Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2008 A.C. 3256 Schede di lettura (articoli 16-81) Tomo II
Riferimenti:
AC n. 3256/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 292
Data: 20/11/2007
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS n. 1817/XV     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

Finanziaria 2008

A.C. 3256

Schede di lettura
(articoli 16-81)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 292

Tomo II

 

20 novembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato redatto con la collaborazione dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ID0016s2.doc

 


I N D I C E

 

Tomo II

Schede di lettura

§      Articolo 16 (Indennità membri Parlamento)3

§      Articolo 17 (Norme sulla formazione e composizione del Governo)9

§      Articolo 18 (Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo)17

§      Articolo 19, comma 1 (Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali)20

§      Articolo 19 comma 2 (Patto di stabilità Regione Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano e Università non statali di Aosta e Bolzano. 32

§      Articolo 20 (Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari sottoscritti dagli enti territoriali)34

§      Articolo 21 (Saldo finanziario ai fini del patto di stabilità interno)47

§      Articolo 22 (Esclusione del patto di stabilità interno per gli enti commissariati)49

§      Articolo 23 (Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio)51

§      Articolo 24, comma 1 (Trasferimenti erariali)55

§      Articolo 24 comma 2 (Compartecipazione delle province al gettito IRPEF)60

§      Articolo 24, comma 3 (Soppressione norme sulla riqualificazione urbana)62

§      Articolo 24, comma 4 (Pubbliche affissioni)64

§      Articolo 24, comma 5 (Utilizzo dei proventi delle concessioni e delle sanzioni in materia edilizia)66

§      Articolo 25 (Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)67

§      Articolo 26 (Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)85

§      Articolo 27 (Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni)107

§      Articolo 28, comma 1 (Fondo nazionale per la montagna)113

§      Articolo 28, commi 2-4 (Fondo di sviluppo delle isole minori)116

§      Articolo 29 (Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria)120

§      Articolo 30 (Condizioni di accesso al Fondo transitorio per i disavanzi regionali)126

§      Articolo 31 (Razionalizzazione degli organici e del personale utilizzato dagli uffici locali all’estero)129

§      Articolo 32 (Organizzazione del vertice «G8» in Italia e approvazione della decisione comunitaria n. 2007/436/CE, Euratom)136

§      Articolo 33 (Collettività italiane all’estero)143

§      Articolo 34 (Sviluppo professionale delle Forze armate)146

§      Articolo 35 (Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari)151

§      Articolo 36 (Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica)156

§      Articolo 37 (Misure in favore della giustizia minorile)159

§      Articolo 38 (Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)161

§      Articolo 39 (Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)164

§      Articolo 40 (Sicurezza della navigazione)167

§      Articolo 41 (Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica)171

§      Articolo 42 (Chiusura dell’emergenza conseguente alla crisi sismica nelle regioni Umbria e Marche del 1997)172

§      Articolo 43 (Pesca e vittime del mare)178

§      Articolo 44 (Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia)182

§      Articolo 45 (Rafforzamento della filiera agroenergetica)185

§      Articolo 46 (Interventi per il settore dell’apicoltura)187

§      Articolo 47 (Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)190

§      Articolo 48 (Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto dei prodotti alle fasce sociali di disagio)193

§      Articolo 49 (Interventi nel settore dell’irrigazione)198

§      Articolo 50 (Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)202

§      Articolo 51 (Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica)208

§      Articolo 52 (Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili)211

§      Articolo 53 (Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)226

§      Articolo 54 (Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili)237

§      Articolo 55 (Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni in materia di fonti rinnovabili)241

§      Articolo 56 (Impianti fotovoltaici)246

§      Articolo 57 (Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre)250

§      Articolo 58 (Sostegno all’imprenditoria femminile)257

§      Articolo 59 (Comitato nazionale italiano per il microcredito)262

§      Articolo 60 (Disposizioni in materia di autoimprenditorialità)266

 

 

 


Schede di lettura

(articoli 16-81)


Articolo 16
(Indennità membri Parlamento)

 

1. Ai fini della determinazione delle quote di cui all'articolo 1, secondo comma, della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, per cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge non si applica l'adeguamento retributivo previsto dall'articolo 24, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

 

 

L’articolo 16, reca una norma di contenimento delle spese per le indennità parlamentari.

 

L’indennità è prevista dalla Costituzione (art. 69) ed è disciplinata dalla L. 1261/1965[1]. Essa è fissata nella misura massima dalla legge: non può superare il trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate (art. 1, co. 2°).

L’art. 1, co. 52, della L. 266/2005[2] (legge finanziaria per il 2006) ha ridotto del 10 per cento l’ammontare massimo delle indennità mensili spettanti ai componenti della Camera e del Senato.

Spetta agli Uffici di Presidenza dei due rami del Parlamento determinare in concreto, entro il citato limite massimo, l’ammontare delle dodici quote mensili da corrispondere a titolo di indennità. In attuazione della disposizione della legge finanziarie per il 2006, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ed il Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica hanno disposto la riduzione pari al 10 per cento dell’importo lordo allora vigente della quota mensile dell’indennità parlamentare spettante rispettivamente a deputati e senatori.

Per i membri della Camera dei deputati[3], l’importo mensile è attualmente pari a 5.486,58 euro, al netto delle ritenute previdenziali (784,14 euro) e assistenziali (526,66 euro) della quota contributiva per l’assegno vitalizio (1.006,51 euro) e della ritenuta fiscale (3.899,75 euro).

Per i senatori, l'importo mensile spettante nel 2007 è pari a 5.613,59 euro al netto della ritenuta fiscale (4.015,18 euro), nonché delle quote contributive per l'assegno vitalizio, per l'assegno di solidarietà e per l'assistenza sanitaria. Nel caso in cui il Senatore versi anche la quota aggiuntiva per la reversibilità dell'assegno vitalizio, l'importo netto dell'indennità scende a 5.355,46 euro.

Si ricorda inoltre che il trattamento economico dei parlamentari comprende – oltre all’indennità – una diaria corrisposta a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma (art. 2, L. 1261/1965). L’ammontare è determinato dagli Uffici di Presidenza in misura non superiore alla indennità di missione giornaliera prevista per i magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate[4].

Vanno distinte dalle due voci indicate quelle relative ai rimborsi a vario titolo previsti (per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori; per le spese accessorie di viaggio e per i viaggi all’estero; per le spese telefoniche).

 

La disposizione in esame stabilisce che nella determinazione delle quote mensili dell’indennità parlamentare – per cinque anni dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2008non venga applicato l’adeguamento automatico previsto dall’articolo 24, commi 1 e 2 della legge 448 del 1998[5].

 

Le disposizioni richiamate – la cui applicazione verrebbe sospesa in relazione alle indennità parlamentari – prevedono che gli stipendi, l'indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi di specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale non “contrattualizzato” (docenti e ricercatori universitari, personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, colonnelli e generali delle Forze armate, personale dirigente della carriera prefettizia, personale della carriera diplomatica), siano adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti in regime contrattuale sulle voci della rispettiva retribuzione (la disposizione richiamate precisa che le voci retributive devono intendersi comprensive dell'indennità integrativa speciale e devono corrispondere a quelle utilizzate dallo stesso ISTAT per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali).

Quanto al meccanismo di concreta individuazione della misura dell'adeguamento annuo, il comma 2 dell’art. 24 prevede che la determinazione sia effettuata, entro il 30 aprile di ciascun anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica[6]. Al fine dell’adozione del D.P.C.M. l'ISTAT provvede a comunicare entro il mese di marzo la variazione percentuale registrata nell’anno precedente dalle retribuzioni del personale “contrattualizzato”. Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l'adeguamento è effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio.

 

Il comma 4 dell’articolo 24 della legge 448 del 1998, che non è espressamente richiamato dalla norma in esame, prevede a sua volta che il criterio dell’adeguamento automatico sopra descritto si applichi anche al personale di magistratura ed agli avvocati e procuratori dello Stato ai fini del calcolo dell'adeguamento triennale tenendo conto degli incrementi medi pro capite del trattamento economico complessivo, comprensivo di quello accessorio e variabile, delle altre categorie del pubblico impiego, fatta salva, per i profili non interessati dalla disposizione, la disciplina speciale di cui all’art. 2 della L. 27/1981.

 

In base a detta disposizione, che ha sostituito integralmente gli artt. 11, 12, legge n. 97 del 1979, gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto ogni triennio nella misura percentuale pari alla media degli incrementi delle voci retributive, esclusa l'indennità integrativa speciale, ottenuti dagli altri pubblici dipendenti (appartenenti alle amministrazioni statali, alle aziende autonome dello Stato, università, regioni, province e comuni, ospedali ed enti di previdenza). La percentuale spettante, calcolata dall’ISTAT rapportando il complesso del trattamento economico medio per unità corrisposto nell'ultimo anno del triennio di riferimento a quello dell'ultimo anno del triennio precedente, è determinata nel primo anno di ogni triennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con quello del tesoro, ed ha effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento: al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio gli stipendi sono aumentati, a titolo di acconto, per ciascun anno, in misura pari al 30% della variazione percentuale verificatasi nel triennio precedente, tranne l'eventuale conguaglio.

Il più recente adeguamento retributivo dei magistrati è stato disposto con il D.P.C.M. del 15 maggio 2006, che ha previsto un incremento del 12,30 per cento a decorrere dal 2006, previo riassorbimento degli incrementi già corrisposti per il 2004 e il 2005[7]. Per gli anni 2007 e 2008 il D.P.C.M. ha invece disposto, a titolo di acconto, un adeguamento del 3,69 per cento annuo.

 

In proposito, con riferimento alla formulazione del testo, potrebbe valutarsi l’opportunità di richiamare il comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, in considerazione del fatto che l’indennità parlamentare assume come parametro il trattamento economico di personale appartenente alla magistratura (magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione).

 

Con riferimento al meccanismo di adeguamento automatico previsto dall’art. 24 della L. 448/1998 si ricorda che l’art. 1, comma 576, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha disposto la riduzione del 30 %, per gli anni 2007 e 2008, della misura dell’adeguamento retributivo previsto per le categorie che ancora usufruiscono di progressioni stipendiali automatiche tra quelle, cosiddette in regime pubblico, indicate dall’art. 3 del D.Lgs. 165/2001, fermo restando il procedimento di determinazione previsto dalla disciplina vigente.

La limitazione percentuale degli adeguamenti retributivi nel biennio 2007-2008, che opera solo nei confronti di chi percepisca retribuzioni complessivamente superiori a 53.000 euro e – come precisato anche nella relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2007[8] – trova applicazione anche nei confronti dei magistrati, non dà luogo a successivi recuperi.

Nell’anno 2009 vi sarà invece applicazione nella misura piena dell’indice di adeguamento e reintegrazione “della base retributiva cui applicarlo”.

Al riguardo, si segnala peraltro che gli effetti del “taglio” dell’adeguamento automatico previsto dalla L. 296/2006 sono limitati al solo anno 2007 dal comma 22 dell’art. 144 del disegno di legge in esame (v. infra).

 

Con riferimento agli effetti della disposizione in esame, si rileva che essa – diversamente dalla norma relativa alla riduzione dell’adeguamento automatico prevista per il personale in regime di diritto pubblico dalla scorsa legge finanziaria – non reca una disciplina della fase temporale successiva al “blocco” dell’adeguamento automatico.

In questo contesto sembrerebbe quindi doversi ritenere che le decisioni al riguardo saranno rimesse agli Uffici di Presidenza delle due Camere, i quali – nell’ambito dei poteri ad essi attributi dalla L. 1261/1965 – potrebbero alternativamente:

§      applicare l’adeguamento sull’importo “congelato” dell’indennità;

§      operare conformemente all’art. 1, comma 576, della legge finanziaria per il 2007 e applicare l’adeguamento previa reintegrazione della base cui applicarlo, riallineando così l’importo delle indennità al trattamento dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di cassazione.

Sempre con riferimento alla portata della disposizione sotto il profilo finanziario, si segnala che nella relazione tecnica allegata al testo iniziale del disegno di legge finanziaria[9] il Governo illustra come essa produca una riduzione di spesa “a cascata”, posto che all’indennità dei parlamentari nazionali sono legati gli emolumenti di una serie di titolari di pubblici uffici (parlamentari europei, ministri e sottosegretari non parlamentari, consiglieri regionali).

 

L’importo dell’indennità spettante ai parlamentari europei corrisponde attualmente a quello dell’indennità di funzione del parlamentare nazionale. In particolare, l’art. 1 della L. 384/1979[10] stabilisce che ai membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia competa, dal giorno successivo a quello dell’elezione e fino a quando non sia diversamente stabilito dal medesimo Parlamento europeo, un’indennità mensile pari all’indennità percepita dai membri del Parlamento nazionale in applicazione dell’art. 1 della L. 1261/1965. L’art. 1, co. 52, della L. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha ridotto del 10 per cento anche l’ammontare massimo delle indennità mensili spettanti ai membri del Parlamento europeo eletti in Italia.

Deve peraltro ricordarsi che nel 2009 entrerà in vigore, lo Statuto dei deputati del Parlamento europeo, il quale provvede tra l’altro (artt. 9 e seguenti) a rendere omogeneo il trattamento dei singoli eurodeputati e a porlo a carico del bilancio dell’Unione europea anziché – come ora – di quello dei singoli Stati membri. L’indennità sarà pari al 38,5 per cento del trattamento economico di base di un giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee e ammonterà quindi a circa 7.000 euro mensili. Gli Stati membri (art. 29) potranno definire per i propri deputati del Parlamento europeo una regolamentazione in deroga alle disposizioni dello statuto in materia di indennità, indennità transitorie, pensioni di anzianità e pensioni di reversibilità per un periodo di transizione che non potrà superare la durata di due legislature del Parlamento europeo (quindi fino al 2019). I pagamenti relativi saranno in questo caso interamente a carico del bilancio dei rispettivi Stati membri.

Per quanto riguarda, invece, ministri e sottosegretari non parlamentari, la L. 418/1999[11], all’art. 1, ha stabilito che ad essi sia corrisposta – in aggiunta allo stipendio previsto dall’art. 2 della L. 212/1952[12] – anche una indennità pari a quella spettante ai membri del Parlamento, al netto degli oneri previdenziali e assistenziali. Si ricorda che, come anche l’indennità dei parlamentari, l’indennità ex legge 418, è stata ridotta del 10 per cento dall’art. 1, co. 52, della L. 266/2005.

Con riferimento invece ai consiglieri regionali, si rileva che nella maggior parte delle regioni l’indennità riconosciuta ai consiglieri è costituita da due voci: una, definita come indennità di carica, è corrisposta in misura uguale a tutti i consiglieri; l’altra, indicata come indennità di funzione si aggiunge alla prima ed è attribuita ai consiglieri che ricoprono talune cariche nel Consiglio o nella Giunta regionali. La legge della regione determina le cariche cui essa spetta e la misura della indennità per ognuna di esse. In tutte le regioni l’indennità riconosciuta ai consiglieri è estesa anche ai componenti ‘laici’ della giunta regionale. Il prospetto che segue mostra – a fronte per ciascuna regione – la misura di queste due voci e ne indica il parametro di commisurazione.

L’indennità di carica costituisce l’indennità base, ed è per lo più espressa in forma di percentuale dell'indennità lorda percepita dai componenti del Parlamento nazionale ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261. Diverso parametro assume invece la regione Umbria, che collega l’indennità dei consiglieri al trattamento economico dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione. Per l’esercizio di determinate funzioni spetta ai consiglieri una ulteriore quota, sempre in percentuale, della medesima indennità lorda spettante ai componenti della Camera dei deputati – o membri del Parlamento. Alcune regioni per questa parte di indennità assumono, invece, altri parametri: la indennità di base dei consiglieri – (Trentino Alto-Adige e Friuli-Venezia Giulia), indennità di funzione spettanti a determinate cariche – Friuli-Venezia Giulia o altre cariche dello Stato nel caso della Sardegna per il Presidente della Regione. In altri casi infine, fermo restando il parametro iniziale, la determinazione delle indennità di funzione è demandata all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (Sardegna) o dell’Assemblea regionale (Sicilia).

 

Per quanto riguarda i collegamenti con lavori legislativi in corso, si segnala che il 17 maggio 2007 la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati ha avviato l’esame in di quattro proposte di legge in materia di contenimento dei costi della politica, nel cui ambito ha avviato una indagine conoscitiva attualmente in corso. In proposito si segnala, tra le proposte in esame, l’A.C. 2179 (on. Donadi e altri), che – analogamente a quanto previsto dall’articolo in esame – prevede un “congelamento” dell’indennità, prevedendo che fino a tutto il 2010 l’ammontare dell’indennità, e di ogni altro emolumento ad essa commisurato per legge o regolamento, resti determinato nella misura vigente alla data di entrata in vigore della legge.

 


Articolo 17
(Norme sulla formazione e composizione del Governo)

 


1. A partire dal Governo successivo a quello in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, il numero dei Ministeri e il relativo riparto di attribuzioni sono stabiliti dalle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nel testo pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 203 del 30 agosto 1999. Il numero totale dei componenti del Governo a qualsiasi titolo, ivi compresi ministri senza portafoglio, vice ministri e sottosegretari, non può essere superiore a sessanta e la composizione del Governo deve essere coerente con il principio stabilito dal secondo periodo del primo comma dell'articolo 51 della Costituzione.

2. A far data dall'applicazione, ai sensi del comma 1 del presente articolo, del decreto legislativo n. 300 del 1999 sono abrogati il decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, e il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.


 

 

L’articolo 17, introdotto dal Senato, al comma 1 innova in ordine alla composizione del Governo e al riparto di attribuzioni fra i ministeri.

Tale nuova disciplina è destinata a trovare applicazione “a partire dal Governo successivo a quello in carica” alla data di entrata in vigore della legge. In altri termini, la nuova disciplina non riguarda il Governo attualmente in carica, che rimane soggetto alla normativa vigente in tema di numero e attribuzioni dei ministeri.

La disposizione in esame utilizza una tecnica legislativa attraverso la quale il numero e le attribuzioni dei ministeri sono definiti mediante richiamo delle relative disposizioni del D.Lgs. 300/1999[13], di cui è prevista la reviviscenza nella formulazione originaria.

In sostanza, la disposizione in esame compatta in un unico articolo e fa rivivere la disciplina dell’organizzazione del Governo di cui al testo originario del D.Lgs. 300/1999 (c.d. riforma Bassanini).

Il dies a quo della reviviscenza sembrerebbe implicare che la nuova disciplina organizzativa debba essere osservata nella formazione del Governo che succederà a quello attualmente in carica.

 

La delega conferita dalla L. 59/1997[14] per la riforma dell’organizzazione dei Ministeri – che diede origine al D.Lgs. 300/1999 – era espressamente intesa a razionalizzare l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo.

Tra i princìpi e criteri direttivi della delega vi erano i seguenti: procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle competenze tra i Ministeri, in ogni caso riducendone il numero, anche con decorrenza differita all’inizio della nuova legislatura; eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all’interno di ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra organi amministrativi e organi tecnici, con eventuale trasferimento, riallocazione o unificazione delle funzioni e degli uffici esistenti, e ridisegnare le strutture di primo livello, anche mediante istituzione di dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo o di agenzie e aziende, anche risultanti dalla aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità (cfr. art. 12, co. 1, lett. f) e g), della L. 59/1997).

Il D.Lgs. 300/1999, che prevedeva dodici ministeri, non ha mai avuto applicazione nella sua formulazione originaria. Esso infatti avrebbe dovuto essere applicato a partire dalla XIV legislatura, allorché però fu emanato il D.L. 217/2001[15]. Tale decreto-legge, modificando il testo originario del D.Lgs. 300/1999, portò a quattordici il numero dei Ministeri.

Una ulteriore riforma è stata posta in essere all’inizio della presente legislatura, attraverso il D.L. 181/2006[16]. Tale provvedimento ha portato a diciotto il numero dei Ministeri.

La tabella seguente raffronta le diverse composizioni del Governo secondo le formulazioni D.Lgs. 300/1999 succedutesi nel tempo.


 

Art. 2, co. 1, del D.Lgs. 300/1999

Testo originario

Testo modificato
dal D.L. 217/2001

Testo vigente,
con le modifiche recate dal D.L. 181/2006

1. A decorrere dalla prossima legislatura, i ministeri sono i seguenti:

1. I ministeri sono i seguenti:

1. I ministeri sono i seguenti:

1) Ministero degli affari esteri

1) Ministero degli affari esteri;

1) Ministero degli affari esteri;

2) Ministero dell’interno

2) Ministero dell’interno;

2) Ministero dell’interno;

3) Ministero della giustizia

3) Ministero della giustizia;

3) Ministero della giustizia;

4) Ministero della difesa

4) Ministero della difesa;

4) Ministero della difesa;

5) Ministero dell’economia e delle finanze

5) Ministero dell’economia e delle finanze;

5) Ministero dell’economia e delle finanze;

6) Ministero delle attività produttive

6) Ministero delle attività produttive;

6) Ministero dello sviluppo economico;


 

 

7) Ministero del commercio internazionale;

 

7) Ministero delle comunicazioni;

8) Ministero delle comunicazioni;

7) Ministero delle politiche agricole e forestali

8) Ministero delle politiche agricole e forestali;

9) Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

8) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

9) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

10) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

9) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

10) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

11) Ministero delle infrastrutture;

 

 

12) Ministero dei trasporti;

10) Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali

11) Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

13) Ministero del lavoro e della previdenza sociale;

 

12) Ministero della salute;

14) Ministero della salute;

11) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca

13) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

15) Ministero della pubblica istruzione;

 

 

16) Ministero dell’università e della ricerca;

12) Ministero per i beni e le attività culturali.

14) Ministero per i beni e le attività culturali.

17) Ministero per i beni e delle attività culturali;

 

 

18) Ministero della solidarietà sociale.

 

La disposizione in esame ripristina, come detto, non solo il numero (e la denominazione), ma anche la originaria ripartizione delle attribuzioni fra i ministeri. Tale ripartizione è illustrata dalla tabella posta in calce alla presente scheda.

Il comma 1, al secondo periodo, pone anche un limite complessivo al numero dei componenti del Governo “a qualsiasi titolo”: esso non può essere superiore a sessanta unità, comprendendo in tale nozione allargata di componente del Governo i ministri senza portafoglio, i viceministri e i sottosegretari. Inoltre, il contingente governativo, nel rispetto del suddetto limite numerico complessivo, deve essere configurato “in coerenza” con il principio di cui all’articolo 51, primo comma, secondo periodo, della Costituzione, a mente del quale la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ai fini dell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.

Dalla formulazione dell’art. 51 Cost. non sembra discendere un vincolo giuridico in ordine alla composizione della futura compagine governativa, quanto piuttosto l’obbligo di promuovere le “pari opportunità nell’accesso” tra i due generi; il modo in cui di tale principio si darà lettura e applicazione in sede di formazione del nuovo Governo sembra sostanzialmente rimesso alle sensibilità e alle dinamiche dei diversi attori politico-istituzionali.

 

Il comma 2 prevede che, a decorrere dalla reviviscenza del testo originario del D.Lgs. 300/1999, siano abrogati il D.L. 217/2001 e il D.L. 181/2006, dei quali si è innanzi trattato. Benché non espressamente dichiarato, appare evidente l’intento di far tornare in vigore, con tale abrogazione, il testo originario del D.Lgs. 300/1999, limitatamente peraltro alle parti che hanno formato oggetto di abrogazione o modifica da parte dei due menzionati decreti-legge.

Si segnala peraltro che l’abrogazione dei due decreti-legge travolge anche le diverse disposizioni, in essi contenute, non concernenti il numero e le attribuzioni dei ministeri, alcune delle quali modificative di fonti legislative diverse dal D.Lgs. 300/1999. Gli effetti di tali abrogazioni non emergono sempre con chiarezza, né – in ogni caso – risulta evidente la connessione tra tali effetti e la ratio dell’articolo in esame.

 

Si fa ad esempio riferimento, con riguardo al D.L. 217/2001:

-        al co. 6-bis (competenze aggiuntive del Ministero per le politiche agricole e forestali);

-        al co. 12 (competenze dei vice ministri);

-        al co. 13 (incarichi di diretta collaborazione),

-        e con riguardo all’art. 1 del D.L. 181/2006:

-        ai co. 9-bis e 9-ter (disciplina dei consorzi agrari e promozione del sistema agroalimentare italiano);

-        al co. 19-quinquies (riordino della Commissione per le adozioni internazionali);

-        al co. 22-ter (modifica alla L. 400/1988);

-        ai co. da 24 a 24-octies (uffici e incarichi di diretta collaborazione);

-        al co. 24-novies (requisiti per la nomina dei direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere).

 

Va inoltre rilevato che, avendo il D.L. 181/2006 operato una redistribuzione delle competenze in svariate materie anche tra la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri dicasteri, il riassetto conseguente all’abrogazione del D.L. coinvolgerà anche la Presidenza del Consiglio, pur questa non essendo questa disciplinata dal D.Lgs. 300/1999 (bensì dal parallelo D.Lgs. 303/1999).

In conseguenza dell’intervento previsto dall’articolo in esame, si renderà comunque necessario un riassetto dell’organizzazione interna dei ministeri coinvolti dal riordino (e, come si è detto, della Presidenza del Consiglio). Nel silenzio del testo, sembra applicabile lo strumento regolamentare previsto in via generale dall’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988[17].

 

Tale norma prevede che l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministri siano determinate con regolamento emanato ai sensi del co. 2 del medesimo art. 17, cioè con regolamento di delegificazione. Gli schemi di regolamento sono trasmessi al Consiglio di Stato, ai sensi dello stesso art. 17, co. 2 L. 400/1988, e alle Camere, ai sensi dell’art. 13, co. 2 della L. 59/1997, perché su di essi sia espresso, entro 30 giorni, il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Il Consiglio dei ministri adotta quindi in via definitiva con propria deliberazione il regolamento, che viene emanato con decreto del Presidente della Repubblica.

 

Nulla peraltro dispone l’articolo in esame in ordine alle modalità di ricognizione delle strutture amministrative trasferite in esito alla ridefinizione del numero e delle attribuzioni dei ministeri, né in ordine ai modi e ai tempi del conseguente trasferimento delle risorse strumentali e finanziarie e del personale da un ministero all’altro.

 

Le attribuzioni dei ministeri secondo il testo originario del D.Lgs. 300/1999

 

Ministeri

Attribuzioni

Ministero degli Affari esteri

(articoli 12 e 13)

Funzioni e compiti in materia di rapporti politici, economici, sociali e culturali con l’estero; di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale; di analisi, definizione e attuazione dell’azione italiana in materia di politica internazionale; di rapporti con gli altri Stati con le organizzazioni internazionali; di stipulazione e di revisione dei trattati e delle convenzioni internazionali e di coordinamento delle relative attività di gestione; di studio e di risoluzione delle questione di diritto internazionale, nonché di contenzioso internazionale; di rappresentanza della posizione italiana in ordine all’attuazione delle disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune previste dal Trattato dell’Unione europea e di rapporti attinenti alle relazioni politiche ed economiche esterne dell’Unione europea; di cooperazione allo sviluppo; di emigrazione e tutela delle collettività italiane e dei lavoratori all’estero; cura delle attività di integrazione europea in relazione alle istanze e ai processi negoziali riguardanti i trattai dell’Unione europea, della Comunità europea, della Ceca, dell’Euratom.

Ministero dell’Interno

(articoli 14 e 15)

Funzioni e compiti in materia di: garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, difesa civile e politiche di protezione civile, poteri di ordinanza in materia di protezione civile, tutela dei diritti civili, cittadinanza, immigrazione, asilo, soccorso pubblico, prevenzione incendi.

Ministero della Giustizia

(articoli 16-19)

Funzioni e compiti ad esso attribuiti dalla Costituzione, dalle leggi e dai regolamenti in materia di giustizia e attività giudiziaria ed esecuzione delle pene, rapporti con il Consiglio superiore della magistratura, attribuzioni concernenti i magistrati ordinari, vigilanza sugli ordini professionali, archivi notarili, cooperazione internazionale in materia civile e penale.

Ministero della Difesa

(articoli 20-22)

Funzioni e compiti in materia di difesa e sicurezza militare dello Stato, politica militare e partecipazione a missioni a supporto della pace, partecipazione a organismi internazionali di settore, pianificazione generale e operativa delle forze armate e interforze, pianificazione relativa all'area industriale di interesse della difesa.

Ministero dell’Economia e delle finanze

(articoli 23-26)

Funzioni e compiti in materia di politica economica, finanziaria e di bilancio, programmazione degli investimenti pubblici, coordinamento della spesa pubblica e verifica dei suoi andamenti, politiche fiscali e sistema tributario, demanio e patrimonio statale, catasto e dogane, programmazione, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale e politiche di coesione. Il ministero svolge altresì i compiti di vigilanza su enti e attività e le funzioni relative ai rapporti con autorità di vigilanza e controllo previsti dalla legge.

Ministero delle Attività produttive

(articoli 27-32)

Funzioni e compiti in materia di industria, artigianato, energia, commercio, fiere e mercati, trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli, turismo e industria alberghiera, miniere, cave e torbiere, acque minerali e termali, politiche per i consumatori, commercio con l'estero e internazionalizzazione del sistema produttivo, poste, telecomunicazioni, editoria, produzioni multimediali, informatica, telematica, radiodiffusione sonora e televisiva, tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni, con particolare riguardo per il commercio elettronico.

Ministero delle Politiche agricole e forestali

(articoli 33 e 34)

Funzioni e compiti in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca.

Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio

(articoli 35-40)

Funzioni e compiti in materia di tutela dell'ambiente e del territorio; identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali; difesa del suolo e tutela delle acque; protezione della natura; gestione dei rifiuti, inquinamento e rischio ambientale; promozione di politiche di sviluppo sostenibile; risorse idriche.

Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

(articoli 41-44)

Funzioni e compiti in materia di identificazione delle linee fondamentali: dell'assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane, reti infrastrutturali e opere di competenza statale; politiche urbane e dell'edilizia abitativa; opere marittime e infrastrutture idrauliche, trasporti e viabilità.

Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali

(articoli 45-48)

Funzioni e compiti in materia di politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone e delle famiglie, di tutela della salute umana, coordinamento del sistema sanitario nazionale, sanità veterinaria, tutela della salute nei luoghi di lavoro, igiene e sicurezza degli alimenti, di politiche del lavoro e sviluppo dell'occupazione, di tutela del lavoro e dell'adeguatezza del sistema previdenziale.

Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca

(articoli 49-51)

Funzioni e compiti in materia di istruzione scolastica e istruzione superiore, di istruzione universitaria, di ricerca scientifica e tecnologica.

Ministero per i Beni e le attività culturali

(articoli 52-54)

Funzioni e compiti in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo e sport, eccettuate quelle attribuite ad altri ministeri o ad agenzie.

 

 


Articolo 18
(Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo)

 

1. I compensi dei Commissari straordinari di Governo, di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono ridotti del 20 per cento dal 1o gennaio 2008.

 

 

L’articolo in esame, dispone la riduzione del 20 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dei compensi dei Commissari straordinari del Governo.

I Commissari straordinari del Governo, la cui disciplina è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 11 della L. 400/1988[18] anche al fine di razionalizzare le figure commissariali, costituiscono organi strumentali del Governo, a natura speciale e a competenza settorialmente definita[19].

 

In base al disposto del comma 1 dell’art. 11, i Commissari straordinari possono essere nominati:

-        per la realizzazione di specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri;

-        per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali.

Quanto alle attribuzioni dei Commissari straordinari, esse non sono espressamente individuate dalla legge n. 400, la quale sul punto – oltre a prevedere la facoltà per il Governo di istituire i Commissari e di conferire loro i necessari poteri – si limita ad escludere che essi possano esercitare attribuzioni devolute dalla legge ai ministeri. La dottrina ha inoltre precisato che, derivando i compiti commissariali da una specifica attribuzione da parte del Governo, deve ritenersi che al Commissario straordinario non possano essere attribuiti compiti diversi da quelli rientranti nella sfera di competenze dell’esecutivo e, comunque, nell’ambito di attribuzioni suscettibili di delega. L’attribuzione dei poteri ha natura essenzialmente temporanea ed il tempo di durata dell’incarico è contenuto nel decreto di nomina, salva comunque la possibilità di prorogare o revocare l’incarico stesso.

Sotto il profilo procedurale, il comma 2 del medesimo articolo 11 prevede che la nomina avvenga con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il decreto di nomina non ha solo contenuto di preposizione di un soggetto all’incarico commissariale, essendo previsto che esso debba determinare i compiti del commissario e le dotazioni di mezzi e di personale a sua disposizione. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta Ufficiale.

Attualmente risultano in carica 10 Commissari straordinari di Governo[20]:

-        Commissariostraordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura (D.P.R. 29 aprile 2006): Pref. Dott. Raffaele Lauro (termine incarico: 31 maggio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento e il raccordo delle attività poste in essere da enti e soggetti pubblici e privati che operano nel territorio di Gioia Tauro, al fine di garantirne la sicurezza dello sviluppo del porto e dell'area industriale (D.P.R. 29 dicembre 2006) Pref. Dott. Mario Mori (termine incarico: 28 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse allo sviluppo dell’area di Gioia Tauro (D.P.R. 23 maggio 2007) Ing. Rodolfo De Dominicis (termine incarico: 31 maggio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative volte a fronteggiare le conseguenze dell'encefalopatia spongiforme bovina e le nuove emergenze zootecniche in atto (D.P.R. 8 giugno 2007) Dott. Ettore Ianì (termine incarico. 31 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario per ampliamento dell’insediamento militare americano all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza (D.P.R. 13 luglio 2007) On. Dott. Paolo Costa (termine incarico: 12 luglio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per la gestione delle aree del Comune di Castel Volturno (D.P.R. 31 luglio 2007) Pref. Dott.Giulio Maninchedda (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario per le persone scomparse (D.P.R. 31 luglio 2007) Pref. Dott. Gennaro Monaco (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività finalizzate ad approfondire gli aspetti ambientali, sanitari ed economici relativi all'asse ferroviario Torino-Lione (D.P.R. 2 agosto 2007) Arch. Mario Virano (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse all'attuazione della legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente benefici per le vittime degli atti di terrorismo (D.P.R. 17 settembre 2007) Pref. Dott. Gianlorenzo Fiore (termine incarico: 31 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario per la gestione e la destinazionedei beni confiscati alla mafia (D.P.R. 6 novembre 2007) Dott. Antonio Maruccia (termine incarico: 30 luglio 2008).

 

Per quanto attiene ai compensi attribuiti ai Commissari straordinari, che sono specifico oggetto della disposizione in esame, si rileva che né la L. 400/1988, né altre disposizioni legislative regolano in modo specifico la materia e che, in questo quadro, i decreti di nomina rimettono la quantificazione dei compensi dovuti a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze[21].

 

A tale riguardo si segnala che la relazione tecnica allegata al testo iniziale del disegno di legge finanziaria (A.S. 1818) evidenziava che gli emolumenti spettanti a ciascun Commissario straordinario ammontano a circa 60.000 euro annui (la cifra si dovrebbe ovviamente riferire ai compensi lordi).

Si rileva peraltro che probabilmente tale dato si riferisce ad una media dei diversi compensi spettanti ai diversi commissari. In alcuni casi, infatti, i decreti di nomina prevedono che al Commissario sia attribuito il solo rimborso delle spese di missione[22].

 

Alla luce del quadro sopra descritto e dell’assenza di una predeterminazione normativa dei compensi da attribuire ai Commissari potrebbe quindi ritenersi che la riduzione dei compensi prevista dalla disposizione in esame debba intendersi riferita ai soli Commissari attualmente in carica, mentre per le nomine successive all’entrata in vigore della presente legge il compenso sarà determinato di volta in volta.


Articolo 19, comma 1
(Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali)

 


1. Per gli anni 2008-2010 le disposizioni che disciplinano il patto di stabilità interno degli enti locali di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono modificate e integrate come segue:

a) al comma 676, le parole: «per il triennio 2007-2009» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni 2007-2010»;

b) al comma 677, le parole: «2007, 2008 e 2009» sono sostituite dalle seguenti: «2007, 2008, 2009 e 2010»;

c) dopo il comma 678 è inserito il seguente:

«678-bis. Per l'anno 2010 si applicano i coefficienti stabiliti per l'anno 2009 ai sensi del comma 678, fermi restando i dati triennali originariamente assunti ai fini della quantificazione della manovra»;

d) dopo il comma 679 è inserito il seguente:

«679-bis. Per gli anni 2008-2010 il concorso alla manovra delle province e dei comuni, determinato ai sensi dei commi 678 e 679, che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa, calcolata ai sensi del comma 680, è pari a zero. Conseguentemente, gli obiettivi programmatici di cui al comma 681 sono pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005 calcolato in termini di competenza mista, costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti»;

e) il comma 681 è sostituito dai seguenti:

«681. Per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno gli enti devono conseguire un saldo finanziario in termini di cassa e di competenza, per l'esercizio 2007, e di sola competenza mista, per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, pari al corrispondente saldo medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata ai sensi del comma 678, lettera c), ovvero dei commi 679 e 679-bis. Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi 142, 143 e 144 concorrono al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno.

681-bis. Per gli enti di cui al comma 679-bis che presentano, nel triennio 2003-2005, un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare, non destinate nel medesimo triennio all'estinzione anticipata dei prestiti, superiore al 15 per cento della media delle entrate finali, al netto delle riscossioni di crediti, gli obiettivi programmatici per gli anni 2008-2010 sono ridotti di un importo pari alla differenza tra l'ammontare dei proventi in eccesso al predetto limite del 15 per cento e quello del contributo annuo determinato ai sensi dei commi 678 e 679, a condizione che tale differenza sia positiva. In caso di differenza pari a zero o negativa gli obiettivi programmatici restano determinati in misura pari al saldo finanziario medio del triennio 2003-2005 calcolato in termini di competenza mista»;

f) al comma 683, primo periodo, le parole: «Ai fini del comma 686, il saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa,» sono sostituite dalle seguenti: «Ai fini del comma 686, il saldo finanziario e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, per l'anno 2007, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa e, per gli anni 2008, 2009 e 2010, per la sola gestione di competenza mista,»;

g) il comma 684 è sostituito dal seguente:

«684. Il bilancio di previsione degli enti locali ai quali si applicano le disposizioni del patto di stabilità interno deve essere approvato, a decorrere dall'anno 2008, iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente in misura tale che, unitamente alle previsioni dei flussi di cassa di entrate e spese di parte capitale, al netto delle riscossioni e delle concessioni di crediti, sia garantito il rispetto delle regole che disciplinano il patto. A tal fine, gli enti locali sono tenuti ad allegare al bilancio di previsione un apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno»;

h) il comma 685 è sostituito dal seguente:

«685. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno e per acquisire elementi informativi utili per la finanza pubblica, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito «www.pattostabilita.rgs.tesoro.it», le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza che quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Con lo stesso decreto è definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi dei commi 678, 679, 679-bis e 681-bis. La mancata trasmissione del prospetto dimostrativo degli obiettivi programmatici costituisce inadempimento al patto di stabilità interno. La mancata comunicazione al sistema web della situazione di commissariamento ai sensi del comma 688, secondo le indicazioni di cui allo stesso decreto, determina per l'ente inadempiente l'assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno»;

i) dopo il comma 685 è inserito il seguente:

«685-bis. Al fine di attivare, con la partecipazione delle associazioni degli enti locali, un nuovo sistema di acquisizione di dati riguardanti la competenza finanziaria dei bilanci degli enti locali che si affianca al Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE), con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i contenuti e le modalità per monitorare, in corso d'anno, gli accertamenti e gli impegni assunti, secondo aggregazioni e scansioni temporali adeguate alle esigenze della finanza pubblica. La concreta realizzazione del sistema è effettuata previa quantificazione dei costi e individuazione della relativa copertura finanziaria»;

l) al comma 686, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento al patto di stabilità interno»;

m) dopo il comma 686 è inserito il seguente:

«686-bis. Qualora si registrino prelevamenti dai conti della tesoreria statale degli enti locali non coerenti con gli obiettivi in materia di debito assunti con l'Unione europea, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, adotta adeguate misure di contenimento dei prelevamenti».


 

 

L’articolo 19 disciplina il patto di stabilità interno per gli enti locali con riferimento al triennio 2008-2010, novellando ed integrando le disposizioni recate per gli anni 2007-2009 dai commi 676 e seguenti dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 296/2006) ed estendendole all’anno 2010.

 

In sostanza, le novelle apportate dall’articolo in esame alla legge finanziaria dello scorso anno confermano in larga parte la disciplina vigente del patto di stabilità interno, sia per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione del Patto, riferito a province e comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, sia per quanto concerne il vincolo considerato,riferito alla crescita del disavanzo finanziario.

Per il triennio 2008-2010 viene pertanto mantenuta una disciplina del Patto di stabilità per gli enti locali, finalizzata all’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario, inteso quale differenza tra entrate finali e spese finali (comprese dunque le spese di in conto capitale), allo scopo di far convergere quanto più possibile le regole del patto di stabilità interno con quelle previste dal patto di stabilità e crescita, sottoscritto in sede europea.

 

Vengono tuttavia operate alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina vigente al fine di ovviare ad alcune problematiche applicative emerse nel corso del 2007, con riferimento particolare: agli enti locali che, pur registrando saldi finanziari positivi, sulla base della normativa vigente, hanno dovuto comunque migliorare la loro posizione nel 2007; all’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per il finanziamento delle spese di investimento che, a partire dalla scorso anno, rientrano nei vincoli del patto di stabilità interno; alla contabilizzazione, nel saldo finanziario di riferimento per l’applicazione del patto, di entrate straordinarie dovute alla alienazione di beni patrimoniali.

Pertanto, nell’Accordo sottoscritto tra il Governo e gli enti locali in data 26 settembre 2007, sono state preventivamente condivise e concordate le linee di intervento riguardanti il patto di stabilità interno che sono state assunte nel disegno di legge finanziaria in esame. In sostanza, le modifiche principali riguardano:

§      l’esclusione degli enti con una media positiva del saldo finanziario di cassa del periodo 2003-2005dal concorso alla manovra per gli anni 2008-2010, con la fissazione del loro obiettivo programmatico in misura pari al saldo finanziario medio del periodo di riferimento (2003-2005);

§      l’adozione del criterio della competenza c.d. “mista”, ai fini del computo del saldo finanziario rilevante per il patto, in base le entrate e le uscite di parte corrente si considerano in termini di competenza (giuridica) e quelle in conto capitale si considerano invece in termini di cassa. Questa soluzione, oltre ad avvicinare maggiormente il saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno al saldo rilevante, a livello comunitario, ai fini del patto di stabilità e crescita e, in particolare, del divieto di disavanzi eccessivi, permetterebbe di risolvere il problema dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione a copertura delle spese di investimento;

§      una riduzione dell’obiettivo programmatico per gli entiche presentano una media positiva del saldo finanziario di cassa del periodo 2003-2005, qualora essi presentino un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio immobiliare e mobiliare particolarmente elevato.

 

Secondo le indicazioni dell’allegato 7, recante gli effetti delle norme della legge finanziaria sui saldi di finanza pubblica, le integrazioni alla disciplina del patto di stabilità introdotte dall’articolo in esame dovrebbero comportare un effetto peggiorativo sull’indebitamento netto sia sul 2008 che sul 2009, pari a rispettivi 208 e 218 milioni di euro; un effetto di riduzione dell’indebitamento netto si registra soltanto nel 2010,stimato in 162 milioni di euro.

 

Le modifiche apportate alla vigente disciplina del Patto di stabilità interno, di cui alla legge n. 296/2006, art. 1, commi 676-695, sono recate alle lettere a)-n) del comma 1 dell’articolo 19 in esame.

 

In particolare, la lettera a) novella il comma 676 della legge n. 296/2006 estendendo al periodo 2007-2010 (in luogo del triennio 2007-2009) l’applicazione del Patto di stabilità previsto per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti,nel rispetto delle disposizioni recate dai commi da 677 a 695, che costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

 

Analogamente, la lettera b) novella il comma 677 della legge n. 296/2006, nel senso di estendere il contributo della finanza localeal conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, disponendo la riduzione del saldo finanziario tendenziale del comparto anche per l’anno 2010, oltre al triennio 2007-2009 già considerato.

 

Va ricordato che per la determinazione del concorso di ciascun ente al raggiungimento dell’obiettivo generale, il comma 678 della legge finanziaria 2007 definisce una specifica procedura, in considerazione di alcune caratteristiche finanziarie dell’ente medesimo, in particolare, l’entità della spesa corrente e il suo livello di deficit.

In sostanza, il comma 678 stabilisce che la misura del concorso di ciascun ente alla manovra complessiva per il triennio 2007-2009 sia corrispondente alla somma, in valori assoluti, degli importi derivantidall’applicazione di determinati coefficienti alla media del triennio 2003-2005 della propria spesa corrente, sostenuta in termini di cassa, e alla media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, per i soli enti che presentino una media negativa.

La somma di questi due valori, considerati in valore assoluto, rappresenta l’obiettivo specifico di miglioramento del saldo che ogni singolo ente deve realizzare nel triennio 2007-2009 rispetto alla media del triennio 2003-2005.

Più in particolare, la procedura recata dal comma 678 per definire l’entità del miglioramento del saldo-obiettivo per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, prevede che ciascun ente debba:

a)      calcolare la media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, intesi quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, come definiti dal successivo comma 680[23] e risultanti dai propri conti consuntivi. Soltanto se tale media risultasse negativa, gli enti devono applicare ad essa i seguenti coefficienti:

1)       per le province: 0,4 per il 2007, 0,210 per l'anno 2008 e 0,117 per l'anno 2009;

2)       per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,33 per l'anno 2007, 0,205 per l'anno 2008 e 0,155 per l'anno 2009.

b)      calcolare la media della spesa corrente sostenuta nel triennio 2003-2005, considerata in termini di cassa, come risultante dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa i seguenti coefficienti:

1)       per le province: 0,041 per il 2007, 0,022 per l'anno 2008 e 0,012 per l'anno 2009;

2)       per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,029 per l'anno 2007, 0,017 per l'anno 2008 e 0,013 per l'anno 2009.

c)      determinare l'importo annuo della manovra, corrispondente alla somma degli importi, considerati in valore assoluto, derivanti dall’applicazione dei coefficienti al saldo finanziario e alle spese correnti. In tal modo, il concorso di ciascun ente alla manovra complessiva è ottenuto come somma di una quota della spesa corrente e di una quota di deficit, considerati in valore assoluto, come desunti dai rispettivi consuntivi.

Per i soli comuni, il comma 679 individua un limite massimo del concorso alla manovra, pari all’importo corrispondente all’8% della media triennale delle spese finali registrate nel triennio 2003-2005, qualora l’importo derivante dall’applicazione dei coefficienti alla media dei disavanzi di cassa e alla media della spesa corrente rappresenti, per i comuni, un valore percentuale superiore all’8% della media delle spese finali registrate nel triennio 2003-2005.

 

A seguito dell’estensione dell’applicazione del patto di stabilità fino all’anno 2010, la lettera c) introduce un comma 678-bisall’articolo 1 della legge n. 296/2006, che stabilisce, ai fini della determinazione degli obiettivi programmatici per il 2010, che per tale anno si adottano i medesimi coefficienti previsti dalla legislazione vigente per il 2009.

 

Va evidenziato che in base alla disciplina vigente, anche gli enti che presentano una media 2003-2005 del saldo finanziario di cassa di valore positivo sono soggetti alle regole del patto. In tal caso, tuttavia, l’entità del loro concorso al patto di stabilità interno è determinato applicando solo i coefficienti stabiliti per la spesa corrente.

In tal modo, secondo la normativa vigente, tutti gli enti partecipano al patto di stabilità in ragione del volume della propria spesa corrente.

Gli enti che presentano una situazione di deficit nel triennio 2003-2005 contribuiscono ulteriormente al raggiungimento degli obiettivi di comparto, in misura proporzionale all’ampiezza del loro deficit.

 

In considerazione delle difficoltà applicative determinate da una tale previsione, che impegna anche gli enti locali che presentano un saldo finanziario positivo in termini di cassa a migliorare tale posizione negli anni successivi, con la lettera d) viene introdotto il comma 679-bisall’articolo 1 della legge finanziaria 2007, che azzera per gli anni 2008-2010 il concorso alla manovra per le province e i comuni che, ai sensi della procedura di cui ai commi 678-679, presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa.

Pertanto, per tali enti, gli obiettivi programmatici degli anni 2008-2010 sono fissati in misura pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

In particolare, il saldo finanziario in termini di competenza mista è costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti, per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti.

In sostanza, per la parte corrente dunque, si considera dunque il criterio della competenza (giuridica); per la parte capitale, si considera invece il criterio della cassa.

 

Il criterio della competenza mista è peraltro esteso anche al computo del saldo finanziario che costituisce l’obiettivo programmatico del patto di stabilità interno per gli anni 2008, 2009 e 2010.

La lettera e) provvede infatti alla sostituzione del comma 681 della legge finanziaria dello scorso anno, che indicava gli obiettivi programmatici che gli enti locali dovevano conseguire per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 in termini di miglioramento dei saldi finanziari medi del periodo 2003-2005.

In particolare, la nuova formulazione del comma 681 stabilisce che gli enti locali devono conseguire un saldo finanziario, espresso sia in termini di competenza che in termini di cassa per il 2007, come già previsto dalla normativa vigente, ed espresso in termini di sola competenza mista per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata secondo la procedura definita dal comma 678, lettera c) ovvero, se ne sussistono le condizioni, dell’importo corrispondente all’8% della media triennale delle spese finali, ai sensi del comma 679. Per gli enti che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa, ai sensi del comma 679-bis, gli obiettivi programmatici degli anni 2008-2010 sono fissati in misura pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

 

Restano pertanto invariate rispetto alla legislazione vigente le modalità di calcolo del saldo finanziario rilevante ai fini dell’obiettivo programmatico 2007, che continua ad essere computato sia in termini di competenza che in termini di cassa; per gli anni successivi, invece, si applica il criterio della competenza mista.

Come sottolineato anche nella relazione illustrativa, l’adozione del criterio della competenza mista, in base al quale le poste di parte corrente sono considerate in termini di competenza e quelle in conto capitale sono contabilizzate in termini di cassa, rappresenta una soluzione che “ha il pregio di rendere più facilmente gestibile il problema dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione a copertura di spese di investimento e, inoltre, ha il vantaggio di avvicinare maggiormente il saldo di riferimento a quello che, a consuntivo, viene calcolato dall'Istat ai fini della procedura sui deficit eccessivi di cui al Trattato di Maastricht e, pertanto, di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita”.

 

La medesima lettera e) provvede altresì ad introdurre il comma 681-bis, che prevede una riduzione degli obiettivi programmatici in favore degli enti di cui al comma 679-bis, vale a dire quelli che presentano una media positiva del saldo di cassa del periodo 2003-2005, qualora essi presentino nel medesimo triennio 2003-2005 un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio immobiliare e mobiliare superiore al 15 per cento della media delle entrate finali (considerate al netto delle riscossioni di crediti).

Il comma 681-bis precisa peraltro che tali entrate in conto capitale derivanti da dismissionidel patrimonio immobiliare e mobiliare non devono essere state utilizzate nel triennio considerato per l’estinzione anticipata dei prestiti.

 

Qualora la media 2003-2005 delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio soddisfino le suddette condizioni (sono cioè superiori al 15% della media delle entrate finali e non sono mai state destinate, nel triennio, all’estinzione dei prestiti), il comma prevede, per gli enti “in avanzo”, una riduzione degli obiettivi programmatici per gli anni 2008-2010, in misura pari alla differenza tra l’ammontare dei proventi che eccedono il 15% e l’importo annuo della manovra, determinato ai sensi dei commi 678 e 679.

Gli enti considerati hanno diritto alla riduzione dell’obiettivo, in misura pari al valore così determinato, soltanto se tale differenza risulti positiva, vale a dire soltanto se la quota eccedente delle entrate derivanti da dismissioni dell’ente risulti superiore all’entità, in valori assoluti, del concorso dell’ente stesso alla manovra.

Se la differenza è pari a zero o è negativa gli obiettivi programmatici restano determinati in misura pari al saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

Con il comma 681-bis si è voluto pertanto dare soluzione alle difficoltà insorte per gli enti locali che nel triennio di riferimento 2003-2005 avevano registrato entrate straordinarie dovute all’alienazione di beni patrimoniali (non destinate peraltro all’estinzione anticipata dei mutui), non più ripetibili negli anni successivi, garantendo ad essi una riduzione dell’obiettivo programmatico attraverso la deduzione dell’eccedenza dei proventi da alienazioni rispetto all’obiettivo prefissato.

 

La lettera f) modifica il comma 683 della legge n. 296/2006, che reca i criteri contabili per il computo del saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e di quello medio del triennio 2003-2005, introducendo il criterio della competenza mista per il calcolo del saldo finanziario degli anni 2008, 2009 e 2010, oltre che per quello del triennio di riferimento 2003-2005, e confermando per il solo anno 2007 il riferimento, nel computo del saldo, sia alla gestione di competenza che a quella di cassa.

 

Non vengono peraltro modificati i criteri di calcolo del saldo finanziario, che continua dunque ad essere calcolato quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, considerato al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, secondo i medesimi criteri adottati dal comma 680 per la determinazione del saldo utile ai fini del calcolo del concorso alla manovra.

E’ prevista l’esclusione di un’unica voce, relativa alle entrate in conto capitale riscosse nel triennio 2003-2005, derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare destinate nel medesimo triennio all’estinzione anticipata di prestiti.

Per i soli comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, dal computo del saldo finanziario utile ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi programmatici sono inoltre escluse le spese, in conto capitale e di parte corrente, autorizzate dal Ministero, relative all’attivazione di nuove sedi di uffici giudiziari, ivi incluse quelle relative al trasloco. Come peraltro precisa la Circolare n. 12/2007, l’esclusione dal saldo delle suddette spese opera solo con riferimento al triennio 2007-2009 - e non anche sul saldo medio del triennio 2003/2005 - e riguarda sia la gestione di competenza che quella di cassa.

A seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 81/2007 (conv. con modificazioni, dalla legge n. 127/2007), nel saldo finanziario utile per il rispetto del patto di stabilità interno non sono considerate:

-        le spese in conto capitale e di parte corrente sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza, limitatamente all’anno 2007;

-        le spese di investimento finanziate nell'anno 2007 mediante l'utilizzo di una quota dell'avanzo di amministrazione, per i soli enti che negli ultimi tre anni hanno rispettato il patto. L'esclusione delle spese di investimento è commisurata all'avanzo di amministrazione accertato al 31 dicembre 2005 e determinata: a) nella misura del 17%, per le province la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa risulta positiva. Per le restanti province la misura è del 2,6%; b) nella misura del 18,9%, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e fino a 100.000 abitanti la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa risulta positiva. Per i restanti comuni della stessa fascia demografica la misura è del 2,9%; c) nella misura del 7% per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa, risulta positiva. Per i restanti comuni della stessa fascia demografica la misura è dell’1,3%.

 

La lettera g) sostituisce il comma 684 della legge n. 296/2006, relativo alla redazione, a partire dal 2007, del bilancio di previsione degli enti soggetti al pattodi stabilità interno in coerenza con l’obiettivo programmatico da raggiungere. La previsione è stata introdotta soprattutto in considerazione del fatto che le regole del patto dettate per l’anno 2007 e seguenti interessano l’intero bilancio e non più, come in passato, solo alcuni aggregati di spesa.

La nuova formulazione del comma 684, ribadendo il principio contabile della obbligatorietà del rispetto del patto di stabilità interno come elemento necessario per l’approvazione del bilancio di previsione, fa decorrere dal 2008 le nuove regole sulla definizione del bilancio.

In particolare, stabilisce che il bilancio di previsione degli enti locali ai quali si applicano le disposizioni del patto deve essere approvato iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente in misura tale che, unitamente alle previsioni dei flussi di cassa di entrate e spese di parte capitale, al netto delle riscossioni e delle concessioni di crediti, sia garantito il rispetto delle regole che disciplinano il patto.

In sostanza, la nuova formulazione del comma 684 è in coerenza con l’applicazione del nuovo criterio della competenza mista, introdotto per quanto concerne il calcolo del saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità a partire dal 2008, che considera le previsioni di entrate e di spese di parte corrente in termini di competenza e le previsioni di entrate e di spese di parte capitale in termini di cassa.

A tal fine, la norma prevede altresì che gli enti locali provvedano ad allegare al bilancio di previsione un apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno.

 

La lettera h) sostituisce il comma 685 della legge n. 296/2006, recante, insieme al comma 686, le modalità del monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno.

In sostanza, la nuova formulazione del comma 685 conferma le procedure introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno, prevedendo che tutti gli enti soggetti al patto di stabilità interno hanno l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa.

La comunicazione dovrà essere indirizzata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, esclusivamente attraverso l’utilizzo del sistema web appositamente istituito per il monitoraggio del patto di stabilità.

Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali. Con lo stesso decreto verrà definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi dei commi 678, 679, 679-bis e 681-bis.

Il nuovo comma 685 sottolinea peraltro, diversamente dalla legislazione vigente, l’obbligatorietà della trasmissione delle suddette informazioni al Ministero dell’economia e delle finanze prevedendo che la mancata trasmissione del prospetto dimostrativo degli obiettivi programmatici costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.

Anche la mancata comunicazione al sistema web della situazione di commissariamento dell’ente per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso–che, ai sensi del comma 688 della legge n. 296/2006, esclude gli enti dall’applicazione del patto di stabilità fino l’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali[24]- determina per l'ente inadempiente l'assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno.

 

Analogamente, la modifica apportata dalla lettera l) al comma 686 della legge n. 296/2006, mantenendo fermi gli ulteriori adempimenti ivi previsti ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno - obbligo per gli enti soggetti al patto deve inviare al Ministero dell'economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 685 – è volta ad aggiungere anche in questo comma la previsione per cui la mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.

 

Va ricordato che le misure di carattere sanzionatorio applicabili agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente, sono definite dai commi 691-693 della legge n. 296/2006.

I citati commi prevedono, in sostanza, un meccanismo di automatismo fiscale (incremento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione), che si attiva qualora l’ente, a seguito della diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri, non adotti autonomamente le necessarie misure per il riassorbimento dello scostamento.

 

La lettera i)introduce il comma 685-bis alla legge n. 296/2006 che intende attivare un nuovo sistema di acquisizione di dati, condiviso tra Governo e enti locali, riguardanti la competenza finanziaria dei bilanci di comuni e province, che - in aggiunta al SIOPE[25] (Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici), che rileva telematicamante tutte le operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai cassieri delle amministrazioni pubbliche - possa consentire, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni degli enti locali, una analisi più completa degli andamenti della finanza locale.

Scopo del sistema è infatti quello di monitorare, in corso d’anno, gli accertamenti e gli impegni assunti, secondo aggregazioni e scansioni temporali adeguate alle esigenze della finanza pubblica.

I relativi contenuti e modalità sono stabiliti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Interno e con il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. La concreta realizzazione del sistema è tuttavia condizionata, sia alla previa quantificazione dei costi che all'individuazione della relativa copertura finanziaria.

La lettera m) aggiunge il comma 686-bis alla legge n. 269/2006, che autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ad adottare adeguate misure di contenimento dei prelevamenti effettuati dagli enti locali sui conti della tesoreria statale, qualora si registrino prelevamenti non coerenti con gli obiettivi in materia di debito assunti con l'Unione europea.

 


Articolo 19 comma 2
(Patto di stabilità Regione Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano e Università non statali di Aosta e Bolzano

 

2. La facoltà della regione autonoma Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Bolzano di applicare le regole del patto di stabilità interno nei confronti dei loro enti strumentali, nonché per gli enti a ordinamento regionale o provinciale, prevista all'articolo 1, comma 663, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è estesa anche nei confronti delle università non statali di cui all'articolo 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

 

 

La norma concerne la Regione autonoma Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano. Esse possono estendere le norme sul patto di stabilità -rispettivamente – anche alla Libera Università della Valle d’Aosta e alla Libera Università di Bolzano, atenei privati istituiti sulla base della legge 127/2007.

 

Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano le regole per il patto di stabilità e crescita sono concordate annualmente con il Ministero dell’economia e delle finanze. La legge finanziaria 2007 (articolo 1 commi 660-663) così stabilisce confermando la disciplina precedente e disciplinando modalità e termini per il raggiungimento dell’intesa. Il comma 663 inoltre consente alle regioni e alle Province autonome di estendere «le regole del patto di stabilità interno nei confronti dei loro enti e organismi strumentali». La disposizione consente alle regioni e alle province autonome di computare nei risparmi a loro carico anche quelli che essi ottengono formalmente a carico di bilanci degli enti e degli organismi della propria finanza decentrata.

Gli enti strumentali verso cui la regione – o provincia autonoma - può esercitare la potestà di dettare le regole del patto di stabilità interno sono gli «enti ad ordinamento regionale o provinciale». Di questi enti bilancio, risorse e contabilità sono disciplinati da ciascuna regione in forza della piena autonomia di organizzazione.

 

La libera Università di Aosta e la libera Università di Bolzano istituite come detto sulla base della legge 127/1997; rispettivamente nel 2000 e nel 1998, ricevono contributi pubblici – sia dallo Stato che - rispettivamente - dalla regione e dalla provincia autonoma. L’articolo 17, comma 120, della legge 127/1997 dispone infatti che i contributi statali sono determinati annualmente con decreto del Ministro dell’Università previa intesa con la regione Valle d’Aosta e con la Provincia autonoma di Bolzano. Regione e Provincia autonoma con proprie norme determinano i contributi annui da versare ai due atenei tenuto conto del contributo statale[26].

 

Gli atenei in questione – atenei privati che ricevono contributi pubblici - sono attualmente inseriti nello specifico elenco ISTAT nel conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, ai fini dell’applicazione delle norme sul contenimento della spesa pubblica[27].

Agli enti compresi nell’elenco – che viene aggiornato periodicamente – si applicano le norme sul contenimento della spesa pubblica dettate prima dall’art. 1 comma 5 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004, la medesima norma che prescrive all’ISTAT di redigere l’elenco) e, da ultimo, dall’articolo 1, comma 505 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2007) che estende a questi enti le norme sul contenimento delle spese per incarichi di consulenza, per relazioni pubbliche, convegni, auto di servizio, nonché l’obbligo di riduzione del 10% degli incarichi di consulenza e delle indennità dei componenti organi collegiali contenute nella legge finanziaria per il 2006 (L. 266/2005 art. 1 commi 9, 10, 11, 56, 58 e 61).

 

La norma in esame ha lo scopo di sottrarre le due libere università alle regole di contenimento delle spese previste per le pubbliche amministrazioni di cui sopra e di assoggettarle – nel rispetto delle specifiche competenze statutarie – alla disciplina prevista rispettivamente nella regione Valle d’Aosta e nella Provincia autonoma di Bolzano.

I contributi che i due atenei ricevono dalla Regione e dalla Provincia autonoma, peraltro, essendo ordinarie spese correnti e di investimento del bilancio della Regione e della Provincia autonoma, sono già erogati nel rispetto delle regole del patto di stabilità applicate nei rispetti enti territoriali.


Articolo 20
(Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari
sottoscritti dagli enti territoriali)

 


1. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, sono informati alla massima trasparenza contrattuale.

2. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono recare le informazioni ed essere redatti secondo le indicazioni specificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca d'Italia. Il Ministero dell'economia e delle finanze verifica la conformità dei contratti ai modelli di cui al predetto decreto.

3. La regione o l'ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione dei rischi e delle caratteristiche dello strumento proposto.

4. Il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell'efficacia dei contratti.


Premessa

L’articolo 20 in esame pone norme per limitare i rischi insiti nei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti dagli enti pubblici territoriali.

La diffusione degli strumenti finanziari derivati è fenomeno recente, che s’inquadra nell’elaborazione di strategie finanziarie volte a permettere ai soggetti operanti sul mercato di garantirsi da rischi finanziari connessi alla loro attività o di realizzare una gestione attiva dell’indebitamento, adeguandolo all’evoluzione delle condizioni di mercato per fruire delle opportunità derivanti dalle oscillazioni dei tassi d’interesse.

Un accorto impiego di questi strumenti può consentire infatti di modificare le caratteristiche del debito esistente, ristrutturandolo in maniera conveniente e riducendo per conseguenza l’esposizione complessiva, senza estinguerlo anticipatamente o rinegoziarne le condizioni (operazioni che possono essere in talune circostanze onerose o impossibili).

 

Ad esempio, attraverso un contratto di interest rate swap è possibile ottenere su un debito a tasso d’interesse fisso effetti corrispondenti all’applicazione di un tasso variabile, o viceversa, ovvero mutare l’indice di riferimento per un debito contratto a tasso d’interesse variabile, o, ancora, modificare i tempi di pagamento degli interessi o del capitale.

 

L’operazione può servire per ristrutturare l’intero debito pregresso oppure quote di esso, ad esempio per diversificarne le caratteristiche in modo da ridurre il rischio complessivo. La diversificazione può riferirsi a tre elementi: tipo d’indicizzazione (tasso fisso o variabile con differenti indici); scadenza (breve, media, lunga); divisa (valuta nazionale o estera)[28].

Le descritte operazioni finanziarie possono risultare per converso svantaggiose qualora le scelte operate si fondino su un’analisi erronea.

Può infatti verificarsi che le scelte compiute non siano corrispondenti alla struttura di attività e passività del bilancio del soggetto che le compie, sia perché invece di diversificare la struttura del debito ne accentuino gli squilibri, sia perché nel determinare le date per la regolazione periodica dei flussi di pagamento non siano stati adeguatamente considerati gli andamenti di cassa delle parti (con conseguente rischio di mancanza di liquidità).

I rischi tipici di queste operazioni sono il rischio legato alle variazioni di valore degli indici di riferimento o delle attività sottostanti, e il rischio di credito[29].

L’applicazione di queste tecniche alla finanza degli enti territoriali è assai recente, poiché in precedenza l’indebitamento di essi consisteva in mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti (a tasso fisso) o con istituti bancari (a tassi stabiliti entro i limiti massimi fissati dall’autorità di Governo). L’esigenza di una gestione più attenta e responsabile del debito di questi enti, con la cessazione di talune forme di sostegno a carico della finanza statale, ha imposto la ricerca di finanziamenti a condizioni di mercato. In questo contesto si è sviluppato l’impiego delle emissioni obbligazionarie, le cui condizioni dipendono dall’andamento del mercato e dal merito di credito degli enti emittenti, per il quale può rendersi necessario il rilascio di un rating da parte delle agenzie specializzate.

Nel medesimo quadro, la dottrina ha segnalato le opportunità che potevano sorgere anche in favore degli enti locali dall’impiego di strumenti innovativi di finanza derivata, in relazione alle caratteristiche della loro gestione finanziaria[30].

 

Sulle problematiche relative al collocamento di strumenti finanziari derivati la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati sta conducendo una serie di audizioni informali. Da ultimo, nella seduta del 15 novembre 2007, si è tenuta l’audizione dei rappresentanti dell’Unione delle Province d’Italia (UPI) e dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

L'impiego di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali

Nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali, contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’articolo 205 autorizza gli enti locali a contrarre prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.

L’emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali è disciplinata dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1995), e dal regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.

La disciplina consente a regioni, province, comuni e unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane e consorzi tra enti locali territoriali di deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti[31].È esplicitamente previsto il divieto di finanziare spese di parte corrente.

 

Per quanto riguarda le regioni, la legge n. 724 del 1994 rinvia alla disciplina contenuta nell'articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in base alla quale la facoltà di emettere titoli obbligazionari deve essere esercitata mediante apposita legge regionale di autorizzazione entro precisi limiti quantitativi e contabili.

 

Il regolamento, oltre a determinare le caratteristiche dei titoli obbligazionari e i criteri e le procedure che gli enti emittenti sono tenuti ad osservare per la raccolta del risparmio[32], definisce altresì l'ammontare delle commissioni di collocamento da corrispondere agli intermediari autorizzati e i criteri di quotazione sul mercato secondario.

 

Relativamente alle emissioni in valuta, l’articolo 2 del medesimo regolamento emanato con il decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420, prescrive la copertura del rischio di cambio mediante una corrispondente operazione di swap che trasformi, per l'emittente, l'obbligazione in valuta estera in un'obbligazione in valuta nazionale, senza introdurre elementi di rischio. L'operazione dovrà essere effettuata da intermediari di provata affidabilità ed esperienza nel settore, con riferimento anche alla valutazione loro assegnata dalle maggiori agenzie di rating.

 

Il comma 1 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica, ha conferito al Ministero dell'economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all'accesso al mercato dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni[33].

I commi 2 e 3 hanno modificato la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.

 

In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet). In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.

Questi metodi tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.

 

Il comma 3 ha abrogatoil primo periodo del comma 6 dell’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché l’articolo 3 del regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420[34].

 

Varie disposizioni sono contenute nel regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389[35].

 

Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004[36]. Dettagliate indicazioni sono fornite circa le tipologie di operazioni derivate ammesse. Oltre agli swap di tasso di cambio a copertura del rischio di cambio nel caso di indebitamento in valuta, sono quelle espressamente indicate nelle lettere da a) a d) dell’articolo 3, comma 2, del regolamento, da intendersi nella forma «plain vanilla»[37].

Non sono ammessi gli strumenti derivati che contengono leve o moltiplicatori dei parametri finanziari (ad esempio, pagare due volte il tasso Euribor), né operazioni derivate riferite ad altre operazioni derivate preesistenti, in base alla considerazione che nessun derivato è configurabile come una passività.

 

Nel caso in cui si verifichi una variazione della passività sottostante ad un derivato, ad esempio perché è stata rinegoziata o convertita oppure perché ha raggiunto un ammontare inferiore a quanto inizialmente previsto, la posizione nello strumento derivato può essere riadattata sulla base di condizioni che non determinino una perdita per l'ente; solo nel caso in cui l'ente ritenga di dover chiudere la posizione nello strumento derivato è ammissibile la conclusione di un derivato uguale e di segno contrario con un'altra controparte.

 

Per la determinazione del rischio di credito degli intermediari valgono le stesse regole indicate in relazione ai fondi e agli swap d’ammortamento.

 

Infine, atteso il rischio inerente all'attività in derivati, la circolare raccomanda agli enti di fare altresì riferimento alle norme del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998 e successive modificazioni (in particolare articoli da 25 a 31) e al "Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari" ad esso allegato.

Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2007

I commi da 736 a 738 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) contengono disposizioni in materia di indebitamento degli enti locali tramite utilizzo di strumenti derivati.

 

In materia sono intervenute le circolari esplicative del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007, pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007 e 22 giugno 2007, n. 6301, pubblicata in G.U. n. 151 del 2 luglio 2007.

 

Il comma 736 è diretto a ridurre l’utilizzo, da parte di regioni ed enti locali[38], di strumenti finanziari derivati per le operazioni di gestione del debito.

Il comma in esame afferma che le operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati effettuate da regioni e enti locali devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato. È stabilito inoltre che le suddette operazioni possono essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al rischio di credito assunto.

I commi 737 e 738 introducono obblighi di comunicazione a carico delle regioni e degli enti locali che pongono in essere operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati.

Ai sensi del comma 737, che introduce i commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), le regioni e gli enti locali, prima della sottoscrizione di contratti relativi alle operazioni sopra indicate, devono trasmetterli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro. La trasmissione è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti stessi. Sono espressamente confermate le disposizioni di cui al citato D.M. n. 389 del 2003 in materia di controllo sull’andamento delle operazioni. La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2007.

L’articolo 1 del D.M. n. 389 del 2003, concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali e delle regioni, prevede che tali soggetti comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.

Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR.

Il nuovo comma 2-ter stabilisce che le operazioni di cui al nuovo comma 2-bis (operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati) che vìolano la vigente normativa sono comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.

 

Il comma 738 stabilisce che gli enti tenuti alle comunicazioni di cui al citato articolo 41 della legge n. 448 del 2001 debbono conservare, per almeno cinque anni, elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette all’obbligo di comunicazione. L’organo di revisione dell’ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento dell’obbligo da parte degli enti vigilati.

 

Gli obblighi di comunicazione a carico di regioni ed enti locali, previsti dal citato articolo 41, sono quelli di cui nuovo comma 2-bis, introdotto dal precedente comma 737, e l’obbligo di comunicare periodicamente al Ministero dell’economia i dati relativi alla propria situazione finanziaria, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di vigilare sugli andamenti di finanza pubblica.

Le disposizioni recate dall’articolo 20

L’articolo 20 in esame ha riguardo ai contratti su strumenti finanziari e a contratti su strumenti finanziari derivati[39].

Il comma 1 dell’articolo 20 in esame dispone che i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono essere informati alla massima trasparenza contrattuale.

 

Si rileva che l’espressione “massima trasparenza contrattuale” risulta eccessivamente generica, in quanto non fornisce alcun parametro di valutazione né alcun criterio di orientamento ai fini della redazione del decreto ministeriale di attuazione previsto dal successivo comma 2.

 

Il comma 2 dell’articolo 20 in esame demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite la Consob e la Banca d’Italia, il compito di indicare le informazioni che devono recare i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali nonché il compito di specificare le indicazioni secondo le quali tali contratti devono essere redatti.

 

Si rileva che la norma non indica il termine entro cui deve essere emanato il decreto.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze sarà quindi tenuto a verificare la conformità dei contratti ai modelli di cui al predetto decreto ministeriale.

 

Il comma 3 dell’articolo 20 in esame stabilisce che la regione o l’ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione:

a) dei rischi dello strumento proposto;

b) delle caratteristiche dello strumento proposto.

 

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 in esame, il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti.

La norma di chiusura recata dal comma 4 in esame parrebbe significare - qualificando il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 in termini di “elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti” - che il contratto stipulato tra l’ente territoriale e la sua controparte avente ad oggetto strumenti finanziari anche derivati non deve ritenersi nullo ovvero annullabile anche ove non siano rispettate le disposizioni recate dai commi 3 e 4.

Il mancato rispetto di tali norme impedirebbe, infatti, soltanto il dispiegarsi dell’efficacia del contratto.

Pertanto, un adeguamento successivo dell’ente territoriale alle prescrizioni recate dai commi 2 e 3 consentirebbe al contratto, di per sé valido, di produrre anche gli effetti suoi propri.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva[40] che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione stessa secondo le procedure di comitatologia[41]

La direttiva reca infatti alcune clausole di delega alla Commissione per l’adozione di misure esecutive di carattere tecnico nel quadro del cd. metodo Lamfalussy[42]

Si tratta, nello specifico, di misure intese ad adeguare le definizioni o a modificare la portata delle esenzioni, ad approfondire o a completare le disposizioni della direttiva concernenti i requisiti di organizzazione o le condizioni di esercizio che si applicano alle imprese di investimento o agli enti creditizi, nonché ad aggiungere disposizioni di dettaglio riguardanti gli obblighi di trasparenza pre e post-negoziazione che si impongono alle diverse sedi di negoziazione contemplate dalla direttiva

In particolare, la proposta prevede che tali competenze siano esercitate secondo la procedura di regolamentazione con controllo[43] anziché, come attualmente stabilito, secondo la procedura di regolamentazione. In tal modo si intende adeguare la direttiva vigente alle modifiche apportate dalla decisione n. 2006/512/CE alla decisione n. 1999/468/CE, recante la disciplina delle procedure di comitatologia.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 14 novembre 2007.

Nell’esercizio dei poteri di attuazione ad essa delegati dalla direttiva 2004/39 (secondo livello del processo decisionale Lamfalussy) la Commissione ha pubblicato, il13 marzo 2007, il mandato al Comitato europeo dei regolatori del mercato mobiliare (CESR) per l’espressione del parere sulle misure esecutive della medesima direttiva concernenti la negoziazione dei prodotti derivati.

Sulla base di tale parere, la Commissione predisporrà un progetto di misure esecutive che sarà sottoposto al Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), secondo la procedura di regolamentazione con controllo.

Nell’ambito delle competenze relative al terzo livello Lamfalussy, il 19 luglio 2007 la Commissione ha pubblicato la relazione del CESR sulla trasparenza dei mercati obbligazionari e dei mercati di strumenti finanziari diversi dalle azioni.

Sempre in relazione al terzo livello decisionale, il 22 giugno 2007 il CESR ha pubblicato un questionario relativo al rating degli strumenti di finanza strutturata, le cui risposte dovranno pervenire entro il 31 luglio 2007.

Il 22 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva COM(2006)909 che modifica la direttiva 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato,  per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione stessa secondo le procedure di comitatologia. (Si rinvia a quanto illustrato in relazione alla proposta di direttiva modificativa della direttiva 2004/39/CE).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 13 novembre 2007.

Tra il 17 luglio e il 14 settembre 2007 il Comitato europeo dei regolatori dei valori mobiliari (CERS) ha svolto una consultazione via Internet, al fine di valutare l’opportunità di intraprendere iniziative nell’ambito del “terzo livello” del modello Lamfalussy, che permettano un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni della direttiva sulla trasparenza 2004/109/CE e della direttiva di attuazione 2007/14/CE, adottata dalla Commissione l’8 marzo 2007. In considerazione del fatto che la Commissione è attualmente impegnata nella valutazione di possibili misure che agevolino l’attuazione delle disposizioni della direttiva sulla trasparenza riguardanti lo stoccaggio centrale delle informazioni,[44] la consultazione mira inoltre a stabilire quale ruolo possa essere svolto dal CERS al fine di facilitare la creazione di una rete UE dei meccanismi di stoccaggio nazionale.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura di infrazione n. 2007/404), ex art. 226 del TCE, per il mancato recepimento, entro il 31 gennaio 2007, della direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio.

Nella stessa data, la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura n. 2007/414) per mancato recepimento della direttiva 2006/73/CE della Commissione, recante misure di esecuzione della direttiva 2004/39/CE, per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva.

Si segnala che il decreto legislativo recante recepimento delle direttive in questione è stato adottato dal Consiglio dei Ministri il 30 agosto 2007.

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora ex art. 226 del TCE, per mancato recepimento, entro il 20 gennaio 2007, della direttiva 2004/109/CE (procedura n. 2007/405) sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE.

Il decreto legislativo di recepimento della direttiva è stato adottato dal Consiglio dei Ministri  il 30 ottobre 2007.


Articolo 21
(Saldo finanziario ai fini del patto di stabilità interno)

 


1. A decorrere dall'anno 2008 con l'accordo di cui al comma 660 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, può essere assunto a riferimento per il patto di stabilità interno il saldo finanziario, anche prima della conclusione del procedimento e dell'approvazione del decreto previsti dal comma 656 del medesimo articolo 1, qualora la sperimentazione effettuata secondo le regole di cui al secondo e al terzo periodo del comma 665 dello stesso articolo abbia conseguito al proprio termine esiti positivi per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.


 

 

L’articolo 21 integra la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano dettata dalla legge finanziaria per il 2007, al fine di consentire che, come riferimento per il patto di stabilità, possa essere assunto il saldo finanziario anziché il criterio attuale del contenimento della spesa.

 

Le regioni a statuto speciale e le province autonome dei Trento e di Bolzano sono soggette anch’esse agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dal Patto di stabilità e crescita. In ossequio alle potestà e prerogative stabilite dai rispettivi statuti speciali e dalle loro norme di attuazione, la misura e le modalità del concorso di ciascuna regione al contenimento della spesa pubblica sono concordate in un’intesa  tra la regione medesima e il Ministero dell’economia e delle finanze.

Così dispone il comma 660 della legge 296/2006 – come già le precedenti leggi finanziarie[45] – disciplinando modalità e termini per il raggiungimento dell’intesa.

La disciplina dettata dalla legge finanziaria per il 2007 introduce però una novità. Il comma 656 dell’articolo 1 della legge 296/2007 prevede che, a decorrere dal 2007, venga avviata una sperimentazione, con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario, in sostituzione del criterio di contenimento della spesa, introdotto a partire dal 2002.

I criteri e le modalità per la sperimentazione nonché di definizione del saldo finanziario saranno definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Il comma 665 del medesimo articolo precisa – tra l’altro - le modalità di calcolo del saldo. La disciplina cui perverrà la sperimentazione, dovrà prevedere che il saldo rilevante per il patto sia comunque espresso sia in termini di competenza che di cassa. Inoltre, con riferimento alla competenza, le spese finali dovranno essere calcolate assumendo i dati di competenza per le spese correnti e quelli di cassa per le spese in conto capitale (a differenza di quanto disposto in passato, in cui il riferimento era sia per le spese correnti che per quelli in conto capitale al complesso degli impegni). In sostanza, il saldo di competenza è calcolato quale somma algebrica risultante:

-       per le spese di parte corrente, dalla differenza tra accertamenti e impegni;

-       per le spese di parte capitale, dalla differenza tra incassi totali e pagamenti totali.

Tale modalità di calcolo è volta a definire l’aggregato di spesa in una accezione più simile a quella utilizzata a livello europeo per il Patto di stabilità e crescita.

 

La norma in esame dispone che, a decorrere dal 2008, nell’ambito dell’accordo sul patto di stabilità che ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma definisce con il Ministero dell’economia e delle finanze, possa essere assunto a riferimento dello stesso patto il criterio del saldo finanziario.

 

Questo è possibile anche prima della definizione delle regole della sperimentazione e del computo del saldo finanziario - ovvero prima dell’emanazione del decreto previsto dal comma 656 dell’articolo 1 della legge 296/2007 di cui sopra – a condizione che la sperimentazione effettuata prendendo a riferimento il saldo come stabilito dal comma 665 dello stesso articolo abbia dato esiti positivi.

 

La modifica del riferimento per le regole del patto di stabilità è una richiesta della regioni stesse. Il criterio attuale del contenimento della spesa infatti, non consente di poter computare – ai fini del rispetto del patto – le eventuali maggiori entrate conseguite dalla regione o dalla provincia autonoma.

 


Articolo 22
(Esclusione del patto di stabilità interno per gli enti commissariati)

 


1. È prorogata per l'anno 2008 l'esclusione dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, già prevista per gli anni 2006 e 2007 dall'articolo 1, comma 689, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli enti locali per i quali negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno, l'organo consiliare è stato commissariato ai sensi degli articoli 141 e 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Relativamente alle spese per il personale, si applicano a questi enti le disposizioni previste per gli enti inclusi negli obiettivi del patto di stabilità interno.


 

 

L’articolo 22, introdotto al Senato, estende all’anno 2008 l’applicazione della disposizione contenuta all’articolo 1, comma 689, della legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 296/2006), che prevede l’esclusione dal patto di stabilità interno gli enti locali che siano stati commissariati negli anni 2004 e 2005, sia per fenomeni di tipo mafioso che per le motivazioni previste dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

 

Il citato comma 689 della legge n. 269/2006 prevedeva l’esclusione degli enti locali commissariati negli anni 2004 e 2005 dal patto di stabilità interno sia per l’anno 2006 che per l’anno 2007.

 

Più precisamente, il primo periodo dell’articolo in esame specifica che si intendono esclusi per l’anno 2008 dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, gli enti locali i cui organi consiliari siano stati commissariati negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno:

§      per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ovvero

§      nelle ipotesi previste dall’articolo 141 del Testo unico, che dispone lo scioglimento degli organi consiliari a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco, dimissioni del sindaco, ecc.; c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.

 

Nonostante tali enti siano esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno per il 2008, il secondo periodo dell’articolo in esame ribadisce anche per questi enti l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale, secondo le medesime disposizioni previste per gli enti soggetti al patto.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 560, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) ha disciplinato le assunzioni effettuatedaregioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno. Per una disamina più puntuale, si rinvia alla scheda del successivo articolo 145.


Articolo 23
(Scioglimento dei consigli comunali nei casi
di mancata approvazione del bilancio)

 

1. Ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio sono confermate, per l'anno 2008, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o marzo 2005, n. 26.

 

 

L’articolo 23 conferma per l’anno 2008 l’applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

 

In sostanza, la disposizione citata richiama l’applicazione delle disposizioni dettate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002)[46], concernenti lo scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti.

Più in particolare, le disposizioni richiamate disciplinano la procedura per lo scioglimento del consiglio comunale nel caso in cui un comune non abbia predisposto lo schema di bilancio o approvato il bilancio stesso nei termini previsti dal testo unico degli enti locali (art. 141, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000), nonché nel caso in cui il consiglio non abbia adottato le necessarie misure per riportare in equilibrio il bilancio.

In tali casi, l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 attribuisce al prefetto i poteri, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso.

 

Lo scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio di previsione, ovvero per mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio, è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.

La disposizione stabilisce che i consigli comunali e provinciali vengano sciolti, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, in presenza di determinate fattispecie, tra le quali, appunto, la mancata approvazione nei termini del bilancio[47].

In tale specifica ipotesi, l’art. 141 del TUEL prevede che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) nomina un commissario affinché predisponga lo schema d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

La norma prevista dal D.L. n. 13/2002, che assegna al prefetto la nomina del commissario ad acta, è stata introdotta a seguito dell’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione che individuava nel CO.RE.CO. l’organo cui era affidato il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, abrogazione disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. In assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente, anche nella fase intermedia tra scioglimento e rinnovo elettorale delle assemblee. Con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 è stata quindiintrodotta una disciplina di carattere transitorio, diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi con l’abrogazione della norma costituzionale.

Le norme del D.L. n. 13/2002, dettate per l’anno 2002, sono state richiamate da successivi provvedimenti legislativi, ed applicate anche negli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007.

 

La procedura introdotta dal D.L. n. 13/2002 e, di fatto, richiamata dal comma in esame, prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato:

a)      nell’ipotesi di mancata predisposizione dello schema del bilancio da parte della Giunta, il prefetto nominerà un commissario per la predisposizione dell’atto d’ufficio e, successivamente, assegnerà al Consiglio un termine di venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione;

b)      nell’ipotesi in cui lo schema di bilancio risulti già predisposto dalla Giunta, il prefetto dovrà assegnare al Consiglio, con atto notificato ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione.

 

Decorso inutilmente il termine assegnato al Consiglio per l’approvazione del bilancio, il prefetto si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

Va evidenziato in proposito che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 13/2002 afferma il principio per cui spetta agli statuti degli enti locali disciplinare, in tale ipotesi, le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio.

L’attribuzione al prefetto dei poteri di nomina del commissario, pertanto, si applica soltanto nel caso in cui lo statuto comunale non detti una disciplina diversa.

In ogni caso, il termine entro il quale deve avere luogo l’approvazione del bilancio nel caso di ricorso alla nomina di un commissario è fissato in 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto.

 

L’applicazione della procedura sopra illustrata si applica anche all’ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del D.Lgs. n. 267/2000.

 

Ai sensi dell’articolo 193 del Testo unico, gli enti locali sono tenuti, durante la gestione, al rispetto del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio sia per la copertura delle spese correnti che per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal Testo unico.

Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare deve provvedere, con propria delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio (di cui all’articolo 194), e per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato.

Qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, il Consiglio adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.

 

La mancata adozione, da parte dell’ente, dei suddetti provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 del Testo unico, e dà luogo alla procedura di scioglimento del Consiglio prevista in tale ipotesi.

 

 


Articolo 24, comma 1
(Trasferimenti erariali)

 

1. I trasferimenti erariali per l'anno 2008 in favore di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 1, comma 696, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 24 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2008.

 

Come già nelle finanziarie precedenti, la disposizione è finalizzata a dettare criteri per la definizione dell’entità dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale nel 2008, in modo da consentire l’approvazione dei relativi bilanci.

In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992 (articoli 34-43)[48].

 

Per l’anno 2007, la determinazione dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale è effettuata sulla base dei criteri già adottati dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, della legge n. 296/2006), che, di fatto, richiamandosi a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie, consolidano, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2008, i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002.

 

Il richiamo al comma 696 dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso annopermette inoltre di confermare, per l’anno 2008, anche la ripartizione dei contributi aggiuntivi e delle altre provvidenze disposte in favore degli enti locali nella stessa misura disposta lo scorso anno, al fine di garantire che ad ogni singolo ente venga attribuito nell’anno 2008 lo stesso ammontare di contributi assegnato nel 2007.

 

In particolare, il citato comma 696 applicava per l’anno 2007 le disposizioni già applicate l’anno precedente, ai sensi dell’art. 1, comma 64, della legge n. 311/2004 che disponeva la ripartizione tra gli enti locali delle maggiori risorse che si erano rese disponibili, a partire dal 2005, a legislazione vigente sui tre Fondi principali (Fondo ordinario, consolidato e perequativo) per il venir meno della riduzione disposta dall’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001[49], pari a circa 340 milioni di euro. La ripartizione dei 340 milioni viene effettuata, anche nel 2008, nel seguente modo:

a)       260 milioni di euro per confermare i contributi assegnati ai sensi dell’art. 3, co. 27, secondo periodo, 35, 36 e 141, della legge n. 350/2003. In particolare:

-        20 milioni alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato dei servizi (art. 3, co. 27, legge n. 350/2003), al fine di assicurare a tali enti, anche nel 2008 le risorse assegnate nell’anno precedente (31,8 milioni);

-        180 milioni sul Fondo ordinario, quale incremento in base al tasso di inflazione programmato (art. 3, co. 35, secondo periodo, legge n. 350/2003). Tali risorse sono ripartite, per il 50% alla generalità dei comuni e per il restante 50% ai comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997;

-       5 milioni per le comunità montane e di 5 milioni per le province (art. 3, co. 141, legge n. 350/2003);

-        50 milioni per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono assegnate per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Tale contributo è infatti iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti;

b)       80 milioni di euro sono destinati in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244. Si tratta dei comuni c.d. “sottodotati”, le cui risorse, cioè, risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa[50].

Gli stanziamenti dei Fondi di parte corrente e di conto capitale per il 2008

Il comma in esame non dispone incrementi dei contributi assegnati agli enti locali sui principali Fondi, ma si limita a confermare il quadro normativo delineato dalle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, legge n. 296/2006).

E’ inoltre confermata per le province l’attribuzione per l’anno 2008 della compartecipazione al gettito dell’IRPEF nella stessa misura di quella attribuita negli anni precedenti (articolo 24, comma 2).

 

Risorse aggiuntive per gli enti locali sono invece autorizzate dall’Allegato 1, relativo alle “Eccedenze di spesa”, che reca le misure correttive degli effetti finanziari recati da disposizioni legislative ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978, in relazione alla compensazione delle minori entrate derivanti dall’ICI (a tale riguardo, cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 150, comma 7).

In particolare, l’allegato dispone l’incremento di 1,2 milioni di euro per il 2008 e di 0,256 milioni di euro a decorrere dal 2009 del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenza dell’esenzione dal pagamento dell’imposta stessa delle pertinenze degli edifici di culto, disposta dall’articolo 2, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 206.

In base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, l’ammontare annuo dei trasferimenti compensativi dovuti a partire dal 2004 sarebbe pari a 5,6 milioni di euro, contro lo stanziamento di 2,5 milioni previsto dalla legge n. 206/2003. Pertanto, attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” si provvede a rifinanziare il Fondo ordinario per fronteggiare tali maggiori oneri, pari a 0,256 milioni di euro annui a decorrere dal 2004.

 

Ulteriori contributi sono concessi ai sensi dell’articolo 42, comma 2, in favore degli enti locali interessati da crisi sismica, per complessivi 13,6 milioni di euro per l’anno 2008, 11,4 milioni di euro per il 2009, 9,2 milioni di euro per il 2010, 7 milioni di euro per il 2011 e 4,8 milioni di euro per il 2012.

 

Riduzioni dello stanziamento del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali sono inoltre state disposte:

§      a seguito delle disposizioni recate dall’articolo 25 in materia di razionalizzazione delle comunità montane, i trasferimenti a favore di tali enti, iscritti sul fondo ordinario degli enti locali, sono stati ridotti di 33,4 milioni di euro, per l’anno 2008, e di 66,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009 (si veda, a tale riguardo, l’art. 25, comma 7);

§      a seguito delle disposizioni recate dall’articolo 26, relative alle misure di contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali, il Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali è stato ridotto di 313 milioni di euro per ogni anno, a decorrere dal 2008 (cfr. articolo 26, comma 8). Va peraltro segnalato che la citata disposizione prevede peraltro che quota parte di tali risorse, nella misura di 100 milioni di euro, sia destinato, per l’anno 2008, all’incremento del contributo a favore dei piccoli comuni (in particolare, in favore dei comuni con meno di 5.000 abitanti che non beneficiano dei contributo assegnati ai sensi del comma 703, art. 1, della legge n. 296/2006[51]). Pertanto dei 313 milioni di euro decurtati al Fondo ordinario, 100 milioni riconfluiranno nel Fondo medesimo quale finanziamento per i piccoli comuni;

 

Si ricorda altresì che l’articolo 11 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, recante “Interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l’equità sociale”, dichiarato collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008 ha autorizzato la concessione di contributi, fino all'importo di 30 milioni di euro annui, per incentivare l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni. I contributi sono corrisposti, ai comuni e alle province che ne fanno richiesta, per far fronte agli indennizzi correlati strettamente alle estinzioni anticipate effettuate negli anni 2007, 2008 e 2009.

La relazione del Governo sottolinea che la disposizione si è resa necessaria in conseguenza dell’abolizione, disposta dall’art. 1, co. 699, legge finanziaria 2007, della possibilità, prevista dall’art. 28, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 448, per gli enti locali che presentassero piani quinquennali di riduzione del rapporto debito-PIL, di estinguere anticipatamente i debiti contratti con la Cassa depositi e prestiti, ponendo a carico dello Stato sia gli oneri aggiuntivi che il pagamento dell’indennizzo previsto per le estinzioni anticipate dei mutui.

 


Nel bilancio per il 2008, i principali Fondi di parte corrente e di conto capitale destinati al finanziamento degli enti locali risultano pertanto determinati come indicato nella tavola seguente:

(milioni di euro)

Cap.

 

Bilancio
2007

Assestam
2007

BLV
2008

Effett ddl fin. 2008

Risorse 2008

U.P.B. 2.3.1 parte corrente

1316

Fondo ordinario

6.786

6.972

5.251

-231

5.020

1317

Fondo perequativo

953

1.020

998

-

998

1318

Fondo consolidato

2.412

2.496

2.480

-

2.480

1319

Fondo federalismo amministrativo

224

224

224

-

224

1320

Compartecipazione all’IRPEF

1.263

1.263

902

-

902

 

TOTALE

11.638

11.975

9.855

-232

9623

Cap.

U.P.B. 2.3.2 - conto capitale

 

 

 

 

 

7232

Fondo sviluppo investimenti comuni e province

1.128

1.128

2.493

-

2.493

7233

Fondo sviluppo investimenti comunità montane

16

16

16

-

16

7236

Fondo nazionale ordinario investimenti

50

50

72

-

72

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

676

676

676

-

676

 

TOTALE

1.870

1.870

3.257

-

3.257

La variazione del Fondo ordinario è determinata: dalla riduzione di 33,4 milioni di euro, operata ai sensi dell’art. 25, co. 7, in relazione alle minori risorse assegnate alle comunità montane; dalla riduzione di 313 milioni di euro ai sensi dell’art. 26, co. 8, in relazione  misure di contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, di cui 100 milioni di euro riassegnati al Fondo medesimo, quale contributo ai piccoli comuni; incremento di 13,6 milioni di euro per i comuni colpiti da sisma; dall’incremento di 1,2 milioni, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI, ai sensi dell’Allegato 1 “Eccedenze di spesa”.


Articolo 24 comma 2
(Compartecipazione delle province al gettito IRPEF)

 

2. Le disposizioni in materia di comparteci­pazione provinciale al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate per l'anno 2007 dall'articolo 1, comma 697, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono prorogate per l'anno 2008.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 24 conferma, per l’anno 2008, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), e confermata negli anni successivi dalle varie leggi finanziarie[52].

 

Va segnalato che il comma 8 dell’articolo 31 della legge n. 289/2002 richiamato dal comma in esame si riferisce alla compartecipazione al gettito dell’IRPEF sia delle province che dei comuni, che fino al 2006 sono state disciplinate secondo analoghe modalità[53].

La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 697, legge n. 296/2006) ha peraltro confermato per le sole province la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, recando invece per i comuni l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF (art. 1, commi 189-193, della legge n. 296/2006).

 

In particolare, la disciplina dettata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, fissa la compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata (per i comuni la misura della compartecipazione era fissata al 6,5%).

In base a tale disciplina, alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2008, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003).

 

L’attuazione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascun ente di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.

La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce, infatti, una entrata aggiuntiva per i bilanci locali.

Inoltre, poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).

 

Nel bilancio a legislazione vigente per il 2008, le somme spettanti alle province e ai comuni a titolo di compartecipazione all’IRPEF sono allocate nello stato di previsione del Ministero dell’interno, al capitolo 1320/U.P.B. 2.3.1, iscritto nell’ambito della missione 3 “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” (corrispondente alla seconda missione del Ministero dell’interno), che risulta dotato di 902 milioni di euro (riferiti soltanto alla compartecipazione comunale all’IRPEF, la cui disciplina è a regime dallo scorso anno).

A seguito della conferma per l’anno 2008 anche della compartecipazione provinciale all’IRPEF, ai sensi del comma in esame, il capitolo 1320 dovrebbe essere incrementato della quota spettante alle province, con conseguente riduzione, per pari importo, dello stanziamento del Fondo ordinario.

 

Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.

Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.


Articolo 24, comma 3
(Soppressione norme sulla riqualificazione urbana)

 

3. Il comma 10 dell'articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è abrogato ed è conseguentemente soppressa l'autorizzazione di spesa prevista al comma 11 dello stesso articolo 25.

 

 

Il comma 3, attraverso l’abrogazione del comma 10 dell’art. 25 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) e la conseguente soppressione dell’autorizzazione di spesa indicata al successivo comma 11, sopprime il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni.

Tale fondo, istituito dal citato comma 10 ai fini dell'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio, era già stato dichiarato incostituzionale con la sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16.

Nella relazione tecnica viene sottolineato come da tale abrogazione derivi un miglioramento dei saldi di finanza pubblica, valutato in 20 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009. Vi si legge, infatti, che “Tale valutazione deriva dalla considerazione che - trattandosi di spese di parte capitale che, ai fini dell’indebitamento netto, vengono conteggiati per cassa – nei conti tendenziali lo stanziamento previsto di 50 milioni è stato ripartito in 20 milioni per il 2008, 20 milioni per il 2009 e 20 milioni per il 2010”.

 

I commi 10 e 11 dell’art. 25 della legge n. 448/2001 prevedevano l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Fondo per la riqualificazione urbana dei Comuni. Tale Fondo, istituito ex novo per il 2002, ma destinato a permanere negli esercizi successivi, diretto a finanziare l'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio da parte dei Comuni: una quota non inferiore all'85% è riservata ai Comuni minori (con popolazione non superiore a 40 mila abitanti), in particolare delle Regioni meridionali. La norma prevede ancora che le modalità degli interventi e la ripartizione del Fondo "tra gli enti interessati" saranno disciplinate con regolamento governativo, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Per l'anno 2002 le risorse del Fondo venivano fissate in 103,3 milioni di euro.

La Corte Costituzionale,con sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16, accogliendo il ricorso proposto dalla Regione Umbria, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del richiamato art. 25, comma 10. Con tale sentenza, la Corte ha affermato in termini generali che nelle materie di legislazione concorrente «non possono trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi» se non nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione. La Corte ha quindi individuato nei seguenti i criteri, confermati anche nella giurisprudenza successiva, per ricondurre una determinata tipologia di interventi a favore dei comuni nell'ambito degli interventi speciali di cui al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione:

-        il fatto che tali interventi siano aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai comuni e si riferiscano a finalità di perequazione e di garanzia enunciate dalla stessa norma costituzionale o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni;

-        la loro destinazione a determinati comuni o categorie di comuni;

-        la previsione, qualora essi riguardino ambiti di competenza legislativa delle regioni, che queste ultime siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.

Con specifico riferimento alla disposizione censurata, la Corte ha rilevato che ogni intervento sul territorio può di per sé essere presentato come volto alla «riqualificazione urbana» del territorio medesimo e quindi riconducibile all'esercizio di funzioni proprie degli enti locali interessati.


Articolo 24, comma 4
(Pubbliche affissioni)

 


4. Dopo l'articolo 20.1 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è inserito il seguente:

«Art. 20.1.1 - (Spazi riservati ed esenzione dal diritto) - 1. I comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l'affissione di manifesti ai soggetti di cui all'articolo 20, o quelli che intendono riservarli per motivi attinenti ai princìpi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari, possono continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque in misura non superiore alla predetta percentuale del 10 per cento.

2. Il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, già previsto dall'articolo 20-bis, comma 2, è fissato al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio».


 

 

Il comma 4 dell’articolo 24, aggiunto nel corso dell’esame in sede referente al Senato, aggiunge un nuovo articolo (art. 20.1.1) al D.Lgs. 507/1993[54] (che disciplina, tra l’altro, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni), dopo l’attuale art. 20.1.

 

Si ricorda in premessa che il comma 1 dell’art. 20-bis del D.Lgs. 507/1993[55] prevedeva (a decorrere dal 1° gennaio 2005) l’obbligo per i comuni di riservare il 10 per cento degli spazi complessivamente destinati all’affissione dei manifesti, ai soggetti di cui al precedente art. 20, in esenzione dal diritto sulle pubbliche affissioni.

I soggetti menzionati dal citato art. 20[56] sono i seguenti:

-        Stato ed enti pubblici territoriali (fatti salvi i casi per i quali è prevista l’esenzione ai sensi dell’art. 21);

-        comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;

-        soggetti che realizzano attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;

-        soggetti che realizzano festeggiamenti patriottici, religiosi, spettacoli viaggianti e di beneficenza;

-        soggetti che effettuano annunci mortuari.

