzionistiche, cercando sempre di
entrare nel merito delle questioni. Anche rispetto ai provvedimenti che abbiamo
contestato con più forza, (ad esempio, l'introduzione dell'IMU sulla prima
casa, che devono pagare tutti, e tante altre disposizioni che hanno elevato le
tasse) la Lega ha manifestato una forte protesta in Aula, senza però
abbandonare i lavori. Credo infatti sia un dovere rimanere e difendere le
proprie posizioni. In questo modo si vuole invece dare un messaggio diverso:
non possiamo più fare ostruzionismo, usciamo per creare difficoltà a chi vuole
portare avanti questa riforma.
Ebbene, voglio ricordare ai colleghi
del centrosinistra che lo stesso presidente della Repubblica Napolitano ha
detto che per le riforme, in particolare per la legge elettorale, se non c'è
una maggioranza bipartisan, in questo momento, visto che siamo a fine
legislatura, il Parlamento ha l'obbligo comunque di approvare provvedimenti
anche a maggioranza. Noi crediamo che questa sia una riforma che va
nell'interesse del Paese, per renderlo un Paese più moderno, che finalmente
abbandona un impianto centralista e assistenzialista che finora abbiamo visto
non funzionare.
Allo stesso tempo, approvare questo
provvedimento vuol dire portare a compimento mesi e mesi di discussioni svolte
in Commissione, in un confronto anche acceso ma sempre costruttivo.
La tesi che sta portando avanti il
centrosinistra, per cui le riforme devono essere attuate come vogliono loro,
altrimenti non vanno bene e devono essere bloccate, per quanto ci riguarda è
inaccettabile. Continueremo dunque a lavorare serenamente su questo
provvedimento esaminando gli emendamenti che rimangono, per riuscire a licenziare
il testo e ad inviarlo all'altro ramo del Parlamento affinché anche la Camera
passa affrontare questa importante riforma, che riteniamo assolutamente
indispensabile per riuscire finalmente a cambiare questo Paese. (Applausi
dal Gruppo LNP).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, una prima considerazione. A me pare vi sia un atteggiamento
contraddittorio proprio da parte di chi tutela e vuole difendere la centralità
del Parlamento, ma poi evita che sia questo il luogo in cui si esprimono il
confronto, il dibattito e la scelta. Dico con grande chiarezza che non c'è
patto non rispettato e non c'è accordo non portato fino in fondo che motivi e
giustifichi l'assenza dalle Aule parlamentari. (Applausi dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI
e PdL e della senatrice Sbarbati). È infatti all'interno delle Aule
parlamentari che bisogna sviluppare il confronto, il dibattito, l'antagonismo,
soprattutto da parte di chi si richiama alla centralità del Parlamento e del
parlamentarismo.
Seconda considerazione. Francamente è
un po' irritante che vi sia una sorta di banalizzazione del dibattito
parlamentare che motiva l'inutilità del Parlamento: sembra quasi che o c'è un
accordo dirigista o verticistico o altrimenti, se ci sono soggetti in
Parlamento che pattisti non sono stati e non lo saranno mai, non si possa determinare
nel Parlamento la configurazione di una scelta, di un'indicazione, di una
prospettiva. (Applausi dai Gruppi LN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL).
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Bravo!
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Ed è un modo per modificare la Costituzione, perché è questa che prevede la
possibilità che vi siano riforme non condivise, tant'è che è la Costituzione
che poi colloca nella centralità della sovranità popolare la decisione
definitiva quando il Parlamento non l'esprima ad una soglia tale da farla
ritenere conclusiva dell'iter.
La terza considerazione, al di là delle
motivazioni, delle scelte, delle procedure e del percorso che finora è stato
compiuto, è la seguente: il senatore Quagliariello nell'ultima parte del suo
intervento ha cercato di sottolineare un dato. (Brusìo). Se mi è
consentito, vorrei avanzare con molta umiltà e chiarezza una proposta. Chiedo
un po' d'attenzione anche da parte del Governo. (Richiami del Presidente).
Il senatore Quagliariello ha posto il
problema di recuperare la centralità, la nobiltà e il senso della politica. Mi
hanno insegnato che la politica non è soltanto l'elencazione delle questioni e
dei problemi: mi hanno insegnato che la politica è la ricerca delle soluzioni.
Io credo che a questo punto si debba fare in modo di individuare una soluzione
e di indicare un percorso. Quest'ultimo a nostro avviso - ci permettiamo di
rivolgerci in particolare al centrodestra, ma non solo - è quello di chiudere
il dibattito parlamentare con il voto sul semipresidenzialismo, perché non mi
sembra giusto che vi sia l'impedimento a determinare la prosecuzione dei
lavori, a chiudere la valutazione del Parlamento sulla proposta di riforma, a
votare in particolare sul semipresidenzialismo. Credo che a quel punto ci sia
un'indicazione politica che debba essere patrimonializzata e capitalizzata, ai
fini però della continuità della riforma e non del binario morto della
prosecuzione delle riforme.
Ritengo sia possibile utilizzare il
voto del Senato, se voto ci sarà, sul semipresidenzialismo in particolare, dopo
il voto sul Senato federale, per considerare quel voto in maniera solenne un
atto di indirizzo da affidare ad un'Assemblea costituente per un'organica
riforma della Costituzione e consentire al Parlamento di proseguire il percorso
riformatore e di cambiamento a partire dalla legge elettorale che, a quel
punto, può diventare una legge elettorale ponte, in attesa della scelta di
sistema da parte dell'Assemblea costituente per far discendere finalmente le
leggi elettorali dalle scelte di sistema e non precederle, e consentire
contemporaneamente di andare avanti e dimostrare che lo spirito costituente non
lo perdiamo, anzi, vogliamo far diventare la sfida della modernizzazione
istituzionale una grande sfida alla quale, se si sottrae il Parlamento, non si
può sottrarre la sovranità popolare. (Applausi dei Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI
e PdL e della senatrice Sbarbati).
TEDESCO (Misto-MSA). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEDESCO (Misto-MSA). Signor
Presidente, colleghi senatori, non ci voleva la sfera di cristallo, né essere
dotati di particolari capacità divinatorie per intuire che quella commedia
degli inganni che era stata attivata attraverso il presunto accordo tra le due
maggiori forze di questo Parlamento sarebbe giunta al suo epilogo fallimentare.
Non è un caso - e lo ribadisco
condividendo molte delle riflessioni svolte dal senatore Viespoli - che in
quest'Aula rimangano saldamente seduti ai banchi proprio i rappresentanti dei
Gruppi minori che a quell'accordo non avevano partecipato, e che quindi non
devono dolersi di alcuna lesione di intese, e che tuttavia, pur guardandosi
attorno, non individuano in questa sede bivacchi di manipoli che possano
giustificare l'abbandono.
Credo che lo strappo consumato questa
mattina, che alcuni colleghi del Partito Democratico hanno stigmatizzato con la
loro presenza in Aula, non abbia una giustificazione fondata. Abbandonare
l'Aula, casomai arroccarsi sull'Aventino, appartiene a momenti tragici della
democrazia e non certo a dissensi fisiologici che possono caratterizzare il
dibattito parlamentare.
Presidente, è fin troppo facile dire
oggi che avevamo ragione noi quando proponevamo di affrontare la delicata
questione delle riforme costituzionali attraverso l'unico strumento e l'unica
via perseguibile: l'Assemblea costituente. Avevamo ragione noi e avevano
ragione quanti, all'interno dei due principali schieramenti, avevano
caldeggiato detta soluzione.
Credo che questa mattina si possano
affermare due verità, e non solo quella sancita dal senatore Quagliariello nel
suo intervento quando, rivolgendosi al centrosinistra, ha denunciato la
mancanza di volontà nell'approvare le riforme. Vi è una seconda verità, che è
scritta tra le righe e che nessuno svela apertamente. Credo che l'abbandono di
quest'Aula da parte di alcuni Gruppi che alimentano, o dovrebbero alimentare,
un confronto corretto all'interno delle Aule parlamentari significhi un'altra
cosa: il tramonto definitivo della residua possibilità persino di cambiare la
legge elettorale.
Voglio capire come si riannoderanno i
fili del confronto e come si potrà tentare di abrogare quella ignobile legge
che regola l'elezione del Parlamento italiano abbandonando l'Aula e tracciando
un solco davvero profondo rispetto al perseguimento di una intesa minimale, ma
importante, fondamentale, quale quella per modificare la legge elettorale.
L'abbandono di quest'Aula è un fatto gravissimo per questo: perché si tradisce
quella volontà, sbandierata a più riprese in ogni contesto, di voler cambiare
la legge elettorale e si abbandona l'unico luogo all'interno del quale questa
petizione di principio può tradursi in pratica fattuale, in decisione.
Io credo - e anche a tale proposito
ritengo di essere una facile Cassandra - che questo Parlamento non riuscirà nel
suo intento perché non avrà voluto cambiare la legge elettorale e non vorrà
nemmeno accedere alla saggia proposta del senatore Viespoli, di una sorta di
moratoria che consenta di eleggere il nuovo Parlamento con regole più civili e
più rispettose di una rappresentanza effettivamente democratica e poi, nel
corso della nuova legislatura, attraverso una fase costituente che non potrà che
passare attraverso l'elezione o la nomina di un'Assemblea costituente, porre
seriamente mano alla riforma della Carta fondamentale che regola i rapporti tra
i cittadini e l'organizzazione dello Stato e che rappresenta il fondamento e la
natura stessa della nostra Repubblica.
Dunque, noi rimaniamo in Aula. Lo fanno
molti colleghi del Gruppo Misto che sono presenti; lo fanno, ripeto, le
cosiddette forze minori che però, in questa circostanza, danno una lezione di
democrazia a quanti quotidianamente se ne riempiono la bocca. (Applausi
della senatrice Sbarbati).
NEGRI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NEGRI (PD). Signor Presidente,
sono rimasta in Aula per intervenire nella discussione, ma dopo uscirò anch'io
perché sono convinta che sia sensato e motivato accentuare la critica di metodo
e la consapevolezza della drammatizzazione della situazione.
Ho voluto ascoltare la discussione e
parteciparvi, anche se in misura minima, dato che non faccio parte della
Commissione affari costituzionali, perché vorrei dire come la penso
relativamente all'andamento di questa vicenda, dopo aver ascoltato anche le
parole del presidente Quagliariello, che affida alla Camera, come fosse una
sorta di eredità, il prossimo lavoro del Senato, e il presidente Viespoli, che
mi pare aderire, almeno in parte, all'indicazione venuta dal Gruppo del PD del referendum
di indirizzo propositivo.
Per dire la verità e non fare il gioco
reciproco dei volenterosi e dei secessionisti, noi sapevamo che sarebbe stato
messo in discussione il lavoro unitario cui ci si era ispirati, anche se con
diverse convinzioni. Come ha detto il presidente Quagliariello, l'esigenza di
mettere in discussione tale lavoro nasceva da un fatto oggettivo, cioè
dall'esito delle elezioni amministrative e dal rischio che il lavoro cui
avevamo messo mano insieme non fosse sufficiente a fare da diga, da argine per
governare le spinte centrifughe derivanti dalla dinamica politica e quindi che,
accanto allo spread e ai mercati, nel prossimo futuro nascesse una sorta
di mostruoso spread del Governo politico.
Se questo è vero, ammesso che lo sia e
in gran parte lo è, c'erano molti modi per non trovarsi in questa morta gora.
Se ci fosse stata reciproca volontà di incontro e di confronto su una materia
impegnativa come la riforma costituzionale (e non elettorale), c'erano mille
modi per uscire da questa contraddizione, anche perché sono stati dati segnali
di ricerca, di confronto e di disponibilità. Si è preferito, invece, far
emergere la linea oltranzista di chi vuole fare del terreno di confronto una
bandiera identitaria.
Ecco perché io penso che, se non si
riuscirà ad invertire questa rotta e ad apportare qualche correzione ai tempi
ma anche agli argomenti di discussione, quando questa materia arriverà alla
Camera, noi (o una specifica parte di noi) saremo responsabili di un grave
nocumento alla tenuta politica del Paese e alla sua affidabilità internazionale,
oltre che di come ci guarderanno dopo la giornata di oggi. E non parliamo, per
favore, di secessionisti e di coloro che lavorano per il popolo e in nome del
popolo, perché dalla vostra parte non c'è tutta la questa verità! (Applausi
dei senatori Ramponi e Sbarbati).
NANIA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NANIA (PdL). Signor Presidente,
colleghi, quello che è successo - l'abbandono dell'Aula da parte dei Gruppi del
Partito Democratico e dell'Italia dei Valori - ripropone ancora una volta il
tema del consenso e del concorso in materia di riforme.
È una storia che sento ripetere da
molto tempo e sulla quale voglio esprimere il mio punto di vista, mettendo in
evidenza ciò che nasconde la pretesa che vi sia a tutti i costi un consenso
indispensabile ed il più ampio possibile sulle riforme da fare e ciò che
nasconde, invece, la necessità che vi sia comunque il concorso di tutti sulle
riforme.
Si tratta di un tema che conosco molto
bene e da vicino, anche rispetto alle reazioni che ha prodotto, e che ho
sentito riproporre spesso, soprattutto tra i banchi della sinistra. Esso
nasconde, a mio avviso, il perpetuarsi di un vizio - duro a morire - che
caratterizza tutta la sinistra post-comunista italiana.
Per quanto abbia provato a leggere tra
gli atti della Costituente, per quanto abbia preso parte ad alcune Commissioni
bicamerali ed abbia potuto osservare da vicino, non ho mai visto delle riforme
che sono state affrontate partendo dal presupposto che il consenso, non solo
sia indispensabile, ma debba essere necessariamente anche il più ampio
possibile per cui, se questo non c'è, bisogna abbandonare l'Aula.
Non mi ricordo, ad esempio, né mi pare
di aver letto che, nell'ambito dei lavori per la Costituzione del 1948, che
sempre viene evocata, sia stato ricercato un consenso a tutti i costi e che
tale consenso fosse indispensabile. Mi ricordo, invece, di un concorso di tutti
indispensabile, necessario e fondamentale al processo costituente.
In questo momento, in questa fase così
delicata della nostra vicenda politica e istituzionale, noi assistiamo invece
ad una presa di posizione del Partito Democratico per cui o c'è il consenso di
tutti, e questo consenso è il più ampio possibile, o si mette in discussione il
concorso indispensabile di tutti e si abbandona l'Aula, dimostrando di non
concorrere al processo riformatore.
Voglio citare un esempio che vale per
tutti, l'articolo 7 della Costituzione: c'è stato forse su quell'articolo il
consenso di tutti durante i lavori dell'Assemblea costituente? Gli azionisti
non l'hanno votato, così come non l'hanno votato i massoni, né una forte
componente socialista. L'hanno votato i democristiani e i comunisti. E
l'articolo 7 è entrato regolarmente a far parte della Costituzione. (Applausi
dei senatori Compagna e Sbarbati). Dov'è stato il consenso indispensabile
di tutti? Si può citare come altro esempio anche l'articolo 3 della Costituzione.
A ben guardare su quasi tutti gli articoli della Costituzione italiana non si è
mai registrato questo consenso indispensabile e tale comunque da portare ad
abbandonare i lavori parlamentari nel momento in cui esso manca.
Intendiamoci bene su questo punto: è
sicuramente auspicabile un consenso che sia il più ampio possibile, ma questo
consenso non è comunque indispensabile. È il concorso di tutti ad essere
indispensabile. E io, che vengo dal Movimento Sociale Italiano e che ho pagato
sulla mia pelle l'esclusione per principio da ogni tipo di processo
riformatore, so bene che cosa significa il concorso indispensabile! (Applausi
dai Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI e della senatrice Sbarbati).
Noi partecipavamo a tutte le discussioni, anche se sapevamo in partenza che le
posizioni da noi sostenute non sarebbero mai state accolte.
Nella Commissione bicamerale De
Mita-Iotti, quando il sottoscritto, unico deputato che partecipava per il
Movimento sociale italiano, sostenne il presidenzialismo, il compianto Mino Martinazzoli
fece un gesto eloquente nei miei riguardi, più brutto dell'espressione
cafonata" di ieri, come per dire "le solite stupidate". I fatti
hanno dimostrato invece che il semipresidenzialismo s'è fatto strada, parla al
cuore e all'intelligenza delle persone ed è un tema centrale.
In questo contesto voglio fare un
riferimento all'articolo 138 della Costituzione. Scherzando dico sempre -ma lo
faccio sempre col dovuto disincanto - che quelli che hanno scritto la
Costituzione del 1948 l'hanno scritta bene: si può condividere o no il merito,
ma i costituenti venivano da una scuola seria, dove si conosceva bene
l'italiano e dove ogni parola aveva un suo peso specifico. Ebbene, l'articolo
138 della Costituzione è la dimostrazione concreta che il consenso il più ampio
possibile è auspicabile, fino al punto - allora ci si sono spinti - di
stabilire che se si arriva ai due terzi dei componenti di ciascuna Camera non
c'è bisogno del referendum. E questa norma oggi obiettivamente è
inattuale, perché non si può mai pensare di accendere un processo riformatore e
di non consentire ai cittadini di esprimersi.
Questo principio, che allora aveva un
senso, per il quale tanto più ampi sono i voti raccolti nel Palazzo minore è la
libertà dei cittadini, fino al punto che se il consenso dentro il Palazzo
arriva ai due terzi i cittadini sono privati della libertà di dire come la
pensano sulle riforme, oggi ovviamente non ha più significato. Ma allora aveva
un senso ben specifico: si ricercava il consenso, però si diceva: attenzione,
le riforme si possono fare pure a maggioranza e nessuno deve abbandonare
l'Aula.
Ebbene, quell'articolo 138 è stato
tradotto in materia di legge elettorale nelle parole del Presidente della
Repubblica, il quale ha detto: se vi potete mettere d'accordo, fatelo; se
proprio non ci riuscite, fate le riforme a maggioranza. Questo sulla legge
elettorale, che qualcuno pensa sia meno importante delle riforme
costituzionali, ma che invece rappresenta, in una democrazia, ciò che
l'apparato poliziesco, repressivo o i carri armati rappresentano nei regimi
totalitari e nelle dittature. La legge elettorale è il cuore del sistema
democratico: stabilire come si traducono i voti in seggi rappresenta la radice
stessa del problema del consenso. E se sulla legge elettorale tanto ha
dichiarato il Presidente della Repubblica, si vede che una ragione c'è.
Allora, voglio denunciare con forza il
vizio dell'egemonia: non è pensabile che ancora si ragioni così. Io mi auguro
che ci sia davvero la nascita in questo Paese di una forza autenticamente
socialdemocratica che si richiami ai grandi valori del socialismo, che
rappresentano molta parte della storia italiana, l'altra metà della mela. La
variante in questo Paese, solo in questo Paese, non può essere il socialismo:
in questo Paese la variante è il comunismo. Il socialismo, la socialdemocrazia
rappresentano il sentirsi una parte tra le tante: una parte che può perdere, ma
che non è destinata a perdere per sempre; una parte che può vincere, ma che non
è destinata a vincere per sempre.
Ebbene, l'idea che se governa il
centrosinistra il consenso si cerca, ma che, se tutto sommato non lo si trova,
le riforme si fanno comunque, come avvenuto per la prima volta con la riforma
del Titolo V della Parte seconda della Costituzione nel 2001, è una idea che va
dismessa. (Applausi dai Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI).
E non si può dire poi: avete sbagliato
pure voi con la bozza di Lorenzago. Se mai fosse vero, come è vero, che abbiamo
sbagliato pure noi, la prima prova che si sono resi conto di aver sbagliato la
devono dare quelli che hanno sbagliato nel 2001. Ed erano loro che in questa
occasione dovevano provare di essersi resi conto di aver sbagliato. Ma non
l'hanno fatto.
Per concludere, ho sentito nel corso
del dibattito - nel quale non ho avuto il piacere di partecipare al processo
formativo - che gli esponenti del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori
hanno detto continuamente che noi non vogliamo la riduzione dei parlamentari.
Mi è sembrato di capire questo.
Allora, ridotta all'osso, la mia
proposta è che si continuino i lavori, si proceda con la riduzione del numero
dei parlamentari, l'introduzione del Senato federale e del semipresidenzialismo
e si dimostri che senza di loro si fanno riforme che corrispondono al sentire
del Paese. Dopodiché vedremo quello che succederà e quanto succederà alla
Camera. (Applausi dei Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI. Congratulazioni).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Bravo!
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, intervengo per motivare la ragione per la quale i senatori
del nostro Gruppo sono presenti in Aula.
È evidente, onorevoli colleghi, che nel
dibattito su questa riforma abbiamo sceso un po' troppo i gradini della
ragionevolezza: lo dico in particolare ai colleghi del PdL e della Lega Nord.
Se rivediamo il dibattito di ieri sulle modifiche dell'articolo 58 della
Costituzione e magari ne andiamo a leggere il resoconto stenografico, ci
rendiamo conto che davvero la nostra Assemblea si è trovata in una condizione
di paradosso, non adeguata alla situazione in cui ci troviamo.
Presidenza del vice
presidente NANIA (ore 12,07)
(Segue RUTELLI). Ci sembra
ragionevole che, con le esigenze che ci sono nel Paese, il Senato sia bloccato
a discutere per giorni e giorni su una riforma che non andrà da nessuna parte?
Onorevoli colleghi, appare ragionevole lagnarci del fatto che il Governo emana
troppi decreti-legge - spesso sentiamo queste voce in Senato - costringendo il
Parlamento ad avere un'agenda formata esclusivamente dal Governo, quando
imponiamo dibattiti come questo che certamente non vanno da nessuna parte?
È evidente che il nostro Gruppo ha
cercato di dare dei contributi, e voglio dirlo in modo trasparente. Abbiamo
avuto una discussione sul tema del semipresidenzialismo, con posizioni che sono
state illustrate in quest'Aula, che credo meritino grande attenzione.
Riferendomi a quello che il senatore Nania ha detto poc'anzi, vorrei
sottolineare che il nostro Gruppo ha presentato una proposta di riforma del
Titolo V della Parte seconda della Costituzione, consapevole che quell'errore
vada riparato. È evidente, però, che ciò va fatto con la consapevolezza di
tutti che esso non vada ripetuto.
Ecco perché, signor Presidente, nel
rimanere in Aula, avendo votato contro la proposta di calendario e avendo
condiviso la proposta della senatrice Finocchiaro per un calendario
alternativo, non condividiamo invece la scelta unilaterale di abbandonare i
lavori dell'Assemblea. Decideremo come agire nel prosieguo: immagino che il
Presidente del Senato convocherà una Conferenza dei Capigruppo.
Siamo mossi da una considerazione
politica, che rivolgo in particolare al collega senatore Gasparri e ai
rappresentanti del Gruppo del PdL. Si è detto che dobbiamo approvare delle
norme per poterle agitare un po' come una bandiera, e dunque, pur sapendo che
non se ne farà nulla, si prende questa posizione. Avete presente le bandierine
che si mettono sulle olive negli aperitivi? Ho l'impressione che la dimensione
di questa bandiera da sventolare non sia molto più grande delle bandiere che
vengono appuntate in alcuni bar, nelle località di vacanza. Voglio dire che
tale bandiera non è sventolabile: è qualcosa a cui non può credere nessuno e a
cui sarebbe bene non credesse il Senato della Repubblica.
Dette queste cose, restiamo in Aula,
non per fare soltanto logomachia o conversazione, ma per un motivo che
conclusivamente vorrei presentare a nome del Gruppo. In parallelo si sta per
svolgere una riunione: lo dico ai colleghi del Partito Democratico, a quanti
sono presenti e potranno riferire agli assenti o a quanti ci ascoltano o
comunque prenderanno atto delle posizioni espresse in questo dibattito. A parte
quello del metodo, che è un tema indubbiamente serio, che già ieri abbiamo
sollevato, c'è un problema di merito e di sostanza: tra meno di un'ora, signor
Presidente, inizierà una nuova riunione del Comitato ristretto, che affronterà
la riforma della legge elettorale. Pensiamo davvero che si possa portare uno
strappo di questo genere alla modalità di lavoro comune, mentre abbiamo tutti
il dovere di pervenire ad una riforma delle legge elettorale (Applausi del
senatore Del Pennino), che non sia sulla linea degli errori che sono stati
richiamati, e che vanno drasticamente corretti, con l'approvazione della
modifica del Titolo V dapprima, e con l'altra successiva riforma costituzionale
approvata dalla maggioranza di centrodestra nel 2005 e poi bocciata dagli
elettori?
Vogliamo continuare su questa strada?
Pensiamo invece che una priorità per tutti sia di pervenire ad una riforma
della legge elettorale condivisa il più largamente possibile, andando davanti
agli elettori, Presidente, con due opzioni. La prima è una nuova legge
elettorale (quindi più che un'opzione deve essere una certezza, un fatto); la
seconda (lo annunzio ai colleghi e non siamo i soli, ho ascoltato quello che
diceva il presidente Viespoli già in precedenti sedute) è quella prevista nel
disegno di legge depositato ieri dal nostro Gruppo per l'istituzione di una
Commissione costituente, da votare in parallelo con le elezioni politiche della
prossima primavera.
Di fronte al fallimento del proposito
di riforma della Parte seconda della Costituzione credo che questa sia l'unica
strada su cui occorra convergere e su cui cercare le residue energie in
quest'Aula; ci sono, le dobbiamo ricercare e trovare e le dobbiamo mettere in
campo per fare le due uniche cose possibili a fine legislatura: una riforma
della legge elettorale e un via libera sulla base di indirizzi chiari a una
Costituente, che, come noi proponiamo, nei primi 18 mesi della prossima
legislatura vari la riforma della Parte seconda della Costituzione.
È anche per dire queste cose che siamo
rimasti in Aula. Valuteremo assieme ai colleghi del nostro Gruppo e agli altri
colleghi dell'Assemblea come partecipare al prosieguo dei lavori di questa
Assemblea, ma certo suggerisco, propongo e mi permetto, sommessamente, ma con
determinazione, di chiedere ai colleghi che hanno abbandonato l'Aula di riflettere
su questa loro scelta, che rischia di scavare dei solchi che poi renderanno
impraticabile il recupero, invece indispensabile, delle condizioni per una
convergenza larga, quella che oggi si ritrova sull'economia a supporto del
Governo. Tale convergenza si deve trovare anche per fare quelle riforme
essenziali cui ci siamo riferiti, richieste dal Capo dello Stato, dai cittadini
italiani e da quella logica, quel buon senso e quella razionalità che sembrano
essersi piuttosto smarriti in quest'Aula da alcune settimane. (Applausi dal
Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
BONDI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BONDI (PdL). Signor Presidente,
prendo raramente la parola in quest'Aula e lo faccio oggi perché avverto, come
credo tutti noi, che stiamo vivendo in un frangente molto difficile della
nostra vita nazionale. Mentre discutiamo delle riforme costituzionali, la crisi
economica incombe sul nostro Paese e i cittadini tutti sono smarriti, ci
osservano e ci giudicheranno.
Prendo la parola per condividere quanto
detto dai Presidenti del mio Gruppo, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello.
Sono decenni che cerchiamo di riformare le istituzioni senza alcun risultato.
Tutti gli sforzi che sono stati fatti, sia da una coalizione che dell'altra,
sono abortiti. Cari colleghi, il fallimento di fronte al Paese non è soltanto
di una parte politica, ma di tutta la politica.
Nel frattempo, però, ci sono stati
interventi e modifiche della Costituzione. Sono stati ricordati. Sono stati
interventi e modifiche parziali della Costituzione, certamente non coerenti,
non organici e, soprattutto, non condivisi. Da questo punto di vista, pochi di
noi possono avere le carte in regola. Nessuna forza politica - credo si possa
dire, con onestà intellettuale - da questo punto di vista può rivendicare di
avere delle carte in regola: tanto meno la sinistra che, come è stato ricordato
da molti autorevoli colleghi, ha cambiato il Titolo V della Parte seconda della
Costituzione a maggioranza, con un margine di pochi voti, determinando degli
sconquassi della nostra vita civile che sono di fronte agli occhi di tutti noi.
Eppure, questo Paese ha un estremo bisogno
di riforme, soprattutto di riforme organiche, complessive, non di riforme
parziali e soprattutto non di riforme che siano contestate da una parte
politica e dall'altra, perché questo rischia di portare alla paralisi. Io credo
che la proposta del nostro Gruppo di eleggere direttamente il Presidente della
Repubblica sia stata e sia legittima. Non sto a dire le ragioni; è una proposta
che risale ai tempi dell'Assemblea costituente, molti esponenti di diversi
schieramenti politici la condividono. Credo anche sia legittimo discuterne in
quest'Aula anche per opporsi a questa proposta e per contrapporvi altre
proposte e argomenti.
Non credo però che si possano accettare
dei veti su una discussione che si svolge liberamente e che rappresenta
l'esaltazione del valore del confronto parlamentare. Del resto, che significato
ha il confronto di cui tutti proclamano l'importanza? Il confronto non è
prestabilito nelle stanze dei partiti, ma è quello che si svolge nelle Aule
parlamentari: questo è il punto di vista di un'area politica come la sinistra
che ha sempre accentuato, a volte a ragione, il valore e la centralità del
Parlamento.
Rivolgo, per quanto possa valere
naturalmente, un appello alle forze politiche che hanno abbandonato l'Aula a
riprendere il confronto sia sulla riforma costituzionale sia sulla legge
elettorale, perché un fallimento sulle necessarie riforme della Costituzione e
della legge elettorale peserebbe non su una singola forza politica, ma
indistintamente su tutta la classe politica italiana. (Applausi dal Gruppo
PdL).
LANNUTTI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANNUTTI (IdV). Signor
Presidente, non essendo un giurista, come è a tutti noto, noto, non sono
intervenuto finora come tanti illustri colleghi nel dibattito sulle riforme
costituzionali. Il Senato è impegnato da più giorni e senza relatore in una
sorta di commedia degli inganni, per una riforma costituzionale che tutti
sappiamo non potrà mai entrare in vigore prima del 2018 (semmai dovesse entrare
in vigore).
Ciò mentre fuori dal Palazzo il Paese
brucia, non solo per la dittatura degli spread (che oscillano attorno a
500 punti, nonostante le manovre "lacrime e sangue" degli ultimi 18
mesi, del valore di 330 miliardi di euro), ma anche per il trasferimento
volontario di sovranità e senza partecipazione popolare a quel nostro mostro
giuridico denominato Meccanismo europeo di stabilità (MES), acutamente definito
"mostro di Loch Mes".
Signor Presidente, colleghi, oggi, in
prima pagina, non sul mio giornale, ma sul «Secolo d'Italia» si legge il
titolo: «110 miliardi» di euro (quelli che dobbiamo conferire a questo mostro
giuridico), «Dove li prendiamo?». Oggi approveranno alla Camera questo nuovo
trattato, però ci sono tanti dubbi, anche sul salvataggio dell'euro; è in
pericolo la sopravvivenza dell'euro. E si domanda Elena Polidori, nell'articolo
su «la Repubblica» relativamente ai provvedimenti necessari, di questo
trasferimento di sovranità e di soldi a questo mostro giuridico, peggio della
Banca centrale europea, quale uso verrà fatto: lo decideranno lorsignori. E
questo fondo MES deve poter ricapitalizzare direttamente le banche. Di questo
si tratta, signor Presidente.
Fuori dal Palazzo le famiglie soffrono
una delle crisi economiche - sistemiche più gravi dal 1929, dalla grande
depressione; crisi iniziata il 7 luglio 2007 con lo scoppio dei subprime.
PRESIDENTE. Senatore Lannutti, lei mi perdonerà, ma deve attenersi
al tema, perché subisco anche le pressioni degli altri colleghi. In ogni
occasione e su ogni argomento parliamo sempre di questo. Quindi la pregherei -
se può - di concludere rapidamente.
LANNUTTI (IdV). Signor Presidente, concludo e la ringrazio
anche del richiamo, l'accetto volentieri, perché il tema è anche quello di ciò
che sta fuori dal Palazzo, non solo quello che avviene qui dentro, con tutto il
rispetto. Esodati, costo 9 miliardi: noi siamo qua dentro, dibattiamo di
riforme che non entreranno in vigore, e fuori la gente soffre. E lo dico
proprio a lei, signor Presidente, che a tali questioni è molto sensibile.
Termino il mio intervento facendo
presente che, con tutto il rispetto per l'Aula e per i colleghi, soprattutto
negli ultimi otto-nove mesi, forse perché siamo stati commissariati dalla
dittatura degli spread e dei mercati, secondo me non stiamo offrendo
all'attenzione della pubblica opinione un dibattito all'altezza dei tempi e di
una situazione grave, della cui gravità forse non tutti hanno autentica
percezione.
Signor Presidente, mentre facciamo
questi dibattiti nelle Aule chiuse, non meravigliamoci poi se fuori dal
Palazzo, con la grande difficoltà e sottovalutazione della crisi, un comico
come Beppe Grillo riesce ad essere più credibile della politica e delle
istituzioni. (Applausi del senatore Peterlini).
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signor Presidente, come ha già detto il collega Tedesco, i parlamentari del
Gruppo Misto non hanno subìto alcun vulnus, perché erano estranei
all'accordo che era stato raggiunto sul testo della riforma della Costituzione.
In particolare, come repubblicani, avevamo sollevato una serie di critiche, di
obiezioni, e avevamo presentato una serie di emendamenti che tendevano a
modificare anche in modo radicale l'impostazione che era stata raggiunta dalle
due maggiori forze politiche. Ecco il primo motivo per cui noi restiamo in
quest'Aula e porteremo avanti la nostra battaglia sugli emendamenti; la
porteremo avanti, senatore Bondi, soprattutto su quel Titolo V che lei ha
richiamato poco fa come uno degli elementi di confusione maggiore del nostro
ordinamento.
Infatti, potete fare un Senato
federale, un Senato normale (non mi fermo sulle questioni nominalistiche), ma
se manteniamo la legislazione concorrente come elemento centrale della
differenziazione delle competenze tra Camera e Senato, ebbene, non facciamo una
riforma, ma una presa in giro, un bicameralismo improprio, qualcosa che è
destinato a scimmiottare il modello tedesco senza averne la coerenza, la logica
interna. Ecco perché rimarremo in quest'Aula a fare la nostra battaglia.
Devo però aggiungere che sono molto
preoccupato per le considerazioni svolte dai colleghi Viespoli e Rutelli su ciò
che la decisione di oggi del Partito Democratico può comportare sull'iter
complessivo dei nostri lavori. Infatti il tema di fondo, su cui ci ha
richiamato nei giorni scorsi il Capo dello Stato, rimane la riforma della legge
elettorale ma, se il clima che si determina è di scontro frontale, rischiamo di
non modificare nulla, nemmeno la legge elettorale.
Pertanto, credo che il senatore
Viespoli e il senatore Rutelli abbiano avanzato una proposta piena di
buonsenso, al di là del dissenso, che rimane, e che per quanto ci riguarda
esporrò sui singoli punti di questa riforma. Variamo pure la riforma, se la
volete come manifesto del Senato, che si arenerà poi alla Camera, ma lavoriamo
seriamente su una riforma della legge elettorale e impostiamo il lavoro per una
Costituente che affronti, nella prossima legislatura, entro il periodo di un
anno, in modo ristretto (come ha detto anche il presidente Pera in una recente
intervista), il tema complessivo della nostra architettura costituzionale, non
a spizzichi e bocconi.
Personalmente - l'ho detto anche in
altre occasioni - sono favorevole ad un sistema di tipo francese basato sul
semipresidenzialismo e sul doppio turno. Ma non è qualcosa che si improvvisa: è
qualcosa che si affida ad un'Assemblea costituente che ci lavori seriamente e
che dia una risposta organica e complessiva anche su questo problema.
Intanto però voglio rivolgere un
appello ai colleghi del Partito Democratico. Al di là della frattura che si è
verificata oggi, riprendiamo a lavorare subito, tutti insieme, per una modifica
della legge elettorale, altrimenti la responsabilità ricadrà su tutto il
Parlamento e su tutte le forze politiche, e non si potrà giocare soltanto a
scaricabarile. (Applausi dei senatori Tedesco, Sbarbati e Amato).
LAURO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LAURO (PdL). Signor Presidente,
ieri il senatore D'Ambrosio si è chiesto in quest'Aula perché la tribuna della
stampa fosse vuota. Si è chiesto altresì perché il nostro dibattito sulle
riforme costituzionali non interessasse la stampa, l'opinione pubblica e il
Paese. La risposta che può essere data circa questo disinteresse si identifica
con la causa principe del fallimento di questo percorso costituzionale. La
causa principe è che la classe politica non ha voluto coinvolgere fino in fondo
non la stampa, ma il popolo, il corpo elettorale, i cittadini.
Qual è la causa, signor Presidente, del
fallimento di tutti i percorsi di riforma costituzionale dal dopoguerra ad
oggi? Dalle bicamerali alle bicameraline, dalle Commissioni fino al tentativo
fallimentare del centrosinistra di varare a maggioranza una riforma che si è
rivelata deleteria, basterebbe guardare il contenzioso che giace di fronte alla
Corte costituzionale: un contenzioso sugli equivoci intorno alla leale collaborazione
tra lo Stato, le autonomie locali e le Regioni. Ebbene, quel vizio che ha
portato al fallimento di tutte le iniziative del passato si è ripetuto.
Ecco perché, riservandomi di
intervenire a conclusione di questo percorso, voglio ringraziare tutti i senatori
e i deputati che hanno voluto sottoscrivere la proposta del comitato per
l'Assemblea costituente. Una proposta che ho avanzato in tempi non sospetti,
quando altri non avevano presentato progetti di Costituente o di Commissione,
quando nessuno ci credeva.
Molti amici, molti senatori di tutti i
partiti, di tutti i Gruppi, ed anche deputati hanno compreso l'importanza di
tornare alle fonti. Ma come si può riformare la Costituzione nel chiuso di un
accordo politico, quando la Costituzione è stata varata da un'Assemblea
costituente eletta dal popolo sovrano? Ebbene, la strada è la stessa. Dobbiamo
ritornare al popolo sovrano! (Applausi dai Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI).
PRESIDENTE. Ricordo che il rappresentante del Governo si è rimesso
all'Aula su tutti gli emendamenti presentati.
Procediamo alla votazione degli
emendamenti presentati all'articolo 5.
Passiamo alla votazione dell'emendamento
5.200.
PERDUCA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signor Presidente,
credevo che quello precedente fosse una coda del dibattito collegato alle
precedenti questioni, non dichiarazioni di voto sull'emendamento. Ho capito
male?
PRESIDENTE. No. Se vuole, può
intervenire in dichiarazione di voto.
PERDUCA (PD). No, signor
Presidente, interverrò successivamente.
Chiedo la votazione nominale con
scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, annuncio che voterò a favore dell'emendamento 5.200.
Credo che un testo costituzionale debba
ispirarsi anche ad uno stile e, all'interno di esso, la sobrietà è necessaria
per presentare un testo che sia applicabile.
Presidenza della vice
presidente MAURO (ore 12,39)
(Segue BRUNO). Noto invece che
la sobrietà in questo articolo, nel testo proposto, è sostanzialmente
violentata dal tentativo di rispondere alla demagogia imperante.
L'articolo 5 è un chiaro esempio di
doveri, di obblighi - come qualcuno suggerisce in altri emendamenti - che
dovrebbero essere regolamentati con altri strumenti: per legge o per
Regolamento.
Diversa è l'idea che al lavoro
parlamentare deve corrispondere un'indennità: è un principio questo che
rispondeva all'idea di consentire a chiunque di poter aspirare a cariche
elettive; è un principio nobile. Tentare di amplificarlo prevedendo l'obbligo
di partecipare alle sedute d'Aula e di Commissione... Ma di cosa stiamo
parlando? Della Costituzione? Non mi pare proprio.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signora
Presidente, questo articolo, lungamente meditato durante il lavoro in
Commissione, stabilisce che i membri del Parlamento hanno il dovere di
partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni, e ricevono
un'indennità stabilita dalla legge. Ovviamente questo è il dato costituzionale,
non è che ci sia, come ha detto il senatore Bruno, un obbligo assoluto o un
dovere assoluto. Quello verrà regolamentato attraverso i Regolamenti
parlamentari.
Il Gruppo del PdL è contro la
soppressione dell'articolo 5, e voterà quindi contro l'emendamento 5.200.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Perduca, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 5.200, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno di
legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 5.201.
PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PERDUCA (PD). Signora
Presidente, sembra, da quel che è stato detto poc'anzi dal senatore Boscetto,
che ci sia stato un grande lavoro sull'articolo 5, ma non c'è stato un grande
lavoro relativamente al Regolamento, perché il nostro Regolamento già
all'articolo 2 dice che noi abbiamo il dovere di lavorare in Aula e in
Commissione, un dovere che, tra l'altro, oggi sarebbe stato contravvenuto da
buona parte degli assenti. Un dovere che ricordo, in occasione della
sostituzione di un membro della Commissione di vigilanza Rai all'inizio di
questa legislatura, come ha ricordato in maniera magistrale il senatore Villari
l'altro giorno, quando è stato convocato un dibattito apposito per affrontare
la questione, non è stato ottemperato a più riprese, oggi dal PdL e domani dal
PD, per bloccare i lavori di una Commissione.
Siamo in ogni caso contrari alla
formulazione uscita dalla Commissione affari costituzionali; tuttavia,
proponiamo che il testo della Commissione sia sostituito con il seguente: «I
membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute delle
Assemblee e ai lavori delle Commissioni e delle Giunte. Tale dovere è esteso
alle elezioni degli organi collegiali di garanzia. I membri del Parlamento
ricevono un'indennità stabilita dalla legge». Ciò, al fine di evitare di
rimettere al potere di boicottaggio di un voto piuttosto che di un altro i
lavori di organi fondamentali.
Certo è che, avendo stabilito un
dovere, poi bisognerebbe andare a pensare a delle sanzioni, sennò sarebbe
interessante sapere come si può mantenere fermo un dovere che viene violato.
Magari, anche in questo caso, occorrerà modificare i Regolamenti.
Anche per l'emendamento 5.201 chiedo il
sostegno per il voto elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta
di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Perduca, risulta
appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 5.201, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 5.202.
PERDUCA (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Perduca, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 5.202, presentato dalla senatrice Bonino e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
5.203, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 5.204,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 5.205,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori. (Commenti della senatrice
Sbarbati).Senatrice Sbarbati, se il senatore Pardi non c'è, è presente il
senatore Lannutti, che è firmatario dell'emendamento. (Commenti della
senatrice Sbarbati).
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 5.206,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 5.207.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, intervengo solo per osservare che comunque l'illustrazione
degli emendamenti è proseguita tutto ieri sera. Quindi, al limite, i pochi che
sono rimasti in Aula potrebbero anche esprimersi, qualche volta, in sede di
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Senatore Bruno, nessuno ha
tolto la parola a nessuno. Ci mancherebbe.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Lo so bene. Ho fatto questo rilievo solo in merito all'osservazione che lei ha
fatto sul primo firmatario.
Riguardo all'emendamento 5.207,
dichiaro il voto favorevole e ne chiedo la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Bruno,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 5.207, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'articolo 5.
PERDUCA (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Perduca, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
degli emendamenti presentati all'articolo 6.
Procediamo alla votazione
dell'emendamento 6.200, identico all'emendamento 6.201.
PERDUCA (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Perduca, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 6.200, presentato dal senatore Vitali, identico
all'emendamento 6.201, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. L'emendamento 6.202 è stato
ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 6.203,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.300,
presentato dalla senatrice Bugnano e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolo
6.
PORETTI (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dalla senatrice Poretti, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'articolo 6.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
degli emendamenti presentati all'articolo 7.
Procediamo alla votazione
dell'emendamento 7.200, identico all'emendamento 7.201.
PERDUCA (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Perduca, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 7.200, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori,
identico all'emendamento 7.201, presentato dal senatore Pardi e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
della prima parte dell'emendamento 7.205.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signora Presidente, desidero svolgere una dichiarazione di voto
sull'emendamento 7.205, richiamando l'attenzione sul fatto che esso è diverso
dall'emendamento 7.204, del quale pure sono firmatario, e ne chiedo la
votazione nel suo complesso.
PRESIDENTE. La prima parte dei due
emendamenti è identica.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Questo emendamento è teso a correggere il Titolo V della Costituzione per la
parte relativa alla legislazione concorrente.
Come tutti sappiamo, la legislazione
concorrente è stato l'elemento che ha fatto insorgere il maggior numero di casi
di conflitti di attribuzione fra lo Stato e le Regioni, ha ingolfato la Corte
costituzionale, costringendola a pronunciarsi ripetutamente su questa materia e
a modificare parzialmente quella parte del Titolo V, relativa all'articolo 117,
che si riferisce alla legislazione concorrente. Il problema, però, non è stato
risolto e quindi rimane.
Se vogliamo distinguere effettivamente
i compiti dello Stato da quelli delle Regioni, dobbiamo stabilire che una serie
di materie oggi affidate alla legislazione concorrente siano assegnate allo
Stato, perché riguardanti l'intera comunità nazionale e non le sole Regioni. Mi
riferisco alla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali; alla
ricerca e innovazione scientifica e tecnologica; alle reti di trasporto, di
navigazione e di comunicazione di interesse nazionale e relative opere; alla
produzione, trasporto e distribuzione dell'energia; alla protezione civile; al
commercio con l'estero; alle professioni; infine, all'ordinamento sportivo.
Dette materie sono assegnate alle
competenze dello Stato, e quindi i disegni di legge che le riguardano sono
assegnati in prima lettura alla Camera dei deputati. Le altre materie che
facevano parte dell'ambito oggetto di legislazione concorrente sono assegnate
alle Regioni, perché sono di competenza regionale e su di esse lo Stato deve
intervenire con una legge quadro, di principio. Pertanto, i relativi disegni di
legge vanno affidati in prima lettura al Senato della Repubblica.
Se non facciamo questa distinzione,
manteniamo in vita un pasticcio assoluto. Non modifichiamo minimamente gli
errori del Titolo V, poco fa richiamati anche dal senatore Bondi. Vorrei
ricordare la presenza nella riforma del 2006 di una parziale correzione della
materia relativa alla legislazione concorrente, anche se non così radicale come
quella introdotta nel mio emendamento. Ricordo che alcuni dei temi citati
venivano anche in quel caso sottratti alla legislazione concorrente. Si tratta
- se ricordo bene - in particolare della ricerca e dell'innovazione
scientifica, della produzione, trasporto e distribuzione dell'energia. Si
tratta, cioè, di quelle materie che voi, colleghi del Popolo delle Libertà,
avete voluto sottrarre, con il consenso della Lega, alla legislazione
concorrente per attribuirle alla competenza statale.
L'emendamento in esame cerca di
ripristinare in termini più organici la stessa logica presente nella riforma
del 2006. Se respingete questo emendamento, tutta la riforma finirà con
l'essere un pasticcio ancora più grave della situazione attuale. (Applausi
dei senatori Tedesco e Sbarbati).
Chiedo la votazione nominale con
scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Dispongo la votazione per intero dell'emendamento
7.205, separatamente dal 7.204.
CUTRUFO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CUTRUFO (PdL). Signor
Presidente, prendo la parola brevemente in primo luogo per chiedere di
aggiungere la mia firma all'emendamento 7.205.
Concordo con il collega Del Pennino che
diceva che la riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione ha
segnato l'inizio di un degrado delle istituzioni. Voglio ricordare che tale
riforma fu approvata a maggioranza, mentre io, come molti altri, sono convinto
che le riforme costituzionali si debbano approvare a larga maggioranza e che su
tale tema non si debbano fare sfide politiche.
Voglio anche ricordare, perché ho
sentito intervenire diversi colleghi in merito, che sono anni che sosteniamo,
sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica, con disegni di
legge specifici e con una convegnistica abbastanza frequente e qualificata cui
partecipano i più conosciuti costituzionalisti italiani, la necessità di
eleggere un'Assemblea costituente. Sono felice che il senatore Pera, che tempo
fa (nel 2006 e nel 2008 quando abbiamo presentato i nostri disegni di legge)
non era d'accordo, ma anche altri che hanno parlato stamattina si siano
convinti dell'unica possibilità che ha questo Parlamento e questo Paese, cioè
quella dell'elezione di un'Assemblea costituente per poter finalmente arrivare
alla riforma della seconda Parte seconda della Costituzione, precisamente della
forma di Stato e della forma di Governo. Solo allora, dopo aver stabilito la
forma di Stato e la forma di Governo, si potrà varare una legge elettorale che
ne sia conseguenza, come dovrebbe essere.
Approfittando di questo emendamento,
che condivido, volevo ribadire questi concetti e ricordare i disegni di legge
che giacciono da anni e che possono essere messi all'ordine del giorno.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, sento il dovere di prendere la parola perché l'emendamento
7.205 mira praticamente a restituire indirettamente allo Stato competenze che,
con la riforma costituzionale del 2001, erano state suddivise. Vorrei ricordare
ai colleghi che la riforma del Titolo V, che critico anch'io, è stata
effettivamente varata dalla sola maggioranza di centrosinistra, però il suo
contenuto era praticamente lo stesso del testo uscito dalla bicamerale presieduta
da D'Alema a cui avevano aderito tutti i Gruppi politici, mentre nel 2001, per
motivi di differenziazione politica e per il procedere degli eventi, la riforma
è stata varata con i soli voti del centrosinistra. Il contenuto, però, era
condiviso, e non solo il Titolo V. Devo ricordarlo perché, ogni tanto, in
questa sede, ci si dimentica della storia e di quanto è successo prima. La
riforma D'Alema comprendeva anche altri settori della Costituzione e noi siamo
in grande ritardo.
Il secondo equivoco che voglio cercare
di eliminare è relativo al fatto che non è vero che la confusione per le
competenze concorrenti è nata a causa della confusione creata dal Titolo V, che
invece è molto chiaro e, al secondo e terzo comma rispettivamente, elenca
esattamente le competenze esclusive dello Stato e le competenze concorrenti,
utilizzando una formula chiarissima: per quanto riguarda le competenze
concorrenti, lo Stato interviene per stabilire i principi fondamentali, e il
resto rimane alle Regioni. Poi c'è il principio, che io chiamo nobile e che è
proprio di tutti gli Stati federali, secondo il quale le restanti materie sono
di competenza primaria delle Regioni.
È vero che dal 2001 in poi sono stati
presentati centinaia di ricorsi alla Corte costituzionale, ma guardiamo alle
ragioni di tali ricorsi, per favore. Ieri, in Commissione affari
costituzionali, ho dovuto spiegare la non costituzionalità di una serie di
norme contenute nella spending review, citando una serie di sentenze
della Corte secondo le quali lo Stato continua a invadere le competenze delle
Regioni. Non diamo la colpa al Titolo V, diciamo come stanno le cose: lo Stato
continua a invadere le competenze delle Regioni perché, se si limitasse ai
principi fondamentali e lasciasse il dettaglio alle Regioni, questi conflitti
non insorgerebbero.
Un certo periodo di adattamento
sicuramente ci voleva, perché naturalmente all'inizio, né le Regioni né lo
Stato sapevano come comportarsi; ma adesso siamo arrivati ad un punto in cui la
linea è chiarissima. La Corte costituzionale ripete sempre la stessa formula,
con una linearità, un'autorevolezza e una chiarezza di fronte alla quale
bisogna solo togliersi il cappello e che anche il legislatore dovrebbe seguire.
Se lo Stato tuttavia continua ad
adottare provvedimenti senza rispettare queste norme, è chiaro che sorgono
conflitti, che non si risolvono poi certamente tornando indietro nel tempo e
assegnando nuovamente alcune competenze allo Stato.
Colleghi, noi siamo indietro per quanto
riguarda la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni: gli Stati
moderni, più federali, sanno gestire nelle Regioni i loro affari, mentre lo
Stato si occupa soltanto delle materie comuni e più classiche.
La crisi che noi stiamo vivendo è anche
il prodotto di uno Stato che a livello centrale non ce la fa più, e non
soltanto sul versante economico, avendo accumulato debiti ed avendo gestito
male la cosa pubblica. Abbiamo Regioni meno virtuose di quello che dovrebbero
essere, però lasciamo loro le responsabilità; trasferiamo alle Regioni, non
solo le competenze, ma anche le responsabilità - come previsto anche dal
federalismo fiscale - in modo tale che siano esse stesse a rispondere di quello
che succede. Vedremo che così lo Stato rinascerà. Continuando in questo modo,
invece, lo Stato non può rinascere: lo dico perché non voglio che le diatribe
innanzi alla Corte costituzionale diano adito a un ritorno al passato, ad una
centralizzazione dello Stato, che è già pesantemente caricato da una burocrazia
centralizzata.
Per concludere, penso al provvedimento
sulla spending review, che arriverà in Aula, in base al quale la maggior
parte delle spese viene attribuita nuovamente agli enti locali e alle Regioni.
È questo il modo per risanare il bilancio dello Stato, andando a pesare su chi
ha sempre operato in maniera virtuosa?
Per i motivi che ho illustrato,
annuncio dunque il voto contrario del mio Gruppo sull'emendamento in esame. (Applausi
del senatore Fosson).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, l'emendamento 7.205 interviene su un articolo particolare -
l'articolo 72 della Costituzione - che, all'interno di questo impianto di
riforma, in qualche modo dà l'idea di che cosa stiamo ragionando.
Stiamo parlando della norma tipica di
chi considera la Costituzione attuale come un impaccio a governare, per cui si
provano a modificare una serie di norme della Costituzione per consentire la
concentrazione nelle mani di pochi di tutto il potere possibile, pensando di
rendere così lo Stato più efficiente. In questo modo si dimentica, però, che il
nostro Paese ha una sua peculiarità storica, culturale e politica e che questo
modo di accentrare e verticalizzare continuamente tutto (banche, economia,
politica, magistratura, eccetera) finirà per portare ad un sistema con uomini
soli al comando, che in un deserto non riusciranno a produrre nulla. Il deserto
abitualmente produce solo morte. Qui ci troviamo di fronte ad un ulteriore
tentativo di rendere l'Esecutivo più forte rispetto al Parlamento,
sostanzialmente attraverso la previsione di una procedura d'urgenza a favore
del Governo, come se il Governo - lo stesso Governo attuale - non sottoponesse
già il Parlamento ad un tour de force su sue scelte immodificabili.
Per non parlare poi della «perla» del
bicameralismo eventuale: non si elimina il bicameralismo, si prevede il
bicameralismo eventuale. Se eventualmente una delle due Camere vuole
riesaminare un provvedimento, lo fa. Ma insomma?
Trovo difficilissimo poter votare con
serenità questo tipo di emendamenti, per cui, qualunque cosa il mio ruolo di
parlamentare mi consenta di mettere in campo, farò così: se dovessi accorgermi
che la mia assenza potrà determinare la mancanza del numero legale, uscirò
dall'Aula; se dovessi capire che votare un emendamento come questo - che io non
condivido, perché contiene alcuni principi - potrebbe rendere in qualche modo
più complicata poi alla Camera l'approvazione della norma, lo farò.
Vi invito però a riflettere. Veramente
il Parlamento vuole stringersi il nodo scorsoio attorno al collo e non rendersi
conto di essere una risorsa per questa Nazione, non già un impaccio o un
intralcio?
Non so veramente come fate a votare
questi articoli e questi emendamenti senza avere questa preoccupazione di
fondo. (Applausi della senatrice Contini).
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, condivido integralmente l'intervento del senatore Del
Pennino sull'emendamento 7.205: esso mira proprio a riparare i danni fatti
dalla famigerata riscrittura del Titolo V della Parte seconda della
Costituzione, che non votai (e credo di essere stata l'unica alla Camera a non
farlo), fatta frettolosamente nell'ultimo scorcio di legislatura, sempre per
accondiscendere, forse, ad interessi che non erano proprio quelli del popolo
italiano e del buon funzionamento della macchina dello Stato.
Credo che questo emendamento possa
riparare certi danni e soprattutto evitare quell'ingolfamento alla Corte
costituzionale per conflitti che si sono aperti e continueranno ad aprirsi se
non facciamo chiarezza. Ci sono materie che giustamente appartengono e devono
continuare ad appartenere alla capacità di intervento dello Stato centrale e
quindi del Parlamento ed altre che possono essere devolute di certo
direttamente alle Regioni.
Su questo va fatta chiarezza, perché ci
sono interessi condivisi nazionali ed interessi condivisi locali. La chiarezza
deve essere fatta, una volta per tutte, per evitare appunto quello che ha già
detto il senatore Del Pennino, ma soprattutto il disdoro sia del Parlamento sia
delle realtà regionali, nella loro composizione collegiale, perché, effettivamente
questo conflitto costante che poi impedisce anche alle leggi di marciare
correttamente non va certamente nel senso dell'interesse generale del popolo
italiano.
Quindi appongo la mia firma
all'emendamento e condivido anche quello che è stato un ragionamento
complessivo che probabilmente non ha avuto l'attenzione dovuta in questa Camera
ma che, se fosse stato attentamente ascoltato, avrebbe dovuto avere la funzione
di coinvolgere in maniera più profonda tutti gli attori interessati, che siamo
noi tutti, a questa riforma, alla quale troppo distrattamente prestiamo
orecchio. (Applausi dalla senatrice De Feo).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Del Pennino, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 7.205, presentato dal senatore Del Pennino e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
7.204, presentato dai senatori Del Pennino e Amato.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.203,
presentato dal senatore Fistarol.
Non è approvato.
L'emendamento 7.202 è precluso
dall'approvazione dell'emendamento 2.250 (testo 2).
Metto ai voti l'emendamento 7.206,
presentato dal senatore Vitali.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.207. (Commenti dal Gruppo PdL). Onorevoli colleghi,
come sapete, tutti i Vice Presidenti si comportano allo stesso modo, e nella
seduta di ieri sera il presidente Nania ha dato per illustrati tutti gli
emendamenti, anche in assenza del Gruppo dell'Italia dei Valori.
Metto ai voti l'emendamento 7.207,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.208.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, avanti con giudizio, diceva il personaggio manzoniano. Gli
emendamenti all'articolo 7 sono la parte essenziale di tutta la riforma, per lo
meno «vecchia edizione», prima dell'irrompere della tematica forte del semipresidenzialismo.
Ecco perché ci sono alcuni emendamenti sui quali dobbiamo pur permettere un
momento per la dichiarazione di voto. Parlo anche a nome naturalmente dei
colleghi Saltamartini, Castro, De Eccher, Bevilacqua, Milone e Coronella, con
cui ho sottoscritto l'emendamento 7.208.
Poiché non si condivide che siano i
Presidenti delle due Camere, a loro insindacabile giudizio, ad amministrare il
percorso verso l'una o l'altra Camera dei disegni di legge, è chiaro che, con
l'emendamento 7.208 proponiamo, invece che presentarli ai Presidenti di una
delle due Camere, essi si presentino alle Camere. Questa mi pare la logica
inderogabile che presiede a questo nostro emendamento e che quindi affidiamo ai
colleghi, rimettendoci alla decisione dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.208, presentato dal
senatore Benedetti Valentini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.209,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.210,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.211, identico all'emendamento 7.212.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto. (Brusìo. Commenti dai banchi del PdL).
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Onorevoli
colleghi, vi ricordo che tutti hanno diritto di parlare.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signor Presidente, dicevo che l'articolo 7 è il cuore della riforma, almeno di
quella «vecchia edizione», e inoltre non sappiamo come si andrà a finire. Noi
auspichiamo che questa riforma entri in vigore e che quindi abbiano torto i
nostri oppositori, mentre gli oppositori dicono che non se ne farà nulla.
Diceva il grande credente al grande ateo: «Tu non credi che Dio esista, ma sono
certo che vivrai come se Dio esistesse». Allora andiamo avanti con raziocinio.
L'emendamento 7.211 non è formale, ma
ha una sua sostanza, e precisamente ribadisce che i disegni di legge devono
avere un contenuto omogeneo: questa era la stesura iniziale del testo base. Se
non ci siamo accorti che ormai tutti i disegni di legge e i decreti-legge
contengono ciascuno 180 materie, che non hanno un contenuto omogeneo, che il
Capo dello Stato continua a predicare che debbano avere un contenuto omogeneo,
che non si sa più neanche come votare - tanto più quando si pone il voto di
fiducia in blocco, su testi che contengono 12, 13 o 15 materie disomogenee - e
che non si sa più nemmeno come emendare e come regolarsi sull'ammissibilità
degli emendamenti, significa che siamo qui di passaggio e non guardiamo a ciò
che accade intorno a noi.
Di conseguenza, a mio parere
l'emendamento non è formale e dovrebbe essere approvato, perché i disegni di
legge debbono avere un contenuto omogeneo. Tutto qui. I colleghi decidano, e
resterà agli atti ciò che ciascuno ha detto e ha fatto.
POSSA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POSSA (PdL). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Possa,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 7.211, presentato dal senatore Benedetti Valentini e da altri
senatori, identico all'emendamento 7.212, presentato dal senatore Pardi e da
altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
7.213, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.214,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.215,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.216,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo ala votazione dell'emendamento
7.217.
