Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Titolo: | Finanziaria 2007 - A.C. 1746-bis - Schede di lettura (articoli 87-217) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 56 | ||
Data: | 15/10/2006 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Progetti di legge
Finanziaria 2007
A.C. 1746-bis
Schede di lettura
(articoli 87-217)
n. 56
Tomo II
16 ottobre 2006
Il dossier è stato redatto con la collaborazione dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ID0003s2.doc
INDICE
TOMO I
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Rispetto degli altri princìpi costituzionali
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
Schede di lettura (articoli 1-86)
TITOLO I - DISPOSIZIONI DI CARATTERE FINANZIARIO
CAPO I - RISULTATI DIFFERENZIALI
§ Articolo 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato)
TITOLO II - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENTRATE
§ Articoli 2, 31, 72, 81, 87 e 103 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
CAPO II - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IRPEF E DI ASSEGNI PER IL NUCLEO FAMILIARE
§ Articolo 3 (Imposta sui redditi delle persone fisiche)
§ Articolo 4 (Assegni per il nucleo familiare)
§ Articolo 5, commi 1-15 (Accertamento e contrasto dell’evasione - Studi di settore)
§ Articolo 5, commi 20-24 (Contrasto dell'evasione – Compensi per attività sanitarie)
§ Articolo 5, comma 25 (Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all’appaltatore)
§ Articolo 5, comma 28 (Obbligo di richiesta della registrazione da parte degli agenti immobiliari)
§ Articolo 5, commi 29 e 30 (Contrasto del giuoco irregolare e illegale)
§ Articolo 5, commi 31-33 (Trasmissione di dati doganali e fiscali alle regioni e agli enti locali)
§ Articolo 5, comma 35 (Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni)
CAPO IV - DISPOSIZIONI PER IL RECUPERO DI BASE IMPONIBILE
§ Articolo 6, commi 1-4 (Disposizioni di recupero della base imponibile IRES)
§ Articolo 6, comma 5 (Modalità di pagamento dell’imposta di bollo)
§ Articolo 6, commi 6-10 (Regime tributario degli apparecchi da intrattenimento)
§ Articolo 6, comma 11 (Accise sui tabacchi lavorati)
§ Articolo 6, commi 12-20 (Versamento dell’imposta comunale sugli immobili)
CAPO V - DISPOSIZIONI DI CARATTERE FISCALE CONCERNENTI GLI ENTI TERRITORIALI
§ Articolo 7 (Variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale comunale all'IRPEF)
§ Articolo 8 (Imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche)
§ Articolo 9 (Contributo comunale di ingresso e di soggiorno)
§ Articolo 10 (Disposizioni in materia di imposte provinciali e comunali)
§ Articolo 11, commi 19-23 (Installazioni pubblicitarie ed affissioni abusive)
§ Articolo 11, commi 24-27 (Poteri di accertamento e contestazione immediata)
§ Articolo 11, commi 28-29 (Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)
§ Articolo 12 (Compartecipazione comunale all'IRPEF)
§ Articolo 13 (Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112)
§ Articolo 14 (Modalità di esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali)
CAPO VI - VALORIZZAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO
§ Articolo 15 (Disposizioni in materia di immobili)
§ Articolo 16 (Disposizioni in materia di demanio marittimo e di altri beni pubblici)
§ Articolo 17 (Valorizzazione del patrimonio pubblico)
CAPO VII - MISURE A FAVORE DELLO SVILUPPO..
§ Articolo 19 (Credito d'imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate)
§ Articolo 20, commi 1-5 (Incentivi fiscali alla ricerca)
§ Articolo 20, commi 6 e 7 (Agevolazioni fiscali per le imprese di produzione musicale)
§ Articolo 20, commi 10-13 (Disposizioni agevolative in materia di IVA e imposta sulla pubblicità)
§ Articolo 20, comma 19 (Agevolazione per titolari diritti di sfruttamento opere di ingegno)
§ Articolo 20, comma 21 (Imposta sui premi delle assicurazioni di veicoli e natanti)
§ Articolo 20, commi 22 e 23 (Tasse automobilistiche)
§ Articolo 21 (Misure a sostegno delle zone franche urbane)
§ Articolo 22 (Agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici)
§ Articolo 23 (Misure di sostegno per la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica)
§ Articolo 24 (Contributi per apparecchi domestici e motori industriali ad alta efficienza)
§ Articolo 27 (Modifiche al regime IVA sulla fornitura di energia termica)
§ Articolo 28 (Modifiche in tema di riutilizzazione commerciale di dati ipotecari e catastali)
§ Articolo 29 (Ristrutturazioni edilizie)
§ Articolo 30, comma 1 (Proroga di agevolazioni IRAP nel settore agricolo e della pesca)
§ Articolo 30, commi 5 e 6 (Proroga di agevolazioni in materia di accise per prodotti energetici)
§ Articolo 30, comma 11 (Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza di asili nido)
TITOLO III - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SPESE
CAPO I - RAZIONALIZZAZIONE E RIORGANIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
§ Articolo 31 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
§ Articolo 32 (Revisione degli assetti organizzativi. Disposizioni riguardanti i Ministeri)
§ Articolo 34 (Revisione dell'assetto organizzativo del Ministero dell'economia e delle finanze)
§ Articolo 36 (Misure per la realizzazione del Centro polifunzionale della Polizia di Stato di Napoli)
§ Articolo 37 (Misure per assicurare la funzionalità dei servizi di polizia)
§ Articolo 38 (Misure per la realizzazione di programmi di incremento dei servizi di polizia)
§ Articolo 40 (Disposizioni in materia di pagamento degli stipendi)
§ Articolo 41 (Programma di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi)
§ Articolo 42 (Organizzazione del vertice degli enti pubblici non economici)
§ Articolo 43 (Ricorsi in materia pensionistica)
§ Articolo 44 (Controlli di merito nel sistema delle Ragionerie)
§ Articolo 46 (Commissione per la garanzia dell'informazione statistica)
§ Articolo 47 (Riordino, trasformazione e soppressione di enti pubblici)
§ Articolo 48 (Modifiche alla disciplina per la liquidazione degli enti disciolti)
§ Articolo 50 (Liquidazione o fusione della SOGESID)
§ Articolo 51 (Ambito di applicazione di disposizioni di contenimento delle spese)
§ Articolo 52 (Assicurazione contro i rischi da calamità naturali)
§ Articolo 53 (Contenimento della spesa)
§ Articolo 55 (Modifica della disciplina in materia di contributi pluriennali dello Stato)
CAPO II - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PERSONALE
§ Articolo 57 (Assunzioni di personale)
§ Articolo 58 (Risorse per i rinnovi contrattuali del biennio 2006-2007)
§ Articolo 59 (Disposizioni in materia di personale per regioni e enti locali)
§ Articolo 60 (Disposizioni concernenti il personale del Servizio sanitario nazionale)
§ Articolo 61 (Risorse per la professionalizzazione delle Forze armate)
§ Articolo 63 (Trattamento economico dei Ministri)
CAPO III - INTERVENTI PER IL SISTEMA SCOLASTICO PER L'UNIVERSITÀ E PER LA RICERCA
§ Articolo 65 (Istituzione di fondi per la scuola)
§ Articolo 66 (Interventi per il rilancio della scuola pubblica)
§ Articolo 67 (Clausola di salvaguardia)
§ Articolo 68 (Altri interventi in favore del sistema dell'istruzione)
§ Articolo 69 (Università e principali enti pubblici di ricerca)
§ Articolo 70 (Disposizioni in materia di personale delle università e degli enti di ricerca)
§ Articolo 71 (Divieto temporaneo di istituire nuove facoltà e corsi di studio)
§ Articolo 72 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
§ Articolo 74 (Patto di stabilità interno per gli enti locali)
§ Articolo 75, comma 1 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2007)
§ Articolo 75, comma 2 (Compartecipazione provinciale e comunale al gettito IRPEF)
§ Articolo 76 (Disposizioni in materia di organi di governo degli enti locali)
§ Articolo 77 (Disposizioni connesse con la costituzione di nuove province)
§ Articolo 78 (Principi di coordinamento per il contenimento della spesa pubblica delle regioni)
§ Articolo 79 (Razionalizzazione delle dimensioni territoriali degli enti locali)
§ Articolo 80 (Misure di contenimento della spesa degli enti territoriali)
CAPO V - INTERVENTI IN MATERIA PREVIDENZIALE E SOCIALE
§ Articolo 81 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
§ Articolo 82 (Gestioni previdenziali)
§ Articolo 83 (Trasferimenti all'INPS)
§ Articolo 85 (Misure in materia previdenziale)
§ Articolo 87 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
§ Articolo 88 (Settore sanitario)
§ Articolo 91 (Truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale)
§ Articolo 93 (Disposizioni in materia di ricerca sanitaria)
§ Articolo 94 (Iniziative in materia di farmaci)
§ Articolo 97 (Misure per le farmacie rurali)
§ Articolo 101 (Spesa sanitaria della Regione siciliana)
§ Articolo 102 (Modifica del regime delle entrate della regione autonoma Sardegna)
TITOLO IV - INTERVENTI PER LO SVILUPPO E LA RICERCA
§ Articolo 103 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)
CAPO II - MISURE DI SOSTEGNO ALL'APPARATO PRODUTTIVO
§ Articolo 105 (Interventi per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate)
§ Articolo 106 (Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica - FIRST)
§ Articolo 107 (Rifinanziamento del Fondo di cui all'articolo 16 della legge 7 agosto 1997, n. 266)
§ Articolo 108 (Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi)
§ Articolo 109 (Fondo di garanzia fidi)
§ Articolo 110 (Promozione della competitività nei settori industriali ad alta tecnologia)
§ Articolo 111 (Coordinamento delle politiche della ricerca applicata e dell'innovazione tecnologica)
§ Articolo 112 (Progetti per la società dell'informazione)
§ Articolo 113 (Fondo di investimento per esigenze di difesa nazionale)
§ Articolo 114 (Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà)
§ Articolo 115 (Imprese pubbliche)
§ Articolo 117 (Autotrasporto)
§ Articolo 118 (Funzionamento dei sistemi informativi del Ministero dei trasporti)
§ Articolo 119 (Modifica all'articolo 1, comma 105, della legge 23 dicembre 2005, n. 266)
§ Articolo 120 (Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione)
§ Articolo 121 (Infrastrutture per la larga banda)
§ Articolo 122 (Transizione alla televisione digitale)
§ Articolo 123 (Esclusione dei progetti cofinanziati dall'Unione europea dalla regola del 2 per cento)
§ Articolo 124 (Unificazione dei fondi venture capital)
§ Articolo 128 (Interventi in favore del marchio «made in Italy»)
CAPO III - INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
§ Articolo 129 (Interventi per la salvaguardia di Venezia)
§ Articolo 130 (Interventi per Roma-capitale della Repubblica)
§ Articolo 133 (Contributi erariali)
§ Articolo 135 (Finanziamento delle opere di preminente interesse nazionale)
§ Articolo 136 (Autonomia finanziaria delle autorità portuali)
§ Articolo 137 (Sviluppo degli hub portuali di interesse nazionale)
§ Articolo 138 (Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate della regione Molise)
§
Articolo 139 (Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate delle regioni
Marche ed Umbria)
§ Articolo 140 (Interventi urgenti nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa)
§ Articolo 141 (Strade di rilievo nazionale ed autostrade)
§ Articolo 142 (Finanziamento ANAS Spa)
§ Articolo 143 (Miglioramento della mobilità dei pendolari)
§ Articolo 144 (Sicurezza dei trasporti)
§ Articolo 145 (Interventi per la sicurezza ferroviaria)
§ Articolo 146 (Innovazione tecnologica dell'industria cantieristica)
§ Articolo 147 (Rottamazione traghetti)
§ Articolo 148 (Disposizioni in materia di controlli nel settore agroalimentare e di semplificazione)
§ Articolo 150 (Misure in favore della vendita diretta di prodotti agricoli)
§ Articolo 151 (Convenzioni con le pubbliche amministrazioni)
§ Articolo 152 (Interventi per il settore agricolo)
§ Articolo 154 (Norme per l'internazionalizzazione del sistema agroalimentare)
§ Articolo 155 (Sviluppo della forma societaria in agricoltura)
§ Articolo 156 (Norme in materia di bioenergie)
CAPO V - TUTELA DELL'AMBIENTE E DEI BENI CULTURALI
§ Articolo 157 (Interventi per la difesa del mare)
§ Articolo 158 (Rimborso delle spese per attività antinquinamento marino)
§ Articolo 159 (Contrasto dell'abusivismo)
§ Articolo 161 (Fondo per lo sviluppo sostenibile)
§ Articolo 163 (Disposizioni in materia di beni culturali)
§ Articolo 165 (Norme di razionalizzazione e risparmio in materia di spettacolo)
CAPO VI - INTERVENTI A TUTELA DELL'OCCUPAZIONE
§ Articolo 166 (Interventi a carico del Fondo per l'occupazione)
§ Articolo 167 (Disposizioni in materia di disoccupazione ordinaria)
§ Articolo 169 (Istituzione di indici di congruità)
§ Articolo 170 (Documento unico di regolarità contributiva)
§ Articolo 172 (Comunicazioni relative ai rapporti di lavoro)
§ Articolo 173 (Finanziamento di attività promozionali in materia di salute e sicurezza del lavoro)
§ Articolo 175 (Mobilità lunga)
§ Articolo 176 (Proroga di ammortizzatori sociali)
§ Articolo 177 (Misure per promuovere l'occupazione e l'emersione del lavoro irregolare)
§ Articolo 178 (Misure per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro)
CAPO VII - INTERVENTI IN SETTORI DIVERSI
§ Articolo 181 (Misure per assicurare l'adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali)
§ Articolo 182 (Interventi a sostegno del settore turistico)
§ Articolo 183 (Rifinanziamento del trasporto pubblico locale)
§ Articolo 184 (Agenzie fiscali)
§ Articolo 185 (Debiti pregressi)
§ Articolo 186 (Norma di ripristino delle risorse dell'otto per mille dell'IRPEF destinato allo Stato)
§ Articolo 188 (Autorizzazione di spesa per la partecipazione italiana a missioni internazionali)
§ Articolo 189 (Centro di produzione Spa)
§ Articolo 190 (Fondazione per la ricerca nel campo delle biotecnologie)
§ Articolo 191 (Contributo all'emittenza locale)
§ Articolo 192 (Politiche per la famiglia)
§ Articolo 193 (Piano servizi socio-educativi)
§ Articolo 194 (Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità)
§ Articolo 197 (Prevenzione delle mutilazioni genitali)
§ Articolo 198 (Fondo per le non autosufficienze)
§ Articolo 199 (Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati)
§ Articolo 200 (Interventi di solidarietà sociale)
§ Articolo 201 (Fondo per la montagna)
§ Articolo 202 (Reddito minimo di inserimento)
§ Articolo 203 (Non ripetibilità di somme erogate)
§ Articolo 204 (Fondo per le politiche giovanili)
§ Articolo 205 (Fondo nazionale per le comunità giovanili)
§ Articolo 206 (Disposizioni concernenti l'Istituto per il credito sportivo)
§ Articolo 207 (Contributo al Comitato italiano paralimpico)
§ Articolo 209 (Istituzione di un fondo per le spese di funzionamento della giustizia)
§ Articolo 210 (Crediti d'aiuto per catastrofi e crisi internazionali)
§ Articolo 211 (Razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all'estero)
§ Articolo 212 (Adeguamento della tariffa per i visti nazionali)
§ Articolo 213 (Fondo speciale delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari)
§ Articolo 214 (Finanziamento del servizio antincendi negli aeroporti)
§ Articolo 216, comma 1 (Fondi speciali)
§ Articolo 216, comma 2 (Dotazioni di bilancio relative a leggi di spesa permanente)
§ Articolo 216, comma 3 (Rifinanziamento di spese di conto capitale)
§ Articolo 216, comma 4 (Riduzione di autorizzazioni legislative di spesa)
§ Articolo 216, comma 5 (Modulazione delle leggi pluriennali di spesa)
§ Articolo 216, comma 6 (Limiti all’assunzione degli impegni a valere sulle leggi di spesa)
§ Articolo 216, comma 7 (Eccedenze di spesa)
§ Articolo 216, comma 8 (Fondi unici investimenti)
§ Articolo 217, comma 1 (Copertura finanziaria)
§ Articolo 217, comma 2 (Coordinamento della finanza pubblica)
§ Articolo 217, comma 3 (Entrata in vigore)
Schede di lettura
(articoli
87-217)
TITOLO III - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SPESE
(...)
Articolo 87
(Effetti sui saldi di finanza pubblica)
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
a) saldo netto da finanziare -6.553 milioni di euro per l'anno 2007, -4.617 milioni di euro per l'anno 2008 e -5.997 milioni di euro per l'anno 2009;
b) fabbisogno del settore pubblico 2.970 milioni di euro per l'anno 2007, 3.218 milioni di euro per l'anno 2008 e 4.127 milioni di euro per l'anno 2009;
c) indebitamento netto della pubblica amministrazione 2.970 milioni di euro per l'anno 2007, 3.218 milioni di euro per l'anno 2008 e 4.127 milioni di euro per l'anno 2009.
Si rinvia alla scheda generale sugli effetti sui saldi di finanza pubblica all’articolo 2.
Articolo 88
(Settore sanitario)
1. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009, in attuazione del protocollo di intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per un patto nazionale per la salute sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nella riunione del 28 settembre 2006 ha espresso la propria condivisione:
a) il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è determinato in 96.000 milioni di euro per l'anno 2007, 99.042 milioni di euro per l'anno 2008 e 102.245 milioni di euro per l'anno 2009, comprensivi dell'importo di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l'ospedale «Bambino Gesù». All'articolo 1, comma 278, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «a decorrere dall'anno 2006» sono sostituite dalle seguenti: «limitatamente all'anno 2006»;
b) è istituito per il triennio 2007-2009, un Fondo transitorio di 1.000 milioni di euro per l'anno 2007, di 850 milioni di euro per l'anno 2008 e di 700 milioni di euro per l'anno 2009, la cui ripartizione tra le regioni interessate da elevati disavanzi è disposta con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. L'accesso alle risorse del Fondo di cui alla presente lettera è subordinato alla sottoscrizione di apposito accordo ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, comprensivo di un piano di rientro dai disavanzi. Il piano di rientro deve contenere sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, per renderlo conforme a quello desumibile dal vigente Piano sanitario nazionale e dal vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di fissazione dei medesimi livelli essenziali di assistenza, sia le misure necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010, sia gli obblighi e le procedure previsti dall'articolo 8 dell'intesa 23 marzo 2005 sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005. Tale accesso presuppone che sia scattata formalmente in modo automatico o che sia stato attivato l'innalzamento ai livelli massimi dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive. Qualora nel procedimento di verifica annuale del piano si prefiguri il mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo contenuti nel piano di rientro, la regione interessata può proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze. In ogni caso l'accertato verificarsi del mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi comporta che, con riferimento all'anno d'imposta dell'esercizio successivo, l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive si applicano oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente fino all'integrale copertura dei mancati obiettivi. Qualora invece sia verificato che il rispetto degli obiettivi intermedi è stato conseguito con risultati ottenuti quantitativamente migliori, la regione interessata può ridurre, con riferimento all'anno d'imposta dell'esercizio successivo, l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive per la quota corrispondente al miglior risultato ottenuto. Gli interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o di potenziamento del servizio sanitario regionale , necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, oggetto degli accordi di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come integrati dagli accordi di cui all'articolo 1, commi 278 e 281, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono vincolanti per la regione che ha sottoscritto l'accordo e le determinazioni in esso previste possono comportare effetti di variazione dei provvedimenti normativi ed amministrativi già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria;
c) all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, le parole: «all'anno d'imposta 2006» sono sostituite dalle seguenti: «agli anni di imposta 2006 e successivi». Il procedimento per l'accertamento delle risultanze contabili regionali, ai fini dell'avvio delle procedure di cui al citato articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è svolto dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 della citata intesa del 23 marzo 2005;
d) al fine di consentire in via anticipata l'erogazione del finanziamento a carico dello Stato:
1) in deroga a quanto stabilito dall'articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, il Ministero dell'economia e delle finanze, per gli anni 2007, 2008 e 2009, è autorizzato a concedere alle regioni a statuto ordinario anticipazioni con riferimento alle somme indicate alla lettera a) da accreditare sulle contabilità speciali di cui al comma 6 dell'articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in essere presso le tesorerie provinciali dello Stato, nella misura pari al 97 per cento delle somme dovute alle regioni a statuto ordinario a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario, quale risulta dell'intesa espressa, ai sensi delle norme vigenti, dalla Conferenza Stato-regioni sulla ripartizione delle disponibilità finanziarie complessive destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale per i medesimi anni;
2) per gli anni 2007, 2008 e 2009, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a concedere alle regioni Sicilia e Sardegna anticipazioni nella misura pari al 97 per cento delle somme dovute a tali regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta, quale risulta dall'intesa espressa, ai sensi delle norme vigenti, dalla Conferenza Stato-regioni sulla ripartizione delle disponibilità finanziarie complessive destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale per i medesimi anni, al netto delle entrate proprie e delle partecipazioni delle medesime regioni;
3) alle regioni che abbiano superato tutti gli adempimenti dell'ultima verifica effettuata dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 della citata intesa del 23 marzo 2005, si riconosce la possibilità di un incremento di detta percentuale compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica;
4) all'erogazione dell'ulteriore 3 per cento nei confronti delle singole regioni si provvede a seguito dell'esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla vigente normativa e dalla presente legge;
5) nelle more dell'intesa espressa, ai sensi delle norme vigenti, dalla Conferenza Stato-regioni sulla ripartizione delle disponibilità finanziarie complessive destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, le anticipazioni sono commisurate al livello del finanziamento corrispondente a quello previsto dal riparto per l'anno 2006, quale risulta dall'intesa espressa dalla Conferenza Stato-regioni, e incrementato, a decorrere dall'anno 2008, sulla base del tasso di crescita del prodotto interno lordo nominale programmato;
6) sono autorizzati, in sede di conguaglio, eventuali recuperi necessari anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti alle regioni per gli esercizi successivi;
7) sono autorizzate, a carico di somme a qualsiasi titolo spettanti, le compensazioni degli importi a credito e a debito di ciascuna regione e provincia autonoma, connessi alla mobilità sanitaria interregionale di cui all'articolo 12, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nonché alla mobilità sanitaria internazionale di cui all'articolo 18, comma 7, dello stesso decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni. I predetti importi sono definiti dal Ministero della salute di intesa con la Conferenza Stato-regioni;
e) ai fini della copertura dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, cumulativamente registrati e certificati fino all'anno 2005, al netto per l'anno 2005 della copertura derivante dall'incremento automatico delle aliquote, di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come da ultimo modificato dalla lettera c) del presente comma, per le regioni che, al fine della riduzione strutturale del disavanzo, sottoscrivono l'accordo richiamato alla lettera b) del presente comma e accedono al fondo transitorio di cui alla medesima lettera b), risultano idonei criteri di copertura a carattere pluriennale derivanti da specifiche entrate certe e vincolate, in sede di verifica degli adempimenti del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 della citata intesa del 23 marzo 2005;
f) per gli anni 2007 e seguenti sono confermate le misure di contenimento della spesa farmaceutica assunte dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ai fini del rispetto dei tetti stabiliti dall'articolo 48, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con le deliberazioni del consiglio di amministrazione n. 34 del 22 dicembre 2005, n. 18 dell'8 giugno 2006, n. 21 del 21 giugno 2006, n. 25 del 20 settembre 2006 e n. 26 del 27 settembre 2006, salvo rideterminazioni delle medesime da parte dell'AIFA stessa sulla base del monitoraggio degli andamenti effettivi della spesa;
g) nei confronti delle regioni che abbiano comunque garantito la copertura degli eventuali relativi disavanzi, è consentito l'accesso agli importi di cui all'articolo 1, comma 181, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con riferimento alla spesa farmaceutica registrata negli esercizi 2005 e 2006 anche alle seguenti condizioni:
1) con riferimento al superamento del tetto del 13 per cento, per la spesa farmaceutica convenzionata, in assenza del rispetto dell'obbligo regionale di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, con le misure di cui all'articolo 5 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, l'avvenuta applicazione, entro la data del 28 febbraio 2007, nell'ambito della procedura di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, di una quota fissa per confezione di importo idoneo a garantire l'integrale contenimento del 40 per cento;
2) con riferimento al superamento della soglia del 3 per cento, per la spesa farmaceutica non convenzionata, in assenza del rispetto dell'obbligo regionale di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, l'avvenuta presentazione, da parte della regione interessata, entro la data del 28 febbraio 2007, ai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze di un Piano di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera, che contenga interventi diretti al controllo dei farmaci innovativi, al monitoraggio dell'uso appropriato degli stessi e degli appalti per l'acquisto dei farmaci, la cui idoneità deve essere verificata congiuntamente nell'ambito del Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui alla citata intesa del 23 marzo 2005;
h) all'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) il secondo periodo è sostituito dal seguente: «I percorsi diagnostico- terapeutici sono costituiti dalle linee-guida di cui all'articolo 1, comma 283, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nonché da percorsi definiti ed adeguati periodicamente con decreto del Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Comitato strategico del Sistema nazionale linee guida, di cui al decreto del Ministro della salute 30 giugno 2004, integrato da un rappresentante della Federazione nazionale degli ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri»;
2) al terzo periodo, le parole :« il Ministro della sanità» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,»; dopo le parole: «di Trento e di Bolzano,» sono inserite le seguenti: «entro il 31 marzo 2007,»;
i) ai fini del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico, l'importo fissato dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, come rideterminato dall'articolo 83, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è elevato a 20 miliardi di euro, fermo restando, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni e l'assegnazione di risorse agli altri enti del settore sanitario interessati, il limite annualmente definito in base alle effettive disponibilità di bilancio. Il maggior importo di cui al presente comma è vincolato per 500 milioni di euro alla riqualificazione strutturale e tecnologica dei servizi di radiodiagnostica e di radioterapia di interesse oncologico con prioritario riferimento alle regioni meridionali ed insulari, per 100 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture residenziali dedicate alle cure palliative con prioritario riferimento alle regioni che abbiano completato il programma realizzativo di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, e che abbiano avviato programmi di assistenza domiciliare nel campo delle cure palliative, per 100 milioni di euro all'implementazione e all'ammodernamento dei sistemi informatici delle aziende sanitarie ed ospedaliere e l'integrazione dei medesimi con i sistemi informativi sanitari delle regioni e per 100 milioni di euro per strutture di assistenza odontoiatrica. Il riparto fra le regioni del maggiore importo di cui alla presente lettera è effettuato con riferimento alla valutazione dei bisogni relativi ai seguenti criteri e linee prioritarie:
1) innovazione tecnologica delle strutture del Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla diagnosi e terapia nel campo dell'oncologia e delle malattie rare;
2) superamento del divario Nord-Sud;
3) possibilità per le regioni che abbiano già realizzato la programmazione pluriennale, di attivare una programmazione aggiuntiva;
4) messa a norma delle strutture pubbliche ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario n. 37 alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997;
5) premialità per le regioni sulla base della tempestività e della qualità di interventi di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico già eseguiti per una quota pari al 10 per cento;
l) il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, individua, con decreto di natura non regolamentare da adottare entro il 31 gennaio 2007, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, le prestazioni di diagnostica di laboratorio eseguibili con metodiche automatizzate, nell'ambito delle prestazioni di cui al decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14 settembre 1996;
m) fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 170, quarto periodo, della legge 23 dicembre 2004, n. 311, a decorrere dal mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui alla lettera l), gli importi delle tariffe massime praticabili per le prestazioni di diagnostica di laboratorio eseguibili con metodiche automatizzate non possono superare il 50 per cento degli importi delle tariffe previste per le medesime prestazioni nel citato decreto del Ministro della sanità 22 luglio 1996. Conseguentemente, le regioni provvedono, entro il 28 febbraio 2007, ad emanare disposizioni per la revisione degli accordi, per la fissazione dei volumi di attività e dei tetti di spesa, sottoscritti con le strutture private accreditate ai sensi dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Le regioni provvedono altresì ad adeguare gli importi relativi alla compensazione tra aziende sanitarie dei costi per le medesime prestazioni, nonché ad approvare, entro il 28 febbraio 2007, un piano di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche di diagnostica di laboratorio anche ai fini dell'adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate;
n) a decorrere dal 1o gennaio 2007, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale gli assistiti non esentati dalla quota di partecipazione al costo sono tenuti al pagamento di una quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro. Per le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero , la cui condizione è stata codificata come codice bianco, gli assistiti non esenti sono tenuti al pagamento di una quota fissa pari a 23 euro. Gli assistiti non esenti, la cui condizione è stata codificata come codice verde, ad eccezione di quelli afferenti al pronto soccorso a seguito di traumatismi ed avvelenamenti acuti, sono tenuti al pagamento di una quota fissa pari a 41 euro. Sono fatte salve le disposizioni eventualmente assunte dalle regioni che, per l'accesso al pronto soccorso ospedaliero, pongono a carico degli assistiti oneri più elevati;
o) all'articolo 1, comma 292, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) con le procedure di cui all'articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si provvede, entro il 28 febbraio 2007, alla modificazione degli allegati al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e successive integrazioni, di definizione dei livelli essenziali di assistenza, finalizzata all'inserimento, nell'elenco delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, di prestazioni già erogate in regime di ricovero ospedaliero, nonché alla integrazione e modificazione delle soglie di appropriatezza per le prestazioni di ricovero ospedaliero in regime di ricovero ordinario diurno»;
p) a decorrere dal 1o gennaio 2007, i cittadini, anche se esenti dalla partecipazione alla spesa sanitaria, che non abbiano ritirato i risultati di visite o esami diagnostici e di laboratorio sono tenuti al pagamento per intero della prestazione usufruita, con le modalità più idonee al recupero delle somme dovute stabilite dai provvedimenti regionali;
q) a decorrere dal 1o gennaio 2008, cessano i transitori accreditamenti delle strutture private già convenzionate, ai sensi dell'articolo 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non confermati da accreditamenti provvisori o definitivi disposti ai sensi dell'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
r) le regioni provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 1o gennaio 2010 cessino gli accreditamenti provvisori delle strutture private, di cui all'articolo 8-quater, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, non confermati dagli accreditamenti definitivi di cui all'articolo 8-quater, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 502 del 1992;
s) le regioni provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che, a decorrere dal 1o gennaio 2008, non possano essere concessi nuovi accreditamenti, ai sensi dell'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, in assenza di un provvedimento regionale di ricognizione e conseguente determinazione, ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 8-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992. Il provvedimento di ricognizione è trasmesso al Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 9 della citata intesa del 23 marzo 2005. Per le regioni impegnate nei Piani di rientro previsti dall'accordo di cui alla lettera b), le date del 1o gennaio 2008 di cui alla presente lettera e alla lettera q) del presente comma sono anticipate al 1o luglio 2007 limitatamente alle regioni nelle quali entro il 31 maggio 2007 non si sia provveduto ad adottare o ad aggiornare, adeguandoli alle esigenze di riduzione strutturale dei disavanzi, i provvedimenti di cui all'articolo 8-quinquies, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
t) il Ministero della salute, avvalendosi della Commissione unica sui dispositivi medici e della collaborazione istituzionale dell'Agenzia dei servizi sanitari regionali, individua, entro il 31 gennaio 2007, tipologie di dispositivi per il cui acquisto la corrispondente spesa superi il 50 per cento della spesa complessiva dei dispositivi medici registrata per il Servizio sanitario nazionale. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 57 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dal numero 2) della lettera a) del comma 409 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, entro il 30 aprile 2007, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono stabiliti i prezzi dei dispositivi individuati ai sensi della presente lettera, da assumere, con decorrenza dal 1o maggio 2007, come base d'asta per le forniture del Servizio sanitario nazionale. I prezzi sono stabiliti tenendo conto dei più bassi prezzi unitari di acquisto da parte del Servizio sanitario nazionale risultanti dalle informazioni in possesso degli osservatori esistenti e di quelle rese disponibili dall'ottemperanza al disposto del successivo periodo della presente lettera. Entro il 15 marzo 2007 le regioni trasmettono al Ministero della salute - Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici, anche per il tramite dell'Agenzia dei servizi sanitari regionali, i prezzi unitari corrisposti dalle aziende sanitarie nel corso del biennio 2005-2006; entro la stessa data le aziende che producono o commercializzano in Italia dispositivi medici trasmettono alla predetta Direzione generale, sulla base di criteri stabiliti con decreto del Ministro della salute, i prezzi unitari relativi alle forniture effettuate alle aziende sanitarie nel corso del medesimo biennio. Nelle gare in cui la fornitura di dispositivi medici è parte di una più ampia fornitura di beni e servizi, l'offerente deve indicare in modo specifico il prezzo unitario di ciascun dispositivo e i dati identificativi dello stesso. Il Ministero della salute, avvalendosi della Commissione unica sui dispositivi medici e della collaborazione istituzionale dell'Istituto superiore di sanità e dell'Agenzia dei servizi sanitari regionali, promuove la realizzazione, sulla base di una programmazione annuale, di studi sull'appropriatezza dell'impiego di specifiche tipologie di dispositivi medici, anche mediante comparazione dei costi rispetto ad ipotesi alternative. I risultati degli studi sono pubblicati sul sito INTERNET del Ministero della salute;
u) la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, non è applicabile al ricorso a terapie farmacologiche a carico del Servizio sanitario nazionale, che, nell'ambito dei presìdi ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all'immissione in commercio, quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento. Il ricorso a tali terapie è consentito solo nell'ambito delle sperimentazioni cliniche dei medicinali di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211. In caso di ricorso improprio si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 4 e 5, del citato decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94. Le regioni provvedono ad adottare entro il 28 febbraio 2007 disposizioni per le aziende sanitarie locali, per le aziende ospedaliere, per le aziende ospedaliere universitarie e per gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico volte alla individuazione dei responsabili dei procedimenti applicativi delle disposizioni di cui alla presente lettera, anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa per danno erariale. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al presente comma, tale responsabilità è attribuita al direttore sanitario delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliere universitarie e degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
2. Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato è incrementato per l'anno 2006 di 2.000 milioni di euro. Tale importo è ripartito fra le regioni con i medesimi criteri adottati per lo stesso anno.
3. Al secondo periodo del comma 289 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008» sono sostituite dalle seguenti: «per l'anno 2006 e di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007».
4. Con le modalità di cui all'articolo 1, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni, è modificato il Piano sanitario nazionale 2006-2008, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, pubblicato nel supplemento ordinario n. 149 alla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 2006, al fine di armonizzarne i contenuti e la tempistica al finanziamento complessivo del Servizio sanitario nazionale per il triennio 2007-2009.
La norma in esame detta numerose disposizioni volte a garantire il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica nel comparto sanitario e la riqualificazione della spesa, anche sulla base degli indirizzi concordati in sede di Conferenza Stato regioni[1].
Qui di seguito sono analizzate in dettaglio tutte le misure previste.
Sono stabiliti i nuovi livelli del finanziamento del servizio sanitario nazionale, cui concorre lo Stato:
- 96.000 milioni di euro per il 2007;
- 99.042 milioni di euro per il 2008;
- 102.245 milioni di euro per il 2009.
Una quota di 50 milioni di euro annui, come già previsto dalla legislazione vigente[2], è destinata all’ulteriore finanziamento dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma.
Tali importi sono comprensivi anche dello stanziamento integrativo pluriennale di 1.000 milioni di euro, previsto dalla scorsa legge finanziaria[3], che viene pertanto limitato all’anno 2006.
La relazione tecnicaespone le caratteristiche della manovra, fondata su un incremento significativo delle risorse statali per la copertura del fabbisogno del SSN rispetto a quanto stanziato nel 2005, anche se inferiore rispetto alla crescita registratasi nel comparto sanitario ed evidenziata nell’ultimo Documento di programmazione economica finanziaria. La differenza tra la spesa tendenziale e quella programmata dovrà essere compensata con una manovra di riduzione della spesa e di aumento delle entrate sia a livello regionale che statale. Le misure di competenza statale sono ricomprese nelle disposizioni di cui all’art. 88 del ddl finanziaria di seguito analizzate.
E’ istituito un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009) destinato alle Regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo.
L’accesso a tali risorse è condizionato:
- alla stipula dei programmi di rientro del disavanzo entro il 2010, secondo le modalità e le procedure già previste dalla legislazione vigente[4];
- all’attivazione dell’innalzamento ai livelli massimi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota regionale sulle attività produttive.
Si ricorda, a quest’ultimo riguardo, che la legislazione vigente[5], nell’ambito delle misure volte a garantire il ripiano dei disavanzi prevede che il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, approvi il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale, al fine di determinare il disavanzo di gestione, e adotti i necessari provvedimenti per il ripiano di quest'ultimo. Tra le misure possibili rientrano gli aumenti dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive (fermo restando il rispetto dei limiti massimi stabiliti dalla normativa vigente).
Qualora il presidente della regione - in qualità, come detto, di commissario ad acta - non adotti i provvedimenti necessari per il ripiano del disavanzo entro il 31 maggio, nella regione interessata, con riferimento esclusivo all’anno di imposta 2006, l'addizionale e la maggiorazione suddette si applicano nella misura massima prevista dalla vigente normativa.
In base alla lett. c) dell’art. 88, comma 1, del provvedimento in esame, il meccanismo di incremento automatico delle aliquote è ora esteso anche agli anni successivi al 2006.
L’attività istruttoria per l’avvio delle procedure in esame è attribuito al Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’Intesa del 23 marzo 2005 in sede di Conferenza Stato Regioni.
La relazione tecnicasottolinea che il meccanismo di adeguamento automatico garantirà una continuità di risorse che per l’ esercizio 2005 e l’anno di imposta 2006 risulta pari a 1400 milioni di euro.
Il provvedimento in esame dispone altresì che, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi, è disposto l’automatico innalzamento - per l’anno di imposta dell’esercizio successivo - delle imposte citate oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi. Nel caso inverso di miglioramento dell’andamento della spesa rispetto agli obiettivi intermedi prefissati, la regione potrà invece disporre una riduzione di tali imposte sempre per l’anno di imposta dell’esercizio successivo.
L’ultimo periodo prevede che gli interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione e di potenziamento del servizio sanitario regionale siano vincolanti per la regione che ha sottoscritto l’accordo e le determinazioni in esso previste possano comportare effetti di variazione dei provvedimenti normativi ed amministrativi già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria.
Al riguardo si osserva che la disposizione sembra stabilire che i programmi operativi possano derogare ai provvedimenti normativi ed amministrativi adottati dalla regione, intervenendo indirettamente sul sistema delle fonti regionali. Ne andrebbe pertanto valutata la congruità in relazione all’assetto istituzionale delineato nel Titolo V della Costituzione ed in alcuni statuti approvati dalle regioni, che ne tipizzano le fonti (a titolo esemplificativo, si segnala l’articolo 39 dello statuto della Regione Toscana).
Le disposizioni in esame conformano la consolidata disciplina delle anticipazioni di tesoreria alla (nuova) composizione del concorso statale al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al rispetto – da parte di ciascuna regione – dell’«equilibrio economico finanziario»[6] della spesa sanitaria corrente per l’esercizio in corso.
Di fatto, la disciplina ‘ordinaria’ delle anticipazioni di tesoreria per il finanziamento della spesa sanitaria corrente, come prevista dall’articolo 13, comma 6, del decreto legislativo n. 56 del 2000, viene annualmente ‘derogata’ sia per consentire una migliore approssimazione delle anticipazioni alle somme effettivamente spettanti, quali saranno determinate in corso di esercizio, sia per assecondare le azioni ‘premiali’ e le azioni ‘dissuasive’ che le leggi finanziarie – da numerosi esercizi – vanno definendo e affinando per garantire che le regioni rispettino i limiti di espansione della spesa.
Per l’anno 2007 le anticipazioni di tesoreria vengono:
§ parametrate al nuovo ammontare del concorso statale al finanziamento del Servizio sanitario nazionale stabilito dalla lettera a) del comma 1, dell’articolo in esame;
§ aumentate dal 95 al 97 per cento delle somme dovute «a titolo di finanziamento della quota indistinta»;
§ attivate a partire dal conseguimento dell’intesa sulla ripartizione in sede di Conferenza Stato-Regioni, senza attendere la successiva (e più tardiva) delibera del CIPE;
§ vincolate, per una quota-parte delle maggiorazioni, al rispetto dei limiti di spesa e, in particolare, all’esito positivo della verifica che di quel rispetto e di quei limiti è fatta da un apposito «tavolo tecnico» istituito nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni.
In particolare, il numero 1)della lettera d) reca la nuova disciplina delle anticipazioni di tesoreria alle regioni a statuto ordinario, in deroga a quanto stabilisce l’articolo 1 del D.M. 21 febbraio 2001 (in attuazione dell’articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56[7]).
La misura delle anticipazioni viene determinata – per ciascuno degli esercizi 2007, 2008 e 2009 – nel 97% per cento della somma spettante a ciascuna regione a titolo di «quota indistinta del fabbisogno sanitario»; quest’ultima deriva dal livello complessivo della spesa del Servizio sanitario nazionale, stabilito per ciascuno dei tre anni dalla lettera a) del comma in esame[8]. Di quella somma, ovviamente, non è parte la quota riservata al finanziamento dell’ospedale «Bambino Gesù».
La restante quota del 3%, sarà versata alle regioni secondo le modalità della disciplina ‘premiale’ o ‘incentivante’ stabilita dal successivo n. 4) della lettera in esame (vedi infra).
Infine, poiché al finanziamento della «quota indistinta del fabbisogno sanitario» concorrono anche le entrate proprie di ciascuna regione, le anticipazioni sono ulteriormente determinate al netto di queste ultime. Si tratta, per tutte le regioni, delle entrate derivanti dalla ‘compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria’ (i cosiddetti ‘ticket’, incassati direttamente dalle ASL). Le ‘anticipazioni’ scontano inoltre le compensazioni per la mobilità sanitaria interna (dare/avere fra regioni per le prestazioni effettuate in favore di cittadini di altra regione) e internazionale (per le prestazioni usufruite fuori del territorio nazionale).
Il complesso delle anticipazioni spettanti a ciascuna regione è corrisposto in quote trimestrali anticipate, accreditate dalla Tesoreria centrale sulle contabilità speciali[9] in essere presso le tesorerie provinciali dello Stato.[10]
Le anticipazioni sono concesse in base alle somme spettanti a ciascuna regione secondo l’intesa che Stato e Regioni devono esprimere (raggiungere) in sede di Conferenza (articolo 115, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112). Il raggiungimento dell’intesa è quindi condizione e misura delle anticipazioni che la disposizione in esame prevede.[11] All’accreditamento delle anticipazioni provvede il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (e per esso la Tesoreria centrale).
La medesima disciplina delle anticipazioni stabilita dal numero 1) per le regioni a statuto ordinario è estesa dal numero 2)alle regioni Sicilia e Sardegna. Queste infatti, a differenza delle altre regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, concorrono – se pure in misura ridotta – alla ripartizione del fondo perequativo e, per questo, alle relative anticipazioni di tesoreria[12]. Per esse, come si è detto, le somme alle quali è commisurata l’anticipazione del 97% sono ridotte anche in ragione della quota da finanziare con risorse del proprio bilancio[13].
L’applicazione della disciplina delle anticipazioni alla regione Sardegna deve tuttavia considerarsi soltanto ‘transitoria’, dacché l’articolo 102 del disegno di legge in esame ri-determina il complesso delle entrate finanziarie della regione Sardegna (misura delle compartecipazioni erariali e tributi o cespiti propri) e – in ragione delle maggiori somme che affluiscono al bilancio della regione – stabilisce, tra l’altro, che «Dall’anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (v. la relativa scheda).
Il numero 3) della lettera in esame prevede la possibilità che – come misura premiale – la Tesoreria centrale eroghi anticipazioni in misura maggiore del 97 per cento alle regioni che abbiano stipulato – e osservino – l’intesa sulle misure per il contenimento della dinamica dei costi della spesa sanitaria. Quell’intesa – nelle forme prevista dall’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (cosiddetta ‘legge La Loggia’) – era prevista da una precedente ‘misura premiale’ stabilita dall’articolo 1, comma 173, e comma 184 della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) e prevedeva uno stretto monitoraggio dell’andamento della spesa di ciascuna regione e l’obbligo per essa a concordare ed adottare misure di contenimento in caso di scostamenti dalle previsioni stabilite.
Le modalità operative di quell’intesa sono state definite complessivamente in sede di Conferenza stato-regioni il 23 marzo 2005[14]. L’articolo 12 del testo dell’intesa ha istituito un «Tavolo di verifica degli adempimenti» presso la Ragioneria generale dello Stato al quale le regioni forniscono le informazioni necessarie alla effettuazione della verifica e che istruisce le determinazioni ‘correttive’ rimesse successivamente ad un ‘Tavolo politico’ composto da rappresentanti del Governo e delle Regioni[15].
La possibilità di un incremento delle anticipazioni (entro l’ulteriore 3%) è però subordinata – dalla disposizione in esame – ad alla ‘generica’ clausola che ciò avvenga «compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica».
Va per altro segnalato che la procedura di verifica degli adempimenti presso il «Tavolo tecnico» si dispiega lungo tutto l’esercizio di riferimento e che le determinazioni conclusive per una valutazione del risultato di gestione sono assunte a partire dal 30 maggio dell’esercizio successivo. La facoltà di incrementare la percentuale di anticipazioni è perciò rimessa – in corso di esercizio - alla valutazione discrezionale dell’amministrazione centrale che presiede al Tavolo tecnico e alla Ragioneria generale.
Sottoposta all’esito positivo della verifica effettuata dal «Tavolo tecnico» è anche l’erogazione del restante 3 per cento delle spettanze di ciascuna regione. Così prevede il numero 4) della lettera in esame. La disposizione richiama agli adempimenti che dovranno essere verificati tutti quelli «previsti dalla vigente normativa e dalla presente legge». Il richiamo, pur formulato in via generale, fa riferimento a tutta la disciplina di monitoraggio e ‘correttiva’ della spesa sanitaria corrente che si è andata sedimentando (e sovrapponendo) a partire, almeno, dalle ‘azioni correttive’ previste dalla Legge finanziaria 1999[16].
Il numero 5) della lett. d) reca una disposizione transitoria e, insieme, cautelare. Dispone infatti che “nelle more del raggiungimento dell’intesa” in sede di Conferenza Stato-Regioni, le anticipazioni di tesoreria per gli anni 2007, 2008 e 2009 siano commisurate alle somme spettanti per l’esercizio 2006, secondo quanto determinato nell’intesa espressa per quell’anno (Intesa 28 marzo 2006). Sino al raggiungimento dell’intesa le regioni non ottengono (almeno nella prima delle quattro erogazioni) le somme derivanti dalla maggiorazione del fondo sanitario per l’esercizio di riferimento.
La disposizione è per altro anche ‘cautelare’ perché sconta la possibilità che l’intesa non sia raggiunta per un qualche lungo periodo di tempo. Così è stato per la ripartizione 2002 e per quella degli esercizi successivi, sino a quando non è stato trovato l’accordo di sospendere l’applicazione del decreto legislativo n. 56 del 2000, per la parte che riduceva progressivamente il peso del parametro della spesa storica[17]. La disposizione in esame prevede pertanto che in assenza di intesa, le anticipazioni siano commisurate per l’anno 2007 alle somme spettanti per l’anno 2006[18] e che, eventualmente, a partire dall’anno 2008 le somme spettanti siano determinate incrementando del tasso di crescita programmata del PIL quelle assegnate nell’anno precedente.
I numeri 6 e 7 della lett. d) autorizzano il Ministero dell’economia e delle finanze ad effettuare recuperi e versamenti compensativi in sede di conguaglio finale delle somme dovute. Le trattenute di recupero delle somme indebitamente corrisposte potranno essere effettuate su ogni altra somma dovuta (dalla Tesoreria) alla regione a qualsiasi titolo. Sono richiamati specificamente i conguagli compensativi e i recuperi dovuti alla mobilità sanitaria interregionale e alla mobilità sanitaria internazionale. La misura dei recuperi e dei conguagli è determinata d’intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
Ricostruzione normativa: il finanziamento della spesa sanitaria corrente delle regioni
L’ammontare complessivo della spesa necessaria al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e dei progetti sanitari di carattere nazionale è stabilito dal piano sanitario nazionale. Sulla base di queste statuizioni la legge (anche la legge finanziaria) determina l’ammontare massimo della spesa sanitaria corrente pubblica per ciascun anno considerato.
La quota (di spesa) spettante a ciascuna regione e provincia autonoma è stabilita sulla base della popolazione residente e di alcuni criteri correttivi che considerano le diverse condizioni di morbilità, la dotazione di strutture sanitarie e la spesa storica di ciascun ente.
Il concorso del bilancio dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria corrente è stabilito di conseguenza e fino ad integrare la quota di spesa non coperta dal gettito (presunto) dei tributi specifici e delle altre entrate assegnate a questo scopo alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano.
Al finanziamento della spesa sanitaria corrente delle regioni a statuto ordinario concorrono pertanto:
- il gettito dell’Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
- il gettito dell’addizionale regionale all’IRPEF;
- i proventi dei contributi di partecipazione alla spesa sanitaria riscossi nella regione;
- la quota parte del Fondo sanitario nazionale, alimentato dalla compartecipazione regionale al gettito dell’IVA, secondo la disciplina introdotta dal citato decreto legislativo n. 56 del 2000 e sino a concorrenza della spesa pro capite spettante a ciascuna regione in base a parametri di ripartizione stabiliti secondo i livelli essenziali di assistenza e secondo taluni criteri che tengono conto delle caratteristiche sanitarie della popolazione di ciascuna regione.
Le regioni Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia e le province autonome di Trento e Bolzano sono escluse dalla ripartizione del Fondo sanitario nazionale e finanziano quella parte di spesa sanitaria corrente con risorse del proprio bilancio. La regione Sicilia finanzia con risorse del proprio bilancio il 42,5 per cento della quota che dovrebbe essere integrata dal Fondo sanitario nazionale; la regione Sardegna vi provvede nella misura del 29 per cento.
Segue: la disciplina delle anticipazioni di tesoreria per il finanziamento della spesa sanitaria delle regioni
Delle diverse fonti di finanziamento della spesa sanitaria corrente, soltanto i contributi di partecipazione alla spesa sanitaria sono riscossi direttamente dalle regioni. Le somme riscosse (dall’Erario) a titolo di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e di addizionale regionale all’IRPEF sono riversate alle regioni mensilmente o periodicamente sui conti correnti infruttiferi e sulle contabilità speciali di giroconto istituiti presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato (v. D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 40; D.M. 24 marzo 1998 e D.M. 3 luglio 2000 del Ministro del Tesoro e della programmazione economica).
Poiché questo andamento dei flussi di entrata non è in grado di sostenere la continuità dei flussi di spesa, l’articolo 13, comma 6, del D.Lgs. 18 febbraio 200, n. 56, ha introdotto un sistema di anticipazioni di tesoreria inteso a garantire alle regioni una disponibilità finanziaria costante e commisurata al livello delle spese preventivate (“in misura sufficiente a finanziare la spesa sanitaria corrente”). Le tesorerie provinciali operano contestualmente le relative compensazioni sulle risorse proprie delle regioni.
Alla disciplina delle anticipazioni ha provveduto il D.M. 21 febbraio 2001 (Modalità di concessione delle anticipazioni alle regioni a statuto ordinario per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale).
Le anticipazioni sono concesse, in quote trimestrali anticipate, sino ad un dodicesimo mensile delle somme spettanti a titolo di quota IRAP di addizionale regionale all’IRPEF e di quota parte dell’IVA determinata ai sensi del decreto legislativo n. 56/2000.
I dodicesimi sono commisurati all’ammontare spettante a ciascuna regione e provincia autonoma (IRAP, Addizionale IRPEF e quota parte del Fondo sanitario nazionale) quale risulta dalla Deliberazione del CIPE che ripartisce tra le diverse destinazioni e tra le regioni il finanziamento annuale della spesa sanitaria corrente. La deliberazione è assunta sulla base delle previsioni di gettito determinate dal Ministero dell’economia per ciascuno dei due tributi e dell’ammontare della compartecipazione al gettito dell’IVA che, secondo quanto dispone l’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 56 del 2000, finanzia il Fondo perequativo. Le regolazioni compensative derivanti dalla misura effettiva del gettito delle imposte conseguito in ciascuna regione sono effettuate nell’esercizio successivo.
I rapporti di tesoreria centrale con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano sono disciplinate da disposizioni specifiche (in taluni casi con norme di attuazione) che stabiliscono anche le modalità per l’accreditamento delle somme provenienti dal Bilancio dello stato (compartecipazioni erariali). Le anticipazioni alle regioni Sicilia e Sardegna, per la quota parte che esse ricevono dal Fondo sanitario nazionale, seguono la disciplina dettata per le regioni a statuto ordinario.
Per i disavanzi accertati negli anni fino al 2005 (al netto delle entrate derivanti nel 2005 dall’incremento automatico delle aliquote) sono considerate idonee, per le Regioni che hanno stipulato il programma di rientro (di cui al precedente art. 1, comma 1, lett. b) le coperture a carattere pluriennale derivanti da entrate certe e vincolate.
La lett. f) conferma per gli anni per gli anni 2007 e seguenti i provvedimenti adottati dal dicembre 2005 al settembre 2006 dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ai fini del contenimento della spesa farmaceutica nei limiti massimi stabiliti dall’ordinamento.
La relazione tecnica precisa che tale disposizione determina risparmi per 800 milioni di euro nel 2007, 825 milioni di euro nel 2007 e 852 milioni di euro nel 2008.
Tali economie derivano dalla riduzione del 10% del prezzo dei farmaci, dello sconto dello 0,6% a carico del produttore e alla rimodulazione del prontuario.
Ruolo e competenze dell’Agenzia italiana del farmaco. Si ricorda che l’AIFA è stata istituita con il decreto-legge n. 269/2003, “al fine di garantire l’unitarietà delle attività in materia di farmaceutica e di favorire in Italia gli investimenti in ricerca e sviluppo”.
In base alla legislazione vigente, l’Agenzia esercita una serie di importanti compiti finalizzati al contenimento della spesa farmaceutica. Per il monitoraggio della spesal’Agenzia si avvale dell’OSMED (Osservatorio sull’impiego dei medicinali), e della collaborazione con le Regioni e Province autonome. A tal fine si analizza sia la spesa a carico del SSN che quella privata.
La revisione del prontuarioè sempre curata dall’Agenzia del farmaco con cadenza annuale, ovvero semestrale nel caso di sfondamento dei tetti di spesa programmati. La revisione avviene sulla base dei criteri costo-efficacia e deve assicurare il rispetto dei livelli di spesa.
L’Agenzia provvede alla definitiva individuazione delle confezioni ottimali per l'inizio e il mantenimento delle terapie e contro le patologie croniche (con farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale), stabilendo altresì i criteri relativi al prezzo[19]. Una specifica penalità - concernente quest’ultimo - è prevista per il caso di mancato adeguamento alle confezioni ottimali così ridefinite.
In caso di superamento dei livelli di spesa programmati, l’Agenzia provvede “anche temporaneamente” ad una ripartizione della spesa eccedente secondo i seguenti criteri:
- per il 60%: ridefinendo le quote di spettanza del produttore (sul prezzo dei farmaci ammessi al rimborso);
- per il 40%: è ripianata dalle singole regioni attraverso l'adozione di specifiche misure in materia farmaceutica. Questo adempimento si aggiunge agli altri obblighi a carico delle regioni per poter usufruire dell'adeguamento della quota di concorso statale al finanziamento della spesa sanitaria[20].
Al riguardo si segnala che la disposizione di cui alla lett. f), attraverso l’estensione agli anni 2007 e seguenti delle delibere già adottate dall’AIFA, sembra attribuire nuovamente alla legge la regolamentazione delle misure necessarie per il rispetto degli obiettivi stabiliti per il comparto farmaceutico, anche se la stessa norma prevede la rideterminazione delle misure da parte dell’AIFA “sulla base del monitoraggio degli andamenti effettivi della spesa”.
La lett. g) modifica la disciplina dell’accesso al contributo integrativo dello Stato previsto per le regioni che abbianoraggiunto gli obiettivi di contenimento della spesa nel comparto farmaceutico con riferimento sia alla spesa farmaceutica territoriale (13% della spesa sanitaria) sia alla spesa farmaceutica complessiva, comprensiva cioè anche di quella prestata ai pazienti in regime di ricovero ospedaliero (16% della spesa sanitaria).
In particolare, per le regioni che abbiano registrato un disavanzo:
- per la spesa farmaceutica territoriale, risulta idonea anche l’adozione di un provvedimento che preveda una quota fissa per confezione di importo tale da assicurare il ripiano del 40% del disavanzo;
- per la spesa farmaceutica non convenzionata, risulta idonea la presentazione entro il 28 febbraio 2007 di uno specifico piano di rientro.
Viene modificata in parte la procedura dettata dall’art. 28 della legge n. 662 del 1996 per la definizione dei percorsi diagnostici e terapeutici volti ad assicurare un utilizzo appropriato delle risorse finanziarie del SSN. In particolare:
- i percorsi sono definiti attraverso le linee guida dettate dalla Commissione nazionale sulla appropriatezza delle prescrizioni (e recepite dal Ministro della salute)[21] nonché dai percorsi definiti dallo stesso Ministro, d’intesa con la Conferenza Stato Regioni, su proposta del Comitato strategico del Sistema nazionale linee guida, integrato da un rappresentante dell’ordine dei Medici[22];
- gli indirizzi per l’uniforme applicazione dei nuovi percorsi sono definiti, entro il 31 marzo 2007, dal Ministro della salute d’intesa non solo della Conferenza Stato regioni ma anche del Ministero dell’economia.
La norma eleva da 17 a 20 miliardi la spesa complessiva pluriennale per gli interventi di ristrutturazione edilizia ed ammodernamento tecnologico di cui all’art. 20 della legge n. 67 del 1988, fermo restando il limite annuo delle risorse stanziate a bilancio. Sono indicati puntualmente anche i vincoli di destinazione di una quota di tali risorse ed altri criteri per il loro riparto.
La relazione tecnica sottolinea il carattere “esclusivamente programmatorio” della norma in esame.
In base alle tabelle D ed F e all’allegato 6 al ddl finanziaria, le risorse per gli interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica nel triennio 2007-2009 risulterebbero pari a 784 mln di euro sia nel 2007 che nel 2008 e a 1.520 mln di euro nel 2009.
Le disposizioni prevedono l’individuazione con decreto ministeriale delle prestazioni di diagnostica di laboratorio eseguibili con metodiche automatizzate. Per tali fattispecie è disposto un abbattimento delle tariffe del 50%.
La relazione tecnica quantifica le economie in 226 milioni di euro nel 2007, 294 milioni di euro nel 2008, 309 milioni di euro nel 2009.
La norma introduce nuovi ticket, con esclusione dei soggetti esenti:
- sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale, pari a 10 euro per ricetta; tale importo si somma a quello di 36 euro già previsto dalla legislazione vigente[23];
- sulle prestazioni di pronto soccorso non seguite da ricovero, classificate con il “codice bianco” (pari a 23 euro) ovvero con il “codice verde”, ad eccezione dei casi di avvelenamenti acuti e di traumatismi (pari a 41 euro).
Si ricorda che, in base alla normativa vigente[24] il codice bianco identifica un caso non critico, cioè un servizio che con ragionevole certezza non ha la necessità di essere effettuato in tempi brevi; il codice verde, invece, identifica una situazione poco critica, ed il relativo intervento è considerato differibile.
Sono fatte salve le norme regionali che già prevedano ticket di maggiore entità sulle prestazioni di pronto soccorso.
La relazione tecnica presenta la seguente quantificazione delle entrate, che tiene conto anche del fatto che alcune regioni hanno già introdotto un ticket sulle prestazioni di pronto soccorso[25] (milioni di euro).
|
2007 |
2008 |
2009 |
Ticket su specialistica |
811 |
834 |
834 |
Ticket su pronto soccorso |
101 |
101 |
101 |
Totale |
912 |
935 |
935 |
Entro il 28 febbraio 2007, con decreto del Presidente di Consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza Stato regioni, saranno modificati gli allegati al DPCM 29.11.2001, sui livelli essenziali di assistenza, al fine di ampliare sia le prestazioni da erogare in sede ambulatoriale anziché ospedaliero, sia le prestazioni erogabili in regime di ricovero ospedaliero diurno.
Dal 1° gennaio 2007 tutti i cittadini, anche se esenti dalla compartecipazione alla spesa sanitaria, che non ritirano i risultati di analisi o visite dovranno pagare per intero il costo della prestazione.
Le modalità di attuazione della norma sono rinviate a futuri provvedimenti regionali.
La relazione tecnica sottolinea la finalità della norma volta a responsabilizzare maggiormente i cittadini nella spesa del SSN.
Le norme dispongono:
- la cessazione dal 1° gennaio 2008[26] degli accreditamenti transitori;
- la cessazione dal 1° gennaio 2010 degli accreditamenti provvisori;
- il divieto dal 1° gennaio 2008[27] di nuovi accreditamenti senza un provvedimento regionale di ricognizione e di determinazione della capacità produttiva (ex art. 8-quater del D.Lgs. n. 502 del 1992). Tali provvedimenti sono trasmessi al Comitato paritetico permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA[28].
La relazione tecnica sottolinea che le disposizioni in esame sono volte a favore “il coinvolgimento delle strutture private negli obiettivi programmatici pubblici, di partecipazione alle politiche di qualità e appropriatezza, nonché di controllo dei volumi delle prestazioni e della spesa”.
La norma interviene sulla materia dei dispositivi medici, già oggetto di precedenti interventi in sede di legge finanziaria negli anni scorsi[29].
In particolare, la norma in esame è volta ad assicurare un ribasso dei prezzi dei dispositivi che maggiormente incidono sulla spesa sanitaria, attraverso l’individuazione di nuovi prezzi da assumere come base d’asta per le forniture del SSN e la realizzazione di nuovi studi in materia.
La relazione tecnica, nel sottolineare l’estrema diversificazione dei prezzi di acquisto attualmente sostenuti dalle diverse ASL, stima i risparmi in 40 milioni di euro nel 2007 e in 60 milioni di euro annui dal 2008.
E’ modificata la disciplina sull’obbligo per il medico di attenersi alle indicazioni terapeutiche e alle modalità di somministrazione indicate dagli organismi competenti al momento dell’autorizzazione all’immissione in commercio[30]. La legislazione vigenteprevede peraltro alcune deroghe e, in particolare, che il medico, sotto la sua responsabilità e con il consenso del paziente, possa procedere ad un diverso impiego del farmaco in quanto ritenuto più idoneo di altri prodotti in commercio.
La norma in esame limita tale possibilità ai casi di sperimentazione clinica di cui al D.L. n. 211 del 2003, prevedendo in caso contrario l’applicazione delle sanzioni disciplinari nei confronti del medico e l’adozione di provvedimenti regionali volti a individuare la responsabilità nell’ambito delle strutture sanitarie pubbliche per tale fattispecie anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa per danno erariale.
La relazione tecnica presenta una stima cautelativa sui risparmi attesi dalla norma in esame, pari a 24 milioni di euro l’anno.
La norma stanzia risorse aggiuntive per 2.000 milioni di euro per l’anno 2006.
La relazione tecnica precisa che tale incremento è connesso con la rideterminazione dei livelli massimi di spesa per gli anni 2007 e ss, sottolineando altresì che esso non incide sull’indebitamento netto ma sul fabbisogno e sul saldo netto da finanziare.
La legge finanziaria per il 2006[31] ha istituito, presso il Ministero della salute, il Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS), al fine di valutare l'efficienza e l'appropriatezza delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, unificando i diversi strumenti previsti dalla legislazione vigente a fini del controllo sull’andamento della spesa e della correttezza delle prestazioni erogate dalle strutture del SSN.
In particolare, la nuova struttura si avvale delle funzioni svolte dal Nucleo di supporto per l’analisi delle disfunzioni e la revisione organizzativa (SAR), organismo che svolge funzioni ispettive nei confronti delle strutture sanitarie, attraverso i poteri di accesso presso le aziende sanitarie, previsti dalla legislazione vigente, a fini della vigilanza sulla gestione delle medesime aziende e sull'attuazione del piano sanitario nazionale.
Alla nuova struttura sono ricondotte in particolare le seguenti attività:
- la verifica da parte ministeriale sull'effettiva erogazione, secondo criteri di efficienza ed appropriatezza, dei livelli essenziali di assistenza, ivi compresi i profili attinenti ai tempi di attesa;
- del sistema di garanzia del raggiungimento in ciascuna regione degli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio sanitario nazionale;
- il monitoraggio delle prescrizioni mediche, farmaceutiche, specialistiche e ospedaliere;
- dell’Agenzia dei servizi sanitari regionali;
- del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA, istituito dall’Intesa del 23 marzo scorso in sede di Conferenza Stato regioni.
Le modalità di applicazione del Sistema sono state definite con decreto del Ministro della salute del 17 giugno 2006, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza permanente Stato regioni.
La norma in esame riduce da 10 a 7 milioni di euro lo stanziamento annuo previsto per il biennio 2007-2008 per le spese di funzionamento[32], mentre resta inalterato lo stanziamento relativo al 2006.
La relazione tecnica precisa che tale riduzione è conseguente alla necessità di un più lungo periodo per l’operatività completa della nuova struttura.
La norma prevede l’aggiornamento (senza indicare un termine temporale) dell’ultimo Piano sanitario nazionale 2006-2008[33], al fine di tener conto delle disposizioni del presente provvedimento[34].
Articolo 89
(Fondo per il cofinanziamento dei
progetti regionali attuativi del Piano sanitario nazionale)
1. Al fine di rimuovere gli squilibri sanitari connessi alla disomogenea distribuzione registrabile tra le varie realtà regionali nelle attività realizzative del Piano sanitario nazionale, per il triennio 2007, 2008 e 2009 è istituito un Fondo per il cofinanziamento dei progetti realizzativi del Piano sanitario nazionale nonché per il cofinanziamento di analoghi progetti da parte delle regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. L'importo annuale del Fondo di cui al comma 1 è stabilito in 65,5 milioni di euro, di cui 5 milioni per iniziative nazionali realizzate dal Ministero della salute e 60,5 milioni da assegnarsi alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, per l'integrazione ed il cofinanziamento dei progetti regionali in materia di:
a) sperimentazione del modello assistenziale case della salute, per 10 milioni di euro;
b) iniziative per la salute della donna ed iniziative a favore delle gestanti, della partoriente e del neonato, per 10 milioni di euro;
c) malattie rare, per 30 milioni di euro;
d) implementazione della rete delle unità spinali unipolari, per 10,5 milioni di euro.
3. L' importo di 60,5 milioni di euro di cui al comma 2 del presente articolo è assegnato con decreto del Ministro della salute, su proposta del Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 9 dell'Intesa 23 marzo 2005 sancita dalla Conferenza Stato-regioni, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, alle regioni che abbiano presentato i progetti attuativi del Piano sanitario nazionale contenenti linee di intervento relative alle materie di cui al comma 2 del presente articolo, coerenti con linee progettuali previamente indicate con decreto del Ministro della salute.
4. Per il proseguimento dell'intervento speciale per la diffusione degli screening oncologici di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 29 aprile 2004, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2004, n. 138, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2007 e 18 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per la concessione da parte del Ministero della salute di finanziamenti finalizzati alle regioni meridionali ed insulari.
I commi 1-3 istituiscono un Fondo per il cofinanziamento di progetti volti a superare le disomogeneità tra le diverse aree territoriali nell’attuazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale.
Il fondo è pari a 65,5 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009[35].
La norma indica sia i criteri di riparto delle somme sia le procedure per l’assegnazione delle risorse tra i progetti presentati dalle regioni.
Il comma 4 stanzia 20 milioni di euro nel 2007 e 18 milioni di euro annui nel 2008 e 2009 per la prosecuzione nelle regioni meridionali e insulari degli interventi di screening oncologici previsti dalla legislazione vigente[36].
Articolo 91
(Truffe ai danni del Servizio sanitario
nazionale)
1. Qualora il farmacista titolare di farmacia privata o direttore di una farmacia gestita da una società di farmacisti ai sensi dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, e successive modificazioni, sia condannato con sentenza passata in giudicato, per il reato di truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale, l'autorità competente può dichiarare la decadenza dall'autorizzazione all'esercizio della farmacia, anche in mancanza delle condizioni previste dall'articolo 113, lettera e), del testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. La decadenza è comunque dichiarata quando la sentenza abbia accertato un danno superiore a 50.000 euro, anche nell'ipotesi di mancata costituzione in giudizio della parte civile.
2. Quando la truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale, accertata con sentenza passata in giudicato, è commessa da altro sanitario che, personalmente o per il tramite di una società di cui è responsabile, eroga prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale, è subito avviata, sulla base delle norme vigenti, la procedura di risoluzione del rapporto instaurato con il Servizio sanitario nazionale; il rapporto è risolto di diritto quando la sentenza abbia accertato un danno superiore a 50.000 euro, anche nell'ipotesi di mancata costituzione in giudizio della parte civile.
Le disposizioni in esame introducono misure sanzionatorie a carico di farmacisti e sanitari che commettano truffe ai danni del Servizio sanitario nazionale.
In particolare, il comma 1 dà facoltà all’autorità competente di disporre la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio della farmacia nei confronti del farmacista titolare di farmacia privata o di direttore di una farmacia gestita da una società di farmacisti[37], che sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di truffa nei confronti del Servizio sanitario nazionale.
Ai sensi della disciplina vigente, la decadenza dall'autorizzazione all'esercizio di una farmacia si verifica in particolare anche nel caso di “constatata, reiterata o abituale negligenza e irregolarità nell'esercizio della farmacia o per altri fatti imputabili al titolare autorizzato, dai quali sia derivato grave danno alla incolumità individuale o alla salute pubblica”(cfr. l’articolo 113, comma 1, lett. e) del Regio Decreto n. 1265 del 1934):
In base alla norma in esame, la decadenza può essere disposta anche in assenza delle condizioni sopra indicate ed è comunque dichiarata in caso di danno accertato superiore a 50.000 euro, anche nell’ipotesi di mancata costituzione in giudizio della parte civile.
Per la stessa fattispecie descritta dal comma 1, accertata con sentenza passata in giudicato, posta in essere da sanitari (personalmente o per il tramite di una società di cui sono responsabili) il comma 2 prevede l’avvio delle procedure di risoluzione del rapporto con il SSN.
Il rapporto è risolto di diritto in caso di danno accertato superiore a 50.000 euro, anche nell’ipotesi di mancata costituzione in giudizio della parte civile.
La relazione tecnica sottolinea la necessità di far fronte a comportamenti irregolari che “arrecano danni all’Immagine del Servizio sanitario nazionale e pesanti ripercussioni sull’erario”. Dalla applicazione delle disposizioni in esame derivano effetti positivi per la finanza pubblica, anche se non quantificati.
Articolo 93
(Disposizioni in materia di ricerca
sanitaria)
1. Per gli anni 2007, 2008 e 2009, nell'utilizzazione delle risorse previste nella tabella C allegata alla presente legge e destinate al finanziamento di progetti di ricerca sanitaria di cui all'articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, un importo pari a 10 milioni di euro è vincolato al finanziamento di progetti proposti dagli Istituti zooprofilattici sperimentali in materia di sicurezza degli alimenti, e tre importi pari a 3 milioni di euro ciascuno sono vincolati al finanziamento di progetti per il miglioramento degli interventi di diagnosi e cura delle malattie rare anche in riferimento alla facilitazione della erogazione ai pazienti dei farmaci orfani, al finanziamento di progetti per l'utilizzazione di cellule staminali e al finanziamento di progetti per la qualificazione ed il potenziamento delle attività di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
2. Ai fini del completamento delle attività di cui all'articolo 92, comma 7, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all'articolo 4, comma 170, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è autorizzato lo stanziamento di 8 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009 a favore dell'Istituto superiore di sanità.
La norma in esame reca disposizioni riguardanti il finanziamentodella ricerca sanitaria.
In particolare (comma 1) una quota delle risorse destinate al finanziamento di progetti di ricerca sanitaria di cui alla tabella C allegata al disegno di legge finanziaria per gli anni 2007, 2008 e 2009[38] è così vincolata:
§ 10 milionidi euro per progetti proposti dagli Istituti zooprofilattici sperimentali in materia di sicurezza degli alimenti;
§ 9 milionidi euro a favore del finanziamento di progetti concernenti:
- il miglioramento degli interventi di diagnosi e cura delle malattie rare anche in riferimento alla facilitazione della erogazione ai pazienti dei farmaci orfani;
- l’utilizzo delle cellule staminali;
- la qualificazione ed il potenziamento delle attività di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
È autorizzato, altresì, lo stanziamento di 8 milioni di europer gli anni 2007, 2008 e 2009 a favore dell’Istituto superiore di sanità, ai fini del completamento delle attività relative alla tutela della salute pubblica, di sorveglianza dei fattori critici incidenti sulla salute e di gestione dei registri nazionali previsti dalla vigente legislazione[39] (comma 2).
Articolo 94
(Iniziative in materia di farmaci)
1. Con accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, concluso ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro della salute, sono definiti gli indirizzi per la realizzazione di un programma di farmacovigilanza attiva, attraverso la stipula di convenzioni tra l'AIFA e le singole regioni per l'utilizzazione delle risorse di cui all'articolo 36, comma 14, della legge 23 dicembre 1997, n. 449, pari a 25 milioni di euro, confluite nelle fonti di finanziamento del bilancio ordinario dell'AIFA.
2. Al fine di evitare sprechi di confezioni di medicinali correlati alla non chiara leggibilità della data di scadenza posta con modalità «a secco», la data di scadenza e il numero di lotto riportati sulle confezioni dei medicinali per uso umano devono essere stampati, con caratteri non inferiori al corpo 8, a inchiostro o con altra modalità che assicuri il contrasto cromatico fra tali indicazioni e lo sfondo del materiale di confezionamento.
Il comma 1 prevede un Accordo in sede di Conferenza Stato - Regioni[40] per la definizione dei criteri per la realizzazione di un programma di farmacovigilanza attiva.
Il programma deve essere realizzato mediante la stipula di convenzioni tra l’AIFA e le Regioni per l’impiego delle risorse destinate dalla normativa vigente[41] alle iniziative di farmacovigilanza e di informazione degli operatori sanitari sulle proprietà, sull'impiego e sugli effetti indesiderati dei medicinali, nonché per le campagne di educazione sanitaria sulla materia.
Il comma 2 detta disposizioni volte a rendere più chiara la leggibilità della data di scadenza e del numero di lotto riportati sulle confezioni di medicinali per uso umano.
Articolo 97
(Misure per le farmacie rurali)
1. Al fine di favorire il mantenimento di un'efficiente rete di assistenza farmaceutica territoriale anche nelle zone disagiate, l'ulteriore riduzione delle percentuali di sconto a carico delle farmacie con un fatturato annuo in regime di Servizio sanitario nazionale al netto dell'IVA non superiore ad euro 258.228,45 rispetto alla riduzione prevista dal quinto periodo dell'articolo 1, comma 40, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, disposta, limitatamente all'arco temporale decorrente dal 1o marzo al 31 dicembre 2006, dall'articolo 38 del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, è prorogata per il triennio 2007-2009. La misura dell'ulteriore riduzione è annualmente stabilita con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, per una maggiore spesa complessiva, a carico del Servizio sanitario nazionale, non superiore a 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Per la copertura dei relativi oneri è autorizzata la spesa di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Le disposizioni in esame prorogano, per il periodo 2007-2009, i benefici attualmente previsti per le farmacie con un fatturato ridotto, al fine di facilitare la permanenza di una rete farmaceutica diffusa anche nelle zone più disagiate.
Legislazione vigente. Si ricorda che la legge n. 662 del 1996 e successive modificazioni[42] stabilisce il criterio di calcolo delle somme spettanti alle aziende farmaceutiche, ai grossisti e ai farmacisti per la vendita dei medicinali posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): le quote di spettanza sono fissate, rispettivamente, al 66,65% (aziende), al 6,65% (grossisti) e al 26,7% (farmacie), calcolate sul prezzo di vendita al pubblico al netto dell'imposta sul valore aggiunto.
Il SSN, nel corrispondere alle farmacie quanto dovuto (in base alla percentuale suddetta del 26,7%), trattiene a titolo di sconto una quota percentuale del prezzo di vendita al pubblico; la percentuale varia a seconda dell’intervallo di prezzo in cui si colloca il medicinale.
La tabella della pagina seguente espone le fasce di prezzo e le relative percentuali di sconto vigenti.
Prezzo di vendita al pubblico del farmaco |
Sconto percentuale sul prezzo al lordo dei ticket ed al netto dell'IVA |
da 0 a 25,82 euro |
3,75 |
da 25,83 a 51,65 euro |
6 |
da 51,66 a 103,28 euro |
9 |
da 103,29 a 154,94 euro |
12,5 |
superiore a 154,94 euro |
19 |
Peraltro, le farmacie con fatturato annuo, in regime di Servizio sanitario nazionale ed al netto dell'IVA, non superiore ad euro 258.228,4, usufruiscono di una riduzione dello sconto nella misura del 60%.
Per quanto concerne le farmacie rurali che godono dell'indennità di residenza ai sensi dell'articolo 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, e che hanno un fatturato annuo (in regime di Servizio sanitario nazionale ed al netto dell'IVA) non superiore a lire 750 milioni, si applica invece una quota fissa di sconto [43], pari all'1,5 per cento (del prezzo di vendita al pubblico, determinato anche in tal caso al lordo dei ticket e al netto dell'IVA).
La legge n. 51 del 2006[44] ha introdotto un'ulteriore riduzione, nel periodo 1° marzo - 31 dicembre 2006, della percentuale di sconto a carico delle predette farmacie, demandata ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel rispetto del limite massimo di spesa di 2,1 milioni di euro per il 2006.
La norma in esame proroga la validità di tale ulteriore riduzione, che sarà definita annualmente con decreto del Ministro della salute, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle entrate e sentita la Conferenza Stato Regioni, nel rispetto del limite massimo di spesa di 2,5 milioni di euro annui per il 2007, 2008 e 2009.
Articolo 99
(Istituto nazionale per la promozione
della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della
povertà)
1. È autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2007 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la promozione da parte del Ministero della salute ed il finanziamento di un progetto di sperimentazione gestionale, ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, da autorizzarsi da parte della regione Lazio con la partecipazione della regione Puglia, della Regione siciliana e di altre regioni interessate, finalizzato alla realizzazione, nella città di Roma, di un Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà, con compiti di prevenzione, cura, formazione e ricerca sanitaria, in cui far confluire il Centro di riferimento della regione Lazio per la promozione della salute delle popolazioni migranti, senza fissa dimora, nomadi e a rischio di emarginazione, già operante presso l'Istituto dermosifilopatico Santa Maria e San Gallicano-IFO.
La norma in esame finanzia la creazione di un Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà. Il nuovo ente, nel quale confluirà il Centro di riferimento della Regione Lazio per la promozione della salute delle popolazioni migranti, senza fissa dimora, nomadi e a rischio di emarginazione, già operante presso l’Istituto Santa Maria e San Gallicano-I.F.O, avrà sede in Roma.
Un’intesa in tal senso è stata già siglata il 26 settembre scorso dal Ministero della salute unitamente alle Regioni Lazio, Puglia e Sicilia; a tale iniziativa potranno partecipare anche altre regioni interessate.
A tale fine, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2007 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
La norma richiama i programmi di sperimentazioni gestionali, previsti dall’art. 9-bis del D.Lgs. n. 502 del 1992, che sono autorizzati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ed hanno oggetto nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato.
Articolo 101
(Spesa sanitaria della Regione siciliana)
1. Al fine di addivenire al completo trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio della Regione siciliana, la misura del concorso della regione a tale spesa è pari al 45 per cento per l'anno 2007, al 47,5 per cento per l'anno 2008 e al 50 per cento per l'anno 2009.
L’articolo 101 aumenta progressivamente la misura della partecipazione della regione Sicilia al finanziamento del Servizio Sanitario nazionale nel suo territorio, con lo scopo di avvicinarsi al completo trasferimento della spesa sanitaria ancora a carico dello Stato. Le disposizioni della norma in esame portano il contributo regionale, al termine del triennio considerato – ovvero nel 2009, al 50%.
Si ricorda che le funzioni relative al servizio sanitario, così come nelle altre regioni, sono di competenza della regione e, al pari delle altre funzioni di competenza della regione, dovrebbero essere finanziate con le entrate ordinarie stabilite dallo statuto speciale e le relative norme di attuazione. In particolare alla Sicilia è attribuito l’intero gettito di tutti i tributi erariali, ad eccezione delle imposte di produzione (ora, accise) e dei proventi del monopolio dei tabacchi e del lotto[45].
Si ricorda inoltre che le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono interamente con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria senza alcun onere per Stato.
Alle regioni Sicilia e Sardegna, in considerazione della loro situazione di svantaggio, è stato invece attribuito un contributo al finanziamento della spesa sanitaria per cui la quota di partecipazione regionale è stata fissata da ultimo dalla legge 662/1996, articolo 1, comma 143, rispettivamente nella misura del 42,5% e del 29%.
La norma in esame aumenta la misura della partecipazione della regione Sicilia, fissandola al 45% per l'anno 2007, al 47,5% per il 2008 e al 50% per l'anno 2009.
La relazione tecnica del Governo calcola il minor onere per lo Stato per il triennio considerato, rispettivamente in 185, 371 e 556 milioni di euro[46].
Si segnala infine che l’articolo 102 del disegno di legge finanziaria in esame reca disposizioni riguardanti la regione Sardegna tra cui, al comma 4, l’attribuzione alla regione dell’intero onere per il finanziamento del Servizio sanitario.
Articolo 102
(Modifica del regime delle entrate della
regione autonoma Sardegna)
1. L'articolo 8 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Art. 8. - Le entrate della regione sono costituite:
a) dai sette decimi del gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche riscosse nel territorio della regione;
b) dai nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo dell'energia elettrica e delle tasse sulle concessioni governative percette nel territorio della regione;
c) dai cinque decimi delle imposte sulle successioni e donazioni riscosse nel territorio della regione;
d) dai nove decimi dell'imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione;
e) dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione;
f) dai nove decimi del gettito dell'imposta sul valore aggiunto generata sul territorio regionale da determinarsi sulla base dei consumi regionali delle famiglie rilevati annualmente dall'ISTAT;
g) dai canoni per le concessioni idroelettriche;
h) da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato;
i) dai redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio demanio;
l) da contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria;
m) dai sette decimi di tutte le altre entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici».
2. Nelle entrate spettanti alla regione Sardegna sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione.
3. Ad integrazione delle somme stanziate negli anni 2004, 2005 e 2006 è autorizzata la spesa di euro 25 milioni per ciascuno per ciascuno degli anni dal 2007 al 2026 per la devoluzione alla regione Sardegna delle quote di compartecipazione all'IVA riscossa nel territorio regionale, concordate, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, per gli anni 2004, 2005 e 2006.
4. Dall'anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato.
5. Alla regione Sardegna sono trasferite le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e ferrovie meridionali sarde), le funzioni relative alla contiguità territoriale e le funzioni relative all'Agenzia del territorio.
6. L'attuazione delle previsioni relative alla compartecipazione al gettito delle imposte di cui al primo comma, lettere a) ed m), dell'articolo 8 dello Statuto di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, così come integrata dalla previsione di cui al comma 2 non può determinare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato superiori rispettivamente ad euro 344 milioni per l'anno 2007, 371 milioni per l'anno 2008 e 482 milioni per l'anno 2009. La nuova compartecipazione della regione Sardegna al gettito erariale entra a regime dall'anno 2010.
7. Dall'attuazione del combinato disposto della lettera f) del primo comma dell'articolo 8 del citato Statuto e del comma 4 del presente articolo, per gli anni 2007, 2008 e 2009 non può derivare alcun onere aggiuntivo per il bilancio dello Stato. Per gli anni 2007-2009 la quota dei nove decimi dell'IVA sui consumi viene attribuita sino alla concorrenza dell'importo risultante a carico della regione per la spesa sanitaria dalle delibere del CIPE per gli stessi anni 2007-2009 aumentato dell'importo di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009.
8. Per gli anni 2007, 2008 e 2009 gli oneri relativi alle funzioni trasferite di cui al comma 5 del presente articolo rimangono a carico dello Stato.
L’articolo 102 modifica l’ordinamento finanziario della regione Sardegna, stabilito dall’articolo 8 dello Statuto speciale.
Per le regioni a statuto speciale, ad eccezione della Sicilia, le disposizioni dello statuto – adottato, com’è noto, con legge costituzionale - concernenti il proprio sistema finanziario possono essere modificate con legge ordinaria “sentita la Regione”, così dispone per la Sardegna l’articolo 54, comma 5 della legge costituzionale n. 3/1948, nonché lo statuto della regione Friuli-Venezia Giulia. Nel caso del Trentino-Alto Adige e della Valle d’Aosta, invece, la legge ordinaria di modifica deve essere adottata, rispettivamente, “su concorde richiesta” e “in accordo” del Governo e dell’ente interessato[47].
La procedura per l’acquisizione del parere della Regione non è stata codificata, né è rintracciabile a riguardo una prassi parlamentare nell’iter delle precedenti leggi che hanno apportato modifiche al sistema finanziario delle regioni.
La norma in esame prevede, per un verso, un aumento delle risorse finanziarie attribuite alla regione realizzato con le modifiche all’articolo 8 dello statuto disposte dal comma 1, che attribuiscono alla regione una compartecipazione di 9/10 all’IVA e dei 7/10 di tutte le altre entrate erariali e la definizione, disposta dal comma 2, della questione del gettito dei tributi erariali riscossi fuori dal territorio regionale. Per l’altro verso vengono trasferite alla Regione funzioni fino ad ora esercitate dallo Stato (comma 5).
Questo nuovo ordinamento entrerà a regime nel 2010. Con riguardo alle principali compartecipazioni (IRPEF, IRPEG e gli aggiuntivi 7/10 delle altre imposte) il comma 6 fissa infatti un tetto massimo di oneri per lo Stato per gli anni 2007, 2008, 2009. Per gli stessi anni, lo Stato conserva a proprio carico l’esercizio delle funzioni trasferite (comma 8).
Fin dal 2007 invece la regione dovrà provvedere integralmente, secondo quanto disposto dal comma 4, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel proprio territorio, attualmente finanziato dalla Regione solo per il 29%. Per gli anni 2007, 2008, 2009 – ovvero fino alla messa a regime del nuovo sistema - la spesa sanitaria viene finanziata con la compartecipazione IVA. La corrispondente quota verrà infatti attribuita in misura pari all’importo necessario a coprire la spesa sanitaria della Regione, maggiorato di 300 milioni di euro (comma 7). Ad integrazione di quanto dovuto come compartecipazione IVA per gli anni 2004-2006, alla regione viene inoltre attribuito (comma 3) un contributo ventennale di 25 milioni di euro per ciascun anno dal 2007 al 2026.
La regione richiedeva da tempo una definizione dei rapporti finanziari, lamentando da una parte la non rispondenza di quanto ricevuto a quanto stabilito nello statuto, dall’altra rilevando per taluni aspetti una non adeguata definizione normativa, in particolare per la questione dei tributi riscossi fuori il territorio della regione, ma imputabili ad attività o soggetti localizzati nella regione[48].
Aumento delle compartecipazioni e trasferimento di funzioni
Il comma 1 sostituisce integralmente l’articolo 8 dello Statuto, le modifiche riguardano:
- la compartecipazione sulla imposta sul valore aggiunto (IVA), prima attribuita in quota annuale variabile, ora fissata a 9/10;
- la compartecipazione di 7/10 su tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l’imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici.
Attualmente la compartecipazione all’IVA è costituita da una quota variabile determinata d’intesa tra Stato e Regione per ciascun anno finanziario, ai sensi dell’articolo 38 del DPR 250/1949[49]. Non è commisurata ad un parametro certo ma deve essere annualmente determinata in misura tale da sostenere, in concorso con gli altri trasferimenti erariali, le « spese necessarie ad adempiere le funzioni normali della regione». Questa ulteriore specificazione del parametro è stata assunta dall’Amministrazione statale in adempimento di un ordine del giorno approvato dal Senato nel 1995. L’ammontare allora determinato è stato rivalutato poi annualmente al tasso di inflazione programmata. L’ultima determinazione (DM. 22.11.2004) é riferita all’anno 2003 ed è stata di circa 193,5 milioni di euro, pari al 22,9% della somma incassata sull’Isola.
La modifica apportata, oltre trasformare la quota variabile in una compartecipazione di 9/10, corregge la definizione della base imponibile e introduce un parametro di calcolo. Ai sensi del comma 1 lettera f) dell’articolo 8 dello Statuto speciale, come modificato dalla norma in esame, la compartecipazione è riferita all’imposta sul valore aggiunto “generata sul territorio della regione” – anziché “riscossa nel territorio della regione” - ed è determinata sulla base dei consumi regionali delle famiglie rilevati annualmente dall’ISTAT.
La norma in esame prevede inoltre il riconoscimento di un importo aggiuntivo sulle quote variabili relative agli anni 2004-2006. A tal fine, il comma 3 dispone uno stanziamento ventennale di 25 milioni di euro annui.
La seconda modifica di rilievo è l’introduzione della così detta “clausola residuale” che attribuisce alla regione una compartecipazione, determinata in 7/10, di tutte le imposte dirette e indirette riscosse nell’Isola. La disposizione statutaria specifica che è inclusa l’imposta locale sui redditi.
Visto la introduzione della clausola residuale, dal testo dell’articolo 8 viene eliminata la compartecipazione di 7/10 del gettito delle ritenute alla fonte operate da imprese industriali e commerciali che hanno sede centrale nella regione.
Rimangono invariate le aliquote di compartecipazione relative alle altre imposte, nonché le altre entrate elencate nell’articolo 8 dello statuto.
La seguente Tabella mostra le entrate spettanti alla regione Sardegna ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto nel testo vigente e nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’articolo 102, primo comma in esame:
Aliquote compartecipazioni - art. 8 L. cost. 3/48 |
vigente |
testo ex art. 102 |
a) IRPEF - Imposta sul reddito delle persone fisiche riscossa nel territorio della regione |
7/10 |
7/10 |
a) IRPEG - Imposta sul reddito delle persone giuridiche riscossa nel territorio della regione |
7/10 |
7/10 |
b) Imposte ipotecarie |
9/10 |
9/10 |
b) Imposte sul bollo e di registro |
9/10 |
9/10 |
b) Imposte di consumo sull’energia elettrica |
9/10 |
9/10 |
b) Tasse sulle concessioni governative |
9/10 |
9/10 |
c) Imposte sulle successioni e donazioni |
5/10 |
5/10 |
d) Ritenute alla fonte operate da imprese industriali e commerciali |
7/10 |
7/10 (lett. m) |
e) Imposte di fabbricazione (accise) |
9/10 |
9/10 (lett. d)
|
f) Monopolio dei tabacchi (imposta erariale di consumo sui prodotti del) |
9/10 |
9/10 (lett. e) |
g) IVA generaleriscossa nel territorio della regione |
quota variabile (annuale) |
9/10 (lett. f) |
h) Canone delle concessioni idroelettriche |
10/10 |
10/10 (lett. g) |
Clausola “residuale” per tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l’imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici |
-- |
7/10 (lett. m) |
altre entrate previste dall’art. 8 L.cost. 3/48 vigente |
Testo ex art. 102 |
i) da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato |
lett. h) |
l) Redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal proprio demanio |
lett. i) |
m) Contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria |
lett. l) |
Il comma 2 definisce la questione relativa al gettito dei tributi erariali riscossi fuori dal territorio regionale e imputabile ad attività o soggetti localizzati nella regione. Il solo riferimento normativo a riguardo è attualmente contenuto nell’articolo 8, lett. d) dello Statuto speciale in relazione alla compartecipazione dei 7/10 delle ritenute alla fonte di cui all'articolo 23, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In questo caso viene specificato che spettano alla regione (anche) le ritenute alla fonte operate da “imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori dal detto territorio sugli emolumenti corrisposti a soggetti che prestano la loro opera presso stabilimenti ed impianti ubicati nell'ambito regionale”. Questa disposizione risulta abrogata nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla norma in esame, che introduce invece un principio generale secondo cui in tutte le entrate spettanti alla regione sono comprese anche quelle che affluiscono ad uffici finanziari situati fuori del territorio regionale ma relative a fattispecie tributarie maturate nell’ambito regionale.
La disposizione di principio non è stata introdotta nel testo dello Statuto, né in questo sono state modificate le qualificazioni dei tributi erariali principali.
Nello specifico la compartecipazione all’IRPEF e all’IRPEG è riferita alle imposte “riscosse nel territorio della regione”. L’unica modifica apportata è quella già vista relativa all’IVA per cui viene qualificata come generata (e non riscossa) nell’Isola.
La questione dei tributi imputabili ad attività e soggetti propri della regione ma riscossi fuori del territorio della regione, e soprattutto la possibilità di determinarli e quantificarli, ha coinvolto tutte le regioni a statuto speciale. La specificazione “riscossa nel territorio della regione” è finora stata interpretata come un ostacolo normativo alla definizione della questione[50].
La relazione tecnica del Governo calcola la copertura della quota di gettito riscossa fuori del territorio della regione secondo il sistema vigente – ovvero riferita all’articolo 8, lettera d) appena illustrato - in 173, 180 e 187 milioni di euro per gli anni 2007-2009.
In conseguenza dell’aumento delle entrate, il comma 5 dispone il trasferimento alla regione delle seguenti funzioni:
- trasporto pubblico locale, in particolare le funzioni relative alle Ferrovie Sardegna e alle ferrovie meridionali sarde;
- contiguità territoriale;
- Agenzia delle entrate.
L’attuazione delle disposizioni relative alle maggiori entrate e la conseguente assunzione in capo alla Regione degli oneri relativi alle funzioni trasferite entrerà a regime solo nel 2010.
La compartecipazione all’IRPEF, all’IRPEG e alle altre entrate tributarie erariali dirette o indirette, di cui alla lettera m) dell’articolo 8 come modificato dalla norma in esame, per il triennio 2007-2009 sono calcolati in quota fissa, secondo quanto disposto dal comma 6.
In particolare alla regione Sardegna sono attribuiti rispettivamente 344 milioni di euro nel 2007, 371 milioni per l’anno 2008 e 482 milioni per l’anno 2009.
Come già ricordato il comma 8 dispone a carico dello Stato gli oneri per le funzioni trasferite, per gli anni 2007, 2008 e 2009.
Il finanziamento della spesa sanitaria
Il comma 4 dell’articolo in esame dispone a decorrere dal 2007 a totale carico della regione il finanziamento del Servizio sanitario.
La regione Sardegna concorre al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel proprio territorio nella misura del 29%. La misura è stata così fissata da ultimo dalla legge 662/1996, articolo 1, comma 143.
A riguardo si ricorda che le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono interamente con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria senza alcun onere per Stato.
Le regioni Sicilia e Sardegna finanziano invece solo in parte con risorse del proprio bilancio la spesa sanitaria corrente non coperta dal gettito dei tributi specifici (rispettivamente 42,5% e 29%). La quota restante (57,5% e 71%, rispettivamente) è finanziata dalla parte residua del Fondo sanitario nazionale nell’ambito del Fondo perequativo di cui al decreto legislativo n. 56/2000.
Si ricorda infine che l’articolo 101 del disegno di legge in esame dispone in merito alla regione Sicilia: la regione per gli anni 2007, 2008 e 2009 deve incrementare il finanziamento della spesa sanitaria a carico del proprio bilancio con somme, rispettivamente, pari al 45%, 47,5% e 50%.
Nel triennio 2007-2009 la copertura degli oneri per il finanziamento integrale del servizio sanitario è garantita dalla “nuova” compartecipazione IVA.
Il comma 7 dispone che per gli anni 2007, 2008 e 2009 la compartecipazione all’IVA viene attribuita sino alla concorrenza dell’importo risultante a carico della regione per la spesa sanitaria, come determinato per ciascun anno dalle delibere CIPE, aumentato di 300 milioni di euro annui.
La relazione tecnica del Governo calcola questa spesa rispettivamente in 1.274, 1.293 e 1.312 milioni di euro.
Nel complesso gli oneri a carico dello Stato, nel triennio 2007-2009, sono i seguenti:
- arretrati delle quote variabili IVA 2004-2006 (comma 3): 25 milioni di euro annui;
- acconto nuovo ordinamento (comma 6: IRPEF, IRPEG e lett. m)): 344, 371 e 482 milioni di euro;
- compartecipazione IVA per spesa sanitaria (comma 7): 1.274, 1.293 e 1.312 milioni di euro.
Sottratto la copertura assicurata dall’ordinamento finanziario vigente della regione Sardegna e dal finanziamento statale del fondo sanitario nazionale, il Governo calcola il saldo netto da finanziare nel triennio 2007-2009, rispettivamente in 225, 240 e 340 milioni di euro.
Articolo 103
(Effetti sui saldi di finanza pubblica)
1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente titolo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:
d) saldo netto da finanziare: -7.859 milioni di euro per l'anno 2007, -7.595 milioni di euro per l'anno 2008 e -10.711 milioni di euro per l'anno 2009;
e) fabbisogno del settore pubblico: -5.351 milioni di euro per l'anno 2007, -5.309 milioni di euro per l'anno 2008 e -5.241 milioni di euro per l'anno 2009;
f) indebitamento netto della P.A.: -5.236 milioni di euro per l'anno 2007, -5.134 milioni di euro per l'anno 2008 e -4.981 di euro per l'anno 2009.
Si rinvia alla scheda generale sugli effetti sui saldi di finanza pubblica relativa all’articolo 2.
1. Al fine di perseguire la maggiore efficacia delle misure di sostegno all'innovazione industriale, presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito, ferme restando le vigenti competenze del CIPE, il Fondo per la competitività e lo sviluppo, al quale sono conferite le risorse assegnate ai Fondi di cui all'articolo 60, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ed all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che sono contestualmente soppressi. Al Fondo è altresì conferita la somma di euro 300 milioni per il 2007 e di euro 400 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, assicurando, unitamente al finanziamento dei progetti di cui al comma 2, la continuità degli interventi previsti dalla normativa vigente. Per la programmazione delle risorse nell'ambito del Fondo per la competitività e lo sviluppo si applicano, fatto salvo quanto disposto al comma 2, le disposizioni di cui all'articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e quelle dettate per il funzionamento del Fondo di cui all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Il Fondo è altresì alimentato, per quanto riguarda gli interventi da realizzare nelle aree sottoutilizzate, in coerenza con i relativi documenti di programmazione, dalle risorse assegnate dal CIPE nell'ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate e, per gli esercizi successivi al 2009, dalle risorse stanziate ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
2. A valere sulla quota di risorse del Fondo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentito il Ministro per i diritti e le pari opportunità, sono finanziati, nel rispetto degli obiettivi della Strategia di Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, i progetti di innovazione industriale individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per il patrimonio culturale.
3. Per l'individuazione dei contenuti di ciascuno dei progetti di cui al comma 2, il Ministro dello sviluppo economico, sentiti i Ministri dell'università e della ricerca, per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri Ministri interessati relativamente ai progetti in cui gli stessi concorrono, nomina un responsabile di progetto, scelto, in relazione alla complessità dei compiti, tra i soggetti in possesso di comprovati requisiti di capacità ed esperienza rispetto agli obiettivi tecnologico-produttivi da perseguire. Il responsabile di progetto, nella fase di elaborazione, avvalendosi eventualmente della collaborazione di strutture ed enti specializzati, provvede, con onere a carico delle risorse stanziate per i singoli progetti, alla definizione delle modalità e dei criteri per l'individuazione degli enti e delle imprese da coinvolgere nel progetto, ed alla individuazione delle azioni e delle relative responsabilità attuative.
4. Il Ministro dello sviluppo economico, con decreti adottati, previo parere della Conferenza Stato-regioni, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca, per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché con gli altri Ministri interessati relativamente ai progetti cui gli stessi concorrono, adotta il progetto sulla base delle proposte del responsabile, e ne definisce le modalità attuative, anche prevedendo che dell'esecuzione siano incaricati enti strumentali all'amministrazione, ovvero altri soggetti esterni scelti nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie, ove le risorse di personale interno non risultino sufficienti ed adeguate, con onere a carico delle risorse stanziate per i singoli progetti. Decorso il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, il progetto può essere approvato anche in mancanza del parere della Conferenza Stato-regioni. I progetti finanziati con le risorse per le aree sottoutilizzate sono trasmessi per l'approvazione, previa istruttoria, al CIPE, che si pronuncia in una specifica seduta, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio dei ministri e alla presenza dei Ministri componenti senza possibilità di delega. Ove il CIPE non provveda nel termine di trenta giorni, il Ministro dello sviluppo economico può comunque procedere all'attuazione del progetto.
5. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, istituisce appositi regimi di aiuto in conformità alla normativa comunitaria. Lo stesso Ministro riferisce annualmente al Parlamento e alla Conferenza Stato-regioni sui criteri utilizzati per l'individuazione dei progetti e delle azioni, sullo stato degli interventi finanziati e sul grado di raggiungimento degli obiettivi, allegando il prospetto inerente le spese sostenute per la gestione, che sono poste a carico dei singoli progetti nel limite massimo del cinque per cento di ciascuno stanziamento.
6. I progetti di cui al comma 2 possono essere oggetto di cofinanziamento deciso da parte di altre amministrazioni statali e regionali. A tal fine, il Ministero dello sviluppo economico assicura una sede stabile di cooperazione tecnica tra le amministrazioni interessate.
7. In attesa della riforma delle misure a favore dell'innovazione industriale, è istituito il Fondo per la finanza d'impresa, al quale sono conferite le risorse del Fondo di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1997, n. 266, del Fondo di cui all'articolo 4, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che vengono soppressi, nonché le risorse destinate all'attuazione dell'articolo 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e dell'articolo 1, comma 222, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Al Fondo è altresì conferita la somma di euro 50 milioni per il 2007, di euro 100 milioni per il 2008 e di euro 150 milioni per il 2009. Il Fondo opera con interventi mirati a facilitare operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti e di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche tramite banche o società finanziarie sottoposte alla vigilanza della Banca d'Italia e la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.
8. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge vengono stabilite le modalità di funzionamento del Fondo di cui al comma 7, anche attraverso l'affidamento diretto ad enti strumentali all'amministrazione ovvero altri soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse stanziate per i singoli progetti, scelti nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie, nonché i criteri per la realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 7, le priorità di intervento e le condizioni per la eventuale cessione a terzi degli impegni assunti a carico dei fondi le cui rivenienze confluiscono al Fondo di cui al comma 7.
9. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 8, l'attuazione dei regimi di aiuto già ritenuti compatibili con il mercato comune dalla Commissione europea prosegue secondo le modalità già comunicate alla Commissione.
10. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono conferite al Fondo di cui al comma 7 le ulteriori disponibilità degli altri fondi di amministrazioni e soggetti pubblici nazionali per la finanza di imprese individuate dal medesimo decreto.
11. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono istituiti i diritti sui brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e modelli nonché i diritti di opposizione alla registrazione dei marchi d'impresa. Sono esonerati dal pagamento dei diritti di deposito e di trascrizione, relativamente ai brevetti per invenzione e ai modelli di utilità, le università, le amministrazioni pubbliche aventi fra i loro scopi istituzionali finalità di ricerca e le amministrazioni della difesa e delle politiche agricole alimentari e forestali. I diritti per il mantenimento in vita dei brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e per la registrazione di disegni e modelli, di cui all'articolo 227 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, sono dovuti secondo i seguenti criteri: a) dalla quinta annualità per il brevetto per invenzione industriale; b) dal secondo quinquennio per il brevetto per modello di utilità; c) dal secondo quinquennio per la registrazione di disegni e modelli. Le somme derivanti dal pagamento dei diritti di cui al presente comma sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, anche al fine di potenziare le attività del medesimo Ministero di promozione, di regolazione e di tutela del sistema produttivo nazionale, di permettere alle piccole e medie imprese la piena partecipazione al sistema di proprietà industriale, di rafforzare il brevetto italiano, anche con l'introduzione della ricerca di anteriorità per le domande di brevetto per invenzione industriale.
12. Il Ministero dello sviluppo economico, al fine di contrastare il declino dell'apparato produttivo anche mediante salvaguardia e consolidamento di attività e livelli occupazionali delle imprese di rilevanti dimensioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e successive modificazioni, che versino in crisi economico-finanziaria, istituisce, d'intesa con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un'apposita struttura e prevede forme di cooperazione interorganica fra i due Ministeri, anche modificando il proprio regolamento di organizzazione e avvalendosi, per le attività ricognitive e di monitoraggio, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. A tal fine è autorizzata la spesa di euro 300 mila a decorrere dall'anno 2007, cui si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140. Con il medesimo provvedimento si provvede, anche mediante soppressione, al riordino degli organismi esistenti presso il Ministero dello sviluppo economico, finalizzati al monitoraggio delle attività industriali e delle crisi di impresa.
13. Gli interventi del Fondo di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono disposti sulla base di criteri e modalità fissati con delibera del CIPE su proposta del Ministro dello sviluppo economico, con la quale si provvede in particolare a determinare, in conformità agli orientamenti comunitari in materia, le tipologie di aiuto concedibile, le priorità di natura produttiva, i requisiti economici e finanziari delle imprese da ammettere ai benefìci e per l'eventuale coordinamento delle altre amministrazioni interessate. Per l'attuazione degli interventi di cui al presente comma il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, di Sviluppo Italia spa. I commi 5 e 6 dell'articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono abrogati.
L’articolo 104 reca disposizioni concernenti l'innovazione industriale e la costituzione di nuovi fondi.
Come precisato nella relazione illustrativa, l'articolo in esame riprende la parte suscettibile di una immediata applicazione del disegno di legge, già deliberato dal Consiglio dei ministri del 22 settembre 2006, in materia di innovazione industriale, in ragione della pressante esigenza di apportare idonei strumenti atti a favorire il rilancio del sistema produttivo italiano.
In particolare, il comma 1, ferme restando le attuali competenze del CIPE, istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per la competitività e lo sviluppo.
Nel nuovo Fondo confluiscono le risorse del “Fondo per le aree sottoutilizzate” di competenza del Ministero dello sviluppo economico, di cui all’articolo 60, comma 3 della legge n. 289/02 (finanziaria 2003) e del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese” (articolo 52 della legge n. 448/1998).
La citata legge n. 289/2002 ha previsto l’istituzione di due Fondi per le aree sottoutilizzate, di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell’economia e delle finanze (articolo 61, comma 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3, c.d. Fondo MAP) affidando al CIPE la ripartizione, con proprie deliberazioni, della dotazione di ciascuno dei due fondi tra gli interventi finanziati a valere su di essi. L’articolo 60, comma 1, ha altresì individuato i criteri in base ai quali il CIPE può procedere alla riallocazione delle risorse tra le diverse forme di intervento[51].
Il Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive - ora dello sviluppo economico - (articolo 60, comma 3, della legge 289/02), è costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:
a) alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;
b) agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area), finanziati a valere sulle risorse della legge n. 208/1998.
Nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive non è stato mai istituito uno specifico capitolo di bilancio relativo al Fondo MAP, e conseguentemente le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata destinate alle aree sottoutilizzate sono ancora iscritte nel Fondo per gli incentivi alle imprese. Le risorse destinate alle aree sottoutilizzate iscritte nell’ambito del Fondo incentivi alle imprese sono ripartite con delibere del CIPE.
Il Fondo unico per gli incentivi alle imprese è stato istituito dall'articolo 52 della legge n. 448/1998 al fine di razionalizzare l’intervento del Ministero delle attività produttive (ora Sviluppo economico) in favore delle imprese, accorpando, in un’unica autorizzazione di spesa, tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese, nell’ambito dei seguenti settori di intervento: settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse e altri settori specifici. La ripartizione delle risorse tra i diversi interventi è rimessa alla discrezionalità del Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico).
Il Fondo, a tal fine, è articolato in piani di gestione riferiti a singole leggi. Una evidenza contabile della dotazione delle singole leggi di incentivazione è riscontrabile nell’annuale decreto del Ministro delle attività produttive di riparto delle risorse aggiuntive.
In particolare il comma 2 dispone sia il Ministro nell’ambito delle proprie competenze, a ripartire le risorse del fondo con proprio decreto, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Conseguentemente, nello stato di previsione del Ministero dell’industria è stato istituito già nel 1999 un capitolo (il cap. 7100, Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese), allocato nella unità previsionale di base 6.2.1.16, in cui sono confluite le risorse precedentemente iscritte nei capitoli relativi a diverse leggi sostanziali. Nello stato di previsione per il 2000 ed in quello per il 2001 il capitolo ha assunto il numero 7800, mentre a partire dal 2002 il “Fondo per gli incentivi alle imprese” corrisponde al capitolo 7420.
Per il 2006 lo stanziamento iscritto in bilancio nel suddetto capitolo risulta pari a 1.438.343.063 euro. Al riparto del Fondo per il 2006 si è provveduto con il D.M. 3 marzo 2006 (GU n. 62 del 15 marzo 2006).
In aggiunta alle risorse provenienti dei citati fondi, che sono contestualmente soppressi, al nuovo Fondo per la competitività sono assegnate le seguenti somme:
- 300 milioni di euro per il 2007;
- 400 milioni di euro per il 2008;
- 400 milioni di euro per il 2009.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, questo intervento è finanziato dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
Il comma 1 stabilisce inoltre che, ai fini della programmazione delle risorse del nuovo Fondo si applichino le disposizioni dell’articolo 60 della citata legge 289/02, nonché le disposizioni dettate dall’art. 52 della legge 448/52 per il funzionamento del Fondo unico per gli incentivi alle imprese (cfr supra).
Ad alimentare il nuovo Fondo concorrono anche - limitatamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate - le risorse:
- assegnate dal CIPE nell’ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate, ora anch’esso trasferito al Ministero dello sviluppo a seguito del nuovo assetto della struttura di governo definita dal D.L. n. 181 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006);
- stanziate in tabella D della legge finanziaria ai sensi dell’art. 11, comma 3, lett. f) della legge 468/78[52] , per gli esercizi successivi al 2009.
Il comma 2 stabilisce che a valere sulla quota delle risorse del Fondo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico siano finanziati - nel rispetto degli obiettivi fissati con la strategia di Lisbona - progetti di innovazione industriale delle aree tecnologiche dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie per la vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per il patrimonio culturale. Il predetto decreto dovrà essere adottato di concerto con i ministri dell’economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, sentito il Ministro per i diritti e le pari opportunità.
Ai sensi del comma 3 il Ministro dello sviluppo economico, ai fini dell’individuazione del contenuto di ciascun progetto, procede alla nomina di un responsabile di progetto, sentiti i ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri ministri interessati. Il responsabile, scelto tra soggetti in possesso di requisiti comprovati di capacità e di esperienza rispetto agli obiettivi da perseguire, è incaricato di provvedere alla definizione delle modalità e dei criteri di individuazione degli enti e delle imprese da coinvolgere nel progetto, nonché delle azioni e delle relative responsabilità di attuazione. Il relativo onere è posto a carico delle risorse stanziate per ogni singolo progetto.
L’adozione dei progetti, sulla base delle proposte del responsabile, è demandata al Ministro dello sviluppo economico che vi provvede con decreti adottati previo parere della Conferenza Stato-regioni, di concerto con i ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché gli altri ministri interessati. Lo stesso Ministro provvede, altresì, a definire le modalità di attuazione del progetto, la cui esecuzione può essere affidata ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni - scelti nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie - qualora le risorse del personale interno non risultino sufficienti. Il relativo onere è posto a carico delle risorse stanziate per ogni singolo progetto (comma 4).
Lo stesso comma 4 fissa in sessanta giorni dalla data di trasmissione del progetto il termine ultimo per l’espressione del parere della Conferenza Stato-regioni. Decorso tale termine il progetto può essere approvato anche in mancanza del suddetto parere. È previsto, inoltre, con riferimento ai progetti finanziati con le risorse destinate alle aree sottoutilizzate, che questi vengano trasmessi per l’approvazione- previa istruttoria – al CIPE che è chiamato a pronunciarsi, in una specifica seduta presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e alla presenza dei ministri componenti senza possibilità di delega, entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine il Ministro dello sviluppo economico può procedere all’attuazione del progetto.
Il comma 5 demanda al Ministro dello sviluppo economico l’istituzione, con proprio decreto, di regimi di aiuto conformi alle norme comunitarie. Lo stesso Ministro è, inoltre, tenuto a riferire al Parlamento e alla Conferenza Stato-regioni in merito ai criteri di individuazione dei progetti da finanziare, sullo stato degli interventi finanziati e sul grado di raggiungimento degli obiettivi da perseguire. Alla relazione del Ministro dovrà essere allegato un prospetto delle spese di gestione poste a carico dei singoli progetti entro il limite massimo del 5% di ciascun stanziamento.
Ai sensi del comma 6 i progetti possono essere cofinanziati da altre amministrazioni sia statali che regionali. A tal fine la disposizione in esame stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico provveda ad assicurare una sede stabile di cooperazione tecnica tra le amministrazioni interessate.
Con il comma 7 si dispone l’istituzione del Fondo per la finanza d’impresa.
Nel Fondo, istituito in attesa della riforma delle misure in favore dell’innovazione industriale, confluiscono varie risorse provenienti dai seguenti fondi di cui si dispone la soppressione:
- risorse del Fondo centrale di garanzia (art. 15 legge 266/97- c.d. Bersani).
Si tratta del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito dall’art. 2, co. 100, lett. a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (“Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”) presso il Mediocredito centrale, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese, con una dotazione iniziale di 400 miliardi di lire. Tali risorse sono state successivamente integrate ai sensi dell'art. 15, comma 1, della legge 266/97 (c.d. "legge Bersani"), che ha provveduto a devolvere al fondo, in tutto o in parte, le disponibilità di altri fondi di garanzia e in particolare: le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia all'industria di cui all’art. 20 della L. 12 agosto 1977, n. 675 ("Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore") costituito presso il medesimo Mediocredito centrale, che forniva garanzie sui finanziamenti a medio termine concessi dalle banche alle piccole e medie imprese industriali; le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia al commercio di cui all’art. 7 della L. 10 ottobre 1975, n. 517 ("Credito agevolato al commercio"); un importo pari a 50 miliardi a valere sulle risorse destinate a favore dei consorzi e delle cooperative di piccole imprese di garanzia collettiva fidi (Confidi) dal fondo istituito dal DL n. 149/93 sempre presso il Mediocredito. Il comma 2 dello stesso articolo 15 ha esteso la possibilità di concedere la garanzia del Fondo (già riconosciuta alle banche), anche agli intermediari finanziari e alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo per finanziamenti a piccole e medie imprese - compresa la locazione finanziaria - e per partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale di dette imprese, prevedendo, inoltre, che la garanzia sia estesa anche a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993.
Criteri e modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del Fondo di garanzia per PMI, sono stati successivamente stabiliti con il DM 31 maggio 1999, n. 248, mentre il successivo DM 3 dicembre 1999 ha dettato le condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale per l'amministrazione dello stesso Fondo.
L’articolo 5 del D.Lgs. n. 173/1998 ha esteso la garanzia del fondo a quella prestata a favore delle piccole e medie imprese dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi di primo e secondo grado, operanti nel settore agricolo, agro-alimentare e della pesca, costituiti in forma di società cooperativa o consortili, il cui capitale sociale o fondo consortile sia sottoscritto, per almeno il 50%, da imprenditori agricoli.
Da ultimo, con il DM 15 giugno 2004[53], è stata istituita una Sezione speciale del Fondo di garanzia, riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali.
- risorse del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350/03).
La legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003, articolo 4, commi 106-111) ha disposto l’istituzione di un Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio, gestito da Sviluppo Italia S.p.A.
La dotazione del Fondo è stata fissata nella misura di 10 milioni di euro per il 2004 e 45 milioni di euro per il 2005. La dotazione per il 2005 è stata successivamente incrementata a 55 milioni, dall’articolo 1, comma 252 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004). Ulteriori 100 milioni di euro per l’anno 2005 sono stati autorizzati dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, per essere destinati a specifiche finalità. Le modalità di attuazione degli interventi a valere sul Fondo rotativo sono state definite dal CIPE con delibera del 7 maggio 2004, n. 10.
- risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge 388/2000 e dell’art. 1, comma 222, della legge 311/2004.
La legge 23 dicembre 2000, n. 388 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2001), all’art. 106 in merito agli interventi FIT, prevede la riserva di una quota delle disponibilità del Fondo, determinata annualmente con decreto del Ministro dell’industria entro la data del 31 gennaio, per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative. Le modalità di gestione, le forme e le misure delle agevolazioni previste dal comma 106 sono state determinate con la direttiva ministeriale 3 febbraio 2003.
Al Fondo per la finanza di impresa sono altresì conferiti 50 milioni di euro per il 2007, 100 milioni di euro per il 2008 e 150 milioni di euro per il 2009.
Nell’ultimo periodo del comma 7 si precisa che gli interventi del fondo sono volti a facilitare:
§ operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;
§ la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.
Il comma 8 rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle modalità di funzionamento del Fondo, di cui al precedente comma 7, prevedendo anche la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti. Il decreto provvederà, altresì a fissare i criteri per la realizzazione degli interventi previsti dal comma 7, le priorità d’intervento, nonché le condizioni di eventuali cessioni a terzi degli impegni assunti posti a carico dei fondi le cui dotazioni confluiscono nel Fondo per la finanza d’impresa. Il termine ultimo per l’adozione del decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia,è fissato in due mesi dall’entrata in vigore della presente legge .
Fino all’adozione del suddetto decreto, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione UE saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione (comma 9).
Il comma 10 demanda ad un DPCM il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali destinati alla finanza di imprese, individuate dallo stesso decreto.
Il comma 11 interviene in materia di proprietà industriale, attraverso l’istituzione dei diritti su brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e di modelli, nonché i diritti di opposizione alla registrazione dei marchi di impresa[54].
All’istituzione si provvederà mediante decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il termine di un mese a far data dall’entrata in vigore del presente provvedimento.
La norma in esame prevede l’esonero dal pagamento dei diritti di deposito e di trascrizione dei brevetti e dei modelli di utilità, per le università e le amministrazione pubbliche con finalità di ricerca nonché per le amministrazioni della difesa e delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Il comma detta, altresì, i criteri – di seguito elencati -in base ai quali sono dovuti i diritti per il mantenimento in vita dei brevetti e dei modelli di utilità e per la registrazione dei disegni e dei modelli di cui all’art. 227 del codice della proprietà industriale (D.Lgs 30/05):
§ brevetto per invenzione industriale: a partire dalla quinta annualità ;
§ brevetto per modello di utilità: a partire dal secondo quinquennio;
§ registrazione di disegni e modelli: a partire dal secondo quinquennio.
Le somme derivanti dal pagamento dei suddetti diritti sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Lo scopo di tale rassegnazione - con la quale, secondo relazione governativa di accompagnamento al ddl finanziaria 2007, si riconosce l’importanza delle tasse brevettali quale strumento strategico di politica industriale – è anche quello di potenziar le attività promozionali , di regolazione e tutela del sistema produttivo del Ministero stesso, di consentire alle PMI la partecipazione al sistema di proprietà industriale e di rafforzamento di tutela del brevetto italiano anche introducendo la ricerca di anteriorità per le domande di brevetto per invenzione industriale.
Secondo la citata relazione governativa, la reintroduzione dei suddetti diritti, i con particolare riferimento a quelli concernenti il mantenimento in vita dei brevetti, è volta a favorire l’abbandono dei brevetti che non rivestono interesse da parte del titolare con conseguente passaggio della relativa tecnologia alla disponibilità gratuita della collettività.
Si segnala che l'articolo 1 comma 352 della legge finanziaria 2006 (L. 266/05) aveva previsto la soppressione della tassa sui brevetti e l’esenzione dall’imposta di bollo per istanze, atti e provvedimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali. Secondo la relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3613), la soppressione in esame mirava ad incentivare la registrazione di brevetti, eliminando un onere che risultava influire negativamente sulla quantità delle registrazioni.
Il comma 12 introduce un’autorizzazione di spesa per la costituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un’apposita struttura di cooperazione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale destinata ad attività ricognitive e di monitoraggio per il coordinamento delle politiche volte a contrastare il declino dell’apparato produttivo, anche attraverso la salvaguardia e il consolidamento dei livelli occupazionali delle grandi imprese in crisi di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs 270/99 e successive modificazioni.
A copertura dell’onere previsto, ammontante a 300 mila euro con decorrenza dal 2007, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 3 della legge 140/99.
