Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Servizi pubblici locali - Seconda edizione
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 190
Data: 07/02/2011
Descrittori:
ENTI LOCALI   SERVIZI PUBBLICI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Servizi pubblici locali

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 190

Seconda edizione

 

 

7 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

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Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: AC0591.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Interventi normativi in materia di servizi pubblici locali3

§      Il regolamento n. 168 del 7 settembre 2010  9

§      La disciplina dell’Unione europea  16

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE   16

Testo a fronte

§      Testo a fronte tra lo Schema di regolamento n. 226/10, il parere della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera e il D.P.R. 168/2010  21

Atti parlamentari

§      Camera dei deputati, Parere reso dalla I Commissione (Affari costituzionali), 14 luglio 2010  41

§      Senato della Repubblica, Parere reso dalla 1ª Commissione (Affari costituzionali), 20 luglio 2010  47

§      Camera dei Deputati, Risoluzione in Commissione Vanalli ed altri (n. 7-00458, presentata il 21 dicembre 2010)49

§      Camera dei Deputati, Risoluzione in Commissione Favia ed altri (n. 7-00485, presentata il 1° febbraio 2011)52

§      Camera dei Deputati, Risoluzione in Commissione Bressa ed altri (n. 7-00486, presentata il 1° febbraio 2011)55

Normativa di riferimento

§      D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv., con mod., Legge 6 agosto 2008, n. 133 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (art. 23-bis)63

§      D.L. 25 settembre 2009, n. 135, conv., con mod., Legge 20 novembre 2009, n. 166. Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (art. 15)68

Giurisprudenza

§      Corte di giustizia delle Comunità europee, Quinta Sezione Sentenza 18 novembre 1999  75

§      Corte di giustizia delle Comunità europee, Terza Sezione Sentenza 10 settembre 2009  82

§      Corte di giustizia delle Comunità europee, Terza Sezione Sentenza 15 Ottobre 2009  97

§      Consiglio di Stato, Quinta sezione, Decisione 31 marzo 2009, n. 5082/09  107

Documentazione

§      Corte costituzionale, Giudizi sull’ammissibilità di referendum abrogativo  119

§      Corte Costituzionale, Ufficio Stampa, Decisioni in tema di ammissibilità dei quesiti referendari123

§      Commissione Europea, Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, 2008  124

 

 


Schede di lettura

 


Interventi normativi in materia di servizi pubblici locali

L’articolo 23 bis del decreto-legge n. 112 del 2008 ha disposto la riforma del comparto dei servizi pubblici locali allo scopo dichiarato dal comma 1 “di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’ articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione”.

L’assetto della materia che ne deriva - anche a seguito dell’emanazione del regolamento n.168/2010, previsto dal comma 10 del citato articolo, introdotto dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 - costituisce l’ultimo stadio dell’evoluzione della disciplina del settore. Esso fa seguito agli interventi realizzati prima con l’articolo 22 della legge di n. 142 del 1990, recante  riforma delle autonomie locali, poi con l’art. 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 testo unico per gli enti locali (TUEL), che ha abrogato la legge n. 142 del 1990.

A seguito di rilievi espressi in sede comunitaria[1](il citato art. 113 TUEL , modificato prima con l’art. 35 della legge n. 448 del 2001 e poi con l’art. 14 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326, è stato poi abrogato dal comma 11 del citato articolo 23 bis del decreto-legge n. 112 del 2008, nelle parti con esso incompatibili.

Sulla materia la Camera dei deputati aveva approvato, il 23 settembre 2009, una mozione che, apprezzando le modifiche introdotte nell’ordinamento l’anno precedente, impegnava il Governo a proseguire nel percorso di liberalizzazione, impegno che si è tradotto nelle disposizioni dell’art. 15 del decreto legge n. 135/2009 (Camera dei deputati, seduta del 23 settembre 2009).

Pertanto, l’art. 23 bis è stato modificato dall’articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.

 

In sintesi, la nuova disciplina, all’esito di quest’ultimo intervento normativo:

§         si applica ai servizi pubblici locali di rilevanza economica ad esclusione dei settori relativi a distribuzione del gas e dell’energia elettrica, trasporto ferroviario regionale, gestione delle farmacie comunali e servizi strumentali degli enti affidanti[2];

§         prevede tre forme di affidamento dei servizi:

1) conferimento, mediante gara pubblica, in favore di imprenditori e società in qualunque forma costituiti;

2) affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, purché il socio privato venga selezionato attraverso gare cosiddette “a doppio oggetto” (sulla persona e sull’attività) e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40%;

3) affidamento diretto, ossia senza gara, in casi eccezionali, con modalità in house;

§      mantiene il principio della proprietà pubblica delle reti, prevedendo che la loro gestione può essere affidata a soggetti privati;

§      consente l’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali;

§      introduce il parere preventivo dell’Antitrust sugli affidamenti in house che devono essere adeguatamente motivati;

§      definisce un regime transitorio degli affidamenti non conformi prevedendo scadenze diverse a seconda del grado di difformità dai principi della libertà di concorrenza: si va dal 31 dicembre 2010 per la cessazione degli affidamenti diretti non in house, al 31 dicembre 2011 per gli affidamenti in house (o alla scadenza prevista dal contratto di servizio se viene ceduto almeno il 40%  della partecipazione pubblica con la modalità della gara a doppio oggetto) ovvero al 30 giugno 2013 o al 31 dicembre 2015 per i soggetti affidatari che aprono a soci privati;

§      stabilisce i principi della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche e dell’autonomia gestionale del soggetto gestore affidatario del servizio;

§         attribuisce ad uno o più regolamenti di delegificazione la competenza a dettare una disciplina integrativa della materia.

 

Tra gli ordini del giorno riferiti al citato art. 15, presentati nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del d.l. 135/2009 presso l’Assemblea della Camera dei deputati si segnalano i seguenti, approvati o accolti dal Governo come raccomandazione:

9/2897/2 Zeller e Brugger, che impegna il Governo ad interpretare la lettera a) del comma 2 dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel senso di includere, tra i soggetti ai quali può essere conferita la gestione dei servizi pubblici locali mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, anche le società non in house a capitale interamente pubblico, esplicitando tale interpretazione nei regolamenti in corso di emanazione di cui al comma 10 del medesimo articolo 23-bis (accettato ed espressamente previsto dall’art. 3, co. 2, DPR n. 168/2010 );

9/2897/5 Marinello, Pagano, Pugliese, che impegna il Governo a prendere tutte le opportune iniziative al fine di monitorare adeguatamente le tariffe adottate dai soggetti gestori del servizio idrico integrato, e a garantire la continuità del servizio, sul modello di quanto previsto per l'energia elettrica, ai soggetti disagiati, nonché ai clienti cosiddetti «non interrompibili»;
ad adottare le iniziative necessarie atte a verificare la qualità delle prestazioni erogate dai soggetti gestori del servizio idrico integrato contemplando, nei casi di inadempienze, adeguate misure risarcitorie in favore dei cittadini utenti;
a valutare la possibilità di introdurre tariffe premiali in funzione del minor consumo della risorsa idrica (accettato);

9/2897/6 Cosenza, che impegna il Governo a vigilare con la massima attenzione sul fatto che - una volta entrato in vigore il decreto attuativo di quanto previsto dall'articolo 8-sexies del decreto-legge n. 33 del 2008 che è stato varato il 30 settembre 2009 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è attualmente in fase di istruttoria presso la Corte dei conti - le Autorità d'ambito rispettino pienamente i termini previsti dalla legge così da garantire, in tempi equi, i rimborsi dovuti ai cittadini in passato costretti a pagare in modo ingiustificato le tariffe supplementari per i servizi di depurazione (accettato);

9/2897/7 Cota e altri, che impegna il Governo, nell'ambito dell'emanazione dei regolamenti e la definizione delle soglie di cui al comma 4-bis, del citato articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell'espressione del parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di tener conto di specifiche condizioni di efficienza che, soprattutto con riferimento al settore idrico, rendono la gestione in house non distorsiva della concorrenza e dunque comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto ad un'altra forma di gestione dei servizi pubblici locali (accettato);

9/2897/11 Vannucci, che impegna il Governo, con prossimi provvedimenti, a modificare il comma 5 dell'articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, previsto per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti, estendendone l'applicazione ai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
(accolto come raccomandazione);

 

9/2897/23 Mariani[3], che impegna il Governo a considerare il potenziamento della funzione di regolazione volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche valutando l'opportunità di istituire un'apposita Autorità di regolazione (accettato);

9/2897/29 Margiotta, che impegna il Governo, prima dell'emanazione dei decreti attuativi dell'articolo 15, e comunque, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo, a presentare una relazione al Parlamento sulle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali, anche fornendo adeguate linee guida alle amministrazioni interessate, affinché la struttura societaria e l'oggetto sociale delle imprese esistenti vengano adeguate a detta sentenza (accolto come raccomandazione, a condizione che le parole «novanta giorni» siano sostituite con le parole «centottanta giorni» e che vengano cassate le parole da «anche fornendo adeguate linee guida» fino alle parole «a detta sentenza»);

9/2897/32 Fluvi che impegna il Governo ad adottare quanto prima ulteriori iniziative anche normative per dare certezza alle amministrazioni pubbliche e ai cittadini in materia di natura e di modalità di calcolo della tariffa di igiene ambientale (TIA), alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale sulla non assoggettabilità di tale tariffa al pagamento dell'IVA (accolto come raccomandazione);

9/2897/38 De Camillis che impegna il Governo ad adoperarsi nei modi opportuni affinché il prezzo del servizio sia il più contenuto possibile; in tale quadro devono essere previsti incentivi all'innovazione finalizzati al risparmio ed ad un più razionale utilizzo delle risorse idriche, eliminando sprechi, utilizzi impropri e soprattutto le perdite eccessive presenti nelle reti di distribuzione dell'acqua (accettato);

9/2897/40 Libé,  Compagnon[4], che impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa utile a reperire le risorse finanziarie necessarie da destinare alla riduzione degli sprechi e agli investimenti per migliorare la rete idrica nazionale, al fine di garantire un efficiente servizio ai cittadini ed evitare la dispersione di un bene che non è illimitato (accettato);

9/2897/42 Tassone, Galletti, Mondello[5], che impegna il Governo a considerare il potenziamento della funzione di regolazione del settore volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche valutando l'opportunità di istituire un'apposita autorità di regolazione (accettato).

Occorre ricordare poi l'articolo 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2010 che, novellando l'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha previsto la soppressione, entro il 1° gennaio 2011, delle Autorità d'ambito territoriale (AATO) in materia di acqua e rifiuti, demandando alle regioni il compito di attribuire con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

 

Sulle previsioni dei termini del regime transitorio previsto dall’art. 23 bis del D.L. 112/2008 è intervenuto l'art. 1, comma 1, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 che ha disposto: la proroga al 31 marzo 2011 del termine di cessazione al 31 dicembre 2010 degli affidamenti diretti non in house per il trasporto pubblico locale e la facoltà del Governo dell’ulteriore proroga al 31 dicembre 2011 con DPCM.

Il medesimoart. 1, comma 1, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 si applica anche al termine stabilito dal novellato articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per l’attribuzione da parte delle regioni delle funzioni delle soppresse ATO.

 

I citati articoli 23 bis del D.L. 112/2008 e 150 del decreto legislativo n. 152/2006, Norme in materia ambientale, sono stati oggetto di quesiti referendari di abrogazione dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale il 12 gennaio 2011.

 

Nel quadro di tale assetto normativo, e successivamente al pronunciamento della Corte costituzionale, alla Camera sono state presentate alcune risoluzioni in materia di servizi pubblici locali, assegnate alla I Commissione affari costituzionali.

In particolare, il 21 gennaio 2011 è stata presentata la risoluzione Vanalli e altri (7-00458). Tale atto impegna il Governo: ad adottare le opportune iniziative normative al fine di prorogare il periodo transitorio per la cessazione delle società in house fino al 31 dicembre 2012; a prevedere, limitatamente al caso di costituzione di società mista per la gestione dei servizi idrici, che la quota di capitale sociale da cedere ai privati non superi la soglia massima del 40 per cento del capitale delle società pubbliche. Gli impegni muovono dalla valutazione della legislazione nazionale vigente alla luce del quadro normativo comunitario, quale interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia[6] che, nel rispetto dei requisiti della partecipazione pubblica totalitaria, del controllo analogo e dello svolgimento di attività prevalente nell'interesse dell'ente affidante, consente alle amministrazioni pubbliche di esercitare in proprio un'attività economica o di affidarla a terzi, anche ad entità a capitale misto, senza alcun limite minimo per la quota di partecipazione del socio privato al capitale della società di gestione di partenariato pubblico-privato (PPPI). La risoluzione richiama in proposito la «Comunicazione interpretativa della Commissione sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)» della Commissione europea[7], con particolare riferimento al ruolo del privato nella cooperazione con l'amministrazione pubblica.

Il 1° febbraio 2011  sono state presentate le risoluzioni Favia e altri (7-00485) e Bressa e altri (7-00486).

 La risoluzione Favia e altri (7-00485) muove dalla considerazione, tra le altre, che l'estensione della nuova disciplina degli affidamenti anche al settore idrico integrato non è imposta da alcuna normativa comunitaria e che le infrazioni contestate all'Italia, per le quali è stata emessa condanna da parte della Corte di giustizia, sono riconducibili  alla tendenza degli enti locali ad elaborare soluzioni «creative» in tema di affidamento dei servizi pubblici, contrastanti con gli orientamenti della giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale risoluzione  impegna il Governo ad “assumere un'iniziativa normativa per la moratoria sui nuovi affidamenti del servizio idrico integrato e per prorogare il periodo transitorio per la cessazione delle gestioni «in house» del servizio idrico integrato al 31 dicembre 2012”.

Anche la risoluzione Bressa e altri (7-00486) impegna il Governo ad adottare iniziative normative di moratoria per prorogare la scadenza per la definitiva interruzione dell'affidamento in house fino al 31 dicembre 2012. Tale impegno però non appare espressamente limitato al servizio idrico e individua come termine finale della proroga la definizione completa del soggetto pubblico regolatore nonché la piena operatività del sistema pubblico di verifica, controllo e regolazione. Inoltre sono previsti i seguenti impegni: adozione di iniziative per il coordinamento della normativa in esame con la disciplina delle Autorità d'ambito territoriale (AATO) in materia di acqua e rifiuti, che ha demandato alle regioni il compito di attribuire con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; svolgimento, durante il periodo di transizione, di attività di monitoraggio; presentazione di una relazione al Parlamento sulle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali, in conformità alle previsioni dell’ordine del giorno Margiotta 9/2897/29, accolto come raccomandazione dal Governo nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del d.l. 135/2009 presso l’Assemblea della Camera dei deputati; predisposizione di  adeguate linee guida per le  amministrazioni interessate, affinché la struttura societaria e l'oggetto sociale delle imprese esistenti vengano adeguati all’orientamento espresso dalla Corte di giustizia con la sentenza n. 196 del 2008. Tale sentenza ha affermato che l’ordinamento comunitario non osta ”all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una società a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dell’offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni”.

Il regolamento n. 168 del 7 settembre 2010

La riforma dei servizi pubblici locali è stata integrata e attuata dal regolamento governativo di delegificazione n. 168 del 7 settembre 2010, emanato ai sensi del citato art. 23-bis, comma 10, del decreto legge n. 112/2010, come modificato dall’ art. 15 del decreto legge n. 135/2010.

Lo schema di tale regolamento è stato sottoposto, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 440 del 1988 al parere del Consiglio di Stato e delle commissioni parlamentari. In particolare la I Commissione della Camera ha espresso un parere con condizioni ed osservazioni il 14 luglio 2010 che, in parte, hanno trovato accoglimento nel testo del regolamento (v. infra testo a fronte). Anche la Commissione Affari costituzionali del Senato ha espresso un parere  favorevole condizioni e osservazioni (20 luglio 2010), anch’esso in parte recepito

 

Il regolamento, teso a implementare i principi comunitari in materia di attività economiche attinenti alla tutela della concorrenza e delle libertà fondamentali delle imprese, è volto a favorire in prima istanza l’iniziativa privata nell’erogazione dei servizi pubblici e, solo in caso di inefficacia di questa, a regolare il ruolo degli enti locali che già procedono ordinariamente allo svolgimento dei servizi loro spettanti tramite affidamento a terzi.

L’ambito di applicazione del regolamento (art. 1) tiene conto delle esclusioni disposte dall’art. 23-bis (gas naturale, energia elettrica, trasporto ferroviario regionale, farmacie comunali), cui si aggiungono i servizi strumentali all’attività o al funzionamento degli enti affidanti di cui all’art. 13, comma 1, del D.L. n. 223/2006.

 

In merito a tale ulteriore esclusione il parere espresso dalla I Commissione della Camera recava una specifica osservazione diretta a sottoporre al Governo opportunità di un’ulteriore valutazione.

 

Per il servizio idrico integrato, il regolamento ribadisce i principi già affermati dall’art. 15, comma 1-ter, del D.L. n. 135/2009, cioè l’autonomia gestionale del soggetto gestore, la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, nonché la spettanza esclusiva alle istituzioni pubbliche del governo delle risorse stesse.

In base all’art. 2, agli enti locali spetta il compito di verificare, periodicamente e comunque prima di procedere al conferimento della gestione dei servizi pubblici locali, la fattibilità di una gestione concorrenziale dei servizi stessi. A questo fine è prevista la delimitazione dell’attribuzione dei diritti di esclusiva ai soli casi in cui la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, allorché non sia diversamente previsto dalla legge, nonché la definizione degli obblighi di servizio pubblico, qualora necessario, disponendo le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenuto conto dei proventi derivanti dalle tariffe e nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo.

 

La formulazione dell’articolo 2 recepisce un’osservazione del parere espresso dalla I Commissione della Camera che, a sua volta, teneva conto di una proposta di modifica contenuta nel parere espresso sul testo dello schema di regolamento da parte del Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, il 24 maggio 2010. A tale parere si rifaceva anche un’ulteriore osservazione della I Commissione della Camera con la quale “al fine di favorire maggiore concorrenzialità nella gestione dei servizi pubblici locali”, si invitava a valutare “l'opportunità di circoscrivere con maggiore puntualità i casi in cui è consentita l'attribuzione di diritti di esclusiva”: tale osservazione non è stata però recepita nel testo dell’art. 2.

 

Gli stessienti locali, per l’erogazione di servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, definiscono, ove necessario, gli obblighi di servizio pubblico, prevedendo le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi.

 

In merito a tale punto, nel parere espresso dalla I Commissione della Camera si osservava l’esigenza di specificare che gli obblighi di servizio pubblico fossero definiti dagli enti locali prima dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara. Tale osservazione non è stata recepita nel testo definitivo , nel quale (art. 3, comma 3,lett. g) è stata inserita la prescrizione dell’ adozione di carte dei servizi al fine di garantire trasparenza informativa e qualità del servizio.

 

L’articolo 3 prevede: che le procedure competitive ad evidenza pubblica, di cui all’articolo 23-bis, comma 2, siano indette nel rispetto dei parametri connessi a standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge statale e regionale, ove esistente, nonché dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti; che  le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive ad evidenza pubblica ex art. 23-bis, comma 2, lettera a), in assenza di specifici divieti previsti dalla legge; una serie di prescrizioni relative all’indizione delle procedure competitive ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi pubblici locali, volte a garantire il rispetto dell’assetto concorrenziale dei mercati interessati; che in appositi contratti di servizio allegati ai capitolati di gara, siano disposti la regolazione dei rapporti degli enti locali con i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali e con i soggetti cui è affidata la gestione di reti, impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli stessi, nonché penali e misure sanzionatorie, restando ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti .

 

In merito a tale articolo, nel parere espresso dalla I Commissione della Camera, si riteneva “opportuno, in questa sede o in un successivo provvedimento legislativo, inserire una disposizione che preveda espressamente che «il divieto di cui al primo periodo del comma 9 dell'articolo 23-bis non si applica, oltre che alle società quotate in mercati regolamentati, anche alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile». Le medesime considerazioni valgono per gli articoli 7 e 8 dello schema di regolamento in esame.“ Tale disposizione non è stata inserita nel testo del regolamento.

Inoltre, con riguardo alle previsioni dei contratti di servizio, il parere della I Commissione osservava l’esigenza di considerare la segnalazione del Consiglio di Stato in merito al fatto che l'articolo 113, comma 11, di cui l’art. 12 dello schema di regolamento disponeva l'abrogazione, si riferisce ai contratti di servizio, ovvero a materia propria delle fonti primarie, che ha dei riflessi anche sul riparto di giurisdizione, motivo per il quale sembrerebbe opportuno mantenere inalterato sul punto l'assetto vigente, con conseguente esclusione dell'abrogazione.” Tale osservazione risulta recepita, anche con la soppressione nell’art. 12 del riferimento all’abrogazione del citato comma 11.

Nel parere espresso dalla 1° Commissione del Senato si esprimeva l’esigenza di valutare, al comma 3, la possibilità di inserire le carte di servizio quali strumenti di trasparenza informativa e a garanzia di qualità, segnalando, inoltre, che il comma 5 sembra non considerare la possibilità, per i Comuni, di svolgere, anche in forma associata, le funzioni di verifica previste dal comma medesimo. Il riferimento alle carte di servizio è stato recepito, mentre il comma 5, come sopra accennato, è stato soppresso.

 

Per l’espressione del parere dell’Antitrust, in base all’art. 4, assumono rilievo gli affidamenti di servizi il cui valore economico supera i 200.000 euro, e, Le procedure competitive ad evidenza pubblica devono essere indette nel rispetto dei parametri connessi a standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge statale e regionale, ove esistente, nonché dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti e i bandi di gara o le lettere di invito devono rispondere a specifiche prescrizioni.

 

In conformità ad una condizione contenuta nel parere espresso dalla I Commissione della Camera è stata soppressa la previsione contenuta in tale articolo secondo la quale “il detto parere é comunque richiesto, a prescindere dal valore economico del servizio, qualora la popolazione interessata sia superiore a 50.000 unità”.

Anche nel parere espresso dalla omologa Commissione del Senato si è posta una condizione di analogo effetto ai fini del testo, richiedendo che all'articolo 4, comma 1, fosse specificato che la soglia di rilevanza degli affidamenti dei servizi pubblici locali in deroga, ai fini dell'espressione del parere di cui all'articolo 23-bis, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, fosse stabilita nella somma di 200.000 euro annui.

 

Per il settore idrico, l’art. 4 prevede che l’ente affidante può rappresentare specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione in house non distorsiva della concorrenza, con riferimento ad alcuni parametri tra i quali: la chiusura dei bilanci in utile, escludendosi a tal fine qualsiasi trasferimento non riferito a spese per investimenti da parte dell’ente affidante o altro ente pubblico (lett. a);. il raggiungimento di costi operativi medi annui con un’incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto della media di settore (lett. d).

 

Nel parere della I Commissione della Camera si osservava l’opportunità di inserire  alla lett. a) le parole: «calcolata come media degli ultimi tre anni» e si poneva la condizione della soppressione della lett. d). L’osservazione non è stata recepita, mentre la condizione  ha trovato accoglimento  nel testo definitivo.

Nel parere della 1° Commissione del Senato si è sottolineata l’esigenza di valutare, al comma 2, lettera c), con particolare riferimento alle condizioni di efficienza che qualificano la gestione in house non distorsiva della concorrenza, se il criterio dell'applicazione di una tariffa media inferiore a quella di settore fosse congruo per il servizio idrico, considerando che la tariffa media è pari alla somma dei costi e degli investimenti per unità di acqua erogata e che, pertanto, sarà più alta in quei territori in cui la domanda è bassa e in cui vi è l'esigenza di realizzare ampi interventi infrastrutturali; tale osservazione non è recepita nel testo definitivo. Nel medesimo parere, inoltre, si osservava che il comma 2, lettera d), del medesimo articolo indica, come criterio, il raggiungimento di costi operativi medi annui, con un'incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto della media di settore, senza tener conto che il livello dei costi non dipende solamente dallo sforzo imprenditoriale del gestore, ma anche da elementi quali le condizioni morfologiche del territorio, la popolazione e la densità abitativa;tale osservazione risulta recepita con la soppressione della lett. d).

 

Con l’art. 5 è disciplinato l’assoggettamento al patto di stabilità interno dei soggetti affidatari in house tenendo conto di una condizione prevista nel parere espresso dalla I Commissione della Camera che introduce il riferimento alle previsioni dell'articolo 2, comma 2, lettera h), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di bilancio consolidato.

 

Non è stata invece recepita l’osservazione contenuta nel parere della 12° Commissione del Senato che invitava a valutare forme di esclusione dal patto di stabilità dei flussi finanziari che non derivano da decisioni discrezionali dell'ente, ma da obblighi normativi.

 

In merito all’assoggettamento al patto di stabilità interno, occorre far presente che la Corte costituzionale, con sentenza n. 325/2010, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale della previsione del relativo principio contenuto nell’art. 23-bis, comma 10 lett. e).

 

L’art. 6 dispone in materia di acquisto di beni e servizi da parte delle società in house e delle società miste prevedendo l’applicazione delle norme del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), ma specificando che l’art. 32, comma 3, del Codice sia applicabile solo se la scelta del socio privato è avvenuta secondo le modalità previste dall’art. 23-bis, comma 2, lett. b) del D.L. 112/2008 e limitatamente alla gestione del servizio per il quale le società di cui al comma 1, lettera c), del medesimo art. 32 (società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del D.Lgs. 267/2000) sono state specificamente costituite.

 

L’art. 7 reca disposizioni inerenti l’assunzione di personale nelle società cd. “in house” e in società miste a partecipazione pubblica di controllo, affidatarie di servizi pubblici locali prevedendo, in conformità a rilievi espressi dal Consiglio di Stato in sede consultiva, che le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali, ad esclusione delle società quotate in mercati regolamentati, adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

 

L’articolo 8 reca disposizioni tese a distinguere le funzioni di regolazione dalle funzioni di gestione, attuando il principio di cui alla lett. c) del comma 10 dell’art. 23-bis,  che prevede una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali, anche attraverso la revisione della disciplina sulle incompatibilità. Tra tali disposizione vi è la previsione di alcuni divieti circa la nomina di amministratori di società partecipate da enti locali nei confronti di coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, ex art. 77 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL), negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società.

 

Nel parere espresso dalla I Commissione della Camera si invitava il Governo a valutare ”l'opportunità di sopprimere il comma 3 o, comunque, di ridurre la durata del divieto di nomina ivi previsto da tre anni ad un anno e, in ogni caso, si escludano espressamente dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione.”

Nel parere espresso dalla 1a Commissione del Senato si rilevava l’eccessiva rigidità del regime di incompatibilità con particolare riferimento alle norme contenute nei commi 3 e 8. Inoltre, per gli articoli 7 e 8, si riteneva opportuno specificare che le norme relative alle società quotate in mercati regolamentati si riferiscono anche a quelle da esse controllate e partecipate alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

 

L’articolo 9 prevede il principio di reciprocità per le imprese estere non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, ammettendo la possibilità che questo siano ammesse alle procedure competitive ad evidenza pubblica indette per l’affidamento di servizi pubblici locali a condizione che dimostrino la possibilità per le imprese italiane di partecipare alle gare indette negli Stati di provenienza per l’affidamento di omologhi servizi.

 

L’articolo 10 disciplina, per il caso di subentro, la cessione dei beni, di proprietà del gestore, necessari per la prosecuzione del servizio.  In particolare si prevede che, alla scadenza della gestione del servizio pubblico locale o in caso di sua cessazione anticipata, il precedente gestore effettui, a titolo gratuito e liberi da pesi e gravami, la cessione al gestore subentrante i beni strumentali e le loro pertinenze necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio, come individuati dall’ente affidante. Inoltre, se, al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 1 non sono stati interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari al valore contabile non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili ai beni stessi.

 

In merito alla previsione del regime di cessione dei beni, nel parere espresso dalla I Commissione della Camera, si osservava l'opportunità di una specificazione, non introdotta nel testo definitivo, volta a limitare il medesimo regime di cessione solo ai beni acquistati con risorse pubbliche.

 

Inoltre, si prevede che, se al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 1 non sono stati interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari al valore contabile originario non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili ai beni stessi.

 

A questo proposito, nel parere espresso dalla I Commissione della Camera si rilevava  l'opportunità di premettere le parole «In caso di scadenza o cessione anticipata, i beni strumentali e le loro pertinenze acquistati con risorse private possono essere ceduti al gestore subentrante da parte del precedente gestore. In tal caso». Inoltre, si riteneva opportuno che fossero aggiunte, in fine, le parole « rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi».

 

I rilievi espressi sul punto nel parere parlamentare non sono stati puntualmente recepiti, ma il riferimento al valore contabile non ancora ammortizzato riguarda il valore originario ed  è stato previsto che restino ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento, nonché siano salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell'entrata in vigore del regolamento.

Infine, si prevede che l’importo pari al valore contabile del bene non ancora ammortizzato sia indicato nel bando o nella lettera di invito relativi alla gara indetta per il successivo affidamento del servizio pubblico locale a seguito della scadenza o della cessazione anticipata della gestione.

 

Per questa disposizione, nel parere espresso dalla I Commissione della Camera, si osservava l'opportunità di aggiungere il seguente periodo: «Per la prima scadenza o per la prima cessazione anticipata della gestione del servizio pubblico locale, l'importo che il gestore subentrante corrisponde al gestore precedente per la cessione dei beni strumentali di cui al comma 1 è determinato sulla base dei criteri di cui all'articolo 24, lettere a) e b) del Regio-decreto 15 ottobre 1925 n. 2578».

Nel parere della Commissione affari costituzionali del Senato è stata posta la condizione, recepita nel testo, che,  al comma 2, fosse aggiunto il seguente periodo: «Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento.».

