Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari | ||
Altri Autori: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | Disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale - A.C. 1825 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Note per la compatibilità comunitaria Numero: 8 | ||
Data: | 24/10/2007 | ||
Organi della Camera: |
IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni
VII-Cultura, scienza e istruzione XIV - Politiche dell'Unione europea |
Camera dei deputati
xv legislatura
servizio studi |
ufficio rapporti con l’unione europea |
note sulla compatibilità comunitaria per la xiv commissione
Disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale
A.C. 1825
n. 8
24 ottobre 2007
Camera dei deputati
xv legislatura
servizio studi |
ufficio
rapporti |
NOTE SULLA COMPATIBILITA’ COMUNITARIA
Disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale
A.C. 1825
n. 8
24 ottobre 2007
La nota è stata redatta in collaborazione con i Dipartimenti Cultura e Trasporti.
Dipartimento affari comunitari
SIWEB
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File: NOTST008.doc
Elementi di valutazione per la compatibilità comunitaria
§ Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria
§ Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
Numero dell'atto |
C. 1825 |
Titolo |
Disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale |
Iniziativa |
Governativa |
Settore d’intervento |
Radiotelevisione |
Iter |
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§ Sede |
Referente |
§ Esame al Senato |
No |
Commissione competente |
Commissioni VII e IX |
Pareri previsti |
Commissioni I, II, V, VI, X, XIV |
Il disegno di legge C. 1825, così come emendato durante l’esame presso le Commissioni riunite VII e IX, reca disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione dalla tecnologia analogica alla tecnologia digitale.
Secondo quanto riportato nella relazione introduttiva, il disegno di legge intende intervenire su due debolezze strutturali del sistema radiotelevisivo italiano (assetto oligopolistico e situazione dello spettro frequenziale) e dare seguito all’impegno assunto dal Governo nei confronti della Commissione europea in relazione alla procedura di infrazione in capo allo Stato italiano avviata con lettera di messa in mora del 19 luglio 2006. Nella procedura di infrazione si contesta in particolare il contrasto di alcune disposizioni della legge n. 112/2004[1] e del successivo testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo n. 177/2005) con il quadro della normativa comunitaria in materia di gestione dello spettro e di accesso non discriminatorio alle risorse frequenziali ed ai relativi diritti di uso.
L’articolo 1 individua i princìpi generali (più equa distribuzione delle risorse frequenziali ed economiche, tendenziale e progressiva separazione tra operatori di rete e fornitori di contenuti, limiti alla capacità trasmissiva utilizzata dai fornitori di contenuti, promozione di servizi interattivi di pubblica utilità diffusi attraverso il mezzo televisivo tramite il nuovo standard tecnologico) ai quali deve essere ispirata la disciplina del sistema radiotelevisivo nella fase di transizione dalla tecnologia analogica alla tecnologia digitale, il cui termine finale (cosiddetto switch off) viene previsto per il 30 novembre 2012.
L’articolo 2 recamisure a tutela della concorrenza e del pluralismo nella fase di transizione verso la tecnologia digitale. In particolare, si prevede che il conseguimento - fino alla data dello “switch off” del 30 novembre 2012 “e comunque fino alla completa conversione delle reti alla tecnologia digitale” - di ricavi pubblicitari superiori al limite antitrust fissato al 45% dei ricavi pubblicitari complessivi del settore televisivo, costituisce posizione dominante ai sensi dell’articolo 43 del testo unico della radiotelevisione. Il valore dei predetti ricavi pubblicitari complessivi è determinato avendo come riferimento le trasmissionivia etere terrestre – sia in tecnologia analogica che in tecnologia digitale – nonché le trasmissioni irradiate via satellite e via cavo. La misura sanzionatoria della posizione dominante - prevista a seguito di accertamento da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sentita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato - è individuata nell’abbassamento dell’affollamento pubblicitario dal 18% al 16% del tempo di ciascuna ora di programmazione: la misura non trova applicazione per i soggetti che, all’esito dell’accertamento, trasferiscano su una diversa piattaforma trasmissiva una o più emittenti operanti su frequenze terrestri in tecnica analogica, ovvero cessino la trasmissione di pubblicità su una o più emittenti. Durante la fase di prima applicazione delle nuova normativa, spetta all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni indicare, i soggetti che, nell’anno solare precedente, hanno superato il limite antitrust del 45% e, contestualmente all’accertamento, richiede loro l’adozione, entro i tre mesi successivi, delle disposizioni previste dal comma 3. (commi 1, 2 e 3).
Il comma 4 impone in capo alle società concessionarie che effettuino la raccolta pubblicitaria per le emittenti televisive ed i fornitori di contenuti televisivi in ambito nazionale l’obbligo di presentare all’Autorità garante della concorrenza e del mercato i listini trimestrali, semestrali o annuali relativi ai prezzi di vendita della pubblicità.
Il comma 5 - novellando l’articolo 38, comma 2,del testo unico della radiotelevisione, recante i limiti di affollamento pubblicitario - sostituisce il riferimento agli “spot pubblicitari” con quello ai “messaggi pubblicitari”, al fine di ricomprendere nel computo per l’affollamento non solo gli spot ma anche le telepromozioni.
Il comma 6, modificando il comma 8 dell’articolo 43 del testo unico della radiotelevisione, relativo alle posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni, include nella base di calcolo del limite antitrust del 20% dei programmi irradiabili nel periodo di transizione dalla tecnologia analogica a quella digitale, anche i programmi in tecnica digitale ad accesso condizionato e a pagamento, a condizione che tali programmi raggiungano il limite di copertura del 50% della popolazione e siano contraddistinti da un unico marchio, indipendentemente dal numero di ore settimanali.
Il comma successivo, inserito durante l’esame presso le Commissioni,prevede che le risorse frequenziali liberate dagli operatori in posizione dominante siano cedute o assegnate ai soggetti che ne facciano richiesta, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, secondo i principi e le procedure successivamente precisati dal comma 3.
E’ altresì previsto che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, riesamini la delibera 15 novembre 2001, n. 435/01/CONS, prevedendo requisiti soggettivi più accessibili e meno onerosi per il rilascio delle autorizzazioni ai fornitori di contenuti, al fine di ridurre le barriere di ingresso al mercato (comma 8).
Il comma 9 dispone che, fatta salva la disciplina specifica per il soggetto concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo, i fornitori di contenuti autorizzati alle trasmissioni in ambito nazionale non possano differenziare i dati ed i servizi digitali sul territorio.
Il comma 10, novellando l’art. 43, comma 9, del decreto legislativo n. 177/2005, fissa al 20% dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni, la quota massima che, fermo restando il divieto di costituzione di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il sistema medesimo, ogni soggetto può conseguire per via diretta o indiretta.
L’articolo 3 reca disposizioni in materia di gestione efficiente dello spettro radioelettrico e di accesso alle infrastrutture a banda larga.
Il comma 1 prevede la liberazione e la restituzione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, delle frequenze televisive analogiche ridondanti per almeno il 95% del proprio bacino di servizio: tali frequenze saranno individuate all’esito della predisposizione del data-base delle frequenze.
I commi da 2 a 7 disciplinano il trasferimento - da parte di soggetti titolari di più di due emittenti televisive nazionali che trasmettano su frequenze terrestri in tecnica analogica - su piattaforme trasmissive in tecnologia digitale dei palinsesti delle emittenti eccedenti la seconda emittente su tecnica analogica. Il trasferimento, che interviene in ogni caso entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, è operato previa presentazione all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni da parte dei soggetti interessati di un progetto di trasferimento redatto in conformità a precisi parametri.
Il comma 8 reca disposizioni in merito alle frequenze restituite ai sensi del comma 1 e quelle ancora disponibili a seguito delle operazioni menzionate dai comma 3, 4 e 7, prevedendo che siano oggetto di cessione a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie sulla base di criteri e modalità stabiliti dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Le frequenze residue ed acquisite con modalità diverse sono restituite al Ministero delle comunicazioni, ai fini della riassegnazione, con quote di riserva a favore dell’emittenza locale, pari ad un terzo della capacità trasmissiva calcolata considerando la potenza complessiva con il guadagno d’antenna (ERP – EMITTED RADIATION POWER) e fatti salvi i diritti acquisiti.
Il comma 9 reca disposizioni sull’ambito di applicazione della disposizione di cui all’articolo 23, comma 3, della legge n. 112/2004, relativa al cosiddetto “trading delle frequenze” (ossia, alla possibilità di acquisire per la sperimentazione digitale impianti o rami d’azienda tra soggetti che esercitano legittimamente l’attività televisiva in ambito nazionale o locale). In primo luogo, si prevede che la disposizione della legge n. 112/2004 non si applica ai soggetti titolari di più di due emittenti televisive in ambito nazionale che trasmettono su frequenze terrestri in tecnica analogica. In secondo luogo, fatta salva la limitazione indicata, viene estesa l’applicazione dell’articolo 23, comma 3, della legge n. 112/2004 a qualunque altro soggetto (rispetto a quelli già contemplati dalla disposizione, ossia quelli che esercitano legittimamente l’attività televisiva in ambito nazionale o locale) in possesso dei requisiti previsti dall’ordinamento per l’autorizzazione generale necessaria per l’esercizio dell’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale.
