Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Istituzione di una Commissione sugli atti di intimidazione nei confronti degli amministratori locali - Doc. XXII, n. 30 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
DOC XXII, N. 30     
Serie: Progetti di legge    Numero: 599
Data: 21/02/2012
Descrittori:
COMMISSIONI D'INCHIESTA   ENTI LOCALI
INCHIESTE PARLAMENTARI   MINACCE
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

21 febbraio 2012

 

n. 599/0

 

Istituzione di una Commissione sugli atti di intimidazione nei confronti degli amministratori locali

Doc. XXII, n. 30

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

Doc. XXII, n. 30

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli atti di intimidazione nei confronti degli amministratori locali

Iniziativa

On. Lo Moro ed altri

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

25 gennaio 2012

assegnazione

7 febbraio 2012

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

II (Giustizia, ex art. 73, co. 1-bis, Reg.) e V (Bilancio)

 

 


Contenuto

La proposta ha ad oggetto l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta monocamerale sugli atti di intimidazione nei confronti degli amministratori locali.

Come dichiarato nella relazione illustrativa, la finalità dell’inchiesta è di accertare la natura, le dimensioni e le cause di un fenomeno in crescita, soprattutto con riguardo alle infiltrazioni criminali e alla corretta gestione della cosa pubblica.

Con il termine “intimidazioni” la proposta intende fare riferimento agli “atti che con minacce, danneggiamenti o aggressioni, compiuti contro le persone o contro beni pubblici e privati, sono rivolti agli amministratori locali con l'obiettivo di condizionarne l'attività ovvero di pregiudicarne il libero e democratico esercizio della funzione rappresentativa e di governo locale”.

 

Finalità e oggetto dell’inchiesta

La proposta, all’articolo 2, elenca nel dettaglio le questioni oggetto di indagine da parte della Commissione. In sintesi, questa dovrà: accertare le reali dimensioni, condizioni, qualità e cause degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali; valutare le cause che hanno determinato un incremento del fenomeno; verificare la congruità della normativa vigente in materia; appurare il livello di attenzione e la capacità di intervento da parte delle autorità competenti; formulare proposte in ambito sia legislativo, sia amministrativo, tese a realizzare una più adeguata prevenzione e un più efficace contrasto alle violazioni dei diritti fondamentali della persona.

 

Composizione e funzionamento della Commissione

La Commissione è formata da dieci deputati, nominati rispettivamente dal Presidenti di Camera in proporzione al numero di componenti dei gruppi parlamentari, assicurando la presenza di almeno un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare (art. 4, co. 1).

Il rispetto del principio di proporzionalità è richiesto direttamente dall’art. 82 Cost. Tale principio non implica che tutti i gruppi debbano essere rappresentati entro la commissione, ma richiede che la composizione di questa rifletta il più possibile i rapporti numerici esistenti fra i vari gruppi.

In ogni caso, si applica l’art. 56, co. 3, del r.C. che stabilisce che per le nomine delle Commissioni che, per prescrizione di legge o regolamento debbano essere composte in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari, il Presidente comunica ai Gruppi il numero dei posti spettanti a ciascuno in base al suddetto criterio richiedendo la designazione di un eguale numero di nomi.

Il Presidente della Commissione, nonché l’ufficio di presidenza (che comprende anche un vicepresidente e due segretari), sono eletti dal collegio tra i propri componenti a scrutinio segreto (art. 4, co. 3).

Prima dell’inizio dell’attività di inchiesta, la Commissione adotta un regolamento interno, che ne disciplina il funzionamento (art. 6, co. 1), ivi compresa la facoltà di organizzare i propri lavori tramite uno o più comitati (art. 3, co. 4).

Secondo la prassi, resta ferma l’applicabilità del regolamento della Camera di appartenenza del Presidente della Commissione per quanto non espressamente previsto dal regolamento interno.

La Commissione può avvalersi della collaborazione della polizia giudiziaria e dei consulenti che ritiene necessari per l’espletamento dei propri compiti (art. 6, co. 2).

Le spese di funzionamento della Commissione sono poste a carico del bilancio interno della Camera e sono stabilite nel limite massimo di 40.000 euro per l’anno 2012 (art. 3, co. 4). Tale limite può subire un incremento pari al 30 per cento previa autorizzazione del Presidente della Camera, su richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell’inchiesta.

 

Poteri della Commissione

La proposta – ribadendo la previsione costituzionale – prevede che la Commissione operi con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria (articolo 3, comma 1, primo periodo).

I poteri coercitivi che la Commissione d’inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase “istruttoria” delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.

Per le audizioni a testimonianza in Commissione si prevede l’applicazione degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale, che sanzionano una serie di delitti contro l’attività giudiziaria (articolo 3, comma 1, secondo periodo).

Per il perseguimento delle proprie finalità, la Commissione può richiedere copie di atti e di documenti relativi a procedimenti penali ed inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria e altri organi inquirenti, ovvero relativi a indagini o inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto (articolo 3, comma 2, primo periodo).

Se l’autorità giudiziaria ritiene di non poter derogare all’obbligo del segreto delle indagini preliminari (art. 329 c.p.p.), emette decreto motivato di rigetto e provvede a trasmettere gli atti richiesti dalla Commissione nel caso in cui le ragioni del rigetto vengono meno (art. 3, comma 2, secondo periodo).

Regime del segreto

La Commissione deve garantire la segretezza degli atti giudiziari coperti da divieto di divulgazione di cui abbia ottenuto copia. L’autorità giudiziaria emette decreto motivato di rigetto ove ritenga di non poter derogare all’obbligo del segreto ai sensi dell’art. 329 c.p.p. (art. 3, co. 2 e 3).