 

L’articolo 11 introduce una forma di tutela non giurisdizionale per gli utenti dei servizi pubblici locali, disponendo che i contratti di servizio e, se emanate, le carte dei servizi concernenti la gestione di servizi pubblici locali, prevedono la possibilità, per l’utente o per la categoria di utenti che lamenti la violazione di un diritto o di un interesse giuridico rilevante, di promuovere la risoluzione non giurisdizionale delle controversie, che avviene entro trenta giorni successivi al ricevimento della richiesta. La disposizione riprende il contenuto dell’articolo 30 della legge 69/2009, relativo alle carte dei servizi dei soggetti pubblici e privati che erogano servizi pubblici o di pubblica utilità, che prevede che le carte dei servizi dispongono l’eventuale ricorso a meccanismi di sostituzione dell’amministrazione o del soggetto inadempiente. La procedura conciliativa è avviata secondo lo schema-tipo di formulario allegato al regolamento .

 

L’art. 12 individua le disposizioni da abrogare - tra cui alcuni commi del citato art. 113 TUEL, nonché gli  articoli 150, comma 1, e 202, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di aggiudicazione del servizio idrico integrato e del serviziodi gestione integrata dei rifiuti urbani, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell’Autorità d’ambito per l’affidamento e l’aggiudicazione - definendo così il quadro normativo della riforma che entra in vigore, secondo una articolata disciplina transitoria, a partire dal gennaio 2011.

 

Nel parere espresso dalla I Commissione della Camera  si osservava l’opportunità di chiarire - in relazione alla previsione di cui al comma 8, lettera d), dell'articolo 23-bis, secondo la quale gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015  - che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003 in vigenza del comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio.

Il parere rilevava inoltre l’opportunità di sopprimere il riferimento agli articoli 150, comma 1, e 202, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 finalizzato alla loro abrogazione.

Tali osservazioni non sono recepite nel testo definitivo.

La disciplina dell’Unione europea

Il Trattato di Lisbona ha introdotto una specifica base giuridica per l’intervento dell’UE in materia di servizi di interesse generale. In particolare, l’articolo 14 del Trattato sul funzionamento dell’UE stabilisce che, in considerazione dell'importanza dei servizi di interesse economico generale e del loro ruolo ai fini della promozione della coesione sociale e territoriale, l'UE e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a princìpi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti. Spetta al Parlamento europeo ed al Consiglio, stabilire tali principi e condizioni, fatta salva la competenza degli Stati membri di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi.

A questo proposito il protocollo n. 26 allegato al Trattato di Lisbona stabilisce che i valori comuni dell'Unione con riguardo al settore dei servizi di interesse economico generale comprendono in particolare:

§         il ruolo essenziale e l'ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti;

§         la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse;

§         un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utente.

§         e’ fatta salva la facoltà degli Stati membri di fornire, commissionare ed organizzare servizi di interesse generale non economico.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Nel programma di lavoro per il 2011 (COM(2010)623) la Commissione preannuncia l’adozione, tra il 2012 e il 2014, di una comunicazione relativa ad un quadro qualitativo per i servizi di interesse generale. L’iniziativa si baserà sul citato protocollo n. 26 del Trattato sul funzionamento dell’UE.

La Commissione, inoltre, intende procedere alla revisione (presumibilmente nel quarto trimestre del 2011) delle norme in materia di aiuti di Stato applicabili ai servizi di interesse economico generale che giungeranno a scadenza nel novembre 2011, al fine di valutare le disposizioni vigenti e vagliare le possibilità di apportare adeguamenti e miglioramenti.

 

La normativa in questione comprende un pacchetto di misure adottato nel 2005al fine di chiarire le condizioni in base alle quali i finanziamenti statali dei servizi di interesse economico generale (SIEG) possano essere compatibili con la normativa UE in materia di aiuti di Stato. Si tratta di:

una decisione della Commissione del 28 novembre 2005 riguardante l’applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del Trattato CE (ora articolo 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’UE) agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico;

la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico che specifica le condizioni alle quali la Commissione può dichiarare compatibili le compensazioni non contemplate dalla decisione precedentemente richiamata;

la direttiva 2005/81/CE che modifica la direttiva 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, nonché fra determinate imprese, che prevede la separazione contabile per le imprese beneficiarie di compensazioni di obblighi di servizio pubblico, a prescindere dalla loro natura di aiuti di Stato.

L’adozione di tali misure fa seguito alla sentenza Altmark (causa C-280/00), emessa dalla Corte di giustizia nel luglio 2003, nella quale si stabilisce che le compensazioni per la fornitura di servizi di interesse generale non rappresentano aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’UE, a condizione che siano soddisfatti cumulativamente i seguenti criteri: 1) il beneficiario sia incaricato dell'assolvimento di obblighi di servizio pubblico definiti in modo chiaro; 2) i parametri per il calcolo della compensazione siano previamente definiti in modo obiettivo e trasparente; 3) la compensazione non ecceda i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, detratti gli introiti ricavati con la fornitura del servizio (può tuttavia comprendere un ragionevole profitto); 4) il beneficiario venga selezionato sulla base di una procedura di appalto pubblico, oppure la compensazione non ecceda i costi di un'impresa gestita in modo efficiente ed adeguatamente dotata di mezzi atti a garantire la fornitura del servizio pubblico.

 

Inoltre, nell’Atto per il mercato unico (COM(2010)608),presentato dalla Commissione il 27 ottobre 2010 al fine di rilanciare il mercato unico europeo e svilupparne appieno il potenziale, si preannuncia l’adozione, nel 2011, di una comunicazione corredata di una serie di iniziative sui servizi di interesse generale.

 

In tale ambito la Commissione intende: 1) valutare, in vista di un’eventuale revisione della normativa in materia, il sistema delle compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico al fine di evitare che possano configurare aiuti di Stato; 2) garantire l’esistenza di un quadro normativo per consentire ai servizi pubblici di svolgere la propria missione e di rispondere efficacemente ai bisogni dei cittadini; 3) garantire la rapida realizzazione di nuovi servizi e di infrastrutture volte a favorire la fluidità del mercato unico, con particolare riferimento alle infrastrutture destinate a favorire l’accesso ad Internet ad alta velocità per tutti entro il 2013 come previsto dalla Strategia UE 2020; 4) garantire che, in base al principio di sussidiarietà, i servizi pubblici, compresi quelli sociali, siano realizzati al livello più adeguato in base a regole chiare in materia di finanziamento ed acquisti di qualità elevata  e siano facilmente accessibili a tutti.

Al fine di facilitare l’attuazione di tali impegni la Commissione intende: 1) offrire alle amministrazioni pubbliche gli strumenti per affrontare i problemi che queste ultime e i cittadini incontrano nell’applicazione del diritto UE; 2) adottare misure che consentano di valutare e confrontare meglio a livello UE la qualità dell’offerta di servizi di interesse economico generale, in particolare nel contesto dei processi di liberalizzazione delle grandi industrie di rete (servizi di trasporto, postali ed energetici); 3) 3) soddisfare in modo più adeguato l'esigenza di accesso universale ai serviziche i cittadini europei ritengono essenziali per la loro vita quotidiana (ad esempio i servizi postali), a condizione che la qualità dei servizi pubblici vada di pari passo con la loro accessibilità, anche in termini di prezzo.

 


 

Testo a fronte

 


Testo a fronte tra lo Schema di regolamento n. 226/10, il parere della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera e il D.P.R. 168/2010

 

Schema di regolamento n. 226/2010

Parere I Commissione Camera

D.P.R. 168/2010

 

 

 

Art. 1
Ambito di applicazione

 

identico

1. Il presente regolamento, in attuazione dell’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, di seguito denominato “articolo 23-bis”, si applica ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, di seguito denominati “servizi pubblici locali”.

 

 

2. Con riguardo alla gestione del servizio idrico integrato restano ferme l’autonomia gestionale del soggetto gestore, la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, nonché la spettanza esclusiva alle istituzioni pubbliche del governo delle risorse stesse, ai sensi dell’articolo 15, comma 1-ter, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.

 

 

3. Sono esclusi dall’applicazione del presente regolamento:

 

 

a) il servizio di distribuzione di gas naturale, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;

 

 

b) il servizio di distribuzione di energia elettrica, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 e alla legge 23 agosto 2004, n. 239;

 

 

c) il servizio di trasporto ferroviario regionale, di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422;

 

 

d) la gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475;

 

 

e) i servizi strumentali all’attività o al funzionamento degli enti affidanti di cui all’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni.

Osservazione:

“all'articolo 1, sia valutata l'esclusione relativa ai servizi strumentali all'attività o al funzionamento degli enti affidanti ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, rispetto a quanto previsto dai commi 1 e 10 dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008.”

 

 

 

 

Art. 2
(Misure in tema di liberalizzazione)

 

Art. 2
(Misure in tema di liberalizzazione)

1. Gli enti locali verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, circoscrivendo l’attribuzione di diritti di esclusiva, ove non diversamente previsto dalla legge, ai soli casi in cui la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità. Tale verifica é svolta periodicamente e comunque prima di procedere al conferimento della gestione dei predetti servizi.

Osservazioni:

- “all'articolo 2, si tenga conto di quanto evidenziato nel parere reso dal Consiglio di Stato sulle verifiche che gli enti locali sono chiamati ad operare dalla norma in questione”;[recepita]

- “al fine di favorire maggiore concorrenzialità nella gestione dei servizi pubblici locali, si valuti l'opportunità di circoscrivere con maggiore puntualità i casi in cui è consentita l'attribuzione di diritti di esclusiva ai sensi dell'articolo 2, in linea con quanto indicato nel parere espresso dal Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, il 24 maggio 2010.”

1. Gli enti locali verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitando l'attribuzione di diritti di esclusiva, ove non diversamente previsto dalla legge, ai soli casi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale ed efficienza, a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, e liberalizzando in tutti gli altri casi le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità ed accessibilità del servizio. Tale verifica é svolta periodicamente e comunque prima di procedere al conferimento della gestione dei predetti servizi.

 

 

2. All'esito della verifica l'ente adotta una delibera quadro che illustra l'istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori sottratti alla liberalizzazione, i fallimenti del sistema concorrenziale e, viceversa, i benefici per la stabilizzazione, lo sviluppo e l'equità all'interno della comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio.

 

 

3. Alla delibera di cui al comma precedente è data adeguata pubblicità; essa è inviata all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini della relazione al Parlamento di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287.

 

 

4. La verifica di cui al comma 1 è effettuata entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento e poi periodicamente secondo i rispettivi ordinamenti degli enti locali; essa è comunque effettuata prima di procedere al conferimento e al rinnovo della gestione dei servizi.

2. Gli enti locali, per assicurare agli utenti l’erogazione di servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, definiscono, ove necessario, gli obblighi di servizio pubblico, prevedendo le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo conto dei proventi derivanti dalle tariffe e nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo.

Osservazione:

“all'articolo 2, si specifichi che gli obblighi di servizio pubblico siano definiti dagli enti locali prima dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara”

5. identico

3. All’attribuzione di diritti di esclusiva ad un’impresa incaricata della gestione di servizi pubblici locali consegue l’applicazione di quanto disposto dall’articolo 9 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni.

 

6. identico

4. I soggetti gestori di servizi pubblici locali, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui sono titolari di diritti di esclusiva, sono soggetti alla disciplina prevista dall’articolo 8, commi 2-bis e 2-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni.

 

7. identico

 

 

 

Art. 3
(Norme applicabili in via generale per l’affidamento)

 

Art. 3
(Norme applicabili in via generale per l’affidamento)

1. Le procedure competitive ad evidenza pubblica, di cui all’articolo 23-bis, comma 2, sono indette nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge statale e regionale, ove esistente, dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti.

Osservazione:

“con riferimento all'articolo 3, appare opportuno, in questa sede o in un successivo provvedimento legislativo, inserire una disposizione che preveda espressamente che «il divieto di cui al primo periodo del comma 9 dell'articolo 23-bis non si applica, oltre che alle società quotate in mercati regolamentati, anche alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile». Le medesime considerazioni valgono per gli articoli 7 e 8 dello schema di regolamento in esame. “

1. Le procedure competitive ad evidenza pubblica, di cui all’articolo 23-bis, comma 2, sono indette nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge statale e regionale, ove esistente, dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti.

2. Le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive ad evidenza pubblica di cui all’articolo 23-bis, comma 2, lettera a), sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge.

 

identico

3. Al fine di promuovere e proteggere l’assetto concorrenziale dei mercati interessati, il bando di gara o la lettera di invito:

 

identico

a) esclude che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali non duplicabili a costi socialmente sostenibili ed essenziali per l’effettuazione del servizio possa costituire elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti;

 

identico

b) assicura che i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara siano proporzionati alle caratteristiche e al valore del servizio e che la definizione dell’oggetto della gara garantisca la più ampia partecipazione e il conseguimento di eventuali economie di scala e di gamma;

 

identico

c) indica, ferme restando le discipline di settore, la durata dell’affidamento commisurata alla consistenza degli investimenti in immobilizzazioni materiali previsti nei capitolati di gara a carico del soggetto gestore. In ogni caso la durata dell’affidamento non può essere superiore al periodo di ammortamento dei suddetti investimenti;

 

identico

d) può prevedere l’esclusione di forme di aggregazione o di collaborazione tra soggetti che possiedono singolarmente i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara, qualora, in relazione alla prestazione oggetto del servizio, l’aggregazione o la collaborazione sia idonea a produrre effetti restrittivi della concorrenza sulla base di un’oggettiva e motivata analisi che tenga conto di struttura, dimensione e numero degli operatori del mercato di riferimento;

 

identico

e) prevede che la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall’ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia;

 

identico

f) indica i criteri e le modalità per l’individuazione dei beni di cui all’articolo 10, comma 1, e per la determinazione dell’eventuale importo spettante al gestore al momento della scadenza o della cessazione anticipata della gestione ai sensi dell’articolo 10, comma 2.

 

identico

 

 

g) prevede l'adozione di carte dei servizi al fine di garantire trasparenza informativa e qualità del servizio.

4. Fermo restando quanto previsto al comma 3, nel caso di procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, il bando di gara o la lettera di invito assicura che:

 

identico

a) i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;

 

identico

b) il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l’intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo affidamento ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2;

 

identico

c) siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione.

 

identico

5. I rapporti degli enti locali con i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali e con i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali sono regolati da contratti di servizio, da allegare ai capitolati di gara, che devono prevedere i livelli dei servizi da garantire, adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli stessi, nonché penali e misure sanzionatorie. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

Osservazione:

“all'articolo 3, comma 5, si consideri che il Consiglio di Stato è intervenuto segnalando come l'articolo 113, comma 11, di cui è disposta l'abrogazione, si riferisce ai contratti di servizio, ovvero a materia propria delle fonti primarie, che ha dei riflessi anche sul riparto di giurisdizione, motivo per il quale sembrerebbe opportuno mantenere inalterato sul punto l'assetto vigente, con conseguente esclusione dell'abrogazione.” [recepita anche con la soppressione nell’art. 12 del riferimento all’abrogazione del citato comma 11,]

 

Soppresso

 

 

 

Art. 4
(Parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato)

 

Art. 4
(Parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato)

1. Gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell’espressione del parere di cui all’articolo 23-bis, comma 4, se il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento supera la somma complessiva di 200.000,00 euro. Il detto parere é comunque richiesto, a prescindere dal valore economico del servizio, qualora la popolazione interessata sia superiore a 50.000 unità

Condizione:

all'articolo 4, comma 1, si sopprima il secondo periodo [recepita]

1. Gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell’espressione del parere di cui all’articolo 23-bis, comma 4, se il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento supera la somma complessiva di 200.000,00 euro annui. Il detto parere é comunque richiesto, a prescindere dal valore economico del servizio, qualora la popolazione interessata sia superiore a 50.000 unità

2. Nella richiesta del parere di cui al comma 1, esclusivamente per i servizi relativi al settore idrico, l’ente affidante può rappresentare specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione cosiddetta “in house” non distorsiva della concorrenza, ossia comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto a una modalità alternativa di gestione dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento:

 

2. Nella richiesta del parere di cui al comma 1, esclusivamente per i servizi relativi al settore idrico, l’ente affidante può rappresentare specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione cosiddetta “in house” non distorsiva della concorrenza, ossia comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto a una modalità alternativa di gestione dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento:

[recepisce parere del Consiglio di Stato]

a) alla chiusura dei bilanci in utile, escludendosi a tal fine qualsiasi trasferimento non riferito a spese per investimenti da parte dell’ente affidante o altro ente pubblico;

Osservazione:

“all'articolo 4, comma 2, lettera a), dopo le parole «alla chiusura dei bilanci in utile» si valuti l'opportunità di inserire le parole: «calcolata come media degli ultimi tre anni»”

identico

b) al reinvestimento nel servizio almeno dell’80 per cento degli utili per l’intera durata dell’affidamento;

 

identico

c) all’applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore;

 

identico

d) al raggiungimento di costi operativi medi annui con un’incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto della media di settore.

Condizione:

all'articolo 4, comma 2, si sopprima la lettera d)” [recepita]

soppresso

3. Nel rendere il parere di cui al comma 1 si tiene espressamente conto delle condizioni rappresentate ai sensi del comma 2 e dichiarate dall’ente affidante sotto la personale responsabilità del suo legale rappresentante.

 

identico

4. L’effettivo rispetto delle condizioni di cui al comma 2 é verificato annualmente dall’ente affidante, che invia gli esiti di tale verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. In caso negativo, anche su segnalazione della medesima Autorità, l’ente procede alla revoca dell’affidamento e al conferimento della gestione del servizio ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2.

 

identico

 

 

 

Art. 5
(Patto di stabilità interno)

 

Art. 5
(Patto di stabilità interno)

1. Al patto di stabilità interno sono assoggettati gli affidatari cosiddetti “in house” di servizi pubblici locali ai sensi dell’articolo 23-bis, commi 3 e 4.

 

1. Al patto di stabilità interno sono assoggettati gli affidatari cosiddetti “in house” di servizi pubblici locali ai sensi dell’articolo 23-bis, commi 3 e 4.

[recepisce parere del Consiglio di Stato]

2. Gli enti locali sono responsabili dell’osservanza, da parte dei soggetti indicati al comma 1 al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno.

 

2. Gli enti locali vigilano sull'osservanza, da parte dei soggetti indicati al comma 1 al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno.

3. Le modalità e la modulistica per l’assoggettamento al patto di stabilità interno dei soggetti di cui al comma 1 sono definite con il decreto interministeriale di cui all’articolo 18, comma 2-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni.

Condizione:

all'articolo 5, comma 3, siano sostituite le parole da: «con il decreto» fino a «successive modificazioni» con le seguenti: «in sede di attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera h), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di bilancio consolidato. [recepita]

3. Le modalità e la modulistica per l'assoggettamento al patto di stabilità interno dei soggetti di cui al comma 1 sono definite in sede di attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera h), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di bilancio consolidato.

 

 

 

Art. 6
(Acquisto di beni e servizi da parte delle società cosiddette “in house” e delle società miste)

 

Art. 6
(Acquisto di beni e servizi da parte delle società cosiddette “in house” e delle società miste)

1. Le società cosiddette “in house” e le società a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l’acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

 

1. Le società cosiddette “in house” e le società a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l’acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

2. L’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, limitatamente alla gestione del servizio per il quale le società di cui al comma 1, lettera c), del medesimo articolo sono state specificamente costituite, si applica se la scelta del socio privato é avvenuta secondo quanto previsto dall’articolo 23-bis, comma 2, lettera b). Restano ferme le altre condizioni stabilite dall’articolo 32, comma 3, numeri 2) e 3), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

 

Identico

 

 

 

Art. 7
(Assunzione di personale da parte delle società cosiddette “in house” e delle società miste)

 

Art. 7
(Assunzione di personale da parte delle società cosiddette “in house” e delle società miste)

1. Le società cosiddette “in house”, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l’assunzione di personale, quanto previsto dall’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

1. Le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Il presente articolo non si applica alle società quotate in mercati regolamentati.

 [recepisce il parere del Consiglio di Stato]

2. Le società miste a partecipazione pubblica di controllo, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l’assunzione di personale, quanto previsto dall’articolo 18, comma 2, del decreto- legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

Soppresso

[recepisce il parere del Consiglio di Stato]

3. Il presente articolo non si applica alle società quotate in mercati regolamentati.

 

Soppresso

[recepisce il parere del Consiglio di Stato]

 

 

 

Art. 8
(Distinzione tra funzioni di regolazione e funzioni di gestione)

 

Identico

1. Gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi dell’ente locale, nonché degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di controllo di servizi pubblici locali, non possono svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte dei medesimi soggetti. Il divieto si applica anche nel caso in cui le dette funzioni sono state svolte nei tre anni precedenti il conferimento dell’incarico inerente la gestione dei servizi pubblici locali. Alle società quotate nei mercati regolamentati si applica la disciplina definita dagli organismi di controllo competenti.

 

 

2. Il divieto di cui al comma 1 opera anche nei confronti del coniuge, dei parenti e degli affini entro il quarto grado dei soggetti indicati allo stesso comma, nonché nei confronti di coloro che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente, a qualsiasi titolo attività di consulenza o collaborazione in favore degli enti locali o dei soggetti che hanno affidato la gestione del servizio pubblico locale.

 

 

3. Non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all’articolo 77 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società.

Osservazione:

“all'articolo 8 si valuti l'opportunità di sopprimere il comma 3 o, comunque, di ridurre la durata del divieto di nomina ivi previsto da tre anni ad un anno e, in ogni caso, si escludano espressamente dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione.”

 

4. I componenti della commissione di gara per l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente alla gestione del servizio di cui si tratta.

 

 

5. Coloro che hanno rivestito, nel biennio precedente, la carica di amministratore locale, di cui al comma 3, non possono essere nominati componenti della commissione di gara relativamente a servizi pubblici locali da affidare da parte del medesimo ente locale.

 

 

6. Sono esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di componenti di commissioni di gara, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi.

 

 

7. Si applicano ai componenti delle commissioni di gara le cause di astensione previste dall’articolo 51 del codice di procedura civile.

 

 

8. Nell’ipotesi in cui alla gara concorre una società partecipata dall’ente locale che la indice, i componenti della commissione di gara non possono essere né dipendenti né amministratori dell’ente locale stesso.

 

 

9. In caso di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 3, e in tutti i casi in cui il capitale sociale del soggetto gestore é partecipato dall’ente locale affidante, la verifica del rispetto del contratto di servizio nonché ogni eventuale aggiornamento e modifica dello stesso sono sottoposti, secondo modalità definite dallo statuto dell’ente locale, alla vigilanza dell’organo di revisione di cui agli articoli 234 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

 

 

 

 

 

Art. 9
(Principio di reciprocità)

 

Identico

1. Le imprese estere, non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, possono essere ammesse alle procedure competitive ad evidenza pubblica per l’affidamento di servizi pubblici locali a condizione che documentino la possibilità per le imprese italiane di partecipare alle gare indette negli Stati di provenienza per l’affidamento di omologhi servizi.

 

 

 

 

 

Art. 10
(Cessione dei beni in caso di subentro)

 

Art. 10
(Cessione dei beni in caso di subentro)

1. Alla scadenza della gestione del servizio pubblico locale o in caso di sua cessazione anticipata, il precedente gestore cede al gestore subentrante i beni strumentali e le loro pertinenze necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio, come individuati dall’ente affidante, a titolo gratuito e liberi da pesi e gravami.

Osservazione:

“all'articolo 10, al comma 1, dopo la parola «necessari,» si valuti l'opportunità di aggiungere le seguenti: «acquistati con risorse pubbliche»”

1. Alla scadenza della gestione del servizio pubblico locale o in caso di sua cessazione anticipata, il precedente gestore cede al gestore subentrante i beni strumentali e le loro pertinenze necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio, come individuati, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera f), dall’ente affidante, a titolo gratuito e liberi da pesi e gravami.

2. Se, al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 1 non sono stati interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari al valore contabile non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili ai beni stessi.

Osservazione:

“al comma 2 si valuti l'opportunità di premettere le parole «In caso di scadenza o cessione anticipata, i beni strumentali e le loro pertinenze acquistati con risorse private possono essere ceduti al gestore subentrante da parte del precedente gestore. In tal caso». Inoltre, al medesimo comma 2, si valuti l'opportunità di aggiungere, in fine, le parole « rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi».”

2. Se, al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 1 non sono stati interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari al valore contabile originario non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili ai beni stessi. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento, nonché restano salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell'entrata in vigore del presente regolamento.

3. L’importo di cui al comma 2 é indicato nel bando o nella lettera di invito relativi alla gara indetta per il successivo affidamento del servizio pubblico locale a seguito della scadenza o della cessazione anticipata della gestione.

Osservazione:

“si valuti l'opportunità di aggiungere il seguente periodo: «Per la prima scadenza o per la prima cessazione anticipata della gestione del servizio pubblico locale, l'importo che il gestore subentrante corrisponde al gestore precedente per la cessione dei beni strumentali di cui al comma 1 è determinato sulla base dei criteri di cui all'articolo 24, lettere a) e b) del regio-decreto 15 ottobre 1925 n. 2578»”

identico

 

 

 

Art. 11
(Tutela non giurisdizionale)

 

Identico

1. I contratti di servizio e, se emanate, le carte dei servizi concernenti la gestione di servizi pubblici locali prevedono la possibilità, per l’utente o per la categoria di utenti che lamenti la violazione di un diritto o di un interesse giuridico rilevante, di promuovere la risoluzione non giurisdizionale delle controversie, che avviene entro trenta giorni successivi al ricevimento della richiesta.

 

 

2. La procedura conciliativa prevista al comma 1 é avviata secondo lo schema-tipo di formulario di cui all’allegato A del presente regolamento.

 

 

3. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 461, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché quelle contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 12
(Abrogazioni e disposizioni finali)

 

Art. 12
(Abrogazioni e disposizioni finali)

1. A decorrere dall’entrata in vigore del presente regolamento sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:

 

identico

a) articolo 113, commi 5, 5-bis, 6, 7, 8, 9, escluso il primo periodo, 11, 14, 15-bis, 15-ter e 15-quater, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni;

osservazione:

“in relazione alla previsione di cui al comma 8, lettera d), dell'articolo 23-bis, si chiarisca che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003 in vigenza del citato comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio”

a) articolo 113, commi 5, 5-bis, 6, 7, 8, 9, escluso il primo periodo, 11, 14, 15-bis, 15-ter e 15-quater, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni;

b) articolo 150, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell’Autorità d’ambito per l’affidamento e l’aggiudicazione;

osservazione:

“all'articolo 12, comma 1, si valuti l'opportunità di sopprimere le lettere b) e c)

identico

c) articolo 202, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell’Autorità d’ambito per l’affidamento e l’aggiudicazione.

 

identico

2. Le leggi, i regolamenti, i decreti, o altri provvedimenti, che fanno riferimento ai commi 7 e 11 dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, abrogati dal comma 1, lettera a), si intendono riferiti, rispettivamente, ai commi 1 e 5 dell’articolo 3 del presente regolamento.

 

2. Le leggi, i regolamenti, i decreti, o altri provvedimenti, che fanno riferimento ai commi 7 e 11 dell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, abrogato dal comma 1, lettera a), si intendono riferiti, rispettivamente, ai commi 1 e 5 dell’articolo 3 del presente regolamento.

3. All’articolo 18, comma 3-bis, secondo periodo, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni, la parola: “esclusivamente” é soppressa.

 

identico

4. Per il trasporto pubblico locale il presente regolamento si applica in quanto compatibile con le disposizioni del regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007.

 

identico

5. Le disposizioni del presente regolamento si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in quanto compatibili con gli statuti speciali e le relative norme di attuazione.

 

identico

 

 

6. Al fine di assicurare il monitoraggio delle modalità attuative del presente regolamento il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale promuove la stipula di un apposito protocollo d'intesa.

 

Osservazione:

“si valuti l'opportunità di prevedere che il Governo presenti una relazione annuale al Parlamento sulle attività delle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali.”

 

 


Atti parlamentari

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 14 luglio 2010. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il Ministro per i rapporti con le regioni Raffaele Fitto.

La seduta comincia alle 15.15.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Atto n. 226.

 

 


ALLEGATO 12

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica (Atto n. 226).