Il comma 10 prevede - a decorrere dalla data dello “switch off” del 30 novembre 2012 “e comunque alla data della completa conversione delle reti televisive” – la separazione societaria dei soggetti autorizzati a fornire contenuti in ambito nazionale che svolgano anche l’attività di operatore di rete (cosiddetti operatori integrati verticalmente).
A decorrere dalla stessa data – ai sensi del comma 11 - i fornitori di contenuti in ambito nazionale non possono utilizzare più del 20 per cento della capacità trasmissiva complessiva: quest’ultima è pari, sulla base del data-base delle frequenze ed al Piano nazionale di assegnazione delle frequenze, al prodotto della capacità di trasporto, espressa in megabit al secondo, per la popolazione effettivamente servita. Qualora un fornitore di contenuti, “prima della completa conversione delle reti televisive”, disponga di una quota di capacità trasmissiva eccedente il 20 per cento della capacità trasmissiva complessiva, la restante parte è ceduta - ai sensi del comma 12 - a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie sulla base di criteri e modalità individuati con decreto del Ministro delle comunicazioni, adottato d’intesa con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La capacità che supera il limite del 20% non ceduta a terzi rientra nella piena disponibilità del Ministero delle comunicazioni alla data del 30 novembre 2012 o comunque alla data della completa conversione delle reti alla tecnologia digitale.
Il comma 13 dispone che l’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale sia soggetta al regime dell’autorizzazione generale.
Il comma 14 prevede per i soggetti titolari di infrastrutture di rete a larga banda, notificati come detentori di un significativo potere di mercato, l’obbligo di offrire a tutti i soggetti titolari di un’autorizzazione generale, l’accesso alla propria infrastruttura, in conformità ai principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità.
Il comma 15 riguarda l’utilizzazione delle porzioni di frequenze libere in ambito locale, previa autorizzazione che dà diritto ad attivare un solo impianto di diffusione con potenza massima di 5 watt e non costituisce titolo per l’eventuale riassegnazione di analoga risorsa in digitale dopo la data del 30 novembre 2012.
I commi 16, 17 e 18 disciplinano l’emittenza televisiva in ambito locale, cui è riservato, a norma del comma 16, un terzo della capacità trasmissiva totale.
Il comma 19 prevede che il Ministero delle comunicazioni si attivi in ogni sede al fine di impedire che la presenza di diversi standard si traduca in barriere all’accesso dei contenuti, al fine di favorire la piena concorrenza tra le diverse piattaforme trasmissive.
L’articolo 4, introdotto dalle Commissioni, reca misure per favorire la transizione al digitale. In particolare, si prevede che entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, gli apparecchi televisivi venduti dalle aziende produttrici ai distributori di apparecchiature elettroniche al dettaglio sul territorio nazionale integrino un sintonizzatore digitale per la ricezione dei servizi della televisione digitale e che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore, tutti gli apparecchi televisivi venduti ai consumatori sul territorio nazionale integrino un sintonizzatore digitale per la ricezione dei servizi della televisione digitale.
L’articolo 5, introdotto dalle Commissioni, delega il Governo a disciplinare in modo organico l’intera materia dell’acquisto e della vendita dei diritti sulle opere audiovisive e cinematografiche europee.
L’articolo 6, introdotto dalle Commissioni, reca misure di tutela dell’emittenza televisiva locale.
L’articolo 7 reca princìpi in materia di rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione, stabilendo che tale attività di rilevazione costituisce un servizio di interesse generale a garanzia del pluralismo e della concorrenza nel sistema della comunicazione. In particolare, l’articolo reca la delega al Governo ad emanare un decreto legislativo finalizzato a definire le modalità attraverso le quali l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni cura le rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione.
L’articolo 8 reca disposizioni in merito al potere sanzionatorio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, attribuendo in particolare alla stessa il compito di vigilare sulla corretta applicazione delle disposizioni introdotte dal provvedimento e di applicare le sanzioni previste in caso di violazione delle stesse. Tali sanzioni sono individuate dallo stesso articolo, secondo un criterio di progressivo inasprimento a fronte della persistenza dell’inottemperanza.
L’articolo 9 reca una sorta di clausola di salvaguardia a favore degli utenti, prevedendo che le trasmissioni radiotelevisive in tecnica digitale devono garantire i medesimi diritti e le medesime capacità rispetto alle tecnologie di trasmissione analogica.
L’articolo 10 reca alcune abrogazioni e modifiche al testo unico della radiotelevisione ed alla legge n. 112/2004. In particolare, vengono modificati: la composizione e la definizione del “sistema integrato delle comunicazioni”, che assume la denominazione di “settore delle comunicazioni”, dal quale vengono espunte “le iniziative di comunicazione di prodotti e servizi”; il limite alla raccolta delle risorse economiche previsto in capo alle imprese che superino il 40 per cento dei ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, sostituito con il divieto per tali imprese di fondersi con imprese in posizione dominante nel sistema televisivo; il procedimento sanzionatorio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni eliminando, in sostanza, l’attuale distinzione tra procedimenti per i quali si rende necessaria l’interposizione della diffida e procedimenti in cui tale interposizione non è prevista; la definizione di ambito locale televisivo.
L’articolo 11 precisa che dall’attuazione del provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L’articolo 12 reca la clausola di entrata in vigore della legge, fissata per il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il provvedimento in esame incide su ambiti considerati dalla normativa europea, in particolare dal “pacchetto” di direttive in materia di comunicazioni elettroniche[2] recepito in Italia con il codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259).
Circa il rapporto tra il settore radiotelevisivo e quello delle comunicazioni elettroniche,si ricorda che l’articolo 53 del testo unico della radiotelevisione ha sancito il “principio di specialità”, in base al quale, in considerazione degli obiettivi di tutela del pluralismo e degli altri obiettivi di interesse generale perseguiti, le norme del testo unico in materia di reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi radiotelevisivi prevalgono sulle norme dettate in materia dal codice delle comunicazioni elettroniche. La prevalenza risultava già sostanzialmente stabilita dall’articolo 2, comma 3, del codice, che viene espressamente richiamato dalla disposizione del testo unico.
Per quanto riguarda la peculiarità della disciplina dell’audiovisivo nel quadro normativo europeo delle comunicazioni elettroniche, si sottolinea che:
· la direttiva 2002/20/CE (cd. direttiva autorizzazioni) al 12° considerandum afferma che resta “impregiudicata l'assegnazione diretta delle frequenze radio ai fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica, o ad imprese che utilizzano dette reti o servizi. Siffatte imprese possono essere fornitori di contenuti radiofonici o televisivi. Fatti salvi criteri e procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere diritti d'uso delle frequenze radio ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo, per il conseguimento di obiettivi d'interesse generale conformemente alla normativa comunitaria, la procedura di assegnazione di frequenze radio dovrebbe comunque essere obiettiva, trasparente, non discriminatoria e proporzionata. In linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia le eventuali restrizioni nazionali dei diritti garantiti dall'articolo 49 del trattato dovrebbero essere oggettivamente giustificate, proporzionate e non superare quanto necessario per conseguire gli interessi generali definiti dagli Stati membri in conformità della normativa comunitaria”;
· la direttiva 2002/21/CE (cd. direttiva “quadro”), al 5°considerandum esplicita che la convergenza dei settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell'informazione implica l'esigenza di assoggettare tutte le reti di trasmissione e i servizi correlati ad un unico quadro normativo, e altresì che è necessario separare la disciplina dei mezzi di trasmissione dalla disciplina dei contenuti. Di conseguenza, la direttiva stessa esclude che il nuovo quadro normativo si applichi ai contenuti dei servizi forniti mediante reti di comunicazione elettronica che utilizzano servizi di comunicazione elettronica, come i contenuti delle emissioni radiotelevisive, i servizi finanziari e taluni servizi della società dell'informazione e lascia quindi impregiudicate le misure adottate a livello comunitario o nazionale riguardo a tali servizi in ottemperanza alla normativa comunitaria, per promuovere la diversità culturale e linguistica e per assicurare la difesa del pluralismo dei mezzi di informazione. Sempre secondo quanto esplicitato dal considerandum della direttiva, la separazione della disciplina dei mezzi di trasmissione dalla disciplina dei contenuti non incide tuttavia sul riconoscimento dei collegamenti fra i due aspetti, in particolare al fine di garantire il pluralismo dei mezzi di informazione, la diversità culturale e la protezione dei consumatori.
· L’articolo 1della direttiva quadro poi, nel definire l’ambito di applicazione e le finalità della disciplina, enuncia che la direttiva istituisce un quadro normativo armonizzato per la disciplina dei servizi di comunicazione elettronica, delle reti di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati. Per quanto concerne possibili fattispecie escluse, l’articolo fa salve le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, per perseguire obiettivi di interesse generale relativi, in particolare, alle regolamentazioni dei contenuti ed alla politica audiovisiva.
