Allegato B
Seduta n. 40 del 22/9/2006

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il crescente fenomeno dell'immigrazione ha modificato sensibilmente il modello organizzativo del sistema scolastico italiano;
l'elevata presenza di alunni stranieri nelle singole classi scolastiche della scuola dell'obbligo determina difficoltà oggettive d'insegnamento per i docenti e di apprendimento per gli studenti;
il diverso grado di alfabetizzazione linguistica si rivela quindi un ostacolo per gli studenti stranieri che devono affrontare lo studio e gli insegnamenti previsti nei programmi scolastici, e per gli alunni italiani che assistono a una «penalizzante riduzione dell'offerta didattica», a causa dei rallentamenti degli insegnamenti, dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli studenti stranieri;
tale situazione è ancora più evidente nelle classi che vedono la presenza di studenti provenienti da diversi Paesi, le cui specifiche esigenze personali sono anche caratterizzate dalle diversità culturali del Paese di origine, tanto da indurre gli insegnanti ad essere più tolleranti e meno rigorosi in merito alle valutazioni volte a stabilire i livelli di competenza acquisiti dagli alunni stranieri e italiani sulle singole discipline;
considerato che:
dalle anticipazioni dei dati forniti dal Ministero dell'istruzione, la crescita di alunni stranieri registrata nell'anno scolastico 2005-2006 è pari a circa 500.000 unità, con un incidenza del 5 per cento rispetto alla popolazione scolastica complessiva;
l'aumento nel triennio 2003-2005 è stato mediamente di 60-70 mila unità all'anno; si è quindi passati dalle 50.000 unità di alunni stranieri dell'anno 1995-1996 ai 430.000 del 2005-2006;
rispetto alle nazionalità di provenienza di questi studenti, si confermano ai primi posti i gruppi provenienti dai Paesi dell'Est europeo, per esempio la Romania che, nell'arco di due anni, passa dal 9,7 per cento al 12,4 per cento (52.821 alunni), ma anche l'Ucraina e la Moldavia; l'Albania e il Marocco, pur avendo avuto una leggera flessione, continuano ad attestarsi ai primi posti nella classifica delle cittadinanze, rispettivamente con 69.374 e 59.489 presenze;
la disomogenea distribuzione territoriale di alunni con cittadinanza non italiana, molto concentrata al centro-nord e scarsa al sud e nelle isole, interessa circa 37.000 punti di erogazione del servizio scolastico, rispetto ai 57.000 presenti in ambito nazionale. È evidente il divario esistente tra i primi e i secondi, determinato dalla necessità per i primi di adeguare gli aspetti organizzativi e didattici all'attività di integrazione degli alunni stranieri;
la più elevata consistenza di alunni stranieri si trova nella scuola primaria e secondaria di I grado. Gli istituti di istruzione secondaria di II grado, pur non raggiungendo complessivamente i valori delle presenze registrate nella scuola primaria e secondaria di I grado, raccolgono in valore percentuale oltre il 38 per cento (23 mila studenti in più rispetto agli anni precedenti);
l'area del Paese con l'incidenza più elevata di presenze si conferma il nord-est che, rispetto all'anno scolastico 2004-2005 è in crescita, raggiungendo l'8,4 per cento, il nord-ovest è al 7,8 per cento, il centro al 6,4 per cento, il sud all'1,2 per cento e le isole all'1,0 per cento; la maggiore concentrazione a livello regionale si registra in Emilia Romagna con una percentuale del 9,5 per cento; a livello provinciale si attesta al primo posto Mantova con l'11,9 per cento; seguita da Piacenza (11,8 per cento) e da Reggio Emilia (11,5 per