PARERE APPROVATO

La I Commissione;

esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter del regolamento, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica (atto n. 226);

richiamati i pareri espressi dalla Conferenza Stato-regioni e dal Consiglio di Stato;

richiamati i rilievi formulati dalla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) nonché quelli delle Commissioni VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici), IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) e X (Attività produttive, commercio e turismo);

evidenziata l'opportunità di garantire una particolare tutela alle società in house che hanno dimostrato una gestione efficiente del servizio pubblico locale, pure in considerazione degli investimenti da queste effettuati; sottolineata la necessità di assicurare tale tutela anche mediante l'adozione di successivi provvedimenti che valorizzino tale impostazione, sulla base di quanto consentito dalla normativa dell'Unione europea in materia ed alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia europea (v. da ultimo la sentenza n. C. 371/05 del 17 luglio 2008);

rilevata l'opportunità di prevedere opportune garanzie per i dipendenti delle società pubbliche che, ai sensi dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, debbano cessare la gestione del servizio pubblico, al fine di assicurare una congrua tutela del lavoro delle persone che svolgevano le proprie mansioni presso tali società nonché di evitare conseguenze negative in termini di tutela della concorrenza e di impatto sui bilanci degli enti pubblici;

considerato, con riferimento al settore idrico, che appare auspicabile l'adozione di un successivo provvedimento legislativo che, modificando il comma 8, lettera a) dell'articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008, stabilisca il principio dell'accessione a privati solo «fino al 40 per cento» del capitale azionario delle società in house;

rilevato che all'articolo 1, la lettera e) del comma 3 dispone alcuni limiti all'attività delle società a capitale interamente pubblico o misto, costituite, o partecipate, dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione, tra l'altro, dei servizi pubblici locali ovvero per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza;

evidenziato che il suddetto articolo 1 prevede, in particolare, che tali società debbano operare esclusivamente con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti, non possano svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, non possano  partecipare ad altre società o enti e sono ad oggetto sociale esclusivo;

rilevato, peraltro, che la suddetta esclusione di cui alla lettera e) del comma 3 dell'articolo 1, relativa ai servizi strumentali all'attività o al funzionamento degli enti affidanti ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, non risulta espressamente prevista dall'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008;

evidenziato inoltre che il comma 3 dell'articolo 1 esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione i settori del gas, dell'energia elettrica e del trasporto ferroviario regionale mentre la lettera d) del comma 10 dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 stabilisce espressamente che il Governo adotti uno o più regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, con la finalità, tra l'altro, di individuare le norme applicabili in via generale per l'affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua;

ricordato, con riguardo all'articolo 2, che il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha osservato come, data la rilevanza della questione connessa alle misure di liberalizzazione, sarebbe stato opportuno inserire dei criteri puntuali e definiti circa le verifiche che gli enti locali sono chiamati ad operare dalla norma in questione, suggerendo di modificare la disposizione nel senso di richiedere che gli enti locali verifichino la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitando l'attribuzione di diritti di esclusiva ai casi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale ed efficienza, a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, e liberalizzando in tutti gli altri casi le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità ed accessibilità del servizio;

ricordato altresì che il Consiglio di Stato ha conseguentemente raccomandato, tra l'altro, di prevedere che all'esito della verifica l'ente adotti una delibera quadro che illustri l'istruttoria compiuta ed evidenzi, per i settori sottratti alla liberalizzazione, i fallimenti del sistema concorrenziale e i benefici per la stabilizzazione, lo sviluppo e l'equità all'interno della comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio;

richiamata l'opportunità di chiarire l'ambito di applicazione dell'articolo 3 considerato che, secondo la relazione illustrativa, esso dovrebbe essere applicabile in via generale ai servizi pubblici locali di rilevanza economica mentre l'articolo 1 esclude espressamente dall'ambito di applicazione del testo i settori del gas, dell'energia elettrica e del trasporto ferroviario regionale;

rilevato che, all'articolo 3, comma 5, viene demandata ad appositi contratti di servizio allegati ai capitolati di gara la regolazione dei rapporti degli enti locali con i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali e con i soggetti cui è affidata la gestione di reti, impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli stessi, nonché penali e misure sanzionatorie, restando ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del regolamento in esame;

ricordato che, in ordine a tale disposizione, il Consiglio di Stato è intervenuto segnalando come l'articolo 113, comma 11, del decreto legislativo n. 267 del 2000, di cui è disposta l'abrogazione, si riferisce ai contratti di servizio, cioè a materia propria delle fonti primarie, che ha dei riflessi anche sul riparto di giurisdizione, motivo per il quale sembrerebbe opportuno mantenere inalterato sul punto l'assetto vigente, con conseguente esclusione dell'abrogazione;

tenuto conto che il comma 1 dell'articolo 4 definisce le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell'espressione del parere dell'Autorità garante della concorrenza  e del mercato di cui all'articolo 23-bis, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008; ricordato, in particolare, che tale rilevanza si realizza se il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento supera la somma complessiva di 200 mila euro, anche se il suddetto parere è comunque richiesto, a prescindere dal valore economico del servizio, qualora la popolazione interessata sia superiore a 50.000 unità;

ritenuto che, all'articolo 4, il limite di 50.000 unità ai fini della richiesta del parere dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, si presenta discriminante per i comuni più grandi e appesantisce il lavoro della stessa Autorità con richieste per valori già riconosciuti come poco significativi;

ritenuto opportuno specificare, all'articolo 4, comma 2, lettera a), che la chiusura dei bilanci è da ritenersi «in utile», qualora risulti «in utile» la media degli ultimi tre anni;

ritenuto che, in mancanza di una definizione univoca dei costi operativi del servizio idrico integrato, la lettera d) del comma 2 dell'articolo 4 rischia di penalizzare le gestioni maggiormente efficienti, qualora in detti costi venissero ricompresi, ad esempio, i costi di investimento ovvero i costi per interventi di protezione idraulica;

considerato che, all'articolo 2, in relazione alla definizione da parte degli enti locali degli obblighi di servizio pubblico, occorre chiarire che detti obblighi devono essere previamente definiti al momento dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara;

considerato che l'articolo 5 assoggetta al patto di stabilità interno gli affidatari cosiddetti «in house» di servizi pubblici locali, prevedendo, tra l'altro, che gli enti locali siano responsabili dell'osservanza, da parte dei predetti soggetti al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno;

considerata la necessità, in relazione al comma 3 dell'articolo 8 - che prevede il divieto di nominare amministratori di società partecipate dagli enti locali coloro che nei tre anni precedenti hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all'articolo 77 del decreto legislativo n. 267 del 2000, negli enti locali che detengono quote di partecipazione di capitale nella stessa società - di ridurre la durata del divieto, e comunque, di escludere dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione, quali ad esempio i membri dell'assemblea, che di norma si limitano ad approvare i bilanci o a svolgere funzioni di sorveglianza;

considerata la necessità di chiarire, al comma 8, lettera d) dell'articolo 23-bis, che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003, in vigenza del comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, al fine di non ledere il legittimo affidamento di chi ha sottoscritto detti contratti in conformità al comma 14 dell'articolo 113;

considerata altresì l'esigenza di chiarire, allo scopo di non restringere la possibilità di concorrere all'apertura del mercato per quegli operatori economici organizzati sotto forma di gruppi di società, che il divieto di cui al primo periodo del comma 9 del citato articolo 23-bis non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;

valutata l'opportunità di prevedere, al comma 2 dell'articolo 10, che il valore contabile non ancora ammortizzato dei beni strumentali venga rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi;

valutata l'opportunità di favorire l'abolizione di enti inutili, prevedendo all'articolo 10,  che nei casi di scioglimento dei Consorzi tra comuni a seguito del subentro del gestore del servizio pubblico locale, al trasferimento della proprietà dei beni mobili ed immobili ai singoli comuni si applicano le norme agevolative di cui all'articolo 118 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 167;

considerato che l'articolo 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2010 ha previsto - con una novella all'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, - la soppressione, entro il 1o gennaio 2011, delle Autorità d'ambito territoriale (AATO) in materia di acqua e rifiuti, e che occorre pertanto coordinare lo schema in esame con tale previsione, che ha altresì demandato alle regioni il compito di attribuire con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;

preso atto dell'ordine del giorno 9/2897/29 (Margiotta), accolto dal Governo come raccomandazione nella seduta del 18 novembre 2009, che impegna il Governo, alla luce della sentenza n. 196 del 2008, della Corte di Giustizia in materia di società miste, a presentare una relazione al Parlamento sulle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali, anche fornendo adeguate linee guida alle amministrazioni interessate, affinché la struttura societaria e l'oggetto sociale delle imprese esistenti vengano adeguate a detta sentenza;

considerata la necessità, anche alla luce dell'ordine del giorno 9/2897/23 accolto dal Governo nella seduta del 18 novembre 2009, di potenziare la funzione di regolazione volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche a livello regionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

1) all'articolo 4, comma 1, si sopprima il secondo periodo;

2) all'articolo 4, comma 2, si sopprima la lettera d);

3) all'articolo 5, comma 3, siano sostituite le parole da: «con il decreto» fino a «successive modificazioni» con le seguenti: «in sede di attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, lettera h), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di bilancio consolidato.»;

e con le seguenti osservazioni:

a) all'articolo 1, sia valutata l'esclusione relativa ai servizi strumentali all'attività o al funzionamento degli enti affidanti ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, rispetto a quanto previsto dai commi 1 e 10 dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008;

b) all'articolo 2, si tenga conto di quanto evidenziato nel parere reso dal Consiglio di Stato sulle verifiche che gli enti locali sono chiamati ad operare dalla norma in questione;

c) all'articolo 2, si specifichi che gli obblighi di servizio pubblico siano definiti dagli enti locali prima dell'emanazione del bando di gara, in coerenza con quanto previsto all'articolo 3, comma 5, ai sensi del quale i livelli dei servizi da garantire sono specificati in apposito contratto di servizio da allegare ai capitolati di gara;

d) con riferimento all'articolo 3, appare opportuno, in questa sede o in un successivo provvedimento legislativo, inserire una disposizione che preveda espressamente che «il divieto di cui al primo periodo del comma 9 dell'articolo 23-bis non si applica, oltre che alle società quotate in mercati regolamentati, anche alle società da esse direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile». Le medesime considerazioni valgono per gli articoli 7 e 8 dello schema di regolamento in esame; 

e) all'articolo 3, comma 5, si consideri che il Consiglio di Stato è intervenuto segnalando come l'articolo 113, comma 11, di cui è disposta l'abrogazione, si riferisce ai contratti di servizio, ovvero a materia propria delle fonti primarie, che ha dei riflessi anche sul riparto di giurisdizione, motivo per il quale sembrerebbe opportuno mantenere inalterato sul punto l'assetto vigente, con conseguente esclusione dell'abrogazione;

f) all'articolo 4, comma 2, lettera a), dopo le parole «alla chiusura dei bilanci in utile» si valuti l'opportunità di inserire le parole: «calcolata come media degli ultimi tre anni»;

g) all'articolo 8 si valuti l'opportunità di sopprimere il comma 3 o, comunque, di ridurre la durata del divieto di nomina ivi previsto da tre anni ad un anno e, in ogni caso, si escludano espressamente dal divieto coloro che esercitano unicamente funzioni di indirizzo o alta amministrazione;

h) all'articolo 10, al comma 1, dopo la parola «necessari,» si valuti l'opportunità di aggiungere le seguenti: «acquistati con risorse pubbliche»; al comma 2 si valuti l'opportunità di premettere le parole «In caso di scadenza o cessione anticipata, i beni strumentali e le loro pertinenze acquistati con risorse private possono essere ceduti al gestore subentrante da parte del precedente gestore. In tal caso». Inoltre, al medesimo comma 2, si valuti l'opportunità di aggiungere, in fine, le parole « rivalutato in relazione all'andamento dei prezzi». Dopo il comma 4 si valuti l'opportunità di aggiungere il seguente: «Per la prima scadenza o per la prima cessazione anticipata della gestione del servizio pubblico locale, l'importo che il gestore subentrante corrisponde al gestore precedente per la cessione dei beni strumentali di cui al comma 1 è determinato sulla base dei criteri di cui all'articolo 24, lettere a) e b) del regio-decreto 15 ottobre 1925 n. 2578»;

i) all'articolo 12, comma 1, si valuti l'opportunità di sopprimere le lettere b) e c);

j) in relazione alla previsione di cui al comma 8, lettera d), dell'articolo 23-bis, si chiarisca che gli affidamenti diretti assentiti anche dopo la data del 1o ottobre 2003 in vigenza del citato comma 14 dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000 cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;

k) al fine di favorire maggiore concorrenzialità nella gestione dei servizi pubblici locali, si valuti l'opportunità di circoscrivere con maggiore puntualità i casi in cui è consentita l'attribuzione di diritti di esclusiva ai sensi dell'articolo 2, in linea con quanto indicato nel parere espresso dal Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, il 24 maggio 2010;

si valuti l'opportunità di prevedere che il Governo presenti una relazione annuale al Parlamento sulle attività delle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali.


 

 

 


 

 

AFFARI COSTITUZIONALI (1ª)

 

MARTEDÌ 20 LUGLIO 2010

211ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

VIZZINI

 

 Interviene il ministro per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale Fitto.

 

 

La seduta inizia alle ore 14,35.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 226

 

 La Commissione, esaminato lo schema di regolamento in titolo,

 

premesso che appare opportuno un coordinamento delle norme del regolamento in titolo con le misure contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nonché con le disposizioni del disegno di legge n. 2259 (codice delle autonomie), già approvato dalla Camera dei deputati e attualmente all'esame del Senato,

 

esprime parere favorevole, con le seguenti condizioni:

 

a) all'articolo 10, comma 2, sia aggiunto, infine, il seguente periodo: «Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento.»;

b) all'articolo 4, comma 1, sia specificato che la soglia di rilevanza degli affidamenti dei servizi pubblici locali in deroga, ai fini dell'espressione del parere di cui all'articolo 23-bis, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, sia stabilita nella somma di 200.000,00 euro annui.

 

Esprime, altresì, le seguenti osservazioni:

 

- appare opportuno fornire agli enti locali indicazioni e chiarimenti per una uniforme applicazione delle disposizioni del regolamento in esame;

- all'articolo 3, al comma 3, si valuti la possibilità di inserire le carte di servizio quali strumenti di trasparenza informativa e a garanzia di qualità; si segnala, inoltre, che il comma 5 sembra non considerare la possibilità, per i Comuni, di svolgere, anche in forma associata, le funzioni di verifica previste dal comma medesimo;

- si valuti, all'articolo 4, comma 2, lettera c), con particolare riferimento alle condizioni di efficienza che qualificano la gestione in house non distorsiva della concorrenza, se il criterio dell'applicazione di una tariffa media inferiore a quella di settore sia congruo per il servizio idrico, considerando che la tariffa media è pari alla somma dei costi e degli investimenti per unità di acqua erogata e che, pertanto, sarà più alta in quei territori in cui la domanda è bassa e in cui vi è l'esigenza di realizzare ampi interventi infrastrutturali. Occorre considerare, peraltro, che il comma 2, lettera d), del medesimo articolo indica, come criterio, il raggiungimento di costi operativi medi annui, con un'incidenza sulla tariffa che si mantenga al di sotto della media di settore, senza tener conto che il livello dei costi non dipende solamente dallo sforzo imprenditoriale del gestore, ma anche da elementi quali le condizioni morfologiche del territorio, la popolazione e la densità abitativa;

- all'articolo 5, andrebbero valutate forme di esclusione dal patto di stabilità dei flussi finanziari che non derivano da decisioni discrezionali dell'ente, ma da obblighi normativi;

- agli articoli 7 e 8, occorrerebbe specificare che le norme relative alle società quotate in mercati regolamentati si riferiscono anche a quelle da esse controllate e partecipate alla data di entrata in vigore del presente regolamento;

- all'articolo 8, il regime di incompatibilità ivi previsto, con particolare riferimento alle norme contenute nei commi 3 e 8, appare caratterizzato da un'eccessiva rigidità.

 


RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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411.

 

Seduta di lunedì21 DICEMBRE 2010

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

indi

DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

 

(omissis)

 

 


Allegato B

 

La I Commissione,

 

premesso che:

l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (successivamente novellato dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166) ha introdotto una nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, che mira a completare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore al fine di garantire una maggiore diffusione dei princìpi di libera concorrenza;

in attuazione del citato articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 è stato adottato il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168;

le nuove disposizioni (in particolare i commi 2 e 3 del predetto articolo 23-bis) riconoscono quali modalità ordinarie di conferimento della gestione dei servizi pubblici locali:

a) la gara, con procedure ad evidenza pubblica;

b) l'affidamento diretto a società «miste» (partenariato pubblico privato istituzionalizzato (PPPI), a condizione che il socio privato venga selezionato mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, aventi il duplice oggetto dell'attribuzione della qualità di socio e dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, e che ad esso spetti comunque una partecipazione non inferiore al 40 per cento del capitale sociale;

la previsione di detta soglia minima di partecipazione pari al 40 per cento del capitale sociale mira a rendere «stimolante» l'ingresso dei privati nella società, garantendo agli stessi un ruolo effettivo nella gestione imprenditoriale del servizio senza, tuttavia, eliminare il controllo pubblico del PPPI;

l'in house providing è destinato a fattispecie «residuale» cui può farsi ricorso soltanto in situazioni eccezionali, all'esito di una valutazione economica, sociale, ambientale e geomorfologica del contesto territoriale di riferimento dalla quale emerga l'impossibilità di un efficace ed utile ricorso al mercato;

per gli affidamenti in corso incompatibili con il nuovo quadro normativo, l'articolo 23-bis, comma 8, detta un regime transitorio che prevede, in particolare, per le gestioni conformi ai princìpi comunitari, la cessazione delle società in house alla data del 31 dicembre 2011, salvo che le amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del capitale pubblico a privati, attraverso gara pubblica, ai fini della costituzione di un PPPI;

con riguardo alla gestione del servizio idrico integrato, la nuova disciplina regolamentare detta un regime differenziato (articolo 1, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 2010) fondato sull'esigenza di salvaguardare l'autonomia gestionale del gestore e la piena proprietà pubblica delle risorse idriche, in considerazione della spettanza esclusiva alle istituzioni pubbliche del governo delle stesse, in linea, del resto, con quanto già previsto dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 13, comma 1-ter, che ribadisce sia i princìpi della proprietà pubblica delle risorse idriche che il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio, già contenuti nel codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006;

la previsione di tale regime differenziato si fonda sulla peculiare natura di bene pubblico della risorsa idrica;

la privatizzazione e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali non sempre sono state accompagnate da una diminuzione dei costi per l'utenza e dall'effettivo soddisfacimento dei cittadini. Le tanto discusse municipalizzate, ora trasformate in gestioni in house, spesso hanno garantito il conseguimento di livelli di servizio, di efficienza e di economicità difficilmente raggiungibili con una gestione esternalizzata a privati;

con riferimento alla gestione dei servizi idrici, l'inserimento del limite minimo del 40 per cento in relazione alla partecipazione del privato nella società di PPPI non garantisce pienamente il controllo pubblico sulla gestione della risorsa idrica;

le peculiarità connesse alla gestione del servizio idrico sono state recepite nella nuova disciplina, che intende chiaramente sostenere, in tale specifico settore, gli affidamenti diretti a società in house, qualora ciò consenta di garantire condizioni di efficienza e di virtuosità - quali, ad esempio, la chiusura dei bilanci in utile e il reinvestimento nel servizio almeno dell'80 per cento degli utili per l'intera durata dell'affidamento o l'applicazione di una tariffa media inferiore alle medie di settore - che si rivelino comparativamente non svantaggiose per i cittadini rispetto ad altre forme societarie;

nell'ordinamento comunitario non esiste una normativa specifica che consenta di armonizzare con regole comuni la materia dei servizi pubblici locali, alla quale si applica, in via generale, la disciplina contenuta nelle direttive comunitarie nonché i princìpi dei trattati dell'Unione europea in materia di appalti pubblici e concessioni;

le norme e la giurisprudenza comunitarie non vietano la costituzione delle società in house, anzi consentono l'affidamento diretto nel rispetto di alcuni requisiti (partecipazione pubblica totalitaria, controllo analogo e svolgimento di attività prevalente nell'interesse dell'ente affidante), elaborati nell'ultimo decennio dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, a partire dalla nota sentenza Teckal. Tale posizione è stata affermata anche di recente con la sentenza 10 settembre 2009 della Corte di Giustizia europea, in causa C-573/07, ed è stata recepita nel diritto interno, con sentenza n. 5082/2009 del Consiglio di Stato;

nell'ordinamento comunitario, quindi, le amministrazioni pubbliche sono libere di esercitare in proprio un'attività economica o di affidarla a terzi, anche ad entità a capitale misto, a condizione che siano rispettate le disposizioni comunitarie vigenti, che non prevedono alcun limite minimo per la quota di partecipazione del socio privato al capitale della società di gestione di PPPI. Tali disposizioni hanno l'obiettivo di garantire la parità di trattamento, consentendo a tutti gli operatori economici interessati di concorrere all'aggiudicazione dell'appalto o concessione del servizio a condizioni eque e trasparenti;

tale orientamento è stato ribadito dalla Commissione europea nella «Comunicazione interpretativa della Commissione sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 12 aprile 2008, n. 91, nella quale viene affrontato anche il tema del ruolo del privato nella cooperazione con l'amministrazione pubblica, in considerazione dello sviluppo che la forma di gestione mista pubblico-privata ha avuto negli ultimi anni nel settore dei servizi pubblici locali;

alla luce del quadro comunitario sopra illustrato, la nuova disciplina nazionale in tema dei servizi pubblici locali che impone la soglia minima del 40 per cento di capitale privato per la costituzione di una società mista rischia di diventare un caso isolato, poiché consegna nelle mani dei privati, in ogni caso ed a prescindere dalla eventuale antieconomicità del risultato, la gestione dei beni e servizi di pubblico interesse e fa perdere alle nostre imprese miste, pubblico-private, tutta la competitività che hanno acquisito negli anni, anche nei confronti del mercato europeo e internazionale;

tale rischio è ancora più evidente con riferimento ai servizi idrici, in considerazione della natura di fondamentale bene pubblico della risorsa idrica,

 

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative al fine di:

a) prorogare il periodo transitorio per la cessazione delle società in house fino al 31 dicembre 2012;

b) prevedere, limitatamente al caso di costituzione di società mista per la gestione dei servizi idrici, che la quota di capitale sociale da cedere ai privati non superi la soglia massima del 40 per cento del capitale delle società pubbliche.

(7-00458)

«Vanalli, Montagnoli, Lanzarin, Guido Dussin, Alessandri, Bitonci, Crosio, Togni, D'Amico».

 


 


RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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427.

 

Seduta di martedì 1° febbraio 2011

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

indi

DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

 

(omissis)

 


Allegato B

 

La I Commissione,

 

premesso che:

l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) - come successivamente modificato dall'articolo 15 del decreto-legge cosiddetto «Ronchi» (n. 135 del 2009), recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» - ha realizzato una vera e propria riforma ordinamentale in materia di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, allo scopo di dare applicazione alla «disciplina comunitaria», come indicato in preambolo, ed in modo da renderlo applicabile anche al servizio idrico integrato, sostituendo le forme di gestione precedentemente previste dall'articolo 150 del decreto legislativo n. 152 del 2006, (il citato Codice ambientale, che a sua volta, per il servizio idrico integrato, rinvia all'articolo 113 del Tuel;

l'estensione della nuova disciplina degli affidamenti anche al settore idrico integrato non è imposta da alcuna normativa comunitaria, dal momento che a tale settore non si applica né la direttiva 2004/18/CE sugli appalti pubblici lavori, di forniture e di servizi, né la direttiva 2004/17/CE sulle procedure di appalto, tra l'altro, degli enti erogatori di acqua;

le due direttive comunitarie, infatti, si applicano ai soli casi in cui l'affidamento della gestione di un pubblico servizio avviene in forza di un appalto, laddove il modello di gestione idrica nazionale rappresenta sicuramente un'ipotesi di assentimento in concessione, dal momento che: la proprietà della rete idrica resta pubblica (confronta articolo 15 comma 1-ter, decreto-legge n. 135 del 2009); resta ferma anche la competenza del pubblico potere in materia di governo delle risorse idriche, «in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio» (confronta articolo 15, comma 1-ter); al privato viene affidata la sola gestione del servizio;

l'Italia è stata sì oggetto di infrazione comunitaria e condannata dalla corte di giustizia, ma non perché la disciplina di cui all'articolo 113 Tuel contrastasse con la normativa comunitaria, ma in conseguenza del fatto - ben diverso - che gli enti locali, nell'affidare la gestione dei servizi pubblici, hanno manifestato la tendenza ad elaborare soluzioni «creative» quanto ai soggetti ai quali concedere l'affidamento, violando i severi limiti imposti certo non dalla normativa comunitaria, ma dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, formatasi soprattutto in tema di affidamento «in house»;

la disciplina attualmente vigente in materia di servizi pubblici locali prevede quali modalità ordinarie di affidamento della gestione: la gara, con procedure ad evidenza pubblica, e l'affidamento a società miste pubblico-private, purché il socio privato venga selezionato attraverso gare cosiddette «a doppio oggetto» (sulla qualità del socio e su specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio), con l'ulteriore condizione che il socio privato partecipi con non meno del 40 per cento;

è confermata, ma in posizione assolutamente «residuale», la possibilità di deroga dagli affidamenti ordinari per gli affidamenti cosiddetti «in house», purché conformi alle seguenti disposizioni: 1) previsione per cui l'affidamento «in house» è possibile per le situazioni particolarmente caratterizzate, tra l'altro, dall'essere situazioni «eccezionali»; 2) previsione per cui l'affidamento «in house» è possibile solo a favore di società totalmente partecipate dall'ente locale; 3) previsione per cui dette società devono avere i requisiti richiesti

dall'ordinamento comunitario per la gestione «in house»; 4) previsione per cui siano comunque rispettati i principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;

è stato dettato, infine, il regime transitorio per gli affidamenti non compatibili con la nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali: in particolare, per le gestioni «in house» che soddisfino i principi comunitari, la cessazione è stata fissata al 31 dicembre 2011, a meno che le amministrazioni non cedano almeno il 40 per cento del capitale a privati, attraverso gara pubblica;

l'articolo 23-bis, insieme alle nuove norme introdotte dall'articolo 15 del decreto-legge «Ronchi» ribadiscono, tuttavia, il principio della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche: «Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato di cui all'articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio»;

tale previsione conferma per via normativa la condizione peculiare del servizio idrico rispetto agli altri servizi pubblici locali, dovuta alla peculiarità del bene che ne è oggetto, l'acqua, bene pubblico per natura e preziosa risorsa per l'umanità intera;

sul bene acqua, sulla sua disponibilità, sull'accesso universale, discute e si interroga il mondo, per questo archiviarne così rapidamente le modalità di gestione - la scadenza delle gestioni non conformi è fissata al dicembre 2011 - rischia di avere conseguenze fortemente negative, in particolare economico-finanziarie per le amministrazioni e per le collettività;

pur nella bontà dello spirito concorrenziale dei servizi pubblici locali, va segnalato che il nodo principale è quello di aver introdotto una disciplina univoca in una materia, i servizi pubblici locali appunto, che comporta notevoli specificità di settore, in cui le opportunità di introdurre spinte concorrenziali sono molto diverse;

si è ormai a ridosso della scadenza del periodo transitorio per la cessazione delle società «in house», pur conformi ai principi comunitari, e la loro trasformazione in società miste, in cui la presenza dei privati non sia inferiore al 40 per cento;

tale scadenza incide sui temi oggetto della consultazione referendaria cui i cittadini saranno chiamati nella primavera dell'anno in corso o, al massimo, del prossimo anno, per pronunciarsi sui quesiti in materia di gestione del servizio idrico integrato,

 

impegna il Governo

 

ad assumere un'iniziativa normativa per la moratoria sui nuovi affidamenti del servizio idrico integrato e per prorogare il periodo transitorio per la cessazione delle gestioni «in house» del servizio idrico integrato al 31 dicembre 2012.

(7-00485)

«Favia, Borghesi, Donadi, Evangelisti, Piffari, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Pietro, Di Stanislao, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Porcino, Rota, Zazzera».


