Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Diritto di circolazione dei cittadini comunitari - Schema di D.Lgs. n. 5 (art. 1, co. 3, 4 e 5, L. 62/2005) - Schede di lettura
Riferimenti:
SCH.DEC 5/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 5
Data: 17/06/2008
Descrittori:
CITTADINI DELL' UNIONE EUROPEA   LIBERA CIRCOLAZIONE NEL MERCATO
Altri riferimenti:
L N. 62 DEL 18-APR-05     


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Atti del Governo

Diritto di circolazione dei
cittadini comunitari

Schema di D.Lgs. n. 5
(art. 1, co. 3, 4 e 5, L. 62/2005)

 

 

 

n. 5

 

 

17 giugno 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

 

 

 

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File: AC0102.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Il quadro normativo  3

§      Le fonti3

§      Diritto di circolazione e soggiorno fino a tre mesi4

§      Diritto di soggiorno per una durata superiore a tre mesi4

§      Diritto di soggiorno permanente  5

§      Restrizioni al diritto di ingresso e soggiorno; l’allontanamento  6

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)13

§      Procedure di contenzioso (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)15

Lo schema di decreto legislativo  17

§      Premessa  17

§      Requisiti per il soggiorno ed obbligo di iscrizione anagrafica  18

§      Diritto al soggiorno permanente  20

§      Allontanamento del cittadino dell’Unione europea  23

§      Disposizione finanziaria  31

Testo a fronte: modificazioni apportate al D.Lgs. n. 30 del 2007 dallo schema di decreto legislativo n. 5  35

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      Codice di procedura penale (artt. 380 e 444)63

§      L. 27 dicembre 1956, n. 1423. Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità. (art. 1)67

§      L. 31 maggio 1965, n. 575. Disposizioni contro la mafia. (art. 1)68

§      Legge 5 agosto 1978, n. 468. Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (artt. 7, 11-ter)69

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (art. 13 e 14)72

§      D.L. 9 settembre 2002, n. 195, conv. con mod. in L. 9 ottobre 2002, n. 222. Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari. (art. 2)86

§      D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (artt. 46, 47)89

§      Legge 18 aprile 2005, n. 62. Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004 (art. 1)92

§      D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30. Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri94

Normativa comunitaria

§      Dir. 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE   113

 

 


Schede di lettura

 


Il quadro normativo

Le fonti

La libertà di circolazione delle persone è uno dei principi fondamentali per la creazione di uno spazio comune interno alla Unione europea.

La disciplina giuridica comunitaria in materia si è costruita nel corso degli anni con l’adozione di diversi provvedimenti volti a regolare separatamente la libertà di circolazione di diverse categorie di cittadini comunitari, quali i lavoratori, gli studenti, ecc. Nel 2004, per superare il carattere settoriale e frammentario della normativa, la Commissione europea ha adottato la direttiva 2004/38/CE, che ha sostituito le disposizioni precedenti.

Nella XV legislatura l’Italia ha adeguato il proprio diritto interno alla nuova disciplina con il decreto legislativo 30/2007[1], di attuazione della direttiva 2004/38/CE, successivamente modificato, dal decreto legislativo 32/2008[2].

 

Il D.Lgs. 30/2007, adottato in attuazione della delega conferita al Governo dall’art. 1, commi 1 e 3, della L. 62/2005 (legge comunitaria 2004)[3], è stato modificato pochi mesi dopo la sua emanazione, nella parte relativa all’allontanamento per motivi di sicurezza dei cittadini comunitari dal territorio italiano, da due decreti-legge (n. 181 e 249 del 2007), entrambi decaduti. Alcune delle disposizioni contenute nei due provvedimenti d’urgenza sono state inserite nel D.Lgs. 32/2008.

 

Il D.Lgs. 30/2007, che ha sostituito integralmente la precedente disciplina dettata dal testo unico in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari (D.P.R. 52/2004[4]), disciplina le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio dello Stato dei cittadini dell’Unione europea e dei familiari che li accompagnano o li raggiungono, i presupposti del diritto di soggiorno permanente, nonché le limitazioni ai predetti diritti per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.

Diritto di circolazione e soggiorno fino a tre mesi

Gli articoli 4, 5 e 6 disciplinano il diritto di libera circolazione nell’ambito dell’Unione Europea a favore del cittadino dell’Unione europea e dei suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza. Il diritto è condizionato esclusivamente al possesso di un documento d’identità valido per l’espatrio, per il cittadino europeo, ovvero al possesso del passaporto valido, per il suo familiare extracomunitario. Per questi ultimi è anche richiesto il visto d’ingresso, quando previsto dalla normativa vigente. Il visto non è richiesto nei casi in cui il familiare, non cittadino europeo, sia in possesso della carta di soggiorno (disciplinata dal successivo art. 10).

La permanenza entro i tre mesi di tempo non è soggetta ad alcuna ulteriore formalità. Tuttavia, il D.Lgs. 32/2008 ha introdotto la possibilità, per il cittadino dell’Unione o il suo familiare che abbia fatto ingresso in Italia, di dichiarare presso un ufficio di polizia la propria presenza nel territorio nazionale. Tale adempimento non è obbligatorio; la sua mancanza, peraltro, fa sorgere la presunzione giuridica, di carattere relativo (che ammette, quindi, la prova contraria), che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi.

L’onere di dichiarazione e la correlata presunzione si collegano al diritto, riconosciuto dall’art. 6, di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di un documento d’identità valido per l’espatrio (o, per i familiari, di un passaporto valido).

Diritto di soggiorno per una durata superiore a tre mesi

L’articolo 7 riconosce il diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi al cittadino dell’Unione che sia lavoratore subordinato o autonomo, ovvero che disponga per sé e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti per il periodo del soggiorno[5] non divenendo un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato e di una assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi. Analogo diritto è riconosciuto anche a chi frequenti un corso di studi o di formazione professionale presso un istituto pubblico o privato. Anche in tal caso il diritto di soggiorno è subordinato alla titolarità di una assicurazione sanitaria e alla dimostrazione di disporre di risorse economiche sufficienti per il periodo del soggiorno. Infine il diritto di soggiorno è riconosciuto al familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che accompagna o raggiunge il cittadino dell’Unione cui è riconosciuto il diritto di soggiorno. È prevista la conservazione del diritto di soggiorno a favore del cittadino comunitario, già lavoratore subordinato o autonomo, nei casi d’inabilità temporanea al lavoro per malattia o infortunio ovvero in stato di disoccupazione involontaria, dopo aver lavorato nel territorio nazionale per oltre un anno. Nell’eventualità, invece, in cui la disoccupazione involontaria si sia verificata durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, il cittadino dell’Unione conserva il diritto di soggiorno per un solo anno.

A tutela dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, nei casi di rifiuto o revoca del diritto di ingresso e soggiorno è ammesso ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui dimora lo straniero (articolo 8).

Per l’iscrizione anagrafica del cittadino dell’Unione e dei suoi familiari, il decreto rinvia alla normativa generale in materia[6]. Trascorsi tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale, l’interessato deve chiedere l’iscrizione al comune. Per l’iscrizione, oltre l’ordinaria documentazione prevista dalla normativa vigente per i cittadini italiani, è anche richiesta una documentazione specifica secondo le condizioni cui è collegato il diritto di soggiorno (articolo 9).

L’articolo 10 disciplina la carta di soggiorno per il familiare del cittadino dell’Unione con cittadinanza di Stato extracomunitario: trascorsi tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale, il familiare interessato deve fare richiesta alla questura del luogo di residenza per il rilascio della carta di soggiorno.

La carta di soggiorno ha validità quinquennale anche nell’eventualità di assenze temporanee non superiori a sei mesi e, nel caso di periodi maggiori, quando l’assenza è dovuta all’assolvimento di obblighi militari o è dovuta a rilevanti motivi quali gravidanza e maternità o malattia grave.

Diritto di soggiorno permanente

Qualsiasi cittadino dell’Unione europea, così come i suoi familiari, che abbia soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nello Stato, gode del diritto di soggiorno permanente (atrticolo 14).

La continuità della residenza non è pregiudicata da assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all’anno né da assenze superiori per l’assolvimento degli obblighi militari, né da un’assenza di dodici mesi complessivi dovuta a motivi rilevanti (gravidanza, maternità, malattia grave, studi o formazione, distacco per motivi di lavoro presso un altro Stato membro). Tale diritto non è soggetto ad alcuna condizione, se non quella relativa ad assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi. Le stesse disposizioni si applicano ai familiari dell’interessato, non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che hanno legalmente risieduto cinque anni con il suddetto nello Stato in questione.

Il D.Lgs. n. 30 rinvia alla legislazione vigente in ordine ai mezzi di prova dei requisiti per il mantenimento del soggiorno e per le deroghe relative al diritto di soggiorno permanente. La continuità del soggiorno è comunque interrotta dal provvedimento di allontanamento adottato nei confronti dell’interessato. L’allontanamento comporta la cancellazione anagrafica (articolo 18).

Restrizioni al diritto di ingresso e soggiorno; l’allontanamento

Il D.Lgs. n. 30 distingue due fattispecie principali di cause che determinano limitazioni al diritto di soggiorno, e quindi l’allontanamento del cittadino comunitario: quella derivante da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (artt. 20, 20-bis e 20-ter), e quella per la perdita dei requisiti che consentono il soggiorno (art. 21).

Allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza

Per quanto riguarda la prima fattispecie, l’art. 20 distingue tre ipotesi:

§      motivi di sicurezza dello Stato;

§      motivi imperativi di pubblica sicurezza;

§      altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

Il comma 2 dell’art. 20 indica, a titolo esemplificativo, che i motivi di sicurezza dello Stato si verificano “anche” quando ricorra una delle seguenti condizioni:

§         il destinatario appartenga ad una delle categorie di cui all’art. 18 della L. 152/1975[7];

§         vi siano fondati motivi di ritenere che la permanenza del destinatario nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

 

Le categorie di cui all’art. 18 della L. 152/1975[8] comprendono coloro che:

1.    operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei delitti elencati dal citato art. 18[9], nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale;

2.    abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della L. 645/1952[10] (concernente la riorganizzazione del disciolto partito fascista) e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

3.    compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell’art. 1 della citata L. 645/1952, in particolare con l’esaltazione o la pratica della violenza;

4.    fuori dei casi sin qui indicati, siano stati condannati per uno dei delitti in materia di armi previsti nella L. 895/1967[11] e negli artt. 8 e seguenti della L. 497/1974[12], quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato nel precedente n. 1.

Agli appartenenti alle categorie sin qui illustrate sono equiparati i relativi istigatori, mandanti e finanziatori (è definito finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo a cui sono destinati).

 

Si tratta delle stesse condizioni per le quali l’art. 3, co. 1 del decereto-legge 144/2005[13] ha previsto l’espulsione per motivi di terrorismo dello straniero non comunitario su decisione del ministro dell’interno.

I motivi imperativi di pubblica sicurezza (la cui disciplina ricalca quella dell’art. 4 del decreto-legge 249/2007) sussistono in presenza di “comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona o dell’incolumità pubblica” tali da rendere urgente l’allontanamento dello straniero, in quanto la sua permanenza “è incompatibile con la civile e sicura convivenza” (art. 20, comma 3).

Nella disposizione vengono individuati alcuni elementi che devono essere presi in considerazione in sede di adozione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

La norma fa riferimento, in primo luogo, ad eventuali sentenze di condanna pronunciate da un giudice nazionale o straniero per uno o più delitti non colposi, anche tentati contro la vita o l’incolumità della persona, ovvero per taluni delitti corrispondenti a quelli previsti dall’articolo 8 della legge 69/2005[14], anche nel caso in cui la pena inflitta per i citati reati sia stata oggetto di patteggiamento ai sensi dell’articolo 444 c.p.p..

 

La citata L. 69/2005 reca disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. In particolare, l’articolo 8, richiamato dal comma in esame, delimita il campo di applicazione obbligatoria del mandato di arresto europeo che prescinde dalla necessità di doppia punibilità (nel Paese emittente il mandato ed in quello ricevente) enucleando un elenco di 32 reati (per i quali la pena sia, nel Paese emittente, pari o superiore a 3 anni): tra essi, si segnalano la partecipazione ad un’associazione criminale, il terrorismo, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale e la pornografia minorile, lo stupro, numerose fattispecie di traffico illecito (droga, armi, materiali nucleari e radioattivi, organi e tessuti umani, veicoli rubati, sostanze ormonali), la corruzione, frode (anche a danno delle comunità europee) il riciclaggio, l’omicidio volontario, reati ambientali, il razzismo e la xenofobia.

 

Inoltre, dovrà essere tenuta in considerazione l’eventuale appartenenza della persona da allontanare per motivi imperativi di pubblica sicurezza a taluna delle categorie di persone nei cui confronti è possibile applicare una misura di prevenzione personale ai sensi dell’art. 1 della L. 1423/1956[15], e dell’art. 1 della L. 575/1965[16].