L'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, “Norme in materia di attività produttive” (c.d. legge Bersani-bis) ha autorizzato, a partire dal 1999, una spesa annuale di 6 miliardi di lire da destinarsi ad attività di studio e ricerca nei settori delle attività produttive di competenza del Ministero dell’industria (ora delle attività produttive). Lo stanziamento è riferito a tre fattispecie distinte per finalità o strumenti:
1) collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti;
2) costituzione di un nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto;
3) utilizzo di esperti di alta qualificazione per il supporto alle attività di coordinamento di progetti e programmi ad alto contenuto tecnologico di imprese italiane nei settori aeronautico e spaziale e dei prodotti elettronici e ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale.
Da ultimo lo stesso comma stabilisce che con il provvedimento di istituzione della suindicata struttura si provveda al riordino, anche mediante soppressione, degli organismi di monitoraggio delle attività industriale e delle crisi d’impresa, attualmente esistenti presso il Ministero dello sviluppo economico.
Si osserva che la disposizione in esame con riferimento alle grandi imprese in crisi rinvia all’articolo 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs 270/99 recante “Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274” e successive modificazioni. In realtà il testo della la norma citata, nella quale sono fissati i requisiti richiesti per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, con particolare riferimento (lett. a) al numero minimo di dipendenti dell’impresa, non è mai stato espressamente modificato. L’istituto dell’amministrazione straordinaria è stato, tuttavia, sottoposto a successive modifiche a partire dal decreto legge n. 347/03 recante “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza” (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39/04), che ha introdotto una disciplina speciale in materia di ammissione immediata al suddetto istituto, più volte modificata nel corso della scorsa legislatura, dapprima con il decreto-legge n. 119 del 3 maggio 2004 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 5 luglio 2004), e quindi con il decreto legge 29 novembre 2004, n. 281 (convertito in legge dall'art. 1 della legge 28 gennaio 2005, n. 6).
Il comma 13, infine, stabilisce che gli interventi del Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, di cui all’art. 11, comma 3, del DL 35/05, siano disposti in base ai criteri e alle modalità stabiliti dal CIPE , con propria delibera, su proposta del Ministro dello sviluppo economico.
La delibera del CIPE provvederà, in particolare a determinare:
- la tipologia dell’aiuto concedibile;
- le priorità di natura produttiva;
- i requisiti economici e finanziari richiesti alle imprese ai fini della loro ammissione ai benefici;
Per l’attuazione dei suddetti interventi il Ministero dello sviluppo economico potrà avvalersi di Sviluppo Italia Spa[55], in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
Da ultimo il comma dispone l’abrogazione dei commi 5 e 6 dell’articolo 11 del citato DL 35/05.
II richiamato decreto-legge n. 35/05[56] all’art. 11, comma 3 ha previsto l'istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi, con una dotazione finanziaria per l'anno 2005 pari a 35 milioni di euro. I successivi commi 5 e 6 hanno previsto l'istituzione di un Comitato tecnico con funzioni di coordinamento e monitoraggio degli interventi di salvataggio e ristrutturazione, operante in base ad indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti che per la valutazione e l'attuazione degli interventi, si avvalgono di Sviluppo Italia spa, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. La definizione delle modalità attuative delle predette disposizioni è demandata al CIPE.
Si segnala che il Fondo è stato recentemente rifinanziato dall'articolo 2 del DL n. 136/06 recante "Proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali che in suo favore ha disposto e per l'anno 2006 uno stanziamento di 15 milioni di euro.
La Commissione europea – nell’ambito della azioni previste dalla strategia di Lisbona - ha presentato il 6 aprile 2005 una proposta di decisione che istituisce un programma quadro per la competitività e l’innovazione (2007-2013) (COM (2005) 121).
Il programma quadro intende riunire in un contesto comune gli specifici programmi comunitari e parti pertinenti di altri programmi comunitari in settori chiave per la promozione della produttività, della capacità d’innovazione e della crescita sostenibile europea, dando contemporaneamente risposta ai problemi ambientali che vi si accompagnano.
Il Parlamento europeo si è espresso sulla proposta nell’ambito della procedura di codecisione, in prima lettura, il 1° giugno 2006. Il Consiglio competitività dovrebbe adottare una posizione comune in una delle prossime riunioni.
La Commissione europea – sempre nell’ambito delle azioni previste nell’ambito della strategia di Lisbona - ha adottato il 13 settembre 2006 la comunicazione "Mettere in pratica la conoscenza: un’ampia strategia dell'innovazione per l'UE" (COM(2006) 502). In tale comunicazione la Commissione delinea una strategia politica in materia di innovazione concentrata su dieci azioni fondamentali:
§ promuovere sistemi di istruzione favorevoli all'innovazione;
§ creare un Istituto europeo di tecnologia;
§ stimolare la creazione di un mercato unico del lavoro che susciti l’interesse dei ricercatori;
§ rafforzare i collegamenti ricerca-industria;
§ promuovere l'innovazione regionale mediante i nuovi programmi di politica di coesione;
§ riformare le norme applicabili agli aiuti di Stato nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico e fornire migliori orientamenti per gli incentivi fiscali in tale settore;
§ potenziare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale;
§ promuovere prodotti e servizi digitali;
§ sviluppare una strategia a favore di mercati guida propizi all'innovazione;
§ stimolare l'innovazione attraverso gli appalti.
Il Consiglio competitività nella riunione del 25 settembre 2006 ha esaminato la comunicazione della Commissione, ed ha annunciato che adotterà un progetto di conclusioni da sottoporre al Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2006.
Il 6 aprile 2005 la Commissione ha presentato una proposta di decisione relativa al Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico, comprendente anche attività di dimostrazione (2007-2013) (COM(2005)119), considerato strumento fondamentale ai fini dell’attuazione di uno degli obiettivi prioritari dell’UE: incrementare il potenziale di crescita economica e rafforzare la competitività europea, investendo nella conoscenza, l’innovazione e il capitale umano.
Il programma è articolato in quattro programmi specifici – oggetto di quattro proposte di decisione presentate dalla Commissione il 21 settembre 2005 - che corrispondono ai quattro obiettivi fondamentali della politica europea di ricerca:
§ cooperazione (COM(2005)440) inteso a promuovere la cooperazione tra università, imprese, centri di ricerca ed enti pubblici;
§ idee (COM(2005)441) inteso ad istituire un Consiglio europeo della ricerca;
§ persone (COM(2005)442) mirato ad aumentare le risorse umane disponibili per la scienza e la ricerca;
§ capacità (COM(2005)443) inteso a rafforzare le capacità di ricerca e innovazione in Europa.
Il Consiglio competitività ha adottato il 25 settembre 2006 la posizione comune sulla proposta di decisione. Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta in seconda lettura, in procedura di codecisione, nell’ambito della sessione del 29-30 novembre 2006.
Il 22 febbraio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione (COM(2006)77) nella quale prospetta la creazione di un Istituto europeo di tecnologia (EIT), destinato a divenire un nuovo polo d’eccellenza nell’ambito della ricerca e dell’innovazione, in armonia con gli obiettivi della revisione intermedia della strategia di Lisbona.
Le attività dell’EIT potrebbero, secondo la Commissione, essere finanziate sia dall’UE, sia dagli Stati membri, sia dal mondo imprenditoriale.
L’8 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2006)276) con cui chiarisce il modello organizzativo e i progressi fatti verso la realizzazione di un Istituto Europeo di Tecnologia. Tale comunicazione sarà sottoposta, nei prossimi mesi, ad un’ampia consultazione; in base ai risultati ottenuti la Commissione intende predisporre, entro la fine del 2006, una proposta legislativa per l’istituzione dell’EIT.
Nell’attesa che venga istituito il brevetto comunitario – l’esame della proposta, presentata dalla Commissione europea nell’agosto del 2000 (COM(2000)412), è attualmente sospeso per le divergenze relative al regime linguistico - il 16 gennaio 2006 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica, che si è conclusa il 12 aprile 2006, sul sistema brevettuale in Europa e sui cambiamenti necessari per migliorare la competitività, l’innovazione, la crescita e l’occupazione di un’economia basata sulla conoscenza.
Dai risultati della consultazione si evince la necessità che il sistema brevettuale contribuisca allo sviluppo dell’innovazione, alla diffusione delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie e alla certezza giuridica per gli autori del brevetto e per gli utenti. Viene sottolineata altresì la necessità di migliorare la qualità dei brevetto in Europa, nonché l’informazione e la consapevolezza per consentire ai cittadini e all’industria di essere informati meglio del valore della proprietà intellettuale. Malgrado il consenso generale sull’importanza del brevetto comunitario che consentirebbe di avere un brevetto unitario di alta qualità, la maggior parte dei soggetti consultati concorda sulla necessità di non avere un brevetto comunitario ad ogni costo. Essi ritengono quindi che, se il brevetto comunitario non può essere ottenuto in tempi rapidi o se la sua adozione necessita compromessi suscettibili di nuocere all’utilità delle soluzioni future, la Commissione dovrebbe ritirare la propria proposta, concentrando le risorse su altri aspetti. Secondo molti soggetti consultati, per colmare le lacune attualmente esistenti soprattutto in materia di composizione delle controversie, l’Accordo sulla risoluzione delle controversie in materia di brevetti europei potrebbe costituire una valida soluzione anche al fine di aumentare in maniera significativa la certezza giuridica dei brevetti europei e di ridurre i rischi economici associati alle controversie.
l 23 dicembre 2003 la Commissione ha presentato:
§ una proposta di decisione che attribuisce alla Corte di giustizia la competenza a conoscere delle controversie in materia di brevetto comunitario (COM(2003)827);
§ una proposta di decisione che istituisce il Tribunale del brevetto comunitario e disciplina i ricorsi in appello dinanzi al Tribunale di primo grado (COM(2003)828).
Le due proposte, che seguono la procedura di consultazione, sono state trasmesse al Consiglio e al Parlamento europeo.
La Commissione europea ha presentato il 14 settembre 2004 una proposta di direttiva che modifica la direttiva 98/71/CE sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (COM(2004)582).
La proposta intende armonizzare il mercato interno della protezione giuridica dei disegni e dei modelli dei pezzi di ricambio delle macchine identici ai pezzi originali. La Commissione propone, in particolare, di liberalizzarne il mercato, specie per il settore automobilistico, e stabilisce l’entrata in vigore per 1° gennaio 2008.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 12 febbraio 2007.
La Commissione europea ha presentato il 22 dicembre 2005 la proposta di decisione su l’adesione della Comunità europea all’Atto di Ginevra[57] del 1999, relativo all’Accordo dell’Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e dei modelli industriali (COM(2005)687).
L’obiettivo della proposta è quello di stabilire un collegamento tra il sistema comunitario dei disegni o modelli ed il sistema internazionale di registrazione istituito dall’Atto di Ginevra, che consente ai disegnatori di ottenere la protezione del disegno o modello in vari paesi con un’unica domanda internazionale presentata all’Ufficio internazionale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) designando, tra le altre parti contraenti, la Comunità europea al fine di ottenere la protezione offerta dal sistema comunitario dei disegni e modelli. Il territorio dell’UE verrebbe considerato come un solo Paese ai fini dell’Atto di Ginevra e le regole comunitarie sui disegni e modelli sarebbero la normativa interna applicabile.
Sulla proposta, che segue la procedura di consultazione, il Parlamento europeo ha adottato un parere il 17 maggio 2006. Il Consiglio dovrebbe adottare la proposta in via definitiva in una delle prossime riunioni.
Per gli aiuti di Stato alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione, si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.
Articolo 105
(Interventi per lo sviluppo delle aree
sottoutilizzate)
1. In attuazione dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione e in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida per l'elaborazione del Quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013, approvate con l'Intesa sancita con la Conferenza unificata in data 3 febbraio 2005, il Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, è incrementato di 63.273 milioni di euro, di cui 100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008, 5.000 milioni per l'anno 2009 e 58.073 milioni entro il 2015, per la realizzazione degli interventi di politica regionale nazionale relativi al periodo di programmazione 2007-2013. La dotazione aggiuntiva complessiva ed il periodo finanziario di riferimento, di cui al presente comma, non possono essere variati, salvo intese in sede di Conferenza Stato-regioni.
2. Il Quadro strategico nazionale, in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida, costituisce la sede della programmazione unitaria delle risorse aggiuntive, nazionali e comunitarie, e rappresenta, per le priorità individuate, il quadro di riferimento della programmazione delle risorse ordinarie in conto capitale, fatte salve le competenze regionali in materia.
3. Per il periodo di programmazione 2007-2013 e comunque non oltre l'esercizio 2015, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, la legge finanziaria determina la quota delle risorse di cui al comma 1 da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale.
4. Le somme di cui al comma 1, iscritte nella Tabella F allegata alla presente legge, ai sensi del comma 3, sono interamente impegnabili a decorrere dal primo anno di iscrizione. Le somme non impegnate nell'esercizio di assegnazione possono essere mantenute in bilancio, quali residui, fino alla chiusura dell'esercizio 2013.
L’articolo 105, al comma 1, dispone un incremento delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (costituito dall’articolo 61 della legge finanziaria 2003) di circa 63,3 miliardi di euro nel periodo 2007-2015.
L’incremento è così ripartito:
§ 100 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008;
§ 5.000 milioni per l’anno 2009;
§ 58.073 milioni entro il 2015.
L’incremento è finalizzato alla realizzazione degli interventi di politica regionale nazionale per il periodo di programmazione 2007-2013, in attuazione del principio costituzionale, che prevede l’intervento dello Stato con risorse aggiuntive (rispetto a quelle proprie degli enti territoriali) per la promozione della coesione e la rimozione degli squilibri economici (art. 119, quinto comma, Cost.), nonché in coerenza con il criterio di programmazione unitaria dei fondi nazionali ed europei per la politica regionale, sancito nell’Intesa definita in sede di Conferenza unificata il 3 febbraio 2005 e recepita nella bozza del Quadro Strategico Nazionale per il periodo 2007-2013 in corso di definizione.
Conseguentemente, la dotazione complessiva aggiuntiva di cui sopra e il periodo finanziario di riferimento non possono essere mutati, salvo intese in sede di Conferenza Stato-Regioni.
In tale cornice, il Quadro strategico nazionale, viene indicato dal comma 2 quale sede di programmazione unitaria delle risorse aggiuntive, nazionali e comunitarie, in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida. Esso è, per le priorità individuate, il quadro di riferimento della programmazione delle ordinarie risorse in conto capitale, fatte salve le competenze regionali in materia.
Si ricorda che in data 11 luglio 2006 è stato adottato il Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio il quale ha riformato la disciplina comunitaria dei Fondi strutturali per il nuovo periodo di programmazione 2007-2013, la quale interessa l’Unione europea allargata a 25 Pesi membri[58].
In sintesi, il Regolamento prevede la riduzione dei fondi strutturali dai cinque del precedente periodo di programmazione a tre:Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione.
Di conseguenza, le risorse sono state concentrate attorno a tre nuovi obiettivi: convergenza[59], competitività e occupazione regionale[60] e cooperazione territoriale[61].
Per ciò che attiene il FESR, il Regolamento CE n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio ha provveduto alla sua disciplina, abrogando il precedente Regolamento CE n. 1783/1999[62].
Nel quadro del Regolamento generale sulla politica di coesione comunitaria per il periodo 2007-2013, l'Italia è tenuta a presentare all'Unione Europea un Quadro Strategico Nazionale con l'obiettivo di indirizzare le risorse che la politica di coesione destinerà al nostro Paese, sia nelle aree del Mezzogiorno sia in quelle del Centro-Nord. Nelle Linee guida approvate dall'intesa del 3 febbraio 2005, Stato, regioni ed enti locali hanno completato l'unificazione della programmazione delle politiche regionali comunitaria e nazionale e definito gli indirizzi per la scrittura del Quadro. Le Linee guida hanno anche stabilito un percorso di scrittura in tre fasi: valutazione dei risultati 2000-2006 e visione strategica delle Regioni e del Centro; confronto strategico tra Centro e Regioni; stesura del Quadro. In tutte le fasi è stato previsto un forte confronto con il partenariato economico-sociale e con le rappresentanze degli enti locali.
Nella prima fase (che si è conclusa nel 2005), ciascuna Regione e Provincia autonoma e il complesso delle Amministrazioni Centrali hanno predisposto un proprio Documento strategico preliminare (Documento Strategico Preliminare Nazionale e Documenti Strategici Regionali). Nel caso del Mezzogiorno, le Regioni hanno anche realizzato, in modo coordinato e con il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze[63], un documento comune denominato Linee per un nuovo Programma Mezzogiorno (DSM).
La seconda fase è stata dedicata al confronto fra i diversi livelli di governo e le parti economiche e sociali, con la produzione di documenti congiunti. Su questa base si è quindi proceduto alla stesura di una bozza tecnico-amministrativa del Quadro, condivisa dalle parti, che costituisce la base per l’invio, previsto entro la fine di settembre, di una versione definitiva del documento alla Commissione europea.
La relazione illustrativa ricorda che “le risorse aggiuntive assegnate al FAS consentono anche di rispettare gli obiettivi di addizionalità”.
La Commissione dell’Unione europea con alcune decisioni del 4 agosto 2006 ha fissato una ripartizione indicativa per Stato membro degli stanziamenti per ciascun obiettivo per il periodo 2007-2013. per quanto riguarda l’Italia sono stati assegnati 18.820 milioni di euro per l’obiettivo “Convergenza”, cui vanno aggiunti 388 milioni per il c.d. effetto statistico; 4.749 milioni per l’obiettivo “Competitività regionale e occupazione”, cui vanno aggiunti 877 milioni per la fase transitoria; 751 milioni per l’obiettivo “Cooperazione territoriale europea”. Complessivamente sono stati destinati all’Italia 25.585 milioni di euro (a prezzi 2004).
Il comma 3 demanda, per il periodo 2007-2013 e comunque non oltre il 2015, alla legge finanziaria (Tabella F) la determinazione della quota delle risorse suddette da iscrivere nel bilancio per ciascuno degli anni del bilancio pluriennale.
Il comma 4, stabilisce, inoltre, l’intera impegnabilità delle risorse di cui al comma 1 iscritte in Tabella F del provvedimento in esame, a decorrere dal primo anno di iscrizione e la possibilità di mantenere in bilancio, quali residui, fino alla chiusura dell'esercizio 2013 le somme non impegnate nell'esercizio di assegnazione.
Si ricorda che la Tabella F espone gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali, con la possibilità di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge. (cfr. la scheda relativa all’articolo 216).
Per quanto riguarda l’impegnabilità delle risorse aggiuntive indicate al comma 1 dell’articolo in esame per complessivi 63,237 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, il comma 4 fa riferimento alla loro iscrizione nella Tabella F, quando, in realtà lo stanziamento aggiuntivo disposto in articolato non viene contabilizzato nella tabella F, ma sarà soltanto scontato in bilancio.
A seguito del nuovo assetto della struttura di governo definita dal D.L. n. 181 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006), che ha trasferito al Ministero dello sviluppo economico le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione attribuite dal D.Lgs. n. 300 del 1999 al Ministero dell’economia e delle finanze e successivamente trasferite dal decreto-legge n. 63 del 2005 al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un ministro da lui delegato, il Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge n. 289 del 2002 risulta allocato all’UPB 6.2.3.12 - capitolo 8425.
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) la dotazione del cap. 8425 è pari a 6.434.820 euro.
La Tabella F del disegno di legge finanziaria in esame, al settore 4 “Interventi nelle aree sottoutilizzate”, Ministero dello sviluppo economico, indica per la legge n. 289 del 2002, art. 61, autorizzazioni pluriennali di spesa iscritte sul cap. 8425 così articolate: 5 miliardi per il 2007 e per il 2008 , 4,950 miliardi per il 2009 e circa 7,6 per il 2010 e anni successivi.
Il minor importo indicato in Tabella F rispetto al BLV è dovuto al fatto che la stessa Tabella F effettua una rimodulazione delle risorse, attraverso riduzioni di circa 1.435 milioni nel 2007, di circa 660 milioni nel 2008 e di oltre 5.500 milioni nel 2009, che vengono spostate al 2010 (+ 7,6 miliardi circa).
Inoltre, l’ammontare delle risorse conferma che la Tabella F non contabilizza gli effetti di ulteriori finanziamenti disposti nell’articolato del d.d.l. finanziaria.
Il quadro delle disponibilità pluriennali del cap. 8425/Sviluppo può essere così sintetizzato (dati in migliaia di euro):
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e ss |
Totale |
BLV (A) |
6.434.820 |
5.659.700 |
10.450.900 |
- |
- |
Rimodulazioni Tab. F |
-1.434.820 |
-659.700 |
-5.500.900 |
- |
- |
Tabella F |
5.000.000 |
5.000.000 |
4.950.000 |
7.595.420 |
22.545.420 |
Articolo 105 |
100.000 |
100.000 |
5.000.000 |
58.073.000 |
63.273.000 |
DISPONIBILITA’ (B) |
5.100.000 |
5.100.000 |
9.950.000 |
65.668.420 |
85.818.420 |
Effetto finanziaria (B-A) |
-1.334.820 |
-559.700 |
-500.900 |
- |
- |
Secondo l’allegato 7, la disposizione in commento incide in termini negativi sul fabbisogno e sull’indebitamento nel 2008 e 2009, in misura rispettivamente pari a 100 milioni di euro e un miliardo di euro.
Il 13 luglio 2006 la Commissione ha presentato la proposta di decisione sugli orientamenti strategici in materia di coesione (COM(2006) 386.
Gli orientamenti definiscono un quadro di intervento per l’elaborazione dei quadri strategici nazionali e dei programmi operativi attraverso cui si esplica l’intervento del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Fondo di coesione.
La proposta è stata esaminata dal Parlamento europeo, secondo la procedura di parere conforme, il 27 settembre 2006 ed è in attesa della decisione finale del Consiglio.
Per quanto riguarda l’impegnabilità delle risorse aggiuntive indicate al comma 1 dell’articolo in esame per complessivi 63,237 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, il comma 4 fa riferimento alla loro iscrizione nella Tabella F, quando, in realtà lo stanziamento aggiuntivo disposto in articolato non viene contabilizzato nella tabella F, ma sarà soltanto scontato in bilancio.
Articolo
106
(Fondo per gli investimenti nella ricerca
scientifica e tecnologica - FIRST)
1. Al fine di garantire la massima efficacia degli interventi nel settore della ricerca, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST). Al Fondo confluiscono le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale del Fondo per le agevolazioni alla ricerca, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, del Fondo per gli investimenti della ricerca di base, di cui all'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni.
2. Il Fondo di cui al comma 1 è alimentato in via ordinaria dai conferimenti, annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, delle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto dell'apposito Fondo.
3. In attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provvede alla ripartizione delle complessive risorse del Fondo.
4. Il Ministro dell'università e della ricerca, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, definisce i criteri di accesso e le modalità di utilizzo e gestione del Fondo di cui al comma 1 per la concessione delle agevolazioni al fine di garantire la massima efficacia ed omogeneità degli interventi. Fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento trovano applicazione le disposizioni attualmente vigenti per l'utilizzo delle risorse di cui al comma 1.
5. È autorizzata la spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 360 milioni di euro per l'anno 2009 da destinare ad integrazione del Fondo di cui al comma 1.
L'articolo 106, come si evince dalla relazione illustrativa, è finalizzato alla razionalizzazione degli interventi nel settore della ricerca scientifica di competenza del Ministero dell'università e della ricerca.
A tal fine il comma 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), per garantire la massima efficacia degli interventi in tale ambito.
Al Fondo confluiscono le risorse:
§ del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR)[64];
§ del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB)[65];
§ del Fondo per le aree sottoutilizzate[66], per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca.
Al riguardo, si osserva che nella relazione illustrativa si precisa che le risorse del FAR, del FIRB, del FAS per la parte di competenza del MIUR e i rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato confluiranno al FIRST a decorrere dal 2007. Pur tuttavia tale decorrenza non risulta presente nell'articolo in esame.
Ai sensi del comma 2, il Fondo è alimentato in via ordinaria dai conferimenti, annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e dalle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto del citato Fondo per le aree sottoutilizzate.
La ripartizione delle risorse del Fondo si effettua, come precisato dal comma 3, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[67].
I criteri di accesso e le modalità di utilizzo e gestione del Fondo per la concessione delle agevolazioni saranno definiti con regolamento[68] del Ministro dell'università e della ricerca, in modo da garantire la massima efficacia ed omogeneità degli interventi. Fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento continuano a trovare applicazione le disposizioni attualmente vigenti in materia di agevolazioni alla ricerca per l'utilizzo delle risorse che vanno a confluire nel FIRST (comma 4).
Per la fase di avvio del Fondo e per consentire un impatto più incisivo degli interventi in attuazione del Piano Nazionale della Ricerca, tenendo conto delle linee strategiche per la competitività e lo sviluppo economico, viene assegnata al FIRST una dotazione aggiuntiva di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 360 milioni di euro per l'anno 2009 ( comma 5).
In relazione al comma in esame si segnala che l'autorizzazione di spesa da destinare ad integrazione del FIRST viene quantificata dalla relazione illustrativa in 300 mln di euro per il triennio mentre la relazione tecnica e l’allegato 7 confermano il valore riportato nell’articolato per l’anno 2009 di 360 mln di euro.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, questo intervento è finanziato dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
Per l’illustrazione del settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104.
Per l’illustrazione dell’istituto europeo di tecnologia si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104.
Articolo
107
(Rifinanziamento del Fondo di cui
all'articolo 16 della legge 7 agosto 1997, n. 266)
1. Il Fondo di cui all'articolo 16, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266, e successive modificazioni, è integrato di 30 milioni di euro per l'anno 2007 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza Stato-regioni, definisce le modalità per una semplificazione dei criteri di riparto e di gestione del cofinanziamento nazionale dei progetti strategici.
L’articolo 107 rifinanzia il “Fondo nazionale per il cofinanziamento di interventi regionali nel settore del commercio e del turismo”, istituito ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge 266/97 (c.d. Bersani).
In particolare al Fondo sono destinati 30 milioni di euro per l’anno 2007 e 40 milioni di euro annui per il 2008 e il 2009.
La norma assegna al CIPE il compito di definire le modalità di semplificazione dei criteri di riparto e di gestione del cofinanziamento nazionale, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza Stato-regioni.
La legge 7 agosto 1997, n. 266 (“Interventi urgenti per l’economia”), all'articolo 16, comma 1, ha previsto l'introduzione di un nuovo strumento a favore del commercio e del turismo. Si tratta del Fondo nazionale per il cofinanziamento di interventi regionali nel settore del commercio e del turismo.
I criteri e le modalità per la gestione del Fondo sono fissati dal CIPE, su proposta del Ministro dell’industria (ora delle attività produttive), sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; il CIPE deve altresì definire i progetti strategici da realizzare.
Con la delibera CIPE 5 agosto 1998 sono state emanate le direttive per la concessione delle agevolazioni e sono stati previsti interventi di riqualificazione dei contesti urbani e territoriali da realizzare da parte delle regioni (che predispongono allo scopo, appositi programmi attuativi da realizzare sull’intero territorio nazionale).
Le risorse del predetto Fondo sono destinate – ai sensi dell''art. 52, comma 80, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (finanziaria 2002) - anche alla realizzazione di progetti comunali per qualificare la rete commerciale, nella misura massima di 30.987.414 euro per ciascuno degli anni 2002-2004. Tale disposizione si riferisce a quanto previsto dall'art. 10, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, che ha riformato la disciplina del settore del commercio.
L’art. 10 stabilisce che ogni regione può disporre discipline particolari per favorire lo sviluppo della rete commerciale nelle aree montane, rurali e insulari, per riqualificare la rete distributiva e rivitalizzare il tessuto economico sociale e culturale nei centri storici, nonché per consentire una equilibrata e graduale evoluzione delle imprese esistenti nelle aree urbane durante la fase di prima applicazione del nuovo regime amministrativo. In particolare, la lett. c) del comma 1 dell’art. 10 prevede che le regioni indichino i criteri in base ai quali le amministrazioni comunali per le aree metropolitane e sovracomunali e i centri storici possano sospendere o inibire gli effetti della comunicazione all'apertura degli esercizi di vicinato (ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 114/98 per la apertura, trasferimento o ampliamento degli esercizi suddetti è sufficiente la semplice comunicazione al comune competente per territorio). Detti criteri tengono conto dell'impatto dei nuovi esercizi commerciali sulla rete distributiva e sul tessuto urbano secondo una logica di qualificazione delle infrastrutture e dei servizi adeguati alle esigenze dei consumatori. Le aree interessate alla regolamentazione regionale sono quelle indicate alle lettere a), b) e c) dell'articolo 6, comma 3 della citata legge ed esattamente:
1. aree metropolitane omogenee
2. aree sovracomunali che rappresentano un unico bacino di utenza
3. centri storici
Per i centri storici, in particolare, i progetti comunali saranno finalizzati a tutelare gli esercizi di valore storico ed artistico e a salvaguardare le attività commerciali ed artigianali che svolgono esercizi di vicinato.
La Commissione europea ha presentato il 17 marzo 2006 la comunicazione “Rinnovare la politica comunitaria per il turismo: una partnership più forte per il turismo europeo” COM(2006).
La comunicazione illustra una serie di iniziative proposte dalla Commissione per incrementare la concorrenzialità dell’industria europea del turismo:
- migliorare la regolamentazione europea al fine di aumentare la competitività europea;
- coordinare le politiche di settore che possono avere un impatto sul turismo;
- usare meglio gli strumenti finanziari europei disponibili;
- promuovere la sostenibilità economica e sociale del turismo europeo;
- svilupparestatistiche armonizzate e dettagliate nel settore del turismo;
- promuovere le destinazioni europee.
Articolo
108
(Interventi per i consorzi e le
cooperative di garanzia collettiva fidi)
1. All'articolo 24, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, dopo la parola: «controgaranzie» sono inserite le seguenti: «e cogaranzie».
2. Per le finalità previste dall'articolo 24, comma 4, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, come modificato dal comma 1 del presente articolo, è attribuito un contributo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
3. Le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 33, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, si applicano anche alle società finanziarie di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 114 del 1998, come da ultimo modificato dal presente articolo.
L’articolo 108 modifica la disciplina delle società finanziarie che possono essere costituite, per finalità di sostegno al turismo ed al commercio, dai confidi, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998.
I Confidi, nati alla fine degli anni '50 per iniziativa dell'imprenditoria privata, costituiscono un importante strumento per favorire l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.
Si tratta di organismi di garanzia mutualistica a favore delle piccole e medie imprese, la cui funzione principale è quella, sostanzialmente, di correggere lo storico svantaggio di uno squilibrato rapporto con il sistema bancario fornendo alla banca le garanzie accessorie ed agevolandola in quei fondamentali e delicati compiti che sono la preselezione ed il monitoraggio della propria clientela.
Ai sensi dell'articolo 29 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, si considerano consorzi e cooperative di garanzia collettiva dei fidi (Confidi) i consorzi, le società consortili e le cooperative che abbiano come scopi sociali:
1) attività di prestazione di garanzie collettive al fine di favorire la concessione di finanziamenti da parte di aziende e istituti di credito, di società di leasing, di società di cessione di crediti d’imprese e di enti parabancari alle piccole imprese associate;
2) attività di informazione, consulenza, assistenza alle imprese consorziate per il reperimento e il migliore utilizzo delle fonti finanziarie, nonché le prestazioni dei servizi per migliorare la gestione finanziaria delle stesse imprese.
I Confidi, quindi, si configurano come organismi finalizzati ad agevolare l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese, offrendo alle banche delle garanzie che in genere coprono il 50 per cento dell'entità del prestito erogato.
Ai sensi dell'articolo 155, comma 4, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, i consorzi di garanzia collettiva dei fidi, di I e II grado, anche costituiti sotto forma di società cooperativa o consortile, ed esercenti le suddette attività, sono iscritti in un'apposita sezione dell'elenco generale degli intermediari previsto dall'articolo 106, comma 1, del medesimo testo unico.
Sulla materia è quindi intervenuto l’articolo 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998 (recante la riforma della disciplina relativa al settore del commercio) che ha previsto che i confidi possano costituire società finanziarie per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi.
L’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, disciplina l’attività di garanzia collettiva dei fidi, con la finalità di favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento patrimoniale e la crescita dimensionale dei Confidi. In particolare:
§ viene previsto il rafforzamento patrimoniale dei Confidi, in termini sia di requisiti patrimoniali minimi, sia di incentivazione alle fusioni e aggregazioni;
§ viene prevista una complessiva riforma del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese [legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 2, comma 100, comma 1, lettera a)] al fine di creare un sistema nazionale di garanzia articolato su due livelli: un primo livello (garanzia diretta) riservato ai Confidi e agli altri garanti che operano sul territorio, un secondo livello (controgaranzia) affidato al Fondo;
§ viene favorita l'evoluzione dei Confidi consentendo, nel rispetto dei princìpi del vigente ordinamento bancario e creditizio, l'utilizzazione dei modelli di banca di credito cooperativo o di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del TUB. A tal fine, viene prevista la possibilità che l'attività di garanzia collettiva dei fidi venga svolta anche da banche, secondo il modello delle banche cooperative;
§ ai fini dell'evoluzione dei Confidi verso il modello di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del TUB, vengono disciplinate due categorie di Confidi:
Confidi "minori", iscritti in un'apposita sezione dell'articolo 106 e la cui operatività resterebbe sostanzialmente limitata a quella attuale (garanzia collettiva dei fidi);
intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico, che possono esercitare, prevalentemente in favore dei soci, oltre alla garanzia collettiva dei fidi (che rimarrebbe comunque l'attività prevalente) anche alcune attività di garanzia nei confronti dello Stato e di gestione di fondi pubblici di agevolazione.
L’articolo 1, comma 368, lettera c), numero 5), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), ha poi stabilito, al fine di favorire l'accesso al credito e il finanziamento dei distretti produttivi e delle imprese che ne fanno parte, che il Ministro dell'economia e delle finanze adotta o propone le misure occorrenti per assicurare il riconoscimento della garanzia prestata dai Confidi quale strumento di attenuazione del rischio di credito ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali degli enti creditizi, in vista del recepimento del Nuovo accordo di Basilea, nonché per favorire il rafforzamento patrimoniale dei Confidi e la loro operatività.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 108 prevede, mediante una novella all’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998, che il Ministero dello sviluppo economico possa disporre il finanziamento delle società finanziarie costituite dai confidi per lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998, per le attività destinate non solo all’incremento di fondi di garanzia interconsortili gestiti da tali società e destinati alla prestazione di controgaranzie a favore dei confidi, come attualmente previsto all’articolo 24, comma 4, lettera a), ma anche per l’incremento dei fondi, sempre costituiti dalle medesime società, e destinati alla prestazione di cogaranzie a favore dei confidi medesimi.
L’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998 prevede infatti che i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi possano costituire società finanziarie con la finalità di sviluppare le imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi. Tali società devono essere ispirate a principi di mutualità, devono essere costituite da almeno 30 confidi, distribuiti sull’intero territorio nazionale e devono essere iscritte in un apposito elenco tenuto dal Ministro del tesoro, secondo i principi stabiliti dal TUB. Le società finanziarie possono ricevere finanziamenti dal Ministero dello sviluppo economico, oltre che per la finalità sopra ricordata anche per la promozione di interventi necessari al miglioramento dell’efficienza ed efficacia operativa dei soggetti costituenti; per la promozione di interventi destinati a favorire le fusioni tra confidi e per la realizzazione di servizi di progettazione e assistenza tecnica agli operatori del settore, anche mediante la costituzione di società partecipate dalle società finanziarie.
Usualmente, con l’attività di prestazione di controgaranzie si intende la garanzia prestata a favore di altri soggetti, come i confidi, abilitati alla prestazione di garanzie, mentre il termine “cogaranzia” indica la garanzia prestata direttamente a favore di banche o altri intermediari congiuntamente ad altri soggetti abilitati a prestare garanzie.
Il comma 2 destina uno stanziamento di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 al finanziamento da parte del Ministero dello sviluppo economico all’attività di incremento dei fondi di garanzie interconsortili per la prestazione di controgaranzie e di cogaranzie ai confidi che viene svolta dalle società finanziarie previste dall’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998 (cfr. supra comma 1).
Il comma 3 prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 13, comma 33, del decreto-legge n. 269 del 2003 anche alle società finanziarie previste dall’articolo 24 del decreto legislativo n. 114 del 1998.
Il comma 33 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003 prevede che le banche di garanzia collettiva dei fidi (vale a dire le banche che esercitano tale attività in via prevalente e possono costituirsi in forma di società cooperativa a responsabilità limitata) e i confidi possono, in occasione di trasformazioni o fusioni, imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle Regioni e di altri enti pubblici senza con questo derogare agli obblighi di destinazione previsti.
Articolo
109
(Fondo di garanzia fidi)
1. All'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 25, 26, 27 e 61-ter sono abrogati;
b) al comma 1 è soppresso il secondo periodo;
c) al comma 23, secondo periodo, le parole: «ai Fondi di garanzia indicati dai commi 25 e 28» sono sostituite dalle seguenti: «al Fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662»;
d) al comma 24, le parole: «ai Fondi di garanzia previsti dai commi 25 e 28» sono sostituite dalle seguenti: «al Fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662».
L’articolo 109 reca alcune modifiche alla riforma del sistema dei confidi operata con l’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326.
Sull’attività dei confidi cfr. supra scheda sull’articolo 108.
Il comma 1, lettera a)sopprime la riforma del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (PMI) prevista dai commi da 25 a 27 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003.
Si ricorda che il fondo era costituito presso il Mediocredito centrale SpA[69] in base alla previsione dell’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662 del 1996. Le disposizioni sopra richiamate del decreto legge n. 269 del 2003 prevedevano il conferimento del fondo ad una società per azioni e disciplinavano l’attività di tali società.
In particolare, il comma 25 prevedeva il conferimento del Fondo in una società per azioni costituita con atto unilaterale dallo Stato ed avente per oggetto esclusivo la sua gestione. (Il capitale sociale iniziale della società per azioni doveva essere determinato con decreto del ministro delle Attività produttive di concerto con il ministro dell'Economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole e forestali). Si prevedeva altresì che le operazioni di garanzia effettuate dalla società per azioni in oggetto beneficiassero della garanzia dello Stato nei limiti delle risorse finanziarie attribuite.
Il comma 26, prevedeva che l’intervento della società fosse destinato, in via prioritaria all'effettuazione di operazioni di controgaranzia delle garanzie, cogaranzie e controgaranzie prestate dai soci della società stessa.
Il comma 27 riservava ad un decreto del Ministro delle attività produttive, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di disciplinare le regole di funzionamento del Fondo di garanzia ex Mediocredito centrale e le caratteristiche delle garanzie dallo stesso prestate.
Conseguentemente, il comma 1, lettera a) prevede la soppressione del comma 61-ter del decreto-legge n. 269 del 2003 che stabiliva che in via transitoria, fino alla data di insediamento degli organi della società per azioni cui doveva essere conferito il Fondo di garanzia per le PMI, si continuassero ad applicare le disposizioni previgenti riguardanti il fondo.
Anche le disposizioni di cui alle lettere c) e d) del comma 1 risultano conseguenti alla soppressione della previsione, di cui al comma 25 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, della costituzione di una società per azioni cui conferire il Fondo di garanzia per le PMI.
Le lettere c) e d) prevedono infatti la sostituzione del riferimento, al comma 23 del medesimo articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, ai fondi di cui ai commi 25 e 28 con il riferimento al fondo di garanzia per le PMI di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662 del 1996.
Il comma 25 dell’articolo 13 prevedeva, come più volte ricordato, il conferimento ad una società per azioni del fondo di garanzia per le PMI; il comma 28, invece, estendeva, sostanzialmente, anche al Fondo di garanzia dell'Artigiancassa[70] (legge n. 662/1996, art. 2, co. 100, lettera b) il medesimo meccanismo “di secondo livello” (vale a dire con funzione di prestazione di controgaranzie[71]) di intervento. Si prevedeva, infatti che l'intervento di tale fondo venisse riservato alle operazioni di controgaranzia dei confidi nonché alle operazioni di cogaranzia di medesimi, anch'esso escutibile per intero e a prima richiesta. Il comma 28 è stato successivamente abrogato dal comma 7 dell’articolo 11 del decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, recante disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80[72].
Il comma 23 dell’articolo 13 prevedeva invece che a tali fondi venissero destinate le somme derivanti dai versamenti effettuati al Ministero dell’economia dai confidi non aderenti a un fondo di garanzia interconsortile. La medesima disposizione imponeva infatti a tali confidi di versare lo 0,5 per mille delle garanzie concesse dell’anno (il comma 24 prevedeva conseguentemente che le somme versate non concorressero alla formazione del reddito dei fondi destinatarie potessero essere ammesse in deduzione dal reddito dei confidi).
La disposizione in commento prevede quindi che tali versamenti siano devoluti al fondo di garanzia per le PMI.
Il comma 1, lettera b) prevede infine la soppressione del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 109, il quale prevedeva, con una norma di difficile interpretazione, che, in sede di prima applicazione e fino alla chiusura del terzo esercizio, il consiglio di amministrazione fosse composto dai soggetti indicati all’articolo 3 della legge 14 ottobre 1964, n. 1064, recante l’istituzione del fondo centrale di garanzia presso Artigiancassa.
L’articolo 3 della legge n. 1068 dispone che il fondo centrale di garanzia istituito presso l’Artigiancassa è amministrato da un comitato composto: dal presidente, dal vice presidente del consiglio di amministrazione di Artigiancassa, dal direttore generale, da un rappresentante del Ministero del tesoro, da un rappresentante del Ministero dell'industria e da due membri del consiglio generale di Artgiancassa nominati in rappresentanza delle categorie artigiane.
La difficoltà di interpretare la norma deriva dal fatto che la disposizione era inserita nel comma 1 dell’articolo 13, il quale recava le definizioni dei termini (come confidi) più ricorrenti nell’articolo. Non risultava pertanto chiaro al consiglio di amministrazione di quale ente ci si riferisse.
Articolo
110
(Promozione della competitività nei
settori industriali
ad alta tecnologia)
1. Per le finalità di cui all'articolo 3, primo comma, lettera a), della legge 24 dicembre 1985, n. 808, sono autorizzati contributi quindicennali di euro 40 milioni per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da erogare alle imprese nazionali del settore aeronautico, ai sensi dell'articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
2. Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 11 maggio 1999, n. 140, sono autorizzati contributi quindicennali di euro 10 milioni per l'anno 2007 e 30 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell'articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
3. Per le finalità di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 7 agosto 1997, n. 266, sono autorizzati contributi quindicennali rispettivamente di euro 50 milioni per l'anno 2007, 40 milioni per l'anno 2008 e 30 milioni per l'anno 2009, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell'articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
L’articolo 110 in commento rifinanzia le attività previste in favore delle imprese nazionali del settore aeronautico, autorizzando contributi quindicennali da erogare ai sensi dell’articolo 5, comma 16-bis, del DL 35/05 (c.d. competitività).
Si ricorda che il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al richiamato comma 16-bis dell’articolo 5 dispone in ordine alle modalità di utilizzo dei limiti d’impegno, già stanziati da specifiche disposizioni legislative, in materia di sviluppo del settore aeronautico, stabilendo in proposito che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato, concernenti la realizzazione di progetti ad elevato contenuto tecnologico nel settore aeronautico, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 808/1985 e all’articolo 1 comma 1, lettera a), della legge n. 140/1999, siano utilizzati nella forma di contributi pluriennali in conformità alle disposizioni recate dall'articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).
Il citato comma 177 ha introdotto un’importante innovazione nella disciplina dei limiti di impegno, stabilendo che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato sulla base di specifiche disposizioni legislative devono intendersi:
a) quale contributo pluriennale dello Stato per la realizzazione di investimenti, di forniture di interesse nazionale e di azioni mirate a favorire il trasporto delle merci con modalità alternative, includendo nel costo degli stessi anche gli oneri derivanti dagli eventuali finanziamenti necessari;
b) quale concorso dello Stato al pagamento di una quota degli oneri derivanti dai mutui o da altre operazioni finanziarie che i soggetti interessati sono autorizzati ad effettuare per la realizzazione di investimenti, nel caso in cui il soggetto beneficiario non sia compreso nel settore delle amministrazioni pubbliche, come definito sulla base delle regole comunitarie di contabilità nazionale.
Il concorso parziale al finanziamento degli oneri derivanti da mutui o prestiti, pertanto, si applica solo ai casi in cui il beneficiario del finanziamento sia un soggetto che non appartiene al settore delle amministrazioni pubbliche. La determinazione della quota di concorso è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro competente.
I contributi quindicennali autorizzati dal presente articolo sono i seguenti:
§ 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009 da destinare alle imprese nazionali del settore, per le finalità indicate dall’art. 3, comma 1, lett. a) della legge 808/85 (comma 1);
§ 10 milioni di euro per il 2007 e di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lett. a) della legge 140/99 (comma 2);
§ 50 milioni di euro per il 2007, 40 milioni di euro per l’anno 2008 e 30 milioni di euro per il 2009, per le finalità indicate dall’art. 4, comma 3, della legge 266/97 (comma 3).
La legge n. 808 del 1985, recante “Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico”, costituisce il principale provvedimento a sostegno del settore.
In particolare, l’articolo 3, comma 1, lett. a), prevede la concessione di finanziamenti per favorire la partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici in collaborazione internazionale, in particolare per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi.
Le risorse relative agli interventi previsti dalla legge n. 808 del 1985 sono iscritti nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, U.P.B. 3.2.3.8, capitolo 7421 “Interventi agevolativi per il settore aeronautico”. Nel bilancio per il 2006 la dotazione del capitolo ammonta a 174,7 milioni di euro.
La legge n. 140 del 1999 all’articolo 1, comma 1, lettera a), autorizza il Ministero delle attività produttive (ora sviluppo economico), al fine di promuovere lo sviluppo dell'industria nazionale ad alta tecnologia, ad effettuare interventi riguardanti la realizzazione da parte di imprese italiane, anche eventualmente nell'ambito di collaborazioni internazionali, di progetti e programmi ad elevato contenuto tecnologico nei settori aeronautico e spaziale e nel settore dei prodotti elettronici ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale.
Le relative risorse sono iscritte nel capitolo 7420 dell’U.P.B. 3.2.3.8, unitamente ad altre autorizzazioni legislative concernenti il settore aeronautico.
Il capitolo 7420, peraltro, riguarda il c.d. Fondo unico per le imprese, nel quale sono confluite, a decorrere dal 1999 le risorse relative al commercio e turismo, alla ricerca e sviluppo tecnologico, alla riconversione industriale, al settore minerario, agli interventi di competenza nelle aree depresse, all’imprenditoria femminile. Il Fondo unico, articolato in numerosi piani di gestione, è oggetto di riparto tra i settori interessati, con decreto del Ministro delle attività produttive (ora sviluppo economico), previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Nel bilancio per il 2006 la dotazione complessiva del cap. 7420 è pari a 1.438,3milioni, di cui 537,1 milioni relativi al settore aeronautico[73].
La legge 7 agosto 1997, n. 266 (c.d. Bersani), recante "Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, comma 3, ha autorizzato un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA (European fighter aircraft)[74]. Ha pertanto autorizzato il Ministero del Tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in conformità alla indicazione del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro della difesa, deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato successivamente rifinanziato:
§ dall’art. articolo 50, comma 1, lettera h), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999) che ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 24 miliardi di lire a partire dal 1999, di 50 miliardi di lire a partire dal 2000 e di 26 miliardi di lire a partire dal 2001;
§ dall’art. 52, comma 43, della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria 2002) che ha previsto un ulteriore rifinanziamento, pari a 154,937 milioni di euro per il solo anno 2002;
§ dall’articolo 80, comma 60, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003), che ha autorizzato una spesa di 50 milioni di euro per le esigenze di prosecuzione del programma EFA per il 2003, mentre alla tabella 1 è indicato un limite di impegno quindicennale con decorrenza dal 2004 per 100 milioni sempre relativo al programma EFA.
Per il Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104.
Per l’Istituto europeo di tecnologia si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104.
Per la politica dell’innovazione si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104.
Per gli aiuti di Stato alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione, si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.
Articolo
111
(Coordinamento delle politiche della
ricerca applicata e dell'innovazione tecnologica)
1. Gli incentivi alla ricerca applicata e alla innovazione tecnologica, relativi ai Fondi di competenza dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'università e della ricerca e del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri sono gestiti dalle medesime amministrazioni in modo coordinato anche in conformità alle direttive adottate congiuntamente dai tre Ministri.
2. Le amministrazioni di cui al comma 1 conformano la propria attività a quanto disposto dal medesimo comma, in modo da assicurare criteri coordinati di selezione e valutazione delle domande, anche tramite l'emanazione di bandi unitari e l'acquisizione delle domande dì agevolazione presso un unico ufficio, individuando idonee forme di coordinamento per la valutazione integrata delle domande stesse.
L’articolo 111 prevede, al comma 1, la gestione coordinata degli incentivi alla ricerca applicata e alla innovazione tecnologica relativi ai Fondi di competenza dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'università e della ricerca e del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche conformemente alle direttive adottate congiuntamente dai tre Ministri.
Il comma 2 dispone inoltre che le amministrazioni interessate agiscano in modo da assicurare criteri coordinati di selezione e valutazione delle domande, anche tramite l'emanazione di bandi unitari e l'acquisizione delle domande di agevolazione presso un unico ufficio, individuando idonee forme di coordinamento per la valutazione integrata delle domande stesse.
La relazione illustrativa precisa che la norma intende fornire un chiaro indirizzo di coordinamento politico alle citate Amministrazioni, prevedendo che le stesse conformino le proprie attività secondo criteri coordinati rispondenti ad una unitaria valutazione e selezione delle iniziative da ammettere ai benefici di cui ai citati Fondi.
Si segnala che Il D.Lgs. 204/1998 ha introdotto nuovi strumenti di coordinamento delle risorse finanziarie quali il Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR) - risorsa aggiuntiva da destinare a specifici interventi di particolare rilevanza strategica - e l'accorpamento in unico Fondo ordinario dei flussi finanziari diretti agli enti di ricerca finanziati dal MURST. A tali strumenti vanno aggiunti, per quanto concerne la ricerca industriale (riordinata dal D.Lgs. 297/1999), il Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) istituito presso il MURST e il Fondo per l'innovazione tecnologica (FIT), istituito dalla L. 46/1982[75] e gestito dal Ministero dello sviluppo economico.Va inoltre menzionato il Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB), istituito nello stato di previsione del MURST dall'art. 104 della legge finanziaria 2001.
Per il Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104
Per l’Istituto europeo di tecnologia si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104
Per la politica dell’innovazione si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 104
Per gli aiuti di Stato alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione, si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 18.
Articolo
112
(Progetti per la società
dell'informazione)
1. Al fine di estendere e sostenere in tutto il territorio nazionale la realizzazione di progetti per la società dell'informazione è autorizzata una spesa di euro 10.000.000 per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Con decreto di natura non regolamentare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione individua le azioni da realizzare sul territorio nazionale, le aree destinatarie della sperimentazione e le modalità operative e di gestione di tali progetti.
L’articolo 112autorizza uno stanziamento annuale di 10 milioni di euro per il triennio 2007-2009 finalizzato alla realizzazione di progetti per la società dell'informazione.
L’attuazione degli interventi è demandata ad un decreto, di natura non regolamentare, del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da emanarsi entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, con il quale saranno individuate:
§ le azioni da realizzare;
§ le aree destinatarie della sperimentazione;
§ le modalità operative e di gestione dei progetti.
Nel Governo attualmente in carica, il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione prof. Luigi Nicolais riassume nelle sue competenze le funzioni che sono state in passato attribuite al ministro per la funzione pubblica e a quello per l’innovazione e le tecnologie.
Con il D.P.C.M. 15 giugno 2006 il Presidente del Consiglio ha delegato il ministro ad esercitare le funzioni, attribuite dalle disposizioni vigenti al Presidente del Consiglio stesso, relative al lavoro pubblico e all’organizzazione delle pubbliche amministrazioni nonché in materia di innovazione organizzativa, gestionale e tecnologica, di sviluppo della società dell'informazione[76], delle connesse innovazioni per le amministrazioni pubbliche, i cittadini e le imprese, con particolare riferimento alle strutture, tecnologie e servizi in rete, allo sviluppo dell'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, della diffusione della cultura informatica e digitale.
All’inizio della XIV legislatura, nel Governo presieduto dall’on. Berlusconi, è stato nominato per la prima volta un ministro senza portafoglio per l’innovazione e le tecnologie, il quale è stato delegato ad esercitare le funzioni del Presidente del Consiglio nelle materie dell’innovazione tecnologica, dello sviluppo della società dell’informazione e delle connesse innovazioni per le amministrazioni pubbliche, i cittadini e le imprese.
Le funzioni del ministro si correlano a una struttura organizzativa costituita da:
§ il Comitato dei ministri per la società dell’informazione, che ha il compito di coordinare l’azione delle amministrazioni e di realizzare una strategia coerente per lo sviluppo della società dell’informazione e delle politiche di settore collegate;
§ il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie nell’ambito della Presidenza del Consiglio, quale struttura di supporto all’esercizio delle funzioni delegate al ministro;
§ il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), struttura organizzativa funzionale al perseguimento degli obiettivi di e-Government e di costruzione della società dell’informazione.
Tra le competenze del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, come definite dalle disposizioni vigenti[77], sono da ricordare quelle relative allo sviluppo della società dell'informazione. In questo settore, il Dipartimento collabora, in coordinamento con le altre strutture di cui si avvale il ministro e con le amministrazioni pubbliche di riferimento, alla elaborazione delle politiche di settore per lo sviluppo della società dell'informazione ed elabora il relativo piano nazionale integrato con i vari centri di competenza regionali. Sviluppa obiettivi e linee guida per la diffusione nel Paese della cultura digitale dei cittadini e delle imprese; assicura la predisposizione degli interventi finalizzati all'attuazione dei programmi e dei provvedimenti normativi inerenti allo sviluppo della società dell'informazione.
Nella XIV legislatura si è provveduto al finanziamento di iniziative specifiche dirette a sostenere il processo di sviluppo della società dell’informazione nella pubblica amministrazione e nel Paese, anche attraverso la diffusione e l'impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nei diversi settori economici, sociali e culturali del Paese.
In questa direzione si sono mossi gli interventi, disposti da alcune leggi finanziarie, destinati al finanziamento degli incentivi per l’acquisto di strumenti informatici e digitali da parte di:
- giovani (progetto PC ai giovani, varato dall’art. 27 della legge finanziaria per il 2003 e rifinanziato dall’art. 4, co. 9, della legge finanziaria per il 2004);
- famiglie (PC alle famiglie, avviato dall’art. 4, co. 10, della legge finanziaria per il 2004);
- docenti (PC ai docenti, art. 4, co. 11, della legge finanziaria per il 2004, esteso al personale dirigente e non docente delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e delle università statali e non statali dall’art. 1, co. 207, della legge finanziaria per il 2005);
- dipendenti della pubblica amministrazione (PC ai dipendenti, art. 1, co. 208, della legge finanziaria per il 2005);
- dipendenti di impresa privata (art 7, co. 3- ter, del decreto legge 35/2005).
Sul fronte degli interventi per le infrastrutture, la legge finanziaria 2003 (art. 89) ha previsto incentivi per favorire la diffusione della banda larga[78] e della televisione digitale mediante l’acquisto e il noleggio dei relativi apparati.
Tra le altre misure rilevanti, si ricordano:
- l’istituzione di un Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2003 (art. 26, co. 1, della legge finanziaria per il 2003);
- il rifinanziamento del Fondo per progetti strategici per il settore informatico e iniziative destinate alla diffusione ed allo sviluppo della società dell'informazione nel Paese, istituito dall'art. 27 comma 2 della L. 3/2003 (e già dotato di un finanziamento di circa 155 milioni di euro nel triennio 2002-2004) con un'ulteriore dotazione di 51,5 milioni di euro per l'anno 2004 e di 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 (art. 4, co. 8, legge finanziaria per il 2004);
- l’integrazione della sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti, finalizzati all'introduzione di innovazioni di processo e di prodotto, mediante l'uso di tecnologie digitali, della somma di 40 milioni di euro per l'anno 2005, 40 milioni di euro per l'anno 2006 e 20 milioni di euro per l'anno 2007 (art. 1, co. 209, della legge finanziaria per il 2005).
A luglio 2006 è stato presentato il Rapporto dell'Osservatorio semestrale della società dell’informazione, realizzato da Federcomin[79] in collaborazione con il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie; da due anni il Rapporto segue i percorsi di innovazione tecnologica del nostro Paese, analizzando il grado di diffusione e di utilizzo delle tecnologie digitali (informatica, telecomunicazioni, media digitali) da parte di aziende, famiglie, pubblica amministrazione.
Il 19 maggio 2006 la Commissione ha adottato la prima relazione annuale sui progressi compiuti nell'ambito dell'iniziativa i2010[80](COM(2006)215).
La Commissione afferma che gli Stati membri dell'UE devono attuare piani più ambiziosi per sfruttare le tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) al fine di trarne pieno vantaggio. Per far ripartire la crescita, gli Stati membri devono moltiplicare gli sforzi per migliorare l'accesso alle connessioni internet in banda larga, agevolare la circolazione dei contenuti digitali in tutta l'Unione europea, liberare lo spettro radio per nuove applicazioni, integrare la ricerca e l'innovazione e ammodernare i servizi pubblici.
Il 20 marzo 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo “Colmare il divario nella banda larga” (COM(2006)129).
Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 121.
Articolo
113
(Fondo di investimento per esigenze di
difesa nazionale)
1. Per il finanziamento degli interventi a sostegno dell'economia nel settore dell'industria nazionale ad elevato contenuto tecnologico è istituito un apposito fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero della difesa, con una dotazione di 1.700 milioni di euro per l'anno 2007, di 1.550 milioni di euro per l'anno 2008 e di 1.200 milioni di euro per l'anno 2009, per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale, derivanti anche da accordi internazionali. Dall'anno 2010, per la dotazione del fondo si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Con uno o più decreti del Ministro della difesa, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, e alla Corte dei conti, sono individuati, nell'ambito della predetta pianificazione, i programmi in esecuzione o da avviare con le disponibilità del fondo, disponendo delle conseguenti variazioni di bilancio. Con decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate le modalità e le procedure di assunzione di spesa anche a carattere pluriennale per i programmi derivati da accordi internazionali.
Il comma unico dell’articolo 113, istituisce, nello stato di previsione del Ministero della difesa, un apposito fondo destinato al finanziamento degli interventi a sostegno dell'economia nel settore dell'industria nazionale ad elevato contenuto tecnologico.
Il fondo è iscritto con una dotazione di 1.700 milioni di euro per l'anno 2007, di 1.550 milioni di euro per l'anno 2008 e di 1.200 milioni di euro per l'anno 2009, per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale, derivanti anche da accordi internazionali. Dall'anno 2010, per la dotazione del fondo si provvede con rifinanziamenti mediante la Tabella D, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. I programmi in esecuzione, o da avviare con le disponibilità del fondo sono individuati, nell'ambito della predetta pianificazione, con uno o più decreti del Ministro della difesa, che dispongono le conseguenti variazioni di bilancio e sono comunicati, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Corte dei conti.
La norma prevede infine che con decreti del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano individuate le modalità e le procedure di assunzione di spesa anche a carattere pluriennale per i programmi derivati da accordi internazionali.
Articolo
114
(Fondo per il salvataggio e la
ristrutturazione delle imprese in difficoltà)
1. Per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di Stato del Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
L’articolo 114 autorizza la spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il rifinanziamento del Fondo relativo agli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà.
Tale Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà è stato istituito dall'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35[81], con una dotazione finanziaria pari a 35 milioni di euro per l'anno 2005. L’articolo 2 del D.L. 3 aprile 2006, n. 136[82], recante “Proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali” ha provveduto ad incrementare il fondo per l'anno 2006 di un importo pari a 15 milioni di euro. Per approfondimenti si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 104, comma 13.
Secondo l’allegato 7 al ddl finanziaria in esame, la disposizione in commento produce su fabbisogno e indebitamento effetti negativi pari a 5 milioni di euro nel 2007, 20 milioni di euro per il 2008, 40 milioni di euro per il 2009.
Articolo
115
(Imprese pubbliche)
1. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, la dotazione del fondo da ripartire di cui all'articolo 1, comma 15, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nel quale confluiscono gli importi delle dotazioni di bilancio relative ai trasferimenti correnti alle imprese, è integrata di euro 600 milioni annui, ai fini della corresponsione dei corrispettivi per le imprese pubbliche in relazione agli oneri di servizio pubblico sostenuti in applicazione dei rispettivi contratti di programma.
L’articolo 115 prevede, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, l’integrazione di 600 milioni di euro della dotazione del Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze ai sensi della legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 15, legge n. 266/2005), ai fini della corresponsione dei corrispettivi per gli oneri di servizio pubblico sostenuti dalle imprese beneficiarie del Fondo stesso, per i rispettivi contratti di programma.
Tale fondo è infatti destinato a erogazioni statali in conto esercizio a favore di società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze (ANAS, Coni Servizi, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, ENAV), nonché dei distretti industriali della nautica da diporto per il sostegno alla propria attività.
Nel disegno di legge bilancio a legislazione vigente per l’anno 2007 (A.C. 1747) il Fondo (iscritto nella U.P.B. 3.1.5.20/cap. 2197/Economia) è dotato per l’anno 2007 di 1.997 milioni di euro.
La relazione tecnica precisa che le imprese pubbliche interessate sono ANAS Spa, ENAV, Poste Italiane Spa e Ferrovie dello Stato Spa e evidenzia la necessità di un ripristino degli stanziamenti a copertura dei suddetti oneri a seguito del manifestarsi di talune problematiche gestionali per le suddette imprese, derivante dalla riduzione complessiva dei trasferimenti statali, pari al 29,5 per cento circa, per effetto della legge finanziaria 2006.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 15, della legge finanziaria per il 2006 (legge n, 266/2005) ha previsto l’istituzione, a decorrere dal 2006, negli stati di previsione di ciascun ministero, di appositi Fondi in cui sono confluite le dotazioni finanziarie delle unità previsionali di base relative ai trasferimenti correnti alle imprese.
Le unità previsionali di base e le dotazioni di bilancio che sono confluite in ciascun Fondo sono indicate nell'elenco 3 allegato alla legge finanziaria stessa.
In base al comma 15, non confluiscono nei costituendi fondi:
- le risorse destinate al comparto della radiodiffusione televisiva locale,
- le risorse relative a contributi in conto interessi,
- gli stanziamenti determinati in Tabella C,
- le somme classificate come spese obbligatorie.
Peraltro, l’elenco 3 ha contestualmente operato una riduzione della dotazione finanziaria di ciascuna unità previsionale di base relativa a trasferimenti correnti ad imprese, destinata a confluire nei Fondi unici, rispetto alla dotazione indicata nel disegno di legge di bilancio che fu presentato a settembre 2005.
Le riduzioni hanno riguardato solo alcuni Ministeri (dell’economia, delle attività produttive, del lavoro, delle infrastrutture, delle politiche agricole e per i beni e le attività culturali), con una incidenza percentuale del 29,5% su tutte le U.P.B. interessate.
Il comma 16 stabilisce che i ministri competenti presentino annualmente al Parlamento, una relazione, nella quale viene individuata la destinazione delle disponibilità di ciascun fondo, nell'ambito delle autorizzazioni di spesa e delle tipologie di interventi confluiti in esso, sulla quale le Commissioni parlamentari competenti devono esprimere un parere.
In data 28 giugno 2006 la Commissione Bilancio della Camera ha espresso parere favorevole con condizioni sulla Relazione, presentata dal Governo, concernente la ripartizione delle disponibilità del Fondo per l’anno 2006 tra le imprese pubbliche beneficiarie.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, questo intervento è finanziato dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
Gli effetti sui saldi di finanza pubblica derivanti dalla disposizione in esame sono così quantificati dal Governo:
(milioni di euro)
Saldo netto da finanziare |
Fabbisogno |
Indebitamento |
||||||
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
2007 |
2008 |
2009 |
600 |
600 |
600 |
500 |
500 |
500 |
500 |
500 |
500 |
1. Per la realizzazione, l'acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti all'applicazione del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria.
2. Nei casi di cui al comma 1, il bando, ferme le altre indicazioni previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, determina i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
3. L'offerente può essere anche un'associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale. In caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all'adempimento dell'obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l'associazione temporanea di imprese, l'altro può sostituirlo, con l'assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche.
4. L'adempimento degli impegni della stazione appaltante resta in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione ed eventuale gestione funzionale dell'opera secondo le modalità previste.
5. Al fine di assicurare la massima estensione dei princìpi comunitari e delle regole di concorrenza negli appalti di servizi o di servizi pubblici locali la stazione appaltante considera, in ogni caso, rispettati i requisiti tecnici prescritti anche ove la disponibilità dei mezzi tecnici necessari ed idonei all'espletamento del servizio è assicurata mediante contratti di locazione finanziaria con soggetti terzi.
L’articolo 116, al comma 1, autorizza i committenti tenuti all’applicazione del Codice dei contratti pubblicidi cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ad utilizzare anche i contratti di locazione finanziaria (cd. leasing) ai fini della realizzazione, acquisizione o completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità.
Si premette che una disposizione, in parte analoga al comma 1 in esame, era stata introdotta nel cd. ddl competitività "Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale", nel corso dell’iter parlamentare (art. 21 dell’AC 5736-A). Tale ddl non ha, però, concluso il suo iter una volta trasmesso al Senato della Repubblica.
Si ricorda che una particolare categoria di leasing pubblico[83] è rappresentata dal leasing dei beni immobili da costruire (locazione finanziaria in costruendo). In tale fattispecie la P.A. sposta l’onere della realizzazione dell’opera sull’intermediario finanziario. In questa ipotesi l’ente pubblico stipula, con l’impresa di leasing, un contratto avente ad oggetto la cessione in godimento di un immobile ancora da costruire; l’impresa di leasing si assume l’obbligo di finanziare la costruzione dell’immobile, di costruirlo e di consegnarlo all’ente che da parte sua si obbliga ad utilizzarlo per un certo periodo di tempo (dai cinque ai novantanove anni) pagando un canone e con la possibilità di riscattarlo scaduto il termine previsto dal contratto. Il locatario ha in genere l’iniziativa dell’operazione; quindi si procura il terreno adatto alla costruzione dell’immobile oppure lo indica alla società di leasing e spesso predispone il progetto dell’intervento edilizio, si incarica del controllo dei lavori ed espleta le formalità burocratiche necessarie.
In relazione al leasing pubblico occorre sottolineare alcune problematiche, tra le quali quella relativa all’inquadramento dei problemi del leasing pubblico, ovvero del leasing posto in essere da pubbliche amministrazioni o da soggetti comunque tenuti all’applicazione della normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici[84]. A lungo si è dibattuto sull’ammissibilità del leasing da parte delle pubbliche amministrazioni che è stata poi superata da una serie di pronunce giurisprudenziali[85] che hanno pienamente legittimato gli enti pubblici a stipulare contratti di leasing finanziario nel rispetto della finalizzazione al perseguimento di scopi istituzionali.
Un’altra problematica è quella dell’inquadramento del contratto di leasing nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici intrinsecamente connessa a quella dell’individuazione della disciplina applicabile alle gare ed ai procedimenti di evidenza pubblica. Al riguardo l’Autorità di vigilanza dei lavori pubblici si è pronunciata più volte (deliberazione n. 337 del 4 dicembre 2002 e n. 145 del 23 settembre 2004[86]) ribadendo l’obbligatorietà del ricorso alle procedure previste dalla L. 109/94. In definitiva, ciò che può trarsi dagli interventi sopra citati è che quando l’oggetto del leasing in concreto non è costituito da servizi finanziari bensì da veri e propri lavori pubblici, ovvero qualora lavori dedotti nel rapporto PA-privato non abbiano una valenza meramente strumentale o indiretta o accessoria, ma rappresentino l’interesse concreto che la PA intende conseguire dal rapporto, si impone il rispetto della Merloni: sotto questo profilo concordano l’Autorità di vigilanza e l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato e ben pochi spazi di intervento alternativo residuano.
Si ricorda che l’articolo 3, comma 9, del decreto legislativo n. 163 (conformemente all’articolo 1, comma 3, lett. c) ricomprende la locazione finanziaria tra gli “appalti pubblici di forniture”. Si segnala tuttavia che il concreto inquadramento del contratto tra le varie tipologie di appalto dipende dal suo contenuto. In particolare in dottrina si osserva che talora il leasing si configura come contratto bilaterale tra amministrazione e società di leasing, di prestazione di servizi finanziari; altre volte come appalto misto di forniture, servizi e lavori, rispetto al quale, al fine di individuare la disciplina applicabile, occorrerà usare il criterio della prevalenza economica. In ogni caso, v’è sufficiente concordia sulla definizione del leasing quale contratto di durata avente causa di finanziamento.
Le disposizioni in commento sembrano si riferiscono alla locazione finanziaria in costruendo, ma interessano anche l’acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità.
In relazione ai destinatari della norma indicati come “committenti”, essi dovrebbero essere individuati nelle amministrazioni aggiudicatrici e negli altri soggetti di cui agli artt. 3 e 32 del Codice dei contratti pubblici soggetti al rispetto della disciplina codicistica sugli appalti, nonché nelle “centrali di committenza” introdotte per la prima volta nell’ordinamento italiano dall’art. 33 del Codice stesso.
Tale disposizione prevede la facoltà per le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori di istituire centrali di committenza. La “centrale di committenza” è definita all’articolo 3, comma 34, come “l’amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori”.
Il comma 2 prevede, quindi, che nel caso si utilizzi la locazione finanziaria, il bando di gara, ferme le altre indicazioni previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, debba determinare i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Si ricorda che gli art. 41 e 42 del decreto nel decreto legislativo n. 163 del 2006, prevedono, nel caso di appalti di forniture o servizi, che le amministrazioni precisino nel bando di gara i requisiti atti a dimostrare la capacità economica e finanziaria e tecnica professionale del concorrente, nonché eventuali altri requisiti che ritengono di richiedere.
Il comma 3 prevede che l'offerente possa essere anche un'associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale.
È prevista la possibilità, in caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all'adempimento dell'obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l'associazione temporanea di imprese, per l'altro di sostituirlo con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche, previo assenso del committente.
Si ricorda che per Associazione temporanea tra imprese (A.T.I.) si intende comunemente un’aggregazione temporanea e occasionale tra imprese per lo svolgimento di un’attività, limitatamente al periodo necessario per il suo compimento. Essa infatti nasce dalla convenienza, per due o più imprese che partecipano ad una gara d’appalto, a collaborare tra loro, con lo scopo di garantire al committente l’esecuzione integrale e a regola d’arte dell’opera. La disciplina legislativa delle cd. ATI, più propriamente indicate come raggruppamenti temporanei di concorrenti, è ora contenuta negli artt. 34 e 37 del Codice degli appalti. Le associazioni temporanee vengono solitamente distinte in orizzontali e verticali. Nel primo caso, (associazioni orizzontali) il rapporto di collaborazione viene istituito tra imprese che esercitano attività omogenee e che si riuniscono al fine di suddividere i lavori e così ottenere, grazie al cumulo delle iscrizioni, i requisiti necessari per partecipare alla gara d’appalto. Nel secondo (associazioni verticali), invece, tale omogeneità tra le attività delle associate non esiste, e un’impresa che svolge la categoria di attività principale oggetto della gara assume la posizione di capogruppo e riunisce altre imprese mandanti che svolgano attività corrispondenti a parti dell’opera che il bando definisce come scorporabili. Al riguardo, infatti, l’art. 37, comma 1, del Codice degli appalti fornisce la definizione di entrambe le tipologie per i diversi tipi di appalto, lavori, forniture o servizi.
Il comma 4 dispone che l'adempimento degli impegni della stazione appaltante resti in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione e dell’ eventuale gestione funzionale dell'opera secondo le modalità previste.
Si segnala, in merito, che l’art. 10 del D.Lgs. N. 163 del 2006 prevede che vanga nominato un responsabile delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (il cui nominativo deve essere indicato nel bando di gara) con compiti di controllo per le fasi della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione previsti dal codice stesso e di vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti.
Da ultimo, il comma 5 prevede, al fine di assicurare la massima estensione dei principi comunitari e delle regole di concorrenza negli appalti di servizi o di servizi pubblici locali, che la stazione appaltante consideri, in ogni caso, rispettati i requisiti tecnici prescritti anche ove la disponibilità dei mezzi tecnici necessari ed idonei all'espletamento del servizio è assicurata mediante contratti di locazione finanziaria con soggetti terzi.
Per gli appalti nel settore delle opere pubbliche si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 41.
1. Per il proseguimento degli interventi in favore del settore dell'autotrasporto di merci, al fondo istituito dall'articolo 1, comma 108, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è assegnata la somma di euro 520 milioni per l'anno 2007.
L’articolo 117 assegna al Fondo per misure di accompagnamento della riforma dell'autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica, istituito dall’articolo 1, comma 108, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), la somma di 520 milioni di euro per l’anno 2007, al fine del proseguimento degli interventi in favore dell’autotrasporto.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, questo intervento è finanziato dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
L’articolo 1, comma 108, della legge finanziaria per il 2006 ha istituito - nello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - un fondo denominato "Fondo per misure di accompagnamento della riforma dell'autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica ", con una dotazione iniziale di 80 milioni di euro per l'anno 2006.
Il fondo è finalizzato ad agevolare il processo di riforma del settore dell'autotrasporto di merci – previsto dalla legge n. 32 del 2005[87] - attraverso la riqualificazione del sistema imprenditoriale anche mediante la crescita dimensionale delle imprese ai fini di una maggiore competitività sul mercato interno e internazionale.
Le modalità di utilizzazione del Fondo sono demandate ad un regolamento di esecuzione emanato - su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti , di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - ai sensi dell'articolo 17 , comma 1, della legge 400 del 1988.
Si ricorda che la legge n. 32 del 2005 recava la delega al Governo ad adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di:
a) servizi automobilistici interregionali di competenza statale;
b) liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasporto e contestuale raccordo con la disciplina delle condizioni e dei prezzi dei servizi di autotrasporto di merci per conto di terzi;
c) organizzazione e funzioni delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell'autotrasporto di merci.
Alla delega suddetta è stata data attuazione con i seguenti decreti legislativi:
§ decreto legislativo21 novembre 2005, n. 285relativo al riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, intendendosi per tali i servizi di trasporto di persone effettuati su strada mediante autobus, ad offerta indifferenziata, che si svolgono in modo continuativo o periodico su un percorso che interessa il territorio di almeno tre regioni ed aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti, nonché i servizi integrativi aventi le predette caratteristiche .
§ L’obiettivo perseguito dal decreto legislativo è quello del superamento, in conformità con la disciplina comunitaria, degli aspetti restrittivi della libera concorrenza ancora presenti nello svolgimento dei servizi di linea interregionali di competenza statale, pervenendo ad un sistema autorizzatorio, attraverso una graduale fase di adattamento dal sistema della concessione amministrativa[88];
§ il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 relativo al riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore. Tale riassetto normativo viene fondato sui seguenti cardini:
- superamento delle tariffe obbligatorie (cosiddette tariffe a forcella[89]) e libera contrattazione dei prezzi tra committenti e vettori;
- ricorso volontario agli accordi di settore, ossia accordi di diritto privato che le organizzazioni associative di vettori e di utenti possono stipulare per regolare i rapporti contrattuali, sulla base della normativa in materia di sicurezza della circolazione e di sicurezza sociale;
- responsabilità soggettiva condivisa di tutti i soggetti della catena del trasporto in caso di esercizio abusivo dell’attività di autotrasporto o violazione delle norme sulla sicurezza della circolazione;
- controllo della regolarità amministrativa della circolazione,attestata da una serie di documenti obbligatori tra i quali un certificato dal quale risulti la permanenza dell’iscrizione all’Albo nazionale degli autotrasportatori;
- certificazione di qualità per specifiche categorie di trasporto (quali le merci pericolose, le derrate deperibili, i rifiuti industriali ed i prodotti farmaceutici);
- forma “di regola” scrittadel contratto, al fine di favorire la correttezza e la trasparenza dei rapporti tra contraenti[90];
§ decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284 relativo al riordino delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell’autotrasporto merci, in particolare la Consulta generale per l'autotrasporto e il Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori. Il provvedimento si muove nell’ottica della separazione delle funzioni dei due organi, pur nella consapevolezza del necessario collegamento fra gli stessi per il raggiungimento di obiettivi comuni, legati all'individuazione di politiche di settore in grado di realizzare la migliore mobilità delle merci e favorire la competitività delle imprese italiane di produzione e di servizi.
Si segnala infine che con delibera CIPE 22 marzo 2006 n, 44/06 è stato approvato il Piano della logistica, che - secondo quanto precisato nella delibera - si pone quale riferimento chiave per ogni azione strategica nel comparto delle infrastrutture e del territorio e costituirà altresì il riferimento portante per l'utilizzo delle risorse relative al fondo di cui all'art. 1, comma 108, della legge n. 266/2005.
Il 28 giugno 2006 la Commissione ha approvato una comunicazione relativa alla logistica delle merci in Europa (COM(2006)336) che mira a stimolare la discussione tra le parti interessate con l’obiettivo di istituire un quadro strategico a livello europeo in materia. A tal fine la Commissione intende infatti giungere, entro il 2007, all’adozione di un piano d’azione per la logistica del trasporto merci.
La Commissione suggerisce un approccio quadro complessivo all’interno del quale lo sviluppo della logistica del trasporto merci, intesa come pianificazione, organizzazione, gestione, controllo ed esecuzione di operazioni di trasporto merci nella catena dell’approvvigionamento, viene definita essenzialmente come attività connessa al settore commerciale ed un compito per l’industria.
Il documento è stato trasmesso al Consiglio e al Parlamento europeo.
Articolo
118
(Funzionamento dei sistemi informativi
del Ministero dei trasporti)
1. A decorrere dal 1o gennaio 2007, con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 marzo 2007, è stabilito un incremento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione di cui all'articolo 18 della legge 1o dicembre 1986, n. 870, in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari ad almeno 45 milioni di euro. Di conseguenza è autorizzata, a decorrere dal 2007, la spesa di 25 milioni di euro, in aggiunta alle somme gia stanziate sul pertinente capitolo di bilancio, per il funzionamento del Centro elaborazione dati del Dipartimento per i trasporti terrestri e la spesa di 5 milioni di euro per la predisposizione del piano generale di mobilità, i sistemi informativi di supporto, il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi.
L’articolo 118 reca disposizioni sul funzionamento dei sistemi informativi del Ministero dei trasporti .
In particolare,siprevede un aumento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione, a decorrere dal 1° gennaio 2007.
L’aumento - fissato con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo 2007 - è finalizzato ad assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 45 milioni di euro.
Tali risorse sono destinate:
§ per 25 milioni di euro - integrativi delle somme già stanziate sul relativo capitolo di bilancio - al funzionamento del Centro elaborazione dati (CED) del Dipartimento dei trasporti terrestri
§ per 5 milioni di euro alla predisposizione del piano generale di mobilità, dei sistemi informativi di supporto, del monitoraggio e della valutazione di efficacia degli interventi.
In riferimento alle operazioni in materia di motorizzazione, delle cui tariffe la disposizione in esame prevede un incremento, si ricorda che gli Uffici della motorizzazione civile svolgono una serie di funzioni connesse con la circolazione e la guida dei veicoli, tra le quali figurano, relativamente ai veicoli, le omologazioni, le immatricolazioni, le revisioni, i collaudi e, con riguardo ai conducenti, le operazioni relative alla patente (rilascio, revisione di patenti di ogni categoria, conversione di patenti militari ed estere, duplicati per smarrimento, sottrazione e deterioramento), il rilascio di certificati di abilitazione professionale, delle concessioni di autolinee, delle autorizzazioni per trasporto di cose in conto terzi.
L’articolo 18 della legge 1° dicembre 1986, n. 870[91] individua le tariffe delle operazioni in questione nella tabella allegata (tabella 3), sostitutiva di quella precedentemente allegata al decreto del Ministro dei trasporti del 19 dicembre 1980.
Lo stesso articolo ha previsto che gli aumenti così disposti entrassero in vigore in misura limitata al 60 per cento fino al 31 dicembre 1986 ed in misura intera a decorrere dal 1° gennaio 1987. È stato altresì previsto che si procedesse ogni due anni all’adeguamento della misura dei diritti con decreto del Ministro dei trasporti, emanato di concerto con il Ministro del tesoro, a partire dalla data di entrata in vigore della legge, in relazione alle variazioni dell'indice ISTAT del costo della vita nonché agli incrementi del costo dei servizi considerati dalla citata tabella.
Si ricorda poi che l'articolo 21, comma 14, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) ha disposto la sospensione – fino al 31 dicembre 2003 – dell'adeguamento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione.
Da ultimo, l’articolo 1, comma 238, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) ha previsto l’emanazione, entro il 31 gennaio 2005, di un decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con Ministro dell’economia e delle finanze, per stabilire un incremento delle tariffe applicabili per le operazioni in materia di motorizzazione in modo da assicurare, su base annua, maggiori entrate pari a 24 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005.
Le maggiori entrate sono destinate dalla legge n. 311/2004 per un ammontare pari a 20 milioni di euro per l’anno 2005 e a 12 milioni di euro a decorrere dal 2006 alla copertura degli oneri per il rafforzamento delle strutture operative del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti , previsto dall’articolo 2, commi 3, 4 e 5 del D.Lgs. 190/2002[92]
Con DM 5 settembre 2005 si è provveduto a determinare, a partire dal 19 settembre 2005, l’incremento tariffario sulla base di quanto disposto dall’articolo1, comma 238 citato.
Il CED (Centro elaborazione dati)è una struttura del Dipartimento per i trasporti terrestri preposta all’elaborazione di una serie di documenti relativi alla circolazione stradale e con compiti di ausilio per gli organi di polizia nello svolgimento delle proprie funzioni di controllo. A seguito delle modifiche apportate al codice della strada dal DL n. 151/2003[93] soprattutto in relazione alle procedure relative alla patente a punti e ai documenti necessari per la guida dei ciclomotori si è profilata l’esigenza di implementazione e sviluppo del CED con particolare riguardo a:
§ l'annotazione e la decurtazione del punteggio della patente di guida nell'Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida e la conseguente informazione all'utenza circa le variazioni di punteggio;
§ l'autorizzazione di soggetti pubblici e privati ad effettuare i corsi di recupero dei punteggi decurtati sulla patente a punti;
§ l'effettuazione dei corsi di recupero da parte degli uffici periferici del Dipartimento per i trasporti terrestri;
§ l'aggiornamento dell'Anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, su comunicazione degli enti preposti, in ordine al recupero dei punti conseguente alla frequenza dei corsi di aggiornamento;
§ l'istituzione della targa per ciclomotori e del relativo certificato di circolazione, secondo criteri atti a garantire l'identificazione sia del ciclomotore sia del proprietario dello stesso;
§ la registrazione del ciclomotore nell'Archivio nazionale dei veicoli;
§ gli esami per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori per i minorenni che abbiano compiuto i 14 anni e per i maggiorenni che non siano in possesso di patente di guida.
L’art. 1, comma 280, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) – nell’assoggettare all’imposta di bollo, a decorrere dal 1º gennaio 2005, le dichiarazioni di conformità che il costruttore deve rilasciare all'acquirente per ciascun veicolo costruito conformemente al tipo omologato – ha disposto che una quota pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 delle maggiori entrate fosse destinata al funzionamento e all'implementazione del CED.
In ultimo, si ricorda che l’articolo 34 del L 273/2005[94] in deroga alla disciplina generale dettata dall’articolo 23 della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004)[95] in merito al rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ha autorizzato il CED a prorogare ulteriormente il contratto vigente fino al 31 dicembre 2006 e, comunque, per il tempo strettamente necessario al completamento delle procedure per il nuovo affidamento. Tale proroga era motivata in relazione alla pubblica utilità del servizio erogato dal CED e al fine di garantire la piena continuità nelle more del completamento delle procedure per il nuovo affidamento della gestione del servizio medesimo. La proroga era autorizzata nei limiti della quota di risorse disponibili per le attività del CED[96].
In virtù di tale norma il CED ha prorogato fino al 31 dicembre 2006 i sei contratti quinquennali stipulati il 30 giugno 2000 con la Società E.D.S. a seguito di apposita procedura concorsuale, che erano già stati prorogati al 31 dicembre 2005 in virtù dell’articolo 32 della legge 62/2005 citata.
Quanto al piano generale di mobilità, si ricorda che, nell’ambito dell’audizione sulle linee programmatiche del dicastero, svoltasi presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera nella seduta del 27 giugno 2006, il Ministro dei trasporti ha affermato che il Piano generale della mobilità - con cui il Governo intende “rimettere in piedi lo strumento base della politica dei trasporti, ovvero il Piano generale dei trasporti” la cui ultima versione è dell’anno 2001 – sarà finalizzato a disegnare uno scenario di mobilità, di persone e cose, nel territorio nazionale e internazionale, connotato da tre tipi di integrazione, per reti nazionali e transnazionali, per modi e per livelli.
Articolo
119
(Modifica
all'articolo 1, comma 105, della legge 23 dicembre 2005, n. 266)
1. All'articolo 1, comma 105, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «50 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «170 milioni». Al relativo onere, pari a euro 120.000.000 per l'anno 2006, si provvede con l'utilizzo della somma di pari importo già affluita all'INPS ai sensi dell'articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che viene versata all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnata, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
L’articolo 119 reca alcune modifiche all’articolo 1, comma 105, della legge finanziaria per il 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266).
Il citato comma 105 ha autorizzato un’ulteriore spesa di 50 milioni di euro per gli interventi previsti dall'articolo 2, comma 2, del D.L. 451 del 1998, relativi all’anno 2005, in ordine alla riduzione dei premi INAIL per i dipendenti delle imprese di autotrasporti in conto terzi.
Il comma 2 dell’articolo 2 del DL n. 451/98[97] ha disposto la riduzione da parte dell’INAIL, per l'anno 1999, dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni dovuti dalle imprese di autotrasporto in conto terzi per i propri dipendenti, nel limite complessivo di 40 miliardi di lire, con rimborso all’Istituto dei minori introiti, dietro presentazione di apposita rendicontazione.
Successivamente, con riferimento a tali misure:
§ l’articolo 45, comma 1, lettera b) della L. 488 del 1999 (legge finanziaria 2000) - come modificato dall'articolo 2 del D.L. 22 giugno 2000, n. 167 nella formulazione introdotta dalla relativa legge di conversione - ha autorizzato, a decorrere dall’anno 2000, una spesa annua di 83 miliardi di lire; nel prorogare tali interventi il tetto di spesa viene fissato in una cifra pari a poco più della metà di quella per il 1999.
§ l’articolo 15 della L. 448 del /2001 (legge finanziaria 2002) ha autorizzato, per l'anno 2002, un'ulteriore spesa di 11.362.051,78 euro:
§ l’articolo 1, comma 518, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) ha autorizzato, per l’anno 2005, un’ulteriore spesa di 15 milioni di euro.
L’articolo in esame eleva tale autorizzazione a 170 milioni di euro, provvedendo alla copertura del relativo onere mediante l’utilizzo della somma di pari importo già affluita all’INPS in seguito all’agevolazione contributiva riconosciuta in favore delle aziende di autotrasporto, limitatamente all’anno 2005, dall’articolo 1, comma 107, della stessa L. 266.
Tale disposizione riconosce l’esonero dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuto all’INPS per i lavoratori dipendenti con qualifica di autisti di livello 3° e 3° super, per la quota a carico dei datori di lavoro, nel limite di ore mensili individuali di orario ordinario, comunque non superiori a venti, determinato con decreto dirigenziale del Ministero della infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previo parere dell'INPS.
L’agevolazione è concessa appunto entro il limite di spesa complessivo di 120 milioni di euro.
La richiamata somma viene versata, ai fini della copertura, all’entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnata, con Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ad apposito capitolo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Articolo
120
(Agenzia nazionale per la diffusione
delle tecnologie per l'innovazione)
1. È autorizzata la spesa di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007 a favore dell'Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.
L’articolo 120autorizza uno stanziamento annuale di 5 milioni di euro, a decorrere dal 2007, destinato all’Agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.
L’art. 1, co. 368, lettera d), della legge finanziaria per il 2006, recante disposizioni in materia di ricerca e sviluppo, ha previsto, al numero 1), l'istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, con lo scopo di concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali.
In funzione di tali obiettivi, all'Agenzia è assegnato il compito di promuovere l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale.
L'Agenzia tende a rendere più agevole ed efficace per le piattaforme industrialil'accesso ai "fornitori di tecnologia" su scala nazionale ed internazionale (università, centri di ricerca, eccetera), assicurando così ad esse la possibilità di megliocorrispondere ai bisogni e alle strategie delle imprese di riferimento sul versante dell'innovazione tecnologica.
Compito dell'Agenzia è assistere le piattaforme industriali in ogni fase del percorso di ricerca, applicazione ed ingegnerizzazione di una nuova tecnologia, attraverso: la ricerca e il costante aggiornamento di nuove tecnologie di prodotto e/o processi industriali presso università e istituti di ricerca; lo sviluppo di nuovi processi/applicazioni industriali; la realizzazione di programmi di formazione; l'implementazione di nuovi processi/applicazioni industriali. A tal fine, l'Agenzia opera come: interfaccia fra lepiattaforme industriali e il mondo della ricerca nazionale e internazionale;osservatorio delle piattaforme industriali, per l'analisi dei reali bisogni di ricerca e sviluppo e la conseguente proposta di nuove soluzioni tecnologiche (diffusione); struttura di supporto perla realizzazione delle iniziative selezionate, mediante l'offerta di programmi di formazionesulle nuove tecnologie, programmi di assistenza per l’applicazione delle nuove tecnologie, sostegno per l'analisi dei relativi impatti economici e eventuale assistenza nella fase di ricerca di fondi.
L’Agenzia, che è sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è rimessa anche l'approvazione dello statuto, stipula convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità.
La definizione dei criteri e delle modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia è demandata a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di natura non regolamentare, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.
Articolo
121
(Infrastrutture per la larga banda)
1. Al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completare il «Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno», le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, destinate al finanziamento degli interventi attuativi del suddetto Programma da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.a (Infratel Italia) di cui all'articolo 7 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono incrementate di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 121 in esame incrementa di 10 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003), destinate al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.a (Infratel Italia).
L’incremento è disposto al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completare il suddetto Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno.
Si ricorda che il Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno è stato approvato dalla delibera CIPE n. 83 del 2003ed è teso ad individuare soluzioniutili a superare gli ostacoli strutturali che impediscono l’affermarsi delle condizioni di mercato favorevoli per il consumatore di servizi di telecomunicazioni, in particolare attraverso lo sviluppo delle infrastrutture.
La delibera CIPE 13 novembre 2003, n. 83 si inseriscenel filone degli interventi previsti per finanziare la realizzazione di iniziative dirette a favorire lo sviluppo sociale ed economico delle aree depresse.
Le precedenti delibere CIPE 16/2003 e 17/2003 hanno rispettivamente allocato un importo complessivo di 5.200 milioni di euro per il triennio 2003-2005 destinati al finanziamento degli investimenti pubblici per interventi nelle aree sottoutilizzate e hanno ripartito tale importo, preliminarmente accantonando un importo di 900 milioni di euro la cui attribuzione è stata demandata ad una successiva delibera (delibera n. 83/2003) secondo alcuni parametri, tra cui la particolare attenzione agli investimenti per lo sviluppo nei campi della ricerca, della società dell’informazione (infrastrutture materiali e immateriali), delle reti a carattere interregionale.
La delibera n. 83/2003 ha quindi ripartitol’ accantonamento di 900 milioni di euro disposto dalla precedente delibera 17/2003, destinando:
§ 150 milioni di euro al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, di cui 120 destinati ai servizi a banda larga della società dell’informazione e 30 destinati, sempre nell’ambito della società dell’informazione, alla connettività sociale nel mezzogiorno;
§ 150 milioni al Ministero delle comunicazioni per un primo intervento attuativo volto allo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno.
In particolare la delibera n. 83 del 2003, dei 150 milioni assegnati al Ministero delle comunicazioni per lo sviluppo delle infrastrutture di reti di comunicazione (c.d. banda larga) 5,220 milioni sono stati destinati complessivamente agli anni 2003 e 2004, mentre la restante quota di 144,780 milioni è stata assegnata al 2005. Le risorse per tale finalità sono iscritte al cap. 2.2.3.4, cap. 7230 del Ministero delle comunicazioni.
Tuttavia, dei 144,780 milioni iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2005, la Tabella F della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) ne ha previsto una rimodulazione, disponendo una riduzione di 134,780 milioni dello stanziamento per il 2005, che viene posticipato per 34,780 milioni al 2006, per 50 milioni al 2007 e per ulteriori 50 milioni al 2008.
La legge finanziaria per il 2006 ha provveduto a definanziare in Tabella E le risorse destinate alla “banda larga” disponendo una riduzione di 13,9 milioni nel 2006 e di 20 milioni sia nel 2007 che nel 2008. Conseguentemente le risorse per la banda larga esposte in Tabelle F della legge n. 266 del 2005 sono risultate pari a 20,9 milioni per il 2006, a 30 milioni per il 2007 e a 30 milioni per il 2008.
Si segnala, inoltre, che il disegno di legge finanziaria per il 2007 in esame dispone, peraltro, un rifinanziamento in Tabella D di 50 milioni per il 2009 delle risorse appostate sul cap. 7230/Comunicazioni, relative agli interventi a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle comunicazioni per il programma banda larga.
In occasione dello stralcio delle disposizioni estranee al contenuto proprio del disegno di legge finanziaria, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento, il Presidente della Camera dei deputati, nella seduta del 5 ottobre 2006, relativamente al rifinanziamento illustrato ha stabilito che “l’individuazione di un’ulteriore finalità per il riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate dovrebbe essere effettuato con delibera del CIPE.” Conseguentemente verrà predisposto un emendamento “tecnico” che disporrà il rifinanziamento del Fondo richiamato (ora allocato nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico) per essere poi destinato dal CIPE al relativo programma di intervento.
Si ricorda che l’articolo 7, comma 1, del DL 35/2005[98]ha stabilito che gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture per la larga banda - di cui al programma approvato con delibera CIPE n. 83 del 2003 - possano essere realizzati in tutte le aree sottoutilizzate. Il citato comma 1 dispone altresì che il CIPE definisca annualmente l'entità delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate da destinarsi al finanziamento del predetto programma, che sarà attuato dal Ministero delle comunicazioni, per il tramite della società Infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.A. del gruppo Sviluppo Italia S.p.A., nonché dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie per il tramite della società Innovazione Italia S.p.A.
Si ricorda infine che Infratel Italia S.p.A. - Infrastrutture e Telecomunicazioni per l'Italia - è la società di scopo costituita su iniziativa del Ministero delle Comunicazioni e di Sviluppo Italia con l'obiettivo di favorire lo sviluppo di infrastrutture a larga banda sul territorio nazionale e di ridurre il "digital divide". La società è controllata da Sviluppo Italia ed è operativa da marzo 2004. Le modalità di funzionamento della società sono stabilite dalla convenzione stipulata da Sviluppo Italia con il Ministero delle Comunicazioni, che è stata registrata dalla Corte dei Conti in data 16 febbraio 2004.
Si rammenta infine che Innovazione Italia S.p.A. è la società strumentale costituita grazie ad una partnership tra Sviluppo Italia e il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie, per dare attuazione ai programmi del Governo relativi allo sviluppo della Società dell'Informazione e al piano di e-government.
La società Innovazione Italia realizza alcuni dei progetti definiti dal:
- Comitato dei Ministri per la Società dell'Informazione;
- piano di e-government;
- CIPE, in materia di società dell'Informazione e banda Larga, anche con l'obiettivo di superare il digital divide nelle aree sottoutilizzate.
La società:
- fornisce sostegno operativo al DIT, Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, per il coordinamento delle iniziative finanziate, il monitoraggio dei risultati, l’ottimizzazione della comunicazione relativa alla realizzazione dei progetti
- supporta il CNIPA, Centro Nazionale per l’Informatica nella PA, nella realizzazione di specifiche iniziative in materia di e-government ;
- promuove lo sviluppo di servizi interattivi e multimediali su banda larga, con particolare riferimento al superamento del digital divide nelle aree del Sud Italia
- realizza specifiche iniziative connesse alle tecnologie ICT.
Il 20 marzo 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo “Colmare il divario nella banda larga” (COM(2006)129).
Secondo la Commissione, l’accesso a internet ad alta velocità attraverso le connessioni “a banda larga” consente immense possibilità per la società dell’informazione. La mancanza di accesso alle connessioni a banda larga costituisce un aspetto del problema più generale denominato abitualmente “divario digitale”, che descrive il divario che separa i singoli cittadini, le imprese e i territori in funzione delle possibilità di accesso e di utilizzo delle TIC (tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni).
La Commissione ricorda che l’accesso generalizzato alla banda larga è una condizione indispensabile per lo sviluppo delle economie moderne e costituisce un aspetto importante dell’agenda di Lisbona. L’Unione europea deve intensificare gli sforzi per incoraggiare l’adozione dei servizi a banda larga e favorirne una maggiore diffusione, in particolare nelle zone meno sviluppate dell’Unione.
La comunicazione invita tutti gli Stati membri a ricorrere anche ad un partenariato attivo con le autorità regionali, sfruttando le sinergie tra le varie fonti di finanziamento (nazionali, fondi strutturali, fondo di sviluppo rurale). Le strategie nazionali per la banda larga devono altresì fissare obiettivi precisi per la connettività delle scuole, delle amministrazioni pubbliche e dei centri sanitari.
La Commissione analizzerà gli aspetti del “divario digitale” in relazioni annuali e controllerà l’attuazione della banda larga nei nuovi Stati membri preparando una relazione relativa al 2006.
La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo.
Articolo
122
(Transizione alla televisione digitale)
1. Al fine di diffondere la tecnologia della televisione digitale sul territorio nazionale, è istituito presso il Ministero delle comunicazioni un apposito «Fondo per il passaggio al digitale» per la realizzazione dei seguenti interventi:
a) incentivare la produzione di contenuti di particolare valore in tecnica digitale;
b) incentivare il passaggio al digitale terrestre da parte del titolare dell'obbligo di copertura del servizio universale;
c) favorire la progettazione, realizzazione e messa in onda di servizi interattivi di pubblica utilità diffusi su piattaforma televisiva digitale;
d) favorire la transizione al digitale da parte di famiglie economicamente o socialmente disagiate;
e) incentivare la sensibilizzazione della popolazione alla tecnologia del digitale.
2. Il Ministro delle comunicazioni, con proprio decreto, individua gli interventi di cui al comma 1 e le concrete modalità di realizzazione dei medesimi, i requisiti e le condizioni per accedere agli interventi, le categorie di destinatari, la durata delle sperimentazioni, nonché le modalità di monitoraggio e di verifica degli interventi.
3. Per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1, è autorizzata la spesa di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 122 reca disposizionirelative alla transizione alla televisione digitale.
Il comma 1 istituisce presso il Ministero delle comunicazioni un Fondo per il passaggio al digitale finalizzato a incentivare:
§ la produzione di contenuti di particolare valore in tecnica digitale;
§ il passaggio al digitale terrestre da parte dei concessionari titolari dell'obbligo di copertura del servizio universale;
§ la progettazione, la realizzazione e la messa in onda di servizi interattivi di pubblica utilità diffusi su piattaforma televisiva digitale;
§ la transizione al digitale da parte delle famiglie economicamente o socialmente disagiate;
§ la sensibilizzazione della popolazione alla tecnologia del digitale.
La dotazione del Fondo, per il triennio 2007-2009, è pari a 40 milioni di euro annui (comma 3).
Il comma 2 prevede che gli interventi, le modalità di realizzazione dei medesimi, i requisiti e le condizioni per accedervi, la categoria dei destinatari, la durata delle sperimentazioni, nonché le modalità di monitoraggio e di verifica degli interventi siano stabiliti con decreto del Ministro delle comunicazioni.
La riforma del sistema radiotelevisivo introdotta dalla legge n. 112/2004 (c.d. “legge Gasparri”) ha previsto un’articolata disciplina transitoria per il periodo fino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off) originariamente fissata dal comma 5 dell’articolo 2-bis del DL n. 5/2001[99] al 31 dicembre 2006.
Tale termine è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2008 dall’articolo 19 del D.L. n. 273/2005[100]: la modifica era nata dall’esigenza di coerenza con quanto stabilito nelle due comunicazioni della Commissione europea (del 24 maggio e del 29 settembre 2005) sulla fase di transizione (switch-over), nonché nelle conclusioni approvate dal Consiglio dell’Unione europea il 1º dicembre 2005, secondo le quali alcuni Stati membri prevedevano di completare la migrazione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica terrestre a quella digitale entro il 2012, mentre altri (fra cui l’Italia) vi sarebbero giunti a livello regionale o nazionale prima del 2008.
L’articolo 19 del DL n. 273/2005 ha poi inserito nel citato comma 5 dell’articolo 2-bis una nuova disposizione a norma della quale - al fine della completa conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale – sono individuate aree all digital nelle quali si possa accelerare la completa conversione.
Al riguardo, si ricorda che, nell’ottica di un approccio allo switch off su base regionale e allo scopo di affrontare la complessità della transizione prendendo come riferimento territori con caratteristiche di isolamento geografico, in data 16 aprile 2005, sono stati sottoscritti – al fine della definitiva transizione alla televisione digitale terrestre nel territorio delle regioni autonome Valle d'Aosta e Sardegna - protocolli d’intesa dal Ministero delle comunicazioni, dalle predette regioni e dall'Associazione DGTVi (Associazione italiana per lo sviluppo del Digitale Televisivo Terrestre), con cui le parti si sono impegnate a mettere in atto tutte le attività necessarie per rendere possibile già entro il 31 gennaio 2006 la transizione al digitale terrestre nelle aree principali delle due regioni. Nei protocolli venivano individuate due fasi della transizione: la prima, da completare entro il 31 gennaio 2006 nei capoluoghi di provincia, e la seconda relativa all’intero territorio regionale da portare a termine entro il 31 luglio 2006.
Lo spegnimento del sistema televisivo analogico previsto per il 31 luglio 2006 nelle Regioni Sardegna e Valle D'Aosta è stato rinviato - a seguito di un nuovo Protocollo di intesa tra il Ministero delle Comunicazioni, le Regioni coinvolte, Sardegna e Valle D'Aosta, e l'Associazione DGTVi - al 1° marzo 2008 per la Sardegna e al 1° ottobre 2008 per la Valle D'Aosta.
Si rammenta inoltre che il decreto ministeriale 1° settembre 2005 – proprio al fine di conseguire l’obiettivo sopra indicato (definitiva transizione delle trasmissioni televisive su frequenze terrestri dalla tecnologia analogica a quella digitale già entro il 31 gennaio 2006) – aveva riservato una quota dello stanziamento di cui all'art. 1, comma 211, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005), in relazione alle erogazioni effettuate alla data del decreto, per i contributi finalizzati all’acquisto o al noleggio, anche con possibilità finale di acquisto, di apparecchi idonei a consentire la ricezione in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (T-DVB/C-DVB) e la conseguente interattività, in favore di abbonati al servizio di radiodiffusione delle regioni Sardegna e Valle d'Aosta, in regola con il pagamento del canone di abbonamento per l'anno in corso.
Il decreto ministeriale 2 settembre 2005 ha poi riconosciuto agli abbonati al servizio di radiodiffusione televisiva, in regola con il pagamento del canone di abbonamento, delle regioni autonome della Sardegna e della Valle d'Aosta, un contributo di 20 euro per l'acquisto od il noleggio di un apparecchio idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l'utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale e una elevata interattività da remoto .
Da ultimo, il comma 572 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) è intervenuto sulle aree all digital, prevedendo, per l’anno 2006, un contributo nei confronti degli abbonati al servizio di radiodiffusione delle aree all digital di Sardegna e Valle d’Aosta e di quattro ulteriori aree all digital da individuare con decreto del Ministro delle comunicazioni, nonché degli abbonati che dimostrino di essere titolari di abitazione nelle medesime aree attraverso il pagamento dell’imposta comunale sugli immobili, in regola per l’anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che non abbiano beneficiato del contributo previsto dall’articolo 4, comma 1, della legge finanziaria per il 2004, e dall’articolo 1, comma 211, della legge finanziaria per il 2005, che acquistino o noleggino un apparato idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore di contenuti, di segnali televisivi in tecnica digitale. Il contributo pari a 90 euro per i casi di acquisto o noleggio effettuati dal 1º al 31 dicembre 2005 e di 70 euro per quelli effettuati dal 1º gennaio 2006 è riconosciuto a condizione che sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro e che siano fornite prestazioni di interattività, anche da remoto, attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), nonché a condizione che il canale di interazione, attivato su linea telefonica analogica commutata, sia supportato da un modem abilitato a sostenere, per tale tipo di accesso, la classe di velocità V90/V92, fino a 56 Kbits ovvero una velocità almeno equivalente per le altre tecnologie trasmissive di collegamento alle reti pubbliche di telecomunicazioni. Ai titolari di alberghi, strutture ricettive, campeggi ed esercizi pubblici situati nelle aree all digital, il contributo è riconosciuto per ogni apparecchio televisivo messo a disposizione del pubblico. La concessione del contributo è disposta entro il limite di 10 milioni di euro.
Circa lo “switch off”,siricorda che nell’audizione del 29 giugno 2006 presso la IX Commissione (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) della Camera sulle linee programmatiche del ministero, il Ministro delle Comunicazioni ha preannunciato che “il Governo proporrà di riallineare la situazione italiana” all’interno della finestra delineata a livello europeo, dove esistono due punti di riferimento, costituiti dalle date del 2010 e del 2012.
La promozione della televisione digitale costituisce uno dei settori di intervento previsti dalla strategia di Lisbona, in quanto considerata uno strumento efficace ai fini dell’accesso generalizzato a tutti i cittadini ai nuovi servizi e applicazioni della società dell’informazione.
Il 24 maggio 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione relativa all’accelerazione della transizione dalla radiodiffusione analogica a quella digitale delle emissioni televisive (COM(2005)204).
Nel documento la Commissione auspica che tale transizione possa consolidarsi per il 2010 ed essere definitivamente completata su tutto il territorio dell’Unione europea entro il 2012.
La comunicazione è stata esaminata il 1° dicembre 2005 dal Consiglio che ha adottato conclusioni in cui ha invitato gli Stati membri a completare la migrazione alla radiodiffusione digitale, nella misura del possibile, entro il 2012; a pubblicare entro il 2006, se non l'avessero ancora fatto, le loro proposte di migrazione. Il Consiglio ha inoltre invitato la Commissione a sostenere i piani degli Stati membri per promuovere la trasmissione digitale e a mantenere aggiornate le informazioni sui piani nazionali di migrazione sul suo sito Internet. Il documento è stato esaminato dal Parlamento europeo il 24 aprile 2006.
Articolo
123
(Esclusione dei progetti cofinanziati
dall'Unione europea
dalla regola del 2 per cento)
1. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 57, primo e secondo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non si applicano alle spese relative a progetti cofinanziati dall'Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.
L’articolo 123 prevede l’esclusione dalla cd. regola del 2 per cento, introdotta dalla legge finanziaria 2005, delle spese degli enti pubblici non territoriali relative a progetti cofinanziati dall'Unione europea, ivi comprese le corrispondenti quote di parte nazionale.
L’articolo 1, comma 57, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) ha fissato per gli enti pubblici non territoriali un limite massimo all’incremento della spesa nel 2005, al netto delle spese di personale, del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.Per gli anni 2006 e 2007, il limite all’incremento della spesa è fissato al 2% rispetto al livello della spesa programmato per l’anno precedente, sempre al netto della spesa per personale. Sono previste eslcusioni relative a specifici enti.
La relazione tecnica stima un onere di circa 550 milioni di euro per il 2007 in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto.
Articolo
124
(Unificazione dei fondi venture
capital)
1. Tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST Spa destinati ad operazioni di venture capital in Paesi non aderenti all'Unione europea nonché il fondo di cui all'articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 21 marzo 2001, n. 84, sono unificati in un unico fondo.
L’articolo 124 reca disposizioni concernenti l’unificazione in un unico fondo di tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST spa, destinati ad operazioni di venture capital in paesi non aderenti alla UE, compreso il fondo previsto dall’art. 5, co. 2, lett. c) della legge 84/01[101].
Si ricorda che la citata legge 1 marzo 2001, n. 84 ("Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo di Paesi dell’area balcanica") all’articolo 5, co. 2, lettera c), prevede, in particolare, l'istituzione presso la SIMEST spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima, con finalità di capitale di rischio (venture capital) per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipate. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo di lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione.
Quanto alla SIMEST - Società italiana per le imprese all'estero - si ricorda, brevemente si tratta di una società per azioni controllata dal Governo italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, ed è stata istituita dalla legge 24 aprile 1990, n. 100 con il compito di partecipare alle società estere partecipate dalle imprese italiane, le cosiddette joint-ventures. Il D.Lgs. 143/98 ha ampliato notevolmente i suoi compiti, tra i quali ora rientra anche la gestione di tutte le forme di sostegno pubblico alla internazionalizzazione delle imprese, comprese quelle svolte in precedenza dal Mediocredito centrale. Ulteriori modifiche sono state più recentemente introdotte dalla legge n. 56/05 e dal decreto-legge n. 35/05[102].
Si segnala, inoltre, che l’unificazione dei suddetti fondi rientra tra i principi e i criteri direttivi enunciati dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, recante" Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore, con riferimento alla delega al Governo introdotta dall’articolo 6 e volta a prefigurare un generale riordino della materia.
Nella relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge finanziaria 2007 si legge che la norma in esame è volta ad introdurre maggior flessibilità e celerità negli interventi attualmente in vigore, allo scopo di superare alcune criticità derivanti dall’attuale separazione dei diversi fondi. La rigidità dell’attuale sistema, infatti, non consente di trasferire risorse nelle aree di maggior interesse per le imprese nazionali. Da qui la necessità di garantire la continuità dell’impianto agevolativo ed un impiego maggiormente efficace delle risorse disponibili, in un’ottica di sostegno alla competitività del nostro sistema produttivo.
1. Dopo l'articolo 2 del decreto legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«2-bis. Il fondo rotativo di cui all'articolo 2 può essere, a cura dell'ente gestore, garantito contro i rischi di mancato rimborso, presso una compagnia di assicurazione o istituti di credito. I costi della garanzia o assicurazione sono dall'ente gestore addebitati agli operatori beneficiari dei finanziamenti. Le condizioni e le modalità del contratto di assicurazione o garanzia sono sottoposte all'approvazione del comitato di gestione del fondo e non devono comportare oneri a carico del fondo».
L’articolo 125 novella la normativa prevista dal decreto-legge n. 251/81 (Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane) mediante l’inserimento del nuovo articolo 2-bis.
Il nuovo articoloprevede, in particolare, che il fondo rotativo di cui all’art. 2 del citato DL n. 251/81, convertito con modifiche dalla legge n. 394/81 - destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici – possa essere garantito dall’ente gestore (Simest spa) contro i rischi di mancato rimborso presso una compagnia di assicurazioni o un istituto di credito. Lo stesso ente gestore provvederà ad addebitare i costi di garanzia o assicurazione ai soggetti beneficiari delle agevolazioni concesse a valere sul citato Fondo.
La disposizione in commento prevede, inoltre, che le condizioni e le modalità del contratto di assicurazione o di garanzia – che, peraltro, non deve comportare oneri a carico del Fondo – sia sottoposto all’approvazione da parte del Comitato di gestione del Fondo stesso.
Si segnala che il Comitato di gestione del Fondo, inizialmente previsto dal citato DL n. 251, è stato soppresso dall’art. 25 del D.Lgs 143/98. Pertanto, la disposizione dovrebbe riferirsi, verosimilmente, al Comitato agevolazioni istituito presso la Simest spa - cui è attualmente affidata la gestione del Fondo ai sensi della Convenzione tra la società e il MAP del 18 ottobre 1998.
Si ricorda che l’articolo 2 del D.L. 251/81, recante provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane (convertito in legge con modificazioni, dalla L. 29 luglio 1981, n. 394) ha istituito presso il Mediocredito centrale un fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in Paesi diversi da quelli delle Comunità europee.
Il fondo era originariamente amministrato da un comitato di nomina ministeriale, successivamente soppresso dal comma 7 dell’art. 25 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143, il quale ha disposto, tra l’altro, che a decorrere dal 1° gennaio 1999, la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo di cui al suddetto decreto-legge n. 251 fosse attribuita alla SIMEST S.p.a.
Per quanto concerne le tipologie e le modalità delle garanzie a copertura dei rimborsi del capitale, dei relativi interessi e di altri oneri accessori relativi ai finanziamenti, è intervenuto di recente il comma 6 dell'art. 7, della legge 31 marzo 2005, n. 56, il quale, novellando l’articolo 2, terzo comma, del decreto-legge n. 251/81 in oggetto, ha stabilito che tali tipologie e modalità di garanzia siano determinate dal comitato di cui alla convenzione del 16 ottobre 1998 tra il Ministero del commercio con l'estero e la SIMEST Spa, stipulata ai sensi del citato articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143. Le condizioni per la concessione dei finanziamenti a valere sul Fondo sono state stabilite con DM 22 settembre 1999, n. 467. Ai sensi dell’articolo 11 del citato DM n. 467, per garantire il rimborso del capitale, dei relativi interessi e di altri oneri accessori, l'impresa beneficiaria del finanziamento, a copertura dei singoli importi da erogare, deve prestare al soggetto gestore una o più delle seguenti tipologie di garanzia, da sottoporre, unitamente alla richiesta di finanziamento, all'approvazione del comitato: fideiussione bancaria, assicurativa, pegno su titoli, o fideiussione dei consorzi di garanzia collettiva fidi convenzionati con il soggetto gestore.
1. All'articolo 3, comma 5, della legge 24 aprile 1990, n. 100, le parole: «per le finalità di cui alla presente legge» sono sostituite dalle seguenti: «per interventi volti a sostenere l'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano».
Intervenendo in materia di internazionalizzazione, l’articolo 126 modifica la legge n. 100 del 1990[103], istitutiva della SIMEST[104], con riferimento alla destinazione degli utili conseguiti dalla stessa società, la cui disciplina è contenuta nell’’articolo 3, comma 5, della legge, oggetto specifico della norma in esame.
In particolare la disposizione in commento apporta le necessarie modifiche alla parte finale del citato comma 5, in modo da consentire che gli utili della SIMEST anziché essere destinati, come attualmente previsto, per le finalità della legge n. 100/90 – sostanzialmente circoscritte alla partecipazione di quote di capitale da parte della Società - vengano destinati ad interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale.
Il richiamato comma 5, così come modificato dall’art. 20, comma 1, lett. c) dell'articolo 20del D.Lgs n. 143/98 (Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59). prevede che la distribuzione degli utili conseguiti dalla SIMEST (compresa la parte determinata da plusvalenza sulle cessioni di partecipazioni) possa essere estesa anche ad azionisti diversi dallo Stato. La quota di utili spettante al Ministero del commercio con l'estero che affluisce all'entrata del bilancio statale viene assegnata ad un apposito capitolo di spesa del Ministero (dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 430/97, occorrerebbe parlare di unità previsionale di base") per le finalità previste della legge 100/90.
1. All'articolo 10 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, e successive modificazioni, è aggiunto, infine, il seguente:
«4-bis. Per favorire una promozione sinergica del prodotto italiano, ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni, possono essere concessi contributi a progetti promozionali e di internazionalizzazione realizzati da consorzi misti tra piccole e medie imprese dei settori agro-alimentare e turistico-alberghiero, aventi lo scopo esclusivo dell'attrazione della domanda estera».
L’articolo 127 dispone un’integrazione all’articolo 10 del DL 251/81 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane") relativo alla concessione di contributi ai consorzi export multiregionali del settore agroalimentare e turistico-alberghiero, inserendo il criterio della progettualità - come si osserva nella relazione governativa - tra quelli necessari alla concessione dei contributi.
Infatti il nuovo comma 4-bis, introdotto dal presente articolo consente la concessione, ai sensi dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 143/98, di contributi destinati a progetti di promozione e di internazionalizzazione, realizzati da consorzi misti tra PMI dei settori agro-alimentare e turistico-alberghiero volti ad incrementare la domanda estera del settore.
La legge 29 luglio 1981, n. 394, di conversione in legge, con modificazioni, del DL 28 maggio 1981, n. 251 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane"), all'articolo 10, prevede la possibilità di concedere contributi annuali a consorzi aventi come scopo esclusivo l'esportazione di prodotti agro-alimentari nonché ai consorzi tra imprese alberghiere e turistiche limitatamente alle attività volte ad incrementare la domanda estera del settore. La norma precisa che i contributi non devono essere diretti a sovvenzionare l'esportazione.
La circolare n. 20050201190 del 31 ottobre 2005("Modalità per l'applicazione nel 2006 della legge 29 luglio 1981, n. 394, art. 10, concernente la concessione di contributi finanziari ai consorzi agroalimentari e turistico-alberghieri"), ha stabilito le modalità per la liquidazione dei contributi sui programmi promozionali realizzati nel 2005 e sui programmi da realizzare nel 2006.
Si segnala che il decreto legislativo 31 marzo 1998 n,. 112 e successive modificazioni ha attribuito alle regioni la gestione dei contributi destinati ai consorzi con esclusione di quelli multiregionali (con il DPCM 26 maggio 2000 sono state trasferite le risorse alle regioni a statuto ordinario). Pertanto la circolare citata concerne solo la gestione dei contributi per i consorzi a carattere multiregionale.
Ai sensi della circolare sono considerati multiregionali i consorzi di cui almeno il 25% delle imprese associate abbiano la sede legale in una o più regioni diverse da quella delle restanti imprese. Per i consorzi che abbiano più di 60 imprese associate, il requisito minimo è fissato in 15 imprese aventi sede legale in una o più regioni diverse dalle restanti imprese.
Quanto all’articolo 22 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143 (di riordino del commercio con l’estero), richiamato dalla disposizione in commento, si ricorda che introduce la progettualità quale elemento premiante ai fini della concessione dei contributi, come peraltro sottolineato dalla relazione governativa che accompagna il ddl finanziaria 2007. Infatti il comma 1 dell’articolo prevede, in particolare, che i contributi a enti e organismi vari, di cui all’art. 1, comma 40 della legge 549 del 1995[105], siano destinati ad incentivare “lo svolgimento di specifiche attività promozionali di rilievo nazionale e la realizzazione di progetti volti a favorire, in particolare, l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese nonché le attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di incrementare i flussi turistici verso l'Italia”.
Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 152.
Articolo
128
(Interventi in favore del marchio «made
in Italy»)
1. Per le finalità di cui al comma 61 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, il fondo istituito per le azioni a sostegno del «made in Italy» è incrementato di ulteriori 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 128 dispone un incremento di 20 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 a favore del Fondo istituitodalla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) a sostegno del made in Italy.
Si ricorda che nella legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004), all’articolo 4 (commi da 49 a 84), sono state inserite apposite norme finalizzate a promuovere la produzione italiana (Made in Italy)e a tutelare i diritti di proprietà industriale e intellettuale delle imprese italiane sui mercati esteri. In particolare l’articolo 4 della legge al comma 61, alle cui finalità rinvia l’articolo in esame, ha previsto l’istituzione di un fondo, presso il Ministero delle attività produttive, finalizzato al sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore dei prodotti italiani e al potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico per la diffusione della produzione nazionale nei mercati mediterranei, dell’Europa continentale e orientale, a cura di un’apposita sezione della Scuola superiore del Ministero dell’economia e finanze. Fra le attività da realizzare per la campagna si indica anche l'istituzione di un marchio finalizzato alla tutela delle merci prodotte interamente nel territorio italiano[106]o assimilate, ai sensi della normativa europea in materia di origine. Fra le attività da realizzare è anche indicata quella della regolamentazione dell'indicazione di origine.
Si segnala che relazione illustrativa al disegno di legge in esame nel commentare l'articolo 128, fa riferimento ad una riduzione da 10 a 1 milione di euro dell’importo da destinare, sempre ai sensi dell’art. 4, comma 61, alla scuola superiore dell’economia e delle finanze. Tale riduzione non è presente nel testo del citato articolo 128.
Articolo
129
(Interventi per la salvaguardia di
Venezia)
1. Per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 139, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da ripartire secondo le modalità di cui al comma 2 dell'articolo 3 della legge 3 agosto 1998, n. 295.
L’articolo 129 autorizza la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge n. 139/1992 e prevede che tali risorse siano ripartite secondo i criteri dettati dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295/1998.
La disposizione recata dall’articolo in esame è identica, nella sostanza, a quella contenuta nell’art. 50, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) che in passato aveva provveduto a rifinanziare, per il triennio 1999-2001, la legge 5 febbraio 1992, n. 139, che si proponeva di finanziare una serie di interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna.
Si ricorda, quanto ai criteri dettati dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295/1998, che tale disposizione ha autorizzato limiti di impegno destinati alla prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia, senza prevedere (a differenza dei precedenti interventi normativi) una ripartizione delle somme per tipologia di intervento, ma limitandosi a prevedere che la ripartizione debba avvenire “sulla base dello stato di attuazione degli interventi risultante da motivate relazioni da parte dei soggetti attuatori, su proposta del comitato di cui all'articolo 4 della legge 29 novembre 1984, n. 798 , con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.