 

La I Commissione,

 

premesso che:

l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla

legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni ha introdotto una nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica; in particolare, il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 dà attuazione al citato articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, con l'obiettivo di completare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore, garantendo una maggiore tutela del principio di libera concorrenza;

l'assetto dei servizi pubblici locali è da tempo al centro della discussione economica e politica del nostro Paese, in ragione della loro rilevanza, ai fini del potere d'acquisto delle famiglie (i costi tariffari di tali servizi, infatti, incidono fra il 10 e il 20 per cento sul reddito disponibile, a seconda dell'ampiezza, della famiglia e della zona geografica di residenza), della qualità della vita dei cittadini e della competitività delle imprese italiane;

negli ultimi provvedimenti governativi di carattere finanziario abbiamo dovuto assistere alla deliberata volontà di sostituire aumenti di tariffe non concordati all'esigenza di stanziare fondi pubblici per servizi essenziali ed investimenti (basti ricordare l'aumento delle tariffe del trasporto pubblico locale o dei pedaggi autostradali);

in merito alla riorganizzazione del sistema dei servizi pubblici locali il Partito democratico ha ampiamente denunciato la superficiale ed inadeguata impostazione delle nuove norme, non certo definibili riformatrici, che con termini perentori hanno previsto:

cessioni di proprietà da parte del sistema pubblico a prescindere da ogni valutazione di carattere qualitativo e quantitativo, sia istituzionale che sociale ed economico;

rinvii dell'individuazione di meccanismi regolatori e di controllo, nonostante il governo avesse preso un impegno formale ad istituire un'autorità di regolazione di servizi interessati, con particolare riferimento all'acqua;

inibizione della libera scelta di Enti locali e Regioni circa la proprietà, l'organizzazione e la gestione dei servizi in oggetto, una palese ingiustizia tra istituzioni, territori e cittadini differentemente organizzati con servizi ed investimenti di livelli non confrontabili, obbligati a cambiare modello organizzativo a prescindere da qualsiasi risultato ottenuto, con un'impostazione centralista del tutto contraria al tanto decantato federalismo, che viene cosi svuotato di un ulteriore tassello fondamentale;

il blocco di fatto degli investimenti in alcuni settori che hanno visto il sistema finanziario recedere o paralizzare l'erogazione del credito a Enti Locali ed aziende, producendo effetti disastrosi sull'indotto di migliaia di piccole e medie imprese e sui lavoratori;

nonostante gli appelli dei parlamentari del gruppo del PD e di moltissimi soggetti economici e sociali non si è data alcuna risposta credibile alla necessità di introdurre uno specifico meccanismo regolatorio e di controllo che andasse ad adeguare il ruolo pubblico e producesse la tutela degli interessi dei cittadini nelle fasi di passaggio di complessi sistemi industriali di notevole rilevanza economica e sociale dalla proprietà pubblica a quella privata. Al contrario, tutte le principali democrazie europee hanno fatto procedere meccanismi di liberalizzazione dei servizi pubblici locali congiuntamente alla costituzione di forti regole che tutelano la concorrenza e producono effetti positivi a partire delle fasce sociali più deboli fino al riconoscimento delle peculiarità di imprese e servizi;

il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 2010, n. 168, (come si è avuto modo di esplicitare nella proposta alternativa di parere del gruppo PD presentata il 14 luglio 2010) imposta tuttavia il problema non tanto sotto il profilo della liberalizzazione

del mercato dei servizi pubblici locali, quanto sotto quello - decisamente criticabile - della semplice privatizzazione, il che, di fatto, si traduce in una sottrazione della gestione dei servizi dalla concorrenza optando per un molto meno concorrenziale passaggio, sic et simpliciter, dalla gestione pubblica a quella privata; si realizza così di fatto un passaggio forzato e con tempi e modi inaccettabili - in quanto lesivi dell'autonomia di regioni ed enti locali - da un monopolio pubblico ad un monopolio privato con conseguenze che abbiamo definito molto negative nei confronti delle famiglie e delle imprese italiane;

nella stesura del parere per quel provvedimento si era richiesto di garantire una particolare tutela alle società in house, per quelle che avessero dimostrato una gestione efficiente del servizio pubblico locale, anche in considerazione degli investimenti da loro effettuati, e soprattutto riconoscendo correttamente che la normativa europea non ne vieta affatto la costituzione ma anzi lascia libera scelta alle istituzioni di organizzare la gestione dei propri servizi nel rispetto e nei limiti di alcune disposizioni; ribadendo l'inopportunità e la scorrettezza con cui numerosi membri del governo avevano chiamato in causa «obblighi comunitari» per giustificare un mero passaggio dal controllo pubblico a quello privato di società che rappresentano interessi rilevanti e fonti di profitto molto ambite;

va rilevato che l'acqua e i servizi ad essa riferibili non possono essere trattati alla stregua di un qualsiasi altro servizio pubblico locale, ancorché a rilevanza non economica, poiché, ad esempio, rispondono a logiche concorrenziali opposte rispetto agli altri, risultando un obiettivo fondamentale la riduzione del consumo dell'acqua stessa, non il suo incremento;

l'acqua costituisce una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi uso deve essere effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. Tutte le acque superficiali e sotterranee appartengono al demanio dello Stato e il loro uso esprime interessi generali la cui integrale tutela è un obbligo indeclinabile delle autorità pubbliche;

la disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri ideologici;

l'attuale regolazione richiede interventi riformatori ulteriori, volti ad individuare la divisione più efficiente delle competenze tra pubblico e privato nonché la dimensione territoriale ottimale, fisica e amministrativa, con il fine di migliorare la qualità delle reti e degli impianti e garantire una gestione trasparente, affidabile ed efficiente;

il primo intervento necessario per garantire il servizio idrico, favorire lo sviluppo del settore e realizzare un equilibrio tra la tariffa-qualità-investimento-remunerazione del capitale, è l'istituzione di un soggetto regolatore dotato di autorevolezza, indipendenza organizzativa e finanziaria, effettivi poteri di vigilanza, controllo e sanzionatori, in grado di operare contemporaneamente su tariffe e qualità del servizio;

un'autorità forte sul piano regolatorio è l'unico strumento per allontanare improprie speculazioni sul bene acqua senza sottrarre al privato la possibilità di concorrere per la migliore erogazione del servizio;

in tale ambito occorre intervenire nel rapporto gestore-utente, attraverso l'omogeneizzazione a livello nazionale delle carte dei servizi. Occorre poi tutelare il consumatore mediante la previsione di tariffe specifiche per le fasce deboli attraverso meccanismi fiscali e bonus;

occorre quindi migliorare la qualità sia sotto il profilo tecnico (attraverso l'integrazione del servizio) che sotto il profilo commerciale (fatturazione, carta dei servizi, distacco, reclami, ecc.) attraverso meccanismi di premi e penali da applicare agli operatori con percorsi graduali;

per sostenere gli investimenti, è necessario garantire il quadro regolatorio attraverso la definizione delle tariffe affinché vi sia la certezza del rendimento dell'attività e la bancabilità degli investimenti;

è altresì necessario valorizzare i processi di consultazione, ad esempio in occasione del rinnovo delle tariffe;

occorre inoltre razionalizzare l'uso della risorsa, anche post-contatore, con meccanismi di mercato che rendano protagonista il consumatore (smart-grids). Ciò è necessario non solo per gli usi domestici ma anche per gli usi industriali e soprattutto dell'agricoltura;

per elaborare una visione strategica del servizio e degli investimenti necessari, occorre quindi definire la dimensione territoriale ottimale: le regioni (come in Puglia) ovvero le province. Una volta approvato il piano degli investimenti, il comune deve essere tenuto a rilasciare le conseguenti autorizzazioni;

bisogna poi superare il conflitto di interessi dei comuni, che sono al tempo stesso proprietari e gestori del servizio, e hanno una responsabilità politica verso il consumatore, per cui non sono favorevoli ad aumentare le tariffe, anche a costo di non coprire i costi di esercizio;

in particolare nel parere al citato schema di decreto si erano poste osservazioni di carattere generale, tralasciando la questione della sostenibilità del regime residuale della forma di affidamento in house providing, principalmente in ordine alle seguenti tematiche:

1. proprietà delle infrastrutture;

2. socio operativo delle società miste;

3. rilevanza della regolazione dei rapporti con il gestore attraverso il contratto di servizio;

gli articoli in esame (relativi agli assets caratterizzati da condizioni di non duplicabilità, in fase di affidamento e di subentro di un nuovo gestore) evidenziano la necessità di una più approfondita definizione della questione della proprietà delle infrastrutture dei servizi pubblici locali;

attualmente l'assetto proprietario delle infrastrutture dei servizi pubblici locali è caratterizzato da una frammentarietà normativa che demanda, di fatto, la regolazione di tale aspetto ai singoli bandi di gara/contratti di servizio (e ai relativi soggetti pubblici affidanti);

con particolare riferimento al Servizio Idrico Integrato (SII), l'assetto proprietario delle infrastrutture ad oggi è caratterizzato da una sovrapposizione di regimi:

a) le opere/le reti realizzate dai comuni sono di proprietà degli EE.LL. (con i vari regimi inventariali - demanio/patrimonio disponibile/patrimonio indisponibile);

b) le reti, anche se realizzate dal gestore, sono di proprietà pubblica ai sensi del vigente articolo 23-bis comma 5;

c) per le altre opere realizzate dal gestore, la disciplina del regime giuridico è demandata in ultima analisi alle convenzioni-contratto di servizio che, di fatto intervengono su tale aspetto limitandosi a disciplinare la cosiddetta «devoluzione/cessione» gratuita al termine dell'affidamento, nulla definendo in ordine al

regime giuridico delle infrastrutture (e degli altri diritti reali coinvolti - servitù, superfici, enfiteusi...);

dallo schema di regolamento - che, disponendo il subentro del nuovo gestore a titolo gratuito e libero da pesi e gravami solo per gli assets non duplicabili, sottintende che ci siano assets che non rientrino nella stessa disciplina - nonché dallo stesso articolo 23-bis (che prevede, al comma 10, lettera i), la disciplina, «in ogni caso di subentro, della cessione dei beni di proprietà del precedente gestore»), si deduce che l'orientamento implicitamente consolidatosi è quello per cui i gestori dei servizi pubblici locali abbiano non solo la proprietà economica ma anche quella giuridica delle infrastrutture realizzate (e di tutti i diritti reali connessi);

una diversa attenzione al ruolo di «governo pubblico» produrrebbe l'implementazione di un diverso sistema di governance (per i quali ci sono già dei riferimenti normativi) in cui è trattenuta «in mano pubblica» la proprietà giuridica delle infrastrutture realizzate dal gestore, riconoscendo a quest'ultimo la proprietà economica delle opere che realizza nel corso dell'affidamento;

con particolare riferimento al Servizio Idrico Integrato (SII), l'assetto proprietario delle infrastrutture assume una particolare rilevanza politica in relazione al contestuale processo di transizione verso assetti di mercato concorrenziale;

tutto quanto sopra considerato si evidenzia la necessità di disciplinare in modo preciso il regime relativo alla proprietà delle infrastrutture realizzate dal gestore di servizi pubblici locali;

per quanto concerne il socio operativo delle società miste, lo schema di regolamento prevede che il socio privato selezionato per la società mista svolga specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio;

la norma attuativa avalla il dubbio sulla compatibilità delle due principali possibili interpretazioni che possono ora essere date al concetto di derivazione comunitaria di «socio operativo»;

tale indeterminatezza si riflette necessariamente almeno sui seguenti aspetti operativi:

a) valutazione della legittimità degli affidamenti in essere a società miste (con eventuale decadenza ed obbligo di un nuovo affidamento per modifica delle condizioni essenziali dell'affidamento);

b) definizione nel bando di gara, per l'affidamento ad una società mista, delle condizioni essenziali dell'affidamento (alla problematica di definire i cosiddetti «specifici compiti operativi» è connessa la problematica occupazionale che assume rilevanza diversa a seconda della interpretazione adottata e che costituisce un elemento determinante per l'accesso al mercato);

allo stato attuale la definizione di tutti questi aspetti è demandata in ultima analisi ai bandi di gara/convenzioni-contratto di servizio;

tutto quanto sopra considerato si evidenzia la necessità di definire in modo più preciso quali sono gli specifici compiti operativi del socio privato;

con riferimento alla rilevanza della regolazione dei rapporti con il gestore attraverso il contratto di servizio;

tale questione riguarda quanto già rilevato indirettamente nell'analisi delle precedenti problematiche ossia la centralità dei contratti di servizio nella regolazione dei rapporti con i gestori dei servizi pubblici locali;

con particolare riferimento al Servizio Idrico Integrato (SII), non può non essere messo in evidenza il paradosso di un processo di apertura del settore al mercato in cui il rapporto con il gestore è affidato prevalentemente ad un contratto di servizio per la cui gestione è fortemente indebolita la parte pubblica competente (si

fa riferimento alla soppressione - cfr. 1.42/2010 - delle Autorità di Ambito Territoriale Ottimale (AATO) fissata al 31 dicembre 2010 e ora necessariamente prorogata nel decreto-legge di proroga termini);

la frammentazione delle gestioni del SII (ma questa considerazione è ancora più calzante per altri settori) corrobora ancora la necessità di regolatori locali che governino i contratti di servizio nelle loro specifiche e quotidiane vicende operative;

alla luce di questo si evidenzia la scontata inefficienza di un sistema di governance di un processo di privatizzazione di un servizio pubblico locale in assenza di un regolatore pubblico anch'esso a dimensione locale;

tutto quanto sopra considerato evidenzia la necessità di una più approfondita definizione della questione;

all'articolo 4, comma 2, punto c), del citato decreto n. 168 si indica come criterio l'applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore. Tale criterio non tiene conto del fatto che la tariffa media è pari alla somma dei costi e degli investimenti per unità di acqua erogata e che, pertanto, sarà necessariamente più alta in quei territori in cui la domanda è bassa e in cui vi è l'esigenza di realizzare ampi interventi di infrastrutturazione. Introducendo il criterio di cui all'articolo 4, comma 2, punto c), si rischia di penalizzare proprio quelle gestioni in house che realizzano maggiori investimenti. L'introduzione di tale criterio potrà perfino provocare la riduzione della previsione di investimento in quei territori che necessità di interventi più consistenti;

è indubbio, inoltre, che la necessità di interventi riformatori su questo comparto, che racchiude al suo interno numerosi settori anche fortemente eterogenei fra di loro, abbia assunto un valore simbolico ai fini dell'affermazione di una cultura pro concorrenziale, di apertura del mercato e di trasparenza da parte di gestioni che in ogni caso ricadono sotto la sfera della regolazione pubblica e che assorbono ingenti risorse a carico dei bilanci pubblici, delle famiglie e delle imprese;

non sempre, tuttavia, a tale valore simbolico e politico è corrisposto un approccio coerente, come nel caso di specie, poiché si rischia un'ulteriore chiusura del mercato e una limitazione della concorrenza, con conseguenze negative sulle famiglie, specie sulle fasce sociali più deboli, sui cittadini e sulle imprese, che si troveranno a pagare il conto di questa mancata riforma;

nessuno degli impegni presi dal ministro per le politiche regionali circa la necessità di istituire in tempi brevissimi un'autorità di regolazione ha avuto seguito;

oggi in numerose occasioni dalla maggioranza di Governo e dal Ministro dell'ambiente, anche in occasione della discussione del decreto-legge n. 196 del 2010 sui rifiuti in Campania abbiamo sentito richiamare la necessità di prorogare l'attuale assetto normativo, e quindi di fatto riconoscere il fallimento di una impostazione che vede anche tra le forze di maggioranza che avevano difeso il decreto Ronchi la necessità di correggere la norma;

la Corte di cassazione, nel dicembre scorso, ha dichiarato la legittimità delle richieste di referendum popolare concernenti l'abrogazione delle norme riguardanti le modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, con particolare riferimento al servizio idrico integrato (SII), che chiedono ai cittadini italiani di esprimersi al fine poi di elaborare una nuova normativa in materia di gestione del servizio idrico integrato;

in questo senso sarebbe opportuno sospendere l'effetto di una normativa discutibile ed evitare che le scadenze previste possano pregiudicare il contenuto della valutazione in atto ed essere stravolte dall'esito della consultazione referendaria,

 

impegna il Governo:

 

ad adottare iniziative normative per la moratoria che prevedano di prorogare la scadenza per la definitiva interruzione dell'affidamento in house fino al 31 dicembre 2012 e comunque fino alla definizione completa del soggetto pubblico regolatore ed alla piena operatività del sistema pubblico di verifica, controllo e regolazione la soppressione;

ad adottare iniziative per il coordinamento della normativa in esame con la disciplina delle Autorità d'ambito territoriale (AATO) in materia di acqua e rifiuti, che ha demandato alle regioni il compito di attribuire con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;

ad adottare nell'immediato durante il periodo di transizione un monitoraggio anche preso atto dell'ordine del giorno 9/2897/29, accolto dal Governo come raccomandazione nella seduta del 18 novembre 2009, che impegna il Governo, alla luce della sentenza n. 196 del 2008 della Corte di Giustizia in materia di società miste, a presentare una relazione al Parlamento sulle società miste operanti nel settore dei servizi pubblici locali, anche fornendo adeguate linee guida alle amministrazioni interessate, affinché la struttura societaria e l'oggetto sociale delle imprese esistenti vengano adeguate a detta sentenza;

a riferire in merito alle conseguenze scaturite nel complesso sistema dei servizi pubblici locali dal primo anno di vigenza dell'articolo 23-bis.

(7-00486)

«Bressa, Mariani, Amici, Zaccaria, Ferrari, Fontanelli, Giachetti, Giovanelli, Bordo, D'Antona, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Vassallo, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola».


 

 


 

Normativa di riferimento

 


 

D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv., con mod., Legge 6 agosto 2008, n. 133
Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (art. 23-bis)

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 giugno 2008, n. 147, S.O.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

(3) Vedi, anche, l'art. 1, comma 2, L. 6 agosto 2008, n. 133.

(omissis)

Art. 23-bis.

Servizi pubblici locali di rilevanza economica (91) (101)

1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’ articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili. Sono fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, e dell’ articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in materia di distribuzione di gas naturale, le disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e della legge 23 agosto 2004, n. 239, in materia di distribuzione di energia elettrica, le disposizioni della legge 2 aprile 1968, n. 475, relativamente alla gestione delle farmacie comunali, nonché quelle del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, relativamente alla disciplina del trasporto ferroviario regionale. Gli ambiti territoriali minimi di cui al comma 2 del citato articolo 46-bis sono determinati, entro il 31 dicembre 2012, dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentite la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, tenendo anche conto delle interconnessioni degli impianti di distribuzione e con riferimento alle specificità territoriali e al numero dei clienti finali. In ogni caso l’ambito non può essere inferiore al territorio comunale. (92)

 

2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:

a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento. (93)

 

3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. (93)

 

4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole. (93)

 

4-bis. I regolamenti di cui al comma 10 definiscono le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell'espressione del parere di cui al comma 4. (94)

 

5. Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati.

 

6. E' consentito l’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa. In questo caso la durata dell’affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.

 

7. Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono definire, nel rispetto delle normative settoriali, i bacini di gara per i diversi servizi, in maniera da consentire lo sfruttamento delle economie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento dei servizi, nonché l’integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servizi più redditizi, garantendo il raggiungimento della dimensione minima efficiente a livello di impianto per più soggetti gestori e la copertura degli obblighi di servizio universale.

 

8. Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 è il seguente:

a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011. Esse cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio a condizione che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del capitale attraverso le modalità di cui alla lettera b) del comma 2;

b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;

d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015;

e)  le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. (95) (100) (102)

 

9. Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b), nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e al socio selezionato ai sensi della lettera b) del comma 2. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti. (95)

 

10. Il Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro il 31 dicembre 2009, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché le competenti Commissioni parlamentari, adotta uno o più regolamenti, ai sensi dell’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di: (96)

a) prevedere l’assoggettamento dei soggetti affidatari cosiddetti in house di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno, tenendo conto delle scadenze fissate al comma 8, e l’osservanza da parte delle società in house e delle società a partecipazione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale; (97) (99)

b) prevedere, in attuazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza di cui all’ articolo 118 della Costituzione, che i comuni con un limitato numero di residenti possano svolgere le funzioni relative alla gestione dei servizi pubblici locali in forma associata;

c) prevedere una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali, anche attraverso la revisione della disciplina sulle incompatibilità;

d) armonizzare la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, individuando le norme applicabili in via generale per l’affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua;

[e) disciplinare, per i settori diversi da quello idrico, fermo restando il limite massimo stabilito dall’ordinamento di ciascun settore per la cessazione degli affidamenti effettuati con procedure diverse dall’evidenza pubblica o da quella di cui al comma 3, la fase transitoria, ai fini del progressivo allineamento delle gestioni in essere alle disposizioni di cui al presente articolo, prevedendo tempi differenziati e che gli affidamenti di retti in essere debbano cessare alla scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo; (98)]

f) prevedere l’applicazione del principio di reciprocità ai fini dell’ammissione alle gare di imprese estere;

g) limitare, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale e razionalità economica, i casi di gestione in regime d’esclusiva dei servizi pubblici locali, liberalizzando le altre attività economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con le garanzie di universalità ed accessibilità del servizio pubblico locale;

h) prevedere nella disciplina degli affidamenti idonee forme di ammortamento degli investimenti e una durata degli affidamenti strettamente proporzionale e mai superiore ai tempi di recupero degli investimenti;

i) disciplinare, in ogni caso di subentro, la cessione dei beni, di proprietà del precedente gestore, necessari per la prosecuzione del servizio;

l) prevedere adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale anche con riguardo agli utenti dei servizi;

m)  individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente articolo (103).

 

11. L’ articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

 

12. Restano salve le procedure di affidamento già avviate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (104).

 

 

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(91) Articolo inserito dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.

(92) Comma così modificato dall'art. 30, comma 26, L. 23 luglio 2009, n. 99 e, successivamente, dall'art. 15, comma 1, lett. a) e a-bis), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(93) Comma così sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. b), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(94) Comma inserito dall'art. 15, comma 1, lett. c), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(95) Comma così sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. d), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(96) Alinea così modificato dall'art. 15, comma 1, lett. e), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(97) Lettera così modificata dall'art. 15, comma 1, lett. f), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(98) Lettera abrogata dall'art. 15, comma 1, lett. g), D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(99) La Corte costituzionale, con sentenza 3-17 novembre 2010, n. 325 (Gazz. Uff. 24 novembre 2010, n. 47 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale della prima parte della presente lettera, sia nel testo originario, sia in quello modificato dall'art. 15, comma 1, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166, limitatamente alle parole: «l'assoggettamento dei soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno e».

(100) Per la proroga del termine, di cui alla presente lettera, vedi l'art. 1, comma 1, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225.

(101) Vedi, anche, il comma 1-ter dell'art. 15, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(102) Vedi, anche, il comma 1-bis dell'art. 15, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 2009, n. 166.

(103) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, il D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168.

(104) La Corte costituzionale, con sentenza 03 - 117 novembre 2010, n. 325 (Gazz. Uff. 24 novembre 2010, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte non fondete le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23-bis, nel testo originario e nel testo modificato dall'art. 15, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2009, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

 

(omissis)


 

D.L. 25 settembre 2009, n. 135, conv., con mod., Legge 20 novembre 2009, n. 166.
Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee
(art. 15)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 settembre 2009, n. 223.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 20 novembre 2009, n. 166.

(omissis)

Art. 15.

Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica

1. All'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, terzo periodo, dopo le parole: «in materia di distribuzione del gas naturale», sono inserite le seguenti: «, le disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e della legge 23 agosto 2004, n. 239, in materia di distribuzione di energia elettrica, le disposizioni della legge 2 aprile 1968, n. 475, relativamente alla gestione delle farmacie comunali, nonché quelle del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, relativamente alla disciplina del trasporto ferroviario regionale.»; (30)

a-bis) al comma 1, quarto periodo, dopo le parole: «sono determinati» sono inserite le seguenti: «, entro il 31 dicembre 2012,»; (31)

b) i commi 2, 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:

«2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:

a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.

3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole.»; (30)

c) dopo il comma 4, è inserito il seguente:

«4-bis. I regolamenti di cui al comma 10 definiscono le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell'espressione del parere di cui al comma 4.»; (30)

d) i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:

«8. Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 è il seguente:

a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011. Esse cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio a condizione che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del capitale attraverso le modalità di cui alla lettera b) del comma 2;

b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;

d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015;

e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante.

9. Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b), nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e al socio selezionato ai sensi della lettera b) del comma 2. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti.»; (30)

e) al comma 10, nell'alinea, le parole: «centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «il 31 dicembre 2009»; (30)

f) al comma 10, alla lettera a) la parola: «diretti» è sostituita dalle seguenti: «cosiddetti in house» e dopo le parole: «patto di stabilità interno» sono inserite le seguenti: «, tenendo conto delle scadenze fissate al comma 8,»;

g) al comma 10, la lettera e) è abrogata. (30)

 

1-bis. Ai fini dell’applicazione dell’ articolo 23-bis, comma 8, lettera e), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano sono fatti salvi, nel rispetto delle attribuzioni previste dagli statuti delle predette regioni e province autonome e dalle relative norme di attuazione, i contratti di servizio in materia di trasporto pubblico locale su gomma di cui all’ articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in atto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. (32)

 

1-ter. Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato di cui all’ articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, devono avvenire nel rispetto dei princìpi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio (34). (32)

 

2. All'articolo 9-bis, comma 6, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, il quarto periodo è soppresso.

 

2-bis. All’ articolo 195, comma 2, lettera e), secondo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «diciotto mesi» sono sostituite dalle seguenti: «due anni». (33)

 

2-ter. All’ articolo 6, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, le parole: «31 dicembre 2009» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2010». (33)

 

2-quater. All’ articolo 8-sexies, comma 2, terzo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, la parola: «centoventi» è sostituita dalla seguente: «duecentodieci». (33)

 

 

 

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(30) Lettera così modificata dalla legge di conversione 20 novembre 2009, n. 166.

(31) Lettera inserita dalla legge di conversione 20 novembre 2009, n. 166.

(32) Comma inserito dalla legge di conversione 20 novembre 2009, n. 166.

(33) Comma aggiunto dalla legge di conversione 20 novembre 2009, n. 166.

(34) La Corte costituzionale, con sentenza 03 - 17 novembre 2010, n. 325 (Gazz. Uff. 24 novembre 2010, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 1-ter, nella parte in cui si riferisce al servizio idrico integrato, promossa in riferimento all'art. 119, sesto comma, Cost..

(omissis)

 

 


Giurisprudenza

 


Corte di giustizia delle Comunità europee, Quinta Sezione
Sentenza 18 novembre 1999

«Appalti pubblici di servizi e di forniture — Direttive 92/50/CEE e 93/36/CEE — Aggiudicazione, da parte di un ente locale ad un consorzio a cui esso partecipa, di un contratto di fornitura di prodotti e di prestazione di servizi determinati»

Nel procedimento C-107/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Teckal Srl

e

Comune di Viano,

Azienda Gas-Acqua Consorziale (AGAC) di Reggio Emilia,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 6 della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai signori D.A.O. Edward, presidente di sezione, L. Sevón, J.-P. Puissochet, P. Jann (relatore) e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: G. Cosmas

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale,

viste le osservazioni scritte presentate:

—    per la Teckal Srl, dagli avv.ti A. Soncini e F. Soncini, del foro di Parma, e P. Adami, del foro di Roma;

—    per l'Azienda Gas-Acqua Consorziale (AGAC) di Reggio Emilia, dagli avv.ti E.G. Di Fava, del foro di Reggio Emilia, e G. Cugurra, del foro di Parma;

—    per il governo italiano, dal professor U. Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor P.G. Ferri, avvocato dello Stato;

—    per il governo belga, dal signor J. Devadder, consigliere generale presso il servizio giuridico del ministero degli Affari esteri, del Commercio con l'estero e della Cooperazione allo sviluppo, in qualità di agente;

—    per il governo austriaco, dal signor W. Okresek, Sektionschef presso la Cancelleria, in qualità di agente;

—    per la Commissione delle Comunità europee, dal signor P. Stancanelli, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Teckal Srl, con gli avv.ti A. Soncini e P. Adami, dell'Azienda Gas-Acqua Consorziale (AGAC) di Reggio Emilia, rappresentata dall'avv. G. Cugurra, del governo italiano, rappresentato da signor P.G. Ferri, del governo francese, rappresentato dalla signora A. Bréville-Viéville, chargé de mission presso la direzione affari giuridici del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dal signor P. Stancanelli, all'udienza del 6 maggio 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 1° luglio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.     Con ordinanza 10 marzo 1998, pervenuta in cancelleria il 14 aprile successivo, il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 6 della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1).

2.     Tale questione è stata proposta nell'ambito di una controversia che vede la Teckal Srl (in prosieguo: la «Teckal») contrapposta al comune di Viano e all'Azienda Gas-Acqua Consorziale (AGAC) di Reggio Emilia (in prosieguo: l'«AGAC») in ordine all'aggiudicazione, da parte di tale comune, della gestione del servizio di riscaldamento di taluni edifici comunali.

La normativa comunitaria

3.     L'art. 1, lett. a) e b), della direttiva 92/50 dispone:

«Ai fini della presente direttiva s'intendono per:

a)    ”appalti pubblici di servizi”, i contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi ed un'amministrazione aggiudicatrice (...)

b)    ”amministrazioni aggiudicatrici”, lo Stato, gli enti locali, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni costituite da detti enti od organismi di diritto pubblico.

(...)».

4.     L'art. 2 della direttiva 92/50 precisa:

«Se un appalto pubblico ha per oggetto sia dei prodotti di cui alla direttiva 77/62/CEE che dei servizi di cui agli allegati IA e IB della presente direttiva, esso rientra nel campo d'applicazione della presente direttiva qualora il valore dei servizi in questione superi quello dei prodotti previsti dal contratto».

5.     Ai sensi dell'art. 6 della direttiva 92/50:

«La presente direttiva non si applica agli appalti pubblici di servizi aggiudicati ad un ente che sia esso stesso un'amministrazione ai sensi dell'articolo 1, lettera b), in base a un diritto esclusivo di cui beneficia in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari od amministrative pubblicate, purché tali disposizioni siano compatibili con il trattato».

6.     La direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1), ha abrogato la direttiva del Consiglio 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU 1977, L 13, pag. 1). I riferimenti fatti alla direttiva abrogata si considerano, ai sensi dell'art. 33 della direttiva 93/36, come fatti a quest'ultima.

7.     L'art. 1, lett. a) e b), della direttiva 93/36 dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intendono per:

a)    ”appalti pubblici di forniture”, i contratti a titolo oneroso, aventi per oggetto l'acquisto, il leasing, la locazione, l'acquisto a riscatto con o senza opzione per l'acquisto di prodotti, conclusi per iscritto fra un fornitore (persona fisica o giuridica) e una delle amministrazioni aggiudicatrici definite alla lettera b). La fornitura di tali prodotti può comportare, a titolo accessorio, lavori di posa e installazione;

b)    ”amministrazioni aggiudicatrici”, lo Stato, gli enti locali, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni costituite da detti enti od organismi di diritto pubblico.

(...)».

La normativa nazionale

8.     L'art. 22, n. 1, della legge italiana 8 giugno 1990, n. 142, sull'ordinamento delle autonomie locali (GURI n. 135 del 12 giugno 1990; in prosieguo: la «legge n. 142/90»), stabilisce che i comuni provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni e le attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.

9.     Ai sensi dell'art. 22, n. 3, della legge n. 142/90, i comuni possono fornire tali servizi in economia, in concessione a terzi, a mezzo di azienda speciale, istituzione o società per azioni a prevalente capitale pubblico locale.

10.     L'art. 23 della legge n. 142/90, che definisce le aziende speciali e le istituzioni, dispone che:

«1. L'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.

(...)

3. Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità gestionale. Le modalità di nomina e di revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell'ente locale.

4. L'azienda e l'istituzione informano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l'obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.

(...)

6. L'ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.

(...)».

11.     Ai sensi dell'art. 25 della legge n. 142/90, i comuni e le province, per la gestione associata di uno o più servizi, possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'art. 23. A tal fine i rispettivi consigli comunali approvano, a maggioranza assoluta dei componenti, una convenzione unitamente allo statuto del consorzio. L'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati, nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.

12.     L'AGAC è un consorzio costituito da diversi comuni — tra i quali quello di Viano — per la gestione dei servizi dell'energia e dell'ambiente, ai sensi dell'art. 25 della legge n. 142/90. In forza dell'art. 1 del proprio statuto (in prosieguo: lo «statuto»), essa è dotata di personalità giuridica e autonomia imprenditoriale. L'art. 3, n. 1, dello statuto prevede che essa ha come scopo l'assunzione diretta e la gestione di taluni servizi pubblici elencati, tra i quali «gas metano per usi civili e produttivi; calore per usi civili e produttivi; attività connesse e accessorie ai servizi sopra indicati».

