Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Reati contro il patrimonio culturale - A.C. 2806
Riferimenti:
AC n. 2806/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 238
Data: 10/09/2007
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Reati contro il patrimonio culturale

A.C. 2806

 

 

 

 

 

n. 238

 

 

10 settembre 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

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File: GI0205.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  6

§      Impatto sui destinatari delle norme  7

Schede di lettura

Quadro normativo  11

Il contenuto del disegno di legge del Governo (AC 2806)26

§      Art. 1. (Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro i beni culturali).27

§      Art. 2. (Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro i beni paesaggistici).38

§      Art. 3. (Personale).42

Progetto di legge

§      A.C. 2806, (Governo), Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale  49

§      Codice procedura penale (artt. 253, 289, 290, 354)79

§      Codice civile: Disposizioni sulla legge in generale (art. 15)82

§      L. 1 giugno 1939, n. 1089. Tutela delle cose d'interesse artistico e storico.83

§      L. 29 giugno 1939, n. 1497. Protezione delle bellezze naturali.114

§      L. 27 dicembre 1956, n. 1423. Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità.119

§      L. 31 maggio 1965, n. 575. Disposizioni contro la mafia. (artt.. 10 e 10-sexies)129

§      L. 20 novembre 1971, n. 1062. Norme penali sulla contraffazione od alterazione di opere d'arte.134

§      L. 5 agosto 1978, n. 468. Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. (art. 11-ter)138

§      L. 28 febbraio 1985, n. 47. Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie. (art. 20)142

§      D.L. 27 giugno 1985, n. 312. Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431) (art. 1-sexies)144

§      D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. (artt. 97, 98 e 100)145

§      L. 8 ottobre 1997, n. 352. Disposizioni sui beni culturali. (art. 13)148

§      L. 30 marzo 1998, n. 88. Norme sulla circolazione dei beni culturali. (art. 23)149

§      L. 3 agosto 1998, n. 269. Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù. (art. 14)150

§      D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490. Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352 (artt. 136 e 163)152

§      D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (artt. 44 e 136)154

§      D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137. (artt. 2, 10, 65, 89, 90, 150 e 160-181)158

§      L. 15 dicembre 2004, n. 308. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione.173

§      L. 30 dicembre 2004, n. 311. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005). (articolo 1, comma 95)189

§      L. 27 dicembre 2006, n. 296. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007). (articolo 1, commi 404, 523 e 1142)191

 

Documentazione

Progetto di legge

§      A.C. 2692, (Governo), Disposizioni concernenti i delitti contro l'ambiente. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della relativa disciplina  199

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

2806

Titolo

Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Diritto penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione alla Camera

19 giugno 2007

§       annuncio

20 giugno 2007

§       assegnazione

3 luglio 2007

Commissione competente

2a Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni 1ª (Aff. costit.), 5ª (Bilancio), 7ª (Cultura) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 8ª (Ambiente) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 9ª (Trasporti), 11ª (Lavoro)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il disegno di legge governativo in esame, composto da tre articoli, contiene la delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale.

 

Come si legge nella relativa relazione illustrativa, il provvedimento in esame si rende opportuno in considerazione della necessità di modificare l'attuale sistema sanzionatorio considerato inadeguato rispetto alla particolare tipologia di reati che nella realtà odierna minacciano il patrimonio culturale.

 

A tal fine l'articolo 1 del disegno di legge A.C. 2806 fissa i princìpi e i criteri direttivi che dovranno essere osservati dal Governo in sede si attuazione della delega per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di beni culturali, mentre il successivo articolo 2 reca la delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati paesaggistici.

 

Da ultimo, l'articolo articolo 3 prevede un piano di assunzioni straordinarie finalizzate all’incremento della fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura nonché al reperimento di personale specializzato destinato al rafforzamento della tutela dei beni culturali.

A tal fine tale articolo autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali a bandire concorsi e a procedere all'assunzione straordinaria di quattrocento assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico al fine di incrementare la fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura anche attraverso l'estensione degli orari di apertura.

 

Il medesimo articolo 3 prevede, altresì, la possibilità da parte dello stesso ministero di bandire concorsi e procedere all'assunzione straordinaria di complessive cento unità di architetti, archeologi, storici dell'arte e amministrativi, al fine di rafforzare le strutture tecnico-amministrative preposte alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici, archeologici e storico-artistici.

 

Entrambe queste assunzioni sono disposte in deroga al divieto di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Relazioni allegate

Al disegno di legge A.C. 2806 sono allegate la relazione illustrativa del provvedimento e la relazione tecnica.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il disegno di legge in esame interviene su disposizioni legislative di rango primario e su materie coperte da riserva di legge. Si giustifica, pertanto, l’utilizzo dello strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Come in precedenza rilevato, il disegno di legge governativo in esame contiene la delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale.

La base giuridica del provvedimento appare pertanto riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera i) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) della Costituzione.

Più in generale, in relazione al bene giuridico tutelato dalle disposizioni del provvedimento governativo, si osserva che ai sensi dell'articolo 117, primo comma lettera s) della Costituzione appartiene, altresì, alla competenza esclusiva dello Stato la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, mentre al terzo comma dello stesso articolo viene definito un diverso – ma contiguo – campo di intervento legislativo, consistente nella valorizzazione dei beni ambientali e culturali, attribuito invece alla competenza legislativa concorrente di Stato e regioni.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Come già rilevato, l'articolo 1 del ddl in esame contiene la delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di beni culturali, mentre il successivo articolo 2 reca la delega per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati paesaggistici.

 

Coordinamento con la normativa vigente

Ai sensi del comma 3 degli articoli 1 e 2 del ddl in esame, i decreti legislativi attuativi delle deleghe previste rispettivamente dai citati articoli dovranno indicare esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate, fatta comunque salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

 

Al riguardo, si ricorda che ai sensi del citato articolo 15 "le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia gia regolata dalla legge anteriore".

Collegamento con lavori legislativi in corso

In via generale, si segnala che sono attualmente all'esame della Commissione giustizia della Camera dei deputati numerose proposte di legge (A:C: 25 ed abb.) volte ad introdurre una serie di nuovi articoli nel codice penale in materia di delitti contro l'ambiente e volti a costituire il nuovo Titolo VI-bis del Libro secondo del citato codice penale.

Impatto sui destinatari delle norme

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento "in linea con l'unanime avviso dell'odierna dottrina penalistica, il disegno di legge impone di elevare a delitto le forme più gravi di offesa al patrimonio culturale, affinché siano puniti nel modo più severo i comportamenti che suscitano, nell'attuale contesto storico, un maggiore allarme sociale - come il vandalismo, il furto d'arte, la ricettazione e l'illecita esportazione di beni culturali - e per i quali nessun altro tipo di sanzione, al di fuori di quella penale, sarebbe percepito come adeguato; e mantenere o declassare, invece, al rango di contravvenzioni le fattispecie di minore impatto".

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

La disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale è in gran parte contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n 42), emanatoin attuazione della delega prevista dall’articolo 10 dellalegge 6 luglio 2002, n. 137[1].

Tale normativa ha sostituito il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali (adottato con D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490[2]) che, nel corso della XIII legislatura, avevaraccolto e riordinato la legislazione esistente in materia.

Con l’adozione del Codice si è realizzato un significativo intervento di “riassetto” e “codificazione” delle disposizioni legislative con l’obiettivo principale di adeguare la normativa alle modifiche introdotte dalla riforma costituzionale agli articoli 117 e 118 della Costituzione.

Il Codice ha inoltre perseguito gli ulteriori obiettivi stabiliti dalla legge delega, tra i quali si sottolinea: l’adeguamento alla normativa comunitaria e agli accordi internazionali; il miglioramento dell’efficacia degli interventi concernenti i beni e le attività culturali, anche allo scopo di conseguire l’ottimizzazione delle risorse assegnate e l’incremento delle entrate; l’aggiornamento degli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali, anche attraverso la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati.

Disposizioni integrative e correttive al Codice sono state successivamente adottate con il D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 156[3], relativamente ai beni culturali econ il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157[4], relativamente al paesaggio.

 

Le principali integrazioni, per quanto attiene i beni culturali, riguardano gli articoli 10 (relativo ai beni oggetto di tutela), 12 (Verifica dell’interesse culturale), 29 (Conservazione), 112 (Valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica), 115 (Forme di gestione) e 182 (Disposizioni transitorie), quest’ultimo con particolare riferimento alla disciplina transitoria sulla formazione dei restauratori.

 

Di seguito, viene dato sinteticamente conto del contenuto sostanziale del Codice dei beni culturali; più approfondita analisi sarà, invece, riservata alla relativa disciplina sanzionatoria.

 

Codice dei beni culturali: le linee ordinamentali

Il Codice si divide in cinque parti.

La parte prima (articoli 1-9), è dedicata all’individuazione dei principi generali della materia. Oltre a prevedere che la Repubblica, in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, tuteli e valorizzi il patrimonio culturale, in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione, le norme in oggetto individuano la nozione di patrimonio culturale, nonché quella di tutela e di valorizzazione, specificando le attribuzioni di Stato, regioni ed altri enti pubblici territoriali.

In particolare, l’articolo 2 definisce il patrimonio culturale come l’insieme dei beni culturali e dei beni paesaggistici. Oltre alle categorie di beni espressamente individuate nel provvedimento (artt. 10 e 11 per i beni culturali e art. 134 per i beni paesaggistici) possono essere individuati come beni culturali o paesaggistici, con legge o in base alla legge, anche altri beni (che, tuttavia, devono caratterizzarsi “quali testimonianze aventi valore di civiltà” per essere annoverati tra i beni culturali).

 

La parte seconda del Codice (articoli 10-130) è dedicata ai beni culturali ed articolata in tre titoli aventi ad oggetto, rispettivamente, la tutela (artt. 10-100), la fruizione e la valorizzazione (artt. 101-127), nonché alcune norme transitorie e finali (artt. 128-130).

In particolare, gli articoli 10 e 11 del Codice individuano le categorie (o tipi) dei beni culturali, che possono essere distinti in tre gruppi principali.

Un primo gruppo comprende i beni culturali, appartenenti a soggetti pubblici, per i quali l’interesse culturale è ritenuto sussistere ex se. Si tratta, ad esempio, di raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, archivi, raccolte librarie (articolo 10, co. 2)[5].

Un secondo gruppo comprende i beni mobili e immobili appartenenti allo Stato, alle regioni e ad altri enti, pubblici, nonché a persone giuridiche private senza scopo di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (articolo 10, co. 1).

 

Fra questi il comma 4 annovera, ad esempio, le cose che interessano la paleontologia; le cose di carattere numismatico, i manoscritti, le carte geografiche, gli spartiti musicali, le fotografie, le pellicole cinematografiche che abbiano in ogni caso carattere di rarità e di pregio; le ville, i parchi, i giardini, le pubbliche piazze, vie, strade e gli altri spazi aperti urbani di interesse storico o artistico.

 

Per tale categoria trova applicazione la disciplina dell’articolo 12, la quale prevede che i beni in questione vengano assoggettati ad uno specifico procedimento di verifica, ferma restando, medio tempore, la loro sottoposizione alla disciplina di tutela prevista dal Codice. La verifica della sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico viene effettuata dai competenti organi del Ministero, d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione. Il testo dell’art. 12 del Codice, come modificato dal citato D.Lgs. n. 156/2006, non prevede il meccanismo del silenzio assenso (che, invece, era contemplato nella versione originaria del Codice) ed indica in 120 giorni dalla richiesta il termine per la conclusione del procedimento di verifica. L’esito dell’accertamento comporta, se positivo, la definitiva sottoposizione del bene alla disciplina di tutela; se negativo, l’esclusione dall’applicazione delle disposizioni del Codice, la sdemanializzazione (nel caso si tratti di bene demaniale) e la libera alienabilità del bene stesso.

 

Per quanto concerne il procedimento di verifica, è utile ricordare che questo era già stato introdotto dall’articolo 27 del d.l. n. 269/2003[6], includendovi anche la procedura di c.d. silenzio assenso, in base alla quale la mancata comunicazione dell’esito della verifica nel termine di 120 giorni equivaleva ad esito negativo della verifica stessa. A seguito delle modifiche intervenute con d. lgs. n. 156/2006, tale meccanismo risulta superato e, di conseguenza, il mancato rispetto del termine da parte dell’amministrazione è qualificabile solo come “silenzio inadempimento”. Pertanto, qualora la pronuncia del Ministero non intervenga entro 120 giorni, i richiedenti potranno rivolgersi al TAR perché ingiunga all'amministrazione di provvedere e, in mancanza, nomini un commissario ad acta che assuma la richiesta determinazione.

 

Infine, il terzo gruppo di beni culturali indicati nell’art. 10 (comma 3) del Codice comprende i beni, in genere, di proprietà di privati, per i quali la tutelabilità è subordinata all’accertamento dell’interesse culturale mediante il procedimento di dichiarazione (c.d. “vincolo”) disciplinato dagli artt. 13-16.

I beni che rientrano in tale categoria comprendono: cose immobili e mobili di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico; archivi e documenti privati nonché raccolte librarie di interesse storico/culturale particolarmente importante; le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse con riferimento alla storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose; le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, rivestono come complesso un eccezionale interesse artistico o storico.

L’avvio della procedura spetta al soprintendente competente, d’ufficio o su motivata richiesta della regione e di ogni altro ente territoriale interessato, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto. Ladichiarazione accerta la sussistenza dell'interesse culturale nella cosa che ne forma oggetto.

 

Rispetto alle previsioni del Testo unico del 1999, il Codice ha introdotto una nuova forma di giustiziabilità in sede amministrativa, in quanto si riconosce la possibilità di ricorso al Ministero, per motivi di legittimità e di merito, entro trenta giorni dalla notifica della dichiarazione (art. 16); il più recente intervento correttivo, di cui al D. Lgs.156/2006, ha poi consentito il ricorso anche avverso il provvedimento conclusivo del procedimento di verifica dell’interesse culturale ex articolo 12[7].

 

Da ultimo, occorre ricordare che il Codice reca, accanto alle tre categorie generali di beni menzionate, alcune categorie speciali, costituite da cose considerate come beni culturali solo in relazione a specifiche disposizioni di tutela. Innovando rispetto al precedente Testo unico dei beni culturali, l’articolo 11 contiene un ampio elenco, che comprende, tra l’altro: affreschi, stemmi e graffiti; gli studi d’artista; le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale; opere di architettura contemporanea di particolare valore artistico[8], opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga a oltre 50 anni; i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni e le vestigia della Grande guerra[9].

Viene, altresì, ribadita l'esigenza di assicurare la catalogazione nazionale dei beni culturali, cui concorrono il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali (articolo 17). È quindi previsto che anche le regioni curino la catalogazione dei beni culturali loro appartenenti, facendo peraltro affluire i relativi dati al catalogo nazionale nelle sue distinte articolazioni[10].

 

Le disposizioni contenute nella parte terza del decreto n. 42/2004 (articoli 131-159) sono intitolate ai beni paesaggistici, di cui è definito il relativo regime giuridico. Tali beni, infatti, pur ricondotti al concetto di “patrimonio culturale”, sono oggetto di separata considerazione da parte del Codice, sotto il profilo sia della nozione, sia della disciplina normativa.