cento); relativamente ai comuni capoluogo, la percentuale più alta è quella di Milano (12,7). Se poi si prendono in considerazione i dati di piccole città, emerge che nelle scuole di Cuneo e di Treviso, di Macerata e di Siena c'è una percentuale più alta di alunni stranieri che non nelle scuole delle province di Venezia, di Bari, di Napoli e di Palermo, in cui ci si aspetterebbero percentuali superiori;
relativamente al rapporto tra la frequenza delle scuole statali e non statali e le loro suddivisione tra i diversi gradi della scuola, si registra la presenza del 90,3 per cento di alunni stranieri in scuole statali, mentre il restante 9,7 per cento risulta iscritto in istituzioni scolastiche non statali;
i Paesi di provenienza degli alunni stranieri, sui 194 censiti dall'istituto nazionale di statistica, sono ben 191. Nelle scuole della provincia di Bergamo, ad esempio, i dati del 2005 registrano la rappresentanza di 118 cittadinanze, a Perugia 109, a Pesaro 90, a Siena 80, a Latina 78;
nell'analoga indagine avviata dal Ministro Moratti per l'anno scolastico 2003-2004, è significativo il capitolo dedicato a «Esiti in relazione alla complessità della presenza straniera nelle scuole». L'osservazione sull'esito scolastico degli alunni italiani a confronto con quello degli alunni stranieri rivela che nelle scuole dove sono presenti alunni con cittadinanza non italiana si riscontra una maggiore selezione nei loro riguardi che finisce per incidere sui livelli generali di promozione: il divario dei tassi di promozione degli allievi stranieri e di quelli italiani è -3,36 della scuola primaria, -7,06 della secondaria di I grado, -12,56 della secondaria di II grado, in cui più di un alunno straniero su quattro non consegue la promozione. Le regioni con esiti migliori da parte degli allievi stranieri sono quelle del centro-nord;
visto che:
l'indagine del Ministro Moratti ha cercato di chiarire in che modo la dimensione della scuola, la quantità di stranieri rispetto alla popolazione scolastica e la quantità di cittadinanze concorrano al successo o all'insuccesso scolastico;
dai dati ministeriali si rileva che per i diversi ordini di scuola gli alunni stranieri sembrano ottenere maggiori risultati quando sono ridotti di numero;
la densità della presenza di alunni con cittadinanza non italiana in piccole scuole sembra non favorire livelli elevati di esiti positivi. Tale fattore si determina maggiormente nelle scuole secondarie di secondo grado dove il decremento degli esiti in rapporto alla maggiore consistenza di alunni stranieri è ancora più accentuato: negli istituti di piccole dimensioni con gruppi minimi di studenti non italiani, il tasso di promozione degli alunni stranieri scende dal 93,29 per cento (da 1 a 5) fino al 78,64 per cento (da 11 a 30), se vi sono consistenti gruppi di alunni stranieri. Negli istituti di medie dimensioni (da 101 a 300 alunni complessivi) si passa dal 91,79 per cento al 78,46 per cento; negli istituti maggiormente dimensionati si passa dal 89,87 per cento al 80,26 per cento; ciò vuol dire che il tasso di promozione di alunni stranieri nelle scuole primarie e secondarie di I grado è inversamente proporzionale alla dimensione della loro presenza nella scuola;
l'elemento della presenza di molte diverse cittadinanze nelle scuole, pur non coincidendo necessariamente con esiti negativi finali degli alunni stranieri, rappresenta un fattore condizionante del complesso sistema educativo e formativo che influenza l'intera classe;
le sopraccitate analisi sugli esiti scolastici sono importanti poiché consentono di comprendere determinate categorie di alunni per i quali l'obiettivo, oltre a quello degli apprendimenti, è anche quello dell'integrazione del sistema scolastico e del sistema sociale;
questa tipologia di alunni con cittadinanza non italiana consegue determinati

esiti scolastici, in rapporto al livello di conoscenza della lingua italiana, alla dimensione temporale di scolarizzazione nel nostro Paese, alle misure di accompagnamento per la loro integrazione all'interno e all'esterno dell'ambito scolastico;
tali misure risultano infatti determinate sia dal numero degli studenti stranieri, sia dalle diverse nazionalità presenti nella stessa classe o scuola e dalle conseguenti differenti situazioni culturali e sociali che generano molteplici esigenze cui dare risposta;
le normative sull'immigrazione del 1998 e del 2002 (testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e legge n. 189 del 2002) contengono indicazioni utili sulla funzione e sull'uso dei cosiddetti «spazi dotati di strumenti appositamente dedicati», demandando alle scuole e agli enti locali l'iniziativa e la gestione di tali spazi e strumenti mirati all'istituzione di percorsi specifici di alfabetizzazione linguistica, di durata variabile,

impegna il Governo:

a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione, disciplinate dalle singole regioni interessate, così come previsto dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione;
a istituire classi di inserimento temporaneo, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, nonché gli insegnamenti di base previsti dai vigenti programmi scolastici, preparatori e propedeutici all'ingresso nelle classi permanenti;
a prevedere l'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi, inserendolo nel prossimo programma triennale delle assunzioni di personale docente disciplinato dal decreto-legge n. 97 del 2004, convertito con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004, alla cui copertura finanziaria si provvede mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria.
(1-00024)«Gibelli, Lussana, Maroni».

