Allegato B
Seduta n. 122 dell'8/3/2007

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
il 2007 è l'anno europeo dedicato alle pari opportunità per tutti, a partire dalle donne;
le istituzioni comunitarie hanno lanciato 4 assi intorno ai quali devono organizzarsi le azioni dell'anno: diritti, rappresentatività delle istituzioni, riconoscimento delle differenze, rispetto;
le condizioni di vita delle donne in Europa e nel mondo sono ancora pesantemente segnate da discriminazioni e disparità, mentre si manifestano vecchie e nuove forme di violenza e di negazione dei principi di autodeterminazione e libertà femminile;
in particolare l'Unione europea sollecita gli Stati membri a realizzare politiche volte a promuovere maggiori opportunità e diritti per le donne nel mercato del lavoro, a combattere le violenze e gli abusi contro le donne, i bambini e le bambine, a valorizzare le risorse femminili negli ambiti decisionali a tutti i livelli;
secondo il principio del mainstreaming, ormai da tempo affermato nelle strategie internazionali di lotta alle discriminazioni contro le donne, tutte le politiche pubbliche debbono misurarsi con un'ottica di genere;
ciò significa introdurre specifiche misure a favore delle donne nelle azioni per lo sviluppo economico delle imprese, nelle politiche per la formazione, il lavoro e l'occupazione, nelle iniziative per la tutela e l'estensione dei diritti civili, nelle politiche per la sicurezza dei cittadini, nelle riforme istituzionali e nella vita delle istituzioni democratiche;
il lavoro per le donne non rappresenta soltanto uno strumento di emancipazione e di libertà ma è un'esigenza di modernizzazione dello stesso sistema economico e produttivo italiano poiché l'assenza di una adeguata presenza femminile nel mondo del lavoro e in ogni ambito della società si traduce in un impoverimento oggettivo delle potenzialità del Paese;
l'Italia mostra indicatori particolarmente arretrati per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile, con una significativa differenza tra il Nord e il Sud del Paese, e ciò costituisce uno dei principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi indicati dalla strategia di Lisbona (60 per cento di occupazione femminile entro il 2010);
l'Italia è uno dei paesi dove la divisione del lavoro di cura nelle famiglie è più diseguale tra donne e uomini;
i dati confermano che la precarietà nei rapporti di lavoro colpisce in particolar modo le donne e nello specifico le donne giovani;
lo scarso e disomogeneo sviluppo di servizi finalizzati alla conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, l'insufficiente presenza degli uomini nel lavoro di assistenza e cura alle persone, l'inadeguatezza della rete di asili nido e servizi per l'infanzia, nonché di strumenti di supporto alle famiglie con persone non autosufficienti, rendono più problematico l'accesso e la permanenza delle donne nel lavoro;
la prima analisi sistematica condotta dall'Istat relativa alla violenza contro le donne in Italia ha evidenziato che in Italia sei milioni e 743 mila donne, pari al 31,9 per cento tra i 16 e i 70 anni, hanno subito violenza fisica, cioè «minacce o atti violenti dalle forme più lievi a quelle più gravi»;
la rappresentanza femminile all'interno del Parlamento nazionale, pari al 17 per cento, è ancora molto inferiore alla soglia minima di rappresentanza, individuata dall'Unione europea nella percentuale

del 30 per cento ed altrettanto insufficiente è la presenza delle donne nelle istituzioni regionali e locali;
a seguito della legge costituzionale numero 3 del 18 ottobre 2001, l'articolo 117 della Costituzione stabilisce che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive;
l'articolo 51 della Costituzione, nel testo modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 30 maggio 2003, stabilisce che «tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini»;
a seguito della modifica degli articoli della Costituzione 48, 56 e 57, gli italiani all'estero hanno potuto esercitare in loco il diritto di voto ed eleggere propri rappresentanti in Parlamento;
il numero di migranti che svolgono lavoro di cura presso le famiglie italiane, secondo i dati delle organizzazioni di categoria è pari a circa 700 mila donne che contribuiscono in maniera determinante nelle diverse sfere della vita familiare, dall'assistenza delle persone non autosufficienti ai lavori domestici, con funzione di supporto al lavoro retribuito delle altre donne;
si riscontrano ancora troppe disparità nell'accesso al mercato del lavoro, nell'affermazione nel lavoro, nell'avanzamento di carriera, nei livelli retributivi, nel percorso lavorativo e negli ostacoli da superare in ogni settore della vita politica e civile;
il Governo ha compiuto una consultazione di tutte le forze politiche presenti in Parlamento al fine di verificare la praticabilità di una nuova legge elettorale per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
nella legge finanziaria 2007 sono state introdotte misure importanti volte ad incentivare l'assunzione delle donne al Sud;
il Governo ha stabilito un impegno di spesa per la nascita di un Osservatorio per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per ragioni di orientamento sessuale pari a 3 milioni di euro annui per il prossimo triennio;
il Governo ha varato in data 22 dicembre 2006 un disegno di legge volto a «misure di sensibilizzazione e di prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni»;