 

Il comma 2 dell’art 20-bis disponeva inoltre la sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2005), relativamente alle violazioni compiute mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari. In base a tale norma le violazioni, anche ripetute, potevano essere definite, in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia. Il termine per il versamento era stato fissato, a pena di decadenza dal beneficio, al 31 maggio 2005.

L’articolo 20-bis è stato abrogato dall’art. 1, co. 176, lett. a), della legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296), a decorrere dal 1° gennaio 2007. Il successivo comma 177 ha tuttavia fatto salvi gli effetti prodotti dal comma 2 dell’art. 20-bis.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 20.1.1 riguarda i comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione di manifesti ai soggetti di cui all’art. 20 del medesimo D.Lgs. 507/1993, o che intendono riservarli per motivi attinenti ai principi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari.

Tali comuni, secondo la norma in esame, potranno continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque non oltre il 10 per cento del totale, pari alla quota già prevista dall’abrogato art. 20-bis.

Effetto della norma pare quello di rendere possibile, anche per il futuro (per i comuni che “intendono riservare […]”) la riserva di spazi che l’abrogato art. 20-bis prevedeva come obbligatoria.

 

Il secondo comma del nuovo articolo aggiuntivo riapre il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, in sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità verificatesi sino al 1° gennaio 2005. Il termine, già fissato al 31 maggio 2005 dal comma 2 dell’abrogato art. 20-bis, è differito al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio.

 

Si ricorda infine che il comma 157 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha introdotto un art. 20.1 nel D.Lgs. 507/1993, a norma del quale, ai fini della salvaguardia degli enti locali e a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti sono a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salva prova contraria.


Articolo 24, comma 5
(Utilizzo dei proventi delle concessioni
e delle sanzioni in materia edilizia)

 

5. Per l'anno 2008, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere utilizzati per una quota non superiore al 25 per cento per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

 

Il comma 5 consente i seguenti utilizzi, per l’anno 2008, dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia):

§       per una quota non superiore al 25% per il finanziamento di spese correnti;

§       per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

La norma in commento ripropone per il 2008 quanto disposto per il 2007 dal comma 713 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006). Tale ultima disposizione aveva tuttavia stabilito il limite massimo del 50% per il finanziamento di spese correnti.

Si ricorda, inoltre, che nella vigente normativa, recata dal citato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è stato eliminato (attraverso l’abrogazione dell’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) qualsiasi vincolo di destinazione sui proventi in questione.

Si segnala, infine, che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di permesso di costruire. Ciò non ha peraltro comportato l’eliminazione del contributo da corrispondere per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.


Articolo 25
(Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)

 


1. L’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art. 27. - (Natura e ruolo). - 1. Le comunità montane sono unioni di comuni costituite per l’esercizio di funzioni attribuite dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l’esercizio associato delle funzioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane. Esse possono estendersi in territori appartenenti anche a province diverse.

2. La comunità montana ha un organo consiliare e un organo esecutivo le cui modalità di elezione sono disciplinate dallo statuto.

3. La regione individua gli ambiti per la costituzione delle comunità montane, in modo da assicurare gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali, sulla base dei seguenti princìpi e criteri:

a) previsione che la costituzione della comunità montana avvenga con provvedimento del presidente della Giunta regionale tra almeno sette comuni tra loro confinanti, non meno della metà dei quali debbono essere comuni situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di cinquecento metri. Nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine ed il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di seicento metri. Gli altri comuni debbono essere confinanti con almeno uno dei comuni aventi le predette caratteristiche altimetriche. La costituzione della comunità montana può avvenire tra meno di sette comuni qualora per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione della stessa con almeno sette comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

b) esclusione dalle comunità montane dei capoluoghi di provincia, dei comuni costieri e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

4. I criteri di cui al comma 3 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

5. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare:

a) le modalità di approvazione dello statuto;

b) la composizione degli organi rappresentativi, in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che i comuni non possono indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita da tutti i consiglieri dei comuni che eleggono i componenti dell’organo rappresentativo con voto limitato;

c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;

d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea;

e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.

6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali».

2. Le regioni provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, all’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 27, commi 3 e 5, lettera b), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal presente articolo.

3. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al comma 2, nei termini fissati, cessano comunque di appartenere alla comunità montana i comuni:

a) capoluoghi di provincia;

b) costieri;

c) con popolazione superiore a 15.000 abitanti;

d) non rispondenti alle caratteristiche di cui ai commi 3, lettera a), e 5, lettera b), dell’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal presente articolo.

4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2 sono soppresse le comunità montane che risultano costituite da meno di sette comuni, anche in conseguenza di quanto previsto dal comma 3.

5. Le regioni provvedono, entro il 30 giugno 2008, a disciplinare gli effetti conseguenti dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3, e dalla soppressione delle comunità montane di cui al comma 4, comprese le determinazioni inerenti la ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali delle comunità montane, facendo salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni provvedono altresì a disciplinare, fino all’adozione o comunque in mancanza delle predette determinazioni, la successione in tutti i rapporti giuridici, ivi inclusi quelli di lavoro a tempo indeterminato, e ad ogni altro effetto, anche processuale, ed in relazione alle obbligazioni cui si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.

6. Dall’attuazione del presente articolo devono conseguire economie di spesa non inferiori a 33,4 milioni di euro per l’anno 2008 ed a 66,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

7. Il Fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 33,4 milioni di euro per l’anno 2008 e di 66,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

8. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e il Ministro dell’interno presentano al Parlamento una relazione sull’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo.


 

Premessa

L’articolo 25, modificato profondamente nel corso dell’esame in sede referente al Senato[57], reca misure per la razionalizzazione e il contenimento dei costi delle comunità montane, finalità indicate nella rubrica dell’articolo.

L’articolo in esame è composto da due parti: la prima, corrispondente al comma 1, novella completamente l’articolo 27 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000)[58] relativo alla natura e al ruolo delle comunità montane, mentre il successivo articolo 28, riguardante le funzioni di dette comunità, non viene modificato.

La seconda parte (commi da 2 a 8) dispone in ordine alle modalità attuative della riforma operata dal comma 1, individuando in particolare l’entità del risparmio da raggiungere, pari a 33,4 milioni di euro per il 2008 e a 66,8 milioni di euro per ciascuno degli anni successivi.

 

Secondo una ricerca dell’Istituto nazionale della montagna (IMONT), in conseguenza dell’approvazione del testo del Senato, le 355 comunità montane attuali verrebbero ridotte a 193 (sarebbero state 253 secondo il testo del d.d.l. originario presentato dal Governo).

 

Una parte del contenuto normativo dell’articolo, sia nella versione originaria, sia nella formulazione approvata dal Senato, corrisponde sostanzialmente allo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza”. Iniziative legislative sul tema sono all’esame della Camera dei deputati[59].

 

In materia di sostegno alla montagna si segnala l’articolo 28, comma 1, del provvedimento in esame (alla cui scheda si fa rinvio) che assegna per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna 50 milioni di euro annui dal 2008 al 2010.

 

Il Governo si è impegnato ad aumentare ulteriormente la dotazione del Fondo accogliendo un ordine del giorno in sede di approvazione dell’articolo in esame[60]. L’ordine del giorno prevede, inoltre, il finanziamento dell’IMONT per garantirne l’operatività, l’aumento della dotazione a favore del Club alpino italiano contro il ridimensionamento a 60 mila euro proposta dalla finanziaria, l’inserimento dell’articolo in esame in una legge organica sulla montagna già presentata al Senato.

Si segnala che l’art. 134, co. 3, del provvedimento in esame, prevede la soppressione dell’Ente italiano montagna-EIM (organismo che dovrà sostituire l’IMONT, ai sensi dell’art. 1, co. 1279 della legge finanziaria 2007 L. 296/2006) se non sarà oggetto di uno dei regolamenti di semplificazione di cui al co. 1 dello stesso art. 134.

 

Si segnala, inoltre, che l’articolo 26 del provvedimento in esame interviene in materia di indennità degli amministratori locali, compresi quelli delle comunità montane (vedi oltre).

Compatibilità costituzionale

La giurisprudenza costituzionale affermatasi successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, ricomprende le comunità montane nell’ambito della competenza regionale residuale, il che di per sé parrebbe escludere l’ambito di intervento statale, salvo per tale ambito si rilevi un titolo ulteriore. Le comunità montane, infatti, non sono considerate dalla Costituzione come enti locali necessari, né sono considerati all’interno della disposizione che attribuisce allo Stato competenza in tema di funzioni fondamentali degli enti locali ed organi degli enti locali.

Secondo la Corte, infatti, (sent. 456/2005) la disciplina delle comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel D.Lgs. 267/2000, rientra ora nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Inoltre (da ultimo, sent. 397/2006) l’art. 114 (che individua nei comuni, province, città metropolitane, regioni e nello Stato gli enti costituenti la Repubblica) e l’art. 117, secondo comma, lettera p) (che affida alla legislazione esclusiva dello Stato la legislazione elettorale, gli organi di Governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane) della Costituzione non trovano applicazione nei confronti delle comunità montane, in quanto in tali disposizioni si fa esclusivo riferimento ai comuni, alle province e alle città metropolitane e l’indicazione deve ritenersi tassativa (sentt. 456/2005 e 244/2005). Allo stesso modo non si estende alle comunità montane il sistema delle garanzie, in sede di esercizio delle funzioni amministrative, assicurato dal nuovo art. 118 della Costituzione. Le comunità montane sono (sent. 238/2007) “enti locali costituzionalmente non necessari”.

Tuttavia, non sembra potersi negare ogni titolo all’intervento statale, il cui fondamento potrebbe trovarsi sia nella finalità del coordinamento finanziario (essendo finalità della norma la riduzione delle spese), sia nel riflesso – sulle comunità montane – di disposizioni dettate comunque in riferimento agli organi degli enti locali con “copertura” costituzionale, quali sono i comuni. Questo solo se – ammesso che le ipotizzate titolarità abbiano fondamento – non sia rinvenuta una eventuale “prevalenza” della competenza regionale residuale.

L’applicabilità, poi, della norma in esame nei confronti delle autonomie differenziate è un effetto della norma non agevolmente affermabile in modo univoco. A parte il caso della Sicilia (che ha soppresso le comunità montane con L.R. 9/1986[61]), per le altre regioni a statuto speciale, l’articolo 151, comma 3, del d.d.l. in esame, contenente la c.d. “clausola di salvaguardia” non appare sicuro indice di riferimento per determinare l’applicabilità o meno: la competenza delle autonomie differenziate in tema di comunità montane appare indubbia, ma si potrebbe ritenere che concorra la già affermata competenza statale in tema di coordinamento finanziario (non l’altra, in tema di organi comunali, propria delle Regioni a statuto speciale a differenza delle Regioni a statuto ordinario[62]).

La Corte ha spesso ribadito che i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica attinenti alla spesa “devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica” (sentt. 169/2007, 82/2007, nonché sentt., da questa richiamate, 417/2005, 353/2004, 345/2004 e 36/2004, 416/1995; in senso analogo, anche sent. 267/2006).

La modifica dell’articolo 27 del testo unico sugli enti locali

Il comma 1 dell’articolo 25 in esame novella l’articolo 27 del TUEL, che contiene la vigente disciplina delle comunità montane (vedi testo a fronte).

 

Art. 27 D.Lgs. 267/2000

Testo vigente

Art. 27 D.Lgs. 267/2000

Testo modificato

Articolo 27
Natura e ruolo

Articolo 27
Natura e ruolo

1. Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l’esercizio associato delle funzioni comunali.

1. Le comunità montane sono unioni di comuni costituite per l’esercizio di funzioni attribuite dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l’esercizio associato delle funzioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane. Esse possono estendersi in territori appartenenti anche a province diverse.

2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze.

2. La comunità montana ha un organo consiliare e un organo esecutivo le cui modalità di elezione sono disciplinate dallo statuto.

3. La Regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all’articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della Giunta regionale.

3. La regione individua gli ambiti per la costituzione di comunità montane, in modo da assicurare gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali, sulla base dei seguenti principi e criteri:

a) previsione che la costituzione della comunità montana avvenga con provvedimento del presidente della Giunta regionale tra almeno sette comuni tra loro confinanti, non meno della metà dei quali debbono essere comuni situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di cinquecento metri. Nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine ed il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di seicento metri. Gli altri comuni debbono essere confinanti con almeno uno dei comuni aventi le predette caratteristiche altimetriche. La costituzione della comunità montana può avvenire tra meno di sette comuni qualora per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione della stessa con almeno sette comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

b) esclusione dalle comunità montane dei capoluoghi di provincia, dei comuni costieri e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

 

4. I criteri di cui al comma 3 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

4. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare:

5. Identico:

a) le modalità di approvazione dello statuto;

a) identica;

b) le procedure di concertazione;

b) la composizione degli organi rappresentativi, in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che i comuni non possono indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita da tutti i consiglieri dei comuni che eleggono i componenti dell’organo rappresentativo con voto limitato;

c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;

c) identica;

d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea;

d) identica;

e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.

e) identica.

5. La legge regionale può escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L’esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefìci e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere, altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l’inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.

soppresso.

6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della comunità montana.

 

6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali.

7. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell’àmbito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell’andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell’utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.

soppresso.

8. Ove in luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all’ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni.

soppresso.

 

Il nuovo testo del comma 1 dell’articolo 27 contiene la definizione delle comunità montane, che sono individuate come “unioni di comuni costituite per l’esercizio di funzioni attribuite dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l’esercizio associato delle funzioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane”.

Viene mantenuta il principio dell’assimilazione delle comunità montane alle unioni di comuni (disciplinate dall’art. 32 del TUEL) ma viene soppressa la qualificazione di tale forma particolare di unione di comuni quale ente locale costituito tra comuni montani e parzialmente montani.

Rispetto alla definizione contenuta nel vigente primo comma non si evidenziano sostanziali differenze né rispetto al fatto che esse possono abbracciare più di una provincia, né rispetto alle finalità, che sono – sia pure con talune modifiche – riproposte. Può notarsi che non figura più il riferimento alle “funzioni proprie [e] funzioni conferite”, ma le funzioni sono – secondo la nuova formulazione – “attribuite” ex lege, e “conferite” dai Comuni: dette funzioni sostanziano la prima delle finalità istitutive delle comunità, restando la valorizzazione delle zone montane una finalità mediata.

 

Il nuovo testo del comma 2 dell’articolo 27 si limita a prescrivere, in modo assai sintetico, gli organi dell’unione di comuni montani, prevedendo la presenza di un organo consiliare (il testo vigente dice “rappresentativo”) ed un organo esecutivo e ad affidare allo Statuto le relative modalità di elezione. Tuttavia, norme che specificano le modalità di elezione dell’organo rappresentativo sono contenute nel successivo comma 5 dell’art. 27 (vedi infra) che pur rinvia la disciplina alla Regione.

 

Il vigente testo del comma 2 dell’articolo 27 prevede, relativamente agli organi, che la comunità montana debba avere un organo rappresentativo ed un organo esecutivo, i cui membri sono già sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti; i rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti; il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. La disposizione impone, poi, per l’elezione dei rappresentanti della comunità, il voto limitato e la garanzia della rappresentanza delle minoranze.

Il nuovo testo del comma 2 non ripropone tale sistema, essendo la nuova disciplina in materia contenuta, come accennato, nel comma 5 dell’art. 27 novellato (lettera b) al quale si rinvia.

 

Il nuovo testo del comma 3 dell’articolo 27 limita, rispetto al testo vigente, le condizioni di costituzione delle unioni di comuni montani.

Nella prima parte, il novellato comma 3 conferma quanto già attualmente previsto circa la necessità dell’intervento della regione, che è chiamata non solo ad individuare gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, ma anche la costituzione, che avviene con provvedimento del presidente della regione.

Non vi è più, invece, il riferimento alle “sedi concertative” tra regione, comuni e province di cui all’articolo 4, commi 4 e 5 TUEL.

La norma novella il TUEL, che è stato approvato prima della novella del Titolo V. Nel nuovo contesto costituzionale l’indicazione per via legislativa, da parte dello Stato, di un determinato organo della regione potrebbe essere ritenuta una scelta normativa da ponderare sotto il profilo della costituzionalità.

La costituzione della comunità montana può avvenire, tuttavia, e qui si riscontra la novità che appare di maggior rilievo, solo in presenza dei princìpi e criteri direttivi dettati direttamente dalla norma statale.

 

Come sarà osservato in riferimento all’art. 27, la norma si preoccupa anche in questo caso di fornire parametri all’attività regionale, e più precisamente, principi e criteri, normalmente propri dei procedimenti di delega.

Può essere utile ricordare che la novella costituzionale del 2001 ha abrogato la previgente previsione dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione che prevedeva la figura della delega statale di funzioni amministrative alle Regioni.

 

I principi e criteri direttivi dettati dalla norma sono i seguenti:

1.    le comunità montane sono costituite da almeno sette comuni

-          montani,

-          tra loro confinanti,

-          con esclusione dei esclusi capoluoghi di provincia, dei comuni costieri e dei comuni con popolazione complessiva superiore a 15.000 abitanti;

2.    almeno la metà dei comuni:

-          debbono essere situati per almeno l’80% della loro superficie al di sopra di 500 m (600 m nelle regioni alpine) di altitudine s.l.m,

-          ovvero debbono essere comuni situati per almeno il 50% della loro superficie al di sopra di 500 m di altitudine s.l.m. e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore è almeno 500 m (600 m nelle regioni alpine);

3.    gli altri comuni debbono essere confinanti con almeno uno dei comuni che hanno le caratteristiche altimetriche di cui al punto 2;

4.    la costituzione della comunità montana può avvenire tra meno di sette comuni qualora per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione della stessa con almeno sette comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio.

 

La disciplina delle condizioni per la costituzione delle comunità montane è attualmente contenuta – in termini considerevolmente diversi – nel comma 5 dell’art. 27 del TUEL: la normativa vigente si limita, in primo luogo, a dar facoltà alla regione di escludere dalla comunità montane i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. La legge regionale può oggi altresì prevedere, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l’inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.

La norma che esclude i comuni capoluogo di provincia dalla partecipazione alle comunità montane, già vigente, è invece confermata nel testo proposto.

 

Nella legislazione statale, a proposito dei criteri altimetrici, si possono ricordare:

-        la L. 703/1952[63] che, nell’attribuire ai comuni montani (ed a quelli situati nelle piccole isole) una quota dell’allora vigente IGE (imposta generale sull’entrata), considerava “comuni montani” i comuni censuari – tra l’altro – il cui territorio avesse un’altitudine minima non inferiore a m 600 s.l.m., ovvero un dislivello non inferiore a m 600 tra l’altitudine minima e quella massima (art. 3, co. 3°);

-        la L. 991/1952 (art. 1[64]) che considerava territori montani i comuni censuari situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di m 600 s.l.m., e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale fosse non minore di m 600 (oltre alle condizioni relative al reddito). La stessa legge introduceva poi la nozione di “comune parzialmente montano” ripresa dalla L. 1014/1960 (art. 14)[65].

 

Il successivo comma 4 novellato contiene disposizioni che riprendono almeno in parte la sostanza dispositiva contenuta nel secondo periodo del vigente comma 5 dell’art. 27 del TUEL, tesa a non escludere i territori montani non “comunità montane” dai provvedimenti comunitari, statali e regionali a favore della montagna: in altri termini per beneficiare dei relativi interventi di sostegno non è condizione necessaria essere comunità montana.

Nel testo in esame, analogamente, si dispone infatti che i criteri limitativi dettati al comma 3, che valgono, come visto, ai fini della costituzione delle unioni di comuni montani, non rilevano tuttavia in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

 

Il comma 5 dell’art. 27 novellato riproduce senza grandi variazioni il contenuto del vigente comma 4 dell’art. 27 del TUEL, relativamente alla disciplina regionale dello statuto delle comunità montane e della ripartizione dei finanziamenti.

Una sostanziale novità concerne solo la lettera b), che nel testo vigente riguarda le procedure di concertazione (la cui disciplina è attualmente affidata allo statuto), e che nel testo proposto riguarda la composizione degli organi rappresentativi (il comma 2 novellato recita: “organo consiliare”), per il quale si prescrive:

§      che sia garantita la presenza delle minoranze,

§      che i comuni possano indicare un solo membro.

I due criteri vengono contemperati prevedendo che i componenti dell’organo rappresentativo siano eletti da tutti i consiglieri comunali attraverso il voto limitato.

 

In proposito, si segnala la circolare del Ministero dell’interno-Direzione centrale per le autonomie dell’8 maggio 2003, avente per oggetto l’ordinamento delle comunità montane, che precisa quanto segue:

“Per voto limitato deve intendersi il meccanismo in base al quale ciascun consigliere-elettore vota indicando un numero di preferenze inferiore rispetto a quello dei rappresentanti da eleggere in seno alla comunità montana.

Considerato che alcune leggi regionali prevedono procedimenti di votazione separata tra forze di maggioranza e quelle di minoranza, si è di frequente prospettata la problematica circa la compatibilità del sistema del ‘voto limitato’ con i predetti procedimenti di votazione separata.

Su tale questione il Consiglio di Stato ha formulato l’avviso che i sistemi di votazione separata, previsti da alcune leggi regionali, sono compatibili con la normativa del T.U.E.L. n. 267 e, pertanto, applicabili, in quanto idonei a realizzare la finalità perseguita dalla norma, che è quella di garantire la partecipazione dei rappresentanti della minoranza nel Consiglio Comunitario.

Al riguardo, va peraltro rilevato che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato (v. sentenza n. 2586 del 13 maggio 2002) aveva affermato, in sede giurisdizionale, il diverso orientamento per il quale il sistema del voto separato, là dove previsto dalla legislazione regionale, dovesse considerarsi incompatibile con la normativa statale sopravvenuta”.

 

Il comma 6 dell’art. 27 novellato riproduce in gran parte il contenuto del vigente comma 6, relativo alla fusione dei comuni di una comunità montana in un nuovo comune, al netto della disposizione per cui tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani (ipotesi non più possibile nel nuovo regime).

Non viene tuttavia neppure riprodotta la disposizione per cui, con la legge regionale istitutiva del nuovo comune, si provvede allo scioglimento della comunità montana.

 

Non viene neanche considerata l’ipotesi di costituzione di più comunità montane in luogo di una unica comunità per le quali il comma 8 dell’art. 27 vigente, non riprodotto nel testo in esame, prevede il trasferimento e la ripartizione dei fondi spettanti alla comunità montana di origine.

Disposizioni di attuazione

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del testo legislativo in esame (entro il 30 giugno 2008) le regioni provvedano all’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 27, commi 3 (condizioni per la costituzione delle comunità montane) e 5, lettera b) (modalità di composizione degli organi rappresentativi), così come novellate.

 

I commi 3 e 4 dell’articolo in esame prevedono che, in caso di inadempienza delle regioni, allo scadere del termine previsto:

§      cessino di appartenere alla comunità montana i comuni che non possono far parte delle comunità montane ai sensi delle condizioni previste (comma 3):

-       i comuni capoluoghi di provincia;

-       i comuni costieri;

-       i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti;

-       i comuni senza le caratteristiche altimetriche sopra esaminate (art. 27, co. 3, novellato);

-       i comuni i cui organi rappresentativi non sono stati formati secondo le modalità indicate dall’art. 27, co. 5, lett. b) novellato (garanzia delle minoranze, un solo membro per ciascun comune, corpo elettorale formato da tutti i consiglieri comunali, elezioni con voto limitato).

§       siano soppresse le comunità montane (comma 4) costituite da meno di 7 comuni anche per il venir meno delle tipologie di comune elencate al comma 3.

 

Il comma 5 incarica le regioni di disciplinare, entro il 30 giugno 2008, gli effetti conseguenti dalle misure disposte, vale a dire la nuova disciplina posta dai commi 2 e 3, e – ciò che appare di maggior rilievo – la soppressione delle comunità montane prevista dal precedente comma 4, che prevedibilmente comporterà il venir meno di un soggetto titolare di rapporti giuridici di varia natura.

 

Le regioni sembrano tuttavia chiamate a disciplinare entro il 30 giugno 2008 gli effetti di eventi che si dovrebbero verificare a partire da tale data, infatti proprio il 30 giugno 2008 è il termine ultimo entro il quale le regioni devono attuare le disposizione del provvedimento in esame e oltre il quale scattano in ogni caso la soppressione o il ridimensionamento (a seconda dei casi) delle comunità montane.

 

La norma indica alcuni contenuti alla futura disciplina regionale.

La ripartizione delle risorse (umane, finanziarie e strumentali delle comunità montane), deve far salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore del testo normativo in esame.

L’oggetto della futura disciplina regionale deve comprendere la successione in tutti i rapporti giuridici – vengono nuovamente menzionati in particolare quelli di lavoro, ma limitatamente a quelli a tempo indeterminato (la precedente misura di tutela, di cui al punto precedente, non sembra prevedere tale limitazione) – ad ogni effetto, anche processuale; la disposizione prevede che in relazione alle obbligazioni si applicano i principi della solidarietà attiva e passiva.

 

L’espressione “solidarietà attiva e passiva” richiama le cosiddette obbligazioni solidali e descrive, nel caso della solidarietà attiva, il vincolo in forza del quale, in presenza di più creditori di un medesimo debitore, ogni creditore può pretendere l’intera prestazione, e l’adempimento da lui conseguito libera il debitore anche nei confronti degli altri; il concreditore che avrà riscosso dovrà corrispondere ai restanti concreditori la parte della prestazione di loro spettanza.

Con solidarietà passiva si indica invece il vincolo in forza del quale, in presenza di più debitori di un unico creditore, i debitori sono solidalmente obbligati per la medesima prestazione, così che il creditore può pretendere l’intera prestazione da uno qualunque dei debitori, il cui adempimento libera tutti gli altri. Il condebitore che ha pagato avrà azione di rivalsa nei confronti degli altri, per ottenere il rimborso della sua parte.

 

Sulla competenza regionale e sui relativi profili di rilievo costituzionale in materia di comunità montane si rinvia a quanto esposto in apertura della presente scheda.

 

I commi 6 e seguenti dell’articolo in esame sono dedicati in particolare alle conseguenze finanziarie delle misure disposte dai commi precedenti.

 

Il comma 6, in particolare, prevede che dall’attuazione del complesso delle misure apportate le regioni devono conseguire economie di spesa non inferiori a 33,4 milioni per il 2008, che salgono a 66,8 milioni annui dall’anno successivo.

Di un pari importo, ai sensi del seguente comma 7, è ridotto il Fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 504/1992.

Le due disposizioni sono sostanzialmente ma non formalmente legate. Ciò pare comportare che la prevista diminuzione di spesa potrebbe essere non conseguita, mentre la riduzione del Fondo ordinario è misura immediatamente e certamente operativa al momento dell’entrata in vigore del testo legislativo in esame.

 

Si ricorda che i trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dal D.Lgs. 504/1992[66]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi:

-        “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

-        “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

-        “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI). Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

 

Nel 2007 la dotazione del Fondo ordinario delle comunità montane è pari a 190 milioni di euro[67].

 

Il comma 8 prevede una relazione (una tantum, entro un anno dall’entrata in vigore del testo normativo in esame) del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e del Ministro dell’interno al Parlamento sull’applicazione delle disposizioni esaminate.

Le comunità montane

Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse (D.Lgs. 267/2000, art. 27), “create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei Comuni montani, ‘funzioni proprie’, ‘funzioni conferite’ e funzioni comunali”[68]. Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di Comuni, di enti dotati di un certo grado di autonomia (non solo dalle Regioni ma anche) dai Comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare[69].

Ciascuna comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità.

L’art. 82, co. 1, del D.Lgs. 267/2000 ricomprende tra gli amministratori locali che hanno diritto ad un’indennità il presidente della comunità montana e i componenti degli organi esecutivi delle comunità montane.

Il co. 2 dello stesso articolo prevede inoltre, per i consiglieri delle comunità montane, la corresponsione di un gettone di presenza per l’effettiva partecipazione alle riunioni dei consigli e delle commissioni comunitarie formalmente convocate, nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione montana della comunità montana.

Sono validi, anche per le indennità degli amministratori delle comunità montane, i limiti di spesa e il divieto di cumulo previsti per quelle dei componenti delle unioni di comuni:

§       le indennità di funzione devono essere pari a quelle previste per un comune avente popolazione eguale alla popolazione montana della comunità montana;

§       la spesa complessiva delle indennità di funzione attribuite agli assessori non può superare quella determinata per gli assessori del comune di riferimento[70];

§       le indennità di funzione non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

 

Nella tabella allegata sono indicati alcuni dati relativi alle comunità montane.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla Relazione sullo stato della montagna italiana trasmessa alle Camere dal Presidente del Consiglio ai sensi dell’art.24, co. 4, della L. 31 gennaio 1994, n. 97 il 21 novembre 2006 (doc. CXV, n. 1)[71].


La montagna italiana al 1° gennaio 2007

Regioni

Comuni

Comuni montani


comunità
montane

Superf.
Territ.
Ha (a1)

Superf.
Montana
Ha (a2)

%
(b1/a1)

Pop.
Totale
(a2)

Pop.
Montana
(b2)

%
(b2/a2)

 

(A)

Tot.
(B)

Parz.
(C)

B+C

C/A

 

 

 

 

 

 

 

PIEMONTE

1.206

503

27

530

43,95

48

2.540.246

1.316.591

51,83

4.341.733

675.253

15,55

VDA

74

74

0

74

100,00

8

326.324

326.324

100,00

123.978

123.978

100,00

LIGURIA

235

167

20

187

79,57

19

542.155

441.834

81,50

1.610.134

348.558

21,65

LOMBARDIA

1546

529

13

543

35,12

30

2.386.280

1.032.322

43,26

9.475.202

1.265.687

13,36

TRENTO

223

223

0

223

100,00

11

620.690

620.690

100,00

502.478

502.478

100,00

BOLZANO

116

116

0

116

100,00

8

739.992

739.992

100,00

482.650

482.650

100,00

VENETO

581

119

39

158

27,19

19

1.839.885

588.703

32,00

4.738.313

410.588

8,67

FVG

219

84

21

105

47,95

4

785.839

447.349

56,93

1.208.278

174.432

14,44

EMI.ROM.

341

95

29

124

36,36

18

2.211.734

851.977

38,52

4.187.557

371.736

8,88

TOSCANA

287

114

43

157

54,70

20

2.299.351

1.086.904

47,27

3.619.872

533.049

14,73

MARCHE

246

103

21

124

50,41

13

969.406

571.873

58,99

1.528.809

315.874

20,66

UMBRIA

92

69

22

91

98,91

9

845.604

725.875

85,84

867.878

552.830

63,70

LAZIO

378

175

65

240

63,49

22

1.723.597

761.634

44,19

5.304.778

753.428

14,20

ABRUZZO

305

200

27

227

74,43

19

1.076.271

824.885

76,64

1.305.307

479.777

36,76

MOLISE

136

111

12

123

90,44

10

443.768

349.157

78,68

320.907

224.006

69,80

CAMPANIA

551

197

102

298

54,08

27

1.359.024

765.979

56,36

5.790.929

687.215

11,87

PUGLIA

258

26

35

61

23,64

6

1.935.790

479.609

24,78

4.071.518

315.384

7,75

BASILICATA

131

106

9

115

87,79

14

999.461

712.243

71,26

594.086

393.653

66,26

CALABRIA

409

218

68

286

69,93

26

1.508.055

990.991

65,71

2.004.415

733.784

36,61

SICILIA

390

102

83

185

47,44

0

2.571.140

943.179

36,68

5.017.212

640.510

12,77

SARDEGNA

377

215

19

234

62,07

24

2.408.989

1.793.774

74,46

1.655.677

837.735

50,60

TOTALE

8.101

3.546

655

4.201

51,86

355

30.133.601

16.371.885

54,33

58.751.711

10.822.605

18,42

FONTE: Elaborazioni UNCEM su dati ISTAT al 31/12/2005


 


Articolo 26
(Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)

 


1. All’articolo 47, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «dodici».

2. All’articolo 81, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86».

3. All’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali»;

b) i commi 4 e 6 sono abrogati;

c) al comma 8, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

«c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per il comune avente maggiore popolazione tra quelli facenti parte dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o della comunità montana»;

d) al comma 11, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità» e il terzo periodo è soppresso.

4. L’articolo 83 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 83. - (Divieto di cumulo) - 1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente capo.

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta».

5. L’articolo 84 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 84. - (Rimborso delle spese di viaggio) - 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate».

6. Ai fini della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, ad ogni amministrazione comunale è consentita l’adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatte salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti. Dopo il 1o aprile 2008, se permane l’adesione multipla ogni atto adottato dall’associazione tra comuni è nullo ed è, altresì, nullo ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte dell’amministrazione comunale interessata.

7. Le funzioni della commissione elettorale comunale previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, sono attribuite al responsabile dell’ufficio elettorale comunale. L’incarico di componente delle commissioni elettorali comunali e delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali è gratuito, ad eccezione delle spese di viaggio effettivamente sostenute. In tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto la materia elettorale ogni riferimento alla commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

8. A decorrere dal 2008 il fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 313 milioni di euro. In sede di ripartizione delle risorse del fondo ordinario, come rideterminate ai sensi del presente comma, si tiene conto, anche sulla base di certificazioni prodotte dagli enti interessati, delle riduzioni di spesa derivanti, per ciascun ente territoriale, dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo. Le risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6, valutate in 313 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, sono destinate, per l’anno 2008, per 100 milioni di euro all’incremento del contributo ordinario di cui all’articolo 1, comma 703, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartire in proporzione alla popolazione residente, e per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dall’articolo 87.


 

L’articolo 26 modifica in più parti il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali[72] al principale fine, evidenziato dalla rubrica, di contenere i costi per la rappresentanza degli enti locali.

 

Una parte del contenuto normativo dell’articolo, sia nella versione originaria, sia nella formulazione approvata dal Senato, corrisponde sostanzialmente allo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza”. Iniziative legislative sul tema sono all’esame della Camera dei deputati[73].

 

Si ricorda che le disposizioni del TUEL non trovano applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome che, in forza dell’autonomia normativa in materia di ordinamento degli enti locali loro riconosciuta, hanno emanato specifiche disposizioni.

Il comma 1 interviene sull’art. 47, comma 1, del TUEL, riducendo il previsto tetto massimo di assessori (comunali e provinciali) da 16 a 12 (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 47
Natura e ruolo

Articolo 47
Natura e ruolo

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unità.

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità.

2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.

2. Identico.

3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

3. Identico.

4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

4. Identico.

5. Fino all’adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.

5. Identico.

 

La norma vigente prevede che la Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a 16 unità.

 

La modifica proposta riduce pertanto il numero massimo dei componenti delle giunte nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, in quelli che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia e nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti.

 

La composizione delle giunte comunali e provinciali è direttamente correlata a quella dei rispettivi consigli dall’art. 47, comma 1, del TUEL.

L’art. 37 del TUEL determina la composizione dei consigli comunali[74] e provinciali[75] in relazione alla dimensione demografica degli enti, come risulta dall’ultimo censimento.

Nelle due tabelle seguenti si riporta il numero degli enti (comuni e province) che dovrebbero essere interessati dalla disposizione in esame, suddivisi per classe demografica, con l’indicazione del numero di consiglieri previsti dall’art. 37 del TUEL e del tetto massimo di assessori attualmente indicato dall’art. 47 del medesimo TUEL.

Non sono stati considerate né le province né i comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale. Per il numero dei comuni e la loro ripartizione in classi demografiche si è fatto riferimento ai dati del censimento 2001. Per quanto riguarda le province, sono state considerate quelle costituite al 31 dicembre 2006.


Componenti Giunte comunali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il sindaco)

Tetto massimo degli assessori attualmente previsto

Numero dei comuni

100.001-250.000 e capoluoghi di provincia con popolazione inferiore

41

14

75

250.001-500.000

47

16

5

500.001-1.000.000

51

16

2

Oltre 1.000.000

61

16

3

Totale

 

 

85

 

Componenti Giunte provinciali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il presidente della provincia)

Tetto massimo degli assessori attualmente previsto

Numero delle province

oltre 1.400.000 abitanti

45

15

5

 

Non essendo prevista una norma transitoria, si dovrebbe ipotizzare che i consigli comunali e provinciali provvedano ad adeguare gli statuti in modo da recepire in questi ultimi la disposizione in esame e conseguentemente pervenire ad una composizione delle giunte rispettosa dei nuovi limiti fissati.

 

Si ricorda peraltro che il comma 2 dell’art. 47 del TUEL stabilisce che gli statuti possono fissare in modo rigido il numero degli assessori, oppure determinarne il numero massimo: in quest’ultimo caso, il sindaco e il presidente della provincia hanno piena facoltà di limitare la composizione della giunta nominando un numero di assessori inferiore a quello massimo.

 

Il comma 2, articolato nelle lettere a) e b), interviene sull’articolo 81 del TUEL, che disciplina il regime delle aspettative degli amministratori locali (vedi testo a fronte).


 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 81
Aspettative

Articolo 81
Aspettative

1. Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.

1. I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova. I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86.

 

La disposizione di cui alla lettera a) modifica il primo periodo del vigente art. 81 al fine di limitare la possibilità di collocamento in aspettativa non retribuita, per il periodo di espletamento del mandato, soltanto ad alcune figure di amministratori locali, vale a dire ai: sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali.

 

L’art. 81, nel testo vigente, prevede che gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti, possano essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.

Attraverso il richiamo all’art. 77, secondo comma, la normativa vigente comprende dunque – oltre alle figure contemplate dal comma in esame – anche i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

 

La disposizione di cui alla lettera b) aggiunge invece al vigente art. 81 un nuovo periodo, che riguarda i “consiglieri” di cui all’articolo 77, comma 2; essa sembra fare dunque riferimento ai seguenti soggetti in quanto componenti dei rispettivi organi rappresentativi: i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i consiglieri delle comunità montane[76], i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento. La novella introdotta dalla lettera b) della disposizione in esame dispone che tutti costoro assumano a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86, qualora siano stati collocati – a domanda – in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato.

Dalla lettura dell’art. 81 del TUEL, come risulta nel testo novellato dalle due disposizioni illustrate, sembrerebbe dunque che possano essere comunque collocati in aspettativa tutti i soggetti[77] di cui all’art. 77, comma 2, del TUEL, pur se il pagamento degli oneri previdenziali è posto a carico dell’ente locale soltanto per gli amministratori espressamente elencati nel primo periodo dell’art. 81 come riformulato, e cioè per i sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali.

Il nuovo testo dell’art. 81, inoltre, dovrebbe essere coordinato con quello dell’art. 86, comma 1, del TUEL, che non viene modificato dalla disposizione in esame.

 

L’art. 86, comma 1, stabilisce che gli enti locali assumano a proprio carico il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi per i seguenti amministratori locali che siano lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato: sindaci, presidenti di provincia, presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, assessori provinciali e assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, presidenti dei consigli provinciali; presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni; presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.

 

Il comma 3, con le disposizioni di cui alle lettere da a) a d), apporta alcune modifiche all’articolo 82 del TUEL, relativo alle indennità degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 82
Indennità

Articolo 82
Indennità

1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa.

1. Identico.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un terzo dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali.

3. Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.

3. Identico.

4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.

Abrogato

5. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

5. Identico.

6. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

Abrogato

7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

7. Identico.

8. La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:

8. Identico:

a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;

a) identica;

b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;

b) identica;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per il comune avente maggiore popolazione tra quelli facenti parte dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o delle comunità montane;

d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;

d) identica;

e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;

e) identica;

f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.

f) identica.

9. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.

9. Identico.

10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio.

10. Identico.

11. Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi componenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                       Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.

11. Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8.

 

La lettera a) sostituisce il testo vigente del comma 2 dell’art. 82, riducendo da un terzo a un quarto dell’indennità del sindaco o del presidente dell’organo rappresentativo dell’ente locale, il limite massimo di valore del gettone di presenza che consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire per la partecipazione a consigli e commissioni.

Il nuovo testo, inoltre:

§      esclude espressamente dal diritto all’indennità tutti i consiglieri circoscrizionali;

§      include nel diritto al gettone di presenza i consiglieri circoscrizionali di comuni non capoluogo di provincia (i consiglieri circoscrizionali di comuni capoluogo di provincia hanno già tale diritto ai sensi dell’art. 82 TUEL nel testo vigente).

Non è chiara la finalità della previsione di cui al primo punto (esclusione dei consiglieri circoscrizionali dal diritto all’indennità), in quanto l’art. 82, comma 1, del TUEL, che non viene modificato, attribuisce l’indennità di funzione unicamente ai presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, mentre, per i consiglieri circoscrizionali, l’art. 82, comma 2, prevede il diritto a percepire soltanto i gettoni di presenza.

 

La lettera b) abroga i commi 4 e 6 del testo vigente dell’art. 82, facendo in tal modo venire la possibilità di trasformare il gettone di presenza in indennità di funzione e di cumulare entrambi gli emolumenti.

 

Secondo la disciplina vigente (art. 82 TUEL, modificato proprio per questa parte dalla lettera b)) gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che l’interessato opti, a richiesta, per la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Nel caso in cui si scelga il regime di indennità di funzione, questo deve prevedere l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di assenza ingiustificata dalle sedute degli organi collegiali (comma 4).

Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza soltanto nel caso in cui siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona (comma 6).

Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne (comma 7).

 

La lettera c), sostituisce il testo vigente della lettera c) del comma 8 dell’art. 82, recante alcuni dei criteri per la quantificazione delle indennità e dei gettoni di presenza.

 

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è demandata (art. 82, comma 8) ad un regolamento ministeriale, adottato con decreto del ministro dell’interno[78], nel rispetto di specifici criteri, elencati nelle lettere da a) a f) del medesimo comma 8. La lettera c), in particolare, stabilisce che l’importo dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, deve essere parametrato a quello fissato per il sindaco e per il presidente della provincia.

Le indennità del presidente e degli assessori delle forma associative di enti locali sono invece pari a quelle previste per un comune cha abbia popolazione pari alla popolazione dell’unione dei diversi enti locali associati o alla popolazione montana della comunità montana.

 

Il testo proposto:

§      elimina il riferimento ai “consiglieri” che hanno optato per le indennità, essendo venuta meno tale possibilità (in conseguenza della già esaminata soppressione del comma 4 dell’art. 82);

§      modifica il parametro per la fissazione delle indennità del presidente e degli assessori delle forme associative di enti locali (unioni di comuni, consorzi e comunità montane), riducendolo dal 100% dell’indennità prevista per un comune con popolazione pari alla somma di popolazioni dei diversi enti associati, al 50% dell’indennità prevista per il comune avente maggiore popolazione, tra quelli facenti parte dell’unione o della comunità montana.

 

La lettera d), sostituisce il primo periodo del testo vigente del comma 11 dell’art. 82, concernente la facoltà degli organi degli enti locali di modificare le indennità e i gettoni di presenza.

 

Le misure delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza possono essere incrementate (se l’ente non versa in stato di dissesto finanziario) o diminuite con delibera consiliare o della giunta, sulla base di valutazioni e scelte politiche e di gestione[79] (art. 82, co. 11).

La legge pone un limite agli incrementi: la spesa complessiva per le indennità e i gettoni di presenza risultante non deve superare una quota dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dalla tabella D del D.M. 119/2000.

La L. 266/2005 (legge finanziaria 2006), all’art. 1, co. 201, dispone che gli enti locali possono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali, da adottare ai sensi dell’art. 82, co. 11, del D.Lgs. 267/2000.

il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746-bis), nel testo originario presentato dal Governo, prevedeva, all’art. 76, co. 1, lett. i), la soppressione della facoltà per gli organi degli enti locali di aumentare, ai sensi dell’art. 82, co. 11, del D.Lgs. 267/2000, le indennità e i gettoni di presenza, mantenendo ferma la possibilità di apportare riduzioni a tali emolumenti. La disposizione stabiliva inoltre che gli eventuali incrementi già disposti dovessero essere eliminati dalle amministrazioni locali entro un mese dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2007. La previsione illustrata, presente anche nel testo approvato in prima lettura dalla Camera (A.S. 1183, art. 18, comma 361), è stata successivamente soppressa nel corso dell’esame al Senato in seguito all’approvazione del “maxiemendamento” del Governo.

 

Nel nuovo testo del comma 11 dell’art. 82 viene soppresso il riferimento ai gettoni di presenza e si prevede, per le indennità, la possibilità di incremento unicamente per i sindaci, i presidenti di provincia e gli assessori (con delibera della giunta) e per i presidenti delle assemblee (con delibera del consiglio).

In tal modo, risulta del tutto eliminata la facoltà per gli organi degli enti locali di adeguare gli importi dei gettoni di presenza e viene inoltre ridotto il numero degli amministratori locali per i quali è possibile: non sono più compresi tra questi i presidenti di comunità montane e dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di provincia e i componenti degli organi esecutivi di comunità montane, unioni di comuni, consorzi fra enti locali.

Il nuovo testo, inoltre, esclude dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione di tali divieti sono nulle di diritto.

Il testo vigente del comma 11 dell’art. 82 già esclude dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.

Il comma 11 dell’art. 82, come riformulato, subordina la corresponsione dei gettoni di presenza alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni, rimettendo al regolamento (comunale) termini e modalità (è da ritenere, specialmente in relazione alla nozione di “effettiva”).

 

Il comma 4 sostituisce l’articolo 83 del TUEL, che disciplina il divieto di cumulo degli emolumenti degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 83
Divieto di cumulo

Articolo 83
Divieto di cumulo

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

 

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

 

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta.

 

Il testo vigente consta di un solo comma, con cui si stabilisce che parlamentari nazionali o europei, e consiglieri regionali possono percepire soltanto i gettoni di presenza. Il novellato comma 1 dell’art. 83 esclude invece tale possibilità.

Viene poi introdotto un comma 2, ai sensi del quale gli amministratori locali (definiti in senso ampio , con riferimento all’articolo 77, comma 2, del TUEL[80]) non percepiscono alcun compenso per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominati, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

Sono invece percepibili le indennità di missione e sono fatte salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, che hanno una disciplina specifica.

Con il comma 3, anch’esso aggiunto dalla novella in esame, si dispone infine che, in presenza di cariche incompatibili, non si cumulano le indennità di funzione.

L’indennità spettante per la carica sopraggiunta (che si è cioè aggiunta – in modo incompatibile – a quella già esercitata) non viene corrisposta, fino al momento dell’esercizio dell’opzione (che è l’ordinaria modalità di risoluzione delle incompatibilità) a chi venga a trovarsi a cumulare la carica incompatibile.

La rimozione della condizione di incompatibilità rende poi percepibile l’unica indennità cui si ha, da quel momento, diritto.

L’indennità per la carica "sopraggiunta" non dovrebbe competere fin dal momento di acquisizione della nuova carica, ma il momento di accertamento di tale status potrebbe essere successivo: in tal caso, potrebbe dunque porsi la questione del recupero di indennità indebitamente percepite.

 

Il comma 5 novella l’articolo 84 del TUEL, allo scopo di sostituire l’indennità di missione percepita dagli amministratori locali in caso di viaggio, con un rimborso forfettario onnicomprensivo per le spese diverse da quelle di viaggio, il cui importo è fissato con decreto del Ministero dell’interno e del Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città, mantenendo comunque il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 84
Rimborsi spese e indennità di missione

Articolo 84
Rimborso delle spese di viaggio

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché la indennità di missione alle condizioni dell’articolo 1, comma 1, e dell’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l’ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfettario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell’indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.

3. Identico.

4. I consigli e le assemblee possono sostituire all’indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l’uno o l’altro trattamento.

4. Soppresso.

 

La disposizione, per il resto, conferma quella vigente, ad eccezione del comma 4, che prevede attualmente la possibilità di sostituire l’indennità di missione con il rimborso delle spese effettivamente sostenute.

 

Gli amministratori che si recano, per motivi dipendenti dal loro mandato, fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente hanno diritto al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché all’indennità di missione (art. 84, TUEL).

Le missioni devono essere autorizzate dal capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, dal presidente del consiglio, nel caso di consiglieri.

Le richieste di rimborso delle spese di viaggio e soggiorno devono essere documentate e accompagnate da una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

Agli amministratori che non risiedono nel capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, sono rimborsate le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, e per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle loro funzioni.

L’indennità di missione può essere sostituita dal rimborso di tutte le spese - non solo quelle di viaggio - effettivamente sostenute (comma 4).

 

Il comma 6 prevede che ogni comune possa aderire ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del TUEL (sostanzialmente, consorzi e unioni di comuni).

Finalità della norma è la semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture.

La norma in esame sanziona la permanenza di un comune in più di una forma associativa dello stesso tipo oltre il termine del 1° aprile 2008 ("adesione multipla"). In tal caso è nullo non solo ogni atto adottato dall’associazione (forma associativa), ma anche ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte del comune interessato (per il quale - dovrebbe intendersi - permane l’adesione a più forme associative).

Si osserva che la nullità degli atti dell’“associazione” pare colpire anche i comuni ad essa partecipanti eventualmente incolpevoli (per i quali non si configuri cioè adesione multipla), nonché tutte le associazioni alle quali il comune partecipi, inclusa – ad esempio – la prima alla quale abbia ha aderito.

In considerazione del fatto che l’art. 33 del TUEL disciplina le linee principali dell’intervento regionale in materia di incentivazione delle forme associative dei Comuni ai fini della riorganizzazione sovracomunale dei servizi e delle funzioni, andrebbe valutato come la disposizione in esame si inserisca nel quadro delle competenze dello Stato e delle Regioni delineate dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

La disposizione, infine, incide direttamente su norme contenute nel TUEL. Si dovrebbe pertanto valutare l’opportunità –conformemente a quanto previsto dal punto 3), lettera a), della Circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001, recante regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi – di riformularla in termini di novella al Testo unico citato.

 

La norma fa espressamente salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti, per le quali sia rinvia alla scheda relativa alla disposizione sugli ambiti territoriali ottimali (ATO) di cui all’art. 27.

 

Gli articoli 31, 32 e 33 del TUEL sono contenuti, insieme ad altri, nel capo V[81] del Testo unico, intitolato appunto alle forme associative.

Ivi si prevedono, oltre alle convenzioni[82] (art. 30), i “consorzi” e le “unioni di comuni” (art. 32). Si ricorda peraltro che il comma 7 dell’art. 31 già dispone che tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio; inoltre, la legge dello Stato, in caso di rilevante interesse pubblico, può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori. L’art. 33 non individua ulteriori forme di associazione e di cooperazione tra i Comuni; esso attribuisce alle Regioni il compito di promuovere l’esercizio associato delle funzioni dei Comuni e di individuare i livelli ottimali di esercizio delle stesse. Le regioni predispongono, concordandolo con i Comuni nelle apposite sedi concertative, un programma per l’individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, prevedendo la corresponsione di contributi per incentivare l’unificazione tra gli enti.

I consorzi e le unioni di comuni, differentemente dalle convenzioni, prevedono la costituzione di organi amministrativi per la loro conduzione. Si ricorda peraltro, che, per quanto riguarda le unioni di comuni, il presidente dell’unione deve essere scelto tra i sindaci dei comuni interessati e gli altri organi devono essere formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati (art. 32, comma 2).

 

Il comma 7 stabilisce che le funzioni della commissione elettorale comunale in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, siano attribuite al responsabile dell’ufficio elettorale comunale e che in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale, ogni riferimento alla Commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

 

Non risulta chiara la finalità della disposizione illustrata: essa sembra voler attribuire al responsabile dell’ufficio elettorale comunale (cioè ad una figura gerarchica del personale dell’ente, in qualche modo sottoposta al sindaco) le funzioni in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali attualmente svolte dalla Commissione elettorale comunale (che è invece un organo collegiale, eletto dal Consiglio comunale al suo interno).

Secondo quando si evince dal tenore letterale della disposizione, che fa espresso riferimento soltanto al Testo unico sull’elettorato attivo (D.P.R. 223/1967[83]), sembrano invece rimanere in capo alla Commissione elettorale comunale le funzioni relative alla tenuta dell’albo degli scrutatori e alla nomina degli stessi affidate a tale organo dalla L. 95/1989[84].

 

Il Consiglio comunale nella prima seduta elegge, tra i propri membri, la Commissione elettorale comunale, composta dal sindaco e da tre componenti effettivi e tre supplenti nei comuni al cui consiglio sono assegnati fino a cinquanta consiglieri, da otto componenti effettivi e otto supplenti negli altri comuni (art. 12, D.P.R. 223/1967).

Il riferimento alla Commissione elettorale comunale contenuto in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale si intende effettuato, ai sensi dell’art. 26, comma 13, della legge 340/2000[85], all’Ufficiale elettorale.

Secondo quanto stabilisce l’art. 4-bis del D.P.R. 223/1967, alla tenuta e all’aggiornamento delle liste elettorali provvede l’Ufficio elettorale e in ciascun comune l’Ufficiale elettorale è la Commissione elettorale prevista dagli articoli 12, 13, 14 e 15 dello stesso testo unico. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la Commissione elettorale può delegare e revocare le funzioni di Ufficiale elettorale al segretario comunale o a un funzionario del comune.

 

La disposizione sopprime inoltre il gettone di presenza che viene attualmente corrisposto ai componenti delle commissioni e delle sottocommissioni elettorali circondariali, mantenendo invece il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute.

 

In ogni comune capoluogo di circoscrizione giudiziaria, dopo l’insediamento del consiglio provinciale, è costituita, con decreto del presidente della corte di appello, una commissione elettorale circondariale[86], presieduta dal prefetto o da un suo delegato e composta da quattro componenti effettivi e da quattro componenti supplenti, di cui uno effettivo ed uno supplente designati dal prefetto, e tre effettivi e tre supplenti designati dal consiglio provinciale (art. 21 del D.P.R. 223/1967). Nei circondari con popolazione superiore a 50.000 abitanti può essere costituita, su proposta del presidente della Commissione circondariale, una sottocommissione elettorale circondariale.

Ai componenti e ai segretari delle commissioni (e delle sottocommissioni) elettorali circondariali può essere corrisposto, oltre al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, un gettone di presenza pari a lire 60.000 (euro 30,99), al lordo delle ritenute di legge, in luogo di quello previsto dalle disposizioni in vigore per i componenti delle commissioni costituite presso le amministrazioni dello Stato. L’importo del gettone di presenza è rivalutato, a partire dall’anno 2000, con le procedure ed i termini previsti dalla legge 117/1985[87].

 

Il comma 8, infine, contiene le disposizioni di rilievo finanziario relative alle risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6 che precedono.

A decorrere dal 2008 il “fondo ordinario” (su cui v. infra) è ridotto di 313 milioni di euro, vale a dire per un ammontare pari a quello per il quale vengono valutati i risparmi derivanti dai commi da 1 a 6 fin qui esaminati.

Dal testo qui in esame potrebbe dedursi che dal comma 7 non sono attesi in modo esplicito risparmi.

Il comma in esame, quindi, destina la stessa cifra di 313 milioni di euro che sono in sostanza finanziati dai predetti risparmi, per le seguenti finalità per l’anno 2008:

§      per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dall’articolo 87 (relativo alla quota fissa di partecipazione, alla cui scheda si rimanda).

§      per 100 milioni di euro all’incremento del contributo ordinario di cui all’articolo 1, comma 703, della legge finanziaria 2007, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartirsi in proporzione alla popolazione residente.

Beneficiari sono – più precisamente – una parte dei piccoli comuni, in particolare quelli dotati delle seguenti caratteristiche:

§         popolazione fino a 5.000 abitanti;

§         non rientranti nei parametri previsti dall’articolo 1, comma 703, della legge finanziaria 2007, vale a dire:

§         popolazione residente oltre i 65 anni superiore al 30% del totale;

§         popolazione residente sotto i 5 anni superiore al 5% del totale.

 

Il comma 703 citato reca numerose disposizioni in favore dei piccoli comuni, individuando i beneficiari su 3 parametri, contenuti alle lettere da a) a c) dello stesso comma. Il terzo parametro, che riguarda i piccolissimi comuni sotto i 3.000 abitanti, conferisce risorse a valere sul fondo ordinario per gli investimenti e perciò potrebbe essere ritenuto non incluso per il riferimento – nella disposizione in esame – al “contributo ordinario”.

I comuni sono individuati dal comma 703 della legge finanziaria 2007, in primo luogo, per avere una popolazione fino a 5.000 abitanti, e, in secondo luogo, per avere una delle seguenti caratteristiche:

§       rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e popolazione residente complessiva è superiore al 30 per cento (55 milioni di contributo ordinario, di cui il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale e socio-assistenziale);

§rapporto tra popolazione residente di età inferiore a cinque anni e popolazione residente complessiva è superiore al 5 per cento (71 milioni di contributo ordinario, di cui almeno il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale);

§       popolazione inferiore a 3.000 abitanti (42 milioni contributo a valere sul fondo nazionale ordinario per gli investimenti).

Beneficiano infine di un contributo complessivo di 20 milioni di euro le comunità montane.

I trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dall’art. 34 del D.Lgs. 504/1992[88]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi:

§       “Fondo ordinario” (articolo 34, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§       “Fondo consolidato” (articolo 34, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§       “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (articolo 34, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 504) relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI. Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.


Articolo 27
(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti
da duplicazione di funzioni)

 


1. Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni, nell'ambito di rispettiva competenza legislativa, provvedono all'accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

2. I comuni e le province provvedono alla soppressione degli enti, agenzie ed organismi, comunque denominati, istituiti dai medesimi enti locali nell'ambito della rispettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle svolte dagli enti locali medesimi.

3. Per le finalità di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in ottemperanza agli obblighi comunitari, procedono entro il 1o luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi secondo i princìpi dell'efficienza e della riduzione della spesa nel rispetto dei seguenti criteri generali, quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a) in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i princìpi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell'attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

b) destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall'attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell'economia e delle finanze, al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali, nonché al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali.


 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo in esame contengono una disposizione di indirizzo diretta alla razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa degli enti territoriali, in particolare alla soppressione o accorpamento di enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni – o parte di esse – esercitate dagli enti territoriali.

Scopo della norma è il miglioramento dei saldi di bilancio di regioni ed enti locali, miglioramento non quantificabile e da considerare come misura ulteriore (non determinante) per il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità.

Il comma 3 prevede l’obbligo, per le regioni, di procedere entro il 1º luglio 2008 alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali (ATO) per la gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti.

 

Il primo comma è indirizzato alle regioni che, in coordinamento con lo Stato, dovrebbero provvedere alla revisione dell’allocazione delle funzioni al fine, come detto, di eliminarne le duplicazioni.

Il secondo comma è diretto agli enti locali, per quanto concerne enti ed organismi da essi istituiti.

Le disposizioni in esame sono in relazione con quanto disposto dall’articolo 82, comma 1, lettera c) del disegno di legge in esame, secondo cui lo Stato provvede a sopprimere od accorpare enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni - in tutto o in parte – esercitate da regioni ed enti locali su conferimento o delega dello Stato.

 

La norma richiama il principio di coordinamento della finanza pubblica e l’attuazione dell’articolo 118 della Costituzione.

Com’è noto il principio di coordinamento della finanza pubblica, contenuto nel secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione, può essere alla base dell’intervento legittimo dello Stato sulle politiche degli enti territoriali imponendo anche vincoli di bilancio - come nel caso delle regole del patto di stabilità e crescita - a condizione che venga mantenuto il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento. In altre parole lo Stato può prescrivere criteri ed obiettivi ma non imporre nel dettaglio gli strumenti per raggiungerli[89].

L’articolo 118 della Costituzione statuisce il principio secondo cui le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni e ogni diversa allocazione – anche per assicurarne l’esercizio unitario - deve ispirarsi ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza.

 

Norma di indirizzo ispirata ai principi sopra citati, non è accompagnata da disposizioni sulla rilevazione di adempimenti specifici o comunque sul monitoraggio del comportamento delle regioni e degli enti locali a riguardo. Sono altresì assenti disposizioni su conseguenti sanzioni in caso di non osservanza.

Si rileva infine che in caso di inadempienza – peraltro come visto non rilevata - non sembrano esserci gli estremi per un eventuale esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 120 secondo comma della Costituzione: Lo Stato potrebbe ‘solamente’ impugnare innanzi la Corte costituzionale la legge regionale emanata in violazione dei principi richiamati dalla norma.

 

Il comma 3, introdotto nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento, prevede l’obbligo, per le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente, in ottemperanza agli obblighi comunitari, di procedere entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi.

 

L’organizzazione del servizio idrico integrato in base al codice ambientale

Il servizio idrico integrato è costituito, ai sensi della definizione recata dall’art. 141, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), “dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue” .

La disciplina del servizio idrico integrato è contenuta negli articoli 147-158 del D.Lgs. n. 152/2006, la cui struttura si basa in buona parte sulle disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. legge Galli), ora abrogata dall’art. 175 del medesimo decreto.

In base all’art. 147, l’organizzazione dei servizio idrici è basata sugli ambiti territoriali ottimali (d’ora in poi ATO) definiti dalle regioni in attuazione della medesima legge Galli.

Lo stesso articolo (al comma 2) fissa i seguenti importanti principi informatori della gestione del servizio:

a)       unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui;

b)       unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni[90];

c)       adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

Un’importante innovazione introdotta dal codice ambientale è rappresentata dalla norma recata dall’art. 148, comma 1, che attribuisce personalità giuridica alle autorità d'ambito, costituite in ciascun ATO delimitato dalla competente regione, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente. Si segnala anche l’articolo 148, comma 5, che prevede la facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane. La disposizione richiede la condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dalla amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune e precisa che su tali gestioni l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo[91].

Il successivo art. 149 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del decreto n. 152 , l'Autorità d'ambito provveda alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito, e disciplina i contenuti del medesimo. Tale piano rappresenta lo strumento programmatorio cardine dell'Autorità d'ambito, risultato di un'attività di ricognizione delle infrastrutture esistenti, della stesura di un programma degli interventi infrastrutturali necessari e di un piano finanziario connesso ad un modello gestionale ed organizzativo.

Per quanto riguarda le modalità di affidamento del servizio si rinvia agli articoli 150 ss.

 

L’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti in base al codice ambientale

L’art. 200 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone, al comma 1, che “la gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

a)       superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;

b)       conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;

c)       adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;

d)       valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

e)       ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

f)         considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità”.

Il comma 2 del medesimo articolo prevede che “le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m)” ma anche che “le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195”.

Il nuovo principio dell’unicità del governo dell’ambito viene quindi realizzato attraverso l’istituzione obbligatoria delle Autorità d’ambito (art. 201), alle quali è demandata l’organizzazione, l’affidamento ed il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti. volgere nell’ambito. Si tratta dei cd. STUA (soggetti titolari unici dell’autorità d’ambito), soggetti dotati di personalità giuridica di diritto pubblico, di autonomia statutaria, regolamentare, finanziaria e organizzativa, che dovranno essere costituiti dalle regioni entro sei mesi dall’entrata in vigore della parte quarta del codice e ai quali gli enti locali del medesimo ambito partecipano obbligatoriamente.

L’Autorità d’ambito, quindi, viene configurata come soggetto dotato di personalità giuridica, espressione delle autonomie locali con compiti di indirizzo politico-amministrativo, di amministrazione attiva (essenzialmente la gestione delle gare) e di controllo. È il soggetto cui compete la “gestione” dei rifiuti urbani ed assimilati, che indice le gare ad evidenza pubblica, al quale è demandata “l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti” (comma 1). L’Autorità d’ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, adottando, a tal fine, un apposito piano d’ambito, in conformità a quanto previsto dall’art. 203, comma 3 (comma 3). È l’Autorità d’ambito che aggiudica il servizio (art. 202, comma 1) ed il contratto di servizio intercorre tra Autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio (art. 203, comma 1). Spetta, inoltre, alle Autorità d’ambito definire le procedure e le modalità per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del decreto ed elaborare un piano d’ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo (art. 203, comma 3).

Circa le modalità di affidamento della gara da parte degli STUA e il rapporto tra i medesimi e i soggetti affidatari si rinvia agli articolo 202 e ss. del codice.

 

Per quanto riguarda i criteri cui devono attenersi le regioni nella rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi, la disposizione fa riferimento in termini generali ai principi dell’efficienza e della riduzione della spesa e, nello specifico, ai seguenti criteri, definiti quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a)      oltre al richiamo ai criteri e i princìpi di cui ai già citati articoli 147 e 200 del codice ambientale, si prevede la valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali. Tale previsione è finalizzata all’attribuzione:

-        delle funzioni in materia di rifiuti alle province;

-        delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi.

La medesima disposizione prevede in alternativa l’attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e ss. del TUEL di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (consorzi, unioni di comuni, ecc.), composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

Si segnala che l’emendamento del relatore che ha introdotto la disposizione recava anche l’espressa previsione, nel caso di mancata rideterminazione entro il termine indicato degli ambiti territoriali ottimali, dello scioglimento degli organi delle Autorità d’ambito e del trasferimento delle relative competenze alle province sino al completamento del processo previsto dal comma 2-bis (ora comma 3).

Tale previsione è stata soppressa a seguito dell’approvazione di un subemendamento che nel medesimo comma 2-bis, ha inoltre espressamente disposto la garanzia degli affidamenti e delle convenzioni in essere.

b)     si prevede inoltre la destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze:

-        al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali;

-        al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali[92].


Articolo 28, comma 1
(Fondo nazionale per la montagna)

1. Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2008 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

 

Il comma 1 stanzia a favore del Fondo nazionale per la montagna 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

L’art. 1, comma 1278 della finanziaria per il 2007 aveva recato una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per il solo esercizio 2007. Nel contempo, nei documenti di bilancio, il Fondo è stato trasferito dalla tabella del dicastero dell’economia e finanze allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, Tab. 3, nella quale è stato istituito il nuovo centro di responsabilità “Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione”.

La seguente tabella riassume gli stanziamenti dal 2005 in poi.

 

L. 97/1994: Nuove disposizioni per le zone montane:
stanziamenti

(migliaia di euro)

(U.P.B.)

2005

2006

2007

2008

2009

2010

L. n. 311/2004 Finanziaria per il 2005

(Economia - UPB 1.2.3.6 - cap. 7003, all’interno del Fondo unico investimenti - Difesa del suolo e tutela ambientale)

 

31.000

-

-

-

 

 

L. n. 266/2005 Finanziaria per il 2006

(Economia - UPB 5.2.3.13 – cap. 7698)

 

20.000

 

 

 

 

L. n. 296/2006 Finanziaria per il 2007

(Sviluppo economico - UPB 6.2.3.5 - cap. 8370)

 

 

25.000

-

 

 

D.D.L. Finanziaria per il 2008

(Sviluppo economico Missione 28 – UPB 5.1.6 – cap. 8380)

 

 

 

50.000

50.000

50.000

 

Il Fondo per la montagna è stato istituito dalla legge n. 97/1994, che nel suo complesso mira alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane comprese nel territorio nazionale, attraverso interventi che attengano la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, cui devono associarsi azioni di promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Compito del Fondo è disporre il sostegno finanziario di tali interventi; su di esso, ai sensi dell'art. 2, co. 2, devono confluire i trasferimenti comunitari, quelli statali e di enti pubblici.

Relativamente ai criteri di ripartizione del Fondo per la montagna tra le regioni e le province autonome, interviene l’articolo 2, comma 5, della legge n. 97/94 che stabilisce che essi siano definiti con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle politiche agricole e forestali.

Il comma 6 dell’art. 2 richiede che nel definire tali criteri il CIPE tenga conto dei seguenti fattori:

1.  dell’estensione del territorio montano;

2.  della popolazione residente nelle aree montane;

3.  della salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali;

4.  del reddito medio pro-capite;

5.  del livello dei servizi;

6.  dell’entità dei trasferimenti ordinari e speciali,

Con la delibera n. 140 del 2/12/2005 il CIPE ha definito i criteri per il riparto del 2004, e con quella n. 142/2006 i criteri per il riparto 2005.

I criteri relativi all'impiego delle risorse assegnate sono invece definiti dalle singole regioni con proprie leggi.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale che descrive la situazione economica, sociale e territoriale dell’UE a 27 e delle sue 268 regioni.

In particolare, il documento individua una serie di sfide che gli Stati membri e le regioni saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni e che assumono particolare rilievo per la politica di coesione in quanto suscettibili di produrre sul territorio dell’Europa un impatto disuguale, amplificando così le disparità sociali ed economiche.

In una comunicazione (COM(2007)273) che accompagna la IV Relazione, la Commissione suggerisce una serie di questioni per avviare il dibattito sul futuro della politica di coesione di fronte alle sfide citate; a tal fine, in occasione del Quarto Forum sulla coesione, tenutosi a Bruxelles il 27 e 28 settembre 2007, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione. Tra le questioni da dibattere si segnala in particolare quella relativa al contributo della politica di coesione alla promozione di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile che tenga conto della diversità dei territori all’interno dell’UE come le regioni, le isole, e le zone rurali e costiere e le altre regioni con particolarità geografiche.

 


Articolo 28, commi 2-4
(Fondo di sviluppo delle isole minori)

 


2. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali, il Fondo di sviluppo delle isole minori, con una dotazione finanziaria pari a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008. Il Fondo finanzia interventi specifici nei settori dell'energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone, assegnando priorità ai progetti realizzati nelle aree protette e nella rete «Natura 2000», prevista dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all'utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all'efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti, alla gestione delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, al contingentamento dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici, alla certificazione ambientale dei servizi, oltre a misure dirette a favorire le imprese insulari in modo che le stesse possano essere ugualmente competitive. All'erogazione del Fondo si provvede sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall'Associazione nazionale comuni isole minori (ANCIM), nel quale sono indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

3. Al fine di assicurare il necessario coordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi a favore delle isole minori e ferme restando le contribuzioni per i progetti già approvati con i decreti del Ministro dell'interno 13 dicembre 2004 e 8 novembre 2005, pubblicati rispettivamente nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 29 dicembre 2004 e nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2005, le risorse iscritte sul Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori di cui all'articolo 25, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, dello stato di previsione del Ministero dell'interno, sono trasferite al Fondo di cui al comma 2, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

I commi 2-4 dell’articolo 28 istituiscono e disciplinano il Fondo di sviluppo delle isole minori.

 

In particolare, il comma 2 istituisce il suddetto Fondo di sviluppo delle isole minori  presso il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione pari a 20 milioni di euro  a decorrere dal 2008.

 

Il testo originario del disegno di legge prevedeva in origine uno stanziamento  pari a 34 milioni di euro; durante l’esame in sede referente al Senato, detto stanziamento è stato ridotto di 14 milioni.

 

La disposizione stabilisce che il fondo è destinato a finanziare:

 

§      specifici interventi nei settori dell’energia, dei trasporti  e della concorrenza,  diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone.

A seguito delle modifiche approvate durante l'esame in sede referente al Senato, è stato disposto l’uso prioritario dei fondi peruna serie di finalità; quali i progetti realizzati nelle aree protette e nella rete “Natura 2000[93]”, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti e delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, alla contingentazione dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici e alla certificazione ambientale dei servizi.

 

§      misure dirette a favorire la competitività delle imprese insulari.

 

La norma precisa che all’erogazione del fondo si provvede sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Associazione nazionale isole minori (ANCIM), nel quale devono essere indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni.

 

Detto documento è approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri , su proposta del Ministro per gli affari regionali  e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata (di cui all’articolo 8, D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281[94]).

 

Il comma 3 stabilisce, al fine di assicurare il necessario coordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi in favore delle isole minori, il trasferimento al Fondo per le isole minori delle risorse iscritte sul “Fondo per la tutela e sviluppo delle isole minori” dello stato di previsione del Ministero dell’interno (di cui all’articolo 25, comma 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 488, legge finanziaria per il 2002).

 

Si ricorda che i commi 7 e 8 dell’articolo 25 avevano istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo denominato “Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori”, dotato di 51,65 milioni di euro per l’anno 2002, per l’adozione urgente di misure di salvaguardia ambientale e di sviluppo socio-economico delle isole minori, individuate tra gli ambiti territoriali indicati nell’allegato “A” annesso alla legge finanziaria. L’allegato “A” elencava singolarmente le isole e per ciascuna di esse determinava la porzione di acque territoriali entro le quali potevano attuarsi gli interventi finanziati dal fondo:

Le modalità procedurali di attivazione del Fondo erano stabilite dal comma 9 del medesimo articolo 25. In particolare, si stabiliva che  la tipologia e i settori di intervento ammessi ad accedere al Fondo fossero determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2002, su proposta del Ministro dell’interno.

Le modalità di accesso al Fondo e i criteri per la ripartizione delle risorse dovevano, invece, essere definiti con decreto del Ministro dell’interno, da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria, sentita la Conferenza Stato–Città ed Autonomie locali. Il comma 9, infine, richiamava genericamente le disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 281 del 1997, che disciplina i poteri e i compiti della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza unificata.

 

Si ricorda che nel disegno di legge di bilancio 2008,  al capitolo 7248 (Missione 2 - relazioni finanziarie con le autonomie territoriali; Programma 2.3 - trasferimenti a carattere generale ad enti locali, U.P.B. 2.3.6.- investimenti)  corrispondente al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori, le risorse presenti, iscritte in conto residui, sono pari a 12.959.587 milioni di euro.

 

La disposizione di cui al comma 2 fa tuttavia salve le contribuzioni per i progetti già approvati con i D.M. Interno 13 dicembre 2004 e 8 novembre 2005.

 

Il D.P.C.M.  7 marzo 2003, emanato ai sensi del citato articolo 25, comma 9, l. n. 448/2001, ha individuato la tipologia ed i settori degli interventi ammessi ad accedere al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori. I criteri e le modalità di accesso al Fondo sono stati stabiliti con D.M. Interno 15 marzo 2004, n. 163.

Il D.M. Interno 13 dicembre 2004 ha successivamente individuato i progetti ammessi al riparto delle risorse  (detto decreto è stato parzialmente annullato dal D.M. 8 novembre 2005, che ha escluso le isole ponziane e la provincia di Latina dal riparto delle risorse).

 

Il comma 4 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale che descrive la situazione economica, sociale e territoriale dell’UE a 27 e delle sue 268 regioni.

In particolare, il documento individua una serie di sfide che gli Stati membri e le regioni saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni e che assumono particolare rilievo per la politica di coesione in quanto suscettibili di produrre sul territorio dell’Europa un impatto disuguale, amplificando così le disparità sociali ed economiche.

In una comunicazione (COM(2007)273) che accompagna la IV Relazione, la Commissione suggerisce una serie di questioni per avviare il dibattito sul futuro della politica di coesione di fronte alle sfide citate; a tal fine, in occasione del Quarto Forum sulla coesione, tenutosi a Bruxelles il 27 e 28 settembre 2007, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione. Tra le questioni da dibattere si segnala in particolare quella relativa al contributo della politica di coesione alla promozione di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile che tenga conto della diversità dei territori all’interno dell’UE come le regioni, le isole, e le zone rurali e costiere e le altre regioni con particolarità geografiche.


Articolo 29
(Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria)

 


1. In attuazione degli accordi sottoscritti tra lo Stato e le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con i quali le regioni interessate si obbligano al risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche attraverso la ristrutturazione dei debiti contratti, lo Stato è autorizzato ad anticipare alle predette regioni, nei limiti di un ammontare complessivamente non superiore a 9.100 milioni di euro, la liquidità necessaria per l'estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005, determinata in base ai procedimenti indicati nei singoli piani e comunque al netto delle somme già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi.

2. Le regioni interessate, in funzione delle risorse trasferite dallo Stato di cui al comma 1, sono tenute a restituire, in un periodo non superiore a trenta anni, le risorse ricevute. Gli importi così determinati sono acquisiti in appositi capitoli del bilancio dello Stato.

3. All'erogazione delle somme di cui ai commi 1 e 2, da accreditare su appositi conti correnti intestati alle regioni interessate, lo Stato procede, anche in tranche successive, a seguito del riaccertamento definitivo e completo del debito da parte delle regioni interessate, con il supporto dell'advisor contabile, come previsto nei singoli piani di rientro, e della sottoscrizione di appositi contratti, che individuano le condizioni per la restituzione, da stipulare fra il Ministero dell'economia e delle finanze e ciascuna regione. All'atto dell'erogazione le regioni interessate provvedono all'immediata estinzione dei debiti pregressi per l'importo corrispondente e trasmettono tempestiva­mente la relativa documentazione ai Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute.

4. In presenza della sottoscrizione dell'accordo con lo Stato per il rientro dai deficit sanitari, ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alle regioni interessate che non hanno rispettato il patto di stabilità interno in uno degli anni precedenti il 2007 spetta l'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale a carico dello Stato previsto per l'anno di riferimento dalla legislazione vigente, nei termini stabiliti dal relativo piano.


 

 

L’articolo in esame è volto a dare attuazione agli accordi stipulati[95], ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311[96], tra i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, accordi che impegnano le regioni interessate al risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche attraverso la ristrutturazione dei debiti contratti.

Il comma 1 stabilisce, infatti, un'anticipazione finanziaria, nei limiti di un ammontare non superiore a 9.100 milioni di euro, da parte dello Stato, in favore delle menzionate regioni, ai fini dell'estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005.

L’ammontare della citata anticipazione finanziaria è determinato in base ai procedimenti indicati nei singoli piani di rientro e, comunque, al netto delle somme già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi.

 

L’articolo 1, comma 180, della citata legge n. 311 del 2004 disciplina le ipotesi di inadempimento - da parte delle regioni - degli obblighi di contenimento della spesa sanitaria (definiti, nel dettaglio, dalla successiva Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005), ovvero i casi di disavanzo di gestione (di cui all’articolo 1, comma 174, della medesima legge n. 311 del 2004).

In tali ipotesi, la regione interessata, anche avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. Inoltre, essa stipula con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze un accordo che definisca gli interventi necessari per il conseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti summenzionati.

La sottoscrizione dell'accordo e la verifica (in senso positivo) dell'attuazione del programma sono condizioni necessarie ai fini della riattribuzione (anche in maniera parziale e graduale) alla regione del maggior finanziamento previsto dall’articolo 1, comma 164, della medesima legge n. 311 del 2004, ossia delle risorse aggiuntive (rispetto al finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato ) destinate al ripiano dei disavanzi nel settore sanitario[97].

Sul tema dei disavanzi, va ricordato, altresì, che l’articolo 1, comma 278, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) stabilisce un incrementato di 1.000 milioni di euro limitatamente all'anno 2006 del finanziamento del SSN. L'incremento in questione è da ripartire tra le regioni, secondo criteri e modalità definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, che prevedano, per le regioni interessate, la stipula di specifici accordi diretti all'individuazione di obiettivi di contenimento della dinamica della spesa al fine della riduzione strutturale del disavanzo[98].

Con il decreto ministeriale 3 aprile 2007 i suddetti 1.000 milioni di euro sono stati assegnati alle seguenti regioni: Lazio (400.555.418 di euro); Abruzzo (31.319.830 di euro); Molise (22.343.600 di euro); Campania (383.764.213 di euro); Sicilia (153.223.604 di euro); Sardegna (8.793.335 di euro).

L’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha previsto, poi, l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009)[99] destinato alle Regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo sanitario, le cui risorse sono assegnate subordinatamente:

-        alla sottoscrizione di un apposito accordo, ai sensi del citato articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, comprensivo di un programma di rientro dal disavanzo entro il 2010;

-        all’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento – per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Il decreto ministeriale 23 aprile 2007 ha assegnato alle regioni, Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Sicilia le risorse per il triennio 2007-2009 stabilite nel citato Fondo transitorio.

Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23[100] ha previsto, nel quadro delle misure definite dalla legge finanziaria per il 2007, il concorso straordinario dello Stato, per il periodo 2001-2005, nel ripiano dei disavanzi strutturali dei servizi sanitari regionali, esplicitamente in deroga alla disciplina generale (secondo cui gli oneri di ripiano dei disavanzi in oggetto sono a carico delle regioni[101]) a condizione che le regioni interessate assolvano ad alcuni adempimenti, tra i quali la sottoscrizione degli accordi con lo Stato, comprensivi dei piani di rientro, che consentono l’accesso al citato Fondo transitorio.

Al fine di ripianare i disavanzi pregressi (periodo 2001-2005), è stata quindi autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 3.000 milioni di euro[102] per l’anno 2007 a beneficio delle regioni che, oltre a sottoscrivere il suddetto accordo con lo Stato, a decorrere dal 2007, attivano specifiche misure fiscali ovvero destinano quote di manovre fiscali già adottate o quote di tributi erariali attribuiti alle regioni, in via ulteriore rispetto all’incremento nella misura massima dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Da ultimo, l’articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159[103], attualmente in sede di conversione alla Camera (A.C. 3194-A), ha introdotto ulteriori disposizioni per le regioni che non rispettano gli adempimenti previsti dai piani di rientro dai deficit sanitari.

Il citato articolo 4 prevede, infatti, la nomina di commissari ad acta per le regioni che non rispettano gli adempimenti individuati dai piani di rientro dai deficit sanitari. In particolare, si attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di diffidare la regione ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel piano di rientro dai deficit sanitari.

La diffida è adottata nel caso di mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi piani - in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati - tale da mettere in pericolo la tutela dell’unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni, lasciando ferme le disposizioni di cui al citato articolo 1, comma 796, lettera b) della legge n. 296 del 2006.

Nell’ipotesi che la regione non adempia alla diffida ovvero nel caso in cui gli atti e le azioni posti in essere risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il decreto-legge n. 159 del 2007 prevede la nomina di un commissario ad acta, per l’intero periodo di vigenza del singolo piano di rientro, da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. Gli oneri derivanti dalla nomina del commissario ad acta sono a carico della regione interessata.

Nel corso dell’iter legislativo del provvedimento, è stata introdotta nel decreto-legge la facoltà del commissario ad acta di proporre la sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali o delle aziende ospedaliere.

È stata sancita, altresì, l’incompatibilità della nomina del commissario ad acta con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione commissariata.

Infine, è stato disposto che i crediti interessati dalle procedure di accertamento e riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2005, attivate dalle regioni nell'ambito dei piani di rientro dai deficit sanitari, per i quali sia stata inoltrata ai creditori richiesta di informazioni da rendere entro un termine definito, si prescrivono in cinque anni dalla data in cui sono maturati e comunque non prima di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, qualora, alla scadenza del termine fissato, non sia pervenuta la comunicazione richiesta.

A decorrere dalla scadenza del suddetto termine, i crediti in questione non producono interessi.

 

Il comma 2 stabilisce l’obbligo da parte delle regioni interessate di restituire, entro un periodo non superiore a trenta anni, le anticipazioni finanziarie erogate dallo Stato, i cui importi affluiscono su appositi capitoli del bilancio dello Stato.

Nella relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2008 (A.S. 1817), si sottolinea che “i predetti piani affrontano, oltre al riequilibrio della gestione economica, anche il riequilibrio di quella finanziaria, ed è in tale ambito che sono emersi livelli di debito esternamente significativi, riferiti ad operazioni finanziarie contratte a condizioni particolarmente onerose, al di fuori delle ordinarie condizioni di mercato”. La stessa relazione evidenzia che, in fase di sottoscrizione dei piani di rientro e della loro gestione, si è rilevato che i predetti livelli di debito sono tali da ostacolare il risanamento strutturale. Pertanto, alle regioni interessate è stato imposto il supporto di un advisor contabile (per il potenziamento dei procedimenti amministrativi e contabili e la certificazione dei debiti pregressi), la ristrutturazione dei debiti e il supporto di un advisor finanziario.

La relazione specifica, infine, che le somme anticipate sono integralmente restituite dalle regioni allo Stato, con risorse regionali certe e vincolate, in un periodo massimo di trent’anni, incrementate dell’onere degli interessi sopportati dallo Stato con riferimento all’emissione di titoli di durata trentennale.

 

Si osserva che, benché la relazione tecnica al disegno di legge precisi che le somme anticipate dallo Stato sono restituite con le maggiorazioni dovute al corso degli interessi, tale previsione non sembra essere riportata nel testo dell’articolo in commento.

 

Il comma 3 prevede che lo Stato procede all'erogazione, anche graduale, delle anticipazioni, da accreditarsi su appositi conti correnti intestati alle regioni interessate, a seguito del riaccertamento definitivo e completo del debito regionale, con il supporto dell'advisor contabile, secondo le previsioni del piano di rientro e le indicazioni contenute in appositi contratti, sottoscritti tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le singole regioni, che specifichino le condizioni di restituzione.

Le regioni devono provvedere all'immediata estinzione dei debiti in oggetto per l'importo corrispondente alle anticipazioni percepite, trasmettendo tempestivamente la relativa documentazione al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero della salute.

 

Il comma 4 dispone che le regioni che hanno sottoscritto i citati accordi per il rientro dal disavanzo sanitario e non hanno rispettato il patto di stabilità interno, in uno degli anni precedenti il 2007, hanno diritto di accedere al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale, previsto per l’anno di riferimento dalla legislazione vigente, nei termini stabiliti dal relativo piano[104].


Articolo 30
(Condizioni di accesso al Fondo transitorio
per i disavanzi regionali
)

 


1. All'articolo 1, comma 796, lettera b), quarto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatte salve le aliquote ridotte disposte con leggi regionali a favore degli esercenti un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che abbiano denunciato richieste estorsive e per i quali ricorrano le condizioni di cui all'articolo 4 della legge 23 febbraio 1999, n. 44».

2. Le agevolazioni di cui al comma 1 si applicano nel limite massimo di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le regioni interessate, sono adottate le disposizioni attuative del presente articolo.


 

 

L’articolo in esame, introdotto dal Senato, novella l’articolo 1, comma 796, lettera b), quarto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007).

 

La lettera b) del citato comma 796 dell’articolo 1 della predetta legge finanziaria per il 2007 dispone l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009) destinato alle Regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo, le cui risorse sono ripartite con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni (primo periodo).

L’accesso a tali risorse è condizionato, tra l’altro:

-        alla sottoscrizione di un apposito accordo, stipulato, ai sensi della disciplina vigente, dai Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione interessata per l’individuazione degli interventi necessari al perseguimento dell'equilibrio economico[105]. Tale accordo deve includere un programma di rientro del disavanzo entro il 2010 (secondo e terzo periodo);

-        all’attivazione dell’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (quarto periodo).

Qualora nel procedimento di verifica annuale del piano si prefiguri il mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo contenuti nel piano di rientro, la regione interessata può proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze.

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento - per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Viene inoltre precisato che la maggiorazione dei suddetti tributi ha carattere generalizzato e non è suscettibile di differenziazioni per settori di attività e per categorie di soggetti passivi e che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, svolga un’attività di affiancamento alle regioni che hanno sottoscritto il previsto accordo per l’accesso alle risorse del Fondo transitorio, comprensivo del Piano di rientro dai disavanzi.

Tale affiancamento è finalizzato al monitoraggio del Piano di rientro, all’adozione dei provvedimenti regionali subordinati alla preventiva approvazione dei suddetti Ministeri, all’attività dei Nuclei con funzioni consultive di supporto tecnico da realizzarsi nelle singole Regioni, nell’ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiVeAS).

 

La novella prevede che l’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRE) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), cui è subordinato l’accesso alle risorse del suddetto Fondo transitorio per il risanamento dei disavanzi sanitari regionali, non si applica agli esercenti una attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che abbiano denunciato richieste estorsive e per i quali ricorrano le condizioni di cui all’articolo 4 della legge 23 febbraio 1999, n. 44.

In tali casi, infatti, si continuano ad applicare le aliquote ridotte disposte dalle leggi regionali (comma 1).

Le agevolazioni in questione sono mantenute nel limite annuo complessivo di 5 milioni di euro a decorrere dal 2008.

Le disposizioni attuative dell’articolo in commento sono dettate con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le regioni interessate (comma 2).

 

Al riguardo, si osserva che la citata legge n. 44 del 1999 reca disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura. In particolare, ai sensi del richiamato articolo 4 l'elargizione prevista dalla legge in esame è concessa a condizione che:

a)       la vittima non abbia aderito o abbia cessato di aderire alle richieste estorsive;

b)       la vittima non abbia concorso nel fatto delittuoso o in reati con questo connessi ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale;

c)       la vittima, al tempo dell'evento e successivamente, non risulti sottoposta a misura di prevenzione o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 , e della legge 31 maggio 1965, n. 575 , e successive modificazioni, né risulti destinataria di provvedimenti che dispongono divieti, sospensioni o decadenze ai sensi degli articoli 10 e 10-quater, secondo comma, della medesima legge n. 575 del 1965 , salvi gli effetti della riabilitazione;

d)       il delitto dal quale è derivato il danno, ovvero, nel caso di danno da intimidazione anche ambientale, le richieste estorsive siano stati riferiti all'autorità giudiziaria con l'esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza.


Articolo 31
(Razionalizzazione degli organici e del personale utilizzato
dagli uffici locali all’estero)

 


1. In coerenza con il processo di revisione organizzativa di cui all'articolo 1, comma 404, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da emanare entro il mese di giugno 2008, sono individuate le tipologie professionali connesse con lo svolgimento dell'azione degli uffici all'estero, con l'obiettivo di razionalizzare la spesa destinata alle relative funzioni e di ridurre quella relativa all'utilizzazione degli esperti di cui all'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

2. Il contingente di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, e successive modificazioni, viene conseguentemente adeguato con decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

3. Quota parte delle risorse derivanti dalle iniziative di cui ai commi 1 e 2, previa verifica ed accertamento, è destinata ad alimentare, nel limite di 5 milioni di euro per l'anno 2008 e nel limite di 7,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, il fondo di cui all'articolo 3, comma 39, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che per l'anno 2008 è integrato di 45 milioni di euro, e a decorrere dall'anno 2009 è integrato di 42,5 milioni di euro.

4. Nel medesimo fondo confluiscono, altresì, le entrate accertate ai sensi dell'articolo 1, comma 568, della citata legge n. 296 del 2006, nel maggior limite di 40 milioni di euro, nonché quota parte delle dotazioni delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, da porre a disposizione degli uffici all'estero.

5. A tal fine il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro degli affari esteri, è autorizzato ad effettuare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

6. Con riferimento alle politiche di sostegno agli italiani nel mondo e di informazione, promozione culturale, scientifica e dell'immagine del Paese all'estero, di cui ai programmi n. 4.8 e n. 4.9, è autorizzata per l'anno 2008 la spesa ulteriore di:

a) 12,5 milioni di euro, per le spese relative alla tutela e all'assistenza dei connazionali;

b) 5,5 milioni di euro, per il finanziamento delle iniziative scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali, di cui alla legge 3 marzo 1971, n. 153.


 

 

Il comma 1 reca norme per la prosecuzione del processo di razionalizzazione e revisione organizzativa dei Ministeri di cui all’articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007). Con particolare riferimento alla lettera g) - dedicata alla riorganizzazione delle rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura – il comma in esame prevede, entro il mese di giugno 2008, l’adozione di un decreto del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella P.A. Nel decreto in questione dovranno essere individuate le tipologie professionali connesse con lo svolgimento dell’azione degli Uffici all’estero, al fine di ottenere una razionalizzazione della spesa destinata alle relative funzioni, contestualmente riducendo i costi per l’utilizzazione degli esperti con incarico biennale inviati presso gli uffici all’estero, di cui all’art. 168 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18 (Ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri).

Si ricorda che – in data 8 novembre 2007 – la I Commissione della Camera dei deputati ha approvato il parere sull’Atto del Governo n. 180, recante Schema di regolamento di organizzazione del Ministero degli affari esteri che già ha dato parziale attuazione alle disposizioni di cui all’art. 1, comma 404 della legge n. 296 del 2006.

 

La legge finanziaria 2007 ha intrapreso un vasto programma di riorganizzazione dei Ministeri. Il programma era finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, su proposta da ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della L. 400/1988[106].

Il comma 4-bis in questione prevede che l'organizzazione e la disciplina degli uffici ministeriali siano determinate con regolamenti emanati ai sensi del precedente comma 2, ovvero mediante Decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il Consiglio di Stato. Tale modalità si applica ai regolamenti volti a disciplinare materie non coperte da riserva assoluta di legge in base alla Costituzione, e per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti. Sempre il comma 4-bis specifica che i regolamenti in oggetto sono da emanare su proposta del Ministro competente, d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del Tesoro (attuale Ministro dell'economia e finanze), e devono procedere:

-        al riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

-        all’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

-        alla previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

-        all’indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

-        alla previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali”.

Va inoltre ricordato che il comma 4-bis fa riferimento alla necessità che i regolamenti vengano emanati nel rispetto dei principi posti dal Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni: il Decreto legislativo 29 del 1993 è stato in effetti abrogato dall'articolo 72 del Decreto legislativo 30 marzo 2001, 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

Il comma 404 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, al fine di “razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento dei Ministeri” aveva disposto l’emanazione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988, fissando peraltro il termine del 30 aprile 2007.

Nell’indicare con maggiore dettaglio le finalità di tale opera di riorganizzazione la legge finanziaria precisava i seguenti punti: 

-        riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale, procedendo alla riduzione in misura non inferiore al 10 per cento di quelli di livello dirigenziale generale ed al 5 per cento di quelli di livello dirigenziale non generale (lettera a) del comma 404);

-        gestione unitaria del personale e dei servizi comuni anche mediante strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica (lettera b) del comma 404);

-        rideterminazione delle strutture periferiche (lettera c) del comma 404);

-        riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo (lettera d) del comma 404);

-        riduzione degli organismi di analisi, consulenza e studio di elevata specializzazione (lettera e) del comma 404);

-        riduzione delle dotazioni organiche in modo da assicurare che il personale utilizzato per funzioni di supporto (gestione delle risorse umane, sistemi informativi, servizi manutentivi e logistici, affari generali, provveditorati e contabilità) non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ogni amministrazione, mediante processi di riorganizzazione e di formazione e riconversione del personale addetto alle predette funzioni che consentano di ridurne il numero in misura non inferiore all'8 per cento all'anno fino al raggiungimento del limite predetto (lettera f) del comma 404).

Una specifica previsione era poi dedicata al Ministero degli Affari esteri. Infatti la lettera g) del comma 404 prescriveva l’” avvio della ristrutturazione” della rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura ed in particolare l'unificazione dei servizi contabili degli uffici della rete diplomatica aventi sede nella stessa città estera. A quest’ultimo proposito si precisava che le nuove norme dovessero prevedere che le funzioni delineate dagli articoli 3, 4 e 6 del regolamento di cui al DPR n. 120 del 2000 dovessero essere svolte dal responsabile dell'ufficio unificato per conto di tutte le rappresentanze medesime.

Va ricordato che a norma dell’articolo 3 – che opera l’estensione della responsabilità contabile per l’attività degli uffici all’estero - sono funzionari delegati presso gli uffici all’estero non più i soli capi degli uffici stessi, ma anche i funzionari amministrativi investiti delle funzioni di commissario amministrativo o commissario amministrativo aggiunto, seppure limitatamente alle spese di mantenimento e funzionamento degli uffici e alle spese per stipendi e indennità del personale, e comunque sotto indirizzo e vigilanza dei preposti agli uffici.

In base all’articolo 4 la gestione delle risorse finanziarie assegnate compete a coloro che sono funzionari delegati ai sensi del precedente articolo 3. In particolare l’articolo 4 riguarda le spese di mantenimento e funzionamento degli uffici, le risorse relative alle quali vengono determinate in base alla relazione previsionale predisposta annualmente, entro il mese di ottobre, dai titolari degli uffici, sentito il commissario amministrativo o il commissario amministrativo aggiunto. Le risorse stabilite vengono assegnate con decreto del dirigente preposto alla Direzione generale del personale e dell’amministrazione del Ministero degli Affari esteri, che può con analogo strumento procedere anche ad integrazioni delle somme, in caso di esigenze nuove e inderogabili. La disponibilità dei fondi assegnati è assicurata con ordini di rimessa valutaria.

L’articolo 6 conferma il meccanismo degli ordini di rimessa anche per i fondi relativi alla terza categoria di spese degli uffici all’estero, ossia le retribuzioni e indennità del personale. L’articolo introduce altresì la possibilità di somministrazione di questa categoria di fondi mediante ordini di accreditamento a favore dei funzionari delegati a norma dell’art. 3.

 

Va altresì ricordato che tra gli interventi volti alla semplificazione organizzativa e alla razionalizzazione della spesa nell'attività degli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri figura, in attuazione di una delega contenuta nella legge di semplificazione per il 2005, il decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307, recante riassetto normativo in materia di gestione amministrativa e contabile degli Uffici all'estero del Ministero degli affari esteri, a norma dell'articolo 4 della legge 28 novembre 2005, n. 246.

In particolare, l’art. 2 del D. Lgs. 307/2006 introduce modifiche alle funzioni delle diverse figure professionali amministrative e contabili operanti negli uffici all’estero, in connessione con le innovazioni normative che hanno interessato negli anni tali professionalità, e rinviando alla contrattazione collettiva per i contenuti e le specifiche professionali riferiti al profili del personale interessato. L’art. 3 individua specificamente, al comma 2, la tipologia delle spese di competenza degli uffici all’estero, mentre, al comma 1, attribuisce la responsabilità degli obiettivi e della conseguente programmazione al titolare dell’ufficio. L’art. 5 prevede l’istituzione di Centri interservizi amministrativi che operino presso le Ambasciate, per coordinare la gestione delle spese degli uffici all’estero. L’art. 6 dispone, in materia di contratti da eseguire all’estero che, in caso di incompatibilità fra ordinamento italiano ed ordinamento locale, il titolare dell’ufficio può direttamente autorizzare l’applicazione della normativa locale. L’art. 7 attribuisce al titolare dell’ufficio all’estero la piena competenza  in ordine alla dismissione di beni mobili di pertinenza dell’ufficio, con l’eccezione di autovetture di servizio e di rappresentanza ed oggetti d’arte, per i quali resta necessaria l’autorizzazione dell’amministrazione centrale. L’art. 8 prevede interventi volti all’applicazione del  D.lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale) anche alle comunicazioni fra la sede centrale e gli uffici all’estero.

 

Il D.P.R. n. 18 del 1967[107], all’art. 168 prevede che l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare negli uffici centrali o nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari, per l'espletamento di specifici incarichi che richiedano particolare competenza tecnica e ai quali non si possa sopperire con funzionari diplomatici, esperti tratti da personale dello Stato o di enti pubblici appartenenti a carriere direttive o di uguale rango.

Qualora per speciali esigenze anche di carattere tecnico o linguistico non possa farsi ricorso per incarichi presso uffici all'estero ad esperti tratti dal personale dello Stato e da enti pubblici, l'Amministrazione degli Affari esteri può utilizzare in via eccezionale e fino ad un massimo di trenta unità, persone estranee alla pubblica Amministrazione purché di notoria qualificazione nelle materie connesse con le funzioni del posto che esse sono destinate a ricoprire.

L'esperto inviato in servizio presso un ufficio all'estero, a norma dei precedenti commi, occupa un posto espressamente istituito, sentito il consiglio di amministrazione, ai sensi dell'articolo 32, nell'organico dell'ufficio stesso, in corrispondenza, anche ai fini del trattamento economico, a quello di primo segretario o di consigliere o di primo consigliere, nel limite massimo di otto posti, ovvero di console aggiunto o console ed assume in loco la qualifica di addetto per il settore di sua competenza.

Gli incarichi sono biennali. Alla stessa persona possono essere conferiti più incarichi purché, nel complesso, non superino gli otto anni.

Gli esperti che l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare a norma del presente articolo non possono complessivamente superare il numero di centosessantacinque, di cui cinque da destinare a posti di addetto agricolo, con l'esclusione delle unità riservate da speciali disposizioni di legge all'espletamento di particolari compiti relativi alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale nonché al contrasto della criminalità organizzata e delle violazioni in materia economica e finanziaria a tutela del bilancio dello Stato e dell'Unione europea, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68,  Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell’articolo 4 della L. 31 marzo 2000, n. 78.

 

Il comma 2 precisa che, a seguito dell’emanazione del decreto di cui al comma 1, il contingente degli impiegati a contratto delle rappresentanze diplomatiche  e consolari e degli istituti di cultura all’estero, di cui all’articolo 152 del citato D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, viene conseguentemente adeguato, mediante decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, all’art. 152 dispone chele rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono assumere personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un contingente complessivo pari a 2.277 unità[108]. Gli impiegati a contratto svolgono le mansioni previste nei contratti individuali, tenuto conto dell'organizzazione del lavoro esistente negli uffici all'estero.

Il contratto di assunzione è stipulato a tempo indeterminato, con un periodo di prova di nove mesi, alla scadenza del quale, sulla base di una relazione del capo dell'ufficio, si provvede a disporre la conferma o la risoluzione del contratto.

 

Il comma 3 stabilisce che parte delle risorse derivanti dalle iniziative di cui ai commi precedenti, previa verifica ed accertamento, è destinata ad alimentare, nel limite di 5 milioni per l’anno 2008 e nel limite di 7,5 milioni a decorrere dall’anno 2009, il Fondo per i consumi intermedi del MAE di cui all’articolo 3, comma 39, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004). Il Fondo, per l’anno 2008, è inoltre integrato di 45 milioni di euro, e a decorrere dall’anno 2009 è integrato di 42,5 milioni di euro.

 

La legge 350 del 2003 all’art. 3, comma 39 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, e precisamente nell'ambito della unità previsionale di base 6.1.1.2 - Uffici all'estero, un Fondo da ripartire per eventuali maggiori esigenze per consumi intermedi, relativi agli uffici all'estero, la cui dotazione iniziale era commisurata al 10 per cento degli stanziamenti per consumi intermedi iscritti nella medesima unità previsionale di base, che venivano corrispondentemente ridotti.