La Camera,
premesso che:
i recenti fatti di sangue che hanno visto tre donne straniere residenti in Italia vittime di una violenza armata dalla sottomissione irragionevole a dettami fanatico religiosi, meritano giustizia e attenzione;
i noti fatti di cronaca nera di: Hina, uccisa selvaggiamente dalla sua famiglia perché colpevole di essersi troppo «occidentalizzata», Maha, tunisina, picchiata a sangue perché osava uscire senza il consenso della famiglia e Khaur costretta al
suicidio come unica via di fuga da un matrimonio combinato impostole dalla sua famiglia; sono soltanto gli ultimi tristi episodi di una diffusa e allarmante ferocia nei confronti di donne che osano ribellarsi al teodispotismo coranico;
è umanamente inspiegabile dover constatare come molte donne, ad esempio nel caso specifico la madre di Hina, siano a tal punto schiave dei loro preconcetti dogmatici e integralisti fino a giustificare il barbaro omicidio della propria figlia come una punizione proporzionata al suo non essere una buona musulmana;
è assordante e colpevole il silenzio delle comunità musulmane presenti in Italia dinnanzi a tanto orrore;
a giudizio dei sottoscrittori del presente atto, è inaccettabile che la Consulta per l'islam italiano, istituita con decreto del Ministro dell'interno, che tanta influenza dovrebbe avere sulle comunità musulmane presenti nel nostro Paese nella ricerca della mediazione e del dialogo, non abbia ancora stigmatizzato l'accaduto e

preso ufficialmente una posizione netta di condanna nei confronti di episodi di tale gravità;
la violenza sulle donne è purtroppo ad oggi ancora una delle forme di violazione dei diritti umani più diffusa ed occulta nel mondo;
siamo chiamati a rispondere a tutto ciò con la forza generata dalla nostra identità e dai valori di eguaglianza che nascono da tutta la nostra tradizione storica, con la consapevolezza che dignità e diritti sono elementi su cui non è possibile scendere a patti;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini,

impegna il Governo:

ad inserire nel prossimo Ordine del Giorno dedicato agli incontri con la Consulta Islamica, la discussione di questa importante problematica e di conseguenza a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi;
a promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti gli ordini di scuole;
a lanciare iniziative pubbliche di sensibilizzazione e ad istituire una rete di centri d'ascolto per le donne che vivono tali realtà di sopraffazione e violenza.
(1-00025)«Lussana, Gibelli, Maroni».

La Camera,
premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri - in occasione della recente missione del Governo in Cina - ha dichiarato che il Governo italiano è favorevole a togliere l'embargo sul commercio di armi con la Cina;
nel corso di una conferenza stampa congiunta con il premier cinese Wen Jabao, il Presidente Prodi ha dichiarato che si tratta di una questione fondamentale da risolvere al più presto, preannunciando che si impegnerà in questo senso in sede europea e che continuerà a lavorare con i principali partner dell'Italia per giungere all'abolizione dell'embargo;
l'Unione europea aveva decretato l'embargo dopo i fatti di Tienanmen del giugno 1989 quando la repressione del governo cinese colpì centinaia di studenti che protestavano sulla piazza di Pechino;
il portavoce della Commissione europea, Pietro Petrucci, ha ieri affermato che la Commissione europea non intende rimuovere l'embargo, visto che in Cina non sono ancora avvenuti progressi dal punto di vista del rispetto dei diritti umani;
già nella risoluzione adottata in data 18 dicembre 2003, il Parlamento europeo riteneva che la Cina dovesse dimostrare di aver compiuto progressi significativi nel campo dei diritti umani prima che l'Unione europea potesse prendere in considerazione una revoca dell'embargo sul commercio delle armi; al tempo stesso si invitavano il Consiglio e gli Stati membri a mantenere l'embargo e a non allentare le restrizioni nazionali vigenti sulla vendita di armamenti;