MALAN (PdL). Signora Presidente,
lo ritiro.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
7.218, presentato dal senatore Dini, identico all'emendamento 7.219, presentato
dal senatore Tonini.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.220,
presentato dal senatore Tonini.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.221.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, richiamo semplicemente l'attenzione sugli emendamenti
7.221, 7.222 e 7.223. Avremmo auspicato che la concessione dell'amnistia, la
materia relativa alla sicurezza, alle Forze armate e alla difesa e la materia
della giustizia in generale, civile, penale o amministrativa, rimanessero di
assoluta competenza bicamerale, per la loro eccezionale portata, che coinvolge
sicuramente l'interesse e le prerogative dell'una e dell'altra Camera.
Siccome ho il preciso sospetto che in
questa fretta e sommarietà del lavoro verrebbero respinti, ed è bruttissimo
secondo me, anche ai fini del futuro lavoro, che resti agli atti un voto
sbrigativamente negativo (anche se nei Resoconti non viene scritto
"sbrigativamente"): penso sia più prudente e istituzionalmente
"igienico" ritirare gli emendamenti 7.221, 7.222 e 7.223. (Applausi
dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.224,
identico all'emendamento 7.225.
PORETTI (PD). Chiediamo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dalla senatrice Poretti, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 7.224, presentato dai senatori Calderoli e Divina, identico
all'emendamento 7.225, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
DE ANGELIS (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE ANGELIS (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signora Presidente, siccome ho sentito il senatore Calderoli
dire: «Se si accorgono cosa hanno votato finisce la seduta», vorrei capire che
cosa hanno votato. Vorrei sapere se si può capire l'emendamento che hanno
votato. Siccome il senatore Calderoli ha detto... (Proteste dal Gruppo PdL).
Calmi, non vi agitate. In questo scambio mercantile che c'è tra un emendamento
a me e uno a te vorrei sapere quello che stiamo votando. Se ho ben capito,
staremmo votando una riforma della Costituzione e poiché stiamo facendo il
«mercato delle pulci» vorremmo capire che cosa stiamo votando. (Applausi del
senatore De Luca Vincenzo).
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, sono molto lieto che sia passato questo emendamento, che
abbiamo condiviso come autonomisti e che mi pare sia necessario per la
chiarezza della Costituzione. Come tutti sappiamo, l'articolo 117 della
Costituzione, criticato ma in vigore, separa molto nettamente le competenze
dello Stato da quelle concorrenti di Stato e Regioni, lasciando poi le materie
restanti alle Regioni.
Nell'articolo 7 che stiamo adesso
trattando è prevista una suddivisione di competenze tra Camera e Senato e sono
anche previste le competenze che le due Camere svolgono insieme. Fin qui tutto
bene. Si fa riferimento per la Camera alle materie di cui all'articolo 117,
secondo comma e per il Senato alle materie di cui all'articolo 117, terzo
comma, con una formulazione un po' vaga per quanto riguarda gli interessi degli
enti locali (però questo sarà un problema da risolvere nei Regolamenti delle
Camere).
Poi si è stranamente infilata nelle
competenze comuni una funzione che adesso abbiamo stralciato, che prevedeva che
le Camere operano altresì in forma collettiva nel caso che intervengano in
materie attribuite alla potestà legislativa regionale. Ciò sarebbe in completo
contrasto con l'articolo 117 della Costituzione. Semmai si doveva cambiare
l'articolo 117 e dire come si suddividono le competenze o quali competenze
ulteriori diamo allo Stato, ma non in questo modo, facendo entrare dalla
finestra quello che è stato cacciato dalla porta nel 2001, cioè un'invasione da
parte dello Stato, a Camere riunite, delle competenze regionali.
Era tutto qui. Mi pare che quanto è
stato fatto sia molto trasparente perché dà chiarezza, limpidezza all'articolo
117, e sicurezza giuridica alle Regioni che sanno quello che devono o non
devono fare, senza l'invasione dello Stato, che c'è comunque, però almeno con
la garanzia della Corte costituzionale. (Applausi del senatore Piccioni).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signora Presidente, intervengo solo perché resti agli atti una specificazione
richiesta dal senatore De Angelis. Noi non abbiamo votato quell'emendamento. Ci
siamo astenuti non solo per il contenuto, ma perché ci stiamo astenendo su
tutti gli emendamenti. Voteremo solo il semipresidenzialismo.
DE ANGELIS (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE ANGELIS (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signora Presidente, la puntualizzazione del senatore Viespoli,
che ringrazio, è illuminante perché io stavo qui per votare il
semipresidenzialismo, che è la mia parte da decenni. A questo punto, dopo aver
visto cosa si sta facendo della Costituzione (che è stata messa non al mercato
delle pulci, ma a quello delle vacche, come notava un senatore del PdL che
stimo molto), probabilmente non voterò nemmeno più il semipresidenzialismo...
GRAMAZIO (PdL). Che dolore!
DE ANGELIS (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). ...perché, a questo punto, si sta svilendo tutto, anche le
parti nobili che avevano politicamente sostanza e su cui si poteva ragionare su
una proposta politica. In virtù di questo scambio commerciale e volgare sulla
Costituzione, probabilmente non voterò neanche più il semipresidenzialismo. (Applausi
dei senatori Mantica e Piccioni).
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.226 (testo 2), presentato
dal senatore Boscetto.
È approvato.
Risultano pertanto assorbiti gli
emendamenti 7.227 e 7.228.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.229.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, sugli emendamenti 7.229 e 7.230 chiediamo la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico. Invoco,
inoltre, il voto favorevole di questa Assemblea, che è costituita largamente da
persone in teoria politicamente in sintonia con i firmatari degli emendamenti.
Questa riforma uscita di qui sarà
comunque, indipendentemente dalla sua entrata in vigore o meno, materia di dibattito
in tutte le sedi e deve essere culturalmente difendibile. In Costituzione noi
scriviamo che un disegno di legge va in una Camera o nell'altra ad
insindacabile giudizio dei due Presidenti delle Camere. Il giudizio è non
sindacabile in nessuna sede; solo del Padreterno si dice una cosa del genere su
testi non costituzionali. (Applausi della senatrice Sbarbati). Dunque
loro possono commettere qualsiasi arbitraria valutazione, specie se sono dello
stesso partito e sintonici, e noi diciamo che neanche la Corte costituzionale
potrà mai pronunciarsi. Non so se sia lecito dire una cosa del genere dentro un
sistema costituzionale.
Attenti: l'esame dei disegni di legge
comincia presso una Camera o l'altra a seconda che il relativo contenuto
attenga prevalentemente - guardate bene il testo: «prevalentemente»! - a
materia di competenza dell'uno o dell'altro ramo del Parlamento.
Vi rendete conto di quali assurdità,
incertezze, conflitti costituzionali e abusi politici (anche in buona fede)
possono prodursi su un'attribuzione all'una o all'altra Camera? Non solo:
poiché non abbiamo accettato la logica del contenuto omogeneo delle leggi, come
avviene, per esempio, con i decreti-legge che sono omnibus e contengono
40 materie, rischiamo di vedere argomenti, su 25 dei quali saremmo d'accordo e
15 contrari, che vanno in una Camera e nell'altra.
Infine, con l'escamotage di
mettere una materia dentro altre materie che sarebbero di competenza dell'altra
Camera, stiamo sottraendo alla Camera che sarebbe per nostra stessa Costituzione
competente il potere decisionale. Questo è un contrasto di sistema
assolutamente indifendibile in qualunque dibattito.
Pertanto, senza snaturare la sostanza
di quello che stiamo facendo, ma rendendola assolutamente logica, auspico e
invoco il voto favorevole sull'emendamento 7.229, che ora votiamo, e sul
successivo emendamento 7.230. ù
Su entrambi chiedo la votazione
nominale, mediante procedimento elettronico.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signora
Presidente, desidero ricordare allo stimatissimo collega Benedetti Valentini
che sul termine «prevalentemente» abbiamo fatto lunghissime discussioni in
Commissione. Si è arrivati a concludere di mantenere questo avverbio perché ci
può essere qualche passaggio della norma che non appartiene strettamente alla
linea di competenza, ma si crea un'attrazione della linea principale della
norma su questi eventuali punti di differenza.
Quindi è una logica del tutto logica
(scusate il bisticcio di parole), talmente discussa, con motivazioni che hanno
portato al mantenimento di questo avverbio, che non riesco a capire come il
senatore Benedetti Valentini, che non è un collega che non ha partecipato ai
lavori di Commissione ma che era sempre presente (e ciò va a suo onore), possa
sostenere in Aula una tesi di questo genere.
Quindi, il Gruppo del Popolo della
Libertà voterà contro gli emendamenti 7.229 e 7.230.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Benedetti Valentini, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 7.229, presentato dal senatore Benedetti Valentini e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.230.
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
precedentemente avanzata dal senatore Benedetti Valentini, risulta appoggiata
dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 7.230, presentato dal senatore Benedetti Valentini e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
7.231, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.232,
presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.233,
presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.234,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.235.
MALAN (PdL). Lo ritiro, signora
Presidente.
PRESIDENTE. Gli emendamenti 7.236 e
7.237 sono stati ritirati.
Metto ai voti l'emendamento 7.238,
presentato dal senatore Vita.
Non è approvato.
L'emendamento 7.240 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 7.239,
presentato dal senatore Vita, identico all'emendamento 7.241, presentato dal
senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.242.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, faccio semplicemente presente agli onorevoli colleghi che,
omogenei politicamente, insieme possiamo riflettere sul fatto che non sempre si
vince, non sempre si è in maggioranza e non è scritto in nessuna tavola di
bronzo che si sarà maggioranza e Governo per sempre, mi pare di poter dire.
Faccio semplicemente osservare che con
la norma che chiediamo di modificare non solo il Governo può chiedere una
corsia preferenziale per i propri provvedimenti, e questo è del tutto logico e
accettabile, non solo può chiedere che entro un certo termine si inserisca
all'ordine del giorno e si inizi la trattazione, ma anzi può chiedere a questo
punto che sia stabilito il termine entro il quale deve essere votato un
provvedimento: o con le buone o con le cattive, deve essere votato. Non solo,
ma c'è la sanzione: più precisamente, se non viene votato entro quel tempo,
allora può chiedere che venga votato articolo per articolo senza discussione e
senza obiezioni. È una sorta di iperfiducia, che diventerà il sistema
permanente della Camera parlamentare che esamina quell'argomento. Il Parlamento
potrà tranquillamente «stare a casa» e darà meno fastidio.
Se non entriamo in questo ordine di
idee, dobbiamo sensibilizzarci.
Dunque, con l'emendamento 7.242
proponiamo che il Governo possa chiedere la corsia preferenziale, cioè che il
disegno di legge sia iscritto con priorità e venga esaminato entro un determinato
termine, senza aggiungere però le altre norme capestro che praticamente
escludono il Parlamento da ogni facoltà.
Auspico, dunque, che sull'emendamento
7.242 venga espresso un voto favorevole e, a testimonianza dell'importanza di
questa pagina parlamentare, chiedo la votazione nominale con scrutinio
simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore
Benedetti Valentini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale
con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 7.242, presentato dal senatore Benedetti Valentini e da altri
senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.243.
PASTORE (PdL). Signora
Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.244.
Verifica del numero legale
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far
constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Onorevoli colleghi, data l'ora, ed
essendoci alcuni iscritti a parlare in fine seduta, rinvio il seguito della
discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Prima di chiudere i nostri lavori, do
la parola ai tre senatori che hanno chiesto di intervenire a fine seduta. (Brusìo).
Onorevoli senatori, permettete ai colleghi di intervenire. Mi sembra che le mie
siano parole al vento! (Brusìo). Colleghi, per cortesia, consentite a
chi deve intervenire in fine seduta di farlo.
Per lo svolgimento e la risposta
scritta ad interrogazioni
ADRAGNA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ADRAGNA (PD). Signora
Presidente, desidero mettere a conoscenza l'Assemblea del Senato della
presentazione dell'interrogazione 3-02993 con carattere di urgenza al Ministro
del lavoro.
La questione riguarda l'articolo 4 del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (più conosciuto come provvedimento sulla spending
review), che reca «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini». Esso riguarda le società
controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni, di
cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che
nell'anno 2011 hanno conseguito un fatturato da prestazione di servizi a favore
di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento.
In questo caso si procede,
alternativamente, allo scioglimento delle società entro il 31 dicembre 2013,
all'alienazione con procedura di evidenza pubblica delle partecipazioni
detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno
2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere
dal 1° gennaio 2014.
Quello che si chiede di sapere da sua
eccellenza il Ministro del lavoro è se sia confermata l'ipotesi che tale
previsione esclude l'Agenzia Italia Lavoro spa, in quanto la società opera
sulla base di atti di concessione di contributo per la realizzazione di
progetti dalla stessa presentati e ammessi al finanziamento a valere sui fondi
nazionali e/o comunitari. In caso contrario, quale soggetto andrebbe a svolgere
le attuali attività dell'Agenzia nazionale, che sono l'assistenza tecnica al
Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini dell'implementazione
delle politiche attive del lavoro e anche i programmi di assistenza alle
Regioni, in questo momento che, come sappiamo, è particolarmente critico per il
mercato del lavoro, e necessita di politiche attive del lavoro?
Si vuole sapere, inoltre, quali
soluzioni eventuali si prospettano per il personale, altamente qualificato in
materia di politiche per il lavoro, in forza all'Agenzia e quali strategie ha
in atto il Governo ai fini della possibile istituzione di un'Agenzia unica per
l'integrazione delle politiche attive e passive del lavoro, sul modello di
altri Paesi europei (ricordo la Francia e la Germania), anche in rapporto alle
novità introdotte dalle recenti normative del mercato del lavoro ed alle
intenzioni al riguardo formalizzate nel documento del Governo.
Chiedo alla Presidenza di voler
segnalare al Governo l'urgenza della risposta all'interrogazione.
PRESIDENTE. Senatore Adragna, sicuramente la Presidenza si attiverà
in tal senso.
GRAMAZIO (PdL). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Il senatore segretario
Malan mi ha comunicato che sono pervenute ulteriori richieste di intervento.
Ricordo però che, come concordato con gli altri Vice Presidenti, abbiamo
invitato tutti i colleghi che intendono intervenire a fine seduta di far
pervenire la loro richiesta almeno un'ora prima dell'orario di chiusura, in
modo che si possano meglio organizzare i lavori. Prego i colleghi di ricordarsene.
Ne ha facoltà, senatore Gramazio, ma è
l'ultimo intervento.
GRAMAZIO (PdL). Signora Presidente, io sono uno di quelli
che se n'è ricordato, perché le ho mandato l'avviso...
PRESIDENTE. Lei non c'entra, senatore
Gramazio. Il senatore Segretario mi ha segnalato che altri colleghi intendevano
intervenire ed io ho risposto che non era possibile.
GRAMAZIO (PdL). Signora
Presidente, intervengo per sollecitare la risposta all'interrogazione 4-07977, che ho presentato una settimana fa e che riguarda la
stazione ferroviaria di Roma Ostiense, una stazione ricostruita negli ultimi
tempi, che però presenta al suo interno una situazione di grave
discriminazione, dato che è presente una gabbia che separa i binari.
Una campagna pubblicitaria ha
presentato il nuovo treno «Italo» da poco entrato in funzione. Ebbene, i
cittadini che devono prendere quel treno presso la stazione Ostiense devono
fare un giro interno per superare la gabbia. Non mi preoccupa il giro interno,
quanto la possibilità che si verifichi un incidente. In quel caso, poiché le
gabbie sono chiuse, sarebbe impossibile per i mezzi di soccorso arrivare ai
treni, così come per i cittadini uscire dalle vetture.
L'intento dell'interrogazione
presentata è di indurre anche le Ferrovie dello Stato, ente proprietario
appaltatore dell'obbrobrio delle gabbie all'interno della stazione ferroviaria,
a svegliarsi un po'.
PRESIDENTE. La Presidenza si attiverà in tal senso.
La seduta è tolta (ore 13,35).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della
Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di
partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della Repubblica
e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della
Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato
attivo e passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province (3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
EMENDAMENTO 4.0.204
(TESTO 2) PRECEDENTEMENTE ACCANTONATO
4.0.204
(testo 2)
CHIAROMONTE, COMPAGNA, SBARBATI, DE FEO
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 4-bis.
(Modifica dell'articolo 68 della
Costituzione)
1. L'articolo 68 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 68. - I membri del
Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e
dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla
quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a
perquisizione personale o domiciliare, a misure restrittive della libertà
personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di un sentenza
irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto
per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per
sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di
conversazione o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
L'autorità giudiziaria quando, al
termine delle indagini preliminari, ritenga di esercitare l'azione penale nei
confronti di un membro del Parlamento, ne dà immediata comunicazione alla
Camera di appartenenza, trasmettendo gli atti del procedimento. Entro il
termine perentorio di novanta giorni dalla comunicazione, nel corso dei quali
il procedimento è sospeso, la Camera decide se disporre, a garanzia della
libertà della funzione parlamentare, la sospensione del procedimento per la
durata del mandato.
ARTICOLO 5 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 5
Approvato
(Modifica dell'articolo 69 della
Costituzione)
1. L'articolo 69 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 69. - I membri del Parlamento
hanno il dovere di partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni,
e ricevono un'indennità stabilita dalla legge».
EMENDAMENTI
5.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
5.201
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 5. - (Modifica dell'articolo
69 della Costituzione) - 1. L'articolo 69 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 69. - I membri del
Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute delle Assemblee e ai
lavori delle Commissioni e delle Giunte. Tale dovere è esteso alle elezioni degli
organi collegiali di garanzia. I membri del Parlamento ricevono un'indennità
stabilita dalla legge"».
5.202
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 5. - (Modifica dell'articolo
69 della Costituzione) - 1. L'articolo 69 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 69. - I membri del
Parlamento partecipano ai lavori delle Camere, delle Commissioni e delle Giunte
e ricevono un'indennità stabilita dalla legge in base alla loro presenza».
5.203
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 69»
sostituire le parole: «il dovere» con«l'obbligo».
5.204
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, sostituire le parole: «ai
lavori delle Camere anche nelle Commissioni,», con le seguenti: «alle sedute
delle Camere e ai lavori delle Commissioni».
5.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, dopo le parole: «nelle
Commissioni», sono inserite le seguenti: «permanenti, bicamerali, speciali e di
inchiesta e nelle Giunte».
5.206
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, dopo le parole: «nelle
Commissioni», sono inserite le seguenti: «e nelle Giunte».
5.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, aggiungere infine le
seguenti parole: «, non cumulabile con altri redditi da lavoro».
ARTICOLO 6 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 6.
Approvato
(Modifica all'articolo 70 della
Costituzione)
1. All'articolo 70 della Costituzione
la parola: «collettivamente» è soppressa.
EMENDAMENTI
6.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
6.201
Id. em. 6.200
Sopprimere l'articolo.
6.202
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 6. - (Procedimento
legislativo). - 1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 70. - La funzione
legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera del deputati
e dal Senato federale della Repubblica nei seguenti casi:
a) disegni di legge di revisione della Costituzione e altri
disegni di legge costituzionale;
b) disegni di legge concernenti l'esercizlo della
competenza legislativa dello Stato di cui all'articolo 116, terzo comma.
Salvo quanto previsto dal commi primo e
terzo, la Camera dei deputati è competente per i disegni di legge concernenti
l'esercizio delle competenze legislative dello Stato di cui agli articoli 117,
secondo comma, ad eccezione di quelli concernenti la perequazione delle risorse
finanziarie, e 119, quinto comma.
Il Senato federale della Repubblica è
competente per i disegni di legge concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato di cui agIi articoli 57, terzo comma, 117, comma
secondo, lettere e), limitatamente alla perequazione delle risorse
finanziarie, m), p), t) e u), comma quinto e comma nono. Il
Senato federale della Repubblica è altresì competente in ogni caso in cui la
Costituzione rinvia espressamente alla legge dello Stato o della Repubblica.
Dopo l'approvazione da parte della
Camera competente ai sensi del secondo o terzo comma, i disegni di legge sono
esaminati dall'altra Camera che può esprimere, entro trenta giorni, il proprio
parere. La Camera competente decide in via definitiva e può deliberare, a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, di non recepire il parere. Qualora
non sia espresso alcun parere entro il termine previsto, la legge può essere
promulgata.
I termini per l'espressione del parere
di cui al comma quarto del presente articolo sono ridotti della metà per i
disegni di legge di conversione dei decreti emanati al sensi dell'articolo 77.
I Presidenti del Senato federale della
Repubblica e della Camera dei deputati, d'intesa tra di loro, decidono le
eventuali questioni di competenza tra le due Camere, sollevate secondo le norme
dei rispettivi regolamenti, in ordine all'esercizio della funzione legislativa.
La decisione dei Presidenti non è sindacabile in alcuna sede."».
6.203
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 6. - (Modifiche all'articolo
70 della Costituzione). - 1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 70. - La funzione legislativa
dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato
della Repubblica nei seguenti casi:
a) disegni di legge in materia costituzionale ed
elettorale;
b) disegni di legge di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci
e consuntivi;
c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni
fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane;
d) leggi concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo
comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123,
quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;
e) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle
Autorità di garanzia e di vigilanza;
f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
Il Presidente della Camera dei deputati
e il Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa tra loro, individuano al
fine dell'assegnazione al Senato della Repubblica i disegni di legge che hanno
lo scopo di determinare i princìpi fondamentali nelle materie di cui
all'articolo 117, terzo comma. Dopo l'approvazione da parte del Senato della
Repubblica, tali disegni di legge sono trasmessi alla Camera dei deputati che
delibera in via definitiva e può apportare modifiche solo a maggioranza
assoluta dei suoi componenti.
In tutti gli altri casi, dopo
l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono
trasmessi al Senato della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di
un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera
dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate
riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119,
commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o
respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Qualora il
Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine previsto, la
legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo 77"».
Conseguentemente, sopprimere l'articolo
7.
6.300 (già
6.0.300)
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
Art. 6. - (Modifica dell'articolo 70
della Costituzione). - L'articolo 70 è sostituito dal seguente:
"Art. 70. - La funzione
legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati
e dal Senato della Repubblica nei seguenti casi:
a) leggi di revisione della Costituzione e altre leggi
costituzionali;
b) leggi in materia di organi di governo e di funzioni
fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane;
c) leggi concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo
comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123,
quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;
d) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle
Autorità di garanzia e di vigilanza;
e) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
Il Presidente della Camera dei deputati
e il Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa tra loro, individuano al
fine dell'assegnazione al Senato della Repubblica i disegni di legge che hanno
lo scopo di determinare i princìpi fondamentali nelle materie di cui
all'articolo 117, terzo comma. Dopo l'approvazione da parte del Senato della
Repubblica, tali disegni di legge sono trasmessi alla Camera dei deputati che
delibera in via definitiva e può apportare modifiche solo a maggioranza
assoluta dei suoi componenti.
In tutti gli altri casi, dopo
l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono
trasmessi al Senato della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di
un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera
dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate
riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119,
commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o
respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Qualora il
Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine previsto, la
legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo 77"».
ARTICOLO 7 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 7.
(Modifica dell'articolo 72 della
Costituzione)
1. L'articolo 72 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 72. - I disegni di legge sono
presentati al Presidente di una delle Camere.
La funzione legislativa è esercitata in
forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una maggioranza
speciale di approvazione, per le leggi in materia costituzionale ed elettorale,
per quelle concernenti le prerogative e le funzioni degli organi costituzionali
e dei rispettivi componenti, per quelle di delegazione legislativa, di
conversione in legge dei decreti con forza di legge, di approvazione di bilanci
e consuntivi. La funzione legislativa è altresì esercitata in forma collettiva
dalle due Camere quando, al fine di garantire l'unità giuridica o economica
della Repubblica, il Governo presenta al Parlamento un disegno di legge che,
nel rispetto dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà,
interviene nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale.
L'esame dei disegni di legge ha inizio
alla Camera presso la quale sono stati presentati, quando la funzione
legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Ha inizio al Senato
della Repubblica, quando la Costituzione prevede una legge della Repubblica e
quando i disegni di legge riguardano prevalentemente le materie di cui
all'articolo 117, terzo comma, e all'articolo 119, ha inizio alla Camera dei
deputati in tutti gli altri casi.
I disegni di legge sono assegnati a una
delle due Camere, con decisione non sindacabile in alcuna sede, dai Presidenti
delle Camere d'intesa tra loro secondo le norme della Costituzione e dei
rispettivi regolamenti.
Ogni disegno di legge è esaminato,
secondo le norme dei regolamenti delle Camere, da una Commissione e poi dalla
Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. I
regolamenti possono stabilire che un disegno di legge sia esaminato da una
Commissione composta da un eguale numero di deputati e di senatori designati in
modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza
e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi
di proposte indicate dai gruppi parlamentari di opposizione.
Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che lo
esamina e sottoposto alla votazione finale entro un termine determinato.
Decorso il termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta,
è messo in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione
finale.
I regolamenti delle Camere possono
stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge
sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento
della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera,
se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della
Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che
sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I
regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
La procedura normale di esame e di
approvazione è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale
ed elettorale, di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti
con forza di legge, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di
approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti all'adempimento degli
obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.
I disegni di legge approvati da una
Camera sono trasmessi all'altra Camera e, salvo il caso di esercizio collettivo
della funzione legislativa, sono da questa esaminati se, entro quindici giorni
dalla trasmissione, ne è deliberato il riesame su proposta di un terzo dei suoi
componenti. Il riesame ha luogo anche su richiesta del Governo. Il disegno di
legge può essere approvato, anche con modifiche, o respinto, entro i trenta
giorni successivi alla deliberazione o alla richiesta di riesame. I disegni di
legge si intendono definitivamente approvati quando si forma una deliberazione
conforme delle due Camere ovvero, nel testo approvato da una Camera, in
mancanza di deliberazione o richiesta di riesame o quando queste non sono
seguite dalla votazione finale sul disegno di legge nel termine prescritto».
EMENDAMENTI
7.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
7.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Id. em. 7.200
Sopprimere l'articolo.
7.205
DEL PENNINO, AMATO (*)
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 7. - (Modifica dell'articolo
72 della Costituzione). - L'articolo 72 della Costituzione sostituito è dal
seguente:
"Art. 72. - I disegni di legge
sono presentati al Presidente di una delle Camere.
I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo.
La funzione legislativa è esercitata in
forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una
maggioranza speciale di approvazione, per la legge in materia costituzionale ed
elettorale o concernenti le prerogative e le funzioni degli organi
costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelli di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di
concessione di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti
all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea.
La funzione legislativa è altresì esercitata in forma collettiva dalle due
Camere quando, al fine di garantire l'unità giuridica o economica della
Repubblica, il Governo presenti al parlamento un disegno di legge che, nel
rispetto dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà, interviene
nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale. Per tali disegni
di legge non si applica il comma 13 del presente articolo.
I disegni di legge riguardanti le
materie di cui al comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione ad esclusione di
quelli di cui alle lettere p) e s), nonché quelli previsti dal
comma 3 dello stesso articolo che riguardano:
-tutela dell'ambiente, dell'ecosistema
e dei beni culturali;
-ricerca e innovazione scientifica e
tecnologica;
-reti di trasporto, di navigazione e di
comunicazione di interesse nazionale e relative opere;
-produzione, trasporto e distribuzione
dell'energia;
-protezione civile;
-commercio con l'estero;
-professioni;
-ordinamento sportivo.
sono assegnati alla Camera dei
deputati.
Al Senato della Repubblica sono
assegnati i disegni di legge di cui alle lettere p) e s) del
comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione e quelli di cui al comma 3 dello
stesso articolo ad eccezione dei disegni di legge concernenti:
-tutela dell'ambiente, dell'ecosistema
e dei beni culturali;
-ricerca e innovazione scientifica e
tecnologica;
-reti di trasporto, di navigazione e di
comunicazione di interesse nazionale e relative opere;
-produzione, trasporto e distribuzione
dell'energia;
-protezione civile;
-commercio con l'estero;
-professioni;
-ordinamento sportivo.
I disegni di legge sono assegnati, ad
una delle due Camere, d'intesa tra i loro Presidenti, secondo le norme della
Costituzione e dei rispettivi regolamenti.
Ogni disegno di legge è esaminato,
secondo le norme del regolamento della Camera alla quale è stato assegnato, da
una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo
e con votazione finale. r regolamenti delle Camere possono stabilire che un
disegno di legge sia esaminato da una commissione composta da un eguale numero
di deputati e di senatori designati in modo da 11specchiare la proporzione dei
gruppi parlamentari.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza
e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi
di proposte indicati dai gruppi parlamentari di opposizione.
I regolamenti della Camera possono
stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge
sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento
della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera,
se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della
Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che
sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I
regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che deve
esaminarlo e che sia votato entro un termine determinato secondo le modalità e
con i limiti stabiliti dai regolamenti. Può altresì chiedere che, decorso tale
termine, il testo proposto o condiviso dal Governo sia approvato articolo per
articolo, senza emendamenti, e con votazione finale.
Ad eccezione dei disegni di legge per i
quali è prevista la forma collettiva, il disegno di legge, approvato da una
Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro
quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame
su proposta di un terzo dei suoi componenti. La Camera che dispone di
riesaminare il disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta
giorni successivi alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine,
il disegno di legge si intende definitivamente approvato. Se la Camera che ha
chiesto il riesame lo approva con emendamenti o lo respinge, il disegno di
legge è trasmesso alla prima Camera, che delibera in via definitiva"».
________________
(*) Aggiungono la firma in corso di seduta i senatori Cutrufo e
Sbarbati
7.204
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 7. - (Modifica dell'articolo 72
della Costituzione). - L'articolo 72 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 72. I disegni di legge sono
presentati al Presidente di una delle Camere.
I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo.
La funzione legislativa è esercitata in
forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una
maggioranza speciale di approvazione, per la legge in materia costituzionale ed
elettorale o concernenti le prerogative e le funzioni degli organi
costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelli di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di
concessione di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti
all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.
La funzione legislativa è altresì esercitata in forma collettiva dalle due
Camere quando, al fine di garantire l'unità giuridica o economica della
Repubblica, il Governo presenti al parlamento un disegno di legge che, nel
rispetto dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà, interviene
nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale. Per tali disegni
di legge non si applica il comma 13 del presente articolo.
I disegni di legge riguardanti le
materie di cui al 2º comma dell'articolo 117, come modificato dalla presente
legge costituzionale, sono assegnati alla Camera dei deputati, ad esclusione di
quelli indicati dalle lettere p), s), z), aa).
Al Senato della Repubblica sono
assegnati i disegni di legge di cui alle lettere p), s), z), aa) del 2º
comma dell'articolo 117, come modificato dalla presente legge costituzionale,
nonché quelli che stabiliscono i princìpi generali delle materie di competenza
regionale e quelli relativi al coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario.
I disegni di legge sono assegnati, ad
una delle due Camere, d'intesa tra i loro Presidenti, secondo le norme della
Costituzione e dei rispettivi regolamenti.
Ogni disegno di legge è esaminato,
secondo le norme del regolamento della Camera alla quale è stato assegnato, da
una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo
e con votazione finale. I regolamenti possono stabilire che un disegno di legge
sia esaminato da una commissione composta da un eguale numero di deputati e di
senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi
parlamentari.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza
e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi
di proposte indicati dai gruppi parlamentari di opposizione.
I regolamenti delle Camere possono
stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge
sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento
della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera,
se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della
Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che
sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il
regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che deve
esaminarlo e che sia votato entro un termine determinato secondo le modalità e con
i limiti stabiliti dai regolamenti. Può altresì chiedere che, decorso tale
termine, il testo proposto o condiviso dal Governo sia approvato articolo per
articolo, senza emendamenti, e con votazione finale.
Ad eccezione dei disegni di legge per i
quali è prevista la forma collettiva il disegno di legge, approvato da una
Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro
quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame
su proposta di un terzo dei suoi componenti. La Camera che dispone di
riesaminare il disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta
giorni successivi alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine,
il disegno di legge si intende definitivamente approvato. Se la Camera che ha
chiesto il riesame lo approva con emendamenti o lo respinge, il disegno di
legge è trasmesso alla prima Camera, che delibera in via definitiva"».
7.203
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 7. - 1. L'articolo 72 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 72. - La Camera dei deputati
esamina i disegni di legge concernenti le materie di cui all'articolo 117,
secondo comma, fatto salvo quanto previsto dal terzo comma del presente
articolo. Dopo l'approvazione da parte della Camera, il Senato federale della
Repubblica, entro trenta giorni, può proporre modifiche ai disegni di legge sulle
quali la Camera decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per
i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.
Il Senato federale della Repubblica
esamina i disegni di legge concernenti la determinazione dei princìpi
fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, fatto salvo
quanto previsto dal terzo comma del presente articolo. Dopo l'approvazione da
parte del Senato, la Camera dei deputati, entro trenta giorni dalla loro
trasmissione, può proporre modifiche ai disegni di legge, sulle quali il Senato
decide in via definitiva. I termini sono ridotti alla metà per i disegni di
legge di conversione dei decreti-legge.
La funzione legislativa dello Stato è
esercitata collettivamente dalle due Camere per l'esame dei disegni di legge
concernenti le materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m)
e p), e 119, l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 120, secondo
comma, il sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato federale
della Repubblica, nonché nei casi in cui la Costituzione rinvia espressamente
alla legge dello Stato o alla legge della Repubblica, di cui agli articoli 117,
commi quinto e nono, 118, commi secondo, 122, primo comma, 125, 132, secondo
comma, e 133, secondo comma.
Qualora il Governo ritenga che proprie
modifiche a un disegno di legge, sottoposto all'esame del Senato federale della
Repubblica ai sensi del secondo comma, siano essenziali per l'attuazione del
suo programma approvato dalla Camera dei deputati, ovvero per la tutela delle
finalità di cui all'articolo 120, secondo comma, il Presidente della
Repubblica, verificati i presupposti costituzionali, può autorizzare il
Presidente del Consiglio dei ministri ad esporne le motivazioni al Senato, che
decide entro trenta giorni. Se tali modifiche non sono accolte dal Senato, il
disegno di legge è trasmesso alla Camera che decide in via definitiva a
maggioranza assoluta dei suoi componenti sulle modifiche proposte.
L'autorizzazione da parte del
Presidente della Repubblica di cui al quarto comma può avere ad oggetto
esclusivamente le modifiche proposte dal Governo ed approvate dalla Camera dei
deputati ai sensi del secondo periodo del secondo comma"».
7.202
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Sostituire l'articolo, con il seguente:
«Art. 7. - (Modifiche all'articolo
72 della Costituzione) - 1. All'articolo 72 della Costituzione, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
"La funzione legislativa è
esercitata dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge è esaminato da una
Commissione e poi dall'Aula, che l'approva articolo per articolo e con
votazione finale".
b) dopo il quarto comma sono aggiunti, infine, i seguenti:
"Il Senato delle autonomie approva
le leggi di bilancio. Un terzo dei componenti il Senato delle autonomie può
chiedere alla Camera dei deputati che un disegno di legge sia sottoposto alla
sua approvazione.
Qualora il Senato delle autonomie non
approvi un disegno di legge già deliberato dalla Camera dei deputati,
quest'ultima è tenuta a riapprovarlo deliberando a maggioranza assoluta dei
componenti"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
7.206
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
apportare le seguenti modificazioni:
-i commi primo, secondo, terzo e quarto
sono soppressi;
-al quinto comma il primo periodo è
sostituito dal seguente: «Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è,
secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla
Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale»;
-al decimo comma sopprimere lo parole:
«, salvo il caso di esercizio collettivo della funzione legislativa,».
7.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, sostituire il primo comma con il seguente:
«Ogni disegno di legge, presentato ad
una Camera, è assegnato ad una delle due Camere dai loro Presidenti, d'intesa
tra loro, secondo le norme della Costituzione».
Conseguentemente, sopprimere il quarto
comma.
7.208
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72», primo
comma, sostituire le parole: «sono presentati al Presidente di una delle
Camere», con le seguenti: «sono presentati alla Camera cui spetta il primo esame
ovvero ad una delle Camere nelle materie di pari competenza bicamerale».
7.209
PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto specifico ed omogeneo».
7.210
PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo e corrispondente al titolo».
7.211
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72», dopo
il primo comma, inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo».
7.212
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Id. em. 7.211
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono avere un
contenuto omogeneo».
7.213
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge devono essere
formulati in modo chiaro, assicurare l'intellegibilità del dettato normativa ed
avere un contenuto omogeneo».
7.214
PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, dopo il primo comma inserire il seguente:
«I disegni di legge, al fine di
assicurare la conoscibilità e l'osservanza delle leggi, non possono essere
formulati in modo oscuro e devono avere un contenuto omogeneo».
7.215
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire i commi dal secondo al decimo con i seguenti:
«La funzione legislativa dello Stato è
esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato della
Repubblica nei seguenti casi:
a) disegni di legge in materia costituzionale ed
elettorale;
b) disegni di legge di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci
e consuntivi;
c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni
fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane;
d) leggi concernenti l'esercizio delle competenze
legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo
comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123,
quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;
e) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle
Autorità di garanzia e di vigilanza;
f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
In tutti gli altri casi, dopo
l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono
trasmessi al Senato della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di
un quinto dei suoi componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera
dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate
riguardano le materie di cui all'articolo 117, terzo comma, 118, commi secondo
e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente
modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti.
Qualora il Senato della Repubblica non approvi modifiche entro il termine
previsto, la legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i
disegni di legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo
77.».
7.216
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, secondo comma, primo periodo, sostituire le parole: «in forma
collettiva», con la seguente: «collettivamente».
Conseguentemente, al secondo comma,
secondo periodo, sostituire le parole:
«in forma collettiva», con la seguente: «collettivamente».
7.217
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
secondo comma, sopprimere le seguenti parole: «per quelle di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge».
7.218
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, dopo le parole: «dei decreti con forza di legge,» inserire le
seguenti: «di autorizzazione a ratificare trattati internazionali,».
7.219
Id. em. 7.218
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
secondo comma, dopo le parole: «di conversione in legge dei decreti con forza
di legge,» inserire le seguenti: «di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali,».
7.220
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
secondo comma, dopo le parole: «di conversione in legge dei decreti con forza
di legge,» inserire le seguenti: «di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali che comportino una limitazione di sovranità,».
7.221
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, dopo le parole: «con forza di legge» inserire le seguenti «, di
concessione di amnistia e indulto».
7.222
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, dopo le parole: «con forza di legge» inserire le seguenti: «in
materia di difesa, Forze armate, sicurezza dello Stato».
7.223
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72», dopo
le parole: «con forza di legge» inserire le parole: «in materia di
giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia
amministrativa».
7.224
CALDEROLI, DIVINA, MOLINARI, PETERLINI, FOSSON, PINZGER, THALER AUSSERHOFER, PISTORIO, PORETTI, PERDUCA
Approvato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
secondo comma, sopprimere l'ultimo periodo.
7.225
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA, PETERLINI, MOLINARI, FOSSON, PINZGER, THALER AUSSERHOFER, PISTORIO, PORETTI, PERDUCA
Id. em. 7.224
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, secondo comma, sopprimere il secondo periodo.
7.226 (testo
2)
ApprovatoAl comma 1, capoverso «Art.
72», al terzo comma, secondo periodo, sopprimere le parole: «quando la
Costituzione prevede una legge della Repubblica e» e dopo le parole: «articolo
119», inserire le seguenti: «nonché per le leggi di cui agli articoli 122, 125,
132, secondo comma, e133,».
7.227
Assorbito
Al comma1, capoverso «Art. 72», terzo
comma, sopprimere le seguenti parole: «quando la Costituzione prevede una legge
della Repubblica e».
7.228
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Assorbito
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, terzo comma, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole:
«quando la Costituzione prevede una legge della Repubblica e».
7.229
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72», terzo
comma, sopprimere la parola: «prevalentemente».
7.230
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere il quarto comma.
7.231
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, sostituire il quarto comma con il seguente: «I disegni di legge
sono assegnati ad una delle due Camere d'intesa tra i loro presidenti. Nel caso
in cui i disegni di legge non sono assegnati entro quindici giorni dalla loro
presentazione, il Presidente della Repubblica può procedere alla loro
assegnazione a una delle due Camere, sentiti i loro Presidenti, secondo le
norme della Costituzione».
7.232
LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, quarto comma, sopprimere le seguenti parole: «, con decisione non
sindaca bile in alcuna sede,».
7.233
LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, quarto comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Nel caso
in cui i disegni di legge non sono assegnati entro quindici giorni dalla loro
presentazione, il Presidente della Repubblica può procedere alla loro
assegnazione a una delle due Camere, sentiti i loro Presidenti, secondo le
norme della Costituzione».
7.234
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, quarto comma, sopprimere le seguenti parole: «e dei rispettivi
regolamenti».
7.235
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72», quarto
comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «In caso di mancata intesa, la
decisione è deferita agli uffici di presidenza delle Camere convocati congiuntamente
in numero paritario, escludendo per estrazione, a sorte, i componenti
eccedenti».
7.236
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72», dopo
il quarto comma inserire il seguente: «La funzione legislativa è esercitata in
forma paritaria dalle due Camere quando la Costituzione prescrive che sia
sempre adottata la procedura normale di esame e di approvazione dei disegni di
legge, quando prescrive una maggioranza speciale di approvazione e negli altri
casi di leggi viste dalla Costituzione o da leggi costituzionali».
7.237
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
comma quinto, dopo le parole: «articolo per articolo» inserire le seguenti: «ad
eccezione di quelli già eventualmente approvati».
7.238
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72», al
sesto comma, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e delle proposte di
legge di iniziativa popolare».
7.239
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere il settimo comma.
7.240
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere il settimo comma.
7.241
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Id. em. 7.239
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, sopprimere il settimo comma.
7.242
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire il settimo comma con il seguente:
«Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera di
competenza e che esso venga esaminato entro un termine determinato secondo le
modalità e con i limiti stabiliti dai regolamenti».
7.243
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
settimo comma, sostituire le parole da: «Decorso il termine» fino alla fine del
comma con le seguenti: «nei limiti e secondo le modalità stabilite nei
regolamenti. Il termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame dei disegni
di legge. Decorso tale termine il Governo può chiedere che il testo ancora da
approvare, come proposto o accolto dal Governo, è messo in votazione articolo
per articolo e con votazione finale».
|
|
|
|
|
Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
|
|
Assemblea |
|
|
RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
|
ASSEMBLEA |
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774a seduta pubblica (antimeridiana): |
|
martedì 24
luglio 2012 |
|
Presidenza della vice presidente BONINO, indi del vice presidente NANIA |
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 11,03).
Si dia lettura del processo verbale.
STIFFONI, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta antimeridiana del 19 luglio.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni,
il processo verbale è approvato.
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo,
composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato
attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione
delle leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica
amministrazione, di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte
costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella
circoscrizione Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo
per la Camera dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 11,10)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli del
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana
del 19 luglio ha avuto inizio la votazione degli emendamenti presentati
all'articolo 7.
Ricordo altresì che il rappresentante
del Governo si è rimesso all'Aula su tutti gli emendamenti presentati.
Riprendiamo le votazioni, a partire
dall'emendamento 7.244.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signora
Presidente, torno a sollevare una questione sulla quale più volte il mio Gruppo
(ma anche altri Gruppi) è tornato, nel corso di queste settimane, ma che oggi
assume una radicalità che io definirei inedita.
Prosegue stancamente il lavoro sulle
riforme costituzionali dentro quest'Aula: con la nostra assenza, peraltro.
Un'assenza motivata dal segno, che abbiamo voluto dare, del considerare questa,
che è una discussione destinata a non avere nessun esito sotto il profilo della
riforma, come una discussione nella quale non si celebra l'interesse del Paese,
che è un interesse reale a riformarne le forme costituzionali con un consenso,
come sarebbe necessario e tanto più doveroso in questa fase della storia del
Paese, che rappresenti i due terzi di questo emiciclo e, comunque, una
maggioranza consistente.
È una discussione che, invece, viene
adoperata come palestra, come tipografia, per la confezione di un voto
sull'emendamento presentato dai colleghi del PdL sul semipresidenzialismo che
valga poi ad essere utilizzato in campagna elettorale: quindi, l'interesse è
quello di una forza politica - anzi, di due, visto che su questo si è saldato
un patto tra PdL e Lega - a utilizzare questo tempo per fini particolari dei
propri partiti e dei propri Gruppi parlamentari.
Nel mentre, il Senato è impegnato nella
valutazione di un provvedimento di grandissima complessità, il cosiddetto
provvedimento sulla revisione della spesa, che presenta asprezze sulle quali i
colleghi e il Governo si stanno impegnando nel tempo risicatissimo che può
essere guadagnato tra una seduta d'Aula e l'altra. È un tempo certamente
insufficiente, non soltanto a trovare una via d'uscita che confermi un testo
che ha determinati saldi ma che, nel contempo, valga a venire incontro alle
numerosi obiezioni. Una di queste, evidentissima, è quella di oggi dei Comuni italiani
(Comuni ovviamente amministrati da Giunte di qualunque colore).
Credo che basti, a ciascuno di noi,
sfogliare ormai da giorni le prime dieci pagine di un quotidiano (di qualunque
quotidiano) per comprendere che le ricadute di questo provvedimento destano
preoccupazione e allarme, anche perché inscritte in una crisi finanziaria ed
economica che, come tutti sappiamo, non è certamente arginabile da un solo
Paese, ma che pure spaventa e intimorisce gli italiani.
In questa situazione, noi continueremo
oggi, tutto il giorno, a discutere e a votare una riforma che mai vedrà la
luce, fino a quando non arriveremo a questo famoso articolo 9 e fino a quando
non verrà restaurato il sinallagma tra PdL e Lega.
E ancora domani ci occuperemo di
questo, mentre i colleghi della Commissione bilancio e i colleghi interessati e
il Governo o dovranno assentarsi dall'Aula (e questo dovrebbe essere grave per
i colleghi del PdL e della Lega) e lavorare - diciamo così - clandestinamente
nonostante l'impegno d'Aula, oppure saranno costretti a rinviare, ad altre ore
e con tempi più ristretti, l'esame.
Ora, noi crediamo che, data la
complessità del provvedimento, risulti irragionevole l'aver fissato tra giovedì
e venerdì (assai più probabilmente venerdì, io ritengo, proprio perché lunga e
articolata è la discussione) la data di approvazione dello stesso. Ma proprio
per questo mi pare sempre più intollerabile il fatto che l'Aula e i colleghi
vengano impegnati in una discussione, che non avrà sorte, soltanto perché due
forze politiche rappresentate in Parlamento, una delle quali sostenitrice del
Governo Monti, devono cavarsi lo sfizio di avere una ragione in più per poter
tappezzare tutta l'Italia, come peraltro hanno già fatto, con manifesti
inneggianti al semipresidenzialismo.
Trovo che tutto questo sia
inconcepibile e trovo anche che sia oltraggioso nei confronti degli italiani e
delle italiane, oltre che delle imprese italiane, delle autonomie e dei governi
locali, e che tutto questo non giovi certamente allo sforzo che, insieme, stiamo
facendo su un'altra barricata per ridare slancio all'Italia e ridarle forza. (Applausi
dal Gruppo PD).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signora
Presidente, condividendo quanto ha detto la presidente Finocchiaro, il mio
Gruppo rimane più che perplesso per il fatto che, rispetto alla gravissima
situazione economico‑finanziaria che coinvolge l'Europa, e in particolar
modo l'Italia, si stia ponendo in essere quella che - me lo perdonerà, e me lo
perdoneranno i colleghi - ritengo sia davvero una commedia, quando avremmo
altro di cui discutere.
Anche all'interno del Governo si sono
manifestate alcune perplessità sulla spending review, e tutte le forze
politiche, compresa la nostra, che pure non è favorevole all'impostazione di
tale provvedimento, stanno lavorando nel tentativo di migliorarla. Il Paese e
le parti sociali sono in grande fibrillazione. I sindaci, coloro i quali più
puntualmente e giornalmente sono a contatto con i problemi dei cittadini,
lamentano gravi difficoltà nell'assicurare i servizi e in particolar modo i
servizi sociali: asili, scuole, trasporti e quant'altro. Ecco perché a noi
sembra davvero paradossale non impegnare il nostro tempo più proficuamente per
affrontare i problemi reali che i cittadini avvertono davvero.
Il Parlamento potrebbe certamente
intervenire per migliorare il provvedimento del Governo, o quanto meno per
vararlo nella forma migliore consentita. Ma per far questo il dibattito deve
essere approfondito innanzitutto in Commissione, mentre invece lo spazio
assegnato sembra assolutamente irrisorio. Non c'è un'illustrazione, e
soprattutto non c'è la serena valutazione di alcuni emendamenti relativi alla
sanità, agli enti locali tutti, al taglio di personale nelle pubbliche
amministrazioni e quant'altro.
Insomma, si tratta di un provvedimento,
come diceva la presidente Finocchiaro e come tutti noi sappiamo, talmente
complesso che riteniamo che un confronto, magari anche puntiglioso, ma serio e
sereno sia assolutamente importante e prioritario rispetto a questa strana e
strampalata riforma della nostra Costituzione. (Applausi dal Gruppo IdV).
GASPARRI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (PdL). Signora
Presidente, abbiamo già affrontato più volte questo discorso. Noi confermiamo
la scelta del rispetto del calendario dei lavori, che prevede un tema
importante, che non è di propaganda, ma di sostanza. Le decisioni relative alle
riforme rappresentano un elemento di chiarezza, nel dibattito politico e
istituzionale, per offrire al Paese e alle istituzioni elementi di decisione
che, alla fine, risultano connessi: la riforma del Parlamento, la riforma
costituzionale e l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Sono
materie che devono avere un loro rapido iter, portato ad una decisione
finale, come la legge ordinaria per modificare la legge elettorale.
Per quanto riguarda la spending
review, noi siamo impegnatissimi. Anche ieri, io ho personalmente seguito,
a tratti, i lavori della Commissione. Anche prima, i colleghi hanno lavorato, e
avranno le giornate di oggi e di domani per proseguire. Poi, prima faremo a
concludere il dibattito sulla riforma costituzionale, maggiore sarà la libertà
della Commissione di completare in maniera analitica e dettagliata il proprio lavoro,
che ho visto essere arrivato a buon punto, nell'analisi dei complessi temi,
peraltro, con una rapidità e una disponibilità dei Gruppi parlamentari e del
Senato superiore a quella di alcuni tratti di dibattito che emergono dal
Governo stesso: infatti, dalla lettura dei giornali, che non fa fede, risulta
che anche alcuni esponenti del Governo chiedono tempi più lunghi. Ma il Senato
credo farà bene a rispettare il suo calendario dei lavori per quanto riguarda
sia il disegno di legge di riforma costituzionale sia il decreto sulla
cosiddetta spending review, che noi pensiamo di votare entro questa
settimana, nonostante anche da ambienti di Governo provenga una sollecitazione
a prevedere tempi più lunghi, che noi non riteniamo funzionali alla necessità
di decisioni rapide. Poi, in merito alla rapidità delle decisioni rispetto
all'evoluzione della crisi, abbiamo avuto tanti esempi dai quali è risultato
che una rapidità ancora maggiore, ahimè, non ha risolto i problemi.
Noi comunque riteniamo che il
calendario sia corretto e vogliamo dedicare il tempo necessario a chiudere il
dibattito sulle riforme e a lavorare intensamente, come già si sta facendo, al
decreto sulla revisione della spesa.
PRESIDENTE. Senatori Belisario e Finocchiaro, ho ben ascoltato le
valutazioni politiche che entrambi avete espresso. Vi chiedo solo se la vostra
proposta di sospendere l'esame dei disegni di legge di riforma costituzionale è
formale, o se attiene alla valutazione politica.
FINOCCHIARO (PD). Signora Presidente, la richiesta è formale.
Chiediamo in ogni caso la convocazione della Conferenza dei Capigruppo.
PRESIDENTE. In merito alla convocazione della Conferenza dei Capigruppo,
riferiamo immediatamente al presidente Schifani.
Circa la richiesta formale di
sospensione dell'esame dei disegni di legge, e quindi di modifica del
calendario dei lavori, obiettivamente devo indire la votazione, com'è evidente.
Metto dunque ai voti la proposta,
avanzata dalla senatrice Finocchiaro, di sospendere l'esame dei disegni di
legge di riforma costituzionale.
Non è approvata.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la
controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle
porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
(Segue la votazione. Proteste dal
Gruppo PD).
Colleghi, vi prego di ritirare la
scheda. Chiedo ai senatori Segretari di effettuare una verifica. È scesa tra i
banchi la senatrice segretario Amati; prego il senatore Stiffoni di fare
altrettanto.
Per cortesia, ognuno voti per sé. Se
ognuno vota per sé al proprio posto, facciamo prima. (Proteste dal Gruppo
PD. Commenti dal Gruppo PdL). Colleghi, è un po' umiliante questa
procedura. Se ognuno vota per sé facciamo prima, no?
Il senatore segretario Stiffoni ha
detto che è tutto a posto, ma se va a vedere tra i banchi è meglio. (Proteste
del senatore Garraffa).
Chiedo di verificare le schede poste
nell'ultima fila. (Commenti dai Gruppi PdL e LNP). Colleghi, se mi si
chiede la verifica, questa deve essere fatta.
GARRAFFA (PD). La scheda accanto
al senatore Caliendo!
PRESIDENTE. Le procedure sono queste.
Finché i senatori Segretari non mi dicono che è tutto a posto io non posso
procedere. Ognuno ha il suo mestiere; questo è difficile, e anche un po'
umiliante, francamente.
Non è approvata.
MALAN (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (PdL). Signora Presidente,
intervengo solo per sottolineare che una Presidenza accusata di essere parziale
(non lei, Presidente, ma la Presidenza) ha fatto sì che l'Aula fosse chiamata a
votare sulla scelta se proseguire con il calendario già stabilito da una Conferenza
dei Capigruppo e da un voto in Aula oppure no. Direi che questo è al di là
delle garanzie all'opposizione e al di là del Regolamento.
PRESIDENTE. Al di là del Regolamento no, senatore Malan: l'Aula è
sovrana. Al di là del Regolamento sicuramente no. La prego di credere che le
modifiche al calendario funzionano in questo modo. (Commenti dei senatori
Calderoli e Malan).
RIZZI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RIZZI (LNP). Signora Presidente,
sono d'accordo sul fatto che la proposta dovesse essere messa in votazione;
peccato però che non fossero trascorsi i venti minuti! Volevo solo sottolineare
questo.
PRESIDENTE. Senatore Rizzi, sull'ordine dei lavori non è previsto
il preavviso di venti minuti, trattandosi di votazione per alzata di mano; esso
è previsto nelle votazioni mediante procedimento elettronico.
Metto ai voti l'emendamento 7.244,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.245,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.246.
MALAN (PdL). Lo ritiro, signora
Presidente.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
7.247, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
L'emendamento 7.248 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 7.249,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento
7.250, identico all'emendamento 7.251.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signora
Presidente, innanzitutto chiedo di aggiungere la mia firma a quella del
senatore Ceccanti sull'emendamento 7.250.
Poi voglio far presente come la
soppressione di queste due righe diventi necessaria per poter ricorrere alla
decretazione d'urgenza. Oggi, infatti, il provvedimento, nel testo della
Commissione, finirebbe per non consentirla in termini di adempimenti di
obblighi comunitari, mentre sappiamo che spesso, anche per questioni di
esigenze temporali urgenti, è necessario poter provvedere con tale strumento.
In conclusione, aggiungo la mia firma
all'emendamento del senatore Ceccanti - identico a quello dei colleghi Pastore
e Saro, che vede anch'esso il mio favore - e dichiaro il mio voto favorevole.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.250, presentato dal
senatore Ceccanti e da altri senatori, identico all'emendamento 7.251,
presentato dai senatori Pastore e Saro.
È approvato.
Risulta pertanto precluso l'emendamento
7.252.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 7.253.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, colleghi, con l'emendamento 7.253 il sottoscritto e gli sei
altri firmatari propongono una versione un po' diversa rispetto al testo
proposto dalla Commissione, alla quale insistiamo si dia la preferenza e che
chiediamo si voti.
Precisamente diamo una possibilità un
poco più ampia, in termini di numeri necessari, a che la Camera che deve
disporre il richiamo lo possa realmente fare. Cioè, è sufficiente che sia un
quinto dei suoi componenti a chiedere il riesame. Inoltre, quando c'è stata la
proposta di emendamenti della seconda Camera e il provvedimento torna a quella
di origine, la votazione si perfeziona dicendo: «I disegni di legge si
intendono definitivamente approvati quando si forma una deliberazione conforme
delle due Camere ovvero, nel testo approvato da una Camera, in mancanza di
richiesta di riesame o quando questa non sia seguita dalla votazione finale (...)».
In altre parole c'è un'eventualità, che però da una maggiore possibilità alla
seconda Camera di effettuare tale richiamo. Mi pare quindi che in particolare
questo ramo del Parlamento dovrebbe essere favorevole a questa modifica, che
non stravolge, ma rafforza il meccanismo.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.253, presentato dal
senatore Benedetti Valentini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.254,
presentato dai senatori Calderoli e Divina.
È approvato.
Risultano pertanto preclusi gli
emendamenti 7.255, 7.256 (testo 2) e 7.257.
Metto ai voti l'emendamento 7.258,
presentato dal senatore Musso.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolo
7, nel testo emendato.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, l'articolo 7, come i senatori sanno, è la sostanza, è
tutto, della primigenia stesura della riforma, e precisamente la parte in cui
si stabilisce la bipartizione delle competenze tra Camera e Senato e poi la
procedura legislativa.
Ebbene, io, a nome mio e degli altri
colleghi firmatari - debbo ritenere, evidentemente, in dissenso dal nostro
Gruppo (e non reputandoci peraltro vincolati in questo caso specifico e in
questa contingenza politica da alcun accordo politico con altri Gruppi) -
ritengo giusto sull'articolo 7 lasciare agli atti una dichiarazione di
dissenso. Infatti, non condividiamo né la ripartizione delle competenze né la
procedura legislativa che elimina, sì, sostanzialmente il bicameralismo,
attribuendo al Governo un potere totale di superfiducia su ogni atto, ma non
razionalizza né rafforza la democrazia parlamentare, tanto più in quanto, come
poi - spero - approveremo, ci sarà l'elezione diretta della figura apicale,
cuore parlamentare del sistema democratico, che avrebbe dovuto essere invece
piuttosto rafforzato.
Pertanto, poiché questa riforma ha
nella elezione diretta della figura apicale, nel Senato come l'abbiamo
ristrutturato, e nella diminuzione del numero dei parlamentari le
caratteristiche essenziali, è chiaro che vi sarà anche il mio ed il nostro
consenso. Ma sull'articolo 7 preferiamo esprimere, in dissenso dal Gruppo, un
voto di motivata astensione.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, vorrei lasciare agli atti, chiedendo anche la votazione
elettronica, la mia dichiarazione, e segnalare ai colleghi che stiamo votando
non uno di quegli ordini del giorno che, "un tanto al chilo", si
approvano durante i nostri dibattiti, ma un nuovo articolo della Costituzione
repubblicana. Poiché abbiamo deciso di rimanere in Aula e di esprimere il
nostro consenso o dissenso a emendamenti o proposte, vorrei presentare i motivi
di un dissenso particolarmente drastico.
Segnalo ai colleghi la dimensione di
questo articolo che, nel testo a noi trasmesso, consta di 107 righe. È stato
ridotto, grazie all'emendamento 7.254, approvato su proposta del senatore
Calderoli, di sei o sette righe: ma non è del tutto insignificante, poiché sono
righe che rimuovono la garanzia dell'unità giuridica o economica della
Repubblica, cosa che non commento, perché è difficile prendere seriamente un
dibattito del genere.
Ai colleghi che voteranno la
riformulazione di questo articolo, e dunque la riscrittura dell'articolo 72
della Costituzione, vorrei segnalare che queste 100 righe faranno di questo
articolo probabilmente il secondo più ampio del testo costituzionale, salvo si
tratti di uno scherzo. Deve trattarsi di uno scherzo. Ma se così non fosse,
Presidente, segnalo a lei che la riscrittura - ahinoi, barocca e infelice -
dell'articolo 117 è la più ampia quanto a testi, nella seconda Costituzione che
ho appena sfogliato, quella dell'articolo 111 sul giusto processo.
La riscrittura dell'articolo 72 della
Costituzione che ci viene proposta per la votazione è inaccettabile anche dal
punto di vista del drafting, della modalità di scrittura di un testo
costituzionale. E qualunque studente - non lo sono e non lo sono stato - di
giurisprudenza che abbia diritto costituzionale tra le materie di cui si deve
occupare studierà questa scrittura, che interferisce addirittura su altro; e
questo non è un errore della neomaggioranza che su questa materia si sta
costituendo, formata da PdL e Lega. Questa stesura era sin dall'inizio, ad
avviso del nostro Gruppo, un errore della larga maggioranza che aveva
predisposto l'accordo in materia di revisione della Costituzione. Quindi, va a
monte (toccando anche il PD che ora è assente), perché l'idea di
costituzionalizzare gli interventi sui Regolamenti parlamentari è costituzionalmente
ridicola.
Chiedo che l'articolo 7 venga votato
con il procedimento elettronico, per poter esprimere compiutamente un voto
contrario che motivo con l'intrinseca inaccettabilità della sua formulazione e
l'aspetto assolutamente parossistico della stesura di circa 100 righe (non so a
quante battute corrisponderanno poi nel testo della Costituzione, che è il
documento fondamentale della nostra Repubblica).