La ripartizione del fondo è disposta con decreti del Ministro degli affari esteri comunicati, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Il comma 4 dispone che nel medesimo Fondo per consumi intermedi confluiscono, altresì, le maggiori entrate derivanti dall’applicazione della tariffa consolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 568 della citata legge finanziaria 2007, non oltre il limite di 40 milioni di euro, nonché quota parte delle dotazioni delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri da porre a disposizione degli uffici all’estero.

 

Il comma 568 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha disposto in merito alle risorse da reperire a valere sulla riscossione dei diritti consolari, la cui tariffa è fissata in una tabella allegata al DPR 200/1967 (“Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari”), come modificata dalla legge 185/1983 e, da ultimo, dall’art. 80, comma 41, della legge finanziaria per il 2003.

In particolare, ilcomma 568 ha destinato risorse aggiuntive a carattere permanente al funzionamento e agli interventi di razionalizzazione delle sedi all’estero, da reperire a carico delle maggiori entrate annue derivanti dall’applicazione della tariffa consolare. Le risorse aggiuntive non potranno comunque eccedere l’importo annuo di 10 milioni di euro, ed è per esse prevista la certificazione con decreto del Ministro degli Affari esteri.

Il comma 5 prevede che, ai fini suesposti, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro degli affari esteri, sia autorizzato ad effettuare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Si ricorda che gli originari commi 6 e 7 sono stati stralciati ai sensi dell’art. 126, comma 3, del Regolamento del Senato.

 

L’attuale comma 6, aggiunto durante l’esame al Senato in Commissione bilancio, autorizza, per l’attuazione di politiche di sostegno agli Italiani all’estero e di promozione dell’immagine dell’Italia all’estero, la spesa ulteriore di 18 milioni di euro così ripartita: 12,5 milioni per la tutela e l’assistenza ai connazionali; 5,5 milioni per iniziative scolastiche e di formazione professionale di cui alla legge n. 153 del 1971, Iniziative scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali da attuare all'estero a favore dei lavoratori italiani e loro congiunti.

 

Si ricorda che in base alla richiamata legge del 1971, il Ministero degli affari esteri promuove ed attua all'estero iniziative scolastiche, nonché attività di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali, a favore dei lavoratori italiani e dei loro congiunti emigrati. Tra le iniziative scolastiche e le attività di assistenza scolastica (art. 2) sono da ricordare: i corsi per l'inserimento dei congiunti dei lavoratori italiani nelle scuole dei paesi di immigrazione; corsi integrativi di lingua e cultura generale italiana per i congiunti; corsi per la preparazione dei lavoratori italiani e dei loro congiunti agli esami di idoneità e di licenza di scuola italiana elementare e media; corsi di scuola popolare per lavoratori italiani; scuole materne e nidi d’infanzia.

Tra le attività di formazione e perfezionamento professionale di cui all’art. 3 vi sono: corsi di integrazione ed aggiornamento dell’istruzione di base; corsi di preparazione tecnico-professionale; corsi di insegnamento pratico della lingua locale, diretti a favorire l'accesso dei lavoratori italiani e dei loro congiunti all'ambiente di lavoro ed ai corsi stranieri che perseguano scopi di formazione professionale. 

Si ricorda che i programmi di insegnamento, le norme per lo svolgimento degli esami e per il rilascio dei titoli di studio delle classi, corsi e scuole di cui all'articolo 2 sono stabiliti con decreto del Ministro per gli affari esteri, di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione.

Altre norme della stessa legge riguardano l’equipollenza dei titoli di studio e il personale docente.

 

Per le politiche di sostegno degli Italiani all’estero in generale v. quanto diffusamente commentato relativamente al successivo articolo 33.

 


Articolo 32
(Organizzazione del vertice «G8» in Italia e approvazione della decisione comunitaria n. 2007/436/CE, Euratom)

 

1. Per l'organizzazione del vertice «G8» previsto per l'anno 2009 è stanziata la somma di euro 30 milioni per l'anno 2008.

2. Piena e diretta esecuzione è data alla decisione n. 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 11, terzo comma, della decisione stessa.

 

 

La disposizione del comma 1 è volta ad assicurare copertura finanziaria alle spese per lo svolgimento del vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8 in Italia nel 2009, stanziando a tale scopo la somma di 30 milioni di euro per l’anno 2008.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 settembre 2007, recante dichiarazione di "grande evento" relativa alla Presidenza italiana del G8 nell'anno 2009, ha conferito alla Presidenza medesima, in considerazione della complessità organizzativa dell'evento sotto il profilo della sicurezza, dell'ordine pubblico, della mobilità, della ricezione alberghiera e delle telecomunicazioni, la dichiarazione di "grande evento", ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001 n. 343[109], convertito con modificazioni dalla legge n. 41 del 2001.

L'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge citato estende l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992[110] anche ai grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

L'articolo 5 della legge 2005 relativo allo stato di emergenza e al potere di ordinanza, disciplina anzitutto il potere del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, sulla base del quale possono anche essere adottate ordinanze in deroga ad ogni vigente disposizione, ma nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose, nonché avvalersi di commissari delegati per gli interventi di emergenza.

Si ricorda che dal 1975, i Capi di Stato o di Governo dei principali Paesi industrializzati si incontrano annualmente per esaminare le maggiori problematiche economiche e politiche.

I sei Paesi che si incontrarono al primo Vertice, tenutosi a Rambouillet in Francia nel novembre 1975, furono la Francia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, il Giappone e l'Italia. Si unirono a loro il Canada al Vertice di San Juan di Porto Rico del 1976, e la Comunità Europea al Vertice di Londra del 1977.

A partire dal Vertice di Napoli del 1994 il G7 e la Russia si sono incontrate come P8 ("Political 8"), e da allora ad ogni Vertice G7. Il Vertice degli otto Paesi a Denver nel 1997 ha segnato la piena partecipazione della Russia alle discussioni, fatta eccezione per quelle di ordine finanziario ed economico. Il Vertice di Birmingham del 1998 ha visto la piena partecipazione della Russia e quindi la nascita del G8. Tuttavia il foro di discussione a 7 continua ad esistere per la trattazione dei suddetti temi finanziari.

I Vertici del G7/G8 hanno più volte affrontato questioni di macroeconomia, relative al commercio internazionale ed alle relazioni con i paesi in via di sviluppo. Argomenti come le relazioni economiche Est-Ovest, l'energia ed il terrorismo sono stati più volte oggetto di dibattito.

Partendo da questi temi iniziali l'agenda del Vertice si è estesa in modo considerevole negli anni includendo temi come l'occupazione e le reti d'informazione; grandi questioni transnazionali come l'ambiente, il crimine e la droga; ed una serie di questioni politiche e di sicurezza che vanno dai diritti umani al controllo delle armi, alla sicurezza regionale. Per affrontare tali questioni il G7/G8 ha altresì sviluppato una serie di incontri a livello ministeriale. Infatti i Ministri del G7/G8 si riuniscono ad hoc per affrontare le questioni più pressanti. Infine anche Gruppi di esperti o Gruppi di lavoro vengono convocati su determinati argomenti.

Si ricorda dunque che il vertice G8 si tiene ogni anno; l’ultima edizione si è svolta a Heiligendamm in Germania nel 2007 e la prossima si terrà in Giappone, nel 2008. Nel 2009 sarà ospitato in Italia, a La Maddalena. Quello sull'isola della Maddalena sarà il quinto appuntamento del G8 ospitato in Italia, dopo i primi due a Venezia (22-23 giugno 1980 e 8-10 giugno 1987), il terzo a Napoli (8 luglio 1994) e il quarto a Genova (20-22 luglio 2001).

 

Il comma 2, è diretto a dare esecuzione alla decisione n. 2007/436/CE, Euratom del Consiglio del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee[111].

 

Si ricorda che le risorse proprie sono costituite dai dazi doganali[112], dai prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli[113], dai proventi dell’IVA[114] e da un’ultima risorsa, istituita con l’Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio del 1988. Tale risorsa consiste in contributi versati dagli Stati membri nell’ipotesi in cui le precedenti risorse non siano sufficienti a garantire la copertura del bilancio comunitario. In seguito alla Decisione del Consiglio del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, tali contributi non vengono più calcolati in percentuale sul prodotto nazionale lordo (PNL) dei singoli Stati membri, bensì calcolando il reddito nazionale lordo (RNL).

La parte del bilancio non finanziata da risorse proprie, è costituita da imposte e prelievi effettuati sui redditi del personale, interessi bancari, rimborsi di aiuti comunitari non utilizzati, interessi di mora e il saldo dell’esercizio precedente.

 

In virtù dell’articolo 11 della decisione 2007/436/CE, Euratom, per l’adozione della decisione gli Stati membri notificano al Segretario generale del Consiglio l’espletamento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all’esame delle disposizioni nazionali che le sono comunicate dagli Stati membri e, conseguentemente, comunica agli Stati membri gli adattamenti necessari in linea con le normative comunitarie[115] (art. 8 decisione n. 2007/436/CE, Euratom).

 

La decisione 2007/436/CE, Euratom, che ha effetto a partire dal 1o gennaio 2007, sostituisce la decisione del 2000/597/CE, Euratom, sul sistema delle risorse proprie[116]. Essa riprende i contenuti dell’accordo politico sul bilancio dell’Unione europea definito dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005, accordo che ha modificato il sistema di finanziamento delle risorse proprie dell’Unione.

 

Il massimale è mantenuto all’1,31 per cento del RNL per stanziamenti di impegno e all’1,24 per cento del RNL per stanziamenti di pagamento, come previsto per il periodo 2000-2006 dalla decisione vigente (articolo 3 della decisione).

L’aliquota dell’IVA viene fissata allo 0,30 per cento, anche se sono introdotte correzioni a favore di alcuni fra i maggiori contribuenti netti al bilancio comunitario. In particolare, per il periodo 2007-2013 l’aliquota di prelievo della risorsa IVA per la Germania è fissata allo 0,15 per cento, per i Paesi Bassi e la Svezia allo 0,10 per cento, per l’Austria allo 0,225 per cento.

È prevista inoltre una riduzione lorda del proprio contributo RNL annuo pari a 605 milioni di euro e a 150 milioni di euro rispettivamente per i Paesi Bassi e la Svezia nel periodo 2007-2013.

È prevista anche la risorsa RNL, da determinare secondo la procedura di bilancio tenuto conto di tutte le altre entrate, relativa a un  alla somma dei redditi nazionali lordi di tutti gli Stati membri.

Per quanto riguarda la compensazione britannica[117], essa viene sostanzialmente ribadita nella decisione, anche se con talune limitazioni in quanto dopo un periodo di introduzione graduale previsto fra il 2009 e il 2011, il Regno Unito dovrà partecipare integralmente al finanziamento dei costi dell’allargamento, ad eccezione dei pagamenti diretti nel settore agricolo e delle spese connesse al mercato e delle spese per lo sviluppo rurale originate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La decisione sulle risorse proprie 2007-2013

La decisione 2007/436/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee per il 2007-2013 è stata adottata dal Consiglio il 7 giugno 2007.

Le risorse proprie sono i mezzi di finanziamento della Comunità. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie della Comunità di cui raccomanda l’adozione da parte degli Stati membri, in conformità delle loro rispettive norme costituzionali.

La decisione è ora sottoposta ad adozione da parte dei singoli Stati membri, secondo le procedure previste dalla rispettive norme costituzionali. Essa entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell’ultima notifica, con effetto retroattivo a decorrere dal 1° gennaio 2007.

La decisione prevede i seguenti elementi qualificanti:

§       il massimale (vale a dire il tetto massimo delle risorse proprie) è mantenuto all’1,31% del RNL per stanziamenti di impegno e dell’1,24% del RNL per stanziamenti di pagamento, come previsto per il periodo 2000-2006 dalla decisione vigente;

§       sono confermate  le risorse proprie già previste per il periodo 2000-2006 dalla decisione 2000/597/CE/Euratom:

-        i diritti riscossi nel quadro della politica agricola comune e i dazi doganali (denominati "risorse proprie tradizionali", RPT);

-        un'aliquota dello 0,30% (rispetto allo 0,75% applicato nel 2002-2003 e allo 0,50% nel 2004-2006 previsto dalla decisione vigente) applicata alla base imponibile dell'IVA ("risorsa IVA"). La base imponibile da prendere in considerazione non potrà eccedere il 50% del PIL di ciascuno Stato;

-        un'aliquota, da determinare secondo la procedura di bilancio tenuto conto di tutte le altre entrate, applicata alla somma dei prodotti nazionali lordi (PNL) di tutti gli Stati membri ("risorsa PNL");

-        le altre entrate dell’UE (ovvero le imposte pagate dai funzionari, le ammende inflitte dall'Unione alle imprese, gli interessi di mora, ecc.).

§      sono introdotte correzioni soltanto a favore di alcuni tra i maggiori contribuenti netti al bilancio comunitario:

-        per il periodo 2007-2013 l'aliquota di prelievo della risorsa IVA per la Germania è  fissata allo 0,15%, per i Paesi Bassi e la Svezia allo 0,10, e per l’Austria allo 0,225%;

-        per il periodo 2007-2013 i Paesi Bassi beneficiano di una riduzione lorda del loro contributo annuale a titolo di risorsa RNL pari a 605 milioni di euro. La Svezia beneficerà di una riduzione lorda del suo contributo annuale RNL pari a 150 milioni di euro;

§      il meccanismo di correzione di bilancio per il Regno Unito[118] (cosiddetto “sconto britannico”) viene mantenuto, così come le riduzioni del contributo a tale meccanismo dovuto da Germania, Austria, Svezia e Paesi Bassi[119]. Tuttavia, viene disposta una parziale modifica della base su cui è calcolata la correzione in modo tale che, a partire al più tardi dal 2013, il Regno Unito partecipi integralmente al finanziamento degli stanziamenti diretti ai 10 nuovi Paesi membri (e di eventuali ulteriori Stati aderenti), esclusa la spesa per il mercato e per i pagamenti diretti in agricoltura. A tal fine la correzione a favore del Regno Unito, relativamente agli stanziamenti per i Paesi in questione, sarà ridotta di una percentuale progressiva secondo il seguente schema:

 

Anno

Riduzione percentuale

2009

20

2010

70

2011

100

 

-        Nel periodo 2007-2013, peraltro, il contributo aggiuntivo del Regno Unito al bilancio comunitario derivante da tale meccanismo non potrà superare i 10,5 miliardi di euro. Tale previsione verrà modificata in caso di un eventuale, ulteriore allargamento dell’UE prima del 2013;

§      si prevede che la Commissione europea proceda ad una revisione generale di tutti gli aspetti relativi non solo alle spese dell’UE, compresa la PAC, ma anche alle risorse proprie, inclusa la correzione per il Regno Unito. La Commissione europea è invitata a presentare tale revisione nel 2008/2009.

La revisione del Bilancio dell’UE

La disciplina delle risorse proprie dell’UE dovrebbe essere oggetto di una profonda revisione nell’ambito di una più ampia riflessione sulla riforma del bilancio dell’UE. L’avvio di tale riforma è espressamente previsto dall’accordo interistituzionale sul quadro finanziario dell’UE per il 2007-2013,  stipulato il 17 maggio 2006.  Un’apposita dichiarazione allegata all’accordo, infatti, stabilisce, recependo quanto stabilito dal Consiglio europeo di dicembre 2005, che la Commissione europea elabori una relazione, da presentare entro il 2008-2009, su tutti gli aspetti del bilancio comunitario, inclusi, tra gli altri, la spesa per la politica agricola comune e lo sconto britannico. Sulla base della relazione della Commissione, il Consiglio europeo potrebbe procedere ad eventuali modifiche alle prospettive finanziarie in corso (2007-2013) ed iniziare contestualmente i lavori preparatori per il quadro finanziario post-2013.

La medesima dichiarazione impegna inoltre la Commissione, nell’ambito del processo di consultazione volto alla preparazione della revisione nel 2008-2009, a tenere conto dello scambio di vedute approfondito che avrà con il Parlamento europeo. La Commissione prende inoltre atto dell'intenzione del Parlamento europeo di chiedere una conferenza che coinvolga il Parlamento europeo ed i Parlamenti nazionali per riesaminare il sistema delle risorse proprie e di considerare l'esito di tale conferenza un contributo nel quadro del processo di consultazione volto alla revisione.

Il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali hanno, anch’essi, avviato un dibattito sulla revisione del sistema delle risorse proprie prima ancora della conclusione del negoziato sulle prospettive finanziarie, sia nell’ambito delle riunioni annuali della Commissione per i bilanci del Parlamento europeo con i presidenti delle corrispondenti commissioni dei Parlamenti nazionali sia nelle riunioni sul futuro dell’Europa che si sono svolte su base semestrale a partire dal maggio 2006.

Da ultimo, la Commissione europea ha adottato il 12 settembre 2007 un documento di consultazione pubblica in vista della revisione del bilancio. Dopo la chiusura della consultazione il 15 aprile 2008, la Commissione organizzerà il 27 maggio 2008 una conferenza sul tema della revisione del bilancio dell’UE.

Tenendo conto dei risultati della consultazione e della conferenza, la Commissione intende presentare una proposta sulla revisione del bilancio nel corso del 2008-2009.


Articolo 33
(Collettività italiane all’estero)

 


1. Per le politiche generali concernenti le collettività italiane all'estero, la loro integrazione, l'informazione, l'aggiorna­mento e le iniziative di promozione culturale ad esse rivolte, ivi comprese la realizzazione, con decreto del Ministro degli affari esteri, della Conferenza dei giovani italiani nel mondo e del Museo della emigrazione italiana, nonché la valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all'estero e le misure necessarie al rafforzamento e alla razionalizzazione della rete consolare, è autorizzata la spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2008.


 

 

L’articolo 33, introdotto durante l’esame presso la 5a Commissione del Senato e modificato in Assemblea, autorizza la spesa, per l’anno 2008, di 14 milioni di euro da destinare alle politiche concernenti le collettività italiane residenti all’estero ed alle iniziative di promozione culturale ad esse rivolte. Tra le attività da realizzare, si ricordano, in modo particolare, la Conferenza dei giovani italiani nel mondo e il Museo dell’emigrazione italiana. Si prevedono, altresì, iniziative volte alla valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero e  misure necessarie per il rafforzamento e la riorganizzazione della rete consolare.

 

L’articolo in oggetto, pur riferendosi in maniera generica ai vari ambiti di attività beneficiari dello stanziamento, trova tuttavia una sua unitarietà nel riferimento agli interventi da compiere sulla rete consolare: questa, infatti, che ben può necessitare di autonomi provvedimenti di razionalizzazione[120], trova nel proprio rafforzamento anche un potenziamento delle numerose competenze che la vigente normativa attribuisce ad essa nei confronti dei nostri connazionali residenti all’estero, tanto come individui quanto come collettività locali.

Va ricordato anzitutto che le attribuzioni dei Consolati nelle diverse materie di interesse dei singoli cittadini italiani all’estero sono previste dal DPR 5 gennaio 1967, n. 200, recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari. Per quanto invece concerne le collettività italiane all’estero, queste ricorrono nei riferimenti normativi alla stregua di nozione di fatto, cui i vari provvedimenti si rapportano.

Nel complesso, comunque, le competenze consolari vanno dalla formazione e trascrizione di atti di stato civile, quali la celebrazione di matrimoni, al rilascio e rinnovo di passaporti. I Consolati hanno inoltre la facoltà di compiere atti inerenti alla cittadinanza, nonché alla navigazione marittima nazionale all'estero. Presso i Consolati possono altresì compiersi funzioni inerenti ad atti notarili e testamenti, autentiche di firma, traduzioni e legalizzazioni, così come certificazioni doganali connesse al rimpatrio.

Più recentemente hanno assunto particolare importanza gli atti consolari inerenti al servizio elettorale, che in precedenza si limitavano all’organizzazione delle elezioni per gli organismi di rappresentanza locale (COMITES – Comitati degli italiani all’estero) e generale (CGIE – Consiglio generale degli italiani all’estero) dei nostri connazionali all’estero, nonché all’allestimento di apposite sezioni elettorali in occasione delle elezioni europee. Con l’approvazione nella XIII Legislatura delle necessarie modifiche costituzionali, e nel dicembre 2001 della legge 27 dicembre 2001, n. 459[121], i cittadini italiani residenti all’estero hanno acquistato il diritto di partecipare alle consultazioni politiche e referendarie in Italia, con la modalità del voto per corrispondenza, affidata per la preparazione, appunto, alla rete consolare.

Inoltre, i Consolati esercitano importanti funzioni sociali, nella misura in cui prestano assistenza per lo svolgimento di pratiche pensionistiche o assistenziali, ovvero provvedono all’erogazione di sussidi o al pagamento di spese mediche a favore di connazionali in stato di indigenza. Quest’ultima funzione viene talvolta esercitata da associazioni operanti nella circoscrizione consolare, che ricevono dal Ministero degli Affari esteri appositi contributi.

La protezione consolare si estende anche ad altre fattispecie: in particolare, i Consolati assistono i cittadini italiani detenuti o perseguiti nella circoscrizione di pertinenza, e quelli che subiscono incidenti (incluso il rimpatrio delle salme); è inoltre intrapresa la ricerca di connazionali che non danno più notizia di sé, e viene prestata l'assistenza necessaria a genitori italiani ai quali il coniuge straniero o doppio cittadino abbia sottratto un figlio portato all'estero.

Per quanto concerne poi la promozione culturale a favore delle collettività italiane, essa corre, nell’attività della rete diplomatico-consolare, parallelamente al più ampio contesto della diffusione della cultura e della lingua italiane all’estero, che il Ministero degli Affari esteri svolge in stretta collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero dell’istruzione, università e ricerca.

Oltre agli 89 Istituti italiani di cultura all’estero, è soprattutto la rete delle scuole italiane all’estero ad assicurare la diffusione della lingua italiana: nei confronti delle collettività italiane all’estero, in particolare, assumono importanza peculiare i corsi di lingua e cultura italiana previsti dall’art. 625 e disciplinati dall’art. 636 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297[122]. I corsi sono attualmente circa trentamila, e sono organizzati da enti, associazioni, comitati o scuole a livello locale, tutti finanziati dal Ministero degli Affari esteri. I docenti impiegati sono assunti in base alla normativa locale, purché in possesso di un titolo di studio valido per l’insegnamento. Si stima che gli allievi dei corsi di lingua italiana siano nel mondo oltre mezzo milione. La vigilanza sulla conduzione dei corsi spetta al Consolato competente per territorio, ove sono istituiti uffici scolastici con personale dei ruoli dirigenziale, docente e amministrativo.

Talora, e più spesso nei Paesi europei, a provvedere ai corsi sono insegnanti di ruolo distaccati presso il Ministero degli Affari esteri, che provvede a smistarli nelle varie circoscrizioni consolari.

Un’ulteriore modalità per la diffusione della lingua italiana è quella della stipula, nelle circoscrizioni consolari ove maggiore è la presenza di una comunità italiana, di convenzioni con le autorità scolastiche locali per l’inserimento dell’italiano nei rispettivi sistemi educativi. Le autorità italiane contribuiscono in tal caso alla formazione dei docenti locali, nonché con la fornitura di materiale didattico.

Per quanto poi concerne la valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero, va ricordata la legge 31 marzo 2005, n. 56[123]. In tale contesto operano i circa 150 Uffici commerciali presso le Rappresentanze diplomatico-consolari, unitamente ai 104 Uffici dell’I.C.E. (Istituto per il commercio estero) e alle 66 Camere di commercio italiane all’estero; inoltre la citata legge n. 56/2005 ha previsto la costituzione di sportelli unici all’estero, operanti in raccordo con le Rappresentanze diplomatico-consolari, per la consulenza e l’assistenza alle imprese, e soprattutto mediante il coordinamento delle iniziative promozionali realizzate localmente da tutti gli attori nazionali, incluse le regioni. La prima fase dell’iniziativa ha visto già nel 2004 l’integrazione fra rappresentanze diplomatico-consolari e Uffici dell’I.C.E.

In merito alla Conferenza dei Giovani Italiani all’estero si ricorda che la prima sessione ha avuto luogo a Roma dal 3 al 7 dicembre 2006, a latere dell’assemblea plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, con la partecipazione di 20 giovani italiani, provenienti da altrettanti Paesi esteri di residenza.

Il viceministro degli Affari esteri con delega per gli Italiani all’estero, ha annunciato l’istituzione del Museo nazionale delle Migrazioni, in occasione del convegno organizzato dalla Farnesina "Museo Nazionale delle Migrazioni. L’Italia nel mondo. Il mondo in Italia" svoltosi il 26 ottobre 2007.  Il viceministro ha precisato che il Museo dovrebbe essere concepito non come un semplice luogo espositivo, ma come una testimonianza multimediale dei fenomeni dell’emigrazione italiana e dell’immigrazione nel nostro Paese. Il nuovo museo dovrebbe entrare in rete con i centri museali delle migrazioni presenti in tutto il mondo e con quelli regionali che già operano in Italia.


Articolo 34
(Sviluppo professionale delle Forze armate)

 


1. Gli importi previsti dalla tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché dalla tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, così come rideterminati dall'articolo 1, comma 570, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono incrementati di 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

2. Allo scopo di continuare ad assicurare le capacità operative dello strumento militare per l'assolvimento dei compiti previsti dalla legge, la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 1238, della citata legge n. 296 del 2006, è incrementata di 140 milioni di euro per l'anno 2008.

3. La dotazione del fondo istituito dall'articolo 1, comma 899, della citata legge n. 296 del 2006 è determinata in 20 milioni di euro per l'anno 2008, dei quali 7 milioni da destinare alla prosecuzione degli interventi relativi all'arsenale della Marina militare di Taranto e 1 milione da destinare al rilancio del Polo di mantenimento pesante nord di Piacenza.

4. Nello stato di previsione del Ministero della difesa è istituito un fondo da ripartire per le esigenze di funzionamento dell'Arma dei carabinieri, con una dotazione di 40 milioni di euro per l'anno 2008. Con decreti del Ministro della difesa, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, si provvede alla ripartizione del fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità «Arma dei carabinieri».


 

 

Il comma 1 dell’articolo 34 provvede ad incrementare gli stanziamenti destinati alla professionalizzazione delle Forze armate di un importo pari a 30 milioni di euro a decorrere dall’esercizio finanziario 2008.

Gli oneri relativi al processo di professionalizzazione delle Forze armate sono contenuti nella tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché nella tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226.

 

L’articolo 3, comma 1 della legge n. 331/2000[124], ha conferito una delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo diretto a disciplinare la progressiva trasformazione dello strumento militare in professionale, attraverso la sostituzione, entro sette anni dall’entrata in vigore del decreto medesimo, dei militari di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa.

La tabella A, allegata alla legge, ha determinato la misura massima degli oneri relativi agli anni dal 2003 fino al 2020, mentre l’onere a regime a decorrere dal 2020 è quantificato in un importo massimo di 1.096 miliardi di lire. È previsto, tuttavia, che qualora il tasso d’incremento degli oneri indicati nella tabella A risulti superiore al tasso di incremento del PIL indicato dal documento di programmazione economico-finanziario, le quote annue dell’onere corrispondenti alla differenza tra i due tassi di variazione siano determinate dalla legge finanziaria.

La legge n. 226/2004[125] ha poi disposto la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e la disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. Il comma 2 dell’articolo 23 prevede che, a decorrere dall'anno 2007 e fino al 31 dicembre 2020, le consistenze dei volontari in ferma prefissata e in rafferma di ciascuna Forza armata siano determinate annualmente con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, secondo un andamento coerente con l'evoluzione degli oneri complessivamente previsti per l'anno di riferimento dalla tabella A allegata alla legge n. 331/2000 e dalla tabella C allegata alla stessa legge n. 226/2004.

Per effetto della rideterminazione delle risorse operata dall’articolo 1, comma 570, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), il finanziamento previsto veniva ridotto nella misura del 15% e pertanto per l’esercizio finanziario 2007 risultava pari a 334 milioni di euro.

 

Il finanziamento previsto per l’esercizio finanziario 2008, a legislazione vigente, è pari a 364 milioni di euro.

 

Il comma 2 provvede ad incrementare gli stanziamenti destinati al fondo per le esigenze di funzionamento dello strumento militare, di cui all’articolo 1, comma 1238, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), di un importo pari a 140 milioni di euro a decorrere dall’esercizio finanziario 2008.

 

L’art. 1, comma 1238, della finanziaria 2007 ha istituito, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un Fondo di 350 milioni di euro per l'anno 2007, e di 450 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, destinato a spese per il funzionamento dello strumento militare.

In particolare, le spese sono imputate alla realizzazione di interventi di sostituzione, ripristino e manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali, sistemi, infrastrutture, equipaggiamenti e scorte, nonché all'adeguamento delle capacità operative e dei livelli di efficienza delle componenti militari, anche in funzione delle missioni internazionali di pace. La norma dispone altresì che il fondo sia alimentato con i pagamenti a qualunque titolo effettuati da Stati o organizzazioni internazionali, ivi compresi i rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle missioni di pace.

Per quanto concerne i rimborsi delle Nazioni Unite per la partecipazione a operazioni di mantenimento della pace, si ricorda che essi fanno parte della normale prassi dei rapporti tra singoli Stati partecipanti e Nazioni Unite, stante il fatto che le truppe impiegate nelle operazioni di pace ONU vengono pagate dai loro governi nazionali, secondo il grado e livello salariale nazionale. Successivamente intervengono i rimborsi, che coprono (parzialmente) sia le spese per il personale militare che quelle per materiali vari ed equipaggiamenti, incluse le armi personali. Attualmente, i rimborsi mensili ai Paesi fornitori di truppe ammontano a 1.028 dollari USA per il salario e altre voci correlate, 303 dollari aggiuntivi per gli specialisti, 68 dollari per divise e equipaggiamento, 55 dollari per le armi personali.

I dieci maggiori contribuenti per le operazioni di pace ONU erano, al 1° gennaio 2006, Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Spagna, Cina e Paesi Bassi.

 

L’articolo 3 del decreto-legge n. 159 del 2007, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (collegato al disegno di legge finanziaria), detta norme sull'utilizzo del «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile» (Fondo TFR), istituito dalla legge finanziaria 2007.

Tale Fondo è alimentato dai contributi versati mensilmente dai datori di lavoro - ad eccezione di quelli che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti - corrispondenti alla quota di TFR maturata a decorrere dal 1° gennaio 2007 e non destinata alle forme pensionistiche complementari. Le risorse del Fondo, al netto di quelle necessarie per le finalità previdenziali, sono destinate al finanziamento degli specifici interventi indicati nell'elenco 1 allegato alla stessa legge finanziaria nei limiti degli importi ivi stabiliti. Tra questi interventi figura il finanziamento di quota parte del Fondo per le spese di funzionamento dello strumento militare, istituito ai fini del mantenimento in efficienza dello strumento militare, anche in funzione delle operazioni internazionali di pace. Rispetto alla dotazione complessiva del fondo, pari a 350 milioni di euro per l'anno 2007 e a 450 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, la parte finanziata con i versamenti del TFR, di cui al citato elenco 1, corrisponde a 160 milioni di euro per l'anno 2007, a 350 euro milioni nell'anno 2008 e ad euro 200 milioni nell'anno 2009. Poiché ai sensi della legge finanziaria 2007, l'utilizzo delle risorse finanziate dall'elenco 1 è subordinato all'effettivo afflusso dei versamenti al Fondo TFR e a procedure di riparto particolarmente complesse, l'articolo 3 del decreto legge n. 159/07 detta disposizioni per la semplificazione di quest'ultime, autorizzando l'utilizzo di una parte delle risorse destinate a ciascun intervento dall'elenco 1, a prescindere dall'effettivo afflusso degli introiti nel Fondo TFR. La risorse sono rese disponibili fino ad un massimo dell'ottanta per cento per l'anno 2007 e del settanta per cento per gli anni 2008 e 2009 degli importi iscritti nell'elenco stesso, computati, ai fini contabili, in termini di indebitamento netto, ossia in termini di competenza economica.

 

Il comma 3, nel testo modificato dal Senato, provvede a determinare, per l’anno 2008, gli stanziamenti destinati al Fondo per la ristrutturazione degli arsenali e degli stabilimenti militari, di cui all’articolo 1, comma 899, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007): l’importo pari a 20 milioni di euro, dei quali 7 espressamente riservati alla prosecuzione degli interventi relativi all’arsenale della Marina militare di Taranto – come nell’originaria formulazione – e 1 al rilancio del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza.

 

L’art. 1, comma 899, della legge finanziaria 2007 ha istituito, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un fondo di conto capitale, destinato alla ristrutturazione ed all’adeguamento degli arsenali e degli stabilimenti militari, comprese le darsene interne.

La dotazione di tale fondo per il 2007 era pari a 20 milioni di euro. La ripartizione avviene con uno o più decreti del Ministro della difesa, da comunicarsi, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda che, dopo la riorganizzazione dell'area tecnico-industriale del Ministero della difesa, attuata dal D.Lgs. 28 novembre 1997, n. 459, gli stabilimenti e gli arsenali militari sono stati posti alle dipendenze dell’Ufficio Generale Gestione Enti Area Tecnico-Industriale, delle singole Forze armate o dell’Agenzia Industrie difesa (istituita dall’articolo 22 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300).

Fanno parte dell’Agenzia Industrie difesa le seguenti attività:

-        Stabilimento Militare Ripristini e Recuperi di Noceto di Parma;

-        Stabilimento Militare Munizionamento Terrestre di Baiano di Spoleto;

-        Stabilimento Militare Propellenti di Fontana Liri;

-        Stabilimento Militare Spolette di Torre Annunziata;

-        Stabilimento Militare Chimico Farmaceutico di Firenze;

-        Stabilimento Produzione Cordami di Castellammare di Stabia;

-        Arsenale Militare Marittimo di La Maddalena;

-        Stabilimento Militare Grafico di Gaeta;

-        Arsenale Militare Marittimo di Messina.

Le singole Forze armate gestiscono le seguenti strutture:

-        Arsenale militare marittimo di La Spezia

-        Arsenale militare marittimo di Taranto

-        Stabilimento NBC di Civitavecchia.

Altri stabilimenti militari, posti alle dipendenze dell’Ufficio Generale Gestione Enti Area Tecnico-Industriale, sono ubicati presso Nettuno, Torino, Ciriè, Pavia e Capua.

 

L'Arsenale M.M. di Taranto fa parte dell'area Tecnica-Industriale della Difesa (di cui rappresenta, con i quasi 2400 dipendenti civili, l'Ente anche numericamente più importante) ed i suoi compiti consistono principalmente nell'assicurare il supporto e l'efficienza delle Unità Navali, secondo un programma annuale di soste lavori e di interventi che viene proposto dallo Stato Maggiore, concordato ed approvato dall'Ispettorato Navale Logistico, previo esame congiunto con lo Stabilimento.

In aggiunta ai compiti istituzionali, l'Arsenale è chiamato a svolgere, nei limiti e con le modalità previste dai regolamenti e dalle leggi in vigore, attività che, seppure di carattere secondario, sono importanti e significative: assistenza alla Protezione Civile, interventi nelle calamità naturali, supporto alle Unità Navali appartenenti ad altre Forze Armate ed alla Marina Mercantile, assistenza ai barotraumatizzati. L'attività di pronto intervento o per i lavori programmati viene espletata da reparti di lavoro supportati da magazzini e laboratori. Vi sono numerosi reparti specializzati per le lavorazioni di bordo (da quelle più tradizionali: costruzione in ferro, congegnatoria, stampaggio bandiere, a quelle di consistente contenuto tecnologico: revisione e riparazione di impianti missilistici, T.L.C., radar, comando e controllo, riparazione moduli e schede elettroniche) più una Direzione di Supporto Diretto per le Unità in linea.

 

Si ricorda che, a seguito della riorganizzazione dell’area tecnico-industriale della Difesa di cui alla legge del 1997, n. 459, il Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza, costituito nella sede dell'attuale arsenale di Piacenza è posto, ai sensi del decreto ministeriale 20 gennaio 1998, alle dipendenze dell’Ispettorato logistico dell’esercito.

 

Il comma 4 prevede l’istituzione, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, di un Fondo per le esigenze di funzionamento dell’Arma dei Carabinieri.

La dotazione di tale fondo è quantificata in 40 milioni di euro e la relativa ripartizione è disposta mediante uno o più decreti del Ministro della difesa, da comunicarsi, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze.


Articolo 35
(Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari)

 


1. Al fine di pervenire al riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché alle popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse all'esposizione e all'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e alla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, ovvero al coniuge, al convivente, ai figli superstiti nonché ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito di tali patologie, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010.

2. Con regolamento da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro della salute, sono disciplinati i termini e le modalità per la corresponsione ai soggetti di cui al comma 1 ed entro il limite massimo di spesa ivi stabilito delle misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e 3 agosto 2004, n. 206.

3. La dotazione del Fondo istituito all'articolo 1, comma 898, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinata in 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010.

4. L'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 16 luglio 1997, n. 264, è ridotta dell'importo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.


 

 

L’articolo 35 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010 per provvedere al ristoro dei danni di coloro che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse:

a)      all’esposizione e all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito;

b)      all’esposizione alla dispersione di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico.

 

Si ricorda che l’uranio impoverito deriva dall’uranio naturale, un elemento radioattivo presente generalmente nel terreno e nelle rocce. L’uranio naturale contiene tre diversi isotopi: U-235, U-234 e U-238. L’uranio è il principale combustibile utilizzato nella produzione dell’energia nucleare. Per ottenere uranio di grado sufficientemente elevato per essere utilizzato in tale impiego è necessario effettuare un trattamento di arricchimento.

Il trattamento di arricchimento sopprime quasi completamente l’isotopo U-234 e i due terzi dell’U-235. La sostanza che residua dopo il trattamento, denominata uranio impoverito, è composta dell’isotopo meno radioattivo, l’U-238, che presenta una radioattività inferiore di circa il 60% di quella dell’uranio naturale.

Gli impieghi militari dell’uranio impoverito comprendono l’integrazione nelle blindature e nei proiettili anti-blindato. L’efficacia in tali impieghi è dovuta al fatto che l’uranio impoverito ha una densità del 65% maggiore del piombo e ciò lo rende particolarmente atto all'impiego nelle corazzature dei veicoli e nelle munizioni ad efficacia cinetica. I proiettili all’uranio impoverito sono infatti considerati fra i più efficaci proiettili anticarro. Al momento dell’impatto del proiettile contenente uranio impoverito si sviluppano temperature estremamente alte e parte del proiettile può vaporizzare (“aerosol”).

Recentemente, i vertici delle Forze armate, nell’ambito dell’indagine conoscitiva condotta dalla IV Commissione Difesa della Camera sulle servitù militari, hanno dichiarato che le forze armate italiane non hanno mai fatto uso di munizionamento ad uranio impoverito.

 

In particolare l'articolo in esame, al comma 1, autorizza la predetta spesa al fine di:

§       pervenire al riconoscimento della causa di servizio;

§       pervenire al riconoscimento di adeguati indennizzi

a favore delle seguenti categorie di soggetti:

a)      personale italiano (non esclusivamente militare, potrebbe intendersi) impiegato:

-        nelle missioni militari all’estero,

-        nei poligoni di tiro;

-        nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti (senza ulteriore specificazione);

b)      popolazioni civili (tanto italiane che straniere, potrebbe intendersi in assenza di specificazioni) che si trovino:

-        nei teatri di conflitto;

-        nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale;

c)      il coniuge, il convivente, i figli superstiti, nonché i fratelli a carico delle persone di cui sopra, qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito delle suddette patologie.

 

Il comma 2 prevede che, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sia emanato un regolamento di delegificazione ai sensi della legge n. 400 del 1988[126], su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e il Ministro della salute, per disciplinare le modalità e i termini per la corresponsione delle misure di sostegno e tutela previste per le vittime del dovere e del terrorismo ai sensi della leggi n. 466 del 1980[127],n. 302 del 1990[128], n. 407 del 1998[129] e n. 206 del 2004[130] e successive modificazioni.

 

La disciplina legislativa in materia di vittime del dovere e del terrorismo è particolarmente stratificata e complessa, tant'è che la legge di semplificazione per il 2005 [131], all'art. 3, ha previsto una delega triennale al Governo per il completo riassetto della normativa. Brevemente può ricordarsi che al godimento dei benefici già riconosciuti agli appartenenti ai corpi di polizia vittime del dovere, la legge del 1980 ammetteva i militari, i magistrati, il personale civile dell’Amministrazione penitenziaria, i cittadini italiani, stranieri, gli apolidi vittime di azioni terroristiche, nonché i familiari delle vittime decedute; successivamente la legge del 1990 estendeva i benefici anche alle vittime degli atti eversivi e della criminalità organizzata di tipo mafioso. Infine la legge del 2004 li ha estesi a tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti. Ha inoltre stabilito che coloro che hanno subito un'invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, sono equiparati, ad ogni effetto di legge, ai grandi invalidi di guerra di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915[132].

Da ultimo è intervenuto in materia l'articolo 34 del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 157, collegato al disegno di legge finanziaria per il 2008 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale), che al comma 1 estende alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti - individuate rispettivamente ai sensi della legge finanziaria 2006 e della legge n. 302 del 1990 - le elargizioni previste per le vittime del terrorismo dalla legge n. 206 del 2004. Risultano pertanto automaticamente equiparati alle vittime del terrorismo anche i soggetti già equiparati dalla legislazione vigente alle vittime del dovere, ossia coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

I benefici previsti per le vittime del terrorismo consistono nell'elargizione a favore di chi abbia subito un'invalidità permanente a causa di un atto di terrorismo, di un beneficio proporzionato alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale, e comunque non superiore a 200.000 euro; nell'elargizione a favore dei componenti della famiglia di colui che, in conseguenza dell'atto di terrorismo, abbia perso la vita, pari a 200.000 euro. La disposizione in esame prevede che ai beneficiari vadano compensate le somme già percepite.

Si segnala, per altro, che, per effetto delle modifiche introdotte dal Senato, è stata ampliata l'efficacia temporale della disposizione, nel senso che l'estensione dei benefici previsti per le vittime del terrorismo non è più limitata, come prevedeva originariamente il decreto-legge, alle sole vittime del dovere e alle vittime della criminalità organizzata ed ai relativi familiari superstiti riconosciute tali alla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Di conseguenza, è stata inserita una autorizzazione di spesa, non solo per l'anno 2007, ma anche per gli anni seguenti, per far fronte agli oneri derivanti dai riconoscimenti successivi alla predetta data.

Sempre per effetto delle modifiche introdotte dal Senato, sono state apportate alcune novelle alla legge sulle vittime del terrorismo (legge n. 206 del 2004).

In primo luogo, è stata ampliata la nozione di «atto di terrorismo», anche alle «azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici e aperti al pubblico». Come emerge dal dibattito presso la Commissione bilancio del Senato, la disposizione è finalizzata a estendere i benefici della legge sulle vittime del terrorismo anche alle vittime di atti criminosi indiscriminati e ripetitivi dei quali potrebbe non essere certa la finalità terroristica.

In secondo luogo, il trattamento economico riservato a chi abbia subito un'invalidità permanente in conseguenza di atti di terrorismo, nonché alle vedove e agli orfani, ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennità di fine rapporto, o di altro trattamento equipollente, viene determinato non più facendo riferimento agli incrementi stipendiali previsti dall'articolo 2 della legge n. 336 del 1970 a favore dei dipendenti pubblici ex combattenti o assimilati, ma alla retribuzione pensionabile incrementata del 7,5 per cento.

In terzo luogo, in relazione ai benefici riconosciuti dalla legge finanziaria 2007 ai soggetti che abbiano subito un'invalidità permanente di qualsiasi entità e grado della capacità lavorativa, a causa di atti di terrorismo o ai loro familiari (il coniuge e i figli anche maggiorenni) siano essi dipendenti pubblici o privati, si prevede un'indennità, a favore dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti, a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto. Tale indennità è determinata applicando appositi parametri ad una base, rappresentata dalla media dei redditi da lavoro autonomo o da attività libero professionale percepiti negli ultimi cinque anni di contribuzione, moltiplicata per dieci.

 

Il comma 3 stabilisce che la dotazione del Fondo per le bonifiche delle aree militari è fissata in 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

 

Si ricorda che il Fondo per le bonifiche delle aree militari è stato istituito con l’articolo 1, comma 898 della legge finanziaria per il 2007. Si tratta di un fondo di conto capitale, previsto nello stato di previsione del Ministero della Difesa, destinato alle bonifiche delle aree militari, sia dismesse che attive, e di pertinenza dei poligoni militari di tiro, nonché delle unità navali, da effettuarsi d’intesa con il Ministero dell’Ambiente, anche mediante l’impiego del Genio militare. La dotazione iniziale era di 25 milioni di euro. La ripartizione del fondo va effettuata con decreti del Ministro della Difesa, emanati di concerto con il Ministero dell’Ambiente e comunicati al Ministero dell’Economia e Finanze.

 

Il comma 4 dispone che l’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 16 luglio 1997, n. 264[133], sia conseguentemente ridotta dell’importo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

Si segnala che nel testo disponibile al momento della redazione delle schede di lettura, risulta un riferimento all’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 264 del 1997, relativo al riordino dell’area centrale della Difesa, che peraltro non sembra prima facie contenere una espressa autorizzazione di spesa.


Articolo 36
(Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica)

 


1. Il Ministero della giustizia provvede entro il 31 gennaio 2008 ad avviare la realizzazione di un sistema unico nazionale, articolato su base distrettuale di corte d'appello, delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica disposte o autorizzate dall'autorità giudiziaria, anche attraverso la razionalizzazione delle attività attualmente svolte dagli uffici dell'amministrazione della giustizia. Contestualmente si procede all'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 96 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni.

2. Il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, procede al monitoraggio dei costi complessivi delle attività di intercettazione disposte dall'autorità giudiziaria.


 

 

L'articolo 36 prevede la razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e di altre forme di comunicazione informatica o telematica.

 

In particolare, il comma 1 prevede, nel primo periodo, che il Ministro della giustizia, entro il 31 gennaio 2008, avvii la realizzazione di un "sistema unico" nazionale delle intercettazioni telefoniche, ambientali e di altre forme di comunicazione informatica o telematica disposte o autorizzate dall’autorità giudiziaria, anche attraverso la razionalizzazione delle attività attualmente svolte dagli uffici dell’Amministrazione della giustizia.

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato è stato specificato che tale sistema unico dovrà essere articolato su base distrettuale di corte d’appello.

 

Tale specificazione sembrerebbe armonizzare la disposizione in esame con il contenuto del disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, approvato dalla Camera e attualmente all'esame della II Commissione del Senato (A.S. 1512, Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali e di pubblicità degli atti di indagine). L'art. 9 di tale disegno di legge, infatti, modifica l'art. 268 c.p.p., stabilendo che le operazioni di registrazione siano compiute per mezzo degli impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica istituiti presso le procure generali o presso le procure della Repubblica della sede del distretto di corte di appello.

 

Sebbene la disposizione in esame non fornisca dettagli sulle caratteristiche di tale sistema unico, parrebbe che esso debba condurre ad una razionalizzazione delle spese connesse all'esecuzione delle operazioni di intercettazione.

La relazione di accompagnamento del disegno di legge finanziaria (A.S. 1817), infatti, afferma che il sistema unico nazionale «consentirà di superare l’attuale ricorso al noleggio di apparati in sede locale».

 

Si ricorda che i costi connessi alle operazioni di intercettazione derivano da tre distinte voci: dalla remunerazione degli operatori delle comunicazioni che svolgono le intercettazioni; dall’acquisizione dei tabulati telefonici; dal noleggio dei macchinari.

Per quanto riguarda il costo delle intercettazioni, in Italia, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi europei, gli operatori telefonici, sebbene obbligati a collaborare con l'autorità giudiziaria, hanno diritto ad ottenere una controprestazione economica per le attività connesse all'intercettazione.

Ai sensi dell'art. 7, comma 13, del D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318[134], infatti, «le prestazioni effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie sono obbligatorie, non appena tecnicamente possibile da parte dell'organismo di telecomunicazioni nei tempi e nei modi che questo concorderà con le predette Autorità. Le prestazioni relative alle richieste di intercettazioni vengono remunerate secondo un listino, redatto per tipologie e fasce quantitative di servizi, proposto dall'organismo di telecomunicazioni ed approvato dal Ministero delle comunicazioni di concerto con il Ministero della giustizia». Il listino è stato approvato con D.M. 26 aprile 2001[135] .

Successivamente, il D.P.R. 318/1997 è stato abrogato dal decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259[136], il cui art. 96 (rubricato "Prestazioni obbligatorie") prevede l’obbligatorietà, per gli operatori, di acconsentire alle richieste di intercettazioni da parte dell’autorità giudiziaria. I tempi e i modi delle intercettazioni sono concordati con le predette autorità in attesa dell’approvazione di un apposito repertorio.

Il ristoro dei costi sostenuti dagli operatori e le modalità di pagamento sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, in forma di canone annuo determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell'anno precedente.

Il repertorio dovrà essere approvato con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con i Ministri della giustizia e dell'interno. Nelle more dell’approvazione del repertorio, continua ad applicarsi il listino adottato con D.M. 26 aprile 2001.

 

Per quanto riguarda il noleggio delle apparecchiature, attualmente il procedimento di scelta del contraente per la fornitura del servizio in questione avviene a livello di singola Procura.

 

Il Ministero della Giustizia, Direzione generale di statistica, ha pubblicato sul proprio sito internet i dati nazionali relativi ai costi delle intercettazioni e del noleggio degli apparati nel quadriennio 2003-2006 .

 

(importi totali in euro)

2003

2004

2005

2006

263.861.624

254.053.063

286.962.492

223.976.088

 

Il secondo periodo del comma 1 dispone affinché, contestualmente all'avvio del sistema unico, si proceda all’adozione dei provvedimenti previsti dal citato art. 96 del d.lgs. n. 259 del 2003 (v. sopra): repertorio delle prestazioni obbligatorie e decreto sui costi.

 

Ai sensi del comma 2, il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, procede al monitoraggio dei costi complessivi delle attività di intercettazione disposte dall’autorità giudiziaria.

 

In relazione alla disposizione in esame si osserva che la medesima appare formulata in maniera particolarmente generica. Al riguardo, in considerazione della delicatezza dei dati oggetto del citato monitoraggio e della fase processuale in cui vengono disposte le intercettazioni, andrebbe valutata l'opportunità di chiarire le modalità ed i tempi di trasmissione, al Ministero competente, dei dati relativi ai costi delle citate operazioni disposte dall'autorità giudiziaria.


Articolo 37
(Misure in favore della giustizia minorile)

 


1. Al fine di garantire la continuità dei servizi di assistenza e di vigilanza nei confronti dei minorenni collocati, a seguito di provvedimento dell'autorità giudiziaria, nelle comunità dell'amministrazione della giustizia minorile, previste dall'articolo 10 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, al personale appartenente ai profili di operatore e di assistente di vigilanza è corrisposta, in presenza di articolazioni di orario, l'indennità di turnazione prevista dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri, con modalità e criteri che sono stabiliti in sede di contrattazione integrativa.

2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzato in favore del Ministero della giustizia uno specifico stanziamento di euro 307.000 per l'anno 2008.


 

 

L'articolo 37, introdotto nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria in Senato, prevede la corresponsione dell'indennità di turnazione agli operatori ed agli assistenti di vigilanza in servizio presso le comunità di cui all'art. 10 del decreto legislativo n. 272 del 1989[137], organizzate dall'amministrazione della giustizia minorile (comma 1).

 

Ai sensi dell'art. 10 del decreto legislativo n. 272/1989, i centri per la giustizia minorile stipulano convenzioni con comunità pubbliche e private, associazioni e cooperative che operano in campo adolescenziale e che siano riconosciute o autorizzate dalla regione competente per territorio. Essi possono altresì organizzare proprie comunità, anche in gestione mista con enti locali.

L'organizzazione e la gestione delle comunità deve rispondere ai seguenti criteri:

a)       organizzazione di tipo familiare, che preveda anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedimento penale e capienza non superiore alle dieci unità, tale da garantire, anche attraverso progetti personalizzati, una conduzione e un clima educativamente significativi;

b)       utilizzazione di operatori professionali delle diverse discipline;

c)       collaborazione di tutte le istituzioni interessate e utilizzazione delle risorse del territorio.

Operatori dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia possono essere distaccati presso comunità e strutture pubbliche o convenzionate per compiti di collaborazione interdisciplinare.

Le comunità sono dunque strutture utilizzate, nella maggior parte dei casi, per l'esecuzione delle misure cautelari non detentive e della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, con dimensioni strutturali e organizzative connotate da una forte apertura al contesto ambientale.

I collocamenti in comunità possono essere disposti sia verso le comunità dell'amministrazione della giustizia minorile, avviate e gestite direttamente dall'amministrazione stessa (cui si riferisce la disposizione in esame), sia verso comunità private, associazioni e cooperative, con cui l'amministrazione della giustizia minorile stipula convenzioni, al fine di aumentare la possibilità di accesso dei minori a tale tipo di strutture.

 

L'indennità in questione, corrisposta in presenza di articolazioni di orario, è prevista dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri. Le modalità e i criteri di corresponsione sono stabiliti in sede di contrattazione integrativa.

 

A tal fine, comunque, il comma 2 autorizza, a favore del Ministero della giustizia, uno stanziamento di 307.000 euro per l'anno 2008.

 

 


Articolo 38
(Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale
in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia
e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 6-septies, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, a decorrere dal 1o febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale ed accessorio attinente alla posizione di comando del personale appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici dello stesso. Resta fermo il divieto di cumulabilità previsto dall'articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

 

 

L’articolo 38 stabilisce che, a decorrere dal 1° febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale e accessorio attinente alla posizione di comando del personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici.

La ratio di tale disposizione è esplicitata in sede di relazione illustrativa e tecnica, laddove il Governo afferma che pur non determinando risparmi di spesa “si può presumere che [...] determini un decremento del personale comandato, e conseguentemente un recupero delle unità a disposizione per compiti d’istituto”.

L’elemento di innovazione introdotto dalla norma in esame sembra pertanto essere quello di porre in ogni caso a carico della amministrazione utilizzatrice (sia essa statale o meno) l’onere di corresponsione del trattamento economico spettante al personale de quo in posizione di comando.

La disciplina generale del comando, ove non disapplicata a livello di contrattazione collettiva (per il personale “privatizzato”), è posta dagli articoli 56 e ss. del D.P.R. 3/1957[138]. In particolare, l’articolo 57 (Trattamento del personale comandato e carico della spesa) del D.P.R. citato attribuisce la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale all'amministrazione di appartenenza, mentre carica quella relativa alla spesa del personale comandato presso enti pubblici direttamente ed interamente all'ente presso cui detto personale va a prestare servizio; tale ente è, altresì, tenuto a versare all'amministrazione statale cui il personale stesso appartiene l'importo dei contributi e delle ritenute sul trattamento economico previsti dalla legge. Il periodo di tempo trascorso nella posizione di comando è computato agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza. Alle promozioni di tutto il personale comandato, nonché agli aumenti periodici, provvede l'amministrazione cui l'impiegato appartiene organicamente.

 

L’articolo in esame stabilisce altresì che le disposizioni recate dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006[139] così come modificato dalla L. di conversione 17/2007 rimangano invariate.

La norma da ultimo citata dispone che fino al 31 dicembre 2011, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché presso gli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 14, comma 2, del D. Lgs. 165/2001[140] cui ciascun ministro può avvalersi, per l’esercizio delle funzioni, che gli sono proprie, di indirizzo politico-amministrativo e di controllo della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli indirizzi impartiti, continua ad applicarsi la disposizione di cui al sopra citato art. 57 del testo unico di cui al D.P.R. 3/1957. Al medesimo personale indicato dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006, e fino alla data del 31 dicembre 2011, non si applicano, altresì, il limite di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 133 del D. Lgs. 217/2005[141] ovvero la disposizione secondo la quale possono essere collocati in posizione di comando o fuori ruolo non più di cinque unità di personale di livello dirigenziale contemporaneamente, e la disposizione di cui al comma 3 del medesimo art. 133 ai sensi della quale il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativi al personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo sono a carico dell'amministrazione di destinazione.

 

Resta fermo, secondo quanto precisato dal secondo periodo della disposizione in esame, il divieto posto dall’art. 3, comma 63 della L. 537/1993[142], ossia la non cumulabilità di indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall'amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell'amministrazione presso la quale i pubblici dipendenti “comandati” prestano servizio.

 

Si ricorda infine che il personale delle Forze di polizia e quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono tuttora in regime di diritto pubblico (art. 3 del D. Lgs. 165/2001). Inoltre con la firma, il 31 ottobre 2007 del rinnovo del contratto di lavoro 2006-2007, tutto il personale del Corpo dei Vigili del fuoco (dirigenti, direttivi, personale operativo e personale amministrativo) è entrato nel comparto di contrattazione di diritto pubblico.


Articolo 39
(Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)

 


1. Per l'anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico, ad esclusione delle spese per il personale e di quelle destinate al ripianamento delle posizioni debitorie, con una dotazione di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni di euro per le specifiche necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da ripartire con uno o più decreti del Ministro dell'interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

2. Per l'anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo di parte corrente per il rinnovo e l'ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze di Polizia di Stato, con una dotazione iniziale di 10 milioni di euro da ripartire secondo le modalità previste nel comma 1.

3. Per evitare eccessive limitazioni alle prestazioni di lavoro straordinario, a decorrere dall'anno 2008 sono stanziati 10 milioni di euro, da destinare al personale delle forze di Polizia di Stato.

 


 

 

Il comma 1 dell’articolo 39 in esame istituisce per il 2008, presso il Ministero dell'Interno, un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico con una dotazione di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni per le necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da ripartire tramite uno o più decreti del ministro degli Interni. Dallo stanziamento sono escluse le spese per il personale e quelle per il ripianamento delle posizioni debitorie.

 

Si ricorda che Difesa e sicurezza del territorio, Ordine pubblico e sicurezza e Soccorso civile rappresentano, nell’ambito della riclassificazione del bilancio operata dal Governo, tre missioni distinte: per la prima, il bilancio a legislazione vigente prevede uno stanziamento complessivo di competenza per il 2008 pari a euro 1.000.000.000; per la seconda pari a euro 1.270.566.850, per la terza pari a 1.824.682.362.

In seno al Ministero dell’interno, le competenze in tema di sicurezza spettano al Dipartimento della pubblica sicurezza, che provvede:

-        all'attuazione della politica dell'Ordine e della Sicurezza Pubblica;

-        al coordinamento tecnico-operativo delle Forze di Polizia;

-        alla direzione e amministrazione della Polizia di Stato;

-        alla direzione e gestione dei supporti tecnici.

Quanto al soccorso pubblico, le relative competenze spettano al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, che svolge le funzioni e i compiti spettanti al Ministero di seguito indicati:

-        soccorso pubblico;

-        prevenzione incendi e altre attività assegnate al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco dalle vigenti normative;

-        difesa civile.

 

Il riparto del fondo è demandato a uno o più decreti del Ministro dell’interno, da comunicare – anche con evidenze informatiche – al Ministero dell’economia e delle finanze per il tramite dell’Ufficio centrale di bilancio, alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Relativamente al bilancio del Ministero dell’interno, la Corte dei Conti, nella premessa al capitolo a questo dedicato della Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2006, sottolinea che “nell’esercizio in esame, il bilancio iniziale del Ministero dell’interno è stato sottostimato, come risulta dalla non irrilevante forbice tra stanziamenti iniziali e definitivi; sottostima che si rinviene anche nel bilancio del 2007, nell’ambito del quale alcuni capitoli di spesa, sui quali gravano oneri per impegni assunti negli anni precedenti e che si estendono a più esercizi, non hanno sufficienti stanziamenti. Tale situazione comporta un apparente contenimento della spesa per il funzionamento dell’apparato ministeriale, determinando invece il formarsi e l’incrementarsi di oneri sommersi, ai quali, comunque, l’Amministrazione dovrà fare fronte nei successivi esercizi, in alcuni casi anche con aggravi per interessi per ritardati pagamenti. L’Amministrazione ha comunicato che l’ammontare di tali debiti è pari a 408 milioni”. Analizzando nello specifico la situazione relativa al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, la Corte aggiunge che i debiti pregressi del Dipartimento raggiungono gli 83 milioni (derivanti dalla spesa per fitti di sedi di servizio, dalle spese per le utenze energetiche ed idriche, dagli oneri per il lavoro straordinario proveniente dagli anni precedenti derivanti dalla mancata assegnazione di somme versate da Regioni ed Enti locali a seguito di convenzioni stipulate con il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e per l’insufficiente finanziamento dei costi dei servizi resi in occasione delle Olimpiadi di Torino, mentre sono in sofferenza i capitoli di spesa per la gestione dei mezzi operativi per l’attività di soccorso ordinario e speciale). La carenza di risorse, continua la Corte, “seppur non riconducibile alle manovre di contenimento della spesa (…) è ancor più accentuata dal mancato rimborso da parte del Dipartimento della Protezione civile, dei costi sostenuti dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco per interventi richiesti in situazioni di particolari emergenze. Complessivamente, devono ancora essere rimborsati circa 2,5 milioni, per eventi verificatisi nel 2002”.

 

Il comma 2, introdotto, come il successivo, a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea del Senato dell’emendamento 25.600 (testo 2)[143], istituisce per il 2008 nel bilancio del Ministero dell’interno un fondo di parte corrente con la dotazione iniziale di 10 milioni di euro per il rinnovo e l’ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze della Polizia di Stato. Il riparto delle somme  avviene con le stesse modalità previste per il riparto del fondo per le esigenze della sicurezza e del soccorso pubblico.

 

L’urgenza di rinnovare il parco automezzi delle forze di Polizia di Stato è stata sottolineata anche nel corso delle Audizioni tenutesi nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia. In tale occasione il capo della Polizia di Stato, prefetto Antonio Manganelli (seduta del 26 luglio 2007) e il ministro dell'interno Giuliano Amato (seduta del 30 maggio 2007) hanno sottolineato l’importanza di un intervento in tal senso. In particolare, dai dati forniti emerge che, con riferimento alle articolazioni centrali e periferiche del Dipartimento della Pubblica sicurezza, la quantità di auto e motoveicoli esposti al logoramento, ovvero con un impiego superiore ai sette anni, e che quindi necessitano di sostituzione, risultano il 43% della dotazione di autovetture specializzate; il 30% della dotazione di autovetture di istituto; il 49% della dotazione di autovetture di serie; il 26% della dotazione di moto con colore di istituto; il 48% della dotazione di moto con colore di serie e il 54% della dotazione di veicoli per i servizi di ordine pubblico.

 

In ultimo, il comma 3 impegna ulteriori 10 milioni da destinare al personale delle forze di Polizia di Stato al fine di evitare eccessive limitazioni alle prestazioni di lavoro straordinario.

 

Risulta utile anche in questo caso riferirsi a quanto illustrato dalla Corte dei Conti nella Relazione sopra citata in merito alle prestazioni di lavoro straordinario delle Forze di Polizia di Stato. A tale proposito, la Corte rileva come si manifestino situazioni debitorie con riguardo al trattamento economico accessorio del personale, in particolare con riferimento al compenso per lavoro straordinario e all’indennità di ordine pubblico per le Forze di polizia. In particolare gli stanziamenti per lavoro straordinario e per l’indennità di ordine pubblico si presentano insufficienti in presenza di eventi di carattere straordinario, quali le Olimpiadi di Torino, per le quali non vengono previsti specifici stanziamenti e che pertanto richiedono il ricorso agli ordinari stanziamenti di bilancio. La Corte rileva inoltre che, con specifico riferimento agli incontri di calcio nella stagione 2006/2007, sono stati impiegati per 2.444 incontri, 216.880 unità provenienti dalle Forze di Polizia di Stato, con un costo per lavoro straordinario di circa 11,8 milioni di euro.


Articolo 40
(Sicurezza della navigazione)

 


1. Per l'anno 2008 è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro da iscrivere nel Fondo di cui all'articolo 1, comma 1331, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da ripartire, per le esigenze di funzionamento e per l'esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, con decreto del Ministro dei trasporti, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio.

2. Al fine di sviluppare la componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2008, 10 milioni di euro per l'anno 2009 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011.


 

 

L'articolo 40 prevede alcuni stanziamenti in favore del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, per garantirne il funzionamento, l’espletamento dei compiti operativi di vigilanza e controllo, lo sviluppo della componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione.

Il comma 1 autorizza per l’anno 2008 la spesa di 20 milioni di euro da iscrivere nel Fondo istituito per le esigenze di funzionamento del Corpo dall’articolo 1, comma 1331, della legge finanziaria 2007. Le risorse sono destinate a sostenerne il funzionamento e l’espletamento dei compiti di vigilanza e controllo in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali.

I fondi sono ripartiti con decreto del Ministro dei trasporti, da comunicare anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio.

Il comma 2 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2008, 10 milioni di euro per l’anno 2009 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 allo scopo di sviluppare la componente aeronavale e i sistemi di comunicazione del medesimo Corpo.

 

Il richiamato comma 1331 della finanziaria 2007 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un Fondo di parte corrente, con dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2007, da ripartire, per le esigenze di funzionamento del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera.

La legge 296/2006 destina peraltro al Corpo delle capitanerie di porto ulteriori stanziamenti, pari a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per il potenziamento della componente aereonavale (comma 1039).

Per completezza si ricorda che il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della sua opera, fra cui il Ministero dei Trasporti che dal 1994 svolge le funzioni collegate all'uso del mare per le attività connesse con la navigazione commerciale e da diporto, precedentemente svolte dal Ministero della marina mercantile.

Le principali linee di attività del Corpo sono:

-          sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto e, attraverso l’attività di Port State Control, anche sul naviglio mercantile estero che scala nei porti nazionali;

-          ricerca e soccorso in mare;

-          protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

-          controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole e forestali;

-          amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;

-          polizia marittima (cioè polizia tecnico-amministrativa marittima), comprendente la disciplina della navigazione marittima e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi.

Ulteriori funzioni sono svolte in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero della difesa (arruolamento personale militare), dal Ministero dei beni culturali e ambientali (archeologia subacquea), dal Ministero dell’interno (controlli in materia di immigrazione), dal Ministero di grazia e giustizia e dal Dipartimento della protezione civile.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Politica portuale europea

Il 18 ottobre 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione[144] con la quale presenta un piano d’azione inteso a promuovere un sistema portuale efficiente a livello comunitario (COM(2007)616) in grado di fronteggiare le sfide che oggi si registrano in questo settore costituite, tra l’altro, dall’evoluzione tecnologica caratterizzata dal ricorso sempre più frequente alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni con la conseguente necessità di una più adeguata formazione del personale.

Fra le misure individuate dal piano d’azione al fine di favorire la creazione di una politica portuale europea figurano:

-        il miglioramento dell’interfaccia tra la nave e la terraferma grazie all’applicazione di sistemi di identificazione automatica delle navi e di scambi di dati sulla sicurezza marittima basati sul ricorso alle nuove tecnologie quali SafeSeaNet[145], AIS(Automatic Identification System) e LRIT (Long-range Identification and Tracking);

-        la semplificazione delle procedure amministrative e doganali per i servizi marittimi intracomunitari mediante lo sviluppo di operazioni on-line basate sul ricorso alle nuove tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni – settore nel quale la Commissione intende presentare orientamenti nel 2009 -e la creazione di uno sportello unico per il trattamento dei dati;

-        il miglioramento dell’efficienza dei porti anche avvalendosi delle possibilità offerte dai programmi di ricerca comunitari e, in particolare, dal settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico istituito dalla decisione n. 1982/2006/CE.

Sicurezza della navigazione

Il 23 novembre 2005 la Commissione ha presentato il terzo pacchetto di misure legislative in materia di sicurezza marittima (cosiddetto pacchetto Erika III)[146], che comprende, tra l’altro, una proposta di direttiva intesa a modificare la direttiva 2002/59/CE relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e di informazione (COM(2005)589).

L’obiettivo della proposta è quello di rafforzare il sistema comunitario di controllo del traffico navale mediante una stretta cooperazione negli scambi di informazione, in particolare per quanto riguarda i prodotti trasportati dalle navi. La Commissione, a tal fine, intende tenere conto dei risultati positivi ottenuti grazie all’applicazione di nuovi dispositivi tecnici quali i sistemi di identificazione automatica delle navi (AIS – Automatic Identification System). Le modifiche sono volte, in particolare, ad integrare nella direttiva 2002/59/CE i princìpi definiti in occasione di lavori congiunti tra la Commissione e gli Stati membri per l’attuazione del sistema di scambi di dati sulla sicurezza marittima SafeSeaNet, promuovendo la cooperazione tra gli Stati membri per il monitoraggio e lo sviluppo di tale sistema. La Commissione precisa che in quest’ottica tutti i sistemi nazionali dovranno essere compatibili con SafeSeaNet e tutte le informazioni di interesse comunitario dovranno poter essere armonizzate.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata, il 25 aprile 2007, in prima lettura dal Parlamento europeo che ha approvato una serie di emendamenti. Il Consiglio trasporti dell’8 giugno 2007 ha raggiunto all'unanimità un accordo politico sulla proposta di direttiva, in vista della posizione comune in prima lettura che sarà adottata in una delle prossime sessioni ed esaminata dal PE in seconda lettura il 17 giugno 2008.


Articolo 41
(Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica)

 


1. Al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2006, è istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, uno specifico fondo con una dotazione di 7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono fissati i criteri e le procedure per l'assunzione del personale di cui al comma 1, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle amministrazioni interessate.


 

 

L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame al Senato, istituisce un Fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avente una dotazione annua, a decorrere dal 2008, di 7 milioni di euro, al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo per almeno un anno, alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne facciano parte, operanti sul territorio nazionale. In particolare, il Fondo concerne i soggetti che siano stati licenziati, in conseguenza di provvedimenti - adottati entro il 31 dicembre 2006 - di soppressione delle basi militari degli organismi suddetti.

I criteri e le modalità per l'assunzione del personale in esame, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle pubbliche amministrazioni interessate, sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame.


Articolo 42
(Chiusura dell’emergenza conseguente alla crisi sismica nelle regioni Umbria e Marche del 1997)

 


1. Al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 7 dell'articolo 2 è aggiunto il seguente:

«7-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, le regioni completano gli interventi di ricostruzione e sviluppo nei rispettivi territori secondo le disposizioni del presente decreto e dei piani e programmi predisposti in attuazione delle ordinanze emanate, durante la vigenza dello stato di emergenza, dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell'interno e dai commissari delegati»;

b) al comma 7 dell'articolo 3, le parole: «alla fine dello stato di emergenza» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2012»;

c) dopo l'articolo 10 è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. - (Misure per i territori interessati dal sisma del dicembre 2000) - 1. Alla cessazione dello stato di emergenza dichiarato a seguito del sisma del 16 dicembre 2000, che ha interessato i comuni della provincia di Terni, continuano ad applicarsi l'articolo 1, commi 4 e 5, dell'ordinanza n. 3101 del 22 dicembre 2000 del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e l'articolo 6 dell'ordinanza n. 3124 del 12 aprile 2001 del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile»;

d) dopo il comma 5 dell'articolo 12 è inserito il seguente:

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, per il quinquennio 2008-2012, i contributi di cui ai commi 2 e 3 sono determinati annualmente ed erogati agli enti locali dal Ministero dell'interno nell'ambito dei trasferimenti erariali ordinari in favore degli enti stessi. La determinazione e l'erogazione avvengono assumendo come base di calcolo le certificazioni analitiche del Ministero dell'interno relative all'anno 2006 e i relativi importi sono progressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquennio»;

e) dopo l'ultimo periodo del comma 14 dell'articolo 14 è aggiunto il seguente: «Alla cessazione dello stato di emergenza, per il quinquennio 2008-2012, le spese necessarie per le attività previste dal presente comma sono determinate ed erogate assumendo come base di calcolo la spesa sostenuta nel 2006 ed i relativi importi sono progressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquennio»;

f) dopo il comma 5 dell'articolo 15 è aggiunto il seguente:

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza le risorse giacenti nelle contabilità speciali istituite ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 dell'ordinanza del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2668 del 28 settembre 1997 sono versate nelle contabilità speciali di cui al comma 5 ed utilizzate per il completamento degli interventi da ultimare».

2. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b) e c), si provvede nei limiti delle risorse di cui alla lettera f) del medesimo comma 1. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, lettere d) ed e), si provvede nei limiti di euro 13,6 milioni per l'anno 2008, di euro 11,4 milioni per l'anno 2009, di euro 9,2 milioni per l'anno 2010, di euro 7 milioni per l'anno 2011 e di euro 4,8 milioni per l'anno 2012.

3. I soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei termini dei versamenti tributari, previste dall'articolo 14, commi 1, 2 e 3, dell'ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, dall'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza n. 2728 del 22 dicembre 1997, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e dall'articolo 2, comma 2, dell'ordinanza n. 2908 del 30 dicembre 1998, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e della sospensione dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi, prevista dall'articolo 13 dell'ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e successive modificazioni, possono definire la propria posizione relativa al periodo interessato dalla sospensione, corrispondendo l'ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo oggetto della sospensione al netto dei versamenti già eseguiti nella misura e con le modalità da stabilire nei limiti di 47 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.


 

 

L’articolo in esame, come evidenzia anche la relazione illustrativa, introduce una serie di disposizioni volte a “chiarire alcune modalità procedurali in occasione del passaggio delle competenze a seguito della cessazione dello stato di emergenza” conseguente al sisma del 1997 che ha colpito le due regioni delle Marche e dell’Umbria.

Lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2007 dal DPCM 1 dicembre 2006[147]. La medesima proroga è stata disposta anche per lo stato di emergenza dichiarato a seguito dell’evento sismico verificatosi nella provincia di Terni il 16 dicembre 2000.

Il comma 1, lett. c) (su cui infra) reca specifiche misure per i territori interessati da tale ultimo sisma.

 

Il comma 1 prevede, attraverso alcune novelle al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, che:

a)      alla cessazione dello stato di emergenza, le regioni Marche ed Umbria completino gli interventi di ricostruzioni e sviluppo secondo le disposizioni emanate nella vigenza dello stato di emergenza stesso. Tale disposizione viene introdotta aggiungendo un comma 7-bis all’art. 2 del decreto legge n. 6 del 1998 (relativo ai Compiti delle regioni e intese istituzionali di programma);

b)      venga esteso al 31 dicembre 2012 il termine per la concessione dei contributi mensili previsti dall’ordinanza n. 2668 del 1997, che il comma 7 dell’art. 3 del decreto legge n. 6 del 1998 proroga, invece, fino alla fine dello stato di emergenza.

Il comma 7 dell’art. 3 del decreto legge n. 6 del 1998 dispone che il termine di cui all'art. 7, comma 2, dell'O.M. 28 settembre 1997, n. 2668 sia prorogato fino alla fine dello stato di emergenza e i benefìci siano concessi, per il periodo necessario, anche ai nuclei familiari residenti in abitazioni principali, nel caso in cui la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo richieda di liberare temporaneamente l'immobile.

A sua volta il citato art. 7, comma 2, dell’ordinanza n. 2668/1997 prevede l’assegnazione di un contributo mensile fino ad un massimo di lire 600.000 e per non più di dodici mesi, per l’autonoma sistemazione di ogni nucleo familiare evacuato dall’alloggio distrutto o dichiarato inagibile.

c)      vengano prorogati alcuni contributi e agevolazioni tributarie previsti per il sisma di Terni del dicembre 2000. Viene, infatti, previsto che ai comuni della provincia di Terni colpiti dal terremoto del dicembre 2000 continuino ad applicarsi, alla cessazione dello stato di emergenza, le disposizioni recate dall’art. 1, commi 4 e 5, dell’ordinanza del 22 dicembre 2000, n. 3101, e dall’art. 6 dell’ordinanza del 12 aprile 2001, n. 3124. La modifica viene introdotta aggiungendo l’art. 10-bis al decreto legge n. 6 del 1998.

L’art. 1, commi 4 e 5 dell’ordinanza n. 3101/2001 prevedono che sia assegnato, ai fini della sistemazione dei nuclei familiari oggetto di ordinanza sindacale di sgombero per inagibilità totale o parziale dell'abitazione principale, fino al 31 dicembre 2001, un contributo mensile fino ad un massimo di lire 600.000, da erogare con le modalità già previste dall'ordinanza n. 2668/1997 e successive modificazioni ed integrazioni. Nei confronti degli stessi soggetti sono altresì sospesi, fino al 31 dicembre 2001, i versamenti di natura tributaria di pertinenza regionale e comunale.

L’art. 6 dell’ordinanza n. 3124/2001 prevede che per la disciplina, anche tecnica, degli interventi dei contributi da destinare ai soggetti privati e alle attività produttive danneggiate dall'evento sismico, il presidente della regione dell'Umbria, commissario delegato, operi nell'ambito dei limiti e secondo le procedure di cui alla legge n. 61/1998 e successive modifiche ed integrazioni e relative normative tecniche.

d)      per il periodo 2018-2012, alcuni contributi concessi ai comuni ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998, vengano determinati annualmente ed erogati agli enti locali dal Ministero dell’interno nell’ambito dei trasferimenti erariali ordinari in favore degli enti stessi. La determinazione avverrà sulla base delle certificazioni del Ministero dell’interno relative all’anno 2006 e gli importi saranno determinati, negli anni successivi al 2006, con un meccanismo progressivo di riduzione. Tali disposizioni vengono introdotte aggiungendo un comma 5-bis all’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998.

Si ricorda che l’art. 12 del decreto-legge n. 6 del 1998 reca misure a favore dei comuni interessati dalla crisi sismica. In particolare, il comma 1 prevede che a tali comuni venga concessa dal Ministero dell'interno un'anticipazione dei trasferimenti erariali per compensare gli effetti finanziari delle proroghe dei versamenti per gli anni 1997 e 1998, disposte dalle ordinanze di cui all'art. 1, relativi all'imposta comunale sugli immobili, alla tassa sui rifiuti solidi urbani e alla imposta sulla pubblicità. L'anticipazione è calcolata sulla base delle minori entrate rispetto al 1996, certificate dai comuni interessati. Al recupero dell'anticipazione provvede il Ministero dell'interno in sede di assegnazione delle rate dei contributi ordinari spettanti dopo la scadenza delle proroghe. Ai sensi del comma 2, agli stessi comuni sono assegnati, per gli anni 1997 e 1998, contributi pari ai minori accertamenti, rispetto al 1996, per i tributi di cui allo stesso comma, strettamente connessi all'evento sismico. I contributi sono assegnati sulla base di analitiche certificazioni verificate dal Ministero dell'interno. Infine, il comma 3 prevede che per il biennio 1997-1998, agli stessi comuni per i quali le abitazioni inagibili, totalmente o parzialmente, a seguito della crisi sismica rappresentano oltre il 15% del totale delle abitazioni, vengano concessi contributi per l'adeguamento alla media delle risorse relative alla fascia demografica di appartenenza. Le risorse sono costituite dai contributi ordinari e consolidati assegnati ai comuni e dall'imposta comunale sugli immobili al 4 per mille a suo tempo detratta. Agli stessi comuni è concesso, per il biennio 1997-1998, un ulteriore contributo pari al 20% delle risorse in godimento nell'anno 1997 dopo l'adeguamento alla media delle risorse della fascia demografica di appartenenza.

e)      per il 2008-2012, le spese necessarie per le attività volte al potenziamento degli uffici siano determinate in base alla spesa sostenuta nel 2006, con un meccanismo di riduzione negli anni successivi. Tale disposizione viene introdotta aggiungendo un periodo finale al comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998.

Il vigente comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998 dispone che le regioni e gli enti locali provvedono, per un periodo massimo di tre anni e in deroga alle vigenti disposizioni di legge, al potenziamento dei propri uffici attraverso la dotazione di strumenti e di attrezzature e assunzioni di personale tecnico e amministrativo a tempo determinato, a corrispondere al personale dipendente compensi per ulteriore lavoro straordinario effettivamente prestato, nel limite di cinquanta ore pro-capite mensili, nonché ad avvalersi di liberi professionisti o dei soggetti di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 468 del 1997, o di università e di enti pubblici di ricerca, di società e di cooperative di produzione e lavoro. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata una spesa nel limite del 2% dei fondi assegnati alle regioni, ai sensi dell'art. 15, comma 1, che provvedono a ripartirli secondo un piano di fabbisogno all'uopo predisposto.

f)        le risorse giacenti nelle contabilità speciali accreditate ai Commissari delegati affluiscano nelle apposite contabilità speciali intestate ai Presidenti delle regioni e vengano utilizzate per il completamento degli interventi da ultimare. La modifica viene introdotta aggiungendo un comma 5-bis all’art. 15 del decreto legge n. 6 del 1998.

 

Il comma 2 individua il limite finanziario di intervento per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) con l’utilizzo delle somme esistenti nelle contabilità speciali. Inoltre si provvede all’individuazione degli oneri per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere d) ed e) nei limiti di 13,6 milioni di euro per l’anno 2008, 11,4 milioni di euro per il 2009, 9,2 milioni di euro per il 2010, 7 milioni di euro per il 2011 e 4,8 milioni di euro per il 2012.

Nella relazione tecnica vengono riportate in dettaglio anche le quantificazioni per le singole lett. d) ed e).

 

Il comma 3 prevede, infine, la possibilità per i soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei versamenti tributari e dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi di definire la propria posizione corrispondendo l’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo al netto dei versamenti già eseguiti e nella misura e con le modalità che dovranno essere stabilite, nei limiti di 47 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, con D.P.C.M., su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma precisa, infatti, che i destinatari della disposizione sono coloro che hanno usufruito delle sospensioni dei termini dei versamenti tributari previste:

-        dall’art. 14, commi 1, 2 e 3 dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997;

-        dall’art. 2, comma 1, dell’ordinanza n. 2728 del 22 dicembre 1997;

-        dall’art. 2 dell’ordinanza n. 2908 del 30 dicembre 1998;

-        coloro che hanno usufruito della sospensione dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi prevista dall’art. 13 dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997.

Nella relazione tecnica viene sottolineato che dall’applicazione del comma 3 deriveranno minori entrate pari a 47 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2010.

 

Si ricordano brevemente le disposizioni richiamate dalle citate ordinanze.

L’art. 14 dell’ordinanza n. 2668/1997 prevede che nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d’imposta che alla data del 26 settembre 1997 avevano il domicilio, o la residenza nei comuni colpiti dal sisma, sono sospesi, a decorrere dal 26 settembre 1997 e fino al 31 dicembre 1997, i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti di natura tributaria connessi all’accertamento ed alla riscossione di imposte e tasse erariali, regionali e locali, ivi compresi i versamenti di entrate aventi natura patrimoniale ed assimilata, dovute all’amministrazione finanziaria e ad enti pubblici anche locali (comma 1). Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano, altresì, nei confronti dei soggetti, anche in qualità di sostituti d’imposta, diversi dalle persone fisiche, aventi sede alla data del 26 settembre 1997 nei comuni colpiti dal sisma, comprese le persone fisiche, aventi residenza o sede altrove, limitatamente alle obbligazioni che afferiscono in via esclusiva alle attività svolte nei predetti comuni. I sostituti d’imposta, ovunque fiscalmente domiciliati, a richiesta degli interessati, non devono operare le ritenute alla fonte nel periodo di sospensione. La sospensione dei pagamenti delle imposte sui redditi, effettuata mediante ritenuta alla fonte, si applica soltanto per le ritenute operate a titolo d’acconto ai sensi degli artt. 23, 24, 25, 25 bis, 28, comma 2, e 29 del DPR 29 n. 600 del 1973. La sospensione non si applica ai soggetti che svolgono attività bancarie od assicurative di cui all’art. 2195, commi 1 e 4, del codice civile (comma 2). Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei confronti delle persone fisiche e dei soggetti gravemente danneggiati aventi residenza, domicilio o sede nei danneggiati dal sisma.

Il comma unico dell’art. 2 dell’ordinanza n. 2728/1997 dispone che il termine di cui al richiamato art. 14 dell’ordinanza n. 2668/1997 è prorogato al 31 marzo 1998 per i soggetti aventi il domicilio o la residenza nei comuni colpiti dal sisma, ed al 31 dicembre 1998, per i soggetti residenti o aventi sede operativa negli stessi comuni, le cui abitazioni e i cui immobili, sede di attività produttive, sono stati oggetto di ordinanze sindacali di sgombero per inagibilità totale o parziale.

L’art. 2 dell’ordinanza n. 2908/1998 proroga fino al 30 giugno 1999 il termine del 31 dicembre 1998 di cui agli artt. 1 e 2 dell'ordinanza n. 2728/97. Gli adempimenti conseguenti alla ripresa della riscossione decorrono dopo otto mesi dalla scadenza e con una rateizzazione, su base mensile, tale da comportare una percentuale aggiuntiva non superiore al 30% della rata ordinaria che devono corrispondere le imprese e i lavoratori autonomi.

L’art. 13 dell’ordinanza n. 2668/1997 sospende, nei confronti dei soggetti residenti nei comuni gravemente danneggiati dal sisma, a decorrere dal 26 settembre 1997 e fino al 31 dicembre 1997, i pagamenti dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, ivi compresa la quota di contributi a carico dei dipendenti, nonché dei contributi per le prestazioni del servizio sanitario nazionale di cui all’art. 31 della legge n. 41 del 1986. Il versamento delle somme dovute e non corrisposte per effetto della sospensione avviene senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri.


Articolo 43
(Pesca e vittime del mare)

 


1. Il recupero degli aiuti erogati ai sensi del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 561, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 655, dichiarati incompatibili con il mercato comune con decisione della Commissione europea del 28 luglio 1999, nonché di quelli erogati ai sensi del decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 maggio 1995, n. 206, nonché ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dichiarati incompatibili con il mercato comune con decisione 2000/394/CE della Commissione, del 25 novembre 1999, è fissato in quattordici rate annuali, fino alla concorrenza del complessivo ammontare delle somme effettivamente percepite e degli interessi legali maturati. Le amministrazioni preposte al recupero degli aiuti suddetti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabiliscono con propri provvedimenti le modalità attuative per la restituzione delle somme.

2. Il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, istituito dall'articolo 1, comma 1068, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.


 

 

Il comma 1 stabilisce tempi e modalità per il recupero da parte dello Stato italiano delle somme percepite dagli operatori del settore della pesca a titolo di aiuti che la Unione Europea ha dichiarato non conformi alla normativa comunitaria.

Gli aiuti in questione sono i seguenti:

§      aiuti alla ricapitalizzazione delle cooperative della pesca (art. 1, lettera d), del D.L. n. 561/94, attuato dai decreti ministeriali 12 gennaio e 21 luglio del 1995) la cui incompatibilità è stata dichiarata dalla Commissione con decisione del 28 luglio 1999 nella quale si è contestato un utilizzo degli aiuti per il consolidamento finanziario delle imprese (sono ammessi solo gli aiuti agli investimenti) e di non avere rispettato i massimali stabiliti[148];

§      agevolazioni contributive in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e di Chioggia previste dall’articolo 5-bis del D.L. 96 del 1995, convertito dalla L. 206 del 1995, e dall’art. 27 del D.L. 669 del 1996, convertito dalla L. 30 del 2007, che ha esteso a tali imprese gli sgravi contributivi previsti per le aree del Mezzogiorno di cui all’articolo 1 del D.M. 5 agosto 1994, (sgravio totale degli oneri sociali di cui all’articolo 2 del D.M. 5 agosto 1994, per i nuovi posti di lavoro creati dalle imprese nei richiamati comuni). L’incompatibilità è stata dichiarata dalla Commissione con decisione del 25 novembre 1999 per i casi in cui gli aiuti siano accordati ad imprese localizzate al di fuori delle zone ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 87, paragrafo 3. lettera c), del Trattato (concernente gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse)[149].

Il comma 1 fissa il recupero degli aiuti erogati in quattordici rate annuali, fino all’ammontare delle somme effettivamente percepite e degli interessi legali maturati.

Come sottolineato nella Relazione illustrativa al d.d.l. finanziaria (A.S. 1817), la durata della rateizzazione proposta è analoga a quella operata nel 2003 per il pagamento delle multe sulle quote latte. La rateizzazione avviene atitolo oneroso, con pagamento di interessi, in ossequio agli orientamenti comunitari in materia di recupero degli aiuti di stato non conformi. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (deve ritenersi: di conversione del D.L.) le amministrazioni preposte al recupero degli aiuti dovranno stabilire le modalità attuative per la restituzione delle somme.

 

Si segnala che le disposizioni del comma 1 sono contenute anche nell’art. 46 quater, comma 1, del D.L. n. 159/2007, attualmente all’esame della Camera (A.C. 3194), come modificato dal Senato. Si segnala altresì che il predetto art. 46-quater del D.L. n. 159 contiene anche, al comma 2, le disposizioni relative alla liquidazione di indennizzi a carico del Fondo di assistenza per le famiglie dei pescatori, originariamente contenute nel comma 2 dell’articolo in commento del disegno di legge finanziaria 2008 (Art. 28 nel d.d.l. A.S. 1817), dal quale il predetto comma 2 è stato stralciato dal Presidente del Senato ai sensi dell’articolo 126, comma 3, del Regolamento.

 

 

Il comma 2, aggiunto dalla Commissione Bilancio del Senato, amplia il novero dei soggetti che possono attingere alle risorse del Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, istituito dall’articolo 1, comma 1068, della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296). In base alle nuove disposizioni tale fondo è altresì destinato al ricambio generazionale ed allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.

I commi 1068-1071 della legge finanziaria 2007 hanno disposto un cambio di finalizzazione dello stanziamento di 10 milioni di euro annui che l’articolo 3, co. 3, del D.Lgs. n. 99/2004 aveva riservato alla concessione di un credito d’imposta in favore dei giovani imprenditori agricoli. A tal fine le disposizioni hanno istituito presso il MIPAAF un Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, dotato dei menzionati 10 milioni di euro per ogni anno del quinquennio 2007-2011, le cui modalità di funzionamento debbono ancora essere definite con un decreto di natura non regolamentare del dicastero agricolo (per il quale non è indicato alcun termine) in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo.

La nuova destinazione delle risorse, operata con la finanziaria 2007, è stata determinata dai rilievi mossi dalla Commissione alla concessione dell’originario credito d’imposta, ritenuto contrario alle regole della concorrenza. Il credito d’imposta di cui al DL 99/04 era previsto quale beneficio aggiuntivo per il primo insediamento dei giovano agricoltori che avessero ottenuto il premio di primo insediamento di cui alle norme comunitarie (art. 8 del reg. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 23 ottobre 2007 la Commissione ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un invito a presentare commenti, a norma dell’art. 6 del regolamento del Consiglio (CE) n. 994/1998, su un progetto di regolamento volto ad estendere alle piccole e medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca l’esenzione dall’obbligo di notifica preventiva già prevista dal regolamento (CE) n. 70/2001 per le piccole e medie imprese.

Per essere considerati compatibili con il mercato comune e rientrare nel campo di applicazione del progetto di regolamento, gli aiuti agli investimenti e per talune misure socioeconomiche devono essere trasparenti ed avere un effetto di incentivazione. Dovranno inoltre rispettare le condizioni indicate per le singole categorie di aiuti nel regolamento (CE) n. 1198/2006 relativo al Fondo europeo per la pesca. Sono esclusi invece gli aiuti il cui importo è fissato in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti commercializzati, gli aiuti a favore di attività attinenti all’esportazione, gli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni e gli aiuti concessi alle imprese in difficoltà.

Terminata la consultazione la Commissione adotterà il regolamento secondo la procedura stabilita dal regolamento (CE) n. 994/98 sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del TCE a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali.


Articolo 44
(Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione
della produzione bieticolo-saccarifera in Italia)

 


1. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è rifinanziata per l'importo di 50 milioni di euro per l'anno 2008, quale dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia per il terzo anno del quinquennio previsto dalla normativa comunitaria.

2. Le disponibilità già destinate al fondo per le crisi di mercato agricolo, di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, nel limite di 30 milioni di euro, per essere direttamente riassegnate, per l'anno 2008, ad integrazione della dotazione del fondo di cui al comma 1.


 

 

Il comma 1 reca una autorizzazione di spesa, per il solo anno 2008, pari a 50 milioni di euro (20 nel testo originariamente presentato dal Governo) destinati al Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera, quale stanziamento destinato al terzo dei cinque anni per i quali la UE consente che siano erogati aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera.

L’aiuto di cui trattasi è stato definito dal Consiglio con il reg. 319/2006, che autorizza aiuti nazionali, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinati ad ammortizzare gli effetti di una ristrutturazione del comparto che abbia comportato il taglio di almeno il 50% della quota produttiva attribuita allo Stato membro.

Gli stanziamenti relativi alle prime due annualità del regime di aiuto erano stati di 65,8 milioni di euro per ciascun anno (comma 1063 della L. n. 296/2006- finanziaria 2007 e art. 2, co. 4-bis del D.L. n. 2/2006).

Il comma 2, aggiunto dalla Commissione Bilancio del Senato, sembrerebbe integrare la dotazione del fondo di cui al primo comma disponendo che, nel limite di 30 milioni di euro, le risorse già attribuite al Fondo per le crisi del mercato agricolo siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate per l'anno 2008 al Fondo bieticolo-saccarifero.

Vi è però il dubbio, alla luce dei lavori parlamentari, che il secondo comma rappresenti invece la copertura finanziaria dell’aumento dello stanziamento previsto nel primo comma, che nel testo originario del d.d.l. era di 20 milioni di Euro. Sembra comunque opportuno un chiarimento al riguardo ed eventualmente una riformulazione della norma.

Si segnala inoltre che anche il decreto legge n. 159/2007 “Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale”, all’esame della Camera (A.C. 3194), sottrae 30 milioni di euro al Fondo per le crisi di mercato per trasferirli al Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi (art. 42, co. 2-bis).

La riforma della OCM di settore è stata adottata dal Consiglio con il regolamento n. 318/2006[150], che ha definito le modalità di disaccoppiamento degli aiuti, il regime di pagamento unico e l’applicazione della condizionalità. Per quanto attiene alla produzione saccarifera, l’adeguamento del sistema produttivo comunitario ai requisiti internazionali ha tuttavia richiesto l’avvio di un profondo processo di ristrutturazione volto ad una drastica riduzione della produzione non redditizia. A tale scopo con il regolamento 320/2006[151] è stato approvato un regime temporaneo di aiuti alla cessazione produttiva, da erogarsi per quattro campagne di commercializzazione. La decisione sulla concessione di tale aiuto è stata demandata ai singoli Stati membri, ai quali spetta anche l’esercizio del controllo sull’attuazione della ristrutturazione. Infine, allo scopo di ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione avviato dal reg. 320, e di compensare la significativa riduzione del prezzo di sostegno al mercato conseguente al reg. 318, con l’approvazione del regolamento n. 319/2006 il Consiglio ha definito il regime di sostegno del reddito da applicare al settore dello zucchero . Detto regolamento prevede anche una specifica forma di aiuto, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinata ad ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione negli Stati membri che hanno rinunciato ad almeno il 50% della propria quota produttiva. In tali Stati pertanto, oltre agli aiuti comunitari alla ristrutturazione di cui al reg. 320, è concesso un aiuto temporaneo nazionale ai produttori di barbabietole da zucchero rimasti attivi . Il quinquennio di validità dell’aiuto decorre dall’anno in cui è stata raggiunta la riduzione del 50%, ma può essere erogato al più tardi nella campagna di commercializzazione 2013/2014.

L’Italia ha posto in atto un processo di ristrutturazione concordato in sede di tavolo di filiera bieticolo-saccarifera, formalizzato nell’accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2006 , con il quale sono stati definiti gli impegni alla riconversione degli stabilimenti. La conseguente riduzione della quota produttiva nazionale consente all’Italia di beneficiare dell’aiuto temporaneo previsto dal reg. n. 319 in base al quale i bieticoltori potranno beneficiare, per ogni campagna di commercializzazione, per il trasporto di barbabietole da zucchero, di un aiuto non superiore a 11 euro per tonnellata.

Il Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera è stato istituito dal comma 4 dell’art. 2 del decreto-legge n. 2/2006, ma a seguito dell’abrogazione di tale norma disposta dal comma 1054 della finanziaria 2007. va ora fatto riferimento al comma 1063 della medesima finanziaria 2007 che ha autorizzato per il solo anno 2007 una spesa pari a 65,8 milioni di euro destinati al Fondo, quale stanziamento per il secondo dei cinque anni per i quali è concessa la erogazione di aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera da parte delle norme comunitarie.

Lo stanziamento 2007 è stato iscritto sul cap. 7370 del Ministero dell’Economia, nuovamente intestato all’AGEA “per la costituzione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia”, nel quale in ogni caso non confluiscono più i trasferimenti comunitari a titolo di attuazione della PAC. Con il presente esercizio il cap. 7370 della UPB 7.1.2 (che a legislazione vigente non reca alcuna autorizzazione di spesa) è iscritto nella missione 9, progetto 9.3 che reca gli interventi di sostegno al settore agricolo da parte del dicastero dell’economia

Il Fondo per le crisi di mercato è stato istituito dall’art. 1, comma 1072 della legge 296/2006 (finanziaria 2007) presso il Ministero delle politiche agricole, facendovi confluire le risorse che l’art. 1-bis, commi 13 e 14, del D.L. n. 2 del 2006 aveva destinato all’emergenza aviaria e che la Commissione aveva ritenuto incompatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Le sue modalità di funzionamento avrebbero dovuto essere definite entro il termine di tre mesi (comma 1074), in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, con un decreto del dicastero agricolo d’intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Peraltro anche sugli aiuti per le crisi di mercato il parere dell’autorità comunitaria è stato negativo. Infatti la Commissione, con una nota trasmessa al Governo italiano nei giorni immediatamente successivi alla conversione in legge del decreto 28 febbraio 2005, n. 22 che ha introdotto nell’ordinamento la definizione di “crisi di mercato”[152], ha espresso forti dubbi sulla compatibilità con il mercato comune di un intervento statale fondato sul mero presupposto di una riduzione del reddito, con ciò, di fatto, precludendo l’applicazione delle disposizioni.


Articolo 45
(Rafforzamento della filiera agroenergetica)

 

1. All'articolo 1, comma 1112, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunta la seguente lettera:

«f-bis) pratiche di gestione forestale sostenibile attuate attraverso interventi diretti a ridurre il depauperamento dello stock di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste».

 

 

L’articolo in esame, attraverso l’introduzione di una lettera aggiuntiva al comma 1112 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, include tra le misure prioritarie da finanziare con il Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, quelle relative alle pratiche di gestione forestale sostenibile, attuate con interventi volti a ridurre l’impoverimento delle riserve di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste.

L’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Tra le misure prioritarie da finanziarie con il citato Fondo, il comma 1112 indica:

a)       l’installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;

b)       l’installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;

c)       la sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 Kw con motori ad alta efficienza;

d)       l’incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nel settori civile e terziario;

e)       l’eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;

f)         i progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero.

Il comma 1111 demanda ad un successivo decreto interministeriale l’individuazione delle modalità per l'erogazione dei finanziamenti e la definizione delle priorità per l’individuazione delle misure finanziate. Tale decreto, ad oggi, non risulta ancora emanato.

Il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010[153], elaborato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e adottato con la delibera CIPE n. 123 del 2002, in attuazione dell’art. 2, comma 1, del Protocollo di Kyoto, ha stimato un potenziale massimo di assorbimento di carbonio, derivante dalle foreste già esistenti, pari a 10,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Inoltre, ha previsto alcune iniziative di forestazione e riforestazione per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto.

Il 18 dicembre 2006 il Ministro dell'Ambiente e il Ministro dello Sviluppo Economico con decreto DEC/RAS/1448/2006 hanno approvato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012, successivamente trasmesso alla Commissione europea che ha accolto il Piano a condizione che vi fossero apportati alcuni cambiamenti. Tale Piano quantifica gli assorbimenti di carbonio (derivanti da interventi di afforestazione e riforestazione, attività di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e pascoli e di rivegetazione) in 16,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Tale Piano ed il relativo parere della Commissione europea costituiranno la base per la predisposizione del successivo Schema di Decisione di Assegnazione, attualmente in fase di elaborazione.

Con il recente DM del 2 febbraio 2005[154] sono stati assegnati 5,25 milioni di euro per la realizzazione di progetti pilota per interventi nazionali di afforestazione e riforestazione. I progetti devono prevedere la certificazione del carbonio assorbito, attraverso una metodologia a corredo del progetto stesso, volta a misurare la migliore performance «investimento/assorbimento di carbonio» in t-CO2 equivalente nel quinquennio 2008-2012. Sono finanziabili i progetti di importo complessivo di almeno 400.000 euro. I progetti di amministrazioni pubbliche possono essere cofinanziati nella misura massima del 75%, ed entro un importo non superiore a 1,5 milioni di euro. I progetti presentati da imprese possono essere cofinanziati nella misura massima del 50%, ed entro un importo non superiore a 500.000 euro.

Si segnala, infine, che la relazione della Commissione ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (approvata il 28 giugno 2007)[155] sottolinea il ruolo che nella riduzione delle emissioni può essere svolto dall’agricoltura, anche sotto il profilo della capacità di assorbimento di CO2 nei terreni agricoli e nel patrimonio forestale.


Articolo 46
(Interventi per il settore dell’apicoltura)

 

1. Per l'attuazione degli interventi di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 2004, n. 313, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sulle disponibilità di cui all'articolo 1, comma 1084, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

L'articolo 46, aggiunto dalla Commissione Bilancio, autorizza la spesa di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per l'attuazione degli interventi per il settore dell'apicoltura previsti dall'articolo 5 della legge 24 dicembre 2004, n. 313 .