negli anni seguenti sono state approvate a livello europeo numerose altre risoluzioni sulla Cina: l'8 settembre 2005, sulle violazioni dei diritti umani (in particolare in materia di libertà di religione), il 7 luglio 2005, sulle relazioni tra l'Unione europea, la Cina e Taiwan, il 28 aprile 2005, sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2004 e - tra il 2004 e il 2005 - sul Tibet e la situazione dei diritti umani in Cina nonché sul caso di Tenzin Delek Rinpoche, Lama buddista, imprigionato e torturato;
anche quest'anno il Parlamento europeo non ha mancato di denunciare la grave situazione dei diritti umani in Cina;
nella risoluzione del 2 febbraio 2006, sugli aspetti principali e le scelte di base della Politica estera e di sicurezza comune europea, si è sottolineata la necessità di migliorare le relazioni con la Cina in modo tale da compiere progressi non solo nel settore commerciale ed economico ma anche sulle questioni relative ai diritti umani e alla democrazia; a tal fine, il Parlamento europeo ha ribadito la sua richiesta di un codice di condotta vincolante dell'Unione europea sulle esportazioni di armi e ha invitato il Consiglio a non revocare l'embargo sulle armi fino a quando non saranno stati compiuti maggiori progressi nel campo dei diritti umani e dei controlli sulle esportazioni di armi in Cina e nelle relazioni tra le due sponde dello Stretto di Taiwan;
solo in data 7 settembre 2006, infine, il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza (351 voti favorevoli, 48 contrari, 160 astenuti) una risoluzione nella quale «riconosce che l'UE non dovrebbe revocare l'embargo fintanto che non sarà in vigore un codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi e non sarà stata affrontata adeguatamente la situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche, inclusa la questione di Piazza Tienanmen» (punto 12);
la risoluzione europea, in particolare, «richiama l'attenzione sui timori del mondo esterno, in particolare dei vicini regionali di Pechino, circa il fatto che, dalla metà degli anni novanta, la spesa militare cinese registra ogni anno un tasso di aumento a due cifre; pertanto, raccomanda vivamente che l'embargo sulle armi imposto dall'Unione europea nei confronti della Cina resti immutato fino a che non saranno stati compiuti maggiori progressi in materia di diritti umani»; ricorda, infine, la necessità di includere nei prossimi negoziati sulla politica europea di vicinato e sugli accordi di partenariato e di cooperazione l'adesione all'embargo sul commercio di armi decretato dall'Unione europea nei confronti della Repubblica Popolare Cinese» (punto 78);
il Parlamento europeo, da ultimo, sottolinea che «esiste un legame diretto tra l'ovvio interesse cinese di poter accedere all'alta tecnologia militare europea e la revoca dell'embargo sulle armi decretato nei confronti della RPC (Repubblica popolare cinese) e che ciò ha conseguenze significative per la coesione delle relazioni transatlantiche e la posizione di mercato dell'industria europea delle armi ad alta tecnologia» (punto 79);
il Presidente del Consiglio dei ministri in più di un'occasione ha affermato che intende ricollocare l'Italia nel solco della politica europea auspicando la coincidenza tra interesse nazionale ed interesse europeo;
la legge 9 settembre 1990, n. 185, «Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento», all'articolo 1, comma 6, lettere c) e d) stabilisce il divieto di esportazione e transito di materiali di armamento verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell'Unione europea nonché verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo,

impegna il Governo

a non intraprendere a livello europeo alcuna iniziativa diretta a revocare l'embargo

sul commercio delle armi con la Cina, tenuto conto della ferma posizione del Parlamento europeo e considerata l'assenza di progressi nel dialogo con tale paese a causa delle continue violazioni in materia di diritti umani.
(1-00026)
«Rampelli, Ciocchetti, Dionisi, Tremonti, Forlani, Volontè, La Russa, Meloni, Elio Vito, Buonfiglio, Lisi, Ciccioli, Formisano, Holzmann, Patarino, Rositani, Bellotti, Buontempo, Gamba».