Con specifico riferimento alla disciplina in ambito europeo dell’uso efficiente dello spettro radioelettrico, si ricorda,in particolare, che l’articolo 9 della direttiva “quadro” 2002/21/CE - analogamente a quanto stabilito dalla direttiva “autorizzazioni” per i diritti di uso delle frequenze in numero limitato (2002/20/CE, art. 7) nonché dalla direttiva “concorrenza” sui diritti speciali o esclusivi per l’uso di frequenze radio e per l’installazione e/o la fornitura di reti di comunicazione elettronica (2002/77/CE, articoli 2 comma 4 e 4) - prevede che gli Stati membri debbano garantire che l’allocazione e l’assegnazione delle radiofrequenze siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. Nella stessa direzione si inserisce l’articolo 5 della direttiva “autorizzazioni” (2002/20/CE), secondo il quale anche i diritti d’uso della frequenze radio a fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo debbono essere “concessi mediante procedure pubbliche trasparenti e non discriminatorie”. La medesima norma fa peraltro salvi “i criteri e le procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere i diritti d’uso delle frequenze radio ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo, per il conseguimento di obiettivi di interesse generale conformemente alla normativa comunitaria”.
Quanto, poi, alla disciplina a tutela della concorrenza, con particolare riferimento alle posizioni dominanti, si ricorda che il pacchetto di direttive (e in particolare la direttiva “quadro”) intervengono in materia di “mercati rilevanti”, di “posizioni dominanti” e di imprese che dispongono di un “significativo potere di mercato”, con un approccio volto in particolare a superare la definizione dell’operatore con significativo potere di mercato basata su di una soglia percentuale prestabilita, ricorrendo piuttosto al concetto economico, mutuato dal diritto della concorrenza, di dominanza, esercitata individualmente o congiuntamente con altri[3]. Sempre in quest’ambito, è da ricordare che la direttiva “quadro” prevede un potere d’intervento della Commissione europea, da raccordare con l’attività delle autorità nazionali indipendenti, per quanto concerne la determinazione delle posizioni dominanti e la verifica dell’effettiva concorrenza sul mercato (configurandosi una sorta di potere di veto), pur risultando parallelamente valorizzato il ruolo delle autorità nazionali di regolamentazione, con la definizione delle funzioni di tali autorità, basate su tre principi fondamentali: indipendenza, imparzialità e trasparenza (v. art. 3 della direttiva “quadro”, ma anche, per i profili precedenti, artt. 7, 14, 15 e 16).
In particolare, ai sensi dell’articolo 15 della direttiva quadro, previa consultazione pubblica e consultazione delle autorità nazionali di regolamentazione, la Commissione adotta una raccomandazione avente ad oggetto i mercati rilevanti dei servizi e dei prodotti all'interno del settore delle comunicazioni elettroniche[4] le cui caratteristiche siano tali da giustificare l'imposizione di obblighi di regolamentazione. La Commissione definisce i mercati in base ai principi del diritto della concorrenza e riesamina periodicamente la raccomandazione, provvedendo altresì a pubblicare orientamenti per l'analisi del mercato e la valutazione del significativo potere dimercato[5], conformi ai principi del diritto della concorrenza.
Le autorità nazionali di regolamentazione, tenendo nel massimo conto la raccomandazione e gli orientamenti per l’analisi di mercato, definiscono i mercati rilevanti corrispondenti alla situazione nazionale, in particolare mercati geografici rilevanti nel loro territorio, conformemente ai principi del diritto della concorrenza. Prima di definire mercati che differiscono da quelli contemplati nella raccomandazione, le autorità nazionali di regolamentazione applicano una particolare procedura.
Il successivo articolo 16 della direttiva quadro stabilisce, infatti, che dopo l'adozione della raccomandazione o dopo ogni suo successivo aggiornamento, le autorità nazionali di regolamentazione effettuano tempestivamente un'analisi dei mercati rilevanti - da effettuare, se del caso, in collaborazione con le Autorità nazionali garanti della concorrenza - tenendo nel massimo conto gli orientamenti della Commissione.
L’individuazione di mercati rilevanti in cui possa introdursi una regolamentazione non implica che tali mercati saranno comunque soggetti alla regolamentazione ex ante dettata dalle direttive: in effetti, la regolamentazione non trova applicazione in presenza di concorrenza effettiva. Qualora l'autorità nazionale di regolamentazione sia chiamata, ai sensi delle disposizioni delle direttive sulle comunicazioni elettroniche, a decidere in merito all'imposizione, al mantenimento, alla modifica o alla revoca di obblighi a carico delle imprese, essa determina, in base alla propria analisi di mercato, se uno dei mercati rilevanti sia effettivamente concorrenziale[6].
Nel caso accerti che un mercato rilevante non è effettivamente concorrenziale, l'autorità nazionale di regolamentazione individua le imprese che dispongono di un significativo potere di mercato e impone a tali imprese gli appropriati specifici obblighi di regolamentazione ovvero mantiene in vigore o modifica tali obblighi laddove già esistano[7].
Ai sensi dell’articolo 14 della direttiva quadro, si presume che un'impresa disponga di un significativo potere di mercato se, individualmente o congiuntamente con altri, gode di una posizione equivalente ad una posizione dominante ossia una posizione di forza economica tale da consentirle di comportarsi in misura notevole in modo indipendente dai concorrenti, dai clienti e, in definitiva, dai consumatori. Le autorità nazionali di regolamentazione, nel valutare se due o più imprese godono congiuntamente di una posizione dominante sul mercato, ottemperano alla normativa comunitaria e tengono nella massima considerazione gli orientamenti per l'analisi del mercato e la valutazione del rilevante potere di mercato pubblicati dalla Commissione a norma dell'articolo 15. Inoltre, se un'impresa dispone di un significativo potere su un mercato specifico, può parimenti presumersi che essa abbia un significativo potere in un mercato strettamente connesso qualora le connessioni tra i due mercati siano tali da consentire al potere detenuto in un mercato di esser fatto valere nell'altro, rafforzando in tal modo il potere complessivo dell'impresa interessata.
Circa la individuazione della posizione dominante nel mercato rilevante, le Linee direttrici emanate dalla Commissione europea per l’analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato ai sensi del nuovo quadro comunitario per le reti e i servizi di comunicazione elettronica evidenziano che:
§ è improbabile che imprese con una quota di mercato inferiore al 25% siano in posizione dominante;
§ una quota di mercato intorno al 40% può far presumere l’esistenza di una posizione dominante;
§ la detenzione di una quota di mercato superiore al 50% è di per sé una prova, salvo situazioni eccezionali, dell’esistenza di una posizione dominante.
Le Linee direttrici della Commissione precisano, peraltro, che l’ampiezza delle quote di mercato non basta per stabilire l’esistenza di una posizione dominante, in quanto esse "indicano semplicemente la possibilità che si sia in presenza di un operatore che gode di una posizione dominante". La posizione di un’impresa va dunque analizzata anche alla luce di altri criteri al fine di stabilire se essa è in grado di "comportarsi in misura notevole in modo indipendente dai concorrenti, dai clienti e, in definitiva, dai consumatori", come richiesto dalla giurisprudenza comunitaria in materia di concorrenza.
Le Linee direttrici individuano così i seguenti criteri: "dimensione globale dell’impresa, controllo di infrastrutture difficili da duplicare, vantaggi o superiorità a livello tecnologico, mancanza o insufficienza di contropotere da parte degli acquirenti, accesso facile o privilegiato ai mercati finanziari/risorse finanziarie, diversificazione dei prodotti/servizi (ad es. offerta di servizi o prodotti aggregati), economie di scala, economie di diversificazione, integrazione verticale, una rete di distribuzione e vendita molto sviluppata, mancanza di concorrenza potenziale, barriere all’espansione".
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)
La promozione della televisione digitale costituisce uno dei settori di intervento previsti dalla strategia di Lisbona, in quanto considerata uno strumento efficace ai fini dell’accesso generalizzato per tutti i cittadini ai nuovi servizi e applicazioni della società dell’informazione.
Il 2 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sul riesame della situazione relativa alla interoperabilità dei servizi di televisione digitale interattiva (COM(2006)37).
Nel documento la Commissione ha sottolineato la volontà, in via prioritaria, di:
- collaborare con gli Stati membri per assicurare il successo del passaggio alla televisione digitale, quale primo passo fondamentale verso i servizi digitali interattivi;
- promuovere le norme sviluppate dagli organismi di normalizzazione europei;
- riunire gli Stati membri nel sottogruppo ‘emittenza’ del COCOM (comitato per le comunicazioni) che fungerà da forum per lo scambio di esperienze e di buone pratiche sulla televisione digitale, in particolare sulla televisione digitale interattiva.
