Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Titolo: Bilancio e finanziaria 2007 - A.C. 1746-bis e A.C. 1747 - Commissione Politiche dell'Unione europea
Riferimenti:
AC n. 1746-bis/XV   AC n. 1747/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 54    Progressivo: 14
Data: 09/10/2006
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO   LEGGE FINANZIARIA
Organi della Camera: Commissione per le politiche dell'Unione europea


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Bilancio e finanziaria 2007

A.C. 1746-bis e A.C. 1747

Commissione Politiche dell’Unione europea

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 54/14

 

 

9 ottobre 2006


Il dossier offre una ricostruzione generale della manovra di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 e analizza le parti di competenza della XIV Commissione in relazione al disegno di legge di bilancio 2007-2009 (A.C. 1746-bis) e al disegno di legge finanziaria 2007 (A.C. 1747).

Le schede di lettura analitiche dell’articolato del disegno di legge finanziaria sono contenute nel dossier n. 56.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato coordinato, per l’Ufficio RUE, da Antonio Esposito e Daniela Chiodi.

 

Dipartimento affari comunitari

 

SIWEB

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

 

File: UE0021


INDICE

 

 

PARTE I Il disegno di legge di bilancio per il 2007

1. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente  3

§      1.1 Il quadro generale riassuntivo  3

§      1.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2006  4

Tavole allegate L’evoluzione delle spese nel bilancio dello Stato per il 2007-2009  7

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  8

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  9

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  10

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato  11

La disciplina contabile: il bilancio dello Stato  12

La disciplina contabile: la legge finanziaria  17

Parte II  Profili di competenza della XIV Commissione

1. Il disegno di legge di bilancio per il 2007 (A.C. 1747)37

§      1.1. Le politiche comunitarie nel disegno di legge di bilancio per il 2007  37

§      1.2. La nuova struttura del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento per le politiche comunitarie  37

§      1.3. Il Fondo di rotazione per le politiche comunitarie e i flussi finanziari Italia-UE   39

2. Il disegno di legge Finanziaria 2007 (A.C. 1746-bis)47

§      2.1. Schede relative al disegno di legge finanziaria  51

§      Articolo 5, commi 29 e 30 (Contrasto del giuoco irregolare e illegale)53

§      Articolo 5, commi 16-19 e 36-37 (Disposizioni per il contrasto dell’evasione nell’applicazione di agevolazioni fiscali)59

§      Articolo 20, commi 14-18 (Imposte relative a fondi pensione, fondi d’investimento ed emittenti residenti nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo)67

§      Articolo 26 (Biocarburanti)75

§      Articolo 41 (Programma di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi)87

§      Articolo 104 (Disposizioni urgenti per la costituzione di nuovi fondi ed altri interventi per l'innovazione industriale)99

§      Articolo 105 (Interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate)116

§      Articolo 123 (Esclusione dei progetti cofinanziati dall'Unione europea dalla regola del 2 per cento)123

§      Articolo 129 (Interventi per la salvaguardia di Venezia)125

§      Articolo 181 (Misure per assicurare l'adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali)127

§      2.2. Questioni relative agli aiuti di Stato nel ddl finanziaria  143

Parte V  La strategia di Lisbona (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

§      Gli obiettivi163

§      Linee integrate per la crescita e l’occupazione  163

§      Relazione sui progressi nell’attuazione della strategia  164

§      Il Consiglio europeo di primavera 2006  165

§      Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006  166

Documentazione

§      Tabella 2 del D.D.L. di bilancio 2007 – A.C. 1747 (stralcio)169

§      Tabelle e allegati del D.D.L. finanziaria 2007 – A.C. 1746-bis (stralcio)169

§      Tabelle e allegati della legge finanziaria 2006, Legge n. 266/2005 (stralcio)169

§      D.P.C.M. 11 maggio 2006, Approvazione del Conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l’anno 2005 (stralcio)169

 


PARTE I
Il disegno di legge di bilancio per il 200
7


1. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

1.1 Il quadro generale riassuntivo

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2007 a legislazione vigente (A.C. 1747) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

423.453
396.555

402.249
380.567

(2)      Spese finali

427.337

444.684

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

3.885

42.436

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, prevede entrate finali per 423 miliardi e spese finali per 427 miliardi di euro.

 

Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 3.885 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 42.436 milioni di euro.

 

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) prevede:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

450.384
423.486

429.180
407.498

(2)      Spese finali

457.419

474.766

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

7.035

456.586

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 26.931 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 30.081 milioni di euro.


1.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2006

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2006, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento nel testo emendato approvato dalla Camera dei deputati (A.S. 1060), e le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747).

Il raffronto è effettuato con i dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2006

Assestato emendato
2006

B.L.V.
2007

Entrate finali

394.311

401.379

423.453

Tributarie

363.708

373.566

396.555

Extratributarie

28.730

25.939

25.022

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

1.874

1.874

1.875

 

 

 

 

Spese finali

430.975

435.903

427.337

Spese correnti

398.814

402.604

399.364

- Spese correnti al netto interessi

327.399

330.619

325.283

- Interessi

71.416

71.985

74.080

Spese conto capitale

32.161

33.300

27.974

Rimborso prestiti

188.925

188.791

189.099

 

 

 

 

Saldo netto da finanziare

-36.664

-34.524

-3.886

Risparmio pubblico

-6.377

-3.099

+22.214

Avanzo primario

34.736

37.461

70.195

Ricorso al mercato (*)

-232.666

-231.656

-196.134

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

 

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 registrano una forte riduzione del saldo netto da finanziare rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2006, nell’importo di 30.638 milioni di euro.

Il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un aumento delle entrate finali di 22.074 milioni di euro ed una riduzione delle spese finali di 8.556 milioni di euro.

In particolare, per le entrate finali, l’aumento di oltre 22 miliardi di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2006, è determinata dall’incrementi di quasi 23 miliardi di euro delle entrate tributarie e della riduzione di poco meno di 1 miliardo delle entrate extratributarie. Le entrate del Titolo III, relative all’alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e rimborso di crediti si mantengono stabili a 1.875 milioni.

Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2007, la riduzione ha interessato sia quelle di parte corrente, che registrano, rispetto al bilancio assestato 2006, una riduzione di 3.240 milioni di euro, sia quelle in conto capitale, che presentano una riduzione di 5.326 milioni.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un incremento della spesa per interessi di 2.029 milioni di euro.

La tavola seguente illustra la ripartizione delle spese finali del bilancio dello Stato, ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, evidenziando il raffronto tra il dato assestato 2006, come approvato dalla Camera (A.S. 1060), e il dato previsto a legislazione vigente per il 2007 e indicandone anche la variazione percentuale.

 

SPESE FINALI DEL BILANCIO DELLO STATO
(competenza- valori in milioni di euro)

CATEGORIE

ASS. 2006

BLV 2007

Var. %

Redditi da lavoro dipendente

84.383

83.942

-0,5

Consumi intermedi

10.309

8.577

-16,8

Imposte pagate sulla produzione

4.434

4.611

4,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

180.813

178.824

-1,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.635

3.826

-17,5

Trasferimenti correnti a imprese

4.575

3.840

-16,1

Trasferimenti all'estero

1.593

1.490

-6,5

Risorse proprie CEE

15.850

17.400

9,8

Interessi passivi e redditi da capitale

71.985

74.080

2,9

Poste correttive e compensative

17.004

15.562

-8,5

Ammortamenti

840

841

0,1

Altre uscite correnti

6.184

6.370

3,0

Totale Spese Correnti

402.604

399.364

-0,8

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

2.819

3.384

20,0

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

11.963

9.822

-17,9

Contributi agli investimenti ad imprese

6.848

4.112

-40,0

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

34

26

-23,5

Contributi agli investimenti a estero

189

203

7,4

Altri trasferimenti in conto capitale

9.955

10.183

2,3

Acquisizioni di attività finanziarie

491

244

-50,3

Totale spese Conto Capitale

33.299

27.974

-16,0

Totale Spese Finali

435.902

427.338

-2,0


Le spese di parte corrente

Come si rileva nella relazione illustrativa del disegno di legge (A.C. 1747), che analizza il raffronto tra i dati a legislazione vigente 2007 e quelli del disegno di legge di assestamento 2006 (A.S. 1060), si rileva una riduzione delle spese correnti rispetto al 2006 pari a 3.240 milioni di euro.

La variazione delle spese correnti ha riguardato i seguenti comparti:

-          consumi intermedi (-1.731 milioni);

-          trasferimenti ad enti di previdenza (+1.527 milioni);

-          trasferimenti a regioni (-1.515 milioni) e a comuni (-1.878 milioni) in gran parte relativi alle risorse occorrenti per l'attuazione dei federalismo amministrativo;

-          trasferimenti ad imprese (-735 milioni);

-          finanziamento al bilancio dell'Unione Europea (+1.550 euro) dovuti all’incremento dei trasferimenti concernenti le risorse IVA e il contributo calcolato sul PNL;

-          interessi (+2.095 milioni) dovuti all’andamenti dei tassi.

Le spese in conto capitale

Le previsioni per il 2007 evidenziano complessivamente una riduzione (-5,3 miliardi di euro) della spesa in conto capitale, che passa dai 33,3 miliardi dell’assestamento 2006 ai 28 miliardi del bilancio a legislazione vigente 2007.

 


Tavole allegate
L’evoluzione delle spese
nel bilancio dello Stato per il 2007-2009

 

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.

 

 

Si segnala che i dati relativi all’assestato 2006 sono tratti dal disegno di legge iniziali (A.C. 1254).


Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Economia e finanze

287.417

271.123

58,0

271.989

58,2

261.661

57,2

Sviluppo economico

 

 

 

 

 

7.800

1,7

Commercio internazionale

 

 

 

 

 

217

0,0

ex Attività produttive

4.250

4.248

0,9

2.392

0,5

 

 

Lavoro e previdenza sociale

 

 

 

 

 

54.902

12,0

Solidarietà sociale

 

 

 

 

 

16.611

3,6

ex Lavoro e politiche sociali

68.956

68.864

14,7

72.035

15,4

 

 

Giustizia

7.655

7.425

1,6

7.884

1,7

7.438

1,6

Affari esteri

2.511

2.340

0,5

2.074

0,4

1.894

0,4

Pubblica istruzione

 

 

 

 

 

42.250

9,2

Università e ricerca

 

 

 

 

 

10.554

2,3

ex Istruzione, università e ricerca

51.604

51.835

11,1

52.084

11,1

 

 

Interno

26.749

25.581

5,5

26.807

5,7

24.287

5,3

Ambiente e territorio

1.376

1.357

0,3

1.061

0,2

735

0,2

Infrastrutture

 

 

 

 

 

3.801

0,8

Trasporti

 

 

 

 

 

2.946

0,6

ex Infrastrutture e trasporti

7.779

7.414

1,6

7.151

1,5

 

 

Comunicazioni

396

384

0,1

252

0,1

229

0,1

Difesa

21.335

21.276

4,6

19.252

4,1

18.134

4,0

Politiche agricole

1.767

1.687

0,4

1.446

0,3

1.190

0,3

Beni e attività culturali

2.392

2.263

0,5

1.882

0,4

1.654

0,4

Salute

1.497

1.446

0,3

1.380

0,3

1.115

0,2

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Redditi da lavoro dipendente

82.601

81.743

17,5

85.329

18,2

83.941

18,4

Consumi intermedi

13.198

12.782

2,7

10.980

2,3

8.578

1,9

Imposte pagate sulla produzione

4.414

4.391

0,9

4.434

0,9

4.611

1,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

177.800

175.285

37,5

182.130

38,9

178.824

39,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.218

3.862

0,8

4.624

1,0

3.826

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

5.074

4.875

1,0

4.591

1,0

3.840

0,8

Trasferimenti all'estero

1.704

1.615

0,3

1.592

0,3

1.490

0,3

Risorse proprie cee

15.700

14.480

3,1

15.850

3,4

17.400

3,8

Interessi passivi e redditi da capitale

76.413

70.671

15,1

71.693

15,3

74.080

16,2

Poste correttive e compensative

51.824

49.294

10,5

44.618

9,5

45.643

10,0

Ammortamenti

833

18

0,0

840

0,2

841

0,2

Altre uscite correnti

4.094

1.433

0,3

6.429

1,4

6.370

1,4

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

6.199

6.170

1,3

3.819

0,8

3.384

0,7

Contributi investimenti ad amministrazioni pubbliche

16.931

16.768

3,6

12.038

2,6

9.822

2,1

Contributi agli investimenti ad imprese

8.383

8.233

1,8

6.833

1,5

4.112

0,9

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

122

122

0,0

34

0,0

26

0,0

Contributi agli investimenti a estero

404

396

0,1

215

0,0

203

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

9.215

8.730

1,9

11.150

2,4

10.183

2,2

Acquisizioni di attività finanziarie

6.557

6.375

1,4

490

0,1

244

0,1

Totale spese conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

1 - Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

436.403

391.939

61,7

422.751

64,4

425.786

65,9

2 – Difesa

21.055

20.772

3,3

17.664

2,7

16.162

2,5

3 - Ordine pubblico e sicurezza

22.566

22.054

3,5

22.295

3,4

20.152

3,1

4 - Affari economici

53.666

51.638

8,1

45.676

7,0

41.533

6,4

5 - Protezione dell'ambiente

2.081

2.021

0,3

1.697

0,3

1.168

0,2

6 - Abitazioni e assetto territoriale

2.505

2.276

0,4

1.624

0,2

1.475

0,2

7 - Sanità

16.114

15.788

2,5

12.533

1,9

8.893

1,4

8 - Attività ricreative, culturali e di culto

14.770

12.690

2,0

12.413

1,9

11.028

1,7

9 – Istruzione

49.265

49.441

7,8

49.814

7,6

50.075

7,7

10- Protezione sociale

68.871

66.935

10,5

70.012

10,7

70.245

10,9

Spese complessive

687.296

635.554

100

656.479

100

646.517

100


Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Funzionamento

83.642

82.498

17,7

81.757

17,5

81.326

17,8

Interventi

254.709

248.126

53,1

250.042

53,5

247.000

54,0

Oneri comuni

21.396

17.378

3,7

27.935

6,0

25.368

5,5

Trattamenti di quiescenza

1.081

1.169

0,3

1.066

0,2

1.080

0,2

Oneri del debito pubblico

77.045

71.278

15,3

72.310

15,5

74.670

16,3

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti

44.904

44.253

9,5

31.300

6,7

24.691

5,4

Altre spese in conto capitale

362

243

0,1

122

0,0

122

0,0

Oneri comuni

2.545

2.298

0,5

3.157

0,7

3.161

0,7

Totale conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


La disciplina contabile: il bilancio dello Stato

Il bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il bilancio con legge.

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio[1];

§      dal quadro generale riassuntivo.

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

L’approvazione del bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese iscritte in bilancio.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

Bilancio di competenza e di cassa

Per ciascuna unità previsionale di base viene indicata la previsione di competenza e quella di cassa.

il bilancio dello Stato, pertanto, è un bilancio misto, vale a dire un bilancio redatto sia in termini di competenza che in termini di cassa.

Le dotazioni di competenza quantificano l’entità prevista delle entrate che le amministrazioni statali acquisiranno il diritto di percepire (entrate che si prevede di accertare) e l’entità prevista delle spese che le amministrazioni statali assumeranno l’obbligo di effettuare (spese che si prevede di impegnare).

Le dotazioni di cassa quantificano l’entità prevista delle entrate che saranno incassate (vale a dire versate in Tesoreria) e delle spese che saranno pagate (erogate dalla Tesoreria).

La competenza, pertanto, tiene conto del momento in cui sorge il titolo giuridico dal quale deriva l’entrata o la spesa; la cassa, invece, si riferisce al compimento, di fatto, delle operazioni di incasso e di pagamento.

 

Le previsioni di cassa sono determinate assumendo come limite massimo, per quanto concerne l’entrata, la massa acquisibile, e per quanto concerne la spesa, la massa spendibile.

La massa acquisibile e spendibile è data dalla somma della consistenza dei residui (rispettivamente attivi e passivi) e della dotazione di competenza.

 

Si definiscono residui attivi le entrate le entrate accertate, ma non incassate, vale a dire le entrate per le quali ha avuto luogo l’accertamento, ma, entro il termine dell’esercizio finanziario, non è stato effettuato il versamento in Tesoreria.

Si definiscono residui passivi le spese che sono state impegnate, ma non sono state pagate, perché non si è concluso entro la fine dell’esercizio il relativo procedimento di spesa.

In deroga al principio generale per il quale le somme stanziate che alla fine dell’esercizio non siano state impegnate costituiscono economie di bilancio, può essere autorizzata la conservazione in bilancio anche di somme non impegnate. Più precisamente, per gli stanziamenti relativi a spese in conto capitale è autorizzata, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non siano stati impegnati (residui di stanziamento o residui impropri).

 

Sono oggetto di approvazione parlamentare soltanto le previsioni di competenza e di cassa.

Per quanto riguarda i residui, che sono indicati a fini conoscitivi, la quantificazione nel disegno di legge di bilancio è effettuata in via presuntiva. L’esatto ammontare dei residui al 1° gennaio dell’anno di riferimento sarà determinato in sede di rendiconto relativo all’esercizio precedente.

La classificazione delle entrate e delle spese

Gli stanziamenti, sia di entrata che di spesa, sono classificati secondo i criteri dettati dall’art. 4, comma 1, della legge n. 94/1997.

 

In particolare, le entrate sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione;

§      Titoli, che sono individuati in numero di quattro. Titolo I: entrate tributarie; Titolo II: entrate extra-tributarie; Titolo III: entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti; Titolo IV: entrate derivanti da accensione di prestiti. I primi tre titoli rappresentano le entrate finali;

§      Unità previsionali di base, che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano una ripartizione delle unità previsionali di base ai fini della gestione e della rendicontazione.

 

Le spese sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione, e specificamente l’assunzione degli impegni di spesa e l’emissione dei titoli di pagamento;

§      Titoli, che sono individuati in numero di tre. Titolo I: spese correnti; Titolo II: spese in conto capitale; Titolo III: rimborso di passività finanziarie. I primi due titoli rappresentano le spese finali;

§      Unità previsionali di base che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano un’ulteriore ripartizione delle unità revisionali di base, effettuata tenendo conto dell’oggetto, del contenuto economico e funzionale, del carattere obbligatorio o discrezionale della spesa.

Le unità previsionali di base

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, come delineata dalla legge di riforma n. 94/1997 e dal conseguente decreto legislativo n. 279/1997, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 279/97, la determinazione delle UPB deve assicurare la rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi posti all'azione amministrativa dello Stato

A tal fine, le unità previsionali di base sono articolate per centri di responsabilità amministrativa, che corrispondono alle strutture dell’amministrazione chiamate a gestire le risorse finanziarie.

All’interno di ciascun stato di previsione, le UPB della spesa sono ripartite, in primo luogo per centri di responsabilità amministrativa e, in secondo luogo, per titoli (spesa corrente, spesa in conto capitale, rimborso di passività finanziarie).

 

Al terzo livello, le UPB di spesa corrente sono distinte in:

§      spese di funzionamento;

§      spese per interventi;

§      spese per trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi;

§      spese per oneri del debito pubblico;

§      spese per oneri comuni.

Per la spesa in conto capitale, le UPB sono articolate in:

§      spese di investimento;

§      spese per oneri comuni;

§      altre spese.

 

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)      l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b)      l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)      l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

 

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa.

I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

La ripartizione delle unità previsionali di base in capitoli viene effettuata successivamente all’approvazione e alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di bilancio, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

La classificazione funzionale e la classificazione economica

Per rendere più significativa la lettura del bilancio, la legge 468/1978 e successive modificazioni prevede che, in appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa siano ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica.

Queste ripartizioni, pur non essendo oggetto di votazione in Parlamento, hanno un rilevante valore conoscitivo.

In primo luogo la riforma del bilancio ha previsto la classificazione degli stanziamenti di spesa per funzioni-obiettivo (analisi funzionale), con l’intento di evidenziare la ripartizione delle risorse tra le diverse finalità della spesa, ovvero tra le diverse politiche di settore che si intendono attuare.

Oltre all’analisi funzionale, è prevista la classificazione per categorie (analisi economica), che mira ad evidenziare l’effetto che le spese di bilancio hanno sul sistema economico nazionale. Per questo, con la riforma del bilancio, si è previsto che le categorie economiche siano definite in conformità con gli schemi di classificazione del sistema di contabilità nazionale, che è identico per tutti i paesi membri della Comunità europea.

Anche per le entrate viene esposta una classificazione per categorie, che tuttavia non è ancora stata riformulata in base ai criteri della contabilità nazionale, ma fa riferimento, piuttosto, alla natura dei proventi.


La disciplina contabile: la legge finanziaria

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

 

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).


GLOSSARIO
DEI PRINCIPALI TERMINI MACROECONOMICI E DI FINANZA PUBBLICA

 

 

Accensione di prestiti

Ammontare delle operazioni di indebitamento a medio e lungo termine (debito patrimoniale), con esclusione di quelle di durata inferiore all’anno (debito fluttuante). In sede previsionale, nel bilancio dello Stato, l’accensione di prestiti coincide con il ricorso al mercato [®].

 

Amministrazioni pubbliche

Nell’ambito del sistema di contabilità nazionale, complesso delle unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita ovvero nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese; le risorse principali sono costituite da versamenti obbligatori effettuati direttamente o indirettamente da unità appartenenti ad altri settori.

Il settore delle amministrazioni pubbliche è composto di tre sottosettori:

1) amministrazioni centrali, che comprendono i ministeri, la Presidenza del Consiglio, gli organi costituzionali (Camera, Senato, Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale) e quelli a rilevanza costituzionale (Corte dei Conti, CSM, CNEL) e gli enti centrali con competenza su tutto il territorio del paese (quali ANAS, CONI, CNR, ISTAT, Autorità amministrative indipendenti...);

2) amministrazioni locali, che comprendono gli enti la cui competenza è limitata ad una parte del territorio nazionale (quali regioni, province, comuni, ASL, Aziende ospedaliere, IRCCS, camere di commercio, università, autorità portuali…)

3) enti di previdenza e assistenza.

Le pubbliche amministrazioni costituiscono il settore di contabilità nazionale preso a riferimento in ambito europeo per la definizione dei parametri di finanza pubblica previsti dal Trattato di Maastricht.

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato [®] sono individuate annualmente in un elenco pubblicato dall’ISTAT. L'elenco è stato da ultimo aggiornato dall’ISTAT con Comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 luglio 2006, n. 174. La compilazione di tale elenco risponde a norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario. Secondo il SEC95 (Sistema europeo dei Conti) [®], ogni unità istituzionale viene classificata nel settore delle pubbliche amministrazioni  sulla base di criteri di natura prevalentemente economica, indipendentemente dal regime giuridico che la governa.

 

Avanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Capitolo

Voce contabile individuata nell’ambito di ciascuna unità previsionale di base [®], rilevante ai soli fini della gestione e della rendicontazione. I capitoli non sono oggetto di approvazione parlamentare.

L’articolazione delle U.P.B. in capitoli - in relazione allo specifico oggetto per l’entrata e secondo il contenuto economico e funzionale della spesa – è effettuata, annualmente, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, adottato contestualmente all’entrata in vigore della legge di approvazione del bilancio.

 

Cassa (bilancio di)

Bilancio nel quale le previsioni di entrata si riferiscono agli incassi e le previsioni di spesa ai pagamenti [® “Entrata (procedimento contabile)”, “Spesa (procedimento contabi­le)”].

Il bilancio annuale di previsione dello Stato viene redatto sia in termini di cassa che in termini di competenza [®].

 

Centro di costo

Unità organizzativa cui è assegnata la responsabilità di gestire risorse che generano costi. E’ la struttura in riferimento alla quale sono effettuate le rilevazioni della contabilità economica per centri di costo [®].

 

Centro di responsabilità amministrativa

Ufficio di livello dirigenziale generale cui sono attribuite, nell’ambito di ciascuno stato di previsione, le risorse finanziarie individuate da un insieme di unità previsionali di base [®] deliberate dal Parlamento. I centri di responsabi­lità amministrativa sono individuati in modo da assicurare il costante adeguamento della struttura del bilancio dello Stato all’organizzazione dell’Amministrazione statale.

 

Classificazione economica

Aggregazione delle spese e delle entrate secondo la loro natura economica, articolata in categorie.

Le principali categorie della tradizionale classificazione economica delle entrate del bilancio dello Stato sono: Imposte sul patrimonio e sul reddito, Tasse e imposte sugli affari, Imposte sulla produzione, consumi e dogane, Monopoli, Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco, Proventi dei beni dello Stato, dei servizi pubblici minori e speciali, Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro.

La classificazione economica delle spese finali del bilancio dello Stato è stata rielaborata secondo i criteri di contabilità nazionale previsti dal SEC95 [®]; le principali voci sono: Redditi da lavoro dipendente [®], Consumi intermedi [®], Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese, Interessi passivi e redditi da capitale, Investimenti fissi lordi [®] e acquisti di terreni, Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e a imprese, Acquisizioni di attività finanziarie.

 

Classificazione funzionale

Aggregazione delle spese in base alle finalità cui sono destinate, articolata in funzioni-obiettivo [®].

 

Competenza (bilancio di)

 

Bilancio in cui vengono iscritte, relativamente al periodo considerato, le entrate sulla base degli accertamenti e le spese sulla base degli impegni [® “Entrata (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

Il bilancio annuale di previsione viene redatto sia in termini di competenza (giuridica) che in termini di cassa [®].

 

Consumi intermedi

Corrispondono al valore dei beni e dei servizi consumati quali input nel processo di produzione nelle attività delle pubbliche amministrazioni, con esclusione del capitale fisso (il cui consumo è registrato come ammortamento). I beni e i servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo.

 

Contabilità economica per centri di costo

Secondo quanto disposto dalla legge n. 94/1997, a partire dal 2000, per le Amministrazioni dello Stato è stato introdotto un sistema di contabilità analitica per centri di costo, volta ad individuare i costi di gestione di ciascuna organizzazione, cioè il valore dei fattori produttivi impiegati per la produzione di determinati beni o l’erogazione di determinati servizi. Il sistema di contabilità economica analitica si articola in centri di costo [®], servizi (che rappresentano le attività svolte dai singoli centri di costo) e piano dei conti (che rappresenta lo strumento, articolato su più livelli, mediante il quale viene effettuata la rilevazione economica dei costi).

 

Conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni

Conto che espone le entrate e le spese del settore isti­tuzionale delle amministrazioni pubbliche [®], nell’ambito del sistema di contabilità nazionale. Esso viene predisposto in termini di competenza economica.

Nel conto economico consolidato delle P.A. sono registrate solo le operazioni finali in grado di incidere sulla situazione economica o patrimoniale degli altri soggetti istituzionali, mentre sono escluse tutte le operazioni finanziarie con le quali ad una passività di un settore corrisponde una attività di un altro (concessione di mutui, partecipazioni e conferimenti, riscossione di crediti).

Il conto consolidato delle P.A. è il quadro contabile di riferimento per la programmazione degli obiettivi di finanza pubblica, sia a livello comunitario (negli aggiornamenti annuali del programma di stabilità) sia a livello nazionale (nel documento di programmazione economico-finanziaria).

 

Conto riassuntivo del Tesoro

Documento che, pubblicato mensilmente in Gazzetta ufficiale, dà conto di tutte le operazioni di tesoreria [®] (incassi e pagamenti in termini di competenza e residui; debiti e crediti di tesoreria). Per ciascun periodo di riferimento evidenzia: il risparmio pubblico [®], il saldo da finanziare [®], il disavanzo complessivo [® saldo complessivo] e la situazione del Tesoro.

 

Debito delle amministrazioni pubbliche (debito pubblico)

 

E’ l’insieme delle passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche; è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività incluse nell’attivo degli enti appartenenti allo stesso settore.

L’aggregato include i seguenti strumenti finanziari:

a) le monete e i depositi; questi comprendono le monete in circolazione, i depositi presso la tesoreria statale intestati a soggetti non appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche e la raccolta postale inclusa nel passivo di queste ultime;

b) i titoli diversi dalle azioni (esclusi gli strumenti finanziari derivati) emessi dallo Stato e dalle amministrazioni locali;

c) i prestiti erogati in favore di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche o il cui onere di rimborso sia a carico di queste ultime.

Il debito delle amministrazioni pubbliche è calcolato dalla Banca d’Italia in coerenza con i criteri definiti dall’Unione europea.

 

Disavanzo (deficit)

 

Saldo negativo dei conti di finanza pubblica. Se riferito a conti economici corrisponde all’indebitamento netto [®]; se riferito a conti finanziari coincide con il fabbisogno [®].

In base ai parametri definiti in sede europea, per disavanzo si intende l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni [®].

 

Disavanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Entrata

(procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento di contabilità generale, le entrate dello Stato sono costituite da tutti i redditi, proventi e crediti di qualsiasi natura, che lo Stato ha il diritto di riscuotere in virtù di leggi, regolamenti o altro titolo.

Il procedimento contabile di entrata si articola in tre fasi:

1) accertamento: fase in cui sorge per lo Stato il diritto a percepire una determinata somma attraverso l’iden­tificazione della ragione del credito e la persona che ne è debitrice; 2) riscossione: fase che consiste nell’esigere dal debitore la somma dovuta allo Stato; 3) versamento: fase in cui le somme riscosse sono versate nella tesoreria dello Stato.

 

Entrate complessive

Costituiscono la somma totale delle entrate.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle entrate correnti [®] e delle entrate in conto capitale [®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei quattro titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti), Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale) e Titolo IV – .”accensione di prestiti” [®].

 

Entrate correnti

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono costituite principalmente da entrate tributarie (imposte dirette e indirette [®]) e dai contributi sociali (effettivi e figurativi) [®].

Nel bilancio dello Stato, corrispondono ai primi due titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, in cui rientrano le entrate di natura fiscale (IRPEF, IRPEG, IRAP, IVA ecc.) e Titolo II – “entrate extratributarie” nel quale sono considerati tutti i proventi diversi da quelli di carattere fiscale, che non incidono sul patrimonio.

 

Entrate in conto capitale

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono le entrate derivanti da imposte in conto capitale [®], da cofinanziamenti dell’Unione europea e da trasferimenti in conto capitale delle imprese e delle famiglie.

Nel bilancio dello Stato, corrispondono al Titolo III delle entrate – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti”.

 

Entrate finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi tre titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti) e Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale).

Esse rappresentano le risorse definitivamente acquisite al bilancio per il raggiungimento dei fini istituzionali, con esclusione delle entrate derivanti dall’accensione di prestiti [®].

 

Fabbisogno

Risultato differenziale relativo ai conti di cassa, che evidenzia l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi con riferimento al complesso delle operazioni di parte corrente, in conto capitale e finanziarie. Quando gli incassi superano le erogazioni si ha la cd. “disponibilità”.

Il fabbisogno è un dato monetario, in quanto costituisce il quantitativo di risorse monetarie e finanziarie necessarie a colmare lo squilibrio tra i flussi di entrate e di spese dello Stato o di aggregati più vasti.

Nella Relazione trimestrale di cassa, esso viene calcolato con riferimento al settore statale [®] e al settore pubblico [®].

 

Fabbisogno complessivo

 

E’ il fabbisogno [®] aumentato delle regolazioni debitorie pregresse [®] effettuate (o da effettuare) in contanti nei confronti dei soggetti esterni al settore cui si riferisce il conto e diminuito dei crediti maturati a fine periodo da parte dei fornitori.

 

Fabbisogno primario

E’ il fabbisogno [®] calcolato al netto delle uscite per interessi passivi.

 

Fondi speciali

 

Somme, iscritte su apposite unità previsionali di base (una di parte corrente e una in conto capitale) dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, destinate alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati dal Parlamento negli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale. L’ammontare del fondo speciale di parte corrente e del fondo speciale di conto capitale è determinato, rispettivamente, dalla tabella A e dalla tabella B della legge finanziaria. Le tabelle A e B indicano altresì gli accantonamenti relativi ai singoli Ministeri nei quali ciascun fondo è ripartito. Le quote del fondo speciale di parte corrente e, se non corrispondono a progetti di legge già approvati da un ramo del Parlamento, di quello in conto capitale non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio.

 

Funzioni obiettivo

Voci della classificazione funzionale [®] individuate con riguardo all’esigenza di definire le politiche pubbliche di settore. La classificazione per funzioni obiettivo è articolata su quattro livelli, di cui i primi tre sono tratti dalla classificazione standard adottata in sede europea (COFOG-SEC95), mentre il quarto livello, determinato in sede nazionale, indica gli obiettivi perseguiti da ciascuna amministrazione. Il primo livello (divisioni) rappresenta i fini primari perseguiti dalle Amministrazioni; il secondo (gruppi) esprime le specifiche aree di intervento delle politiche pubbliche; il terzo (classi) identifica i comparti di attività in cui si articolano le aree di intervento del livello precedente; il quarto livello (missioni istituzionali) rappresenta gli obiettivi perseguiti da ciascuna Amministrazione.

Le funzioni-obiettivo di primo livello sono 10: Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; Difesa, Ordine pubblico e sicurezza, Affari economici, Protezione dell’ambiente, Abitazioni e assetto territoriale, Sanità, Attività ricreative, culturali e di culto, Istruzione, Protezione sociale.

 

Imposte in conto capitale

Sono le imposte percepite a intervalli irregolari, e solo saltuariamente, sul valore delle attività o del patrimonio netto o sul valore dei beni trasferiti per effetto di lasciti, donazioni o altri trasferimenti.

Comprendono:

a) le imposte sui trasferimenti in conto capitale, quali le imposte sulle successioni e sulle donazioni, con esclusione delle imposte sulle vendite di beni (che non costituiscono trasferimenti);

b) le imposte straordinarie sulle attività o sul patrimonio netto (quali i condoni).

 


Indebitamento netto

 

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], è il saldo conclusivo risultante dalla differenza tra le spese complessive [®] e le entrate complessive [®]; se le entrate superano le spese, si ha “accreditamento netto”. Quando si indica genericamente l’indebitamento netto, si intende fare riferimento a questo saldo, che è il parametro di riferimento per il rispetto dei vincoli sul disavanzo (o deficit) previsti a livello europeo.

Analogamente, nel bilancio dello Stato si definisce indebitamento (o accrescimento) netto il saldo risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], escluse le operazioni finanziarie (partecipazioni azionarie e conferimenti, concessione e riscossione di crediti e accensione e rimborso di prestiti).

 

Indebitamento netto strutturale

È l’indebitamento netto (riferito al conto economico consolidato della pubbliche amministrazioni) [®] depurato degli effetti del ciclo economico. Con lo stesso termine può peraltro intendersi l’indebitamento netto depurato degli effetti del ciclo economico e al netto delle misure una tantum.

 

Inflazione

L'inflazione al consumo è un processo di aumento del livello generale dei prezzi dell'insieme dei beni e servizi destinati al consumo delle famiglie. Generalmente, si misura attraverso la costruzione di un indice dei prezzi al consumo, cioè uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, rappresentativo dei consumi delle famiglie in uno specifico anno.

L'ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo:

§       l’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale (NIC), che misura l'inflazione a livello dell'intero sistema economico italiano.

§       l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente (non agricolo). E' l'indice usato per adeguare periodicamente i valori monetari (ad esempio gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato);

§       l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), sviluppato per assicurare una misura dell'inflazione comparabile a livello europeo. Prende a riferimento l'intera collettività nazionale, ma si differenzia dagli altri due indici perché il paniere esclude, sulla base di un accordo comunitario, le lotterie, il lotto, i concorsi pronostici e i servizi relativi alle assicurazioni sulla vita. A differenza degli altri due indici, inoltre considera non il prezzo pieno di vendita ma prezzo effettivamente pagato dal consumatore (ad esempio, nel caso dei medicinali, mentre per gli indici nazionali viene considerato il prezzo pieno del prodotto, per quello armonizzato europeo il prezzo di riferimento è rappresentato dalla quota effettivamente a carico del consumatore, cioè il ticket); l’indice armonizzato europeo tiene inoltre conto delle riduzioni temporanee di prezzo (saldi e promozioni).