Le risorse stanziate sono sottratte all'autorizzazione di spesa, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, disposta dal comma 1084 della legge finanziaria 2007 per l'attuazione dei piani nazionali di settore di competenza del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

 

La legge n. 313 del 2004 ha introdotto una disciplina organica dell’apicoltura, definendo un nuovo sistema di programmazione nazionale degli interventi a favore del settore e colmando lacune normative relative a specifici profili, nel quadro di un ampio coinvolgimento delle autonomie regionali.

In particolare, l’articolo 5 prevede che il Ministro delle politiche agricole, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e previa concertazione con i soggetti rappresentativi del settore, adotti un documento programmatico contenente gli indirizzi e il coordinamento delle attività per il settore apistico, con riferimento a una serie di specifiche materie:

a)       promozione e tutela dei prodotti apistici italiani e promozione dei processi di tracciabilità ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

b)       tutela del miele italiano conformemente alla direttiva 2001/110/CE del 20 dicembre 2001 del Consiglio;

c)       valorizzazione dei prodotti con denominazione di origine protetta e con indicazione geografica protetta, ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92 e del regolamento (CEE) n. 2082/92 del 14 luglio 1992, del Consiglio, e successive modificazioni, nonché del miele prodotto secondo il metodo di produzione biologico, ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del 24 giugno 1991 del Consiglio, e successive modificazioni;

d)       sostegno delle forme associative di livello nazionale tra apicoltori e promozione della stipula di accordi professionali;

e)       sviluppo dei programmi di ricerca e di sperimentazione apistica, d'intesa con le organizzazioni apistiche;

f)         integrazione tra apicoltura e agricoltura;

g)       indicazioni generali sui limiti e divieti cui possono essere sottoposti i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api sulle colture arboree, erbacee, ornamentali, coltivate e spontanee durante il periodo di fioritura;

h)       individuazione di limiti e divieti di impiego di colture di interesse mellifero derivanti da organismi geneticamente modificati;

i)         incentivazione della pratica dell'impollinazione a mezzo di api;

l)         incentivazione della pratica dell'allevamento apistico e del nomadismo;

m)     tutela e sviluppo delle cultivar delle essenze nettarifere, in funzione della biodiversità;

n)       determinazione degli interventi economici di risanamento e di controllo per la lotta contro la varroasi e le altre patologie dell'alveare;

o)       potenziamento e attuazione dei controlli sui prodotti apistici di origine extracomunitaria, comunitaria e nazionale;

p)       incentivazione dell'insediamento e della permanenza dei giovani nel settore apistico;

q)       previsione di indennità compensative per gli apicoltori che operano nelle zone montane o svantaggiate;

r)        salvaguardia e selezione in purezza dell'ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e dell'Apis mellifera sicula Montagano e incentivazione dell'impiego di api regine italiane con provenienza da centri di selezione genetica .

Come richiesto dalla legge n. 313, con il D.M. 10 gennaio 2007[156] è stato approvato il documento programmatico per il settore apistico (DAP) e le risorse sono state ripartite tra le materie indicate nel DAP.

Si ricorda peraltro che il comma 1066 della legge finanziaria 2007 ha disposto l’applicazione di un’accisa agevolata sul gasolio e sulla benzina in favore degli imprenditori che esercitano l’apicoltura nomade, rinviando a un successivo decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione delle modalità di accesso all’agevolazione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 23 marzo 2007 la Commissione ha presentato una relazione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 797/2004 relativo alle azioni dirette a migliorare le condizioni della produzione e della commercializzazione dei prodotti dell’apicoltura. Il documento fa il punto della situazione mondiale e dell’Unione europea in particolare, degli scambi e della produzione dei prodotti del settore anche alla luce del fatto che due dei nuovi Stati membri, la Romania e la Bulgaria, sono grossi produttori di miele. Nella parte conclusiva del documento, la Commissione ipotizza una revisione del regolamento applicativo per quanto riguarda la possibilità di offrire una maggiore flessibilità agli operatori, consentendo loro di apportare modifiche ai programmi in corso di esercizio.


Articolo 47
(Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose
in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)

 


1. Ai fini della ristrutturazione dei debiti degli imprenditori agricoli della regione Sardegna verso gli istituti finanziari che, ai sensi della legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, hanno concesso agli imprenditori medesimi finanziamenti su cui sono stati autorizzati i concorsi negli interessi dichiarati illegittimi ai sensi della decisione 97/612/CE della Commissione, del 16 aprile 1997, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è istituita una commissione di tre esperti, di cui uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed uno dalla regione Sardegna. La commissione presenta al Presidente del Consiglio dei ministri le proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti entro il 31 luglio 2008, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato. Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della presente legge.


 

 

L'articolo 47, introdotto nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio Commissione del Senato, prevede l'istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di una commissione di tre esperti, avente il compito di formulare proposte per la ristrutturazione dei debiti contratti da imprenditori agricoli sardi, con riferimento alle vicissitudini che hanno riguardato la legge regionale della Sardegna 13 dicembre 1988, n. 44, recante "Costituzione del Fondo regionale di garanzia per l'agricoltura e provvidenze per l'agricoltura". Dei tre membri dell'istituenda commissione, il primo dovrà essere designato dal Ministero dell'economia e delle finanze, il secondo dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il terzo dalla Regione autonoma della Sardegna.

Entro il 31 luglio 2008, la Commissione dovrà presentare al Presidente del Consiglio dei Ministri proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della disposizione in esame.

L'art. 5 della suddetta legge regionale, infatti, aveva istituito un regime di aiuti a favore di aziende agricole la cui situazione finanziaria fosse stata pregiudicata da circostanze avverse, sotto forma di concorsi negli interessi su mutui, al fine di consentire a tali aziende di ricostituire la loro liquidità. Le circostanze avverse che giustificavano l'intervento della Regione, la misura del finanziamento e la durata delle operazioni dovevano essere decise, di volta in volta, dalla Giunta regionale, la quale, nel corso di un decennio, per quattro volte ha deciso di fare ricorso a tale disposizione (dicembre 1988, giugno 1990, novembre 1990, giugno 1992).

Tuttavia, con decisione del 16 aprile 1997, n. 612, la Commissione europea ha dichiarato che gli aiuti concessi dalla Regione erano illegali, in quanto concessi senza che la Commissione avesse potuto pronunciarsi al loro riguardo in fase di progetto, nonché incompatibili con il mercato comune. La Commissione ha inoltre imposto all'Italia di abolire i suddetti aiuti e di adottare le misure necessarie al fine di recuperare gli aiuti in questione, tramite rimborso.

Con legge regionale 6 dicembre 1997, n. 13 , la Regione Sardegna ha provveduto ad abrogare l'art. 5 della legge 44/1988. Successivamente, sono stati emanati i decreti di revoca degli aiuti già accordati.

I beneficiari degli aiuti si sono rivolti al Tribunale di Cagliari per sentir dichiarare l'insussistenza dell'obbligo al rimborso. Il giudice adìto ha sospeso il giudizio e rimesso alla Corte di giustizia delle Comunità europee il vaglio della legittimità della decisione adottata dalla Commissione europea.

Con sentenza del 23 febbraio 2006 , la Corte del Lussemburgo ha confermato la validità della decisione impugnata.

 

Si segnala che la Commissione Agricoltura della Camera è già intervenuta sulla questione nella seduta del 30 ottobre 2007, approvando, con il consenso unanime delle forze politiche, una risoluzione che impegna il Governo ad intraprendere con la massima urgenza tutte le iniziative che si rendono più opportune per fare fronte alla grave crisi socio-economica in cui versano le aziende agricole ed agropastorali sarde per le quali si stanno applicando le misure di recupero, tramite rimborso, degli aiuti concessi dalla regione Sardegna, in tale ambito provvedendo ad adottare atti idonei a sospendere i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui, ed altresì valutando la necessità di adottare provvedimenti straordinari ed urgenti, anche di natura normativa, che relativamente ai territori rurali della regione Sardegna in cui sono ubicate le aziende agricole sopra indicate ed altresì nei territori, in particolare nelle zone interne, ove sono presenti le aziende agropastorali in analoga situazione di crisi, abbiano gli stessi effetti della dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico, di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

La Commissione ha altresì inoltrato al Presidente della Camera la richiesta di autorizzazione per lo svolgimento di una indagine conoscitiva sulla questione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 4 aprile 2007 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento inteso ad aumentare il massimale individuale degli aiuti di modesta entità (de minimis) a favore dell’agricoltura da 3000 a 6000 euro per beneficiario nell’arco di tre anni elevando il limite massimo complessivo per Stato membro dallo 0,3% allo 0,6% del valore della produzione agricola; tali aiuti de minimis, essendo considerati non suscettibili di falsare la concorrenza, non sono pertanto soggetti all’obbligo di notifica. Non rientrerebbero nel campo di applicazione del progetto gli aiuti fissati in base al prezzo o al quantitativo commercializzato, gli aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, gli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni e gli aiuti concessi alle imprese in difficoltà.

La Commissione prevede di adottare il regolamento definitivo, dopo la consultazione con gli Stati membri e alla luce delle eventuali osservazioni, entro la fine del 2007 per farlo entrare in vigore dal 1* gennaio 2008 al 31 dicembre 2013.


Articolo 48
(Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto
dei prodotti alle fasce sociali di disagio)

 


1. Allo scopo di assicurare condizioni di trasparenza del mercato e di contrastare l'andamento anomalo dei prezzi nelle filiere agroalimentari in funzione della tutela del consumatore, della leale concorrenza tra gli operatori e della difesa del made in Italy, l'Osservatorio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali verifica la trasparenza dei prezzi dei prodotti alimentari integrando le rilevazioni effettuate ai sensi dell'articolo 127, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con particolare riferimento a quelli al dettaglio.

2. I dati aggregati rilevati sono resi pubblici, almeno con cadenza settimanale, mediante la pubblicazione sul sito internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche, emittenti radiotelevisive e gestori del servizio di telefonia.

3. L'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito dei programmi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, effettua i controlli nelle filiere agroalimentari in cui si sono manifestati, o sono in atto, andamenti anomali dei prezzi rilevati ai sensi del comma 1.

4. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali riferisce sugli esiti delle attività di controllo di cui al comma 3 al Presidente del Consiglio dei ministri, formulando le proposte per l'adozione da parte del Governo di adeguate misure correttive dei fenomeni di andamento anomalo nelle filiere agroalimentari.

5. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di intesa con gli enti locali, promuove l'organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo, nonché l'attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali sono disponibili, in tutto o in parte, tali panieri e di quelli meritevoli, in ragione dei prezzi praticati.

6. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di 100.000 euro a decorrere dall'anno 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.


 

 

Il comma 1 prevede che l'Osservatorio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali verifichi la trasparenza dei prezzi dei prodotti alimentari, con particolare riferimento a quelli al dettaglio, integrando le rilevazioni che debbono essere effettuate ai sensi dell'articolo 127, comma 3 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Oltre ad assicurare la trasparenza del mercato, le verifiche debbono perseguire il fine di contrastare l'andamento anomalo dei prezzi delle filiere agroalimentari, allo scopo di assicurare una tutela del consumatore, la leale concorrenza tra gli operatori e la difesa del made in Italy.

L’Osservatorio del dicastero agricolo è l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) che, istituito nel 1987 dal DPR n. 278 come “Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo”, deve l’attuale denominazione al DPR 31 marzo 2001, n. 200 che ha recato le disposizioni statutarie e regolamentari di riordino. Il nuovo Istituto, ai sensi di detto regolamento, deve, tra l’altro, svolgere attività di rilevazione, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari; e deve altresì prestare servizi di analisi e informazione per la commercializzazione, valorizzazione e promozione di prodotti agricoli, ittici e alimentari[157].

Proprio in connessione con tali funzioni il comma 3 dell'articolo 127 della richiamata legge finanziaria 2001 prevede che nella definizione dei contratti assicurativi, che il mondo agricolo è incentivato a stipulare per garantirsi dalle avversità atmosferiche, si faccia ricorso all’attività dell’ISMEA. In particolare è disposto che i valori delle produzioni agricole annualmente assicurabili con polizze agevolate siano stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, adottato entro la fine di ogni anno per l'anno successivo, sulla base delle rilevazioni dei prezzi unitari di mercato alla produzione, effettuate dall'Istituto.

Il problema della formazione dei prezzi lungo le filiere agroalimentari, e della possibilità di rendere pubblici eventuali fenomeni speculativi in modo da consentire al consumatore di orientarsi verso acquisti che premino comportamenti virtuosi, è stato ben presente nella passata legislatura ed ha indotto il Parlamento ad approvare disposizioni di intensificazione dei controlli e diffusione delle informazioni.

Con l’articolo 2 del DL 182/2005 alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle entrate è stato attribuito il compito di realizzare, sulla base delle direttive impartite dal Ministro dell’economia, un più stretto controllo dei prezzi lungo le filiereproduttive agroalimentari nelle quali gli stessi abbiano manifestato un andamento anomalo; i risultati dell’attività di controllo possono anche essere utilizzati per una eventuale revisione degli studi di settore. Per l’espletamento delle verifiche la norma consente anche di avvalersi dei dati in possesso degli Osservatori dei prezzi istituiti presso il dicastero agricolo e presso il Ministero dello sviluppo. Quanto alla struttura del MIPAAF, il riferimento è all’ISMEA; mentre la struttura del MISE è l’Osservatorio dei prezzi istituito con i decreti 20 dicembre 1994 e 15 maggio 1995, allo scopo di monitorare i prezzi nelle diverse fasi di formazione, di promuovere la trasparenza delle condizioni di offerta, di favorire la concorrenza e di contribuire alla tutela dei consumatori. Per documentare l’andamento dei prezzi l’Osservatorio ha individuato un paniere di beni e servizi costituto dalle voci di spesa più comuni delle famiglie italiane, delle quali periodicamente rileva prezzi e tariffe, con una frequenza ed estensione territoriale sufficientemente rappresentativa. L’Osservatorio utilizza come fonti l’Istat, Eurostat, Infomercati[158] nonché l’Ismea.

Da ultimo, il D.L. n. 223/2006 con l’articolo 9 comma 1 ha disposto ulteriorimisure per il sistema informativo sui prezzi dei prodotti agro-alimentari, prevedendo che entrambi i Ministeri dell’agricoltura e dello sviluppo consentano alle regioni ed agli enti locali di collegarsi con i sistemi informativi ad essi afferenti. Poiché lo scopo è sempre quello di promuovere una più diffusa informazione del consumatore sui prezzi all’ingrosso e al dettaglio dei prodotti agro-alimentari, le disposizioni richiedono anche che i dati aggregati siano resi pubblici anche mediante la pubblicazione su internet, su testate giornalistiche (con stipule di convenzioni gratuite), con emittenti radio-televisive e con gestori del servizio di telefonia.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede, con norma che in parte ricalca l’art. 9 del D.L. n. 223/2006, che i dati aggregati rilevati dall’Osservatorio del MIPAAF siano resi pubblici, almeno con cadenza settimanale, mediante la pubblicazione sul sito internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche ed emittenti radio televisive e gestori del servizio di telefonia.

 

Il comma 3 attribuisce all'Ispettorato centrale per la qualità, struttura dipartimentale del Ministero delle politiche agricole, il compito di svolgere i controlli nelle filiere agroalimentari in cui l’ISMEA abbia rilevato ai sensi del comma 1 un andamento anomalo dei prezzi. L’operato dell’ICQ si inserisce nell’ambito dei programmi di controllo ad esso affidati dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, e si affianca così all’attività di controllo svolta dalla Guardia di finanza e dell’Agenzia per le entrate ai sensi della lettera a) della norma citata del D.L. n. 182/2005.

L’art. 2, comma 1, del D.L. n. 182/2005, alla lettera a) prevede che Guardia di Finanza ed Agenzia delle entrate effettuino controlli mirati a rilevare i prezzi lungo le filiere agroalimentari in cui si manifestino andamenti irregolari dei prezzi. La successiva lettera b) della norma citata ha assegnato all'Ispettorato centrale per la qualità il compito di realizzare controlli programmati diretti al contrasto della irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari provenienti dai Paesi comunitari ed extracomunitari. Peraltro, per l’espletamento di tale attività, l’Ispettorato opera in concorso con i nuclei di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza, con il Corpo forestale dello Stato, con la Polizia di Stato e con l'Arma dei carabinieri, con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), con il Comando carabinieri politiche agricole e con l'Agenzia delle dogane (art. 6, co. 7 del D.L. n. 282/86).

 

Il comma 4 richiede che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali riferisca al Presidente del Consiglio dei ministri sugli esiti delle attività di controllo svolte dall’ICQ, formulando le proposte per l’adozione da parte del Governo di adeguate misure correttive dei fenomeni di andamento anomalo nelle filiere agroalimentari.

 

In base al comma 5, il Ministero delle politiche agricole è incaricato, di intesa con gli enti locali, di promuovere l’organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo; il dicastero deve anche promuovere l’attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali gli individuati panieri sono disponibili, nonché degli esercizi meritevoli in ragione dei prezzi praticati.

 

Il comma 6 reca la norma di copertura dell’articolo autorizzando una spesa di 100 mila euro a decorrere dall’anno 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 3-ter del decreto-legge 1º ottobre 2005, n. 202, che attribuiva 2 milioni di euro per l'anno 2006 e 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007 alla filiera avicola.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 13 marzo 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione “Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013. Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace” (COM(2007)99).

Secondo la Commissione, nei prossimi anni la politica dei consumatori avrà l'opportunità di aiutare l'UE ad affrontare le sfide della crescita, della creazione di posti di lavoro e del riavvicinamento ai cittadini. Tra gli obiettivi principali perseguiti dalla Commissione vi è la promozione del benessere dei consumatori dell'UE in termini di prezzi, scelta, qualità, diversità, accessibilità e sicurezza. Il benessere dei consumatori è il centro vitale di mercati funzionanti correttamente. La Commissione intende ottenere entro il 2013 un mercato interno più integrato e più efficace, in particolare per quanto riguarda il commercio al dettaglio. I consumatori potranno accedere ai servizi essenziali a prezzi contenuti.

Tra le priorità della Commissione vi è quella di migliorare il monitoraggio dei mercati dei consumatori e delle politiche nazionali a favore dei consumatori. Sono necessari strumenti di monitoraggio del mercato in termini di risultati essenziali quali la sicurezza, la soddisfazione, i prezzi e i reclami. Le altre priorità sono relative al miglioramento della regolamentazione, alla necessità di un maggiore rispetto delle norme, ad una migliore informazione ed educazione dei consumatori ed infine alla collocazione del consumatore al centro di tutte le politiche dell’UE.

Sulla comunicazione il Consiglio ha approvato una risoluzione il 31 maggio 2007. Il Parlamento europeo dovrebbe esaminarla nella sessione del  10 marzo 2008.

 

Per le problematiche attinenti al “made in” si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 74.


Articolo 49
(Interventi nel settore dell’irrigazione)

 


1. Per le attività di progettazione delle opere previste nell'ambito del Piano irriguo nazionale di cui all'articolo 1, comma 1058, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sull'autorizzazione prevista dallo stesso comma 1058 per i medesimi anni ed è altresì autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2010 a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1060, lettera c), della stessa legge. È inoltre autorizzato, per la prosecuzione del suddetto Piano, l'ulteriore contributo di euro 100 milioni per la durata di quindici anni a decorrere dall'anno 2011, cui si provvede mediante riduzione dei contributi annuali previsti dalle autorizzazioni di spesa di cui all'articolo 4, comma 31, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all'articolo 1, comma 78, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che conseguentemente vengono soppresse.


 

 

L'articolo 49, introdotto nel corso dell'esame in Commissione presso il Senato, dispone in merito agli stanziamenti per le attività di progettazione ed esecuzione delle opere previste dal piano irriguo nazionale.

Il primo periodo riserva una quota delle somme, assegnate dalla L. 296/06 (Finanziaria 2007) per l’avvio o prosecuzione delle opere del Piano irriguo nazionale, alle “attività di progettazione”. Si ricorda che le attuali norme sul Piano (L. n. 350/2003, art. 4, e deliberazione CIPE n. 74/2005) prevedono che gli interventi da finanziare siano selezionati sulla base dello stato di avanzamento della progettazione, privilegiando quindi i progetti che siano immediatamente cantierabili, ovvero appaltabili. L’importo riservato è di 5 milioni di euro annuali per ciascun anno del triennio 2008-2010.

Quanto al reperimento delle risorse, per i primi due anni la norma fa ricorso allo stanziamento di 150 milioni disposto dal comma 1058 della finanziaria 2007 per entrambi gli esercizi; per il 2010 i 5 milioni di euro sono sottratti alla terza annualità del contributo quindicennale stanziato con il comma 1060, lett. c) della finanziaria 2007, relativo al limite d’impegno originariamente avviato dalla L. n. 350/03, art. 4 co. 31

Il secondo periodo accorpa in una unica partita finanziaria, a decorrere dal 2011, le tre autorizzazioni di spesa originate dalle leggi n. 350/03 e n. 266/2005.

Entrando nel dettaglio, la legge n. 350/03 aveva disposto, per la prosecuzione degli interventi nel settore irriguo a suo tempo individuati dalla finanziaria per il 2001 (L. 388/2000), una autorizzazione per l’avvio di due limiti d’impegno quindicennali dell’importo ciascuno di 50 milioni di euro rispettivamente a decorrere dal 2005 e 2006. Sul primo limite peraltro sono intervenute nel corso del 2005 norme di taglio delle spese che lo hanno ridotto a 46,95 milioni di euro. I suddetti limiti di impegno sono poi stati trasformati a norma della medesima legge 350 in contributi in conto capitale.

La legge n. 266/2005, comma 78 dell’art. 1, ha stanziato un contributo annuale (e per quindici anni) destinato a numerose grandi opere. Alle opere irrigue è stata riservata una quota delle risorse disponibili, che il Cipe ha quantificato con la propria deliberazione n. 75/2006 in 45, 73 milioni di euro.

I tre contributi annuali afferenti alle leggi n. 350 e 266 sono soppressi a decorrere dall’esercizio 2011, e nel contempo dalla medesima data è autorizzata una spesa annuale, per quindici anni, pari a 100 milioni di euro. A decorrere dal 2011 si realizza pertanto, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, una rimodulazione delle risorse che ne riduce l’importo complessivo annuo ma ne estende la proiezione temporale fino al 2025.

La Finanziaria 2004, legge n. 350/2003, è ancora una volta intervenuta a sostegno del settore irriguo (art. 4, co. 31-34), nel contempo inserendolo nell’ambito della più ampia programmazione di tutti gli interventi attinenti il settore idrico, ovvero nel Programma nazionale degli interventi nel settore idrico (art. 4, co. 35-37).

Le norme hanno pertanto autorizzato due nuovi limiti d’impegno a decorrere dal 2005 e dal 2006 per consentire la prosecuzione nell’attività recupero delle risorse idriche nelle aree di crisi di cui alla legge n. 388/2000 (comma 31), ed hanno assegnato al Ministro delle politiche agricole e forestali di redigere entro il termine del 31/5/2004 un nuovo programma di interventi per l’utilizzo delle menzionate risorse (comma 34).

La redazione del nuovo strumento di coordinamento di tutte le opere del comparto idrico è stata demandata invece al Ministero dell’ambiente, al quale è stato assegnato il termine del 30/7/2004. Il Programma idrico è stato approvato dal CIPE, con deliberazione n. 74/2005, e come la legge aveva richiesto ha incluso oltre agli interventi decisi dal dicastero dell’ambiente (all. 2) ed alle opere del settore idrico a suo tempo inserite fra le infrastrutture strategiche di cui alla c.d. legge obiettivo (all. 1), anche gli interventi che il dicastero agricolo ha individuato - in relazione alle nuove risorse di cui al comma 31 – come immediatamente finanziabili e distinti per singola regione (all. 3 che reca il nuovo Piano irriguo), nonché un quadro generale dei fabbisogni del comparto irriguo (all. 4)

Quanto alle risorse, come detto, la legge 350/03 aveva disposto l’avvio di due limiti d’impegno dell’importo di 50 milioni di euro ciascuno a decorrere dal 2005 e dal 2006, sul secondo dei quali è tuttavia intervenuta la legge n. 311/2004 finanziaria 2005 che con la tabella F ne ha posticipato l’avvio al 2008.

In coerenza con il comma 177 la successiva finanziaria, legge n. 266/2005, con il comma 78 dell’articolo 1, hastanziato un contributo annuale di 200 milioni di euro, per un arco di quindici anni a decorrere dal 2007[159], rivolto al finanziamento di numerose opere, fra le quali compare “anche” la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti dall’art. 141, commi 1 e 3, della legge n. 388/2000, che sappiamo essere le opere irrigue inserite nel programma nazionale idrico. Le risorse riservate alle opere irrigue non sono state tuttavia quantificate direttamente dalla norma, la quale si è limitata a precisare che esse debbono rappresentare una quota pari al 25% delle risorse disponibili.

La quantificazione della quota riservata al settore irriguo, a valere sullo stanziamento netto di 193 milioni di euro di cui al comma 78, è stata realizzata dal CIPE con la delibera n. 75/2006 che ha anche assegnato le risorse ai singoli interventi individuati sulla base del loro stato procedurale. Al piano irriguo (rectius per gli interventi di realizzazione del programma nazionale degli interventi nel settore idrico relativamente alla prosecuzione degli interventi infrastrutturali di cui all’art. 141, commi 1 e 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388) sono stati in tutto attribuiti 45,73 milioni di euro, che si prevede attiveranno un volume di investimenti pari a 61, 4 milioni di euro.

Il Comitato interministeriale con la successiva delibera n. 117/2006 ha già disposto una integrazione all’allegato 3 del Programma nazionale degli interventi nel settore idrico, che elenca le opere irrigue, precisando che gli interventi aggiuntivi approvati si dovranno avvalere proprio delle risorse derivanti dall’autorizzazione di spesa di cui al comma 78.

Da ultimo è intervenuta anche la legge n. 296/2006 finanziaria 2007 che in primo luogo, con il comma 2058, ha recato autorizzazioni di spesa aggiuntive per le opere inserite nel Piano irriguo di cui alla delibera CIPE n. 74/2005: 100 milioni di euro per il 2007 e 150 milioni di euro sia per il 2008 che per il 2009. I successivi commi 1059, 1060 e 1062 distolgono risorse da quelli che erano i limiti d’impegno previsti dalla legge 350/2003 (art. 4, co. 31), e che sono ora stanziamenti pluriennali quindicennali, e dagli stanziamenti disposti dal comma 78 della legge n. 266/2005,attribuendole alle opere di cui alla citata delibera CIPE n. 74


Le autorizzazioni di spesa complessivamente approvate e destinate alle opere di recupero delle risorse idriche in aree di crisi, in conseguenza del succedersi dei provvedimenti legislativi citati, vengono a configurarsi come riportato nella tabella che segue.

Spese per il recupero di risorse idriche in aree di crisi – milioni di euro

Legislazione

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

L. 388/2000, art. 141 c.1

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75..

23,75..

 

L. 388/2000, art. 141 c.3

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65..

5,65..

 

D.L. 138/2002 (conv. L. 178), art. 13 c4-nonies

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49..

 

L. 289/2002, art. 80 c.45

 

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27..

 

L. 350/2003, art. 4 c. 31 come mod. dai commi 1059, 1060 e 1062 della L. 296/2006

 

 

 

50,00

50,00

50,00

3,

50,00

3,5

0,00

3,5

0,00

3,5..

0,00

 

L. 311/2004, tab F

 

 

 

 

- 50,00

- 50,00

 

 

 

 

L. 266/2005, co. 78, come mod. dai commi 1059, 1060 e 1062 della L. 296/2006

 

 

 

 

 

0,00

0,00

0,00

0,00

 

L. 296/2006, co. 1058

 

 

 

 

 

100,00

150,00

150,00

 

 

L. 296/2006, co. 1059:

come 3°-5°annual. L. 350

come 1°-3° ann. L. 266

come 1°e 2° ann. L. 350

 

 

 

 

 

 

46,95

45,73

 

46,95

45,73

50,00

 

46,95

45,73

50,00

 

 

L. 296/2006, co. 1060:

come 6°annual. L. 350

come 4° annual. L. 266

come 3° annual. L. 350

 

 

 

 

 

 

 

 

 

46,95..

45,73..

50,00..

 

0,00

0,00

0,00

d.d.l. finanziaria 2008

per la L. 350 e L. 266

per 15 anni fino al 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

100,00

 

 


Articolo 50
(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)

 


1. Ai fini della piena attuazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, con particolare riferimento all'articolo 2 della direttiva medesima, i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi.

2. La procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi di cui al comma 1118 dell'articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006, per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio, e, in via prioritaria, per quelli in costruzione, è completata dal Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. L'articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persona giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell'energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.


 

 

I commi 1 e 2 intervengono sulla contestata questione degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili recata dai commi 117-1120 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2007. L’aspetto critico di tali disposizioni era di mantenere ferma l’incentivazione anche a favore degli “impianti autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione” anteriormente all’entrata in vigore della stessa legge finanziaria, compresi i contributi c.d. CIP6.

Si ricorda infatti che, all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria per il 2007, il Governo ha manifestato la volontà[160] di modificare al più presto il testo contestato dell’articolo 1117 nel senso di limitare gli incentivi agli impianti realizzati ed operativi. In realtà tale modifica, che si è tentato di inserire in diversi provvedimenti normativi, al momento non è stata introdotta[161].

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi. Risulterebbero dunque esclusi gli impianti solo autorizzati, in costruzione o “in collaudo”.

 

Il comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 dispone al primo periodo che i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica sono concessi esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, così come definite dall’articolo 2 della Direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Si ricorda che la citata direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”. Ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003, per fonti rinnovabili si intendono: «le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». Tali definizioni riprendono quelle dell’articolo 2 della Direttiva 2001/77/CE citata dalla norma in esame.

La vera differenza tra la disciplina comunitaria e il decreto di recepimento nazionale consisteva nell’ l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti, ad opera dell’articolo 17. Tali disposizioni sono state abrogate dal comma 1120 dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007.

 

Il secondo periodo del comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007, su cui interviene l’articolo in esame, fa salvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della medesima legge finanziaria, ivi comprese le convenzioni adottate con delibera del Comitato interministeriale prezzi il 12 aprile 1992 (CIP6) e destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 1118 sempre dell'art. 1 della legge finanziaria 2007.

 

La relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2008 precisa che la disposizione in esame è volta a restringere ai soli impianti già realizzati e resi operativi:

§      i benefici derivanti dalle convenzioni CIP6[162] e destinate al sostegno delle fonti energetiche assimilate alle rinnovabili, disciplinate dal comma 1118 dell' art. 1 della legge finanziaria 2007;

§      i finanziamenti previsti in applicazione dell’art. 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239[163], riguardante i certificati verdi, ora abrogato dalla lettera g) del comma 1120 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007[164].

In tal modo, dunque, tramite questo intervento normativo si mira ad impedire che i finanziamenti finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili possano essere in gran parte utilizzati per impianti alimentati per converso da fonti non rinnovabili, con il rischio di vanificare il perseguimento dell’obiettivo di coprire, entro il 2010, il 25 per cento del consumo interno lordo di elettricità tramite l’utilizzo di fonti rinnovabili, come richiesto dalla citata direttiva 2001/77/CE.

 

Il comma 2 stabilisce che la procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi prevista dal comma 1118 della legge 296/2006 per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio debba essere attivata in via prioritaria per gli impianti in costruzione e sia soggetta al parere delle Commissioni parlamentari competenti. Infine si prevede che tale procedura di riconoscimento in deroga debba concludersi inderogabilmente entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

 

Secondo il sopra citato comma 1118, il Ministro dello sviluppo economico provvede con propri decreti a definire le condizioni e le modalità per l’eventuale riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi a specifici impianti già autorizzati all’entrata in vigore della legge finanziaria 2007 e non ancora in esercizio, non rientranti nella tipologia di cui al periodo precedente, nonché a ridefinire l’entità e la durata dei sostegni alle fonti energetiche non rinnovabili assimilate alle fonti energetiche rinnovabili utilizzate da impianti già realizzati ed operativi alla data di entrata in vigore della presente legge, tenendo conto dei diritti pregressi e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, allo scopo di ridurre gli oneri che gravano sui i prezzi dell’energia elettrica e eliminare vantaggi economici che non risultino specificamente motivati e coerenti con le direttive europee in materia di energia elettrica.

 

La norma in esame, dunque, nel tener ferma la potestà di riconoscimento in deroga riconosciuta dal comma 1118 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007 al Ministro dello sviluppo economico, introduce le seguenti novità:

§      l'applicazione in via prioritaria per gli impianti in costruzione;

§      il parere delle competenti Commissioni parlamentari;

§      il completamento della procedura inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si segnala, inoltre, che risulta assegnato alle commissioni riunite 10ª (Industria, commercio, turismo) e 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato in sede referente il ddl S. 1347, che sostanzialmente ripropone le stesse disposizioni recate dai commi 1 e 2 appena commentati.

 

Il comma 3, introdotto al Senato, reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il quale ha previsto una rideterminazione della tassazione sugli oli minerali al fine di perseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

 

La variazione delle accise sugli oli minerali secondo l'articolo 8 citato non deve dar luogo ad aumenti della pressione fiscale complessiva. A tal fine sono previste dal comma 10 dell'articolo 8 le misure compensative delle maggiori entrate derivanti dall'aumento delle accise. In particolare, la lettera f) del comma 10, su cui interviene il comma in esame, prevede misure compensative con incentivi per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche[165] E ed F ovvero per gli impianti e le reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilovattora (Kwh) di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente finale.

Al riguardo il comma 3 in esame specifica che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persone giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell'energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 ha approvato un piano d’azione globale in materia di energia per il periodo 2007-2009, sulla base della comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007.

Il pianocomprende un insieme di azioni prioritarie finalizzate al raggiungimento dei tre obiettivi della politica energetica europea, già prospettati nel Libro verde sull’energia presentato dalla Commissione nel marzo 2006[166]:

-        aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento;

-        garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili;

-        promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro i cambiamenti climatici.

L’obiettivo strategico per la politica energetica europeaè di ridurre almeno del 20%, entro il 2020,le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990, all’interno di un’azione internazionale volta a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 30 % le emissioni di gas serra a livello globale, di cui l’UE deve farsi promotrice.

Il piano d'azione, tra l’altro, prevede azioni prioritarie nel settore delle energie rinnovabili.

In particolare, il Consiglio europeo haadottato un obiettivo vincolante che prevede una quota del 20% di energie rinnovabili nel totale dei consumi energetici dell'UE entro il 2020, comprensiva di una percentuale del 10% per i biocarburanti nel totale dei consumi di benzina e gasolio per autotrazione dell'UE entro il 2020.

Il piano d’azione, tra l’altro, fa riferimento alla comunicazione relativa ad una roadmap per le energie rinnovabili (COM(2006)848), nella quale la Commissione, tra l’altro, propone: di rafforzare il dispositivo giuridico al fine di eliminare ogni ostacolo ingiustificato all'integrazione delle fonti energetiche rinnovabili nel sistema energetico dell'UE, semplificando la disciplina per il collegamento e l'estensione delle reti, le procedure di autorizzazione per la costruzione di sistemi che utilizzano fonti energetiche rinnovabili nonché eliminando gli oneri burocratici per le piccole e medie imprese innovative;  di riesaminare, nel 2007, la situazione dei regimi di sostegno a favore delle energie rinnovabili messi in atto dagli Stati membri, al fine di analizzarne i risultati e valutare la necessità di proporne un'armonizzazione nel quadro del mercato interno dell'elettricità dell'UE.

Si segnala, inoltre, che nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata dalla Commissione nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), la Commissione prospetta, tra l’altro, la compatibilità con il mercato comune e la non assoggettabilità all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, TCE degli aiuti a favore delle energie rinnovabili.

Gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a creare incentivi individuali che permettano di aumentare la quota di energie rinnovabili rispetto alla produzione complessiva di energia. La Commissione, infatti, rileva che il costo elevato della produzione di alcuni tipi di energia rinnovabile non permette alle imprese di praticare prezzi competitivi sul mercato e costituisce un ostacolo che impedisce alle energie rinnovabili di accedere al mercato. Tuttavia la Commissione sottolinea che grazie ai progressi tecnologici nell'ambito delle energie rinnovabili, negli ultimi anni la differenza di costo ha evidenziato una tendenza al ribasso, con conseguente riduzione della necessità di aiuti. Gli aiuti di Stato possono perciò rappresentare uno strumento adeguato unicamente per quegli impieghi delle fonti energetiche rinnovabili caratterizzati da vantaggi per l'ambiente e da sostenibilità evidenti.


Articolo 51
(Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica)

 


1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, della legge 14 novembre 1995, n. 481, a far data dal 1o gennaio 2007, il valore medio del prezzo del metano ai fini dell'aggiornamento del costo evitato di combustibile di cui al titolo II, punto 7, lettera b), del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992, e successive modificazioni, è determinato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, tenendo conto dell'effettiva struttura dei costi nel mercato del gas naturale.

2. All'articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, le parole da: «iniziative a vantaggio dei consumatori» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica e gas, approvati dal Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Tali progetti possono beneficiare del sostegno di altre istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie».


 

 

L’articolo 51, introdotto al Senato, reca disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica.

 

Il comma 1 attribuisce, con efficacia retroattiva a far data dal 1° gennaio 2007, all'Autorità per l'energia elettrica e il gas il potere di determinare il valore medio dei prezzi del metano ai fini dell'aggiornamento del "costo evitato" di combustibile previsto dal Titolo II, punto 7, lettera b) del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6 (c.d. CIP 6), come modificato e integrato dal decreto del Ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato 4 agosto 1994 .

La disposizione precisa, inoltre, che l'Autorità nell’ambito della suindicata attribuzione deve tenere conto dell'effettiva struttura dei costi del mercato del gas naturale.

 

Si ricorda che il suddetto provvedimento CIP 6/1992, adottato in attuazione dell’art. 20 e dell’art. 22, comma 5°, della legge 9 gennaio 1991, n.9 , definisce, fra l’altro, i prezzi di cessione dell’energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano fonti rinnovabili o assimilate di energia (cessione un tempo effettuata a favore di Enel, allora monopolista legale ex lege 1643/1962; oggi cessionaria di tale energia è la società GSE, Gestore dei Servizi Elettrici SpA).

Con lo stesso provvedimento n. 6/1992, il Comitato interministeriale dei prezzi ha individuato quattro componenti per la determinazione del prezzo di cessione dell’energia elettrica prodotta da impianti nazionali alimentati da fonti rinnovabili e assimilate, ai sensi degli articoli 20 e 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9.

Più specificamente, tre componenti si basano sul cd. "costo evitato" (di impianto, di esercizio e manutenzione, di combustibile) ovverosia il costo che avrebbe dovuto sopportare l’ex monopolista Enel se avesse dovuto rispettivamente costruire, gestire ed approvvigionare il combustibile per un impianto di generazione alimentato a gas. Il quarto componente afferisce più direttamente all’incentivazione di tale produzione. Pertanto, il comma in esame interviene su uno dei quattro componenti: il costo evitato di combustibile.

In base alla lettera b), punto 7, del citato titolo II, il costo evitato di combustibile è aggiornato annualmente sulla base del criterio indicato alla lettera medesima. Tuttavia, un decreto del Ministero dell’Industria del 4 agosto 1994, art. 3, al titolo II, punto 7, lett. b) del citato provvedimento CIP, ha aggiunto un’ulteriore disposizione, in forza della quale, ai fini del citato aggiornamento, occorre fare riferimento all’accordo concluso fra Snam e Confindustria: contratto di lungo termine per la somministrazione di gas per la produzione di energia elettrica per cessione a terzi.

Successivamente l'articolo 3, comma 7 della legge 14 novembre 1995, n. 481, ha mantenuto intatta la vigenza dei provvedimenti già adottati dal Comitato interministeriale prezzi e dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato in materia di energia elettrica e di gas, salvo modifica o abrogazione disposta dal Ministro, anche nell'atto di concessione, o dalla Autorità competente. Parimenti è stata mantenuta l'efficacia del citato decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 4 agosto 1994 per cui il provvedimento CIP n. 6 del 29 aprile 1992, come integrato e modificato dal decreto 4 agosto 1994, si applica, per tutta la durata del contratto, alle iniziative prescelte, alla data di entrata in vigore della legge 481/1995, ai fini della stipula delle convenzioni, anche preliminari, previste dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 25 settembre 1992 ,nonché alle proposte di cessione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili propriamente dette, presentate all'ENEL spa entro il 31 dicembre 1994 ed alle proposte di cessione di energia elettrica che utilizzano gas d'altoforno o di cokeria presentate alla medesima data, a condizione che in tali ultimi casi permanga la necessaria attività primaria dell'azienda.

 

Secondo quanto dichiarato dal relatore al Senato, il comma in esame avrebbe il fine "di risolvere i numerosi contenziosi sorti in materia, garantendo nello stesso tempo una chiarezza per quanto concerne i poteri attribuiti ai diversi soggetti coinvolti, in uno spirito di tutela dei cittadini consumatori" .

Si ricorda, infatti, che il TAR Lombardia ha annullato la delibera dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas del 15 novembre 2006 n. 249, con la quale l’Autorità aveva aggiornato il costo evitato di combustibile (CEC) per l'anno 2007 .

Successivamente, Il Consiglio di Stato non ha accolto la richiesta di sospensiva presentata dall'Autorità per l'energia elettrica contro la decisione del TAR. Il Consiglio di Stato ha così rinviato la decisione sul merito del ricorso all’udienza del 22 gennaio 2008.

 

Al riguardo merita segnalare che la norma in esame potrebbe influenzare a favore dell'Autorità l'esito del procedimento giurisdizionale in corso. Se, infatti, a giudizio del Tar il provvedimento Cip6 aveva “il chiaro intento di limitare sul punto i poteri regolatori e tariffari dell’Autorità”, la norma di cui si discute mira ad attribuire esplicitamente al Regolatore la competenza in materia.

Vale la pena di ricordare che, confidando nell'esito positivo del ricorso al Consiglio di Stato, l'Autorità ha scelto di non tener conto dell'annullamento della delibera da parte del Tar in occasione dell'ultimo aggiornamento tariffario.

 

Il comma 2 reca una modifica all'art. 11-bis del decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80.

 

Il vigente articolo 11-bis prevede che l'ammontare riveniente dal pagamento delle sanzioni irrogate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas sia destinato ad un fondo per il finanziamento di iniziative a vantaggio dei consumatori, di tipo reintegratorio o di risarcimento forfetario dei danni subiti. Le modalità di organizzazione e funzionamento del fondo nonché di erogazione delle relative risorse sono stabilite con regolamento a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , e successive modificazioni, sentite le competenti Commissioni parlamentari.

Le sanzioni ex articolo 11-bis che determinano le risorse del fondo sono quelle irrogate dall'Autorità in caso di inosservanza dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio, alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri. Tali sanzioni amministrative pecuniarie non possono essere inferiori nel minimo a lire 50 milioni e non possono essere superiori nel massimo a lire 300 miliardi.

In caso di reiterazione delle violazioni l'Autorità ha la facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità del servizio da parte degli utenti, di sospendere l'attività di impresa fino a 6 mesi ovvero proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione

 

Il comma 2 in esame prevede invece che il predetto fondo sia destinato al finanziamento di progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica e gas, approvati dal Ministero dello Sviluppo Economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Tali progetti possono beneficiare del sostegno di altre istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie.

In conseguenza della suddetta modifica, in particolare:

§      si prevede la soppressione del parere parlamentare;

§      si dispone l'attribuzione dell'iniziativa all'Autorità;

§      non si specifica più che le misure a vantaggio dei consumatori debbano essere di tipo reintegratorio o di risarcimento forfetario dei danni subiti.


Articolo 52
(Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica
prodotta da fonti rinnovabili)

 


1. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, è incentivata con i meccanismi di cui ai commi da 2 a 12. Con le medesime modalità è incentivata la sola quota di produzione di energia elettrica imputabile alle fonti energetiche rinnovabili, realizzata in impianti che impiegano anche altre fonti energetiche non rinnovabili. Le modalità di calcolo di tale quota sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

2. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 1 allegata alla presente legge e di potenza elettrica superiore a 1 megawatt (MW), è incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di quindici anni, tenuto conto dell'articolo 1, comma 382, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all'obbligo della quota minima di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. L'immissione dell'energia elettrica prodotta nel sistema elettrico è regolata sulla base dell'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

3. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 2 allegata alla presente legge e di potenza elettrica non superiore a 1 MW, immessa nel sistema elettrico, ha diritto, in alternativa ai certificati verdi di cui al comma 2 e su richiesta del produttore, a una tariffa fissa onnicomprensiva di entità variabile a seconda della fonte utilizzata, come determinata dalla predetta tabella 2, per un periodo di quindici anni, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte. Al termine di tale periodo, l'energia elettrica è remunerata, con le medesime modalità, alle condizioni economiche previste dall'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. La tariffa onnicomprensiva di cui al presente comma può essere variata, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

4. All'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole da: «Il Ministro delle attività produttive» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «Per il periodo 2007-2012 la medesima quota è incrementata annualmente di 0,75 punti percentuali. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti gli ulteriori incrementi della stessa quota per gli anni successivi al 2012».

5. A partire dal 2008, i certificati verdi, ai fini del soddisfacimento della quota d'obbligo di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, hanno un valore unitario pari a 1 MWh e vengono emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) per ciascun impianto a produzione incentivata di cui al comma 1, in numero pari al prodotto della produzione netta di energia elettrica da fonti rinnovabili moltiplicata per il coefficiente, riferito alla tipologia della fonte, di cui alla tabella 1, allegata alla presente legge, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

6. A partire dal 2008, i certificati verdi emessi dal GSE ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono collocati sul mercato a un prezzo, riferito al MWh elettrico, pari alla differenza tra il valore di riferimento, fissato in sede di prima applicazione in 180 euro per MWh, e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in attuazione dell'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, registrato nell'anno precedente e comunicato dalla stessa Autorità entro il 31 gennaio di ogni anno a decorrere dal 2008. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella 1 per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

7. A partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell'obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili e dei successivi aggiornamenti derivanti dalla normativa dell'Unione europea, il GSE, su richiesta del produttore, ritira i certificati verdi, in scadenza nell'anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere all'obbligo della quota minima dell'anno precedente di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell'anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.

8. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le direttive per l'attuazione di quanto disposto ai precedenti commi. Con tali decreti, che per le lettere b) e c) del presente comma sono adottati di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, inoltre:

a) sono stabilite le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo nonché le modalità per l'estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

b) sono stabiliti i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all'allegato X alla parte quinta, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, a scopi alimentari, industriali ed energetici;

c) sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell'applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle 1 e 2;

d) sono aggiornate le direttive di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell'articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

9. Il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all'articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 29 aprile 2006 fino al 31 dicembre 2007.

10. La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui al presente articolo a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

11. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas definisce:

a) le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 3;

b) le modalità con le quali le risorse per l'erogazione delle tariffe di cui al comma 3, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 7, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell'energia elettrica.

12. A decorrere dal 1o gennaio 2008 sono abrogati:

a) il comma 6 dell'articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

b) il comma 383 e il primo periodo del comma 1118 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

13. Allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, gli impianti diversi da quelli di cui al comma 1, aventi diritto ai certificati verdi, continuano a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 5. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all'obbligo della quota minima di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 2.

14. Agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 1 continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

15. Il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, resta fermo in otto anni.


 

 

L’articolo 52, introdotto al Senato, delinea una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

 

I commi da 1 a 12 dettano una nuova disciplina pergli impianti nuovi, ossia entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007.

I commi da 13 a 15 riguardano, invece,gli impianti esistenti, ossia in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 1 prevede che la nuova disciplina sugli incentivi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevista dai successivi commi da 2 a 12, si applichi agli impianti entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento.

Gli incentivi riguardano anche agli impianti misti (ossia gli impianti che utilizzano sia fonti rinnovabili che non rinnovabili) limitatamente alla quota di produzione imputabile alle fonti rinnovabili, secondo modalità di calcolo da definire, entro novanta giorni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

I commi 2 e 3 prevedono due meccanismi alternativi di incentivazione:

a)      i certificati verdi;

b)      la tariffa fissa omnicomprensiva.

 

Il comma 2, concernente gli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW, prevede unicamente il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni.

 

Il comma 3, concernente invece gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW, prevede l’incentivazione mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni o, in alternativa, su richiesta del produttore, mediante una tariffa fissa (variabile a seconda delle fonte utilizzata, secondo quanto previsto dalla tabella 2 allegata), per un periodo di 15 anni (tariffa variabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, in ogni caso assicurando l’effetto incentivante).

In entrambi i casi è fatta salva la normativa vigente (che deve quindi considerarsi “speciale”) in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte[167].

Il comma 4 prevede che la quota minima di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili che, nell'anno successivo, deve essere immessa nel sistema elettrico nazionale (ai sensi dell'articolo 11, commi 1, 2 e 3, del D.Lgs. 79/1999), sia incrementata di 0,75 punti percentuali (e non di 0,35 punti annuali, come attualmente previsto dall’articolo 4 comma 1, del decreto legislativo n.387/2003)

L’incentivazione dell’energia da fonti rinnovabili.

La direttiva 2001/77/CE ha previsto per ogni Stato membro gli obiettivi da raggiungere nell’ambito della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, per l’Italia l’obiettivo da raggiungere entro il 2010 è fissato al 25% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

La direttiva 2001/77/CE è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 che ha ulteriormente innalzato l’obbligo, fissato al 2% dall’articolo 11 decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di immettere nella rete nazionale una quota di energia generata da impianti alimentati da fonti rinnovabili ed ha definito nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime. In particolare, è stato previsto un incremento pari annualmente a 0,35 punti percentuali, a decorrere dall'anno 2004 e fino al 2006[168], della quota minima di energia da fonti rinnovabili che gli importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di immettere sul mercato.

I certificati verdi costituiscono lo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Come detto tale quota, inizialmente fissata al 2%, è stata incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006, secondo quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n.387/2003.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo – ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n.387/2003 - della precedenza nel dispacciamento[169]. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto.

Per quanto concerne la durata dei certificati verdi, l'articolo 20, comma 5, del D.Lgs. 387/2003 l’ha inizialmente fissata a 8 anni (non si calcolano i periodi di fermata degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti); successivamente tale durata è stata elevata a 12 anni dall'art. 267, comma 4, lettera d), del D.lgs. 152/2006.

Per i soggetti che non rispettano l’obbligo di immissione, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Il comma 5 prevede che il valore dei certificati verdi corrisponda alla produzione di energia elettrica moltiplicata per i coefficienti previsti dalla tabella A, diversificati in relazione alla fonte utilizzata. I certificati verdi, emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE), hanno un valore unitario pari a 1 MWh (fatta salva la normativa speciale prevista per biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, per la quale v. nota supra)

 

Attualmente, il comma 87 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004 n. 239 stabilisce il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 in 0,05 GWh (50 MWh) o multipli di detta grandezza.

 

Il comma 6 prevede che i certificati verdi siano collocati sul mercato a un prezzo per MWh elettrico pari alla differenza tra il valore di riferimento fissato a 180 euro per megawattora e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica registrato nell'anno precedente, definito dall'Autorità per l'energia in attuazione di quanto previsto dall'articolo 13, comma 3 del D.Lgs. 387/2003.

Tale valore medio annuo deve essere comunicato dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas entro il 31 gennaio di ogni anno. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella A per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

 

L'Autorità per l’energia elettrica e il gas ha attuato il comma 3 dell'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 con la delibera 23 febbraio 2005, n. 34/05 (modificata, da ultimo, con la delibera 4 luglio 2007 n.167/07). L'articolo 4 della delibera 34/05 prevede che il gestore di rete che ritira l'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4 del D.Lgs. 387/2003 riconosca ai produttori un prezzo pari a quello di cessione dall'Acquirente unico alle imprese distributrici per la vendita al mercato vincolato definito dall'articolo 30, comma 1, lettere a), b) e c). Tale disposizione ha precisato i criteri di calcolo del prezzo che fanno riferimento rispettivamente alla media ponderata dei costi per l'acquisto dell'energia e per la copertura dei rischi connessi all'oscillazione dei prezzi (lettera a)), ai costi di dispacciamento (lettera b)), al corrispettivo riconosciuto all'Acquirente Unico (lettera c)).

In base all'articolo 33, comma 2,l’Acquirente unico comunica all’Autorità e pubblica nel proprio sito Internet, entro il termine del mese successivo a quello di competenza, il prezzo di cui all’articolo 30 relativo al mese di competenza.

Secondo i dati pubblicati dall'Acquirente unico il prezzo medio di cessione nel I trimestre del 2007 è stato pari a 81,8 €/MWh, per il II trimestre del 2007 pari a 79,3 €/MWh, per il III trimestre del 2007 si prevede sia pari a 82,6 €/MWh mentre per il IV trimestre si prevede sia pari 84,0 €/MWh . In base a tali dati il valore medio per il 2007 si attesterebbe a 81,9 €/MWh.

Conclusivamente il prezzo fissato dal comma in esame per il collocamento sul mercato dei certificati verdi potrebbe attestarsi attorno ai 98 euro per megawattora (180 euro meno il valore medio). Si segnala che il prezzo di riferimento individuato dal GSE per i certificati verdi per l'anno 2006 è stato pari a 125,28 €/MWh (al netto dell'IVA del 20 %).

 

Il comma 7 prevede che fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili (v. supra), il GSE, su richiesta del produttore, ritiri i certificati verdi, in scadenza nell’anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere l’obbligo della quota minima, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.

 

Il comma 8 rinvia a decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la fissazione delle direttive per l’attuazione di quanto disposto ai precedenti commi.

Con tali decreti, e per i punti b) e c) di intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabiliti inoltre:

a)      le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo nonché le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

Il servizio di scambio sul posto è previsto attualmente per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW, dunque la disposizione in esame eleverebbe tale soglia da 20 a 200 kW. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW è inoltre previsto che non siano dovuti i diritti di officina elettrica, pertanto la disposizione in esame pur elevando la soglia di ammissione al servizio di scambio sul posto non muta la disciplina sui diritti di officina elettrica.

L'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 387/2003 prevede che l’Autorità disciplini le condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW. L’articolo 6, comma 2 prevede che nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita dell’energia elettrica prodotta; L’articolo 6, comma 3 stabilisce che la disciplina dello scambio sul posto sostituisca ogni altro adempimento, a carico dei soggetti che realizzano gli impianti, connesso all’accesso e all’utilizzo della rete elettrica.

La disciplina del servizio di scambio sul posto è stata definita dalla delibera AEEG n. 28/2006 . Con il termine scambio sul posto si intende il servizio erogato dall’impresa distributrice competente nell’ambito territoriale in cui è ubicato l’impianto che consiste nell’operare un saldo annuo tra l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto medesimo e l’energia elettrica prelevata dalla rete.

Il servizio di scambio sul posto consente ad un cliente di utilizzare i servizi di rete per “immagazzinare” l’energia elettrica immessa quando non ci sono necessità di consumo e di ri-prelevarla dalla rete quando gli serve.

Lo scambio sul posto comporta pertanto il venir meno del costo di acquisto dell’energia elettrica per una quantità pari a quella prodotta dall’impianto (sia la quota auto-consumata immediatamente sia la quota immessa in rete e ri-prelevata successivamente). Lo scambio sul posto è alternativo alla vendita di energia elettrica: pertanto, nell’ambito dello scambio, le immissioni di energia in rete non possono essere vendute. L’energia elettrica immessa in rete e non consumata nell’anno di riferimento costituisce un credito, in termini di energia ma non in termini economici, che può essere utilizzato nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Al termine dei tre anni successivi, l’eventuale credito residuo viene annullato. Tale quantità di energia elettrica immessa in rete e mai consumata non può essere pagata poiché nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita. Pertanto lo scambio sul posto presenta vantaggi qualora, su base triennale, il consumo di energia elettrica risulti mediamente pari o superiore alla produzione. In caso contrario sarebbe preferibile scegliere, anziché lo scambio sul posto, la vendita di energia elettrica.

Per quanto riguarda i diritti di officina elettrica essi sono definiti dall'articolo 53 del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504 il quale prevede l'obbligo di denuncia di officina e licenza di esercizio e di pagamento dell'accisa sull'energia elettrica per:

a)       i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali, indicati come venditori;

b)       gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio;

c)       i soggetti che utilizzano l'energia elettrica per uso proprio con impiego promiscuo, con potenza disponibile superiore a 200 kW intendendosi per uso promiscuo l'utilizzazione di energia elettrica in impieghi soggetti a diversa tassazione.

Su richiesta possono essere riconosciuti come soggetti obbligati:

a)       i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica utilizzata con impiego unico previa trasformazione o conversione comunque effettuata, con potenza disponibile superiore a 200 kW;

b)       i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica da due o più fornitori, qualora abbiano consumi mensili superiori a 200.000 kWh.

I soggetti predetti hanno l'obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione, relativa agli impianti di pertinenza e alle modifiche societarie, nonché la cessazione dell'attività, entro trenta giorni dalla data in cui tali eventi si sono verificati.

Peraltro l’articolo 10, comma 7, primo periodo, della legge 13 maggio 1999 n. 133 prevede che l’esercizio di impianti che utilizzano fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 20 kW, anche collegati alla rete, non sia soggetto agli obblighi di apertura di officina elettrica ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del testo unico approvato con decreto legislativo n. 504/1995.

b)      i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all’allegato X alla parte V, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , a scopi alimentari, industriali ed energetici;

L'allegato X alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 reca la disciplina dei combustibili, la parte II dell'allegato disciplina le caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura, la sezione 4 della parte II reca le caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo .

c)      sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle A e B;

La disposizione sembra riferirsi al comma 4-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159 inserito durante l'esame presso il Senato del disegno di legge di sede di conversione. Il disegno di legge è attualmente all'esame della Camera dei deputati.

d)      sono aggiornate le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell’articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

 

Il comma 5 dell'art. 11 del D.Lgs. 79/1999 già prevede che con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, siano adottate le direttive per l'attuazione di quanto disposto dai commi 1, 2 e 3, nonché gli incrementi della percentuale di cui al comma 2 per gli anni successivi al 2002, tenendo conto delle variazioni connesse al rispetto delle norme volte al contenimento delle emissioni di gas inquinanti, con particolare riferimento agli impegni internazionali previsti dal protocollo di Kyoto.

Il comma 8 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 387, con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, siano aggiornate le direttive di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

 

Il comma 9 prevede che il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all’articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applichi ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 29 aprile 2006 e fino al 31 dicembre 2007.

Si ricorda che la lettera d) dell’articolo 267, comma 4, del d.lgs. n.152/2006 ha elevato da otto a dodici anni il periodo di validità dei certificati verdi.

 

Il comma 10 prevede che la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui al presente articolo a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

In altri termini, si prevede per gli impianti entrati in esercizio nel corso del 2008 la possibilità di cumulare più incentivi pubblici, escludendo tale possibilità per gli impianti entrati in esercizio a partire dal 2009.

 

Il comma 11 dispone che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisca:

a)      le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 3;

b)      le modalità con le quali le risorse per l’erogazione delle tariffe di cui al comma 3, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 7, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica.

 

Il comma 12 prevede l'abrogazione, a decorrere dal 1º gennaio 2008:

a)      del comma 6 dell’articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

b)      del comma 383 e del primo periodo del comma 1118 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Il comma 6 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede la possibilità di elevare, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il periodo di riconoscimento dei certificati verdi per la produzione di elettricità da impianti alimentati da biomassa, ad esclusione di quella prodotta da centrali ibride. Tale incremento può essere realizzato anche mediante rilascio, dal nono anno, di certificati verdi su una quota dell'energia elettrica prodotta.

Al medesimo fine, possono anche essere utilizzati i certificati verdi attribuiti al Gestore della rete dall'articolo 11, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 . La predetta elevazione del periodo di riconoscimento dei certificati verdi non può essere concessa per la produzione di energia elettrica da impianti che hanno beneficiato di incentivi pubblici in conto capitale.

 

Il comma 382 della legge 296/2006 demanda a un decreto ministeriale del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da adottare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la revisione della disciplina dei certificati verdi, al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica.

Il comma 383, oggetto di abrogazione, prevede che agli assegnatari dei nuovi certificati verdi non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 87, della legge n. 239 del 2004. Tale disposizione prevede che il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo n. 79 del 1999 è stabilito in 0,05 GWh o multipli di detta grandezza.

Il primo periodo del comma 1118 della legge 296/2006 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con propri decreti ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, provveda a definire i criteri e le modalità di erogazione dei finanziamenti e degli incentivi pubblici di competenza statale concedibili alle fonti rinnovabili di cui all'articolo 2 della direttiva 2001/77/CE.

 

I commi da 13 a 15 disciplinano, come detto, gli impianti esistenti, ossia gli impianti in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 13, allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, prevede che gli impianti entrati in esercizio prima del 1° gennaio 2008, aventi diritto ai certificati verdi, continuano a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 5. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all’obbligo della quota minima di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 2.

 

Il comma 14 stabilisce che agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 1, cioè entrati in esercizio in data precedente al 1° gennaio 2008, continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

 

Il comma 15 mantiene fermo in otto anni il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 7 febbraio 2007, n. 20 .

 

Tale disposizione ha mantenuto la validità del diritto all'acquisizione dei certificati verdi per i soggetti titolari di impianti realizzati o in fase di realizzazione in attuazione del comma 71 dell'articolo unico della legge 23 agosto 2004 n. 239 . Il comma 71 citato aveva esteso la possibilità di acquisire i certificati verdi all'energia elettrica prodotta:

-        con l'utilizzo dell'idrogeno;

-        in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile;

-        da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

Il comma 71 citato è stato abrogato dal comma 1120 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006).

Tuttavia, come anticipato, l'art. 14 del D.Lgs. 20/2007 ha mantenuto la validità dei diritti di cui al comma 71 purché gli impianti posseggano almeno uno dei seguenti requisiti:

a)       siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e la data del 31 dicembre 2006;

b)       siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008;

c)       entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

 

Il comma 2 dell'articolo 14 del D.Lgs. 20/2007 ha posto un ulteriore requisito per gli impianti di potenza elettrica superiore a 10 MW che mantengono il trattamento derivante dall'applicazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, come vigente al 31 dicembre 2006. Tali impianti devono infatti ottenere entro due anni dalla data di entrata in esercizio, la registrazione del sito secondo il regolamento EMAS e con le modalità e nel rispetto dei commi 3 e 4.

Il comma 3 dell'articolo 14 ha previsto la disapplicazione dell'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 relativamente ai certificati verdi rilasciati all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento. Ciò al fine di consentire l'esercizio dei diritti acquisiti.

L'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 aveva previsto che i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, potessero essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che fossero stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003 .

Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14 citato ha limitato la possibilità di utilizzare i predetti certificati alla copertura del 20 per cento dell'obbligo di immissione di una quota minima di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Infine, l'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 14 ha attribuito ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la possibilità di modificare la predetta percentuale allo scopo di assicurare l'equilibrato sviluppo delle fonti rinnovabili e l'equo funzionamento del meccanismo di incentivazione agli impianti citati.

Il comma 4 dell'articolo 14 obbliga i soggetti che beneficiano dei diritti richiamati al comma 1 di realizzare un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni inquinanti degli impianti. Secondo il comma 5 il Gestore del sistema elettrico - GSE effettua periodiche verifiche al fine del controllo dei requisiti che consentono l'accesso e il mantenimento dei diritti richiamati al comma 1.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il piano d’azione in materia di politica energetica europea per il periodo 2007-2009, approvato dal Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 (per maggiori informazioni sugli obiettivi del Piano d’azione si veda la scheda relativa all’articolo 30), in particolare per ciò che riguarda la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fa riferimento ad una relazione sui progressi realizzati in tale settore (COM(2006)849), con cui la Commissione ha valutato in quale misura gli Stati membri abbiano progredito verso il conseguimento dei loro obiettivi indicativi nazionali e la conformità di questi ultimi con l’obiettivo indicativo globale del 21% di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili[170]. In particolare l’Italia, assieme ad Austria, Cipro, Estonia, Francia, Lettonia, Malta e Repubblica slovacca, è stata inserita nel quinto ed ultimo gruppo di merito, quello cioè che include i paesi che, in base al tasso di penetrazione del mercato raggiunto e alle politiche attuate al momento, sono considerate più distanti dall’obiettivo indicativo. La relazione conferma, ad avviso della Commissione, la necessità di un ulteriore impegno per definire un percorso che consenta di integrare le energie rinnovabili nei grandi orientamenti politici ed economici per i settori dei trasporti, dell’elettricità, del riscaldamento e del raffreddamento.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

In relazione al recepimento e all’applicazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Commissione europea ha avviato, nei confronti dell’Italia, tre procedure di infrazione.

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[171]con cui contesta le diverse procedure messe in atto a livello regionale e comunale per il rilascio di permessi di costruzione e gestione degli impianti di energia idroelettrica, in particolare nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali sistemi autorizzatori non sono ritenuti dalla Commissione conformi alle disposizioni relative alle procedure amministrative di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora,[172] nella quale rileva che le misure messe in atto dall’Italia per conformarsi alle disposizioni della direttiva 2001/77/CE (decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387) rappresentano un mero recepimento formale della direttiva, per la cui concreta attuazione sarebbe necessaria l’introduzione di specifiche norme. La Commissione, inoltre, pone in evidenza che alcuni degli atti normativi di cui il D.lgs n. 387 del 2003 prevedeva l’emanazione, non sono stati adottati secondo le scadenze previste dal decreto.

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[173]conla quale sicontesta il mancato rispetto degli obblighi inerenti al riconoscimento delle garanzie di origine debitamente rilasciate da altri Stati membri dell’UE, con particolare riferimento alle importazioni effettuate nel 2004 e 2005.

In particolare, la Commissione rileva che l’articolo 11, comma 10, del D.lgs. n. 387, del 29 dicembre 2003, notificato dall’Italia quale misura di recepimento della succitata direttiva 2001/77/CE, stabilisce correttamente che la garanzia di origine di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili rilasciata in altri Stati membri dell’UE, a seguito del recepimento della direttiva 2001/77/CE, è riconosciuta anche in Italia.

Tuttavia una nota “Informativa sull’obbligo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/99[174] relativamente alle importazioni di elettricità prodotta da fonti rinnovabili”, fornita dal Ministero dello Sviluppo economico in relazione all’articolo 11, comma 10, del D. lgs 387/03, implicherebbe in pratica, che le garanzie di origine rilasciate in altri Stati membri per le importazioni effettuate nel 2004 e nel 2005 non possano essere riconosciute.

Secondo la Commissione, tale disposizione normativa risulterebbe in conflitto con gli obblighi stabiliti all’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2001/77/CE e costituirebbe un rifiuto ingiustificato di riconoscere le garanzie di origine debitamente rilasciate in altri Stati membri poiché tale mancato riconoscimento della garanzia di origine non risulterebbe fondato su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori.


Articolo 53
(Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)

 


1. All'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «o altro soggetto istituzionale delegato» sono sostituite dalle seguenti: «o dalle province delegate»;

b) al comma 3, dopo le parole: «del patrimonio storico-artistico» sono inserite le seguenti: «, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico»;

c) al comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti offshore l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d'uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima»;

d) dopo il primo periodo del comma 4 è inserito il seguente: «In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano»;

e) al secondo periodo del comma 4, le parole: «, in ogni caso,» sono soppresse e, dopo le parole: «a seguito della dismissione dell'impianto» sono aggiunte le seguenti: «o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale»;

f) al comma 5, le parole: «di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c)»;

g) al comma 5, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività»;

h) al comma 6 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, dei comuni e delle comunità montane. La definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali è rimessa alla commissione provinciale di cui all'articolo 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327»;

i) al comma 10 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali».

2. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell'iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal terzo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, introdotto dall'articolo 1, comma 75, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

3. Quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, sia presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell'articolo 3 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

4. Al decreto legislativo n. 387 del 2003 è allegata la seguente tabella:

«Tabella A

(Articolo 12)

Fonte                                            Soglie

1. Eolica...................................... 60 kW

2. Solare fotovoltaica..................... 20 kW

3. Idraulica.................................. 100 kW

4. Biomasse .............................. 200 kW

5. Gas di discarica, gas

residuati dai processi di

depurazione e biogas................ 250 kW».


 

 

L'articolo 53 modifica in più parti la disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Il comma 1, in particolare, reca una serie di integrazioni e modifiche all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, concernente la promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità. Tali modifiche sono evidenziate nel seguente testo a fronte.

 

D.Lgs. n. 387/2003

(testo vigente)

D.Lgs. n. 387/2003

(testo proposto)

 

 

Art. 12.

Art. 12.

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.

1. Identico.

2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell'interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

2. Identico.

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

 

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

 

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4.

 

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

6. L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.

 

6. L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province, dei comuni e delle comunità montane. La definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali è rimessa alla commissione provinciale di cui all’articolo 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.

7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.

7. Identico.

9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.

9. Identico.

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

 

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro i predetti termini, si applicano le linee guida nazionali.

 

Il testo vigente del comma 3 dell'articolo 12 prevede, fra l’altro, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.

 

I punti a), b) e c) modificano il comma 3 dell’articolo 12.

Il punto a) specifica che l'autorizzazione unica può essere rilasciata, oltre che dalla regione, dalle province delegate dalla regione.

Il punto b) precisa inoltre che l'autorizzazione unica costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.

Il punto c) integra la disposizione con la previsione che l'autorizzazione unica per gli impianti offshore (cioè in mare aperto) sia rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentito il Ministro dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare, a seguito di un procedimento unico e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

 

Il testo vigente del comma 4 dell'articolo 12 citato prevede che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge n. 241/1990 Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto.

 

Il punto d) integra il comma 4 dell’articolo 12 con la previsione che in caso di dissenso nel procedimento unico (purché il dissenso non sia espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico) la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, sia rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Al riguardo, il comma 6-bis dell'articolo 14-ter della legge 241/1990, applicabile anche al procedimento di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003, prevede che all'esito dei lavori della conferenza di servizi, e in ogni caso scaduto il termine, l'amministrazione procedente adotti la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. Dunque in caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali (si veda infra) l'amministrazione procedente ben può concludere il procedimento e concedere l'autorizzazione unica se le posizioni prevalenti sono state orientate in tal senso. Con la modifica in esame invece nel caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali l'amministrazione procedente dovrebbe comunque rimettere la decisione alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Per quanto riguarda il dissenso espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, continuerebbe ad applicarsi il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 il quale prevede la rimessione della decisione entro dieci giorni:

-        al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;

-        alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;

-        alla Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.

Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 prevede l'applicazione della disciplina citata anche nel caso in cui il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, casi invece non fatti salvi dal comma 3 in esame.

Pertanto i casi di dissenso espresso da amministrazioni preposte alla tutela della salute o della pubblica incolumità sono superabili con decisione della Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il punto e) modifica il comma 4 dell'articolo 12 nella parte in cui prevede l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. In alternativa a tale obbligo, per gli impianti idroelettrici, si prevede l'obbligo di esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

 

Il testo vigente del comma 5 dell'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003 prevede che non si applichino le procedure di cui ai commi 3 e 4 per l'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione.

 

Il punto f) modifica il comma 5 dell’articolo 12, provvedendo a correggere un errore materiale (in quanto l'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 non reca alcun comma 2 ed il riferimento è da intendersi al comma 1).

Gli impianti previsti dalle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 sono i seguenti:

b)       impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili: impianti alimentati dalle biomasse e dalla fonte idraulica, ad esclusione, per quest'ultima fonte, degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi, di cui alla lettera d) .

c)       impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta: impianti alimentati dalle fonti rinnovabili che non rientrano tra quelli di cui alla lettera b).

 

Il punto g) aggiunge due periodi alla fine comma 5 dell’articolo 12.

Il primo periodo prevede l'applicazione dell'istituto della denuncia di inizio attività[175] per gli impianti con capacità di generazione inferiore alle soglie individuate dalla seguente tabella:


 

Fonte

Soglie

Eolica

60 kW

Solare fotovoltaica

20 kW

Idraulica

100 kW

Biomasse

200 kW

Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas

250 kW

 

Relativamente alla disciplina della DIA recata dagli artt. 22 e 23 del DPR n. 380/2001, si ricorda brevemente che l’art. 23 del DPR n. 380/2001 dispone, tra l’altro, che “il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”. Lo stesso articolo dispone anche che la DIA “è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori”.

 

La disposizione rimette poi ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, la possibilità di individuare maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

 

Il punto h) modifica il comma 6 dell'articolo 12, in modo da precisare che l'autorizzazione non può prevedere né essere subordinata a misure di compensazione non soltanto a favore delle regioni, e delle province ma anche dei comuni, delle comunità montane, mentre la definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali viene rimessa alla Commissione provinciale prevista dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 .

 

La Commissione cui viene rimessa la definizione del corrispettivo è la “Commissione competente alla determinazione dell'indennità definitivadi esproprio, istituita - ai sensi del citato art. 41 del DPR n. 327/2001 - dalla Regione in ogni provincia e composta:

a)       dal presidente della Provincia, o da un suo delegato, che la presiede;

b)       dall'ingegnere capo dell'ufficio tecnico erariale, o da un suo delegato;

c)       dall'ingegnere capo del genio civile, o da un suo delegato;

d)       dal presidente dell'Istituto autonomo delle case popolari della Provincia, o da un suo delegato;

e)       da due esperti in materia urbanistica ed edilizia, nominati dalla Regione;

f)         da tre esperti in materia di agricoltura e di foreste, nominati dalla Regione su terne proposte dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

La Regione può nominare altri componenti e disporre la formazione di sottocommissioni, aventi la medesima composizione della commissione prevista dal comma 1. La commissione ha sede presso l'ufficio tecnico erariale. Il dirigente dell'Ufficio distrettuale delle imposte cura la costituzione della segreteria della commissione e l'assegnazione del personale necessario. Nell'ambito delle singole regioni agrarie, delimitate secondo l'ultima pubblicazione ufficiale dell'Istituto centrale di statistica, entro il 31 gennaio di ogni anno la commissione determina il valore agricolo medio, nel precedente anno solare, dei terreni, considerati non oggetto di contratto agrario, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati.

 

Merita evidenziare che in molte regioni il rilascio dell’autorizzazione regionale è condizionato alla stipula di una convenzione tra Comune e società che realizzano gli impianti, e che in molti casi tali convenzioni prevedono la corresponsione di somme compensative a favore dei Comuni che ospitano gli impianti medesimi.

 

Il testo vigente del comma 10 dell'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003 prevede che in Conferenza unificata, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvino le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

 

Il punto i) aggiunge alla fine del comma 10 dell'articolo 12 una norme volta a prevedere l'adeguamento da parte delle Regioni delle rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida, decorsi i quali si applicano le linee guida nazionali.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame specifica che per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell’iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal terzo periodo del comma l dell’articolo 15 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, così come introdotto dall’articolo 1, comma 75, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del D.Lgs. 79/1999 prevede che i soggetti destinatari di incentivi relativi alla realizzazione di impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili che non rispettino la data di entrata in esercizio dell'impianto indicata nella convenzione e nelle relative modifiche e integrazioni sono considerati rinunciatari qualora non abbiano fornito idonea prova all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di avere concretamente avviato la realizzazione dell'iniziativa mediante l'acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l'impianto, nonché l'accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l'indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti per l'acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all'impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell'iniziativa o l'ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 3 prevede che quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 è presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell’art. 3 del d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo codice.

Si ricorda che l’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387/2003 assoggetta ad un’autorizzazione unica “la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi”.

Relativamente al profilo di amministrazione aggiudicatrice, si ricorda che, ai sensi del citato art. 3, comma 25, del d.lgs. n. 163/2006, vi rientrano le “amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”. La definizione di “organismo di diritto pubblico” è contenuta nel successivo comma 26.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 50.

 

 


Articolo 54
(Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione
dell’elettricità da fonti rinnovabili)

 


1. Il gestore di rete connette senza indugio e prioritariamente alla rete gli impianti che generano energia elettrica da fonti rinnovabili che ne facciano richiesta, nel rispetto delle direttive impartite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

2. Al comma 2 dell'articolo 14 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono aggiunte le seguenti lettere:

«f-bis) sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia;

f-ter) prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, e dell'articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, vincolanti fra le parti;

f-quater) prevedono l'obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche nel caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l'energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui;

f-quinquies) prevedono che gli interventi obbligatori di adeguamento della rete di cui alla lettera f-quater) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti per autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell'energia elettrica prodotta;

f-sexies) prevedono che i costi associati alla connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) e che i costi associati allo sviluppo della rete siano a carico del gestore della rete;

f-septies) prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze, operanti nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le loro forme consortili».

3. Il Ministro dello sviluppo economico è autorizzato ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo tese a promuovere e realizzare gli adeguamenti della rete elettrica ulteriori che risultino necessari per la connessione ed il dispacciamento dell'energia elettrica generata con impianti alimentati da fonti rinnovabili.


 

 

L’articolo 54, introdotto al Senato, detta norme in materia di connessione agli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili.

 

Il comma 1 prevede, qualora ne sia fatta richiesta, la connessione prioritaria alla rete elettrica degli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, nel rispetto delle direttive impartite dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.

 

Tale previsione risulta in linea con l'art. 11, par. 3 della direttiva 2003/54/CE la quale dà facoltà agli Stati di imporre al gestore del sistema di trasmissione di dare la precedenza nel dispacciamento agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche rinnovabili o rifiuti, oppure che assicurano la produzione mista di calore e di energia elettrica.

Per quanto concerne la normativa nazionale, si ricorda che l'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999.

 

Il comma 2 integra l’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (aggiungendovi sei lettere, da f-bis) a f-septies)), al fine di puntualizzare i contenuti delle direttive che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas è chiamata ad adottare per definire le condizioni tecniche ed economiche per la connessione alla rete di impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

L'articolo 14 del decreto legislativo n.387/2003 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas emani specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti alimentati da fonti rinnovabili alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV, i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi (comma 1).

Ai sensi del comma 2 le direttive, in particolare:

a)       prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, degli standard tecnici per la realizzazione degli impianti di utenza e di rete per la connessione;

b)       fissano le procedure, i tempi e i criteri per la determinazione dei costi, a carico del produttore, per l'espletamento di tutte le fasi istruttorie necessarie per l'individuazione della soluzione definitiva di connessione;

c)       stabiliscono i criteri per la ripartizione dei costi di connessione tra il nuovo produttore e il gestore di rete;

d)       stabiliscono le regole nel cui rispetto gli impianti di rete per la connessione possono essere realizzati interamente dal produttore, individuando altresì i provvedimenti che il Gestore della rete deve adottare al fine di definire i requisiti tecnici di detti impianti; per i casi nei quali il produttore non intenda avvalersi di questa facoltà, stabiliscono quali sono le iniziative che il gestore di rete deve adottare al fine di ridurre i tempi di realizzazione;

e)       prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, delle condizioni tecniche ed economiche necessarie per la realizzazione delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete per la connessione di nuovi impianti;

f)         definiscono le modalità di ripartizione dei costi fra tutti i produttori che ne beneficiano delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete. Dette modalità, basate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori tengono conto dei benefici che i produttori già connessi e quelli collegatisi successivamente e gli stessi gestori di rete traggono dalle connessioni.

I gestori di rete sono tenuti a fornire al produttore che richiede il collegamento alla rete di un impianto alimentato da fonti rinnovabili le soluzioni atte a favorirne l'accesso alla rete, unitamente alle stime dei costi e della relativa ripartizione (comma 3).

L'Autorità adotta i provvedimenti eventualmente necessari per garantire che la tariffazione dei costi di trasmissione e di distribuzione non penalizzi l'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, compresa quella prodotta in zone periferiche, quali le regioni insulari e le regioni a bassa densità di popolazione (comma 4).

 

La disposizione in commento prevede che l’Autorità emani ulteriori direttive, le quali:

1)      sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia (lettera f-bis));

2)      prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell’articolo 23 della direttiva 2003/54/CE del 26 giugno 2003[176]e dell’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, vincolanti fra le parti (lettera f-ter));

3)      prevedono l’obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche nel caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l’energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui (lettera f-quater));

4)      prevedono che gli interventi obbligatori di adeguamento della rete di cui alla lettera i) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti per autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell’energia elettrica prodotta (lettera f-quinquies));

5)      prevedono che i costi associati alla connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) mentre i costi associati allo sviluppo della rete siano a carico del gestore della rete (lettera f-sexies));

6)      prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze, operanti nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le forme consortili (lettera f-septies)).

 

Il comma 3 delega il Ministro dello sviluppo economico ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo tese a promuovere e realizzare gli adeguamenti della rete elettrica ulteriori che risultassero necessari per la connessione ed il dispacciamento dell'energia elettrica generata con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 52.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Procedure di contenzioso relativo all’articolo 52.


Articolo 55
(Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni
in materia di fonti rinnovabili)

 


1. Il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima di incremento dell'energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l'obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiornamenti proposti dall'Unione europea.

2. Entro i successivi novanta giorni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri piani o programmi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o programmi, provvedono a definirli, e adottano le iniziative di propria competenza per concorrere al raggiungimento dell'obiettivo minimo fissato di cui al comma 1.

3. Ogni due anni, dopo l'entrata in vigore delle disposizioni del presente articolo, il Ministro dello sviluppo economico verifica per ogni regione le misure adottate, gli interventi in corso, quelli autorizzati, quelli proposti, i risultati ottenuti al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, e ne dà comunicazione con relazione al Parlamento.

4. Nel caso di inadempienza dell'impegno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 2, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell'obiettivo di pertinenza di cui al comma 1, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza nei sei mesi successivi all'invio del richiamo, provvede entro gli ulteriori sei mesi con le modalità di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

5. Le regioni promuovono il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell'obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

6. Con accordi di programma, il Ministero dello sviluppo economico o altri Ministeri interessati e le regioni promuovono lo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, ed apparecchi, e interventi per le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese, avvalendosi in particolare delle risorse del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.


 

 

L’articolo 55, introdotto al Senato, regola le funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di fonti rinnovabili.

 

Il comma 1 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni, stabilisca con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della quota minima di incremento dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiornamenti proposti dall’Unione europea.

 

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE prevede che gli Stati membri adottino misure appropriate atte a promuovere l'aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Sono previsti obiettivi indicativi nazionali, ovvero non vincolanti, per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. In particolare è fissato un obiettivo generale per la Comunità europea del 22,1 % di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità entro il 2010.

Nell'allegato alla direttiva 2001/77/CE contenente i valori di riferimento per gli obiettivi indicativi nazionali degli Stati membri relativi al contributo dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili al consumo lordo di elettricità entro il 2010 all'Italia è attribuito l'obiettivo del 25% di elettricità da fonti rinnovabili .

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE prevede inoltre che la Commissione sorvegli i progressi compiuti dagli Stati membri e pubblichi una relazione contenente le sue conclusioni, per la prima volta entro il 27 ottobre 2004 e successivamente ogni due anni.

Nel gennaio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione contenente la relazione sui progressi realizzati nel settore dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili nella quale si prevede il raggiungimento di una quota del 19% entro il 2010. Per quanto riguarda l'Italia si "constata un notevole divario tra l'attuale tasso di penetrazione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili e l'obiettivo del 25% fissato per il 2010".

Contestualmente, la Commissione europea ha presentato una comunicazione nella quale preannuncia la presentazione di una proposta legislativa che fissi un obiettivo obbligatorio (giuridicamente vincolante) di una quota del 20% di energie rinnovabili sul consumo energetico dell'Ue per il 2020.

 

Il comma 2 stabilisce che entro i novanta giorni successivi al decreto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguino i propri piani o programmi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o programmi, provvedano a definirli, e adottino le iniziative di propria competenza per concorrere al raggiungimento dell’obiettivo minimo fissato di cui al comma 1.

 

In base al comma 3 ogni due anni, dopo l’entrata in vigore delle norme di cui al comma 1, il Ministro dello sviluppo economico, verifica per ogni Regione le misure adottate, gli interventi in corso, quelli autorizzati, quelli proposti, i risultati ottenuti al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, e ne dà comunicazione con relazione al Parlamento.

 

Il comma 4 prevede che in caso di inadempienza dell’impegno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 2, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell’obiettivo di pertinenza di cui al comma 1, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza entro sei mesi dall’invio del richiamo, esercita il potere sostitutivo entro i successivi sei mesi, con le modalità di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 .

L'articolo 120, comma 2, della Costituzione, prevede che il Governo possa sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

L'articolo 8 della legge 131/2003 reca le norme per l'attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.

Il primo comma prevede che nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

In base al secondo comma qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia.

Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

Si prevede, infine, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

 

Il comma 5 prevede che le regioni promuovono il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

 

Il comma 6 prevede che con accordi di programma, il Ministero dello sviluppo economico, o altri Ministeri interessati e le regioni, promuovano lo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, apparecchi, interventi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese avvalendosi in particolare delle risorse del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.

 

Il Quadro strategico nazionale 2007-2013 prevede dieci azioni prioritarie, tra queste la priorità n. 3 è assegnata all'energia e ambiente, la quale si articola in due obiettivi generali, uno dei quali finalizzato a promuovere le opportunità di sviluppo locale attraverso l’attivazione di filiere produttive collegate all’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e al risparmio energetico.

La strategia del Quadro si attua anche attraverso due programmi operativi interregionali, ovvero una forma di intervento volta a realizzare una strategia e conseguire obiettivi che si riferiscono ad aree più ampie di quelle di una singola regione. Uno dei due programmi operativi interregionali è dedicato all'energia rinnovabile e al risparmio energetico. Per tale programma operativo interregionale è previsto uno stanziamento per gli anni 2007-2013 di 803,9 milioni di euro.

 

Merita al riguardo evidenziare che la disposizione in esame va raccordata con quanto previsto al comma 10 dell'articolo 30-ter del disegno di legge in esame, in base al quale la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui allo stesso articolo (certificati verdi o tariffa fissa) a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 52.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Procedure di contenzioso relativo all’articolo 52.

 


Articolo 56
(Impianti fotovoltaici)

 


1. Nell'ambito delle disponibilità di cui all'articolo 12 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, e ai fini dell'applicazione dell'articolo 6 del medesimo decreto, gli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali sono considerati rientranti nella tipologia dell'impianto, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b3), del medesimo decreto.

2. L'autorizzazione di cui al comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, per la costituzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali, ove necessaria ai sensi della legislazione nazionale o regionale vigente e in relazione alle caratteristiche e alla ubicazione dell'impianto, è rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 12 per il complesso degli impianti.


 

 

L’articolo 56, introdotto al Senato, reca disposizioni concernenti gli impianti fotovoltaici i cui “soggetti responsabili” sono gli enti locali.

Ai sensi dell’art. 2, lettera h) del DM 19 febbraio 2007 richiamato dal comma 1 del presente articolo per "soggetto responsabile" si intende il soggetto responsabile dell'esercizio dell'impianto e che ha diritto, nel rispetto delle disposizioni del decreto stesso, a richiedere e ottenere le tariffe incentivanti.

In particolare il comma 1 prevede che i suddetti impianti fotovoltaici rientrino ex lege nella tipologia di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica, di cui alla lettera b3) dell'articolo 2 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007[177], nell'ambito delle disponibilità indicate dall'articolo 12 del DM e ai fini dell’applicazione delle tariffe incentivanti ventennali fissate dall’articolo 6 dello stesso decreto .

Secondo la lettera b3) citata, impianto fotovoltaico con integrazione architettonica è l'impianto fotovoltaico i cui moduli sono integrati, secondo le tipologie elencate in allegato 3, dello stesso decreto, in elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Le altre possibili classificazioni degli impianti fotovoltaici sono le seguenti:

-        b1) impianto fotovoltaico non integrato, è l'impianto con moduli ubicati al suolo, ovvero con moduli collocati, con modalità diverse dalle tipologie di cui agli allegati 2 e 3, sugli elementi di arredo urbano e viario, sulle superfici esterne degli involucri di edifici, di fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione;

-        b2) impianto fotovoltaico parzialmente integrato, è l'impianto i cui moduli sono posizionati, secondo le tipologie elencate in allegato 2, su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Tale classificazione avviene ai fini dell'applicazione delle tariffe incentivanti ventennali previste dall'articolo 6 del DM citato.

Infatti le tariffe per gli impianti con integrazione architettonica (lettera b3) sono mediamente superiori del 21 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti non integrati (lettera b1) e del 10,3 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti con integrazione parziale (lettera b2).

La tabella sottostante fornisce i valori in euro della tariffa:

 

Tariffa incentivante (valori in euro)

Potenza

non integrati (b1)

parziale integrazione (b2)

integrati (b3)

da 1 a 3 kW

0,40

0,44

0,49

da 3 a 20 kW

0,38

0,42

0,46

 più di 20 kW

0,36

0,40

0,44

Peraltro, in base al comma 4 dell'articolo 6 del DM, tali tariffe sono incrementate del 5%con arrotondamento commerciale alla terza cifra decimale, tra l'altro, nel caso in cui il cui soggetto responsabile sia una scuola pubblica o paritaria di qualunque ordine e grado o una struttura sanitaria pubblica o un ente locale con popolazione residente inferiore a 5000 abitanti sulla base dell'ultimo censimento Istat.

 

La disposizione in commento consente, pertanto, agli impianti i cui soggetti responsabili sono enti locali di ricevere automaticamente la tariffa più alta a prescindere dall'effettiva integrazione architettonica degli impianti.

Quanto alle disponibilità di cui all’art. 12 del DM, cui rinvia la disposizione in esame si segnala detto articolo fissa in 3000 MW l'obiettivo nazionale di potenza nominale fotovoltaica cumulata da installare entro il 2016, mentre il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere tariffe incentivantiè fissato dal successivo articolo 13. Tale articolo stabilisce, infatti, in 1200 MW il limite massimo di tutti gli impianti che possono ottenere le tariffe incentivanti. In aggiunta ad essi hanno diritto alle suddette tariffe gli impianti i cui soggetti responsabili sono gli enti locali che entrino in esercizio entro ventiquattro mesi dalla data nella quale verrà comunicato il raggiungimento del limite di potenza nominale di 1200 MW. (Tale termine è ridotto a quattordici mesi per gli impianti i cui soggetti responsabili non sono enti locali).

Sul sito Internet del GSE[178]. (accesso avvenuto in data 14 novembre 2007) risultano i seguenti dati relativi al numero e alla potenza nominale degli impianti fotovoltaici:

 

NUOVO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

1.448

Potenza (kW)

10.141

VECCHIO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

3.830

Potenza (kW)

43.113

 

Il comma 2 prevede che l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali venga rilasciata – qualora sia necessaria ai sensi della vigente legislazione e in relazione alle caratteristiche e all’ubicazione dell’impianto - a seguito del procedimento unico disciplinato dal comma 4 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387[179] per il complesso degli impianti.

La portata innovativa della disposizione sembrerebbe identificarsi nella previsione di un'autorizzazione unica "per il complesso degli impianti", dunque per una pluralità di impianti, ipoteticamente anche ubicati in posti diversi.

 

Il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da FER è disciplinato dal comma 3 dell'articolo 12 del citato D.Lgs. 387/03. Il comma stabilisce, infatti, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504[180], e successive modificazioni.

Quanto alla disciplina del procedimento unico si rinvia alla scheda relativa all’art. 53 nel presente dossier (che modifica il comma 4, dell'articolo 12 citato del D.Lgs. 387/03).


 

Articolo 57
(Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre)

 


1. Per le finalità di cui all'articolo 5 del decreto-legge 17 giugno 1996, n. 321, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 421, sono autorizzati contributi quindicennali di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 25 milioni di euro per l'anno 2009 e di 25 milioni di euro per l'anno 2010, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell'articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

2. Per le finalità di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 7 agosto 1997, n. 266, è autorizzata la spesa di euro 318 milioni per l'anno 2008, di euro 468 milioni per l'anno 2009, di euro 918 milioni per l'anno 2010 e di euro 1.100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012.

3. Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono autorizzati contributi quindicennali di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 25 milioni di euro per l'anno 2009 e di 25 milioni di euro per l'anno 2010, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell'articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.


 

 

L’articolo 57 ai commi 1 e 2 rifinanzia alcune attività previste in favore delle imprese nazionali del settore aeronautico, mentre al comma 3 autorizza contributi per programmi navali.

 

Per le modalità di erogazione i commi 1 e 3 fanno riferimento a una norma del decreto-legge n. 35 del 2005 (cd. "decreto competitività"), recante limiti di impegno.

Si ricorda che il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al richiamato comma 16-bis dell’articolo 5 dispone in ordine alle modalità di utilizzo dei limiti d’impegno, già stanziati da specifiche disposizioni legislative, in materia di sviluppo del settore aeronautico, stabilendo in proposito che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato, concernenti la realizzazione di progetti ad elevato contenuto tecnologico nel settore aeronautico, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 808/1985 e all’articolo 1 comma 1, lettera a), della legge n. 140/1999, siano utilizzati nella forma di contributi pluriennali in conformità alle disposizioni recate dall'articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).

Il suddetto comma 177 ha introdotto un’importante innovazione nella disciplina dei limiti di impegno, stabilendo che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato sulla base di specifiche disposizioni legislative devono intendersi:

a)    quale contributo pluriennale dello Stato per la realizzazione di investimenti, di forniture di interesse nazionale e di azioni mirate a favorire il trasporto delle merci con modalità alternative, includendo nel costo degli stessi anche gli oneri derivanti dagli eventuali finanziamenti necessari;

b)    quale concorso dello Stato al pagamento di una quota degli oneri derivanti dai mutui o da altre operazioni finanziarie che i soggetti interessati sono autorizzati ad effettuare per la realizzazione di investimenti, nel caso in cui il soggetto beneficiario non sia compreso nel settore delle amministrazioni pubbliche, come definito sulla base delle regole comunitarie di contabilità nazionale.

Il concorso parziale al finanziamento degli oneri derivanti da mutui o prestiti, pertanto, si applica solo ai casi in cui il beneficiario del finanziamento sia un soggetto che non appartiene al settore delle amministrazioni pubbliche. La determinazione della quota di concorso è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro competente.

Il comma 1, in particolare, autorizza i seguenti contributi quindicennali per le finalità di cui all’art. 5 del DL 321/96 concernente il finanziamento lo sviluppo tecnologico nel settore aeronautico:

§      20 milioni di euro per l’anno 2008;

§      25 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      25 milioni di euro per il 2010.

Il citato decreto-legge 17 giugno 1996, n.321 “Disposizioni urgenti per le attività produttive”, conv. con modif. dalla L. 8 agosto 1996, n. 421, all’articolo 5, ha autorizzato limiti d’impegno decennali per le finalità di cui all’articolo 3, comma 1, lett. a), della legge 808/05[181] vale a dire la concessione di finanziamenti per favorirela partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici in collaborazione internazionale, in particolareper l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi. Lo stesso articolo dispone anche in ordine all'attuazione di interventi relativi ai programmi per la Difesa, da definire mediante apposite convenzioni fra il Ministero della difesa ed i Ministeri dell’industria e del tesoro (ora rispettivamente dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze).

 

I programmi finanziati al comma 1, come risulta dalla relazione illustrativa, sono i seguenti:

§      M346, addestratore avanzato di terza generazione;

§      approvvigionamento di elicotteri alle Forze Armate (EH 101 sia versione trasporto utility per la Marina, sia in quella combat SAR all’Aeronautica), nonché di elicotteri medi ai Carabinieri;

§      Sistema SICOTE (sistema di comunicazioni) per i Carabinieri in funzione anti-terrorismo;

§      SICRAL 2 (satellite di comunicazioni militari in collaborazione con la Francia)

 

I suddetti programmi sono illustrati in dettaglio nel riquadro che segue

 

I programmi finanziati

L'M-346 è un velivolo da addestramento avanzato di nuova generazione sviluppato da Aernecchi Spa. Il velivolo sarà in grado di addestrare i piloti a volare sui futuri aerei da combattimento; sarà, infatti, ottimizzato in tutte le fasi dell’addestramento avanzato e pre-operativo. L’M-346 è stato progettato con un sistema avionico che è pienamente rappresentativo dei caccia di nuova generazione. Attualmente i due prototipi sono impegnati nei programmi di test e attività dimostrativi.

Sul programma M346 sono stati presentati i seguenti atti di sindacato ispettivo:

Senato- Leoni - interrogazione a risposta scritta 4/01115, risposta pubblicata il 14 giugno;

Senato - Brisca Menapace - interrogazione a risposta orale 3/00795, svolta in Commissione difesa il 25 luglio;

Camera - Urso - interrogazione a risposta scritta 4/00798;

Camera - Deiana - interrogazione a risposta orale 3/01049.

 

L'AgustaWestland EH-101 è un elicottero multiruolo prodotto grazie ad una joint venture tra la italiana Agusta e la britannica Westland, poi sfociata nella fusione delle due società e nella acquisizione di tutto il pacchetto azionario da parte di Finmeccanica. È un elicottero trimotore da 15 tonnellate. È un mezzo pensato eminentemente per operazioni militari o di salvataggio.

Questo tipo di elicotteri, in dotazione fin dal 1996 al NuVO (Nucleo Valutazioni Operative della Marina Militare Italiana) vengono comunque utilizzati soprattutto per missioni SAR (search and rescue, ossia missioni generali di soccorso e salvataggio) con l'uso del verricello (il cui attacco è visibile sul lato destro dell'elicottero, capace di agganciare e sollevare oltre quattro tonnellate di carico) che l'operatore a bordo manovra con un semplice joystick.

La versione “Utility” con rampa di carico posteriore è concepita sia per usi militari che civili.

Il programma SICOTE prevede un innovativo sistema di comunicazione terrestre dell'Arma dei Carabinieri per le attività di prevenzione generale, controllo del territorio, investigazione ed analisi. Il nuovo progetto mira ad incrementare le capacità operative dei reparti dell’Arma.


In particolare, il progetto prevede:

§      la costituzione, a livello centralizzato, di un sistema fruibile da tutti i reparti;

§      l’evoluzione della piattaforma tecnologica già costituita a livello provinciale;

§      la realizzazione, a livello centralizzato, di una struttura che preveda il coinvolgimento dell’industria e dell’università in cooperazione con le risorse dell’Arma per svolgere attività di ricerca e sperimentazione.

Potrà inoltre essere attuato un sistema di supporto alle decisioni, per analizzare l’indice criminogeno di una particolare area geografica.

Il Programma interforze e per la Ricerca Scientifica e Tecnologica relativo ai terminali satellitari SICRAL (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate ed Allarmi) prevede la realizzazione del secondo satellite del sistema SICRAL (SICRAL-2) destinato a sostituire l'attuale, in orbita dal 2001. Il SICRAL è un sistema di comunicazione militare satellitare che assicura le comunicazioni strategiche. Il sistema consente collegamenti sicuri in video, voce e dati sul territorio nazionale e con contingenti impegnati in operazioni di pace all'estero. E' in grado di consentire l'integrazione con gli analoghi sistemi in uso nella NATO, e lo sviluppo e l'acquisizione del sistema integrato di distribuzione delle informazioni tattiche di identificazione e di navigazione di dimensioni ridotte MIDS-LVT.

Relativamente al programma SICRAL, il Governo ha presentato alle Camere, lo scorso 18 maggio 2007, due atti sottoposti a parere parlamentare:

-        Atto n. 97 "Programma annuale di A/R n. SMD 08/2007, relativo al lancio di un satellite militare denominato "SICRAL-1B", su cui la Commissione difesa del Senato ha espresso, il 27 giugno, parere favorevole con osservazioni;

-       Atto n. 98 "Programma pluriennale di A/R n. SMD 01/2007, relativo all'acquisizione di un satellite militare denominato "SICRAL-2", cu cui la Commissione difesa del Senato ha espresso, il 28 giugno, parere favorevole.

 

Il comma 2 autorizza le seguenti spese per le finalità di partecipazione italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico, nonché al programma EFA, di cui all’art. 4, comma 3, della legge 266/97:

§      318 milioni di euro per l’ anno 2008;

§      468 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      918 milioni di euro per il 2010;

§      1100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012

La legge 7 agosto 1997, n. 266, recante "Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, comma 3, ha autorizzato un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA (European fighter aircraft)[182]. Ha pertanto autorizzato il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in conformità alla indicazione del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro della difesa, deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato successivamente rifinanziato da diversi provvedimenti.

-       dall’art. 50, comma 1, lettera h), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999) che ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 24 miliardi di lire a partire dal 1999, di 50 miliardi di lire a partire dal 2000 e di 26 miliardi di lire a partire dal 2001;

-       dall’art. 145, co. 38, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, finanziaria 2001 (200 mld di lire nel 2001 e 226 mld nel 2002);

-       dall’art. 52, comma 43, della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria 2002) che ha previsto un ulteriore rifinanziamento, pari a 154,937 milioni di euro per il solo anno 2002;

-       dall’articolo 80, comma 60, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003), che ha autorizzato una spesa di 50 milioni di euro per le esigenze di prosecuzione del programma EFA per il 2003, mentre alla tabella 1 è indicato un limite di impegno quindicennale con decorrenza dal 2004 per 100 milioni sempre relativo al programma EFA;

-       dall’art. 4, 1 co. 176-78 della legge 350/04, che ha autorizzato un limite di impegno quindicennale con decorrenza 2005 (scadenza 2019) di 50 milioni euro ed un secondo limite di impegno, anch'esso quindicennale, con decorrenza 2006 (scadenza 2020) di pari importo.

-       dall’art. 1 comma 885 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) che autorizzato contributi quindicennali di 50 milioni di euro per il 2007, 40 milioni per il 2008 e 30 milioni per il 2009[183].