Con ogni probabilità, state per
approvare il secondo o terzo articolo più vasto della Costituzione. Come
avrebbe detto De Gaulle, si tratta di un «vasto programma», come la proposta
avanzata ai suoi tempi di eliminare certe categorie che egli non qualificava
positivamente.
Di questo vasto programma, questo vasto
articolo mi pare sia un caposaldo, ed è per questo che esprimeremo un voto
contrario. (Applausi dal Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signora Presidente, ho già avuto modo di esprimere, illustrando gli emendamenti
da me presentati all'articolo che modifica l'articolo 72 della Costituzione, la
contrarietà dei Repubblicani rispetto a questo testo. Una contrarietà che è
stata rafforzata dalla nuova formulazione introdotta con l'emendamento del
senatore Calderoli, ma che era già maturata rispetto al testo iniziale, quello
su cui sembrava si fosse raggiunto il grande accordo e che prevedeva nella
legislazione concorrente l'elemento distintivo fra competenze di Camera e
Senato.
Al di là delle considerazioni che
faceva il senatore Rutelli - e che condivido - su lunghezza, complessità,
confusione di questo articolo, vi è un motivo di merito che mi porta ad
annunciare il voto contrario: il fatto che, invece di prevedere un
bicameralismo ragionato, un bicameralismo che semplifichi ma non confonda, noi
proponiamo un bicameralismo d'accatto, e questo bicameralismo d'accatto noi lo
rifiutiamo.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'articolo 7, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
È approvato.
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. L'emendamento 7.0.200 verrà
votato successivamente, in sede di esame dell'articolo 12.
Procediamo alla votazione degli
emendamenti presentati all'articolo 8.
Metto ai voti l'emendamento 8.200,
presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.201,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
L'emendamento 8.202 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'articolo
8.
RUSSO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Russo, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
Metto ai voti l'articolo 8.
È approvato.
Procediamo alla votazione degli
emendamenti presentati all'articolo 9.
Metto ai voti l'emendamento 9.200,
presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.201,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.202,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.203,
presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.204,
presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.205,
presentato dal senatore Peterlini.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolo
9.
RUSSO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Russo, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'articolo 9.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione
degli emendamenti volti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 9.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.200.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signora Presidente, ho rilevato che vi è un emendamento, il 12.0.500, a firma
del vertice del nostro Gruppo, i senatori Gasparri e Quagliariello, che
evidenzia un problema analogo a quello che più modestamente abbiamo sollevato
noi. Si tratta, in particolare, della possibilità di ricorrere alla Corte
costituzionale per verificare la coerenza con il dettato costituzionale di
testi di legge.
Poiché siamo sensibili al problema dei
decreti legislativi, e cioè che le Camere abbiano la facoltà di suscitare una
verifica della fedeltà dei decreti legislativi adottati dal Governo alla legge
di delegazione approvata dal Parlamento, e poiché mi sembra che il nostro
problema sia una parte di quello evidenziato da vertice del nostro Gruppo con
l'emendamento che ho ricordato e che sarà esaminato successivamente, se in
particolare il nostro Capogruppo in Commissione fosse anche lui d'accordo,
chiederei l'accantonamento dell'emendamento 9.0.200 per esaminarlo in un unico
contesto al momento dell'esame dell'emendamento 12.0.500, a prima firma del
vertice del nostro Gruppo, che tratta praticamente dello stesso tema.
PRESIDENTE. Poiché non si fanno osservazioni, l'emendamento 9.0.200
sarà pertanto esaminato nell'ambito della discussione degli emendamenti diretti
ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 12.
L'emendamento 9.0.201 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.202,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
L'emendamento 9.0.300 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.203, sostanzialmente identico all'emendamento 9.0.204.
PASTORE (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE (PdL). Signora
Presidente, ritiro l'emendamento 9.0.204.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 9.0.203, presentato dalla
senatrice Adamo.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.205,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
L'emendamento 9.0.206 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.207,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.208, presentato
dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.500.
GALIOTO (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GALIOTO (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Chiedo la verifica del numero legale.
VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signora Presidente, onorevoli colleghi, la riforma al nostro
esame, quando è stata varata dalla Commissione nella sua prima fase, portava
nel nostro ordinamento novità importanti, tra cui il rafforzamento dei poteri
del Presidente del Consiglio e la diminuzione del numero dei parlamentari.
Si era realizzato un accordo molto ampio
tra le forze politiche, dopo una discussione serrata, ma certamente
interessante ed importante. Il 7 giugno il provvedimento è arrivato in Aula. Se
fosse stato approvato, come d'altro canto i lavori della Commissione lasciavano
intendere, oggi sarebbe già stato all'esame della Camera e probabilmente
sarebbe stato già approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati. Dunque,
la probabilità che questo disegno di legge di riforma costituzionale entrasse
in vigore sarebbe stata estremamente alta. I Romani dicevano: «pacta sunt
servanda». Vi era stato un accordo molto ampio; poi, improvvisamente,
questo accordo è stato rotto. Il PdL ha introdotto alcuni emendamenti, in
particolare quello sul semipresidenzialismo, che ha radicalmente cambiato la
prospettiva della discussione.
Desidero subito sottolineare come
questi emendamenti in sé potevano essere interessanti da molti punti di vista,
anche se sarà opportuno fare poi qualche precisazione sulla loro reale portata;
tuttavia, avrebbero dovuto trovare un consenso ampio, quello stesso ampio
consenso che in Commissione era stato raggiunto sul testo precedente.
Nel marzo 2001 avevamo stigmatizzato la
riforma varata, con una maggioranza molto risicata, dall'allora maggioranza di
centrosinistra, proprio pochi giorni prima delle elezioni. E d'altro canto,
anche la riforma fatta nella XIV legislatura, la cosiddetta devolution,
fu realizzata a colpi di maggioranza, salvo poi essere addirittura bocciata dal
corpo elettorale.
È evidente quindi che una grande
riforma della Costituzione deve cercare di coinvolgere tutte le principali
forze politiche. Tuttavia, anziché cercare quell'ampio consenso, si è preferito
procedere con una inedita maggioranza, diversa da quella che sostiene l'attuale
Governo, che ha dato vita ad una sorta di baratto: da una parte, un pessimo
Senato federale, dall'altra, la condivisione, da parte della Lega, del
semipresidenzialismo. Una maggioranza che non è in grado di garantire una
definitiva entrata in vigore di questa riforma.
Quali sono le conseguenze di questo
baratto? L'introduzione di un Senato che federale proprio non è. Cari amici
della Lega, mi dispiace: ho partecipato nella XIV legislatura alla redazione
del testo della devolution che prevedeva, quello sì, un serio Senato
federale, e vi dico che questo testo col Senato federale non ha nulla a che
vedere; anzi, tiene in piedi il bicameralismo perfetto e non produce una
significativa modifica di quell'impianto istituzionale che avevamo sempre
stigmatizzato.
Il presidenzialismo, poi, non entrerà
in vigore, dato che l'indizione di un referendum confermativo è certa,
dal momento che non vi è una maggioranza di due terzi a sostegno di questa
riforma. Dunque, per otto anni rimarrà questo impianto. Ma che riforma è? Il
senatore Boscetto, che è una persona seria, in Commissione ha detto
testualmente che si tratta di una riforma non completa, che dovremo modificare,
integrare e migliorare nella prossima legislatura. Rinvio pertanto alle sue
dichiarazioni in Commissione proprio sul tema del semipresidenzialismo.
Ma allora, se dobbiamo ritornare nella
prossima legislatura a modificare e a migliorare questa riforma del
semipresidenzialismo, perché tutta questa fretta? Faccio un esempio per tutti.
Rimane la sfiducia costruttiva, insieme con un Presidente della Repubblica,
eletto dal popolo, che presiede il Governo e che dunque, essendo eletto dal
popolo, ha una diretta legittimità popolare.
Ci rendiamo conto di quale aborto
giuridico avete costruito? La sfiducia costruttiva e un Presidente della
Repubblica che presiede il Governo. È evidente dunque il carattere
propagandistico di questa proposta, che ha certamente un effetto sicuro: far
saltare la riduzione del numero dei parlamentari e creare fibrillazioni che
rendono oggi più difficile l'accordo sulla legge elettorale.
Il senatore Saro, d'altro canto, molto
onestamente e molto lucidamente, aveva denunciato la strumentalità di questo
disegno e di questo emendamento; aveva denunciato i motivi politici che stavano
a fondamento di questo accordo e aveva detto testualmente qui in Aula che vi
era forse la speranza di alcuni di arrivare a mettere in crisi il Governo e di
giungere ad elezioni anticipate, magari sperando che il 30 giugno Monti
fallisse in Europa. Se quel disegno che il senatore Saro aveva vaticinato qui
in Aula era effettivamente esistente, quel disegno è fallito; rimane tuttavia
questo aborto, che però non passerà alla Camera in quanto in quella sede il
Gruppo del Terzo Polo è decisivo. Quindi, purtroppo per voi, cari amici, questa
riforma non riuscirà a vedere la luce.
Noi non ci stiamo ad un uso strumentale
delle istituzioni, ad un uso delle istituzioni per scopi di parte. Pensavamo
che con il Governo Monti si fosse aperta una fase nuova della politica,
ispirata alla serietà e all'interesse generale. Noi non ci prestiamo, e ci
asterremo sull'emendamento in esame. Certamente, dal punto di vista ideale e
culturale, in particolare noi di Futuro e Libertà siamo favorevoli al
semipresidenzialismo, ma non possiamo accettare questo baratto, che manda al
macero un lavoro serio fatto in Commissione che avrebbe finalmente reso più
efficiente il quadro istituzionale della nostra Repubblica, rafforzando il
potere Esecutivo nella difesa delle prerogative del Parlamento e favorendo
quella governabilità e quella velocità delle decisioni nell'interesse dei
cittadini che sono da tempo attese.
Questa è la nostra determinazione, e
contestualmente, signora Presidente, chiedo anch'io la verifica del numero
legale sulla votazione dell'emendamento 9.0.500. (Applausi dal Gruppo Per il
Terzo Polo:ApI-FLI).
GASPARRI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (PdL). Signora
Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia doveroso da parte del nostro
Gruppo richiamare l'attenzione sulla votazione dell'emendamento 9.0.500 che, se
approvato, introduce nella nostra Costituzione l'elezione diretta a suffragio
universale e diretto da parte di tutti cittadini del Presidente della
Repubblica.
La nostra non è una proposta che giunga
improvvisata nel dibattito costituzionale. Infatti anche in questa legislatura,
anche dopo la nascita del Governo Monti, in quest'Aula, da questo banco,
facendo una dichiarazione di fiducia al Governo attuale nel dicembre scorso,
ribadii il pieno diritto delle forze politiche di discutere di riforma
elettorale e riforma costituzionale e dissi che, di fronte ad un
presidenzialismo di fatto che si va realizzando nella nostra Costituzione,
avremmo avuto ben diritto di proporre una modifica della Costituzione in
termini presidenzialisti. Quindi, la nostra iniziativa non è giunta inattesa,
non è giunta improvvisa.
Il fatto che ci siano esigenze di
trasformazione del sistema politico lo dicono in tanti da decenni. Cercando
interventi e testimonianze su questo tema, ho trovato una dichiarazione fatta
al suo partito dell'epoca da Giorgio Napolitano nel lontano 1981, quando
auspicava, in questi termini, un rinnovamento del sistema politico: sSi deve
giungere a una svolta effettiva nei metodi di governo, nel modo di concepire ed
esercitare il potere, nei rapporti tra partiti, Stato e società, riaffermando
pienamente i principi e le linee della Costituzione e ponendo mano a riforme e
misure capaci di garantire il corretto funzionamento delle istituzioni».
Sono passati oltre trent'anni da
quell'affermazione, sono state istituite diverse Commissioni bicamerali, si è
discusso ovunque e comunque dei temi della riforma costituzionale e del
presidenzialismo. Le Commissioni bicamerali non approvarono in via definitiva
dei testi di riforma della Costituzione; poi ci fu una riforma del Titolo V
della Costituzione, fatta in una legislatura recente, con maggioranze risicatissime
della sinistra, che oggi abbandona i lavori, ma quando approvava le
Costituzioni con pochi voti di differenza riteneva quella procedura del tutto
legittima. (Applausi dal Gruppo PdL).
L'esigenza, quindi, di una vasta
riforma organica è connaturata alla storia e alla natura dello schieramento di
centrodestra, non soltanto del Popolo della Libertà, ma anche delle formazioni
politiche che lo hanno preceduto. Nei programmi dei partiti di Alleanza
Nazionale, di Forza Italia e di altri l'elezione diretta è sempre stato uno dei
punti principali.
Per chi come me viene dalle file della
destra e da quell'esperienza, poter votare in un'Aula del Parlamento l'elezione
diretta del Presidente della Repubblica è un traguardo storico, perché è
battaglia pluridecennale di democrazia diretta. (Applausi dal Gruppo PdL).
Voglio però anche dire che non è un
dibattito che appartiene alla destra o che appartenga al centrodestra, quale
oggi in quest'Aula noi siamo. Fin dai tempi della Costituente, Piero
Calamandrei si schierò a favore del presidenzialismo, e con lui Leo Valiani,
poi insigne senatore a vita. Il 5 settembre 1946 Piero Calamandrei scriveva:
«Non è indispensabile che si adotti integralmente in Italia lo schema della
Repubblica presidenziale qual è in vigore in America. Basterebbe che ad essa ci
si avvicinasse in un punto, quello dell'innalzamento e rafforzamento
dell'autorità del Capo del Governo, attraverso l'approvazione solenne,
popolare, o almeno delle Assemblee legislative, del piano in cui sia fissata la
politica che intende seguire».
Ci sono stati filoni laico-repubblicani
- penso a Randolfo Pacciardi - che sostennero negli anni Sessanta il modello
presidenzialista. Nel 1965 il costituzionalista Giuseppe Maranini, insieme a
Luigi Astuti, Serio Galeotti, Silvano Tosi e Salvatore Valitutti, fondò
l'Alleanza Costituzionale. Tra i firmatari vi furono giuristi del peso di Vezio
Crisafulli e di Pietro Rescigno, politici come Giuseppe Pella o il filosofo
della scienza Paolo Rossi.
Nel 1969, nell'ambito del dibattito
dell'allora Democrazia Cristiana, nacque il gruppo «Europa 70», organizzato da
Bartolo Ciccardini, che si dichiarò favorevole all'elezione diretta del
Presidente della Repubblica. Successivamente Bettino Craxi manifestò aperture
chiare ed esplicite ad una soluzione di tipo presidenziale, con un dibattito
che, alla fine degli anni '70 e nei primi anni '80, attraversò trasversalmente
lo schieramento politico. Tuttavia, già in sede di Costituente, uomini come
Aldo Bozzi, Giuseppe Codacci Pisanelli e Vittorio Emanuele Orlando fecero
intendere con i loro discorsi che si sarebbe potuti giungere, in un futuro non
lontano, all'elezione diretta del Capo dello Stato.
Ecco allora che il presidenzialismo, o
semipresidenzialismo, come lo si definisce nella proposta da noi avanzata,
affonda profondamente le sue radici nel dibattito della nostra Repubblica
democratica. Non è quindi una sortita improvvisa: è un'esigenza, peraltro di
rafforzamento, della democrazia diretta, della partecipazione dei cittadini
alla vita politica.
Del resto, anche la cosiddetta
Costituzione materiale ha visto crescere il ruolo del Presidente della
Repubblica: potremmo citare molti esempi, già a partire dai tempi di Antonio
Segni, fino ad arrivare alle esternazioni del presidente Cossiga e alle polemiche
che ne conseguirono, con la richiesta addirittura da parte della sinistra di
messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica dell'epoca. Anche in
fasi più recenti, il ruolo del Capo dello Stato è risultato fondamentale e
importante nella gestione di delicate crisi politiche.
Presidenza del vice
presidente NANIA (ore 12,08)
(Segue GASPARRI). Per questo, e
concludo questa dichiarazione di voto, noi non riteniamo la nostra una scelta
di propaganda. Noi ci auguriamo - e mi rivolgo a colleghi che, essendo stati
presidenzialisti, devono motivare con fatica la loro marcia indietro - che, nel
prosieguo del dibattito in Parlamento, chi oggi non partecipa o non vota voglia
condividere le ragioni di un rafforzamento della nostra democrazia, sposando
una tesi che non è solo nostra, ma che appartiene ad un ampio dibattito della
vita repubblicana.
Avanziamo questa proposta con
convinzione, soprattutto in un momento di crisi della politica. Lo abbiamo
fatto con forza proprio quando, all'indomani delle ultime elezioni
amministrative, c'era chi proponeva di nuovo doppi turni, senza affrontare il
tema del presidenzialismo, alla luce dell'esperienza di Paesi come la Francia o
gli Stati Uniti che, con modalità diverse - la nostra è più simile a quella
francese - vedono delle democrazie funzionare all'insegna dell'alternanza.
Qualcuno dice che questa riforma non
arriverà in porto. Ebbene, noi abbiamo la forza della speranza e la
determinazione della nostra iniziativa. Sappiamo che i tempi sono molto
stretti, che il percorso politico è pieno di molte difficoltà, che sono quelle
dell'economia e della vita in questo momento della nostra Nazione e dell'Europa.
Noi riteniamo, però, che sia un dato storico il fatto che in un'Aula del
Parlamento per la prima volta si voti questo principio. (Applausi dal Gruppo
PdL). Se ne parla dai tempi della Costituente, e oggi possiamo
esprimerci su questa nostra proposta.
Lo facciamo, quindi, convinti che il
cammino potrà proseguire. Noi ce lo auguriamo e siamo determinati, anche in
questa legislatura ed anche con i tempi stretti che ci sono. In ogni caso, è
una sfida che lanciamo a tutti. Il presidenzialismo è la scelta del futuro, è
la scelta della democrazia ed è la scelta della partecipazione. Che oggi
Palazzo Madama dica sì a questo emendamento rappresenterà comunque un grande
momento storico per la vita repubblicana italiana. (Applausi dai Gruppi PdL
e LNP. Congratulazioni).
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signor Presidente, non ho mai nascosto la mia propensione per un modello
istituzionale che possiamo definire di tipo francese, per semplificare le cose.
D'altro canto, lo ricordava il collega Gasparri, simili impostazioni si trovano
nella storia di autorevoli uomini che hanno appartenuto alla mia parte
politica, come Leo Valiani o Randolfo Pacciardi.
Ma questa è una grande riforma, e non
una riforma che si improvvisa con un emendamento. Non è una riforma che si
butta là, insieme con il Senato federale e con la sfiducia costruttiva, ma
richiede un lavoro complessivo di riscrittura della nostra Carta
costituzionale; e non si fa di corsa, con un emendamento, sapendo, fra l'altro,
che questo è contraddittorio, come diceva il collega Valditara, con il principio
della sfiducia costruttiva che poi viene introdotto in un articolo successivo,
e sapendo che difficilmente - molto difficilmente - questo sarà qualcosa di
diverso da una bandiera elettorale.
Ecco perché i Repubblicani rifiutano di
partecipare al voto su questo emendamento e di partecipare a un voto che non ha
un senso di riforma compiuta, ma è solo l'affermazione di una posizione che può
essere sventolata in campagna elettorale. (Commenti dal Gruppo PdL).
LIVI BACCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LIVI BACCI (PD). Signor
Presidente, io sono restato in Aula in blando, blandissimo dissenso dal mio
Gruppo, anche se il mio consenso politico è "al cubo" rispetto alle
dichiarazioni che più volte ha fatto la nostra Capogruppo per quanto riguarda
le motivazioni politiche dell'atteggiamento del Gruppo del PD.
Sono restato in Aula, però, e credo di
aver fatto bene, anche perché ho avuto l'occasione di seguire l'intervento del
presidente Gasparri, che ha letto una specie di articolo di Wikipedia del
presidenzialismo e delle discussioni sul semipresidenzialismo nel nostro Paese,
suscitando grande entusiasmo nell'Aula. Vi erano tantissimi capannelli che non
si sono interrotti mentre lui parlava; c'è stato qualche sporadico battimani e
tanto sfogliare di giornali. Quindi, in questo traguardo epocale e storico non
crede neanche il PdL e non crede le neanche la Lega, perché sanno che, con
l'aiuto della levatrice Presidenza del Senato, è stata prolungata la gravidanza
che ha ormai prodotto un nato morto. Si prolunga con accanimento terapeutico, e
con un certo cinismo e crudeltà, una gravidanza che non ha da essere perché il
risultato, lo conosciamo, è un bambino morto.
Allora, quest'aria da funerale
pervadeva anche quella parte politica che avrebbe dovuto essere entusiasta di
questo traguardo raggiunto, cioè del fatto che ci si accinge in Costituzione
del presidenzialismo invocato dai numerosissimi autori che nella Wikipedia
legislativa sono stati trovati dal senatore Gasparri.
Quindi, sono contento di essere rimasto
in Aula. Credo che, ancora una volta, sia necessario sottolineare la rottura
del patto politico: è venuta a mancare la lealtà, il che è un fatto molto grave
che può avere conseguenze gravi. Spero che il presidente Gasparri si renda
conto - e forse se ne rende conto più di tanti suoi colleghi del PdL - di avere
rotto un patto politico. (Commenti dal Gruppo PdL). Tale rottura ha
messo in pericolo anche l'intero Paese che, considerata la situazione
d'emergenza in cui si trova, dovrebbe avere un certo grado di coesione che,
invece, è stata rotta, per lo meno in quest'Aula.
Dunque, io rinnovo il mio blandissimo
dissenso dal Gruppo: continuerò a presenziare ai lavori e continuerò a voler
testimoniare questa assoluta mancanza di entusiasmo da parte dell'attuale
maggioranza, prova dell'inutilità di questo rito dannoso. (Applausi dei
senatori D'Ambrosio e D'Ubaldo).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, mi soffermerò su una questione relativa all'ordine dei
lavori, anche perché mi trovo perfettamente d'accordo con quanto detto dal
collega Valditara. Nemmeno io mi soffermerò sul fatto che c'é un modo semplice
per impedire la riforma sostanziale della Repubblica: chi non vuole cambiare il
sistema parlamentare con il sistema presidenziale deve solo inventarsi dei
nemici e proporre una riforma di questo genere, che, non avendo i necessari
contrappesi alla figura del Presidente, ovviamente non sarà mai applicabile,
non passerà mai.
Comunque, fermo restando che ho capito
che ci sono state una serie di forzature sul testo, una serie di questioni di
legittimità, una serie di argomenti introdotti con emendamenti, oggettivamente
senza il necessario confronto, volevo rivolgere una domanda alla Presidenza. Se
mi è consentito, anche per regolarmi rispetto all'ordine dei lavori, vorrei
sapere come si possa con un emendamento (relativo, tra l'altro, al
presidenzialismo), introdurre nell'articolo 83 che si intende novellare, un
pezzo dell'articolo 87 della Costituzione.
Signor Presidente, l'emendamento
9.0.500, se approvato, prevede che il Presidente della Repubblica é il capo
dello Stato. L'articolo 87 della Costituzione inizia con queste parole: «Il
Presidente della Repubblica è il capo dello Stato...». Si può, con un
emendamento, prendere pezzi di articoli della Costituzione per spostarli in
altri articoli? Basterebbe questo a dare un significato vero a quello che sta
accadendo in questo momento: pur di agitare argomentazioni politiche (una
procedura anche legittima da un punto di vista politico) l'improvvisazione è
massima.
Io ho visto colleghi che si sono
sforzati di migliorare il testo uscito dalla Commissione, proporre emendamenti
e atteggiarsi, rispetto a questo provvedimento, non dico con spirito
costituzionale, ma con la serietà che il momento imponeva. Ma avete letto che
cosa c'è scritto in questo emendamento? Qual è l'attinenza dell'elezione del
Presidente della Repubblica, prevista dall'articolo 83 della Costituzione, con
il contenuto di questo emendamento, che parla delle funzioni? Ma chi ha scritto
questa cosa? Almeno controllate, aggiustate i testi. Diamo almeno il senso che
ci sia la voglia di tentare di fare qualcosa. Così, oggettivamente, è improponibile.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, prima di entrare nel merito della dichiarazione di voto
sull'emendamento 9.0.500, mi consentirà di fare una dichiarazione preliminare
in relazione ad una posizione che è stata reiterata più volte, in particolare
dai rappresentanti del Partito Democratico, presenti o assenti, che hanno
sottolineato e ribadito che il comportamento di alcune forze politiche e di
alcuni Gruppi parlamentari ha determinato la rottura del patto di Governo.
Credo sia necessario fare distinzione
tra il patto di Governo e il patto costituzionale. È noto che, rispetto al
processo riformatore sul piano costituzionale, il Governo ha sempre assunto un
atteggiamento neutrale, a partire dal Governo Prodi ai tempi della Commissione
bicamerale fino ad arrivare ad oggi. È evidente che il Governo non può che
lasciare al Parlamento, alla dimensione parlamentare, all'accordo tra Gruppi e
forze politiche, il percorso costituente e costituzionale rispetto al quale ha
assunto, come ha fatto il Governo in quest'Aula, un atteggiamento di
neutralità: si è rimesso all'Aula, non ha interferito rispetto a questo
processo, si è determinato, quindi, quello che si è sempre determinato in
occasione del dibattito e del confronto sulle riforme costituzionali.
Questo ribadisce la centralità del
Parlamento e la centralità del dibattito parlamentare, l'indispensabilità del
dibattito parlamentare e, in ogni caso e comunque, la sua utilità.
Non si può trovare questa sorta di via
di fuga, per giustificare un atteggiamento che non affronta nel luogo della
sovranità il confronto e il dibattito, facendo riferimento alla rottura di un
patto.
Se poi si fa riferimento alla rottura
di un patto politico all'interno della Commissione affari costituzionali,
questo mi consente di dire con molta chiarezza che, per quanto ci riguarda, una
delle cose positive che si è determinata attraverso l'iniziativa del PdL, in
particolare, e della Lega in termini emendativi sul Senato federale e sul
semipresidenzialismo è esattamente quella di avere di fatto vanificato la
riforma così come è uscita dalla Commissione affari costituzionali.
Voglio dire con chiarezza che quella
riforma non era l'approdo positivo: noi non la ritenevamo tale. Il
bicameralismo eventuale, questa sorta di meccanismo che poi anche all'interno
di questo processo riformatore - lo dirò - purtroppo è rimasto, quella riforma
non ci sembrava quella più utile per questo Paese, non scioglieva i nodi, anzi
in qualche modo li aggrovigliava ulteriormente in un meccanismo che non era né
semipresidenzialismo né semipremierato ed era una formula che non ci
convinceva. Noi quella riforma non l'avremmo votata. Quindi, la rottura di quel
patto politico, se c'è stata, l'abbiamo ritenuta sin dall'inizio positiva per
recuperare il dibattito e il confronto sulla riforma.
Se mi è consentita una battuta, visto
che è stata rappresentata con una sorta di gusto necrofilo l'immagine del
bambino morto, quella era una "riforma metadone", era una riforma di
riduzione del danno, ma certamente non affrontava il problema e certamente non
guidava verso il recupero definitivo di chi si trovava in una condizione di
dipendenza o di tossicodipendenza da eccesso partitocratico o da eccesso di
parlamentarismo, incapace di scegliere e di decidere.
Il problema non è quella riforma, e vorrei
chiarire il nostro atteggiamento, per evitare che questa posizione possa
sembrare affetta da contraddizioni. Noi eravamo contro quella riforma. Abbiamo
invece accompagnato positivamente la proposta di Senato federale; è passata per
quattro voti, e ce ne siamo assunti la responsabilità, come è giusto che fosse.
Accompagniamo e accompagneremo positivamente con il nostro voto l'emendamento
sul semipresidenzialismo. Non abbiamo votato alcun emendamento e alcun articolo
del complesso della legge. Ci siamo astenuti su tutti gli articoli e su tutti
gli emendamenti per evidenziare che, per quanto ci riguarda, il dibattito che
stiamo affrontando va assunto come un passo avanti in direzione della riforma
di cui questo Paese ha bisogno (semipresidenzialismo e Senato federale), che
tuttavia non troverà approdo con questo processo riformatore, ma ha determinato
un avanzamento di alcuni temi e di alcune questioni (mi rifaccio, con qualche
aggiunta, ai riferimenti del senatore Gasparri nella sua dichiarazione di voto)
un avanzamento del semipresidenzialismo, un avanzamento di un modello che deve
diventare il riferimento, la linea guida, l'impostazione fondamentale della
prospettiva.
Questo, per quanto ci riguarda,
significa utilizzare questo dibattito ed il voto a termine di questo dibattito,
se non dovesse approdare in sede ulteriore, sul piano parlamentare, ad un
allargamento della maggioranza con la condivisione di quegli obiettivi, per
definire quel che è accaduto come un solenne atto di indirizzo in direzione di
un'Assemblea costituente alla quale consegnare la riforma organica della
Costituzione, una riforma che sciolga finalmente i nodi della modernizzazione,
cui soprattutto la parte politica alla quale ho appartenuto ha contribuito.
Chiedo scusa ai componenti del mio
Gruppo, che mi consentiranno di svolgere una riflessione identitaria: nella
storia del dibattito politico la destra italiana ha sempre dato un contributo
in tal senso. Diciamolo con franchezza e senza remore: il Movimento Sociale
Italiano ha dato un contributo importante ai temi della democrazia diretta e
dell'elezione diretta e popolare dei Sindaci, fino al tema del
presidenzialismo; Alleanza Nazionale ha dato un contributo determinante al
rafforzamento della democrazia bipolare e dell'alternanza, e l'ha fatto nel
1994. Lo spirito del 1994 è stata la rivoluzione liberale ed anche la storia di
una forza politica che ha portato valore aggiunto allo schieramento del
centrodestra ed è stata determinante per cambiare l'assetto e l'equilibrio
politico ed istituzionale di questo Paese. Analogamente, oggi quella cultura
politica dà e darà il suo contributo. Il centrodestra infatti è tale quando è
capace di determinare il contributo complessivo di forze diverse, e ci
auguriamo che questa convergenza sia propedeutica ad una prospettiva e ad una
capacità di tenere insieme e socializzare competenze, esperienze, intelligenze,
culture politiche per raggiungere la sintesi migliore e traguardare la
prospettiva di cambiamento di questo Paese.
Con questo spirito voteremo in
particolare a favore dell'emendamento in esame, cambiando l'atteggiamento che
abbiamo avuto finora, come Gruppo, di astensione su tutti gli emendamenti e gli
articoli, perché vogliamo affermare con grande forza che questa ci sembra
l'impostazione da perseguire, per raggiungere obiettivi che non appartengono
soltanto alla storia del dibattito politico, ma anche alla prospettiva di un
Paese, per costruire finalmente un Paese normale ed una democrazia decidente! (Applausi
dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL).
PISANU (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
PISANU (PdL). Con il suo
permesso, signor Presidente, vorrei esprimere il mio dissenso dal Gruppo non
solo su questo emendamento, ma anche sugli altri emendamenti connessi, tutti a
firma dei senatori Gasparri e Quagliariello, concernenti il semipresidenzialismo.
Sono favorevole al
semipresidenzialismo, ma ritengo che la via seguita in questa sede sia
sbagliata. Nella migliore delle ipotesi essa ci porterà ad una bandiera da
sventolare, posto che trovi vento, e non ad un progetto da realizzare.
Una riforma così impegnativa, infatti,
avrebbe richiesto almeno tre condizioni: un ampio dibattito preparatorio, una
formulazione organica, e una maggioranza larga in grado di sostenerla fino in
fondo. E invece ci siamo trovati con una manciata di emendamenti presentati in
Aula, contro l'opinione di una parte considerevole della larga maggioranza che
si era raccolta intorno al pacchetto originario di riforme al nostro esame.
Lo stesso errore politico è stato
commesso con la presentazione dell'emendamento sul Senato federale.
La conseguenza è che in questo modo si
è fatta venir meno la maggioranza dei due terzi e si è di fatto compromesso il
cammino di tutte le riforme al nostro esame.
A mio modo di vedere, non possiamo
subire passivamente un esito così infelice, che oltretutto getterebbe l'ombra
del discredito sulla volontà riformatrice del Senato della Repubblica e delle
forze politiche che vi sono rappresentate.
Riconosco che i margini per evitare un
simile esito qui al Senato sono ridottissimi, anche se vi è ancora spazio per
la dialettica parlamentare e per la ripresa del dialogo. Ma alla Camera dei
deputati vi è invece tutto lo spazio per riaprire il dibattito e ricostituire
la maggioranza dei due terzi, se si punta su due essenziali obiettivi: il
ripristino del pacchetto originario di riforme e l'apertura di una strada nuova
e percorribile al semipresidenzialismo. Sarebbe il modo migliore per recuperare
una vicenda parlamentare che rischia di concludersi, dopo tanti, qualificati
discorsi, con un nulla di fatto.
Per queste ragioni che ho richiamato e
con questa speranza, io continuerò a sostenere il testo concordato e mi asterrò
sugli emendamenti riguardanti il semipresidenzialismo. (Applausi dai Gruppi
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI e Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
SARO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
SARO (PdL). Signor Presidente,
ho già avuto occasione di intervenire in quest'Aula rilevando in qualche modo
la gravità delle decisioni che avevamo assunto. Lo faccio ancora, anche con
profondo dispiacere, perché vengo da una tradizione socialista. Ero un convinto
craxiano e un sostenitore fino in fondo del presidenzialismo. A quel tempo
eravamo in pochi a sostenerlo: noi e la destra dell'MSI. Di questo bisogna
tenere conto.
Ebbene, ritengo che sia un errore
approvare un provvedimento che non vedrà mai la luce: l'ennesimo provvedimento
che viene esitato da quest'Aula e che finirà su un binario morto alla Camera.
Credo sia stato un profondo errore fare prima un patto con il PD e poi
ribaltarlo per farne un altro con la Lega. Non perché l'Aula non sia sovrana,
non perché non fosse opportuno trovare maggiori convergenze sulle riforme
costituzionali: anzi, questo si doveva fare. Ma si doveva fare partendo da quel
testo, concordato, tra l'altro, dal nostro vice capogruppo, Gaetano
Quagliariello, con gli altri esponenti della maggioranza che sostengono il
Governo Monti. Avere ribaltato quel patto è una dimostrazione a mio giudizio di
inaffidabilità del PdL, perché non si può fare un patto e poi ribaltarlo. D'ora
in poi quale credibilità avremo quando torneremo a fare altri patti?
Capisco la posizione della Lega, che è
del tutto legittima. La Lega è all'opposizione e ha tutto l'interesse a
spaccare la maggioranza che sostiene il Governo Monti. Quindi ha fatto il suo
gioco, ha sviluppato la sua funzione legittima in quest'Aula, battendosi
soprattutto per il Senato federale, sul quale comunque si sarebbe potuta
tranquillamente raggiungere quasi l'unanimità in quest'Aula.
A questo punto, con questa decisione
assunta - che alla fine non ci porta neanche voti: in base agli ultimi
sondaggi, non è che, siccome abbiamo alzato la bandiera del
semipresidenzialismo, ci arrivino messi di voti - tutti dobbiamo aprire una
riflessione, da qui all'esame davanti alla Camera, perché non vorrei che alla
fine si fosse lanciata la questione del presidenzialismo per far saltare quanto
di buono avevamo concordato e per impedire la riduzione dei parlamentari. Una
richiesta sentitissima da parte dell'opinione pubblica, nel bene e nel male. So
che talvolta questa richiesta è populista, ma sta di fatto che oggi la
maggioranza dell'opinione pubblica nazionale si attende che questo Senato e la
Camera arrivino a questa equilibrata riduzione dei parlamentari.
In secondo luogo, mi auguro che quanto
meno alla Camera ci sia lo stralcio della riduzione dei parlamentari e che,
nello stesso tempo, si possa riaprire un dialogo a 360 gradi, anche cogliendo
una proposta avanzata da importanti esponenti del Partito Democratico, che
avevano depositato una proposta di referendum di indirizzo.
Io credo che su quella proposta si
poteva trovare l'intesa: chiamare il popolo italiano, contestualmente con
l'elezione politica, ad esprimersi se dobbiamo andare verso una Repubblica
presidenziale o mantenere una Repubblica parlamentare, sarebbe stato un fatto
di grandissimo rilievo.
Sono convinto che anche come PdL
avremmo potuto far valere nei confronti del popolo le nostre ragioni e vincere
quella battaglia referendaria. Invece, non si è voluto cercare il compromesso.
Si è alzata una bandiera che alla fine rischia di essere rapidamente ammainata,
senza alcun risultato positivo.
E così, dopo trent'anni che si parla di
grande riforma, da quando Craxi la lanciò, non riusciamo a fare neanche le
piccole riforme, neanche ad introdurre il premierato forte.
Poi ci lamentiamo - e concludo -
perché, per esempio, in questa legislatura il presidente Berlusconi non è
riuscito neanche a revocare i Ministri. In quel provvedimento che era stato
concordato quanto meno il Presidente del Consiglio aveva il potere di revoca e
di nomina dei Ministri, questione che é stata uno dei pasticci più grossi che
abbiamo avuto in questa legislatura: non siamo mai riusciti a cambiare
veramente la squadra di Governo che ci avrebbe consentito di governare
diversamente e non ci si trovasse in questa situazione.
Per queste ragioni, mi asterrò dal
voto, per non partecipare ad una vicenda che non avrà alcun esito e che verrà
bollata sul piano storico, non come un fatto importante, un passaggio storico
importante, ma come l'ennesima occasione persa da parte di questo Parlamento,
di questo Senato di riformare veramente la Costituzione. (Applausi dai
Gruppi Unione di Centro, SVP e Autonomie (Unione Valdôtaine, Maie, Verso Nord,
Movimento Repubblicani Europei, Partito Liberale Italiano, Partito Socialista
Italiano) e Per il Terzo Polo).
PRESIDENTE. Colleghi, c'è stata una richiesta di verifica del
numero legale.
Invito il senatore Segretario a verificare
se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). La verifica del
numero legale si chiede immediatamente prima della votazione e si verifica la
sussistenza dei richiedenti nel momento in cui c'è la richiesta.
PRESIDENTE. Gli Uffici mi hanno precisato che si deve chiedere poco
prima del voto. Vi è una richiesta di verifica del numero legale?
VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, reitero la richiesta di verifica del
numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far
constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Senatore Calderoli, stia calmo, per
favore!
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
9.0.500, presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
È approvato. (Applausi dai Gruppi PdL, LNP e CN:GS-SI-PID-IB-FI).
BIANCONI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BIANCONI (PdL). Vorrei
chiederle, Presidente, di aiutarci a moderare i toni in Aula. Esprimere ed
evocare, per un dissenso politico, immagini dolorosissime come il parto di un
bambino morto credo sia proprio un'indecenza. Chiedo pertanto la cortesia di
aiutarci a registrare molto meglio i toni che utilizziamo in Aula. (Applausi
dai Gruppi PdL, LNP e CN:GS-SI-PID-IB-FI).
BATTAGLIA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BATTAGLIA (PdL). Signor
Presidente, desidero che la Presidenza disponga l'estrazione, a mezzo dei senatori
Segretari, di tutte le tessere che lampeggiano in questa'Aula.
PRESIDENTE. L'emendamento 9.0.730 è precluso dall'approvazione dell'emendamento
2.550 (testo 2).
L'emendamento 9.0.301 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.501/100.
PASTORE (PdL). Signor
Presidente, lo ritiro.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.501.
VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
Metto ai voti l'emendamento 9.0.501,
presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
È approvato.
Risulta pertanto precluso l'emendamento
9.0.209, mentre gli emendamenti 9.0.210 e 9.0.211 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.502.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 9.0.502, presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
BATTAGLIA (PdL). Vanno tolte le
schede!
PRESIDENTE. Ma non ci sono. Se non c'è
nessuno, non credo ci sia il rischio che si materializzino e votino.
BATTAGLIA (PdL). I soldi! I
soldi!
PRESIDENTE. Certe cose non si
richiedono, per rispetto a noi stessi.
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Risulta pertanto precluso
l'emendamento 9.0.302, mentre gli emendamenti 9.0.212, 9.0.213 e 9.0.303 sono
stati ritirati.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.503,
presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
È approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.504/100.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiedo a dodici colleghi di sostenere la richiesta di verifica del numero
legale.
PRESIDENTE. Scusi, senatore Rutelli: mi comunicano che
l'emendamento 9.0.504/100 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.504,
presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello. (Commenti del senatore
Rutelli).
Senatore Rutelli, non posso svolgere io
il suo ruolo, deve farlo lei con attenzione!
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, mi scusi, ma lei ha annunciato di mettere in votazione
l'emendamento 9.0.504.
PRESIDENTE. Prima l'emendamento
9.0.504/100, che poi è stato ritirato. Poi ho messo in votazione l'emendamento
9.0.504, ho aspettato, l'ho guardata...
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Magnifico. Dopo di che ho alzato la mano e ribadisco la richiesta di verifica
del numero legale.
MATTEOLI (PdL). Ma lo abbiamo
già votato!
PRESIDENTE. No, non abbiamo votato, senatore Matteoli. Questo non
l'abbiamo votato. Si trattava dell'emendamento 9.0.504/100, che poi è stato
ritirato dal senatore Pastore. Questo non lo abbiamo votato.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto
numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far
constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
GRAMAZIO (PdL). Bisogna togliere
quelle tessere! Bisogna levarle!
ASCIUTTI (PdL). Il senatore
Segretario deve votare!
PRESIDENTE. Ma volete portare il
risultato a casa, o volete far perdere tempo con questo chiasso? Non capisco,
veramente! (La senatrice Segretario Baio effettua i controlli tra i banchi
del Gruppo PdL).
Ci sono tessere che ha individuato per
il ritiro, senatrice Baio? Non deve controllare alla cieca.
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
9.0.504, presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
È approvato.
Risulta pertanto assorbito
l'emendamento 9.0.505, mentre gli emendamenti 9.0.304 e 9.0.214 sono stati
ritirati.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.506/1,
presentato dal senatore Benedetti Valentini.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.0.506/3,
presentato dal senatore Benedetti Valentini.
Non è approvato.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Presidente, ci guardi, però.
PRESIDENTE. Ho invitato a controllare
costantemente l'emiciclo, perché non posso leggere e guardare allo stesso tempo
il presidente Rutelli.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, capisco che, poiché stiamo modificando la Costituzione è
motivo di distrazione osservare chi chiede di fare una votazione elettronica,
ma capita che noi chiediamo di fare una votazione elettronica, e non mi sembra
che lei debba accogliere tale richiesta con fastidio.
PRESIDENTE. Senatore Rutelli, forse non
mi sono spiegato: se lei alza le mano e io sto leggendo l'emendamento...
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Io alzo la mano e lei è chino sulle carte per fare presto. Lei deve guardare
l'emiciclo.
PRESIDENTE. D'accordo, senatore Rutelli.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.506.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 9.0.506, presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Risulta pertanto precluso
l'emendamento 9.0.216, mentre gli emendamenti 9.0.215 e 9.0.305 sono stati
ritirati.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 9.0.507/100.
PASTORE (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE (PdL). Signor
Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 9.0.507.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 9.0.507, presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Procediamo alla votazione
degli emendamenti presentati all'articolo 10.
Metto ai voti l'emendamento 10.200,
presentato dal senatore Pardi.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 10.500.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Senatore, se lei alza la
mano...
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Sto tenendo ininterrottamente la mano alzata! Se lei guardasse da questa parte,
lo vedrebbe, anche perché non siamo molto numerosi!
PRESIDENTE. Senatore Rutelli, lei non
mi fa parlare. Se mi facesse parlare, verrebbe a capo della questione.
Se lei alza la mano quando io passo
alla votazione, ovviamente non posso vederla. Secondo lei, chi mi dovrebbe dire
che lei chiede di intervenire? Quindi, se lei vuole che sia io a darle risposta
immediata, lo chieda a voce; diversamente, se alza la mano mentre io leggo il
numero dell'emendamento in votazione, non posso vederla: quando avrò questo
dono, ci proverò e ci riuscirò!
Se lei ha inteso quello che voglio
dirle, non mi faccia precisare oltre. Non ho alcun astio o disattenzione nei
suoi riguardi. Prego, senatore Rutelli, ha facoltà di parlare.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Signor Presidente,
prendo la parola per sottolineare ai colleghi dell'Assemblea il contesto in cui
ci troviamo e in cui il Presidente reputa giustamente anomalo che vi sia
qualcuno che chiede la parola sulla modifica della Costituzione repubblicana,
salvo che la prendiamo come uno scherzo (in realtà, stiamo dibattendo proprio
come fosse uno scherzo!).
Dunque, segnalo ai colleghi che
l'articolo 89 della Costituzione, che avete appena convenuto di modificare, è
stato modificato con il voto favorevole di 140 senatori. Mi congratulo per il
livello di coinvolgimento e di consenso e per il senso dell'operazione che
stiamo facendo.
Signor Presidente, noi siamo qui
semplicemente per testimoniare un dissenso, e lo facciamo intervenendo su
alcuni articoli e su alcuni emendamenti, chiedendo che sia registrata la
votazione. Invito, dunque, il Presidente a prestare attenzione al fatto che
un'approvazione a raffica è legittima, ma è anche doveroso per il Presidente
osservare se qualcuno intende intervenire.
Capisco, signor Presidente, che lei si
possa momentaneamente distrarre, ma non è un litigio tra lei e qualche senatore
che chiede la parola, la verifica del numero legale o il voto elettronico.
Sull'emendamento 10.500 chiedo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Senatore Rutelli, lei mi costringe ancora una volta a
sottolineare innanzitutto che io la ascolto sempre con molto piacere,
specialmente su questi temi. In secondo luogo, ribadisco che, se lei alza la
mano mentre io comunico qual è l'emendamento in votazione, non posso darle la
parola perché non la vedo in quanto sto leggendo.
Quindi, se lei vuole che sia io a darle
subito e direttamente la parola, dica «chiedo la parola»; diversamente, si
rivolga agli Uffici come mi sono rivolto io. (Commenti del senatore Rutelli).
Lei però non dica che il Presidente non la vuole ascoltare oppure vuole un'approvazione
a raffica, perché non è così! (Applausi del senatore Pastore). Anzi, è
sempre gradevole ascoltare le sue obiezioni.
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal
senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
Metto ai voti l'emendamento 10.500,
presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello, interamente sostitutivo
dell'articolo 10, la cui approvazione determinerebbe la soppressione
dell'articolo 11.
È approvato.
Risultano pertanto preclusi tutti gli
emendamenti presentati all'articolo 10 e all'articolo 11, ad eccezione degli
emendamenti 10.201, 10.205, 10.206, 10.0.550, 11.201 e 11.300, che sono stati
ritirati.
Passiamo alla votazione degli
emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 11.
Gli emendamenti 11.0.200 e 11.0.201
sono stati ritirati.
L'emendamento 11.0.730 è precluso
dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2).
Metto ai voti l'emendamento 11.0.202,
presentato dal senatore Molinari.
Non è approvato.
L'emendamento 11.0.203 è stato
ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.500.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 11.0.500, presentato dai senatori Gasparri e Quagliariello.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Gli emendamenti 11.0.204,
11.0.205 e 11.0.206 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.207.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, intervengo relativamente all'emendamento testé approvato per
segnalare ai colleghi che con la partecipazione di 135 senatori si reputa di
avere modificato l'articolo 104 della Costituzione attribuendo la presidenza
del CSM, organismo attualmente presieduto dal Capo dello Stato, al primo
presidente della Corte di cassazione. Questo è il grado di attenzione.
Volevo pertanto segnalare ai colleghi
che hanno votato questo emendamento che hanno appena rimosso dalla guida e
dalla garanzia del CSM il Presidente della Repubblica, sostituendolo con il
primo presidente della Corte di cassazione. Desidero lasciare agli atti questa
dichiarazione, perché magari c'è qualcuno fuori di qui che ci segue. (Applausi
dai Gruppi LNP, CN:GS-SI-PID-IB-FI e dei senatori Rizzotti e Bornacin).
PRESIDENTE. Senatore, la considero una
dichiarazione di voto sull'emendamento 11.0.207, così come i successivi
interventi, altrimenti apriremmo un dibattito a commento del voto espresso
precedentemente.
QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUAGLIARIELLO (PdL). Signor
Presidente, vorrei chiarire il senso di questa scelta: nel momento in cui, in
un precedente articolo, si è affermato che il Presidente della Repubblica è
nella condizione di presiedere il Consiglio dei ministri, ed essendo il
semipresidenzialismo un sistema che tende a separare i poteri piuttosto che a
unificarli, attribuendo loro un maggiore grado di autonomia, sembrava
impossibile concentrare nelle mani del Presidente della Repubblica anche il
ruolo di Presidente del CSM. (Applausi dal Gruppo PdL).
Da questo deriva la scelta di
quell'articolo, del tutto coerente con la filosofia complessiva. Ovviamente
possono essere proposte soluzioni differenti per la guida del CSM; non pensiamo
infatti che in un'operazione di correzione e di miglioramento di questa riforma
sia lesa maestà avanzare ipotesi differenti. Se vi fosse stata una maggiore
partecipazione e apertura al dibattito, le avremmo prese in considerazione.
Signor Presidente, speriamo che ciò
avvenga alla Camera dei deputati. (Applausi dal Gruppo PdL).
*VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, intervengo in risposta all'intervento del
senatore Quagliariello che è troppo preparato dal punto di vista della dottrina
costituzionale e anche troppo attento ai lavori che il suo Gruppo parlamentare
ha portato avanti in questa legislatura per non ricordare che vi erano state
molte proposte affinché il CSM o quanto meno sezioni del CSM non fossero
composte in modo determinante da magistrati, perché le corti domestiche, un
magistrato che giudica un magistrato, soprattutto laddove si debbano
considerare provvedimenti disciplinari, sono qualcosa di assolutamente
inconcepibile secondo una logica di corretto funzionamento delle istituzioni.
Oggi arriviamo addirittura al paradosso
di togliere quell'elemento di garanzia che era rappresentato dal Presidente
della Repubblica e di inserire invece il Primo presidente di sezione della Corte
di cassazione. Allora, è evidente che in questo modo il senatore Quagliariello
smentisce tutta una battaglia parlamentare che è stata condotta negli anni
passati e che era funzionale all'affermazione del principio di responsabilità
della magistratura; magistratura che può essere realmente imparziale soltanto
laddove vi sia un organismo terzo che possa garantire sul comportamento dei
magistrati anche dal punto di vista disciplinare.
In questo modo, invece, purtroppo si
determina un meccanismo di accentuata giurisdizione domestica che certamente
finisce con lo squilibrare i poteri dello Stato. (Applausi del senatore
Rutelli).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, vorrei fare solo una brevissima considerazione.
Francamente, sull'emendamento in
discussione mi attendevo una valutazione positiva da chi si è espresso in
maniera contraria, perché è il segnale di un tentativo di separare le funzioni
di governo che va ad assumere il Presidente della Repubblica, così come
delineato nella riforma, rispetto alla magistratura e al presidente del
Consiglio superiore della magistratura che avrebbe simboleggiato la
subalternità rispetto al Governo. Non rispetto all'attuale Presidente della
Repubblica, ma rispetto al Presidente della Repubblica così come è individuato.
Mi sarei aspettato valutazioni più perplesse da parte del centrodestra, non da
parte del centrosinistra. (Applausi dal Gruppo CN:GS-SI-PID-IB-FI e del
senatore Casoli).
CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI (LNP). Signor
Presidente, mi sia consentita una dichiarazione postuma, perché i più attenti
tra i senatori avranno notato che gli emendamenti dall'11.0.204 all'11.0.206
sono stati ritirati poiché, a quanto pare, è mancato l'accordo di una
maggioranza.
Ritengo che abbiamo perso un'occasione.
Per quale motivo? Qual è il problema fondamentale di qualsiasi giudice? Qui ci
sono tanti illustri giuristi che me lo insegnano: è la terzietà. Tutti quanti
gli organismi giurisdizionali chiedono la terzietà del giudice; ce n'è uno
(probabilmente unico al mondo) che non ha questa terzietà: la casta dei nostri
magistrati. Sostanzialmente i nostri magistrati si giudicano da sé, portando
delle storture enormi, che tutti abbiamo visto.
Ebbene, penso che un punto sul quale
occorreva intervenire era proprio quello della sezione disciplinare del CSM,
che oggi - ripeto - presenta dei buchi clamorosi. Ricordiamo il caso - forse
uno dei più clamorosi - di un magistrato che ha presentato una serie di
certificati medici per restare assente dal lavoro per oltre un anno e poi si è
scoperto che partecipava a regate transatlantiche. Bene, questo magistrato ha
ricevuto delle sanzioni assolutamente banali. Non parliamo poi di quei
procuratori i quali non azzeccano neanche un'indagine, se le vedono sempre
cassate dal tribunale; eppure dal punto di vista disciplinare e della
progressione in carriera non succede mai nulla.
Con gli emendamenti ritirati avevamo
tentato di attribuire il carattere di terzietà alla sezione disciplinare. Non
ci siamo riusciti nemmeno questa volta; anzi, posso dire che non ci sono
riuscito: ci avevo provato anche da Ministro, ma non avevo mai trovato la maggioranza
necessaria.
Anche in questo caso non abbiamo
trovato la maggioranza. Lo ripeto, colleghi, credo che sia una grandissima
occasione perduta: sarebbe bastato approvare questi tre piccoli emendamenti per
fare un enorme passo in avanti nel mondo della nostra magistratura. Avremmo
veramente sconvolto quella sorta di autodichia che esiste oggi nel mondo della
magistratura, facendone una specie di monade di leibniziana memoria, senza
finestre sul mondo che - consentitemi di abbassare adesso il tono - «se la canta
e se la suona» come le pare.
Mi dispiace, è un'occasione perduta e
credo che difficilmente si ripresenterà in questa legislatura. (Applausi dal
Gruppo LNP e del senatore Compagna).
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 11.0.207, presentato dal
senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.830.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, ritiro l'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 11.0.208, presentato dal
senatore Fistarol.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento
11.0.209.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, come faceva osservare il collega Castelli, abbiamo svolto un
dibattito interessante, anche se postumo, perché abbiamo parlato della
questione della presidenza del Consiglio superiore della magistratura con
riferimento ad emendamenti riguardanti le Province.
Vorrei ora soffermarmi sul motivo per
il quale abbiamo presentato gli emendamenti che ci apprestiamo a votare e sui
quali vorrei invitare i colleghi a pronunciarsi favorevolmente. Si tratta di
emendamenti importanti, perché riguardano la riforma del Titolo V della
Costituzione.
Noi stiamo svolgendo oggi un esame
complessivo della Costituzione che, come sappiamo e come molti colleghi hanno
ricordato, entrerà in un binario morto. Vorrei cogliere però l'occasione per
sviluppare una riflessione critica, rivolgendomi ai colleghi che sono presenti
in Aula e che voteranno, facendo riferimento proprio agli emendamenti di
radicale modifica che noi abbiamo presentato, riguardanti il Titolo V della
Costituzione.
Quella del Titolo V fu una riforma -
all'epoca non ero in Parlamento, ero sindaco di Roma - votata a maggioranza
dalla coalizione del centrosinistra, alla quale facevo riferimento. Trascorso
un decennio, colleghi, ed essendosi quella riforma rivelata una pagina
complessivamente non riuscita, penso che, attraverso l'approvazione degli
emendamenti sui quali ora mi soffermerò, sia doveroso, ed anzi inevitabile,
nell'ambito del dibattito sulle riforme costituzionali che stiamo svolgendo in
quest'Aula, fissare un punto fermo critico sul bilancio dell'attuazione
largamente insoddisfacente del Titolo V.
Il Titolo V ha condizionato in maniera
soverchiante l'attività della Corte costituzionale: la gran parte delle
pronunce della Corte nel nostro Paese è stata in questi anni dedicata a
stabilire il modo per dirimere il contenzioso sulle materie concorrenti
stabilite nell'ambito di tale riforma.
Gli emendamenti che noi abbiamo
presentato (che sono solo tre) propongono di ricostituire una coerenza tra le
responsabilità dello Stato e quelle delle Regioni, tirando le somme anche con
riferimento a compiti che, palesemente, le Regioni hanno dimostrato di non
essere in grado di svolgere.
Rispetto alla condizione economica
nella quale ci troviamo, colleghi, è evidente, a nostro avviso, che, invece di
continuare con l'attuazione della modalità di trasferimento di poteri alle
Regioni, oggi la crisi economica e la sua prospettiva richiederanno che questi
vengano invece esercitati unitariamente dallo Stato. Penso ai temi dell'energia,
delle reti e delle grandi infrastrutture (e tra breve li tratteremo).
Ho tenuto a spiegare ai colleghi le
motivazioni dei nostri emendamenti, che partono da questo emendamento 11.0.209,
che propone di sopprimere il comma 3 dell'articolo 116 della Costituzione, che
stabilisce ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Così come si
deve intervenire sull'articolo 117, su cui tra breve, signor Presidente, le
chiederò nuovamente la parola.
Signor Presidente, da ultimo chiedo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 11.0.209. (Applausi della senatrice Contini).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, ho chiesto la parola perché intendo votare a favore
dell'emendamento presentato dal senatore Rutelli, in quanto esso pone una
questione di grandissimo rilievo e di grandissima importanza. Esso ci rinvia ad
una riflessione su quella che è stata la riforma del Titolo V della
Costituzione, al modo in cui si è determinata e al contenuto che ha
esplicitato.
Mi permetta di citarla, presidente
Nania, perché ricordo una sua precisa considerazione sul tema della riforma
degli articoli 117 e 119 e, più complessivamente, sull'impianto della riforma
del Titolo V: quella di un federalismo potenzialmente secessionista o, almeno,
di un federalismo che rischia di determinare una accentuazione delle
differenze. Si tratta di un federalismo a geometria variabile o, se si
preferisce, un federalismo a doppia velocità, che non fa coesione, che fa
divisione e che comporta un'ulteriore rottura nei confronti della tenuta di uno
Stato che tiene insieme le diversità, ma su un terreno di unità.
Ritengo quindi importante questo
emendamento del senatore Rutelli, e noi voteremo a favore (o perlomeno, io
voterò a favore di questo emendamento), perché esso recupera una riflessione
importante ancora tutta da fare sulla riforma del Titolo V della Costituzione.
Sul piano politico, però, mi consentirà
di aggiungere due riflessioni, senatore Rutelli: la prima è che questo è ancora
un frutto avvelenato della vecchia riforma del centrosinistra del Titolo V; la
seconda riflessione politica vorrei rivolgerla a quelli che hanno cantato le
magnifiche sorti e progressive della riforma che non c'è stata per questo
innesto semipresidenzialista e che volevano determinare il bicameralismo
prossimo venturo sulla base delle competenze di materia di cui all'articolo 117
della Costituzione. E ciò era perfino in contraddizione con la riforma
costituzionale del centrodestra, che tendeva al superamento di quei meccanismi per
un federalismo più equilibrato di quello di cui alla riforma del Titolo V, che
fa bene il senatore Rutelli a richiamare con l'emendamento 11.0.209. (Applausi
dei senatori Compagna e Scarpa Bonazza Buora).
DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LNP). Signor Presidente,
noi invece facciamo fatica a capire e a giustificare l'emendamento 11.0.209, al
punto che ci chiediamo chi sia il costituzionalista di ApI che suggerisce
questa strada. Ha detto bene il senatore Viespoli: si tratta di una riforma che
appartiene al vecchio Governo Prodi, che però aveva capito che era necessario incanalare
tutto il sistema della ripartizione dei poteri in una progressione.
Il sottoscritto proviene da una Regione
a Statuto speciale, e molto spesso deve ribattere a colleghi che, capendo poco
di specialità, pensano che questi baluardi di avanzata autonomia debbano essere
frenati e che siano entità che hanno avuto nella storia la possibilità di
godere di un'autonomia ed un autogoverno più avanzati, ai quali è necessario
espropriare o togliere qualcosa. La Lega ha sempre considerato tali entità come
modelli di buon governo e di buona gestione delle risorse legate ai territori,
modelli da imitare e possibilmente da esportare in tutte le altre Regioni che
non hanno le stesse competenze per elevarle verso livelli di autogoverno più
estesi ed avanzati.
Ricordo al collega Rutelli che le
competenze delle Regioni a Statuto speciale sono riportate nei rispettivi
Statuti, che sono leggi costituzionali ed hanno pertanto la stessa valenza, la
stessa portata e lo stesso rango della Costituzione che noi ci apprestiamo in
parte a rivedere; dunque, si tratta di ambiti di competenza separati. Proprio
per evitare i disguidi richiamati dal senatore Rutelli, i continui ricorsi alla
Corte costituzionale riferiti alle aree grigie, dove materie e competenze non
sono perfettamente stabilite, sarebbe stato opportuno circoscrivere l'area di
competenza dello Stato. Ed infatti il Parlamento decise di enumerare
specificamente tutte le competenze che devono essere attribuite allo Stato.
Implicitamente, tutte le competenze residue devono essere delle Regioni, dei
territori, piaccia o non piaccia, perché non so quale sostenitore del
centralismo possa dire in questa sede che si deve intraprendere il percorso
contrario.