L’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale e l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati sono calcolati anche al netto dei tabacchi.

 

Inflazione programmata

Rappresenta il tasso di inflazione fissato nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) come valore di riferimento per l’anno successivo. Tale tasso viene rapportato all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, esclusi i tabacchi [® “Inflazione”]. Il tasso di inflazione programmata rappresenta il parametro di riferimento per la definizione degli aumenti salariali nella contrattazione nazionale.

 

Investimenti fissi lordi

Sono costituti dalle acquisizioni, al netto delle cessioni, di capitale fisso effettuate dai produttori residenti (cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni materiali non prodotti). Il capitale fisso consiste di beni materiali e immateriali prodotti destinati a essere utilizzati nei processi produttivi per un periodo superiore a un anno.

Sono fissi in quanto non comprendono le variazioni delle scorte e degli oggetti di valore.

Sono lordi in quanto includono gli ammortamenti.

 

Perenzione amministrativa

Eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi [®] per i quali non siano state effettuate le relative operazioni di pagamento.

I residui passivi relativi a spese correnti si intendono perenti decorsi due esercizi finanziari successivi a quello della loro iscrizione in bilancio (con l’eccezione dei residui relativi a spese per lavori, forniture e servizi, che si intendono perenti decorsi tre esercizi finanziari). I residui passivi relativi alle spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio non oltre il settimo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione.

 

PIL – Prodotto interno lordo

(nominale e reale)

Corrisponde alla produzione totale di beni e servizi dell’economia, diminuita dei consumi intermedi [®] e aumentata dell’IVA [®] e delle imposte indirette [®]  sulle importazioni [®]. È altresì pari alla somma dei valori aggiunti delle varie branche di attività economica, aumentata delle imposte sui prodotti (incluse l’IVA e le imposte sulle importazioni), al netto dei contributi ai prodotti e dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM).

Quando gli importi sono espressi in termini di valori correnti ci si riferisce al PIL ai prezzi di mercato o PIL nominale.

Per determinare il PIL reale, al fine di disporre di un indicatore sulla crescita dell’economia depurato dall’inflazione, è necessario fare riferimento al PIL a prezzi costanti o, in base alla nuova metodologia adottata dall’ISTAT nel marzo 2006, al PIL calcolato sulla base degli indici a catena.

 

Prestazioni sociali

Sono trasferimenti correnti, in denaro o in natura, finalizzati a sollevare queste ultime dagli oneri derivanti da determinati rischi o bisogni (quali malattia, vecchiaia, morte, invalidità, disoccupazione…).

Comprendono trasferimenti correnti e forfettari dei sistemi privati di assicurazione sociale con o senza costituzione di riserve e i trasferimenti correnti da amministrazioni pubbliche e istituzioni senza scopo di lucro, al servizio delle famiglie non subordinati al pagamento di contributi (assistenza).

 

Redditi da lavoro dipendente

Secondo il SEC95 [®], corrispondono al costo sostenuto dai datori di lavoro a titolo di remunerazione dell'attività prestata alle proprie dipendenze dai lavoratori sia manuali che intellettuali. Sono composti dalle retribuzioni lorde e dai contributi sociali effettivi e/o figurativi [®].

 

Regolazioni contabili

 

Definizione contabile di partite debitorie e creditorie tra lo Stato e gli altri soggetti giuridici con iscrizione del relativo importo nei rispettivi bilanci.

Regolazioni debitorie pregresse

 

Operazioni con cui lo Stato regola in contanti o in titoli la posizione debitoria propria o di un altro soggetto pubblico, relativa a transazioni effettuale in esercizi precedenti.

 

Residui (propri)

 

Si distinguono in residui attivi, che corrispondono a entrate accertate ma non ancora riscosse o versate e residui passivi, che corrispondono a spese impegnate ma non ancora pagate [® “Entrate (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

I residui vengono accertati al momento della chiusura dell’anno finanziario ed iscritti nel Rendiconto generale; essi vengono mantenuti nella contabilità degli esercizi successivi fino a quando non siano effettuale le relative operazioni di incasso o pagamento oppure, nel caso dei residui passivi, siano eliminati per perenzione [®].

I residui attivi, che rappresentano dei credito vantati dallo Stato, vengono classificati in funzione della loro esigibilità: quelli considerati assolutamente inesigibili vengono eliminati dalle scritture contabili con decreto ministeriale.

 

Residui di stanziamento

(impropri)

Stanziamenti di bilancio relativi a spese per i quali è autorizzata la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non hanno dato luogo all’assunzione di impegni verso terzi (per questo differiscono dai residui propri).

In via generale i residui di stanziamento relativi a spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio fino all’esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione; se iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell’ultimo quadrimestre, possono essere mantenuti in bilancio fino al secondo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione. La conservazione in bilancio dei residui di stanziamento è subordinata alla ricognizione da parte del Ministe­ro dell’economia e delle finanze dello stato di attuazione dei programmi per i quali le somme sono state stanziate.

 

Ricorso al mercato

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese complessive [®].

Esso esprime l’entità dell’indebitamento a medio e a lungo termine relativo all’anno di riferimento. In sede previsionale il limite del ricorso al mercato è fissato dalla legge finanziaria.

 

Risparmio pubblico

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, è il saldo corrente [®], risultante dalla differenza tra il totale dei primi due titoli delle entrate (entrate tributarie+entrate extratribu­tarie=entrate correnti [®]) e il primo titolo della spesa (spese correnti [®]).

 

Saldo complessivo

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®].

Saldo corrente

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate correnti [®] e le spese correnti [®].

 

Saldo finale

Nel bilancio dello Stato, saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate finali [®] e le spese finale [®].

 

Saldo in conto capitale

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate in conto capitale  [®] e le spese in conto capitale [®].

 

Saldo netto da finanziare

 

Nel bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese finali [®]; sono dunque escluse operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il limite massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza è indicato nel DPEF e, quindi, fissato normativamente nella legge finanziaria, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale.

Se le entrate superano le spese si parla di “saldo netto da impiegare”

 

Saldo primario

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], al netto della spesa per interessi passivi.

 

SEC 95
(Sistema europeo dei conti nazionali e regionali)

Sistema armonizzato di contabilità nazionale, che permette una descrizione quantitativa completa e comparabile della situazione economica dei paesi membri dell'Unione europea (UE), attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). I settori istituzionali individuati sono cinque: società non finanziarie; società finanziarie; amministrazioni pubbliche; famiglie; istituzioni sociali private. In rapporto all’Unione economica e monetaria assume specifico rilievo il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche [®].

Per la registrazione delle operazioni viene adottato il criterio della competenza economica [®]. Il SEC95 è stato approvato con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996.

 

Settore pubblico

 

Aggregato costituito dal settore statale [®], dagli altri enti delle amministrazioni centrali, dalle amministrazioni locali e dagli enti di previdenza.

Gli enti minori centrali, locali e previdenziali non corrispondono esattamente a quelli inclusi dall’ISTAT nelle amministrazioni pubbliche.

 

Settore statale

 

Aggregato costituito dalla gestione del bilancio dello Stato, dalla gestione di tesoreria (quest’ultima ricomprende principalmente le operazione dei bilanci delle ex aziende autonome).

In sostanza, tale settore è costituito dagli enti che imputano direttamente le loro operazioni di cassa sulla tesoreria statale.

 

Spesa (procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento generale di contabilità, sono spese dello Stato quelle alle quali si deve provvedere a carico dell’erario a norma di legge, decreti, regolamenti o altri atti di qualsiasi specie e quelle, in genere, necessarie per il funzionamento dei servizi pubblici che dipendono dalle amministrazioni dello Stato.

Il procedimento contabile della spesa si articola in quattro fasi:

1) impegno: atto con cui nell’ambito di uno stanziamento di bilancio, una determinata somma viene destinata in modo specifico ad un provvedimento di spesa; l’impegno ha l’effetto di costituire un vincolo per la somma impegnata, che non potrà essere utilizzata per destinazioni diverse; 2) liquidazione: fase in cui viene determinata la persona del creditore e l’ammontare del debito; 3) ordinazione: fase in cui si dà ordine alla tesoreria o agli altri organi competenti di pagare la somma in precedenza liquidata; 4) pagamento: fase in cui gli agenti pagatori o la tesoreria adempiono materialmente all’obbligazione.

 

Spese complessive

Costituiscono la somma totale delle spese.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle spese correnti [®] e delle spese in conto capitale [®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei tre  titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®], Titolo II – Spese in conto capitale (che insieme costituiscono le spese finali) [®], Titolo III – Rimborso prestiti.

 

Spese correnti

Spese destinate alla produzione ed al funzionamento dei vari servizi statali, nonché alla redistribuzione dei redditi per fini non direttamente produttivi.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, le spese correnti sono costituite principalmente da spese per: redditi da lavoro dipendente [®], consumi intermedi [®], prestazioni sociali in denaro [®] e interessi passivi.

Fra le ulteriori spese correnti, si ricordano: le prestazioni sociali in natura [®], gli ammortamenti [®], le imposte indirette [®], i contributi alla produzione, gli aiuti internazionali e gli ulteriori trasferimenti correnti (all’UE, alle istituzioni sociali private, alle famiglie e alle imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “1”.

 

Spese finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi due titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®] e Titolo II – Spese in conto capitale [®].

Rappresentano le somme necessarie per le amministrazioni statali per perseguire i propri scopi o fini istituzionali. Dalle spese finali sono quelle escluse relative al rimborso di prestiti (titolo III della spesa), definite “spese strumentali”.

 

Spese in conto capitale

Spese che incidono, direttamente o indirettamente, sulla formazione del capitale.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni le spese correnti sono costituite principalmente sono costituite principalmente da spese per investimenti fissi lordi [®].  Fra le ulteriori spese in conto capitale si ricordano i contributi agli investimenti (soprattutto in favore di imprese) e altri trasferimenti in conto capitale (anch’essi soprattutto in favore di imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “2”.

 

Titoli di Stato

Titoli obbligazionari del Tesoro. Comprendono i prestiti emessi sui mercati esteri, e le seguenti tipologie di titoli emessi sul mercato interno: BOT (Buoni ordinari del Tesoro, privi di cedole, emessi con scadenza variabile da 1 a 12 mesi), BTP (Buoni del Tesoro poliennali a tasso fisso con cedola semestrale, emessi con durata compresa tra i 2 e i 30 anni; dal 2003 sono emessi anche BTP indicizzati all’inflazione) e alcune tipologie di certificati del Tesoro (Titoli obbligazionari emessi dal Tesoro).

 

Unità previsionale di base

 

Unità fondamentale della struttura del bilancio dello Stato, come determinata dalla riforma introdotta dalla legge n. 94/1997.

Le UPB formano oggetto di approvazione parlamentare.

Le UPB di spesa sono classificate per centri di responsabilità amministrativa [®] e sono determinate con riferimento ad aree omogenee di attività in cui si articolano le competenze istituzionali di ciascun ministero.

In particolare , le UPB di spesa sono contrassegnate da 4 numeri; il primo numero indica il centro di responsabilità amministrativa, il secondo il titolo della spesa (1=spesa corrente; 2=spesa in conto capitale).

 

 


Parte II
Profili di competenza della XIV Commissione

 


1. Il disegno di legge di bilancio per il 2007 (A.C. 1747)

1.1. Le politiche comunitarie nel disegno di legge di bilancio per il 2007

In seguito all’approvazione del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303[2] è stata attribuita un’ampia autonomia finanziaria ed organizzativaalla Presidenza del Consiglio. La struttura dei bilanci e la disciplina della gestione delle spese, in coerenza con i principi generali della contabilità pubblica e tenendo conto delle specifiche esigenze della Presidenza, sono demandati all’emanazione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

La Presidenza del Consiglio presenta pertanto annualmente un autonomo bilancio che viene approvato con DPCM e nel quale si possono trovare i dati di spesa relativi al Dipartimento per le politiche comunitarie.

Pertanto, a partire dall’anno 2000, le spese relative al Dipartimento per le politiche comunitarie fanno parte del complesso di spese stanziate nella UPB 3.1.5.2 “Presidenza del Consiglio dei ministri”, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze[3] (Tabella 2).

 

Per l’anno 2006, la UPB 3.1.5.2Presidenza del Consiglio dei ministri”, reca una previsione di spesa di 304,302 milioni di euro. La previsione assestata 2006 è pari a 373,460 milioni di euro. Con il ddl di bilancio 2007 (A.C. 1747-Tab. 2) si propone un incremento della dotazione di 17.879 milioni di euro, cosicché le previsioni iniziali di bilancio 2007 recano complessivamente una previsione di spesa pari a 391,339 milioni di euro.

1.2. La nuova struttura del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento per le politiche comunitarie

Con D.P.C.M. 9 dicembre 2002[4] è stata definita la disciplina dell’autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Dipartimento per le politiche comunitarie è pertanto uno dei centri di responsabilità di spesa (C. d. R. n. 4) della Presidenza del Consiglio.

Per quanto riguarda l’anno 2006, il bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio per il 2006 è stato approvato con D.P.C.M. 12 dicembre 2005[5]. Non è ancora disponibile il bilancio di previsione per l’anno 2007, e pertanto non si conosce la ripartizione delle somme spettanti a ciascun centro di responsabilità.

La nota preliminare al bilancio di previsione 2006 evidenziava che al Centro di responsabilità del Dipartimento per le politiche comunitarie erano destinati fondi per 4,834 milioni di euro.

 

Si ricorda che la Nota allegata al bilancio di previsione ha rilevato come il Dipartimento per le politiche comunitarie sia coinvolto in numerose iniziative volte ad incoraggiare il dibattito pubblico sul futuro dell’Europa e della Strategia di Lisbona. Al fine di coinvolgere maggiormente i cittadini nel processo decisionale europeo mediante il dialogo sulle politiche dell’Unione, come indicato nel memorandum d'intesa sottoscritto nel maggio 2003 con la Commissione e con il Parlamento europeo, il programma di informazione prevede, tra l'altro, la partecipazione a quattro saloni di comunicazione pubblica (Forum-PA, Fiera del libro, Com-PA e Anci-Expo), un'intensa attività editoriale per le pubblicazioni da diffondere in occasione di manifestazioni, convegni e seminari, la realizzazione di campagne pubblicitarie e promozionali cofinanziate e l'organizzazione, sempre in cofinanziamento con la Commissione, dell'annuale incontro dei responsabili dell'informazione comunitaria nell'ambito del Club de Venice. Inoltre, nel corso del 2006 sta proseguendo l’attuazione, avviata nel 2005, dell’Accordo di programma in atto con il MIUR denominato "Formazione per dirigenti e docenti delle scuole superiori sul tema della cittadinanza europea" nonché, nell'ambito della formazione comunitaria per i Paesi in via di adesione, l'attività relativa alle iniziative CARDS, TACIS e MEDA. Delle risorse finanziarie spettanti al Dipartimento, circa 1,2 milioni di euro sono destinate alla nuova Struttura di missione,istituita con DPCM 30 settembre 2004, cui e' affidato il compito di monitorare, rappresentare e valutare l'efficacia delle azioni di sistema per elaborare nuove strategie che possano promuovere e favorire la mobilità dei cittadini europei e l'integrazione professionale, la comparazione della legislazione dei paesi membri in tema di diritti civili, l'armonizzazione della normativa in materia di procedure di acquisto di beni e servizi. L’impegno di tale Struttura è in particolare focalizzato sul rilancio della Strategia di Lisbona mediante una intensa attività di consultazione con gli Stati membri e con la Commissione.

 

Con D.P.C.M. 11 maggio 2006[6] è stato approvato il Conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’anno 2005.

Le previsioni finali di spesa relative all’anno 2005 relativamente al Dipartimento per le politiche comunitarie ammontavano a 6,717 milioni di euro, di cui 6,715 riguardano le spese correnti.

Circa la procedura di formazione del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio, l’art. 3 dispone che il Segretario Generale emani entro il 30 aprile la direttiva per la formulazione dello schema di bilancio annuale e pluriennale. L’art. 6 dispone poi che l'Ufficio bilancio e ragioneria trasmetta il progetto di bilancio al Segretario generale, il quale, sentita la Conferenza dei capi dipartimento, lo sottopone entro il 30 novembre, al Presidente per l'approvazione. Il Segretario generale comunica poi il bilancio di previsione ai Presidenti delle Camere entro quindici giorni dalla sua approvazione.

Il bilancio di previsione è ripartito in unità previsionali di base, determinate per aree omogenee di attività, affidate a ciascun centro di responsabilità. I centri di responsabilità corrispondono al Segretariato generale ed alle strutture affidate a Ministri e Sottosegretari.

Per quanto riguarda invece il conto finanziario, questo viene predisposto entro il 30 aprile dall'Ufficio bilancio e ragioneria, unitamente al conto del patrimonio comprende i risultati della gestione del bilancio per l'entrata e la spesa, distintamente per competenza e per residui. Entro il 15 maggio il Segretario generale presenta il conto finanziario al Presidente per l'approvazione. Il Segretario generale trasmette poi il conto finanziario e la relazione, entro quindici giorni dall'approvazione, ai Presidenti delle Camere nonché alla Corte dei conti ai fini del referto annuale.

 

Si ricorda che l'attuale organizzazione interna del Dipartimento per le politiche comunitarie è stabilita dal decreto del Ministro delle politiche comunitarie 9 febbraio 2006, che ha provveduto ad aggiornare alle modifiche apportate dalla legge n. 11/2005 – principalmente l’istituzione del CIACE – il precedente decreto di organizzazione del 10 febbraio 2004, ora abrogato.

1.3. Il Fondo di rotazione per le politiche comunitarie e i flussi finanziari Italia-UE

Nel ddl di bilancio 2007 (A.C. 1747-Tab. 2) è altresì riportato lo stanziamento previsto per il Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, istituito dall’articolo 5 della legge n. 183/1987 (c.d. “legge Fabbri”)[7]. Si tratta di un Fondo che dà un quadro complessivo degli interventi cofinanziati dall’UE: ad esso infatti affluiscono disponibilità provenienti sia dal bilancio comunitario che quelle provenienti dal bilancio nazionale, è dotato di amministrazione autonoma e di gestione fuori bilancio e si avvale di due conti correnti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato:

-          l’uno che registra i movimenti di entrata e uscita che fanno capo ai versamenti comunitari, denominato: Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE (conto corrente n. 23211);

-          l’altro che registra le analoghe operazioni a carico dei finanziamenti nazionali, denominato: Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali  (conto corrente n. 23209).

Il Fondo di rotazione presenta annualmente il proprio rendiconto alla Corte dei Conti.

Lo stanziamento previsto per l’anno 2007 nel ddl di bilancio dello Stato (A.C. 1747-Tab. 2) complessivamente a carico del Fondo di rotazione (UPB 4.2.3.8- Cap. 7493) è pari a 254 milioni di euro.

1.3.1 Il sistema di finanziamento dell’Unione europea

Il sistema di finanziamento dell’Unione, previsto dall’articolo 269 del Trattato CE, stabilisce che il bilancio generale dell’Unione Europea sia integralmente finanziato dalle cosiddette “risorse proprie”, ossia dai mezzi finanziari conferiti da ciascuno Stato membro per garantire il funzionamento dell’amministrazione comunitaria e la realizzazione delle relative politiche. Tali risorse, attualmente disciplinate dalla decisione del Consiglio n. 597 del 29 settembre 2000, sono costituite da:

§         risorse proprie tradizionali (R.P.T.): derivano dall’esistenza di uno spazio doganale unificato e sono riscosse dai Paesi membri e poi versate alla Comunità, al netto delle spese di riscossione; esse sono costituite dai dazi doganali riscossi dai Paesi membri negli scambi con Paesi terzi, dai prelievi sulle importazioni di prodotti agricoli, derivanti da scambi con paesi terzi, nonché da contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero;

§         risorsa I.V.A., è costituita da un contributo a carico di ciascuno Stato membro calcolato applicando un’aliquota uniforme all’imponibile nazionale dell’IVA;

§         risorsa R.N.L. (Reddito Nazionale Lordo, già P.N.L.), che consiste in un contributo degli Stati membri commisurato alle quote parte dei RNL nazionali sul RNL comunitario, e destinata a finanziare le spese di bilancio non coperte dalle altre due suddette risorse (c.d. “risorsa complementare”).

La risorsa I.V.A. e la risorsa R.N.L. rappresentano attualmente la maggior parte delle risorse del bilancio UE.

Sono gli Stati membri ad accertare e versare quanto dovuto, mentre il  controllo è effettuato principalmente da organismi comunitari (Commissione e Corte dei Conti europea).

Nel nostro Paese alla suddetta decisione n. 2000/597/CE è stata data esecuzione con l’articolo 77 della legge finanziaria per il 2002.

Si ricorda che il sistema di risorse proprie in vigore dal 1° gennaio 2002 ècaratterizzato dai seguenti aspetti[8]:

-          mantenimento del massimale delle risorse proprie all'1,27% del PNL europeo;

-          spese di riscossione delle risorse proprie tradizionali fissate al 25 %;

-          aliquota massima di prelievo IVA fissata allo 0,50 % a partire dal 2004[9].

L’esposizione contabile dei flussi finanziari intercorsi tra l'Italia e l'Unione europea è allegata al Rendiconto generale dello Stato.

 

Dall’esposizione dei flussi finanziari con l’UE allegata al Rendiconto 2005[10] risulta che nelle previsioni definitive di bilancio dell’UE per il 2005 la quota di contribuzione italiana all’UE relativa alle risorse proprie è pari a 13.511 milioni di euro, pari al 13,73% del totale della contribuzione a livello UE[11].

Di questa, la parte maggiore è costituita dalla risorsa RNL pari a 9.408 milioni di euro (pari ad una quota del 13,6% rispetto agli altri Stati membri). La risorsa IVA, pari a 2.881 milioni di euro, vede invece una quota di contribuzione italiana pari al 19,53%: tale quota appare elevata anche in ragione del fatto che su tale risorsa si versa una parte della correzione dovuta al Regno Unito[12].

Per quanto riguarda la composizione della contribuzione italiana, essa è costituita ora per la maggior parte, pari al 68,98 % (9.746,689 milioni di euro), dalla risorsa complementare (RNL), per il 21,47% dall’IVA (3.033,412 milioni di euro) e per il restante 9,55% (1.350,1 milioni di euro) dalle risorse proprie tradizionali.

Dal momento che in base alla decisione del Consiglio n. 597 del 2000 a partire dal 2004 è stata ridotta allo 0,50% l’aliquota massima dell’IVA, la risorsa RNL ha pertanto assunto un peso crescente. Si ricorda, infatti che nel 2002 la contribuzione italiana era costituita per il 56,34% dalla risorsa RNL e per il 33,82% dall’IVA, nel 2003 le percentuali erano rispettivamente del 62,33% e del 28,65%, mentre nel 2004 erano pari al 66,17% ed al 24,31%.

Riguardo a tali profili, il disegno di legge di bilancio 2007, come evidenziato nel Quadro riassuntivo per categoria (All. A/2), contenuto nella Tabella 2 allegata al ddl di bilancio, con specifico riferimento alla voce di spesa corrente costituita dalle risorse proprie della Comunità, prevede una spesa di parte corrente per il finanziamento del bilancio dell’Unione pari a 17.400 milioni di euro[13]. Si tratta di una spesa classificata tra quelle vincolate in quanto giuridicamente obbligatoria.

Si evidenzia che nella legge di bilancio 2006 erano previsti 15.850 milioni di euro, mentre il progetto di bilancio 2007 prevede un incremento delle risorse di 1.550 milioni di euro, portando la spesa complessiva a 17.400 milioni di euro.

1.3.2 La contribuzione dell’Unione europea in favore dell’Italia

Per quanto riguarda invece la contribuzione dell’Unione europea in favore dell’Italia, essa consegue alle politiche comuni di sviluppo poste in essere dall’Unione in vari settori e si realizza concretamente con gli Strumenti finanziari costituiti dai Fondi strutturali.

 

A seguito della definizione del nuovo quadro finanziario dell’UE per il periodo 2007-2013, l’11 luglio 2006 sono state definitivamente adottate le seguenti proposte legislative relative alla politica di coesione dell’UE per il medesimo periodo:

-     il regolamento (CE) 1083/2006 recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (c.d. regolamento generale);

-     il regolamento (CE) 1080/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER);

-     il regolamento (CE) 1081/2006 sul Fondo sociale europeo (FSE);

-     il regolamento (CE) 1083/2006 sul Fondo di coesione.

 

In sintesi, il Regolamento (CE) 1083/2006[14]del Consiglio ha abrogato il precedente regolamento 1260/1999 ed ha riformato la disciplina comunitaria dei Fondi strutturali, disponendo la riduzione di tali fondi dai cinque del precedente periodo di programmazione[15] a tre: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione.

I nuovi Regolamenti prevedono il finanziamento dei seguenti 3 obiettivi prioritari di sviluppo:

 

a) l'obiettivo "Convergenza", volto ad accelerare la convergenza degli Stati membri e regioni in ritardo di sviluppo migliorando le condizioni per la crescita e l'occupazione tramite l'aumento e il miglioramento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo sviluppo dell'innovazione e della società della conoscenza, dell'adattabilità ai cambiamenti economici e sociali, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente e l'efficienza amministrativa;

b) l'obiettivo "Competitività regionale e occupazione", che punta, al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo, a rafforzare la competitività e le attrattive delle regioni e l'occupazione anticipando i cambiamenti economici e sociali, inclusi quelli connessi all'apertura degli scambi, mediante l'incremento e il miglioramento della qualità degli investimenti nel capitale umano, l'innovazione e la promozione della società della conoscenza, l'imprenditorialità, la tutela e il miglioramento dell'ambiente e il miglioramento dell'accessibilità, dell'adattabilità dei lavoratori e delle imprese e lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi;

c) l'obiettivo "Cooperazione territoriale europea", che è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera mediante iniziative congiunte locali e regionali, a rafforzare la cooperazione transnazionale mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato connesse alle priorità comunitarie e a rafforzare la cooperazione interregionale e lo scambio di esperienze al livello territoriale adeguato.

Inoltre con il regolamento (CE) 1082/2006 è stato istituito un nuovo strumento giuridico denominato Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT).

Per quanto riguarda invece il finanziamento della politica agricola, sono stati di recente adottati i seguenti provvedimenti:

     Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune, che istituisce il FEAGA (per il 1 pilastro) e il FEASR (per il 2 pilastro). In precedenza, per il periodo di programmazione 2000-2006, le spese comunitarie per il settore agricolo sono state finanziate da un unico fondo, il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), disciplinato dal reg. (CE) 1259/1999. Il fondo si articolava in due sezioni: garanzia per la copertura delle spese di gestione dei mercati agricoli e di sostegno diretto del reddito, nonché talune misure “di sviluppo rurale”; orientamento che ha finanziato le restanti misure di sviluppo rurale, ossia finalizzate ad introdurre modifiche di riequilibro strutturale a compensazione di situazione di arretratezza. Il nuovo regolamento istituisce invece due fondi distinti, definisce disposizioni specifiche relative a ciascun fondo, e reca talune regole generali di gestione e funzionamento comuni ad entrambi i fondi. Il FEAGA diviene lo strumento per realizzare la politica di sostegno dei mercati agricoli e dei redditi, denominata 1° pilastro della Politica Agricola Comunitaria (PAC), il FEASR finanzia i programmi di sviluppo rurale, ossia il 2° pilastro della PAC;

     Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che definisce gli obiettivi finanziati dal fondo;

     Regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo europeo per la pesca.

 

L’attuazione degli interventi cofinanziati dall’Unione europea si può desumere sia dai dati relativi al Fondo di rotazione per le politiche comunitarie che dai dati relativi ai trasferimenti effettuati dalle Amministrazioni statali, riportati entrambi nella Tabella dei flussi finanziari Italia- UE, allegata al Rendiconto generale dello Stato. In particolare, nell’ambito del Conto consuntivo del Ministero dell’Economia per l’anno finanziario 2005, sono riportate le erogazioni effettuate dal Fondo di rotazione per le politiche comunitarie.

Dal punto di vista quantitativo si ricorda che tra le politiche dell’Unione è la Politica Agricola Comune (PAC) ad assorbire tradizionalmente le quote di finanziamento comunitario più consistenti. Essa da un lato favorisce l’uso di nuove tecnologie e dall’altra opera per il sostegno dei mercati.

 

DalRendiconto 2005si ricava che nell’esercizio 2005 sono stati accreditati all’Italia contributi per 9.899,36 milioni di euro[16], con un aumento del 4,88% rispetto al precedente anno 2004 pari a 230,11 milioni di euro.

Per quanto riguarda in particolare i fondi strutturali, i dati del rendiconto 2005 evidenziano anche la ripartizione delle somme accreditate dall’UE all’Italia disaggregate in relazione ai singoli Obiettivi dei Fondi stessi. Si tratta di somme corrisposte sia in base alla programmazione 1994-1999 sia in base ai finanziamenti previsti nella programmazione 2000-2006[17].

 

Nella nota preliminare al ddl di bilancio 2007 (A.C. 1747-Tab. 2) si ricorda che la Ragioneria generale dello Stato svolge un duplice ruolo nella gestione finanziaria degli interventi di politica comunitaria, curando sia l’intermediazione finanziaria tra le istituzione comunitarie e le Amministrazioni titolari degli interventi, che l’assegnazione delle quote di cofinanziamento nazionale degli interventi a carico della legge n. 183/1987.

 


2. Il disegno di legge Finanziaria 2007 (A.C. 1746-bis)

I profili di specifico interesse della XIV Commissione contenuti nel disegno di legge finanziaria 2007, di carattere più strettamente finanziario-quantitativo, sono ricavabili dalle tabelle allegate D ed F. In particolare rileva lo stanziamento previsto per il Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, istituito dall’articolo 5 della legge n. 183 del 1987.

Come già evidenziato sopra (par. 3), si tratta di un Fondo che dà il quadro degli interventi cofinanziati dall’Unione europea, cui affluiscono disponibilità provenienti in parte dal bilancio comunitario ed in parte dal bilancio nazionale.

Come già evidenziato nel par. 3, il fondo si avvale di due conti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato: Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE e Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali.

Lo stanziamento previsto per l’anno 2006 nella legge di bilancio dello Stato complessivamente a carico del Fondo di rotazione (UPB 4.2.3.8 - Cap. 7493) era pari a 2.050 milioni di Euro. Nel ddl di bilancio 2007 (A.C. 1747-Tab. 2) tale stanziamento è stato ridotto a 254 milioni di euro (- 1.796 milioni di euro, trasferiti al 2010, oltre il triennio di riferimento, a seguito della rimodulazione operata della finanziaria). Si tratta delle somme da versare al suddetto conto corrente nella sezione finanziamenti nazionali.

Si ricorda che su tale capitolo di bilancio (Cap. 7493) precedentemente all’abrogazione della legge n. 86 del 1989 (c.d. legge“La Pergola”), avvenuta  ad opera della legge n. 11 del 2005, si assommavano i finanziamenti relativi a due tipologie di spesa:

a) le spese per il coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea di cui alla legge n. 183 del 1987;

b) le spese per l’adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari di cui alla legge n. 86 del 1989.

Nel ddl di bilancio 2007 e nel ddl finanziaria 2007 non sono più presenti i riferimenti all’abrogata legge n. 86/1989 né si fa riferimento alla nuova legge n. 11 del 2005 ma si fa unicamente riferimento alla legge istitutiva del Fondo di rotazione, legge n. 183 del 1987.

Rispetto al suddetto stanziamento di bilancio, la tabella D del ddl finanziaria 2007 -cheprovvede a rifinanziare le norme relative a interventi di sostegno dell’economia classificati tra le spese in conto capitale - dispone il rifinanziamento del Fondo di rotazione, in un unico accantonamento destinato al coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (L. 183/1987) per un importo pari a 4.000 milioni di euro per il solo anno 2009, mentre nessun rifinanziamento è previsto per gli anni 2007 e 2008.

Un secondo intervento sul Fondo di rotazione è quello apportato dalla Tabella F allegata al ddl finanziaria 2007. Tale tabella assolve ad una duplice funzione: da una lato quella di fornire la consistenza effettiva dello stanziamento esistente sul Fondo, e dall’altro quello di fornire l’eventuale entità della rimodulazione degli stanziamenti stessi operata in sede di disegno di legge finanziaria.

A tale proposito, dalla legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005) emergeva una consistenza dello stanziamento in tabella F relativo al Fondo di rotazione pari a 2.000 milioni di euro per il 2006, per la parte destinata al coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (L. 183/1987). Per il 2007 ed il 2008 tali importi sono rispettivamente di 204 milioni di euro e di 600 milioni di euro. Per l’anno 2009 e successivi l’importo indicato è pari a 14.999,50 milioni di euro.

Per ottenere lo stanziamento effettivo del Fondo di rotazione per gli anni 2007, 2008 e 2009, esposto in tabella F del ddl finanziaria 2007, ai suddetti stanziamenti iniziali va aggiunto il rifinanziamento operato dalla tabella D e la rimodulazione operata dalla medesima tabella.

Nel ddl finanziaria 2007 la tabella F sposta parte della quota relativa all’anno 2009 (indicata nella corrispondente tabella della legge finanziaria 2006): pertanto, a seguito della rimodulazione effettuata, 5.000 milioni di euro vengono differiti al 2010, mentre per il 2007 ed il 2008 vengono spostati rispettivamente 4.000 milioni di euro e 5.100 milioni di euro.

L’autorizzazione totale di spesa di Tabella F sul Fondo di rotazione per le politiche comunitaria risulta quindi pari a 4.204 milioni di euro per il 2007, a 5.700 milioni di euro per il 2008, a 4.899,5 milioni di euro per il 2009 ed a 5.000 milioni di euro per il 2010,come evidenziato nella tabella riepilogativa che segue, dove si riportano i rifinanziamenti annuali del Fondo, a raffronto con gli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria 2006 e dal bilancio a legislazione vigente 2007 (B.L.V.).

 

 


 

 


 Fondo di rotazione per le politiche comunitarie

(U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493)- L. 183/1987

(in milioni di euro)

 

 

2007

2008

2009

2010

 

 

 

 

 

Legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005) tabella F

204

600

14.999,5

-

Tabella D ddl finanziaria 2007 (rifinanziamento)

 

-

4.000

-

Tabella F - ddl finanziaria 2007 (rimodulazione)

+4.000

+5.100

- 14.100

5.000

Totale

(ddl finanziaria 2007)

4.204

5.700

4.899,5

5.000


2.1. Schede relative al disegno di legge finanziaria

Nell’ambito del disegno di legge finanziaria vi è un articolo che attiene strettamente alle competenze della XIV Commissione: si tratta dell’articolo 181, che introduce un’azione di rivalsa dello Stato nei confronti degli enti inadempienti agli obblighi comunitari ed internazionali.

Oltre a tale disposizione, si rinvengono ulteriori norme che assumono rilievo in ordine ai profili di carattere comunitario. Inoltre, taluni articoli vanno valutati alla luce della disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato.

Di seguito sono pertanto riportate le schede relative agli articoli rilevanti sotto gli indicati profili, nonché una scheda riguardante le questioni concernenti gli aiuti di Stato.

 


Articolo 5, commi 29 e 30
(Contrasto del giuoco irregolare e illegale)

 


29. In coerenza ai principi recati dall'articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ed al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore, con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le modalità per procedere alla rimozione dell'offerta, attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione. I provvedimenti di cui al presente comma sono adottati nel rispetto degli obblighi comunitari.

30. Dalla data di entrata in vigore del primo provvedimento emesso ai sensi del comma 29, i commi da 535 a 538 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono abrogati.