impegna il Governo

ad attuare il programma di iniziative di sensibilizzazione presentato alle autorità europee in occasione dell'anno europeo per le pari opportunità anche attraverso il rafforzamento ed il coinvolgimento degli organismi nazionali e regionali per le pari opportunità presenti nelle Regioni;
ad operare affinché gli assi indicati dalle istituzioni comunitarie possano trovare adeguata applicazione all'interno delle politiche del Governo anche oltre la scadenza dell'anno europeo;
a dare attuazione, in eventuali iniziative specifiche di riforma dei sistemi elettorali ad ogni livello istituzionale, ai principi previsti dall'articolo 51 della Costituzione volti a realizzare un riequilibrio nella rappresentanza politica tra uomini e donne;
a promuovere una legislazione volta a favorire il riequilibrio della presenza dei due generi in ruoli di responsabilità in ogni ambito della vita pubblica, ivi comprese le università, le aziende pubbliche e gli enti di secondo livello le cui nomine siano di spettanza governativa;

a definire meccanismi incentivanti la presenza femminile in tutti i luoghi delle decisioni, anche privati, a partire dai Consigli di amministrazione delle banche e delle aziende;
a promuovere azioni di sensibilizzazione rivolte alle famiglie e alle altre agenzie educative per il riequilibrio di genere all'interno della divisione del lavoro;
ad aumentare le risorse finanziarie già previste nella finanziaria 2007 per un piano nazionale d'azione contro ogni forma di discriminazione e di violenza nei confronti delle donne, anche in riferimento al rispetto degli orientamenti sessuali, origine, condizione giuridica, razza e religione, con il concorso e il coinvolgimento delle principali organizzazioni economiche e sociali, delle istituzioni regionali e locali, dei centri contro la violenza presenti sul territorio nazionale;
ad attivare - in un quadro di potenziamento dei servizi degli enti locali - nuove politiche pubbliche di sostegno alle persone anziane e alle persone con disabilità, anche attraverso il supporto economico alle famiglie e ai singoli bisognosi di assistenza, e a riconoscere la valenza sociale del lavoro di cura e di assistenza svolto all'interno delle famiglie;
a prevedere misure concrete volte al riconoscimento dei diritti delle donne che professionalmente si dedicano al lavoro di assistenza e cura, con particolare riferimento al rispetto di adeguati tempi di riposo da dedicare a sé e al superamento della richiesta di disponibilità h/24 per accedere al lavoro;
a coordinare le politiche della formazione e del mercato del lavoro, anche attraverso una forte collaborazione con Regioni e Province, al fine di dare assoluta priorità alle misure di promozione delle competenze e dei talenti femminili nel lavoro e nelle professioni, ad investire in un Piano straordinario per il lavoro delle donne che preveda azioni specifiche di tutela della libertà femminile nella scelta della maternità (dove, come e in che modo fare figli), ad inserire stabilmente la centralità e la verificabilità delle misure per l'occupazione femminile nei tavoli di concertazione tra le parti sociali;
a promuovere lo sviluppo della imprenditorialità femminile, sia attraverso maggiori finanziamenti alle legge n. 215 del 1992 - per i quali vanno definiti meccanismi di accesso più flessibili - sia attraverso un'opportuna azione di indirizzo per la nuova fase della programmazione dei fondi comunitari e nella attuazione delle misure previste dal programma «Impresa 2015» del Ministero per lo sviluppo economico;
ad accrescere a partire dalla prossima legge finanziaria le risorse destinate all'affermazione del valore sociale della maternità, attraverso la realizzazione di nuovi asili nido e, più in generale, di servizi di supporto alla genitorialità e alle famiglie nonché dei servizi e delle azioni locali rivolti alla conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro;
ad operare per il riconoscimento della maternità a rischio per le lavoratrici con rapporto di lavoro co.co.pro, per la revisione della normativa sul part-time in modo da accogliere le esigenze di flessibilità delle lavoratrici; a valutare l'opportunità di elevare l'indennità già prevista per i congedi parentali; a sviluppare ulteriormente le iniziative in favore della stabilizzazione del lavoro;
a promuovere bilanci di genere presso tutte le istituzioni pubbliche, sia dal punto di vista degli investimenti, sia dal punto di vista dei risultati;
ad intervenire con appositi strumenti educativi per la promozione dei principi della non discriminazione e dell'inviolabilità del corpo delle donne, presso le scuole di ogni ordine e grado;
a evidenziare e a dare adeguato rilievo alle esperienze di integrazione «paritaria», dove la rimozione degli ostacoli, nel pieno rispetto delle differenze di genere, costituisca un impegno costante nella