 

La L. 1423/1956 individua i seguenti destinatari delle misure di prevenzione personale:

§         coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano abitualmente dediti a traffici delittuosi;

§         coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

§         coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

A sua volta, la L. 575/1965 individua i destinatari delle misure di prevenzione “antimafia”, in coloro che siano “indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”.

 

Da ultimo, il comma 3 dell’art. 20 fa, altresì, riferimento all’eventuale applicazione di misure di prevenzione o di allontanamento disposte da autorità straniere.

 

Tutti i provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio della proporzionalità e non possono essere motivati da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell’interessato che comunque devono rappresentare una minaccia reale ed attuale tale da pregiudicare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica. Tra le motivazioni da escludere sono comprese le ragioni di ordine economico (art. 20, comma 4).

La valutazione è fatta con riferimento a comportamenti concreti e non è di per sé sufficiente l’esistenza di condanne penali.

Nell’adottare il provvedimento di allontanamento, deve comunque tenersi conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione sociale e culturale in Italia e dell’importanza dei suoi legami con il paese di origine.

Per i cittadini comunitari ed i loro familiari che hanno acquisito il diritto di soggiorno permanente, l’allontanamento è disposto esclusivamente per gravi motivi: si tratta degli stessi motivi individuati nei commi precedenti: motivi di sicurezza dello Stato, nei motivi imperativi di pubblica sicurezza e in altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, con la differenza che questi ultimi (motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza) devono essere particolarmente gravi.

Invece l’allontanamento di coloro che hanno soggiornato nel territorio dello Stato per oltre dieci anni e per i minorenni può essere disposto soltanto per motivi di sicurezza dello Stato o motivi imperativi di pubblica sicurezza. Resta comunque salva la possibilità, per i minorenni, di adottare l’allontanamento nel caso in cui questo è necessario nell’interesse del minore stesso, come previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

Le malattie e le infermità possono costituire motivo di allontanamento, ma unicamente nel caso siano individuate dall’Organizzazione mondiale della sanità, oppure riguardino malattie infettive o parassitarie contagiose, oggetto di disposizioni valide anche per i cittadini italiani. Sono, inoltre, escluse le malattie insorte dopo l’ingresso in Italia.

 

Quanto alla titolarità del potere di allontanamento, la nuova formulazione del comma 9 (già 7) dell’articolo 20 delinea un “doppio binario”, con una suddivisione delle competenze tra ministro dell’interno e prefetto[17].

Spettano al ministro dell’interno i provvedimenti di allontanamento disposti:

§         per motivi imperativi di pubblica sicurezza limitatamente all’ipotesi di cui al comma 7 (allontanamento di soggiornanti di lungo periodo o di minorenni);

§         per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato;

Competono invece al prefetto i provvedimenti disposti negli altri casi, tra cui, quelli per motivi imperativi di pubblica sicurezza e, presumibilmente i motivi di pubblica sicurezza.

La competenza territoriale del prefetto è individuata secondo la residenza o dimora del destinatario del provvedimento.

 

Quanto ai fondamentali caratteri del provvedimento di allontanamento, l’art. 20, co. 10, reca una disciplina uniforme per i provvedimenti adottati dal ministro dell’interno e dal prefetto.

In particolare, si prevede che l’allontanamento:

§      sia disposto con atto motivato, salvo che alla motivazione ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato;

§      se il destinatario del provvedimento non comprende la lingua italiana, sia accompagnato da una traduzione del suo contenuto redatta in una lingua comprensibile dall’interessato o nelle principali lingue;

§      sia notificato all’interessato;

§      debba riportare le modalità di impugnazione;

§      salvi i casi di esecuzione immediata dell’allontanamento, di cui al successivo comma 11, debba indicare il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese dalla data di notifica, ma che nei casi di comprovata urgenza può essere ridotto a 10 giorni;

§      debba indicare la durata del divieto di reingresso in Italia, che non può essere superiore a 10 anni nei casi di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e a 5 anni negli altri casi.

 

Con riferimento all’esecuzione del provvedimenti di allontanamento, l’art. 20 stabilisce che di norma all’allontanamento si provveda mediante intimazione ad abbandonare il territorio nazionale entro un termine fissato dal provvedimento, che, come si è detto, non può essere inferiore a un mese dalla data della notifica. Tale termine può, peraltro, essere derogato in presenza di casi di comprovata urgenza.

Il successivo comma 11 stabilisce tuttavia che, ove ricorrano motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza, il provvedimento di allontanamento è immediatamente eseguito dal questore.

 

La disposizione non chiarisce con quali modalità il questore debba provvedere all’esecuzione dell’allontanamento. L’art. 13, co. 4 del D.Lgs. 286/1998, precisa come l’espulsione dello straniero non appartenente all’Unione europea debba essere eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

 

L’art. 20, co. 11, prevede espressamente, tramite rinvio all’art. 13, co. 5-bis, del D.Lgs. 286/1998, che il rimedio giurisdizionale esperibile avverso il provvedimento di allontanamento eseguito dal questore per motivi imperativi di pubblica sicurezza è il medesimo previsto per gli stranieri cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, con la differenza che per i comunitari l’autorità competente a decidere è il tribunale ordinario e non il giudice di pace (vedi oltre).

 

Il questore dispone inoltre l’allontanamento immediato dal territorio dello Stato anche nei casi in cui:

§      l’intimato non abbandoni il territorio dello Stato entro il termine in precedenza assegnato in sede di intimazione (art. 20, co. 12);

§      il destinatario del provvedimento rientri nel territorio dello Stato in violazione del divieto di reingresso (art. 20, co. 14); la decisione dell’allontanamento è disposta a discrezione del giudice, in sostituzione della reclusione (vedi oltre).

 

Anche con riferimento a dette fattispecie il testo prevede, attraverso il rinvio all’art. 13, co. 5-bis, del D.Lgs. 286/1998, la presenza di un giudizio di convalida coincidente con quello previsto in caso di espulsione con accompagnamento alla frontiera di stranieri cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea.

 

Il comma 13 dell’art. 20 consente al cittadino dell’Unione destinatario del provvedimento di allontanamento di chiedere la revoca del divieto di reingresso, qualora ritenga di poter dimostrare l’avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione, purché sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, o comunque almeno tre anni, dall’esecuzione del provvedimento. Sulla domanda decide entro sei mesi con atto motivato l’autorità che ha emanato il provvedimento. Durante l’esame della domanda l’interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

 

Il comma 14 dell’art. 20 dispone invece in ordine alle conseguenze della violazione del divieto di reingresso: il divieto di reingresso configura un’ipotesi di delitto, punito, se l’allontanamento era stato disposto per motivi di sicurezza dello Stato, con la reclusione fino a due anni, che nelle altre ipotesi è ridotta ad un anno. In alternativa la pena detentiva può essere sostituita, a discrezione del giudice, con l’allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale per un periodo da cinque a dieci anni. L’allontanamento è eseguito immediatamente dal questore, anche in presenza di sentenza non definitiva.

Nel caso di ulteriore ingresso la pena è aumentata fino a tre anni.

Le segnalazioni del sindaco della città in cui risiede o dimora lo straniero sono tenute in considerazione ai fini delle decisioni di allontanamento (comma 17).

 

L’art. 20-bis disciplina l’ipotesi dell’allontanamento di stranieri sottoposti a procedimento penale pendente. In tal caso, la decisione di allontanamento è sottoposta a convalida secondo le procedure previste dall’articolo 13, co. 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies del testo unico sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

In altri termini, si rinvia alla analoga disciplina già vigente per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e per gli apolidi. Tale disciplina si basa sulla necessità di un nulla-osta da parte dell’autorità giudiziaria. In particolare:

§      il nulla osta si intende concesso se il giudice non provvede entro 48 ore (e non entro 15 giorni come per i non comunitari);

§      nel caso di procedimenti non ancora conclusi che hanno ad oggetto reati di cui all’art. 380 c.p.p., non si dà luogo alla sentenza di non luogo a procedere che interrompe il giudizio, una volta constata l’avvenuta espulsione;

§      sempre in presenza di reati di cui all’art. 380 è possibile procedere all’allontanamento solo in assenza di misure cautelari detentive;

§      l’interessato può essere autorizzato a rientrare nel territorio dello Stato, anche dopo l’allontanamento, per esercitare il diritto alla difesa.

 

I provvedimenti di allontanamento sono sottoposti alla convalida da parte dell’autorità giudiziaria. L’autorità competente viene individuata nel tribunale ordinario in composizione monocratica (art. 20-ter).

In questo caso, la disciplina prevista per l’allontanamento degli stranieri comunitari si differenza da quella per l’espulsione degli stranieri non comunitari, per i quali è competente il giudice di pace (art. 13, co. 5-bis T.U.).

Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno

L’allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno (articolo 21) è invece previsto, per il cittadino dell’Unione e i suoi familiari, indipendentemente dalla loro nazionalità, nei casi in cui vengono a mancare le condizioni che hanno determinato il diritto di soggiorno. In tali ipotesi, l’allontanamento è disposto con provvedimento motivato del prefetto notificato all’interessato. Nell’adottare il provvedimento si deve tener conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione sociale e culturale in Italia e dell’importanza dei suoi legami con il Paese di origine. Per queste ipotesi di allontanamento il provvedimento non può prevedere un divieto di reingresso.

Unitamente al provvedimento di allontanamento, viene consegnata al cittadino comunitario da allontanare anche una “attestazione di obbligo di adempimento” dell’allontanamento. Detta attestazione deve essere presentata presso un consolato italiano.

È conseguentemente prevista (art. 21, co. 4) una specifica fattispecie contravvenzionale, sanzionata con l’arresto da un mese a sei mesi e con l’ammenda da 200 a 2.000 euro, che ricorre quando l’allontanato sia individuato sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, e non abbia provveduto alla presentazione dell’attestazione di cui sopra[18].

Ricorsi contro i provvedimenti di allontanamento

L’articolo 22 del D.Lgs. 30/2007 individua i mezzi di tutela avverso i provvedimenti di allontanamento, prevedendo una differenziazione dell’organo competente a ricevere i ricorsi fondata sul tipo di motivazioni alla base della decisione dell’allontanamento:

§      per i motivi di sicurezza dello Stato e per motivi di ordine pubblico il ricorso è presentato al Tribunale amministrativo del Lazio;

§      per i motivi di pubblica sicurezza e per motivi imperativi di pubblica sicurezza l’organo competente è il tribunale ordinario.

Il ricorso può essere presentato anche dall’estero. Unitamente al ricorso può essere presentata anche l’istanza di sospensione dell’allontanamento. In tal caso l’efficacia dell’allontanamento è sospesa fino alla decisione della relativa istanza, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale, oppure sia fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 15 novembre 2007, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’applicazione della direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri anche in riferimento ai recenti avvenimenti italiani.

 

Il Parlamento europeo, tra le altre cose:

§         ribadisce il valore della libertà di circolazione delle persone quale principio fondamentale dell'Unione, parte costitutiva della cittadinanza europea ed elemento fondamentale del mercato interno;

§         riafferma l'obiettivo di fare dell'Unione e delle collettività uno spazio in cui ogni persona possa vivere vedendosi garantito un elevato livello di sicurezza, libertà e giustizia;

§         osserva che la direttiva 2004/38/CE circoscrive la possibilità di espellere un cittadino dell’Unione entro limiti molto ben definiti, specificando in particolare che:

-          in base all’articolo 27, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione e di residenza solo per motivi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica e tali motivi non possono essere invocati per fini economici, ogni misura presa deve rispettare il principio di proporzionalità e deve essere adottata esclusivamente in relazione al comportamento della persona nei riguardi della quale è applicata e non basarsi su considerazioni di prevenzione generale;

-          in base all’articolo 28, ogni espulsione deve essere preceduta da una valutazione della situazione personale dell’interessato, tenendo conto di elementi quali la durata del suo soggiorno nel territorio dello Stato membro, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare ed economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante;

-          in base all’articolo 30, il provvedimento di espulsione deve essere notificato per iscritto alla persona interessata secondo modalità che gli consentano di comprenderne il contenuto e le conseguenze. L’interessato deve essere informato in modo preciso e completo circa i motivi della decisione, l’organo giudiziario o l’autorità amministrativa dinanzi al quale può opporre ricorso e il temine entro il quale deve agire e, all’occorrenza, il termine impartito per lasciare il territorio, in ogni caso non inferiore ad un mese dalla data di notificazione;

-          in base all’articolo 31, la persona interessata deve avere accesso ai mezzi di impugnazione giurisdizionali e, all’occorrenza, amministrativi nello Stato membro ospitante e deve avere il diritto di richiedere un’ordinanza provvisoria di sospensione dell’esecuzione, che deve essere garantita, salvo nei casi specificamente definiti;

-          in base all’articolo 36, le sanzioni determinate dagli Stati membri devono essere effettive e proporzionate;

-          in base al punto 16 del preambolo e all’articolo 14, i cittadini possono essere allontanati qualora diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, a condizione tuttavia che ogni caso individuale sia esaminato approfonditamente. Inoltre, l’onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale non è di per sé condizione sufficiente a giustificare un’espulsione automatica.