 

 

Il comma 29 dell’articolo 5 dispone che con provvedimenti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nel rispetto degli obblighi comunitari, siano stabilite le modalità per impedire l’offerta non autorizzata di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione, effettuata mediante reti telematiche o di telecomunicazione.

 

A questo fine, la disposizione richiama i princìpi recati dall'articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nonché la finalità di contrastare la diffusione del giuoco irregolare e illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del giuoco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore.

 

L'articolo 38 del decreto-legge n. 223 del 2006 prevede fra l’altro che vengano disciplinati, tramite regolamenti da emanarsi entro il 31 dicembre 2006, ai sensi dell'art. 16, comma 1, della sopra citata legge n. 133 del 1999:

-        le scommesse a distanza a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori (scommesse cosiddette peer to peer); tale tipo di giuoco consente ai giocatori di scommettere gli uni contro gli altri su un determinato evento senza più un banco tradizionale;

-        i giuochi di abilità on-line (skill games) con vincita in denaro, nei quali l'abilità dei giocatori prevale, rispetto al risultato, sull'elemento aleatorio. Per questo tipo di giuochi è prevista un'aliquota d'imposta pari al 3 per cento della somma giocata;

-        le caratteristiche dei "negozi" specializzati nella vendita del giuoco, ovvero:

-        agenzie di scommessa;

-        sale pubbliche da gioco;

-        sale destinate al gioco del Bingo (D.M. 31 gennaio 2000).

Il comma 2 prevede il riordino dell'attuale sistema distributivo dei giuochi a base sportiva con la costituzione di una rete strutturata di punti vendita e a tal fine novella il comma 287 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004).

 

Si dispone quindi che, con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, vengano stabilite le modalità per procedere alla rimozione dell'offerta, attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro mancanti di concessione, autorizzazione, licenza o altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione. Si specifica che tali provvedimenti debbono rispettare gli obblighi comunitari.

La disposizione sembra intesa a ovviare a obiezioni circa la compatibilità delle norme, adottate in precedenza (v. infra, nella presente scheda, nonché, in calce a questa, il paragrafo: Procedure di contenzioso in sede comunitaria), con i princìpi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

 

Secondo consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi devono, in primo luogo, essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale; in secondo luogo, devono essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e, in terzo luogo, non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo. In ogni caso, devono essere applicate in modo non discriminatorio.

Nelle sentenze 24 marzo 1994 (causa C-275/92, Schindler), 21 settembre 1999 (causa C-124/97, Läärä e altri) e 21 ottobre 1999 (causa C-67/98, Zenatti), la Corte di giustizia ha ammesso che le restrizioni alle attività di giuoco possono essere giustificate da motivi imperativi d’interesse generale, quali la tutela del consumatore e la prevenzione della frode e dell'incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al giuoco, rilevando tuttavia come le restrizioni fondate su tali motivi e sulla necessità di prevenire turbative all'ordine sociale debbano essere idonee a garantire la realizzazione dei detti obiettivi, nel senso che tali restrizioni debbono contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico.

Più recentemente, nella sentenza 6 novembre 2003 (causa C-243/01, Gambelli e altri), la stessa Corte ha concluso che “una normativa nazionale contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi previste, rispettivamente, agli articoli 43 CE e 49 CE”, statuendo che “spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi”. Agli effetti di tale verifica, la Corte ha enunziato alcuni criteri, osservando fra l’altro:

1) che, “laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giuochi d'azzardo o alle scommesse affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di tale Stato non possono invocare l'ordine pubblico sociale con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti come quelli oggetto della causa principale” (n. 69);

2) che le restrizioni imposte in materia di bandi di gara per le concessioni relative alla gestione di scommesse su eventi sportivi “devono essere indistintamente applicabili, vale a dire con le stesse modalità e con gli stessi criteri agli operatori” stabiliti in qualunque Stato membro (n. 70), in particolare prevedendo requisiti di partecipazione che non siano fissati in termini tali da poter essere soddisfatti, in pratica, più facilmente dagli operatori nazionali che non da quelli stranieri (n. 71);

3) che le restrizioni imposte non debbono eccedere quanto necessario per conseguire l'obiettivo perseguito (n. 72).

 

In relazione a ciò, il comma 30 dispone che dalla data di entrata in vigore del primo provvedimento emesso ai sensi del comma 29, rimangano abrogati i commi da 535 a 538 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

 

Il comma 535 della legge n. 266 del 2005 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) segnali ai fornitori di connettività alla rete internet, ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che mediante esse forniscono servizi telematici, i casi di offerta, attraverso dette reti, di giuochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro che siano illegali, mancando delle concessioni, autorizzazioni, licenze o altri titoli previsti dalla legge. Qualora il fatto costituisca reato, permangono naturalmente i poteri dell'autorità giudiziaria.

Ai sensi del comma 536, i destinatari delle segnalazioni sono obbligati ad adottare misure tecniche, che verranno stabilite con uno o più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, atte a impedire l'utilizzazione delle reti di cui sono gestori, o in relazione alle quali forniscono servizi, per lo svolgimento di giuochi, scommesse o concorsi pronostici illeciti.

In caso di violazione dell'obbligo suddetto, è prevista dal comma 537 una sanzione amministrative pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ogni violazione accertata. L'autorità competente è l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

Per l'applicazione delle disposizioni testé esaminate, il comma 538 prescrive la collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS, la Polizia postale e delle telecomunicazioni e il Corpo della Guardia di finanza. Quest'ultimo si avvale dei poteri ad esso riconosciuti ai sensi del D.Lgs. n. 68 del 2001 (Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell'articolo 4 della legge 31 marzo 2000, n. 78). Tale cooperazione avverrà secondo i criteri e le modalità individuati dall'AAMS d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

Le disposizioni per l’applicazione delle norme testé illustrate sono state emanate dal direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato con provvedimento del 7 febbraio 2006 (Rimozione dei casi di offerta in assenza di autorizzazione, attraverso rete telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2006.

L’articolo 1 individua le finalità e reca le definizioni rilevanti per l’applicazione del provvedimento, fra cui quella di “fornitore di servizi di rete”, distinguendo a questo riguardo tra il fornitore di connettività (access provider: ogni soggetto che consente all'utente l'allacciamento alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione o agli operatori che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, anche concedendo al cliente uno spazio, da gestire autonomamente, sul disco fisso del proprio elaboratore), il fornitore di servizi di providing (service provider: ogni soggetto che, una volta avvenuto l'accesso alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, consente all'utente di compiere determinate operazioni, quali l'utilizzo della posta elettronica, la suddivisione e catalogazione delle informazioni, il loro invio a soggetti determinati, etc.) e il fornitore di contenuti, (content provider: ogni operatore che mette a disposizione del pubblico informazioni e opere di qualsiasi genere caricandole sulle memorie del proprio server e collegando tale server alla rete internet ovvero ad altre reti telematiche o di telecomunicazione, nonché colui che si obbliga a gestire e ad organizzare le pagine «web» immesse in rete dal proprio cliente).

L’articolo 2 prevede che l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato comunichi ai fornitori di servizi di rete l'elenco degli operatori non autorizzati stabilendo i termini entro i quali essi sono tenuti a interrompere la prestazione dei propri servizi nei riguardi di questi ultimi. L’elenco degli operatori non autorizzati è pubblicato anche nel sito della predetta Amministrazione (www.aams.it).

L’articolo 3 disciplina la responsabilità dei fornitori di servizi di rete per le informazioni fornite mediante i loro servizi dagli operatori non autorizzati, nel caso in cui non interrompano la prestazione del servizio nei termini prescritti dall’Amministrazione.

L’articolo 4 esclude l'obbligo generale di sorveglianza e di ricerca da parte dei fornitori dei servizi di rete circa la presenza di attività di giuoco non autorizzate.

Il fornitore è comunque tenuto a informare tempestivamente l’Amministrazione qualora venga a conoscenza di attività o informazioni riguardanti attività di giuoco esercitate da un operatore non autorizzato, destinatario di suoi servizi, e a fornire tempestivamente le informazioni in suo possesso per l'identificazione, anche a fine preventivo. Il fornitore è altresì civilmente responsabile nei confronti di terzi per il contenuto dei servizi offerti nel caso in cui non abbia eseguito la prescritta interruzione dei servizi o se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole di un servizio, non abbia provveduto ad informarne l’Amministrazione.

L’articolo 5 commina la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro per ciascuna violazione delle disposizioni relative all’interruzione della prestazione dei servizi di rete, ferma restando l'eventuale responsabilità penale dei fornitori.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[18]per violazione del diritto comunitario.

La Commissione ritiene che le autorità italiane hanno adottato senza previa notifica le disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) e il decreto 7 febbraio 2006 (prot. n. 2006/4249/giochi/UD) che impongono ai fornitori di servizi rete italiani l’obbligo di oscurare i siti internet che offrono servizi di scommesse on-line e i cui operatori non sono in possesso delle autorizzazioni italiane richieste.

Pertanto, secondo la Commissione, l’Italia avrebbe violato gli obblighi imposti dall’articolo 8 della direttiva 98/34/CE come modificata dalla direttiva 98/48/CE che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.

 


Articolo 5, commi 16-19 e 36-37
(Disposizioni per il contrasto dell’evasione
nell’applicazione di agevolazioni fiscali)

 


16. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

       a) all'articolo 10, comma 1, lettera b), dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Ai fini della deduzione la spesa sanitaria relativa all'acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario»;

       b) all'articolo 15, comma 1, lettera c), dopo il secondo periodo, è inserito il seguente: «Ai fini della detrazione la spesa sanitaria relativa all'acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specifi­cazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario».

17. I commi 7 e 8 dell'articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono abrogati.

18. Le agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, con ridotte o impedite capacità motorie, sono riconosciute a condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti.

19. In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefici fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la differenza fra l'imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'appli­cazione delle agevolazioni stesse. La disposizione non si applica per i disabili che, in seguito a mutate necessità dovute al proprio handicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti.

(omissis)

36. I soggetti di cui all'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme.

37. All'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, dopo il comma 25 sono inseriti i seguenti:

«25-bis. Ai fini dei controlli sugli oneri detraibili di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del testo unico sulle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale devono comunicare in via telematica all'Anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto dei contributi versati di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 51 del citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

25-ter. Il contenuto, i termini e le modalità delle trasmissioni sono definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate».


Il comma 16 dell’articolo 5 limita la deducibilità o detraibilità delle spese sanitarie per acquisto di medicinali, agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, subordinandola alla loro certificazione mediante fattura o scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l'indicazione del codice fiscale del destinatario.

In particolare, la lettera a) introduce tale condizione relativamente alle spese sanitarie sostenute per l’acquisto di medicinali dai soggetti affetti da grave e permanente invalidità o menomazione.

A questo fine, viene inserito un nuovo periodo nell’articolo 10, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

L’articolo 10, comma 1, lettera b), del TUIR, nel testo vigente, consente di dedurre dal reddito complessivo, agli effetti dell’IRPEF, le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione). Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o di premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo; si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito

 

La lettera b) introduce la medesima clausola – relativa alle spese per medicinali – nell’articolo 15, comma 1, lettera c), del medesimo testo unico, che disciplina la detrazione consentita a tutti i contribuenti per le spese sanitarie.

 

L’articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR consente di detrarre dall’imposta lorda le spese sanitarie, nella misura del 19 per cento e limitatamente alla parte eccedente lire 250 mila (pari a euro 129,11). Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica (diverse da quelle riferite alle invalidità e menomazioni sopra richiamate), e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere. Disposizioni speciali riguardano le spese riguardanti i mezzi (compresi i veicoli) necessari all'accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione e al sollevamento e per sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione degli invalidi. Anche in questo caso, si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta.

 

La relazione tecnica annette alle presenti disposizioni effetti finanziari stimati (in termini di cassa) in un maggior gettito di 113,5 milioni di euro per l’anno 2008 e in 65 milioni di euro per l’anno 2009.

 

Il comma 17 rende nuovamente indetraibile, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, l’imposta assolta per operazioni inerenti e connesse all’organizzazione e all’esercizio del lotto, delle lotterie, dei concorsi pronostici e delle scommesse, nonché per le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione a queste connesse.

Sono abrogati, a questo fine, i commi 7 e 8 dell'articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

 

Il comma 7 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005 ha inserito nel comma 3 dell’articolo 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, concernente l’imposta sul valore aggiunto, l’ulteriore lettera e-bis), la quale comprende le operazioni relative all’esercizio, prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione su lotto, lotterie, concorsi pronostici e scommesse tra quelle cui non si applica l’indetraibilità prevista per le operazioni esenti inerenti e connesse all’organizzazione e all’esercizio delle attività indicate all’articolo 10, n. 6) e 7), del medesimo D.P.R.

Ha altresì aggiunto nel comma 5 dello stesso articolo 19 un’ulteriore disposizione, che esclude, per le stesse operazioni, l’applicazione della disciplina del cosiddetto pro rata di detraibilità dell'imposta sugli acquisti di beni e servizi strumentali alle operazioni esenti.

Il comma 8subordina l’efficacia di queste disposizioni alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea.

I numeri 6) e 7) del citato articolo 10 (esenzione IVA) del D.P.R. n. 633 del 1972 riguardano le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e al CONI e all’UNIRE, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate (numero 6) e le operazioni relative all'esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all'esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate (numero 7).

 

La relazione tecnica annette alla presente disposizione effetti finanziari stimati in un maggior gettito pari a 60 milioni di euro annui. La stima è conforme alla perdita di gettito indicata precedentemente in relazione all’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005, che aveva introdotto la disposizione abrogata.

 

Si osserva, con riferimento alla formulazione del presente comma, che sarebbe stato più corretto abrogare direttamente le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972, invece che i commi 7 e 8 dell’articolo 11-quinquiesdecies del decreto-legge n. 203 del 2005 che le hanno inserite mediante novella. Per altro, l’applicazione di tali disposizioni è soggetta a condizione sospensiva in attesa dell’approvazione della Commissione europea.

 

Il comma 18 subordina il riconoscimento delle agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti affetti da minorazione (identificati mediante il richiamo all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104)[19], con ridotte o impedite capacità motorie, alla condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti.

 

Tra le agevolazioni fiscali concesse agli invalidi (ovvero alle persone cui essi risultano fiscalmente a carico) per l’acquisto di autoveicoli, si richiamano:

-        la detrazione d’imposta, nella misura del 19 per cento delle spese sostenute per l’acquisto di mezzi necessari alla locomozione dei soggetti portatori di handicap, prevista agli effetti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche dall’articolo 15, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. La detrazione d’imposta spetta integralmente – cioè senza applicazione della franchigia di euro 129,11 normalmente prevista per la detrazione delle spese mediche – una sola volta in un periodo di quattro anni;

-        l’applicazione dell’aliquota IVA del 4 per cento sull'acquisto di veicoli adattati all’uso degli invalidi (concessa agli invalidi dall’articolo 1 della legge 9 aprile 1986, n. 97, ed estesa ai soggetti definiti dall’articolo 3 della citata legge n. 104 del 1992 – legge quadro sull’handicap – dall’articolo 8, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449). L’agevolazione è riconosciuta una sola volta nel corso del quadriennio, salvo il caso in cui il veicolo precedente sia stato cancellato dal pubblico registro automobilistico. L'IVA agevolata si applica attualmente ai soli motoveicoli e autoveicoli, nuovi o usati, con limiti di cilindrata: fino a 2.000 centimetri cubici, se con motore a benzina, e fino a 2.800 centimetri cubici, se con motore diesel;

-        l’esenzione dal pagamento dell’imposta erariale di trascrizione, dell'addizionale provinciale all'imposta erariale di trascrizione e dell'imposta di registro per gli atti di natura traslativa o dichiarativa (cioè i passaggi di proprietà) aventi per oggetto i suddetti veicoli (articolo 8, comma 4, della citata legge n. 449 del 1997). A seguito della soppressione dell’imposta erariale di trascrizione e dell'addizionale provinciale, l’agevolazione deve riferirsi all’imposta provinciale di trascrizione, istituita dall’articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

-        l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica per i suddetti motoveicoli e autoveicoli (articolo 8, comma 7, della medesima legge n. 449 del 1997).

 

Il comma 19 dispone che, in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefìci fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la differenza fra l'imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione delle agevolazioni stesse.

Questa disposizione non si applica per gli invalidi nel caso in cui, a seguito a mutate necessità dovute alla minorazione da cui sono affetti, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti.

 

La norma sembra doversi riferire alle agevolazioni previste per i veicoli destinati ai soggetti affetti da invalidità o menomazioni, in connessione con quanto disposto dal precedente comma 18 e secondo le indicazioni della relazione governativa. Tuttavia, stante la sua formulazione in termini generali, per prevenire dubbi interpretativi, sarebbe opportuna una precisazione a tale riguardo.

 

Il già citato articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR prevede attualmente che la detrazione ammessa per i veicoli destinati ai soggetti con capacità motorie ridotte spetti per un solo veicolo e sull’importo massimo di euro 18.075,99 entro un periodo di quattro anni.

La reiterazione del beneficio, per acquisti effettuati entro il periodo predetto, è possibile soltanto ove il primo veicolo per il quale sia stata utilizzata la detrazione venga cancellato dal pubblico registro automobilistico. Qualora il veicolo sia stato rubato e non ritrovato, la detrazione spetta nuovamente anche entro il quadriennio, nel medesimo limite di spesa massima, detrattone l'eventuale rimborso assicurativo.

 

Potrebbe essere opportuno coordinare il termine biennale, previsto dalla presente disposizione, quello quadriennale, previsto per la fruizione dell’agevolazione agli effetti dell’IRPEF.

 

La relazione tecnica annette alle disposizioni dei commi 18 e 19 effetti finanziari stimati in un maggior gettito (in termini di cassa) di 26,7 milioni di euro per il 2006, 75,4 milioni di euro per il 2007 e 56,5 milioni di euro per il 2009.

 

Il comma 36 dispone che i soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (individuati mediante riferimento all'articolo 2 del TUIR), i quali deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge (secondo quanto previsto dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 10 del medesimo TUIR), devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme.

 

L’articolo 10, comma 1, lettera c), del TUIR ammette la deduzione degli assegni periodici corrisposti al coniuge – ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli – in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

 

Il comma 37, anche in connessione con le disposizioni introdotte dal precedente comma 16, lettera b), impone agli enti e alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale di comunicare in via telematica all'anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto di contributi che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.

A quest’effetto, nell'articolo 78 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sono inseriti due nuovi commi. Il primo (comma 25-bis) dispone tale comunicazione, espressamente volta ad agevolare i controlli sugli oneri detraibili previsti dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del TUIR.

 

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 15 del TUIR stabilisce infatti che si considerano rimaste a carico del contribuente – agli effetti della detrazione ammessa – anche le spese rimborsate

1) per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo;

2) per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta. Questa fattispecie si verifica, in particolare, per i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che, entro il limite ammesso, non concorrono a formare il reddito a norma dell’articolo 51, comma 2, lettera a), del medesimo TUIR.

Il nuovo comma 25-ter rimette invece la fissazione del contenuto, dei termini e delle modalità delle trasmissioni a provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

Si osserva che la disposizione avrebbe potuto trovare opportuna collocazione nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, recante disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 29 ottobre 2004 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte (COM(2004)728) relativo alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA, che comprende:

-        una proposta di modifica della direttiva 77/388/CEE (“Sesta direttiva IVA”) con lo scopo di semplificare gli obblighi IVA;

-        una proposta di direttiva che disciplina il rimborso dell’IVA, già previsto dalla direttiva 777/388/CEE, per i soggetti di imposta che risiedono in un altro Stato membro;

-        una proposta di modifica del regolamento (CE) 1798/2003, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.

Il pacchetto di proposte è stato esaminato dal Parlamento europeo in lettura unica il 7 settembre 2005. Il 7 giugno 2006 il Consiglio, nell’ambito della procedura di consultazione, ha deciso la continuazione dei lavori sugli altri elementi del pacchetto di misure IVA, allo scopo di giungere ad un accordo globale entro la fine dell'anno.

 

Lo scopo principale del pacchetto di proposte è quello di alleggerire l’onere amministrativo a carico dei soggetti che, in ragione della propria attività economica, devono assolvere obblighi IVA in un Paese diverso da quello nel quale risiedono. A tal fine, tra l’altro, la Commissione prende in esame le spese per le quali non è possibile ottenere una detrazione totale dell’IVA, con l’obiettivo di ravvicinare le normative nazionali, che in proposito divergono notevolmente.

Secondo la Commissione si potrebbe prevederel’indetraibilità dell’imposta soltanto per:

a)       spese di divertimento o di rappresentanza;

b)       spese relative a viaggi, alloggio, alimenti e bevande, diverse da quelle sostenute dal soggetto passivo nell'esercizio della sua attività per fornire a titolo oneroso prestazioni di viaggio, alloggio, alimenti e bevande;

c)       spese relative ai veicoli stradali a motore, ad eccezione dei veicoli che il soggetto passivo detiene a titolo di scorte mercantili e dei veicoli da lui messi in vendita nell'esercizio della sua attività, nonché dei veicoli usati come taxi, destinati alla scuola guida o ad essere dati a noleggio o in leasing;

d)       spese relative a imbarcazioni o aeromobili esclusi quelli destinati unicamente al trasporto commerciale di persone o beni.

Il 7 novembre 2006 è previsto l’accordo politico del Consiglio sull’atto finale.

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 16 marzo 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[20] in relazione al trattamento IVA applicato in Italia all’IVA detraibile assolta dai soggetti passivi non stabiliti nel territorio italiano prima della loro registrazione in Italia ai fini IVA.

La lettera richiama i principi ribaditi dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza Rompelman del 14 febbraio 1985) in base ai quali il diritto alla detrazione è un diritto fondamentale del soggetto passivo che quest’ultimo può esercitare sin dalle prime operazioni effettuate. Secondo la Corte uno Stato membro non può nemmeno limitare il periodo entro il quale le eventuali operazioni preliminari danno diritto alla detrazione.

La Commissione in particolare ritiene che il trattamento applicato all’IVA a monte in base alla legislazione italiana, assolta prima dell’espletamento di tutte le formalità amministrative relative alla nomina del rappresentante fiscale, risulta incompatibile con le disposizioni del Trattato CE contenute:

-        nell’articolo 49 (divieto di restrizioni alla libera prestazione di servizi);

-        nell’articolo 90 (divieto per qualunque Stato di applicare a prodotti di altri Stati membri imposizioni interne superiori a quelle applicate ai prodotti similari nazionali; divieto di applicazione ai prodotti di altri Stati membri di imposizioni interne tese a proteggere indirettamente altre produzioni);

-        nonché contenute:

-        nella sesta direttiva IVA (Dir. 77/388/CE, sulla base imponibile uniforme) che regola, in particolare, il diritto alla detrazione (art. 17) e gli obblighi dei contribuenti in regime interno (art. 22).


Articolo 20, commi 14-18
(Imposte relative a fondi pensione, fondi d’investimento ed emittenti residenti nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo)

 


14. Nell'articolo 10, comma 1, lettera e-bis), primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo le parole: «previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124» sono aggiunte le seguenti: «, nonché quelli versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239».

15. Il comma 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è sostituito dal seguente:

«2. La lettera e-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituita dalla seguente:

       "e-bis) i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall'articolo 8 del medesimo decreto. Alle medesime condizioni ed entro gli stessi limiti sono deducibili i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239"».

16. All'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, sull'istituzione e disciplina dei fondi comuni d'investimento mobiliare, sono apportate le seguenti modificazioni:

       a) nel primo periodo del comma 1, le parole: «situati negli Stati membri dell'Unione europea, conformi alle direttive comunitarie e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 10-bis,» sono sostituite dalle seguenti: «conformi alle direttive comunitarie situati negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 42 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,»;

       b) al comma 9, le parole: «situati negli Stati membri della Comunità economica europea e conformi alle direttive comunitarie» sono sostituite dalle seguenti: «conformi alle direttive comunitarie situati negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239».

17. Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è sostituito dal seguente: «Tuttavia, se i titoli indicati nel precedente periodo sono emessi da società od enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, ovvero da quote, l'aliquota del 12,50 per cento si applica a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, o collegati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, per le obbligazioni e titoli similari diversi dai precedenti».

18. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni, le parole: «in mercati regolamentati italiani» sono sostituite dalle seguenti: «in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni.

 


 

 

Il comma 14 estende la deducibilità dal reddito, ai fini delle imposte sui redditi per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, attualmente prevista[21] solo per i soggetti istituiti ai sensi della legislazione italiana (decreto legislativo n. 124 del 1993), anche a quelli versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo[22], che rientrino nella lista dei paesi con i quali risulta possibile attuare lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevista dall’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo n. 239 del 2004 (la lista è contenuta nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996).

 

Si tratta della c.d “white list”, vale a dire la lista dei paesi non ricompresi nella “black list” degli Stati a regime fiscale privilegiato, con i quali non risulta possibile stipulare convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

 

La relazione governativa precisa, al riguardo, che la presente disposizione trae origine dalla necessità di allineare la normativa interna a quella comunitaria, ponendo così fine al contenzioso in essere presso la Corte di giustizia della Comunità europea (cfr. infra, sezione: Procedure di contenzioso).

 

Il comma 15, attraverso la modifica dell’articolo 21 del decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari, prevede la sostituzione dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) DPR n. 917 del 1986, che stabilisce la deducibilità per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari. Viene in particolare adeguata la formulazione, sostituendo il richiamo al decreto legislativo n. 252 del 2005 in luogo di quello al decreto legislativo n. 124 del 1993, attualmente citato.

 

Si ricorda che l’articolo 21, comma 8, del decreto legislativo n. 252 del 2005 dispone l’abrogazione del decreto legislativo n. 124 del 1993. L’articolo 23 del medesimo decreto legislativo prevede che tale disposizione entri in vigore dal 1° gennaio 2008. Sul punto interviene ora l’articolo 84 del disegno di legge finanziaria che anticipa l’entrata in vigore della disposizione (insieme a quella dell’intero decreto legislativo n. 252 del 2005) al 1° gennaio 2007.

L’articolo 21, comma 2, già provvede alla sostituzione dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis),prevedendo che la deducibilità dalle imposte sui redditi spetti per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005 alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’articolo 8 del medesimo decreto.

 

L’articolo 8 del decreto legislativo n. 252 del 2005 individua le modalità di finanziamento delle forme pensionistiche complementari mediante la contribuzione dei lavoratori e del datore di lavoro e mediante il conferimento del trattamento di fine rapporto (TFR) maturando.

 

La disposizione qui illustrata, invece, oltre a ribadire la deducibilità dal reddito per i contributi versati alle forme pensionistiche complementari, di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall’articolo 8 del medesimo decreto, consente, alle medesime condizioni, di dedurre anche i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che rientrino nella lista dei paesi con i quali risulta possibile attuare lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni prevista dall’articolo 11, comma 4, lettera c) del decreto legislativo n. 239 del 2004 (la lista è contenuta nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996).

 

La disposizione modifica la norma vigente (comma 14) e sostituisce la novella contenuta nell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 252 del 2005 (comma 15), destinata ad entrare in vigore contestualmente con l’entrata in vigore dell’intero decreto legislativo di riforma della previdenza complementare. Poiché peraltro l’articolo 84, comma 1, del presente disegno di legge anticipa al 1° gennaio 2007 tale entrata in vigore, la disposizione del comma 14 non sembra suscettibile di produrre effetto.

 

Analogo riferimento agli Stati aderenti allo Spazio economico europeo rientranti nella “white list” è introdotto dal comma 16, che interviene sulle disposizioni tributarie sui proventi delle quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, di cui all’articolo 10-ter della legge n. 77 del 1983, con la quale venne stabilita la prima disciplina dei fondi di investimento mobiliare in Italia.

 

La legge n. 77 del 1983, fatta eccezione per l’articolo 10-ter e per l’articolo 9, è stata abrogata dall’articolo 214 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d testo unico della finanza - TUF).

 

In particolare, alla lettera a) viene integrata la disposizione del comma 1 di tale articolo, la quale, nel testo attualmente vigente, prevede che venga operata una ritenuta del 12,50 per cento sui redditi di capitale derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti[23], effettuata da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (quali i fondi di investimento) situati negli Stati membri dell’Unione europea, conformi alle direttive comunitarie e le cui quote sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983.

 

L’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983 disciplinava la collocazione in Italia di quote degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari aventi sede in uno degli Stati della Comunità economica europea. L’articolo è stato abrogato dall’articolo 214 del TUF (cfr. supra) e la materia è ora disciplinata dall’articolo 42 del TUF medesimo.

 

La presente disposizione interviene sull’individuazione dei soggetti ai quali si applica la ritenuta del 12,50 per cento, prevedendo che vi siano inclusi non solo gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari situati negli Stati membri della Comunità europea attualmente previsti, ma anche quelli situati negli Stati aderenti allo Spazio economico europeo ed inclusi nella cosiddetta “white list” (cfr. supra comma 14). Si prevede inoltre la sostituzione del riferimento all’articolo 10-bis della legge n. 77 del 1983, ora abrogato, con quello all’articolo 42 del TUF che disciplina la medesima materia.

 

La lettera b) del comma 16 prevede poi che anche l’applicazione del comma 9 dell’articolo 10-ter, il quale attualmente consente agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero negli Stati membri della Comunità europea di avvalersi delle convenzioni stipulate dalla Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni, venga estesa agli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo ed inclusi nella “white list” (cfr. supra comma 14).

 

Analogo riferimento agli Stati aderenti nello Spazio economico europeo ed inclusi nella “white list” viene introdotto dal comma 17, nella disciplina delle ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale prevista dall’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

 

In base a tale articolo, l’aliquota del 12,50 per la ritenuta sugli interessi su obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi, si applica ai titoli emessi da società diverse dalla banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate nei mercati regolamentati italiani solo se il tasso di rendimento effettivo:

a)      non risulta superiore al doppio del tasso ufficiale di sconto per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi negoziati in mercati regolamentati nell’Unione europea o collocati mediante offerta al pubblico

b)      non risulta superiore al tasso ufficiale di sconto aumentato di due terzi per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi non negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea.

Se non sono rispettate queste condizioni, l’aliquota applicata risulta del 27 per cento.

 

La presente disposizione sostituisce il riferimento alle azioni non negoziate nei mercati regolamentati italiani ovvero non negoziate in mercati regolamentati dell’Unione europea con quello alle azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” (cfr. supra comma 14).

Si prevede cioè che agli interessi su obbligazioni e titoli emessi da società diverse dalle banche il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list”, l’aliquota del 12,50 per cento si applichi, se il tasso di rendimento effettivo:

a)      non risulta superiore al doppio del tasso ufficiale di sconto per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” o collocati mediante offerta al pubblico;

b)      non risulta superiore al tasso ufficiale di sconto aumentato di due terzi per obbligazioni e titoli con scadenza non inferiore a diciotto mesi non negoziati in mercati regolamentati dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list”.

Se non sono rispettate queste condizioni, l’aliquota applicata risulta del 27 per cento.

 

Il comma 18 sostituisce, con finalità di coordinamento con la disposizione del comma 17, all’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996, il riferimento ai mercati regolamentati italiani con quello ai mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati membri aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella “white list” (cfr. supra comma 14).

 

L’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996, nel testo attualmente vigente, prevede che la ritenuta alla fonte del 12,50 per cento non si applichi agli interessi su obbligazioni e titoli emessi da società il cui capitale sia costituito da azioni emesse in mercati regolamentati italiani.

 

Secondo la relazione tecnica, dalle disposizioni dei commi da 14 a 17 dell’articolo 20 deriva, con riferimento al triennio 2007-2009, una perdita di gettito stimata (in termini di cassa) in un milione di euro per il 2007, sedici milioni di euro per il 2008 e 9,5 milioni di euro per il 2009.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di proporre ricorso alla Corte di giustizia nell’ambito della procedura di infrazione[24] relativa alla disciplina fiscale dei contributi ai fondi previdenziali e assicurativi (segnatamente di cui al D.Lgs. n. 124/93 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, al D.Lgs. n. 47/2000 “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare”, e al D.P.R. n. 917/86 recante il testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).

Secondo la Commissione la disciplina italiana sopra richiamata presenterebbe profili di discriminazione nei confronti dei fondi e delle imprese assicuratrici stabiliti all’estero[25]. Le norme in questione comporterebbero, infatti, la limitazione della deducibilità ai soli contributi versati ai fondi pensione italiani (ovvero quelli costituiti in conformità alle disposizioni del codice civile italiano e, se del caso, riconosciuti dalle autorità amministrative nazionali), con l’esclusione di quelli versati a fondi pensione aventi sede all’estero.

Ciò, secondo la Commissione, dissuaderebbe gli interessati ad affiliarsi alle imprese e fondi di previdenza stabiliti in altri Stati membri e disincentiverebbe questi ultimi a offrire i propri servizi previdenziali in Italia. Si configurerebbe, pertanto, la violazione del principio di libera prestazione dei servizi, sancito dall’art. 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Peraltro, la normativa italiana costituirebbe una violazione anche della libertà di circolazione dei lavoratori dipendenti (art. 39 TCE) e della libertà di stabilimento di quelli autonomi (art. 43). Infatti, coloro che, avendo esercitato un’attività professionale in un altro Stato membro ed essendo iscritti ad un regime di previdenza complementare in tale Stato, si trasferiscano per lavoro in Italia, non sarebbero ammessi a beneficiare dello stesso trattamento fiscale riconosciuto ai contributi versati ai fondi italiani. Infine, nella misura in cui i trasferimenti effettuati dai lavoratori ai fondi pensione rappresentano movimenti di capitale, l’esclusione del beneficio della deducibilità per i versamenti ai fondi pensione stranieri costituirebbe una violazione del principio di libera circolazione dei capitali, sancito dall’art. 56 del TCE.


Articolo 26
(Biocarburanti)

 


1. L'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. - (Obiettivi indicativi nazionali). - 1. Sono fissati i seguenti obiettivi indicativi nazionali, calcolati sulla base del tenore energetico, di immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale:

       a) entro il 31 dicembre 2005: 1,0 per cento;

       b) entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

       c) entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

2. L'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, è sostituito dal seguente:

«Art. 2-quater. - (Interventi nel settore agroenergetico). - 1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4, con le modalità di cui al comma 3. I medesimi soggetti possono assolvere al predetto obbligo anche acquistando, in tutto o in parte, l'equivalente quota o i relativi diritti da altri soggetti.

2. La quota minima di cui al comma 1, calcolata sulla base del tenore energetico, è inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la quota minima di cui al comma 1 può essere incrementata per gli anni successivi al 2007.

3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettati i criteri, le condizioni e le modalità per l'attuazione dell'obbligo di cui al comma 1, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, con priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica, nonché modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e relative sanzioni.

4. I biocarburanti e gli altri carburanti rinnovabili da immettere in consumo ai sensi del presente articolo sono il biodiesel, il bioetanolo, l'ETBE e il bioidrogeno».

3. Ai fini del rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, concorre il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente comma. All'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, i commi 6, 6.1 e 6.2 sono sostituiti dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell'ambito di un programma pluriennale, a decorrere dal 1o gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione, è sottoposto ad una accisa, determinata come percentuale dell'accisa sul gasolio per autotrazione, crescente negli anni e nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa. Per il primo anno, l'accisa è fissata al 20 per cento della corrispondente accisa sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, tenendo in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica. Con lo stesso decreto sono stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate. Le presenti disposizioni trovano applicazione dal 1o gennaio 2007 e comunque solo previo espletamento della procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea. Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256.

6.1. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori propor­zionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

6.2. Entro il 1o marzo di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è rideterminata la misura dell'agevolazione di cui al medesimo comma 6».

4. Per l'anno 2007, il contingente di biodiesel di cui al comma 3 è incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, può essere destinato anche ad uso combustione. Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro.

5. Gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

6. In caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 


 

 

L’articolo 26 modifica una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo ed alla tassazione dei biocarburanti.

Il comma 1 modifica l'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, che ha fissato gli obiettivi indicativi nazionali relativi all’immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili[26].

Tali obiettivi erano fissati nei seguenti termini:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2010: 2,5 per cento

Gli obiettivi stabiliti in sede comunitaria con la direttiva 2003/30/CE, cui il decreto legislativo n. 128 del 2005 intendeva dare attuazione, sono differenti, essendo pari al 2% per il 2005 e al 5,75% per il 2010. I diversi limiti introdotti nella legislazione italiana hanno pertanto dato luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea (v. infra).

Con la modifica del comma 1, gli obiettivi di immissione in consumo di biocarburanti vengono modificati, anche per cercare di risolvere il contenzioso comunitario, mantenendo l’obiettivo del 2,5%, ma anticipandolo al 31 dicembre 2008 e prevedendone l’ulteriore innalzamento al 5% per la data del 31 dicembre 2010. Le nuove soglie risultano pertanto così fissate:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

c)      entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

Si ricorda che gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale

 

Il comma 2 dell’articolo 26 sostituisce integralmente l'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2[27], contenente disposizioni per promuovere la produzione e il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola.

 

A tale proposito occorre preliminarmente segnalare che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006, che il comma 2 dell’articolo 26 in esame intende sostituire, è oggetto di una serie di modifiche puntuali ad opera dell’articolo 156, comma 4, del presente disegno di legge finanziaria, le quali non sembrano coordinarsi, nei contenuti, con la nuova formulazione dell’articolo 2-quater disposta dal comma 2 dell’articolo 26 in commento.

 

In base alla sostituzione dell’articolo 2-quater operata dal comma 2,a decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti.

Si tratta dei biocarburanti e degli altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4 del nuovo testo dell’articolo 2-quater, cioè del biodiesel, del bioetanolo, dell’ETBE e del bioidrogeno.

Le modalità di immissione sono definite nel successivo comma 3, del novellato articolo 2-quater, il quale rinvia ad un apposito decreto la fissazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità per l'attuazione di tale obbligo, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, dando priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica. Il decreto recherà anche le modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e le relative sanzioni.

Il decreto dovrà essere emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

A tale proposito si segnala che la formulazione letterale del nuovo comma 3 dell’articolo 2-quater fa riferimento, per il termine di emanazione del decreto ministeriale, alla data di entrata in vigore “della presente legge”, anziché – come dovrebbe essere trattandosi di novella che accede a un testo già in vigore – a quella di entrata in vigore “della presente disposizione”.

 

Per assolvere all’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti, i soggetti sopra indicati possono anche acquistare, in tutto o in parte, l'equivalente quota di immissione o i relativi diritti da altri soggetti.

 

Il comma 2 dell’articolo 2-quater, nel testo novellato prevede che la quota minima di immissione, calcolata sulla base del tenore energetico, sia inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente.

Tale quota minima può essere incrementata per gli anni successivi al 2007 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Si ricorda che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006 conteneva le seguenti disposizioni.

Il comma 1 incentivava la produzione e la commercializzazione del bioetanolo, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali previsti dalla normativa comunitaria.

I commi da 2 a 5 introducevano l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere in consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina era rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.

I commi 6 e 7 prevedevano che la stipula di un contratto di coltivazione e di fornitura o di un contratto di programma agroenergetico costituisse titolo preferenziale nei bandi pubblici e nei contratti di fornitura che avessero ad oggetto i biocarburanti e che le PA stipulassero contratti o accordi di programma per promuovere la produzione e la ricerca nel settore dei biocarburanti.

Il comma 8 equiparava il biogas[28] al gas naturale, agli effetti delle accise., comportandone l’esclusione dall’assoggettamento ad accisa.

Il comma 9 era volto ad assicurare che l’elettricità prodotta da biomasse o da biogas, oggetto di intese di filiera o di contratti quadro o contratti di programma agroenergetici che fossero stipulati in base alle norme dello stesso decreto, venisse immessa in rete godendo della precedenza, così come previsto in generale per l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs 79/99 .

Il comma 10 prevedeva che gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di carburanti di origine agricola garantissero la tracciabilità e la rintracciabilità del biocarburante utilizzato.

Il comma 11 novellando l’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), faceva rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, anche l’attività svolta dalle aziende agricole dirette alla produzione e alla cessione di energia calorica (e non solo elettrica) e mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche (e non solo agroforestali), qualificandola come attività connessa all’attività agricola

 

Si segnala che tale ultimo comma 11 del vecchio testo dell’articolo 2-quater, contenente il trattamento fiscale agevolato per le imprese agricole di produzione di energia, non viene più riprodotto nel testo come novellato dell’articolo 26, comma 2 in esame. Questo mal si coordina con la disposizione contenuta nel comma 5 dell’articolo 156 del disegno di legge finanziaria in commento, con la quale si modifica proprio il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, nel senso di ampliare la platea di soggetti tassati in base al reddito agrario estendendola alle aziende agricole dirette alla produzione di biocarburanti.

 

Il comma 3 dell’articolo 26 prevede che il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle imposte sulla produzione e i consumi), concorra al rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di immissione in consumo di biocarburanti di cui al novellato articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128.

Lo stesso comma 3 provvede a sostituire i commi 6, 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 del testo unico sulle accise, relativi all’applicazione delle accise sugli oli minerali, e recanti in particolare l’esenzione dalle accise per il biodiesel, nei limiti di un contingente di 200.000 tonnellate annue. L’esenzione è concessa nell’ambito di un programma pluriennale di sei anni (dal 2005 al 2010), finalizzato a promuoverne l’utilizzo.

La disposizione novellata elimina l’esenzione dall’accisa per il biodisel, sostituendola con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, enel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate.

L’accisa agevolata si applica sul biodisel destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione.

Si ricorda che il gasolio usato come carburante sconta attualmente un’accisa di 413 Euro per mille litri. Il 20% di tale accisa è pari ad 86,2 euro per mille litri.

 

La modifica viene inquadrata nell’ambito di un programma pluriennale che, a decorrere dal 1° gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, prevede l’applicazione di una accisa crescente negli anni, ma applicata nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa.

 

Con decreto interministeriale (del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali), saranno determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, Si terrà in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica.

Il decreto dovrà essere emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e con lo stesso decreto saranno stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate.

Come previsto dal comma 6 dell’articolo 21, nel testo novellato, la concessione di un’aliquota d’accisa agevolata sul biodiesel dovrà essere sottoposta ad autorizzazione da parte della Commissione europea.

Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Si tratta del Regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul biodiesel.

 

La novella apportata ai successivi commi 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 conferma il testo previgente, con la sola modifica dei termini temporali per la comunicazione, da parte del ministero, rispettivamente dei costi industriali medi del gasolio e della misura dell’agevolazione sul biodiesel.

Il nuovo comma 6.2 (nel testo previgente corrispondeva al comma 6.1) dispone che:

§      entro il 1° settembre (anziché entro il 1° marzo di ogni anno di validità del programma pluriennale) i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunichino al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente;

§      sulla base delle suddette rilevazioni, sia rideterminata la misura dell'agevolazione con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno (anziché entro il 30 ottobre) di validità del programma. La rideterminazione è finalizzata ad evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione.

 

Il comma 6.1 nel testo novellato, corrisponde nel contenuto al previgente comma 6.2 e prevede che per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultino, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, siano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse vengono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

 

Il comma 4 dell’articolo 26, dispone che per l'anno 2007, il contingente di biodiesel che fruisce dell’aliquota d’accisa agevolata, (di cui al comma 3) possa essere incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, possa essere destinato anche ad uso combustione.

Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori, di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro. Si tratta delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le quali vengono appunto destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.

 

In base al comma 5, gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico delle accise, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

 

Il comma 6-ter dell’articolo 21 prevede che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il Ministro dell'ambiente ed il Ministro delle politiche agricole e forestali sono fissati, entro il limite complessivo di spesa di 73 milioni di euro annui, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, i criteri di ripartizione dell'agevolazione tra le varie tipologie e tra gli operatori, le caratteristiche tecniche dei prodotti singoli e delle relative miscele ai fini dell'impiego nella carburazione, nonché le modalità di verifica della loro idoneità ad abbattere i principali agenti dinamici, valutata sull'intero ciclo di vita.

 

Il comma 6 prevede il caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, stabilendo che le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Nella relazione tecnica al provvedimento si stima una sostanziale invarianza di gettito per le disposizioni complessivamente contenute nell’articolo 26.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Biocarburanti

L’8 febbraio 2006 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “una strategia dell’UE per i biocarburanti” (COM(2006)34), che prevede un ampio ventaglio di proposte, al fine di incentivare la produzione di combustibili da materie prime agricole. La Commissione intende sostenere un maggior impiego dei biocarburanti, ritenendo che in tal modo si possa ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili, abbattere le emissioni di gas serra, dare nuovi sbocchi allo sviluppo rurale e aprire nuove opportunità economiche in vari paesi in via di sviluppo.

Il documento, che costituisce una integrazione del piano d’azione per la biomassa[29], individua tre finalità precise:

-        promuovere i biocarburanti nell’UE e nei paesi in via di sviluppo, e garantire che la loro produzione e utilizzo siano compatibili con l’ambiente;

-        avviare i preparativi per un utilizzo su vasta scala dei biocarburanti migliorandone la competitività in termini di costi e aumentando le attività di ricerca sui biocarburanti “di seconda generazione”;

-        sostenere i paesi in via di sviluppo, compresi quelli interessati dalla riforma del regime dello zucchero, nei quali la produzione di biocarburanti potrebbe promuovere una crescita economica sostenibile.

La strategia descrive sette direttrici politiche principali nell’ambito delle quali sono raggruppate le misure che la Commissione intende adottare per incentivare la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti. Tra tali misure:

-        presentare una relazione, nel corso del 2006, con cui affrontare il tema dell’eventuale riesame della direttiva sui biocarburanti (dir. 2003/30/CE), nella quale approfondire vari aspetti, tra cui quello della definizione degli obiettivi nazionali per la quota di mercato rappresentata dai biocarburanti, l’applicazione di obblighi in materia di biocarburanti e la garanzia della sostenibilità della produzione;

-        incentivare gli Stati membri a concedere un trattamento favorevole ai biocarburanti di “seconda generazione”, nell’ambito degli obblighi in materia di biocarburanti;

-        istituire un quadro di incentivi legati alla prestazione ambientale dei singoli carburanti e combustibili;

-        invitare il Consiglio e il Parlamento europeo ad approvare rapidamente la proposta legislativa intesa a promuovere l’acquisto pubblico di veicoli puliti ed efficienti[30], compresi quelli che utilizzano miscele con percentuali elevate di biocarburanti.

La comunicazione è stata esaminata dal Parlamento europeo il 23 marzo 2006 e dal Consiglio l’8 e il 27 giugno 2006.

Tasse sulle autovetture

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.

Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 20, comma 20.

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 3 febbraio 2006 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia[31] alla quale si contesta la mancata presentazione, entro il 1° luglio 2004, della relazione nazionale annuale sulla promozione dei biocarburanti: in tal modo l’Italia è venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/30/CE sulla promozione dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha approvato un pacchetto di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia, per non aver recepito in modo adeguato le direttive comunitarie nel settore dell'energia. In particolare ha deciso:

§       il ricorso davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee per la mancata presentazione della relazione annuale per il 2005 sull’utilizzo dei biocarburanti prevista dalla direttiva 2003/30/CE, il cui termine scadeva il 1° luglio 2005. La Commissione aveva inviato un parere motivato il 4 aprile 2006;[32]

§       l’invio di un parere motivato per non aver spiegato adeguatamente la decisione di fissare obiettivi per i biocarburanti sensibilmente inferiori al valore di riferimento del 2% stabilito per il 2005 dalla stessa direttiva 2003/30/CE[33].


Articolo 41
(Programma di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi)

 


1. Nel rispetto del sistema delle convenzioni di cui agli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono individuati, entro il mese di gennaio di ogni anno, tenuto conto delle caratteristiche del mercato e del grado di standardizzazione dei prodotti, le tipologie di beni e servizi per le quali tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvi­gionarsi utilizzando le convenzioni-quadro. Le restanti amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono ricorrere alle convenzioni di cui al presente comma e al comma 8 del presente articolo, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. Gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento.

2. Dal 1o luglio 2007, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'articolo 11, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101.

3. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato, anche in deroga alla normativa vigente, a sperimentare l'introduzione della carta di acquisto elettronica per i pagamenti di limitato importo relativi agli acquisti di beni e servizi. Successivamente, con regole tecniche da emanare ai sensi degli articoli 38 e 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, è disciplinata l'introduzione dei predetti sistemi di pagamento per la pubblica amministrazione.

4. Le transazioni compiute dalle amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, avvengono, per le conven­zioni che hanno attivo il negozio elettronico, attraverso la rete telematica, salvo che la stessa rete sia temporanea­mente inutilizzabile per cause non imputabili all'amministrazione procedente e sussistano ragioni di imprevedibile necessità e urgenza certificata dal responsabile dell'ufficio.

5. Con successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica ammini­strazione, possono essere previsti meccanismi di remunerazione sugli acquisti da effettuare a carico dell'aggiu­dicatario delle convenzioni di cui al comma 1 dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.

6. Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministra­zione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il supporto della CONSIP Spa, realizza, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, un programma per l'adozione di sistemi informativi comuni alle ammini­strazioni dello Stato a supporto della definizione dei fabbisogni di beni e servizi e definisce un insieme di indicatori sui livelli di spesa sostenibili, per le categorie di spesa comune, che vengono utilizzati nel processo di formazione dei relativi capitoli di bilancio. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

7. Ai fini del contenimento e della razionalizzazione della spesa per l'acquisto di beni e servizi, le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza ai sensi dell'articolo 33 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio.

8. Le centrali di cui al comma 7 stipulano, per gli ambiti territoriali di competenza, convenzioni di cui all'articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.

9. Le centrali regionali e la CONSIP Spa costituiscono un sistema a rete, perseguendo l'armonizzazione dei piani di razionalizzazione della spesa e realiz­zando sinergie nell'utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi. Nel quadro del patto di stabilità interno, la Conferenza Stato-Regioni approva annualmente i programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto della pubblica amministrazione e per la razionalizzazione delle forniture di beni e servizi, definisce le modalità e monitora il raggiungimento dei risultati rispetto agli obiettivi. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

10. È abrogato l'articolo 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.


 

 

L’articolo 41, comma 1, interviene sulla disciplina degli acquisti di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, introducendo vincoli di obbligatorietà al ricorso alle convenzioni–quadro da parte delle pubbliche amministrazioni, nel modo così sintetizzabile:

§      per le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, è demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione, entro il mese di gennaio di ogni anno, delle tipologie di beni e servizi per le quali le suddette amministrazioni sono obbligate ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni–quadro stipulate dalla Consip s.p.a. Tale individuazione avviene tenuto conto delle caratteristiche del mercato e del grado di standardizzazione dei prodotti;

§      gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento;

§      le restanti amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[34]), tra cui rientrano gli enti territoriali, possono ricorrere alle convenzioni Consip e a quelle stipulate dalle centrali regionali di acquisto (v. infra comma 8), ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti.

Con riferimento agli enti territoriali, si ricorda che la disciplina attualmente vigente esclude i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e i comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti dall’obbligo di utilizzare i parametri di prezzo-qualità delle convenzioni Consip come limiti massimi per la stipula dei contratti (art. 26, comma 3, legge n. 488/99). Tale esclusione appare superata dalla disposizione in esame.

Si ricorda infine che la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento alla vigente disciplina sulla facoltà per gli enti territoriali di ricorrere alle convenzioni Consip e sull’obbligo di utilizzare i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti (sentenze n. 36/2004 e n. 417/2005)[35].

Il comma in esame specifica che le norme suddette sono introdotte nel rispetto del sistema delle convenzioni di cui agli articoli 26 della legge finanziaria 2000 e 58 della legge finanziaria 2001.

Si osserva che apparirebbe opportuno un più puntuale coordinamento con le disposizioni richiamate. La disposizione avrebbe potuto, ad esempio, essere formulata come una novella all’articolo 26 della legge finanziaria 2000.

La disciplina vigente

Nel corso della XIV legislatura i compiti della CONSIP S.p.A.[36], e in generale la disciplina relativa alle modalità di acquisto di beni e servizi da parte delle amministrazioni è stata oggetto di numerosi interventi legislativi che si sono susseguiti, talvolta a distanza di pochi mesi, seguendo indirizzi talvolta ampliativi, talvolta restrittivi.

Oggetto di numerose novelle sono stati in particolare le norme recanti la disciplina dell’acquisto di beni e servizi da parte di amministrazioni statali, centrali e periferiche [37].

 

Dopo numerosi interventi normativi, la disciplina vigente si fonda sul combinato disposto dell’articolo 26 della legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999), come novellato da ultimo dal decreto – legge n. 168 del 12 luglio 2004, e sull’articolo 58 della legge finanziaria 2001 (legge n. 388/2000).

L’articolo 26 della legge finanziaria 2000, in particolare, attribuisce al Ministero dell’economia e finanze, nel rispetto della vigente normativa in materia di scelta del contraente, la competenza a stipulare, anche avvalendosi di società di consulenza specializzate, selezionate con procedure competitive tra primarie società nazionali ed estere (anche in deroga alla normativa di contabilità pubblica), convenzioni con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi da parte delle amministrazioni dello Stato [38](comma 1).

L’articolo 58 della legge finanziaria 2001 dispone poi in via generale che le convenzioni quadro di cui all’art. 26 sopra citato sono stipulate dalla Concessionaria servizi informatici pubblici (CONSIP) Spa, per conto del Ministero dell’economia e finanze, ovvero di altre pubbliche amministrazioni. Le predette convenzioni indicano altresì il loro periodo di efficacia.

L’articolo 26, nella formulazione vigente, sancisce la facoltà del ricorso alle convenzioni – quadro per le amministrazioni pubbliche e prevede l’obbligo, per quelle che non intendono avvalersi delle suddette convenzioni, di adottarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per l’acquisto di beni comparabili, anche utilizzando procedure telematiche per l’acquisto.

Da tale obbligo sono esclusi i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e i comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti.

Oggetto delle convenzioni-quadro sono tutti gli acquisti di beni e servizi.

La stipulazione di contratti in difformità dai parametri contenuti nelle convenzioni CONSIP costituisce causa di responsabilità amministrativa e la differenza tra il prezzo stabilito nella convenzione e quello pattuito nel contratto rappresenta un elemento di cui tener conto nella determinazione del danno erariale (comma 3).

Per ciò che concerne le procedure di controllo, in caso di acquisti di beni e servizi effettuati in modo autonomo dalle amministrazioni pubbliche si prevede infatti che i relativi provvedimenti siano trasmessi agli uffici preposti al controllo di gestione (comma 3-bis).

Si stabilisce altresì che il dipendente che abbia sottoscritto il contratto alleghi una apposita dichiarazione, che ha valore di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, con la quale si attesta il rispetto dei parametri di qualità e prezzo fissati nelle convenzioni CONSIP.

Inoltre, i responsabili degli uffici preposti al controllo di gestione sono tenuti a sottoporre con cadenza annuale all'organo di direzione politica una relazione riguardante i risultati, in termini di riduzione di spesa, conseguiti attraverso l'attuazione della disciplina relativa all’acquisto dei beni e dei servizi, di cui allo stesso art. 26 (comma 4).

Il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a presentare annualmente alle Camere una relazione che illustri le modalità di attuazione della disciplina in materia di acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 26 della legge n. 488/1999, nonché i risultati conseguiti (comma 5). La Relazione relativa all’anno 2005 è stata trasmessa al Parlamento in data 5 giugno 2006.

 

Inoltre, si ricorda che il comma 22 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 ha introdotto nuove disposizioni sulle modalità di acquisto di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche non territoriali e degli enti del servizio sanitario nazionale, qualora il monitoraggio delle spese per beni e servizi della P.A. dovesse evidenziare, a decorrere dal secondo bimestre dell’anno 2006, un andamento tale da potere pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi indicati nel patto di stabilità e crescita presentato agli organi dell’Unione europea.

In tale caso, la norma dispone che le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di aderire alle convenzioni CONSIP stipulate ai sensi dell’art. 26 della legge n. 488/1999 (e non la mera facoltà come previsto dalla normativa vigente), ovvero, nel caso in cui procedano agli acquisti in forma autonoma, l’obbligo di utilizzare i relativi parametri di prezzo-qualità ridotti del 20 per cento, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi comparabili. L’accertamento dei presupposti, da cui dipende l’operatività della disciplina, è demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze[39]. Non sono stati finora adottati provvedimenti in questo senso.

 

I commi 2-6 recano una serie di disposizioni volte a promuovere il mercato elettronico per l’acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché sistemi informativi comuni, anche finalizzati al controllo della spesa.

In particolare è previsto:

§      l’introduzione dell’obbligo, a decorrere dal 1° luglio 2007, di ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione per le amministrazioni statali centrali e periferiche, per gli acquisti al di sotto della soglia di rilievo comunitario. Sono esclusi da questo obbligo gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie (comma 2).

L’art. 11 del D. P. R n. 101 del 2002, consente in via generale alle unità ordinanti delle amministrazioni di effettuare acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario avvalendosi del mercato elettronico, direttamente dai cataloghi predisposti dagli utenti selezionati attraverso un bando di abilitazione (comma 1). A tale fine, attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze e al Dipartimento per l'innovazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di predisporre gli strumenti elettronici e telematici necessari alla realizzazione dello stesso mercato, anche avvalendosi di proprie strutture e concessionarie, e di curare l'esecuzione, anche attraverso l'affidamento a terzi, di tutti i servizi informatici, telematici, logistici e di consulenza necessari alla compiuta realizzazione del mercato stesso (comma 5).

Si ricorda che l’articolo 28 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) definisce gli importi delle soglie dei contratti pubblici di rilevanza comunitaria. Il Titolo II della Parte II del codice (articolo 121-125) reca la disciplina applicabile ai contratti al di sotto di tale soglia;

 

§      la sperimentazione da parte del Ministero dell’economia della carta di acquisto elettronica per i pagamenti di limitato importo relativi agli acquisti di beni e servizi, a ciò autorizzato, anche in deroga alla disciplina vigente. L’introduzione dei predetti sistemi di pagamento per la pubblica amministrazione è rimandata dalla norma a successive regole tecniche, da adottarsi ai sensi del codice dell’amministrazione digitale (comma 3).

L’art. 38 del D. Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale) disciplina i pagamenti informatici, prevedendo che il trasferimento telematico di fondi tra pubbliche amministrazioni e tra queste e soggetti privati è effettuato secondo le regole tecniche stabilite con decreto, secondo la procedura di cui all’art. 71 dello del medesimo decreto legislativo[40], di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, della giustizia e dell'economia e delle finanze, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e la Banca d'Italia;

 

§      l’obbligo per le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie di effettuare le transazioni attraverso la rete telematica, per le convenzioni quadro per cui è stato attivato il negozio elettronico, salvo il caso di temporanea inutilizzabilità della rete per cause estranee alla pubblica amministrazione e per ragioni di imprevedibile necessità ed urgenza certificata dall’ufficio. Anche in tal caso sono esclusi dall’obbligo gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie (comma 4);

§      la possibilità di introdurre, con decreto del Ministero dell’economia e finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, meccanismi di remunerazione sugli acquisti a carico dell’aggiudicatario delle convenzioni–quadro (comma 5);

§      un programma per l'adozione di sistemi informativi comuni alle amministrazioni dello Stato ai fini della definizione dei fabbisogni di beni e servizi e la definizione un insieme di indicatori dei livelli di spesa sostenibili per categorie di spesa comune, da utilizzarsi nel processo di formazione dei relativi capitoli di bilancio. Il programma è realizzato dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il supporto della CONSIP Spa, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (comma 6).

 

L’articolo 41, ai commi 7-10, prevede inoltre una serie di disposizioni volte alla razionalizzazioni degli acquisti a livello territoriale, attraverso la creazione di un sistema integrato a rete tra centrale statale e centrali regionali, che possono essere all’uopo costituite.

 

In particolare, è prevista:

§      la possibilità per le regioni di costituire, anche unitamente ad altre regioni, centrali di acquisto operanti quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio, ai sensi dell'articolo 33 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (comma 7).

Il D.Lgs. n. 163 del 2006, all’articolo 33, disciplina gli appalti pubblici e gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza, prevedendo che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi. Tali centrali sono tenute all’osservanza del codice dei contratti pubblici;

§      la competenza delle centrali regionali a stipulare, per gli ambiti territoriali di competenza, le convenzioni quadro per l’acquisto di beni e servizi (comma 8);

§      la costituzione di un sistema a rete tra le centrali regionali di acquisto e la CONSIP Spa, al fine di armonizzare i piani di razionalizzazione della spesa e realizzare sinergie nell'utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi (comma 9);

§      la competenza della Conferenza Stato-Regioni ad approvare annualmente, nel quadro del patto di stabilità interno, i programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto e per la razionalizzazione delle forniture di beni e servizi, nonché a definire le modalità e a monitorare il raggiungimento dei risultati rispetto agli obiettivi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 9).

§      conseguentemente alla creazione del sistema a rete tra Consip s.p.a e centrali regionali di acquisto, è abrogata la vigente disciplina relativa all’acquisto di beni e servizi a rilevanza regionale da parte degli enti decentrati di spesa, di cui all’art. 59 della legge finanziaria 2001 (comma 10).

 

L’art. 59 della legge finanziaria 2001attribuisce al il Ministero dell’economia e finanze il compito di promuovere aggregazioni di enti con il compito di elaborare strategie per la standardizzazione degli ordini di acquisto per specie merceologiche e la eventuale stipula di convenzioni valevoli su parte del territorio nazionale, a cui volontariamente possono aderire tutti gli enti interessati [41]. Le convenzioni e i prezzi relativi alle singole categorie merceologiche sono pubblicati sul sito INTERNET del Ministero dell’economia. Gli enti devono motivare i provvedimenti con cui procedono all'acquisto di beni e servizi a prezzi e a condizioni meno vantaggiosi di quelli stabiliti nelle convenzioni suddette e in quelle quadro di cui al sopra commentato articolo 26[42].

 

L’articolo in esame costituisce attuazione dell’obiettivo delineato nel DPEF 2007-2011 di rilancio del programma di razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, attraverso la creazione di un ‘sistema a rete’ tra centrale statale di acquisto di beni e servizi, gestita dalla Consip, e centrali regionali di acquisto. In tale contesto il DPEF ha pure delineato l’opportunità di promuovere tecnologie e procedure innovative di public procurement e di realizzare progetti per comuni piattaforme informatiche per l’acquisto di beni e servizi, specie con riferimento al mercato elettronico.

 

Nella relazione tecnica si rileva che le disposizioni recate dall’articolo in esame determinano potenziali effetti positivi in termini di risparmi di spesa che prudenzialmente non vengono considerati. Le economie attese verranno accertate a consuntivo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 4 maggio 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva volta a migliorare i mezzi di ricorso nel settore degli appalti pubblici (COM(2006)195). La proposta è intesa a rivedere la direttiva 89/665/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori e la direttiva 92/13/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizio di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni.

La proposta in questione è volta a colmare le lacune delle direttive oggetto di modifica in relazione ai termini applicabili ai ricorsi precontrattuali al fine di impedire in tempo utile la firma di contratti la cui aggiudicazione è oggetto di contestazione. In assenza di norme comuni in questo settore, infatti, continuano a rimanere in vigore norme nazionali che, variando notevolmente da uno Stato all’altro, compromettono l’efficacia relativa ai ricorsi precontrattuali. L’intento della Commissione è quello di incoraggiare le imprese a presentare offerte in qualsiasi Stato membro dell’UE, garantendo loro la possibilità di avviare ricorsi efficaci qualora i loro interessi siano stati lesi durante le procedure di aggiudicazione degli appalti.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio che dovrebbe raggiungere l’accordo politico in vista della posizione comune il 4 dicembre 2006.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia una parere motivato[43] per aver violato alcune disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici.

La Commissione, in particolare, contesta all’Italia di essere venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/36/CEE (appalti pubblici di forniture); dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/37/CEE (appalti pubblici di lavori); dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 92/50/CEE (appalti pubblici di servizi); dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b, della direttiva 89/665/CEE (appalti di lavori, servizi e forniture). La Commissione precisa che nei rilievi da essa formulati si fa riferimento alle citate direttive 89/665/CEE e 92/50/CEE come interpretate dalla Corte di giustizia nella sentenza “Alcatel[44]” del 28 ottobre 1999.

I rilievi mossi dalla Commissione riguardano la mancata istituzione - da parte delle amministrazioni aggiudicatrici degli appalti pubblici - di un sistema di informazione obbligatoria delle decisioni di aggiudicazione degli appalti nonché di un sistema di tutela giurisdizionale nel settore degli appalti pubblici disciplinati dalle suddette direttive.

La Commissione contesta, in particolare, l’articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 relativa all’istituzione dei Tribunali amministrativi regionali, modificata dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 (recante disposizioni in materia di giustizia amministrativa), in base al quale il ricorso contro gli atti o i provvedimenti della pubblica amministrazione deve essere effettuato entro il termine di 60 giorni a partire dal giorno in cui l’interessato ne ha ricevuto la notifica o ne ha avuto piena conoscenza o, per gli atti per cui non si richiede la notifica individuale, dal giorno in cui è scaduto il termine per la pubblicazione. Secondo la Commissione, da tale disposizione si può dedurre che la normativa italiana non prevede la notifica a tutti i partecipanti alla gara della decisione di aggiudicazione di un appalto. Pertanto, in mancanza di una notifica individuale, un partecipante alla gara di appalto potrebbe venire a conoscenza della decisione anche in un momento successivo alla conclusione del contratto, senza alcuna possibilità di ripristinare la situazione antecedente all’aggiudicazione.

La Commissione sostiene che, per poter presentare ricorso contro una decisione di aggiudicazione in una fase in cui le violazioni possono ancora essere sanate, occorre che i candidati e gli offerenti vengano informati in tempo utile della decisione adottata. A tale riguardo la Commissione ricorda che, ai sensi della normativa comunitaria citata, le amministrazioni giudicatrici sono tenute ad informare entro i termini più rapidi tutti gli offerenti o i candidati delle decisioni adottate in relazione all’aggiudicazione dell’appalto. Anche se le direttive in questione non precisano il momento in cui questa informazione deve avvenire, la Commissione, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, sostiene che la decisione di aggiudicazione dell’appalto deve essere notificata prima della conclusione del contratto.

 

Il 24 marzo 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[45] per non aver comunicato le misure di recepimento della direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori, di forniture e di servizi.

Nella stessa data la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[46] per la mancata comunicazione delle misure di recepimento riguardanti la modifica dell’allegato VIII alla citata direttiva 2004/18/CE riguardante le caratteristiche relative alla pubblicazione di bandi e avvisi e di informazioni complementari o aggiuntive.

Entrambe le procedure allo stato attuale risultano provvisoriamente archiviate.Sono state, infatti, trasmesse alla Commissione le misure adottate dall’Italia al fine di recepire la direttiva in oggetto e contenute nel D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163 riguardante il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE[47] e 2004/18/CE.


Articolo 104
(Disposizioni urgenti per la costituzione di nuovi fondi ed altri interventi per l'innovazione industriale)

 


1. Al fine di perseguire la maggiore efficacia delle misure di sostegno all'innovazione industriale, presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito, ferme restando le vigenti competenze del CIPE, il Fondo per la competitività e lo sviluppo, al quale sono conferite le risorse assegnate ai Fondi di cui all'articolo 60, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che sono contestualmente soppressi. Al Fondo è altresì conferita la somma di euro 300 milioni per il 2007 e di euro 400 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, assicurando, unitamente al finanziamento dei progetti di cui al comma 2, la continuità degli interventi previsti dalla normativa vigente. Per la programmazione delle risorse nell'ambito del Fondo per la competitività e lo sviluppo si applicano, fatto salvo quanto disposto al comma 2, le disposizioni di cui all'articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e quelle dettate per il funzionamento del Fondo di cui all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Il Fondo è altresì alimentato, per quanto riguarda gli interventi da realizzare nelle aree sottoutilizzate, in coerenza con i relativi documenti di programmazione, dalle risorse assegnate dal CIPE nell'ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate e, per gli esercizi successivi al 2009, dalle risorse stanziate ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

2. A valere sulla quota di risorse del Fondo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentito il Ministro per i diritti e le pari opportunità, sono finanziati, nel rispetto degli obiettivi della Strategia di Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, i progetti di innovazione industriale individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per il patrimonio culturale.

3. Per l'individuazione dei contenuti di ciascuno dei progetti di cui al comma 2, il Ministro dello sviluppo economico, sentiti i Ministri dell'università e della ricerca, per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri Ministri interessati relativamente ai progetti in cui gli stessi concorrono, nomina un responsabile di progetto, scelto, in relazione alla complessità dei compiti, tra i soggetti in possesso di comprovati requisiti di capacità ed esperienza rispetto agli obiettivi tecnologico-produttivi da perseguire. Il responsabile di progetto, nella fase di elaborazione, avvalendosi eventualmente della collaborazione di strutture ed enti specializzati, provvede, con onere a carico delle risorse stanziate per i singoli progetti, alla definizione delle modalità e dei criteri per l'individuazione degli enti e delle imprese da coinvolgere nel progetto, ed alla individuazione delle azioni e delle relative responsabilità attuative.

4. Il Ministro dello sviluppo economico, con decreti adottati, previo parere della Conferenza Stato-regioni, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca, per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché con gli altri Ministri interessati relativamente ai progetti cui gli stessi concorrono, adotta il progetto sulla base delle proposte del responsabile, e ne definisce le modalità attuative, anche prevedendo che dell'esecuzione siano incaricati enti strumentali all'amministrazione, ovvero altri soggetti esterni scelti nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie, ove le risorse di personale interno non risultino sufficienti ed adeguate, con onere a carico delle risorse stanziate per i singoli progetti. Decorso il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, il progetto può essere approvato anche in mancanza del parere della Conferenza Stato-regioni. I progetti finanziati con le risorse per le aree sottoutilizzate sono trasmessi per l'approvazione, previa istruttoria, al CIPE, che si pronuncia in una specifica seduta, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio dei ministri e alla presenza dei Ministri componenti senza possibilità di delega. Ove il CIPE non provveda nel termine di trenta giorni, il Ministro dello sviluppo economico può comunque procedere all'attuazione del progetto.

5. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, istituisce appositi regimi di aiuto in conformità alla normativa comunitaria. Lo stesso Ministro riferisce annualmente al Parlamento e alla Conferenza Stato-regioni sui criteri utilizzati per l'individuazione dei progetti e delle azioni, sullo stato degli interventi finanziati e sul grado di raggiungimento degli obiettivi, allegando il prospetto inerente le spese sostenute per la gestione, che sono poste a carico dei singoli progetti nel limite massimo del cinque per cento di ciascuno stanziamento.

6. I progetti di cui al comma 2 possono essere oggetto di cofinanziamento deciso da parte di altre amministrazioni statali e regionali. A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico assicura una sede stabile di cooperazione tecnica tra le amministrazioni interessate.

7. In attesa della riforma delle misure a favore dell'innovazione industriale, è istituito il Fondo per la finanza d'impresa, al quale sono conferite le risorse del Fondo di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1997, n. 266, del Fondo di cui all'articolo 4, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che vengono soppressi, nonché le risorse destinate all'attuazione dell'articolo 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e dell'articolo 1, comma 222, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Al Fondo è altresì conferita la somma di euro 50 milioni per il 2007, di euro 100 milioni per il 2008 e di euro 150 milioni per il 2009. Il Fondo opera con interventi mirati a facilitare operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti e di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche tramite banche o società finanziarie sottoposte alla vigilanza della Banca d'Italia e la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.

8. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge vengono stabilite le modalità di funzionamento del Fondo di cui al comma 7, anche attraverso l'affidamento diretto ad enti strumentali all'amministrazione ovvero altri soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse stanziate per i singoli progetti, scelti nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie, nonché i criteri per la realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 7, le priorità di intervento e le condizioni per la eventuale cessione a terzi degli impegni assunti a carico dei fondi le cui rivenienze confluiscono al Fondo di cui al comma 7.

9. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 8, l'attuazione dei regimi di aiuto già ritenuti compatibili con il mercato comune dalla Commissione europea prosegue secondo le modalità già comunicate alla Commissione.

10. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono conferite al Fondo di cui al comma 7 le ulteriori disponibilità degli altri fondi di amministrazioni e soggetti pubblici nazionali per la finanza di imprese individuate dal medesimo decreto.

11. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono istituiti i diritti sui brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e modelli nonché i diritti di opposizione alla registrazione dei marchi d'impresa. Sono esonerati dal pagamento dei diritti di deposito e di trascrizione, relativamente ai brevetti per invenzione e ai modelli di utilità, le università, le amministrazioni pubbliche aventi fra i loro scopi istituzionali finalità di ricerca e le amministrazioni della difesa e delle politiche agricole alimentari e forestali. I diritti per il mantenimento in vita dei brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e per la registrazione di disegni e modelli, di cui all'articolo 227 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, sono dovuti secondo i seguenti criteri: a) dalla quinta annualità per il brevetto per invenzione industriale; b) dal secondo quinquennio per il brevetto per modello di utilità; c) dal secondo quinquennio per la registrazione di disegni e modelli. Le somme derivanti dal pagamento dei diritti di cui al presente comma sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, anche al fine di potenziare le attività del medesimo Ministero di promozione, di regolazione e di tutela del sistema produttivo nazionale, di permettere alle piccole e medie imprese la piena partecipazione al sistema di proprietà industriale, di rafforzare il brevetto italiano, anche con l'introduzione della ricerca di anteriorità per le domande di brevetto per invenzione industriale.

12. Il Ministero dello sviluppo economico, al fine di contrastare il declino dell'apparato produttivo anche mediante salvaguardia e consolidamento di attività e livelli occupazionali delle imprese di rilevanti dimensioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e successive modificazioni, che versino in crisi economico-finanziaria, istituisce, d'intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un'apposita struttura e prevede forme di cooperazione interorganica fra i due Ministeri, anche modificando il proprio regolamento di organizzazione e avvalendosi, per le attività ricognitive e di monitoraggio, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 300 mila a decorrere dall'anno 2007, cui si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140. Con il medesimo provvedimento si provvede, anche mediante soppressione, al riordino degli organismi esistenti presso il Ministero dello sviluppo economico, finalizzati al monitoraggio delle attività industriali e delle crisi di impresa.

13. Gli interventi del Fondo di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono disposti sulla base di criteri e modalità fissati con delibera del CIPE su proposta del Ministro dello sviluppo economico, con la quale si provvede in particolare a determinare, in conformità agli orientamenti comunitari in materia, le tipologie di aiuto concedibile, le priorità di natura produttiva, i requisiti economici e finanziari delle imprese da ammettere ai benefìci e per l'eventuale coordinamento delle altre amministrazioni interessate. Per l'attuazione degli interventi di cui al presente comma il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, di Sviluppo Italia spa. I commi 5 e 6 dell'articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono abrogati.


 

 

L’articolo 104 reca disposizioni concernenti l'innovazione industriale e la costituzione di nuovi fondi.

 

Come precisato nella relazione illustrativa, l'articolo in esame riprende la parte suscettibile di una immediata applicazione del disegno di legge, già deliberato dal Consiglio dei ministri del 22 settembre 2006, in materia di innovazione industriale, in ragione della pressante esigenza di apportare idonei strumenti atti a favorire il rilancio del sistema produttivo italiano.

 

In particolare, il comma 1, ferme restando le attuali competenze del CIPE, istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per la competitività e lo sviluppo.

Nel nuovo Fondo confluiscono le risorse del “Fondo per le aree sottoutilizzate” di competenza del Ministero dello sviluppo economico, di cui all’articolo 60, comma 3 della legge n. 289/02 (finanziaria 2003) e del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese” (articolo 52 della legge n. 448/1998).

 

La citata legge n. 289/2002 ha previsto l’istituzione di due Fondi per le aree sottoutilizzate, di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell’economia e delle finanze (articolo 61, comma 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3, c.d. Fondo MAP) affidando al CIPE la ripartizione, con proprie deliberazioni, della dotazione di ciascuno dei due fondi tra gli interventi finanziati a valere su di essi. L’articolo 60, comma 1, ha altresì individuato i criteri in base ai quali il CIPE può procedere alla riallocazione delle risorse tra le diverse forme di intervento[48].

Il Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive - ora dello sviluppo economico - (articolo 60, comma 3, della legge 289/02), è costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:

a)       alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;

b)       agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area), finanziati a valere sulle risorse della legge n. 208/1998.

Nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive non è stato mai istituito uno specifico capitolo di bilancio relativo al Fondo MAP, e conseguentemente le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata destinate alle aree sottoutilizzate sono ancora iscritte nel Fondo per gli incentivi alle imprese. Le risorse destinate alle aree sottoutilizzate iscritte nell’ambito del Fondo incentivi alle imprese sono ripartite con delibere del CIPE.

Il Fondo unico per gli incentivi alle imprese è stato istituito dall'articolo 52 della legge n. 448/1998 al fine di razionalizzare l’intervento del Ministero delle attività produttive (ora Sviluppo economico) in favore delle imprese, accorpando, in un’unica autorizzazione di spesa, tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese, nell’ambito dei seguenti settori di intervento: settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse e altri settori specifici. La ripartizione delle risorse tra i diversi interventi è rimessa alla discrezionalità del Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico).

Il Fondo, a tal fine, è articolato in piani di gestione riferiti a singole leggi. Una evidenza contabile della dotazione delle singole leggi di incentivazione è riscontrabile nell’annuale decreto del Ministro delle attività produttive di riparto delle risorse aggiuntive.

In particolare il comma 2 dispone sia il Ministro nell’ambito delle proprie competenze, a ripartire le risorse del fondo con proprio decreto, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Conseguentemente, nello stato di previsione del Ministero dell’industria è stato istituito già nel 1999 un capitolo (il cap. 7100, Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese), allocato nella unità previsionale di base 6.2.1.16, in cui sono confluite le risorse precedentemente iscritte nei capitoli relativi a diverse leggi sostanziali. Nello stato di previsione per il 2000 ed in quello per il 2001 il capitolo ha assunto il numero 7800, mentre a partire dal 2002 il “Fondo per gli incentivi alle imprese” corrisponde al capitolo 7420.

Per il 2006 lo stanziamento iscritto in bilancio nel suddetto capitolo risulta pari a 1.438.343.063 euro. Al riparto del Fondo per il 2006 si è provveduto con il D.M. 3 marzo 2006 (GU n. 62 del 15 marzo 2006).

 

In aggiunta alle risorse provenienti dei citati fondi, che sono contestualmente soppressi, al nuovo Fondo per la competitività sono assegnate le seguenti somme:

-        300 milioni di euro per il 2007;

-        400 milioni di euro per il 2008;

-        400 milioni di euro per il 2009.

 

Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, questo intervento è finanziato dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.

Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.

 

Il comma 1 stabilisce inoltre che, ai fini della programmazione delle risorse del nuovo Fondo si applichino le disposizioni dell’articolo 60 della citata legge 289/02, nonché le disposizioni dettate dall’art. 52 della legge 448/52 per il funzionamento del Fondo unico per gli incentivi alle imprese (cfr supra).

Ad alimentare il nuovo Fondo concorrono anche - limitatamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate - le risorse:

-        assegnate dal CIPE nell’ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate, ora anch’esso trasferito al Ministero dello sviluppo a seguito del nuovo assetto della struttura di governo definita dal D.L. n. 181 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006);

-        stanziate in tabella D della legge finanziaria ai sensi dell’art. 11, comma 3, lett. f) della legge 468/78[49] , per gli esercizi successivi al 2009.

 

Il comma 2 stabilisce che a valere sulla quota delle risorse del Fondo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico siano finanziati - nel rispetto degli obiettivi fissati con la strategia di Lisbona - progetti di innovazione industriale delle aree tecnologiche dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie per la vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per il patrimonio culturale. Il predetto decreto dovrà essere adottato di concerto con i ministri dell’economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, sentito il Ministro per i diritti e le pari opportunità.

Ai sensi del comma 3 il Ministro dello sviluppo economico, ai fini dell’individuazione del contenuto di ciascun progetto, procede alla nomina di un responsabile di progetto, sentiti i ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri ministri interessati. Il responsabile, scelto tra soggetti in possesso di requisiti comprovati di capacità e di esperienza rispetto agli obiettivi da perseguire, è incaricato di provvedere alla definizione delle modalità e dei criteri di individuazione degli enti e delle imprese da coinvolgere nel progetto, nonché delle azioni e delle relative responsabilità di attuazione. Il relativo onere è posto a carico delle risorse stanziate per ogni singolo progetto.

 

L’adozione dei progetti, sulla base delle proposte del responsabile, è demandata al Ministro dello sviluppo economico che vi provvede con decreti adottati previo parere della Conferenza Stato-regioni, di concerto con i ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri ministri interessati. Lo stesso Ministro provvede, altresì, a definire le modalità di attuazione del progetto, la cui esecuzione può essere affidata ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni - scelti nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie - qualora le risorse del personale interno non risultino sufficienti. Il relativo onere è posto a carico delle risorse stanziate per ogni singolo progetto (comma 4).

Lo stesso comma 4 fissa in sessanta giorni dalla data di trasmissione del progetto il termine ultimo per l’espressione del parere della Conferenza Stato-regioni. Decorso tale termine il progetto può essere approvato anche in mancanza del suddetto parere. È previsto, inoltre, con riferimento ai progetti finanziati con le risorse destinate alle aree sottoutilizzate, che questi vengano trasmessi per l’approvazione- previa istruttoria – al CIPE che è chiamato a pronunciarsi, in una specifica seduta presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e alla presenza dei ministri componenti senza possibilità di delega, entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine il Ministro dello sviluppo economico può procedere all’attuazione del progetto.

 

Il comma 5 demanda al Ministro dello sviluppo economico l’istituzione, con proprio decreto, di regimi di aiuto conformi alle norme comunitarie. Lo stesso Ministro è, inoltre, tenuto a riferire al Parlamento e alla Conferenza Stato-regioni in merito ai criteri di individuazione dei progetti da finanziare, sullo stato degli interventi finanziati e sul grado di raggiungimento degli obiettivi da perseguire. Alla relazione del Ministro dovrà essere allegato un prospetto delle spese di gestione poste a carico dei singoli progetti entro il limite massimo del 5% di ciascun stanziamento.

 

Ai sensi del comma 6 i progetti possono essere cofinanziati da altre amministrazioni sia statali che regionali. A tal fine la disposizione in esame stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico provveda ad assicurare una sede stabile di cooperazione tecnica tra le amministrazioni interessate.

 

Con il comma 7 si dispone l’istituzione del Fondo per la finanza d’impresa.

Nel Fondo, istituito in attesa della riforma delle misure in favore dell’innovazione industriale, confluiscono varie risorse provenienti dai seguenti fondi di cui si dispone la soppressione:

-          risorse del Fondo centrale di garanzia (art. 15 legge 266/97- c.d. Bersani).

Si tratta del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito dall’art. 2, co. 100, lett. a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (“Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”) presso il Mediocredito centrale, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese, con una dotazione iniziale di 400 miliardi di lire. Tali risorse sono state successivamente integrate ai sensi dell'art. 15, comma 1, della legge 266/97 (c.d. "legge Bersani"), che ha provveduto a devolvere al fondo, in tutto o in parte, le disponibilità di altri fondi di garanzia e in particolare: le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia all'industria di cui all’art. 20 della L. 12 agosto 1977, n. 675 ("Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore") costituito presso il medesimo Mediocredito centrale, che forniva garanzie sui finanziamenti a medio termine concessi dalle banche alle piccole e medie imprese industriali; le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia al commercio di cui all’art. 7 della L. 10 ottobre 1975, n. 517 ("Credito agevolato al commercio"); un importo pari a 50 miliardi a valere sulle risorse destinate a favore dei consorzi e delle cooperative di piccole imprese di garanzia collettiva fidi (Confidi) dal fondo istituito dal DL n. 149/93 sempre presso il Mediocredito. Il comma 2 dello stesso articolo 15 ha esteso la possibilità di concedere la garanzia del Fondo (già riconosciuta alle banche), anche agli intermediari finanziari e alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo per finanziamenti a piccole e medie imprese - compresa la locazione finanziaria - e per partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale di dette imprese, prevedendo, inoltre, che la garanzia sia estesa anche a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993.

Criteri e modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del Fondo di garanzia per PMI, sono stati successivamente stabiliti con il DM 31 maggio 1999, n. 248, mentre il successivo DM 3 dicembre 1999 ha dettato le condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale per l'amministrazione dello stesso Fondo.

L’articolo 5 del D.Lgs. n. 173/1998 ha esteso la garanzia del fondo a quella prestata a favore delle piccole e medie imprese dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi di primo e secondo grado, operanti nel settore agricolo, agro-alimentare e della pesca, costituiti in forma di società cooperativa o consortili, il cui capitale sociale o fondo consortile sia sottoscritto, per almeno il 50%, da imprenditori agricoli.

Da ultimo, con il DM 15 giugno 2004[50], è stata istituita una Sezione speciale del Fondo di garanzia, riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali.

-        risorse del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350/03).

La legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003, articolo 4, commi 106-111) ha disposto l’istituzione di un Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio, gestito da Sviluppo Italia S.p.A.

La dotazione del Fondo è stata fissata nella misura di 10 milioni di euro per il 2004 e 45 milioni di euro per il 2005. La dotazione per il 2005 è stata successivamente incrementata a 55 milioni, dall’articolo 1, comma 252 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004). Ulteriori 100 milioni di euro per l’anno 2005 sono stati autorizzati dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, per essere destinati a specifiche finalità. Le modalità di attuazione degli interventi a valere sul Fondo rotativo sono state definite dal CIPE con delibera del 7 maggio 2004, n. 10.

-        risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge 388/2000 e dell’art. 1, comma 222, della legge 311/2004.

La legge 23 dicembre 2000, n. 388 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2001), all’art. 106 in merito agli interventi FIT, prevede la riserva di una quota delle disponibilità del Fondo, determinata annualmente con decreto del Ministro dell’industria entro la data del 31 gennaio, per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative. Le modalità di gestione, le forme e le misure delle agevolazioni previste dal comma 106 sono state determinate con la direttiva ministeriale 3 febbraio 2003.

 

Al Fondo per la finanza di impresa sono altresì conferiti 50 milioni di euro per il 2007, 100 milioni di euro per il 2008 e 150 milioni di euro per il 2009.

Nell’ultimo periodo del comma 7 si precisa che gli interventi del fondo sono volti a facilitare:

§      operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;

§      la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.

 

Il comma 8 rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle modalità di funzionamento del Fondo, di cui al precedente comma 7, prevedendo anche la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti. Il decreto provvederà, altresì a fissare i criteri per la realizzazione degli interventi previsti dal comma 7, le priorità d’intervento, nonché le condizioni di eventuali cessioni a terzi degli impegni assunti posti a carico dei fondi le cui dotazioni confluiscono nel Fondo per la finanza d’impresa. Il termine ultimo per l’adozione del decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia,è fissato in due mesi dall’entrata in vigore della presente legge .

 

Fino all’adozione del suddetto decreto, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione UE saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione (comma 9).

 

Il comma 10 demanda ad un DPCM il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali destinati alla finanza di imprese, individuate dallo stesso decreto.

 

Il comma 11 interviene in materia di proprietà industriale, attraverso l’istituzione dei diritti su brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e di modelli, nonché i diritti di opposizione alla registrazione dei marchi di impresa[51].

All’istituzione si provvederà mediante decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il termine di un mese a far data dall’entrata in vigore del presente provvedimento.

La norma in esame prevede l’esonero dal pagamento dei diritti di deposito e di trascrizione dei brevetti e dei modelli di utilità, per le università e le amministrazione pubbliche con finalità di ricerca nonché per le amministrazioni della difesa e delle politiche agricole, alimentari e forestali.

Il comma detta, altresì, i criteridi seguito elencati – in base ai quali sono dovuti i diritti per il mantenimento in vita dei brevetti e dei modelli di utilità e per la registrazione dei disegni e dei modelli di cui all’art. 227 del codice della proprietà industriale (D.Lgs 30/05):

§      brevetto per invenzione industriale: a partire dalla quinta annualità;

§      brevetto per modello di utilità: a partire dal secondo quinquennio;

§      registrazione di disegni e modelli: a partire dal secondo quinquennio.

 

Le somme derivanti dal pagamento dei suddetti diritti sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Lo scopo di tale rassegnazione - con la quale, secondo relazione governativa di accompagnamento al ddl finanziaria 2007, si riconosce l’importanza delle tasse brevettali quale strumento strategico di politica industriale – è anche quello di potenziar le attività promozionali , di regolazione e tutela del sistema produttivo del Ministero stesso, di consentire alle PMI la partecipazione al sistema di proprietà industriale e di rafforzamento di tutela del brevetto italiano anche introducendo la ricerca di anteriorità per le domande di brevetto per invenzione industriale.

Secondo la citata relazione governativa, la reintroduzione dei suddetti diritti, i con particolare riferimento a quelli concernenti il mantenimento in vita dei brevetti, è volta a favorire l’abbandono dei brevetti che non rivestono interesse da parte del titolare con conseguente passaggio della relativa tecnologia alla disponibilità gratuita della collettività.

 

Si segnala che l'articolo 1 comma 352 della legge finanziaria 2006 (L. 266/05) aveva previsto la soppressione della tassa sui brevetti e l’esenzione dall’imposta di bollo per istanze, atti e provvedimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali. Secondo la relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3613), la soppressione in esame mirava ad incentivare la registrazione di brevetti, eliminando un onere che risultava influire negativamente sulla quantità delle registrazioni.

 

Il comma 12 introduce un’autorizzazione di spesa per la costituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un’apposita struttura di cooperazione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale destinata ad attività ricognitive e di monitoraggio per il coordinamento delle politiche volte a contrastare il declino dell’apparato produttivo, anche attraverso la salvaguardia e il consolidamento dei livelli occupazionali delle grandi imprese in crisi di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs 270/99 e successive modificazioni.

A copertura dell’onere previsto, ammontante a 300 mila euro con decorrenza dal 2007, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 3 della legge 140/99.

L'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, “Norme in materia di attività produttive” (c.d. legge Bersani-bis) ha autorizzato, a partire dal 1999, una spesa annuale di 6 miliardi di lire da destinarsi ad attività di studio e ricerca nei settori delle attività produttive di competenza del Ministero dell’industria (ora delle attività produttive). Lo stanziamento è riferito a tre fattispecie distinte per finalità o strumenti:

1)       collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti;

2)       costituzione di un nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto;

3)       utilizzo di esperti di alta qualificazione per il supporto alle attività di coordinamento di progetti e programmi ad alto contenuto tecnologico di imprese italiane nei settori aeronautico e spaziale e dei prodotti elettronici e ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale.

 

Da ultimo lo stesso comma stabilisce che con il provvedimento di istituzione della suindicata struttura si provveda al riordino, anche mediante soppressione, degli organismi di monitoraggio delle attività industriale e delle crisi d’impresa, attualmente esistenti presso il Ministero dello sviluppo economico.

 

Si osserva che la disposizione in esame con riferimento alle grandi imprese in crisi rinvia all’articolo 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs 270/99 recante “Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274” e successive modificazioni. In realtà il testo della la norma citata, nella quale sono fissati i requisiti richiesti per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, con particolare riferimento (lett. a) al numero minimo di dipendenti dell’impresa, non è mai stato espressamente modificato. L’istituto dell’amministrazione straordinaria è stato, tuttavia, sottoposto a successive modifiche a partire dal decreto legge n. 347/03 recante “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza” (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39/04), che ha introdotto una disciplina speciale in materia di ammissione immediata al suddetto istituto, più volte modificata nel corso della scorsa legislatura, dapprima con il decreto-legge n. 119 del 3 maggio 2004 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 5 luglio 2004), e quindi con il decreto legge 29 novembre 2004, n. 281 (convertito in legge dall'art. 1 della legge 28 gennaio 2005, n. 6).

 

Il comma 13, infine, stabilisce che gli interventi del Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, di cui all’art. 11, comma 3, del DL 35/05, siano disposti in base ai criteri e alle modalità stabiliti dal CIPE, con propria delibera, su proposta del Ministro dello sviluppo economico.

La delibera del CIPE provvederà, in particolare a determinare:

-          la tipologia dell’aiuto concedibile;

-          le priorità di natura produttiva;

-          i requisiti economici e finanziari richiesti alle imprese ai fini della loro ammissione ai benefici;

Per l’attuazione dei suddetti interventi il Ministero dello sviluppo economico potrà avvalersi di Sviluppo Italia Spa[52], in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

Da ultimo il comma dispone l’abrogazione dei commi 5 e 6 dell’articolo 11 del citato DL 35/05.

 

II richiamato decreto-legge n. 35/05[53] all’art. 11, comma 3 ha previsto l'istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi, con una dotazione finanziaria per l'anno 2005 pari a 35 milioni di euro. I successivi commi 5 e 6 hanno previsto l'istituzione di un Comitato tecnico con funzioni di coordinamento e monitoraggio degli interventi di salvataggio e ristrutturazione, operante in base ad indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti che per la valutazione e l'attuazione degli interventi, si avvalgono di Sviluppo Italia spa, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. La definizione delle modalità attuative delle predette disposizioni è demandata al CIPE.

Si segnala che il Fondo è stato recentemente rifinanziato dall'articolo 2 del DL n. 136/06 recante "Proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali che in suo favore ha disposto e per l'anno 2006 uno stanziamento di 15 milioni di euro.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Programma quadro per la competitività e l’innovazione

La Commissione europea – nell’ambito della azioni previste dalla strategia di Lisbona - ha presentato il 6 aprile 2005 una proposta di decisione che istituisce un programma quadro per la competitività e l’innovazione (2007-2013) (COM (2005) 121).

Il programma quadro intende riunire in un contesto comune gli specifici programmi comunitari e parti pertinenti di altri programmi comunitari in settori chiave per la promozione della produttività, della capacità d’innovazione e della crescita sostenibile europea, dando contemporaneamente risposta ai problemi ambientali che vi si accompagnano.

Il Parlamento europeo si è espresso sulla proposta nell’ambito della procedura di codecisione, in prima lettura, il 1° giugno 2006. Il Consiglio competitività dovrebbe adottare una posizione comune in una delle prossime riunioni.

Politica dell’innovazione

La Commissione europea – sempre nell’ambito delle azioni previste nell’ambito della strategia di Lisbona - ha adottato il 13 settembre 2006 la comunicazione "Mettere in pratica la conoscenza: un’ampia strategia dell'innovazione per l'UE" (COM(2006) 502). In tale comunicazione la Commissione delinea una strategia politica in materia di innovazione concentrata su dieci azioni fondamentali:

§       promuovere sistemi di istruzione favorevoli all'innovazione;

§       creare un Istituto europeo di tecnologia;

§       stimolare la creazione di un mercato unico del lavoro che susciti l’interesse dei ricercatori;

§       rafforzare i collegamenti ricerca-industria;

§       promuovere l'innovazione regionale mediante i nuovi programmi di politica di coesione;

§       riformare le norme applicabili agli aiuti di Stato nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico e fornire migliori orientamenti per gli incentivi fiscali in tale settore;

§       potenziare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale;

§       promuovere prodotti e servizi digitali;

§       sviluppare una strategia a favore di mercati guida propizi all'innovazione;

§       stimolare l'innovazione attraverso gli appalti.

 

Il Consiglio competitività nella riunione del 25 settembre 2006 ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha annunciato che adotterà un progetto di conclusioni da sottoporre al Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2006.

Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico

Il 6 aprile 2005 la Commissione ha presentato una proposta di decisione relativa al Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico, comprendente anche attività di dimostrazione (2007-2013) (COM(2005)119), considerato strumento fondamentale ai fini dell’attuazione di uno degli obiettivi prioritari dell’UE: incrementare il potenziale di crescita economica e rafforzare la competitività europea, investendo nella conoscenza, l’innovazione e il capitale umano.

Il programma è articolato in quattro programmi specifici – oggetto di quattro proposte di decisione presentate dalla Commissione il 21 settembre 2005 - che corrispondono ai quattro obiettivi fondamentali della politica europea di ricerca:

§       cooperazione (COM(2005)440) inteso a promuovere la cooperazione tra università, imprese, centri di ricerca ed enti pubblici;

§       idee (COM(2005)441) inteso ad istituire un Consiglio europeo della ricerca;

§       persone (COM(2005)442) mirato ad aumentare le risorse umane disponibili per la scienza e la ricerca;

§       capacità (COM(2005)443) inteso a rafforzare le capacità di ricerca e innovazione in Europa.

Il Consiglio competitività ha adottato il 25 settembre 2006 la posizione comune sulla proposta di decisione. Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta in seconda lettura, in procedura di codecisione, nell’ambito della sessione del 29-30 novembre 2006.

Istituto europeo di tecnologia

Il 22 febbraio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione (COM(2006)77) nella quale prospetta la creazione di un Istituto europeo di tecnologia (EIT), destinato a divenire un nuovo polo d’eccellenza nell’ambito della ricerca e dell’innovazione, in armonia con gli obiettivi della revisione intermedia della strategia di Lisbona.

Le attività dell’EIT potrebbero, secondo la Commissione, essere finanziate sia dall’UE, sia dagli Stati membri, sia dal mondo imprenditoriale.

L’8 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2006)276) con cui chiarisce il modello organizzativo e i progressi fatti verso la realizzazione di un Istituto Europeo di Tecnologia. Tale comunicazione sarà sottoposta, nei prossimi mesi, ad un’ampia consultazione; in base ai risultati ottenuti la Commissione intende predisporre, entro la fine del 2006, una proposta legislativa per l’istituzione dell’EIT.

Brevetto comunitario

Nell’attesa che venga istituito il brevetto comunitario – l’esame della proposta, presentata dalla Commissione europea nell’agosto del 2000 (COM(2000)412), è attualmente sospeso per le divergenze relative al regime linguistico - il 16 gennaio 2006 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica, che si è conclusa il 12 aprile 2006, sul sistema brevettuale in Europa e sui cambiamenti necessari per migliorare la competitività, l’innovazione, la crescita e l’occupazione di un’economia basata sulla conoscenza.

Dai risultati della consultazione si evince la necessità che il sistema brevettuale contribuisca allo sviluppo dell’innovazione, alla diffusione delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie e alla certezza giuridica per gli autori del brevetto e per gli utenti. Viene sottolineata altresì la necessità di migliorare la qualità dei brevetto in Europa, nonché l’informazione e la consapevolezza per consentire ai cittadini e all’industria di essere informati meglio del valore della proprietà intellettuale. Malgrado il consenso generale sull’importanza del brevetto comunitario che consentirebbe di avere un brevetto unitario di alta qualità, la maggior parte dei soggetti consultati concorda sulla necessità di non avere un brevetto comunitario ad ogni costo. Essi ritengono quindi che, se il brevetto comunitario non può essere ottenuto in tempi rapidi o se la sua adozione necessita compromessi suscettibili di nuocere all’utilità delle soluzioni future, la Commissione dovrebbe ritirare la propria proposta, concentrando le risorse su altri aspetti. Secondo molti soggetti consultati, per colmare le lacune attualmente esistenti soprattutto in materia di composizione delle controversie, l’Accordo sulla risoluzione delle controversie in materia di brevetti europei potrebbe costituire una valida soluzione anche al fine di aumentare in maniera significativa la certezza giuridica dei brevetti europei e di ridurre i rischi economici associati alle controversie.

Tribunale del brevetto comunitario

Il 23 dicembre 2003 la Commissione ha presentato:

§       una proposta di decisione che attribuisce alla Corte di giustizia la competenza a conoscere delle controversie in materia di brevetto comunitario (COM(2003)827);

§       una proposta di decisione che istituisce il Tribunale del brevetto comunitario e disciplina i ricorsi in appello dinanzi al Tribunale di primo grado (COM(2003)828).

Le due proposte, che seguono la procedura di consultazione, sono state trasmesse al Consiglio e al Parlamento europeo.

Protezione giuridica dei modelli

La Commissione europea ha presentato il 14 settembre 2004 una proposta di direttiva che modifica la direttiva 98/71/CE sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (COM(2004)582).

La proposta intende armonizzare il mercato interno della protezione giuridica dei disegni e dei modelli dei pezzi di ricambio delle macchine identici ai pezzi originali. La Commissione propone, in particolare, di liberalizzarne il mercato, specie per il settore automobilistico, e stabilisce l’entrata in vigore per 1° gennaio 2008.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 12 febbraio 2007.

 

La Commissione europea ha presentato il 22 dicembre 2005 la proposta di decisione su l’adesione della Comunità europea all’Atto di Ginevra[54] del 1999, relativo all’Accordo dell’Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e dei modelli industriali (COM(2005)687).

L’obiettivo della proposta è quello di stabilire un collegamento tra il sistema comunitario dei disegni o modelli ed il sistema internazionale di registrazione istituito dall’Atto di Ginevra, che consente ai disegnatori di ottenere la protezione del disegno o modello in vari paesi con un’unica domanda internazionale presentata all’Ufficio internazionale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) designando, tra le altre parti contraenti, la Comunità europea al fine di ottenere la protezione offerta dal sistema comunitario dei disegni e modelli. Il territorio dell’UE verrebbe considerato come un solo Paese ai fini dell’Atto di Ginevra e le regole comunitarie sui disegni e modelli sarebbero la normativa interna applicabile.

Sulla proposta, che segue la procedura di consultazione, il Parlamento europeo ha adottato un parere il 17 maggio 2006. Il Consiglio dovrebbe adottare la proposta in via definitiva in una delle prossime riunioni.

 

 

 

Articolo 105
(Interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate)

 


1. In attuazione dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione e in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida per l'elaborazione del Quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013, approvate con l'Intesa sancita con la Conferenza unificata in data 3 febbraio 2005, il Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, è incrementato di 63.273 milioni di euro, di cui 100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008, 5.000 milioni per l'anno 2009 e 58.073 milioni entro il 2015, per la realizzazione degli interventi di politica regionale nazionale relativi al periodo di programmazione 2007-2013. La dotazione aggiuntiva complessiva ed il periodo finanziario di riferimento, di cui al presente comma, non possono essere variati, salvo intese in sede di Conferenza Stato-regioni.

2. Il Quadro strategico nazionale, in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida, costituisce la sede della programmazione unitaria delle risorse aggiuntive, nazionali e comunitarie, e rappresenta, per le priorità individuate, il quadro di riferimento della programmazione delle risorse ordinarie in conto capitale, fatte salve le competenze regionali in materia.

3. Per il periodo di programmazione 2007-2013 e comunque non oltre l'esercizio 2015, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, la legge finanziaria determina la quota delle risorse di cui al comma 1 da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale.

4. Le somme di cui al comma 1, iscritte nella Tabella F allegata alla presente legge, ai sensi del comma 3, sono interamente impegnabili a decorrere dal primo anno di iscrizione. Le somme non impegnate nell'esercizio di assegnazione possono essere mantenute in bilancio, quali residui, fino alla chiusura dell'esercizio 2013.


 

 

L’articolo 105, al comma 1, dispone un incremento delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (costituito dall’articolo 61 della legge finanziaria 2003) di circa 63,3 miliardi di euro nel periodo 2007-2015.

L’incremento è così ripartito:

§         100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008;

§         5.000 milioni per l’anno 2009;

§         58.073 milioni entro il 2015.

 

L’incremento è finalizzato alla realizzazione degli interventi di politica regionale nazionale per il periodo di programmazione 2007-2013, in attuazione del principio costituzionale, che prevede l’intervento dello Stato con risorse aggiuntive (rispetto a quelle proprie degli enti territoriali) per la promozione della coesione e la rimozione degli squilibri economici (art. 119, quinto comma, Cost.), nonché in coerenza con il criterio di programmazione unitaria dei fondi nazionali ed europei per la politica regionale, sancito nell’Intesa definita in sede di Conferenza unificata il 3 febbraio 2005 e recepita nella bozza del Quadro Strategico Nazionale per il periodo 2007-2013 in corso di definizione.

Conseguentemente, la dotazione complessiva aggiuntiva di cui sopra e il periodo finanziario di riferimento non possono essere mutati, salvo intese in sede di Conferenza Stato-Regioni.

 

In tale cornice, il Quadro strategico nazionale, viene indicato dal comma 2 quale sede di programmazione unitaria delle risorse aggiuntive, nazionali e comunitarie, in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida. Esso è, per le priorità individuate, il quadro di riferimento della programmazione delle ordinarie risorse in conto capitale, fatte salve le competenze regionali in materia.

 

Si ricorda che in data 11 luglio 2006 è stato adottato il Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio il quale ha riformato la disciplina comunitaria dei Fondi strutturali per il nuovo periodo di programmazione 2007-2013, la quale interessa l’Unione europea allargata a 25 Pesi membri[55].

In sintesi, il Regolamento prevede la riduzione dei fondi strutturali dai cinque del precedente periodo di programmazione a tre:Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione.

Di conseguenza, le risorse sono state concentrate attorno a tre nuovi obiettivi: convergenza[56], competitività e occupazione regionale[57] e cooperazione territoriale[58].

Per ciò che attiene il FESR, il Regolamento CE n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio ha provveduto alla sua disciplina, abrogando il precedente Regolamento CE n. 1783/1999[59].

Nel quadro del Regolamento generale sulla politica di coesione comunitaria per il periodo 2007-2013, l'Italia è tenuta a presentare all'Unione Europea un Quadro Strategico Nazionale con l'obiettivo di indirizzare le risorse che la politica di coesione destinerà al nostro Paese, sia nelle aree del Mezzogiorno sia in quelle del Centro-Nord. Nelle Linee guida approvate dall'intesa del 3 febbraio 2005, Stato, regioni ed enti locali hanno completato l'unificazione della programmazione delle politiche regionali comunitaria e nazionale e definito gli indirizzi per la scrittura del Quadro. Le Linee guida hanno anche stabilito un percorso di scrittura in tre fasi: valutazione dei risultati 2000-2006 e visione strategica delle Regioni e del Centro; confronto strategico tra Centro e Regioni; stesura del Quadro. In tutte le fasi è stato previsto un forte confronto con il partenariato economico-sociale e con le rappresentanze degli enti locali.

Nella prima fase (che si è conclusa nel 2005), ciascuna Regione e Provincia autonoma e il complesso delle Amministrazioni Centrali hanno predisposto un proprio Documento strategico preliminare (Documento Strategico Preliminare Nazionale e Documenti Strategici Regionali). Nel caso del Mezzogiorno, le Regioni hanno anche realizzato, in modo coordinato e con il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze[60], un documento comune denominato Linee per un nuovo Programma Mezzogiorno (DSM).

La seconda fase è stata dedicata al confronto fra i diversi livelli di governo e le parti economiche e sociali, con la produzione di documenti congiunti. Su questa base si è quindi proceduto alla stesura di una bozza tecnico-amministrativa del Quadro, condivisa dalle parti, che costituisce la base per l’invio, previsto entro la fine di settembre, di una versione definitiva del documento alla Commissione europea.

 

La relazione illustrativa ricorda che “le risorse aggiuntive assegnate al FAS consentono anche di rispettare gli obiettivi di addizionalità”.