L’art. 4 della citata legge n. 798/1984 ha istituito un Comitato (presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituito dai ministri indicati, dal presidente della giunta regionale del Veneto, dai sindaci dei comuni di Venezia e Chioggia, o loro delegati; nonché da due rappresentanti dei restanti comuni di cui all'articolo 2, ultimo comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171, designati dai sindaci con voto limitato) cui è demandato l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla medesima legge, nonché di esprimere suggerimenti circa una eventuale diversa ripartizione dello stanziamento complessivo autorizzato in relazione a particolari esigenze connesse con l'attuazione dei singoli programmi di intervento.
Lo stesso articolo prevede che il Comitato trasmetta al Parlamento, alla data di presentazione del disegno di legge relativo alle disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi.
L’ultima relazione (Doc. CXLVII, n. 5[107]) è stata trasmessa alle Camere il 6 ottobre 2005.
In tale documento viene fornito un quadro riepilogativo dei finanziamenti alla data del 31 dicembre 2004 assegnati dallo Stato per la salvaguardia di Venezia (ivi compresi quelli assegnati dal CIPE al “Sistema MO.S.E.” nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001) che ammontano a 8,5 miliardi di euro.
A tale importo va poi aggiunto il finanziamento di 380 milioni di euro disposto dalla delibera CIPE n. 74 del 29 marzo 2006[108] per la continuazione dei lavori relativi al “progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia: Sistema MO.S.E.” a valere sui fondi recati dall’art. 1, comma 78, della legge n. 266/2005.
Lo stanziamento complessivo risulta quindi di circa 8,9 miliardi di euro.
Nella medesima relazione si auspica lo stanziamento di “ulteriori fondi per la legislazione speciale per Venezia” per proseguire “in una visione sistemica e globale dell’opera di salvaguardia”.
Il 13 dicembre 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[109] per essere venuta meno, in relazione al progetto MOSE, agli obblighi derivanti dall’art. 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. In particolare la Commissione ha contestato all’Italia di non aver identificato né adottato in riferimento agli impatti conseguenti alla realizzazione del progetto di sistema delle dighe mobili “MOSE”, misure idonee a prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli aventi conseguenze significative alla luce degli obiettivi di conservazione dell’habitat dell’art. 4 della citata direttiva.
Articolo
130
(Interventi per Roma-capitale della
Repubblica)
1. Per la prosecuzione degli interventi per Roma-capitale della Repubblica, di cui alla legge 15 dicembre 1990, n. 396, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
2. Stralciato.
L’articolo 130 autorizza la spesa di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione degli interventi per Roma, Capitale della Repubblica di cui alla legge n. 396 del 1990.
La legge n. 396 del 1990 prevede una pluralità di obiettivi per l’assolvimento da parte della città di Roma del suo ruolo di capitale. Per realizzare tali obiettivi con DM 1° marzo 1992 è stato approvato il Programma degli interventi per Roma Capitale approvato (articolato per settori di intervento per ciascuno degli obiettivi previsti dalla legge), successivamente integrato e modificato con una serie di decreti ministeriali, al fine di inserire nuovi interventi, escludere quelli non più rispondenti alle finalità stabilite dal programma ed assegnare nuove risorse finanziari. L’ultimo di tali decreti è il DM 29 settembre 2005[110]. La legge n. 396 ha previsto, all’art. 6, che il Ministro per i problemi delle aree urbane predisponga annualmente, sulla base dei rapporti delle singole autorità vigilanti, una relazione sullo stato di attuazione del programma. L’ultima relazione è stata trasmessa dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alle Camere il 5 luglio 2002 (Doc. LXXXIV, n. 1[111]). In merito allo stato di attuazione del Programma degli interventi anche la Corte dei conti aveva provveduto ad espletare un’indagine (esercizi 1990-1999) che è stata anch’essa trasmessa alle Camere in data 6 febbraio 2001.
Si ricorda, infine, che nella tabella F della legge finanziaria 2006, per la legge 396 del 1990, all’art. 10, comma 1 (Fondo attuazione interventi per Roma capitale, U.p.b. 3.2.3.20 - capitolo 7657/Infrastrutture) era previsto uno stanziamento pari a 70 milioni di euro per il 2006.
1. Per il finanziamento della promozione della candidatura all'Expo 2015 è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
L’articolo 132 autorizzata uno stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il finanziamento della promozione della candidatura ad ospitare in una città italiana l'Esposizione Universale che si svolgerà dal 1° maggio al 31 ottobre del 2015.
Secondo quanto contenuto nella relazione illustrativa, la decisione sarà presa nel febbraio 2008. Si ricorda che l’Expo si tiene ogni cinque anni (l’ultima edizione si è svolta a Aichi in Giappone e la prossima si terrà a Shangai, Cina). A quanto emerge da notizie giornalistiche[112], le città interessate alla candidatura sarebbero Milano, Torino e Napoli.
Articolo
133
(Contributi erariali)
1. A decorrere dall'anno 2007 e fino alla revisione del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali, il contributo previsto dall'articolo 1 della legge 25 novembre 1964, n. 1280, da ultimo rideterminato dall'articolo 9, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 494, e confluito nel fondo consolidato di cui all'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è incrementato di 175 milioni di euro annui.
L’articolo 133 dispone l’incremento di 175 milioni di euro annui dei contributi assegnati al comune di Roma, ai sensi della legge n. 1280 del 1964, a titolo di concorso dello Stato negli oneri finanziari che il comune sostiene, in dipendenza delle esigenze cui deve provvedere quale sede della Capitale.
Attualmente, il contributo autorizzato ai sensi della legge n. 1280/1964 come successivamente rideterminato, risulta pari a complessivi 121,4 milioni di euro.
L’aumento del contributo è disposto a decorrere dall’anno 2007 fino alla riforma del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali[113].
Si ricorda in proposito che la nota di aggiornamento al DPEF include, tra i provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2007 da presentare entro il 15 novembre, un disegno di legge di delega recante norme di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale.
Con la legge 25 novembre 1964, n. 1280 (Provvidenze per il Comune di Roma) è stata autorizzata, a decorrere dall’anno 1964, la concessione di un contributo annuo di 5 miliardi di lire in favore del comune di Roma, quale sostegno dello Stato agli oneri finanziari che il comune sostiene quale sede della Capitale.
Tale contributo è stato nel tempo rideterminato, in 10 miliardi di lire dall’art. 1 della legge n. 99/1969, in 19 miliardi dall’art. 1 della legge n. 686/1974, in 25 miliardi di lire dall'art. 35, comma 17, della legge n. 730/1983 e poi ulteriormente elevato, a decorrere dall'anno finanziario 1986, a 35 miliardi di lire dall’art. 32, comma 26, della legge n. 41/1986. Da ultimo, il contributo è stato elevato di ulteriori 200 miliardi di lire a decorrere dal 1999, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della legge n. 494 del 1999.
Dal 1999, pertanto, il contributo è pari a 121,4 milioni di euro.
Tale contributo è iscritto nel Fondo consolidato, istituito ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo n. 504/1992 (cap. 1318, UPB 2.1.2.6/Ministero dell’interno), nel quale confluiscono diversi contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi.
Va ricordato, inoltre, che per le medesime finalità di cui alla legge n. 1280/1964, ulteriori contributi erariali correnti sono stati autorizzati in favore del comune di Roma. In particolare, l’articolo 27, comma 3, della legge n. 448/2001, ha incrementato i trasferimenti erariali correnti a favore del comune di Roma di 103,29 milioni di euroa decorrere dal 2002, al fine di adeguare il concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune di Roma sostiene quale sede della Capitale.
In conseguenza dell’aumento del livello complessivo dei trasferimenti erariali, il comune di Roma è stato peraltro escluso dalla ripartizione delle risorse aggiuntive di cui beneficiano i cd. “enti sottodotati”, cioè gli enti le cui risorse risultino al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza (tra i quali rientrava il comune di Roma).
Si ricorda, infine, che per il triennio 2007-2009, in favore del comune di Roma, è stato altresì autorizzato, ai sensi dell’articolo 130 del disegno di legge finanziaria in esame, il rifinanziamento di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 della legge n. 396/1990, recante interventi per Roma, capitale della Repubblica.
1. Per la prosecuzione degli interventi relativi al «Sistema alta velocità/alta capacità», è autorizzata la spesa di 900 milioni di euro per l'anno 2008 e di 1.200 milioni di euro per l'anno 2009.
2. È autorizzata la spesa di euro 400 milioni per l'anno 2007 a titolo di aumento dell'apporto dello Stato al capitale sociale di Ferrovie dello Stato Spa per l'attuazione di un piano di investimento della controllata Trenitalia.
3. Ai fini del rimborso degli interessi e della restituzione delle quote capitale dei mutui accesi in applicazione del decreto-legge 7 dicembre 1993, n. 505, convertito, dalla legge 29 gennaio 1994, n. 78, per il triennio 2007 - 2009, è posto a carico dello Stato, per l'importo annuo di euro 27 milioni, l'onere per il servizio del debito già contratto nei confronti di Infrastrutture Spa, per il periodo dal 1o agosto 2006 al 31 dicembre 2007 in relazione alla realizzazione del «Sistema alta velocità/alta capacità».
4. È autorizzata la spesa complessiva di euro 311 milioni per l'anno 2007, in relazione all'adeguamento dei corrispettivi per gli oneri di servizio pubblico sostenuti in attuazione dei contratti di programma di Rete ferroviaria italiana (RFI) e dei contratti di servizio di Trenitalia, stipulati con le regioni ai sensi dell'articolo 52 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ivi compreso il recupero del tasso di inflazione programmata degli anni precedenti.
5. A copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria nazionale è autorizzata l'ulteriore spesa di 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008.
L’articolo 134 reca autorizzazioni di spesa per il settore ferroviario, in particolare in favore del Sistema Alta velocità – Alta capacità (AV/AC), a titolo di aumento dell’apporto al capitale delle Ferrovie dello Stato s.p.a., per il rimborso degli interessi e per la restituzione delle quote capitale dei mutui accesi per la realizzazione del Sistema AV/AC, nonché per la rete tradizionale.
Il comma 1 prevede uno stanziamento di 900 milioni di euro per l’anno 2008 e di 1200 milioni di euro per l’anno 2009 per la prosecuzione degli interventi relativi al Sistema AV/AC.
A tale proposito, si ricorda che l'articolo 75della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva introdotto disposizioni in materia di finanziamenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta velocità/Alta capacità, nel quadro dell’impostazione affermata dai documenti di programmazione economico-finanziaria, secondo la quale occorreva promuovere un sostanziale coinvolgimento del settore privato nella realizzazione e gestione degli investimenti pubblici, e in particolare, di quelli destinati ad interventi infrastrutturali, attraverso varie forme di partenariato pubblico-privato.
In particolare, l’articolo aveva affidato alla società Infrastrutture s.p.a. (ISPA)[114] il compito di finanziare prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria destinata al sistema Alta velocità/Alta capacità, anche allo scopo di ridurre la quota a carico dello Stato, reperendo le risorse necessarie mediante ricorso al mercato bancario e al mercato dei capitali, secondo criteri di trasparenza ed economicità. L’equilibrio economico-finanziario della società veniva garantito da una disposizione che prevedeva che in caso di oneri per Infrastrutture S.p.A, non adeguatamente remunerabili utilizzando i soli flussi di cassa previsionali per lo sfruttamento economico del “Sistema AV/AC”, l’equilibrio fosse a carico dallo Stato. A tal fine veniva disposta inoltre la destinazione prioritaria dei crediti e dei proventi derivanti dall’utilizzo del sistema AV/AC al rimborso dei finanziamenti concessi da Infrastrutture s.p.a., escludendo, fino all’estinzione del relativo debito, la possibilità per i creditori diversi da tale società di rivalersi sui crediti e sui proventi in questione.
L’articolo aveva stabilito inoltre la disciplina per garantire il pagamento del debito nei confronti di Infrastrutture s.p.a., nel caso in cui si fossero verificate la decadenza o la revoca della concessione relativa alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria (anche solo per la parte relativa alla realizzazione o alla gestione del Sistema AV/AC), ed aveva disposto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esercitasse la funzione di vigilanza e di controllo sull’attuazione della concessione.
L'articolo 75, comma 5, aveva poi stabilito che il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria (RFI) fosse autorizzato a compensare gli oneri di manutenzione ordinaria dell’infrastruttura anche attraverso l’utilizzazione del Fondo di ristrutturazione, previsto all’articolo 43, comma 5, della legge n. 448/1998, in cui si prevede che il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica autorizza la società Ferrovie dello Stato Spa a costituire, a valere sul proprio netto patrimoniale, un fondo di ristrutturazione di importo pari al valore netto dell'infrastruttura risultante dal bilancio al 31 dicembre 1997.
La legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha introdotto diverse disposizioni incidenti sul sistema Alta velocità/Alta capacità. In particolare:
§ i commi da 79 a 83 dell’articolo unico hanno disposto la fusione per incorporazione della società Infrastrutture s.p.a. nella Cassa depositi e prestiti s.p.a., che continua a svolgere, attraverso il patrimonio separato, le attività connesse agli interventi finanziari intrapresi da Infrastrutture Spa ai sensi del richiamato articolo 75 della legge finanziaria per il 2003, fino al 1° gennaio 2006;
§ sulla base delle nuove disposizioni, le obbligazioni emesse ed i mutui contratti da Infrastrutture Spa fino al 1° gennaio 2006 sono integralmente garantiti dallo Stato, ferme restando le previsioni del richiamato articolo 75. Al finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta velocità/Alta capacità fino al 1° gennaio 2006, continuano, così, ad applicarsi le disposizioni concernenti Infrastrutture s.p.a., ivi comprese quelle relative al regime fiscale e al patrimonio separato;
§ il comma 84ha previsto la concessione alla società Ferrovie dello Stato s.p.a. o a società del gruppo di contributi per 15 annidi 85 milioni di euro dall’anno 2006 e di 100 milioni di euro dall’anno 2007per la prosecuzione degli interventi relativi al “Sistema alta velocità/alta capacità”, nonché la concessione alle stesse di ulteriori contributi per 15 anni di 15 milioni di euro, al fine di finanziare le attività preliminari ai lavori di costruzione, nonché le attività e i lavori – da avviare in via anticipata – delle linee AV/AC Milano-Genova e Milano–Verona, incluso il nodo di Verona.
Il comma 2 reca l’autorizzazione di spesa di 400 milioni di euro per l’anno 2007 a titolo di aumento dell’apporto dello Stato al capitale sociale di Ferrovie dello Stato s.p.a. (FS s.p.a.) per l’attuazione di un piano di investimenti della società Trenitalia s.p.a..
Relativamente all’assetto del gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a ., si ricorda che, a seguito del processo di “divisionalizzazione” della società Ferrovie dello Stato[115], è stato avviato un processo di separazione societaria conclusosi con la costituzione, il 1° giugno 2000, di una società che svolge l’attività di trasporto (ITF Spa, attualmente Trenitalia s.p.a.), e il 1° luglio 2001, di una società per la gestione dell’infrastruttura (RFI - Rete Ferroviaria Italiana Spa) [116] , mentre FS s.p.a. ha assunto il ruolo di società holding.
Per quanto concerne gli strumenti che regolano i rapporti tra Ferrovie dello Stato s.p.a.. e lo Stato, l'articolo 4, comma 4, della legge n. 538/1993 (legge finanziaria per il 1994) ha disposto che il contratto di programma regoli, in particolare, gli oneri di gestione dell’infrastruttura posti a carico dello Stato e gli investimenti per lo sviluppo ed il mantenimento in efficienza della rete, mentre il contratto di servizio pubblico disciplini essenzialmente gli obblighi di servizio pubblico posti a carico della società medesima.
L’articolo 14 del decreto legislativo n. 188/2003[117] che ha recepito il primo pacchetto ferroviario europeo, confermando in larga parte quanto già previsto dalla normativa previgente[118], ha stabilito che i rapporti tra Stato e gestore dell’infrastruttura sono disciplinati da un atto di concessione e da un contratto di programma, quest’ultimo stipulato per un periodo minimo di tre anni, nel rispetto dei princìpi di indipendenza patrimoniale, gestionale e contabile dallo Stato, di economicità in relazione alla qualità del servizio prestato e di programmazione delle attività, degli investimenti e dei finanziamenti, e volto alla realizzazione dell'equilibrio finanziario e degli obiettivi tecnici e commerciali, indicando i mezzi per farvi fronte. Nel contratto di programma è disciplinata, nei limiti delle risorse annualmente iscritte nel bilancio dello Stato, la concessione di finanziamenti per far fronte a nuovi investimenti, alla manutenzione ed al rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria, allo sviluppo dell'infrastruttura stessa e al rispetto dei livelli di sicurezza. Sono inoltre previsti indennizzi da corrispondersi al gestore nel caso di perdite finanziarie per assegnazione di capacità da utilizzarsi per servizi nell'interesse della collettività definiti dal regolamento CEE n. 1191/69 , ovvero conseguenti all’assegnazione di capacità di infrastruttura ferroviaria specificamente finalizzata a favorire lo sviluppo dei trasporti ferroviari delle merci. Ulteriori incentivi possono essere previsti per ridurre i costi di fornitura dell'infrastruttura e l'entità dei diritti di accesso, ferma restando la necessità di garantire il conseguimento di elevati livelli di sicurezza, l'effettuazione delle operazioni di manutenzione, nonché il miglioramento della qualità dell'infrastruttura e dei servizi ad essa connessi.
A seguito della costituzione di RFI s.p.a. (vedi supra), quest’ultima è divenuta destinataria esclusiva dell’atto di concessione e destinataria finale del contratto di programma, secondo quanto previsto dall’articolo 4 del contratto di programma 2001-2005. Tale ultima disposizione prevede altresì che a decorrere dal completamento della ristrutturazione societaria (e dunque dal 1° luglio 2001, data di costituzione della società di gestione dell’infrastruttura) il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) non detiene partecipazioni azionarie dirette nel soggetto societario gestore dell’infrastruttura (RFI Spa), ma solo nella società holding (FS Spa), che a sua volta ha il controllo del gestore dell’infrastruttura. Gli obblighi di finanziamento assunti dallo Stato in virtù del contratto di programma sono adempiuti mediante aumento del capitale sociale di FS Spa, che provvede poi a trasferire detti finanziamenti (sempre sotto forma di aumenti di capitale), alla società di gestione dell’infrastruttura.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, gli intervento di cui ai commi 1 e 2 sono finanziati dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
Il comma 3 pone a carico dello Stato – per un importo annuo di 27 milioni di euro per il triennio 2007-2009 – l’onere del debito contratto con la società Infrastrutture s.p.a. per il periodo dal 1° agosto 2006 al 31 dicembre 2007 con riferimento alla realizzazione del Sistema Alta velocità/ Alta capacità (AV/AC).
L’assunzione dell’onere è finalizzata al rimborso degli interessi e alla restituzione delle quote capitale dei mutui accesi ai sensi del DL n. 505/1993[119].
La relazione tecnica allegata al provvedimento in esame precisa che, tra le diverse problematiche affrontate dall’articolo in esame, figura quella del “pagamento del servizio del debito – da corrispondere a Cassa depositi e prestiti, subentrata ad Infrastrutture s.p.a. – già contratto per il finanziamento della rete AC/AV (asse Torino-Milano-Napoli), nonché dei mutui accesi in applicazione della legge n. 78 del 1994”.
Il comma 2 dell’articolo 1 del DL n. 505/1993 aveva autorizzato il Ministero del tesoro a garantire l'I.R.I. s.p.a. e l'ENI s.p.a. per le fideiussioni rilasciate o da rilasciare a favore della TAV Treno Alta Velocità s.p.a. per il puntuale e corretto adempimento da parte dei consorzi, dei quali facessero parte anche aziende controllate dall'I.R.I. e dall'ENI affidatari degli interventi relativi al sistema «Alta Velocità», di tutte le obbligazioni a loro carico secondo le previsioni delle relative convenzioni ed atti integrativi. La garanzia sarebbe cessata - ai sensi della disposizione - a seguito del collaudo finale delle opere realizzate in base a dette convenzioni ed atti integrativi. Il Ministero del tesoro avrebbe inoltre garantito l'adempimento degli obblighi derivanti alle Ferrovie dello Stato S.p.a. ovvero alle società derivanti dalla sua scissione nei confronti della TAV S.p.a. in relazione alla concessione, realizzazione e gestione del sistema Alta Velocità.
Ai sensi dell’articolo 2 del decreto legge, l'articolo 2, comma primo, lettera m), della legge 17 maggio 1985, n. 210 (secondo cui le Ferrovie dello Stato provvede a reperire mezzi finanziari, per le necessità dell'impresa, mediante la contrazione di mutui o l'assunzione di obbligazioni sul mercato nazionale o estero, previa autorizzazione del Ministro dei trasporti, di concerto con quello del tesoro e con garanzia dello Stato), si intende applicabile per i mutui ed i prestiti obbligazionari per operazioni di locazione finanziaria, nonché per i prestiti destinati alla ristrutturazione dei finanziamenti in essere, contratti dalla «Ferrovie dello Stato S.p.a.», a condizione che gli oneri delle relative operazioni siano a carico dell'erario sulla base delle leggi vigenti.
Il comma 4 reca l’autorizzazione di spesa di 311 milioni di euro per l’anno 2007 al fine dell’adeguamento dei corrispettivi per gli oneri di servizio pubblico, ivi compreso il recupero del tasso di inflazione programmata degli anni precedenti, sostenuti in base a:
§ contratti di programma con Rete ferroviaria italiane (RFI);
§ contratti di servizio di Trenitalia stipulati con le Regioni ai sensi dell’art. 52 della legge n. 388/2000[120].
Il citato articolo 52 relativo al trasferimento di funzioni statali alle regioni e agli enti locali ai sensi dei decreti legislativi attuativi della legge delega 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. “legge Bassanini”) prevedeva che, nell'àmbito del fondo per il federalismo amministrativo, una quota di lire 80 miliardi fosse destinata al finanziamento dei contratti di servizio per il trasporto pubblico locale stipulati dalle singole regioni a statuto ordinario con la società Ferrovie dello Stato Spa, a decorrere dal 1° gennaio 2001, in sostituzione del contratto già vigente a livello nazionale, per fare fronte ai maggiori servizi regionali erogati, rispetto agli esercizi precedenti, in conseguenza dell'entrata in esercizio di nuove linee e degli accordi tra lo Stato e le regioni raggiunti in conferenze di servizi per l'alta capacità.
Il comma 5 reca un’autorizzazione di spesa di 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell’infrastruttura.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, questo intervento è finanziato per l’intero importo del 2007 e per un importo di 1,2 miliardi di euro nel 2008, dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata di regolamento che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia e che modifica il regolamento (CE) n. 2236/95 del Consiglio (COM(2006)245).
Tra i progetti prioritari nel settore dei trasporti rientra il progetto n. 1 («Asse ferroviario Berlino-Verona/Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo»).
La proposta, che modifica la proposta iniziale della Commissione del luglio 2004, fissa le risorse di bilancio per la concessione di aiuti ai progetti di interesse comune nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia per il periodo 2007-2013, tenendo conto del quadro finanziario per tale periodo, come definito dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.
La proposta modificata tiene conto in gran parte degli emendamenti approvati in prima lettura dal Parlamento europeo, il 26 ottobre 2005, nell’ambito della procedura di codecisione.
Le risorse previste dalla proposta per il settore dei trasporti ammontano complessivamente a 8013 milioni di euro (contro i 20.350 della proposta iniziale)[121] per il periodo 2007-2013.
In base alla proposta il contributo finanziario della Comunità non dovrebbe superare le percentuali di seguito indicate:
a) per quanto riguarda gli studi, il 50% del costo ammissibile, a prescindere dal tipo di progetto d’interesse comune di cui si tratta;
b) per quanto riguarda i lavori:
§ per i progetti prioritari nel settore dei trasporti:
- al massimo il 20% del costo ammissibile;
- al massimo il 30% del costo ammissibile per le sezioni transfrontaliere di questi progetti e per i progetti prioritari riguardanti le vie navigabili, a patto che siano avviati entro il 2010 e che gli Stati membri interessati abbiano presentato alla Commissione tutte le garanzie necessarie sulla solidità finanziaria e sul calendario per la realizzazione del progetto.
Articolo
135
(Finanziamento delle opere di preminente
interesse nazionale)
1. Per la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, è autorizzata la concessione di contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, di cui 5 milioni a decorrere dall'anno 2007 per le esigenze infrastrutturali delle capitanerie di porto.
2. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 è altresì autorizzato un contributo di 3 milioni di euro per consentire lo sviluppo del programma di potenziamento ed adeguamento delle infrastrutture del Corpo delle capitanerie di porto - guardia costiera.
L’articolo 135, comma 1, provvede al rifinanziamento del Programma infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, autorizzando la concessione di contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Viene inoltre previsto che dei 100 milioni decorrenti dal 2007, 5 milioni di euro siano destinati alle esigenze infrastrutturali delle capitanerie di porto.
Si ricorda che l’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo) prevede che “il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le risorse necessarie, che si aggiungono ai finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili, senza diminuzione delle risorse già destinate ad opere concordate con le regioni e le province autonome e non ricomprese nel programma”.
Si rammenta, altresì, che le somme iscritte nel bilancio dello Stato per il finanziamento di tale programma, che accolgono le risorse stanziate dall’art. 13 della legge n. 166/2002, come successivamente rifinanziate, sono collocate nel cap. 7060 all’interno dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture. Per il 2007 tale capitolo reca uno stanziamento di competenza di 956,64 milioni di euro (U.p.b. 1.2.10.2, capitolo 7060 esposto in tab. F).
Nel 2° rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici redatto dal Servizio studi dal titolo Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” del luglio 2005 si indica in 235 il numero delle opere incluse nel PIS, (contro le 117 indicate nel 1° Programma delle infrastrutture recato dalla delibera CIPE n. 121/2001) a cui corrisponde una valutazione dei costi (o del valore complessivo) delle opere stesse pari a 264 miliardi di euro.
Si ricorda, altresì, che l’intero universo di riferimento del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) è attualmente costituito dalla delibera CIPE n. 130 del 6 aprile 2006[122], che ha provveduto ad aggiornare la delibera CIPE n. 121/2001. Nell’allegato 1 di tale delibera viene indicato un costo complessivo delle opere incluse del PIS pari a 173,4 miliardi di euro, quindi decisamente inferiore alla stima fornita nel citato Rapporto del Servizio studi. Di tale somma, resterebbero da finanziare (risorse da reperire) 58,5 miliardi di euro.
Si ricorda, inoltre, che nel recente documento allegato al DPEF 2007-2011 relativo al PIS, il Governo ha provveduto ad individuare le opere prioritarie all’interno del Programma, calcolando altresì il fabbisogno finanziario residuo per il loro completamento in 23,7 miliardi di euro.
Si fa notare che il finanziamento quindicennale disposto dal comma in esame corrisponde, in termini di volume attivabile, a circa 3,3 miliardi di euro[123], pari circa al 14% delle risorse indicate nel citato allegato al DPEF 2007-2001 per il completamento delle sole opere prioritarie.
Il comma 2 autorizza un contributo annuale di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per consentire lo sviluppo del programma di potenziamento ed adeguamento delle infrastrutture del Corpo delle capitanerie di porto - guardia costiera.
Il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della sua opera, fra cui il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che dal 1994 svolge le funzioni collegate all'uso del mare per le attività connesse con la navigazione commerciale e da diporto, precedentemente svolte dal Ministero della marina mercantile.
Le principali linee di attività del Corpo sono:
§ sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto e, attraverso l’attività di Port State Control, anche sul naviglio mercantile estero che scala nei porti nazionali;
§ ricerca e soccorso in mare;
§ protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;
§ controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole e forestali;
§ amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;
§ polizia marittima (cioè polizia tecnico-amministrativa marittima), comprendente la disciplina della navigazione marittima e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi.
Ulteriori funzioni sono svolte in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero della difesa (arruolamento personale militare), dal Ministero dei beni culturali e ambientali (archeologia subacquea), dal Ministero dell’interno (controlli in materia di immigrazione), dal Ministero di grazia e giustizia e dal Dipartimento della protezione civile.
Il potenziamento infrastrutturale delle capitanerie di porto è stato dapprima oggetto dell’articolo 39 della legge 979/1982[124] che ha previsto l’emanazione, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro della marina mercantile, di concerto con i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, con il quale approvare il programma quadriennale di potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative delle Capitanerie di porto e degli altri uffici periferici della marina mercantile al fine di adeguarli ai nuovi compiti previsti dalla legge nonché alle nuove dotazioni di personale.
La legge 34/1991[125] ha autorizzato, per il triennio 1991-1993, la spesa di lire 120 miliardi in ragione di lire 20 miliardi per il 1991, lire 40 miliardi per il 1992 e lire 60 miliardi per il 1993 per la realizzazione del programma quadriennale di potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative delle capitanerie di porto e degli altri uffici periferici del Ministero della marina mercantile, di cui all'articolo 39 della legge n. 979/1972.
Successivamente l’articolo 30, comma 2 del cosiddetto “collegato infrastrutture”[126] ha previsto la predisposizione da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, di un programma pluriennale straordinario di interventi per il triennio 2002-2004, al fine di realizzare infrastrutture ed impianti necessari allo sviluppo e all'ammodernamento delle strutture di vari corpi dello stato tra cui il Corpo delle capitanerie di porto. Per l'attuazione del programma la legge ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 5.000.000 di euro per l'anno 2002, 10.000.000 di euro per l'anno 2003 e 15.000.000 di euro per l'anno 2004 dando la possibilità all'amministrazione di assumere impegni pluriennali, corrispondenti alla durata dei finanziamenti.
Articolo
136
(Autonomia finanziaria delle autorità
portuali)
1. Per assicurare la autonomia finanziaria alle autorità portuali nazionali e promuovere l'autofinanziamento delle attività e la razionalizzazione della spesa, anche al fine di finanziare gli interventi di manutenzioni ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, con priorità per quelli previsti nei piani triennali già approvati, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali, sono attribuiti a ciascuna autorità portuale, a decorrere dall'anno 2007, per la circoscrizione territoriale di competenza:
a) il gettito della tassa erariale di cui all'articolo 2, primo comma, del decreto-legge 28 febbraio 1974, n. 47, convertito, con modificazioni dalla legge 16 aprile 1974, n. 117, e successive modificazioni;
b) il gettito della tassa di ancoraggio di cui al capo I del titolo I della legge 9 febbraio 1963, n. 82, e successive modificazioni.
2. A decorrere dal 2007 è istituito presso il Ministero dei trasporti, un fondo perequativo dell'ammontare di 50 milioni di euro, la cui dotazione è ripartita annualmente tra le autorità portuali secondo criteri fissati con decreto del Ministro dei trasporti, al quale compete altresì il potere di indirizzo e verifica dell'attività programmatica delle autorità portuali. A decorrere dall'anno 2007 sono conseguentemente soppressi gli stanziamenti destinati alle autorità portuali per costruzioni e manutenzioni dei porti.
3. Le autorità portuali sono autorizzate all'applicazione di una addizionale su tasse, canoni e diritti per l'espletamento dei compiti di vigilanza e per la fornitura di servizi di sicurezza previsti nei piani di sicurezza portuali.
4. Resta ferma l'attribuzione a ciascuna autorità portuale del gettito della tassa sulle merci sbarcate e imbarcate di cui al capo III del titolo II della legge 9 febbraio 1963, n. 82, e successive modificazioni, e all'articolo 1 della legge 5 maggio 1976, n. 355, e successive modificazioni.
5. Gli uffici doganali provvedono alla riscossione delle tasse di cui al presente articolo senza alcun onere per gli enti cui è devoluto il relativo gettito.
6. In conseguenza del regime di autonomia finanziaria delle autorità portuali ad esse non si applica il disposto dell'articolo 1, comma 57, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e si applica il sistema di tesoreria mista di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279. Le somme giacenti al 31 dicembre 2006 nei sottoconti fruttiferi possono essere prelevate in due annualità nel mese di giugno negli anni 2007 e 2008.
7. Ai fini della definizione del sistema di autonomia finanziaria delle autorità portuali, il Governo è autorizzato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a rivedere la disciplina delle tasse e dei diritti marittimi di cui alla legge 9 febbraio 1963, n. 82, e successive modificazioni, al decreto-legge 28 febbraio 1974, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 117, ed alla legge 5 maggio 1976, n. 355, nonché i criteri per la istituzione delle autorità portuali e la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o la loro eventuale soppressione, tenendo conto della rilevanza nazionale ed internazionale dei porti, del collegamento con le reti strategiche nazionali ed internazionali, del volume dei traffici e della capacità di autofinanziamento.
8. Al fine del completamento del processo di autonomia finanziaria delle autorità portuali, con decreto adottato di concerto tra il Ministero dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero delle infrastrutture, è determinata, per i porti rientranti nelle circoscrizioni territoriali delle Autorità portuali, la quota dei tributi diversi dalle tasse e diritti portuali da devolvere a ciascuna autorità portuale, al fine della realizzazione di opere e servizi previsti nei rispettivi piani regolatori portuali e piani operativi triennali con contestuale soppressione dei trasferimenti dello Stato a tal fine.
9. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3, comma 13, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, la realizzazione in porti già esistenti di opere previste nel piano regolatore portuale e nelle relative varianti ovvero qualificate come adeguamenti tecnico-funzionali sono da intendersi quali attività di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione degli stessi.
10. Gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della natura giuridica di enti pubblici non economici delle autorità medesime, restano assoggettati alla sola imposta proporzionale di registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Gli atti impositivi o sanzionatori fondati sull'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto ai canoni demaniali marittimi introitati dalle autorità portuali perdono efficacia ed i relativi procedimenti tributari si estinguono.
L’articolo 136 reca disposizioni in materia di autonomia finanziaria delle autorità portuali.
La legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale) – che reca la normativa tuttora vigente nel settore – ha innovato il precedente modello organizzativo basato su porti interamente pubblici, considerato non più rispondente alle esigenze dell'industria del trasporto marittimo e intermodale e della portualità in generale, introducendo in suo luogo il modello denominato “landlord port authority”, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo del territorio e delle infrastrutture portuali – che sono affidate al soggetto pubblico, in particolare alle Autorità portuali – e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali, che sono affidate a privati, fermo restando la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture.
La legge n. 84 del 1994 ha quindi istituito le Autorità portuali negli scali già sede di ente o consorzio portuale (Bari, Brindisi, Civitavecchia, Genova, Napoli, Palermo, Savona, Trieste e Venezia), nonché nei porti di Ancona, Cagliari, Catania, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Ravenna e Taranto. E' stata prevista inoltre la possibilità di istituire nuove Autorità in porti con un significativo traffico di merci, nonché nei porti di Olbia, Piombino e Salerno (a decorrere dal 1° gennaio 1995). Successivamente sono state istituite altre autorità portuali: con D.P.R. 20 marzo 1996 quella di Piombino, con D.P.R. 18 luglio 1998 quella di Gioia Tauro, con D.P.R. 23 giugno 2000 quella di Salerno, con D.P.R. 29 dicembre 2000 quella di Olbia e Golfo Aranci e con D.P.R. 12 aprile 2001 l’autorità portuale di Augusta. Con la legge finanziaria 2004 (art. 4, comma 65, della legge n. 350/2003) è stata altresì prevista l’istituzione dell’autorità portuale di Manfredonia. Delle complessive 25 autorità portuali, cinque risultano attualmente commissariate[127].
Le Autorità portuali sono chiamate, ai sensi dell'articolo 6 della legge medesima, a svolgere attività di indirizzo, di programmazione, di coordinamento e di controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e ordinanza anche in riferimento alla sicurezza; spettano alle autorità inoltre la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni, l'affidamento e il controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti di servizi di interesse generale.
Relativamente alle risorse finanziarie delle autorità portuali, l’articolo 13 della legge n. 84 del 1994 sono costituite:
a) dai canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine comprese nell'ambito portuale e delle aree demaniali comprese nelle circoscrizioni territoriali, nonché dai proventi di autorizzazioni per operazioni portuali. Le autorità portuali non possono determinare canoni di concessione demaniale marittima per scopi turistico-ricreativi, fatta eccezione per i canoni di concessione di aree destinate a porti turistici, in misura più elevata di quanto stabilito dalle autorità marittime per aree contigue e concesse allo stesso fine;
b) dagli eventuali proventi derivanti dalle cessioni di impianti;
c) salvo quanto previsto all'articolo 28, comma 6, dal gettito delle tasse sulle merci sbarcate ed imbarcate di cui al capo III del titolo II della legge n. 82 del 1963[128], e all'articolo 1 della legge n. 355 del 1976[129] (su tale punto, si veda infra);
d) dai contributi delle regioni, degli enti locali e di altri enti ed organismi pubblici;
e) da entrate diverse.
Al fine di garantire l’autonomia finanziaria, la disposizione in esame introduce le seguenti misure:
§ è attribuito (comma 1, lettere a) e b)) a ciascuna autorità portuale, a decorrere dall'anno 2007, per la circoscrizione territoriale di competenza, il gettitodella tassa erariale di imbarco e di sbarco e della tassa di ancoraggio.
Oltre che a fini di promozione dell’autofinanziamento delle attività e di razionalizzazione della spesa, la misura è volta anche a finanziare gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, con priorità per quelli previsti nei piani triennali già approvati, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali.
La tassa erariale di imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea e marittima è stata istituita con D.L. n. 47 del 1974[130] come tassa da applicarsi sul carico e sullo scarico delle merci ovunque effettuati (quindi sia nei porti che nelle rade o nelle spiagge). La misura della tassa erariale è stata aumentata del 50 per cento rispetto alla misura già modificata dall’articolo 6 della legge 1° dicembre 1981, n. 692, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546: l’aumento non è stato disposto per i servizi di cabotaggio.
La tassa di ancoraggio è stata istituita dall’articolo 2 della legge n. 82 del 1963[131]: il presupposto impositivo della tassa è stato individuato nel compimento di operazioni di commercio da parte di navi nazionali ed estere nei porti, nelle rade e nelle spiagge dello Stato.
L’articolo 28 della citata legge di riforma del settore portuale (legge n. 84 del 1994) ha stabilito che il gettito della tassa erariale di imbarco e sbarco e della tassa di ancoraggio fosse interamente acquisito al bilancio dello Stato. La legge ha esteso, a partire dal 1° gennaio 1994, a tutti i porti la tassa portuale sulle merci di cui al richiamato capo III del titolo II della legge n. 82/1963 e all'articolo 1 della legge n. 355 del 1976[132]. Per i porti ove non è istituita l'autorità portuale il gettito di tale tassa affluisce al bilancio dello Stato; nei porti ove sono istituite le autorità portuali, queste ultime ricevono solo il 50% del gettito, confluendo il restante 50 % nel bilancio dello Stato per consentire allo stesso di assorbire la mole delle rate di ammortamento dei mutui contratti dalle preesistenti organizzazioni portuali, poste a carico dello Stato dalla medesima legge n. 84 del 1994.
Quanto al piano operativo triennale, esso è previsto dall’articolo 9 della legge n. 84 del 1994. Tale disposizione, individuando le funzioni del comitato portuale, stabilisca che tale organo approva, entro novanta giorni dal suo insediamento, su proposta del presidente, il piano operativo triennale, soggetto a revisione annuale, concernente le strategie di sviluppo delle attività portuali e gli interventi volti a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati.
Si ricorda che l’articolo 13 del D.L. n. 262 del 2006[133] è intervenuto sulla funzione di manutenzione dei fondali, in capo al presidente dell’autorità portuale, sopprimendo la disposizione della legge n. 84 del 1994, la quale prevedeva che il mantenimento e l’approfondimento dei fondali avvenissero con l'intervento del servizio escavazione porti e, in via subordinata, con le modalità della gara pubblica.
§ è confermata l’attribuzione a ciascuna autorità portuale del gettito della tassa sulle merci sbarcate e imbarcate di cui al capo III del titolo II della legge n. 82 del 1963 e all’articolo 1 della legge n. 355 del 1976 (comma 4) (sul punto, vedi supra);
§ è istituito - a decorrere dal 2007 - presso il Ministero dei trasporti, un fondo perequativo di ammontare pari a 50 milioni di euro, da ripartirsi annualmente tra le autorità portuali in base a criteri definiti con decreto del Ministro dei trasporti; conseguentemente vengono soppressi - con la medesima decorrenza - gli stanziamenti destinati alle autorità portuali per costruzione e manutenzione dei porti. Viene, poi, riconosciuto al Ministro dei trasporti il potere di indirizzo e di verifica dell'attività programmatica delle autorità portuali (comma 2);
§ alle autorità portuali è riconosciuta l’autorizzazione all’applicazione di un’addizionale su tasse, canoni e diritti per l'espletamento dei compiti di vigilanza e per la fornitura di servizi di sicurezza previsti nei piani di sicurezza portuali (comma 3);
§ le autorità portuali vengono escluse dall’applicazione della disposizione di cui all’articolo 1, comma 57, della legge n. 311 del 2004, che ha introdotto specifici limiti di spesa per tutti gli enti pubblici non territoriali, ivi incluse le Autorità portuali (comma 6).
La citata norma ha fissato un limite all’incremento della spesa degli enti pubblici non territoriali rientranti nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche - tra i quali figurano le Autorità portuali - del 4,5% per il 2005 rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003, al netto delle spese di personale. Per gli anni 2006 e 2007 è stata prevista la percentuale di incremento del 2 per cento rispetto alle corrispondenti spese determinate per l'anno precedente.
A parziale revisione della disposizione introdotta dalla legge finanziaria per il 2005, sono intervenute due ulteriori disposizioni:
- l'articolo 14-ter del D.L. n. 115 del 2005[134] ha disposto l'esclusione per il 2005 dalla citata limitazione dell’incremento di spesa, delle spese di investimento effettuate dalle Autorità portuali istituite a decorrere dall'anno 2001 e i cui organi rappresentativi siano stati nominati a decorrere dall'anno 2003.
- l’articolo 34-septies del D.L. n. 4 del 2006[135] ha esteso agli anni 2006 e 2007 – nei limiti di 30 milioni di euro per ciascun anno - la deroga alla limitazione dell’incremento di spesa per le Autorità portuali istituite ai sensi della legge n. 84/94.
Per completezza, si ricorda che l’articolo 1, comma 78, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) ha previsto uno stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2006-2008 destinato a finanziare il consolidamento, la manutenzione straordinaria e il potenziamento delle opere di competenza delle Autorità portuali di recente istituzione (e, comunque, successiva al 30 giugno 2003).
Viene inoltre precisato dal comma 6 che alle Autorità portuali si applica il sistema di tesoreria mista, di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e che le somme giacenti al 31 dicembre 2006 nei sottoconti fruttiferi possono essere prelevate in due annualità nel mese di giugno negli anni 2007 e 2008.
Con il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279 (articoli 7-9), il sistema di tesoreria unica, istituito dalla legge n. 720 del 1984, è stato oggetto di rilevati modifiche, e se ne è previsto il graduale superamento in relazione al progressivo conferimento agli enti di funzioni ed entrate proprie.
In sostanza, il sistema della tesoreria unica prevede che gli enti indicati nella Tabella A, in cui rientrano le Autorità portuali, siano obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, una fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera. Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”, nelle quali sono versate direttamente, vale a dire mediante operazioni di giroconto che di fatto non transitano dalla tesoreria dell'Ente.
Il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere è fissato con decreti del Ministro dell’economia; con il decreto sono definiti i criteri e le modalità per l'effettuazione delle operazioni e per il regolamento dei rapporti debitori e creditori, in modo da garantire agli enti interessati la piena ed immediata disponibilità delle somme di loro spettanza giacenti in tesoreria, sia nelle contabilità fruttifere che in quelle infruttifere.
Il tesoriere incassa direttamente tutte le entrate proprie dell'ente, provenienti dal settore privato o da enti che non rientrano fra quelli del settore pubblico allargato, e provvede a versarle nella tesoreria provinciale. Le entrate provenienti da enti ed organismi del settore pubblico pervengono direttamente alla contabilità speciale infruttifera. I tesorieri eseguono i pagamenti disposti dagli enti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti stessi direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere.
Il sistema di tesoreria mista, introdotto con riferimento agli enti territoriali, distingue il regime applicabile alle diverse entrate degli enti, prevedendo che soltanto i fondi provenienti dal bilancio dello Stato (comprese le entrate provenienti da indebitamento assistito dallo Stato) debbano affluire nei conti di tesoreria, mentre le entrate proprie sono escluse dal versamento in tesoreria, per essere depositate direttamente presso il sistema bancario; tali disponibilità saranno tuttavia utilizzate prioritariamente per i pagamenti di tali enti.
Ai fini della definizione e del completamento del sistema di autonomia finanziaria, l’articolo in esame demanda a:
§ un regolamento - da emanare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge - la revisione della disciplina delle tasse e dei diritti marittimi di cui ai richiamati atti normativi (L. n. 82 del 1963; D.L. n. 74 del 1974; L. n. 355 del 1976), nonché i criteri per l’istituzione delle autorità portuali e la verifica del possesso deirequisiti necessari per la conferma o l’eventuale soppressione delle stesse. Ai fini di tale conferma o soppressione, si prevede che si dovrà tener conto della rilevanza nazionale ed internazionale dei porti, del collegamento con le reti strategiche nazionali ed internazionali, del volume dei traffici e della capacità di autofinanziamento (comma 7).
Si fa presente che il comma 7 dell’articolo in esame demanda la revisione della disciplina sulle tasse e i diritti marittimi ad un regolamento ai sensi dell’articolo 17 comma 3, della legge n. 400 del 1988, che disciplina i regolamenti ministeriali. Non appare chiaro il senso di tale richiamo al comma 3 dell’articolo 17, atteso che il regolamento inciderà su un oggetto disciplinato da atti normativi di rango primario e, pertanto, verrà a configurare un’ipotesi di delegificazione contemplata, invece, al comma 2 dell’articolo 17 della legge n. 400 del 1988. Si fa, inoltre, presente che, pur richiamandosi un regolamento ministeriale, il comma 7 in esame individua quale soggetto legittimato all’emanazione del regolamento il “Governo” e non il “Ministro”.
Si segnala inoltre l’opportunità di valutare se lo strumento regolamentare qui contemplato sia idoneo a operare la revisione delle tasse e dei diritti marittimi, che – in ragione della natura tributaria di questi istituti – sono soggetti a riserva (ancorché relativa) di legge in base al disposto dell’articolo 23 della Costituzione.
Circa il tema della revisione del sistema dei diritti e delle tasse portuali, si ricorda che l’articolo 100 della legge n. 342 del 2000 aveva autorizzato il Governo a emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima, un regolamento volto a riformare il sistema delle tasse e dei diritti marittimi secondo i seguenti criteri: semplificazione del sistema di tassazione e delle procedure di riscossione; definizione della quota da attribuire al bilancio delle autorità portuali anche al fine di fare fronte ai compiti di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'àmbito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali; individuazione di un sistema di autonomia finanziaria delle autorità portuali, fermi restando i controlli contabili e amministrativi previsti dall'ordinamento vigente per il finanziamento delle opere infrastrutturali contenute nei piani regolatori e nei piani operativi triennali approvati dai Ministri vigilanti.
Il termine di emanazione del regolamento è stato poi prorogato al 30 giugno 2002 dall'art. 36, comma 1, del “collegato infrastrutture” (L. n. 166 del 2002). Allo stato, il regolamento non risulta emanato.
§ un decreto, adottato di concerto tra il Ministro dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture, la determinazione, per i porti rientranti nelle circoscrizioni territoriali delle Autorità portuali, della quota di tributi diversi dalle tasse e diritti portuali, da devolvere a ciascuna autorità portuale, al fine della realizzazione di opere e servizi previsti nei rispettivi piani regolatori portuali e piani operativi triennali, con contestuale soppressione dei trasferimenti dello Stato a tal fine.
Il piano regolatore portuale è previsto dall’articolo 5 della legge n. 84 del 1994. In particolare, nei porti di cui alla categoria II, classi I, II e III[136], con esclusione di quelli aventi le funzioni di cui all'articolo 4, comma 3, lettera e) (porti con funzione turistica e da diporto), l'ambito e l'assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all'attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie, sono rispettivamente delimitati e disegnati dal piano regolatore portuale che individua altresì le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate. Le previsioni del piano regolatore portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti.
Nei porti sopra indicati nei quali è istituita l'autorità portuale, il piano regolatore è adottato dal comitato portuale, previa intesa con il comune o i comuni interessati. Nei porti sopra indicati nei quali non è istituita l'autorità portuale, il piano regolatore è adottato dall'autorità marittima, previa intesa con il comune o i comuni interessati. Il piano è quindi inviato per il parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici, che si esprime entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'atto. Decorso inutilmente tale termine, il parere si intende reso in senso favorevole.
Il piano regolatore relativo a porti di cui alla categoria II, classi I, II e III, esaurita la procedura sopra descritta, è sottoposto, ai sensi della normativa vigente in materia, alla procedura per la valutazione dell'impatto ambientale ed è quindi approvato dalla regione.
Al piano regolatore portuale dei porti aventi le funzioni di cui all'articolo 4, comma 3, lettera b), e alle relative varianti, è allegato un rapporto sulla sicurezza dell'ambito portuale ai fini degli adempimenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali e dal decreto del Ministro dell'ambiente 20 maggio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 31 maggio 1991.
Ai sensi del comma 8 dell’articolo 5, spetta allo Stato l'onere per la realizzazione delle opere nei porti di cui alla categoria I e per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di cui alla categoria II, classi I e II. Le regioni, il comune interessato o l'autorità portuale possono comunque intervenire con proprie risorse, in concorso o in sostituzione dello Stato, per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di cui alla categoria II, classi I e II. Spetta alla regione o alle regioni interessate l'onere per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di cui alla categoria II, classe III. Le autorità portuali, a copertura dei costi sostenuti per le opere da esse stesse realizzate, possono imporre soprattasse a carico delle merci imbarcate o sbarcate, oppure aumentare l'entità dei canoni di concessione.
Sono considerate opere di grande infrastrutturazione le costruzioni di canali marittimi, di dighe foranee di difesa, di darsene, di bacini e di banchine attrezzate, nonché l'escavazione e l'approfondimento dei fondali. I relativi progetti sono approvati dal Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Circa il piano operativo triennale, si veda supra.
Il comma 9 prevede che, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3, comma 13, del D.L. n. 90 del 1990[137], sono da intendersi quali attività di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione dei porti già esistenti la realizzazione di opere previste nel piano regolatore portuale e nelle relative varianti ovvero le opere qualificate come adeguamenti tecnico-funzionali
L’articolo 3, comma 13, del citato decreto-legge ha chiarito che tra i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali previsti all'articolo 9, n. 6), del D.P.R. n. 633 del 1972[138] si intendono compresi anche:
§ il rifacimento, completamento, ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione e riqualificazione degli impianti già esistenti, pur se tali opere vengono dislocate, all'interno dei porti, degli aeroporti, degli autoporti e degli scali ferroviari di confine, in sede diversa dalla precedente;
§ i servizi relativi al movimento di persone e di assistenza ai mezzi di trasporto e quelli relativi ai servizi di carico, scarico, trasbordo, manutenzione, stivaggio, disistivaggio, pesatura, misurazione, controllo, refrigerazione, magazzinaggio, deposito, custodia e simili, relativi ai beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea ovvero relativi a beni in importazione, purché tali servizi siano resi nell'ambito dei luoghi sopra indicati
L’articolo 9, primo comma, numero 6), del D.P.R. n. 633 del 1972 ha classificato come servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali i servizi prestati nei porti, negli autoporti, negli aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto, nonché quelli resi dagli agenti marittimi raccomandatari.
Ai sensi dell’articolo 7, ultimo comma, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali di cui all’articolo 9 dello stesso decreto non si considerano effettuati nel territorio dello Stato e sono, pertanto, esclusi dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto[139].
Il comma 10 prevede che gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della loro natura giuridica di enti pubblici non economici, siano assoggettati alla sola imposta proporzionale di registro e che i relativi canoni non costituiscano corrispettivi imponibili ai fini dell'IVA.
Di conseguenza la norma stabilisce che gli atti impositivi o sanzionatori fondati sull'applicazione dell'IVA ai canoni demaniali marittimi introitati dalle autorità portuali perdono efficacia e i relativi procedimenti tributari si estinguono.
La disposizione in esame intende pertanto chiudere il contenzioso esistente in materia[140], collegato ad un’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria che considerava imponibili gli atti di concessione demaniale.
Si ricorda infatti che, in linea generale, non sono soggetti all’imposta sui redditi delle società (IRES) né all’imposta sul valore aggiunto (IVA) gli enti pubblici che esercitano esclusivamente "funzioni statali" poiché difettano in capo agli stessi, per espressa previsione normativa, la soggettività passiva ai fini dei predetti tributi, fatta salva l'ipotesi dello svolgimento di determinate attività, considerate comunque "commerciali" ai fini IVA e, come, tali, assoggettate alla sola imposta sul valore aggiunto.
L’amministrazione finanziaria, nella risoluzione n. 40/E del 16 marzo 2004, si è occupata del trattamento tributario dei canoni derivanti da concessioni demaniali ai fini dell’IRPEG (ora IRES) e dell’IVA. In tale risoluzione l'Amministrazione, pur riconoscendo, in conformità al parere reso in proposito dal Consiglio di Stato[141], che le Autorità portuali sono classificabili tra gli enti non commerciali in quanto enti pubblici preposti al prevalente esercizio di funzioni statali, ha tuttavia concluso che l'attività per la quale l'ente portuale ritrae i canoni di concessione demaniale, da identificarsi nella "gestione di beni demaniali", concretizzerebbe lo svolgimento di un'attività commerciale che farebbe assumere all'Autorità portuale la soggettività passiva ai fini IRPEG (ora IRES) e IVA, con la connessa rilevanza dei canoni e, quindi, la loro soggezione, sia ai fini dell'imposizione sul reddito che dell'imposta sul valore aggiunto.
Per quanto attiene in particolare al regime IVA dei canoni di concessione, la risoluzione - sulla scorta della legislazione italiana e comunitaria e della giurisprudenza della CE secondo le quali possono considerarsi svolte in qualità di pubblica autorità solo le attività degli enti pubblici che costituiscono cura di interessi pubblici, poste in essere nell'ambito e nell'esercizio del diritto pubblico - ha ritenuto che l'attività attraverso cui le Autorità portuali amministrano il demanio marittimo non viene esercitata in veste di pubblica autorità, né implica l'uso di poteri amministrativi. In conclusione, pertanto, a giudizio dell'amministrazione finanziaria, l'attività di concessione di aree demaniali, di banchine e di opere in ambito portuale, per le quali l'ente percepisce un canone di concessione, concretizzerebbe lo svolgimento di un'attività commerciale che farebbe assumere all'ente non commerciale la soggettività passiva ai fini dell'IVA[142].
La relazione tecnica al disegno di legge (A.C. 1746), relativamente al comma 10, afferma che le disposizioni non comportano alcun onere a carico dello Stato e consentono di ridurre il contenzioso esistente.
Articolo 137
(Sviluppo degli hub portuali di interesse nazionale)
1. Per lo sviluppo delle filiere logistiche dei servizi ed interventi concernenti i porti con connotazioni di hub portuali di interesse nazionale, nonché per il potenziamento dei servizi mediante interventi finalizzati allo sviluppo dell'intermodalità e delle attività di transhipment è autorizzato un contributo di 100 milioni di euro per l'anno 2008 da iscrivere nello stato di previsione della spesa del Ministero dei trasporti. Il Ministro dei trasporti, sentita la Conferenza Stato-regioni, definisce con proprio decreto, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, i criteri e le caratteristiche per la individuazione degli hub portuali di interesse nazionale.
2. Le risorse di cui al comma 1 sono finalizzate, fino alla concorrenza del cinquanta per cento, ad assicurare lo sviluppo del porto di Gioia Tauro, quale piattaforma logistica del Mediterraneo, nonché al fine di incentivare la localizzazione nella relativa area portuale di attività produttive anche in regime di zona franca in conformità con la legislazione comunitaria vigente in materia.
3. Per l'adozione del piano di sviluppo e di potenziamento degli hub portuali di interesse nazionale e per la determinazione dell'importo di spesa destinato a ciascuno di essi, è istituito un apposito Comitato composto dal Ministro dei trasporti, dal Ministro dell'interno, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro delle infrastrutture, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministro dell'università e della ricerca, nonché dai Presidenti delle regioni interessate. Il Comitato, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro dei trasporti, approva il piano di sviluppo, su proposta del Ministro dei trasporti.
4. Le somme non utilizzate dai soggetti attuatori al termine della realizzazione delle opere, comprese quelle provenienti dai ribassi d'asta, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo da istituire nello stato di previsione dei Ministero dei trasporti per gli interventi di cui al presente articolo.
5. Agli interventi realizzati ai sensi del presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla parte II, titolo I, capo IV, sezione II, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
L’articolo 137 reca disposizioni in materia di hub portuali di interesse nazionale.
Il comma 1 reca l’autorizzazione di una spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2008 – da iscrivere nello stato di previsione della spesa del Ministero dei trasporti – per le seguenti finalità:
§ sviluppo delle filiere logistiche;
§ interventi nei porti con connotazioni di hub portuali di interesse nazionale: è demandata ad un regolamento del Ministro dell’interno, da adottare sentita la Conferenza stato-regioni, la determinazione dei criteri e delle caratteristiche necessari per la individuazione degli suddetti hub;
§ interventi finalizzati allo sviluppo delle attività di transhipment e dell’intermodalità.
Il transhipment èuna schema di trasporto che consiste in un complesso di procedure relative al trasferimento (sbarco/reimbarco) di contenitori dalle grandi navi portacontainer (o navi madri) su battelli di dimensioni minori definiti navi feeder. Con questi sistemi, dai grandi porti è possibile trasferire le merci o sui treni, mediante i percorsi dei landbridge[143], o sulle reti di navi feeder verso porti che servono retroterra o hinterland regionali.
Il comma 2 stabilisce che il cinquanta per cento delle risorse stanziate ai sensi del comma precedente è finalizzato :
§ allo sviluppo del porto di Gioia Tauro in quanto piattaforma logistica del Mediterraneo;
§ ad incentivare la localizzazione di attività produttive nella area portuale di Gioia Tauro, anche in regime di zona franca in conformità con la legislazione comunitaria vigente in materia.
Negli ordinamenti moderni, l’espressione: "zona franca" ìndica un istituto di diritto doganale, consistente nell'applicazione – in un ambito territoriale determinato – di un regime particolare di esenzione doganale, generalmente configurato come finzione giuridica di estraneità della porzione territoriale costituita in zona franca rispetto al territorio doganale dello Stato.
La finzione di extraterritorialità non comporta l’esclusione del territorio franco dall'ordinamento doganale dello Stato, ma determina che quest'ultimo, sebbene di fatto situato entro il territorio doganale, agli effetti dell'imposizione tributaria, è considerato fuori della linea doganale ed è così sottratto al regime doganale ordinario, per essere assoggettato a un regime speciale, il quale sostanzialmente consente di introdurre, depositare e, a volte, di manipolare, trasformare e consumare le merci estere nella zona franca in esenzione da tributi e formalità doganali. Il confine della zona franca dovendosi inoltre considerare corrispondente alla linea doganale, le merci nazionali o nazionalizzate introdotte nella zona franca devono ritenersi esportate; viceversa, le merci estratte dalla zona franca e destinate al consumo nel territorio doganale devono considerarsi, agli effetti doganali, merci di provenienza estera.
Sebbene le singole zone franche possano essere positivamente assoggettate a regimi propri secondo la volontà del legislatore, possono distinguersi, in generale:
- il regime di zona franca "integrale", che permette non solo l'introduzione, il deposito, la manipolazione delle merci nel territorio franco, ma anche il consumo e l'utilizzazione delle stesse da parte dei residenti, in esenzione doganale;
- il regime ordinario dei porti franchi, delle zone portuali franche (o punti franchi) e dei depositi franchi, in cui l'esenzione dal tributo e dalle formalità doganali è limitata all'introduzione delle merci in zona franca, alle operazioni relative al loro carico, scarico, trasbordo o comunque inerenti al traffico commerciale, al loro deposito, negoziazione e riesportazione, allo scopo di agevolare il traffico mercantile internazionale, il commercio di riesportazione e il deposito all'interno di tali zone e, per conseguenza, di incoraggiare l'utilizzazione di determinate attrezzature da parte degli operatori commerciali. Quando viene consentita la lavorazione o la trasformazione industriale delle merci introdotte, l’istituto assume anche un’ulteriore finalità di incentivazione industriale, consentendo agli stabilimenti insediati nella zona franca di utilizzare le materie prime e le merci necessarie al processo produttivo, nonché di riesportare i prodotti finiti, in esenzione dai dazi doganali.
La materia è positivamente disciplinata nella legislazione nazionale ed europea.
In particolare, l’articolo 166 del codice doganale comunitario, adottato con regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, definisce le zone franche e i depositi franchi come “parti del territorio doganale della Comunità o aree situate in tale territorio, separate dal resto di esso, in cui:
a) le merci non comunitarie sono considerate, per l'applicazione dei dazi all'importazione e delle misure di politica commerciale all'importazione, come merci non situate nel territorio doganale della Comunità, purché non siano immesse in libera pratica o assoggettate ad un altro regime doganale, né utilizzate o consumate in condizioni diverse da quelle previste dalla regolamentazione doganale;
b) le merci comunitarie, per le quali una normativa comunitaria specifica lo preveda, beneficiano, a motivo del loro collocamento in tale zona franca o in tale deposito franco, di misure connesse, in linea di massima, alla loro esportazione”.
L’articolo 167 autorizza gli Stati membri a destinare a zona franca talune parti del territorio doganale della Comunità,stabilendone il limite geografico, e ad autorizzare la creazione di depositi franchi in locali da essi approvati.
Le zone franche sono intercluse e gli Stati membri stabiliscono i punti di entrata e di uscita, sottoponendoli a vigilanza doganale. Sono previste disposizioni specifiche per assicurare il rispetto della legislazione doganale. In particolare, l'autorità doganale può comunque controllare le merci che entrano in una zona franca o in un deposito franco, che vi vengono depositate o che ne escono. L'accesso a una zona franca o a un deposito franco può essere vietato alle persone che non offrono tutte le garanzie necessarie per l'osservanza delle leggi doganali. La costruzione di qualsiasi immobile in una zona franca è subordinata a un'autorizzazione preventiva dell'autorità doganale.
L’articolo 172 consente, alle condizioni previste dal codice medesimo, lo svolgimento di qualsiasi attività di natura industriale o commerciale oppure di prestazione di servizi in una zona franca o in un deposito franco, con l’osservanza degli obblighi contabili previsti dall’articolo 176, previa notifica all'autorità doganale e salve le limitazioni e i divieti – anche di carattere soggettivo – che la medesima autorità può disporre. L’utilizzazione, la manipolazione e la trasformazione delle merci non comunitarie collocate in una zona franca o in un deposito franco sono ammesse alle condizioni indicate dall’articolo 173. Salve le eccezioni ammesse per i prodotti di rifornimento, tali merci non possono essere invece consumate o utilizzate nelle zone franche o nei depositi franchi.
Dal punto di vista del controllo le zone franche possono esser di due tipi: quelle di primo tipo hanno una delimitazione territoriale in ragione della quale le merci collocate all’interno del loro perimetro, soggetto a vigilanza doganale, godono automaticamente del regime che le esclude dall’assoggettamento a diritti doganali e all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. Le zone franche del secondo tipo, invece, hanno un regime assimilato a quello dei depositi doganali, in conseguenza del quale godono del regime più favorevole per esse previsto soltanto le merci introdotte con espressa dichiarazione presentata alle competenti autorità.
Le zone franche esistenti all'interno dell'Unione europea erano 31 nel 2002 (Commissione europea, comunicazione 2002/C 50/05)[144]; dopo l’ingresso degli Stati che hanno recentemente aderito all’Unione sono cresciute al numero di 62 (Commissione europea, Direzione generale delle imposte e delle dogane: dato aggiornato al 1° settembre 2005).
Nell’ordinamento nazionale, l’articolo 2 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, assimila ai territori extra-doganali i depositi franchi, i punti franchi e gli altri analoghi istituti disciplinati in particolare nella sezione quarta. Ivi, l’articolo 166 riguarda i punti franchi, che possono essere istituiti con legge nelle principali città marittime nonché in località interne che rivestano rilevante importanza ai fini dei traffici con l'estero. Ove non vi provveda la legge, con decreto del Presidente della Repubblica sono stabilite le attività commerciali e industriali che possono essere esercitate in ciascun punto franco e le disposizioni da osservarsi ai fini della disciplina doganale. Le merci introdotte nei punti franchi possono formare oggetto delle manipolazioni usuali necessarie per la loro conservazione, nonché degli altri trattamenti che per ciascun punto franco sono previsti dalle norme che ne disciplinano il funzionamento. In tal caso, le merci sono assimilate a quelle in regime di temporanea importazione e sono soggette alle condizioni e formalità stabilite in via generale dal Ministero dell’economia e delle finanze, prescindendosi tuttavia dalla prevista cauzione. Le merci introdotte nei depositi franchi e nei punti franchi possono esservi consumate o utilizzate solo alle condizioni stabilite per l'importazione definitiva.
L’istituzione di zone franche è stata in genere disposta con speciali norme di legge[145].
Il comma 3 istituisce un Comitato per l’adozione, su proposta del Ministro dei trasporti, del piano di sviluppo e di potenziamento degli hub portuali di interesse nazionale e per la determinazione dell’importo di spesa destinato a ciascun hub portuale di interesse nazionale. Il Comitato - presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro dei trasporti - è composto dal Ministro dei trasporti, dal Ministro dell'interno, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro delle infrastrutture, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministro dell'università e della ricerca, nonché dai Presidenti delle regioni interessate.
Il comma 4 reca disposizioni relative alla destinazione delle somme, comprese quelle provenienti dai ribassi d'asta, non utilizzate al termine della realizzazione delle opere. In particolare, si prevede che tali somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo da istituire nello stato di previsione dei Ministero dei trasporti ai fini degli interventi previsti dall’articolo in esame.
Il comma 5 stabilisce l’applicazione delle norme dettate dal codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) per i contratti pubblici di rilevanza comunitaria nei settori ordinari, concernenti il procedimento di approvazione dei progetti e gli effetti ai fini urbanistici ed espropriativi.
Tali disposizioni sono contenute nella parte II, titolo I, capo IV, sezione II, del codice (articoli 97 e 98). Per quanto riguarda gli effetti dell’approvazione dei progetti, il comma 2 dell’articolo 98 prevede che essa costituisca variante urbanistica a tutti gli effetti. Ciò al fine di accelerare la realizzazione di infrastrutture di trasporto, viabilità e parcheggi, tese a migliorare la qualità dell'aria e dell'ambiente nelle città.
Il 7 giugno 2006 la Commissione ha presentato il Libro verde “Verso una politica marittima dell’Unione: una visione europea degli oceani e dei mari” (COM(2006)275), inteso ad avviare un dibattito sulla futura politica marittima comunitaria.
Il Libro verde intende aprire un ampio processo di consultazione, che si concluderà il 30 giugno 2007, al termine del quale la Commissione prevede di presentare, sulla base dei risultati riscontrati, una comunicazione al Parlamento e al Consiglio ed eventuali proposte per il futuro.
Il Libro verde, che propone un nuovo approccio integrato al fine di coordinare in modo sistematico le politiche concernenti tutti i settori che hanno un impatto su mari e oceani, in particolare prospetta una gestione integrata delle attività terrestri e marittime nelle zone costiere, promuovendo la GIZC (gestione integrata delle zone costiere) nonché lo sviluppo di capacità portuali efficienti, per favorire il passaggio dal trasporto terrestre al trasporto via acqua.
Articolo 138
(Prosecuzione degli interventi nelle zone
terremotate
della regione Molise)
1. Al fine di garantire la prosecuzione gli interventi e le opere di ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici nel territorio del Molise, si provvede alla ripartizione delle risorse finanziarie mediante ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri adottate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in modo da garantire ai comuni totalmente evacuati, che abbiano predisposto il relativo piano di ricostruzione, risorse non inferiori a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui al decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. Gli interventi di ricostruzione finanziati a valere sulle predette risorse finanziarie sono adottati in coerenza con i programmi già previsti da altri interventi infrastrutturali statali.
L’articolo 138 prevede risorse finanziarie non inferiori a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici nel territorio della regione Molise, da destinare unicamente ai comuni totalmente evacuati che abbiano, nel contempo, predisposto il relativo piano di ricostruzione. La disposizione pone la condizione che tali interventi siano adottati in coerenza con i programmi già previsti da altri interventi infrastrutturali statali.
L’articolo precisa che alla ripartizione dei contributi, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al decreto-legge n. 142 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 195 del 1991 – vale a dire a carico del Fondo per la protezione civile - si provvederà, tra i comuni interessati, con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi dell’art. 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992.
Si ricorda, al riguardo, che i principali finanziamenti in materia di protezione civile derivano dall’apposito Fondo per la protezione civile, alimentato annualmente con la legge finanziaria (Tabella C), ai sensi dell’art. 6, comma 1, del decreto legge n. 142 del 1991, e sul quale le ordinanze di urgenza possono mobilitare le risorse finanziarie per i singoli interventi relativi alle calamità naturali.
Si rileva che la tabella C allegata al disegno di legge finanziaria in esame (AC 1746) reca a valere del Fondo per la protezione civile (nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze) stanziamenti pari a 223 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009.
Si ricorda, in merito alle risorse destinate alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 31 ottobre 2002 nei territori al confine tra il Molise e la Puglia, che i primi finanziamenti sono stati autorizzati con il decreto-legge n. 245 del 2002, che ha previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro per il 2002 per il territorio della provincia di Campobasso e di Foggia, su complessivi 60 milioni di euro e 10 milioni per l’anno 2003 (complessivamente destinati alle tre province di Campobasso, Foggia e Catania, a carico del Fondo per la protezione civile). Successivamente lo stanziamento di ulteriori risorse finanziarie è stato inserito all’interno di alcuni decreti-legge, nonché all’interno delle leggi finanziarie che si sono susseguite.
Nell’ultima legge finanziaria n. 266 del 2006, l’art. 1, comma 100, ha destinato complessivi 26 milioni di euro per una serie di calamità naturali, riservando 10 milioni di euro per la ricostruzione delle zone colpite dagli eventi sismici nel territorio del Molise. Successivamente è intervenuta l’ordinanza n. 3534 del 25 luglio 2006 (GU del 3.8.2006, n. 179) che ha provveduto a ripartire le citate risorse finanziarie e ha assegnato i 10 milioni di euro quale riserva di legge alla regione Molise e 400.000 euro alla regione Puglia colpita dallo stesso evento sismico.
Articolo 139
(Prosecuzione degli interventi nelle zone
terremotate delle regioni Marche ed Umbria)
1. Per la prosecuzione dell'opera di ricostruzione nei territori delle regioni Umbria e Marche colpiti dagli eventi sismici del settembre 1997, è autorizzato un contributo annuo di euro 50 milioni per l'anno 2007 e di 25 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, da erogare alle medesime regioni secondo la ripartizione da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
L’articolo 139 destina, per la prosecuzione dell'opera di ricostruzione nei territori delle regioni Umbria e Marche colpiti dagli eventi sismici del settembre 1997, un contributo annuo di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 25 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
Si ricorda, in merito alle risorse destinate alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 1997 nei territori delle Marche e dell’Umbria, che nella maggior parte delle leggi finanziarie approvate successivamente al verificarsi degli eventi sismici sono stati previsti specifici contributi a favore delle due regioni. Da ultimo, nella legge finanziaria del 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), l’art. 1, comma 100, ha previsto un vincolo di destinazione per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle Marche e nell’Umbria pari a contributi quindicennali di 4 milioni di euro annui. Tali contributi sono stati successivamente assegnati con l’ordinanza n. 3534 del 25 luglio 2006 (GU del 3.8.2006, n. 179), che ha ripartito le citate risorse finanziarie tra la regione Marche, cui sono stati assegnati 1,4 milioni di euro, e la regione Umbria cui sono stati destinati i restanti 2,6 milioni di euro.
La disposizione prevede inoltre che tale contributo sia erogato secondo la ripartizione da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
In proposito si segnala che la ripartizione delle somme stanziate avviene ordinariamente con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri e non DPCM.
In particolare, il citato articolo 1, comma 100, prevedeva espressamente che la ripartizione dei contributi avvenisse con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della citata legge n. 225 del 1992 (che prevede, per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla deliberazione dello stato di emergenza, si provveda anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico).
Articolo 140
(Interventi urgenti nel settore dei
sistemi
di trasporto rapido di massa)
1. I fondi di cui alla legge 26 febbraio 1992, n. 211, e successive modificazioni, destinati al cofinanziamento delle opere di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, possono essere utilizzati per il finanziamento parziale dell'opera intera, con le stesse modalità contabili e di rendicontazione previste per i fondi stanziati ai sensi della suddetta legge n. 443 del 2001. Per il completamento degli interventi infrastrutturali di cui al presente articolo è autorizzato un contributo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 140 reca disposizioni urgenti relative al sistema di trasporto rapido di massa. In particolare:
§ il primo periodo dell’articolo – che consta di un unico comma - è teso a semplificare le procedure per interventi infrastrutturali volti alla realizzazione di sistemi di trasporto rapido di massa, finanziati sulla base sia della legge n. 211/1992[146] sia della legge n. 443/2001[147] (c.d. “legge obiettivo”). Si prevede, così, che ai fondi di cui alla legge n. 211/1992 destinati a cofinanziare le opere di cui alla legge n. 443/2001 si applichi la procedura contabile e di rendicontazione prevista per i fondi stanziati ai sensi della legge n. 443/2001.
§ il secondo periodo prevede un stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per il completamento degli interventi infrastrutturali suddetti.
Si fa presente che non appare chiaro quali siano le modalità contabili e di rendicontazione dei fondi stanziati ai sensi della legge n. 443 del 2001, atteso che né tale legge né il decreto legislativo attuativo (D.Lgs. 190/2002) forniscono alcuna indicazione in merito.
La legge n. 211/1992 ha disposto interventi finalizzati allo sviluppo deltrasporto pubblico nelle aree urbane e a favorire l'installazione di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria e di tramvie, a contenuto tecnologico innovativo, volti al miglioramento della mobilità e delle condizioni ambientali. I piani di intervento - corredati da analisi comparative costi-benefìci - sono predisposti dagli enti locali interessati tenuti a definire, ove necessario, accordi di programma con le amministrazioni ed i soggetti interessati. Tali piani devono contenere interventi, anche ricadenti nell'ambito di programmi già in corso di esecuzione, per la realizzazione, l'ammodernamento e l'ampliamento di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria anche ad automazione integrale, ivi compresi i connessi sistemi attrezzati di interscambio nonché l'acquisizione del relativo materiale rotabile.
In base all’articolo 9, sui mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti e con istituti di credito nazionali ed esteri da parte degli enti locali ammessi al finanziamento, sono previsti contributi da parte dello Stato in misura non superiore al 10 per cento dell'investimento e per la durata massima di trenta anni. I programmi di intervento predisposti dagli enti locali sono sottoposti all’approvazione del CIPE, al quale spetta altresì il compito di individuare le eventuali fonti di finanziamento a carico dello Stato nonché di individuare le quote da destinare annualmente ai singoli interventi. Entro 270 giorni da tale approvazione, i soggetti interessati trasmettono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la progettazione definitiva. Una disposizione inserita nella legge dall’articolo 32 della legge n. 166 del 2002 (c.d. “collegato infrastrutture”) ha previsto la presentazione di un programma temporale delle scadenze relative agli adempimenti successivi del soggetto beneficiario fino alla consegna dei lavori, da presentarsi contestualmente alla trasmissione della progettazione definitiva, per consentire il monitoraggio da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sull'esito degli investimenti finanziati; il conseguimento degli obiettivi di programma costituirà elemento di valutazione nella destinazione di ulteriori contributi per nuovi progetti.
Il sistema di finanziamento si basa quindi sul meccanismo del cofinanziamento, in quanto una parte delle risorse necessarie alla costruzione dell’opera viene erogata dallo Stato e una parte dagli enti locali interessati (comuni e aree metropolitane).
L’articolo 10 della legge ha invece disposto il rifinanziamento degli interventi di cui all’articolo 8 della legge 15 dicembre 1990, n. 385 "Disposizioni in materia di trasporti", nonché interventi diretti alla realizzazione di sistemi ferroviari passanti e di collegamenti, tramite metropolitane leggere, con aree aeroportuali, espositive e universitarie.
Per la realizzazione e l'ammodernamento di collegamenti tra aeroporti e rete esistente, per la realizzazione di reti su guida vincolata nonché per innovazioni tecnologiche volte alla riduzione del personale, l'articolo 8 della legge n. 385/1990 ha autorizzato l'Ente Ferrovie dello Stato (ora Ferrovie dello Stato Spa) e le ferrovie in concessione e gestione governativa ad accendere mutui garantiti dallo Stato. E' stata prevista la concessione di contributi in misura pari agli oneri per capitale ed interessi derivanti dall'ammortamento dei mutui. Al riguardo, l'articolo 10 della legge n. 211/1992 ha autorizzato gli enti interessati a contrarre mutui decennali, garantiti dallo Stato e assistiti da un contributo pari agli oneri per capitale ed interessi.
Il nuovo quadro normativo delineato dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443 e dal relativo provvedimento di attuazione costituito dal decreto legislativo 1° agosto 2002, n. 190 (come successivamente integrato e modificato dai decreti legislativi n. 9/2005 e n. 189/2005) si propone di definire una disciplina speciale per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale.
Le principali finalità perseguite dalla disciplina speciale delle opere strategiche sono:
§ la programmazione annuale degli interventi;
§ l’accelerazione delle procedure amministrative;
§ l’incentivazione dell’afflusso di capitali privati.
Il nuovo regime normativo introdotto poggia su una programmazione annuale, affidata al Governo (ma, comunque, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni) delle cd. infrastrutture strategiche da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.
L’art. 1 della legge n. 443 del 2001 prevede, infatti, che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate predisponga un programma destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), con l'indicazione dei relativi stanziamenti. Pertanto, lo stesso Parlamento si pronuncia sul programma in sede di esame del DPEF.
Dal punto di vista delle procedure amministrative, le maggiori novità sono state introdotte dall’art. 3 del D.Lgs. n. 190 del 2002 (riprodotto dall’art. 165 del cd. codice appalti) che, in conformità alle previsioni della legge delega, ha provveduto allo snellimento e all’accelerazione delle procedure di autorizzazione che precedono la realizzazione di un'opera (iter di progettazione, localizzazione e valutazione d’impatto ambientale).
Rispetto all’ordinario iter autorizzatorio previsto dalla legge quadro sui lavori pubblici n. 109 del 1994 (riscritta dal codice appalti), la normativa speciale per le cd. grandi opere prevede - tra l’altro - che sia anticipato alla fase della progettazione preliminare (anziché a quella della progettazione definitiva) il rilascio dei provvedimenti di valutazione di impatto ambientale (VIA), di intesa Stato-Regioni sulla localizzazione dell’opera e l'individuazione di un esatto limite di spesa, comprensivo, eventualmente, delle misure compensative dell'impatto territoriale a favore delle comunità locali. Vengono previsti, inoltre, tempi massimi per le varie fasi della progettazione (la cui approvazione viene affidata al CIPE, che svolge un ruolo centrale nell’ambito delle procedure previste per le opere strategiche) e modificata la disciplina della conferenza di servizi (cfr. artt. 165-168 del codice appalti).
L’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 prevede che all’interno del DPEF sia inserito annualmente il programma delle opere strategiche con l’indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione e che, successivamente, il Governo indichi nel disegno di legge finanziaria “le risorse necessarie, che si aggiungono ai finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili”.
Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE - in particolare i paragrafi concernenti i veicoli puliti e l’ambiente urbano - relativa all’articolo 160.
Articolo 141
(Strade di rilievo nazionale ed
autostrade)
1. Nelle more dell'organico recepimento nell'ordinamento delle disposizioni di cui alla direttiva 2006/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, che modifica la direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate le tratte della rete stradale di rilievo nazionale e autostradale nelle quali sono attuate le disposizioni recate dalla citata direttiva 2006/38/CE.
L’articolo 141 prevede che, in attesa del recepimento della direttiva 2006/38/CE del 17 maggio 2006 (il cui termine è fissato dall’articolo 2 della direttiva per il 10 giugno 2008), che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture, vengano individuate le tratte della rete stradale di rilievo nazionale e autostradale nelle quali attuare il nuovo sistema di tariffazione previsto dalla citata direttiva. A tale scopo la norma rinvia ad apposito DPCM da adottare su proposta del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Si ricorda che obiettivo della direttiva 2006/38/CE, che ha provveduto a modificare la direttiva 1999/62/CE, è l'armonizzazione delle condizioni applicabili ai pedaggi e diritti d'utenza connessi all'utilizzo delle infrastrutture stradali. La direttiva compare tra quelle dell’allegato B del disegno di legge comunitaria 2006, approvata dalla Camera ed attualmente all’esame del Senato (AS 1014).
La direttiva 2006/38/CE, modificando l’art. 7 della precedente direttiva 1999/62/CE, prevede che gli Stati membri possono conservare o introdurre pedaggi e/o diritti di utenza sulla rete stradale transeuropea o su parte di essa solo alle condizioni specificate nella stessa direttiva, lasciando nel contempo impregiudicato il diritto degli Stati membri, nel rispetto del Trattato, di applicare pedaggi e/o diritti di utenza a strade che non fanno parte della rete stradale transeuropea e anche a strade parallele sulle quali possa essere deviato il traffico dalla rete stradale transeuropea (a condizione che l'imposizione di pedaggi e/o diritti di utenza su tali strade non risulti discriminatoria nei confronti del traffico internazionale e non provochi distorsioni della concorrenza tra operatori). La direttiva afferma l’opportunità della differenziazione dei pedaggi da parte degli Stati membri, secondo la categoria di emissioni dell'autoveicolo (classificazione EURO) e il grado dei danni provocati alle strade, il luogo, l'orario e il livello di congestione. I proventi dei pedaggi o dei diritti d'utenza dovrebbero essere utilizzati per la manutenzione delle infrastrutture interessate e per il settore dei trasporti nel suo insieme, ai fini dello sviluppo equilibrato e sostenibile delle reti di trasporto.
Ai sensi del nuovo l’articolo 7bis della direttiva 1999/62/CE, per garantire un'applicazione coerente e armonizzata del sistema di tariffazione delle infrastrutture, i nuovi sistemi di pedaggio devono calcolare i costi sulla base della serie di principi fondamentali di cui all'allegato II, o collocarsi su livelli non superiori a quelli che risulterebbero dall'applicazione di siffatti principi. Tali requisiti non si applicano a sistemi esistenti alla data del 10 giugno 2008 a meno che questi non siano modificati in maniera sostanziale in futuro. Per garantire la trasparenza senza creare ostacoli al funzionamento dell'economia di mercato nonché ai partenariati pubblici-privati, gli Stati membri comunicano alla Commissione, per consentirle di formulare un parere, i valori unitari e gli altri parametri che prevedono di applicare per il calcolo dei vari elementi del costo dei pedaggi oppure, nel caso di contratti in concessione, il contratto pertinente e lo scenario di base. Ai sensi del nuovo articolo 8 bis, due o più Stati membri possono cooperare ai fini dell'introduzione di un sistema comune di diritti d'utenza applicabile all'insieme dei loro territori. Tali Stati membri associano strettamente la Commissione alla preparazione di detto sistema, nonché al suo successivo funzionamento e alle sue eventuali modifiche.
Il 13 dicembre 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato per aver recepito in modo non corretto la direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione di autoveicoli adibiti al trasporto merci su strada (c.d. eurovignette)[148].
Articolo 142
(Finanziamento ANAS Spa)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo ANAS Spa predispone un nuovo piano economico-finanziario, riferito all'intera durata della sua concessione, nonché l'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione ovvero di integrazione e manutenzione di quelle esistenti, che costituisce parte integrante del piano. Il piano è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; con analogo decreto è approvato l'aggiornamento del piano e dell'elenco delle opere che ANAS Spa predispone ogni cinque anni. In occasione di tali approvazioni è altresì sottoscritta una convenzione unica di cui il nuovo piano ed i successivi aggiornamenti costituiscono parte integrante, avente valore ricognitivo per tutto quanto non deriva dal nuovo piano ovvero dai suoi aggiornamenti.
2. Ferma l'attuale durata della concessione di ANAS Spa fino alla data di perfezionamento della convenzione unica ai sensi del comma 1 del presente articolo, all'articolo 7, comma 3, lettera d), del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2003, n. 178, le parole: «trenta anni» sono sostituite dalle seguenti: «cinquanta anni». In occasione del perfezionamento della convenzione unica, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può adeguare la durata della concessione di ANAS Spa.
3. A decorrere dal 1o gennaio 2007 la misura del canone annuo di cui all'articolo 10, comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è fissata nel due per cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari. Il cinquanta per cento del predetto canone è corrisposto direttamente ad ANAS Spa che provvede a darne distinta evidenza nel piano economico-finanziario di cui al comma 1 e che lo destina alle sue attività di vigilanza e controllo sui predetti concessionari secondo direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture, volte anche al conseguimento della loro maggiore efficienza ed efficacia. Il residuo cinquanta per cento è corrisposto al Ministero delle infrastrutture ed affluisce direttamente ad un'apposita unità previsionale di base dello stato di previsione di tale Ministero, che le destina all'incremento dell'efficienza e dell'efficacia delle sue funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica ed operativa nei riguardi di ANAS Spa, nonché dei concessionari autostradali, anche attraverso misure organizzative analoghe a quelle previste dall'articolo 163, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; all'alinea del medesimo comma 3 dell'articolo 163, le parole: «ove non vi siano specifiche professionalità interne» sono soppresse. Le convenzioni accessive alle concessioni in essere tra ANAS Spa ed i suoi concessionari sono corrispondentemente modificate al fine di assicurare l'attuazione delle disposizioni del presente comma.
4. Il sovrapprezzo tariffario autostradale previsto, in particolare, dagli articoli 15 della legge 12 agosto 1982, n. 531, e successive modificazioni, e 11 della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e successive modificazioni, è soppresso. A decorrere dal 1o gennaio 2007 è istituito, sulle tariffe di pedaggio di tutte le autostrade un sovrapprezzo il cui importo è pari: a) per le classi di pedaggio A e B, a 2 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2007, a 2,5 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2008 e a 3 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2009; b) per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, a 6 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2007, a 7,5 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2008 e a 9 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2009. I conseguenti introiti sono dovuti ad ANAS Spa, quale corrispettivo forfetario delle sue prestazioni volte ad assicurare l'adduzione del traffico alle tratte autostradali in concessione, attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria, l'adeguamento e il miglioramento delle strade ed autostrade non a pedaggio in gestione alla stessa ANAS Spa. Con decreto del Ministro delle infrastrutture, su proposta di ANAS Spa, sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma, ivi incluse quelle relative al versamento del sovrapprezzo, nonché quelle di utilizzazione degli introiti derivanti dal presente comma. Conseguentemente alle maggiori entrate sono ridotti i pagamenti dovuti ad ANAS Spa a titolo di corrispettivo del contratto di servizio.
5. Al fine di assicurare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4, con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono impartite ad ANAS Spa, anche in deroga all'articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2003, n. 178, come da ultimo modificato dal presente articolo, direttive per realizzare, anche attraverso la costituzione di apposita società, le cui azioni sono assegnate al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista di intesa con il Ministero delle infrastrutture, l'autonomia e la piena separazione organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile delle sue attività volte alla vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, nonché al concorso nella realizzazione dei compiti di cui all'articolo 6-ter, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Le direttive sono impartite altresì per assicurare le modalità di gestione e dell'eventuale trasferimento delle partecipazioni già possedute da ANAS Spa in società concessionarie autostradali. Presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un nuovo capitolo di bilancio nel quale affluiscono, in caso di costituzione della predetta società, quota parte dei contributi statali già attribuiti ad ANAS Spa per essere conseguentemente destinati a remunerare, sulla base di un contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, le attività della medesima società.
6. All'articolo 7, comma 5-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, e successive modificazioni, al primo periodo le parole: «, in conformità» fino a: «da essa costituite» sono sostituite dalle seguente: «svolge» ed il secondo periodo è soppresso. Nell'articolo 6-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, i commi 4 e 5 sono abrogati.
7. Il Fondo centrale di garanzia per le autostrade e ferrovie metropolitane, di cui all'articolo 6 della legge 28 marzo 1968, n. 382, e successive modificazioni, è soppresso. ANAS Spa subentra nella mera gestione dell'intero patrimonio del citato Fondo, nei crediti e nei residui impegni nei confronti dei concessionari autostradali, nonché nei rapporti con il personale dipendente. Il subentro non è soggetto ad imposizioni tributarie. Le disponibilità nette presenti nel patrimonio del Fondo alla data della sua soppressione e derivanti altresì dalla riscossione dei crediti nei confronti dei concessionari autostradali sono impiegate da ANAS Spa, secondo le direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ad integrazione delle risorse già stanziate a tale scopo, per gli interventi di completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria attuativi delle deliberazioni adottate dal CIPE, ai sensi della legislazione vigente, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica. Le predette disponibilità, alle quali si applicano le disposizioni di cui al comma 7 nonché quelle di cui all'articolo 9 della predetta legge n. 382 del 1968, sono evidenziate in apposita posta di bilancio di ANAS Spa; del loro impiego viene reso altresì conto, in modo analitico, nel piano economico-finanziario di cui al comma 1.
8. A decorrere dal 1o gennaio 2007, ai finanziamenti pubblici erogati ad ANAS Spa a copertura degli investimenti funzionali ai compiti di cui essa è concessionaria ed all'ammortamento del costo complessivo di tali investimenti si applicano le disposizioni valide per il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale di cui all'articolo 1, commi 86 e 87, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, l’ANAS predisponga:
§ un nuovo piano economico-finanziario;
§ l'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione ovvero di integrazione e manutenzione di quelle esistenti, che costituisce parte integrante del piano.
La disposizione specifica che tale piano è riferito all'intera durata della concessione (il cui limite massimo, in base al successivo comma 2, è innalzato da trenta a cinquanta anni) e che è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con analogo decreto è approvato l'aggiornamento del piano e dell'elenco delle opere che ANAS Spa predispone ogni cinque anni.
Secondo quanto affermato nella relazione, l’imposizione all’ANAS dell’obbligo, già previsto per le concessionarie, della predisposizione dei piani economici-finanziari adeguatamente articolati, “costituisce misura imprescindibile nella prospettiva di conferire alla società più efficaci strumenti di azione”.
Attualmente, la Convenzione di concessione all'ANAS S.p.a. (stipulata in data 19 dicembre 2002 e approvata con Decreto interministeriale 31 dicembre 2002 n. 1030), prevede, all’articolo 5, che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, d'intesa con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, esclusivamente per quanto attiene agli aspetti finanziari, “stipulino con il concessionario un Contratto di programma di durata non inferiore a tre anni, predisposto sulla base delle previsioni dei piani pluriennali di viabilità, che individua gli obiettivi perseguibili per la gestione, la manutenzione, il miglioramento e l’incremento della rete stradale ed autostradale di interesse nazionale”. Il Contratto di programma 2003-2005, sottoscritto da ANAS Spa e dal Ministro delle infrastrutture è stato approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia del 15 giugno 2005 (Delibera CIPE 27 maggio 2005, n. 72/2005, pubblicata in GU 19 ottobre 2005).
Con riferimento allo strumento del piano finanziario nei rapporti tra ANAS e società concessionarie, si ricorda che:
§ in base all’articolo 11, comma 1, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, spetta al CIPE emanare direttive in particolare per la revisione delle convenzioni e degli atti aggiuntivi che disciplinano le concessioni autostradali, nonché delle tariffe autostradali, tenuto conto dei piani finanziari, delle variazioni del costo della vita, dei volumi del traffico e dei dati scaturenti dagli indicatori di produttività;
§ la delibera CIPE del 21 settembre 1993, emanata ai sensi del citato articolo 11, prevede, al punto 2, la fissazione delle tariffe sulla base, in particolare, del piano finanziario; il successivo punto 3 definisce il piano finanziario come “il documento contabile che consente la valutazione economica e finanziaria dell'attività oggetto della concessione ai fini di cui ai punti 1 e 2. Il piano finanziario deve essere conforme al modello unificato che verrà approvato con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro del tesoro;
§ secondo quanto previsto al punto 1.1. della delibera CIPE 20 dicembre 1996, “il piano finanziario rappresenta il supporto all'inquadramento istituzionale della relazione tra ente concedente e società concessionaria” e viene presentato, al fine di consentire la verifica del costo del servizio al momento dell'instaurazione o della proroga del rapporto e nel corso di vigenza del contratto in presenza di un nuovo piano di investimenti che rivesta carattere straordinario o in presenza di altre specifiche cause predeterminate a priori. La delibera dà indicazioni in ordine ai tempi per la presentazione del piano finanziario e al suo contenuto;
§ con decreto ministeriale del 15 aprile 1997 è stata predisposta una tipologia standardizzata del piano per tutti i concessionari autostradali, finalizzata a garantire l'uniformità delle modalità di redazione e di calcolo degli indicatori economici previsti nelle direttive Cipe.
La disposizione prevede, inoltre, la sottoscrizione di una convenzione unica di cui il nuovo piano ed i successivi aggiornamenti costituiscono parte integrante e avente valore ricognitivo per tutto quanto non deriva dal nuovo piano ovvero dai suoi aggiornamenti.
Premesso che la norma prevede in termini alquanto generici che la sottoscrizione di tale convenzione avvenga “in occasione di tali approvazioni” sarebbe opportuno specificare a quale atto di approvazione si riferisce.
Il successivo comma 2, attraverso una novella all’articolo 7, comma 3, lett. d), del decreto-legge n. 138 del 2002, innalza il limite massimo di durata della concessione da trent’anni a cinquant’anni.
A tal fine la disposizione, che fa salva l'attuale durata della concessione di ANAS Spa fino alla data di perfezionamento della convenzione unica, prevede la possibilità che, in occasione del perfezionamento della convenzione unica, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adegui la durata della concessione di ANAS Spa.
Occorre un chiarimento in ordine alla portata della norma, che sembra attribuire in via unilaterale al Ministero la facoltà di adeguamento della durata della concessione.
Posto inoltre che la disposizione impone all’ANAS un obbligo di rinegoziazione della convenzione e sembra attribuire al Ministero la facoltà di modificare unilateralmente la durata della concessione, occorre un chiarimento circa la sua compatibilità con il carattere convenzionale del rapporto tra ANAS e Ministero.
Si segnala che l’articolo 13 della Convenzione di concessione attualmente in vigore prevede la decadenza del concessionario esclusivamente nei casi di gravi e persistenti violazioni degli obblighi derivanti dalla concessione.
Il comma 3 interviene sul canone annuo a carico degli enti concessionari disciplinato dall’articolo 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 357, sotto due profili:
a) sotto il profilo dell’entità del canone. Esso viene determinato nella misura del 2 per cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari, ovvero in una misura doppia rispetto a quella prevista dal citato articolo 10;
b) sotto il profilo della destinazione di tali somme. La norma originaria prevedeva che tali somme fossero corrisposte allo Stato. Il comma 3 in commento prevede che esse siano destinate:
- nella misura del 50 per cento direttamente all’ANAS, che a sua volta provvede a destinarle alle sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari, secondo direttive impartite dal Ministero delle infrastrutture;
- il residuo 50 per cento al Ministero delle infrastrutture. Tali somme affluiscono direttamente ad un'apposita u.p.b. dello stato di previsione del Ministero, che le destina all'incremento dell'efficienza e dell'efficacia delle sue funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica ed operativa nei riguardi di ANAS Spa nonché dei concessionari autostradali.
Ai fini dell’applicazione di tale ultima disposizione, la norma prevede inoltre la possibilità di adottare misure di carattere organizzativo analoghe a quelle previste dall’articolo 163, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (cd. codice appalti).
Tale disposizione prevede che, per le attività di cui al capo IV (concernente i lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi) il Ministero, ove non vi siano specifiche professionalità interne, possa:
a) avvalersi di una struttura tecnica di missione composta nei termini indicati nella norma;
b) assumere, per esigenze della struttura medesima, personale di alta specializzazione e professionalità, previa selezione, con contratti a tempo determinato di durata non superiore al quinquennio rinnovabile per una sola volta;
c) avvalersi, quali advisor, di società specializzate nella progettazione e gestione di lavori pubblici e privati.
La norma, inoltre, attraverso la soppressione nell’alinea dell’articolo 163 delle parole “ove non vi siano specifiche professionalità interne”, elimina la condizione cui era in precedenza subordinato il ricorso alle facoltà del Ministero di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3.
Si osserva che tale modifica, nella sua formulazione attuale, ha portata generale, essendo suscettibile di trovare applicazione non soltanto per le attività di vigilanza sull’ANAS e sui concessionari autostradali, ma per tutte le attività di competenza del Ministero ai sensi del Capo IV del codice appalti (relativo ai lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi).
L’applicazione delle disposizioni contenute nel comma 3, prevista a decorrere dal 1° gennaio 2007, comporta una corrispondente modifica delle convenzioni accessive alle concessioni in essere tra ANAS Spa ed i suoi concessionari.
Atteso che la disposizione in esame impone una rinegoziazione per legge di clausole contrattuali, può essere utile un chiarimento circa la sua compatibilità con la natura di contratto di diritto privato delle convenzioni tra ANAS e concessionarie.
Il comma 4 prevede la soppressione del sovrapprezzo tariffario autostradale attualmente disposto a favore del Fondo centrale di garanzia per le autostrade e le ferrovie metropolitane (soppresso dal successivo comma 7) e l’istituzione di un nuovo sovrapprezzo da versare ad ANAS, “quale corrispettivo forfetario delle sue prestazioni volte ad assicurare l'adduzione del traffico alle tratte autostradali in concessione, attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria, l'adeguamento e il miglioramento delle strade ed autostrade non a pedaggio in gestione alla stessa ANAS Spa.”.
La relazione giustifica tale disposizione con l’esigenza di assicurare ad ANAS ricavi di gestione per fronteggiare i notevoli costi degli interventi da essa posta in essere al fine di assicurare la complessiva efficienza del sistema viario statale, del quale le varie tratte autostradali a pedaggio, pur nella loro specificità giuridica e autonomia gestionale, costituiscono parte integrante. La relazione specifica inoltre che l’istituzione di tale sovrapprezzo è rilevante anche “ai fini dell’esclusione di ANAS dal perimetro della pubblica amministrazione e, quindi, del deconsolidamento dei suoi debiti rispetto allo stock del debito pubblico nazionale”.
Il sovrapprezzo a favore del Fondo centrale di garanzia è previsto in particolare:
- dall’articolo 15, quinto e sesto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 531 (recante il Piano decennale per la viabilità di grande comunicazione e misure di riassetto del settore autostradale), che determina la misura del sovrapprezzo e prevede l’utilizzazione da parte del Fondo di tale sovrapprezzo (oltre che dell’eventuale eccedenza delle tariffe effettivamente applicate rispetto a quelle previste in convenzione) per il pagamento delle rate dei mutui contratti e delle obbligazioni emesse dalle società concessionarie autostradali, con garanzia dello Stato, e rimaste insolute;
- dall’articolo 11, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (recante disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993), che interviene sull’entità di tale sovrapprezzo.
Il comma 4 interviene anche sull’entità del sovrapprezzo, scaglionando nel tempo le modifiche.
Gli ultimi due periodi del comma in commento prevedono infine:
§ un decreto del Ministro delle infrastrutture, su proposta di ANAS, per la definizione delle modalità attuative della disposizione, ivi incluse quelle relative al versamento del sovrapprezzo, nonché quelle di utilizzazione degli introiti derivanti dal presente comma;
§ in conseguenza delle maggiori entrate, la riduzione dei pagamenti dovuti ad ANAS Spa a titolo di corrispettivo del contratto di servizio.
La norma sembra recare un criterio che dovrà essere preso in considerazione in sede di sottoscrizione del prossimo contratto di programma.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie di ANAS, si richiama l’articolo 11 della convenzione che prevede:
- la possibilità di finanziamento degli investimenti del concessionario (per la manutenzione, il miglioramento e la realizzazione di nuove strade e autostrade di interesse nazionale) con apporti nella forma di aumento di capitale nella misura massima degli stanziamenti indicati dalla legge finanziaria e dalle altre leggi di spesa;
- la compensazione della gestione della rete stradale a autostradale di interesse nazionale nella misura massima annualmente fissata dalla legge finanziaria e di bilancio.
L’ultimo Contratto di programma (2003-2005), con scadenza 31 dicembre 2005, recava all’articolo 7 e 8 norme relative alla determinazione e modalità di pagamento del corrispettivo per i servizi resi nell’anno 2005.
Con riferimento agli ultimi interventi per il finanziamento di ANAS, si richiama l’articolo 17 del 4 luglio 2006, n. 223 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), che, novellando l'articolo 1, comma 32, della legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), nel testo già novellato dall'articolo 3 del decreto-legge 6 marzo 2006, n. 68, ha elevato per l'anno 2006 il limite dei pagamenti per spese di investimento di ANAS Spa, ivi compresi quelli a valere sulle risorse derivanti dall'accensione dei mutui, da 1.913 a 2.913 milioni di euro. Durante l’iter al Senato, è stato aggiunto un ulteriore periodo al comma 2 in virtù del quale le risorse integrative di 1 miliardo di euro, in esso previste, dovranno essere utilizzate esclusivamente per i cantieri aperti.
Il comma 5, al fine di assicurare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4, demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di impartire direttive per realizzare l'autonomia e la piena separazione organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile delle attività dell’ANAS volte alla vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, nonché al concorso nella realizzazione dei compiti di cui all'articolo 6-ter, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
Tale ultima disposizione attribuisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le seguenti funzioni:
a) la programmazione decennale degli interventi di progressivo miglioramento, adeguamento e implementazione della rete delle strade e autostrade statali, della relativa segnaletica e dei relativi servizi accessori;
b) la programmazione triennale attuativa della lettera a);
c) l’individuazione delle misure di carattere generale di miglioramento della sicurezza del traffico e della segnaletica.
La realizzazione di tale finalità può avvenire anche attraverso la costituzione di apposita società, le cui azioni sono assegnate al Ministero dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di intesa con il Ministero delle infrastrutture. Nel caso in cui venga costituita tale società, la norma prevede l’istituzione presso il Ministero di un nuovo capitolo di bilancio nel quale affluiscono quota parte dei contributi statali già attribuiti ad ANAS Spa per essere conseguentemente destinati a remunerare le attività della medesima società, sulla base di un apposito contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Secondo quanto precisato dalla disposizione, le direttive impartite dal Ministro hanno anche la funzione di assicurare le modalità di gestione e dell'eventuale trasferimento delle partecipazioni già possedute da ANAS Spa in società concessionarie autostradali.
Da un punto di vista di formulazione del testo, in relazione alle finalità della norma (quali si desumono anche dalla relazione illustrativa), appare opportuno specificare nel comma 5 che essa è diretta “anche” (e non via esclusiva) a realizzare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4,
Il comma 6, attraverso una novella all’articolo 7, comma 5-bis, del citato decreto-legge n. 138 (introdotto con l’articolo 6-ter del decreto-leggen. 203), elimina la possibilità per l’ANAS di affidare ad una o più società da essa costituite lo svolgimento dei compiti previsti all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 26 febbraio 1994 n. 143.
Si tratta dei seguenti compiti:
a) gestione e manutenzione delle strade e delle autostrade di proprietà dello Stato nonché;
b) realizzazione del progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica;
c) costruzione di nuove strade statali e nuove autostrade, sia direttamente che in concessione.
La possibilità per l'ANAS S.p.a. di subconcedere ad una o più società da essa costituite i compiti ad essa affidati di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), del citato decreto legislativo n. 143 (relativamente a talune tratte stradali o autostradali assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo) è stata introdotta dall’art. 6-ter del citato decreto-legge n. 203. Tale disposizione prevede inoltre che le società subconcessionarie, cui sono trasferite le pertinenti organizzazioni aziendali, sono tenute nei confronti dell'ANAS Spa agli stessi obblighi e condizioni assunti dall'ANAS S.p.a. nei confronti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i medesimi compiti, restando l'ANAS S.p.a. comunque responsabile dei loro adempimento nei confronti del Ministero concedente.
L’Anas può essere socio di maggioranza o anche socio minoritario delle società subconcessionarie e può anche cedere la sua quota di azioni. Tale cessione comporta ai sensi del comma 5, una decurtazione dalle somme trasferite all’Anas con il bilancio dello Stato corrispondente alla somma versata all’Anas.
Il comma 4 demanda ad un atto di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione delle tratte stradali ed autostradali di cui al comma 1, lettera e), la disciplina delle modalità con cui l'ANAS Spa procede alla gestione o alla cessione della partecipazione, ovvero della partecipazione di maggioranza, delle società subconcessionarie, di cui al medesimo comma 1, lettera e), delle tratte stradali e autostradali assoggettate a pedaggi reali o virtuali. Con il medesimo atto di indirizzo sono individuate le modalità di gestione e dell'eventuale trasferimento, anche a società all'uopo costituita, delle partecipazioni già possedute dall'ANAS Spa in società concessionarie autostradali.
In conseguenza della modifica introdotta, si prevede la soppressione dei citati commi 4 e 5 dell’articolo 6-ter del decreto-legge n. 203 del 2005.
Il comma 7 prevede la soppressione del già richiamatoFondo centrale di garanzia per le autostrade e ferrovie metropolitane (di cui all'articolo 6 della legge 28 marzo 1968, n. 382) e il subingresso di ANAS nella gestione dell'intero patrimonio del citato Fondo, nei crediti e nei residui impegni nei confronti dei concessionari autostradali, nonché nei rapporti con il personale dipendente.
La norma, dopo avere specificato che il subentro non è soggetto ad imposizioni tributarie, prevede che le disponibilità nette presenti nel patrimonio del Fondo alla data della sua soppressione e derivanti altresì dalla riscossione dei crediti nei confronti dei concessionari autostradali siano impiegate da ANAS Spa, ad integrazione delle risorse già stanziate a tale scopo, per gli interventi di completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria attuativi delle deliberazioni adottate dal CIPE, ai sensi della legislazione vigente, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica. Ciò avviene secondo le direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
La norma specifica inoltre che alle predette disponibilità si applicano le disposizioni di cui al comma 7 nonché quelle di cui all'articolo 9 della predetta legge n. 382 del 1968 e che esse sono evidenziate in apposita posta di bilancio di ANAS Spa.
Tale ultima disposizione prevede l’esenzione da tasse, imposte ed oneri tributari di qualsiasi genere, presenti e futuri, ivi incluse le imposte dirette, i tributi locali e l'imposta generale sull'entrata, per le documentazioni, le formalità, gli atti e contratti occorrenti per l'amministrazione, la gestione ed il funzionamento del fondo centrale di garanzia, le somme affluenti al fondo medesimo e i relativi interessi maturati, i pagamenti effettuati e le quietanze.
La norma contiene inoltre un riferimento presumibilmente interno ma non comprensibile al comma 7. Occorre pertanto modificare la norma per chiarire il riferimento medesimo.
Il comma 8 estende, a decorrere dal 1° gennaio 2007, ai finanziamenti pubblici erogati ad ANAS Spa a copertura degli investimenti funzionali ai compiti di cui essa è concessionaria ed all'ammortamento del costo complessivo di tali investimenti, l’applicazione delle disposizioni valide per il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale di cui all'articolo 1, commi 86 e 87, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).
Le norme richiamate in particolare prevedono:
§ al comma 86, una modifica alle modalità di finanziamento del gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, attraverso la previsione che a decorrere dal 1° gennaio 2006, le somme erogate a copertura degli investimenti sulla rete tradizionale, inclusi quelli per manutenzione straordinaria, avvengano a titolo di contributo in conto impianti. Il comma precisa che tale modifica del sistema di finanziamento deve avvenire senza oneri per lo Stato e per il gestore e che conseguentemente, i finanziamenti di cui al precedente comma 84, effettuati a titolo di contributo in conto impianti, si considerano fiscalmente irrilevanti e, quindi, non riducono il valore fiscale del bene;
§ al comma 87, la disciplina delle modalità di ammortamento dei costi del gestore, e in particolare la precisazione che venga utilizzato il metodo di ammortamento a quote variabili in base ai volumi di produzione per i seguenti costi:
- costo complessivo degli investimenti finalizzati alla realizzazione della infrastruttura ferroviaria, comprensivo dei costi accessori e degli altri oneri e spese direttamente riferibili alla stessa;
- oneri connessi al finanziamento dell’infrastruttura medesima, per il periodo di durata dell’investimento e secondo il medesimo profilo di ammortamento dei costi diretti.
L’ammortamento deve avvenire quindi sulla base del rapporto tra le quantità prodotte nell’esercizio e le quantità di produzione totale prevista durante il periodo di concessione.
Nell’ipotesi di preesercizio, l’ammortamento inizia dall’esercizio successivo a quello di termine del preesercizio.
La determinazione delle quote di ammortamento a fini fiscali sono demandate ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in coerenza con le quote di ammortamento previste dal comma 86.
Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha autorizzato, ai sensi del regolamento sulle concentrazioni n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, il progetto di concentrazione fra Abertis, un’impresa spagnola operante nella gestione di autostrade a pedaggio, e la società italiana Autostrade.
La Commissione ha concluso che l’operazione non costituisce un ostacolo rilevante ad un’efficace concorrenza nello Spazio economico europeo (SEE) o in una parte importante di esso.
Nella decisione la Commissione ricorda, in via preliminare, che l’operazione proposta sarà effettuata mediante l’incorporazione di Autostrade in Abertis (“fusión por absorción”/”fusione per incorporazione”) e darà luogo alla costituzione della nuova entità “New Abertis”.
Secondo la Commissione l’operazione non può provocare problemi di concorrenza sul mercato europeo delle concessioni delle autostrade a pedaggio, in quanto, in tale mercato, potrà dar luogo solo a una sovrapposizione orizzontale essendo presenti altri concorrenti significativi. La Commissione rileva inoltre che tale mercato funziona secondo il sistema delle gare, sono assenti preoccupazioni da parte di soggetti terzi, e che Autostrade opera solo in Italia, mentre Abertis non ha nessuna attività in tale paese.
La Commissione conclude che l’operazione proposta non può dar luogo a problemi di carattere verticale sotto il profilo della concorrenza. Autostrade, infatti, svolge attività molto limitate in Italia nel settore della costruzione stradale, mentre Abertis non opera in questo campo.
Articolo 143
(Miglioramento della mobilità dei
pendolari)
1. Al fine di realizzare una migliore correlazione tra lo sviluppo economico, assetto territoriale e organizzazione dei trasporti e favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani in favore del trasporto pubblico locale attraverso il miglioramento dei servizi offerti, è istituito presso il Ministero dei trasporti un fondo per gli investimenti destinato all'acquisto di veicoli adibiti a tali servizi. Tale fondo, per il quale è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, è destinato a contributi nella misura massima del 75 per cento:
a) per l'acquisto di veicoli ferroviari da destinare ai servizi di competenza regionale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni;
b) per l'acquisto di veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;
c) per l'acquisto di autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.
2. Il Ministero dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, approva con proprio decreto un piano di riparto tra le regioni e le province autonome, in conformità ai seguenti criteri:
a) priorità al completamento dei programmi finanziati con legge 18 giugno 1998, n. 194, e successive modificazioni, e con legge 26 febbraio 1992, n. 211, e successive modificazioni;
b) condizioni di vetustà degli attuali parchi veicolari;
c) congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto;
d) priorità alle regioni ed alle province autonome le cui imprese si siano attenute alle disposizioni di cui ai commi da 3-ter a 3-septies dell'articolo 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, introdotti dall'articolo 1, comma 393, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
3. Al fine di razionalizzare la spesa e conseguire economie di scala, relativamente agli acquisti dei veicoli stradali e ferroviari di cui al comma 1 del presente articolo, le regioni, le regioni a statuto speciale e le province autonome si coordinano attraverso centri di acquisto comuni per modalità di trasporto, anche con il supporto del Ministero dei trasporti.
L’articolo 143 concernente il miglioramento della mobilità dei pendolari istituisce - al comma 1 - un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, il cui ammontare è fissato in 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’istituzione del fondo è finalizzata a:
§ realizzare una migliore correlazione tra lo sviluppo economico, assetto territoriale e organizzazione del trasporti;
§ favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani attraverso il miglioramento del servizio offerto dal trasporto pubblico locale.
Il fondo è destinato a contributi nella misura massima del 75 per cento per l’acquisto di:
§ veicoli ferroviari per l’espletamento dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a. e dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione a F.S. S.p.a., di cui, rispettivamente agli articoli 8 e 9 del D.Lgs. 422/1997[149]
Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo sono delegati alle Regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti:
a) le ferrovie in gestione commissariale governativa, affidate per la ristrutturazione alla società Ferrovie dello Stato S.p.a. dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662;
b) le ferrovie in concessione a soggetti diversi dalle Ferrovie dello Stato S.p.a.
L’articolo 9 prevede che, con decorrenza 1° giugno 1999, sono delegati alle Regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai servizi ferroviari in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a. di interesse regionale e locale, che ricomprendono comunque i servizi interregionali di interesse locale;
§ veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;
§ autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.
Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, il riparto tra le Regioni e le Province autonome dell’ammontare del fondo, da effettuare secondo i seguenti criteri:
§ priorità al completamento dei programmi finanziati con legge n. 194/1998[150] e con legge n. 211/1996[151] relative ad interventi nel settore del trasporto pubblico locale e nel trasporto rapido di massa e ferroviario;
§ condizioni di vetustà degli attuali parchi veicolari;
§ congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto;
§ priorità alle regioni ed alle province autonome le cui imprese si siano attenute alle previsioni di cui ai commi da 3-tera 3-septies dell'articolo 18 del D.Lgs. 42/1997 relative al periodo transitorio nel corso del quale vi è la facoltà di mantenere tutti gli affidamenti agli concessionari ed alle società derivanti dalle trasformazioni, ma con l'obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali, previa revisione dei contratti di servizio in essere se necessaria.
Il comma 393 della legge n. 266/2005 ha introdotto all’articolo 18 del D.Lgs. 42271997 i commi da 3-ter a 3-septies.
In base alle nuove disposizioni, le regioni, ferme restando le procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse, possono disporre un’eventuale proroga dell’affidamento, fino a un massimo di due anni, in favore dei soggetti che soddisfino – entro il termine del periodo transitorio del 31 dicembre 2006 di cui al comma 3-bis - una delle seguenti condizioni (comma 3-ter):
§ per le aziende partecipate da regioni o enti locali, la cessione, mediante procedure ad evidenza pubblica, di una quota di almeno il 20 per cento del capitale sociale ovvero di una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a società di capitali, anche consortili, nonché a cooperative e consorzi, purché non partecipate da regioni o da enti locali;
§ creazione di un nuovo soggetto societario mediante fusione di almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale ovvero costituzione di una società consortile, con predisposizione di un piano industriale unitario, di cui siano soci almeno due società affidatarie di servizio di trasporto pubblico locale nel territorio nazionale. Le società interessate dalle operazioni di fusione o costituzione di società consortile devono operare all'interno della medesima regione ovvero in bacini di traffico uniti da contiguità territoriale in modo tale che il nuovo soggetto unitario risulti affidatario di un maggiore livello di servizi di trasporto pubblico locale, secondo parametri di congruità definiti dalle regioni.
Il comma 3-quater prevede che, durante i periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale possono continuare ad essere prestati dagli attuali esercenti, comunque denominati. Gli enti locali affidanti possono integrare il contratto di servizio pubblico già in essere ai sensi dell'articolo 19 in modo da assicurare l'equilibrio economico e attraverso il sistema delle compensazioni economiche di cui al regolamento (CEE) n. 1191/69 del Consiglio, del 26 giugno 1969, e successive modificazioni, ai sensi e per gli effetti di quanto stabilito all'articolo 17. Nei medesimi periodi di cui ai commi 3-bis e 3-ter, gli affidatari dei servizi, sulla base degli indirizzi degli enti affidanti, provvedono, in particolare:
a) al miglioramento delle condizioni di sicurezza, economicità ed efficacia dei servizi offerti nonché della qualità dell'informazione resa all'utenza e dell'accessibilità ai servizi in termini di frequenza, velocità commerciale, puntualità ed affidabilità;
b) al miglioramento del servizio sul piano della sostenibilità ambientale;
c) alla razionalizzazione dell'offerta dei servizi di trasporto, attraverso l'integrazione modale in ottemperanza a quanto previsto al comma 3-quinquies.
Il comma 3-quinquies stabilisce che le disposizioni relative al periodo transitorio di cui ai commi 3-bis e 3-quater si applicano anche ai servizi automobilistici di competenza regionale. Durante tale periodo transitorio, le regioni e gli enti locali promuovono la razionalizzazione delle reti anche attraverso l’integrazione dei servizi su gomma e su ferro, individuando sistemi di tariffazione unificata volti ad integrare le diverse modalità di trasporto.
Il comma 3-sexies stabilisce che i soggetti titolari dell’affidamento dei servizi “in house”,ai sensi dell'articolo 113, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi.
Il comma 3-septies precisa che le società che fruiscono dell’ulteriore proroga di cui ai commi 3-bis e 3-ter non possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l'affidamento di servizi.
Il comma 3 prevede che le Regioni, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome provvedano all’acquisto dei veicoli stradali e ferroviari coordinandosi attraverso centri di acquisto comuni per modalità di trasporto, anche con il supporto del Ministero dei trasporti. Il coordinamento è finalizzato a razionalizzare la spesa dell’acquisto e conseguire economie di scala.
Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE - in particolare i paragrafi concernenti i veicoli puliti e l’ambiente urbano - relativa all’articolo 160.
Articolo 144
(Sicurezza dei trasporti)
1. Il Ministero dei trasporti provvede, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'aggiornamento del Piano nazionale della sicurezza stradale di cui all'articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni. Per il finanziamento delle attività connesse all'attuazione, alla valutazione di efficacia ed all'aggiornamento del Piano è autorizzata la spesa di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
2. Al fine di consolidare ed accrescere l'attività del Ministero dei trasporti per la prevenzione in materia di circolazione ed antinfortunistica stradale, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, finalizzata alla realizzazione di azioni volte a diffondere i valori della sicurezza stradale e ad assicurare una adeguata informazione agli utenti, a rafforzare i controlli su strada anche attraverso l'implementazione di idonee attrezzature tecniche, a migliorare gli standard di sicurezza dei veicoli.
L’articolo 144 interviene in materia di sicurezza dei trasporti, stabilendo - al comma 1 - che Ministro dei trasporti provvede – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge – all’aggiornamento del Piano nazionale della sicurezza stradale previsto dall’art. 32 della legge n. 144/1999[152].
L’articolo 32 della legge n. 144/1999 prevede che, al fine di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali ed in relazione al «Piano di sicurezza stradale 1997-2001» della Commissione delle Comunità europee[153], il Ministero dei lavori pubblici (ora, Ministro delle infrastrutture), sentito il Ministero dei trasporti e della navigazione, definisce il Piano nazionale della sicurezza stradale approvato dal CIPE.
Tale Piano ha il fine di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali e consiste in un sistema articolato di indirizzi, di misure per la promozione e l'incentivazione di strumenti per migliorare i livelli di sicurezza da parte degli enti proprietari e dei gestori, di interventi infrastrutturali, di misure di prevenzione e controllo, di dispositivi normativi e organizzativi.
Il Piano viene attuato attraverso programmi annuali predisposti dal Ministro dei lavori pubblici, approvati dal CIPE. Il Piano viene aggiornato ogni tre anni o quando fattori particolari ne motivino la revisione.
Con Del. CIPE 29 novembre 2002, n. 100/2002 (Gazz. Uff. 20 gennaio 2003, n. 15) sono stati approvati il Piano nazionale della sicurezza stradale per il biennio 2002-2003 ed il primo programma annuale di attuazione del suddetto Piano nazionale. Con Del. CIPE 13 novembre 2003, n. 81/2003 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 16) è stato approvato il secondo programma annuale di attuazione del sopra citato Piano nazionale.
Al fine di consentire il finanziamento delle attività connesse all'attuazione, alla valutazione di efficacia ed all'aggiornamento del Piano è autorizzata la spesa di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Il comma 2 prevede un’autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 finalizzata a :
§ un consolidamento e un accrescimento dell'attività del Ministero dei trasporti per la prevenzione in materia di circolazione ed antinfortunistica stradale;
§ azioni tese a diffondere i valori della sicurezza stradale, ad assicurare una adeguata informazione agli utenti, a rafforzare i controlli su strada anche attraverso l'implementazione di idonee attrezzature tecniche, a migliorare gli standard di sicurezza dei veicoli.