L’articolo 2 descrive i beni paesaggistici come gli immobili e le aree indicati all'articolo 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge (comma 3).

Con l’art. 134 i beni paesaggistici sono stati specificati in tre gruppi, costituiti da:

-             gli immobili e le aree considerate di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 del Codice, quali cose immobili che abbiano cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica, ovvero le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza, ecc.;

-             alcune aree specifiche tutelate per legge ed elencate nell’articolo 142 (i territori costieri e i territori contermini ai laghi, compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia; fiumi, torrenti e corsi d'acqua; i ghiacciai e i circhi glaciali; i parchi e le riserve nazionali o regionali; i vulcani; le zone di interesse archeologico, ecc.);

-             gli immobili e le aree tipizzati, individuati e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici.

Le disposizioni contenute nella parte terza hanno riprodotto, innovandole, le norme del titolo II del T.U. di cui al d. lgs. n. 490 del 1999. Le principali linee innovative sono riferibili, oltre che all’esigenza di tener conto della riforma del titolo V, alla firma – avvenuta a Firenze il 20 ottobre 2000 - della Convenzione europea del paesaggio[11] –ratificata da parte dell’Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14 - e dall’Accordo tra il Ministro per i beni e le attività culturali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sull'esercizio dei poteri in materia di paesaggio[12], concluso il 19 aprile 2001.

 

La parte quarta del Codice (articoli 160-181) disciplina le sanzioni e consta di due titoli, concernenti le sanzioni amministrative (artt. 160-168) e penali (artt. 169-181), mentre la parte quinta reca le disposizioni transitorie finali e le abrogazioni (articoli 182-185).

Disciplina sanzionatoria

Come accennato, la parte IV del Codice dei beni culturali è dedicata alle sanzioni. Al riguardo, si osserva che il silenzio della citata legge delega n. 137 del 2002 sugli aspetti sanzionatori non ha permesso un intervento del legislatore di particolare efficacia e, pertanto, la disciplina in questione è rimasta sostanzialmente quella prevista dal TU del 1999 (D.Lgs 490/1999).

Di seguito, viene data illustrazione delle sanzioni amministrative e penali prevista dal D.Lgs. 42 del 2004 riferite, rispettivamente, alla tutela dei beni culturali ed a quella del patrimonio paesaggistico[13].

 

§         Sanzioni amministrative

 

Il titolo I (articoli da 160 a 168) riguarda le sanzioni amministrative volte ad assicurare il rispetto delle prescrizioni contenute nel D.Lgs. n. 42 del 2004; il capo I riguarda, in particolare, le sanzioni a tutela dei beni culturali (artt. 160-166).

Nello specifico l'articolo 160 disciplina l'ordine di reintegrazione che il ministero impartisce al responsabile di violazioni degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dalle disposizioni del capo III del titolo I della parte seconda, nel caso che esse abbiano determinato un danno al bene culturale. Tale ordine comporta l'esecuzione, a spese del responsabile, delle opere necessarie alla reintegrazione del bene culturale danneggiato.

 

Nell'ipotesi che le opere di reintegrazione abbiano rilievo urbanistico-edilizio l'avvio del procedimento e il provvedimento finale sono comunicati dal ministero, oltre che al responsabile, anche, per quanto di competenza, alla città metropolitana o al comune interessati. Se il responsabile, malgrado l'ordine impartitogli, non si attiva, il ministero provvede all'esecuzione d'ufficio a spese dell'inadempiente obbligato. Il recupero delle somme relative avviene nelle forme previste dalla normativa in materia di riscossione coattiva delle entratepatrimoniali dello Stato.

 

Qualora il danno causato al bene culturale sia irreparabile e, dunque, la reintegrazione non sia possibile, il responsabile è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa. La determinazione di detta somma avviene a cura del ministero. Se essa non è condivisa dall'obbligato, la somma stessa è determinata da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal ministero, uno dall'obbligato e un terzo dal presidente del tribunale. Le spese relative sono anticipate dall'obbligato.

 

Il successivo articolo 161 estende, poi, l'applicazione delle misure previste dal citato articolo 160 anche nei confronti di chi cagiona un danno alle cose, aventi la qualità di beni culturali, ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini (v. art. 91 del codice), trasgredendo agli obblighi indicati all'articolo 89 e, in particolare, all'articolo 90 («Scoperte fortuite»).

 

Al riguardo, si ricorda che ai sensi del citato articolo 90 chiunque scopre fortuitamente cose immobili o mobili indicate nell'articolo 10 deve farne denuncia entro ventiquattro ore al soprintendente o al sindaco ovvero all'autorità di pubblica sicurezza e deve provvedere alla conservazione temporanea di esse, lasciandole nelle condizioni e nel luogo in cui sono state rinvenute. Ove si tratti di cose mobili delle quali non si possa altrimenti assicurare la custodia, lo scopritore ha facoltà di rimuoverle per meglio garantirne la sicurezza e la conservazione sino alla visita dell'autorità competente e, ove occorra, di chiedere l'ausilio della forza pubblica. Agli obblighi di conservazione e custodia è soggetto ogni detentore di cose scoperte fortuitamente. Le spese sostenute per la custodia e rimozione sono rimborsate dal Ministero.

 

L'articolo 162 è posto, invece, a presidio delle disposizioni dettate dall'articolo 49 del codice, che vieta, salva autorizzazione del soprintendente, il collocamento o l'affissione di cartelloni pubblicitari sugli edifici e nelle aree tutelati come beni culturali. La disposizione in esame dispone, infatti, che chiunque colloca cartelli o altri mezzi pubblicitari in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 49 è punito con le sanzioni previste dall'articolo 23 del codice della strada, approvato con D.Lgs 30 aprile 1992 n. 285 (sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 343,35 a euro 1.376,55).

 

Il successivo articolo 163 è relativo alla perdita di beni culturali esanziona la violazione degli obblighi stabiliti dalle disposizioni previste nella sezione I («Alienazione ed altri modi di trasmissione») del capo IV («Circolazione in ambito nazionale») e nella sezione I («Uscita dal territorio nazionale e ingresso nel territorio nazionale») del capo V («Circolazione in Ambito internazionale»). Esso prevede che qualora il bene culturale in questione non sia più rintracciabile o risulti uscito dal territorio nazionale, il trasgressore è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore del bene, determinato dal ministero per i beni e le attività culturali. Nell'ipotesi che il fatto sia imputabile a più persone, queste sono tenute in solido al pagamento della somma. Nel caso in cui la determinazione della somma fatta dal ministero non sia accettata dall'obbligato, la somma stessa è determinata da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal ministero, uno dall'obbligato e un terzo dal presidente del tribunale. Anche per questa commissione, le spese relative sono anticipate dall'obbligato. Secondo il comma 4, la determinazione della commissione è impugnabile in caso di errore o di manifesta iniquità.

 

In base all'articolo 164 (Violazioni in atti giuridici), che detta in tal modo una norma di natura privatistica concernente la validità dei negozi giuridici aventi ad oggetto beni culturali, le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del titolo I della parte seconda del codice, o senza l'osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte, sono nulli. Il comma 2 della stessa disposizione fa salva, poi, la facoltà del ministero per i Beni e le attività culturali di esercitare la prelazione ai sensi dell'articolo 61, comma 2, (il quale prescrive che, nel caso in cui la denuncia di trasferimento sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel termine di 180 giorni dal momento in cui il ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa).

La violazione di disposizioni sulla circolazione internazionale è, invece, punita dall’articolo 165 con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 77,50 a euro 465. La sanzione riguarda chiunque - senza potersi considerare colpevole in concorso del reato di uscita o esportazione illecita previsto e punito dall'articolo 174 del codice - trasferisce all'estero beni culturali, in violazione delle disposizioni di cui alle sezioni I e II del capo V del titolo I della  parte seconda.

 

L'articolo 166 punisce, poi, l'omessa restituzione di documenti per l'esportazione.

 

Tale norma dispone che chi, effettuata l'esportazione di un bene culturale al di fuori del territorio dell'Unione europea ai sensi del regolamento del Consiglio 9 dicembre 1992 n. 3911/92/Cee, non rende al competente ufficio di esportazione l'esemplare n. 3 del formulario previsto dal regolamento (Cee) n. 752/93, della Commissione, del 30 marzo 1993, attuativo del regolamento Cee n. 3911/92, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 103,50 a euro 620.

 

Il capo II (articoli 167 e 168) prevede le sanzioni amministrative relative alla tutela dei beni paesaggistici.

 

L'articolo 167 prende in considerazione l'ipotesi di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal titolo I della Parte terza, a tutela dei beni paesaggistici. Esso prescrive che il trasgressore è tenuto, a seconda di ciò che l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica ritenga più opportuno nell'interesse della protezione dei beni paesaggistici indicati nell'articolo 134, alla rimessione in pristino a proprie spese o al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.

 

In tale caso, la somma da pagare viene determinata previa perizia di stima. Il termine per provvedere è fissato all'interessato con l'ordine di rimessione in pristino. Se questo rimane ineseguito, l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d'ufficio, servendosi del prefetto, e rende esecutoria la nota delle relative spese. Il comma 4 dispone, infine, che le somme riscosse per effetto dell'applicazione delle sanzioni pecuniarie applicate ai sensi del comma 1 sono utilizzate per finalità di salvaguardia, interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione delle aree degradate.

 

L'articolo 168 determina, invece, le sanzioni per le violazioni in materia di affissioni di cui all'articolo 153 (cartelli pubblicitari).

 

L’art. 153 stabilisce che nell'ambito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell'articolo 134 è vietato collocare cartelli e altri mezzi pubblicitari se non previa autorizzazione dell'amministrazione competente individuata dalla regione. Lungo le strade site nell'ambito e in prossimità dei beni paesaggistici è vietato collocare cartelli o altri mezzi pubblicitari, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, previo parere favorevole dell'amministrazione competente individuata dalla regione sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela».

 

Al riguardo, il trasgressore è punito con le sanzioni previste dall'articolo 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 343,35 a euro 1.376,55).

 

§         Sanzioni penali

La parte IV del codice, come accennato, non presenta particolari novità rispetto al sistema delineato nel citato testo unico n. 490 del 1999, salvo quegli adeguamenti puramente tecnici, resi necessari dall'evoluzione normativa (ad esempio, l'adeguamento delle pene pecuniarie all'introduzione dell'euro).

 

Il titolo II della parte IV (articoli da 169 a 181) contempla le sanzioni penali in relazione ai beni culturali.

I reati previsti e sanzionati possono essere riuniti nelle seguenti categorie generali:

 

a) reati che tutelano i beni culturali;

b) reati che tutelano il patrimonio culturale nazionale;

c) reati che tutelano la genuinità dell'opera d'arte.

 

A tali disposizioni occorre aggiungere l'articolo 181 (v. ultra), in base al quale chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici (e non ambientali, come in precedenza nel testo unico del 1999), è punito con le pene previste dall'articolo 20 della legge 47/1985.

 

Nello specifico:

 

a) i reati a tutela dei beni culturali (articoli da 169 a 172) sono volti a tutelare i beni culturali elencati nel richiamato articolo 10 del codice, che contiene, al comma 1, una definizione generale di «bene culturale» («sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico») e ulteriori «elenchi» di specifici beni culturali ai commi successivi.

L'articolo 169 del codice (Opere illecite), in particolare, punisce con l'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da 775 a 38.734,50 euro:

a) chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura o esegue opere di qualunque genere sui beni di cui all'articolo 10 (si tratta di reato permanente: Cassazione penale, sezione III, 7 marzo 2002 n. 8786, nonché di reato di pericolo astratto o presunto: Cassazione penale, sezione III, 7 marzo 2000 n. 2733);

b) chiunque, senza autorizzazione, procede al distacco di affreschi, stemmi, graffiti, iscrizioni, tabernacoli e altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista, e anche se non vi sia stata la dichiarazione di interesse culturale, prevista dall'articolo 13;

c) chiunque esegue lavori di assoluta urgenza, volti a impedire danni notevoli ai beni, senza dare immediata comunicazione alla Soprintendenza ovvero senza inviare i progetti dei lavori definitivi per l'autorizzazione;

d) chiunque non osserva l'ordine di sospensione lavori impartito dal soprintendente.

 

I successivi articoli 170 e 171 prevedono, poi, sanzionano talune frme di utilizzo  del bene incompatibili con la sua natura». Nello specifico:

 

a) l'articolo 170 punisce «chiunque destina i beni culturali ad uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità». La contravvenzione è punita con l’arresto da sei mesi ad un anno e l’ammenda da 775 a 38.774,50 euro. In questa ipotesi (uso illecito), quindi, oggetto del disvalore della disposizione non è l'alterazione del bene nella sua materialità, quanto la distorsione dell'uso del bene dalla sua finalità tipica, distorsione che può (anche) comportare conseguenze pregiudizievoli sul piano della integrità materiale del bene medesimo. Occorre osservare, peraltro, come in relazione alla indeterminatezza della disposizione in esame sono stati da tempo sollevati dubbi di legittimità costituzionale per possibile violazione del principio di tassatività;

 

b) l'articolo 171 (Collocazione e rimozione illecita) punisce chiunque omette di fissare al luogo di loro destinazione, nel modo indicato dal soprintendente, beni culturali di proprietà pubblica o di persone giuridiche private non aventi fini di lucro (soggetti di cui all'articolo 10, comma 1), ovvero chi omette di dare notizia dello spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora, ovvero non osserva le prescrizioni date per evitare che i beni subiscano danno nel trasporto. Anche questa contravvenzione è punita con l’arresto da sei mesi ad un anno e l’ammenda da 775 a 38.774,50 euro. Come è dato osservare, sotto l'articolo 170 sono riunite ipotesi affatto diverse, tutte volte, tuttavia, a garantire la conservazione della cosa nel modo ottimale, senza pregiudicare la possibilità di controllo di tali condizioni da parte dell'autorità pubblica preposta.

 

Infine, l'articolo 172 (Inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta) prevede come reato (con sanzione identica a quella prevista nei precedenti articoli 170 e 171), la mancata osservanza delle prescrizioni date dal ministero, ai sensi dell'articolo 45, comma 1, in tema di tutela indiretta del bene culturale, distanze, misure e altre regole volte a evitare che sia pregiudicata l'integrità del bene, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce, ovvero ne siano alterate le condizioni di ambiente e decoro.

b) I reati di tutela del patrimonio culturale nazionale (articoli da 173 a 176) L'articolo 173 punisce con la reclusione fino a un anno e con la multa da 1.549,50 a 77.469 euro le violazioni delle disposizioni esistenti in materia di alienazione.

Nello specifico, commette il reato:

a) chiunque aliena beni culturali senza autorizzazione (ivi compresi beni ecclesiastici: Cassazione penale, sezione III, 4 febbraio 1999 n. 1463);

b) chiunque, essendovi tenuto, non presenta la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali. Secondo la giurisprudenza, tale reato ha natura permanente, in quanto, mancando un termine, la condotta omissiva si protrae fino al momento di compiuta denuncia (Cassazione penale, sezione III, 28 marzo 2002 n. 12099);

c) l'alienante di un bene culturale che consegna la cosa soggetta a prelazione, in pendenza del termine previsto per l'esercizio del relativo diritto.