Per quanto riguarda le geometrie
variabili, il collega Rutelli vorrebbe sopprimere il comma terzo dell'articolo
116 con il quale - finalmente e vivaddio! - tutte le Regioni possono aumentare
il proprio livello di competenza e di autogestione del territorio, al punto che
ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite
su iniziativa delle Regioni stesse.
Presidenza della vice
presidente BONINO (ore 12,18)
(Segue DIVINA). In questo caso
parliamo di competenze su materia concorrente, cioè su materie per le quali si
deve - ahimè! - attendere che lo Stato disciplini la materia con la famosa
legge-quadro o legge cornice, dopo di che le Regioni ordinarie possono
intervenire.
Qual è dunque il motivo di tanta
ritrosia nell'offrire alle Regioni la possibilità di occuparsi di materie sulle
quali si sentono in grado di legiferare? Perché si parla di geometria
variabile? Perché sarà la Regione stessa che deciderà quando è il momento e se
è opportuno richiedere o no una competenza ulteriore.
Per chi qua dentro ha figli
probabilmente questo è un discorso banale: mano a mano che un figlio cresce gli
si danno sempre più autonomia e sempre maggiori competenze, fino a consegnargli
anche le chiavi di casa quando raggiunge la maggiore età.
È improvvido considerare le Regioni
tutte uguali, onde caricare su queste le stesse competenze. Penso che il Comune
di Milano potrebbe assumere competenze importanti come quelle riguardanti le
università, competenze che probabilmente altre Regioni non sarebbero in grado
di gestire. Lasciamo o no alle Regioni la libertà di richiedere le competenze
su queste materie? Cancellare il terzo comma dell'articolo 116 della
Costituzione significherebbe insistere in un becero centralismo, non
riconoscere le autonomie che già esistono e non volere che quel gap,
quella differenza da domani venga sempre più ridotta consentendo alle Regioni
ordinarie di aspirare ad un livello massimo di autogoverno sempre più avanzato.
(Applausi dal Gruppo LNP e dei senatori Thaler Ausserhofer, Pinzger e
Peterlini).
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, credo che l'emendamento 11.0.209, presentato dal collega
Rutelli e da altri senatori, dovrebbe consentirci di operare una riflessione
equilibrata innanzitutto sul tema che il senatore Rutelli ha voluto portare
alla nostra attenzione: quello di una rivisitazione della cosiddetta riforma
del Titolo V della Parte seconda della Costituzione.
Non sono state dette tutte cose esatte
da chi mi ha preceduto. Non si tratta di una riforma fatta dal Governo Prodi: è
una riforma fatta nell'ultima parte di una legislatura travagliata che ha visto
il succedersi di tre diversi Governi del cosiddetto centrosinistra, la cui
esperienza non intendo in alcun modo difendere. Voglio però ricordare a tutti
che quella modifica costituzionale rappresentava il tentativo di far avanzare
questo Paese sulla strada di una riforma dello Stato in senso federalista.
Quella riforma ha assunto
sostanzialmente le conclusioni di una Commissione bicamerale, quella presieduta
dall'onorevole D'Alema, anche se fu poi votata in sede parlamentare soltanto
dal centrosinistra. Ed è stata una riforma - lo voglio ricordare a tutti - che
vide in Italia il plauso pressoché unanime delle istituzioni e della società
italiana (Applausi del senatore Peterlini). Infatti, tutta
l'Italia, da Confindustria alle associazioni di categoria, al mondo del
volontariato, a tutte, e dico tutte, le Regioni italiane, escluso soltanto il
Veneto del governatore Galan (lo ricordo perfettamente), quindi tutti, tutti,
reclamavano l'approvazione di quella riforma prima della fine della
legislatura.
Di cosa si trattava? Di una ubriacatura
complessiva di un finto federalismo, per cui allora tutti in Italia si dicevano
e non potevano non dirsi federalisti, esattamente come oggi il federalismo
dovrebbe essere diventato la radice di tutti i mali italiani? Si trattava della
solita nostra mancanza di equilibrio nell'esaminare i problemi e dar loro una
soluzione?
Io credo personalmente che il Titolo V
non solo possa, ma debba essere rivisto. Voglio però segnalare che l'uscita
dalla riforma del Titolo V è già in atto: in questo Paese è in atto una
controriforma antifederalista strisciante e dichiarata che non sembra trovare
ostacoli. Esattamente come abbiamo alle spalle anni di ubriacatura federalista
e di uso demagogico del termine «federalismo», soprattutto da parte della Lega,
che pure ha dei meriti perché è un movimento politico che ha posto
all'attenzione nazionale il tema di un adeguamento e di una modernizzazione
dell'assetto istituzionale dello Stato, voglio che sia chiaro che oggi è in
atto una controriforma di tipo centralista.
Oggi c'è una diffusa cultura
antifederalista, di cui l'emendamento in esame è espressione. Sia chiaro: non
c'è nulla di male, ma dobbiamo essere consapevoli che esso propone una via
d'uscita dalle disfunzioni del Titolo V che è una controriforma, un tornare
indietro allo Stato centralista.
Ci sono due vie d'uscita dai problemi
istituzionali italiani. Una è il ritorno, tipico delle situazioni di crisi:
quando c'è una crisi, soprattutto economica, si torna al Governo forte del
centro, perché si ritiene che tutto ciò che è articolazione territoriale sia
fonte di spesa non controllata e di irresponsabilità. Un'altra via di uscita è
quella del federalismo responsabile, cioè nutrito di responsabilità, che non
abbiamo saputo costruire in Italia. (Applausi dei senatori Peterlini, Oliva
e Valditara).
Perché l'Italia è il Paese del
federalismo delle chiacchiere e della demagogia e non del federalismo
praticato! Perché in Italia tassa lo Stato e spendono le Regioni! (Applausi
dei senatori Peterlini, Oliva e Valditara).
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Bravo!
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Allora, pur auspicando una riflessione critica sul Titolo V e su modifiche
sostanziali della riforma del gennaio 2001, voglio però ricordare cosa dice il
comma di cui propongono l'abrogazione il senatore Rutelli e altri colleghi.
Dovremmo cancellare il terzo comma
dell'articolo 116 della Costituzione, che è quello che prevede che se c'è una
Regione che in alcune materie ritiene di essere in condizione di esercitare
meglio dello Stato il governo, lo può fare chiedendolo allo Stato, con una procedura
che poi andrà sottoposta al vaglio del Parlamento, perché alla fine decide il
Parlamento. Colleghi, non c'è una sola Regione italiana che in questi anni
l'abbia chiesto: tutte hanno chiacchierato di federalismo, il mio Veneto ha
fatto confusione, polemiche, assalti a Roma, ma i Consigli regionali non hanno
approvato una sola delibera per chiedere maggiori poteri e, chiedendo maggiori
poteri, anche maggiori responsabilità. Perché le Regioni (molte) vogliono che
la responsabilità di tassare sia di Roma, ma avere loro il potere di spendere.
Ebbene, auspico una revisione della
situazione in cui ci siamo andati a cacciare, ma all'insegna della
responsabilità, di una cultura autenticamente federalista e non di un ritorno
centralista, che può essere ritenuto una via d'uscita soltanto da parte di chi
pensa che le scorciatoie risolvano i problemi. (Applausi dei senatori
Peterlini, Pinzger, De Angelis e Valditara. Congratulazioni).
NANIA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NANIA (PdL). Signora Presidente,
colleghi senatori, voterò a favore dell'emendamento in esame, perché ripete
esattamente uno dei punti qualificanti della cosiddetta riforma di Lorenzago.
In quella occasione si propose di abolire il terzo comma dell'articolo 116
della Costituzione e su questo punto - mi rivolgo al senatore Divina - ci fu il
consenso ragionato, sentito, avvertito, razionale anche della Lega.
Che cosa dice questo emendamento? Dice
che le Regioni che hanno più soldi, se vogliono, possono prendersi altre
materie di competenza dello Stato e gestirle grazie al fatto che hanno i soldi.
Se i colleghi mi consentono di leggere
l'articolo 117, essendo un problema che può interessare tutte le Regioni, esso
afferma che ci sono alcune materie di importanza strategica. Ne cito una, per
esempio: dopo che la riforma del centrosinistra ha assegnato l'organizzazione
scolastica alle Regioni, giustamente, capito che era un fatto importante (poi
hanno addebitato alla Lega la volontà di secessione, mentre l'ha fatta l'Ulivo
col Titolo V), nel secondo comma dell'articolo 117 si è stabilito che le norme
generali sull'istruzione sono di competenza dello Stato.
Nel terzo comma dell'articolo 116 c'è
scritto che «Ulteriori forme», dopo tutto ciò che viene dato alle Regioni con
il Titolo V, «e condizioni particolari», cioè ulteriori competenze e poteri,
«concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117», quelle
concorrenti, «e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo
(...)», - quelle rimaste allo Stato di cui alle lettere l)
(giurisdizione, «limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace»), n)
(norme generali sull'istruzione) e r) (tutela dell'ambiente) sulla base
dei principi di cui all'articolo 119 (quello del federalismo fiscale, cioè
quello di chi più soldi ha -, «possono essere attribuite ad altre Regioni, con
legge dello Stato», approvata - udite, udite - a maggioranza assoluta (questo
ha fatto L'Ulivo, il "garantista dei due terzi"), cioè il 50 per
cento più uno, dalle Camere.
Quindi, abbiamo una Regione che chiede,
in materia di istruzione, di avere più poteri, ma non a proposito di
organizzazione scolastica, bensì di norme generali, che riguardano cioè
l'identità, la storia, la cultura, l'educazione, l'etica, l'alimentazione, che
dovrebbero essere le stesse in tutta Italia. Invece no: con questa norma, alla
Regione interessata, alla Regione che ha più soldi, si consente di avere più
poteri rispetto alle altre. (Applausi dal senatore Viespoli). Il tutto,
sempre con riferimento al centrosinistra, perché questa norma non l'ha inserita
la Lega, caro senatore Fistarol, in contrasto con l'articolo 3, secondo comma,
della Costituzione, per il quale la nostra Repubblica aiuta chi si trova in
posizione svantaggiata.
È stata inserita una norma sulla base
della quale a chi sta davanti, perché ha i soldi, si consente di prendere di
più rispetto a coloro che sono in difficoltà. (Applausi delle senatrici Poli
Bortone e Castiglione). Ora, che questo avvenga sul piano della politica
fiscale o, in generale, delle politiche di Governo, è una cosa, ma che questo
avvenga con una norma costituzionale di carattere tecnico-giuridico è un'altra.
Il senatore Fistarol spiegava come mai
le Regioni non si siano mai avvalse del terzo comma dell'articolo 116 della
Costituzione. Perché nelle Regioni ricche c'era il centrodestra che lo ha
impedito, perché qualche presidente, - lei lo ricorderà - ha anche proposto di
prendersi questi poteri, ma grazie all'azione solidale e solidaristica del
centrodestra è stato bloccato. Diversamente, già di fatto qualche Regione come
l'Emilia-Romagna e la Toscana (e poi la Basilicata, la Campania, la Calabria,
la Sicilia), le Regioni che hanno più soldi, perché la norma è agganciata
all'articolo 119 sulle risorse, avrebbe potuto ottenere di più.
Pensate che questa norma (articolo 116,
terzo comma) casualmente si chiama federalismo differenziato, anzi a doppia
velocità. Un deputato veneto, di cui ora non ricordo il nome, definì questa
riforma federalismo a velocità variabile o a doppia velocità o a velocità
differenziata.
Io ritengo che il centrodestra, per
coerenza con le posizioni assunte, su questo emendamento debba sfidare il
centrosinistra, perché la riforma dell'Ulivo ha spezzato il senso dell'unità
nazionale e ha comportato anche ulteriori problemi, sui quali non mi voglio
dilungare, ma richiamo l'attenzione, soprattutto di coloro che si sono battuti
per togliere questo principio dalla Costituzione. Colleghi del centrodestra,
non possiamo sprecare questa occasione! (Applausi dai Gruppi PdL e
CN:GS-SI-PID-IB-FI).
SCARPA BONAZZA BUORA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCARPA BONAZZA BUORA (PdL).
Signora Presidente, ho ascoltato i dotti interventi dei colleghi che mi hanno
preceduto. Alla Commissione agricoltura potrà essere concesso di passare dalle
stelle alle stalle in questa vicenda. Allora ricordo solamente una cosa che ha
un valore simbolico. E immagino che i colleghi veneti possano seguirmi,
specialmente quelli come me che abitano in prossimità di una Regione a statuto
speciale come il Friuli-Venezia Giulia.
È ben difficile giustificare, signora
Presidente, alla popolazione di confine di una Regione come il Veneto che si
trova a vivere a 2 o a 10 chilometri dalla Provincia di Pordenone, piuttosto
che di Udine, per esempio, che quando un tizio come me va a fare il pieno di
benzina in Provincia di Pordenone, magari più a Ovest del luogo in cui abito,
Portogruaro, gli venga richiesta la tessera per avere lo sconto sul carburante.
Non è più giustificabile. È fuori del tempo. Non ha nulla a che vedere con il
federalismo variabile evocato da qualcuno prima. È un privilegio - questo è un
Paese che ne ha tanti - assolutamente ingiustificabile che spinge popolazioni
ad esprimersi - come è successo nel caso di Sappada o di Cinto Caomaggiore -
per il secessionismo da una Regione e il passaggio ad un'altra. Credo che il
pensiero rappresentato dall'emendamento discusso in questi minuti comprenda
anche questi situazioni di disagio e quindi il mio comportamento sarà
conseguente.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signora
Presidente, più volte nel corso di questa discussione in Aula, ma ancora prima
in Commissione si è teso a limitare il contesto di questa riforma a quello che
è.
In Commissione abbiamo trattato alcuni
argomenti poi arrivati in Aula e i relativi emendamenti sono stati quasi tutti
respinti perché bisognava tenere la linea della Commissione. Quando in Aula
sono stati depositati gli emendamenti sul semipresidenzialismo si è rimasti
sulla linea di questa introduzione del nuovo istituto per quanto riguarda la
nostra Costituzione, senza andare ad allargarsi ad altre riforme della
Costituzione stessa.
Quindi, il mio Gruppo esprimerà un voto
contrario proprio per questa ragione. Non possiamo, avendo come presupposto
queste linee, metterci a cambiare parti della Costituzione che non siano
collegate all'introduzione del semipresidenzialismo.
Ricordava bene il senatore
Quagliariello che, quando si parla di CSM che non viene più presieduto dal
Presidente della Repubblica, non si va a fare una riforma del CSM: si dice
soltanto che un Presidente della Repubblica con i nuovi poteri non può
logicamente andare a presiedere il Consiglio superiore della magistratura.
Questo è un esempio. É tutto così. Quindi confermo che il mio Gruppo sarà
contrario a questo emendamento.
PRESIDENTE. Data la dichiarazione di voto ufficiale del Gruppo, gli
interventi in dichiarazioni di voto del presidente Nania e del senatore Scarpa
Bonazza Buora si intendono in dissenso dal Gruppo.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signora Presidente, sarò un becero centralista, come ha detto simpaticamente il
senatore Divina, ma ho sempre giudicato la riforma del Titolo V fatta dal
centrosinistra una delle grandi sciagure di questo Paese. (Applausi dai
Gruppi PdL, LNP e CN:GS-SI-PID-IB-FI). Quindi, non posso che votare a
favore di un emendamento che, sia pure parzialmente, modifica la riforma del
Titolo V.
Mi riconosco pienamente nelle
dichiarazioni del senatore Nania. Noi, con l'ultimo comma dell'articolo 116
della Costituzione, affidiamo alle Regioni più ricche (il Presidente della mia
Regione, che è una di quelle più ricche, ha tentato di avvalersene in varie
occasioni) la possibilità di intervenire su materie che sono di competenza
specifica dello Stato.
Il senatore Nania ha citato giustamente
il riferimento ai principi generali dell'istruzione, ma vorrei fare un altro
esempio: quello relativo all'organizzazione della giustizia di pace.
Stiamo discutendo in questo momento una
riorganizzazione complessiva del sistema della giustizia, la riduzione dei
tribunali e delle sedi dei giudici di pace, e poi consentiamo che ci sia una
Regione la quale invece avoca a sé la competenza sui giudici di pace che,
rispetto alla riforma generale che noi cerchiamo di disegnare, porta a uno squilibrio
complessivo. Sono queste le ragioni che sostanziano il voto dei Repubblicani a
favore dell'emendamento 11.0.209.
Io ho presentato un emendamento
all'articolo 117 che cerca di modificare in modo ancora più organico il Titolo
V e credo che questo sia un primo contributo importante.
Mi consenta, infine, senatore Boscetto,
con cui ho una grande amicizia: non si può dire che non si esce dal seminato
quando qualcosa fa comodo e si esce dal seminato quando qualcosa non fa comodo.
Voi avete introdotto, rispetto a un testo che - come dissi già in Commissione -
non condividevo nella sua impostazione generale, due temi che sono radicalmente
diversi rispetto a quello che avevate concepito: il federalismo e il
semipresidenzialismo. Adesso, perché ci si permette di toccare marginalmente il
Titolo V con una correzione dell'ultima parte dell'articolo 116 (neanche con
l'abolizione totale che propone il collega Viespoli: con una correzione
parziale - lo ripeto - dell'articolo 116) si afferma che si sta uscendo dal seminato.
E no, le regole del gioco non sono queste, colleghi! (Applausi dai Gruppi
PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 11.0.209, presentato dal senatore Rutelli e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Gli emendamenti 11.0.831 e
11.0.210 sono stati ritirati.
Presidenza del vice
presidente NANIA (ore 13,44)
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, apprezzate le circostanze, rinvio
il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 13,46).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della
Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di
partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della
Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato
attivo e passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province (3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
ARTICOLO 7 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 7.
Approvato nel testo
emendato
(Modifica dell'articolo 72 della
Costituzione)
1. L'articolo 72 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
«Art. 72. - I disegni di legge sono
presentati al Presidente di una delle Camere.
La funzione legislativa è esercitata in
forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una
maggioranza speciale di approvazione, per le leggi in materia costituzionale ed
elettorale, per quelle concernenti le prerogative e le funzioni degli organi
costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelle di delegazione
legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di
approvazione di bilanci e consuntivi. La funzione legislativa è altresì
esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando, al fine di garantire
l'unità giuridica o economica della Repubblica, il Governo presenta al
Parlamento un disegno di legge che, nel rispetto dei princìpi di leale
collaborazione e di sussidiarietà, interviene nelle materie attribuite alla
potestà legislativa regionale.
L'esame dei disegni di legge ha inizio
alla Camera presso la quale sono stati presentati, quando la funzione
legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Ha inizio al Senato
della Repubblica, quando la Costituzione prevede una legge della Repubblica e
quando i disegni di legge riguardano prevalentemente le materie di cui
all'articolo 117, terzo comma, e all'articolo 119, ha inizio alla Camera dei
deputati in tutti gli altri casi.
I disegni di legge sono assegnati a una
delle due Camere, con decisione non sindacabile in alcuna sede, dai Presidenti
delle Camere d'intesa tra loro secondo le norme della Costituzione e dei
rispettivi regolamenti.
Ogni disegno di legge è esaminato,
secondo le norme dei regolamenti delle Camere, da una Commissione e poi dalla
Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. I
regolamenti possono stabilire che un disegno di legge sia esaminato da una
Commissione composta da un eguale numero di deputati e di senatori designati in
modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.
I regolamenti delle Camere stabiliscono
procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza
e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi
di proposte indicate dai gruppi parlamentari di opposizione.
Il Governo può chiedere che un disegno
di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che lo
esamina e sottoposto alla votazione finale entro un termine determinato.
Decorso il termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta,
è messo in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione
finale.
I regolamenti delle Camere possono
stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge
sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento
della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se
il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della
Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che
sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I
regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
La procedura normale di esame e di
approvazione è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale
ed elettorale, di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti
con forza di legge, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di
approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti all'adempimento degli
obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.
I disegni di legge approvati da una
Camera sono trasmessi all'altra Camera e, salvo il caso di esercizio collettivo
della funzione legislativa, sono da questa esaminati se, entro quindici giorni
dalla trasmissione, ne è deliberato il riesame su proposta di un terzo dei suoi
componenti. Il riesame ha luogo anche su richiesta del Governo. Il disegno di
legge può essere approvato, anche con modifiche, o respinto, entro i trenta
giorni successivi alla deliberazione o alla richiesta di riesame. I disegni di
legge si intendono definitivamente approvati quando si forma una deliberazione
conforme delle due Camere ovvero, nel testo approvato da una Camera, in
mancanza di deliberazione o richiesta di riesame o quando queste non sono
seguite dalla votazione finale sul disegno di legge nel termine prescritto».
EMENDAMENTO 7.244 E
SEGUENTI
7.244
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, settimo comma, sostituire il secondo periodo con il seguente: «Il
termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame del disegno di legge».
7.245
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, settimo comma, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole: «,
senza modifiche».
7.246
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
settimo comma, aggiungere in fine le seguenti parole: «; in sede di tale
richiesta non possono essere Introdotte nel testo modifiche non proposte in
precedenza, né modificare articoli già approvati».
7.247
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, al settimo comma aggiungere il seguente periodo: «Tale procedura
non è applicabile ai disegni di legge di cui ai commi primo e ottavo del
presente articolo».
7.248
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sopprimere l'ottavo comma.
7.249
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, nono comma, dopo le parole: «e di approvazione», inserire le
seguenti: «diretta da parte della Camera».
7.250
Approvato
Al comma 1, capoverso: «Art, 72» al
nono comma, sopprimere le parole: «e per quelli diretti all'adempimento degli
obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea».
7.251
Id. em. 7.250
Al comma 1, capoverso «Art. 72», nono
comma, sopprimere le seguenti parole: «e per quelli diretti all'adempimento
degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea».
7.252
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, nono comma, sostituire le parole: «e per quelli diretti
all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea»,
con le seguenti: «, per quelli diretti all'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza all'Unione europea e per quelli rinviati alle Camere ai sensi
dell'articolo 74».
7.253
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire l'ultimo comma con il seguente:
«I disegni di legge approvati da una
Camera sono trasmessi all'altra Camera e, salvo i casi di esercizio collettivo
della funzione legislativa, sono da questa esaminati, entro quindici giorni
dall'annuncio dell'avvenuta trasmissione, se ne è richiesto il riesame da un
quinto dei suoi componenti. Il riesame ha luogo anche su richiesta del Governo.
Il disegno di legge può essere approvato, anche con modifiche, o respinto,
entro i trenta giorni successivi all'inizio dell'esame. I disegni di legge si
intendono definitivamente approvati quando si forma una deliberazione conforme
delle due Camere ovvero, nel testo approvato da una Camera, in mancanza di
richiesta di riesame o quando questa non sia seguita dalla votazione finale sul
disegno di legge nel termine prescritto».
7.254
Approvato
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
sostituire l'ultimo comma con i seguenti:
«Il disegno di legge, approvato da una
Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro
quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame
su proposta di un terzo dei suoi componenti.
La Camera che dispone di riesaminare il
disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta giorni successivi
alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine, il disegno di
legge si intende definitivamente approvato.
Se la Camera che ha chiesto il riesame
lo approva con emendamenti o lo respinge, il disegno di legge è trasmesso alla
prima Camera, che delibera in via definitiva».
7.255
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, decimo comma, sopprimere il secondo periodo.
7.256 (testo
2)
Precluso
Al comma 1, capoverso: «Art. 72», al
decimo comma, ultimo periodo apportare le seguenti modificazioni:
1) sostituire le parole:
«approvato da una Camera» con le seguenti: «già approvato o modificato»;
2) sostituire le parole: «nel
termine prescritto» con le seguenti: «nel prescritto termine di trenta
giorni».
7.257
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, nell'articolo 72 ivi
richiamato, decimo comma, aggiungere in fine il seguente periodo: «Se la Camera
che ha chiesto il riesame lo approva con emendamenti il disegno di legge è
trasmesso alla prima Camera che delibera in via definitiva a maggioranza
assoluta dei suoi componenti».
7.258
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 72»,
aggiungere, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Le leggi in materia
elettorale si applicano a decorrere dalla seconda elezione delle Camere
successiva alla data di entrata in vigore delle leggi medesime».
EMENDAMENTO TENDENTE
AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 7
7.0.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
V. em. 12.0.400
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 7-bis.
(Modifica all'articolo 73 della
Costituzione)
1. All'articolo 73 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma: "Un quarto dei componenti di
ciascuna Camera può, quando ritenga che una legge o un atto approvato dal
Parlamento violi la Costituzione, promuovere la questione di legittimità
costituzionale davanti alla Corte costituzionale nelle condizioni, forme e
termini stabiliti con legge costituzionale"».
ARTICOLO 8 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 8.
Approvato
(Modifica all'articolo 74 della
Costituzione)
1. All'articolo 74, secondo comma,
della Costituzione, le parole: «Se le Camere approvano nuovamente la legge,
questa» sono sostituite dalle seguenti: «Se è nuovamente approvata, la legge».
EMENDAMENTI
8.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
8.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 8. - (Modifica all'articolo 74
della Costituzione) - 1. L'articolo 74 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 74. - Il Presidente della
Repubblica, prima della promulgazione, può con messaggio motivato alle Camere
chiedere una nuova deliberazione sulla legge o su parti di essa. In caso di
rinvio parziale sono promulgate le parti su cui non è richiesta una nuova
deliberazione, secondo le procedure di cui all'articolo 72.
Se le Camere approvano nuovamente la
legge o la parte di essa oggetto del rinvio, questa deve essere
promulgata"».
8.202
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 8. - (Rinvio presidenziale
delle leggi) - 1. Il secondo comma dell'articolo 74 della Costituzione, è
sostituito dal seguente:
"Se le Camere approvano nuovamente
la legge, secondo il procedimento di cui all'articolo 70, questa deve essere
promulgata."».
ARTICOLO 9 NEL TESTO
UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 9.
Approvato
(Modifica all'articolo 75 della
Costituzione)
1. All'articolo 75, terzo comma, della
Costituzione, le parole: «cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei
deputati» sono sostituite dalle seguenti: «cittadini elettori».
EMENDAMENTI
9.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
9.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifica all'articolo 75
della Costituzione) - 1. L'articolo 75 della Costituzione è sostituito dal
seguente:
"Art. 75. - È indetto referendum
popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un
atto avente valore di legge, quando lo richiedono settecentocinquantamila
elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le
leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al
referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum se è
raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di
attuazione del referendum"».
9.202
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifica all'articolo 75
della Costituzione) - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: "cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali" sono sostituite dalle seguenti:
"settecentocinquantamila elettori o cinque Consigli regionali";
b) al quarto comma, sono soppresse le seguenti parole:
"se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto,
e"».
9.203
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifiche all'articolo 75
della Costituzione) - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al secondo comma dopo le parole "trattati
internazionali" sono aggiunte le seguenti "salvo accordi e concordati
bilaterali";
b) al terzo comma le parole "cittadini chiamati ad
eleggere la Camera dei deputati" sono sostituite dalle seguenti: "cittadini
elettori"».
9.204
PORETTI, PERDUCA, BONINO, PETERLINI
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 9. - (Modifiche all'articolo 75
della Costituzione) - 1. All'articolo 75 della Costituzione sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al terzo comma le parole "cittadini chiamati ad
eleggere la Camera dei deputati" sono sostituite dalle seguenti:
"cittadini elettori";
b) il quarto comma è sostituito dal seguente: "La
proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei
voti validamente espressi"».
9.205
Respinto
Dopo il comma 1, aggiungere il
seguente:
«1-bis. All'articolo 75, quarto
comma, della Costituzione, le parole: "se ha partecipato alla votazione la
maggioranza degli aventi diritto e" sono soppresse».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 9
9.0.200
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Accantonato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 76 della
Costituzione)
1. All'articolo 76, dopo il primo
comma, è aggiunto il seguente:
"I decreti legislativi delegati
entrano in vigore trenta giorni dopo la loro pubblicazione. Se entro tale
termine una delle Camere abbia, su richiesta di un decimo dei suoi componenti,
riesaminato il testo e deliberato la difformità rispetto ai principi e criteri
direttivi della delega di una o più disposizioni, queste sono espunte dal
testo. Entro quindici giorni dalla deliberazione, il Governo può rinunciare
all'esercizio della delega ovvero riformulare con le necessarie modifiche di
coordinamento il testo, il quale entra in vigore il giorno successivo alla sua
nuova pubblicazione"».
9.0.201
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Parere parlamentare sugli schemi di
decreti legislativi)
1. All'articola 76 della Costituzione è
aggiunto In fine il seguente comma:
"Gli schemi del decreti
legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle
Commissioni parlamentari competenti"».
9.0.202
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo, è inserito il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 76 della
Costituzione)
1. All'articolo 76 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Gli schemi dei decreti
legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle
Commissioni parlamentari competenti."».
9.0.300
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 77 della
Costituzione)
1. L'articolo 77 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 77. - Fatta eccezione per
quanto previsto dall'articolo 76, il Governo non può emanare decreti che
abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di
necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità,
provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli
per la conversione alle Camere, che si riuniscono entro cinque giorni. la
Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata.
I decreti perdono efficacia sin
dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro
pubblicazione. Si possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
base dei decreti non convertiti.
Il Governo non può, mediante decreto,
rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge, ripristinare
l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale,
conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari in materie già
disciplinate con legge.
I decreti e le relative leggi di
conversione devono contenere misure di immediata applicazione e il loro
contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Al procedimento di conversione si
applica la disciplina di cui all'articolo 70"».
9.0.203
Respinto
Dopo l'articolo inserire il seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Il Governo non può, mediante
decreti:
a) conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76;
b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, nono
comma;
c) rinnovare le disposizioni di decreti dei quali sia stata
negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;
d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei
decreti non convertiti;
e) ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.
I decreti devono contenere misure di
immediata applicazione e il loro contenuto, anche dopo le eventuali modificazioni
intervenute in sede di conversione, deve essere specifico, omogeneo e
corrispondente al titolo"».
9.0.204
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione
sono aggiunti, in fine i seguenti commi:
"Il Governo non può, mediante
decreti:
a) conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76;
b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, nono
comma;
c) rinnovare le disposizioni di decreti dei quali sia stata
negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;
d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei
decreti non convertiti;
e) ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.
I decreti, anche nel testo emendato,
devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve
essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo"».
9.0.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Il Governo non può, mediante
decreto, rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge,
ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte
costituzionale, conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari
in materie già disciplinate con legge.
I decreti e le relative leggi di
conversione devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto
deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Al procedimento di conversione si
applica la disciplina di cui all'articolo 72"».
9.0.206
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Decretazione d'urgenza)
1. All'articolo 77 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Il Governo non può, mediante
decreto, rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge,
ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte
costituzionale, conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari
in materie già disciplinate con legge"».
9.0.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 77 della
Costituzione)
1. All'articolo 77 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Al procedimento di conversione si
applica la disciplina di assegnazione e trattazione di cui all'articolo
72"».
9.0.208
PARDI, PEDICA, CAFORIO, CARLINO
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 81 della
Costituzione)
1. L'articolo 81 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 81. - Le Camere approvano
ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L'esercizio provvisorio del bilancio
non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori
complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del
bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o
maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".
2. L'articolo 5 della legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, è abrogato».
9.0.500
Approvato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 83 della
Costituzione)
1. L'articolo 83 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 83. - Il Presidente della
Repubblica è il Capo dello Stato.
Rappresenta l'unità della Nazione e ne
garantisce l'indipendenza.
Vigila sul rispetto della Costituzione.
Assicura il rispetto dei trattati e
degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia a organizzazioni
internazionali e sovranazionali.
Rappresenta l'Italia in sede
internazionale ed europea.
Il Presidente della Repubblica è eletto
a suffragio universale e diretto. Sono elettori tutti i cittadini che hanno
compiuto la maggiore età"».
9.0.730 (già
2.3)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 83 della Costituzione)
1. All'articolo 83 della Costituzione,
il secondo comma è abrogato».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753
9.0.301
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 83 della
Costituzione)
1. Il secondo comma dell'articolo 83
della Costituzione è abrogato».
9.0.501/100
Ritirato
All'emendamento 9.0.501, capoverso
«Art. 84», aggiungere, in fine, il seguente comma: «Alla cessazione dalla
carica entra a far parte di diritto e a vita della Corte costituzionale».
Conseguentemente sopprimere l'articolo
59 della Costituzione.
9.0.501
Approvato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 84 della
Costituzione)
1. L'articolo 84 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 84. - Può essere eletto
Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto quarant'anni e
goda dei diritti politici e civili.
L'ufficio è incompatibile con qualsiasi
altra carica e attività pubblica o privata. La legge prevede altresì
disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi privati del
Presidente della Repubblica e gli interessi pubblici. A tal fine la legge
individua le situazioni di ineleggibilità e incompatibilità.
L'assegno e la dotazione del Presidente
della Repubblica sono determinati per legge"».
9.0.209
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 84 della
Costituzione)
1. Al primo comma dell'articolo 84
della Costituzione, le parole: "cinquant'anni" sono sostituite dalle
seguenti: "quarant'anni"».
9.0.210
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
1. Al primo comma dell'articolo 84
della Costituzione, le parole: "cinquant'anni" sono sostituite dalle
seguenti: "quarant'anni".
9.0.211
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
1. Al primo comma dell'articolo 84
della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Può essere
eletto chi ha ottenuto la sottoscrizione della propria candidatura da parte di
cinquecento sindaci"».
9.0.502
Approvato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 85 della
Costituzione)
1. L'articolo 85 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 85. - Il Presidente della
Repubblica è eletto per cinque anni. Può essere rieletto una sola volta.
Il Presidente del Senato della
Repubblica, il novantesimo giorno prima che scada il mandato del Presidente
della Repubblica, indice l'elezione, che deve aver luogo in una data compresa
tra il sessantesimo e il trentesimo giorno precedente la scadenza.
Le candidature sono presentate da un
gruppo parlamentare delle Camere, ovvero da duecentomila elettori, o da
deputati e senatori, da membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, da
consiglieri regionali, da presidenti delle Giunte regionali e da sindaci, che
vi provvedono nel numero e secondo le modalità stabiliti dalla legge.
I finanziamenti e le spese per la
campagna elettorale, nonché la partecipazione alle trasmissioni radiotelevisive
sono regolati dalla legge al fine di assicurare la parità di condizioni tra i
candidati.
È eletto il candidato che ha ottenuto
la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Qualora nessun candidato
abbia conseguito la maggioranza, il quattordicesimo giorno successivo si
procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno conseguito il maggior
numero di voti.
La legge disciplina la procedura per la
sostituzione e per l'eventuale rinvio della data dell'elezione in caso di morte
o di impedimento permanente di uno dei candidati.
Il Presidente della Repubblica assume
le funzioni l'ultimo giorno del mandato del Presidente uscente. In caso di
elezione per vacanza della carica, il Presidente assume le funzioni il settimo
giorno successivo a quello della proclamazione dei risultati elettorali.
Il procedimento elettorale e le altre
modalità di applicazione del presente articolo sono regolati dalla
legge"».
9.0.302
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 85 della
Costituzione)
1. L'articolo 85 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 85. - Il Presidente della
Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il
termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il
Parlamento, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se la Camera dei deputati è sciolta, o
manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro quindici
giorni dalla riunione della nuova Camera. Nel frattempo sono prorogati i poteri
del Presidente in carica"».
9.0.212
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Indizione delle elezioni del Presidente
della Repubblica)
1. Il comma terzo dell'articolo 85
della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Se la Camera del deputati è
sciolta, o mancano meno di tre mesi alla cessazione della Camera del deputati,
l'elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della nùova Camera.
Nel frattempo sono prorogati I poteri del Presidente in carica"».
9.0.213
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Supplenza del Presidente della
Repubblica)
1. L'Articolo 86 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 86 - Le funzioni del
Presidente della Repubblica, in ogni caso in cui egli non possa adempierle,
sono esercitate dal Presidente della Camera dei deputati.
In caso di impedimento permanente o di
morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della
Camera dei deputati indice l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica
entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se la Camera del
deputati è sciolta o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione.».
9.0.303
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 86 della
Costituzione)
1. L'articolo 86 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 86. - Le funzioni del
Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono
esercitate dal Presidente della Camera dei deputati.
In caso di impedimento permanente o di
morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica. il Presidente della
Camera del deputati indice l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica
entro quindici giorni, salvo il maggiore termine previsto se la Camera è
sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione».
9.0.503
Approvato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 86 della
Costituzione)
1. Il secondo comma dell'articolo 86
della Costituzione è sostituito dal seguente:
«In caso di impedimento permanente o di
morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato
della Repubblica indice entro dieci giorni l'elezione del nuovo Presidente
della Repubblica L'elezione deve avere luogo in una data compresa tra il
sessantesimo e il novantesimo giorno successivo al verificarsi dell'evento o
della dichiarazione di impedimento».
9.0.504/100
Ritirato
All'emendamento 9.0.504, comma 1, dopo
la lettera a) inserire la seguente:
a-bis) dopo il primo comma sono inseriti i seguenti:
«Nomina il Primo ministro, tenendo
conto dei risultati delle elezioni delle Camere.
Su proposta del Primo ministro, nomina
e revoca i ministri.
Può chiedere al Primo ministro di
presentarsi alle Camere o ad una di esse per verificare la sussistenza del
rapporto di fiducia».
Conseguentemente, sopprimere i commi
primo, secondo e terzo dell'articolo 94 della Costituzione.
E conseguentemente, sopprimere il
secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione.
9.0.504
Approvato
Dopo l'articolo 9, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 87 della
Costituzione)
1. All'articolo 87 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: "Il
Presidente della Repubblica presiede il Consiglio Supremo per la politica
estera e la difesa, costituito secondo la legge, e ha il comando delle Forze
armate»;
b) il nono comma è sostituito dal seguente: «Dichiara lo
stato di guerra deliberato delle Camere»;
c) il decimo comma è soppresso"».
9.0.304
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 87 della
Costituzione)
1. All'articolo 87 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni.
a) al terzo comma, le parole: "delle nuove
Camere" sono sostituite dalle seguenti: "della nuova Camera dei
deputati";
b) l'ottavo comma è sostituito dal seguente:
"Accredita e riceve i
rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando
occorra, l'autorizzazione con legge"».
9.0.214
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Attribuzioni del Presidente della
Repubblica)
1. All'articolo 87, terzo comma, della
Costituzione, le parole: "delle nuove Camere" sono sostituite dalle
seguenti: "della Camera dei deputati"».
9.0.505
Assorbito dall'approvazione dell'em. 9.0.504
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 87 della
Costituzione)
1. All'articolo 87 della Costituzione
il decimo comma è soppresso».
9.0.506/1
Respinto
All'emendamento 9.0.506, sostituire il
capoverso «Art. 88» con il seguente: «Art. 88. - Il presidente della Repubblica
può, sentiti il Primo ministro e i loro Presidenti, sciogliere le Camere o
anche una sola di esse quando non siano in condizione di adempiere alle loro
funzioni.
Se la scadenza delle Camere cade
nell'ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, la loro
durata è prorogata. L'elezione delle nuove Camere si svolgono entro sessanta
giorni dall'elezione del Presidente della Repubblica.
La facoltà di cui al primo comma non
può essere esercitata nei confronti delle Camere che siano state elette dopo
l'elezione del Presidente della repubblica in carica, salvo che siano esse
stesse a farne richiesta con mozione votata dalla maggioranza dei propri
componenti, e in ogni caso non può essere esercitata durante i dodici mesi che
seguono le elezioni delle Camere.».
9.0.506/3
Respinto
All'emendamento 9.0.506, capoverso
«Art. 88», aggiungere, in fine, il seguente comma:
«I limiti all'esercizio della facoltà
di scioglimento vigono anche per i casi di negata fiducia di cui all'articolo
94 della Costituzione».
9.0.506
Approvato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica dell'articolo 88 della
Costituzione)
1. L'articolo 88 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 88. - Il Presidente della
Repubblica può, sentiti il Primo ministro e i loro Presidenti, sciogliere le
Camere o anche una sola di esse.
Se la scadenza delle Camere cade
nell'ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, la loro
durata è prorogata. Le elezioni delle nuove Camere si svolgono entro due mesi
dall'elezione del Presidente della Repubblica.
La facoltà di cui al primo comma non
può essere esercitata durante i dodici mesi che seguono le elezioni delle
Camere"».
9.0.215
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Scioglimento delle Camere)
1. L'articolo 88 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 88. - Il Presidente della
Repubblica può sciogliere la Camera dei deputati sentiti Il suo Presidente e i
rappresentanti dei gruppi parlamentari, anche su richiesta del Primo
Ministro"».
9.0.305
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 88 della
Costituzione)
1. All'articolo 88 della Costituzione
il primo comma è sostituito dal seguente:
"Il Presidente della Repubblica
può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati"».
9.0.216
Precluso dall'approvazione dell'em. 9.0.506
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 88 della
Costituzione)
1. All'articolo 88 della Costituzione,
primo comma, dopo le parole: "Il Presidente della Repubblica" sono
inserite le seguenti: "anche su proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri,"».
9.0.507/100
Ritirato
All'emendamento 9.0.507, aggiungere, in
fine, il seguente comma:
«1-bis. All'articolo 90 della
Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Per atti diversi il Presidente
della Repubblica risponde personalmente, secondo la procedura prevista con
legge costituzionale, previa autorizzazione deliberata dal Parlamento in seduta
comune a maggioranza dei suoi componenti".».
9.0.507
Approvato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifica all'articolo 89 della
Costituzione)
1. L'articolo 89 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 89. - Gli atti del
Presidente della Repubblica adottati su proposta del Primo ministro o dei ministri
sono controfirmati dal proponente, che ne assume la responsabilità.
Non sono sottoposti a controfirma la
nomina del Primo ministro, l'indizione delle elezioni delle Camere e lo
scioglimento delle stesse, l'indizione dei referendum nei casi previsti dalla
Costituzione, il rinvio e la promulgazione delle leggi, l'invio dei messaggi
alle Camere, le nomine che sono attribuite al Presidente della Repubblica dalla
Costituzione e quelle per le quali la legge non prevede la proposta del
Governo"».
ARTICOLO 10 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 10.
Non posto in
votazione (*)
(Modifica all'articolo 92 della
Costituzione)
1. All'articolo 92, secondo comma,
della Costituzione, dopo le parole: «su proposta di questo,» sono inserite le
seguenti: «nomina e revoca».
________________
(*) Approvato l'em.
10.500 interamente sostitutivo dell'articolo.
EMENDAMENTI
10.200
Respinto
Sopprimere l'articolo.
10.500
Approvato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. (Modifiche agli articoli
92, 93, 95 e 96 della Costituzione) 1. L'articolo 92 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 92. - Il Governo della
Repubblica è composto del Primo ministro e dei ministri, che costituiscono
insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica presiede
il Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro.
Il Presidente della Repubblica nomina il
Primo ministro. Su proposta del Primo ministro nomina e revoca i ministri».
2. Agli articoli 93, 95 e 96 della
Costituzione, le parole: «Presidente del Consiglio dei ministri» sono
sostituite dalle seguenti: "Primo ministro".»
Conseguentemente sopprimere l'articolo
11.
10.201
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. - (Governo) - 1.
L'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 92. - Il Governo della
Repubblica è composto dal Primo Ministro e dai ministri, che costituiscono
Insieme il Consiglio dei ministri. È composto altresì dai sottosegretari di
Stato e dai Viceministri.
Il Presidente della Repubblica nomina e
revoca il Primo Ministro. Il Primo Ministro è nominato sulla base dei risultati
delle elezioni della Camera del deputati.
La legge disciplina l'elezione del
deputati In modo da favorire la formazione di una maggioranza».
10.202
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10 (Modifica all'articolo 92
della Costituzione) 1. Il primo comma dell'articolo 92 della Costituzione,
è sostituito dal seguente:
"Il Governo della Repubblica è
composto dal Presidente del Consiglio e da dieci ministri, che costituiscono
insieme il Consiglio dei ministri"».
10.203
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10 (Modifica all'articolo 92
della Costituzione) 1. All'articolo 92 della Costituzione, il secondo comma
è sostituito dal seguente:
"Il Presidente della Repubblica,
sulla base dei risultati delle elezioni, nomina il Presidente del Consiglio dei
Ministri e su proposta di questo, nomina e revoca i Ministri"».
10.204
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. (Modifiche all'articolo 92
della Costituzione) 1. All'articolo 92, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al secondo comma, della Costituzione, dopo le parole:
"su proposta di questo," sono inserite le seguenti: "nomina e
revoca";
b) dopo il secondo comma è inserito il seguente "La
legge prevede le disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi
privati del Presidente del Consiglio e degli altri membri del Governo e gli
interessi pubblici"».
10.205
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 10. - (Governo) - 1. al
comma 2 dell'articolo 92 della Costituzione sostituire le parole: "su
proposta" con le seguenti: "su designazione"».
10.206
Ritirato
Sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. All'articolo 92 della Costituzione,
secondo comma, dopo le parole: "Il Presidente della Repubblica" sono
inserite le seguenti: "sulla base dei risultati delle elezioni"».
10.207
Precluso
Al comma 1, dopo le parole: «nomina»
inserire le seguenti: «sulla base dei risultati delle elezioni».
10.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:
«1-bis. All'articolo 92, dopo il
secondo comma è aggiunto in fine il seguente: "La legge disciplina i casi
in cui non possono ricoprire cariche di governo coloro nei confronti dei quali
è stato disposto il decreto di rinvio a giudizio per reati non colposi"».
10.209
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Dopo il comma 1, aggiungere il
seguente:
«1-bis. All'articolo 92, dopo il
secondo comma è aggiunto in fine il seguente: «La legge provvede a regolare le
modalità in basse alle quali non possono ricoprire cariche di governo le
persone che risultano avere la titolarità o il controllo, anche per interposta
persona, di un'impresa che svolga prevalentemente o esclusivamente la propria
attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato,
ovvero che risultano poterne disporre in tutto o in parte, direttamente o
indirettamente o possano determinarne in qualche modo gli indirizzi, ivi
comprese le partecipazioni azionarie indirette. Tali preclusioni si applicano
anche nel caso in cui ad avere la titolarità ed il controllo risultano essere
il coniuge, parenti ed affini entro il quarto grado, nonché persone conviventi
non a scopo di lavoro domestico».
EMENDAMENTO TENDENTE
AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 10
10.0.550
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 10-bis.
(Modifiche all'articolo 93 della
Costituzione)
1. L'articolo 93 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 93. Il primo Ministro e i
ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del
Presidente della Repubblica"».
ARTICOLO 11 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 11.
Soppresso (*)
(Modifiche all'articolo 94 della
Costituzione)
1. All'articolo 94 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: «Governo» è sostituita dalle
seguenti: «Presidente del Consiglio dei Ministri»;
b) al secondo comma, le parole: «accorda e revoca la
fiducia» sono sostituite dalle seguenti: «accorda la fiducia»;
c) al terzo comma, le parole: «Entro dieci giorni dalla sua
formazione il Governo» sono sostituite dalle seguenti: «Entro dieci giorni
dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei Ministri»;
d) il quinto comma è sostituito dai seguenti:
«La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un terzo dei componenti di ciascuna delle due Camere, deve
contenere l'indicazione del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri e non
può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
La mozione di sfiducia deve essere
approvata dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti
di ciascuna delle due Camere.
Il Presidente del Consiglio dei
Ministri può porre davanti a una delle Camere la questione di fiducia.
Qualora la richiesta sia respinta, il
Presidente del Consiglio dei Ministri si dimette e può chiedere al Presidente
della Repubblica lo scioglimento delle Camere o anche di una sola di esse. Le
Camere non possono essere sciolte se il Parlamento in seduta comune entro
ventuno giorni dalla richiesta di scioglimento indica, a maggioranza assoluta
dei componenti di ciascuna delle due Camere, il Presidente del Consiglio da
nominare.
Quando è approvata una mozione di
sfiducia o il Parlamento indica un nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri
nei ventuno giorni successivi alla richiesta di scioglimento, il Presidente
della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio indicato e su proposta di
questi i Ministri. In questi casi si intende che il Presidente del Consiglio
indicato abbia già ottenuto la fiducia delle due Camere».
________________
(*) Approvato l'em.
10.500 soppressivo dell'articolo.
EMENDAMENTI
11.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Sopprimere l'articolo.
11.201
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Fiducia) - 1.
L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 94 - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati.
La Camera dei deputati accorda o revoca
la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dal giuramento dei
Ministri, il Governo si presenta alla Camera per ottenerne la fiducia. In tale
sede, il Primo Ministro impegna davanti alla Camera dei deputati la
responsabilità del Governo su un determinato programma.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera dei deputati e non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Essa è
approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati. In
tal caso, il Primo Ministro deve presentare le dimissioni del Governo al
Presidente della Repubblica.
Il voto contrario della Camera dei
deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
Il Primo Ministro può porre la
questione di fiducia alla Camera dei deputati sull'approvazione o reiezione di
un provvedimento, di emendamenti o articoli di disegni di legge o su atti di
indirizzo alloro esame.
Se la richiesta di fiducia è respinta o
la mozione di sfiducia approvata, entro sette giorni il Primo Ministro presenta
al Presidente della Repubblica le dimissioni. Il Presidente della Repubblica,
sulla base dei risultati delle elezioni, nomina un nuovo Primo Ministro ovvero
scioglie la Camera dei deputati.
Qualora sia presentata e approvata una
mozione di sfiducia con la designazione di un nuovo Primo Ministro, da parte
della Camera dei deputati a maggioranza assoluta dei propri componenti che sia
conforme ai risultati delle elezioni il Primo Ministro si dimette e il
Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo Ministro designato dalla
mozione. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni
dalla sua presentazione e deve essere votata per appello nominale".».
11.300
BUGNANO, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Ritirato
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Modifica dell'articolo
94 della Costituzione). - 1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 94. - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati.
La Camera dei deputati accorda e revoca
la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla formazione, il
Governo si presenta alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario della Camera dei
deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione ed è
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
In caso di approvazione della mozione
di sfiducia o di dimissioni accettate del Presidente del Consiglio dei
ministri, il Presidente della Repubblica scioglie la Camera.
Non procede allo scioglimento qualora,
entro tre giorni dall'accettazione delle dimissioni del Presidente del
Consiglio dei ministri, sia presentata una mozione firmata, rispettivamente, da
almeno un terzo dei deputati, contenente l'indicazione di un nuovo Presidente
del Consiglio dei ministri, ed essa sia approvata a maggioranza assoluta dei
componenti della Camera dei deputati entro i tre giorni successivi alla sua
presentazione"».
11.202
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Modifiche all'articolo
94 della Costituzione). - 1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 94. - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati.
La Camera dei deputati accorda e revoca
la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla formazione, il
Governo si presenta alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario della Camera dei
deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione ed è
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, per appello nominale.
In caso di approvazione della mozione
di sfiducia o di dimissioni accettate del Presidente del Consiglio dei
ministri, il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere o una sola di
esse.
Non procede allo scioglimento qualora,
entro tre giorni dall'accettazione delle dimissioni del Presidente del
Consiglio dei ministri, sia presentata una mozione firmata, rispettivamente, da
almeno un terzo dei deputati, contenente l'indicazione di un Presidente del
Consiglio dei ministri, ed essa sia approvata a maggioranza assoluta dei
componenti della Camera entro i tre giorni successivi alla sua
presentazione."».
11.203
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 11. - (Modifiche all'articolo
94 della Costituzione). - 1. L'articolo 94 della costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 94. - Il Governo deve avere
la fiducia della Camera dei deputati, la quale l'accorda o la revoca mediante
mozione motivata e per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione
il Governo si presenta alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia. Il
voto contrario della Camera dei deputati su una proposta del Governo non
importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere
firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera dei deputati e non può
essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione."».
11.204
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
11.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere la lettera b).
Conseguentemente, sopprimere la lettera c).
11.206
Precluso
Al comma 1, apportare le seguenti
modificazioni:
sostituire la lettera b) con la seguente:
«b) il secondo comma è
sostituito dal seguente:
"La fiducia è accordata e revocata
mediante mozione motivata e votata per appello nominale.";
alla lettera d) terzo capoverso dopo le
parole: «questione di fiducia» aggiungere, in fine, le seguenti: «che è votata
per appello nominale».
11.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Sostituire la lettera b) con la
seguente:
«b) sostituire il secondo comma
con il seguente:
"Il Parlamento in seduta comune
delibera sulla richiesta di fiducia mediante mozione motivata e votata per
appello nominale"».
Conseguentemente, al comma 1, lettera d), secondo capoverso, aggiungere, in fine, le
seguenti parole: «e votata per appello nominale».
11.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere la lettera c).
11.209
Precluso
Al comma 1, sostituire la lettera c)
con la seguente:
«c) il terzo comma è sostituito
dai seguenti:
"Entro tre giorni dalla nomina, il
Presidente del Consiglio dei ministri si presenta alle Camere per ottenerne la
fiducia.
Entro sette giorni dalla nomina dei
ministri il Presidente del Consiglio presenta alla Camere il governo"».
11.210
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sopprimere la lettera d).
11.211
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera d), primo
capoverso, sostituire la parola: «sottoscritta» con la seguente: «firmata».
11.212
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera d), primo
capoverso, sostituire le parole: «da almeno un terzo dei componenti della
Camera e dei componenti del Senato,» con le seguenti: «da almeno un decimo dei
componenti della Camera».
Conseguentemente, alla lettera d), sopprimere il secondo capoverso.
Conseguentemente, alla lettera d),
sopprimere il terzo capoverso.
11.213
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera d), primo
capoverso, sostituire le parole: «, deve contenere la indicazione del nuovo
Presidente del Consiglio dei Ministri, da nominare ai sensi dell'articolo 92,
secondo comma,» con la seguente: «e».
11.214
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera d), primo capo
verso, sopprimere la seguente parola: «nuovo».
11.215
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Precluso
Al comma 1, lettera d), sostituire il
secondo capoverso con il seguente:
«La mozione di sfiducia deve essere
approvata dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti
di ciascuna delle due Camere e con voto favorevole della maggioranza sia dei
senatori sia dei deputati che abbiano votato la fiducia al Governo insediato a
seguito delle elezioni».
11.216
Precluso
Al comma 1, lettera d), sopprimere le
parole da: «La mozione di sfiducia deve essere approvata» fino alla fine della
lettera.
11.217
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, lettera d), quarto
capoverso sopprimere le parole da: «e può chiedere» fino alla fine del medesimo
capoverso.
11.218
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1 lettera d), quarto
capoverso, sostituire le parole: «Le Camere non possono essere sciolte se il
Parlamento in seduta comune entro ventuno giorni dalla richiesta di
scioglimento indica a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle due
Camere il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, da nominare ai sensi
dell'articolo 92, secondo comma», con le seguenti: «. Non procede allo
scioglimento qualora, entro tre giorni dall'accettazione delle dimissioni del
Presidente del Consiglio dei ministri, sia presentata una mozione firmata da
almeno un terzo dei componenti della Camera, contenente l'indicazione di un
Presidente del Consiglio dei ministri, ed essa sia approvata a maggioranza
assoluta dei componenti della Camera entro i tre giorni successivi alla sua
presentazione».
11.219
Precluso
Al comma 1, lettera d), al quarto
capoverso, sostituire il periodo: «Le Camere non possono essere sciolte se il
Parlamento in seduta comune entro ventuno giorni dalla richiesta di
scioglimento indica, a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle
due Camere, il Presidente del Consiglio da nominare» con il seguente: «Lo
scioglimento è disposto salvo che il Parlamento in seduta comune entro ventuno
giorni dalla richiesta indichi, a maggioranza assoluta dei componenti di
ciascuna delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei Ministri da
nominare».
11.220
Precluso
Al comma 1, lettera d), aggiungere, in
fine, il seguente comma:
«Quando il Parlamento indica un nuovo
Presidente del Consiglio dei ministri, il Presidente della Repubblica scioglie
le Camere entro un anno».
11.221
ALBERTI CASELLATI, VICARI, GALLONE, TOFANI, BIANCONI, THALER AUSSERHOFER, TOMASSINI, BONFRISCO
Precluso
Al comma 1, lettera d), aggiungere, in
fine, il seguente comma:
«Il Presidente del Consiglio dei
Ministri si dimette qualora la fiducia sia stata ottenuta con il voto
determinante di parlamentari non appartenenti alla maggioranza espressa dalle
elezioni ovvero qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto
determinante di parlamentari non appartenenti alla maggioranza espressa dalle
elezioni. In tali casi il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento
delle Camere ed indice le elezioni».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 11
11.0.200
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Primo Ministro e Ministri)
1. L'articolo 95 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
"Art. 95. - Il Primo Ministro è
responsabile della politica generale del Governo. Mantiene l'unità di indirizzo
politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri.
Nomina e revoca i ministri. Nomina e revoca i Sottosegretari di Stato ed i
Viceministri, che prestano giuramento nelle sue mani prima di assumere le
funzioni.
I ministri sono responsabili
collegialmente degli atti dei Consiglio dei ministri, e individualmente degli
atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all'ordinamento
dell'ufficio del Primo Ministro e determina il numero, le attribuzioni e
l'organizzazione del ministeri."».
11.0.201
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Reati ministeriali)
1. L'articolo 96 della Costituzione è
sostituito dai seguente:
"Art. 96. - Il Primo Ministro ed i
ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi
nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa
autorizzazione del Senato federale della Repubblica o della Camera dei
deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale."».
11.0.730 (già
2.3)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica all'articolo 96 della
Costituzione)
All'articolo 96 della Costituzione, le
parole: "Senato della Repubblica o" sono soppresse.».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753
11.0.202
Respinto
Dopo l'articolo inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
L'articolo 99 della Costituzione è
abrogato».
11.0.203
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Soppressione del CNEL)
1. L'articolo 99 della Costituzione è
abrogato».
11.0.500
Approvato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 104 della
Costituzione)
1. All'articolo 104 della Costituzione
il secondo ed il terzo comma sono sostituiti dai seguenti:
"Il Consiglio superiore della
magistratura è presieduto dal primo presidente della Corte di cassazione.
Ne fa parte di diritto anche il
procuratore generale presso la Corte di cassazione"».
11.0.204
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il seguente:
«Art. 11-bis.
(Funzioni del Consiglio superiore della
magistratura)
1. All'articolo 105 della Costituzione
sopprimere le parole: "e i provvedimenti disciplinari nel riguardi del
magistrati"».
11.0.205
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modificazione dell'articolo 107 della
Costituzione)
1. All'articolo 107 della Costituzione
il primo comma è sostituito dal seguente:
"I magistrati sono inamovibili.
Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi
o funzioni se non in seguito a provvedimenti disciplinari adottati dall'Alta
Corte di giustizia della magistratura per i motivi e con le garanzie di difesa
stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso"».
11.0.206
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Alta Corte di giustizia della
magistratura)
1. Dopo l'articolo 113 della
Costituzione è inserito il seguente:
"Art. 113-bis. - Spettano
all'Alta Corte di giustizia della magistratura i provvedimenti disciplinari nei
riguardi dei magistrati ordinari e onorari. La Corte è altresì organo di tutela
giurisdlzlonale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti
dal Consiglio superiore della Magistratura.
La Corte è formata da nove membri, di
cui quattro eletti dal Parlamento in seduta comune, quattro dal Consiglio
superiore della magistratura ed uno nominato dal Presidente della Repubblica.
Hanno diritto all'elezione e alla
nomina i magistrati ordinari, i professori ordinari di università in materie
giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
La Corte elegge il proprio presidente
tra i componenti eletti dal parlamento.
I componenti dell'Alta Corte durano in
carica sette anni e non sono rieleggibili.
Essi, per tutta la durata del mandato
non possono esercitare alcuna attività professionale di qualsiasi natura né
possono ricoprire alcuna carica elettiva pubblica. I magistrati ordinari non
possono rientrare in ruolo dopo la cessazione del mandato.
La legge disciplina l'attività della
Corte, stabilisce i compensi e regola gli effetti previdenziali per i
componenti"».
11.0.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche agli articoli 114, 117, 118,
119, 120, 132 e 133 della Costituzione in materia di soppressione delle
Province)
1. La rubrica del titolo V della parte
seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni e i
Comuni».
2. All'articolo 114 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: "La
Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e
dallo Stato.";
b) il secondo comma è sostituito dal seguente: "I
Comuni, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri
statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione".
3. All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, lettera p), la parola: ",
Province" è soppressa;
b) al sesto comma, terzo periodo, le parole: ", le
Province" sono soppresse.
4. All'articolo 118 della Costituzione
sono apportate le segunti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: "Province," è
soppressa;
b) al secondo comma, le parole: ", le Province"
sono soppresse;
c) al quarto comma, la parola: ", Province" è
soppressa.
5. All'articolo 119 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) ai commi primo, secondo e sesto, le parole: "le
Province," sono soppresse;
b) al quarto comma, le parole: "alle Province,"
sono soppresse;
c) al quinto comma, la parola: "Province," è
soppressa.
6. Al secondo comma dell'articolo 120
della Costituzione, le parole: ", delle Province" sono soppresse.
7. Il secondo comma dell'articolo 132
della Costituzione è abrogato.