La Commissione ha presentato il 10 febbraio 2006 una comunicazione (COM(2006)74) in cui traccia un bilancio intermedio del programma di azione sulla sicurezza stradale, valido per il periodo 2003-2010 (COM(2003)311). La Commissione, considerati ancora insoddisfacenti i progressi rispetto all’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime degli incidenti stradali entro il 2010, si è impegnata a presentare nuove misure in materia.
Il 22 giugno 2006 la Commissione ha presentato, nell’ambito del riesame intermedio del Libro bianco sui trasporti (COM(2001)370), la comunicazione“Mantenere l’Europa in movimento - una mobilità sostenibile per il nostro continente”(COM(2006)314), nella quale propone un approccio integrato per la sicurezza stradale che riguardi, tra l’altro, la progettazione dei veicoli e le tecnologie utilizzate, le infrastrutture e il comportamento dei conducenti.
Il 5 ottobre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva riguardante la gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (COM(2006)569) intesa a definire standard qualitativi più elevati sul territorio dell’UE attraverso la definizione di linee guida e di migliori pratiche per tutti i livelli di gestione delle infrastrutture. Non si intende imporre agli Stati membri nuovi standard o procedure tecniche, ma sensibilizzarli all’uso delle migliori prassi esistenti.
Il 30 maggio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in moraper non aver comunicato le misure di attuazione nell'ordinamento interno della direttiva 2004/54/CE relativa ai requisiti di sicurezza per le gallerie della rete autostradale transeuropea[154].
Il termine di recepimento della direttiva – che è compresa nell'Allegato B alla legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria per il 2005) - è scaduto il 30 aprile 2006.
Articolo 145
(Interventi per la sicurezza ferroviaria)
1. Per la realizzazione di interventi volti all'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza, sia dell'infrastruttura ferroviaria che installati a bordo dei materiali rotabili, finalizzati al conseguimento di un maggior livello della sicurezza della circolazione, è autorizzato un contributo di 10 milioni di euro annui per gli esercizi 2007, 2008, 2009, e a decorrere dal 2008 per le gestioni commissariali governative e per le ferrovie di proprietà del Ministero dei trasporti.
L’articolo 145 autorizza un contributo 10 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 al fine della realizzazione di interventi volti all'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza, sia relativi all'infrastruttura ferroviaria sia installati a bordo dei materiali rotabili.
L’obiettivo del contributo è quello di conseguire un maggior livello della sicurezza della circolazione.
La disposizione precisa che e a decorrere dal 2008 tale contributo è destinato alle gestioni commissariali governative[155]e alle ferrovie di proprietà del Ministero dei trasporti[156].
Dalla formulazione della norma non appare chiaro quali siano i soggetti destinatari del finanziamento per l’anno 2007.
Il tema della sicurezza ferroviaria è da tempo all’attenzione sia del legislatore nazionale che di quello comunitario. In particolare si ricorda che nel secondo pacchetto ferroviario approvato in sede europea in data 29 aprile 2004, sono previste specifiche misure in ordine alla sicurezza del sistema ferroviario.
Tra le misure del pacchetto si ricordano in particolare il regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un'Agenzia ferroviaria europea che fornisca assistenza tecnica ai lavori per lo sviluppo dell’interoperabilità e l’implementazione della sicurezza e la direttiva 2004/49/CE[157]; quest’ultima prevede un complesso di misure per accrescere il livello di sicurezza delle ferrovie comunitarie, in considerazione dello sviluppo dell’interoperabilità delle reti. In particolare, viene stabilito che i gestori delle infrastrutture e le imprese ferroviarie stabiliscano il proprio sistema di gestione della sicurezza in modo tale da consentire al sistema ferroviario di conformarsi alle prescrizioni di sicurezza previste nelle specifiche tecniche di interoperabilità; viene inoltre esplicitato che l’Autorità preposta alla sicurezza, istituita da ciascuno Stato membro, ha tra i suoi compiti l’autorizzazione della messa in servizio dei sottosistemi di natura strutturale costitutivi del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale, il controllo del funzionamento e della manutenzione conformemente ai pertinenti requisiti essenziali e la verifica di conformità dei componenti di interoperabilità ai requisiti essenziali.
L’articolo 1 della legge n. 29/2006 (legge comunitaria per il 2005) ha delegato il Governo ad adottare, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, i decreti legislativi di attuazione delle tre direttive contenute nel secondo pacchetto: tale recepimento non risulta ancora intervenuto.
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 378, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) modifica il comma 3-bis dell’articolo 87 del codice della comunicazioni elettroniche[158], prevedendo una semplificazione amministrativa della procedura di installazione della rete di telecomunicazioni GSM-R, dedicata esclusivamente alla sicurezza ed al controllo del traffico ferroviario, su aree ferroviarie.
Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata di regolamento che stabilisce i princìpi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia e che modifica il regolamento (CE) n. 2236/95 del Consiglio (COM(2006)245).
(Per un’illustrazione sui contenuti generali della proposta e sull’ammontare delle risorse previste vedi la schedaDocumenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 134.)
Con specifico riferimento ai trasporti ferroviari la proposta prevede che il contributo finanziario della Comunità relativo al sistema europeo di gestione del traffico ferroviario ERTMS (European Rail Traffic Management System) non possa superare le percentuali di seguito indicate:
§ per gli elementi installati a terra, al massimo il 50% del costo ammissibile degli studi e dei lavori;
§ per gli elementi a bordo:
- al massimo il 50% del costo di sviluppo e realizzazione dei prototipi per l’installazione dell’ERTMS su materiale rotabile esistente, a condizione che il prototipo sia certificato in almeno due Stati membri;
- al massimo il 50% del costo dei lavori connessi all’installazione delle attrezzature di serie per l’installazione dell’ERTMS su materiale rotabile nuovo ed esistente; entro questo limite, la Commissione può fissare un importo massimo di intervento per unità di trazione.
Articolo 146
(Innovazione tecnologica dell'industria
cantieristica)
1. Nei limiti e per le finalità di cui alla sezione 3.3.1, paragrafo 15, della «Nuova Disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale» del 30 dicembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, n. C317 del 30 dicembre 2003, il Ministero dei trasporti è autorizzato a concedere alle imprese iscritte agli albi speciali delle imprese navalmeccaniche di cui all'articolo 19 della legge 14 giugno 1989, n. 234, un contributo non superiore al 20 per cento delle spese sostenute per la realizzazione dei seguenti progetti innovativi:
a) connessi all'applicazione industriale di prodotti e processi innovativi, prodotti o processi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorativi rispetto allo stato dell'arte del settore nell'Unione europea, che comportano un rischio di insuccesso tecnologico o industriale;
b) limitati al sostegno delle spese di investimento, concezione, ingegneria industriale e collaudo direttamente ed esclusivamente collegate alla parte innovativa del progetto.
2. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti, con proprio decreto, stabilisce le modalità ed i criteri per l'ammissione, la concessione e l'erogazione dei benefìci di cui al comma 1. A tal fine è autorizzato un contributo annuo di 30 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 146 interviene in materia di innovazione tecnologica dell’industria cantieristica, prevedendo – al comma 1 - l’autorizzazione per il Ministero dei trasporti a concedere un contributo non superiore al 20% delle spese sostenute dalle imprese iscritte agli albi speciali delle imprese navalmeccaniche previste dall’art. 19 della legge n. 234/1989[159] per:
§ progetti connessi all'applicazione industriale di prodotti e processi innovativi, prodotti o processi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorativi rispetto allo stato dell'arte del settore nell'Unione europea, che comportano un rischio di insuccesso tecnologico o industriale;
§ progetti limitati al sostegno delle spese di investimento, concezione, ingegneria industriale e collaudo direttamente ed esclusivamente collegate alla parte innovativa del progetto.
Ai sensi del richiamato articolo 19 sono istituiti presso il Ministero della marina mercantile (ora, Ministero dei trasporti) a) l'Albo speciale delle imprese di costruzione navale; b) l'Albo speciale delle imprese di riparazione navale; c) l'Albo speciale delle imprese di demolizione navale.
L'iscrizione agli albi speciali, riferita al momento della presentazione dell'istanza, è obbligatoria al fine dell'ammissibilità delle provvidenze a sostegno dell'attività navalmeccanica.
Il contributo è concesso nei limiti e per le finalità indicate nella sezione 3.3.1., paragrafo 15, della «Nuova disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale» del 30 dicembre 2003 (2003/C 317/06)
La disciplina richiamata prevede che gli aiuti alla costruzione navale comprendono gli aiuti concessi, in modo diretto o indiretto, a un cantiere navale, a un’entità collegata, a un armatore o a un terzo, per la costruzione, la riparazione e la trasformazione di navi.
Il principio generale è che gli aiuti alla costruzione navale possono essere concessi a norma degli articoli 87 e 88 del Trattato nonché di tutti gli atti normativi e delle misure adottate su tale base.
Al principio generale sono ammesse eccezioni tra cui quella di cui alla sezione 3.3.1., paragrafo 15, dello stesso atto comunitario. Tale paragrafo prevede che gli aiuti all'innovazione concessi ai cantieri esistenti di costruzione, riparazione e trasformazione navale possono essere considerati compatibili con il mercato comune fino ad un'intensità massima del 20 % lordo, purché:
a) siano connessi all'applicazione industriale di prodotti e processi innovativi, vale a dire prodotti o processi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorati rispetto allo stato dell'arte del settore nella Comunità, e che comportano un rischio di insuccesso tecnologico o industriale;
b) siano limitati al sostegno delle spese d'investimento, concezione, ingegneria industriale e collaudo direttamente ed esclusivamente collegate alla parte innovativa del progetto. In via eccezionale, possono essere ammissibili in misura limitata all'importo minimo necessario i costi di produzione aggiuntivi strettamente indispensabili per convalidare l'innovazione tecnologica.
Ai sensi del comma 2, le modalità ed i criteri per l'ammissione, la concessione e l'erogazione dei benefìci sono stabiliti da un decreto del Ministro dei trasporti entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
A tal fine è autorizzato un contributo annuo di 30 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009.
Articolo 147
(Rottamazione traghetti)
1. L'articolo 4 della legge 9 gennaio 2006, n. 13, è sostituito dal seguente:
«Art. 4. - (Fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale). - 1. Al fine di favorire la demolizione delle unità navali destinate, in via esclusiva, al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale, non più conformi ai più avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino e la cui età è di oltre venti anni, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Ministro dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, determina con proprio decreto, in conformità con la normativa comunitaria in materia, i criteri e le modalità di attribuzione dei benefìci di cui al presente articolo».
L’articolo 147 modifica l’articolo 4 della legge n. 13/2006[160], relativo all’istituzione di un fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l’ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima lacuale e fluviale.
La legge n. 13/2006 prevede una serie di disposizioni volte ad incrementare la sicurezza marittima e la salvaguardia della vita umana. A tal fine, la legge promuove:
- il rinnovo del naviglio vetusto e l’ammodernamento della flotta, attraverso l’uso di navi cisterna ad alto livello di protezione, dotate dei più elevati standard di sicurezza della navigazione, anche a fini di tutela ambientale;
- la ricerca in campo navale.
In particolare l’articolo 4 ha previsto l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale[161] effettuato per via marittima, fluviale e lacuale, con dotazione pari a 10 milioni annui di euro per il triennio 2005-2007. La dotazione del Fondo può essere integrata mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria. Le finalità del Fondo sono quelle di provvedere al rinnovo e al potenziamento delle unità navali destinate, in via esclusiva, al servizio di trasporto pubblico di persone, di competenza regionale e locale, effettuato per via marittima, fluviale e lacuale.
L’articolo ha inoltre disciplinato dettagliatamente le procedure per l’erogazione del contributo, prevedendo che esso possa essere dato ad imprese che intendono potenziare la flotta attraverso nuove acquisizioni o che vendono per la demolizione, o fanno demolire per proprio conto, unità navali che, alla data del 21 ottobre 2003, risultano di proprietà delle imprese stesse o di imprese dello stesso gruppo o che sono in loro piena disponibilità con contratto di leasing o altro contratto con obbligo di acquisto, ovvero che risultano iscritte, nei dodici anni antecedenti alla presentazione dell'istanza per la concessione del contributo, nei registri tenuti dalle autorità nazionali e i cui lavori di demolizione hanno avuto inizio nel periodo tra il 1° maggio 2005 e il 31 dicembre 2007.
Il contributo è limitato alle unità navali aventi capacità di trasporto, calcolata per passeggeri, fino a 350 unità e destinate a svolgere servizi pubblici di trasporto regionale e locale, che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabiliti, ad accesso generalizzato, nell'àmbito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale.
Nel caso di demolizione di unità navali il contributo è concesso e liquidato, in via provvisoria, dopo l'inizio dei lavori di demolizione, per un importo non superiore al 75 per cento del prezzo ritenuto accettabile, per i lavori medesimi, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In caso di mancata ultimazione dei lavori entro centottanta giorni dalla data di concessione in via provvisoria del contributo, l'impresa interessata è tenuta a restituire gli importi liquidati, maggiorati del tasso di interesse legale.
L'ammontare del contributo non può in ogni caso essere superiore all'importo del mancato introito presunto derivante, per l'impresa interessata, dall'anticipata demolizione dell'unità rispetto alla data di scadenza della vita commerciale dell'unità navale. Ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge è demandata la definizione delle modalità di attribuzione dei benefìci. A decorrere dall'anno 2008 al finanziamento del Fondo si provvede attraverso la tabella C della legge finanziaria.
A seguito della modifica introdotta dall’articolo in esame:
§ risultano soppresse tutte le disposizioni relative ai criteri e alle modalità di attribuzione dei benefìci alle imprese, che risultano demandate ad un successivo decreto del Ministro dei trasporti, da emanarsi sentita la Conferenza unificata, in conformità con la normativa comunitaria in materia.
§ il nuovo articolo 4 della legge n. 13/2006 farebbe riferimento alla sola demolizione delle unità, mentre nella formulazione vigente il contributo può essere erogato anche nel caso in cui l’impresa intenda acquisire nuove unità;
§ vengono precisate le caratteristiche che devono avere le unità la cui demolizione dà diritto al contributo: si tratta di unità non conformi ai più avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino e la cui età superi i venti anni.
§ l’autorizzazione di spesa è fissata in 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Si segnala che non è previsto il termine di emanazione del decreto ministeriale chiamato a definire i criteri e le modalità di attribuzione dei benefìci alle imprese.
Si rileva, inoltre, che la rubrica del nuovo articolo 4 della legge n. 13/2006 richiama il fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l’ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima lacuale e fluviale, previsto nella precedente formulazione dell’articolo 4 e non più contemplato dall’articolo come modificato.
L. 9
gennaio 2006, n. 13 (testo vigente) |
L. 9
gennaio 2006, n. 13 (testo come modificato dal ddl in esame) |
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Articolo 4 Fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale |
Articolo 4. Fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale |
1. È istituito, a decorrere dall'anno 2005, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Fondo volto a favorire il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento delle unità navali destinate, in via esclusiva, al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale, la cui dotazione, per ciascuno degli anni del triennio 2005-2007, è pari a 10 milioni di euro. 2. La dotazione del Fondo può essere integrata mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria. 3. Il Fondo ha la funzione di provvedere al rinnovo e al potenziamento delle unità navali destinate, in via esclusiva, al servizio di trasporto pubblico di persone, di competenza regionale e locale, effettuato per via marittima, fluviale e lacuale. 4. Fermo restando il limite massimo di spesa di cui al comma 1, il contributo di cui al presente articolo è concesso alle imprese che gestiscono direttamente o indirettamente servizi di trasporto pubblico di persone effettuati per via marittima, fluviale e lacuale che intendono potenziare la flotta attraverso nuove acquisizioni o che vendono per la demolizione, o fanno demolire per proprio conto, unità navali che, alla data del 21 ottobre 2003, risultano di proprietà delle imprese stesse o di imprese dello stesso gruppo o che sono in loro piena disponibilità con contratto di leasing o altro contratto con obbligo di acquisto, ovvero che risultano iscritte, nei dodici anni antecedenti alla presentazione dell'istanza per la concessione del contributo, nei registri tenuti dalle autorità nazionali e i cui lavori di demolizione hanno avuto inizio nel periodo tra il 1° maggio 2005 e il 31 dicembre 2007. 5. Il contributo di cui al presente articolo è limitato alle unità navali aventi capacità di trasporto, calcolata per passeggeri, fino a 350 unità e destinate a svolgere servizi pubblici di trasporto regionale e locale, che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabiliti, ad accesso generalizzato, nell'àmbito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422. 6. Nel caso di demolizione di unità navali, ai sensi del comma 4, il contributo di cui al presente articolo è concesso e liquidato, in via provvisoria, dopo l'inizio dei lavori di demolizione, per un importo non superiore al 75 per cento del prezzo ritenuto accettabile, per i lavori medesimi, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In caso di mancata ultimazione dei lavori entro centottanta giorni dalla data di concessione in via provvisoria del contributo, l'impresa interessata è tenuta a restituire gli importi liquidati, maggiorati del tasso di interesse legale. 7. L'ammontare del contributo di cui al presente articolo non può in ogni caso essere superiore all'importo del mancato introito presunto derivante, per l'impresa interessata, dall'anticipata demolizione dell'unità rispetto alla data di scadenza della vita commerciale dell'unità navale, come stabilita dalla normativa vigente in materia. 8. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio decreto, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità con la normativa comunitaria in materia, i criteri di attribuzione dei benefìci di cui al presente articolo, nei limiti delle disponibilità di cui comma 1, graduando la decorrenza della fruizione del beneficio e l'entità del medesimo. 9. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 10 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando 1'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 10. A decorrere dall'anno 2008, al finanziamento del Fondo di cui al comma 1 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. 11. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
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1. Al fine di favorire la demolizione delle unità navali destinate, in via esclusiva, al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale, non più conformi ai più avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino e la cui età è di oltre venti anni, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Ministro dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, determina con proprio decreto, in conformità con la normativa comunitaria in materia, i criteri e le modalità di attribuzione dei benefìci di cui al presente articolo |
Articolo 148
(Disposizioni in materia di controlli nel
settore agroalimentare e di semplificazione)
1. Le funzioni statali di vigilanza sull'attività di controllo degli organismi pubblici e privati nell'ambito dei regimi di produzioni agroalimentari di qualità registrata sono demandate all'Ispettorato centrale repressione frodi di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462, che assume la denominazione di «Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari» e costituisce struttura dipartimentale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
2. I controlli di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, sono demandati all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica
3. All'articolo 14, comma 8, della legge 20 febbraio 2006, n. 82, le parole: «la prova preliminare di fermentazione e» sono soppresse.
4. Per l'effettuazione dei controlli affidati ad Agecontrol Spa, anche ai sensi dell'articolo 18, commi 1-bis e 6, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, come modificato dall'articolo 1, commi 4 e 5, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, è autorizzata la spesa di 23 milioni di euro per l'anno 2007.
5. Stralciato.
6. In attuazione dell'articolo 18 del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli alimentari, è istituito un contributo destinato a coprire le spese, comprese quelle sostenute in occasione dell'esame delle domande di registrazione delle dichiarazioni di opposizione, delle domande di modifica e delle richieste di cancellazione presentate a norma del citato regolamento. L'importo e le modalità di versamento del predetto contributo sono fissati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. I relativi proventi sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per le finalità di salvaguardia dell'immagine e di tutela in campo internazionale dei prodotti agroalimentari ad indicazione geografica. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
7. All'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 5-ter è abrogato;
b) il comma 5-quater è sostituito dal seguente:
«5-quater. Gli accrediti disposti ai sensi del comma 5-bis hanno per gli organismi pagatori effetto liberatorio dalla data di messa a disposizione dell'istituto tesoriere delle somme ivi indicate».
L’articolo 148 è volto a razionalizzare il sistema dei controlli sulla qualità dei prodotti agroalimentari.
Il comma 1 interviene in merito all’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi (ICRF) disponendo quanto segue:
§ all’Ispettorato sono attribuite funzioni di vigilanza sugli organismi, tanto pubblici che privati, che espletano attività di controllo sulle produzioni agroalimentari di qualità registrata, ovvero sui prodotti cui è stata riconosciuta la qualifica di Denominazione d’Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e Specialità Tradizionale Garantita (STG)[162] sulla base delle disposizioni comunitarie;
§ l’Ispettorato cambia la propria denominazione in “Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari”;
§ l’Ispettorato va a costituire la terza struttura dipartimentale del dicastero agricolo, aggiungendosi al Dipartimento delle filiere agricole e agro-alimentari ed al Dipartimento delle politiche di sviluppo.
In merito a tale ultimo punto, va rammentato che il comma 2 dell’art. 2 del D.L. n. 182/2005[163] aveva già organizzato l’Ispettorato in struttura dipartimentale, articolata in due direzioni generali. Alla revisione complessiva degli uffici e dei laboratori di livello generale dirigenziale non generale si è provveduto poi con il D.M. 10 dicembre 2005 (G.U. n. 300/05), che si applica a decorrere dal 1° febbraio 2006.
L’Ispettorato Centrale repressione frodi (ICRF), istituito con l’art. 10 del DL n. 282/86[164],si qualifica come l’organo tecnico dello Stato, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali, preposto alla prevenzione e repressione delle infrazioni nella preparazione e nel commercio dei prodotti agroalimentari e delle sostanze di uso agrario e forestale.
L’Ispettorato opera anche in concorso con altri organi di controllo che agiscono sul territorio nazionale, quali il Comando Carabinieri per la Sanità (NAS), i Nuclei di polizia tributaria della Guardia di Finanza, il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia di Stato e l'Arma dei Carabinieri, il Comando Carabinieri Politiche Agricole (art. 6 della Legge 462/86).
Nella sua attività di controllo, che comporta lo svolgimento di funzioni di polizia giudiziaria, l’Ispettorato svolge verifiche e accertamenti diretti a salvaguardare la qualità merceologica e la genuinità delle produzioni, diretti ai seguenti specifici profili:
§ tutelare i consumatori per i differenti aspetti connessi alla sicurezza alimentare;
§ salvaguardare i produttori e il mercato, con particolare riferimento alle produzioni tipiche e di qualità, contrastando tutti quei comportamenti che danno origine a fenomeni di concorrenza sleale;
§ predisporre programmi straordinari di controllo sia volti a contrastare fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale fra gli operatori colpiti da crisi di mercato, sia destinati ad affiancare l’attività di controllo sui prodotti ortofrutticoli assegnata all’Agecontrol[165];
§ svolgere un’azione di vigilanza sulle produzioni di qualità, anche in collaborazione con i Consorzi di tutela autorizzati.
Il comma 2 interviene in merito all’attribuzione di competenze dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). A tale ente vengono demandati l’espletamento dei controlli sulle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione garanzia, che il regolamento n. 4045/89[166] demanda ai singoli Stati membri. Tali compiti vengono nel contempo sottratti alle competenze del Corpo forestale dello Stato e all’ICRF, ai quali erano stati attribuiti dall’art. 4, comma 4 del D.L. n. 2/2006[167].
Sulla base del regolamento CEE n. 4045/89 compete ai singoli Stati l’adozione delle misure necessarie per accertare che le operazioni finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) siano reali e regolari, nonché per prevenire e perseguire le irregolarità o negligenze. In attuazione di tale disposto l’Italia ha approvato il DPR n. 447/1982[168] e, a seguito dell’approvazione del menzionato decreto legge n. 2/06, il D.M. 23 marzo 2006 (G.U. n. 106/2006) che ha definito misure transitorie idonee ad assicurare il corretto espletamento delle attività di controllo in corso.
Il comma 3 interviene sui controlli nel settore vitivinicolo. La norma, in particolare, novella l’articolo 14, comma 8 della legge n. 82/2006[169] che impone ai laboratori ufficiali di analisi (autorizzati ai sensi delle norme UNI CEI EN ISO/IEC 17025), nonché ai laboratori di analisi degli organismi di vigilanza, di effettuare sistematicamente, per ogni prodotto vinoso ufficialmente analizzato, la prova preliminare di fermentazione e la ricerca dei denaturanti previsti dalla stessa legge n. 82. Il risultato di tali prove deve quindi essere riportato sul certificato di analisi chimica, mentre un eventuale esito irregolare va segnalato al competente ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi.
Il comma in commento sopprime le parole relative alla prova preliminare di fermentazione.
La finalità perseguita, come si evince dalla relazione illustrativa del provvedimento, è quella di eliminare dagli esami resi obbligatori dalla legge n. 82, allo scopo di perseguire le frodi del comparto vitivinicolo, una prova che, oltre che obsoleta, si rivela anche penalizzante dal punto di vista economico, poiché la sua esecuzione si esplica su più giorni, impedendo nel frattempo la movimentazione dei vini.
Il comma 4 reca una autorizzazione di spesa pari a 23 milioni di euro, destinati all’Agecontrol Spa affinché questa possa assolvere ai compiti che il D.L. n. 22/2005[170] le ha attribuito in tema di realizzazione dei controlli di qualità nel settore dell’ortofrutta.
L'Agecontrol è l'agenzia istituita nel 1986 allo scopo di svolgere sul territorio italiano i controlli sugli aiuti alla produzione e al consumo dell'olio di oliva erogati dalla Comunità
Le nuove competenze sono state introdotte dal D.L. n. 22 in forma di novella al D.Lgs. n. 99/2004[171], che con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 18 assegna all’Agenzia il compito di realizzare i controlli di qualità sui prodotti ortofrutticoli, sia per l'esportazione che per il mercato interno, avvalendosi peraltro dei controlli istituzionalmente affidati all’ICRF, ed in coordinamento con lo stesso.
Quanto alle risorse di cui disporre, oltre a concedere all’Agenzia la facoltà di utilizzare – seppure parzialmente - quelle ad essa assegnate per la realizzazione dei controlli sull’olio d’oliva, il decreto legislativo (comma 6 dello stesso art. 18) ha anche attribuito ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di trasferire all’Agenzia gli stanziamenti dello stato di previsione della spesa del dicastero agricolo relativi alle funzioni trasferite. Mentre con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, devono essere trasferite all'Agecontrol S.p.a. le risorse umane e finanziarie attribuite all’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), che era il soggetto precedentemente competente in materia di controlli all’esportazione dell’ortofrutta.
Va infine rammentato che anche la legge finanziaria per il 2006[172] aveva assegnato un finanziamento in favore dell’Agecontrol, recando con il comma 427 dell’art. 1 una autorizzata di spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2006.
Il comma 5 è stato stralciato.
Il comma 6 introduce un contributo, che va a gravare sui consorzi di tutela, destinato a coprire le spese amministrative conseguenti all’applicazione delle norme comunitarie sulle denominazioni protette, incluse in particolare quelle per l’esame delle domande di registrazione, di opposizione, di cancellazione o di modifica delle denominazioni d’origine (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP).
Tale disposizione peraltro applica l’articolo 18 del reg. 510/2006[173] che autorizza gli Stati membri ad imporre una tassa a copertura delle spese sostenute.
La determinazione dell’importo dovuto e la definizione delle modalità di versamento saranno determinate con un decreto del dicastero agricolo, di concerto con quello dell’economia.
Infine, le maggiori entrate andranno imputate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che potrà disporne per agire a tutela delle IGP in campo internazionale.
Il comma 7 abroga il comma 5-ter dell’art. 3 del D.L. n. 182/2005[174], al fine di escludere la possibilità che un beneficiario degli aiuti comunitari previsti dalla PAC possa chiedere agli organismi pagatori, incaricati della erogazione delle provvidenze, che i pagamenti siano disposti mediante «bonifico domiciliato» presso gli uffici postali, con riscossione diretta da parte del beneficiario stesso.
Resta pertanto la sola liquidazione di quanto dovuto mediante accredito sui conti correnti bancari o postali che dovranno essere indicati dai beneficiari e agli stessi intestati
La sostituzione del successivo comma 5-quater del medesimo art. 3 del decreto legge ha mera funzione di coordinamento normativo.
1. Al fine di razionalizzare il sistema idrico nazionale, tutti i diritti, i poteri e le funzioni spettanti al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sull'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e della trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 18 marzo 1947, n. 281, ratificato, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1952, n. 1005, sono trasferiti alle regioni Puglia e Basilicata, che li esercitano tenuto conto anche degli interessi delle regioni limitrofe e delle priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque.
2. All'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 22 ottobre 2001, n. 381, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 dicembre 2001, n. 441, e successive modificazioni, le parole: «è prorogato di cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «è prorogato di sei anni». L'onere per l'attuazione del presente comma per l'anno 2007 è pari a euro 271.240.
3. Le disposizioni dell'articolo 22 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, non si applicano alle spese per l'energia utilizzata per il sollevamento dell'acqua ai fini della sua distribuzione.
4. Stralciato.
L’articolo 149 detta norme sul sistema idrico nazionale e in materia di enti irrigui
Il comma 1 è volto a razionalizzare il sistema idrico nazionale, trasferendo alle regioni Puglia e Basilicata, tutti i diritti, i poteri e le funzioni spettanti al dicastero agricolo sull’Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia. L’attività delle regioni titolari dei nuovi poteri e funzioni deve in ogni caso tener conto degli interessi delle regioni limitrofe e deve essere diretta a rispettare le priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque.
L’Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (EIPLI) - istituito nel 1947 con il D.Lgs.cps n. 281, come persona giuridica di diritto pubblico sotto la vigilanza del Ministero dell'agricoltura ‑ gestisce otto dighe, alle quali vanno aggiunte alcune centinaia di chilometri di canali di adduzione. L'attività dell'ente è finalizzata a far fronte alle esigenze potabili delle popolazioni della Puglia e della Basilicata, al fabbisogno irriguo di vasti comprensori delle stesseregioni, nonché di agglomerati industriali.
In merito alle funzioni di competenza del Ministero delle politiche Agricole, va menzionato il D.Lgs. n. 330/1999, di riforma dell’organizzazione del Governo a norma della legge Bassanini, che ha confermato che restano di sua pertinenza quelle in precedenza previste dal D.Lgs. n. 143/1997, di riforma del dicastero agricolo.
Al ministero spettano pertanto, in quanto non ritenuti trasferibili, compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale in materia grandi reti infrastrutturali di irrigazione di rilevanza nazionale.
Merita anche rammentare che l’Ente di irrigazione ha goduto di numerosi trasferimenti di risorse di parte pubblica, anche mediante l’iscrizione nel bilancio statale di limiti d’impegno di norma quindicennali.
Per quanto riguarda le priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque, occorre fare riferimento alle norme contenute nella Parte terza – Sezione terza (Gestione delle risorse idriche) del decreto legislativo n. 152/2006, che ha sostituito la precedente normativa recata dalla legge n. 36/1994 (cd. legge Galli).
L’art. 144 (tutela e uso delle risorse idriche) dispone che “le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale” e che “la disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri ideologici”, ma soprattutto che “gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità”.
A tale priorità si affianca quella stabilita dall’art. 167 in materia di usi agricoli delle acque, secondo cui “nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura”.
Il comma 2 proroga di un ulteriore anno l’attività dell’Ente irriguo umbro-toscano, modificando per la quinta volta l’articolo 5 del D.L. n. 381/2001.
Il conseguente onere è quantificato in 271,2 milioni di euro.
L'Ente irriguo umbro-toscano, istituito dalla legge 18 ottobre 1961, n. 1048 per la durata di trenta anni, è un ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali[175].
Successivamente alla scadenza del termine originariamente previsto (7 novembre 1991), l’Ente ha potuto continuare ad operare in virtù di una serie di proroghe così disposte:
§ di dieci anni dal decreto-legge 6 novembre 1991, n. 352, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 411;
§ di un ulteriore anno dall’articolo 5 del decreto-legge 22 ottobre 2001, n. 381, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 dicembre 2001, n. 441.
Il termine di un anno, posto dall’articolo 5 del sopra menzionato decreto n. 281, è stato oggetto, a sua volta, delle seguenti sostituzioni:
§ due anni con l'articolo 69, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
§ tre anni (fino al 7 novembre 2004) dall'articolo 52-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
§ quattro anni (fino al 7 novembre 2005) dall’articolo 4 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306;
§ cinque anni (fino 7 novembre 2006) dall’articolo 6 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182.
Il comma 3 prevede che le spese per l’energia utilizzata per il sollevamento dell’acqua, allo scopo di consentire la sua distribuzione, vengano escluse dal taglio degli stanziamenti per consumi intermedi, disposto con l’art. 22 del D.L. n. 223/2006[176].
L’articolo 22 del decreto-legge n. 223 del 2006 ha introdotto disposizioni volte a ridurre gli stanziamenti di spesa per consumi intermedi - ovvero, dei costi di produzioneconcernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, per gli enti che adottano una contabilità esclusivamente civilistica - previsti nei bilanci relativi all’anno 2006 di enti ed organismi pubblici non territoriali, inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e soggetti alla cd. regola del 2 per cento (comma 1), nonché a contenerne le relative previsioni di spesa nei bilanci del triennio 2007-2009 (comma 2).
Si tratta di disposizioni analoghe a quelle già disposte, a partire dal 2002, con il c.d. provvedimento “tagliaspese” (D.L. 6 settembre 2002, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002), confermate per il 2004 dal D.L. 12 luglio 2004, n. 168 (legge n. 191/2004) e per il 2005 dal D.L. n. 203/2005 (provvedimento collegato alla finanziaria per il 2006).
Articolo 150
(Misure in favore della vendita diretta
di prodotti agricoli)
1. All'articolo 4, comma 8, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «lire 80 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «euro 80.000»;
b) le parole: «lire 2 miliardi», sono sostituite dalle seguenti: «due milioni di euro».
2. Al fine di promuovere lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita diretta, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia.
L’articolo 150 detta norme volte a promuovere la vendita diretta di prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli.
Il comma 1 novella l’articolo 4, comma 8, del decreto legislativo n. 228 del 2001, innalzando da 80 milioni di lire a 80 mila euro il valore della produzione non proveniente dalla propria azienda che gli imprenditori agricoli possono vendere direttamente in deroga alla disciplina generale del commercio (di cui al decreto legislativo n. 114 del 1998).
Il comma 2 rimette a un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di natura non regolamentare, d’intesa conferenza Stato-regioni, da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione degli standard per la realizzazione dei mercati agricoli a vendita diretta, con particolare riferimento alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi.
La vendita diretta dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli è disciplinata, in deroga alla disciplina generale del commercio (di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114[177]) dall’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[178]. La vendita diretta in forma itinerante è soggetta alla semplice previa comunicazione al comune del luogo ove ha sede l’azienda e può essere esercitata trascorsi 30 giorni dal suo ricevimento. La comunicazione non è richiesta se la vendita avviene all’interno dell’azienda agricola o in altre aree private di cui gli imprenditori abbiano la disponibilità. Ai sensi del comma 8 la deroga alla disciplina generale del commercio vale fino a quando l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell’anno solare precedente non sia superiore a 80 milioni di lire per gli imprenditori individuali e a 2 miliardi di lire per le società.
Il 14 luglio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2006)325) sull’applicazione nei diversi Stati membri della direttiva 1998/CE sulla protezione dei consumatori in materia di indicazione del prezzo dei prodotti. Per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni da parte dei piccoli esercizi al minuto, la Commissione ha effettuato una valutazione di impatto della direttiva, che ha rilevato i potenziali ostacoli all’indicazione del prezzo per unità di misura costituiti dall’onere supplementare dei calcoli necessari.
La comunicazione è in attesa di essere esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo.
Articolo 151
(Convenzioni con le pubbliche
amministrazioni)
1. All'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «50 milioni di lire» sono sostituite dalle seguenti: «euro 50.000»;
b) le parole: «300 milioni di lire» sono sostituite dalle seguenti: «euro 300.000».
L’articolo 151 novella l’articolo 15 del decreto legislativo n. 228 del 2001,al fine di promuovere la stipula da parte delle amministrazioni pubbliche, in deroga alla normativa vigente, di contratti di appalto con gli imprenditori agricoli, volti a favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. La disposizione, in particolare, innalza (da 50 milioni di lire a 50 mila euro per gli imprenditori individuali e da 300 milioni di lire a 300 mila euro per gli imprenditori in forma associata) il valore dell’importo annuale massimo degli appalti che le amministrazioni possono stipulare in deroga alla normativa vigente.
Nella relazione illustrativa si afferma che la norma è volta a favorire la multifunzionalità dell’impresa agricola e a mantenere sul territorio presenze economiche e sociali vitali.
L’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 prevede, al comma 1, che al fine di “favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio, le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli”. Il comma 2 stabilisce che le prestazioni oggetto delle convenzioni “possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura, anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche”. Inoltre, per tali finalità amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50 milioni di lire nel caso di imprenditori singoli, e 300 milioni di lire nel caso di imprenditori in forma associata”[179].
Articolo 152
(Interventi per il settore agricolo)
1. Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo delle imprese giovanili nel settore agricolo ed agroalimentare, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all'anno per il quinquennio 2007-2011.
2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinati i criteri, le modalità e le procedure di attuazione del Fondo, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo.
3. L'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, è abrogato.
4. All'onere di cui al comma 1, pari a 10 milioni di euro annui per il quinquennio 2007 - 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
5. Al fine di favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole colpite da gravi crisi di mercato e di limitarne le conseguenze economiche e sociali nei settori e nelle aree geografiche colpite, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per le crisi di mercato. Al Fondo confluiscono le risorse di cui all'articolo 1-bis, commi 13 e 14, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, non impegnate alla data del 31 dicembre 2006, che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
6. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità operative di funzionamento del Fondo, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia.
7. All'articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, le parole: «commi 2, 3 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3, 5 e 6».
8. Per l'attuazione dell'articolo 21 della legge 23 luglio 1991, n. 223, ai fini del trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori agricoli nelle aree agricole colpite da avversità atmosferiche eccezionali, compresi nel Piano assicurativo agricolo annuale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n., 102, alla delimitazione delle aree colpite provvedono le regioni.
9. A decorrere dall'anno 2007, il contributo previsto dall'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, è incrementato di 3 milioni di euro.
L’articolo 152 reca una serie di interventi nel settore agricolo. La disposizione interviene, in particolare, sui fondi per l’imprenditoria giovanile (commi 1-4), sui fondi per le imprese colpite dall’influenza aviaria (commi 5-6), sui consorzi agrari (comma 7), sul trattamento di integrazione salariale dei lavoratori agricoli nelle aree colpite da calamità naturali (comma 8) e sulle risorse finanziarie di ISMEA (comma 9).
I commi 1-4 prevedono un cambio di finalizzazione allo stanziamento di 10 milioni di euro annui previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 99 del 2004 per il credito d’imposta in favore dei giovani imprenditori agricoli. A tal fine viene istituito presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro per il quinquennio 2007-2011, le cui modalità di funzionamento verranno definite, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, con un decreto di natura non regolamentare del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (per la cui adozione non è tuttavia previsto alcun termine).
Nella relazione illustrativa si chiarisce la finalità delle norme evidenziando che “La Commissione ritiene infatti la norma contraria alle regole della concorrenza. Si tratta quindi della riprogrammazione di uno stanziamento esistente verso finalità compatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato”. Al riguardo si fa tuttavia presente che non risulta avviata alcuna procedura di infrazione sulla materia.
L'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 99 del 2004 prevede la concessione di un contributo, sotto forma di credito di imposta, in favore dei giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, che accedono al premio di primo insediamento di cui all’articolo 8, comma 2, del Regolamento (CE) n. 1257/1999[180]. Il credito d’imposta può ammontare sino a 5.000 euro annui per 5 anni (2004-2008). L’ammontare complessivo del credito d’imposta concedibile (cd. “tetto di spesa”) viene fissato in 10 milioni di euro per ciascuna annualità del periodo 2004-2008. La definizione delle modalità di applicazione di tale agevolazione è rimessa a un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale decreto, che avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 99 del 2004 (ossia entro il 6 luglio 2004) non risulta fin qui emanato.
I commi 5 e 6 prevedono un cambio di finalizzazione dei fondi destinati all’emergenza aviaria dall’articolo 1-bis, commi 8, 13 e 14, del decreto-legge n. 2 del 2006. A tal fine viene istituito presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un Fondo per le crisi di mercato, nel quale confluiscono le suddette risorse, le cui modalità di funzionamento verranno definite, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, con un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, da emanare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Nella relazione illustrativa si chiarisce la finalità delle norme, evidenziando che si tratta dei fondi originariamente destinati all’emergenza aviaria che “la Commissione ritiene incompatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Si tratta quindi della riprogrammazione di uno stanziamento esistente verso finalità compatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato, d’intesa con le regioni”. Al riguardo si fa tuttavia presente che non risulta avviata alcuna procedura di infrazione sulla materia.
L’articolo 1-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, aveva previsto, al fine di assicurare la realizzazione di interventi urgenti diretti a fronteggiare l'emergenza nel settore avicolo, l’istituzione presso il Ministero delle politiche agricole e forestali di un Fondo, denominato «Fondo per l'emergenza avicola», con dotazione pari a 100 milioni di euro per l'anno 2006, avente le seguenti finalità:
a) interventi, in conformità a quanto previsto dagli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C 244 del 1° ottobre 2004, per fare fronte all'interruzione dell'attività avicola e ai conseguenti danni economici e sociali;
b) la concessione alle imprese agricole che esercitano attività di allevamento avicolo di una indennità compensativa della perdita di reddito o delle maggiori spese sopportate a causa del verificarsi dell'evento, nonché la concessione, per le medesime imprese sottoposte a restrizioni della movimentazione degli animali o a fermo produttivo a seguito di provvedimenti sanitari, di una indennità per i danni indiretti (nella misura prevista dal decreto di cui al comma 12
c) programmi finalizzati alla realizzazione di interventi per l'abbandono dell'attività produttiva, come previsto dal punto 9 degli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C 28 del 1° febbraio 2000;
d) investimenti nelle imprese avicole per misure di biosicurezza, ivi comprese le spese sostenute per misure sanitarie;
e) interventi, disposti dall'autorità sanitaria a fini di benessere degli animali, per l'abbattimento degli avicoli in caso di sovraffollamento delle strutture produttive o di blocco della movimentazione dei capi.
I commi 13 e 14 dell’articolo 1-bis disponevano, infine, in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 8.
Quanto alle finalità del Fondo di nuova istituzione (“Fondo per le crisi di mercato”) si ricorda che la materia delle crisi di mercato è stato oggetto di un ampio dibattito in tempi recenti, che ha condotto all’adozione di una serie di interventi sulla materia. Il crollo della remunerazione di alcune produzioni nell’estate del 2004 e la forte protesta che ne è scaturita hanno indotto il Governo a intervenire a sostegno delle imprese agricole con il decreto legge n. 280 del 2004. Il decreto-legge prevedeva che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali fosse dichiarato lo stato di grave crisi di mercato per le produzioni per le quali il prezzo medio unitario, rilevato dall’ISMEA, fosse risultato inferiore del 30 per cento rispetto al prezzo medio unitario del triennio precedente. In conseguenza della dichiarazione della crisi di mercato, gli agricoltori colpiti potevano accedere ai benefici del Fondo di solidarietà nazionale, nonché alla sospensione del pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali.
Il decreto-legge n. 280 del 2004 decadeva per mancata conversione entro il termine costituzionalmente previsto. Le aspettative sorte tra gli operatori, tuttavia, hanno indotto il Governo ad intervenire nuovamente sulla materia con il decreto-legge n. 22 del 2005 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 71 del 2005), il quale ha ripreso in più parti, peraltro con taluni non trascurabili aggiustamenti, i contenuti del decreto-legge n. 280 del 2004.
Per quanto riguarda le crisi di mercato verificatesi nel 2004, il decreto ha previsto (con l’obiettivo primario di restituire liquidità alle imprese) che nei territori dove la riduzione del reddito (e non già del prezzo medio unitario, come previsto nel DL n. 280/2004) sia stata superiore al 30 per cento rispetto alla media del triennio precedente (riduzione dichiarata con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali) venga riconosciuta agli operatori la sospensione, fino al 31 dicembre 2005, dei contributi previdenziali e assistenziali (propri e dei lavoratori dipendenti), nonché la possibilità di accendere mutui a lungo termine, assistiti da un contributo pubblico a carico del Fondo di solidarietà nazionale e della garanzia ISMEA, oppure, in alternativa, di ricevere contributi in conto capitale nei limiti de minimis (3000 euro in 3 anni).
Per quanto attiene alla disciplina a regime, nel caso in cui si verifichi, per determinate produzioni agricole, una riduzione del reddito in misura non inferiore al 30 per cento rispetto alla media del triennio precedente, il decreto ha previsto, subordinatamente all’autorizzazione comunitaria (la Commissione, peraltro, in una nota trasmessa al Governo italiano nei giorni immediatamente successivi alla conversione in legge del decreto esprimeva forti dubbi sulla compatibilità con il mercato comune di un intervento statale fondato sul mero presupposto di una riduzione del reddito: ciò ha di fatto ha precluso l’applicazione della norma), l’attivazione degli interventi compensativi a carico del Fondo di solidarietà nazionale (per il quale ha disposto lo stanziamento di risorse aggiuntive pari a 120 milioni di euro per il 2005) e il rinvio dei pagamenti fiscali, previdenziali e delle cambiali agrarie in scadenza. Il decreto, inoltre, ha ricondotto i rischi di mercato nell’ambito dei rischi assicurabili previsti dal Piano assicurativo agricolo annuale.
Successivamente, nella consapevolezza che il contenimento degli effetti negativi delle crisi di mercato deve essere perseguito, nell’ambito delle dinamiche di filiera, anche attraverso il supporto delle strutture organizzate della produzione, il decreto legislativo n. 102 del 2005 (articolo 8) ha previsto la possibilità per le organizzazioni di produttori (OP) (e le loro forme associate) di attivare direttamente strumenti per il sostegno del reddito degli associati, sia non commercializzando (per determinati volumi e periodi) il prodotto conferito, sia corrispondendo loro una indennità di ritiro commisurata alle perdita di reddito. Il decreto, inoltre, ha previsto la possibilità per l’AGEA di stipulare convenzioni con le strutture organizzate della produzione al fine di riassorbire una temporanea sovracapacità produttiva e ristabilire l’equilibrio di mercato.
Da ultimo, il Governo è nuovamente tornato sulla materia con il decreto-legge n. 182 del 2005, il quale ha esteso al 2005, peraltro per il solo settore dell’uva, gli interventi che il decreto-legge n. 22 del 2005 aveva disposto per il 2004 (specificando, in particolare, che il limite de minimis vale per tutte le tipologie di interventi da quest’ultimo previste), ha demandato all’AGEA l’erogazione degli aiuti (fissandone contemporaneamente i parametri di erogazione) e ha previsto la possibilità per il Commissario ex Agensud di destinare parte delle proprie risorse a convenzioni con l’AGEA per interventi a sostegno di produzioni agricole colpite da crisi di mercato.
Il comma 7 integra l’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 181 del 2006, al fine di far rivivere una disposizione concernente i lavoratori dipendenti dei consorzi agrari, contenuta all’articolo 5, comma 6, della legge n. 410 del 1999, di cui esso aveva disposto l’abrogazione.
L’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, reca la nuova disciplina dei consorzi agrari, abrogando in gran parte le disposizioni recate dalla legge 28 ottobre 1999, n, 410, che recava la disciplina della materia. Sostanzialmente, la disposizione ha ricondotto i consorzi agrari alla disciplina generale delle società cooperative e interviene sulle gestioni commissariali in corso, prevedendo la riduzione del numero (da 3 a 1) dei commissari liquidatori per i consorzi in liquidazione coatta amministrativa e la chiusura delle procedure entro il termine del 31 dicembre 2007, nonché la cessazione dei commissari in carica e la ricostituzione degli organi statutari per gli altri concorsi in gestione commissariale[181].
In particolare, l’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 181/2006 ha disposto l’abrogazione dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 410 del 1999, il quale prevede che per i lavoratori dipendenti dei consorzi agrari in servizio alla data del 1° gennaio 1997 e successivamente collocati in mobilità e per i lavoratori che, in base ai piani di riorganizzazione aziendale, non rientrano nell'organico aziendale, il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 settembre 1992), di concerto con i Ministeri competenti, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali, vengano individuate modalità di ricollocazione presso enti pubblici e privati operanti nel settore agricolo e dei servizi all'agricoltura, anche previa riqualificazione professionale dei lavoratori interessati. A favore delle imprese private che assumono detti lavoratori è prevista l’applicazione delle agevolazioni contributive previste dall'articolo 8, commi 2 e 4, e dall'articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223[182].
Il comma 8 rimette alle regioni il compito di provvedere alla delimitazione delle aree colpite da avversità atmosferiche eccezionali ai fini del riconoscimento del trattamento di integrazione salariale spettante ai lavoratori agricoli.
Nella relazione illustrativa si fa presente che il chiarimento in ordine alla competenza regionale per la delimitazione delle aree colpite da calamita naturali si rende “necessario in quanto tale declaratoria, dopo il decreto legislativo n. 102 del 2004, non è più obbligatoria e quindi le regioni non provvedono, con nocumento dei lavoratori che senza tale dichiarazione non possono accedere ai benefici della legge n. 223 del 1991”.
Merita peraltro evidenziare che l’articolo 6 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, già prevede che spetti alle regioni la “procedura di delimitazione del territorio colpito e di accertamento dei danni conseguenti”.
L’articolo 21, comma 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, prevede agli operai agricoli a tempo determinato iscritti negli elenchi anagrafici dei comuni dichiarati colpiti da eccezionale calamità o avversità atmosferica siano rimasti privi di occupazione in conseguenza degli eventi medesimi, è riconosciuto, ai fini previdenziali e assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate, il numero di giornate necessarie al raggiungimento del numero di giornate riconosciute nell'anno precedente. Tale beneficio viene concesso a condizione che i destinatari abbiano prestato nell'anno interessato alla provvidenza almeno cinque giornate di lavoro. Lo stesso diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali è esteso a favore dei piccoli coloni e compartecipanti familiari delle aziende colpite dalle predette avversità.
Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, il Piano assicurativo agricolo annuale è elaborato sulla base delle informazioni e dei dati di carattere statistico-assicurativo rilevati dalla Banca dati sui rischi agricoli, ed è approvato, entro il 30 novembre di ogni anno, con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le proposte di una apposita Commissione tecnica. Il piano assicurativo agricolo è stato approvato, per l'anno 2005, con D.M. 17 marzo 2005.
Il comma 9 incrementa di 3 milioni di euro annui, a decorrere dal 2007, il contributo a favore di ISMEA previsto dall’articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182
L’articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231 ha riconosciuto ad ISMEA, a decorrere dall'anno 2006, un contributo di 4 milioni di euro “per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali”.
L’ISMEA, ente pubblico economico, è stato istituito con D.P.R. 28 maggio 1987, n. 278, con la denominazione di “Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo”. A norma dell’art. 6 del D.Lgs. n. 419 del 1999[183], concernente il riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, l’ente ha assorbito l’ex Cassa per la formazione della proprietà contadina, assumendo i compiti a questa precedentemente attribuiti.
Successivamente, il D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200[184] ha disposto le norme statutarie e regolamentari, nonché il riordino dell’ISMEA, ora denominato “Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare”, con il mantenimento del precedente acronimo.
Ai sensi di detto regolamento, il nuovo Istituto deve perseguire le seguenti finalità:
- rilevazione, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari;
- erogazione di servizi di analisi e informazione per la commercializzazione, valorizzazione e promozione di prodotti agricoli, ittici e alimentari;
- svolgimento, nel rispetto della programmazione regionale, delle funzioni precedentemente attribuite alla Cassa per la formazione della proprietà contadina dal D.Lgs. n. 121/1948, dalle leggi 153/1975[185] e 441/1998;
- prestazione di specifiche forme di garanzia creditizia e finanziaria alle imprese agricole singole o associate.
L’8 febbraio 2006 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento finalizzato ad un riordino del vigente regolamento sull’esenzione degli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese agricole (CE) 70/2001. Il progetto è stato adottato sulla base del regolamento 994/98 che autorizza la Commissione a dichiarare, a norma dell’art. 87 del trattato, che, a determinate condizioni, gli aiuti alle piccole e medie imprese sono compatibili con il mercato comune e non sono soggetti all’obbligo di notifica alla Commissione di cui all’art. 88, paragrafo 3, del Trattato. Scopo del progetto è la semplificazione della normativa sugli aiuti di Stato all’agricoltura. Le categorie di aiuti per le quali il progetto precisa le condizioni per la compatibilità sono relative agli investimenti nelle aziende agricole, la conservazione di paesaggi e fabbricati tradizionali, il trasferimento di fabbricati nell’interesse pubblico, gli aiuti all’insediamento di giovani agricoltori, gli aiuti al prepensionamento, gli aiuti alle associazioni di produttori, gli aiuti relativi a fitopatie ed epizoozie, gli aiuti per le perdite dovute alle avverse condizioni atmosferiche, gli aiuti per il pagamento di premi assicurativi, quelli intesi a promuovere la produzione di prodotti agricoli di qualità e quelli volti a coprire i costi di attività di assistenza tecnica.
Il nuovo regolamento dovrebbe trovare applicazione dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.
Articolo 154
(Norme per l'internazionalizzazione del
sistema agroalimentare)
1. Dalla base imponibile del reddito di impresa è escluso il 25 per cento del valore degli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati da imprese agroalimentari in mercati esteri nel periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e nei due periodi di imposta successivi, in eccedenza rispetto alla media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti.
2. La misura di cui al comma 1 dell'esclusione del valore è elevata al 35 per cento degli investimenti di promozione pubblicitaria realizzati sui mercati esteri da consorzi o raggruppamenti di imprese agroalimentari, operanti in uno o più settori merceologici, e al 50 per cento del valore degli investimenti di promozione pubblicitaria all'estero riguardanti prodotti a indicazione geografica, o comunque prodotti agroalimentari oggetto di intese di filiera o contratti quadro in attuazione degli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.
3. Il beneficio fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, anche se con un'attività di impresa o di lavoro autonomo inferiore a tre anni. Per tali imprese la media degli investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati nei periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge o a quello successivo.
4. L'attestazione di effettività delle spese sostenute è rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto all'albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o a quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero del responsabile del centro di assistenza fiscale.
5. Le modalità di applicazione dell'incentivo fiscale sono, per quanto non previsto dal presente articolo, le stesse disposte dall'articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.
L’articolo 154 è volto a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari, introducendo benefìci fiscali per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati all’estero.
A tale fine, il comma 1 esclude dalla base imponibile del reddito di impresa il 25 per cento del valore degli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati da imprese agroalimentari in mercati esteri.
La norma si applica per tre periodi d’imposta, a partire da quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria e per i due successivi, ma a condizione che tali investimenti eccedano la media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti.
In base al comma 2, l’agevolazione è elevata rispettivamente:
§ al 35 per cento per gli investimenti di promozione pubblicitaria realizzati sui mercati esteri da consorzi o raggruppamenti di imprese agroalimentari, operanti in uno o più settori merceologici;
§ al 50 per cento per gli investimenti di promozione pubblicitaria all'estero riguardanti prodotti a indicazione geografica, o comunque prodotti agroalimentari oggetto di intese di filiera o contratti quadro in attuazione degli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.
Gli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo n. 102 del 2005 hanno introdotto nuove misure per l’integrazione e l’organizzazione delle filiere agroalimentari. L’intesa di filiera (che sostanzialmente sostituisce i vecchi accordi interprofessionali) costituisce il quadro di riferimento di una catena “pattizia” che, attraverso passaggi successivi e conseguenti, si sviluppa attraverso contratti quadro, contratti-tipo e contratti di conferimento tra singoli agricoltori e primi acquirenti. Le intese di filiera sono volte a definire azioni per migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato e il coordinamento dell'immissione dei prodotti sul mercato; a definire modelli contrattuali compatibili con la normativa comunitaria da utilizzare nella stipula dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura; ad individuare modalità di valorizzazione e tutela delle denominazioni di origine, indicazioni geografiche e marchi di qualità, nonché criteri per la valorizzazione del legame delle produzioni al territorio di provenienza; a delineare azioni volte a perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato attraverso informazioni e ricerche per l'orientamento della produzione agricola alla domanda e alle esigenze dei consumatori, nonché metodi di produzione rispettosi dell'ambiente. Le intese di filiera possono essere stipulate, nell’ambito del Tavolo agroalimentare, dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale dei settori della produzione, trasformazione, commercio e distribuzione dei prodotti agricoli, nonché dalle organizzazioni interprofessionali riconosciute. Nella cornice definita dalle intese di filiera si inseriscono i contratti-quadro, sottoscritti dai rappresentanti delle organizzazioni dei produttori (OP) e delle imprese di trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti agricoli in relazione a singoli prodotti ed aree geografiche. I contratti-quadro perseguono gli obiettivi di sviluppare gli sbocchi commerciali sui mercati interno ed estero, orientare la produzione agricola per farla corrispondere alla domanda, al fine di perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, migliorare la qualità dei prodotti, con particolare riguardo alle diverse vocazioni colturali e territoriali e alla tutela dell'ambiente, ridurre le fluttuazioni dei prezzi e prevedere criteri di adattamento della produzione all’evoluzione del mercato. La stipula di un contratto-quadro obbliga gli acquirenti a rifornirsi del prodotto tramite un contratto di coltivazione, allevamento e fornitura che rispetti i contenuti del contratto quadro e che trova applicazione anche nei confronti degli imprenditori agricoli non aderenti alle organizzazioni stipulanti.
In base al comma 3, il beneficio fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, ma con un'attività di impresa o di lavoro autonomo inferiore a tre anni. In questo caso per poter applicare il beneficio fiscale, la media degli investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati nei periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge o a quello successivo.
Il comma 4 prevede, per poter usufruire del beneficio fiscale, di un'attestazione di effettività delle spese sostenute, che può essere rilasciata dal presidente del collegio sindacalo o, in mancanza, da uno dei seguenti soggetti:
§ un revisore dei conti;
§ un professionista iscritto all'albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o a quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni;
§ il responsabile del centro di assistenza fiscale.
Il comma 5 rinvia, per le modalità di applicazione dell'incentivo fiscale, per quanto non previsto dal presente articolo, alle disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357[186], convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.
Si tratta della norma che ha consentito per gli anni 1994 e 1995 la detassazione del reddito d’impresa reinvestito, escludendo dall'imposizione il 50 per cento del volume degli investimenti realizzati per due periodi d’imposta in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi d'imposta precedenti. Dall’agevolazione erano escluse le banche e le imprese di assicurazione, e si applicava per due periodi d'imposta. L'ammontare degli investimenti doveva essere assunto al netto delle cessioni di beni strumentali effettuate nel medesimo periodo d'imposta.
Per investimento si intendeva la realizzazione nel territorio dello Stato di nuovi impianti, il completamento di opere sospese, l'ampliamento, la riattivazione, l'ammodernamento di impianti esistenti e l'acquisto di beni strumentali nuovi anche mediante contratti di locazione finanziaria. L'investimento immobiliare era limitato ai beni strumentali per natura.
Ai sensi dell’articolo 155, comma 4, del disegno di legge in esame, l’efficacia delle disposizioni introdottedal presente articolo 154 è sospesa fino all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze diretto a contenere l’onere (comprensivo delle risorse da destinare alle misure di cui all’articolo 155) entro un milione di euro.
Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 152.
Articolo 155
(Sviluppo della forma societaria in
agricoltura)
1. Le società di persone e le società a responsabilità limitata, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, come da ultimo modificato dal comma 3 del presente articolo, possono optare per l'imposizione dei redditi ai sensi dell'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono dettate le modalità applicative del comma 1.
3. All'articolo 2, comma 4-bis, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, è soppresso il secondo periodo.
4. L'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 154 e al presente articolo resta subordinata all'emanazione di un apposito regolamento da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze diretto a contenere il relativo onere nel limite di 1 milione di euro annui.
L’articolo 155 è volto a favorire lo sviluppo della forma societaria in agricoltura, consentendo alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, che siano società agricole, di optare per l’applicazione di un regime fiscale più favorevole, cioè di essere tassate in base al reddito catastale agrario, disciplinato dall’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)[187].
L’opzione è possibile, in base al comma 1, per tutte le società di persone e le società a responsabilità limitata, che rivestano la qualifica di società agricola, a prescindere dalle caratteristiche dei soci o degli amministratori di tali società.
Le società agricole sono disciplinate dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99[188]. Si tratta delle società aventi come oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile. La denominazione di “società agricola” deve risultare nella ragione sociale o nella denominazione sociale delle società. La definizione di imprenditore agricolo è contenuta nell’articolo 2135 del codice civile, così come modificato dalla cosiddetta “legge di orientamento” (D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228). Sulla base di tali disposizioni, l'imprenditore agricolo è colui che esercita un'attività diretta:
§ alla coltivazione del fondo;
§ alla silvicoltura;
§ all'allevamento del bestiame;
§ all'esercizio di attività connesse alle precedenti.
Alle società agricole qualificate come imprenditori agricoli professionali (IAP)[189] si applicano attualmentele agevolazioni creditizie e quelle tributarie, ai fini delle imposte indirette, previste per i coltivatori diretti. Le medesime agevolazioni sono riconosciute anche alle società agricole di persone in cui almeno un socio sia coltivatore diretto e alle società agricole di capitali e cooperative in cui almeno un socio sia coltivatore diretto.
Nel caso in cui trattasi di società composte, almeno per metà, da soci che siano coltivatori diretti, si è prevista, inoltre, l’estensione alle società del diritto di prelazione e di riscatto di fondi riconosciuti, dalla normativa vigente, a favore di coltivatori diretti, mezzadri, coloni e compartecipanti in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi dei fondi medesimi
Si ricorda che si considerano coltivatori diretti le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali tenuti dall’INPS, e soggette al versamento dei contributi obbligatori per invalidità, vecchiaia e malattia.
Per quanto riguarda il regime fiscale agevolato applicabile ai coltivatori diretti, questo è definito in varie norme, tra cui principalmente la legge n. 604 del 1954 relativa alla piccola proprietà contadina[190]. La legge stabilisce un particolare regime di favore sui trasferimenti dei terreni agricoli, disponendo l'applicazione dell'imposta di registro e di quella ipotecaria in misura fissa, mentre l'imposta catastale è pari all' 1 per cento.
Si segnala che le modalità di applicazione di tali agevolazioni agli IAP sono state anche oggetto di un’interrogazione a risposta immediata presso la Commissione VI (Finanze), svolta il 7 febbraio 2006[191].
Per i coltivatori diretti è altresì prevista un’agevolazione ai fini dell’ICI. Per i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli iscritti negli elenchi previdenziali, il versamento dell'imposta avviene limitatamente alla parte di valore della base imponibile eccedente 25.822,84 euro e con le seguenti riduzioni:
§ del 70 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti 25.822,84 euro e fino a 61.974, 83 euro;
§ del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 61.974, 83 euro e fino a 103.291, 38 euro;
§ del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 103.291,38 euro e fino a 129.114, 22 euro.
In base alla modifica del comma 1 dell’articolo 155 in commento, le agevolazioni fiscali, consistenti nella tassazione su base catastale costituita dal reddito agrario, sono possibili pertanto per tutte le società agricole aventi forma societaria di società a responsabilità limitata o di società di persone, a prescindere della qualifica di coltivatore diretto di uno dei soci, come invece richiesto per fruire delle agevolazioni fiscali vigenti.
Inoltre l’agevolazione del comma 1 è concessa, evidentemente, ai fini delle imposte sui redditi, mentre l’agevolazione attualmente prevista dall’articolo 2, commi 4 e 4-bis del decreto legislativo n. 99 del 2004 vale ai fini delle imposte indirette. Tale ultima agevolazione comunque permane e ad essa si aggiunge quella disposta dal comma 1 in esame, che ha peraltro un ambito di applicazione più vasto.
Per quanto riguarda l'imposizione diretta sui redditi agrari, essa è disciplinata dall'articolo 32 del TUIR. In base a tale norma il reddito agrario è costituito dalla parte di reddito fondiario imputabile al capitale d’esercizio ed al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio di attività agricole sul terreno, nei limiti della potenzialità del terreno stesso. A differenza del reddito dominicale, costituito dalla parte di reddito dei terreni che viene imputata al proprietario del terreno ovvero al soggetto che possiede un diritto reale su di essi, il reddito agrario è quindi quello, determinato catastalmente, che va imputato al soggetto che esercita l'impresa agricola, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.
Il reddito agrario esprime pertanto la redditività media derivante dall'esercizio di attività agricole nei limiti della potenzialità del terreno e viene determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna coltivazione. Si ricorda che il reddito delle attività agricole svolte da società di persone e di capitali e da enti commerciali viene invecedeterminato secondo le ordinarie regole del reddito di impresa (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).
In base al comma 2 dell’articolo 155, le modalità applicative della norma saranno disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
Il comma 3 dell’articolo 155, abroga il secondo periodo dell’articolo 2, comma 4-bis del decreto legislativo n. 99 del 2004, cioè la norma in base alla quale, in ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società, non potevano essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore.
In seguito a tale abrogazione quindi, le agevolazioni fiscali ai fini delle imposte indirette e quelle creditizie previste dal comma 4 saranno fruibili sia in capo ai coltivatori diretti che alle società agricole di persone, ovvero di capitali o cooperative, di cui essi siano rispettivamente soci o amministratori.
Si ricorda che le società agricole di persone, di capitali e cooperative con almeno un socio (o un amministratore) coltivatore diretto, decadono dal diritto alle agevolazioni qualora perdano i requisiti richiesti per l’ottenimento delle agevolazioni stesse nei 5 anni successivi alla data del riconoscimento delle agevolazioni.
Si tratta sempre delle agevolazioni di cui al comma 4 dell’articolo 2, cioè quelle creditizie e fiscali in materia di imposizione indiretta.
Il comma 4 dell’articolo 155, sospende l’efficacia delle disposizioni introdotte dall’articolo in commento fino all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze diretto a contenere l’onere (comprensivo delle risorse da destinare alle misure di cui all’articolo 154) entro un milione di euro.
Articolo 156
(Norme in materia di bioenergie)
1. Al comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal comma 421 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al terzo periodo le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate», sono sostituite dalle seguenti: «un contingente di 250.000 tonnellate, da utilizzare su autorizzazione del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assegnandolo in base a criteri che in via prioritaria tengono conto della quantità di prodotto proveniente da intese di filiera, da contratti quadro o contratti di programma agroenergetico, nonché dell'occupazione diretta ed indiretta coinvolta, definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico»;
b) il quinto periodo è sostituito dal seguente: «Le quote di biodiesel non utilizzate nell'anno 2006 sono aggiunte al contingente di 250.000 tonnellate previsto per l'anno 2007, allo stesso contingente è aggiunto anche il quantitativo derivante dall'applicazione delle sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato».
2. Per l'anno 2007, il decreto previsto dal comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente articolo, è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nelle more della sua adozione, l'Agenzia delle dogane, tenendo conto dei criteri prioritari di cui al terzo periodo del medesimo comma 6 dell'articolo 21, attribuisce in via provvisoria quote fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate.
3. Il comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è sostituito dal seguente:
«422. L'importo previsto dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato negli anni 2005 e 2006, è destinato alla costituzione di un apposito Fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per l'incentivazione, la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, destinando l'importo di 15 milioni di euro a programmi di ricerca e sperimentazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel campo bioenergetico».
4. All'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 è aggiunto il seguente periodo: «Per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, è stanziato un importo annuo di 73 milioni di euro»;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Dal 1o aprile 2007 i produttori di carburanti diesel e di benzina sono obbligati ad immettere al consumo biocarburanti di origine agricola in misura dell'1 per cento dei carburanti diesel e della benzina immessi al consumo nell'anno precedente. Tale percentuale, espressa in potere calorifico inferiore, è incrementata annualmente di 1 punto percentuale dal 1o gennaio 2008 fino all'anno 2012»;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 marzo 2007, sono stabilite le modalità per l'invio da parte dei produttori di carburanti diesel e di benzina, con autocertificazione dei dati relativi all'immissione al consumo di biocarburante di origine agricola, riferiti all'anno in corso ed all'anno precedente. Con detto decreto sono altresì stabilite le misure e le sanzioni per il mancato rispetto dell'obbligo previsto dal comma 2. Gli importi derivanti dalla comminazione delle eventuali sanzioni sono versati al fondo di cui al comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, per essere riassegnati quale maggiorazione del quantitativo di biodiesel che annualmente può godere della riduzione dell'accisa o in aumento allo stanziamento previsto per l'incentivazione del consumo di bioetanolo»;
d) al comma 5, le parole: «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 marzo 2007».
5. Al comma 423 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, dopo le parole: «agroforestali e fotovoltaiche», sono inserite le seguenti: «nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell'impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli».
L’articolo 156 detta norme volte a promuovere le bioenergie.
In particolare, la disposizione interviene sul contingente annuo di biodiesel esente da accisa (commi 1 e 2), sulla promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche e sulla sperimentazione e ricerca nel campo bioenergetico (comma 3), sull’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola (comma 4), sui carburanti ottenuti da produzioni vegetali e sulle materie plastiche ottenute da prodotti agricoli (comma 5).
Il commi 1 e 2 intervengono sull’articolo 21, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, riguardante l’accisa sul biodiesel.
Le modificazioni apportate comportano:
a) l’innalzamento del contingente annuo di biodiesel esentato da accisa da 200.000 a 250.000 tonnellate;
b) la necessità dell’autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per l’utilizzazione dell’intero contingente (e non solo nel limite di 20.000 tonnellate, come attualmente previsto);
c) la rideterminazione dei criteri di assegnazione del contingente, la cui definizione è rimessa a un successivo decreto ministeriale, da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore delle legge (nelle more dell’adozione del decreto l’Agenzia delle dogane può attribuire quote provvisorie fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate);
d) l’utilizzazione delle quote di biodiesel non utilizzate nel 2006 e del quantitativo derivante dall’applicazione delle sanzioni irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai fini dell’incremento del contingente per il 2007.
Si fa presente che la portata della novella proposta al comma 1 appare di incerta definizione, in quanto essa non risulta correttamente coordinata con il testo che è oggetto di modifica. Inoltre, potrebbe essere opportuno specificare a quali sanzioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato s‘intenda fare riferimento.
Si fa presente, inoltre, che la norma appare produttiva di oneri privi di copertura finanziaria (nella relazione illustrativa si afferma che l’aumento del contingente viene consentito dalla riduzione “dell’accisa dal 100% al 70%, da operare attraverso il previsto decreto ministeriale”; si osserva, tuttavia, che nel testo normativo non viene fatta alcuna menzione di tale circostanza).
Si segnala infine che in materia di biodiesel interviene anche l’articolo 26 del presente provvedimento sostituendo l’esenzione dall’accisa con una tassazione del 20%.
L’articolo 21, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ("Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative")[192], nel disciplinare i prodotti sottoposti ad accisa, prevede, nell’ambito di uno specifico programma, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. L’esenzione si applica al prodotto utilizzato sia come carburante, sia come combustibile, come additivo, oppure anche solo per accrescere il volume finale dei carburanti o dei combustibili.
Il biodiesel, ottenuto da olî vegetali di colza, soia o girasole, è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.
Il biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile per uso trazione (prEN14214-UNI10946) e riscaldamento (prEN14213-UNI10947).
La produzione italiana di biodiesel, in costante aumento, dovrebbe raggiungere nel breve termine, secondo le valutazioni dell’Associazione italiana produttori biodiesel, le 300.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate annue.
In particolare nel programma nazionale sui biocombustibili (Probio), approvato con la del CIPE n. 27/2000 in attuazione dell’art. 3 della legge n. 423 del 1998, si precisa che il termine «biocombustibili» individua, nella sua accezione più ampia, l'insieme di quelle biomasse o prodotti derivanti dalle biomasse che presentano caratteristiche fisico-chimiche tali da renderli utilizzabili in processi di combustione od altra trasformazione termochimica.
I biocombustibili, in funzione del loro stato, possono essere classificati in: solidi (legno, paglie, pallets, etc.), liquidi (olî vegetali, alcoli, eteri, esteri, etc.), gassosi (biogas da digestione anaerobica etc.). Un ulteriore metodo di classificazione divide i biocombustibili in biomasse tal quali (ad es. paglia) e in combustibili derivanti da una qualche trasformazione di biomasse tal quali (ad es. pallets).
Per biomassa, infine, in base al D.Lgs. n. 128 del 2005[193], deve intendersi la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.
Il comma 3 sostituisce il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), prevedendo che le risorse destinate al Progetto sperimentale “bioetanolo”, non utilizzate negli anni 2005 e 2006, siano destinate:
§ alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.
§ fino a 15 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico.
Si osserva che la disposizione in esame non appare conforme alla vigente disciplina contabile, in quanto prevede per il 2007 l’utilizzo di risorse stanziate per il 2005 e il 2006 e introduce dunque una deroga rilevante al principio di annualità del bilancio.
Il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, attualmente vigente, prevede che le risorse destinate al Progetto sperimentale «bioetanolo» non utilizzate nel 2005 siano destinate per l'anno 2006:
§ fino a 21 milioni di euro, per l’aumento fino a 20.000 tonnellate del contingente di cui al comma 421 (contingente annuo di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa nell'ambito di un programma della durata di sei anni, dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, fino alla quantità di 200.000 tonnellate);
§ fino a 5 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico;
§ per il restante importo, alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.
Il Progetto sperimentale “bioetanolo” è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto una riduzione dell’imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi (bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, etere etilterbutilitico derivato da alcole di origine agricola, additivi e riformulati prodotti da biomasse) al fine di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Da ultimo, l’articolo 1, comma 520 della legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha differito dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto, disponendo per esso uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.
In merito ai certificati di cui la norma fa menzione, sembra doversi far riferimento ai certificati verdi che costituiscono il nuovo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’art. 11 del il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.
Il comma 4 dell’articolo 156 modifica in più parti l’articolo 2-quater del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, concernente lo sviluppo della filiera agroenergetica e l’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola.
Si segnala a tale proposito che lo stesso articolo 2-quater è oggetto di integrale sostituzione ad opera dell’articolo 26, comma 2 del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda) e che tale novella non si coordina con le modifiche qui apportate dal comma 4.
In particolare, per effetto delle modifiche del comma 4:
§ viene rinviato dal 1° luglio 2006 al 1° aprile 2007 l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola,in una misura pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente (misura crescente di un punto percentuale annuo dal 1° gennaio 2008 al 2012) e non viene più imposto che i biocarburanti in questione debbano essere oggetto di un’intesa di filiera, di un contratto-quadro o di un contratto di programma agroenergetico (lettera b));
§ viene previsto uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.
§ viene rinviato al 31 marzo 2007 il termine per l’adozione del decreto ministeriale chiamato a definire le modalità per l’invio (da parte dei produttori di carburanti diesel e benzina) dei dati di immissione al consumo di biocarburanti di origine agricola, nonché le sanzioni per il mancato rispetto dell’obbligo, prevedendo, altresì, che gli importi derivanti dalle sanzioni comminate sono riassegnati quale maggiorazione del contingente di biodiesel esente da accisa ai sensi del comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006)[194];
§ viene rinviata al 31 marzo 2007 la delibera della disciplina dei contratti di programma agroenergetici da parte del CIPE[195];
L’articolo 2-quater del decreto-legge n. 2 del 2006, nel quadro degli obiettivi indicativi nazionali stabiliti sulla base della normativa comunitaria, ha introdotto l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina è rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.
Il comma 5 integra il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) al fine di far rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, nonché di qualificarla come attività connessa all’attività agricola, anche l’attività svolta dalle aziende diretta alla produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell’impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli.
Il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 ha ricondotto nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato effettuato su base catastale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione e alla cessione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili agroforestali, qualificandola come attività connessa all’attività agricola. L’articolo 2-quater, comma 11, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha modificato la disposizione ricomprendendovi anche la produzione e cessione di energia calorica e riferendola anche alle attività svolte mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche.
Per l’individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’articolo 2135 del codice civile, modificato dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 228 del 2001 (cosiddetta “legge di orientamento”), in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:
- coltivazione del fondo;
- silvicoltura;
- allevamento di animali;
- attività connesse alle precedenti.
Per coltivazione del fondo, silvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.
Per “attività connesse” si intendono le attività, svolte dallo stesso imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti, che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità (es. agriturismo).
Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).
In merito alla definizione di reddito agrario va richiamato l’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.
Il reddito agrario è determinato catastalmente applicando le tariffe d’estimo fissate nella legge catastale e sottoposte a revisione periodica.
Ai fini dell’applicazione del citato articolo 32 del TUIR sono considerate attività agricole (comma 2):
a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;
b) l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno[196] e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;
c) le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[197].
Qualora le attività di cui alle sopra indicate lettere b) e c) superino i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è da considerarsi reddito d’impresa e la sua determinazione segue le relative regole (articolo 56-bis del TUIR).
Qualora le attività agricole, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nei limiti stabiliti dalle lettere b) e c), siano esercitate da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti, esercenti attività di impresa, il reddito conseguito da questi soggetti si considera sempre reddito di impresa ed è pertanto determinato secondo la relativa disciplina (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).
Per quanto concerne i biocombustibili si rinvia al commento dei precedenti commi 1 e 2 dell’articolo in esame.
La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, al par. 9.2, relativo alla produzione di energia elettrica ed alle attività agricole connesse, osserva che l’articolo 1, comma 123 della legge finanziaria 2006 “fa inequivocabilmente rientrare i relativi redditi fra i redditi agrari stimati catastalmente. Con la norma in questione il legislatore ha ritenuto di assoggettare i redditi relativi alle attività di produzione di energia elettrica al regime dei redditi agrari, superando, limitatamente a questa tipologia di attività, le disposizioni generali relative alla tassazione dei redditi ottenuti dalle attività di fornitura di beni sopra citate”, i quali – in quanto attività di fornitura di beni o di fornitura di servizi – sarebbero ex se rispettivamente soggetti alla disciplina dei redditi d'impresa:
- determinati analiticamente ai sensi dell'articolo 56 del TUIR;
- assoggettabili al regime forfetario di cui all'articolo 56-bis, comma 3, del medesimo TUIR.
Il successivo par. 9.3 della medesima circolare precisa che l’agevolazione non può intendersi estesa al regime delle predette attività agli effetti dell’IVA, e che pertanto non sia ad esse applicabile il regime speciale previsto per i produttori agricoli dall’articolo 34-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, tale estensione risultando fra l’altro preclusa dalla vigente disciplina comunitaria.
Il bioetanolo, il biodiesel ed altri carburanti sono ricompresi nell’allegato II della direttiva 2003/96/CE che elenca una serie di esenzioni o riduzioni delle aliquote di accisa sui prodotti energetici.
Il 30 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo Riesame delle deroghe di cui agli allegati II e III della direttiva 2003/96/CE che scadono entro la fine del 2006 (COM(2006)342).
Per il contenuto vedi la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 30, comma 5.
(Vedi scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 26.)
Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628).
La Commissione individua nella biomassa una delle possibili opzioni per contribuire al perseguimento di obiettivi generali di politica energetica, quali la riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia e la limitazione delle emissioni inquinanti. Il piano di azione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, a rafforzare l'offerta, a rimuovere gli ostacoli tecnici e a sviluppare la ricerca, al fine di promuovere l’impiego della biomassa in tre settori prioritari di intervento: il riscaldamento, l’elettricità e i trasporti.
Il Consiglio, nella riunione dell’8 e 9 giugno 2006, ha approvato conclusioni in relazione al piano d’azione sulla biomassa.
In particolare, il Consiglio ha accolto con favore le comunicazioni della Commissione relative al piano d’azione sulla biomassa e alla strategia dell’UE per i biocarburanti, e ha invitato la Commissione stessa a considerare prioritarie alcune questioni quali, tra l’altro, la ricerca sulla biomassa e in particolare quella sui biocarburanti di seconda generazione, la creazione di mercati per la biomassa funzionanti trasparenti e aperti, la promozione di campagne di informazione, l’adozione di norme tecniche per i biocarburanti nonché la revisione della direttiva sulla qualità dei carburanti.
Il 29 settembre 2005 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla quota delle energie rinnovabili nell’Unione europea.
Il Parlamento europeo, in particolare, ha sollecitato il ricorso ai Fondi strutturali per promuovere l’utilizzo della biomassa ed ha esortato gli Stati membri a fare in modo che la politica fiscale nazionale non sia d’ostacolo per lo sviluppo della biomassa, ritenendo che gli incentivi sotto forma di tagli fiscali possano contribuire alla promozione delle energie rinnovabili. Il Parlamento europeo ha auspicato inoltre che nel lungo termine venga sviluppato un sistema europeo di incentivi armonizzato che favorisca un uso efficiente delle fonti energetiche rinnovabili e che preveda periodi di transizione sufficienti per i regimi di aiuto nazionali.
L’8 marzo 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105), inteso ad illustrare le nuove realtà con le quali l’Europa deve confrontarsi nel settore energetico nonché a delineare gli argomenti di dibattito e le opzioni che potrebbero costituire la base di una politica energetica europea più integrata attraverso l’individuazione di tre obiettivi fondamentali per una strategia europea in campo energetico: la sostenibilità, la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento.
La Commissione propone, tra l’altro, di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, ricordando che la produzione di energia rinnovabile deve essere sostenuta da apposite politiche settoriali atte, in particolare, a stimolare una maggiore competitività di tali fonti energetiche nel pieno rispetto delle norme in materia di concorrenza. La Commissione prospetta la presentazione di una Road Map dell’energia rinnovabile che sia in grado di affrontare le questioni principali per una efficace politica dell’UE in materia di energia rinnovabile.
Sul Libro verde si è svolta un’ampia consultazione pubblica che si è conclusa il 24 settembre 2006.
Il Consiglio europeo del 23-24 marzo 2006 ha dedicato un apposito paragrafo delle conclusioni ad una politica energetica per l’Europa, nelle quali accoglie favorevolmente il Libro verde della Commissione e delinea una serie di azioni che potrebbero contribuire al conseguimento dei tre obiettivi indicati dal Libro verde tra cui l’attuazione del piano d’azione per la biomassa.
Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energetica “Fare di più con meno” (COM(2005)265).
(Per gli aspetti generali del Libro verde si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22).
La Commissione ritiene, tra l’altro, che l’imposizione fiscale sui prodotti energetici, sotto forma di diritti, rientra tra le competenze dell’Unione e che tale strumento possa essere utilizzato per progredire verso l’armonizzazione dei regimi fiscali, ad esempio a favore dei veicoli che utilizzano combustibili più puliti e con migliori prestazioni sotto il profilo energetico.
Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una relazione sulla revisione del regime a favore delle colture energetiche unitamente ad una proposta di regolamento intesa a modificare e rettificare il regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune, e a modificare il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (COM(2006)500).
La Commissione propone, a partire dal 2007, di estendere il regime di aiuto alle colture energetiche ai nuovi Stati membri dell'UE e di autorizzare il versamento di un aiuto nazionale per agevolare l'avvio della produzione di colture pluriennali destinate alla produzione di biomassa.
La proposta è stata adottata dopo la presentazione da parte della Commissione, nel febbraio scorso, della “strategia” comunitaria volta a sviluppare la produzione di biocarburanti (vedi scheda art. 26). L'importo dell'aiuto alle colture energetiche, che mira ad incitare gli agricoltori a produrre le materie prime che permettono di fabbricare biocarburanti raggiunge i 45 euro/ha per un'area coltivata massima garantita di 1,5 milioni di ettari.
In relazione al recepimento della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Commissione europea ha avviato, nei confronti dell’Italia, tre procedure di infrazione.
Con lettera di messa in mora[198] del 13 dicembre 2005, la Commissione ha contestato all’Italia che l’articolo 17 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, configurerebbe la possibilità di sostegno a fonti energetiche non definite come rinnovabili dalla direttiva stessa[199].
Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[200]con cui contesta le diverse procedure messe in atto a livello regionale e comunale per il rilascio di permessi di costruzione e gestione degli impianti di energia idroelettrica, in particolare nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali sistemi autorizzatori non sono ritenuti dalla Commissione conformi alle disposizioni relative alle procedure amministrative di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.
Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora,[201] nella quale rileva che le misure messe in atto dall’Italia per conformarsi alle disposizioni della direttiva 2001/77/CE (decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387) rappresentano un mero recepimento formale della direttiva, per la cui concreta attuazione sarebbe necessaria l’introduzione di specifiche norme. La Commissione, inoltre, pone in evidenza che alcuni degli atti normativi di cui il D.Lgs n. 387 del 2003 prevedeva l’emanazione, non sono stati adottati secondo le scadenze previste dal decreto.
Articolo 157
(Interventi per la difesa del mare)
1. Per l'attuazione di programmi annuali di interventi per la difesa del mare previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 e dei protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dalle azioni di inquinamento del 16 febbraio 1976, ratificata con legge 25 gennaio 1979, n. 30, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 157 destina risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per l'attuazione di programmi annuali di interventi per la difesa del mare previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 e dei protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dalle azioni di inquinamento del 16 febbraio 1976, ratificata con legge 25 gennaio 1979, n. 30.
Si osserva, in merito alla formulazione dell’articolo in esame, che il riferimento ai programmi annuali di interventi per la difesa del mare dovrebbe essere più propriamente indirizzato al Piano generale in difesa del mare e delle coste dall'inquinamento e di tutela dell'ambiente marino di cui all’art. 1 della legge n. 979, in quanto la stessa legge non fa menzione di singoli programmi annuali. In alternativa, l’articolo potrebbe rinviare genericamente all’attuazione degli interventi per la difesa del mare previsti dalla stessa legge n. 979.
Si fa presente che il disegno di legge finanziaria in esame reca anche un rifinanziamento - in Tabella C - della legge n. 979 del 1982, pari a 40,67 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009, analogo a quanto disposto dalla legge finanziaria 2006 per il triennio 2006-2008.
Si ricorda, in relazione alla legge 31 dicembre 1982, n. 979, che essa rappresenta a tutt’oggi, malgrado sia trascorso più di un ventennio dalla sua approvazione, la legge organica sulla difesa del mare, non avendo subito, nel frattempo, sostanziali modifiche rispetto all’impianto originario. Essa prevede disposizioni volte sia alla protezione dell'ambiente marino ed alla prevenzione di effetti inquinanti le risorse marine, sia alla definizione di un piano operativo da attuarsi in caso di sinistri in mare.
Per la realizzazione delle finalità previste dall'art. 1 della legge n. 979, il Ministero dell'ambiente elabora, d'intesa con le regioni un "Piano generale in difesa del mare e delle coste dall'inquinamento e di tutela dell'ambiente marino" valido su tutto il territorio nazionale[202] che indirizza, promuove e coordina gli interventi e le attività in materia di difesa del mare e delle coste dagli inquinamenti e di tutela dell'ambiente marino, secondo criteri di programmazione e con particolare rilievo alla previsione degli eventi potenzialmente pericolosi e degli interventi necessari per delimitarne gli effetti e per contrastarli una volta che si siano determinati. Tale piano, di durata non inferiore al quinquennio, dovrà poi essere approvato dal CIPE.
A seguito della riforma dell'organizzazione del Governo disposta dal decreto legislativo n. 300 del 1999, è stato istituito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al quale sono state attribuite le funzioni statali in quattro aree funzionali (art. 36), fra le quali (lettera d) del comma 1 dello stesso art. 36) le funzioni relative alla “gestione e tutela delle risorse idriche; prevenzione e protezione dall'inquinamento idrico; difesa del mare e dell'ambiente costiero”. Tali funzioni sono state successivamente assegnate, con l’ultimo regolamento di riorganizzazione del Ministero disposto con DPR 17 giugno 2003, n. 261, alla Direzione generale per la protezione della natura che ha accorpato, sostanzialmente, le funzioni che erano state assegnate dal DPR n. 178 del 2001 alla Direzione per la conservazione della natura ed alla Direzione per la difesa del mare.
Il recente decreto-legge n. 181 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ha, infine, provveduto a modificare, per più aspetti, l’organizzazione del Governo stabilita dal D.Lgs. 300/1999, con particolare riferimento all’articolazione in Ministeri e al riparto delle competenze. Nello specifico, per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, l’art. 1, comma 1 del decreto-legge ha sostituito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Per quanto riguarda la Convenzione di Barcellona sulla salvaguardia del mar Mediterraneo dall'inquinamento, con la legge 25 gennaio 1979, n. 30 l’Italia ha trasposto nel proprio ordinamento giuridico le disposizioni in essa contenute[203]. Gli obblighi dettati dalla Convenzione di Barcellona si riassumono nel dovere di adottare tutte le misure appropriate volte a prevenire, ridurre e combattere l’inquinamento del Mar Mediterraneo o quantomeno migliorarlo. La Convenzione include una serie di strumenti, noti come "Protocolli", che se propriamente ratificati ed implementati (tramite la loro trasposizione nella legislazione nazionale), proteggeranno dall’inquinamento industriale il mar Mediterraneo e le sue aree costiere. La Convenzione consta di una parte “generale” e di 6 protocolli, inerenti, ciascuno, uno specifico aspetto della protezione del Mediterraneo:
- Protocollo per la protezione del Mar Mediterraneo contro l’inquinamento derivante da fonti ed attività terrestri (Protocollo LBS);
- Protocollo per la prevenzione e l’eliminazione dell’inquinamento del Mar Mediterraneo derivante da scarichi di imbarcazioni ed aerei o per incenerimento in mare (Protocollo Dumping);
- Protocollo relativo alle aree particolarmente protette e alla diversità biologica nel Mediterraneo (Protocollo SPA e biodiversità);
- Protocollo per la protezione del Mar Mediterraneo contro l’inquinamento derivante dall’esplorazione della piattaforma continentale, del fondo marino e del suo sottosuolo (Protocollo Offshore);
- Protocollo sulla prevenzione dell’inquinamento del Mar Mediterraneo derivante da movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e dal loro smaltimento (Protocollo rifiuti pericolosi);
- Protocollo riguardante la cooperazione nella lotta all’inquinamento del Mar Mediterraneo in casi d’emergenza derivante da petrolio e da altre sostanze pericolose (Protocollo sulle emergenze).
Considerando lo stato delle ratifiche della Convenzione e dei sei Protocolli (sia di quelli nuovi che emendati), solo il nuovo Protocollo sulle aree protette e sulla biodiversità è entrato in vigore (12 dicembre 1999). Finora, solo la Tunisia ha ratificato tutti i protocolli mentre il Principato di Monaco, l'Italia e la Spagna hanno ratificato tutti i protocolli, fatta eccezione per quello riguardante i rifiuti pericolosi ed il Protocollo Offshore.
Il 7 giugno 2006 la Commissione ha presentato il Libro verde “Verso una politica marittima dell’Unione: una visione europea degli oceani e dei mari” inteso ad avviare un dibattito sulla futura politica marittima comunitaria, definita attraverso una nuova prospettiva d’insieme e la ricerca di strategie che coordino in modo sistematico le politiche concernenti tutti i settori che hanno un impatto su mari e oceani.
Finora le politiche europee concernenti tutti i settori collegati al mare, ritenuto elemento fondamentale della prosperità dell’Europa, sono state sviluppate seguendo strategie differenti. Il Libro verde si propone di istituire un nuovo approccio integrato che sia in grado di liberare il potenziale non ancora valorizzato in termini di crescita e occupazione, rafforzando la protezione dell’ambiente marino.
Il Libro verde intende aprire un ampio processo di consultazione nel corso di un periodo che scadrà a fine giugno 2007, al termine del quale la Commissione, sulla base dei risultati riscontrati, deciderà se avanzare o meno proposte legislative.
Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 24 ottobre 2005 ha presentato la Commissione la strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino (COM(2005)504) e una proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (COM(2005) 505).
Obiettivo finale della strategia è quello di raggiungere un buono livello ecologico dell’ambiente marino entro il 2021 e di proteggere tale risorsa dalla quale dipendono attività economiche e sociali rilevanti. La proposta di direttiva istituisce, tra l’altro, sulla base di criteri geografici e ambientali, le regioni marine europee. Ciascuno Stato membro, in stretta collaborazione con gli altri Stati membri e con i paesi terzi della medesima regione marina, sarà chiamato a sviluppare strategie marine per le proprie acque.
La strategia è in attesa di essere esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo. La proposta di direttiva verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.
Articolo 158
(Rimborso delle spese per attività
antinquinamento marino)
1. Per la quantificazione delle spese sostenute per gli interventi a tutela dell'ambiente marino conseguenti a danni provocati dai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 12 legge 31 dicembre 1982, n. 979, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare applica il tariffario internazionalmente riconosciuto dalle compagnie di assicurazioni degli armatori (SCOPIC).
2. Il secondo comma dell'articolo 14 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, è sostituito dal seguente:
«Le somme recuperate a carico dei privati per le spese sostenute per gli interventi di cui all'articolo 12 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e sono riassegnate nella misura del 50 per cento con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le attività di difesa del mare dagli inquinamenti».
Il comma 1 prevede che per la determinazione delle spese sostenute per gli interventi di tutela dell’ambiente marino conseguenti a danni provocati dai soggetti di cui all’art. 12 della legge n. 979 del 1982, venga applicato il tariffario internazionalmente riconosciuto dalle compagnie di assicurazioni degli armatori (SCOPIC).
Si fa notare che la clausola SCOPIC, indicata nel comma in esame con il generico termine di “tariffario”, è complementare al Lloyd’s Form Salvage Agreement “No Cure - No Pay”[204], accordo sviluppato dai Lloyd’s britannici nel 1995 recante i criteri su cui deve essere basata la remunerazione da pagare alle compagnie di salvataggio di navi. Tale accordo rimane quello più ampiamente utilizzato nei contratti di salvataggio dalla comunità marittima internazionale ed è universalmente accettato quale mezzo per determinare i compensi di salvataggio. Esso è stato integrato con la clausola SCOPIC, applicabile indipendentemente dal fatto che si sia verificato o meno un danno all’ambiente, che prevede una serie di tariffe e di maggiorazioni da applicarsi per il costo del personale e dell’equipaggiamento di salvataggio.
Si ricorda che le norme fondamentali per la disciplina del pronto intervento in caso di inquinamento causato da incidenti sono contenute nel Titolo III (artt. 10-14) della legge sulla difesa del maredel 31 dicembre 1982, n. 979, ove sono individuare le autorità preposte a dirigere le operazioni di emergenza, sulla base di piani locali e del piano nazionale. Nel caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento causato da immissioni - anche accidentali - di idrocarburi o di altre sostanze nocive provenienti da qualsiasi fonte, l'art. 11 individua, infatti, diverse misure di intervento, che possono, a seconda della gravità dell’inquinamento andare da un intervento di "ordinaria amministrazione" disposto dall’autorità marittima, fino ad un intervento di “emergenza nazionale”, nel quale viene necessariamente coinvolta anche la protezione civile.
L’art. 12 dispone che il comandante (o l'armatore o il proprietario di una nave o il responsabile di un mezzo/impianto situato sulla piattaforma continentale o sulla terraferma), nel caso di avarìe o di incidenti agli stessi, suscettibili di arrecare, attraverso il versamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive o inquinanti, danni all'ambiente marino o al litorale, debbano, oltre ad informare senza indugio l'autorità marittima più vicina al luogo del sinistro, adottare ogni misura possibile per evitare ulteriori danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti. Viene, inoltre, previsto un potere sostitutivo da parte dell’autorità marittima nell’assumere tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti, recuperando poi dagli stessi le spese sostenute, nel caso di loro inerzia o di urgenza.
L’art. 14 prevede, quindi, che le spese occorrenti per l'adozione delle misure di intervento disposte all'art. 11 nonché per il rimborso alle altre amministrazioni delle spese sostenute per gli interventi ad esse richiesti, si provveda a carico di apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della marina mercantile, avente natura di spesa obbligatoria (primo comma). Le somme recuperate a carico dei privati per le spese sostenute per gli interventi di cui all'art. 12, verranno, invece, versate all'entrata del bilancio dello Stato (secondo comma).
Il comma 2, attraverso la sostituzione del secondo comma dell’art. 14 della legge n. 979 del 1982, prevede che le somme recuperate a carico dei privati per le spese sostenute per gli interventi adottati per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti, vengano versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, nella misura del 50% allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare destinandole ad attività di difesa del mare dagli inquinamenti.
Articolo 159
(Contrasto dell'abusivismo)
1. Per l'attuazione di un programma triennale straordinario di interventi di demolizione delle opere abusive site nelle aree naturali protette nazionali è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
2. Nelle aree naturali protette l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, a favore dei comuni. Restano confermati gli obblighi di notifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente effettuati, come anche le procedure e le modalità di demolizione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Restano altresì confermate le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che disciplinano la materia di cui ai commi 1 e 2 secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
L’articolo 159 mira a contrastare l’abusivismo edilizio nelle aree naturali protette nazionali ed estende a tutte le aree protette l’acquisizione gratuita, a favore degli enti di gestione o dei comuni, delle opere abusivamente costruite all’interno del loro perimetro.
Con il comma 1 viene autorizzato un contributo di 3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per attuare un programma triennale straordinario per la demolizione delle opere abusive nelle aree naturali protette nazionali.
Si ricorda che la legge 394 del 1991 classifica le aree naturali protette e istituisce l'Elenco ufficiale delle aree protette[205], nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono ai criteri stabiliti, a suo tempo, dal Comitato nazionale per le aree protette. Attualmente il sistema delle aree naturali protette è classificato come segue: Parchi Nazionali, Parchi naturali regionali e interregionali, Riserve naturali, Zone umide di interesse internazionale, altre aree naturali (oasi delle associazioni ambientaliste, parchi suburbani, ecc.) che non rientrano nelle precedenti classi ed aree di reperimento terrestri e marine indicate dalle leggi 394/91 e 979/82, che costituiscono aree la cui conservazione attraverso l'istituzione di aree protette è considerata prioritaria.
Il successivo comma 2 estende a tutte le aree naturali protette l’acquisizione gratuita delle opere abusivamente costruite all’interno del loro perimetro a favore degli organismi di gestione o, in assenza, a favore dei comuni. Tale acquisizione gratuita è, infatti, già stata disposta, per le aree protette nazionali, dall’art. 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 426.
Ai fini dell’acquisizione gratuita delle opere abusive il comma in esame fa riferimento all'art. 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che è però stato abrogato dall'art. 136 del D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378 e le cui disposizioni sono ora confluite nell'art. 31 del Testo unico dell’edilizia emanato con il D.P.R. n. 380 del 2001.
Si osserva che occorre riformulare il comma 2, sostituendo il riferimento all'art. 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 con quello all’art. 31, comma 6, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
L’art. 31, comma 6, del DPR n. 380 del 2001 prevede, per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilità, che l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifichi di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nell’ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune.
Rimangono confermati gli obblighi di notifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente effettuati, nonché delle procedure e modalità di demolizione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, già disposti dall’art. 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 426.
Il comma 3 esclude dall’applicabilità delle disposizioni recate dall’articolo in esame le regioni a Statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che disciplinano la materia secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
1. Per il finanziamento delle misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997, reso esecutivo dalla legge 1° giugno 2002, n. 120, previste dalla delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, e successivi aggiornamenti, è istituito un Fondo rotativo.
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, individua le modalità per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato della durata non superiore a settantadue mesi a soggetti pubblici o privati. Nello stesso termine, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è individuato il tasso di interesse da applicare.
3. Per il triennio 2007-2009 sono finanziate prioritariamente le misure di seguito elencate:
a) installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;
b) installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;
c) sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 Kw con motori ad alta efficienza;
d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nel settori civile e terziario;
e) eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;
f) interventi strutturali sulla mobilità urbana, inclusi l'incremento del trasporto pubblico elettrificato, il recupero delle linee ferroviarie dismesse, facilitazioni per l'accesso da parte dei mezzi privati a combustibili a basso contenuto di carbonio ed alla trazione elettrica;
g) progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero.
4. Nel triennio 2007-2009 le risorse destinate al Fondo ammontano a 200 milioni di euro all'anno. In sede di prima applicazione, al Fondo possono essere riversate, in aggiunta, le risorse di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 2 giugno 2002, n. 120.
5. Le rate di rimborso dei finanziamenti concessi sono destinate all'incremento delle risorse a disposizione del Fondo.
6. Il Fondo è istituito presso la Cassa depositi e prestiti Spa e con apposita convenzione ne sono definite le modalità di gestione. La Cassa depositi e prestiti Spa può avvalersi per l'istruttoria, l'erogazione e per tutti gli atti connessi alla gestione dei finanziamenti concessi di uno o più istituti di credito scelti sulla base di gare pubbliche in modo da assicurare una omogenea e diffusa copertura territoriale.
L’articolo 160 prevede l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.
Si ricorda che con il termine Protocollo di Kyoto si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Oggetto del Protocollo, divenuto vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005, è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra.
Per quanto riguarda l’Italia, la ratifica del protocollo di Kyoto è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale reca anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
In attuazione di tali disposizioni, il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010 (per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto), nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.
Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123, contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Per il finanziamento di tali misure è da ultimo intervenuto l’art. 1, comma 433, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006), che ha autorizzato un contributo di 100 milioni di euro per il 2006.
Il comma 2 dell’articolo in esame demanda ad un decreto interministeriale - che i Ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico, devono emanare di concerto, sentita la Conferenza unificata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge – l’individuazione delle modalità per l'erogazione dei finanziamenti.
Si osserva, in proposito, che – per una maggiore chiarezza – sarebbe opportuno specificare, benché implicito, che tali finanziamenti attingono alle risorse del fondo di cui al comma 1.
Lo stesso comma precisa le caratteristiche principali dei finanziamenti suddetti, che dovranno:
§ essere a tasso agevolato. La disposizione precisa che, nello stesso termine di tre mesi, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provvede all’individuazione del tasso di interesse da applicare.
§ avere una durata non superiore a 72 mesi;
§ avere, quali destinatari, soggetti pubblici o privati.
Il comma 3 elenca le seguenti misure cui attribuire priorità nell’assegnazione dei finanziamenti per il triennio 2007-2009
a) installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;
b) installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;
c) sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 Kw con motori ad alta efficienza;
d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nel settori civile e terziario;
e) eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;
f) interventi strutturali sulla mobilità urbana, inclusi l'incremento del trasporto pubblico elettrificato, il recupero delle linee ferroviarie dismesse, facilitazioni per l'accesso da parte dei mezzi privati a combustibili a basso contenuto di carbonio ed alla trazione elettrica;
g) progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero.
Si segnala che tali misure rappresentano, in gran parte, una selezione di quelle già indicate quali “opzioni per ulteriori misure di riduzione delle emissioni” nella tab. 7 della citata delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123, al fine di colmare il gap tra l’obiettivo di riduzione previsto dal protocollo di Kyoto e la previsione delle emissioni dello “scenario di riferimento”[206].
Il comma 4 determina la dotazione del Fondo in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.
Viene altresì previsto che, in sede di prima applicazione, al Fondo possono essere riversate, in aggiunta, le risorse di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 2 giugno 2002, n. 120.
L’art. 2, comma 3, della legge n. 120/2002 prevede l’emanazione, entro il 30 marzo di ogni anno, di decreti interministeriali volti all’individuazione di programmi pilota da attuare a livello nazionale e internazionale per la riduzione delle emissioni e l'impiego di piantagioni forestali per l'assorbimento del carbonio.
Per tali finalità il successivo comma 5 ha autorizzato la spesa annua di 25 milioni di euro, per il triennio 2002-2004.
In attuazione di quanto disposto dal comma 3 citato, sono stati emanati il D.M. 3 novembre 2004, per i programmi pilota a livello nazionale, il D.M. 2 febbraio 2005, per i programmi pilota a livello nazionale in materia di afforestazione e riforestazione e il D.M. 11 febbraio 2005, per i programmi pilota a livello internazionale, che hanno impegnato tutte le risorse stanziate dal comma 5 citato.
Sembrerebbe opportuno riformulare il comma in esame al fine di far riferimento alle risorse di cui al comma 5 anziché al comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 120 del 2002.
Il comma 5 dispone che le rate di rimborso dei finanziamenti concessi vengano destinate all'incremento delle risorse a disposizione del Fondo medesimo.
Il comma 6, che incardina il Fondo presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., prevede anche la stipula di un’apposita convenzione per la definizione delle relative modalità di gestione del Fondo e dispone che la Cassa depositi e prestiti possa avvalersi, per l'istruttoria, l'erogazione e per tutti gli atti connessi alla gestione dei finanziamenti concessi, di uno o più istituti di credito scelti sulla base di gare pubbliche in modo da assicurare una omogenea e diffusa copertura territoriale.
Sulla base della comunicazione “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” (COM(2005)35, del 9 febbraio 2005), nonché delle indicazioni fornite dal Consiglio ambiente del marzo 2005 e dal Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005, il 24 ottobre 2005 la Commissione ha avviato la seconda fase del programma europeo per il cambiamento climatico (ECCPII)[207], volto a definire la politica comunitaria in materia per il periodo successivo al 2012.
Nell’ambito del programma, strumento principale della strategia europea per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, la Commissione intende valutare la possibilità di intraprendere nuove azioni per sfruttare le soluzioni economicamente efficaci disponibili per l’abbattimento delle emissioni, in sinergia con la strategia di Lisbona[208]: in questo contesto l’attenzione è rivolta all’efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, ai trasporti e alla cattura e stoccaggio del carbonio.
In merito ai cambiamenti climatici il Consiglio ambiente del 9 marzo 2006, nelle sue conclusioni, ha sottolineato tra l’altro, l’esigenza di garantire coerenza tra le questioni relative all’energia e quelle relative al clima, sfruttando le sinergie tra promozione della sicurezza energetica, offerta di energia sostenibile, innovazione e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
Sull’argomento si è espresso anche il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 che, nelle sue conclusioni, ha auspicato il raggiungimento di un accordo per il periodo successivo al 2012 coerente con l'obiettivo di un aumento mondiale massimo della temperatura di 2°C rispetto ai livelli dell'epoca preindustriale. Il Consiglio europeo ha inoltre esortato la Commissione a presentare senza indugio una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle esperienze acquisite attraverso l'attuazione della direttiva che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, che tenga conto della situazione delle piccole e medie imprese e sia corredata, se del caso, di proposte.
Dal 1° gennaio 2005 è in vigore il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE. Nell’ambito di tale sistema, gli Stati membri sono tenuti a presentare il piano nazionale relativo al periodo 2008-2012[209]; la Commissione dovrà approvare i piani, eventualmente richiedendo delle modifiche se non sono conformi ai criteri convenuti.
Nell’ambito del riesame della direttiva 2003/87/CE la Commissione presenterà al Consiglio una relazione comprendente eventuali proposte per migliorare il funzionamento del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE. Nel preparare il riesame la Commissione invita le parti interessate ad inviare i propri contributi su un ampio ventaglio di aspetti riguardanti il funzionamento e l’impatto del sistema UE di scambio delle quote di emissione.
Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alla promozione di veicoli puliti nel trasporto stradale COM(2005)634 intesa a creare un mercato per i veicoli puliti con l’obiettivo di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti. La proposta intende imporre alle amministrazioni pubbliche l’obbligo di riservare un quarto degli acquisti annui ai veicoli puliti, e offrire ai costruttori le garanzie necessarie per sviluppare veicoli di questo tipo per un mercato più ampio.
La Commissione ha elaborato tale proposta in linea con le raccomandazioni contenute nel Libro verde sull’efficienza energetica “Fare di più con meno” (COM(2005)265), che suggerisce, tra l’altro, di incoraggiare a livello comunitario gli investimenti necessari per favorire lo sviluppo di una nuova generazione di veicoli, che consumino meno energia e producano meno emissioni inquinanti.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa dell’esame in prima lettura da parte del Parlamento europeo.
La Commissione ha presentato, l’11 gennaio 2006, una comunicazione relativa ad una Strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718) intesa a promuovere, attraverso una serie di misure specifiche, un approccio maggiormente integrato nella gestione delle aree urbane.
La comunicazione indica, tra gli altri, orientamenti tesi ad esortare le autorità locali ad elaborare ed attuare piani per un trasporto urbano sostenibile che riguardino tutte le modalità di trasporto, sia di passeggeri che di merci, e che tengano conto dei vari aspetti inerenti la sicurezza, l’accesso a beni e servizi, l’inquinamento atmosferico, il rumore, le emissioni di gas serra, i consumi energetici e l’utilizzazione del territorio.
La comunicazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.
Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia tematica sull’ambiente urbano in cui, tra l’altro, si dichiara favorevole all'idea di piani per un trasporto urbano sostenibile (PTUS) come strumento per migliorare l'ambiente urbano.
Il Parlamento europeo ritiene inoltre che l'utilizzazione di modi di trasporto e di tecnologie ecologici costituisca un fattore chiave per ottenere un ambiente urbano più pulito e che occorre sostenere lo sviluppo dei trasporti pubblici che utilizzano fonti di energia sostenibili, sollecitando al tempo stesso la creazione di un equilibrio migliore tra trasporti individuali e collettivi nelle aree urbane.
Il Consiglio, nella riunione del 27 giugno 2006, ha approvato conclusioni sull’ambiente urbano.
Il Consiglio sottolinea, tra l’altro, la necessità di compiere sforzi per rendere il trasporto urbano sostenibile per l'ambiente e per la salute. Il Consiglio sottolinea inoltre la necessità di considerare, con la dovuta attenzione, le esigenze infrastrutturali dei trasporti urbani rispettosi dell'ambiente e sostenibili, nel contesto delle infrastrutture dell'UE.
La Commissione ha provvisoriamente archiviato la procedura di infrazione, avviata con lettera di messa in mora il 26 gennaio 2004[210],per la mancata attuazione della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE. La direttiva, il cui termine di recepimento scadeva il 31 dicembre 2003, è stata attuata con il decreto legislativo n. 216 del 4 aprile 2006 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19-6-2006.
Articolo 161
(Fondo per lo sviluppo sostenibile)
1. È istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche, l'educazione e informazione ambientale e progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile.
2. Per il triennio 2007-2009 sono destinate al finanziamento del Fondo risorse per un importo annuo di 25 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economie e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono individuate annualmente le misure prioritarie da finanziare con il fondo di cui al presente articolo.
Il comma 1 dell’articolo in esame prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, del Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare:
§ progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche;
§ l’educazione e informazione ambientale;
§ progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile.
Si ricorda, in proposito, che l’art. 109 della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001) ha istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, un fondo avente lo scopo di incentivare misure ed interventi di promozione dello sviluppo sostenibile, con una dotazione complessiva di lire 150 miliardi per l'anno 2001, 50 miliardi per l'anno 2002 e 50 miliardi per l'anno 2003.
Lo stesso articolo ha previsto che per le annualità successive, alla determinazione si provveda ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468.
Le risorse attribuite a tale fondo figurano, nello Stato di previsione del Ministero dell’ambiente, nel capitolo 7953, con una dotazione in conto residui per il 2007 pari a 57.283 euro.
Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell’art. 109 citato elenca una serie di materie cui devono essere destinate prioritariamente le risorse del Fondo. Tra di esse figura, alla lettera m-bis), l’elaborazione ed attuazione di piani di sostenibilità in aree territoriali di particolare interesse dal punto di vista delle relazioni fra i settori economico, sociale ed ambientale.
Ciò premesso, se si vuole mantenere la scelta di creare un nuovo fondo piuttosto che rifinanziare – per le tre tipologie progettuali – quello previsto dall’articolo 109 della legge 388/2000, sembra opportuno denominare diversamente il fondo istituito dalla norma in commento al fine di evitare una rischiosa duplicazione con quello esistente.
Il comma 2 determina la dotazione del fondo in 25 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
L’individuazione annuale delle misure prioritarie da finanziare con il fondo viene demandata, dal medesimo comma, ad apposito decreto interministeriale, adottato di concerto dai Ministri dell'ambiente e dell'economia, sentita la Conferenza unificata. La norma non fissa termini precisi per l’emanazione del provvedimento attuativo citato.
Il Consiglio europeo di giugno 2006 ha adottato una nuova strategia per lo sviluppo sostenibile, comprensiva di obiettivi, indicatori nonché di un’efficace procedura di controllo, e volta ad integrare i fattori connessi alla sostenibilità in tutte le politiche interne ed esterne della Comunità.
La nuova strategia, costruita sulla strategia precedente adottata a Goteborg nel 2001[211], è il risultato di un ampio processo di revisione avviato nel 2004, e si basa sulla dichiarazione sui principi direttori dello sviluppo sostenibile – adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2005 – e sulla comunicazione della Commissione sul riesame della strategia in favore dello sviluppo sostenibile (COM(2005) 658) del 13 dicembre 2005.
L'obiettivo generale della nuova strategia è quello di individuare e sviluppare le azioni che permetteranno all'Unione europea di migliorare costantemente la qualità della vita delle generazioni attuali e future tramite la creazione di comunità sostenibili capaci di gestire e utilizzare le risorse in maniera efficace e di sfruttare il potenziale di innovazione ecologica e sociale dell'economia, assicurando prosperità, tutela dell'ambiente e coesione sociale. La strategia s'incentra su 7 settori d'azione prioritari per gli anni futuri, fino al 2010. Per ciascun settore d’azione la strategia individua, oltre agli obiettivi operativi e ai traguardi, un obiettivo generale:
- cambiamenti climatici e energia pulita - limitare i cambiamenti climatici, i loro costi e le ripercussioni negative per la società e l'ambiente;
- trasporti sostenibili - garantire che i nostri sistemi di trasporto corrispondano ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, minimizzandone contemporaneamente le ripercussioni negative sull'economia, la società e l'ambiente;
- consumo e produzione sostenibili - promuovere modelli di consumo e di produzione sostenibili;
- conservazione e gestione delle risorse naturali - migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali riconoscendo il valore dei servizi ecosistemici;
- salute pubblica - promuovere la salute pubblica a pari condizioni per tutti e migliorare la protezione contro le minacce sanitarie;
- inclusione sociale, demografia e migrazione - creare una società socialmente inclusiva tenendo conto della solidarietà tra le generazioni e nell'ambito delle stesse nonché garantire e migliorare la qualità della vita dei cittadini quale presupposto per un benessere duraturo delle persone;
- povertà mondiale e sfide dello sviluppo promuovere attivamente lo sviluppo sostenibile a livello mondiale e assicurare che le politiche interne ed esterne dell'Unione siano coerenti con lo sviluppo sostenibile a livello globale e i suoi impegni internazionali.
La Commissione presenterà ogni due anni (a decorrere dal settembre 2007) una relazione sulla situazione dei lavori relativa all'attuazione della strategia per lo sviluppo sostenibile nell'UE e negli Stati membri, includendovi anche le priorità, gli orientamenti e le azioni per il futuro. Ciascun Stato membro fornirà, al più tardi entro il mese di giugno 2007 (e successivamente ad intervalli biennali), i necessari contributi sui progressi a livello nazionale in conformità delle strategie nazionali di sviluppo sostenibile.
Articolo 163
(Disposizioni in materia di beni
culturali)
1. I rapporti di lavoro a tempo determinato previsti dall'articolo 1, comma 596, della
legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono prorogati fino al 31 dicembre 2007.
2. Per l'anno 2007, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni.
3. Al fine di sostenere interventi in materia di attività culturali svolte sul territorio italiano, è istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali un Fondo per l'attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo Stato e le autonomie.
4. Per le finalità di cui al comma 3, è assegnato al Ministero per i beni e le attività culturali un contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
5. A favore di specifiche finalità relative ad interventi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio nonché di progetti per la loro gestione è assegnato al Ministero per i beni e le attività culturali un contributo di 31,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Gli interventi sono stabiliti annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali avente natura non regolamentare, sentito il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici.
6. Al Fondo di cui all'articolo 12, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, è assegnato un contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Tale contributo è finalizzato a favore di interventi di sostegno di istituzioni, grandi eventi di carattere culturale, nonché ulteriori esigenze del settore dello spettacolo. In deroga al comma 4 del predetto articolo 12, gli interventi sono stabiliti annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali avente natura non regolamentare.
7. Stralciato.
8. Stralciato.
9. I contributi per il restauro, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, nonché per l'istituzione del fondo in favore dell'editoria per ipovedenti e non vedenti di cui all'articolo 1, comma 1, tabella A, n. 86, della legge 16 ottobre 2003, n. 291, sono aumentati di un importo pari a 10 milioni di euro per l'anno 2007.
L’articolo 163 (dal quale sono stati stralciati i commi 7 e 8 in materia di prestito dalle biblioteche e discoteche pubbliche) prevede una serie di misure di sostegno in materia di beni culturali che riguardano:
§ il personale del Ministero, con la proroga di alcuni contratti di lavoro a tempo determinato;
§ il funzionamento e le risorse della Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS Spa);
§ l’istituzione di un Fondo per l’attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo stato e le autonomie (finanziato con 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009) finalizzato al sostegno di interventi in materia di attività culturali svolte sul territorio italiano;
§ un finanziamento di 31,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per interventi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio.
§ un finanziamento di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 al Fondo per la produzione, la distribuzione l'esercizio e le industrie tecniche previsto dell'art. 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28[212]per interventi a sostegno di istituzioni, grandi eventi di carattere culturale e ulteriori esigenze del settore dello spettacolo;
§ un’autorizzazione di spesa per l’anno 2007 di 10 milioni di euro per il Fondo in favore dell’editoria per ipovedenti e non vedenti istituito dalla legge n. 291 del 2003 (articolo 1, tabella A, n. 86).
In particolare, il comma 1 proroga fino al 31 dicembre 2007 i contratti di lavoro a tempo determinato previsti dall’articolo 1, comma 596, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).
Tale norma aveva previsto per l'anno 2006 la trasformazione in rapporto di lavoro a tempo determinato nel limite massimo di 95 unità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati nell'anno 2005 dal Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (vale a dire con soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili e che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 1999).
Il comma 2 reca disposizioni relative al funzionamento ed alle risorse della Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS Spa) - istituita ai sensi dell’art. 2 della L. 291/2003[213] - per l’esercizio finanziario 2007. In particolare, sono estese all'anno 2007 le misure recate dall'art. 3, comma 1 del decreto-legge n. 7 del 2005[214], in materia di programmazione e gestione della quota degli stanziamenti previsti per infrastrutture, destinata alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali (incremento dal 3% al 5% della percentuale degli stanziamenti riservati, adozione di un programma di interventi, stipula di una convenzione).
Si segnala peraltro che il decreto legge n. 262 del 2006 (AC 1750) reca una disposizione di contenuto identico all’articolo 17, comma 1 (Arcus spa).
Si ricorda anzitutto che l’art. 2 della legge 291/2003, ha autorizzato il Ministro per i beni e le attività culturali alla costituzione di una società per azioni (“Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo”-ARCUS Spa), con sede in Roma, preposta alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di interventi per la conservazione e la tutela dei beni culturali nonché di iniziative a favore delle attività culturali e dello spettacolo.
L’articolo citato ha dettato inoltre disposizioni relative alla costituenda società; in particolare- per quanto qui interessa- ha stabilito che per l’esercizio delle proprie funzioni la società potesse, nei limiti delle quote già preordinate come limiti d’impegno, contrarre mutui a valere sulle risorse da individuare ai sensi dell’art. 60, co. 4, della legge finanziaria 2003[215], che ha riservato il 3% degli stanziamenti per le infrastrutture alla spesa per la tutela e per gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali (secondo modalità e criteri da definire con regolamento del Ministro per i beni e le attività culturali, adottato di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti)[216] .
In tale contesto sono poi intervenute disposizioni recate da vari decreti legge.
L’art. 3 del DL 72/2004[217] - in ordine all’applicazione di quanto previsto dall’art. 60 comma 4 della legge finanziaria 2003 sopra richiamato - ha disposto che, in attesa dell'adozione del regolamento previsto, un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti -di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i beni e le attività culturali- individuasse i limiti di impegno fissati dall'articolo 13, comma 1, della legge n. 166/2002[218] per gli esercizi finanziari 2003 e 2004 sui quali effettuare il computo della quota del 3% (articolo 3, comma 1)[219].
Il medesimo DL n. 72 del 2004 ha inoltre previsto (art. 3, commi 2-4):
- l’adozione, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di un programma degli interventi- eventualmente comprensivo di iniziative a favore delle attività culturali e dello spettacolo;
- la stipula di una convenzione- tra i ministeri sopra citati e la società Arcus recante criteri e modalità di realizzazione degli interventi;
- il concerto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nella nomina dei componenti del consiglio di amministrazione della società (inizialmente affidata al Ministro per i beni e le attività culturali[220]).
L’art. 3, comma 1, del citato DL n. 7 del 2005 ha previsto che le modalità individuate per il funzionamento della ARCUS dall’articolo 3 del D.L. 72/2004 fossero applicate anche per l’anno 2005, sempre nelle more dell’adozione del regolamento di cui all’art. 60, comma 4, della legge finanziaria 2003[221] recante definizione dei criteri per l'utilizzo degli stanziamenti assegnati alla Società.
Il medesimo articolo 3 del DL n. 7 del 2005 ha poi elevato del due per cento per gli esercizi 2005 (quindi dal 3% al 5%) la percentuale degli stanziamenti per infrastrutture da riservare alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali prevista dal più volte citato art .60, comma 4 della legge 289/2002, a valere sugli stanziamenti previsti per le finalità di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443[222] .