 

A sua volta, l'articolo 174 punisce l'illecita uscita o esportazione (trasferimento all'estero) di beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, ovvero il mancato rientro dei beni di cui sia stata autorizzata l'uscita, alla scadenza del termine previsto. Si tratta, nel caso di specie, di delitto, punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni o con la multa da 258 a 5.165 euro.

Oltre ai beni culturali espressamente richiamati, il delitto ricorre anche nei casi in cui la condotta illecita riguardi i beni di cui all'articolo 11 del codice, lettere f) (fotografie esemplari di opere cinematografiche e simili), lettera g) (mezzi di trasporto aventi più di 75 anni), lettera h) (beni e strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica). È prevista la confisca (obbligatoria, secondo Cassazione penale, sezione III, 26 marzo 1983 n. 611), delle cose, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato. Nel caso in cui il reato sia commesso da «chi esercita attività di vendita al pubblico o di esposizione a fine di commercio di oggetti culturali, è prevista la pena accessoria dell'interdizione da una professione o da un'arte, ex articolo 30 c.p.».

 

L'articolo 175 (Violazioni in materia di ricerche archeologiche) punisce con l'arresto fino a un anno e l'ammenda da 310 a 3.099 euro:

a) chiunque esegue ricerche archeologiche ovvero opere per il ritrovamento di beni culturali senza concessione o non osserva le prescrizioni imposte;

b) ovvero ancora chi non denuncia nel termine prescritto le cose rinvenute fortuitamente ovvero non provvede alla loro custodia temporanea. Il reato di omessa denuncia ha carattere omissivo permanente (Cassazione penale, sezione III, 17 giugno 1997 n. 5732). Sempre per la Cassazione (sezione III, 5 ottobre 1994 n. 10401) devono considerarsi ritrovamenti per ricerca solo quelli su concessione espressamente finalizzata al ritrovamento di cose di interesse archeologico, mentre devono considerarsi rinvenimenti fortuiti tutti quelli che avvengono fuori di un programma di scavi archeologici.

 

Il successivo articolo 176 punisce, invece, con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 31 a 516, 50 euro, l’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato. È prevista una aggravante speciale (reclusione da uno a sei anni e multa da 103 a 1.033 euro) se il fatto è commesso da chi abbia ottenuto concessione di ricerca.

 

In relazione alla disposizione in esame la giurisprudenza ha rilevato che ai fini della sussistenza del reato, non è necessario che i beni culturali siano qualificati come tali in un provvedimento dell'autorità, essendo sufficiente che essi abbiano un interesse culturale oggettivo (Cassazione penale, sezione III, 24 dicembre 2001 n. 45814), ovvero un valore che giustifichi l'interesse collettivo alla sua protezione e conservazione (Cassazione penale, sezione III, 23 luglio 1999 n. 9470).

 

c) I reati a tutela della genuinità dell'opera d'arte (articoli 178 e 179).

L'articolo 178 prevede la pena della reclusione da tre mesi a quattro anni e la multa da 103 a 3.099 euro (con aggravante se il reato è commesso da chi esercita attività commerciale e interdizione dalla professione) per la contraffazione di opere d’arte.

 

Il reato è commesso da chiunque:

 

a) al fine di trarne profitto, contraffa, altera o riproduce un'opera di pittura, scultura o grafica, ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;

b) anche senza aver concorso nei casi precedenti, pone in commercio o detiene per il commercio, o introduce nello Stato o comunque pone in circolazione come autentiche, le cose sub a);

c) autentica le cose sub a), conoscendone la falsità;

d) ovvero, mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette, ovvero mediante altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare come autentiche le cose sub a), conoscendone la falsità.

 

Alla sentenza di condanna consegue la confisca delle cose di cui alla lett. a) e la pubblicazione della sentenza su tre quotidiani.

 

Secondo la giurisprudenza, si tratta di un reato plurioffensivo, in quanto lesivo del mercato delle opere d'arte, del patrimonio artistico e della pubblica fede (Cassazione penale, sezione III, 31 marzo 2000 n. 4084). La giurisprudenza ha, altresì, chiarito che e per la configurazione del reato in questione è necessario un particolare valore della cosa contraffatta (Cassazione penale, sezione V, 20 aprile 1983 n. 3293).

 

L'articolo 179 del codice dei beni culturaliprevede la non punibilità a titolo di contraffazione di opere d’arte allorché le copie di opere di pittura, di scultura o di grafica, ovvero copie od imitazioni di oggetti di antichità o di interesse storico od archeologico siano «dichiarate espressamente non autentiche all'atto della esposizione o della vendita», mediante annotazione sull’opera stessa o, se non possibile, mediante dichiarazione: in questi casi, la dichiarazione deve essere espressa e tale da non ingenerare dubbi (Cassazione penale, sezione III, 5 ottobre 1984 n. 8075 e 31 marzo 2001 n. 4084).

 

Per quanto concerne, poi, la tutela penale delle violazioni della disciplina sui beni paesaggistici, l’art. 181 del Codice (Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa) prevede che chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le seguenti pene previste dall'articolo 44 del TU sull’edilizia (DPR 380/2001):

 

a) ammenda fino a 20.658 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire ;

b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 10.328 a 103.290 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;

c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30.986 a 103.290 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

 

Giova, infine, ricordare che il sistema di protezione penale del patrimonio culturale, si completa con le previsioni degli artt. 733 (Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale), 635 (Danneggiamento, nell'ipotesi aggravata di cui al comma 2, n. 3, di cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate) del codice penale e dell'art. 10 della legge 7 marzo 2001 n. 78 (Tutela del patrimonio storico della prima guerra mondiale).

 

L’art. 733 c.p. punisce a titolo di contravvenzione chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio. La sanzione, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale è l'arresto fino ad un anno o l'ammenda non inferiore a 2.065 euro. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata.

 

L’art. 635 c.p. considera come circostanza aggravante il danneggiamento di cose di interesse storico o artistico ovunque ubicate è ipotesi aggravata rispetto al danneggiamento semplice (distruzione, dispersione, deterioramento di cose mobili o immobili altrui). Mentre il reato base è punito a querela della persona offesa con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro, la presenza della citata circostanza aggravante comporta attualmente la reclusione da sei mesi a tre anni e la procedibilità d'ufficio.

 

L’art. 10 della legge 7 marzo 2001, n. 78 (Tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale)prevede che chiunque esegua interventi di modifica, di restauro o di manutenzione su forti, fortificazioni permanenti e altri edifici e manufatti militari; fortificazioni campali, trincee, gallerie, camminamenti, strade e sentieri militari; cippi, monumenti, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni e tabernacoli; archivi documentali e fotografici pubblici e privati senza darne comunicazione, corredata di progetto esecutivo e di atto di assenso del titolare del bene, almeno due mesi prima dell'inizio delle opere, alla Soprintendenza competente per territorio. è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa da 2.582 a 25.822 euro.  Qualora dagli interventi indicati derivi la perdita o il danneggiamento irreparabile delle cose ovvero in caso di esecuzione di interventi di alterazione delle loro caratteristiche materiali o storiche si applica, salvo che il fatto costituisca diverso reato, la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e l'ammenda da 516 a 25.822 euro.

E’, inoltre, punito con la sanzione amministrativa da 258 a 516 euro chiunque, possedendo o rinvenendo reperti mobili o cimeli relativi al fronte terrestre della Prima guerra mondiale di notevole valore storico o documentario, ovvero possedendo collezioni o raccolte dei citati reperti o cimeli, non ne da comunicazione al sindaco del comune nel cui territorio si trovano, entro sessanta giorni dalla data del ritrovamento, indicandone la natura, la quantità e, ove nota, la provenienza.

 

 


 

 

 

Il contenuto del disegno di legge del Governo (AC 2806)

Il disegno di legge governativo in esame contiene la delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale,attualmente contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs 42/2004).

 

Al riguardo, si segnala che ai sensi dell'articolo 2 del citato Codice dei beni culturali, il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici; oltre alle categorie di beni espressamente individuate nel provvedimento (artt. 10 e 11 per i beni culturali e art. 134 per i beni paesaggistici) possano essere individuati come beni culturali o paesaggistici, con legge o in base alla legge, anche altri beni che, tuttavia, devono caratterizzarsi “quali testimonianze aventi valore di civiltà” per essere annoverati tra i beni culturali. (Per un approfondimento si rinvia al paragrafo relativo al quadro normativo)

 

Come si legge nella relativa relazione illustrativa, il provvedimento in esame si rende opportuno in considerazione della necessità di modificare l'attuale sistema sanzionatorio considerato inadeguato rispetto alla particolare tipologia di reati che nella realtà odierna minacciano il patrimonio culturale.

A tal fine il disegno di legge delega in esame si muove in una duplice direzione.

Da un lato - anche per consentire più efficaci strumenti d’indagine e l’adozione di misure coercitive - provvede ad inasprire le pene previste dalla legislazione vigente in relazione ai reati aventi ad oggetto beni culturali, procedendo alla trasformazione da contravvenzione a delitti degli illeciti che suscitano particolare allarme sociale e alla individuazione di nuove fattispecie; dall'altro lato, afferma la citata relazione al d.d.l., sono declassate "al rango di contravvenzioni le fattispecie di minore impatto".

 


 

Art. 1.
(Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro i beni culturali).

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di beni culturali, anche attraverso la modifica del capo I del titolo I e del capo I del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, di seguito denominato «decreto legislativo n. 42 del 2004».

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) prevedere tra le circostanze aggravanti del reato di danneggiamento di cui all'articolo 635 del codice penale il fatto che esso abbia ad oggetto un bene culturale, con aumento della pena della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a quattro anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 50.000 euro; prevedere una fattispecie di reato di danneggiamento colposo, con riduzione della pena; parificare, quanto alla tipologia del reato previsto dall'articolo 169, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 42 del 2004, l'intervento eseguito in difformità dall'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente a quello eseguito senza l'autorizzazione medesima;

 

b) prevedere tra le circostanze aggravanti del delitto di furto, di cui all'articolo 625 del codice penale, e del delitto di furto in abitazione, di cui all'articolo 624-bis del medesimo codice, il fatto che esso abbia ad oggetto beni culturali o cose ritrovati a seguito delle condotte contemplate alla lettera c); prevedere altresì l'aumento di pena, in misura tale, comunque, che essa non risulti superiore, nel massimo, a sei anni, quanto alla pena detentiva, e a 30.000 euro, quanto alla pena pecuniaria, sia per l'ipotesi che il furto segua ai fatti puniti ai sensi della lettera c), sia per l'ipotesi che il furto avvenga nell'ambito di attività svolta in base a una concessione di ricerca rilasciata ai sensi dell'articolo 89 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

c) trasformare in delitto la contravvenzione di cui all'articolo 175, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 42 del 2004, stabilendo le pene della reclusione, fino ad un massimo di tre anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 20.000 euro, per il fatto della ricerca archeologica o dell'esecuzione di opere finalizzate al ritrovamento di beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, in mancanza della prescritta concessione ovvero in difformità da essa; prevedere l'aumento di pena per l'ipotesi del fatto commesso con l'uso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, in misura tale che essa risulti non superiore, nel massimo, a quattro anni, quanto alla pena detentiva, e a 30.000 euro, quanto alla pena pecuniaria; stabilire, altresì, che è sempre ordinata la confisca dei medesimi strumenti o apparecchiature;

 

d) prevedere una figura speciale del delitto di ricettazione, di cui all'articolo 648 del codice penale, avente ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, provenienti dai reati di cui alla lettera b), includendo tra le condotte punibili l'illecita detenzione, a qualunque titolo, dei beni culturali o delle cose medesimi, quando il detentore ne conosca la provenienza; stabilire le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a otto anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 20.000 euro; prevedere l'applicabilità di dette sanzioni anche nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo;

e) confermare i delitti di alienazione illecita di beni culturali, di cui all'articolo 173, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 42 del 2004, aumentando la misura della pena detentiva, in modo che non superi, nel massimo, i due anni di reclusione, e della pena pecuniaria, in modo che non sia superiore, nel massimo, a 90.000 euro;

 

f) confermare i delitti di uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale, di cui all'articolo 174, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 42 del 2004, in relazione ad oggetti il cui valore sia pari o superiore alle soglie di cui alla lettera B dell'allegato A annesso al medesimo decreto legislativo, aumentando la misura della pena detentiva, in modo che non superi, nel massimo, i sette anni di reclusione, e della multa, in modo che non sia superiore, nel massimo, a 100.000 euro; punire allo stesso modo il fatto di chi detiene all'estero il bene culturale illecitamente uscito o ne impedisce il rientro; stabilire che è ordinata la confisca delle cose illecitamente detenute, se non siano nella proprietà di persona estranea al reato, oltre che in caso di condanna, anche nel caso in cui l'autore del delitto non sia imputabile o punibile oppure manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto ovvero il delitto medesimo sia estinto;

 

g) confermare i delitti relativi alla falsificazione, di cui all'articolo 178, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, riformulando le disposizioni in modo da differenziare i fatti che abbiano ad oggetto beni culturali da quelli aventi ad oggetto opere infracinquantennali o di autore vivente e stabilendo sanzioni in misura non superiore, nel massimo, a sei anni, quanto alla pena detentiva, e a 10.000 euro, quanto alla pena pecuniaria; punire allo stesso modo la ricettazione delle cose false; stabilire che, in caso di condanna, sono ordinate la confisca delle cose illecitamente detenute, se non siano nella proprietà di persona estranea al reato, e la loro distruzione, a meno che l'autorità competente non dichiari di volerle prendere in custodia, o comunque la loro sottrazione alla circolazione; confermare la disposizione di cui all'articolo 179 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che esclude la punibilità per i suddetti reati, qualora il bene culturale o l'opera contemporanea rechi annotazione di non autenticità ovvero, se ciò non è possibile per la natura o per le dimensioni della cosa, sia accompagnato da analoga dichiarazione, da parte del responsabile del fatto;

h) prevedere una figura speciale del delitto di riciclaggio, di cui all'articolo 648-bis del codice penale, avente ad oggetto operazioni compiute in relazione a beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, provenienti dai reati di cui alla lettera b), a cose false ovvero a denaro, beni materiali o altre utilità provenienti dai delitti di ricettazione e di falsificazione di cui alle lettere d) e g), stabilendo le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a dodici anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 30.000 euro; prevedere l'applicabilità di dette sanzioni anche nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo;

 

i) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere da b) a h), l'aumento della sanzione da un terzo a due terzi se il fatto cagioni un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale ovvero sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale;

 

l) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere da a) a h), l'applicabilità delle sanzioni accessorie della interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali, previste, rispettivamente, dagli articoli 28 e 30 del codice penale, anche al di fuori dei limiti temporali ivi indicati e graduando la durata della sanzione accessoria in relazione alla gravità dell'illecito;

 

m) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere da a) a h), che la sospensione condizionale della pena sia subordinata all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 165, primo comma, del codice penale, qualora ricorrano determinati presupposti, riferiti alla capacità economica, all'ufficio pubblico o all'attività professionale o imprenditoriale del reo, da individuare tassativamente, secondo le modalità e nei tempi indicati dal giudice nella sentenza di condanna;