- promuovere la cooperazione internazionale nei campi della ricerca, dello sviluppo e della standardizzazione della televisione digitale;
- continuare ad analizzare l'utilizzo delle tecnologie ‘proprietarie’[8] alla luce delle regole di concorrenza comunitarie.
La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo.
Il 13 dicembre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 89/552/CE (“TV senza frontiere”) (COM(2005)646), allo scopo di adeguarla allo sviluppo tecnologico e agli sviluppi del mercato nel settore audiovisivo in Europa. Tale modernizzazione rientra nella strategia “i-2010: una società dell’informazione per la crescita e l’occupazione” (COM(2005)229), adottata dalla Commissione il 1° giugno 2005.
In particolare, la proposta mira a semplificare la normativa concernente le forniture di servizi televisivi e a renderne agevole il finanziamento con nuove forme di pubblicità, ad introdurre pari condizioni di concorrenza per tutte le società che forniscono servizi televisivi, indipendentemente dalla tecnologia usata per distribuirli (satellite, cavo, internet, banda larga ad alta velocità, telefoni cellulari di terza generazione). Nel documento si prevede una distinzione tra servizi audiovisivi “lineari” o di radiodiffusione, compresi la IPTV (Internet Protocol TV), lo streaming (flusso di dati audio/video trasmessi da una sorgente a una o più destinazioni su Internet), da un lato, e i servizi “non lineari”, come i servizi audiovisivi a richiesta, dall’altro.
L’osservanza di alcuni principi minimi di base, tra i quali quelli relativi alla tutela dei minori, al divieto di incitamento all’odio, alle limitazioni delle comunicazioni commerciali concernenti gli alcolici sarà imposta a tutti i servizi, compresi quelli “non lineari”.
Le principali modifiche apportate al capitolo IV della direttiva 89/552/CEE sulla pubblicità televisiva riguardano: l’introduzione di norme flessibili relative alle interruzioni pubblicitarie (fermo restando il limite complessivo su base oraria del 20%, non ci sarà l’obbligo di lasciare trascorrere almeno 20 minuti di tempo tra le interruzioni pubblicitarie), la soppressione dei limiti quotidiani, l’abbandono delle limitazioni quantitative per le televendite.
Il Consiglio del 18 maggio 2006 ha esaminato la proposta dichiarandosi in accordo con l’analisi della Commissione:
- sulla necessità di un aggiornamento urgente della normativa comunitaria in materia televisiva al fine di garantire condizioni eque per i servizi audiovisivi a prescindere dalla piattaforma utilizzata;
- sull’opportunità di applicare un nucleo comune di obblighi minimi a tutti i servizi, compresi i nuovi servizi a richiesta (“on demand”), con alcuni obblighi supplementari (come ad esempio le norme quantitative sulla pubblicità) da applicare unicamente ai servizi televisivi tradizionali (cioè i servizi c.d. lineari, non a richiesta, in cui l’organismo di radiotrasmissione decide un palinsesto di programmi).
Il Consiglio del 13 novembre 2006 ha adottato un orientamento generale.
Le questioni più problematiche richiamate dal Consiglio riguardano l’inserimento dei prodotti e le interruzioni pubblicitarie.
Sull’inserimento dei prodotti,[9] il Consiglio sottolinea che la regola consiste in un divieto, ferma restando la possibilità di deroga per un elenco limitato di tipi di programmi e con una serie di regole specifiche. L’inserimento di prodotti non è consentito nei programmi per bambini; gli Stati membri possono consentirlo in opere cinematografiche, film e serie appositamente prodotti per la televisione, in trasmissioni televisive e in programmi di intrattenimento leggero.
Per quanto riguarda la quantità di pubblicità, viene previsto il divieto di interrompere i programmi per bambini inferiori a 30 minuti, i notiziari e i programmi sull’attualità. Inoltre, gli Stati membri possono scegliere di proibire l’esposizione di un logo pubblicitario durante i programmi per bambini, i documentari e i programmi religiosi.
Il 12 dicembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato con emendamenti la proposta secondo la procedura di codecisione; in particolare, pur mantenendo l'affollamento pubblicitario al 20%, la cadenza degli spot viene portata a ogni 30 minuti. Pubblicità televisiva, televendite e telepromozioni saranno nettamente distinte dai programmi e il product placement sarà consentito a determinate condizioni.
In particolare, come proposto dalla Commissione, il Parlamento conferma che “in una data ora di orologio, il tempo di trasmissione dedicato alle forme brevi di pubblicità, quali gli spot pubblicitari, non può superare il 20%”. Tale disposizione, come stabilito da un emendamento approvato dall’Aula, non si applica ai messaggi diffusi dall'emittente che pubblicizza i propri programmi, alle televendite, ai programmi sponsorizzati nonché, ove applicabile, agli inserimenti di prodotti. Non è stato invece approvato un emendamento volto a includere le telepromozioni nel tetto del 20% orario.
Gli spot pubblicitari e di televendita isolati, inoltre, devono restare un'eccezione.
Nella proposta sono modificate anche le definizioni di servizi lineari e servizi a richiesta (on demand) proposte dalla Commissione. Pertanto, con "trasmissione televisiva" o "servizio lineare", si dovrà intendere un servizio di media audiovisivo nel quale «una sequenza cronologica di programmi è trasmessa a un numero indeterminato di potenziali telespettatori, in un dato momento deciso dal fornitore di servizi di media sulla base di un palinsesto fisso dei programmi». Fra i servizi lineari, un emendamento precisa che, attualmente, si annoverano in particolare la televisione analogica e digitale, il live streaming (trasmissione continua in diretta), il webcasting (trasmissione televisiva su internet) e il video a richiesta in differita. Con “servizio a richiesta" o "servizio non lineare", si intende invece un servizio di media audiovisivo «costituito da un'offerta di contenuti audiovisivi compilata o elaborata da un fornitore di servizi di media, nel quale l'utente richiede individualmente la fornitura di un particolare programma, sulla base di una selezione di contenuti e in un momento scelto dall'utente». Questa distinzione tra tipo di servizi è necessaria in quanto i fornitori di servizi on demand saranno sottoposti a una normativa più flessibile rispetto a quelli che propongono servizi lineari che, invece, dovranno rispettare una normativa più rigorosa.
Una attenzione particolare è inoltre rivolta alla tutela dei minori da contenuti pornografici e violenti.
Accogliendo alcuni degli emendamenti approvati dal Parlamento europeo, la Commissione ha presentato, il 29 marzo 2007, la proposta modificata di direttiva (COM(2007) 170).
Il Consiglio ha raggiungo, all’unanimità, il 24 maggio 2007, un accordo politico sulla proposta di direttiva e, il 15 ottobre 2007, ha adottato la posizione comune. Il testo concordato da Consiglio è stato preliminarmente negoziato con il Parlamento europeo, conformemente alla dichiarazione interistituzionale comune sulle modalità pratiche della procedura di codecisione. Si prevede pertanto che la posizione comune che formalizza l'accordo politico sia approvata dal Parlamento europeo senza emendamenti, presumibilmente il 28 novembre 2007.
Come nella direttiva vigente, l'accordo politico ricorre al principio del paese d'origine per determinare la giurisdizione tra Stati membri. Il testo concordato comprende tuttavia un meccanismo comunitario che consente ad uno Stato membro "di destinazione", in talune circostanze limitate, di adottare misure nei confronti del fornitore di servizi di media stabilito in un altro Stato membro. Gli Stati membri sono inoltre tenuti a cooperare tra loro quando trattano la fornitura di servizi oltre frontiera.
Il Consiglio, nell’adottare la posizione comune, ricorda altresì gli elementi qualificanti della proposta di direttiva. In particolare:
· la proposta di direttiva ammodernerebbe, semplificandole, le norme quantitative in materia di pubblicità, con una maggiore flessibilità per le emittenti televisive. Non prevede tuttavia alcun aumento per la quantità oraria di 12 minuti di pubblicità consentita e continuerebbe a limitare la possibilità di interrompere le opere cinematografiche, i film prodotti per la televisione ed i notiziari.
· Sono parimenti mantenute restrizioni specifiche all'interruzione a fini pubblicitari dei programmi per bambini. La direttiva incoraggerà inoltre l'elaborazione di codici di condotta in materia di pubblicità degli alimenti nocivi per la salute destinata ai bambini.
· La proposta di direttiva vieta, in linea di massima, l'inserimento di prodotti, tranne per talune categorie di programmi, fatte salve talune rigide condizioni destinate a tutelare lo spettatore.
· La proposta di direttiva introduce per le emittenti il diritto, in tutta l'UE, di accedere ad eventi che hanno un forte interesse per il pubblico, in un'ottica di utilizzo per brevi notiziari. Si prefigge inoltre di migliorare l'accesso delle persone con disabilità ai programmi.
Il 20 marzo 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo “Colmare il divario nella banda larga” (COM(2006)129).