La Camera,
premesso che:
dal Rapporto 2006 sulla libertà religiosa nel mondo, curato dall'organizzazione «Aiuto alla chiesa che soffre» (ACS) e presentato il 27 giugno 2006 emerge che L'Asia è il continente in cui la libertà di religione sembra più soggetta a limitazioni e provvedimenti repressivi; soprattutto nella Repubblica Popolare Cinese, arresti, torture e la pena di morte vengono inflitti a cristiani, cattolici e protestanti, che non si iscrivono alle associazioni governative;
in un suo recente intervento incentrato sulla Cina, Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews ha spiegato che «la libertà religiosa è la cartina al tornasole dello sviluppo di un Paese». «In Cina sta avvenendo una grande trasformazione di tipo non solo sociale ma anche religioso - ha continuato - chi pensa di salvare i rapporti economici con la Cina, mettendo tra parentesi la necessità del rispetto della libertà religiosa andrà incontro ad un grande disastro». «Ritenuta una minaccia per la stabilità del Paese - ha sottolineato Cervellera - il rispetto della libertà di religione, invece, è condizione necessaria a garantire un reale sviluppo della democrazia e dell'economia in Cina, dove il disprezzo della vita umana genera pericolose tensioni sociali, destinate ad esplodere»;
tra gli strumenti per esercitare pressione sui governi, affinché si muovano verso un'effettiva libertà religiosa Cervellera, in sintonia con Magdi Allam, indica i mezzi di comunicazione di massa. A loro i due giornalisti lanciano un appello: «Dire la verità, denunciare con coraggio e onestà gli episodi di persecuzione e violenza», mantenendo alta l'attenzione sulla problematica, senza nascondersi dietro il politically correct;
l'Asia appare il continente nel quale non solo la stragrande maggioranza degli Stati applica leggi che limitano in vario modo la libertà di religione, ma anche quello ove maggiore è il numero di persone che vedono violato tale loro diritto. La Cina dà un pesante contributo a questo doloroso record, grazie alle leggi che obbligano i fedeli ad iscriversi in apposite associazioni controllate dal governo e consentono ogni genere di abuso verso chi non ne fa parte: arresti, torture, a volte fino alla morte, distruzione e vendite di edifici sacri;
un esempio di tale situazione è quello delle notizie circolate sul vescovo cinese di Zhengding, mons. Giulio Jia Zhiguo. Alcuni organi di informazione lo avevano dichiarato libero dalla prigionia. In realtà il presule, molto malato, è stato solamente accompagnato dalla pubblica sicurezza in un ospedale, dove viene piantonato notte e giorno da 6 poliziotti;
le ordinazioni di due nuovi vescovi Giuseppe Ma Yinglin e Giuseppe Liu Xinhong, rispettivamente il 30 aprile 2006, a Kunming (provincia dello Yunnan) e mercoledì, 3 maggio 2006, a Wuhu, avvenute per decisione dell'Associazione della Chiesa patriottica su pressione del governo di Pechino rappresentano una grave violazione della libertà religiosa. I due prelati sono stati sottoposti - da parte di organismi esterni alla Chiesa - a forti pressioni e a minacce, affinché prendessero parte a ordinazioni episcopali che, essendo