realizzazione dei diritti individuali e di cittadinanza;
a premiare le realtà «virtuose», in cui la rimozione delle differenze di genere dimostri che una maggiore presenza femminile costituisce una risorsa per competenze, energia e talenti e favorisce un costante sviluppo e una maggiore democratizzazione del Paese;
a garantire alle donne italiane all'estero pari rappresentanza all'interno delle istituzioni delle comunità, a porre fine alla discriminazione che impedisce alle donne di trasmettere la nazionalità italiana ai figli nati prima del 1948 e ad offrire sostegno psicologico e legale, tramite i Consolati, a quelle che sono vittime di violenza fisica o psicologica;
a promuovere in tutti gli organismi, anche internazionali, azioni volte alla difesa e all'affermazione dei diritti umani delle donne in Italia e nel mondo.
(1-00115)
«Sereni, Amici, Balducci, Bafile, Bellanova, Bellillo, Benzoni, Bianchi, Bimbi, Cardano, Cesini, Chiaromonte, Cioffi, Codurelli, Cordoni, Deiana, De Simone, De Zulueta, Dioguardi, D'Antona, Dato, De Biasi, Di Salvo, Duranti, Fasciani, Fincato, Cinzia Maria Fontana, Francescato, Frias, Froner, Ghizzoni, Guadagno detto Vladimir Luxuria, Incostante, Intrieri, Laganà Fortugno, Leddi Maiola, Lenzi, Lombardi, Mariani, Mascia, Motta, Mungo, Mura, Nicchi, Ottone, Perugia, Pinotti, Poretti, Provera, Rampi, Samperi, Sasso, Schirru, Servodio, Siniscalchi, Suppa, Trupia, Velo, Zanella, Zanotti, Rossi Gasparrini».

Risoluzione in Commissione:

Le Commissioni XIII e VIII,
premesso che:
in questi ultimi anni a seguito della crisi idrica del fiume Po, anche per l'anno in corso, si sta assistendo ad una normale risalita del cuneo salino che impedisce la derivazione di acqua dolce per le attività agricole;
l'impossibilità di derivare acqua dolce per fini irrigui ha causato e causerà ingenti danni economici all'agricoltura di tutta la Padania;
le motivazioni della crisi idrica sono da ricercarsi nella forte diminuzione di fenomeni piovosi e delle precipitazioni nevose, particolarmente significativi nel corso del periodo 2006-2007 pone, con molta gravità il problema di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli, industriali;
l'insalamento delle falde e della rete idraulica di bonifica a valle, l'abbassamento della falda freatica a monte pregiudicano l'ecosistema;
altra grave concausa è da ricercarsi nell'elevato numero di derivazioni presenti a monte del fiume Po, nonché dell'accumulo di riserve dei bacini montani per la produzione di energia elettrica;
occorre razionalizzare i prelievi di acqua, aumentare le riserve costruendo bacini collinari e montani, agire sulla leva del risparmio dell'uso dell'acqua, nell'ammodernamento della rete idrica, vietare i prelievi abusivi;
servono politiche strutturali sulle quali il Parlamento può e deve dare un decisivo contributo, fin da subito, per allontanare le emergenze che tanti danni hanno causato alla popolazione, all'agricoltura, al turismo, all'ambiente, alle economie in generale,

impegna il Governo

a dichiarare lo stato di emergenza per il bacino del fiume Po ed aree contermini, per la gestione della crisi attivando l'Autorità di bacino del Po, le Regioni interessate e tutti gli Enti interessati realizzando in loco una «cabina di regia» per

concertare tutti gli interventi necessari per la miglior risoluzione dell'emergenza idrica.
(7-00139)
«Giuseppe Fini, Stradella, Misuraca».