 

Il comma 3, da ultimo, autorizza i seguenti contributi quindicennali per la prosecuzione del Programma per la costruzione delle fregateFREMM, di cui all’art. 1, co. 95, della legge 266/05 (finanziaria 2006):

§      20 milioni di euro per l’ anno 2008;

§      25 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      25 milioni di euro per il 2010.

 

Il comma 95, art. 1, della legge 266/05 ha autorizzato contributi quindicennali, ai sensi dell’articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004), precedentemente illustrato, per la prosecuzione del programma di sviluppo ed acquisizione delle fregate FREMM (fregata europea multimissione), e delle relative dotazioni operative, nonché per l’avvio di programmi dichiarati di massima urgenza.

Le risorse a tal fine destinate sono di 30 milioni di euro a decorrere 2006, cui si aggiungono 30 milioni di euro a decorrere dal 2007, cui ancor si aggiungono 75 milioni di euro a decorrere dal 2008.

Pertanto, i contributi autorizzati si configurano nel modo seguente (in milioni di euro):

 

 

2006

2007

2008 e
successivi

 

30

30

30

 

 

30

30

 

 

 

75

Totale

30

60

135

 

Il programma per la costruzione delle fregate FREMM trae origine dalla dichiarazione congiuntasiglata aParigi il 25 ottobre 2004 dai ministri della difesa italiano e francese, che ha riconosciuto l’esigenza di procedere al rinnovamento delle rispettive flotte, nell’ottica di una diffusa e consolidata convergenza degli obiettivi militari, tecnici, finanziari e temporali perseguiti in tale contesto dalle due marine. L’accordo prevede la costruzione di 17 unità per la marina francese e 10 per la nostra. Delle fregate francesi, 8 saranno specializzate nella lotta subacquea e 9 nell’azione contro forze terrestri che saranno, quindi, predisposte per l’installazione ulteriore di una funzione di supporto “fuoco navale”, per la quale è prevista un’artiglieria di medio calibro a lunga gittata. Delle fregate italiane 4 saranno specializzate nella lotta subacquea e 6 General Purpose predisposte per l’installazione ulteriore di missili di crociera. Tutte le fregate disporranno di una piattaforma comune, con un dislocamento dell’ordine di 5.500 tonnellate, avranno una lunghezza di 128 metri, un impianto di propulsione misto, dotato di una turbina a gas, ed una velocità non inferiore ai 27 nodi. Il costo unitario medio di una fregata francese, tasse escluse ed alle condizioni economiche di gennaio 2003, è pari a 280 milioni di euro, mentre per la fregata italiana è pari a 350 milioni. Complessivamente il programma ha un costo per l’Italia di quattro miliardi di euro (i 350 milioni previsti per esemplare più 500 milioni di costi strutturali del programma), con un risparmio del 20% consentito dalla coproduzione con i francesi. La consegna contrattuale delle prime navi di serie di ogni Paese deve avvenire nel 2010, mentre le consegne delle navi successive si deve svolgere con un ritmo tale da completare la serie delle fregate entro il 2018 per la Francia, ed entro il 2017 per l’Italia. Nella dichiarazione si manifesta anche l’intenzione di aprire maggiormente il programma alla cooperazione europea.

Il 16 novembre 2005 i ministeri della Difesa di Italia e Francia hanno firmato l’accordo che consente l’avvio della prima parte del programma.

L’azienda incaricata della costruzione delle fregate italiane è l’Orizzonte Sistemi Navali S.p.A. che è la Società sistemistica costituita da Fincantieri (49%) e Finmeccanica (51%).

Si ricorda che nel marzo 2002 il Ministro della difesa, ai sensi della legge n. 436/1988, ha trasmesso la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale SMM 01/2002, relativo all'acquisizione di 10 fregate di nuova generazione (atto del Governo 91 – XIV legislatura ).

Il programma era finalizzato alla sostituzione delle quattro fregate della classe Lupo (entrate in servizio tra il 1977 e il 1980, con un dislocamento di 2.208 tonnellate, lunghezza di 113,5 metri e larghezza di 12 metri, velocità massima di 35 nodi orari ed equipaggio di 194 uomini) e delle otto fregate della classe Maestrale (entrate in servizio tra il 1982 e il 1985, con un dislocamento di 2.700 tonnellate, lunghezza di 123 metri e larghezza di 13 metri, velocità massima di 32 nodi orari ed equipaggio di 224 uomini). A tal fine il programma d’arma prevedeva la realizzazione di dieci unità caratterizzate da una elevata flessibilità d’impiego, con capacità di operare in tutte le situazioni tattiche, sia in alto mare che in acque costiere, sia nell’ambito di gruppi navali multinazionali che isolatamente. Le dieci unità erano distinte in due diverse tipologie, basate su una piattaforma comune, ma dotate di configurazioni specifiche in base alle funzioni cui sono destinate:

-        quattro fregate ASW (Anti Submarine Warfare), con spiccate capacità antisommergibile destinate alle operazioni di sea-contol;

-        sei fregate GP (General Purpose), le cui caratteristiche sono atte a fornire il loro contributo sia alle operazioni militari d’altura sia a quelle di supporto – dal mare – delle operazioni di terra in ambiente costiero, anche in profondità.

Le caratteristiche generali delle fregate di nuova generazione, indicate nella scheda dello Stato Maggiore allegata alla richiesta, sono principalmente: un dislocamento contenuto entro le 5.000 tonnellate; lunghezza di 135 metri; una velocità massima non inferiore a 27 nodi orari; un’autonomia di navigazione di almeno 6.000 miglia; una elevata automazione del sistema di combattimento e della piattaforma, che consente di contenere l’equipaggio a circa 130 unità. La realizzazione del programma era prevista in un arco temporale di 17 anni, con avvio nel 2002 e conclusione nel 2018. La spesa complessiva prevista era pari a 5.681 milioni di euro a carico del bilancio ordinario del Ministero della difesa.

Le Commissioni difesa del Senato e della Camera hanno dato parere favorevole sul programma, rispettivamente, nelle sedute del 3 e del 10 aprile 2002.


Articolo 58
(Sostegno all’imprenditoria femminile)

 

1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al comma 847, dopo le parole: «da piccole e medie imprese» sono aggiunte le seguenti: «e per sostenere la creazione di nuove imprese femminili ed il consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili».

 

 

L'articolo 58 novella il comma 847, art. 1, dalla legge finanziaria 2007 (L 296/2006) modificando la disciplina del Fondo per la finanza d'impresa, istituito dallo stesso comma, in modo da estenderne l'applicazione prioritaria alla creazione di nuove imprese femminili ed al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili (lettera a)).

 

In particolare il richiamato comma 847 della finanziaria 2007, di cui si propone la modifica, ha istituito il “Fondo per la finanza d'impresa”per facilitare l'accesso al credito, alla finanza ed al mercato finanziario delle imprese e razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al capitale di rischio. I

Nel Fondo sono confluite le risorse del Fondo centrale di garanzia (istituito dall’art. 15 legge 266/97), del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350 del 2003), che sono stati soppressi, nonché le risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge finanziaria 2001 (interventi FIT[184]) e dell’art. 1, comma 222, della legge finanziaria 2005 (alienazione di fondi comuni di investimento)[185]. Al Fondo è stata conferita inoltre la somma di 50 milioni di euro per il 2007, 100 milioni per il 2008 e 150 milioni per il 2009.

Gli interventi del Fondo sono volti a facilitare:

-        operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;

-        la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.

Con riferimento alle operazioni di partecipazione al capitale di rischio, gli interventi del Fondo per la finanza di impresa sono prioritariamente destinati:

-        al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico;

-        al rafforzamento patrimoniale di piccole e medie imprese localizzate nelle aree dell'obiettivo 1 e dell'obiettivo 2 di cui al regolamento CE n. 1260/1999[186];

-        a programmi di sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese.

A questi obiettivi prioritari il comma in esame aggiunge, come detto, il sostegno alla creazione di nuove imprese femminile e al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese.

Le modalità di funzionamento del Fondo sono rinviate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 848), prevedendo anche la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti i. Il decreto provvederà, altresì a fissare i criteri per la realizzazione degli interventi previsti dal precedente comma, le priorità d’intervento, nonché le condizioni di eventuali cessioni a terzi degli impegni assunti posti a carico dei fondi le cui dotazioni confluiscono nel Fondo per la finanza d’impresa. Il termine ultimo per l’adozione del decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è fissato in due mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

Si fa presente che il suddetto decreto interministeriale non risulta fin qui adottato. Fino all’adozione del suddetto decreto, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione dell’Unione europea saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione (comma 849).

Il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti da altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali per la finanza di imprese individuate dallo stesso decreto è, invece, demandato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 850).

 

Si segnala che una integrazione alla disciplina del Fondo per la finanza d'impresa in favore delle imprese femminili è contenuta anche all’art. 46-ter del ddl di conversione del DL 159/07 - attualmente all’esame della Camera – in cui si prevede che le modalità di funzionamento del Fondo siano definite, per quanto attiene agli interventi a sostegno dell’imprenditoria femminile, anche con il concerto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema occupabilità e imprenditorialità

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), in data 11 e 12 luglio 2007, ha adottato un parere di iniziativa sul tema “Occupabilità e imprenditorialità – La società civile, le parti sociali e gli enti regionali e locali in una prospettiva di genere” (2007/C 256/21). Il CESE sottolinea che, malgrado i buoni risultati conseguiti, è necessario realizzare maggiori riforme nel quadro della strategia di Lisbona, per garantire la partecipazione, in condizioni di parità, delle donne e degli uomini alla creazione di imprese e all’accesso all’occupazione.

Il CESE osserva in via preliminare che in Europa le donne non dispongano ancora delle stesse opportunità imprenditoriali né delle stesse possibilità sul mercato del lavoro che hanno gli uomini e ricorda che le imprenditrici rappresentano solo il 30% dell’imprenditoria dell’UE e il 37% delle lavoratrici autonome; in particolare, evidenzia che le donne devono far fronte a maggiori ostacoli rispetto agli uomini nella creazione di imprese, per via degli stereotipi e delle barriere culturali e sociali, dell’orientamento formativo e delle difficoltà aggiuntive nell’ottenere i finanziamenti necessari per i progetti imprenditoriali.

A tal fine il Comitato economico e sociale europeo

-        ritiene necessario rafforzare la prospettiva di genere nella strategia di Lisbona, rivedendo gli obiettivi comunitari e quelli nazionali per garantire che le imprenditrici e le donne occupate siano più numerose, e che migliori la qualità del loro lavoro. In particolare, sottolinea l’importanza di far partecipare le parti sociali al processo di elaborazione degli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione, fin dalle primissime fasi e di consultarle sugli aspetti relativi all’inclusione di criteri di genere;

-        sostiene la risoluzione del Parlamento europeo del 17 marzo 2007 sulla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini, con particolare riferimento alla richiesta, rivolta agli Stati membri, di integrare o rafforzare i propri piani nazionali per l’occupazione e l’integrazione sociale al fine di inserirvi misure volte, tra l’altro, a promuovere l’imprenditoria femminile.

-        ritiene che negli orientamenti in materia di occupazione[187] si debbano definire alcuni obiettivi concreti e si debbano migliorare gli indicatori qualitativi e quantitativi necessari per procedere ad analisi comparative tra gli Stati membri dei progressi compiuti verso la parità effettiva delle donne nel mercato del lavoro e nell’imprenditorialità;

-        richiama l’attenzione sulle donne immigrate o appartenenti a una minoranza, ribadendo che le politiche dell’UE per l’integrazione e di lotta alle discriminazioni debbano includere la prospettiva di genere, affinché le donne immigrate o appartenenti a minoranze etniche o culturali possano sviluppare i loro progetti imprenditoriali e inserirsi nel mercato del lavoro a parità di condizioni. Il CESE, nel ricordare che anche le donne diversamente abili devono far fronte a difficoltà aggiuntive per inserirsi nel mercato del lavoro e per creare imprese, propone di rafforzare, nei nuovi orientamenti e nei piani nazionali di riforma, l’obiettivo consistente nell’inserimento di questa categoria femminile nel mercato del lavoro, accompagnandolo con indici specifici;

-        ricorda che il Fondo sociale europeo, attraverso l’iniziativa EQUAL, ha sviluppato approcci importanti e innovativi per dare impulso all’imprenditorialità e all’occupabilità di queste donne che sono vittime di maggiori discriminazioni; invita pertanto gli enti locali e regionali a sfruttare queste esperienze per svilupparle ulteriormente nel quadro degli interventi del FSE previsti per il nuovo periodo di programmazione 2007-2013;

-        sottolinea che nella comunicazione della Commissione “Piano d’azione: un’agenda europea per l’imprenditorialità” (COM(2004) 70) viene proposta una serie di misure per la promozione dell’imprenditorialità, destinate all’UE e ai responsabili politici di tutti gli Stati membri. Il piano sottolinea, tra l’altro, la necessità di fornire alle donne un sostegno personalizzato;

-        ribadisce che gli enti locali e regionali devono incoraggiare le donne a sviluppare lo spirito imprenditoriale, quale fattore di parità e di sviluppo economico e sociale a livello locale. Ritiene necessario definire delle misure di sostegno che consentano alle imprenditrici di accedere ai servizi finanziari e ai crediti necessari;

-        afferma che gli Stati membri devono fornire maggiore sostegno alle piccole imprese, dato che la maggioranza delle imprenditrici ritiene che le politiche fiscali siano uno degli ostacoli principali allo sviluppo delle imprese, per via delle incongruenze esistenti nella legislazione in vigore;

-        invita la Commissione a promuovere un dibattito per migliorare la protezione sociale delle imprenditrici.

Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI

Il 4 ottobre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Piccole e medie imprese, essenziali per conseguire una maggiore crescita e rafforzare l’occupazione – Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI”(COM(2007)592).

La comunicazione sottolinea, tra l’altro, che non è stato ancora pienamente sfruttato l’immenso potenziale imprenditoriale delle donne, degli anziani e delle minoranze etniche.


Articolo 59
(Comitato nazionale italiano per il microcredito)

 


1. Il Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito, istituito dall'articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha personalità giuridica di diritto pubblico e continua a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per agevolare l'esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo.

2. Il Comitato è dotato di un fondo comune, unico ed indivisibile, attraverso cui esercita autonomamente ed in via esclusiva le sue attribuzioni istituzionali. La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del presidente del Comitato. Il fondo comune è costituito da contributi volontari degli aderenti o di terzi, donazioni, lasciti, erogazioni conseguenti a stanziamenti deliberati dallo Stato, dagli enti territoriali e da altri enti pubblici o privati, da beni e da somme di danaro o crediti che il Comitato ha il diritto di acquisire a qualsiasi titolo secondo le vigenti disposizioni di legge. Rientrano anche nel fondo contributi di qualunque natura erogati da organismi nazionali od internazionali, governativi o non governativi, ed ogni altro provento derivante dall'attività del Comitato.

3. In favore del Comitato è autorizzata per ciascuno degli anni 2008 e 2009 la spesa di 1 milione di euro da destinare al suo funzionamento.


 

 

L’articolo 59 in esame disciplina al comma 1 l’attività e lo status del Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito.

La disposizione in commento prevede che tale comitato, istituito, ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, presso il Ministero degli Affari esteri, continui d’ora in poi a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con personalità di diritto pubblico, contribuendo a promuovere ed agevolare, all’interno del suo più vasto programma, anche l’esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo.

Il Comitato è stato istituito ai sensi del richiamato articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2. Tale comma, aggiunto in sede di conversione, esplicitava la finalità dell’istituto nel “consentire lo sviluppo del programma di microfinanza, al fine di incentivare la costituzione di microimprese, anche nel settore agricolo”. Stabiliva, inoltre, che i componenti del Comitato, già costituito presso il Ministero degli Affari esteri, avessero un mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta.

Il Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito rappresenta la naturale prosecuzione del “Comitato Nazionale Italiano per il 2005 Anno Internazionale del Microcredito”, nato in risposta alle risoluzioni 53/198, 58/488 e 58/22 con cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2005 “Anno Internazionale del Microcredito”. Con le stesse risoluzioni l’ONU ha invitato gli Stati Membri a costituire Comitati Nazionali rappresentativi dell’intera società civile, al fine di facilitare il raggiungimento degli “Obiettivi di sviluppo del Millennio”, anche attraverso la diffusione delle attività di microcredito e microfinanza per ridurre il fenomeno della povertà e dell’esclusione finanziaria.

Il Comitato persegue tali obiettivi sia in un’ottica di cooperazione internazionale, orientata alle aree depresse ed alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo (PVS), sia a livello nazionale, attraverso interventi localizzati sul territorio italiano ed orientati ai residenti in Italia ed alle macro-imprese operanti nell’area.

 

A tal fine, il Comitato si è dotato di due Dipartimenti (“Dipartimento Attività nazionali” e “Dipartimento Attività Internazionali”). I principali interventi all’estero si prefiggono la realizzazione di una rete microfinanziaria internazionale e la definizione di programmi comuni condivisi e di partenariati strategici con i diversi partner della rete. Per i due settori menzionati sono state individuate 6 aree operative: Networking; Progetti operativi; Servizi interni; Ricerca, Osservatorio e Formazione; Area Normativa e Area Comunicazione.

 

Il nuovo Comitato comprende rappresentanti delle Istituzioni, di Enti Locali, di Organizzazioni non Governative, di Istituti e Fondazioni, del settore bancario nonché di quello imprenditoriale.

 

Il comma 2 dell’articolo 59 in esame disciplina il Fondo comune di cui è dotato il Comitato per porre in essere, in modo autonomo ed esclusivo, gli obiettivi a lui assegnati e per lo svolgimento delle attività istituzionali.

Tale fondo, unico e indivisibile, risulta costituito, a norma del regolamento del Comitato, da contributi volontari degli aderenti o di terzi, da donazioni o lasciti, nonché dagli stanziamenti eventualmente deliberati dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni e da altri enti pubblici e/o privati. E’ altresì riconosciuto al Comitato il diritto di acquisire, a qualsiasi titolo, beni, somme di denaro o crediti secondo le vigenti disposizioni di legge.

Rientrano, inoltre, nel fondo comune contributi di qualunque natura stanziati da organismi nazionali o internazionali, indipendentemente dalla loro natura governativa e ogni altro provento derivante dall’attività del Comitato.

La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è assicurata da un regolamento di contabilità approvato con decreto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente del Comitato.

 

Il comma 3 dell’articolo 59 in esame autorizza lo stanziamento di un contributo pari ad un milione di euro per l’anno 2008 ed un altro contributo di identico importo per il 2009 da destinare al Fondo comune per il funzionamento del Comitato in esame.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’11 luglio 2007 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul Libro bianco relativo alla politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010[188] presentato dalla Commissione il 1° dicembre 2005[189].

Per quanto riguarda, in particolare, l’accesso al finanziamento nel settore dei servizi al dettaglio, il Parlamento europeo, rilevando che troppi cittadini dell'UE sono esclusi dai servizi finanziari di base, sottolinea la necessità che siano disponibili a ciascun cittadino europeo servizi finanziari di base a prezzi accessibili e ben funzionanti e chiede alla Commissione di effettuare uno studio sull'accessibilità di servizi quali conti bancari, sportelli automatici, carte di pagamento e prestiti a basso costo e di promuovere le migliori pratiche ed esperienze sviluppate dagli istituti finanziari nel prestare tali servizi di base.

La risoluzione inoltre esprime la soddisfazione del Parlamento europeo per la crescente attenzione prestata alla fornitura di microcrediti quale contributo alle attività professionali autonome e alle nuove imprese (ad esempio le attività della Direzione generale della Commissione per la politica regionale e il programma JEREMIE del Gruppo della Banca europea per gli investimenti); chiede che le regole di Basilea II, di cui alle direttive 2006/48/CE[190] e 2006/49/CE[191], siano adattate per gli scopi dei portafogli di microcredito e pongano un limite ai costi spesso eccessivi dei piccoli prestiti; sollecita la Commissione ad elaborare, in collaborazione con le sue varie Direzioni generali responsabili di questo settore, un piano d'azione per i microfinanziamenti, a coordinare le diverse misure strategiche e a fare un uso ottimale delle migliori pratiche all'interno e all'esterno dell'UE.

Il 13 novembre 2007 la Commissione europea ha presentato la comunicazione relativa ad un’Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (COM(2007)708).

Nel riconoscere che negli Stati membri e nelle regioni dell’Unione europea il microcredito è spesso usato come mezzo per incoraggiare la crescita del lavoro autonomo e la formazione e lo sviluppo di microimprese, la comunicazione propone alcuni modi per eliminare, o almeno ridurre l’incidenza, degli ostacoli che si frappongono allo sviluppo del microcredito.

La Commissione ritiene che la transizione dell’Europa verso la conoscenza, i servizi e le nuove tecnologie nel quadro della strategia di Lisbona rinnovata del 2005 potrebbe essere potenziata da una maggiore attenzione a tre fattori che riguardano il collegamento tra la generazione di imprese e il microcredito a tre livelli: adeguare il quadro istituzionale delle microimprese; agevolare il passaggio dalla disoccupazione alla creazione di microimprese; fornire sostegno tecnico ai microimprenditori. Ritiene necessario migliorare il contesto istituzionale per il lavoro autonomo e le microimprese e a tal fine sostiene l’adozione di misure per ridurre le barriere giuridiche, fiscali e amministrative, come l’esenzione degli oneri sociali per le nuove imprese, procedure di registrazione più snelle per le nuove microimprese e sbocchi più numerosi e meno costosi.

Vista la necessità di introdurre diversi cambiamenti a livello nazionale per quanto riguarda il quadro istituzionale e giuridico a sostegno del microcredito, la Commissione propone che questi aspetti figurino nel ciclo annuale di governante della Strategia di Lisbona.

La Commissione ricorda che il microcredito può aiutare i nuovi imprenditori e le persone socialmente escluse a ottenere un accesso ai finanziamenti e richiama l’attenzione sulla formazione, il tutoraggio e l’addestramento dei nuovi imprenditori, elementi essenziali per migliorare le possibilità di successo delle imprese. Infine, sottolinea che le attività di esternalizzazione connesse alle transazioni creditizie (quali, ad esempio, la preparazione del piano aziendale, il monitoraggio) aiutano ad agevolare l’accesso ai crediti stessi e pertanto incoraggia ad un maggiore utilizzo delle risorse messe a disposizione dal FESR, dal FSE (Fondo sociale europeo) e dal FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) per promuovere l’imprenditorialità, l’innovazione e le nuove imprese.


Articolo 60
(Disposizioni in materia di autoimprenditorialità)

 


1. L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa è autorizzata a rinegoziare i mutui accesi entro il 31 dicembre 2004, ai sensi del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, dell'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, dell'articolo 1-bis del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, dell'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, dell'articolo 51 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, rideterminandone la durata complessiva del rimborso. Tale durata non può comunque superare i quindici anni a decorrere dalla data di scadenza della prima rata, comprensiva del capitale, del piano di rimborso originario. Al mutuo rinegoziato si applica il tasso di riferimento della Commissione europea vigente alla data della rinegoziazione. Gli eventuali aumenti del costo degli interessi conseguenti all'allungamento e alla rinegoziazione del mutuo sono a carico dei singoli beneficiari delle agevolazioni di cui al predetto decreto-legge n. 786 del 1985.

2. Alle imprese ammesse alle agevolazioni di cui al comma 1 del presente articolo si applicano, se più favorevoli, le disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, ed ai relativi regolamenti di attuazione.

3. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.


 

 

L’articolo in esame autorizza l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a. (ex Sviluppo Italia) alla rinegoziazione dei mutui accesi entro il 31 dicembre 2004, in base alle disposizioni contenute nella legislazione in materia di autoimprenditorialità[192].

 

Si ricorda che la società per azioni “Sviluppo Italia”, il cui capitale è interamente posseduto dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999[193], con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti. La legge finanziaria per il 2003 (articolo 73, legge n. 289 del 2002) ha attribuito a Sviluppo Italia la gestione degli incentivi nelle aree interessate da crisi del comparto industriale.

Con la legge finanziaria per il 2005 (commi 215-218 e 221, articolo 1, legge n. 311 del 2004) essa è stata autorizzata a concedere agevolazioni alle imprese, al fine di rafforzare l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate.

Il decreto-legge n. 35/2005 (articolo 11, commi 3-6), inoltre,ha istituito il Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, assegnando a Sviluppo Italia S.p.A. il compito di curare unicamente la fase della valutazione e l’attuazione dei citati interventi.

Da ultimo, la legge finanziaria per il 2007 (commi 460-464, articolo 1, legge n. 296 del 2006) ha operato un riassetto complessivo della Società, mutandone la denominazione in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“ e attribuendo al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri, quali : a) la definizione, con apposite direttive, delle priorità e degli obiettivi della società e l’approvazione delle linee generali di organizzazione interna, nonché del documento previsionale di gestione ed eventuali aggiornamenti; b) l’approvazione, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, dello statuto della società; c) l’individuazione, con decreto, degli atti di gestione ordinaria e straordinaria della Società e delle sue controllate dirette ed indirette, che necessitano della preventiva approvazione ministeriale ai fini della efficacia e validità.

I diritti dell’azionista sono comunque mantenuti in capo al Ministero dell’economia e finanze, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico

Il comma 461 ha inoltre previsto l’adozione, entro il 31 marzo 2007, di un piano societario di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute nei settori non strategici, sulla base dei contenuti e dei termini fissati con direttiva del Ministro dello sviluppo economico. Il piano di dismissione ha previsto: a) la riduzione delle società controllate a non più di tre; b) la cessione, anche tramite una società veicolo, delle partecipazioni di minoranza acquisite; per le società regionali si procede d’intesa con le regioni interessate, anche con la cessione gratuita delle partecipazioni a queste o ad altre amministrazioni pubbliche.

Il comma 462 ha limitato alle sole amministrazioni centrali (escludendo le amministrazioni regionali e locali) la facoltà di avvalersi delle convenzioni con Sviluppo Italia Spa per le attività tecniche, economiche e finanziarie occorrenti alla realizzazione di interventi riguardanti le aree depresse del Paese, anche mediante finanza di progetto.

Il medesimo comma ha inoltre mantenuto in capo al Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, (eliminando l’intesa con il Ministro delle politiche agricole), l’esercizio dei diritti dell’azionista, attribuendo al Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro dell’economia il potere di nomina degli organi sociali e la competenza a riferirne al Parlamento.

 

Il comma 1, in particolare, richiama i seguenti riferimenti normativi in base ai quali l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a. è autorizzata alla rinegoziazione dei mutui:

1.      il decreto-legge n. 786 del 1985[194] in materia di misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo della imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno;

L’articolo 1, comma 1, lett. b), del predetto decreto-legge n. 786, autorizzava la concessione di mutui erogati dalla Cassa depositi e prestiti ad un tasso pari al 30% del tasso di riferimento, nella misura del 30% delle spese per l'impianto e le attrezzature, a favore di società cooperative di produzione e di lavoro, di società le cui quote di partecipazione spettino in maggioranza a giovani tra i 18 e 29 anni ovvero di società formate esclusivamente da giovani tra i 18 ed i 35 anni di età residenti e operanti nelle aree svantaggiate, soprattutto meridionali[195]. La durata dei mutui era fissata in 10 anni, comprensivi di un periodo di preammortamento di 3 anni. Tali mutui dovevano essere assistiti da garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale garantito dallo Stato[196], nell'ambito degli investimenti da realizzare.

2.      l’articolo 1 del decreto-legge n. 26 del 1995[197], in materia di imprenditorialità giovanile;

Tale norma, che peraltro autorizzava la costituzione della “Società per l'imprenditorialità giovanile” con il compito di produrre servizi finalizzati alla creazione di nuove imprese e al sostegno delle PMI, costituite prevalentemente da giovani tra i 18 e i 29 anni ovvero formate esclusivamente da giovani tra i 18 e i 35 anni, ha disposto, al comma 6, la concessione, alle predette imprese, di mutui a tasso agevolato, purché assistiti dalle garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale garantito dallo Stato, nell'ambito degli investimenti da realizzare.

3.      l’articolo 1-bis del decreto-legge n. 148 del 1993[198], in materia di promozione di nuove imprese giovanili nel settore dei servizi socio-assistenziali domiciliari, in particolare per l’aiuto di persone in situazioni di gravità;

Il citato articolo 1-bis, abrogato dal D.Lgs n. 185 del 2000, prevedeva l’applicazione di agevolazioni alle imprese giovanili nel settore dei servizi, tramite il Comitato per lo sviluppo di nuova imprenditorialità giovanile, costituito presso l'ufficio del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, con compiti di assistenza nella fase di progettazione e di avvio delle iniziative, di definizione di progetti-tipo in settori prioritari, con particolare riguardo allo sviluppo della cooperazione, di promozione di attività di formazione, di proposta di ammissibilità alle agevolazioni e di promozione di cultura imprenditoriale.

4.      l’articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 67 del 1997[199], in materia di lavori socialmente utili, integrazione salariale e formazione professionale

Tale norma prevedeva l’estensione della disciplina delle agevolazioni, ad eccezione di quelli riferiti all'acquisto del terreno, in materia di imprenditorialità giovanile ai giovani agricoltori, destinando non meno dei due terzi del totale a quelli residenti nelle zone di cui all'obiettivo 1 (aree svantaggiate con PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE 15[200]), in età compresa tra i 18 e i 35 anni, che subentravano nella conduzione dell'azienda agricola al familiare e che presentavano un progetto di produzione, commercializzazione, trasformazione in agricoltura[201].

5.      l’articolo 51 della legge n. 448 del 1998, recante provvedimenti a favore delle cooperative sociali;

La disposizione contenuta nel predetto articolo 51, successivamente abrogata dal D. Lgs. n. 185 del 2000, ha previsto l’estensione della disciplina degli interventi in materia di imprenditorialità giovanile alle cooperative sociali, che avessero presentato progetti per la realizzazione di nuove iniziative o per il consolidamento e lo sviluppo di attività già avviate.

6.      il titolo I del D. lgs. n. 185 del 2000, che detta i principi generali in materia di incentivi in favore dell'autoimprenditorialità.

Il predetto D. Lgs. n. 185 è intervenuto nel riordinare l’intera normativa in materia di agevolazioni all’imprenditorialità giovanile, novellando la disciplina dei nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, regolati in precedenza dal decreto-legge n. 26 del 1995 sopra esaminato, e del prestito d’onore, previsto dal decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510. In particolare, nell’ambito territoriale di applicazione delle norme in esame[202], ai soggetti ammessi alle agevolazioni sono concedibili i contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative. Tali benefìci finanziari sono concessi entro il limite del de minimis[203] individuato in base alle vigenti disposizioni comunitarie.

La norma prevede che la rinegoziazioneconsista nella rideterminazione della durata complessiva del rimborso.

In ogni caso, tale durata è fissata entro il limite temporale di 15 anni, a decorrere dalla data di scadenza della prima rata, comprensiva del capitale, del piano di rimborso originario.

 

Gli interessi del mutuo rinegoziato sono calcolati in base al tasso di riferimento della Commissione europea fissato alla data della rinegoziazione.

 

Si ricorda che la Commissione, con una propria Comunicazione (GU C 273 del 9.9.1997) ha definito il metodo di fissazione dei tassi di riferimento. Essi sono previsti come base giuridica per il calcolo dei tassi di interesse, nel caso di recuperi degli aiuti di Stato illegali.

In particolare, dal 15 luglio 2004, il tasso di riferimento è determinato a partire da un tasso indicativo, definito a livello del tasso swap interbancario a 5 anni, maggiorato di un premio di 0,75 punti. Il tasso di riferimento deriva dalla media dei tassi indicativi rilevati nel corso di settembre, ottobre e novembre. In corso d’anno, il tasso di riferimento è sottoposto a revisione qualora si discosti di oltre il 15% dalla media dei tassi indicativi registrati nell’ultimo trimestre.

 

Eventuali aumenti del costo degli interessi a causa dell’allungamento e della rinegoziazione dei mutui in oggetto sono previsti a carico dei beneficiari della rinegoziazione di cui al predetto decreto-legge n. 786 del 1985 (cfr. punto 1.).

 

Il comma 2 prevede che alle imprese ammesse alle agevolazioni relative alla predetta rinegoziazione dei mutui si applicano, se più favorevoli. le disposizioni di cui al titolo I del D.Lgs. n. 185 del 2000 ed ai relativi regolamenti di attuazione (cfr. punto 6.).

 

La stima degli oneri conseguenti alla rinegoziazione dei mutui da parte dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa è pari a 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, la cui spesa è autorizzata ai sensi del comma 3.


Articolo 61, commi 1-11
(Interventi a favore dell’industria cantieristica
e delle imprese armatoriali)

 


1. Per il completamento degli interventi di cui agli articoli 2 e 4 della legge 28 dicembre 1999, n. 522, è autorizzata la spesa di 6 milioni di euro per l'anno 2008 e di 14 milioni di euro per l'anno 2009.

2. Per il completamento degli interventi di cui all'articolo 3 della legge 16 marzo 2001, n. 88, è autorizzata la spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2008, di 21 milioni di euro per l'anno 2009 e di 25 milioni di euro per l'anno 2010.

3. Per il completamento degli interventi previsti dall'articolo 4, comma 153, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, in applicazione del regolamento (CE) n. 1177/2002 del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativo al meccanismo di difesa temporaneo della cantieristica europea dal dumping dei Paesi asiatici, è autorizzata una spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2008. Le modalità di concessione del contributo sono quelle previste dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 2 febbraio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 2004.

4. Ai sensi dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, l'efficacia del comma 3 è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, nonché alle condizioni o limitazioni eventualmente imposte dalla stessa nella relativa decisione di autorizzazione.

5. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della legge 9 gennaio 2006, n. 13, e successive modificazioni, è ridotta di 15 milioni di euro per l'anno 2008.

6. Il fondo di cui all'articolo 3, comma 2, della legge 9 gennaio 2006, n. 13, è integrato di 4 milioni di euro per l'anno 2008 e di 10 milioni di euro per l'anno 2009.

7. A decorrere dal 1o gennaio 2008, è istituito, presso il Ministero dei trasporti, un fondo destinato a interventi volti a migliorare l'efficienza energetica e ridurre le emissioni in atmosfera delle navi passeggeri in navigazione e in porto oltre quanto previsto dalla normativa vigente. La dotazione iniziale di tale fondo è pari a 1 milione di euro per l'anno 2008 ed a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

8. Il fondo ha la funzione di provvedere all'erogazione di un contributo per attività di ricerca e definizione degli opportuni standard di efficienza energetica e ambientale alla luce delle tecnologie innovative disponibili, per l'individuazione degli impedimenti burocratici, logistici e organizzativi che riducono l'efficienza energetica e incrementano le emissioni del trasporto marittimo, per campagne informative sul trasporto marittimo sostenibile, sulle opportunità tecnologiche praticabili e sulle migliori pratiche riguardanti soluzioni già attuate, nonché per favorire gli investimenti e compensare i maggiori oneri operativi derivanti da interventi strutturali e impiantistici, componenti e sistemi, ivi inclusi i sistemi di gestione e controllo, i trattamenti autoleviganti e antivegetativi di carena che consentono una maggior efficienza energetica della nave in rapporto alla sua capacità di trasporto o la riduzione delle emissioni in atmosfera, in navigazione e in porto, oltre quanto previsto dalla vigente normativa internazionale e comunitaria.

9. Il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, stabilisce, con proprio decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli indici e gli standard energetici e ambientali necessari per conseguire le finalità di cui ai commi 7 e 8, ivi incluse le modalità di verifica e certificazione da parte dell'ente tecnico, da definire in coerenza con la normativa internazionale e comunitaria, graduando la decorrenza del beneficio e l'entità del medesimo in funzione dei miglioramenti di efficienza energetica e ambientale ottenuti con gli interventi adottati.

10. Il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, determina, con proprio decreto, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità con la normativa comunitaria in materia, i criteri di attribuzione dei benefici di cui ai commi da 7 a 9, nei limiti delle disponibilità di cui al comma 7. Il contributo non può superare il 30 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standard ambientali ed il 40 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standard energetici, con l'eccezione delle attività per studi, ricerche e campagne informative, nonché per gli impianti terra-nave dedicati alla fornitura e all'utilizzo della corrente di terra, per le quali viene riconosciuto fino al 100 per cento dei costi di investimento e dei costi operativi.

11. Il Ministero dei trasporti promuove la realizzazione di accordi con le autorità portuali e i fornitori di energia elettrica per l'approvvigionamento di elettricità alle navi a prezzi convenzionati e compatibili con le attuali modalità di approvvigionamento in porto.


 

 

I commi 1, 2, 3, e 6 dell'articolo in esame dispongono il rifinanziamento di interventi di sostegno all'industria cantieristica, armatoriale e alle imprese marittime.

Il comma 1 destina 6 milioni di euro per il 2008 e 14 milioni di euro per il 2009, al rifinanziamento dei contributi per costruzioni e trasformazioni navali e dei contributi per investimenti volti al miglioramento della produttività dei cantieri, contemplati rispettivamente dagli artt. 2 e 4 della legge 522/1999 "Misure di sostegno all'industria cantieristica ed armatoriale ed alla ricerca applicata nel settore navale";

Il comma 2 destina 14 milioni di euro per il 2008, 21 milioni di euro per il 2009 e 25 milioni di euro per il 2010, allo scopo di rifinanziare i contributi alle imprese amatoriali previsti dall’art. 3 legge 88/2001 “Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime".

Il comma 3 stanzia 15 milioni di euro per il 2008 per il completamento degli interventi ex art. 4 della legge 350/2003 (finanziaria 2004) che autorizza spese finalizzate all’applicazione del regolamento CE 1177/2002 e del meccanismo ivi contemplato a difesa della cantieristica europea dal dumping dei paesi asiatici; stabilisce inoltre che le modalita` di concessione del contributo sono definite con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2 febbraio 2004 "Attuazione del regolamento CEE n. 1177/2002 del Consiglio del 27 giugno 2002, relativo ad un meccanismo difensivo temporaneo per la costruzione navale".

 

Nel giugno 2000 la Commissione delle Comunità europee e la Corea firmarono accordi relativi alla costruzione navale mondiale allo scopo di ripristinare condizioni di concorrenza eque e trasparenti. La Comunità, rilevata l’effettiva violazione, da parte coreana, degli impegni assunti e la conseguente opportunità di introdurre meccanismi difensivi temporanei, a favore dei segmenti di mercato cantieristico lesi dalla concorrenza sleale coreana, ha previsto, con regolamento (CE) 1177/2002, la possibilità di  derogare alla disciplina sugli aiuti alla costruzione navale di cui al regolamento (CE) 1540/98 del 29 giugno 1998, autorizzando un contributo a favore dei cantieri che provvedono alla costruzione delle seguenti categorie di naviglio:

•    navi porta container;

•    navi chemichiere;

•    navi cisterna per prodotti petroliferi;

•    navi per il trasporto di gas liquefatto.

Tali aiuti sono ritenuti compatibili con il mercato comune, nel caso in cui un cantiere navale coreano, entrato in concorrenza con un cantiere europeo per l’aggiudicazione di un contratto, abbia offerto un prezzo inferiore: gli aiuti possono essere autorizzati nella misura massima del 6% del valore contrattuale prima dell’aiuto; la consegna del naviglio deve avvenire entro tre anni dalla firma del contratto definitivo, salvo proroghe specificamente autorizzate dalla Commissione europea in vista della complessità  del progetto; le valutazioni circa l’andamento del mercato e il verificarsi delle condizioni per l’applicazione dell’aiuto sono di competenza della Commissione europea; l’aiuto è soggetto alle disposizioni di cui all’art. 88 del Trattato - competenza della Commissione relativamente agli aiuti di stato e procedure di deferimento alla Corte europea di giustizia - ed è applicabile ai contratti firmati a partire dal 3 luglio 2002 (entrata in vigore del regolamento) fino al 31 marzo 2005.

 

Il comma 4 subordina la concessione dei contributi per interventi a tutela della cantieristica europea contro il dumping dei paesi asiatici, di cui al comma 3, alla preventiva approvazione da parte della Commissione Europea e alle condizioni e/o limitazioni eventualmente imposte dalla stessa nella decisione di autorizzazione adottata ai sensi delle disposizioni in tema di aiuti di Stato, previste dall'articolo 88 del Trattato e disciplinate dal regolamento (CE) n. 659/1999.

 

Il comma 5 riduce di 15 milioni di euro per l’anno 2008 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4 della legge 13/2006, da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 1046, della legge 296/2006 (finanziaria 2007), concernente il fondo per il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento della flotta.

 

La legge 13/2006 "Disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l'uso di navi a doppio scafo e per l'ammodernamento della flotta" ha istituito, all’articolo 4, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo per il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale.

La dotazione iniziale del fondo, pari a 10 milioni annui di euro per il triennio 2005-2007, è stata da ultimo integrata dall’articolo 1, comma 1046, della legge finanziaria per il 2007 che ha autorizzato la spesa di 24 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, allo scopo di favorire la demolizione delle unità navali

§       non più conformi agli avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino

§       la cui età è di oltre venti anni

§       iscritte, alla data del 1° gennaio 2006, nei registri tenuti dalle Autorità nazionali.

Su tale autorizzazione, incide appunto il comma 5 dell’articolo in esame.

 

Il comma 6 stanzia 4 milioni di euro per l’anno 2008 e 10 milioni di euro per l’anno 2009, in favore del fondo istituito dall’articolo 3, comma 2, della legge 13/2006 "Disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l'uso di navi a doppio scafo e per l'ammodernamento della flotta": si tratta del fondo per l'eliminazione del naviglio obsoleto, volto a favorire ed accelerare l'eliminazione delle navi cisterna a scafo singolo non conformi ai più avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione, attraverso contributi alla demolizione delle navi abilitate al trasporto di petrolio greggio o di prodotti petroliferi e chimici, aventi portata lorda superiore a 600 tonnellate e la cui entrata in esercizio, al 31 dicembre 2004, risalga ad oltre quindici anni.

 

I commi 7, 8, 9, 10 e 11 dell'articolo in esame dispongono il finanziamento di interventi destinati al miglioramento dell’efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni in atmosfera delle navi passeggeri, in navigazione e in porto, oltre a quanto già previsto dalla normativa vigente.

 

A questo scopo il comma 7 istituisce, a decorrere dal 1º gennaio 2008, presso il Ministero dei trasporti, un fondo, con una dotazione iniziale pari a 1 milione di euro per il 2008 e 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

Il comma 8 prevede che siano disposti, a valere sul medesimo fondo, oltre a quanto già previsto dalla normativa vigente, contributi per:

§      attività di ricerca;

§      definizione degli opportuni standard di efficienza energetica e ambientale alla luce delle tecnologie innovative disponibili;

§      individuazione degli impedimenti burocratici, logistici e organizzativi capaci di ridurre l’efficienza energetica e di incrementare le emissioni del trasporto marittimo;

§      campagne informative:

§      sul trasporto marittimo sostenibile,

§      sulle opportunità tecnologiche praticabili,

§      sulle migliori pratiche riguardanti soluzioni già attuate;

§      investimenti;

§      compensazione dei maggiori oneri derivanti da interventi, componenti e sistemi - ivi inclusi i sistemi di gestione e controllo, i trattamenti autoleviganti e antivegetativi di carena - che consentono una maggior efficienza energetica della nave in rapporto alla sua capacità di trasporto o la riduzione delle emissioni in atmosfera, in navigazione e in porto.

Ai sensi del comma 9 compete al Ministro dei trasporti, di concerto col Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare, stabilire, con proprio  decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, indici e standard energetici e ambientali necessari a soddisfare le finalità di cui ai commi 7 e 8, incluse le modalità di verifica e certificazione, da parte dell’ente tecnico, da definirsi in coerenza con la normativa internazionale e comunitaria, graduando la decorrenza del beneficio e l’entità del medesimo in funzione dei miglioramenti di efficienza energetica e ambientale ottenuti con gli interventi adottati.

A norma del comma 10, allo stesso Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, compete altresì la determinazione, con proprio decreto, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, in conformità con la normativa comunitaria in materia e nei limiti delle disponibilità di cui al comma 7, dei criteri di attribuzione dei benefici di cui a commi 7-10. Tuttavia si dispone che il contributo non possa superare il 30 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standard ambientali ed il 40 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standard energetici. Non soggiacciono a tali limiti:

§le attività per studi, ricerche e campagne informative;

§le attività per gli impianti terra-nave dedicati alla fornitura e all’utilizzo della corrente di terra.

Ad esse può esser infatti riconosciuto fino al 100 per cento dei costi di investimento e dei costi operativi.

 

Anche la legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi 1040-1041) assegnava contributi in favore dell’innovazione tecnologica dell’industria cantieristica ed in particolare per:

§     progetti connessi all'applicazione industriale di prodotti e processi innovativi, prodotti o processi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorativi rispetto allo stato dell'arte del settore nell'Unione europea, che comportano un rischio di insuccesso tecnologico o industriale;

§     progetti limitati al sostegno delle spese di investimento, concezione, ingegneria industriale e collaudo direttamente ed esclusivamente collegate alla parte innovativa del progetto.

I medesimi contributi possono essere assegnati alle sole imprese iscritte agli albi speciali di cui all’art. 19 della legge n. 234/1989 ed in misura non superiore al 20% delle spese sostenute. Ai sensi del richiamato articolo 19 sono istituiti presso il Ministero della marina mercantile  (ora, Ministero dei trasporti) tre albi: a) l'Albo speciale delle imprese di costruzione navale; b) l'Albo speciale delle imprese di riparazione navale; c) l'Albo speciale delle imprese di demolizione navale. L'iscrizione agli albi, riferita al momento della presentazione dell'istanza, è obbligatoria al fine dell'ammissibilità delle provvidenze a sostegno dell'attività navalmeccanica.

Il contributo è concesso nei limiti e per le finalità indicate nella sezione 3.3.1., paragrafo 15, della «Nuova disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale» del 30 dicembre 2003 (2003/C 317/06) . Essa prevede che gli aiuti alla costruzione navale comprendono gli aiuti concessi, in modo diretto o indiretto, a un cantiere navale, a un’entità collegata, a un armatore o a un terzo, per la costruzione, la riparazione e la trasformazione di navi. Il principio generale è che tali aiuti possono essere concessi a norma degli articoli 87 e 88 del Trattato. Al principio generale sono ammesse eccezioni: la sezione 3.3.1., paragrafo 15, dello stesso atto comunitario prevede in particolare che gli aiuti all'innovazione concessi ai cantieri esistenti di costruzione, riparazione e trasformazione navale possono essere considerati compatibili con il mercato comune fino ad un'intensità massima del 20 % lordo, a condizioni tassativamente indicate.

Il comma 1041 prevede che le modalità ed i criteri per l'ammissione, la concessione e l'erogazione dei benefìci sono stabiliti con un decreto del Ministro dei trasporti da emanarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge. A tal fine è autorizzato un contributo annuo di 25 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009.

 

Il comma 11 infine demanda al Ministero dei trasporti la promozione della realizzazione di accordi con le autorità portuali e con i fornitori di energia elettrica, per l’approvvigionamento di elettricità alle navi a prezzi convenzionati e compatibili con le attuali modalità di approvvigionamento in porto.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Aiuti di Stato

Il 7 giugno 2005 la Commissione europea ha adottato il piano di azione Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerari di riforma degli aiuti di Stato 2005-2009 (COM(2005)107)[204].

Il documento ha prospettato una serie di interventi intesi a razionalizzare e a semplificare le procedure in materia, in modo da perseguire due obiettivi generali:

-   definire un quadro regolamentare più chiaro e prevedibile per gli Stati membri in merito ai criteri e ai parametri cui la Commissione europea si attiene nell’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato;

-   contribuire all’attuazione degli obiettivi di Lisbona in materia di crescita sostenibile, competitività, coesione regionale e sociale e tutela dell’ambiente.

Tra gli interventi annunciati dalla Commissione in tale quadro figura, tra l’altro, l’intenzione di procedere, ove necessario, al riesame degli atti comunitari relativi alla disciplina degli aiuti di Stato, tra cui quella vigente in materia di costruzione navale[205].

Il 24 ottobre 2007 la Commissione, con decisione 2006/C 260/03[206], ha stabilito di continuare ad applicare la disciplina vigente in materia fino al 31 dicembre 2008.

La Commissione prevede di utilizzare tale periodo di proroga per valutare, alla luce dell'ulteriore esperienza acquisita, se sia opportuno mantenere norme settoriali in materia di aiuti di Stato per la costruzione navale o meno.

La Commissione ritiene, infatti, di dover acquisire ulteriore esperienza rispetto all’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale, in quanto la relativa brevità del periodo di applicazione - dal 1° gennaio 2004 – le ha consentito di valutare pochi casi. Inoltre, la specificità di alcune disposizioni relative, in particolare, agli aiuti all'innovazione sono applicabili unicamente a questa specifica industria, rendendo poco significativa l’esperienza disponibile per la Commissione.

Strategia dell’UE in materia di emissioni delle navi

La Commissione ha di recente avviato una serie di iniziative di studio per valutare come promuovere ulteriormente la diminuzione delle emissioni inquinanti da parte del trasporto navale.

Nel gennaio 2007 è stata pubblicata la relazione “Greenhouse Gas Emissions for Shipping and Implementation Guidance for the Marine Fuel Sulphur Directive”, commissionata dalla direzione generale ambiente della Commissione che contiene:

-        le linee guida per l’attuazione della direttiva 2005/33/CE che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei combustibili per uso marino;

-        uno studio tecnico sui metodi di abbattimento del tenore di zolfo;

-        informazioni e raccomandazioni per lo sviluppo dell’indice CO2 dell’Organizzazione marittima internazionale[207];

-        opzioni politiche per la diminuzione delle emissioni dei gas ad effetto serra prodotte dal trasporto navale.

Sempre in merito a quest’ultimo tema, anche in considerazione dell’intenzione della Commissione di rivedere la direttiva 2001/81/CE, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici, ad aprile 2007 è stato reso pubblico un ulteriore studio (Analysis of Policy Measures to Reduce Ship Emissions in the Context of the Revision of the National Emissions Ceilings Directive) che individua i possibili scenari di controllo e riduzione delle emissioni inquinanti prodotte dalle navi, valutandone costi ed impatti ambientali.

 

La necessità di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dalle navi è stata inoltre sottolineata di recente dalla Commissione in una comunicazione del 18 ottobre 2007 con la quale presenta un piano d’azione inteso a promuovere un sistema portuale efficiente a livello comunitario (COM(2007)616) (vedi la scheda del presente dossier relativa all’articolo 26). La comunicazione, in particolare, ribadisce l’urgenza di ridurre le emissioniinquinanti delle navi e degli altri mezzi di trasporto in provenienza o a destinazione dei porti al fine di contribuire alla realizzazione dell’obiettivo generale fissato a livello comunitario di ridurre il volume totale delle emissioni del 20% entro il 2020.

 


Articolo 61, commi 12-13
(Tonnage tax)

 

12. All'articolo 155, comma 1, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «in traffico internazionale» sono soppresse.

13. All'articolo 56, comma 1, secondo periodo, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: «della predetta sezione I» sono inserite le seguenti: «e del capo VI del titolo II».

 

 

I commi 12 e 13 dell’articolo 61 estendono l’ambito di applicazione del regime forfetario di determinazione del reddito ai fini dell’imposta sulle società - IRES per le imprese marittime (c.d. tonnage tax).

 

Gli articoli da 155 a 161 del TUIR (costituenti il capo VI del titolo II) hanno introdotto nel nostro ordinamento la c.d. tonnage tax, ossia un sistema di tassazione forfetaria del reddito prodotto dalle imprese marittime, espressamente indicate nell’articolo 155 del TUIR, in base alla stazza lorda del naviglio da esse posseduto e ai giorni d’impiego del naviglio stesso. Il D.M. 23 giugno 2005 (G.U. 4 luglio 2005, n. 153) ha dettato disposizioni per l’applicazione di tale regime forfetario.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 155 del TUIR, i soggetti che possono esercitare l’opzione per l’applicazione della c.d. tonnage tax sono quelli di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, ovvero le società per azioni, in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione (per l’estensione del regime forfetario alle società in nome collettivo e in accomandita semplice si veda il comma 13 del presente articolo), residenti nel territorio dello Stato, con riferimento al reddito derivante dall’utilizzazione in "traffico internazionale" (tale specificazione viene soppressa dal comma 12 dell’articolo in esame) delle navi iscritte nell’apposito Registro internazionale (istituito dal D.L. n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1998) e destinate (articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972):

-          all’esercizio di attività commerciali,

-          all’esercizio della pesca,

-          ad operazioni di salvataggio,

-          ad operazioni di assistenza in mare,

-          alla demolizione.

Sono invece escluse le unità da diporto.

Ai fini dell’applicazione del regime forfetario le navi devono essere detenute in proprietà, anche se date a noleggio, o detenute in locazione a scafo nudo[208] (si veda l’articolo 1, comma 1, lettera d), del citato D.M. 23 giugno 2005). Il comma 1 dell’articolo 157 del TUIR precisa che l’opzione per il regime forfetario non può essere esercitata nel caso in cui oltre la metà delle navi complessivamente utilizzate sia concesso in locazione a scafo nudo per un periodo di tempo superiore, per ciascuna unità, al 50 per cento dei giorni di effettiva navigazione per ciascun esercizio sociale[209]. Le navi, al reddito delle quali si può applicare il regime forfetario, sono quelle armate dai sopra indicati soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, nonché quelle noleggiate a condizione che il loro tonnellaggio non sia superiore al 50 per cento del tonnellaggio complessivamente utilizzato.

 

Il comma 12 consente alle imprese marittime che svolgono attività di cabotaggio di usufruire del regime di tonnage tax, attualmente riservato alle imprese che esercitano le navi per traffici internazionali.

A tal fine, la norma in esame sopprime, all’articolo 155, comma 1, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) le parole: «in traffico internazionale».

 

Il comma 13 estende alle società in nome collettivo e in accomandita semplice il regime di tonnage tax prima illustrato.

Viene a tal fine modificato l’articolo 56, comma 1, secondo periodo, del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) inserendovi il rinvio alle disposizioni di cui al capo VI del titolo II del TUIR, ove è disciplinata la tonnage tax.


Articolo 61, commi 14-16
(Ammortamento di alcuni beni mobili registrati)

 


14. Le disposizioni di cui all'articolo 102, commi 1, 2, 3 e 7, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, non si applicano ai beni mobili registrati con costo ammortizzabile ai fini fiscali in un periodo non inferiore a dieci anni, la cui utilizzazione richieda un equipaggio di almeno sei persone, qualora siano concessi in locazione finanziaria con obbligo di acquisto, da un Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) o da una società per azioni o a responsabilità limitata per le quali sia stata esercitata l'opzione prevista dall'articolo 115, comma 4, del predetto testo unico, ad un'impresa che li destini all'esercizio della propria attività abituale.

15. Le quote di ammortamento sono deducibili dal reddito del concedente in misura non superiore al 35 per cento del costo in ciascun periodo di imposta e, anteriormente alla entrata in funzione del bene, in misura comunque non superiore all'ammontare dei corrispettivi pagati in ciascun esercizio al costruttore. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze sono adottate le disposizioni applicative del comma 14 anche al fine di assicurare che la riduzione delle entrate per il bilancio dello Stato non superi complessivamente la somma di 2,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

16. L'efficacia del comma 14 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea. Il Ministero dei trasporti provvede a richiedere l'autorizzazione alla Commissione europea.


 

 

I commi 14 e 15 dell’articolo 61 introducono un regime di ammortamento fiscale specifico per alcuni beni mobili registrati utilizzati per l’attività marittima tramite contratto di locazione finanziaria con obbligo di acquisto (c.d. tax lease).

 

Il tax lease è un meccanismo che permette al soggetto concedente (normalmente rappresentato da banche e operatori creditizi che acquistano o fanno costruire il bene) un risparmio di imposta che può essere parzialmente trasferito all’utilizzatore del bene, mediante la riduzione dei canoni di locazione finanziaria o del prezzo di riscatto.

 

In particolare il comma 14 dell’articolo in esame dispone l’inapplicabilità delle norme fiscali in materia di ammortamento dei beni materiali (articolo 102, commi 1, 2, 3 e 7, del Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR[210]) ai beni aventi i seguenti requisiti:

§      siano beni mobili registrati;

§      la loro utilizzazione richieda un equipaggio di almeno sei persone;

§      il loro costo sia ammortizzabile ai fini fiscali in un periodo non inferiore a dieci anni;

§      siano concessi in locazione finanziaria con obbligo di acquisto a un’impresa che li destini all'esercizio della propria attività abituale;

§      il concedente sia un Gruppo europeo di interesse economico (GEIE)[211], una società per azioni o a responsabilità limitata, per le quali sia stata esercitata l'opzione per la trasparenza fiscale, prevista dall'articolo 115 del TUIR[212].

 

L’articolo 102 del TUIR, del quale si dispone la disapplicazione, disciplina l’ammortamento[213] dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa. Le quote di ammortamento di tali beni sono deducibili a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene (comma 1). La deduzione deve essere effettuata in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni di appositi coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[214], per categorie di beni omogenei, in base al loro normale periodo di deperimento e consumo (comma 2). Il comma 3, che disciplina l’ammortamento anticipato e accelerato, è abrogato dall’articolo 3, comma 1, lettera n), numero 1), del disegno di legge in esame. Il comma 7, che disciplina l’ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria, è sostituito dal numero 2) del citato articolo 3, comma 1, lettera n), del presente disegno di legge. Il nuovo comma 7 stabilisce che, per i beni mobili concessi in locazione finanziaria, l’impresa concedente deduce quote di ammortamento determinate nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario, mentre l’impresa utilizzatrice può dedurre i canoni di locazione finanziaria a condizione che la durata del contratto non sia inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento previsto dal decreto ministeriale di cui al comma 2 dello stesso articolo.

 

I beni che soddisfano le condizioni poste dal comma in esame sono:

-       navi passeggeri;

-       navi da carico cisterna o frigorifera;

-       navi da carico per carico secco;

-       navi per navigazione interna in acciaio o ferro;

-       ferry-boat;

-       rimorchiatori;

-       naviglio fermo;

-       navi per navigazione interna in legno;

-       barconi, chiatte, pontoni e lance.

 

Il comma 15 dell’articolo 61 prevede che le quote di ammortamento dei beni di cui al comma 14 sono deducibili dal reddito dell’impresa concedente in misura non superiore, in ciascun periodo di imposta, al 35 per cento del costo. Inoltre, a differenza di quanto ordinariamente previsto, è consentita la deduzione di quote di ammortamento anche anteriormente all’entrata in funzione del bene; in tal caso le quote di ammortamento non possono essere superiori ai corrispettivi pagati al costruttore.

Si prevede l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, il quale dovrà dettare le disposizioni applicative del comma 14, anche al fine di assicurare una riduzione delle entrate non superiore a 2,7 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

Il comma 16 subordina l’efficacia del comma 14 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato istitutivo della Comunità europea (che obbliga gli Stati a comunicare alla Commissione i progetti diretti a istituire o modificare aiuti). Il Ministero dei trasporti provvede a richiedere l’autorizzazione alla Commissione europea.

 

Si osserva che sia il comma 15, a proposito delle disposizioni applicative, sia il comma 16, a proposito dell’autorizzazione della Commissione europea, fanno riferimento al solo comma 14 (che si limita a prevedere la disapplicazione dell’articolo 102 del TUIR ad alcuni beni), mentre si ritiene che anche quanto disposto dal comma 15 (che disciplina uno specifico regime di ammortamento per gli stessi beni) necessiti di disposizioni applicative e debba essere subordinato all’autorizzazione della Commissione europea.


Articolo 62
(Miglioramento del sistema di trasporto nazionale per favorire l’intermodalità e l’utilizzo di mezzi meno inquinanti)

 


1. Le annualità relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, sono ridotte di 56.368.535 euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012, e di 4.722.845 euro per il 2013.

2. Le somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti relativi all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 1, della legge 23 dicembre 1997, n. 454, e successive modificazioni, sono mantenute nel conto dei residui per essere versate all'entrata del bilancio dello Stato per l'ammontare di euro 452.311.525 nell'anno 2008.

3. Gli oneri previsti dalla tabella E, allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, sono ridotti di 5 milioni di euro per il 2008, di 7 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010.

4. L'articolo 145, comma 40, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, è abrogato.

5. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 51, è ridotta della somma di 713.000 euro a decorrere dal 2008.

6. Al fine di consentire la piena operatività degli incentivi alle imprese di autotrasporto, di cui al decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, e al relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 2006, n. 205, volti a spostare quote rilevanti di traffico pesante dalla modalità stradale a quella marittima, è autorizzata la spesa di 77 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

7. L'autorizzazione di spesa relativa al limite di impegno quindicennale disposto dall'articolo 3, comma 2-ter, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, è soppressa.

8. Per interventi necessari a fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai programmati lavori di ammodernamento dell'autostrada A3 nel tratto Gioia Tauro - Reggio Calabria e per migliorare la qualità del servizio di trasporto e di sicurezza nello Stretto di Messina è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 22 milioni di euro per l'anno 2009 e di 7 milioni di euro per l'anno 2010, da destinare ad interventi infrastrutturali nella misura del 50 per cento.

9. La programmazione degli interventi di cui al comma 8 e la ripartizione delle relative risorse sono approvate con uno o più decreti del Ministro dei trasporti e, per gli interventi infrastrutturali, del Ministro delle infrastrutture.

10. A valere sulle risorse assegnate dal Ministero dei trasporti all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, sono individuate con decreto del Ministro dei trasporti le risorse necessarie per il potenziamento e la sicurezza dell'aeroporto di Reggio Calabria, nonché per gli interventi di continuità territoriale da e per tale aeroporto e per l'adeguamento del servizio cargo da e per l'aeroporto di Catania.

11. L'attuazione delle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 38 della legge 1o agosto 2002, n. 166, e successive modificazioni, prosegue per un ulteriore biennio, secondo le disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, nonché al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004, n. 340, e al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 20 luglio 2005, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse finanziarie stanziate per il triennio 2004-2006 effettivamente disponibili rivenienti dalle operazioni effettuate ai sensi dell'articolo 38 della citata legge n. 166 del 2002.

12. Con decreto del Ministro dei trasporti sono definite condizioni e modalità operative per l'attuazione di quanto previsto al comma 11. Dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti di cui al presente comma decorre il biennio di attuazione delle misure di cui al medesimo comma 11.

13. Le somme del fondo istituito dal comma 6 dell'articolo 38 della legge n. 166 del 2002, che residuano dall'attuazione, nel triennio 2004-2006, delle misure di cui al medesimo articolo sono utilizzate ai fini di quanto disposto dal comma 11 del presente articolo.

14. L'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 38, comma 7, della legge n. 166 del 2002 prosegue per un ulteriore triennio, secondo le disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, nonché agli articoli 14 e 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004, n. 340, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

15. Il triennio di cui al comma 14 decorre dalla data di sottoscrizione degli accordi di programma di cui all'articolo 38, comma 7, della legge n. 166 del 2002.

16. Per l'attuazione di quanto disposto al comma 14, sul Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti di cui al comma 6 dell'articolo 38 della legge n. 166 del 2002, istituito nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

17. Per il completamento e l'implementazione della rete immateriale degli interporti finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale, è autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010.

18. Al fine di ottimizzare i flussi nei nodi del sistema logistico nazionale, gli interventi previsti dal comma 1044 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono rifinanziati nella misura di 2 milioni di euro per l'anno 2009 e 2 milioni di euro per l'anno 2010.

19. Il contributo, previsto all'articolo 1, comma 1044, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dovrà essere utilizzato, prioritariamente, ai fini della riduzione del cofinanziamento nel limite del 35 per cento del contributo statale previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 18T del 20 giugno 2005 e dalla conseguente convenzione in essere tra il Ministero dei trasporti e la UIRnet S.p.A., stipulata in data 21 dicembre 2006.

20. Al fine di implementare le azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale e dare attuazione alle azioni previste dal Piano nazionale della sicurezza stradale mediante azioni mirate e sinergiche volte a rafforzare i controlli su strada anche attraverso l'implementazione di idonee attrezzature tecniche funzionali all'aumento dei controlli stradali, intensificare l'attività ispettiva e le verifiche previste dal codice della strada, dotare gli uffici ed il personale preposto ad attività di sicurezza stradale degli opportuni strumenti per l'esercizio delle attività istituzionali, ivi compresa la formazione, è autorizzata la spesa di 35 milioni di euro per l'anno 2008, di 30 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010, di 49 milioni di euro per l'anno 2011, di 56 milioni di euro per l'anno 2012 e di 4 milioni di euro per l'anno 2013.

21. Per il proseguimento degli interventi previsti dall'articolo 1, comma 1038, della citata legge n. 296 del 2006, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 15 milioni di euro per l'anno 2010.

22. Il capitale sociale delle Ferrovie della Calabria S.r.l., delle ferrovie Apulo Lucane S.r.l., delle ferrovie del Sud-Est S.r.l. è aumentato nel 2008 rispettivamente di 10 milioni di euro per una spesa complessiva di 30 milioni di euro.

23. Al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 10 milioni di euro per l'anno 2009 e di 10 milioni di euro per l'anno 2010, in favore di Trenitalia s.p.a. e di società del gruppo, per l'avvio di un programma finalizzato alla realizzazione di interventi volti alla rimotorizzazione, in conformità alla direttiva 2004/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, delle automotrici con motori diesel ancora utilizzate per il trasporto regionale su linee non elettrificate, in modo da conseguire, a regime, un risparmio energetico netto quantificabile in 233 milioni di euro, nonché una riduzione delle emissioni inquinanti di oltre 40.000 tonnellate.

24. È istituito presso il Ministero dei trasporti un fondo per l'ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma, al fine di determinare la migliore efficacia ed efficienza delle comunicazioni ferroviarie tra l'Abruzzo e la città di Roma, per il quale è autorizzata la spesa di 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con vincolo di destinazione per la tratta Avezzano-Roma.


 

 

L'articolo 62 contiene disposizioni finanziarie relative al settore del trasporto.

 

Il comma 1 riduce l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, recante "Interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto e lo sviluppo dell'intermodalità", di una somma pari a 56.368.535 euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012, e di 4.722.845 per il 2013.

Il citato articolo 10 ha autorizzato limiti di impegno quindicennali per complessivi 150 miliardi di lire[215] (pari a 77.468.535 euro) quali contributi pari alla rata di ammortamento per capitale e interessi a fronte di mutui o altre operazioni finanziarie attivate dai soggetti operanti nel settore dell'autotrasporto, per le seguenti finalità, indicate negli articoli da 1 a 5 della stessa legge n. 454 del 1997:

-        interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto e lo sviluppo dell’intermodalità e del trasporto combinato;

-        investimenti innovativi e formazione professionale;

-        incentivazione all’esodo volontario di autotrasportatori monoveicolari e alla riduzione volontaria dell’offerta di autotrasporto;

-        incentivi per l’aggregazione di imprese di autotrasporto, diretta all’operatività nel comparto dei servizi intermodali e alla razionalizzazione dell’offerta di trasporto stradale;

-        interventi e agevolazione per il trasporto combinato ferroviario, marittimo e per vie navigabili interne.

 

Sempre con riferimento all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10 della legge n. 454 del 1997, il comma 2 dell’articolo in oggetto, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, dispone il mantenimento in conto residui delle somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti. Tali importi, per un ammontare di 452.311.525 euro per il 2008, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Il comma 3 riduce di 5 milioni di euro per il 2008, di 7 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010 gli oneri previsti dalla tabella E, allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, recante "Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore".

La tabella E allegata alla legge n. 226 del 2004 definisce gli oneri finanziari annuali relativi al Corpo delle capitanerie di porto. Ai sensi dell’articolo 28 della stesa legge la determinazione annuale della consistenza dei volontari di truppa da assegnare al Corpo delle capitanerie di porto dovrà essere effettuata in coerenza con l’andamento dei suddetti oneri. Si segnala che gli importi attualmente previsti dalla citata tabella E, per gli anni interessati dal comma in esame, ammontano a:

§       76.404.162,91 euro per il 2008;

§       75.993.137,67 euro per il 2009;

§       75.188.592,32 euro per il 2010.

 

Il comma 4 abroga l’articolo 145, comma 40, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001).

La richiamata norma ha istituito un fondo di lire 1,5 miliardi (pari a 774.685 euro) nel 2001 e 5.164.589,99 euro a decorrere dall'anno 2002, per la promozione di trasporti marittimi sicuri, anche mediante il finanziamento di studi e ricerche.

 

Il comma 5 riduce di 713.000 euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 51, recante "Disposizioni per la prevenzione dell'inquinamento derivante dal trasporto marittimo di idrocarburi e per il controllo del traffico marittimo".

La richiamata norma ha autorizzato, a decorrere dal 2001, la spesa di 13 miliardi di lire annue (pari a 6.713.940 euro), da parte del Ministero dei trasporti e della navigazione per la realizzazione del sistema globale di comunicazione per l'emergenza e la sicurezza in mare (GMDSS - Global Maritime Distress and Safety System), in attuazione delle regole 4, 5, 7, 8 e 9 del capitolo IV, come sostituito dagli emendamenti del 1988, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1992, dell'Allegato alla Convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare, aperta alla firma a Londra il 1° novembre 1974, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 23 maggio 1980, n. 313.

 

I commi 6-7 recano disposizioni per il finanziamento delle "autostrade del mare"; la misura si connette a quelle recate dai successivi commi 8 e 9 dirette ad affrontare l'emergenza derivante dai lavori sull'autostrada A3, nel tratto terminale della regione Calabria, e nello Stretto di Messina.

Norme sulle "autostrade del mare" sono contenute anche nell'articolo 76, comma 3, del disegno di legge in esame (si veda la relativa scheda).

 

Le “autostrade del mare” identificano il trasporto effettuato su più percorsi, in parte “tracciati” (tratte terrestri) ed in parte “non tracciati” (tratte marittime), in una logica di trasporto in grado di offrire una maggiore competitività rispetto alla sola modalità terrestre congestionata e ormai vicina al punto di saturazione. Tale modalità di trasporto risponde alla domanda di una moderna logistica in cui il flusso di trasporto si snodi senza soluzione di continuità per tutto il percorso. Il programma europeo “Autostrade del Mare” (Motorways of the Sea) si fonda su una logica di sistema integrato di trasporti, attraverso il quale l’accrescimento dell'efficacia e della competitività della modalità di trasporto combinata strada-mare avviene compatibilmente alla tutela dell'ambiente ed al decongestionamento delle strade, in un'ottica di sviluppo ecosostenibile. A livello nazionale sono state adottati diversi interventi per dare attuazione al progetto comunitario delle Motorways of the Sea. Tra questi vanno ricordati in particolare - oltre all'istituzione della società Rete Autostrade Mediterranee (RAM) - i finanziamenti per la riqualificazione e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali disposti con le leggi n. 413 del 1998 e n. 166 del 2002, gli incentivi all'autotrasporto per il trasferimento di traffico dal tutto-strada al combinato strada-mare con l'introduzione del cosiddetto ecobonus di cui alla legge n. 265 del 2002 (per il quale si veda oltre) ed il potenziamento degli impianti e della piattaforme logistiche portuali disposto con la legge obiettivo.

 

Il comma 6 autorizza la spesa di 77 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per consentire la piena operatività degli incentivi alle imprese di autotrasporto finalizzati allo spostamento di quote rilevanti di traffico dalla modalità stradale a quella marittima.

Si tratta degli incentivi per l’utilizzo delle autostrade del mare, c.d. ecobonus, di cui all’articolo 3, commi 2-ter e 2-quater, del D.L. 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, e al relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 11 aprile 2006, n. 205. In particolare il primo periodo del citato articolo 3, comma 2-ter, ha autorizzato, a decorrere dal 2006, la spesa di 20 milioni di euro, quale limite di impegno quindicennale a carico dello Stato, al fine dell'innovazione del sistema dell'autotrasporto di merci, dello sviluppo delle catene logistiche e del potenziamento dell'intermodalità, con particolare riferimento alle «autostrade del mare», nonché per lo sviluppo del cabotaggio marittimo e per i processi di ristrutturazione aziendale, per l'innovazione tecnologica e per interventi di miglioramento ambientale.

 

Il comma 7, sempre con riferimento agli incentivi di cui al comma 6, sopprime la sopra indicata autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro relativa al limite di impegno quindicennale.

Con riferimento ai sopra illustrati commi 6 e 7, il Governo afferma, nella relazione illustrativa al disegno di legge in esame, che occorre rendere fruibile agli interessati il meccanismo dell’ecobonus, ed assicurare la completa spendibilità di tutte le risorse attivabili, a partire dall’anno 2008 (anno in cui è prevista la prima erogazione dei rimborsi sulle tariffe pagate nell’anno in corso) e fino al 2010. Per tali finalità occorre sopprimere l’autorizzazione di spesa di cui al limite di impegno quindicennale, disposto dall’articolo 3, comma 2-ter, della legge n. 265 del 2002, e convertire il limite di impegno quindicennale. Tale misura, si legge nella stessa relazione, non ha effetto sull’indebitamento netto dell’Amministrazione, ma incide soltanto sul saldo netto da finanziare e fabbisogno finanziario.

 

Il comma 8 autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 22 milioni di euro per l’anno 2009 e di 7 milioni di euro per l’anno 2010 per interventi diretti a:

§      fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai programmati lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 nel tratto Gioia Tauro – Reggio Calabria;

§      migliorare la qualità del servizio di trasporto e di sicurezza nello Stretto di Messina.

Le somme stanziate dovranno essere destinate, nella misura del cinquanta per cento, ad interventi infrastrutturali.

Il comma 9 demanda la programmazione degli interventi di cui al comma 8 e la ripartizione delle relative risorse ad uno o più decreti del Ministro dei trasporti e, per interventi infrastrutturali, del Ministro delle infrastrutture.

 

Si segnala che l’articolo 8 del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, in corso di conversione (A.C. 3194), finanzia, per il solo anno 2007, una serie di interventi diretti al miglioramento del trasporto in Calabria ed in Sicilia ed in particolare del trasporto che attraversa lo Stretto di Messina.

 

Il comma 10 stabilisce che, a valere sulle risorse assegnate dal Ministero dei trasporti all’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC), ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1997, n. 250[216], il Ministro dei trasporti dovrà individuare, con proprio decreto, le risorse necessarie:

§      per il potenziamento e la sicurezza dell’aeroporto di Reggio Calabria;

§      per gli interventi di continuità territoriale da e per tale aeroporto;

§      per l’adeguamento del servizio cargo da e per l’aeroporto di Catania.

 

I commi da 11 a 13 dispongono la prosecuzione per un biennio degli incentivi, in favore delle imprese che effettuano trasporti di merci mediante il sistema ferroviario, previsti, per il triennio 2004-2006, dall’articolo 38, comma 5, della legge 1° agosto 2002, n. 166, recante "Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti", e successive disposizioni di attuazione.[217]

L’articolo 38, comma 5, della legge n. 166 del 2002 ha riconosciuto, per il triennio 2004-2006, un contributo alle imprese che si impegnano contrattualmente per un triennio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con un’impresa ferroviaria a realizzare treni completi di trasporto combinato[218] o di merci pericolose in un quantitativo minimo annuo. Tale impegno deve essere rispettato almeno nella misura del 90 per cento, a pena di decadenza dal diritto a percepire il contributo. Il contributo è riconosciuto in funzione dei treni-chilometro effettuati sul territorio italiano. La misura del contributo è stabilita con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, in funzione del limite massimo di risorse attribuite per questo scopo dal successivo comma 6 dell’articolo 38. Tale comma prevede l’istituzione del Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, finalizzato alle agevolazioni per le imprese ferroviarie che effettuino investimenti per facilitare il trasporto delle merci per ferrovia, con limiti di impegno quindicennali (14,5 milioni di euro per l’anno 2002, 5 milioni di euro per l’anno 2003 e 13 milioni di euro per l’anno 2004), quali concorso dello Stato agli oneri derivanti da mutui o da altre operazioni finanziarie effettuate dai soggetti individuati da un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il successivo D.M. 22 dicembre 2004, n. 340, all’articolo 7, ha stabilito che le risorse del Fondo di cui all’articolo 38 cit., comma 6, siano destinate, per il triennio 2004-2006, alle seguenti finalità:

-        il cinquanta per cento alla concessione degli incentivi di cui all’articolo 38, comma 5;

-        il venticinque per cento alla concessione di contributi per l’acquisto di beni di investimento per lo sviluppo del trasporto ferroviario delle merci, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose (agevolazione prevista dall’articolo 38 cit., comma 6, e disciplinata in dettaglio dall’articolo 13 del D.M. n. 340 del 2004);

-        il restante venticinque per cento alla concessione dei contributi previsti dal comma 7 del citato articolo 38 (a proposito del quale si rinvia alla scheda di lettura del successivo comma 14 del presente articolo).

L'articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, ha affidato la gestione del fondo alla Cassa depositi e prestiti.

 

Come osserva il Governo nella relazione illustrativa, le risorse stanziate dal citato articolo 38 non sono state completamente utilizzate nel triennio 2004-2006, sia per alcune specifiche rigidità della normativa, sia per il ritardo nell’attuazione della legge. Si propone pertanto la prosecuzione dell’intervento di cui all’articolo 38 cit., comma 5, per un ulteriore biennio, nell’àmbito delle risorse finanziarie stanziate per il triennio 2004-2006 per tale intervento ed effettivamente disponibili (comma 11).

 

Il comma 12 demanda ad un decreto del Ministro dei trasporti la definizione delle condizioni e modalità operative per l’attuazione di quanto previsto al comma 11, facendo decorrere il biennio di attuazione delle misure di cui al medesimo comma 11 dalla data di entrata in vigore del predetto decreto.

 

Il comma 13 destina inoltre agli interventi di cui al comma 11 (ovvero alla concessione del contributo di cui all’articolo 38 cit., comma 5) le somme del Fondo di cui al comma 6 dell’articolo 38 cit., che residuano dall’attuazione, nel triennio 2004-2006, delle altre misure previste dal medesimo articolo 38 (ovvero quelle di cui al comma 7 di tale articolo e quelle destinate alla concessione di contributi per l’acquisto di beni di investimento, ai sensi dell’articolo 13 del D.M. n. 340 del 2004).

 

I commi da 14 a 16 dispongono la prosecuzione per un triennio degli incentivi, in favore delle imprese ferroviarie per il trasporto combinato e accompagnato delle merci, previsti, per il triennio 2004-2006, dall’articolo 38, comma 7, della citata legge n. 166 del 2002, e successive disposizioni di attuazione[219], per quanto compatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

L’articolo 38, comma 7, della legge n. 166 del 2002 disciplina l’erogazione di contributi in favore delle imprese ferroviarie che si impegnino a sottoscrivere con i Ministeri competenti accordi di programma per il trasporto combinato e accompagnato[220] delle merci. Il contributo è rapportato ai treni-chilometri effettuati nel territorio nazionale. Alla concessione del contributo è destinato, per il triennio 2002-2004, il venticinque per cento delle risorse del Fondo di cui al comma 6 del medesimo articolo 38.

L’articolo 14 del D.M. n. 340 del 2004 detta modalità applicative per la concessione del contributo di cui all’articolo 38 cit., comma 7, mentre l’articolo 15 dello stesso D.M. stabilisce che sulle risorse destinate alla concessione di detto contributo è finanziato, in via prioritaria, l’accordo di programma attuativo del progetto sperimentale di autostrada ferroviaria alpina sulla direttrice Aiton-Orbassano, in adempimento di quanto definito nel vertice italo-francese di Périgueux del 27 novembre 2001, ed alle condizioni e secondo le modalità ivi previste.

 

Il comma 15 dell’articolo in esame fa decorrere l’inizio del triennio di cui al comma 14 dalla data di sottoscrizione degli accordi di programma, stipulati ai sensi del sopra illustrato articolo 38, comma 7.

 

Il comma 16 autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010 per l’attuazione di quanto disposto al precedente comma 14, sul Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti, di cui al più volte citato comma 6 dell’articolo 38 della legge n. 166 del 2002.

 

I commi da 17 a 19 recano disposizioni sugli interporti.

Si rammenta che le infrastrutture dedicate all’intermodalità sono costituite dagli interporti e dai centri intermodali. Gli interporti sono definiti dalla normativa vigente come un complesso organico di strutture e servizi fra loro integrati e uniformati secondo uno schema di rete logistica e mediante tecnologie telematiche. Essi sono finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comprendono uno scalo ferroviario idoneo per la formazione o la ricezione di treni completi intermodali, e risultano essere in collegamento con porti, aeroporti e vie di grande comunicazione.

 

Il comma 17 autorizza un contributo di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010 per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale.

Si ricorda che l'articolo 1, comma 1044, terzo periodo, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per il 2008 per il completamento della rete immateriale degli interporti al fine di potenziare il livello di servizio sulla rete logistica nazionale.

 

Il comma 18, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, al fine di ottimizzare i flussi nei nodi del sistema logistico nazionale, rifinanzia con 2 milioni di euro per l’anno 2009 e 2 milioni di euro per l’anno 2010 gli interventi previsti dell’articolo 1, comma 1044, della legge n. 296 del 2006.

Il citato articolo 1, comma 1044, primo periodo, autorizza la spesa di 30 milioni di euro per il completamento della rete nazionale degli interporti, con particolare riferimento al Mezzogiorno. Il Ministro dei trasporti dovrà individuare, con proprio decreto, gli interventi immediatamente cantierabili, tendenti ad eliminare i «colli di bottiglia» del sistema logistico nazionale ed a realizzare le interconnessioni stradali e ferroviarie fra hub portuali e interporti (il decreto non risulta essere stato emanato).

 

Il comma 19 stabilisce che il contributo di cui al sopra illustrato articolo 1, comma 1044, dovrà essere utilizzato prioritariamente per la riduzione dal cinquanta al trentacinque per cento della quota di finanziamento, a carico degli interporti, del sistema di gestione della rete logistica nazionale, di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 18T del 20 giugno 2005 e alla conseguente convenzione in essere tra il Ministero dei trasporti e la UIRnet S.p.A., stipulata in data 21 dicembre 2006.

Il D.M. 18T del 20 giugno 2005 è stato emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 456, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), il quale ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005-2007 per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali. Il menzionato decreto ministeriale ha destinato i finanziamenti di cui al citato articolo 1, comma 456, della legge n. 311 del 2004, alla corresponsione di contributi per la realizzazione di un sistema (piattaforma) di gestione della rete logistica nazionale che permetta la interconnessione dei nodi di interscambio modale (interporti), anche al fine di migliorare la sicurezza del trasporto delle merci. L’attuazione dell’intervento è affidata alle società interportuali di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240, che dovranno costituire un unico soggetto attuatore comune. Per la realizzazione del sistema le società interportuali dovranno predisporre e presentare, attraverso il soggetto attuatore, un piano finanziario che preveda, oltre al contributo statale, risorse aggiuntive (mezzi propri, credito ed altri finanziamenti non statali) tali da garantire la piena realizzazione del progetto ed almeno pari al cinquanta per cento del contributo statale [articolo 4, comma 1, lettera a), del D.M.].

Il soggetto attuatore comune è la società UIRNet S.p.A., appositamente costituita tra gli interporti di rilevanza nazionale. Tale società ha stipulato, nel dicembre 2006, la relativa convenzione con il Ministero dei trasporti.

 

Va ricordato che il citato comma 1044 reca due diversi finanziamenti: il primo per un importo di trenta milioni di euro riservato al “completamento della rete nazionale degli interporti”; il secondo, pari a cinque milioni, per “il completamento della rete immateriale degli interporti al fine di potenziare il livello di servizio sulla rete logistica nazionale”.

 

Il comma 20 autorizza la spesa di 35 milioni di euro per l’anno 2008, di 30 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010, di 49 milioni di euro per l’anno 2011, di 56 milioni di euro per l’anno 2012 e di 4 milioni di euro per l’anno 2013, con le seguenti finalità:

·         implementare le azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale;

·         dare attuazione alle azioni previste dal Piano nazionale della sicurezza stradale, mediante azioni mirate e sinergiche volte a rafforzare i controlli su strada, anche attraverso l’implementazione di idonee attrezzature tecniche funzionali all’aumento dei controlli stradali;

·         intensificare l’attività ispettiva e le verifiche previste dal codice della strada;

·         dotare gli uffici ed il personale preposto ad attività di sicurezza stradale degli opportuni strumenti per l’esercizio delle attività istituzionali, ivi compresa la formazione.

 

Il Piano nazionale della sicurezza stradale è stato istituito dall’articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n. 144, con la finalità di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali. Il Piano, che consiste in un sistema articolato di indirizzi, misure per la promozione e l'incentivazione di strumenti per migliorare i livelli di sicurezza da parte degli enti proprietari e dei gestori, di interventi infrastrutturali, di misure di prevenzione e controllo, viene attuato attraverso programmi annuali predisposti dal Ministro delle infrastrutture che devono essere approvati dal CIPE. Il Piano viene aggiornato ogni tre anni o quando fattori particolari ne motivino la revisione.

Si segnala che sul tema della sicurezza stradale è recentemente intervenuto l’articolo 6-bis del D.L. 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, il quale ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo contro l'incidentalità notturna, con un’autorizzazione di spesa di 500 mila euro per ciascuno degli anni 2007-2009, da utilizzare per le attività di contrasto all’incidentalità notturna.

 

Il comma 21 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 15 milioni di euro per l’anno 2010 per il proseguimento degli interventi previsti dall’articolo 1, comma 1038, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

La richiamata norma ha stanziato un contributo di 15 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 sia al fine di realizzare interventi volti all'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza, sia relativi all'infrastruttura ferroviaria sia installati a bordo dei materiali rotabili, sia per le gestioni commissariali governative che per le ferrovie di proprietà del Ministero dei trasporti.

Il tema della sicurezza ferroviaria è da tempo all’attenzione sia del legislatore nazionale che di quello comunitario. In particolare nel secondo pacchetto ferroviario approvato in sede europea in data 29 aprile 2004 sono previste specifiche misure in ordine alla sicurezza del sistema ferroviario, tra cui si ricordano in particolare il regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un'Agenzia ferroviaria europea al fine di implementare la sicurezza e la direttiva 2004/49/CE, che prevede un complesso di misure per accrescere il livello di sicurezza delle ferrovie comunitarie.

 

Il comma 22 autorizza la spesa complessiva di 30 milioni di euro, nel 2008, per aumentare, di 10 milioni di euro, il capitale sociale di ciascuna delle seguenti società di gestione di servizi ferroviari:

·         Ferrovie della Calabria S.r.l.;

·         Ferrovie Apulo Lucane S.r.l.;

·         Ferrovie del Sud-Est S.r.l..

 

Il comma 23, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010 in favore di Trenitalia s.p.a. e di società del gruppo per l’avvio di un programma di rimotorizzazione, in conformità della Direttiva 2004/26/CE, delle automotrici con motori diesel utilizzate per il trasporto regionale su linee non elettrificate. Lo stanziamento è diretto a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti; in particolare si propone di conseguire, a regime, un risparmio energetico netto quantificabile in 233 milioni di euro e una riduzione delle emissioni inquinanti di oltre 40.000 tonnellate.

La citata direttiva 2004/26/CE concerne il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali. La direttiva è stata recepita mediante il decreto ministeriale 2 marzo 2006 (pubblicato nel Supplemento ordinario n. 47 alla Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio 2007, n. 43)

 

Il comma 24, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, istituisce, presso il Ministero dei trasporti un "Fondo per l’ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma", per migliorare l’efficacia ed l’efficienza delle comunicazioni ferroviarie tra l’Abruzzo e la città di Roma. A tal fine è autorizzata la spesa di 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con vincolo di destinazione per la tratta Avezzano-Roma.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Logistica del trasporto merci

Il 18 ottobre 2007 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure[221] intese a migliorare l’efficienza e la sostenibilità del trasporto merci comunitario, considerato di fondamentale importanza per contribuire, tra l’altro, alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona per quanto riguarda il rafforzamento della competitività dell’economia europea, la promozione della mobilità sostenibile, la tutela dell’ambiente, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e quella dei trasporti. Il pacchetto comprende:

-    una comunicazione dal titolo “L’agenda dell’UE per il trasporto merci: rafforzare l’efficacia, l’integrazione e la sostenibilità del trasporto merci in Europa” (COM(2007)606).

La comunicazione, sottolineata la necessità di interventi urgenti per evitare che i problemi del trasporto merci si accentuino in seguito alla crescita del settore e per garantire la sostenibilità e l’efficienza di questa modalità di trasporto, prospetta una serie di iniziative della Commissione ispirate ad un approccio globale basato sui seguenti princìpi: lo sviluppo di corridoi di trasporto che, grazie alle economie di scala, offrono possibilità tecniche ed economiche che li rendono attraenti per utilizzare al meglio le diverse modalità; una migliore gestione delle infrastrutture, del traffico e delle merci mediante il ricorso alle nuove tecnologie e la soppressione degli ostacoli amministrativi e commerciali; la semplificazione delle catene di trasporto merci e delle relative procedure amministrative, anche mediante la creazione di uno sportello unico; il miglioramento della qualità dei servizi relativi al trasporto merci;

§      una comunicazione relativa ad un piano d’azione per la logistica del trasporto merci (COM(2007)607).

Il piano d’azione ricorda, in via preliminare, l’importanza di catene logistiche efficienti e di alta qualità al fine di garantire il trasporto di merci non solo all’interno dell’UE, ma anche verso i paesi terzi. La Commissione prospetta una serie di misure, da attuare entro il 2013 secondo un calendario ben definito, che riguardano alcune aree prioritarie di intervento quali: lo sviluppo di servizi on-line per il trasporto merci e di sistemi di trasporto intelligenti, la promozione dell’efficienza e della qualità mediante la soppressione delle strozzature, la formazione degli addetti ai lavori, la promozione delle migliori prassi, la semplificazione delle catene di trasporto, il rafforzamento della sicurezza, interventi sulle dimensioni dei veicoli;

§      una comunicazione relativa alla creazione di una rete ferroviaria a priorità merci (COM(2007)608).

Al fine di rilanciare il trasporto merci per ferrovia e di renderlo più competitivo, la comunicazione in esame considera di fondamentale importanza la creazione di corridoi multimodali dedicati al trasporto merci. Per favorire il raggiungimento di questo obiettivo la Commissione prospetta alcune misure che saranno oggetto di una riflessione strutturata all’interno di un gruppo strategico composto da rappresentanti degli Stati membri, dai gestori dell’infrastruttura e dagli utenti. La Commissione sottolinea che, a completamento delle misure prospettate, dovranno proseguire i lavori già avviati a livello comunitario (interoperabilità tecnica, semplificazione delle operazioni tecniche ed amministrative, ecc.) e ribadisce che le azioni comunitarie dovranno essere completate da iniziative prese dagli Stati, dalle regioni e da altri attori pubblici o privati a favore dello sviluppo del trasporto merci ferroviario a livello regionale o locale;

§      una comunicazione sulla politica portuale europea (COM(2007)616).

La comunicazione presenta un piano d’azione inteso a promuovere un sistema portuale efficiente a livello comunitario in grado di fronteggiare le sfide che oggi si registrano in questo settore costituite principalmente: dalla crescita della domanda di trasporto internazionale; dall’evoluzione tecnologica caratterizzata dallo sviluppo del trasporto in container; da una gestione dei porti più rispettosa dell’ambiente; dal ricorso sempre più frequente alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni; dalla diversificazione modale a vantaggio della ferrovia, delle vie navigabili interne e del trasporto marittimo; dalla necessità di stabilire un dialogo con le parti in causa e le amministrazioni locali; dalla necessità di conciliare lo sviluppo e la gestione dei porti con la normativa comunitaria, in particolare per quanto riguarda le regole in materia di trasparenza e di concorrenza. La comunicazione, inoltre, individua una serie di opzioni per far fronte all’aumento della domanda di capacità portuali: lo sfruttamento ottimale delle capacità portuali esistenti e, solo in seconda istanza, la costruzione di nuove capacità; la semplificazione delle procedure amministrative e doganali; l’adozione di orientamenti in materia di aiuti di Stato a favore dei porti; la trasparenza degli oneri portuali e delle procedure di selezione dei fornitori di servizi nautici; la promozione di un dialogo strutturato tra le città e i porti; il reciproco riconoscimento della formazione dei lavoratori portuali; l’applicazione delle regole comunitarie in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro;

§       una relazione sulla realizzazione delle autostrade del mare (SEC(2007)1367), con la quale ha avviato una consultazione pubblica, chiedendo alle parti interessate di farle pervenire le proprie osservazioni entro il 20 dicembre 2007 (per un approfondimento del contenuto della relazione si rinvia al paragrafo sui documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’art. 76);

§      un documento di lavoro dei servizi della Commissione sulla creazione di uno spazio del trasporto marittimo europeo senza barriere (SEC(2007)1351) con il quale viene avviata una consultazione pubblica delle parti interessate che si concluderà il 20 dicembre 2007.

Il documento sottolinea l’importanza di uno spazio del trasporto marittimo europeo senza barriere al fine di estendere il mercato interno comunitario al trasporto marittimo intracomunitario per renderlo più efficiente e competitivo.

Il 27 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica (COM(2006)79).

L’obiettivo della proposta è quello di sviluppare un approccio europeo al fine di migliorare il livello di sicurezza della catena dei trasporti e di evitare le procedure e gli oneri amministrativi inutili a livello europeo e nazionale.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 4 giugno 2008.

Il 23 maggio 2007 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento riguardante l'accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada (COM(2007)265).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo l’11 marzo 2008.

Sicurezza stradale

A. Libro bianco sulla politica comune dei trasporti

La Commissione ha definito le linee generali della strategia europea in materia di sicurezza stradale con il libro bianco del 2001 sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370).

Il documento fissa, tra l’altro, l’obiettivo di dimezzare, entro il 2010, il numero delle vittime degli incidenti stradali in tutta l’Unione europea ed individua a tal fine una serie di aree prioritarie di intervento.

Conformemente a quanto previsto dal libro bianco del 2001, la Commissione ha proceduto ad effettuare un esame intermedio delle misure e delle azioni da esso contemplate, adottando, il 22 giugno 2006, una comunicazione dal titolo “Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314).

Nel documento in esame la Commissione preannuncia l’adozione di una serie di misure intese migliorare la sicurezza stradale fra cui:

-        l’adozione di un approccio integrato per la sicurezza stradale che comprenda la progettazione dei veicoli e le tecnologie utilizzate, le infrastrutture e il comportamento dei conducenti;

-        la valutazione, nel 2008, del funzionamento e dei costi delle norme vigenti nel settore della sicurezza per il trasporto su strada, proponendo, sulla base dell’esperienza maturata, le modifiche necessarie la fine di evitare distorsioni della concorrenza;

-        la promozione di campagne di sensibilizzazione, anche mediante l’istituzione della giornata europea per la sicurezza stradale(la prima giornata europea per la sicurezza stradale si è svolta il 27 aprile 2007);

-        l’elaborazione, nel 2007, di una strategia per la sicurezza nel trasporto terrestre e pubblico;

-        la promozione della mobilità intelligente mediante la continuazione dei programmi già avviati, quali “Automobile intelligente” (vedi infra) e un migliore sfruttamento dei sistemi di navigazione satellitare tra cui GALILEO e il lancio, nel 2008, di un programma di ampia portata per lo sviluppo di tecnologie intelligenti per il trasporto stradale.

 

Il Consiglio trasporti del 12 ottobre 2006 ha proceduto ad un dibattito orientativo sul riesame intermedio del libro bianco in occasione del quale, in particolare:

-        ha riconosciuto gli importanti progressi realizzati nel settore della sicurezza stradale grazie all’attuazione delle misure prospettate dal libro bianco;

-        ha sottolineato la necessità di offrire ai cittadini e alle imprese europei sistemi di trasporto con un livello elevato di mobilità, in grado al tempo stesso di migliorare la sicurezza;

-        ha sottolineato la necessità di adottare misure a livello comunitario solo nel caso in cui esse apportino un evidente valore aggiunto, ribadendo l'importanza di applicare e di attuare in maniera efficace la normativa comunitaria vigente in materia di trasporti;

-        ha evidenziato la necessita di riesaminare continuamente la politica in materia di sicurezza stradale e di sviluppare ulteriori misure al fine di raggiungere l’obiettivo di dimezzare le vittime della strada entro il 2010 nonché di intensificare gli sforzi utilizzando un approccio integrato mirato alle infrastrutture, ai veicoli e ai conducenti.

 

B. Programma d’azione sulla sicurezza stradale

Al fine di conseguire gli obiettivi indicati nel libro bianco, nel giugno 2003 la Commissione ha presentato un programma di azione sulla sicurezza stradale (COM(2003)311) relativo al periodo 2003-2010. Il programma introduce il concetto di “responsabilità condivisa” secondo il quale tutte le autorità a livello comunitario, nazionale e locale devono concorrere, in base ad un’applicazione rigorosa del principio di sussidiarietà, al raggiungimento degli obiettivi individuati nel libro bianco. A tal fine la Commissione propone che tutti i soggetti interessati sottoscrivano una Carta di azione sulla sicurezza stradale[222], il cui testo figura in allegato al programma medesimo.

Il programma individua una serie di misure da attuare entro il 2010 al fine di ridurre le principali cause di incidenti stradali. I principali settori di intervento individuati nel programma di azione sono:

-        incoraggiare gli utenti ad un migliore comportamento mediante un rafforzamento dei controlli di polizia e la promozione di campagne di sensibilizzazione e di educazione;

-        sfruttare le nuove tecnologie nel settore dell’informazione e della comunicazione[223] per rafforzare la sicurezza passiva (protezione in caso di incidente) e quella attiva (prevenzione degli incidenti);

-        migliorare le infrastrutture stradali con l’obiettivo a lungo termine di ridurre la percentuale di strade e di tunnel a rischio elevato;

-        rafforzare la sicurezza del trasporto professionale di merci e passeggeri;

-        migliorare il soccorso e le cure alle vittime della strada;

-        procedere alla raccolta, all’analisi e alla diffusione dei dati sugli incidenti.

Il 22 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un bilancio intermedio delle misure previste nel programma d’azione sulla sicurezza stradale (COM(2006)74).

Il documento effettua un’analisi delle azioni adottate recentemente al fine di rafforzare la sicurezza stradale dalla quale risulta che, in linea di massima, la sicurezza stradale nell’Unione europea è migliorata, anche se in maniera non uniforme. Il numero di incidenti è diminuito in media del 4% all'anno tra il 2001 e il 2005 e del 5% tra il 2003 e il 2004. Questi dati, secondo la Commissione, dimostrano che le misure adottate al fine di rafforzare la sicurezza stradale, anche grazie all’adozione di piani nazionali per la sicurezza stradale, producono risultati positivi. Lacomunicazione sottolinea, tuttavia, che malgrado i progressi realizzati siano apprezzabili, sono necessari ulteriori interventi al fine di raggiungere l'obiettivo di dimezzare il numero di vittime della strada entro il 2010.

 

Il Consiglio trasporti dell’8 e 9 giugno 2006 ha adottato conclusioni sulla comunicazione relativa al bilancio intermedio.

Il 18 gennaio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla comunicazione relativa al bilancio intermedio.

 

C. Raccomandazione sulla sicurezza stradale

Il 6 aprile 2004 la Commissione ha adottato una raccomandazione sull’applicazione della regolamentazione in materia di sicurezza stradale (2004/345/CE)[224].

Nel preambolo la Commissione ricorda, innanzitutto, l’importanza dell’obiettivo fissato dal libro bianco del 2001 volto a ridurre del 50% le vittime della strada entro il 2010. Considerato che le principali infrazioni, cause di incidenti mortali, continuano ad essere l’eccesso di velocità, la guida in stato di ebbrezza ed il mancato utilizzo della cintura di sicurezza e che una migliore applicazione della regolamentazione relativa a queste infrazioni ridurrebbe di più del 50% il numero delle vittime, la Commissione ha deciso di formulare alcune raccomandazioni esclusivamente su questi aspetti della sicurezza stradale.

D. Relazione del gruppo CARS 21[225]

Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha adottato la comunicazioneUn quadro normativo competitivo nelsettore automobilisticoper il XXI secolo – Posizione della Commissione sulla relazione finale del gruppo ad alto livello CARS 21” (COM(2007)22), intesa a delineare la futura politica europea in campo automobilistico.

Per quanto riguarda i profili relativi alla sicurezza stradale, la comunicazione ricorda l’obiettivo fissato nel libro bianco del 2001 e ribadisce la necessità che un'efficace strategia di sicurezza stradale sia basata su un approccio integrato che comprenda miglioramenti in materia di tecnologia dei veicoli, infrastrutture stradali, comportamenti di guida e applicazione delle norme. Il documento preannuncia, inoltre, una serie di iniziative che la Commissione intende adottare, sulla base delle raccomandazioni del gruppo CARS 21.

E. Altre iniziative all’esame delle istituzioni dell’UE

Allo stato attuale sono all'esame delle istituzioni europee alcune iniziative volte a disciplinare e a rafforzare diversi aspetti della sicurezza stradale. Molte di esse sono intese a dare seguito agli orientamenti individuati nel libro bianco sulla politica comune dei trasporti e nel programma di azione sulla sicurezza stradale.

Si tratta di:

-        una proposta di direttiva del 27 marzo 2003 relativa al dispositivo di ritenuta per passeggeri dei veicoli a motore a due ruote (COM(2003)145).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 21 ottobre 2003. Il 2 giugno 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata (COM(2006)265) intesa tra l’altro, alla luce dei dibattiti svoltisi in seno al Consiglio, ad apportare alcune rettifiche alla direttiva 93/32/CE relativa al dispositivo di ritenuta per passeggeri dei veicoli a motore a due ruote. La proposta modificata è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 25 settembre 2007;

-        una proposta di direttiva del 5 ottobre 2006 riguardante la gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (COM(2006)569).