prive del mandato pontificio, sono illegittime. Vari Presuli hanno opposto un rifiuto a simili pressioni, mentre alcuni non hanno potuto fare altro che subirle con grande sofferenza interiore. Episodi di questo genere producono lacerazioni non soltanto nella comunità cattolica ma in tutti coloro che ne vengono a conoscenza;
a partire dal 29 luglio 2006 i cattolici cinesi hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro l'arresto di migliaia di altri fedeli avvenuto ad Hangzhou, nella provincia di Zhejian, la cui colpa era quella di essersi opposti alla demolizione di una chiesa;
dal rapporto 2006 di Amnesty International viene riferito che la libertà religiosa è fortemente limitata. A marzo, le autorità cinesi hanno promulgato un nuovo regolamento sulle pratiche religiose, al fine di incrementare i controlli ufficiali su tutte le attività religiose. Gruppi di cattolici e protestanti collegati a chiese non ufficiali sono stati oggetto di vessazioni, arresti arbitrari e sono stati incarcerati;
come si apprende ulteriormente da Amnesty International, nel novembre 2005, il noto avvocato di Pechino Gao Zhisheng, cristiano ed attivista per i diritti umani, divenuto famoso in tutta la Cina per le sue critiche al Partito Comunista, è stato obbligato a chiudere il suo studio legale per essersi rifiutato di ritirare una lettera aperta indirizzata al presidente Hu Jintao ed al premier Wen Jiabao, con la quale richiedeva alle autorità di rispettare la libertà di religione. L'ingiunzione è arrivata dopo che egli aveva presentato un ricorso per conto del Pastore protestante Cai Zhuohua, che professava il suo credo di nascosto, e che era stato condannato a tre anni di carcere per avere stampato illegalmente delle Bibbie;
l'11 settembre 2006 si è purtroppo verificata l'ultima di questa interminabile serie di persecuzione nei confronti dei cattolici cinesi con l'arresto del vescovo di Zhouzhi, mons. Martino Wu Qinjing, nella provincia settentrionale dello Shaanxi, per aver celebrato una messa solenne;
nonostante l'impegno assunto nel Summit Cina-UE del 2005 di proteggere e promuovere i diritti umani, le autorità cinesi continuano ad applicare politiche di persecuzione religiosa che sono causa di gravi violazioni dei diritti umani. È quanto denunciato da Amnesty International alla vigilia del summit tra Unione europea (Ue) e Cina, svoltosi ad Helsinki sabato 9 settembre 2006. «L'Ue deve far capire alla Cina che la sua credibilità a livello globale è messa in gioco quando alle promesse non fa seguire le azioni. L'indifferenza di Pechino nei confronti dei propri impegni è una sorta di sfida nei confronti dell'opinione pubblica internazionale, che l'Ue non può ignorare» - ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell'ufficio di Amnesty International presso l'Ue;
il 13 settembre 2006 con 351 voti favorevoli, 48 contrari e 160 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato la relazione dell'eurodeputato Bastian Belder sulle relazioni dell'Ue con la Cina nella quale viene deplorata la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dalla Costituzione, e «le costanti ingerenze dello Stato» nella vita interna delle comunità religiose, «specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto». Più in particolare, nella relazione viene deplorato che lo Stato riconosca a solo cinque religioni il diritto a un'esistenza legale, per giunta sottoponendole al controllo delle rispettive associazioni religiose «patriottiche» cinesi.
peraltro, nella relazione Belder, si osserva come attualmente, in Cina, i cristiani che praticano la propria fede in luoghi di culto «illegali» (all'interno di case-chiesa protestanti o presso gruppi cattolici «clandestini» fedeli al Vaticano) «sono più numerosi di quelli che frequentano i luoghi di culto "patriottici"». D'altra parte, entrambi i gruppi di credenti, «composti da cittadini rispettosi della legge», «non rappresentano alcuna minaccia per la sicurezza pubblica». Pertanto, si invita il governo cinese «a porre fine alle persecuzioni e alla detenzione di tali

gruppi di cristiani» e si afferma il diritto per i cristiani che non si riconoscono nelle «Chiese patriottiche» di praticare liberamente la propria fede,

impegna il Governo:

a riferire su quanto avvenuto nel viaggio in Cina dal 12 al 18 settembre 2006 in modo da assicurare che il Presidente del Consiglio Romano Prodi si sia adoperato per far presente alle autorità della Repubblica Popolare Cinese tutto quanto precede, condizionandovi lo sviluppo dei rapporti economici fra i due Paesi;
a fornire chiarimenti in merito a quanto esposto per intervenire a difesa dei diritti umani, tra cui quello fondamentale della libertà di religione, violati e calpestati dal governo comunista cinese;
ad assumere concrete ed urgenti iniziative, sia nei rapporti bilaterali che nell'ambito dell'Unione europea, per promuovere ed ottenere il rispetto dei diritti umani e di religione in Cina;
a sostenere, in sede internazionale, la ferma condanna dei duri trattamenti e delle persecuzioni perpetrate dalle autorità cinesi sia nei confronti dei cristiani che nei confronti dei singoli cittadini, ponendo termine ad un silenzio dovuto solo al timore di ledere gli interessi economici del nostro paese;
ad adottare ogni mezzo politico, diplomatico e commerciale volto ad ottenere la scarcerazione di tutti i detenuti per motivi politici e religiosi, se del caso rivolgendosi ai competenti organismi e tribunali internazionali.
(1-00027)
«Pedrizzi, La Russa, Gasparri, Moffa, Mazzocchi, Briguglio, Migliori, Salerno, Menia, Rositani, Zacchera, Airaghi, Volontè, Ulivi, Benedetti Valentini».