 

La Commissione dell’Unione europea con alcune decisioni del 4 agosto 2006 ha fissato una ripartizione indicativa per Stato membro degli stanziamenti per ciascun obiettivo per il periodo 2007-2013. per quanto riguarda l’Italia sono stati assegnati 18.820 milioni di euro per l’obiettivo “Convergenza”, cui vanno aggiunti 388 milioni per il c.d. effetto statistico; 4.749 milioni per l’obiettivo “Competitività regionale e occupazione”, cui vanno aggiunti 877 milioni per la fase transitoria; 751 milioni per l’obiettivo “Cooperazione territoriale europea”. Complessivamente sono stati destinati all’Italia 25.585 milioni di euro (a prezzi 2004).

 

Il comma 3 demanda, per il periodo 2007-2013 e comunque non oltre il 2015, alla legge finanziaria (Tabella F) la determinazione della quota delle risorse suddette da iscrivere nel bilancio per ciascuno degli anni del bilancio pluriennale.

Il comma 4, stabilisce, inoltre, l’intera impegnabilità delle risorse di cui al comma 1 iscritte in Tabella F del provvedimento in esame, a decorrere dal primo anno di iscrizione e la possibilità di mantenere in bilancio, quali residui, fino alla chiusura dell'esercizio 2013 le somme non impegnate nell'esercizio di assegnazione.

 

Si ricorda che la Tabella F espone gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali, con la possibilità di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge.

 

Per quanto riguarda l’impegnabilità delle risorse aggiuntive indicate al comma 1 dell’articolo in esame per complessivi 63,237 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, il comma 4 fa riferimento alla loro iscrizione nella Tabella F, quando, in realtà lo stanziamento aggiuntivo disposto in articolato non viene contabilizzato nella tabella F, ma sarà soltanto scontato in bilancio.

 

A seguito del nuovo assetto della struttura di governo definita dal D.L. n. 181 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006), che ha trasferito al Ministero dello sviluppo economico le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione attribuite dal D.Lgs. n. 300 del 1999 al Ministero dell’economia e delle finanze e successivamente trasferite dal decreto-legge n. 63 del 2005 al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un ministro da lui delegato, il Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge n. 289 del 2002 risulta allocato all’UPB 6.2.3.12 - capitolo 8425.

Nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) la dotazione del cap. 8425 è pari a 6.434.820 euro.

La Tabella F del disegno di legge finanziaria in esame, al settore 4 “Interventi nelle aree sottoutilizzate”, Ministero dello sviluppo economico, indica per la legge n. 289 del 2002, art. 61, autorizzazioni pluriennali di spesa iscritte sul cap. 8425 così articolate: 5 miliardi per il 2007 e per il 2008 , 4,950 miliardi per il 2009 e circa 7,6 per il 2010 e anni successivi.

Il minor importo indicato in Tabella F rispetto al BLV è dovuto al fatto che la stessa Tabella F effettua una rimodulazione delle risorse, attraverso riduzioni di circa 1.435 milioni nel 2007, di circa 660 milioni nel 2008 e di oltre 5.500 milioni nel 2009, che vengono spostate al 2010 (+ 7,6 miliardi circa).

Inoltre, l’ammontare delle risorse conferma che la Tabella F non contabilizza gli effetti di ulteriori finanziamenti disposti nell’articolato del d.d.l. finanziaria.

Il quadro delle disponibilità pluriennali del cap. 8425/Sviluppo può essere così sintetizzato (dati in migliaia di euro):

 

§           

§          2007

§          2008

§          2009

§          2010 e ss

§          Totale

§          BLV (A)

§          6.434.820

§          5.659.700

§          10.450.900

§          -

§          -

§          Rimodulazioni Tab. F

§          -1.434.820

§          -659.700

§          -5.500.900

§          -

§          -

§          Tabella F

§          5.000.000

§          5.000.000

§          4.950.000

§          7.595.420

§          22.545.420

§          Articolo 105

§          100.000

§          100.000

§          5.000.000

§          58.073.000

§          63.273.000

§          DISPONIBILITA’ (B)

§          5.100.000

§          5.100.000

§          9.950.000

§          65.668.420

§          85.818.420

§          Effetto finanziaria (B-A)

§          -1.334.820

§          -559.700

§          -500.900

§          -

§          -

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 13 luglio 2006 la Commissione ha presentato la proposta di decisione sugli orientamenti strategici in materia di coesione (COM(2006) 386.

Gli orientamenti definiscono un quadro di intervento per l’elaborazione dei quadri strategici nazionali e dei programmi operativi attraverso cui si esplica l’intervento del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Fondo di coesione.

La proposta è stata esaminata dal Parlamento europeo, secondo la procedura di parere conforme, il 27 settembre 2006 ed è in attesa della decisione finale del Consiglio.

 

Per quanto riguarda l’impegnabilità delle risorse aggiuntive indicate al comma 1 dell’articolo in esame per complessivi 63,237 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, il comma 4 fa riferimento alla loro iscrizione nella Tabella F, quando, in realtà lo stanziamento aggiuntivo disposto in articolato non viene contabilizzato nella tabella F, ma sarà soltanto scontato in bilancio.

 


Articolo 123
(Esclusione dei progetti cofinanziati dall'Unione europea
dalla regola del 2 per cento)

 

1. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 57, primo e secondo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non si applicano alle spese relative a progetti cofinanziati dall'Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.

 

 

L’articolo 123 prevede l’esclusione dalla cd. regola del 2 per cento, introdotta dalla legge finanziaria 2005, delle spese degli enti pubblici non territoriali relative a progetti cofinanziati dall'Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.

 

L’articolo 1, comma 57, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) ha fissato per gli enti pubblici non territoriali un limite massimo all’incremento della spesa nel 2005, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.Per gli anni 2006 e 2007, il limite all’incremento della spesa è fissato al 2% rispetto al livello della spesa programmato per l’anno precedente, sempre al netto della spesa per personale. Sono previste eslcusioni relative a specifici enti.

 

La relazione tecnica stima un onere di circa 550 milioni di euro per il 2007 in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto.

 


Articolo 129
(Interventi per la salvaguardia di Venezia)

 

 


Per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 139, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da ripartire secondo le modalità di cui al comma 2 dell'articolo 3 della legge 3 agosto 1998, n. 295.


 

 

L’articolo 129 autorizza la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge n. 139/1992 e prevede che tali risorse siano ripartite secondo i criteri dettati dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295/1998.

 

La disposizione recata dall’articolo in esame è identica, nella sostanza, a quella contenuta nell’art. 50, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) che in passato aveva provveduto a rifinanziare, per il triennio 1999-2001, la legge 5 febbraio 1992, n. 139, che si proponeva di finanziare una serie di interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna.

Si ricorda, quanto ai criteri dettati dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295/1998, che tale disposizione ha autorizzato limiti di impegno destinati alla prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia, senza prevedere (a differenza dei precedenti interventi normativi) una ripartizione delle somme per tipologia di intervento, ma limitandosi a prevedere che la ripartizione debba avvenire “sulla base dello stato di attuazione degli interventi risultante da motivate relazioni da parte dei soggetti attuatori, su proposta del comitato di cui all'articolo 4 della legge 29 novembre 1984, n. 798 , con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.

L’art. 4 della citata legge n. 798/1984 ha istituito un Comitato (presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituito dai ministri indicati, dal presidente della giunta regionale del Veneto, dai sindaci dei comuni di Venezia e Chioggia, o loro delegati; nonché da due rappresentanti dei restanti comuni di cui all'articolo 2, ultimo comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171, designati dai sindaci con voto limitato) cui è demandato l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla medesima legge, nonché di esprimere suggerimenti circa una eventuale diversa ripartizione dello stanziamento complessivo autorizzato in relazione a particolari esigenze connesse con l'attuazione dei singoli programmi di intervento.

Lo stesso articolo prevede che il Comitato trasmetta al Parlamento, alla data di presentazione del disegno di legge relativo alle disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi.

L’ultima relazione (Doc. CXLVII, n. 5[61]) è stata trasmessa alle Camere il 6 ottobre 2005.

In tale documento viene fornito un quadro riepilogativo dei finanziamenti alla data del 31 dicembre 2004 assegnati dallo Stato per la salvaguardia di Venezia (ivi compresi quelli assegnati dal CIPE al “Sistema MO.S.E.” nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001) che ammontano a 8,5 miliardi di euro.

A tale importo va poi aggiunto il finanziamento di 380 milioni di euro disposto dalla delibera CIPE n. 74 del 29 marzo 2006[62] per la continuazione dei lavori relativi al “progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia: Sistema MO.S.E.” a valere sui fondi recati dall’art. 1, comma 78, della legge n. 266/2005.

Lo stanziamento complessivo risulta quindi di circa 8,9 miliardi di euro.

Nella medesima relazione si auspica lo stanziamento di “ulteriori fondi per la legislazione speciale per Venezia” per proseguire “in una visione sistemica e globale dell’opera di salvaguardia”.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 13 dicembre 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[63] per essere venuta meno, in relazione al progetto MOSE, agli obblighi derivanti dall’art. 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. In particolare la Commissione ha contestato all’Italia di non aver identificato né adottato in riferimento agli impatti conseguenti alla realizzazione del progetto di sistema delle dighe mobili “MOSE”, misure idonee a prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli aventi conseguenze significative alla luce degli obiettivi di conservazione dell’habitat dell’art. 4 della citata direttiva.

 


Articolo 181
(Misure per assicurare l'adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali)

 

 


1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa comunitaria. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 228, comma 1, del citato Trattato.

2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, i poteri sostitutivi necessari, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri Fondi aventi finalità strutturali.

4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia ai sensi dell'articolo 228, comma 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

5. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.

6. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5:

       a) nei modi indicati al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;

       b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;

       c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato ed in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).

7. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3, 4 e 5, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e i termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.

8. I decreti ministeriali di cui al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

9. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 7 provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

10. Le notifiche indicate nei commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze.

11. Le controversie relative all'esercizio del diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ferma restando la giurisdizione della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.

12. Al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti di cui agli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.


 

 

L’articolo 181 contiene misure volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali dello Stato, in particolare derivanti dalle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, dalle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali). A tal fine, la norma introduce il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi comunitari ed internazionali.

In particolare, il comma 1 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici ed i soggetti equiparati:

·       adottano le misure necessarie a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi comunitari, al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse (su cui si veda infra lo specifico paragrafo);

·       danno esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, pronunciate ai sensi dell'articolo 228, comma 1, TCE (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).

In ogni caso, il comma 2 dell’articolo, prevede l’esercizio dei poteri statali sostitutivi nei confronti delle regioni e degli altri enti indicati al comma 1, responsabili della violazione degli obblighi comunitari o della non tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia. Tali poteri sostitutivi vengono esercitati secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge “La Loggia”).

Si ricorda che tale norma - volta a regolare l’esercizio del potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione - stabilisce, in via generale, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite e, in particolare, il comma 1 prevede:

·       l’assegnazione di un congruo termine all’ente interessato per provvedere;

·       l’adozione dell’atto sostitutivo, di natura anche normativa, da parte del Consiglio dei ministri solo a seguito dell’infruttuoso decorso del termine, sentito l’organo interessato.

Peraltro, il comma 2 dispone che qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia, abrogando l’articolo 11 della legge La Pergola, che dettava la disciplina relativa all’esercizio di poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale (e delle province autonome)[64].

Accanto a questa forma di sostituzione, l’articolo 8 ne disciplina un’altra, attivabile nei casi di assoluta urgenza (comma 4): qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, che possono chiederne il riesame.

Si segnala, peraltro, l’opportunità di coordinare tale disposizione con quanto previsto, in ordine ai poteri sostitutivi esercitabili in caso di inadempimento di obblighi comunitari, dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, e in particolare dagli articoli 11, comma 8, relativo all’attuazione in via regolamentare, 13, comma 2, relativo agli adeguamenti tecnici, e 16, comma 3, in materia di attuazione regionale.

La disciplina è sostanzialmente quella prevista dall’art. 11, comma 8, volto a dare attuazione all’art. 117, V comma, Cost.[65]. La norma prevede una triplice garanzia per le regioni e le province autonome:

§       gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome, entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria;

§       esclusivamente nelle regioni e province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§       gli atti statali perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute.

Andrebbe valutata l’effettiva portata normativa dei commi 1 e 2 dell’articolo in esame, dal momento che l’obbligo per le regioni (e per gli ulteriori enti indicati al comma 1) di rispettare i vincoli comunitari ed internazionali discende direttamente da quanto previsto dall’articolo 117, primo comma, Cost. Inoltre, l’esercizio dei poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale deriva già  – per i casi disciplinati dall’articolo in esame – dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003 e dai citati artt. 11, comma 8, 13, comma 2, e 16, comma 3, della legge n. 11 del 2005.

In caso di inadempimento dei predetti obblighi, il comma 3 prevede il diritto per lo Stato di rivalersi nei confronti degli indicati enti nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse di:

-          Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA);

-          Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);

-          altri Fondi aventi finalità strutturali.

Tale diritto di rivalsa è esercitato dallo Stato per compensare gli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna della Corte di Giustizia, ex art. 228 TCE (comma 4), e della Corte europea dei diritti dell’uomo (comma 5) (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).

I successivi commi disciplinano le modalità di esercizio del diritto di rivalsa (commi 6-10).

Questo si esercita in modo differente, a seconda che l’obbligato sia un ente territoriale, ovvero un ente o organismo pubblico diverso, assoggettato al sistema di tesoreria unica, ovvero altro ente.

In particolare :

§        nel caso in cui l’obbligato sia un ente territoriale, il combinato disposto del comma 6, lett. a e dei commi 7-9 prevede che la misura degli importi dovuti, che comunque non deve essere superiore agli oneri finanziari a carico dell’Italia, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Questo deve adottarsi entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna per la Repubblica italiana. Il decreto reca modi e termini per il pagamento, anche rateizzato e costituisce titolo esecutivo. Qualora gli oneri finanziari a carico dell’Italia siano di carattere pluriennale, o non ancora liquidi, possono adottarsi più decreti in relazione al progressivo maturare del credito dello Stato.

I decreti sono emanati previa intesa sull’entità del credito, modalità di recupero e termini di pagamento, anche rateizzato, con l’ente obbligato, la quale deve essere perfezionata entro quattro mesi decorrenti dalla data della notifica allo stesso della sentenza esecutiva di condanna verso l’Italia. Il contenuto dell’intesa è recepito in un provvedimento del Ministro dell’economia e costituisce titolo esecutivo.

 

Per ciò che attiene alla formulazione della norma, nel comma 8 si disciplinano i decreti di cui al comma 7, “qualora l’obbligato sia un ente territoriale”. Poiché il comma 7 riguarda esclusivamente gli enti territoriali, sarebbe forse opportuna una eliminazione della locuzione sopra riportata.

Inoltre, nel comma 7 si demanda ad un decreto ministeriale la misura degli importi dovuti e si prevede che tale decreto costituisca titolo esecutivo. Nel successivo comma 8 si prevede che tale decreto debba essere emanato previa intesa con l’ente territoriale stesso e che tale intesa venga recepita in un “provvedimento” che costituisce titolo esecutivo.

Inoltre, l’ultimo periodo del comma 8 riproduce quanto già previsto nell’ultimo periodo del comma 7.

Laddove non si raggiunga l’intesa, all'adozione del provvedimento provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. Anche in questo caso possono essere adottati più decreti laddove si sia in presenza di crediti dello Stato che maturano progressivamente.

 

§        nel caso di enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati sopra, assoggettati al sistema di tesoreria unica, il diritto di rivalsa si esercita con un prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720;

Si ricorda che in base al sistema introdotto dalla legge 29 ottobre 1984, n. 720, gli enti soggetti alla Tesoreria unica, inclusi nella Tabella A, allegata alla legge, sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera.Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”, nelle quali sono versate direttamente, vale a dire mediante operazioni di giroconto che di fatto non transitano dalla tesoreria dell'Ente [66].

I tesorieri eseguono i pagamenti disposti dagli enti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti stessi direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere [67].

§         in ogni altro caso, il diritto di rivalsa si esercita nelle vie ordinarie.

 

Il comma 10 prevede che le notifiche di cui ai sopra commentati commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze

La competenza a conoscere le controversie derivanti dall’esercizio del diritto di rivalsa è attribuita, dal comma 11, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Viene comunque mantenuta ferma la giurisdizione della Corte dei Conti di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (“Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”), relativo all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici.

Si ricorda che quest’ultima norma prevede che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso, nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità. La norma disciplina altresì l’imputazione della responsabilità nel caso di deliberazioni di organi collegiali, di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi ovvero se il fatto dannoso è causato da più persone.

Infine, il comma 12 prescrive alle regioni ed alle province autonome di attuare quanto previsto dagli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per evitare l’insorgere di ulteriori procedure d’infrazione in sede comunitaria. Il citato D.P.R., infatti, dà attuazione alla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, e in parte alla direttiva 79/409/CEE.

In particolare, i citati articoli dispongono in ordine alle misure di conservazione, che le regioni e le province autonome devono adottare per le zone speciali di conservazione (ZSC) e per le zone di protezione speciale (ZPS) - al fine di evitare il degrado degli habitat nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate - sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete «Natura 2000».

Si ricorda che il decreto legge 16 agosto 2006, n. 251, recante “Adeguamento alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica” contiene disposizioni finalizzate a dare attuazione alle citate direttive, in materia di zone di protezione speciale e zone speciali di conservazione. In proposito, si ricorda che sono state avviate diverse procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia per la mancata attuazione delle indicate direttive, su cui si veda l’apposito paragrafo. Si ricorda, inoltre, che un disegno di legge governativo (AS 932) di contenuto analogo al suddetto decreto-legge è stato assegnato il 15 settembre 2006 alla Commissione agricoltura del Senato, la quale non ne ha tuttavia ancora avviato l’esame.

Al riguardo, andrebbe valutata l’effettiva omogeneità del comma 12 rispetto al contenuto dell’articolo in esame, che introduce una procedura di carattere generale attivabile dallo Stato in caso di inadempimento di obblighi comunitari ed internazionali.

 

 

La procedura d’infrazione comunitaria

Si ricorda che gli articoli 226 e 228 TCE delineano un percorso articolato nel caso in cui uno Stato membro risulti inadempiente rispetto agli obblighi comunitari. In particolare, si prevede che:

-          la procedura di infrazione, normalmente preceduta da una serie di contatti verbali e/o scritti tesi ad accertare e approfondire da entrambe le parti i termini della contestazione, si apre con l’invio da parte della Commissione di una lettera (di messa in mora) nei confronti dello Stato membro, nella quale vengono precisati i comportamenti o le misure considerate lesive delle norme comunitarie. La lettera si conclude con la fissazione di un termine allo Stato per la presentazione delle osservazioni, di norma non inferiore a due mesi.

-          in caso di mancata risposta da parte dello Stato o di in caso di risposta non soddisfacente, la Commissione emette un parere motivato, con il quale precisa la sua posizione e invita lo Stato ad adottare, entro un certo termine, i provvedimenti volti a eliminare la difformità della legislazione dello Stato in questione rispetto alle norme comunitarie;

-          qualora lo Stato non si conformi entro il termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia per fare accertare la violazione compiuta dallo Stato (ricorso dinanzi alla Corte);

-          se anche la Corte riconosca l’inadempienza dello Stato in questione con una sentenza, lo Stato è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per l'esecuzione della medesima sentenza;

-          in base all’articolo 228, nel caso in cui i provvedimenti per l’esecuzione della sentenza non siano adottati, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, invia una nuova lettera di messa in mora e, in caso di reiterata inadempienza, formula un parere motivato complementare;

-          qualora lo Stato in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti necessari, la Commissione può adire la Corte di giustizia, precisando l'importo della somma forfettaria o della penalità, che lo Stato dovrà versare;

-          infine, la Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminare il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.

 

La possibilità di infliggere sanzioni pecuniarie in caso di sentenza di inadempimento è stata introdotta dal trattato di Maastricht, che ha modificato a tal fine l’ex articolo 171 del trattato CE, diventato articolo 228 del trattato CE, nonché l’articolo 143 del trattato Euratom.

Ai fini dell’applicazione di tali norme, la Commissione ha adottato nel 1996 e nel 1997 due comunicazioni relative al metodo di calcolo della penalità[68].

Nel dicembre 2005 la Commissione ha adottato una nuova comunicazione  (Sec (2005) 1658), che sostituisce le precedenti al fine di aggiornarle alla giurisprudenza nel frattempo intervenuta e adattare il metodo di calcolo delle sanzioni all’allargamento dell’Unione.

In realtà, lo scopo principale che la Commissione persegue attraverso questa modifica del sistema delle sanzioni è che gli Stati membri correggano le infrazioni più rapidamente, riducendo i ricorsi ex articolo 228. Pertanto, la Commissione ha inasprito l’importo delle sanzioni, intervenendo sul metodo di calcolo e sulla tipologia delle sanzioni stesse.

 

Nell’ambito della comunicazione vengono quindi individuati i principi generali per la definizione della sanzione, il cui importo deve essere funzionale a garantire l’applicazione effettiva del diritto comunitario. La Commissione ritiene che si debbano tenere presenti tre criteri fondamentali:

- la gravità dell’infrazione,

- la durata dell’infrazione,

- l’efficacia dissuasiva della sanzione, onde evitare recidive.

 

Le sanzioni devono, inoltre, essere prevedibili per gli Stati membri e calcolate secondo un metodo chiaro ed uniforme, che rispetti il principio di proporzionalità e quello di parità di trattamento tra gli Stati. La Commissione dovrà comunque motivare dinanzi alla Corte in che modo abbia determinato l’importo della sanzione proposto.

Sotto il profilo dell’efficacia della sanzione, occorrerà fissare l’importo in misura adeguata per garantirne l’effetto dissuasivo. L’irrogazione di sanzioni puramente simboliche priverebbe di qualsiasi utile effetto questo strumento, complementare della procedura d’infrazione e andrebbe contro l’obiettivo ultimo della procedura stessa, che è quello di garantire la piena applicazione del diritto comunitario.

In particolare, la comunicazione rilancia lo strumento della somma forfetaria, dal momento che la prassi sinora seguita, consistente nel limitarsi a proporre alla Corte l’irrogazione di penalità per mancata esecuzione nella sentenza a norma dell’articolo 228, “ha per effetto che le regolarizzazioni tardive, prima della sentenza, non comportano alcuna sanzione e non sono pertanto scoraggiate efficacemente. Limitarsi alla penalità e non chiedere il pagamento di una somma forfettaria potrebbe quindi equivalere ad accettare che, dopo la constatazione da parte della Corte dell’inadempimento di un obbligo da parte di uno Stato membro, questo stesso Stato possa lasciar sussistere questa situazione senza conseguenze. La Commissione ritiene che una situazione prolungata di inottemperanza a una sentenza della Corte di giustizia, di per sé, leda già gravemente il principio di legalità e la certezza del diritto, in una Comunità di diritto”.

La comunicazione ricorda, quindi, come nella sentenza della Corte nella causa C-304/2002, Commissione contro Francia, sono stati inflitti per la prima volta i due tipi di sanzione pecuniaria (penalità e somma forfettaria), cumulati per la stessa infrazione. Pertanto, è intenzione della Commissione indicare nei suoi ricorsi alla Corte:

§      una penalità per giorno di ritardo successivo alla pronuncia della sentenza a norma dell’articolo 228;

§      una somma forfettaria, che sanzioni la continuazione dell’infrazione tra la prima sentenza, di constatazione dell’inadempimento, e la sentenza a norma dell’articolo 228.

La somma forfettaria e la penalità dovranno essere basate su un metodo predeterminato e oggettivo che disciplini il calcolo delle sanzioni proposte, in modo da garantire quanto più possibile la parità di trattamento tra gli Stati.

In particolare, in ossequio al principio di proporzionalità, nei casi in cui vengano mossi addebiti che possono essere valutati separatamente, la Commissione può proporre una sanzione distinta per ciascun addebito, di modo che il volume globale della sanzione sarà ridotto via via che lo Stato membro esegue parti della sentenza. Inoltre, nei casi in cui lo Stato membro riesca ad aumentare il grado di esecuzione della direttiva senza realizzarne la completa esecuzione, è necessario che la sanzione tenga conto dei progressi via via  realizzati dallo Stato medesimo. In terzo luogo, può risultare necessario adattare il periodo temporale di riferimento ad esigenze particolari, proponendo – oltre alle penalità giornaliere –  anche unità temporali di riferimento diverse, ad esempio di sei mesi o un anno. Ciò può accadere quando il grado di esecuzione può essere valutato soltanto a intervalli regolari, al fine di evitare che le penalità continuino ad accumularsi per periodi nei quali l’infrazione era di fatto cessata, ma non constatata. Infine, in casi particolari, è possibile prevedere la sospensione di una penalità, per verificare l’efficacia delle misure nel frattempo disposte dallo Stato per ottemperare alla sentenza di inadempimento.

 

La penalità è costituita da una somma, dovuta per ogni giorno di ritardo, salvo fissazione di una diversa unità temporale di riferimento (come sopra indicato), che decorre dal giorno in cui la seconda sentenza della Corte viene notificata allo Stato e termina il giorno in cui quest’ultimo pone fine all’infrazione.

Per il calcolo della penalità si parte da un importo forfettario di base uniforme,  pari a 600 euro al giorno, cui applicare poi i coefficienti moltiplicatori.

Nella comunicazione si legge che tale importo è stato determinato in modo che:

– la Commissione conservi un ampio potere discrezionale nell’applicazione del coefficiente di gravità,

– l’importo sia ragionevole;

– l’importo finale della penalità sia tale da garantire una sufficiente pressione sullo Stato membro.

Tra i coefficienti moltiplicatori, si segnala, in particolare, il coefficiente di gravità, legato all’importanza delle norme comunitarie oggetto dell’infrazione ed alle conseguenze di quest’ultima sugli interessi generali e particolari[69]. Nell’ambito di tale valutazione si dovrà, altresì, tenere conto del caso in cui lo Stato membro abbia adottato delle misure per conformarsi alla sentenza, ma ritenute insufficienti dalla Commissione, rispetto all’ipotesi in cui uno Stato non abbia adottato alcuna misura, come del resto dovrà essere tenuta presente la leale collaborazione dello Stato con la Commissione.

Vi è, inoltre, il coefficiente di durata, che tiene conto della durata dell’infrazione, a decorrere dalla prima sentenza della Corte di giustizia fino al momento in cui la Commissione decide di adire la Corte. La durata dell’infrazione deve essere presa in considerazione per il calcolo sia della penalità che della somma forfettaria.

Infine, si segnala che l’importo della penalità deve far sì che la sanzione sia oltre che proporzionata anche dissuasiva e, dunque, sufficientemente elevata da indurre lo Stato membro:

– a metter fine all’infrazione (perciò deve essere superiore ai vantaggi che lo Stato trae dall’infrazione);

        a non recidivare.

 

Il nuovo sistema sanzionatorio è applicato a decorrere dal 1 gennaio 2006, ma, in via transitoria, nei casi di inadempimento che gli Stati membri regolarizzeranno nel corso dell’anno 2006, la Commissione continuerà ad applicare l’attuale prassi del ritiro del ricorso presentato presso la Corte ai sensi dell’articolo 228 CE.

Si ricorda, infine, che la comunicazione detta i criteri cui si atterrà la Commissione nel proporre l’ammontare della sanzione pecuniaria, fermo restando che la decisione ultima sull’irrogazione delle sanzioni spetti alla Corte di giustizia.

Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo

La Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, aperta alla firma a Roma il 4 novembre 1950[70], è stata elaborata nell’ambito del Consiglio d’Europa. Oltre a enunciare una serie di diritti e libertà civili e politici, la Convenzione istituiva un sistema destinato a garantire il rispetto da parte degli Stati contraenti degli obblighi da essi assunti. Tale sistema si imperniava su tre organi, ovvero la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1954), la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1959) e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, composto dai ministri degli affari esteri degli Stati membri o dai loro rappresentanti.

L’aumento progressivo del numero dei casi sottoposti a tali organi, nonché l’incremento del numero degli Stati membri – e quindi dei potenziali ricorrenti – a partire dal 1990, con l’ingresso progressivo di quasi tutti gli Stati dell’ex blocco comunista (inclusi quelli emersi dalla dissoluzione dell’URSS), innescarono una riflessione sulla necessità di ristrutturare il meccanismo di controllo della Convenzione.

Si giunse così nel 1994 all’adozione del Protocollo n. 11[71] alla Convenzione del 1950, con il quale ci si proponeva di abbreviare la durata delle procedure e di rafforzare al tempo stesso il carattere giurisdizionale del sistema: tra l’altro, il ricorso individuale, che nella precedente architettura era possibile solo se lo Stato del ricorrente aveva accettato tale eventualità, è divenuto con il Protocollo n. 11 facoltà indipendente del ricorrente. La riforma ha previsto una Corte[72] unica con la possibilità, su ricorso, di un riesame del giudizio di primo grado. Inoltre, contrariamente a quanto avveniva nel passato, i giudici sono stati resi permanenti, mentre la loro elezione, come nel passato, è effettuata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Viene altresì mantenuto il filtro della ricevibilità dei ricorsi, effettuato da un Comitato di tre giudici che decide all'unanimità, come anche la prassi del regolamento amichevole. Il collegio giudicante, detto Sezione, è normalmente composto da sette giudici, tra i quali il cosiddetto "giudice nazionale". Una volta emessa la sentenza le parti possono chiederne, entro tre mesi, il riesame, che avviene da parte di una Sezione allargata (Grande Chambre), composta da diciassette giudici. Un collegio di cinque giudici della Grande Chambre valuta la ricevibilità del ricorso, che deve essere sostenuto da gravi motivi. La Grande Chambre, di cui fanno parte il Presidente della Sezione ed il giudice nazionale, può anche essere investita dell'esame di primo grado di un ricorso, nel caso in cui la Sezione decida di spogliarsene. In tal caso non si avrà la possibilità del riesame, ed è perciò previsto che il potere della Sezione di spogliarsi del caso sia subordinato alla non opposizione delle parti.

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è responsabile del controllo dell’esecuzione di dette sentenze. Esso è quindi incaricato di verificare che gli Stati che sono stati condannati per aver violato la Convenzione abbiano preso le misure necessarie per adempiere gli obblighi specifici o generali che risultano dalle sentenze della Corte.

Va peraltro ricordato che nel corso dei tre anni successivi all’entrata in vigore del Protocollo n. 11, il carico di lavoro della Corte ha conosciuto un aumento senza precedenti. Il numero di ricorsi registrati è passato da 5.979 nel 1998 a 13.858 nel 2001, che corrisponde ad un aumento di circa 130%. Le preoccupazioni riguardo la capacità della Corte di occuparsi del volume crescente di ricorsi hanno generato delle richieste di risorse supplementari e speculazioni sulla necessità di una nuova riforma. Nel 2004 è stato così adottato il Protocollo n. 14 (ratificato dall’Italia con la legge 15 dicembre 2005, n. 280), che  non è ancora entrato in vigore a livello internazionale, e quindi neanche per il nostro Paese. Il Protocollo apporta ulteriori modifiche al sistema di controllo instaurato dalla Convenzione del 1950: esso si propone in particolare di modificare alcune procedure interne della Corte europea.

In ogni caso, con riferimento all’articolo in commento, va tenuto presente che le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo sono effettivamente in grado di imporre oneri significativi agli Stati membri: ad esempio l’Italia è stata più volte condannata, nel periodo più recente, per l’eccessiva durata dei processi (soprattutto in campo civile), e ha dovuto rifondere ai ricorrenti le spese legali e i danni morali.

 

 

Procedure di contenzioso

(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[73]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal  sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Liguria con la legge n. 34 del 5 ottobre 2001 “Attuazione dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE”, poi modificata dalla legge regionale 1° agosto 2002, n. 31. Il parere motivato fa riferimento al testo vigente della legge.

Il 4 luglio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[74] per non conformità della normativa italiana di recepimento della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici alla direttiva medesima e per la non corretta applicazione della stessa. In particolare, la Commissione rileva che non sono conformi alla direttiva la normativa statale e quella di tredici regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia, Veneto, Sardegna e Liguria).

 

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia:

·  un parere motivato[75]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE  configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Sardegna con la legge n. 2 del 13 febbraio 2004 “Norme in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in Sardegna in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221.

·  un parere motivato[76]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Veneto con la legge n. 13 del 12 agosto 2005 “Disciplina del regime di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio”.

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare[77] per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia previste per le zone speciali di conservazione e/o di protezione, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 92/43.

In particolare, l’Italia non avrebbe adottato le misure idonee ad evitare il degrado della zona di protezione speciale IT5210070 “Lago Trasimeno”. Tale degrado, causato da un impoverimento idrico di rilevante entità (per scopi agricoli e licenze di varia natura), ha compromesso la funzionalità ecologica del sito. Inoltre sulle parti prosciugate è in corso di costruzione una pista ciclabile senza che sia stata effettuata la valutazione di incidenza prevista dall’art. 6 della direttiva 92/43. La Commissione ritiene pertanto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.

La Commissione ha inviato all’Italia, il 13 luglio 2004, tre pareri motivati, per violazioni della direttiva n. 92/43/CEE e della direttiva n. 79/409/CEE: le contestazioni riguardano l’omissione di valutazione dell’impatto potenziale di una serie di progetti di costruzione all’interno di siti protetti. In particolare i rilievi della Commissione sono relativi ai seguenti casi:

Per quest’ultimo caso, la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia in data 10 agosto 2005 (C-304/2995).

Il 30 marzo 2003 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[81] per violazione della direttiva  79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici. Secondo la Commissione, l’Italia avrebbe omesso di adottare le misure idonee ad evitare il degrado degli habitat naturali e la perturbazione delle specie viventi nella zona protetta ZPS IT 3210018 “Basso Garda”. In particolare i rilievi della Commissione sottolineano che :

 

In relazione alla normativa comunitaria in materia di habitat naturali, sono inoltre pendenti le seguenti procedure di contenzioso:

 

§           2002/5403

§         Parziale applicazione delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE. Progetto Consorzio sviluppo Murgiano.

§         Presentato ricorso alla Corte di giustizia il 24/05/2006 C-179/06   

§         2003/2087

§         Conservazione degli habitat naturali e semi naturali della flora e della fauna - utilizzo di metodi di pesca dannosi per i piccoli cetacei

§         Messa in mora 13/12/2005

§         2003/2209

§         Ampliamento della base militare dell'isola della Maddalena (Sassari).

§         Messa in mora 12/10/2005

§         2003/4090

§         Impatto ambientale sugli habitat interessati dal progetto di costruzione del ponte di Messina

§         Messa in mora 12/10/2005

§         2004/5104

§         Collegamento sciistico fra le località di Pinzolo e Madonna di Campiglio

§         Messa in mora complementare 04/04/2006

§         2004/5159

§         Realizzazione di centrali idroelettriche in Val Masino (Sondrio)

§         Messa in mora 12/10/2005

§         2005/4128

§         Progetto di un Terminale GNL presso il delta del Po (Rovigo).

§         Messa in mora 4/04/2006

§         2005/4378

§         Realizzazione di un impianto sportivo a Selva di Progno (Verona).

§         Parere motivato 13/12/2005

 


2.2. Questioni relative agli aiuti di Stato nel ddl finanziaria

Nell’ambito del ddl finanziaria 2007 sono presenti numerose disposizioni che – attraverso detrazioni fiscali, ovvero forme di incentivazione – presentano profili di rilievo in ordine al rispetto della disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato. È pertanto necessario fornire un quadro generale di tale disciplina, indicando successivamente le norme del ddl in esame rilevanti a tal fine.