Secondo la Commissione, l’accesso a internet ad alta velocità attraverso le connessioni “a banda larga” consente immense possibilità per la società dell’informazione. La mancanza di accesso alle connessioni a banda larga costituisce un aspetto del problema più generale denominato abitualmente “divario digitale”, che descrive il divario che separa i singoli cittadini, le imprese e i territori in funzione delle possibilità di accesso e di utilizzo delle TIC (tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni).
La Commissione ricorda che l’accesso generalizzato alla banda larga è una condizione indispensabile per lo sviluppo delle economie moderne e costituisce un aspetto importante dell’agenda di Lisbona. L’Unione europea deve intensificare gli sforzi per incoraggiare l’adozione dei servizi a banda larga e favorirne una maggiore diffusione, in particolare nelle zone meno sviluppate dell’Unione.
Il Parlamento europeo ha approvato, il 19 giugno 2007, una risoluzione sulla comunicazione nella quale, fra l’altro:
· riconosce che lo sviluppo di reti a banda larga che offrano una trasmissione affidabile con una larghezza di banda competitiva riveste un’importanza fondamentale per la crescita delle imprese, lo sviluppo della società e il rafforzamento dei servizi pubblici;
· sottolinea che una più ampia diffusione della banda larga darebbe nuovo impulso al mercato interno in generale;
· evidenzia che la diffusione di collegamenti a banda larga nelle zone rurali riveste un’importanza fondamentale ai fini della partecipazione di tutti i cittadini alla società della conoscenza;
· sottolinea che, per colmare il divario digitale, occorre promuovere una struttura di base, come la disponibilità di computer nelle case e nelle istituzioni pubbliche;
· incoraggia gli Stati membri ad elaborare una mappa dell’infrastruttura della banda larga per indicare con maggior accuratezza la copertura dei relativi servizi;
· ritiene che la chiave per colmare il divario della banda larga consista in una tecnologia innovativa, che consenta di realizzare connessioni a banda larga con capacità elevate;
· invita le istituzioni comunitarie e gli Stati membri a cooperare più strettamente nella gestione dello spettro radio allo scopo di favorirne l’uso da parte di un’ampia gamma di tecnologie senza fili e mobili (terrestri e satellitari);
· chiede agli Stati membri di assegnare uno spettro sufficiente alle tecnologie a banda larga;
· invita le istituzioni comunitarie e gli Stati membri a raggiungere l’obiettivo fissato nel corso del Consiglio europeo di Barcellona del 2003 di garantire ai cittadini europei l’offerta di servizi pubblici a banda larga;
· evidenzia il ruolo chiave svolto dal mercato nell’espansione e nello sviluppo di servizi innovativi; sottolinea però che è essenziale che i regolatori nazionali, le autorità della concorrenza e i governi nazionali e locali diano simultaneamente priorità alla promozione di una concorrenza e di investimenti più vigorosi nei mercati della banda larga nonché all’applicazione di rimedi per ovviare agli abusi delle posizioni e dei cartelli dominanti e infine alla riduzione degli ostacoli all’ingresso, affinché il mercato sia in grado di fornire innovazione;
· sottolinea che la concorrenza e regole efficaci e adeguate per l’apertura del mercato a banda larga forniscono l’incentivo maggiore allo sviluppo della banda larga in termini di installazione, velocità e varietà di servizi;
· sottolinea che l’infrastruttura finanziata pubblicamente dovrebbe essere fornita sulla base di un accesso paritario e non dovrebbe favorire alcun fornitore di servizi particolare;
· esorta la Commissione ad assicurare che tutti i fornitori di servizi possano accedere in condizioni paritarie alle reti a banda larga finanziate con il sostegno dei fondi strutturali e rurali;
· chiede alla Commissione di consentire l’utilizzo delle risorse della Comunità anche per il potenziamento e la sostituzione di reti a banda larga che non assicurano connessioni dotate di un’adeguata capacità funzionale;
· insiste sul fatto che il sostegno pubblico all’infrastruttura della banda larga deve aderire al principio della “neutralità tecnologica”, non favorendo a priori alcuna tecnologia particolare, né limitando le opzioni tecnologiche delle regioni, evitando nel contempo la frammentazione dell’infrastruttura tecnica, tenuto conto dell’evoluzione in atto e delle future esigenze degli utilizzatori e promuovendo l’introduzione di connessioni a banda larga con più elevate capacità.
Il 14 settembre 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione sull’approccio fondato sul mercato in materia di gestione dello spettro radioelettrico nell’UE (COM(2005)400).
La proposta, oltre a costituire un volano per la crescita e l’occupazione e l’applicazione pratica dei principi dell’agenda di Lisbona rinnovata, rientra nell’ambito della gestione efficace dello spettro, come previsto dall’iniziativa i2010, legata alla prospettiva di una rimozione comune e coordinata deivincoliall’utilizzo dello spettro in tutti gli Stati membri al fine di promuovere un’economia digitale aperta e competitiva.
Per avviare questo processo in modo coordinato nell’UE, la Commissione propone la creazione di mercati dello spettro radioelettrico attraverso un accordo politico sugli obiettivi finalizzati all’attuazione pratica, nel periodo fino al 2010, del diritto di:
- praticare lo scambio di diritti individuali di utilizzo di frequenze in determinate bande dello spettro radioelettrico, nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche terrestri;
- utilizzare tali frequenze in modo flessibile.
Il 6 settembre 2005 la Commissione ha presentato la seconda relazione sullo spettro radio (COM(2005)411), in cui si sottolinea l’importanza dello spettro come risorsa fondamentale per servizi essenziali per la società: comunicazioni mobili, senza fili e satellitari, trasmissioni televisive e radiofoniche, trasporti, radiolocalizzazione (GPS/Galileo), altre applicazioni (allarmi, telecomandi, apparecchi acustici, microfoni, apparecchiature mediche ecc.). La relazione ricorda che la tecnologia radio è di supporto a servizi pubblici quali la difesa, la sicurezza e le attività scientifiche (ad esempio, meteorologia, osservazione della Terra, radioastronomia e ricerca spaziale). La Commissione invita Parlamento europeo e Consiglio ad approvare le azioni condotte dall’UE in materia di politica dello spettro e a riconoscerne l’importanza ai fini della creazione di uno spazio europeo unico dell’informazione al servizio del partenariato rinnovato di Lisbona per la crescita e l’occupazione.
Entrambi i documenti sono stati esaminati il 1° dicembre 2005 dal Consiglio e il 14 marzo 2006 dal Parlamento europeo.
L’8 febbraio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Maggiore flessibilità per un accesso rapido allo spettro radio riservato alle comunicazioni elettroniche senza fili” (COM(2007)50), volta a definire le misure pratiche da adottare entro il 2010 per facilitare una gestione più flessibile dello spettro radio nelle bande soggette a diritti di utilizzo individuali, per la quale il riesame del quadro comunitario per le comunicazioni elettroniche fornirà la base normativa. Le azioni proposte nella presente comunicazione, inoltre, mirano a trovare una soluzione, sulla base dell’attuale quadro normativo, per i casi in cui è urgente adottare un approccio più flessibile all’utilizzo dello spettro.
La Commissione propone che d’ora in avanti la regola consista nell’adottare un approccio flessibile e non restrittivo per l’uso delle risorse radio per i servizi di comunicazioni elettroniche, che permetta agli utilizzatori dello spettro di scegliere i servizi e le tecnologie, diversamente dall’approccio restrittivo spesso applicato attualmente.
Il 14 febbraio 2007 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione “Verso una politica europea in materia di spettro radio” (2006/2212(INI)) nella quale, fra l’altro, ritiene che l’Unione europea debba adottare un approccio sostenibile in materia di spettro, che promuova la concorrenza e lo sviluppo di tecnologie innovative, impedisca l’accumulo dei diritti relativi alle frequenze e la formazione di monopoli e arrechi vantaggi ai consumatori, e che tale approccio debba tener conto della modifica tecnologica come pure dei bisogni degli operatori di mercato.
Con decisione n. 1718 del 15 novembre 2006, è stato adottato un programma di sostegno al settore audiovisivo europeo (MEDIA 2007).
Il programma, che si riferisce al periodo 2007-2013, riunisce in un unico strumento le attuali misure di sostegno a favore dell’industria audiovisiva europea. Con una dotazione finanziaria di 671 milioni di euro, intende rafforzare la competitività del settore, promuovere nell’UE e nel mondo le opere audiovisive europee, conservare e valorizzare la diversità culturale europea e il suo patrimonio cinematografico, sostenere la digitalizzazione, ivi compresa la promozione di cataloghi di film europei forniti su piattaforme digitali.
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)
Il 20 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (Procedura d’infrazione 2005/2240) in cui sostiene che l’Italia sarebbe venuta meno agli obblighi stabiliti dalla direttiva 89/552/CE a causa dell’inserimento di annunci pubblicitari nella trasmissione di eventi sportivi (minispot).