8. Il primo comma dell'articolo 133
della Costituzione è abrogato».
11.0.830 (già
10.0.1)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Soppressione dei comuni sotto i 5.000
abitanti, delle province e delle città metropolitane)
1. All'articolo 114 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 114:
1) il primo comma è sostituito dal
seguente:
"La Repubblica è costituita dai
Comuni, dalle Regioni e dallo Stato";
2) il secondo comma è sostituito dal
seguente:
"I Comuni e le Regioni sono enti
autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla
Costituzione";
3) dopo il terzo comma è aggiunto, in
fine, il seguente:
"I Comuni devono avere un numero
minimo di 5000 abitanti".
2. Con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, sono modificate
le circoscrizioni e le denominazioni dei comuni con popolazione inferiore ai
5000 abitanti, incorporando tali comuni a quelli con essi confinanti,
promuovendo fusioni di comuni, ovvero creando apposite Unioni di comuni. Tale
disposizione può essere derogata unicamente nel caso di comuni ubicati in aree
montane».
Conseguentemente, nella rubrica del
titolo V della parte seconda della Costituzione, le parole: «le Province,» sono soppresse.
11.0.208
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 114 della
Costituzione)
1. All'articolo 114 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: "dalle Province"
sono soppresse;
b) al secondo comma le parole: "le Province" sono
soppresse».
11.0.209
RUTELLI, BAIO, BRUNO, CONTINI, DE LUCA CRISTINA, MILANA, RUSSO, STRANO
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
1. L'articolo 116, comma terzo, della
Costituzione è abrogato».
11.0.831 (già
10.0.1)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Abrogazione dell'articolo 116 della
Costituzione)
1. L'articolo 116 è abrogato».
11.0.210
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modificazione dell'articolo 116 della
Costituzione)
1. All'articolo 116 della Costituzione,
il terzo comma è sostituito dal seguente:
"Ulteriori forme e condizioni
particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al secondo comma
dell'articolo 117 possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello
Stato, su iniziativa della Regione interessata"».
|
|
|
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|
Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea |
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RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
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ASSEMBLEA |
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775a seduta pubblica (pomeridiana): |
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martedì 24
luglio 2012 |
|
Presidenza del presidente PERA |
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,06).
Si dia lettura del processo verbale.
STIFFONI, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta pomeridiana del 19 luglio.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni,
il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico
ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno
pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Preannunzio di votazioni mediante
procedimento elettronico
PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno
essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il
termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del
Regolamento (ore 16,07).
Seguito della discussione dei disegni
di legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli
55 e 57 e abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di
composizione del Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della
Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo,
composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato
attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22
novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei
deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del
Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici
costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento
della Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche
all'articolo 49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della
Costituzione, in materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione
delle leggi, di Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica
amministrazione, di organi ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte
costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di
articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del
Governo, la composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età
per l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla
Parte II della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del
Presidente della Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica
dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età
anagrafica per l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche
alla Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie,
riduzione del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di
eliminazione della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella
circoscrizione Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo
per la Camera dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero
dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma
di Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V
della Parte II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale
della Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale
della Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli
articoli 56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel
Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 16,07)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione
dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218,
1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Riprendiamo l'esame degli articoli, nel
testo unificato proposto dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta antimeridiana
ha avuto inizio la votazione degli emendamenti volti ad inserire articoli
aggiuntivi dopo l'articolo 11.
Ricordo altresì che il Governo si è
rimesso all'Aula su tutti gli emendamenti presentati.
Dal momento che stiamo esaminando un
testo che reca modifiche agli articoli della Costituzione, chiedo ai colleghi
un minimo di ordine e di attenzione.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.211.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signor Presidente, so che il mio amico Boscetto dirà che l'emendamento 11.0.211
esce dal seminato che era stato tracciato in Commissione, ma quel seminato è
stato molto allargato da un aratro sapientemente guidato dal senatore Gasparri
e dal senatore Calderoli e ormai quel testo della Commissione, su cui pure il
mio giudizio era critico, è qualcosa che non può essere più considerato un
perimetro entro il quale devono essere collocati gli emendamenti.
L'emendamento da me presentato, che
tocca l'articolo 117 della Costituzione e raccoglie le osservazioni che sono
state fatte stamattina da colleghi di parti politiche opposte (dal collega
Viespoli e dal collega Nania, da un lato, e dal collega Rutelli dall'altro),
tende a modificare quell'aborto che è stata la riforma del Titolo V della
Costituzione, cercando di ristabilire limiti di competenza sicuri fra la
legislazione statale e la legislazione regionale, abolendo la legislazione
concorrente che - come ho avuto già modo di dire - è stata la grande occasione
di conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni.
Vorrei tranquillizzare coloro che
ritengono che questo sia un emendamento centralista, nel senso che è vero che
vengono spostate delle competenze che oggi sono nella legislazione concorrente
alla legislazione statale, ma è altrettanto vero che tutta un'altra serie di
materie che erano nella legislazione concorrente viene lasciata alla competenza
esclusiva delle Regioni, limitandosi alla previsione che «la legge statale
stabilisce i principi generali che garantiscano coordinamento e armonia tra le
legislazioni regionali e tra queste e la legislazione statale».
Per il resto, sia per quanto riguarda
la potestà regolamentare, sia per quanto riguarda le Province autonome di
Trento e di Bolzano, non modifichiamo l'articolo 117: manteniamo quello che era
l'impianto, ma con questo emendamento aboliamo la questione della legislazione
concorrente.
In proposito, vorrei dire ai colleghi
del centrodestra, ci muoviamo in una logica analoga a quella delle modifiche
introdotte dalla riforma del 2006. (Brusìo).
PRESIDENTE. Colleghi, si stanno esaminando
modifiche alla Costituzione. Se vogliamo andare avanti occorre prestare la
dovuta attenzione, altrimenti non si procede. Il senatore Del Pennino ha
diritto di svolgere il suo intervento nel rispetto di tutti.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Nella riforma del 2006 una serie di materie affidate alla legislazione
concorrente passò alla legislazione statale. Io ne ho aggiunta qualcun'altra,
ma ho trasferito alla competenza esclusiva regionale altre materie che
rientravano nella legislazione concorrente. Allora, per quale ragione una
semplificazione del sistema di questo tipo - che non è motivo di conflitto
politico tra centrodestra e centrosinistra, tra centralisti e federalisti, ma
un tentativo di razionalizzazione e di buon senso - non può trovare il consenso
dei colleghi? Forse perché usciamo dal seminato di cui parlava il collega
Boscetto? Ma siamo già usciti dal seminato! Facciamo uno sforzo, se vogliamo
comprendere gli uni le ragioni degli altri. Mantenendo infatti un atteggiamento
di chiusura e di sordità rispetto alle posizioni altrui, oggettivamente non
faremo fare alcun passo avanti alla riforma dopo che, domani, avrete
sbandierato - se raggiungerete il numero legale - il voto del Senato a favore
di questo obbrobrio.
PRESIDENTE. È presente per la prima volta in Aula il senatore
Alessandro Vedani, a cui rivolgo il nostro benvenuto e l'augurio di un buon
lavoro. (Applausi).
Metto ai voti l'emendamento 11.0.211,
presentato dai senatori Del Pennino e Amato.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.0.212,
presentato dal senatore Fleres.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.213.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, vorrei chiedere ai colleghi prima intervenuti in un
dibattito significativo, pur nel contesto dato, un minuto di attenzione per
chiarire quanto forse alcuni poco fa non avevano colto.
Dell'emendamento soppressivo del terzo
comma dell'articolo 116 della Costituzione, di cui alcuni hanno parlato magari
non cogliendo tutti che esso - parlo da ex Ministro dei beni culturali -
prevedeva addirittura la possibilità di devolvere, su iniziativa delle Regioni,
anche competenze in materia di beni culturali (e non in termini di
valorizzazione, ma di patrimonio), se ne è discusso in maniera inevitabilmente
sommaria. Purtuttavia, come ho già evidenziato (e cito l'intervento del collega
Viespoli e quelli di autorevoli senatori del PdL che si sono espressi in dissenso),
mi pare sia stata colta una problematica importante.
La questione dell'articolo 117 della
Costituzione è fondamentale, onorevoli colleghi. Per questo motivo, chiedo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 11.0.213. Al riguardo vorrei fornire ai colleghi
un'informazione che probabilmente è utile vanga compresa. Con l'emendamento
11.0.213 si propone di ridisegnare le competenze, non per una valutazione di
ricentralizzazione (di cui ho sentito parlare in modo sinceramente un po'
superficiale), ma per la parte che ha dimostrato di essere non riuscita.
Signor Presidente, pensiamo ancora di
attribuire alle Regioni italiane la competenza in materia di politica estera?
Pensiamo ancora che le Regioni italiane debbano avere sedi a New York ed in
altre capitali del mondo? (Applausi del senatore Scarpa Bonazza Buora).
Pensiamo davvero che le Regioni italiane siano competenti nel commercio estero?
GARAVAGLIA Massimo (LNP). La
Lombardia, sì!
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Oggi il Presidente del Consiglio ha incontrato - e mi pare una pagina positiva
e costruttiva - il presidente della Regione Siciliana per definire quello che,
a mio avviso, è stato per certi versi un misunderstanding, ovvero una
dichiarazione non perfettamente calibrata nelle intenzioni e negli effetti;
oggi, però, il Presidente del Consiglio ha dichiarato che occorre
inevitabilmente, per quanto riguarda anche la Regione Siciliana, concordare un
piano di rientro finanziario e di riorganizzazione della pubblica
amministrazione regionale e che «c'è l'esigenza improcrastinabile di provvedere
a un rigoroso piano di riduzione e contenimento della spesa regionale».
È evidente che siamo al punto,
onorevoli colleghi, per quanto concerne competenze incompatibili con il
funzionamento, non dello Stato, ma della Repubblica. Possiamo lasciare alle
Regioni le competenze in materia di energia, di grandi reti e di grandi
infrastrutture a livello nazionale? Possiamo - ripeto - lasciare alle Regioni
italiane la possibilità di stipulare accordi internazionali con Stati esteri?
GRAMAZIO (PdL). E quando lei era
sindaco di Roma?
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Verificheremo come si pronunceranno i colleghi quando sarà richiesto il voto
mediante scrutinio elettronico.
Nella proposta emendativa 11.0.213, a
mia prima firma e sottoscritta anche dai colleghi Baio, Bruno, Contini,
Cristina De Luca, Milana, Russo e Strano, proponiamo che al secondo comma
dell'articolo 117 della Costituzione si intervenga, per quanto riguarda i
rapporti internazionali dello Stato, aggiungendo anche quelli delle Regioni,
che vanno tra le competenze dello Stato, e che lo stesso sia previsto per ciò
che attiene al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e
alla tutela della salute in via generale, e non più soltanto per quanto
riguarda la determinazione dei livelli essenziali.
Signor Presidente, tra le materie che
non dovrebbero più essere di competenza delle Regioni, nei termini previsti
oggi al comma nono dell'articolo 117 della Costituzione, vi sono gli accordi
con Stati: si può tranquillamente stabilire un accordo per il parco regionale
di una Regione transfrontaliera con la vicina Regione oltreconfine, ma credo
che l'esperienza indichi l'impraticabilità del riconoscimento dato nei fatti e
nel tempo per quanto riguarda la potestà legislativa delle Regioni in materie
nelle quali tale assetto si è dimostrato disfunzionale.
Per quanto concerne la legislazione
concorrente, cui - lo ricordo - fa riferimento il terzo comma dell'articolo 117
della Costituzione, mentre nel secondo comma viene definito il sistema della
legislazione esclusiva, noi proponiamo di riportare la materia del turismo
dall'ambito di competenza esclusiva delle Regioni, che non è stata stabilita
con la riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione ma con un referendum
votato per iniziativa delle Regioni, all'ambito della legislazione concorrente.
Vorrei segnalare, onorevoli colleghi,
che l'idea che oggi l'Italia debba competere a livello internazionale, di
fronte alla crisi economica che viviamo e alla concorrenza dei Paesi in
particolare mediterranei, avendo devoluto la competenza esclusiva del turismo
alle Regioni, è pazzesca! (Applausi del senatore Asciutti). Il
cambiamento è enorme, dal punto di vista economico e organizzativo.
Sappiamo cosa avviene in Egitto, cosa
avviene sulla riva Sud del Mediterraneo, sappiamo delle problematiche della
Grecia: e noi pensiamo di continuare ad aprire nelle fiere internazionali del
turismo 21 stand (19 in rappresentanza delle Regioni più 2 delle
Province autonome) differenziati che promuovano la Regione Marche, la Regione
Veneto, la Basilicata o la Liguria, quando siamo trafitti, in termini
competitivi, dalla Croazia e dalla Turchia? Onorevoli colleghi, sono passati
ormai 15 anni. È impensabile che la politica del turismo, che è la prima
industria nazionale, dato che, considerato anche l'indotto, impegna circa l'11
per cento della forza lavoro, sia spezzettata in 21 competenze così da uccidere
la capacità competitiva del nostro Paese!
Non proponiamo di centralizzare
nuovamente la politica del turismo perché non si può fare politica del turismo
in via Veneto, cioè nella sede del Ministero dello sviluppo economico: la si
deve realizzare in coordinamento con le Regioni, ma non certamente attraverso
la competenza esclusiva ad esse attribuita in base alla quale l'ENIT, cioè
l'Agenzia, lo strumento di promozione del turismo internazionale, può solo
pregare i 22 soggetti che siedono intorno a quel tavolo (19 Regioni, 2 Province
autonome e lo Stato) di cercare di concordare delle linee di promozione del
turismo italiano nel mondo, mentre - lo ripeto - la Croazia ci sta sottraendo
pezzi importanti di mercato grazie alla sua capacità di predisporre un'offerta
unitaria.
La riflessione che faccio, signor
Presidente, e che abbiamo formulato in questo emendamento è estremamente
equilibrata. Non proponiamo di sopprimere il Titolo V, né, ovviamente (lo dico
a quanti sono autonomisti e regionalisti), le competenze regionali ma di
ridisegnarle in base all'esperienza. Ovverosia che vengano riportate alla
competenza dello Stato materie quali il commercio con l'estero, la tutela e la
sicurezza del lavoro, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la
produzione, il trasporto e la distribuzione «nazionale» dell'energia. È questo
l'aggettivo utilizzato nella nostra Costituzione: purtuttavia, la distribuzione
nazionale dell'energia non è competenza dello Stato. Poi discutiamo
dell'incapacità di formare il grid, la struttura di collegamento per
l'approvvigionamento energetico del nostro Paese.
Allo stesso tempo, signor Presidente,
alle Regioni resta, non la tutela della salute (che è compito dello Stato), ma
l'organizzazione territoriale dell'offerta sanitaria (che è compito delle Regioni).
Nessuno pensa di centralizzare di nuovo la sanità, ma certamente occorre
garantire la tutela della salute di tutti i cittadini italiani sulla base di
parametri omogenei affidati allo Stato italiano, mentre l'organizzazione
dell'offerta sanitaria a livello territoriale rimarrebbe competenza regionale.
Ricapitolando, dunque competenza
concorrente per il turismo e - aggiungo - competenza concorrente per le
infrastrutture di interesse regionale, perché - come ho detto - le grandi reti
di trasporto sono un fatto della Repubblica italiana attraverso lo Stato e in
collaborazione con le Regioni. Non c'è dubbio che le infrastrutture regionali
sono di competenza esclusiva delle Regioni, ma il collegamento tra le grandi
reti e le infrastrutture regionali deve avvenire nell'ambito della legislazione
concorrente.
Vorrei infine sottolineare, signor
Presidente, che in questo modo otterremmo di mettere fine alla tragedia di una
Corte costituzionale che negli ultimi dieci anni si è dovuta occupare quasi
solo di questo, cioè di dirimere la materia impossibile dei conflitti di
attribuzione per cui le Regioni reclamano, lo Stato resiste e alla fine c'è una
paralisi improduttiva.
Aggiungo che questo nostro emendamento
prevede una clausola di interesse nazionale, che è propria di tutte le
legislazioni degli Stati federali: non è solo e, anzi, non è tanto indicata
negli ordinamenti degli Stati centralisti. Gli Stati federali hanno tutti una
clausola di prevalenza dell'interesse nazionale, e noi l'abbiamo così
configurata: «Qualora ricorra un preminente interesse nazionale, lo Stato può
comunque esercitare la potestà legislativa anche nelle materie di competenza
regionale». Voglio ricordare infatti che già nella riforma dell'articolo 81
della Costituzione abbiamo affermato tali principi nel contesto internazionale
ed europeo in cui viviamo, cioè con il dovere di concorrere ad una dimensione
sovranazionale per salvare l'economia italiana.
Ecco perché, signor Presidente,
rispetto ad alcune cose che ho sentito, non si tratta di sopprimere il Titolo
V, ma si tratta, alla luce di dieci anni di esperienza, di rimettere le cose a
posto, di dare alle Regioni ciò che ad esse spetta, allo Stato ciò che in tutti
i Paesi del mondo ad esso spetta e, dunque, alla Repubblica la possibilità di funzionare
meglio. (Applausi dal Gruppo Per il Terzo Polo:ApI-FLI e del senatore Amato).
COMPAGNA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COMPAGNA (PdL). Signor
Presidente, questo emendamento mi sembra di grande buonsenso e di grande
equilibrio, come anche il precedente del senatore Del Pennino.
Vorrei riprendere gli ultimi due
argomenti. Il primo ha un profilo nitidamente costituente e costituzionale: tra
le distorsioni introdotte nel nostro ordinamento dalla riforma del Titolo V
della Parte seconda della Costituzione, c'è un ruolo del tutto improprio della
Corte costituzionale, la quale, come veniva ricordato nell'intervento
precedente, dovendo intervenire continuativamente su un terreno di gioco così
esteso, finisce con l'essere sempre di più un corpo, se non legislativo,
legiferante, e sempre di meno una Corte costituzionale.
Quanto agli spostamenti degli ambiti di
competenza, mi pare molto efficace l'inserimento fra le materie a legislazione
concorrente del turismo: non si tratta di rivendicare centralismo e nazionalità
della politica del turismo, ma significa semplicemente che una politica regionale
del turismo (ad esempio, pugliese o lucana) colora di ridicolo la Nazione
Italia alla borsa di Francoforte.
Mi fermo qui per sviluppare un'ultima
considerazione, poi spero che la mannaia del senatore Boscetto non renda
esclusivamente personale, com'è stata finora, la mia adesione a questi
emendamenti.
Con questi emendamenti, noi torniamo a
quanto poco c'era attorno alla riforma scaturita dal cosiddetto accordo della
Commissione. In qualche modo le ragioni per le quali quest'anno l'argomento
dell'elezione diretta del Capo dello Stato, di qualcosa che fosse insieme forma
di governo e forma di Stato, era diventato attualissimo sono state in gran
parte già richiamate dall'intervento del senatore Rutelli.
Se si vuol salvare lo Stato nazionale,
non si può lasciare la nostra Costituzione al particolarismo e
all'irresponsabilità nella quale l'ha collocata la riforma del Titolo V. Il
fatto che pacatamente, entrando nel merito degli emendamenti dei senatori
Rutelli, Viespoli, Nania e Del Pennino (nonostante la mannaia, che spero meno
intransigente, del collega Boscetto), si sia portati a riconoscere questa
lacuna, questo vuoto in quello che era l'accordo Vizzini - chiamiamolo così -
presentato in quest'Aula è a mio giudizio benemerito ed ha spirito costituente.
Non so se il mio intervento sarà
soltanto una dichiarazione di voto a titolo personale, ma è comunque una
ricerca perché il mio Gruppo valuti con grande attenzione quella linea di
continuità fra quanto facemmo nel 2006, senza il senatore Rutelli e quanto oggi
ci propongono il senatore Rutelli e qualche altro che nel 2006 l'aveva pensata
diversamente. (Applausi dai Gruppi PdL e CN:GS-SI-PID-IB-FI).
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signor
Presidente, colleghi, interverrò molto brevemente perché sono stato chiamato in
causa come il custode della linea del Popolo della Libertà.
È vero: io in questo momento sto
seguendo la linea che ho già illustrato e che è quella secondo la quale noi
stiamo facendo una riforma costituzionale basata sul bicameralismo e sul
semipresidenzialismo e non possiamo andare a cambiare altre parti della
Costituzione che non siano in questa ottica, perché non riusciremmo poi a
spiegare cosa abbiamo fatto. Noi dobbiamo uscire da quest'Aula dicendo che
siamo riusciti ad approvare il semipresidenzialismo e tutte le norme correlate:
intervenire sull'articolo 117 è fuori da questa linea. Avremo altri momenti per
questo intervento e per altri interventi, ma ogni situazione deve avere una
propria coerenza.
D'altro canto, anche nel merito, non si
capisce perché l'emendamento del senatore Del Pennino sia migliore di quello
del senatore Fleres o quello del senatore Rutelli sia migliore di quelli dei
senatori Fleres e Del Pennino. Guardate che sono diversi e che ciascuno ha una
propria logica: alcuni favoriscono la competenza concorrente, altri la
competenza statale. Non è che noi possiamo dire che l'emendamento di Rutelli è
bello, senza andare ad esaminare tutto il contesto. Siccome il contesto non
siamo in grado di esaminarlo e non lo abbiamo esaminato neppure in Commissione,
andare per caso ad approvare uno di questi emendamenti (stiamo parlando di
quello del senatore Rutelli) potrebbe creare uno sconquasso.
Allora annuncio 11.0.213, signor
Presidente, la posizione del Popolo della Libertà di voto contrario
all'emendamento. (Applausi del senatore Ramponi).
DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DIVINA (LNP). Signor Presidente,
ferma la posizione della Lega, che è esattamente quella dichiarata dal collega
Boscetto, vorrei però correggere un po' di imprecisioni che abbiamo sentito. Il
collega Boscetto è stato molto asciutto, però al collega Rutelli e a tutti
coloro che si fanno interpreti di questi rigurgiti centralisti, che noi
veramente non riusciamo a capire, vorremmo spiegare che la storia ha già un
passo, è già segnata, e non possiamo fare d'un botto marcia indietro. Il
collega Rutelli rivendicava come aberrazione la politica internazionale delle
Regioni e la capacità delle Regioni di stringere accordi internazionali, ma gli
è sfuggito che ormai sono trent'anni (non da ieri o da ieri l'altro) che
esistono gli «accordini» ( oggi non ci sono più perché è subentrata l'Europa).
I rapporti transfrontalieri commerciali tra Regioni ci sono sempre stati. Che
ci sarebbe di male se da oggi o da domani, visto che l'ambiente è contiguo, si
potesse fare una politica ambientale e si fossero delle risorse a cavallo di un
confine? Vi sarebbe tutto da guadagnare.
Quanto al turismo, esso vuol dire
valorizzare le risorse territoriali. Chi meglio saprebbe valorizzare queste
risorse territoriali se non i Governi dei territori, che hanno tutto
l'interesse a veicolarle? Ricordo che, a livello nazionale, il turismo fa acqua
da tutte le parti. Non siamo neanche riusciti a fare una classificazione
alberghiera a livello nazionale. Le Regioni che hanno avuto la possibilità di
attuarla hanno dato, quanto meno, prova di migliore efficienza.
Ci dimentichiamo un'altra cosa, o forse
facciamo finta, o non ci interessa. Alle Regioni abbiamo già devoluto poteri
importanti, al punto che - i colleghi che non fanno parte della Commissione
politiche dell'Unione europea possono ignorarlo - la fase ascendente e quella
discendente del processo comunitario coinvolgono addirittura le Regioni:
queste, infatti, sono coinvolte nella predisposizione e nella formazione degli
atti europei e possono darvi esecuzione. Vogliamo far finta che ciò non esista?
Facciamo finta che queste cose non si siano scritte, né messe sul campo? Le
Regioni - piaccia o non piaccia ai centralisti - hanno ormai capacità di
autorappresentarsi.
Pertanto, non potremo che essere
contrari a questi emendamenti, rigurgiti di un centralismo che non ha più senso
e ormai non è neanche più efficiente. (Applausi dal Gruppo LNP).
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, non era mia intenzione intervenire, anche perché -
brillantemente e competentemente - sia il senatore Del Pennino che il senatore
Rutelli hanno affrontato il cuore della questione riguardante l'articolo 117
della Costituzione. Tuttavia, le parole del senatore Boscetto mi hanno
stimolato.
Senatore Boscetto, vorrei mi
ascoltasse, perché mi sto rivolgendo a lei. Le sue parole mi hanno indotto ad
intervenire. Lei ha affermato che una delle priorità era il
semipresidenzialismo. Tuttavia, proprio nel momento in cui è stato approvato il
semipresidenzialismo (a cui sono personalmente favorevole), come può sostenere
che mettere mano all'articolo 117 della Costituzione significa andare fuori
strada? Senatore Boscetto, come fa a sostenerlo? Nel momento in cui è stato
approvato il semipresidenzialismo, come si fa a sostenere che le Regioni
possono fare politica estera, come diceva giustamente il senatore Rutelli? È
impensabile. C'è una stonatura di fondo.
Vorrei anche dire al senatore Divina
che il diritto non è materia di approssimazione: il diritto è materia
certamente importante e difficile. Parlare di accordi internazionali a livello
di mercato e di dogane è cosa diversa dal parlare di politica estera e di
politica dei trasporti per quanto riguarda le grandi reti: le questioni sono
del tutto diverse. Allo stesso modo, parlare di turismo per promuovere l'intero
Paese è cosa diversa dal parlare di turismo per promuoverne solo una parte.
Credo che, nel momento in cui -
giustamente, per una vostra convinzione profonda - si è affrontato il tema del
semipresidenzialismo e lo si è condotto in porto, sarebbe stato assolutamente
giusto affrontare anche la questione del Titolo V della Parte seconda della
Costituzione e mettere mano all'articolo 117. Il semipresidenzialismo, infatti,
ne viene rafforzato e giustificato, senatore Boscetto, altrimenti la
giustificazione è difficile trovarla, se noi limitiamo poi le competenze
affidandole ad un discorso regionale e facendo di nuovo una parcellizzazione,
che significa stato confusionale perenne e soprattutto, rispetto a quanto è
stato detto prima, un ingolfamento presso la Corte costituzionale, che non
farebbe vedere la luce a questioni importantissime che devono comunque essere
risolte.
Aggiungo qualcosa in più. L'emendamento
del senatore Del Pennino e anche quello del senatore Rutelli affrontano
questioni delicatissime, che riguardano il tessuto nazionale ed unitario del
nostro Paese: penso, ad esempio, alle linee generali dell'istruzione e alla
sanità, che qui è stata menzionata nei suoi aspetti particolari, su cui poco
abbiamo riflettuto.
Ciò che sta accadendo proprio in questi
anni in questo settore ci deve far riflettere. Credo che lei, senatore
Boscetto, abbia la competenza per ragionare e farsi carico di quanto sto
dicendo. Quindi, mi sono veramente un po' stupita, quando lei ha fatto
quell'affermazione, perché non la trovo, consona né alla sua preparazione ed
alla profondità con cui ha seguito il problema né al merito della questione,
sulla quale invito tutti quanti a riflettere. Dichiaro il nostro voto
favorevole sull'emendamento 11.0.213. (Applausi della senatrice Baio).
LONGO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
LONGO (PdL). Signor Presidente,
signore e signori del Senato, dovrò esprimere qui il mio gradimento personale
sull'emendamento del senatore Rutelli ed altri, di cui si sta discutendo.
Osservo, su quanto ha già detto il senatore Boscetto, che è vero: la vicenda
avrebbe potuto essere studiata in maniera più approfondita, però non sono
d'accordo con lui quando assume che l'oggetto di questo emendamento sarebbe
estraneo alla linea del Popolo della Libertà, che vorrebbe concentrarsi e si è
concentrata sul semipresidenzialismo.
Soprattutto non sono d'accordo con il
collega, che non me ne vorrà per questo, quando dice che vi saranno altre
occasioni. Certo, le occasioni non mancheranno mai, nel futuro, per chi siederà
su questi banchi, però, quello che regge il mio convincimento e il mio voto a
favore è un principio di economia che così si può compendiare: attenzione,
l'ottimo è nemico del bene. Questo è il mio avviso. Allora, siccome questo
emendamento è buono, non aspetto che diventi ottimo in un futuro molto
futuribile. (Applausi dei senatori Del Pennino, Sbarbati, Tedesco e Baio).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, ho sentito le dichiarazioni del collega che ha espletato le
funzioni di relatore a conclusione dell'esame in Commissione. Credo che
l'emendamento stesse dentro...
PRESIDENTE. Senatore Bruno, se parla in
dissenso, tale posizione non è - lei lo sa benissimo - rispetto al relatore, ma
rispetto al suo Gruppo. Il senatore Longo, giustamente, ha parlato in dissenso
dicendo che vota a favore. Il dibattito è già abbastanza strozzato. Quindi, la
prego di autoregolarsi.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, magari alla fine si spiegherà anche il perché del mio
intervento.
Ho sentito dire che questo è un
emendamento che stava al di fuori della discussione, delle questioni che si
sono aperte in questa discussione: una è quella del semipresidenzialismo, una è
quella del federalismo. Ritengo che l'emendamento rientri nel ragionamento sul
federalismo. Poiché all'interno del mio Gruppo c'è una diversità, ci sono
sensibilità differenti rispetto alla questione del federalismo, su questo
argomento specifico, puntuale, che sollevava delle questioni e dava delle
soluzioni, si era trovato già all'interno del mio stesso Gruppo un equilibrio.
Per la verità, ero dalla parte da chi
propendeva ad essere più ostile ai ragionamenti federalisti, perché sono
dell'idea che, così come sono costruite le Regioni italiane, indubbiamente ogni
percorso federale avvantaggi dei cittadini italiani residenti in alcune Regioni
e svantaggi dei cittadini italiani residenti in altre.
Quindi, è proprio dentro la questione
delle materie concorrenti o esclusive che si deve ricercare un equilibrio che
consenta anche ai cittadini italiani residenti in Regioni svantaggiate da
questo tipo di federalismo, senza nessuna ragione politica, geografica storica
e culturale, a quelle popolazioni, di addivenire ad un percorso che garantisca
una modernizzazione della nostra Repubblica, tenendo conto anche di altri
elementi.
Ho sentito dire che si vuole
commissariare la Sicilia, ma poi ho visto che le agenzie di rating
esprimono un giudizio molto negativo sul Piemonte. Eppure non ho ascoltato
nessuno parlare di commissariamento del Piemonte. (Commenti del senatore
Garavaglia Massimo).
Leggo quotidianamente di altre Nazioni
avanzate quanto noi sul tema del federalismo. Penso ad esempio alla Spagna:
vedo intere regioni spagnole chiedere l'aiuto dello Stato per evitare il default
delle loro istituzioni. Io sono particolarmente preoccupato del fatto che
esistono in molte Borse del turismo tre laghi di Garda, a seconda della Regione
che li sponsorizza. Insomma, c'è un limite a tutto. Anche per questo i
cittadini italiani che risiedono nelle Regioni in qualche modo svantaggiate da
questo tipo di impostazione vorrebbero che ci fosse una qualche linearità.
Credo che questo sia un emendamento che
possa aiutare il percorso federalista, ma poiché vedo un'ostilità di una parte
dell'Aula e di alcuni gruppi politici rispetto all'emendamento presentato dal
senatore Rutelli e da altri senatori, me compreso, che trovava un equilibrio
fra le diverse posizioni, e visto che la tecnica elettorale me lo impone, non
voterò nemmeno io a favore, perché sono contrario a questo tipo di federalismo
imposto con la forza da Regioni che non riusciranno mai ad imporre con le
ragioni della forza quelli che sono invece egoismi locali. (Applausi del
senatore Fleres).
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, ho chiesto di intervenire perché non mi pare giusto
ricondurre la crisi economica che stanno vivendo certe Regioni italiane... (Brusìo).
Potrei avere un po' di attenzione, anche da voi che avete parlato contro?
Come dicevo, non mi pare giusto pensare
di risolvere la crisi di certe Regioni tornando indietro. Ci si è mai chiesti
in quest'Aula perché in Paesi come la Svizzera, l'Austria e la Germania, che
hanno un assetto federalista molto avanzato e in cui le Regioni hanno
competenze fortissime, queste ultime siano più forti economicamente dell'Italia
che ha ancora un assetto centralista?
Parlerò solo del nostro piccolo assetto
per quanto riguarda ad esempio un tema che ha toccato il collega Rutelli, a
proposito della diversità nella promozione turistica. Noi della promozione
turistica dello Stato non eravamo affatto contenti: si promuovevano le spiagge e
basta, mentre noi abbiamo le montagne. Invece, da quando abbiamo potuto gestire
noi stessi la promozione, la sola Provincia di Bolzano, che ha 500.000
abitanti, è riuscita ad avere una quota annua di 30 milioni di pernottamenti e
di 4 milioni di turisti, caro senatore Rutelli. Questo, con le nostre forze,
perché è con la diversificazione che si presenta l'Italia nel mondo, è con la
sua varietà. (Commenti del senatore Asciutti). Non sono contro la
collaborazione tra le Regioni, ma non si può fare un unico discorso per tutta
l'Italia, quando la Sicilia ha un'esigenza di promozione di spiagge e di sole,
mentre in montagna bisogna promuovere la neve, le rocce e aspetti turistici
molto diversi.
In tutta questa disattenzione dell'Aula
che - devo dirlo, purtroppo - si presenta come una Costituente piuttosto
confusa, devo sottolineare che i Paesi che ho ricordato prima hanno avuto
successo perché si basano su nuove teorie che sono state sviluppate, anche
studiate in Italia.
Le diversità tra le Regioni ci sono
ovunque: l'Italia ha un Nord ricco e un Sud povero; c'era e c'è lo stesso
fenomeno in Inghilterra, con un Nord povero e un Sud ricco; c'è in Irlanda, e
c'è in Germania, che ha avuto e ha il problema dell'Est. Tutti i tentativi che
ci sono stati di industrializzare queste zone dal centro iniettando e
trasferendo il know how e trasferendo denaro e industrie in queste zone
sottosviluppate sono falliti. Leggetevi i libri di economia, per favore: è
«solo» dal 1600 che si sta lavorando su questo tema. Non vorrei tornare a
William Petty, che aveva cercato di regionalizzare il discorso del sviluppo
economico, o a François Perroux, Jacques Raoul Boudeville, Zvi Griliches, Edwin
Mansfield, R.D. Norton e John Rees, e finalmente ad una grande studiosa
italiana, Roberta Capello, che nel 2007 ha pubblicato un libro che ha per
titolo: «Territorial competitiveness and exogenous development».
La conclusione è molto semplice:
l'economia di uno Stato non va valutata a livello di suddivisione del suo
sviluppo sulle varie Regioni, ma consiste nella somma della capacità di
sviluppo e delle ricchezze sviluppate nelle singole Regioni. Per promuovere
queste non serve un centralismo che trasferisca con forza, come ad un bambino
col bavaglino, le industrie, il know-how o anche la tecnologia; quello
che serve è responsabilizzare queste zone - è stato detto un paio di volte in
quest'Aula - e farle maturare da sole. (Applausi dal Gruppo LNP).
Non sto parlando delle mie teorie
economiche, ma di economia politica, come si può verificare in testi di
rilievo, come quello che ho citato di Roberta Capello. Lo sviluppo lo si
realizza sul territorio cercando di aiutarlo attraverso un'azione di
responsabilizzazione, promuovendo le capacità che ci sono. Perché le capacità
ci sono, in Sicilia, in Calabria, e anche a Napoli: ma, per l'amor di Dio, la
soluzione non è quella di far sì che lo Stato centrale, due volte all'anno,
faccia una legge per eliminare i rifiuti a Napoli; non credo che questa sia la
soluzione per l'Italia.
Pertanto, sono contento che il collega
Boscetto tenga duro sulla linea di fare ciò che abbiamo concordato e non altro,
perché ne verrebbe fuori una pericolosa svolta verso il passato che non
risolverebbe i problemi dell'Italia ma li appesantirebbe di tanto, (Applausi
dei senatori Fosson e Fistarol e del Gruppo LNP).
Saluto ad un gruppo di giovani della
provincia di Bari
PRESIDENTE. Saluto un Gruppo di giovani della provincia di Bari che
sono in visita al Senato. A loro va il saluto dell'Aula. (Applausi).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
(ore 16,55)
PRESIDENTE. Colleghi, c'è ora un intervento in dichiarazione di
voto del senatore Viespoli e poi una serie di interventi che penso siano in
dissenso. In ogni caso, il senatore Viespoli non ha parlato e quindi ha la
parola; gli altri possono essere solo interventi in dissenso, perché questo
prevede il nostro Regolamento.
Ha facoltà di parlare il senatore
Viespoli.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Ho ascoltato con grande
interesse l'intervento del senatore Peterlini, checché ne pensi il collega, il
che significa che non c'è questa confusione che impedisce di seguire gli
interventi dei parlamentari. Ho ascoltato soprattutto l'ultima parte, e sarebbe
interessante misurarsi sull'impostazione che vede la centralità del territorio
in termini di sviluppo. Questo accade a Bolzano e anche nel Sud: è storia di
questo Paese cercare di costruire, a partire dalla vocazione e dalla
potenzialità del territorio, la consapevolezza che oggi la competizione non sta
solo nella fabbrica ma fuori della fabbrica, nel sistema territoriale, che
bisogna far crescere e accompagnare. Ma ciò non impedisce di fare una
riflessione che recuperi, nel rispetto di questa dimensione dello sviluppo
locale, ruolo e funzioni dello Stato nazionale su alcune opzioni fondamentali.
Il tema delle infrastrutture e il tema
dell'energia sono aspetti di queste opzioni, peraltro in linea con la riforma
costituzionale che la Lega a suo tempo propose e che generosamente costituì il
tentativo del centrodestra di determinare il superamento della confusione tra
competenze regionali e statali, per riportare nella dimensione dello Stato
nazionale alcune competenze fondamentali, nel pieno rispetto del ruolo e delle
funzioni delle Regioni.
Non animiamo una contrapposizione che
non c'è; piuttosto dobbiamo cercare una sintesi, e credo che l'emendamento vada
in questa direzione, nella direzione cioè non di un ritorno neocentralista, ma
di tentare di recuperare a massa critica alcune scelte, che sono di carattere
nazionale e che non inficiano né la cultura dello sviluppo locale né il
protagonismo regionale. (Applausi dal Gruppo CN:GS-SI-PID-IB-FI e
delle senatrici Sbarbati e Baio).
SCARPA BONAZZA BUORA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
SCARPA BONAZZA BUORA (PdL).
Signor Presidente, vorrei tranquillizzare il collega e amico Oskar Peterlini:
non vedo francamente aleggiare in questo ramo del Parlamento un bieco
centralismo, ma semplicemente la volontà di riportare un po' di ordine in un
approccio che abbia un significato. Né sono preso - e mi rivolgo al collega
della Lega - da uno strano rigurgito di centralismo: non mi appartiene. Ritengo
anzi che la battaglia che la Lega ha condotto per prima e conduce e che noi
abbiamo condotto per tanti anni con la Lega sia stata assolutamente da portare
avanti. Quindi nessun rigurgito, state tranquilli.
Tuttavia, francamente, ho ascoltato
alcune affermazioni che secondo me hanno un certo significato. In particolare,
il richiamo al fatto che il commercio estero debba essere materia di competenza
dello Stato, che la politica internazionale non sia una politica delle
Regioni... (Commenti del senatore Peterlini). Senatore Peterlini, stia
sereno!...che non abbia alcun senso che le Regioni, specialmente le più ricche,
ma a volte anche le più povere, abbiano sedi più o meno faraoniche in giro per
il mondo, dove governatori - a parte che questo nome mi ripugna - o
pseudogovernatori si mettono a fare politica estera alla stregua di piccoli
Capi di Stato, di piccoli maharaja. Questo francamente non è solo fastidioso,
ma comporta alla fine danni evidenti per il Paese.
Vi racconto un piccolo aneddoto che mi
capitò quando mi occupavo per il Governo di pesca. Dovetti lavorare non poco,
tra l'altro anche chiedendo l'aiuto dell'allora Presidente della Commissione
europea, che non era propriamente della mia parte politica, perché una Regione
a Statuto speciale aveva deciso di esercitare il fermo biologico della pesca
senza minimamente concertarlo con Bruxelles. Questo aveva determinato da parte
di Bruxelles una procedura di infrazione, nei confronti non di quella Regione
autonoma, ma dell'Italia, perché è chiaro che il riferimento è sempre
all'Italia. Sono quindi aspetti che vanno considerati con la massima attenzione.
(Applausi del senatore De Angelis).
BAIO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Bravo!
SCARPA BONAZZA BUORA (PdL).
Senatore Rutelli, condivido molte delle cose che lei ha detto. Sul problema
della Croazia e dell'offerta turistica di quel Paese, lei sa meglio di me che
molte barche italiane si sono dirette quest'anno in Croazia per motivazioni
diverse: probabilmente, anzi sicuramente, per la politica fiscale dell'attuale
Governo, che ha penalizzato in maniera importante la nautica da diporto di
tutto il mare Adriatico, con danni incalcolabili per l'economia nazionale. (Applausi
della senatrice Rizzotti).
Tuttavia, differenziandomi dalla
posizione del mio Gruppo e del senatore Boscetto (e di questo mi dispiaccio),
venendomi in soccorso l'insegnamento del vice presidente Quagliariello, che
qualche settimana fa mi ha insegnato che Gladstone tra il punto di vista suo
personale e quello del Gruppo di appartenenza sceglieva quest'ultimo, e non
potendo, nello stesso tempo, contravvenire al Regolamento, così come mi è stato
segnalato dal presidente di turno senatore Chiti, non voterò né a favore
dell'emendamento Rutelli, né contro di esso, ma mi asterrò, seguendo il suo
richiamo quanto mai opportuno, signor Presidente.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal
senatore Rutelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 11.0.213, presentato dal senatore Rutelli e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n. 24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.214.
PASTORE (PdL). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASTORE (PdL). Lo ritiro, signor
Presidente.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento
11.0.215, presentato dal senatore Fistarol.
Non è approvato.
L'emendamento 11.0.832 è stato
ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 11.0.216,
presentato dal senatore Valditara.
Non è approvato.
L'emendamento 11.0.833 è stato
ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.217.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore
Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
avanzata dal senatore Fistarol, risulta appoggiata dal prescritto numero di
senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).(
Commenti del senatore Peterlini).
Se la matematica non è un'opinione, la
richiesta non risulta appoggiata.
Metto pertanto ai voti l'emendamento
11.0.217, presentato dal senatore Fistarol.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.218.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, intervengo per terminare le dichiarazioni di voto sui tre
emendamenti a mia prima firma. Il terzo di essi, l'emendamento 11.0.218,
interviene sull'articolo 118 della Costituzione e propone che le forme di
coordinamento tra lo Stato e le Regioni, che già vengono indicate dall'articolo
118 con riferimento alle politiche per l'immigrazione e a quelle per l'ordine
pubblico e la sicurezza - così come indicato dall'articolo 117 - siano estese
alla materia dei livelli essenziali delle politiche sociali e assistenziali.
Ho sentito le cose che sono state
dette, tutte rispettabilissime, ma che testimoniano ancora la sorprendente
confusione - chiedo perdono - tra ciò che è la potestà esclusiva e ciò che è un
compito concorrente tra Stato e Regioni. Sono sbalordito ad esempio che il
collega senatore Peterlini - lo dico sinceramente, per l'amicizia che ho per
lui - confonda il fatto che definire «di legislazione concorrente» la materia
del turismo e non più di legislazione esclusiva da parte delle Regioni - il che
è folle - faccia sì che sia Roma ad occuparsi delle spiagge o delle montagne.
Roma - ovvero lo Stato italiano - si occupa della competitività del Paese.
Saranno le Regioni ad occuparsi autonomamente della promozione, ma all'interno
di una cornice unitaria: la strategia del turismo spetta allo Stato, la
promozione, in legislazione concorrente, spetta alle Regioni.
Quindi, non potrà promuovere le
montagne una Regione che non ne ha: per la verità quasi tutte le Regioni ne
hanno (anche la Puglia ha le Murge). Diciamo allora che la Puglia non potrà
promuovere le montagne del Nord, né il Trentino o l'Alto Adige potranno
promuovere il mare, ma avranno entrambe una cornice di promozione unitaria.
Questa era la logica di una proposta
che, secondo me, onorevoli colleghi, rimane attualissima, se non riteniamo che
il turismo debba continuare ad essere una componente assolutamente deficitaria,
mentre ha le potenzialità per diventare, nella crisi economica, una componente
strategica e molto positiva. In questo caso, si propone di intervenire
sull'articolo 118 della Costituzione, nella terza fattispecie, dove è prevista
la collaborazione, nella parte in cui si dice, al terzo comma dell'articolo,
che «la legge statale disciplina forme di coordinamento tra Stato e Regioni»
nelle materie che ho citato in precedenza, ovvero l'immigrazione e la
sicurezza: questo è ciò che attualmente avviene.
L'emendamento propone dunque di
aggiungere anche la parte riguardante la determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che come sapete
esige, per l'esattezza, la collaborazione tra lo Stato e le Regioni.
Questo è il senso dell'emendamento
11.0.218, sul quale chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo,
mediante procedimento elettronico. (Applausi dal Gruppo Per il Terzo
Polo:ApI-FLI).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Rutelli,
risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento
elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 11.0.218, presentato dal senatore Rutelli e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. L'emendamento 11.0.834 è
stato ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.219.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, mi sembra che stiamo sottovalutando gli emendamenti in esame
che riguardano la soppressione delle Province, in un momento in cui è in atto
un dibattito molto importante in tutte le nostre Regioni sulla soppressione
all'italiana, cioè sulla soppressione parziale o ad libitum delle
Province stesse, con una gara, che ormai è diventata un fatto quasi sportivo
negli ultimi giorni, fra i diversi Comuni i quali, a seconda dei desiderata
del Governo - che un giorno vuole 350.000 cittadini, un altro giorno un certo
numero di metri quadri - decidono che cosa può essere più conveniente, ossia se
essere inseriti nel territorio di una Provincia in modo tale da mantenere in
piedi quella Provincia o meno.
Pensiamo che si debba essere
coraggiosi, si debba decidere se mantenere in piedi le Province, se ancora ha
un senso mantenerle in piedi, svuotate come sono ormai di funzioni da parte del
Governo, perché praticamente sono attribuite loro soltanto le funzioni della
programmazione e del raccordo delle azioni sul territorio, cioè quelle
competenze e quelle funzioni di area vasta che probabilmente possono essere
svolte bene e sufficientemente dai Comuni capoluogo, che già le svolgono, o
dalle stesse unioni dei Comuni, che già le svolgono.
Abbiamo chiesto che sia obbligatoria
l'unione dei Comuni per quelli con meno di 5.000 abitanti, che siano abolite le
Province e che semmai vi sia una ridefinizione dei confini per Regioni che oggi
(come è nel caso della mia Regione, la Puglia) sono particolarmente grandi (400
chilometri sono veramente tanti), ridefinizione che può rappresentare un
elemento di razionalizzazzione.
È assurdo che da un lato si discuta di
una sorta di risparmio su un certo numero di Province e dall'altro non si abbia
il coraggio, in un disegno di legge costituzionale (è evidente come
l'abolizione delle Province sia materia esclusivamente costituzionale), di
votare sull'abolizione delle stesse.
Per quello che mi riguarda sono
assolutamente a favore, ma ritengo di poter parlare anche a nome del Gruppo di
Coesione Nazionale (Grande Sud) rispetto all'abolizione delle Province, anche
perché abbiamo presentato in questo senso un disegno di legge costituzionale
che praticamente trova riscontro negli emendamenti da noi presentati (e poi
successivamente ritirati solo per un fatto: perché in quegli emendamenti
avevamo inserito anche l'abolizione delle Città metropolitane e, come si suol
dire, melius re perpensa, abbiamo ritenuto fosse utile abolire
esclusivamente le Province). Questo - ripeto - con un atto deciso di coraggio
perché, se è vero che dobbiamo procedere anche ad una riforma di carattere
istituzionale sul nostro territorio, non possiamo che abolire quegli enti che
oggi non svolgono assolutamente più una funzione e che praticamente costano
moltissimo al nostro Stato.
Se il problema è - come è - quello di
pensare a tutto il personale che lavora nelle Province, noi abbiamo presentato
un emendamento ad hoc, in quanto è giusto farsi carico anche di tutto
quel personale, che può benissimo spendere la propria professionalità sia nelle
Regioni, sia nei Comuni, sia eventualmente negli altri enti territoriali.
Per queste ragioni, voteremo a favore
dell'emendamento 11.0.219, presentato dal senatore Fistarol. (Applausi dal
Gruppo CN:GS-SI-PID-IB-FI).
DE ANGELIS (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE ANGELIS (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Signor Presidente, anch'io voterò a favore di questo
emendamento. Infatti, nella discussione sulla spending review, che
prevede l'abolizione di alcune Province e il mantenimento di altre in virtù di
valori che non sono rappresentativi di ciò che oggi le Province fanno nel territorio,
o comprendiamo che le funzioni attribuite alla Provincia dall'ordinamento
istituzionale italiano, anche rispetto ai servizi forniti ai cittadini
(attualmente le Province si interessano di viabilità, trasporto, scuole
secondarie), hanno una ragion d'essere, e allora debbono essere mantenute,
oppure stabiliamo che le loro funzioni possono essere trasferite ai Comuni e
alle Regioni. Questa discussione, pertanto, è inutile, anche se probabilmente
ci interesserà per le prossime settimane a seguito delle proteste delle
Province abolite, di quelle assorbite da altre e quindi di una dislocazione
territoriale che porterà soltanto confusione.
Ripeto, o le Province hanno funzioni
proprie e vengono mantenute oppure le materie di cui si occupano attualmente
possono essere distribuite - e in realtà lo possono - tra Comuni e Regioni e,
quindi, per ragioni di risparmio, ma anche di razionalizzazione dei servizi, è
giusto che esse vengano abolite.
Per questi motivi voterò a favore
dell'emendamento 11.0.219.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, non sono intervenuto finora ad illustrare il piccolo
complesso di emendamenti da me presentati, tendenti all'abolizione delle
Province, perché non mi pare che il clima dell'Aula sia tale da consentire una
riflessione profonda sull'assetto costituzionale del Paese. Tuttavia, poiché vi
sono colleghi, che ringrazio - in particolare la senatrice Poli Bortone - che
hanno dimostrato di prendere sul serio questi emendamenti, desidero brevemente
illustrarne il senso, che, tra l'altro, è in sintonia con due diversi disegni
di legge che ho avuto modo di presentare, ambedue contenenti l'abolizione delle
Province.
Approfitto della presenza in Aula di
due illustri rappresentanti del Governo per anticipare una mia opinione, anche
se spero che i fatti mi diano torto. Credo che la strada scelta dall'Esecutivo,
nell'ambito della revisione di spesa, porterà ad un grande pasticcio. Capisco
il senso della decisione del Governo, ma la scelta di ridurre della metà le
Province italiane provocherà nel Paese la sagra dei localismi. Ciascuno si
alzerà per ribadire l'assoluta necessità di mantenere la propria identità
provinciale e le Regioni avranno un compito molto difficile nel cercare di
riordinare il loro assetto amministrativo sulla base delle indicazioni del
Governo.
La strada maestra è una sola: non c'è
una sola funzione in questo Paese, attualmente detenuta dalle Province, che non
possa essere trasferita ai Comuni o alle Regioni. Neanche una. (Applausi dal
Gruppo CN:GS-SI-PID-IB-FI). Da anni inventiamo funzioni da
attribuire alle Province, perché non abbiamo il coraggio di eliminarle.
Credo ancora una volta, in tempi in cui
il federalismo è ormai merce decaduta, che per una cultura autenticamente
federalista la strada sia una sola: occorre abolire le Province. Se crediamo
nel federalismo, come io credo, dobbiamo consentire alle Regioni di istituire
livelli intermedi; chiaramente, le Regioni devono farsi carico della spesa
burocratica di tale decisione, e quindi laddove, in situazioni molto
particolari (penso, ad esempio, ad alcune aree costiere, alle isole e ad aree
di montagna, che io conosco molto bene, dove forse livelli di questo tipo
possono essere utili), si ravvisi la necessità di un livello amministrativo, le
Regioni devono assumersi la responsabilità di individuare ed istituire l'ambito
e di fare fronte ai costi conseguenti.
La strada maestra, signori
rappresentanti del Governo, è l'eliminazione delle Province; credo, infatti,
che un'indicazione generica sulla base di criteri del tutto astratti - come
quelli individuati dal Governo - non porti da nessuna parte o comunque porti a
decisioni che francamente mi sembrano senza senso.
Pertanto, gli emendamenti a mia firma
sono volti a dare una forte indicazione affinché il nostro Paese abbia il
coraggio di eliminare qualcosa: infatti, in Italia continuiamo a discutere, ma
nel momento in cui dobbiamo tagliare qualcosa ciascuno difende sempre i propri
ambiti amministrativi, le proprie corporazioni e la propria situazione
particolare, demandando le decisioni ad un Governo centrale.
Dunque, eliminiamo le Province e poi,
sulla base di questa eliminazione, facciamo in modo che, Regione per Regione,
si operi una seria riflessione sul tema.
Su questo emendamento chiedo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
(Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI e
CN:GS-SI-PID-IB-FI).
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole sull'emendamento 11.0.219,
presentato dal senatore Fistarol.
L'abolizione delle Province con una
norma costituzionale è una vecchia battaglia repubblicana, ma non voglio
rivendicare meriti storici: voglio svolgere valutazioni che si collocano
nell'attuale contingenza istituzionale e politica.
Oggi ci troviamo di fronte ad una serie
di provvedimenti del Governo, che dovremo discutere, i quali prevedono le
unioni di Comuni, l'obbligo di aggregazione fra i Comuni minori e affidano alle
Regioni il compito di definire le funzioni e la struttura di tali unioni. Se
manterremo le Province, accorpandole, anche in alcuni casi limitati, avremo
un'ulteriore duplicazione, cioè quella delle Province con quella dell'unione
dei Comuni.
L'abolizione della previsione
costituzionale delle Province - come correttamente evidenziato dalla senatrice
Poli Bortone e dal senatore Fistarol - semplifica il nostro ordinamento,
consentendo che proprio le articolazioni periferiche dello Stato siano più
capaci di rispondere alle esigenze delle comunità locali. D'altro canto, nella
storia italiana il punto di riferimento sono sempre stati i Comuni. Le Province
le abbiamo ereditate dall'esempio napoleonico, non fanno parte della nostra
storia e della nostra cultura.
Dovremmo avere il coraggio, una volta
tanto, di affrontare una riforma che sia effettivamente incisiva. So - e lo
dico con tutto l'affetto che nutro per lui - che quel mastino del mio amico
Boscetto, che sta qui a tutelare la intangibilità del testo, dirà di no, ma
vorrei ricordargli che negli anni giovanili è stata una sua battaglia
l'abolizione delle Province.
Approvando l'emendamento 11.0.219
determineremmo una maggiore responsabilizzazione delle Regioni perché sarà loro
compito definire gli ambiti territoriali, le funzioni che devono essere gestite
collegialmente dalle unioni dei Comuni e quelle che avocheranno a sé stesse. Al
riguardo, consentitemi di dire che, quando furono istituite, si pensava a delle
Regioni con funzioni programmatorie e pianificatorie. Progressivamente, abbiamo
assistito alla loro evoluzione in Regioni con compiti gestionali.
Ebbene, i compiti gestionali delle
Regioni hanno progressivamente reso ancora più inutile l'istituto della
Provincia. Se noi aboliamo la Provincia, obblighiamo le stesse Regioni a
ricercare forme diverse basate sull'aggregazione dei Comuni per i compiti
gestionali. Se decidiamo di mantenere la previsione costituzionale delle
Province, creiamo un ennesimo pasticcio che provocherà rivolte su ogni fronte,
così come è accaduto per i tribunali e per gli ospedali. Ci si chiederà: perché
quella è stata soppressa e quell'altra no? Quale va accorpata, e con chi?
Apriremmo di nuovo la strada al conflitto di tutti i localismi.
Dobbiamo avere il coraggio di approvare
una riforma che sia seria ed incisiva. Ecco le ragioni per cui voterò a favore
dell'emendamento 11.0.219, presentato dal senatore Fistarol.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, intervengo per spiegare brevemente con due argomentazioni i
motivi per cui esprimerò un voto contrario sull'emendamento 11.0.219 che tende
a sopprimere le Province o, comunque, ad espungerle dallo schema
costituzionale. I motivi sono due.
Il primo. Nel mio schema di Paese ci
sono le Regioni che dovrebbero programmare le funzioni che lo Stato ha devoluto
loro, ma non gestire. Ogni qual volta c'è promiscuità fra programmazione e
gestione a livello regionale non solo si assiste, come sanno i colleghi che
frequentano il territorio, ad una sorta di neocentralismo regionale, ma
aumentano i fenomeni preoccupanti per la tenuta, non solo politica ma anche
morale, del nostro Paese. La differenziazione fra programmazione e gestione
andrebbe dunque mantenuta. Se questo è lo schema, alcune funzioni di area vasta
non possono essere passate direttamente ai municipi: è necessario un ente
intermedio che gestisca alcune di tali funzioni impedendo che lo facciano le
Regioni.
Il secondo motivo è, secondo me, più
importante del primo. Spesso e volentieri l'istituzione Provincia fa rete con
gli altri enti locali e riesce a tutelare e a difendere tante piccole realtà
istituzionali, tanti piccoli municipi i cui territori altrimenti, senza l'ente
intermedio, sarebbero destinati allo spopolamento. L'idea dello spopolamento,
anche istituzionale, che poi riguarda il sociale, il mondo delle imprese,
quelle piccolissime che fanno del pluralismo istituzionale, economico e sociale
la ricchezza del nostro Paese, crea - come qualcun altro ha detto - deserto.
Credo che le Province debbano essere riviste. Pensare di sopprimerle favorisce
il processo di desertificazione, e nel deserto non c'è mai né crescita, né
sviluppo; non c'è futuro del Paese. Nel deserto, anche nel deserto
istituzionale, c'è solo morte.
Mi preoccupa l'idea di sopprimere le
Province perché ad essa seguirà la soppressione di tante piccole realtà
comunali e l'abbandono del territorio che, di conseguenza, comporterà il
ritorno ad una centralizzazione, anche istituzionale, dopo quella economica e
sociale, che a mio avviso rappresenterebbe una regressione per il Paese e non
una modernizzazione.
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor
Presidente, intervengo per fare chiarezza e per ricordare all'Aula che
l'emendamento soppressivo delle Province quali enti costituenti della
Repubblica lo abbiamo votato e bocciato questa mattina, quindi le dichiarazioni
che sento non c'entrano assolutamente niente con l'emendamento che stiamo per
votare.
PRESIDENTE. Lei ha perfettamente ragione, senatore Calderoli,
infatti questo riguarda l'autonomia finanziaria.
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo,
precedentemente avanzata dal senatore Fistarol, risulta appoggiata dal
prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 11.0.219, presentato dal senatore Fistarol.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Gli emendamenti 11.0.220 e
11.0.835 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 11.0.221.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, lei sa che non potevo parlare prima perché erano intervenuti
altri membri del mio Gruppo. Vorrei tra l'altro manifestare che il mio Gruppo è
naturalmente favorevole alla abolizione delle Province ordinarie (Commenti
dal Gruppo LNP). Non c'è niente da commentare, perché sapete benissimo che
lo Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige è ancorato internazionalmente,
pertanto non si potrebbe neanche toccare e, come tutti sanno, non ha il proprio
fondamento nell'articolo 122, ma nell'articolo 116 della Costituzione. La
precisazione quindi era dovuta, ma naturalmente non necessaria dal punto di
vista giuridico.
Volevo solo tranquillizzare il senatore
Rutelli, che pensava che non sapessi che il turismo è di competenza primaria.
Naturalmente lo sappiamo, come sappiamo che il commercio estero è di competenza
concorrente tra Stato e Regioni, ma proprio questo era il problema, senatore
Rutelli. Non era colpa del suo Ministero, ma il problema era già molto
antecedente. Nel 1993 (prego i colleghi di fare una prova di memoria storica:
io ce l'ho perché ho anche vissuto queste cose) le Regioni d'Italia (non solo
cinque, ma molte di più) e poi il popolo italiano hanno chiesto l'abolizione
del Ministero del turismo e del Ministero dell'agricoltura (poi purtroppo,
com'è tipico in Italia, furono ristabiliti come Dipartimenti della Presidenza
del Consiglio), perché erano carrozzoni che non funzionavano.
Tutti ricorderanno i tempi dell'ENIT,
con funzionari strapagati in tutti i posti, o dell'ICE, l'istituto che si
occupava delle esportazioni. Io ho vissuto quel contesto, sono anche andato a
visitarli: grandi carrozzoni, grandi feste, grandi ricevimenti. I nostri
imprenditori che andavano all'estero ricevevano una lista per contattare poi le
varie ditte di quel Paese e qui si esauriva il ruolo di quelle strutture.