§         ribadisce che qualsiasi legislazione nazionale deve rispettare rigorosamente tali limiti e garanzie, compreso l'accesso a un ricorso alle vie legali contro l'allontanamento e all'esercizio dei diritti della difesa e che qualsiasi eccezione definita dalla direttiva 2004/38/CE deve essere interpretata in modo restrittivo; ricorda che le espulsioni collettive sono proibite dalla Carta dei diritti fondamentali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

 

Il tema dell’applicazione della direttiva 2004/38/CE è stato inoltre affrontato nel dibattito svoltosi al Parlamento europeo il 20 maggio 2008 sulla situazione dei rom in Italia e nell’Unione europea.

 

Il Commissario per l’occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità, Vladimir Spidla, nell’ambito del suo intervento nel dibattito a nome della Commissione europea, si è espresso in difesa del principio di libera circolazione alla base dalla direttiva 2004/38/CE, sottolineando che la valutazione delle risorse economiche del cittadino di uno Stato UE da parte dello Stato membro ospitante non può essere automatica, ma va effettuata in considerazione del comportamento complessivo del singolo individuo. Analogamente il Commissario ha osservato che, ai sensi della direttiva, non si può in alcun modo procedere ad espulsioni collettive, ma è imperativo ricorrere a valutazioni caso per caso e intervenire solo qualora esista una minaccia reale, attuale e grave agli interessi della società e con tutte le garanzie procedurali previste nella direttiva stessa. Ha osservato infine che l’espulsione immediata deve essere considerata una misura estrema, giustificata da motivazioni di urgenza documentate.

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[19] ex art. 226 del TCE[20] per mancata attuazione della direttiva 2004/38/CE, il cui termine di recepimento scadeva il 24 aprile 2006.

La procedura di infrazione è in attesa di archiviazione in seguito all’adozione del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva in questione.

 


 

Lo schema di decreto legislativo

Premessa

Lo schema di decreto legislativo in esame reca ulteriori modifiche ed integrazioni – dopo quelle introdotte dal recente D.Lgs. 32/2007[21] – al D.Lgs. 30/2007[22], che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva 2004/38/CE[23], del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Lo schema di decreto è adottato in virtù della norma di delega conferita al Governo nell’art. 1, co. 5, della L. 62/2005 (legge comunitaria 2004)[24], ai sensi del quale, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui agli allegati A e B della medesima legge comunitaria, il Governo può emanare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi stessi.

Con riferimento al D.Lgs. 30/2007, adottato in virtù della delega conferita ai sensi dell’art. 1, co. 1 e 3, all. B, della L. 62/2005 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 27 marzo 2007, il termine per la delega scadrà quindi il 11 ottobre 2008.

L’art. 1, co. 5, della L. 62/2005 prevede inoltre che la delega debba esercitarsi nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi, nonché con le medesime procedure, previsti dalla legge stessa per l’emanazione del decreto legislativo oggetto di integrazione e correzione. Per effetto del richiamo contenuto in tale disposizione, in particolare, lo schema in esame deve essere trasmesso, dopo l’acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni. Decorsi 40 giorni dalla data di trasmissione, il decreto è emanato anche in assenza del parere.

Lo schema di decreto legislativo è composto di due articoli. L’articolo 1 apporta modifiche testuali a sei articoli (artt. 7, 9, 10, 14, 20 e 22) del citato D.Lgs. 30/2007. L’articolo 2 dispone in ordine alla copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento.

 

Per un puntuale confronto fra il testo vigente del D.Lgs. 30/2007, il testo originario del medesimo decreto (antecedente alle modificazioni apportate dal D.Lgs. 32/2008) e le ulteriori modificazioni proposte dallo schema in esame, si rinvia al testo a fronte riportato nel presente dossier.

Requisiti per il soggiorno ed obbligo di iscrizione anagrafica

La lettera a) dell’unico comma di cui si compone l’articolo 1 apporta due modifiche all’art. 7 del D.Lgs. 30/2007, che elenca i requisiti prescritti ai fini dell’esercizio del diritto di soggiorno del cittadino dell’Unione nel territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi.

La prima modifica (lett. a), n. 1) incide sul prescritto requisito (art. 7, co. 1, lett. b), del D.Lgs. 30/2007) della disponibilità di risorse economiche sufficienti (per sé stesso e per i propri familiari) per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno. Tale requisito è integrato con la precisazione che tali risorse devono derivare da attività dimostrabili come lecite.

Essa prevede inoltre, a integrazione del requisito consistente nella disponibilità di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi nel territorio nazionale, la possibilità di iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale.

La seconda modifica (lett. a), n. 2) regola quest’ultima possibilità, inserendo un comma aggiuntivo nell’art. 7 del D.Lgs. 30/2007. Il nuovo co. 1-bis precisa che l’iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale del cittadino dell’Unione che abbia titolo a soggiornare per un periodo superiore a tre mesi è subordinata al pagamento di un contributo determinato, nell’importo, con decreto del ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Il decreto dev’essere emanato entro il 30 giugno 2008 ed è sottoposto ad aggiornamento biennale.

 

In proposito si ricorda che ai fini del riconoscimento del diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi l’art. 7 del D.Lgs. 30/2007 richiede al cittadino dell’Unione la disponibilità per sé stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti a non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi nel territorio nazionale. Il successivo art. 9 – nel disciplinare i requisiti da attestare ai fini dell’iscrizione anagrafica per il cittadino comunitario – precisa che, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’art. 7, co. 1, lettera b), si rende necessaria la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’art. 29, co. 3, lettera b), del T.U. in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998), oltre alla titolarità di una assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo. Detta norma fissa i parametri per la determinazione del reddito minimo richiesto allo straniero extracomunitario che richieda il ricongiungimento familiare. In base a tale disposizione, è necessario dimostrare la titolarità di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore:

§         all’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare,

§         al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari,

§         al triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari;

§         al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici.

Attraverso tale rinvio, pertanto, sembrerebbe, che il requisito della liceità della fonte di reddito fosse già previsto dall’art. 9 del D.Lgs. 30/2007 prima della novella in esame.

 

La lettera b) modifica l’art. 9, co. 2, del D.Lgs. 30/2007, che disciplina gli adempimenti relativi all’iscrizione anagrafica del cittadino dell’Unione e dei suoi familiari. Il testo vigente del co. 2 dispone che, trascorsi tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale, l’interessato chiede in ogni caso l’iscrizione al comune. Il testo novellato appone un termine a tale adempimento – il decimo giorno successivo al decorso dei tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale – e lo configura espressamente come un obbligo motivato da “ragioni di tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza”.

Ai fini della miglior formulazione del testo, sembra opportuno valutare la congruità del richiamo ad una mera intenzione “il cittadino dell’Unione che intende soggiornare per un periodo superiore a tre mesi…” quale presupposto per un adempimento il cui termine di scadenza è successivo all’effettivo verificarsi dell’evento previsto (il soggiorno per un periodo superiore a tre mesi).

Una riformulazione del tutto analoga a quella illustrata è operata dalla lettera e) al successivo art. 10, co. 1, del D.Lgs. 30/2007, ove si disciplina il rilascio della carta di soggiorno che i familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro devono richiedere alla questura del luogo di residenza, trascorsi tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale.

La riformulazione delle due disposizioni citate acquista sostanziale rilievo a causa della novella apportata dalla successiva lettera g) (sulla quale, vedi infra) all’art. 20, co. 1, del D.Lgs. 30/2007: in essa si precisa, tra l’altro, che la mancata richiesta di iscrizione anagrafica o (per i familiari non comunitari) della carta di soggiorno rientra “in ogni caso” tra i “motivi imperativi di pubblica sicurezza” che determinano l’allontanamento del cittadino comunitario (al pari dei comportamenti che, ai sensi del medesimo co. 3 riformulato, costituiscano “una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica o alla moralità pubblica e il buon costume, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza”).

La mancata richiesta di iscrizione anagrafica (o di carta di soggiorno) entro il termine indicato viene pertanto, nella sostanza, corredata da una sanzione consistente nell’allontanamento, disposto dal prefetto ed immediatamente eseguito dal questore, con divieto di reingresso per un periodo che può giungere sino a cinque anni.

Con riguardo ai profili di compatibilità comunitaria di tale previsione normativa, si veda, infra, il paragrafo Allontanamento del cittadino dell’Unione europea).

 

La lettera c) modifica l’art. 9, co. 4, del D.Lgs. 30/2007, che consente al cittadino dell’Unione di far ricorso all’autocertificazione[25] per documentare – ai fini dell’iscrizione anagrafica – la disponibilità di risorse economiche sufficienti a non gravare sul sistema di assistenza pubblica. Ai sensi del nuovo testo, tale possibilità è limitata ai soli casi di soggiorno per ragioni di studio, di cui all’art. 7, co. 1, lett. c), del D.Lgs. 30/2007.

 

La lettera d) integra il co. 6 del medesimo art. 9, che sottopone alla medesima disciplina prevista per il cittadino italiano gli adempimenti relativi all’iscrizione anagrafica, al rilascio della ricevuta di iscrizione ed al rilascio del documento di identità precisa che tale estensione comprende la sottoposizione del cittadino dell’Unione a rilievi dattiloscopici nei casi previsti dalla legge.

 

Come segnala anche la relazione illustrativa, l’art. 2, co. 7, del D.L. 195/2002[26] ha esteso anche ai cittadini italiani, all’atto della consegna della carta d’identità elettronica, la sottoposizione ai rilievi dattiloscopici (impronte digitali),, prevista, per lo straniero che chieda il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, dall’art. 5, co. 2-bis e 4-bis, del testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

Diritto al soggiorno permanente

La lettera f) aggiunge un nuovo comma (4-bis) all’art. 14 del D.Lgs. 30/2007, che disciplina il diritto al soggiorno permanente del quale è titolare il cittadino dell'Unione (e il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro) che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale.

Il nuovo comma dispone la sospensione del predetto termine di cinque anni nel caso in cui l’interessato abbia subito una condanna per i reati di cui all’art. 380, co. 1 e 2, del codice di procedura penale (si tratta dei reati per i quali la legge prevede l’arresto obbligatorio in flagranza, per la cui elencazione, vedi infra il paragrafo Allontanamento del cittadino dell’Unione europea). La sospensione opera a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, e il termine riprende a decorrere dopo l’esecuzione della pena.

 

La relazione illustrativa afferma che la norma è volta ad evitare che il tempo di esecuzione della pena possa essere computato a vantaggio del cittadino comunitario che abbia commesso gravi reati, consentendogli di “acquisire i vantaggi connessi all’acquisto del diritto di soggiorno permanente”.

 

Sembra opportuno un approfondimento dei profili di compatibilità di tale disposizione con le previsioni della direttiva 2004/38/CE che, all’art. 16, attribuisce e disciplina il diritto al soggiorno permanente senza prevedere espressamente ipotesi di sospensione o di interruzione del prescritto termine di cinque anni (relativo al soggiorno legale e continuativo nello Stato membro ospitante) diverse dai casi di assenze dallo Stato membro ospitante che superino i limiti di durata indicati dal par. 3 del medesimo art. 16.

 

 


Allontanamento del cittadino dell’Unione europea

La lettera g) amplia il numero di ipotesi per le quali può essere disposto l’allontanamento del cittadino comunitario, inserendo nel comma 3 dell’articolo 20 del D.Lgs. 30/2007 nuove fattispecie di motivi imperativi di pubblica sicurezza.

 

Al riguardo si ricorda che il D.Lgs. n. 30 prevede che l’allontanamento del cittadino comunitario possa essere disposto per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (artt. 20, 20-bis e 20-ter), e per la perdita dei requisiti che consentono il soggiorno (art. 21). Per quanto riguarda la prima ipotesi, l’art. 20 distingue tre ipotesi:

§         motivi di sicurezza dello Stato;

§         motivi imperativi di pubblica sicurezza;

§         altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

I motivi imperativi di pubblica sicurezza, la cui disciplina è stata introdotta per la prima volta con il D.L. 181/2007[27] e riproposta con alcune modifiche e integrazioni, nel D.L. 249/2007[28], entrambi successivamente decaduti, sono stati da ultimo regolamentati con il D.Lgs. 32/2008.

A seguito delle modifiche apportate da tale ultimo decreto, l’art. 20, co. 3, del D.Lgs. 30/2007 prevede che i motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando il cittadino dell’Unione abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza.

La norma indica, inoltre, alcuni profili da considerare ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento. Si tratta, in particolare:

§       di eventuali sentenze di condanna. pronunciate da un giudice nazionale o straniero per uno o più delitti non colposi, anche tentati, contro la vita o l’incolumità della persona, ovvero per taluni delitti corrispondenti a quelli per i quali l’articolo 8 della legge 69/2005[29], prevede l’applicazione obbligatoria del mandato di arresto europeo anche senza che sia necessaria la doppia punibilità; tali sentenze rilevano anche nel caso in cui la pena inflitta sia stata oggetto di patteggiamento ai sensi dell’articolo 444 c.p.p.;

§       dell'appartenenza a categorie di persone nei cui confronti è possibile applicare una misura di prevenzione personale ai sensi dell’art. 1 della L. 1423/1956[30], e dell’art. 1 della L. 575/1965[31].