Nella lettera, la Commissione ricorda che le autorità italiane, nel rispondere alla precedente lettera di messa in mora complementare, relativa alla citata procedura d’infrazione 2002/4522, avevano fatto riferimento alla modifica recentemente introdotta all’articolo 4 della delibera dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni n. 538/01/CSP: al paragrafo 5, infatti, le parole “nelle sue pause” sono state sostituite con “o negli arresti del gioco suscettibili di essere aggiunti alla durata regolamentare del tempo”. La Commissione reputava pertanto che la modifica della delibera fosse conforme al principio secondo il quale gli spot devono essere consentiti solo quando il tempo regolamentare di gioco debba essere prolungato e di conseguenza prevedeva di chiudere la procedura di infrazione 202/4522.
Nonostante ciò, la Commissione ha rilevato che la prassi relativa ai minispot, nei fatti, non era cambiata e che spot di cinque secondi venivano inseriti ancora nelle pause dei calci d’angolo, delle punizioni, delle sostituzioni di calciatori: secondo la comunicazione interpretativa adottata dalla Commissione - relativa a talune disposizioni della direttiva TV senza frontiere, concernenti la pubblicità televisiva (COM(2004)1450) -, queste pause “non costituiscono un’interruzione”.
Il 18 luglio 2007 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato. La Commissione ritiene che l’Italia, con l’adozione di talune disposizioni di legge, sia venuta meno agli obblighi di cui all’articolo 9 della direttiva 2002/21/CE, che istituisce un quadro comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), agli articoli 3, 5 e 7 della direttiva 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni) e agli articoli 2 e 4 della direttiva 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica (direttiva concorrenza).
Con riferimento alla compatibilità delle disposizioni di legge con la direttiva quadro e la direttiva autorizzazioni, la Commissione osserva che la legge 3 maggio 2004, n. 112 (c.d. legge Gasparri) e il D.Lgs. 31 luglio 2005, n.177 (testo unico norme radiotelevisive) hanno previsto un periodo transitorio (fino al 31.12.2008) per il passaggio (o switch-over[10]) dalle trasmissioni in tecnica analogica a quelle in tecnica digitale e hanno fissato altresì un regime definitivo per la concessione delle licenze di operatore di rete di radiodiffusione digitale e delle relative frequenze.
Con riguardo all’autorizzazione generale, la Commissione sottolinea che ai sensi dell’articolo 23, comma 5, della legge n. 112 del 2004, coloro che già operano in tecnica analogica possono ottenere la conversione delle loro abilitazioni alla sperimentazione o chiedere una nuova licenza per le trasmissioni in digitale nel caso in cui la loro rete digitale abbia raggiunto una copertura superiore al 50% della popolazione. Secondo la Commissione il diritto, concesso unicamente agli operatori di radiodiffusione in via analogica già in attività, di chiedere una licenza di operatore in digitale, equivale all’attribuzione di un nuovo diritto, in quanto consente un’attività - l’esercizio dell’attività di radiodiffusione in tecnica digitale - non permessa in precedenza. Peraltro, tale nuovo diritto di esercizio, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva autorizzazioni, dovrebbe essere condizionato unicamente all’ottenimento di una autorizzazione generale.
Parimenti in contrasto con tale previsione, risulta – ad avviso della Commissione – anche l’esclusione di nuovi operatori che vogliano entrare sul mercato, dal momento che l’articolo 23, comma 5, della legge n. 112 concede solamente a coloro che già operano in tecnica analogica la possibilità di ottenere la conversione delle loro abilitazioni ovvero una nuova licenza per le trasmissioni in digitale.
Infatti, l’articolo 3, par. 2, della direttiva autorizzazioni prescrive che la fornitura di reti di comunicazione elettronica o di servizi di comunicazione elettronica può essere assoggettata soltanto ad un'autorizzazione generale, fatti salvi gli obblighi specifici di cui all'articolo 6, paragrafo 2, o i diritti di uso di cui all'articolo 5. All'impresa interessata può essere imposto l'obbligo di notifica, ma non l'obbligo di ottenere una decisione esplicita o qualunque altro atto amministrativo da parte dell'autorità nazionale di regolamentazione prima di esercitare i diritti che derivano dall'autorizzazione.
La Commissione rileva, pertanto, che l’art. 23, comma 5, della legge n. 112 non è conforme alle disposizioni della direttiva autorizzazioni in quanto:
- fa sì che le aziende debbano ottenere una licenza individuale anziché un’autorizzazione generale;
- non rende possibile per i nuovi operatori la realizzazione e gestione di una rete di radiodiffusione in tecnica digitale.
Con riguardo alle frequenze, la Commissione rileva che:
- il passaggio al digitale non può essere realizzato tramite l’assegnazione di diritti individuali d’uso di nuove radiofrequenze, dal momento che tutte le radiofrequenze esistenti assegnate per la radiodiffusione sono già utilizzate per le trasmissioni in tecnica analogica in ambito nazionale e locale. Di conseguenza, l’impostazione adottata dalle autorità italiane per consentire il passaggio al digitale è consistita nell’autorizzare l’acquisto di frequenze presso altri operatori di radiodiffusione in tecnica analogica. L’articolo 27, comma 3, del testo unico della radiodiffusione (d.lgs. n. 177 del 2005) prevede quindi che “ai fini della realizzazione delle reti televisive digitali sono consentiti i trasferimenti di impianti o di rami d'azienda tra i soggetti che esercitano legittimamente l'attività televisiva in ambito nazionale o locale, a condizione che le acquisizioni operate siano destinate alla diffusione in tecnica digitale”.
- mancando le radiofrequenze disponibili da assegnare, gli effetti di tale norma sono paragonabili a quelli ottenuti mediante la concessione di diritti individuali d’uso delle radiofrequenze da parte delle autorità nazionali ai fini della realizzazione delle reti digitali e dovrebbero pertanto conformarsi a quanto previsto dagli articoli 9, par. 1, della direttiva quadro[11] e 5, par. 2, della direttiva autorizzazioni[12], che sostanzialmente richiedono il rispetto di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati nel caso di assegnazione di frequenze o di diritti individuali d’uso da parte delle autorità nazionali.
Al contrario, in base all’art. 27, comma 3, citato solo le emittenti già attive possono acquisire radiofrequenze sul mercato, privando nuovi operatori della possibilità di acquistare frequenze per la realizzazione di reti digitali. Ciò determina una limitazione nel numero dei diritti d’uso che possono essere concessi per le frequenze destinate alla radiodiffusione in tecnica digitale. Risulta inoltre che tre operatori (RAI, Mediaset, Telecom Italia/LA7) abbiano acquistato un numero di frequenze superiore a quello necessario per sostituire i loro programmi in tecnica analogica con quelli in tecnica digitale.
Ciò non sarebbe conforme a quanto stabilito dall’art. 5, comma 2, della direttiva autorizzazioni (i diritti d’uso devono essere concessi mediante procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie) e dall’art. 7, comma 3, della stessa direttiva (qualora la concessione avvenga in numero limitato, l’assegnazione deve esser fatta in base a criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori).
Nonostante ciò, per facilitare il passaggio al digitale, secondo la Commissione talune deroghe sarebbero peraltro ammesse e potrebbero essere giustificate, ad esempio, se volte ad agevolare la trasmissione simultanea in analogica e in digitale, ricadendo in tal modo nell’eccezione prevista dall’articolo 1, par. 3, della direttiva quadro, che fa salve le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, per perseguire obiettivi di interesse generale relativi, in particolare, alle regolamentazioni dei contenuti ed alla politica audiovisiva.
In ogni caso, la Commissione ritiene che l’esclusione di nuovi operatori dalla compravendita di frequenze non sia proporzionata rispetto allo scopo perseguito (agevolare il passaggio al digitale da parte degli operatori di trasmissioni in tecnica analogica già in attività), in quanto non limita il diritto speciale di acquistare frequenze a quanto necessario a sostituire i programmi in tecnica analogica con quelli in digitale né prevede la restituzione delle frequenze attualmente usate dagli operatori in tecnica analogica, che si libereranno dopo il passaggio al digitale.
La Commissione ritiene pertanto che il testo unico e la legge n. 112 non siano conformi all’articolo 9 della direttiva quadro e agli articoli 5 e 7 della direttiva autorizzazioni per un duplice ordine di fattori:
· l’art. 27, comma 3 (Trasferimenti di impianti e rami d'azienda) del D.Lgs. 177 del 2005 e l’articolo 23, comma 3 (avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale), della legge n. 112 del 2004, non sono conformi al principio di non discriminazione sancito dall’articolo 9, par. 1, della direttiva quadro e dagli articoli 5, parr. 2, e 7, par. 3, della direttiva autorizzazioni, in quanto non consentirebbero alle aziende che attualmente non esercitano l’attività di radiodiffusione l’acquisto o l’utilizzo di frequenze ai fini delle trasmissioni in tecnica digitale;
· nonostante sia legittimo l’intento di agevolare il passaggio al digitale da parte degli operatori di trasmissioni in tecnica analogica già in attività, la legislazione non rispetterebbe il principio di proporzionalità poiché non limita il numero delle frequenze che gli operatori già attivi possono acquistare in digitale, sostituendo gli attuali programmi in analogica con un numero eguale di programmi in digitale; inoltre, le stesse aziende non sono obbligate a restituire le frequenze adesso utilizzate, una volta che si renderanno libere dopo il passaggio al digitale.