Con il decreto interministeriale 20 luglio 2005[223] è stato approvato il Programma degli interventi relativi alla tutela, ai beni ed alle attività culturali ed allo spettacolo per gli anni 2005 e 2006. Il Programma precisa che le citate quote dei limiti di impegno riservate a spese per la tutela e ad interventi a favore dei beni e delle attività culturali “sono determinate in 5,444 milioni di euro per l’anno 2005 ed in 7,235 milioni di euro per il 2006” e che “il totale attivabile per gli anni 2005 e 2006 è stimabile, pertanto, in 140,478 milioni di euro”.
L’art. 14 del DL 273/2005[224] ha poi esteso all'anno 2006 le predette disposizioni recate dall'art. 3, comma 1, del DL n. 7 del 2005, in materia di programmazione e gestione delladestinata alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei quota degli stanziamenti beni e delle attività culturali.
Il comma 3 prevede l’istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali di un Fondo per l’attuazione di accordi di cofinanziamento tra lo stato e le autonomie finalizzato al sostegno di interventi in materia di attività culturali svolte sul territorio italiano. A tal fine, il successivo comma 4 assegna al Ministero un contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009[225].
Il comma 5 assegna al Ministero per i beni e le attività culturali un contributo di 31,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per interventi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio, da individuarsi annualmente con decreto ministeriale avente natura non regolamentare previo parere del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici[226].
In proposito si ricorda che l’articolo 117, al secondo comma, lett. s), del nuovo Titolo V della Costituzione ha annoverato la “tutela dei beni culturali”tra le materie di competenza esclusiva dello Stato mentre al terzo comma ha incluso la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”tra le materie di legislazione concorrente. Inoltre, l’art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare “forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali” tra Stato e regioni.
Al riguardo, la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 232 del 2005, richiamando - ai fini del citato riparto di competenze - il Codice dei beni culturali e paesaggistici (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) ha ribadito l’esigenza dell’esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, comma 1) ma ha ricordato che anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni devono assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, comma 3), configurando una coesistenza di competenze normative, confermata peraltro dalla previsione del citato articolo 118 Cost..
Occorrerebbe pertanto valutare l’opportunità di includere le regioni nella procedura di approvazione de decreto, prevedendo ad esempio – come già avviene per i finanziamenti in materia di spettacolo – il parere della Conferenza Stato-regioni.
Il comma 6 assegna al Fondo per la produzione, la distribuzione l'esercizio e le industrie tecniche previsto dell'art. 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28[227]un contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per interventi a sostegno di istituzioni, grandi eventi di carattere culturale e ulteriori esigenze del settore dello spettacolo.
Si ricorda che Il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 - nel prevedere una nuova disciplina organica in materia di cinematografia - ha definito un nuovo sistema di sostegno pubblico al cinema, mediante l’istituzione del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche (articolo 12), al quale affluiscono le risorse esistenti, in particolare, nel Fondo di intervento, nel Fondo di sostegno e nel Fondo di garanzia, nonché la quota del cinema nell’ambito del Fondo unico dello spettacolo (FUS).
Si osserva pertanto che i contributi in esame dovrebbero essere assegnati al Fondo di nuova istituzione cha ha assorbito il Fondo di garanzia di cui alla lettera e) del comma 1 citato dalla norma in commento.
La gestione di tale Fondo è stata recentemente regolata dal DM 6 marzo 2006 che, in attuazione del comma 5, dell’articolo 12, ha definito le modalità tecniche di gestione del Fondo e di erogazione dei finanziamenti e dei contributi, nonché le modalità tecniche di monitoraggio dell'impiego dei finanziamenti concessi[228]. A tal fine, il Ministero si avvale di appositi organismi e mediante la stipula di convenzioni con uno o più istituti di credito, selezionati in base ai criteri delle più vantaggiose condizioni di gestione offerte e della adeguatezza delle strutture tecnico-organizzative ai fini della prestazione del servizio (comma 7).
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 12 le finalità del Fondo riguardano:
a) finanziamento di investimenti per la produzione di opere filmiche;
b) contributi a favore di imprese di distribuzione ed esportazione;
c) contributi per la realizzazione, il ripristino e l'adeguamento di sale cinematografiche;
d) a contributi a favore delle industrie tecniche cinematografiche;
e) contributi destinati ad ulteriori esigenze del settore delle attività cinematografiche, salvo diversa determinazione del Ministro con riferimento ad altri settori dello spettacolo.
Il Fondo è ripartito annualmente tra le suddette finalità con decreto ministeriale, sentita la Consulta territoriale per le attività cinematografiche (comma 4)[229].
In proposito si segnala che ai sensi del predetto comma 6gli interventi finanziati sono stabiliti annualmente con decreto di natura non regolamentare in deroga al predetto comma 4.
Occorrerebbe chiarire se la deroga riguarda il parere della Consulta previsto da tale comma ovvero le finalità degli interventi (previsti dal comma 3) cui il comma 4 rinvia.
Si segnala infine che l’articolo 165 del presente ddl finanziaria contiene alcune modifiche concernenti la disciplina del Fondo.
Il comma 9 autorizza una spesa di 10 milioni di euro a favore del Fondo in favore dell’editoria per ipovedenti e non vedenti istituito dalla legge n. 291 del 2003 (articolo 1, tabella A, n. 86).
Si osserva al riguardo che l'articolo 1, comma 1, tabella A, n. 86 della legge n. 291 del 2003 si riferisce esclusivamente all'istituzione del fondo in favore dell'editoria per ipovedenti e non vedenti e non anche a “contributi per il restauro, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali” come previsto dal comma 9 in commento. Occorrerebbe pertanto chiarire la finalità del contributo in commento.
La legge 16 ottobre 2003, n. 291[230] ha previsto un’autorizzazione di spesa di 53,2 milioni di euro per il 2003, 48,7 mln di euro per il 2004 e 51,6 mln di euro per il 2005 per interventi (indicati nella Tabella A allegata alla legge) nel settore dei beni e delle attività culturali (tra l’altro, realizzazione e manutenzione di musei, interventi su archivi e biblioteche pubbliche nonché a favore delle ville vesuviane e delle ville venete, restauro e manutenzione di centri storici, mura, singoli palazzi, chiese, teatri). In particolare, il punto 86 della Tabella A ha previsto, in materia di editoria, l’istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, di un Fondo in favore dell’editoria per ipovedenti e non vedenti, con un dotazione di 4,5 milioni di euro nel triennio 2003-2005, finalizzato alla concessione di contributi per l’adeguamento delle strutture delle case editrici che svolgono attività di stampa di testi in caratteri idonei alla lettura degli ipovedenti[231].
1. È autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2007 a favore delle accademie e delle istituzioni superiori musicali, coreutiche e per le industrie artistiche, di cui 10 milioni di euro per l'ampliamento, la ristrutturazione, il restauro e la manutenzione straordinaria degli immobili e 10 milioni di euro per il funzionamento amministrativo e didattico.
L’articolo 164 autorizza la spesa la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2007 a favore delle accademie e delle istituzioni superiori musicali, coreutiche e per le industrie artistiche, riservando 10 milioni alla ristrutturazione ed alla manutenzione straordinaria degli immobili e 10 milioni di euro al funzionamento amministrativo e didattico.
Si ricorda in proposito che l’art. 1, comma 131, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha autorizzato, a decorrere dall’anno 2005, la spesa di 10 milioni di euro per le istituzioni dell’alta formazione artistica e musicale, di cui all’articolo 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 508[232], per l’acquisizione di attrezzature didattiche e strumentali e per interventi di edilizia.
In precedenza l’articolo 4, comma 3 del DL 212/2002[233], ha autorizzato la spesa di 1 milione di euro per interventi indifferibili nel settore dell’edilizia a favore delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale.
Per assicurare il funzionamento delle istituzioni citate, recentemente l’art. 1-quater del DL 250/2005[234], ha disposto l’assunzione di un contingente di personale amministrativo, tecnico e ausiliario[235].
Si ricorda infine che un contributo specifico di 1.500.000 euro per l'anno 2007 a favore delle accademie di belle arti non statali è stato autorizzato dall’ l’art. 1-quater del DL 7/2005[236].
La citata legge n. 508 del 1999 ha riordinato il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale. L'aspetto maggiormente innovativo della legge consiste nell'attribuzione di un'autonomia paragonabile a quella delle università (e parimenti fondata sull'art. 33 della Costituzione) agli istituti che ne fanno parte, e cioè:
- le Accademie di belle arti;
- l'Accademia nazionale di arte drammatica;
- gli Istituti superiori per le industrie artistiche;
- i Conservatori di musica, gli Istituti musicali pareggiati (non statali) e l'Accademia nazionale di danza, trasformati in Istituti superiori di studi musicali e coreutici.
L'autonomia degli studi artistici e musicali rispetto al sistema universitario è mantenuta tramite la costituzione presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca di un apposito organismo, il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM)[237].
Ai sensi della legge 508/1999, il concreto riordino dell’alta formazione artistico musicale è stato demandato a regolamenti di delegificazione (ex art. 17, co. 2, L. 400/1988): il D.P.R. 28 febbraio 2003, n. 132 , che ha indicato i criteri per l’adozione degli statuti e per l’esercizio dell’autonomia regolamentare; il DPR 8 luglio 2005, n. 212, ha disciplinato gli ordinamenti didattici (basati come nei percorsi universitari sul sistema dei crediti formativi accademici ) nonché la tipologia dei titoli di studio, tra i quali si ricordano i diplomi accademici di primo e di secondo livello .
Articolo 165
(Norme di razionalizzazione e risparmio
in materia di spettacolo)
1. Al fine di razionalizzare gli interventi e conseguire economie di spesa, sono abrogati: gli articoli 37 e 40 della legge 14 agosto 1967, n. 800; l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1994, n. 394; i titoli III e IV del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 21 dicembre 2005, pubblicato nel supplemento ordinario n. 28 alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2006, recante criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività di spettacolo viaggiante, in corrispondenza agli stanziamenti del Fondo unico dello spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, ed in materia di autorizzazione all'esercizio dei parchi di divertimento. Sono fatte salve le competenze del Ministero dell'interno in materia di sicurezza.
2. Stralciato.
3. L'articolo 24 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, è sostituito dal seguente:
«Art. 24. - (Contributi dello Stato) - 1. I criteri di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche sono determinati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali avente natura non regolamentare. Tali criteri sono determinati sulla base degli elementi quantitativi e qualitativi della produzione offerta e tengono contro degli interventi di riduzioni delle spese».
4. Al fine di conseguire i massimi risultati in termini di recupero delle somme a suo tempo erogate dallo Stato a sostegno delle attività di produzione nel settore cinematografico, all'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, è aggiunto, infine, il seguente periodo: « In tale convenzione, sono stabilite, altresì, per tutte le erogazioni di risorse statali ad imprese di produzione cinematografica avvenute entro il 31 dicembre 2005, per le quali non vi sia stata completa restituzione, in base a quanto accertato e comunicato alla Direzione generale per il cinema dall'istituto gestore del Fondo di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 23 gennaio 2004, n. 28, le modalità per pervenire all'estinzione del debito maturato, per le singole opere finanziate secondo un meccanismo che preveda, tra l'altro, l'attribuzione della totalità dei diritti del film in capo, alternativamente, all'impresa di produzione ovvero al Ministero per i beni e le attività culturali, per conto dello Stato».
5. Al fine di razionalizzare e rendere più efficiente l'erogazione e l'utilizzo delle risorse destinate dallo Stato a sostegno delle attività di produzione nel settore cinematografico, al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 12, comma 3, lettera a), la parola: «finanziamento» è sostituita dalla seguente: «sostegno»;
b) all'articolo 12, comma 5, le parole: «erogazione dei finanziamenti e dei contributi» sono sostituite dalle seguenti: «erogazione dei contributi» e le parole: «finanziamenti concessi» sono sostituite dalle seguenti:«contributi concessi»;
c) l'articolo 13 è sostituito dal seguente:
«Art. 13. (Disposizioni per le attività di produzione). - 1. A valere sul Fondo di cui all'articolo 12, comma 1, sono concessi i contributi indicati nei commi 2, 3 e 6.
2. Per i lungometraggi riconosciuti di interesse culturale, è concesso un contributo, a valere sul Fondo di cui all'articolo 12, comma 1, in misura non superiore al 50 per cento del costo del film, per un costo industriale massimo definito con il decreto ministeriale di cui all'articolo 12, comma 5. Per le opere prime e seconde, la misura di cui al periodo precedente è elevata fino al 90 per cento.
3. Per i cortometraggi riconosciuti di interesse culturale, è concesso un contributo, a valere sul Fondo di cui all'articolo 12, comma 1, fino al 100 per cento del costo del film, per un costo industriale massimo definito con il decreto ministeriale di cui all'articolo 12, comma 5.
4. Nel decreto ministeriale di cui all'articolo 12, comma 5, sono stabilite le modalità con le quali, una volta trascorsi cinque anni dall'erogazione del contributo, e nel caso in cui quest'ultimo non sia stato interamente restituito, è attribuita al Ministero per i beni e le attività culturali, per conto dello Stato, o, in alternativa, all'impresa di produzione interessata, la piena titolarità dei diritti di sfruttamento e di utilizzazione economica dell'opera.
5. Variazioni sostanziali nel trattamento e nel cast tecnico-artistico del film realizzato, rispetto al progetto valutato dalla sottocommissione di cui all'articolo 8, comma 1, lettera a), idonee a fare venire meno i requisiti per la concessione dei benefici di legge, e che non siano state comunicate ed approvate dalla predetta sottocommissione, comportano la revoca del contributo concesso, la sua intera restituzione, nonché la cancellazione per cinque anni dagli elenchi di cui all'articolo 3. Per un analogo periodo di tempo, non possono essere iscritte ai medesimi elenchi imprese di produzione che comprendono soci, amministratori e legali rappresentanti dell'impresa esclusa.
6. Sono corrisposti annualmente contributi alle imprese di produzione, iscritte negli elenchi di cui all'articolo 3, per lo sviluppo di sceneggiature originali, di particolare rilievo culturale o sociale. Il contributo è revocato in caso di mancata presentazione del corrispondente progetto filmico entro due anni dalla data di erogazione. Esso viene restituito in caso di concessione dei contributi previsti ai commi 2 e 3. Una quota percentuale della somma, definita con il decreto ministeriale di cui all'articolo 12, comma 5, è destinata all'autore della sceneggiatura.
7. Un'apposita giuria, composta da cinque eminenti personalità della cultura, designate dal Ministro, provvede all'attribuzione dei premi di qualità di cui all'articolo 17».
L’articolo 165 (dal quale è stato stralciato il comma 2 in materia di commissioni consultive) reca una serie di misure volte a razionalizzare gli interventi nel settore dello spettacolo e conseguire economie di spesa (peraltro non valutate nella relazione tecnica). In particolare:
§ sono abrogati gli articoli 37 e 40 della legge 14 agosto 1967, n. 800 concernenti contributi alle attività di promozione e produzione lirica e musicale nonché l’articolo 8 del DPR 21 aprile 1994, n. 394[238] e i titoli III e IV del D.M. 21 dicembre 2005[239] in materia di parchi di divertimento e relativa autorizzazione all'esercizio;
§ sono modificati i criteri di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo a favore delle fondazioni lirico sinfoniche demandandone la definizione, ora esplicitata nel D.Lgs. 367 del 1996, ad un decreto ministeriale non avente natura regolamentare;
§ sono introdotte nuove norme per contrastare la mancata restituzione da parte delle imprese di produzione cinematografica delle somme erogate dallo stato – fino al 31 dicembre 2005 - a valere sul Fondo per le attività cinematografiche;
§ viene modificato il D.Lgs. n. 28 del 2004 in materia di sostegno al cinema, prevedendo, tra l’altro, che lo stato acquisisca la completa titolarità dei diritti del film qualora entro cinque anni dall’erogazione non sia restituita almeno una quota parte delle risorse erogate, da definirsi mediante decreto ministeriale insieme con le modalità di erogazione del contributo stesso.
In particolare, il comma 1 – con il fine esplicito di razionalizzare gli interventi e conseguire economie di spesa - abroga le seguenti norme in materia di spettacolo:
§ articoli 37 e 40 della legge 14 agosto 1967, n. 800.
Com’è noto la legge n. 800 del 1967[240] ha disciplinato le fondazioni lirico-sinfoniche dichiarando il “rilevante interesse generale” dell’attività lirica e concertistica “in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale delle collettività nazionali” ed ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendoli alla vigilanza del Ministero del turismo e dello spettacolo. Successivamente, le fondazioni sono state trasformate (D.Lgs. 29 giugno 1996, n. 367), in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di creare disponibilità di risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 163/1985.
In particolare, per quanto qui interessa, la legge n. 800 ha previsto, all’articolo 37, un fondo per l’assegnazione di sovvenzioni a enti, istituzioni ed associazioni non aventi scopo di lucro che, al fine di promuovere la cultura musicale, la nuova produzione lirica, concertistica e di balletto, e di reperire nuovi elementi artistici di nazionalità italiana, effettuino concorsi di composizione ed esecuzione musicale, corsi di avviamento e perfezionamento professionale, stagioni liriche sperimentali e rassegne musicali. L’articolo 40 prevede un fondo speciale di lire 200 milioni per sostenere la diffusione della cultura musicale, concedere borse di studio o facilitazioni tariffarie per trasporti di complessi o singoli artisti. In tale ambito, una somma d'importo non superiore a 100 milioni è destinata alla concessione di contributi a favore di complessi bandistici.
§ articolo 8 del DPR 21 aprile 1994, n. 394[241] nonché i titoli III e IV del D.M. 21 dicembre 2005[242] in materia di parchi di divertimento e relativa autorizzazione all'esercizio.
In proposito la relazione illustrativa chiarisce che la scelta non intende preludere ad un disimpegno dello Stato nel settore, ma tiene conto dell’opportunità di regolare la materia con norme di livello sub-legislativo nonché della necessità di affidare attività di interesse locale quali quelle bandistiche ai soggetti territoriali competenti.
Il comma 3 - mediante sostituzione dell’articolo 24 del D.Lgs. 367 del 1996 (vedi supra) - interviene sui criteri di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo a favore delle fondazioni lirico sinfoniche demandandone la definizione, ora esplicitata nel D.Lgs., ad un decreto ministeriale non avente natura regolamentare. L’intervento si pone l’obiettivo, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, di “ottimizzare l’impiego delle risorse disponibili, inducendo scelte gestionali virtuose”.
In tale ambito si ricorda che la riforma costituzionale del 2001 - secondo l’interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale (sentenza n. 255 del 2004[243]) - ha attribuito la materia dello spettacolo alla competenza concorrente tra Stato e regioni, nell’ambito della promozione e organizzazione di attività culturali. Detta collocazione rileva ai fini della definizione dei criteri e delle modalità di erogazione dei contributi alle attività dello spettacolo nonché delle aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo previsto dalla legge 30 aprile 1985, n. 163[244]; la cui disciplina ha subito, nel corso della legislatura, un adeguamento alle prescrizioni costituzionali. In particolare, la legge 15 novembre 2005, n. 239, ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali - non aventi natura regolamentare - concernenti i criteri e le modalità di erogazione dei contributi del FUS alle attività dello spettacolo previsti dall’articolo 1 del decreto legge 18 febbraio 2003 n. 24[245] ed ha eliminato la cadenza annuale per l’adozione dei citati decreti.
Al riguardo si osserva che la norma sembrerebbe ricondurre la procedura di definizione dei criteri di ripartizione per le fondazioni lirico sinfoniche a quella prevista per gli altri settori dello spettacolo e stabilita dal citato DL n. 24 del 2003. Occorrerebbe tuttavia precisare – in conformità alla richiamata giurisprudenza costituzionale – che tali decreti, così come gli altri decreti di ripartizione del FUS, sono adottati d’intesa con la Conferenza unificata.
Il comma 4 interviene sulla questione della mancata restituzione da parte delle imprese di produzione cinematografica delle somme erogate dallo stato a valere sul Fondo per le attività cinematografiche.
Si ricorda che il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28[246] ha definito un nuovo sistema di sostegno pubblico al cinema, mediante l’istituzione del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche (articolo 12)[247]. Ai sensi del comma 3 dell’articolo 12 le finalità del Fondo riguardano il finanziamento di investimenti per la produzione di opere filmiche; i contributi a favore di imprese di distribuzione ed esportazione; i contributi per la realizzazione, il ripristino e l'adeguamento di sale cinematografiche; i contributi a favore delle industrie tecniche cinematografiche nonché contributi destinati ad ulteriori esigenze del settore delle attività cinematografiche, salvo diversa determinazione del Ministro con riferimento ad altri settori dello spettacolo.
Per quanto qui interessa, l’articolo 13 del D.Lgs. stabilisce, in particolare, che i proventi dei diritti di utilizzazione dei film prodotti con il finanziamento dello Stato siano destinati prioritariamente alla restituzione della quota finanziata dallo Stato. Qualora tale restituzione non avvenga entro tre anni dall’erogazione, lo Stato acquisisce la quota dei diritti di utilizzazione e sfruttamento dell’opera corrispondente alla parte del finanziamento non ammortizzato. In tale ambito l’articolo 18 del D.L. 10 gennaio 2006 n. 4[248] ha previsto che la gestione di tali diritti, nonché di quelli relativi ai film già finanziati ai sensi dell’articolo 28 della legge 4 novembre 1965, n. 1213, sia affidata a Cinecittà Holding S.p.A.[249] e che le relative procedure siano oggetto di una specifica convenzione tra il Ministero e detta società.
Il comma 4 dell’articolo in esame prevede quindi - mediante l’aggiunta di un periodo al comma 2 del citato articolo 18 del DL .4 del 2006 – che la convenzione definisca altresì, limitatamente alle erogazioni avvenute entro il 31 dicembre 2005, le modalità per pervenire all’estinzione del debito, anche mediante attribuzione della totalità dei diritti all’impresa ovvero al Ministero.
Si segnala, infine, che il comma 6 dell’articolo 163 del ddl in esame assegna al Fondoun contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per interventi a sostegno di istituzioni, grandi eventi di carattere culturale e ulteriori esigenze del settore dello spettacolo.
Il comma 5 introduce alcune modifiche formali all’articolo 12 del citato D.Lgs. n. 28 del 2004, volte a sostituire il termine “finanziamento” con il termine “sostegno” o “contributo”. Viene inoltre sostituito l’articolo 13, rendendo lo stato - secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa – “co-produttore” del film che ha finanziato.
A tal fine, il nuovo articolo 13 del D.Lgs. n. 28 del 2004 prevede l’erogazione di un contributo “pro quota” al costo del film (in misura non superiore al 50 per cento del costo del film per i lungometraggi e fino al 100 per cento per i cortometraggi di interesse culturale, per un costo industriale massimo definito con decreto ministeriale). Lo Stato acquisisce la completa titolarità dei diritti del film qualora entro cinque anni dall’erogazione non sia restituita almeno una quota parte delle risorse erogate, da definirsi mediante decreto ministeriale insieme con le modalità di erogazione del contributo stesso.
Restano sostanzialmente invariate le norme concernenti la revoca dei contributi, i contributi alle imprese di produzione per lo sviluppo di sceneggiature originali, i premi di qualità.
Il 14 luglio 2004 la Commissione europea ha presentato, nel quadro delle misure connesse al quadro finanziario dell’UE 2007-2013, una proposta di decisione relativa alla nuova generazione del programma MEDIA per il periodo 2007- 2013 (COM(2004)470).
Il nuovo programma, che dovrebbe disporre di una dotazione di 671 milioni di euro, prevede l'intervento del sostegno comunitario nelle fasi di preproduzione (formazione iniziale ai mestieri dell’audiovisivo e accesso ai finanziamenti da parte delle PMI) e di postproduzione (sostegno alla distribuzione, promozione delle opere audiovisive e miglioramento della circolazione delle opere cinematografiche).
Il progetto di decisione è stato esaminato dal Consiglio, che ha adottato una posizione comune il 24 luglio 2006. La proposta dovrà essere esaminata dal Parlamento europeo, in seconda lettura, secondo la procedura di codecisione, nella sessione del 23-26 ottobre 2006.
Articolo 166
(Interventi a carico del Fondo per
l'occupazione)
1. A carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto- legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, si provvede ai seguenti interventi, nei limiti degli importi rispettivamente indicati, da stabilirsi in via definitiva con il decreto di cui al comma 2:
a) entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata e le organizzazioni nazionali comparativamente più rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro, adotta un programma speciale di interventi e costituisce una cabina di regia nazionale di coordinamento che concorre allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e di promozione di occupazione regolare nonché alla valorizzazione dei comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES). Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia, un apposito Fondo per l'emersione del lavoro irregolare (FELI), destinato al finanziamento, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, di servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivino i processi di emersione di cui all'articolo 177 della presente legge. Ai fini della presente lettera si provvede, per ciascuno degli anni 2007 e 2008, nei limiti di 10 milioni di euro annui;
b) sono destinati 25 milioni di euro per l'anno 2007 alla finalità di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni;
c) in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e comunque non oltre il 31 dicembre 2007, possono essere concessi trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro;
d) in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, al fine di sostenere programmi per la riqualificazione professionale ed il reinserimento occupazionale di collaboratori a progetto, che hanno prestato la propria opera presso aziende interessate da situazioni di crisi, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza unificata, sono definiti criteri e modalità inerenti alle disposizioni di cui alla presente lettera. Agli oneri di cui alla presente lettera si provvede nel limite di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008;
e) il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è autorizzato a stipulare con i comuni, nel limite massimo complessivo di 1 milione di euro per l'anno 2007, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, nuove convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l'attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in attività socialmente utili, nella disponibilità da almeno sette anni di comuni con popolazione inferiore a 50.000 abitanti;
f) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, dispone annualmente di una quota del per l'occupazione, nei limiti delle risorse disponibili del Fondo medesimo, per interventi strutturali ed innovativi volti a migliorare e riqualificare la capacità di azione istituzionale e l'informazione dei lavoratori e delle lavoratrici in materia di lotta al lavoro sommerso ed irregolare, promozione di nuova occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale ed in ogni altro settore di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
2. All'assegnazione delle risorse finanziarie per gli interventi di cui al presente articolo si provvede con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
L’articolo 166 è volto a prevedere, a carico del Fondo per l’occupazione di cui al decreto legge n. 148 del 1993, una serie di interventi a tutela dell’occupazione nei limiti degli importi rispettivamente indicati (comma 1), che tuttavia verranno stabiliti in via definitiva con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia che provvederà anche all’assegnazione delle risorse finanziarie ai medesimi interventi (comma 2).
Si ricorda che il Fondo per l’occupazione è stato istituito dall’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla Legge 236 n. del 1993, per la promozione di iniziative di sostegno per l’occupazione, ed in particolare:
- l'erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto a quelle occupate alla data di entrata in vigore del DL 148/93;
- il finanziamento dei lavori socialmente utili e dei piani di inserimento professionale dei giovani privi di occupazione;
- la promozione dell'imprenditorialità giovanile;
- il finanziamento dei contratti di solidarietà;
- ulteriori finalità previste da provvedimenti emanati successivamente al D.L. 148 (a titolo esemplificativo: proroga di trattamenti di sostegno al reddito, rimodulazione dell'orario di lavoro, tirocini formativi…).
In particolare il comma 1 pone a carico del Fondo per l’occupazione i seguenti interventi:
a) nei limiti di 10 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2007 e 2008, si prevede, con decreti ministeriali, l’adozione di un programma speciale di interventi in materia di occupazione, la costituzione di una cabina nazionale di regia al fine di concorrere allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e alla valorizzazione dei CLES, nonché l’istituzione di un apposito Fondo per l’emersione del lavoro irregolare destinato al finanziamento (d’intesa con le regioni e gli enti locali) di servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivano i processi di emersione di cui al successivo articolo 177 (cfr. la relativa scheda);
b) si destinano 25 milioni di euro al rifinanziamento per l’anno 2007 dell’intervento di proroga per ulteriori 12 mesi del trattamento di CIGS stabilito dall’articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 249/2004, nel caso di crisi aziendali;
Si ricorda che l’art. 1, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, prevede che ordinariamente la durata del programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione per crisi aziendale, e l’erogazione del conseguente trattamento di cassa integrazione straordinaria, sia pari ad un periodo massimo - in linea ordinaria - di 12 mesi, con possibilità di un nuovo intervento qualora siano decorsi almeno i 2/3 del periodo della precedente concessione.
In seguito l’articolo 1, comma 1 del D.L. 249/2004 ha previsto, in determinati casi, la possibilità di proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) concesso per crisi aziendale fino ad un periodo di 12 mesi oltre gli ordinari limiti di durata del trattamento medesimo. Presupposto della proroga sono:
- la cessazione dell’attività dell'intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o di parte di essi;
- la sussistenza di programmi volti alla ricollocazione dei lavoratori e che comprendano, ove necessario, la formazione professionale;
- l'accertamento - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - del "concreto avvio", nei primi 12 mesi dell'intervento di integrazione (cioè, durante il periodo ordinario della durata del medesimo per crisi aziendale), del piano di gestione delle eccedenze di personale.
c) la possibilità di concedere anche per l’anno 2007, nel limite di spesa di 45 milioni di euro, il trattamento di CIGS e il trattamento di mobilità ai lavoratori subordinati delle imprese del commercio con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.
Si ricorda che già con decreto ministeriale 31 maggio 2004 n. 34158 si era provveduto, ai sensi dell’articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003[250], a prorogare la CIGS e il trattamento di mobilità, relativamente all’anno 2004, per le imprese sopra citate “per fronteggiare gli effetti e le ricadute sul piano occupazionale derivanti da gravi crisi aziendali e/o settoriali”.
Successivamente, con decreto ministeriale 28 luglio 2005 n. 36663 si è prevista una proroga della CIGS e del trattamento di mobilità per le imprese in oggetto anche per l’anno 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004. Si ricorda che tale articolo[251], riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge n. 350 del 2003 su citato, ha disposto che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con quello dell'economia e delle finanze possa - anche in deroga alla normativa ordinaria -, entro il 31 dicembre 2005 e per gli accordi di settore entro il 31 dicembre 2006, concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni: la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi; i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2005. Inoltre si prevedeva la possibilità di prorogare i trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina posta dal richiamato articolo 3, comma 137, quarto periodo, della citata L. 350 del 2003. Pertanto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2004. L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10%, ovvero del 30% nell'ipotesi in cui sia già intercorsa una precedente proroga.
Infine con l’articolo 8, comma 3-ter del decreto legge n. 203/2005, recante Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, si è prevista una ulteriore proroga per l’anno 2006.
d) in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, nel limite di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008, si prevede che con apposito decreto ministeriale siano definiti criteri e modalità per finanziare programmi per la riqualificazione professionale e il reinserimento lavorativo di collaboratori a progetto, che hanno prestato la propria opera presso aziende interessate da situazioni di crisi;
e) si autorizza il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare, limitatamente all'anno 2007 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni.
Si ricorda che nelle precedenti leggi finanziarie si sono previste disposizioni di analogo tenore. In particolare L'articolo 3, comma 82, della legge n. 350/2003 ha disposto, limitatamente all’esercizio 2004, con un costo complessivo di 1 milione di euro, l’autorizzazione alla stipula diretta di nuove convenzioni tra il Ministero del lavoro ed i comuni con meno di 50.000 abitanti, sia per lo svolgimento di attività socialmente utili sia per l’attuazione di misure volte a garantire la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno cinque anni.Successivamente l’articolo 1, comma 263, della richiamata legge n. 311/2004 ha prorogato, limitatamente all'anno 2005 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, le medesime convenzioni ed ha specificato, ai fini della proroga, l’obbligo di avvalersi della graduatoria allegata al decreto dirigenziale del 25 ottobre 2004[252]. Infine l’articolo 1, comma 430, della citata legge n. 266/2005 ha autorizzato il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare, limitatamente all'anno 2006 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro, nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di ASU e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni.
f) l’attuazione e il finanziamento, da parte del Ministero del lavoro, di interventi strutturali volti a migliorare la capacità di azione istituzionale e l’informazione dei lavoratori in materia di lotta al lavoro irregolare, promozione dell’occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale e in altri ambiti di competenza del Ministero del lavoro.
Il 1° marzo 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento per l’istituzione di un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (COM(2006)91). Il Fondo, la cui istituzione è stata prospettata dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005, nell’ambito del compromesso sulle prospettive finanziarie 2007-2013[253], è destinato a fornire un sostegno mirato per il reinserimento professionale dei lavoratori in seguito a modifiche strutturali importanti nel commercio mondiale.
La dotazione annuale del Fondo è pari a 500 milioni di euro annui finanziati attraverso sottoutilizzazioni del bilancio UE.
La proposta dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 13 novembre 2006.
La Commissione ha presentato, il 14 luglio 2004, nel quadro delle proposte collegate al quadro finanziario 2007-2013, una proposta di decisione relativa ad un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale PROGRESS (COM(2004) 488).
Il programma comunitario, relativo al periodo 2007-2013, intende sostenere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, contribuendo in tal modo alla realizzazione della strategia di Lisbona in tali settori.
Il programma si articola in cinque sezioni corrispondenti a cinque grandi settori di attività: occupazione; protezione sociale e inclusione; condizioni di lavoro; lotta contro la discriminazione e la diversità; pari opportunità.
Il 13 settembre 2006 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in seconda lettura, secondo la procedura di codecisione, approvandola senza emendamenti. La proposta è attualmente in attesa di esame da parte del Consiglio.
Facendo seguito alla nuova Agenda sociale per il periodo 2005-2010[254], l’8 febbraio 2006 la Commissione ha avviato una consultazione su un’azione da realizzare a livello comunitario per promuovere il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro (COM (2006) 44).
La comunicazione – che ribadisce che una maggiore coesione sociale costituisce, accanto agli obiettivi in materia di occupazione, un altro elemento chiave per la riuscita della strategia di Lisbona – persegue un duplice obiettivo:
- fare un bilancio dei progressi compiuti dall’Unione allargata sulla via di un migliore accesso al mercato del lavoro per le persone che ne sono escluse;
- a partire da questo bilancio, lanciare una consultazione pubblica sui possibili orientamenti di un’azione a livello dell’Unione al fine di promuovere il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro.
Dopo questa prima fase di consultazione – che si è conclusa ad aprile 2006 - la Commissione intende procedere ad un esame particolareggiato dei contributi ricevuti e trarre conclusioni, sulla cui base valuterà se predisporre proposte legislative in materia.
Articolo 167
(Disposizioni in materia di
disoccupazione ordinaria)
1. Le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 2, lettera a), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, si applicano anche ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1o gennaio 2007.
L’articolo 167 è volto ad estendere gli incrementi della durata e della misura dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali[255]disposti dall’articolo 13, comma 2, lettera a) del decreto legge n. 35/2005, ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2007.
In sostanza la disposizione è volta a introdurre “a regime” gli incrementi in questione, che invece il citato decreto legge n. 35/2005 aveva previsto per un periodo limitato, in relazione trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° aprile 2005 al 31 dicembre 2006.
L'indennità ordinaria di disoccupazione ha lo scopo di garantire un sostegno al reddito del lavoratore subordinato in caso di disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro.
L’involontarietà della disoccupazione comporta che, ai sensi dell’articolo 34, comma 5, della L. 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999) la cessazione per dimissioni non dà titolo alla concessione dell’indennità ordinaria di disoccupazione[256].
I requisiti e le condizioni che danno diritto all’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali sono i seguenti (articolo 19 del R.D.L. 636 del 1939):
- stato di disoccupazione;
- anzianità assicurativa pari ad almeno 2 anni e di 1 anno di contribuzione nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro;
- conservazione di una residua capacità lavorativa;
- presentazione della domanda entro il termine tassativo di 68 giorni dal licenziamento.
L'indennità è corrisposta per un periodo massimo di 180 giorni (articolo 31 della L. 29 aprile 1949, n. 264. Per i soggetti di età pari o superiore a 50 anni alla data di cessazione del rapporto, ai sensi dell’articolo 78, comma 19, della legge finanziaria per il 2001 (L. 388 del 2000), l’indennità è estesa fino a 9 mesi. Nel caso di licenziamento per giusta causa, tuttavia, il periodo massimo è ridotto di 30 giorni (articolo 76, comma 3, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827)[257].
Ai sensi del citato articolo 78, comma 19, della L. 388 del 2000, la misura dell'indennità ordinaria di disoccupazione è pari al 40% della retribuzione media soggetta a contribuzione degli ultimi 3 mesi[258] (30% per i lavoratori saltuariamente occupati e stagionali).
Il periodo di godimento dell'indennità ordinaria di disoccupazione è riconosciuto utile ai fini previdenziali; tuttavia, riguardo alla pensione di anzianità, esso viene considerato solo per la determinazione della misura e non per il conseguimento del requisito contributivo.
L'istituto in esame si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo[259].
L'aliquota contributiva relativa all'istituto in esame è pari, in genere, all'1,61% ed è interamente a carico del datore di lavoro.
In seguito, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, con il citato articolo 13, comma 2, lettera a) del decreto legge n. 35/2005, si è previsto, con riferimento ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° aprile 2005 al 31 dicembre 2006, incrementi sia della durata che della misura dell’indennità ordinaria di disoccupazione. Più specificamente, la durata è stata incrementata da 180 giorni a 7 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 9 a 10 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni. Inoltre è stata ristrutturata la misura percentuale dell'indennità ordinaria di disoccupazione, ai sensi della relativa disciplina pari al 40%, in relazione al tempo di godimento. In particolare, l’indennità è pari al 50% per i primi 6 mesi; al 40% per i successivi tre mesi; al 30% per il periodo ulteriore. Tuttavia gli aumenti della durata non danno luogo ad un corrispondente ampliamento della contribuzione figurativa, che rimane confermata per il periodo di percezione del trattamento nel limite massimo di 6 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a 50 anni e di 9 mesi per quelli con età pari o superiore a 50 anni. Inoltre sono esclusi dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e le indennità ordinarie di disoccupazione liquidate con requisiti ridotti.
La relazione tecnica stima che l’articolo in esame determini un onere complessivo di 320 milioni di euro per l’anno 2007, di 400 milioni di euro per l’anno 2008 e di 405 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.
1. Al fine di coordinare specifici interventi di contrasto al lavoro sommerso ed alla evasione contributiva, l'obbligo di fornitura dei dati gravante sulle società e sugli enti di cui all'articolo 44, comma 5, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è esteso alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
2. I dati di cui al comma 1 sono messi a disposizione, con modalità definite da apposite convenzioni, del Ministero del lavoro e della previdenza sociale anche mediante collegamenti telematici.
3. Per l'attuazione di quanto previsto dal presente articolo, nonché per la realizzazione della banca dati telematica di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale può avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, delle risorse umane e strumentali dell'INPS e dell'INAIL.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in possesso dei dati personali e identificativi acquisiti per effetto delle predette convenzioni, è titolare del trattamento ai sensi dell'articolo 28 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
L’articolo 168, al fine di coordinare gli interventi di contrasto al lavoro irregolare e all’evasione contributiva, estende alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) l’obbligo di fornitura dei dati già gravante sulle società e sugli enti di cui all’articolo 44, comma 5, del decreto legge n. 269/2003 (comma 1).
Si ricorda che l’articolo 44, comma 5, del decreto legge n. 269/2003 prevede l’obbligo, per aziende, enti, istituti e società che stipulano contratti di somministrazione di energia elettrica o di forniture di servizi telefonici, nonché per le società ad esse collegate, di rendere disponibili i dati relativi alle citate utenze contenuti nei rispettivi archivi, agli enti pubblici gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, al fine di contrastare il lavoro sommerso e l’evasione contributiva[260].
Le modalità di fornitura dei dati, anche mediante collegamenti telematici, devono essere definite da apposite convenzioni, che prevedono il rimborso dei soli costi diretti sostenuti per la fornitura dei dati.
Gli Enti destinatari dei dati sono responsabili degli stessi ai sensi dell’articolo 29 del D.Lgs. 196 del 2003, recante il codice in materia di protezione dei dati personali (c.d. codice sulla privacy).
Si osserva che andrebbe precisato meglio quali siano le informazioni che le CCIAA devono trasmettere agli enti pubblici gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
Il comma 2 dispone che i dati di cui al comma 1 sono messi a disposizione, con modalità da definire con apposite convenzioni, del Ministero del lavoro anche mediante collegamenti telematici.
Si osserva che non è chiaro se il comma 2 si riferisca esclusivamente ai dati delle CCIAA o anche a quelli delle società e degli enti di somministrazione di energia elettrica e di forniture di servizi telefonici. Si ricorda che tali ultimi soggetti, ai sensi della vigente normativa, sono tenuti a metterli a disposizione (anche con collegamenti telematici) solamente degli enti pubblici previdenziali ed assistenziali.
Il comma 3 dispone che per l’attuazione di quanto previsto dall’articolo in esame nonché per la realizzazione della banca dati telematica di cui all’articolo 10, comma 1, del D.Lgs. 124/2004, il Ministero del lavoro può avvalersi delle risorse umane e strumentali dell’INPS e dell’INAIL.
Si ricorda che il D.Lgs. n. 124/2004 ha realizzato la riforma della disciplina sulla vigilanza ispettiva. Il provvedimento, in attuazione dell’articolo 8 della legge n. 30/2003, dispone il riassetto della disciplina vigente sulle ispezioni in materia di lavoro e previdenza sociale, allo scopo di definire un sistema organico e coerente di tutela del lavoro con interventi omogenei, con particolare riguardo soprattutto alla attività di prevenzione.
In particolare, l'articolo 10, comma 1, al fine di razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, prevede la costituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di una banca dati telematica, allo scopo di raccogliere le informazioni sulle aziende ispezionate, sulle dinamiche del mercato del lavoro, nonché sulle materie oggetto di aggiornamento e formazione permanente del personale ispettivo. Tale banca dati, rappresenta una sezione riservata della Borsa continua nazionale del lavoro, di cui all’articolo 15 del D.Lgs. 276 del 2003, il cui accesso è riservato ai soli organi abilitati alla vigilanza ai sensi del provvedimento in esame. Le modalità di attuazione e funzionamento della banca dati sono definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, anche al fine di consentire il coordinamento con gli strumenti di monitoraggio di cui all’articolo 17 del citato D.Lgs. 276.
Il comma 4 precisa che il Ministero del lavoro, in possesso dei dati acquisiti mediante le suddette convenzioni, è titolare degli stessi ai sensi dell’articolo 28 del D.Lgs. 196 del 2003, recante il codice in materia di protezione dei dati personali (c.d. codice sulla “privacy”).
Si ricorda che il decreto legislativo 196 del 2003, “ribattezzato” codice della privacy, recepisce l’ultima direttiva dell’Unione europea, n. 58 del 2002, in materia di comunicazioni elettroniche. Il codice si compone di 3 Parti: I, recante disposizioni generali; II relativa a disposizioni relative a specifici settori; III, concernente tutela dell’interessato e sanzioni. L’articolo 28 definisce il titolare del trattamento, mentre l’articolo 29 individua le funzioni e i requisiti del responsabile del trattamento. Il codice è in vigore, ai sensi dell’articolo 186, dal 1° gennaio 2004.
Articolo 169
(Istituzione di indici di congruità)
1. Al fine di promuovere la regolarità contributiva quale requisito per la concessione dei benefìci e degli incentivi previsti dall'ordinamento, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale procede, in via sperimentale, con uno o più decreti, all'individuazione degli indici di congruità di cui al comma 2 e delle relative procedure applicative, articolati per settore, per categorie di imprese ed eventualmente per territorio, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze nonché i Ministri di settore interessati e le organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori.
2. Il decreto di cui al comma 1 individua i settori nei quali risultano maggiormente elevati i livelli di violazione delle norme in materia di incentivi ed agevolazioni contributive ed in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Per tali settori sono definiti gli indici di congruità del rapporto tra la qualità dei beni prodotti e dei servizi offerti e la quantità delle ore di lavoro necessarie nonché lo scostamento percentuale dall'indice da considerarsi tollerabile, tenuto conto delle specifiche caratteristiche produttive e tecniche nonché dei volumi di affari e dei redditi presunti.
L’articolo 169 prevede in via sperimentale l’introduzione di indici di congruità intesi a valutare la congruità del rapporto tra qualità dei beni e servizi offerti e quantità di ore di lavoro impiegate.
L’istituzione deve avvenire con decreto del Ministro del lavoro sentiti il Ministro dell’economia nonché i ministri dei settori interessati, e le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentativi.
Gli indici devono essere articolati per settore, per categorie di imprese ed eventualmente per territorio e si deve provvedere a specificare le relative modalità applicative.
Il decreto ministeriale che istituisce gli indici deve in primo luogo individuare i settori più critici, nei quali risultano maggiormente estese le violazioni delle norme in materia di incentivi e agevolazioni contributive ed in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Si osserva che non appare chiarissimo il riferimento alle “violazioni in materia di incentivi ed agevolazioni contributive”. Sarebbe stato invece più opportuno riferirsi alle violazioni in materia di regolarità delle assunzioni e di regolarità contributiva.
Per tali settori più critici sono stabiliti gli indici volti a fissare la congruità del rapporto tra la qualità dei beni prodotti e dei servizi offerti e la quantità delle ore di lavoro necessarie nonché il margine di scostamento tollerabile.
Tali indici dovrebbero servire “al fine di promuovere la regolarità contributiva quale requisito per la concessione dei benefici e degli incentivi previsti dall’ordinamento”.
Si osserva che non è chiara la valenza precettiva degli indici di congruità, in particolare le conseguenze sanzionatorie che potrebbero derivare alle imprese dall’accertamento di un’eventuale incongruenza.
Sembrerebbe che, poiché l’istituzione avviene in via sperimentale, non venga attribuita dalla norma una valenza immediatamente precettiva.
Articolo 170
(Documento unico di regolarità
contributiva)
1. A decorrere dal 1o luglio 2007, i benefìci normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti gli istituti previdenziali interessati e le parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di rilascio, i contenuti analitici del documento unico di regolarità contributiva di cui al comma 1, nonché le tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da non considerarsi ostative al rilascio del documento medesimo. In attesa dell'entrata in vigore del decreto di cui al presente comma sono fatte salve le vigenti disposizioni speciali in materia di certificazione di regolarità contributiva nei settori dell'edilizia e dell'agricoltura.
L’articolo 170 è volto ad introdurre una disciplina più generale relativa al Documento unico di regolarità contributiva (DURC), al fine di estenderne l’applicazione anche a settori e situazioni ulteriori rispetto alla normativa vigente (cfr. infra).
Si prevede, al comma 1, che a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza sociale sono riservati ai datori di lavoro che rispettino tutte le seguenti condizioni:
§ siano in possesso del DURC;
§ rispettino gli altri obblighi previsti dalla legislazione vigente;
§ rispettino gli accordi e i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Si osserva che andrebbe precisato meglio quali siano gli “obblighi di legge” da rispettare per usufruire dei benefici previsti dalla normativa in materia di lavoro e di previdenza sociale, in particolare se si intende far riferimento esclusivamente a quelli specifici ratione materiae (normativa lavoristica e previdenziale).
Si ricorda che il quadro normativo vigente non prevede una disciplina organica del DURC, essendo state introdotte disposizioni specifiche con riferimento a imprese di determinati settori.
L’articolo 2 del D.L. 210 del 2002, convertito dalla L. 266 del 2002, recando disposizioni che traspongono sostanzialmente sul piano normativo i contenuti dell’avviso comune tra le parti sociali siglato il 24 luglio 2002, con lo scopo di favorire l’emersione dell’economia sommersa, ha previsto un obbligo di certificazione della regolarità contributiva tramite la presentazione del documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C)[261]. In particolare, l’articolo 2, comma 1, ha stabilito che le imprese le quali risultino affidatarie di un appalto pubblico siano tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, a pena di revoca dell'affidamento. Il comma 1-bis aggiunge che la certificazione di regolarità deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono sevizi ed attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico. Infine il comma 2 reca una misura di semplificazione procedurale, con la previsione della stipula di una convenzione da parte di INPS e INAIL ai fini del rilascio del D.U.R.C.
In seguito l’art. 10, comma 7, del decreto legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, ha previsto che, per accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari, le imprese sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva (D.U.R.C.) di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 210/2002.
L’articolo 1, comma 553, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006), con una disposizione simile a quella sopra considerata, prevede che le imprese sono tenute a presentare il D.U.R.C. per poter accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti[262].
In seguito l’articolo 39-septies del D.L. 273 del 2005 , convertito dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51, ha disposto una validità temporale pari a tre mesi del documento unico di regolarità contributiva di cui al citato articolo 3, comma 8, del D.Lgs. 494 del 1996.
Infine l’articolo 36-bis, comma 8, del decreto legge n. 223/2006 ha disposto che possono usufruire delle agevolazioni previste dall’art. 29 del decreto legge n. 244/1995, relative alla contribuzione previdenziale delle imprese del settore edile, esclusivamente i datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili[263].
Il comma 2 prevede che, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti gli istituti previdenziali e le parti sociali, siano definite, con riferimento al DURC:
§ le modalità di rilascio;
§ i contenuti analitici della certificazione;
§ le tipologie di pregresse irregolarità previdenziali e relative al rapporto di lavoro che non impediscono il rilascio della certificazione.
Tale ultima previsione sembra volta ad introdurre un criterio di ragionevolezza, nel senso di non escludere dal rilascio del DURC (e quindi dai benefici normativi e contributivi a tale certificazione subordinati) le imprese che presentano irregolarità più lievi (per esempio violazioni formali o di importo poco significativo).
Per quanto riguarda il comma in esame, sul piano della formulazione del testo, si osserva che sarebbe opportuno far riferimento alle “organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative” invece che alle “parti sociali comparativamente più rappresentative”.
L’ultimo periodo del comma 2 precisa che, sino all’entrata in vigore del decreto che dovrà emanare la disciplina attuativa relativa al DURC, sono fatte salve le vigenti specifiche discipline in materia di certificazione della regolarità contributiva relative ai settori dell’edilizia e dell’agricoltura.
1. Gli importi delle sanzioni amministrative previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro entrate in vigore prima del 1o gennaio 1999 sono quintuplicati, ad eccezione delle ipotesi di cui al comma 2.
2. L'omessa istituzione e l'omessa esibizione dei libri matricola e paga di cui agli articoli 20 e 21 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e di cui all'articolo 134 del regolamento di cui al regio decreto 28 agosto 1924, n. 1422 è punita con la sanzione amministrativa da euro 4.000 ad euro 12.000. Nei confronti delle violazioni di cui al presente comma non è ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
3. Le maggiori entrate derivanti dall'applicazione del presente articolo integrano, a decorrere dall'anno 2007, la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
L’articolo 171 è volto ad adeguare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori entrate in vigore in data antecedente al 1° gennaio 1999.
In particolare, si dispone che tali sanzioni sono quintuplicate (comma 1), con eccezione della fattispecie relativa all’omessa istituzione ed omessa esibizione del libro matricola e del libro paga di cui all’articolo 20 e 21 del D.P.R. 1124 del 1965 (T.U. delle disposizioni relative all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionale) e all’articolo 134 del R.D. 1422 del 1924, per la quale si prevede una sanzione amministrativa da un minimo di 4.000 a un massimo di 12.000 euro (comma 2).
Si ricorda che l’articolo 20 del D.P.R. 1124 del 1965 ha previsto l’obbligo di tenuta dei libri paga e matricola e disciplina le modalità di tenuta, mentre l’articolo 21 del medesimo testo disciplina l’obbligo di esibizione agli organi accertatori e di conservazione nel luogo dove viene svolto il lavoro.
Inoltre, l’articolo 195 dello stesso D.P.R. 1124 ha disposto una fattispecie sanzionatoria generale, disponendo una sanzione pecuniaria amministrativa da 25 euro a 154 euro per tutte le violazioni delle disposizioni del Titolo I dello stesso D.P.R. (si tratta del Titolo che disciplina l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali nell’industria).
Si ricorda inoltre che l’articolo 134 del R.D. 1422 del 1924, confermando l’obbligo della tenuta del libro matricola e del libro paga e detta, prescrive le modalità di vidimazione dei medesimi libri.
Si consideri che il comma 2 in esame, almeno sul piano letterale, si riferisce esclusivamente alle violazioni relative all’ “omessa istituzione e l’omessa esibizione dei libri matricola e paga”. Invece, come sopra detto, gli articoli 20 e 21 del D.P.R. 1124/1965 si riferiscono a fattispecie più ampie e quindi, il combinato disposto di tali articoli con la disposizione sanzionatoria dell’articolo 195 dello stesso D.P.R. determina la sanzionabilità del mancato adempimento di tutti gli obblighi di cui agli articoli 20 e 21.
In sostanza, ai sensi della disciplina vigente:
§ per il combinato disposto degli articoli 20 e 195 del D.P.R. 1124 del 1965 è prevista la sanzione da 25 a 154 euro non solamente per l’omessa istituzione dei libri paga e matricola, ma anche per l’omessa o infedele compilazione o l’irregolare tenuta degli stessi libri;
§ per il combinato disposto degli articoli 21 e 195 del D.P.R. 1124 del 1965 è prevista la medesima sanzione con riferimento al rifiuto di esibire i libri o comunque all’omessa esibizione degli stessi in caso di visita ispettiva.
Pertanto, al comma 2 in esame, per evitare difficoltà interpretative, andrebbe chiarito se si intende adeguare l’importo delle sanzione amministrativa pecuniaria solamente con riferimento alle violazioni relative all’ “omessa istituzione e l’omessa esibizione dei libri matricola e paga”, o, invece (come sarebbe più ragionevole), si intende disporre tale adeguamento per tutte le violazione relative alle fattispecie di cui agli articoli 20 e 21 del richiamato D.P.R. 1124 del 1965.
Si ricorda che il datore di lavoro deve tenere e conservare una serie di libri e documenti connessi allo svolgimento del rapporto di lavoro, cioè il libro matricola, il libro paga, il registro infortuni e il registro delle visite mediche.
Il libro matricola deve riportare, nell’ordine cronologico di assunzione, il numero di dipendenti, i loro dati anagrafici e la loro posizione professionale, al fine di documentare l’esistenza del rapporto di lavoro agli enti previdenziali e assicurativi.
Nel libro paga devono essere annotati tutti gli elementi che compongono al retribuzione dei lavoratori, le trattenute operate e l’importo dell’assegno per il nucleo familiare corrisposto.
Nel registro infortuni il datore di lavoro deve annotare cronologicamente tutti gli infortuni accaduti ai lavoratori che comportino l’assenza dal lavoro almeno di un giorno (senza considerare quello dell’infortunio), indipendentemente dal fatto che l’infortunio sia o meno coperto dall’assicurazione INAIL.
La tenuta del registro delle visite mediche è obbligatoria in determinati casi previsti dalla legge, al fine di segnalare l’effettuazione e l’esito delle visite mediche prescritte prima dell’assunzione o delle visite periodiche.
Si consideri inoltre che disposizioni relative all’adeguamento di alcune specifiche sanzioni amministrative per contrastare il lavoro irregolare sono state previste dall’articolo 36-bis, comma 7, del decreto legge n. 223/2006.
In particolare si sono previste modifiche all’articolo 3 del D.L. 12 del 2002[264]. In primo luogo (lettera a)) viene riformulato il comma 3 dello stesso art. 3, relativo alle sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori. Al fine di rendere più efficace, in termini di deterrenza, la previsione sanzionatoria, si prevede la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
Inoltre, con la stessa finalità di rendere più rigorosa la disciplina sanzionatoria nel caso di utilizzazione di “lavoro nero”, si prevede che l’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore impiegato irregolarmente non può essere inferiore a 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
Si ricorda al riguardo che le sanzioni civili in caso di omesso o tardivo versamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, sono previste, dall’art. 116, commi 8 e 9, della legge finanziaria per il 2001 (L. 388 del 2000), in percentuale sull’importo dei contributi o premi non corrisposti entro le scadenze. Le sanzioni civili sono applicate in ragione d’anno.
In particolare:
- nel caso di omissione, si applica una sanzione pari al tasso ufficiale di riferimento (TUR) maggiorato del 5,5%. La misura massima non può superare il 40% dell’omesso o tardivo versamento; comunque, se viene raggiunto il tetto massimo della sanzione civile senza che si sia provveduto all’integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo iniziano a maturare interessi di mora di cui all’articolo 30 D.P.R. 602/73[265]. Gli interessi di mora non sono però in ogni caso dovuti nel caso in cui l’omissione sia da attribuire a oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi e il versamento sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori;
- nel caso di evasione accertata d’ufficio, si applica la sanzione del 30% in ragione d’anno, fino ad una misura massima del 60%. Vale quanto detto sopra con riferimento agli interessi di mora, che si applicano se viene raggiunto il tetto massimo della sanzione civile;
- nel caso di evasione denunciata spontaneamente prima di contestazioni e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento, se il pagamento viene effettuato entro 30 giorni dalla denuncia, si applica la sanzione del TUR maggiorato del 5,5% e la misura massima della sanzione non può superare il 40%;
- nel caso di evasione da attribuire ad oggettive incertezze interpretative, si applica la sanzione del TUR maggiorato del 5,5% e la misura massima della sanzione non può superare il 40%. Non sono dovuti gli interessi di mora, purché il versamento sia effettuato entro il termine determinato dagli enti impositori.
L’ultimo periodo del comma 2 in esame, infine, prevede che confronti delle violazioni in questione (omessa esibizione dei libri paga e matricola) non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 124 del 2004.
Si ricorda che l’articolo 13 del D.Lgs. 124 del 2004 prevede che, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni della norme in materia di lavoro e previdenza sociale dalle quali derivino sanzioni amministrative, deve diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze comunque sanabili, fissando un termine. In caso in cui adempia alla diffida, il datore di lavoro è ammesso al pagamento dell'importo delle sanzioni nella misura pari al minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa. Il pagamento dell'importo delle sanzioni amministrative comporta l’estinzione del procedimento sanzionatorio.
Il comma 3, a decorrere dal 2007, destina le eventuali maggiori entrate derivanti dall’adeguamento delle sanzioni previste dall’articolo in esame all’aumento delle dotazioni del Fondo per l’occupazione.
La relazione tecnica specifica che in via prudenziale non vengono stimate maggiori entrate derivanti dall’articolo in esame, anche in considerazione del fatto che le maggiori sanzioni possono avere un effetto di deterrenza e dell’aleatorietà dell’effettiva riscossione delle somme accertate.
Articolo 172
(Comunicazioni relative ai rapporti di
lavoro)
1. Il comma 2 dell'articolo 9-bis, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti:
«2. In caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo, i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni sono tenuti a darne comunicazione, anche in via telematica, al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa. La comunicazione deve indicare i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale e il trattamento economico e normativo applicato. La medesima procedura si applica ai tirocini di formazione e di orientamento e ad ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata. Le agenzie di lavoro autorizzate dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sono tenute a comunicare, entro il giorno venti del mese successivo alla data di assunzione, al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la loro sede operativa, l'assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel mese precedente.
2-bis. Per le comunicazioni di cui al comma 2, i datori di lavoro pubblici e privati si avvalgono dei moduli previsti dall'articolo 4-bis, comma 7, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni. In caso di urgenze connesse ad esigenze produttive, la comunicazione di cui al comma 2 può essere effettuata entro cinque giorni dall'instaurazione del rapporto di lavoro, fermo restando l'obbligo di comunicare entro il giorno antecedente, anche in via telematica, al Servizio competente, mediante documentazione avente data certa, la data di inizio della prestazione, le generalità del lavoratore e del datore di lavoro».
2. Il comma 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, è abrogato.
3. Sino alla effettiva operatività delle modalità di trasferimento dei dati contenuti nei moduli per le comunicazioni obbligatorie di cui al decreto interministeriale previsto dall'articolo 4-bis, comma 7, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, resta in vigore l'obbligo di comunicazione all'INAIL di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, da effettuarsi esclusivamente attraverso strumenti informatici.
4. L'articolo 4-bis, comma 6, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, è sostituito dai seguenti:
«6. Le comunicazioni di assunzione, cessazione e trasformazione dei rapporti di lavoro autonomo, subordinato, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali, previste dalla normativa vigente, inviate al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro con i moduli di cui al comma 7, sono valide ai fini dell'assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, nonché nei confronti della prefettura-ufficio territoriale del Governo.
6-bis. Sono abrogati l'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e l'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81.
6-ter. All'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, le parole: "o lo assume per qualsiasi causa alle proprie dipendenze" sono soppresse».
L’articolo 172 è volto a modificare alcuni aspetti della disciplina relativa alle comunicazioni agli uffici competenti relative al rapporto di lavoro.
Il comma 1, riformulando l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510 del 1996, è volto ad estendere a tutti i datori di lavoro l’obbligo della comunicazione preventiva dell’assunzione dei lavoratori, introdotta recentemente dall’articolo 36-bis, comma 6, del D.L. 223 del 2006 per il solo settore dell’edilizia.
La previsione in oggetto è volta evidentemente a contrastare pratiche elusive da parte delle imprese, rafforzando i poteri degli organi accertativi sul piano probatorio[266].
Si ricorda che, ai sensi della vigente disciplina sul collocamento di cui al citato articolo 9-bis, comma 2 del D.L. 510 del 1996 (modificato dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. 297 del 2002) il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare la comunicazione di assunzione al Centro per l’impiego competente in maniera contestuale alla stessa assunzione, indicando: dati anagrafici, data di assunzione, data di cessazione (se il rapporto è a tempo determinato), tipologia contrattuale, qualifica e trattamento economico. Solamente nel caso in cui l’assunzione avvenga in un giorno festivo, nelle ore serali o notturne, ovvero in caso di emergenza il datore di lavoro deve effettuare la comunicazione entro il primo giorno utile successivo.
Inoltre il citato articolo 36-bis, comma 6, del D.L. 223 del 2006, riformulando il comma 10-bis dell’articolo 86 del D.Lgs. 276 del 2003[267], ha reso immediatamente applicabile (senza necessità di una disciplina secondaria che ne fissasse il termine di applicabilità) la previsione secondo cui nel settore edile, in deroga alla normativa generale sul collocamento, i datori di lavoro sono tenuti a comunicare agli uffici competenti l’assunzione di nuovi lavoratori in maniera preventiva, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa[268].
La nuova formulazione del comma 2 dell’articolo 9-bis del D.L. 510 del 1996 prevede quindi che, in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, di collaborazione coordinata e continuativa, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto di lavoro, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti a darne comunicazione, anche in via telematica, al servizio per l’impiego competente entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del relativo rapporto, mediante documentazione avente data certa.
Si confermano, rispetto alla vigente disciplina, i dati e le informazioni da trasmettere relative al lavoratore e al rapporto di lavoro.
Infine, con una disposizione volta a semplificare gli adempimenti nel caso di lavoro temporaneo, si prevede che le agenzie di lavoro autorizzate sono tenute a comunicare al servizio competente, “entro il giorno venti del mese successivo alla data di assunzione…l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel mese precedente”.
Si osserva che tale ultima disposizione andrebbe meglio formulata, prevedendo che le agenzie di lavoro sono tenute ad effettuare le comunicazioni relative all’assunzione, alla proroga e alla cessazione dei rapporti di lavoro temporaneo entro il venti del mese successivo alla data in cui si è verificato l’evento e quindi rispettivamente l’assunzione, la proroga o la cessazione.
Si ricorda che una disposizione analoga era già contenuta nell’articolo 4-bis, comma 4 del D.Lgs. 181 del 2000. Tuttavia tale disposizione non era immediatamente applicabile poiché l’articolo 5, comma 2-bis dello stesso decreto ne rinviava l’applicazione alla data stabilita dal decreto interministeriale di cui al comma 7 del medesimo articolo 4-bis. Non essendo ancora stato emanato il decreto in questione, l’obbligo di comunicazione preventiva non è mai divenuto operativo.
In sostanza, la disposizione in esame (ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 9-bis) è volta a rendere immediatamente applicabile l’analoga previsione dell’articolo 5, comma 2-bis del D.Lgs. 181 del 2000.
Il comma 1 in esame introduce inoltre un nuovo comma 2-bis all’articolo 9-bis del D.L. 510 del 1996, prevedendo che i datori di lavoro pubblici e privati, per le comunicazioni relative al rapporto di lavoro, devono utilizzare i moduli previsti dall’articolo 4-bis, comma 7, del D.Lgs. 181 del 2000, e successive modificazioni.
L’articolo 4-bis, comma 7, del richiamato D.Lgs. 181 del 2000 prevede che al fine di assicurare l'unitarietà e l'omogeneità del sistema informativo lavoro, i moduli per le comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo, nonché le modalità di trasferimento dei dati ai soggetti di cui al comma 6 da parte dei servizi competenti sono definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, d'intesa con la Conferenza Unificata.
Si prevede, inoltre, che, in caso di urgenze connesse ad esigenze produttive, la comunicazione relativa all’instaurazione del rapporto di lavoro può essere effettuata entro cinque giorni dall’assunzione, fermo restando l’obbligo di comunicare entro il giorno antecedente all’assunzione, anche in via telematica mediante documentazione avente data certa, la data di inizio della prestazione e le generalità del lavoratore e del datore di lavoro.
Il comma 2 dell’articolo in esame abroga il comma 2 dell’articolo 7 del D.Lgs. 297 del 2002.
Si consideri che il comma 2 dell’articolo 7 del D.Lgs. 297 del 2002 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 6, commi 2 e 3 dello stesso decreto, si applicano a decorrere dalla data stabilita dal decreto di cui al comma 7 dell'articolo 4-bis, del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181.
Pertanto, il comma 2 in esame in parte assume una valenza di mero coordinamento formale, per quanto riguarda la decorrenza del comma 2 dell’articolo 6 del D.Lgs. 297 del 2002 (disposizione ormai superata e implicitamente abrogata).
Per il resto, rende immediatamente applicabile la disposizione di cui al comma 3 dell’articolo 6 dello stesso D.Lgs. 297, che a sua volta ha sostituito il primo comma dell'articolo 21 della L. 29 aprile 1949, n. 264.
Si ricorda che il primo comma dell'articolo 21 della L. 29 aprile 1949, n. 264, prevede che i datori di lavoro sono tenuti altresì a comunicare la cessazione dei rapporti di lavoro, entro i cinque giorni successivi, quando trattasi di rapporti a tempo indeterminato ovvero nei casi in cui la cessazione sia avvenuta in data diversa da quella comunicata all'atto dell'assunzione.
Il comma 3 prevede che, sino a quando diventerà effettivamente operativa la modalità di trasferimento dei dati contenuti nei moduli per le comunicazioni obbligatorie di cui al decreto interministeriale previsto dall’articolo 4-bis, comma 7, del D.Lgs. 181 del 2000, rimane in vigore l’obbligo di comunicazione all’INAIL di cui all’articolo 14, comma 2, del D.Lgs. 38 del 2000, a cui si deve adempiere esclusivamente con strumenti informatici.
Si ricorda che l’articolo 14, comma 2, del D.Lgs. 38 del 2000 dispone che datori di lavoro soggetti alla disciplina sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro debbono comunicare all'INAIL il codice fiscale dei lavoratori assunti o cessati dal servizio contestualmente all'instaurazione del rapporto di lavoro o alla sua cessazione.
In seguito il comma 2-bis dell'articolo 5 del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181[269], ha stabilito la soppressione dell’articolo 14, comma 2 del D.Lgs. 38/2000 a decorrere dalla data stabilita dal decreto di cui al comma 7 dell'articolo 4-bis, del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 (che tuttavia, come detto, non è stato ancora emanato).
Il comma 4 dell’articolo in esame è volto a riformulare il comma 6 dell’articolo 4-bis del citato D.Lgs. 181 del 2000 e ad introdurre i nuovi commi 6-bis e 6-ter allo stesso articolo, in modo da semplificare gli adempimenti del datore di lavoro connessi alle comunicazioni relative all’instaurazione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro.
Il comma 6 dell’articolo 4-bis del citato D.Lgs. 181 prevede che le comunicazioni del datore di lavoro relative alla proroga o alla trasformazione del rapporto di lavoro (da effettuare entro 5 giorni al servizio per l’impiego competente) sono valide ai fini dell'assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive.
Il comma in esame, nel riformulare il comma 6 dell’articolo 4-bis del citato D.Lgs. 181 del 2000, prevede che le comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro subordinato, autonomo, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali, previste dalla disciplina vigente, inviate al servizio per l’impiego competente mediante gli appositi moduli di cui al comma 7 da definire con decreto interministeriale (cfr. supra), sono valide anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, nonché nei confronti della prefettura-UTG.
Si ricorda che, nel caso di lavoratori extracomunitari, i datori di lavoro sono tenuti a comunicare l’instaurazione, la cessazione e la trasformazione del rapporto entro cinque giorni allo Sportello unico per l’immigrazione presso le prefetture-UTG.
Il nuovo comma 6-bis introdotto all’articolo 4-bis del citato D.Lgs. 181 del 2000 prevede una serie di abrogazioni, anche a seguito delle nuova disciplina prevista dal disegno di legge in esame. In particolare si prevede l’abrogazione:
§ dell’articolo 19, comma 5, del D.Lgs. 276 del 2003.
Tale articolo prevede che nel caso di omissioni relative alle comunicazioni sui rapporti di lavoro, i datori di lavoro sono ammessi al pagamento della sanzione minima ridotta della metà se l'adempimento della comunicazione venga effettuato spontaneamente entro il termine di cinque giorni decorrenti dalla data di inizio dell'omissione.
§ dell’articolo 01, comma 9, del D.L. 2 del 2006, convertito dalla L. 81 del 2006.
Sembrerebbe che la disposizione a cui si intende far riferimento non è l’articolo 1 (indicato erroneamente nel testo) bensì l’articolo 01 del D.L. 2 del 2006, introdotto dalla relativa legge di conversione.
Si ricorda che l’articolo 01, comma 9, del richiamato D.L. 2 del 2006, in deroga alla disciplina generale vigente per gli altri settori produttivi, ha previsto per i datori di lavoro agricoli effettuino le comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro, in via telematica esclusivamente alle sedi INPS territorialmente competenti. E’ inoltre previsto l’obbligo, da parte dell’INPS, di trasmettere le comunicazioni richiamate al centro per l’impiego nel cui ambito territoriale sia ubicata la sede di lavoro dell’azienda agricola e all’INAIL.
Le comunicazioni a cui si riferisce al norma sono le seguenti:
- comunicazione contestuale all’assunzione[270] dei dati anagrafici del lavoratore[271], della data di assunzione, della data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, della tipologia contrattuale, della qualifica professionale e del trattamento economico e normativo. In caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche di socio lavoratore di cooperativa. La medesima procedura si applica ai tirocini di formazione e orientamento ed ad ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata (articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608);
- comunicazione di trasformazione da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a rapporto di lavoro subordinato, entro cinque giorni, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (articolo 4-bis, comma 5, del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, introdotto dall'articolo 6 del D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297);
- comunicazione di cessazione dei rapporti di lavoro, entro i cinque giorni successivi, nel caso in cui si tratti di rapporti a tempo indeterminato, ovvero nei casi in cui la cessazione sia avvenuta in data diversa da quella comunicata all'atto dell'assunzione (articolo 21 della L. 29 aprile 1949, n. 264, così come modificato dal comma 3 dell'articolo 6 del D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297).
Pertanto, con l’abrogazione della disciplina speciale di cui all’articolo 01, comma 9, del D.L. 2 del 2006, si intende estendere ai datori di lavoro agricolo la disciplina generale relativa alle comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro, peraltro in parte riformata dal disegno di legge in esame (cfr. supra).
Infine, il nuovo comma 6-ter introdotto all’articolo 4-bis del citato D.Lgs. 181 del 2000, a fini di semplificazione degli adempimenti burocratici, sostanzialmente sopprime l’obbligo previsto per il datore di lavoro che assume un lavoratore extracomunitario di darne comunicazione scritta (entro quarantotto ore) all’autorità di pubblica sicurezza. Tale obbligo è attualmente previsto dall’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. 286 del 1998[272].
Articolo 173
(Finanziamento di attività promozionali
in materia di salute e sicurezza del lavoro)
1. Alla lettera c) del comma secondo dell'articolo 197 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e per il finanziamento di attività promozionale ed eventi in materia di salute e sicurezza del lavoro, con particolare riferimento ai settori a più elevato rischio infortunistico, nel rispetto della legge 7 giugno 2000, n. 150, del relativo regolamento di attuazione, di cui a decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 422, e dei criteri e delle procedure individuate ogni due anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale».
L’articolo 173 prevede che le risorse del Fondo speciale infortuni, a cui affluiscono le somme introitate per le violazioni alle disposizioni del D.P.R. 1124 del 1965[273], possano essere utilizzate anche per il finanziamento di attività promozionali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento ai settori più a rischio sul versante infortunistico.
Ciò deve avvenire nel rispetto:
§ della L. 150 del 2000, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, e del relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 422 del 2001;
§ dei criteri e delle procedure individuate ogni due anni con decreto del Ministro del lavoro.
Si ricorda che l’articolo 197 del D.P.R. 1124 del 1965 prevede che le somme riscosse per le violazioni alle disposizioni dello stesso provvedimento sono versate a favore del Fondo speciale infortuni, amministrato dal Ministero del lavoro.
Le risorse del Fondo possono essere erogate, dal Ministro del lavoro, per contribuire al finanziamento dello speciale assegno corrisposto ai superstiti dei grandi invalidi del lavoro deceduti per cause estranee all'infortunio o alla malattia professionale, per sovvenire istituzioni aventi per scopo il mantenimento e l'educazione di orfani di infortunati morti sul lavoro e per contribuire allo sviluppo ed al perfezionamento degli studi delle discipline infortunistiche e di medicina sociale in genere.
1. All'articolo 118, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004, 2005 e 2006» sono sostituite dalle seguenti: «e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007».
L’articolo 174 prevede un ulteriore finanziamento, pari a 100 milioni di euro per il 2007, in favore delle attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età, con riferimento all’attuazione dell'obbligo formativo.
Si ricorda che attualmente il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione è disciplinato dal D.Lgs. 15 aprile 2005 n. 76, “Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge 53/2003.
Il decreto legislativo, che si compone di 9 articoli, definisce all’articolo 1 il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione; a tal fine l’obbligo scolastico è ridefinito e ampliato per una durata minima di 12 anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie, anche attraverso l’apprendistato .
E’ prevista la possibilità di assolvere al diritto-dovere anche privatamente, come stabilito dall’articolo 111 del TU sull’istruzione con riferimento all’obbligo scolastico. La fruizione del diritto, di cui si ribadisce la connotazione di dovere sociale, esteso anche ai minori stranieri, è gratuita. E’ inoltre garantita l’integrazione delle persone in situazione di handicap, mentre si stabilisce che l’attuazione del diritto-dovere avvenga con gradualità, come di seguito specificato.
In sostanza si prevede che anche per il 2007 il Ministero del lavoro possa destinare, con proprio decreto, nell’ambito delle risorse di cui all’articolo 68, comma 4, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144[274], una quota fino a 100 milioni di euro per le attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età.
Si ricorda che disposizioni sostanzialmente identiche sono state previste:
- per il 1999, dal comma 5 del citato articolo 68 della L. 144;
- per il 2001, per il 2003, per il 2004 e per il 2005 dall'articolo 118, comma 16, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (come modificato dall'articolo 47, comma 2, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, dall'articolo 3, comma 137, terzo periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, dall’articolo 1, comma 156, della L. 311 del 2004 e da ultimo dall’articolo 39-sexies del decreto legge n. 273/2005, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51).
Si ricorda, inoltre, che il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, emanato in attuazione Legge n. 30 del 2003[275], ed entrato in vigore il 24 ottobre 2003, ha riformato la disciplina dell’apprendistato, introducendo, all’articolo 47, tre differenti tipologie di contratto, ovvero:
a) il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
b) il contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;
c) il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
In particolare, con riguardo al contratto di apprendistato di cui alla lettera a), l’art. 48 prevede che possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni. Il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e di formazione ha durata non superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l'impiego o dai soggetti privati accreditati, mediante l'accertamento dei crediti formativi.
La regolamentazione del contratto di apprendistato è rimessa ad una intesa da raggiungere tra Regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative.
L’intesa dovrà in ogni caso rispettare una serie di principi e criteri direttivi, quali, fra gli altri, la forma scritta, la definizione della qualifica professionale, la previsione di un monte ore di formazione esterna ed interna considerato congruo ai fini del conseguimento della qualifica professionale, nonché il riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali sulla base del percorso di formazione effettuato.
1. Ai fini della collocazione in mobilità, entro il 31 dicembre 2007, ai sensi dell'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, le disposizioni di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 14 febbraio 2003, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 81, si applicano, avuto anche riguardo ai processi di risorganizzazione, ristrutturazione, conversione, crisi o modifica degli assetti societari aziendali, anche al fine di evitare il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria, nel limite complessivo di 6.000 unità, a favore di imprese o gruppi di imprese i cui piani di gestione delle eccedenze occupazionali siano stati oggetto di esame presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale nel periodo dal 1o gennaio 2007 al 28 febbraio 2007. Gli oneri relativi alla permanenza in mobilità, ivi compresi quelli relativi alla contribuzione figurativa, sono posti a carico delle imprese per i periodi che eccedono la mobilità ordinaria. Ai lavoratori ammessi alla mobilità in base al presente comma si applicano, ai fini del trattamento pensionistico, le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e della tabella A allegata al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituita dalla citata legge n. 724 del 1994, nonché le disposizioni di cui all'articolo 59, commi 6, 7, lettere a) e b), e 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. Le imprese o i gruppi di imprese che intendono avvalersi della presente disposizione devono presentare domanda al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il 31 marzo 2007. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2007, di 59 milioni di euro per l'anno 2008 e di 140 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.
L’articolo 175, ai fini della collocazione in mobilità entro il 31 dicembre 2007, è volto a concedere la mobilità lunga a 6.000 lavoratori dipendenti da imprese o gruppi di imprese, i cui piani di gestione delle eccedenze occupazionali siano stati oggetto di esame presso il Ministero del lavoro dei nel periodo dal 1° gennaio 2007 al 28 febbraio 2007, avuto anche riguardo ai processi di ristrutturazione, riorganizzazione, crisi o modifica degli assetti societari e aziendali, anche al fine di evitare il ricorso alla CIGS.
Si ricorda che le aziende, se occupano più di 15 dipendenti ed intendono effettuare almeno 5 licenziamenti (o anche uno solo se interessate dalla CIGS), devono osservare una particolare procedura di riduzione del personale, che si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori licenziati.
In particolare, ai sensi dell’articolo 24 della L. 223 del 1991, la fattispecie del licenziamento collettivo si verifica quando il datore di lavoro che occupa più di 15 dipendenti intende effettuare nell’arco di 120 giorni almeno 5 licenziamenti nell’azienda. In assenza del requisito quantitativo o di quello temporale si applica la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
La procedura (articolo 4 della L.. 223 del 1991) di riduzione del personale, preventiva rispetto alla messa in mobilità, consta di una fase sindacale e di una fase amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali tentano prima tra loro ed eventualmente presso la Direzione provinciale del lavoro di trovare sbocchi alternativi al licenziamento. Se le parti non dovessero raggiungere alcun accordo, allora la procedura si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori.
In particolare, in primo luogo, è previsto che il datore di lavoro deve versare un contributo d’ingresso[276] e deve comunicare alle RSA la propria intenzione di effettuare una riduzione di personale e di collocare i lavoratori in esubero in mobilità. Dopo aver ricevuto al comunicazione le RSA, entro 7 giorni, possono chiedere un esame congiunto della situazione di esubero con il datore di lavoro, al fine di giungere a soluzioni alternative. Dopo tale fase, il datore di lavoro comunica alla DPL competente l’esito del confronto con i sindacati e i motivi dell’eventuale mancato accordo. La DPL può tentare una mediazione ma, se anche in tale sede non si giunga ad una soluzione condivisa, il datore di lavoro può procedere al licenziamento dei lavoratori in esubero.
Se non vengono osservati tutti i passaggi procedurali sinteticamente descritti, può derivarne l’inefficacia dei licenziamenti, per cui i lavoratori avrebbero diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, da far valere entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di licenziamento, con qualsiasi atto scritto anche stragiudiziale.
Si ricorda inoltre che l’articolo 7, commi 1 e 2, della richiamata L. 223 del 1991 prevede che i lavoratori collocati in mobilità, in possesso di determinati requisiti, anche di anzianità aziendale, hanno diritto ad una indennità per un periodo massimo di dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. L'indennità spetta nella seguente misura percentuale del trattamento di CIGS che hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro:
- per i primi dodici mesi: cento per cento;
- dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: ottanta per cento.
Nelle aree del Mezzogiorno, l’indennità di mobilità è corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella seguente misura:
- per i primi dodici mesi: cento per cento;
- dal tredicesimo al quarantottesimo mese: ottanta per cento.
Si ricorda che la mobilità lunga consiste nella proroga dell’indennità di mobilità oltre i termini della sua naturale scadenza e fino al momento in cui lavoratore consegue il diritto alla pensione. Essa è stata introdotta per la prima volta dall’articolo. 7, comma 7, della L. 223 del 1991, e successivamente riproposta per ulteriori periodi dalle seguenti disposizioni:
- articolo 6, comma 10, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1993, n. 236;
- articolo 5, comma 4, del D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1994, n. 451;
- articolo 4, commi 26-27, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 novembre 1996, n. 628;
- articolo 3 del D.L. 19 maggio 1997, n. 129, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 luglio 1997, n. 229 (modificato dall’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 maggio 1998, n. 52);
- articolo 1-septies del D.L. 8 aprile 1998, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 giugno 1998, n. 176;
- articolo 81, comma 1, della Legge 23 dicembre 1998, n. 448 (che modifica il citato articolo 1-septies del D.L. 78 del 1998);
- articolo 45, comma 17, lettera b), della L. 19 maggio 1999, n. 144 (che modifica il citato articolo 1-septies del D.L. 78 del 1998);
- articolo 1-bis del D.L. 14 febbraio 2003, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 aprile 2003, n. 81.
La norma del decreto-legge richiamato rinvia all’ultima di tali proroghe, l’articolo 1-bis del D.L. 14 febbraio 2003, n. 23, convertito, con modificazioni, nella L. 17 aprile 2003, n. 81.
Per quanto riguarda i requisiti che i lavoratori devono possedere al momento della cessazione del rapporto di lavoro per usufruire della mobilità lunga, essi devono essere ricavati dal citato articolo 7, comma7, della L. 223 del 1991:
- compimento di un’età anagrafica inferiore di non più di dieci anni rispetto a quella prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia[277];
- anzianità contributiva non inferiore a 28 anni.
Gli oneri relativi al trattamento di mobilità, per il periodo eccedente la durata della mobilità ordinaria (compresa la contribuzione figurativa), sono posti a carico delle imprese beneficiarie.
L’articolo in esame prevede che ai lavoratori ai quali viene concessa la mobilità lunga ai sensi della presente disposizione, continueranno ad applicarsi gli attuali requisiti per accedere al pensionamento di vecchiaia (articolo 11 della L. 23 dicembre 1994, n. 724 e tabella A allegata alla L. 502 del 1992) e di anzianità (articolo 59, comma 6, comma 7 lett. a) e b) e comma 8 della L. 27 dicembre 1997, n. 449).
Pertanto, tali lavoratori, in deroga alla nuova disciplina sul trattamento pensionistico di anzianità introdotta dalla riforma di cui alla L. 243 del 2004[278] (articolo 1, commi da 6 a 9) che si applicherà a partire dal 1° gennaio 2008, potranno accedere al trattamento pensionistico anche dopo il 31 dicembre 2007 sulla base dei requisiti anagrafici previsti dalla più favorevole disciplina precedente (di cui alla L. 335 del 1995 ed alla L. 449 del 1997).
Si ricorda che la L. 243 del 2004 non ha modificato il regime di accesso alle prestazioni pensionistiche per coloro che maturano i requisiti del diritto alle pensioni di anzianità o di vecchiaia entro il 31 dicembre 2007; i requisiti restano pertanto quelli definiti dalla L. 335 del 1995 e dalla L. 449 del 1997, siano esse calcolate con il metodo retributivo, con quello contributivo o con quello misto. Pertanto ai lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato che maturano i requisiti per la pensione di anzianità entro il 31 dicembre 2007, il diritto alla pensione di anzianità è riconosciuto in presenza di 57 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, qualora ricorra un requisito contributivo più elevato (39 anni per il biennio 2006-2007). Per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS sono attualmente richiesti 58 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, 40 anni di contributi.
Per la pensione di vecchiaia i requisiti, per le pensioni retributive e miste, sono rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età per le donne, e 65 per gli uomini.
Per la pensione di vecchiaia, calcolata esclusivamente con il sistema contributivo, valgono invece le seguenti condizioni di accesso: almeno 5 anni di contributi, 57 anni di età ed una pensione da liquidare di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Si prescinde dal requisito legato all’importo della pensione al compimento dei 65 anni di età.
I lavoratori che entro il 2007 conseguiranno i requisiti sopra indicati potranno accedere al relativo trattamento pensionistico secondo la normativa e le stesse decorrenze vigenti anteriormente alle innovazioni della riforma.
Questi stessi lavoratori, inoltre, potranno esercitare il diritto alla prestazione pensionistica in un qualsiasi momento successivo alla maturazione dei predetti requisiti, indipendentemente da ogni modifica normativa, grazie all’istituto della “certificazione del diritto alla pensione”. Tale certificazione assume valenza garantista dei diritti quesiti, consentendo agli interessati di pensionarsi (anche dopo il 31 dicembre 2007) in base alle regole del previgente regime, anche per quanto riguarda le regole di calcolo della pensione, seppur sia intervenuta una revisione della normativa in materia. Tale disposizione è volta evidentemente ad evitare una “fuga” verso le pensioni nel 2007, in considerazione della consistente elevazione del requisito di età anagrafica per l’accesso alla pensione di anzianità previsto a decorrere dal 2008.
Come detto, infatti, a partire dal 1° gennaio 2008 si assisterà alla riforma strutturale, con l’introduzione dei seguenti requisiti per accedere al pensionamento:
- pensione di anzianità nel sistema retributivo e misto: 35 anni di contributi e 60 anni di età, con incremento di 1 anno nel 2010 e poi ancora di uno nel 2014, salvo verifica degli effetti finanziari; per i lavoratori autonomi il requisito anagrafico è fissato in 61 anni nel biennio 2008-2009, ed a 62 anni nel periodo 2010-2013. In presenza di 40 anni di anzianità contributiva si prescinde dal requisito anagrafico;
- pensione di vecchiaia nel sistema contributivo: 65 anni per gli uomini e 60 per le donne e un quinquennio di contributi; 40 anni di contributi a prescindere dall'età; 35 anni di contributi e 60 anni di età (61 per gli autonomi) con gli incrementi anagrafici di cui al precedente punto.
Le imprese o i gruppi di imprese che intendono avvalersi della disposizione in esame devono presentare apposita domanda al Ministero del lavoro entro il 31 marzo 2007.
Per l’attuazione della misura in esame è autorizzata una spesa di 2 milioni di euro per il 2007, di 59 milioni di euro per il 2008 e di 140 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.
Articolo 176
(Proroga di ammortizzatori sociali)
1. In attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e nel limite complessivo di spesa di 460 milioni di euro a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può disporre, entro il 31 dicembre 2007, in deroga alla vigente normativa, concessioni, anche senza soluzione di continuità, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi definiti in specifici accordi in sede governativa intervenuti entro il 15 giugno 2007 che recepiscono le intese già stipulate in sede istituzionale territoriale ed inviate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il 20 maggio 2007. Nell'ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, i trattamenti concessi ai sensi dell'articolo 1, comma 410, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, possono essere prorogati, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora i piani di gestione delle eccedenze già definiti in specifici accordi in sede governativa abbiano comportato una riduzione nella misura almeno del 10 per cento del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2006. La misura dei trattamenti di cui al secondo periodo è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40 per cento nel caso di proroghe successive. All'articolo 13, comma 2, lettera b), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, le parole: «31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2007».
L’articolo 176,riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 155, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) e nell’articolo 1, comma 410, della L. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) prevede che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2007, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale - di concerto con quello dell'economia e delle finanze – possa - anche in deroga alla normativa ordinaria - concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:
§ la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree regionali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori coinvolti nei medesimi programmi;
§ i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 15 giugno 2007 che recepiscono intese già stipulate in sede istituzionale territoriale e inviati al Ministero del lavoro entro il 20 maggio 2007.
Il secondo periodo dell’articolo in esame autorizza la proroga dei trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dal richiamato articolo 1, comma 410, della legge n. 266 del 2005.
Pertanto il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2006.
L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nell'ipotesi di ulteriori proroghe.
Per l’attuazione delle disposizioni previste dal comma 410 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga - viene stanziato un importo complessivo di spesapari a 460 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione, di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[279]).
L’ultimo periodo dell’articolo in esame modifica l’articolo 13, comma 2, lettera b) del D.L. 35 del 2005, che a sua volta aveva provveduto a modificare l'articolo 1, comma 155, primo periodo, della legge finanziaria per il 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311), il quale ha consentito l’attribuzione in via transitoria di trattamenti in deroga alla disciplina degli ammortizzatori sociali.
Si ricorda che il richiamato primo periodo del comma 155, riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge finanziaria per il 2004 (L. 24 dicembre 2003, n. 350), ha disposto che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2005, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - di concerto con quello dell'economia e delle finanze – possa - anche in deroga alla normativa ordinaria - concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:
- la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi;
- i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2005.
Successivamente l’articolo 13, comma 2, lettera b) del D.L. 35 del 2005 ha introdotto le seguenti modifiche all'articolo 1, comma 155, primo periodo, della legge finanziaria per il 2005:
- ha incrementato da 310 a 460 milioni di euro la dotazione delle risorse finanziarie;
- ha differito il termine per l'applicazione dei benefici dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 nel caso in cui l'accordo sottostante ai trattamenti in deroga sia di settore;
- ha specificato che gli accordi che definiscono i programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali ai quali è subordinata la concessione dei benefici, conclusisi in sede governativa entro il 30 giugno 2005, devono costituire il recepimento delle intese intervenute in sede istituzionale territoriale.
Pertanto l’ultimo periodo dell’articolo in esame differisce ulteriormente il termine per l’applicazione dei benefici in questione dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2007, nel caso in cui l'accordo sottostante ai trattamenti in deroga sia un accordo di settore.
Articolo 177
(Misure per promuovere l'occupazione e
l'emersione del lavoro irregolare)
1. Al fine di procedere alla regolarizzazione e al riallineamento retributivo e contributivo di rapporti di lavoro non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria, i datori di lavoro possono presentare, nelle sedi dell'INPS territorialmente competenti, entro il 30 settembre 2007, apposita istanza ai sensi del presente articolo.
2. L'istanza di cui al comma 1 può essere presentata esclusivamente dai datori di lavoro che abbiano proceduto alla stipula di un accordo aziendale ovvero territoriale con le organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali comparativamente più rappresentative finalizzato alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro di cui al comma 1. Nell'istanza il datore di lavoro indica le generalità dei lavoratori che intende regolarizzare ed i rispettivi periodi oggetto di regolarizzazione, comunque non anteriori ai cinque anni precedenti alla data di presentazione dell'istanza medesima.
3. L'accordo sindacale di cui al comma 2, da allegare all'istanza, disciplina la regolarizzazione dei rapporti di lavoro mediante la stipula di contratti di lavoro subordinato e la sottoscrizione di atti di conciliazione individuale che producono, nel rispetto della procedura dettata dalla normativa vigente, l'effetto conciliativo di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile con riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva e risarcitoria per il periodo pregresso.
4. Ai fini del presente articolo si applica il termine di prescrizione quinquennale per i periodi di mancata contribuzione precedenti al periodo oggetto di regolarizzazione di cui al comma 2. L'accesso alla procedura di cui al presente articolo è consentita anche ai datori di lavoro che non siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi concernenti il pagamento dell'onere contributivo ed assicurativo evaso. Gli effetti di tali provvedimenti sono comunque sospesi fino al completo assolvimento degli obblighi di cui al comma 5.
5. All'adempimento degli obblighi contributivi e assicurativi a carico del datore di lavoro relativi ai rapporti di lavoro oggetto della procedura di regolarizzazione si provvede mediante il versamento di una somma pari a due terzi di quanto dovuto tempo per tempo alle diverse gestioni assicurative relative ai lavoratori dipendenti secondo le seguenti modalità: a) versamento all'atto dell'istanza di una somma pari ad un quinto del totale dovuto; b) per la parte restante, pagamento in sessanta rate mensili di pari importo senza interessi. I lavoratori sono comunque esclusi dal pagamento della parte di contribuzione a proprio carico. La misura del trattamento previdenziale relativa ai periodi oggetto di regolarizzazione è determinata in proporzione alle quote contributive effettivamente versate.
6. Il versamento della somma di cui al comma 5 comporta l'estinzione dei reati previsti da leggi speciali in materia di versamenti di contributi e premi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento dei contributi e dei premi, ivi compresi quelli di cui all'articolo 51 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché all'articolo 18 del decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 1968, n. 1089, in materia di sgravi degli oneri sociali.
7. Nei confronti dei datori di lavoro che hanno presentato l'istanza di regolarizzazione di cui al comma 1, per la durata di un anno a decorrere dalla data di presentazione, sono sospese le eventuali ispezioni e verifiche da parte degli organi di controllo e vigilanza. Entro un anno a decorrere dalla data di presentazione dell'istanza di regolarizzazione di cui al comma 1, i datori di lavoro debbono completare gli adeguamenti organizzativi e strutturali previsti dalla vigente legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. L'efficacia estintiva di cui al comma 6 resta condizionata al completo adempimento degli obblighi in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, verificato alla scadenza del predetto anno dai competenti organi ispettivi delle aziende unità sanitarie locali.
8. Le agevolazioni contributive di cui al comma 5 sono temporaneamente sospese nella misura del 50 per cento e definitivamente concesse al termine di ogni anno di lavoro prestato regolarmente da parte dei lavoratori di cui al comma 3.
9. La concessione di tali agevolazioni resta condizionata al mantenimento in servizio del lavoratore per un periodo non inferiore a 24 mesi dalla regolarizzazione del rapporto di lavoro, salve le ipotesi di dimissioni o di licenziamento per giusta causa.
L’articolo 177 detta misure volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare, sulla base di accordi aziendali o territoriali, concedendo al datore di lavoro che procede alla regolarizzazione agevolazioni relative al versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi pregressi.
Si osserva che l’articolo in esame disciplina la regolarizzazione solamente con riferimento ai pregressi obblighi retributivi, contributivi e assicurativi, nulla disponendo in merito agli obblighi tributari.
In particolare, il comma 1 dispone che il datore di lavoro, al fine di procedere alla regolarizzazione di rapporti di lavoro irregolari (non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria), possono presentare apposita richiesta all’INPS entro il 30 settembre 2007.
Il comma 2 prevede che i datori di lavoro possono avvalersi della possibilità della regolarizzazione solamente dopo aver stipulato apposito accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Nell’istanza il datore di lavoro deve indicare le generalità del lavoratore e i rispettivi periodi oggetto di regolarizzazione, comunque non anteriori ai cinque anni rispetto alla data di presentazione della richiesta.
Ai sensi del comma 3, l’accordo sindacale disciplina la regolarizzazione tramite la stipula di contratti di lavoro subordinato e la sottoscrizione di atti di conciliazione individuale che producono l’effetto conciliativo di cui agli artt. 410 e 411 c.c. con riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva e risarcitoria per il periodo oggetto di regolarizzazione.
Si ricorda che l’articolo 410 del c.c. prevede che chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a controversie individuali di lavoro, se non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, deve promuovere un tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuale. La comunicazione della richiesta del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende il decorso di ogni termine di decadenza, per l’intera durata del tentativo e per i venti giorni successivi. La commissione di conciliazione, ricevuta la richiesta tenta la conciliazione e a tal fine convoca le parti entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
L’articolo 411 c.c. dispone invece che, nel caso la conciliazione riesca, va redatto un processo verbale che deve essere sottoscritto, oltre che dalle parti, dal Presidente della commissione. Il processo verbale, depositato presso la cancelleria del tribunale, è dichiarato esecutivo dal giudice su istanza della parte interessata.
Il successivo comma 4 dispone l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale per i periodi di mancata contribuzione precedenti al periodo oggetto di regolarizzazione.
Inoltre, il secondo periodo del comma sembrerebbe doversi intendere nel senso che possono avvalersi della regolarizzazione anche i datori di lavoro che siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi e giurisdizionali non definitivi concernenti il pagamento dell’onere contributivo e assicurativo evaso.
Si osserva, pertanto, che la parola “non” andrebbe riferita nel testo alla definitività dei provvedimenti amministrativi e giurisdizionali invece che alla eventuale ricezione di tali provvedimenti.
Gli effetti di tali provvedimenti definitivi sono comunque sospesi, dopo la presentazione dell’istanza, fino al completo assolvimento degli obblighi contributivi e assicurativi connessi alla regolarizzazione.
Il comma 5 disciplina le modalità di regolarizzazione ai fini contributivi e assicurativi. In particolare si prevede che il datore di lavoro è tenuto a versare i due terzi di quanto dovuto per il periodo di regolarizzazione alle diverse gestioni assicurative per i lavoratori regolarizzati, con le seguenti modalità:
§ versamento al momento dell’istanza del 20 per cento della somma totale dovuta;
§ per la somma rimanente pagamento in sessanta rate mensili di uguale importo senza interessi di dilazione.
Si osserva che l’accesso alla regolarizzazione e il versamento di quanto previsto dal comma 5 in esame sembrerebbe comportare la non applicazione delle sanzioni civili di cui all’articolo 116, commi di 8 e 9, del D.Lgs. 388 del 2000.
Si ricorda che le sanzioni civili in caso di omesso o tardivo versamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, sono previste, dall’articolo 116, commi 8 e 9, della L. 388 del 2000, in percentuale sull’importo dei contributi o premi non corrisposti entro le scadenze. Le sanzioni civili sono applicate in ragione d’anno.
In particolare:
- nel caso di omissione, si applica una sanzione pari al tasso ufficiale di riferimento (TUR) maggiorato del 5,5%. La misura massima non può superare il 40% dell’omesso o tardivo versamento; comunque, se viene raggiunto il tetto massimo della sanzione civile senza che si sia provveduto all’integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo iniziano a maturare interessi di mora di cui all’articolo 30 D.P.R. 602 del1973[280]. Gli interessi di mora non sono però in ogni caso dovuti nel caso in cui l’omissione sia da attribuire a oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi e il versamento sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori;
- nel caso di evasione accertata d’ufficio, si applica la sanzione del 30% in ragione d’anno, fino ad una misura massima del 60%. Vale quanto detto sopra con riferimento agli interessi di mora, che si applicano se viene raggiunto il tetto massimo della sanzione civile;
- nel caso di evasione denunciata spontaneamente prima di contestazioni e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento, se il pagamento viene effettuato entro 30 giorni dalla denuncia, si applica la sanzione del TUR maggiorato del 5,5% e la misura massima della sanzione non può superare il 40%;
- nel caso di evasione da attribuire ad oggettive incertezze interpretative, si applica la sanzione del TUR maggiorato del 5,5% e la misura massima della sanzione non può superare il 40%. Non sono dovuti gli interessi di mora, purché il versamento sia effettuato entro il termine determinato dagli enti impositori.
Si ricorda che, al fine di rendere più rigorosa la disciplina sanzionatoria nel caso di utilizzazione di “lavoro nero”, l’articolo 36-bis, comma 7 del D.L. 223 del 2006 ha previsto che l’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore impiegato irregolarmente non può essere inferiore a 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
Si prevede, inoltre, che i lavoratori sono esclusi dal pagamento dei contributi a loro carico e che la misura del trattamento pensionistico per il periodo regolarizzato è calcolato in proporzione alla percentuale di contribuzione effettivamente versata.
Il comma 6, al fine di incentivare l’adesione dei datori di lavoro alla regolarizzazione, prevede che il versamento della somma complessivamente dovuta (quindi non solamente l’acconto al momento dell’istanza, ma anche tutte le rate complessivamente dovute) determina “l’estinzione dei reati previsti dalle leggi speciali in materia di versamenti di contributi e premi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento di contributi e premi…”.
Si osserva che il comma 5 disciplina esclusivamente l’adempimento dei pregressi obblighi contributivi e assicurativi, nulla disponendo in merito agli obblighi tributari.
Il comma 6, al fine di incentivare l’adesione dei datori di lavoro alla regolarizzazione, prevede che il versamento della somma complessivamente dovuta (quindi non solamente l’acconto al momento dell’istanza, ma anche tutte le rate complessivamente dovute) determina “l’estinzione dei reati previsti dalle leggi speciali in materia di versamenti di contributi e premi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento di contributi e premi…”.
Si osserva che la disposizione, almeno sul piano letterale, sembrerebbe prevedere l’estinzione dei reati e delle sanzioni amministrative relative esclusivamente al mancato versamento o alla mancata denuncia contributiva mensile all’INPS, mentre nulla viene disposto per le omissioni o irregolarità relative alle registrazioni sui libri di cui è obbligatoria la tenuta (che integrano ipotesi di evasione e non di semplice omissione). Andrebbe valutata l’opportunità di estendere anche a tali fattispecie di violazioni gli effettivi estintivi connessi alla regolarizzazione.
Si consideri che l’impiego irregolare di lavoratori subordinati non risultante dalle scritture obbligatorie è sanzionato sia sul piano penale sia sul piano amministrativo.
Sul piano penale costituiscono fattispecie delittuose:
- l’omissione di registrazioni o denunce obbligatorie, o esecuzione di registrazioni e denunce false, al fine di non versare contributi e premi previsti dalla normativa sulla previdenza e assistenza obbligatorie, allorché l’omissione contributiva supera un certo limite (articolo 37 della L. 24 febbraio 1981 n. 689);
- l’omesso versamento di ritenute previdenziali a carico del lavoratore da parte del datore di lavoro (Articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 12 settembre 1983 n. 463) .
Per l’impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori è inoltre prevista la sanzione amministrativa di cui all’art. 3, comma 3, del D.L. 12 del 2002[281], recentemente modificato dall’articolo 36-bis, comma 7 del D.L. 223 del 2006 al fine di rendere più efficace, in termini di deterrenza, la previsione sanzionatoria.
Per tale fattispecie, dopo le recenti modifiche, si prevede la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
Il comma 6 in esame specifica che l’estinzione delle sanzioni riguarda anche quelle di cui:
§ all’articolo 51 del D.P.R. 1124 del 1965 (T.U. assicurazione contro gli infortuni sul lavoro).
Si ricorda che tale articolo dispone che datori di lavoro, i quali siano recidivi con riferimento alla violazione di cui all’articolo 50 (mancata denuncia del lavoro esercitato), oltre ad eseguire i versamenti previsti, sono tenuti a rifondere all’INAIL l'ammontare delle prestazioni liquidate per infortuni avvenuti durante il periodo dell'inadempienza ai propri dipendenti.
Pertanto, la disposizione in esame sembrerebbe volta a prevedere l’estinzione anche dell’obbligo di rimborsare all’INAIL l’ammontare delle rendite liquidate ai propri dipendenti nel caso della fattispecie di cui al citato art. 51.
§ all’articolo 18 del D.L. 918 del 1968, in materia di sgravi degli oneri sociali. Con riferimento a tale articolo si prevede quindi l’estinzione della sanzione prevista nel caso in cui il datore di lavoro si avvalga di sgravi in maniera superiore a quanto effettivamente spettante.
Si ricorda che per tale violazione l’articolo 18 citato obbliga il datore di lavoro a versare una somma pari a cinque volte l'importo dello sgravio indebitamente utilizzato.
Il comma 7 prevede che nei confronti dei datori di lavoro che presentano l’istanza di regolarizzazione sono sospese le ispezioni o verifiche per un anno a decorrere dall’istanza.
I datori di lavoro devono adeguarsi alla disciplina sulla sicurezza e salute dei lavoratori entro un anno dall’istanza, quindi durante il periodo in cui non possono essere sottoposti ad ispezioni o verifiche.
Si prevede inoltre che l’efficacia estintiva delle sanzioni prevista al comma 6 si perfeziona esclusivamente al completo adeguamento alla disciplina in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, verificato al termine del previsto periodo di un anno dai competenti organi ispettivi.
Andrebbe chiarito, al primo periodo del comma in esame, se la sospensione temporanea delle ispezioni riguardi esclusivamente le ispezioni relative alla sicurezza e alla salute sui luoghi di lavoro, o al contrario tutte le ispezioni volte a verificare il rispetto degli obblighi in materia di condizioni di lavoro e di previdenza sociale.
Si consideri inoltre che il comma 8, a proposito della riduzione a due terzi dei contributi da versare, prevede che l’agevolazione sono temporaneamente concesse solo al 50 per cento e definitivamente concesse per l’importo totale solamente allo scadere di gli anno di lavoro prestato dal lavoratore regolarizzato.
In sostanza si prevede un meccanismo per cui immediatamente è usufruibile solamente la riduzione di un sesto dei contributi e premi dovuti, mentre il rimanente sesto sarà utilizzabile con un differimento di un anno.
Infine, il comma 9, per evitare utilizzazioni strumentali della regolarizzazione senza una effettiva volontà di far emergere in modo stabile il lavoro irregolare, prevede che la concessione delle agevolazioni resta condizionata al mantenimento in servizio del lavoratore per almeno 24 mesi dalla regolarizzazione del rapporto di lavoro salve le ipotesi di dimissioni volontarie o licenziamento per giusta causa.
Si osserva che andrebbe chiarito cosa succede alle predette agevolazioni nel caso in cui il mantenimento in servizio del lavoratore cessi prima del completo versamento delle sessanta rate mensili. In particolare (poiché il comma 9 fa salve le agevolazioni allorché il lavoratore sia mantenuto in servizio almeno 24 mesi dopo la regolarizzazione) sarebbe da precisare se in tale evenienza il datore di lavoro deve versare quanto ancora dovuto in unica soluzione subito dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Si osserva, inoltre, che la disposizione del comma 9 sembrerebbe riferirsi esclusivamente alle agevolazioni relative ai contributi e premi di cui al comma 5, per cui ne deriverebbe la definitività dell’estinzione delle sanzioni di cui al comma 6 anche nel caso di interruzione del rapporto di lavoro, per volontà del datore di lavoro, anche prima dei due anni previsti, purché lo stesso datore di lavoro provveda a versare interamente quanto dovuto a titolo di contributi e premi ai sensi del comma 5.
Articolo 178
(Misure per la stabilizzazione dei
rapporti di lavoro)
1. In attesa di una revisione della disciplina della totalizzazione e della ricongiunzione dei periodi contributivi afferenti alle diverse gestioni previdenziali, al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato nonché di garantire il corretto utilizzo dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, i committenti datori di lavoro, entro e non oltre il 30 aprile 2007, possono stipulare accordi aziendali ovvero territoriali, nei casi in cui nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali unitarie o aziendali, con le organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali comparativamente più rappresentative conformemente alle previsioni del presente articolo.
2. Gli accordi sindacali di cui al comma 1 promuovono la trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, mediante la stipula di contratti di lavoro subordinato. A seguito dell'accordo i lavoratori interessati alla trasformazione sottoscrivono atti di conciliazione individuale conformi alla disciplina di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile. I contratti di lavoro stipulati a tempo indeterminato godono dei benefici previsti dalla legislazione vigente.
3. Per i lavoratori che continuano ad essere titolari di rapporti di collaborazione coordinata a progetto, le parti, ai sensi del comma 4 dell'articolo 61 e dell'articolo 63 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, possono stabilire, anche attraverso accordi interconfederali, misure atte a contribuire al corretto utilizzo delle predette tipologie di lavoro nonché stabilire condizioni più favorevoli per i collaboratori.
4. La validità degli atti di conciliazione di cui al comma 2 rimane condizionata all'adempimento dell'obbligo, per il solo datore di lavoro, del versamento alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, a titolo di contributo straordinario integrativo finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi di vigenza dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del rapporto di lavoro.
5. I datori di lavoro depositano presso le competenti sedi dell'INPS gli atti di conciliazione di cui al comma 2, unitamente ai contratti stipulati con ciascun lavoratore e all'attestazione dell'avvenuto versamento di una somma pari ad un terzo del totale dovuto ai sensi del comma 4. I datori di lavoro sono autorizzati a provvedere per la parte restante del dovuto in trentasei ratei mensili successivi. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, approvano i relativi accordi relativamente alla possibilità di integrare presso la gestione separata dell'INPS la posizione contributiva del lavoratore interessato nella misura massima occorrente per il raggiungimento del livello contributivo previsto nel fondo pensioni lavoratori dipendenti nei limiti delle risorse finanziarie di cui al comma 8. Qualora il datore di lavoro non proceda ai versamenti di cui al presente comma, si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente in caso di omissione contributiva.
6. Gli atti di conciliazione di cui al comma 2 producono l'effetto di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile con riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva e risarcitoria per il periodo pregresso. Il versamento della somma di cui al comma 4 comporta l'estinzione dei reati previsti da leggi speciali in materia di versamenti di contributi o premi e di imposte sui redditi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento dei contributi e dei premi, ivi compresi quelli di cui all'articolo 51 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché all'articolo 18 del decreto-legge 30 agosto 1968, n. 918, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 1968, n. 1089, in materia di sgravi degli oneri sociali. Per effetto degli atti di conciliazione, è precluso ogni accertamento di natura fiscale e contributiva per i pregressi periodi di lavoro prestato dai lavoratori interessati dalle trasformazioni di cui al presente articolo.
7. L'accesso alla procedura di cui al presente articolo è consentita anche ai datori di lavoro che siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali non definitivi concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro. Gli effetti di tali provvedimenti sono sospesi fino al completo assolvimento degli obblighi di cui ai commi 4 e 5.
8. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
L’articolo 178, in attesa di una modifica della disciplina in materia di totalizzazione e ricongiunzione dei periodi assicurativi,è volto a promuovere la trasformazione di rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (di seguito: co.co.co), anche a progetto, in rapporti di lavoro subordinato.
Dalla formulazione dei commi 1 e 2 sembrerebbe evincersi che l’articolo in esame sia volto a promuovere la trasformazione dei rapporti di co.co.co. in rapporti di lavoro subordinato, non necessariamente a tempo indeterminato. Ciò sembrerebbe desumersi anche dall’ultimo periodo del comma 2, che prevede la spettanza dei benefici previsti dalla vigente normativa nel caso in cui i contratti di lavoro siano stipulati a tempo indeterminato (cfr. infra).
Il comma 1, dispone che i datori di lavoro che intendono procedere alla suddetta trasformazione dei rapporti di lavoro sono tenuti – anche per garantire un utilizzo corretto dei rapporti di co.co.co – a stipulare entro il 30 aprile 2007 appositi accordi aziendali (con le rappresentanze sindacali aziendali o unitarie) o territoriali (con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative).
Il successivo comma 2 prevede che gli accordi sottoscritti promuovono la trasformazione dei rapporti di co.co.co. in rapporti di lavoro subordinato e che i lavoratori, a seguito dell’accordo, sottoscrivono appositi atti di conciliazione ai sensi degli articoli 410 e 411 c.c.
Si ricorda che l’articolo 410 del c.c. prevede che chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a controversie individuali di lavoro, se non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, deve promuovere un tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuale. La comunicazione della richiesta del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende il decorso di ogni termine di decadenza, per l’intera durata del tentativo e per i venti giorni successivi.
La commissione di conciliazione, ricevuta la richiesta tenta la conciliazione e a tal fine convoca le parti entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta.
L’articolo 411 c.c. dispone invece che, nel caso la conciliazione riesca, va redatto un processo verbale che deve essere sottoscritto, oltre che dalle parti, dal Presidente della commissione.
Il processo verbale, depositato presso la cancelleria del tribunale, è dichiarato esecutivo dal giudice su istanza della parte interessata.
L’ultimo periodo del comma 2 precisa che i contratti di lavoro subordinato stipulati a tempo indeterminato godono dei benefici previsti dalla legislazione vigente.
Sembrerebbe che la disposizione sia volta a precisare che la trasformazione dei rapporti di co.co.co. in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato vada assimilata alla instaurazione ex novo di un rapporto di lavoro del medesimo tipo, con la conseguenza della spettanza dei relativi benefici previsti dalla normativa vigente.
Il comma 3 dispone che le parti possono stabilire, anche mediante accordi interconfederali, misure volte a prevedere condizioni più favorevoli per i lavoratori che continuano ad essere utilizzati con rapporti di co.co.co., ai sensi dell’articolo 61, comma 4, del D.Lgs. 276 del 2003.
Si ricorda che tale disposizione prevede che la disciplina legislativa sui lavoratori a progetto non pregiudica la previsione di condizioni più favorevoli nei contratti individuali e gli accordi collettivi.
Il comma 4 subordina la validità degli atti di conciliazione all’adempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro del versamento alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, a titolo di contributo straordinario finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per il periodo di svolgimento del rapporto di co.co.co., per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del rapporto.
Il comma 5 dispone che i datori di lavoro sono tenuti a depositare presso l’INPS gli atti di conciliazione insieme ai contratti stipulati con i lavoratori e all’attestazione del versamento di un terzo di quanto complessivamente dovuto a titolo di contributo straordinario integrativo alla gestione separata INPS. La parte rimanente del contributo deve essere versata in trentasei rate mensili.
Qualora i datore di lavoro non dovessero procedere ai versamenti delle rate a titolo di contributo straordinario integrativo, si applicano le sanzioni previste in caso di omissione contributiva (cfr infra).
Si prevede, inoltre, che il Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero dell’economia, approvano gli accordi stipulati con riferimento alla possibilità di integrare la posizione contributiva del lavoratore interessato presso la gestione separata INPS nella misura massima occorrente per il raggiungimento del livello contributivo previsto nel FPLD. Il comma 8 autorizza la spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 ai fini dell’attuazione della disposizione in oggetto.
Il comma 6 precisa gli effetti della stipula degli atti di conciliazione e dell’adempimento degli obblighi da parte del datore di lavoro.
In particolare, gli atti di conciliazione producono gli effetti degli artt. 410 e 411 c.c. (cfr. supra) con riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva e risarcitoria relativi al periodo pregresso.
Inoltre, si prevede che il regolare versamento del contributo straordinario integrativo (eventualmente in forma rateale ai sensi del comma 5) determina “l’estinzione dei reati previsti dalle leggi speciali in materia di versamenti di contributi o premi e di imposte sui redditi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento di contributi e premi…”.
In primo luogo si evidenziache la disposizione in esame prevede che il versamento del contributo straordinario integrativo di cui al comma 4, per quanto riguarda il versante tributario, comporta l’estinzione solamente delle sanzioni penali e non anche delle sanzioni amministrative.
Si osserva inoltre che la disposizione, almeno sul piano letterale, per quanto riguarda le violazioni contributive, sembrerebbe prevedere l’estinzione dei reati e delle sanzioni amministrative relative esclusivamente al mancato versamento o alla mancata denuncia contributiva mensile all’INPS, mentre nulla viene disposto per le omissioni o irregolarità relative alle registrazioni sui libri di cui è obbligatoria la tenuta (che integrano ipotesi di evasione e non di semplice omissione). Andrebbe valutata l’opportunità di estendere anche a tali fattispecie di violazioni gli effettivi estintivi connessi alla regolarizzazione.
Si consideri che l’impiego irregolare di lavoratori subordinati non risultante dalle scritture obbligatorie è sanzionato sia sul piano penale sia sul piano amministrativo.
Sul piano penale costituiscono fattispecie delittuose:
- l’omissione di registrazioni o denunce obbligatorie, o esecuzione di registrazioni e denunce false, al fine di non versare contributi e premi previsti dalla normativa sulla previdenza e assistenza obbligatorie, allorché l’omissione contributiva supera un certo limite (articolo 37 della L. 24 febbraio 1981, n. 689);
- l’omesso versamento di ritenute previdenziali a carico del lavoratore da parte del datore di lavoro (Articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463) .
Per l’impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori è inoltre prevista la sanzione amministrativa di cui all’articolo 3, comma 3, del D.L. 12 del 2002[282], recentemente modificato dall’articolo 36-bis, comma 7, del D.L. 223 del 2006, al fine di rendere più efficace, in termini di deterrenza, la previsione sanzionatoria.
Per tale fattispecie, dopo le recenti modifiche, si prevede la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
Il comma 6 in esame specifica che l’estinzione delle sanzioni riguarda anche quelle di cui:
§ all’articolo 51 del D.P.R. 1124/1965 (T.U. assicurazione contro gli infortuni sul lavoro).
Si ricorda che tale articolo dispone che datori di lavoro, i quali siano recidivi con riferimento alla violazione di cui all’articolo 50 (mancata denuncia del lavoro esercitato), oltre ad eseguire i versamenti previsti, sono tenuti a rifondere all’INAIL l'ammontare delle prestazioni liquidate per infortuni avvenuti durante il periodo dell'inadempienza ai propri dipendenti.
Pertanto, la disposizione in esame sembrerebbe volta a prevedere l’estinzione anche dell’obbligo di rimborsare all’INAIL l’ammontare delle rendite liquidate ai propri dipendenti nel caso della fattispecie di cui al citato art. 51.
§ all’articolo 18 del D.L. 918 del 1968, in materia di sgravi degli oneri sociali. Con riferimento a tale articolo si prevede quindi l’estinzione della sanzione prevista nel caso in cui il datore di lavoro si avvalga di sgravi in maniera superiore a quanto effettivamente spettante.
Si ricorda che per tale violazione l’articolo 18 citato obbliga il datore di lavoro a versare una somma pari a cinque volte l'importo dello sgravio indebitamente utilizzato.
Il comma 6 dispone, inoltre, sempre al fine di incentivare la stabilizzazione dei lavoratori, che per effetto degli atti di conciliazione è precluso ogni accertamento di natura fiscale e contributiva per i pregressi periodi di lavoro prestato come co.co.co. dai lavoratori interessati dalla trasformazione del rapporto.
Il comma 7, infine, consente l’accesso alla procedura di trasformazione dei rapporti di lavoro anche ai datori di lavoro che siano stati destinatari di provvedimenti amministrativi e giurisdizionali non definitivi concernenti la qualificazione del rapporto di lavoro.
Si dispone la sospensione degli effetti di tali provvedimenti fino al completo adempimento da parte del datore di lavoro agli obblighi di cui ai commi 4 e 5 (cfr. supra).
Il perfezionamento degli adempimenti da parte del datore di lavoro determina l’estinzione delle violazioni secondo quanto previsto dal comma 6.
1. All'articolo 1, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2007» e dopo le parole: «e di 45 milioni di euro per il 2006» sono inserite le seguenti: «e di 37 milioni di euro per il 2007».
L’articolo 179 proroga dal 31 dicembre 2006[283] al 31 dicembre 2007 la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle piccole imprese - di quelle aventi, cioè, meno di 15 dipendenti - licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, prevista dall’art. 1, comma 1, primo periodo del D.L. 4 del 1998[284].
Il diritto all'iscrizione è riconosciuto ai soli fini dei benefici contributivi conseguenti all'eventuale rioccupazione, con esclusione, cioè, dell'indennità di mobilità.
Si ricorda che, per la fattispecie in esame, gli incentivi per l’assunzione di lavoratori in mobilità previsti dalla L. 223 del 1991 sono i seguenti :
a) ai sensi dell’art. 25, comma 9, in caso di conclusione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è concesso al datore il beneficio della riduzione della relativa contribuzione a suo carico, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti dipendenti da aziende non artigiane (cfr. infra);
b) ai sensi dell’articolo 8, comma 2, in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a 12 mesi, viene riconosciuto, per l’intero periodo, il medesimo beneficio di cui alla precedente lett. a). Il beneficio è concesso per ulteriori 12 mesi qualora, nel corso del suo svolgimento, tale contratto venga trasformato a tempo indeterminato .
In entrambi i casi lo sgravio contributivo non riguarda i premi INAIL, che restano quindi dovuti per intero.
Si ricorda inoltre che attualmente, in ragione dell’onere formativo, i contributi previdenziali ed i premi assicurativi dovuti dal datore di lavoro per gli apprendisti sono previsti in misura estremamente ridotta, pur garantendo una tutela simile a quella degli altri lavoratori dipendenti. Infatti la contribuzione dovuta per gli apprendisti dal datore di lavoro è attualmente pari a 2,94 o a 2,85 euro settimanali, a seconda che sia previsto o meno l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. In tale ultimo caso l’importo dovuto dal datore di lavoro (2,85 euro) comprende anche il premio assicurativo dovuto all’INAIL.
Si consideri, tuttavia, che l’articolo 85, comma 4, del disegno di legge in esame ridetermina, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, in misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Lo stesso comma prevede espressamente che la rideterminazione si applica anche con riferimento agli obblighi contributivi previsti dalla disciplina vigente in misura pari a quella degli apprendisti, come è il caso dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità.
Si dispone che il beneficio contributivo in questione è concesso per il 2007 nel limite massimo di spesa di 37 milioni di euro, tramite l’utilizzazione di una quota corrispondente della dotazione del Fondo per l'occupazione[285] .