§         della presenza di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

L’allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza è disposto in via ordinaria dal prefetto[32] ed è immediatamente eseguito dal questore (art. 20, co. 7 e 11, del D.Lgs. 30/2007).

 

La disposizione in esame prevede innanzitutto una nuova enumerazione delle fattispecie dei motivi imperativi di pubblica sicurezza, i quali sussistono “in ogni caso” anche nell’ipotesi di:

§         mancata richiesta dell’iscrizione anagrafica o della carta di soggiorno (per i familiari non comunitari) entro i termini previsti dall’art. 9, co. 2, e 10, co. 1, del decreto, come modificati dalle lettere b) ed e) dello schema in esame (vedi supra);

§         comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave (non solo ai diritti fondamentali della persona e all’incolumità pubblica, come ora previsto, ma anche) alla moralità pubblica e al buon costume, rendendo urgente l'allontanamento perché l’ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza.

Per quanto attiene alla formulazione letterale della disposizione, sembra opportuno chiarire la portata dell’espressione “in ogni caso”, precisando in particolare se essa debba intendersi riferita a tutte le fattispecie comprese nel primo periodo del comma 3 ovvero alla sola ipotesi di mancata richiesta dell’iscrizione anagrafica o della carta di soggiorno.

Qualora – come suggerisce la formulazione testuale – risulti confermata la prima ipotesi interpretativa, sembrerebbe doversi ritenere che l’elenco di fattispecie che integrano i motivi imperativi di pubblica sicurezza contenuto nel comma 3 dell’articolo 20 non abbia carattere tassativo e che, pertanto, sussistano ulteriori ipotesi di motivi imperativi la cui individuazione resterebbe rimessa al prefetto competente per l’allontanamento.

Qualora, invece, l’espressione fosse da riferirsi esclusivamente alla mancata richiesta dell’iscrizione anagrafica o della carta di soggiorno, dovrebbe valutarsi se la formulazione utilizzata dal legislatore intenda indicare che in tali casi non sia richiesta la presenza di ulteriori elementi per l’integrazione della fattispecie che dà titolo all’allontanamento.

 

Al riguardo, pare tuttavia che i provvedimenti debbano comunque tenere conto degli elementi richiamati dal comma 5 dell’articolo 20 (durata del soggiorno in Italia, età, situazione familiare e economica, stato di salute, integrazione sociale e culturale del soggetto da allontanare nel territorio nazionale ed importanza dei suoi legami con il Paese d’origine), che recepisce quanto previsto dall’art. 28, paragrafo 1, della Dir. 2004/38/CE.

 

Con riferimento alla prima fattispecie si ricorda che – come evidenziato espressamente dalla nuova formulazione dell’art. 9, co. 2, e dell’art. 10, co. 1, del D.Lgs. 30/2007 – la richiesta di iscrizione anagrafica o di rilascio della carta di soggiorno è considerata un adempimento necessario “per ragioni di tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza”.

In quest’ottica pare doversi considerare la previsione contenuta nella disposizione in esame, che annovera la mancata richiesta tra le cause che giustificano l’allontanamento per motivi di ordine pubblico e sicurezza, inserendola tra quei motivi di particolare gravità (i motivi imperativi di pubblica sicurezza) che determinano l’esecuzione immediata dell’allontanamento da parte del questore, con divieto di reingresso.

Sembra opportuno un approfondimento dei profili di compatibilità di tale previsione normativa con la disciplina comunitaria in materia, con particolare riguardo agli adempimenti richiesti ai cittadini dell’Unione ed alle limitazioni al diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

Al riguardo, si ricorda che la direttiva 2004/38/CE, oggetto di recepimento:

§         all’art. 8, par. 1 e 2, dà facoltà agli Stati membri ospitanti di richiedere ai cittadini dell’Unione, per soggiorni di durata superiore a tre mesi, l’iscrizione presso le autorità competenti, e dispone che “l’inadempimento dell’obbligo di iscrizione rende l’interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie”;

§         all’art. 9, par. 3, dispone analogamente che l’inadempimento (per i familiari non aventi la cittadinanza dell’Unione) dell’obbligo di richiedere la carta di soggiorno rende l’interessato passibile di sanzioni proporzionate e non discriminatorie;

§         all’art. 27, premesso che “gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica” (par. 1), precisa (par. 2) che i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza “rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale” del destinatario; comportamento che deve rappresentare una “minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione”. Tali criteri sono quasi testualmente ripresi, nel D.Lgs. 30/2007, dall’art. 20, co. 4, che lo schema in esame non modifica.

Con riferimento alla seconda fattispecie introdotta dalla disposizione in esame, si segnala che la relazione tecnica che accompagna il provvedimento evidenzia come i comportamenti ed i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume possono costituire già a legislazione vigente motivi per l’adozione di provvedimenti di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza. L’innovazione introdotta dalla disposizione in esame consisterebbe pertanto nel diverso inquadramento della fattispecie, che non rientrerebbe più tra gli “altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza”, bensì tra i più gravi “motivi imperativi di ordine pubblico e sicurezza”.

Con riferimento alle fattispecie “sintomatiche” della sussistenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza, la disposizione in esame prevede che ai fini dell’allontanamento si tenga conto anche delle sentenze di condanna, pronunciate da un giudice italiano o straniero, e delle pene inflitte a seguito di patteggiamento, in relazione a:

§      uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la moralità pubblica e il buon costume;

§      uno o più reati per i quali la legge prevede l’arresto obbligatorio in flagranza, ai sensi dell’art. 380, commi 1 e 2, c.p.p.

 

Dal punto di vista strettamente tecnico, il riferimento ai delitti contro la moralità pubblica e il buon costume pare doversi ricollegare essenzialmente alle fattispecie cui al Titolo IX del libro secondo del codice penale, la cui rubrica fa espressamente riferimento a tali delitti.

Peraltro, si segnala che la gran parte degli articoli ricompresi in tale Titolo è stato abrogato e trasposto in altri titoli del codice penale o in autonomi provvedimenti.

L’intero Capo I del Titolo IX (delitti contro la libertà sessuale) è stato abrogato dalla L. 15 febbraio 1996, n. 66, recante norme sulla violenza sessuale, che ha anche ricompreso nei delitti contro la libertà personale i delitti di violenza sessuale e il reato di corruzione di minorenni (già art. 530 c.p.).

Gli articoli da 531 a 536 (reati inerenti alla prostituzione, tratta di donne e minori) del Capo secondo del Titolo IX sono stati abrogati dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sulla abolizione della regolamentazione della prostituzione, che ha ridisciplinato tali reati.

In sostanza, dell’intero Titolo IX sono rimasti in vigore soltanto gli articoli 527 (atti osceni), 528 (pubblicazioni e spettacoli osceni) 529 (atti e oggetti osceni: nozione).

Per quanto riguarda i delitti per i quali la legge prevede l’arresto obbligatorio in flagranza, l’art. 380 c.p.p. dispone l’arresto obbligatorio nei seguenti casi:

§       delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni e nel massimo a 20 anni;

§       delitti contro la personalità dello Stato per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;

§       delitto di devastazione e saccheggio;

§       delitti contro l'incolumità pubblica per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;

§       delitto di riduzione in schiavitù, di prostituzione minorile, di pornografia minorile; di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile;

§       delitto di furto aggravato;

§       delitti di furto in abitazione e furto con strappo salvo che ricorra la circostanza attenuante;

§       delitto di rapina e di estorsione;

§       delitti di illegale fabbricazione, traffico e detenzione di armi e di esplosivi;

§       delitti concernenti produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti;

§       delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni;

§       delitti di organizzazione di associazioni segrete, di associazioni, movimenti o gruppi volti alla riorganizzazione del partito fascista o aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

§       delitti di associazione di tipo mafioso;

§       delitti di associazione per delinquere.

 

La lettera h) introduce una disposizione che – come indicato nella relazione illustrativa che accompagna lo schema – è finalizzata a garantire l’effettività dei provvedimenti di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

In particolare, si prevede che il cittadino dell’Unione che sia destinatario di un provvedimento di allontanamento sia trattenuto, per un periodo non superiore a 15 giorni, in un centro di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) in presenza di:

§         ostacoli tecnici all’esecuzione dell’allontanamento;

§         difficoltà nell’identificazione del soggetto da allontanare.

 

I motivi del trattenimento nei CPTA riprendono parzialmente quelli previsti dall’art. 14 del T.U. in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998[33]) con riferimento al trattenimento degli stranieri extracomunitari. Detta norma reca, infatti, una indicazione di carattere tassativo in ordine ai motivi che consentono il trattenimento nei CPTA:

§         prestare soccorso allo straniero;

§         accertamento dell’identità o nazionalità dello straniero;

§         acquisizione dei documenti per il viaggio;

§         indisponibilità di un mezzo di trasporto idoneo per l’espulsione[34].

 

Con riferimento alla formulazione della disposizione, si segnala che l’art. 9 del D.L. 92/2008 (c.d. “decreto sicurezza”)[35], attualmente in corso di esame presso l’altro ramo del Parlamento[36], ha previsto in via generale la sostituzione delle espressioni “centro di permanenza temporanea” e “centro di permanenza temporanea ed assistenza” con la nuova definizione di “centro di identificazione ed espulsione”. Appare quindi necessario adeguare l’espressione utilizzata nella disposizione in esame alla nuova denominazione delle strutture.

Per quanto attiene alle procedure per il trattenimento, si richiama espressamente quanto previsto dall’art. 14 del T.U. delle disposizioni in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

 

In base alla disposizione richiamata, il trattenimento nei CPTA è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile da parte dell’autorità giudiziaria, su richiesta del questore, di altri 30 giorni, purché si sia in presenza di gravi difficoltà.

Il trattenimento, in quanto incidente sulla libertà di circolazione del cittadino straniero, è sottoposto a verifica giurisdizionale (convalida). Il questore è tenuto, perciò, a trasmettere immediatamente e comunque entro 48 ore, copia degli atti all’autorità giudiziaria (giudice di pace) ai fini della sua convalida.

L’udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la presenza necessaria di un difensore e l’interessato, tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l’udienza, se compare, viene sentito. La decisione deve essere assunta dal giudice nelle 48 ore successive, con decreto motivato, verificato il rispetto dei termini e la sussistenza dei requisiti previsti per l’espulsione dagli articoli 13 e 14 del testo unico.

Il provvedimento del questore cessa di avere effetto se la convalida viene negata o se il giudice non decide nel termine summenzionato di 48 ore.

La disposizione prevede infine la possibilità che la convalida in questione sia disposta contestualmente alla convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera o in sede di esame del ricorso avverso il decreto di espulsione.

 

Al riguardo, si segnala l’opportunità di valutare se – a seguito delle modifiche previste al comma 11 dell’articolo 20 – possano porsi delle incertezze interpretative riguardo all’applicabilità del trattenimento nei CPTA (rectius CIE) dei destinatari dei provvedimenti di allontanamento non rimessi all’esecuzione del questore che si trattengano sul territorio nazionale. Per tali soggetti il comma 12 dell’articolo 20 prevede, infatti, l’esecuzione immediata dell’espulsione richiamando quanto disposto dal comma 11 con esclusivo riferimento alla “convalida del provvedimento”.

Il trattenimento nei centri di identificazione dovrebbe invece applicarsi ai soggetti allontanati per violazione del divieto di reingresso: per il loro allontanamento, infatti, il comma 16 dell’articolo 20 richiama quanto disposto dal comma 11 nella sua interezza.

 

Le lettere i) e l) provvedono ad un innalzamento delle pene attualmente vigenti per la violazione del divieto di reingresso nel territorio nazionale da parte di cittadini dell’Unione destinatari di un provvedimento di allontanamento.

 

Al riguardo, si ricorda che l’ultimo periodo del comma 10 dell’articolo 20 del D.Lgs. 30/2007 distingue per quanto attiene al divieto di reingresso nel territorio nazionale, tra provvedimenti adottati per motivi di sicurezza dello Stato e provvedimenti adottati per motivi imperativi di pubblica sicurezza ovvero per altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

Infatti, il termine non può essere superiore:

§         a 10 anni per l’allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato;

§         a 5 anni per gli altri casi di allontanamento.

A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs 32/2008, il comma 13 dell’articolo 20 prevede una procedura che consente al cittadino dell’Unione destinatario del provvedimento di allontanamento di chiedere la revoca del divieto di reingresso, qualora ritenga di poter dimostrare l’avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione, purché sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, o comunque almeno tre anni, dall’esecuzione del provvedimento.