13.     Ai sensi dell'art. 3, nn. 2-4, dello statuto, l'AGAC può estendere le sue attività ad altri servizi connessi o accessori, partecipare ad enti e/o a società a capitale pubblico o privato per la gestione di attività connesse e accessorie, e infine svolgere servizi o provvedere a forniture nei confronti di privati o enti pubblici diversi dai comuni consorziati.

14.     Ai sensi degli artt. 12 e 13 dello statuto, gli atti di gestione più importanti, tra i quali i bilanci preventivi e i consuntivi, sono approvati dall'assemblea dell'AGAC, composta da rappresentanti dei comuni. Gli altri organi direttivi sono il consiglio, il presidente del consiglio e il direttore generale. Questi ultimi non rispondono della

loro gestione dinanzi ai comuni. Le persone fisiche che compongono tali organi non rivestono cariche nei comuni consorziati.

15.     L'art. 25 dello statuto sancisce per l'AGAC l'obbligo del pareggio di bilancio e quello dell'economicità gestionale. In applicazione dell'art. 27 dello statuto, i comuni conferiscono fondi o beni all'AGAC, che versa loro interessi annui. L'art. 28 dello statuto prevede che gli eventuali utili di esercizio siano ripartiti tra i comuni consorziati, conservati dall'AGAC per incrementare i fondi di riserva o anche reinvestiti in altre attività dell'AGAC. A norma dell'art. 29 dello statuto, nel caso di perdita di esercizio, si può procedere al risanamento della situazione finanziaria, in particolare, attraverso il conferimento di nuovi capitali da parte dei comuni consorziati.

16.     L'art. 35 dello statuto prevede una procedura di arbitrato per la composizione delle controverse tra i comuni consorziati o tra questi ultimi e l'AGAC.

 

La controversia nella causa principale

17.     Con la sua deliberazione 24 maggio 1997, n. 18 (in prosieguo: la «delibera»), il consiglio comunale di Viano ha affidato all'AGAC la gestione del servizio di riscaldamento di taluni edifici comunali. Tale delibera non è stata preceduta da alcuna procedura di gara.

18.     Il compito dell'AGAC consiste, più in particolare, nella conduzione e nella manutenzione degli impianti termici degli edifici comunali interessati, compresi gli interventi migliorativi necessari, nonché nella fornitura di combustibili.

19.     Il corrispettivo a favore dell'AGAC è stato fissato in 122 milioni di ITL per il periodo 1° giugno 1997 - 31 maggio 1998. Su tale importo, il valore della fornitura dei combustibili rappresenta 86 milioni e il costo della conduzione e della manutenzione degli impianti 36 milioni.

20.     Ai sensi dell'art. 2 della delibera, alla scadenza del periodo iniziale di un anno, l'AGAC s'impegna a proseguire nel servizio per un periodo di altri tre anni, su richiesta del comune di Viano, previo aggiornamento delle condizioni contenute nella delibera. Viene altresì prevista la possibilità di proroga successiva.

21.     La Teckal è un'impresa privata che opera nel settore dei servizi di riscaldamento. Essa fornisce, principalmente a privati e ad enti pubblici, gasolio che essa acquista previamente da imprese produttrici. Inoltre, essa procede alla manutenzione degli impianti di riscaldamento a gasolio e di quelli a gas.

22.     La Teckal ha proposto un ricorso contro la delibera dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna facendo valere che il comune di Viano avrebbe dovuto ricorrere alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici previste dalla normativa comunitaria.

23.     Il giudice a quo, che si chiede quale delle direttive 92/50 e 93/36 si applichi, considera che, in ogni caso, il limite di applicazione di 200 000 ECU, fissato dalle due direttive, è superato.

24.     Data la natura mista del compito affidato all'AGAC, che consiste, da un lato, nella prestazione di diversi servizi e, dall'altro, nella fornitura di combustibili, il giudice a quo ha ritenuto di non poter escludere l'applicabilità dell'art. 6 della direttiva 92/50.

25.     Di conseguenza, il Tribunale amministrativo regionale ha sospeso il giudizio e ha chiesto alla Corte l'interpretazione della direttiva 92/50 «sotto i profili indicati in motivazione».

Sulla ricevibilità

26.     L'AGAC ed il governo austriaco ritengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia irricevibile. L'AGAC fa valere, in primo luogo, che il valore del contratto controverso nella causa a qua è inferiore alla soglia prevista dalle direttive 92/50 e 93/36. Infatti, da una parte, il prezzo del combustibile dovrebbe essere detratto dall'importo stimato dell'appalto in quanto l'AGAC, essendo a sua volta amministrazioneaggiudicatrice, si approvvigiona di combustibili mediante procedure concorsuali pubbliche. D'altra parte, non si tratterebbe di un appalto di durata indeterminata.

27.     In secondo luogo, l'AGAC ritiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale riguardi in realtà l'interpretazione del diritto nazionale. Il giudice a quo chiederebbe infatti alla Corte di interpretare talune disposizioni di diritto nazionale al fine di poter determinare se la deroga prevista all'art. 6 della direttiva 92/50 si applichi.

28.     Il governo austriaco, dal canto suo, sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile in quanto essa non contiene alcuna questione pregiudiziale. Nell'ambito del diritto degli appalti pubblici una formulazione precisa delle questioni sarebbe particolarmente importante.

29.     Innanzi tutto, per quanto riguarda l'accertare se il valore dell'appalto controverso nella causa a qua superi il limite previsto dalle direttive 92/50 e 93/36, occorre ricordare che, in forza dell'art. 177 del Trattato, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, questa può pronunciarsi unicamente sull'interpretazione o sulla validità di un testo comunitario, sulla base dei fatti indicati dal giudice nazionale (v., in particolare, sentenza 2 giugno 1994, causa C-30/93, AC-ATEL Electronics Vertriebs, Racc. pag. I-2305, punto 16).

30.     In questo contesto, non spetta alla Corte, ma al giudice nazionale, accertare i fatti che hanno dato origine alla causa e trarne le conseguenze ai fini della sua pronuncia (citata sentenza AC-ATEL Electronic Vertriebs, punto 17).

31.     Se è quindi vero che il metodo di calcolo dell'importo dell'appalto è definito nelle disposizioni comunitarie, e cioè negli artt. 7 della direttiva 92/50 e 5 della direttiva 93/36, sull'interpretazione delle quali il giudice nazionale può, se del caso, porre questioni pregiudiziali, spetta tuttavia a quest'ultimo, nella ripartizione dei compiti stabilita dall'art. 177 del Trattato, applicare le norme di diritto comunitario al caso concreto. Infatti una siffatta applicazione non può essere effettuata senza una valutazione dei fatti di causa nel loro complesso (v. sentenza 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, Racc. pag. I-285, punto 11).

32.     Ne consegue che la Corte non può sostituire la sua valutazione quanto al calcolo del valore dell'appalto a quella del giudice a quo per concludere nel senso dell'irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.

33.     Occorre poi ricordare che, nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, la Corte non può pronunciarsi sull'interpretazione di disposizioni di legge o di regolamento nazionali né sulla conformità di tali disposizioni al diritto comunitario. Essa può tuttavia fornire al giudice nazionale gli elementi di interpretazione attinenti al diritto comunitario che gli permetteranno di risolvere il problema giuridico che gli è stato sottoposto (sentenza 4 maggio 1993, causa C-17/92, Fedicine, Racc. pag. I-2239, punto 8).

34.     Infine, secondo una giurisprudenza consolidata, spetta alla Corte, di fronte a questioni formulate in modo impreciso, trarre dal complesso dei dati forniti dal giudice nazionale e dal fascicolo della causa a qua i punti di diritto comunitario che vanno interpretati, tenuto conto dell'oggetto della lite (sentenze 13 dicembre 1984, causa 251/83, Haug-Adrion, Racc. pag. 4277, punto 9, e 26 settembre 1996, causa C-168/95, Arcaro, Racc. pag. I-4705, punto 21).

35.     Alla luce delle indicazioni contenute nell'ordinanza di rinvio, si deve considerare che il giudice nazionale chiede in sostanza se le disposizioni del diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici siano applicabili qualora un ente locale affidi la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi ad un consorzio a cui esso partecipi, in circostanze come quelle di cui alla causa a qua.

36.     Il rinvio pregiudiziale deve pertanto essere dichiarato ricevibile.

Sul merito

37.     Risulta dall'ordinanza di rinvio che il comune di Viano ha affidato all'AGAC, con un unico atto, tanto la prestazione di taluni servizi quanto la fornitura di taluni prodotti. E' altresì pacifico che il valore di tali prodotti è superiore a quello dei servizi.

38.     Ora, discende, a contrario, dall'art. 2 della direttiva 92/50 che, se un appalto pubblico ha ad oggetto nel contempo prodotti ai sensi della direttiva 93/36 e servizi ai sensi della direttiva 92/50, esso rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 93/36 qualora il valore dei prodotti previsti dal contratto sia superiore a quello dei servizi.

39.     Per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (sentenze 20 marzo 1986, causa 35/85, Tissier, Racc. pag. 1207, punto 9, e 27 marzo 1990, causa C-315/88, Bagli Pennacchiotti, Racc. pag. I-1323, punto 10).

40.     Ne consegue che, per fornire un'interpretazione del diritto comunitario utile al giudice nazionale, occorre interpretare le disposizioni della direttiva 93/36 e non l'art. 6 della direttiva 92/50.

41.     Al fine di determinare se, per un ente locale, il fatto di affidare la fornitura di prodotti ad un consorzio al quale esso partecipi debba dar luogo a una procedura di gara prevista dalla direttiva 93/36, occorre esaminare se tale aggiudicazione costituisca un appalto pubblico di forniture.

42.     In caso affermativo e se l'importo stimato dell'appalto, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, è pari o superiore a 200 000 ECU, la direttiva 93/36 è applicabile. Non è determinante al riguardo il fatto che il fornitore sia o non sia un'amministrazione aggiudicatrice.

43.     Infatti, si deve ricordare che le uniche deroghe consentite all'applicazione della direttiva 93/36 sono quelle in essa tassativamente ed espressamente menzionate (v., in ordine alla direttiva 77/62, sentenza 17 novembre 1993, causa C-71/92, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5923, punto 10).

44.     Ora, la direttiva 93/36 non contiene alcuna disposizione analoga all'art. 6 della direttiva 92/50, che escluda dal suo ambito di applicazione appalti pubblici aggiudicati, a talune condizioni, ad amministrazioni aggiudicatrici.

45.     Si deve peraltro osservare che tale constatazione non pregiudica l'obbligo di queste ultime amministrazioni aggiudicatrici di applicare a loro volta le procedure di gara previste dalla direttiva 93/36.

46.     Il comune di Viano, in quanto ente locale, è un'amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell'art. 1, lett. b), della direttiva 93/36. Spetta pertanto al giudice nazionale verificare se il rapporto tra tale amministrazione e l'AGAC soddisfi anche le altre condizioni previste dalla direttiva 93/36 per configurare un appalto pubblico di forniture.

47.     Ciò avviene, conformemente all'art. 1, lett. a), della direttiva 93/36, se si tratta di un contratto concluso per iscritto a titolo oneroso avente per oggetto, in particolare, l'acquisto di prodotti.

48.     E' pacifico nella fattispecie che l'AGAC fornisce prodotti, ossia combustibili, al comune di Viano dietro pagamento di un corrispettivo.

49.     Relativamente all'esistenza di un contratto, il giudice nazionale deve verificare se vi sia stato un incontro di volontà tra due persone distinte.

50.     A questo proposito, conformemente all'art. 1, lett. a), della direttiva 93/36, basta, in linea di principio, che il contratto sia stato stipulato, da una parte, da un ente locale e, dall'altra, da una persona giuridicamente distinta da quest'ultimo. Può avvenire diversamente solo nel caso in cui, nel contempo, l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano.

51.     Occorre pertanto risolvere la questione pregiudiziale nel senso che la direttiva 93/36 è applicabile ove un'amministrazione aggiudicatrice, quale un ente locale, decida di stipulare per iscritto, con un ente distinto da essa sul piano formale e autonomo rispetto ad essa sul piano decisionale, un contratto a titolo oneroso avente ad oggetto la fornitura di prodotti, indipendentemente dal fatto che tale ultimo ente sia a sua volta un'amministrazione aggiudicatrice o meno.

Sulle spese

52.     Le spese sostenute dai governi italiano, belga, francese e austriaco, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione),

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna con ordinanza 10 marzo 1998, dichiara:

La direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, è applicabile ove un'amministrazione aggiudicatrice, quale un ente locale, decida di stipulare per iscritto, con un ente distinto da essa sul piano formale e autonomo rispetto ad essa sul piano decisionale, un contratto a titolo oneroso avente ad oggetto la fornitura di prodotti, indipendentemente dal fatto che tale ultimo ente sia a sua volta un'amministrazione aggiudicatrice o meno.


Corte di giustizia delle Comunità europee, Terza Sezione
Sentenza 10 settembre 2009

 

«Appalti pubblici – Procedure di aggiudicazione – Appalto relativo al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti urbani – Assegnazione senza gara d’appalto – Assegnazione ad una società per azioni il cui capitale sociale è interamente detenuto da enti pubblici, ma il cui statuto prevede la possibilità di una partecipazione di capitale privato»

Nel procedimento C‑573/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con decisione 11 ottobre 2007, pervenuta in cancelleria il 28 dicembre 2007, nella causa

Sea Srl

contro

Comune di Ponte Nossa,

con l’intervento di:

Servizi Tecnologici Comuni – Se.T.Co. SpA,

 

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J.N. Cunha Rodrigues (relatore), J. Klučka e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° aprile 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Sea Srl, dall’avv. L. Nola;

–        per il Comune di Ponte Nossa, dagli avv.ti A. Di Lascio e S. Monzani;

–        per la Servizi Tecnologici Comuni – Se.T.Co. SpA, dagli avv.ti M. Mazzarelli e S. Sonzogni;

–        per il governo italiano, dal sig. R. Adam, successivamente dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agenti, assistiti dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato;

–        per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e C. ten Dam, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, dal sig. M. Fruhmann, in qualità di agente;

–        per il governo polacco, dal sig. A. Ratajczak, in qualità di agente;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Konstantinidis e C. Zadra, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 12 CE, 43 CE, 45 CE, 46 CE, 49 CE e 86 CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Sea Srl (in prosieguo: la «Sea») e il Comune di Ponte Nossa, in merito all’assegnazione da parte di quest’ultimo di un appalto relativo al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti urbani alla Servizi Tecnologici Comuni – Se.T.Co. SpA (in prosieguo: la «Setco»).

 

Contesto normativo

 

La normativa comunitaria

3        L’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), prevede quanto segue:

«(…)

2.      a)     Gli “appalti pubblici” sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva.

(…)

d)      Gli “appalti pubblici di servizi” sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all’allegato II. 

(…)

4.      La “concessione di servizi” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo». 

4        Ai sensi dell’art. 20 di tale direttiva:

«Gli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II A sono aggiudicati secondo gli articoli da 23 a 55».

5        L’art. 28 di detta direttiva dispone che gli appalti sono aggiudicati, salvo eccezioni, mediante procedura aperta o mediante procedura ristretta.

6        Secondo l’art. 80 della direttiva 2004/18, gli Stati membri dovevano mettere in vigore entro il 31 gennaio 2006 le disposizioni necessarie per conformarsi a quest’ultima.

7        L’allegato II A di tale direttiva comprende una categoria 16 che contempla l’«Eliminazione di scarichi di fogna e di rifiuti; disinfestazione e servizi analoghi».

 La normativa nazionale e l’ambito statutario

8        L’art. 2341 bis del codice civile italiano così dispone:

«I patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società:

a) hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano;

b) pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano;

c) hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tali società, non possono avere durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; i patti sono rinnovabili alla scadenza.

Qualora il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di centottanta giorni.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo».

9        L’art. 2355 bis del codice civile prevede quanto segue:

«Nel caso di azioni nominative ed in quello di mancata emissione dei titoli azionari, lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento e può, per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto, vietarne il trasferimento.

Le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell’alienante; resta ferma l’applicazione dell’articolo 2357. Il corrispettivo dell’acquisto o rispettivamente la quota di liquidazione sono determinati secondo le modalità e nella misura previste dall’articolo 2437 ter.

La disposizione del precedente comma si applica in ogni ipotesi di clausole che sottopongono a particolari condizioni il trasferimento a causa di morte delle azioni, salvo che sia previsto il gradimento e questo sia concesso.

Le limitazioni al trasferimento delle azioni devono risultare dal titolo».

10      Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Supplemento ordinario alla GURI n. 227 del 28 settembre 2000), come modificato dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici (Supplemento ordinario alla GURI n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito in legge, a seguito di modifica, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (Supplemento ordinario alla GURI n. 274 del 25 novembre 2003; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 267/2000»), stabilisce all’art. 113, quinto comma:

«L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a)      a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b)      a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c)      a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano». 

11      L’art. 1, terzo comma, dello statuto della Setco, è così formulato:

«Stante la natura della società, possono essere soci enti pubblici locali così come individuati dall’articolo 2, comma 1, d.lgs. n. 267/2000, nonché altre pubbliche amministrazioni e imprese pubbliche dotate di personalità giuridica la cui attività e la cui esperienza possano offrire opportunità favorevoli al pieno raggiungimento degli scopi sociali».

12      Secondo l’art. 1, quarto comma, di detto statuto:

«Non è ammessa la partecipazione di privati o di enti diversi ed in ogni caso di soggetti la cui partecipazione, qualitativamente e/o quantitativamente anche minoritaria, possa determinare una alterazione dei meccanismi di “controllo analogo” (come definiti dalle successive disposizioni e dalla disciplina comunitaria e nazionale) ovvero una incompatibilità gestionale rispetto alla vigente normativa».

13      L’art. 3 dello statuto della Setco precisa quanto segue:

«1.      La Società ha per oggetto la gestione dei servizi pubblici locali e dei servizi pubblici locali sovracomunali riguardanti esclusivamente gli enti pubblici locali affidanti i relativi servizi ai sensi degli articoli 113 e seguenti del d.lgs. n. 267/2000 (…) anche tramite convenzione tra Enti Locali.

(…)

3.      I servizi e le attività sopra indicate:

–        potranno essere svolti anche a favore di soggetti privati quando ciò non contrasti con gli obiettivi sociali ovvero sia funzionale al miglior conseguimento degli stessi;

(…)».

14      L’art. 6, quarto comma, di tale statuto così stabilisce:

«La società, per eventualmente favorire l’azionariato diffuso a livello locale (dei cittadini e/o degli operatori economici) o [l’azionariato] dei dipendenti, potrà emettere anche azioni privilegiate (…)».

15      L’art. 8 bis di detto statuto enuncia quanto segue:

«1.      L’affidamento diretto di servizi pubblici locali alla società potrà essere disposto, nel rispetto della vigente normativa nazionale e comunitaria, da parte di soci rappresentanti enti locali (“soci affidanti”) relativamente a tutti o alcuni dei settori specificati nell’art. 3 corrispondenti alle seguenti Divisioni: Divisione n. l: Rifiuti; Divisione n. 2: Acqua; Divisione n. 3: Gas; Divisione n. 4: Turismo; Divisione n. 5: Energia; Divisione n. 6: Servizi di utilità generale.

2.      La società gestisce i servizi in via esclusiva a favore dei soci affidanti ed in ogni caso nell’ambito dei territori di competenza di dette Amministrazioni.

3.      I soci esercitano, congiuntamente e/o disgiuntamente, i più ampi poteri di direzione, coordinamento e supervisione sugli organi ed organismi societari ed in particolare: possono convocare gli organi societari per chiarimenti sulle modalità di svolgimento dei servizi pubblici locali; richiedono periodicamente e comunque almeno due volte l’anno relazioni sulla gestione dei servizi e sull’andamento economico finanziario; esercitano forme di controllo di gestione con le modalità stabilite dai regolamenti interni delle Amministrazioni affidanti; esprimono il proprio preventivo consenso, da intendersi quale condizione di legittimità, per ogni modifica statutaria inerente la gestione dei servizi pubblici locali.

4.      Le divisioni determinano l’applicazione di meccanismi di controllo analogo, congiunto e differenziato secondo le modalità previste dal presente atto e dai relativi contratti di servizio.

5.      I soci affidanti esercitano i poteri relativamente alle divisioni per le quali hanno deliberato l’affidamento diretto dei servizi. Ai fini della efficace gestione dei citati servizi gli organi e dipendenti della società rispondono dell’attività svolta anche agli organismi individuati dal presente atto.

6.      Il controllo da parte dei soci affidanti, oltre che mediante le prerogative di azionista della società così come definite dal diritto societario, viene svolto attraverso: un Comitato unitario di indirizzo e controllo politico-amministrativo (di seguito “Comitato unitario”); un Comitato tecnico di controllo per ogni divisione (di seguito “Comitato tecnico”).

7.      I soci non affidanti possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni del Comitato unitario (…) e del Comitato tecnico (…) per ogni divisione. La maggioranza assoluta dei membri dei citati Comitati può disporre l’esclusione dalla partecipazione a singole riunioni ovvero a fasi di una riunione dei soci non affidanti dandone motivata giustificazione in sede di verbale di ogni riunione».

16      L’art. 8 ter dello statuto della Setco è così formulato:

«1.      Il Comitato unitario (...) è formato: da un rappresentante per ogni socio affidante individuato fra il legale rappresentante dell’Ente, l’Assessore delegato o un Consigliere delegato pro-tempore in carica; da un funzionario, con compiti di supporto e verbalizzazione e senza diritto di voto, nominato congiuntamente dai soci affidanti nel corso della prima riunione ed individuato fra i segretari, direttori generali ovvero i dirigenti (o responsabili dei servizi negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale) in servizio presso almeno uno degli enti affidanti.

2.      Il Comitato unitario esercita funzioni consultive, di indirizzo e decisionali ai fini dell’esercizio del controllo analogo ed in particolare: a) esercita nei confronti degli organi e degli organismi della società le competenze e le prerogative riconosciute al Consiglio, alla Giunta ed al Sindaco/Presidente relativamente al controllo sui propri uffici e servizi. Il controllo si esplica su tutti gli aspetti di organizzazione e funzionamento dei servizi oggetto di affidamento; b) detta gli indirizzi ai Comitati di divisione ai fini della gestione coordinata ed unitaria dei servizi nonché nelle materie e per gli aspetti coinvolgenti più divisioni; c) designa i rappresentanti degli Enti locali in seno al Consiglio di Amministrazione della società; d) designa il Presidente del Consiglio di Amministrazione e del collegio sindacale e ne dispone la revoca nei casi indicati dal presente statuto; e) detta gli indirizzi per la nomina degli amministratori delegati e del Direttore generale della società; f) adotta la proposta del piano programma, del bilancio economico di previsione pluriennale, del bilancio economico di previsione annuale nonchè del rendiconto consuntivo annuale; g) effettua audizioni degli organi di vertice della società sentendo, almeno una volta l’anno, il Presidente e/o il Direttore Generale; h) riceve periodiche relazioni sullo svolgimento dei servizi pubblici locali da parte degli organi di vertice della società con cadenza almeno semestrale; i) può delegare alcune delle proprie funzioni ad uno o più Comitati tecnici anche in modo differenziato in relazione alla specificità delle relative competenze; l) esprime il preventivo parere sugli atti degli amministratori oggetto di approvazione assembleare nei casi previsti dal presente statuto.

3.      Il Comitato unitario si riunisce in via ordinaria almeno una volta l’anno e in via straordinaria su richiesta: a) di uno dei soci affidanti; b) del legale rappresentante della società».

17      Ai sensi dell’art. 8 quater di detto statuto:

«1.      È istituito un Comitato tecnico (…) per ciascuna delle seguenti divisioni: Divisione n. 1: Rifiuti; Divisione n. 2: Acqua; Divisione n. 3: Gas; Divisione n. 4: Turismo; Divisione n. 5: Energia; Divisione n. 6: Servizi di utilità generale.

2.      Il Comitato tecnico (…) è formato: da un rappresentante di ogni socio affidante individuato fra i segretari, direttori generali ovvero i dirigenti (o responsabili dei servizi negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale), in servizio presso almeno uno degli enti affidanti. (…)

3.      Uno stesso soggetto può far parte di Comitati tecnici di più divisioni.

4.      Il Comitato tecnico, in particolare: a) esercita nei confronti degli organi e degli organismi della società le competenze e le prerogative riconosciute agli organi tecnici dell’Amministrazione sui propri uffici. Il controllo si esplica su tutti gli aspetti di organizzazione e funzionamento dei servizi oggetto di affidamento limitatamente alle materie di competenza della divisione e nel rispetto delle direttive del Comitato unitario; b) supporta il Comitato unitario nelle decisioni inerenti l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi di competenza della divisione; c) esercita le funzioni delegate dal Comitato unitario; d) coordina i sistemi di controllo di gestione della società; e) propone al Comitato unitario o agli organi della società l’adozione degli atti necessari al coordinamento dell’azione societaria con gli obiettivi delle Amministrazioni affidanti come risultano dal Piano Esecutivo di Gestione e dal Piano degli Obiettivi; f) fornisce un supporto tecnico-amministrativo all’attività della società con le modalità stabilite dai regolamenti delle Amministrazioni affidanti e/o dalla convenzione di disciplina dei rapporti fra queste; g) segnala eventuali disfuzioni nella gestione dei servizi e propone i correttivi da apportare alla regolamentazione comunale ed agli atti di regolamentazione dei servizi pubblici locali».

18      L’art. 14 dello stesso statuto precisa quanto segue:

«1.      L’Assemblea ordinaria, salve le prerogative degli organismi di controllo analogo, congiunto e differenziato di cui ai precedenti articoli 8 bis, 8 ter e 8 quater, delibera sulle materie previste dalla legge e dal presente statuto tenuto conto delle direttive, degli indirizzi e delle eventuali prescrizioni impartite dai citati organismi relativamente alla organizzazione e gestione dei servizi pubblici locali affidati direttamente alla società.

(…)

3.      Sono sottoposti alla preventiva autorizzazione dell’Assemblea ordinaria, su conforme parere favorevole del Comitato unitario di cui al precedente art. 8 ter relativamente alle parti inerenti l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi pubblici locali, i seguenti atti degli amministratori:

a)      piano programmatico, bilanci economici di previsione pluriennale
         ed annuale, nonché il bilancio infrannuale di assestamento del
         bilancio di previsione;

b)      costituzione di società di capitale aventi scopi strumentali o
         complementari a quello della società; acquisto di partecipazioni
         anche minoritarie in dette società, nonché loro dismissione;

c)      attivazione di nuovi servizi previsti dallo Statuto o dismissione di
         quelli già esercitati;

d)      acquisti ed alienazioni di immobili e di impianti, mutui ed altre
         operazioni similari, di qualsiasi tipo e natura, che comportino un
         impegno finanziario di valore superiore al 20% del patrimonio
         netto risultante dall’ultimo bilancio approvato;

e)      linee guida per la formulazione delle tariffe e dei prezzi dei servizi
         erogati, qualora non soggetti a vincoli di legge o fissati da organi o
         autorità ad essi preposti.

(…)

5.      L’Assemblea ed il Comitato unitario possono fornire il proprio assenso al compimento degli atti di cui ai precedenti punti anche condizionando lo stesso a determinate prescrizioni, vincoli o adempimenti a carico degli amministratori. In tal caso gli amministratori relazionano in merito al rispetto delle prescrizioni entro il termine stabilito nell’atto di autorizzazione o, in assenza, entro 30 giorni dal compimento dell’atto stesso.

6.      Gli enti locali soci, che rappresentino almeno un ventesimo del capitale sociale, e ciascun socio affidante per il tramite del Comitato unitario, ove ritengano che la società non abbia eseguito o non stia eseguendo l’atto in conformità all’autorizzazione concessa, possono richiedere, ai sensi dell’art. 2367, comma 1, [del codice civile], l’immediata convocazione dell’Assemblea affinchè adotti i provvedimenti che riterrà più opportuni nell’interesse della società.

7.      L’esecuzione degli atti soggetti a preventiva autorizzazione senza che sia stato richiesto ed ottenuto il preventivo assenso assembleare ovvero il conforme parere del Comitato unitario nei casi previsti dallo statuto ovvero la mancata esecuzione dell’atto in conformità all’autorizzazione concessa potrà configurare giusta causa per la revoca degli amministratori.

8.      Il consiglio di amministrazione che non intenda eseguire l’atto autorizzato dall’Assemblea, adotta, entro il termine di quindici giorni decorrenti dal giorno in cui è stata assunta la deliberazione assembleare, apposita motivata deliberazione, che deve essere immediatamente trasmessa agli Enti locali soci e, per le materie relative alla gestione dei servizi pubblici locali, al Comitato unitario. Il Comitato unitario, relativamente alle decisioni inerenti la organizzazione e/o la gestione dei servizi pubblici locali, entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione del consiglio di amministrazione può adottare una decisione di conferma del proprio parere e/o delle proprie prescrizioni. L’atto adottato sarà vincolante per l’organo di amministrazione.

(…)».

19      L’art. 16 di detto statuto enuncia quanto segue:

«1.      La società è amministrata da un Consiglio di Amministrazione, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, fatti salvi quelli, che per legge o per statuto:

a)      sono riservati all’Assemblea,

b)      sono soggetti a preventiva autorizzazione assembleare,

c)      sono riservati agli organismi di controllo analogo di cui agli
         articoli 8 bis e seguenti dello statuto.

2.      Il Consiglio di Amministrazione è formato da n. 3 (tre) a 7 (sette) membri, nominati dall’Assemblea su designazione del Comitato unitario di cui all’art. 8 ter. In ogni caso ai soci affidanti spetta la nomina diretta, la revoca e la sostituzione di un numero di amministratori (ivi compreso il Presidente del consiglio di amministrazione) proporzionale all’entità della propria partecipazione e comunque superiore alla metà degli stessi.

(...)

6.      Il Consiglio di Amministrazione adotta le decisioni inerenti l’organizzazione e/o la gestione dei servizi pubblici locali oggetto di affidamento diretto nel rispetto degli indirizzi adottati dagli organismi di controllo di cui agli articoli 8 bis e seguenti del presente atto.