La proposta persegue l’obiettivo di integrare la sicurezza stradale in tutte le fasi di progettazione e di realizzazione delle infrastrutture stradali nella rete transeuropea di trasporto, senza imporre agli Stati membri nuovi standard o procedure tecniche, ma definendo un livello minimo di elementi necessari per rafforzare la sicurezza stradale e diffondere l’uso delle migliori prassi esistenti.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 9 aprile 2008;

-        una proposta di direttiva del 13 giugno 2007 relativa ai dispositivi di rimorchio e di retromarcia dei trattori agricoli o forestali a ruote (COM(2007)319).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura l’11 dicembre 2007;

-        una proposta di direttiva del 21 giugno 2007 relativa alle targhette e alle iscrizioni regolamentari nonché alla loro posizione e modo di fissaggio per i veicoli a motore e i loro rimorchi (COM(2007)344).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura l’11 dicembre 2007;

-        una proposta di direttiva del 27 luglio 2007 relativa ai dispositivi d'illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (COM(2007)451).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura l’11 dicembre 2007;

-        una comunicazione del 17 settembre2007relativa all’iniziativaAutomobile intelligente (COM(2007)541).

Il documento presenta una nuova serie di misure e ditecnologie “salvavita” volte ad integrare le misure già contemplate nella prima comunicazione del 2006 (COM(2006)59) per rendere le automobili più sicure. Il documento preannuncia l’intenzione della Commissione di elaborare, entro la metà del 2008, linee guida sugli incentivi, anche di natura fiscale, da parte degli Stati membri destinati ai sistemi per automobili intelligenti. Entro la fine del 2008 la Commissione intende, altresì, avviare consultazioni su come accelerare l’introduzione del controllo elettronico della stabilità sulle automobili di piccole e medie dimensioni e per stabilire se l’installazione di sistemi di assistenza alla frenata e per la prevenzione delle collisioni debba essere resa obbligatoria per tutte le automobili. Infine, in seguito ad una consultazione che dovrebbe essere avviata entro la fine del 2007, la Commissione intende adottare, nell’estate 2008, una tabella di marciaper lo spiegamento delle tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni che integrano i veicoli e le infrastrutture.

F. strumenti di programmazione legislativa a strategica

La promozione della sicurezza stradale figura fra le priorità del programma delle Presidenze tedesca, portoghese e slovena che copre il periodo dal 1° gennaio 2007 al 30 giugno 2008.

In questo ambito le tre Presidenze intendono esaminare misure di armonizzazione ed attuare il programma d’azione per la sicurezza stradale, compresa l’installazione di specchietti retrovisori per l’angolo morto sugli automezzi pesanti. Per quanto riguarda l’iniziativa e-safety, verrà discusso un quadro a sostegno delle tecnologie fondamentali e saranno promosse specifiche misure legislative comunitarie. Verranno, inoltre, prese in considerazione le questioni relative ai sistemi di informazione sul traffico, ai sistemi di assistenza alla guida, alla progettazione dell’interfaccia uomo-macchina nei veicoli e alla chiamata automatica di emergenza (e-call).

 

La promozione della sicurezza stradale viene considerata prioritaria anche dalla Commissione che, nel programma di lavoro per il 2007, ha inserito fra le proprie priorità la presentazione, entro marzo 2007, di una proposta legislativa sull’applicazione transfrontaliera di sanzioni nel settore della sicurezza stradale.

La proposta si concentrerebbe in particolare sulla creazione, a livello UE, di un sistema transfrontaliero in grado di garantire il perseguimento delle violazioni al codice stradale commesse in uno Stato membro da conducenti provenienti da altri Stati membri.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha deciso di presentare innanzi alla Corte di giustizia[226] un ricorso contro l’Italia per la non corretta applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (cosiddetto “Codice delle comunicazioni elettroniche”).

I rilievi mossi dalla Commissione riguardano la mancata messa a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso, da parte delle imprese esercenti reti telefoniche pubbliche, delle informazioni relative all’ubicazione del chiamante per le chiamate effettuate da telefoni cellulari al numero di emergenza unico europeo “112”, come disposto dal citato articolo 26, paragrafo 3.

 

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[227]per essere venuta meno agli obblighi imposti dall’articolo 11, paragrafo 5, della direttiva 2004/54/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea. La Commissione contesta, in particolare, all’Italia di non aver trasmesso, entro il 30 aprile 2007, la relazione riguardante le misure nazionali adottate per conformarsi ai requisiti della direttiva, le misure da adottare e le conseguenze dell’apertura o della chiusura delle principali strade di accesso alle gallerie.


Articolo 63
(Finanziamento delle infrastrutture di preminente interesse nazionale. Legge obiettivo)

 


1. Per la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, è autorizzata la concessione di contributi quindicennali di 99,6 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. A valere sulle risorse stanziate dal presente articolo, per la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono autorizzati contributi quindicennali di 5 milioni di euro a decorrere rispettivamente dall'anno 2008 e dall'anno 2009, e si procede ai sensi degli articoli 163 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. A valere sulle risorse stanziate dal presente articolo, per la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 1, comma 981, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono autorizzati contributi quindicennali di 1 milione di euro a decorrere rispettivamente dall'anno 2008 e dall'anno 2009, e si procede ai sensi degli articoli 163 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

2. Nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente per il programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, una quota fino a 50 milioni di euro è destinata alla prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 1, comma 1010, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da realizzare con le modalità di cui al primo comma dell'articolo 18 della legge 7 marzo 1981, n. 64, anche rimodulando gli interventi in base alle esigenze accertate dal Ministero delle infrastrutture.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame autorizza la concessione di contributi quindicennali di 99,6 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di cui alla legge n. 443/2001. Tale finanziamento quindicennale corrisponde, in termini di volume attivabile, a circa 3,29 miliardi di euro.

Si ricorda che l’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo) prevede che “il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le risorse necessarie, che si aggiungono ai finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili, senza diminuzione delle risorse già destinate ad opere concordate con le regioni e le province autonome e non ricomprese nel programma”.

Si rammenta, altresì, che le somme iscritte nel bilancio dello Stato per il finanziamento di tale programma, che accolgono le risorse stanziate dall’art. 13 della legge n. 166/2002, come successivamente rifinanziate, sono collocate nel capitolo 7060 (all’interno del programma 14.3) dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture. Per il 2008 tale capitolo reca uno stanziamento di competenza di 1.102,9 milioni di euro.

Lo stato di attuazione del Programma infrastrutture strategiche (PIS) previsto dalla legge obiettivo (n. 443/2001)

Nel 3° rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici predisposto dal Servizio studi su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” (luglio 2007) si indica in 243 il numero delle opere incluse nel PIS, a cui corrisponde una valutazione dei costi (o del valore complessivo) delle opere stesse pari a 305 miliardi di euro.

Restringendo l’analisi alle sole opere deliberate dal CIPE, “lo scenario di riferimento è rappresentato dalle 139 opere deliberate dal CIPE (ad esclusione del Ponte sullo Stretto), con un costo stimato di 89,7 miliardi di euro. Complessivamente sono stati attivati 200 finanziamenti (riferiti a 116 opere finanziate interamente o in parte) per la copertura finanziaria del 38,6% del costo delle opere deliberate”, per cui rimane un fabbisogno finanziario residuo di circa 55,1 miliardi di euro, pari al 61,4% del costo totale.

Nello stesso rapporto si legge che “la ricostruzione del fabbisogno residuo rispetto all’anno di completamento previsto delle opere deliberate evidenzia inoltre una situazione più critica con riferimento alle opere per le quali è prevista l’ultimazione a partire dal 2010. Nel triennio 2010-2012 il fabbisogno ammonta, infatti, a circa 22 miliardi” come risulta dalla tabella seguente, tratta dal medesimo rapporto.

 

Opere strategiche deliberate dal CIPE al 30 aprile 2007*
Fabbisogno residuo per anno di ultimazione lavori

Anno di ultimazione
dei lavori

Fabbisogno
residuo

Importo
totale

2005-2009

809

8.652

2010

5.703

9.232

2011

5.912

12.049

2012

10.600

17.068

2013-2017

32.026

42.704

TOTALE

55.050

89.704

* Dati al netto del Ponte sullo Stretto di Messina

Con l’Allegato infrastrutture 2008-2012, è stato definito un nuovo quadro di priorità infrastrutturali, sia attraverso l’individuazione delle opere realisticamente programmabili nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo, sia attraverso l’individuazione di infrastrutture ulteriori definite prioritarie.

Il quadro complessivo degli interventi della legge obiettivo viene definito nell’Allegato B, il quale distingue le opere in ultimate, in corso integralmente coperte, in corso con copertura parziale, e da avviare entro il 2012. A tali opere si aggiungono le opere prioritarie Reti TEN. Il medesimo allegato B fa inoltre riferimento ad ulteriori opere da avviare entro il 2012, non comprese nell’ambito della legge obiettivo.

Le tabelle seguenti riassumono rispettivamente il quadro degli interventi ricompresi nel PIS, il quadro delle reti TEN prioritarie e le ulteriori opere da avviare entro il 2012.

 

Tabella 1. Infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo
(dati in milioni di euro)

Stato delle opere

Numero

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Ultimate

8

2.171,79

--

In corso

69

35.080,11

8.593,83

Integralmente coperte

53

13.696,38

--

Finanziate parzialmente

16

21.383,73

8.593,83

Da avviare entro il 2012

84

55.906,64

19.816,04

Totale

161

93.158,54

28.409,87

 

Tabella 2. Opere prioritarie Reti TEN
(dati in milioni di euro)

Intervento

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Corridoio V – Collegamento Torino-Lione

5.365

5.016

Tratta AV/AC Milano-Genova: terzo valico di Giovi

5.060

4.837

Asse ferroviario Monaco-Verona: galleria del Brennero

3.000

2.740

Totale

13.425

12.593

 

Tabella 3. Ulteriori opere da avviare entro il 2012
(dati in milioni di euro)

Stato delle opere

Numero

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Da avviare entro il 2012

9 (*)

4.971,07

3.739,58

(*)  Tali interventi riguardano: la Val d’Aosta (1 opera); la Lombardia (2 opere); l’Emilia Romagna (1 opera); il Lazio (2 opere); la Campania (1 opera); la Puglia (1 opera); la Basilicata (1 opera).

 

Si nota che lo stanziamento disposto dal comma in esame è pari alla metà di quello previsto nel sopra richiamato Allegato infrastrutture al DPEF.

Da tale documento, sulla base dei dati sopra riportati, si evince che, per l’insieme costituito dalle opere della legge obiettivo e delle opere ulteriori da avviare entro il 2012, il costo complessivo è pari a 98 miliardi e il fabbisogno finanziario per la realizzazione di tali opere nei prossimi cinque anni è pari a circa 32 miliardi di euro. A tale fabbisogno si prevede di far fronte mediante:

§      i limiti di impegno stabiliti dalla legge finanziaria 2007 (che all’articolo 1, comma 1, comma 977 rifinanzia il PIS, attraverso contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009), una quota dei quali tuttavia è destinata ad interventi specifici (pari a 158 milioni di euro);

§      nuovi limiti di impegno che saranno stabiliti per il 2008 e 2009 (200 milioni di euro per anno), che saranno incrementati negli anni 2010 e 2011 fino a 250 milioni di euro e nel 2012 fino a 425 milioni di euro[228].

 

Lo stesso comma 1 prevede che, a valere sulle stesse risorse, vengano inoltre autorizzati i seguenti contributi quindicennali:

§      5 milioni di euro, a decorrere rispettivamente dall’anno 2008 e dall’anno 2009, per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002. Tali contributi andranno ad integrare quelli previsti dall’art. 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007).

Si ricorda che il citato comma 1008 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 ha stanziato risorse - pari a 85 milioni di euro per il 2007 e 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 - per gli interventi di ricostruzione nelle zone della regione Molise e della provincia di Foggia colpite dagli eventi sismici del 2002, prevedendo altresì un vincolo di destinazione del 50% al Comune di San Giuliano di Puglia ed il restante 50% ai rimanenti comuni con precedenza, però, nei confronti dei comuni del cratere.

Successivamente con l’ordinanza n. 357 del 16 marzo 2007 (GU n. 67 del 21 marzo 2007) si è provveduto a ripartire le risorse finanziarie previste dall’art. 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione dei territori delle regioni Molise e Puglia, colpite dagli eventi sismici del 2002. Tali contributi sono stati ripartiti nel modo seguente:

a) 40 milioni di euro da destinare al comune di S. Giuliano di Puglia;

b) 33 milioni di euro al commissario delegato – presidente della regione Molise;

c) 12 milioni di euro al commissario delegato – presidente della regione Puglia, di cui 5 milioni di euro con oneri a carico del Fondo della protezione civile.

L’ordinanza precisa, quindi, che le risorse finanziarie di cui alle lettere b) e c) sono destinate ai comuni indicati nell'art. 3 dell'ordinanza n. 3496 del 17 febbraio 2005. Tali comuni sono: Castellino del Biferno; Colletorto; Larino; San Giuliano di Puglia; Santa Croce di Magliano; Bonefro; Ripabottoni; Montelongo; Casacalenda; Montorio nei Frentani; Morrone del Sannio; Rotello; Ururi; Casalnuovo Monterotaro; Provvidenti; Pietra Montecorvino.

Da ultimo, con la medesima finalità della prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 1, comma 1008, della legge finanziaria 2007, il decreto-legge collegato n. 159 del 2007 (il cui disegno di legge di conversione è attualmente all’esame del Parlamento), a seguito delle modifiche apportate presso l’altro ramo del Parlamento, prevede due ulteriori contributi per il 2007 rispettivamente di 50 milioni di euro (articolo 21) e di 60 milioni di euro (articolo 21-bis).

§      1 milione di euro, a decorrere rispettivamente dall’anno 2008 e dall’anno 2009, per il completamento della realizzazione delle opere infrastrutturali della Pedemontana di Formia[229] di cui alla delibera CIPE n. 98/06 del 29 marzo 2006. Tali contributi andranno ad integrare quelli previsti dall’art. 1, comma 981, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007).

Si ricorda che il citato comma 981 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 ha stanziato, per le opere della Pedemontana di Formia, un contributo quindicennale di 5 milioni di euro a decorrere dal 2007.

 

Il comma in esame prevede, infine, che tali interventi (ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002 e Pedemontana di Formia) vengano realizzati con la procedura prevista per le infrastrutture strategiche dall’art. 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

 

Peraltro, si segnala che i già richiamati articoli 21 e 21-bis del decreto-legge n. 159 del 2007 (nel testo modificato dal Senato) prevedono la prosecuzione degli interventi prevedono l’applicabilità delle procedure delle legge obiettivo rispetto alla prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002.

 

Il comma 2 destina una quota fino a 50 milioni di euro delle risorse disponibili a legislazione vigente per il programma straordinario di edilizia residenziale pubblica alla prosecuzione degli interventi di ricostruzione della valle del Belice distrutta dal terremoto del 1968, di cui all’art. 1, comma 1010, della legge n. 296 del 2006.

 

L’articolo 1, comma 1010, della legge finanziaria 2007 in realtà rinvia agli interventi di cui all’art. 17, comma 5, della legge n. 67 del 1988 (che ha incrementato il Fondo di per il risanamento e la ricostruzione della Valle del Belice istituito dall’art. 3 della legge n. 219 del 1981) e, al fine di garantire la prosecuzione di tali interventi, autorizza uno stanziamento complessivo di 100 milioni di euro (20 milioni di euro per il 2007, 30 milioni di euro per il 2008 e di 50 milioni di euro per il 2009), prevedendo inoltre la possibilità di utilizzare tali risorse anche per la progettazione ed esecuzione di opere pubbliche nella stessa zona.

 

Il programma straordinario di edilizia residenziale pubblica cui fa riferimento il comma in esame è finanziato dall’articolo 21 del già richiamato decreto-legge n. 159 del 2007, in corso di conversione, che ha a tal fine autorizzato una spesa nel limite di 550 milioni per l'anno 2007.

 

Si segnala, inoltre, che l’articolo 1, comma 1154, della legge finanziaria 2007, ha autorizzato una spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la realizzazione di un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata.

 

Per quanto infine riguarda le modalità di realizzazione degli interventi di ricostruzione, lo stesso comma 2 rinvia al primo comma dell’articolo 18 della legge n. 64 del 1981 (recante ulteriori finanziamenti per l'opera di ricostruzione nelle zone del Belice), prevedendo anche una rimodulazione degli interventi in base alle esigenze accertate dal Ministro delle infrastrutture.

La disposizione da ultimo richiamata ha in particolare previsto che la progettazione, la direzione dei lavori e l'esecuzione delle opere pubbliche di competenza dell'Ispettorato generale per le zone colpite dai terremoti del gennaio 1968, siano eseguite in concessione dai comuni interessati che non dichiarino di rifiutare entro trenta giorni dalla richiesta.

 


Articolo 64
(Giochi del Mediterraneo del 2009)

 

1. In aggiunta agli stanziamenti previsti dall'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è autorizzata la spesa di 0,4 milioni di euro per l'anno 2008 e di 0,7 milioni di euro per quattordici anni a decorrere dal 2009, per l'organizzazione, l'impiantistica sportiva e gli interventi infrastrutturali dei Giochi del Mediterraneo che si terranno a Pescara nel 2009.

 

 

L’articolo in esame autorizza una spesa di 400.000 euro per il 2008 e di 700.000 euro per quattordici anni a decorrere dal 2009 per la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti per i “XVI Giochi del Mediterraneo" che si terranno a Pescara nel 2009.

La disposizione precisa che tale contributo è aggiuntivo rispetto al finanziamento disposto con l’art. 11-quaterdecies, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 che ha destinato, per tale evento, uno stanziamento annuale per quindici anni di 1 milione di euro a partire dal 2007 da incrementare, dall’anno 2008, con 1 milione di euro per ulteriori quindici anni.

Si ricorda che, successivamente, l’art. 1, comma 1292, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto un ulteriore finanziamento per i Giochi del mediterraneo, autorizzando un’ulteriore spesa annua di 1 milione di euro per quindici anni a decorrere dal 2007, nonché un ulteriore contributo di 1 milione di euro per quindici anni a decorrere dal 2008.

 

I “XVI Giochi del Mediterraneo" sono stati dichiarati “grande evento” con il DPR 21 ottobre 2005[230]. Nel D.P.R. viene sottolineato che l’organizzazione dei giochi comporterà la realizzazione di un Villaggio Mediterraneo per ospitare gli atleti, gli accompagnatori e le relative delegazioni. Occorrerà, inoltre, provvedere ad effettuare ulteriori interventi finalizzati alla riqualificazione ed al potenziamento degli impianti sportivi, al miglioramento della fruibilità dei luoghi, allo sviluppo del sistema di accessibilità e di accoglienza e ad un'adeguata assistenza tecnica, medica ed informativa[231].

Successivamente con il DPCM del 29 dicembre 2005 si è provveduto ad estendere il riconoscimento di «grande evento» dei «XVI Giochi del Mediterraneo» a tutto il territorio della regione Abruzzo ed è stata conseguentemente emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3539 del 4 agosto 2006.

A seguito della dichiarazione di “grande evento”, è possibile avvalersi di procedure di carattere prioritario per la realizzazione delle opere programmate per lo svolgimento dell’evento stesso. Con l’art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2001, n. 410, è stato infatti previsto che le disposizioni di cui all'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, previste per gli stati di emergenza, vengano applicate anche alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile.


Articolo 65
(Fondo di garanzia per le opere pubbliche)

 


1. La Cassa depositi e prestiti s.p.a. è autorizzata a costituire, presso la gestione separata, un apposito fondo, denominato Fondo di garanzia per le opere pubbliche (FGOP).

2. La dotazione iniziale del Fondo e le successive variazioni sono stabilite dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a. a valere sulle risorse previste ai sensi dell'articolo 71, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

3. Il Fondo è finalizzato al sostegno finanziario dei lavori, di competenza dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 7, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, da realizzare mediante:

a) contratti di concessione di cui all'articolo 53, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) contratti di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale di cui all'articolo 173 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

4. Il Fondo, al fine di ridurre le contribuzioni pubbliche a fondo perduto, presta garanzie, in favore dei soggetti pubblici o privati coinvolti nella realizzazione o nella gestione delle opere, volte ad assicurare il mantenimento del relativo equilibrio economico-finanziario.

5. La Cassa depositi e prestiti s.p.a., nel rispetto degli indirizzi fissati dal Ministro dell'economia e delle finanze nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, fissa con proprio regolamento limiti, condizioni, modalità e caratteristiche della prestazione delle garanzie e dei relativi rimborsi, tenendo conto della redditività potenziale dell'opera e della decorrenza e durata della concessione o della gestione.

6. Dalle disposizioni di cui ai precedenti commi non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

7. Sono abrogati i commi da 1 a 5 dell'articolo 71 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.


 

 

L’articolo in esame, al comma 1,autorizza la Cassa depositi e prestiti s.p.a. a costituire, presso la gestione separata, un apposito Fondo di garanzia per le opere pubbliche (FGOP). Tale Fondo sostituisce il Fondo rotativo per le opere pubbliche (FROP), le cui norme istitutive vengono quindi abrogate dal successivo comma 7.

Il Fondo di garanzia per le opere pubbliche è finalizzato, ai sensi del comma 3, al sostegno finanziario dei lavori, di competenza dei soggetti di cui all’art. 5, comma 7, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326). Si tratta, in particolare, dello Stato, delle regioni, degli enti locali, degli enti pubblici e degli organismi di diritto pubblico.

 

La Cassa depositi e prestiti, trasformata in società per azioni dall’articolo 5 del decreto-legge n. 269/2003[232] (“collegato” alla legge finanziaria 2004) [233] assume la configurazione di intermediario finanziario non bancario ed è soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del Testo unico bancario[234].

L’attività della società è strutturata su due aree distinte, che comportano anche una separazione organizzativa e contabile : la prima area è organizzata come gestione separata, prosegue l’attività tradizionale della Cassa depositi e prestiti. La seconda area, che consiste nella gestione ordinaria, ha per compito, in base alle previsioni del decreto-legge n. 269/3003, la concessione di finanziamenti relativi alle reti e agli impianti destinati alla fornitura dei servizi pubblici ed alle bonifiche

Per ciò che attiene alla gestione separata, la Cassa depositi e prestiti cura la concessione di finanziamenti agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico, utilizzando, come provvista, il risparmio postale garantito dallo Stato e i fondi provenienti da emissioni di titoli e altre operazioni di raccolta, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.

Alla gestione separata sono state altresì assegnate le partecipazioni azionarie trasferite dallo Stato al momento della trasformazione in società per azioni.

Specifiche disposizioni legislative hanno poi previsto l’istituzione di fondi, destinati al finanziamento di investimenti, i quali operano presso la gestione separata [235] La gestione separata, infine, può effettuare attività di assistenza e consulenza in favore dei soggetti beneficiari dei finanziamenti da essa concessi.

La separazione della gestione alla quale è affidato il finanziamento degli enti pubblici riguarda i profili contabili e organizzativi. La gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, la quale è caratterizzata dai seguenti profili:

-      attribuzione del potere di indirizzo al Ministro dell’economia e delle finanze ;

-      integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti degli enti locali ;

-      sottoposizione alla vigilanza di un’apposita Commissione, di cui fanno parte parlamentari;

-      possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.

 

La disciplina del FROP fa riferimento ai lavori di competenza dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 284 del 1999, cioè Stato, regioni, enti locali, enti pubblici, nonché – nei casi indicati – privati.

 

Come per il FROP, il medesimo comma 3 individua nelle modalità di realizzazione dell’opera un secondo elemento in base al quale viene definito l’ambito delle opere pubbliche al cui sostegno sono destinati gli interventi del Fondo.

Le opere beneficiarie devono essere infatti realizzate secondo una delle due seguenti modalità:

§      contratti di concessione, di cui all’art. 53, comma 1, del codice dei contratti pubblici approvato con il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;

Si segnala che, in realtà, l’articolo 53, comma 1, si limita a prevedere che i lavori pubblici possono essere affidati mediante contratti di appalto o contratti di concessione. La definizione di “concessione di lavori pubblici” è contenuta nell’articolo 3, comma 11; la relativa disciplina nel Capo II del Titolo III della Parte II del Codice dei contratti pubblici (articolo 142 ss.).

Appare quindi più corretto sostituire il riferimento all’articolo 53 con quello all’articolo 3, comma 11, oppure al Capo II del Titolo III della Parte II del Codice dei contratti pubblici.

 

In particolare, in base all’articolo 3, comma 11, per “concessioni di lavori pubblici” si intendono quei contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto, in conformità al presente codice, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al presente codice.

 

§      contratti di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale di cui all’art. 173 del citato codice.

 

Ai sensi dell’art. 173 del d.lgs. n. 163 del 2006 la realizzazione di infrastrutture strategiche è oggetto di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale.

Si premette che anche le concessioni disciplinate dagli articoli 142 e ss. del codice vengono comunemente denominate concessioni di costruzione e gestione. Esse hanno in comune con le concessioni richiamate dall’articolo 173 del codice gli elementi caratterizzanti il rapporto negoziale, consistenti nell’oggetto della prestazione (l’esecuzione dei lavori pubblici, o di pubblica utilità) e nella controprestazione a favore del concessionario (il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati). Gli elementi di differenziazione sono legati al fatto che le concessioni di cui all’articolo 173 sono espressione di un regime speciale dettato specificamente per le infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale (di cui alla legge n. 443 del 2001, cd. legge obiettivo), che contiene la previsione di alcune semplificazioni ed accelerazioni che hanno lo scopo di garantire un canale privilegiato ad opere di particolare rilevanza.

Per quanto riguarda l’affidamento a contraente generale, esso è disciplinato dagli articoli 176 e seguenti del codice dei contratti pubblici. In base al comma 1 di tale disposizione, “il soggetto aggiudicatore, in deroga all'articolo 53, affida ad un soggetto dotato di adeguata esperienza e qualificazione nella costruzione di opere nonché di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori”. Il general contractor è il soggetto che assume su di sé le funzioni di progettista, costruttore ed in parte di finanziatore dell'opera da realizzare e ne assume, di conseguenza, integralmente la responsabilità economica. Il contraente generale si fa in particolare carico del rischio economico dell'opera, impegnandosi a fornire "un pacchetto finito" a prezzi, termini di consegna e qualità predeterminati contrattualmente.

 

Il comma 2 dispone che la dotazione iniziale del Fondo e le successive variazioni sono stabilite dalla Cassa depositi e prestiti a valere sulle risorse previste ai sensi dell’art. 71, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 per il Fondo rotativo delle opere pubbliche.

 

L’art. 71, comma 2, della legge n. 289/2002 aveva assegnato al Fondo rotativo delle opere pubbliche una dotazione iniziale di un miliardo di euro, che doveva essere poi alimentata dalla Cassa depositi e prestiti. Il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del direttore generale della Cassa depositi e prestiti, avrebbe potuto apportare con proprio decreto variazioni alla consistenza del fondo.

 

Ai sensi del comma 4, il Fondo interviene a sostegno delle opere pubbliche mediante la prestazione di garanzie volte ad assicurare il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario nella realizzazione o gestione delle opere medesime. I soggetti beneficiari delle garanzie possono essere, indistintamente, soggetti pubblici o privati coinvolti nella realizzazione o nella gestione delle opere individuate con il comma 3; la disposizione precisa inoltre che la prestazione di garanzie da parte del Fondo è rivolta a ridurre le contribuzioni pubbliche a fondo perduto.

 

La finalità di tale disposizione, sembrerebbe, pertanto, analogamente a quelle del Fondo rotativo per le opere pubbliche, quella di istituire un servizio di tipo innovativo che possa incentivare la partecipazione di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche e permetta, per questa via, di ridurre i contributi pubblici a fondo perduto. Le garanzie prestate dal fondo dovrebbero infatti permettere una riduzione dei costi di finanziamento della realizzazione e gestione delle opere, con conseguente beneficio per i soggetti che ne sono coinvolti.

 

Il comma 5 attribuisce alla Cassa depositi e prestiti la facoltà di definire i limiti, condizioni, le modalità e le caratteristiche della prestazione delle garanzie e dei relativi rimborsi, nel rispetto degli indirizzi fissati dal Ministro dell’economia e delle finanze nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 5, comma 9, del decreto legge n. 269/2003.

A tal fine la disposizione in esame indica alcuni elementi di cui tener conto, quali la redditività potenziale dell’opera e la decorrenza e durata della concessione e della gestione.

 

Si ricorda che il citato comma 9, dell’art. 5 del decreto legge n. 269/2003 attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze specifici poteri di indirizzo sulla gestione separata della CDP disposta dal precedente comma 8 che prevede che per le attività di finanziamento a favore degli enti pubblici, tra cui lo Stato, le regioni e gli enti locali, e degli organismi di diritto pubblico, sia istituita una apposita gestione separata. Si ricorda che la gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, che è caratterizzata dai seguenti profili:

-    specifici poteri attribuiti al Ministro dell’economia e delle finanze (commi 9 e 11);

-    integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti e degli enti locali (comma 10);

-    vigilanza della Commissione parlamentare (comma 9);

-    possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato (comma 15).

 

Il comma 6 reca la clausola di invarianza della spesa.

 

Il comma 7, come già detto, abroga le disposizioni istitutive del Fondo rotativo per le opere pubbliche (art. 71, commi da 1 a 5, legge n. 289 del 2002).

 

Si segnala che non viene abrogato anche il comma 6 della medesima disposizione, che in realtà reca un contenuto disomogeneo rispetto a i commi precedenti, disciplinando l’obbligo per il Governo, con cadenza annuale, di verificare lo stato di attuazione degli interventi previsti dalla cd. legge obiettivo e di riferire alle competenti Commissioni parlamentari.


Articolo 66
(Interventi per i Campionati del mondo di nuoto di Roma 2009)

 

1. In aggiunta agli stanziamenti previsti dall'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è autorizzata la spesa annua di 0,4 milioni di euro per quattordici anni a decorrere dal 2008 per l'organizzazione, l'impiantistica sportiva e gli interventi infrastrutturali dei Campionati del mondo di nuoto di Roma nel 2009.

 

 

L’articolo in esame autorizza una spesa di 0,4 milioni di euro per quattordici anni a decorrere dal 2008 per la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti per i Campionati mondiali di nuoto di Roma del 2009.

La disposizione precisa che tale contributo è aggiuntivo rispetto al finanziamento disposto con l’art. 11-quaterdecies, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 che aveva destinato, per tale evento, uno stanziamento annuale per quindici anni di 1 milione di euro a partire dal 2007 da incrementare, dall’anno 2008, con un altro milione di euro per ulteriori quindici anni.

Successivamente, l’art. 1, comma 1292, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto un ulteriore finanziamento, autorizzando la spesa annua di 500.000 euro per quindici anni a decorrere dal 2007, e di ulteriori 500.000 euro, a decorrere dal 2008, per quindici anni.

 

Si ricorda che la citata manifestazione sportiva è stata dichiarata “grande evento” con il DPR 14 ottobre 2005[236]. Nel D.P.R. viene precisato che gli interventi previsti saranno localizzati nelle aree adiacenti il complesso universitario di Tor Vergata e che sarà, quindi, indispensabile incrementare gli impianti sportivi già esistenti attraverso la realizzazione di un articolato quadro di ulteriori interventi funzionali allo svolgimento dei giochi[237]. Con DPCM del 15 giugno 2007 la dichiarazione di "grande evento" è stata estesa al territorio della regione Lazio.

A seguito della dichiarazione di “grande evento”, è possibile avvalersi di procedure di carattere prioritario per la realizzazione delle opere programmate per lo svolgimento dell’evento stesso. Con l’art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2001, n. 410, è stato infatti previsto che le disposizioni di cui all'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, previste per gli stati di emergenza, vengano applicate anche alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento

 


Articolo 67, comma 1
(Riduzione autorizzazione di spesa legge 157/1999)

 

1. L'autorizzazione di spesa di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, è ridotta di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 67, non modificato nel corso dell’esame del Senato, riduce di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa di cui alla L. 157/1999[238] destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie.

 

La disciplina del contributo pubblico per le spese elettorali è recata principalmente dalla L. 157/1999, anche attraverso rinvii, per quanto attiene ai criteri per il riparto delle somme da assegnare, alla L. 515/1993[239] ed alla L. 43/1995[240] (v. infra).

Le campagne elettorali per le quali è previsto il rimborso delle spese si riferiscono al rinnovo dei seguenti organi:

§       Camera dei deputati;

§       Senato;

§       Parlamento europeo;

§       Consigli regionali.

I rimborsi sono corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi, corrispondenti ai sopra detti organi (L. 157/1999, art. 1, co. 1 e 3).

L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati (L. 157/1999, art. 1, commi 1, 3 e 5).

Per il rimborso a partiti o movimenti politici delle spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero sono state recentemente introdotte specifiche disposizioni[241]. Esse prevedono l’incremento dell’ammontare dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera nella misura dell’1,5 per cento, destinando tali somme integrative alle formazioni politiche concorrenti nelle consultazioni elettorali della circoscrizione Estero (L. 157/1999, art. 1, co. 1-bis e 5-bis).

Si ricorda, inoltre, che l’art. 6-bis, comma 2, della L. 157/1999, prevede che per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 157/1999, è istituito un fondo di garanzia alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali[242]. Al riguardo, si segnala altresì che il comma 1 del testo originario del disegno di legge finanziaria, successivamente stralciato ai sensi dell’art. 126, comma 3, del Regolamento del Senato e confluito nel disegno di legge A.S. 1817-terdecies, aveva previsto la soppressione di tale Fondo.

Sono escluse dal rimborso le campagne per le elezioni comunali e provinciali (ad eccezione delle consultazioni per il rinnovo deiconsigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, i quali formano insieme il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige)[243].

La legge prevede infine una forma di rimborso per le campagne relative ai referendum abrogativi di cui all’art. 75 ed ai referendum costituzionali ex art. 138 della Costituzione (L. 157/1999, art. 1, co. 4). Viene attribuito ai comitati promotori un rimborso, da erogarsi in unica soluzione, pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero delle firme valide raccolte fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta (pari quindi a 500.000 euro) e, comunque, entro un limite massimo pari complessivamente a 2.582.285 euro annui.

Quanto alle modalità di corresponsione dei rimborsi, il contributo è versato sulla base di quote annuali entro il 31 luglio di ogni anno. L'erogazione dei rimborsi è disposta con decreti del Presidente della Camera dei deputati per quanto riguarda il rinnovo della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali, nonché per i comitati promotori dei referendum, e con decreto del Presidente del Senato della Repubblica, per il rinnovo del Senato della Repubblica.

 

Al riguardo si segnala che lo stanziamento di competenza previsto dal disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818) per i fondi relativi ai rimborsi delle spese elettorali[244] ammontava a 204.319.044 euro. A seguito della riduzione prevista le somme destinate a tal fine risultano ora pari a 184.319.044 euro.

 

Quanto alla formulazione della disposizione, si segnala che essa pare suscettibile di determinare problemi applicativi in sede di ripartizione dei rimborsi elettorali e referendari in quanto non interviene sui criteri di determinazione dell’ammontare dei fondi da ripartire, recati dall’art. 1 della legge n. 157 del 1999, ma esclusivamente sull’autorizzazione di spesa ad essi destinata. Pertanto, fermi restando i parametri di  determinazione dei fondi, al fine di conseguire la riduzione prevista dall’art. 36, comma 1,  si renderebbe necessario un loro taglio in misura proporzionale al loro ammontare fino alla concorrenza di 20 milioni di euro. Resterebbe peraltro da valutare le modalità di applicazione della decurtazione ai fondi per i rimborsi referendari, la cui erogazione ha carattere eventuale, essendo legata all’effettivo svolgimento delle consultazioni referendarie e, nel caso di referendum abrogativi,  al raggiungimento del quorum di validità di partecipazione al voto.

Dovrebbe, pertanto, valutarsi l’opportunità – in conformità a quanto previsto dal punto 3 della Circolare del Presidente della Camera dei deputati del 20 aprile 2001 recante regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi – di intervenire con una modifica testuale dell’art. 1, commi 4 e 5, della L. 157/1999.


Articolo 67, commi 2-4
(Edilizia scolastica e penitenziaria)

 


2. Il fondo di cui all'articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è incrementato di 20 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2008, da destinare ad interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché alla costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico, secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità.

3. Per l'utilizzazione delle risorse di cui al comma 2, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 2 dell'articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è emanato sentiti i Ministri delle infrastrutture, della pubblica istruzione e dell'economia e delle finanze.

4. Al fine di fronteggiare l'emergenza penitenziaria con l'adeguamento infrastrutturale degli edifici esistenti, in via prioritaria, o la realizzazione di nuovi edifici, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 20 milioni di euro per l'anno 2009 e di 30 milioni di euro per l'anno 2010 per l'avvio di un programma straordinario di edilizia penitenziaria, approvato con decreto interministeriale dal Ministro delle infrastrutture e dal Ministro della giustizia. Con il predetto decreto sono individuati gli interventi da realizzare in ciascun anno, avvalendosi dei competenti provveditorati interregionali alle opere pubbliche.


 

 

Il comma 2 incrementa di 20 milioni di euro, a decorrere dal 2008, il Fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio per interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché per la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico, secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità.

Tale fondo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dall’art. 32-bis del decreto-legge n. 269 del 2003 (convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), al fine precipuo di contribuire alla realizzazione di interventi infrastrutturali, con priorità per quelli connessi alla riduzione del rischio sismico e per far fronte ad eventi straordinari nei territori degli enti locali, delle aree metropolitane e delle città d'arte.

 

La stessa disposizione ha autorizzato una spesa di 73,5 milioni di euro per l'anno 2003 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005. Per le modalità di attivazione del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono state, quindi, emanate l’O.P.C.M. dell’8 luglio 2004, n. 3362 e l'O.P.C.M. 17 settembre 2004, n. 3376. Con tali ordinanze si è in particolare provveduto a ripartire le risorse assegnate per interventi statali e regionali (la somma di 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2004 e 2005, è stata così ripartita: 67,5 milioni di euro per interventi di competenza regionale e 32,5 milioni di euro per interventi di competenza statale) e sono state definite le tipologie di interventi ammessi al finanziamento

Per quanto riguarda la messa in sicurezza degli edifici scolastici, il comma 21 dell’art. 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), ha specificatamente previsto che, nell’ambito della legge obiettivo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca predisponga un “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” nelle zone soggette a rischio sismico. L’art 3, comma 91, della legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria 2004) ha destinato al “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” un importo non inferiore al 10% delle risorse ex art. 13 legge n. 166/2002, disponibili al 1° gennaio 2004 e l’art. 4, comma 176, invece, ha autorizzato ulteriori limiti di impegno nel biennio 2005-2006.

Con delibera CIPE 20 dicembre 2004, n. 102[245], modificata dalla delibera 2 dicembre 2005, n. 157 e con delibera 17 novembre 2006, n. 143[246],è stato approvato il primo programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Il Piano si articola in due stralci per complessivi 489 Meuro riferiti a 1.594 interventi[247].

 

Il comma 3 dispone che, ai fini dell’assegnazione di tali risorse, il DPCM previsto dal comma 2 del citato art. 32-bis del decreto legge n. 269 del 2003 sia adottato anche con il parere del Ministro delle infrastrutture e della pubblica istruzione, oltre che dell’economia.

 

Il citato comma 2 dell’art. 32-bis del decreto-legge demanda ad un DPCM, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione degli interventi da realizzare, degli enti beneficiari e delle risorse da assegnare nell'ambito delle disponibilità del fondo.

In attuazione di tale disposizione sono stati emanati i seguenti provvedimenti: il DPCM 8 luglio 2004, il DPCM 19 novembre 2004, il DPCM 27 aprile 2006, il DPCM 29 marzo 2006, il DPCM 5 marzo 2007, il DPCM 30 marzo 2007 e, da ultimo, il DPCM 3 agosto 2007.

 

Il comma 4 autorizza una spesa di 70 milioni di euro per l’avvio di un programma straordinario di edilizia penitenziaria volto, in via prioritaria, all’adeguamento infrastrutturale degli edifici esistenti nonché alla realizzazione di nuove carceri, al fine di fronteggiare l’emergenza penitenziaria.

Lo stanziamento complessivo è così suddiviso nel triennio: 20 milioni per il 2008, 20 milioni per il 2009 e 30 milioni per il 2010.

Il programma dovrà, infine, essere approvato conun decreto interministeriale infrastrutture-giustizia che dovrà indicare gli interventi da realizzare annualmente, avvalendosi dei competenti provveditorati interregionali alle opere pubbliche.

 

Si osserva che non viene precisato il termine di emanazione del citato decreto interministeriale.

 

Si ricorda che la legge 23 dicembre 2000, n. 388, all'art. 145, comma 34, aveva previsto, tra l’altro, che il Ministro della giustizia predisponesse l'elenco degli istituti penitenziari ritenuti strutturalmente non idonei alla funzione propria e per i quali risultasse necessaria o conveniente la dismissione e promuovesse le necessarie intese con le regioni o con gli enti locali interessati, per attuare le suddette dismissioni e reperire le aree per la localizzazione dei nuovi istituti. Ai fini delle acquisizioni dei nuovi istituti avrebbe potuto anche avvalersi degli strumenti della locazione finanziaria, della permuta e della finanza di progetto.

Conseguentemente, l'art. 6 del decreto legge 11 settembre 2002, n. 201 (Misure urgenti per razionalizzare l'Amministrazione della giustizia) convertito dalla legge 14 novembre 2002, n. 259, ha previsto la predisposizione, da parte del Ministro della giustizia, sentito il Ministro delle infrastrutture, di un piano straordinario pluriennale di interventi, volto all'acquisizione ed all'adeguamento strutturale di edifici, opere, infrastrutture ed impianti indispensabili al potenziamento del settore penitenziario, per un onere complessivo pari a 93,3 milioni di euro. Tale piano straordinario è stato adottato con D.M. 12 gennaio 2004, il quale prevedeva l'ampliamento della casa di reclusione di Milano Bollate e l'acquisizione di nuovi istituti penitenziari a Varese e Pordenone.

In data 28 novembre 2006, il Governo ha richiesto alle Camere il parere su una riformulazione del piano straordinario nel quale non era più prevista l'acquisizione dei penitenziari di Varese e Pordenone e i residui stanziamenti venivano indirizzati all'ampliamento di sei istituti già esistenti. La Commissione giustizia della Camera dei deputati ha espresso, in data 13 dicembre 2006, un parere favorevole con condizioni.

Si ricorda, inoltre, che anche nella Relazione sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria (Doc. CXVI, n. 1), predisposta dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia per l’anno 2006 e trasmessa alla Presidenza della Camera il 26 marzo 2007, si dà conto del Piano straordinario di edilizia penitenziaria di cui al decreto legge n. 201 del 2002. Vi si legge che “erano state avviate le procedure per l'acquisizione in locazione finanziaria dei due nuovi istituti di Varese e di Pordenone e per la costruzione, a cura della società Dike Aedifica appositamente costituita, dei restanti 12 nuovi istituti (Camerino, Sala Consilina, Pinerolo, Sciacca, Lanusei, Paliano, Modica, Nola, Avezzano, Ristretta, Catania, Lucca), con le risorse provenienti dalla attività di vendita o permuta di vecchi penitenziari dismessi gestiti dalla Patrimonio dello Stato S.p.a.. Tuttavia, entrambe le procedure non hanno avuto corso: sono state infatti annullate le gare d'appalto per gli istituti di Varese e Pordenone a seguito della contestazione di infrazione delle direttive comunitarie da parte della Commissione europea e non è stata avviata alcuna attività da parte della Dike Aedifica. Tali opere, pertanto, restano tuttora prive di finanziamento”.

Anche nel DPEF 2008-2011 è stata evidenziata la necessità di intraprendere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, iniziative volte al potenziamento, all'adeguamento e alla messa in sicurezza delle strutture, con particolare riferimento al problema del sovraffollamento degli istituti carcerari e alla necessità di assicurare migliori condizioni di vivibilità a favore dei detenuti. Nell'allegato infrastrutture al citato DPEF, il Governo ha, inoltre, considerato di prioritaria importanza portare a compimento le nuove strutture penitenziarie, attualmente in corso di realizzazione per lotti funzionali, di Cagliari, Sassari, Oristano, Tempo Pausania, Rovigo, Forlì, Savona, nonché quelle attualmente sospese di Reggio Calabria e Marsala, nonché adeguare le strutture penitenziarie esistenti, garantendo migliori condizioni di vivibilità.

Si ricorda, infine, che gli stanziamenti a favore del Ministero della giustizia per il programma straordinario di edilizia penitenziaria confluivano nell’ambito del Centro di responsabilità “Gabinetto del ministro” sulla vecchia U.P.B. 1.2.3.3,. denominata "Fondo unico da ripartire - investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria", contenente il solo capitolo 7020 ("Fondo da ripartire per l'edilizia penitenziaria e giudiziaria"). A seguito della riclassificazione del bilancio, l'edilizia penitenziaria, giudiziaria e minorile costituisce ora un programma autonomo nell'ambito della missione giustizia. Lo stanziamento appostato su tale programma per l'anno 2008 - che, si ricorda, non riguarda la sola edilizia penitenziaria, ma anche quella giudiziaria e minorile - è di circa 200 milioni di euro.


Articolo 67, commi 5-7
(Edilizia sanitaria)

 


5. All'articolo 1, comma 796, lettera n), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «20 miliardi di euro» sono sostituite dalle seguenti: «23 miliardi di euro».

6. A valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 796, lettera n), primo periodo, della citata legge n. 296 del 2006, sono autorizzate le spese di:

a) 200 milioni di euro per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, finalizzato al potenziamento delle «unità di risveglio dal coma»;

b) 7 milioni di euro per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinata al potenziamento e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN);

c) 3 milioni di euro per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinati all'acquisto di nuove metodiche analitiche, basate sulla spettrometria di «massa tandem», per effettuare screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistono evidenze scientifiche efficaci.

7. All'articolo 1, comma 796, lettera n), secondo periodo, della citata legge n. 296 del 2006, dopo le parole: «Il maggior importo di cui alla presente lettera è vincolato» sono inserite le seguenti: «per 600 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture sanitarie territoriali, residenziali e semi residenziali,» e le parole: «100 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture residenziali dedicate alle cure palliative» sono sostituite dalle seguenti: «150 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture residenziali e l'acquisizione di tecnologie per gli interventi territoriali dedicati alle cure palliative, ivi comprese quelle relative alle patologie degenerative neurologiche croniche invalidanti,».


 

 

Il comma 5, modificando l’articolo 1, comma 796, lettera n), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), eleva da 20 a 23 miliardi di euro la spesa complessiva pluriennale per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67[248], e successive modificazioni.

 

La disciplina relativa all'edilizia sanitaria è stata in origine dettata dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), che autorizza l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi di ristrutturazione edilizia, di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti, indicando anche gli obiettivi di massimada perseguire (ristrutturazione della rete ospedaliera ed extraospedaliera, costituzione di nuove residenze assistenziali per anziani, adeguamento degli impianti).

Al finanziamento degli interventi si provvede mediante operazioni di mutuo che le regioni e le province autonome sono autorizzate ad effettuare, nel limite del 95 per cento della spesa ammissibile risultante dal progetto, con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all'uopo abilitati, secondo modalità e procedure da stabilirsi con decreto ministeriale.

In particolare, gli interventi previsti dalla legge n. 67 del 1988 sono i seguenti:

a) riequilibrio territoriale delle strutture, al fine di garantire un’idonea capacità di posti letto anche in quelle regioni del Mezzogiorno dove le strutture non sono in grado di soddisfare le domande di ricovero;

b) sostituzione del 20 per cento dei posti letto a più elevato degrado strutturale;

c) ristrutturazione del 30 per cento dei posti letto che presentano carenze strutturali e funzionali suscettibili di integrale recupero con adeguate misure di riadattamento;

d) conservazione in efficienza del restante 50 per cento dei posti letto, la cui funzionalità è ritenuta sufficiente;

e) completamento della rete dei presìdi poliambulatoriali extraospedalieri ed ospedalieri diurni con contemporaneo intervento su quelli ubicati in sede ospedaliera secondo le specificazioni di cui alle lettere a), b), c);

f) realizzazione di 140 mila posti in strutture residenziali, per anziani che non possono essere assistiti a domicilio e nelle strutture di cui alla lettera e) e che richiedono trattamenti continui. Tali strutture, di dimensioni adeguate all'ambiente secondo standard emanati a norma dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, devono essere integrate con i servizi sanitari e sociali di distretto e con istituzioni di ricovero e cura in grado di provvedere al riequilibrio di condizioni deteriorate. Dette strutture, sulla base di standard dimensionali, possono essere ricavate anche presso aree e spazi resi disponibili dalla riduzione di posti-letto ospedalieri;

g) adeguamento alle norme di sicurezza degli impianti delle strutture sanitarie;

h) potenziamento delle strutture preposte alla prevenzione, con particolare riferimento ai laboratori di igiene e profilassi e ai presidi multizonali di prevenzione, agli istituti zooprofilattici sperimentali ed alle strutture di sanità pubblica veterinaria;

i) conservazione all'uso pubblico dei beni dismessi, il cui utilizzo è stabilito da ciascuna regione o provincia autonoma con propria determinazione.

I soggetti beneficiari[249] del programma di investimenti sono i seguenti: regioni e province autonome; istituti di ricovero e cura a carattere scientifico; policlinici universitari; istituto superiore di sanità; gli ospedali classificati[250]; istituti zooprofilattici sperimentali.

Per quanto concerne i profili finanziari, le risorse complessive relative al programma pluriennale di investimenti, prima dell’intervento della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), risultavano pari a 17.575.028.276,02 euro[251].

Da ultimo, la citata legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 796, lettera n)) ha elevato da 17 a 20 miliardi di euro la spesa complessiva pluriennale per gli interventi di ristrutturazione edilizia ed ammodernamento tecnologico, fermo restando, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni e l'assegnazione di risorse agli altri enti interessati del settore sanitario, il limite annualmente definito in base alle effettive disponibilità di bilancio.

Una parte del maggior importo previsto dalla citata legge finanziaria è stato vincolato secondo le seguenti finalità:

-        500 milioni di euro, alla riqualificazione strutturale e tecnologica dei servizi di radiodiagnostica e di radioterapia di interesse oncologico con prioritario riferimento alle regioni meridionali ed insulari;

-        100 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture residenziali dedicate alle cure palliative con prioritario riferimento alle regioni che abbiano completato il programma realizzativo[252], e che abbiano avviato programmi di assistenza domiciliare nel campo delle cure palliative;

-        100 milioni di euro all'implementazione e all'ammodernamento dei sistemi informatici delle aziende sanitarie ed ospedaliere e all'integrazione dei medesimi con i sistemi informativi sanitari delle regioni;

-        100 milioni di euro per strutture di assistenza odontoiatrica.

Il maggior importo di cui alla legge n. 296 del 2006 è ripartito fra le regioni con riferimento alla valutazione dei bisogni delle singole realtà regionali, secondo i seguenti criteri e linee prioritarie:

1) innovazione tecnologica delle strutture del Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla diagnosi e terapia nel campo dell'oncologia e delle malattie rare;

2) superamento del divario Nord-Sud;

3) possibilità per le regioni che abbiano già realizzato la programmazione pluriennale, di attivare una programmazione aggiuntiva;

4) messa a norma delle strutture pubbliche;

5) premialità per le regioni sulla base della tempestività e della qualità di interventi di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico già eseguiti per una quota pari al 10 per cento.

Per le stesse finalità, ulteriori risorse sono state destinate dallo Stato e dalle regioni nell’ambito del programma dei fondi strutturali europei 2007-2013[253].

Si rammenta, infatti, che, in data 21 dicembre 2006, la Conferenza unificata ha approvato il Quadro strategico nazionale per la politica regionale di sviluppo relativo al periodo 2007-2013[254].

Successivamente, in linea con gli obiettivi del citato Quadro strategico nazionale, finanziato dai fondi strutturali europei, i Ministri dello Sviluppo economico e della Salute e i Presidenti di otto regioni meridionali e insulari (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) hanno siglato, il 17 aprile 2007, un Protocollo d'intesa e un Memorandum, al fine di superare la separazione tra le politiche di finanziamento dei servizi sanitari e socio-sanitari e politiche di investimento strutturale, anche in considerazione dell’esigenza di ridurre le disuguaglianze territoriali tra il Nord e il Sud del Paese. Per il raggiungimento degli obiettivi ivi previsti, il Memorandum definisce un fabbisogno di 3.000 milioni di euro.

Per ulteriori dettagli sul programma di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento del patrimonio sanitario, si rinvia al dossier del Servizio Studi n.170 del 2007.

 

Si rileva che, in base alle tabelle D ed F del disegno di legge finanziaria per il 2008, le risorse per gli interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica risultano pari a 784 milioni di euro per il 2008, a 1.520 milioni per il 2009 e a 2.800 milioni per il 2010. Tali valori costituiscono un incremento, relativamente all'anno 2010, pari a 1.600 milioni di euro rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente.

Sempre in materia di edilizia sanitaria pubblica, il Senato ha inserito il nuovo comma 6 nel presente articolo, con il quale, a valere sulle risorse previste dal citato articolo 1, comma 796, lettera n):

§      si autorizza (lettera a)) una spesa di 200 milioni di euro per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi (in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico) destinato al potenziamento delle "unità di risveglio dai comi";

§      si autorizza (lettera b)) una spesa di 7 milioni di euro per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi destinato al potenziamento ed alla creazione di "unità di terapia intensiva neonatale (TIN)".

§      si autorizza (lettera c)) una spesa, pari a 3 milioni di euro, per l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi destinato all'acquisto di nuove metodiche analitiche, basate sulla spettrometria di "massa tandem", al fine di effettuare screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistano evidenze scientifiche efficaci.

Il comma 7, nel testo modificato dal Senato, specifica che, nell’ambito del programma di ristrutturazione e di ammodernamento, la quota di riserva già prevista per le cure palliative dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 796, lettera n), secondo periodo) - fino ad ora pari a 100 milioni di euro - è incrementata a 150 milioni. Tali risorse sono destinate, oltre che, come già stabilito, alla realizzazione di strutture residenziali dedicate a tali cure, anche per l'acquisizione di tecnologie per gli interventi territoriali in tale settore, incluse le patologie degenerative neurologiche croniche invalidanti.

Lo stesso comma 7 introduce, altresì, una quota di riserva (nell'àmbito dell’elencazione delle risorse vincolate), pari a 600 milioni di euro per gli interventi finalizzati alla realizzazione di strutture sanitarie territoriali, residenziali e semi-residenziali.


Articolo 68
(Modifiche delle modalità di gestione dell’autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste: federalismo infrastrutturale)

 


1. Al fine della realizzazione di infrastrutture autostradali, previste dagli strumenti di programmazione vigenti, le funzioni ed i poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore attribuiti all'ANAS S.p.a. possono essere trasferiti con decreto del Ministro delle infrastrutture dall'ANAS S.p.a. medesima ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall'ANAS S.p.a. e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato.

2. Le attività di gestione, comprese quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, del raccordo autostradale di collegamento tra l'Autostrada A4 - tronco Venezia-Trieste, delle opere a questo complementari, nonché della tratta autostradale Venezia-Padova, sono trasferite, una volta completati i lavori di costruzione, ovvero scaduta la concessione assentita all'Autostrada Padova-Venezia S.p.a., ad una società per azioni costituita pariteticamente tra l'ANAS S.p.a. e la regione Veneto o soggetto da essa interamente partecipato. La società, quale organismo di diritto pubblico, esercita l'attività di gestione nel rispetto delle norme in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi ed è sottoposta al controllo diretto dei soggetti che la partecipano. I rapporti tra la società ed i soggetti pubblici soci sono regolati, oltre che dagli atti deliberativi di trasferimento delle funzioni, sulla base di apposita convenzione. La società assume direttamente gli oneri finanziari connessi al reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del raccordo autostradale di collegamento tra l'Autostrada A4 - tronco Venezia-Trieste, anche subentrando nei contratti stipulati direttamente dall'ANAS S.p.a.. Alla società è fatto divieto di partecipare, sia singolarmente sia con altri operatori economici, ad iniziative diverse che non siano strettamente necessarie per l'espletamento delle funzioni di cui al comma 1, ovvero ad esse direttamente connesse.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame dispone in termini generali l’applicazione del principio del cd. federalismo infrastrutturale per la realizzazione di infrastrutture autostradali, previste dagli strumenti di programmazione vigenti.

Esso, in particolare, prevede che le funzioni ed i poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore attribuiti all’ANAS S.p.A. possono essere trasferiti, con decreto del Ministro delle infrastrutture, ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall’ANAS stessa e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato.

 

Nella relazione illustrativa viene sottolineato che tale norma provvede ad estendere all’intero territorio nazionale – in attuazione degli impegni enunciati nel DPEF 2008-2012[255] - quanto “fatto ad esempio per gli importanti progetti riferiti alla Pedemontana lombarda e alla Pedemontana di Formia” al fine di “creare un modello operativo che consenta di superare i limiti funzionali e normativi riscontrati nel passato e assicurare un contesto di maggiore efficienza, funzionalità e tempestività nell’attività di programmazione, esecuzione e gestione di nuove infrastrutture autostradali con una significativa riduzione nei tempi e nei costi di costruzione e di gestione delle infrastrutture stesse”.

Relativamente agli esempi citati si ricorda che essi sono stati introdotti dai commi 979 e 981 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007). La prima di tali disposizioni, con riferimento alla realizzazione della Pedemontana Lombarda, nonché dell’autostrada Brescia-Bergamo-Milano (cd. Brebemi) e delle tangenziali esterne di Milano, ha previsto che l’ANAS S.p.A. possa affidare il completamento della progettazione e della relativa attività esecutiva ad un organismo di diritto pubblico costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa società e dalla Regione Lombardia. A tal fine, in data 19 febbraio 2007, è stata istituita la Società Concessioni Autostradali Lombarde Spa, composta al 50% da Anas e al 50% da Infrastrutture Lombarde Spa (società controllata al 100% dalla Regione Lombardia). Il comma 981, con riferimento alla Pedemontana di Formia,ha previsto che il completamento della progettazione e della relativa attività esecutiva possa avvenire anche attraverso affidamento di ANAS Spa ad un organismo di diritto pubblico, costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa società e dalla provincia di Latina.

Nell’Allegato infrastrutture, si richiama il modello operativo adottato con la CAL (Concessioni autostrade Lombarde)  e ne ipotizza l’implementazione in altre realtà territoriali per la realizzazione di alcune arterie autostradali (si fa espresso riferimento al Passante di Mestre, al Corridoio Tirrenico Meridionale-“Nuova Pontina”, alla Termoli-S. Vittore).

 

Il comma 2 prevede un’immediata applicazione del modello del federalismo infrastrutturale, disponendo direttamente il trasferimento ad una società per azioni costituita pariteticamente tra l’Anas S.p.A. e la Regione Veneto o soggetto da essa interamente partecipato, delle attività di gestione, comprese quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, relative alle seguenti opere:

§      raccordo autostradale di collegamento A4 – tronco Venezia-Trieste, ed opere a questo complementari;

§      tratta autostradale Venezia-Padova;

Per quanto riguarda la tempistica del trasferimento, si fa riferimento al completamento dei lavori di costruzione, ovvero alla scadenza della concessione assentita all’Autostrada Padova-Venezia S.p.A.

Per quanto riguarda il funzionamento della società, alla quale viene riconosciuta la natura di organismo di diritto pubblico, se ne prevede:

§      l’esercizio dell’attività di gestione nel rispetto delle norme in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi;

§      la sottoposizione al controllo diretto dei soggetti che la partecipano.

Viene inoltre previsto che i rapporti tra la società ed i soggetti pubblici soci sono regolati, oltre che dagli atti deliberativi di trasferimento delle funzioni, sulla base di apposita convenzione.

Inoltre è previsto gli oneri finanziari connessi al reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del raccordo autostradale A4 – tronco Venezia-Trieste, siano assunti direttamente dalla società, anche subentrando nei contratti stipulati direttamente dall’Anas S.p.A.

Infine viene fatto divieto, alla società, di partecipare, sia singolarmente sia con altri operatori economici, ad iniziative diverse che non siano strettamente necessarie per l’espletamento delle funzioni di cui al comma 1, ovvero ad esse direttamente connesse.

Si fa notare, relativamente a tutte queste disposizioni, che esse non comparivano nei citati commi 979 e 981 della finanziaria 2007, che si limitavano a prevedere semplicemente il subentro (anche mediante apposita convenzione) della nuova S.p.A. nei rapporti attivi e passivi inerenti la realizzazione delle opere.

 

Si ricorda che la delibera CIPE n. 121 del 2001 ha inserito – solo per le procedure - il Passante di Mestre nel Programma delle infrastrutture strategiche della cd. legge obiettivo nell’ambito dell’”Asse autostradale medio padano Brescia-Milano-Passante di Mestre”. Con riferimento al Passante esterno di Mestre, il CIPE, con deliberazione n. 92 del 31 ottobre 2002 ha stabilito che la parte non autofinanziata dalle Società concessionarie venisse assunta dallo Stato e imputata alla legge obiettivo. Con la deliberazione n. 6 del 3 febbraio 2004 il CIPE ha poi preso atto che il costo residuo sarà sostenuto dall’ANAS, mediante mutuo da stipulare con Infrastrutture Spa e sarà recuperato con i pedaggi autostradali; quindi, con delibera del 26 gennaio 2007 n. 3, a modifica delle precedenti delibere adottate, il medesimo CIPE ha approvato la proposta del Ministro delle infrastrutture relativa alla realizzazione e gestione del Passante di Mestre, tra l'altro dando mandato al Ministero alla Regione Veneto e all'ANAS S.p.A. di individuare, entro tre mesi dalla data della delibera stessa, previa verifica della compatibilità con la normativa nazionale e comunitaria e in modo da non comportare ritardi nei tempi di realizzazione del passante né aggravi di costi, le modalità di affidamento a società per azioni, controllata in modo paritario tra la Regione e ANAS S.p.A., delle attività di soggetto gestore del passante di Mestre e delle tratte assentite in concessione alla Società delle autostrade di Venezia e Padova. L’Allegato infrastrutture al DPEF 2008-2012 indica il Passante di Mestre tra le opere in corso, integralmente coperte, per un costo di 750 Meuro.

Si segnala inoltre che è attualmente all’esame della Commissione ambiente (ai sensi dell’articolo 2, commi 82 e 84, del decreto-legge 262 del 2006) lo schema di convenzione disciplinante il rapporto tra Anas Spa (concedente) e la Società delle Autostrade di Venezia e Padova Spa (concessionario) per la costruzione ed esercizio dell'autostrada A4 Mestre (VE) – Padova, della tangenziale Ovest di Mestre (km 32,4) del raccordo autostradale tra la tangenziale Ovest di Mestre e l’aeroporto Marco Polo di Venezia (km 9,4). Lo schema di convenzione riguarda anche la progettazione ed esecuzione di una serie di interventi di adeguamento della viabilità e per la sicurezza del traffico, indicati nella lett. b) dell’art. 2 dello schema di convenzione. La scadenza della concessione è fissata al 30 novembre 2009. Il Piano economico-finanziario 2007-2015 (Allegato E) indica un costo per la realizzazione delle opere pari a 55,57 milioni di euro, prevede il completo ammortamento del costo delle medesime al 31 dicembre 2015, indica, alla scadenza della concessione, un valore di subentro pari a 105,3 milioni di euro e reca il cronoprogramma degli interventi.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 12 ottobre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[256] contestando che la decisione dell’autorità concedente ANAS di accordare una proroga della concessione in favore della società Brescia-Padova costituirebbe una violazione della direttiva 2004/18/CE, e segnatamente del suo articolo 58, ovvero, nel caso in cui tale direttiva non fosse applicabile, degli articoli 43 e 49 del trattato CE.

Con delibera del 20 febbraio 2006, l’autorità concedente ANAS ha deciso di accordare una proroga di 23 anni (2013-2036) della concessione autostradale della quale è titolare la società Brescia-Padova ed ha approvato l’atto aggiuntivo diretto a modificare la convenzione di concessione in tal senso[257].

Secondo le informazioni di cui dispone la Commissione, nel 1999, Anas e la società Brescia-Padova hanno sottoscritto una convenzione che ha integralmente sostituito le convenzioni e gli atti aggiuntivi precedentemente conclusi, prevedendo già una proroga della concessione originaria. Tale convenzione ha per oggetto la realizzazione e la gestione di alcune opere autostradali, tra cui l’autostrada “Valdastico” e l’autostrada “Brescia-Padova”, fissando la scadenza della concessione al 30 giugno 2013. Il tratto sud dell’autostrada Valdastico non è stato tuttavia ancora costruito.

Le autorità italiane hanno osservato che il concessionario non ha potuto realizzare interamente quest’ultima autostrada per ragioni ad esso non imputabili e che tale opera non potrà essere completata prima della scadenza dell’attuale concessione, essendo la fine dei lavori prevista per il 2016. La proroga della concessione attuale sarebbe dunque necessaria per permettere di realizzare il tratto dell’autostrada Valdastico e di gestirlo per il tempo strettamente necessario a garantire una remunerazione suscettibile di permettere il finanziamento dei lavori. Pertanto, secondo le autorità italiane, essendo la costruzione e la gestione della suddetta opera già previste nella convenzione di concessione già in vigore, non ci sarebbe una nuova attribuzione in favore del concessionario.

La Commissione ricorda in via preliminare che, ai sensi del diritto comunitario, la proroga di una concessione equivale all’attribuzione di una nuova concessione, pertanto soggetta al rispetto della direttiva 2004/18/CE, la quale impone di affidare le concessioni che rientrano nel suo campo di applicazione attraverso una procedura di messa in concorrenza, con pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale UE.

Le concessioni di lavori che non rientrano nel campo di applicazione di tale direttiva, nonché le concessioni di servizi, devono comunque essere affidate nel rispetto degli articoli 43 e 49 del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. Tali articoli impongono all’autorità concedente di assicurare una pubblicità adeguata che permetta un’apertura delle concessioni alla concorrenza.

La Commissione ritiene, pertanto, che la concessione in questione sia qualificabile come concessione di lavori e, considerata la sua durata, il valore del contratto è da ritenersi superiore alla soglia di applicazione della direttiva 2004/18/CE. Di conseguenza, la decisione di prorogare la suddetta concessione, che si traduce nell’affidamento diretto, senza alcuna previa messa in concorrenza, di una nuova concessione, risulterebbe contraria alle regole della direttiva, in particolare al suo articolo 58.

Inoltre, la Commissione rileva che le Autorità italiane non hanno fornito elementi suscettibili di dimostrare che l’autostrada Valdastico non può essere completata dal concessionario prima della scadenza della concessione e che, per di più, un periodo di gestione di circa vent’anni è indispensabile per consentirgli di farlo.


Articolo 69
(Contributo per il sistema ferroviario metropolitano regionale Veneto)

 

1. Al fine di assicurare la realizzazione del secondo stralcio del sistema ferroviario metropolitano regionale veneto, è autorizzato un contributo decennale di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008.

 

 

L'articolo 69 - introdotto dal Senato - autorizza un contributo decennale di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008 per la realizzazione del secondo stralcio del sistema ferroviario metropolitanoregionale veneto (SFMR) che intende collegare le maggiori città venete con treni regionali per alleggerire il traffico su gomma.

Tale sistema - inserito nel quadro delle infrastrutture strategiche, secondo quanto previsto dalla legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) – è in particolare finalizzato ad un complessivo miglioramento dei trasporti ferroviari della regione Veneto, anche attraverso un riequilibrio modale con passaggio di quote della domanda di trasporto dalla gomma al ferro e dal privato al pubblico, idoneo a consentire una riduzione dell’incidentalità e dell’inquinamento atmosferico ed acustico.

La prima parte del programma interessa principalmente i collegamenti fra le aree di Venezia, Treviso e Padova, mentre nella seconda fase saranno coinvolti i nodi ferroviari di ulteriori località (Vicenza e Rovigo fra le altre).


Articolo 70
(Sostegno alle imprese editrici e TV locali)

 


1. A decorrere dai contributi relativi all'anno 2007, ai fini della quantificazione dei contributi previsti dall'articolo 3, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 8, 10 e 11, della legge 7 agosto 1990, n. 250, le imprese editrici sono tenute a presentare il modello dei costi di testata, come definito con circolare dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri e reso noto sul sito internet del Dipartimento stesso, debitamente compilato e certificato dalla società di revisione incaricata della certificazione del bilancio.

2. In applicazione dell'articolo 1, comma 1246, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la somma disponibile per la liquidazione dei contributi di cui agli articoli 3 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, all'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all'articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, è attribuita ai soggetti per i quali sia stata accertata la sussistenza dei requisiti necessari per l'erogazione dei contributi in quote proporzionali all'ammontare del contributo spettante a ciascuna impresa.

3. A decorrere dalle domande relative all'anno 2007, le compensazioni finanziarie derivanti dalle riduzioni tariffarie applicate ai consumi di energia elettrica e ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite, previsti dall'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, e dagli articoli 4 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, sono rimborsate direttamente all'impresa, nella misura del 40 per cento dell'importo totale delle bollette, al netto dell'IVA. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, avente natura non regolamentare, sono indicate le modalità e la documentazione relative alle richieste dei rimborsi di cui al comma 1.

4. Il finanziamento annuale previsto per le TV locali dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, e dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato di 10 milioni di euro per l'anno 2008.


 

 

Il comma 1 stabilisce che, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2007, al fine della quantificazione di alcuni benefici previsti dalla legge n. 250/1990[258] alle imprese editrici di giornali e periodici, queste ultime devono presentare anche il modello dei costi di testata, che sarà definito con circolare dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché reso noto sul sito internet del Dipartimento stesso. Tale documento dovrà essere debitamente compilato e certificato dalla società di revisione incaricata della certificazione del bilancio.

Secondo quanto chiarito nella relazione illustrativa al provvedimento, la disposizione intende “responsabilizzare maggiormente le società di revisione sul dettaglio dei costi, rafforzando le garanzie circa la corretta quantificazione dei finanziamenti da erogare”.

 

Quanto all’ambito di applicazione del nuovo onere, il testo fa riferimento ai contributi erogati in favore di:

-        imprese editrici di giornali quotidiani (articolo 3, commi 2 e 2-bis della legge n. 250/1990)[259];

-        imprese editrici e emittenti radiotelevisive, comunque costituite, che editino giornali quotidiani o trasmettano programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (articolo 3, comma 2-ter della legge n. 250/1990);

-        imprese editrici di giornali quotidiani italiani editi e diffusi all'estero (articolo 3, comma 2-ter della legge n. 250/1990);

-        cooperative giornalistiche editrici di periodici (articolo 3, comma 2-quater della legge n. 250/1990);

-        imprese editrici di quotidiani o periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano una determinata rappresentanza parlamentare (articolo 3, commi 10 e 11 della legge 250/1990).

Le provvidenze in favore dei soggetti menzionati sono subordinate al possesso di determinati requisiti, indicati dalle norme di riferimento, le quali prevedono altresì i criteri per la determinazione dell’ammontare del contributo.

Si ricorda, inoltre, che i contributi di cui sopra hanno subito una riduzione pari al 7 per cento ad opera dell’articolo 10 del d.l. n. 159/2007[260], attualmente in corso di conversione. Peraltro, si segnala che nel corso della discussione al Senato del disegno di legge di conversione del decreto, la riduzione è stata rideterminata nel limite del 2 per cento.

 

Si osserva che il testo della disposizione in esame non chiarisce le conseguenze della mancata osservanza dell’obbligo previsto ed, in particolare, non esplicita se tale nuovo adempimento sia richiesto a pena di decadenza dai contributi.

Potrebbe, inoltre, valutarsi una riformulazione della norma in forma di novella alla legge n. 250/1990.

 

Il comma 2 pone una disciplina espressamente volta ad applicare l’articolo 1, comma 1246, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), il quale prevede che l’erogazione dei contributi diretti all’editoria e alle imprese radiofoniche e televisive si effettui, ove necessario, mediante il riparto percentuale dei contributi tra gli aventi diritto.

In base alla disciplina introdotta dal comma in esame, la liquidazione della somma disponibile per i contributi all’editoria avviene, una volta accertata la sussistenza dei requisiti per l’erogazione, in quote proporzionali all’ammontare del contributo spettante a ciascun avente diritto.

Tali modalità di liquidazione “proporzionale” riguardano i contributi previsti:

§      per le imprese editrici e radiofoniche, di cui agli articoli 3 e 4 della legge n. 250/1990;

§      per i soggetti esercenti la radiodiffusione televisiva locale, di cui all’articolo 23, comma 3, della legge n. 223/1990[261];

§      per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, di cui all’articolo 7, comma 13, della legge n. 112/2004[262].

La disposizione non troverebbe applicazione, invece, per i contributi alle emittenti radiofoniche (nazionali e locali) e alle emittenti televisive locali, di cui agli articoli 7 e 8 della legge n. 250/1990, ai quali pure fa riferimento l’articolo 1, comma 1246, della l. n. 296/2006 di cui si stabiliscono le modalità applicative.

 

Di seguito, si riporta una sintesi delle disposizioni sulle provvidenze all’editoria citate nel commento all’articolo in esame.

L’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, reca la disciplina relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria nonché le provvidenze a favore delle imprese radiofoniche e televisive.

La platea dei destinatari dei contributi diretti all’editoria comprende:

1.       le imprese editrici di giornali quotidiani (comma 2), costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (co. 2, lettera a)) subordinatamente al possesso di una serie di requisiti[263];

2.       le imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali non aventi scopo di lucro (comma 2-bis), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti sopra citati, ad eccezione dell’obbligo di essere una cooperativa giornalistica: in tal caso, il contributo non può superare il 50 per cento dei costi complessivi;

3.       le imprese editrici e le emittenti radiotelevisive, comunque costituite, che editino quotidiani o trasmettano programmi in una lingua delle minoranze francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o le imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (comma 2-ter), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti e con gli stessi limiti delle imprese non a scopo di lucro[264];

4.       le cooperative giornalistiche che editano periodici (comma 2-quater), con il limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e il contributo variabile[265].

5.       imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche (comma 10)[266].

 

L’articolo 4 della legge n. 250 del 1990 prevede che le imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento, che abbiano registrato la testata giornalistica trasmessa presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno del 50 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20 e che non siano editori o controllino, direttamente o indirettamente, organi di informazione di partiti politici, sia corrisposto un contributo annuo fisso pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi[267]. A tali imprese spettano inoltre le riduzioni tariffarie previste dall’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416 sopra citata. I requisiti per accedere a tali contributi sono stati da ultimo modificati con l’articolo 1, comma 1247, della legge n. 296/2006, il quale stabilisce che gli stessi siano corrisposti esclusivamente:

-        alle imprese radiofoniche organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento;

-        alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 230[268].

 

L’articolo 7 della medesima legge n. 250 - che ha sostituito il comma 1 dell’articolo 11 della citata legge n. 67 del 1987 – prevede che le imprese di radiodiffusione sonora che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione, comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto alle riduzioni delle tariffe telefoniche, telegrafiche, postali e dei trasporti di cui all'art. 28, della legge 5 agosto 1981, n. 416 nonché al rimborso dell'60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di tre agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

Ai sensi del successivo articolo 8, le medesime agevolazioni si applicano alle imprese di radiodiffusione sonora a carattere locale che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 15 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20.

 

L'articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

 

L'art. 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede poi contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993 (ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali).

 

Il comma 3 dispone che - a decorrere dalle domande relative all’anno 2007 - le compensazioni finanziarie derivanti dalle riduzioni tariffarie applicate ai consumi di energia elettrica e ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite, previsti dall’articolo 11 della legge n. 67/1987[269], e dagli articoli 4 e 8 della legge n. 250/1990[270], siano rimborsate direttamente all’impresa radiotelevisiva, nella misura del 40 per cento dell’importo totale delle bollette, al netto dell’IVA.

Secondo la relazione illustrativa, la norma in esame è intesa a disporre “una riduzione del rimborso dal 50 per cento al lordo delle spese indicate in bolletta, al 40 per cento al netto delle ritenute, comportando un risparmio annuo stimabile in almeno 1 milione di euro”.

Le modalità e la documentazione relative alle richieste dei rimborsi saranno indicate in un successivo decreto – avente natura non regolamentare - del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Si ricorda che, in base all’articolo 11, comma 1, della legge n. 67/1987, le imprese di radiodiffusione sonora che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto a decorrere dal 1° gennaio 2007:

a) alle riduzioni tariffarie di cui all'art. 28, legge 5 agosto 1981, n. 416[271] , e successive modificazioni, applicate con le stesse modalità anche ai consumi di energia elettrica, ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite;

b) al rimborso del 60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di tre agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

Inoltre, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 11, alle imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento, le quali:

a) abbiano registrato la testata giornalistica trasmessa presso il competente tribunale;

b) trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno del 30 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20;

c) non siano editori o controllino, direttamente o indirettamente, organi di informazione di cui al comma 6 dell'articolo 9;

viene corrisposto a cura della Presidenza del Consiglio, ai sensi della legge n. 416/1981, per il quinquennio 1986-1990 un contributo annuo fisso pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi avendo riferimento, per la prima applicazione, agli esercizi 1985 e 1986, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a due miliardi.

Secondo il comma 3, le imprese di cui al precedente comma 2 hanno diritto alle riduzioni tariffarie di cui all'art. 28 della legge n. 416 del 1981, applicate con le stesse modalità anche ai consumi di energia elettrica, nonché alle agevolazioni di credito di cui al successivo art. 20 e al rimborso previsto dalla lettera b) del comma 1 del presente articolo.

I contributi per le imprese radiofoniche che siano organi di partiti politici, sono disciplinati dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 250/1990 (già illustrato nel commento al comma 1).

L’articolo 8 della legge n. 250 del 1990 prescrive che le imprese di radiodiffusione sonora a carattere locale che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente propri  programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 15 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto a decorrere dal 1° gennaio 2007:

a) alle riduzioni tariffarie di cui all'articolo 28 della legge n. 416/1981, e successive modificazioni, applicate con le stesse modalità anche ai consumi di energia elettrica;

b) al rimborso del 60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di due agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

 

Il comma 4 prevede un incremento di 10 milioni di euro per l’anno 2008 del finanziamento destinato alle emittenti televisive locali, di cui all’articolo 52, comma 18, della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002), come rideterminato dalle successive leggi finanziarie.

 

I contributi sono stati introdotti dall’art. 45, co. 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento “collegato” alla manovra finanziaria 1999), che ha disposto uno stanziamento per il solo triennio 1999-2001 (24 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000; 33 miliardi per l’anno 2001).

Successivamente, l’art. 27, co. 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000), nel rideterminare la misura dei canoni corrisposti allo Stato dai titolari di concessioni radiotelevisive, ha reso permanente lo stanziamento, destinando a tale finalità 40 miliardi di lire annue a decorrere dal 2000.

L’art. 145, co. 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha incrementato lo stanziamento da 40 a 82 miliardi annui.

Con l’articolo 52, comma 18, della citata legge n. 448/2001 è stato incrementato lo stanziamento di 20 milioni di euro in ragione d’anno, a decorrere dal 2002. Si ricorda che l’articolo 52 citato ha ammesso a beneficiare del contributo previsto per le emittenti locali anche le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti alla data di entrata in vigore della legge, prevedendo, peraltro, che lo stanziamento complessivo a favore della radiofonia locale non possa superare il 10% del totale.

L’articolo 80, comma 35, della legge n. 289/2002 ha incrementato il finanziamento annuale di ulteriori 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003, prevedendo - limitatamente all’anno 2003 – che l’incremento fosse pari a 10 milioni di euro in luogo di cinque.

L'articolo 4, comma 5, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto l’ulteriore incremento di 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004 del finanziamento annuale previsto dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dall'articolo 80, comma 35, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Per il solo anno 2004 il predetto finanziamento è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro.

L’articolo 1, comma 214, della legge n. 311 del 2004 incrementa di 5 milioni di euro per il solo anno 2005 il finanziamento annuale a favore delle emittenti locali titolari di concessione, previsto dall’articolo 52, comma 18 della legge finanziaria per il 2002.

L’articolo 1, comma 12-bis, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha previsto che tale finanziamento risultasse determinato, a decorrere dall’anno 2006, in 98.678.000 euro.

Infine, l'articolo 1, comma 1244, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha determinato il finanziamento in 30 milioni di euro per l'anno 2007, 45 milioni di euro per l'anno 2008 e 35 milioni di euro per l'anno 2009.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata dalla Commissione nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), la Commissione preannuncia, tra l’altro, che riesaminerà la comunicazione del 2001 relativa all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di radiodiffusione[272].

La Commissione ritiene infatti che mass media, servizi audiovisivi, imprese creative e settore culturale nel suo complesso presentino un elevato potenziale in termini di innovazione, di competitività, di crescita e di occupazione, oltre ad avere una funzione essenziale nella preservazione e nella promozione della ricchezza e della diversità culturali e linguistiche della UE.


Articolo 71
(Sviluppo della banda larga e del digitale terrestre)

 


1. Al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda sul territorio nazionale, le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, destinate al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.A. (Infratel Italia), di cui all'articolo 7 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono incrementate di 50 milioni di euro per l'anno 2008.

2. Il Fondo per il passaggio al digitale di cui all'articolo 1, commi 927, 928 e 929, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato di 20 milioni di euro per l'anno 2008.


 

 

L'articolo 71 aumenta ifinanziamenti per il Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l’Italia S.p.A. (Infratel Italia), nonché quelli destinati al Fondo per il passaggio al digitale, istituito presso il medesimo ministero.

In particolare, il comma 1 incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2008 il Fondo per le aree sottoutilizzate, con le seguenti finalità:

·       sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda sul territorio nazionale;

·       finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l’Italia S.p.A. (Infratel Italia), di cui all’articolo 7 del decreto legge 35/2005.

 

Il Fondo per le aree sottoutilizzate costituisce lo strumento per l'attribuzione delle risorse nelle aree sottoutilizzate ed è disciplinato dagli articoli 60 e 61 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002).

A tal fine è stata prevista l’istituzione di due fondi di carattere generale: il Fondo per le aree sottoutilizzate iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1) e il Fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, sul quale confluiscono le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate, di competenza di quest’ultimo Ministero, che attualmente sono allocate nel Fondo unico per gli incentivi alle imprese (articolo 61, comma 3).

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di modificare la destinazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro, e di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi.

La diversa allocazione delle risorse deve essere effettuata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari ovvero all’andamento della domanda delle singole misure di incentivazione.

Al Fondo per le aree sottoutilizzate - allocato nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - confluiscono le risorse stanziate con riferimento ai provvedimenti indicati all’allegato 1 della citata legge n. 289/2002: si tratta delle risorse già allocate nel Fondo per le aree depresse, relative sia all’intervento straordinario nel Mezzogiorno che all’intervento ordinario nelle aree depresse, del Fondo per l’imprenditoria giovanile e delle risorse iscritte in bilancio per i crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni[273].

Va ricordato che il citato articolo 61 della legge n. 289/2002 specifica che l’ambito territoriale delle aree sottoutilizzate coincide con quello delle aree depresse. Tali sono aree, come individuate dall’articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 32/1995 (convertito dalla legge n. 104/1995), sono:

1)       le aree ammissibili agli interventi degli obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali;

2)       le aree ammesse al sostegno transitorio per gli obiettivi 1 e 2;

3)       le aree rientranti nelle fattispecie dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE (aree ammesse al regime di deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale).

 

Va rammentato che nel DPEF 2008-2011 si sottolinea il crescente incremento registrato in Italia negli accessi alla banda larga che – al mese di settembre 2006 - hanno superato gli otto milioni. Peraltro, mentre la crescita in valori assoluti risulta in linea con i principali paesi europei, persiste un ritardo nella percentuale di accessi calcolati su 100 abitanti: 14 in Italia, contro 19 nel Regno Unito e 24 in Olanda. Il ‘divario digitale’ interessa circa sette milioni di cittadini, la maggior parte dei quali residenti in aree svantaggiate e in piccoli comuni. Al fine di sanare progressivamente questo ritardo, sono previsti interventi di infrastrutturazione, che il Governo dovrebbe attuare d’intesa con regioni ed enti locali, utilizzando le risorse previste dalle delibere del CIPE per il 2008 a beneficio delle Aree sottoutilizzate, nonché gli stanziamenti recati dalla legge finanziaria (la somma complessiva è pari a 125 milioni per il 2008 e 60 milioni per il 2009). Si intende giungere entro il termine dell’a0ttuale legislatura a garantire l’universalità dell’accesso alla rete internet in tutto il Paese.

La “banda larga” – infrastruttura di connessione che favorisce forme di comunicazione multimediali e interattive - costituisce un obiettivo strategico comune a tutti i Paesi europei ed è individuata come prima priorità nel piano e-Europe 2005. Sul piano normativo, va menzionato l’articolo 6 della legge n. 273/2002, che ha introdotto misure volte appunto a promuovere lo sviluppo della larga banda (esenzione dal contributo sulle attività di installazione e fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche, di fornitura al pubblico di servizi di telefonia vocale e di servizi di comunicazioni mobili e personali, anche per quanti abbiano investito nella realizzazione di infrastrutture di rete a larga banda in caso di perdite di esercizio).

Ulteriori contributi sono stati previsti dall’articolo 89 della legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002) e dall’articolo 1, comma 925 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), questi ultimi volti principalmente al finanziamento del programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno.

Va inoltre ricordato che il 20 marzo 2006 la Commissione europea ha adottato una comunicazione dal titolo “Colmare il divario nella banda larga” (COM(2006)129). Secondo la Commissione, l’accesso a internet ad alta velocità attraverso le connessioni “a banda larga” appare fondamentale per lo sviluppo della società dell’informazione. La mancanza di accesso alle connessioni a banda larga costituisce un aspetto del problema più generale denominato abitualmente “divario digitale”, che descrive il divario che separa i singoli cittadini, le imprese e i territori in funzione delle possibilità di accesso e di utilizzo delle TIC (tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni).

 

Il Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno, approvato dalla delibera CIPE n. 83/2003, è teso ad individuare soluzioni utili a superare gli ostacoli strutturali che impediscono l’affermarsi delle condizioni di mercato favorevoli per il consumatore di servizi di telecomunicazioni, in particolare attraverso lo sviluppo delle infrastrutture.

La citata delibera CIPE n. 83 si inserisce nel filone degli interventi previsti per finanziare la realizzazione di iniziative dirette a favorire lo sviluppo sociale ed economico delle aree depresse.

Le precedenti delibere CIPE 16/2003 e 17/2003 hanno allocato un importo complessivo di 5.200 milioni di euro per il triennio 2003-2005 destinati al finanziamento degli investimenti pubblici per interventi nelle aree sottoutilizzate e hanno ripartito tale importo, preliminarmente accantonando un importo di 900 milioni di euro la cui attribuzione è stata demandata ad una successiva delibera (delibera n. 83/2003), secondo alcuni parametri, tra cui la particolare attenzione agli investimenti per lo sviluppo nei campi della ricerca, della società dell’informazione (infrastrutture materiali e immateriali), delle reti a carattere interregionale.

La delibera n. 83/2003, nel ripartire l’ accantonamento di 900 milioni di euro disposto dalla precedente delibera 17/2003, ha destinato:

-        150 milioni di euro al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, di cui 120 destinati ai servizi a banda larga della società dell’informazione e 30 destinati, sempre nell’ambito della società dell’informazione, alla connettività sociale nel mezzogiorno;

-        150 milioni al Ministero delle comunicazioni per un primo intervento attuativo volto allo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno.

Dei 150 milioni assegnati al Ministero delle comunicazioni, 5,220 milioni sono stati destinati complessivamente agli anni 2003 e 2004, mentre la restante quota di 144,780 milioni è stata assegnata al 2005. Le risorse per tale finalità sono iscritte al cap. 2.2.3.4, cap. 7230 del Ministero delle comunicazioni.

Successivamente, la legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) ha previsto una rimodulazione, disponendo una riduzione di 134,780 milioni dello stanziamento per il 2005, che viene posticipato per 34,780 milioni al 2006, per 50 milioni al 2007 e per ulteriori 50 milioni al 2008.

La legge finanziaria per il 2006 ha provveduto a definanziare in Tabella E le risorse destinate alla “banda larga” disponendo una riduzione di 13,9 milioni nel 2006 e di 20 milioni sia nel 2007 che nel 2008. Conseguentemente le risorse per la banda larga esposte in Tabelle F della legge n. 266 del 2005 sono risultate pari a 20,9 milioni per il 2006, a 30 milioni per il 2007 e a 30 milioni per il 2008.

L’articolo 7, comma 1, del D.L. 35/2005 ha stabilito che gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture per la larga banda possano essere realizzati in tutte le aree sottoutilizzate. Il citato comma 1 dispone altresì che il CIPE definisca annualmente l'entità delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate da destinarsi al finanziamento del predetto programma, che sarà attuato dal Ministero delle comunicazioni, per il tramite della società Infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.A. del gruppo Sviluppo Italia S.p.A., nonché dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie per il tramite della società Innovazione Italia S.p.A.

Infratel Italia S.p.A. - Infrastrutture e Telecomunicazioni per l'Italia - è la società di scopo costituita su iniziativa del Ministero delle Comunicazioni e di Sviluppo Italia con l'obiettivo di favorire lo sviluppo di infrastrutture a larga banda sul territorio nazionale e di ridurre il "digital divide". La società è controllata da Sviluppo Italia ed è operativa da marzo 2004. Le modalità di funzionamento della società sono stabilite dalla convenzione stipulata da Sviluppo Italia con il Ministero delle Comunicazioni.

Innovazione Italia S.p.A. è la società strumentale costituita grazie ad una partnership tra Sviluppo Italia e il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie, per dare attuazione ai programmi del Governo relativi allo sviluppo della Società dell'Informazione e al piano di e-government.

La società Innovazione Italia realizza alcuni dei progetti definiti dal:

-        Comitato dei Ministri per la Società dell'Informazione;

-        piano di e-government;

-        CIPE, in materia di società dell'Informazione e banda Larga, anche con l'obiettivo di superare il digital divide nelle aree sottoutilizzate.

-        La società:

-        fornisce sostegno operativo al DIT, Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, per il coordinamento delle iniziative finanziate, il monitoraggio dei risultati, l’ottimizzazione della comunicazione relativa alla realizzazione dei progetti

-        supporta il CNIPA, Centro Nazionale per l’Informatica nella PA, nella realizzazione di specifiche iniziative in materia di e-government;

-        promuove lo sviluppo di servizi interattivi e multimediali su banda larga, con particolare riferimento al superamento del digital divide nelle aree del Sud Italia

-        realizza specifiche iniziative connesse alle tecnologie ICT.

 

Il comma 2 incrementa di 20 milioni di euro per l’anno 2008 il Fondo per il passaggio al digitale di cui all’articolo 1, commi 927, 928 e 929 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007).

Si ricorda che il Fondo - istituito, presso il Ministero delle comunicazioni, dal comma 927 della legge finanziaria 2007 - è finalizzato a incentivare:

-        la produzione di contenuti di particolare valore in tecnica digitale;

-        il passaggio al digitale terrestre da parte dei concessionari titolari dell'obbligo di copertura del servizio universale;

-        la progettazione, la realizzazione e la messa in onda di servizi interattivi di pubblica utilità diffusi su piattaforma televisiva digitale;

-        la transizione al digitale da parte delle famiglie economicamente o socialmente disagiate;

-        la sensibilizzazione della popolazione alla tecnologia del digitale.

Ai sensi del comma 929, la dotazione del Fondo, per il triennio 2007-2009, è pari a 40 milioni di euro annui. Il comma 928 ha previsto che gli interventi, le modalità di realizzazione dei medesimi, i requisiti e le condizioni per accedervi, la categoria dei destinatari, la durata delle sperimentazioni, nonché le modalità di monitoraggio e di verifica degli interventi stessi, siano stabiliti con decreto del Ministro delle comunicazioni.

 

Va ricordato che la riforma del sistema radiotelevisivo introdotta dalla legge n. 112/2004 (c.d. “legge Gasparri”) ha previsto un’articolata disciplina transitoria per il periodo fino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off) originariamente fissata dal comma 5 dell’articolo 2-bis del D.L. n. 5/2001 al 31 dicembre 2006. Tale termine è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2008 dall’articolo 19 del D.L. n. 273/2005 e al 31 dicembre  2012 dal decreto-legge 159/2007 in corso di conversione presso la Camera.

L’articolo 19 del D.L. n. 273/2005 ha poi inserito nel citato comma 5 dell’articolo 2-bis una nuova disposizione a norma della quale - al fine della completa conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale - sono individuate aree all digital nelle quali si possa accelerare la completa conversione. Al riguardo, si ricorda che, nell’ottica di un approccio allo switch off su base regionale e allo scopo di affrontare la complessità della transizione prendendo come riferimento territori con caratteristiche di isolamento geografico, in data 16 aprile 2005, sono stati sottoscritti – al fine della definitiva transizione alla televisione digitale terrestre nel territorio delle regioni autonome Valle d'Aosta e Sardegna - protocolli d’intesa dal Ministero delle comunicazioni, dalle predette regioni e dall'Associazione DGTVi (Associazione italiana per lo sviluppo del Digitale Televisivo Terrestre), con cui le parti si sono impegnate a mettere in atto tutte le attività necessarie per rendere possibile già entro il 31 gennaio 2006 la transizione al digitale terrestre nelle aree principali delle due regioni. Nei protocolli venivano individuate due fasi della transizione: la prima, da completare entro il 31 gennaio 2006 nei capoluoghi di provincia, e la seconda relativa all’intero territorio regionale da portare a termine entro il 31 luglio 2006. Lo spegnimento del sistema televisivo analogico previsto per il 31 luglio 2006 nelle Regioni Sardegna e Valle D'Aosta è stato rinviato - a seguito di un nuovo Protocollo di intesa tra il Ministero delle Comunicazioni, le Regioni coinvolte, Sardegna e Valle D'Aosta, e l'Associazione DGTVi - al 1° marzo 2008 per la Sardegna e al 1° ottobre 2008 per la Valle D'Aosta.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Banda larga

Il 20 marzo 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo “Colmare il divario nella banda larga” (COM(2006)129).

Secondo la Commissione, l’accesso a internet ad alta velocità attraverso le connessioni “a banda larga” consente immense possibilità per la società dell’informazione. La mancanza di accesso alle connessioni a banda larga costituisce un aspetto del problema più generale denominato abitualmente “divario digitale”, che descrive il divario che separa i singoli cittadini, le imprese e i territori in funzione delle possibilità di accesso e di utilizzo delle TIC (tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni).

La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo che ha approvato, il 19 giugno 2007, una risoluzione.

La risoluzione evidenzia che la diffusione di collegamenti a banda larga nelle zone rurali riveste un’importanza fondamentale ai fini della partecipazione di tutti i cittadini alla società della conoscenza; sottolinea che, per colmare il divario digitale, occorre promuovere la disponibilità di computer nelle case e nelle istituzioni pubbliche; chiede agli Stati membri di assegnare uno spettro sufficiente alle tecnologie a banda larga; sottolinea che l’infrastruttura finanziata pubblicamente dovrebbe essere fornita sulla base di un accesso paritario e non dovrebbe favorire alcun fornitore di servizi in particolare; esorta la Commissione ad assicurare che tutti i fornitori di servizi possano accedere in condizioni paritarie alle reti a banda larga finanziate con il sostegno dei fondi strutturali e rurali.

Televisione digitale

Il 2 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sul riesame della situazione relativa alla interoperabilità dei servizi di televisione digitale interattiva (COM(2006)37).

Nel documento la Commissione ha sottolineato la volontà, in via prioritaria, di:

-        collaborare con gli Stati membri per assicurare il successo del passaggio alla televisione digitale, quale primo passo fondamentale verso i servizi digitali interattivi;

-        promuovere le norme sviluppate dagli organismi di normalizzazione europei;

-        riunire gli Stati membri nel sottogruppo ‘emittenza’ del COCOM (comitato per le comunicazioni) che fungerà da forum per lo scambio di esperienze e di buone pratiche sulla televisione digitale, in particolare sulla televisione digitale interattiva;

-        promuovere la cooperazione internazionale nei campi della ricerca, dello sviluppo e della standardizzazione della televisione digitale;

-        continuare ad analizzare l'utilizzo delle tecnologie ‘proprietarie’[274] alla luce delle regole di concorrenza comunitarie.

La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo che il 13 novembre 2007 ha approvato una risoluzione.


Articolo 72
(Modifiche al testo unico della radiotelevisione)

 


1. All'articolo 44 del testo unico della radiotelevisione di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi e i fornitori di programmi in pay-per-view, indipendentemente dalla codifica delle trasmissioni, riservano ogni anno almeno il 10 per cento del tempo di diffusione, in particolare nelle ore di maggiore ascolto, alle opere europee realizzate da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni, di cui il 20 per cento opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte e, nel caso dei soggetti operanti a pagamento, alle opere di espressione originale italiana ovunque prodotte appartenenti al genere da essi prevalentemente emesso. La concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, su tutte le reti e le piattaforme distributive, indipendentemente dalla codifica delle trasmissioni, riserva alle opere europee realizzate da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni una quota minima del 20 per cento del tempo di trasmissione, di cui il 10 per cento alle opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte. Le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi e i fornitori di programmi in pay-per-view soggetti alla giurisdizione italiana, indipendentemente dalla codifica delle trasmissioni, riservano una quota non inferiore al 10 per cento dei propri introiti netti annui, così come indicati nel conto economico dell'ultimo bilancio di esercizio disponibile, alla produzione, al finanziamento, al pre-acquisto e all'acquisto di opere europee e all'adattamento o confezionamento di contenuti europei per le nuove tecnologie. Tali introiti sono quelli che il soggetto obbligato ricava da pubblicità, da televendite, da sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati, da provvidenze pubbliche e da offerte televisive a pagamento di programmi di carattere non sportivo di cui esso ha la responsabilità editoriale, inclusi quelli diffusi o distribuiti attraverso piattaforme diffusive o distributive di soggetti terzi. All'interno di tale quota del 10 per cento dei suddetti introiti destinata alle opere europee, le emittenti e i fornitori di contenuti e di programmi in chiaro destinano almeno il 30 per cento alle opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte, e le emittenti e i fornitori di contenuti e di programmi a pagamento destinano almeno il 35 per cento alle opere di espressione originale italiana ovunque prodotte appartenenti al genere di prevalente emissione da parte del soggetto obbligato. La concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo destina alle opere europee una quota non inferiore al 15 per cento dei ricavi complessivi annui derivanti dagli abbonamenti relativi all'offerta radiotelevisiva nonché i ricavi pubblicitari connessi alla stessa, al netto degli introiti derivanti da convenzioni con la pubblica amministrazione e dalla vendita di beni e servizi; all'interno di questa quota, nel contratto di servizio è stabilita una riserva non inferiore al 20 per cento da destinare alla produzione, al finanziamento, al pre-acquisto o all'acquisto di opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte e una riserva non inferiore al 5 per cento da destinare a opere di animazione appositamente prodotte per la formazione dell'infanzia. Gli operatori di comunicazioni elettroniche su reti fisse e mobili contribuiscono, gradualmente e tenuto conto delle condizioni del mercato, alla promozione e al sostegno finanziario delle opere audiovisive europee, destinando una quota dei ricavi derivanti dal traffico di contenuti audiovisivi offerti al pubblico a pagamento indipendentemente dalla tecnologia di trasmissione, secondo criteri e modalità stabiliti dall'Autorità con apposito regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. In merito all'obbligo di programmazione di cui al presente comma, è previsto un periodo transitorio di dodici mesi per consentire ai fornitori di contenuti e ai fornitori di programmi in pay-per-view l'adeguamento graduale al suddetto obbligo»;

b) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. L'Autorità adotta entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione un regolamento che definisce le modalità di comunicazione dell'adempimento degli obblighi di cui al presente articolo nel rispetto dei princìpi di riservatezza previsti dal codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e le sanzioni in caso di inadempienza».

2. All'articolo 51, comma 3, lettera d), del testo unico della radiotelevisione di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono apportate le seguenti modifiche:

a) le parole: «da 1.040 euro a 5.200 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da 5.165 euro a 51.646 euro»;

b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche nel caso in cui la pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici sia gestita, su incarico degli stessi, da agenzie pubblicitarie o centri media».


 

 

L’articolo 72, così come modificato dal Senato, apporta alcune modifiche al testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo 31 luglio 2005, n.177) sostituendo, al comma 1, i commi 3 e 5 dell’articolo 44, recante promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, ed introducendo, al comma 2, alcune modifiche all’articolo 51, in materia di sanzioni di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

 

Nel testo vigente l'articolo 44, comma 3, del testo unico dispone in favore delle opere europee realizzate da produttori indipendenti una riserva del 10 per cento (calcolato escludendo il tempo dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi teletext, talk show o televendite) dei tempi di diffusione delle emittenti private; la riserva è del 20 per cento per la RAI.

Il vigente comma 5 dispone che:

•    le emittenti televisive soggette alla giurisdizione italiana, indipendentemente dalle modalità di trasmissione, riservano una quota dei loro introiti netti annui derivanti da pubblicità alla produzione e all'acquisto di programmi audiovisivi, compresi i film in misura non inferiore al 40 per cento della quota suddetta, e di programmi specificamente rivolti ai minori, di produzioni europee, ivi comprese quelle realizzate da produttori indipendenti; tale quota non può comunque essere inferiore al 10 per cento degli introiti stessi.