 

In particolare, la lettera i) prevede che il destinatario del provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso sia punito con la reclusione da uno a quattro anni, mentre il testo vigente del comma 14 prevede la pena della reclusione fino a due anni. Non viene invece innalzata la sanzione (reclusione fino ad un anno) prevista per la violazione del divieto di reingresso da parte di cittadini allontanati per motivi diversi da quelli attinenti alla sicurezza dello Stato.

Nulla viene innovato con riferimento alla possibilità per il giudice di sostituire la pena della reclusione con la misura dell'allontanamento immediato (immediatamente eseguito dal questore) con divieto di reingresso nel territorio nazionale, per un periodo da cinque a dieci anni.

 

Al riguardo si ricorda che il D.Lgs 32/2008 aveva già introdotto un innalzamento delle sanzioni previste per la violazione del divieto di reingresso dal D.Lgs. 30/2007, che nella sua stesura originaria prevedeva per la stessa condotta una fattispecie contravvenzionale, punita con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000.

Quanto alle ulteriori conseguenze processuali della innovazione in esame, si ricorda che possono essere disposte misure cautelari coercitive solo ove si proceda per delitti puniti con l’ergastolo o con la reclusione superiore nel massimo a tre anni. L’applicazione della custodia cautelare in carcere, peraltro, è possibile ove si proceda per un delitto punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni (art. 280 c.p.p.).

 

La lettera l) dispone un incremento delle sanzioni penali attualmente previste per una fattispecie di reiterata violazione del divieto di reingresso da parte di cittadini comunitari allontanati dal nostro Paese.

 

Nel caso di una prima violazione del divieto di reingresso, il secondo periodo del comma 14 dell’articolo 20 consente al giudice di sostituire la pena della reclusione con la misura dell’allontanamento immediato dal territorio nazionale[37], accompagnata da un divieto di reingresso per un periodo compreso tra cinque e dieci anni.

Qualora anche questo secondo divieto di reingresso sia violato, si prevede che l’infrazione sia sanzionata con la reclusione fino a tre anni.

 

La lettera in esame prevede un incremento della pena detentiva per questa seconda violazione, stabilendo che essa sia sanzionata con la reclusione da uno a cinque anni.

 

Le lettere m) e n) intervengono sulla disciplina dei tempi di esame dei ricorsi avverso i provvedimenti di allontanamento e delle istanze di sospensione dell'esecutorietà che possono accompagnare detti ricorsi.

 

Come già ricordato nella scheda relativa al Quadro normativo, il D.Lgs 30/2007 prevede un doppio binario per l’esame dei ricorsi avverso i provvedimenti di allontanamento, operando una distinzione sulla base del tipo di motivazioni alla base della decisione dell’allontanamento. la competenza sui ricorsi è così suddivisa:

§         il Tribunale amministrativo del Lazio è competente per i ricorsi avverso i provvedimenti adottati per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi di ordine pubblico;

§         il tribunale ordinario in composizione monocratica è competente per i ricorsi avverso i provvedimenti adottati per i motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per cessazione delle condizioni che consentono il soggiorno.

Unitamente al ricorso può essere presentata anche l’istanza di sospensione dell’allontanamento. In tal caso l’efficacia dell’allontanamento è sospesa fino alla decisione della relativa istanza, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale, oppure sia fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

 

In particolare, la lettera m) interviene sulla disciplina dell’istanza di sospensione del provvedimento di allontanamento, stabilendo che essa debba essere decisa dal giudice competente entro 60 giorni dalla sua presentazione. Decorso tale termine, viene meno l’efficacia sospensiva dell’istanza e il provvedimento “viene comunque eseguito”, anche in assenza di una decisione giurisdizionale sulla richiesta di sospensione.

Con riferimento alla formulazione del testo, si segnala che il riferimento all’esecuzione del provvedimento di allontanamento sembra doversi interpretare in una accezione ampia, che comprende sia i casi di esecuzione da parte del questore attraverso accompagnamento alla frontiera sia i casi di esecuzione da parte dell’interessato (art. 20, co. 10 e art. 21).

Per quanto attiene alla conformità della disposizione con la normativa comunitaria, si segnala, con riferimento alla perdita di efficacia sospensiva della istanza, che l’articolo 31, paragrafo 2, della direttiva n. 2004/38/CE prevede che qualora l’impugnazione o la richiesta di revisione di un provvedimento di allontanamento sia accompagnata da una richiesta di ordinanza provvisoria di sospensione dell’esecuzione del provvedimento stesso, l’effettivo allontanamento dal territorio non possa avere luogo fintantoché non è stata adottata una decisione sull’ordinanza provvisoria, salvo che:

§         il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale;

§         le persone interessate abbiano precedentemente fruito di una revisione;

§         il provvedimento sia fondato su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

 

Al riguardo, si ricorda che il co. 4 dell’art. 22 già prevede che l’efficacia dell’allontanamento non sia sospesa quando il provvedimento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

 

La lettera n) reca invece una modifica alla disciplina delle istanze sospensive dei provvedimenti di allontanamento presentate congiuntamente a ricorsi di competenza del tribunale ordinario.

In particolare, fermo restando il rinvio alla disciplina dei procedimenti in camera di consiglio di cui agli articoli 737 e seguenti c.p.c, vengono soppresse le disposizioni volte ad assicurare una decisione sulle istanze entro il termine previsto per l’abbandono del territorio nazionale nei provvedimenti di allentamento impugnati.

Il periodo soppresso prevede, in particolare, che quando i tempi del procedimento non consentano di rimanere entro i termini indicati nel provvedimento di allontanamento per lasciare il territorio italiano, il tribunale decida con priorità sull’istanza di sospensione eventualmente presentata entro il termine fissato per l’allontanamento.

 

In base a quanto sommariamente indicato nella relazione illustrativa, la modifica introdotta sembra doversi porre in relazione con la nuova disciplina dei tempi di esame delle istanze di sospensione prevista dalla precedente lettera l).

Disposizione finanziaria

L’articolo 2 quantifica gli oneri finanziari recati dal provvedimento e dispone in ordine alla loro copertura.

 

Il comma 1 individua il maggiore onere derivante dal provvedimento (valutato in 60.000 euro per l’anno 2008, 108.000 euro per l’anno 2009 e 96.000 euro a decorrere dal 2010), dispone che la copertura sia operata attingendo all’accantonamento relativo al Ministero dell’interno nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Più in dettaglio la relazione tecnica pone in relazione i maggiori oneri derivanti dal provvedimento con la necessità di predisporre – in relazione all’ampliamento delle fattispecie che possono determinare l’allontanamento del cittadino comunitario – formulari almeno nelle 23 lingue ufficiali dell’Unione europea, che devono comunque essere completati con gli elementi essenziali e specifici relativi al singolo caso. Più in particolare, la relazione tecnica evidenzia che i comportamenti e i delitti contro la moralità pubblica e il buon costume potevano già costituire motivi per l’adozione di provvedimenti di allontanamento e che, pertanto, il calcolo per i costi delle traduzioni è effettuato con riferimento al D.Lgs. 32/2007 I maggiori costi sarebbero quindi da ricondursi alla predisposizione delle traduzioni in relazione agli allontanamenti dovuti alla mancata iscrizione

La medesima relazione specifica invece che le spese conseguenti all’ampliamento dei motivi imperativi di pubblica sicurezza che comportano l’allontanamento immediato previsto dalla lettera g) dell’articolo 1 dello schema in esame ed alla previsione del trattenimento in un centro di permanenza temporanea e assistenza (rectius  centri di identificazione ed espulsione) nel caso sussistano ostacoli tecnici all’esecuzione dell’allontanamento o difficoltà nell’identificazione, introdotta dalla lettera h) dell’articolo 1 possono essere fronteggiate nell’ambito delle risorse stanziate a legislazione vigente.

 

Con riferimento ai profili attinenti alla conformità della disposizione con i principi e criteri direttivi della delega si segnala che l’art. 2, co. 1, lett. d), della L. 62/2005[38] prevede che “eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall’attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183[39], per un ammontare complessivo non superiore a 50 milioni di euro”.

In proposito si ricorda che nel parere reso sullo schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, (Atto n. 210)[40], la Commissione Affari costituzionali della Camera nel rilevare che lo schema individuava una modalità di copertura finanziaria difforme da quella prevista nella legge di delega, aveva formulato un’osservazione invitando il Governo a valutare l’opportunità di adeguare la copertura finanziaria a quanto disposto dall'articolo 2, comma 1, lettera d), della legge 18 aprile 2005, n. 62.

 

Il comma 2 reca una clausola di salvaguardia finanziaria, affidando al Ministro dell’interno il monitoraggio degli oneri derivanti dal provvedimento, anche ai fini dell’adozione, da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, dei provvedimenti correttivi di cui all’art. 11-ter, co. 7, della legge di contabilità (L. 468/1978).

 

L’art. 11-ter, co. 7, della L. 468/1978, come modificato dal D.L. 194/2002 (cd. decreto-legge “tagliaspese”), impegna i ministri di settore ad informare tempestivamente il Ministro dell’economia e delle finanze degli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di spesa che si verifichino nel corso dell’attuazione di provvedimenti legislativi. Il Ministro dell’economia è quindi tenuto a riferire al Parlamento con una propria relazione, che individui le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini di eventuali conseguenti iniziative legislative. Il Ministro dell’economia e delle finanze può promuovere la procedura suddetta allorché riscontri che l’attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

 

È prevista, inoltre, sempre a fini di salvaguardia, la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati dal ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’art. 7, co. 2°, n. 2), della L. 468/1978. Si tratta dei decreti mediante i quali il Ministro dell’economia e finanze provvede ad aumentare gli stanziamenti di capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio, con risorse prelevate a valere sul Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine[41].

 

Il comma 3 reca la consueta autorizzazione al Ministero dell’economia ad apportare le necessarie variazioni di bilancio.

 


Testo a fronte:
modificazioni apportate al D.Lgs. n. 30 del 2007 dallo schema di decreto legislativo
n. 5

La tabella che segue pone a confronto il testo originario del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, recante Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri con il testo vigente del medesimo decreto legislativo (come modificato dal D.Lgs. 32/2008) e con il testo risultante dalle ulteriori modificazioni proposte dallo schema di decreto legislativo in esame.

Le differenze rispetto al testo originario sono evidenziate in carattere neretto. Le modificazioni proposte dallo schema di decreto legislativo sono evidenziate in carattere sottolineato.

 

D.Lgs. 30/2007
testo originario

D.Lgs. 30/2007
testo modificato dal D.Lgs. 32/2008, attualmente in vigore

D.Lgs. 30/2007
testo modificato dallo schema di D.Lgs.

[…]

[…]

[…]

Art. 5

Art. 5

Art. 5

Diritto di ingresso.

Diritto di ingresso.

Diritto di ingresso.

1. Ferme le disposizioni relative ai controlli dei documenti di viaggio alla frontiera, il cittadino dell’Unione in possesso di documento d’identità valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, ma in possesso di un passaporto valido, sono ammessi nel territorio nazionale.

1. Ferme le disposizioni relative ai controlli dei documenti di viaggio alla frontiera, il cittadino dell’Unione in possesso di documento d’identità valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, ma in possesso di un passaporto valido, sono ammessi nel territorio nazionale.

1. Ferme le disposizioni relative ai controlli dei documenti di viaggio alla frontiera, il cittadino dell’Unione in possesso di documento d’identità valido per l’espatrio, secondo la legislazione dello Stato membro, ed i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, ma in possesso di un passaporto valido, sono ammessi nel territorio nazionale.

2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono assoggettati all’obbligo del visto d’ingresso, nei casi in cui è richiesto. Il possesso della carta di soggiorno di cui all’articolo 10 in corso di validità esonera dall’obbligo di munirsi del visto.

2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono assoggettati all’obbligo del visto d’ingresso, nei casi in cui è richiesto. Il possesso della carta di soggiorno di cui all’articolo 10 in corso di validità esonera dall’obbligo di munirsi del visto.

2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono assoggettati all’obbligo del visto d’ingresso, nei casi in cui è richiesto. Il possesso della carta di soggiorno di cui all’articolo 10 in corso di validità esonera dall’obbligo di munirsi del visto.

3. I visti di cui al comma 2 sono rilasciati gratuitamente e con priorità rispetto alle altre richieste.

3. I visti di cui al comma 2 sono rilasciati gratuitamente e con priorità rispetto alle altre richieste.

3. I visti di cui al comma 2 sono rilasciati gratuitamente e con priorità rispetto alle altre richieste.

4. Nei casi in cui è esibita la carta di soggiorno di cui all’articolo 10 non sono apposti timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea.

4. Nei casi in cui è esibita la carta di soggiorno di cui all’articolo 10 non sono apposti timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea.

4. Nei casi in cui è esibita la carta di soggiorno di cui all’articolo 10 non sono apposti timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea.

5. Il respingimento nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, sprovvisto dei documenti di viaggio o del visto di ingresso, non è disposto se l’interessato, entro ventiquattro ore dalla richiesta, fa pervenire i documenti necessari ovvero dimostra con altra idonea documentazione, secondo la legge nazionale, la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione.