(…)».

 

Causa principale e questione pregiudiziale

20      La Sea, aggiudicataria a seguito di pubblica gara dell’appalto del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati nel territorio del Comune di Ponte Nossa, ha fornito detto servizio per un periodo di tre anni, dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2006.

21      La Setco è una società per azioni partecipata da alcuni comuni della Val Seriana, il cui azionista di maggioranza è il Comune di Clusone.

22      Con decisione 16 dicembre 2006, il Comune di Ponte Nossa ha deciso di diventare socio minoritario della Setco in vista dell’affidamento diretto a quest’ultima del servizio di cui trattasi a decorrere dal 1° gennaio 2007.

23      Il 23 dicembre 2006 i comuni azionisti della Setco, tra cui il Comune di Ponte Nossa, hanno conformato lo statuto di tale società per sottoporla ad un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, conformemente all’art. 113, quinto comma, lett. c), del decreto legislativo n. 267/2000.

24      Con decisione 30 dicembre 2006, il Comune di Ponte Nossa ha assegnato direttamente alla Setco, dal 1° gennaio 2007, il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati nel suo territorio, senza previa gara pubblica.

25      Il 2 gennaio 2007 la Sea ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia avverso le decisioni 16 e 30 dicembre 2006 del Comune di Ponte Nossa.

26      La Sea, in particolare, ha fatto valere che il Comune di Ponte Nossa, assegnando direttamente alla Setco il servizio di cui trattasi, ha violato l’art. 113, quinto comma, del decreto legislativo n. 267/2000, nonché gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE, in quanto esso non esercita sulla Setco un controllo analogo a quello che effettua sui propri servizi, così come richiesto per l’assegnazione diretta di un servizio ad un’impresa partecipata dall’amministrazione aggiudicatrice.

27      Il giudice del rinvio ritiene che taluni elementi potrebbero suscitare dubbi riguardo all’esercizio sulla Setco da parte del Comune di Ponte Nossa di un controllo analogo a quello effettuato sui propri servizi.

28      Da un lato, la partecipazione di privati al capitale della Setco, sebbene attualmente inesistente, sarebbe potenzialmente possibile. A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che tale partecipazione, nonostante l’espressa esclusione di soci privati dal capitale della Setco prevista all’art. 1, quarto comma, del suo statuto, sembrerebbe possibile in base all’art. 6, quarto comma, dello stesso statuto nonché in forza dell’art. 2355 bis del codice civile italiano.

29      Dall’altro, riguardo ai poteri di controllo effettivamente attribuiti al Comune di Ponte Nossa nei confronti della Setco, il giudice a quo si chiede se possa esistere un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi dal momento che possiede solo una partecipazione minoritaria in detta società.

30      Ciò considerato, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con il diritto comunitario ed in particolare con la libertà di stabilimento ovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di parità di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza di cui agli artt. 12 CE, 43 CE, 45 CE, 46 CE, 49 CE e 86 CE, l’affidamento diretto di un servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani ed assimilati ad una società per azioni a capitale interamente pubblico e statuto conformato – ai fini dell’art. 113 del decreto legislativo n. 267/2000 – così come esposto in motivazione».

Sulla questione pregiudiziale

31      In via preliminare si deve rilevare che l’affidamento di un servizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti urbani, come quello di cui trattasi nella causa principale, può rientrare, secondo le specificità della contropartita di tale servizio, nella definizione di appalto pubblico di servizi o in quella di concessione di servizi pubblici ai sensi, rispettivamente, dell’art. 1, n. 2, lett. d), o n. 4, della direttiva 2004/18.

32      In base agli elementi contenuti nella decisione di rinvio e nel fascicolo trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio, il contratto in esame nella causa principale potrebbe costituire un appalto pubblico di servizi, in particolare per il fatto che il contratto intervenuto tra la Setco e il Comune di Ponte Nossa per la prestazione dei servizi in oggetto prevede che quest’ultimo versi alla Setco il corrispettivo per i servizi da essa forniti.

33      Un appalto siffatto potrebbe rientrare nella direttiva 2004/18, in quanto appalto di servizi di eliminazione di rifiuti appartenenti alla categoria 16 dell’allegato II A di tale direttiva.

34      La decisione di rinvio, tuttavia, non contiene le informazioni necessarie per determinare se si tratti di una concessione di servizi o di un appalto pubblico di servizi e, in quest’ultimo caso, se siano soddisfatte tutte le condizioni di applicazione di detta direttiva. In particolare, essa non precisa se l’importo dell’appalto di cui trattasi nella causa principale superi la soglia di applicazione di quest’ultima.

35      In ogni caso, la questione se la causa principale tratti di una concessione di servizi o di un appalto pubblico di servizi nonché la questione se, in quest’ultimo caso, un siffatto appalto di servizi rientri o meno nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/18 non influiscono sulla risposta che la Corte deve dare alla questione pregiudiziale sottoposta.

36      Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, una gara non è obbligatoria in caso di contratto a titolo oneroso concluso con un ente giuridicamente distinto dall’autorità locale che costituisce l’amministrazione aggiudicatrice, qualora tale autorità eserciti su detto ente un controllo, analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e, nel contempo, tale ente realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che lo controllano (v., in tal senso, sentenza 18 novembre 1999, causa C‑107/98, Teckal, Racc. pag. I‑8121, punto 50).

37      Orbene, detta giurisprudenza rileva sia per l’interpretazione della direttiva 2004/18 sia per quella degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE nonché dei principi generali di cui essi costituiscono la specifica espressione (v., in tal senso, sentenze 11 gennaio 2005, causa C‑26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I‑1, punto 49, nonché 13 ottobre 2005, causa C‑458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I‑8585, punto 62).

38      Occorre ricordare che, nonostante il fatto che taluni contratti non rientrino nell’ambito di applicazione delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sono tenute a rispettare i principi fondamentali del Trattato CE (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C‑324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I‑10745, punto 60, nonché ordinanza 3 dicembre 2001, causa C‑59/00, Vestergaard, Racc. pag. I‑9505, punto 20).

39      Per quanto concerne l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi, le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare, in particolare, gli artt. 43 CE e 49 CE nonché i principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza così come l’obbligo di trasparenza che ne discende (v., in tal senso, sentenze Parking Brixen, cit., punti 47-49, e 6 aprile 2006, causa C‑410/04, ANAV, Racc. pag. I‑3303, punti 19-21).

40      L’applicazione delle regole enunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, nonché dei principi generali di cui esse costituiscono la specifica espressione, è tuttavia esclusa qualora, al contempo, l’ente locale che costituisce l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sull’ente aggiudicatario un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi e detto ente realizzi la parte più importante della sua attività con l’autorità o le autorità che lo controllano (v., in tal senso, sentenze Teckal, cit., punto 50; Parking Brixen, cit., punto 62, nonché 9 giugno 2009, causa C‑480/06, Commissione/Germania, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34).

41      La circostanza che l’ente aggiudicatario si costituisca sotto forma di società di capitali non esclude in alcun modo l’applicazione dell’eccezione ammessa dalla giurisprudenza richiamata al punto precedente. Nella citata sentenza ANAV, la Corte ha riconosciuto l’applicabilità di tale giurisprudenza nel caso di una società per azioni.

42      Il giudice del rinvio rileva che, nonostante il fatto che l’art. 1, terzo e quarto comma, dello statuto della Setco riservi ad enti pubblici l’accesso al capitale di quest’ultima, l’art. 6, quarto comma, di tale statuto prevede che la Setco possa emettere azioni privilegiate per favorire eventualmente l’azionariato, a livello locale, dei cittadini e degli operatori economici o l’azionariato dei dipendenti.

43      Nel corso dell’udienza, il Comune di Ponte Nossa ha fatto valere che detto art. 6, quarto comma, avrebbe dovuto essere abrogato in sede di modifica dello statuto della Setco avvenuta il 23 dicembre 2006, ma vi è rimasto per errore. Sempre secondo il Comune di Ponte Nossa, tale art. 6, quarto comma, è stato abrogato successivamente. Spetta al giudice nazionale verificare la realtà di questi elementi, i quali potrebbero portare ad escludere la possibilità che il capitale della Setco sia aperto ad investitori privati.

44      La decisione di rinvio solleva la questione se un’amministrazione aggiudicatrice possa esercitare su una società di cui è azionista, con la quale intende concludere un contratto, un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi nel caso in cui esista la possibilità, sebbene non concretizzata, che investitori privati entrino nel capitale della società di cui trattasi.

45      Per risolvere tale questione va ricordato che la circostanza che l’amministrazione aggiudicatrice detenga, da sola o insieme ad altri enti pubblici, l’intero capitale di una società concessionaria potrebbe indicare, pur non essendo decisiva, che tale amministrazione aggiudicatrice esercita su detta società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (v., in tal senso, sentenze 11 maggio 2006, causa C‑340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I‑4137, punto 37, nonché 13 novembre 2008, causa C‑324/07, Coditel Brabant, Racc. pag. I‑8457, punto 31).

46      Per contro, la partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi (v., in tal senso, citate sentenze Stadt Halle e RPL Lochau, punto 49, nonché Coditel Brabant, punto 30).

47      Di regola, l’esistenza effettiva di una partecipazione privata al capitale della società aggiudicataria deve essere verificata nel momento dell’affidamento dell’appalto pubblico di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punti 15 e 52). Può anche assumere rilevanza tenere conto della circostanza che, nel momento in cui un’amministrazione aggiudicatrice affida un appalto ad una società di cui detiene l’intero capitale, la legislazione nazionale applicabile prevede l’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali (v., in tal senso, citata sentenza Parking Brixen, punti 67 e 72).

48      In via eccezionale, circostanze particolari possono richiedere che siano presi in considerazione avvenimenti intervenuti successivamente alla data di aggiudicazione dell’appalto in esame. È quanto avviene, in particolare, nel caso in cui le quote della società aggiudicataria, precedentemente detenute interamente dall’amministrazione aggiudicatrice, vengano cedute ad un’impresa privata appena dopo l’aggiudicazione a tale società dell’appalto di cui trattasi nell’ambito di una costruzione artificiale diretta ad eludere le norme comunitarie in materia (v., in tal senso, sentenza 10 novembre 2005, causa C‑29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑9705, punti 38-41).

49      Certamente, non può escludersi che le quote di una società vengano vendute a terzi in qualunque momento. Tuttavia, il fatto di ammettere che questa mera possibilità possa sospendere indefinitamente la valutazione sul carattere pubblico o meno del capitale di una società aggiudicataria di un appalto pubblico non sarebbe conforme al principio di certezza del diritto.

50      Se il capitale di una società è interamente detenuto dall’amministrazione aggiudicatrice, da sola o con altre autorità pubbliche, al momento in cui l’appalto in oggetto è assegnato a tale società, l’apertura del capitale di quest’ultima ad investitori privati può essere presa in considerazione solo se in quel momento esiste una prospettiva concreta e a breve termine di una siffatta apertura.

51      Ne risulta che in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, in cui il capitale della società aggiudicataria è interamente pubblico e in cui non vi è alcun indizio concreto di una futura apertura del capitale di tale società ad investitori privati, la mera possibilità per i privati di partecipare al capitale di detta società non è sufficiente per concludere che la condizione relativa al controllo dell’autorità pubblica non è soddisfatta.

52      Tale conclusione non è inficiata dalle considerazioni contenute nel punto 26 della sentenza 21 luglio 2005, causa C‑231/03, Coname (Racc. pag. I‑7287), in base alle quali il fatto che una società come quella in esame nella causa all’origine della citata sentenza sia aperta ai capitali privati impedisce di considerarla come una struttura di gestione interna di un servizio pubblico nell’ambito dei comuni che ne fanno parte. Infatti, in questa causa, il servizio pubblico era stato attribuito ad una società a prevalente capitale pubblico, e dunque misto, al momento di tale assegnazione (v. citata sentenza Coname, punti 5 e 28).

53      Va tuttavia precisato che, nell’ipotesi in cui un appalto fosse stato attribuito senza indizione di una gara ad una società a capitale pubblico alle condizioni stabilite nel punto 51 della presente sentenza, il fatto che, successivamente, ma sempre durante il periodo di validità di tale appalto, gli azionisti privati siano ammessi a partecipare al capitale di detta società costituirebbe un cambiamento di una condizione fondamentale dell’appalto che necessiterebbe di un’indizione di gara.

54      Bisogna capire poi se, nel caso in cui un’autorità pubblica diventi socia di minoranza di una società per azioni a capitale interamente pubblico al fine di attribuire a quest’ultima la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità pubbliche socie di detta società esercitano su quest’ultima, per essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, debba essere esercitato individualmente da ognuna di queste autorità o possa essere esercitato congiuntamente dalle stesse.

55      La giurisprudenza non impone che il controllo esercitato in un siffatto caso sulla società aggiudicataria sia individuale (v., in tal senso, citata sentenza Coditel Brabant, punto 46).

56      Infatti, allorché varie autorità pubbliche scelgono di svolgere alcune delle loro missioni di servizio pubblico facendo ricorso ad una società che esse detengono in comune, è di norma escluso che una di tali autorità che possiede soltanto una partecipazione minoritaria in tale società eserciti da sola un controllo determinante sulle decisioni di quest’ultima. Richiedere che il controllo esercitato da un’autorità pubblica in un caso del genere sia individuale avrebbe la conseguenza d’imporre una gara di appalto nella maggior parte dei casi in cui un’autorità siffatta intendesse associarsi ad una società detenuta da altre autorità pubbliche al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico (v., in tal senso, citata sentenza Coditel Brabant, punto 47).

57      Un risultato simile non sarebbe conforme al sistema delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici e di concessioni. Si riconosce, infatti, che un’autorità pubblica ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi (citate sentenze Stadt Halle e RPL Lochau, punto 48; Coditel Brabant, punto 48, e Commissione/Germania, punto 45).

58      Detta possibilità per le autorità pubbliche di ricorrere ai propri strumenti per adempiere alle loro missioni di servizio pubblico può essere utilizzata in collaborazione con altre autorità pubbliche (v., in tal senso, sentenze 19 aprile 2007, causa C‑295/05, Asemfo, Racc. pag. I‑2999, punto 57, e Coditel Brabant, cit., punto 49).

59      Occorre quindi riconoscere che, nel caso in cui varie autorità pubbliche detengano una società cui affidano l’adempimento di una delle loro missioni di servizio pubblico, il controllo che dette autorità pubbliche esercitano sull’ente in parola può venire da loro esercitato congiuntamente (v., in tal senso, citata sentenza Coditel Brabant, punto 50).

60      Nel caso di un organo collegiale, la procedura utilizzata per adottare la decisione, segnatamente il ricorso alla maggioranza, non incide (v. citata sentenza Coditel Brabant, punto 51).

61      Neanche tale conclusione è inficiata dalla citata sentenza Coname. Di sicuro la Corte, al punto 24 di quest’ultima, ha considerato che una partecipazione dello 0,97% è talmente esigua da non consentire ad un comune di esercitare un controllo sul concessionario che gestisce un servizio pubblico. Tuttavia, in questo stralcio di detta sentenza, la Corte non affrontava la questione se un siffatto controllo potesse essere esercitato in maniera congiunta (v. citata sentenza Coditel Brabant, punto 52).

62      Del resto, la Corte ha dichiarato successivamente, nella citata sentenza Asemfo (punti 56‑61), che, in talune circostanze, la condizione relativa al controllo esercitato dall’autorità pubblica aggiudicatrice poteva essere soddisfatta nel caso in cui quest’ultima detenesse solamente lo 0,25% del capitale di un’impresa pubblica (v. citata sentenza Coditel Brabant, punto 53).

63      Ne discende che se un’autorità pubblica diventa socia di minoranza di una società per azioni a capitale interamente pubblico al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità pubbliche associate a detta società esercitano su quest’ultima può essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, qualora esso sia esercitato congiuntamente dalle stesse.

64      La questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio è volta inoltre a determinare se strutture decisionali come quelle previste dallo statuto della Setco siano atte a consentire ai comuni azionisti di esercitare effettivamente sulla società che detengono un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

65      Per valutare se l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sulla società aggiudicataria un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi è necessario tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da questo esame deve risultare che la società aggiudicataria è soggetta a un controllo che consente all’amministrazione aggiudicatrice di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società (v., in tal senso, citate sentenze Carbotermo e Consorzio Alisei, punto 36, nonché Coditel Brabant, punto 28).

66      Fra le circostanze pertinenti delineate dalla decisione di rinvio va considerata anzitutto la legislazione applicabile, in secondo luogo la questione se la società di cui trattasi abbia una vocazione commerciale e, infine, i meccanismi di controllo previsti dallo statuto della Setco.

67      Per quanto riguarda la legislazione applicabile, l’art. 113, quinto comma, lett. c), del decreto legislativo n. 267/2000 prevede che l’erogazione del servizio possa essere attribuito, nel rispetto della normativa dell’Unione europea, a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale «esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano».

68      Adottando tali disposizioni, il legislatore italiano ha ripreso testualmente la formulazione delle condizioni enunciate al punto 50 della citata sentenza Teckal, e confermate in varie sentenze successive della Corte. Una siffatta legislazione nazionale è in linea di principio conforme al diritto comunitario, fermo restando che l’interpretazione di tale disciplina deve a sua volta essere conforme alle esigenze del diritto comunitario (v., in tal senso, citata sentenza ANAV, punto 25).

69      Peraltro, dalla decisione di rinvio emerge che i comuni azionisti della Setco hanno modificato lo statuto di tale società il 23 dicembre 2006, al fine di sottoporre quest’ultima ad un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, conformemente all’art. 113, quinto comma, lett. c), del decreto legislativo n. 267/2000.

70      Il fatto che detta modifica dello statuto della Setco miri a garantire il rispetto della normativa comunitaria in materia risulta altresì dall’art. 8 bis, primo comma, di tale statuto.

71      Del resto, nessun elemento del fascicolo indica che detto statuto sia stato modificato allo scopo di eludere le norme comunitarie in materia di appalti pubblici.

72      Infine, come risulta dalla decisione di rinvio, sia il contesto legislativo sia quello statutario pertinenti consentono agli enti locali minori di affidare direttamente la gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica a società a capitale interamente pubblico solo se tali enti esercitano sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi del diritto comunitario. Secondo il giudice nazionale, l’espressione «controllo analogo», tuttavia, non è ivi definita.

73      Per quanto concerne la questione se la società di cui trattasi abbia una vocazione commerciale che rende precario il controllo di enti che ne sono gli azionisti, occorre esaminare la portata geografica e materiale delle attività di tale società nonché la possibilità per quest’ultima d’instaurare relazioni con imprese private.

74      L’art. 3 dello statuto della Setco, intitolato «Oggetto sociale», prevede che quest’ultima gestisca i servizi pubblici locali riguardanti esclusivamente gli enti pubblici locali che affidano detti servizi.

75      Inoltre l’art. 8 bis, secondo comma, di tale statuto enuncia che la Setco gestisce i servizi in via esclusiva a favore dei soci affidanti e nell’ambito dei territori di competenza di questi ultimi.

76      Disposizioni siffatte, da un lato, indicano che l’ambito geografico delle attività della società aggiudicataria di cui trattasi nella causa principale non si estende oltre il territorio dei comuni che ne sono gli azionisti e, dall’altro, che questa società mira a gestire i servizi pubblici soltanto riguardo a tali comuni.

77      Tuttavia, l’art. 3, terzo comma, di detto statuto prevede che la Setco possa svolgere servizi anche a favore di soggetti privati quando ciò non contrasti con gli obiettivi sociali ovvero sia funzionale al miglior conseguimento degli stessi.

78      Nel corso dell’udienza la Setco ha affermato che il potere di cui essa dispone di trattare con imprese private costituisce un accessorio indispensabile all’esecuzione delle proprie missioni di servizio pubblico. A titolo esemplificativo essa ha menzionato la raccolta differenziata dei rifiuti, la quale potrebbe rendere necessaria la rivendita ad enti specializzati di talune categorie di materiale recuperato a scopo di riciclaggio. Secondo la Setco, si tratterebbe di attività accessorie alla raccolta di rifiuti e non di attività che esulano dall’attività principale.

79      Si deve considerare che, anche se il potere riconosciuto alla società aggiudicataria di cui trattasi nella causa principale di fornire servizi ad operatori economici privati è meramente accessorio alla sua attività principale, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio, l’esistenza di tale potere non impedisce che l’obiettivo principale di detta società rimanga la gestione di servizi pubblici. Pertanto, l’esistenza di un potere siffatto non è sufficiente per ritenere che detta società abbia una vocazione commerciale che rende precario il controllo di enti che la detengono.

80      Tale conclusione è confermata dal fatto che la seconda condizione posta al punto 50 della citata sentenza Teckal, in base alla quale la società aggiudicataria deve svolgere la parte più importante della sua attività con gli enti locali che la controllano, consente che questa società eserciti un’attività avente un carattere marginale con altri operatori diversi da questi enti (v., in tal senso, citata sentenza Carbotermo e Consorzio Alisei, punto 63). Tale condizione sarebbe priva di oggetto se la prima condizione di cui al punto 50 della citata sentenza Teckal fosse interpretata nel senso di vietare ogni attività accessoria, anche con il settore privato.

81      Per quanto concerne i meccanismi di controllo stabiliti dallo statuto della Setco, dal fascicolo risulta che i soci, con le modifiche apportate allo statuto il 23 dicembre 2006, hanno inteso sovrapporre all’assemblea generale e al consiglio di amministrazione, quali previsti dal diritto societario italiano, strutture decisionali non esplicitamente prescritte da tale diritto, dirette a garantire sulla Setco un controllo analogo a quello che essi esercitano sui propri servizi. Si tratta, in particolare, di assicurare un controllo rafforzato, da un lato, tramite il Comitato unitario e, dall’altro, tramite un Comitato tecnico per ogni divisione responsabile delle diverse attività della Setco.

82      Come emerge dagli artt. 8 ter e 8 quater di detto statuto, il Comitato unitario e i Comitati tecnici sono formati da rappresentanti degli enti azionisti. Ognuno di questi enti possiede un voto in seno a detti Comitati, indipendentemente dalle dimensioni dell’ente di cui trattasi o dal numero di azioni che esso detiene.

83      Peraltro, gli artt. 8 bis-8 quater dello statuto della Setco attribuiscono al Comitato unitario e ai Comitati tecnici ampi poteri di controllo e di decisione.

84      Parallelamente, l’art. 14 di tale statuto limita i poteri dell’assemblea generale imponendo a quest’ultima di tener conto degli indirizzi e delle prescrizioni impartite dai Comitati summenzionati e richiedendo un parere favorevole del Comitato unitario prima che l’assemblea generale possa autorizzare l’adempimento di taluni atti da parte degli amministratori della società.

85      Parimenti, l’art. 16 di detto statuto restringe l’autonomia decisionale del consiglio di amministrazione imponendogli di rispettare i poteri riservati a detti Comitati e subordinando le sue decisioni all’osservanza delle prescrizioni emanate da questi ultimi.

86      Tenuto conto della portata dei poteri di controllo e di decisione che esse attribuiscono ai Comitati istituiti nonché della circostanza che questi ultimi sono composti da rappresentanti degli enti azionisti, le disposizioni statutarie come quelle della società aggiudicataria di cui trattasi nella causa principale devono essere intese nel senso di mettere gli enti azionisti in grado di esercitare, tramite detti Comitati, un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di tale società.

87      Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che gli artt. 8 bis‑8 quater dello statuto della Setco, laddove riguardano il Comitato unitario e i Comitati tecnici, siano assimilabili ai patti parasociali di cui all’art. 2341 bis del codice civile italiano. Esso ne deduce che il controllo analogo a quello che gli enti azionisti esercitano sui propri servizi, su cui verte il meccanismo di detti Comitati, potrebbe essere ininfluente.

88      Si tratta di una questione interpretativa delle norme nazionali la cui soluzione incombe al giudice del rinvio.

89      Fatta salva la verifica da parte di quest’ultimo dell’operatività delle disposizioni statutarie in oggetto, ne risulta che in circostanze come quelle di cui alla causa principale il controllo esercitato attraverso organi statutari dagli enti azionisti sulla società aggiudicataria può essere considerato tale da consentire a tali enti di esercitare su detta società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

90      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre risolvere la questione pregiudiziale sottoposta nel seguente modo:

Gli artt. 43 CE e 49 CE, i principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza così come l’obbligo di trasparenza che ne discende non ostano all’affidamento diretto di un appalto pubblico di servizi ad una società per azioni a capitale interamente pubblico qualora l’ente pubblico che costituisce l’amministrazione aggiudicatrice eserciti su tale società un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e tale società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che la controllano.

Fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio dell’operatività delle disposizioni statutarie di cui trattasi, il controllo esercitato dagli enti azionisti sulla detta società può essere considerato analogo a quello esercitato sui propri servizi in circostanze come quelle di cui alla causa principale, in cui:

–        l’attività di tale società è limitata al territorio di detti enti ed è esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi, e

–        tramite organi statutari composti da rappresentanti di detti enti, questi ultimi esercitano un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società.

Sulle spese

91      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

Gli artt. 43 CE e 49 CE, i principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza così come l’obbligo di trasparenza che ne discende non ostano all’affidamento diretto di un appalto pubblico di servizi ad una società per azioni a capitale interamente pubblico qualora l’ente pubblico che costituisce l’amministrazione aggiudicatrice eserciti su tale società un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e questa società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che la controllano.

Fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio dell’operatività delle disposizioni statutarie di cui trattasi, il controllo esercitato dagli enti azionisti sulla detta società può essere considerato analogo a quello esercitato sui propri servizi in circostanze come quelle di cui alla causa principale, in cui:

–        l’attività di tale società è limitata al territorio di detti enti ed è esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi, e

–        tramite organi statutari composti da rappresentanti di detti enti, questi ultimi esercitano un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società.


Corte di giustizia delle Comunità europee, Terza Sezione
Sentenza 15 Ottobre 2009

 

«Artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE - Aggiudicazione di appalti pubblici - Attribuzione del servizio idrico a una società a capitale misto - Procedura a evidenza pubblica - Designazione del socio privato incaricato della gestione del servizio - Attribuzione al di fuori delle norme relative all’aggiudicazione degli appalti pubblici»

Nel procedimento C-196/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia con decisione 13 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il 14 maggio 2008, nella causa

 

Acoset SpA

contro

Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa,

Provincia Regionale di Ragusa,

Comune di Acate (RG),

Comune di Chiaramonte Gulfi (RG),

Comune di Comiso (RG),

Comune di Giarratana (RG),

Comune di Ispica (RG),

Comune di Modica (RG),

Comune di Monterosso Almo (RG),

Comune di Pozzallo (RG),

Comune di Ragusa,

Comune di Santa Croce Camerina (RG),

Comune di Scicli (RG),

Comune di Vittoria (RG),

e nei confronti di:

Saceccav Depurazioni Sacede SpA,

 

 

LA CORTE (Terza Sezione),

 

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 aprile 2009,

considerate le osservazioni presentate:

- per l’Acoset SpA, dagli avv.ti A. Scuderi e G. Bonaventura;

- per la Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa e a., dall’avv. N. Gentile;

- per il Comune di Vittoria (RG), dagli avv.ti A. Bruno e C. Giurdanella;

 

- per il governo italiano, dal sig. R. Adam, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato;

- per il governo austriaco, dal sig. M. Fruhmann, in qualità di agente;

- per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. C. Zadra e D. Kukovec, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 giugno 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE.

2 Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposte l’Acoset SpA (in prosieguo: l’«Acoset») e la Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. Ragusa (in prosieguo: la «Conferenza») e a., in merito all’annullamento da parte di quest’ultima della procedura di gara per la selezione del socio privato di minoranza nella società mista pubblico-privata direttamente affidataria del servizio idrico integrato nella provincia di Ragusa.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

La direttiva 2004/18

3 L’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), dispone come segue:

«(…)

2. a) Gli “appalti pubblici” sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva.

(...)

 

d) Gli “appalti pubblici di servizi” sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all’allegato II.

(…)

4. La “concessione di servizi” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo.

(…)».

4 L’art. 3 della direttiva 2004/18 ha il seguente tenore:

«Se un’amministrazione aggiudicatrice concede ad un soggetto che non è un’amministrazione aggiudicatrice diritti speciali o esclusivi di esercitare un’attività di servizio pubblico, l’atto di concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nell’ambito di tale attività, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in base alla nazionalità».

5 Ai sensi dell’art 7 della direttiva in parola:

«La presente direttiva si applica agli appalti pubblici (...) il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) è pari o superiore alle soglie seguenti:

(…)

b) 249 000 EUR:

- per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici diverse da quelle indicate nell’allegato IV [“Autorità governative centrali”],

(…)».

6 Il regolamento (CE) della Commissione 19 dicembre 2005, n. 2083, che modifica le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti (GU L 333, pag. 28), ha modificato l’art. 7, lett. b), della direttiva 2004/18, nella versione risultante dal regolamento (CE) della Commissione 28 ottobre 2004, n. 1874 (GU L 326, pag. 17), sostituendo all’importo di EUR 236 000 quello pari a EUR 211 000 per il periodo dal 1° gennaio 2006 al 1° gennaio 2007.

7 Conformemente all’art. 2 del regolamento (CE) della Commissione 4 dicembre 2007, n. 1422, che modifica le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/17/CE e 2004/18/CE riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti (GU L 317, pag. 34), detto importo è stato modificato in EUR 206 000 a far data dal 1° gennaio 2008.

8 Secondo il disposto dell’art. 17 della direttiva 2004/18:

«Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 3, la presente direttiva non si applica alle concessioni di servizi definite all’articolo 1, paragrafo 4».

9 Ai sensi dell’art. 21 della direttiva 2004/18:

«L’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II B è disciplinata esclusivamente dall’articolo 23 e dall’articolo 35, paragrafo 4».