•    la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, a partire dal contratto di servizio per il triennio 2006-2008, destina una quota non inferiore al 15 per cento dei ricavi complessivi annui alla produzione di opere europee, ivi comprese quelle realizzate da produttori indipendenti; all'interno di queste quote, nel contratto di servizio dovrà essere stabilita una riserva di produzione, o acquisto, da produttori indipendenti italiani o europei, di cartone animato appositamente prodotto per la formazione dell'infanzia.

L’articolo 51, comma 3, lett.d), nel testo attualmente vigente, dispone che, in caso di violazione delle disposizioni in materia di pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni delibera l’irrogazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 1.040 euro a 5.200 euro.

 

La principale novità introdotta con l’articolo in esame consiste nell’introdurre, come è dato leggere nella relazione illustrativa al provvedimento, alcune sottoquote per le opere cinematografiche di espressione originale italiana.

In particolare viene disposto che:

-       in materia di programmazione, le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi ed i fornitori di programmi in pay-per-view (queste due ultime categorie non sono contemplate nel testo vigente dell’articolo 44) devono riservare il 20 per cento della quota (pari al 10 per cento) destinata alla diffusione di opere europee realizzate da produttori europei, alla visione di opere cinematografiche di espressione originale italiana (nel caso delle emittente pubblica l’obbligo riguarda il 10 per cento della quota destinata ai film europei, pari 20 per cento della programmazione). Per i fornitori di contenuti e di programmi in pay-per-view è previsto un periodo transitorio di dodici mesi per consentire l’adeguamento graduale ai nuovi obblighi introdotti;

-       in materia di finanziamento ed acquisizione di opere cinematografiche, le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi ed i fornitori di programmi in pay-per-view (anche in questo caso queste due ultime categorie non sono contemplate nel testo vigente dell’articolo 44) sono tenuti a destinare a favore delle opere cinematografiche di espressione originale italiana il 30 per cento della quota (pari al 10 per cento) degli introiti che già la legislazione vigente chiede che siano vincolati all’acquisto delle opere europee (nel caso di programmi a pagamento la quota è del 35%). La concessionaria del servizio pubblico televisivo è chiamata a riservare, a favore delle opere di origine italiana, il 20 per cento della quota (pari al 15 per cento) dei ricavi destinati all’acquisto o al finanziamento delle opere europee, con una riserva non inferiore al 5%, da destinare ad opere di animazione appositamente prodotte per la formazione dell’infanzia. Ulteriore novità consiste nell’aver reso partecipi della promozione delle opere audiovisive europee anche gli operatori di comunicazioni elettroniche su reti fisse e mobili.

Infine, il comma 5 dell’articolo 44 del testo unico, originariamente abrogato nel testo presentato dal Governo (dal momento che le disposizioni ivi contenute risultano assorbite da quanto contenuto nel comma 3), è, nel testo approvato dal Senato, sostituito con una nuova disposizione. Secondo le nuove norme introdotte, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta, entro tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, un regolamento nel quale sono definite le modalità di comunicazione dell’adempimento degli obblighi previsti dall’articolo 44 e le sanzioni in caso di inadempienza.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame aumenta l’entità delle sanzioni collegate agli eventuali inadempimenti di cui si rendono responsabili le amministrazioni e gli enti pubblici anche economici nel momento in cui destinano alcune somme, per fini di comunicazione istituzionale, all’acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa (l’articolo 41 del testo unico prevede che tali somme devono essere destinate per almeno il 15 per cento a favore dell’emittenza privata televisiva locale e radiofonica locale operante nei territori dei Paesi membri dell’Unione europea e per almeno il 50 per cento a favore dei giornali quotidiani e periodici. Di tali destinazioni sono tenuti a darne comunicazione all’Autorità).

Nel caso di mancato rispetto delle disposizioni in esame, l’Autorità delibera l’irrogazione della sanzione amministrativa connessa al pagamento di una somma che attualmente oscilla da 1.40 a 5.200 euro e che il testo in esame sostituisce con una somma da 5.165 a 51.646 euro. Tale sanzione si applica, secondo quanto introdotto dal comma in esame, lettera b), anche nel caso in cui la pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici sia gestita, su incarico degli stessi, da agenzie pubblicitarie o centri media.


Articolo 73
(Sviluppo mercato postale)

 

1. Dopo il comma 5 dell'articolo 4 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, è aggiunto il seguente:

«5-bis. Nell'ottica di favorire un ulteriore sviluppo del mercato postale, migliorando la qualità dei servizi offerti e preservando il livello occupazionale delle imprese del settore, il fornitore del servizio universale può prorogare gli accordi in essere con operatori privati già titolari di concessione del Ministero delle comunicazioni ai sensi dell'articolo 29, primo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156».

 

 

L’articolo 73, introdotto dal Senato, reca un’integrazione all’articolo 4 del decreto legislativo n. 261/261, (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio), con l’aggiunta di un comma 5 bis. L’articolo 4 in oggetto concerne i servizi postali che possono essere riservati al fornitore universale (Poste italiane s.p.a.), specificando che essi comprendono raccolta, trasporto, smistamento e distribuzione di corrispondenza con limite di peso fino a 50 grammi.

Il comma 5-bis introdotto dall’articolo in esame prevede che, al fine di favorire lo sviluppo del mercato postale migliorando la qualità dei servizi e mantenendo i libelli occupazionali delle imprese operanti nel settore, il fornitore del servizio universale può prorogare gli accordi già conclusi con operatori privati titolari di concessione del Ministero delle comunicazioni, ai sensi dell’articolo 29 del D.P.R. n. 156/1973 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), e, pertanto, secondo il regime vigente prima della liberalizzazione dei servizi di recapito.

Tale articolo prevedeva consentiva al direttore provinciale delle poste la facoltà di dare in concessione a privati i seguenti servizi postali:accettazione e recapito di corrispondenze entro i comuni di provenienza; recapito con mezzi propri da parte di banche, ditte, enti, delle proprie corrispondenze entro i confini dei comuni di residenza;recapito delle corrispondenze ordinarie e raccomandate per espresso;esercizio dei casellari per la distribuzione delle corrispondenze;impianti di comunicazione dirette pneumatiche con uffici postali collegati alla rete di posta pneumatica dello stato;trasporto di colli e pacchi entro il limite di peso di 20 chilogrammi. A norma dell'’articolo 1 del D.M. 5 agosto 1997 tali concessioni postali, in scadenza nell'anno 1997, vennero prorogate al 31 dicembre 1998 e, successivamente, al 31 dicembre 2000, ai sensi dell'articolo 23, comma 3, del d.lgs. n. 261/1999. Il comma 5 dello stesso articolo 23 prevede inoltre che la società Poste Italiane possa realizzare accordi con gli operatori privati, anche dopo la scadenza delle concessioni di cui all'art. 29 del D.P.R. n. 156/1973, al fine di ottimizzare i servizi, favorendo il miglioramento della qualità dei servizi stessi anche attraverso l'utilizzazione delle professionalità già esistenti.

 

Si ricorda chei servizi postali dei Paesi comunitari sono disciplinati attualmente dalla direttiva 97/67/CE,che ha istituito un quadro regolamentare volto a garantire la fornitura del servizio postale universale in tutta l’Unione europea, anche mediante una maggiore armonizzazione delle norme che disciplinano il settore e la fissazione dei limiti massimi per i servizi postali suscettibili di essere riservati dagli Stati membri ai fornitori del servizio universale. La parziale apertura del mercato dei servizi postali alla concorrenza è stata attuata con il decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, che è intervenuto in attuazione della  citata direttiva 97/67/CE. Il decreto legislativo è stato poi modificato da parte del decreto legislativo 23 dicembre 2003, n. 384, intervenuto anch’essoper il recepimento di normativa comunitaria, e in particolare della direttiva 2002/39/CE (che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali), e in attuazione della delega recata dall’articolo 19 della legge 3 febbraio 2003, n. 14 (comunitaria 2002).

Gli aspetti più significativi della disciplina prevista dal D.Lgs. 261/1999 possono essere così individuati:

§         attribuzione al Ministero delle comunicazioni dei compiti di autorità nazionale di regolamentazione;

§         definizione dell’area del servizio universale;

§         affidamento a Poste Italiane S.p.A. della fornitura del servizio universale per un periodo non superiore a quindici anni;

§         individuazione dell’area dei servizi da riservare al fornitore del servizio universale – e quindi in sede di prima attuazione a Poste Italiane S.p.A. – ai fini del mantenimento del servizio universale;

§         definizione di un sistema di separazione contabile per i diversi servizi svolti da parte del fornitore del servizio universale;

§         introduzione degli istituti della licenza individuale e dell’autorizzazione generale ai fini dell’espletamento di servizi postali.

 

I rapporti tra il Ministero delle comunicazioni quale Autorità di regolamentazione e vigilanza postale e Poste Italiane Spa, in veste di concessionaria del servizio postale universale, sono regolati da un contratto di programma.

In proposito, è opportuno segnalare che, nella seduta del 13 novembre scorso, la IX Commissione della Camera ha espresso favorevole con osservazioni sullo schema di contratto di programma 2006-2008. Nell’ambito delle osservazioni formulate, la Commissione invita il Governo a dare completa attuazione alla risoluzione n. 8-00022, relativa ai contratti in essere tra Poste Italiane e le agenzie di recapito postale, approvata dalla IX Commissione nella seduta del 28 novembre 2006, tenendo conto del Memorandum in corso di discussione fra Ministero delle comunicazioni, Poste Italiane, Agenzie di recapito e Organizzazioni sindacali.

In particolare, la risoluzione citata impegna il Governo “a intervenire urgentemente nei confronti di Poste Italiane affinché proroghi i contratti in essere intanto sino al 30 giugno 2007 e promuova un tavolo di concertazione fra le parti interessate, Poste Italiane, imprese e organizzazioni sindacali, per definire le modalità di attuazione della disciplina europea; a indicare un percorso esplicito di definizione della strategia industriale di Poste Italiane, che appare oggi carente, sia nei rapporti con aziende private, sia in rapporto alla liberalizzazione ed alla necessità di realizzare assetti atti a fronteggiare con successo la nuova situazione di mercato; a far inserire a Poste Italiane, tra le clausole dei nuovi contratti, il rigoroso rispetto della circolare del Ministero del lavoro del luglio 2006 in relazione al lavoro precario ed a quello a tempo indeterminato sia per ristabilire regole «giuste» che per evitare fenomeni di concorrenza sleale tra le imprese sulle condizioni normative e retributive delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 18 ottobre 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2006)594) volta a modificare la direttiva 97/67/CE relativa a regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari ed il miglioramento della qualità del servizio (cosiddetta “direttiva postale”).

 L’obiettivo della proposta è quello di completare la realizzazione del mercato interno dei servizi postali entro il 2009, abolendo i diritti speciali o esclusivi e garantendo un livello comune di servizio universale per tutti gli utenti. La Commissione precisa che, in caso di conflitto con altre norme comunitarie, e in particolare con riferimento alla direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno (cosiddetta “direttiva Bolkenstein”), prevarranno le disposizioni della nuova direttiva postale.

L’11 luglio 2007 il Parlamento europeo ha esaminato in prima lettura la proposta di direttiva, approvando emendamenti. Il 1° ottobre 2007 il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico in vista della posizione comune. Il 9 novembre 2007 il Consiglio ha adottato la posizione comune che verrà trasmessa al Parlamento europeo per la seconda lettura, secondo la procedura di codecisione.

Il testo convenuto dai ministri prevede la completa apertura del mercato dei servizi postali entro il 31 dicembre 2010, nonché la possibilità per alcuni Stati membri (identificati nella proposta) di posticipare l’attuazione della direttiva di due anni (fino al 31 dicembre 2012), previa notifica alla Commissione[275]. Chiarisce altresì i criteri e i motivi per i quali alcuni Stati membri potrebbero beneficiare di tale rinvio di data. Il progetto di direttiva include poi una clausola di reciprocità, in virtù della quale gli Stati membri che aprono completamente i loro mercati postali possono, per un periodo limitato (dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2012), rifiutarsi di concedere l’autorizzazione agli operatori postali che operano in uno Stato membro che mantiene il settore riservato fino alla fine del 2012.

Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 ha invitato il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione a concludere con celerità l’esame della proposta di direttiva in oggetto.

 

L’8 febbraio 2007 la Commissione trasporti della Camera dei deputati ha approvato un documento finale, a conclusione dell’esame della proposta di direttiva che modifica la direttiva 97/67/CE relativa al pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (COM(2006) 594). Con il documento si invita il Governo ad adoperarsi nelle competenti sedi decisionali comunitarie, affinché:

-    la definizione della data di effettiva apertura del mercato dei servizi postali sia correlata all'esigenza di garantire livelli ottimali di fornitura del servizio universale;

-    sia pertanto preliminarmente effettuata, in ambito comunitario, un'analisi dettagliata della questione del finanziamento dell'onere del servizio postale universale in un mercato completamente aperto;

-    sempre con riguardo all'esigenza di assicurare al fornitore del servizio universale gli strumenti finanziari indispensabili a coprire i maggiori costi derivanti dalla completa liberalizzazione del mercato postale, sia introdotta un'esplicita copertura giuridica nell'ambito dell'ordinamento comunitario delle misure di accompagnamento prefigurate nella proposta di direttiva.


Articolo 74
(Sostegno all’internazionalizzazione del sistema economico italiano)

 


1. Le somme disponibili al 31 dicembre 2007 relative alle autorizzazioni di spesa di cui agli articoli 1 e 3 della legge 31 marzo 2005, n. 56, nel limite massimo rispettivamente di euro 12 milioni e di euro 2 milioni, sono mantenute nel conto dei residui per essere versate all'entrata del bilancio statale nell'anno 2008 e successivamente riassegnate nello stato di previsione del Ministero del commercio internazionale per essere destinate alle finalità di cui all'articolo 4, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

2. Per l'anno 2008, una quota pari a 50 milioni di euro delle disponibilità del fondo di cui all'articolo 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, è versata all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata al fondo di cui all'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295, quale disponibilità impegnabile per le finalità connesse alle attività di credito all'esportazione.

3. Il fondo di cui all'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295, per le attività connesse al pagamento dei contributi agli interessi previsti in favore dei soggetti di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, è integrato di 20 milioni di euro per l'anno 2008 e di 130 milioni di euro per l'anno 2009.


 

 

L’articolo 74, modificato al Senato, interviene in materia di sostegno all’internazionalizzazione del sistema economico italiano.

Il comma 1  prevede una diversa allocazione delle risorse finanziarie che la legge 56 del 2005[276], recante misure per l’internazionalizzazione delle imprese, destinava al progetto “Sportelli Italia all’estero” che non ha dato i risultati sperati. In particolare, la norma dispone che le risorse in questione - disponibili al 31 dicembre 2008  siano versate all'entrata del bilancio statale dell'anno 2008 e successivamente riassegnate al stato di previsione del Ministero del commercio internazionale per essere destinate alle finalità previste dal comma 61, art. 4,  della legge finanziaria 2004[277].

Si tratta di somme che altrimenti sarebbero andate in economia in quanto non utilizzate e che la disposizione in esame destina al finanziamento, in compartecipazione paritaria con fondi privati, (come si precisa nella relazione governativa) in particolare a due progetti di promozione all’estero di settori produttivi di eccellenza del made in italy e a un progetto promozionale, destinato alle piccole imprese, focalizzato sui mercati di prossimità (Balcani, Mediterraneo, Est Europa). Parte delle risorse sono, inoltre, destinate a rafforzare il sistema sistema delle camere di commercio all’estero e alla proroga per ulteriori due anni dei contratti a tempo determinato stipulati - in attuazione dell’art. 2 della legge 56/05 - con i funzionari assunti al fine di supportare le funzioni attribuite agli sportelli unici all'estero e che scadono nel 2008.

Il richiamato comma 61 della legge finanziaria per il 2004 ha istituito un Fondo, presso il Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), finalizzato al:

-        sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore del made in Italy. Fra le attività da realizzare per la campagna si indica anche l'istituzione di un marchio finalizzato alla tutela delle merci prodotte interamente nel territorio italiano o assimilate, nonché la regolamentazione dell'indicazione di origine;

-        potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla diffusione del made in Italy nel mercati mediterranei, dell’Europa continentale ed orientale, a cura di un’apposita sezione della Scuola superiore del Ministero dell’economia e delle finanze, collocata nelle due delle sedi periferiche esistenti, con particolare attenzione alla vocazione geografica di ciascuna nell’ambito del territorio nazionale.

 

Quanto alla legge 56/2005 si ricorda che all’articolo 1 ha previsto l’istituzione di sportelli unici all’estero (c.d. Sportelli Italia), quali strutture in grado di consentire una più efficace azione dei soggetti pubblici e privati operanti nel comparto e di garantire una maggior coerenza delle attività di promozione e di sostegno all’internazionalizzazione con gli obiettivi di politica internazionale del Governo. A tal fine la legge ha autorizzato una spesa complessiva di 6 milioni di euro per l'anno 2004 e 19,8 milioni di euro circa per l'anno 2005.

La promozione di investimenti per la costituzione di sportelli unici all'estero spetta al Ministro delle attività produttive (oggi Ministro del commercio internazionale) e al Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie. La costituzione degli sportelli unici è realizzata individuando prioritariamente i Paesi di maggiore interesse economico, commerciale e imprenditoriale per l'Italia, anche al fine di razionalizzare gli strumenti già esistenti, e quelli dove non esistono strutture pubbliche adeguate capaci di assicurare le attività di promozione commerciale e di sostegno alle imprese italiane. Ai fini della costituzione degli sportelli va altresì tenuto conto, in via prioritaria, delle aree di libero scambio e di integrazione economica, nonché delle macroaree di interesse economico-commerciale.

Gli sportelli esercitano funzioni di orientamento, assistenza e consulenza ad imprese ed operatori, italiani ed esteri, in riferimento anche all'attività di attrazione degli investimenti esteri in Italia, nonché di coordinamento di attività promozionali realizzate in loco da enti pubblici e privati. Gli sportelli svolgono altresì funzioni di assistenza legale alle imprese e di tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale nonché di lotta alla contraffazione, in stretto collegamento con il comitato nazionale anticontraffazione istituito presso il Ministero delle attività produttive. All'attività degli sportelli partecipano gli uffici dell'ICE, dell'ENIT, di Sviluppo Italia e di enti e istituzioni nazionali. Possono altresì aderirvi istituti di credito, consorzi di garanzia fidi e rappresentanze dei sistemi fieristici. I responsabili degli sportelli unici all'estero sono inseriti nell'organico della rappresentanza diplomatica o dell'ufficio consolare in qualità di esperti.

 

La legge ha previsto, altresì, l’istituzione di strutture statali o regionali - anche avvalendosi dell'ICE e di Sviluppo Italia spa - per la formazione del personale operante nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese, autorizzando a tal fine la spesa di 3,3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 (art. 3).

Gli specifici investimenti, anche a carattere pluriennale, previsti dall’art. 3 sono autorizzati nell'ambito di accordi di programma con le regioni conclusi dal Ministero delle attività produttive (ora Ministero del commercio internazionale).

 

Si segnala che nella relazione illustrativa del Governo al disegno di legge in esame si afferma che trattasi di interventi "il cui disegno non appare attualmente più condiviso dagli attori che ne dovrebbero essere protagonisti".

 

Il comma 2, introdotto al Senato, destina 50 milioni di euro alle attività di credito all'esportazione per l'anno 2008. A tale fine 50 milioni di euro sono prelevati dal fondo istituito dall'articolo 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251[278] presso il Mediocredito centrale per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici per essere versati all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnati al fondo previsto dall'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295[279].

 

Il citato fondo presso il Mediocredito centrale è stato istituito dall'articolo 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, Esso prevede un fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici in Paesi diversi da quelli delle Comunità europee a fronte di:

-        programmi di penetrazione commerciale comprendenti studi di mercato, spese di dimostrazione e di pubblicità, spese per la costituzione di depositi e di campionamenti, costi di rappresentanze permanenti all'estero e per il funzionamento di uffici o filiali di vendita e di centri assistenziali, spese per la costituzione di reti di vendita e di assistenza all'estero, relativamente ai rischi e di mancato o incompleto ammortamento dei costi sostenuti per avviare o ampliare correnti di esportazione, in dipendenza di mancata riscossione derivante da guerra o evento catastrofico nonché di nazionalizzazione, espropriazione senza adeguato indennizzo, confisca, sequestro da parte dell'autorità straniera, ovvero di altri provvedimenti o comportamenti posti in essere da parte della stessa autorità.

-        attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia.

Il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 143[280]  all'articolo 25 ha attribuito con decorrenza 1° gennaio 1999 alla SIMEST la gestione di vari interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema tra cui il fondo previsto dal decreto-legge n. 251/1981. La SIMEST spa è succeduta nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali l'attuale ente gestore dei fondi trasferiti era titolare.

 

Il fondo previsto dall'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295 finanzia gli interventi previsti dalle leggi 24 maggio 1977 n. 277, 24 aprile 1990, n. 100[281] e 9 gennaio 1991, n. 19[282]. Anche la gestione di tali interventi è stata attribuita alla SIMEST ai sensi del citato articolo 25 del D.Lgs. 143/1998.

Il fondo finanzia gli interventi di sostegno all'internazionalizzazione del sistema produttivo ed in particolare:

a.       per crediti all'esportazione, in relazione a forniture all'estero di macchinari, studi, progettazioni e servizi di origine italiana (D.Lgs. 143/1998);

b.       investimenti all'estero, in relazione a crediti ottenuti da imprese italiane per il parziale finanziamento della loro quota di capitale di rischio in imprese partecipate dalla SIMEST spa, in paesi non appartenenti all'Unione Europea (legge 100/1990); per crediti ottenuti dalle imprese del Triveneto per il finanziamento della loro quota di capitale di rischio in imprese partecipate dalla FINEST spa in paesi dell'Europa Centrale e Orientale (legge 19/1991).

Il Fondo di cui alla legge 295/1973 è amministrato da un Comitato agevolazioni composto da rappresentanti del Ministero del commercio internazionale, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero degli affari esteri; da un rappresentante designato dalle regioni e da uno designato dall'ABI.

La destinazione di tale fondo, inserito nel fondo per gli investimenti del Ministero dell'economia e delle finanze, è soggetta a parere parlamentare[283].

 

Il comma 3, introdotto al Senato, prevede un aumento di 20 milioni per l'anno 2008 e di 130 milioni per l'anno 2009 del fondo di cui all'articolo 3 della legge 295/1973 per le attività connesse al pagamento dei contributi agli interessi previsti in favore dei seguenti soggetti[284]:

a) operatori nazionali che ottengano finanziamenti all'estero anche per il tramite di banche nazionali;

b) banche, nazionali o estere, che concedano finanziamenti agli operatori nazionali o alla controparte estera;

c) acquirenti esteri di beni e servizi nazionali, nonché i committenti esteri di studi, progettazioni e lavori da eseguirsi da imprese nazionali.

 

Conseguentemente la tabella A del Ministero dell'economia e delle finanze è ridotta per i suddetti importi per gli anni 2008 e 2009.

 

L'articolo 14 del D.Lgs. 143/1998 ha previsto che il soggetto gestore del Fondo di cui all'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295, corrisponda, a valere sulle disponibilità del predetto Fondo, contributi agli interessi ai soggetti di cui al comma 3 in esame, a fronte di operazioni di finanziamento di crediti anche nella forma di locazione finanziaria, relativi a esportazioni di merci, prestazioni di servizi, nonché esecuzione di studi, progettazioni e lavori all'estero. I contributi agli interessi possono essere estesi anche ai finanziamenti relativi alla fase di approntamento della fornitura a fronte di titoli di credito rilasciati dal debitore estero, o di altra idonea documentazione, prima della effettiva esportazione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Made in

Il 16 dicembre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento relativa all’indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi (COM (2005) 661).

Attualmente sulla maggior parte dei prodotti commercializzati nell’Unione europea non vi è l’obbligo di indicare il nome del paese di origine.

La proposta di regolamento prevede l’introduzione di un sistema di marchio di origine obbligatorio: tale sistema riguarda un certo numero di settori che lo ritengono vantaggioso ed è applicabile esclusivamente alle merci importate.

La Commissione sottolinea che, al fine di ridurre per quanto possibile l'onere derivante dall'applicazione del nuovo sistema, il regolamento limita gli obblighi e le condizioni di apposizione del marchio sui prodotti al minimo indispensabile per garantire che il marchio di origine sia facilmente riconosciuto e compreso dal consumatore, pur non essendo, al tempo stesso, facilmente sostituibile o imitabile. Quanto al regime linguistico, il regolamento offre la possibilità di redigere e apporre la dicitura “Fabbricato in”, o altra espressione analoga in una qualsiasi delle lingue ufficiali della Comunità europea che sia comprensibile per l’acquirente finale. Riconoscendo che i mezzi specifici per l’apposizione di un marchio di origine possono dipendere dal tipo di prodotto, il regolamento dà facoltà alla Commissione di disciplinare ulteriormente questo aspetto. Considerando inoltre che anche altri settori potrebbero essere interessati ad aderire al sistema del marchio di origine, o che il marchio di origine potrebbe rivelarsi meno pertinente per altri settori, il regolamento dà altresì facoltà alla Commissione di includere o eliminare i settori in questione.

La proposta è in attesa di essere esaminata dal Consiglio che, in base all’articolo 133, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della CE delibera senza l’obbligo di acquisire il parere del Parlamento europeo.

Sull’argomento si è comunque espresso anche il Parlamento europeo, che il 6 luglio 2006 ha approvato una risoluzione con la quale sottolinea l’importanza dell’introduzione del marchio origine, della promozione dell’immagine delle industria europea nonché della protezione dei consumatori; invita Commissione e Consiglio a compiere tutti i passi necessari per assicurare parità di condizioni con i partner commerciali che hanno applicato le disposizioni in materia di marchio di origine e a porre in essere un’adeguata sorveglianza doganale.

Si segnala infine che il 25 ottobre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una dichiarazione scritta con la quale chiede agli Stati membri di adottare senza indugio la proposta di regolamento volta a introdurre l'indicazione obbligatoria del paese di origine di alcuni prodotti importati da paesi terzi nell'UE.I deputati sottolineano che ciò è nell'interesse dei consumatori, dell'industria e della competitività nell'Unione europea. La dichiarazione, presentata nel corso del mese di settembre scorso al fine di sbloccare la situazione, è stata sottoscritta dalla maggioranza dei deputati; pertanto, sarà iscritta al processo verbale della seduta dell’11 dicembre 2007 tra i testi approvati e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale diventando così posizione ufficiale dell'Assemblea.


Articolo 75
(Promozione e sicurezza della rete trapiantologica)

 


1. Per consentire ai centri regionali per i trapianti di cui all'articolo 10 della legge 1o aprile 1999, n. 91, l'effettuazione di controlli e interventi finalizzati alla promozione e alla verifica della sicurezza della rete trapiantologica, è autorizzata, a partire dal 2008, la spesa di euro 700.000. Le risorse di cui al presente comma sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, a decorrere dal 2008, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2004, n. 138.

2. Al fine di razionalizzare i costi e ottimizzare l'impiego dei fondi di funzionamento, nonché di organizzare le risorse umane e logistiche necessarie al conseguimento degli obiettivi di sanità pubblica attribuitigli dalla legge, il Centro nazionale per i trapianti, istituito con legge 1o aprile 1999, n. 91, ai fini dell'esercizio delle funzioni di coordinamento e controllo delle attività di donazione, prelievo e trapianto di organi, tessuti e cellule, fatta salva la disciplina prevista dalla legge 21 ottobre 2005, n. 219, può:

a) stipulare accordi di collaborazione e convenzioni con amministrazioni pubbliche, enti, istituti, associazioni ed altre persone giuridiche pubbliche o private, nazionali, comunitarie o internazionali;

b) stipulare, nei limiti del finanziamento costituito dai fondi istituzionali e da quelli provenienti da programmi di ricerca nazionali ed internazionali, contratti di lavoro secondo le modalità previste dalle norme vigenti nella pubblica amministrazione, ivi compresa quella di cui all'articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, in quanto compatibile.


 

 

L’articolo 75 reca disposizioni finalizzate agli interventi di promozione e sicurezza della rete trapiantologica.

Il comma 1 - nel testo modificato dal Senato - prevede un'ulteriore autorizzazione di spesa, pari a euro 700.000 annui a decorrere dal 2008, in favore dei centri regionali per i trapianti, istituiti ai sensi dall'articolo 10 della legge 1° aprile 1999, n. 91[285].

Il nuovo stanziamento è concesso per permettere ai centri suddetti lo svolgimento di controlli ed interventi intesi alla promozione ed alla verifica della sicurezza della "rete trapiantologica".

Il riparto delle risorse è operato con decreto del Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si rileva che il comma 1 menziona solo i centri regionali, mentre il riferimento sostanziale sembrerebbe posto anche in favore dei centri interregionali (cfr. infra).

 

La misura attuale dello stanziamento annuo in favore dei centri regionali ed interregionali è pari a 2.169.119 euro, ai sensi dell'articolo 10, comma 8, della citata legge n. 91 del 1999.

Il testo originario del presente comma attribuiva lo stanziamento aggiuntivo in oggetto, per le medesime finalità, al Centro nazionale per i trapianti - costituito presso l'Istituto superiore di sanità, ai sensi dell'articolo 8 della citata legge n. 91 del 1999[286].

All'autorizzazione di spesa in esame si fa fronte riducendo nella misura corrispondente lo stanziamento di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2004, n. 138 (stanziamento relativo al Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie, istituito presso il Ministero della salute)[287].

 

Si ricorda che le funzioni del Centro nazionale per i trapianti - tra cui la tenuta delle liste dei soggetti in attesa di trapianto, l'individuazione dei criteri per la definizione di protocolli operativi per l'assegnazione degli organi e dei tessuti (ai fini dei trapianti) e la definizione delle linee guida rivolte ai centri regionali o interregionali per i trapianti (allo scopo di assicurare l'uniformità dell'attività di prelievo e di trapianto sul territorio nazionale) - sono definite dal comma 6 del citato articolo 8 della legge n. 91 del 1999.

Le funzioni dei centri regionali per i trapianti - tra cui compiti di coordinamento nel settore in esame e nell'àmbito del relativo territorio, nonché di controllo sull'esecuzione di alcuni test - sono individuate dall'articolo 10, comma 6, della citata legge n. 91 del 1999.

Inoltre, i centri possono essere anche interregionali, se costituiti in associazione da più regioni, secondo la disciplina di cui al suddetto articolo 10 della legge n. 91 del 1999 (i centri interregionali hanno le medesime funzioni di quelli regionali).

 

Il comma 2 al fine di razionalizzare i costi e ottimizzare l’impiego dei fondi di funzionamento, nonché di organizzare le risorse umane e logistiche necessarie al conseguimento degli obiettivi di sanità pubblica, modifica la disciplina relativa alle attribuzioni del Centro nazionale per i trapianti, disponendo che esso, ai fini dell'esercizio delle funzioni di coordinamento e controllo delle attività di donazione, prelievo e trapianto di organi, tessuti e cellule, possa:

§      stipulare accordi di collaborazione e convenzioni con amministrazioni pubbliche, enti, istituti, associazioni ed altre persone giuridiche pubbliche o private, nazionali, comunitarie od internazionali;

§      concludere - nei limiti delle risorse derivanti dai fondi istituzionali e dai programmi di ricerca nazionali ed internazionali - contratti di lavoro secondo le modalità previste per le pubbliche amministrazioni. Tra queste ultime modalità sono esplicitamente comprese, per quanto compatibili, quelle relative ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle aziende sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere ai sensi dell'articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

Le disposizioni in esame fanno in ogni caso salva la disciplina dettata dalla legge 21 ottobre 2005, n. 219 che regolamenta le attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti e dei prodotti emoderivati.

 

Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, i direttori generali possono conferire incarichi per l'espletamento di funzioni particolari mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, entro il limite del due per cento della dotazione organica della dirigenza, a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale. I contratti hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo.

Le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere possono stipulare, oltre a quelli sopradescritti, contratti a tempo determinato, in numero non superiore al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, a esclusione della dirigenza medica, nonché della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa, per l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, ad esperti di provata competenza che non godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 16 ottobre 2006 la Commissione ha presentato una relazione[288]sulla promozione delle donazioni volontarie non retribuite di cellule e tessuti (COM(2006)593). La relazione, da un lato, riassume i provvedimenti adottati dagli Stati membri per cercare di garantire tali donazioni - in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 12 della direttiva 2004/23/CE, relativa alla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane[289] - dall’altro, suggerisce alcune iniziative:

§  gli Stati membri dovrebbero reperire più dettagliate informazioni  sulle prassi quotidiane di compensazione nei vari ospedali o presso le organizzazioni di raccolta, per trasmetterle successivamente alla Commissione;

§  basandosi su tali informazioni la Commissione potrebbe discutere con gli Stati membri della necessità di pubblicare linee guida per l’attuazione del principio della donazione non retribuita ed eventualmente per la trasparenza degli eventuali compensi e la documentazione delle spese da rimborsare;

§  la Commissione potrebbe esaminare con gli Stati membri la necessità di pubblicare linee guida sulle misure di promozione e pubblicità a favore delle donazioni, misure che devono tener conto degli orientamenti e delle restrizioni o divieti in materia di pubblicità per quanto riguarda l’offerta di tessuti e cellule umane per ottenere vantaggi economici.

Il 3 maggio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione sulla “Donazione e trapianto di organi: azioni politiche a livello UE” (COM(2007)275). Il documento illustra le iniziative che la Commissione intende assumere in materia per garantire la qualità e la sicurezza degli organi, per fare aumentare la loro disponibilità e combatterne il traffico, e per rendere più efficienti e accessibili i sistemi dei trapianti. Dopo aver analizzato i problemi principali da affrontare, la Commissione sottolinea nel documento come l’approccio organizzativo più efficace sembra consistere in un sistema flessibile che combini una rete decentrata formata da organizzazioni locali – attive principalmente nel reperimento degli organi – con la promozione della donazione presso grandi organizzazioni impegnate soprattutto ad incoraggiare la “messa in comune” degli organi  e la cooperazione. La Commissione avrebbe intenzione quindi di proporre:

§      un piano d’azione per una cooperazione rafforzata fra Stati membri;

§      una proposta di direttiva sulla qualità e la sicurezza della donazione e del trapianto di organi recante un quadro giuridico inglobante l’istituzione di autorità nazionali di sorveglianza o responsabilità dell’attuazione della direttiva, un insieme comune di norme sulla qualità e sulla sicurezza, la garanzia della rintracciabilità e la segnalazione di gravi eventi o reazioni, l’istituzione di strutture ispettive e di misure di controllo, la garanzia di una completa caratterizzazione degli organi per dar modo alle equipes di trapianto di procedere ad una appropriata valutazione del rischio.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 17 aprile 2007 la Commissione ha inviato due lettere di messa in mora all’Italia:

§      la prima[290], per non avere provveduto alla trasposizione nel diritto interno della direttiva 2004/23 sulla definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani" (tale direttiva  è stata recentemente attuata con il Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 191);

§      la seconda[291], per il mancato recepimento della direttiva 2006/17/CE di attuazione della direttiva 2004/23/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l’approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule; la direttiva 2006/7/CE avrebbe essere dovuta recepita nell’ordinamento nazionale entro il 1 novembre 2006.


Articolo 76
(Ricerca e formazione nel settore dei trasporti)

 


1. Al fine di promuovere la ricerca e la formazione in materia di trasporti anche mediante il ricorso alla ricerca e alla formazione interuniversitaria, prevedendo anche degli aiuti volti alla formazione in materia trasportistica in ambito interna­zionale, in una prospettiva multidisciplinare e multilaterale, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2008, di 5 milioni di euro per l'anno 2009 e di 10 milioni di euro per l'anno 2010.

2. Per le finalità di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 9 gennaio 2006, n. 13, e con le modalità previste dall'articolo 1, comma 1042, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

3. Per realizzare un sistema informativo del Ministero dei trasporti finalizzato anche ad attuare il trasferimento modale delle merci dalle strade verso le Autostrade del mare, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2008.

 


 

 

L’articolo in esame, al comma 1, autorizza la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2008, di 5 milioni di euro per l’anno 2009 e di 10 milioni di euro per l’anno 2010, allo scopo di promuovere la ricerca e la formazione in materia di trasporti anche mediante il ricorso alla ricerca interuniversitaria ed alla formazione in ambito internazionale, in una prospettiva multidisciplinare  e multilaterale.

 

Il comma 2 autorizza la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 in vista del consolidamento delle basi tecnologiche dell’industria marittima ed incremento del ruolo della ricerca e dello sviluppo nel miglioramento della sicurezza e della competitività della flotta finalità richiamate espressamente dall’articolo 5, comma 1, della legge 13/2006 “Disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l'uso di navi a doppio scafo e per l'ammodernamento della flotta”. I contributi sono concessi attraverso finanziamenti concessi all’INSEAN a norma dell’articolo 1, comma 1042, della legge finanziaria 2007.

 

Il comma 1042 della legge 296/2006 autorizza il Ministero dei trasporti a concedere all’Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale (INSEAN) di Roma un contributo pari a 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per le finalità di promozione della ricerca in campo navale di cui all’articolo 5 della legge 13/2006.

Il comma 1043 prevede che il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministero della difesa ed il Ministero dell’università e della ricerca, provveda con regolamento da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988, alla riorganizzazione, anche attraverso fusione ed accorpamento con altri enti pubblici di ricerca, dell’INSEAN, al fine di razionalizzare la spesa e di garantire il raggiungimento delle medesime finalità di promozione della ricerca in campo navale.

La legge 9 gennaio 2006, n. 13 prevede una serie di disposizioni volte ad incrementare la sicurezza marittima e la salvaguardia della vita umana. L’articolo 5, in materia di promozione della ricerca in campo navale, autorizza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine del miglioramento della sicurezza e della competitività della flotta, a concedere - nel quadro della disciplina comunitaria in materia e nei limiti dello stanziamento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 - all’INSEAN (Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura navale) di Roma ed al CETENA (Centro per gli studi di tecnica navale) di Genova i contributi per i rispettivi programmi di ricerca relativi al periodo 1° gennaio 2005 - 31 dicembre 2007.

 

L’INSEAN, istituito con R.D. 1429/1927, ha il compito di effettuare ricerche ed esperimenti su modelli di navi e sui loro organi propulsivi. In genere, provvede a tutte le ricerche inerenti l’architettura navale, intesa come fattore del comportamento dinamico in acqua dei mezzi navali. Le ricerche vengono eseguite sia su richiesta dell’industria privata sia su richiesta degli organi tecnici della Marina Militare e delle altre amministrazioni dello Stato. La vigilanza sull’istituto è esercitata dai Ministeri della difesa, dei trasporti e dell’economia.

 

Il comma 3 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2008 per realizzare un sistema informativo del Ministero dei trasporti finalizzato anche ad attuare il trasferimento modale delle merci dalle strade verso le autostrade del mare.

 

Le “autostrade del mare” identificano il trasporto realizzato su più percorsi, “tracciati” (tratte terrestri) e “non tracciati” (tratte marittime), secondo una modalità combinata strada-mare, rispondente all’esigenza di flussi di trasporto privi di soluzione di continuità, propria della moderna logistica ed in grado di offrire una maggiore competitività rispetto alla sola modalità terrestre, ormai congestionata e prossima alla saturazione.

Il programma europeo “Autostrade del Mare” (Motorways of the Sea) si fonda su una logica di sistema integrato di trasporti, attraverso il quale l’accrescimento dell'efficacia e della competitività del trasporto avviene compatibilmente alla tutela dell'ambiente ed al decongestionamento delle strade, dunque in un'ottica di sviluppo eco-sostenibile.

A livello nazionale sono state adottati diversi interventi per dare attuazione al progetto comunitario delle Motorways of the Sea. Tra gi altri vanno ricordati - oltre all'istituzione della società Rete Autostrade Mediterranee (RAM) - i finanziamenti per la riqualificazione e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali disposti con le leggi n. 413 del 1998 e n. 166 del 2002, gli incentivi all'autotrasporto per il trasferimento di traffico dal tutto-strada al combinato strada-mare con l'introduzione del cosiddetto Ecobonus (legge n. 265 del 2002) ed il potenziamento degli impianti e della piattaforme logistiche portuali disposto con la legge obiettivo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Formazione

Il 23 maggio 2007 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento che stabilisce norme comuni sulle condizioni da osservare per esercitare l'attività ditrasportatore su strada (COM(2007)263).Il regolamento proposto intende sostituire la direttiva 96/26/CE che stabilisce le condizioni minime di onorabilità, idoneità finanziaria eidoneità professionale che le imprese devono soddisfare per essere autorizzate a esercitare laprofessione di trasportatore stradale – il trasporto di merci e persone – a livello nazionale ointernazionale al fine di rimediare alle carenzeriscontrate nell’applicazione della suddetta direttiva sulla base dell'esperienza maturata nel settore.

In particolare, l'articolo 8 della proposta di regolamento in esame introduce un approccio comune che affianca alla formazione un esame obbligatorio per verificare l'idoneità professionale, applicabile a tutti i candidati, compresi quelli con esperienza professionale e quelli titolari di un diploma. Si prevede, inoltre, un sistema minimo di riconoscimento dei centri di esame e dei centri di formazione e promuove lo scambio di esperienze fra gli Stati membri in questo settore. Infine, è soppressa la possibilità per gli Stati membri di distinguere il livello di qualifica secondo il tipo di trasporto (internazionale o no).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura l’11 marzo 2008..

 

Il 16 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa ai requisiti minimi di formazione per la gente di mare (COM(2007)610). Lo scopo della proposta è quello di operare una rifusione della direttiva 2001/25/CE relativa alla stessa materia e di sostituire le varie direttive che essa incorpora.

La proposta in esame ribadisce la necessità di prestare un’adeguata attenzione alla formazione marittima ed allo status della gente di mare all’interno della Comunità per mantenere e sviluppare il livello delle conoscenze e delle competenze nel settore marittimo all'interno della Comunità necessario per fare fronte alle esigenze in materia di sicurezza marittima. La proposta precisa che la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali si applica alle professioni marittime che rientrano nel suo campo di applicazione, precisando tuttavia che, poiché il riconoscimento reciproco dei diplomi e dei certificati previsto dalla direttiva 2005/36/CE non garantisce sempre una formazione armonizzata per tutta la gente di mare che opera a bordo delle navi che battono bandiera di uno Stato membro, è necessario stabilire un livello minimo di formazione della gente di mare nella Comunità. Tale livello deve essere basato su norme in materia di formazione già approvate a livello internazionale, con particolare riferimento alla convenzione dell'Organizzazione Marittima Internazionale (OMI) del 1978, come riveduta nel 1995, sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (convenzione STCW, della quale tutti gli Stati membri dell’UE sono parti contraenti). E’ fatta comunque salva la facoltà per gli Stati membri di fissare criteri più rigorosi delle norme minime contenute nella convenzione STCW e nella direttiva proposta.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Autostrade del mare

Il 18 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una relazione[292] sulla realizzazione delle autostrade del mare (SEC(2007)1367), con la quale ha avviato una consultazione pubblica, chiedendo alle parti interessate di farle pervenire le proprie osservazioni entro il 20 dicembre 2007

Il documento ricorda che il concetto di autostrade del mare è stato introdotto dalla Commissione nel libro bianco sulla politica comune dei trasporti del 2001 (COM(2001)370) come parte integrante della rete transeuropea di trasporto (rete TEN-T)[293], nell’ambito della quale esse avranno la stessa importanza delle strade o delle ferrovie, con lo scopo di favorire il trasferimento di una buona parte del traffico merci dal trasporto su strada a quello marittimo e di migliorare i collegamenti con le regioni insulari e periferiche. La comunicazione ribadisce i vantaggi che le autostrade del mare presentano a tal fine, soprattutto in termini di rapporto costi-benefici e di rispetto dell’ambiente. Essa, inoltre, traccia il quadro dello stato di avanzamento della loro realizzazione e, nell’ambito della consultazione che avvia, chiede alle parti interessate di individuare possibili nuove opzioni al fine di inserire il concetto di autostrade del mare nel quadro più ampio dello sviluppo del trasporto marittimo a corto raggio. Sottolinea, tuttavia, che la realizzazione di tale obiettivo richiede una serie di interventi intesi a: snellire la burocrazia; migliorare l’efficienza, le capacità e l’accessibilità dei porti; sviluppare collegamenti di qualità e non congestionati con l’entroterra; promuovere la cooperazione con tutte le parti in causa; attuare sistemi di informazione integrati; assicurare il coordinamento degli strumenti finanziari; promuovere una concorrenza equa al fine di evitare distorsioni; promuovere un’adeguata formazione professionale degli addetti ai lavori; migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni inquinanti.

Al fine di realizzare gli interventi precedentemente descritti la comunicazione ribadisce la necessità di disporre di finanziamenti adeguati, mobilitando varie fonti di finanziamento pubbliche e private ed assicurando un coordinamento delle stesse. A tale proposito il documento ricorda che nell’ambito delle prospettive finanziarie relative al periodo 2007-2013 si è registrato un notevole incremento degli stanziamenti comunitari a favore delle autostrade del mare in seguito al loro inserimento nel programma di lavoro pluriennale relativo alle reti TEN[294] che prevede per le reti TEN una dotazione finanziaria complessiva pari a 310 milioni di euro per l’intero periodo di riferimento. La comunicazione cita gli altri strumenti finanziari nell’ambito dei quali sono contemplati finanziamenti per le autostrade del mare:

-        il programma Marco Polo II[295], di cui le autostrade del mare costituiscono una delle cinque azioni prioritarie. Il programma prevede stanziamenti fino al 35% per un massimo di 5 anni; i finanziamenti a titolo delle reti TEN e del programma Marco Polo possono essere combinati per un singolo progetto;

-        i quadri strategici nazionali di riferimento ed i programmi operativi, in via di adozione nel quadro del fondo strutturale e del fondo di coesione, che prevedono un sostegno finanziario a favore delle autostrade del mare. Azioni aggiuntive a favore delle autostrade del mare sono state cofinanziate nell’ambito del programma INTERREG III[296];

-        i finanziamenti della BEI (Banca europea per gli investimenti), in particolare nell’ambito dello specifico strumento di garanzia sui prestiti, istituito dal regolamento (CE) n. 680/2007 che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell'energia. Tale strumento coprei rischi inerenti al servizio del debito a causa del deficit della domanda e la conseguente imprevista perdita dirisorse durante il periodo operativo iniziale del progetto;

-        gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi[297] che, riconosciute le rilevanti difficoltà finanziarie che caratterizzano la promozione del trasporto marittimo a corto raggio, ammettono la possibilità per gli Stati membri di concedere finanziamenti al settore per migliorare la catena intermodale e decongestionare le strade a condizione che vengano rispettate una serie di condizioni, tra cui durata massima dell’aiuto di 3 anni e l’entità del finanziamento fino al 30% dei costi di esercizio del servizio o fino al 10% degli investimenti per l’acquisto di attrezzature di trasbordo per la fornitura del servizio previsto. Il documento ricorda peraltro che oltre agli aiuti di Stato al trasporto marittimo, diversi Stati membri hanno posto in essere altri schemi di aiuto di Stato che sostengono indirettamente il trasporto marittimo a corto raggio e cita, in particolare, il caso dell’Italia che ha previsto la concessione di incentivi fiscali agli autotrasportatori per il trasporto di merci via mare. La Commissione, riconoscendo l’importanza di tali iniziative per realizzare le autostrade del mare, invita gli Stati membri a discutere simili programmi con gli altri Stati membri interessati in un contesto regionale più vasto; inoltre, al fine di rendere più chiaro il quadro di sostegno finanziario destinato alle autostrade del mare, la Commissione sta valutando la possibilità di armonizzare e di assicurare una maggiore coerenza tra i vari strumenti finanziari;

-        il cofinanziamento offerto nell’ambito dei programmi comunitari di ricerca e sviluppo tecnologico. A tale proposito la comunicazione ricorda che nel maggio 2007 la Commissione ha firmato un contratto per il progetto di ricerca MOSES, un progetto integrato sulle autostrade del mare sviluppato nell’ambito del sesto programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico[298]. Il partenariato del progetto conta circa 50 partner ed una dotazione finanziaria pari a 20 milioni di euro destinata a sostenere la realizzazione delle autostrade del mare per il periodo 2007-2010.


Articolo 77
(Contributo al programma nazionale di ricerche aerospaziali)

 

1. Il contributo annuo dello Stato alle spese di gestione del Programma nazionale di ricerche aerospaziali (PRORA), di cui alla legge 14 febbraio 1991, n. 46, è incrementato di 3,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008.

 

 

L’articolo 77, introdotto al Senato, incrementa il contributo annuo che lo Stato destina alla gestione del Programma nazionale di ricerche aerospaziali (PRORA), di cui alla legge 14 febbraio 1991, n. 46.

L’incremento previsto ammonta a 3,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

Conseguentemente la tabella A del Ministero dell'economia e delle finanze è ridotta per i suddetti importi per gli anni 2008 -2010.

 

Il PRORA è un programma di ricerca aerospaziale - già denominato CIRA - varato nel 1979 con la delibera del CIPE del 20 luglio[299] .

La legge 14 febbraio 1991, n. 46, recante "Contributo dello Stato alle spese di gestione del Programma nazionale di ricerche aerospaziale", richiamata nell’articolo in esame, ha autorizzato una spesa di 43,5 mld. nel triennio 1991-93 e di 40 mld annui a decorrere dal 1994 quale concorso dello Stato alle spese necessarie per la gestione delle opere realizzate dal CIRA nell'ambito del suddetto Programma.

Il PRORA,la cui disciplina è stata sottoposta a revisione con il decreto 10 giugno 1998, n. 305 (Regolamento recante disciplina del Programma nazionale di ricerche aerospaziali (PRORA) e del Centro italiano di ricerche aerospaziali (CIRA S.p.a.)”, in attuazione dell’art. 5, comma 7, della legge 266/97 (c.d. legge Bersani) prevede:

-        lo svolgimento di attività di ricerca, la sperimentazione, la produzione e lo scambio di informazioni, nonché la formazione del personale nei settori aeronautico e spaziale, da realizzarsi anche attraverso la partecipazione a programmi di ricerca europei ed internazionali;

-        la realizzazione e la gestione di opere ed impianti funzionali a tali attività.

 

Il compito di definire e realizzare il PRORA è affidato al CIRA[300] sulla cui attività esercita un controllo il Ministero dell'università e della ricerca attraverso la Commissione di monitoraggio del PRORA, a cui è anche affidato il compito di formulare osservazioni e proposte per gli aggiornamenti del medesimo programma, istituita ai sensi dell’art. 2, comma 2,  del predetto regolamento.

Lo stesso decreto, al successivo art. 4 prevede il concorso dello Stato - nella gestione delle opere in ambito PRORA e per le attività istituzionali - per un importo annuo di circa 20 milioni di euro, da erogare al CIRA ed a valere sullo stato di previsione del Ministero dell’Università e della ricerca.

Si ricorda che in concomitanza con l'entrata in vigore di detto regolamento è stata abrogata la vecchia legge 16 maggio 1989, n. 184, relativa alla "Realizzazione e funzionamento del Programma nazionale di ricerche aerospaziali"(PRORA).

Si segnala che nel BLV per l’esercizio 2008 (stato di previsione  del Ministero dell’Università e della ricerca- tab. 17) il contributo dello Stato alle spese di gestione del Programma nazionale di ricerche aerospaziali è iscritto nel cap. 1678, “Contributo dello Stato per la ricerca scientifica”, UPB  2.2.2 (Interventi), del programmaRicerca scientifica e tecnologica di base”, la cui competenza, solo in parte destinata al Prora, ammonta a 41,8 milioni.


Articolo 78
(Disposizioni in favore dei giovani ricercatori)

 


1. A decorrere dall'anno 2008, una quota, non inferiore al 10 per cento, dello stanziamento complessivo del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) di cui all'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è destinata ai progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni operanti a qualunque titolo in attività di ricerca e previamente valutati, secondo il metodo della valutazione tra pari, da un comitato. Detto comitato è composto da ricercatori, di nazionalità italiana o straniera, di età inferiore ai quaranta anni e riconosciuti di livello eccellente sulla base di indici bibliometrici, quali l'impact factor ed il citation index, e operanti presso istituzioni ed enti di ricerca, almeno per la metà non italiani, che svolgono attività nei settori disciplinari relativi alla ricerca scientifica e tecnologica.

2. L'attuazione del comma 1 è demandata ad apposito decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei criteri stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 1, comma 873, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

3. All'onere derivante dall'istituzione e dal funzionamento del comitato di cui al comma 1, quantificato nel limite massimo di 100.000 euro annui, si provvede mediante incremento, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, delle aliquote di base di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, per il calcolo dell'imposta sui tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 


 

 

L’articolo in esame, introdotto dal Senato, prevede misure in favore dei progetti di ricerca presentati dai ricercatori di età inferiore ai quaranta anni, destinando, a tal fine, a decorrere dall’anno 2008, una quota non inferiore al 10 per cento -delFondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST).

 

Si ricorda che il comma 870 della l. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007)[301] ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), per garantire la massima efficacia degli interventi in tale ambito.

Al Fondo confluiscono le risorse:

­       del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR)[302];

­       del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB)[303];

­       del Fondo per le aree sottoutilizzate[304], per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca;

­       le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN).

Ai sensi del comma 871, il FIRST è alimentato in via ordinaria dai conferimenti, annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e dalle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto del citato Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).

Per la fase di avvio del FIRST e per consentire un impatto più incisivo degli interventi in attuazione del Piano nazionale della ricerca, tenendo conto delle linee strategiche per la competitività e lo sviluppo economico, viene assegnata al FIRST una dotazione aggiuntiva di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 360 milioni di euro per l'anno 2009 (comma 874). Si ricorda peraltro che, ai sensi dell’articolo 1, comma 758, della medesima legge finanziaria 2007, l’intervento in esame è finanziato a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS. L’autorizzazione di spesa è stata accantonata – come tutte le altre alimentate dal Fondo e destinate al finanziamento di interventi indicati nell’elenco 1 allegato alla finanziaria – in attesa della decisione delle autorità statistiche comunitarie circa la compatibilità delle norme relative al trattamento contabile del Fondo e al suo utilizzo. Recentemente il decreto-legge n. 81/07[305] all’art. 13 ha disposto lo sblocco delle risorse vincolate sul TFR, prevedendo la concessione di anticipazioni di tesoreria nella misura del 30 per cento delle somme relative alle autorizzazioni di spesa di cui al citato comma 758. La quota anticipabile riferita al FIRST risulta, pertanto, pari a 90 milioni di euro.

La ripartizione delle risorse del FIRST si effettua, come precisato dal comma 872, con decreto interministeriale emanato dal Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[306]. Per tale decreto è previsto il parere della Conferenza Stato – Regioni. Con il riparto delle risorse del FIRST occorre comunque garantire il finanziamento di un programma nazionale di investimento nelle ricerche liberamente proposte in tutte le discipline da università ed enti pubblici di ricerca, valutate mediante procedure diffuse e condivise nelle comunità disciplinari internazionali interessate.

 

I progetti di ricerca ai quali è destinata la quota del fondo devono essere previamente valutati, secondo il metodo della valutazione tra pari, da un apposito comitato. Tale comitato è composto da ricercatori italiani o stranieri, di età inferiore ai quaranta anni, riconosciuti di livello eccellente in base a indici bibliometrici e operanti presso istituzioni ed enti di ricerca, almeno per la metà, non italiani.

 

In relazione agli indici bibliometrici per la valutazione dei componenti il comitato, la disposizione in commento fa riferimento all’impact factor e al citation index.

In proposito, si osserva che l'impact factor (IF) è un sistema di misurazione che determina la frequenza attraverso cui un articolo è citato in un anno o periodo determinato ed è calcolato dividendo il numero di citazioni dell’anno corrente per il numero di articoli pubblicati in un periodo di tempo anteriore[307]. L'IF è uno dei più utilizzati indicatori bibliometrici per valutare la produzione scientifica, pur essendo un criterio meramente quantitativo, poiché non permette di distinguere se un articolo abbia ricevuto citazioni positive o negative: dal punto di vista del fattore di impatto, è infatti sufficiente che un articolo sia citato. Il citation index indica quante volte un articolo di un autore è citato da un altro autore; il numero di citazioni successive di un lavoro è indice della sua importanza.

 

All’onere derivante dall’istituzione e dal funzionamento del comitato, quantificato nel limite massimo di 100.000 euro annui, si provvede mediante l’incremento delle aliquote di base per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico (comma 3).

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 5 della legge n. 76 del 1985[308] stabilisce, ai fini dell'applicazione dell'imposta di consumo, per i differenti gruppi di tabacchi lavorati le aliquote di base, in percentuale del prezzo di vendita al pubblico. Le aliquote aggiornate sono recate dall’art. 28 del decreto-legge n. 331 del 1993[309], e successive modificazioni, nella misura del:

a) 58,5 per cento per sigarette;

b) 23 per cento per sigari e sigaretti naturali;

c) 56 per cento per tabacco da fumo trinciato fino utilizzato per arrotolare le sigarette ed altro tabacco da fumo;

d) 24,78 per cento per tabacco da masticare;

e) 24,78 per cento per tabacco da fiuto.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame demanda l’attuazione di quanto previsto dal comma 1 a un decreto del Ministro dell’università e della ricerca nel rispetto dei criteri stabiliti dal regolamento di cui all’art. 1, comma 873, della legge finanziaria 2007.

In merito si osserva che l’articolo 13, comma 1, del decreto legge n. 159/2007[310] dispone - con un periodo aggiuntivo al comma 873 - che, per il triennio 2008-2010, si provvede alla definizione dei criteri di accesso e delle modalità di gestione del FIRST, non con un regolamento, bensì con un decreto del Ministro dell’università e della ricerca di natura non regolamentare da emanarsi entro il 30 novembre 2007. A tal proposito, occorrerebbe dunque valutare l’opportunità di un coordinamento tra il testo della disposizione in esame e quello della disposizione richiamata.

 

Si ricorda che il comma 873 della legge finanziaria 2007 prevede, nel testo originario, che il Ministro dell'università e della ricerca, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce i criteri di accesso e le modalità di utilizzo e gestione del FIRST per la concessione delle agevolazioni al fine di garantire la massima efficacia ed omogeneità degli interventi. Fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento trovano applicazione le disposizioni vigenti in materia di agevolazioni alla ricerca per l'utilizzo delle risorse che vanno a confluire nel FIRST.


Articolo 79
(Disposizioni in favore di giovani ricercatori nel settore sanitario)

 

1. All'articolo 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nel primo periodo, le parole: «Per gli anni 2007 e 2008» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dall'anno 2007» e le parole: «non inferiore al 5 per cento è destinata, in via sperimentale,» dalle seguenti: «non inferiore al 5 per cento relativamente al 2007 e al 10 per cento a partire dal 2008 è destinata».

2. All'articolo 1, comma 815, della legge n. 296 del 2006, le parole: «per ciascuno degli anni 2007 e 2008» sono sostituite dalla seguente: «annui».

 

 

Il presente articolo, inserito nel corso dell’esame al Senato, novella la disciplina di cui all'articolo 1, commi 814 e 815, della legge 27 dicembre 2006, n. 296[311], relativa ai progetti di ricerca sanitaria presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni[312].

 

Le disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 814, delle citata legge finanziaria per il 2007 prevedono che, per gli anni 2007 e 2008, una quota non inferiore al 5 per cento delle risorse definite nell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[313], sia destinata a finanziare, in via sperimentale, i progetti di ricerca sanitaria svolta dai soggetti di cui all’articolo 12-bis, comma 6, dello stesso decreto legislativo n. 502 del 1992 (ossia dalle regioni, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e dagli Istituti zooprofilattici sperimentali, con l’eventuale concorso delle Università, del Consiglio nazionale delle ricerche e degli altri enti di ricerca, nonché delle imprese pubbliche e private).

I progetti di ricerca in questione devono essere presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni, previamente valutati da un Comitato, secondo la tecnica di valutazione tra pari.

Il summenzionato Comitato di valutazione è composto da ricercatori italiani o stranieri, di età inferiore ai quaranta anni, operanti, almeno per la metà, presso istituzioni ed enti di ricerca non italiani, che siano riconosciuti di livello eccellente sulla base di indici bibliometrici, quali l’impact factor ed il citation index (ossia di criteri e metodologie per la valutazione della qualità scientifica).

L’attuazione di tali disposizioni è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dell’università e della ricerca[314].

Il comma 815 del medesimo articolo 1 della legge n. 296 del 2006 determina gli oneri derivanti dall’istituzione e dal funzionamento del citato Comitato di valutazione, quantificandone l’importo massimo in 100.000 euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008.

 

La novella di cui al presente articolo 79 rende permanente la quota di riserva destinata ai progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni, elevandola (con decorrenza dal 2008) dal 5 al 10 per cento (comma 1).

Di conseguenza, anche gli oneri per la costituzione ed il funzionamento del suddetto Comitato di valutazione (nel limite massimo di 100.000 euro[315]), sono quantificati in via permanente, anziché limitatamente agli anni 2007 e 2008 (comma 2).


Articolo 80
(Misure a tutela del territorio e dell’ambiente
e sui cambiamenti climatici)

 


1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, tenuto conto dei piani di bacino, adotta piani strategici e di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico e per favorire forme di adattamento dei territori. A tal fine sono utilizzate le risorse iscritte sulle autorizzazioni di spesa di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come determinate dalla Tabella F della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma nonché delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 è autorizzata la spesa di euro 265 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sulle risorse di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2. È istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, nonché per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico. A decorrere dall'anno 2008 sono destinate al fondo di cui al presente comma risorse per un importo annuale di 40 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 1. Entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, individua le modalità di utilizzazione del fondo, anche prevedendo iniziative di cofinanziamento con regioni ed enti locali o con altri soggetti, pubblici o privati, nonché mediante l'attivazione di fondi di rotazione.

3. È istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo per la promozione di interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio, con dotazione di 20 milioni di euro per anno a decorrere dal 2008, a valere sulle risorse di cui al comma 1. Il fondo è finalizzato alla sottoscrizione di accordi di programma e alla formulazione di bandi pubblici da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la promozione degli interventi di cui al primo periodo. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare nel termine di cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di utilizzo del fondo di cui al presente comma.

4. Al fine di potenziare le attività di vigilanza e controllo in materia di ambiente marino e costiero, anche attraverso azioni di sicurezza operativa e di informazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato ad avvalersi di strutture specialistiche del Reparto ambientale marino del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera. Sono a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare gli oneri connessi all'acquisto dei beni strumentali necessari per lo svolgimento delle attività di cui al presente comma. A tal fine è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 1.

5. Per consentire la verifica ed il monitoraggio delle aree ad elevato rischio idrogeologico e la raccolta dei dati ambientali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato alla stipula di accordi di programma con altre amministrazioni centrali e periferiche per l'estensione del Piano straordinario di telerilevamento, già previsto dall'articolo 27 della legge 31 luglio 2002, n. 179, al fine di renderlo punto di riferimento e di accesso per le cartografie e le informazioni ambientali di altre amministrazioni centrali e periferiche. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, determinato nella misura massima di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58.

6. Per l'istituzione e il finanziamento di nuove aree marine protette, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2008.

7. Ai fini della riqualificazione e valorizzazione economica del territorio della regione fluviale del fiume Po e della crescita del turismo, le regioni interessate attuano interventi finalizzati all'aumento della sicurezza idraulica ed idrogeologica, alla riqualificazione ambientale e alla estensione delle reti ecologiche, alla tutela delle risorse idriche, al recupero e alla tutela dei beni culturali, architettonici ed archeologici. Tali interventi sono programmati dalla Autorità di bacino di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche su proposta delle regioni ed in coerenza con la pianificazione vigente. Per l'attuazione degli interventi di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede l’adozione, da parte del Ministro dell’ambiente, di piani strategici e di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico e per favorire forme di adattamento dei territori. L’attuazione di tali piani debba avvenire d’intesa con le regioni e gli enti locali interessati e tenuto conto dei piani di bacino.

 

La norma in esame sembra ispirata a finalità analoghe a quelle dell’art. 1 del DL n. 180/1998 (ora confluito nell’art. 67 del d.lgs. n. 152/2006), dell’art. 16 della legge n. 179/2002, concernenti la realizzazione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico[316].

Si ricorda, in proposito, che il DL n. 180/1998 ha introdotto una serie di misure finalizzate da un lato all'accelerazione del processo attuativo della legge n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, dall'altro all'adozione di interventi urgenti, anche attraverso lo stanziamento di specifiche risorse finanziarie.

L’art. 1 di tale decreto, ora abrogato dal d.lgs. n. 152/2006, prevedeva - tra l’altro - l’adozione, entro tempi definiti, da parte di tutte le autorità di bacino, di piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico (PAI) “che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime”, nonché la definizione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico con priorità per le aree per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza. Lo stesso articolo prevedeva che per la realizzazione di tali interventi potessero essere adottate ordinanze di protezione civile.

Tale disposizioni si trovano ora riprodotte, nella sostanza, nell’art. 67 del citato d.lgs. n. 152/2006 (cd. codice ambientale).

Si ricorda, inoltre, che l’art. 16 della legge n. 179/2002 ha previsto, per le finalità di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico di cui al DL n. 180/1998, la definizione e attuazione (entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge), da parte del Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, di programmi di interventi urgenti per il riassetto territoriale delle aree medesime per le quali viene dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

 

Viene inoltre disposto che, per le finalità indicate, sono utilizzate le risorse iscritte sulle autorizzazioni di spesa di cui alla legge n. 183/1989 e al DL n. 398/1993, come determinate dalla tabella F della legge finanziaria 2007.

Nella tabella F della legge finanziaria 2007, relativamente alla legge n. 183/1989 e al DL n. 398/1993, è indicato uno stanziamento di 265 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

L’ultimo periodo del comma 1 in commento autorizza quindi la spesa di 265 milioni di euro per ciascuno degli anni del biennio 2008-2009 a valere sulle risorse di cui alla legge n. 183/1989, ma specifica che tale somma è destinata anche all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4.

 

Da un punto di vista formale, sarebbe opportuna una ricollocazione dell’ultimo periodo del comma 1 in un comma aggiuntivo 4-bis.

 

Si fa notare che nella relazione illustrativa all’AS 1817 veniva sottolineato che gli interventi necessari per la messa in sicurezza del territorio nazionale contro il rischio idrogeologico sono stimati in 44 miliardi di euro, di cui 4 miliardi solo per la fascia costiera.

 

Il comma 2 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, di un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, e per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico.

 

Come indicato dall’ENEA, si tratta di una delle tecnologie disponibili per lo sfruttamento della fonte solare per la produzione di energia, “che consente di produrre calore ad alta temperatura mediante sistemi solari a concentrazione. Le possibilità di utilizzo di questa fonte energetica spaziano dalla produzione di energia elettrica alla chimica delle alte temperature per produzione di idrogeno e altri combustibili, alla dissalazione di acqua marina con processi termici, alla produzione di freddo con impianti ad assorbimento, fino alla produzione di calore per usi domestici ed impieghi nel settore agroindustriale. Il programma ENEA sul solare a concentrazione è stato finanziato con fondi pubblici da uno specifico articolo della legge finanziaria 2001”[317]. Ci si riferisce in particolare all’articolo 111 della legge finanziaria 2001, recante un contributo straordinario all’ENEA per attuare “un programma di ricerca, sviluppo e produzione dimostrativa alla scala industriale di energia elettrica a partire dall'energia solare utilizzata come sorgente di calore ad alta temperatura”.

 

La dotazione del fondo è stabilita in 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, a valere sulle risorse di cui al comma 1.

 

Lo stesso comma demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente l’individuazione, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle modalità di utilizzazione del fondo.

Viene altresì previsto che tali modalità possano contemplare anche iniziative di cofinanziamento con regioni ed enti locali o con altri soggetti, pubblici o privati, nonché l’attivazione di fondi di rotazione.

 

Il comma 3 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, di un fondo per la promozione di interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio. Tale fondo è in particolare finalizzato alla sottoscrizione di accordi di programma, alla formulazione di bandi pubblici da parte del Ministro dell’ambiente per la promozione degli interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio.

La dotazione del fondo è stabilita in 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, a valere sulle risorse di cui al comma 1.

Lo stesso comma demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente la definizione, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle modalità di utilizzo del fondo.

 

Con riferimento ai commi 2 e 3, che destinano a due distinti fondi risorse a decorrere dal 2008 a valere sulle risorse di cui al comma 1, si segnala che l’autorizzazione di spesa recata da tale ultima disposizione si riferisce esclusivamente agli anni 2008 e 2009.

 

Il comma 4, al fine di potenziare le attività di vigilanza e controllo in materia di ambiente marino e costiero, anche attraverso azioni di sicurezza operativa e di informazione, autorizza il Ministero dell’ambiente ad avvalersi di strutture specialistiche del Reparto ambientale marino del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera.

Viene altresì disposto che sono a carico del Ministero dell’ambiente gli oneri connessi all’acquisto dei beni strumentali necessari per lo svolgimento delle attività di cui al presente comma.

Per le finalità del presente comma viene autorizzata la spesa di 5 milioni di euro sempre a valere sulle risorse di cui al comma 1.

 

Il Reparto Ambientale Marino (RAM) è stato istituito dall’art. 20 della legge n. 179/2002. Tale reparto ha sede presso il Ministero dell'Ambiente ed è posto alle dipendenze funzionali del Ministro.

L'art. 8 del D.P.R. n. 261/2003 (regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio) ha inserito il RAM tra gli organismi di supporto di cui il Ministro si avvale per l'esercizio delle sue funzioni per le attività che interessano la difesa dell'ambiente marino e delle coste.

Il RAM, per il concreto perseguimento delle finalità assegnate, si avvale di tutti gli Uffici Marittimi periferici. Sotto tale profilo, essendo comunque promanazione del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, svolge attività di impulso nei confronti delle Capitanerie di Porto, nonché azione di raccordo tra le Direzioni Generali del Ministero dell'Ambiente e le Autorità Marittime periferiche.

 

Il comma 5, al fine di consentire la verifica ed il monitoraggio delle aree ad elevato rischio idrogeologico e la raccolta dei dati ambientali, autorizza il Ministero dell’ambiente a stipulare accordi di programma con altre amministrazioni centrali e periferiche per l’estensione del Piano straordinario di telerilevamento, già previsto dall’art. 27 della legge n. 179/2002.

Viene altresì previsto che tale estensione è finalizzata a rendere il Piano citato punto di riferimento e di accesso per le cartografie e le informazioni ambientali di altre amministrazioni centrali e periferiche.

Per l’attuazione della disposizione viene autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, alla quale si fa fronte mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, comma 1, del DL n. 16/2005.

Si ricorda, in proposito, che il citato art. 1, comma 1, del DL n. 16/2005 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire per il miglioramento della qualità ambientale dell'aria, con una dotazione di 140 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.

Successivamente l’art. 1, comma 432, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006) ha trasferito il citato fondo nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente ed ha altresì previsto una riserva del 50% da destinare alle finalità di cui al DL n. 180/1998, prevedendo che “a tale scopo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, definisce ed attiva programmi di interventi urgenti di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico”.

Si rammenta altresì che il DM 16 ottobre 2006 ha istituito un programma di finanziamenti per le esigenze di tutela ambientale connesse al miglioramento della qualità dell'aria con particolare riferimento al materiale particolato nei centri urbani, destinandovi una somma complessiva pari a 210 milioni di euro nel triennio 2006-2008, cioè precisamente il 50% non riservato alla difesa del suolo dal citato comma 432.

Relativamente al Piano Straordinario di telerilevamento si ricorda che esso è stato istituito dall’art. 27 della legge n. 179/2002 per consentire la verifica ed il monitoraggio delle aree ad elevato rischio idrogeologico. A tal fine lo stesso articolo ha autorizzato il Ministero dell'ambiente a stipulare un accordo di programma con il Ministero della difesa e la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

L’obiettivo è quello di avviare, per la prima volta, la costituzione di una base dati rappresentativa del territorio nazionale, con particolare riguardo alla sua configurazione e al suo rapporto con l'ambiente, ad altissima risoluzione, e ad elevato valore aggiunto, da ottenersi tramite l'utilizzo delle tecnologie più evolute che le piattaforme satellitari e su aeromobili rendono attualmente disponibili.

I dati acquisiti saranno resi disponibili alle diverse amministrazioni innanzitutto per supportare le indagini conoscitive e le attività di prevenzione e di predizione nelle aree classificate e/o classificabili come quelle a elevato rischio di dissesto idrogeologico così come individuate negli strumenti di pianificazione di bacino (PAI).

In data 26 gennaio 2006 è stata raggiunta un’intesa, ai sensi dell’art. 27, comma 1, della legge 31 luglio 2002, n. 179, sulla proposta di accordo di programma tra il Ministro dell’ambiente, il Ministro della difesa e il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la realizzazione del citato Piano Straordinario di Telerilevamento (PST) ad alta precisione[318].

Successivamente, nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea numero S152 del 9 Agosto 2007, è stato pubblicato il bando di gara per la "fornitura di dati, sistemi e servizi per la realizzazione del sistema informativo del Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale (PST-A)".

 

Il comma 6 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2008 per l’istituzione e il finanziamento di nuove aree marine protette.

Si segnala, in proposito, che sul sito internet del Ministero dell’ambiente[319] è disponibile l’elenco cartografico delle aree marine protette istituite e di prossima istituzione.

Per quanto riguarda le aree marine protette di prossima istituzione, si tratta di 18 aree marine protette, per le quali è stato avviato l'iter istruttorio.

 

Il comma 7 prevede che, ai fini della riqualificazione e valorizzazione economica del territorio della regione fluviale del fiume Po e della crescita del turismo, le regioni interessate attuano interventi finalizzati:

§         all’aumento della sicurezza idraulica ed idrogeologica;

§         alla riqualificazione ambientale;

§         all’estensione delle reti ecologiche;

§         alla tutela delle risorse idriche;

§         al recupero e alla tutela dei beni culturali, architettonici ed archeologici.

 

Con riferimento alla formulazione del comma 7, andrebbe chiarito che anche la finalità di crescita del turismo si riferisce al territorio della regione fluviale del fiume Po.

 

La stessa disposizione attribuisce la competenza della programmazione degli interventi all’Autorità di bacino di cui all’art. 63 del d.lgs. n. 152/2006, anche su proposta delle regioni ed in coerenza con la pianificazione vigente.

Si ricorda che l’art. 63 del d.lgs. n. 152/2006 ha previsto l’istituzione, in ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64, di una Autorità di bacino distrettuale, provvedendo a sopprimere dal 30 aprile 2006 le precedenti autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

Tra i distretti elencati nell’art. 64 figura (lettera b) del comma 1) il distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino del Po[320], già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 1 del d.lgs. n. 284/2006 ha novellato l'art. 170 del decreto n. 152 prevedendo che “nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina”. Lo stesso articolo ha previsto che, fino alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo correttivo “sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle autorità di bacino dal 30 aprile 2006”.

Per l’attuazione del comma 7 viene autorizzata la spesa di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2008, 2009, 2010.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 10 novembre 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES): dal concetto alla realtà[321],in cui delinea una strategia per la realizzazione di un sistema globale di osservazione della terra che ricorra a tecniche spaziali e terrestri. L’obiettivo del GMES è assicurare, su basi durevoli, servizi affidabili e puntuali riguardo ai temi ambientali e della sicurezza, per andare incontro ai bisogni di coloro che indirizzano le politiche pubbliche. Il GMES è un’iniziativa guidata dall’UE, nel cui ambito all’Agenzia spaziale europea spetta il compito attuare la componente spaziale, mentre la Commissione gestirà le azioni volte ad individuare e sviluppare servizi basati sia su dati disponibili in situ che su dati ottenuti tramite telerilevamento. Secondo quanto indicato dalla Commissione il sistema GMES verrà sviluppato a tappe, la prima delle quali prevede l’avvio di tre progetti pilota.

Tale impostazione è stata confermata dalla comunicazione sulla politica spaziale europea[322] del 26 aprile 2007, redatta in consultazione con gli Stati membri di UE e ASE e con le altre parti interessate e che rappresenta un documento congiunto della Commissione europea e del Direttore generale dell’ASE.

Secondo quanto indicato, i primi tre servizi operativi GMES relativi al monitoraggio terrestre, al monitoraggio marino e alla gestione di emergenze entreranno nella fase pilota entro il 2008, grazie al finanziamento del Settimo programma quadro. Entro il 2009 la Commissione avanzerà proposte relative al quadro programmatico e istituzionale per un sistema GMES sostenibile, dopo aver proceduto a un’intensa consultazione con le parti interessate.

Il progetto GMES figura tra le iniziative prioritarie di breve termine della politica spaziale europea, come risulta anche dalla risoluzione adottata il 22 maggio 2007 dal quarto Consiglio Spazio[323]. A proposito del GMES, la risoluzione sottolinea che la Commissione deve presentare, a tempo debito e previa piena consultazione degli Stati membri e dell'Agenzia spaziale europea, proposte di misure per quanto riguarda: il finanziamento, ivi compresa l'agevolazione del finanziamento da parte degli utenti; l'infrastruttura operativa; la gestione efficace, che dovrà essere pienamente operativa e in grado di garantire servizi sostenibili rispondenti ad esigenze specifiche degli utenti.

Rifiuti

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente[324], il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che comprende una comunicazione[325]e una proposta di direttiva[326] per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.

La strategia individua un obiettivo a lungo termine che mira a fare dell’Europa una società che ricicla, cerca di contenere la produzione di rifiuti e trasforma in risorsa i rifiuti che non possono essere evitati. Per realizzare tale obiettivo saranno sfruttate le conoscenze generate dalla strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali[327], adottata nella medesima data. L’attenzione è focalizzata sul concetto di ciclo di vita[328] nella politica di gestione dei rifiuti.

In tale contesto, la proposta di direttiva intende ottimizzare le disposizioni della direttiva 75/442/CEE, meglio conosciuta come direttiva quadro sui rifiuti, senza peraltro modificarne la struttura essenziale e le disposizioni principali. Ciò che si propone non è una revisione radicale, ma piuttosto un miglioramento e un adeguamento della direttiva.

La strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti individua infatti tre motivi principali che giustificano tale revisione.

In primo luogo, alcune definizioni contenute nella direttiva 75/442/CEE non sono risultate sufficientemente chiare e hanno dato luogo a divergenze ed incertezze nell’interpretazione delle disposizioni principali della direttiva tra uno Stato membro e l’altro e, in alcuni casi, anche tra una regione e l’altra. Anche a seguito di questa situazione, si è reso spesso necessario l’intervento della Corte di giustizia delle Comunità europee, che in numerose cause è stata chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della direttiva. Tutto ciò ha creato notevoli difficoltà per gli operatori economici e le autorità competenti. La mancanza di certezza giuridica riguarda principalmente la definizione di rifiuto e la distinzione tra recupero e smaltimento. La proposta di revisione introduce dunque definizioni più chiare o, a seconda dei casi, linee guida interpretative per chiarire la questione a livello comunitario.

In secondo luogo, la strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti imposta in maniera nuova la politica sui rifiuti per adattarla maggiormente alla situazione attuale, nella quale gran parte delle principali operazioni di gestione dei rifiuti è ormai disciplinata dalla legislazione ambientale. È dunque importante che la direttiva quadro sui rifiuti si adegui a questa nuova impostazione. Tutto ciò implica una serie di modifiche, la principale delle quali è l’introduzione di un obiettivo ambientale. La maggior parte delle direttive in materia ambientale prevede oggi un obiettivo di questo genere, che serve ad orientare la direttiva verso una finalità ben precisa. Per quanto riguarda la proposta in esame, l’obiettivo ambientale orienta la direttiva verso la riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla produzione e dalla gestione dei rifiuti, tenendo conto dell’intero ciclo di vita. Un altro aspetto importante di questo cambiamento di strategia è il passaggio ad un approccio maggiormente basato sulle norme. La proposta rafforza infatti la normazione in una serie di settori, mediante l’applicazione di norme minime e di definizioni precise di recupero, nonché mediante l’introduzione di criteri per individuare quando un rifiuto cessa di essere tale. Ciò consentirà di adottare criteri per specifici flussi di rifiuti, in modo da garantire che i materiali riciclati non danneggino l’ambiente, e di ridurre l’onere amministrativo per gli operatori che producono materiali riciclati conformi a tali criteri.

Infine, la strategia evidenzia la necessità di semplificare il quadro normativo vigente. La proposta di direttiva prevede quindi:

§      l’abrogazione della direttiva 75/439/CEE concernente l’eliminazione degli oli usati, che considera prioritaria la rigenerazione di tali rifiuti. L’abrogazione di tale disposizione  permetterà di ridurre i costi di gestione di questo flusso di rifiuti e di concentrare l’attenzione sull’aspetto ambientale più importante, ossia la raccolta degli oli usati, favorendo in tal modo una maggiore efficienza ambientale nella loro gestione;

§      l’integrazione nella direttiva quadro sui rifiuti della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi. Le disposizioni della direttiva sui rifiuti pericolosi sono strettamente connesse a quelle della direttiva quadro sui rifiuti; il loro inserimento nel testo della direttiva quadro consente quindi di consolidare e semplificare la legislazione.

Si segnala infine che la proposta di modifica della direttiva 75/442/CEE introduce l’obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti. Secondo quanto rilevato dalla Commissione tale disposizione non avrà, probabilmente, un grande impatto diretto sotto il profilo ambientale, economico o sociale, anche se le ripercussioni potranno variare in funzione delle azioni intraprese, ma consentirà di concentrare l’attenzione dei responsabili politici a livello comunitario, nazionale e sub-nazionale sulla prevenzione, intensificando in tal modo le politiche di prevenzione dei rifiuti. La disposizione assicura peraltro la flessibilità necessaria a consentire l’elaborazione di soluzioni nazionali e locali capaci di sfruttare i vantaggi connessi alla prevenzione dei rifiuti.

Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni con le quali accoglie favorevolmente la strategia tematica della Commissione. La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 13 febbraio 2007, nell’ambito della procedura di codecisione. Il Parlamento europeo ha proposto diversi emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Il Consiglio ambiente del 28 giugno 2007 ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di direttiva, introducendo alcune modifiche. L’esame in seconda lettura del Parlamento europeo è previsto per marzo 2008.

Protezione del suolo

Il 22 settembre 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica per la protezione del suolo che si compone di una comunicazione, una proposta di direttiva e una valutazione di impatto. La comunicazione (COM (2006) 231) definisce gli obiettivi globali della strategia per assicurare un livello adeguato di protezione del suolo in Europa e individua la tipologia di misure da adottare.

La strategia si articola attorno a quattro pilastri fondamentali:

§      adozione di una legislazione quadro finalizzata principalmente alla protezione e all’uso sostenibile del suolo;

§      integrazione della protezione del suolo nella formulazione e nell’attuazione delle politiche nazionali e comunitarie;

§      riduzione del divario oggi esistente in termini di conoscenze in alcuni settori della protezione del suolo, sostenendo la ricerca attraverso programmi di ricerca comunitari e nazionali;

§      maggiore sensibilizzazione in merito alla necessità di difendere il suolo.

Con particolare riguardo a quest’ultimo aspetto, la difesa del suolo, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva, partendo dalla constatazione che alcuni fenomeni, come l’erosione, la diminuzione di materia organica, la compattazione, la salinizzazione e gli smottamenti, avvengono in determinate aree a rischio che devono essere individuate.

La proposta di direttiva istituisce un quadro normativo comune e modifica la direttiva 2004/35/CE (COM (2006) 232).

La proposta di direttiva, in particolare, pone l’attenzione sull’individuazione delle aree a rischio di erosione, diminuzione della materia organica, compattazione, salinizzazione e smottamenti. La proposta istituisce una disciplina per l’adozione, al livello territoriale e amministrativo più opportuno, di piani per affrontare le minacce ove queste si presentano. Gli Stati membri saranno tenuti ad individuare le aree a rischio in base ad elementi comuni, a fissare obiettivi di riduzione del rischio per le aree in questione e a preparare programmi contenenti le misure necessarie per conseguire tali obiettivi. L’accettabilità del rischio e le misure varieranno in funzione della gravità dei processi di degrado, delle condizioni locali e di considerazioni di ordine socioeconomico.

La valutazione di impatto contiene l’analisi degli impatti economici sociali e ambientali delle differenti opzioni che sono state prese in considerazione nella fase preparatoria[329] e delle misure finali adottate dalla Commissione.

Il 20 febbraio 2007 il Consiglio ha tenuto un dibattito orientativo sulla strategia tematica per la protezione del suolo e sulla corrispondente proposta di direttiva quadro. Nel corso della discussione sono stati contemplati alcuni aspetti principali: il principale valore aggiunto della strategia tematica proposta;fino a che punto la proposta di direttiva quadro riesca a raggiungere l'obiettivo di creare un'utilizzazione del suolo consolidata e più sostenibile in tutta l'UE;settori potenzialmente problematici in termini di campo di applicazione, requisiti e attuazione della direttiva proposta;fino a che punto la strategia tematica proposta e il progetto di direttiva quadro per la protezione del suolo si integrino e contribuiscano efficacemente all'azione comunitaria relativa ad altre politiche ambientali e gli altri settori. Il 13 novembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia tematica per la protezione del suoloin cui, nell’apprezzare l’iniziativa della Commissione, chiede di garantire flessibilità nell'azione degli Stati membri, in considerazione dellaforte diversità dei suoli, delle diverse problematiche regionali e delle vigenti disposizioni nazionali in materia di protezione del suolo. La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata il 14 novembre 2007 in prima lettura dal Parlamento europeo, che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione.

Biodiversità

Il 22 maggio 2006 la Commissioneha adottato la comunicazioneArrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltreSostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano” (COM(2006)216).

Il documento definisce un approccio per interrompere entro il 2010 la perdita di biodiversità nell’Unione europea e contribuire a garantire la biodiversità planetaria entro lo stesso termine. In particolare, la Commissione propone un piano d’azione contenente misure concrete; definisce le responsabilità delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri; specifica indicatori per monitorare i progressi realizzati.

La comunicazione identifica quattro aree prioritarie ed i relativi obiettivi:

§      la biodiversità nell’Unione europea (salvaguardare gli habitat e le specie più importanti; conservare e ristabilire la biodiversità nelle campagne e nell’ambiente marino; conciliare sviluppo territoriale e biodiversità; ridurre gli effetti delle specie allogene invasive);

§      l’Unione europea e la biodiversità globale (rafforzare l’efficacia della governance internazionale in materia di biodiversità ed ecosistemi; potenziare il sostegno alla biodiversità nell’ambito dell’assistenza esterna dell’UE; ridurre l’impatto del commercio internazionale);

§      biodiversità e cambiamenti climatici (sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici);

§      conoscenze (rafforzare le conoscenze in materia di conservazione ed uso sostenibile della biodiversità).

Per raggiungere gli obiettivi indicati, secondo la Commissione occorre assicurare finanziamenti adeguati, rafforzare il processo decisionale nell’UE, istituire partenariati tra i gruppi interessati alla conservazione della biodiversità e i vari settori della società che hanno un impatto su di essa; favorire la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e incoraggiarne la partecipazione ad un uso sostenibile della biodiversità.

Il Consiglio ambiente ha adottato, il 18 dicembre 2006, conclusioni sul tema “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010”, nelle quali, rallegrandosi della comunicazione della Commissione: esorta la Commissione e gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per mettere a punto la rete Natura 2000; pone l’accento sull’importanza della pianificazione territoriale e sottolinea la responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda la pianificazione regionale e locale in tale contesto; sollecita la Commissione e gli Stati membri a cogliere le opportunità previste dalle politiche in materia di agricoltura, sviluppo rurale, silvicoltura e pesca allo scopo di sostenere l’obiettivo della biodiversità, sia all’interno delle zone protette, sia nell’insieme dell’ambiente più ampio rurale e marino.

Il 22 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di iniziativain materia di biodiversità in cui, nel condividere obiettivi prioritari e misure di sostegno proposti dalla Commissione nella comunicazione, esprime profonda preoccupazione per la costante perdita di biodiversità. Secondo il PE i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono fenomeni strettamente collegati e di pari rilievo.

La strategia per l’ambiente marino

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 25 ottobre 2005 la Commissione ha presentato la strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino[330], congiuntamente ad una proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino[331].

Obiettivo finale della strategia è quello di raggiungere un buon livello ecologico dell’ambiente marino entro il 2021 e di proteggere tale risorsa dalla quale dipendono attività economiche e sociali rilevanti. La strategia marina costituirà il pilastro ambientale della futura politica marittima a cui la Commissione sta lavorando, disegnata per raggiungere il pieno potenziale economico di oceani e mari, in armonia con l’ambiente marino.

L’opinione della Commissione è che, di fronte a tale obiettivo ambizioso, nell’elaborare e attuare la sua futura strategia l’UE debba seguire una serie di principi innovativi:

-        un duplice approccio, sul piano comunitario e regionale, che definisca a livello dell’UE i principi per la cooperazione tra gli Stati membri e i paesi terzi che si affacciano sui mari e sugli oceani d’Europa, mantenendo a livello regionale la pianificazione e l’esecuzione degli interventi; questo consentirà di tener conto delle condizioni, dei problemi e delle esigenze specifiche delle varie regioni marine e di offrire soluzioni appropriate;

-        un approccio basato sulla conoscenza, affinché le decisioni politiche siano prese in modo informato e consapevole;

-        un approccio ecosistemico,che consenta di gestire in modo integrato le attività umane che hanno un impatto sull’ambiente marino, così da promuovere un migliore equilibrio tra conservazione e sfruttamento sostenibile di mari ed oceani;

-        un approccio cooperativo, che favorisca l’ampia partecipazione di tutti i soggetti interessati e rafforzi la cooperazione con le vigenti convenzioni marittime regionali.

La proposta di direttiva che accompagna la strategia istituisce, tra l’altro, sulla base di criteri geografici e ambientali, le regioni marine europee: il Mar Baltico, l'Atlantico nord-orientale e il Mar Mediterraneo. Ciascuno Stato membro, in stretta collaborazione con gli altri Stati membri e con i paesi terzi della medesima regione marina, sarà chiamato a sviluppare strategie marine per le proprie acque. Tali strategie conterranno una dettagliata valutazione dei fattori di rischio e di pressione cui è sottoposto l’ambiente marino, obiettivi ambientali su scala regionale, indicatori e misure di monitoraggio per valutare il grado di raggiungimento di tali obiettivi. Su queste basi ciascuno Stato sarà chiamato a sviluppare ed attuare programmi finalizzati al raggiungimento di un buon livello ecologico, accompagnati da valutazioni di impatto e analisi costi-benefici. A tal fine essi saranno incoraggiati ad operare nell’ambito di convenzioni marittime regionali.

La strategia marina proposta dalla Commissione è pienamente coerente con la direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. La direttiva stabilisce infatti che le acque superficiali e sotterranee e i corpi idrici raggiungano un buon livello ecologico entro il 2015 e che la prima revisione del piano di gestione dei bacini idrografici abbia luogo nel 2021. 

Il 23 ottobre 2006 il Consiglio ha effettuato un dibattito orientativo sulla strategia tematica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino. Il dibattito si è incentrato essenzialmente sulle questioni seguenti:

§      in generale, il Consiglio ritiene che la strategia marina, unitamente alla proposta di direttiva, fornisca gli strumenti necessari per conseguire gli obiettivi connessi con l'ambiente marino fissati nel sesto programma d'azione in materia di ambiente e stabilisca nel contempo il pilastro ambientale di una futura politica marittima dell'UE;

§      è stata sottolineata la necessità di garantire coerenza tra i vari livelli di regolamentazione. Il lavoro fatto e gli obblighi derivanti da accordi internazionali, come le convenzioni marittime regionali, vanno presi in considerazione onde evitare sovrapposizioni e duplicazioni. La strategia e la direttiva proposta devono essere compatibili con le altre normative e politiche comunitarie, come la direttiva quadro relativa alle risorse idriche, le direttive sugli habitat e sugli uccelli selvatici e la politica comune della pesca;

§      è stato inoltre riconosciuto che la situazione specifica dei paesi privi di sbocchi al mare dovrà essere presa in considerazione in sede di attuazione della direttiva, sebbene tali paesi abbiano un contributo da dare al conseguimento dei suoi obiettivi.

Il 14 novembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino in cui, nell’accogliere con favore l’iniziativa della Commissione, chiede una politica europea forte in materia di protezione del mare. Il PE tra l’altro, prende nota del ritardo registrato dagli Stati membri nell'ottemperare alle componenti marine della rete Natura 2000 e incoraggia gli Stati membri ad individuare le aree marine protette che presentano un interesse specifico sul piano scientifico o della biodiversità, o che sono sottoposte ad intense pressioni.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura il 14 novembre 2006 dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Nella stessa data il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia. Il 23 luglio 2007 il Consiglio ambienteha adottato una posizione comune sulla proposta, che è stata trasmessa al Parlamento europeo in vista della seconda lettura, prevista per dicembre 2007.

 

Mar Mediterraneo

Dopo un’ampia consultazione informale sul sito web della Commissione dedicato all’ambiente, il 6 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una comunicazione in cui propone una strategia ambientale a lungo termine per la pulizia e la protezione del Mar Mediterraneo[332]. Nella comunicazione la Commissione sottolinea come, malgrado gli sforzi internazionali messi in atto negli ultimi 30 anni, l’ecosistema del mar Mediterraneo, unico nel suo genere, sia soggetto ad un crescente degrado ambientale, causato dall’effetto congiunto dell’inquinamento, della distruzione degli ecosistemi costieri e della cementificazione. La marea nera verificatasi durante il conflitto in Libano ha drammaticamente sottolineato la vulnerabilità di questo habitat naturale. Il declino del Mediterraneo minaccia dunque la salute dei 143 milioni di individui che vivono sulle sue coste, così come lo sviluppo a lungo temine di settori chiave dell’economia dipendenti dal mare, quali la pesca e il turismo.

Nonostante le sfide ambientali siano ben note e la soluzione esista, la Commissione ritiene che finora l’efficacia dell’azione internazionale sia stata ostacolata dalla carenza di finanziamenti, dalla bassa priorità politica accordata alla protezione ambientale in molti paesi, dalla limitata sensibilizzazione dell’opinione pubblica e infine dalla debole cooperazione istituzionale.

La Commissione sottolinea che le necessità ambientali del Mediterraneo superano di gran lunga i mezzi attualmente a disposizione per farvi fronte. Di conseguenza, le organizzazioni internazionali, la comunità dei donatori e soprattutto i paesi rivieraschi dovranno compiere sforzi supplementari e coordinati per migliorarne le condizioni. A questo proposito, la Commissione intende concentrare i propri sforzi e le limitate risorse disponibili sui settori di attività in cui l’intervento appare più efficace.

I punti centrali della strategia sono:

§      ridurre i livelli di inquinamento nella regione;

§      promuovere l’uso sostenibile del mare e delle zone costiere;

§      incoraggiare i paesi rivieraschi a cooperare sui temi ambientali;

§      aiutare i paesi partner a sviluppare istituzioni e politiche efficaci per proteggere l’ambiente.

§      coinvolgere le organizzazioni non governative e la società civile nelle decisioni ambientali che le riguardano.

Tali obiettivi saranno raggiunti attraverso quattro strumenti: supporto finanziario dei programmi dell’Unione europea già in corso o pianificati; rafforzamento del dialogo con i rappresentanti della regione; migliore coordinamento con altre organizzazioni e partner; condivisione dell’esperienza acquisita dall’Unione europea nella lotta contro l’inquinamento nel Mediterraneo e in altre regioni.

La strategia è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

Riforma degli aiuti di Stato

Nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), la Commissione preannuncia, tra l’altro, che riesaminerà la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente che giungerà a scadenza il 31 dicembre 2007[333].

In tale contesto, il 5 novembre 2007 è scaduto il termine di presentazione delle osservazioni, per le parti interessate, su un progetto preliminare reso pubblico attraverso il sito web della Commissione il 5 ottobre 2007.

La commissione, tra l’altro, prevede di inserire tra gli aiuti compatibili con il mercato comune e non assoggettabili all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, TCE anche i seguenti tipi di aiuto a tutela dell’ambiente:

§      aiuti per il risparmio energetico;

gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a creare incentivi individuali che permettano di conseguire gli obiettivi ambientali relativi al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, nel quadro del raggiungimento dell’obiettivo di ridurre a livello comunitario, entro il 2020, le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 20% rispetto al livello del 1990 secondo quanto stabilito dal Consiglio europeo dell'8 e 9 marzo 2007[334].

L’intensità di aiuto massima consentita è del 60 % dei costi d’investimento ammissibili, innalzabile fino al 60 % per le medie imprese e fino al 70% per le piccole imprese;

§      aiuti in favore delle energie rinnovabili;

gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a creare incentivi individuali che permettano di aumentare la quota di energie rinnovabili rispetto alla produzione complessiva di energia. La Commissione, infatti, rileva che il costo elevato della produzione di alcuni tipi di energia rinnovabile non permette alle imprese di praticare prezzi competitivi sul mercato e costituisce un ostacolo che impedisce alle energie rinnovabili di accedere al mercato.

L’intensità di aiuto massima consentita è del 50 % dei costi d’investimento ammissibili. Per la biomassa l’intensità di aiuto non può superare il 50%. Tali livelli sono innalzabili fino al 60 % per le medie imprese e fino al 70% per le piccole imprese;

§      aiuti per la gestione dei rifiuti;

gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a fornire incentivi per conseguire l'obiettivo principale comunitario in materia di gestione dei rifiuti, vale a dire dissociare la produzione di rifiuti dall'attività economica, in modo tale che la crescita all'interno dell'Unione europea non si traduca in un accumulo sempre maggiore di rifiuti. Ai fini dell’applicazione degli aiuti, la gestione dei rifiuti si considera comprendente attività finalizzate al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero. Al fine di garantire che vi sia una ricaduta positiva sull'ambiente, che il principio "chi inquina paga" non sia eluso e che non sia perturbato il funzionamento normale dei mercati dei materiali secondari, la Commissione considera compatibili con il mercato gli aiuti che rispettano tutte le seguenti condizioni: a) l'investimento è inteso a ridurre l'inquinamento prodotto da altre imprese (gli "inquinatori"), escluso l'inquinamento prodotto dal beneficiario degli aiuti; b) gli aiuti non esentano indirettamente gli inquinatori dagli oneri che incomberebbero loro in forza della normativa comunitaria, ovvero da oneri che andrebbero considerati come normali costi di un'impresa per gli inquinatori; c) gli investimenti vanno oltre lo "stato dell'arte"[335] oppure prevedono un impiego innovativo di tecnologie tradizionali; d) i materiali interessati sarebbero altrimenti eliminati o trattati secondo un approccio meno rispettoso dell'ambiente; e) gli investimenti non si limitano ad accrescere la domanda di riciclaggio dei materiali senza potenziare la raccolta dei medesimi.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Rifiuti

Nei confronti dell’Italia risultano avviate due procedure di infrazione per inadempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CE:

Il 2 maggio 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[336] per essere venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'articolo 1 della citata direttiva. Secondo la Commissione l’Italia con l’articolo 10 della legge n. 93 del 2001 e l'articolo 1, commi 17 e 19, della legge n. 443 del 2001 ha escluso le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo riutilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, dall'ambito di applicazione della disciplina nazionale sui rifiuti.

Il 23 giugno 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[337] ritenendo che la normativa nazionale di recepimento violi la citata direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. In particolare, la Commissione sostiene che l’articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) sia in contrasto con gli obblighi derivanti dall’articolo 1(a) della direttiva citata, poiché prevede che siano esclusi dall’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 (che ha recepito la direttiva 75/442/CEE come modificata):

-        sostanze o oggetti destinati alle operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti non esplicitamente elencate agli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/97;

-        beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino pregiudizio all’ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un intervento preventivo di trattamento, quando quest’ultimo non configuri un’operazione di recupero fra quelle elencate all’allegato C del decreto legislativo n. 22/97.

La Commissione è del parere che una siffatta esclusione costituisca un'indebita restrizione della nozione di rifiuto, e quindi dell'ambito d'applicazione della normativa italiana sulla gestione dei rifiuti. Di fatto, l'interpretazione prospettata dal legislatore italiano avrebbe per effetto una limitazione dell'applicazione delle disposizioni della direttiva alle sole fattispecie identificate dalla normativa italiana, escludendone altre non prevedibili a priori che potrebbero invece esservi assoggettate ed in relazione alle quali un'interpretazione estensiva della nozione di rifiuto si renderebbe necessaria. Ciò, secondo la Commissione, si pone in contrasto con le disposizioni della direttiva, che non possono essere derogate da una norma di diritto interno.

Si segnala per altro che il citato articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) è stato abrogato dall’articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. D’altra parte il suddetto decreto legislativo delinea una nozione di rifiuto comunque restrittiva, dal momento che introduce all’articolo 183 i concetti di “sottoprodotto” e “di materia prima seconda” e li esclude dal regime giuridico del rifiuto.

A tale proposito si segnala che il 21 settembre 2007 il Governo ha trasmesso alla Camera dei deputati per il prescritto parere uno schema di decreto legislativo concernente ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale. Come indicato nella relazione di accompagnamento allo schema, l’intervento del Governo è volto a sanare la situazione e consentire la chiusura delle due procedure di infrazione sopra descritte.

Protezione del suolo

Il 15 febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso contro l’Italia[338] per non aver completato, entro il 22 dicembre 2004, le analisi e l’esame delle caratteristiche relative a ciascun distretto idrografico compreso nel territorio, come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE.

La Commissione contesta, inoltre, all’Italia di non aver presentato, entro il 22 marzo 2005, secondo quanto stabilito dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE, una relazione sintetica delle analisi richieste dall’articolo 5 e dei programmi di monitoraggio di cui all’articolo 8 della medesima direttiva.