Si ricorda che gli incentivi contributivi previsti in caso di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità possono essere di durata superiore a 12 mesi (rispettivamente fino ad un massimo di 18 per i rapporti a tempo indeterminato o di 23 mesi per i rapporti a termine trasformati nel corso del loro svolgimento in rapporti a tempo indeterminato) e che le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.
1. All'articolo 1, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2007». Ai fini dell'attuazione del presente comma, è autorizzata per l'anno 2007 la spesa di 25 milioni di euro a valere sul Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
L’articolo 180 proroga al 31 dicembre 2007, per le imprese non comprese nell'ambito ordinario di applicazione della disciplina dei contratti di solidarietà, il termine - da ultimo prorogato al 31 dicembre 2006 dall’articolo 1, comma 11, del D.L. 6 marzo 2006, n. 68, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2006, n. 127 - entro il quale esse possono stipulare i predetti contratti, beneficiando di determinate agevolazioni, ai sensi dell’art. 5, commi 5 e 8, del decreto-legge n. 148/1993.
Per "contratti di solidarietà"[286] si intendono quelli collettivi aziendali, stipulati tra imprese industriali e le rappresentanze sindacali, che, a norma dell'articolo 1 del D.L. 726 del 1984, convertito dalla L. 863 del 1984, stabiliscano una riduzione dell'orario di lavoro, al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale. In relazione a tale riduzione d'orario, di cui sia stata accertata la finalizzazione da parte dell'Ufficio regionale del lavoro, il Ministro del lavoro e dello politiche sociali concede il trattamento d'integrazione salariale; il suo ammontare è determinato nella misura del 50% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario[287].
La disciplina transitoria prorogata per tutto il 2007 interessa, ai sensi dell’articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236, le imprese artigiane[288] (anche con meno di 16 dipendenti), e le imprese che non ricadono nel campo di applicazione dell'articolo 1 del D.L. 726 del 1984 (cioè, in sostanza, della CIGS)[289].
In particolare, per le imprese che non ricadono nel campo di applicazione della CIGS, l’articolo 5, comma 5, del citato D.L. 148 ha previsto in via transitoria uno specifico beneficio, nel caso in cui esse avessero stipulato, entro il termine del 31 dicembre 1995[290] - contratti di solidarietà, che evitino o riducano le eccedenze di personale, nel corso della procedura di mobilità di cui all'articolo 24 della L. 223 del 1991. In tal caso, viene riconosciuto, per un periodo massimo di due anni, un contributo pari al 50% del monte retributivo non erogato a seguito della riduzione di orario; tale misura, erogata in rate trimestrali, viene ripartita in parti uguali tra l'impresa e lavoratori interessati - per questi ultimi, il contributo non ha natura di retribuzione ai fini degli istituti contrattuali e di legge (tuttavia, ai fini della liquidazione del trattamento pensionistico, si tiene conto dell'intera retribuzione di riferimento) -.
Il comma 8 del citato articolo 5, come modificato dall'articolo 4, comma 2, del D.L. 299 del 1994, convertito dalla L. 451 del 1994, ha disposto, inoltre, che il predetto contributo possa concedersi, sempre in via transitoria, anche alle imprese artigiane non rientranti nel campo di applicazione del trattamento CIGS, anche ove occupino meno di 16 dipendenti. Tale estensione è disposta a condizione che i lavoratori di tali imprese, interessati dal contratto di solidarietà stipulato inizialmente sempre entro il 31 dicembre 1995 (termine poi prorogato con successive disposizioni e, da ultimo, fino al 2005 dalla finanziaria per il 2005), percepiscano - a carico di fondi bilaterali istituiti dalla contrattazione collettiva - una prestazione "di entità non inferiore alla metà della quota del contributo pubblico destinata ai lavoratori".
L'ammontare del trattamento di integrazione salariale, determinato dalla predetta legge nella misura del 50% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione di orario, è, per i contratti stipulati successivamente alla data del 14 giugno 1995, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, pari al 60% del medesimo trattamento retributivo perso a seguito della riduzione di orario.
Riguardo all'applicazione della proroga, l’articolo in esameautorizza una spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2007, a valere sulle risorse del Fondo per l'occupazione (di cui all’articolo 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236).
Articolo 181
(Misure per assicurare l'adempimento
degli obblighi comunitari ed internazionali)
1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa comunitaria. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 228, comma 1, del citato Trattato.
2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, i poteri sostitutivi necessari, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri Fondi aventi finalità strutturali.
4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia ai sensi dell'articolo 228, comma 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
5. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.
6. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5:
a) nei modi indicati al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;
b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;
c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato ed in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).
7. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3, 4 e 5, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e i termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.
8. I decreti ministeriali di cui al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.
9. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 7 provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.
10. Le notifiche indicate nei commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze.
11. Le controversie relative all'esercizio del diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ferma restando la giurisdizione della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.
12. Al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti di cui agli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
L’articolo 181 contiene misure volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali dello Stato, in particolare derivanti dalle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, dalle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali).
A tal fine, la norma introduce il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi comunitari ed internazionali.
In particolare, il comma 1 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici ed i soggetti equiparati:
§ adottano le misure necessarie a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi comunitari, al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse (su cui si veda infra lo specifico paragrafo);
§ danno esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, pronunciate ai sensi dell'articolo 228, comma 1, TCE (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).
In ogni caso, il comma 2 prevede l’esercizio dei poteri statali sostitutivi nei confronti delle regioni e degli altri enti indicati al comma 1, responsabili della violazione degli obblighi comunitari o della non tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia. Tali poteri sostitutivi vengono esercitati secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge “La Loggia”).
Si ricorda che tale norma - volta a regolare l’esercizio del potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione - stabilisce, in via generale, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite e, in particolare, il comma 1 prevede:
§ l’assegnazione di un congruo termine all’ente interessato per provvedere;
§ l’adozione dell’atto sostitutivo, di natura anche normativa, da parte del Consiglio dei ministri solo a seguito dell’infruttuoso decorso del termine, sentito l’organo interessato.
Peraltro, il comma 2 dispone che qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia, abrogando l’articolo 11 della legge La Pergola, che dettava la disciplina relativa all’esercizio di poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale (e delle province autonome)[291].
Accanto a questa forma di sostituzione, l’articolo 8 ne disciplina un’altra, attivabile nei casi di assoluta urgenza (comma 4): qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, che possono chiederne il riesame.
Si segnala, peraltro, l’opportunità di coordinare tale disposizione con quanto previsto, in ordine ai poteri sostitutivi esercitabili in caso di inadempimento di obblighi comunitari, dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, e in particolare dagli articoli 11, comma 8, relativo all’attuazione in via regolamentare, 13, comma 2, relativo agli adeguamenti tecnici, e 16, comma 3, in materia di attuazione regionale.
La disciplina è sostanzialmente quella prevista dall’art. 11, comma 8, volto a dare attuazione all’art. 117, V comma, Cost.[292]. La norma prevede una triplice garanzia per le regioni e le province autonome:
§ gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome, entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria;
§ esclusivamente nelle regioni e province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;
§ gli atti statali perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute.
Andrebbe valutata l’effettiva portata normativa dei commi 1 e 2 dell’articolo in esame, dal momento che l’obbligo per le regioni (e per gli ulteriori enti indicati al comma 1) di rispettare i vincoli comunitari ed internazionali discende direttamente da quanto previsto dall’articolo 117, primo comma, Cost. Inoltre, l’esercizio dei poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale deriva già – per i casi disciplinati dall’articolo in esame – dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003 e dai citati artt. 11, comma 8, 13, comma 2, e 16, comma 3, della legge n. 11 del 2005.
In caso di inadempimento dei predetti obblighi, il comma 3 prevede il diritto per lo Stato di rivalersi nei confronti degli indicati enti nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse di:
§ Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA);
§ Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
§ altri Fondi aventi finalità strutturali.
Tale diritto di rivalsa è esercitato dallo Stato per compensare gli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna della Corte di Giustizia, ex art. 228 TCE (comma 4), e della Corte europea dei diritti dell’uomo (comma 5) (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).
I successivi commi disciplinano le modalità di esercizio del diritto di rivalsa (commi 6-10).
Questo si esercita in modo differente, a seconda che l’obbligato sia un ente territoriale, ovvero un ente o organismo pubblico diverso, assoggettato al sistema di tesoreria unica, ovvero altro ente.
In particolare :
§ nel caso in cui l’obbligato sia un ente territoriale, il combinato disposto del comma 6, lett. a e dei commi 7-9 prevede che la misura degli importi dovuti, che comunque non deve essere superiore agli oneri finanziari a carico dell’Italia, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Questo deve adottarsi entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna per la Repubblica italiana. Il decreto reca modi e termini per il pagamento, anche rateizzato e costituisce titolo esecutivo. Qualora gli oneri finanziari a carico dell’Italia siano di carattere pluriennale, o non ancora liquidi, possono adottarsi più decreti in relazione al progressivo maturare del credito dello Stato.
I decreti sono emanati previa intesa sull’entità del credito, modalità di recupero e termini di pagamento, anche rateizzato, con l’ente obbligato, la quale deve essere perfezionata entro quattro mesi decorrenti dalla data della notifica allo stesso della sentenza esecutiva di condanna verso l’Italia. Il contenuto dell’intesa è recepito in un provvedimento del Ministro dell’economia e costituisce titolo esecutivo.
Per ciò che attiene alla formulazione della norma, nel comma 8 si disciplinano i decreti di cui al comma 7, “qualora l’obbligato sia un ente territoriale”. Poiché il comma 7 riguarda esclusivamente gli enti territoriali, sarebbe forse opportuna una eliminazione della locuzione sopra riportata.
Inoltre, nel comma 7 si demanda ad un decreto ministeriale la misura degli importi dovuti e si prevede che tale decreto costituisca titolo esecutivo. Nel successivo comma 8 si prevede che tale decreto debba essere emanato previa intesa con l’ente territoriale stesso e che tale intesa venga recepita in un “provvedimento” che costituisce titolo esecutivo.
Inoltre, l’ultimo periodo del comma 8 riproduce quanto già previsto nell’ultimo periodo del comma 7.
Laddove non si raggiunga l’intesa, all'adozione del provvedimento provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. Anche in questo caso possono essere adottati più decreti laddove si sia in presenza di crediti dello Stato che maturano progressivamente.
§ nel caso di enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati sopra, assoggettati al sistema di tesoreria unica, il diritto di rivalsa si esercita con un prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720;
Si ricorda che in base al sistema introdotto dalla legge 29 ottobre 1984, n. 720, gli enti soggetti alla Tesoreria unica, inclusi nella Tabella A, allegata alla legge, sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera.Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”, nelle quali sono versate direttamente, vale a dire mediante operazioni di giroconto che di fatto non transitano dalla tesoreria dell'Ente [293].
I tesorieri eseguono i pagamenti disposti dagli enti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti stessi direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere [294].
§ in ogni altro caso, il diritto di rivalse si esercita nelle vie ordinarie;
Il comma 10 prevede che le notifiche di cui ai sopra commentati commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze
La competenza a conoscere le controversie derivanti dall’esercizio del diritto di rivalsa è attribuita, dal comma 11, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Viene comunque mantenuta ferma la giurisdizione della Corte dei Conti di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (“Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”), relativo all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici.
Si ricorda che quest’ultima norma prevede che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso, nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità. La norma disciplina altresì l’imputazione della responsabilità nel caso di deliberazioni di organi collegiali, di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi ovvero se il fatto dannoso è causato da più persone.
Infine, il comma 12 prescrive alle regioni ed alle province autonome di attuare quanto previsto dagli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per evitare l’insorgere di ulteriori procedure d’infrazione in sede comunitaria. Il citato D.P.R., infatti, dà attuazione alla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, e in parte alla direttiva 79/409/CEE.
In particolare, i citati articoli dispongono in ordine alle misure di conservazione, che le regioni e le province autonome devono adottare per le zone speciali di conservazione (ZSC) e per le zone di protezione speciale (ZPS) - al fine di evitare il degrado degli habitat nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate - sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete «Natura 2000».
Si ricorda che il decreto legge 16 agosto 2006, n. 251, recante “Adeguamento alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica” contiene disposizioni finalizzate a dare attuazione alle citate direttive, in materia di zone di protezione speciale e zone speciali di conservazione. In proposito, si ricorda che sono state avviate diverse procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia per la mancata attuazione delle indicate direttive, su cui si veda l’apposito paragrafo. Si ricorda, inoltre, che un disegno di legge governativo (AS 932) di contenuto analogo al suddetto decreto-legge è stato assegnato il 15 settembre 2006 alla Commissione agricoltura del Senato, la quale non ne ha tuttavia ancora avviato l’esame.
Al riguardo, andrebbe valutata l’effettiva omogeneità del comma 12 rispetto al contenuto dell’articolo in esame, che introduce una procedura di carattere generale attivabile dallo Stato in caso di inadempimento di obblighi comunitari ed internazionali.
Si ricorda che gli articoli 226 e 228 TCE delineano un percorso articolato nel caso in cui uno Stato membro risulti inadempiente rispetto agli obblighi comunitari. In particolare, si prevede che:
§ la procedura di infrazione, normalmente preceduta da una serie di contatti verbali e/o scritti tesi ad accertare e approfondire da entrambe le parti i termini della contestazione, si apre con l’invio da parte della Commissione di una lettera (di messa in mora) nei confronti dello Stato membro, nella quale vengono precisati i comportamenti o le misure considerate lesive delle norme comunitarie. La lettera si conclude con la fissazione di un termine allo Stato per la presentazione delle osservazioni, di norma non inferiore a due mesi;
§ in caso di mancata risposta da parte dello Stato o di in caso di risposta non soddisfacente, la Commissione emette un parere motivato, con il quale precisa la sua posizione e invita lo Stato ad adottare, entro un certo termine, i provvedimenti volti a eliminare la difformità della legislazione dello Stato in questione rispetto alle norme comunitarie;
§ qualora lo Stato non si conformi entro il termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia per fare accertare la violazione compiuta dallo Stato (ricorso dinanzi alla Corte);
§ se anche la Corte riconosca l’inadempienza dello Stato in questione con una sentenza, lo Stato è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per l'esecuzione della medesima sentenza;
§ in base all’articolo 228, nel caso in cui i provvedimenti per l’esecuzione della sentenza non siano adottati, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, invia una nuova lettera di messa in mora e, in caso di reiterata inadempienza, formula un parere motivato complementare;
§ qualora lo Stato in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti necessari, la Commissione può adire la Corte di giustizia, precisando l'importo della somma forfettaria o della penalità, che lo Stato dovrà versare;
§ infine, la Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminare il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.
La possibilità di infliggere sanzioni pecuniarie in caso di sentenza di inadempimento è stata introdotta dal trattato di Maastricht, che ha modificato a tal fine l’ex articolo 171 del trattato CE, diventato articolo 228 del trattato CE, nonché l’articolo 143 del trattato Euratom.
Ai fini dell’applicazione di tali norme, la Commissione ha adottato nel 1996 e nel 1997 due comunicazioni relative al metodo di calcolo della penalità[295].
Nel dicembre 2005 la Commissione ha adottato una nuova comunicazione (Sec (2005) 1658), che sostituisce le precedenti al fine di aggiornarle alla giurisprudenza nel frattempo intervenuta e adattare il metodo di calcolo delle sanzioni all’allargamento dell’Unione.
In realtà, lo scopo principale che la Commissione persegue attraverso questa modifica del sistema delle sanzioni è che gli Stati membri correggano le infrazioni più rapidamente, riducendo i ricorsi ex articolo 228. Pertanto, la Commissione ha inasprito l’importo delle sanzioni, intervenendo sul metodo di calcolo e sulla tipologia delle sanzioni stesse.
Nell’ambito della comunicazione vengono quindi individuati i principi generali per la definizione della sanzione, il cui importo deve essere funzionale a garantire l’applicazione effettiva del diritto comunitario. La Commissione ritiene che si debbano tenere presenti tre criteri fondamentali:
§ la gravità dell’infrazione,
§ la durata dell’infrazione,
§ l’efficacia dissuasiva della sanzione, onde evitare recidive.
Le sanzioni devono, inoltre, essere prevedibili per gli Stati membri e calcolate secondo un metodo chiaro ed uniforme, che rispetti il principio di proporzionalità e quello di parità di trattamento tra gli Stati. La Commissione dovrà comunque motivare dinanzi alla Corte in che modo abbia determinato l’importo della sanzione proposto.
Sotto il profilo dell’efficacia della sanzione, occorrerà fissare l’importo in misura adeguata per garantirne l’effetto dissuasivo. L’irrogazione di sanzioni puramente simboliche priverebbe di qualsiasi utile effetto questo strumento, complementare della procedura d’infrazione e andrebbe contro l’obiettivo ultimo della procedura stessa, che è quello di garantire la piena applicazione del diritto comunitario.
In particolare, la comunicazione rilancia lo strumento della somma forfetaria, dal momento che la prassi sinora seguita, consistente nel limitarsi a proporre alla Corte l’irrogazione di penalità per mancata esecuzione nella sentenza a norma dell’articolo 228, “ha per effetto che le regolarizzazioni tardive, prima della sentenza, non comportano alcuna sanzione e non sono pertanto scoraggiate efficacemente. Limitarsi alla penalità e non chiedere il pagamento di una somma forfettaria potrebbe quindi equivalere ad accettare che, dopo la constatazione da parte della Corte dell’inadempimento di un obbligo da parte di uno Stato membro, questo stesso Stato possa lasciar sussistere questa situazione senza conseguenze. La Commissione ritiene che una situazione prolungata di inottemperanza a una sentenza della Corte di giustizia, di per sé, leda già gravemente il principio di legalità e la certezza del diritto, in una Comunità di diritto”.
La comunicazione ricorda, quindi, come nella sentenza della Corte nella causa C-304/2002, Commissione contro Francia, sono stati inflitti per la prima volta i due tipi di sanzione pecuniaria (penalità e somma forfettaria), cumulati per la stessa infrazione. Pertanto, è intenzione della Commissione indicare nei suoi ricorsi alla Corte:
§ una penalità per giorno di ritardo successivo alla pronuncia della sentenza a norma dell’articolo 228;
§ una somma forfettaria, che sanzioni la continuazione dell’infrazione tra la prima sentenza, di constatazione dell’inadempimento, e la sentenza a norma dell’articolo 228.
La somma forfettaria e la penalità dovranno essere basate su un metodo predeterminato e oggettivo che disciplini il calcolo delle sanzioni proposte, in modo da garantire quanto più possibile la parità di trattamento tra gli Stati.
In particolare, in ossequio al principio di proporzionalità, nei casi in cui vengano mossi addebiti che possono essere valutati separatamente, la Commissione può proporre una sanzione distinta per ciascun addebito, di modo che il volume globale della sanzione sarà ridotto via via che lo Stato membro esegue parti della sentenza. Inoltre, nei casi in cui lo Stato membro riesca ad aumentare il grado di esecuzione della direttiva senza realizzarne la completa esecuzione, è necessario che la sanzione tenga conto dei progressi via via realizzati dallo Stato medesimo. In terzo luogo, può risultare necessario adattare il periodo temporale di riferimento ad esigenze particolari, proponendo – oltre alle penalità giornaliere – anche unità temporali di riferimento diverse, ad esempio di sei mesi o un anno. Ciò può accadere quando il grado di esecuzione può essere valutato soltanto a intervalli regolari, al fine di evitare che le penalità continuino ad accumularsi per periodi nei quali l’infrazione era di fatto cessata, ma non constatata. Infine, in casi particolari, è possibile prevedere la sospensione di una penalità, per verificare l’efficacia delle misure nel frattempo disposte dallo Stato per ottemperare alla sentenza di inadempimento.
La penalità è costituita da una somma, dovuta per ogni giorno di ritardo, salvo fissazione di una diversa unità temporale di riferimento (come sopra indicato), che decorre dal giorno in cui la seconda sentenza della Corte viene notificata allo Stato e termina il giorno in cui quest’ultimo pone fine all’infrazione.
Per il calcolo della penalità si parte da un importo forfettario di base uniforme, pari a 600 euro al giorno, cui applicare poi i coefficienti moltiplicatori.
Nella comunicazione si legge che tale importo è stato determinato in modo che:
§ la Commissione conservi un ampio potere discrezionale nell’applicazione del coefficiente di gravità,
§ l’importo sia ragionevole;
§ l’importo finale della penalità sia tale da garantire una sufficiente pressione sullo Stato membro.
Tra i coefficienti moltiplicatori, si segnala, in particolare, il coefficiente di gravità, legato all’importanza delle norme comunitarie oggetto dell’infrazione ed alle conseguenze di quest’ultima sugli interessi generali e particolari[296]. Nell’ambito di tale valutazione si dovrà, altresì, tenere conto del caso in cui lo Stato membro abbia adottato delle misure per conformarsi alla sentenza, ma ritenute insufficienti dalla Commissione, rispetto all’ipotesi in cui uno Stato non abbia adottato alcuna misura, come del resto dovrà essere tenuta presente la leale collaborazione dello Stato con la Commissione.
Vi è, inoltre, il coefficiente di durata, che tiene conto della durata dell’infrazione, a decorrere dalla prima sentenza della Corte di giustizia fino al momento in cui la Commissione decide di adire la Corte. La durata dell’infrazione deve essere presa in considerazione per il calcolo sia della penalità che della somma forfettaria.
Infine, si segnala che l’importo della penalità deve far sì che la sanzione sia oltre che proporzionata anche dissuasiva e, dunque, sufficientemente elevata da indurre lo Stato membro:
§ a metter fine all’infrazione (perciò deve essere superiore ai vantaggi che lo Stato trae dall’infrazione);
§ a non recidivare.
Il nuovo sistema sanzionatorio è applicato a decorrere dal 1 gennaio 2006, ma, in via transitoria, nei casi di inadempimento che gli Stati membri regolarizzeranno nel corso dell’anno 2006, la Commissione continuerà ad applicare l’attuale prassi del ritiro del ricorso presentato presso la Corte ai sensi dell’articolo 228 CE.
Si ricorda, infine, che la comunicazione detta i criteri cui si atterrà la Commissione nel proporre l’ammontare della sanzione pecuniaria, fermo restando che la decisione ultima sull’irrogazione delle sanzioni spetti alla Corte di giustizia.
La Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, aperta alla firma a Roma il 4 novembre 1950[297], è stata elaborata nell’ambito del Consiglio d’Europa. Oltre a enunciare una serie di diritti e libertà civili e politici, la Convenzione istituiva un sistema destinato a garantire il rispetto da parte degli Stati contraenti degli obblighi da essi assunti. Tale sistema si imperniava su tre organi, ovvero la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1954), la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1959) e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, composto dai ministri degli affari esteri degli Stati membri o dai loro rappresentanti.
L’aumento progressivo del numero dei casi sottoposti a tali organi, nonché l’incremento del numero degli Stati membri – e quindi dei potenziali ricorrenti – a partire dal 1990, con l’ingresso progressivo di quasi tutti gli Stati dell’ex blocco comunista (inclusi quelli emersi dalla dissoluzione dell’URSS), innescarono una riflessione sulla necessità di ristrutturare il meccanismo di controllo della Convenzione.
Si giunse così nel 1994 all’adozione del Protocollo n. 11[298] alla Convenzione del 1950, con il quale ci si proponeva di abbreviare la durata delle procedure e di rafforzare al tempo stesso il carattere giurisdizionale del sistema: tra l’altro, il ricorso individuale, che nella precedente architettura era possibile solo se lo Stato del ricorrente aveva accettato tale eventualità, è divenuto con il Protocollo n. 11 facoltà indipendente del ricorrente. La riforma ha previsto una Corte[299] unica con la possibilità, su ricorso, di un riesame del giudizio di primo grado. Inoltre, contrariamente a quanto avveniva nel passato, i giudici sono stati resi permanenti, mentre la loro elezione, come nel passato, è effettuata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Viene altresì mantenuto il filtro della ricevibilità dei ricorsi, effettuato da un Comitato di tre giudici che decide all'unanimità, come anche la prassi del regolamento amichevole. Il collegio giudicante, detto Sezione, è normalmente composto da sette giudici, tra i quali il cosiddetto "giudice nazionale". Una volta emessa la sentenza le parti possono chiederne, entro tre mesi, il riesame, che avviene da parte di una Sezione allargata (Grande Chambre), composta da diciassette giudici. Un collegio di cinque giudici della Grande Chambre valuta la ricevibilità del ricorso, che deve essere sostenuto da gravi motivi. La Grande Chambre, di cui fanno parte il Presidente della Sezione ed il giudice nazionale, può anche essere investita dell'esame di primo grado di un ricorso, nel caso in cui la Sezione decida di spogliarsene. In tal caso non si avrà la possibilità del riesame, ed è perciò previsto che il potere della Sezione di spogliarsi del caso sia subordinato alla non opposizione delle parti.
Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è responsabile del controllo dell’esecuzione di dette sentenze. Esso è quindi incaricato di verificare che gli Stati che sono stati condannati per aver violato la Convenzione abbiano preso le misure necessarie per adempiere gli obblighi specifici o generali che risultano dalle sentenze della Corte.
Va peraltro ricordato che nel corso dei tre anni successivi all’entrata in vigore del Protocollo n. 11, il carico di lavoro della Corte ha conosciuto un aumento senza precedenti. Il numero di ricorsi registrati è passato da 5.979 nel 1998 a 13.858 nel 2001, che corrisponde ad un aumento di circa 130%. Le preoccupazioni riguardo la capacità della Corte di occuparsi del volume crescente di ricorsi hanno generato delle richieste di risorse supplementari e speculazioni sulla necessità di una nuova riforma. Nel 2004 è stato così adottato il Protocollo n. 14 (ratificato dall’Italia con la legge 15 dicembre 2005, n. 280), che non è ancora entrato in vigore a livello internazionale, e quindi neanche per il nostro Paese. Il Protocollo apporta ulteriori modifiche al sistema di controllo instaurato dalla Convenzione del 1950: esso si propone in particolare di modificare alcune procedure interne della Corte europea.
In ogni caso, con riferimento all’articolo in commento, va tenuto presente che le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo sono effettivamente in grado di imporre oneri significativi agli Stati membri: ad esempio l’Italia è stata più volte condannata, nel periodo più recente, per l’eccessiva durata dei processi (soprattutto in campo civile), e ha dovuto rifondere ai ricorrenti le spese legali e i danni morali.
Il 5 luglio 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[300]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Liguria con la legge n. 34 del 5 ottobre 2001 “Attuazione dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE”, poi modificata dalla legge regionale 1° agosto 2002, n. 31. Il parere motivato fa riferimento al testo vigente della legge.
Il 4 luglio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[301] per non conformità della normativa italiana di recepimento della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici alla direttiva medesima e per la non corretta applicazione della stessa. In particolare, la Commissione rileva che non sono conformi alla direttiva la normativa statale e quella di tredici regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia, Veneto, Sardegna e Liguria).
Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia:
§ un parere motivato[302]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Sardegna con la legge n. 2 del 13 febbraio 2004 “Norme in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in Sardegna in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221.
§ un parere motivato[303]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Veneto con la legge n. 13 del 12 agosto 2005 “Disciplina del regime di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio”.
Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare[304] per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia previste per le zone speciali di conservazione e/o di protezione, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 92/43.
In particolare, l’Italia non avrebbe adottato le misure idonee ad evitare il degrado della zona di protezione speciale IT5210070 “Lago Trasimeno”. Tale degrado, causato da un impoverimento idrico di rilevante entità (per scopi agricoli e licenze di varia natura), ha compromesso la funzionalità ecologica del sito. Inoltre sulle parti prosciugate è in corso di costruzione una pista ciclabile senza che sia stata effettuata la valutazione di incidenza prevista dall’art. 6 della direttiva 92/43. La Commissione ritiene pertanto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.
La Commissione ha inviato all’Italia, il 13 luglio 2004, tre pareri motivati, per violazioni della direttiva n. 92/43/CEE e della direttiva n. 79/409/CEE: le contestazioni riguardano l’omissione di valutazione dell’impatto potenziale di una serie di progetti di costruzione all’interno di siti protetti. In particolare i rilievi della Commissione sono relativi ai seguenti casi:
§ la realizzazione di una zona industriale nelle vicinanze di Manfredonia (Foggia) che avrà un impatto sul sito naturale “Valloni e steppe pedegarganiche”[305];
§ lo svolgimento di varie attività potenzialmente nocive (costruzione e successiva distruzione a mezzo fuoco di uno scenario cinematografico in un canneto durante la stagione di riproduzione degli uccelli, costruzione di infrastruttura turistico-sportiva, ecc.) che hanno avuto luogo in località Lago di Mezzola e Pian di Spagna, in provincia di Sondrio, provocando gravi perturbazioni in un habitat che ospita 74 specie di uccelli anche migratori[306];
§ la costruzione di nuove infrastrutture sciistiche nel parco nazionale dello Stelvio[307].
Per quest’ultimo caso, la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia in data 10 agosto 2005 (C-304/2995).
Il 30 marzo 2003 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[308] per violazione della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici. Secondo la Commissione, l’Italia avrebbe omesso di adottare le misure idonee ad evitare il degrado degli habitat naturali e la perturbazione delle specie viventi nella zona protetta ZPS IT 3210018 “Basso Garda”. In particolare i rilievi della Commissione sottolineano che :
§ il pontile di attracco per imbarcazioni nel comune di Castelnuovo del Garda e le attività di navigazione che vi si svolgono attorno sono incompatibili con gli obiettivi di conservazione del sito in caso di uso del pontile nel periodo di svernamento degli uccelli;
§ il porto turistico nel comune di Peschiera del Garda è causa dell’aumento del traffico lacuale e quindi è suscettibile di avere un impatto significativo sugli uccelli e il loro habitat nella zona.
In relazione alla normativa comunitaria in materia di habitat naturali, sono inoltre pendenti le seguenti procedure di contenzioso:
2002/5403 |
Parziale applicazione delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE. Progetto Consorzio sviluppo Murgiano. |
Presentato ricorso alla Corte di giustizia il 24/05/2006 C-179/06 |
2003/2087 |
Conservazione degli habitat naturali e semi naturali della flora e della fauna - utilizzo di metodi di pesca dannosi per i piccoli cetacei |
Messa in mora 13/12/2005 |
2003/2209 |
Ampliamento della base militare dell'isola della Maddalena (Sassari). |
Messa in mora 12/10/2005 |
2003/4090 |
Impatto ambientale sugli habitat interessati dal progetto di costruzione del ponte di Messina |
Messa in mora 12/10/2005 |
2004/5104 |
Collegamento sciistico fra le località di Pinzolo e Madonna di Campiglio |
Messa in mora complementare 04/04/2006 |
2004/5159 |
Realizzazione di centrali idroelettriche in Val Masino (Sondrio) |
Messa in mora 12/10/2005 |
2005/4128 |
Progetto di un Terminale GNL presso il delta del Po (Rovigo). |
Messa in mora 4/04/2006 |
2005/4378 |
Realizzazione di un impianto sportivo a Selva di Progno (Verona). |
Parere motivato 13/12/2005 |
Articolo 182
(Interventi a sostegno del settore
turistico)
1. Per il sostegno del settore turistico è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo si provvede all'attuazione del presente comma.
2. Per le finalità di sviluppo del settore del turismo, anche in relazione alla necessità di incentivare l'unicità della titolarità tra la proprietà dei beni ad uso turistico-ricettivo e la relativa attività di gestione, nonché i processi di crescita dimensionale delle imprese turistico-ricettive, è stanziata la somma di 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
3. È autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da assegnare all'Osservatorio nazionale del turismo di cui all'articolo 12 del decreto-legge 11 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, da destinare specificamente per le attività di monitoraggio della domanda e dei flussi turistici ed identificazione di strategie di interesse nazionale per lo sviluppo e la competitività del settore.
L’articolo 182 prevede stanziamenti finalizzati al sostegno del settore turistico per il triennio 2007-2009.
In particolare, il comma 1 autorizza la spesa di 10 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per il sostegno del settore turistico. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400[309], su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo - si provvede all'attuazione del presente comma.
Il comma 2 autorizza la spesa di 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per le finalità di sviluppo del settore del turismo, anche in relazione alla necessità di incentivare l'unicità della titolarità tra la proprietà dei beni ad uso turistico-ricettivo e la relativa attività di gestione, nonché i processi di crescita dimensionale delle imprese turistico-ricettive.
Il comma 3 autorizza la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da assegnare all'Osservatorio nazionale del turismo di cui all'articolo 12 del decreto-legge 11 marzo 2005, n. 35[310], da destinare specificamente per le attività di monitoraggio della domanda e dei flussi turistici ed identificazione di strategie di interesse nazionale per lo sviluppo e la competitività del settore.
Il decreto-legge 35/2005 (cd. “decreto-legge competitività”) aveva previsto all’articolo 12, comma 7 – fra l’altro - l’istituzione dell'Osservatorio nazionale del turismo.
In attuazione di quanto disposto dal citato comma, è stato successivamente emanato il D.P.R. 6-4-2006 n. 207[311], il cui articolo 9 è dedicato all’Osservatorio nazionale del turismo, istituito presso la Presidenza del Comitato nazionale per il turismo, presieduto dal Direttore della Direzione generale per il turismo del Ministero delle attività produttive e coordinato da un rappresentante designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con compiti di studio, analisi e monitoraggio delle dinamiche economico-sociali connesse al fenomeno, anche ai fini della misurazione del livello di competitività del sistema.
Dell'Osservatorio fanno comunque parte almeno tre esperti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Il Comitato nazionale per il turismo, in seno al quale rientra l’Osservatorio, è stato istituito dal medesimo articolo 12, comma 1, del decreto-legge “competitività”, per assicurare il coordinamento stabile delle politiche di indirizzo del settore turistico in sede nazionale e la sua promozione all'estero.
Peraltro, la Corte costituzionale, con sentenza 17 maggio-1° giugno 2006, n. 214[312], ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità di questo comma, accogliendo in questo modo il ricorso presentato da alcune Regioni.
Il Comitato, dunque, è stato ridisegnato prevedendo un maggior coinvolgimento delle Regioni, ed ha assunto il nome di Comitato delle Politiche turistiche[313]. Presieduto dal Vice Presidente del Consiglio dei Ministri con delega per il turismo, al Comitato sono affidati – alla luce della sentenza della Corte Costituzionale - compiti di identificazione di aree di intervento soggette ad elaborazione di linee guida per una regia comune delle politiche nazionali e regionali, e di individuazione di iniziative nell’ambito di strategie condivise, finalizzate all’implementazione ed allo sviluppo del settore medesimo. Tutte le attività di supporto al Comitato sono svolte dalla Direzione Generale del turismo.
In relazione alla disposizione in esame si segnala che il comma 5 dell'articolo 15 del decreto legge n. 262 del 2006[314], recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria - mediante una modifica all’articolo 1, comma 19-bis del DL 181 del 2006 - incardina presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, che subentra nelle funzioni alla direzione generale del turismo contestualmente soppressa.
Si ricorda in proposito che l’articolo 1, comma 19-bis del citato DL n. 181 del 2006, ha attribuito le funzioni di competenza statale assegnate al Ministero delle attività produttive dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di turismo, al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo, da istituirsi presso il Ministero per i beni e le attività culturali, previo trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive (commi 19-ter e 19-quater).
La Commissione europea ha presentato il 17 marzo 2006 la comunicazione “Rinnovare la politica comunitaria per il turismo: una partnership più forte per il turismo europeo” COM(2006).
Per l’illustrazione della comunicazione si rinvia alla scheda Documenti all’esame dell’UE relativa all’articolo 107.
Articolo 183
(Rifinanziamento del trasporto pubblico
locale)
1. Per l'espletamento delle funzioni e dei compiti in materia di trasporto pubblico locale, delegati alle regioni ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, è autorizzata, a decorrere dall'anno 2007, la spesa di 60 milioni di euro ad integrazione delle risorse già attribuite alle regioni ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario n. 224 alla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 2000. Il trasferimento delle risorse deve garantire, ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, il livello dei servizi, come definito dagli accordi di programma stipulati ai sensi degli articoli 8 e 12 del citato decreto legislativo n. 422 del 1997. Conseguentemente, all'articolo 20 del medesimo decreto legislativo n. 422 del 1997 è soppresso il secondo periodo del comma 2 ed è abrogato il comma 6.
L’articolo 183 reca il rifinanziamento del trasporto pubblico locale.
II settore del trasporto pubblico locale(TPL) è stato oggetto di un rilevante processo di riforma, regolato dal D.Lgs. 422/1997[315], successivamente modificato ed integrato dal D.Lgs 400/1999, nonché da ulteriori disposizioni di carattere puntuale. Alla revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, che - per il settore dei trasporti - ha espressamente previsto che le regioni assumano la funzione programmatoria e definiscano il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, con costi a carico dei bilanci regionali e offrendo come strumento di garanzia la subordinazione del conferimento delle funzioni a preventivi accordi di programma da stipularsi tra il Ministero dei trasporti e le regioni.
Il D.Lgs 422 ha quindi disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati, ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi.
Sono stati definiti servizi pubblici di trasporto regionale e locale - esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrale e periferica, anche tramite enti o altri soggetti pubblici - quei servizi di trasporto di persone e merci (esclusi quelli di interesse nazionale, lasciati alla competenza dello Stato) che comprendono l'insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell'ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale.
Per quanto concerne le funzioni delegate alle regioni, esse riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale, e le competenze conferite sono essenzialmente di carattere programmatorio, nonché di carattere amministrativo e finanziario. E’ stato previsto il conferimento e l’attribuzione delle relative risorse, previo accordo di programma tra Ministero dei trasporti e regione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato sentiti i Ministri interessati ed il Ministro del tesoro e tale da prevedere un trasferimento di beni e risorse che sia comunque congruo rispetto alle competenze trasferite e che comporti la parallela soppressione dell'amministrazione statale periferica, ovvero il suo ridimensionamento in rapporto ad eventuali compiti residui.
Il D.Lgs. 422/1997, disciplinando le forme di esercizio locale dei servizi di trasporto pubblico, ha stabilito, inoltre, in ossequio al principio di sussidiarietà, che le regioni conferiscano a province, comuni ed enti locali – pena l’intervento sostitutivo del Governo - le funzioni in materia di trasporto pubblico locale che non richiedano un unitario esercizio a livello regionale. Gli enti locali hanno inoltre competenza residuale, appartenendo ad essi i compiti e le funzioni che non sono di competenza dello Stato e delle regioni; in particolare sono ad essi espressamente conferiti i compiti amministrativi e le funzioni nei settori del trasporto lagunare e lacuale .
Al fine della effettiva realizzazione del trasferimento o della delega di funzioni agli enti locali, il D.Lgs. n. 422 ha previsto l’intervento, entro sei mesi dalla data di emanazione dello stesso, di apposite leggi regionali che individuassero in modo puntuale le funzioni conferite[316].
In particolare, la disposizione autorizza la spesa di 60 milioni di euro:
§ al fine di consentire l’espletamento delle funzioni in materia di servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a. delegati alle Regioni ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 422/1997.
Ai sensi dell’articolo 8 sono delegati alle Regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti:
a) le ferrovie in gestione commissariale governativa, affidate per la ristrutturazione alla società Ferrovie dello Stato S.p.a. dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662;
b) le ferrovie in concessione a soggetti diversi dalle Ferrovie dello Stato S.p.a.
Le Regioni subentrano allo Stato, quali concedenti delle ferrovie sopra indicate sulla base di accordi di programma, stipulati a norma dell'articolo 12 del decreto, con i quali sono definiti, tra l'altro, per le ferrovie in concessione di cui alla lettera b), i finanziamenti diretti al risanamento tecnico-economico.
§ ad integrazione delle risorse attribuite ai sensi del DPCM 16 novembre 2000 che ha individuato e trasferito alle regioni le risorse per l'esercizio delle funzioni e compiti inerenti ai servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a. di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 422/1997.
Il trasferimento di risorse è diretto a garantire - secondo quanto previsto dall’art. 20, co. 2, del D.Lgs. 422/1997 - il livello dei servizi definito dagli accordi di programma stipulati ai sensi degli articoli 8 e 12 dello stesso decreto legislativo.
L’articolo 20 del D.Lgs. 422/1997, prevedendo il trasferimento alle Regioni delle risorse relative all'espletamento delle funzioni ad esse delegate, stabilisce che detto trasferimento di risorse dovrà, in particolare, garantire l'attuale livello di servizio, considerando anche il tasso di inflazione del settore.
L’articolo 12 del decreto legislativo rinvia per l'attuazione dei conferimenti e per l’attribuzione delle relative risorse alle Regioni a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi della legge delega n. 59/1997, previo accordo di programma tra il Ministero dei trasporti e della navigazione e la regione interessata, il quale può disporre, previa intesa tra regione ed enti locali, la contestuale attribuzione e ripartizione fra gli enti locali delle risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative.
La disposizione abroga:
§ il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 20 a norma del quale il trasferimento di risorse dovrà, in particolare, garantire l'attuale livello di servizio, considerando anche il tasso di inflazione del settore;
§ il sesto periodo dell’articolo 20, a norma del quale i fondi, ripartiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono annualmente regolati dalla legge finanziaria.
A tale proposito, si fa presente che non appare chiaro il senso del riferimento al comma 2 dell’articolo 20 del D.Lgs. 422/1997 in relazione all’obbligo di garantire il livello dei servizi stabilito dagli accordi di programma. Tale garanzia risulta infatti prevista al secondo periodo del comma 2 dell’articolo 20, soppresso dallo stesso articolo 183.
Articolo 184
(Agenzie fiscali)
1. Al comma 74 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «Agenzia delle entrate: 0,71 per cento», «Agenzia del territorio: 0,13 per cento» e «Agenzia delle dogane: 0,15 per cento» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «Agenzia delle entrate: 0,7201 per cento», «Agenzia del territorio: 0,1592 per cento» e «Agenzia delle dogane: 0,1668 per cento».
L’articolo 184, modificando il comma 74 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, interviene sulla determinazione dei parametri per la formazione delle dotazioni finanziarie delle Agenzie fiscali (tranne l’Agenzia del demanio).
La legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), all’articolo 1, commi da 72 a 77, ha introdotto nuovi criteri e modalità per il finanziamento delle Agenzie delle entrate, delle dogane, del territorio. Dalle previsioni di cui ai commi 73-75 e 77 è esplicitamente esclusa l'Agenzia del demanio (in quanto trasformato in ente pubblico economico dal decreto legislativo n. n. 173 del 2003), il cui finanziamento continua ad essere determinato dalla tabella C della legge finanziaria.
Il comma 74 stabilisce i nuovi criteri per la determinazione, a decorrere dal 2007, delle dotazioni spettanti alle Agenzie fiscali interessate dal provvedimento.
Tali dotazioni sono calcolate a partire dalla media di alcuni incassi del bilancio dello Stato (entrata) nell'ultimo triennio per il quale sono stati approvati i consuntivi. Su tale importo viene calcolata la quota percentuale da attribuire a ciascuna Agenzia nella seguente misura:
§ 0,71 % per l'Agenzia delle entrate;
§ 0,13 % per l'Agenzia del territorio;
§ 0,15 % per l'Agenzia delle dogane.
La dotazione non dovrà comunque essere superiore a quella dell'anno precedente, incrementata del 5 per cento.
Il calcolo degli incassi viene operato sulle unità previsionali di base indicate nell'elenco 4, allegato alla presente legge, come risultanti dal rendiconto generale delle Amministrazioni dello Stato.
L’elenco comprende tutte le entrate tributarie, ad eccezione delle unità previsionali di base relative ai condoni, e ìndica sia le entrate derivanti dalla gestione ordinaria, sia quelle derivanti dall'attività di accertamento e controllo.
Per quanto riguarda le entrate extratributarie, l'elenco allegato considera i seguenti capitoli (U.P.B. 1.2.5):
§ 3210 (Interessi relativi alla riscossione delle imposte dirette);
§ 3312 (Sanzioni relative alla riscossione delle imposte dirette);
§ 3313 (Sanzioni relative alla riscossione delle imposte indirette);
§ 3314 (Sanzioni amministrative, dovute dai trasgressori in materia di accise e imposte di consumo);
§ 3315 (Indennità e interessi di mora concernenti le imposte sui consumi e le dogane);
§ 3316 (Indennità e interessi di mora concernenti le entrate dei Monopoli).
Il successivo comma 77 consente di modificare le percentuali di incremento fissate dal precedente comma 74, oppure di modificare l'allegato elenco 4 che determina le voci da considerare. Alla modificazione si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il mese di luglio dell'anno precedente a quello cui dovranno applicarsi i nuovi parametri.
Tali variazioni possono essere stabilite tenendo in considerazione gli incassi rilevati, sulle unità previsionali di base indicate nel suddetto elenco, nell'ultimo esercizio e la verifica dei risultati conseguiti nell’esercizio precedente in attuazione delle convenzioni stipulate tra l'Agenzia e il Ministro dell'economia e finanze.
L’articolo 184 in esame ridetermina in aumento i parametri delle dotazioni delle Agenzie fiscali nella misura illustrata nella successiva tavola:
|
Fin. 2006 |
D.d.l. Fin. 2007 |
Agenzia delle entrate |
0,71% |
0,7201% |
Agenzia del territorio |
0,13% |
0,1592% |
Agenzia delle dogane |
0,15% |
0,1668% |
Articolo 185
(Debiti pregressi)
1. Il fondo per provvedere all'estinzione dei debiti pregressi di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è incrementato di 100 milioni di euro per l'anno 2007.
L’articolo 185 incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2007 il Fondo, istituito dalla legge finanziaria 2006, per provvedere all’estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato.
L’art. 1, comma 50 della legge Finanziaria 2006 reca una norma di autorizzazione di spesa volte ad estinguere i debiti pregressi contratti, nei confronti di enti, società, persone fisiche, istituzioni e organismi vari, dalle amministrazioni centrali dello Stato.
A tal fine, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze istituisce un Fondo con una dotazione finanziaria pari a 170 milioni di euro per l'anno 2006 e a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008[317].
Come indicato nella relazione tecnica, l’incremento di 100 milioni di euro del Fondo dipende delle rinnovate ed ulteriori richieste di finanziamento con le quali le amministrazioni statali hanno segnalato la necessità di disporre la ripartizione del suddetto fondo, iscritto sul cap. 3084/Economia (Fondo estinzione debiti pregressi” - U. P. B. 4.1.5.19).
Il comma 50 della legge finanziaria 2006 prevede che alla ripartizione del Fondo si provveda con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro competente. Per la ripartizione già effettuata, v. infra.
L’incremento deriva inoltre dalla nuova ricognizione dei debiti contratti dall’ex Ministero delle finanze per le attività svolte fino al 31 dicembre 2000 (ai quali sono subentrati il Dipartimento per le politiche fiscali e le Agenzie fiscali). In virtù di tale nuova ricognizione sono emerse nuove posizioni debitorie, pari a 225 milioni di euro, ulteriori rispetto alle analoghe posizioni già regolate dalla legge finanziaria 2004 (art. 3, comma 10), le quali devono essere sostenute per lo più dalle agenzie fiscali.
In particolare, si ricorda che l’art. 3, commi 10-12, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004), ha autorizzato le spese di:
a) 100 milioni di euro per l'anno 2004 e 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per i debiti contratti dall'ex Ministero delle finanze per le attività svolte fino al 31 dicembre 2000 (U.P.B. 6.1.1.1/Economia, capitolo 3566);
b) 171 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 per i debiti contratti dal Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, per le attività svolte fino al 31 dicembre 2003 (U.P.B. 5.1.1.6/Interno, capitolo 2820).
La relazione rileva infine che finora si è ritenuto possibile disporre per l’anno 2006 un parziale riparto del citato fondo, per 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 al fine di tener conto, in via prioritaria, dei debiti contratti dall’ex Ministero delle finanze. Pertanto, con l’integrazione dall’articolo in esame, le risorse disponibili salgono - al netto delle suddette assegnazioni in favore delle Agenzie fiscali – a 250 milioni di euro per l’anno 2007 (mentre rimangono invariate per il 2008).
Secondo l’allegato 7, le maggiori spese previste dalla disposizione in esame producono effetti negativi, sul fabbisogno e sull’indebitamento netto, di 100 milioni di euro sul solo 2007.
Articolo 186
(Norma di ripristino delle risorse
dell'otto per mille dell'IRPEF destinato allo Stato)
1. Il comma 69 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è sostituito dal seguente:
«69. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), è ridotta di 35 milioni di euro per l'anno 2007 e di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009».
L’articolo 186 reca una norma finalizzata al ripristino delle risorse dell’otto per mille dell’IRPEF destinato allo Stato, che sono state decurtate di 80 milioni di euro a decorrere dal 2004 dalla legge finanziaria 2004 (art. 2, comma 69, legge n. 350/2003).
In particolare, le risorse vengono ripristinate per un importo di 45 milioni di euro nel 2007 e integralmente a decorrere dal 2010. La decurtazione rimane di 80 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009.
Si ricorda che la legge 20 maggio 1985, n. 222[318], ha stabilito che a decorrere dal 1990 una quota pari all'otto per mille del gettito IRPEF venga destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica (articolo 47, secondo comma).
La scelta relativa all'effettiva destinazione viene effettuata dai contribuenti all'atto della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi; in caso di scelte non espresse dai contribuenti, la destinazione viene stabilita in proporzione alle scelte espresse.
Successive disposizioni legislative hanno previsto che la scelta sulla destinazione dell’otto per mille dell’IRPEF possa essere effettuata anche a favore di altre confessioni religiose[319].
Ai sensi dell’articolo 48 della legge n. 222/1985, la quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta allo Stato deve essere destinata ad interventi straordinari per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali.
I criteri e le procedure per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale sono disciplinati dal D.P.R. 10 marzo 1998, n. 76, come modificato dal D.P.R. 23 settembre 2002, n. 250.
I soggetti che possono accedere alla ripartizione sono:
§ pubbliche amministrazioni;
§ persone giuridiche;
§ enti pubblici e privati.
Sono escluse le persone fisiche e, in ogni caso, i soggetti che operano per fine di lucro.
Per ciò che concerne la procedura per l’utilizzo della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale:
§ entro il 31 luglio di ogni anno la Presidenza del Consiglio dei Ministri elabora lo schema del piano di ripartizione delle risorse derivanti dalla quota dell’otto per mille di gestione statale. Il piano viene predisposto sulla base delle richieste pervenute alla stessa Presidenza del Consiglio entro il 15 marzo antecedente. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esamina le domande verificando la sussistenza dei requisiti e considerando le valutazioni delle amministrazioni interessate entro il 30 giugno.
§ esaurita l’istruttoria, entro il 30 settembre di ogni anno lo schema di decreto di ripartizione, con la relativa documentazione, viene trasmesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri alle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione del parere. Acquisito il parere, o comunque decorso il termine a tal fine previsto, il decreto di ripartizione deve essere adottato entro il 30 novembre di ogni anno.
La legge finanziaria 2004 – come già rilevato - ha peraltro disposto, a decorrere dal 2004, la riduzione di 80 milioni di euro dell’autorizzazione di spesa relativa alla quota destinata allo Stato a valere sull’otto per mille del gettito IRPEF (legge n. 350 del 2003, art. 2, comma 69). Tale importo è stato così destinato a miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
Si ricorda che anche il decreto-legge n. 249/2004ha disposto, a decorrere dal 2006, un’ulteriore riduzione, pari a 5 milioni di euro della quota dell’otto per mille di pertinenza statale a copertura di disposizioni previdenziali concernenti gli iscritti al Fondo speciale di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (c.d. Fondo volo) (articolo 1-quater, comma 4, del decreto-legge 5 ottobre 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291).
Si osserva che l’utilizzazione della quota dell’otto per mille di pertinenza statale come modalità di copertura delle leggi risulta impropria: l’ammontare di questa quota non appare infatti determinabile a priori, dipendendo da un elemento aleatorio quale quello della scelta dei contribuenti.
A seguito di queste riduzioni, pari nel complesso a 85 milioni di euro, la quota dell’8 per mille IRPEF devoluta allo Stato e destinata a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario è diventata di importo assolutamente esiguo.
Nella schema di decreto di ripartizione per il 2006, attualmente all’esame in sede consultiva della Commissione bilancio, la quota dell’8 per mille da ripartire è pari a 4,7 milioni di euro Le risorse risultano sensibilmente ridotte rispetto alle risorse ripartite nel 2005 (11,8 milioni di euro), nel 2004 (20,5 milioni di euro) e, soprattutto, negli anni precedenti all’entrata in vigore della legge finanziaria 2004 (si ricorda che nel 2003, le risorse ammontavano a 101,5 milioni di euro).
A fronte del predetto importo da ripartire di 4,7 milioni di euro, nel 2006 sono state oggetto di istruttoria da parte delle amministrazioni competenti ben 1601 domande; tra queste hanno ottenuto parere favorevole 888 domande per un importo complessivo di oltre 630 milioni di euro.
La seguente tabella mette a raffronto le decurtazioni complessive della quota dell’8 per mille sulla base della disciplina attualmente vigente e sulla base della disciplina introdotta dall’articolo in esame.
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e successivi |
||||
|
Disciplina vigente |
Ddl finanziaria |
Disciplina vigente |
Ddl finanziaria |
Disciplina vigente |
Ddl finanziaria |
Disciplina vigente |
Ddl finanziaria |
Decurtazione 8‰ Stato |
85 |
40 |
85 |
85 |
85 |
85 |
85 |
5 |
Dal punto di vista della formulazione tecnica del testo, si osserva che la disposizione dovrebbe continuare a specificare che la riduzione di 80 milioni di euro riguarda gli anni 2004, 2005 e 2006. Potrebbe altrimenti insorgere un’incertezza interpretativa circa l’applicabilità della decurtazione a questi anni (cfr. il testo a fronte immediatamente infra).
Legge 24
dicembre 2003, n. 350 |
Legge 24
dicembre 2003, n. 350 |
Art. 2. |
Art. 2. |
69. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) è ridotta di 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2004. |
69. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), è ridotta di 35 milioni di euro per l'anno 2007 e di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. |
1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa è istituito un fondo, con la dotazione di 400 milioni di euro per l'anno 2007 e 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 in conto spese per il funzionamento, con particolare riguardo alla tenuta in efficienza dello strumento militare, mediante interventi di sostituzione, ripristino e manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali, sistemi, infrastrutture, equipaggiamenti e scorte, assicurando l'adeguamento delle capacità operative e dei livelli di efficienza ed efficacia delle componenti militari, anche in funzione delle operazioni internazionali di pace. Il fondo è altresì alimentato con i pagamenti a qualunque titolo effettuati da Stati o organizzazioni internazionali, ivi compresi i rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle citate missioni di pace, nonché da terzi per i concorsi prestati a titolo oneroso ai sensi dell'articolo 21 del regio decreto 2 febbraio 1928, n. 263. A tale fine non si applica l'articolo 1, comma 46, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Il Ministro della difesa è autorizzato con propri decreti, da comunicare con evidenze informatiche al Ministero dell'economia e delle finanze, a disporre le relative variazioni di bilancio.
2. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro da destinare al finanziamento di un programma straordinario di edilizia per la costruzione, acquisizione o manutenzione di alloggi per il personale volontario delle Forze armate.
Il comma 1 istituisce, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un fondo di 400 milioni di euro per l'anno 2007, e di 500 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, destinato a spese per il funzionamento dello strumento militare.
In particolare, le spese sono imputate alla realizzazione di interventi di sostituzione, ripristino e manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali, sistemi, infrastrutture, equipaggiamenti e scorte, nonché all'adeguamento delle capacità operative e dei livelli di efficienza delle componenti militari, anche in funzione delle missioni internazionali di pace. La norma dispone altresì che il fondo sia alimentato con i pagamenti a qualunque titolo effettuati da Stati o organizzazioni internazionali, ivi compresi i rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle missioni di pace, nonché dalle altre amministrazioni dello Stato nel cui interesse l’amministrazione militare eroga prestazioni a titolo oneroso ai sensi dell'articolo 21 del regio decreto 2 febbraio 1928, n. 263.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, l’intervento di cui al comma 1 è finanziato, limitatamente ad un importo di 350 milioni di euro per il 2008 e di 200 milioni di euro per il 2009, dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
La disposizione del comma 1 è riconducibile a quanto previsto all’articolo 10, comma 1, del D.L. n. 253/2006, finalizzato ad assicurare interventi di cooperazione allo sviluppo in Libano, nonché il rafforzamento del contingente militare italiano che prende parte alla missione United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), come ridefinita dalla risoluzione n. 1701 dell’11 agosto 2006 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (il relativo disegno di legge di conversione - AC 1608 - già approvato con modificazioni dalla Camera, è attualmente all’esame del Senato - AS 1026).
Il comma 1 dell’articolo 10 del citato decreto legge, con riferimento ai rimborsi corrisposti dalle Nazioni Unite come recupero parziale delle spese per la partecipazione italiana al rafforzamento dell’UNIFIL, stabilisce infatti che una quota di essi venga riassegnata al fine di costituire, nello stato di previsione del Ministero della difesa, un Fondo per la ricostituzione delle scorte e per la “sostituzione e manutenzione straordinaria di mezzi, materiali, sistemi ed equipaggiamenti impiegati nella stessa missione”. L’entità della quota parte è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della difesa d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze; la ripartizione del Fondo avviene mediante decreti del Ministro della difesa, che li comunica, anche con evidenze informatiche, alle Commissioni parlamentari, al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Corte dei conti.
Per quanto concerne i rimborsi delle Nazioni Unite per la partecipazione a operazioni di mantenimento della pace, essi fanno parte della normale prassi dei rapporti tra singoli Stati partecipanti e Nazioni Unite, stante il fatto che le truppe impiegate nelle operazioni di pace ONU vengono pagate dai loro governi nazionali, secondo il grado e livello salariale nazionale. Successivamente intervengono i rimborsi, che coprono (parzialmente) sia le spese per il personale militare che quelle per materiali vari ed equipaggiamenti, incluse le armi personali. Attualmente, i rimborsi mensili ammontano a 1.028 dollari USA per il salario e altre voci correlate, 303 dollari aggiuntivi per gli specialisti, 68 dollari per divise e equipaggiamento, 55 dollari per le armi personali.
I rimborsi possono considerarsi una sorta di pendant delle quote nazionali che gli Stati membri corrispondono alle Nazioni Unite, in base a convenzioni apposite, per il fine specifico delle operazioni di mantenimento della pace. Il budget complessivo ha raggiunto, nel marzo 2006, la previsione di circa 5 miliardi di dollari. I dieci maggiori contribuenti per le operazioni di pace ONU erano, al 1° gennaio 2006, Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Spagna, Cina e Paesi Bassi.
Sempre in base al comma 1 dell’articolo in commento, non si applica alle suddette riassegnazioni, il limite di cui all'articolo 1, comma 46, della legge finanziaria 2006.
Il comma 46 in questione stabilisce, a decorrere dal 2006, un limite all’ammontare complessivo delle riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata. In particolare, la norma prevede che l’ammontare complessivo delle riassegnazioni di entrate non possa superare, per ciascuna amministrazione, a decorrere dal 2006, l’importo complessivo delle riassegnazioni effettuate nell’anno 2005, calcolate al netto delle riassegnazioni espressamente escluse dalla norma in esame. Sono escluse dalla limitazione le riassegnazioni per le quali l’iscrizione della spesa non ha impatto sul conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e a quelle riguardanti l’attuazione di interventi cofinanziati dall’Unione europea.
La norma in esame autorizza infine il Ministro della difesa a disporre le relative variazioni di bilancio con propri decreti, da comunicare con evidenze informatiche al Ministero dell'economia e delle finanze.
Il R.D. 2 febbraio 1928, n. 263, reca approvazione del testo unico delle disposizioni legislative concernenti l'amministrazione e la contabilità dei corpi, istituti e stabilimenti militari. L’articolo 21 prevede che le altre amministrazioni dello Stato, nonché i soggetti privati nel cui interesse l'amministrazione militare sostiene spese o eroga prestazioni, debbano anticipare i fondi occorrenti versandoli in tesoreria, con imputazione ad uno speciale capitolo dell'entrata per essere portati in aumento allo stato di previsione della spesa del Ministero della difesa.
Il comma 2 dell’articolo in esame autorizza, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di 20 milioni di euro da destinare al finanziamento di un programma straordinario di edilizia per la costruzione, acquisizione o manutenzione di alloggi per il personale volontario delle Forze armate.
Articolo 188
(Autorizzazione di spesa per la
partecipazione italiana a missioni internazionali)
1. È autorizzata, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di 1 miliardo di euro per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. A tale fine è istituito un apposito fondo nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze.
2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri, della difesa, dell'interno e dell'economia e delle finanze, è stabilito il riparto delle risorse di cui al comma 1 tra le sole missioni deliberate con determinazione del Consiglio dei ministri e atto di indirizzo del Parlamento, previa informazione al Presidente della Repubblica. I decreti sono corredati da relazione tecnica esplicativa.
3. Fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2, per la prosecuzione delle missioni in atto, le amministrazioni competenti sono autorizzate a sostenere spese mensili nel limite di un sesto degli stanziamenti ripartiti nell'ultimo semestre. A tale scopo, su richiesta delle stesse amministrazioni, il Ministero dell'economia e delle finanze dispone mensilmente i necessari finanziamenti. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato, con propri decreti, a disporre le relative variazioni di bilancio. Per le missioni di cui al presente comma, si applicano gli articoli 2, commi 2 e 3, 3, 4, 5, comma 1, lettere b) e c), 7, 8, commi 1 e 2, 9 e 13 del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15, l'articolo 2, commi 23, 24, 25, 29, 32 e 33, della legge 4 agosto 2006, n. 247, nonché gli articoli 4, comma 1, primo periodo, e 5 del decreto-legge 28 agosto 2006, n. 253.
4. Per la realizzazione degli intereventi umanitari e di ricostruzione previsti nell'ambito delle missioni internazionali di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 4 agosto 2006, n. 247; si applicano altresì l'articolo 2, comma 2, e l'articolo 3, commi 1, 2, 3 e 5, del decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2003, n. 219. Per l'affidamento degli incarichi e la stipula dei contratti si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 4 agosto 2006, n. 247, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nonché l'articolo 1, comma 7, della legge 4 agosto 2006, n. 247. Lo stanziamento di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, è incrementato di 200.000 euro per l'anno 2007 e quantificato in 400.000 euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
5. Non si applica l'articolo 28, commi 1 e 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. Alla data di entrata in vigore della presente legge, le missioni cui si applica del presente comma sono quelle di cui al decreto-legge 28 agosto 2006, n. 253, ed alla legge 4 agosto 2006, n. 247, esclusa la missione di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 247 del 2006, le cui autorizzazioni di spesa per le singole esigenze sono prorogate secondo limiti d'importo stabiliti in sede di ripartizione del citato fondo. Per le nuove missioni, il trattamento economico e assicurativo dei partecipanti è stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni interessate.
Il comma 1 autorizza, per gli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di un miliardo di euro per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace ed istituisce, a tale scopo, un apposito fondo nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il finanziamento delle missioni militari internazionali di pace veniva operato, fino al 2003, facendo ricorso al Fondo di riserva per le spese impreviste.
L’articolo 3, comma 8, della legge n. 350/2003 (finanziaria per il 2004) ha innovato tale procedura, istituendo, per il 2004 un Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro, da destinare alla prosecuzione di missioni internazionali di pace. Il comma 9 dello stesso articolo ha previsto che il Ministro dell’economia e delle finanze trasmetta al Parlamento copia delle deliberazioni relative all’utilizzo del Fondo e che di tali deliberazioni sia data comunicazione formale alle Commissioni parlamentari competenti.
L’anno successivo, l’articolo 1, comma 233, della legge n. 311/2004 (finanziaria per il 2005) ha confermato il finanziamento del Fondo per le missioni internazionali di pace, per 1.200 milioni di euro per l'anno 2005
Il comma 97 della legge n. 266/2005 (finanziaria per il 2006) ha infine stanziato 1.000 milioni di euro per il finanziamento del suddetto fondo per il 2006.
Nel corso del 2006 sono stati adottati i seguenti provvedimenti legislativi sulle missioni militari internazionali:
§ la legge 23 Febbraio 2006, n. 51, che converte, con modificazioni, il D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative. (Gli articoli 39-vicies semel e 39-viciesbis hannoprorogato la partecipazione italiana a missioni militari internazionali e alla missione umanitaria, di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq, fino al 30 giugno 2006)[320].
§ la legge 4 agosto 2006, n. 247, recante disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali.
§ il D.L. 28 agosto 2006, n. 253 (approvato dalla Camera dei deputati e attualmente all’esame del Senato), recante disposizioni concernenti l'intervento di cooperazione allo sviluppo in Libano e il rafforzamento del contingente militare italiano nella missione UNIFIL, ridefinita dalla citata risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Di seguito sono indicate le missioni di pace autorizzate o prorogate nel corso del 2006, con l’indicazione delle unità impiegate al 22 settembre 2006.
La legge n. 247/2006, ha autorizzato o prorogato (per un onere finanziario semestrale di 431,9 milioni di euro) la partecipazione italiana fino al 31 dicembre 2006 per le seguenti missioni:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
Active Endeavour |
Rischieramento della flotta NATO nel Mediterraneo orientale nell’ambito dell’operazione Enduring Freedom |
70 |
Albania 2 |
Sorveglianza nelle acque territoriali ed interne albanesi per prevenire l’immigrazione illegale |
62 |
Althea |
Missione di pace dell'UE per il rispetto degli Accordi di Dayton e per il consolidamento della pace in Bosnia |
858 |
Bilaterale interni |
Missione finalizzata all'opera di addestramento delle Forze di polizia albanesi |
92 |
Enduring Freedom |
Missione di sostegno alle operazioni militari degli Stati Uniti in Afghanistan |
380 |
EU BAM Moldova e Ucraina |
Missione dell'Unione europea per l'assistenza nell'istituzione di un controllo doganale interna-zionale sul settore transdnestriano del confine tra Moldova e Ucraina |
6 |
EU BAM Rafah |
Missione dell'Unione europea presso il valico di Rafah, al confine fra la striscia di Gaza e l'Egitto |
17 |
EUFOR RD Congo |
Missione dell'Unione europea a sostegno della missione MONUC dell’ONU in occasione del processo elettorale previsto nella RD del Congo nell'estate 2006 |
65 |
EUPM |
Missione dell'Unione europea di assistenza e riorganizzazione delle Forze di Polizia della Bosnia-Erzegovina operante a Brcko |
22 |
EUPOL COPPS |
Missione di Polizia dell'Unione europea nei Territori Palestinesi |
1 |
EUPOL Kinshasa |
Missione dell’Unione europea di assistenza alla Repubblica Democratica del Congo nel rafforzamento dell'apparato di sicurezza interna |
4 |
EUPT Kosovo |
Missione dell'Unione europea per la pianificazione di una possibile operazione UE di gestione delle crisi in Kosovo |
Da iniziare |
ISAF |
Missione multinazionale di assistenza all’Autorità afgana |
1.938 |
KFOR |
Missione NATO per il rispetto degli accordi di cessate il fuoco tra Macedonia, Serbia e Albania |
2.065 |
Missione europea di sostegno ad AMIS II |
Missione dell'Unione europea di sostegno alla missione AMIS II dell'Unione Africana in Sudan |
4 |
MSU |
Missione militare di mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica a supporto delle operazioni di pace nei Balcani
|
240 |
NATO HQ Sarajevo |
Missione NATO per l'assistenza alla Bosnia per conseguire i requisiti per la PfP, per la lotta al terrorismo e per il supporto al Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia |
25 |
NATO HQ Skopje |
Missione NATO per il coordinamento delle attività in Macedonia |
3 |
NATO HQ Tirana |
Missione NATO per il coordinamento tra Autorità albanesi, NATO e Organizzazioni Internazionali ed il supporto di KFOR e delle missioni in Fyrom |
6 |
NTM-I |
Missione NATO di assistenza e addestramento delle Forze di sicurezza irachene |
8 |
TIPH II |
Missione di monitoraggio svolta in base all’Accordo israelo-palestinese del 15 gennaio 1997 (Hebron) |
18 |
UNFICYP |
Missione ONU per il mantenimento della pace e per il controllo del cessate il fuoco a Cipro |
4 |
UNMIK |
Forza di polizia civile internazionale dell’Onu delegata all’amministrazione civile del Kosovo |
29 |
Il medesimo stanziamento contenuto nella legge n. 247/2006 contiene inoltre la copertura finanziaria relativa al finanziamento della fase di rientro, entro l’autunno 2006, della missione Antica Babilonia in Iraq.
Il D.L. 273/2005 (articolo 39-vicies semel) ha inoltre prorogato fino al 31 dicembre 2006 la partecipazione italiana alla missione:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
DIE |
Delegazione italiana di esperti che collaborano con i militari albanesi per la riorganizzazione delle loro Forze armate |
32 |
In materia di missioni internazionali di pace, può rammentarsi infine che la legge 19 agosto 2003, n. 249 (recante ratifica ed esecuzione dello Scambio di Note relativo al rinnovo dell’accordo per la partecipazione italiana alla Forza multinazionale ed osservatori (MFO), effettuato a Roma il 6 ed il 25 marzo 2002) ha fissato al 25 marzo 2007 il termine della relativa partecipazione italiana alla missione:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
MFO |
Forza multinazionale di interposizione che pattuglia lo stretto di Tiran nel Sinai tra Egitto e Israele |
78 |
Le missioni per le quali non è intervenuto alcun provvedimento legislativo, e che quindi non rientrano (al pari della missione da ultimo ricordata) nel Fondo di riserva, sono le seguenti:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
EUMM |
Missione dell’Unione europea di monitoraggio nella ex Jugoslavia |
7 |
MIATM |
Missione italiana di assistenza tecnico militare a Malta |
49 |
MINURSO |
Missione delle Nazioni Unite per il referendum sull’autodeterminazione del popolo Sahrawi (Sahara occidentale) |
5 |
UNIFIL |
Forza Temporanea delle Nazioni Unite in Libano |
53 |
UNMOGIP |
Missione delle Nazioni Unite costituita per supervisionare il cessate il fuoco tra India e Pakistan nello Stato di Jammu e Kashmir a seguito dell’accordo India-Pakistan del 1972 |
7 |
UNTSO |
Assistenza del Mediatore e della Commissione per il Controllo della Tregua per il rispetto dell’armistizio in Palestina |
8 |
Il D.L. 28 agosto 2006, n. 253 autorizza, fino al 31 dicembre 2006, la partecipazione di un contingente militare italiano alla missione UNIFIL a cui l’Italia partecipa dal 1979 e per la quale non era intervenuto, come sopra specificato, alcun provvedimento parlamentare. La missione viene pertanto ad assumere la seguente configurazione:
Denominazione |
Finalità |
Unità impiegate |
UNIFIL |
Forza Temporanea delle Nazioni Unite in Libano |
2.496 (+ 53 precedentemente impegnati) |
Il comma 2 dell’articolo in commento dispone che il riparto del fondo di cui al comma precedente venga effettuato con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri, della difesa, dell'interno e dell'economia e delle finanze.
Il finanziamento è riservato alle sole missioni deliberate con determinazione del Consiglio dei ministri e atto di indirizzo del Parlamento, previa informazione al Presidente della Repubblica. E’ infine previsto che i decreti siano corredati da relazione tecnica esplicativa.
Tra le missioni sopraindicate, quelle per le quali il Parlamento ha approvato un atto di indirizzo (inteso come mozione, in Assemblea, o risoluzione, in Commissione o in Assemblea, perlomeno in uno dei due rami del Parlamento) sono le seguenti:
KFOR
§ Camera dei deputati: 26 marzo 1999 - Assemblea: Comunicazioni del Governo (Presidente del Consiglio), e discussione di mozioni sulla crisi in Kosovo e approvazione delle risoluzioni Mussi ed altri 6-00078, Sbarbati ed altri 6-00079 e Volonté ed altri 6-0008
§ Senato: 26 marzo 1999 - Assemblea: Discussione di mozioni sulla crisi del Kosovo e approvazione delle mozioni Salvi ed altri n. 1-00378 e Meluzzi ed altri n. 1-00379
Active Endeavour ed Enduring Freedom
§ Camera dei deputati: 9 ottobre 2001 - Assemblea: Comunicazioni del Governo (Ministro degli esteri) sui più recenti sviluppi della situazione internazionale ed approvazione delle risoluzioni Vito ed altri 6-00004 e Rutelli ed altri 6-00006;
§ Senato: 9 ottobre 2001- Assemblea: Comunicazioni del Governo (Presidente del Consiglio e Ministro della difesa) sui più recenti sviluppi della situazione internazionale ed approvazione delle risoluzioni Schifani ed altri 6-00008 e Angius ed altri 6-00009.
Missione europea di sostegno ad AMIS II
§ Senato: 12 aprile 2005 - Commissione difesa: Esame dell'affare relativo alla partecipazione di un contingente nazionale alla missione Onu in Sudan e approvazione di una risoluzione (Doc. XXIV, n. 17)
§ Camera dei deputati: 13 aprile 2005 - Commissioni riunite esteri e difesa: Discussione e approvazione della risoluzione Ramponi 7-00599 sull'invio di un contingente italiano in Sudan.
UNIFIL
§ Camera dei deputati: 18 agosto 2006 - Commissioni riunite esteri e difesa: Discussione della risoluzione Ranieri e Pinotti 7-00048 sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1701 dell'11 agosto 2006 e approvazione del testo riformulato 8-00009
§ Senato: 18 agosto 2006 – Commissioni esteri e difesa: Esame dell'affare relativo alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite n. 1701 dell'11 agosto 2006 e approvazione di una risoluzione (Doc. XXIV, n. 2).
Si segnala inoltre che per le seguenti missioni, che non sono comprese tra quelle prorogate dal decreto-legge semestrale, sono comunque stati approvati atti di indirizzo parlamentari:
MINURSO
§ Camera dei deputati: 21 novembre 1991 - Commissione esteri: Discussione e approvazione all'unanimità della risoluzione Crippa 7-00482, concernente il piano di pace ONU per il Sahara occidentale
MFO
§ Senato: 19 marzo 1982 - Commissioni riunite esteri e difesa: Comunicazioni del Governo (Ministri degli Esteri e della Difesa) sulla partecipazione dell'Italia alla Forza multinazionale del Sinai ed approvazione della risoluzione Orlando;
§ Camera dei deputati: 19 marzo 1982 - Commissioni riunite esteri e difesa: Comunicazioni del Governo (Ministri degli Esteri e della Difesa) sulla partecipazione dell'Italia alla Forza multinazionale del Sinai: viene sostenuta da una dichiarazione di un rappresentante della maggioranza, di contenuto analogo alla risoluzione votata dal Senato
Il comma 3 dell’articolo in esame prevede che, fino all'emanazione dei citati DPCM, per la prosecuzione delle missioni in atto, le amministrazioni competenti siano autorizzate a sostenere spese mensili nel limite di un sesto degli stanziamenti ripartiti nell'ultimo semestre. A tale scopo, su richiesta delle stesse amministrazioni, il Ministero dell'economia e delle finanze dispone mensilmente i necessari finanziamenti. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato, con propri decreti, a disporre le relative variazioni di bilancio.
Al personale impiegato nelle missioni in questione si applica, mediante una serie di rinvii, il trattamento economico e normativo previsto dal D.L. n. 451/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15/2002, per la disciplina delle missioni internazionali, nonché dalla legge 4 agosto 2006, n. 247 (che ha prorogato, da ultimo, le medesime missioni) e dal decreto-legge 28 agosto 2006, n. 253, attualmente all’esame del Senato, finalizzato ad assicurare interventi di cooperazione allo sviluppo in Libano ed il rafforzamento del contingente militare italiano che prende parte alla missione United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), come ridefinita dalla risoluzione n. 1701 dell’11 agosto 2006 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Si tratta essenzialmente della disciplina relativa all’indennità di missione, al trattamento assicurativo e pensionistico, nonché delle disposizioni in materia penale. Per il commento alle singole norme oggetto di rinvio è possibile consultare il dossier predisposto per la Commissione Difesa.
Anche per la realizzazione degli interventi umanitari e di ricostruzione previsti nell'ambito delle missioni internazionali di cui al comma 1, il comma 4 dell’articolo 188 dispone una serie di rinvii normativi, in particolare per quanto concerne i profili di organizzazione delle missioni, nonché di affidamento degli incarichi e di stipula dei contratti, come disciplinati dalla citata legge 247/2006. Le singole disposizioni richiamate nel comma in esame sono parimenti ricostruite nel medesimo dossier.
La norma aumenta inoltre di 200.000 euro per il 2007, e quantifica in 400.000 euro per il 2008 ed il 2009, lo stanziamento di cui al comma 1 dell’articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90 (Disposizioni urgenti in materia di protezione civile), convertito con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 152.
Articolo 9, comma 1, del D.L. 90/2005
(Disposizioni urgenti in materia di protezione civile)
L'articolo 9, unico comma, del decreto-legge 90/2005, convertito con modificazioni dalla legge 152/2005, autorizza la spesa di 200.000 euro per gli anni 2005, 2006 e 2007 per il funzionamento dell’Unità di crisi del Ministero degli affari esteri, da iscrivere in apposito capitolo, nell’ambito dell’unità previsionale di base n. 2.1.1.0 dello stesso Ministero. A tale onere si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con parziale utilizzo dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri per l’anno 2005. La somma in questione è destinata al pagamento delle prestazioni effettuate dal personale dell’Unità di crisi per assicurare adeguati interventi, in occasione di catastrofi naturali, eventi bellici, e in qualunque altra situazione di emergenza all’estero.
L’Unità di crisi è stata istituita con Decreto del Ministro degli esteri del 19 gennaio 1990 ed ha il compito di: analizzare le situazioni internazionali di tensione; predisporre intereventi operativi per garantire la sicurezza dei cittadini italiani all’estero; raccogliere gli elementi necessari all’eventuale messa in opera di piani di emergenza, in coordinamento con altri organi dello Stato; distribuire apparecchiature di emergenza quali, ad esempio, sistemi di telecomunicazioni; gestire un Centro Operativo. L’Unità è diretta da un funzionario della carriera diplomatica e opera nell’ambito della Segreteria generale del Ministero degli affari esteri, secondo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 4, lettera b), del D.P.R. 11 maggio 1999, n. 267[321].
Il comma 5 dell’articolo 188 stabilisce che non si applica l'articolo 28, commi 1 e 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le cui disposizioni prevedono che le diarie per le missioni all'estero di cui alla tabella B allegata al decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 27 agosto 1998, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 31 agosto 1998, sono ridotte del 20 per cento. Anche tali disposizioni sono specificamente commentate nel dossier predisposto per la Commissione Difesa.
Lo stesso comma 5 precisa infine che le missioni cui si applica tale disposizione sono quelle di cui al D.L. n. 253/2006 e alla legge n. 247/2006 esclusa la missione Antica Babilonia in Iraq. Per le nuove missioni, il trattamento economico e assicurativo dei partecipanti è stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni interessate.
Per l’individuazione delle missioni cui si applica il presente comma si veda il commento al precedente comma 1.
Articolo 189
(Centro di produzione Spa)
1. È autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per la proroga della convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa, stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224.
L’articolo 189 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per la proroga della convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa, titolare dell’emittente Radio radicale, stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari.
Una disposizione di contenuto analogo era prevista per il triennio 2004-2006 dall’articolo 4, comma 7, della legge finanziaria 2004[322].
Tale articolo ha autorizzato una spesa pari a 8,5 milioni di euro per gli anni 2004, 2005 e 2006 per la proroga della convenzione. La disposizione ha previsto l’avvio della sperimentazione di ulteriori servizi multimediali trasmissioni audio e video su Internet della totalità delle sedute d’aula di entrambi i rami del Parlamento, pubblicazione su Internet delle sedute audio e video in differita con indicizzazione per intervento e consultazione archivio audio e video. L’articolo 145, comma 20 della legge finanziaria per il 2001[323] aveva già autorizzato la spesa di lire 15 miliardi di lire (circa 7,75 milioni di euro) per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003 per la proroga della convenzione, scaduta il 21 novembre 2000[324].
La convenzione fu originariamente stipulata ai sensi dell'art. 9, co. 1, del D.L. 28 ottobre 1994, n. 602, successivamente decaduto, e fu approvata con decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni del 21 novembre 1994. Sembra opportuno riassumere brevemente le vicende normative che hanno interessato tale convenzione.
L'art. 24 della L. 223/1990 (c.d. “legge Mammì”) prevede che, ove richiesto dai Presidenti delle Camere, possa essere concessa alla RAI un'ulteriore rete radiofonica (in aggiunta alle tre esercitate in base all'atto di concessione) riservata esclusivamente a trasmissioni dedicate ai lavori parlamentari. Tale disposizione è rimasta per più anni inattuata, fino all'introduzione, nel contratto di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI approvato con D.P.R. 29 ottobre 1997, di un disposizione (art. 14) che ha impegnato la concessionaria ad avviare il servizio a partire dal 1° gennaio 1998.
Nel frattempo, allo scopo di assicurare comunque il servizio e sulla base di atti di indirizzo parlamentari[325], era intervenuto l’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 558 (primo di una serie di decreti-legge aventi per oggetto il risanamento e riordino della RAI), che dava incarico al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni di stipulare una convenzione triennale con un soggetto già concessionario per la radiodiffusione sonora in ambito nazionale. La norma veniva ripresentata, con integrazioni e modifiche, nelle successive reiterazioni del provvedimento, sino al D.L. 23 ottobre 1996, n. 540. Anche quest’ultimo decreto, come i precedenti, decadde per mancata conversione in legge entro il termine costituzionale, ma l'art. 1, co. 3, della L. 650/1996, di conversione del D.L. 545/1996[326], fece salvi gli effetti dei provvedimenti adottati sulla base dei decreti-legge reiterati.
Ai sensi di quest'ultima disposizione, mantenne la sua validità la convenzione stipulata in data 18 novembre 1994 (vigente una delle menzionate reiterazioni, il D.L. 602/1994) con la Centro di produzione S.p.A., titolare dell'emittente Radio radicale, vincitrice della relativa gara. Stante la decadenza dei citati decreti-legge, tuttavia, alla scadenza della convenzione (21 novembre 1997) non esistevano fondamenti legislativi per il suo rinnovo. Radio radicale ha comunque unilateralmente proseguito la trasmissione delle sedute parlamentari, mentre (il 2 febbraio 1998) la RAI dal canto suo iniziava la trasmissione delle sedute parlamentari (in attuazione dei sopra citati art. 24, co. 1, L. 223/1990 ed art. 14 del contratto di servizio).
Anche a seguito della presentazione e dell’accoglimento di ordini del giorno sottoscritti da esponenti di più gruppi[327], fu approvata la legge 11 luglio 1998, n. 224[328], che ha disposto in via transitoria il rinnovo per un triennio della convenzione, al fine di garantire la continuità del servizio nell’attesa che una disciplina definitiva dello strumento (convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica) fosse adottata nel quadro della riforma generale del sistema delle comunicazioni[329]. L’onere fu quantificato in 11,5 mld. di lire annui. La medesima legge ha previsto, a carico della concessionaria, l’obbligo di applicare ai propri dipendenti i contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi compreso, per i redattori, il contratto unico nazionale di lavoro dei giornalisti, e l’obbligo di segnalare, all'inizio e al termine della programmazione dei lavori parlamentari, rispettivamente il termine e l'inizio dei programmi trasmessi in quanto emittente organo di informazione di partito.
Articolo 190
(Fondazione per la ricerca nel campo
delle biotecnologie)
1. L'autorizzazione di spesa correlata alla costituzione della Fondazione per la promozione dello sviluppo della ricerca avanzata nel campo delle biotecnologie, di cui all'articolo 1, comma 341, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è soppressa a decorrere dall'anno 2007.
L’articolo 190 sopprime - a decorrere dall'anno 2007 - l'autorizzazione di spesa correlata alla costituzione della Fondazione per la promozione dello sviluppo della ricerca avanzata nel campo delle biotecnologie prevista nella legge finanziaria per il 2006 (all'articolo 1, comma 341, della legge 23 dicembre 2005, n. 266). Si tratta, in particolare, di 60 milioni di euro per gli anni 2007 e 2008, e 180 milioni di euro per l’anno 2009.
Il comma 341, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, allo scopo di promuovere lo sviluppo della ricerca avanzata nel campo delle biotecnologie e nell'ambito degli accordi di cooperazione scientifica con gli Stati Uniti d'America, autorizzava il Presidente del Consiglio dei ministri a costituire una fondazione secondo modalità da quest’ultimo stabilite con proprio decreto.
La copertura dell’onere finanziario è effettuata tramite riduzione della dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze dall’articolo 61 della legge finanziaria 2003[330], per l’ammontare di 30 milioni di euro per l’anno 2006, 60 milioni di euro per gli anni 2007 e 2008, e 180 milioni di euro per l’anno 2009. La Delibera CIPE n. 35 del 27 maggio 2005[331]- recante ripartizione delle risorse nelle aree sottoutilizzate - al punto 5.3.6 (secondo periodo) dispone l’accantonamento di 30 milioni di euro per il finanziamento del progetto RI-MED[332] che prevede la creazione di un Centro di ricerca biotecnologica, nel Mezzogiorno (Sicilia).
Articolo 191
(Contributo all'emittenza locale)
1. Il finanziamento annuale previsto dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, dalla legge 31 dicembre 2004, n. 311, e dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, è incrementato di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 191 prevede un incremento - di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 - del finanziamento destinato alle emittenti televisive locali, di cui all’articolo 52, comma 18, della legge 448/2001 (legge finanziaria per il 2002), come rideterminato dalle leggi n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003), n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) e n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) e dall’articolo 1, comma 12-bis, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006).
I contributi cui la disposizione si riferisce sono stati introdotti dall’art. 45, co. 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento “collegato” alla manovra finanziaria 1999), che ha disposto uno stanziamento per il solo triennio 1999-2001 (24 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000; 33 miliardi per l’anno 2001)[333].
Successivamente, l’art. 27, co. 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000), nel rideterminare la misura dei canoni corrisposti allo Stato dai titolari di concessioni radiotelevisive, ha reso permanente lo stanziamento, destinando a tale finalità 40 miliardi di lire annue a decorrere dal 2000.
L’art. 145, co. 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha incrementato lo stanziamento da 40 a 82 miliardi annui.
Con l’articolo 52, comma 18, della citata legge n. 448/2001 è stato incrementato lo stanziamento di 20 milioni di euro in ragione d’anno, a decorrere dal 2002. Si ricorda che l’articolo 52 citato ha ammesso a beneficiare del contributo previsto per le emittenti locali anche le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti alla data di entrata in vigore della legge, prevedendo, peraltro, che lo stanziamento complessivo a favore della radiofonia locale non possa superare il 10% del totale[334].
L’articolo 80, comma 35 della legge n. 289/2002 ha incrementato il finanziamento annuale di ulteriori 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003, prevedendo - limitatamente all’anno 2003 – che l’incremento fosse pari a 10 milioni di euro in luogo di cinque.
L'articolo 4, comma 5, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto l’ulteriore incremento di 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004 del finanziamento annuale previsto dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dall'articolo 80, comma 35, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Per il solo anno 2004 il predetto finanziamento è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro.
L’articolo 1, comma 214, della legge n. 311 del 2004incrementa di 5 milioni di euro per il solo anno 2005 il finanziamento annuale a favore delle emittenti locali titolari di concessione, previsto dall’articolo 52, comma 18 della legge finanziaria per il 2002.
Infine l’articolo 1, comma 12-bis, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha previsto che tale finanziamento risultasse determinato, a decorrere dall’anno 2006, in 98.678.000 euro.
La tabella riportata di seguito evidenzia i contributi stanziati a favore dell’emittenza locale dalle leggi finanziarie a partire dal 1999.
Leggi finanziarie |
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 e ss |
448/1998 |
24 mld £ |
24 mld £ |
33 mld £ |
|
|
|
|
|
488/1999 |
|
+16 mld £ |
+7 mld £ |
40 mld £ |
40 mld £ |
40 mld £ |
40 mld £ |
40 mld £ |
388/2000 |
|
|
+42 mld £ |
+42 mld £ |
+42 mld £ |
+42 mld £ |
+42 mld £ |
+42 mld £ |
448/2001 |
|
|
|
+20 mil € |
+20 mil € |
+20 mil € |
+20 mil € |
+20 mil € |
289/2002 |
|
|
|
|
+10 mil € |
+5 mil € |
+5 mil € |
+5 mil € |
350/2003 |
|
|
|
|
|
+37 mil € |
+27 mil € |
+27 mil € |
311/2004 |
|
|
|
|
|
|
+ 5 mil € |
|
Articolo 192
(Politiche per la famiglia)
1. Il fondo per le politiche della famiglia di cui all'articolo 19 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 215 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Ministro delle politiche per la famiglia utilizza il fondo per istituire e finanziare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia quale ente strumentale della Presidenza del Consiglio dei ministri, assicurando il concorso significativo delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, degli enti locali, dell'associazionismo e del terzo settore; finanziare le iniziative di conciliazione del tempo di vita e di lavoro di cui all'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53; sperimentare iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con numero di figli pari o superiore a quattro; sostenere l'attività dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all'articolo 17 della legge 3 agosto 1998, n. 269, dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451; sviluppare iniziative che diffondano e valorizzino le migliori iniziative in materia di politiche familiari adottate da enti locali e imprese; sostenere le adozioni internazionali e garantire il pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali.
2. Il Ministro delle politiche per la famiglia si avvale altresì del fondo al fine di:
a) finanziare la elaborazione, realizzata d'intesa con le altre amministrazioni statali competenti e con la Conferenza unificata, di un piano nazionale per la famiglia che costituisca il quadro conoscitivo, promozionale e orientativo degli interventi relativi all'attuazione dei diritti della famiglia;
b) realizzare un piano per la riorganizzazione dei consultori familiari, finalizzato a potenziarne gli interventi sociali in favore delle famiglie, elaborato d'intesa con il Ministro della salute e con la Conferenza unificata;
c) promuovere e attuare in sede di Conferenza unificata, d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro della pubblica istruzione, un accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la qualificazione del lavoro delle assistenti familiari.
3. Il Ministro delle politiche per la famiglia, con proprio decreto, ripartisce gli stanziamenti del fondo delle politiche per la famiglia tra gli interventi di cui ai commi 1 e 2.
4. Il Ministro delle politiche per la famiglia, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disciplina l'organizzazione amministrativa e scientifica dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Con regolamento del Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e per i diritti e le pari opportunità, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi alle azioni volte a conciliare tempo di vita e di lavoro di cui all'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Il comma 2 dell'articolo 9 della citata legge n. 53 del 2000 è abrogato.
La norma in esame (comma 1) stanzia 215 milioni di euro annui nel triennio 2007-2009 per integrare le risorse del Fondo per le politiche per la famiglia, istituito recentemente con il decreto legge n. 223 del 2006 con uno stanziamento di 3 milioni di euro nel 2006 e di 10 milioni annui dal 2007 (cfr. art. 19, comma 1, del decreto legge n. 223 del 2006).
La stessa norma istitutiva si limitava ad indicare alcune finalità del Fondo, destinato a:
- “realizzare e promuovere interventi per la tutela della famiglia, in tutte le sue componenti e le sue problematiche generazionali”;
- “supportare l’Osservatorio nazionale sulla famiglia”.
Si ricorda che la configurazione e le finalità del Fondo sono state oggetto di riflessione anche da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera, nel corso dell’iter di conversione del decreto legge n. 223/2006, con particolare riferimento alla necessità che le risorse del Fondo non fossero destinate al finanziamento di interventi ricadenti nell’ambito di settori di competenza delle Regioni[335].
A questo riguardo la norma in esame (commi 1 e 2) precisa ulteriormente le finalità ed i criteri di utilizzo delle risorse con riferimento:
- all’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, quale ente strumentale della Presidenza del Consiglio, assicurando il concorso di regioni, enti locali e del terzo settore;
- ad iniziative di conciliazione del tempo di vita e lavoro di cui alla legge n. 53 del 2000;
- alla sperimentazione di modalità di riduzione dei costi dei servizi per le famiglie numerose;
- al sostegno dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia;
- alla valorizzazione delle iniziative adottate da enti locali ed imprese;
- al sostegno delle adozioni internazionali e della Commissione ad esse preposta;
- alla realizzazione di un piano nazionale per la famiglia;
- alla definizione di un piano per il potenziamento dei consultori familiari;
- alla promozione di un Accordo in sede di Conferenza Stato regioni per la qualificazione delle assistenti familiari.
Si segnala che, ai sensi dell’art. 193 del presente ddl finanziaria, le risorse del Fondo possono essere utilizzate anche per la realizzazione di un piano di servizi socio educativi.
Il riparto delle risorse è effettuato con decreto del Ministro delle politiche della famiglia (comma 3); lo stesso Ministro disciplina con proprio regolamento l’organizzazione dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia; sempre con regolamento del Ministro delle politiche della famiglia (di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e per i diritti e le pari opportunità), sono definiti i criteri di assegnazione dei contributi di cui alla legge n. 53 del 2000.
Si segnala che l’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia si basa su una convenzione a titolo oneroso tra l’ex Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali e il Comune di Bologna con funzioni di Comune capofila. Della struttura, oltre alla costituzione di un apposito Comitato di coordinamento tecnico scientifico, supportato da esperti e rappresentanti delle Amministrazione e da componenti e rappresentanti delle istituzioni regionali, locali e del mondo dell'associazionismo, fanno parte i rappresentanti di 25 Comuni italiani.
L’Osservatorio svolge in particolare i compiti di osservazione dei cambiamenti strutturali della famiglia e delle tipologie familiari e dei nuovi modelli di relazione tra le famiglie, le istituzioni, l’associazionismo sociale e il sistema produttivo nonché di monitoraggio delle iniziative assunte a livello locale.
Con riferimento ai contributi previsti dalla legge n. 53 del 2000 per finanziare le iniziative delle aziende che applichino accordi contrattuali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, che prevedono azioni positive per la flessibilità di orario volta a conciliare i tempi di vita e lavoro, si ricorda che, ai sensi dell’art. 9, comma 2, le condizioni di ammissibilità al finanziamento ed i criteri di concessione dei contributi sono stati definiti con decreto del Ministro del lavoro del 15 maggio 2001.
L'Osservatorio nazionale per l'infanzia e il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia sono stati istituiti dalla legge n. 451 del 1997[336]. Il primo ha il compito di predisporre ogni due anni il piano nazionale citato e la relazione sulla condizione dell'infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti, nonché ogni cinque anni lo schema del rapporto previsto dall'articolo 44 della Convenzione sui diritti del fanciullo, mentre al Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia spetta raccogliere e rendere pubblici normative, progetti di legge, dati statistici e pubblicazioni scientifiche; realizzare la mappa dei servizi e delle risorse destinati all'infanzia; analizzare le condizioni dell'infanzia; predisporre, sulla base delle direttive dell'Osservatorio, lo schema della relazione biennale e del rapporto quinquennale sopra citati; formulare proposte di progetti-pilota per i soggetti in età evolutiva e per l'assistenza alle madri nel periodo perinatale; promuovere la conoscenza degli interventi delle amministrazioni pubbliche; raccogliere e pubblicare il bollettino di tutte le ricerche e le pubblicazioni che interessano il mondo minorile. In particolare, per il Centro, è stato recentemente emanato il regolamento di organizzazione[337], che ne individua gli organi, determinandone le rispettive competenze.
La Commissione per le adozioni internazionali - CAI[338], istituita dalla legge n. 476 del 1998[339] (che ha novellato l’art. 38 della legge n. 183 del 1984) presso la Presidenza del Consiglio, svolge le funzioni di Autorità centrale – secondo quanto previsto dalla Convenzione dell’Aja – ai fini del controllo del corretto svolgimento delle procedure di adozione internazionale. Tra i principali compiti della CAI figurano in particolare: la collaborazione con le autorità centrali degli altri Stati; la proposta di stipulare di accordi bilaterali in materia di adozione internazionale; la promozione della cooperazione fra i soggetti, che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori, e di iniziative di formazione per quanti operino nel settore; l’autorizzazione dell'ingresso e del soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione; la certificazione della conformità dell'adozione alle disposizioni della Convenzione. Conformemente a quanto previsto dalla Convenzione, la Commissione, inoltre, è chiamata ad autorizzare l’attività degli enti - che curano concretamente la procedura di adozione – in presenza di specifici presupposti, individuati dalla legge[340]. La CAI vigila sull’operato degli enti e cura la tenuta del relativo albo.
L'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile è stato istituito dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38[341] presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità - con il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte da tutte le pubbliche amministrazioni, per la prevenzione e la repressione dei suddetti fenomeni. A tale fine è prevista una banca dati per raccogliere tutte le informazioni utili per il monitoraggio della pedofilia.
Un decreto del Ministro per le pari opportunità, non ancora emanato (la legge 38/2006 ne prevedeva l’adozione entro sei mesi dalla sua entrata in vigore) definirà la composizione e le modalità di funzionamento dell'Osservatorio nonché le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati.
Per l'istituzione e l'avvio delle attività dell'Osservatorio e della banca dati di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 1.500.000 euro per l'anno 2006 e di 750.000 euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008. A decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate.
Articolo 193
(Piano servizi socio-educativi)
1. Il Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri della pubblica istruzione, della solidarietà sociale e per i diritti e le pari opportunità, promuove e attua, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, una intesa in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto un piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, al quale concorrono gli asili nido, i servizi integrativi, diversificati per modalità strutturali, di accesso, di frequenza e di funzionamento, e i servizi innovativi nei luoghi di lavoro, presso le famiglie e presso i caseggiati, al fine di raggiungere entro il 2010 l'obiettivo comune della copertura territoriale del 33 per cento fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000. Per le finalità del piano è autorizzata una spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
2. Per le medesime finalità possono essere utilizzate parte delle risorse stanziate per il Fondo per le politiche della famiglia di cui all'articolo 192.
Il comma 1 autorizza una spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la realizzazione di un piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi soci-educativi (asili nido, servizi integrativi e asili aziendali).
La realizzazione del piano è affidata ad una specifica Intesa in sede di Conferenza unificata, promossa dal Ministro della famiglia e dai Ministri della pubblica istruzione, della solidarietà sociale e per i diritti e le pari opportunità.
L’Intesa è stipulata ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131[342] che stabilisce che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.
Le disposizioni sono volte al raggiungimento entro il 2010 dell’obiettivo comune di copertura territoriale del 33 per cento fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del 23- 24 marzo 2000.
Il comma 2 precisa che per l’attuazione delle disposizioni in esame possono essere impiegate anche una parte delle risorse stanziate dalla legge finanziaria per il Fondo per le politiche della famiglia (art. 192).
In particolare, si è rilevata la necessità di favorire tutti gli aspetti delle pari opportunità, compresa la riduzione della segregazione occupazionale, rendendo più facile conciliare la vita professionale con la vita familiare, in particolare effettuando una nuova analisi comparativa in materia di miglioramento dei servizi di custodia dei bambini.
Nel marzo 2002, il Consiglio europeo di Barcellona ha invitato gli Stati membri ad elevare l’offerta di asili nido, in modo da consentire la frequenza al 33% dei bambini sotto i tre anni entro il 2010.
La relazione illustrativa al ddl finanziaria evidenzia che l’attuale copertura territoriale, al 31 dicembre 2005, è pari al 9,9 per cento. Secondo le stime del Centro nazionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza, riportate dalla medesima relazione illustrativa, per ogni incremento del 5% della copertura nazionale sarebbero necessari due miliardi di euro.
La relazione sottolinea che il raggiungimento dell’obiettivo indicato dal comma 1 (copertura territoriale del 33% entro il 2010) richiederebbe pertanto una cifra complessiva di 9 miliardi di euro. In ragione dell’attuale congiuntura economica, lo stanziamento previsto da questa norma, fatta salva la possibilità di incrementare le risorse negli anni futuri, è sensibilmente inferiore alle necessità.
Al riguardo si segnala che la norma appare configurare un nuovo Fondo destinato a promuovere la realizzazione di servizi socio educativi su tutto il territorio nazionale, senza peraltro disciplinare criteri e modalità di riparto delle risorse. Tale aspetto potrebbe rivestire una specifica rilevanza anche alla luce della giurisprudenza costituzionale in ordine ad alcune disposizioni di legge approvate a livello nazionale negli anni scorsi e volte ad ampliare il numero degli asili nido e degli asili aziendali.
Con la sentenza n. 370 del 2003, la Corte ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni dell’art. 70 della legge n. 448 del 2001, concernenti il finanziamento e la promozione degli asili nido. La Corte, anche sulla base dell’evoluzione normativa in merito alla funzione degli asili nido, ha ritenuto oggi prevalenti i profili relativi alla formazione ed istruzione prescolare del bambino: pertanto gli interventi in materia devono essere ricondotti nell’ambito della potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni.
La Corte ha ritenuto illegittima, ai sensi dell’art. 119 della Cost., la costituzione di un fondo statale a destinazione vincolata, perché non rientrante nella fattispecie di cui al comma quinto dello stesso art. 119 Cost., in ordine agli interventi sociali a favore di determinate regioni o enti locali. Il Fondo in questione lederebbe pertanto l’autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali, mantenendo indebitamente poteri discrezionali allo Stato.
In attuazione di tale sentenza, le risorse del Fondo per gli asili nido sono confluite dell’ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Con lasentenza n. 320 del 2004, è stata dichiarata l’illegittimità anche delle norme sul Fondo di rotazione per il finanziamento dei servizi di asili nido o micronidi, di cui all’art. 91 della legge n. 289 del 2002.
La Corte, richiamando i principi contenuti nella sentenza n. 370 del 2003, ribadisce che il sistema di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni delineato dall'art. 117 Cost. «vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiché ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze».
La Strategia di Lisbona, nel 2000, ha identificato lo sviluppo delle strutture per l’infanzia come uno degli snodi principali per l’incremento della partecipazione femminile al mercato del lavoro in modo da raggiungere l’obiettivo del 60% entro il 2010.
In particolare, si è rilevata la necessità di favorire tutti gli aspetti delle pari opportunità, compresa la riduzione della segregazione occupazionale, rendendo più facile conciliare la vita professionale con la vita familiare, in particolare effettuando una nuova analisi comparativa in materia di miglioramento dei servizi di custodia dei bambini.
Nel marzo 2002, il Consiglio europeo di Barcellona ha invitato gli Stati membri ad elevare l’offerta di asili nido, in modo da consentire la frequenza al 33% dei bambini sotto i tre anni entro il 2010.
Articolo 194
(Fondo per le politiche relative ai
diritti e alle pari opportunità)
1. Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L’articolo 194 aumenta la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità istituito dal D.L. 223/2006, in quanto prevede un incremento di 20 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
Il D.L. 223/2006[343], conv. in L. 248/2006, ha disposto al co. 3 dell’art. 19 l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo denominato Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Il fondo, destinato a promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, prevedeva l’assegnazione di una somma di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di dieci milioni di euro annui a decorrere dal 2007.
Le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri (o del ministro delegato[344]) in materia di pari opportunità sono oggi riassunte nell’art. 2 del recente Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, approvato con D.Lgs. 198/2006[345], ai sensi del quale spetta al Presidente del Consiglio promuovere e coordinare le azioni di Governo volte ad assicurare pari opportunità, a prevenire e rimuovere le discriminazioni, nonché a consentire l'indirizzo, il coordinamento e il monitoraggio della utilizzazione dei relativi fondi europei. Sull’ambito di tali competenze ha inciso il recente D.L. 181/2006[346] (art. 1, co. 19, lett. f) e g), che ha trasferito alla Presidenza del Consiglio talune funzioni di competenza statale in materia di pari opportunità nei rapporti di lavoro e di azioni positive per l'imprenditoria femminile, in precedenza attribuite rispettivamente al ministro del lavoro e delle politiche sociali e al ministro delle attività produttive.
Nel 1997 è stato istituito, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, il Dipartimento per le pari opportunità, come struttura di supporto per l’attività del ministro. Ai sensi dell’art. 19 del D.P.C.M. 23 luglio 2002, recante l’ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio, il Dipartimento opera nell'area funzionale concernente la promozione e il coordinamento delle politiche di pari opportunità e delle azioni di Governo volte a prevenire e rimuovere le discriminazioni.
Il 1° marzo 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad una tabella di marcia (COM(2006)92) che individua sei ambiti prioritari dell’azione dell’UE in tema di parità tra i generi per il periodo 2006-2010:
- una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini;
- l’equilibrio tra attività professionale e vita privata;
- la pari rappresentanza nel processo decisionale;
- l’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere;
- l’eliminazione di stereotipi sessisti;
- la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo.
Ogni ambito comprende azioni chiave volte a facilitarne la realizzazione, tra le quali: la creazione su scala comunitaria, nel 2007, di una rete di donne che svolgano incarichi di responsabilità nei settori della politica e dell’economia; la pubblicazione di una comunicazione sulla differenza retributiva tra uomini e donne; l’evidenziazione dei problemi legati alla specificità dei sessi nel corso del 2007, Anno europeo delle pari opportunità per tutti.
La comunicazione presenta, inoltre, un elenco di indicatori per il monitoraggio dei progressi verso l’uguaglianza di genere nei settori evidenziati dalla tabella di marcia. Gli indicatori scelti rispondono, nelle intenzioni della Commissione, anche all’esigenza di disporre di dati comparabili a livello dell’Unione europea.
Il documento è stato trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio che lo esaminato il 2 giugno 2006.
Considerando la tabella di marcia, il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006 ha adottato un patto europeo per la parità di genere, al fine di incoraggiare l’azione a livello di Stati membri e di Unione europea nei seguenti settori: misure per colmare i divari di genere e combattere gli stereotipi di genere nel mercato del lavoro; misure per promuovere un migliore equilibrio tra vita professionale e familiare per tutti; misure per rafforzare la governance tramite l’integrazione di genere.
L’8 marzo 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento, (COM(2005)81) per l’istituzionedi un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, concepito quale centro di eccellenza per le questioni di uguaglianza tra i sessi.
L’istituto, nelle intenzioni ella Commissione, dovrebbe essere operativo dal 1° gennaio 2007.
Il 2 giugno 2006, il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico in vista della posizione comune in prima lettura. La posizione comune, dopo l’adozione in una delle prossime sessioni del Consiglio, sarà trasmessa al Parlamento europeo per la seconda lettura, nell’ambito della procedura di codecisione.
Articolo 197
(Prevenzione delle mutilazioni genitali)
1. Per le attività di prevenzione di cui all'articolo 2 della legge 9 gennaio 2006, n. 7, è autorizzata l'ulteriore spesa di 500.000 euro annui.
Le disposizioni in esame autorizzano l’ulteriore spesa di 500.000 euro l’anno per l’espletamento del coordinamento delle attività svolte dai Ministeri competenti dirette alla prevenzione, all’assistenza delle vittime ed alla eliminazione delle pratiche di mutilazione genitale femminile
Il coordinamento delle predette attività è assegnato, ai sensi della disciplina vigente[347], al Dipartimento per le pari opportunità che lo esercita nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio.
Articolo 198
(Fondo per le non autosufficienze)
1. Nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale, al fine incrementare il sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti, è istituito presso il Ministero della solidarietà sociale un fondo denominato «Fondo per le non autosufficienze», al quale è assegnata la somma di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
2. Il Ministro della solidarietà sociale, con proprio decreto, ripartisce gli stanziamenti del Fondo di cui al comma 1.
La norma in esame istituisce un “Fondo per le non autosufficienze” presso il Ministero della solidarietà sociale, al fine incrementare il sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti, “nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale”.
La dotazione del Fondo è pari a 50 milioni di euro per l’anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e sarà ripartita con decreto del Ministro della solidarietà sociale.
Nella relazione di accompagnamento si puntualizza che tali risorse finanziarie potranno essere utilizzate per la sperimentazione di modelli di intervento a favore di soggetti non autosufficienti, in previsione della creazione di un sistema integrato, che dovrà essere realizzato nel rispetto delle competenze istituzionali disciplinate dagli artt. 117 e 119 della Costituzione e nell’ambito dei principi dettati dalla legge n. 328 del 2000.
Al riguardo si segnala che il nuovo Fondo si affianca al Fondo nazionale per le politiche sociali, differenziandosi da questo anche per le diverse modalità di riparto delle risorse, con particolare riguardo alla mancata previsione di un Intesa o di un parere della Conferenza unificata Stato e autonomie locali.
Si ricorda altresì che la Commissione Affari sociali della Camera ha avviato il dibattito sulle proposte di legge in materia, di iniziativa parlamentare e popolare (su tali proposte e sui problemi inerenti il rispetto del titolo V della Costituzione cfr. il dossier del Servizio studi n. 19 del 2006).
A conclusione dell’Anno europeo dei disabili, la Commissione ha presentato, il 28 novembre 2005, la comunicazione “La situazione dei disabili nell’Unione europea allargata: il piano d’azione europeo 2006-2007” (COM(2005) 604),.
Obiettivo principale del piano d’azione è migliorare l’integrazione attiva dei disabili grazie alla definizione di una serie di obiettivi e azioni prioritari. A tal fine il documento individua quattro priorità:
§ incoraggiare l’attività professionale;
§ promuovere l’accesso a servizi di sostegno e di assistenza di qualità;
§ promuovere l’accessibilità di beni e servizi;
§ accrescere la capacità di analisi dell’UE.
La Commissione intende monitorare il seguito dell’attuazione delle azioni proposte grazie a un dialogo continuo con tutte le parti in causa. La valutazione intermedia del piano d’azione sarà presentata nel 2008.
Il 14 ottobre 2005 la Commissione europea ha avviato una consultazione sul Libro verde “Migliorare la salute mentale dei cittadini. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione europea” (COM (2005) 484). L’obiettivo del documento è avviare un dibattito tra le istituzioni europee, i governi, gli operatori sanitari, la società civile, le organizzazioni di pazienti e la comunità dei ricercatori. Entro la fine del 2006 la Commissione intende pubblicare i risultati del processo di consultazione – che si è concluso il 31 maggio 2006 - e, se del caso, una proposta di strategia a favore della salute mentale per l’UE.
Articolo 199
(Fondo per l'inclusione sociale degli
immigrati)
1. Nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale, al fine di affrontare situazioni locali di degrado sociale ed abitativo, con particolare riguardo alle condizioni dei migranti e dei loro familiari, è istituito presso il Ministero della solidarietà sociale un fondo denominato «Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati», al quale è assegnata la somma di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Fondo è gestito di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità per le materie di cui all'articolo 42 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, e agli articoli 12 e 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228.
2. Gli atti e i provvedimenti concernenti l'utilizzazione del Fondo sono adottati dal Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro per le politiche per la famiglia e con il Ministro della salute.
L’articolo 199 istituisce un Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati presso il Ministero della solidarietà sociale. La dotazione del Fondo è pari a 50 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.
Il termine “inclusione sociale” si riferisce all’ambito delle politiche sociali (nelle quali rientrano anche le politiche per l’occupazione) collegate alla povertà, all’emarginazione e, più di recente, ai problemi posti dalle società multietniche. Le azioni destinate a promuovere l’inclusione sociale possono essere individuate in primo luogo nelle politiche dirette a favorire l’accesso all’alloggio da parte degli immigrati e a favorirne l’inserimento lavorativo (con particolare riguardo alle donne). L’inclusione sociale è altresì riferita alla promozione di pari opportunità per l'accesso all'istruzione, alla formazione, ai servizi collettivi e all'assistenza sanitaria dei soggetti particolarmente deboli quali gli immigrati[348].
Il secondo periodo del comma 1 precisa che il Fondo è gestito di concerto con il ministro per i diritti e le pari opportunità per le materie di cui:
§ all’art. 42 del testo unico sull’immigrazione di cui al D.Lgs. 286/1998[349],concernente le misure di integrazione sociale per gli immigrati;
§ agli artt. 12 e 13 della L. 228/2003[350], recante misure contro la tratta di persone.
L’art. 42 del D.Lgs. 286/1998 (Misure di integrazione sociale) indica tali misure come azioni in grado di favorire:
- la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana, in particolare riguardante i loro diritti e doveri;
- la conoscenza e valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli immigrati regolari;
- la realizzazione di convenzioni con associazioni per l’impiego all’interno delle proprie strutture di stranieri, in possesso di carta o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ai due anni, in qualità di mediatore culturale;
- l’organizzazione di corsi di formazione destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che abbiano rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.
Come stabilito dal successivo art. 45 dello stesso decreto legislativo, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato fra l’altro al finanziamento delle iniziative illustrate dall’art. 42. La determinazione e quantificazione della quota di tale Fondo è rinviata alla legge finanziaria.
L’art. 12 della L. 228/2003 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo per le misure anti-tratta, destinato al finanziamento dei programmi di assistenza e di protezione sociale già previsti dall’art. 18 del testo unico sull’immigrazione (Soggiorno per motivi di protezione sociale[351]), nel quale confluiscono anche i proventi dei patrimoni confiscati alle organizzazioni criminali.
Il successivo art. 13 prevede l’istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati previsti dagli artt. 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù) e 601 (Tratta di persone) del codice penale. Il programma garantisce alle vittime, in via transitoria, un alloggio, vitto e assistenza sanitaria. Il finanziamento è di 2,5 milioni di euro annui.
Ai sensi del successivo comma 2, gli atti e i provvedimenti concernenti l’utilizzazione del Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati sono adottati dal ministro della solidarietà sociale, di concerto con il ministro per le politiche per la famiglia e con il ministro della salute.
Sembrerebbe opportuno esplicitare, con riguardo al concerto richiesto per i singoli atti, il rapporto tra il disposto del comma 2 e quello di cui all’ultimo periodo del comma 1.
Articolo 200
(Interventi di solidarietà sociale)
1. All'articolo 1, comma 429, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008» sono sostituite dalle seguenti: «3 milioni di euro annui per l'anno 2006 e 750.000 euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008» e, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Le risorse pari a 2,25 milioni di euro per gli anni 2007 e 2008 confluiscono nel Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8 della legge 8 novembre 2000, n. 328».
2. Stralciato.
L’articolo in esame, al comma 1, riduce, per gli anni 2007 e 2008, il contributo assegnato dal comma 429 della legge n. 266/2005 a favore della Fondazione per la responsabilità sociale d’impresa.
Si ricorda che il citato comma 429 ha previsto l’assegnazione di un contributo a favore della Fondazione per la responsabilità sociale d’impresa, istituita dall’articolo 1, comma 160, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004)[352].
In particolare, si è assegnato un contributo pari a 3 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008, ai fini delle attività istituzionali della Fondazione. Ai fini della copertura finanziaria (come affermato nella relazione tecnica originaria) si è prevista la riduzione in identica misura dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 20, comma 8, della L. 8 novembre 2000, n. 328, relativa al Fondo nazionale per le politiche sociali.
Il comma 1 pertanto riduce il contributo in questione, per gli anni 2007 e 2008, da 3 milioni di euro a 750 mila euro.
Conseguentemente, una somma corrispondente alla riduzione del contributo (2,25 milioni di euro) viene destinata per gli stessi anni al Fondo nazionale per le politiche sociali.
Si consideri che il tema della Responsabilità Sociale delle Imprese (CSR) è da tempo argomento di discussione in Europa. Al riguardo la Commissione Europea ha pubblicato nel 2001 il "Libro verde – Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese" e nel 2002 la "Comunicazione della Commissione relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle Imprese allo Sviluppo Sostenibile". I due documenti espongono le linee-guida della Commissione Europea in materia di CSR. che nel Libro Verde viene definita come "l'integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate". Per responsabilità sociale dell'impresa si intende quindi l'impegno a comportarsi in modo etico e corretto che vada oltre il semplice rispetto della legge[353].
La CSR è una dimensione che dovrebbe appartenere all'orientamento strategico di fondo dell'impresa e quindi interagire con tutti gli ambiti della gestione aziendale: con gli aspetti finanziari, la produzione (rispetto delle leggi, riduzione dell'impatto ambientale, sicurezza dei lavoratori, non sfruttamento dei minori, attenzione alla qualità e alla sicurezza dei prodotti), il marketing, le risorse umane (la gestione dei percorsi di carriera, le politiche di formazione, la gestione degli esuberi ecc.) e, più in generale con le strategie e le politiche aziendali.
Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali nel 2002 ha costituito un gruppo di lavoro interamente dedicato allo sviluppo e alla promozione della responsabilità sociale delle imprese per lo sviluppo del Progetto CSR-SC (Corporate Social Responsability – Social Comitment). Il Progetto ha come quadro di riferimento il Libro Verde della Commissione Europea e pone le proprie radici nella nozione di CSR.
La proposta italiana si basa su un approccio volontario alla CSR e ha l'obiettivo principale di promuovere la cultura della responsabilità sociale all'interno del sistema socio-economico e di accrescere il grado di consapevolezza delle imprese sullo sviluppo sostenibile.
Le attività legate allo sviluppo del progetto CSR-SC hanno comportato la stesura, il 23 marzo 2005, di un Protocollo d'intesa tra Federambiente (Federazione italiana servizi pubblici igiene ambientale) e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con validità triennale.
Più specificamente, con tale protocollo la Federambiente si è impegnata, in stretto coordinamento con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad una serie di atti, quali, tra gli altri:
- l’identificazione del livello di adozione e maturità della CSR tra le imprese associate e promozione delle azioni di sostegno alla diffusione della responsabilità sociale delle imprese e di valorizzazione delle best practices, in linea con il progetto CSR-SC;
- la diffusione, nel settore del servizio pubblico locale, della cultura della CSR e il progetto CSR-SC;
- la realizzazione, in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e nell’ambito delle proprie competenze, di un’attività di monitoraggio delle imprese che decideranno di aderire all’iniziativa del Ministero, attraverso la costituzione a livello nazionale di un apposito Osservatorio.
Articolo 201
(Fondo per la montagna)
1. Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2007.
L’articolo 201 prevede una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per l’anno 2007 di finanziamento del Fondo nazionale per la montagna.
L’art. 1, comma 162 della finanziaria per il 2006 recava, per il solo esercizio 2006, un’autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro che è stata iscritta, come nei passati documenti di bilancio, nella tabella del Ministero dell’economia e finanze.
A decorrere dall’esercizio in esame il Fondo per la montagna passa nello stato si previsione del Ministero dello sviluppo economico, Tab. 3, nella quale viene istituito il nuovo centro di responsabilità Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.
L. 97/1994: Nuove disposizioni per le zone montane: stanziamenti (migliaia di euro)
(U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003)) |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e anni succ. |
L. n. 311/2004 Finanziaria per il 2005 (all’interno del Fondo unico investimenti - Difesa del suolo e tutela ambientale(U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003, Tab. 2) |
31.000 |
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L. n. 266/2005 Finanziaria per il 2006 (UPB 5.2.3.13 – cap. 7698, Tab. 2) |
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20.000 |
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DDl finanziaria per il 2007 (U.P.B. 6.2.3.5 - cap. 8370, Tab. 3) |
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25.000 |
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Il Fondo per la montagna è stato istituito dalla legge n. 97/1994, che nel suo complesso mira alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane comprese nel territorio nazionale, attraverso interventi che attengano la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, cui devono associarsi azioni di promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Compito del Fondo è disporre il sostegno finanziario di tali interventi; su di esso, ai sensi dell'art. 2, co. 2, devono confluire i trasferimenti comunitari, quelli statali e di enti pubblici.
Relativamente ai criteri di ripartizione del Fondo per la montagna tra le regioni e le province autonome, interviene l’articolo 2, comma 5, della legge n. 97/94 che stabilisce che essi siano definiti con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle politiche agricole e forestali.
Il comma 6 dell’art. 2 richiede che nel definire tali criteri il CIPE tenga conto dei seguenti fattori:
1. dell’estensione del territorio montano;
2. della popolazione residente nelle aree montane;
3. della salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali;
4. del reddito medio pro-capite;
5. del livello dei servizi;
6. dell’entità dei trasferimenti ordinari e speciali,
Con la delibera n. 140 del 2/12/2005 sono stati definiti i criteri per il riparto del 2004.
I criteri relativi all'impiego delle risorse assegnate sono invece definiti dalle singole regioni con proprie leggi.
Articolo 202
(Reddito minimo di inserimento)
1. All'articolo 80, comma 1, alinea, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, le parole: «30 aprile 2006» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2007».
2. Le somme non spese da parte dei comuni entro il 30 giugno 2007 devono essere versate dai medesimi all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
La norma in esame dispone una nuova proroga al 30 giugno 2007 dell’utilizzo delle risorse relative agli anni 2001 e 2002 per la prosecuzione della sperimentazione del reddito minimo di inserimento, per la quale la disciplina vigente ha fissato il termine del 30 aprile 2006[354].
E’ previsto, altresì, che le somme non spese entro la suddetta data devono essere comunque versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere poi riassegnate al Fondo nazionale per le politiche sociali[355].
Al riguardo si segnala l’opportunità di un approfondimento riguardo alla conformità con il principio di annualità del bilancio della disposizione in esame, in quanto prevede un’ulteriore proroga della possibilità di utilizzare risorse stanziate inizialmente negli esercizi 2001 e 2002.