 

n) estendere la disposizione premiale di cui all'articolo 177 del decreto legislativo n. 42 del 2004 a tutte le fattispecie delittuose aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del medesimo decreto legislativo, ad eccezione di quella indicata alla lettera a); prevederne l'applicabilità nell'ipotesi in cui il danno arrecato al patrimonio culturale nazionale sia di speciale tenuità;

 

o) escludere la punibilità degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria appartenenti a reparti specializzati, definiti sulla base delle direttive del Ministro dell'interno, nella repressione dei delitti aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, per le attività di indagine eseguite sotto copertura, con le modalità e gli effetti previsti dagli articoli 97 e 98 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

 

p) prevedere lo svolgimento delle attività di contrasto previste dal comma 2 dell'articolo 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269, da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti a reparti specializzati che abbiano in gestione la banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti di cui all'articolo 65 del decreto legislativo n. 42 del 2004, qualora i delitti siano commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o di mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico, con riferimento ai reati aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati all'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

 

q) prevedere l'applicabilità delle disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, in materia di indagini e misure di prevenzione di carattere patrimoniale, nonché delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 10-sexies della medesima legge, e successive modificazioni, ai soggetti indicati dall'articolo 1, numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, quando l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi abbia ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

 

r) prevedere che i beni mobili e immobili e le somme di danaro, confiscati a seguito di condanna per uno dei delitti aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, vengano assegnati, a richiesta, al Ministero per i beni e le attività culturali e che il materiale e i beni sequestrati siano affidati in custodia giudiziale, con facoltà d'uso, agli organi di polizia giudiziaria che ne facciano richiesta, per l'impiego nelle attività di repressione dei delitti di cui al presente comma;

 

s) confermare la contravvenzione di cui all'articolo 170 del decreto legislativo n. 42 del 2004, aumentando la misura della sanzione in modo che non risulti superiore, nel massimo, a due anni, quanto alla pena detentiva, e a 50.000 euro, quanto alla pena pecuniaria;

 

t) trasformare in contravvenzione i delitti di uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale, di cui all'articolo 174, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 42 del 2004, quando abbiano ad oggetto beni il cui valore sia inferiore alle soglie di cui alla lettera B dell'allegato A annesso al medesimo decreto legislativo;

 

u) differenziare tra le figure contravvenzionali di cui all'articolo 175, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 42 del 2004, la detenzione, a qualsiasi titolo, di reperti archeologici o di beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del medesimo decreto legislativo n. 42 del 2004, senza averne fatto denuncia ai sensi dell'articolo 90 dello stesso decreto legislativo, prevedendo per tale fattispecie le sanzioni dell'arresto in misura non superiore, nel massimo, a due anni, e dell'ammenda in misura non superiore, nel massimo, a 10.000 euro; stabilire che, in caso di condanna per la medesima contravvenzione, è ordinata, ove occorra, la confisca delle cose illecitamente detenute;

 

v) prevedere una figura di contravvenzione per il fatto di chi, trovandosi in area archeologica, venga colto in possesso degli strumenti o apparecchiature indicati alla lettera c) di cui non giustifichi l'attuale destinazione, stabilendo la pena dell'arresto fino ad un massimo di due anni e stabilendo, altresì, che è sempre ordinata la confisca dei medesimi strumenti o apparecchiature.

 

3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 indica esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate, fatta comunque salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

 

4. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si esprimono entro sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.

 

5. Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3 e osservando le procedure di cui al comma 4, entro diciotto mesi dalla data della sua entrata in vigore.


 

 

L'articolo 1 fissa i princìpi e i criteri direttivi che dovranno essere osservati dal Governo in sede di attuazione della delega per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di beni culturali.

 

Tali criteri sono riferiti alle singole fattispecie di reato.

Il primo principio indicato riguarda l’ipotesi di danneggiamento di beni culturali,la cui fattispecie - oltre che maggiormente sanzionata - risulta ampliata e maggiormente aderente al contenuto del Codice dei beni culturali (D.Lgs 42/2004).

In particolare, con riferimento al delitto di danneggiamento previsto dall'articolo 635 del codice penale (v. ante, quadro normativo) ai sensi della lettera a) dell'articolo 1 il Governo dovrà:

 

1)      prevedere tra le circostanze aggravanti il fatto che il danneggiamento abbia ad oggetto beni culturali (come individuati dagli artt. 10 e 11 del Codice, v. ante), con aumento, in questo caso, della pena della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a quattro anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 50.000 euro; rispetto a quanto attualmente previsto, gli atti vandalici su beni cultuali è, in particolare, introdotta l'obbligatorietà anche della pena pecuniaria in caso di;

2)      prevedere una forma colposa del delitto di danneggiamento da sanzionare con una pena inferiore a quella prevista dall'attuale art. 635 c.p.;

3)      parificare, quanto alla tipologia di reato, l'intervento eseguito in difformità dall'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente a quello eseguito senza l'autorizzazione medesima, comportamento, questo sanzionato in via contravvenzionale dall'attuale articolo 169 del codice dei beni culturali (v. ante, quadro normativo) con l’arresto da sei mesi ad un anno e l’ammenda da 775 a 38.734,50 euro).

 

 

Con riferimento poi al delitto di furto (art. 624 c.p.), di furto in abitazione e con strappo (art. 624-bis c.p.), ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, il Governo dovrà, altresì prevedere tra le circostanze aggravanti dell’art. 625 c.p., il cd. furto d’arte ovvero il fatto che il delitto abbia ad oggetto beni culturali o cose ritrovate a seguito di ricerca archeologica o nel corso dell'esecuzione di opere finalizzate al ritrovamento di beni culturali.

 

Ai sensi dell’art. 625 c.p. il delitto di furto è aggravato (pena della reclusione da uno a sei anni e multa da 103 a 1.032 euro): se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento; se il colpevole porta indosso armi o narcotici, senza farne uso; se il fatto è commesso con destrezza; se il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d'incaricato di un pubblico servizio; se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande; se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza; se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.

Il concorso di due o più delle circostanze aggravanti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra le aggravanti comuni indicate nell'articolo 61 c.p., comporta la pena della reclusione da tre a dieci anni e della multa da 206 a 1.549 euro.

Identiche pene sono stabilite dall’art. 624-bis, ultimo comma, per la sussistenza delle citate circostanze aggravanti nelle ipotesi di furto in abitazione e con strappo.

 

Il Governo, dovrà, inoltre, prevedere, un aumento di pena per la ricerca archeologica abusiva, ovvero nel  caso in cui il furto consegua alla violazione di disposizioni in materia di ricerche archeologiche, fattispecie questa attualmente sanzionata dall'articolo 175 del codice dei beni culturali come contravvenzione (v. ante, e di cui la successiva lettera c), dell'articolo 1 prevede la trasformazione in delitto. La maggior pena stabilita è quella della reclusione fino a tre anni e quella dellla multa fino a 20.000 euro. Un ulteriore aumento di pena è, inoltre, da prevedere quando la violazione avvenga con l’ausilio di metal detector ed altri strumenti per il sondaggio del terreno (di cui è sempre ordinata la confisca) atti al ritrovamento di reperti.

 

Ai sensi della successiva lettera d) il Governo, dovrà, invece, prevedere una figura speciale del delitto di ricettazione, avente ad oggetto i beni culturali (come definiti dall’art. 10 del “Codice”) provenienti da reato "includendo tra le condotte punibili l'illecita detenzione, a qualunque titolo, dei beni culturali nel caso in cui il detentore ne conosca la provenienza".

In tal modo, il termine di prescrizione del reato è sospeso per tutto il tempo in cui il bene è illecitamente detenuto.

 

In relazione alla formulazione della disposizione in esame si segnala che andrebbe chiarito se la detenzione illegale e consapevole di beni culturali costituisca una nuova autonoma fattispecie di reato, ovvero una fattispecie rilevante in quanto collegata con il delitto di ricettazione.

 

L’art. 648 c.p. (Ricettazione) punisce con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da 516 a 10.329 euro chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare. La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a 516 euro se il fatto è di particolare tenuità.

 

Il medesimo criterio direttivo, prevede, altresì, che il relazione alla nuova fattispecie penale, il legislatore delegato  disponga l'applicabilità delle sanzioni anche nel caso in cui l’autore del reato dal quale proviene il bene non sia imputabile o punibile, ovvero qualora manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo.

 

Ai sensi della successiva lettere e) ed f), Il Governo, dovrà, poi, aumentare la misura della pena detentiva, attualmente prevista in relazione al delitti di alienazione illecita di beni culturali e di uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale, rispettivamente contemplati dagli articoli 173 e 174 del citato codice dei beni culturali (per i quali, v. ante, quadro normativo).

 

Le nuove sanzioni non dovranno, comunque, essere superiori:

-          a due anni di reclusione e 90.000 euro di multa per la vendita illecita dei beni;

-          a sette anni di reclusione e 100.000 euro per l’uscita illecita di beni dal territorio nazionale.

 

Inoltre, le pene per il delitto di cui all’art. 174 sono estese a chi detiene illecitamente il bene all'estero e a chi ne impedisce il rientro.

 

La lettera g) prevede la riformulazione dei delitti relativi alla falsificazione, di cui all'articolo 178 del codice dei beni culturali (Contraffazione di opere d’arte) (v. ante, quadro normativo) novellando le disposizioni in modo da differenziare i fatti che abbiano ad oggetto beni culturali da quelli aventi ad oggetto opere infracinquantennali o di autore vivente.

 

Le sanzioni massime da stabilire consistono nella reclusione non superiore a sei anni e nella multa fino a 10.000 euro (quelle attuali sono la reclusione da tre mesi a quattro anni e la multa da 103 a 3.099 euro).

Confermando l’applicazione dell’art. 179 del “Codice” (v. ante, quadro normativo), è prevista la non punibilità a titolo di falsificazione qualora il bene o l’opera rechi l’annotazione di non autenticità.

 

La successiva lettera h)contempla, poi, la delega al Governo per l’istituzione di una nuova fattispecie del delitto di riciclaggio di cui all'articolo 648-bis del codice penale, al fine di ricomprendervi le operazioni compiute in relazione a beni culturali o alle cose indicate nel già citato articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, quando provenienti da reato. E’, infatti, noto come il “denaro sporco” venga da tempo reimpiegato anche attraverso l’acquisto di opere d’arte.

 

Il delitto di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) è commesso da chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa; la pena prevista è la reclusione da quattro a dodici anni e la multa da euro 1.032 a euro 15.493.

 

Le pene, detentive e pecuniarie, saranno rispettivamente, la reclusione non superiore a dodici anni e la multa fino ad un massimo di 30.000 euro. Anche per il riciclaggio in relazione a beni culturali, come per la ricettazione di cui alla lett. d), è prevista la sanzionabilità indipendentemente dalla punibilità dell’autore del delitto dal quale il bene proviene  e dalla presenza di condizioni di procedibilità.

 

In relazione ai delitti indicati nelle precedenti lettere da b) ad h), ai sensi della successiva lettera i), il Governo, dovrà prevedere l'aumento delle relative sanzioni da un terzo a due terzi se il fatto cagioni un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale, ovvero nel caso in cui il fatto sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

 

Ai sensi della successiva lettera l) - in relazione alle medesime fattispecie illecite, comprensive del reato di danneggiamento di beni culturali di cui alla lett. a) - dovrà essere, altresì, prevista l'applicabilità delle sanzioni accessorie della interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali, previste, rispettivamente, dagli articoli 28 e 30 del codice penale, "anche al di fuori dei limiti temporali ivi indicati e graduando la durata della sanzione accessoria in relazione alla gravità dell'illecito".

 

La successiva lettera m)prevede, poi, che in relazione a tutte le ipotesi di reato sopra contemplate, il riconoscimento della sospensione condizionale della pena sia subordinato all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 165, primo comma, del codice penale, qualora ricorrano determinati presupposti, riferiti alla capacità economica, all'ufficio pubblico o all'attività professionale o imprenditoriale del reo, da individuare tassativamente, secondo le modalità e nei tempi indicati dal giudice nella sentenza di condanna.

 

A questo proposito, si ricorda, che il primo comma dell'articolo 165 c. p. stabilisce il principio in base al quale la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

 

La successiva lettera n)prevede l’estensione del beneficio previsto dall’art. 177 del Codice dei beni culturali (riduzione della pena da uno a due terzi) ai reati contemplati dalle precedenti lettere (escluso il danneggiamento di cui alla lett. a) solamente se il danno arrecato al patrimonio culturale nazionale sia di speciale tenuità.

 

Il citato art. 177 stabilisce, per l’uscita o l’esportazione illecite e per l’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, una riduzione della pena da uno a due terzi qualora il colpevole fornisca una collaborazione decisiva o comunque di notevole rilevanza per il recupero dei beni illecitamente sottratti o trasferiti all'estero.

 

Le successive lettere da o) ad r) dell'articolo 1 del disegno di legge in esame recano, poi, disposizioni più generali riguardanti la tutela dei beni culturali ed il rafforzamento dei poteri d’indagine.

In particolare il Governo:

 

1)      per le attività di indagine eseguite sotto copertura, con le modalità e gli effetti previsti dagli articoli 97 e 98 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope (DPR 309/1990), dovrà escludere la punibilità degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria appartenenti a reparti specializzati nella repressione dei delitti aventi ad oggetto beni culturali (lettera o);

 

Il riferimento ai citati art. 97 e 98 del DPR 309/1990 comporta che detti agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti in danno di beni culturali ed in esecuzione di specifiche operazioni, anche per interposta persona, possono acquistare, ricevere, sostituire od occultare beni culturali o compiono attività prodromiche e strumentali. Per le stesse indagini, gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria possono utilizzare documenti, identità o indicazioni di copertura, attivare “siti-civetta” sulla rete Internet, informandone il pubblico ministero al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive all'inizio delle attività. Per le stesse finalità d’indagine, l'autorità giudiziaria può, con decreto motivato, ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata l'esecuzione di provvedimenti di cattura, arresto o sequestro quando sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili dei delitti che abbiano ad oggetto beni culturali.

 

2)      in relazione ai reati riguardanti il patrimonio culturale, dovrà prevedere che, qualora tali delitti siano commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o di mezzi di comunicazione telematica, ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico, lo svolgimento delle attività di contrasto sia svolto da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti a reparti specializzati che abbiano in gestione la banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti (lettera p);

 

3)      dovrà prevedere l'applicabilità delle disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), in materia di indagini e misure di prevenzione di carattere patrimoniale, quando l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi abbia ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (lettera q);

 

4)      dovrà prevedere che i beni mobili e immobili e le somme di danaro, confiscati a seguito di condanna per uno dei delitti aventi ad oggetto beni culturali o cose indicate nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, vengano assegnati, a richiesta, al Ministero per i beni e le attività culturali e che il materiale e i beni sequestrati siano affidati in custodia giudiziale, con facoltà d'uso, agli organi di polizia giudiziaria che ne facciano richiesta, per l'impiego nelle attività di repressione dei delitti di cui al presente comma (lettera r));

La custodia delle cose sequestrate (art. 259 c.p.p.) è di competenza della cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario. Quando ciò non è possibile o non è opportuno, l'autorità giudiziaria dispone che la custodia avvenga in luogo diverso, determinandone il modo e nominando un altro custode idoneo.