Naturalmente c'erano eccezioni a questo, c'erano bravissimi funzionari che
lavoravano bene, ma la maggior parte della nostra economia soffriva di questo
stato di cose, e anche le Regioni soffrivano. Esse infatti avevano molto da
proporre, e lo hanno proposto: i dati dicono che da quando quel sistema è stato
abolito, da quando le Regioni hanno avuto competenze anche nel turismo, le cose
vanno meglio (non solo da noi, ma in tutta Italia). Volevo solo precisare
questo.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 11.0.221, presentato dal
senatore Fistarol.
Non è approvato.
L'emendamento 11.0.222 è stato
ritirato.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, posso fare mio l'emendamento 11.0.222, ritirato dal senatore
Calderoli?
CALDEROLI (LNP). No, non è
possibile, l'avevo ritirato in precedenza.
PRESIDENTE. Ho annunciato ora che
l'emendamento è stato ritirato, ma era stato ritirato precedentemente.
L'avrebbe potuto fare se la scelta di fare suo l'emendamento fosse stata
contestuale. Ricordo gli emendamenti ritirati solo per dare maggiore ordine ai
lavori.
Metto ai voti l'emendamento 11.0.223,
presentato dal senatore Fistarol.
Non è approvato.
L'emendamento 11.0.836 è stato
ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 11.0.224,
presentato dal senatore Fistarol.
Non è approvato.
Procediamo alla votazione degli emendamenti
presentati all'articolo 12.
Metto ai voti l'emendamento 12.200,
presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 12.
È approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 12.0.200.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POLI BORTONE (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, l'emendamento 12.0.200 interviene coerentemente con la
soppressione delle Province. Lo dico anche a beneficio di un giornalista che
qualche giorno fa, su un giornale nazionale, ha detto che io volevo risparmiare
sul Parlamento, ma volevo poi aumentare le Regioni. No: io volevo dimezzare la
Camera, annullare il Senato e fare il Senato delle autonomie, obbligare
all'unione dei Comuni, abolire le Province e rivedere il disegno delle Regioni.
Qui non ho fatto nient'altro che
inserire nomi di Regioni che, tra l'altro, sono contenuti in disegni di legge
presentati dai colleghi, volti ad esempio alla separazione dell'Emilia dalla
Romagna (che, com'è noto, non sono nel Mezzogiorno d'Italia). Ho ripreso il
Principato di Salerno - mi rivolgo ai colleghi del PdL - perché il Presidente
della Provincia di Salerno è stato l'animatore del referendum, quindi
immagino che i colleghi del PdL abbiano condiviso l'attività molto frenetica di
quel Presidente. Mi rivolgo inoltre agli amici di Puglia (anche del PdL), che
hanno condiviso l'istituzione della Regione Salento.
Mi rivolgo quindi a tutti quanti coloro
che hanno condiviso il principio, e tanto l'hanno condiviso che hanno
partecipato alle manifestazioni, alle sottoscrizioni, ai gazebo vari che
c'erano in giro, alla raccolta di firme e alla presentazione di disegni di
legge. Immagino pertanto che, chiedendo la votazione elettronica, avrò il
conforto di tanti colleghi che attivamente hanno partecipato, sul territorio
italiano, alle iniziative per la costituzione delle nuove Regioni. (Applausi
dal Gruppo CN:GS-SI-PID-IB-FI e del senatore Scarpa Bonazza Buora).
Su questo emendamento chiedo la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, vorrei chiedere alla senatrice proponente se, assieme
all'istituzione del Principato di Salerno, c'è anche l'individuazione del
principe (nella figura del sindaco De Luca, I suppose). (Commenti
dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL).
Vorrei inoltre dire, signor Presidente,
che in parallelo io aderisco alla richiesta di voto elettronico e dichiaro che
voterò contro. Reputo che il nostro problema, semmai, sia quello di accorpare
le Regioni, non di moltiplicarle. (Applausi del senatore Valditara).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare per
dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, vorrei dire al senatore Rutelli che, non sia mai l'autore de
"Il Principe" vedesse o ascoltasse il dibattito, credo che qualche
problema ce lo porrebbe, sul terreno della qualità della politica. (Applausi
del senatore Fleres).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Poli
Bortone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la
votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 12.0.200, presentato dalla senatrice Poli Bortone.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, vorrei segnalare che nella precedente votazione elettronica
non ho fatto in tempo a votare e che il mio voto sarebbe stato di astensione.
PRESIDENTE. La Presidenza ne prendo atto.
Metto ai voti l'emendamento 12.0.201,
presentato dal senatore Fleres.
Non è approvato.
Gli emendamenti 12.0.830 e 12.0.202
sono stati ritirati.
Metto ai voti l'emendamento 12.0.203,
presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.
Non è approvato.
Gli emendamenti 12.0.831, 12.0.832 e
12.0.833 sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento
12.0.204.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FISTAROL (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, intervengo solo per motivare il ritiro di questo
emendamento, perché esso sarebbe stato conseguente, o comunque organico,
all'eliminazione delle Province, dando modo alle Regioni, come i colleghi
possono leggere, di istituire quel livello amministrativo intermedio soltanto
laddove fosse ritenuto necessario.
Non essendo stato accolto l'emendamento
sull'eliminazione delle Province, ritiro pertanto questo emendamento.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 12.0.205, presentato dai
senatori Valditara e De Angelis.
Non è approvato.
L'emendamento 12.0.206 è stato
ritirato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 12.0.207.
PALMA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PALMA (PdL). Signor Presidente,
ho ascoltato prima l'intervento del senatore Boscetto, il quale - lo dico con
affetto - nel giustificare la sua posizione di conservazione del testo, ha
detto che, in fin dei conti, il suo compito è quello di salvaguardare la
posizione del Gruppo, portando cioè a compimento la riforma che era oggetto
dell'accordo, più il Senato federale e il semipresidenzialismo.
Orbene, l'emendamento che ho presentato
evidentemente fuoriesce dallo schema segnalato dal senatore Boscetto e riguarda
un punto abbastanza delicato: l'elettorato attivo per la Corte costituzionale.
Secondo l'attuale articolo 135 della Costituzione, i giudici costituzionali
sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori
ordinaria e amministrative, i professori ordinari di università in materie
giuridiche e gli avvocati dopo vent'anni di esercizio. Questo riguarda il
cosiddetto elettorato passivo.
L'emendamento che ho presentato
attiene, invece, esclusivamente all'elettorato attivo, che è disciplinato dal
primo comma, dell'articolo 135, secondo cui, per la parte che riguarda le
magistrature, parteciperebbero all'elezione dei giudici costituzionali solo ed
esclusivamente le supreme magistrature ordinaria ed amministrative. Al di là di
alcuni problemi interpretativi (ossia la differenziazione tra suprema
magistratura e magistratura superiore), cosa accade nella realtà? Nella
magistratura ordinaria, ad esmpio, accade che i giudici costituzionali vengano
eletti solo ed esclusivamente dai magistrati della Corte di cassazione, cioè da
un ristretto numero di magistrati rispetto all'intero corpo della magistratura
ordinaria. Se questa affermazione aveva un senso nel 1948 (ossia all'epoca
dell'entrata in vigore della nostra Costituzione, che vedeva e che si ancorava
ad una concezione verticistica della magistratura), credo che però non si
attagli più all'attualità dei nostri tempi. Ritengo, sostanzialmente, che sia
più logico che i rappresentanti di una magistratura ordinaria o di una
magistratura amministrativa vengano eletti dal complesso dei magistrati
rispettivamente in esse inquadrati.
Ciò, anche per un'altra ragione: quando
il corpo elettorale è ristretto, può accadere che, in ordine alla scelta della
persona da eleggere, possano incidere valutazioni che non riguardano la
capacità e la professionalità del soggetto o valutazioni di altro genere.
Un esempio. Se per ipotesi -
evidentemente non parlo delle magistrature italiane, ma faccio l'ipotesi della
magistratura di un altro Paese che abbia condizioni simili alle nostre - si
deve ad esempio procedere alla votazione di un giudice costituzionale, inciderà
o non inciderà sulla scelta la possibilità di diventare primo Presidente di
quella Corte, di quella magistratura o Procuratore generale o quant'altro, così
per ipotesi bloccando per un certo periodo di tempo quel determinato incarico
direttivo? Ovvero - riporto un altro esempio - se il corpo elettorale è
particolarmente ristretto, può accadere, in un determinato momento storico, che
quel corpo elettorale attivo registri una presenza eccessiva, rispetto
all'intera rappresentanza dell'intera magistratura, di una certa componente, ad
esempio correntizia, con tutto quello che ne deriva in termini di elezioni.
Mi pare che allargare l'elettorato
attivo a tutta la magistratura ordinaria, per l'aliquota della magistratura
ordinaria, ed a tutta la magistratura amministrativa (Corte dei conti,
Consiglio di Stato e TAR), per quello che riguarda la giurisdizione
amministrativa, per un verso assicuri il risultato che chi viene eletto sia
realmente il rappresentante di quella magistratura e per altro verso impedisca
che sulla scelta del candidato e sulla votazione possano incidere circostanze e
condizioni del tutto diverse dalla capacità e dalla professionalità che sono
implicitamente richiamate nel secondo comma dell'articolo 135 della
Costituzione, quando si fa riferimento a professori ordinari e avvocati dopo
vent'anni di esercizio, ovvero magistrati delle giurisdizioni superiori, cioè a
magistrati, professori o avvocati che hanno un'ampia esperienza di lavoro e
conseguentemente, si presume, un'ampia professionalità. (Applausi dal Gruppo
PdL e dal senatore Viespoli).
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Vorrei
rapportarmi con il senatore Palma, con la stima e l'amicizia che ho per lui e
soprattutto con l'enorme rispetto che ho per la sua intelligenza.
Non si può dire che un intervento come
questo sulla Corte costituzionale si inserisca nella linea che abbiamo voluto
dare a questo provvedimento. Quando uscirà dal Senato questo provvedimento,
bisognerà che abbia delle caratteristiche ben precise: sarà una legge sul
semipresidenzialismo e non una legge che cambia la Corte costituzionale, perché
questo potrebbe creare una serie di ricarichi massmediatici negativi che
finirebbero per mettere in sottordine l'argomento principale e far dire che il
Senato ha voluto attentare alla Corte costituzionale. Queste sono le cose che
poi succedono.
Noi non vogliamo intervenire sulla
Corte costituzionale ed i nostri interventi, come abbiamo citato più volte, per
esempio quello sul CSM, che non è più presieduto dal Presidente della
Repubblica, sono funzionali alla novità di un Presidente eletto dal popolo che,
essendo la suprema magistratura operativa, non può rimanere la suprema
magistratura di garanzia, come è oggi, quando il Presidente della Repubblica
presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Che dire quindi? Se fossi relatore,
potrei chiedere al senatore Palma di ritirare l'emendamento, ma nel mio ruolo
posso soltanto annunciare che il voto del Gruppo sarà contrario.
CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLI (LNP). Signor
Presidente, abbiamo ascoltato attentamente l'intervento del collega Palma ed
abbiamo attentamente valutato l'emendamento 12.0.207. Che esista una questione
sulla composizione della Corte costituzionale, credo che sia in re ipsa.
Quante volte il presidente Berlusconi, anche con toni polemici, ha sollevato il
problema della politicizzazione della Corte? Si tratta di un tema che prima o
poi dovrà essere affrontato e sicuramente la proposta del collega Palma ha una
sua assoluta dignità.
Ma la questione secondo noi pone due
problemi. Il primo è di sostanza: si affronta parzialmente la questione perché,
almeno per quanto mi riguarda, anche il Presidente della Repubblica oggi ha un
potere che ritengo in qualche modo eccessivo, potendo nominare un terzo dei
componenti della Corte. Abbiamo visto che gli ultimi Presidenti della
Repubblica si sono orientati verso un'unica posizione. Noi riteniamo quindi che
il tema è talmente importante che andrebbe affrontato in maniera probabilmente
più organica.
La seconda questione che convince anche
noi a sollecitare il senatore Palma a ritirare l'emendamento 12.0.207 è una
questione di euristica. Vorrei ricordare che metà Aula è vuota proprio perché
siamo stati accusati di avere affrontato il tema della riforma costituzionale a
colpi di emendamenti, senza il necessario approfondimento in Commissione.
Credo che il testo che verrà fuori da
quest'Aula sia ottimo; è un testo che dobbiamo a tutti i costi cercare di
proporre al popolo italiano. È del tutto evidente che abbiamo il problema di
farlo approvare anche dalla Camera, ed è chiaro che meno questioni mettiamo sul
tappeto e più probabilità abbiamo che ciò accada. Diversamente, avremo molte
problematiche, molta carne al fuoco, come si suol dire, su cui gli incidenti di
percorso si possono moltiplicare.
Ritengo che anche in questo caso
l'ottimo sia nemico del bene. Il bene è il testo che sta venendo fuori. Ripeto,
anch'io sono insoddisfatto del fatto che abbiamo dovuto ritirare gli
emendamenti sulla corte di disciplina del CSM, un tema che a me personalmente
sta a cuore da oltre dieci anni e che non sono mai riuscito a risolvere, né al
Governo né oggi in Parlamento. Ma, ripeto, bisogna anche fare un atto di
realismo e capire che cosa si può proporre. Ritengo che il testo che stiamo
approvando sia già al limite estremo della proponibilità all'altro ramo del
Parlamento. Credo che sia prudente fermarsi qui e non rischiare ulteriori
incidenti di percorso.
Spero che il senatore Palma abbia
capito quale sia il nostro atteggiamento: non certo di chiusura verso la
sostanza del suo emendamento, ma di praticabilità parlamentare. (Applausi
dal Gruppo LNP).
BATTAGLIA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
BATTAGLIA (PdL). Signor
Presidente, per quanto concerne le dichiarazioni del senatore Boscetto, che
rispetto, stimo, apprezzo e a cui voglio tanto bene, mi dispiace ma sento la
necessità di intervenire, perché sono fortemente convinto della validità
dell'emendamento del senatore Palma, e chiedo che vi venga aggiunta la mia
firma.
Rilevo come quest'Aula si sia
trasformata in un grande teatro dove tutti cercano di dire e di attingere ad
argomentazioni pattizie, come se il dibattito parlamentare fosse qualcosa di
estraneo al confronto e alla dialettica attraverso la quale ci si confronta nei
contenuti e nelle fattispecie.
Non capisco, per esempio,
l'atteggiamento del PD, che accusa il centrodestra di non volere la riduzione
dei parlamentari e, ad un certo punto, cosa fa? Tenuto conto che ha già
condiviso le conclusioni della Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole
D'Alema, che puntava sul semipresidenzialismo, ad un certo punto utilizza lo
strumento della bocciatura del presidenzialismo, portato avanti dal
centrodestra. Attraverso il relativo emendamento, che non era stato pattuito,
il PD trova la scusa per giustificare e aggredire il centrodestra, perché non
vuole la riduzione dei parlamentari, quando è il PD, con la sua assenza, a non
voler partecipare a quel dibattito riformatore del sistema costituzionale,
proprio perché non vuole la riduzione dei parlamentari. Approfitta quindi di
questi argomenti dicendo che tutto ciò non era stato pattuito, come se il
Parlamento fosse un'astrazione rispetto al confronto parlamentare.
Ecco per quale motivo non mi
scandalizzo se tante cose non pattuite diventano punto di scandalo. Tanti fatti
più scandalosi sono accaduti in questa legislatura, dove parlamentari che avevano
un patto con gli elettori lo hanno tradito e sono andati al di là dello spirito
della loro elezione: e noi veniamo accusati di non avere rispettato un patto
quando Gruppi parlamentari non hanno rispettato i patti con gli elettori. Si è
in Parlamento per accettarne il gioco e il confronto, in nome di una democrazia
parlamentare che mi pare che, mentre noi siamo accusati di non rispettare,
altri tradiscono.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare
per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, credo che la questione sollevata dal senatore Palma sia da
approfondire. Alcune delle argomentazioni che egli porta sono convincenti,
altre meno. Non è che, allargando la platea, si modifichi sostanzialmente
l'organizzazione in gruppi del corpo elettorale. Osservo fra l'altro che
sull'articolo 135 della Costituzione si è già intervenuti: si è già
profondamente modificata la composizione della Corte. Se dovesse andare in
porto l'impianto di questa riforma, un terzo dei giudici della Corte verrà
nominato dal Presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo e Capo
del Governo. Quindi, non vi sarà più un terzo dei membri nominato dal
Presidente della Repubblica, che aveva funzioni di garanzia differenti: ora
dovrebbe rappresentare l'Esecutivo.
Quindi, si è già intervenuti
pesantemente nella composizione di un terzo della Corte costituzionale. Del
resto, avendo modificato l'impianto dello stesso Parlamento (perché se dovesse
passare questa riforma, così come impostata, una Camera sarebbe composta
sostanzialmente dai rappresentanti delle Regioni), anche in quel caso un altro
terzo dei rappresentati della Corte cambierebbe il proprio profilo.
Credo allora che siano giuste molte
delle considerazioni ascoltate, ma a mio avviso sull'impianto della Corte, così
come viene costruito, una riflessione andrebbe svolta in modo approfondito e
non presentata attraverso un emendamento. Non me la sento di rispondere così,
senza i dovuti approfondimenti. Per questo motivo, voteremo contro
l'emendamento 12.0.207.
CALIENDO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
CALIENDO (PdL). Signor
Presidente, voterò a favore dell'emendamento del senatore Palma 12.0.207, a
meno che il presentatore non ritenga di aderire, per le ragioni illustrate dal
senatore Boscetto, che non attengono al merito dell'emendamento, all'invito al
ritiro che è stato avanzato.
Per quanto concerne il merito
dell'emendamento credo che tutti dovremmo renderci conto che i giudici della
Corte costituzionale eletti dalle magistrature, segnatamente dalla magistratura
ordinaria, non sono eletti da un corpo elettorale stabile.
Mentre all'epoca della Costituzione
esistevano le progressioni di carriera e l'impossibilità di tornare indietro,
quello che non avveniva nella pubblica amministrazione la magistratura l'ha
conquistato alcuni anni fa, con la legge di reversibilità delle funzioni. Oggi
abbiamo magistrati che da procuratore generale passano a procuratore della
Repubblica, da presidenti di corte d'appello passano a presidenti di tribunale,
e non uno. Abbiamo esempi tipici, addirittura, di scambio di posti dopo la
riforma Castelli, e mi riferisco all'ipotesi di Torino, tanto per fare un
esempio. Abbiamo avuto l'ipotesi del procuratore nazionale antimafia passato a
procuratore della Repubblica, da procuratore generale a procuratore nazionale
antimafia: quella cioè che era l'organizzazione della magistratura per gradi,
per categorie, è completamente scomparsa.
Allora, riferirsi alle supreme
magistrature significa riferirsi ai magistrati della magistratura ordinaria
che, nel momento della elezione del giudice della Corte costituzionale, per
avventura, si trovino in Corte di cassazione: se quella elezione avverrà mesi
dopo il corpo elettorale risulterebbe mutato, perché alcuni di quei magistrati
sono andati via cosa che prima non era consentita.
La logica che ispira l'emendamento del
senatore Palma è quella di dare una sua legittimità al giudice della Corte
costituzionale attraverso il consenso della magistratura, quindi in
rappresentanza di quella parte della magistratura che deve essere rappresentata
all'interno della Corte costituzionale.
Che cosa dà oggi invece la soluzione
prevista dalla vigente Costituzione? Un risultato per cui è rilasciata soltanto
ad un gruppo ristretto di magistrati la possibilità di controllo, attraverso
una indicazione: non esiste, non si è verificato, ma potrà verificarsi che un
gruppo organizzato di magistrati, una corrente, possa decidere di invitare i
propri aderenti ad andare in Corte di cassazione e, siccome c'è, tra tutti gli
aderenti alle singole correnti, un numero abbastanza elevato di coloro che
hanno attitudine speculativa al giudizio di Cassazione, è evidente che si può
alterare anche quella che è la rappresentanza della magistratura.
Questa ragione è tale da dare
all'emendamento del senatore Palma un fondamento serio. Forse andrebbe
accompagnato da altri aspetti che ha segnalato il senatore Castelli, ma che non
hanno oggi possibilità di essere evidenziati. L'invito dal senatore Boscetto
rivolto al senatore Palma è invece a non discutere di questo merito perché
potrebbe anche essere fondato.
Nell'ipotesi in cui il senatore Palma
non aderisca all'invito del senatore Boscetto, voterò a favore dell'emendamento
12.0.207.
LONGO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la
parola.
LONGO (PdL). Signor Presidente,
in dissenso dal Gruppo e dalla volontà o dal desiderio espresso dal senatore
Boscetto voterò a favore dell'emendamento 12.0.207 presentato dal senatore
Palma.
In realtà, l'emendamento è molto meno
invasivo di quello che si può sospettare ascoltando gli interventi di altri
senatori, che forse non hanno tenuto nel doveroso conto la circostanza che qui
si intende semplicemente allargare la base dell'elettorato passivo ed attivo.
Questa è la grande rivoluzione? No, questa è una piccola rivoluzione che ha un
grande senso.
Poiché, come ha giustamente ricordato
il senatore Caliendo, si possono ipotizzare scenari possibili di presenze in
Corte di cassazione che poi cessano di esservi, si tratta semplicemente, per la
magistratura ordinaria e quella amministrativa, di poter eleggere i loro
rappresentanti nella Corte costituzionale senza i limiti di un elettorato
attivo e passivo che è attribuito soltanto alle magistrature superiori.
A meno che non si pensi, ma non credo
che l'abbia mai pensato nemmeno il legislatore dell'attuale articolo 135 della
Costituzione, che i magistrati di Corte di cassazione siano necessariamente,
come elettorato attivo e come elettorato passivo, migliori degli altri loro
colleghi che, secondo la Costituzione, differiscono tra loro soltanto per le
diverse funzioni. Quindi, a mio parere, è giusto e logico l'emendamento
presentato dal senatore Palma.
PALMA (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PALMA (PdL). Signor Presidente,
desidero prima di tutto ringraziare i colleghi che sono intervenuti, perché
tutti, anche il senatore Bruno, hanno sostanzialmente speso parole nel senso
della fondatezza dell'emendamento 12.0.207, dell'esistenza del problema e della
necessità di risolverlo, sia pure nella sua intierezza.
Mi permetto semplicemente di dire che
l'intervento, molto chirurgico, riguardava un segmento dell'elettorato attivo e
che ciò era dunque compatibile con questa riforma costituzionale, proprio per
la parzialità dell'intervento. Vede, senatore Boscetto, lei mi ha
sostanzialmente invitato al ritiro dell'emendamento, ma le confesso che se
fosse solo per i problemi mass‑mediatici che potrebbero conseguire
dall'eventuale approvazione di questo emendamento, non lo ritirerei mai, perché
davvero mi sentirei compresso nella mia libertà di parlamentare da un eventuale
interessamento successivo da parte dei giornalisti.
Ho ascoltato con attenzione invece, tra
gli altri, l'intervento del senatore Castelli e devo dire che mi ha
sostanzialmente convinto dell'esigenza del ritiro, in virtù di un ragionamento
squisitamente politico, che non è tanto quello basato sul fatto che domani i
giornali ci attaccheranno, ma che si correla all'inserimento di un ulteriore
argomento che potrebbe in qualche modo rendere più arduo l'iter del
provvedimento alla Camera dei deputati e conseguentemente rendere più ardua
l'approvazione della riforma costituzionale. Si tratta infatti di una riforma
costituzionale che il centrodestra vuole fortemente, che serve ed è richiesta
dall'Europa, perché fortemente innovativa delle strutture del nostro Paese.
Dunque, non mi sento in alcun modo di creare attraverso la votazione di questo
emendamento un sia pur minimo ostacolo all'approvazione della riforma.
Il senatore Castelli mi lasci però dire
una cosa. Egli ha fatto riferimento all'assenza dei senatori del centrosinistra
tra i banchi, (sia pure, Presidente Chiti, in una folta presenza ai fini
amministrativi). Se fosse solo questo, ancora andrei avanti, perché davvero
noto in questo - e lo dico con molta tranquillità e serenità - un gesto di
deviazione dalla serenità istituzionale e una forma di arroganza istituzionale,
quasi che se loro non ci sono, noi non possiamo fare alcunché. In ragione di
tutto ciò, signor Presidente, annuncio - se il senatore Battaglia per la sua
parte sarà d'accordo, dato che ha aggiunto la sua firma - che provvederò al
ritiro dell'emendamento 12.0.207, non potendo però omettere un'ultima cosa,
signor Presidente.
Abbiamo una situazione economica
particolarmente difficile: i livelli raggiunti ieri e forse anche oggi dallo spread
ne sono un'ulteriore grande conferma. Dal Paese e dall'Europa ci viene chiesta
unità, ci viene chiesta affidabilità sulle riforme, ci viene chiesta
affidabilità sul futuro di questo Paese anche quando, dopo le elezioni, si
dovrà procedere ad un nuovo Governo, evidentemente di natura politica.
Allora, Presidente, con senso di
responsabilità, per mandare avanti le riforme, così come ha detto il senatore
Castelli, ritiro l'emendamento 12.0.207. Mi rimane davanti agli occhi lo
sconforto che, per una questione di mera propaganda politica, si dia
all'Europa, netta, plastica, la sensazione di una divisione che sicuramente non
la rassicurerà, non rassicurerà gli investitori stranieri, non rassicurerà il
mercato. Questo - mi scusi il termine - alla faccia del senso di responsabilità.
(Applausi dai Gruppi PdL e LNP).
PRESIDENTE. L'emendamento 12.0.208 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento
9.0.200, precedentemente accantonato.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signor Presidente, questo emendamento deve essere esaminato, se non sbaglio,
insieme agli emendamenti 12.0.400/1 e 12.0.500/1 (testo corretto).
PRESIDENTE. Sì, gli emendamenti da lei
presentati.
BENEDETTI VALENTINI (PdL).
Signor Presidente, ho confrontato in precedenza con il senatore Boscetto questo
passaggio. In pratica, i senatori Gasparri e Quagliariello hanno evidenziato la
possibilità, nell'emendamento 12.0.500, che un quarto dei componenti di una
Camera possa sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi
approvate dal Parlamento entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore. Sono
perfettamente d'accordo con il contenuto e lo spirito di quell'emendamento, che
rafforza il Parlamento e, anche in un'epoca molto tumultuosa, rende più
corretto e più garantito il rapporto tra l'Esecutivo e il Parlamento.
In questo stesso spirito, ho presentato
emendamenti che tendono ad attribuire al Parlamento la possibilità di tutelarsi
anche rispetto agli eccessi o alle violazioni di delega che eventualmente
l'Esecutivo commetta nell'emettere decreti legislativi in attuazione delle
deleghe ricevute; mi pare che lo spirito sia lo stesso.
Seguendo il suggerimento del senatore
Boscetto, proporrei quindi, se egli crede, e soprattutto se lo ritengono i
senatori Gasparri e Quagliariello, di poter adottare, signor Presidente, il
testo dell'emendamento 12.0.500/1 (testo corretto), che in buona sostanza
ricopia l'emendamento 12.0.500, ma che dopo il primo periodo inserisce il
seguente: «Lo stesso numero dei componenti di una Camera, entro lo stesso
termine, può sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di
legittimità costituzionale di un decreto legislativo per violazione o eccesso
di delega». Il terzo periodo resta lo stesso.
Si tratta quindi di un'integrazione che
mi pare vada nello stesso senso. Se gli onorevoli senatori esprimono il loro
consenso, mi rallegrerei, in quanto mi pare che ciò rafforzi il Parlamento
nelle sue facoltà.
PRESIDENTE. Quindi, lei ritirerebbe gli emendamenti 9.0.200 e
12.0.400/1, mantenendo l'emendamento 12.0.500/1 (testo corretto)?
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Sì,
Presidente.
BOSCETTO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSCETTO (PdL). Signor
Presidente, aggiungendo la previsione di cui all'emendamento 12.0.500/1 (testo
corretto), che riguarda la legittimità costituzionale di un decreto legislativo
e la possibilità di censura davanti alla Corte costituzionale per violazione o
eccesso di delega, riterrei opportuno modificare l'ultimo periodo dell'emendamento
12.0.500 («Con legge costituzionale sono stabilite condizioni, limiti e
modalità di esercizio di tale facoltà»), scrivendo invece «esercizio di tali
facoltà». Infatti, un comma è ripetuto alla questione riguardo alle leggi
approvate dal Parlamento, l'altro comma alla questione davanti alla Corte per
la violazione o eccesso di delega in materia di decreti legislativi. Quindi,
trattandosi di due argomenti, lasciare «tale facoltà» potrebbe anche essere
interpretato come un tipo di intervento soltanto sul secondo comma.
Invece, parlando di "tali
facoltà" ci riferiamo alle previsioni di cui ai commi precedenti.
PRESIDENTE. Senatore Benedetti
Valentini, concorda con la proposta del senatore Boscetto?
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signor Presidente, sono assolutamente
d'accordo con la significativa correzione proposta dal senatore Boscetto.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento
12.0.400.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, intervengo brevemente per dire che come autonomisti siamo a
favore di questo emendamento. Constatiamo infatti con piacere che c'è una norma
che rafforza le prerogative del Parlamento. Chiedo inoltre la votazione
nominale mediante il sistema elettronico.
PRESIDENTE. Senatore Peterlini, stiamo
parlando dell'emendamento 12.0.400.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Allora la mia richiesta e il mio intervento valgono per il successivo, signor
Presidente.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 12.0.400, presentato dal
senatore Pardi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 12.0.500/1 (testo corretto), sul quale c'è una richiesta di
voto mediante procedimento elettronico.
Invito il senatore Segretario a
verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal
senatore Peterlini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori,
mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 12.0.500/1 (testo corretto), presentato dal senatore Benedetti
Valentini.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. Poiché i presentatori
accettano la modifica proposta dal senatore Boscetto, metto ai voti
l'emendamento 12.0.500 (testo 2), presentato dai senatori Gasparri e
Quagliariello, nel testo emendato.
È approvato.
D'UBALDO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'UBALDO (PD). Signor
Presidente, per errore, ho attivato il dispositivo di voto, mentre, come gli
altri componenti del mio Gruppo, non intendevo partecipare alla votazione.
PRESIDENTE. La Presidenza ne prendo
atto.
Passiamo alla votazione
dell'emendamento 12.0.209.
SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di
voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALTAMARTINI (PdL). Signor
Presidente, avevo presentato una serie di emendamenti, che poi ho ritirato, in
sintonia con l'indicazione del senatore Boscetto di concentrare la riforma
costituzionale sull'elezione diretta del Presidente della Repubblica e quindi
sulle modifiche relative.
Credo che dal dibattito svoltosi in
quest'Aula non possa sfuggire a nessuno l'esigenza che altre disposizioni della
Costituzione dovessero essere modificate, così come è apparso eloquente
sull'articolo 117 della Costituzione, sulle materie che incidono direttamente
sulla crisi economico-finanziaria che attanaglia l'Italia.
Signor Presidente, ritengo assolutamente
pertinenti le considerazioni sulla Corte costituzionale, non ultima quella per
cui ormai, in Italia, si assiste ad una compressione della potestà legislativa
per effetto di norme comunitarie che devono essere addirittura disapplicate dal
giudice italiano o dal funzionario chiamato ad applicarle. Pertanto, il
contesto entro il quale fu delineato il judicial review del 1948 è
completamente cambiato. Osservo, per esempio, come il tribunale costituzionale
tedesco e quello francese siano eletti interamente dal Parlamento. Quindi, mi
chiedo che senso abbia mantenere una Corte costituzionale italiana in cui i
giudici eletti dal Parlamento, e quindi riflesso della sovranità popolare, si
riducano a cinque membri.
La norma che ho proposto con
l'emendamento - invito i colleghi ad ascoltarmi attentamente - fa riferimento
al procedimento di revisione costituzionale, tenuta presente la condizione per
cui, signor Presidente, onorevoli colleghi, i grandi partiti di massa che hanno
assicurato cinquant'anni di democrazia si sono via via destrutturati. Non so
nella prossima legislatura cosa accadrà e se - appunto - queste grandi
formazioni saranno adeguatamente rappresentate nel Parlamento; tuttavia mi
sovviene un elemento importante, cioè che in genere nelle situazioni di crisi
(ricordo a tutti il «Grande inquisitore» di Dostoevskij, ne «I fratelli
Karamazov») si cercano i salvatori della Patria: non so se essi potranno essere
attori o persone dello spettacolo, ma credo che l'introduzione del principio
per cui le modifiche costituzionali debbono essere adottate almeno a
maggioranza dei due terzi dei parlamentari risponda a esigenze di tutela della
struttura democratica e costituzionale del nostro Paese.
Concludo, signor Presidente,
sottoponendo all'attenzione dei colleghi questa riforma, che era stata
sostenuta dalla dottrina maggioritaria del nostro Paese. Mi spiace che i
senatori del Partito Democratico non siano presenti in Aula, posto che alcuni
temi affrontati nella riforma costituzionale in esame riguardano - appunto - la
riforma del 2001 approvata con pochissimi voti di differenza rispetto allo
schieramento politico che si era opposto a quella revisione costituzionale.
Quindi, per una questione di prudenza,
si deve sottolineare che le Costituzioni servono quando il Paese deve
affrontare le situazioni di crisi. Ritengo quindi che all'attuale procedimento
di revisione, che richiede semplicemente la maggioranza assoluta (salvo poi
dare luogo al referendum), debba preferirsi una procedura aggravata,
prevedendo i due terzi dei voti dei parlamentari per modificare la legge
fondamentale.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, abbiamo presentato un disegno di legge che va nella medesima
direzione dell'emendamento in esame. Mi pare che tutti si siano convinti, soprattutto
dopo il presente dibattito, che la Costituzione dovrebbe essere approvata con
una maggioranza più larga. Ora non voglio polemizzare sull'iter del
provvedimento in esame, che prima sembrava di larga convergenza e adesso si è
ridotto a questo. Per il futuro, però, dopo che abbiamo modificato il sistema
elettorale e dopo che il Parlamento, con le sue maggioranze politiche, ha
scelto il bipolarismo come obiettivo, ci sembra che la previsione della
maggioranza assoluta come asticella da raggiungere per approvare le leggi
costituzionali sia troppo bassa. Infatti, in tal modo, la legge può essere
varata da una parte politica contro l'altra, come è accaduto nel 2001 (cosa che
deploro); l'unica giustificazione è che il disegno di legge era praticamente
quello della Commissione bicamerale su cui vi era la convergenza di tutte le
maggiori forze politiche. Questo è quanto sta accadendo anche adesso.
Non è una bella cosa, perché le regole
dovrebbero essere decise insieme.
Quindi, favorevoli all'emendamento. La
nostra proposta prevedeva una maggioranza del 60 per cento, lasciando poi la
possibilità di ricorrere al referendum (che altrimenti verrebbe
eliminato). Poiché però - ripeto - la proposta in esame va nella stessa
direzione, noi autonomisti siamo a favore dell'emendamento, sul quale chiediamo
la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento
elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la
richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore
Peterlini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante
procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico,
dell'emendamento 12.0.209, presentato dal senatore Saltamartini.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione del disegno
di legge costituzionale
n.
24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252
PRESIDENTE. L'emendamento 12.0.210 è
stato ritirato.
L'articolo 13 é stato soppresso per
effetto dell'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2), nel testo emendato.
Risultano pertanto preclusi gli
emendamenti 13.200, 13.201, 13.202, 13.203, 13.204, 13.205, 13.206, 13.207,
13.208 e 13.209.
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor
Presidente, ora che siamo arrivati ad esaminare l'articolo 13, le sottopongo un
problema.
Nel corso dei nostri lavori è stato
approvato il subemendamento 2.550 (testo 2)/101 che determinava la soppressione
dell'articolo 13 e, conseguentemente, della Commissione paritetica.
L'articolo 12 che lei ha sottoposto
poc'anzi alla nostra valutazione è in assoluto contrasto rispetto alla
determinazione già assunta dal Senato. Avendo infatti soppresso la Commissione
paritetica non ci può essere un articolo che colloca tale Commissione presso il
Senato.
Il mio suggerimento, che sottopongo
alla sua valutazione, signor Presidente, è che in sede di coordinamento, così
come previsto dal nostro Regolamento, si proponga l'espunzione dell'articolo
12, essendo in contrasto con una determinazione già assunta dall'Assemblea.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, questa non è materia di coordinamento.
È di tutta evidenza che è stato
commesso un marchiano errore: è stato cioè approvato un articolo incompatibile
con il testo approvato precedentemente.
Sono desolato, ma credo che questo
errore comporti la sospensione dei lavori, perché non può in nessun modo essere
sanato da una revisione meramente formale.
PRESIDENTE. Il problema che lei ha sollevato, senatore Calderoli,
nel merito certamente esiste, perché c'é una contraddizione, facendo l'articolo
12 riferimento alla Commissione paritetica, che era stata soppressa.
Tuttavia, non potevo censurare
l'articolo 12: doveva essere respinto, invece, è stato approvato.
La questione era stata sottoposta alla
mia valutazione e ho detto sinceramente che, di fronte ad un tema che riguarda
la riforma costituzionale, non mi sarei assunto la responsabilità, perché in
coscienza ero contrario (e credo che almeno mi si possa dare atto del fatto
che, quando svolgo questa funzione, non vi sono altre finalità), a ripetere la
votazione.
Per quanto mi riguarda, ritengo che la
questione non possa essere sistemata in sede di coordinamento in quanto é un
po' più complessa.
Sul non ripetere la votazione, ho
informato di tale valutazione il presidente Schifani, il quale ha detto che non
si poteva tornare indietro a votare.
La questione che lei solleva sarà
esaminata. Io ho espresso il mio parere, e non altro, che coincide con quanto detto
dal senatore Rutelli.
CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor
Presidente, non le ho chiesto di annullare una votazione. Le chiedo che la
questione venga esaminata in sede di coordinamento formale, visto che tale
possibilità è prevista in caso vi siano delle deliberazioni contrastanti.
Le due cose però non sono assolutamente
incompatibili, perché la modifica all'articolo 126 della Costituzione prevista
dall'articolo 12 del testo in esame prevede la collocazione presso il Senato di
una Commissioni paritetica con un ruolo specifico, quale è previsto dallo
stesso articolo 126 della Costituzione vigente, che, diversamente da quanto
qualcuno ha dichiarato alle agenzie, è perfettamente coerente e compatibile con
il Senato federale della Repubblica.
Vuol dire che vi è uno strumento in
più, ma certamente non contrasta con il Senato federale della Repubblica, che è
stato approvato ed è assolutamente coerente, eventualmente anche con la
persistenza della Commissione paritetica. (Applausi dei senatori Peterlini e
Thaler Ausserhofer).
*QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUAGLIARIELLO (PdL). Signor
Presidente, io confermo l'interpretazione da ultimo data dal senatore
Calderoli. Il nostro Gruppo non avrebbe mai chiesto la votazione di un articolo
già votato. Vorrei invece che la Presidenza prendesse in considerazione,
proprio perché il problema non pone una contraddizione che in qualche modo
annulla il significato del testo e tanto meno fa venir meno il Senato federale,
l'ipotesi di poter agire attraverso il coordinamento. Se è vero infatti che c'è
stato un emendamento che di fatto ha comportato l'abrogazione dell'articolo 12,
e cioè della Commissione paritetica, in realtà probabilmente quell'articolo non
avrebbe dovuto essere messo ai voti dell'Aula.
Devo dire che non si tratta di uno di
quei problemi per cui stracciarsi le vesti. Bisogna fare una riflessione pacata
ma probabilmente i margini per agire attraverso il coordinamento, a differenza
di quanto detto dal senatore Rutelli, potrebbero essere individuati. Ovviamente
rimettiamo pacatamente e serenamente alla Presidenza la decisione e la
accetteremo anche perché evidentemente da questa decisione non discendono
quelle conseguenze drammatiche che sono state ipotizzate da lanci di agenzia
che abbiamo avuto la possibilità di leggere in questi ultimi minuti.
PRESIDENTE. Senatore Quagliariello, come ho detto si tratta di una
mia valutazione e penso che sia giusto che la questione sia esaminata dal
presidente Schifani per avere una valutazione scevra, per quanto nella cortesia
dei rapporti, dal pur minimo sospetto.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, pacatamente e serenamente, e altrettanto chiaramente
tuttavia, credo che non possiamo proseguire nei lavori finché questo argomento
non sarà stato possibile dirimerlo, per il semplice motivo che non abbiamo
approvato una norma in materia economica, ma abbiamo approvato una modifica
della Costituzione: avete votato la modifica dell'articolo 126 della
Costituzione.
Di fronte ad un errore marchiano,
perché questa modifica è riferita ad un'altra norma che era stata già fatta
cadere, c'è una sola strada: investire il Presidente del Senato della
questione, sospendere i lavori e tornare in Aula quando la questione sarà stata
chiarita. È impensabile procedere, anche per coloro che come noi, critici nei
confronti dell'esame di questo provvedimento, a differenza dei colleghi del PD
e dell'IdV, siamo rimasti con spirito costruttivo in quest'Aula. Ora,
pacatamente e serenamente, credo sia il caso di togliere la seduta.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Signor Presidente, non c'è dubbio che esiste un problema che bisogna
affrontare. Vorrei soltanto, per usare le stesse parole del senatore Rutelli,
pacatamente e serenamente suggerire al Presidente, dato che siamo in dirittura
d'arrivo relativamente agli emendamenti che sono rimasti, che sono pochissimi e
dei quali molti (alcuni dei nostri certamente sì) verranno ritirati, di
completare questa fase in modo tale che questo rimanga poi il nodo da
sciogliere, come unica questione aperta.
PRESIDENTE. Sono d'accordo con il senatore Rutelli nella
valutazione di merito. Nessuno formalmente mi ha fatto quella richiesta, ma
quella richiesta era arrivata. Dicendo che me ne assumevo la responsabilità, mi
sono rifiutato, su un tema come quello costituzionale, di tornare indietro con
le votazioni.
Nel merito, sinceramente, do la stessa
valutazione del senatore Rutelli. Ritengo giusto che su questa questione prenda
una decisione il presidente Schifani, però mi pare che questa decisione possa
essere presa non ora; adesso possiamo andare avanti, la decisione verrà
comunicata domani, prima delle dichiarazioni di voto che determinano la fase
finale.
VIZZINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIZZINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, la questione ormai è stata sviscerata. Non credo che ci sia
una grande differenza tra l'idea di sospendere adesso per risolvere questo
problema e andare avanti dopo e quella di accantonare questo problema e andare
avanti subito, sapendo che per riprendere la seduta, prima di poter procedere
alla votazione finale, bisognerà averlo affrontato comunque. Per me è
indifferente la via che si sceglie. Certo, una riflessione fuori dai lavori
dell'Aula su come affrontare e risolvere questo problema va fatta.
Se la si vuole fare subito, si può
sospendere la seduta per un certo periodo di tempo e poi si andrà avanti; se si
vuole andare avanti, bisognerà sapere che poi si dovrà sospendere prima delle
dichiarazioni di voto e del voto finale. Comunque, prima o dopo, una
sospensione dovrà esserci.
*QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUAGLIARIELLO (PdL). Signor
Presidente, interpretando anche la sua posizione, possono verificarsi due
ipotesi. La prima è che il coordinamento venga concesso e che quindi la mia
interpretazione, pacatamente e serenamente, sia considerata prevalente rispetto
a quella del collega Rutelli. La seconda invece è che il coordinamento non ci
sia; in questo caso la riforma uscirà con un'imprecisione che evidentemente
dovrà essere corretta nel successivo iter di questo disegno di legge.
Questa è la posizione che, pacatamente e serenamente, ha sostenuto il senatore
Rutelli.
In un caso o nell'altro, non capisco
per quale motivo ci debba essere una sospensione ora. Arriviamo a concludere i
lavori, dopodiché la Presidenza e gli Uffici avranno tutto il tempo per poterci
comunicare quale delle due tesi avranno accolto.
PRESIDENTE. Ho già detto che sarebbe questa la mia valutazione,
perché è del tutto evidente che stasera, anche se si terminano gli emendamenti
e il voto sugli articoli (come è possibile), non ci sarà il voto finale. Sulla
base del calendario e dell'armonizzazione che è stata decisa, infatti, le
dichiarazioni di voto e il voto finale sono previsti per domani a mezzogiorno.
È del tutto evidente che, prima di procedere domani al voto finale, sarà data
una risposta a questa questione che è intervenuta.
Effettivamente le vie sono quelle
prospettate dal senatore Quagliariello. Io personalmente, scisso dal ruolo che
in questo momento esercito, ritengo che sia più lineare la seconda, visto che
si tratta di un tema costituzionale. Siccome l'iter non finisce qui, ma
questa è solo la prima lettura, potrà correggere la Camera. In ogni caso,
questa è una valutazione. Siccome su questo tema c'è uno scontro politico, la
massima responsabilità di una valutazione spetta al Presidente del Senato (è
anche legittimo che sia così), non a chi svolge funzioni di Vice Presidente e
sta presiedendo in questo momento l'Aula.
Penso sia giusto consegnare la
questione al Presidente del Senato, per avere da lui una risposta e un
approfondimento. Mi sembra che lo stesso presidente Vizzini dicesse che
l'importante è che ci siano un approfondimento e una risposta. Mi sembra che la
maggioranza propenda per questa soluzione, rinviando la risposta a domani,
prima delle dichiarazioni di voto finali, procedendo intanto con l'esame del
provvedimento.
Passiamo pertanto alla votazione
dell'emendamento 13.0.200.
Presidenza della vice
presidente MAURO (ore 18,36)
D'ALI' (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALI' (PdL). Signora
Presidente, svolgerò delle brevi considerazioni sul primo comma di questo mio
emendamento, considerazioni che, per la verità, l'andamento di questo dibattito
ha ulteriormente confermato.
Sono in Parlamento dal 1994 e in questi
anni ho ricoperto tutte le posizioni che le dinamiche politico-istituzionali mi
hanno dato la ventura di assumere: dalla maggioranza, all'opposizione, al ruolo
di Governo, sino all'ibrida e innaturale posizione odierna di sostenitore di un
Governo pluripolitico (per non definirlo, come molti sorgono fare, tecnico). Mi
sono rafforzato nell'idea che tutti i vari e lodevolissimi sforzi compiuti
nelle varie legislature abbiano portato a una sostanziale impossibilità di
un'organica riforma costituzionale che attraversasse i condizionamenti che il
dibattito sulle riforme costituzionali subiva, essendo attraversato anche dalle
necessità dell'ordinario governo di questo Paese.
Sono quindi convinto, anche alla luce
del dibattito svolto in questi giorni, che se noi vogliamo recuperare veramente
un grande spirito costituente, ragionando e riflettendo sulle vere grandi
riforme e sui grandi pensatori, a partire da quelli che hanno dato luogo
all'Unità d'Italia, per passare ai Padri costituenti e arrivando ai grandi
pensatori del moderno assetto istituzionale dello Stato (cito, fra tutti,
Gianfranco Miglio), dobbiamo avere la possibilità che questo Paese, non con
questa Assemblea, ma con un'Assemblea rappresentativa del Paese, rifletta su
tutto ciò.
Si è discusso in queste ore
dell'assetto istituzionale sul territorio, della questione storica delle autonomie
e del federalismo, che non può essere coniugato in una semplicistica equazione
«federalismo uguale regionalismo», ma che nel nostro Paese attraversa tutta una
serie di opportunità e anche di condizioni oggettive che vedono nel federalismo
sicuramente uno sbocco di modernità ma se interpretato alla luce, non solo
della tradizione, bensì anche delle esigenze attuali di questo Paese e della
centralità del cittadino. Tutto ciò prelude a una grande riforma istituzionale
che - a mio giudizio - non può essere svolta nelle Aule di questo Parlamento
con - mi consentano e non me ne vogliano i colleghi - una frammentarietà da
tutti utilizzata anche con alcuni spunti di personale interesse legittimo, ma
politico e territoriale: il dibattito sulle Province e il fatto che il Governo
si sia inserito a piedi uniti su questo dibattito, distinguendo i buoni dai
cattivi, i grossi dai piccoli e gli organizzati dai meno organizzati. Si creano
così, come diceva il senatore Del Pennino, le premesse per un intervento che, invece
di suscitare un solidarismo istituzionale, susciterà i soliti contenziosi e le
solite rivalità territoriali.
Sono quindi convinto che tutto ciò
debba essere affrontato nella sede di un'Assemblea costituente. (Brusìo).
Signora Presidente, non so come andare
avanti. Le dico la verità: sono stato ore assolutamente e pacatamente seduto ad
ascoltare tutte le argomentazioni, più o meno condivisibili, dei colleghi.
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia,
almeno nei dintorni.
D'ALI' (PdL). Adesso chiedo di
poter svolgere le mie argomentazioni. (Applausi del senatore Saltamartini).
Non me ne vogliano i colleghi se sarò un pò prolisso, anche perché saranno
comunque argomentazioni brevi.
Tutti i grandi anche leader
politici presenti durante gli anni che ho vissuto in Parlamento - a cominciare
dal presidente Berlusconi - hanno sempre proposto l'iniziativa di un'Assemblea
costituente (Berlusconi lo fece nel 1996) e tutti dobbiamo riconoscere che è
mancata la serenità al Parlamento per poter affrontare, pur nella previsione
costituzionale dei meccanismi di riforma della Costituzione, un disegno
organico di revisione costituzionale. È per questo che, con grande rispetto di
questo Parlamento, al quale mi onoro di appartenere, la mia visione è quella
che la Costituzione possa essere organicamente riformata attraverso
un'Assemblea costituente, così come avviene in tutte le epoche storiche di
grande rinnovamento. Tutte le grandi riforme non sono state fatte dai
Parlamenti. Sono state fatte naturalmente nella storia delle guerre, ma
certamente poi rimeditate dai grandi pensatori che ne hanno poi tratto le
conclusioni storiche e soprattutto dinamiche nella modernità che ogni
situazione richiedeva per poter affrontare i nuovi assetti istituzionali del
Paese, soprattutto - ripeto - gli assetti istituzionali sul territorio. Il
federalismo, che in Italia non è regionalismo, è un principio assolutamente
condivisibile ma che andrebbe inserito nei primi articoli, in quelli dei
principi della Costituzione.
Per questo ho proposto l'emendamento
13.0.200. Ma è per questo (non vi sembri un sofismo il mio), per rispetto
proprio delle mie idee, che ritiro questo emendamento, perché non lo ritengo
proponibile in un contesto - ripeto - di grande frammentarietà, non perché tema
la mannaia del collega Boscetto, ma perché temo che una sua eventuale
bocciatura per mancato approfondimento potrebbe pregiudicare un'iniziativa che
io credo tutti i colleghi, il Parlamento, il Paese nelle prossime settimane
prenderanno seriamente in considerazione e che forse sarà portata avanti.
L'Assemblea costituente non contrasta
con il semipresidenzialismo ancorché, come io auspico, confermato dai due rami
del Parlamento. Ma quello del semipresidenzialismo e il suo sistema elettorale
può essere un perno da indicare come principio, come si usa fare nelle deleghe,
a un'Assemblea costituente che ridisegni complessivamente l'assetto
istituzionale del Paese, i principi fondamentali del suo essere collettività
moderna e soprattutto il rispetto dei diritti del cittadino, che deve essere
sempre al centro della nostra attenzione.
È per questo che ritiro l'emendamento,
ringrazio i colleghi e chiedo scusa se li ho intrattenuti un po' di più del
dovuto. (Applausi dal Gruppo PdL).
TEDESCO (Misto-MSA). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEDESCO (Misto-MSA). Signora
Presidente, ho chiesto la parola per esprimere il mio appoggio e il mio assenso
all'emendamento presentato dal collega D'Alì. Tuttavia, proprio per la
decisione che il collega assume di ritirare quell'emendamento, mi vedo nella
condizione di chiedere di poterlo invece firmare e fare mio, proprio per quello
che è stato l'iter, il percorso di quella che oggi viene presentata come
una riforma costituzionale e che invece ha preso le mosse da tutt'altra
esigenza, e soprattutto da tutt'altro obiettivo.
Ci troviamo di fronte ad una riforma
che, proprio per come si va delineando, assume i caratteri di una assoluta
precarietà, di una mancanza di coordinamento e di equilibri e contrappesi al
proprio interno e diventa sostanzialmente una sorta di grande pasticcio che
dovrebbe sostituire una Carta costituzionale che invece è stata pensata,
ponderata, approfondita e votata secondo criteri tutt'affatto diversi da quelli
utilizzati in quest'Aula e fino a questo momento.
È per questa ragione che chiedo di
assumere la paternità di questo emendamento e di sottoporlo alla votazione
dell'Assemblea.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FLERES (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dividere il mio intervento in
tre parti: vorrei innanzitutto pregare il senatore Tedesco di non chiedere di
fare suo e rivitalizzare l'emendamento D'Alì per una ragione molto semplice, la
stessa per la quale noi ritiriamo il nostro emendamento 13.0.201 e quelli a
seguire, in quanto un eventuale dissenso del Senato relativamente a questo
testo o argomento potrebbe determinare problematiche successive relativamente
ad un recupero invece di un tema che merita una grandissima attenzione. Si
tratta di un tema che conquista ogni giorno di più attenzioni e consensi e che
soltanto il clima da commedia degli equivoci, per dirla con Shakespeare, che si
è venuto a determinare in quest'Aula con l'abbandono dei lavori da parte del PD
e con la frettolosità che si è innescata nell'affermazione di posizioni in
alcuni casi illogiche, come quelle segnalate poc'anzi, è venuto a creare.
La «Commedia degli equivoci» di
Shakespeare vedeva fronteggiarsi Antifolo di Siracusa e Dromio di Siracusa con
i loro gemelli di Efeso e scatenava un sistema di equivoci molto simile a
quello che si è venuto a determinare in questi giorni in Aula dopo l'abbandono
del PD. Da quel momento in poi il consenso o il dissenso relativamente alle
diverse questioni che venivano poste non maturava in funzione della convinzione
che ciascuno aveva relativamente al contenuto di merito dei singoli emendamenti
o dei singoli articoli, perché l'Aula si è divisa tra chi votava no perché era
convinto che la riforma non andasse avanti e chi votava sì perché era convinto
che la riforma non andasse avanti. Dunque, c'erano i no che erano sì e i sì che
erano no, esattamente come nella «Commedia degli equivoci» di Shakespeare.
Ma non voglio riferirmi soltanto a
questo aspetto del dibattito che si è andato sviluppando in questi giorni,
perché, come direbbe Vitangelo Moscarda, il protagonista di «Uno, nessuno e
centomila», questo testo è «vivo alla morte ma morto alla vita» e noi lo
abbiamo discusso consapevoli del fatto che il testo medesimo fosse vivo alla
morte e morto alla vita. Ma non possiamo rinunziare - perdonatemi l'ennesimo
richiamo a Pirandello - in questo contesto al «piacere dell'onestà»: il piacere
di poter esprimere con onestà intellettuale un'idea, un'opinione che è fatta
soprattutto per adempiere al dovere della lealtà nei nostri confronti. Noi
dobbiamo essere leali con noi stessi perché, se non lo siamo, difficilmente
potremo essere leali nei confronti degli altri.
Avevamo sperato che all'interno di
questa commedia degli equivoci e di questo conflitto tra i no che significavano
sì e i sì che significavano no si potesse salvare un testimone da consegnare ai
passaggi successivi di un dibattito sulle riforme costituzionali che il Paese
ha visto svilupparsi, ma non in funzione di un risultato oggettivo, bensì attraverso
una serie di ipocriti equivoci che sapevamo tutti avrebbero portato a questo
tipo di risultato.
Allora, ritiriamo l'emendamento
13.0.201 non perché non siamo convinti del valore assoluto dell'Assemblea
costituente, che noi consideriamo il testimone che può essere consegnato alle
fasi successive di un qualsiasi progetto di riforma costituzionale, ma perché
vogliamo evitare che lo stesso venga liquidato con un voto fatto di sì che
significano no o di no che significano sì, all'interno di una commedia degli
equivoci che neanche Shakespeare avrebbe potuto scrivere in maniera così
grottesca e comica. (Applausi dei senatori Contini e Rutelli).
Allora, cari amici senatori, non
vogliamo sprecare questa opportunità. Non vogliamo sprecare neanche i segnali
che sono venuti trasversalmente da più parti politiche, persino da livelli alti
dello Stato, in direzione di un'Assemblea costituente.
Senatore Tedesco, non abbiamo lo
strumento dell'ordine del giorno in questo disegno di legge, perché non c'è il
Governo che possa esprimere un parere: il Governo si è costantemente rimesso
all'Aula, e non c'è un Governo cui rivolgere l'invito di presentare un disegno
di legge in questo senso. Dunque, rinunziamo pure all'ipotesi di trasformare
tale emendamento in ordine del giorno, ma non all'idea che la via
dell'Assemblea costituente sia quella che potrebbe dignitosamente far
concludere questa commedia degli equivoci, questo rito, come diceva il
presidente Viespoli, che si è consumato senza produrre alcun risultato. Se
avessimo «tirato bene la corda seria del berretto a sonagli» e Ciampa ci avesse
ispirato con il suo buonsenso verso la soluzione più ragionevole che si poteva
costruire attorno a questo percorso, forse avremmo evitato di sprecare tanti
giorni attorno ad un dibattito sterile, attorno ad un progetto vivo alla morte
e morto alla vita. Invece avremmo potuto costruire attorno ad una proposta di
istituzione di un'Assemblea costituente un progetto che avrebbe avuto una sua
legittimità istituzionale, costituzionale e soprattutto una sua legittimità
democratica, perché avrebbe consegnato ad un soggetto terzo, appunto
l'Assemblea costituente, il compito di riformare la Costituzione e avrebbe
restituito al popolo sovrano il compito di decidere se quelle modifiche siano
condivisibili o no, cancellando la preoccupazione che nel nostro Paese, come
purtroppo in molti altri, il tema della sovranità popolare sia o stia per
essere travolto dal tema della sovrapposizione dei poteri, che tradiscono la
sovranità popolare e la democrazia. (Applausi dal Gruppo CN:GS-SI-PID-IB-FI).
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI). Domando di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SBARBATI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signora Presidente, volevo associarmi all'invito fatto dal senatore Fleres al
collega Tedesco. Debbo dire che qualche minuto fa sono stata personalmente
tentata di fare la stessa cosa, cioè di apporre la mia firma tanto
all'emendamento D'Alì quanto all'emendamento Fleres ed altri, perché credo che
la capacità vera, anche a livello rappresentativo di mettere mano a una riforma
costituzionale, oggi in modo particolare, possa essere espletata effettivamente
da un'Assemblea costituente eletta con il sistema proporzionale.
Dico di più al senatore Fleres. Per
esempio, nel suo emendamento mi convincevano in modo particolare due capoversi:
la non modificabilità appunto dei principi fondanti della nostra Prima parte della
Costituzione e soprattutto la non modificabilità della forma repubblicana del
nostro Stato. Quindi, su questo punto c'era la mia piena e totale adesione,
anche perché in tempi lontani, in piena atmosfera di Tangentopoli, io stessa,
novella arrivata in Parlamento, presentai proprio una proposta per l'Assemblea
costituente, onde evitare tutto quello che poi c'è stato (bicamerali,
bicameraline, eccetera), che non ha prodotto alcunché e ci hanno messo nelle
condizioni in cui oggi ci troviamo.
Ma voglio fare una piccola ulteriore
riflessione in quest'Aula, che credo meriti da parte nostra un serio momento di
approfondimento. È giusto quanto sostenuto dal senatore Fleres, e lo dico anche
al senatore Tedesco per indurlo a una riflessione più profonda.
Pensiamo che questo prodotto oggi, così
come sta venendo fuori, con una parte del Parlamento che se n'è uscita, con
un'altra parte che responsabilmente sta affrontando il tema che sta a cuore a
tutti, veda comunque un dibattito mozzo, carente per tanti aspetti, perché la
riforma della Costituzione è un problema dell'intero arco parlamentare, di
tutto il Paese, di tutti i cittadini. Credo che questo prodotto avrà
effettivamente un valore simbolico, ma mai potrà vedere la luce, come ha detto
poc'anzi il senatore Fleres.
Questo è un Parlamento che ha visto un
centrodestra cedere improvvisamente le redini del Governo a un Governo tecnico,
che ha visto un centrosinistra, che poteva andare alle elezioni e vincerle,
rinunciare ad andarci perché non se la sente di mettere mano alle riforme che
sono difficili e serie e che il Paese fatica a digerire. (Applausi dei
senatori Ramponi e Spadoni Urbani). È un Parlamento che non ha il coraggio
di effettuare le riforme e che oggi pretende di fare a scartamento ridotto, al
cinquanta per cento, la riforma della Costituzione!
Abbiamo messo un Governo tecnico a fare
ciò che non vogliamo e non sappiamo fare o non siamo in grado di fare, perché
abbiamo ceduto la dignità e il senso di responsabilità a tutto quello che è
avvenuto da Tangentopoli in poi. Se siamo in queste condizioni, cari colleghi,
una volta per tutte, è onesto dire: rinunciamo a quest'emendamento, per favore,
senatore Tedesco! Facciamo in modo che riforme serie come quella che ha
presentato il senatore Pera, come quella che modestamente presentai io allora,
in tempi lontani, o che hanno presentato tanti altri (ad esempio ho letto
quella del senatore Cutrufo, ma ce ne sono tantissime di proposte intelligenti
e serie) possano vedere la luce, che possa esserci in questo Paese un'Assemblea
costituente eletta dal popolo, che il popolo rappresenti e che possa mettere
mano alla Costituzione nei termini in cui a questo Paese serve! (Applausi
dei senatori Serra e Ramponi).