La legislazione in materia
L’istituto del reddito minimo di inserimento è stato introdotto, in via sperimentale, dalla legge 449/1997 (articolo 59, comma 47), a valere sul Fondo per le politiche sociali, istituito dalla medesima legge (articolo 59, comma 44). La legge reca una delega per la definizione delle modalità di attuazione concreta dell’istituto (esercitata con il decreto legislativo n. 237/1998[356]).
L’istituto riguarda i soggetti “privi di reddito ovvero con un reddito che, tenuto conto di qualsiasi emolumento a qualunque titolo percepito e da chiunque erogato, non sia superiore alla soglia di povertà stabilita in Lire 500.000 mensili per una persona che vive sola. In presenza di un nucleo familiare composto da due o più persone, tale soglia di reddito è determinata sulla base della scala di equivalenza allegata al decreto legislativo”.
Si ricorda che l’istituto del reddito minimo di inserimento era stato sostituito, di fatto, dal c.d. “reddito di ultima istanza”, prospettato nell’ambito del Patto per l’Italia e disciplinato dallalegge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003)[357];in base a tale norma, lo Stato concorre, insieme alle regioni, al finanziamento del reddito di ultima istanza, la cui istituzione è facoltà delle regioni: si tratta di un beneficio economico collegato ai programmi di reinserimento sociale e destinato, secondo la definizione di cui alla presente legge, alle famiglie:
- a rischio di esclusione sociale;
- e i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro.
Su quest’ultima disposizione è peraltro intervenuta la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 423 del 2004[358], ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale norma, in quanto riferita ad interventi di natura assistenziale, rientranti perciò nella competenza esclusiva regionale.
Articolo 203
(Non ripetibilità di somme erogate)
1. Le somme di cui all'articolo 1, comma 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, erogate in favore di soggetti sprovvisti del requisito di cittadinanza italiana, ovvero comunitaria non sono ripetibili.
2. Le ordinanze ingiunzioni emesse a norma dell'articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in applicazione dell'articolo 1, comma 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono inefficaci.
3. I procedimenti di opposizione instaurati dai soggetti di cui al comma 1 sono estinti.
L’articolo 203 disciplina i casi di erronea attribuzione a cittadini extracomunitari dei benefici economici (1.000 euro nel 2006) previsti dalla scorsa legge finanziaria a favore dei genitori, in caso nascita o adozione di un bambino.
L’art. 1, commi 331-334, della legge n. 266 del 2005 riservava tale beneficio esclusivamente ai cittadini italiani o comunitari residenti in Italia[359].
La relazione illustrativa al ddl finanziaria sottolinea i numerosi casi di indebita percezione del contributo accertati dalla Guardia di finanza, determinati anche da un erronea comunicazione degli uffici ministeriali, con la quale era stata data notizia del beneficio (e inviato il relativo modulo di autocertificazione) a tutti i genitori dei bambini nati nel 2005, inclusi i soggetti extracomunitari. La relazione evidenzia altresì che in caso di contenzioso, l’esito sarebbe quasi sicuramente negativo per l’Amministrazione.
La norma in esame prevede la non reperibilità delle somme indebitamente percepite da soggetti extracomunitari, l’inefficacia delle ordinanze-ingiunzioni emesse a norma dell’art. 18 della legge n. 689 del 1981 e l’estinzione dei procedimenti di opposizione pendenti.
Articolo 204
(Fondo per le politiche giovanili)
1. L'autorizzazione di spesa di cui al comma 2 dell'articolo 19 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è integrata di 115 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Il decreto legge n. 223 del 2006[360], ha istituito presso la Presidenza del Consiglio il Fondo per le politiche giovanili, finalizzato a “promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione nonché a facilitare l’accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi”.
Lo stanziamento previsto normativa citata è pari a 3 milioni di euro per il 2006 e a 10 milioni di euro annui dal 2007.
Si ricorda che le finalità del Fondo sono state oggetto di dibattito presso la I Commissione della Camera, nel corso dell’iter di conversione del decreto legge n. 223 del 2006; il parere espresso nella seduta del 27 luglio scorso sottolineava l’opportunità di un approfondimento della norma, volto ad escludere che le risorse stanziate “possano essere finalizzate a finanziare interventi ricadenti in settori di competenza legislativa delle regioni”.
La norma in esame dispone un incremento del predetto stanziamento di 115 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
La relazione di accompagnamento al ddl sottolinea l’insufficienza delle risorse attualmente previste per il conseguimento degli obiettivi indicati dalla legge istitutiva.
Il 20 luglio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione sulle politiche europee in materia di partecipazione e informazione dei giovani (COM(2006)417).
Nel documento la Commissione invita gli Stati membri:
- a fissare, entro la fine del 2006, le linee di azione in materia di partecipazione e informazione su cui desiderano concentrarsi e in base alle quali intendono definire i piani di azione;
- a mettere in atto un meccanismo di seguito, coinvolgendo i giovani e le organizzazioni giovanili, e redigere una relazione di valutazione entro la fine del 2008;
- a promuovere gli obiettivi comuni a livello nazionale tra le autorità regionali e locali, le organizzazioni giovanili e i giovani in generale.
La Commissione, da parte sua, si impegna:
- a consultare sistematicamente i giovani, in particolare il Forum europeo della gioventù, in merito a qualsiasi proposta relativa al metodo aperto di coordinamento;
- a istituire un gruppo di lavoro incaricato di definire indicatori per la realizzazione di obiettivi comuni in materia di partecipazione e d’informazione.
Articolo 205
(Fondo nazionale per le comunità
giovanili)
1. È autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 ad integrazione della dotazione del Fondo nazionale per le comunità giovanili di cui all'articolo 1, comma 556, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
La legge 23 dicembre 2005, n. 266 (art. 1, comma 556) ha istituito presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze” nonché il “Fondo nazionale per le politiche giovanili”.
Il Fondo, pari a 5 milioni di euro per il 2006, è destinato a favorire le attività dei giovani in materia di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno delle tossicodipendenze. La legge prevede che le comunità giovanili siano individuate con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia (tale decreto non risulta ancora pubblicato in gazzetta ufficiale).
La norma in esame dispone un incremento della predetta dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Articolo 206
(Disposizioni concernenti l'Istituto per
il credito sportivo)
1. È assegnato all'Istituto per il credito sportivo, per agevolare il credito per la realizzazione di impianti sportivi, un contributo annuo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
2. Il contributo di cui al comma 1 concorre ad incrementare il fondo speciale di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295.
3. Restano comunque ferme le disposizioni dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 giugno 2003, n. 179.
4. Stralciato.
L’articolo 206 assegna all'Istituto per il credito sportivo (ICS), per agevolare il credito per la realizzazione di impianti sportivi, un contributo annuo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Ai sensi del comma 2, tale contributo concorre ad incrementare il fondo speciale costituito presso l’istituto al fine di concedere contributi per interessi sui mutui - anche se accordati da altre aziende di credito e dalla Cassa depositi e prestiti - per le finalità istituzionali, dall'articolo 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295[361].
Restano comunque ferme le disposizioni dell'articolo 5 del regolamento sulla disciplina dei concorsi pronostici su base sportiva[362], in applicazione del quale il 2,45% della posta dei concorsi pronostici è versato all’istituto.
L'Istituto per il credito sportivo (ICS), fondato con la legge 24 dicembre 1957, n. 1295[363], è un ente pubblico con personalità giuridica, gestione autonoma e sede legale in Roma, ed esercita il credito sotto forma di mutui a medio e lungo termine concessi per la costruzione, l'ampliamento, l'attrezzatura e il miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, nonché per l'acquisto di immobili da destinare ad attività sportive.
L’art. 4, co. 14, della legge finanziaria 2004 (L. 350/2003) ha ampliato i compiti dell'Istituto, prevedendo che esso non si limiti al finanziamento dell’impiantistica sportiva ma operi nel settore del credito per lo sport e le attività culturali, ai sensi dell'art. 151 del testo unico di cui al D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385[364].
Si ricorda poi che la lettera a) del comma 19 dell’articolo 1 del DL 181 del 2006, nell’attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza statale in materia di sport già attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli artt. 52, co. 1, e 53 del D.Lgs. 300/1999[365] - ha previsto (indirettamente, attraverso la fissazione del termine per la modifica dello statuto) che l’Istituto per il credito sportivo sia sottoposto alla vigilanza sia del Presidente del Consiglio dei ministri sia del ministro per i beni e le attività culturali.
Articolo 207
(Contributo al Comitato italiano
paralimpico)
1. Per incrementare la promozione e lo sviluppo della pratica sportiva di base ed agonistica dei soggetti diversamente abili il contributo al Comitato italiano paralimpico di cui all'articolo 1, comma 580, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è incrementato, per ciascuno degli anni 2007 e 2008, di 2,5 milioni di euro. Per i medesimi fini, al Comitato italiano paralimpico è concesso, per l'anno 2009, un contributo di 3 milioni di euro.
L’articolo 207 incrementa di 2, 5 milioni di euro per ciascuno degli esercizi 2007 e 2008, il contributo di 500.000 euro assegnato dall’art. 1, comma 580, della legge finanziaria 2006[366], al Comitato italiano paralimpico[367] e concede al medesimo comitato 3 milioni di euro per l’esercizio 2009.
Tale finanziamento si pone in continuità con il contributo assegnato alla Federazione italiana sport disabili per il triennio 2003-2005 (Legge 189/2003) dal momento che le due strutture sono attualmente unificate.
La legge n. 189 del 2003[368] ha promosso la pratica sportiva di base e agonistica dei disabili attraverso tre interventi:
§ la concessione un contributo straordinario di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 alla Federazione italiana sport disabili (FISD) (art. 1 della legge);
§ l’individuazione -attraverso un decreto non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali- delle attività della Federazione[369](FISD) quale Comitato italiano paralimpico (C.I.P), per l'organizzazione e la gestione delle attività sportive dei disabili in armonia, per l'attività paralimpica, con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato internazionale paralimpico (art. 2 );
§ l’attribuzione al C.O.N.I. (Comitato olimpico nazionale italiano) dei compiti di promozione della pratica sportiva dei disabili nonché della disciplina della partecipazione di atleti disabili a giochi paralimpici di concerto il Comitato italiano paralimpico[370] (art. 3 della legge[371]).
In attuazione dell’art. 2 della legge 189/2003 è stato poi emanato il DPCM 8 aprile 2004, recante "Attività svolte dalla Federazione italiana sport disabili, quale Comitato Italiano Paralimpico". Quest’ultimo ha indicato i compiti della FIDS “quale Comitato Italiano Paralimpico”, consistenti riassuntivamente nell’organizzazione e la preparazione atletica della rappresentanza nazionale ai giochi paralimpici (in armonia con gli indirizzi emanati dall'International Parolympic Committee) e nella promozione della pratica sportiva per disabili in ogni fascia di età e di popolazione, nel rispetto delle competenze delle regioni e degli enti locali. Ai fini di cui sopra gli organi della FISD sono anche organi del CIP e le attività richiamate si svolgono sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali, acquisito il parere del CONI. Il DPCM citato (art. 3 ) prescrive inoltre l’adeguamento dello statuto della FIDS (previo approvazione del ministero per i beni e le attività culturali) ai nuovi compiti assunti dal CIP. Il decreto ministeriale di approvazione dello statuto (adottato in data 15 dicembre 2004), in considerazione delle perplessità espresse dagli organismi interessati in ordine ai profili problematici derivanti dalla non chiara disciplina dei rapporti tra le due strutture (FISD e CIP) delineata dalla legge 189/2003, ha disposto la ridenominazione della Federazione in Comitato Italiano Paralimpico.
Articolo 209
(Istituzione di un fondo per le spese di
funzionamento della giustizia)
1. Nello stato di previsione del Ministero della giustizia è istituito un Fondo da ripartire per le esigenze correnti connesse all'acquisizione di beni e servizi dell'amministrazione, con una dotazione, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, di 200 milioni di euro. Con decreti del Ministro della giustizia, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del Fondo tra le unità previsionali di base interessate del medesimo stato di previsione.
L’articolo 209 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, un Fondo per le esigenze correnti connesse all’acquisizione di beni e servizi da parte dell’amministrazione con una dotazione organica di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Viene poi demandato a successivi decreti del Ministro della giustizia la ripartizione del Fondo tra le competenti unità previsionali di base del medesimo stato di previsione. E’ contestualmente prescritta la comunicazione dei citati decreti ministeriali, anche mediante evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti.
Articolo 210
(Crediti d'aiuto per catastrofi e crisi
internazionali)
1. L'articolo 5 della legge 25 luglio 2000, n. 209, è sostituito dal seguente:
«Art. 5. - (Catastrofi internazionali, gravi crisi umanitarie e iniziative della comunità internazionale). - 1. - I crediti d'aiuto accordati dall'Italia al Paese o ai Paesi interessati possono essere annullati o convertiti nei casi:
a) di catastrofe naturale e nelle situazioni di gravi crisi umanitarie al fine di alleviare le condizioni delle popolazioni coinvolte;
b) di iniziative promosse dalla comunità internazionale a fini di sviluppo per consentire l'efficace partecipazione italiana a dette iniziative».
L’articolo 210 sostituisce l’articolo 5 (Catastrofi naturali e gravi crisi umanitarie) della legge 25 luglio 2000, n. 209, Misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati, che prevede la riduzione o l’annullamento dei crediti di aiuto accordati dall’Italia ai Paesi colpiti da catastrofi naturali o da gravi crisi umanitarie.
Secondo la nuova formulazione della norma, i crediti potranno essere anche convertiti, oltre che annullati, come già prevede la norma vigente. Viene inoltre estesa la possibilità di accordare l’annullamento o la conversione dei crediti anche a seguito di iniziative internazionali, a cui l’Italia partecipi, che abbiano per obiettivo lo sviluppo.
Va ricordato che i crediti d’aiuto sono ricompresi fra gli strumenti di cooperazione allo sviluppo secondo la normativa vigente in materia. L’articolo 6 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, in particolare, stabilisce che possono essere concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato di Paesi in via di sviluppo, crediti finanziari agevolati, a valere su un apposito fondo rotativo costituito presso il Mediocredito centrale.
Il 2 marzo 2006 la Commissione ha presentato tre comunicazioni (COM(2006)85, 87 e 88) nelle quali propone misure concrete per migliorare l’efficacia, la coerenza e l’incidenza degli aiuti comunitari allo sviluppo, al fine di fare fronte alle sfide poste dagli Obiettivi di sviluppo del millennio entro il 2015. La Commissione propone un piano d’azione che prevede nove azioni limitate nel tempo, che la Commissione e gli Stati membri dovranno attuare congiuntamente. Alcune di esse, quali l’accurata cartografia degli aiuti comunitari attraverso atlanti dei donatori regionali, il sostegno ai procedimenti di coordinamento locale e l’elaborazione di una disciplina congiunta per la programmazione degli aiuti, possono essere avviate immediatamente. Altre, tra cui il proposto meccanismo di cofinanziamento dei fondi comunitari, possono essere attuate nel corso dei prossimi quattro anni.
§ la comunicazione “Gli aiuti dell’UE: dare di più, meglio e più rapidamente” presenta un piano d’azione concreto. Essa stabilisce per ciascuna azione un programma operativo d’intervento per il biennio 2006-2007.
§ la comunicazione “Rafforzare l’impatto europeo: un quadro comune per l'elaborazione dei documenti di strategia nazionale e la programmazione pluriennale comune” rappresenta uno dei primi obiettivi concreti del piano d’azione. Essa propone una disciplina comunitaria congiunta per la programmazione degli aiuti allo sviluppo al fine di migliorarne l’efficacia.
§ la comunicazione “Finanziamento dello sviluppo ed efficacia degli aiuti - Le sfide poste dall’aumento degli aiuti UE nel periodo 2006-2010” organizza il controllo dei risultati realizzati dall’Unione europea in rapporto agli impegni assunti, in termini di volume degli aiuti e di efficacia della loro fornitura. Per quanto concerne il biennio 2003-2004, la comunicazione segnala che, nel complesso, l’Unione procede all’attuazione dei propri impegni finanziari secondo le scadenze stabilite, mentre il rendimento individuale di alcuni Stati membri risulta ancora insufficiente. Si stima invece molto positivamente la capacità dei nuovi Stati membri di fare fronte agli impegni assunti.
Il 28 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull'efficienza dell'aiuto allo sviluppo, in cui si nota come “la mancanza di consistenza fra le varie politiche europee rappresenti un ostacolo all'efficienza negli aiuti." Per il Parlamento europeo, "l'efficienza degli aiuti deve essere ricercata attraverso un approccio duale: coordinamento ma anche sostanza e contenuti”.
Articolo 211
(Razionalizzazione del patrimonio
immobiliare ubicato all'estero)
1. Il Ministero degli affari esteri si avvale dell'Agenzia del demanio per la elaborazione, entro il 30 luglio 2007, di un Piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato ubicato all'estero, procedendo alla relativa ricognizione, stima, nonché, previa analisi comparativa di costi e benefìci, alla individuazione dei cespiti per i quali proporre la dismissione.
2. Con proprio decreto il Ministro degli affari esteri, sulla base del Piano, individua gli immobili da dismettere, anche per il tramite dell'Agenzia del demanio.
3. Con decreto del Ministro delle economia e delle finanze che ne verifica la compatibilità con gli obiettivi indicati nell'aggiornamento del programma di stabilità e crescita presentato all'Unione europea, una quota non inferiore al 30 per cento dei proventi derivanti dalle operazioni di dismissione cui al comma 2, può essere destinata al rifinanziamento della legge 31 dicembre 1998, n. 477, per la ristrutturazione, il restauro e la manutenzione straordinaria degli immobili ubicati all'estero.
L’articolo 211 prevede, al comma 1, che il Ministero degli esteri, avvalendosi dell’Agenzia del demanio, definisca, entro il 30 luglio 2007, un piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare appartenente allo Stato e situato all’estero, al fine di verificare, mediante analisi comparativa di costi e benefici, gli immobili che possano essere proposti per la dismissione.
Il comma 2 dispone che il Ministero degli esteri, con proprio successivo decreto, individui, anche con la collaborazione dell’Agenzia del Demanio, gli immobili da destinarsi alla dismissione.
Con il comma 3 si prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze possa destinare con proprio decreto una quota non inferiore al 30% dei proventi derivanti dalle operazioni di dismissione al rifinanziamento della legge 31 dicembre 1998, n. 477, per la ristrutturazione, il restauro e la manutenzione straordinaria degli immobili ubicati all'estero. Tale destinazione viene peraltro vincolata alla compatibilità con gli obiettivi indicati nell’aggiornamento del programma di stabilità e crescita presentato all'Unione europea.
Va segnalato che una ricognizione dei beni immobili di proprietà dello Stato e di enti pubblici, compresi quelli ubicati all’estero, è stata disposta dall’art. 1 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con legge 23 novembre 2001, n. 410 - a tale norma ha poi dato attuazione un decreto dell’Agenzia del Demanio del 1° luglio 2002.
Per quanto riguarda la destinazione dei proventi del programma di dismissione, occorre ricordare che la legge n. 477/1998 ha disposto un’autorizzazione di spesa per complessivi 150 miliardi, per gli anni dal 1998 al 2004, finalizzata ad acquisto, ristrutturazione, restauro, manutenzione straordinaria e costruzione di immobili adibiti o da adibire a sedi diplomatiche ed uffici consolari e ad alloggi per il personale.
Si rammenta inoltre che, ai sensi dell’art. 79 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18, compete alla Direzione generale del personale del MAE di provvedere in merito all’acquisto, alla manutenzione e alla locazione degli immobili all’estero destinati a uffici o residenze necessari all’attività dell’Amministrazione. La stessa direzione del personale tiene il registro degli immobili demaniali all’estero in uso all’Amministrazione.
Articolo 212
(Adeguamento della tariffa per i visti
nazionali)
1. A decorrere dall'applicazione dei nuovi importi, dei diritti da riscuotere corrispondenti alle spese amministrative per il trattamento delle domande di visto per l'area Schengen, come modificati dalla decisione del Consiglio dell'Unione europea del 1o giugno 2006, n. 2006/440/CE, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. 175 del 29 giugno 2006, e comunque non prima della data di entrata in vigore della presente legge, l'importo della tariffa per i visti nazionali di breve e di lunga durata previsto all'articolo 26 della Tabella dei diritti consolari, di cui all'articolo 1 della legge 2 maggio 1983, n. 185, è determinato nell'importo di euro 75,00.
2. In caso di aggiornamenti successivi degli importi dei diritti da riscuotere corrispondenti alle spese amministrative per il trattamento delle domande di visto per l'area Schengen, al fine di rendere permanente la differenziazione delle due tariffe, l'importo della tariffa per i visti nazionali di breve e di lunga durata di cui alla Tabella citata nel comma 1, è conseguentemente aumentato di euro 15 rispetto alla tariffa prevista per i visti in area Schengen.
L’articolo 212 in esame aggiorna l’importo relativo al rilascio del visto su passaporti ordinari o collettivi contenuto nella Tabella dei diritti da riscuotersi dagli uffici diplomatici e consolari di cui alla legge 2 maggio 1983, n. 185 (che, a sua volta, modifica la Tabella citata, istituita dal DPR n. 200/1967, sulle funzioni e sui poteri consolari). La tabella in questione viene adeguata, ogni due anni, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro delle finanze. L’importo dei visti nazionali attualmente in vigore che, come indicato dalla relazione illustrativa del governo, è di 50 euro, viene elevato a 75 euro e verrà applicato a partire dal 1° gennaio 2007: a decorrere da tale data, infatti, saranno applicati i nuovi importi relativi ai diritti da riscuotere corrispondenti alle spese amministrative per il trattamento delle domande di visto, stabilite dalla Decisione 2000/440/CE relativamente ai Paesi dell’area Schengen. La Decisione riconosce però agli Stati membri la facoltà di applicare i nuovi importi già a partire dal mese di ottobre 2006, previa comunicazione al Segretariato generale del Consiglio (comma 1).
L’articolo 1 della Decisione 2004/440/CE sostituisce la tabella dell’allegato 12 dell’istruzione consolare comune e la tabella dell’allegato 14 del manuale comune, stabilendo la misura degli importi dei diritti da riscuotere in euro 60 per i visti di transito o di soggiorno di breve durata (fino a 90 giorni). La decisione demanda agli Stati membri la fissazione degli importi relativi ai visti nazionali per i soggiorni di lunga durata.
Il comma 2 collega l’importo della tariffa per i visti nazionali di breve e lunga durata stabilito dalla menzionata Tabella dei diritti consolari (di cui all’art. 1 della legge n. 185/1983), come rivalutato dall’articolo in esame, a quello per i diritti dovuti per il trattamento delle domande di visto riguardanti i Paesi dell’area Schengen, al fine di mantenerne stabile la differenziazione. E’ stabilito infatti che ogni successivo adeguamento dei diritti da riscuotere per il trattamento delle domande di visto per l’area Schengen, sarà seguito dal corrispondente aumento di 15 euro delle tariffe relative ai visti di breve e lunga durata di cui alla Tabella citata, concessi a cittadini di Paesi non appartenenti all’area Schengen.
Articolo 213
(Fondo speciale delle rappresentanze
diplomatiche
e degli uffici consolari)
1. Presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari è costituito un «Fondo speciale» destinato a finanziare le seguenti tipologie di spesa:
a) manutenzione degli immobili;
b) contratti di servizio di durata limitata con agenzie di lavoro interinale;
c) attività di istituto, su iniziativa della rappresentanza diplomatica o dell'ufficio consolare interessati.
2. Al «Fondo speciale» affluiscono:
a) le somme rinvenienti da atti di donazione e di liberalità;
b) gli importi derivanti da contratti di sponsorizzazioni stipulati con soggetti pubblici e privati. Detti contratti devono escludere forme di conflitto di interesse tra l'attività pubblica e quella privata.
3. Con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità per il funzionamento e la rendicontazione del fondo speciale di cui al presente articolo.
L’articolo 213 reca, al comma 1, l’istituzione di un Fondo speciale presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane all’estero, al quale verranno fatte affluire somme derivanti da atti di donazione e liberalità, nonché i corrispettivi di contratti di sponsorizzazione conclusi con soggetti pubblici e privati. A proposito di tali contratti, la norma precisa che essi devono escludere ogni forma di conflitto di interesse tra attività pubblica – di pertinenza del Ministero degli esteri – e attività privata – posta in essere dal soggetto con il quale è stato concluso il contratto stesso.
Le somme affluite al Fondo saranno utilizzate per contribuire alle spese derivanti dalla manutenzione degli immobili, dai contratti con agenzie di lavoro interinale, e dalle attività di istituto.
Il comma 2 rinvia ad un successivo decreto ministeriale la definizione delle modalità per il funzionamento del Fondo.
L’istituzione del Fondo risponde – secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa - ad esigenze di razionalizzazione amministrativa, e intende consentire alle rappresentanze diplomatiche l’utilizzo di risorse proprie, da impiegare per le finalità indicate al comma 1.
Si ricorda che il contratto di sponsorizzazione è uno strumento negoziale relativamente recente, che può essere configurato come un contratto atipico a titolo oneroso ed a prestazioni corrispettive, e rientra pertanto nell’ipotesi delineata dall’art. 1322 del codice civile, comma 2, secondo il quale le parti - oltre a ricorrere alle figure contrattuali tipizzate e disciplinate dal codice – possono concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.
Secondo la Cassazione, tale negozio può definirsi come “il contratto gratuito atipico (ad effetti obbligatori), in cui lo sponsorizzato assume normalmente dietro corrispettivo, l’obbligo di associare a proprie attività il nome o il segno distintivo di altro soggetto che è lo sponsorizzatore, compresa l’attività di promozione e divulgazione dello stesso”.
Per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni, tale forma di contratto è stata espressamente richiamata dall’art. 43, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, il quale, al comma 1, dispone che - al fine di favorire l'innovazione dell'organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati - le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile. Il comma 2 precisa che le predette iniziative devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l'attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti.
I contratti di sponsorizzazione sono quindi consentiti alle pubbliche amministrazioni solo se idonei a migliorare il perseguimento dell’interesse pubblico e a determinare risparmi di spesa. Devono comunque comportare l’esclusione del conflitto di interessi fra attività pubblica e privata. Quest’ultima specificazione compare, come si è visto, anche nel comma 2, lettera b), dell’articolo 213 in esame.
Articolo 214
(Finanziamento del servizio antincendi negli
aeroporti)
1. Al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi, negli aeroporti l'addizionale sui diritti di imbarco sugli aeromobili, di cui all'articolo 2, comma 11, della legge del 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementata a decorrere dall'anno 2007 di 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato. Un apposito fondo, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato, concorre al medesimo fine per 30 milioni di euro annui.
L’articolo 214 prevede un incremento dell'addizionale sui diritti di imbarco sugli aeromobili pari a 50 centesimi di euro per ogni passeggero.
Tale aumento è finalizzato a ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti. A tal fine concorre un apposito fondo, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato, per un ammontare pari a 30 milioni di euro.
La relazione che accompagna il disegno di legge precisa che gli oneri a carico dello Stato per l’attività che il corpo dei vigili del fuoco pone in essere al fine di assicurare il servizio antincendi negli aeroporti ammonta a circa 170 milioni di euro; tale somma, come si legge nella relazione, è aumentata negli ultimi anni in relazione alla necessità di innalzare il livello di sicurezza connesso al rischio terrorismo, nonché in relazione alle nuove regole internazionali ICAO[372].
L’imposta addizionale sui diritti d’imbarco dei passeggeri sugli aeromobili è stata istituita dall’articolo 2, comma 11, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004), successivamente modificato dall’articolo 6-quater del DL n. 7/2005[373]. e dall’articolo 11-septies del DL n. 203/2005[374].
L’imposta era stata inizialmente fissata in 1 euro per ogni passeggero imbarcato e destinata in parte ai comuni nel cui territorio ricade il sedime aeroportuale, ovvero il cui territorio confina con esso, e in parte al finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie.
L’articolo 6-quater del DL n. 7/2005 come modificato dalla legge di conversione[375], ha incrementato di un ulteriore euro tale addizionale resa permanente, portandola a due euro e ha stabilito che l’incremento dell’addizionale fosse destinato ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo; la disposizione ha altresì innalzato la percentuale dell’addizionale a favore dei comuni (dal 20 al 40 per cento) e ha ridotto quella destinata al finanziamento di misure dirette alla sicurezza (dall’ 80 al 60 per cento).
L’articolo 11-septies del DL 203/2005 ha previsto che l’addizionale – inizialmente destinata per la parte eccedente 30 milioni ad un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'interno - fosse versata all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione, quanto a 30 milioni di euro, in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare ENAV Spa, secondo modalità regolate dal contratto di servizio, per i costi sostenuti da ENAV Spa per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota, nel fondo istituito presso il Ministero dell'interno che risulta così ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:
a) il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media di specifiche percentuali;
b) al fine di pervenire ad efficaci misure di tutela dell'incolumità delle persone e delle strutture, il 60 per cento del totale per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie.
Per completezza, si ricorda inoltre che la legge 5 maggio 1976 n. 324 ha assoggettato il movimento degli aeromobili privati e delle persone negli aeroporti nazionali aperti al traffico aereo civile al pagamento:
a) del diritto di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili;
b) del diritto di imbarco per passeggeri.
Quanto al diritto d’imbarco, l’articolo 5 ha fissato l’importo dei diritti per l’imbarco passeggeri in voli internazionali e ha demandato ad un decreto ministeriale la fissazione dell’importo in voli interni. Il diritto non è dovuto nel caso di continuazione di un viaggio interrotto e se l’interruzione dipenda dalla necessità di cambiare aeromobile o comunque da una causa estranea alla volontà del passeggero, né è dovuto per i bambini fino a due anni; per i bambini fino a dodici anni l’importo è ridotto alla metà. Il diritto è dovuto direttamente dal vettore che se ne rivale nei confronti del passeggeri.
L’articolo 10, comma 9, della legge n. 537/1993[376] ha elevato per l’anno 1994 del 10 per cento la misura dei diritti per l’imbarco passeggeri in voli internazionali e nazionali. Il successivo comma 10, come da ultimo modificato dall’articolo 11-nonies del richiamato DL 203/2005, ha stabilito che la misura dei diritti aeroportuali sia determinata per i singoli aeroporti, con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE e che sia fissata, per un periodo predeterminato, comunque compreso tra tre e cinque anni, la variazione massima annuale applicabile a tali diritti aeroportuali, calcolata prendendo a riferimento il tasso di inflazione programmato, l’obiettivo di recupero della produttività assegnato al gestore aeroportuale, la remunerazione del capitale investito, gli ammortamenti dei nuovi investimenti realizzati con capitale proprio o di credito, che sono stabiliti in contratti di programma stipulati tra L’Ente nazionale Aviazione civile (ENAC) e il gestore aeroportuale, approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
A seguito della modifica la misura iniziale dei diritti e l’obiettivo di recupero della produttività assegnato vengono determinati tenendo conto:
a) di un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile, che consenta l’individuazione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati, quali lo svolgimento di attività commerciali, offerti sul sedime aeroportuale;
b) del livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti;
c) delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture aeroportuali;
d) dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale;
e) di una quota non inferiore al 50 per cento del margine conseguito dal gestore aeroportuale in relazione allo svolgimento nell’ambito del sedime aeroportuale di attività non regolamentate.
La disciplina dei servizi antincendio negli aeroporti - inizialmente prevista dalla legge n. 930/1980[377], - è recata dall’articolo 26 del D.Lgs. n. 139/2006[378], che ha definito una nuova disciplina in merito subordinandone l’operatività all’emanazione di un decreto ministeriale che non risulta ancora emanato.
L’articolo 26 ha ridefinito i compiti dei vigili del fuoco in materia di prevenzione degli incendi aeroportuali, stabilendo che il Corpo nazionale assicuri con personale, mezzi e materiali propri il servizio di soccorso pubblico e di contrasto agli incendi per il traffico aereo civile negli aeroporti civili e militari aperti al traffico commerciale ed assuma la direzione tecnica dei relativi interventi, secondo la normativa dell'aviazione civile applicabile agli aeroporti nazionali; l’articolo prevede un regolamento per l’individuazione degli aeroporti civili e militari aperti al traffico commerciale in cui il Corpo nazionale svolge direttamente i servizi di soccorso pubblico e di contrasto agli incendi; all’elenco così individuato possono essere apportate modificazioni con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Negli aeroporti diversi da quelli individuati dall’elenco, il servizio di soccorso pubblico e di contrasto agli incendi è assicurato dal titolare della concessione della gestione aeroportuale o altro soggetto autorizzato dall'ENAC. Le modalità per l'istituzione del servizio, nonché i requisiti e le caratteristiche per il suo svolgimento e le procedure per il rilascio delle abilitazioni previste sono demandate ad un decreto del Ministro dell'interno.
Fino all'emanazione dei regolamenti richiamati, da adottarsi, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e previo parere della Conferenza unificata continuano ad applicarsi, per quanto attiene al soccorso aeroportuale, le disposizioni di cui alle leggi 23 dicembre 1980, n. 930.
Tale legge ha previsto che il Ministero dell'interno provvede con personale e con mezzi e materiali antincendi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco all'espletamento del servizio antincendi per il traffico aereo civile negli aeroporti civili e militari, sia in gestione diretta dello Stato sia gestiti in concessione, elencati nell'allegata tabella A, suddivisi ai fini del servizio in cinque classi.
Per gli aeroporti non presenti nella tabella A, la legge ha stabilito che l'espletamento del servizio antincendio sia assicurato, a proprie cure e spese, dai gestori aeroportuali, con personale in possesso di apposita abilitazione, rilasciata dall'ispettore regionale o interregionale dei vigili del fuoco, previo accertamento della sussistenza di adeguati requisiti di idoneità e di capacità tecnica. La determinazione della dotazione minima di personale e la consistenza e le caratteristiche dei mezzi da adibire al servizio antincendio in questi aeroporti è demandata al Ministero dell’interno (vedi infra).
La responsabilità della regolarità e dell'efficienza dei servizi antincendio nell'ambito dell'aeroporto compete al gestore; nel caso in cui, in sede di accertamento all'atto dell'attivazione del servizio antincendio, il Ministero dell'interno riscontri inadempienze o difformità rispetto a quanto stabilito, non si procederà all'emanazione del decreto ministeriale istitutivo del servizio antincendi.
Con D.M. 2 aprile 1981sono state disciplinate le modalità relative all’abilitazione all'espletamento del servizio antincendio negli aeroporti non compresi nella tabella A allegata alla legge n. 930/1980 e sono state stabilite le dotazioni minime a disposizione del servizio antincendio in relazione alla classificazione dell'aeroporto.
Nelle premesse del decreto viene posto in evidenza come le classi, in cui vengono suddivisi gli aeroporti, ai fini del servizio antincendio, devono intendersi definite con gli stessi criteri adottati dalle raccomandazioni I.C.A.O., indicando peraltro la 1ª classe gli aeroporti più grandi e la 9ª classe quelli più piccoli.
Il decreto ha stabilito che l’abilitazione venga rilasciata con validità quinquennaleagli interessati previa certificazione di piena ed incondizionata idoneità-attitudinale accertata dal servizio sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e accertamento della capacità tecnica necessaria.
Si ricorda infine che l’annesso 14, volume I, paragrafo 9.2.2. emanato dall’ICAO e relativo agli aerodromi, ha stabilito che la classe del servizio antincendio di un aeroporto non può essere più bassa della classe immediatamente inferiore degli aeromobili che servono lo scalo aeroportuale in questione.
Ai sensi della raccomandazione di cui al paragrafo 9.2.3. del medesimo annesso, a decorrere dal 1° gennaio 2005 la categoria del servizio antincendio dell’aeroporto e la categoria dell’aeromobile devono essere coincidenti.
Infine, il D.Lgs. 151/2006[379] – modificando il codice della navigazione – ha previsto all’articolo 690 dello stesso che l'ENAC determina le condizioni di applicabilità, attuazione e regolarità dei servizi antincendio in ambito aeroportuale, ferme restando le competenze di regolamentazione tecnica attribuite al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, come definite dalla legge 23 dicembre 1980, n. 930.
Articolo 216, comma 1
(Fondi speciali)
1. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all'articolo 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall'articolo 6 della legge 23 agosto 1988, n. 362, per il finanziamento dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio 2007-2009, restano determinati, per ciascuno degli anni 2007-2008 e 2009, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B, allegate alla presente legge, rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.
Il comma 1 dell'articolo 216 stabilisce l’entità dei fondi speciali. I fondi speciali sono lo strumento contabile mediante il quale si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.
La disciplina di questo istituto è contenuta nell'articolo 11-bis della legge n. 468/1978. Il comma 1 dell'articolo 11-bis stabilisce che la legge finanziaria deve indicare distintamente per la parte corrente (Tabella A) e per quella in conto capitale (Tabella B) le somme destinate alla copertura dei progetti di legge, ripartiti per ministeri.
In sede di relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria sono indicare le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante.
Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.
L’articolo 11-bis, comma 2, della legge n. 468/1978 prevede anche la possibilità di inserire nelle tabelle A e B accantonamenti di segno negativo, relativi a provvedimenti di minore spesa o di maggiore entrate da approvare in corso d’anno. Gli accantonamenti negativi sono collegati (mediante lettere alfabetiche) agli accantonamenti positivi alla cui copertura sono preordinati.
La disciplina dei fondi speciali prevede, infine, che le quote relative a spese correnti non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio. Gli accantonamenti relativi a spese in conto capitale possono essere utilizzati anche nell’anno successivo (“slittamento”) se il provvedimento in questione è stato approvato da almeno una delle due Camere.
Per particolari tipologie di spese correnti (spese corrispondenti ad obblighi internazionali, obbligazioni contrattuali o provvedimenti relativi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed al trattamento economico e normativo dei dipendenti di pubbliche amministrazioni non compresi nel regime contrattuale) lo slittamento è consentito purché il provvedimento risulti presentato alle Camere entro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno successivo.
Nel disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746) gli importi della Tabella A ammontano complessivamente a 3.824,3 milioni per il 2007, a 4.047,1 milioni per il 2008 e a 4.087,1 milioni per il 2009, di cui 3 miliardi per ogni annualità relativi a regolazioni debitorie.
Nel prospetto successivo sono riportati gli importi complessivi della Tabella A come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) e nel disegno di legge finanziaria per il 2007 presentato dal Governo (A.C. 1746).
Tabella A (migliaia di euro) |
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
22.609 |
7.363 |
7.363 |
Disegno di legge Governo (A.C. 1746) |
3.824.329 |
4.047.083 |
4.047.083 |
di cui regolazione debitoria |
3.000.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge finanziaria 2007 prevede accantonamenti pari a 776 milioni per il 2007, a 776,5 milioni per il 2008 e a 776,5 milioni per il 2009.
Anche per la Tabella B vengono di seguiti indicati gli importi complessivi come indicati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) e nel disegno di legge finanziaria per il 2007 presentato dal Governo (A.C. 1746).
Tabella B (migliaia di euro) |
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
258.045 |
241.544 |
241.544 |
Disegno di legge Governo (A.C. 1746) |
776.045 |
776.544 |
776.544 |
Nelle tabelle seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) e nel disegno di legge finanziaria presentato dal Governo (A.C. 1746).
TABELLA A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE
(migliaia di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
1.000 |
- |
- |
Disegno di legge Governo (A.C. 1746) |
3.240.720 |
3.249.720 |
3.249.720 |
di cui regolazione debitoria |
3.000.000 |
3.000.000 |
3.000.000 |
L'accantonamento si rende necessario per la promozione degli europei di calcio, per i benefici fiscali dei terremotati, per la contabilità ambientale, per contributi al Club Alpino Italiano, per gli italiani all’estero, per il libro parlato, per la biblioteca europea di Milano, per il trasferimento diritti pensionistici dipendenti BCI, per rimborsi IVA, a seguito di sentenza della Corte di giustizia europea, e per interventi vari.
MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
7.150 |
197 |
197 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
57.150 |
100.197 |
100.197 |
L'accantonamento è finalizzato alla delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE e per interventi vari.
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
L'accantonamento è preordinato all’attuazione di interventi vari.
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
9.116 |
6.977 |
6.977 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
109.116 |
106.977 |
106.977 |
L'accantonamento è preordinato per far fronte alla delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE e per modifiche ala legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, per gli italiani nel mondo, ad accordi internazionali e per interventi vari.
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
3.256 |
6 |
6 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
3.256 |
6 |
6 |
L'accantonamento si rende necessario per interventi vari.
MINISTERO DELL'INTERNO
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
1.000 |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
101.000 |
100.000 |
100.000 |
L'accantonamento si rende necessario per modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, per gli immigrati e per interventi vari.
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
986 |
82 |
82 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
986 |
82 |
82 |
L'accantonamento è preordinato ad interventi vari.
MINISTERO DELLA DIFESA
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
11 |
11 |
11 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
11 |
11 |
11 |
L'accantonamento si rende necessario per interventi vari.
MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
45 |
45 |
45 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
45 |
45 |
45 |
L'accantonamento si rende necessario per interventi vari.
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
45 |
45 |
45 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
92.045 |
100.045 |
100.045 |
L'accantonamento è preordinato per interventi vari.
MINISTERO DELLA SALUTE
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
100.000 |
100.000 |
100.000 |
L'accantonamento è preordinato alla realizzazione di interventi vari.
MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
20.000 |
40.000 |
80.000 |
L'accantonamento si rende necessario per interventi vari.
MINISTERO DELLA SOLIDARIETÀ SOCIALE
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
50.000 |
200.000 |
200.000 |
L'accantonamento è preordinato ad interventi vari.
TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE
(migliaia di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
250.145 |
233.644 |
233.644 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
442.145 |
450.644 |
450.644 |
L'accantonamento è rivolto a consentire la partecipazione finanziaria dell’Italia alla ricostruzione delle risorse di Fondi internazionali, la delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settore dell’energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE, disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine, la partecipazione a banche e fondi.
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
1.000 |
3.000 |
3.000 |
L'accantonamento è preordinato ad interventi vari.
MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
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2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
240.000 |
290.000 |
290.000 |
L'accantonamento è rivolto a consentire la realizzazione del piano forestale, lo sviluppo dell’agricoltura e le opere irrigue.
MINISTERO DEI BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
7.900 |
7.900 |
7.900 |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
27.900 |
27.900 |
27.900 |
L'accantonamento è preordinato alla riqualificazione dell’offerta turistica nonché ad interventi vari.
MINISTERO DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
|
2007 |
2008 |
2009 |
Bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747) |
- |
- |
- |
Disegno di legge del Governo (A.C. 1746) |
65.000 |
5.000 |
5.000 |
L'accantonamento è preordinato ad interventi vari.
Articolo 216, comma 2
(Dotazioni di bilancio relative a leggi
di spesa permanente)
2. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del bilancio 2007 e del triennio 2007-2009, in relazione a leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.
L'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468 - nel testo sostituito dall'articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 362 e da ultimo modificato dall’articolo 2, comma 15, della legge n. 208 del 1999 - prevede tra i contenuti propri della legge finanziaria la "determinazione", in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C).
L’articolo 2, comma 18, della legge n. 208/1999 - che ha riformulato l’art. 11, comma 3, lett. d), della legge n. 468 nel senso sopra indicato - ha stabilito inoltre che, in sede di prima applicazione, fosse la stessa legge finanziaria per il 2000 ad indicare quali erano le leggi vigenti la cui quantificazione poteva essere effettuata dalla Tabella C, “intendendosi come soppresse quelle norme recanti autorizzazioni di spesa permanenti già contenenti il riferimento alla predetta lettera d) e non indicate nella legge finanziaria medesima”.
Tale disposizione era confermata dall’articolo 70, comma 7, della legge finanziaria 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), il quale precisava che “le leggi vigenti la cui quantificazione è effettuata dalla tabella di cui all’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, (…) sono indicate (…) dalla Tabella C (…)” della legge finanziaria medesima.
Rispetto alla finanziaria dello scorso anno, nel disegno di legge finanziaria per il 2007 la Tabella C prevede il finanziamento di ulteriori disposizioni di legge. In particolare:
§ D.L. 181/2006, art. 1, co. 19: Adeguamento struttura Presidenza del Consiglio dei Ministri per applicazione del D.L. in materia di sport (Economia, U.P.B. 3.2.10.5 – Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sport - cap. 7450);
§ L. 350/2003, art. 3, co. 149: Fondo per le spese di funzionamento della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero dei servizi pubblici essenziali (Lavoro, U.P.B. 14.1.1.0 – Funzionamento - cap. 5025);
§ L. 350/2003, art. 3, co. 108: Fondo per l’edilizia a canone speciale (Infrastrutture - U.P.B. 3.1.2.1 – Sostegno all’accesso alle locazioni abitative - cap. 1691);
§ L. 77/2006, art. 4, comma 1: Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell'UNESCO (Beni culturali - U.P.B. 2.1.2.2 - cap. 1442; U.P.B. 2.2.3.11- cap. 7305).
A seguito del riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri attuato, con il D.L. n. 81/2006, alcune autorizzazioni legislative di Tabella C sono state riallocate nei diversi stati di previsione. In particolare:
§ la legge n. 292/1990: Contributo all’ENIT, è passata dalla competenza dell’ex Ministero delle attività produttive alla competenza del Ministero per i beni e le attività culturali;
§ le due voci relative alla legge 68/1997: Finanziamento dell’ICE, sono passate dalla competenza dell’ex Ministero delle attività produttive alla competenza del nuovo Ministero del commercio internazionale;
§ la legge n. 328/2000: Fondo per le politiche sociali, è passata dalla competenza del Ministero del lavoro alla competenza del Ministero della solidarietà sociale.
Alcune autorizzazioni di spesa sono state ripartite in più voci, sotto la competenza di diversi Ministeri. In particolare:
§ Legge 549/1995: Contributi agli enti ed altri organismi, di competenza dell’ex Ministero dell’istruzione, università e ricerca, in parte è rimasta allocata presso il nuovo Ministero della pubblica istruzione ed in parte è passata alla competenza del nuovo Ministero dell’università e ricerca;
§ Legge 549/1995: Contributi agli enti ed altri organismi, di competenza dell’ex Ministero delle attività produttive, in parte è rimasta allocata presso il nuovo Ministero dello sviluppo economico ed in parte è passata alla competenza del nuovo Ministero del commercio internazionale.
La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2007 prevede un ammontare complessivo di stanziamenti pari a 17.801,5 milioni di euro per il 2007, a 17.008,7 milioni di euro per il 2008 e a 16.634,9 milioni di euro per il 2009.
Come risulta dall’allegato 2 al disegno di legge finanziaria, rispetto al bilancio a legislazione vigente, la Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2007 reca maggiori stanziamenti per 1.708,9 milioni per il 2007, per 945,3 milioni per il 2008 e per 1.040,3 milioni per il 2009.
Nella tabella che segue sono esposti gli stanziamenti per l’anno 2007 delle singole voci di Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2007.
Per ciascuna voce, sono indicati gli importi del bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747), gli importi di Tabella C del disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) e le relative variazioni.
Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.
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BLV |
Ddl finanziaria |
Variaz. |
Ministero dell’economia e delle finanze |
|
|
|
D.L. 95/1974: Disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari (CONSOB) (U.P.B. 3.1.2.11 – cap. 1560) |
12.740 |
12.740 |
- |
D.P.R. 701/1977: Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (U.P.B. 12.1.2.15 – cap. 5217) |
14.700 |
14.700 |
- |
L. 385/1978: Compensi per lavoro straordinario ai dipendenti dello Stato (U.P.B. 4.1.5.4 - cap. 3026) |
39.564 |
39.564 |
- |
L. 468/1978, art. 9-ter: Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente (U.P.B. 4.1.5.2 - cap. 3003) |
- |
90.000 |
90.000 |
L. 16/1980 e L. 137/2001: Indennizzi incentivi e agevolazioni per cittadini ed imprese italiane che abbiano perduto beni, diritti ed interessi in territori già soggetti alla sovranità italiana e all’estero (U.P.B. 3.2.3.29 – cap. 7256) |
25.480 |
25.480 |
- |
L. 146/1980, art. 36: Assegnazione all’Istituto nazionale di statistica (U.P.B. 3.1.2.27 – cap. 1680) |
156.800 |
161.800 |
5.000 |
L. 67/1987: Editoria (U.P.B. 3.1.5.14 – cap. 2183; U.P.B. 3.2.10.2 – cap. 7442) |
341.990 |
411.990 |
70.000 |
L. 440/1989: Utilizzazione del porto franco di Trieste (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 1539) |
280 |
280 |
- |
D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Reintegro Fondo protezione civile (U.P.B 3.2.10.3 – cap. 7446/p) |
203.000 |
223.000 |
20.000 |
D.L. 142/1991, art. 6, co. 1: Provvedimenti per le popolazioni di Siracusa, Catania e Ragusa (U.P.B. 3.2.10.3 – cap. 7446/p) |
80.405 |
80.405 |
- |
L. 225/1992, art. 1: Istituzione del servizio della protezione civile (U.P.B. 3.1.5.15 – cap. 2184) |
40.180 |
79.180 |
39.000 |
L. 225/1992, art. 3: Attività e compiti della protezione civile (U.P.B. 3.2.10.3 - cap. 7447) |
546.580 |
546.580 |
- |
D.Lgs. 39/1993, art. 4: Istituzione Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (U.P.B. 3.1.2.33 – cap. 1707/p) |
21.745 |
21.745 |
- |
L. 109/1994, art. 4: Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (U.P.B. 3.1.2.32 – cap. 1702) |
3.920 |
3.920 |
- |
L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.17 – cap. 1613) |
1.862 |
1.862 |
- |
L. 94/1997, art. 7, co. 6: Contributo in favore dell’ISAE (U.P.B. 2.1.2.4 – cap. 1321) |
9.800 |
12.000 |
2.200 |
L. 249/1997: Istituzione dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (U.P.B. 3.1.2.14 – cap. 1575) |
3.920 |
3.920 |
- |
D.Lgs. 446/1997, art. 39, comma 3: Integrazione Fondo sanitario nazionale, minori entrate IRAP, ecc. (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 2701) |
- |
670.000 |
670.000 |
L. 128/1998, art. 23: Istituzione Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (U.P.B. 3.1.2.37 – cap. 1723) |
3.842 |
3.842 |
- |
L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza (U.P.B. 3.1.5.16 – cap. 2185) |
207.760 |
257.760 |
50.000 |
L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della SVIMEZ (U.P.B. 3.2.3.38 – cap. 7330) |
1.700 |
1.700 |
- |
D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs. 188/2000: Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) (U.P.B. 3.1.2.7 – cap. 1525) |
210.680 |
253.680 |
43.000 |
D.Lgs. 285/1999: Riordino del FORMEZ (U.P.B. 12.1.2.12 – cap. 5200) |
21.560 |
21.560 |
- |
D.Lgs. 287/1999: Riordino della SSPA-Scuola superiore della pubblica amministrazione (U.P.B. 6.1.2.13 – cap. 3935) |
14.798 |
14.798 |
- |
D.Lgs. 300/1999, art. 70, co. 2: Finanziamento Agenzia del demanio (U.P.B. 6.1.2.9 - cap. 3901) |
117.857 |
125.000 |
7.143 |
D.Lgs. 303/1999: Ordinamento Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell’art. 11, della L. n. 59/1997 (U.P.B. 3.1.5.2 – cap. 2115) |
391.339 |
443.349 |
52.010 |
L. 353/2000: Legge quadro in materia di incendi boschivi (U.P.B. 4.1.2.14 – cap. 2820) |
8.820 |
8.820 |
- |
L. 388/2000, art. 74 co. 1: Previdenza complementare (U.P.B. 3.1.5.9 – cap. 2156) |
136.220 |
136.220 |
- |
L. 38/2001, art. 16 co. 2: Tutela della minoranza linguistica slovena - contributo alla regione Friuli Venezia Giulia (U.P.B. 4.2.3.12 – cap. 7513/p) |
4.851 |
4.851 |
- |
D.Lgs 165/2001, art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (U.P.B. 12.1.2.16 – cap. 5233) |
3.430 |
3.430 |
- |
L. 448/2001, art. 14, comma 1: Finanziaria 2002 – accise gas metano (U.P.B. 6.1.2.2 – cap. 3823) |
98.000 |
98.000 |
- |
D.Lgs. 196/2003: Codice in materia di protezione dei dati personali (U.P.B. 3.1.2.42 – cap. 1733) |
19.600 |
22.000 |
2.400 |
D.L. 181/2006, art. 1, comma 19: Adeguamento struttura Presidenza del Consiglio per applicazione DL 181/2006 in materia di sport (U.P.B. 3.2.10.5 – cap. 7450) |
146.996 |
146.996 |
- |
Ministero dello sviluppo economico |
|
|
|
L. 287/1990, art. 10, co. 7: Autorità garante della concorrenza e del mercato (U.P.B. 3.1.2.3 – cap. 2275) |
21.560 |
21.560 |
- |
L. 282/1991, D.L. 496/1993 e D.L. 26/1995: Riforma dell'ENEA (U.P.B. 4.2.3.4 – cap. 7630) |
196.000 |
196.000 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 cap. 2280) |
1.156 |
1.156 |
- |
Ministero del lavoro e della previdenza sociale |
|
|
|
L. 335/1995, art. 13: Riforma del sistema pensionistico - Vigilanza sui fondi pensione (U.P.B. 11.1.2.2 – cap. 4332) |
784 |
784 |
- |
L. 448/1998, art. 80, co. 4: Formazione professionale – contributi a organismi vari (U.P.B. 10.1.2.1 – cap. 4161) |
1.960 |
1.960 |
- |
L. 350/2003: art. 3, co. 149: Finanziaria 2004 – spese funzionamento commissione di garanzia per attuazione legge sciopero servizi pubblici essenziali (U.P.B. 14.1.1.0 - cap. 5025) |
1.957 |
1.957 |
- |
Ministero della giustizia |
|
|
|
D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento dei detenuti tossicodipendenti (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 1768) |
4.900 |
4.900 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 1.1.2.1 – cap. 1160) |
118 |
118 |
- |
Ministero degli affari esteri |
|
|
|
L. 1612/1962, art. 12: Mezzi finanziari per il funzionamento dell’Istituto agronomico per l'Oltremare (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2201) |
2.744 |
2.744 |
- |
L. 794/1966: Costituzione dell’istituto italo-latino-americano (U.P.B. 16.1.2.2 – cap. 4131) |
2.450 |
2.450 |
- |
D.P.R. 200/1967: Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari (U.P.B. 11.1.2.3 - cap. 3105) |
2.352 |
2.352 |
- |
L. 883/1977: Accordo relativo a un programma internazionale per l'energia (U.P.B. 13.1.2.2 - cap. 3749) |
980 |
980 |
- |
L. 140/1980: Partecipazione italiana al Fondo europeo per la gioventù (U.P.B. 15.1.2.5 - cap. 4052) |
274 |
274 |
- |
L. 7/1981 e L. 49/1987: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (U.P.B. 9.1.1.0 e 9.1.2.2 - capitoli vari) |
382.203 |
600.000 |
217.797 |
L. 960/1982: Rifinanziamento legge di ratifica degli accordi di Osimo tra Italia e Jugoslavia (U.P.B. 15.1.2.2 – capp. 4061 e 4063) |
2.744 |
2.744 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co 43: Contributi ad enti, istituti, associazioni ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.2 – cap. 1163) |
6.076 |
6.076 |
- |
L. 299/1998: Finanziamento italiano della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'UE) (U.P.B. 20.1.2.1 – cap. 4534) |
4.900 |
4.900 |
- |
L. 58/2001: Istituzione del fondo per lo sminamento umanitario (Paesi in via di sviluppo) (U.P.B. 9.1.2.2 – cap. 2210) |
2.254 |
2.254 |
- |
L. 91/2005, art. 1, co. 1: Contributo volontario al Fondo di cooperazione tecnica dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica-AIEA (U.P.B. 12.1.2.2 – cap. 3421) |
- |
- |
- |
Ministero della pubblica istruzione |
|
|
|
L. 181/1990: Funzionamento della scuola europea di Ispra (U.P.B. 7.1.2.3 - cap. 2193) |
370 |
370 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti e altri organismi (U.P.B. 2.1.2.4 - cap. 1260) |
7.176 |
7.176 |
- |
L. 440/1997 e L. 144/1999, art. 68, co. 4, lett. b): Fondo per l’ampliamento dell’offerta formativa (U.P.B. 2.1.5.2 - cap. 1270/p) |
181.000 |
181.000 |
- |
Ministero dell’interno |
|
|
|
L. 451/1959: Istituzione del Fondo scorta personale Polizia di Stato (U.P.B. 5.1.1.1 - cap. 2674) |
30.600 |
30.600 |
- |
L. 968/1969 e D.L. 361/1995, art. 4: Fondo scorta Corpo nazionale Vigili del Fuoco (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1916) |
17.738 |
17.738 |
- |
D.P.R. 309/1990, art. 101: Prevenzione e repressione traffico illecito sostanze stupefacenti (U.P.B. 5.1.1.1 – cap. 2668; U.P.B. 5.1.1.4 – cap. 2815) |
2.940 |
2.940 |
- |
Legge 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti ed altri organismi (U.P.B. 6.1.2.1 – cap. 2960) |
108 |
108 |
- |
Ministero dell’ambiente |
|
|
|
L. 979/1982: Difesa del mare (U.P.B. 2.1.2.5 - capp. 1644, 1646/p) |
40.670 |
40.670 |
- |
D.L. n. 2/1993: Commercio e detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione (U.P.B. 2.1.1.0 – capp. 1388, 1389/p) |
215 |
215 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 2.1.2.3 - cap. 1551) |
49.980 |
69.980 |
20.000 |
D.Lgs. 300/1999, art. 38: Agenzia protezione ambiente e servizi tecnici (U.P.B. 7.1.2.1 – cap. 3621; U.P.B. 7.2.3.2 – cap. 8831) |
83.300 |
83.300 |
- |
Ministero delle infrastrutture e trasporti |
|
|
|
L. 431/1998, art. 11, co. 1: Disciplina delle locazioni e rilascio degli immobili ad uso abitativo (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 1690) |
212.660 |
212.660 |
- |
L. 350/2003, art. 3, co. 108: Finanziaria 2004 – Fondo per l’edilizia a canone speciale (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 1691) |
10.000 |
10.000 |
- |
Ministero della difesa |
|
|
|
R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità dei Corpi dell'Esercito, Marina ed Aeronautica (U.P.B. 3.1.1.1 - cap. 1253) |
42.000 |
42.000 |
- |
R.D. 263/1928, art. 17, co. 1: Amministrazione e contabilità del Corpo dell’Arma dei Carabinieri (U.P.B. 7.1.1.1 – cap. 4840) |
25.000 |
25.000 |
- |
L. 549/1995, art. 1, comma 43: Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.4 – cap. 1352) |
784 |
784 |
- |
D.Lgs. 300/1999, art. 22, co. 1: Finanziamento Agenzia industrie difesa (U.P.B. 3.1.2.8 - cap. 1360; U.P.B. 3.2.3.6 - cap. 7145) |
13.034 |
13.034 |
- |
L. 267/2002, art. 1, co. 2: Contributi dello Stato all'INSEAN (U.P.B. 3.1.2.4 - cap. 1354) |
3.920 |
3.920 |
- |
L. 267/2002, art. 1, co. 3: Contributi dello Stato in favore dell'IHO (U.P.B. 3.1.2.2 - cap. 1345) |
69 |
69 |
- |
Ministero delle politiche agricole |
|
|
|
L. 267/1991, art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la pesca marittima (U.P.B. 2.1.1.0 e 2.1.2.7 – capitoli vari) |
14.234 |
14.234 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43 : Contributi ad enti ed altri organismi (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 2200) |
5.388 |
5.388 |
- |
D.Lgs. 454/1999: Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura (U.P.B. 3.1.2.10 – cap. 2083) |
92.884 |
100.000 |
7.116 |
Ministero per i beni e le attività culturali |
|
|
|
L. 190/1975: Biblioteca nazionale centrale "Vittorio Emanuele II" di Roma (U.P.B. 3.1.1.0 – cap. 1941) |
2.352 |
2.352 |
- |
D.P.R. 805/1975: Assegnazioni per il funzionamento degli istituti centrali del Ministero (U.P.B. 2.1.1.0 - capp. 1261, 1262, 1263; U.P.B. 3.1.1.0 – capp. 1942) |
5.292 |
5.292 |
- |
L. 163/1985: Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo (U.P.B. 5.1.2.2 e 5.2.3.9 – capitoli vari) |
344.000 |
444.000 |
100.000 |
L. 118/1987: Norme relative alla Scuola archeologica italiana in Atene (U.P.B. 4.1.2.1 – cap. 2363) |
833 |
833 |
- |
L. 466/1988: Contributo Accademia nazionale dei Lincei (U.P.B. 3.1.2.1 – cap. 2052) |
2.727 |
2.727 |
- |
L. 292/1990: Ordinamento dell’Ente italiano per il turismo (U.P.B. 2.1.2.10 - cap. 1381) |
21.266 |
51.266 |
30.000 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.3 - cap. 2100) |
30.086 |
30.086 |
- |
L. 77/2006, art. 4, co. 1: Misure speciali per i siti italiani posti sotto la tutela dell’UNESCO (U.P.B. 2.1.2.2 - cap. 1442; U.P.B. 2.2.3.11 - cap. 7305) |
300 |
300 |
- |
Ministero della salute |
|
|
|
D.L.C.P.S. 1068/1947: Contributo all’organizzazione mondiale della sanità (U.P.B. 4.1.2.3 – cap. 4320) |
19.649 |
19.649 |
- |
D.P.R. 613/1980: Contributo alla Croce Rossa Italiana (U.P.B. 3.1.2.20 - cap. 3453) |
30.380 |
30.380 |
- |
D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo sanitario nazionale - Fondo da destinare ad attività di ricerca e sperimentazione (U.P.B. 3.1.2.10 - cap. 3392) |
269.500 |
341.500 |
72.000 |
D.Lgs. 267/1993: Riordinamento Istituto superiore di sanità (U.P.B. 3.1.2.16 - cap. 3443) |
85.911 |
100.000 |
14.089 |
D.Lgs. 268/1993: Riordinamento dell’Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro (U.P.B. 3.1.2.17 - cap. 3447) |
65.530 |
65.530 |
- |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.11 - cap. 3412) |
5.586 |
5.586 |
- |
L. 434/1998: Finanziamento interventi prevenzione del randagismo (U.P.B. 5.1.2.3 - cap. 5340) |
4.018 |
4.018 |
- |
D.L. 17/2001, art. 2, co. 4: Agenzia servizi sanitari regionali (U.P.B. 3.1.2.21 - cap. 3457) |
4.998 |
4.998 |
- |
D.L. 269/2003, art. 48, co. 9: Agenzia Italiana del Farmaco (U.P.B. 3.1.2.22 - cap. 3458; U.P.B. 3.2.3.5 - cap. 7230) |
45.250 |
45.250 |
- |
Ministero dei trasporti |
|
|
|
L. 721/1954: Fondo scorta capitanerie di porto (U.P.B. 4.1.1.1 – cap. 2121) |
4.510 |
6.000 |
1.490 |
L. 267/1991, art. 2, co. 1: Attuazione terzo piano nazionale pesca marittima (U.P.B. 4.1.1.6 - cap. 2179) |
784 |
2.000 |
1.216 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.9 - cap. 1952) |
343 |
343 |
- |
D.L. 535/1996: Contributo Centro Internazionale Radio Medico (CIRM) (U.P.B. 3.1.2.16 – cap. 1850) |
627 |
627 |
- |
D.Lgs. 250/1997: Istituzione ENAC (U.P.B. 3.1.2.15 – cap. 1921) |
62.720 |
62.720 |
- |
Ministero dell’università e della ricerca |
|
|
|
L. 407/1974: Ratifica ed esecuzione accordi internazionali per la ricerca scientifica (U.P.B. 3.2.3.6 – cap. 7291) |
4.700 |
4.700 |
- |
L. 394/1977: Potenziamento attività sportiva universitaria (U.P.B. 3.1.2.5 - cap. 1709) |
8.000 |
8.000 |
- |
L. 245/1990: Piano triennale sviluppo università e attuazione piano quadriennale (U.P.B. 3.1.2.7 - cap. 1690) |
122.000 |
122.000 |
- |
L. 243/1991: Università non statali legalmente riconosciute (U.P.B. 3.1.2.8 – cap. 1692) |
133.000 |
133.000 |
- |
L. 147/1992: Diritto agli studi universitari (U.P.B. 3.1.2.3 – cap. 1695) |
147.000 |
157.000 |
10.000 |
L. 537/1993, art. 25 co. 1, lett. a): Spese per il funzionamento delle università (U.P.B. 3.1.2.9- cap. 1694) |
6.974.000 |
7.014.000 |
40.000 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 3.1.2.1 - cap. 1679) |
11.324 |
11.324 |
- |
D.Lgs. 204/1998: Coordinamento, programmazione e valutazione politica nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (U.P.B. 3.2.3.4 - cap. 7236) |
1.629.000 |
1.629.000 |
- |
L. 338/2000, art. 1, co. 1: Alloggi e residenze per studenti universitari (U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7273) |
32.000 |
32.000 |
- |
Ministero della solidarietà sociale |
|
|
|
L. 328/2000, art. 20, co. 1: Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (Fondo politiche sociali) (U.P.B. 4.1.5.2 – cap. 3671) |
1.481.780 |
1.626.780 |
145.000 |
Ministero del commercio internazionale |
|
|
|
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi a enti e altri organismi (U.P.B. 4.1.2.1 - cap. 2500) |
26.186 |
26.186 |
- |
L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. a): Spese di funzionamento ICE (U.P.B. 4.1.2.4 - cap. 2530) |
96.040 |
96.040 |
- |
L. 68/1997, art. 8, co. 1, lett. b): Attività promozionale delle esportazioni italiane (U.P.B. 4.1.2.4 - cap. 2531) |
60.956 |
60.456 |
-500 |
Articolo 216, comma 3
(Rifinanziamento di spese di conto
capitale)
3. Ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall'articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati fra le spese di conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, nelle misure indicate nella Tabella D allegata alla presente legge.
Il comma 3 dell’articolo 216 approva l’entità degli stanziamenti di cui alla Tabella D, nella quale vengono rifinanziate alcune leggi di spesa di conto capitale recanti interventi di sostegno dell’economia.
L’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978 (come modificato dall’articolo 2, comma 16, della legge n. 208 del 1999) prevede che la Tabella D della legge finanziaria disponga:
- il rifinanziamento per un solo anno di interventi di conto capitale per i quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza;
- il rifinanziamento per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti (indipendentemente dal fatto che abbiano una dotazione finanziaria) che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.
Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale.
In sede di prima applicazione, il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 208/1999 ha previsto che fosse la legge finanziaria per il 2000 a indicare l’elenco delle leggi vigenti recanti interventi di parte capitale, che potevano essere incluse nella Tabella D e rifinanziate per un periodo pluriennale. L’elenco è riportato nell’Allegato 1 alla legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).
Ai sensi dell’articolo 70, comma 7, di detta legge, infatti, è stato precisato che “(…) le leggi vigenti rifinanziabili per un periodo pluriennale ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della medesima legge, sono indicate (…) dall’allegato 1” della legge finanziaria medesima.
In base a tale normativa, le leggi vigenti possono, dunque, essere rifinanziate pluriennalmente in Tabella D soltanto se sono state incluse nell’allegato 1 della legge finanziaria 2000 o, nel caso di leggi entrate in vigore successivamente alla legge finanziaria per il 2000, se la norma sostanziale ne prevede l’inserimento in Tabella D.
Il totale dei rifinanziamenti previsti in Tabella D dal disegno di legge finanziaria (A.C. 1746) ammonta a 2.966,4 milioni euro per il 2007, a 3.053 milioni per il 2008 e a 8.039 milioni per il 2009.
Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, tutti gli interventi previsti dalla Tabella D sono finanziati dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.
In particolare, la Tabella D della disegno di legge finanziaria per il 2007 dispone i seguenti rifinanziamenti:
Ministero dell’economia e delle finanze
§ 50 milioni per ciascun anno del triennio 2007-2009 del Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito (legge n. 730 del 1983, art. 18, co. 8) (Tab. F – Settore 9);
§ 4.000 milioni nel 2009 del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (legge n. 183 del 1987, art. 5) (Tab. F - Settore 27);
§ 160,1 milioni per ciascun anno del triennio 2007-2009, quale contributo alla Regione Calabria per le opere di forestazione (legge n. 236 del 1993, art. 3, co. 9) (Tab. F – Settore 19);
§ 1.000 milioni nel 2009 per l’edilizia sanitaria pubblica (legge n. 448 del 1998, art. 50, co. lettera c) (Tab. F - Settore 17).
§ 1.120 milioni nel 2007, 1.560 milioni per il 2008 e il 2009quale apporto al capitale sociale dell’ANAS S.p.A. (D.L. n. 138 del 2002, art. 7) (Tab. F - Settore 16);
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
§ 675 milioni nel 2007, 245 milioni per il 2008 e 164 milioni per il 2009a favore del Fondo per l’occupazione (D.L. n. 148 del 1993, art. 1, co. 7) (Tab. F - Settore 27).
Ministero della giustizia
§ 100 milioni per ciascun anno del triennio a favore del Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria(Regio decreto n. 787 del 1931) (Tab. F – Settore 17).
Ministero dell’interno
§ 116,2 milioni per ciascun anno del triennio quale finanziamento del Fondo per lo sviluppo degli investimenti dei comuni e delle province, quale quota destinata all’ammortamento dei mutui degli enti locali dissestati (D.L. n. 515/1994) (Tab. F - Settore 27);
§ 100 milioni per ciascun anno del triennio quali contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo (D.L. n. 67 del 1997, art. 3) (Tab. F - Settore 27);
§ 103,3 milioni di euro per ciascun anno del triennio quali contributi per la fornitura gratuita dei libri di testo (legge n. 448 del 1998, art. 27) (Tab. F - Settore 27).
Ministero dell’ambiente
§ 200 milioninel 2007, 265 milioni per il 2008 e 2009 per il Fondo unico investimenti difesa del suolo e tutela ambientale (legge n. 183 del 1989, art. 12) (Tab. F - Settore 19);
§ 65 milioni nel 2007 e 100 milioni per il 2008 e 2009 per il Fondo unico investimenti difesa del suolo e tutela ambientale (legge n. 426 del 1998, art. 1, co. 1) (Tab. F - Settore 19).
Ministero delle infrastrutture
§ 8 milioninel 2007 e 4 milioni per il 2008 per il finanziamento raddoppio autostrada A6 Torino – Savona(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 86) (Tab. F - Settore 16);
§ 8 milioninel 2007 e 4 milioni per il 2008 per la Variante di valico Firenze-Bologna(legge n. 662 del 1996, art. 2, co. 87) (Tab. F - Settore 16);
§ 30,8 milioninel 2007 e 15,4 milioni per il 2008 per il potenziamento autostrade (legge n. 67 del 1997, art. 19, co. 1, punto b) (Tab. F - Settore 16).
Ministero delle comunicazioni
§ 50 milioninel 2009 per il finanziamento del Fondo per le aree sottoutilizzate (legge n. 289 del 2002, art. 61) (Tab. F - Settore 4).
Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali
§ 220 milioni per gli anni 2007 e 2008 e 270 milioni per il 2009per il rifinanziamento del Fondo unico investimenti in agricoltura, foreste e pesca (Legge n. 448 del 2001, art. 46) (Tab. F –Settore 27).
Ministero dell’università e ricerca
§ 10 milioni per gli anni 2007 e 2008 per il rifinanziamento del Fondo unico per l’edilizia universitaria (Legge n. 910 del 1986, art. 7, co. 8) (Tab. F –Settore 23).
Tutte le autorizzazioni legislative che vengono rifinanziate, annualmente o pluriennalmente, in Tabella D sono esposte nella Tabella F, nei settori sopra segnalati, con l’indicazione delle effettive disponibilità finanziarie per gli anni 2006, 2007, 2008 e per l’anno 2009 e successivi.
Per una analisi delle disponibilità finanziarie di ciascuna autorizzazione di spesa di cui al precedente elenco (come previste a legislazione vigente e come modificate dal disegno di legge finanziaria per effetto di eventuali rifinanziamenti o definanziamenti disposti dalle Tabella D o E e di eventuali rimodulazioni disposte dalla Tabella F), si rinvia, pertanto, alla scheda di lettura relativa alla Tabella F (articolo 216, comma 5).
Articolo 216, comma 4
(Riduzione di autorizzazioni legislative
di spesa)
4. Ai termini dell'articolo 11, comma 3, lettera e), della legge 5 agosto 1978, n. 468, le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nella Tabella E allegata alla presente legge sono ridotte degli importi determinati nella medesima Tabella.
Il comma 4 dell’articolo 216 dispone, in attuazione dell’articolo 11, commi 3, lettera e), della legge n. 468/1978 (come sostituito dall'articolo 5 della legge n. 362/1988), in ordine alla riduzione di autorizzazioni legislative di spesa (definanziamenti) per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale (Tabella E).
La riduzione delle spese mediante definanziamento permette tra l’altro di reperire risorse ai fini della copertura dei maggiori oneri recati dalla finanziaria stessa.
Gli effetti riduttivi della Tabella E sono computati negli importi esposti nella Tabella F del disegno di legge finanziaria.
Il codice 1 indicato nell’ultima colonna della tabella (la colonna “definanziamento”) significa che la riduzione viene disposta in via permanente, sino all’anno di scadenza dell’autorizzazione di spesa.
Il totale dei definanziamenti previsti in Tabella E dal disegno di legge finanziaria per il 2007 ammonta a 150 milioni euro per il 2007, a 70 milioni per il 2008 e a 70 milioni per il 2009.
In particolare, le due riduzioni delle autorizzazioni di spesa presenti nella Tabella E riguardano lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze:
§ riduzione di 70 milioni a carattere permanente delle risorse destinate dall’articolo 1, comma 366, della legge finanziaria per il 2005 al rimborso alla Cassa depositi e prestiti degli oneri di gestione del fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura delle amministrazioni statali;
§ riduzione di 80 milioni per il 2007 delle risorse destinate dall’articolo 1, comma 578, della legge finanziaria per il 2006 al finanziamento dell’Istituto italiano di tecnologia.
Articolo 216, comma 5
(Modulazione delle leggi pluriennali di
spesa)
5. Gli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi a carattere pluriennale restano determinati, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, nelle misure indicate nella Tabella F allegata alla presente legge.
Il comma 5 dell’articolo 216 dispone in ordine agli stanziamenti iscritti nella Tabella F. La Tabella F rimodula le quote per il triennio finanziario di riferimento delle leggi di spesa in conto capitale pluriennali, senza tuttavia poter variare lo stanziamento complessivo di ciascuna legge (art. 11, comma 3, lettera e) e art. 11-quater, comma 1,della legge n. 468 del 1978 e successive modificazioni).
Il disegno di legge finanziaria deve inoltre indicare in apposito allegato per ciascuna legge di spesa pluriennale i residui di stanziamento e le giacenze di tesoreria eventualmente in essere al 30 giugno dell'anno in corso.
Quest'ultima prescrizione ha fini meramente conoscitivi; essa consente peraltro di avere indicazioni sulla capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni: i residui di stanziamento si formano infatti allorché, rispetto agli stanziamenti di competenza, non siano stati assunti impegni di spesa; le giacenze di tesoreria si formano invece alla fine della procedura di spesa del bilancio (qualora le somme relative debbano transitare in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria) in relazione al loro mancato utilizzo da parte dei soggetti destinatari.
In attuazione di quanto disposto dall'articolo 11-quater, lettera d) della legge n. 468 del 1978, l'allegato 6 al disegno di legge finanziaria (A.C. 5310) indica i residui di stanziamento in essere al 30 giugno dell'anno in corso e le giacenze in essere alla medesima data.
La Tabella F ha la funzione di rimodulare le quote annue dello stanziamento complessivo di ciascuna legge. Tale stanziamento, peraltro, può essere modificato mediante rifinanziamenti disposti nella Tabella D o definanziamenti disposti nella Tabella E. Qualora le leggi interessate siano esposte in Tabella F, l’importo indicato tiene conto anche di dette variazioni.
La Tabella F sconta, quindi, anche i rifinanziamenti esposti nella Tabella D e i definanziamenti previsti dalla Tabella E.
Nel testo del disegno di legge finanziaria 2007 (A.C. 1746) gli importi iscritti in Tabella F ammontavano complessivamente a 115.076 milioni per il 2007, 16.751,2 milioni per il 2008, a 19.517,6 milioni per il 2009 e a 40.609,6 milioni per il 2010 e gli anni successivi.
Tali importi scontavano già i nuovi rifinanziamenti disposti dalla Tabella D e i definanziamenti di Tabella E.
Rispetto al bilancio a legislazione vigente (A.C. 1747), le rimodulazioni proposte dalla Tabella F della legge finanziaria 2007 determinano un incremento delle autorizzazioni di spesa di 2.809,6 milioni per il 2007 e di 4.664,8 milioni di euro per il 2008, a fronte di riduzioni di 19.200,9 milioni per il 2009, compensati da incremento delle autorizzazioni di spesa per 11.726,5 milioni nel 2010 e negli anni successivi.
Le variazioni determinate direttamente dalla Tabella F attraverso lo spostamento negli anni delle risorse già disponibili hanno interessato le seguenti autorizzazioni di spesa:
Settore 4 - Interventi nelle aree sottoutilizzate
§ L. 289/2002, art. 61 comma 1: Fondo da ripartire per le aree sottoutilizzate (Ministero dellosviluppo economico): riduzioni di 1.434,8 milioni nel 2007, di 659,7 milioni nel 2008 e di 5.500,9 milioni nel 2009, che slittano al 2010 (7.595,4 milioni);
§ L. 289/2002, art. 61 comma 1: Fondo da per le aree sottoutilizzate per gli interventi di competenza del Ministero dell’università e ricerca scientifica: riduzioni di 155,6 milioni nel 2007 e di 175,5 milioni nel 2008, con incremento di 100 milioni nel 2009 e di 231,7 nel 2010.
Settore 11 - Interventi nel settore dei trasporti
§ L. 266/2005, art. 1, comma 86: Contributo in conto impianti alle Ferrovie dello Stato Spa: anticipa 300 milioni dal 2010 al 2009.
Settore 17 - Edilizia penitenziaria, giudiziaria, sanitaria, di servizio
§ L. 448/1998, art. 50, co 1, p. c) – Edilizia sanitaria pubblica: anticipazione di 400 milioni sia per il 2007 che per il 2008 a valere sulle risorse del 2010.
Settore 27 - Interventi diversi
§ L. 183/1987 art. 5: Fondo di rotazione per le politiche comunitarie: Riduzione di 14,1 miliardi nel 2009, che vengono anticipati per 4 miliardi al 2007 e 5,1 miliardi al 2008 e posticipo di 5 miliardi al 2010.
Si analizzano, di seguito, le autorizzazioni pluriennali di spesa esposte nella Tabella F che hanno subito variazioni, rispetto al bilancio a legislazione vigente (BLV), per effetto:
- di rifinanziamenti di Tabella D;
- di rimodulazioni di Tabella F.
Nelle tabelle che seguono, ripartite per settore, sono indicate, per ciascuna legge pluriennale di spesa, le disponibilità finanziarie previste a legislazione vigente e le variazioni determinate dalla legge finanziaria (eventuali rifinanziamenti di Tabella D, definanziamenti di Tabella E, rimodulazioni di Tabella F, eventuali variazioni determinate da disposizioni contenute nell’articolato).
L’ultima riga di ciascuna tabella indica l’importo esposto nella Tabella F che rappresenta l’effettiva entità delle risorse disponibili per il triennio 2006-2008 e negli anni 2009 e successivi di ciascuna autorizzazione di spesa.
Gli stanziamenti sono espressi in migliaia di euro.
Settore 4 - Interventi nelle aree sottoutilizzate
Ministero sviluppo economico
L. 289/2002, art. 61, co. 1: Fondo aree sottoutilizzate (U.P.B. 6.2.3.127 - cap. 8425) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
6.434.820 |
5.659.700 |
10.450.900 |
- |
Rimodulazioni Tab. F |
-1.434.820 |
-659.700 |
-5.500.900 |
+7.595.420 |
Esposto in Tab. F |
5.000.000 |
5.000.000 |
4.950.000 |
7.595.420 |
Articolato (art. 105) |
+100.000 |
+100.000 |
+5.000.000 |
+58.073.000 |
Disponibilità |
5.100.000 |
5.100.000 |
9.950.000 |
65.668.420 |
Ministero comunicazioni
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime: Reti di comunicazione (U.P.B. 2.2.3.4 - cap. 7230) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
30.000 |
30.000 |
- |
- |
Tabella D |
- |
- |
+50.000 |
- |
Disponibilità |
30.000 |
30.000 |
50.000 |
- |
Ministero università e ricerca
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime (U.P.B. 4.2.3.5 – cap. 7254/p e U.P.B. 4.2.3.11 - cap. 7308/p) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
255.570 |
275.500 |
- |
- |
Rimodulazioni Tab. F |
-155.570 |
-175.500 |
+100.000 |
+231.070 |
Disponibilità |
100.000 |
100.000 |
100.000 |
231.070 |
Settore 9 - Mediocredito Centrale
Ministero economia e finanze
L. 730/1983, art. 18, co. 8-9 - Fondo rotativo finanziamento imprese esportatrici – Fondo unico investimenti (U.P.B. 1.2.3.4 – cap. 7005) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
3.000 |
- |
- |
- |
Tabella D |
+50.000 |
+50.000 |
+50.000 |
- |
Disponibilità |
53.000 |
50.000 |
50.000 |
- |
Settore 11 – Interventi nel settore dei trasporti
Ministero economia e finanze
L. 266/2005, art. 1, co. 86: Contributo in conto impianti alle Ferrovie dello Stato (U.P.B. 3.2.3.15 - cap. 7122) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
176.000 |
176.000 |
3.200.000 |
14.357.596 |
Rimodulazioni Tab. F |
- |
- |
+300.000 |
-300.000 |
Disponibilità |
176.000 |
176.000 |
3.500.000 |
14.057.596 |
Settore 16 - Interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione
Ministero economia e finanze
DL. 138/2002, art. 7: Apporto al capitale sociale di ANAS Spa ( U.P.B. 3.2.3.48 - cap. 7372) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+1.120.000 |
+1.560.000 |
+1.560.000 |
- |
Disponibilità |
1.120.000 |
1.560.000 |
1.560.000 |
- |
Ministero infrastrutture e trasporti
L. 662/1996, art. 2, co. 86: Raddoppio autostrada A6 Torino-Savona ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7483) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
6.329 |
6.329 |
6.329 |
76.305 |
Tabella D |
+8.000 |
+4.000 |
- |
- |
Disponibilità |
14.329 |
10.329 |
6.329 |
76.305 |
Ministero infrastrutture e trasporti
L. 662/1996, art. 2, co. 87: Variante di valico Firenze-Bologna ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7484) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
6.329 |
6.329 |
6.329 |
76.305 |
Tabella D |
+8.000 |
+4.000 |
- |
- |
Disponibilità |
14.329 |
10.329 |
6.329 |
76.305 |
DL. 67/1997, art. 19, co. 1: Potenziamento di tratte autostradali ( U.P.B. 3.2.3.8 - cap. 7485) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
19.334 |
23.334 |
23.334 |
389.834 |
Tabella D |
+30.800 |
+15.400 |
- |
- |
Disponibilità |
54.134 |
38.734 |
23.334 |
389.834 |
Settore 17 - Edilizia penitenziaria, giudiziaria, sanitaria, di servizio
Ministero economia e finanze
L. 448/1998, art. 50, co. 1, lett. c) – Edilizia sanitaria pubblica (U.P.B. 4.2.3.3 – cap. 7464) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
384.000 |
384.000 |
2.520.000 |
|
BLV rimodulato |
|
|
520.000 |
2.000.000 |
Tabella D |
- |
- |
+100.000 |
- |
Tabella F |
+400.000 |
+400.000 |
- |
-800.000 |
Esposto in Tab. F |
784.000 |
784.000 |
1.520.000 |
1.200.000 |
Ministero Giustizia
RD 787/1931: Fondo unico investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria (U.P.B. 1.2.3.3 - cap. 7020) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+100.000 |
+100.000 |
+100.000 |
|
Disponibilità |
100.000 |
100.000 |
100.000- |
- |
Settore 19 - Difesa del suolo e tutela ambientale
Ministero economia e finanze
L. 236/1993, mart. 3, co. 9: Contributo alla regione Calabria per le opere di forestazione (U.P.B. 4.2.3.10 - cap. 7499) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+160.102 |
+160.102 |
+160.102 |
- |
Disponibilità |
160.102 |
160.102 |
160.102 |
- |
Ministero Ambiente
L. 183/1989: Difesa del suolo (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+200.000 |
+265.000 |
+265.000 |
- |
Disponibilità |
200.000 |
265.000 |
265.000 |
- |
L. 426/1998, art. 1, co. 1: Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati (U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7090/p) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
|
- |
- |
- |
Tabella D |
+65.000 |
+100.000 |
+100.000 |
- |
Disponibilità |
65.000 |
100.000 |
100.000 |
- |
Settore 23 – Università
Ministero università e ricerca
L. 910/1986, art. 7, co. 8: Edilizia universitaria (U.P.B. 3.2.3.9 - cap. 7304) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
+40.000 |
- |
- |
- |
Tabella D |
+10.000 |
+10.000 |
- |
- |
Disponibilità |
50.000 |
10.000 |
- |
- |
Settore 27 - Interventi diversi
Ministero economia e finanze
L. n. 183/1987 art. 5: Coordinamento politiche comunitarie - Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (U.P.B. 4.2.3.8 – cap. 7493/P) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
204.000 * |
600.000 |
14.999.500 |
- |
Tabella D |
- |
- |
+4.000.000 |
|
Tabella F |
+4.000.000 |
+5.100.00 |
-14.100.000 |
+5.000.000 |
Disponibilità |
4.204.000 |
5.700.000 |
4.899.500 |
5.000.000 |
* Nel BLV per il 2007 la dotazione del capitolo 7493 è pari a 254 milioni di euro, poiché su tale capitolo confluiscono anche le risorse finanziarie relative alla legge n. 86 del 1989 (50 milioni di euro).
Ministero lavoro e politiche sociali
D.L. 148/1993, art. 1, comma 7: Interventi a sostegno dell'occupazione - Fondo per l’occupazione (U.P.B. 3.2.3.1 - cap. 7202) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
60.000 * |
- |
- |
- |
Tabella D |
+675.000 |
+245.000 |
+164.000 |
- |
Disponibilità |
735.000 |
245.000 |
164.000 |
- |
* Nel BLV 2007 la dotazione del capitolo 7202 è pari a 602,5 milioni di euro, poiché su tale capitolo confluiscono le risorse finanziarie relative ad altre autorizzazioni legislative.
Ministero dell’interno
D.L. 515/1994: Fondo per lo sviluppo degli investimenti dei comuni e delle province (U.P.B. 2.2.3.5 - cap. 7232) |
||||
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+116.203 |
+116.203 |
+116.203 |
- |
Disponibilità |
116.203 |
116.203 |
116.203 |
- |
D.L. 67/1997, art. 3: Contribuiti ai comuni di Napoli e Palermo (U.P.B. 2.2.3.6 - cap. 7239) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+100.000 |
+100.000 |
+100.000 |
- |
Disponibilità |
100.000 |
100.000 |
100.000 |
- |
Ministero dell’interno
L. 448/1998, art. 27: Fornitura gratuita libri di testo (U.P.B. 2.2.3.6 - cap. 7243) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Tabella D |
+103.291 |
+103.291 |
+103.291 |
- |
Disponibilità |
103.291 |
103.291 |
103.291 |
- |
Ministero politiche agricole
L. 448/2001, art. 46, comma 4: Fondo unico investimenti (U.P.B. 1.2.10.2 - cap. 7003/P) |
||||
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 e succ. |
BLV |
15.600 |
- |
- |
- |
Tabella D |
+220.000 |
+220.000 |
+270.000 |
- |
Disponibilità |
235.600 |
220.000 |
270.000 |
- |
Articolo 216, comma 6
(Limiti all’assunzione degli impegni a
valere sulle leggi di spesa)
6. A valere sulle autorizzazioni di spesa in conto capitale recate da leggi a carattere pluriennale, riportate nella Tabella di cui al comma 5, le Amministrazioni e gli enti pubblici possono assumere impegni nell'anno 2007, a carico di esercizi futuri nei limiti massimi di impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.
Ai sensi dell'articolo 11-quater, comma 2, della legge n. 468 del 1978, e successive modificazioni, le amministrazioni e gli enti pubblici possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.
La disposizione demanda tuttavia alla legge finanziaria la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.
In ogni caso, i pagamenti devono essere contenuti entro i limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.
Come già le leggi finanziarie precedenti, il disegno di legge finanziaria per il 2007 si avvale della predetta facoltà di limitare l’impegnabilità dei fondi stanziati con le leggi pluriennali, esposte in Tabella F, contrassegnando le disposizioni legislative esposte nella tabella con i numeri 1, 2 o 3 che stanno ad indicare:
§ n. 1, che le quote degli anni 2008 ed esercizi successivi non sono impegnabili;
§ n. 2, che le quote degli anni 2008 e successivi sono impegnabili al 50%;
§ n. 3, che le quote degli anni 2008 e successivi sono interamente impegnabili già nell’esercizio 2007.
Sono comunque fatti salvi gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2006 e quelli derivanti da spese in annualità.
Analogamente alle precedenti leggi finanziarie, nella tabella F del disegno di legge finanziaria per il 2007 si prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare già nell’esercizio 2007 le risorse relative agli anni successivi, con la sole eccezione della legge n. 398/1998, disposizioni finanziarie a favore dell’Ente autonomo acquedotto pugliese (settore 27), per le quali le quote relative agli anni 2008 e successivi non sono impegnabili.
Articolo 216, comma 7
(Eccedenze di spesa)
7. In applicazione dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le misure correttive degli effetti finanziari di leggi di spesa sono indicate nell'allegato 1 alla presente legge.
Analogamente a quanto previsto a decorrere dalla legge finanziaria per il 2004, l’articolo 216, comma 7, dispone l’approvazione dell’allegato 1, nel quale sono stabiliti gli stanziamenti necessari per far fronte ai maggiori oneri, rispetto alle previsioni, che si sono determinati in relazione a specifiche voci di bilancio (cc.dd. eccedenze di spesa).
Il finanziamento di tali oneri viene disposto in attuazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978, introdotto dal decreto-legge n. 194/2002 (c.d. decreto-legge “tagliaspese”), ai sensi del quale nella legge finanziaria possono essere inserite misure correttive degli effetti finanziari di leggi in relazione alle quali, in fase di attuazione, si sono verificati scostamenti rispetto alle previsioni.
La formulazione della legge n. 468/1978 fa peraltro riferimento a “misure correttive”, che potrebbero anche configurarsi come interventi di revisione delle disposizioni che hanno dato luogo a maggiori oneri, in modo da evitare l’emersione di ulteriori scostamenti, piuttosto che come semplice attribuzione di finanziamenti aggiuntivi.
Il decreto legge 6 settembre 2002 n. 194, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", (cosiddetto decreto-legge "tagliaspese"), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246, ha previsto che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime (articolo 1, comma 1, lett. a), che novella l’articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468/1978).
Nel caso in cui, in fase di attuazione, si determinino oneri superiori ai limiti della spesa espressamente autorizzata, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose in conseguenza della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di un decreto dirigenziale della Ragioneria dello Stato con il quale si accerta l’esaurimento delle disponibilità corrispondenti all’autorizzazione di spesa (lett. b) dell’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 194/2002)
In ogni caso, qualora dall’attuazione di disposizioni di legge si determinino, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2, del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).
Il D.L. n. 194/2002 ha, tuttavia, stabilito che misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge n. 194).
Ha inoltre disposto che in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).
Le eccedenze di spesa di cui l’allegato 1 dispone il finanziamento ammontano a 1.974 milioni di euro per il 2007, ivi incluse le esigenze degli anni pregressi pari a 1.805 milioni di euro , a 178 milioni di euro per il 2008 e a 100 milioni di euro per il 2009.
Si segnala, altresì, sotto il profilo degli effetti finanziari, che non sono stati stimati effetti in termini di indebitamento netto dalla disposizione in esame.
Si valuti l’opportunità di richiedere sul punto un chiarimento da parte del Governo.
Un ultimo profilo rilevante è rappresentato dalla tipologia delle spese per le quali l’allegato 1 dispone finanziamenti aggiuntivi, volti a dare copertura agli oneri eccedenti le previsioni.
Sulla base di quanto disposto dal decreto-legge n. 194/2002, la copertura finanziaria di disposizioni di legge onerose si configura:
1) come tetto di spesa non superabile (pena la cessazione di efficacia della disposizione);
2) ovvero:
3) come previsione di spesa, a fianco della quale viene introdotta una clausola di salvaguardia.
Questa dicotomia sembra implicare che le misure correttive contenute nella legge finanziaria dovrebbero riferirsi a disposizioni onerose riconducibili alla seconda tipologia, vale a dire a disposizioni per le quali non può essere stabilito un tetto di spesa (ad esempio, prestazioni connesse a diritti soggettivi costituzionalmente tutelati). Nel disegno di legge finanziaria in esame, come del resto nelle precedenti leggi finanziarie, sono state invece inserite tra le eccedenze di spesa disposizioni di carattere assai eterogeneo.
Si rileva che in taluni casi, il finanziamento delle cc.dd. eccedenze di spesa riguarda autorizzazioni di spesa espressamente qualificate dalla legge come limiti di spesa (come nel caso delle agevolazioni postali all’editoria – legge n. 67/1998 e decreto-legge n. 353/2003: art. 3) o in relazione alle quali è già stato emanato il dirigenziale della Ragioneria dello Stato di avvenuto raggiungimento dei limiti di spesa (come nel caso del fondo per l’equa riparazione dei danni subiti per violazione del termine di ragionevole durata del processo – legge n. 89/2001).
In questi casi, più che di una applicazione dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978 (lettera introdotta dal decreto-legge “tagliaspese”), sembrerebbe trattarsi di un vero e proprio rifinanziamento delle relative leggi.
Si valuti l’opportunità di una riflessione sul punto, anche perché l’inserimento di un finanziamento tra le eccedenze di spesa ha riflessi sull’esame parlamentare: le eccedenze di spesa sono infatti considerate non emendabili.
Di seguito sono elencate le singoli voci per le quali si sono registrate eccedenze di spesa e in relazione alle l’allegato 1 del disegno di legge finanziaria per il 2007 dispone il finanziamento.
Le indicazioni relative alle singole voci sono tratte dalle schede contenute nella relazione tecnica.
Gli importi sono espressi in migliaia di euro.
Ministero dell’Economia e delle finanze
Legge n. 416/1981 – Telecom agevolazioni editoria (3.1.2.4 – cap. 1501)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
97.948 |
31.931 |
31.931 |
2009 |
Le risorse da assegnare ai gestori telefonici per il rimborso delle spese sostenute in relazione ad obblighi tariffari disciplinati dalla normativa vigente, iscritte sul cap. 1501/Economia, rientrano nell'ambito delle agevolazioni concesse in favore dell'editoria ai sensi della legge n. 416/1981. I fondi stanziati sul citato capitolo 1501, che costituiscono limite di spesa ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legge n. 194 del 2002, convertito dalla legge n. 246 del 2002.
Negli anni precedenti si sono manifestate frequenti difficoltà gestionali, conseguenti all'insufficienza dello stanziamento, alle quali si è posto rimedio nell’ambito delle “eccedenze di spesa” della legge finanziaria 2006, che ha provveduto ad assegnare a Telecom 18,069 milioni di euro complessivi per gli squilibri delle gestioni degli anni 1997 e 1999.
Nel corso del 2006, sono emerse ulteriori problematiche gestionali, dalle decurtazioni operate dalla legge finanziaria 2006. A seguito dell'applicazione della legge finanziaria 2006 (articolo 1, commi 15 e 16), è derivata una riduzione complessiva (pari al 29,50% circa) dei trasferimenti statali relativi a rimborsi per servizi effettivamente resi dalle imprese, in applicazione dei rispettivi contratti di programma, che ha interessato anche quelle risorse destinate alle agevolazioni in parola.
In relazione a tale contesto normativo, il competente Dipartimento del Tesoro ha segnalato ulteriori esigenze relative alla fatturazione di Telecom fino a tutto il 2005, per l'ammontare di euro 75.519.503,32, quale maggior onere rispetto ai corrispondenti rimborsi statali. Nel contempo, viene segnalato un ulteriore fabbisogno di Telecom per l'anno 2006 di 45 milioni di euro, con un nuovo sbilancio gestionale per il 2005, valutabile in circa 22,428 milioni di euro, tenuto anche conto che la relativa assegnazione di bilancio sul cap. 1501, pari ad euro 4,503 milioni di euro é risultata inferiore rispetto a quanto richiesto. Complessivamente, quindi, le esigenze relative a tutto il 2006 ammontano ad euro 97,948 milioni di euro.
Per gli anni successivi, nelle more dell'ulteriore riparto del fondo, appare preventivatile al momento un ulteriore fabbisogno di euro 31,931 milioni annui, quale differenza tra le richieste (50 milioni annui) e lo stanziamento assegnabile nel 2007, mediante ripartizione del fondo stesso, ove si volesse mantenere stabile il volume delle risorse disponibili almeno rispetto al livello previsto dalla precedente legge finanziaria (18,069 milioni di euro).
Legge n. 67/1988 – Agevolazioni tariffarie postali (3.1.2.43 – cap. 1850)
2007 |
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Anno terminale |
234.236 |
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2007 |
Legge n. 515/1993 – Agevolazioni tariffarie elettorali Poste (3.1.2.4 – cap. 1496)
2007 |
2008 |
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Anno terminale |
46.492 |
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2007 |
L'assegnazione di risorse a Poste italiane Spa per il rimborso delle spese sostenute in relazione agli obblighi tariffari disciplinati dalla normativa vigente deriva dalle agevolazioni previste dalla legge n. 67/88 in favore, rispettivamente, delle imprese editrici e delle organizzazioni non profit (risorse da iscrivere nell'ambito del fondo editoria di cui al cap. 2183/Economia a valere sul fondo contratti programma imprese pubbliche di cui al cap. 1850), nonché dallo svolgimento delle consultazioni elettorali (cap. 1496/Economia).
Per quanto riguarda le agevolazioni tariffarie all'editoria, in applicazione dell'articolo 3 del decreto legge n. 353/2003, convertito dalla legge n. 4612004, la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede a rimborsare alla predetta società l'ammontare delle riduzioni tariffarie complessivamente applicate, nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli del bilancio autonomo della Presidenza medesima.
Tale normativa, fissando espressamente un limite di spesa alle agevolazioni tariffarie editoriali, determina l'impossibilità dell'insorgenza di nuovi oneri per il bilancio dello Stato derivanti dalla concessione delle agevolazioni stesse.
Per quanto riguarda le agevolazioni tariffarie elettorali, analogamente, costituisce un tetto di spesa ai sensi delle disposizioni del decreto legge n. 194 del 2002, convertito dalla legge n. 246 del 2002, lo stanziamento del capitolo 1496, determinato in euro 15.493.707 annui, destinato al rimborso degli oneri sostenuti in applicazione della legge n. 515 del 1993 e successive modificazioni.
Anche per le provvidenze in questione, nel corso del 2006, sono emerse le problematiche derivanti dall'applicazione dei commi 15 e 16 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006, con una riduzione complessiva (pari al 29,50% circa) dei trasferimenti statali alle imprese pubbliche.
Le difficoltà derivanti dai tagli dei trasferimenti statali alle imprese pubbliche si sono riverberate anche in relazione alle agevolazioni in questione, nonostante la medesima legge finanziaria 2006, nell’ambito delle eccedenza di spesa, avesse provveduto ad assegnare a Poste italiane 33,2 milioni di euro complessivi per gli squilibri delle gestioni degli anni 2005 e precedenti derivanti dall'applicazione delle suddette leggi n. 67 del 1988 e n. 515 del 1993
Sono dunque pervenute nuove segnalazioni - che rinnovano analoghe segnalazioni degli scorsi esercizi - di maggiori oneri sostenuti da Poste Italiane per le agevolazioni in questione, rispetto ai corrispondenti rimborsi statali per gli importi rispettivamente di:
§ 46.492.000 euro per agevolazioni tariffarie elettorali concesse nell'anno 2006;
§ 234.236.000 euro complessivi per le provvidenze all'editoria, da riferire quanto ad euro 99.106.000 alle eccedenze del 2006 e quanto ad euro 135.130.000 ad eccedenze di esercizi pregressi.
Legge n. 89/2001 – Fondo per l’equa riparazione dei danni subiti per violazione del termine di durata ragionevole del processo (4.1.5.11 – cap. 2829)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
10.000 |
- |
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2007 |
La legge n. 89 del 2001 ha istituito il fondo per l'equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, destinando originariamente per tali finalità risorse annue per euro 6.561.585, iscritte in bilancio sul cap. 2829/Economia.
Il predetto importo, da ripartire tra le Amministrazioni interessate (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Giustizia e Difesa), si è rivelato peraltro insufficiente nel corso dell'anno 2003 per il soddisfacimento di tutti i ricorrenti, determinando la necessità dell'emanazione di un decreto di avvenuto raggiungimento dei limiti di spesa, ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n. 468/1978.
In tale situazione, tenuto conto del fabbisogno complessivo stimato per l'anno 2004, considerando le esigenze delle citate Amministrazioni, si è provveduto ad includere tra le eccedenze di spesa della legge finanziaria 2004 le eccedenze rispetto allo stanziamento, valutate in circa 39 milioni di euro per l'anno 2004 e in 20 milioni annui a decorrere dal 2005.
Tuttavia, nel corso dell'anno 2006, l'importo complessivamente disponibile di euro 26.561.585, da ripartire tra le Amministrazioni interessate, si è rivelato peraltro insufficiente, per il soddisfacimento di tutti i ricorrenti, determinando la necessità dell'emanazione di un ulteriore decreto di avvenuto raggiungimento dei limiti di spesa, ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 6-bis, della legge n. 468/1978.
Decreto-legge n. 487/1993, art. 6, co. 5 – IPOST (3.1.2.19 – cap. 1497)
2007 |
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Anno terminale |
3.393 |
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- |
2007 |
L'articola 6, comma 5, della legge n. 71 del 1994, ha attribuito all'IPOST la gestione relativa al trattamento di quiescenza dei dipendenti di Poste italiane andati in pensione a decorrere dal 1° agosto 1994, ponendo, oltre alla quota a carico dello stesso IPOST, un'ulteriore quota a carico dello Stato, in misura proporzionale alla durata del servizio prestato presso l'amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni e l'Ente Poste italiane.
Peraltro, risulta posto a carico di Poste Italiane Spa in base alla suddetta normativa anche il rimborso di un contributo straordinario concesso dall'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni all'Ente medesimo, in data antecedente al 1994 (in applicazione della legge n. 778 del 1985): ai sensi del suddetto articolo 6 del decreto legge 487 del 1993, la società Poste italiane è di fatto subentrata nella titolarità dei rapporti attivi e passivi, nonché dei diritti e dei beni dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni.
Il Ministero dell'economia sostiene annualmente il costo del previsto rimborso del suddetto contributo straordinario, pari ad euro 11.498.913, iscritto sul capitolo 1497/Economia fino a tutto il 2005 e confluito, dall'anno 2006 fino al 2009, nel fondo per i trasferimenti correnti delle imprese (cap. 2197/Economia) ai sensi dell'articolo 1, comma 15, della legge finanziaria 2006. In relazione alle problematiche gestionali per le imprese pubbliche, concernenti anche le suddette assegnazioni, emerse in occasione della ripartizione del suddetto fondo da ripartire e dovute alla contrazione complessiva di trasferimenti statali rispetto alle effettive esigenze, si è potuto provvedere ad una assegnazione di bilancio sul cap. 1497 nel limite di 8.106.734 euro, inferiore di 3,393 milioni di euro rispetto alle citate effettive spettanze di Poste (euro 11.498.913).
Ministero del lavoro e della previdenza sociale
Decreto-legge n. 546/1996, art. 1 – Oneri per pensionamenti anticipati (11.1.2.7– cap. 4354)
2007 |
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Anno terminale |
867 |
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2007 |
Decreto-legge n. 267/1972, art. 23-bis – Rivalutazione delle pensioni e altri oneri pensionistici (11.1.2.7– cap. 4356)
2007 |
2008 |
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Anno terminale |
2.126 |
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Legge n. 230/1997, art. 3 – Fondo spedizionieri doganali (11.1.2.7 – cap. 4357)
2007 |
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Anno terminale |
1.382 |
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2007 |
Legge n. 448/2001, art. 43, co. 1 – Tutela previdenziale obbligatoria maternità (11.1.2.8 – cap. 4361)
2007 |
2008 |
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Anno terminale |
38.926 |
- |
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2007 |
Legge n. 448/1998, art. 3, co. 5 e Legge 448/2001, art. 44 – Sgravi contributivi (11.1.2.9 – cap. 4363)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
476.081 |
- |
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2007 |
Legge n. 88/1989, art. 37 – Agevolazioni contributive, sottocontribuzioni ed esoneri (11.1.2.9 – cap. 4364)
2007 |
2008 |
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Anno terminale |
655.630 |
- |
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2007 |
Legge n. 223/1991, art. 8, co. 4 e art. 25, co. 9 – Oneri dovuti all’INPS per trasferimenti ai datori di lavoro(11.1.2.9 – cap. 4366)
2007 |
2008 |
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Anno terminale |
5.386 |
- |
- |
2007 |
Decreto-legge n. 103/1991, art. 4 – Altri interventi in materia previdenziale (11.1.2.10 – cap. 4367)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
3.969 |
- |
- |
2007 |
Per quanto riguarda i trasferimenti dal bilancio dello Stato all'INPS, sono state individuate, sulla base del rendiconto del predetto Istituto per l'anno 2004, alcune autorizzazioni di spesa per le quali è necessario, limitatamente alle agevolazioni contributive e alle prestazioni erogate nel 2004, integrare le relative autorizzazioni di spesa.
Occorre premettere che la disposizione costituisce di fatto una regolazione di effetti contabili, riferita ai risultati del bilancio consuntivo INPS per il 2004. Tali effetti si riferiscono principalmente a sgravi e agevolazioni contributive, e solo in minima parte a prestazioni sociali (anche per quanto concerne il cap. 4361, trattasi di oneri connessi alla riduzione del contributo di maternità di cui all'art. 78 del decreto legislativo n. 151 del 2001); peraltro, riferendosi a prestazioni e ad agevolazioni già erogate nel 2004, essa non ha alcun effetto sul Conto delle Pubbliche Amministrazioni, in quanto tutte le eccedenze di spesa interessate sono già state considerate, nel medesimo Conto, secondo il loro effettivo ammontare.
Sulla base delle risultanze del rendiconto dell'INPS per l'anno 2004, sono state individuate le seguenti eccedenze di spesa, relative al predetto esercizio finanziario (importi in euro):
Cap. 4354 |
Oneri derivanti da pensionamenti anticipati |
866.458 euro |
Cap. 4356 |
Rivalutazione delle pensioni ed altri oneri pensionistici |
2.125.992 euro |
Cap. 4357 |
Somma da trasferire al fondo spedizionieri doganali |
1.381.033 euro |
Cap. 4361 |
Quota parte delle prestazioni derivanti dalla tutela previdenziale obbligatoria della maternità |
38.925.974 euro |
Cap. 4363 |
Sgravi contributivi |
476.080.067 euro |
Cap. 4364 |
Agevolazioni contributive, sottocontribuzioni ed esoneri |
655.629.524 euro |
Cap. 4366 |
Oneri dovuti all'INPS per i trasferimenti ai datori di lavoro |
5.385.921 euro |
Cap. 4367 |
Altri interventi in materia previdenziale |
3.968.106 euro |
Ministero degli affari esteri
Legge n. 932/1965 – Contributo al Centro internazionale di alti studi agronomici del Mediterraneo (9.1.2.2 – cap. 2202)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
121 |
121 |
121 |
P |
Trattasi di spesa derivante dall'applicazione di un accordo internazionale, alla cui copertura si è provveduto con legge di ratifica del 13 luglio 1965, n. 932. Il contributo al "Centro internazionale di alti studi agronomici del mediterraneo" è commisurato annualmente alle spese di funzionamento risultanti dal bilancio del predetto Centro. Poiché lo stanziamento iscritto nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l'anno 2006, al capitolo 2202, è di euro 6.013.655, contro un onere di euro 6.134.000, si è reso indispensabile provvedere all'integrazione dello stanziamento per 120.345 euro.
Legge n. 972/1984 – Ratifica atto costitutivo Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (9.1.2.2 – cap. 2203)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
425 |
425 |
425 |
P |
Trattasi di spesa derivante dall'applicazione di un accordo internazionale alla cui copertura si è provveduto con legge di ratifica del 13 dicembre 1984, n. 972. Il contributo all'"Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale" è commisurato annualmente alle spese di funzionamento risultanti dal bilancio del predetto Organismo. Poiché lo stanziamento iscritto nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri per l'anno 2006, al capitolo 2203, è di euro 5.114.000, contro un onere di 5.538.296 euro, si è reso indispensabile provvedere all'integrazione dello stanziamento per 424.296 euro.
Decreto-legge n. 136/2004, art. 8-quater – Benefici economici per particolari situazioni familiari (6.1.1.2 – cap. 1503)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
800 |
400 |
400 |
P |
Il DPR 5 gennaio 1967, n. 18, recante "Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri", disciplina, tra l'altro, l'erogazione dell'indennità di servizio all'estero a favore dei dipendenti destinati presso rappresentanze diplomatiche, uffici consolare o istituti di cultura all'estero. L'articolo 173 del medesimo decreto prevede la maggiorazione dell'indennità ove sussistano particolari condizioni di famiglia. L'articolo 8-quater del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, ha modificato tali condizioni determinando l'estensione del novero dei familiari che possono fruire di tali benefici, con un onere previsto in euro 199.975 a decorrere dall'anno 2004. Poiché nel corso del 2006 tali risorse si sono rivelate insufficienti, lo stesso Dicastero ha sollecitato una integrazione, a decorrere dal medesimo anno, di 400.000 euro dello stanziamento iscritto al capitolo 1503 del proprio stato di previsione.
Ministero dell’interno
Legge n. 206/2003 – Ristoro minori entrate ICI - Riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori (2.1.2.6 – cap. 1316)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
11.448 |
2.862 |
2.862 |
P |
Il comma 1 dell'articolo 2 della legge 1° agosto 2003, n. 206, considera a tutti gli effetti opere di urbanizzazione secondaria, quali pertinenze degli edifici di culto, gli immobili e le attrezzature fisse destinate dagli enti ecclesiastici indicati nell'articolo 1, comma 1, della medesima legge alle attività di oratorio e similari e, quindi, esenta tali pertinenze dal pagamento dell'ICI.
Il Ministero dell'interno-Dipartimento per gli affari interni e territoriali, ha comunicato che, in base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, l'ammontare annuo dei trasferimenti compensativi dovuti per il 2004 e per gli anni successivi è pari ad euro 5.361.603, contro lo stanziamento di 2.500.000 euro previsto dalla predetta legge n. 206 del 2003.
Legge n. 388/2000 – Ristoro minori entrate ICI - Fabbricati categoria D (2.1.2.6 – cap. 1316)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
248.610 |
44.420 |
44.420 |
2009 |
L'articolo 64 della legge 23 dicembre 200, n. 388, ha disposto, con decorrenza dal 2001, che i minori introiti ICI registrati dai comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall'autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D sono compensati con corrispondente aumento dei trasferimenti erariali, demandando ad un apposito decreto interministeriale (decreto Interno/Tesoro 1° luglio 2002, n. 297) la disciplina dei criteri e delle modalità con cui operare la compensazione.
Tale decreto stabilisce, peraltro, che il comune interessato deve inviare entro il termine ordinatorio del 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificata la minore entrata la dichiarazione attestante l'importo complessivo del minor gettito ICI da rimborsare, con la conseguenza che il Ministero dell'interno è tenuto ad accettare ed ammettere a contribuzione anche le dichiarazioni relative agli anni pregressi.
Per l'attuazione di detta disposizione, a partire dall'anno 2001, la dotazione del capitolo 1316 del Ministero dell'interno è stata incrementata dell'importo di 12.911.420 euro.
La norma non ha proceduto ad una quantificazione dell'onere, per cui gli stanziamenti sono iscritti in bilancio sulla base delle certificazioni acquisite dal Ministero dell'interno.
La citata non perentorietà del termine per l'invio delle certificazioni, analogamente a quanto accaduto in sede di legge finanziaria 2006, ha comportato la necessità per il Ministero dell'interno di richiedere una integrazione della dotazione del capitolo 1316 del proprio stato di previsione del complessivo importo di 248,61 milioni di euro, di cui 204,19 milioni di euro relativi agli anni 2006 e precedenti e 44,42 milioni di euro a regime dall'anno 2007.
E' da segnalare, al riguardo, che i rimborsi statali in questione non determinano alcuna incidenza sull'indebitamento netto, dal momento che le spese degli enti locali sono regolate (Patto di stabilità interno) da dinamiche predeterminate del tutto svincolate dal volume dell'entrate.
Ministero dela salute
Decreto-legge n. 382/1989 – Partecipazione spesa sanitaria e ripiano dei disavanzi delle USL (4.1.2.1 – cap. 4370)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
20.000 |
20.000 |
20.000 |
P |
Il decreto legge 25 novembre 1989, n. 382[380], recante disposizioni urgenti sulla partecipazione alla spesa sanitaria e sul ripiano dei disavanzi delle unità sanitarie locali, ha previsto, tra l'altro, che le disposizioni di cui all'art. 22 del regolamento comunitario n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale dei lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, si applicano a tutti i cittadini, italiani e degli Stati membri della CEE, iscritti al Servizio sanitario nazionale. L'onere derivante da tale disposizione è valutato in 2,5 miliardi di lire per l'anno 1990 e in 5 miliardi di lire (2,5 milioni di euro circa) a decorrere dall'anno 1991.
A, tale fine, sul capitolo n. 4370 "Rimborso per spese di assistenza sanitaria all'estero" dello Stato di previsione del Ministero della salute - Centro di responsabilità n. 4 "Prevenzione e comunicazione" - unità previsionale di base 4.1.2.1 - va a gravare l'onere del rimborso delle cure all'estero dei cittadini italiani.
L'andamento nel tempo dello stanziamento di detto capitolo, che per l'anno finanziario in corso ammonta a euro 82.984.164, non si rivela sufficiente alla copertura dei rimborsi da effettuare agli Stati membri UE , alla Svizzera e agli Stati dello spazio economico europeo (SEE), per le prestazioni sanitarie fornite ai cittadini italiani all'estero, tanto da rendersi necessari prelevamenti dal fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine.
Si rende pertanto necessario adeguare lo stanziamento del citato capitolo 4370
di euro 20.000.000, in termini di competenza e cassa, al fine di assolvere ai rimborsi da effettuare durante il 2007, relativamente a prestazioni sanitarie già erogate ai cittadini italiani all'estero, e per scongiurare la minaccia del diniego dell'assistenza sanitaria di alcuni Stati ai cittadini italiani.
Si osserva che la relazione mette in rilievo la necessità di integrare lo stanziamento per rimborsi da effettuare durante il 2007, mentre la disposizione in esame reca un finanziamento di natura permanente.
Ministero dei trasporti
Legge n. 169/1975, art. 2 – Sovvenzioni società di navigazione (3.1.2.10 – cap. 1960)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
100.000 |
70.000 |
- |
2008 |
Legge n. 614/1957, art. 2 – Trasporti in gestione diretta e in concessione (3.1.2.11 – cap. 1970)
2007 |
2008 |
2009 |
Anno terminale |
16.000 |
8.000 |
- |
2008 |
La legge 19 maggio 1975, n. 169 disciplina i collegamenti marittimi con le isole, da effettuarsi da parte delle società del Gruppo Tirrenia sulla base di apposita convenzione avente scadenza 31 dicembre 2008 la quale, tra l'altro, prevede a carico dello stato di previsione del Ministero dei trasporti una sovvenzione di equilibrio determinata in base a parametri previsti dalla convenzione medesima. Gli assetti dei collegamenti marittimi per il triennio 2006-2008 hanno risentito del taglio operato dalla legge finanziaria 2006. In particolare, a fronte di una determinazione della sovvenzione per l’anno 2005 di un importo complessivo di oltre euro 217.000.000, le disponibilità finanziarie per l'anno 2006 si attestano intorno a circa euro 178.000.000. Per gli anni 2007 e 2008 lo stanziamento disponibile si riduce a circa euro 129.000.000. Si rende quindi necessario incrementare lo stanziamento per riportarlo alle esigenze richieste dall'attuale livello dei servizi. In relazione alle suddette considerazioni, le integrazioni da disporre sono determinate in euro 30 milioni per l'anno 2006 ed in euro 70 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008.
La legge 18 luglio 1957, n. 614 autorizza il Ministero dei trasporti alla gestione diretta dei servizi pubblici di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como (art. 1), ponendo a carico dello stato di previsione del Ministero stesso la copertura dell'eventuale disavanzo di gestione (art. 2). Negli anni 2004 e 2005, lo stanziamento é stato di circa 25 milioni di euro, mentre la legge finanziaria per il 2006 ha ridotto lo stanziamento a circa 17 milioni di euro. La pressante richiesta delle regioni interessate e la necessità di mantenere il livello occupazionale (il personale é dipendente pubblico, per cui non sono applicabili gli ordinari ammortizzatori sociali), non hanno consentito di alterare il livello dei servizi storicamente garantiti, per cui si chiede che già per l'anno 2006 sia ripristinato lo stanziamento storicamente consolidato di 25 milioni di euro. Tale stanziamento va inoltre confermato per i successivi anni 2007 e 2008 anche per consentire il mantenimento dell'attuale livello dei servizi nelle more del trasferimento della Gestione governativa alle regioni interessate, in applicazione dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 422 del 1997 e per il cui perfezionamento é già stato attivato un tavolo tecnico.
Articolo 216, comma 8
(Fondi unici investimenti)
8. In applicazione dell'articolo 46, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le autorizzazioni di spesa e i relativi stanziamenti confluiti nei fondi per gli investimenti dello stato di previsione di ciascun Ministero interessato sono indicati nell'allegato 2 alla presente legge.
Con il comma 8 dell’articolo 216 viene approvato l’allegato 2 al disegno di legge finanziaria per il 2007, nel quale sono esposte le autorizzazioni di spesa che costituiscono i fondi unici per gli investimenti, istituiti nei singoli stati di previsione della spesa, in applicazione dell’articolo 46, comma 4, della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001), con le relative dotazioni finanziarie.
L’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001) ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di un fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa. Nel fondo confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati.
Le nuove autorizzazioni di spesa per investimenti, che confluiscono nei Fondi unici per gli investimenti istituiti nei singoli stati di previsione di ciascun Ministero, devono mantenere una autonoma evidenziazione contabile in allegato delle corrispondenti autorizzazioni legislative.
A decorrere dal 2003, i fondi per gli investimenti possono essere rifinanziati nella Tabella D della legge finanziaria per i tre anni del bilancio pluriennale.
Il comma 4 dell’articolo 46 ha, inoltre, stabilito che in apposito allegato al disegno di legge finanziaria siano analiticamente evidenziate le autorizzazioni di spesa e gli stanziamenti che confluiscono in ciascuno dei fondi per gli investimenti da istituire nei singoli stati di previsione.
I fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione sono stati esposti, per la prima volta, nell’allegato 2 della legge finanziaria 2003, con l’indicazione delle singole autorizzazioni legislative (e di relativi importi) che sono in essi confluite, per ciascun comparto omogeneo di spesa.
Ai sensi dell’articolo 1-quater, comma 4, del D.L. n. 50/2003 (legge n. 116/2003), è stato soppresso il Fondo unico investimenti, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno, che risultava costituito interamente dagli stanziamenti relativi a trasferimenti erariali di conto capitale in favore degli enti locali. La disposizione citata ha previsto, infatti, che la disciplina relativa ai fondi unici per gli investimenti non si applicasse ai trasferimenti suddetti.
L’allegato 2 reca l’indicazione dei fondi per gli investimenti costituiti nei singoli stati di previsione, con riferimento a ciascun comparto omogeneo della spesa, nonché l’indicazione delle autorizzazioni legislative (e dei relativi importi) che confluiscono in detti fondi.
Nell’allegato 2 viene esposta la proiezione triennale delle dotazioni dei Fondi e delle singole autorizzazioni di spesa che li compongono.
Gli importi indicati nell’Allegato 2 fanno riferimento al bilancio triennale a legislazione vigente.