 

Ai sensi delle successive lettere da s) a v) dell'articolo 1, il Governo, dovrà, da ultimo:

 

1)      aumentare la sanzione prevista dalla contravvenzione di cui all'articolo 170 del codice dei beni culturali ed in base alla quale è attualmente punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da euro 775 a euro 38.734,50 chiunque destina i beni culturali indicati nell'articolo 10 ad uso incompatibile con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità (lettera s);

 

2)      trasformare in contravvenzione i delitti di uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale e il loro mancato rientro (alla scadenza del termine pregisto), di cui all'articolo 174, commi 1 e 2, del Codice dei beni culturali (v. ante, quadro normativo) quando abbiano ad oggetto beni il cui valore superi le soglie stabilite, con riferimento alle singole tipologie di bene, dall'allegato A annesso al codice (lettera t);

 

3)      in relazione al reato di cui all'articolo 175 del codice dei beni culturali, concernente le violazioni in materia di ricerche archeologiche (v. ante quadro normativo), differenziare tra le figure contravvenzionali di cui alla lettera b) di tale articolo la detenzione, a qualsiasi titolo, di reperti archeologici o di beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del medesimo codice dei beni culturali, senza averne fatto denuncia ai sensi dell'articolo 90 dello stesso decreto legislativo, prevedendo per tale fattispecie le sanzioni dell'arresto in misura non superiore, nel massimo, a due anni, e dell'ammenda in misura non superiore, nel massimo, a 10.000 euro e stabilendo, altresì, che in caso di condanna per la medesima contravvenzione, è ordinata, ove occorra, la confisca delle cose illecitamente detenute (lettera u);

4)      prevedere una apposita contravvenzione per il fatto di chi, trovandosi in area archeologica, venga colto in possesso di metal detector e analoghi strumenti di sondaggio del terreno di cui non giustifichi l'attuale destinazione, prevedendo la pena dell'arresto fino ad un massimo di due anni e stabilendo, altresì, la confisca obbligatoria dei medesimi strumenti o apparecchiature (lettera v);

 

Da ultimo, i commi 3, 4 e 5 dispongono in merito all'indicazione esplicita delle norme sostituite o abrogate dal decreto legislativo delegato, all'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari e alla possibilità di adottare disposizioni correttive e integrative entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

 


Art. 2.
(Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro i beni paesaggistici).

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di beni paesaggistici, attraverso la modifica del capo II del titolo II della parte quarta del decreto legislativo n. 42 del 2004 e con l'abrogazione delle corrispondenti disposizioni del medesimo decreto legislativo e del codice penale.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) trasformare la fattispecie contravvenzionale di cui all'articolo 734 del codice penale nel delitto di danneggiamento di bene paesaggistico, stabilendo le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a quattro anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 50.000 euro; prevedere una fattispecie di reato di danneggiamento colposo, con riduzione della pena;

 

b) riformulare, trasformandola in delitto, la fattispecie contravvenzionale di cui all'articolo 181, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, concernente i lavori di qualsiasi genere eseguiti su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione dell'autorità competente o in difformità da essa, prevedendo sanzioni analoghe a quelle stabilite per il delitto di cui alla lettera a) ed estendendone l'applicabilità ai casi di inosservanza del divieto di esecuzione o dell'ordine di sospensione dei lavori, impartiti a norma dell'articolo 150 del decreto legislativo n. 42 del 2004; rivedere il sistema delle aggravanti previste al comma 1-bis del medesimo articolo 181, disciplinando i casi in cui i lavori illeciti ricadano in parchi archeologici o aree di interesse archeologico ovvero abbiano comportato la realizzazione di nuove volumetrie o aumenti della volumetria originaria superiori a una misura da determinare specificamente; confermare l'esimente di cui al comma 1-ter del medesimo articolo 181; confermare che con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato e prevedere la confisca di quanto sequestrato;

 

c) prevedere il delitto di frode in materia paesaggistica, costituito dal fatto di chi, al fine di commettere i delitti di cui alle lettere a) e b), ovvero di conseguirne l'impunità, falsifica, anche solo parzialmente, materialmente o nel contenuto, la prescritta documentazione ovvero fa uso di documentazione falsa, stabilendo le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a sei anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 10.000 euro;

 

d) prevedere che il sequestro effettuato ai sensi degli articoli 253 e 354 del codice di procedura penale si estenda alle cose mobili e immobili utilizzate per la commissione dei reati di cui alle lettere a) e b);

 

e) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere a) e b), l'applicabilità delle sanzioni accessorie dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali, previste, rispettivamente, dagli articoli 289 e 290 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti temporali ivi indicati e graduando la durata della sanzione accessoria in relazione alla gravità dell'illecito;

 

f) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere a) e b), che la sospensione condizionale della pena sia subordinata all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 165, primo comma, del codice penale, qualora ricorrano determinati presupposti, riferiti alla capacità economica, all'ufficio pubblico o all'attività professionale o imprenditoriale del reo, da individuare tassativamente, secondo le modalità e nei tempi indicati dal giudice nella sentenza di condanna;

g) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere a) e b), una figura speciale di ravvedimento operoso, stabilendo una riduzione delle pene previste, nella misura da uno a due terzi, nell'ipotesi in cui il colpevole si adoperi per evitare che l'attività criminosa produca maggiori effetti lesivi del paesaggio o per eliminare o limitare gli effetti già prodotti; estendere anche al delitto di cui alla lettera a) la causa di estinzione di cui all'articolo 181, comma 1-quinquies, del decreto legislativo n. 42 del 2004.

 

3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 indica esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate, fatta comunque salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

4. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si esprimono entro sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.

5. Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3 e osservando le procedure di cui al comma 4, entro diciotto mesi dalla data della sua entrata in vigore.

 


 

 

Il successivo articolo 2 del disegno di legge in esame reca la delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati paesaggistici, anche in tal caso intervenendo con modifiche sul Codice dei beni culturali.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 131 del Codice dei beni culturali ha introdotto la definizione di paesaggio (mutuandola dall’art. 1 della Convenzione europea del paesaggio), inteso, alla luce delle modifiche recate dal decreto legislativo n. 157 del 2006, come “parti di territorio i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni”.

Si evidenzia, altresì, che la Corte Costituzionale in alcune sentenze (n. 239 del 1982 e n. 94 del 1985) ha in generale affermato che il “paesaggio costituisce un valore estetico-culturale cui la Costituzione ha conferito straordinario rilievo, collocando la norma che fa carico alla Repubblica di tutelarlo fra i principi fondamentali dell'ordinamento”, sottolineando che questa tutela “presuppone, normalmente, la comparazione ed il bilanciamento di interessi diversi”.

 

Nello specifico, le lettere a) e b) prevedono la trasformazione in delitti, rispettivamente, delle fattispecie contravvenzionali di cui all'articolo 734 del codice penale (da trasformare in danneggiamento di bene paesaggistico) e all'articolo 181 del codice dei beni culturali (v. ante, quadro normativo), riguardanti, rispettivamente, la distruzione o deturpamento di bellezze naturali e le opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa .

In particolare, sono previste sanzioni anche detentive per il danneggiamento di bene paesaggistico, attualmente punito con la sola ammenda.

 

L’art. 734 c.p. (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali) punisce con l'ammenda da 1.032 a 6.197 euro chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità.

 

E’, inoltre, parificato al reato di esecuzione dei lavori senza autorizzazione paesaggistica quello di esecuzione in difformità dalle prescrizioni, estendendo il medesimo reato alla fattispecie di inosservanza del divieto di esecuzione e dell’ordine di sospensione.

 

La lettera c) prevede, poi, la nuova figura criminosa della «frode in materia paesaggistica» riguardante chiunque, al fine di commettere i delitti di cui alle precedenti lettere a) e b) dell'articolo 2 in esame, ovvero al fine di conseguirne l'impunità, falsifica, anche solo parzialmente, materialmente o nel contenuto, la prescritta documentazione, ovvero fa uso di documentazione falsa. Il nuovo delitto va punito con la reclusione fino a sei anni congiuntamente con la multa fino a 10.000 euro.

 

Alla lettera d) viene, invece, stabilito che il sequestro effettuato ai sensi degli articoli 253 e 354 del codice di procedura penale si estenda alle cose mobili e immobili utilizzate per la commissione dei reati di cui alle lettera a) e b) (cantieri, mezzi meccanici, apparecchiature, ecc.).

 

Ai sensi dell’art. 253 c.p.p., l'autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l'accertamento dei fatti. Sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. Al sequestro (di cui è consegnata copia all’interessato, se presente) procede personalmente l'autorità giudiziaria ovvero un ufficiale di polizia giudiziaria delegato con lo stesso decreto. L’art. 354 c.p.p. prevede, quando vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi pertinenti al reato si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi, sequestrando – se del caso - il corpo del reato e le cose a questo pertinenti.

 

Le lettere da e) a f)riproducono le indicazioni già contenute all'articolo 1 del disegno di legge delega in esame in ordine alle sanzioni accessorie dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali (anche fuori dai previsti limiti temporali) e all'applicabilità del beneficio della sospensione condizionale della pena (cfr. art. 1, lett. l) e m)

La successiva lettera g) prevede, invece, una speciale disciplina premiale per gli autori degli illeciti in materia paesaggistica. Anzitutto, una particolare forma di "ravvedimento operoso" che, in relazione ai reati di danneggiamento di bene paesaggistico (nuovo art. 734 c.p.) e di lavori illeciti su beni paesaggistici (nuovo art. 181, comma 1, D.Lgs 42/2004), comporta una riduzione delle pene previste, nella misura da uno a due terzi, qualora il colpevole si adoperi per evitare che l'attività criminosa produca maggiori effetti lesivi del paesaggio o per eliminare o e alle misure premiali. Inoltre, la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici, da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il delitto di danneggiamento di bene paesaggistico di cui all’art. 734 c.p..

 

Da ultimo, analogamente a quanto previsto dal precedente articolo 2, i commi 3, 4 e 5 dell'articolo in esame dispongono in merito all'indicazione esplicita delle norme sostituite o abrogate dal decreto legislativo delegato, all'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari e alla possibilità di adottare disposizioni correttive e integrative entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

 


Art. 3.
(Personale).

 

 


1. Al fine di incrementare la fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura anche attraverso l'estensione degli orari di apertura, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato a bandire concorsi e a procedere all'assunzione straordinaria di quattrocento assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico, di posizione economica B3, in deroga al divieto di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

2. Al fine di rafforzare le strutture tecnico-amministrative preposte alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici, archeologici e storico-artistici, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato a bandire concorsi e a procedere all'assunzione straordinaria di complessive cento unità di personale di posizione economica C1, scelte tra architetti, archeologi, storici dell'arte e amministrativi, in deroga al divieto di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

3. La definizione della pianta organica del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, tiene conto delle assunzioni di cui al presente articolo nei limiti della dotazione organica risultante dalla riorganizzazione operata ai sensi del medesimo comma 404 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.

4. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a euro 14.621.242,10 annui, si provvede, a decorrere dall'anno 2008, mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 1142, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, allo scopo intendendosi corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui al medesimo comma.


 

 

L’articolo 3, come evidenziato nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, prevede “un piano di assunzioni straordinarie finalizzate all’incremento della fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura nonché al reperimento di personale specializzato destinato al rafforzamento della tutela dei beni culturali”.

 

In relazione a ciò, l’articolo in esame autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali a bandire concorsi e ad effettuare assunzioni straordinarie, in deroga al divieto di cui all’articolo 1, comma 95, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005):

§      di 400 assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico, di posizione economica B3, al fine di incrementare la fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura, anche attraverso l’estensione degli orari di apertura (comma 1);

§      di complessive 100 unità di personale, di posizione economica C1, scelte tra architetti, archeologi, storici dell’arte e amministrativi, al fine di rafforzare le strutture tecnico-amministrative preposte alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici, archeologici e storico-artistici (comma 2).

 

I commi 95-97 dell’art. 1della legge finanziaria 2005 (L. 311 del 2004) recano disposizioni in materia di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato (c.d. “blocco del turn over”) per le amministrazioni dello Stato ed altre amministrazioni pubbliche[14].

In particolare, la disposizione del comma 95 prevede il divieto di assumere personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 presso i seguenti enti:

§         amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

§         agenzie;

§         enti pubblici non economici;

§         enti di ricerca;

§         enti indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001[15].

Sono peraltro fatte salve alcune deroghe ed eccezioni, tra cui quelle relative alle categorie protette nonché ad una serie di assunzioni previste da previgenti disposizioni ed espressamente autorizzate.

Il comma 96 del medesimo articolo unico della legge n. 311/2004 invece reca una deroga di carattere generale al divieto di procedere ad assunzioni: le amministrazioni per le quali è previsto il “blocco del turn-over” – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di serviziodi particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime.

A tal fine viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia. Lo stanziamento del Fondo è stato determinato in 40 milioni di euro per l’anno 2005, 160 milioni per il 2006, 280 milioni per il 2007 e 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Il comma 97 del medesimo articolo unico della legge n. 311/2004, modificato dal comma 540 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), indica le priorità da osservare per le assunzioni “in deroga” autorizzate dal precedente comma 96.

Con il successivo comma 104, novellando il secondo periodo del comma 4 dell’articolo 35 del D.Lgs. 165 del 2001, è stata dettata, inoltre, una nuova disciplina per l’avvio delle procedure concorsuali da parte delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, prevedendo che per tali amministrazioni l’avvio delle procedure concorsuali sia subordinato all’emanazione di un apposito DPCM[16].

I successivi commi 117-120 hanno comunque autorizzato alcune Amministrazioni ed enti pubblici alla prosecuzione, fino al 31 dicembre 2005, dei rapporti di lavoro a tempo determinato con il personale assunto in base a specifiche disposizioni. In particolare, il primo periodo del comma 117 ha autorizza la prosecuzione dei contratti stipulati, tra gli altri, dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Successivamente, l’articolo 4, comma 2, del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43[17], in relazione alle attività concernenti la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale, ha disposto la proroga, comunque nel rispetto di un determinato limite massimo di spesa, delle convenzioni per lavori socialmente utili stipulate dal Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi di specifiche norme.

Con l’articolo 1, comma 596, della legge finanziaria per il 2006 (L. 266 del 2005), per l’anno 2006 è stata disposta la trasformazione in contratti di lavoro a tempo determinato, nel limite massimo di 95 unità, dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati nell’anno 2005 dal Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81[18].

Si ricorda, infine, che la legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) all’articolo 1, comma 519, ha introdotto, con riferimento alle amministrazioni pubbliche sottoposte al divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato di cui all’articolo 1, comma 95 della richiamata L. 311 del 2004, una disciplina relativa alla stabilizzazione del personale a tempo determinato in possesso di determinati requisiti.