L’articolo 5 prevede il vincolo del segreto per i componenti della Commissione, per il personale addetto alla stessa, per i collaboratori e per tutti i soggetti che, per ragioni d’ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza. In caso di violazione, si applicano le sanzioni di cui all’art. 326 c.p. che dispone la reclusione da sei mesi a tre anni per la rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.

 

Conclusione dei lavori e relazione

La durata dei lavori della Commissione è stabilita in quattro mesi (art. 1, co. 3).

Si ricorda, in ogni caso, che le Commissioni istituite con atto non legislativo cessano comunque la propria attività con la fine della legislatura.

Entro tale termine, deve essere approvata, a maggioranza assoluta dei componenti, la relazione conclusiva, che dovrà illustrare l’attività svolta, le conclusioni raggiunte e le proposte (art. 3, co. 5). È riconosciuta la possibilità di trasmettere all’Assemblea anche relazioni di minoranza presentate e discusse in Commissione (art. 3, co. 6).

 

Relazioni allegate

La proposta di inchiesta parlamentare è accompagnata dalla relazione illustrativa.

 

Necessità dell’intervento con legge

In base all’art. 82 Cost., l’inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera (evidentemente con atto non legislativo), come nel caso in esame.

Si è però andata affermando anche la prassi di deliberare le inchieste con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori, o con atto bicamerale non legislativo.

Nel corso della XVI legislatura sono state istituite con legge due commissioni d’inchiesta; altre due sono state istituite con atto monocamerale della Camera e tre con atto monocamerale del Senato.

In ogni caso, per quanto riguarda la procedura mediante la quale si perviene a deliberare l’inchiesta, l’art. 140 del regolamento della Camera stabilisce che per l’esame delle relative proposte si segue il procedimento previsto per quelle legislative.

Si ricorda che, qualora le due Camere istituiscano Commissioni monocamerali sulla stessa materia, l’art. 162 del r.S. consente che le Commissioni possano deliberare di procedere in comune, rimanendo tuttavia distinte quanto ad imputazione giuridica dei rispettivi atti.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

La Costituzione prevede che “ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse” (art. 82, primo comma).

L’inchiesta parlamentare, nell’ambito degli strumenti volti a consentire lo svolgimento dell’attività di controllo del Parlamento, rappresenta quello più incisivo e penetrante del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze; l’art. 82, secondo comma, Cost. dispone infatti che la Commissione parlamentare d’inchiesta “procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”.

Appare quindi evidente la differenza con l’indagine conoscitiva, che, pur essendo anch’essa preordinata a finalità conoscitive, non attribuisce all’organo titolare dell’indagine poteri coercitivi per l’acquisizione delle informazioni.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

La proposta prevede che la Commissione parlamentare adotti un regolamento interno per disciplinare la propria attività.

Coordinamento con la normativa vigente

Si ricorda che con la legge 4 agosto 2008, n. 132 è stata istituita la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, (composta da venticinque senatori e venticinque deputati).

Si noti come la L. 132/2008 si discosta dalle otto leggi istitutive delle c.d. Commissioni antimafia approvate nelle precedenti legislature, per alcune significative integrazioni, a cominciare dal cambiamento di denominazione, che rimanda alla volontà di allargare l’attività d’inchiesta, propria della Commissione, alle associazioni criminali, anche straniere, presenti e operanti sul territorio nazionale.

Tale organo, oltre a essere titolare di compiti di verifica di attuazione delle leggi e degli indirizzi del Parlamento con riferimento al fenomeno mafioso e alle altre principali organizzazioni criminali nonché dell'adeguatezza degli apparati di contrasto alle mafie, risulta, altresì, investita di poteri di inchiesta:

-          sulle organizzazioni criminali nazionali e internazionali;

-          sui rapporti tra mafia e politica;

-          sulle infiltrazioni mafiose nel sistema economico;

-          sui patrimoni illeciti e sul riciclaggio.

La Commissione riferisce al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

In merito a quanto sopra esposto, si rileva che, nell’ambito dei poteri di inchiesta sui rapporti tra mafia e politica, alla Commissione è affidato il compito di monitorare i tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e proporre misure idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, con riferimento anche alla normativa concernente lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali.

Il Regolamento interno della cd. Commissione antimafia, approvato nella seduta del 2 dicembre 2008, non richiama espressamente i predetti aspetti intimidatori quale possibile ambito d’indagine della stessa.

 

Collegamento con lavori in corso

Si segnala che la materia oggetto della proposta di inchiesta è stata posta, da ultimo, all’attenzione della Commissione Affari costituzionali in sede di esame di atti di sindacato ispettivo.

Nella seduta del 16 febbraio 2012, il sottosegretario di Stato al Ministero dell’interno, rispondendo ad un’interrogazione sul tema degli episodi intimidatori verificatisi in diverse località della Calabria, che hanno riguardato amministratori locali ed esponenti della società civile (5-06171 Tassone), ha esposto i dati sul fenomeno, nonché le azioni sul territorio, promosse dal Ministero dell’interno per analizzare le cause e le possibili soluzioni del fenomeno delle intimidazioni ad amministratori pubblici e l’intenzione di proseguire nell’attività di coordinamento delle Autorità di Pubblica Sicurezza e dei vertici delle Forze di Polizia. È stato altresì sottolineato che il fenomeno delle intimidazioni ad amministratori pubblici in Calabria è in recente aumento a fronte di una generale diminuzione della delittuosità in quella regione.

Si ricorda, infine, che sulla stessa materia è stata presentata in Aula, nella seduta del 15 febbraio, una richiesta di informativa da parte del Ministro dell'interno.

 


 

 

 

 

 

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