Gli articoli 87 e 88 del TCE

La disciplina generale degli aiuti di Stato è contenuta agli articoli 87 ed 88 del TCE[82]. Si ricorda, in particolare, che l’art. 87 del TCE vieta gli aiuti pubblici alle imprese che favorendo determinate imprese o produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, incidendo sugli scambi tra gli Stati membri. L’art. 88 prevede inoltre che la Commissione proceda con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti; a tal fine, alla Commissione devono essere presentati, affinché essa possa esprimere le proprie osservazioni, i progetti diretti ad istituire o a modificare aiuti (paragrafo 3). In caso di incompatibilità di un aiuto di Stato con l’articolo 87 del Trattato, la Commissione sollecita lo Stato in questione a sopprimerlo o a modificarlo; se lo Stato non si conforma, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di Giustizia. Ai sensi dell’art. 88, paragrafo 2, del Trattato, su richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o ancora da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Se su tale aiuto è aperta una procedura da parte della Commissione, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato. Tuttavia se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi, la Commissione delibera.

L’articolo 87 non definisce la nozione di aiuto, né elenca le tipologie di aiuto vietate, limitandosi invece a prevedere, ai paragrafi 2 e 3, talune deroghe al principio generale. Peraltro, la Commissione e la Corte di giustizia, sono intervenuti nel corso degli anni al fine di precisare la nozione di aiuto, statuendo, attraverso un orientamento costante, che si è in presenza di un aiuto di Stato, ai sensi del citato articolo 87, qualora ricorrano congiuntamente i seguenti presupposti:

·       vi sia un vantaggio concesso dalle autorità pubbliche a favore di una impresa, senza contropartita o con una contropartita che corrisponde in misura minima all’importo al quale può essere valutato il relativo vantaggio; 

·       il vantaggio concesso all’impresa sia finanziato con fondi pubblici (le risorse statali possono assumere varie forme - sovvenzioni, riduzione tassi d’interesse, conferimento di capitali, ecc. - e possono provenire da risorse di bilanci statali, regionali, locali, nonché da banche o intermediari pubblici e privati incaricati dallo Stato di gestire un regime  di aiuti pubblici);

·       l’aiuto abbia un carattere selettivo diretto a favorire soltanto alcune imprese e alcune produzioni;

·       l’aiuto sia in grado di falsare la concorrenza e di incidere sugli scambi tra gli stati membri.

Rispetto a tale divieto generale, lo stesso articolo 87 ammette deroghe, ritenendo compatibili con il mercato comune:

a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti,

b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;

c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione.

Possono inoltre considerarsi compatibili con il mercato comune:

a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;

b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;

c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;

d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune;

e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.

2.2.2. Gli aiuti di Stato a finalità regionale

Per quanto riguarda gli aiuti di Stato a finalità regionale, possono essere considerati ammissibili (art. 87, paragrafo 3 del Trattato) quelli destinati a:

lett. a)   favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;

lett. c)   agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

 

In particolare, va evidenziato che negli Orientamenti comunitari[83] (Comunicazione della Commissione 98/C 74/06 del 10 marzo 1998) gli aiuti a finalità regionale si distinguono dalle altre categorie degli aiuti pubblici perché sono riservati ad alcune aree territoriali particolari, sfavorite, e hanno come obiettivo specifico il loro sviluppo. Pur assumendo un carattere derogatorio della concorrenza, tali aiuti vengono ammessi in quanto si ritiene meritevole di tutela l’obiettivo di sostenere gli investimenti e la creazione di posti di lavoro presso le regioni svantaggiate.

Vale comunque il principio generale per cui l’estensione totale delle regioni beneficiarie di tali aiuti nella Comunità deve essere inferiore a quella delle regioni non ammesse a tale beneficio (utilizzando l'unità di misura più corrente dell'entità degli aiuti, la percentuale di popolazione coperta, la copertura totale degli aiuti regionali nell'Unione europea deve rimanere inferiore al 50% della popolazione comunitaria).

Gli orientamenti comunitari stabiliscono i criteri generali di compatibilità con il mercato comune degli aiuti a finalità regionale,prevedendo per la deroga contenuta nell’art. 87, par. 3, lett. a) del Trattato che la regione abbia un prodotto interno lordo, PIL pro capite, misurato in standard di potere d'acquisto (SPA), non maggiore del 75,0% della media comunitaria.

Gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune regioni, rientranti nella deroga di cui all’art. 87, par. 3, lett. c) del Trattato, in considerazione del fatto che sono destinati a regioni meno svantaggiate di quelle ammesse alla deroga di cui alla lettera a), sono ammessi dagli Orientamenti in misura più limitata.

 

In linea generale, sono consentiti aiuti regionali agli investimenti inizialio alla creazione di posti di lavoro connessi alla realizzazione degli investimenti iniziali, ma il beneficiario è tenuto comunque a garantire un apporto minimo del 25%. Gli aiuti all’investimento iniziale sono subordinati alla condizione che l’investimento sia mantenuto in essere per un periodo minimo di cinque anni.

In casi eccezionali possono essere concessi aiuti al funzionamento, diretti cioè a ridurre le spese correnti dell’impresa. Questi ultimi, che possono essere erogati solo nelle regioni rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), possono essere concessi se sono soddisfatte alcune condizioni:

-          l’aiuto è giustificato per il suo contributo allo sviluppo regionale;

-          il suo livello è proporzionale agli svantaggi che intende compensare;

-          è limitato nel tempo e decrescente.

 

Per il periodo di programmazione 2000-2006, gli Stati membri, come previsto dai sopra citati Orientamenti,hanno negoziato con la Comunità la Carta degli aiuti a finalità regionale, che comprende, da un lato, le regioni o aree ammesse a beneficiare delle deroghe in questione e, dall’altro, i massimali di intensità[84].

Per quanto riguarda l’Italia, la Carta degli aiuti relativa alle regioni meridionali (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia) ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.a), coincidenti con le aree obiettivo 1 dei fondi strutturali, è stata approvata dalla Commissione con la decisione del 13 marzo 2000, mentre la Carta relativa alle aree ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.c) è stata approvata con la decisione del 20 settembre 2000.

La Carta degli aiuti a finalità regionale valida per il periodo 2000-2006 è stata recentemente revisionata con Decisione della Commissione dell'8 settembre 2004 C (2004) 3344 fin cor. (Aiuto di Stato n. 147/04 – Italia – Corrigendum), valutando ammissibili alla deroga di cui all'art. 87, paragrafo 3, lettera c) del Trattato, talune zone prima escluse del Molise.

E’ da osservare, al riguardo, che mentre l’intero territorio delle regioni meridionali è ammissibile agli aiuti di Stato a finalità regionali, le aree 87.3.c) comprendono parti del territorio delle regioni del Centro-Nord, oltre che Abruzzo e il Molise. Oltre ad individuare le aree in deroga, la Carta degli aiuti fissa anche i massimali dell’intensità degli aiuti

Gli aiuti di Stato a finalità regionale nella nuova programmazione 2007-2013

Il processo di revisione degli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, avviato dalla Commissione europea nel 2003 e proseguito nel biennio successivo si è definito con l’adozione, il 21 dicembre, dei nuovi Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per il periodo 2007-2013 (Comunicazione della Commissione 2006/C 54/08 del 4 marzo 2006).

Rispetto al regime attualmente vigente, i nuovi Orientamenti prevedono, sinteticamente, per l’Italia:

§        la riduzione del tetto massimo di popolazione ammissibile agli aiuti a finalità regionale (87.3.a e 87.3.c);

§        la riduzione delle intensità di aiuto applicabili alle regioni più svantaggiate;

§        la riduzione della popolazione ammissibile alla deroga 87.3.c, la modifica della intensità di aiuto applicabili, e la variazione dei criteri di determinazione delle aree ammissibili;

§        la previsione di una quota addizionale (+5,6%) di popolazione ammessa alla deroga di cui all’art. 87.3.c del Trattato per un periodo transitorio (2 anni);

§        la previsione di regole transitorie per le regioni in phasing out per “effetto statistico” e per ”crescita economica”;

§        maggiorazioni, differenziate per aiuti concessi a piccole e medie imprese;

§        la riduzione, soltanto per le PMI, da 5 a 3 anni dell’obbligo di mantenimento dell’investimento agevolato nell’area svantaggiata;

§        aiuti alle piccole imprese di nuova e creazione (newly created).

In particolare, a conclusione del processo di revisione, l’Italia ha ottenuto per le regioni del Centro-Nord:

§      una flessibilità aggiuntiva per la designazione delle aree 87.3.c): potranno infatti essere candidate, sulla base di rilevanti indicatori e criteri nazionali, anche aree con popolazione pari a 50.000 abitanti invece della regola generale di 100.000;

§      un transitorio aumento di popolazione per l’87.3.c). Ciò permetterà all’Italia di continuare a dare aiuti regionali alla gran parte (sino a due terzi) delle aree che attualmente hanno lo status di 87.3.c). L’Italia riceverà, quindi, un’allocazione addizionale transitoria del 5,6 per cento della sua popolazione sino al 1° gennaio 2009 per facilitare il graduale passaggio di queste regioni, che altrimenti avrebbero perso l’eligibilità alla fine del 2006, da un regime di sostegno con gli aiuti regionali ad un regime di sostegno con soli aiuti orizzontali. In base al meccanismo adottato, la popolazione ammissibile aumenta, transitoriamente e cioè sino al 1° gennaio 2009 di circa 3.200.000 abitanti al netto della Sardegna. Sino al 1° gennaio 2009, quindi, la popolazione sarà pari a circa 5.414.000 abitanti, compresa la Sardegna (che ha una popolazione di 1.653.000) e che resta ammessa sino al 2013.

 

Per quanto riguarda il Sud:

§      la regione Basilicata rientra tra le regioni in phasing out dall’87.3.a per il c.d. effetto statistico (si tratta delle regioni che perderebbero il precedente status di aree più svantaggiate in quanto il loro PIL è risultato più alto del 75% della media comunitaria, a causa dell’effetto statistico dovuto al passaggio all’Europa a 25). Per tali regioni, i nuovi Orientamenti prevedono il mantenimento dello status di 87.3.a fino alla fine del 2010. A quella data, la Commissione europea rivedrà la posizione di queste regioni sulla base della performance economica registrata nei tre anni precedenti e valuterà, sulla base dei risultati ottenuti, se continuare ad applicare le condizioni delle aree più svantaggiate oppure se prevedere l’ammissibilità alla deroga 87.3.c dal 1° gennaio 2011 fino al termine di validità degli Orientamenti stessi;

§      alla Calabria e alla Sardegna saranno applicate alcune regole transitorie riguardanti il décalage delle intensità di aiuto nel corso del periodo 2007-2011.

2.2.3. Gli aiuti orizzontali

Quanto agli aiuti orizzontali, con il regolamento 98/994/CEdel 7 maggio 1998, il Consiglio ha stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per gli aiuti destinati a specifici obiettivi che interessano tutti i settori economici (piccole e medie imprese, ricerca e allo sviluppo, tutela dell’ambiente, occupazione e formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis).

Il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione e, quindi, ne assicura l’ammissibilità.

Su queste basi, la Commissione ha adottato tre regolamenti, rispettivamente, il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI, modificato da ultimo dal Regolamento (CE) n. 364/2004, che ne estende l’applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo[85].

 

Quanto agliaiuti alle PMI[86], il regolamento (CE) n. 70/2001 prende in considerazione gli investimenti materiali e immateriali e quelli per attività di consulenza, stabilendo i seguenti limiti di aiuto:

-          investimenti materiali, investimenti immateriali per trasferimento tecnologico, trasferimento di impresa: piccole imprese: 15%; medie imprese: 7,5% (nelle aree ammesse a aiuti territoriali, si pongono limiti incrementali rispetto a quelli validi per le grandi imprese: piccole e medie imprese: +10% nelle aree ex art. 87.3.c; +15% nelle aree ex art. 87.3.a);

-          consulenza, formazione e diffusione delle conoscenze: piccole e medie imprese: in linea di principio, l’importo deve essere inferiore al 50%.

Per ciò che concerne gli aiuti alla ricerca e allo sviluppo per le PMI, questi sono esentati dalla notificazione preventiva se l'intensità dell'aiuto, calcolato sulla base dei costi ammissibili del progetto, non supera:

-          il 100% per la ricerca fondamentale;

-          il 60% (75% massimo se sussistono condizioni particolari) per la ricerca industriale;

-          il 35% (50% massimo se sussistono condizioni particolari) per attività di sviluppo precompetitivo.

Le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca industriale” e “attività di sviluppo precompetitivo” sono mutuate dalla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo[87].

La disciplina del regolamento, che, peraltro, introduce un massimale del totale dei costi ammissibili all’aiuto (25 milioni di euro e 40 milioni di euro nel caso di progetti Eureka ) oltre il quale esso è comunque vietato, non si applica a una serie di settori per i quali sono dettate normative speciali (carbosiderurgico, costruzioni navali, fibre sintetiche, industria automobilistica, trasporti, pesca, prodotti agricoli).

 

Quanto alle misure di aiuto di importanza minore, rientranti nel c.d. de minimis, va segnalato che essi sono attivabili su tutto il territorio nazionale, e con riferimento non solo alle PMI ma anche alle grandi imprese. Si tratta di aiuti che, in quanto particolarmente esigui, non hanno un impatto sensibile sulla concorrenza tra gli Stati membri, e possono quindi essere adottati in deroga al divieto e alle procedure di informazione previsti dal Trattato.

Tale categoria di aiuti, originariamente definita nella comunicazione della Commissione 92/C 213/02, è stata poi modificata con la comunicazione della Commissione 96/C 68/06(pubblicata in GUCE C 68 del 6 marzo 1996) e, da ultimo, dal Regolamento (CE) n. 69/2001 (GUCE L 10 del 13/1/2001). Si ricorda che il regolamento (CE) n. 69/2001, giungerà a scadenza il 31 dicembre 2006. Esso è pertanto in corso di modifica in sede europea (cfr. la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE) e il nuovo regolamento che lo sostituirà dovrebbe applicarsi dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

 

Nella categoria de minimis rientrano gli aiuti che non superano complessivamente la soglia di 100.000 Euro nell'arco di 3 anni[88]. Il limite riguarda qualsiasi aiuto pubblico accordato a tale titolo, e tutte le categorie di aiuti, indipendentemente dalla loro forma o obiettivo.

Non sono ammessi aiuti de minimis a favore di attività connesse all’esportazione[89]; sono inoltre esclusi dall’applicazione della disciplina del de minimis alcuni settori sottoposti a normative specifiche (settore dei trasporti, dell'agricoltura e della pesca[90]).

2.2.4. Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

          (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Aiuti di Stato

Il 3 luglio 2006 si è conclusa una consultazione pubblica su un progetto di regolamento relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti. La Commissione intende adottare il regolamento entro la fine dell’anno al fine di consentirne l’entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2007.

La Commissione sottolinea l’importanza degli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti al fine di favorire lo sviluppo delle regioni più svantaggiate, tramite la concessione di un sostegno agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro. Essi sono destinati, in particolare, a promuovere l’ampliamento, la razionalizzazione, l’ammodernamento e la diversificazione delle attività delle imprese ubicate nelle regioni più sfavorite, in particolare incoraggiando le imprese a insediarvi nuovi stabilimenti.

Per quanto riguarda il campo di applicazione del regolamento proposto, la Commissione precisa che esso comprenderà esclusivamente i regimi di aiuto trasparenti ovvero gli aiuti per i quali è possibile calcolare esattamente l’equivalente sovvenzione lordo come percentuale della spesa ammissibile ex ante, senza dover effettuare una valutazione di rischio. Esso, inoltre, sarà applicabile agli aiuti ad hoc, ovvero agli aiuti individuali che non sono concessi in base ad un regime di aiuti, soltanto nel caso in cui essisiano utilizzati per integrare aiuti concessi sulla base di un regime trasparente di aiuti a finalità regionale agli investimenti, con un limite massimo per la componente ad hoc del 50% degli aiuti totali da concedere per l’investimento.

Saranno esclusi dal campo di applicazione del regolamento determinati settori disciplinati da norme specifiche: l’industria carbonifera e siderurgica, le fibre sintetiche, la costruzione navale, la pesca e l’acquacoltura, le attività economiche nel ramo manifatturiero o dei servizi. I regimi di aiuti a finalità regionale destinati ad attività turistiche non sono, invece, considerati come destinati a settori specifici e sono pertanto soggetti alla disciplina del regolamento proposto.

Relativamente al settore agricolo, il regolamento proposto non si applicherà alle attività connesse con la produzione primaria (agricoltura e allevamento) dei prodotti di cui all’allegato I del Trattato CE. Si applicherà, invece, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli ad eccezione di quei prodotti che imitano o sostituiscono latte e prodotti lattiero-caseari di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1898/87 relativo alla protezione della denominazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari all’atto della loro commercializzazione.

Il regolamento proposto, infine, non si applicherà agli aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, fra cui gli aiuti subordinati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d’importazione o agli aiuti destinati alla creazione di una rete di distribuzione in altri Stati membri.

La Commissione precisa che le nuove disposizioni lasciano impregiudicato l’obbligo degli Stati membri di notificare la concessione di aiuti individuali in conformità degli obblighi assunti in relazione ad altri strumenti di aiuti di Stato, ed in particolare per quanto riguarda gli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

Richiamandosi all’articolo 87, paragrafo 3, del Trattato, in base al quale gli aiuti non devono, in genere, avere come unico effetto la riduzione dei costi sostenuti da un’impresa e devono essere proporzionati agli svantaggi da superare per conseguire i benefici socioeconomici auspicati nell’interesse comunitario, la Commissione ritiene opportuno limitare il campo di applicazione del futuro regolamento agli aiuti a finalità regionale concessi in relazione ad investimenti iniziali. Gli aiuti diversi dagli aiuti all’investimento nonché gli aiuti relativi al funzionamento e gli aiuti ai servizi di consulenza a favore delle piccole imprese di nuova costituzione resteranno pertanto soggetti all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato. La Commissione precisa, inoltre, che l’esenzione prevista dal nuovo regolamento non deve essere applicata agli aiuti cumulati con altri aiuti di Stato, inclusi quelli concessi da amministrazioni nazionali, regionali o locali, o con misure di sostegno comunitarie, oppure cumulati con altri finanziamenti comunitari o nazionali, relativamente agli stessi costi ammissibili o allo stesso progetto di investimento, quando l’importo degli aiuti cumulati superi i massimali fissati dal regolamento proposto.

Il nuovo regolamento si applicherà ai regimi di aiuto che entreranno in vigore o a cui verrà data esecuzione dopo il 31 dicembre 2006. Esso rimarrà in vigore fino a quando verrà sostituito da un nuovo regolamento o, al più tardi, fino al 31 dicembre 2013. Alla scadenza del periodo di validità del regolamento proposto, i regimi esentati continueranno a beneficiare dell’esenzione fino alla data di scadenza delle carte degli aiuti a finalità regionale in vigore.

Il regolamento proposto stabilisce, infine, l’obbligo per gli Stati membri di conservare per un periodo di 10 anni registrazioni dettagliate dei regimi di aiuti esentati in virtù del presente regolamento e degli aiuti individuali concessi in applicazione di tali regimi e di presentare relazioni annuali sull’applicazione del regolamento.

Aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese agricole

L’8 febbraio 2006 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento finalizzato ad un riordino del vigente regolamento sull’esenzione degli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese agricole (CE) 70/2001. Il progetto è stato adottato sulla base del regolamento 994/98 che autorizza la Commissione a dichiarare, a norma dell’art. 87 del trattato, che, a determinate condizioni, gli aiuti alle piccole e medie imprese sono compatibili con il mercato comune e non sono soggetti all’obbligo di notifica alla Commissione di cui all’art. 88, paragrafo 3, del Trattato. Scopo del progetto è la semplificazione della normativa sugli aiuti di Stato all’agricoltura. Le categorie di aiuti per le quali il progetto precisa le condizioni per la compatibilità sono relative agli investimenti nelle aziende agricole, la conservazione di paesaggi e fabbricati tradizionali, il trasferimento di fabbricati nell’interesse pubblico, gli aiuti all’insediamento di giovani agricoltori, gli aiuti al prepensionamento, gli aiuti alle associazioni di produttori, gli aiuti relativi a fitopatie ed epizoozie, gli aiuti per le perdite dovute alle avverse condizioni atmosferiche, gli aiuti per il pagamento di premi assicurativi, quelli intesi a promuovere la produzione di prodotti agricoli di qualità e quelli volti a coprire i costi di attività di assistenza tecnica.

Il nuovo regolamento dovrebbe trovare applicazione dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

Riforma degli aiuti “de minimis”

Il 20 settembre 2006 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica su un progetto di regolamento volto a modificare e a sostituire il regolamento (CE) n. 69/2001 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di importanza minore (“de minimis”), che giungerà a scadenza il 31 dicembre 2006. Il nuovo regolamento sarà valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. La Commissione invita le parti interessate a comunicare le proprie osservazioni sul progetto sottoposto a consultazione entro il 20 ottobre 2006.

L’iniziativa della Commissione si iscrive nell’ambito del piano d’azioneAiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerari di riforma degli aiuti di Stato 2005-2009 (COM(2005)107) presentato dalla Commissione il 7 giugno 2005 allo scopo di razionalizzare e di semplificare le procedure in materia di aiuti di Stato.

Il progetto di regolamento propone di innalzare la soglia degli aiuti “de minimis” concessi nell’arco di 3 esercizi finanziari ad una stessa impresa da 100.000 (come previsto nel regolamento (CE) n. 69/2001) a 200.000 euroal fine di tenere conto dell’andamento dell’inflazione e del PIL nell’UE fino al 2006 e dei probabili sviluppi durante il periodo di validità del regolamento (CE) n. 69/2001. Tale massimale si applica a prescindere dalla forma dell’aiuto de minimis o dall’obiettivo perseguito e a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine comunitaria. Gli aiuti de minimis non possono essere cumulati con aiuti statali relativamente allo stesso progetto.

Le nuove disposizioni dovrebbero applicarsi, a certe condizioni, anche agli aiuti concessi prima della loro entrata in vigore, compresi i settori esclusi dal campo di applicazione del regolamento (CE) n. 69/21 quali i trasporti e la commercializzazione e trasformazione di prodotti agricoli. Esse, inoltre, si applicheranno soltanto agli aiuti trasparenti ovvero agli aiuti il cui importo preciso potrà essere determinato in anticipo, senza effettuare un’analisi del rischio.

La Commissione propone di escludere dal campo di applicazione degli aiuti de minimis alcuni settori in quanto già disciplinati da norme specifiche.

Di conseguenza, in base al nuovo progetto, sarebbero esclusi dal campo di applicazione del futuro regolamento:

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore del trasporto stradale[91];

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000;

-        gli aiuti concessi ad imprese per attività nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del Trattato;

-        gli aiuti concessi alle imprese per attività nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli elencati nell’allegato I del Trattato solo nei casi seguenti: quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate o quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito ai produttori primari. Tale categoria di aiuti, di conseguenza, non dovrebbe più essere soggetta al regolamento (CE) n. 1860/2004 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti de minimis nel settore dell’agricoltura e della pesca;

-        gli aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri. La Commissione precisa che non costituiscono di norma aiuti all’esportazione gli aiuti inerenti ai costi di partecipazione a fiere commerciali né quelli relativi a studi o servizi di consulenza necessari per il lancio di prodotti nuovi e o esistenti su un nuovo mercato;

-        gli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione;

-        gli aiuti ad imprese attive nel settore carbonifero ai sensi del regolamento (CE) n. 1407/2002.

 

Infine, il nuovo progetto di modifica fornisce indicazioni precise in materia di prestiti, conferimenti di capitale, capitale di rischio e garanzie.

Esso stabilisce, in particolare, che:

-        gli aiuti concessi sotto forma di prestiti sono trattati come aiuti de minimis trasparenti se il beneficiario non è un’impresa in difficoltà e l’equivalente sovvenzione lordo è calcolato sulla base dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione e se il prestito è assistito dalle normali garanzie;

-        gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non sono considerati come aiuti de minimis trasparenti a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore alla soglia de minimis;

-        gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio non sono considerati aiuti de minimis trasparenti a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato non preveda apporti di capitali pubblici per un importo non superiore alla soglia de minimis per ogni impresa destinataria;

-        gli aiuti individuali nel quadro di un regime di garanzia a piccole e medie imprese che non sono imprese in difficoltà sono trattati come aiuti de minimis trasparenti se il prestito totale che sottende la garanzia individuale fornita nell’ambito di tale regime non supera 1.700.000 euro per impresa beneficiaria e la garanzia non supera l’80% del prestito. Nelle intenzioni della Commissione, questo dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere regimi di garanzia a favore delle PMI senza eccessivi oneri burocratici e assicurando la certezza del diritto. Sotto questo profilo il nuovo regolamento integrerà gli orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese pubblicati dalla Commissione il 19 luglio 2006.

 

Il 22 giugno 2006 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento sugli aiuti de minimis al settore della pesca. Per aiuti de minimis si intendono gli aiuti di Stato considerati tali da non provocare distorsioni della concorrenza. Il progetto innalza a 30.000 euro (dagli attuali 3.000 euro) il massimale degli aiuti de minimis che ciascun beneficiario potrà ricevere in un triennio fiscale, a condizione che tale massimale corrisponda a meno del 2,5% della produzione annuale del settore a livello nazionale. Inoltre, gli aiuti non potranno essere utilizzati per acquistare o costruire nuovi imbarcazioni o per aumentare la capacità della flotta.

 

Il 4 ottobre 2006 la Commissione ha adottato una decisione relativa alla ripartizione tra Stati membri delle risorse del Fondo europeo per la pesca (FEP) per il periodo 2007-2013. All’Italia sono assegnati 376.594.654 euro .

Aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione

L’8 settembre 2006 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica su un documento di lavoro in vista della revisione degli aiuti di Stato a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione (RSI). La Commissione invita le parti interessate a presentare le proprie osservazioni entro il 13 ottobre 2006.

Considerato che nel contesto della strategia di Lisbona il livello attuale di ricerca, sviluppo e innovazione è insufficiente per l’economia europea, la Commissione sottolinea la necessità di modernizzare e potenziare le attuali regole in materia di aiuti di Stato in questo settore al fine di garantire una maggiore crescita nell’UE.

A tal fine la Commissione intende, in particolare, estendere le attuali possibilità di aiuto a favore della ricerca e dello sviluppo a nuove azioni a sostegno dell’innovazione considerata non in senso astratto, ma legata ad attività concrete, volte espressamente a rimediare a fallimenti del mercato che ostacolano l’innovazione e per le quali i benefici derivanti dagli aiuti di Stato possono controbilanciare eventuali distorsioni della concorrenza e del commercio.

La Commissione, inoltre, intende promuovere una migliore amministrazione degli aiuti di Stato concessi in questo settore, aumentando l’ambito delle esenzioni per categoria, attualmente limitate agli aiuti alle PMI. A tal fine le misure di aiuto alle RSI meno problematiche saranno oggetto di un futuro regolamento generale sulle esenzioni per categoria. La Commissione precisa, infine, che non saranno autorizzate le misure di aiuto che escludono la possibilità di sfruttare i risultati della RSI in altri Stati membri.

Per quanto riguarda il campo di applicazione della nuova disciplina proposta dalla Commissione, essa si applicherà agli aiuti di Stato alle RSI in campo ambientale, viste le numerose sinergie da sfruttare tra l’innovazione finalizzata alla qualità e al rendimento e quella volta ad ottimizzare l’uso dell’energia, la gestione dei rifiuti e la sicurezza. Inoltre gli aiuti a favore dell’occupazione e della formazione dei ricercatori continueranno ad essere disciplinati dagli specifici strumenti sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione e della formazione, ovvero dal regolamento (CE) n. 68/2001, relativo agli aiuti destinati alla formazione, e dal regolamento (CE) n. 2204/2002, relativo agli aiuti a favore dell’occupazione. Sono, infine, esclusi dal campo di applicazione della disciplina gli aiuti per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo a favore delle imprese in difficoltà in conformità degli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

In considerazione del maggiore rischio che determinate misure possano provocare distorsioni della concorrenza e degli scambi, la Commissione intende procedere ad una valutazione dettagliata della compatibilità di una misura di aiuto con il mercato comune in base ad un test comparativo articolato in tre fasi: le prime due concernenti gli effetti positivi della misura ai fini del conseguimento di un obiettivo di comune interesse e la terza gli effetti potenzialmente negativi di distorsione degli scambi e della concorrenza nonché il saldo tra effetti positivi e negativi. La valutazione dettagliata riguarderà, in particolare, le misure che rientrano nel campo di applicazione di un regolamento di esenzione per categoria e, per quanto riguarda le misure che rientrano nel campo di applicazione della nuova disciplina proposta, gli aiuti a progetti e studi di fattibilità, gli aiuti all’innovazione del processo e o dell’organizzazione in attività relative a servizi e gli aiuti ai poli di innovazione a condizione che, per tutte le fattispecie contemplate, l’importo dell’aiuto superi i 5 milioni di euro.

La nuova disciplina dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2013. La Commissione applicherà la disciplina a tutti i progetti di aiuto notificati sui quali deve rendere una decisione dopo la sua pubblicazione anche nel caso in cui i progetti siano stati notificati prima della pubblicazione. La nuova disciplina prevede, infine, una serie di obblighi a carico degli Stati membri i quali sono tenuti a:

-        esprimere il loro accordo incondizionato alle misure proposte entro 2 mesi dalla data di pubblicazione della presente disciplina. In caso contrario la Commissione riterrà che lo Stato membro non concorda con le misure proposte;

-        adattare alla nuova disciplina i vecchi regimi entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore e presentare relazioni annuali relative a misure di aiuto a favore della RSI.

Revisione del regolamento (CE) n. 2204/2002/CE

Il 25 agosto 2006 si è conclusa una consultazione pubblica su un progetto di regolamento finalizzato ad estendere di un anno, fino al 31 dicembre 2007, il periodo di validità del regolamento (CE) n. 2204/2002 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione.

2.2.5. Le disposizioni del disegno di legge finanziaria 2007

Tra le disposizioni del disegno di legge finanziaria rilevanti ai fini della compatibilità con la disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato, si segnalano, in particolare:

-          Articolo 18 (Interventi di riduzione del cuneo ed incentivi all'occupazione femminile nelle aree svantaggiate): introduce misure volte a favorire la competitività delle imprese, in particolare attraverso la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, operata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), con la previsione di ulteriori deduzioni, con speciali disposizioni agevolative nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici;

-          Articolo 19 (Credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate): introduce un regime agevolativo per le imprese localizzate nelle aree svantaggiate del Sud, al fine di incentivarne gli investimenti. Destinatarie del contributo sono le imprese localizzate nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall’art. 87, par. 3, lett. a) e c), TCE, come individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013, attualmente in via di elaborazione. L’efficacia della norma è comunque subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, in base al par. 3 dell’art. 88 TCE (comma 9);

-          Articolo 20 (Disposizioni varie in materia fiscale): concede un credito d’imposta per incentivare le attività di ricerca fondamentale, industriale e di sviluppo. Anche in questo caso, l’efficacia della norma è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, in base al par. 3 dell’art. 88 TCE (comma 5);

-          Articolo 21 (Misure a sostegno delle zone franche urbane): istituisce delle zone franche urbane, da individuare in aree e quartieri particolarmente degradati nelle città del Mezzogiorno, nelle quali favorire lo sviluppo economico e sociale anche attraverso interventi di recupero urbano. Le agevolazioni sono disciplinate in linea con gli Orientamenti comunitari in materia di aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013;

-          Articolo 30 (Agevolazioni fiscali in scadenza al 31 dicembre 2006): in particolare i commi 5 e 6 intervengono sulla proroga di alcune agevolazioni in materia di accise applicabili a determinati prodotti energetici, dalla data di entrata in vigore della legge in esame al 31 dicembre 2007; il comma 6 dell’articolo 30 in esame subordina l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 5, lettera a), alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

L’agevolazione era stata autorizzata dalle disposizioni comunitarie, da ultimo contenute nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità. L’articolo 2 della direttiva 2003/96/CE individua, fra l’altro, i prodotti energetici e l’elettricità ai quali applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa. Per "livello di tassazione", ai sensi dell’articolo 4, s’intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo. In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5). L’articolo 7 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010 i livelli minimi di tassazione da applicare ai carburanti per motori sono quelli fissati nell'allegato I, tabella A. L’articolo 18, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell'allegato II per ogni singolo Stato. Previo esame da parte del Consiglio in base a una proposta della Commissione, l'autorizzazione scade il 31 dicembre 2006 o alla data specificata nell'allegato II. Per quanto riguarda l’Italia, l’allegato II, al punto 8, tra le riduzioni delle aliquote di imposizione ed esenzioni dall'imposizione, prevede l’applicazione di un’aliquota ridotta di accisa alle emulsioni acqua/gasolio e acqua/olio combustibile pesante a decorrere dal 1° ottobre 2000 e fino al 31 dicembre 2005, a condizione che tali aliquote differenziate siano conformi agli obblighi stabiliti dalla direttiva medesima, in particolare alle aliquote minime di accisa.

Con riferimento alla lett. c), concernente il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento in particolari zone geografiche, si ricorda che con la decisione 2001/224/CE del Consiglio, l’Italia è stata autorizzata, in deroga alle disposizioni della direttiva 92/82/CEE, ad applicare, sino al 31 dicembre 2006, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, aliquote ridotte di accisa sul gasolio domestico per riscaldamento e sul GPL usato come combustibile per il riscaldamento e distribuito dalle reti locali, a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa di cui agli articoli 5 e 7 della direttiva 92/82/CEE. In base a tali disposizioni, l'aliquota minima dell'accisa sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata, rispettivamente, in 18 euro per 1.000 litri e in 0 euro per 1.000 litri. La direttiva 2003/96/CE del Consiglio, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha disposto l’abrogazione, con effetto dal 31 dicembre 2003, della citata direttiva 92/82/CEE. Peraltro, in base all’articolo 18 e all’allegato II alla direttiva 2003/96/CE, resta ferma la possibilità per l’Italia di applicare, sino al 31 dicembre 2006, l’aliquota ridotta sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento, sempre a condizione che tali aliquote siano conformi alle aliquote minime di accisa previste dalla stessa direttiva. Ai sensi all’articolo 9 della direttiva 2003/96/CE e dell'allegato I alla medesima direttiva, a decorrere dal 1° gennaio 2004 l'aliquota minima dell'accisa, rispettivamente, sul gasolio per riscaldamento e sul GPL per riscaldamento è fissata a 21 euro per 1000 litri e a 0 euro per 1000 litri.

Infine, in relazione alla lett. h), che proroga, per l’anno 2007, l’esenzione da accisa in favore del gasolio usato per le coltivazioni sotto serra, si segnala che la Commissione europea, con lettera in data 18 febbraio 2004 (pubblicata sulla GUCE C n. 69 del 19 marzo 2004), ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del Trattato CE nei confronti dell’aiuto di Stato previsto dall’articolo 5, comma 5, del D.L. 30 settembre 2000, n. 268 (Aiuto C 6/04 – ex NN70/01). In data 19 gennaio 2005, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura di esame, ai sensi delle disposizioni sugli aiuti di Stato, circa le riduzioni delle accise sui carburanti utilizzati per il riscaldamento delle serre in Italia.

-          Articolo 152 (Interventi per il settore agricolo) reca una serie di interventi nel settore agricolo. In particolare, i commi 1-4 prevedono un cambio di finalizzazione allo stanziamento di 10 milioni di euro annui previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 99 del 2004 per il credito d’imposta in favore dei giovani imprenditori agricoli. Nella relazione illustrativa si chiarisce la finalità delle norme evidenziando che “La Commissione ritiene infatti la norma contraria alle regole della concorrenza. Si tratta quindi della riprogrammazione di uno stanziamento esistente verso finalità compatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato”. Al riguardo si fa tuttavia presente che non risulta avviata alcuna procedura di infrazione sulla materia. Analogamente, i commi 5 e 6 prevedono un cambio di finalizzazione dei fondi destinati all’emergenza aviaria dall’articolo 1-bis, commi 8, 13 e 14, del decreto-legge n.2 del 2006. Nella relazione illustrativa si chiarisce la finalità delle norme, evidenziando che si tratta dei fondi originariamente destinati all’emergenza aviaria che “la Commissione ritiene incompatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Si tratta quindi della riprogrammazione di uno stanziamento esistente verso finalità compatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato, d’intesa con le regioni”. Al riguardo si fa tuttavia presente che non risulta avviata alcuna procedura di infrazione sulla materia.