Il successivo comma 521 ha inoltre stabilito che le modalità di assunzione, per la stabilizzazione del personale, di cui al precedente comma 519 debbano applicarsi anche nei confronti del personale di cui all’articolo 1, commi da 237 a 242 della legge finanziaria per il 2006 (L. 266 del 2005): si tratta di personale legato ad alcune pubbliche amministrazioni da rapporti a tempo determinato prorogati nel corso degli anni, purché in possesso dei requisiti di cui al citato comma 519. Tra le amministrazioni interessate, rientra anche il Ministero dei beni e attività culturali.

 

Ai sensi del comma 3, la definizione della pianta organica del Ministero per i beni e le attività culturali in attuazione dell’articolo 1, comma 404, della L. 296 del 2006, deve tener conto delle assunzioni autorizzate dall’articolo in esame, da effettuare comunque nei limiti della dotazione organica risultante dalla riorganizzazione operata ai sensi del medesimo articolo 1, comma 404.

 

I commi 404-416 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) hanno disposto un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri. Il programma è finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione, da emanarsi, su proposta da ciascuna amministrazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della L. 400 del 1988.

In particolare, con il comma 404 sono state individuate specifiche linee di intervento del programma da attuare con i regolamenti di delegificazione. Tali linee di intervento attengono, tra l’altro:

§       alla riorganizzazione delle articolazioni interne di ciascuna amministrazione, volta alla riduzione del numero degli uffici di livello dirigenziale generale di almeno il 10%, e degli uffici di livello dirigenziale non generale del 5%, prevedendo altresì l’eliminazione delle duplicazioni organizzative eventualmente esistenti;

§       alla rideterminazione delle strutture periferiche, prevedendo la loro riduzione;

§       alla generale riduzione degli organici delle amministrazioni ministeriale, con contestuale contenimento del personale con funzioni di supporto entro il 15% del totale delle risorse utilizzate da ciascuna amministrazione;

§       alla riduzione e riorganizzazione di particolari attività o strutture delle amministrazioni statali. Più specificamente, si tratta della gestione del personale da realizzare in modo unitario anche attraverso lo sfruttamento degli strumenti di innovazione tecnologica e amministrativa, degli uffici con funzioni ispettive e di controllo, degli organismi di analisi, consulenza e di studio.

 

Infine, il comma 4 prevede che all’onere derivante dall’attuazione dell’articolo in esame, pari a euro 14.621.242,10 annui, si provveda, a decorrere dall’anno 2008, mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 1, comma 1142, della L. 296 del 2006, allo scopo intendendosi ridotta in misura corrispondente l’autorizzazione di spesa di cui al medesimo comma.

 

Il richiamato comma 1142 ha autorizzato la spesa annua di 79 milioni di euro per il 2007 e di 87 milioni di euro a decorrere dal 2008, al fine di consentire interventi urgenti al verificarsi di emergenze che possano pregiudicare la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici e di procedere alla realizzazione di progetti di gestione di modelli museali, archivistici e librari, nonché di progetti di tutela paesaggistica e archeologico-monumentale e di progetti per la manutenzione, il restauro e la valorizzazione di beni culturali e paesaggistici. Le somme sono destinate annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali ai vari interventi e progetti.

 


Progetto di legge

 


N. 2806

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro per i beni e le attività culturali

(RUTELLI)

e dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

di concerto con il ministro dell'interno

(AMATO)

¾

 

Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale

 

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Presentata il 19 giugno 2007

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Onorevoli Deputati! - In sede di elaborazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, i ristretti limiti imposti dalla legge di delega non avevano consentito incisivi interventi sulle disposizioni a carattere sanzionatorio, contenute principalmente nelle abrogate leggi 1o giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose d'interesse artistico e storico, e 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali.

Non erano tuttavia sfuggite alle competenti Commissioni parlamentari, chiamate a rendere il prescritto parere al riguardo, la necessità e l'urgenza di un riordino complessivo della materia, al fine di ammodernare il vetusto sistema delle sanzioni, adeguandolo ai princìpi costituzionali, alle esigenze di una mutata «filosofia» della tutela dei beni e al nuovo atteggiarsi dei fenomeni criminosi.

Da allora vari gruppi di lavoro si sono succeduti per l'elaborazione di una disciplina che prevedesse l'adeguamento e il rafforzamento della tutela penale in materia di reati contro i beni culturali; mentre, parallelamente, si è registrata una crescente attenzione per le esigenze di tutela dei beni paesaggistici, sempre più spesso minacciati da interventi che ne mettono in pericolo la bellezza, che ha condotto ad affiancare ai lavori concernenti la nuova disciplina sanzionatoria relativa ai beni culturali lo studio di disposizioni volte a rafforzare la tutela penale in materia di reati contro il paesaggio.

Le descritte esperienze costituiscono il sostrato del presente disegno di legge, elaborato in forma di legge di delegazione legislativa e finalizzato alla redazione di norme destinate a sostituire l'attuale disciplina sanzionatoria penale e a modificare quella amministrativa in materia di beni culturali e paesaggistici, dettata ai titoli I e II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di seguito denominato «codice».

In linea con l'unanime avviso dell'odierna dottrina penalistica, il disegno di legge impone di elevare a delitto le forme più gravi di offesa al patrimonio culturale, affinché siano puniti nel modo più severo i comportamenti che suscitano, nell'attuale contesto storico, un maggiore allarme sociale - come il vandalismo, il furto d'arte, la ricettazione e l'illecita esportazione di beni culturali - e per i quali nessun altro tipo di sanzione, al di fuori di quella penale, sarebbe percepito come adeguato; e mantenere o declassare, invece, al rango di contravvenzioni le fattispecie di minore impatto.

L'articolato è strutturato secondo una tripartizione mutuata dalla legislazione di settore e considera, in successione, fattispecie di reato riconducibili alla «conservazione», al «rinvenimento» e alla «circolazione» dei beni culturali.

Rispetto alla vigente disciplina penale, si è in generale previsto un inasprimento delle pene, sia per segnalare il particolare grado di offensività della condotta, sia per garantire un più efficace espletamento dell'attività investigativa volta all'individuazione dei responsabili delle condotte medesime, con particolare riguardo alla possibilità di emanare provvedimenti coercitivi e di utilizzare più penetranti strumenti di investigazione.

Il presente disegno di legge consta di tre articoli.

Articolo 1.

L'articolo 1 detta, al comma 2, i princìpi e criteri direttivi per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di beni culturali, riferiti alle singole fattispecie di reato.

Alla lettera a) si chiede, in sostanza, di riformulare la disposizione di cui all'articolo 635, secondo comma, numero 3), del codice penale, come integrato dall'articolo 13 della legge 8 ottobre 1997, n. 352, onde perfezionare i termini descrittivi della fattispecie delittuosa, pur confermandola come circostanza aggravante del reato di danneggiamento, affiancando ad essa la previsione di una figura di danneggiamento colposo.

L'entità della sanzione è stata aumentata nel massimo edittale.

La previsione di cui alla lettera b) introduce nel nostro ordinamento penale l'aggravante del «furto d'arte».

La previsione si giustifica con la particolare natura dell'oggetto tutelato, che conferisce al reato un «disvalore aggiunto» rispetto alla figura-base, determinato dall'avere sottratto il bene non soltanto alla disponibilità del proprietario, ma anche alla funzione pubblica cui è naturalmente rivolto (e che emerge in modo evidente, per i beni di appartenenza pubblica, dal disposto dell'articolo 2, comma 4, del codice), nonché al controllo da parte dell'amministrazione competente sulla sua conservazione e utilizzazione.

Tecnicamente, la nuova figura è costruita come aggravante dei reati di furto e di furto in abitazione, da inserire nell'ambito dell'elencazione di cui all'articolo 625 del codice penale.

In un Paese nel quale la quantità di reperti archeologici non rinvenuti supera ancora di gran lunga il numero di quelli ritrovati e le condotte abusive in ordine agli stessi (ad esempio quelle dei cosiddetti «tombaroli») sono tipiche e radicate, al punto da arrecare gravi danni al patrimonio culturale sia per la perdita del bene in sé sia per l'inidoneità tecnico-scientifica dei metodi di ricerca e di recupero, è indispensabile prevedere specifiche figure di reato che sanzionino efficacemente tali condotte, anche al fine di prevenirne i perniciosi effetti.

In quest'ottica va riguardata la previsione di cui alla lettera c), avente ad oggetto appunto il delitto di ricerca archeologica abusiva, condotta attualmente punita come contravvenzione dall'articolo 175, comma 1, lettera a), del codice.

Al riguardo, si è posta preliminarmente la questione se il riconoscimento della dignità di delitto ad un reato di pericolo fosse in contrasto con i princìpi di offensività e di residualità della tutela penale di massimo grado. Ci si è determinati per la soluzione negativa, essendo emerso con evidenza che il danno arrecato dalla ricerca abusiva non è soltanto potenziale, in quanto necessario prodromo di una probabile sottrazione del bene rinvenuto, ma anche attuale, poiché l'uso indiscriminato di strumenti di ricerca del tutto impropri da parte di soggetti non professionalmente qualificati pregiudica, nella gran parte dei casi, la possibilità di ricostruire correttamente il contesto archeologico nel quale la ricerca è effettuata, indipendentemente dall'esito della stessa.

Oltre a riproporre in forma di delitto la fattispecie di reato prevista dalla disposizione attualmente vigente, si è ritenuto di accrescerne l'effacacia deterrente attraverso la previsione di un sensibile incremento di entrambe le sanzioni previste: quella incidente sulla libertà personale (suscettibile di essere aumentata fino a due anni nel massimo) e quella pecuniaria (per la quale viene indicato un aumento, nel massimo, di circa sei volte).

La tutela penale contro la ricerca abusiva è rafforzata dalla previsione di un'aggravante se essa sia compiuta con «strumenti per il sondaggio del terreno o apparecchiature per la rilevazione dei metalli», dei quali si chiede di prevedere sempre la confisca; nonché dalla richiesta introduzione, alla lettera v), di una figura di reato contravvenzionale per il possesso ingiustificato di strumenti di sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in area archeologica.

La disposizione di cui alla lettera d) è volta a introdurre nel sistema di tutela penale del bene culturale una figura qualificata di ricettazione, che completa la disciplina dei reati incidenti sulla conservazione e sui modi di ritrovamento di beni culturali.

In linea con i criteri che informano il presente disegno di legge e in considerazione del fatto che - anche e, forse, soprattutto nel campo dei beni culturali - la ricettazione rappresenta la più diffusa forma di sostegno al responsabile delle condotte delittuose prima contemplate, tale addirittura da incentivare la commissione del reato presupposto, si è ritenuto di dover procedere ad una revisione quantitativa della sanzione prevista dall'ipotesi generica (articolo 648 del codice penale). E, stante l'entità già consistente della pena comminata dal codice in termini di restrizione della libertà personale, si è scelto di intervenire solo sulla sanzione pecuniaria, prevedendone un aumento di due volte nel massimo.

Una prima novità è rappresentata dalla richiesta d'introdurre nell'ambito delle condotte punite, in sede di formulazione della disposizione sanzionatoria, la detenzione del bene culturale, al fine di conferire al reato una valenza permanente e così contrastare più efficacemente i ridotti termini prescrizionali, nonché, nei casi più gravi, di procedere all'arresto, potendo ricorrere il requisito della flagranza. Un'altra innovazione è costituita dalla richiesta di prevedere l'applicabilità di dette sanzioni anche nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo.

Nel caso dei delitti di «alienazione illecita», di cui alla lettera e), l'unica modifica rispetto alla disposizione attuale - dettata dall'articolo 173, comma 1, lettere a) e b), del codice - è rappresentata da un sensibile aumento dei massimi edittali.

La previsione della lettera f) si riferisce alla disposizione dell'articolo 174 del codice, che punisce l'uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale, la quale, a' termini dell'articolo 65 del codice medesimo, si ha quando si trasferisce all'estero un bene per il quale è stabilito il divieto di uscita, ovvero un bene la cui uscita è ammessa previa autorizzazione dell'ufficio di esportazione; nonché il mancato rientro di beni culturali alla scadenza del periodo per il quale ne sia stata autorizzata l'uscita temporanea.

Rispetto alla norma vigente, la delega richiede, da un lato, un ridimensionamento della fattispecie delittuosa in modo da limitarne la configurabilità in relazione a beni il cui valore superi le soglie stabilite, con riferimento alle singole tipologie di bene, dall'allegato A annesso al codice. Tale scelta si ritiene opportuna allo scopo di adeguare la risposta punitiva al valore del bene illecitamente trasferito all'estero.

Dall'altro lato la delega impone, invece, un ampliamento delle condotte integrative della fattispecie in argomento, prevedendo la sanzionabilità anche dell'illecita detenzione del bene culturale all'estero, nonché del fatto di chi, pur non detenendolo, mantenga il bene fuori dei confini nazionali adottando condotte ostative al suo rientro.

Sono inoltre stabiliti l'aumento della pena e il ripristino del cumulo tra pena detentiva e pena pecuniaria, previsto dalla disposizione originaria (articolo 66 della legge n. 1089 del 1939), ma soppresso - presumibilmente per una svista - dall'articolo 23 della legge 30 marzo 1998, n. 88, poi riprodotto senza modifiche nel citato testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e di qui ripreso dal codice senza ovviare all'errore.

La lettera g) interviene sulle disposizioni del vigente articolo 178 del codice, che punisce varie figure delittuose accomunate dall'avere ad oggetto tanto beni culturali propriamente detti quanto opere d'arte contemporanea falsificati.

E infatti esso richiede al legislatore delegato di differenziare le due categorie di beni protetti, che l'attuale disciplina tratta unitamente sotto la dizione di «opere di pittura, scultura e grafica, oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico», mutuata dalla normativa originaria (legge 20 novembre 1971, n. 1062) e diversa, dunque, dalla locuzione «beni culturali» ordinariamente utilizzata dalla parte seconda del codice.

La ragione di tale formula riposa nel fatto che la citata legge del n. 1062 del 1971, recante «Norme penali sulla contraffazione od alterazione di opere d'arte», aveva un ambito applicativo più ampio rispetto a quello delle altre disposizioni di tutela confluite dapprima nel menzionato testo unico del 1999 e poi nel codice, estendendosi anche alle opere d'arte contemporanea; e tale maggiore estensione, confermata da questi ultimi due testi, è stata appunto evidenziata attraverso la differenza terminologica.

Le figure del falso d'arte considerate sono quelle tradizionali: contraffazione, alterazione e riproduzione. Contraffazione è la creazione di un'opera con l'intento di farla apparire, per qualità o provenienza, diversa da quella che in effetti è. Alterazione è la modifica di un'opera originale in modo da attribuirle caratteristiche che in precedenza non aveva. Riproduzione è l'esecuzione non autorizzata di una copia dell'opera o dell'oggetto autentici. Il termine «riproduzione» è evidentemente riferito solo alle opere di grafica (disegni, incisioni, acqueforti, stampe, litografie eccetera), perché ogni copia di un' opera di pittura o scultura, quando non è dichiarata tale, costituisce una contraffazione; esso, pertanto, può riferirsi anche all'uso non autorizzato, o non dichiarato, di matrici, bozzetti eccetera.