10 Rientrano nell’allegato II B, categoria 27, di detta direttiva gli «altri servizi», esclusi i contratti di lavoro, i contratti per l’acquisizione, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione di programmi da parte di emittenti radiotelevisive e i contratti concernenti il tempo di trasmissione.

La direttiva 2004/17

11 Ai sensi dell’art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134, pag. 1):

«2. (…).

b) Gli “appalti di lavori” sono appalti aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione e l’esecuzione di lavori relativi a una delle attività di cui all’allegato XII o di un’opera, oppure l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera corrispondente alle esigenze specificate dall’ente aggiudicatore. Per “opera” si intende il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica.

c) Gli “appalti di forniture” sono appalti diversi da quelli di cui alla lettera b) aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti.

Un appalto avente per oggetto la fornitura di prodotti e, a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione è considerato un “appalto di forniture”.

d) Gli “appalti di servizi” sono appalti diversi dagli appalti di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all’allegato XVII.

Un appalto avente per oggetto tanto dei prodotti quanto dei servizi ai sensi dell’allegato XVII è considerato un “appalto di servizi” quando il valore dei servizi in questione supera quello dei prodotti oggetto dell’appalto.

Un appalto avente per oggetto dei servizi di cui all’allegato XVII e che preveda attività ai sensi dell’allegato XII solo a titolo accessorio rispetto all’oggetto principale dell’appalto è considerato un appalto di servizi.

3. a) La “concessione di lavori” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo.

b) La “concessione di servizi” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo».

12 Conformemente all’art. 4 della direttiva 2004/17:

«1. La presente direttiva si applica alle seguenti attività:

a) la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, o

b) l’alimentazione di tali reti con acqua potabile.

(…)».

13 Ai sensi dell’art. 9, n. 1, della stessa direttiva:

«Ad un appalto destinato all’esercizio di più attività si applicano le norme relative alla principale attività cui è destinato.

Tuttavia la scelta tra l’aggiudicazione di un unico appalto e l’aggiudicazione di più appalti distinti non può essere effettuata al fine di escludere detto appalto dall’ambito di applicazione della presente direttiva o, dove applicabile, della direttiva 2004/18/CE».

14 L’art. 18 della direttiva 2004/17 così dispone:

«La presente direttiva non si applica alle concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o più attività di cui agli articoli da 3 a 7, quando la concessione ha per oggetto l’esercizio di dette attività».

La normativa nazionale

15 Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che approva il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Supplemento ordinario alla GURI n. 227 del 28 settembre 2000), come modificato dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici (Supplemento ordinario alla GURI n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito in legge, in seguito a modifica, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (Supplemento ordinario alla GURI n. 274 del 25 novembre 2003; in prosieguo: il «decreto legislativo 267/2000»), così dispone al suo art. 113, quinto comma:

«L’erogazione [di un servizio pubblico locale da parte di un ente territoriale] avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano».

Causa principale e questione pregiudiziale

16 Il 10 luglio 2002 veniva conclusa la Convenzione di Cooperazione tra i Comuni iblei e la Provincia Regionale di Ragusa, che ha costituito l’Ambito Territoriale Ottimale (in prosieguo: l’«ATO») idrico di Ragusa, autorità locale incaricata del servizio idrico integrato di Ragusa.

17 In data 26 marzo 2004, la Conferenza, organo di gestione dell’ATO, sceglieva come forma di gestione del servizio di cui trattasi la «società mista a prevalente capitale pubblico» di cui all’art. 113, quinto comma, lett. b), del decreto legislativo n. 267/2000.

18 Il 7 giugno 2005 la Conferenza approvava gli schemi di atto costitutivo della società per azioni e dello statuto della stessa, nonché il progetto relativo alla convenzione di gestione di detto servizio il cui art. 1 prevede l’affidamento diretto del servizio, in via esclusiva, alla costituenda società mista (gestore del servizio idrico integrato).

19 Successivamente, veniva pubblicato, in particolare nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee dell’8 ottobre 2005 (GU S 195), un bando di gara per la selezione dell’imprenditore, socio privato di minoranza, al quale affidare l’attività operativa del servizio idrico integrato e l’esecuzione dei lavori connessi alla gestione esclusiva di tale servizio, intendendosi per essi i lavori previsti in particolare nel Piano Operativo Triennale approvato dalla Conferenza dei Sindaci il 15 dicembre 2003.

20 Ai sensi dell’art. 1, punto 8, del disciplinare di gara, «[l]e opere da realizzare sono quelle rientranti nel [Piano Operativo Triennale], così come modificato e/o integrato dall’offerta, nonché nel successivo progetto conoscenza previsto nel [Piano d’Ambito] (…)», e «per l’affidamento dei lavori non eseguiti direttamente dal socio privato si dovrà fare ricorso alle procedure di evidenza pubblica previste per legge».

21 Alla gara partecipavano tre raggruppamenti temporanei di imprese aventi come capogruppi mandatari, rispettivamente, la Saceccav Depurazioni Sacede SpA, l’Acoset SpA e l’Aqualia SpA. La commissione di gara escludeva l’Aqualia SpA ed ammetteva gli altri. Successivamente, il responsabile della procedura invitava le ditte rimaste in gara a dichiarare se persistesse il loro interesse. Dava riscontro positivo a detto invito solo l’Acoset SpA.

22 Risulta ancora dalla decisione di rinvio che la Conferenza, anziché prendere atto dell’aggiudicazione e procedere alla costituzione della società mista di gestione per l’immediato avvio del servizio in argomento e la fruizione dei fondi comunitari, nella seduta del 26 febbraio 2007, paventando l’illegittimità della procedura espletata per violazione del diritto comunitario, decideva di annullare la procedura di scelta dell’Acoset. La segreteria tecnico operativa dell’ATO quindi, con nota del 28 febbraio 2007, comunicava all’Acoset l’avvio del procedimento di annullamento e l’Acoset trasmetteva le proprie osservazioni con nota del 26 marzo 2007.

23 Il 2 ottobre 2007 la Conferenza si pronunciava a favore dell’annullamento della procedura di gara in questione e adottava, quale forma di gestione del servizio idrico integrato di Ragusa, quella del «consorzio». Con nota del 9 ottobre successivo, veniva comunicato all’Acoset l’annullamento della procedura di gara.

24 Nell’ambito del proprio ricorso principale avverso la decisione del 2 ottobre 2007 e gli atti ad essa connessi, l’Acoset chiedeva che le fosse riconosciuto il diritto a un risarcimento in forma specifica mediante l’aggiudicazione dell’appalto e un risarcimento per equivalente dei danni subiti in conseguenza dei provvedimenti impugnati. L’Acoset inoltre chiedeva, con domanda cautelare, la sospensione interinale degli atti impugnati.

25 Secondo l’Acoset, l’affidamento diretto della gestione di servizi pubblici locali a società miste pubblico-private conformemente all’art. 113, quinto comma, lett. b), del decreto legislativo n. 267/2000, nelle quali il socio privato è stato scelto attraverso l’espletamento di gare nel rispetto delle norme comunitarie in materia di concorrenza, è compatibile con il diritto comunitario.

26 I convenuti nella causa principale ritengono invece che il diritto comunitario autorizzi un siffatto affidamento di opere e servizi, in via diretta e senza gara, solo in favore di società a partecipazione pubblica totalitaria, le quali realizzino la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che le controllano e sulle quali questi ultimi esercitino un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi (v., in particolare, sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau, Racc. pag. I-1).

27 Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia osserva che la questione, sollevata dall’Acoset, in ordine alla compatibilità dell’attribuzione diretta dell’appalto di cui è causa in relazione al diritto comunitario, è pertinente e che la risposta a detta questione non può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza della Corte.

28 Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha quindi deciso di sospendere il giudizio in merito alla domanda di sospensione dell’esecuzione formulata in via principale e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se [sia] conforme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza e libera concorrenza di cui agli artt. 43 [CE], 49 [CE] e 86 [CE], un modello di società mista pubblico-privata costituita appositamente per l’espletamento di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggetto sociale esclusivo, che sia direttamente affidataria del servizio in questione, nella quale il socio privato con natura “industriale” ed “operativa” sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specifiche da fornire».

Sulla ricevibilità

29 Il governo austriaco osserva che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile in quanto la decisione di rinvio non fornisce sufficienti informazioni riguardo al contesto fattuale e normativo in cui rientra il procedimento principale per consentire alla Corte di risolvere utilmente la questione pregiudiziale. In particolare, non sarebbero state fornite informazioni sulla specificità della prestazione o delle prestazioni di cui è causa, sul contenuto del bando di gara e della procedura di aggiudicazione dell’appalto nonché su alcune nozioni utilizzate nella questione sottoposta.

30 Per quanto riguarda le informazioni che devono essere fornite alla Corte nell’ambito di una decisione di rinvio, occorre ricordare che queste informazioni non servono solo a consentire alla Corte di dare soluzioni utili, ma devono anche conferire ai governi degli Stati membri nonché alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. A tal fine, risulta da una giurisprudenza costante che, da un lato, è necessario che il giudice nazionale definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Dall’altro, la decisione di rinvio deve indicare i motivi precisi che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario e a ritenere necessaria la formulazione di questioni pregiudiziali alla Corte. In tale contesto, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni comunitarie di cui chiede l’interpretazione e sul nesso che individua tra quelle disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui alla causa principale (v., in particolare, sentenza 6 marzo 2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a., Racc. pag. I-1891, punto 34).

31 La decisione di rinvio del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia risponde a tali condizioni.

32 Infatti, il giudice nazionale menziona le disposizioni nazionali applicabili e la decisione di rinvio comporta una descrizione dei fatti che, sebbene sintetica, è sufficiente per consentire alla Corte di statuire. Inoltre, il giudice a quo menziona i motivi che l’hanno indotto a ritenere necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte, in quanto essa contiene una descrizione dettagliata degli opposti punti di vista sostenuti dalle parti nella causa principale per quanto riguarda l’interpretazione delle disposizioni comunitarie oggetto della questione pregiudiziale e, secondo il giudice del rinvio, la soluzione della detta questione non può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza della Corte.

33 Peraltro, la Conferenza osserva che, poiché la procedura di selezione del socio privato di cui alla causa principale è stata annullata, l’Acoset non ha alcun interesse ad agire al fine di ottenere una soluzione per la questione sottoposta.

34 Al riguardo, è sufficiente rilevare che l’art. 234 CE ha previsto una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un procedimento indipendente da ogni iniziativa delle parti e nel corso del quale queste ultime sono solamente invitate a presentare le loro osservazioni in merito a questioni che possono essere proposte esclusivamente dal giudice nazionale (v., in tal senso, in particolare, sentenza 9 dicembre 1965, causa 44/65, Singer, Racc. pag. 952).

35 Pertanto, occorre esaminare la questione sottoposta dal giudice del rinvio.

Sulla questione pregiudiziale

36 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE ostino all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui alla causa principale, a una società a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente ai fini della fornitura di detto servizio e con un oggetto sociale esclusivo, in cui il socio privato è scelto mediante procedura ad evidenza pubblica previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione relativamente al servizio che deve essere erogato nonché delle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni da fornire.

37 In via preliminare, occorre osservare che l’attribuzione di un servizio pubblico locale consistente nella gestione del servizio idrico integrato, come quello oggetto della causa principale, potrebbe rientrare, stando alla natura del corrispettivo di tale servizio, nella definizione di «appalti pubblici di servizi» o in quella di «concessione di servizi» ai sensi, rispettivamente, dell’art. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della direttiva 2004/18, oppure, eventualmente, dell’art. 1, nn. 2, lett. d), e 3, lett. b), della direttiva 2004/17, il cui art. 4, n. 1, lett. a), prevede che quest’ultima si applica alla messa a disposizione o alla gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o all’alimentazione di tali reti con acqua potabile.

38 La questione se un’operazione debba o meno essere qualificata come «concessione di servizi» o di «appalti pubblici di servizi» dev’essere valutata esclusivamente alla luce del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza 18 luglio 2007, causa C-382/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I-6657, punto 31).

39 La differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi (v., in particolare, sentenza 10 settembre 2009, causa C-206/08, WAZV Gotha, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51). «Un appalto pubblico di servizi» ai sensi delle direttive 2004/18 e 2004/17 comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi (v., in particolare, sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punto 39). Si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v., in particolare, sentenze 13 novembre 2008, causa C-437/07, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 29 e 31, nonché WAZV Gotha, cit., punti 59 e 68).

40 Il giudice del rinvio fa riferimento alla costituenda società mista pubblico-privata da istituire in qualità di «concessionario» della gestione del servizio integrato idrico. Dal fascicolo emerge che la durata dell’operazione è fissata a trent’anni.

41 Parimenti, il governo italiano osserva che si tratta in modo del tutto evidente dell’affidamento di un pubblico servizio attraverso concessione trentennale, il cui principale corrispettivo consiste nella possibilità di richiedere agli utenti la tariffa idrica che la procedura di gara individua come compensativa del servizio reso.

42 La Corte presuppone quindi che si tratti di una concessione.

43 La Corte ha ravvisato l’esistenza di una concessione di servizi, in particolare, nei casi in cui la remunerazione del prestatore proveniva da pagamenti effettuati dagli utenti di un parcheggio pubblico, di un servizio di trasporto pubblico e di una rete di teledistribuzione (v. sentenze Parking Brixen, cit., punto 40; 6 aprile 2006, causa C-410/04, ANAV, Racc. pag. I-3303, punto 16, e 13 novembre 2008, causa C-324/07, Coditel Brabant, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24).

44 L’art. 17 della direttiva 2004/18 dispone che, fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 3 della stessa direttiva, quest’ultima non si applica alle concessioni di servizi. Parimenti, l’art. 18 della direttiva 2004/17 ne esclude l’applicazione alle concessioni di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o più attività di cui agli artt. 3-7, quando la concessione ha per oggetto l’esercizio di dette attività.

45 È peraltro pacifico che l’esecuzione dei lavori collegati alla gestione esclusiva del servizio idrico integrato su cui verte la causa principale presentano carattere accessorio rispetto all’oggetto principale della concessione di cui trattasi consistente nella fornitura di detto servizio, di modo che quest’ultima non può essere qualificata come «concessione di lavori pubblici» (v., in tal senso, in particolare, sentenza 19 aprile 1994, causa C-331/92, Gestión Hotelera Internacional, Racc. pag. I-1329, punti 26-28, e art. 9, n. 1, della direttiva 2004/17).

46 Anche se i contratti di concessione di servizi pubblici sono esclusi dall’ambito applicativo delle direttive 2004/18 e 2004/17, le pubbliche autorità che li concludono sono tuttavia tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato CE in generale, e il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità in particolare (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 18).

47 Le disposizioni del Trattato specificamente applicabili alle concessioni di servizi pubblici comprendono in particolare gli artt. 43 CE e 49 CE (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 19).

48 Oltre al principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, si applica alle concessioni di servizi pubblici anche il principio della parità di trattamento tra offerenti, e ciò anche in assenza di discriminazione sulla base della nazionalità (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 20).

49 I principi di parità di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalità comportano, in particolare, un obbligo di trasparenza che permette all’autorità pubblica concedente di assicurarsi che tali principi siano rispettati. L’obbligo di trasparenza posto a carico di detta autorità consiste nel dovere di garantire, ad ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità, che consenta l’apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 21).

50 Risulta inoltre dall’art. 86, n. 1, CE che gli Stati membri non possono mantenere in vigore una normativa nazionale che consenta l’affidamento di concessioni di servizi pubblici senza procedura concorrenziale, poiché un simile affidamento viola gli artt. 43 CE o 49 CE o ancora i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 23).

51 L’applicazione delle regole enunciate agli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE, nonché dei principi generali di cui esse costituiscono la specifica espressione, è esclusa se, allo stesso tempo, il controllo esercitato sul concessionario dall’autorità pubblica concedente è analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e se il detto concessionario realizza la parte più importante della propria attività con l’autorità che lo detiene (v., in particolare, sentenza ANAV, cit., punto 24). In un caso siffatto, l’indizione della gara non è obbligatoria, anche se la controparte contrattuale è un ente giuridicamente distinto dall’amministrazione aggiudicatrice (v., in particolare, sentenza 10 settembre 2009, causa C-573/07, Sea, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36).

52 Detta giurisprudenza rileva sia per l’interpretazione delle direttive 2004/18 e 2004/17 sia per quella degli artt. 43 CE e 49 CE nonché dei principi generali di cui essi costituiscono la specifica espressione (v., in particolare, sentenza Sea, cit., punto 37).

53 La partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice in questione esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi (v., in particolare, sentenza Sea, cit., punto 46).

54 Tale è il caso della concessione di cui trattasi nella causa principale, nel contesto della quale il socio privato deve sottoscrivere il 49% del capitale sociale della società a capitale misto alla quale è stata attribuita la concessione in questione.

55 Pertanto, occorre stabilire con maggiore precisione se l’affidamento del servizio pubblico in questione alla società mista pubblico-privata senza indizione di gara specifica sia compatibile con il diritto comunitario, dal momento che la gara d’appalto finalizzata all’individuazione del socio privato cui affidare la gestione integrale del servizio idrico è stata effettuata nel rispetto degli artt. 43 CE e 49 CE nonché dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione a motivo della nazionalità, così come dell’obbligo di trasparenza che ne discende.

56 Dalla giurisprudenza emerge che l’attribuzione di un appalto pubblico ad una società mista pubblico-privata senza indizione di gara pregiudicherebbe l’obiettivo di una concorrenza libera e non falsata ed il principio della parità di trattamento, nella misura in cui una procedura siffatta offrirebbe ad un’impresa privata presente nel capitale di detta società un vantaggio rispetto ai suoi concorrenti (sentenze Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 51, nonché 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punto 48).

57 Peraltro, come osservato al punto 2.1 della Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI) (GU 2008, C 91, pag. 4), il fatto che un soggetto privato e un’amministrazione aggiudicatrice cooperino nell’ambito di un’entità a capitale misto non può giustificare il mancato rispetto, in sede di aggiudicazione di concessioni a tale soggetto privato o all’entità a capitale misto, delle disposizioni in materia di concessioni.

58 Tuttavia, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, introdurre una doppia gara sarebbe difficilmente compatibile con l’economia delle procedure cui si ispirano i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, come quello su cui verte la causa principale, poiché l’istituzione di questi organismi riunisce in uno stesso atto la scelta di un socio economico privato e l’aggiudicazione della concessione alla società a capitale misto da istituire a tale esclusivo scopo.

59 Sebbene la mancanza di gara nel contesto dell’aggiudicazione di servizi risulti inconciliabile con gli artt. 43 CE e 49 CE e con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, la scelta del socio privato nel rispetto degli obblighi ricordati ai punti 46-49 della presente sentenza e l’individuazione dei criteri di scelta del socio privato consentono di ovviare a detta situazione, dal momento che i candidati devono provare, oltre alla capacità di diventare azionisti, anzitutto la loro perizia tecnica nel fornire il servizio nonché i vantaggi economici e di altro tipo derivanti dalla propria offerta.

60 Dato che i criteri di scelta del socio privato si riferiscono non solo al capitale da quest’ultimo conferito, ma altresì alle capacità tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al socio in questione viene affidata, come nella fattispecie di cui alla causa principale, l’attività operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di quest’ultimo, si può ritenere che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicché non si giustificherebbe una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario.

61 Il ricorso, in tale situazione, a una duplice procedura, in primo luogo, per la selezione del socio privato della società a capitale misto e, in secondo luogo, per l’aggiudicazione della concessione a detta società sarebbe tale da disincentivare gli enti privati e le autorità pubbliche dalla costituzione di partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, come quelli di cui trattasi nella causa principale, a motivo della durata inerente alla realizzazione di siffatte gare e dell’incertezza giuridica per quanto attiene all’aggiudicazione della concessione al socio privato previamente selezionato.

62 Occorre precisare che una società a capitale misto, pubblico e privato, come quella di cui trattasi nella causa principale deve mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione e che qualsiasi modifica sostanziale del contratto comporterebbe un obbligo di indire una gara (v., in tal senso, sentenza 19 giugno 2008, causa C-454/06, pressetext Nachrichtenagentur, Racc. pag. I-4401, punto 34).

63 Tenuto conto di quanto precedentemente considerato, si deve risolvere la questione sottoposta nel senso che gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una società a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dell’offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento imposti dal Trattato per le concessioni.

Sulle spese

64 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Gli artt. 43 CE, 49 CE e 86 CE non ostano all’affidamento diretto di un servizio pubblico che preveda l’esecuzione preventiva di determinati lavori, come quello di cui trattasi nella causa principale, a una società a capitale misto, pubblico e privato, costituita specificamente al fine della fornitura di detto servizio e con oggetto sociale esclusivo, nella quale il socio privato sia selezionato mediante una procedura ad evidenza pubblica, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere e delle caratteristiche dell’offerta in considerazione delle prestazioni da fornire, a condizione che detta procedura di gara rispetti i principi di libera concorrenza, di trasparenza e di parità di trattamento imposti dal Trattato CE per le concessioni.


Consiglio di Stato, Quinta sezione, Decisione 31 marzo 2009, n. 5082/09

 

 

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale  - Quinta  Sezione

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 10025/2007  del  20/12/2007 , proposto dalCONSORZIO DI BACINO 16, rappresentato e difeso dall’avv.  CARLO GONELLA, con domicilio eletto in Roma,   P.ZZA GIUNONE REGINA N.1;

contro

il COMUNE DI SAN MAURO rappresentato e difeso dall’avv. PAOLO SCAPARONE, con domicilio  eletto in Roma, CORSO V.EMANUELE II, N.18, presso il dottor GIAN MARCO GREZ;

e nei confronti della

SETA S.P.A., non costituitasi; e dell’ATOR - CONSORZIO ASSOC. D'AMBITO TORINESE GOVERNO RIFIUTI, non costituitosi;

Sul ricorso in appello n. 10036/2007 del  21/12/2007, proposto dalla SOCIETA' ECOLOGICA TERRITORIO AMBIENTE - SETA S.P.A., rappresentata e difesa dall’avv. FABRIZIO PIETROSANTI, con domicilio eletto in Roma, VIA ALESSANDRO FLEMING, 55;

contro

il COMUNE DI SAN MAURO TORINESE rappresentato e difeso dall’avv. PAOLO SCAPARONE, con domicilio eletto in Roma, CORSO V. EMANUELE II, N.18,  presso il dottor   GIAN MARCO   GREZ;

e nei confronti del

CONSORZIO DI BACINO 16; e del  CONSOR. ASSOCIAZ. D'AMBITO TORINESE PER IL GOVERNO DEI RIF., non costituitisi;

per la riforma

della sentenza del TAR PIEMONTE - TORINO - Sezione II,  n.3302/2007;

Visti gli atti  di appello con i relativi allegati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 31 Marzo 2009, relatore il Consigliere  Francesco Caringella  ed uditi, altresì, gli avvocati C. Gonella,  e Scaparone;

FATTO  DIRITTO

1. Giovapreliminarmente dare atto dello svolgimento dei fatti esposto dal Primo Giudice sulla scorta della narrativa del ricorso introduttivo.

In seguito all’entrata in vigore della legge regionale 24 ottobre 2002, n. 24, di disciplina organica della gestione dei rifiuti, nei limiti delle competenze attribuite alle Regioni dal “nuovo” Titolo V della Costituzione ai sensi della l. cost. n. 3/2001, era costituito il “Consorzio di Bacino 16” allo scopo di perseguire le finalità di cui all’art. 11 l.r. cit., relative alla gestione associata dei servizi, di cui al precedente art. 10, comma 1, attraverso consorzi obbligatori tra comuni. Detti consorzi  provvedevano, in particolare, al diretto esercizio del servizio di gestione rifiuti, subentrando “ex lege” anche ai precedenti rapporti giuridici tra i singoli comuni e i terzi esercenti del servizio in questione.

A tale consorzio obbligatorio partecipava anche il Comune di San Mauro Torinese.

L’Assemblea Straordinaria dei soci del Consorzio, con deliberazione n. 10 del 12 marzo 2004, richiamando quanto previsto dall’art. 113, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 267/2000, come modificato dall’art. 14 d.l. n. 269/2003, conv. in l. 326/2003, in ordine alla modalità di individuazione dei soggetti gestori e di conferimento della titolarità dei servizi di cui all’esercizio di funzioni di governo e coordinamento, di cui all’art. 11 l.r. cit., individuava nella SETA S.p.A., società a totale partecipazione pubblica avente ad oggetto la gestione dei servizi di igiene ambientale, il soggetto corrispondente alle caratteristiche di legge al fine dell’affidamento diretto, in quanto: “… a) il capitale sociale della S.E.T.A. SpA è interamente pubblico; b) i Comuni associati nel Consorzio di Bacino 16 esercitano sulla S.E.T.A. SpA un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi in quanto: - i Comuni aderenti al Consorzio di Bacino 16 hanno assunto una forma associativa tramite la quale si esercita il controllo sul servizio svolto dalla S.E.T.A. Spa; - il controllo esercitabile dai singoli Comuni non deve essere inteso in termini di rispettiva partecipazione azionaria, in quanto la ‘analogia’ deve essere valutata in relazione al servizio reso dalla società che lo gestisce. Tale controllo è ulteriormente esercitato dai comuni titolari del capitale sociale: - in primo luogo in modo associato tramite il Consorzio come sopra esposto; - in secondo luogo tramite i singoli contratti di servizio. Tali contratti dovranno uniformarsi a schema tipo predisposto dal Consorzio, il quale dovrà garantire l’uniformità del servizio e l’equivalenza delle condizioni generali. Sulla base di tali contratti i singoli Comuni e la S.E.T.A. SpA definiranno le specifiche del servizio in relazione alla peculiarità del proprio territorio; c) la S.E.T.A. SpA, avente ad oggetto la gestione dei servizi di igiene ambientale, svolge la propria preponderante attività con i Comuni che la controllano …” e, quindi, stabiliva “1) ... 2) ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. c) del d.lgs. 18.8.2000 n. 267, di conferire la titolarità del servizio di gestione rifiuti alla SETA S.p.A.; 3) di rinviare a successiva deliberazione e, da assumerne entro il termine di 90 giorni dalla presente, l’approvazione della convenzione di affidamento del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani di cui all’art. 10, punto 1, lett. a) e b), l.r. 24/2002 per regolare i rapporti tra Consorzio di bacino e S.E.T.A. S.p.A.; 4. di rinviare a successiva deliberazione da assumerne entro il termine di 90 giorni dalla presente, l’approvazione di un contratto di servizio tipo che S.E.T.A. dovrà stipulare con i singoli comuni; 5) di fare luogo all’affidamento nei confronti dei Comuni per i quali la società S.E.T.A. non ancora gestisce il servizio a decorrere dalla scadenza dei rispettivi rapporti contrattuali; 6) di affidare alla S.E.T.A. S.p.A. in via transitoria la gestione dei servizi nei Comuni per i quali il rapporto contrattuale in essere venga a immediata scadenza mediante contratti da eseguire sulla base dei contenuti del contratto tipo di cui al punto 4 entro 120 giorni dalla presente deliberazione; 7) di riservare l’affidamento del servizio del Comune di San Mauro T.se, attualmente non socio di S.E.T.A., a successivi provvedimenti”.

Infatti, il Comune di San Mauro Torinese, che aveva affidato a terzi la gestione del servizio in questione sul suo territorio fino al 31 dicembre 2006, solo in data 15 luglio 2004 decideva di sottoscrivere l’acquisizione di una quota azionaria della SETA S.p.A. con la deliberazione di C.C. n. 39, anche se, poi, a tale intendimento non era data concreta attuazione.

Con l’approssimarsi della scadenza del termine di affidamento del servizio sopra ricordato (comunque prorogabile fino al 30 giugno 2007), il Sindaco del Comune di San Mauro Torinese, anche in considerazione dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in relazione al c.d. affidamento “in house” di servizi pubblici da parte di enti locali o di enti esponenziali di interessi locali, con nota prot. n. 10345 del 5 dicembre 2006 indirizzata al Consorzio di Bacino 16 - e, per conoscenza, alla Regione Piemonte e alla Provincia di Torino - richiamando una precedente lettera del 10 ottobre 2006, evidenziava che, a sua opinione, per le motivazioni ivi esposte, non sussistevano “i presupposti di legittimità per l’affidamento in house da parte del Consorzio alla società SETA S.p.A. dello svolgimento del servizio di igiene urbana nel Comune di San Mauro Torinese, sia perché il Comune non è socio della Società stessa, sia perché mancano le condizioni previste dall’art. 113 del D.lgs. 267/2000. In particolare, in base alla recente sentenza del T.A.R. Piemonte (Sez. II del 13/11/2006 n. 4164), risulta che non sussistano in capo alla Società SETA S.p.A. le condizioni di ‘controllo analogo’ ed il requisito di ‘attività prevalente’ … A tal fine siamo a richiedere che … codesto Consorzio attivi una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio sul territorio di San Mauro Torinese, a decorrere dal 1° luglio 2007, per una durata di almeno quattro anni …”.

Il Consorzio di Bacino 16,  con lettera del 19 dicembre 2006, comunicava tuttavia   al Comune di San Mauro Torinese che, dal 1° gennaio 2007, intendeva affidare alla SETA S.p.A. anche la gestione del servizio di igiene urbana in quel Comune.

In seguito alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 2 del 2 febbraio 2007, il Comune di San Mauro Torinese, dal canto suo, revocava la precedente deliberazione, n. 39/2004, con la quale aveva deciso di acquisire una quota nella SETA S.p.A., anche se a tale acquisto non era stata data ancora attuazione.

Pur sussistendo tali intendimenti del Comune di San Mauro Torinese, l’Assemblea del Consorzio di Bacino n. 16, con deliberazione n. 2 del 7 febbraio 2007, richiamando ampiamente nelle premesse i presupposti della vicenda, stabiliva “1) di confermare le determinazioni già a suo tempo assunte dall’assemblea straordinaria del Consorzio di Bacino nella seduta del 12 marzo 2004 n. 10 quanto al “conferimento della titolarità del servizio di gestione operativa de irifiuti urbani ai sensi degli artt. 113, comma 5, d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267, - scelta della modalità dell’affidamento” in favore della Società Seta s.p.a., con sede in Settimo Torinese; 2) di confermare in capo alla detta Società la titolarità della gestione del servizio raccolta e trasporto, ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 267/2000, nel territorio dell’intero Consorzio di Bacino 16, ivi compreso quindi quello del Comune di San Mauro …”.