Nel disegno di legge di bilancio a legislazione per il 2007 (A.C. 1746), gli stanziamenti iscritti nelle U.P.B. relative ai singoli Fondi unici per gli investimenti risultano per il 2007 i seguenti:
Ministero |
UPB |
Settore |
BLV 2007 |
Economia |
1.2.3.4 |
Incentivi alle imprese |
18.523.000 |
Giustizia |
1.2.3.3 |
Edilizia penitenziaria e giudiziaria |
90.108.931 |
Ambiente |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
217.331.772 |
Difesa |
1.2.3.1 |
Ricerca scientifica |
69.000.000 |
Pol. Agricole |
1.2.10.2 |
Agricoltura, foreste e pesca |
28.702.995 |
Beni culturali |
2.2.10.3 |
Patrimonio culturale |
188.742.376 |
Università |
3.2.3.5 |
Università e ricerca |
94.175.915 |
3.2.3.9 |
Edilizia universitaria |
40.000.000 |
|
|
|
TOTALE STANZIAMENTI |
746.584.989 |
Rispetto alle disponibilità a legislazione vigente, il disegno di legge finanziaria per il 2007 determina alcune variazioni nella dotazione finanziaria dei singoli Fondi unici investimenti, per effetto di quanto disposto dalle tabelle D (rifinanziamenti), E (definanziamenti) ed F (rimodulazione annuale).
In particolare, si segnala quanto segue.
Ministero dell’economia e delle finanze:
§ Fondo investimenti incentivi alle imprese
La tabella D rifinanzia di 50 milioni per ciascuna annualità del triennio l’articolo 18, commi 8 e 9 della legge n. 730/1983 relativa al Fondo per il finanziamento di esportazioni a pagamento differito.
Ministero della giustizia:
§ Fondo investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria
La tabella D rifinanzia di 100 milioni per ciascuna annualità del triennio il Regio decreto n. 787/1931 (Istituti di previdenza e di pena)
Ministero dell’ambiente:
§ Fondo investimenti difesa del suolo e tutela ambientale
Il fondo risulta incrementato di complessivi 265 milioni per il 2007 e di 365 milioni per il 2008 e 2009.La variazione è determinata dai rifinanziamenti in Tabella D di 200 milioni per il 2007 (e 265 per il 2008 e 2009) della legge n. 183/1989 (Difesa del suolo) e di 65 milioni per il 2007 (e di 100 per il 2008 e 2009) della legge n. 426/1998, art. 1, co. 1 (Interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati).
Ministero delle politiche agricole:
§ Fondo investimenti agricoltura, foreste e pesca
La tabella D rifinanzia il Fondo di 220 milioni di euro per il 2007 e per il 2008 e di 270 milioni per il 2009.
Ministero dell’università e ricerca:
§ Fondo investimenti edilizia universitaria.
La Tabella D rifinanzia di 10 milioni di euro per il 2007 e il 2008 l’unica autorizzazione legislativa di spesa indicata nel Fondo (legge n. 910/1986, art. 7, co. 8).
Come emerge dalle indicazioni sopra riportate, nella maggior parte dei casi i rifinanziamenti disposti dalla Tabella D non si riferiscono ai Fondi unici, come sembrerebbe richiedere la disciplina dettata dall’articolo 46 della legge n. 448/2002, ma continuano ad essere operate con riferimento alle distinte autorizzazioni di spesa comprese in ciascun Fondo.
Conseguentemente, la dotazione dei Fondi unici per gli investimenti per il 2007, per effetto delle modifiche apportate dal disegno di legge finanziaria sopra richiamate, dovrebbero risultare così rideterminate:
Ministero |
UPB |
Settore |
BLV 2007 |
Economia |
1.2.3.4 |
Incentivi alle imprese |
68.523.000 |
Giustizia |
1.2.3.3 |
Edilizia penitenziaria e giudiziaria |
190.108.931 |
Ambiente |
1.2.3.6 |
Difesa del suolo e tutela ambientale |
482.331.772 |
Difesa |
1.2.3.1 |
Ricerca scientifica |
69.000.000 |
Pol. Agricole |
1.2.10.2 |
Agricoltura, foreste e pesca |
248.702.995 |
Beni culturali |
2.2.10.3 |
Patrimonio culturale |
188.742.376 |
Università |
3.2.3.5 |
Università e ricerca |
94.175.915 |
3.2.3.9 |
Edilizia universitaria |
50.000.000 |
|
|
|
TOTALE STANZIAMENTI |
1.391.584.989 |
Per quanto concerne la procedura di ripartizione dei Fondi per gli investimenti, l'articolo 46, comma 5, della legge n. 448/2001 ha disposto che i Ministri competenti presentino annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, una relazione nella quale siano individuate le destinazioni delle disponibilità di ciascun fondo.
In assenza di una specifica disposizione di legge si applica il termine di 20 giorni dalla data dell’assegnazione, fissato in generale per l’espressione del parere sugli atti del Governo, dall’articolo 143, comma 4, del Regolamento della Camera dei Deputati.
Successivamente all'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, gli stanziamenti iscritti nei fondi unici sono trasferiti ai capitoli di spesa relativi ai singoli interventi.
Nell’ambito della legge di bilancio, infatti, gli stanziamenti relativi ai fondi unici per gli investimenti sono allocati in un’unica unità previsionale di base e, all’interno di essa, in un unico capitolo.
Nella legge di bilancio sono comunque mantenuti i capitoli corrispondenti alle singole autorizzazioni di spesa confluite nei fondi. Relativamente a tali capitoli, nella voce di competenza è riportata l’indicazione “per memoria”; per la cassa, invece, si trova iscritta una autorizzazioni di spesa, che è correlata alla presenza di residui.
Con la ripartizione delle disponibilità di ciascun fondo per gli investimenti, i capitoli relativi ai singoli interventi saranno dotati, in conto competenza, delle risorse indicate nella relazione concernente la ripartizione del fondo, come eventualmente modificata a seguito delle indicazioni delle competenti Commissioni parlamentari; conseguentemente saranno adeguate anche le autorizzazioni di cassa.
Articolo 217, comma 1
(Copertura finanziaria)
1. La copertura della presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel Fondo speciale di parte corrente è assicurata, ai sensi dell'articolo 11, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, secondo il prospetto allegato.
L’articolo 217, comma 1,dispone, ai fini del rispetto delle regole di copertura della legge finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, l’approvazione del prospetto di copertura degli oneri di natura corrente.
L’articolo 11, comma 5 della legge n. 468/1978, e successive modificazioni, prevede che la legge finanziaria possa disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette da iscrivere, ai sensi del successivo articolo 11-bis, nel fondo speciale di parte corrente di cui alla Tabella A, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.
La disposizione comporta che le nuove o maggiori spese correnti previste nel disegno di legge finanziaria per il 2007 (compresi gli accantonamenti di tabella A), nonché le riduzioni di entrata, debbano trovare copertura in nuove o maggiori entrate di parte corrente, vale a dire entrate da iscriversi nei titoli I e II (rispettivamente entrate tributarie ed entrate extratributarie) e in riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.
Ne consegue il divieto di ricorrere, per la copertura finanziaria di oneri correnti, a risorse (maggiori entrate o riduzioni di spesa) di conto capitale.
Nell’ambito di una lettura sistematica delle disposizioni dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, formulata nelle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 di Camera e Senato, è stata ammessa l’interpretazione secondo la quale gli oneri correnti introdotti dalla legge finanziaria possono essere coperti anche ricorrendo all’eventuale miglioramento del risparmio pubblico[381] risultante dal progetto di bilancio a legislazione vigente rispetto all’analogo saldo come determinato nell’assestamento di bilancio relativo all’esercizio in corso.
In conformità all’interpretazione richiamata, pertanto, il vincolo di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria va inteso nel senso che la legge finanziaria non può determinare un peggioramento del risparmio pubblico rispetto alla più recente previsione assestata (o al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo evidenzi un saldo peggiore di quello dell’assestamento relativo all’anno precedente).
Il prospetto di copertura del disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746) evidenzia oneri di natura corrente pari a 23.041 milioni di euro per il 2007, 23.067 milioni di euro per il 2008 e 23.995 milioni di euro per il 2009.
Gli oneri indicati nel prospetto sono riconducibili principalmente a:
- nuove o maggiori spese correnti determinate dall’articolato (20.259 milioni di euro per il 2007, 19.871 milioni di euro per il 2008 e 21.078 milioni di euro per il 2009);
- minori entrate correnti determinate dall’articolato (980 milioni di euro per il 2007, 1.260 milioni di euro per il 2008 e 866 milioni di euro per il 2009);
- maggiori spese disposte dalla Tabella A (802 milioni di euro per il 2007, 1.040 milioni di euro per il 2008 e 1.080 milioni di euro per il 2009);
- maggiori spese disposte dalla Tabella C (1.000 milioni di euro per il 2007, 896 milioni di euro per il 2008 e 971 milioni di euro per il 2009).
A fronte degli oneri correnti sopra indicati, il prospetto evidenzia mezzi di copertura per 17.238 milioni di euro per il 2006, 19.406 milioni di euro per il 2008 e 22.270 milioni di euro per il 2009.
Come emerge dal prospetto, gli oneri di parte corrente derivanti dalle disposizioni contenute nella legge finanziaria sono per una parte significativa coperti a valere sulle maggiori entrate nette derivanti dal D.L. n. 262/2006, “Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.
Le maggiori entrate derivanti dal D.L. n. 262/2005 vengono, infatti, utilizzate a copertura degli oneri del disegno di legge finanziaria per il 2007 nell’importo di 6.716 milioni di euro per il 2007 (su un totale dei mezzi di copertura pari a 17.238 milioni), di 6.841 milioni per il 2008 e di 6.829 milioni per il 2009 (su un totale dei mezzi di copertura pari, rispettivamente, a 19.406 e 22.270 milioni).
Tra i mezzi di copertura degli oneri correnti, sono inoltre compresi 1.100 milioni di euro per il 2007 e 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, derivanti da un disegno di legge delega, il cui testo e la relativa relazione tecnica non risultano ancora disponibili.
Come già rilevato nel corso della seduta della Commissione Bilancio del 5 ottobre 2006, relativa alla verifica del contenuto proprio del disegno di legge finanziaria, l'utilizzo di risorse provenienti da un disegno di legge di delega pone un problema di coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura, in quanto tali mezzi devono sussistere a decorrere dal primo anno del triennio considerato dal prospetto. Ne deriva che le risorse derivanti dalla delega - che si realizzano subordinatamente all'emanazione della disciplina attuativa - devono necessariamente prodursi già nel 2007. Occorre quindi individuare modalità che garantiscano il conseguimento di tale effetto, al fine di evitare che la normativa delegata entri in vigore successivamente alla data del 1o gennaio 2007 e, pertanto, una parte delle risorse poste a copertura della legge finanziaria risulti affidata ad una disciplina non ancora vigente alla predetta data.
PROSPETTO DI COPERTURA
(Articolo 217, comma 1)
copertura legge finanziaria |
2007 |
2008 |
2009 |
|
(importi in milioni di euro) |
||
1) ONERI DI NATURA CORRENTE |
|
|
|
|
|
|
|
Nuove o maggiori spese correnti |
|
|
|
Articolato: |
20.259 |
19.871 |
21.078 |
Razionalizzazione P.A. |
1.536 |
3.616 |
3.731 |
Eccedenze di spesa |
1.974 |
178 |
100 |
Sanità |
6.732 |
5.201 |
5.965 |
Sviluppo e ricerca |
1.551 |
691 |
691 |
Previdenza |
963 |
424 |
422 |
Equità |
322 |
759 |
845 |
Missioni di pace |
1.000 |
1.000 |
1.000 |
Assegni familiari |
1.400 |
1.400 |
1.400 |
Altri interventi |
4.641 |
6.251 |
6.540 |
Effetti indotti |
140 |
350 |
383 |
|
|
|
|
Tabella “A” |
802 |
1.040 |
1.080 |
|
|
|
|
Tabella “C” |
1.000 |
896 |
971 |
|
|
|
|
Minori entrate correnti |
|
|
|
Articolato: |
980 |
1.260 |
866 |
Proroga agevolazioni |
632 |
35 |
105 |
Misure per lo sviluppo |
46 |
827 |
356 |
Minori entrate fiscali per TFR |
202 |
298 |
305 |
Altri interventi |
100 |
100 |
100 |
Totale oneri da coprire |
23.041 |
23.067 |
23.995 |
|
|
|
|
(seguePROSPETTO DI COPERTURA)
(Articolo 217, comma 1)
copertura legge finanziaria |
2007 |
2008 |
2009 |
|
(importi in milioni di euro) |
||
2) MEZZI DI COPERTURA |
|
|
|
|
|
|
|
Nuove o maggiori entrate |
|
|
|
Articolato: |
4.303 |
4.021 |
5.479 |
|
|
|
|
Riduzione spese correnti |
|
|
|
Articolato: |
5.048 |
6.474 |
7.892 |
Razionalizzazione P.A. |
603 |
1.495 |
1.601 |
Enti territoriali |
0 |
0 |
0 |
Previdenza |
2.585 |
2.500 |
3.500 |
Sanità |
188 |
374 |
549 |
Altri interventi |
1.382 |
1.314 |
1.451 |
Effetti indotti (effetto netto) |
290 |
791 |
791 |
|
|
|
|
Tabella “E” |
70 |
70 |
70 |
|
|
|
|
Decreto-legge |
6.716 |
6.841 |
6.829 |
|
|
|
|
Legge delega |
1.100 |
2.000 |
2.000 |
|
|
|
|
Totale mezzi di copertura |
17.238 |
19.406 |
22.270 |
|
|
|
|
Utilizzo miglioramento risparmio pubblico |
5.803 |
3.660 |
1.725 |
|
|
|
|
TOTALE COPERTURA |
23.041 |
23.067 |
23.995 |
|
|
|
|
A – Miglioramento risparmio pubblico a L.V. |
25.312 |
34.001 |
46.788 |
Margine |
19.509 |
30.341 |
45.063 |
|
|
|
|
Risparmio pubblico Ass. emendato 2006
Risparmio pubblico a L.V. 2007 Risparmio pubblico a L.V. 2008 Risparmio pubblico a L.V. 2009 N.B.: segno “+” = Risparmio pubblico positivo |
-3.099
22.213 30.902 43.689 |
Articolo 217, comma 2
(Coordinamento della finanza pubblica)
2. Le disposizioni della presente legge costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
Il comma 2 dell’articolo 217 stabilisce che le disposizioni previste dal provvedimento in commento costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali.
Tale previsione sembra rivolta a giustificare la competenza legislativa dello Stato, con specifico riferimento alle disposizioni che interessano le regioni e gli enti locali.
Ai sensi dell’articolo 117, comma terzo, della Costituzione, il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente. Anche l’articolo 119, comma secondo, della Costituzione prevede che le regioni e gli enti locali stabiliscano e applichino tributi ed entrate propri “secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.
Dal momento che si tratta di materia di legislazione concorrente, è riservata alla legislazione dello Stato la determinazione dei principi fondamentali.
Si rileva che talune disposizioni della legge finanziaria sono specificamente indicate quali principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
In particolare, si tratta delle disposizioni contenute:
§ nell’articolo 11, comma 13,che finalizza al coordinamento della finanza pubblica la disposizione che prevede l’obbligo per regioni ed enti locali di comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi al gettito delle entrate tributarie e patrimoniali, di rispettiva competenza;
§ nell’articolo 73, che detta la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano con riferimento al triennio 2007-2009 comma 1;
§ nell’articolo 74, detta la disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali con riferimento al triennio 2007-2009;
§ nell’articolo 76, comma 1, il quale apporta una serie di modifiche a vari articoli del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (T.U.E.L.), di cui al D.Lgs. 267/2000 e le finalizza esplicitamente ad esigenze di coordinamento della finanza;
§ nell’articolo 78, comma 1, che dispone ai fini del contenimento della spesa pubblica delle regioni in relazione ai costi degli organismi politici e degli apparati amministrativi.
Articolo 217, comma 3
(Entrata in vigore)
3. La presente legge entra in vigore il 1o gennaio 2007.
Il comma 3 fissa al 1° gennaio 2007 l’entrata in vigore della legge finanziaria, in coincidenza con l’inizio dell’esercizio di bilancio.
[1] Cfr. l’Intesa del 5 ottobre scorso.
[2] Cfr. art. 1, comma 164 della legge n. 311 del 2004.
[3] Cfr. art. 1, comma 278 della legge n. 266 del 2005.
[4] Cfr. art. 1, comma 164 della legge n. 311 del 2004 e l’art. 8 dell’Intesa del 23 marzo 2005 in sede di Conferenza Stato Regioni.
[5] Cfr. art. 1, comma 174, della legge n. 311del 2004, come modificato dall’art. 1, comma 277 della legge n. 266 del 2005.
[6] Il riferimento – ripetutamente esplicitato nelle disposizioni successive – è a quanto dispongono in proposito i commi 173 e 174 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2005)».
[7] La ‘deroga’ opera di fatto sulla disciplina attuativa recata dal Decreto ministeriale 21 febbraio 2001 (v. il punto specifico nella scheda). La disposizione del comma 6 dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 56/2000 richiamata dal testo in esame si limita ad introdurre il sistema delle anticipazioni di tesoreria ed a rimetterne la disciplina al (allora) Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La disposizione legislativa non stabilisce alcuna misura né modalità di erogazione ma stabilisce, come criterio telelogico, che le anticipazioni siano erogate «in misura sufficiente ad assicurare, insieme con gli accreditamenti dell’IRAP e dell’Addizionale regionale all’IRPEF, l’ordinato finanziamento della spesa sanitaria corrente». Principi di fatto accolti dalla anticipazione del 95 per cento delle somme spettanti.
Le regioni ‘incassano’ i versamenti effettuati dai contribuenti a titolo di IRAP e di Addizionale regionale all’IRPEF secondo modalità e tempi stabiliti con il DM 24/3/1998, “Modalità di riversamento delle somme riscosse per l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e per l’addizionale regionale all’IRPEF, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446”. A seconda della natura dei contribuenti i versamenti affluiscono in speciali conti correnti aperti presso la Tesoreria centrale, o sono versati sulle contabilità speciali di giro fondi istituite presso le sezioni provinciali di Tesoreria per essere poi versati sui conti correnti aperti presso la tesoreria centrale. Da questi sono prelevati – secondo l’ordinaria disciplina di tesoreria – in favore del <conto sanità> e del <conto contributi sanitari>. Tuttavia, l’afflusso delle somme non è in grado di garantire la continuità dei pagamenti che è invece assicurata dalla disciplina delle anticipazioni. Queste, a loro volta, si ‘compensano’ con le somme affluite a titolo di versamenti IRAP e IRPEF.
[8] Si ricorda che il complesso delle disponibilità per il Servizio sanitario nazionale finanzia sia la spesa stabilita come necessaria ad assicurare i L.E.A. (livelli essenziali di assistenza), spesa che coincide sostanzialmente con la «quota indistinta del fabbisogno sanitario», sia programmi particolari di intervento, nazionali e regionali, stabiliti da leggi specifiche. La disciplina delle anticipazioni di tesoreria non si applica a questa seconda parte del finanziamento. La somma spettante a ciascuna regione a titolo di ‘quota indistinta’ viene determinata dal CIPE, su proposta del Ministero della salute, in base ad alcuni parametri che ‘correggono’ la quota capitarla (popolazione di ciascuna regione) in ragione della spesa storica, della dimensione territoriale e di indici di morbilità di ciascuna regione. Di fatto quelle ‘correzioni’ sono già scontate dalla proposta di ripartizione fatta dal Ministero della Salute e dalla Ragioneria generale dello Stato alla Conferenza Stato-Regioni e, di conseguenza, nell’intesa che si raggiunge. Pertanto per questa parte la determinazione del CIPE si adegua alla ripartizione stabilita in Conferenza.
[9] Istituite e disciplinate ai sensi dell’articolo 66 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001).
[10] Sulla proposta di determinazione e di ripartizione delle disponibilità finanziarie per il SSN 2006 avanzata dal Ministero della salute la Conferenza Stato-Regioni ha espresso l’intesa il 28 marzo 2006, mentre non è ancora intervenuta la relativa delibera del CIPE. La ripartizione destina 88.180,77 milioni di Euro al finanziamento del fabbisogno indistinto 2006 rispetto ai 91.173,0 milioni di Euro che costituiscono il totale del fabbisogno della spesa sanitaria nazionale per il medesimo anno. Le entrate proprie delle regioni sono determinate complessivamente in 1.982,157 milioni di Euro (pari a quelle degli esercizi precedenti) e le compartecipazioni delle regioni a statuto speciale sono pari a 5.522,245 milioni di Euro, l’ammontare del 95 per cento che costituisce le anticipazioni disposte per quest’anno è pari a 76.237,328 milioni di Euro (al netto delle somme finali spettanti alle regioni Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia e alle province autonome di Trento e Bolzano). Se fosse elevato al 97%, come previsto dalla disposizione in esame le regioni riceverebbero una maggiore anticipazione di circa due miliardi di euro, miliardi che non graverebbero per molte di esse sulle anticipazioni onerose che – per lo più – ottengono dai propri tesorieri. Si ricorda per altro che la proposta di legge finanziaria in esame (articolo 88, comma 2) aumenta di 2.000 milioni di euro il finanziamento statale del Servizio sanitario nazionale per l’anno 2006.
[11] Giova ricordare che nella precedente disciplina – per risalire soltanto all’ultima stabilita dall’articolo 1, comma 184, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria 2005) - la corresponsione delle anticipazioni parametrate al nuovo livello di finanziamento (maggiore di quello dell’esercizio precedente) era subordinata alla deliberazione del CIPE; deliberazione che, per varie contingenze, interviene tradizionalmente in fase avanzata di anno. Le regioni ottenevano nel frattempo anticipazioni commisurate alle (minori) spettanze dell’esercizio precedente. Il raggiungimento dell’intesa in sede di Conferenza dipende prevalentemente dalla decisione delle regioni e si può immaginare che essa possa intervenire ad inizio di anno, ora che la legge finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, commi 319-324) ha rimosso i contrasti sull’applicazione del decreto legislativo n. 56/2000 (federalismo fiscale).
[12] Si ricorda che anche le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano finanziano la spesa sanitaria corrente per le prestazioni che assicurano i L.E.A. tramite i proventi dell’IRAP, dell’addizionale regionale all’IRPEF, della compartecipazione all’accisa sulle benzine e dei ticket. Una differenza invece è stabilita tra le regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, le province autonome di Trento e Bolzano da un lato e – secondo la disciplina attualmente in vigore - le regioni Sicilia e Sardegna dall’altro. Le prime non partecipano alla determinazione e ripartizione della quota di finanziamento commisurata alla compartecipazione al gettito dell’IVA e finanziano interamente la parte restante del fabbisogno con somme provenienti dal proprio bilancio. regioni a statuto speciale e province autonome incassano secondo una disciplina specifica le somme derivanti dal gettito dell’IRAP, dell’addizionale all’Irpef e dalla compartecipazione alle accise. Alle regioni Valle d’Aosta e Friuli e alle province autonome di Trento e Bolzano non ha modo di applicarsi questa disciplina delle anticipazioni di tesoreria. Le regioni Sicilia e Sardegna finanziano invece solo in parte con risorse del proprio bilancio la spesa sanitaria corrente non coperta dal gettito dei tributi specifici (rispettivamente 42,5% e 29%). La quota restante (57,5% e 71%, rispettivamente) è finanziata dalla parte residua del Fondo sanitario nazionale nell’ambito del Fondo perequativo di cui al decreto legislativo n. 56/2000. Per questa parte si applica la disciplina delle anticipazioni di tesoreria. Si devono ora considerare le modificazioni che a questa normativa sono introdotte dagli articoli 101 e 102 del disegno di legge in esame: in particolare, la regione Sicilia per gli anni 2007, 2008 e 2009 deve incrementare il finanziamento della spesa sanitaria a carico del proprio bilancio con somme, rispettivamente, pari al 45% (+2,5%), 47,5% (+5%) e 50% (+7,5%); somme che proiettate sulle assegnazioni 2006 (vedi nota successiva) comporterebbero un maggiore ‘contributo’ di 185,2 , 370,5 e 555,7 milioni di euro per la successione delle tre maggiorazioni considerate. Quanto alla regione Sardegna, essa dal 2007 riceverà maggiori entrate da compartecipazione erariale e finanzierà integralmente la spesa sanitaria con risorse del proprio bilancio al pari delle altre regioni a statuto speciale e delle province autonome.
[13] Per l’anno 2006 la regione Sicilia concorre con 3.149,5 milioni di euro (42,5%) al finanziamento del fabbisogno indistinto stabilito in 7.410,5 milioni di euro; per il medesimo esercizio la regione Sardegna concorre con 711,1 milioni di euro (29%) al fabbisogno stabilito in 2.452,1 milioni di euro.
[14] Intesa 23 marzo 2005, «Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della L. 5 giugno 2003, n. 131, in attuazione dell'articolo 1, comma 173, della L. 30 dicembre 2004, n. 311» pubblicata in Gazzetta Ufficiale 7 maggio 2005, n. 105, S.O.
[15] Il Tavolo tecnico istituito da questa intesa:
- richiede alle singole Regioni la documentazione necessaria alla verifica degli adempimenti
- procede ad un primo esame della documentazione, informando le Regioni, prima della convocazione, sui punti di criticità riscontrati, affinché esse possano presentarsi con le eventuali integrazioni, atte a superare le criticità individuate
- entro il 30 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, fornisce alle Regioni le indicazioni relative alla documentazione necessaria per la verifica degli adempimenti, che le stesse devono produrre entro il successivo 30 maggio;
- effettua una valutazione del risultato di gestione, a partire dalle risultanze contabili al quarto trimestre ed esprime il proprio parere entro il 30 luglio dell'anno successivo a quello di riferimento;
- riferisce sull'esito delle verifiche al Tavolo politico, che esprime il suo parere entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento. Riferisce, altresì, al tavolo politico su eventuali posizioni discordanti. Nel caso che tali posizioni riguardino la valutazione degli adempimenti di una singola Regione, la stessa viene convocata dal Tavolo politico.
Il Ministero dell'economia e delle finanze, successivamente alla presa d'atto del predetto Tavolo politico in ordine agli esiti delle verifiche sugli adempimenti in questione, .... provvede nei confronti delle Regioni inadempienti ai sensi dell'art. 1, comma 176, della legge n. 311 del 2004» cioè preclude l’accesso ad ulteriori finanziamenti e provvede a recuperare le somme eventualmente erogate.
[16] L’articolo 6 della richiamata Intesa del 23 marzo 2005 ‘riassume’ gli adempimenti previsti dalla normativa in vigore ed esplicita procedure di sollecitazione e procedure sanzionatorie per la serie dei possibili inadempimenti da parte delle regioni. Del resto l’Allegato ‘1’ di quell’accordo li richiama dettagliatamente: «In riferimento a quanto previsto dall'articolo 1 della presente Intesa, si riportano di seguito gli adempimenti già previsti dalla legislazione vigente ai fini dell'accesso all'incremento delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato nei termini stabiliti dalle disposizioni di cui al decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, all'art. 4 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, come integrato dall'articolo 52, comma 4, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e dagli articoli 48 e 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, integrati dagli adempimenti previsti dalla presente Intesa.». Elenco al quale segue (articolo 2) una puntuale elencazione delle prescrizioni cui attenersi e delle misure ‘correttive’ da adottare.
[17] Accordo raggiunto fra le regioni e adottato dallo Stato con l’articolo 1, commi 319-324, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2006). Va ricordato però che la disciplina della ripartizione del contributo statale al finanziamento della spesa sanitaria corrente è la parte preponderante delle norme che dovranno dare attuazione all’articolo 119 della Costituzione e, in generale, al ‘federalismo fiscale’. Federalismo del quale i criteri e i metodi della perequazione fra regioni con differenti capacità fiscali e differenti fabbisogni costituiscono anche la parte più problematica delle decisioni da assumere.
[18] Comprensive, si deve credere, dell’incremento di 2.000 milioni di euro stabilito dal comma 2 dell’articolo in esame.
[19] Riguardo all'attuale disciplina in materia, cfr. l'art. 9 del D.L. 18 settembre 2001, n. 347 (convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405).
[20] Cfr. l’art. 4 del DL n. 63 del 2002.
[21] Cfr. art. 1, comma 283, della legge n. 266 del 2005.
[22] La normativa vigente attribuisce tale compito al Ministro della salute, che si avvale dell’Istituto superiore di sanità, sentiti la federazione nazionale dei medici, le società scientifiche interessate ed il Consiglio superiore di sanità.
[23] Cfr. art. 8, comma 15, della legge n. 537 del 1993 e successive modificazioni. La norma in esame non modifica la disciplina relativa al numero massimo di 8 prescrizioni, salvo le deroghe espressamente previste, di cui all’art. 35 della legge n. 449 del 1997.
[24] Cfr. DM 15.5.1992.
[25] Cfr al riguardo lo studio dell’ASSR pubblicato in allegato al presente dossier.
[26] Il temine è anticipato al 1° luglio 2007 per le regioni in situazione di elevato deficit sanitario e che non abbiano adottato gli adempimenti in ordine ai rapporti con le strutture private di cui all’art. 8-quinquies, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 502 del 1992.
[27] Il temine è anticipato al 1° luglio 2007 per le regioni in situazione di elevato deficit sanitario sopra indicate.
[28] Ex art. 9 dell’Intesa del 23 marzo 2005 in sede di Conferenza Stato Regioni.
[29] Cfr. l’art. 57 della legge n. 289 del 2002 e l’art. 1, comma 409, della legge n. 266 del 2005. La norma in esame richiama espressamente le disposizioni volte a favorire l’alimentazione ed aggiornamento della banca dati del Ministero.
[30] Cfr. art. 3 del D.L. n. 23 del 1998.
[31] Art. 1, commi 288-289 della legge n. 266 del 2005.
[32] Per l’attività del nuovo Sistema, il ministero può avvalersi della collaborazione di altre strutture pubbliche e private nonché di esperti fino ad un massimo di 20 unità.
[33] Di cui al DPR 7 aprile 2006.
[34] Le modifiche saranno adottate seguendo la medesima procedura per l’adozione del Piano (parere delle Commissioni parlamentari e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e d’intesa con la Conferenza unificata Stato – autonomie locali) ex art. 1, commi 5 e 9, del D.L. n. 502 del 1992.
[35] Di cui 5 milioni riservate ad iniziative assunte a livello nazionale.
[36] Si ricorda che l’art. 2 bis del D.L. n. 81 del 2004 aveva previsto stanziamenti per gli anni 2004-2006 per la diffusione dello screening del cancro del colon retto ed il contestuale consolidamento degli interventi per lo screening del cancro della mammella e del collo dell’utero.
[37] Ai sensi dell’articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, la titolarità dell’esercizio della farmacia privata è riservata a persone fisiche, a società di persone ed a società cooperative a responsabilità limitata.
[38] La tabella C allegata al ddl finanziaria prevede uno stanziamento complessivo di 341,5 milioni di euro annui.
[39] Ai sensi del dell’art. 92, comma 7, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) e dell’art. 4, comma 170, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004).
[40] Ex art. 4 del D.Lgs. n, 281 del 1997.
[41] L’articolo 36, comma 14, della legge n. 449 del 1997, autorizza per tali finalità, a decorrere dall'anno 1999, la spesa di lire 100 miliardi di lire. Tale importo è utilizzato, per una quota pari al 50 per cento, dalle regioni, che si avvalgono a tal fine delle aziende unità sanitarie locali, e per il restante 50 per cento direttamente dal Dipartimento per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza del Ministero della sanità. Le risorse in oggetto sono ora confluite fra le fonti di finanziamento dell’Aifa per effetto dell’articolo 48 de decreto legge n. 269/2003.
[42] Cfr. il comma 40 dell'art. 1.
[43] Di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
[44] Conversione in legge del D.L. n. 273 del 2005, art. 38.
[45] D.P.R. 26-7-1965 n. 1074, Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria, articolo 2.
[46] Per una più dettagliata analisi del finanziamento del Servizio sanitario da parte delle Regioni a Statuto speciale, si veda la scheda relativa all’articolo 88 del disegno di legge AC 1746 in esame, in particolare il comma 1, lett. d), note 7 e 8.
[47] Le disposizioni statutarie a riguardo sono le seguenti: Sardegna L.cost. 3/1948, art. 54, comma 5; Friuli-Venezia Giulia L.cost. 1/1963 art. 63, comma 5; Trentino-Alto Adige, DPR 670/1972 art. 104; Valle d’Aosta L.cost. 4/1948, art. 50 comma 5. Per la regione Sicilia invece non è possibile apportare modificazioni allo Statuto con legge ordinaria, R.D.Lgs. 455/1946, art. 41-ter , gran parte dell’ordinamento finanziario della regione, tuttavia, è dettato da norme di attuazione (vedi DPR 1074/1965).
[48] La c.d. «Vertenza entrate» La Regione ritiene che, per quanto le spetta a titolo di compartecipazione al gettito dei tributi erariali, lo Stato le abbia trasferito in questi anni (molto) meno di quanto stabilisce lo Statuto: principalmente in relazione alla quota variabile dell’IVA e alla quota di compartecipazione all’IRPEF.
[49] DPR 250/1949 ,Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna
[50] Lo statuto della regione Sardegna non attribuisce una compartecipazione al gettito dell’imposta i cui presupposti si determinano sull’isola (come fa l’articolo 37 dello statuto siciliano) ma soltanto alle somme incassate sull’Isola; dunque, da una parte non è possibile attribuire alla regione compartecipazioni su tributi incassati altrove, se pure per redditi prodotti nella regione, d’altra parte le modalità di versamento delle imposte sui redditi fanno si che, se il contribuente (specie i sostituti di imposta) non indica il riferimento alla regione, a questa viene sottratta la relativa quota di compartecipazione. Vi è quindi una (limitata) possibilità di recuperare parte di quelle compartecipazioni verificando – oltre lo stretto vincolo dell’incasso nell’Isola – quali versamenti non siano stati fatti secondo le corrette indicazioni (e, sembra, che il Ministero abbia avviato questo accertamento). L’estensione della compartecipazione ai presupposti di imposta deve seguire però necessariamente il canale legislativo. Si tratta per altro di una rivendicazione avanzata anche dalla regione Friuli-Venezia Giulia.
[51] Il comma 1 in particolare, consente al CIPE di modificare l’allocazione degli stanziamenti del “Fondo per le aree sottoutilizzate”, previsto dal successivo articolo 61 e delle risorse del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese”, di cui all’articolo 52 della legge n. 488/1998, limitatamente alla parte destinata agli interventi relativi alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area). Il secondo periodo del comma 1 stabilisce che la diversa allocazione delle risorse, che deve comunque interessare esclusivamente gli interventi sopraindicati e ricadenti nelle aree sottoutilizzate, viene effettuata in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari ovvero alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. Si stabilisce, inoltre, che le deliberazioni di riallocazione delle risorse disponibili potranno essere adottate dal CIPE esclusivamente sotto la presidenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, escludendo la possibilità di una delega da parte di quest’ultimo a favore di singoli Ministri.
Il comma 2 stabilisce l’obbligo del CIPE di informare ogni 4 mesi il Parlamento delle operazioni di riallocazione delle risorse. Contestualmente viene previsto l’obbligo per i soggetti gestori delle diverse forme di intervento di comunicare, anch’essi ogni 4 mesi, al CIPE i dati sugli interventi effettuati, compresi quelli sulla localizzazione.
[52] L’art. 11 comma 3, lett. F della legge 468/78, prevede il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208.
[53] D.M. 15 giugno 2004 “Costituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicata all’innovazione tecnologica” , pubblicato nella G.U. n. 150 del 29 giugno 2004.
[54] L'invenzione industriale è la soluzione ad un problema tecnico non ancora risolto. Essa si realizza come un nuovo metodo o processo di lavorazione industriale, uno strumento, utensile o dispositivo meccanico che costituisce un'innovazione rispetto allo stato della tecnica, atto ad essere applicato in campo industriale. Il modello di utilità consiste in un ritrovato che fornisce particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti. Per disegno o modello s'intende, invece, l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale o dei materiali del prodotto stesso o del suo ornamento.
[55] La società Sviluppo Italia Spa è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 1/1999, con funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse, nonché di attrazione degli investimenti. A tal fine, il D.Lgs. istitutivo prevedeva il conferimento in Sviluppo Italia o, comunque, l’acquisto da parte di essa, delle partecipazioni azionarie delle società che svolgevano le attività ad essa attribuite.
A seguito del D.Lgs. n. 3/2000, che ha previsto la possibilità per la società di operare tramite propri rami di azienda, il consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia Spa, nel gennaio 2000, ha deciso di procedere alla fusione per incorporazione delle società SPI, ITAINVEST, IG, INSUD, RIBS e FINAGRA, nonché di Progetto Italia e Investire Italia.
Sviluppo Italia Spa, controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze, detiene attualmente un portafoglio di partecipazioni costituito da circa 170 società. Le partecipazioni industriali riguardano prevalentemente i settori agroalimentare e turistico, ma sono presenti anche nei comparti manifatturiero, alta tecnologia e terziario.
Per realizzare la propria missione istituzionale la società si avvale di un sistema integrato di strumenti finanziari e normativi.
In particolare, Sviluppo Italia continua a gestire le leggi che precedentemente erano di competenza delle varie società in essa confluite: l’imprenditoria giovanile e il prestito d’onore della IG (ora definiti “autoimpiego e autoimprenditorialità”); la siderurgia (legge 181/1989) e la promozione e lo sviluppo di attività imprenditoriali della SPI; il settore turistico della INSUD; le attività finanziarie di ITAINVEST; gli interventi nel settore agro-alimentare di RIBS e Finagra.
[56] II decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62 stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
[57] L’Accordo dell’Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e dei modelli industriali è costituito da tre Atti differenti: Atto di Londra del 1934; Atto dell’Aja del 1960 e Atto di Ginevra del 1999. I tre Atti sono autonomi e le parti contraenti sono libere di decidere a quale aderire. Il sistema dell’Atto di Ginevra è diventato pienamente operativo a partire dal 1° aprile 2004. Le parti contraenti diventano automaticamente membri dell’Unione dell’Aja, di cui attualmente fanno parte 42 Stati, tra cui 12 Stati membri dell’UE, compresa l’Italia.
[58] Tale regolamento ha abrogato, di conseguenza, la precedente disciplina, contenuta nel Regolamento CE n. 1260/1999.
[59] L’obiettivo “Convergenza”, che assume carattere prioritario per l’intervento dei fondi, sostituendo l’obiettivo 1 dell’attuale programmazione, è inteso ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni meno sviluppate attraverso il miglioramento delle condizioni di crescita e di occupazione basate sull’aumento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo sviluppo dell’innovazione, l’adattabilità ai cambianti economici e sociali, la protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente e l’efficacia amministrativa. L’obiettivo interessa le aree europee meno sviluppate, corrispondenti al livello NUTS II, il cui PIL per abitante, calcolato in base ai dati degli ultimi tre anni, è inferiore al 75% della media comunitaria. Per l’Italia, rientrano, ai sensi della Decisione della Commissione del 4 agosto 2006, le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.
La Commissione ha peraltro previsto che, in via transitoria, nell’obiettivo “Convergenza” rientrino anche gran parte delle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria calcolata sui 15 Stati membri ma che hanno superato tale soglia per effetto dell’allargamento (il c.d. “effetto statistico”). Per l’Italia, rientrerebbe in tale categoria la Basilicata, che nell’UE a 25 ha un PIL pro capite pari al 77,54%.
L'obiettivo conta su una dotazione complessiva di risorse pari a circa l'81,5% della dotazione dei Fondi. I programmi ricompresi in tale obiettivo saranno finanziati dai tre Fondi strutturali (FESR, FSE e Fondo di coesione).
[60] L’obiettivo “Competitività e occupazione regionale” è inteso a rinforzare la competitività e la capacità di attrazione, nonché l’occupazione mediante l’anticipazione dei mutamenti economici e sociali, l’innovazione e la società della conoscenza, lo spirito di impresa, la protezione e il miglioramento dell’ambiente, l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese nonché lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi. Nell’obiettivo dovrebbero rientrare tutte le zone degli Stati membri non ricadenti nell’obiettivo Convergenza e, in via transitoria, anche le regioni ricadenti nell’obiettivo 1 dell’attuale programmazione 2000-2006, ma che non rientreranno nel nuovo obiettivo 1 neanche in via transitoria, in virtù dell’effetto statistico. La lista delle regioni ad effetto statistico eleggibili nell’ambito dell’obiettivo ”Competitività” verrà adottato dalla Commissione dopo l’entrata in vigore del regolamento generale.
Per l’Italia, l’obiettivo dovrebbe interessare alcune aree del Centro-Nord e, in via transitoria, la Sardegna. A questo secondo obiettivo è destinata una dotazione di risorse pari al 15,95%dello stanziamento complessivo dei Fondi. I programmi ricompresi in tale obiettivo saranno finanziati dal FESR (programmi regionali per: innovazione ed economica della conoscenza, ambiente e prevenzione dei rischi, accessibilità e servizi d’interesse economico generale) e dal FSE (programmi relativi alla messa in opera delle raccomandazioni in materia di impiego e di inclusione sociale).
[61] L’obiettivo “Cooperazione territoriale” mira alla integrazione equilibrata del territorio dell’UE attraverso il sostegno della cooperazione a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale. In sostanza, tale obiettivo si fonda sull’esperienza dell’attuale INTERREG (azione comunitaria destinata alla cooperazione transfrontaliera e transnazionale). I programmi per l’attuazione di tale obiettivo saranno interamente finanziati dal FESR. Potranno rientrare in questo obiettivo le unità territoriali classificate quali NUTS III situate lungo le frontiere terrestri interne, lungo alcune frontiere terrestri esterne, nonché lungo le frontiere marittime, separate, in linea generale, da una distanza non superiore ai 150 Km.
I fondi destinati a questo Obiettivo ammontano al 2,52 % dello stanziamento complessivo.
[62] Inoltre, come già detto, con Decisione della Commissione del 4 agosto 2006 è stato fissato l’elenco delle regioni ammesse a beneficiare del finanziamento dei Fondi strutturali nell’ambito dell’obiettivo “Convergenza” per il periodo 2007-2013.
[63] Il Dipartimento è stato recentemente trasferito al Ministero per lo sviluppo economico (cfr. DL n. 181/2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233/2006, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri).
[64] Il Fondo per le agevolazioni alla ricerca, di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, è un fondo a carattere rotativo, che opera con le modalità contabili di cui al soppresso Fondo speciale per la ricerca applicata. La gestione del FAR è articolata in una sezione relativa agli interventi nel territorio nazionale e in una sezione relativa ad interventi nelle aree depresse. Al FAR affluiscono, a decorrere dall'anno 2000, gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica all'unità previsionale di base 4.2.1.2. «Ricerca applicata ».
[65] Il Fondo per gli investimenti della ricerca di base, di cui all'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è stato istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, a decorrere dall'esercizio 2001, al fine di favorire l'accrescimento delle competenze scientifiche del Paese e di potenziarne la capacità competitiva a livello internazionale. Il FIRB finanzia, in particolare: a) progetti di potenziamento delle grandi infrastrutture di ricerca pubbliche o pubblico-private; b) progetti di ricerca di base di alto contenuto scientifico o tecnologico, anche a valenza internazionale, proposti da università, istituzioni pubbliche e private di ricerca, gruppi di ricercatori delle stesse strutture; c) progetti strategici di sviluppo di tecnologie pervasive e multisettoriali; d) costituzione, potenziamento e messa in rete di centri di alta qualificazione scientifica, pubblici o privati, anche su scala internazionale.
[66] Il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito a decorrere dal 2003 dall’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, con finalità di riequilibrio economico e sociale. Il riferimento normativo contenuto nella disposizione in esame all’art. 60 della L. 289/2002 andrebbe, quindi, corretto.
[67] Recante “Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicato nella Gazz. Uff. 1° luglio 1998, n. 151. Tale norma prevede che il Programma nazionale per la ricerca - di durata triennale - sia predisposto, approvato e annualmente aggiornato sulla base degli indirizzi del DPEF, di direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei piani e dei programmi di competenza delle amministrazioni dello Stato, di osservazioni e proposte delle predette amministrazioni.
[68] Adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
[69] Il Mediocredito centrale è una banca specializzata in credito industriale.
[70] L’Artigiancassa è la banca di finanziamento del settore artigiano.
[71] E cioè di garanzie su garanzie già prestate dai confidi.
[72] Con la medesima disposizione veniva inoltre introdotto all’articolo 13 citato un nuovo comma 61-quater, il quale dispone che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (cioè dal 17 marzo 2005), il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, deve dettare con decreto la disciplina riguardante le caratteristiche delle garanzie dirette, delle controgaranzie e cogaranzie prestate a prima richiesta dal Fondo di garanzia per le imprese artigiane sopra ricordato. Il decreto ministeriale doveva essere finalizzato ad adeguare le caratteristiche delle garanzie dirette, controgaranzie e cogaranzie prestate dal fondo a quanto previsto dall’Accordo di Basilea sui requisiti minimi di capitale per le banche.
[73] Schema di decreto del Ministro per le attività produttive recante la ripartizione delle risorse assegnate al Fondo unico per gli incentivi alle imprese per l’anno 2005. Lo schema di decreto è attualmente all’esame della X Commissione.
[74] Il programma EFA, avviato nel 1988, è preordinato alla realizzazione di un velivolo militare da parte dell’Italia insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna, per assicurare la difesa aerea.
[75] Legge 17 febbraio 1982, n. 46, “Interventi per i settori dell'economia di rilevanza nazionale”.
[76] Per società dell'informazione si intende un lungo processo di modernizzazione attuato nel settore dell'informazione e della comunicazione che ha profondamente cambiato la vita privata, sociale e professionale di ciascun individuo. La rivoluzione tecnologica rappresenta un supporto fondamentale per favorire l'efficienza, la competitività e facilitare l'accesso alla conoscenza dei cittadini e delle aziende (si veda in questo senso il sito del Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie (DIT): www.innovazione.gov.it).
[77] D.P.C.M. 23 luglio 2002, Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio, art. 22; D.M. (ministro per l'innovazione e le tecnologie) 13 agosto 2002, Organizzazione interna del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie.
[78] Lo sviluppo della banda larga in Italia è considerato un obiettivo prioritario di politica economica e una condizione essenziale per lo sviluppo economico del Paese. Con decreto del ministro delle comunicazioni e del ministro per l’innovazione e le tecnologie è stato istituito il Comitato esecutivo interministeriale per la diffusione e lo sviluppo della banda larga, il quale, il 14 novembre 2005, ha definito le Linee guida del piano nazionale per la diffusione e lo sviluppo della larga banda.
[79] Federcomin è la Federazione nazionale di settore di Confindustria che rappresenta il settore dei servizi ICT e che associa le principali imprese di telecomunicazioni, radiotelevisione e informatica.
[80] I2010: la parte della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione dedicata all'economia digitale.
[81] Convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
[82] Pubblicato nella G. U. 3 aprile 2006, n. 78.
[83] Più in generale, si ricorda che il contratto di leasing è un negozio giuridico non disciplinato da una normativa specifica che riunisce in sé elementi propri della locazione e dell’acquisto.
La tipologia più nota del negozio è il leasing finanziario alla base del quale stanno le note ragioni di carattere economico consistenti nella necessità di disporre di beni strumentali all’attività d’impresa (impianti, immobili, autoveicoli, ecc.). Con il termine leasing finanziario si intende la cessione d’uso per un certo periodo di tempo (generalmente medio-lungo) di beni strumentali e di beni di consumo durevoli, a fronte del pagamento di una rata periodica. Per tutta la durata del contratto (la cui qualificazione giuridica è, quindi, essenzialmente di locazione finanziaria) l’oggetto rimane di proprietà della società di leasing mentre l’utilizzatore del bene è il locatario, sul quale, a differenza delle forme “tradizionali” di affitto, incombono però gli obblighi tipici del proprietario, quali la manutenzione o i rischi legati al bene e al suo utilizzo. Per godere del bene, l’utilizzatore del leasing corrisponde, come accennato, le rate di leasing che, oltre al canone, comprendono anche una quota di ammortamento del capitale, calcolata in funzione della durata del contratto. Allo scadere del periodo contrattuale concordato, normalmente la società di leasing offre al cliente di acquistare l’oggetto contro il pagamento del valore residuo calcolato; ulteriori possibilità sono la restituzione del bene, la sua sostituzione, la prosecuzione del leasing, ovvero le altre eventuali possibilità previste dal contratto.
Con il termine di leasing pubblico viene delineato un ambito disciplinare dato dall’incrocio della normativa di stampo privatistico propria del contratto di leasing e di quella pubblicistica derivante dal contesto in cui il leasing viene utilizzato. Il suo utilizzo, infatti, si inquadra nell’ambito della recente tendenza volta a trasporre gli strumenti contrattuali e organizzativi di stampo privatistico nel settore pubblico.
[84] Si rinvia, al riguardo, all’articolo di G. Montedoro “Leasing pubblico e capacità generale di diritto privato della p.a.”, disponibile all’indirizzo internet
[85] Più di recente, lo stesso Consiglio di Stato ha aperto uno spiraglio maggiore alla praticabilità del leasing immobiliare in costruendo, esprimendosi in merito al contratto di vendita di cosa futura e ritenendo, - con il parere reso in Ad. Gen. 17/02/2000, che ha fatto seguito ad una lunga disamina della legislazione comunitaria e nazionale esistente nella materia dei lavori- legittimo il contratto di compravendita di cosa futura stipulato dall’amministrazione direttamente con il venditore, sempre che sia assente qualsiasi controllo sul processo produttivo teso alla realizzazione del risultato finale, che si miri al trasferimento di una diritto reale su una cosa, che l’oggetto del contratto sia un dare e non un facere.
[86] L’Autorità ha esaminato un bando di gara del Ministero della giustizia sull’affidamento del servizio di locazione finanziaria immobiliare in costruendo finalizzato all’acquisizione di un istituto penitenziario nel comune di Pordenone, ed ha stabilito che “fermo restando il principio generale di tassatività delle procedure previste dalla L. 109/94, per la realizzazione di opere pubbliche, appare configurarsi una deroga a tali procedure ove norme speciali dettate per far fronte a situazioni di necessità e di urgenza (“l’inefficienza e la vetustà degli istituti penitenziari ed il loro sovraffollamento”), prevedano l’uso, in via prioritaria, di strumenti alternativi, ivi incluso il leasing immobiliare”. L’Autorità ha ritenuto legittimo il bando di gara ai sensi del decreto legislativo 157/1995 per la prevalenza dell’aspetto finanziario, che si desumeva - a detta dell’Autorità- anche dalle modalità di applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Nel caso di specie l’Autorità precisava inoltre che sussistevano le necessarie e opportune tutele sia per l’affidamento del progetto (i progettisti dovevano essere qualificati ai sensi della legge quadro sui lavori pubblici) sia per la realizzazione dei lavori (attestazioni SOA), con l’ulteriore previsione di indicazione in sede di offerta dei nominativi stessi da parte dell’offerente. Tale previsione, unita al ricorso alla procedura comunitaria a evidenza pubblica, garantiva da una scelta discrezionale ex post da parte dell’istituto finanziario offerente.
[87] Legge 1° marzo 2005,n. 32 Delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e cose.
[88] Disciplinato dalla Legge 28 settembre 1939, n. 1822 Disciplina degli autoservizi di linea (autolinee per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli in regime di concessione all'industria privata).
[89] Il sistema delle tariffe a forcella (vedi supra) era stato istituito dalla legge 298/1974, al fine di aumentare la forza contrattuale del maggior numero di imprese, per lo più di dimensioni molto ridotte e quindi con una scarsa capacità contrattuale. Si ricorda che in ordine al sistema di tariffe "a forcella", la Corte costituzionale, nella sentenza n. 386 del 1996, aveva affermato che la vincolatività di tale sistema - avente la funzione di "garantire alle imprese un margine di utile, evitando situazioni di concorrenza sleale che, deprimendo i noli, costringano le imprese ad operare in situazioni di difficoltà, sì da non procedere ad ammortamenti e da non garantire ai lavoratori il dovuto trattamento economico e normativo" - non era da ritenere in contrasto con i princìpi costituzionali. In particolare, la Corte aveva affermato che il sistema non poteva reputarsi "irragionevole ed ingiustificatamente discriminatorio" e che esso risultava giustificato dal carattere di servizio pubblico dell'attività di autotrasporto e dalla sua incidenza diretta sui bisogni della collettività; era stato altresì escluso che il sistema potesse considerarsi in contrasto con l'art. 41 della Costituzione, dovendo l'iniziativa economica privata svolgersi in conformità dell'utilità sociale.
Peraltro, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva ritenuto il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi un "settore a concorrenza limitata" a causa "della limitazione all'accesso di nuovi operatori", "dell'artificiale limitazione dell'offerta" e "dell'artificiosa determinazione di un prezzo di autotrasporto slegato dai meccanismi di mercato ed originato invece dall'intervento di un'autorità amministrativa". Da qui la conclusione che il sistema delle tariffe a forcella "sembra comportare un'indebita limitazione del diritto di iniziativa economica privata sancito dalla Costituzione e riaffermato quale valore fondamentale dell'ordinamento dalla legge 287/90” (segnalazione del 20 maggio 1993).
[90] Circa la forma del contratto di autotrasporto, vedi supra .
[91] Legge 1° dicembre1986, n. 870 recante Misure urgenti straordinarie per i servizi della Direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione del Ministero dei trasporti.
[92] Decreto legislativo 20 agosto 2002 n. 190 recante Attuazione della L. 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.
[93] Decreto legge 27 giugno 2003, n. 151 recante Modifiche ed integrazioni al codice della strada convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214.
[94] Decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51.
[95] Tale articolo, nel rimodulare le condizioni e le procedure di rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ha previsto una disposizione di natura transitoria finalizzata a garantire continuità nella fruizione dei servizi, offrendo alle stazioni appaltanti un congruo periodo temporale per predisporre le gare. La disposizione ha consentito di prorogare i contratti - già scaduti o che fossero scaduti nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge comunitaria - per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica, a condizione che la proroga non superasse comunque i sei mesi, e che si provvedesse a pubblicare i bandi di gara per la stipula dei nuovi contratti entro i novanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge stessa.
[96] Si ricorda che una disposizione di contenuto identico a quello della disposizione in commento era contenuta nel comma 2 dell’articolo 1-vicies quater , inserito in sede di conversione nel D.L. 184/2005 recante Misure urgenti in materia di guida dei veicoli e patente a punti, successivamente decaduto.
[97] “Disposizioni urgenti per gli addetti ai settori del trasporto pubblico locale e dell'autotrasporto”.
[98] Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
[99] Decreto legge 23 gennaio 2001, n. 5 recante Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66.
[100] Decreto legge 30 dicembre 2005, n. 273 recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51.
[101] Si ricorda che la citata legge n. 84 del 2001, all’articolo 5, co. 2, lettera c), prevede, in particolare, l'istituzione presso la SIMEST spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima, con finalità di capitale di rischio (venture capital) per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipare. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo di lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione.
[102] Decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
[103] “Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero”.
[104] La SIMEST - Società italiana per le imprese all'estero – è una società per azioni controllata dal Governo italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, ed è stata istituita dalla legge 24 aprile 1990, n. 100 con il compito di partecipare alle società estere partecipate dalle imprese italiane, le cosiddette joint-ventures.
[105] La legge 28 dicembre 1995, n. 549, collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1996, all’art. 1,commi 40-44, ha ridisciplinato il sistema di assegnazione e riparto, da parte dei singoli ministeri, dei contributi a favore di enti ed organismi vari, indicati nell'allegato A alla legge medesima.
[106] In realizzazione alla realizzazione di un apposito marchio volto a certificare i prodotti la cui intera filiera produttiva è stata interamente realizzata in Italia, si segnala che è in corso presso la X Commissione della Camera l'esame, in sede referente, delle proposte di legge A.C. 664 e A.C. 848 in materia di tutela dei prodotti italiani. Entrambe queste proposte prevedono l'istituzione di un marchio "cento per cento Italia" a tutela delle merci prodotte interamente nel territorio italiano.
[108] Pubblicata nella G.U. 24 agosto 2006, n. 196.
[109] Procedura n. 2003/4762.
[110] Decreto successivamente rettificato con DM 22 marzo 2006 (GU n. 144 del 23-6-2006).
[111] http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/084/001/pdfel.htm .
[112] Si veda ad esempio l’articolo “Esposizione universale 2015. Il sindaco Moratti presenta la candidatura di Milano alla business community” in Sole 24 ore del 27 Settembre 2006
[113] Un tentativo di riforma del sistema dei trasferimenti è stato effettuato con il D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244, in concomitanza con l’ampliamento dell’autonomia tributaria degli enti locali disposto dal D.Lgs. n. 446/1997. Tale decreto, tuttavia, non è mai divenuto operativo. La sua operatività è stata definitivamente sospesa dall’articolo 27, comma 1, della legge n. 448/2001.
Le disposizioni di delega adottate durante la XIII legislatura, con l’obiettivo di una revisione del sistema dei trasferimenti agli enti locali in funzione delle nuove esigenze di perequazione connesse all’aumento dell’autonomia impositiva e alla capacità fiscale degli enti locali realizzata nell’ultimo decennio, non hanno ricevuto attuazione.
In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992.
[114] La costituzione, da parte della Cassa depositi e prestiti, di un’apposita società per azioni, denominata “Infrastrutture s.p.a.”, avente lo scopo di favorire, attraverso la concessione di finanziamenti e la prestazione di garanzie, la realizzazione di infrastrutture, opere pubbliche e investimenti è stata prevista dall’articolo 8 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, recante Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito con modificazioni dalla legge 15 giugno 2002, n. 112. La società nasceva con la funzione principale di finanziare, in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da banche e da altri intermediari finanziari, le infrastrutture e le grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica, e di concedere finanziamenti a medio e lungo termine finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico.
[115] Nel 1998 è stata creata la divisione Infrastruttura; nel maggio 1999 sono state costituite altre tre divisioni per assicurare il trasporto di passeggeri sulla media e lunga distanza, il traffico delle merci, il trasporto in ambito locale.
[116] Entrambe le società sono interamente controllate dalla holding FS Spa, interamente partecipata dallo Stato tramite il Ministero dell’economia e delle finanze.
[117] Decreto legislativo 08 luglio 2003, n. 188 recante Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.
[118] Art. 5 del D.P.R. n. 277/1998, abrogato dal D.Lgs. 188/2003.
[119] Decreto legge 7 dicembre1993, n. 505 recante Garanzia dello Stato su obbligazioni assunte da società controllate da enti a partecipazione pubblica trasformati in società per azioni convertito in legge con la legge 29 gennaio 1994, n. 78.
[120] Legge 23 dicembre 2000 n. 388 recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001).
[121] Tali risorse rappresentano appena il 40 % dell’importo inizialmente proposto per i trasporti. Quanto al settore dell’energia l’importo assegnato è di 155 milioni di euro (contro 340 iniziali) e rappresenta il 45 % di quello proposto. L’importo totale per l’attuazione del presente regolamento è di 8168 milioni di euro contro i 20.690 proposti inizialmente.
[122] Il testo della delibera e dei relativi allegati (pubblicati nella G.U. 28 agosto 2006, n. 199, sono altresì disponibili nel sito internet del CIPE ai seguenti indirizzi:
www.cipecomitato.it/delibere/E060130.doc e www.cipecomitato.it/delibere/E060130allegati.xls.
[123] Calcolato sulla base del tasso di interesse praticato dalla Cassa depositi e prestiti (cfr. www.cassaddpp.it/finanziamenti/TassInteresse.asp#tassiVigenti).
[124] Legge 31 dicembre 1982 n. 979, recante Disposizioni per la difesa del mare
[125] L. 30 gennaio 1991, n. 34, recante Potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative delle capitanerie di porto e degli uffici periferici della Marina mercantile
[126] L. 1 agosto 2002 n. 166 recante Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti
[127] Si tratta delle autorità portuali di Bari, Civitavecchia, Livorno, Taranto e Trieste. Secondo quanto dichiarato dal Ministro dei trasporti nell’audizione presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera nella seduta del 3 ottobre 2006, per tre dell’autorità portuali commissariate (Livorno, Bari e Trieste) sono state trasmesse al Parlamento le relative proposte di nomina del Presidente.
[128]Legge 9 febbraio1963, n. 82 recante Revisione delle tasse e dei diritti marittimi.
[129]Legge 5 maggio1976, n. 355 recante Estensione alle aziende dei mezzi meccanici e magazzini portuali di Ancona, Cagliari, La Spezia, Livorno e Messina di alcuni benefici previsti per gli enti portuali.
[130] D.L. 28 febbraio 1974, n. 47, recante Istituzione di una tassa di sbarco e imbarco sulle merci trasportate per via aerea e per via marittima, convertito in legge, con modificazioni con L. 16 aprile 1974, n. 117
[131] Legge 9 febbraio 1963, n. 82 recante Revisione delle tasse e dei diritti marittimi
[132]Inizialmente, la legge n. 82/1963 aveva previsto la tassa sulle merci sbarcate, imbarcate e in transito, nei porti di Genova, Venezia, Napoli, Livorno, Civitavecchia, Trieste, Savona e Brindisi.
[133]Decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262 recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria. Attualmente, è all’esame della Camera dei deputati il disegno di legge di conversione di tale decreto legge (AC 1750):
[134] D.L. 30 giugno 2005, n. 115 recante Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione
[135]D.L. 10 gennaio 2006, n. 4 recante Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione , convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80.
[136]Ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 84/1994, i porti marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie e classi:
a) categoria I: porti, o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato;
b) categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale;
c) categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica nazionale;
d) categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale.
I porti sede di autorità portuale appartengono comunque ad una delle prime due classi della categoria II.
[137] Decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 recante Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonché altre disposizioni urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 giugno 1990, n. 165.
[138]D.P.R. 26-10-1972 n. 633 recante Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto
[139]Ai sensi dell’articolo 1 del DPR n. 633/1972, l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.
[140]In proposito si ricorda anche che con ordinanza n. 7291 del 13 gennaio 2006 della Corte Cassazione, Sez. tributaria, è stata sottoposta alla Corte di Giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'art. 234 del Trattato CE, una questione pregiudiziale concernente, tra l’altro, l’eventuale assimilabilità della concessione di beni demaniali alla locazione di beni immobili esente da IVA.
[141]Parere del 9 luglio 2002, n. 1641/02.
[142]Si segnala che nella seduta della Commissione VI (Finanze) della Camera dell’11 ottobre 2006 è stata svolta l’interrogazione Filippi n. 5-00287, concernente il regime fiscale al quale sono assoggettabili i canoni per la concessione di beni demaniali della navigazione interna (con speciale riferimento ai beni gestiti dall'azienda regionale per i porti di Cremona e Mantova).
[143] Il landbridge, o ponte terrestre, consiste in una rete ferroviaria di dimensioni continentali che consente il collegamento di diversi porti situati su coste opposte e distanti, consentendo così il trasporto intermodale di merci e container.
[144] L’elenco è consultabile nel sito internet della Commissione europea: http: // ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/customs/procedural_aspects/imports/free_zones/list_freezones.pdf
[145] Istituzione del punto franco nel porto di Genova: regio decreto-legge 1° marzo 1938, n. 416, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 1198; territori della Valle d'Aosta e della provincia di Gorizia, dichiarati “zona franca” rispettivamente con l'articolo 14 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, e con l'articolo 1 della legge 1° dicembre 1948, n. 1438; disciplina delle zone franche da istituirsi in attuazione dello statuto speciale della Regione Sardegna: decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75.
[146] Legge 26 febbraio 1992, n. 211 recante Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa.
[147] Legge 21 dicembre 2001, n. 443 recante Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive.
[148] (Proc. 2004/216).
[149] Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 recante Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59. Per una ricostruzione della riforma del trasporto pubblico locale di cui al D.Lgs. n. 422/1997, si veda la scheda relativa all’articolo 183 del provvedimento in esame.
[150] Legge 18 giugno 1998, n. 194 recante Interventi nel settore dei trasporti.
[151] Legge 26 febbraio 1992, n. 211 recante Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa.
[152] Legge 17 maggio 1999, n. 144 recante Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.
[153] Si ricorda che a livello comunitario il “Programma per la sicurezza stradale per il periodo 1997-2001” (comunicazione della Commissio-ne COM(97)131) si prefigge la riduzione entro il 2010 da 45.000 a 18.000 del numero annuo di morti per incidenti.
[154] Proc. n. 2006/464
[155] Si tratta della ferrovia circumetnea (che gestisce la linea Catania-Riposto, della Ferrovia della Sardegna (che gestisce le linee Sassari–Alghero; Sassari–Palau; Bosa–Nuoro; Cagliari–Sorgono) delle ferrovie meridionali sarde e della ferrovia ligure Savona-S.Giuseppe.
[156] Si tratta di Ferrovie della Calabria, Ferrovie del Sud e Ferrovie Appulo-lucane.
[157] Il pacchetto comprende, inoltre, la direttiva 2004/50/CE, che modifica le precedenti direttive sull’interoperabilità in considerazione dell’istituzione dell’Agenzia ferroviaria europea, disposta con il regolamento n. 881/2004/CE, e la direttiva 2004/51/CE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie che prevede un ampliamento della concorrenza per quanto concerne il trasporto nazionale merci.
[158] L'art. 87 del codice del comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259) disciplina i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, subordinandone l'installazione e la modifica delle caratteristiche di emissione ad una autorizzazione che deve essere rilasciata dagli enti locali, previo accertamento, da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, relativamente alle emissioni elettromagnetiche, stabiliti uniformemente a livello nazionale.
L’articolo 87 prevede, inoltre, una procedura abbreviata consistente in una semplice denuncia di inizio attività nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS o di altro genere, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20 watt.
[159] Legge 14 giugno 1989 n. 234 Disposizioni concernenti l'industria navalmeccanica ed armatoriale e provvedimenti a favore della ricerca applicata al settore navale.
[160] Legge 9 gennaio 2006, n. 13 recante Disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l'uso di navi a doppio scafo e per l'ammodernamento della flotta.
[161] Al comma 3 dell’articolo 4 si fa riferimento al servizio del trasporto pubblico locale come “servizio di trasporto pubblico di persone, di competenza regionale e locale”.
[162] Per qualificare i prodotti agricoli e alimentari tradizionali con il recente Regolamento (CE) n. 509/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, di abrogazione del reg. 2082/92, è stata introdotta l'espressione, più facilmente comprensibile, di “specialità tradizionale garantita” in sostituzione della precedente qualifica di “attestazioni di specificità”.
[163] D.L. 9 settembre 2005, n. 182 “Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari”.
[164] D.L. 18 giugno 1986, n. 282, “Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 7 agosto 1986, n. 462.
[165] Art. 1, comma 4-bis, D.L. 28 febbraio 2005, n. 22, “Interventi urgenti nel settore agroalimentare” convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 29 aprile 2005, n. 71.
[166] Reg. (CEE) n. 4045/89 del 21 dicembre 1989, “Regolamento del Consiglio relativo ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia, e che abroga la direttiva 77/435/CEE”.
[167] D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”.
[168] D.P.R. 8 giugno 1982, n. 447 “Attuazione della direttiva (CEE) n. 77/435 relativa ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia (F.E.O.G.A.)”.
[169] Legge 20 febbraio 2006, n. 82 “Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'Organizzazione comune di mercato (OCM) del vino”.
[170] Decreto legge 28 febbraio 2005, n. 22 “Interventi urgenti nel settore agroalimentare”, convertito in legge , con modificazioni dall’art. 1, L. 29 aprile 2005, n. 71.
[171] D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, ”Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38”.
[172] Legge 23 dicembre 2005, n. 266, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)”.
[173] Reg. (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006 “Regolamento del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari”.
[174] Decreto legge 9 settembre 2005, n. 182, “Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 11 novembre2005, n. 231.
[175] Il territorio interessato ha un’estensione di oltre 175.000 ha. situati nei bacini superiori del Tevere e dell’Arno e ricadenti nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni. Tra le funzioni dell’ente si segnalano la progettazione e l’esecuzione delle opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo, nonché la gestione, l’esercizio e la manutenzione delle opere medesime, l’effettuazione di studi e ricerche anche sperimentali, la realizzazione, manutenzione e l’esercizio di opere pubbliche irrigue di bonifica idraulica ed infrastrutturali su incarico o concessione delle regioni Umbria e Toscana, nonché ad altri interventi ad esso affidati da enti locali territoriali.
[176] D.L. 4 luglio 2006, n. 223 “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”
[177] La deroga è stabilita dall’articolo 4, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998, ove si prevede che il decreto medesimo non si applica ai produttori agricoli, singoli o associati, che esercitino attività di vendita diretta dei prodotti agricoli.
[178] Il decreto legislativo n. 99 del 2004 ha esteso la disciplina dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001 anche alle associazioni e agli enti che intendano vendere direttamente i prodotti agricoli.
[179] Si fa presente che la possibilità di affidare appalti agli imprenditori agricoli, in deroga alla normativa vigente, era stata prevista, inizialmente, per le sole zone montane dall’articolo 17 della legge n. 97 del 1994 ed è stata successivamente estesa alla generalità del settore agricolo dal decreto legislativo n. 228 del 2001.
[180] Il Regolamento (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale prevede all’articolo 8 un incentivo alla creazione di nuova imprenditoria giovanile in agricoltura attraverso il riconoscimento di un premio di primo insediamento ai giovani che avviano una nuova impresa in qualità di capo aziendale. Per l’accesso al premio di primo insediamento è necessario che siano rispettati i seguenti requisiti soggettivi:
- l’agricoltore non deve aver compiuto 40 anni;
- deve essere in possesso di conoscenze e competenze adeguate;
- deve insediarsi nell’azienda in qualità di capo dell’azienda, anche se non necessariamente come capo unico.
E’ anche richiesto che l’azienda risponda ai seguenti parametri:
- dimostri redditività;
- rispetti i requisiti minimi richiesti dalle disposizioni comunitarie in tema ambientale, nonché di igiene e benessere animale.
L’entità dell’aiuto è stata quantificata dalla Commissione entro il limite massimo di 25.000 euro, che possono essere erogati sia nella forma del premio unico, che in quella di abbuono di interessi per prestiti contratti a copertura di spese derivanti dal primo insediamento.
[181] Secondo dati ASSOCAP (2/2006), attualmente 29 consorzi opererebbero in gestione ordinaria, 6 sarebbero sottoposti e gestione commissariale, 22 sarebbero sottoposti a liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio e a 15 sarebbe stato ritirato l’esercizio provvisorio.
[182] Le richiamate norme della legge 223 del 1991 prevedono che i lavoratori in mobilità possono essere assunti con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi e che la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti. Al datore di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Il predetto contributo non può essere erogato per un numero di mesi superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni, per un numero superiore a ventiquattro mesi. Infine, per ciascun lavoratore iscritto nella lista di mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è, per i primi diciotto mesi, quella prevista per gli apprendisti.
[183] D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419, “Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.
[184] D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200, “Regolamento recante riordino dell'ISMEA e revisione del relativo statuto”.
[185] L. 9 maggio 1975, n. 153, “Attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunità europee per la riforma dell'agricoltura”.
[186] Recante “Disposizioni tributarie urgenti per accelerare la ripresa dell'economia e dell'occupazione, nonché per ridurre gli adempimenti a carico del contribuente”.
[187] Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
[188] Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.
[189] La nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), che sostituisce quella di imprenditore agricolo a titolo principale (IATP) introdotta dal decreto legislativo n. 228 del 2001 (adeguando in questo modo l’ordinamento interno alla nuova disciplina comunitaria in materia, definita dal regolamento CE n. 1257/1999), viene riconosciuta a chi, in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi da tali attività almeno il 50% del proprio reddito globale. Per i soggetti che operino nelle zone svantaggiate (come definite dalla normativa comunitaria) i requisiti suddetti sono ridotti al 25%. La qualifica di IAP può essere riconosciuta, a condizione che almeno un socio sia in possesso di tale qualifica, anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole. Rispetto alla vecchia figura di IATP, con la nuova qualifica si è operato un “bilanciamento” tra la professionalità (intesa come appartenenza al mondo agricolo), per la quale si sono attenuati i parametri percentuali di tempo di lavoro e reddito ricavato, e la valorizzazione della specifica “sapienza tecnica” richiesta per lo svolgimento di un’attività agricola moderna, attenta alla qualità dei prodotti e al rispetto dell’ambiente. La competenza relativa all’accertamento del possesso dei requisiti richiesti ai fini del riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) spetta alle regioni.
[190] Modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favore della piccola proprietà contadina.
[191] Interrogazione a firma Leo Maurizio n. 5-05145.
[192] Il presente comma 6, già modificato dall'art. 2, L. 18 febbraio 1999, n. 28 e sostituito dall'art. 21, L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal 1° luglio 2001, è stato sostituito, con gli attuali commi 6, 6.1 e 6.2, dal comma 521 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 è stato da ultimo modificato dal comma 421 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266. In attuazione del presente comma 6 è stato adottato il D.M. 25 luglio 2003, n. 256. Con Comunicato 23 luglio 2005 (Gazz. Uff. 23 luglio 2005, n. 170) e con Comunicato 24 novembre 2005 (Gazz. Uff. 24 novembre 2005, n. 274) è stata disposta l'assegnazione delle quote di contingente nell'ambito del programma agevolativo 1° gennaio 2005-31 dicembre 2010.
[193] Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.
[194] Del comma 422 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 si è detto nella scheda di commento al comma 3 dell’articolo in esame.
[195] Ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 5, del decreto-legge n. 2 del 2006 il CIPE, sentita la sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali, delibera la disciplina dei contratti di programma agroenergetici, individuando l'amministrazione competente per la loro stipula. I contratti di programma agroenergetici hanno rilevanza territoriale nazionale e sono finalizzati alla creazione di occupazione aggiuntiva, anche mediante l'attivazione di nuovi impianti. È assicurata priorità nella stipula dei predetti contratti ai soggetti che riconoscono agli imprenditori agricoli una quota dell'utile conseguito in proporzione ai conferimenti della materia prima agricola.
[196] Il successivo comma 3 dello stesso art. 32 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è stabilito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata.
[197] I beni prodotti e le attività agricole di cui alla lettera c) sono individuati ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.
[198] Procedura d’infrazione n. 2004/4336.
[199] A norma dell’articolo 17 del D.Lgs 29 dicembre 2003, n. 387 “sono ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti”.
[200] Procedura d’infrazione n. 2004/5061.
[201] Procedura d’infrazione n. 2005/4669.
[202] A tutt'oggi il Piano non è stato ancora adottato.
[203] I 22 Paesi Contraenti della Convenzione di Barcellona sono: Albania, Algeria, Bosnia and Erzegovina, Croazia, Cipro, Egitto, Comunità Europea, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Monaco, Marocco, Serbia, Montenegro, Slovenia, Spagna, Siria, Tunisia, Turchia. La Convenzione di Barcellona, adottata il 16 febbraio 1976, è entrata in vigore il 12 febbraio 1978. Il testo originale della Convenzione è stato modificato attraverso un emendamento, adottato il 10 giugno 1995, che non è ancora entrato in vigore.
[204] Per il testo della clausola SCOPIC si può consultare il seguente sito internet dei UK P&I Clubs http://www.ukpandi.com/ukpandi/Infopool.nsf/HTML/ClubCircular2299
[205] L'elenco ufficiale delle aree naturali protette attualmente in vigore è quello relativo al 5° Aggiornamento approvato con Delibera della Conferenza Stato Regioni del 24.7.2003 e pubblicato nel Supplemento ordinario n. 144 alla Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4.9.2003.
[206] Lo “scenario di riferimento” viene ottenuto, nel Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra, aggiungendo allo “scenario tendenziale” (basato sulla legislazione vigente), le misure già individuate, ancorché non attuate.
[207] Il programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP), strumento principale della strategia europea per l’attuazione del protocollo di Kyoto, è stato presentato dalla Commissione l’8 marzo 2000 (COM(2000)88. La Commissione ha presentato, nell’ottobre 2001 e nell’aprile 2003, due relazioni sull’attuazione di tale programma.
[208] Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona (23-24 marzo 2000) ha concordato un obiettivo strategico per l’Unione del nuovo decennio: diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
[209] La Commissione ha fissato la data del 30 giugno 2006 per la presentazione dei piani nazionali. Al momento l’Italia ha predisposto uno Schema di Piano Nazionale d’Assegnazione per il periodo 2008-2012 sottoposto a consultazione pubblica tra agosto e settembre 2006.
[210] Procedura di infrazione n. 2004/60.
[211] Nel giugno 2001 il Consiglio europeo di Goteborg ha approvato la strategia per lo sviluppo sostenibile, che si basa sul principio che le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo devono procedere di pari passo.
[212] Riforma della disciplina in materia di attività cinematografica in attuazione della delega prevista dall’’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 che aveva delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di cinematografia.
[213] Istituita dalla legge 16 ottobre 2003, n. 291 Disposizioni in materia di interventi per i beni e le attività culturali, lo sport, l'università e la ricerca e costituzione della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo - ARCUS S.p.a.).
[214] Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti.
[215] Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (“Disposizioni per la formazione annuale e pluriennale dello Stato.
[216] L’ art. 2 della L. 291 ha altresì stabilito che:
- il capitale sociale, di 8 milioni di euro, fosse sottoscritto dal Ministero dell’economia e delle finanze, mentre i diritti di azionista spettassero al Ministero per i beni e le attività culturali (d’intesa con il primo per i profili patrimoniali, finanziari e statutari);
- la partecipazione di altri soggetti (regioni, enti locali, imprese ed altri soggetti pubblici e privati) al capitale sociale fosse ammessa solo per le azioni di nuova emissione (in quanto per le azioni che costituiscono il capitale iniziale è prevista l’inalienabilità) e comunque per un importo non superiore al 45% del capitale sociale sottoscritto dallo Stato;
- il Consiglio di amministrazione fosse composto da sette membri nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali (tre dei quali su proposta del Ministro delle finanze), mentre per il Presidente ha prescritto il parere delle competenti commissioni parlamentari;
- dei tre dei membri del Collegio sindacale (nominati anch’essi con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali) due fossero designati dal ministro dell’economia e delle finanze;
- uno specifico settore di intervento della costituenda Società consistesse nella tutela del patrimonio barocco delle città di Gallipoli, Galatina, Nardò, Copertino, Casarano e Maglie; a tal fine la provincia di Lecce, in accordo con le competenti soprintendenze e sentita la Commissione regionale per i beni e le attività culturali, avrebbe formulato proposte alla Società stessa che le avrebbe attivate nel limite massimo di 7,740 milioni di euro, avvalendosi delle risorse di cui all’art. 60 comma 4 della legge finanziaria 2003.
[217] Decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72, Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell'ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2004, n. 128.
[218] Legge 1° agosto 2002, n. 166 Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti.
[219] In attuazione di tale norma, il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 7 aprile 2004 ha quantificato i limiti di impegno relativamente agli anni finanziari 2003 e 2004 rispettivamente in 89.594.000 euro e 85.152.000 euro. Conseguentemente, la quota dei suddetti limiti da destinare alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali è stata determinata in 2.680.000 euro a decorrere dal 2003 e 2.550.000 euro a decorrere dal 2004.
[220] La norma ha pertanto modificato in tal senso l’articolo 10, comma 6, della legge 8 ottobre 1997, n. 352.
[221] Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (“Disposizioni per la formazione annuale e pluriennale dello Stato-(Legge finanziaria per il 2003)”).
[222] L. 21 dicembre 2001, n. 443, recante Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive.
[223] Il decreto è stato emanato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
[224] Decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, recante: “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative”.
[225] Si segnala che per un mero errore materiale il comma 4 si riferisce al comma 1 anziché al comma 3.
[226] Il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, organo tecnico scientifico di consulenza del Ministro composto da 17 membri è stato istituito dal DPR 8 giugno 2004, n. 173, recante il regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, che ne definisce la composizione e i compiti.
[227] Riforma della disciplina in materia di attività cinematografica in attuazione della delega prevista dall’’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 che aveva delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di cinematografia.
[228] Si ricorda che, in attesa dell’emanazione del citato DM - da effettuarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - la gestione del Fondo era rimessa in via transitoria per un periodo di 12 mesi, ai sensi del comma 8 dell’articolo 12, alla Banca nazionale del lavoro (Sezione per il credito cinematografico). Tale periodo è stato successivamente prorogato più volte (articolo 19-nonies del D.L. 266/2004, art. 14-vicies del DL 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168., art. 2, DL 30 dicembre 2005, n. 273 e da ultimo, fino al 31 dicembre 2006, art. 1-ter, del DL 12 maggio 2006, n. 173, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 12 luglio 2006, n. 228.
[229] Tale organo (istituito dall’articolo 4 del citato D.Lgs. 28/2004) è composto di 12 membri, di cui 3 promananti dalle regioni e 3 dagli enti locali. 3. Essa provvede alla predisposizione di un programma triennale, approvato dal Ministro per i beni e le attività culturali, contenente l'individuazione, per ciascuna regione, delle aree geografiche di intervento per la realizzazione di sale cinematografiche; l'individuazione, sul territorio nazionale, delle aree privilegiate di investimento; l'individuazione degli obiettivi per la promozione delle attività cinematografiche.
Si segnala che l’articolo 5-bis del DL 250 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27 ha esteso la programmazione della Consulta territoriale per le attività cinematografiche anche alla programmazione stagionale e alla co-distribuzione e realizzazione di mostre e festival di rilevanza nazionale e internazionale, nonché alla pubblicazione, diffusione e conservazione di riviste e opere riguardanti la cinematografia.
[230] Disposizioni in materia di interventi per i beni e le attività culturali, lo sport, l'università e la ricerca e costituzione della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo - ARCUS S.p.a.
[231] Con circolare 22 marzo 2005, n. 5 del Ministero per i beni e le attività culturali sono stati definiti i criteri e le modalità di attribuzione dei contributi.
[232] Legge 21 dicembre 1999, n. 508 Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori di industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati.
[233] Decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212 convertito con modificazioni dalla L. 22 novembre 2002, n. 268 recante: "Misure urgenti per la scuola, l'università, la ricerca scientifica e tecnologica e l'alta formazione artistica e musicale”.
[234] Decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito con modificazioni dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27 recante: «Misure urgenti in materia di scuola, università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui, di professioni e di sanità.
[235] 716 unità di personale con contratti di lavoro a tempo indeterminato, per il profilo professionale di coadiutore e di 200 unità di personale tecnico ed amministrativo, appartenente agli altri profili professionali.
[236]Decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 convertito con modificazioni dalla legge n. 43 del 31 Marzo 2005 recante disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, nonché per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione. Sanatoria degli effetti dell' articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 280
[237] Il D.M. 16 settembre 2005, n. 236 disciplinato la composizione del Consiglio Nazionale per l’Alta formazione artistica e musicale (CNAM), le modalità di nomina e di elezione dei componenti, il funzionamento del Consiglio stesso e l’elezione di propri rappresentanti in seno al Consiglio universitario nazionale (CUN). ). In particolare, è previsto che il CNAM sia composto da trentaquattro membri, di cui ventisei eletti in rappresentanza del personale docente e non docente e degli studenti, sei designati dal Ministro e due dal CUN. I componenti sono nominati con decreto del Ministro, durano in carica tre anni e non possono essere riconfermati.
[238] Regolamento recante semplificazione dei procedimenti di concessione di contributi a favore di attività teatrali di prosa, cinematografiche, musicali e di danza, circensi e di spettacolo viaggiante, nonché dei procedimenti di autorizzazione per l'esercizio di attività circensi e per parchi di divertimento.
[239] Criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività di spettacolo viaggiante, in corrispondenza agli stanziamenti del Fondo Unico dello spettacolo, di cui alla L. 30 aprile 1985, n. 163, ed in materia di autorizzazione all'esercizio dei parchi di divertimento.
[240] Legge 14 agosto 1967, n. 800 recante Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali.
[241] Regolamento recante semplificazione dei procedimenti di concessione di contributi a favore di attività teatrali di prosa, cinematografiche, musicali e di danza, circensi e di spettacolo viaggiante, nonché dei procedimenti di autorizzazione per l'esercizio di attività circensi e per parchi di divertimento.
[242] Criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività di spettacolo viaggiante, in corrispondenza agli stanziamenti del Fondo Unico dello spettacolo, di cui alla L. 30 aprile 1985, n. 163, ed in materia di autorizzazione all'esercizio dei parchi di divertimento.
[243] Nella sentenza n. 255 del 2004, la Corte ha infatti riconosciuto che la materia concernente la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”, affidata alla legislazione concorrente di Stato e regioni, pur non menzionandole espressamente, ricomprende senza dubbio nella sua seconda parte, nell’ambito delle più ampie attività culturali, anche le azioni di sostegno degli spettacoli. Tale interpretazione è stata poi confermata nella sentenza n. 285 del 2005.
[244] Il sostegno dello Stato a favore dello spettacolo trova il suo fondamento nel titolo II della legge n. 800 del 1967. Successivamente, la legge 30 aprile 1985, n. 163, nell’intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente pressoché annuale approvazione di apposite leggi di finanziamento, creava uno strumento nuovo, il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), da ripartire annualmente tra i diversi settori (cinema, musica, teatro, danza, circhi e spettacolo viaggiante) con decreto dell'autorità di governo competente in materia di spettacolo. L’importo del FUS è stabilito annualmente in tabella C della legge finanziaria.
[245] Disposizioni urgenti in materia di contributi in favore delle attività dello spettacolo convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 82.
[246] Riforma della disciplina in materia di attività cinematografica in attuazione della delega prevista dall’’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 che aveva delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di cinematografia.
[247] A tale Fondo affluiscono le risorse esistenti, in particolare, nel Fondo di intervento, nel Fondo di sostegno e nel Fondo di garanzia, nonché la quota del cinema nell’ambito del Fondo unico dello spettacolo (FUS).
[248] Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80.
[249] Con riferimento a Cinecittà Holding Spa, si ricorda che i commi 1 e 2 dell’art. 5-bis del DL 118/1993 hanno trasformato l’Ente Autonomo di Gestione per il Cinema (istituito nel 1957 come ente a partecipazione statale per coordinare l’intervento pubblico nel settore della cinematografia) in società per azioni, denominata Ente Cinema S.p.A., ed assegnato la titolarità della partecipazione societaria dello Stato al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora Ministro dell’economia e delle finanze) nonché l’esercizio dei diritti dell’azionista al Ministro per i beni e le attività culturali. Dal 30 marzo 1998, a seguito di una deliberazione dell’assemblea societaria, l’Ente cinema ha assunto il nome di Cinecittà Holding S.p.A.; essa si configura attualmente come società di diritto privato che persegue fini eminentemente pubblici, sulla base di direttive impartite dal Ministro per i beni e le attività culturali, ed è sottoposta al controllo della Corte dei conti . Alla Holding fanno capo una serie di società partecipate che essa coordina: in particolare la Holding detiene la totalità delle azioni dell’Istituto Luce S.p.A. (preposto alla produzione ed alla distribuzione di opere cinematografiche) ed è azionista tra l’altro di Cinecittà Studios S.p.A.; Gruppo Mediaport (circuito multiplex); Cinecittà Cinema, e di Audiovisual Industry Promotion S.p.A..
[250] L’articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003 ha disposto, tra l'altro, che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze può disporre, entro il 31 dicembre 2004, proroghe di trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, già previsti da disposizioni di legge, anche in deroga alla normativa vigente in materia.
[251] Modificato dall’articolo 13, comma 2, lettera b), del decreto legge n. 35 del 2005.
[252] Ai sensi del richiamato decreto sono rientrati nella graduatoria, ai fini della stipulazione delle convenzioni, i seguenti comuni: Caltabellotta (provincia di Agrigento); Capranica (provincia di Viterbo); Cianciana (provincia di Agrigento); Cigognola (provincia di Pavia); Cipriano Po (provincia di Pavia); Fragneto Monforte (provincia di Benevento); Latronico (provincia di Potenza); Lirio (provincia di Pavia); Melilli (provincia di Siracusa); Orta di Atella (provincia di Caserta); Ostra (provincia di Ancona); Pesco Sannita (provincia di Benevento); Porto Torres (provincia di Sassari); Samo (provincia di Reggio Calabria); Sant’Arsenio (provincia di Salerno); Sciacca (provincia di Agrigento); Scilla (provincia di Reggio Calabria); Termoli (provincia di Campobasso). Si ricorda, inoltre, che i criteri e le modalità per la definizione delle graduatorie e l'assegnazione delle risorse sono stati stabiliti dal decreto direttoriale del 31 marzo 2004.
[253] L’accordo sulle prospettive finanziarie e le risorse proprie dell’Unione europea per il periodo 2007-2013, raggiunto dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005, è stato stipulato – limitatamente alle prospettive finanziarie – da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione il 17 maggio 2006.
[254] Il 9 febbraio 2005 la Commissione ha presentato la nuova Agenda sociale (COM(20065)33) per la modernizzazione del modello sociale europeo, nel contesto della revisione della strategia di Lisbona. L’Agenda presenta azioni chiave relativamente all’occupazione, alle pari opportunità e all’inclusione.
[255] Disciplinata dall’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272 e successive modificazioni.
[256] Tale esclusione non opera, tuttavia, per i casi di dimissione per giusta causa (secondo la sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale n. 269 del 17-24 giugno 2002, recepita dall'INPS con le circolari n. 97 del 4 giugno 2003 e n. 163 del 20 ottobre 2003).
[257] L'indennità è corrisposta a decorrere dall'ottavo giorno successivo a quello della cessazione del rapporto di lavoro - ovvero a quello della scadenza del periodo di preavviso, qualora sia pagata l'indennità per mancato rispetto del medesimo - (art. 73 del R.D.L. n. 1827); nei casi di licenziamento per giusta causa, al periodo di carenza di 8 giorni si aggiunge quello suddetto di 30.
[258] Tale media è calcolata in relazione al numero di giornate prestate e non può in ogni caso essere inferiore alla retribuzione prevista dai contratti collettivi nazionali e provinciali di categoria.
Per il calcolo dell'importo dell'indennità trovano inoltre applicazione i massimali vigenti per il trattamento straordinario di integrazione salariale.
[259] L'art. 1 del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, sostituendo il comma 1, lett. a), della L. 29 aprile 1949, n. 264, ha esteso tale istituto agli operai agricoli, sempre che risultino iscritti negli elenchi nominativi di rilevamento da almeno un anno oltre che per quello per il quale è richiesta l'indennità ed abbiano conseguito nell'anno precedente ed in quello in corso un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri. A tal fine, l'art. 3 dello stesso D.P.R. n. 1049 del 1970 consente il cumulo con i periodi lavorativi prestati in attività non agricole.
Per gli operai agricoli, la durata della corresponsione dell'indennità è pari alla differenza tra il numero di 270 giorni ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno, comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattia, infortunio, maternità, e sino al massimo di 180 giornate previste per la generalità dei lavoratori (art. 32, comma 1, lett. a), della L. n. 264 del 1949, nel testo sostituito dall'art. 1 del D.P.R. n. 1049 del 1970).
La retribuzione di riferimento per i lavoratori agricoli, ai sensi dell'art. 7, comma 2, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 20 maggio 1988, n. 160, è quella convenzionale, stabilita annualmente dal Ministro del lavoro, con propri decreti, per ogni provincia, sulla base degli importi previsti dai contratti collettivi per le varie qualifiche di operaio agricolo (ex art. 28 del D.P.R. n. 488 del 1968). Peraltro, l'art. 4 del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, il salario medio convenzionale resti fermo agli importi stabiliti con decreti del Ministro del lavoro per l’anno 1996 fino a quando, nelle singole province e per ciascuna qualifica di operaio, esso non sia superato dalla retribuzione stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Successivamente a tale momento, troverà applicazione l’art. 1, comma 1, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni e integrazioni, che ai fini della determinazione della base contributiva, fa riferimento all’importo previsto da leggi, regolamenti o contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori più rappresentative su base nazionale ovvero, qualora ne derivi un ammontare superiore, da accordi collettivi o contratti individuali.
[260] La relazione tecnica al provvedimento in esame evidenzia come “la possibilità di avere una banca dati con informazioni aggiornate sulle utenze consente una più efficace attività di vigilanza e di lotta al lavoro nero con incrementi del recupero dell’evasione contributiva”.
[261] Una previsione della certificazione di regolarità contributiva tramite il documento unico di regolarità contributiva era già contenuta nel D.Lgs. 494/1996, recante Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili. In particolare l’art. 3, comma 8, prevede che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, è tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva e che tale certificato può essere rilasciato, oltre che dall'INPS e dall'INAIL, per quanto di rispettiva competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano una apposita convenzione con i predetti istituti al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva
[262] L’articolo 1, comma 16, del decreto legge n. 2/2006 ha poi previsto che per le imprese agricole, le disposizioni contenute nell'articolo 10, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e nell'articolo 1, comma 553, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano limitatamente ai contributi dovuti per le prestazioni lavorative effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2006.
[263] Si consideri che alle aziende edili si applicano, oltre ai benefici contributivi previsti per aziende degli altri settori, alcune speciali agevolazioni contributive.
In particolare, ai sensi dell’articolo 29 del D.L. 23 giugno 1995, n. 244, convertito dalla L. 8 agosto 1995, n. 341, così come modificato dall’articolo 2, comma 3, del D.L. 25 settembre 2002, n. 210, convertito dalla L. 22 novembre 2002, n. 266 , per il settore edile è prevista una specifica riduzione contributiva solamente per gli operai (compresi i soci lavoratori di cooperative), occupati a tempo pieno e denunciati alle Casse edili .
L’agevolazione spetta a condizione che le aziende del settore edile iscrivano i loro lavoratori alla Cassa edile (versando i relativi contributi) e che rispettino i contratti collettivi nazionali e provinciali. L’agevolazione si applica all’intera contribuzione previdenziale, assistenziale e assicurativa a carico del datore di lavoro dovuta all’INPS e all’INAIL per gli operi occupati, con esclusione del contributo al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
L’agevolazione, inizialmente prevista sino al 31 dicembre 1996 nella misura del 9,50%, è stata successivamente elevata all’11,50% per le annualità successive in base al comma 5 dell’art. 29, che prevede appunto la possibilità di conferma o rideterminazione della riduzione con decreto ministeriale.
Al riguardo, da ultimo, il D.M. 1° febbraio 2006 ha confermato, per il 2005, la riduzione nella misura dell’11,50%. Ai fini della fruizione dell’agevolazione, i datori di lavoro interessati hanno l’obbligo di presentare all’INPS una dichiarazione, rilasciata dalla Cassa edile competente, di regolarità contributiva, entro il 31 dicembre di ogni anno.
[264] Recante Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare.
[265] Sulle somme iscritte a ruolo si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi.
[266] Si consideri che la disposizione da attuazione ad una delle misure preannunciate dal Governo nel DPEF 2007-2011 per contrastare il lavoro nero.
[267] Introdotto dal dall'art. 20, D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251.
[268] Si ricorda che invece il previgente comma 10-bis, pur introducendo un analogo obbligo di comunicazione preventiva, prevedeva che tale obbligo si applicasse non immediatamente bensì a decorrere dalla data prevista da un emanando decreto ministeriale (di cui al comma 7 dell'articolo 4-bis, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181). Tuttavia, non essendo stato emanato il decreto in questione, l’obbligo di comunicazione preventiva non è mai divenuto operativo.
[269] Aggiunto dall'art. 7, D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297,
[270] Nel caso in cui l'instaurazione del rapporto avvenga in giorno festivo, nelle ore serali o notturne, ovvero in caso di emergenza, la comunicazione di cui al presente comma deve essere effettuata entro il primo giorno utile successivo.
[271] La disposizione si riferisce all’instaurazione di rapporto di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche di socio lavoratore di cooperativa. La medesima procedura si applica ai tirocini di formazione e orientamento ed ad ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata.
[272] Recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[273] Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
[274] Si tratta delle risorse stanziate per l’attuazione dell’obbligo di frequenza di attività formative.
[275] La legge n. 30 del 2003, recante delega in materia di occupazione e mercato del lavoro che rappresenta una prima trasposizione sul piano normativo degli obiettivi e delle misure indicati nel “Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità”, elaborato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell’ottobre del 2001.
[276] Il contributo d’ingresso è pari ad una mensilità di massimale lordo CIGS per ogni lavoratore che si intende licenziare. Tale versamento costituisce una anticipazione di quanto dovuto complessivamente all’INPS per la procedura di mobilità. Difatti al termine della procedura il datore di lavoro è tenuto a versare, per ciascun lavoratore licenziato e beneficiario dell’indennità di mobilità, una somma pari a sei volte il trattamento iniziale netto di mobilità spettante al lavoratore in 30 rate mensili, se il licenziamento è avvenuto dopo la utilizzazione della CIGS. Nel caso di riduzione del personale senza aver utilizzato prima la CIGS, il contributo complessivo è invece pari a nove volte il trattamento iniziale netto di mobilità. Comunque l’importo da pagare da parte del datore di lavoro è ridotto a tre volte il trattamento netto di mobilità nel caso in cui la messa in mobilità avviene previo accordo sindacale.
Si ricorda inoltre che è esonerata dal versamento delle residue rate del contributo d’ingresso dovuta l’azienda che procuri ai lavoratori offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi determinate caratteristiche (Circ. INPS n. 171/2001).
[277] L’età prevista per il pensionamento di vecchiaia per i soggetti a cui si applica il sistema retributivo o misto, rimasta immutata a seguito della riforma di cui alla L. 243/2004, è di 60 anni per le donne e di 65 anni per gli uomini (tabella A allegata al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, come sostituita dalla tabella A allegata alla Legge 23 dicembre 1994, n. 724).
[278] Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria.
[279] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 8, del suddetto D.L. n. 148 del 1993, le somme del Fondo per l'occupazione non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo.
[280] Sulle somme iscritte a ruolo si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi.
[281] Recante Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare.
[282] Recante Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare.
[283] Il termine era stato a sua volta prorogato al 31 dicembre 2006, da ultimo, dall'art. 20 del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51.
[284] Disposizioni urgenti in materia di sostegno al reddito, di incentivazione all'occupazione e di carattere previdenziale.
[285] L’articolo1, comma 1, in esame prevede che il Ministero del lavoro rimborsa i relativi oneri all'IINPS, previa rendicontazione.
[286] Il contratto di solidarietà rappresenta, in sostanza, un contratto collettivo aziendale con il quale si realizza una particolare forma di tutela occupazionale, al fine di permettere la salvaguardia di posti di lavoro attraverso la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro allo scopo di evitare, o limitare, i licenziamenti nelle aziende rientranti nel campo di applicazione della CIGS attraverso un impiego più razionale della forza lavoro. Accanto a questa tipologia di contratto, denominato contratto di solidarietà difensivo, è presente un’altra tipologia di contratto di solidarietà (cd. contratto di solidarietà espansivo), meno utilizzata, finalizzata a creare nuova occupazione. Attraverso questo strumento, infatti, il datore di lavoro può concordare con le organizzazioni sindacali la riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione, con assunzione contestuale di nuovo personale a tempo indeterminato.
Introdotti dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito dalla L. 19 dicembre 1984, n. 683, i contratti di solidarietà interessano gli stessi datori di lavoro destinatari della CIGS e, quindi, in generale, le aziende industriali che abbiano occupato mediamente, nel semestre precedente la domanda per la procedura di cassa integrazione, più di quindici dipendenti. Alla disciplina della CIGS si rimanda anche per quanto riguarda le modalità di computo dei lavoratori. Il contratto di solidarietà, inoltre, può essere stipulato per un periodo non superiore a 24 mesi, (36 mesi nelle aree del Mezzogiorno, di cui al D.P.R. 218 del 1978) ai sensi del citato D.L. 726 del 1984, e può essere prorogato, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del D.L. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito dalla L. 29 febbraio 1988, n. 48, per ulteriori 24 mesi.
[287] A norma dell'art. 5 del D.L. 148 del 1993, convertito dalla L. 236 del 1993, per i contratti di solidarietà stipulati nel triennio 1993-1995 l'ammontare del trattamento di CIG è elevato, per un periodo massimo di due anni, alla misura del 75% della retribuzione persa a seguito della riduzione d'orario, con contemporanea corresponsione alle imprese di un contributo pari ad un quarto del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della medesima riduzione d'orario.
[288] Le imprese artigiane non devono rientrare nel campo di applicazione della CIGS.
[289] In sostanza si tratta di imprese che non siano: industriali; appaltatrici (presso imprese industriali) di servizi di mensa o ristorazione; grandi imprese commerciali; editrici o stampatrici di giornali quotidiani, di periodici o di agenzie di stampa a diffusione nazionale.
[290] Si ricorda, in proposito, che il termine originario previsto dal richiamato comma 5 (31 dicembre 1995) è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 1998 (articolo 1, comma 2, D.L. 4 del 1998), al 31 dicembre 1999 (articolo 81, comma 2, lettera b), della L. 23 dicembre 1998, n. 448), al 31 dicembre 2000 (articolo 62, comma 5, lettera b), della L. 23 dicembre 1999, n. 488), al 31 dicembre 2001 (articolo 78, comma 15, lettera c), della L. 23 dicembre 2000, n. 388), al 31 dicembre 2002 (articolo 52, comma 70, della L. 448 del 2001), al 31 dicembre 2003 dall’articolo 41, comma 3, della L. 289 del 2002 (finanziaria 2003), al 31 dicembre 2004 (articolo 3, comma 136 della L. 350 del 2003) e , da ultimo, al 31 dicembre 2005 (art. 1, comma 162, della legge n. 311/2004). Il decreto legge in esame, come sopra visto, lo proroga ulteriormente a tutto il 2006.
[291] In particolare, la norma stabiliva che in caso di inadempimento delle regioni (e province autonome) il Governo, ai sensi dell’art. 6, III comma, del d.p.r. n. 616, poteva prescrivere con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e sentita la regione interessata, un congruo termine per provvedere, decorso il quale era possibile adottare i provvedimenti necessari in sostituzione dell'amministrazione regionale. In particolare, il Consiglio dei Ministri disponeva l'intervento sostitutivo dello Stato, eventualmente attraverso il conferimento dei poteri necessari ad un’apposita commissione.
[292] In base ad esso spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo delle regioni e province autonome per i casi di loro inadempienza agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea.
[293] Il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere è fissato con decreti del Ministro del tesoro. Le aziende di credito, tesorieri e cassieri degli enti pubblici, nella qualità di organi di escussione degli enti medesimi, effettuano le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali. Il tesoriere incassa direttamente tutte le entrate proprie dell'ente e provvede a versarle nella tesoreria provinciale. Le entrate provenienti da trasferimenti pervengono direttamente alla contabilità speciale infruttifera.
[294] In relazione al progressivo rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali è sorta in questi ultimi anni l’esigenza di un progressivo superamento del sistema di Tesoreria unica. A tal fine, il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279, in occasione della riforma del bilancio dello Stato, ha provveduto, da un lato, a ridefinire il sistema della Tesoreria unica per le regioni e gli enti locali di minori dimensioni, con l’introduzione del c.d. sistema misto, e dall’altro ad avviare la sperimentazione del totale superamento della tesoreria unica. Da ultimo, la legge Finanziaria 2006 art. 1, comma 45, ha previsto l’esclusione delle Camere di commercio e delle aziende ad esse collegate dal sistema di tesoreria unica a decorrere dal 1° gennaio 2006.
Il D.Lgs. n. 279/1997 aveva previsto una sperimentazione biennale (a partire dal 1° gennaio 1999) dalla quale ricavare elementi di valutazione in ordine alla effettiva possibilità di perseguire la totale eliminazione del sistema di tesoreria unica.
[295] GU C 242 del 21.8.1996, pag. 6; GU C 63 del 28.2.1997, pag. 2.
[296] Gli effetti dell’infrazione sugli interessi generali e particolari saranno valutati caso per caso. A scopo esemplificativo si possono citare i seguenti fattori:
- perdita di risorse proprie della Comunità,
- incidenza dell’infrazione sul funzionamento della Comunità,
- danno grave o irreparabile alla salute umana o all’ambiente,
- danno patrimoniale o non patrimoniale subito da privati e da operatori economici, compreso il danno di indole immateriale come quello arrecato allo sviluppo della persona umana,
- importi finanziari implicati nell’infrazione,
- eventuali vantaggi finanziari che lo Stato membro tragga dall’omessa esecuzione della sentenza della Corte,
- importanza relativa dell’infrazione, con riferimento al volume di affari o al valore aggiunto del settore economico in causa, nello Stato membro considerato,
- ordine di grandezza della popolazione su cui si ripercuote l’infrazione (la gravità potrebbe essere ritenuta inferiore se l’infrazione non riguarda tutto lo Stato membro in questione),
- responsabilità della Comunità verso i paesi terzi,
- se si tratta di un’infrazione isolata o di un caso di recidiva (come nell’ipotesi di più ritardi nell’attuazione di direttive comunitarie in un determinato settore).
[297]L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
[298]L’Italia ha ratificato il Protocollo con la legge 28 agosto 1997, n. 296.
[299]Si ricorda che la recente legge 9 gennaio 2006, n. 12, ha dettato disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Infatti, in base all’art. 46 della Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, le Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea dei diritti dell’Uomo pronunciate nell’ambito delle controversie che le riguardino; il Comitato dei ministri – organo decisionale del Consiglio d’Europa – ne sorveglia l’esecuzione. La legge 9 gennaio 2006, n. 12, novellando l’art. 5, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, precisa le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri, e introduce specifici obblighi di informazione al Parlamento, in relazione al seguito da dare alle pronunce emanate dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo nei confronti dello Stato italiano.
[300] Procedura d’infrazione n. 2006/4043.
[301] Procedura d’infrazione n. 2006/2131.
[302] Procedura d’infrazione n. 2004/4242.
[303] Procedura d’infrazione n. 2004/4926.
[304] Procedura di infrazione n. 2002/4342.
[305] Procedura di infrazione n. 2001/4156.
[306] Procedura di infrazione n. 2003/5145.
[307] Procedura di infrazione n. 2003/5046.
[308] Procedura di infrazione n. 2001/5308.
[309] recante “disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.
[310] recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, pubblicato nella Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 62 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80.
[311] Regolamento recante organizzazione e disciplina dell'Agenzia nazionale del turismo, a norma dell'articolo 12, comma 7, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 2006, n. 131.
[312] Gazz. Uff. 7 giugno 2006, n. 23 - Prima serie speciale.
[313] Il DPCM di istituzione è stato firmato il 28 luglio 2006, e registrato alla Corte dei Conti il 7 settembre 2006 al registro n. 10, foglio n. 176.
[314] Il decreto legge è in corso di conversione.
[315] Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 recante Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[316] Le leggi regionali sono state emanate dalle quindici regioni a statuto ordinario, mentre alcune delle regioni a statuto speciale hanno provveduto ad integrare la normativa vigente, anteriore al D.Lgs. n. 422 .
[317] Come precisato nella Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato n. 7 del 10 febbraio 2006, che ha recato alcuni chiarimenti e precisazioni in ordine alle disposizioni di contenimento della spesa contenute nella legge finanziaria per il 2006, la ripartizione del Fondo può essere disposta per le sole Amministrazioni centrali dello Stato, con esclusione, quindi, di quelle dotate di autonomia contabile e gestionale, a meno che i debiti stessi non risultino assunti anteriormente all'attribuzione della predetta autonomia contabile e gestionale.
L’articolo 50 in commento mantiene fermo il principio stabilito dall'articolo 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), in base al quale i provvedimenti di riconoscimento di debito posti in essere dalle amministrazioni pubbliche devono essere trasmessi agli organi di controllo interno dei singoli enti ed alla competente procura della Corte dei conti.
[318] Disposizioni sugli enti ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi.
[319] Con le leggi 22 novembre 1988, nn. 516 e 517 e successive modificazioni, recanti norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e, rispettivamente, l'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno e le Assemblee di Dio in Italia, è stata introdotta la possibilità che la scelta sulla destinazione dell'otto per mille dell'IRPEF possa essere effettuata anche a favore dell'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno (cfr. anche la legge n. 637/1996) e delle Assemblee di Dio in Italia, vincolando la destinazione dei fondi disponibili ad interventi sociali e umanitari anche a favore di paesi del terzo mondo. Successivamente, la legge 5 ottobre 1993, n. 409 ha esteso la possibilità di scelta anche in favore della Chiesa evangelica valdese, che può utilizzare le somme così ricevute esclusivamente per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all'estero, sia direttamente, attraverso gli enti aventi parte nell'ordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a livello nazionale ed internazionale. Con la legge 29 dicembre 1995, n. 520 tale possibilità di scelta è stata estesa anche in favore della Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI)”. Infine, la disciplina relativa alla destinazione dell’8 per mille dell’IRPEF è stata estesa anche all'Unione delle Comunità ebraiche italiane (legge 20 dicembre 1996, n. 638): le somme assegnate possono essere utilizzate per attività culturali, per la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale, nonché per interventi sociali ed umanitari, volti in special modo alla tutela delle minoranze contro il razzismo e l’antisemitismo.
[320] Gli articoli sono stati inseriti durante l’esame parlamentare ed hanno assorbito le disposizioni contenute nel D.L. n. 9/2006 recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione internazionale in Iraq e nel D.L. n. 10/2006 recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali, che sono stati lasciati decadere.
[321]Si tratta del Regolamento recante norme per l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, nonché delle relative funzioni dell’Amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri.
[322] Legge 24 dicembre 2003 n. 350 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
[323] Legge 23 dicembre 2000, n. 388.
[324] La convenzione in parola, a seguito di articolate vicende che non è possibile riassumere in questa sede, era stata rinnovata per un triennio a partire dal 21 novembre 1997 (quindi fino al 21 novembre 2000) dall’art. 1 della L. 224/1998: il rinnovo è stato disposto in via transitoria, al fine di garantire la continuità del servizio, nell'attesa che fosse adottata, nel quadro della riforma generale del sistema delle comunicazioni, una disciplina definitiva dello strumento della convenzione, da stipulare a seguito di gara pubblica.
[325] In particolare, durante la discussione del progetto di bilancio interno per il 1993 (seduta del 13 ottobre 1993), la Camera dei deputati approvò un ordine del giorno che impegnava l'Ufficio di Presidenza della Camera ad adoperarsi, in accordo con la Presidenza del Senato, per accelerare la realizzazione della quarta rete RAI prevista dall'art. 24 della L. 223/1990 ed a promuovere nel contempo la stipula di convenzioni “tra il Ministero delle poste e la RAI, da un lato, e imprese radiofoniche private – in primo luogo l'impresa editrice di Radio radicale – dall'altro, tali da assicurare in via transitoria e fino alla piena entrata in servizio della quarta rete RAI la continuità delle trasmissioni delle sedute parlamentari”.
[326] D.L. 23 ottobre 1996, n. 545, “Disposizioni urgenti per l'esercizio dell'attività radiotelevisiva e delle telecomunicazioni”, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 650.
[327] Si ricordano in particolare l’ordine del giorno n. 9/1021/150, presentato nel corso dell'esame al Senato del d.d.l. A.S. 1021 (futura legge 31 luglio 1997, n. 249, istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), e l'ordine del giorno n. 9/4354/169 accolto dal Governo nel corso dell'esame alla Camera del d.d.l. collegato alla manovra di finanza pubblica 1998 (divenuto legge 27 dicembre 1997, n. 449).
[328] Legge 11 luglio 1998, n. 224, “Trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari e agevolazioni per l'editoria”.
[329] La norma faceva implicito riferimento al disegno di legge A.S. 1138 (“Disciplina del sistema delle comunicazioni”), in corso d’esame parlamentare al Senato.
[330] Legge 27 dicembre 2002, n. 289.
[331] Recante ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate – rifinanziamento legge 208/1998 per il periodo 2005-2008 (legge finanziaria 2005).
[332] Nel progetto sono coinvolti il Ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale ed il Ministero dell’istruzione, università e ricerca.
[333] I criteri per l’erogazione dei contributi sono stati definiti sulla base di un regolamento adottato con D.M. 21 settembre 1999, n. 378. Ai sensi dell'art. 1, comma 3, del D.M. 378/1999 il contributo deve essere ripartito tra i vari bacini di utenza televisiva in proporzione al fatturato realizzato nel triennio precedente dalle emittenti operanti nel medesimo bacino televisivo che abbiano chiesto di beneficiare delle misure di sostegno e che, nella ripartizione, si dovrà dare particolare rilievo ai bacini di utenza televisiva ricompresi nelle aree economicamente depresse e con elevati indici di disoccupazione
[334] I criteri e le modalità di attribuzione e di erogazione dei contributi alle emittenti radiofoniche locali sono state stabilite da un regolamento adottato con D.M. 1° ottobre 2002 n. 225. L’articolo 4, comma 190, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) ha previsto che le emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario possano beneficiare del 10% dei contributi riservati alla radiofonia (e quindi dell’1% del totale dei contributi destinati all’emittenza locale)
[335] Cfr. seduta della I Commissione del 27 luglio 2006.
[336] “Istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia”.
[337] Cfr. decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 2004, n. 284.
[338] La Commissione è composta di undici membri: oltre al presidente, nominato dal Presidente del Consiglio, consta di due rappresentanti a testa per il citato Dipartimento affari sociali della Presidenza del Consiglio e per il ministero di grazia e giustizia, di uno a testa in rappresentanza dei ministeri degli esteri, interni e sanità, nonché di tre rappresentanti della Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie locali (in tema si veda il DPR 1 dicembre 1999, n. 492, “Regolamento recante norme per la costituzione, l’organizzazione e il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali a norma dell’articolo 7, commi 1 e 2 della legge 31 dicembre 1998, n. 476”).
[339] “Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri”
[340] Il nuovo art. 39-ter, l. n. 184/83, introdotto dalla legge n. 476 del 1998, prevede che gli enti:
- siano diretti e composti da persone con adeguata formazione e competenza nel campo dell'adozione internazionale, e con idonee qualità morali;
- si avvalgano di professionisti in campo sociale, giuridico e psicologico, iscritti al relativo albo professionale, in grado di sostenere i coniugi prima, durante e dopo l'adozione;
- dispongano di un'adeguata struttura organizzativa in almeno una regione o in una provincia autonoma in Italia e delle strutture per operare nei Paesi stranieri; non abbiano fini di lucro;
- non operino pregiudiziali discriminazioni nei confronti delle persone che aspirano all'adozione;
- si impegnino a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell'infanzia; abbiano sede legale nel territorio nazionale.
[341] Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet.
[342]Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
[343] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, conv., con mod., dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.
[344] Si ricorda che, nell’ambito del Governo Prodi II, l’incarico relativo alle politiche per i diritti e le pari opportunità è stato conferito al ministro senza portafoglio on. Barbara Pollastrini.
[345] D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della L. 28 novembre 2005, n. 246. L’art. 2 del codice riassume le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di pari opportunità.
[346] D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, conv. con mod. dalla L. 17 luglio 2006, n. 233.
[347] Articolo 2 della legge 9 gennaio 2006, n. 7 Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile.
[348] Da: www.welfare.gov.it.
[349] D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[350] L. 11 agosto 2003, n. 228, Misure contro la tratta di persone.
[351] Il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, previsto dall’art. 18 del D.Lgs. 286/1998, può essere rilasciato a immigrati clandestini che siano vittime di situazioni di violenza o di grave sfruttamento per consentire loro di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti delle organizzazioni criminali e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.
[352] Il richiamato comma 160, oltre ad istituire la Fondazione per la diffusione della responsabilità sociale delle imprese, ha assegnato alla stessa un contributo di 1 milione di euro, per l'anno 2005, per lo svolgimento delle attività istituzionali.
Si ricorda che alla Fondazione partecipano quali soci fondatori il Ministero del lavoro e dello politiche sociali e altri soggetti pubblici e privati che ne condividano le finalità (non viene peraltro specificato quali). Viene altresì stabilito che la fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, redatto dai fondatori.
[353] Occorre ricordare, in merito alla responsabilità sociale delle imprese, che alcuni provvedimenti comunitari hanno trattato il problema “indirettamente”: pur trattando argomenti diversi, infatti, tali provvedimenti hanno toccato tematiche “adiacenti” alla CSR. In particolare, si possono citare la direttiva n. 94/45 sui Comitati Aziendali Europei, il regolamento n. 2157/2001 e la direttiva n. 2001/86, sullo statuto di società europea, e la direttiva n. 2002/14, sull’informazione e consultazione dei lavoratori nella Comunità europea.
[354] Cfr. articolo 80, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), così come modificato prima dall’art. 5 del D.L. n. 236 del 2002 e, successivamente, dall'art. 7-undecies del D.L. n. 7 del 2005. I fondi stanziati erano pari a 350 mld di lire per il 2001 e 430 mld di lire per il 2002.
[355] di cui all'articolo 59, comma 44, della legge n. 449 del 1997
[356] Disciplina dell'introduzione in via sperimentale, in talune aree, dell'istituto del reddito minimo di inserimento (in attuazione della delega recata dall'articolo 59, commi 47 e 48, della L. 27 dicembre 1997, n. 449).
[357] Art. 3, comma 101.
[358] Cfr. G.U. del 5 gennaio 2005.
[359] La norma prevedeva anche un limite di reddito.
[360] Cfr. l’art. 19, comma 2.
[361] Costituzione di un Istituto per il credito sportivo con sede in Roma
[362] Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 giugno 2003, n. 179, Regolamento recante la disciplina dei concorsi pronostici su base sportiva
[363] Le disposizioni della L. 1295/1957 sono state, successivamente, modificate e integrate dalla legge 18 febbraio 1983, n. 50.
[364] Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. L'art. 151 stabilisce che l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dal medesimo testo unico, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.
[365] A seguito dell’attribuzione delle succitate funzioni alla Presidenza del Consiglio dei ministri, è stata conferita la delega per le attività sportive all’on. Giovanna Melandri.
[366] Legge 23 dicembre 2005, n. 266.
[367] L'articolo 2 della legge 15 luglio 2003, n. 189, ha previsto che la Federazione italiana sport disabili (FISD) si costituisca quale Comitato italiano paralimpico, per l'organizzazione e la gestione delle attività sportive praticate dalle persone disabili in armonia, per l'attività paralimpica, con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato internazionale paralimpico. Alla determinazione delle competenze si è provveduto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 aprile 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 maggio 2004, n. 103). Tuttavia, il Comitato, nello Statuto deliberato dall'assemblea straordinaria del 10-11 luglio 2004 e approvato con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali 15 dicembre 2004, ha assunto la denominazione di Comitato italiano paralimpico, ivi dichiarata equivalente alla denominazione "paralimpico" contenuta nella legge.
[368] Norme per la promozione della pratica dello sport da parte delle persone disabili.
[369] La Federazione Italiana Sport Disabili, costituita nel 1990 dall’unificazione delle tre federazioni sportive competenti in materia di handicap: la Fisha (Federazione Italiana Sport Handicappati), la Fics (Federazione Italiana Ciechi Sportivi) e la Fssi (Federazione Italiana Silenziosi d’Italia).
[370] In particolare si impegna il CONI a far sì che alle Paralimpiadi sia riconosciuto agli atleti disabili lo stesso trattamento premiale ed economico degli atleti normodotati alle Olimpiadi; che sia riconosciuto agli atleti guida di atleti disabili il diritto di accompagnarli sul podio in occasione delle premiazioni.
[371] L’art. 3 della legge 189/2003 ha novellato per tale profilo il D.Lgs. 242/1999( recante Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano – poi modificato e integrato dal D.Lgs n. 15/2004). modificando l’art. 2 (Statuti) ed introducendo l’art. 12-bis (Promozione dello sport dei disabili).
[372] L’ICAO, International Civil Aviation Organization, istituto specializzato dell’ONU, è l’organizzazione internazionale deputata a definire la normativa tecnica in materia di aviazione civile; gli “annessi ICAO”, cioè gli allegati alla Convenzione Internazionale per l’aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944, adottati, a norma della Convenzione stessa, dalla stessa ICAO, definiscono infatti gli standard internazionali e le pratiche raccomandate necessari ad assicurare il più alto grado possibile di uniformità nei regolamenti, nei modelli, nelle procedure e nell’organizzazione relativi agli aeromobili, al personale, alle rotte aeree e ai servizi ausiliari, onde garantire al trasporto aereo la massima standardizzazione normativa a livello mondiale, e, in definitiva, una maggiore sicurezza.
[373] D.L. 31 gennaio 2005, n 7 recante Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti. Sanatoria degli effetti dell’articolo 4, comma 1, del DL 29 novembre 2004 n. 280 convertito dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.
[374] L. 30 settembre 2005 n. 203 recante Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 2 dicembre 2005, n. 248.
[375] Legge 31 marzo 2005, n. 43 di conversione del DL 31 gennaio 2005, n 7 recante Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti. Sanatoria degli effetti dell’articolo 4, comma 1, del DL 29 novembre 2004 n. 280.
[376] Legge 24 dicembre 1993 n. 537 recante Interventi correttivi di finanza pubblica.
[377] Legge 23 dicembre 1980 recante Norme sui servizi antincendi negli aeroporti e sui servizi di supporto tecnico ed amministrativo-contabile del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
[378] Decreto legislativo 8 marzo 2006 recante Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229.
[379] Decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151 recante Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96, recante la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione.
[380] Convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 25 gennaio 1990, n. 8.
[381] Il risparmio pubblico indica il saldo corrispondente alla differenza tra il totale delle entrate iscritte nei primi due titoli (entrate tributarie e entrate extratributarie, che costituiscono il complesso delle entrate correnti) e il totale delle spese correnti.