Parte V
La strategia di Lisbona

(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)


Gli obiettivi

Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha definito una serie di azioni volte a far sì che entro il 2010 l’Unione europea consegua l’obiettivo di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

Gli obiettivi della strategia, precisati nella revisione intermedia dell’aprile 2005, consistono in:

·        migliorare le politiche in materia di società dell’informazione e di ricerca e sviluppo tecnologico;

·        modernizzare il modello sociale europeo;

·        promuovere un contesto economico sano e prospettive di crescita favorevoli applicando un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche;

·        integrare pienamente la dimensione ambientale nelle politiche per lo sviluppo.

Il Consiglio europeo di Lisbona, inoltre, ha previsto che il Consiglio europeo si riunisca ogni primavera, sulla base di una relazione annuale della Commissione, per valutare lo stato di attuazione della strategia.

Linee integrate per la crescita e l’occupazione

Con la revisione intermedia si è inteso anche coinvolgere tutte le forze interessate (Parlamenti, autorità locali, parti sociali e società civile) nella migliore realizzazione della strategia, che è stata orientata in un ciclo triennale. La Commissione ha presentato le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008, approvate dal Consiglio europeo di giugno 2005.

Il documento della Commissione si articola in due parti, concentrate su un numero limitato di misure considerate essenziali per aumentare la crescita e l’occupazione:

·         una raccomandazione (2005/601/CE) del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE), applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità. I GOPE definiscono le linee direttrici macroeconomiche – intese a sostenere uno sviluppo economico equilibrato e a sfruttare il massimo potenziale attuale di crescita – e le linee direttrici microeconomiche – intese a rinforzare l’efficacia e la capacità di adattamento dell’economia europea ed accrescerne il potenziale di crescita;

·         una decisione (2005/600/CE) del Consiglio del 12 luglio 2005, recante le linee direttrici per l’occupazione che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e negli Stati membri.

Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno definito programmi di riforma nazionali, che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate e successivamente esaminati dalla Commissione europea.

Come complemento dei programmi nazionali di riforma, a luglio 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione. Il programma propone misure suddivise in tre settori principali:

·         porre la conoscenza e l’innovazione al servizio della crescita;

·         rendere l’Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro;

·         creare nuovi e migliori posti di lavoro.

Relazione sui progressi nell’attuazione della strategia

I progressi compiuti, sia in ambito nazionale sia in quello comunitario, vengono monitorati nel quadro di un’unica relazione annuale dell’Unione europea sullo stato di avanzamento. Sulla base di tale relazione annuale la Commissione intende valutare le ulteriori azioni eventualmente necessarie a livello comunitario per rivedere di conseguenza il programma della strategia di Lisbona.

Il 25 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la relazione annualesui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata, destinata al Consiglio europeo di primavera 2006. Scopo della relazione è imprimere nuovo slancio e accelerare il conseguimento degli obiettivi.

Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione condivide l’analisi presentata dal programma nazionale di riforma (Piano per l’innovazione, la crescita e l’occupazione, PICO) ma ritiene che una delle principali sfide per l’Italia sia quella di accrescere in generale la concorrenza su tutti i mercati, anche attraverso l’approfondimento del mercato interno. La relazione della Commissione incoraggia le autorità italiane ad accrescere i loro sforzi per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche e ad adottare misure più incisive e più specifiche per promuovere la concorrenza, soprattutto nelle industrie  e nei servizi di rete. Sollecita inoltre l’adozione di un approccio più generale diretto ad accrescere l’offerta di lavoro e i tassi di occupazione, intervenendo in particolare sulle disparità regionali.

La Commissione sottolinea che, nonostante il basso tasso di crescita, la creazione di un numero consistente di posti di lavoro negli ultimi anni ha contribuito a far scendere il tasso di disoccupazione all’8% nel 2004, ossia al di sotto della media UE. Contemporaneamente il tasso di occupazione, pari al 57,6% (2004) rimane molto al di sotto dell’obiettivo di Lisbona. Osserva inoltre che l’Italia ha registrato una perdita di competitività sul piano internazionale e ha un debito pubblico molto forte.

La relazione della Commissione  identifica quattro azioni prioritarie, per ciascuna delle quali presenta proposte per ottenere che, al Consiglio europeo di marzo, i leader europei si impegnino ad attuare le azioni proposte e onorino il loro impegno entro il 2007:

·         investire nell’istruzione e nella ricerca;

·         eliminare le costrizioni per le piccole e medie imprese e liberare il potenziale delle imprese;

·         creare migliori e più numerosi posti di lavoro per far fronte alla globalizzazione e all’invecchiamento della popolazione;

·         garantire l’approvvigionamento efficiente, sicuro e sostenibile dell’energia.

Il Consiglio europeo di primavera 2006

Il Consiglio europeo di primavera del 23 e 24 marzo 2006, accogliendo favorevolmente la relazione annuale della Commissione, ha sottolineato che la massima priorità per gli Stati membri nel 2006 sarà costituita dall’attuazione tempestiva e completa delle misure concordate nei programmi nazionali.

Il Consiglio europeo, in particolare,

·         chiede agli Stati membri di riferire nell’autunno 2006 sulle misure adottate per attuare i programmi nazionali di riforma e invita a tener conto di questi ultimi nell’elaborazione dei quadri di riferimento strategico nazionali per la coesione;

·         invita inoltre il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a organizzare lo scambio di esperienze e la Commissione a rivolgere particolare attenzione, nella sua relazione destinata al Consiglio europeo di primavera 2007, ai progressi verso l’attuazione dei programmi nazionali di riforma, alle azioni prioritarie, e alle eventuali ulteriori misure che potrebbero risultare necessarie.

Il Consiglio europeo, nel confermare la validità degli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione per il 2005-2008, conviene quanto segue:

·         definizione di settori specifici per azioni prioritarie da attuare entro la fine del 2007:

-    aumentare gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione;

-    liberare il potenziale delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese;

-    accrescere le opportunità di lavoro per le categorie prioritarie (giovani, donne, lavoratori anziani, immigrati legali e minoranze etniche);

·         nuova politica energetica per l’Europa, che dovrebbe contribuire in modo equilibrato ai suoi tre obiettivi principali:

-    aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento;

-    assicurare la competitività delle economie europee;

-    promuovere al sostenibilità ambientale;

·         misure che devono essere assunte a tutti i livelli per mantenere lo slancio in tutti i pilastri del partenariato per la crescita e l’occupazione:

-    assicurare finanze pubbliche sane e sostenibili;

-    favorire il completamento del mercato interno e promozione degli investimenti;

-    rafforzare la coesione sociale;

-    promuovere una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale.

Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006

Il più recente Consiglio europeo ha ribadito che il rilancio della strategia di Lisbona è stato orientato sulle questioni di maggiore importanza per i cittadini, cioè la crescita e l’occupazione, in piena coerenza con la strategia per lo sviluppo sostenibile. Il Consiglio europeo ha ricordato altresì l’importanza attribuita agli investimenti nella conoscenza e nell’innovazione, al potenziale delle imprese e all’occupazione per le categorie prioritarie.

 

Il Consiglio europeo ha accolto positivamente l’intenzione della Commissione e degli Stati membri di perseguire vigorosamente la strategia di Lisbona ed assicurare il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria. Ha inoltre ricordato che, nel corso del primo trimestre del 2006, il numero degli occupati nell’UE è aumentato di 1,8 milioni.


Documentazione

 


 



[1]     A seguito della riforma del Governo introdotta con il decreto legislativo n. 300/1999 e con il successivo D.L. n. 217/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 317/2001, si è proceduto all’accorpamento di alcuni stati di previsione della spesa, passati, infatti, dai precedenti 18 agli attuali 14.

[2]    Poi modificato, ma non su  questi punti, dal D.Lgs 5/12/2003 n. 343

[3]    In seguito alla riforma dei Ministeri di cui al decreto legislativo n. 300/1999, ed alle successive modificazioni e integrazioni, a partire dal 2001 la struttura del bilancio dello Stato è stata modificata: in via transitoria l’ex Ministero del Tesoro è una sezione distinta nell’ambito del nuovo Ministero dell’economia e delle finanze.E’ quindi a tale stato di previsione che occorre fare riferimento per gli stanziamenti complessivamente imputati alla Presidenza del Consiglio.

[4]    Tale decreto ha integralmente sostituito il precedente DPCM 23 dicembre 1999, recante anch’esso “Disciplina dell’autonomia finanziaria e della contabilità della Presidenza del Consiglio”.

[5]     In G.U. 2 febbraio 2006, S.O. n. 25.

[6]     In G.U. 25 giugno 2005, n. 113.

[7]    Legge 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[8]    Ulteriori caratteristiche del nuovo sistema rispetto al precedente sono le seguenti:

-          l'imponibile massimo IVA sulla base del quale va calcolata l'aliquota di prelievo resterà fissato al 50% del PNL di ciascuno Stato membro ("livellamento della risorsa IVA");

-          la risorsa IVA è uguale all'aliquota effettiva IVA applicata alle basi imponibili IVA (compreso un eventuale livellamento);

-          il metodo di riscossione delle risorse proprie continuerà ad essere determinato da disposizioni nazionali, sulle quali la Commissione eserciterà un regolare controllo. Gli Stati membri informeranno altresì regolarmente la Commissione delle anomalie che possono avere un impatto finanziario, riscontrate in sede di riscossione;

-          non saranno create nuove risorse proprie ma la Commissione dovrà avviare prima del 1° gennaio 2006, un riesame generale del funzionamento del sistema delle risorse proprie, anche alla luce dell’allargamento;

-          vengono applicate le nozioni statistiche più recenti, definite nel sistema europeo dei conti economici integrati (SEC 95 - regolamento CE n. 2223/96): per PNL si intende il RNL dell’anno ai prezzi di mercato fornito dalla Commissione in applicazione del SEC95;

-          vengono apportati correttivi (un sistema differenziato per Stato membro) e adeguamenti tecnici (a favore del Regno Unito) al sistema della correzione britannica.

[9]     Era pari allo 0,75 % nel periodo 2002-2003.

[10]    Il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005 (A.C. 1253 – A.S. 1059), approvato dalla Camera il 3 ottobre 2006, è attualmente all’esame del Senato.

[11]    Nel 2004 la quota di contribuzione italiana era di 13.358 milioni di euro, pari al 14,1% del totale della contribuzione a livello UE; nel 2003 era di 11.906 milioni di Euro, pari al 14,2% del totale della contribuzione a livello UE; nel 2002 la contribuzione italiana era di 11.654 milioni di euro, pari al 14,4% del totale della contribuzione a livello UE.

[12]    Si ricorda che per “Correzione (rebate) britannica” si intende il ristorno finanziario di circa 4,6 miliardi di euro l'anno di cui il governo inglese beneficia dal 1984 come compensazione ex-post per lo squilibrio fra versamenti alle casse di Bruxelles e ritorni diretti (agricoltura ed aiuti regionali) - nell’ambito dei negoziati sulle prospettive finanziarie dell’Unione.

[13]   Nella legge di bilancio 2005 erano 15.700 milioni di euro.

[14]    Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell' 11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999.

[15]    Si ricorda che nel precedente periodo di programmazione 2000-2006 i principali strumenti finanziari erano:

-     FEOGA sezione Orientamento (che finanziava il miglioramento delle strutture agricole) e FEOGA sezione Garanzia (che finanziava la Politica Agricola Comune intervenendo direttamente sui prezzi dei prodotti agricoli);

-     Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) che sovvenzionava la politica regionale nelle regioni in ritardo;

-     Fondo sociale europeo (FSE) che finanziava interventi di formazione professionale per la politica sociale e l’occupazione);

-     SFOP (Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca);

-     Fondo di coesione (istituito dall’art. 161 del Trattato CE), di cui beneficiavano solo Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo e che interveniva nei settori dell’ambiente e delle reti transeuropee.

[16]    Nel 2000 erano stati 19.199miliardi di lire; nel 2001, 15.235,5 miliardi di lire; nel 2002, 7.809 milioni di euro, nel 2003 10.194 milioni di euro, e nel 2004  9.669,257 milioni di euro.

[17]   Cfr. il dossier del Servizio Studi Progetti di legge n. 25/14 Rendiconto 2005 - Assestamento 2006.

[18]    Procedura di infrazione 2006/4379

[19]    La disposizione designa i soggetti con minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

[20]    Procedura di infrazione 2002/5450.

[21]    Dall’articolo 10 del Testo unico delle imposte sui redditi emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917.

[22]    L’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) è stato firmato nel maggio 1992 tra gli Stati allora membri della Comunità economica europea e gli Stati membri dell’Area europea di libero scambio (EFTA: all’epoca Austria, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svizzera e Svezia. A seguito dell'esito negativo di un referendum tenutosi nel dicembre 1992, tuttavia, la Svizzera non ha ratificato l'accordo; si ricorda inoltre che successivamente alla firma dell’accordo, nel 1995, Austria, Finlandia e Svezia sono entrate a far parte della Comunità europea). Lo scopo del SEE è la creazione di un mercato unico che copra non solo la Comunità europea, ma anche i paesi dell'Area Europea di Libero Scambio. Nel maggio 1995 anche il Liechtenstein è entrato a far parte del SEE.

[23]    Vale a dire quelli di cui all’articolo 44 (in precedenza 41), comma 1, lettera g) del TUIR.

[24]    Procedura 2002/2291.

[25]    Da notizie di stampa, risulta che la Commissione ha avviato procedure di infrazione in materia di tassazione della previdenza nei confronti di altri sette Paesi dell’UE: Belgio, Danimarca, Irlanda, Francia, Portogallo, Spagna e Regno Unito.

[26]   La finalità di tale decreto (art. 1) è quella di promuovere l'utilizzazione di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili in sostituzione di carburante diesel o di benzina nei trasporti, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di sicurezza dell'approvvigionamento di fonti di energia rispettando l'ambiente, e di promozione delle fonti di energia rinnovabili.

[27]   Decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, il cui articolo 26 reca “Interventi nel settore agroenergetico”.

[28]  Il biogas carburante, secondo la definizione contenuta nell’allegato I al D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 128, recante Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, è il gas combustibile ricavato dalla biomassa ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti, che può essere trattato in un impianto di purificazione così da ottenere una qualità analoga a quella del gas naturale, al fine di essere usato come biocarburante o gas di legna.

[29]    Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005)0628)riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628) con il quale la Commissione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, rafforzare l'offerta, rimuovere gli ostacoli tecnici e sviluppare la ricerca (per un’illustrazione sui contenuti generali del piano, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156).

[30]    La proposta (COM(2005)634), presentata il 21 dicembre 2005 dalla Commissione, ha come obiettivo quello di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti e contribuire a creare un mercato per i veicoli puliti (per un’illustrazione sui contenuti generali della direttiva, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156 e all’art. 160)

[31]    Proc. n. 2004/2296 – causa C-61/06.

[32]    Proc. n. 2005/2371.

[33]    Proc. n. 2005/2384.

[34]    Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[35]    Le questioni erano state sollevate da diversi enti territoriali per una presunta violazione dell’autonomia finanziaria ad essi riconosciuta dall’articolo 119 della Costituzione. La Corte costituzionale ha invece riconosciuto alla disciplina impugnata la natura di princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Secondo la Corte, «non può contestarsi la legittimità costituzionale della norma che consente agli enti autonomi di aderire alle convenzioni statali, trattandosi di previsione meramente facoltizzante. Ma anche l'obbligo imposto di adottare i prezzi delle convenzioni come base d'asta al ribasso per gli acquisti effettuati autonomamente, pur realizzando un'ingerenza non poco penetrante nell'autonomia degli enti quanto alla gestione della spesa, non supera i limiti di un principio di coordinamento adottato entro l'ambito della discrezionalità del legislatore statale» (sentenze n. 36/2004 e n. 417/2005).

[36]    Nel corso della XIII legislatura, nel quadro della riforma del Ministero dell’economia e finanze, il D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 414, e il D.M. 22 dicembre 1997 hanno previsto l’attribuzione delle attività informatiche riservate allo Stato in materia di finanza e contabilità pubblica alla CONSIP S.p.A., società con capitale interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze, e operante secondo gli indirizzi strategici stabiliti da quest’ultimo.       Le competenze della CONSIP sono state successivamente ampliate in virtù di due interventi normativi, qualificati come funzionali ad un disegno generale di razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni allo scopo di conseguire significativi risparmi di spesa. In particolare, il sopra citato art. 26 della legge finanziaria per il 2000, nella sua formulazione originaria, aveva previsto l’obbligo per le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato all’acquisto dei beni e servizi necessari, avvalendosi di convenzioni stipulate, in forma centralizzata, dal Ministero del Tesoro con fornitori scelti mediante gare ad evidenza pubblica conformi alle norme comunitarie; la facoltà per le pubbliche amministrazioni diverse da quella statale di servirsi delle convenzioni e, in ogni caso, l’obbligo di utilizzarne i parametri di qualità e di prezzo per acquistare beni comparabili. Successivamente, gli articoli 58 e 59 della legge finanziaria per il 2001 hanno introdotto ulteriori norme rafforzative alla disciplina delle convenzioni centralizzate e relative all’acquisto di beni e servizi da parte degli enti decentrati di spesa .

[37]    Per una più analitica ricostruzione degli interventi legislativi nel corso della XIV legislatura, si rimanda al Dossier Documentazione e ricerche n. 2/5 del Servizio Studi-Dipartimento Bilancio.

[38]    E’ ammesso anche il ricorso alla locazione finanziaria. I contratti conclusi con l'accettazione di tali ordinativi non sono sottoposti al parere di congruità economica

[39]   Nel caso di adesione alle convenzioni stipulate dalla CONSIP S.p.A., ai sensi dell’articolo 26 della legge n. 488 del 1999, la disposizione in esame dispone ulteriori limitazioni, prevedendo che le quantità fisiche dei beni acquistati e il volume dei servizi non possa eccedere quelli risultanti dalla media del triennio precedente. I contratti stipulati in violazione degli obblighi indicati dal comma in esame sono nulli e il dipendente che ha sottoscritto il contratto risponde a titolo personale delle obbligazioni eventualmente derivanti dai contratti stipulati in violazione di legge.

[40]    L’articolo 71 stabilisce che le regole tecniche sono dettate, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con le amministrazioni di volta in volta indicate nel presente codice, sentita la Conferenza unificata stato-città ed autonomie locali, ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previa acquisizione obbligatoria del parere tecnico del CNIPA in modo da garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività e con le regole di cui al disciplinare pubblicato in allegato B al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Le regole tecniche di cui al presente codice sono dettate in conformità alle discipline risultanti dal processo di standardizzazione tecnologica a livello internazionale ed alle normative dell'Unione europea.

[41]    In particolare vengono promosse, sentiti rispettivamente il Ministro dell'interno, il Ministro della sanità e il Ministro dell'università più aggregazioni di province e di comuni, appartenenti a regioni diverse, indicati dalla Conferenza Stato - città ed autonomie locali; più aggregazioni di aziende sanitarie e ospedaliere appartenenti a regioni diverse indicate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; più aggregazioni di università appartenenti a regioni diverse indicate dalla Conferenza permanente dei rettori delle università italiane. In luogo di queste ultime aggregazioni, una o più università possono costituire fondazioni di diritto privato con la partecipazione di enti ed amministrazioni pubbliche e soggetti privati. La norma demanda ad un regolamento di delegificazione la determinazione dei criteri e delle modalità per la costituzione e il funzionamento delle predette fondazioni.

[42]    Il Ministro dell’economia, inoltre, con le medesime procedure di cui allo stesso articolo 26, promuove le intese necessarie per il collegamento a rete delle amministrazioni interessate con criteri di uniformità ed omogeneità.

[43]    Procedura n. 2002/2243.

[44]    Causa C-81/88.

[45]    Procedura n. 2006/0282.

[46]    Procedura n. 2006/0288.

[47]    Direttiva 2004/17/CE che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.

[48]    Il comma 1 in particolare, consente al CIPE di modificare l’allocazione degli stanziamenti del “Fondo per le aree sottoutilizzate”, previsto dal successivo articolo 61 e delle risorse del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese”, di cui all’articolo 52 della legge n. 488/1998, limitatamente alla parte destinata agli interventi relativi alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area). Il secondo periodo del comma 1 stabilisce che la diversa allocazione delle risorse, che deve comunque interessare esclusivamente gli interventi sopraindicati e ricadenti nelle aree sottoutilizzate, viene effettuata in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari ovvero alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. Si stabilisce, inoltre, che le deliberazioni di riallocazione delle risorse disponibili potranno essere adottate dal CIPE esclusivamente sotto la presidenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, escludendo la possibilità di una delega da parte di quest’ultimo a favore di singoli Ministri.

      Il comma 2 stabilisce l’obbligo del CIPE di informare ogni 4 mesi il Parlamento delle operazioni di riallocazione delle risorse. Contestualmente viene previsto l’obbligo per i soggetti gestori delle diverse forme di intervento di comunicare, anch’essi ogni 4 mesi, al CIPE i dati sugli interventi effettuati, compresi quelli sulla localizzazione.

[49]    L’art. 11 comma 3, lett. F della legge 468/78, prevede il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208.

[50]    D.M. 15 giugno 2004 “Costituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicata all’innovazione tecnologica” , pubblicato nella G.U. n. 150 del 29 giugno 2004.

[51]    L'invenzione industriale è la soluzione ad un problema tecnico non ancora risolto. Essa si realizza come un nuovo metodo o processo di lavorazione industriale, uno strumento, utensile o dispositivo meccanico che costituisce un'innovazione rispetto allo stato della tecnica, atto ad essere applicato in campo industriale. Il modello di utilità consiste in un ritrovato che fornisce particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti. Per disegno o modello s'intende, invece, l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale o dei materiali del prodotto stesso o del suo ornamento.

[52]    La società Sviluppo Italia Spa è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 1/1999, con funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse, nonché di attrazione degli investimenti. A tal fine, il D.Lgs. istitutivo prevedeva il conferimento in Sviluppo Italia o, comunque, l’acquisto da parte di essa, delle partecipazioni azionarie delle società che svolgevano le attività ad essa attribuite.

      A seguito del D.Lgs. n. 3/2000, che ha previsto la possibilità per la società di operare tramite propri rami di azienda, il consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia Spa, nel gennaio 2000, ha deciso di procedere alla fusione per incorporazione delle società SPI, ITAINVEST, IG, INSUD, RIBS e FINAGRA, nonché di Progetto Italia e Investire Italia.

      Sviluppo Italia Spa, controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze, detiene attualmente un portafoglio di partecipazioni costituito da circa 170 società. Le partecipazioni industriali riguardano prevalentemente i settori agroalimentare e turistico, ma sono presenti anche nei comparti manifatturiero, alta tecnologia e terziario.

      Per realizzare la propria missione istituzionale la società si avvale di un sistema integrato di strumenti finanziari e normativi.

      In particolare, Sviluppo Italia continua a gestire le leggi che precedentemente erano di competenza delle varie società in essa confluite: l’imprenditoria giovanile e il prestito d’onore della IG (ora definiti “autoimpiego e autoimprenditorialità”); la siderurgia (legge 181/1989) e la promozione e lo sviluppo di attività imprenditoriali della SPI; il settore turistico della INSUD; le attività finanziarie di ITAINVEST; gli interventi nel settore agro-alimentare di RIBS e Finagra.

[53]    II decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62 stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[54]    L’Accordo dell’Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e dei modelli industriali è costituito da tre Atti differenti: Atto di Londra del 1934; Atto dell’Aja del 1960 e Atto di Ginevra del 1999. I tre Atti sono autonomi e le parti contraenti sono libere di decidere a quale aderire. Il sistema dell’Atto di Ginevra è diventato pienamente operativo a partire dal 1° aprile 2004. Le parti contraenti diventano automaticamente membri dell’Unione dell’Aja, di cui attualmente fanno parte 42 Stati, tra cui 12 Stati membri dell’UE, compresa l’Italia.

[55]    Tale regolamento ha abrogato, di conseguenza, la precedente disciplina, contenuta nel Regolamento CE n. 1260/1999.

[56]   L’obiettivo “Convergenza”, che assume carattere prioritario per l’intervento dei fondi, sostituendo l’obiettivo 1 dell’attuale programmazione, è inteso ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni meno sviluppate attraverso il miglioramento delle condizioni di crescita e di occupazione basate sull’aumento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo sviluppo dell’innovazione, l’adattabilità ai cambianti economici e sociali, la protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente e l’efficacia amministrativa. L’obiettivo interessa le aree europee meno sviluppate, corrispondenti al livello NUTS II, il cui PIL per abitante, calcolato in base ai dati degli ultimi tre anni, è inferiore al 75% della media comunitaria. Per l’Italia, rientrano, ai sensi della Decisione della Commissione del 4 agosto 2006, le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

      La Commissione ha peraltro previsto che, in via transitoria, nell’obiettivo “Convergenza” rientrino anche gran parte delle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria calcolata sui 15 Stati membri ma che hanno superato tale soglia per effetto dell’allargamento (il c.d. “effetto statistico”). Per l’Italia, rientrerebbe in tale categoria la Basilicata, che nell’UE a 25 ha un PIL pro capite pari al 77,54%.

      L'obiettivo conta su una dotazione complessiva di risorse pari a circa l'81,5% della dotazione dei Fondi. I programmi ricompresi in tale obiettivo saranno finanziati dai tre Fondi strutturali (FESR, FSE e Fondo di coesione).

[57]    L’obiettivo “Competitività e occupazione regionale” è inteso a rinforzare la competitività e la capacità di attrazione, nonché l’occupazione mediante l’anticipazione dei mutamenti economici e sociali, l’innovazione e la società della conoscenza, lo spirito di impresa, la protezione e il miglioramento dell’ambiente, l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese nonché lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi. Nell’obiettivo dovrebbero rientrare tutte le zone degli Stati membri non ricadenti nell’obiettivo Convergenza e, in via transitoria, anche le regioni ricadenti nell’obiettivo 1 dell’attuale programmazione 2000-2006, ma che non rientreranno nel nuovo obiettivo 1 neanche in via transitoria, in virtù dell’effetto statistico. La lista delle regioni ad effetto statistico eleggibili nell’ambito dell’obiettivo ”Competitività” verrà adottato dalla Commissione dopo l’entrata in vigore del regolamento generale.

      Per l’Italia, l’obiettivo dovrebbe interessare alcune aree del Centro-Nord e, in via transitoria, la Sardegna. A questo secondo obiettivo è destinata una dotazione di risorse pari al 15,95%dello stanziamento complessivo dei Fondi. I programmi ricompresi in tale obiettivo saranno finanziati dal FESR (programmi regionali per: innovazione ed economica della conoscenza, ambiente e prevenzione dei rischi, accessibilità e servizi d’interesse economico generale) e dal FSE (programmi relativi alla messa in opera delle raccomandazioni in materia di impiego e di inclusione sociale).

[58]   L’obiettivo “Cooperazione territoriale” mira alla integrazione equilibrata del territorio dell’UE attraverso il sostegno della cooperazione a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale. In sostanza, tale obiettivo si fonda sull’esperienza dell’attuale INTERREG (azione comunitaria destinata alla cooperazione transfrontaliera e transnazionale). I programmi per l’attuazione di tale obiettivo saranno interamente finanziati dal FESR. Potranno rientrare in questo obiettivo le unità territoriali classificate quali NUTS III situate lungo le frontiere terrestri interne, lungo alcune frontiere terrestri esterne, nonché lungo le frontiere marittime, separate, in linea generale, da una distanza non superiore ai 150 Km.

      I fondi destinati a questo Obiettivo ammontano al 2,52 % dello stanziamento complessivo.

[59]   Inoltre, come già detto, con Decisione della Commissione del 4 agosto 2006 è stato fissato l’elenco delle regioni ammesse a beneficiare del finanziamento dei Fondi strutturali nell’ambito dell’obiettivo “Convergenza” per il periodo 2007-2013.

[60]    Il Dipartimento è stato recentemente trasferito al Ministero per lo sviluppo economico (cfr. DL n. 181/2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233/2006, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri).

[61]www.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/147/005/INTERO.pdf.

[62]    Pubblicata nella G.U. 24 agosto 2006, n. 196.

[63]    Procedura n. 2003/4762.

[64]    In particolare, la norma stabiliva che in caso di inadempimento delle regioni (e province autonome) il Governo, ai sensi dell’art. 6, III comma, del d.p.r. n. 616, poteva prescrivere con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e sentita la regione interessata, un congruo termine per provvedere, decorso il quale era possibile adottare i provvedimenti necessari in sostituzione dell'amministrazione regionale. In particolare, il Consiglio dei Ministri disponeva l'intervento sostitutivo dello Stato, eventualmente attraverso il conferimento dei poteri necessari ad un’apposita commissione.

[65]    In base ad esso spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo delle regioni e province autonome per i casi di loro inadempienza agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea.

[66]    Il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere è fissato con decreti del Ministro del tesoro. Le aziende di credito, tesorieri e cassieri degli enti pubblici, nella qualità di organi di escussione degli enti medesimi, effettuano le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali. Il tesoriere incassa direttamente tutte le entrate proprie dell'ente e provvede a versarle nella tesoreria provinciale. Le entrate provenienti da trasferimenti pervengono direttamente alla contabilità speciale infruttifera.

[67]    In relazione al progressivo rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali è sorta in questi ultimi anni l’esigenza di un progressivo superamento del sistema di Tesoreria unica. A tal fine, il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279, in occasione della riforma del bilancio dello Stato, ha provveduto, da un lato, a ridefinire il sistema della Tesoreria unica per le regioni e gli enti locali di minori dimensioni, con l’introduzione del c.d. sistema misto, e dall’altro ad avviare la sperimentazione del totale superamento della tesoreria unica. Da ultimo, la legge Finanziaria 2006 art. 1, comma 45, ha previsto l’esclusione delle Camere di commercio e delle aziende ad esse collegate dal sistema di tesoreria unica a decorrere dal 1° gennaio 2006.

      Il D.Lgs. n. 279/1997 aveva previsto una sperimentazione biennale (a partire dal 1° gennaio 1999) dalla quale ricavare elementi di valutazione in ordine alla effettiva possibilità di perseguire la totale eliminazione del sistema di tesoreria unica.

[68]    GU C 242 del 21.8.1996, pag. 6; GU C 63 del 28.2.1997, pag. 2.

[69]    Gli effetti dell’infrazione sugli interessi generali e particolari saranno valutati caso per caso. A scopo esemplificativo si possono citare i seguenti fattori:

– perdita di risorse proprie della Comunità,

– incidenza dell’infrazione sul funzionamento della Comunità,

– danno grave o irreparabile alla salute umana o all’ambiente,

– danno patrimoniale o non patrimoniale subito da privati e da operatori economici, compreso il danno di indole immateriale come quello arrecato allo sviluppo della persona umana,

– importi finanziari implicati nell’infrazione,

– eventuali vantaggi finanziari che lo Stato membro tragga dall’omessa esecuzione della sentenza della Corte,

– importanza relativa dell’infrazione, con riferimento al volume di affari o al valore aggiunto del settore economico in causa, nello Stato membro considerato,

– ordine di grandezza della popolazione su cui si ripercuote l’infrazione (la gravità potrebbe essere ritenuta inferiore se l’infrazione non riguarda tutto lo Stato membro in questione),

– responsabilità della Comunità verso i paesi terzi,

– se si tratta di un’infrazione isolata o di un caso di recidiva (come nell’ipotesi di più ritardi nell’attuazione di direttive comunitarie in un determinato settore).

[70]   L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

[71]   L’Italia ha ratificato il Protocollo con la legge 28 agosto 1997, n. 296.

[72]   Si ricorda che la recente legge 9 gennaio 2006, n. 12, ha dettato disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Infatti, in base all’art. 46 della Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, le Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea dei diritti dell’Uomo pronunciate nell’ambito delle controversie che le riguardino; il Comitato dei ministri – organo decisionale del Consiglio d’Europa –  ne sorveglia l’esecuzione. La legge 9 gennaio 2006, n. 12, novellando l’art. 5, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, precisa le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri, e introduce specifici obblighi di informazione al Parlamento,  in relazione al seguito da dare alle pronunce emanate dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo nei confronti dello Stato italiano.

[73]    Procedura d’infrazione n. 2006/4043.

[74]    Procedura d’infrazione n. 2006/2131.

[75]    Procedura d’infrazione n. 2004/4242.

[76]    Procedura d’infrazione n. 2004/4926.  

[77]    Procedura di infrazione n. 2002/4342.

[78]    Procedura di infrazione n. 2001/4156.

[79]    Procedura di infrazione n. 2003/5145.

[80]    Procedura di infrazione n. 2003/5046.

[81]    Procedura di infrazione n. 2001/5308.

[82]   Si vedano le questioni sorte in occasione dell’espressione dei pareri relativi agli AA.CC. 3053 e abb., 6176, 5736, 3258, 4444 e abb., 3226 e abb.

[83]   Gli orientamenti sono stati parzialmente novellati, per ciò che attiene gli aiuti regionali al funzionamento, con Comunicazione della Commissione 2000/C 258/06del 9 settembre 2000.

Gli orientamenti sono adottati per una durata illimitata. Tuttavia, in base al punto 6.4, è previsto che la Commissione li riesamini entro cinque anni dalla loro applicazione.

Con la Comunicazione 8 maggio 2003, la Commissione ha dichiarato che si procederà alla revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per il periodo successivo al 1° gennaio 2007.

[84]   Gli Orientamenti hanno disposto che, per garantire la coerenza tra le decisioni della Commissione adottate nel quadro della politica della concorrenza e le decisioni relative alle regioni ammissibili al beneficio dei Fondi strutturali, il periodo di validità delle Carte degli aiuti corrisponde, in linea di massima al calendario degli interventi dei fondi strutturali.

[85]    Regolamento (CE) n. 364/2004 della Commissione del 25 febbraio 2004 recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 per quanto concerne l'estensione del suo campo d'applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo. Per gli aiuti alla ricerca e sviluppo per le grandi imprese continua invece ad applicarsi fino al 31 dicembre 2006, la Comunicazione della Commissione 17 febbraio 1996 “Disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo”.

[86]    Si ricorda che, a seguito dell’adozione della Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003, è vigente a livello comunitario dal 1 gennaio 2005 una nuova definizione di microimprese, piccole e medie imprese. Con D.M. 18 aprile 2005, si è adeguato l’ordinamento nazionale alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese.

[87]    L'importo dell'aiuto, che copre fra l'altro le spese di personale e i costi della strumentazione e delle attrezzature di ricerca, può a talune condizioni specifiche essere maggiorato del 10%.

[88]   Qualora gli aiuti vengano erogati in forma diversa dalla sovvenzione diretta in denaro, essi devono essere convertiti, ai fini della commisurazione dei limite, in termini di equivalente sovvenzione lordo.

[89]   Si intendono per aiuti all'esportazione quelli direttamente legati alle quantità esportate, alla costituzione e al funzionamento di una rete di distribuzione o alle spese correnti connesse all'attività di esportazione.

[90]    A tale proposito, si ricorda che la precedente disciplina escludeva gli aiuti de minimis anche per i settori carbosiderurgico e della costruzione navale.

[91]    La Commissione precisa che l’esclusione del trasporto stradale dall’ambito di applicazione del regolamento proposto non mette in discussione il suo atteggiamento favorevole nei confronti degli aiuti di Stato per l’acquisto di veicoli più puliti ed ecocompatibili.