Per la particolare valenza offensiva della condotta, ma anche ai fini dell'efficacia dell'attività investigativa, si è previsto un sensibile innalzamento dei massimi edittali della pena (detentiva e pecuniaria).

Si è stabilito altresì di introdurre la figura delittuosa della ricettazione dei falsi, da assoggettare alla medesima pena della falsificazione; e di prevedere, in caso di condanna, la confisca e la distruzione dei falsi. Si consente, tuttavia, alla competente autorità di valutare l'eventuale interesse culturale degli esemplari confiscati e, in caso positivo, di chiederne la custodia. Esiste, infatti, un «falso d'arte» al quale si può certamente riconoscere un interesse culturale e che merita, perciò, di essere conservato ed eventualmente esposto a scopo didattico. In quest'ultimo caso gli esemplari sono comunque sottratti alla circolazione.

La regolamentazione delle modalità di acquisizione e di custodia dei falsi da parte dell'amministrazione potrà trovare sede appropriata nelle disposizioni di un apposito decreto ministeriale di attuazione del codice.

Alla lettera h) è prevista l'introduzione di una figura speciale del delitto di riciclaggio, integrata dalle condotte tipiche della figura-base, delineata dall'articolo 648-bis del codice penale, quando abbiano ad oggetto operazioni compiute in relazione a:

1) beni culturali o cose indicate nell'articolo 10 del codice provenienti dalle diverse tipologie del «furto d'arte»;

2) cose false;

3) denaro, beni materiali e altre utilità provenienti dai delitti di ricettazione di beni culturali o di falsi.

Anche qui si è stabilito di prevedere l'applicabilità delle sanzioni comminate nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo.

Le lettere da i) a m) dispongono affinché i reati considerati alle lettere precedenti, in sede di decreto delegato, siano accomunati:

1) dall'aumento della sanzione da un terzo a due terzi se il fatto produca un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale ovvero sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale;

2) dall'applicabilità delle sanzioni accessorie dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali previste, rispettivamente, dagli articoli 28 e 30 del codice penale. La previsione di tale pena accessoria appare di grande efficacia dissuasiva nei confronti dei soggetti più favoriti nel compimento dei delitti in questione, in particolare di coloro che esercitano attività di vendita al pubblico o di esposizione di beni culturali a fini di commercio;

3) dalla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla realizzazione dei fatti di cui all'articolo 165, primo comma, del codice penale (restituzioni, risarcimento del danno, eliminazione delle conseguenze dannose, prestazione di attività non retribuita a favore della collettività), «qualora ricorrano determinati presupposti, riferiti alla capacità economica, all'ufficio pubblico o all'attività professionale o imprenditoriale del reo, da individuare tassativamente, secondo le modalità e nei tempi indicati dal giudice nella sentenza di condanna».

Alla lettera n) si prevede che la disposizione premiale di cui all'articolo 177 del codice (riduzione della pena da uno a due terzi a fronte della collaborazione decisiva per il recupero del bene) sia estesa a tutte le fattispecie delittuose concernenti i beni culturali, danneggiamento escluso. Ma, in relazione a tale ultima fattispecie, è stabilito che la norma premiale possa essere applicata in caso di danno minimo.

Le lettere da o) a r) si propongono di arricchire lo strumentario a disposizione degli inquirenti introducendo nella disciplina di settore misure di prevenzione e repressive, o semplicemente operative, spesso pensate e applicate in relazione a realtà criminose affatto diverse. In particolare, si richiede di:

1) introdurre disposizioni che escludano la punibilità degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria impegnati nell'attività di repressione dei delitti in materia di beni culturali e prevedano la possibilità di assegnare al Ministero per i beni e le attività culturali i beni mobili e immobili e le somme di danaro confiscati a seguito di condanna per uno dei delitti medesimi, sul modello degli articoli 97, 98 e 100 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

2) introdurre disposizioni sulle attività di contrasto dei delitti in materia di beni culturali commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico, nonché sull'affidamento del materiale e dei beni sequestrati in custodia giudiziale, a richiesta, agli organi di polizia giudiziaria per l'impiego nelle attività di repressione dei suddetti delitti, sul modello di quanto previsto dall'articolo 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269 («Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù»);

3) introdurre disposizioni in materia di indagini, misure di prevenzione di carattere patrimoniale e divieti (concernenti il rilascio di licenze, concessioni, iscrizioni, autorizzazioni, abilitazioni eccetera) modellate su quelle di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575 («Disposizioni contro la mafia»), in relazione ai soggetti indicati dall'articolo 1, numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 («Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità»), quando l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi realizzati dai medesimi abbia ad oggetto beni culturali.

La lettera s) contiene la previsione della conferma della contravvenzione di cui all'articolo 170 del codice («Uso illecito»), in relazione alla quale si è tuttavia stabilito un aumento del massimo edittale della pena (detentiva e pecuniaria).

La lettera t) contempla la trasformazione in contravvenzione dei delitti di cui all'articolo 174, commi 1 e 2, del codice («Uscita o esportazione illecite») allorché abbiano ad oggetto beni culturali di valore inferiore alle soglie indicate nell'allegato A annesso al medesimo codice.

La lettera u) prevede la riformulazione della contravvenzione di cui all'articolo 175, comma 1, lettera b), del codice, che attualmente punisce allo stesso modo chi non denuncia nel termine stabilito le cose ritrovate fortuitamente nel sottosuolo e chi non ne cura la conservazione temporanea, secondo quanto prescritto dall'articolo 90 del medesimo codice. Si richiede una pena più severa (il raddoppio della pena detentiva e la triplicazione della pena pecuniaria) per la prima condotta, che dovrà essere descritta in modo da sanzionare più che il fatto formale dell'omissione di denuncia il fatto sostanziale della detenzione del bene non denunciato.

I commi 3, 4 e 5, infine, dispongono in merito all'indicazione esplicita delle norme sostituite o abrogate dal decreto legislativo delegato, all'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari e alla possibilità di adottare disposizioni correttive e integrative entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

Articolo 2.

L'articolo 2 detta, al comma 2, i princìpi e criteri direttivi concernenti la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di beni paesaggistici, con riferimento alle singole fattispecie di reato.

Alle lettere a) e b) sono previsti il riordino e la razionalizzazione delle condotte lesive del bene paesaggistico mediante il coordinamento delle fattispecie contravvenzionali di cui all'articolo 734 del codice penale e all'articolo 181 del codice.

Già in sede di predisposizione del citato testo unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, venne, infatti, in evidenza l'irrazionalità del sistema sanzionatorio concernente i beni paesaggistici, soprattutto a causa del mancato coordinamento tra l'articolo 734 del codice penale e l'articolo 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (il cui contenuto è stato ripreso prima dall'articolo 163 del citato testo unico e successivamente dall'articolo 181 del codice), e delle conseguenti difficoltà interpretative. Ma i limiti della relativa delega non consentirono ai compilatori del provvedimento d'intervenire sulla normativa richiamata; così come, per gli stessi motivi, lo stesso intervento risultò precluso anche alla Commissione incaricata dell'elaborazione del codice.

Va osservato come per il reato di danno contemplato dall'articolo 734 del codice penale sia prevista una mera sanzione pecuniaria, peraltro allo stato del tutto inadeguata, mentre per quello indicato dal citato articolo 1-sexies, che si configura quale reato di pericolo, il legislatore abbia previsto in forma congiunta pena detentiva e pena pecuniaria, attraverso il rinvio quoad poenam all'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Rinvio che è stato poi giurisprudenzialmente circostanziato alla lettera c) del primo comma del medesimo articolo 20.

Va ulteriormente rammentato che, dopo l'entrata in vigore del codice, l'articolo 181 è stato oggetto di integrazione da parte dell'articolo 1, comma 36, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, che ha introdotto i commi da 1-bis a 1-quinquies; mentre il già menzionato articolo 20 della legge n. 47 del 1985 era stato abrogato dall'articolo 136 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e le sue norme erano state ridisciplinate dall'articolo 44 dello stesso testo unico.

In considerazione di ciò, la presente legge di delega richiede:

1) la trasformazione della contravvenzione di cui all'articolo 734 del codice penale nel delitto di «danneggiamento di bene paesaggistico»;

2) la riformulazione della contravvenzione di cui all'articolo 181, comma 1, del codice, da trasformare in delitto;

3) la parificazione delle sanzioni, sensibilmente aumentate sia quanto a pena detentiva sia quanto a pena pecuniaria, e la loro estensione anche ai casi di inosservanza del divieto di esecuzione o dell'ordine di sospensione dei lavori, impartiti a norma dell'articolo 150 del codice;

4) la revisione del sistema delle aggravanti previste al comma 1-bis dell'articolo 181 citato.

La lettera c) prevede la nuova figura criminosa della «frode in materia paesaggistica», modellata sull'articolo 452-decies del codice penale di cui il disegno di legge atto Camera n. 2692 recante «Disposizioni concernenti i delitti contro l'ambiente. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della relativa disciplina», recentemente approvato dal Consiglio dei ministri e presentato alle Camere, propone l'introduzione.

Alla lettera d) viene stabilito che il sequestro effettuato ai sensi degli articoli 253 e 354 del codice di procedura penale si estenda alle cose mobili e immobili utilizzate per la commissione dei reati di cui alle lettera a) e b).

Le lettere da e) a g) riproducono le indicazioni già contenute all'articolo 1 del presente disegno di legge in ordine alle sanzioni accessorie dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali, all'applicabilità del beneficio della sospensione condizionale della pena e alle misure premiali.

Anche nel caso dell'articolo 2, i commi 3, 4 e 5 dispongono in merito all'indicazione esplicita delle norme sostituite o abrogate dal decreto legislativo delegato, all'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari e alla possibilità di adottare disposizioni correttive e integrative entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

Articolo 3.

L'articolo 3 prevede un piano di assunzioni straordinarie finalizzate all'incremento della fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura nonché al reperimento di personale specializzato destinato al rafforzamento della tutela dei beni culturali.

È prevista, a decorrere dall'anno 2008, l'assunzione per concorso di 400 unità di assistenti tecnici museali e di 100 unità di architetti, archeologi, storici dell'arte e amministrativi.


 


RELAZIONE TECNICA

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468,

e successive modificazioni)

Il costo unitario riferito alle due posizioni economiche nelle quali si prevede l'assunzione è il seguente:

Posizione economica C1: euro 31.467,56

Posizione economica B3: euro 28.686,21

Il costo complessivo, pertanto, è riportato nel seguente prospetto:

Posizione economica

Costo unitario

Numero unità

Costo totale

C1

31.467,56

100

3.146.756,36

B3

28.686,21

400

11.474.485,74

TOTALE

-

500

14.621.242,10

Il piano straordinario di assunzioni di cui all'articolo 3 costituisce l'unico strumento per la realizzazione delle finalità indicate nella medesima disposizione, essendo già verificata l'insufficienza della percentuale di autorizzazione alle assunzioni prevista dall'articolo 1, comma 523, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), e avendo inoltre già esaurito il ricorso alle assunzioni autorizzate ai sensi della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

Così calcolato nel limite massimo di euro 14.621.242,10 l'onere finanziario previsto per l'assunzione straordinaria nel limite massimo di 500 unità di personale (400 in posizione economica B3 e 100 in posizione economica C1), si fa presente che i tempi previsti per l'espletamento delle procedure concorsuali comporteranno il perfezionamento delle nomine a partire da data non anteriore al 1o gennaio 2008.

Pertanto, la copertura dell'onere suddetto, da considerare quale limite massimo di spesa per il bilancio dello Stato, decorre dall'esercizio finanziario 2008 mediante utilizzo delle risorse stanziate ai sensi dell'articolo 1, comma 1142, della legge finanziaria 2007, allo scopo intendendosi corrispondentemente ridotta la relativa autorizzazione di spesa.

 


 


disegno di legge

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Art. 1.

(Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro i beni culturali).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di beni culturali, anche attraverso la modifica del capo I del titolo I e del capo I del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, di seguito denominato «decreto legislativo n. 42 del 2004».

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere tra le circostanze aggravanti del reato di danneggiamento di cui all'articolo 635 del codice penale il fatto che esso abbia ad oggetto un bene culturale, con aumento della pena della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a quattro anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 50.000 euro; prevedere una fattispecie di reato di danneggiamento colposo, con riduzione della pena; parificare, quanto alla tipologia del reato previsto dall'articolo 169, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 42 del 2004, l'intervento eseguito in difformità dall'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente a quello eseguito senza l'autorizzazione medesima;

b) prevedere tra le circostanze aggravanti del delitto di furto, di cui all'articolo 625 del codice penale, e del delitto di furto in abitazione, di cui all'articolo 624-bis del medesimo codice, il fatto che esso abbia ad oggetto beni culturali o cose ritrovati a seguito delle condotte contemplate alla lettera c); prevedere altresì l'aumento di pena, in misura tale, comunque, che essa non risulti superiore, nel massimo, a sei anni, quanto alla pena detentiva, e a 30.000 euro, quanto alla pena pecuniaria, sia per l'ipotesi che il furto segua ai fatti puniti ai sensi della lettera c), sia per l'ipotesi che il furto avvenga nell'ambito di attività svolta in base a una concessione di ricerca rilasciata ai sensi dell'articolo 89 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

c) trasformare in delitto la contravvenzione di cui all'articolo 175, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 42 del 2004, stabilendo le pene della reclusione, fino ad un massimo di tre anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 20.000 euro, per il fatto della ricerca archeologica o dell'esecuzione di opere finalizzate al ritrovamento di beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, in mancanza della prescritta concessione ovvero in difformità da essa; prevedere l'aumento di pena per l'ipotesi del fatto commesso con l'uso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, in misura tale che essa risulti non superiore, nel massimo, a quattro anni, quanto alla pena detentiva, e a 30.000 euro, quanto alla pena pecuniaria; stabilire, altresì, che è sempre ordinata la confisca dei medesimi strumenti o apparecchiature;

d) prevedere una figura speciale del delitto di ricettazione, di cui all'articolo 648 del codice penale, avente ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, provenienti dai reati di cui alla lettera b), includendo tra le condotte punibili l'illecita detenzione, a qualunque titolo, dei beni culturali o delle cose medesimi, quando il detentore ne conosca la provenienza; stabilire le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a otto anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 20.000 euro; prevedere l'applicabilità di dette sanzioni anche nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo;

e) confermare i delitti di alienazione illecita di beni culturali, di cui all'articolo 173, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 42 del 2004, aumentando la misura della pena detentiva, in modo che non superi, nel massimo, i due anni di reclusione, e della pena pecuniaria, in modo che non sia superiore, nel massimo, a 90.000 euro;

f) confermare i delitti di uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale, di cui all'articolo 174, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 42 del 2004, in relazione ad oggetti il cui valore sia pari o superiore alle soglie di cui alla lettera B dell'allegato A annesso al medesimo decreto legislativo, aumentando la misura della pena detentiva, in modo che non superi, nel massimo, i sette anni di reclusione, e della multa, in modo che non sia superiore, nel massimo, a 100.000 euro; punire allo stesso modo il fatto di chi detiene all'estero il bene culturale illecitamente uscito o ne impedisce il rientro; stabilire che è ordinata la confisca delle cose illecitamente detenute, se non siano nella proprietà di persona estranea al reato, oltre che in caso di condanna, anche nel caso in cui l'autore del delitto non sia imputabile o punibile oppure manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto ovvero il delitto medesimo sia estinto;