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signora Presidente, anch'io condivido l'impostazione che ha dato il senatore Fleres.
Credo che, finito il tempo della propaganda, fra l'altro legittima, bisognerà
provare a fare qualcosa di serio in quest'ultimo scorcio di legislatura, e la
proposta dell'Assemblea costituente, che abbiamo sostenuto già da tempo insieme
ad altri colleghi, può essere una via d'uscita. È per questo motivo che spero
si possa trovare, con la ragionevolezza dei colleghi, la possibilità di evitare
che oggi tale proposta inciampi in un voto contrario del Senato e possa essere
ripresa tra qualche ora, quando ognuno avrà confezionato le sue bandiere da
sventolare nell'ipotesi di prossime elezioni.
PRESIDENTE. Senatore Tedesco, accoglie l'invito a ritirare
l'emendamento 13.0.200?
TEDESCO (Misto-MSA). Signora Presidente, la commedia
degli equivoci, che è stata richiamata dal senatore Fleres, si consuma nella
forma di un'ironia amara, quella cioè che costringe coloro i quali si ritengono
autenticamente votati a dare un contributo riformatore a questo Paese a
rinunciare a questa istanza, proprio per evitare che una bocciatura frettolosa
dell'emendamento in esame e della proposta possa poi precluderne un eventuale iter
in un momento di resipiscenza, che allo stato mi pare - lo dico ai colleghi che
mi hanno invitato a ritirare l'emendamento - francamente difficile da immaginare.
Tuttavia, siccome non voglio essere io
colui il quale mette una pietra tombale sulla possibilità residua di una
riconsiderazione generale attorno a questo tema, cioè al tema vero di una
riforma costituzionale, che non può che avvenire attraverso l'individuazione di
un organismo deputato a tanto e autorevolmente sostenuto dal consenso popolare
per procedere a questa delicata operazione di ingegneria costituzionale,
accogliendo l'invito dei colleghi che si sono in questo senso pronunciati,
ritiro l'emendamento 13.0.200 del quale mi ero appropriato. (Applausi della
senatrice Sbarbati).
PRESIDENTE. Gli emendamenti 13.0.201, 13.0.660, 13.0.661, 13.0.662,
13.0.663, 13.0.664 e 13.0.665 sono stati ritirati.
A questo punto, riprendiamo l'esame
degli emendamenti precedentemente accantonati.
Metto ai voti l'emendamento 01.207,
presentato dal senatore Fistarol, sostanzialmente identico agli emendamenti
01.208, presentato dai senatori Calderoli e Divina, e 01.209, presentato dai
senatori Peterlini e Pinzger.
È approvato.
L'emendamento 01.730 è precluso
dall'approvazione dell'emendamento 2.550 (testo 2), nel testo emendato.
Si è così concluso l'esame degli
articoli e dei relativi emendamenti.
Rinvio pertanto il seguito della
discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 19,13).
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Modifiche alla Parte seconda della
Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo (24-216-873-894-1086-1114-1218-1548-1589-1590-1761-2319-2784-2875-2941-3183-3204-3210-3252)
Risultante dall'unificazione dei
disegni di legge costituzionale:
Modifiche agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del
Senato della Repubblica e di elettorato attivo e passivo (24)
Revisione della Costituzione (216)
Modifiche agli articoli 92 e 94 della
Costituzione in materia di forma di governo (873)
Modificazione di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni
del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le
elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (894)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo e alla forma di governo (1086)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n.
2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato
federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni
del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali (1114)
Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri (1218)
Modifiche all'articolo 49, nonché ai
titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in materia di
partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di Presidente della
Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi ausiliari, di
garanzie costituzionali e di Corte costituzionale (1548)
Modifica di articoli della parte
seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la composizione e
le funzioni del Parlamento nonchè i limiti di età per l'elettorato attivo e
passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1589)
Modifiche alla Parte II della
Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo (1590)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica (1761)
Modifica dell'articolo 58 della
Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per l'elettorato
attivo e passivo del Senato della Repubblica (2319)
Modifiche alla Costituzione in materia
di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione del numero dei
parlamentari, soppressione delle province, delle città metropolitane e dei
comuni sotto i 5000 abitanti, nonché perfezionamento della riforma sul
federalismo fiscale (2784)
Modifiche agli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione della
disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione Estero e
di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera dei
deputati (2875)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (2941)
Modifiche al titolo V della Parte II
della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province (3183)
Disposizioni concernenti la riduzione
del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica
e la forma di Governo (3204)
Modifica degli articoli 56 e 57 della
Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento (3210)
Modifiche alla Costituzione relative al
bicameralismo, alla forma di governo e alla ripartizione delle competenze
legislative tra Stato e regioni (3252)
EMENDAMENTI TENDENTI
A PREMETTERE UN ARTICOLO ALL'ARTICOLO 1 PRECEDENTEMENTE ACCANTONATI
01.207
Approvato
All'articolo, premettere il seguente:
«Art. 01. - (Modifiche all'articolo
55 della Costituzione). - 1. All'articolo 55 della Costituzione, il primo
comma è sostituito dal seguente:
"Il Parlamento si compone della
Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica"».
01.208
Sost. id. em. 01.207
All'articolo, premettere il seguente:
«Art. 01. - (Senato federale) - 1.
Al primo comma dell'articolo 55 della Costituzione, le parole: "Senato
della Repubblica" sono sostituite dalle seguenti: "Senato federale
della Repubblica"».
01.209
Sost. id. em. 01.207
All'articolo, premettere il seguente:
«Art. 01. - (Modifiche all'articolo
55 della Costituzione). - 1. Al primo comma dell'articolo 55 della
Costituzione, le parole: "Senato della Repubblica" sono sostituite
dalle seguenti: "Senato federale della Repubblica"».
01.730
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Precluso dall'approvazione dell'em. 2.550 (testo 2) (*)
All'articolo, premettere il seguente:
«Art. 01. - (Modifica all'articolo
55 della Costituzione). - 1. All'articolo 55 della Costituzione, le parole:
"e del Senato della Repubblica" sono sostituite dalle seguenti:
"e del Senato delle autonomie"».
________________
(*) Cfr. seduta n. 753.
EMENDAMENTO TENDENTE
AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 9 PRECEDENTEMENTE
ACCANTONATO
9.0.200
BENEDETTI VALENTINI, SALTAMARTINI, CASTRO, DE ECCHER, BEVILACQUA, MILONE, CORONELLA
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 9-bis.
(Modifiche all'articolo 76 della
Costituzione)
1. All'articolo 76, dopo il primo
comma, è aggiunto il seguente:
"I decreti legislativi delegati
entrano in vigore trenta giorni dopo la loro pubblicazione. Se entro tale
termine una delle Camere abbia, su richiesta di un decimo dei suoi componenti,
riesaminato il testo e deliberato la difformità rispetto ai principi e criteri
direttivi della delega di una o più disposizioni, queste sono espunte dal
testo. Entro quindici giorni dalla deliberazione, il Governo può rinunciare
all'esercizio della delega ovvero riformulare con le necessarie modifiche di
coordinamento il testo, il quale entra in vigore il giorno successivo alla sua
nuova pubblicazione"».
EMENDAMENTO 11.0.211
TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 11 E SEGUENTI
11.0.211
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche dell'articolo 117 della
Costituzione)
1. L'articolo 117 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 117. - La potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali, secondo quanto stabilito dall'articolo 10, primo
comma, e dall'articolo 11.
Lo Stato ha legislazione esclusiva
nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato;
rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione
giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi,
munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari;
tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile
dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum
statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato
e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza interna e internazionale, ad
esclusione della polizia locale con compiti amministrativi;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e
penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili, sociali e sanitari, che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni
fondamentali di Comuni, Province o Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionalie profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento
informtivo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale,
regionale e locale; brevetti e opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali;
t) ricerca e innovazione scientifica e tecnologica;
u) reti di trasporto, di navigazione e di comunicazione di
interesse nazionale e relative opere;
v) produzione, trasporto e distribuzione dell'energia;
z) protezione civile;
aa) commercio con l'estero;
bb) professioni;
cc) ordinamento sportivo.
In ogni altra materia la potestà
legislativa spetta alle Regioni, che la esercitano in armonia con i principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica e nel rispetto
dell'interesse nazionale. La legge statale stabilisce i principi generali che
garantiscano coordinamento e armonia tra le legislazioni regionali e tra queste
e la legislazione statale.
Le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti
dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge
dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in
caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo
Stato nelle materie in cui ha legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni nelle materie di loro
competenza. I Comuni, le Province o le Città metropolitane hanno potestà
regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento
delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni
ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita
sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e
uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese
della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie
funzioni.
Nelle materie di sua competenza la
Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni
ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello
Stato"».
11.0.212
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche dell'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: "La
potestà legislativa è esercitata dallo Stato, dalle Regioni e dalla Città
Metropolitana di Roma Capitale nel rispetto della Costituzione nonché dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comtmitario e dagli obbIiglli
internazionali. Essa esercita, analogamente alle Regioni i poteri, i compiti e
le funzioni conferitegli dagli articoli 75, 83, 121, 122, 123, 126, 127, 132,
133, 138 della Costituzione e dalle leggi dello Stato.";
b) il quarto comma è sostituito dal seguente: "Spetta
alle Regioni ed alla Città Metropolitana di Roma Capitale la potestà
legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato.";
c) il quinto comma è sostituito dal seguente: "Le
Regioni, la Città Metropolitana di Roma Capitale e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione
e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea,
nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che
disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di
inadempienza.";
d) il sesto comma è sostituito dal seguente: "La
potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle Regioni e alla Città Metropolitana di Roma
Capitale. La potestà regolamentare spetta alle Regioni e alla Città Metropolitana
di Roma Capitale in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città
metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine aUa disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.";
e) il settimo comma è sostituito dal seguente: "Le
leggi regionali e deIla Città Metropolitana di Roma Capitale rimuovono ogni
ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita
sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini
alle cariche elettive.";
f) l'ottavo comma è sostituito dal seguente: "La legge
regionale e della Città Metropolitana e di Roma Capitale ratifica le intese
della Regione e di Roma Capitale con altre Regioni per il migliore esercizio
delle proprie funzioni anche con individuazione di organi comuni.";
g) il nono comma è sostituito dal seguente: "Nelle
materie di sua competenza la Regione e la Città Metropolitana di Roma Capitale
può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad
altro Stato nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato"».
11.0.213
RUTELLI, BAIO, BRUNO, CONTINI, DE LUCA CRISTINA, MILANA, RUSSO, STRANO
Respinto
Dopo l'articolo, inserire iI
seguente:
«Art. 11-bis.
All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
1 Al comma secondo,
alla lettera a), dopo le parole:
"rapporti internazionali dello Stato" sono aggiunte le seguenti:
"e delle Regioni" e dopo le parole: "rapporti dello Stato"
sono aggiunte le seguenti: "e delle Regioni";
alla lettera e), dopo le parole:
"perequazione delle risorse finanziarie" sono aggiunte le seguenti:
"coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario";
alla lettera m), prima delle
parole: "determinazione dei livelli essenziali," sono aggiunte le
seguenti: "tutela della salute e";
alla lettera o), dopo le parole:
"previdenza sociale" sono aggiunte le seguenti: ", complementare
ed integrativa";
dopo la lettera s) sono aggiunte
le seguenti:
"t) commercio con l'estero;
u) tutela e sicurezza del lavoro;
v) grandi reti dì trasporto e navigazione;
z) produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia".
4. Al comma terzo, sono soppresse le
parole da: "rapporti internazionali" a "sicurezza del
lavoro"; da "grandi reti di trasporto e di navigazione"; da
"produzione, trasporto e distribuzione" a "sistema
tributario" e dopo le parole: "sostegno all'innovazione per i settori
produttivi;" è aggiunta la seguente: "turismo;" e dopo le
parole: "porti e aeroporti civili;" sono aggiunte le seguenti:
"infrastrutture di interesse regionale;";
le parole: "tutela della
salute" sono sostituite dalle seguenti: "organizzazione territoriale
dell'offerta sanitaria".
5. Al comma nono, sono soppresse le
parole: "accordi con Stati e";
6. Dopo l'ultimo comma è aggiunto il
seguente: "Qualora ricorra un preminente interesse nazionale, lo Stato può
comunque esercitare la potestà legislativa anche nelle materie di competenza
regionale"».
11.0.214
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, la lettera o) è sostituita con
la seguente: «o) ordinamento delle professioni, sicurezza sul lavoro e
previdenza sociale»;
b) al secondo comma, dopo la lettera s), sono
aggiunte le seguenti:
"s-bis) grandi reti di
trasporto e di navigazione;
s-ter) porti e aeroporti civili di interesse nazionale;
s-quater) produzione e trasporto di energia di interesse
nazionale;
s-quinques) ordinamento della comunicazione e reti di comunicazione
di interesse nazionale";
c) al terzo comma le parole: «e sicurezza»,
"professioni", "porti e aeroporti civili", "grandi
reti di trasporto e di navigazione", "ordinamento della
comunicazione" e trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» sono
soppresse;
d) dopo il nono comma è aggiunto il seguente: «Il
legislatore statale, nel rispetto dei principi di leale collaborazione e di
sussidiarietà, può adottare i provvedimenti necessari ad assicurare la garanzia
dei diritti costituzionali e la tutela dell'unità giuridica o economica della
Repubblica».
11.0.215
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, lettera p) la parola:
"Province" è soppressa;
b) al quinto comma, le parole: "e le Province autonome
di Trento e di Bolzano" sono soppresse;
c) al sesto comma, le parole: ", le Province" sono
soppresse».
11.0.832 (già
10.0.1)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo 11, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 117 della
Costituzione)
1. All'articolo 117 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al secondo comma, lettera p,
le parole: ", Province e Città metropolitane" sono soppresse;
2) al sesto comma, terzo periodo, le
parole: ", le Province e le Città metropolitane" sono soppresse;
3) il terzo comma è abrogato;
4) al quarto comma, dopo la parola:
"Stato" sono aggiunte le seguenti: ", salvo che non vi sia
contrasto con l'interesse nazionale o con quello di altre Regioni"».
11.0.216
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica dell'articolo 117 della
Costituzione)
1. Al comma secondo dell'articolo 117
aggiungere le seguenti lettere:
t) grandi reti di trasporto e di navigazione;
u) ordinamento della comunicazione, ad esclusione della
comunicazione locale;
v) produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia;
z) previdenza complementare e integrativa;
aa) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e
promozione e organizzazione di attività culturali di interesse nazionale.»
2. Il comma terzo dell'articolo 117 è
sostituito dal seguente:
"Sono materie di legislazione
concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea
delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; ricerca
scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;
ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e
aeroporti civili; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello
Stato"».
11.0.833
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 118 della Costituzione)
All'articolo 118 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
"1) al primo comma, le parole:
"Province, Città metropolitane," sono soppresse;
2) al secondo comma, le parole: ",
le Province e le Città metropolitane" sono soppresse;
3) al quarto comma, le parole: ",
Città metropolitane. Province" sono soppresse».
11.0.217
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 118 della
Costituzione)
1. All'articolo 118 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, la parola: "Province," è
soppressa;
b) al secondo comma, le parole: ", le province"
sono soppresse;
c) al quarto comma, la parola: "Province" è
soppressa».
11.0.218
RUTELLI, BAIO, BRUNO, CONTINI, DE LUCA CRISTINA, MILANA, RUSSO, STRANO
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
All'articolo 118 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
2. Al comma, terzo, le parole: «b)
e h)» sono sostituite dalle parole: «b), h) e m)».
11.0.834
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 119 della
Costituzione)
1. All'articolo 119 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
1) ai commi primo e sesto, le parole:
", le Province, le Città metropolitane" sono soppresse;
2) al secondo comma, le parole: ",
le Province, le Città metropolitane" sono soppresse, ed è aggiunto, in
fine, il seguente periodo: "A tal fine la legge prevede adeguate misure
per assicurare che i soggetti di imposta operanti in territori diversi da
quelli in cui hanno fissato la propria residenza fiscale contribuiscano alla
commisurazione della quota di gettito tributario relativa al territorio in cui
effettivamente operano";
3) al quarto comma, le parole: ",
alle Province, alle Città metropolitane" sono soppresse;
4) al quinto comma, le parole: ",
Province, Città metropolitane" sono soppresse ed è aggiunto, in fine, il
seguente periodo: "Nel rispetto dell'articolo 3, secondo comma, della
Costituzione, la legge fissa le quote di compartecipazione ai tributi erariali
versati nei rispettivi territori di cui al secondo comma del presente articolo,
tenendo conto dei dislivelli territoriali, infrastrutturali ed occupazionali
esistenti, con particolare riferimento alle aree situate al Sud del
Paese."».
11.0.219
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 119 della
Costituzione)
1. All'articolo 119 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: "le Province," sono
soppresse;
b) al secondo comma, le parole: "le Province,"
sono soppresse;
c) al quarto comma, le parole: "alle Province"
sono soppresse;
d) al quinto comma, la parola: "Province," è
soppressa;
e) al sesto comma, le parole: "le Province," sono
soppresse».
11.0.220
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modificazione dell'articolo 119 della
Costituzione)
1. All'articolo 119 della Costituzione
sono abrogati il comma terzo e il comma quinto».
11.0.835
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica dell'articolo 120 della
Costituzione)
1. All'articolo 120 della Costituzione,
al secondo comma, le parole: ", delle Città metropolitane, delle
Province" sono soppresse».
11.0.221
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica all'articolo 120 della
Costituzione)
1. Al secondo comma dell'articolo 120
della Costituzione, le parole: ", delle Province" sono soppresse».
11.0.222
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Limiti al numero e all'indennità dei
Consiglieri regionali)
1. Al primo comma dell'articolo 122
della Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "la medesima
legge determina il limite massimo delle indennità dei consiglieri regionali e
il loro numero in proporzione alla popolazione della Regione."».
11.0.223
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica all'articolo 120 della
Costituzione)
1. All'articolo 122 della Costituzione,
dopo il primo comma è inserito il seguente: "In ogni caso il numero di
consiglieri regionali non può essere superiore a cinquanta nelle regioni con
più di cinque milioni di abitanti; a quaranta nelle regioni con popolazione
compresa tra i due e i cinque milioni di abitanti; a trenta nelle altre
regioni. Il Presidente della Giunta regionale è membro di diritto del Consiglio
regionale e si aggiunge ai componenti eletti ai sensi della normativa
vigente.».
11.0.836
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifiche all'articolo 122 della
Costituzione)
1. All'articolo 122 della Costituzione,
al secondo comma, apportare le seguenti modificazioni:
1) dopo le parole: "o a una Giunta
regionale" sono inserire le seguenti: ", a un Consiglio o a una
Giunta comunale";
2) dopo le parole: "o ad altra
Giunta regionale", sono inserite le seguenti: "ad un altro Consiglio
o ad altra Giunta comunale,"».
11.0.224
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 11-bis.
(Modifica alla rubrica del Titolo V
della Parte II della Costituzione)
1. La rubrica del Titolo V della Parte
II della Costituzione è sostituita dalla seguente: "Le regioni e i
comuni"».
ARTICOLO 12 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 12.
Approvato
(Modifica all'articolo 126 della
Costituzione)
1. All'articolo 126, primo comma, della
Costituzione, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto è
adottato sentita la Commissione paritetica per le questioni regionali,
costituita presso il Senato della Repubblica».
EMENDAMENTO
12.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Al comma 1, sopprimere la seguente
parola: «paritetica».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 12
12.0.200
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica dell'articolo 131 della Costituzione)
1. L'articolo 131 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 131. - Sono costituite le
seguenti Regioni:
Piemonte; Valle d'Aosta; Lombardia;
Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia; Romagna;
Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise; Campania; Principato di
Salerno; Puglia; Salento; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna».
12.0.201
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 131 della
Costituzione)
1. All'articolo 131 della Costituzione,
dopo il primo comma, è inserito il seguente:
"È costituita altresì la città
metropolitana di Roma capitale, il cui territorio corrisponde all'area
dell'attuale comune di Roma ed a quella dei comuni della provincia di Roma che
vi aderiscono. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento"».
12.0.830
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 131 della
Costituzione)
1. All'articolo 131 della Costituzione,
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Unione dei comuni (al di
sotto dei 5000 abitanti); Comunità montane"».
12.0.202
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 132 della
Costituzione)
1. Il comma primo dell'articolo 132 è
sostituito dal seguente:
"Le regioni hanno almeno
cinquecentomila d'abitanti, ad eccezione di quelle di cui all'articolo 116. Con
legge ordinaria, sentiti i rispettivi consigli regionali coinvolti, vengono
stabilite le modalità con cui aggregare i territori delle Regioni
soppresse"».
12.0.203
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Istituzione di nuove regioni)
1. Il primo comma dell'articolo 132
della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Con legge costituzionale, sentiti
i Consigli regionali, si può disporre la fusione di Regioni esistenti o la
creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti. La proposta
di legge costituzionale è sottoposta a referendum dalle popolazioni della
istituenda Regione, le quali deliberano a maggioranza assoluta degli aventi
diritto. La legge costituzionale dovrà prevedere la possibilità, nei cinque
anni successivi alla sua pubblicazione, che i Comuni ubicati in prossimità dei
confini della nuova Regione possano chiedere di aggregarsi alla nuova Regione,
ovvero di rimanere nel territorio della Regione oggetto di distacco"».
12.0.831
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 132 della
Costituzione)
1. All'articolo 132 della Costituzione,
al secondo comma, le parole: "della Provincia o delle Province interessate
e" sono soppresse, e le parole: "Province e" sono sostituite
dalla seguente: "i"».
12.0.832
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 133 della
Costituzione)
1. Il primo comma dell'articolo 133
della Costituzione è abrogato.
12.0.833
POLI BORTONE, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Trasferimento delle funzioni
esercitate dalle province soppresse)
1. Gli organi amministrativi delle
province cessano da ogni funzione entro due anni dalla data di entrata in
vigore della presente legge costituzionale.
2. Entro il medesimo termine di cui al
comma 1, lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a
conferire ai comuni e alle loro forme associate le funzioni amministrative
esercitate dalle province alla data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza.
3. Entro il medesimo termine di cui al
comma l, la legge dello Stato, tenendo conto dei conferimenti effettuati dalle
regioni ai sensi del comma 2, disciplina:
a) il trasferimento del personale dipendente dalle province
e dagli enti e dalle aziende che esercitano funzioni amministrative delle
province, secondo princìpi di economicità ed efficienza di impiego. conservando
al medesimo personale le posizioni giuridiche ed economiche in atto al momento
del trasferimento, o loro equivalenti;
b) il trasferimento delle funzioni dei beni e delle risorse
finanziarie, strumentali e organizzative delle province agli enti destinatari e
la successione nei rispettivi rapporti giuridici e finanziari. li trasferimento
dei beni e delle risorse deve comunque essere congruo rispetto alle funzioni
amministrative conferite;
c) la disciplina, anche transitoria, dei tributi, delle
compartecipazioni, dei canoni e di ogni altra entrata assegnata dalla legge o
comunque spettante alle soppresse province.
4. Qualora le disposizioni previste dai
commi 2 e 3 non siano state adottate alla scadenza del termine ivi previsto e
qualora, in ogni caso, gli enti destinatari delle funzioni non siano ancora in
grado di provvedere alloro effettivo esercizio, il Presidente della Giunta
regionale e la Giunta regionale esercitano le funzioni già spettanti ai
corrispondenti organi delle province soppresse nei rispettivi territori. In
caso di inadempimento della regione il Governo provvede ai sensi dell'articolo
120, secondo comma, della Costituzione.».
12.0.204
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 133 della
Costituzione)
1. All'articolo 133 della Costituzione
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
"La Regione, in specifiche parti
del territorio, e per determinate materie può istituire un livello
amministrativo sovracomunale i cui organi sono composti da consiglieri dei
Comuni facenti parte del territorio interessato";
b) dopo il secondo comma sono aggiunti, infine i seguenti:
"Ciascun Comune non può avere una
popolazione inferiore a ventimila abitanti, salvo motivate deroghe
limitatamente alle aree montane e insulari.
Per assicurare una adeguata rappresentanza
degli interessi locali, le Regioni possono istituire unità municipali aventi
una popolazione inferiore a ventimila abitanti, dotate di rappresentanti eletti
a suffragio universale la cui carica è onoraria e gratuita. Le unità municipali
svolgono esclusivamente funzioni consultive e sono prive di funzioni
amministrative o gestionali"».
12.0.205
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 133 della
Costituzione)
1. Il comma secondo dell'art. 133 è
sostituito dal seguente:
"La Regione, sentite le
popolazioni interessate, con sue leggi istituisce nel proprio territorio Comuni
con non meno di 5.000 abitanti, modificando le circoscrizioni e denominazioni
dei Comuni al di sotto dei 5000 abitanti e conservando la toponomastica dei
luoghi"».
12.0.206
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Composizione della Corte
Costituzionale)
1. All'articolo 135 della Costituzione,
il primo comma è sostituito dal seguente:
"La Corte Costituzionale è
composta da nove giudici eletti dal Parlamento in seduta comune."».
12.0.207
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
All'articolo 135, primo comma, della
Costituzione, la parola: "supreme" è soppressa».
________________
(*) Firma aggiunta in corso di seduta
12.0.208
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
1. L'articolo 136 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
"Art. 136. - La Corte
Costituzionale assicura l'inviolabilità della Costituzione e giudica sulle
controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
aventi forza di legge, eliminando o conservando la norma di legge o di atto
avente forza di legge di cui si contesta la conformità alla Costituzione.
L'ambito del giudizio della Corte è
limitato alla norma di legge o di atto avente forza di legge sottoposta al suo
esame e nell'ambito dei motivi sollevati nella ordinanza di rimessione. Non
sono ammesse sentenze interpretative, additive o sostitutive.
L'illegittimità costituzionale è
deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Corte.
Quando la Corte dichiara
l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di
legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e
comunicata alle Camere ed ai Consiglio regionali interessati, affinché, ove lo
ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali"».
12.0.400/1 (già
7.0.200/1)
Ritirato
All'emendamento 12.0.400, al comma 1,
aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Lo stesso numero dei componenti di
ciascuna Camera, nei medesimi termini, condizioni e forme, può promuovere
dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale
quando ritenga che una o più .disposizioni contenute in un decreto legislativo
importino eccesso o violazioni alla legge di delega».
12.0.400 (già
7.0.200)
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifica all'articolo 73 della
Costituzione)
1. All'articolo 73 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma: "Un quarto dei componenti di
ciascuna Camera può, quando ritenga che una legge o un atto approvato dal
Parlamento violi la Costituzione, promuovere la questione di legittimità
costituzionale davanti alla Corte costituzionale nelle condizioni, forme e
termini stabiliti con legge costituzionale"».
12.0.500/1
(testo corretto)
Approvato
All'emendamento 12.0.500 (testo 2),
dopo il primo periodo inserire il seguente: «Lo stesso numero dei componenti di
una Camera, entro lo stesso termine, può sollevare dinanzi alla Corte
costituzionale la questione di legittimità costituzionale di un decreto
legislativo per violazione o eccesso di delega».
12.0.500
V. testo 2
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 137 della
Costituzione)
1. All'articolo 137 della Costituzione,
dopo il primo comma, è inserito il seguente:
"Un quarto dei componenti di una
Camera può sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi
approvate dal Parlamento entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore. Con
legge costituzionale sono stabilite condizioni, limiti e modalità di esercizio
di tale facoltà"».
12.0.500
(testo 2)
Approvato nel testo emendato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 137 della
Costituzione)
1. All'articolo 137 della Costituzione,
dopo il primo comma, è inserito il seguente:
"Un quarto dei componenti di una
Camera può sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi
approvate dal Parlamento entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore. Con
legge costituzionale sono stabilite condizioni, limiti e modalità di esercizio
di tali facoltà"».
12.0.209
Respinto
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Modifiche all'articolo 138 della
Costituzione)
1. All'articolo 138 della Costituzione,
sono apportate le seguenti modificazioni:
"a) il primo comma è sostituito dal seguente:
Le leggi di revisione della
Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera
con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono
approvate a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera nella
seconda votazione";
b) il terzo comma è abrogato».
12.0.210
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 12-bis.
(Revisione costituzionale)
1. All'articolo 138 della Costituzione
sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"È indetto referendum
popolare deliberativo di revisione di uno o più articoli della Costituzione
qualora lo richiedano un milione di elettori, entro dodici mesi dalla
pubblicazione della relativa proposta presentata.
La proposta di revisione, redatta in
articoli, è sottoposta a referendum popolare deliberativo entro tre mesi
dall'accertamento della regolarità della presentazione e della compatibilità
con le norme cogenti del diritto internazionale e con i vincoli discendenti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
Hanno diritto di partecipare al referendum
popolare deliberativo tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera del
deputati. La proposta di revisione costituzionale è approvata se i voti
favorevoli rappresentano la maggioranza dei voti validi. La legge dello Stato
determina le modalità di attuazione del referendum popolare deliberativo
di revisione costituzionale".
2. La Corte costituzionale giudica se
le proposte di revisione costituzionale da sottoporre a referendum
popolare deliberativo siano ammissibili al sensi di quanto previsto
dall'articolo 138, comma quinto, della Costituzione, come Introdotto dalla
presente legge costituzionale.
3. Fino alla data di entrata In vigore
della legge con la quale sono disciplinate le modalità di attuazione del referendum
popolare deliberativo di revisione costituzionale ai sensi dell'articolo 138,
quinto comma, della Costituzione, come introdotto dalla presente legge
costituzionale, si applicano, in quanto compatibili, le vigenti disposizioni di
legge in materia di referendum previsti dalla Costituzione».
ARTICOLO 13 NEL
TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
Art. 13.
Soppresso (*)
(Disposizioni finali)
1. Presso il Senato della Repubblica è
istituita la Commissione paritetica per le questioni regionali, composta da un
rappresentante per ciascuna Regione e Provincia autonoma, eletto, su proposta
della Giunta, dai rispettivi Consigli tra i propri componenti, e da un eguale
numero di senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi
parlamentari. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è rappresentata dai
componenti eletti dai Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Il Presidente della Commissione è nominato tra i senatori dal Presidente del
Senato. La Commissione, entro i termini e nei modi stabiliti dal Regolamento
del Senato, esprime il parere sui disegni di legge riguardanti le materie di
cui all'articolo 117, terzo comma, e all'articolo 119 della Costituzione.
Quando i pareri sono contrari o condizionati a specifiche modificazioni, le
corrispondenti disposizioni sono sottoposte alla deliberazione del Senato con
votazione nominale.
________________
(*) Approvato
l'emendamento 2.550 (testo 2), nel testo emendato, soppressivo dell'articolo.
Cfr. seduta n. 753.
EMENDAMENTI
13.200
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 13.- (Disposizioni finali).
- 1. Presso il Senato della Repubblica è istituita la Commissione per le
questioni regionali, composta da un rappresentante per ciascuna regione e
provincia autonoma, eletto dai rispettivi consigli, e da un eguale numero di
senatori che rispecchi la proporzione tra i gruppi parlamentari, la quale
esprime, entro termini e secondo procedure stabiliti dal Regolamento, parere
sulle materie di cui al terzo comma dell'articolo 117, terzo comma, 118,
secondo e terzo comma e 119, qualora il Senato esamini il disegno di legge».
13.201
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, primo periodo, sopprimere
la seguente parola: «paritetica».
13.202
Precluso
Al comma 1, sopprimere le parole: «, su
proposta della Giunta,».
13.203
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, primo periodo, sopprimere
le seguenti parole: «, su proposta della Giunta,».
13.204
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, primo periodo, dopo le
parole: «composta da un rappresentante per ciascuna Regione e Provincia
autonoma, eletto, su proposta delta Giunta, dai rispettivi Consigli tra i
propri componenti,» inserire le seguenti: «, nonché da rappresentanti dei
Comuni e delle Città metropolitane che compongono la Conferenza Stato-città e
autonomie locali».
13.205
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, terzo periodo con il
seguente: «Il Presidente della Commissione è eletto tra i propri componenti».
13.206
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, quarto periodo, dopo le
parole: «sui disegni di legge» sono inserite le seguenti: «, sugli emendamenti
presentati in Commissione come pure in Assemblea, nonché sugli schemi di atti
normativi del Governo,».
13.207
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, quarto periodo, dopo le
parole: «117, terzo comma,» inserire le seguenti: «118, commi secondo e
terzo,».
13.208
PARDI, BELISARIO, BUGNANO, GIAMBRONE, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PEDICA
Precluso
Al comma 1, sostituire il quinto
periodo con i seguenti: «Nel caso in cui la Commissione abbia espresso parere
contrario o favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni o
riformulazioni su un testo o su un emendamento, e la Commissione in sede
referente non si sia adeguata, l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei
suoi componenti. Nel caso in cui l'esame del disegno di legge sia svolto in
sede deliberante o redigente, il mancato adeguamento al parere della
Commissione parlamentare per le questioni regionali determina la rimessione in
Assemblea».
13.209
Precluso
Dopo il comma 1, inserire il seguente:
«1-bis. Decorsi ventiquattro
mesi dall'inizio della legislatura successiva alla data di entrata in vigore
della presente legge costituzionale, la Commissione di cui al comma 1 può
presentare un disegno di legge costituzionale per l'istituzione del Senato
federale della Repubblica, che preveda, in particolare, l'elezione contestuale
in ciascuna Regione dei rispettivi senatori e dei consiglieri regionali».
EMENDAMENTI TENDENTI
AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 13
13.0.200
Ritirato (*)
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
(Istituzione di una Assemblea
Costituente per la revisione della Costituzione)
1. È istituita un'Assemblea
costituente, di seguito denominata "Assemblea", con il compito di
riscrivere la Costituzione della Repubblica Italiana adeguandola alla necessità
di governare i forti processi di responsabilità sovranazionale della situazione
economica e finanziaria in atto nell'Unione Europea e di procedere
inderogabilmente alla riduzione e razionalizzazione dei centri pubblici di
spesa, con specifica aderenza alle caratteristiche socio economiche della
nazione, e agli assetti territoriali di Governo, quali Regioni, aree
metropolitane, province e comuni.
2. L'Assemblea è composta da cento
membri elettivi.
3. I membri elettivi dell'Assemblea
sono eletti a suffragio universale, con voto diretto, eguale, libero e segreto,
attribuito a liste di candidati concorrenti dai cittadini iscritti nelle liste
elettorali per l'elezione della Camera del deputati.
4. Sono eleggibili all'Assemblea tutti
i cittadini italiani che abbiano i requisiti per l'elezione alla Camera dei
deputati.
5. le elezioni per l'Assemblea
Costituente sono indette con decreto del Presidente della Repubblica, emanato
previa deliberazione del Consiglio del ministri e hanno luogo contestualmente
alle elezioni per il rinnovo delle Camere previste al termine della XVI
legislatura.
6. L'Assemblea tiene la sua prima
seduta entro venti giorni dalla data delle elezioni.
7. Le circoscrizioni elettorali ed i
relativi capoluoghi sono stabiliti come segue:
a) I circoscrizione, capoluogo Milano: Piemonte, Valle
d'Aosta, Liguria, Lombardia;
b) II circoscrizione, capoluogo Venezia: Veneto,
Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Glulia;
c) III circoscrizione, capoluogo Roma: Emilia-Romagna,
Toscana, Umbria, Marche, lazio;
d) IV circoscrizione, capoluogo Napoli: Abruzzo, Molise,
Campania, Puglia, Basilicata, Calabria;
e) V circoscrlzione, capoluogo Palermo: Sicilia
f) VI circoscrizione, capoluogo Cagliari: Sardegna.
8. L'assegnazione del numero del seggi
alle singole circoscrizioni di cui al comma 7 è effettuata con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Interno, da emanare
contemporaneamente al decreto di indizione delle elezioni dell'Assemblea.
9. La determinazione del seggi da
assegnare alle singole circoscrizioni è effettuata in proporzione alla
popolazione residente in ciascuna di esse, sulla base dei risultati dell'ultimo
censimento generale. Nel calcolo del seggi si tiene conto dei quozienti interi
e del più alti resti.
10. L'attribuzione del seggi alle liste
concorrenti avviene in ragione proporzionale secondo le modalità previste dalla
legge 24 gennaio 1979, n.18.
11. Il programma di riforma
costituzionale di ciascuna lista viene depositato presso il Ministero
dell'interno contestualmente al contrassegno della lista medesima.
12. Per quanto non previsto dalla
presente legge costituzionale si applicano, in quanto con essa compatibili, le
norme di cui alla legge 24 gennaio 1979, n.18.
13. È ineleggibile alla carica di
membro dell'Assemblea chi ricopre la carica di Ministro, di Sottosegretario o
di Parlamentare; ai membri dell'Assemblea si applicano altresì le norme in
materia di ineleggibilità e incompatibilità previste dalla legge per i membri del
Parlamento della Repubblica. .
14. Le situazioni di incompatibilità di
cui al comma 13 sono risolte con opzione espressa entro trenta giorni dal
verificarsi delle stesse, in mancanza della quale il membro dell'Assemblea è
dichiarato decaduto.
15. Al membro dell'Assemblea che cessi
di fame parte a seguito di opzione o decadenza subentra il candidato che nella
stessa lista e nella stessa circoscrizione segue immediatamente l'ultimo
eletto.
16. Ai membri dell'Assemblea si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 66, 67, 68 e 69 della
Costituzione della Repubblica.
17. I membri dell'Assemblea non sono
eleggibili alla prima consultazione successiva alla chiusura dei llavori
dell'Assemblea stessa valida per il rinnovo del Parlamento.
18. Nella prima seduta l'Assemblea,
presieduta provvisoriamente dal membro più anziano, elegge tra i suoi membri il
presidente, due vicepresidenti e quattro segretari, che ne costituiscono
l'ufficio di presidenza.
19. L'Assemblea approva il proprio
regolamento, a maggioranza assoluta dei componenti, entro quindici giorni dalla
data della prima seduta.
20. L'Assemblea può demandare lo
svolgimento di funzioni referenti a commissioni permanenti, composte in modo da
rispecchiare la proporzione dei gruppi in essa presenti.
21. In Assemblea e nelle commissioni le
votazioni hanno luogo a scrutinio palese, salvo quelle riguardanti persone, che
si effettuano a scrutinio segreto.
22. L'Assemblea ha sede in Roma e si
avvale delle strutture e del personale della Camera del deputati e del Senato
della Repubblica; l'Assemblea può altresì disporre di personale comandato dalle
pubbliche amministrazioni.
23. L'Assemblea conclude i propri
lavori con l'approvazione a maggioranza assoluta del componenti, entro due anni
dalla prima seduta, di un testo di revisione della Costituzione, che viene
immediatamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
24. Il testo approvato, qualora lo
richiedano i 2/3 dei componenti dell'Assemblea, è sottoposto a referendum
popolare entro tre mesi dalla data di pubblicazione del testo medesimo nella Gazzetta
Ufficiale. Partecipano al referendum i cittadini elettori per la
Camera del deputati.
25. Qualora sia richiesto il referendum
al sensi del comma 24, è promulgato li testo sottoposto a referendum che sia
stato approvato dalla maggioranza dei voti validi. Se non è richiesto il
referendum è promulgato il testo approvato al sensi del comma 23. Il testo
promulgato è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana entro trenta giorni dalla data di svolgimento del referendum ed
entra in vigore tre mesi dopo la sua pubblicazione.
26. L'Assemblea è sciolta dal giorno
successivo a quello della pubblicazione del testo di revisione costituzionale
promulgato dal Presidente della Repubblica.
27. Dalla data di entrata in vigore
della presente legge costituzionale e fino allo scioglimento dell'Assemblea è
precluso al Parlamento l'esercizio del potere di revisione costituzionale nelle
materie attribuite alla competenza dell'Assemblea.
28. Alla data della definitiva
promulgazione del testo di revisione costituzionale approvato dall'Assemblea si
chiude la legislatura in corso alla medesima data».
________________
(*) Ritirato dal proponente, fatto proprio dal senatore Tedesco e
successivamente ritirato
13.0.201
FLERES, VIESPOLI, POLI BORTONE, CARRARA, CASTIGLIONE, CENTARO, FERRARA, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
(Istituzione dell'Assemblea
Costituente)
1. È istituita l'Assemblea Costituente
per la revisione dell'ordinamento della Repubblica Italiana, l'adeguamento, il
rafforzamento e l'ampliamento dei diritti costituzionali, anche in chiave
internazionale, nonché per rendere più efficienti ed efficaci le varie
istituzioni attraverso le quali è organizzato lo Stato.
2, L'Assemblea Costituente non può
sottoporre a revisione i principi fondamentali e le disposizioni della prima
parte della Costituzione della Repubblica italiana, salve le specificazioni di
cui ai commi 3 e 4.
3. L'Assemblea Costituente non può
sottoporre a revisione la forma di Stato repubblicana.
4. L'Assemblea Costituente può recare
modifiche alle seguenti disposizioni della parte prima della Costituzione:
a) articolo 9, in tema di tutela dell'ambiente e delle
specie animali;
b) articolo 11, in tema di adempimento degli obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea ed agli organismi
internazionali;
c) articolo 13, in tema di tutela dei dati personali;
d) articolo 29, in tema di diritti individuali;
e) articolo 41, in tema di tutela della libertà di
concorrenza e di tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori.
5. L'Assemblea Costituente è composta
da un numero di membri eletti a suffragio universale, con voto diretto,
personale e segreto, dai cittadini elettori per la Camera dei deputati in
ragione di uno ogni 500,000 abitanti o frazione superiore a 250.000 per
ciascuna circoscrizione elettorale. I requisiti per l'elettorato attivo sono i
medesimi previsti per la Camera dei deputati, quelli per l'elettorato passivo
sono quelli previsti per il Senato della Repubblica.
6. Le circoscrizioni elettorali ed i
loro capoluoghi sono stabiliti come segue:
1) Piemonte, Valle D'Aosta, Liguria,
capoluogo Torino;
2) Lombardia, capoluogo Milano;
3) Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli
Venezia Giulia, capoluogo Venezia;
4) Emilia Romagna, Toscana, Umbria,
Marche, capoluogo Bologna;
5) Lazio, capoluogo Roma;
6) Puglia, Basilicata, Calabria,
capoluogo Bari;
7) Campania, Abruzzo, Molise, capoluogo
Napoli;
8) Sicilia, capoluogo Palermo;
9) Sardegna, capoluogo Cagliari.
L'assegnazione dei seggi alle singole
circoscrizioni è stabilita proporzionalmente alla popolazione residente in base
all'ultimo censimento generale.
7. Con successiva legge saranno
indicate le modalità di elezione e di presentazione di liste e candidati nel
rispetto dei principi di pari opportunità di genere, proporzionaiità
nell'attribuzione dei seggi, sbarramento per l'accesso all'attribuzione dei
seggi non superiore al 2%.
8. La carica di membro dell'Assemblea
Costituente è incompatibile con quella di membro del Governo, Parlamentare
europeo, presidente, consigliere o assessore regionale, parlamentare nazionale.
Ai membri dell'Assemblea Costituente sono estese le altre incompatibilità
previste dalla Costituzione e dalla legge per i membri del Parlamento
nazionale.
9. Il nuovo testo della Costituzione è
sottoposto a referendum popolare entro sei mesi dalla sua adozione da parte
dell'Assemblea Costituente.
10. L'Assemblea Costituente è sciolta
24 mesi dopo la sua prima seduta, i suoi componenti non sono eleggibili ad
alcuna delle cariche previste dal comma 8.
13.0.660
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. Nella legislatura successiva alla
data di entrata in vigore della presente legge costituzionale il Senato della
Repubblica assume le funzioni di Assemblea per la revisione della Parte Seconda
della Costituzione (Ordinamento della Repubblica).»
13.0.661
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. La revisione dell'ordinamento della
Repubblica è finalizzata a rafforzare ed ampliare la tutela dei diritti
costituzionali e rendere più efficienti le istituzioni. Il Senato della
Repubblica può sottoporre a revisione le disposizioni della Parte Prima della
Costituzione nei soli limiti di cui al comma 2.
2. La legge di revisione costituzionale
di cui al comma 1 può recare modifiche alle seguenti disposizioni della Parte
Prima della Costituzione, nei limiti indicati:
a) articolo 9, in tema di tutela dell'ambiente;
b) articolo 11, in tema di adempimento degli obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea;
c) articolo 13. in tema di tutela dei dati personali;
d) articolo 41, in tema di tutela delle libertà di
concorrenza e di tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori».
13.0.662
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. I disegni di legge costituzionale di
cui all'articolo 3-ter sono presentati al Senato della Repubblica, anche
se proposti da deputati».
13.0.663
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. In deroga all'articolo 138 della
Costituzione la legge costituzionale di revisione di cui all'articolo 3-ter
è approvata con unica deliberazione del Senato della Repubblica, adottata a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, entro i dodici mesi successivi
all'inizio della legislatura».
13.0.664
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
Ai sensi e per gli effetti di cui
all'articolo 3-quinquies, la legge di revisione costituzionale è
comunque sottoposta a referendum popolare entro i sei mesi successivi alla
deliberazione del Senato. Non si applicano le disposizioni dell'articolo 138
della Costituzione concernenti le richieste di referendum.
2. La legge sottoposta a referendum
è promulgata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi
diritto e se è raggiunta la maggioranza favorevole dei voti validamente
espressi».
13.0.665
SAIA, VIESPOLI, CASTIGLIONE, CENTARO, CARRARA, FERRARA, FLERES, FILIPPI ALBERTO, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, POLI BORTONE, VILLARI
Ritirato
Dopo l'articolo, inserire il
seguente:
«Art. 13-bis.
1. Fino alla deliberazione di cui
all'articolo 3-quinquies, il Senato della Repubblica non esercita
diversamente la funzione legislativa né le altre funzioni previste dalla
Costituzione, salvo che per l'approvazione delle leggi per l'elezione delle
Camere.
2. Il Senato della Repubblica è sciolto
di diritto dalla data di entrata in vigore della legge di revisione
costituzionale di cui all'articolo 3-ter, che dispone sulla composizione
e le funzioni di una Camera rappresentativa delle autonomie territoriali in
luogo del medesimo Senato della Repubblica e provvede alla relativa disciplina
transitoria»
.
|
|
|
|
|
Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
|
|
Assemblea |
|
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RESOCONTO SOMMARIO RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI |
|
ASSEMBLEA |
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776a seduta pubblica: |
|
mercoledì 25
luglio 2012 |
|
Presidenza del vice presidente NANIA, indi del presidente SCHIFANI |
Presidenza del vice presidente NANIA
PRESIDENTE. La
seduta è aperta (ore 12,05).
Si dia lettura del processo verbale.
STIFFONI, segretario, dà lettura del
processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il
processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE.
L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato,
nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B
al Resoconto della seduta odierna.
Preannunzio di votazioni mediante
procedimento elettronico
PRESIDENTE.
Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni
qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il termine
di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del
Regolamento (ore 12,07).
Seguito della discussione dei disegni di
legge costituzionale:
(24) PETERLINI. - Modifica agli articoli 55 e 57 e
abrogazione dell'articolo 58 della Costituzione in materia di composizione del Senato
della Repubblica e di elettorato attivo e passivo
(216) COSSIGA. - Revisione della Costituzione
(873) PINZGER e THALER AUSSERHOFER. - Modifiche
agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma di governo
(894) D'ALIA. - Modificazione di articoli della
parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e
funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo
per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
(1086) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo e alla forma di governo
(1114) PASTORE ed altri. - Modifiche alla Parte II
della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre
1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e
del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e
attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali
(1218) MALAN. - Revisione dell'ordinamento della
Repubblica sulla base del principio della divisione dei poteri
(1548) BENEDETTI VALENTINI. - Modifiche all'articolo
49, nonché ai titoli I, II, III e IV della Parte seconda della Costituzione, in
materia di partiti politici, di Parlamento, di formazione delle leggi, di
Presidente della Repubblica, di Governo, di pubblica amministrazione, di organi
ausiliari, di garanzie costituzionali e di Corte costituzionale
(1589) FINOCCHIARO ed altri. - Modifica di articoli
della parte seconda della Costituzione, concernenti la forma del Governo, la
composizione e le funzioni del Parlamento nonché i limiti di età per
l'elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica
(1590) CABRAS ed altri. - Modifiche alla Parte II
della Costituzione, concernenti il Parlamento, l'elezione del Presidente della
Repubblica e il Governo
(1761) MUSSO ed altri. - Modifiche agli articoli 56
e 57 della Costituzione, in materia di elezioni alla Camera dei deputati e al
Senato della Repubblica
(2319) BIANCO ed altri. - Modifica dell'articolo 58
della Costituzione, in materia di abbassamento dell'età anagrafica per
l'elettorato attivo e passivo del Senato della Repubblica
(2784) POLI BORTONE ed altri. - Modifiche alla
Costituzione in materia di istituzione del Senato delle autonomie, riduzione
del numero dei parlamentari, soppressione delle province, delle città
metropolitane e dei comuni sotto i 5.000 abitanti, nonché perfezionamento della
riforma sul federalismo fiscale
(2875) OLIVA. - Modifiche agli articoli 56 e 57
della Costituzione, in materia di riduzione dei parlamentari, di eliminazione
della disposizione che prevede l'elezione dei senatori nella circoscrizione
Estero e di riduzione del limite di età per l'elettorato passivo per la Camera
dei deputati
(2941) Disposizioni concernenti la riduzione del numero dei
parlamentari, l'istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma di
Governo
(3183) FISTAROL. - Modifiche al titolo V della Parte
II della Costituzione in materia di istituzione del Senato federale della
Repubblica, composizione della Camera dei deputati, del Senato federale della
Repubblica, del Governo e dei Consigli regionali, nonché in materia di
accorpamento delle regioni, di popolazione dei comuni e di soppressione delle
province
(3204) CALDEROLI ed altri. - Disposizioni
concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l'istituzione del Senato
federale della Repubblica e la forma di Governo
(3210) RAMPONI ed altri. - Modifica degli articoli
56 e 57 della Costituzione, in materia di presenza delle donne nel Parlamento
(3252) CECCANTI ed altri. - Modifiche alla
Costituzione relative al bicameralismo, alla forma di governo e alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni
(Votazione finale qualificata ai sensi
dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (ore 12,07)
Approvazione, con modificazioni, in un testo
unificato, con il seguente titolo: Modifiche alla Parte seconda della
Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge
costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218, 1548, 1589, 1590, 1761,
2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel testo unificato proposto
dalla Commissione.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri
si è conclusa la votazione degli articoli e dei relativi emendamenti.
Passiamo alla votazione finale.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DEL PENNINO (Misto-P.R.I.). Signor
Presidente, i senatori del Gruppo Misto e la senatrice Sbarbati non voteranno a
favore del disegno di legge di riforma costituzionale che è stato presentato.
Non lo voteranno per le ragioni che abbiamo già illustrato, nel corso del
dibattito, il collega Tedesco, io e la stessa senatrice Sbarbati.
Quello al nostro esame è un disegno di legge
pasticciato e contraddittorio: si istituisce uno pseudo Senato federale, che
non si sa come si costituirà e se la partecipazione dei rappresentanti delle
Regioni sarà con voto deliberativo o puramente consultivo, e si attribuisce a
questo Senato federale il compito di occuparsi della legislazione concorrente e
di una non meglio identificata legislazione di interesse degli enti locali,
secondo modalità che saranno fissate dal Regolamento. Non si capisce niente,
non si sa che cosa si istituisce e, per una riforma costituzionale, non è cosa
da poco.
A ciò si aggiunga che, dato il perimetro
disegnato da quel mastino del mio amico senatore Boscetto, per cui non si è
potuta affrontare la riforma dell'articolo 117 della Costituzione, mentre si
sono potute affrontare altri temi, come il Senato federale e il
semipresidenzialismo, noi lasciamo intatto il Titolo V della Costituzione così
com'è oggi, che è all'origine della confusione tra i poteri dello Stato e i
poteri delle Regioni e che ha nella legislazione concorrente, che nel testo
viene elevata a criterio di differenziazione delle competenze tra Camera dei
deputati e Senato, il principale argomento di confusione, di conflitti di
attribuzione e di ingolfamento della Corte costituzionale, come la stessa ha
ricordato.
È evidente che questo è un prezzo che il PdL
ha dovuto pagare agli amici della Lega Nord, ai quali vorrei dire che la strada
verso il vero federalismo non passa attraverso queste "riformette" o
queste affermazioni di puro principio, attraverso questo Senato che viene
chiamato "federale" ma che poi non si sa che cosa federi, bensì
attraverso una revisione complessiva del nostro sistema delle autonomie locali,
delle competenze delle Regioni e degli enti subregionali. Tutto questo non è
disegnato in questa "riformetta" (o riformaccia come chiamar si
voglia).
In più viene introdotto il
semipresidenzialismo. Nel corso della discussione generale ho già detto che
sono personalmente favorevole, come molti altri colleghi del Gruppo Misto, a
una riforma di tipo semipresidenziale basata sul doppio turno, ma accompagnata
anche da una legge elettorale che preveda il doppio turno sul modello francese:
ma questo non si può fare in modo improvvisato. È necessario un disegno
complessivo che stabilisca anche le incompatibilità.
E non basta una riformetta parziale del CSM
che si limita a sostituire il Presidente della Repubblica con il Presidente
della Corte di cassazione, rendendo il CSM ancora più corporativo e ancora di
più strumento di giustizia domestica. E poi ci lamentiamo per le ingerenze
della magistratura, quando con la riforma al nostro esame attribuiamo alla
corporazione maggiore potere e più funzioni.
Questa riforma, quindi, è una bandiera da
agitare in campagna elettorale, non un progetto serio.
Allora, rivolgo un appello, anche se so che
cadrà nel vuoto, perché sento in coscienza di doverlo fare: abbandoniamo la
strada delle riforme improvvisate. Non si gioca, l'ho già detto altre volte,
con le istituzioni e con la Costituzione. Affrontiamo seriamente la legge
elettorale e affidiamo ad un'Assemblea costituente la riscrittura complessiva
della nostra Carta costituzionale. Esiste una proposta autorevole avanzata dal
collega Pera, cui ho chiesto di apporre anche la mia firma; ci sono le
indicazioni date ieri sia dal collega D'Alia che dal collega Fleres, che hanno
giustamente ritirato i loro emendamenti per non pregiudicare questa strada, che
è l'unica che possiamo imboccare se vogliamo pensare seriamente a ridisegnare
il nostro modello istituzionale in modo non improvvisato, non confuso e non da
utilizzare solo come bandiera elettorale. (Applausi dei senatori Astore,
Musi e Sbarbati).
PARDI (IdV).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente,
onorevoli colleghi, membri del Governo, di solito in occasioni come queste si
comincia dicendo che il momento è solenne e che richiederebbe un atteggiamento
coerente con la solennità dell'occasione. Io temo, purtroppo, che in questa
modifica della Costituzione non vi sia assolutamente niente di solenne. (Brusìo).
PRESIDENTE. Colleghi, vi ricordo che stiamo
lavorando alla riforma della Costituzione.
PARDI (IdV). La riforma ha, fin
dall'inizio, un doppio carattere: da un lato, l'ipotesi di attribuire molti
poteri, anche accresciuti, al Presidente del Consiglio, dall'altro, l'ipotesi
di attribuzione di tutti i poteri al Presidente della Repubblica.
Il primo progetto, quello dell'attribuzione
di poteri alla Presidenza del Consiglio, è il frutto di un'intesa interna alla
maggioranza provvisoria che sostiene il Governo e, purtroppo, anche di una
tendenza dei colleghi del Partito Democratico a fidarsi troppo. È difficile,
infatti, non ricordare la Bicamerale 1996-1997 che fece esattamente la stessa
fine: era in ipotesi la realizzazione di un premierato forte e fu votato un
semipresidenzialismo.
Il progetto era articolato in quattro punti:
riduzione del numero dei parlamentari, superamento del bicameralismo, corsia
preferenziale per le leggi del Governo e maggiori poteri al Presidente del
Consiglio.
Ora, la riduzione del numero dei parlamentari
ha avuto contro la maggioranza trasversale dei parlamentari, per generale
ammissione di tutti. Il superamento del bicameralismo non c'è stato affatto,
perché è stato modificato in una maniera estremamente farraginosa e complicata,
con tutto un lavoro barocco sull'attribuzione delle competenze tra le due
Camere. Alla fine, tutto questo è stato comunque troncato... (Brusìo).
Mi fermo di nuovo, signor Presidente?
BELISARIO (IdV). Sospenda la seduta!
PRESIDENTE. Colleghi, se non c'è silenzio in
quest'Aula, seguirò la strada suggerita dal presidente Belisario di sospendere
la seduta.
PARDI (IdV). L'ipotesi del superamento
del bicameralismo perfetto ha poi trovato la sua concrezione definitiva in
questa idea del Senato federale barattato con il presidenzialismo, per cui il
superamento del bicameralismo non c'è, così come non c'è la riduzione del
numero dei parlamentari. C'è invece l'attribuzione al Governo di un ruolo di
soggetto legislativo di fronte a cui le Camere rischiano di svolgere la
funzione di spettatrici e ci sono effettivamente più poteri al Presidente del
Consiglio, meno poteri al Presidente della Repubblica e meno poteri alle
Camere.
Questa sintesi smentisce la vulgata
che voleva che questo iniziale progetto di riforma costituzionale fosse basato
sull'equilibrio tra l'accrescimento dei poteri del Governo e l'accrescimento
dei poteri del Parlamento. Di accrescimento dei poteri del Parlamento non c'è
traccia: c'è solo l'accrescimento dei poteri del Governo.
Ricordo, non di sfuggita, che sei anni fa una
riforma assai simile, perché conteneva molti punti strettamente analoghi, è
stata bocciata a grandissima maggioranza dal popolo italiano. Quindi, l'idea
che la prima ipotesi di riforma costituzionale fosse una cosa seria è smentita a
priori dal fatto che il popolo italiano ne aveva già bocciata una molto
simile. Era meglio non lavorare in quella direzione. Il Parlamento si è
cacciato in una sorta di cul-de-sac, da cui poi è uscito nel peggiore
dei modi.
Il secondo progetto è molto peggio perché, se
mai era possibile sfigurare un'ipotesi di riforma costituzionale già così mal
concepita, esso - che poi è quello che si sta affermando, purtroppo invano,
anzi per fortuna invano - in realtà davvero introduce una sorta di concezione
della riforma costituzionale come esercizio di un baratto tra le parti. E
allora, alla maggioranza provvisoria che aveva immaginato la prima riforma si
sostituisce la maggioranza vecchia, che si ricostituisce su un patto di scambio
tra la concessione, dell'uno all'altro, del Senato federale (senza stare a
curarsi di come venga definito) e del semipresidenzialismo o presidenzialismo,
(ormai la questione lessicale tra semipresidenzialismo e presidenzialismo è
perfino priva di significato). Di sicuro c'è un fatto: la riforma che stiamo
votando oggi - e che noi non voteremo con la massima convinzione - stabilisce
una linea guida che altera in profondità tutti gli equilibri costituzionali.
Questo presidenzialismo, che i nostri interlocutori vogliono presentare in
maniera quasi innocente, costringerà a riscrivere dai 30 ai 40 articoli della
Costituzione vigente.
Mi sembra evidente che questa voluttà di
imposizione - tra l'altro, con modi che ancora ci offendono - di un nuovo
disegno costituzionale rappresenta in realtà l'ultimo atto, nella storia
italiana, di una volontà strisciante che si è sempre manifestata, ma che si
vergognava di se stessa: la volontà di liberarsi della Costituzione vigente e
di cambiarla veramente con qualcosa di molto diverso. Non ci riusciranno; però
anche questa volta questa volontà si è manifestata in modo significativo.
Parlavo di dualismo: premierato e
presidenzialismo sono due punti di vista diversi, ma in realtà hanno un'origine
comune, che non può essere trascurata. Infatti, sia i sostenitori della prima
ipotesi che quelli della seconda partono da un'idea iniziale per noi
pericolosissima: la Costituzione non dà a chi governa gli strumenti per farlo,
e quindi bisogna supplire alle plasticità e alla lentezza della democrazia con
la velocità che nasce dall'attribuzione di tutti i poteri ad una persona sola.
Questo assioma - la Costituzione non dà a chi
governa gli strumenti per farlo - è profondamente falso ed è dimostrato dalla
storia dei Governi della Repubblica. In realtà, l'ingovernabilità dipende dal
fatto che chi ha governato non sapeva usare i suoi poteri reali e non sapeva
governare nemmeno con una maggioranza che non si era mai vista.
È una tecnica tipica di chi non si assume mai
le sue responsabilità attribuire la colpa dei propri errori alla Costituzione.
I problemi della democrazia non si risolvono con l'attribuzione di tutto il
potere a una persona sola. È una credenza.Colleghi, questo termine richiede un
minimo di riflessione. È una "credenza", che non è un mobile ma un
modo di credere. Nei tempi antichi, nella storia francese, si era creduto che
gli scrofolosi potessero essere guariti dai re con l'imposizione delle mani. La
credenza che dando il potere a una persona sola si possano guarire le
difficoltà della democrazia ha perfino meno validità di quella dei re
taumaturghi di antica memoria.