5. Il respingimento nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, sprovvisto dei documenti di viaggio o del visto di ingresso, non è disposto se l’interessato, entro ventiquattro ore dalla richiesta, fa pervenire i documenti necessari ovvero dimostra con altra idonea documentazione, secondo la legge nazionale, la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione.

5. Il respingimento nei confronti di un cittadino dell’Unione o di un suo familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, sprovvisto dei documenti di viaggio o del visto di ingresso, non è disposto se l’interessato, entro ventiquattro ore dalla richiesta, fa pervenire i documenti necessari ovvero dimostra con altra idonea documentazione, secondo la legge nazionale, la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione.

 

5-bis. In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi.

5-bis. In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi.

[…]

[…]

[…]

Art. 7

Art. 7

Art. 7

Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi.

Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi.

Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi.

1. Il cittadino dell’Unione ha diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi quando:

1. Il cittadino dell’Unione ha diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi quando:

1. Il cittadino dell’Unione ha diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi quando:

a) è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;

a) è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;

a) è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;

b) dispone per sé stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;

b) dispone per sé stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;

b) dispone per sé stesso ed i propri familiari di risorse economiche sufficienti, derivanti da attività dimostrabili come lecite, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione sanitaria o di iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale o di altro titolo idoneo comunque denominato che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;

c) è iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi come attività principale un corso di studi o di formazione professionale e dispone, per sè stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il suo periodo di soggiorno, da attestare attraverso una dichiarazione o con altra idonea documentazione, e di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;

c) è iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi come attività principale un corso di studi o di formazione professionale e dispone, per sè stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il suo periodo di soggiorno, da attestare attraverso una dichiarazione o con altra idonea documentazione, e di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;

c) è iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi come attività principale un corso di studi o di formazione professionale e dispone, per sè stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato durante il suo periodo di soggiorno, da attestare attraverso una dichiarazione o con altra idonea documentazione, e di un’assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi nel territorio nazionale;

d) è familiare, come definito dall’articolo 2, che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi delle lettere a), b) o c).

d) è familiare, come definito dall’articolo 2, che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi delle lettere a), b) o c).

d) è familiare, come definito dall’articolo 2, che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi delle lettere a), b) o c).

 

 

1-bis. Ai fini dell’iscrizione volontaria al Servizio sanitario nazionale di cui al comma 1, lettera b), il cittadino dell’Unione che abbia titolo a soggiornare nel territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi ha facoltà di iscriversi al Servizio sanitario nazionale previo pagamento di un contributo il cui importo è da determinarsi con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 30 giugno 2008 e da aggiornarsi con cadenza biennale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Il diritto di soggiorno di cui al comma 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnano o raggiungono nel territorio nazionale il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al comma 1, lettere a), b) o c).

2. Il diritto di soggiorno di cui al comma 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnano o raggiungono nel territorio nazionale il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al comma 1, lettere a), b) o c).

2. Il diritto di soggiorno di cui al comma 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnano o raggiungono nel territorio nazionale il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al comma 1, lettere a), b) o c).

3. Il cittadino dell’Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno di cui al comma 1, lettera a) quando:

3. Il cittadino dell’Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno di cui al comma 1, lettera a) quando:

3. Il cittadino dell’Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno di cui al comma 1, lettera a) quando:

a) è temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio;

a) è temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio;

a) è temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio;

b) è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un’attività lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale ed è iscritto presso il Centro per l’impiego, ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa;

b) è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un’attività lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale ed è iscritto presso il Centro per l’impiego, ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa;

b) è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un’attività lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale ed è iscritto presso il Centro per l’impiego, ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa;

c) è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si è trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, è iscritto presso il Centro per l’impiego ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l’interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno;

c) è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si è trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, è iscritto presso il Centro per l’impiego ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l’interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno;

c) è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si è trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, è iscritto presso il Centro per l’impiego ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l’interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno;

d) segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore subordinato presuppone che esista un collegamento tra l’attività professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.

d) segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore subordinato presuppone che esista un collegamento tra l’attività professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.

d) segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore subordinato presuppone che esista un collegamento tra l’attività professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.

[…]

[…]

[…]

Art. 9

Art. 9

Art. 9

Formalità amministrative per i cittadini dell’Unione ed i loro familiari.

Formalità amministrative per i cittadini dell’Unione ed i loro familiari.

Formalità amministrative per i cittadini dell’Unione ed i loro familiari.

1. Al cittadino dell’Unione che intende soggiornare in Italia, ai sensi dell’articolo 7 per un periodo superiore a tre mesi, si applica la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, ed il nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

1. Al cittadino dell’Unione che intende soggiornare in Italia, ai sensi dell’articolo 7 per un periodo superiore a tre mesi, si applica la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, ed il nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

1. Al cittadino dell’Unione che intende soggiornare in Italia, ai sensi dell’articolo 7 per un periodo superiore a tre mesi, si applica la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, ed il nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, l’iscrizione è comunque richiesta trascorsi tre mesi dall’ingresso ed è rilasciata immediatamente una attestazione contenente l’indicazione del nome e della dimora del richiedente, nonché la data della richiesta.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, l’iscrizione è comunque richiesta trascorsi tre mesi dall’ingresso ed è rilasciata immediatamente una attestazione contenente l’indicazione del nome e della dimora del richiedente, nonché la data della richiesta.

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, il cittadino dell’Unione che intende soggiornare per un periodo superiore a tre mesi ha l’obbligo, per ragioni di tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza, di richiedere l’iscrizione entro i dieci giorni successivi al decorso dei tre mesi dall’ingresso. L’ufficio competente rilascia immediatamente una attestazione contenente l’indicazione del nome e della dimora del richiedente, nonché la data della richiesta.

3. Oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, per l’iscrizione anagrafica di cui al comma 2, il cittadino dell’Unione deve produrre la documentazione attestante:

3. Oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, per l’iscrizione anagrafica di cui al comma 2, il cittadino dell’Unione deve produrre la documentazione attestante:

3. Oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, per l’iscrizione anagrafica di cui al comma 2, il cittadino dell’Unione deve produrre la documentazione attestante:

a) l’attività lavorativa, subordinata o autonoma, esercitata se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera a);

a) l’attività lavorativa, subordinata o autonoma, esercitata se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera a);

a) l’attività lavorativa, subordinata o autonoma, esercitata se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera a);

b) la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché la titolarità di una assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi nel territorio nazionale, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera b);

b) la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché la titolarità di una assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi nel territorio nazionale, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera b);

b) la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché la titolarità di una assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi nel territorio nazionale, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera b);

c) l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto dalla vigente normativa e la titolarità di un’assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi, nonché la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c).

c) l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto dalla vigente normativa e la titolarità di un’assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi, nonché la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c).

c) l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto dalla vigente normativa e la titolarità di un’assicurazione sanitaria ovvero di altro titolo comunque denominato idoneo a coprire tutti i rischi, nonché la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, se l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c).

4. Il cittadino dell’Unione può dimostrare di disporre, per sè e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti a non gravare sul sistema di assistenza pubblica, anche attraverso la dichiarazione di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

4. Il cittadino dell’Unione può dimostrare di disporre, per sè e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti a non gravare sul sistema di assistenza pubblica, anche attraverso la dichiarazione di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

4. Il cittadino dell’Unione, nei casi in cui l’iscrizione è richiesta ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c), può dimostrare di disporre, per sé e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti a non gravare sul sistema di assistenza pubblica, anche attraverso la dichiarazione di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

5. Ai fini dell’iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, i familiari del cittadino dell’Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno devono presentare, in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:

5. Ai fini dell’iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, i familiari del cittadino dell’Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno devono presentare, in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:

5. Ai fini dell’iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini italiani dalla normativa di cui al comma 1, i familiari del cittadino dell’Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno devono presentare, in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:

a) un documento di identità o il passaporto in corso di validità, nonché il visto di ingresso quando richiesto;

a) un documento di identità o il passaporto in corso di validità, nonché il visto di ingresso quando richiesto;

a) un documento di identità o il passaporto in corso di validità, nonché il visto di ingresso quando richiesto;

b) un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;

b) un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;

b) un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;

c) l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione.

c) l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione.

c) l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione.

6. Salvo quanto previsto dal presente decreto, per l’iscrizione anagrafica ed il rilascio della ricevuta di iscrizione e del relativo documento di identità si applicano le medesime disposizioni previste per il cittadino italiano.

6. Salvo quanto previsto dal presente decreto, per l’iscrizione anagrafica ed il rilascio della ricevuta di iscrizione e del relativo documento di identità si applicano le medesime disposizioni previste per il cittadino italiano.

6. Salvo quanto previsto dal presente decreto, per l’iscrizione anagrafica ed il rilascio della ricevuta di iscrizione e del relativo documento di identità si applicano le medesime disposizioni previste per il cittadino italiano compresi i rilievi dattiloscopici nei casi previsti dalla legge.

7. Le richieste di iscrizioni anagrafiche dei familiari del cittadino dell’Unione che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro sono trasmesse, ai sensi dell’articolo 6, comma 7, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, a cura delle amministrazioni comunali alla Questura competente per territorio.

7. Le richieste di iscrizioni anagrafiche dei familiari del cittadino dell’Unione che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro sono trasmesse, ai sensi dell’articolo 6, comma 7, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, a cura delle amministrazioni comunali alla Questura competente per territorio.

7. Le richieste di iscrizioni anagrafiche dei familiari del cittadino dell’Unione che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro sono trasmesse, ai sensi dell’articolo 6, comma 7, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, a cura delle amministrazioni comunali alla Questura competente per territorio.

Art. 10

Art. 10

Art. 10

Carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea

Carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea

Carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea

1. I familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, di cui all'articolo 2, trascorsi tre mesi dall'ingresso nel territorio nazionale, richiedono alla questura competente per territorio di residenza la «Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione», redatta su modello conforme a quello stabilito con decreto del Ministro dell'interno da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto, è rilasciato il titolo di soggiorno previsto dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

1. I familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, di cui all'articolo 2, trascorsi tre mesi dall'ingresso nel territorio nazionale, richiedono alla questura competente per territorio di residenza la «Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione», redatta su modello conforme a quello stabilito con decreto del Ministro dell'interno da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto, è rilasciato il titolo di soggiorno previsto dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

1. I familiari del cittadino dell'Unione privi della cittadinanza di uno Stato membro, di cui all'articolo 2, che intendono soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi hanno l’obbligo, per ragioni di tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza, di richiedere, entri i dieci giorni successivi al decorso dei tre mesi dall'ingresso nel territorio nazionale, alla questura competente per territorio di residenza, la «Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione», redatta su modello conforme a quello stabilito con decreto del Ministro dell'interno da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto, è rilasciato il titolo di soggiorno previsto dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. Al momento della richiesta di rilascio della carta di soggiorno, al familiare del cittadino dell'Unione è rilasciata una ricevuta secondo il modello definito con decreto del Ministro dell'interno di cui al comma 1.

2. Al momento della richiesta di rilascio della carta di soggiorno, al familiare del cittadino dell'Unione è rilasciata una ricevuta secondo il modello definito con decreto del Ministro dell'interno di cui al comma 1.

2. Al momento della richiesta di rilascio della carta di soggiorno, al familiare del cittadino dell'Unione è rilasciata una ricevuta secondo il modello definito con decreto del Ministro dell'interno di cui al comma 1.

3. Per il rilascio della Carta di soggiorno, è richiesta la presentazione:

3. Per il rilascio della Carta di soggiorno, è richiesta la presentazione:

3. Per il rilascio della Carta di soggiorno, è richiesta la presentazione:

a) del passaporto o documento equivalente, in corso di validità, nonchè del visto di ingresso, qualora richiesto;

a) del passaporto o documento equivalente, in corso di validità, nonchè del visto di ingresso, qualora richiesto;

a) del passaporto o documento equivalente, in corso di validità, nonchè del visto di ingresso, qualora richiesto;

b) di un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;

b) di un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;

b) di un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico;

c) dell'attestato della richiesta d'iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell'Unione;

c) dell'attestato della richiesta d'iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell'Unione;

c) dell'attestato della richiesta d'iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell'Unione;

d) della fotografia dell'interessato, in formato tessera, in quattro esemplari.

d) della fotografia dell'interessato, in formato tessera, in quattro esemplari.

d) della fotografia dell'interessato, in formato tessera, in quattro esemplari.

4. La carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione ha una validità di cinque anni dalla data del rilascio.

4. La carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione ha una validità di cinque anni dalla data del rilascio.

4. La carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione ha una validità di cinque anni dalla data del rilascio.

5. La carta di soggiorno mantiene la propria validità anche in caso di assenze temporanee del titolare non superiori a sei mesi l'anno, nonchè di assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino a dodici mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato; è onere dell'interessato esibire la documentazione atta a dimostrare i fatti che consentono la perduranza di validità.

5. La carta di soggiorno mantiene la propria validità anche in caso di assenze temporanee del titolare non superiori a sei mesi l'anno, nonchè di assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino a dodici mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato; è onere dell'interessato esibire la documentazione atta a dimostrare i fatti che consentono la perduranza di validità.