Con riguardo alla compatibilità delle disposizioni di legge con la direttiva sulla concorrenza, la Commissione afferma che le norme in contrasto con gli articoli 2 e 4 della direttiva concorrenza[13], in quanto attributive di diritti speciali, sarebbero le seguenti:
· l’art. 25, comma 11, della legge n. 112 del 2004 che, prorogando fino alla data dello switch-off l’autorizzazione a trasmettere in analogica per gli operatori non titolari di concessione televisiva analogica, fornisce di fatto un vantaggio a questi ultimi a danno di altri che, pur essendo titolari di concessioni televisive analogiche, non possono trasmettere per mancanza di radiofrequenze;
· l’art. 2-bis, comma 1, della legge n. 66/2001 (differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali), l’art. 23, comma 1 della legge n. 112 del 2004 e l’art. 25, comma 1, del D.Lgs. n.177 del 2005, che riservano solo ai titolari di attività di radiodiffusione in tecnica analogica la possibilità di avviare la sperimentazione in tecnica digitale, così conferendo ai medesimi un’evidente protezione dalla concorrenza esercitata sul nuovo mercato digitale dagli operatori che non sono più attivi nelle trasmissioni in analogica;
· l’art. 23, comma 5, della legge n. 112 del 2004 che, dalla sua data di entrata in vigore fino a quella del switch-off, prevede che le licenze per il digitale siano assegnate agli operatori che già trasmettono in analogica e le cui reti digitali abbiano raggiunto una copertura non inferiore al 50% della popolazione; inoltre l’art. 25, comma 1, del D.Lgs. n. 177 del 2005, stabilisce che, fino alla data di attuazione del piano di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, tutti gli operatori esercenti radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica analogica possono presentare domanda per la concessione delle autorizzazioni necessarie per avviare le trasmissioni in digitale. Tale disposizione concede un evidente vantaggio a detti operatori rispetto agli altri operatori che, non esercitando un’attività in tecnica analogica, non possono ottenere una licenza come operatore in tecnica digitale;
· l’art. 23, comma 3, della legge n. 112 del 2004, che attribuisce ai soli titolari di cui sopra sia la possibilità di realizzare compravendita di frequenze e impianti ed esclusivamente per la realizzazione di reti digitali, sia di convertire tutte le reti analogiche in digitali ottenendo licenze per ciascuna di esse, comprese le reti per le quali non era stata loro accordata una concessione analogica. Tale meccanismo crea un evidente vantaggio – nell’affermarsi sul mercato dei servizi in tecnica digitale - per gli operatori (RAI e Mediaset) che controllano la maggior parte (80%) delle frequenze in tecnica analogica.
Peraltro, l’articolo 4, par. 1, della direttiva concorrenza prevede un’eccezione finalizzata al perseguimento di obiettivi di interesse generale, lasciando a tal fine impregiudicati i criteri e le procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere l'uso di frequenze radio, purchè gli Stati: non concedano diritti esclusivi o speciali di uso di frequenze radio per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica; procedano all'attribuzione delle frequenze radio in base a criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.
Quindi, la Commissione pur reputando che garantire un agevole passaggio al digitale potrebbe essere considerato un interesse generale, non ritiene le disposizioni della legge n. 112 del 2004 meritevoli di beneficiare dell’eccezione prevista dal citato art. 4, par.1, in quanto non offrono garanzie che, alla data dello swicth-off, le frequenze vengano riattribuite ai titolari di licenze interessati, sulla base di criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori, come stabilisce la direttiva. Ciò avrebbe potuto verificarsi solo se la durata del periodo di transizione fosse stata ragionevole e qualora la riassegnazione delle frequenze in tecnica analogica, resesi libere dopo la data dello switch-off, fosse stata adeguatamente regolamentata.
Il 19 luglio 2006 la Commissione europea aveva inviato all’Italia una lettera di messa in mora[14], in relazione all’adozione di talune disposizioni di legge, che si ponevano in contrasto con gli obblighi di cui all’articolo 9 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), agli articoli 3, 5 e 7 della direttiva 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni) e agli articoli 2 e 4 della direttiva 2002/77/CE (direttiva concorrenza)[15].
A seguito dell’invio della lettera di messa in mora, il 13 settembre 2006 il Governo italiano, nel rispondere alle osservazioni della Commissione, con riguardo alla compatibilità delle norme italiane con la direttiva quadro e la direttiva autorizzazioni, ha riconosciuto che l’ordinamento vigente non consente di garantire una gestione efficiente dello spettro elettromagnetico e che la situazione normativa non è conforme:
- agli obblighi di concedere diritti individuali d’uso;
- al principio dell’assegnazione delle radiofrequenze mediante procedure pubbliche e trasparenti;
- al principio secondo cui l’esercizio di una rete di radiodiffusione può essere assoggettata solo ad una autorizzazione generale.
Il Governo ha sottolineato altresì un’oggettiva difficoltà nella gestione dello spettro delle frequenze nazionali e l’impossibilità, nell’immediato, di assegnare nuove parti di spettro.
Con riguardo al rapporto delle disposizioni di legge con la direttiva concorrenza, il Governo ha affermato inoltre di volere adeguare con una nuova proposta normativa l’ordinamento italiano alle disposizioni dell’art. 9 della direttiva quadro, degli articoli 3, 5 e 7 della direttiva autorizzazioni e degli articoli 2 e 4 della direttiva sulla concorrenza, e che i punti qualificanti e innovativi dell’iniziativa sarebbero stati:
· il superamento delle barriere all’ingresso nel mercato della televisione digitale, allo scopo di offrire la massima apertura ai nuovi soggetti interessati;
· la limitazione dei fenomeni di sovrapposizione e ridondanza nell’utilizzo delle frequenze per un uso maggiormente efficace dello spettro radioelettrico;
· il divieto di posizioni dominanti nel mercato delle reti radiotelevisive e l’impegno a fornire condizioni di obiettività, trasparenza e proporzionalità e non discriminazione nell’accesso e nell’uso delle risorse.
Il 25 ottobre 2006 i servizi della Commissione hanno richiesto al Governo italiano copia della proposta di legge - volta ad adeguare la normativa italiana disposizioni dell’art. 9 della direttiva quadro, degli articoli 3, 5 e 7 della direttiva autorizzazioni e degli articoli 2 e 4 della direttiva sulla concorrenza -, nonché del calendario dei lavori per l’adozione e per l’entrata in vigore delle norme ivi contenute.
Il 28 novembre, nell’inviare copia del disegno di legge (A.C. 1825[16]), il Governo italiano dichiarava l’impossibilità di comunicare le date esatte del calendario di adozione e indicavano quali disposizioni del disegno di legge avrebbero potuto risolvere le riserve formulate dalla Commissione.
Il 6 dicembre 2006 il Governo comunicava che il dibattito presso l’Assemblea della Camera si sarebbe svolto presumibilmente entro il mese di marzo 2007; e, con lettera successiva del 4 aprile 2007, si comunicava che tale data sarebbe slittata, in base al calendario dei lavori concordato con i presidenti dei gruppi parlamentari, nel mese di giugno 2007.
In una nuova lettera del 12 aprile 2007 la Commissione chiedeva di essere informata circa la data di approvazione del ddl e sottoponeva al Governo una serie di osservazioni preliminari sul ddl (su cui si veda paragrafo successivo).
Il 24 aprile 2007 si confermava l’esame in Assemblea per il mese di giugno ma, con successiva lettera del 20 giugno, il Governo manifestava alla Commissione la difficoltà di formulare previsioni precise sui tempi di approvazione del disegno di legge in esame.
Il 18 luglio 2007 la Commissione europea ha quindi inviato all’Italia un parere motivato in cui osserva che:
- le autorità italiane non contestano i rilievi della Commissione;
- è stato presentato un disegno di legge (A.C. 1825) in Parlamento, che intende offrire una soluzione alle riserve formulate dalla Commissione nella lettera di costituzione in mora;
- peraltro, ad una prima comunicazione sulla conclusione dell’iter del ddl citato alla Camera entro il mese di marzo 2007, ne era seguita una seconda in cui la data prevista era il mese di giugno 2007 e, da ultimo, era stata manifestata la difficoltà oggettiva a formulare una previsione sui tempi di approvazione.
La Commissione europea, nella richiamata lettera del 12 aprile 2007, esprimeva una valutazione complessivamente positiva sul disegno di legge trasmesso dal Governo italiano, pur formulando alcuni rilievi, relativi ad alcune specifiche disposizioni del testo.