Con il ricorso di primo grado il Comune di San Mauro Torinese chiedeva, previa concessione di misura cautelare, l'annullamento delle deliberazioni assembleari del Consorzio n. 2/2007 e n. 10/2004, e degli altri atti in epigrafe menzionati.

Con la sentenza appellata i primi Giudici hanno accolto il ricorso.

Propongono separati appelli il Consorzio di bacino 16 e la Seta s.p.a.

Resiste il Comune di San Mauro Torinese.

Le parti appellanti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

2. L’identità della sentenza gravata impone la riunione dei ricorsi.

3. La causa è  matura per la decisione.

 Stante anche l’opposizione formulata dal Comune appellato,  non è  suscettibile di accoglimento l’istanza di rinvio presentata nell’imminenza dell’udienza  dalle parti appellanti in relazione alla pendenza di altro giudizio che il Collegio non considera pregiudiziale rispetto al presente.

4. Gli appelli sono infondati alla stregua  delle considerazioni che seguono.

4.1. Non merita accoglimento, in primo luogo, il motivo di appello con cui entrambe le parti appellanti contestano la sussistenza, in capo al Comune originariamente ricorrente, dell’interesse e della legittimazione all’impugnazione dei provvedimenti relativi all’affidamento del servizio in parola stante  l’introduzione, per effetto della legge regionale n. 24/2002, di un nuovo modello di gestione del servizio di igiene urbana imperniato  sul trasferimento dell’esercizio del servizio ai singoli consorzi obbligatori, con conseguente sottrazione ai singoli enti locali territoriali comunali non disporrebbero più di autonomo potere sul governo ed esercizio del servizio e, di conseguenza, della relativa competenza. Osserva, al riguardo, il Collegio che la partecipazione del Comune al  consorzio ed il passaggio al secondo delle competenza in ordine alla gestione del servizio pubblico non spoglia certo il Comune della titolarità e della difesa dell’interesse della collettività comunale alla corretta gestione del servizio pubblico dei rifiuti. Non può quindi revocarsi in dubbio  la legittimazione del Comune, quale  titolare di competenze  sostanziali  proprie  ed autonome non incise  dal modello consortile, ad impugnare gli  atti promananti dal consorzio che siano suscettibili di ledere la sfera giuridica dei suoi interessi di riferimento, in relazione alle sue funzioni istituzionalmente individuate dalla legge con  riguardo alla titolarità del  servizio pubblico di gestione dei rifiuti che riguarda la collettività comunale di cui il Comune è ente esponenziale (C.G.A.R.S., 27.10.2006, n. 589; Cons. Stato, sez. VI, 27.5.2003, n. 2939). Con detta iniziativa giudiziaria, infatti, il Comune non  contesta la spettanza in capo al Consorzio delle prerogative ex lege attribuite allo stesso in ordine alla gestione ed all’affidamento  del servizio in esame ma contesta la correttezza delle modalità dell’esercizio delle sue competenze, con  precipuo riguardo alla  lesione inferta all’interesse della collettività territoriale di cui il Comune è e resta ente esponenziale per eccellenza.

In questo quadro il Tribunale  ha correttamente rimarcato che il  Consorzio obbligatorio, ai sensi della legge regionale,  costituisce un mero modulo organizzativo e di coordinamento che non espropria  i singoli comuni delle funzioni proprie riconosciute dalla normativa statale nonché dalla stessa Carta costituzionale (art. 114 Cost.), così da impedirgli addirittura la tutela in sede giurisdizionale.

4.2.  E’ infondato anche il motivo di appello con cui si reitera l’eccezione  secondo  cui  sussisterebbe carenza di interesse “in concreto” al ricorso alla luce della partecipazione adesiva di un rappresentante del Comune di San Mauro Torinese alla delibera dell’assemblea straordinaria del consorzio n. 10 del 12 marzo 2004, in cui si era dato luogo alla scelta dell’affidamento diretto a SETA S.p.A..

La Sezione conviene con il  Primo Giudice  in merito all’impossibilità di attribuire valenza preclusiva alla partecipazione del  Comune ad una delibera che non ne toccava la sfera giuridica.    Nel  dispositivo di tale delibera era infatti  esplicitamente previsto che per tutti i comuni consorziati si provvedeva all’affidamento, pur se con decorrenze differenziate,   sulla scorta del presupposto della sussistenza del controllo analogo mentre per il Comune di San Mauro Torinese, “attualmente non socio di S.E.T.A.” l’affidamento sarebbe intervenuto per mezzo di  “ successivi provvedimenti”.  Con il che è concettualmente chiaro che il rappresentante del comune di San Mauro Torinese, ha contribuito  a formare la volontà consortile relativamente ai soli altri consorziati ma non ha votato una delibera che riguardava il Comune medesimo. Ne consegue la non configurabilità di alcuna  “acquiescenza”, con riguardo alla delibera consortile del 12 marzo 2004, circa le  scelte del Consorzio di Bacino 16 sull’affidamento del servizio in questione. Dette scelte sono intervenute, con riguardo al Comune appellato, solo con  l’ approvazione della delibera n. 2/2007, che risulta, quindi, ritualmente e tempestivamente gravata.

4.3. Le considerazioni esposte evidenziano altresì l’infondatezza dell’eccezione di tardività dell’impugnazione della  delibera n. 10 del 12 marzo 2004, in relazione alla data di pubblicazione, avvenuta il 25 marzo 2004, posto che detta  delibera  non ha sortito  effetti lesivi diretti nei confronti del Comune ricorrente  prima dell’adozione dei  “successivi provvedimenti” nella stessa preannunciati, provvedimenti  materializzatisi, per l’appunto,  con  la successiva delibera n. 2 del 7 febbraio 2007, con la quale il Consorzio ha imposto al Comune l’affidamento “in house” a SETA S.p.A..

4.3. Sgombrato il campo dalle questioni preliminari, si può ora passare ai motivi di appello con cui entrambe le parti ricorrenti contestano nel merito le argomentazioni  svolte dal primo Giudice al fine di pervenire alla conclusione dell’insussistenza dei presupposti giustificativi dell’affidamento diretto in house della gestione del servizio in  favore della Seta s.p.a., ossa il cd. controllo analogo dell’affidamento rispetto all’affidatario e la  dedizione sostanzialmente esclusiva dell’attività di quest’ultimo  rispetto ai bisogni ed ai fini del primo .

4.3.1. Giova esaminare in primo luogo le questioni che ruotano attorno al presupposto del controllo analogo.

4.3.1.1. In prima battuta occorre valutare se, in caso di affidamento in favore di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo debba essere esercitato da ognuno degli enti territoriali che si avvalgono della società per il soddisfacimento delle esigenze della collettività di riferimento o se sia sufficiente che detto controllo venga espletato dai soci nella loro totalità. Si deve cioè valutare se in materia debba prevalere un approccio atomistico che consideri singulatim la posizione di ogni ente locale rispetto ad un criterio sintetico che traguardi in modo complessivo la collettività dei soci governata in ambito societario attraverso il metodo maggioritario.

Il Collegio, in adesione all’impostazione di recente tracciata dalla Sezione con la decisione n. 1365/2009, reputa di dovere seguire il criterio sintetico imperniato sui rapporti tra la collettività degli enti pubblici socie rispetto alla società affidataria.

Va premesso che l’istituto dell’ in house providing riviene una precisa matrice comunitaria nei pronunciati della  Corte di Lussemburgo. L’interpretazione della normativa interna (art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i.) va dunque condotta sul filo di quei vincolanti precedenti, come accade ogniqualvolta il giudice nazionale si trovi a dover fare applicazione di nozioni forgiate in ambito sovranazionale.

La questione è stata per l’appunto esplorata, in modo esaustivo, da una recente pronuncia del Giudice comunitario.

       Si fa riferimento  alla  sentenza della Corte  di Giustizia  13 novembre 2008, in causa C-324-07, sulla vicenda “Coditel Brabant SA”.

Il Consiglio di Stato del Regno del Belgio aveva difatti sottoposto alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali pienamente conferenti rispetto all’oggetto del presente contenzioso. In dettaglio, il Consiglio di Stato  belga era  stato investito dal ricorso promosso da una società, per l’appunto la Coditel Brabant SA, avverso la decisione del Comune di Uccle di associarsi ad una società cooperativa di soli comuni (“Brutélé”) e di affidare direttamente a quest’ultima la gestione della rete di teledistribuzione. Il Consiglio di Stato belga, dopo aver premesso che le decisioni della  Brutélé erano prese, a maggioranza, dagli organi statutari composti da rappresentanti delle autorità pubbliche associate, aveva  dunque chiesto alla Corte europea:

2) se i poteri … esercitati, tramite organi statutari, da tutti i cooperatori, o da una parte di questi nel caso di settori o sottosettori di gestione, sulle decisioni della società cooperativa possano essere considerati tali da consentire loro di esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello esercitato sui loro propri servizi.

3) Se tali poteri e tale controllo, per poter essere qualificati analoghi, debbano essere esercitati individualmente da ciascun associato o se sia comunque sufficiente che vengano esercitati dalla maggioranza degli associati”.

       La Corte di giustizia ha risposto con le seguenti statuizioni di principio.

       Con riferimento al primo quesito (sopra contrassegnato dal numero 2), il Giudice comunitario ha affermato che: “28. Per valutare se un’autorità pubblica concedente eserciti sull’ente concessionario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi è necessario tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da quest’esame deve risultare che l’ente concessionario è soggetto a un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detto ente (v., in tal senso, sentenze Parking Brixen, cit., punto 65, e 11 maggio 2006, causa C 340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I 4137, punto 36). … 34. La circostanza che gli organi decisionali della Brutélé siano composti di delegati delle autorità pubbliche ad essa associate indica che queste ultime controllano gli organi decisionali dell’ente di cui trattasi e sono dunque in grado di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della Brutélé.”.

       Onde risolvere il problema posto dal Consiglio di Stato belga la Corte di giustizia ha quindi enunciato il seguente principio: “42. … –  Con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio dei fatti attinenti al margine di autonomia di cui fruisce la società in causa, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, ove le decisioni relative alle attività di una società cooperativa intercomunale detenuta esclusivamente da autorità pubbliche sono adottate da organi statutari di detta società composti da rappresentanti delle autorità pubbliche associate, il controllo esercitato su tali decisioni dalle autorità pubbliche in parola può essere considerato tale da consentire loro di esercitare sulla società di cui trattasi un controllo analogo a quello che esercitano sui propri servizi.”.

       Sull’altro quesito, relativo alla possibilità di considerare “controllo analogo”, ai sensi della sentenza  Teckal, anche il controllo esercitato, non individualmente, ma congiuntamente da parte di più autorità socie, deliberando, se del caso, a maggioranza, la Corte ha ricordato che la sua giurisprudenza “impone che il controllo esercitato sull’ente concessionario da un’autorità pubblica concedente sia analogo a quello che la medesima autorità esercita sui propri servizi, ma non identico ad esso in ogni elemento (v., in tal senso, sentenza Parking Brixen, cit., punto 62). L’importante è che il controllo esercitato sull’ente concessionario sia effettivo, pur non risultando indispensabile che sia individuale.”.

       La Corte, offrendo anche un’interpretazione autentica dei suoi precedenti in materia (con precipuo riferimento alle sentenze “Corame” e “Asemfo” le cui statuizioni si presentavano prima facie difficilmente conciliabili), ha poi chiarito che:

- allorquando “47. … varie autorità pubbliche scelgono di svolgere le loro missioni di servizio pubblico facendo ricorso ad un ente concessionario comune, è di norma escluso che una di tali autorità, salvo che detenga una partecipazione maggioritaria nell’ente in questione, eserciti da sola un controllo determinante sulle decisioni di tale ente. Richiedere che il controllo esercitato da un’autorità pubblica in un caso del genere sia individuale avrebbe la conseguenza d’imporre una gara di appalto nella maggior parte dei casi in cui un’autorità pubblica intendesse associarsi ad un gruppo formato da altre autorità pubbliche, come una società cooperativa intercomunale.”;

- “48. … un risultato del genere non sarebbe conforme al sistema di norme comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni. Si riconosce, infatti, che un’autorità pubblica ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 48). 49. Detta possibilità per le autorità pubbliche di ricorrere ai propri strumenti per adempiere alle loro missioni di servizio pubblico può essere utilizzata in collaborazione con altre autorità pubbliche (v., in tal senso, sentenza Asemfo, cit., punto 65).”;

- pertanto, “50. Occorre quindi riconoscere che, nel caso in cui varie autorità pubbliche detengano un ente concessionario cui affidano l’adempimento di una delle loro missioni di servizio pubblico, il controllo che dette autorità pubbliche esercitano sull’ente in parola può venire da loro esercitato congiuntamente.”;

- inoltre “51. Trattandosi di un organo collegiale, la procedura utilizzata per adottare la decisione, segnatamente il ricorso alla maggioranza, non incide.”;

- “52. Siffatta conclusione non è inficiata dalla citata sentenza Coname. Di sicuro la Corte ha ivi considerato che una partecipazione dello 0,97% è talmente esigua da non consentire ad un comune di esercitare il controllo su un concessionario che gestisce un servizio pubblico (v. sentenza Coname, cit., punto 24). Tuttavia, in questo stralcio della sentenza considerata, la Corte non affrontava la questione se un siffatto controllo potesse essere esercitato in maniera congiunta.”;

- “53. Del resto, in una sentenza successiva, cioè la citata sentenza Asemfo (punti 56 61), la Corte ha dichiarato che, in talune circostanze, la condizione relativa al controllo esercitato dall’autorità pubblica poteva essere soddisfatta nel caso in cui tale autorità detenesse solamente lo 0,25% del capitale di un’impresa pubblica.”.

       Il Giudice di Lussemburgo ha quindi risolto la questione, così statuendo: “qualora un’autorità pubblica si associ ad una società cooperativa intercomunale i cui soci sono tutti autorità pubbliche, al fine di trasferirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità associate a detta società esercitano su quest’ultima, per poter essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, può essere esercitato congiuntamente dalle stesse, deliberando, eventualmente, a maggioranza.”.

 I principi di diritto enunciati nel caso “Coditel Brabant SA” consentono  quindi di accedere alla tesi sostenuta dalle parti appellanti secondo cui,  ai fini della configurabilità di un “controllo analogo”, non è necessaria la  ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo individuale del singolo socio affidante   sulla società-organo assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c..            La diversa linea tracciata dalla Corte di giustizia, alla quale il Collegio ovviamente aderisce, è invece nel senso dell’esigenza che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati.

In effetti,  l’impostazione del Giudice europeo trova riscontro nelle esperienze positive di molti Stati membri e, per quel che qui interessa, anche nel diritto amministrativo italiano che annovera diverse forme associative tra enti pubblici, anche per finalità di gestione in comune di pubblici servizi (si considerino, ad esempio, i consorzi di cui all’art. 31 del D.Lgs. n. 267/2000), in cui il controllo da parte del singolo ente sull’attività svolta, nell'interesse comune, dalla specifica forma associativa non è “individuale”, ma intermediato e, quindi, inevitabilmente attenuato dall’applicazione delle regole sul funzionamento interno dell’istanza associativa (conf. la recente delibera 24/ 2009 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici).

4.3.1.2.  Muovendo da quanto testé osservato e provando a calare nella concreta fattispecie in esame gli insegnamenti della Corte di giustizia, si deve verificare se  il meccanismo di controllo congegnato dagli enti pubblici soci della Seta s.p.a. sia  idoneo ed effettivo.

A tale quesito deve darsi risposta negativa alla stregua dei principi enunciati dalla giurisprudenza  di questo Consiglio.

Va in primo luogo premesso la figura dell’in house providing si configura come un modello eccezionale, i cui requisiti vanno interpretati con rigore poiché costituiscono una deroga alle regole generali del diritto comunitario imperniate  sul modello della competizione aperta. (Cons. Stato, sez. II, parere 18.4.2008, n. 456/2007; . C.G.A.R.S., 4.7.2007, n. 719; Cons Stato, se. VI,  1514/07),

La giurisprudenza  amministrativa, recependo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha rimarcato che  il controllo  analogo, idoneo ad  escludere la sostanziale terzietà dell’affidatario domestico rispetto al soggetto affidante, é da escludere in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto partecipato da parte dell’ente controllante-affidante che consenta  a qeust’ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell’affidatario.

In definitiva, il requisito del “controllo analogo” postula un rapporto che lega gli organi societari della società affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica,  di indirizzare “tutta” l’attività sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento. Deve quindi trattarsi di una  relazione  equivalente, ai fini degli effetti pratici –pur se non identica in  ragione della diversità del modulo  organizzatorio-  ad una relazione di subordinazione gerarchica, che si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sul soggetto societario.

Segnatamente, la giurisprudenza di questo Consiglio ha reputato necessario che  il consiglio di amministrazione della S.p.A. affidataria “in house” non abbia  rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalità di soci  pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria,  poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria  (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514). Risulta quindi indispensabile che  le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci.

 Proseguendo sul solco di questa linea di pensiero, che valorizza la vocazione istituzionale  pubblicistica della società in house,  rispetto alle logica commerciale che permea le società di diritto comune svincolate da asfissianti controlli gerarchici, va aggiunto che osta alla configurabilità del modello in parola l’acquisizione, da parte dell’impresa affidataria, di una vocazione schiettamente  commerciale tale da rendere  precario il controllo dell’ente pubblico. Detta vocazione,   può, in particolare,  risultare dall’ampliamento, anche progressivo, dell’oggetto sociale e dall’apertura obbligatoria della società ad altri capitali o dall’espansione territoriale dell’attività della società: l’affermarsi di una vocazione strategica basata sul rischio di impresa finisce infatti per condizionare le scelte strategiche dell’ente asseritamene in house, distogliendolo dalla  cura primaria dell’interesse pubblico di riferimento e, quindi, facendo impallidire la natura di costola organica, pur se  entificata, dell’ente o degli enti istituenti  (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514 e sez. V, 8.1.2007, n. 5).

Alla stregua di tali parametri il Consiglio ritiene di escludere  la ricorrenza, con riguardo alla Seta s.p.a., del requisito del controllo analogo cristallizzato dall’art.  113, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 265/2000 che esplicitamente li richiama, in relazione agli artt. 43, 49, paragrafo 1, e 86, paragrafo 1, del Trattato CE, il Collegio rileva quanto segue.

La Sezione osserva che la questione deve essere risolta  sulla base delle regole vigenti all’epoca dell’adozione della deliberazione 7.2.2007,. n. 2, con cui il Consorzio  di bacino ha proceduto al contestato affidamento sulla base della direttiva generale fissata con la precedente delibera del 12.3.2004. Non possono, quindi, essere prese in considerazione, in quanto sopravvenute al provvedimento impugnato,  le modifiche apportate  agli artt. 3,5,7,8,9,e 11 dello Statuto della società per  effetto dell’assemblea straordinaria dei soci celebratasi  in data 28 marzo 2007.

Una diversa soluzione, che annettesse rilievo sanante alle modifiche statutarie sopravvenute all’affidamento, darebbe la stura a meccanismi elusivi, imperniati su affidamenti illegittimi a posteriori sanati, in chiaro contrasto con il principio dell’effetto utile, di derivazione comunitaria, che deve presiedere alla decifrazione dell’istituto in parola. 

Va altresì osservato che, essendo il controllo  analogo una relazione organizzativa deve giustificare l’affidamento, e non certo derivare da esso come conseguenza, gli elementi  ricavabili dall’atto o contratto di affidamento hanno una valenza ancillare mentre un ruolo centrale  rivestono  le regole basilari di funzionamento della società affidataria, dettate  dall’atto costituito e dallo statuto.

La lettura delle disposizioni statutarie ratione temporis vigenti, consente di escludere che il   Consorzio di Bacino 16, quale ente affidante, ovvero, secondo l’approccio sintetico prima descritto, i soci complessivamente intesi, anche con la regola maggioritaria,   avessero nei confronti degli organi di amministrazione un potere di condizionamento  strategico ed operativo così incisivo da configurare il requisito del controllo analogo declinato secondo le coordinate prima rammentate.

Le stesse modifiche apportate allo statuto,  laddove   potenziano le forme di  ingerenza dell’assemblea ordinaria dei soci sul Consiglio di Amministrazione in sede di approvazione del budget di esercizio e di investimenti e di autorizzazione degli atti di amministrazione di rilevanti importo  extrabudget, confermano, implicitamente, l’inesistenza, in seno alla disciplina statutaria ratione temporis rilevante ai fini del presente giudizio, di strumenti adeguati e rilevanti  di controllo  assembleare sull’azione dell’organo amministrativo. Con riguardo alla disciplina temporalmente rilevante, in definitiva, l’assemblea dei soci, e quindi i comuni che la componevano, non avevano il (necessario ma non sufficiente) potere di influire direttamente sulla gestione sulla scorta di una preventiva e vincolante autorizzazione della  programmazione operativa e finanziaria che doveva da essi preventivamente essere approvata ed autorizzata. Si devono riproporre al riguardo, le considerazioni svolte nella precedente decisione n. 1365/2009 con la quale  questa Sezione, basandosi si di una logica funzionale piuttosto che dominicale, ha considerato decisiva la circostanza non ricorrente nella specie, dell’istituzione  di  un organo, denominato Assemblea dei Sindaci, con il quale i Comuni soci si erano  riservati, oltre a rafforzati poteri di controllo sulla gestione, il potere, ad esercizio necessariamente congiunto di approvare in via preventiva tutti gli atti più rilevanti della società, ovverosia, tra le altre, tutte le deliberazioni da sottoporre all’assemblea straordinaria, quelle in materia di acquisti e cessioni di beni e partecipazioni, quelle relative alle modifiche dei contratti di servizio, quelle in tema di nomina degli organi e quelle in ordine al piano industriale).

Il quadro statutario delinea, in definitiva,  un margine di significativa autonomia dell’organo amministrativo nell’ambito di una società a vocazione commerciale statutariamente legittimata ad operare senza  limiti territoriali  e ad acquisire partecipazioni  in altre compagini  societarie.

 Si percepisce pertanto l’affermazione di quella  vocazione commerciale, basata sulla prevalenza della  logica d’impresa rispetto a quella pubblicistica, che contraddice la stessa nozione di in house providing  come modello di organizzazione domestica ed istituzionale  del  servizio pubblico.

4.3.3. Il Collegio deve altresì escludere che, sempre con riguardo alla disciplina statutaria rilevante  ai fini del presente giudizio, ricorresse  l’ulteriore requisito dell’“attività prevalente”.

L’art. 3 dello Statuto consentiva infatti alla società di agire senza vincoli di territorialità , di ricevere l’affidamento dei servizi anche da consorzi e comuni non soci e di si acquisire  partecipazioni ed interessenze in altre società o imprese, anche estere. Ne deriva  la ricorrenza di un’apertura generale e commerciale  al mercato che elude in radice  la necessità, ben sottolineata dalla giurisprudenza (v. C.G.A.R.S., n. 719/07 cit.) che la  “parte più importante” dell’attività (nella versione inglese:  the essential part of his activities”; in francese: “l’essentiel de son activité”; in tedesco: im wesentlichen), da intendersi quale  sostanziale esclusività o  quasi esclusività, sia svolta per conto degli enti pubblici soci (concetto espresso in francese nel senso che l’attività debba essere : “substantiellement destinée à cette seule collectivité”, ed in inglese nel senso che “undertaking’s services be intended mostly for that authority alone”).

4. Le considerazioni che precedono inducono alla reiezione dell’appello. Ne consegue  la  conferma, pur se con diversa motivazione, della sentenza gravata,.

La complessità e l’opinabilità delle questioni di diritto giustificano la compensazione  delle spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, Riunisce i ricorsi e li respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 31 Marzo 2009  con l’intervento dei Sigg.ri:

Pres. Stefano Baccarini 

Cons. G.Paolo Cirillo 

Cons. Filoreto D'Agostino

Cons. Aniello Cerreto 

Cons. Francesco Caringella Est.

ESTENSORE                                                                    IL PRESIDENTE

F.to Francesco Caringella                                                    F.to Stefano Baccarini

IL SEGRETARIO

F.to Silvana Giovannini

DEPOSITATA IN SEGRETERIA  il  26.08.2009 

(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)


Documentazione

 


Corte costituzionale, Giudizi sull’ammissibilità di referendum abrogativo

 

 

Amm. referendum n. 149

Ordinanza del 07/12/2010, pervenuta il 09/12/2010

 

 

Titolo: Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione

 

Norme sottoposte a quesito referendario: Art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale

 

Oggetto: «Volete Voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?»

 

Fissazione: Camera di consiglio del 12/01/2011 relatore GALLO


 

Amm. referendum n. 150

Ordinanza del 07/12/2010, pervenuta il 09/12/2010

 

 

Titolo: Servizio idrico integrato. Forme di gestione e procedure di affidamento in materia di risorse idriche. Abrogazione

 

Norme sottoposte a quesito referendario: Art. 150 (Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale", come modificato dall'art.2, comma 13 del decreto legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008, nel testo risultante dall'articolo 12 del d.P.R. 7 settembre 2010 n. 168

 

Oggetto: «Volete voi che sia abrogato l'art. 150 (Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale", come modificato dall'art.2, comma 13 del decreto legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008, nel testo risultante dall'articolo 12 del d.P.R. 7 settembre 2010 n. 168?»

 

Fissazione: Camera di consiglio del 12/01/2011 relatore CRISCUOLO

 


 

Amm. referendum n. 151

Ordinanza del 07/12/2010, pervenuta il 09/12/2010

 

 

Titolo: Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma

 

Norme sottoposte a quesito referendario: Art. 154, comma 1 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale", limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito"

 

Oggetto: «Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale", limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito"?»

 

Fissazione: Camera di consiglio del 12/01/2011 relatore CRISCUOLO


Amm. referendum n. 152

Ordinanza del 07/12/2010 pervenuta il 09/12/2010

 

Titolo: Norme limitatrici della gestione pubblica del servizio idrico. Abrogazione parziale

 

Norme sottoposte a quesito referendario: Art. 23-bis, comma 10, lettera d) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive (recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria"), limitatamente alle seguenti parole: ", nonché in materia di acqua" e l'art. 15, comma 1-ter del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive (recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee"), limitatamente alle parole: "di cui all'articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008," nonché alle parole: "nel rispetto dei princìpi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio,"

 

Oggetto: «Volete voi che sia abrogato l'art. 23-bis, comma 10, lettera d) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive (recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria"), limitatamente alle seguenti parole: ", nonché in materia di acqua" e l'art. 15, comma 1-ter del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive (recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee"), limitatamente alle parole: "di cui all'articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008," nonché alle parole: "nel rispetto dei princìpi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio,"?»

Fissazione: Camera di consiglio del 12/01/2011 relatore GALLO


 

Corte Costituzionale, Ufficio Stampa,
Decisioni in tema di ammissibilità dei quesiti referendari

 

 

La Corte costituzionale, in data 12 gennaio 2011, ha deliberato in ordine all’ammissibilità delle seguenti richieste di referendum abrogativo:

 

n. 149 Reg. Ref. (richiesta di referendum n. 1) “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione”: ammissibile

 

n. 150 Reg. Ref. (richiesta di referendum n. 2) “Servizio idrico integrato. Forme di gestione e procedure di affidamento in materia di risorse idriche. Abrogazione”: inammissibile

 

n. 151 (Reg. Ref. richiesta di referendum n. 3) “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma”: ammissibile

 

n. 152 Reg. Ref. (richiesta di referendum n. 4) “Norme limitatrici della gestione pubblica del servizio idrico. Abrogazione parziale”: inammissibile

 

 

 

Le sentenze saranno depositate entro i termini previsti dalla legge.

 

dal Palazzo della Consulta, 12 gennaio 2011

 

 




[1]    Con la comunicazione interpretativa del 12 aprile 2000 la Commissione ha precisato che, anche se non compiutamente definite nel Trattato CE, le concessioni di servizi «nella misura in cui si configurano come atti dello Stato aventi per oggetto prestazioni di attività economiche o forniture di beni, sono soggette alle norme conferenti del trattato e ai principi sanciti in materia dalla giurisprudenza della Corte».

 

[2] L’articolo 23-bis, prima delle modifiche introdotte dal D.L. n. 135/2009, aveva previsto, in via generale, che le disposizioni da esso recate si applicassero a tutti i servizi pubblici locali con prevalenza sulle relative discipline di settore con esse incompatibili, con ciò modificando profondamente l’assetto precedente (le maggiori attività di erogazione di servizi pubblici locali, per effetto di normativa settoriale ad hoc, risultavano di fatto escluse dall’ambito di applicazione delle norme dell’art.113 del TUEL) e contribuendo a chiarire il rapporto tra disciplina generale e norme di settore. La reale portata dell’estensione della nuova disciplina ai singoli settori veniva tuttavia demandata al regolamento di attuazione che doveva individuare le nuove norme da applicare ai servizi pubblici di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica, gas e acqua (comma 10, lett. d).

 

[3] Riformulato in corso di seduta.

[4] Riformulato in corso di seduta.

[5] Riformulato in corso di seduta.

 

[6]    A partire dalla sentenza  Teckal del 18 novembre 1999 fino alla più recente  sentenza della Corte di Giustizia europea, in causa C-573/0710, del  10 settembre 2009. La mozione richiama altresì, sul piano dell’ordinamento nazionale, la sentenza n. 5082/2009 del Consiglio di Stato che, in tema di controllo analogo, si conforma alla giurisprudenza comunitaria.

[7]pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 12 aprile 2008, n. 91,