5. La carta di soggiorno mantiene la propria validità anche in caso di assenze temporanee del titolare non superiori a sei mesi l'anno, nonchè di assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino a dodici mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato; è onere dell'interessato esibire la documentazione atta a dimostrare i fatti che consentono la perduranza di validità.

6. Il rilascio della carta di soggiorno di cui al comma 1 è gratuito, salvo il rimborso del costo degli stampati e del materiale usato per il documento.

6. Il rilascio della carta di soggiorno di cui al comma 1 è gratuito, salvo il rimborso del costo degli stampati e del materiale usato per il documento.

6. Il rilascio della carta di soggiorno di cui al comma 1 è gratuito, salvo il rimborso del costo degli stampati e del materiale usato per il documento.

[…]

[…]

[…]

Art. 14.

Art. 14.

Art. 14.

Diritto di soggiorno permanente

Diritto di soggiorno permanente

Diritto di soggiorno permanente

1. Il cittadino dell'Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13.

1. Il cittadino dell'Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13.

1. Il cittadino dell'Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13.

2. Salve le disposizioni degli articoli 11 e 12, il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell'Unione.

2. Salve le disposizioni degli articoli 11 e 12, il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell'Unione.

2. Salve le disposizioni degli articoli 11 e 12, il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell'Unione.

3. La continuità del soggiorno non è pregiudicato da assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno, nonchè da assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.

3. La continuità del soggiorno non è pregiudicato da assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno, nonchè da assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.

3. La continuità del soggiorno non è pregiudicato da assenze che non superino complessivamente sei mesi l'anno, nonchè da assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.

4. Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.

4. Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.

4. Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.

 

 

4-bis. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 20, in caso di condanna per i reati di cui all’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, il termine di cinque anni di cui ai commi 1 e 2 è sospeso dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna e ricomincia a decorrere dopo l’esecuzione della pena.

 

 

 

[…]

[…]

[…]

Art. 18

Art. 18

Art. 18

Continuità del soggiorno.

Continuità del soggiorno.

Continuità del soggiorno.

1. La continuità del soggiorno, ai fini del presente decreto legislativo, nonché i requisiti prescritti dagli articoli 13, 14, 15 e 16 possono essere comprovati con le modalità previste dalla legislazione vigente.

1. La continuità del soggiorno, ai fini del presente decreto legislativo, nonché i requisiti prescritti dagli articoli 13, 14, 15 e 16 possono essere comprovati con le modalità previste dalla legislazione vigente.

1. La continuità del soggiorno, ai fini del presente decreto legislativo, nonché i requisiti prescritti dagli articoli 13, 14, 15 e 16 possono essere comprovati con le modalità previste dalla legislazione vigente.

2. La continuità del soggiorno è interrotta dal provvedimento di allontanamento adottato nei confronti della persona interessata.

2. La continuità del soggiorno è interrotta dal provvedimento di allontanamento adottato nei confronti della persona interessata, che costituisce causa di cancellazione anagrafica.

2. La continuità del soggiorno è interrotta dal provvedimento di allontanamento adottato nei confronti della persona interessata, che costituisce causa di cancellazione anagrafica.

[…]

[…]

[…]

Art. 20.

Art. 20.

Art. 20.

Limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico.

Limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno.

Limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno.

1. Il diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato solo per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 21, il diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato con apposito provvedimento solo per: motivi di sicurezza dello Stato; motivi imperativi di pubblica sicurezza; altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 21, il diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, può essere limitato con apposito provvedimento solo per: motivi di sicurezza dello Stato; motivi imperativi di pubblica sicurezza; altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

 

2. I motivi di sicurezza dello Stato sussistono anche quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, ovvero vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

2. I motivi di sicurezza dello Stato sussistono anche quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, ovvero vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

 

3. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza. Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

3. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono in ogni caso se la persona da allontanare non abbia provveduto alla richiesta di iscrizione di cui all’articolo 9, comma 2, o alla richiesta della carta di soggiorno di cui all’articolo 10, comma 1, ovvero abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica o alla moralità pubblica e il buon costume, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza. Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona o contro la moralità pubblica e il buon costume, o per uno o più reati di cui all’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale; di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità ed in relazione a comportamenti della persona, che rappresentino una minaccia concreta e attuale tale da pregiudicare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica. La esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.

4. I provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità e non possono essere motivati da ragioni di ordine economico, né da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell’interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. La esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.

4. I provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità e non possono essere motivati da ragioni di ordine economico, né da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell’interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. La esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti.

3. Nell’adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, si tiene conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare e economica, della sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei suoi legami con il Paese d’origine.

5. Nell’adottare un provvedimento di allontanamento, si tiene conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, della sua situazione familiare e economica, del suo stato di salute, della sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei suoi legami con il Paese d’origine.

5. Nell’adottare un provvedimento di allontanamento, si tiene conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, della sua situazione familiare e economica, del suo stato di salute, della sua integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei suoi legami con il Paese d’origine.

4. I cittadini dell’Unione europea ed i loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, che abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente di cui all’articolo 14 possono essere allontanati dal territorio dello Stato solo per gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica.

6. I titolari del diritto di soggiorno permanente di cui all’articolo 14 possono essere allontanati dal territorio nazionale solo per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per altri gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

6. I titolari del diritto di soggiorno permanente di cui all’articolo 14 possono essere allontanati dal territorio nazionale solo per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per altri gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

5. I cittadini dell’Unione europea che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere allontanati solo per motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato, salvo quando l’allontanamento sia necessario nell’interesse stesso del minore, secondo quanto contemplato dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.

7. I beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere allontanati solo per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza, salvo l’allontanamento sia necessario nell’interesse stesso del minore, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.

7. I beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni possono essere allontanati solo per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza, salvo l’allontanamento sia necessario nell’interesse stesso del minore, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.

6. Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione sul territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico individuate dall’Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono successivamente all’ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare l’allontanamento del cittadino dell’Unione e dei suoi familiari.

8. Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione sul territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico individuate dall’Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono successivamente all’ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare l’allontanamento.

8. Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione sul territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico individuate dall’Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono successivamente all’ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare l’allontanamento.

 

9. Il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza dei soggetti di cui al comma 7, nonché i provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato. Negli altri casi, i provvedimenti di allontanamento sono adottati dal prefetto del luogo di residenza o dimora del destinatario.

9. Il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza dei soggetti di cui al comma 7, nonché i provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato. Negli altri casi, i provvedimenti di allontanamento sono adottati dal prefetto del luogo di residenza o dimora del destinatario.

7. Il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale di cui ai comma 1, 4 e 5 è adottato dal Ministro dell’interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all’interessato e riporta le modalità di impugnazione e della durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore a 3 anni. Il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica, fatti salvi i casi di comprovata urgenza.

10. I provvedimenti di allontanamento sono motivati, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una traduzione del suo contenuto, anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati, redatti in una lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, comunque in una delle lingue francese, inglese, spagnola o tedesca, secondo la preferenza indicata dall'interessato. Il provvedimento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e, salvo quanto previsto al comma 11, indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica e, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni. Il provvedimento indica anche la durata del divieto di reingresso che non può essere superiore a dieci anni nei casi di allontanamento per i motivi di sicurezza dello Stato e a cinque anni negli altri casi.

10. I provvedimenti di allontanamento sono motivati, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una traduzione del suo contenuto, anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati, redatti in una lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, comunque in una delle lingue francese, inglese, spagnola o tedesca, secondo la preferenza indicata dall'interessato. Il provvedimento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e, salvo quanto previsto al comma 11, indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica e, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni. Il provvedimento indica anche la durata del divieto di reingresso che non può essere superiore a dieci anni nei casi di allontanamento per i motivi di sicurezza dello Stato e a cinque anni negli altri casi.

8. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000 ed è nuovamente allontanato con accompagnamento immediato.

Vedi comma 14.

Vedi comma 14.

9. Qualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare allontanato si trattiene nel territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di cui al comma 7, ovvero quando il provvedimento è fondato su motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato, il questore dispone l’esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento dell’interessato dal territorio nazionale.

11. Il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

11. Il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e per motivi imperativi di pubblica sicurezza è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Ove sussistano ostacoli tecnici all’ esecuzione dell’ allontanamento o difficoltà nell’ identificazione, il destinatario del provvedimento di allontanamento è trattenuto in un centro di permanenza temporanea e assistenza secondo le procedure di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per un periodo massimo di quindici giorni.

 

12. Nei casi di cui al comma 10, se il destinatario del provvedimento di allontanamento si trattiene oltre il termine fissato, il questore dispone l'esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento dell'interessato dal territorio nazionale. Si applicano, per la convalida del provvedimento del questore, le disposizioni del comma 11.

12. Nei casi di cui al comma 10, se il destinatario del provvedimento di allontanamento si trattiene oltre il termine fissato, il questore dispone l'esecuzione immediata del provvedimento di allontanamento dell'interessato dal territorio nazionale. Si applicano, per la convalida del provvedimento del questore, le disposizioni del comma 11.

 

13. Il destinatario del provvedimento di allontanamento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, entro sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

13. Il destinatario del provvedimento di allontanamento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, entro sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

Vedi comma 8.

14. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso, è punito con la reclusione fino a due anni, nell'ipotesi di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato, ovvero fino ad un anno, nelle altre ipotesi. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell'allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale, per un periodo da cinque a dieci anni. L'allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva.

14. Il destinatario del provvedimento di allontanamento che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso, è punito con la reclusione da uno a quattro anni, nell'ipotesi di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato, ovvero fino ad un anno, nelle altre ipotesi. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell'allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale, per un periodo da cinque a dieci anni. L'allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva.

 

15. Si applica la pena detentiva della reclusione fino a tre anni in caso di reingresso nel territorio nazionale in violazione della misura dell'allontanamento disposta ai sensi del comma 14, secondo periodo.

15. Si applica la pena detentiva della reclusione da uno a cinque anni in caso di reingresso nel territorio nazionale in violazione della misura dell'allontanamento disposta ai sensi del comma 14, secondo periodo.

 

16. Nei casi di cui ai commi 14 e 15 si procede con rito direttissimo. In caso di condanna, salvo che il giudice provveda ai sensi del comma 14, secondo periodo, è sempre adottato un nuovo provvedimento di allontanamento immediatamente esecutivo, al quale si applicano le norme del comma 11.

16. Nei casi di cui ai commi 14 e 15 si procede con rito direttissimo. In caso di condanna, salvo che il giudice provveda ai sensi del comma 14, secondo periodo, è sempre adottato un nuovo provvedimento di allontanamento immediatamente esecutivo, al quale si applicano le norme del comma 11.

 

17. I provvedimenti di allontanamento di cui al presente articolo sono adottati tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di residenza o di dimora del destinatario del provvedimento.

17. I provvedimenti di allontanamento di cui al presente articolo sono adottati tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di residenza o di dimora del destinatario del provvedimento.

 

Art. 20-bis.

Art. 20-bis.

 

Procedimento penale pendente a carico del destinatario del provvedimento di allontanamento.

Procedimento penale pendente a carico del destinatario del provvedimento di allontanamento.

 

1. Qualora il destinatario del provvedimento di allontanamento di cui all'articolo 20, commi 11 e 12, sia sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Il nulla osta di cui all'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quarantotto ore dalla data di ricevimento della richiesta.

3. Non si dà luogo alla sentenza di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, qualora si proceda per i reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale.

1. Qualora il destinatario del provvedimento di allontanamento di cui all'articolo 20, commi 11 e 12, sia sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Il nulla osta di cui all'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quarantotto ore dalla data di ricevimento della richiesta.

3. Non si dà luogo alla sentenza di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, qualora si proceda per i reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale.

 

4. Quando il procedimento penale pendente sia relativo ai reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale, si può procedere all'allontanamento solo nell'ipotesi in cui il soggetto non sia sottoposto a misura cautelare detentiva per qualsiasi causa.

4. Quando il procedimento penale pendente sia relativo ai reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale, si può procedere all'allontanamento solo nell'ipotesi in cui il soggetto non sia sottoposto a misura cautelare detentiva per qualsiasi causa.

 

5. In deroga alle disposizioni sul divieto di reingresso, il destinatario del provvedimento di allontanamento, sottoposto ad un procedimento penale ovvero parte offesa nello stesso, può essere autorizzato a rientrare nel territorio dello Stato, dopo l'esecuzione del provvedimento, per il tempo strettamente necessario all'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o di compiere atti per i quali è necessaria la sua presenza. Salvo che la presenza dell'interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica, l'autorizzazione è rilasciata dal questore, anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, su documentata richiesta del destinatario del provvedimento di allontanamento, o del suo difensore.