Articolo 81
(Realizzazione di aree verdi per ridurre l’emissione di gas climalteranti, migliorare la qualità dell’aria e tutelare la biodiversità)

 

1. È istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per la forestazione e la riforestazione al fine di ridurre le emissioni di CO2, per la realizzazione di aree verdi in zone urbane e periurbane al fine di migliorare la qualità dell'aria nei comuni a maggiore crisi ambientale, e di tutelare la biodiversità.

2. Al fine di sostenere le azioni e le politiche finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto, ratificato ai sensi della legge 1o giugno 2002, n. 120, nonché ai fini di cui alla delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002, la somma di 2 milioni di euro annui a valere sul fondo di cui al comma 1 è destinata all'istituzione e alla gestione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio e alla gestione dell'Inventario nazionale delle foreste di carbonio.

 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame istituisce, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un apposito un fondo per la forestazione e la riforestazione di aree incolte,al fine di ridurre le emissioni di CO2, e per la realizzazione di aree verdi in zone urbane e periurbane per migliorare la qualità dell’aria nei comuni a maggiore crisi ambientale e per tutelare la biodiversità.

La disposizione individua la dotazione del fondo in 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

Il “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010”[339], elaborato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e adottato con la delibera CIPE n. 123 del 2002, in attuazione dell’art. 2, comma 1, del Protocollo di Kyoto, ha stimato un potenziale massimo di assorbimento di carbonio, derivante dalle foreste già esistenti, pari a 10,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Inoltre, ha previsto alcune iniziative di forestazione e riforestazione per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto.

Il 18 dicembre 2006 il Ministro dell'Ambiente e il Ministro dello Sviluppo Economico con decreto DEC/RAS/1448/2006 hanno approvato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012, successivamente trasmesso alla Commissione europea che ha accolto il Piano a condizione che vi fossero apportati alcuni cambiamenti. Tale Piano quantifica gli assorbimenti di carbonio (derivanti da interventi di afforestazione e riforestazione, attività di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e pascoli e di rivegetazione) in 16,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Il Piano ed il relativo parere della Commissione europea costituiranno la base per la predisposizione del successivo Schema di Decisione di Assegnazione, attualmente in fase di elaborazione.

Si segnala, infine, che la relazione della Commissione ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (approvata il 28 giugno 2007)[340] sottolinea il ruolo che nella riduzione delle emissioni può essere svolto dall’agricoltura, anche sotto il profilo della capacità di assorbimento di CO2 nei terreni agricoli e nel patrimonio forestale.

In merito, invece, al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane, si richiama il DM 3 agosto 2007[341] con cui è stato approvato un Programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico con una dotazione complessiva di 270 milioni di euro, in attuazione del comma 1121 e segg. dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che ha istituito un Fondo per la mobilità sostenibile nelle aree urbane.

 

Il comma 2 destina 2 milioni di euro a valere sulle risorse del fondo previsto dal comma 1, per l’istituzione e la gestione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio e per la gestione dell’Inventario nazionale delle foreste di carbonio (IFNI), in attuazione del Protocollo di Kyoto, ratificato con legge n. 120 del 2002 e della richiamata delibera CIPE n. 123 del 2002.

 

Si rammenta, innanzitutto, che con l’art. 1 del DM del 2 febbraio 2005[342] che ha dato attuazione dei programmi pilota a livello nazionale in materia di afforestazione e riforestazione, sono stati destinati 2.250.000 di euro per l'aggiornamento dell'Inventario forestale nazionale e degli altri serbatoi di carbonio, nonché per l'istituzione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali

Si ricorda, infatti, che l’istituzione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali e dell’Inventario nazionale delle foreste di carbonio (IFNI) è prevista dalla citata delibera CIPE n. 123 del 2002 quale strumento indispensabile per poter raccogliere tutte le informazioni necessarie per il calcolo dell’assorbimento di carbonio.

I punti 7.3 e 7.4 della delibera prevedono in particolare:

§       la realizzazione, entro il 31 maggio 2005, da parte del Ministero per le politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, dell'Inventario forestale nazionale e quello degli altri serbatoi di carbonio, al fine di avviare la procedura di revisione del limite all'utilizzo dei crediti, derivanti dalla gestione forestale, assegnato all'Italia;

§       la realizzazione, entro il 31 dicembre 2006, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministero per le politiche agricole e forestali, del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali, al fine di certificare i flussi di carbonio nel periodo 2008-2012 derivanti da attività di afforestazione, riforestazione, deforestazione, gestione forestale, gestione dei suoli agricoli e pascoli e rivegetazione.

Tali due strumenti sono, quindi richiamati nel “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010[343].

In esso si legge che il Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali rappresenta “lo strumento di certificazione delle quantità di carbonio assorbito dai sistemi agrari e forestali italiani. Il Registro è costituito dall’immagine dell’uso del suolo d’Italia a cui vanno riferiti i dati statistici sul contenuto di carbonio delle tipologie agrarie e forestali (suoli agrari; suoli, biomasse e necromasse forestali). La certificazione dei crediti di carbonio sarà diretta conseguenza della contabilizzazione delle variazioni del contenuto di carbonio nelle suddette tipologie...”. Nel Piano nazionale 2003-2010 viene indicata un’ipotesi di spesa di gestione del Registro per il periodo 2007-2012, pari a 6 milioni di euro.

In merito, invece, all’Inventario forestale nazionale, il citato Piano ne prevede l’aggiornamento ogni 5 anni in corrispondenza con la fine del periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (il primo aggiornamento, quindi, deve essere pronto per il 2012). “L’Inventario sarà composto dall’Inventario Forestale Nazionale (IFNI), da un Sistema Informativo Territoriale delle superfici forestali e da una banca dati sul contenuto di carbonio nelle biomasse, nelle necromasse e nei suoli forestali”. Nel Piano viene indicata un’ipotesi di spesa per l’Inventario Forestale Nazionale (azioni addizionali da intraprendere per il calcolo del carbonio nelle foreste e nel suolo) pari a 4 milioni di euro nel periodo 2003-2012.

Si ricorda, inoltre, che nell’ambito delle audizioni svolte presso l’VIII Commissione Ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici nel mese di giugno 2007, il Ministro dell’ambiente aveva comunicato che era in corso la verifica dei costi per il completamento dell’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio e per la realizzazione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio.

L’Inventario nazionale delle Foreste, infatti, realizzato dal Corpo Forestale[344] non è ancora utile, nella sua versione attuale, ai fini del conteggio delle emissioni, in quanto quantifica, al momento, solo l’estensione e la funzionalità degli ecosistemi forestali nazionali e tali informazioni non sono sufficienti per la gestione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali. Pertanto all’inizio del 2003 hanno avuto inizio i rilievi per il secondo inventario forestale nazionale, l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC), il cui obiettivo principale è la valutazione delle riserve di carbonio presenti negli ecosistemi forestali[345].

Si ricorda, da ultimo, che per il finanziamento delle misure derivanti dall’attuazione del Protocollo di Kyoto sono intervenuti l’art. 1, comma 433, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006), che ha autorizzato un contributo di 100 milioni di euro per il 2006 e l’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) che ha previsto l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Si segnala, infine, l’articolo 26, comma 1-bis, del d.l. n. 159 del 2007 (il cui disegno di legge di conversione è attualmente all’esame del Parlamento) che concede al Ministero dell’ambiente per l'anno 2007 un contributo straordinario di 10 milioni di euro per l'attuazione di interventi urgenti di adattamento e mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. La disposizione fa in particolare riferimento agli interventi di protezione degli ecosistemi e della biodiversità terrestre e marina più compromessi, di difesa e gestione del suolo nelle aree a rischio idrogeologico e a rischio desertificazione, di gestione delle risorse idriche, ripristino delle aree costiere e delle zone umide, e attribuisce priorità agli interventi nelle aree esposte a rischio di eventi alluvionali o franosi ovvero a rischio valanga.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Biodiversità

Il 22 maggio 2006 la Commissioneha adottato la comunicazioneArrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltreSostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano” (COM(2006)216).

Il documento definisce un approccio per interrompere entro il 2010 la perdita di biodiversità nell’Unione europea e contribuire a garantire la biodiversità planetaria entro lo stesso termine. In particolare, la Commissione propone un piano d’azione contenente misure concrete; definisce le responsabilità delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri; specifica indicatori per monitorare i progressi realizzati.

La comunicazione identifica quattro aree prioritarie ed i relativi obiettivi:

-    la biodiversità nell’Unione europea (salvaguardare gli habitat e le specie più importanti; conservare e ristabilire la biodiversità nelle campagne e nell’ambiente marino; conciliare sviluppo territoriale e biodiversità; ridurre gli effetti delle specie allogene invasive);

-    l’Unione europea e la biodiversità globale (rafforzare l’efficacia della governance internazionale in materia di biodiversità ed ecosistemi; potenziare il sostegno alla biodiversità nell’ambito dell’assistenza esterna dell’UE; ridurre l’impatto del commercio internazionale);

-    biodiversità e cambiamenti climatici (sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici);

-    conoscenze (rafforzare le conoscenze in materia di conservazione ed uso sostenibile della biodiversità).

Per raggiungere gli obiettivi indicati, secondo la Commissione occorre assicurare finanziamenti adeguati, rafforzare il processo decisionale nell’UE, istituire partenariati tra i gruppi interessati alla conservazione della biodiversità e i vari settori della società che hanno un impatto su di essa; favorire la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e incoraggiarne la partecipazione ad un uso sostenibile della biodiversità.

Il Consiglio ambiente ha adottato, il 18 dicembre 2006, conclusioni sul tema “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010”, nelle quali, rallegrandosi della comunicazione della Commissione: esorta la Commissione e gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per mettere a punto la rete Natura 2000; pone l’accento sull’importanza della pianificazione territoriale e sottolinea la responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda la pianificazione regionale e locale in tale contesto; sollecita la Commissione e gli Stati membri a cogliere le opportunità previste dalle politiche in materia di agricoltura, sviluppo rurale, silvicoltura e pesca allo scopo di sostenere l’obiettivo della biodiversità, sia all’interno delle zone protette, sia nell’insieme dell’ambiente più ampio rurale e marino.

Il 22 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di iniziativain materia di biodiversità in cui, nel condividere obiettivi prioritari e misure di sostegno proposti dalla Commissione nella comunicazione, esprime profonda preoccupazione per la costante perdita di biodiversità. Secondo il PE i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono fenomeni strettamente collegati e di pari rilievo.

Foreste

Il 15 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un piano d’azione 2007-2011 dell’UE per le foreste (COM(2006)302).

Il piano d’azione persegue quattro obiettivi principali:

-    migliorare la competitività a lungo termine;

-    migliorare e tutelare l’ambiente;

-    migliorare la qualità di vita;

-    favorire il coordinamento e la comunicazione.

Tale piano è articolato in una serie di azioni chiave che la Commissione propone siano attuate di concerto con gli Stati membri e una serie ulteriore di azioni realizzabili dagli Stati membri in funzione delle specifiche realtà e priorità nazionali, ricorrendo sia a strumenti comunitari che a strumenti nazionali.

In particolare, la Commissione, nell’ambito dell’obiettivo di migliorare e tutelare l’ambiente, intende mantenere e accrescere in maniera appropriata la biodiversità, l’immobilizzazione del carbonio, l’integrità e la salute degli ecosistemi forestali e la loro capacità di recupero, a diversi livelli geografici. Fra le azioni chiave proposte dalla Commissione per l’obiettivo in questione si segnala il contributo al conseguimento degli obiettivi comunitari in materia di diversità biologica per il 2010 ed oltre attraversoun rapido intervento a livello comunitario e nazionale, per ilripristino degli habitat e degli ecosistemi naturali, se si vuole realizzare l’obiettivo diarrestare la perdita di diversità biologica.

Nel contesto dell’obiettivo di migliorare la qualità della vita, si segnala inoltre che una delle azioni chiave della Commissione prevede di studiare il potenziale dei boschi urbani e periurbani. Tale azione chiave prevede che, sulla base delle attività scientifiche, la Commissione e gli Stati membri:

riesaminino ed integrino le metodologie di valutazione dell’impatto dei boschi urbani e periurbani sulla società e sul singolo cittadino, al fine di elaborare degli indicatori per il lungo termine e solide linee direttrici per indirizzare in futuro gli investimenti e la gestione;

studino strutture che coinvolgano le comunità locali e le parti interessate, diverse da quelle convenzionali, nella pianificazione, realizzazione, gestione ed uso dei boschi urbani e periurbani.

Sulla comunicazione il Consiglio ha approvato conclusioni il 24 ottobre 2006, nelle quali, in particolare:

pone l’accento sul contributo rilevante che le foreste offrono al conseguimento degli obiettivi ambientali comunitari in materia di preservazione della biodiversità, contenimento del cambiamento climatico, preservazione delle risorse idriche, lotta all’erosione e alla desertificazione;

invita la Commissione e gli Stati membri ad ottimizzare il contributo delle foreste e dei prodotti forestali alla mitigazione dei cambiamenti climatici e promuovere l'adattamento delle foreste ai cambiamenti climatici, al fine tra l'altro di rispettare pienamente gli impegni assunti dall'UE ai sensi di accordi internazionali, quali la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il protocollo di Kyoto;

invita a porre particolare attenzione al miglioramento della qualità di vita nelle zone urbanizzate;

invita gli Stati membri a utilizzare nel miglior modo le misure per le foreste disponibili nell’ambito della politica comunitaria per lo sviluppo rurale relativa al periodo 2007-2013[346], compresa la  forestazione, il rimboschimento, le misure agroforestali, per attuare le azioni chiave prospettate nel piano d’azione dell’UE per le foreste.

Strategia sull’ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM (2005) 718), destinata ad aiutare gli Stati membri e le autorità locali e regionali a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee. La strategia per l’ambiente urbano è una delle sette strategie previste dal Sesto programma di azione in materia di ambiente. Il suo obiettivo è favorire una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitarie in materia ambientale, attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche tra le autorità locali.

La strategia, basata sui contenuti di una comunicazione precedente (COM (2004)60) e di un’ampia consultazione dei soggetti interessati svoltasi nell’autunno 2005, propone una serie di azioni tra le quali si segnalano:

Orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile. Gli orientamenti saranno basati sull’esperienza acquisita dalle città, sui pareri degli esperti e sui risultati delle ricerche, e serviranno a favorire la piena attuazione della legislazione comunitaria, oltre a costituire una fonte di informazioni supplementari ai fini dell’elaborazione e dell’attuazione di specifici piani di azione.

Formazione. Alcuni programmi comunitari offriranno alle autorità locali opportunità di formazione e di rafforzamento delle capacità, per consentire loro di sviluppare le competenze necessarie per gestire l’ambiente urbano. Verrà inoltre offerto un sostegno per promuovere la collaborazione e l’apprendimento reciproco tra autorità locali.

Sostegno allo scambio delle migliori pratiche a livello comunitario. In questo contesto verrà valutata l’opportunità di elaborare un nuovo programma europeo per lo scambio di conoscenze ed esperienze sui problemi dell’ambiente urbano, nell’ambito della nuova politica di coesione. A tal fine la Commissione opererà in stretta collaborazione con gli Stati membri e le autorità locali, sulla base di una rete pilota di punti di contatto nazionali sulle questioni urbane (la “Piattaforma europea delle conoscenze”) che fornisce consulenza alle autorità locali in tutta Europa.

Portale Internet della Commissione destinato alle autorità locali. La Commissione studierà la fattibilità di un portale destinato alle autorità locali sul sito “Europa”, in modo da facilitare l'accesso alle informazioni più recenti.

Sostegno finanziario. Verrà favorito l'utilizzo dei programmi comunitari di sostegno esistenti nel quadro della politica di coesione o di ricerca.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro: chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città, con le loro politiche, possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, e di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento per affrontare i problemi dell'ambiente urbano, come pure le opportunità nell'ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[347]; riconosce l'importanza del settimo programma quadro di ricerca e sviluppo[348], nonché la necessità di promuovere l'ecoinnovazione attraverso la rapida attuazione del piano d'azione per le tecnologie ambientali (ETAP)[349]; incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, tra cui, segnatamente, meccanismi innovativi e flessibili per il finanziamento del rinnovamento urbano; invita l'Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell'ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l'attuazione della gestione ambientale integrata.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia sull’ambiente urbano, nella quale, fra l’altro: sottolinea la dimensione sociale di un progetto urbanistico sostenibile e raccomanda di migliorare in via generale la qualità della vita nei centri delle città attraverso una strategia globale (soprattutto a carattere sociale, culturale ed ecologico); chiede, quale misura cautelare per salvaguardare i centri storici e gli spazi naturali, i fiumi, i laghi o le zone umide, che si creino, in prossimità di questi luoghi, anelli di protezione a basso indice di edificabilità per evitare le pressioni immobiliari; sottolinea che alcuni centri storici – pregevoli elementi del nostro patrimonio comune – sono da anni abbandonati nelle città: raccomanda di disporre, a livello nazionale, regionale o locale, programmi di aiuto per promuovere un adeguato restauro di queste zone e che includano l’architettura, gli spazi aperti e le piazze nonché le rive dei fiumi, i ponti e altre opere pubbliche; si rammarica del fatto che, sebbene la costruzione urbana sostenibile sia ritenuta uno dei quattro principali settori della “strategia tematica sull’ambiente urbano”, la strategia proposta non contempli alcuna azione specifica in materia; propone che i fondi dell’UE siano assegnati e utilizzati dagli Stati membri al fine di riadattare edifici e quartieri.

Si segnala infine che, facendo seguito agli impegni assunti nella strategia per l’ambiente urbano, la Commissione ha predisposto un documento che contiene le linee guida per la gestione ambientale integrata. Come precisato dalla Commissione non si tratta di previsioni vincolanti ma piuttosto di una sintesi delle informazioni disponibili e delle migliori pratiche finanziate da fondi europei, con lo scopo di assistere le autorità municipali nella definizione di sistemi di gestione ambientale integrata a livello locale. 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[350] per non aver presentato, entro i termini previsti, la relazione richiesta ai sensi della decisione 280/2004/CE relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto[351].

L’art 3, par. 1 della decisione, infatti, prevede l’obbligo per gli Stati membri di presentare, entro il 15 gennaio di ogni anno, una relazione contenente i dati sulle emissioni di gas ad effetto serra, per consentire alla Commissione la valutazione dei progressi effettivi e la preparazione delle relazioni annuali sulle emissioni comunitarie, in applicazione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto.

Il 21 giugno 2007, con l’invio della lettera di messa in mora[352], una seconda procedura di infrazione è stata avviata nei confronti dell’Italia per essere venuta meno agli obblighi imposti dalla medesima decisione 280/2004/CE. In questo caso, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, l’Italia avrebbe dovuto trasmettere entro il 15 marzo 2007 una serie di informazioni necessarie alla Commissione per valutare i progressi realizzati dagli Stati membri nella limitazione delle emissioni di gas ad effetto serra e nell’attuazione del protocollo di Kyoto. Tali informazioni riguardano le politiche e le misure nazionali adottate in materia nonché le previsioni in merito alle emissioni di gas ad effetto serra almeno per gli anni 2010, 2015 e 2020.

 

 

 

 


 



[1]     Legge 31 ottobre 1965, n. 1261, Determinazione dell’indennità spettante ai membri del Parlamento.

[2]     Legge 23 dicembre 2005 n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[3]     I dati numerici riportati nella presente scheda sono pubblicati nei siti Internet della Camera dei deputati (http://www.camera.it/deputatism/4385/documentotesto.asp) e del Senato della Repubblica (http://www.senato.it/composizione/21593/111577/genpagina.htm).

[4]     Per i membri della Camera dei deputati, la diaria ammonta attualmente a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato da quelle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni che avvengono con il procedimento elettronico. È considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata.

      Per i senatori, la diaria ammonta a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 258,23 euro per ogni giorno di assenza del senatore dalle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni qualificate e verifiche del numero legale. È considerato presente il Senatore che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata.

[5]     Legge 23 dicembre 1998, n. 448, Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[6]     L’adeguamento relativo all’anno 2007 è stato disposto con d.p.c.m. del 27 aprile 2007 che ha previsto un incremento dei trattamenti rispetto a quelli in godimento alla data del 1° gennaio 2006 in misura pari a 4,28 per cento.

[7]     Nelle premesse al decreto si rileva che, in mancanza di una elaborazione specifica dell’ISTAT riferita al criterio di calcolo individuato dal comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, si è individuato un possibile parametro di riferimento per l’aggiornamento dei trattamenti nel dato di contabilità nazionale relativo all’incremento nel periodo di riferimento della retribuzione pro capite lorda nella Pubblica Amministrazione (pari al 13,30 per cento), precisandosi tuttavia che tale dato non può essere tenuto presente in toto e giustifica quindi l’attribuzione, salvo conguaglio, di un aumento identico a quello stabilito nel precedente d.p.c.m.

[8]     A.C. 1746, art. 64.

[9]     A.S. 1817.

[10]    Legge 13 agosto 1979 n. 384, Trattamento dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.

[11]    Legge 9 novembre 1999 n. 418, Disposizioni in materia di indennità dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato non parlamentari.

[12]    Legge 8 aprile 1952, Revisione del trattamento economico dei dipendenti statali.

[13]    D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1999, n. 203, S.O..

[14]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (c.d. Bassanini 1), art. 11, co. 1, lett. a).

[15]    D.L. 12 giugno 2001, n. 217, Modificazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché alla legge 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2001, n. 317.

[16]    D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[17]    Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’art. 17, co. 4-bis così recita: “L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

a)       riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

b)       individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

c)       previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

d)       indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

e)       previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali”.

[18]    L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[19]    Per tale definizione v. S. Labriola II governo della repubblica: organi e poteri: commento alla legge 23 agosto 1988, n. 400.

[20]    La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.S. 1818) evidenziava che i commissari straordinari nominati ai sensi dell’art. 11 della L. 400/1988 non superano le 15 unità.

[21]    Per un esempio cfr. art. 5 del D.P.R. 27 febbraio 2004, Nomina del commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, ai sensi dell'art. 11 della L. 23 agosto 1988, n. 400, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2004, n. 97.

[22]    In tal senso si veda l’art. 3 del DPR 13 luglio 2007, Nomina del Commissario straordinario per ampliamento dell’insediamento militare americano all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza.

[23]   Il saldo finanziario considerato dal comma 678, ai fini della determinazione del concorso alla manovra, è calcolato in termini di cassa quale differenza tra entrate finali e spese finali, risultanti dai conti consuntivi (comma 680) .Nel computo del saldo sono pertanto ricomprese tutte le voci di entrata e di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, con la sola esclusione delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, vale a dire, delle voci di entrata e di spesa di carattere finanziario.

[24]   Più precisamente, il comma 688 della legge n. 296/2006 dispone che per gli enti  commissariati a decorrere dall'anno 2007 per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), le regole del patto di stabilità interno si applicheranno a partire dall’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali.

[25]   Il SIOPE (istituito dall’articolo 28 della legge finanziaria per il 2003) consiste, sostanzialmente, in un sistema di rilevazione telematica di tutte le operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai cassieri delle amministrazioni pubbliche, rese omogenee attraverso un sistema di codificazione uniforme per tipologia di enti, che permette di rilevare in tempo reale le informazioni sui flussi di cassa delle amministrazioni, anche al fine di migliorare la conoscenza dei conti pubblici nazionali e garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni previste dall'art. 104 del trattato istitutivo della Comunità Europea, relativo alla procedura sui disavanzi eccessivi.

[26] Per quanto concerne la Libera Università di Aosta, il D.Lgs. 21-9-2000 n. 282 reca norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta in materia di potestà legislativa regionale inerente il finanziamento dell'università e l'edilizia universitaria e il DM 31-10-2000 reca l’autorizzazione all'Università (....) a rilasciare titoli di studio universitari aventi valore legale. Gli articoli 1 e 2 della L.R. 4-9-2001 n. 25 (modificati da ultimo dall’art. 46, comma 1, L.R. n. 34/2005) dispongono infine il finanziamento dell’Università mediante trasferimenti annuali correnti e di investimento, posti a carico del bilancio della regione. L’ammontare annuo complessivo tiene conto degli oneri gravanti sul bilancio dello Stato.

      Per la Libera Università di Bolzano, l’art. 18 della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 11 (assestamento bilancio 1997) dispone il finanziamento della Università di Bolzano, tenuto conto dei contributi annuali versati dallo Stato. Ogni anno viene quindi finanziato il relativo capitolo di bilancio (04130.00).

[27]   Nell’Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, nell’aggiornamento relativo al 2006 e pubblicato nella GU n. 174 del 28-7-2006, alla voce “Universita' e istituti di istruzione universitaria pubblici” è specificato che sono incluse in tale tipologia l'Universita' della Valle d'Aosta, la Libera Universita' di Bolzano, l'Universita' di Urbino, l'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.

[28]   Le decisioni a ciò relative si fondano su una tecnica di gestione integrata dell’attivo e del passivo (cosiddetto Asset liability management) che prevede un’analisi articolata in quattro passaggi: - determinazione del rischio complessivo attuale, mediante raccolta dei dati sulla struttura del bilancio che individui, in un periodo pluriennale, le conseguenze derivanti dalla scadenza delle attività e delle passività in esso presenti; - effetto di possibili variazioni dei tassi d’interesse nel periodo considerato; - confronto tra il rischio effettivo risultante dalle analisi sub 1) e 2) con il rischio voluto, ossia il livello di rischio che s’intende affrontare; - eventuale introduzione di strumenti finanziari volti a ridurre l’esposizione al rischio, tenendo conto anche dei costi dei relativi contratti.

[29]   Il primo si concreta, per i contratti di swap, in un andamento dei tassi d’interesse diverso dalle previsioni sulla cui base è stata impostata l’operazione. Esso risulta tanto maggiore quanto più lungo è l’orizzonte temporale del rapporto, che rende difficile prevedere gli andamenti futuri dei tassi e, quindi, la convenienza delle scelte da operarsi inizialmente. Per il suo contenimento possono essere utilizzate opzioni cap e collar, che accrescono ovviamente il costo del contratto. Qualora l’andamento del mercato sia diverso da quello atteso, è inoltre possibile valutare la convenienza dell’uscita da un’operazione di swap, che può realizzarsi attraverso un’operazione di effetto contrario (reversing), ovvero con la cessione ad un terzo (assigning) o, infine, con mediante accordo con la controparte per porre termine al contratto dietro pagamento del suo valore di mercato (unwinding). Il secondo si riferisce alla possibilità d’insolvenza della controparte con cui è stato stipulato il contratto. Esso può venire stimato sulla base del merito di credito (rating) di tale soggetto. Nell’esecuzione del contratto, è minore se i termini per la regolazione dei flussi di pagamento delle due parti coincidono (con versamento del solo differenziale). Sul complesso dei rapporti contrattuali può venire limitato attraverso un’opportuna diversificazione delle controparti.

[30]   In primo luogo, si è rilevato che lo sfasamento temporale esistente tra flussi di uscita e di entrate nei loro bilanci (a data tendenzialmente fissa i primi, con periodicità spesso irregolare i secondi, nella forma sia dei trasferimenti statali sia delle entrate proprie) impone una gestione indipendente di attivo e passivo. Inoltre si è osservato che nella gestione del passivo di tali enti può riuscire utile diversificare la struttura del debito, sovente concentrato in alcune categorie di tasso, con il principale fine di renderla più flessibile, riducendo i rischi connessi all’oscillazione, e di realizzare economie sugli interessi da pagare nel breve periodo. Per l’impiego di swap a questo fine si è rilevata l’esigenza di considerare non singole posizioni debitorie, bensì l’esposizione complessiva dell’ente; è stata ricordata altresì la necessità di analizzare previamente le tendenze del mercato per desumerne proiezioni di medio e lungo periodo sul possibile andamento dei tassi, di adottare obiettivi di copertura caratterizzati da basso livello di rischio, di verificare i risultati dell’operazione nel corso del suo svolgimento per rimodularne le caratteristiche secondo l’evoluzione del mercato. Inoltre, si è richiamata l’opportunità di comparare la convenienza dell’impiego degli strumenti finanziari derivati rispetto ad altre possibili forme di ristrutturazione del debito (estinzione o rinegoziazione) e, comunque, le diverse condizioni offerte dagli operatori e l’adeguatezza degli elementi dei contratti – la cui conformazione può essere modellata in aderenza alle specifiche necessità del caso – rispetto alle effettive esigenze dell’ente.

[31]    Le obbligazioni possono essere emesse esclusivamente a fronte di un preciso investimento chiaramente individuato, e il ricavo netto dell’emissione deve essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle acquisizioni che si intendono effettuare. L’emissione di titoli non può dunque essere in alcun caso operazione di acquisizione di mezzi finanziari non finalizzati.

[32]    È opportuno sottolineare che l'indebitamento mediante titoli degli enti territoriali si configura come raccolta di risparmio, definita dall'articolo 11, comma 1, del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) come l'attività che si esercita attraverso l'acquisizione di fondi con obbligo di restituzione sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma. L'elemento qualificante della fattispecie è pertanto costituito dall'obbligo della restituzione, che vale a distinguere la raccolta di risparmio in oggetto dalla raccolta di risparmio cosiddetto "di rischio". Più specifico è invece il criterio che individua la nozione di "sollecitazione del pubblico risparmio", che presuppone un'operatività limitata ai mercati regolamentati.

[33]   A tal fine i predetti enti sono tenuti a comunicare periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria. La definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento nonché dell’invio dei dati sono demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, recante altresì le norme relative all’ammortamento del debito e all’utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti. A quest’adempimento si è provveduto con il decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389.

[34]   In tal modo, sono stati eliminati l'obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l'obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze), e per conoscenza al Ministero dell'interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.

[35]   Tale regolamento prevede, all’articolo 1, che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunicano entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse. Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro, che entro dieci giorni può indicare, con determinazione motivata, il momento più opportuno per l'attuazione dell'operazione. In mancanza, l'operazione potrà essere conclusa entro venti giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione, nei casi di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, e nei termini indicati dagli enti in tutti gli altri casi. Restano escluse dalla comunicazione preventiva le operazioni di provvista con oneri a carico del bilancio dello Stato, per le quali si applicano le specifiche disposizioni di legge. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR. L’articolo 2 reca disposizioni sull’ammortamento del debito. L’articolo 3 riguarda specificamente le operazioni in strumenti derivati.

[36]   In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004). Sono state inoltre enunziate alcune linee guida. Il criterio dell'attività di coordinamento dell'accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento. Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento. Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento. La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.

[37]    Nello swap plain vanilla una delle controparti riceve periodicamente (di solito ogni semestre) un pagamento variabile legato ad un indice (ad es. Libor), e paga un tasso d’interesse fisso (ad es. il rendimento di una particolare categoria di titoli di Stato aumentato di un differenziale).

[38]    Si tratta di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale (articolo 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000).

[39]   Ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) per «strumenti finanziari» si intendono:

a)   valori mobiliari;

b)   strumenti del mercato monetario;

c)   quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;

d)   contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

e)   contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;

f)    contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione;

g)   contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;

h)   strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;

i)    contratti finanziari differenziali;

j)    contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini.

      Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del TUF, per “strumenti finanziari derivati” devono intendersi gli strumenti finanziari previsti dal sopra richiamato comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j) nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera d) dell’articolo 1 del TUF.

      Secondo il comma 2-bis dell’articolo 1 del TUF, il Ministro dell'economia e delle finanze, con il regolamento di cui all'articolo 18, comma 5, individua:

a)   gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine;

b)   gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine.  

      In generale, con la definizione di “strumenti finanziari derivati” s’intendono attività finanziarie il cui valore è determinato da quello di altri titoli scambiati sul mercato. Tra questi, gli strumenti negoziati sui mercati regolamentati sono i futures e le opzioni; quelli scambiati sui mercati non regolamentati (over-the-counter), rappresentati da contratti stipulati fra due parti, sono gli swap e i contratti forward.

[40]   COM(2006)910

[41]    Vedi scheda relativa all’articolo 3.

[42]   Il cosiddetto metodo Lamfalussy è un modello decisionale che trova applicazione per l’adozione e l’attuazione degli atti legislativi comunitari nel settore dei servizi finanziari (valori mobiliari, banche e assicurazioni). In particolare, il modello prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:

-        al primo livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase, in relazione al settore mobiliare, la Commissione consulta, prima di presentare le relative proposte legislative, il Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), composto di rappresentanti di ciascuno Stato membro;

-        al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alla procedura di regolamentazione (ora di regolamentazione con controllo). In questa fase la Commissione, sulla base di un parere tecnico del Comitato europeo dei regolatori dei valori mobiliari (CESR), composto di rappresentanti delle autorità nazionali di regolamentazione e vigilanza  nel settore, predispone un progetto di misure esecutive e lo sottopone al Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), che esprime un parere;

-        il terzo livello decisionale consiste, per quanto riguarda il settore mobiliare, nel coordinamento, in via informale in seno al CESR, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sui valori mobiliari, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli;

-        al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.

[43]   La decisione 2006/512/CE ha introdotto, infatti, una specifica procedura di “regolamentazione con controllo”, per l’adozione delle misure di esecuzione di atti legislativi adottati in codecisione, quale è il caso della direttiva 2004/39/CE. Conseguentemente, tali atti legislativi devono essere modificati al fine di prevedere il ricorso alla procedura in questione, la quale assicura al Parlamento europeo e al Consiglio un potere di controllo e di rigetto delle misure di esecuzione proposte dalla Commissione.

      Viene inoltre abolito il limite di durata per la delega delle competenze di esecuzione alla Commissione attualmente previsto.

[44]   Si tratta,in particolare, degli standard minimi di qualità che il meccanismo di stoccaggio nazionale deve rispettare e delle condizioni per il funzionamento di una rete paneuropea di tali meccanismi nazionali (cfr. art. 21 della direttiva)

 

[45]    Da ultimo, la legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 38-40 - Legge finanziaria 2005 e la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 148 – Legge finanziaria 2006

[46]   Più precisamente, l’art. 1, co. 1-bis, del D.L. n. 314/2004 richiama l'articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 80/2004 (legge n. 140/2004), che prevedeva l’applicazione, nell’esercizio finanziario 2005, delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002).

[47]    In particolare, l’articolo 141, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000 dispone che i consigli comunali e provinciali siano sciolti:

-quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

a)       quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:

-          impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;

-          dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;

-          cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;

-          riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

b)      quando non sia approvato nei termini il bilancio;

c-bis)nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1.000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (lettera aggiunta dal comma 7 dell’articolo 32 del D.L. n. 269/2003, conv. dalla legge n. 326/2003).

[48]   Secondo lo schema generale delineato dal decreto legislativo n. 504/1992, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci diprovince e comuni con l'assegnazione dei seguenti fondi:

§       “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§       “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§       “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI).

Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

[49]    Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.

In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro per il 2004, di cui 227 milioni di euro a valere sul Fondo ordinario, 68 sul Fondo consolidato e 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo.

[50]    A tal fine, le risorse che vengono considerate sono quelle costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I. parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica.

[51]   Il comma 703 della legge finanziaria dello scorso anno assegna, per ciascuno degli anni 2007-2009, contributi in favore degli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali. In particolare:

§       contributo di 55 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente ultrasessantacinquenne sia superiore al 30% della popolazione complessiva;

§       contributo di 71 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva;

§       contributo di 42 milioni, per finalità di investimento, in favore dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane;

§       contributo di 20 milioni di euro in favore delle comunità montane.

[52]   Per il 2004 dall'art. 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per il 2005 dall’articolo 1, comma 65, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per il 2006 dall’art. 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e per il 2007 dell’art. 1, co. 697, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[53]    La compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita, per i comuni, dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003). La medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.

[54]    D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[55]    Introdotto dall’art. 1, co. 480, lett. c), della legge finanziaria 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311).

[56]    Per tali soggetti, ai sensi del medesimo articolo, la tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni è ridotta alla metà.

[57]    Em. 13.4 (testo 3) del relatore all’art. 13 dell’A.S. 1817 (modificato dal subem. 13.4 (testo 2)/1 riformulato) approvato nella seduta della 5ª Commissione (Bilancio) del Senato nella seduta del 1° novembre 2007 (nott.).

[58]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (nel prosieguo: TUEL).

[59]    A.C. 1942 e abbinati, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali.

[60]    Ordine del giorno G13.100 (testo 2) Santini ed altri accolto come raccomandazione nella seduta dell’Assemblea del Senato del 9 novembre 2007 (antim.).

[61]    L.R. 6 marzo 1986, n. 9, Istituzione della Provincia regionale (art. 45).

[62]    La Corte ha già avuto occasione di affermare, con specifico riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., che la competenza primaria attribuita alle Regioni a statuto differenziato in materia di ordinamento degli enti locali «non è intaccata dalla riforma del titolo V, parte seconda della Costituzione, ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti definiti dagli statuti» (sentenze n. 238/2007, n. 48/2003).

[63]    L. 2 luglio 1952, n. 703, Disposizioni in materia di finanza locale.

[64]    L. 25 luglio 1952, n. 991, Provvedimenti in favore dei territori montani. L’art. 1 è stato abrogato dalla L. 8 giugno 1990, n. 142.

[65]    L. 16 settembre 1960, n. 1014, Norme per contribuire alla sistemazione dei bilanci comunali e provinciali e modificazioni di talune disposizioni in materia di tributi locali.

[66]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[67]    Si veda il documento trasmesso dall’Unione nazionale comunità montane in occasione dell’audizione presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato l’8 ottobre 2007.

[68]   Corte costituzionale, sentenza n. 229 del 2001.

[69]   Corte costituzionale, sentenza n. 244 del 2005.

[70]   Il riferimento è alla popolazione che risiede nel territorio classificato come montano, con esclusione di quella residente nei territori non classificati come montani pur essendo inclusi nel perimetro della comunità.

[71]    www.camera.it/_dati/leg15/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/095/001/INTERO.pdf.

[72]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (nel prosieguo: TUEL).

[73]   A.C. 1942 e abbinati, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali.

[74]   Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:

§      da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;

§      da 50 membri nei comuni con più di 500.000 abitanti;

§      da 46 membri nei comuni con più di 250.000 abitanti;

§      da 40 membri nei comuni con più di 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;

§      da 30 membri nei comuni con più di 30.000 abitanti;

§      da 20 membri nei comuni con più di 10.000 abitanti;

§      da 16 membri nei comuni con più di 3.000 abitanti;

§      da 12 membri negli altri comuni.

[75]   Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:

1.     da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

2.     da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;

3.     da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;

4.     da 24 membri nelle altre province.

[76]   Il riferimento ai “consiglieri” contenuto nella lettera b) del comma 2 dell’art. 26 sembrerebbe escludere gli assessori delle comunità montane e gli assessori o componenti del consiglio di amministrazione delle unioni di comuni.

[77]   Si richiama in proposito l’osservazione contenuta nella nota precedente.

[78]   Il vigente regolamento è stato approvato con D.M. 4 aprile 2000, n. 119. Il co. 10 dell’art. 82 prevede l’adeguamento degli importi ogni tre anni. Non essendo stato emanato un nuovo D.M., attualmente continua ad applicarsi il D.M. 119/2000 con le relative tabelle.

[79]   Il Ministero dell’interno, con la circolare 5 giugno 2000 n. 5/2000, Misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, ha precisato che, qualora gli organi intendano aumentare o diminuire gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza stabiliti dal D.M., attese le implicazioni d’ordine politico e gestionale-contabile della scelta, spetta necessariamente alla giunta ed al consiglio deliberare dette variazioni nei confronti, ciascuno, dei propri componenti. Va, altresì, tenuto conto che competenti a deliberare in ordine alle indennità di funzione spettanti ai presidenti dei consigli comunali e provinciali sono i rispettivi consigli, in quanto rileva l’appartenenza all’organo.

[80]   Vale a dire: i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

[81]   Del titolo II della parte I.

[82]   Nel testo approvato dalla Commissione affari costituzionali del Senato, l’obbligo di aderire ad un’unica forma associativa era previsto anche per quanto riguarda le convenzioni. Con l’emendamento 14.750 del relatore, approvato dall’Assemblea il 9 novembre 2007 (pomerid.) tale obbligo è stato soppresso, lasciando libera per i Comuni la possibilità di stipulare convenzioni con altri Comuni. Il relatore ha osservato che la previsione soppressa sarebbe stata suscettibile di far aumentare le spese.

[83]   D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.

[84]   L. 8 marzo 1989, n. 95, Norme per l'istituzione dell'albo e per il sorteggio delle persone idonee all'ufficio di scrutatore di seggio elettorale e modifica all'articolo 53 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

[85]   L. 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999.

[86]   La Commissione elettorale circondariale:

1)       esamina le operazioni compiute dalla Commissione elettorale comunale e decide sui ricorsi presentati contro di esse;

2)       cancella dagli elenchi formati dalla Commissione comunale i cittadini indebitamente proposti per la iscrizione o per la cancellazione, anche quando non vi sia reclamo;

3)       decide sulle domande d’iscrizione o di cancellazione che possono esserle pervenute direttamente.

[87]   L. 4 aprile 1985, n. 117, Norme per l’adeguamento degli onorari dei componenti gli uffici elettorali di sezione.

[88]   D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[89]    Sentenze Corte costituzionale 390/2004, 417/2005, 449/2005, 88/2006)

[90]  Si ricorda che lo schema di decreto legislativo correttivo al codice ambientale, su cui la Commissione ambiente ha espresso il parere di propria competenza nella seduta del 24 ottobre, prevede – attraverso due novelle all’art. 147 relativo all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e all’art. 150 sulla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento – l’unitarietà, anziché l’unicità, della gestione del servizio idrico integrato.

[91]    Il già richiamato schema di decreto legislativo correttivo richiede la condizione che i comuni gestiscano l’intero servizio idrico integrato, nonché il consenso dell’Autorità d’ambito competente.

[92]    Relativamente a quest’ultimo aspetto, con specifico riferimento alle tariffe del servizio idrico, non mancano considerazioni di segno opposto in merito alla necessità di elevare le tariffe sia per evitare gli sprechi che per consentire agli enti gestori adeguati investimenti sulle reti. Si richiama in proposito la posizione di Federutility (http://www.confservizicampania.it/­stampa_zoom.php?id=167) circa il fatto che “in Italia si registrano i consumi d'acqua pro-capite più elevati che nel resto d'Europa, accompagnati anche dalle tariffe più basse pagate dagli utenti per l'intero ciclo integrato (acqua potabile, fognature, depurazione)”. Da uno studio di Federutility “emergono infatti dati interessanti che rivelano le abitudini dei cittadini nel loro rapporto con le risorse idriche. A Berlino, dove l'acqua costa 4,30 euro ogni mille litri, i cittadini hanno un consumo pro-capite al giorno di 117 litri, mentre a Roma o a Torino (dove la tariffa varia tra i 0,78 ed i 0,81 euro al metro cubo) si superano tranquillamente i 220 litri per persona al giorno. A livello internazionale, anche extraeuropeo, sono poche le metropoli in cui il prezzo dell'acqua è al di sotto della media nazionale italiana. Solo Buenos Aires (0,17 euro/mc); Sao Paulo (0,68), Atene, Hong Kong , Miami e poche altre grandi città, registrano tariffe del servizio idrico integrato (acqua potabile, fognatura, depurazione) comparabili con quelle italiane”. In una nota diffusa sul web (http://www.enel.it/attivita/novita_eventi/energy_views/faq/index_10.asp) e basata su dati Eurostat, l’Enel evidenzia che “i consumi domestici medi per abitante sono in Italia assai più elevati che non in altri Paesi europei con tenore di vita più alto e ciò anche perché le tariffe non incentivano un consumo più attento: sono tra le più basse di tutti i Paesi occidentali. Il prezzo medio dell’acqua potabile è in Italia meno della metà di quello inglese, un terzo di quello svedese e circa un quinto di quello tedesco. Contrariamente a quanto avviene negli altri Paesi, il ridotto valore monetario del bene è altresì causa di usi impropri (ad esempio innaffiamento dei giardini o pulizia delle autovetture con acqua potabile) e di limitato interesse alla manutenzione degli impianti interni e al controllo delle perdite”.

      Sul punto, si richiama, infine, l’articolo 154 del codice ambientale che, al comma 6, prevede che “nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali”. Insomma, se proprio vogliamo abbassare le tariffe facciamolo solo per certe categorie.

[93]   Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa, ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva "Habitat", nonché delle specie di cui all'allegato I della Direttiva "Uccelli" e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva "Habitat" (art. 3), è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS). Attualmente la "rete" è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva "Uccelli", e i Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC); tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione.(cfr.http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/rete_natura2000/rete_natura2000.asp.).

[94]   D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, recante misure di definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[95]   Gli accordi in oggetto sono stati stipulati - oltre che delle quattro regioni menzionate nel comma 1 del presente articolo (Lazio, Campania, Molise e Sicilia), anche dalle regioni Liguria ed Abruzzo. Tali regioni, che hanno presentato disavanzi strutturali, hanno concluso il suddetto accordo comprensivo del piano di rientro dal deficit sanitario nelle seguenti date: le regioni Lazio e Liguria, il 28 febbraio 2007, la regione Abruzzo il 6 marzo 2007, la regione Campania il 13 marzo 2007, la regione Molise il 27 marzo 2007 e la regione Sicilia il 31 luglio 2007.

[96]   Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).

[97]   Si ricorda che il procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro viene effettuato dal Tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui rispettivamente agli articoli 12 e 9 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, con le modalità previste dagli accordi sottoscritti, ai sensi del citato articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[98]   Tale disposizione è stata modificata dall’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge n. 296 del 2006.

[99]   Tale Fondo transitorio è stato ripartito con decreto del Ministro della salute 23 aprile 2007.

[100]Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2007, n. 64.

[101]Cfr. l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405.

[102]Le somme concernenti il citato ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario sono state ripartite con il decreto ministeriale 4 maggio 2007 e il suddetto importo di 3.000 milioni di euro è stato così ripartito: regione Abruzzo 144 milioni di euro; regione Campania 363 milioni di euro; regione Lazio 2.079 milioni di euro; regione Molise 202 milioni di euro; regione Sicilia 212 milioni di euro.

[103]Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

[104]Si ricorda che l’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha stabilito che il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è pari a 99.082 milioni di euro per l'anno 2008.

[105]  Cfr. articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[106]L. 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[107]Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.

[108]La legge finanziaria per il 2007 all’art. 1, comma 1317, ha autorizzato l’incremento del contingente in questione per non più di 65 unità, per consentire l’adempimento di obblighi assunti in sede europea in ordine al contrasto della criminalità organizzata e dell’immigrazione illegale, nel quadro della gestione della componente nazionale del “sistema informazione visti".

[109]Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile.

[110]Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

[111]La base giuridica della decisione 2007/436/CE, Euratom, è rappresentata dall’art. 173 del Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica e dall’art. 269 del Trattato che istituisce la Comunità europea. In base all’art. 269 del Trattato “il bilancio dell’Unione europea, fatte salve le entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie”.

[112]Ossia quelli della tariffa doganale comune e gli altri diritti fissati dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri

[113]Cioè tutti i prelievi, supplementi, importi supplementari o compensatori, importi o elementi addizionali e altri diritti fissati dalle istituzioni comunitarie sugli scambi con i paesi non membri, nel quadro della politica agricola comune, nonché i contributi e altri diritti previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero

[114]Ottenuti mediante applicazione di un tasso inizialmente pari all’1%; secondo quanto stabilito nel corso del Consiglio europeo di Berlino (24-25 marzo 1999) il suddetto tasso è passato allo 0,75% nel 2002 e allo 0,50% nel 2004

[115]Per l’adozione delle disposizioni relative alle risorse proprie, l’articolo 269, paragrafo 1, del Trattato CE prevede una procedura particolare, che sfocia in una raccomandazione agli Stati membri ad adottare le disposizioni secondo le rispettive procedure costituzionali.

[116]Alla decisione 2000/597/CE, Euratom sulle risorse proprie della Comunità, è stata data attuazione mediante la legge 448/2001 (legge finanziaria per il 2002).

[117]Il Consiglio di Fontainebleau ha deciso nel giugno 1984 di introdurre la compensazione britannica, attraverso la quale il Regno Unito riceve una compensazione pari allo 0,66 per cento del suo saldo netto.

[118]Consiglio di Fontainebleau del giugno 1984 ha introdotto un meccanismo correttore del bilancio in base al quale “ogni Stato membro che partecipa al bilancio comunitario in misura che eccede la propria prosperità relativa (misurata in rapporto alla prosperità complessiva dell’UE) può beneficiare di una correzione”, ovvero di una riduzione delle risorse conferite al bilancio UE. Attualmente, l’unico Paese che beneficia della correzione è il Regno Unito, che ha diritto ad una compensazione pari allo 0,66 % del suo saldo netto (ovvero il saldo tra le risorse conferite al bilancio UE e i finanziamenti ottenuti dallo stesso bilancio comunitario attraverso i fondi strutturali, gli stanziamenti per la politica agricola comune, altre spese operative). Il finanziamento della cosiddetta “compensazione britannica” è a carico di tutti gli Stati membri secondo la loro parte rispettiva nel PNL (ad eccezione della Germania il cui contributo è ridotto di un terzo).

[119]Il Consiglio europeo di Berlino del marzo 1999 ha infatti stabilito che il finanziamento della compensazione del Regno Unito da parte di altri Stati membri venisse modificato per consentire ad Austria, Germania, Paesi Bassi e Svezia di conseguire una riduzione della loro quota di finanziamento al 25 % della quota normale. L'adeguamento delle quote di finanziamento si effettua attraverso un adeguamento delle basi del RNL.

[120]Si ricorda, in proposito che l’atto del governo n. 180, su cui la I Commissione della Camera ha espresso il parere in data 8 novembre 2007, recante schema di regolamento di riorganizzazione del Ministero degli Affari esteri, contiene all’art. 12 una disposizione finalizzata all’avvio della ristrutturazione della rete delle rappresentanze diplomatiche, consolari e degli istituti di cultura, in attuazione della lettera g)  del comma 404 della legge finanziaria 2007, attraverso alcuni accorpamenti.

[121]Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero.

[122]Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.

[123]Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore”.

[124]  Norme per l’istituzione del servizio militare professionale.

[125]  Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore.

[126]  Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[127]  Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[128]  Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[129]  Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[130]  Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

[131]  Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005.

[132]  Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.

[133]  Riorganizzazione dell'area centrale del Ministero della difesa, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della L. 28 dicembre 1995, n. 549.

[134]  D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, Regolamento per l'attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni.

[135]  D.M. 26 aprile 2001, Approvazione del listino relativo alle prestazioni obbligatorie per gli organismi di telecomunicazioni.

[136]  D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche.

[137]  Decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.

[138]  D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[139]  D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio, n. 17, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa

[140]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[141]  D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217, Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell’articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252.

[142]  L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica.

[143]Resoconto nella seduta del 12 novembre 2007 (n. 249)

[144]Per un approfondimento delle questioni trattate si rinvia al Bollettino tematico n. 16 e al Dossier Politiche comunitarie n.  21, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[145]  SafeSeaNet è un sistema comunitario per lo scambio di dati marittimi sviluppato dalla Commissione in cooperazione con gli Stati membri per garantire l’attuazione della normativa comunitaria. Esso comprende, da un lato, una rete per lo scambio di dati e, dall’altro, una standardizzazione delle principali informazioni disponibili sulle navi e sui loro carichi (preavvisi e resoconti).

[146]Il pacchetto comprende, oltre alla proposta in esame riguardante l’istituzione di un sistema di monitoraggio del traffico navale, altre sei proposte legislative: una proposta di regolamento sulla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare e per vie navigabili interne in caso di incidente (COM(2005)592) e cinque proposte di direttiva relative rispettivamente al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (COM(2005)586), agli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (COM(2005)587), al controllo da parte dello Stato di approdo (COM(2005)588), alle inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo (COM(2005)590) e alla responsabilità civile degli armatori (COM(2005)593).

[147]       GU n. 289 del 13-12-2006.

[148]  Con la decisione della Commissione del 28 luglio 1999 sull’aiuto di Stato n. C 79/97, che ha concluso il procedimento avviato il 22/12/97, gli aiuti concessi dall’Italia alle cooperative di pesca nell’ambito del IV piano nazionale della pesca sulla base del D.M. 12 gennaio 1995, di esecuzione dell’art. 1 del D.L. 561/1994, sono stati dichiarati illegittimi perché non preventivamente autorizzati, ed incompatibili con il mercato comune poiché sulla base dell’art. 87 del trattato incidono sugli scambi tra Stati membri.

      L’Italia è stata condannata ad abrogare il decreto del 1995 sopprimendo il regime d’aiuto, e a recuperare entro sei mesi dalla notifica della decisione gli aiuti maggiorati degli interessi calcolati in base a un tasso di riferimento stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l'aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero (art. 19 del reg. 659/1999).

      L’esame degli aiuti è stato condotto dalla Commissione sulla base delle Linee direttrici del 1997 (ora sostituite da quelle approvate con la Com 2001/C 19/05) e del reg. 3699/93 che definiva criteri e condizioni degli interventi strutturali per il settore della pesca (più volte sostituito, da ultimo con il reg. 1198/2006).

Le disposizioni nazionali concedevano, alle cooperative di pesca che avevano proceduto ad una ricapitalizzazione, un contributo a fondo perduto proporzionale al capitale sociale dell’anno precedente a quello di ricapitalizzazione, ed un contributo – ancora a fondo perduto – commisurato alla partecipazione dei soci alla ricapitalizzazione. Il beneficio degli aiuti presupponeva la presentazione di un piano finanziario di consolidamento patrimoniale da parte della cooperativa.

      Tali aiuti sono stati dichiarati illegittimi perché diretti al risanamento finanziario delle aziende, che mediante l’apporto di capitale gratuito hanno potuto coprire disavanzi di funzionamento, e godere di un considerevole vantaggio sulle altre imprese. Le linee direttrici consentono la sola erogazione di aiuti alla realizzazione di investimenti, restando vietato qualunque aiuto nazionale di funzionamento, anche nella ipotesi che ne derivino nuovi investimenti o creazione di posti di lavoro.

[149]  Il 25 novembre 1999 la Commissione europea ha adottato la Decisione relativa alle misure di aiuto in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia previste dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995, recanti sgravi degli oneri sociali (2000/394/CE).

      La Commissione ha descritto le misure di aiuto disposte dall’articolo 5 bis del decreto legge del 29 marzo 1995, n. 96, convertito dalla legge n. 206/1995 e dall’articolo 27 del decreto legge del 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge n. 30/1997. Queste estendono il campo di applicazione degli sgravi contributivi previsti per il Mezzogiorno ai territori dei comuni di Venezia e di Chioggia, ovvero:

      -     gli sgravi contributivi, di cui all’articolo 1 del decreto del ministro del Lavoro del 5 agosto 1994 (riguardo ai quali è stata adottata la decisione 95/455/CE), in favore delle imprese situate a Venezia e Chioggia;

      -     lo sgravio totale degli oneri sociali di cui all’articolo 2 del decreto del 5 agosto 1994 per i nuovi posti di lavoro creati nelle imprese situate a Venezia e Chioggia.

      La Commissione non ha accolto l’argomento sostenuto dalle autorità italiane secondo cui gli interventi in esame sarebbero neutri giacché le imprese beneficiarie non esportano la loro produzione, sottolineando per contro come gli scambi fra Stati membri subiscano pregiudizio quando le possibilità delle imprese stabilite in altri Stati membri di esportare i loro prodotti nel mercato dello Stato membro in questione ne sono diminuite. La Commissione ha quindi determinato la natura di aiuto di Stato delle misure in esame.

      Per quanto riguarda gli aiuti concessi sotto forma di sgravio degli oneri sociali in favore della creazione di posti di lavoro, di cui all’articolo 2 del decreto del 5 agosto 1994, la Commissione ritiene che gli orientamenti comunitari in materia di aiuti all’occupazione riservino un trattamento favorevole, fra l’altro, agli aiuti destinati alla creazione netta di posti di lavoro purché siano accordati alle PMI o alle imprese delle zone ammissibili agli aiuti a finalità regionale. Se la città di Chioggia è ammissibile agli aiuti a finalità regionale in virtù dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), invece, nel periodo in considerazione la città di Venezia è solo parzialmente ammissibile a detta deroga.

      Il punto 22 degli orientamenti sull’occupazione indica che gli aiuti al mantenimento dell’occupazione, che sono simili agli aiuti al funzionamento, possono essere autorizzati nelle fattispecie seguenti:

a)       se sono destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali [articolo 87, paragrafo 2, lettera b), del trattato];

b)       se sono accordati a imprese situate nelle regioni ammesse a beneficiare della deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato;

c)       qualora siano previsti in un piano di ristrutturazione di un’impresa in difficoltà secondo le condizioni stabilite dagli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.

      Poiché nel caso in oggetto non sussistono tali elementi, la Commissione ha ritenuto che gli sgravi di cui all’articolo 1 del decreto 5 agosto 1994 non possano essere considerati compatibili con il mercato comune in base agli orientamenti comunitari sull’occupazione.

[150]  Il provvedimento è stato oggetto di una recente modifica ad opera del reg. (CE) 9 ottobre 2007, n. 1260/2007.

[151]  Anche tale provvedimento è stato modificato il 9 ottobre 2007, dal reg. (CE) n. 1261 allo scopo di migliorare il regime di ristrutturazione del comparto dal momento che la rinuncia alle quote produttive non ha raggiunto il livello atteso.

      A seguito della revisione dell’aiuto concesso il regolamento prevede peraltro il versamento retroattivo, in favore dei soggetti che hanno partecipato al regime di ristrutturazione, della differenza tra l’aiuto percepito nelle campagne 2006/2007 e 2007/2007 e quello riquantificato per la campagna 2008/2009.

[152]  Il D.L. n. 22/2005, convertito con modificazioni nella Legge 29 aprile 2005, n. 71, con gli articoli 1 e 1-bis ha recato una disciplina di sostegno delle imprese colpite da crisi di mercato, ovvero da una generale riduzione del reddito non ascrivibile al verificarsi di calamità naturali o particolari fenomeni atmosferici. La norma demanda al Ministro delle politiche agricole e forestali la dichiarazione dello stato di crisi di mercato, che si verifica allorquando l’imprenditore soffra una perdita di reddito pari al 30% di quello mediamente percepito nel triennio precedente. A tali imprenditori si applicano i benefici previsti dall’art. 5 del D.Lgs. n. 102/2004 per le ipotesi di calamità naturali, attingendo al Fondo di solidarietà nazionale.

[153]  Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet: http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/
pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf.

[154]  GU n. 164 del 16-7-2005

[155]    Sugli orientamenti e le proposte contenuti nella relazione l'Assemblea della Camera ha impegnato il Governo a seguito dell'approvazione nella seduta del 18 settembre della risoluzione Realacci 6-00021.

[156] Pubblicato nella GU 14 marzo 2007, n. 61.

[157]  Va rammentato che le funzioni dell’ISMEA, già ampliate a seguito dell’incorporamento della Cassa per la formazione della proprietà contadina avente funzioni di ricomposizione fondiaria, sono state estese in particolare nel corso della XIV legislatura con interventi normativi che ne hanno rafforzato l’attività sul fronte dei servizi creditizi e finanziari diretti alle imprese agricole singole o associate..

[158]  Infomercati è il consorzio obbligatorio previsto dall’art. 2 del D.L. n. 321/96 per la realizzazione del sistema di collegamento informatico e telematico dei mercati agro-alimentari all’ingrosso sull’intero territorio nazionale. Peraltro, a seguito delle integrazioni disposte all’art. 2 con il D.L. n. 223/2006 (art. 9, co. 2), anche ad Infomercati spetta il compito di effettuare, a richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate, rilevazioni dei prezzi al dettaglio dei prodotti agro-alimentari.

[159]  L’importo è stato ridotto di 4 milioni di euro ad opera dell’art. 30 del D.L. n. 4/2006 che lo ha destinato alle Capitanerie di Porto per l’adeguamento dei propri mezzi aeronavali, e di ulteriori milioni di euro dal comma 92 della stessa legge n. 266/200 che li ha assegnati ad alcuni enti fieristici.

[160]  Si veda ad esempio il Consiglio dei Ministri n. 32 del 27 dicembre 2006, al link  http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=30327.

[161]  L’interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4-04675 presentata dal Deputato Rampelli in data giovedì 2 agosto 2007 nella seduta n. 200 riassume la travagliata vicenda di tale proposta emendativa.

[162]  Convenzioni adottate con deliberazione n. 6/1992 del Comitato interministeriale dei prezzi in data 29 aprile 1992 (CIP 6) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992.

[163]  Recante Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[164]  Il comma 1120, lettera g), dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007, prevede la soppressione del comma 71 dell'art. 1, della cd. legge “Marzano” (legge 23 agosto 2004, n. 239), che prevede i certificati verdi per l'energia elettrica prodotta con l'utilizzo dell'idrogeno e l'energia prodotta in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile.

[165]  La suddivisione in zone climatiche dell'Italia è stata prevista dalla legge 10 gennaio 1991, n. 10  e poi attuata dall'articolo 2 del D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412  il quale ha suddiviso il territorio nazionale nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi-giorno, indipendentemente dalla ubicazione geografica:

-          Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600;

-          Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;

-          Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;

-          Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;

-          Zona E: comuni che presentano un numero gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;

-          Zona F: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000.

      I Gradi Giorno (GG) sono un'unità di misura atta ad indicare il fabbisogno termico di una determinata area geografica relativa alle vigenti normative sul riscaldamento delle abitazioni. Indicano la somma annuale delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura convenzionale fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera. Un valore di GG basso indica un breve periodo di riscaldamento e temperature medie giornaliere prossime alla temperatura fissata per l'ambiente riscaldato (appunto 20 °C). Al contrario, valori di GG elevati, indicano periodo di riscaldamento prolungati e temperature medie giornaliere nettamente inferiori ai 20 °C.

[166]  Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105).

[167]  Il richiamo è evidentemente riferito al decreto-legge n.159/2007 (“collegato” alla manovra di finanza pubblica, attualmente all’esame del parlamento per le sua conversione in legge) che all'articolo 26 il comma 4-bis reca alcune norme di incentivazione dell'energia prodotta da biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, secondo uno schema assai simile a quello delineato dai commi 2 e 3 dell’articolo in commento.

[168]  Gli ulteriori incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 saranno stabiliti con decreti ministeriali.

[169]  L'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999. Il comma 2 ha disposto la collocazione sul mercato elettrico secondo la relativa disciplina e nel rispetto delle regole di dispacciamento definite dal Gestore della rete in attuazione delle disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 per l'energia elettrica prodotta da impianti di potenza uguale o superiore a 10 MVA alimentati da fonti rinnovabili, ad eccezione di quella prodotta dagli impianti alimentati dalle fonti rinnovabili di cui al primo periodo del comma 3. Il comma 3 ha disposto il ritiro obbligatorio, su richiesta del produttore, da parte del gestore di rete alla quale l'impianto è collegato per l'energia elettrica prodotta da:

-        impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA;

-        impianti di potenza qualsiasi alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente.

      L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo riferimento a condizioni economiche di mercato[169].

      La disciplina di cui ai commi 2 e 3 non si applica all'energia elettrica ceduta al Gestore della rete nell'àmbito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti Cip 12 luglio 1989, n. 15/89, 14 novembre 1990, n. 34/90, 29 aprile 1992, n. 6/92, nonché della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas 28 ottobre 1997, n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima deliberazione. Secondo il comma 4, dopo la scadenza delle convenzioni citate di cui ai commi 2 e 3, l'energia elettrica prodotta dagli impianti di cui al comma 2 viene ceduta al mercato. Dopo la scadenza di tali convenzioni, l'energia elettrica di cui al comma 3 è ritirata dal gestore di rete cui l'impianto è collegato, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con riferimento a condizioni economiche di mercato.

[170]La relazione è presentata dalla Commissione ogni due anni, a norma dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.

[171]  Procedura d’infrazione n. 2004/5061

[172]  Procedura d’infrazione n. 2005/4669

[173]  Procedura d’infrazione n. 2006/4990.

[174]  Decreto Legislativo del 16 marzo 1999 n. 79 concernente “attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”

[175]  di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

[176]  Il paragrafo 5 dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE prevede che qualsiasi parte che intenda sporgere reclamo contro il gestore di un sistema di trasmissione o di distribuzione può adire l'autorità di regolamentazione che, in qualità di autorità per la risoluzione delle controversie, adotta una decisione entro due mesi dalla ricezione del reclamo. Il termine può essere prorogato di due mesi qualora l'autorità di regolamentazione richieda ulteriori informazioni. Il termine può essere ulteriormente prorogato con il consenso del reclamante. Detta decisione produce effetti vincolanti a meno che e fin quando non sia annullata in seguito ad impugnazione. Nel caso in cui il reclamo riguardi le tariffe di connessione per nuovi impianti di generazione di grandi dimensioni, il termine di due mesi può essere prorogato dall'autorità di regolamentazione.

[177]  Decreto del ministero dello sviluppo economico 19 febbraio 2007 (GU 23 febbraio 2007, n. 45) recante “Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.”

[178]  Il Gestore dei servizi elettrici - GSE spa - è il soggetto attuatore del DM (articolo 2, comma 1, lettera i)). In base al comma 3 dell'articolo 13 del DM il soggetto attuatore pubblica sul proprio sito internet e aggiorna con continuità la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito dei decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 e, separatamente, la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito del presente decreto. Sito internet : http://www.gsel.it/ita/

[179]  Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.

[180]  Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.

[181]  La legge 24 dicembre 1985, n. 808 reca “Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico”.

[182]  Il programma EFA, avviato nel 1988, è preordinato alla realizzazione di un velivolo militare da parte dell’Italia insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna, per assicurare la difesa aerea.

[183]  Tali stanziamenti sono oggetto di rimodulazione da parte della Tabella F allegata al presente ddl (v. la scheda relativa all'articolo 96, comma 5) che rende disponibile 600 milioni per il 2008 e 450 milioni per il 2009, in tal modo concentrando in unica annualità le risorse pluriennali stanziate dalla finanziaria per il 2007.

[184]  L’art. 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2001), in merito agli interventi FIT, prevede la riserva di una quota delle disponibilità del Fondo, determinata annualmente con decreto del Ministro dell’industria entro la data del 31 gennaio, per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative. Le modalità di gestione, le forme e le misure delle agevolazioni previste dal comma 106 sono state determinate con la direttiva ministeriale 3 febbraio 2003.

[185]  Il comma 222 della legge finanziaria 2005 allo scopo di favorire l’afflusso di capitale di rischio (cosiddetto venture capital) verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, consente al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, di sottoscrivere e alienare quote di fondi comuni d’investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR). Il fondo comune d’investimento è un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio della società che lo gestisce, o che lo ha istituito e che lo promuove, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di investitori. Il patrimonio viene gestito collettivamente (“in monte”), sulla base di linee d’investimento prefissate dal regolamento del fondo. Mediante la sottoscrizione di una quota di un fondo comune d’investimento, l’investitore acquisisce una compartecipazione nella gestione collettiva del patrimonio comune, effettuata secondo i criteri predefiniti nel regolamento del fondo.

[186]Si fa presente che il richiamato regolamento CE 1260/1999 recante la disciplina dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006 è stato abrogato dall'art. 107 del regolamento CE 1083/2006 con decorrenza dal 1° gennaio 2007.

[187]Le linee direttrici integrate sulla crescita e l’occupazione 2005-2008, adottate dal Consiglio nel luglio 2005, contengono specifiche indicazioni in merito al raggiungimento della piena occupazione. Le linee direttrici si articolano in: Raccomandazione 2005/601/CE, relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (GOPE) (per il periodo 2005-2008) e la Decisione 2005/600/CE sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, che enunciano gli obietti generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.

[188]  COM(2005)629.

[189]  Il Libro bianco descrive le priorità della Commissione nel periodo considerato individuando i seguenti obiettivi:

perseguire un consolidamento dinamico volto a costituire un mercato finanziario UE integrato, aperto, inclusivo, competitivo ed efficiente sotto il profilo economico;

sopprimere le rimanenti barriere aventi rilevanza economica, per consentire la prestazione dei servizi finanziari e la circolazione dei capitali in tutta l’UE al minor costo possibile, a livelli prudenziali efficaci e con un’efficiente applicazione della normativa, assicurando in tal modo alti livelli di stabilità finanziaria, vantaggi per gli utenti e protezione dei consumatori;

attuare, far applicare e sottoporre a valutazione continua la normativa in vigore e seguire con rigore, nelle future iniziative, l’impegno a “legiferare meglio”;

potenziare la cooperazione e la convergenza nella vigilanza all’interno dell’UE, approfondire le relazioni con gli altri mercati finanziari globali e rafforzare l’influsso dell’Europa nel mondo.

[190]  Direttiva 2006/48/CE del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione).

[191]  Direttiva 2006/49/CE del 14 giugno 2006, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (rifusione).

[192]  L’intero articolo è stato introdotto durante l’esame al Senato in Commissione 5a.

[193]  Ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3.

[194]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 1986.

[195]  Si faceva riferimento alle aree individuate dal DPR n. 218 del 1978, all’articolo 1, vale a dire Abruzzo, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, le province di Latina e di Frosinone, la provincia di Rieti, la provincia di Roma nella zona della bonifica di Latina, l'Isola d'Elba, l’Isola del Giglio e Capraia.

[196]  Ai sensi del D.Lgs C.P.S. n. 1075 del 1947.

[197]  Convertito, con modificazioni. dalla legge n. 95 del 1995.

[198]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.

[199]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 1997.

[200]  Ai sensi del regolamento (CE) 2081/93.

[201]  Disposizioni attuate con D.M. Tesoro n. 147/1999.

[202]  Ossia gli Obiettivi 1 Convergenza (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia) e 2 Competitività territoriale (Abruzzo, Molise, Basilicata in regime di phasing-out dall’Obiettivo 1 e Sardegna, in regime di phasing-in nell’Obiettivo 2), le aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87 del Trattato istitutivo CE (paragrafo 3, lettere a) e c)), elencate nella Carta degli aiuti a finalità regionale, nonché in aree svantaggiate individuate a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 marzo 1995).

[203]  Tale disposizione è prevista dal Regolamento 2006/1998/CE del 15 dicembre 2006. Esso è stato introdotto dal Regolamento 994/98/CE, che conferisce facoltà alla Commissione europea di stabilire, mediante un regolamento, una soglia al di sotto della quale gli aiuti di stato non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, che reca i criteri per la compatibilità degli stessi con il mercato comune, e sono pertanto dispensati dalla procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 3, che contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 87, paragrafo 1. Con il Regolamento 69/2001 la Commissione aveva fissato tale soglia a 100.000 euro su un periodo di tre anni. Il Regolamento 1998/2006 ha raddoppiato tale soglia portandola a 200.000 euro.

[204]Sul documento la Commissione europea ha condotto una consultazione pubblica che si è svolta tra il 7 giugno e il 15 settembre 2005.

[205]Pubblicata in GU C 317 del 30 dicembre 2003.

[206]Pubblicata in GUCE C260 del 28 ottobre 2007.

[207]L’Organizzazione marittima internazionale sta elaborando il cosiddetto indice CO2 per consentire ai soggetti deputati di calcolare la quantità di emissioni di anidride carbonica prodotte dalla singola nave in relazione all’attività e al trasporto svolto.

[208]  Con il contratto di locazione della nave a scafo nudo il proprietario è esonerato dall’armamento ed equipaggiamento della nave. Tale contratto si differenzia dal contratto di noleggio con il quale il proprietario si obbliga ad armare ed equipaggiare la nave, a porre la stessa in stato di navigabilità per il compimento del viaggio ed a provvederla dei prescritti documenti.

[209]  Il comma 2 dello stesso articolo 157 del TUIR prevede inoltre che il reddito delle navi, per i giorni in cui le stesse sono state locate a scafo nudo, deve essere determinato in modo analitico.

[210]  D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[211]  Il Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) è disciplinato dal D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240, recante “Norme per l'applicazione del regolamento n. 85/2137/CEE relativo all'istituzione di un Gruppo europeo di interesse economico GEIE, ai sensi dell'art. 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 428”. Il Gruppo deve essere costituito da soggetti (persone fisiche o giuridiche) appartenenti ad almeno due Stati membri differenti, allo scopo di facilitare o sviluppare le attività economiche dei suoi membri, mettendo in comune risorse, attività, esperienze.

[212]  Il regime di trasparenza fiscale, disciplinato dall’articolo 115 del TUIR, è un regime opzionale, in applicazione del quale le società di capitali, le cooperative e le società di mutua assicurazione, partecipate, in misura non inferiore al 10 per cento né superiore al 50 per cento, da altre analoghe società, imputano il reddito complessivo prodotto direttamente a ciascun socio, proporzionalmente alla partecipazione agli utili e indipendentemente dalla loro effettiva percezione. L’opzione può inoltre essere esercitata dalle società a responsabilità limitata e cooperative con volume di ricavi non superiore a determinati limiti e compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche, in numero non superiore a 10 (20 nel caso di società cooperative).

[213]  L’ammortamento è una procedura che consente di ripartire, ai soli fini fiscali, il costo sostenuto per l’acquisto di beni con utilità pluriennale in quote annue.

[214]  Si veda il D.M. 31 dicembre 1988 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 1989, n. 27).

[215]  L’autorizzazione è relativa a 50 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999.

[216]  Recante “Istituzione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.)”.

      La tabella C allegata al presente disegno di legge, che indica gli stanziamento autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria, per il citato D.Lgs. n. 250 del 1997, autorizza stanziamenti per 61,410 milioni di euro.

[217]  Le disposizioni di attuazione, espressamente richiamate dal comma 11 in esame, sono:

•     l’articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21;

•     il regolamento di cui al D.P.R. 22 dicembre 2004, n. 340, "Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166";

•     il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 2005, n. 167.

[218]  Per trasporto combinato, ai fini del citato articolo 38, comma 5, si intendente il trasporto di merci effettuato per la parte iniziale o terminale su strada e per la restante parte su ferrovia, senza rottura di carico.

[219]  Le disposizioni di attuazione, espressamente richiamate dal comma 14 in esame, sono:

•     l’articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21;

•     gli articolo 14 e 15 del regolamento di cui al D.P.R. 22 dicembre 2004, n. 340, "Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166".

[220]  Per trasporto accompagnato si intende il trasporto di merci, caricate su veicoli adibiti al trasporto su strada, mediante carri ferroviari speciali.

[221]Per un approfondimento delle questioni affrontate nel pacchetto si rinvia al Bollettino tematico n. 16 e al Dossier Politiche comunitarie n. 21, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[222] La Carta è stata sottoscritta in occasione del Consiglio trasporti informale che si è svolto a Verona il 23 e 24 ottobre 2003. In quell’occasione i ministri hanno deciso di riunirsi ogni anno a Verona al fine di verificare lo stato di attuazione della Carta. Il quarto e più recente incontro si è svolto il 3 novembre 2006. Il documento è volto ad individuare misure comuni a livello europeo al fine di favorire il raggiungimento dell’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime della strada entro il 2010 mediante azioni sistematiche di controlli, informazione ed educazione. La Carta, che è stata lanciata il 29 gennaio 2004, comporta impegni specifici assunti, su base volontaria, da ogni firmatario.

[223]       L’applicazione delle nuove tecnologie al fine di migliorare la sicurezza nei trasporti è oggetto dell’iniziativa e-Safety, lanciata nel 2002 dalla Commissione europea, di concerto con l'industria automobilistica e le parti interessate, al fine di promuovere lo sviluppo e la diffusione dei sistemi intelligenti di sicurezza integrati che usano le tecnologie dell'informazione e dell'innovazione per aumentare la sicurezza stradale e ridurre il numero delle vittime di incidenti stradali nell'UE. Le iniziative in tal senso sono state prospettate dalla Commissione nella comunicazione “Tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni per i veicoli sicuri e intelligenti” (COM(2003)542) e, successivamente, nella comunicazione “Mettere e-call a disposizione dei cittadini” (COM(2005)431) e nel piano d’azione per rilanciare il servizio e-call (COM(2006)723) intesi a dotare tutti i veicoli, a partire dal 2010, di un sistema di chiamata automatica di emergenza (vedi nota n. 8).L’importanza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per il settore dei trasporti è sottolineata anche nel settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico istituito dalla decisione n. 1982/2006/CE. Il programma, in particolare, sottolinea il ruolo fondamentale che tali tecnologie possono svolgere al fine di modernizzare il settore dei trasporti e ricorda i grandissimi vantaggi che possono derivare dalla loro applicazione per la mobilità, soprattutto per quanto riguarda il miglioramento della sicurezza e dell’efficienza del trasporto di persone e merci. Esso ricorda, altresì, che tali tecnologie possono trovare applicazione per la promozione di infrastrutture intelligenti, rendendo le infrastrutture indispensabili per la vita quotidiana più efficaci e più facili da utilizzare, più adattabili e di manutenzione più agevole, più robuste e resistenti ai guasti.

[224]La raccomandazione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie L, n. 111, del 17 aprile 2004.

[225]CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century) è un gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione nel gennaio 2005 e composto dai principali attori del settore automobilistico.

[226]Procedura n. 2006/2114.

[227]Procedura n. 2007/2132.

[228] Cfr. www.infrastrutturetrasporti.it/sites/varifiles/DPEF08-12_COMPL_01.pdf (pag. 38).

[229]  Per informazioni sullo stato dell’opera si rinvia alla scheda n. 38 del 3° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici redatto dal Servizio studi, su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” del luglio 2007.

[230]  Pubblicato nella G.U. 2 novembre 2005, n. 255.

[231]  Nel D.P.R. si ricorda che sono stati sottoscritti rispettivamente il 18 ottobre 2003 e il 16 novembre 2004 il «Contratto con la città ospite per i XVI Giochi del Mediterraneo del 2009» tra il Comitato internazionale dei giochi del Mediterraneo (CIJM), la città di Pescara ed il Comitato Nazionale Olimpico Italiano e l’atto costitutivo del «Comitato organizzatore dei XVI Giochi del Mediterraneo - Pescara 2009».

[232]  D. L n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003

[233]In attuazione di quanto previsto dall’articolo 5 del D.L. 269/2003, è stato emanato, il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003.

[234]  L’articolo 107 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) prevede l’iscrizione in un elenco speciale degli intermediari finanziari che presentano determinati requisiti, relativi all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio, individuati dal Ministro del tesoro, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB.

[235]  Fanno parte dei compiti spettanti alla gestione separata anche le attività strumentali, connesse e accessorie.

[236]  Pubblicato nella G.U. del 24 ottobre 2005, n. 248.

[237]  Nel D.P.R. si ricorda che è stato siglato, in data 9 maggio 2005, un protocollo di intesa tra il Comune di Roma, Università degli studi di Roma «Tor Vergata», il Coni, e il S.I.I.T., Lazio, Abruzzo e Sardegna. Secondo il protocollo i lavori avranno la durata di due anni circa per una cifra intorno ai 60 milioni di euro, interamente finanziata dal Comune con i fondi per Roma Capitale. Gli interventi consisteranno nella realizzazione di un palazzo dello sport per 8.000 spettatori; un palazzo del nuoto con posti per 4.500 spettatori, un parco attrezzato con campi all'aperto di atletica leggera, calcio, calcetto, basket, un'arena per grandi eventi, servizi complementari, viabilità e parcheggi. Si ricorda, infine, che, in data 11 ottobre 2005, si è tenuta, presso il Dipartimento della protezione civile, una riunione con i rappresentanti delle amministrazioni interessate nella quale è stato definito un percorso amministrativo, finanziario e di gestione relativo alla realizzazione delle opere e degli interventi funzionali alla celebrazione dei mondiali di «nuoto 2009».

[238]  L. 3 giugno 1999, n. 157, Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici.

[239]  L. 10 dicembre 1993, n. 515, Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

[240]  L. 23 febbraio 1995, n. 43, Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario.

[241]  L’art. 39-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (conv. con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248) ha in questo senso modificato in varie parti la L. 157/1999.

[242]  Il Regolamento recante le modalità di gestione e funzionamento del fondo è stato adottato con il D.M. Economia e finanze 22 febbraio 2007, n. 31.

[243]  Al riguardo si veda la L. 29 novembre 2004, n. 298, Interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 1, della L. 3 giugno 1999, n. 157 e dell'articolo 6, comma 2, secondo periodo, della L. 23 febbraio 1995, n. 43, in materia di rimborso per le spese elettorali sostenute dai movimenti o partiti politici per il rinnovo dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.

[244]  U.p.b. 21.1.3 (Organi costituzionali – oneri comuni d parte corrente) Capitolo 1638 (Fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali)

[245]  Corretta con Comunicato 18 ottobre 2005 (Gazz. Uff. 18 ottobre 2005, n. 243)

[246]  Corretta con Comunicato 7 maggio 2007 (Gazz. Uff. 7 maggio 2007, n. 104)

[247]  Dati tratti dal 3° rapporto predisposto dal Servizio studi della Camera su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” (luglio 2007).

[248]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988).

[249]L’articolo 4, comma 15, della legge n. 412 del 1991 prevede che gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari a diretta gestione, gli ospedali classificati, gli istituti zoo-profilattici sperimentali e l'Istituto superiore di sanità possono essere ammessi direttamente a beneficiare degli interventi di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, su una apposita quota di riserva determinata dal CIPE.

[250]Cfr. l’articolo 63 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002).

[251]Il finanziamento iniziale del citato programma era pari a 30.000 miliardi di lire (euro 15.493.706.972,68). Gli interventi si sono articolati in due fasi: la prima si è conclusa nel 1996, l’altra è tuttora in corso. Per tale seconda fase la disponibilità finanziaria iniziale ammontava a 10.639.012.121,24 euro, di cui una prima tranche è stata ripartita con la delibera CIPE 6 maggio 1998, n. 53, per il completamento delle strutture iniziate e per gli interventi volti alla sicurezza. Le risorse sopra indicate sono state successivamente integrate dalla legge finanziaria per il 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), che ha stabilito un finanziamento per il programma di potenziamento della radioterapia, pari a 15.493.706,98. Un ulteriore integrazione è stata apportata dalla legge finanziaria per il 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388), che ha incrementato le suddette risorse di euro 2.065.827.596,36 .

[252]  Cfr. l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39.

[253]  Si tratta delle risorse per il progetto “sanità sviluppo economico”.

[254]  Il quadro strategico è stato approvato dal CIPE, nella seduta del 22 dicembre 2006. Esso è elaborato in attuazione della politica di coesione comunitaria (articolo 27 del Regolamento generale CE 1083/2006 sui Fondi strutturali).

[255]  Cfr. www.infrastrutturetrasporti.it/sites/varifiles/DPEF08-12_COMPL_01.pdf (pag. 17), ove si legge che “l’esempio lombardo costituisce punto di riferimento da implementare in altre realtà territoriali ai fini della realizzazione di importanti arterie autostradali”.

[256]  Procedura 2006/4378

[257]  Secondo le informazioni trasmesse alla Commissione, la delibera in questione è stata valutata positivamente dal CIPE agli inizi del mese di giugno 2006; il decreto interministeriale di approvazione dell’atto aggiuntivo concluso sulla base di tale delibera, tuttavia, sarebbe stato firmato da uno solo dei due Ministri competenti e sarebbe attualmente all’esame dell’altro Ministro.

[258]  L. 7 agosto 1990, n. 250, recante Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della L. 25 febbraio 1987, n. 67, per l'accesso ai benefici di cui all'articolo 11 della legge stessa.

[259]  Deve trattarsi di imprese costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (art. 3, co. 2) ovvero la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali nona venti scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis).

[260]  D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale.

[261]  L. 6 agosto 1990, n. 223, recante Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato.

[262]  L. 3 maggio 2004, n. 112, recante Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione.

[263]  In particolare, è previsto che le imprese editrici:

editino la testata stessa da almeno tre anni;

-        abbiano acquisito, nell'anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;

-        abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;

-        la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali;

-        abbiano sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB.

[264]  Ai quotidiani italiani editi e diffusi all’estero non si applica il requisito di cui alla lettera e) del comma 2 (la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali).

[265]  Tra le cooperative giornalistiche sono comprese anche quelle di cui all'art. 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. L'art. 52 definisce cooperative giornalistiche anche quelle che entro il 31 dicembre 1980 risultano già costituite tra giornalisti e poligrafici nonché le cooperative femminili aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo anche se costituite da non giornalisti professionisti, editrici di giornali regolarmente registrati presso la cancelleria del tribunale entro la stessa data.

[266]  L’attuale disciplina sui requisiti per l’accesso ai contributi ai giornali di partito previsti dal comma 10 dell’articolo 3 della citata legge n. 250 del 1990 è contenuta nell’articolo 153 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001).

      I contributi sono riservati alle imprese editrici di quotidiani e periodici – anche telematici – organi o giornali di forze politiche che:

-        abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere;

-        abbiano rappresentanze nel Parlamento europeo o siano espressione di minoranze linguistiche riconosciute avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano nell’anno di riferimento dei contributi.

      Il DPR n. 525 del 2 dicembre 1997, come integrato dal DPR 7 novembre 2001, n. 460, ha precisato che per “rappresentanze” nel Parlamento europeo si intendono almeno due deputati eletti delle liste del movimento stesso.

      Il comma 3-ter, dell’articolo 20 del DL 223/2006, per ovviare ai problemi sorti con l’unificazione di diverse forze politiche in un solo gruppo parlamentare, ha recentemente disposto che per accedere ai contributi non sia più necessario il requisito della rappresentanza parlamentare per le imprese editrici di quotidiani o periodici che risultino essere giornali o organi di partiti o movimenti politici, che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi in questione.

[267]  Qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 25 per cento dei costi di esercizio annuali, compresi gli ammortamenti, è concesso un ulteriore contributo integrativo pari al 50 per cento del contributo in commento. La somma di tutti i contributi non può comunque superare l'80 per cento della media dei costi citata.

[268]  L. 7 agosto 1990, n. 230, recante Contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale.

[269]  Rinnovo della L. 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria.

[270]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della L. 25 febbraio 1987, n. 67, per l'accesso ai benefici di cui all'articolo 11 della legge stessa.

[271]  Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria.

[272]     Comunicazione (2001/C 320/04) in GU C320 del 15 novembre 2001.

 

[273]  In particolare confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate gli stanziamenti relativi alle leggi sottoelencate:

-        legge n. 64 /1986 relativa all'intervento straordinario nel Mezzogiorno;

-        legge n. 208/1998, art. 1, comma 1, Fondo aree depresse (risorse aggiuntive);

-        legge n. 488/1999, art. 27, comma 11, Fondo per l'imprenditoria giovanile;

-        legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;

-        legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.

[274]  Le tecnologie ‘proprietarie’ sono basate su standard proprietari, ideate e realizzate da un gruppo di soggetti, dette anche ‘chiuse’ per differenziarle dalle tecnologie ‘aperte’, basate su standard documentati accessibili e gratuiti.

[275]  Si tratta di: Cipro, Repubblica ceca, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia.

[276]  Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore.

[277]  Legge 24 dicembre 2003, n. 350.

[278]  Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane. Convertito in legge con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394.

[279]  Aumento del fondo di dotazione del Mediocredito centrale.

[280]  Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[281]  Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero.

[282]  Norme per lo sviluppo delle attività economiche e della cooperazione internazionale della regione Friuli-Venezia Giulia, della provincia di Belluno e delle aree limitrofe.

[283]  Si veda, da ultimo, l'atto del governo n. 146 Relazione concernente l'individuazione della destinazione delle disponibilità del Fondo per gli investimenti del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno 2007.

[284]  Previsti dall'articolo 15, comma 1 del D.Lgs. 143/1998.

[285]  Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti.

[286]  Si ricorda che la misura del finanziamento annuo in favore del Centro nazionale ammonta a 2.502.178 euro circa.

[287]  Quest'ultimo stanziamento ammonta a 31.900.000 euro annui (al lordo della riduzione ora disposta).

[288]  Il 15 settembre 2006 si è conclusa la consultazione pubblica organizzata dalla Commissione europea sull’azione futura dell’Unione in materia di donazione e trapianto di organi.

[289]  In particolare, l’art. 12 citato prevede che gli Stati membri si adoperino per garantire donazioni volontarie e gratuite, stabiliscano le condizioni per eventuali indennità per i donatori strettamente limitate a far fronte alle spese e inconvenienti risultanti dalle donazioni, e che presentino alla Commissione delle relazioni sulle misure adottate entro il 7 aprile 2006 e successivamente ogni tre anni; sulla base di tali relazioni la Commissione riferisce al Consiglio e al Parlamento europeo in merito alle ulteriori misure che intende adottare a livello comunitario.

[290]  Procedura d’infrazione n. 2007/403.

[291]  Procedura d’infrazione n. 2007/411.

[292]  Per un approfondimento delle questioni trattate si rinvia al Bollettino tematico n. 16 e al Dossier Politiche comunitarie n.  21, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[293]  Gli orientamenti comunitari per la rete transeuropea di trasporto sono stati fissati dalla decisione n. 1692/96/CE, come modificata da ultimo dalla decisione n. 884/2004/CE che ha inserito tra i 30 progetti destinati a realizzare la rete TEN quattro autostrade del mare da realizzare entro il 2010:

-        autostrada del mar Baltico (collega gli Stati membri del mar Baltico a quelli dell’Europa centrale e occidentale);

-        autostrada del mare dell’Europa occidentale (collega la penisola iberica, via l’Arco atlantico, al Mare del Nord e al Mare d’Irlanda);

-        autostrada del mare dell’Europa sud-orientale (collega il mare Adriatico al mar Ionio e al Mediterraneo orientale per includere Cipro);

-        autostrada del mare dell’Europa sud-occidentale (Mediterraneo occidentale) (collega Spagna, Francia, Italia, compresa Malta, nonché l’autostrada del mare dell’Europa sud-orientale.

[294]  Il programma è stato stabilito dalla decisione della Commissione C(2007)2158 del 23 maggio 2007.

[295]  Il programma Marco Polo II - valido per il periodo 2007-2013 con una dotazione finanziaria pari a 400 milioni di euro - riguarda la concessione di contributi finanziari comunitari per migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci. Marco Polo II, che è stato istituito dal regolamento (CE) n. 1692/2006 del 24 ottobre 2006, costituisce il seguito del primo programma Marco Polo istituito dal regolamento (CE) n. 1382/2003.

[296]  Il programma è stato istituito dalla comunicazione del 28 aprile 2000 che stabilisce gli orientamenti dell’iniziativa comunitaria riguardante la cooperazione transeuropea volta ad incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio comunitario, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, n. 143, del 23 maggio 2000.

[297]  Comunicazione C(2004)43 pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, n. 13, del 17 gennaio 2004.

[298]  Istituito dalla decisione n. 1523/2002/CE del 27 giugno 2002.

[299]  La delibera concernente l'approvazione degli obiettivi e gli indirizzi operativi contenuti nel Progetto speciale ricerca applicata nel Mezzogiorno, e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 agosto 1979, n. 234.

[300]  Il CIRA è una società consortile per azioni, oggi a maggioranza pubblica: lo Stato, attraverso l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ed il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), detiene, infatti, dal 1998, la maggioranza del capitale sociale al quale partecipano anche la Regione Campania e le principali Aziende aerospaziali italiane.

[301]  L. 27 dicembre 2006, n. 296.

[302]  Il Fondo per le agevolazioni alla ricerca, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, è un fondo a carattere rotativo, che opera con le modalità contabili di cui al soppresso Fondo speciale per la ricerca applicata. La gestione del FAR è articolata in una sezione relativa agli interventi nel territorio nazionale e in una sezione relativa ad interventi nelle aree depresse.

[303]  Il Fondo per gli investimenti della ricerca di base, di cui all'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è stato istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, a decorrere dall'esercizio 2001, al fine di favorire l'accrescimento delle competenze scientifiche del Paese e di potenziarne la capacità competitiva a livello internazionale. Il FIRB finanzia, in particolare: a) progetti di potenziamento delle grandi infrastrutture di ricerca pubbliche o pubblico-private; b) progetti di ricerca di base di alto contenuto scientifico o tecnologico, anche a valenza internazionale, proposti da università, istituzioni pubbliche e private di ricerca, gruppi di ricercatori delle stesse strutture; c) progetti strategici di sviluppo di tecnologie pervasive e multisettoriali; d) costituzione, potenziamento e messa in rete di centri di alta qualificazione scientifica, pubblici o privati, anche su scala internazionale.

[304]  Il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito a decorrere dal 2003 dall’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, con finalità di riequilibrio economico e sociale.

[305]  Il decreto legge 2 luglio 2007 n. 81, recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria” è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 127 (GU 17 agosto 2007, n. 190, S.O.).

[306]  Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59, pubblicato nella Gazz. Uff. 1° luglio 1998, n. 151. Tale norma prevede che il Programma nazionale per la ricerca - di durata triennale - sia predisposto, approvato e annualmente aggiornato sulla base degli indirizzi del DPEF, di direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei piani e dei programmi di competenza delle amministrazioni dello Stato, di osservazioni e proposte delle predette amministrazioni.

[307]  Lo Science Citation Index nasce nei primi anni Sessanta ad opera di Eugene Garfield, che ha visto nel sistema della citazione degli articoli scientifici le basi per la costruzione di una gigantesca rete della conoscenza, creando uno strumento bibliografico in grado di costruire una cartografia delle citazioni facendo uso del "fattore d'impatto", una forma di misura standardizzata introdotta dall'Institute of Scientific Information (ISI) che rende possibile valutare l'impatto di un articolo su successive pubblicazioni.

[308]  L. 7 marzo 1985, n. 76, recante Sistema di imposizione fiscale sui tabacchi lavorati.

[309]  D.L. 30 agosto 1993, n. 331, recante Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427.

[310]  D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

[311]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[312]  A tale disciplina è stata data attuazione con il D.P.C.M. 27 luglio 2007.

[313]  L’articolo 12 del decreto legislativo n. 502 del 1992 detta disposizioni concernenti il Fondo sanitario nazionale. In particolare, si prevede che il Fondo di parte corrente e in conto capitale sia alimentato da stanziamenti a carico del bilancio dello Stato. Il relativo ammontare è quindi annualmente determinato dalla legge finanziaria. Una quota pari all'1 per cento del Fondo sanitario nazionale, è destinata a finanziare:

-        attività di ricerca corrente e finalizzata svolta dall’Istituto superiore di sanità per le tematiche di sua competenza, dall’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro per le tematiche di sua competenza, da istituti di ricovero e cura di diritto pubblico e privato il cui carattere scientifico sia riconosciuto a norma delle leggi vigenti, da istituti zooprofilattici sperimentali per le problematiche relative all'igiene e sanità pubblica veterinaria;

-        iniziative previste da leggi nazionali o dal Piano sanitario nazionale riguardanti programmi speciali di interesse e rilievo interregionale o nazionale per ricerche o sperimentazioni attinenti gli aspetti gestionali, la valutazione dei servizi, le tematiche della comunicazione e dei rapporti con i cittadini, le tecnologie e biotecnologie sanitarie e le attività del Registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo (183);

-        rimborsi alle unità sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere, tramite le regioni, delle spese per prestazioni sanitarie erogate a cittadini stranieri che si trasferiscono per cure in Italia previa autorizzazione del Ministro della sanità d'intesa con il Ministro degli affari esteri.

      La tabella C allegata al disegno di legge finanziaria per il 2008 reca uno stanziamento di 335.873.000 di euro per il 2008 relativamente al Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione.

[314]  Riguardo al 2007, l'articolo 1 del citato D.P.C.M. 27 luglio 2007 ha fissato la quota di riserva per il 2007 nella misura del 5 per cento.

[315]  Riguardo al 2007, l'articolo 6 del citato D.P.C.M. 27 luglio 2007 ha determinato gli oneri per la costituzione e il funzionamento del Comitato di valutazione nella misura di 100.000 euro (pari al massimo disponibile).

[316]  Finalità analoghe si rinvengono anche nell’articolo 1, comma 432, della legge n. 266 del 2005, che destina il 50 per cento delle risorse del Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale per le finalità di cui al citato decreto-legge n. 180 del 1998. A tale scopo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, definisce ed attiva programmi di interventi urgenti di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico (

[317]  Per approfondimenti si veda il sito web del “Progetto solare termodinamico” dell’ENEA http://www.enea.it/com/solar/index.html.

[318]  Il testo dell’accordo è disponibile all’indirizzo www.governo.it/backoffice/allegati/27337-2846.pdf.

[319]  All’indirizzo http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/sdm/amp/amp_menu.asp oppure http://87.241.41.49/index.php?id_sezione=1021.

[320]  L’indirizzo del sito web dell’Autorità di bacino del Po è www.adbpo.it/on-line/ADBPO/Home.html.

[321]  COM (2005) 565.

[322]  COM (2007) 212.

[323]  Un accordo tra l'UE e l'Agenzia spaziale europea, in vigore dal maggio 2004, costituisce la base comune per sviluppare una politica spaziale europea. L'accordo prevede riunioni regolari congiunte e concomitanti del Consiglio dell'UE e del Consiglio dell'ESA a livello ministeriale, nell'ambito del Consiglio "Spazio", per coordinare e agevolare le attività di cooperazione. Le precedenti riunioni si sono tenute il 25 novembre 2004, il 7 giugno 2005 e il 28 novembre 2005.

[324]  Il programma è stato istituito con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002.

[325]  COM (2005) 666.

[326]  COM (2005) 667.

[327]  COM (2005) 670.

[328]  La comunicazione sottolinea che va tenuto in considerazione, da un punto di vista ambientale, l’intero ciclo vitale delle risorse, essendo ormai riconosciuto che l’impatto ambientale di molte risorse è spesso connesso alla fase del loro utilizzo e non soltanto alla fase iniziale e finale del loro ciclo di vita.

[329]  In preparazione della strategia la Commissione ha cooperato strettamente con Stati membri, istituzioni europee, autorità locali e organizzazioni e ha svolto una consultazione dal 28 luglio al 26 settembre 2005.

[330]  COM(2005)504.

[331]  COM(2005) 505.

[332]  COM (2006) 475.

[333]  Comunicazione della Commissione sulla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente (2001/C 37/03) pubblicata in GU C 37 del 3 febbraio 2001.

[334]  Il Consiglio ha, in tale contesto, fatto propri gli obiettivi prospettati dalla Commissione nella Comunicazione “una politica energetica per l'Europa (COM(2007)1) presentata il 10 gennaio 2007. Il Consiglio europeo ha inoltre approvato l'obiettivo più ambizioso, a livello dell'Unione, di ottenere entro il 2020 una riduzione del 30% delle emissioni dei gas a effetto serra rispetto al 1990 ed ha confermato il proprio contributo ad un accordo globale, esaustivo e sufficientemente ambizioso per il periodo successivo al 2012.

[335]  Per "stato dell'arte" si intende un processo in cui l'utilizzo di un rifiuto nella produzione di un prodotto finale è prassi corrente in termini di redditività economica. Ove possibile, il concetto di "stato dell'arte" va interpretato dal punto di vista della tecnologia e del mercato comune europei.

[336]  Procedura d’infrazione 2002/2077, causa C-194/05.

[337]  Procedura d’infrazione 2002/2213, causa C-263/05.

[338]  Procedura 2005/2315 – causa C-85/07.

[339]  Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet: http://www2.minambiente.it/Sito/
settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf.

[340]  Sugli orientamenti e le proposte contenuti nella relazione l'Assemblea della Camera ha impegnato il Governo a seguito dell'approvazione nella seduta del 18 settembre della risoluzione Realacci 6-00021.

[341]  G.U. n. 255 del 2 novembre 2007.

[342]  GU n. 164 del 16-7-2005

[343]  Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet: http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione
/pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf

[344]  La base giuridica e finanziaria per l’esecuzione del primo l’Inventario Forestale Nazionale Italiano è stata fornita dalla legge n. 984 del 1977 e dal relativo Piano Agricolo Nazionale.

[345]  http://209.85.129.104/search?q=cache:hWZHiUahdGsJ:www.sian.it/inventarioforestale­/jsp/perche_intro_b.jsp+inventario+nazionale+delle+foreste+di+carbonio+istituzione&hl=it&ct=clnk&cd=10&gl=it

[346]  Regolamento CE 1698/2005 relativo al sostegno allo sviluppo rurale attraverso il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR); Decisione del Consiglio 2006/144/CE: orientamenti strategici per lo sviluppo rurale nel periodo di programmazione 2007-2013.

[347]  Con il regolamento (CE) n. 614/2007 del 23 maggio 2007 è stato istituito un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+), inteso a riunire gran parte dei precedenti programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza.

[348]  Con decisione n. 1982/2006/CE del 18 dicembre 2006 è stato istituito il Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013).

[349]  Il piano d’azione è stato presentato dalla Commissione nella comunicazione del 28 gennaio 2004 “Incentivare le tecnologie per lo sviluppo sostenibile: piano d’azione sulle tecnologie ambientali per l’Unione europea “ (COM(2004)38) in cui vengono individuate undici azioni prioritarie con cui la Commissione, i governi nazionali e regionali, l’industria e gli altri soggetti interessati potranno promuovere lo sviluppo e l’adozione delle tecnologie ambientali. Il piano d’azione è stato approvato dal Consiglio europeo di primavera del 25-26 marzo 2004. In ordine all’attuazione del piano d’azione, è stato creato un Gruppo di lavoro ad alto livello composto dai rappresentati degli Stati membri e presieduto dalla Commissione.

[350]  Procedura 2007/2097.

[351]  Nella stessa data la Commissione europea ha adottato decisioni nei confronti di altri otto Stati membri (Bulgaria, Cipro, Estonia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta e Polonia), i quali non hanno fornito le informazioni richieste nel quadro del dispositivo messo in atto dall’UE per combattere i cambiamenti climatici.

[352]  Procedura 2007/2159.