In particolare, l’articolo 3, commi 8 e 9, dell’A.C. 1825 fissa l’obbligo – per i fornitori di contenuti – di cedere la capacità trasmissiva eccedente la quota del 20 per cento della capacità trasmissiva complessiva[17], a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie, sulla base di criteri e modalità individuate con decreto del Ministro delle comunicazioni, adottato d’intesa con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Nella lettera della Commissione, si segnala in proposito che le frequenze sono utilizzate dagli operatori di rete e non dai fornitori di contenuti: pertanto ai primi dovrebbe applicarsi l’obbligo previsto dal citato articolo 3, comma 8, del ddl 1825.
Inoltre, per quanto riguarda le procedure per cedere la capacità trasmissiva, di cui al comma 9 dell’articolo 3, la Commissione rileva che:
- le modalità previste non consentono di distinguere tra le frequenze eccedenti acquistate dall’entrata in vigore della legge n. 66 del 2001 e quelle usate in precedenza per le trasmissioni analogiche;
- non risulta chiaro se il diritto di utilizzare le frequenze che superano la soglia del 20% dovrebbe essere ceduto per venire riassegnato ad un altro operatore ovvero se gli operatori che utilizzano al momento quelle frequenze siano tenuti semplicemente ad offrire l’accesso alla capacità trasmissiva ceduta dagli attuali fornitori di contenuti ad altri fornitori di contenuti. In questo secondo caso, la situazione non differirebbe di molto da quella prevista dalla disciplina attuale, rimanendo comunque un diritto speciale in capo agli operatori di rete già presenti sul mercato;
- affinchè queste previsioni possano comunque beneficiare dell’eccezione prevista dall’articolo 4, par. 1, della direttiva concorrenza, le autorità italiane dovrebbero garantire che esse siano proporzionate all’obiettivo di interesse generale da raggiungere, senza accordare vantaggi indebiti agli operatori esistenti, prevedendo, ad esempio, modalità di restituzione da parte degli operatori di rete delle frequenze utilizzate per le trasmissioni in via analogica, che si libereranno dopo il passaggio al digitale.
Infine, nella medesima lettera, la Commissione esprime perplessità sul comma 6 dell’articolo 3 dell’A.C. 1825. Tale norma prevede, in particolare, che quanto previsto dall’articolo 23, comma 3, della legge n. 112/2004[18] non si applichi ai soggetti titolari di più di due emittenti televisive in ambito nazionale, che trasmettono su frequenze terrestri in tecnica analogica.
Tale disposizione, ad avviso della Commissione - sebbene finalizzata a bilanciare l’attuale situazione di squilibrio, introducendo limiti rigorosi per gli operatori titolari di più di due concessioni analogiche, ai quali è così inibita l’acquisizione di ulteriori frequenze fino al passaggio al digitale - potrebbe configurarsi come un diritto speciale per i nuovi operatori ed andrebbe pertanto giustificata in funzione del perseguimento di un obiettivo di interesse generale.
Le autorità italiane, in risposta alle osservazioni della Commissione, hanno evidenziato che – con riferimento al primo rilievo, concernentel’obbligo per i fornitori di contenuti e non per gli operatori di rete di cedere la capacità trasmissiva eccedente la quota del 20 per cento della capacità trasmissiva complessiva – scopo della norma è quello di impedire che uno stesso fornitore di contenuti possa disporre di un numero eccessivo di programmi televisivi, nell’ottica della tutela del pluralismo.
In relazione, invece, alle disposizioni procedurali contenute al comma 9 dell’articolo 3, le autorità italiane si dichiarano disposte a sostituire il riferimento ai fornitori di contenuti con quello agli operatori di rete. Sempre in merito ai citati aspetti procedurali, si evidenzia come risulti irrilevante distinguere tra le frequenze eccedenti acquistate dall’entrata in vigore della legge n. 66 del 2001 e quelle usate in precedenza per le trasmissioni analogiche, dal momento che la norma detta una disposizione a regime e pertanto le frequenze da cedere sarebbero esclusivamente quelle non ancora destinate alle trasmissioni in via digitale. La risposta evidenzia altresì che il ddl delinea un disegno complessivo di obblighi di cessione di risorse in capo agli operatori più forti, senza riconoscere diritti speciali ad alcuno. Del resto, le risorse restituite al Ministero saranno poi rimesse a disposizione del mercato, in base a procedure pubbliche eque, trasparenti e non discriminatorie. Infine, in merito all’ultima osservazione della Commissione, le autorità italiane sottolineano come la norma introduca volutamente un’asimmetria rispetto agli operatori più forti (quali RAI e MEDIASET), per il perseguimento di un obiettivo di interesse generale, quale il riequilibrio delle risorse tra i diversi soggetti e l’accesso al mercato di nuovi operatori.
[1] Legge 3 maggio 2004, n. 112 recante Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione.
[2] Il “pacchetto” è composto in primo luogo da quattro direttive:
§ direttiva 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (cd. direttiva “quadro”);
§ direttiva 2002/19/CE, riguardante l'accesso alle reti di comunicazione elettronica ed alle risorse correlate, nonché l'interconnessione delle medesime (direttiva sull’accesso);
§ direttiva 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni);
§ direttiva 2002/22/CE, riguardante il servizio universale ed i diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva sul servizio universale).
A tali direttive sono riconnesse alcune altre (v. in particolare la direttiva “concorrenza”, 2002/77/CE), nonché atti attuativi dei competenti organi comunitari, in particolare con riguardo ai criteri per la definizione dei mercati rilevanti (vedi infra).
[3] Circa tale aspetto, si veda in particolare la relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, trasmessa alle Camere il 5 agosto 2002 (XIV legislatura, DOC CLVII n. 2, pag. 71).
[4] Tale Raccomandazione è stata adottata l’11 febbraio 2003 (vedi infra)
[5] In data 9 luglio 2002 la Commissione ha adottato le “Linee direttrici per l’analisi del mercato e la valutazione del notevole potere di mercato nell’ambito del nuovo quadro normativo comunitario per le reti e i servizi di comunicazione elettronica”.
[6] Se conclude che tale mercato è effettivamente concorrenziale, l'autorità nazionale di regolamentazione non impone né mantiene nessuno degli obblighi di regolamentazione specifici, e qualora siano già in applicazione obblighi di regolamentazione settoriali, li revoca per le imprese operanti in tale mercato rilevante. La revoca degli obblighi è comunicata alle parti interessate con un congruo preavviso.
[7] Nel caso dei mercati transnazionali paneuropei individuati, le autorità nazionali di regolamentazione interessate effettuano congiuntamente l'analisi di mercato, tenendo nel massimo conto gli orientamenti in merito, e si pronunciano di concerto in merito all'imposizione, al mantenimento, alla modifica o alla revoca degli obblighi di regolamentazione.
[8] Le tecnologie ‘proprietarie’ sono basate su standard proprietari, ideate e realizzate da un gruppo di soggetti, dette anche ‘chiuse’ per differenziarle dalle tecnologie ‘aperte’, basate su standard documentati accessibili e gratuiti.
[9] Per "inserimento di prodotti" si intende ogni forma di comunicazione commerciale audiovisiva che consiste nell'inserire o nel fare riferimento a un prodotto, a un servizio o a un marchio ....in un programma .... dietro pagamento o altro compenso.
[10] Nel settore radiotelevisivo, il termine
- “switch-on” indica l’avvio della trasmissione in digitale;
- "switch-over" indica la migrazione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica a quella digitale, dall'introduzione del digitale fino allo "switch-off" della trasmissione in tecnica analogica, cioè il periodo in cui la trasmissione in digitale e quella in analogico convivono.
- “switch-off” indica la fine della trasmissione in analogico.
[11] “Gli Stati membri provvedono alla gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica nel loro territorio ai sensi dell'articolo 8. Essi garantiscono che la allocazione e l'assegnazione di tali radiofrequenze da parte delle autorità nazionali di regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”.
[12] “Qualora sia necessario concedere diritti individuali d'uso delle frequenze radio e dei numeri, gli Stati membri attribuiscono tali diritti, a richiesta, ad ogni impresa che fornisca o utilizzi reti o servizi in forza di un'autorizzazione generale, nel rispetto degli articoli 6, 7 e 11, paragrafo 1, lettera c), e di ogni altra disposizione che garantisca l'uso efficiente di tali risorse in conformità della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro).
Fatti salvi criteri e procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere i diritti d'uso delle frequenze radio ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo, per il conseguimento di obiettivi d'interesse generale conformemente alla normativa comunitaria, tali diritti d'uso sono concessi mediante procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie”.
[14] Procedura d’infrazione n. 2005/5086.
[15] Le argomentazioni della lettera di messa in mora sono state riprese dal parere motivato, illustrato sopra.
[16] Si tratta del disegno di legge presentato dal ministro Gentiloni “Disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale“.
[17] Quest’ultima è pari, sulla base del data-base delle frequenze, al prodotto della capacità di trasporto, espressa in megabit al secondo, per la popolazione effettivamente servita.
[18] Relativa al c.d. “trading delle frequenze” (ossia, alla possibilità di acquisire per la sperimentazione digitale impianti o rami d’azienda tra soggetti che esercitano legittimamente l’attività televisiva in ambito nazionale o locale).