5. In deroga alle disposizioni sul divieto di reingresso, il destinatario del provvedimento di allontanamento, sottoposto ad un procedimento penale ovvero parte offesa nello stesso, può essere autorizzato a rientrare nel territorio dello Stato, dopo l'esecuzione del provvedimento, per il tempo strettamente necessario all'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o di compiere atti per i quali è necessaria la sua presenza. Salvo che la presenza dell'interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica, l'autorizzazione è rilasciata dal questore, anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, su documentata richiesta del destinatario del provvedimento di allontanamento, o del suo difensore.

 

Art. 20-ter.

Art. 20-ter.

 

Autorità giudiziaria competente per la convalida dei provvedimenti del questore.

Autorità giudiziaria competente per la convalida dei provvedimenti del questore.

 

1. Ai fini della convalida dei provvedimenti emessi dal questore ai sensi degli articoli 20 e 20-bis, è competente il tribunale ordinario in composizione monocratica.

1. Ai fini della convalida dei provvedimenti emessi dal questore ai sensi degli articoli 20 e 20-bis, è competente il tribunale ordinario in composizione monocratica.

Art. 21.

Art. 21.

Art. 21.

Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno.

Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno.

Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno.

1. Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell’interessato, salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12.

1. Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell'interessato ai sensi degli articoli 6, 7 e 13 e salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12.

1. Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell'interessato ai sensi degli articoli 6, 7 e 13 e salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12.

2. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato dal Prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, con atto motivato e notificato all’interessato. Il provvedimento è adottato tenendo conto della durata del soggiorno dell’interessato, della sua età, della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il Paese di origine ed è tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese, e riporta le modalità di impugnazione, nonché il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.

2. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato dal prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, anche su segnalazione motivata del sindaco del luogo di residenza o dimora, con atto motivato e notificato all'interessato. Il provvedimento è adottato tenendo conto della durata del soggiorno dell'interessato, della sua età, della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il Paese di origine. Il provvedimento riporta le modalità di impugnazione, nonché il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, comma 10.

3. Unitamente al provvedimento di allontanamento è consegnata all'interessato una attestazione di obbligo di adempimento dell'allontanamento, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro degli affari esteri, da presentare presso un consolato italiano. Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.

2. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato dal prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, anche su segnalazione motivata del sindaco del luogo di residenza o dimora, con atto motivato e notificato all'interessato. Il provvedimento è adottato tenendo conto della durata del soggiorno dell'interessato, della sua età, della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il Paese di origine. Il provvedimento riporta le modalità di impugnazione, nonché il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, comma 10.

3. Unitamente al provvedimento di allontanamento è consegnata all'interessato una attestazione di obbligo di adempimento dell'allontanamento, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro degli affari esteri, da presentare presso un consolato italiano. Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.

 

4. Qualora il cittadino dell'Unione o il suo familiare allontanato sia individuato sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione dell'attestazione di cui al comma 3, è punito con l'arresto da un mese a sei mesi e con l'ammenda da 200 a 2.000 euro.

4. Qualora il cittadino dell'Unione o il suo familiare allontanato sia individuato sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione dell'attestazione di cui al comma 3, è punito con l'arresto da un mese a sei mesi e con l'ammenda da 200 a 2.000 euro.

Art. 22.

Art. 22.

Art. 22.

Ricorsi contro i provvedimenti di allontanamento.

Ricorsi avverso i provvedimenti di allontanamento.

Ricorsi avverso i provvedimenti di allontanamento.

1. Avverso il provvedimento di cui all’articolo 20 è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.

1. Avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, e per motivi di ordine pubblico può essere presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

1. Avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato di cui all'articolo 20, commi 1 e 2, e per motivi di ordine pubblico può essere presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

Vedi commi 4 e 6.

2. Avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per i motivi di cui all'articolo 21 può essere presentato ricorso entro venti giorni dalla notifica, a pena di inammissibilità, al tribunale ordinario in composizione monocratica in cui ha sede l'autorità che lo ha adottato. La parte può stare in giudizio personalmente.

2. Avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per i motivi di cui all'articolo 21 può essere presentato ricorso entro venti giorni dalla notifica, a pena di inammissibilità, al tribunale ordinario in composizione monocratica in cui ha sede l'autorità che lo ha adottato. La parte può stare in giudizio personalmente.

2. Il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza dall’interessato. In tale caso la procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti all’autorità consolare. Presso le stesse autorità sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.

Vedi anche comma 5.

3. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2, sottoscritti personalmente dall'interessato, possono essere presentati anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana; in tale caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza. La procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti all'autorità consolare, presso cui sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.

3. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2, sottoscritti personalmente dall'interessato, possono essere presentati anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana; in tale caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza. La procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti all'autorità consolare, presso cui sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.

3. Il ricorso di cui al comma 1 può essere accompagnato da una istanza di sospensione dell’esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all’esito dell’istanza di cui al presente comma, l’efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato.

Vedi anche comma 7.

4. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2 possono essere accompagnati da una istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all'esito dell'istanza di cui al presente comma, l'efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza.

4. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2 possono essere accompagnati da una istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all'esito dell'istanza di cui al presente comma, che deve essere decisa entro sessanta giorni dalla sua presentazione, l'efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale ovvero sia fondato su motivi di sicurezza dello Stato o su motivi imperativi di pubblica sicurezza. Il provvedimento viene comunque eseguito se decorre il termine di sessanta giorni senza la decisione del giudice.

4. Avverso il provvedimento di allontanamento di cui all’articolo 21 può essere presentato ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l’autorità che lo ha disposto. Il ricorso è presentato, a pena d’inammissibilità, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento di allontanamento e deciso entro i successivi trenta giorni.

Vedi comma 2.

Vedi comma 2.

5. Il ricorso può essere sottoscritto personalmente dall’interessato e può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza dall’interessato. In tale caso la sottoscrizione è autenticata dai funzionari presso le rappresentanze diplomatiche che ne certificano l’autenticità e ne curano l’inoltro all’autorità giudiziaria italiana. Presso le stesse autorità sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.

Vedi comma 3.

Vedi comma 3.

6. La parte può stare in giudizio personalmente.

Vedi comma 2, ultimo periodo.

Vedi comma 2, ultimo periodo.

7. Contestualmente al ricorso può essere presentata istanza di sospensione dell’esecutorietà del provvedimento di allontanamento. Fino all’esito dell’istanza di sospensione, l’efficacia del provvedimento impugnato resta sospesa, salvo che provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale.

Vedi comma 4.

Vedi comma 4.

Vedi comma 9.

5. Sul ricorso di cui al comma 2, il tribunale decide a norma degli articoli 737, e seguenti, del codice di procedura civile. Qualora i tempi del procedimento dovessero superare il termine entro il quale l'interessato deve lasciare il territorio nazionale ed è stata presentata istanza di sospensione ai sensi del comma 4, il giudice decide con priorità sulla stessa prima della scadenza del termine fissato per l'allontanamento.

5. Sul ricorso di cui al comma 2, il tribunale decide a norma degli articoli 737, e seguenti, del codice di procedura civile.

8. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento è consentito, a domanda, l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare alle fasi essenziali del procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all’ordine e alla sicurezza pubblica. L’autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell’interessato.

6. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento sono consentiti, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare al procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'interessato.

6. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento sono consentiti, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare al procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'interessato.

9. Il tribunale decide a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Qualora i tempi del procedimento dovessero superare il termine entro il quale l’interessato deve lasciare il territorio nazionale ed è stata presentata istanza di sospensione ai sensi del comma 7, il giudice decide con priorità sulla stessa prima della scadenza fissata per l’allontanamento.

Vedi comma 5.

Vedi comma 5.

10. Nel caso in cui il ricorso è respinto, l’interessato presente sul territorio dello Stato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.

7. Nel caso in cui il ricorso è respinto, l'interessato presente sul territorio dello Stato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.

7. Nel caso in cui il ricorso è respinto, l'interessato presente sul territorio dello Stato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.

[…]

[…]

[…]

 




[1]     D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[2]     D.Lgs. 28 febbraio 2008, n. 32, Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[3]     L. 18 aprile 2005, n. 62, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea – Legge comunitaria 2004.

[4]    D.P.R. 18 gennaio 2002 n. 54, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea. (Testo A).

[5]     Lo schema di decreto correttivo presentato alle Camere precisava che le risorse dovessero essere “derivanti da fonti lecite e dimostrabili”; il parere della I Commissione della Camera invitava il Governo a valutare l’opportunità di sopprimere la disposizione.

[6]     D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente.

[7]     L. 22 maggio 1975, n. 152, Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico.

[8]     Il citato art. 18 della L. 152/1975 ha esteso a tali categorie di soggetti la disciplina di cui alla L. 575/1965, recante disposizioni contro la mafia.

[9]     Si tratta dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II (delitti di comune pericolo mediante violenza) e dagli artt. 284 (Insurrezione armata contro i poteri dello Stato), 285 (Devastazione, saccheggio e strage), 286 (Guerra civile), 306 (Banda armata: formazione e partecipazione), 438 (Epidemia), 439 (Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari), 605 (Sequestro di persona) e 630 (Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione) del codice penale.

[10]    L. 20 giugno 1952, n. 645, Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione.

[11]    L. 2 ottobre 1967, n. 895, Disposizioni per il controllo delle armi.

[12]    L. 14 ottobre 1974, n. 497, Nuove norme contro la criminalità.

[13]   D.L. 27 luglio 2005, n. 144 (conv., con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155), Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale.

[14]    L. 22 aprile 2005, n. 69, Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.

[15]    Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità.

[16]    Legge 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[17]   Nel testo vigente prima dell’adozione del decreto correttivo, i poteri di allontanamento erano attribuiti in tutti i casi al ministro dell’interno. La relazione governativa dello schema di decreto correttivo afferma al riguardo che la devoluzione al prefetto della competenza in ordine all’adozione dei provvedimenti di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza ha lo scopo di rendere più celeri le procedure di allontanamento nei casi esso consegua a motivi di pubblica sicurezza.

Il potere prefettizio di allontanamento trova un precedente legislativo nell’art. 13 del T.U. sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998), con cui si stabilisce (co. 1) che, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il ministro dell’interno può disporre l’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio e al Ministro degli esteri.

L’espulsione è invece disposta dal prefetto quando lo straniero, tra l’altro (co. 2, lett. c)), rientri nella categoria delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, ovvero in quella degli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

Peraltro, l’art. 21, co. 2, del D.Lgs. 30/2007 attribuisce al prefetto la competenza ad adottare i provvedimenti di allontanamento dei cittadini comunitari e dei loro familiari nel caso in cui il provvedimento sia motivato dal venir meno delle condizioni che determinano il diritto al soggiorno nel territorio nazionale.

[18]   Al riguardo, la relazione illustrativa dello schema di D.Lgs. correttivo evidenzia che la disciplina introdotta intende garantire maggiore efficacia al provvedimento di allontanamento nel rispetto delle disposizioni della direttiva comunitaria, la quale esclude che in caso di allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno possa prevedersi un divieto di reingresso (art. 15, paragrafo, 3 della direttiva 2004/38/CE).

[19] Procedura di infrazione n.2006/461.

[20] Il parere motivato rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario.

[21]    D.Lgs. 28 febbraio 2008, n. 32, Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[22]   D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[23]    Dir. 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.

[24]    L. 18 aprile 2005, n. 62, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee.

[25]    Il richiamo è alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni ed alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà di cui, rispettivamente, agli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. (Testo A).

[26]    D.L. 9 settembre 2002, n. 195, Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 ottobre 2002, n. 222.

[27]   D.L. 1o novembre 2007, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.

[28]   D.L. 29 dicembre 2007, n. 249, Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

[29]    L. 22 aprile 2005, n. 69, Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.

[30]    Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità.

[31]    Legge 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[32]   Il ministro dell’interno è competente esclusivamente in ordine a provvedimenti di allontanamento disposti per motivi imperativi di pubblica sicurezza nei confronti di soggiornanti di lungo periodo o di minorenni.

[33]   D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[34]   L’art. 13, co. 5-bisprevede una ulteriore ipotesi di trattenimento, riferita allo straniero in attesa della definizione del procedimento di convalida, che deve essere trattenuto in uno dei centri, a meno che non si possa procedere immediatamente alla convalida.

[35]   D.L. 23 maggio 2008, n. 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.

[36]   A.S. 692.

[37]   L’allontanamento è eseguito dal questore anche prima che la sentenza di condanna sia definitiva.

[38]   Applicabile anche al presente schema in virtù del rinvio contenuto nell’art. 1, co. 5, della L. 62/2005, in base al quale anche i decreti integrativi e correttivi sono adottati nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla medesima legge.

[39]   Più precisamente, si tratta del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie.

[40]   Camera dei deputati – Resoconto sommario della seduta della I Commissione (Affari costituzionali) di martedì 12 febbraio 2008 (Allegato 1).

[41]    Si ricorda che allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e finanze è allegato l’elenco dei capitoli relativi a spese obbligatorie, per i quali è possibile l’utilizzo del Fondo di riserva delle spese obbligatorie e d’ordine.