Il Partito Democratico e l'Italia dei Valori
sono usciti dall'Aula: su questo vanno spese alcune parole. Il Partito
Democratico - lo diranno loro - per me è uscito perché si è sentito tradito
nella fiducia riservata ad un disegno di legge che noi non condividevamo ma che
per loro era valido. L'Italia dei Valori è uscita dall'Aula per l'impossibilità
letterale di esercitare i diritti di opposizione: come si fa a discutere una
riforma costituzionale dentro la gabbia dei tempi contingentati? C'è da
vergognarsi alla sola idea che si sia potuto realizzare questa sorta di
delitto.
A tutto ciò si aggiunge la perfetta vanità di
quello che stiamo facendo, la perfetta vanità di questa prima lettura.
L'assenza dei due terzi dei voti, sulla base dell'articolo 138 della
Costituzione, rende velleitario il cammino di questo progetto nelle letture
successive. Il destino della realizzazione di questa riforma è segnato: questa
riforma non si farà! E la cosa stupefacente è che tutti, qui, stiamo recitando
una commedia, e più di tutti gli altri la vecchia maggioranza, ora rinnovata. (Applausi
del senatore Astore).Fanno finta di credere ad una cosa che non è
possibile. Abbiamo svolto un lavoro inutile, forse di efficacia propagandistica
- si sente dire - per sventolare le bandiere del presidenzialismo durante la
campagna elettorale.
Credo però che resti soprattutto il danno per
la mancata tempestività dei provvedimenti anticrisi: nel momento in cui, in
questa sede, avremmo dovuto affrontare i gravissimi problemi del Paese, siamo
stati fermi tre giorni a perdere tempo, mentre la forza della crisi aumenta in
modo davvero angoscioso. Ne nasceranno difficoltà crescenti per la riforma
elettorale. Del resto, come si fa a concludere un patto di fiducia sulla
riforma elettorale sulla base di questa sfiducia crescente? Poi ci presenteremo
davanti ai cittadini senza la riduzione del numero dei parlamentari. Che bella
figura, colleghi! Abbiamo lavorato dicendo che partivamo dall'idea necessaria
di ridurre il numero dei parlamentari e ci ritroviamo in un'impossibilità
decisa e automatica di ridurre tale numero.
È scarsissima la speranza di una nuova legge
elettorale. Stiamo facendo una figura veramente penosa. E tutto questo per
motivi propagandistici? Colleghi, la sola idea che questo giochino sul
presidenzialismo possa essere stato concluso per dare a Berlusconi la speranza di
salire al Quirinale rappresenta una fantasia grottesca. Basta interrogarsi
sull'attendibilità di questa persona oggi nel contesto internazionale.
Insomma, l'occasione non è affatto solenne,
ma il nostro no è molto, molto solenne, e lo diciamo con la massima
convinzione. (Applausi dal Gruppo IdV e dei senatori D'Ambrosio e Sbarbati.
Congratulazioni).
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN:GS-SI-PID-IB-FI). Signor
Presidente, signori del Governo, colleghi del Senato, il nostro Gruppo da tempo
ha posto il tema della modernizzazione istituzionale come una delle grandi
questioni da affrontare per cercare di far coincidere - come recita uno slogan
da noi utilizzato - il tempo della crisi con il tempo delle riforme: il tempo
delle riforme istituzionali, il tempo delle riforme elettorali, il tempo delle
riforme economico-sociali.
Il dibattito che si è aperto dentro il
Parlamento e fuori da esso tra Gruppi e partiti ha consentito di avviare un
processo di confronto riformatore, che ha avuto una finalizzazione all'interno
della Commissione affari costituzionali con un'ipotesi sulla quale si era
registrata una convergenza significativa dal punto di vista parlamentare, ma
rispetto alla quale abbiamo manifestato sempre il nostro dissenso, non
ritenendo che quella riforma sciogliesse i nodi fondamentali che, invece,
bisognava sciogliere per la modernizzazione italiana sul terreno istituzionale.
Infatti, quella riforma non affrontava in maniera adeguata i nodi del
superamento del bicameralismo, non affrontava il tema del ricongiungimento - se
così si può definire - tra la Costituzione formale e la Costituzione materiale,
di fatto non scioglieva il nodo neanche dell'elezione diretta del Premier.
Insomma, lasciava troppi vuoti: era la manifestazione di un compromesso non del
tutto alto rispetto alla sfida che avevamo di fronte.
La nostra proposta era stata sempre un'altra:
quella di riuscire a tenere insieme la dimensione del territorio ed il ruolo e
la funzione della partecipazione e della decisione, il territorio e l'unità
nazionale, la dimensione del Senato delle autonomie e l'elezione diretta del
Presidente della Repubblica, per tenere appunto la complessità di questo Paese
con le sue diversità ma anche con la sua irrinunciabile unità nazionale,
soprattutto in epoca di globalizzazione e soprattutto in una fase in cui a
competere sono i sistemi Paese, che rischiano anzi di essere troppo piccoli
nella dimensione della globalizzazione e della competizione, tant'è che nel
corso degli anni abbiamo ceduto sovranità nazionale in un processo che, lungo
gli ultimi decenni ed oltre della vita politica e istituzionale italiana, ha
consegnato sovranità verso il basso e sovranità verso l'alto, svuotando il
ruolo e la funzione dello Stato nazionale.
Noi abbiamo sempre ritenuto che i due
pilastri di una riforma che consegnasse il Paese al futuro fossero esattamente
quelli concernenti la dimensione della pluralità del territorio e la dimensione
della decisione del presidenzialismo. Per questo avevamo presentato una riforma
che andava in direzione del Senato delle autonomie e del presidenzialismo.
Lungo l'iter riformatore si è inserita
l'iniziativa, in particolare, del Popolo della Libertà che ha individuato
l'esigenza, rispetto al contesto europeo e nazionale che si era determinato e
che si stava determinando soprattutto con l'acuirsi della crisi, di individuare
il semipresidenzialismo come un'ipotesi da inserire nel dibattito e nel
confronto parlamentare. Noi abbiamo accompagnato con coerenza
quell'impostazione ed abbiamo votato anche l'altro polo della riforma, quello
del Senato federale, per quanto si trattasse di un Senato federale
difficilmente definibile tale, ma che comunque andava in direzione della
dimensione del territorio, della rappresentanza del territorio e dell'unità
nazionale attraverso il presidenzialismo.
Quindi, ci siamo mossi con un atteggiamento
di coerenza; l'abbiamo voluto segnalare anche attraverso la condotta
parlamentare che abbiamo mantenuto sulla riforma: non abbiamo votato
emendamenti e articoli, astenendoci, se non quelli relativi al Senato, al
semipresidenzialismo e, presidente Nania, alla modifica del Titolo V della
Parte seconda della Costituzione
Proprio sul Titolo V si è confermata la
giustezza della nostra posizione perché, quando il senatore Boscetto (che
formalmente non era il relatore) ha correttamente e sostanzialmente avvisato
che la riforma ha un perimetro insuperabile, cioè che non può andare oltre una
sorta di sovranità limitata che si è data nella definizione del suo perimetro
di azione e di cambiamento, è emersa l'esigenza di individuare, per ragioni di
contesto, di forze politiche e di contenuto, dopo il voto del Senato, un luogo
in cui sviluppare e recuperare lo spirito di comune coesione costituente ed,
insieme, la possibilità di mettere mano organicamente alla riforma della
Costituzione. Ciò non può non riguardare anche il Titolo V, perché nella
modernizzazione del Paese non si può non mettere mano anche alla riforma di
questa parte della Costituzione.
Per tale motivo, abbiamo proposto di
concludere il dibattito al Senato e di chiudere il confronto parlamentare in
questo ramo del Parlamento, nella consapevolezza che si sta procedendo lungo
una tappa riformatrice e che si è confermata l'esigenza di un'Assemblea
costituente da eleggere insieme al nuovo Parlamento, al fine di recuperare lo
spirito necessario per avviare una riforma di più ampia condivisione, per
individuare un luogo di organica riforma della Costituzione, per creare nel
Paese un clima all'altezza della responsabilità istituzionale e costituzionale
che tutti dobbiamo assumere in questa fase.
Abbiamo dichiarato che il nostro voto sul
semipresidenzialismo e sul Senato federale ha una forte valenza simbolica
perché significa che intorno a questi pilastri il Senato è in sintonia con la
stragrande maggioranza del popolo italiano e dà un indirizzo alto e nobile, una
direzione di marcia della riforma. Quella direzione di marcia deve essere
confermata all'interno di un'Assemblea costituente che noi rilanciamo con forza
come l'unica strada possibile per recuperare il rapporto tra Stato e popolo,
per ritrovare una dimensione di mobilitazione popolare intorno alla riforma e
per consegnare la decisione finale del percorso riformatore a una proposta
dell'Assemblea costituente da sottoporre comunque al referendum
popolare. Tutto questo - ripeto - perché finalmente si recuperi il rapporto tra
istituzioni e cittadini e si recuperi fino in fondo la sovranità popolare. (Applausi
dai Gruppi CN:GS-SI-PID-IB-FI e PdL).
LAURO (PdL). Bravo!
VALDITARA (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, i cittadini che ci ascoltano e leggono i
nostri atti devono sapere come stanno le cose, perché vi sono una buona ed una
cattiva politica.
In 1a Commissione permanente si è svolto un
lungo ed appassionato dibattito, al termine del quale si è raggiunto un ampio
accordo su un testo di riforma della nostra Costituzione. La maggioranza era
tale da garantire l'immediata entrata in vigore delle nuove norme al termine
del percorso di riforma costituzionale. Va sottolineato, fra l'altro, che il
testo era arrivato in Aula il 7 giugno 2012: vi era, dunque, tutto il tempo
perché venisse rapidamente approvato dal Senato e discusso e votato in prima
lettura anche dalla Camera dei deputati prima dell'estate.
I punti più rilevanti approvati in
Commissione, su cui le principali forze politiche (PdL, PD, Per il Terzo
Polo:ApI-FLI e UDC) avevano convenuto, erano i seguenti: innanzitutto, un
rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio, con la facoltà di nomina
e di revoca dei Ministri, superando quegli ostacoli all'efficacia della
direzione politica più volte in passato lamentati da tutti gli schieramenti; in
secondo luogo, la sfiducia costruttiva, che presuppone l'individuazione del
successore alla guida del Governo in caso di crisi, destinata a rendere più
stabile l'azione dell'Esecutivo e ad evitare dannosi vuoti di potere; quindi,
la corsia accelerata per i disegni di legge governativi, che vengono posti in
votazione entro un termine dato, decorso il quale sono approvati senza
emendamenti (ciò al fine di rendere più incisiva e rapida l'azione riformatrice).
In questo schema era contenuto anche il
tendenziale superamento del bicameralismo perfetto, per garantire una maggiore
velocità nell'approvazione delle leggi. E infine la diminuzione di senatori e
deputati.
Su questo e altro l'accordo era stato trovato
con un voto congiunto. Dicevano i romani: pacta sunt servanda.
Improvvisamente, a riforma ormai definita, il PdL ha proposto una serie di
emendamenti che cambiano radicalmente il testo introducendo il
semipresidenzialismo.
La proposta tocca un tema su cui anche noi
potremmo essere d'accordo, ma su questa proposta, per avere senso e non essere
una semplice provocazione politica, si doveva costruire un consenso ampio.
Avevamo stigmatizzato, nel 2001, la riforma del Titolo V della Parte seconda
della Costituzione, proprio perché approvata dall'Ulivo con una risicata
maggioranza, e anche la riforma del 2006 venne poi bocciata dal popolo, proprio
perché non si era riusciti a costruire la maggioranza richiesta dalla
Costituzione.
Anziché cercare un consenso ampio, il PdL ha
dato vita ad un vero e proprio baratto con la Lega, comprando il suo consenso
in cambio del cosiddetto Senato federale.
Ma qual è dunque la riforma che ci viene ora
proposta?
Il senatore Boscetto, che oltre ad essere un
autorevole esponente del PdL era anche relatore in Commissione, ha dichiarato
testualmente che non si tratta di una riforma completa e che dovremo
modificarla, correggerla ed integrarla nella prossima legislatura. Il senatore
Fleres, che pure appartiene a Coesione Nazionale, Gruppo vicino al PdL, ha
parlato di commedia, di un dibattito sterile e, evocando Pirandello, di una
riforma viva alla morte e morta alla vita. Il senatore Pera, del PdL, aveva
stigmatizzato con parole molto dure l'accordo Lega-PdL, che rischiava di far saltare
il percorso riformatore su cui si era trovato quell'ampio accordo. E così pure,
ieri, il senatore Pisanu, sempre del PdL.
Si sono avuti pertanto, anche a causa di
queste defezioni all'interno del PdL stesso, articoli ed emendamenti decisivi
votati da 125-135 senatori: dunque, una minoranza del Senato.
Perché questo repentino e sconvolgente
voltafaccia, che ha fatto saltare il banco delle riforme?
Il senatore Saro, sempre del PdL, ha
denunciato nel suo intervento la strumentalità del disegno. Gli emendamenti sul
semipresidenzialismo sarebbero stati presentati, secondo il senatore Saro, per
un mero disegno politico nella speranza di alcuni esponenti del PdL di mettere
in crisi il Governo e ricostruire l'alleanza con la Lega, magari sperando che
il 30 giugno Monti fallisse in Europa.
Se c'era quel disegno, esso è fallito. Rimane
quest'aborto.
Quali sono infatti i principali difetti?
Anzitutto il cosiddetto Senato federale. Dirò subito che sono favorevole ad un
Senato sul modello tedesco, quello che nella XIV legislatura avevamo delineato
nella riforma cosiddetta della devolution e che di quella riforma era
probabilmente la cosa più interessante.
A titolo personale, aggiungo che non mi
riconosco nelle posizioni critiche sul federalismo, pur emerse nel dibattito.
Forse perché seguo Locke e Tocqueville e non mi piace Hegel, o più
semplicemente perché quando si tratta di un vero federalismo, che presuppone la
responsabilità dei territori circa le entrate e le spese e non i trasferimenti
dello Stato, questo vero federalismo genera economie solide: Germania, Svizzera
e Austria sono il primo esempio, Italia e Spagna il secondo.
Quello che è stato qui approvato come frutto
di un improvvisato baratto non solo non è un Senato federale, ma rischia di
paralizzare e rendere ancora più caotica la legislazione. Non elimina né
ridimensiona nei fatti il bicameralismo, cioè l'approvazione delle leggi da
tutti e due i rami del Parlamento, ma soprattutto fa intervenire 21
rappresentanti delle Regioni (21 su 271, una esigua minoranza) quando si
affrontino disegni di legge di interesse dei territori. Cosa sia l'interesse
dei territori è soggetto alla più ampia discrezionalità interpretativa: il
rischio è dunque la paralisi.
Non potendo inoltre, un Senato così composto,
votare la fiducia al Governo, si ha il sostanziale svuotamento di questa
innovazione costituzionale: una colossale presa in giro!
Non va meglio il semipresidenzialismo. A
differenza del modello francese, il Governo è soggetto alla fiducia del
Parlamento al suo insediamento: non è stato infatti modificato l'articolo 94
della Costituzione. Si può avere dunque il paradosso, subito, ad inizio
legislatura, di un Presidente della Repubblica che, eletto dal popolo, nomina
un Governo che non ottiene la fiducia di un Parlamento eletto dal popolo.
Infine, si è previsto che il CSM non venga
più presieduto da una figura di garanzia, ma dal primo presidente della Corte
di cassazione, trasformando sempre più tale organo nel depositario di una
giurisdizione domestica, alla faccia della tanto invocata responsabilità dei
magistrati.
Quale destino avrà questa riforma? Non avendo
la maggioranza dei due terzi, sarà soggetta a referendum, dunque per
otto anni non potrà entrare in vigore, non potrà entrare in vigore soprattutto
la parte sul semipresidenzialismo. Si è dunque fatto saltare un accordo
concreto per inseguire una riforma che in primo luogo è mediocre e dannosa, in
secondo luogo dovrà essere ritoccata e integrata nella prossima legislatura e,
in terzo luogo, non esplicherà i suoi effetti circa il presidenzialismo per i
prossimi otto anni.
Ma dopo il pasticcio combinato ieri da PdL e
Lega in occasione della modifica dell'articolo 126 della Costituzione (articolo
12 della riforma), per ammissione dello stesso senatore Quagliariello il testo
dovrà essere ulteriormente modificato alla Camera. Non ci sono dunque più i
tempi per una sua approvazione in questa legislatura. Unico effetto certo, o
molto probabile, è che salta comunque la diminuzione del numero dei
parlamentari, che era invece un segnale importante da dare al Paese.
Noi del Terzo Polo non ci prestiamo a questo
uso delle istituzioni per scopi di parte. Pensavamo che si fosse aperta una
fase nuova nella politica, ispirata a serietà e interesse generale e che il
tempo della propaganda, della demagogia, degli interessi di parte fosse
superato. Le riforme non si fanno per issare bandiere sui pennoni (questa è
propaganda, questa è demagogia): si fanno per rendere più funzionali ed
efficienti le istituzioni.
Presidenza del presidente SCHIFANI (ore 12,41)
(Segue VALDITARA). Siamo rimasti in
Aula per rispetto del Parlamento, ma voteremo no a questo pasticcio vivo alla
morte e morto alla vita, con un forte auspicio: che si possa approvare tuttavia
prima della fine di questa legislatura l'istituzione di una Commissione
costituente che faccia, come nel 1948 e finalmente nella prossima legislatura,
le riforme di cui il Paese ha tanto bisogno. (Applausi dal Gruppo Per il
Terzo Polo:ApI-FLI)
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, colleghi, l'Unione di centro voterà contro il testo della
riforma costituzionale così com'è stato stravolto inopinatamente nel dibattito
d'Aula. Lo fa per questioni di metodo e per questioni di merito. Le questioni
di metodo attengono alla circostanza che noi abbiamo lavorato, insieme ai
colleghi del Popolo della Libertà e del Partito Democratico, per parecchi mesi,
per individuare una soluzione di riforma, di innovazione e di modernizzazione
del sistema politico ed istituzionale del nostro Paese che fosse ampiamente
condivisa. Lo abbiamo fatto partendo dalle questioni emerse in questi ultimi
dieci anni, senza scomodare il dibattito parlamentare degli ultimi venti o
trent'anni sulla materia, individuando quali fossero i punti in comune e le
opinioni in comune tra forze politiche che su questo tema la pensano
diversamente.
Infatti, l'unico modo per approvare una
riforma che potesse entrare in vigore subito e essere d'aiuto in questo
difficile e controverso rapporto che c'è tra i cittadini e la politica, tra i
cittadini e le istituzioni, era quello di consentire un'ampia condivisione del
Paese, perché tutte le esperienze passate, in cui le riforme costituzionali
sono state approvate con una maggioranza risicata, hanno prodotto riforme che
hanno fallito.
Ha fallito, e ne paghiamo drammaticamente le
conseguenze, la riforma del Titolo V, Parte seconda, della Costituzione, che ha
stravolto il sistema di governo del nostro Paese e che oggi è presumibilmente
una delle cause principali della condizione di difficoltà economico-finanziaria
nella quale ci troviamo. Ha fallito, peraltro, perché sommersa da un voto
popolare contrario, la riforma che fu approvata dalla vecchia maggioranza di
centrodestra, nel 2006. Credo che sia stato l'unico caso nella storia del
nostro Paese in cui il popolo si è pronunciato in maniera così ampia e così
forte in senso contrario a quel testo approvato da una maggioranza politica.
Proprio per questa ragione, cari colleghi,
abbiamo pensato che l'unico modo intelligente di affrontare il tema della
riforma costituzionale fosse quello di individuare due o tre elementi su cui
costruire un consenso politico ampio e che potessero essere utili al Paese. E
lo abbiamo fatto partendo dal presupposto che questo potesse avvenire solo
individuando, tra le proposte dei vari Gruppi politici, quelle che potessero
trovare un'ampia condivisione.
Questo lavoro lo abbiamo fatto tutti insieme,
per un lungo periodo di tempo ed anche con un certo profitto, se consideriamo
che in Commissione affari costituzionali quel testo è stato approvato con una
maggioranza superiore ai due terzi dei Gruppi parlamentari presenti in
Parlamento. E quel testo, che è stato stravolto in Aula, prevedeva tre elementi
molto semplici: la riduzione del numero dei parlamentari, il rafforzamento dei
poteri del Governo e del Presidente del Consiglio, nel rispetto però della
centralità del Parlamento, e una velocizzazione del procedimento legislativo
per rendere più efficace la risposta che le istituzioni, e il Parlamento in
particolare, sono chiamate a dare alle esigenze del Paese, senza dover
ricorrere a strumenti eccezionali di cui si è abusato, come il decreto-legge o
l'eccesso di delega, che hanno stravolto nell'arco degli anni il rapporto tra
il Governo e il Parlamento.
Su tali questioni si era trovata una larga
intesa e con questo spirito abbiamo affrontato il dibattito d'Aula. Ci siamo
ritrovati però, nostro malgrado, in presenza di un'opinione diversa e di
un'idea che è stata cambiata dai colleghi del Popolo della Libertà. È legittimo
cambiare idea. Solo che, quando si instaurano rapporti politici e parlamentari
orientati a produrre risultati positivi per il Paese e poi ci si ritrova in
Aula in una condizione diversa per un mero calcolo politico, è chiaro che tutto
questo non può che farci riflettere su come alcuni errori che il centrodestra,
il Popolo della Libertà, ha fatto ancora oggi li paghiamo.
Ho voluto fare questa ricostruzione solo per
ricordare a me stesso che questo dibattito d'Aula e questo testo che i colleghi
della Lega e del Popolo della Libertà hanno approvato sono l'ultima tra le
tante rappresentazioni plastiche di una fuga dalla realtà da parte di chi pensa
ancora oggi che gli italiani possano bersi una riforma presidenzialista che fa
acqua da tutte le parti.
Guardate: non farò alcuna osservazione sul
merito del testo che è stato cambiato, perché, da un punto di vista tecnico,
sia per quanto riguarda il procedimento adottato che per quanto riguarda il
testo, è ovvio e scontato che stiamo parlando di una cosa che non vedrà mai la
luce. Stiamo parlando di un testo che non vedrà mai la sua entrata in vigore;
un testo che, dal punto di vista tecnico, sia per quanto riguarda il cosiddetto
Senato federale che per quanto riguarda l'elezione diretta del Presidente della
Repubblica, non ha né capo né coda. Quindi, non merita neanche di essere
censurato dal punto di vista del diritto costituzionale. Esemplificativamente,
diciamo che si censura da solo e non ha bisogno di particolari commenti.
Ciò che invece noi vogliamo commentare qui
sono due questioni: la prima è che una forza politica che, per un mero calcolo
elettorale e per una mera convenienza, straccia un'intesa sulle riforme
costituzionali che avrebbe potuto consentire un avanzamento della nostra
democrazia e un miglioramento della qualità della politica del nostro Paese è
una forza politica irresponsabile. Una forza politica che fa tutto questo
sull'altare di una campagna elettorale che forse vuole anticipare nei
contenuti, pensando di far dimenticare quattro anni di non governo, non merita
commenti positivi. Dico questo anche alla luce di un altro fatto.
Noi abbiamo impegnato i lavori di questa Aula
del Parlamento per parecchie settimane su una riforma che, dal punto di vista
della tempistica, non potrà essere approvata, posto che vi siano i numeri per
farlo. Stiamo parlando di una riforma che stravolge il sistema della sovranità
popolare e lo fa in base alla rappresentazione di un'idea della politica che è
stata bocciata con le dimissioni del Governo Berlusconi, cioè l'idea dell'uomo
solo al comando che risolve tutti i problemi.
Proprio questa idea che ha governato il
nostro Paese negli ultimi venti'anni, anche nel sistema dell'alternanza, è
quella che ci ha portato alla situazione di crisi economica e sociale nella
quale ci troviamo, perché questa idea ha agitato, solo ed esclusivamente, tanto
a destra quanto a sinistra, tensioni populiste che non hanno prodotto risultati
positivi per il Paese, tant'è vero che oggi ci troviamo a dover affrontare in
condizioni di emergenza provvedimenti di particolare gravità.
Se la ricetta che proponete al Paese è
questa, è una ricetta che ha già fallito. Quindi, anche da questo punto di
vista noi riteniamo che debba meritare tutta la nostra disapprovazione, e credo
che di questo molti di noi siano assolutamente consapevoli. Tuttavia, penso
anche che prima chiudiamo questa farsa meglio è. Credo infatti che nelle
prossime settimane dovremmo concentrare, almeno se vogliamo riparare agli
errori che avete commesso e che state commettendo, la nostra attenzione sulla
riforma del sistema elettorale.
Ritengo che questo possa essere un tema su
cui sarebbe opportuno registrare un'ampia convergenza, al di là delle
convenienze politiche, almeno per tentare di riconciliare i cittadini con la
politica e le istituzioni, restituendo loro il diritto di scegliersi i propri
parlamentari e di avere un Governo che abbia l'autorevolezza, la credibilità e
la forza per governare e non per continuare a raccontare sogni irrealizzabili
al Paese portandolo in braghe di tela, come voi avete fatto in questi anni. (Applausi
dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
CALDEROLI (LNP).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor Presidente,
onorevoli colleghi, è sotto gli occhi di tutti che in questo momento il nostro
Paese sta andando a fondo e, quando un Paese va a fondo, vi è il dovere da
parte di tutti, soprattutto del Parlamento, di realizzare quelle riforme (non
le riformicchie) che cambino l'architettura dello Stato e della Repubblica.
Una cosa è certa: le riforme realizzate dal
Governo Monti hanno fatto fallire il Paese. Non c'è un parametro - lo dico
rivolgendomi soprattutto ai colleghi del PdL che sostengono questa maggioranza
- che non sia peggiorato da quando si è insediato il Governo Monti: il debito
pubblico è al massimo. lo spread è alle stelle, così il deficit,
il pareggio di bilancio non appare nemmeno immaginabile; abbiamo inoltre
toccato i valori massimi in termini di disoccupazione e di pressione fiscale,
la quale, avendo superato la soglia del 55 per cento, ha costretto molte
aziende a chiudere e ha messo in difficoltà molte famiglie, che non arrivano
alla fine del mese. A causa di ciò, qualcuno si è addirittura tolto la
vita.
Credo che la prima cosa e la prima riforma da
fare sia quella di mandare a casa il Governo Monti prima possibile. (Applausi
dal Gruppo LNP).
Per il resto, sono decenni che parliamo di
riforme senza combinare alcunché. Neppure questa volta avremmo combinato
qualcosa se avessimo dato ascolto a coloro che hanno abbandonato l'Aula in
questi giorni rifiutandosi di lavorare. Non è la prima volta che ciò accade.
Al di là dei proclami ("stralciamo e
facciamo almeno la riduzione del numero dei parlamentari"), bisogna
ricordare che, quando la sinistra era al Governo e realizzò la sua riforma, nel
2001, non si sognò di affrontare la questione del Senato federale, né quella
del bicameralismo perfetto, né la riforma della forma di Governo o la riduzione
del numero dei parlamentari. (Applausi dal Gruppo LNP). Quindi è
inutile che continuiate a dire di voler ridurre il numero dei parlamentari: voi
le riforme le volete quando siete all'opposizione; quando siete al Governo non
fate niente. Storicamente, avete anche la responsabilità di aver sostenuto nel referendum
del 2006 una campagna contraria all'approvazione di una riforma che prevedeva
tutto quello che oggi ci chiede il Paese. Sia chiaro per tutti: se quella
riforma, dopo il voto del Parlamento, fosse stata approvata definitivamente, ci
sarebbe già stato il Senato federale e la riforma del bicameralismo perfetto e
della forma di Governo e si sarebbero già ridotti i parlamentari a partire dal
2008. (Applausi dal Gruppo LNP).
Non a caso la riforma frutto dell'accordo PDPdL
in Commissione, non era una riforma ma una controriforma, perché pasticciava
ulteriormente: manteneva il bicameralismo perfetto, ma complicandolo, e,
assurdamente, all'ultimo momento, qualcuno aveva abrogato la potestà
legislativa delle Regioni che per anni avevano lottato per ottenerla, che è
stata ripristinata solo grazie ad un nostro emendamento, sottoscritto anche dai
rappresentanti delle Autonomie.
Quella riforma è tornata a essere tale in
Aula, con l'approvazione degli emendamenti della Lega e del PdL. Forse non sarà
una riforma perfetta, ma l'importante è cominciare, a partire dal Senato
federale. Sentivo qualche grillo parlante che diceva che quel Senato non è
abbastanza federale; anche noi lo avremmo voluto più federale, modello
Bundesrat; per lo meno abbiamo previsto un'esclusività e l'ultima parola da
parte del Senato sulla materia concorrente, cioè su tutta la materia di
interesse locale o territoriale. In più, saranno in esso presenti rappresentanti
delle Regioni, che per la prima volta voteranno; quindi, il territorio e la
voce della gente per la prima volta entra nelle stanze del Palazzo. (Applausi
dal Gruppo LNP).
Circa la riduzione del numero dei
parlamentari, avevamo proposto di passare da 1.000, fra deputati e senatori, a
400, con una riduzione di 600 unità: l'avete bocciato voi, quell'emendamento.
Abbiamo accettato, alla fine, la mediazione volta a ridurre del 20 per cento i
parlamentari, e comunque 200 poltrone vengono cancellate: l'importante è
cominciare.
Ma quello che ci stava ancora più a cuore era
la fine del bicameralismo perfetto, che è stato cancellato nuovamente solo
grazie ad un emendamento della Lega; diversamente, il sistema sarebbe rimasto
come oggi, ma con più complicazioni. Finalmente si dimezzano i costi e i tempi
di esame di Camera e Senato.
Così, con la modifica della forma di Governo
sarà possibile per chi vince le elezioni governare e realizzare il proprio
programma.
Mi chiedo se non sia questa la veraspending
review di cui abbiamo bisogno. Ci si rende conto di quanto sono costati,
dal 2008 ad oggi, qualche centinaio di parlamentari di troppo? Ci si rende
conto di quanto siano costati la Camera e il Senato, non solo in termini
economici, ma anche sociali, di mancata crescita, con i continui balletti di
leggi che vanno avanti e indietro, modello ping pong? Mi chiedo anche quanto
siano costati in termini di democrazia i continui ricorsi alla decretazione
d'urgenza da parte dei vari Governi per poter riuscire a sopravvivere e governare.
Rispetto alla decretazione d'urgenza, mi sia
consentito anche uno sfogo, perché, essendo stato più volte al Governo, l'aver
visto rifiutare la firma da parte del Presidente della Repubblica a
decreti-legge o singoli articoli di decretilegge proposti dal nostro Governo e
vedere poi che le stesse norme, presentate dal Governo tecnico, sono state
invece firmate, mi spiace, ma mi ha fatto veramente male. (Applausi dal
Gruppo LNP). Non riesco a capire come una proposta di un Governo che
rappresenta una maggioranza di eletti possa essere messa dietro a quella di un
Governo che non è espressione di nessuno.
A proposito di ciò, arriviamo all'ultimo
punto: l'elezione diretta del Capo dello Stato. Ben venga, dico io, l'elezione
diretta del Capo dello Stato; deve essere un diritto del popolo scegliersi chi
deve guidare il Paese.
Io ho una certa storia e ho avuto modo di
vivere tre volte l'elezione del Capo dello Stato, e i peggiori giochini di
Palazzo e di politica li ho visti accadere in quelle occasioni. In realtà,
quando è andata bene si è trattato di giochini di Palazzo, ma ho visto anche la
coincidenza con stragi mafiose e la coincidenza della trattativa Stato-mafia,
su cui sta indagando la magistratura; forse è meno grave, ma nell'ultima
occasione ho visto quel Parlamento, che viene considerato delegittimato quando
è espressione dei partiti e viene definito un Parlamento di nominati, che,
però, quel Parlamento, torna ad essere legittimo quando deve eleggere un
Presidente della Repubblica - guarda caso - di sinistra. E vorrei dimenticarmi
che quella che espresse l'ultimo Presidente era una maggioranza che uscì in
maniera truffaldina, calcolando i 55.000 voti presi da un partito che non
avrebbe potuto, in base alla legge vigente, presentare le liste. In base a
quello, siamo arrivati a questo risultato.
Ma passiamo oltre e andiamo avanti. Sono
convinto che debba essere un dovere e un diritto del popolo scegliere il Capo
dello Stato. Pertanto, andiamo avanti con queste riforme e facciamole in
fretta, per poter garantire che possano entrare in vigore già dalla prossima
legislatura. L'appello alle forze politiche che fino ad oggi hanno contrastato
questa riforma è di utilizzare i 90 giorni che ci separano dalla terza e, in
futuro, dalla quarta lettura per ripensare al loro atteggiamento, perché, se la
riforma non dovesse entrare in vigore perché non si sono raggiunti i due terzi,
la responsabilità non sarà di chi ha votato la riforma, ma di chi non l'ha
voluta votare. (Applausi dal Gruppo LNP). Poi non cambierà molto,
perché è inutile parlare di stralci e di rimaneggiamenti alla Camera. Iniziamo
a far esprimere il Senato, poi la Camera deciderà.
Io sono sicuro che, se non si dovessero
raggiungere i due terzi e si andrà al referendum, questa volta il popolo
italiano approverà la riforma, perché queste sono le modifiche che lo stesso
popolo richiede. Ci sarà solo un inconveniente: si eleggerà attraverso il
Parlamento un Presidente della Repubblica che sarà un «Presidente yogurt», con
sopra la scadenza: è infatti evidente che il Presidente eletto indirettamente a
maggio si dovrà impegnare a dimettersi dopo che si sarà tenuto il referendum
per consentire l'elezione diretta da parte del popolo.
Il Paese si aspetta queste riforme, che
dovrebbero stare a cuore soprattutto a chi dice di voler tutelare l'unità del
Paese. Deve essere chiaro a tutti che, in assenza di riforme, prima che il
Paese vada a fondo - non lo dico io, ma il «Financial Times» - il Nord se ne
andrà, magari chiedendo anche un risarcimento, come fa oggi la Catalogna
chiedendo indietro tutti i soldi che sono andati a Madrid (nel nostro caso a
Roma), e che non sono mai tornati indietro. (Applausi dal Gruppo LNP).
Se ne andrà con quelle Regioni - ce ne sono diverse in Europa centrale - che
sono stanche di sentirsi sempre trattare dai propri Stati-Nazione e da
un'Europa di burocrati e di tecnici come delle mucche da mungere. (Applausi
dal Gruppo LNP. Congratulazioni).
FINOCCHIARO (PD).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente,
onorevoli colleghi, voglio operare per finzione. Facciamo finta che oggi, 25
luglio 2012, ma assai probabilmente anche qualche settimana addietro, l'Aula
del Senato sia riunita per approvare un testo di riforma costituzionale
concordato tra tutte le forze politiche che sostengono il Governo Monti, e che
quindi conta sia al Senato che alla Camera una maggioranza che supera i due
terzi. Si tratta di un testo che riduce il numero dei parlamentari; tiene in
gran conto il ruolo delle autonomie; affievolisce il bicameralismo perfetto,
dando al Senato il ruolo prioritario di Camera per le materie di legislazione
concorrente; introduce la sfiducia costruttiva a fini di governabilità; aumenta
i poteri del Premier.
Una riforma che, sempre fingendo che tale
scenario sia vero, è in grado di superare, proprio per l'accordo che la
sostiene, la rigidità del procedimento di cui all'articolo 138 della
Costituzione. È quindi una riforma che risponderà alla necessità di innovazione
delle nostre forme costituzionali, alla richiesta del Paese, e mostrerà ai
mercati e al mondo che le classi dirigenti italiane sono all'altezza del compito
difficile che stanno affrontando in questa fase della storia del Paese.
Ma questa è la finzione, perché non è così.
Oggi, grazie alla presentazione annunciata in conferenza stampa di un
emendamento sul semipresidenzialismo presentato in Assemblea (un emendamento
inammissibile, che è stato dichiarato ammissibile), grazie allo scambio tra PdL
e Lega, con il "papocchio federale", ma anche, come vedremo, con la
clausola di supremazia federale, grazie a un gioco di illusionismo (perché
l'illusionista principe è tornato al comando), tra una conferenza stampa e
l'altra, in un gioco di effetti speciali, fumo colorato e marcette sparate al
massimo dei decibel,voilà: niente riforme costituzionali, tutto
travolto, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari.
Il senatore Calderoli ha parlato di uniter
rapido: senatore Calderoli, visto che non siete capaci di evitare di fare
errori, neanche da soli, ci vorranno sei letture per approvare il provvedimento
in esame, il che rende francamente grottesche e anche un poco ridicole le
perorazioni circa il fatto che si faccia in fretta e si approvi il testo entro
questa legislatura. (Applausi della senatrice Armato). Peraltro, il
senatore Calderoli - che si ritiene esentato dal principio di non
contraddizione - ha capito bene che ieri, in quest'Assemblea, è accaduto un
pasticcio sull'articolo 12 e, dunque, nel giro di pochi secondi, è riuscito
prima ad affermare che l'articolo 12 è in assoluto contrasto rispetto alla
determinazione già assunta dal Senato e, subito dopo, a dire che le due cose
non sono assolutamente incompatibili. Insieme a ciò, visto che il senatore
Calderoli e la Lega Nord si sono resi conto, come peraltro avevamo segnalato,
che il prezzo del "papocchio federale" era davvero un piatto di lenticchie
di fronte al semipresidenzialismo che avrebbe intascato il PdL, ha ricavato
anche la clausola di supremazia federale, che stava nel testo e che è stata
eliminata. Tale clausola rappresentava l'opportunità di colmare il principale
difetto della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione:
essa, come in tutte le Costituzioni degli Stati federali - non di quelli
centralistici, naturalmente - rende flessibili gli elenchi di materia, in nome
dell'unità giuridica o economica della Repubblica. Bisognava però aggiungere
qualcosa al piatto della bilancia, che non era perfettamente allineato, sul
quale stava il prezzo della Lega per il voto a questo provvedimento. Dunque,
con il "papocchio federale", salta nuovamente la clausola di
salvaguardia.
Credo che l'unico vantaggio della giornata di
oggi verrà alle tipografie a cui PdL e Lega Nord si rivolgeranno - già lo hanno
fatto, in realtà - per stampare materiale di propaganda sul Senato federale, alias
papocchio federale, e sul semipresidenzialismo.
Ovviamente verrà detto che abbiamo perso
un'occasione: lo sto già sentendo. L'occasione l'abbiamo persa nel momento in
cui si è deciso di tradire il patto secondo cui le riforme costituzionali
vengono concordate ad un tavolo, il che tradiva ovviamente l'intenzione di
farsele in proprio e di consegnare alla «mai approvazione» il testo sulle
riforme costituzionali. Abbiamo offerto un'apertura - che i colleghi ricordano
- qual è quella di un referendum di indirizzo, perché cambiare la forma
di Governo in un Paese che ha un forte impianto di Repubblica parlamentare,
senza neanche un passaggio di discussione pubblica, era forse un po' eccessivo.
Ma a voi, onorevoli colleghi, non interessava
affatto avere un'occasione di interlocuzione. Quello che importava era riuscire
a confezionarvi una bandiera elettorale, ma noi, francamente, non siamo dei
bambini. Vi siete giocati l'occasione perché l'Italia avesse la riforma, ma c'è
di più in ciò che è accaduto in questa vicenda parlamentare: c'è innanzitutto
la violazione dell'accordo, che abbiamo denunciata più volte, e che suggerisce
più di una valutazione politica. La prima valutazione politica è fondata
sull'evidenza, e riguarda il giudizio di affidabilità del PdL.
È una questione delicata, naturalmente,
innanzitutto perché il Paese si trova in una fase delicata e perché il PdL sta
nella maggioranza che sostiene il Governo mentre il Paese è nella tempesta.
Anche l'affidabilità, ovviamente, va misurata secondo criteri e indicatori, e
io voglio adesso sottolinearne due che mi sembrano particolarmente
significativi.
Innanzitutto, qual era il livello di impegno
rispetto all'accordo sulle riforme costituzionali? Era il più alto possibile,
perché era al livello dei segretari di partito (Alfano, infatti, era il
segretario del PdL: non so se lo sia ancora, perché ho perso un po' di vista
l'organigramma, dato che in questi ultimi giorni c'è stata qualche confusione).
Dunque c'era la parola d'onore del segretario del partito. Il secondo indice
era la materia: non stavamo discutendo di una materia di margine, di una
materia di settore. Stavamo discutendo della Costituzione della Repubblica.
Ma non c'è stata soltanto la violazione di un
accordo tra i partiti che sostengono la maggioranza. C'è stato di più: c'è
stata l'alleanza in ricostituzione della vecchia maggioranza, con la Lega, che
è un fiero e strenuo oppositore del Governo Monti. D'altronde, bastava
ascoltare poc'anzi il senatore Calderoli per avere riepilogato il giudizio che
la Lega nutre sul Governo Monti. Voi che pensate: che per coloro che ci
osservano questo non sia un elemento di primo rilievo per valutare la saldezza
dell'alleanza che sostiene il Governo, e quindi la forza dell'Italia? È sempre
la stessa storia.
Ulteriore replica: le alleanze richiedono
responsabilità e prudenza nell'osservare il limite, e il senso del limite, lo
sappiamo, è una qualità, un metro di misura ignorato dal bulimico presidente
Berlusconi. Le alleanze richiedono di tenere fede alla parola data, appunto, e
anche in questo campo abbiamo avuto più prove di inaffidabilità. Inoltre,
questa speciale alleanza che tiene insieme questa strana maggioranza, come la
definisce il presidente Monti, significa tenere in conto il bene della
Repubblica prima che l'interesse proprio, e su questo, francamente, non sento
la necessità di dover argomentare.
Mi chiedo a quali giochi di prestigio
assisteremo ancora. Siamo preoccupati, molto preoccupati, per la riforma
elettorale, perché la vogliamo, perché riteniamo che il Senato debba approvarla
in Aula entro il 10 settembre, ma anche perché il dubbio è obbligatorio, ed è
obbligatorio temere che, come avete fatto con la riforma costituzionale, allo
stesso modo voi non vogliate la riforma del "porcellum".
Tra poco il presidente Quagliariello farà una
scintillante dichiarazione di voto. Io gli suggerirei il tono comiziale (ma è
troppo bravo, non ha bisogno dei miei consigli): l'occasione lo richiederebbe,
magari, anzi, certamente, accompagnato dai vibranti applausi del suo Gruppo.
Egli racconterà che questa riforma sarà approvata e che, finalmente, l'Italia
avrà il semipresidenzialismo. Non è vero. Lo sa benissimo il presidente
Quagliariello e lo sa ciascuno di voi, di voi che voterete a favore di questa
riforma. Ma, voilà, ancora una volta: il gioco illusionista è in pista,
e ciascuno di voi si augura con tutto il cuore che possa ancora una volta, per
favore, per carità, funzionare.
La realtà, però, è un'altra: non ci sarà
nessuna riforma costituzionale nel corso di questa legislatura che ormai volge
al termine. Il rapporto tra le forze che sostengono il Governo Monti viene
turbato della scelta della doppia maggioranza, e turbato ne resta il ruolo del
Senato. L'Italia esce più debole da questa vicenda. (Applausi dal Gruppo PD
e del senatore Tedesco).
*QUAGLIARIELLO (PdL).
Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
QUAGLIARIELLO (PdL). Signor
Presidente, colleghi senatori, con il voto sull'elezione diretta del Capo dello
Stato il Senato scrive oggi una pagina significativa. È la prima volta che
un'Aula del Parlamento si pronuncia su un'opzione che non è un'eresia ma è
stata lungamente dibattuta fin dall'Assemblea costituente e che solo le contingenze
storiche hanno lasciato fuori dalla Carta del 1948. E il fatto che ciò avvenga
mentre sugli Stati nazionali infuria la guerra degli spread non rende
affatto questo voto un diversivo. Al contrario, la difficoltà del contesto in
cui si svolge attribuisce al pronunciamento di quest'Aula un significato in
più.
Come abbiamo imparato nel corso di questa
violenta crisi internazionale, nessuna strategia di risanamento finanziario e
di rilancio dell'economia può infatti esimersi dal fare i conti con i limiti,
le incoerenze e le inefficienze della nostra architettura istituzionale.
L'enorme incidenza che il funzionamento delle istituzioni di un Paese ha sulla
resa del suo sistema produttivo, e quindi, in fin dei conti, sul benessere dei
cittadini è ormai un dato accertato dalla stessa letteratura economica. Sono le
architetture istituzionali a determinare la capacità di un sistema di offrire
risposte adeguate e tempestive alle domande sempre più impellenti della
società.
Il percorso condiviso compiuto fino a un
certo punto sulla riforma costituzionale certifica la comune consapevolezza di
quanto il nostro sistema sia ormai inadeguato alle sfide che abbiamo di fronte.
Il disegno costituente era all'altezza dei tempi in cui fu concepito: c'era
allora da ricostruire un Paese ferito e diviso, e l'alto armistizio
costituzionale indusse ad optare per un Governo debole di fronte al Parlamento
e ad escludere quello schema presidenziale che pure era stato autorevolmente
proposto, e spianò la strada ad un parlamentarismo non razionalizzato.
Signor Presidente, quel modello si è fatto
progressivamente inadeguato, fino a diventare oggi uno dei principali fattori
di freno per l'Italia, oltre che argine insufficiente ad impedire che la crisi
politica possa invadere lo Stato e le istituzioni.
Non ci nascondiamo dietro a un dito,
presidente Finocchiaro. A condizionare il percorso delle riforme non sono stati
solo i risultati delle amministrative, che hanno indotto innanzitutto il
segretario del suo partito, Bersani, e il PD a introdurre all'improvviso e
unilateralmente la proposta del doppio turno nei lavori in corso sulla legge
elettorale; anche in quel caso si fece qualcosa di non previsto. Ma a segnalare
la necessità di un innalzamento dell'asticella, anche nell'ottica di venire incontro
ai nostri interlocutori che oggi, dal loro Aventino, fanno finta di non
ricordarsi di questo passaggio, fu la constatazione di come in Francia e in
Grecia le istituzioni avessero reagito diversamente all'onda d'urto della
crisi.
Noi abbiamo ritenuto che bisognasse guardare
a Parigi, dove a tenere in piedi il sistema non è il doppio turno, ma è
l'elezione diretta del Presidente. E, senza rinnegare nulla del percorso fin lì
compiuto, abbiamo proposto al Parlamento e alla politica un ulteriore scatto di
coraggio.
Non c'è dubbio infatti che il testo di
riforma costituzionale approdato in Aula dalla Commissione, e al quale il PdL
ha dato un contributo, era un passo in avanti e non c'è dubbio nemmeno che la
legge elettorale va cambiata, perché quella esistente non è la peggiore legge
del mondo, ma è stata utilizzata male dai partiti. (Applausi dal Gruppo
PdL). Tuttavia, con l'aggravarsi della situazione, signor Presidente, la
riforma delle istituzioni inizialmente elaborata rischia di essere
insufficiente, e tanto meno una nuova legge elettorale, pur necessaria ed
indispensabile (lo ripeto), può bastare da sola a dare al Paese il segnale di
cui ha bisogno. Con una crisi che ha scassato non solo le coalizioni, a destra
come a sinistra, ma anche quel poco di stabilità di sistema faticosamente
conquistato, senza un messaggio forte sul fronte delle istituzioni rischiamo di
compiere un ritorno al passato, un pericoloso passo indietro.
In Italia, cari colleghi della sinistra,
abbiamo vissuto insieme un passaggio epocale, anche se incompiuto: siamo
passati dalla democrazia dei partiti alla democrazia degli elettori. A fronte
di un percorso imperfetto, che si è fermato a livello di Costituzione
materiale, il rischio è che oggi un passo indietro non si limiti ad essere
tale, ma determini addirittura la fuoriuscita dagli stessi canoni della
democrazia.
Signor Presidente, colleghi, questa crisi
economica ha messo in luce quanta sovranità sia andata dispersa nel
trasferimento dagli Stati nazionali ad una entità sovranazionale mal costruita,
almeno da Maastricht in poi. Ciò è diventato ancor più evidente nel momento in
cui ci siamo sentiti autorevolmente ammonire sul fatto che l'instabilità delle
prospettive economiche dell'Italia sarebbe determinata dall'incertezza del quadro
politico successivo alle prossime elezioni. A ciò, cari colleghi della
sinistra, si reagisce o abolendo le elezioni o costruendo istituzioni in grado
di recuperare legittimazione, forza, sovranità.
Non è per propaganda, e tanto meno per
capriccio, se il PdL ha voluto portare avanti fino in fondo questo percorso,
aggiungendo una tessera importante ad un mosaico di riforme che di fronte agli
eventi greci, di fronte ad una Spagna che - a sentire il suo Ministro del
bilancio - solo la BCE ha salvato dal fallimento, sarebbe stata una cura
insufficiente.
Teniamo a ribadire di non avere stravolto
alcunché: né per quanto riguarda l'elezione diretta del Presidente della
Repubblica, che completa e non rinnega la riforma condivisa, né per quanto
riguarda il Senato federale, sul quale tanto si è speculato, ma che in realtà
si limita a sostituire con i rappresentanti delle Regioni la Commissione
prevista nel testo che aveva il consenso del Partito Democratico e del Terzo
Polo.
Piuttosto, facciamo appello alle altre forze
politiche affinché si confrontino con la durezza della crisi e con le
contromisure che essa richiede. Noi non abbiamo la presunzione di essere immuni
da errori e non facciamo comizi in quest'Aula, ma andarsene ha significato
fuggire dalla realtà. (Applausi dal Gruppo PdL).
Da parte nostra ci impegniamo a far sì che
questa importante tappa di avvicinamento al traguardo di uno Stato forte e
autorevole non vada sprecata. Sappiamo bene che l'elezione diretta del
Presidente non è un passaggio di poco conto. Conosciamo le difficoltà che si
annidano nella storia d'Italia e non dimentichiamo che persino De Gaulle,
quando uscì dalla guerra di Algeria, dovette far passare quattro anni prima di
proporre l'elezione diretta. Colleghi della sinistra, alla fine però lo fece, e
quella scelta consentì alla Francia di non tornare indietro quando finì
l'emergenza. E proprio quelli che allora dai banchi della sinistra avevano
gridato al colpo di Stato permanente furono messi in grado da quella riforma di
conquistare lo Stato e comprendere le responsabilità che ne derivano, al punto
che oggi, a Parigi, siede un Presidente che riteneva l'opzione gollista
qualcosa addirittura di eversivo.
Oggi al Senato abbiamo fischiato solo il
calcio d'inizio. Ora passiamo la palla alla Camera con l'intenzione, collega
Finocchiaro, non di gettarla in tribuna ma di allargare il fronte e avvicinare
l'obiettivo. E allora, se non vi sono ragioni di merito per impedire che siano
i cittadini ad eleggere il Capo dello Stato - perché se queste ragioni vi
fossero state siamo certi che i colleghi della sinistra sarebbero rimasti in
Aula per esporle - e se le ragioni del dissenso risiedono unicamente nel
metodo, nella mancanza di tempo per mettere a punto tutte le norme attuative e
di dettaglio e nella necessità di un coinvolgimento popolare di fronte ad un
cambiamento così importante, allora, colleghi della sinistra, vi sfidiamo e vi
togliamo ogni alibi. Potremmo approvare l'elezione diretta del Presidente
prevedendo alla Camera che la riforma venga in ogni caso sottoposta a referendum
popolare confermativo, anche se la maggioranza dovesse superare i due terzi; e
potremmo stabilire con una norma transitoria che le nuove regole istituzionali
entrino in vigore dopo un certo lasso di tempo, per dare al Parlamento tutto il
tempo necessario a definire i contrappesi che garantiscano equilibrio al
sistema.
La nostra mano è tesa, e ogni obiezione
sarebbe in questo modo superata. Ma in caso di rifiuto sapremo rivolgerci -
allora sì - all'opinione pubblica, perché se quest'occasione - non lo è ancora
- diviene un'occasione persa, tra otto mesi il Paese potrebbe trovarsi a
rimpiangerla. E allora nessun Aventino, signor Presidente, metterà i nostri
interlocutori al riparo dal dover spiegare per quale motivo il popolo sovrano
non può eleggere il proprio Presidente della Repubblica. (Applausi dal
Gruppo PdL e dei senatori Fosson e Menardi).
COLOMBO (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLOMBO (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, già nella discussione generale io mi
permisi di intervenire per non più di un minuto per avvertire, di fronte ad un
dibattito che mi sembrava ovattato e che non metteva in luce la vera importanza
dei temi in discussione, del fatto che con un emendamento si intendeva cambiare
la forma dello Stato, cioè trasformare una Repubblica parlamentare in una Repubblica
presidenziale. In effetti, è questo il contenuto più importante della riforma
che noi stiamo varando.
Allora, anche se si può anche discutere di
tutte le questioni, è la forma, il modo, i tempi in cui avvengono le cose che
ne caratterizzano il significato ed il valore.
Io, ricordando lo spirito dell'Assemblea
costituente, non intendo partecipare ad un gioco alla Costituzione, ad un gioco
politico fatto sulla Costituzione (Applausi dai Gruppi PD e Per il Terzo
Polo:ApI-FLI e del senatore Serra) perché questo appiattisce e toglie
valore a tutte le più nobili aspirazioni che voi possiate avere.
È per questo motivo, signor Presidente, che
voterò contro. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI, PD,
IdV e Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI).
Signor Presidente, colleghi, a nome della componente delle Autonomie del Gruppo
- e dunque dei colleghi Thaler Ausserhofer, Pinzger, Fosson e Fistarol - con un
certo orgoglio potremmo reclamare che questa riforma è anche una nostra
riforma, dal momento che il primo disegno di legge in materia - Atto Senato n.
24 - è stato presentato dal sottoscritto. In realtà, per come è stato
stravolto, il testo non ci entusiasma più tanto.
Il nobile intento di trasformare l'Italia in
uno Stato più moderno, secondo modelli federali europei e mondiali avanzati,
purtroppo non viene onorato. Si è lavorato in un clima confuso e di rottura che
deploriamo, e speriamo che le ultime parole del senatore Quagliariello siano di
invito a una maggiore tranquillità e a una riappacificazione.
Manca una vera Camera federale che
rappresenti le realtà regionali. La riforma non risponde all'esigenza di
ridurre la frattura tra cittadini ed istituzioni. Esprimiamo anche perplessità
per un rafforzamento del ruolo del Presidente e del Governo. Noi lamentiamo
invece - e mi pare che se ne senta parlare ogni giorno - la debolezza del
Parlamento, che dovrebbe essere rafforzato.
Sono in attesa di essere esaminati in
Commissione affari costituzionali i disegni di legge per abbattere il quorum
per i referendum e un nostro disegno di legge per alzare l'asticella
delle riforme costituzionali, che se fosse stato approvato prima sarebbe stato
non solo un segno di apertura, ma anche un modo per costringerci a lavorare
insieme.
Nonostante tutto, non volendo noi dipingere
la realtà solo in bianco e nero, constatiamo un timidissimo passo in avanti.
Sono state tolte, grazie all'impegno comune della Lega e delle Autonomie, le
ingerenze nelle competenze regionali. (Applausi del senatore Garavaglia
Massimo). Viene ringiovanito, anche se di poco, il Parlamento. Viene
ridotto il numero dei parlamentari. È stato introdotto un Senato federale,
anche se modestissimo e limitato a 21 delegati "di seconda classe".
Rimane naturalmente il dubbio che tutto
questo vada in porto. Questa riforma così impegnativa avrebbe richiesto un
dibattito preparatorio e una maggioranza più ampia e trasversale: questo non
c'è stato. In questo momento auspichiamo che la legge elettorale, tanto
discussa e proclamata, da ormai molti anni, effettivamente sia concordata tra
le forze maggiori, e che in essa si rispettino anche le Autonomie.
In questo senso, vedendo gravi mancanze, ma
anche poche e timidissime aperture, il nostro voto sarà di astensione. (Applausi
dei senatori Fosson, Pinzger e Thaler Ausserhofer).
GASPARRI (PdL).
Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (PdL). Signor Presidente,
sulla questione che è stata evocata che riguarda l'articolo 12 e la Commissione
paritetica, noi, pur ritenendo che essa potrebbe essere affrontata, a termini
di Regolamento, in sede di coordinamento del testo, essendo di portata
francamente irrilevante, anche come gesto di buona volontà e di fiducia nell'iter
successivo della discussione di questo testo affidiamo la correzione di
quell'aspetto al dibattito che si svolgerà alla Camera dei deputati. Ciò, anche
perché siamo convinti che esso proseguirà, e non ci vogliamo quindi avvalere di
una facoltà e aprire una discussione sulla possibilità, che il Regolamento
potrebbe pur darci, di coordinamento del testo. Ripeto: ci affidiamo a quello
che sarà l'iter successivo di questa discussione di riforma
costituzionale.
PRESIDENTE. La
ringrazio, presidente Gasparri, anche perché le significo che ieri ho seguito
il dibattito dal mio ufficio e avrei condiviso (come condivido) l'orientamento
del mio vicario, il presidente Chiti, sulla inopportunità di un coordinamento,
perché era stato votato l'intero articolo e l'Assemblea si era assunta la
responsabilità di votare un testo. Le interpretazioni politiche dell'attuazione
di quella norma saranno poi devolute alle leggi, ordinarie o meno. Comunque
avrei condiviso la posizione espressa dal mio vicario.
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Ai
sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, indíco la votazione nominale
con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del testo
unificato dei disegni di legge costituzionale nn. 24, 216, 873, 894, 1086,
1114, 1218, 1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e
3252, nel testo emendato, con il seguente titolo: «Modifiche alla Parte seconda
della Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo».
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Colleghi, un attimo, bisogna fare delle
verifiche.
Proclamo il risultato della votazione
nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:
Senatori presenti |
299 |
Senatori votanti |
298 |
Maggioranza |
150 |
Favorevoli |
153 |
Contrari |
138 |
Astenuti |
7 |
Il Senato approva in prima deliberazione. (v. Allegato B). (Vivi applausi dai Gruppi PdL, LNP e
CN:GS-SI-PID-IB-FI, i cui senatori si levano in piedi).
Sull'articolo 12 del testo di riforma
costituzionale approvato dal Senato
CALDEROLI (LNP).
Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (LNP). Signor Presidente,
proprio sul punto da lei richiamato del famoso articolo 12 del testo di riforma
costituzionale testé approvato dall'Assemblea, avendo io stesso sollevato
l'interrogativo ho effettuato un approfondimento, e tale articolo è
assolutamente coerente con il resto del testo.
La Commissione paritetica, che fra l'altro si
riunisce esclusivamente come organo consultivo in caso di scioglimento e
rimozione di un Consiglio o di un Presidente regionale e quindi non si è fino
ad oggi riunita, credo abbia dignità e senso collocata al livello del Senato
federale come Commissione paritetica per gli affari regionali.
Non credo quindi sia necessaria alcuna
correzione del testo: l'articolo 12 è perfettamente coerente con il Senato
federale e con tutto il resto. (Applausi dal Gruppo LNP).
RUTELLI (Per il Terzo
Polo:ApI-FLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Per il Terzo Polo:ApI-FLI).
Signor Presidente, mi sarei e ci saremmo astenuti dal prendere la parola,
avendo preso atto della sua dichiarazione susseguente all'intervento del
collega Gasparri. Le dichiarazioni del collega Calderoli suonano a maggior
ragione, per questo, sommamente inopportune, e vorrei solo fare questa
dichiarazione.
Infatti, lei ha dichiarato come stanno le
cose, ha preso atto che ci siamo trovati di fronte ad un emendamento che ha
modificato la Costituzione in prima lettura, e quindi quest'ultima chiosa di
tipo interpretativo suona assolutamente - non me ne voglia il collega Calderoli
- vacua. Altrimenti, poiché è evidente che non è così, l'unica considerazione
politica che si può fare è che si deve prendere atto che questa non è stata la
prima lettura, ma la prima di almeno cinque, poiché, dovendosi modificare
certamente il testo alla Camera, sarà lì un'ipotetica prima lettura, si tornerà
al Senato per completare la prima lettura e poi dar corso all'eventuale,
impossibile seconda.
Tengo a lasciarlo agli atti. Udite le sue
parole, Signor Presidente, non era necessario, ma udite quelle del senatore
Calderoli sì.
CECCANTI (PD). Domando
di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CECCANTI (PD). Signor Presidente,
vorrei precisare che contrariamente a quello che dice il senatore Calderoli,
l'articolo 12 introdurrebbe una nuova Commissione paritetica, mentre quella che
già esiste e dà i pareri sugli scioglimenti è la Commissione bicamerale per le
questioni regionali, composta di deputati e senatori.
Presidenza del vice presidente NANIA (ore 13,39)
(Segue CECCANTI). L'articolo 12 innova
perché si prevede che il Senato sia integrato da rappresentanti degli enti
locali, però poi manca una norma quale quella già contemplata dall'articolo 13
del testo proposto dalla Commissione che precisi chi sono e da dove vengono.
Quindi la contraddizione c'è tutta. (Applausi dei senatori Blazina e Zanda).
La seduta è tolta (ore 13,46).
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