g) confermare i delitti relativi alla falsificazione, di cui all'articolo 178, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, riformulando le disposizioni in modo da differenziare i fatti che abbiano ad oggetto beni culturali da quelli aventi ad oggetto opere infracinquantennali o di autore vivente e stabilendo sanzioni in misura non superiore, nel massimo, a sei anni, quanto alla pena detentiva, e a 10.000 euro, quanto alla pena pecuniaria; punire allo stesso modo la ricettazione delle cose false; stabilire che, in caso di condanna, sono ordinate la confisca delle cose illecitamente detenute, se non siano nella proprietà di persona estranea al reato, e la loro distruzione, a meno che l'autorità competente non dichiari di volerle prendere in custodia, o comunque la loro sottrazione alla circolazione; confermare la disposizione di cui all'articolo 179 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che esclude la punibilità per i suddetti reati, qualora il bene culturale o l'opera contemporanea rechi annotazione di non autenticità ovvero, se ciò non è possibile per la natura o per le dimensioni della cosa, sia accompagnato da analoga dichiarazione, da parte del responsabile del fatto;

h) prevedere una figura speciale del delitto di riciclaggio, di cui all'articolo 648-bis del codice penale, avente ad oggetto operazioni compiute in relazione a beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, provenienti dai reati di cui alla lettera b), a cose false ovvero a denaro, beni materiali o altre utilità provenienti dai delitti di ricettazione e di falsificazione di cui alle lettere d) e g), stabilendo le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a dodici anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 30.000 euro; prevedere l'applicabilità di dette sanzioni anche nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo;

i) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere da b) a h), l'aumento della sanzione da un terzo a due terzi se il fatto cagioni un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale ovvero sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale;

l) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere da a) a h), l'applicabilità delle sanzioni accessorie della interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali, previste, rispettivamente, dagli articoli 28 e 30 del codice penale, anche al di fuori dei limiti temporali ivi indicati e graduando la durata della sanzione accessoria in relazione alla gravità dell'illecito;

m) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere da a) a h), che la sospensione condizionale della pena sia subordinata all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 165, primo comma, del codice penale, qualora ricorrano determinati presupposti, riferiti alla capacità economica, all'ufficio pubblico o all'attività professionale o imprenditoriale del reo, da individuare tassativamente, secondo le modalità e nei tempi indicati dal giudice nella sentenza di condanna;

n) estendere la disposizione premiale di cui all'articolo 177 del decreto legislativo n. 42 del 2004 a tutte le fattispecie delittuose aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del medesimo decreto legislativo, ad eccezione di quella indicata alla lettera a); prevederne l'applicabilità nell'ipotesi in cui il danno arrecato al patrimonio culturale nazionale sia di speciale tenuità;

o) escludere la punibilità degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria appartenenti a reparti specializzati, definiti sulla base delle direttive del Ministro dell'interno, nella repressione dei delitti aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, per le attività di indagine eseguite sotto copertura, con le modalità e gli effetti previsti dagli articoli 97 e 98 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

p) prevedere lo svolgimento delle attività di contrasto previste dal comma 2 dell'articolo 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269, da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti a reparti specializzati che abbiano in gestione la banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti di cui all'articolo 65 del decreto legislativo n. 42 del 2004, qualora i delitti siano commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o di mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico, con riferimento ai reati aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati all'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

q) prevedere l'applicabilità delle disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, in materia di indagini e misure di prevenzione di carattere patrimoniale, nonché delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 10-sexies della medesima legge, e successive modificazioni, ai soggetti indicati dall'articolo 1, numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, quando l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi abbia ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

r) prevedere che i beni mobili e immobili e le somme di danaro, confiscati a seguito di condanna per uno dei delitti aventi ad oggetto beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004, vengano assegnati, a richiesta, al Ministero per i beni e le attività culturali e che il materiale e i beni sequestrati siano affidati in custodia giudiziale, con facoltà d'uso, agli organi di polizia giudiziaria che ne facciano richiesta, per l'impiego nelle attività di repressione dei delitti di cui al presente comma;

s) confermare la contravvenzione di cui all'articolo 170 del decreto legislativo n. 42 del 2004, aumentando la misura della sanzione in modo che non risulti superiore, nel massimo, a due anni, quanto alla pena detentiva, e a 50.000 euro, quanto alla pena pecuniaria;

t) trasformare in contravvenzione i delitti di uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale, di cui all'articolo 174, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 42 del 2004, quando abbiano ad oggetto beni il cui valore sia inferiore alle soglie di cui alla lettera B dell'allegato A annesso al medesimo decreto legislativo;

u) differenziare tra le figure contravvenzionali di cui all'articolo 175, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 42 del 2004, la detenzione, a qualsiasi titolo, di reperti archeologici o di beni culturali o cose indicati nell'articolo 10 del medesimo decreto legislativo n. 42 del 2004, senza averne fatto denuncia ai sensi dell'articolo 90 dello stesso decreto legislativo, prevedendo per tale fattispecie le sanzioni dell'arresto in misura non superiore, nel massimo, a due anni, e dell'ammenda in misura non superiore, nel massimo, a 10.000 euro; stabilire che, in caso di condanna per la medesima contravvenzione, è ordinata, ove occorra, la confisca delle cose illecitamente detenute;

v) prevedere una figura di contravvenzione per il fatto di chi, trovandosi in area archeologica, venga colto in possesso degli strumenti o apparecchiature indicati alla lettera c) di cui non giustifichi l'attuale destinazione, stabilendo la pena dell'arresto fino ad un massimo di due anni e stabilendo, altresì, che è sempre ordinata la confisca dei medesimi strumenti o apparecchiature.

3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 indica esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate, fatta comunque salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

4. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si esprimono entro sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.

5. Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3 e osservando le procedure di cui al comma 4, entro diciotto mesi dalla data della sua entrata in vigore.

 

Art. 2.

(Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro i beni paesaggistici).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di beni paesaggistici, attraverso la modifica del capo II del titolo II della parte quarta del decreto legislativo n. 42 del 2004 e con l'abrogazione delle corrispondenti disposizioni del medesimo decreto legislativo e del codice penale.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) trasformare la fattispecie contravvenzionale di cui all'articolo 734 del codice penale nel delitto di danneggiamento di bene paesaggistico, stabilendo le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a quattro anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 50.000 euro; prevedere una fattispecie di reato di danneggiamento colposo, con riduzione della pena;

b) riformulare, trasformandola in delitto, la fattispecie contravvenzionale di cui all'articolo 181, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, concernente i lavori di qualsiasi genere eseguiti su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione dell'autorità competente o in difformità da essa, prevedendo sanzioni analoghe a quelle stabilite per il delitto di cui alla lettera a) ed estendendone l'applicabilità ai casi di inosservanza del divieto di esecuzione o dell'ordine di sospensione dei lavori, impartiti a norma dell'articolo 150 del decreto legislativo n. 42 del 2004; rivedere il sistema delle aggravanti previste al comma 1-bis del medesimo articolo 181, disciplinando i casi in cui i lavori illeciti ricadano in parchi archeologici o aree di interesse archeologico ovvero abbiano comportato la realizzazione di nuove volumetrie o aumenti della volumetria originaria superiori a una misura da determinare specificamente; confermare l'esimente di cui al comma 1-ter del medesimo articolo 181; confermare che con la sentenza di condanna viene ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato e prevedere la confisca di quanto sequestrato;

c) prevedere il delitto di frode in materia paesaggistica, costituito dal fatto di chi, al fine di commettere i delitti di cui alle lettere a) e b), ovvero di conseguirne l'impunità, falsifica, anche solo parzialmente, materialmente o nel contenuto, la prescritta documentazione ovvero fa uso di documentazione falsa, stabilendo le pene della reclusione, in misura non superiore, nel massimo, a sei anni, e della multa, in misura non superiore, nel massimo, a 10.000 euro;

d) prevedere che il sequestro effettuato ai sensi degli articoli 253 e 354 del codice di procedura penale si estenda alle cose mobili e immobili utilizzate per la commissione dei reati di cui alle lettere a) e b);

e) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere a) e b), l'applicabilità delle sanzioni accessorie dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali, previste, rispettivamente, dagli articoli 289 e 290 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti temporali ivi indicati e graduando la durata della sanzione accessoria in relazione alla gravità dell'illecito;

f) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere a) e b), che la sospensione condizionale della pena sia subordinata all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 165, primo comma, del codice penale, qualora ricorrano determinati presupposti, riferiti alla capacità economica, all'ufficio pubblico o all'attività professionale o imprenditoriale del reo, da individuare tassativamente, secondo le modalità e nei tempi indicati dal giudice nella sentenza di condanna;

g) prevedere, in relazione ai reati di cui alle lettere a) e b), una figura speciale di ravvedimento operoso, stabilendo una riduzione delle pene previste, nella misura da uno a due terzi, nell'ipotesi in cui il colpevole si adoperi per evitare che l'attività criminosa produca maggiori effetti lesivi del paesaggio o per eliminare o limitare gli effetti già prodotti; estendere anche al delitto di cui alla lettera a) la causa di estinzione di cui all'articolo 181, comma 1-quinquies, del decreto legislativo n. 42 del 2004.

3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 indica esplicitamente le disposizioni sostituite o abrogate, fatta comunque salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.

4. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si esprimono entro sessanta giorni dal ricevimento della relativa richiesta. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.

5. Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 2 e 3 e osservando le procedure di cui al comma 4, entro diciotto mesi dalla data della sua entrata in vigore.

Art. 3.

(Personale).

1. Al fine di incrementare la fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura anche attraverso l'estensione degli orari di apertura, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato a bandire concorsi e a procedere all'assunzione straordinaria di quattrocento assistenti alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico, di posizione economica B3, in deroga al divieto di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

2. Al fine di rafforzare le strutture tecnico-amministrative preposte alla tutela del paesaggio e dei beni architettonici, archeologici e storico-artistici, il Ministero per i beni e le attività culturali è autorizzato a bandire concorsi e a procedere all'assunzione straordinaria di complessive cento unità di personale di posizione economica C1, scelte tra architetti, archeologi, storici dell'arte e amministrativi, in deroga al divieto di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

3. La definizione della pianta organica del Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, tiene conto delle assunzioni di cui al presente articolo nei limiti della dotazione organica risultante dalla riorganizzazione operata ai sensi del medesimo comma 404 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.

4. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a euro 14.621.242,10 annui, si provvede, a decorrere dall'anno 2008, mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 1142, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, allo scopo intendendosi corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui al medesimo comma.

 


SIWEB

Documentazione

 


Progetto di legge

 


N. 2692

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

(PECORARO SCANIO)

e dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

¾

 

Disposizioni concernenti i delitti contro l'ambiente. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della relativa disciplina

 

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Presentata il 22 maggio 2007

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Onorevoli Deputati! - La tutela dell'ambiente è stata riconosciuta come principio immanente all'ordinamento sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte di cassazione. Il giudice delle leggi, già con la sentenza n. 210 del 28 maggio 1987, ha ricompreso nell'ambiente tutto ciò che garantisce e assicura la preservazione della «persona umana in tutte le sue estrinsecazioni», in questo modo riconducendolo nella sfera dei diritti fondamentali della persona.

La Corte, in particolare, rinviene un ancoraggio costituzionale alla tutela dell'ambiente nel sistema normativo che emerge dal secondo comma dell'articolo 9 della Costituzione, secondo cui la Repubblica «Tutela il paesaggio», e dalla disciplina contenuta nell'articolo 32 della Costituzione, che tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e della collettività.

Recentemente, con la sentenza n. 62 del 2005, il giudice delle leggi ha ribadito che «l'ambiente non è una materia in senso tecnico, ma un valore costituzionale». La stessa Corte, con la sentenza n. 641 del 1987, ha inoltre riconosciuto nell'ambiente «un bene immateriale che ha rilevanza giuridica soltanto per il riconoscimento contenuto nella stessa legge n. 349 del 1986 e che rientra fra le "res communia omnium" (...) unitario sebbene a varie componenti, ciascuna delle quali può anche costituire, isolatamente e separatamente, oggetto di cura e di tutela; ma tutte, nell'insieme, sono riconducibili ad unità.

Il fatto che l'ambiente possa essere fruibile in varie forme e differenti modi, così come possa essere oggetto di varie norme che assicurano la tutela dei vari profili in cui si estrinseca, non fa venir meno e non intacca la sua natura e la sua sostanza di bene unitario che l'ordinamento prende in considerazione.

L'ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l'esigenza di un "habitat" naturale nel quale l'uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (articoli 9 e 32 Costituzione), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto».

La Corte ha poi aggiunto che «vi sono, poi, le norme ordinarie che, in attuazione di detti precetti, disciplinano ed assicurano il godimento collettivo ed individuale del bene ai consociati; ne assicurano la tutela imponendo, a coloro che lo hanno in cura, specifici obblighi di vigilanza e di interventi. Sanzioni penali, civili ed amministrative rendono la tutela concreta ed efficiente. L'ambiente è, quindi, un bene giuridico in quanto riconosciuto e tutelato da norme. Non è certamente possibile oggetto di una situazione soggettiva di tipo appropriativo: ma, appartenendo alla categoria dei cosiddetti "beni liberi", è fruibile dalla collettività e dai singoli».

La stessa Carta fondamentale, all'articolo 117, secondo comma, lettera s), nel riservare alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», riconosce esplicitamente la valenza costituzionale di tali beni.

Non vi è dubbio pertanto che l'ambiente, come bene giuridico di rilievo costituzionale, possa essere oggetto di tutela penale contro comportamenti che possano comprometterne l'esistenza e l'equilibrio.

Sotto questo profilo risulta ormai diffusamente avvertita, in sede sia nazionale che europea, l'insufficienza di un presidio sanzionatorio in materia di tutela dell'ambiente imperniato su sole fattispecie contravvenzionali.

Il Consiglio d'Europa adottò a Strasburgo, il 4 novembre 1998, la Convenzione (sottoscritta dall'Italia il 6 novembre 2000, ma non ratificata) sulla protezione dell'ambiente attraverso la legge penale, sulla cui falsariga è stata successivamente adottata la decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea 2003/80/GAI, del 27 gennaio 2003. Tale decisione quadro, su ricorso della Commissione europea, è stata annullata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee il 13 settembre 2005 (causa C-176/03), non con riferimento a profili di merito, ma perché la materia della protezione dell'ambiente è stata ritenuta di competenza comunitaria, e non di «terzo pilastro».

La recente proposta di direttiva sulla tutela penale dell'ambiente riprende, con degli aggiustamenti, il testo della decisione quadro, cui ha aggiunto il delitto di deterioramento di un habitat protetto.

Anche a livello nazionale l'esigenza di disciplinare, in sede codicistica, i delitti ambientali, è diffusamente condivisa. Già nel 1998 fu istituita, nell'ambito della cosiddetta «Commissione ecomafia» istituita dal Ministro dell'ambiente, una sottocommissione, presieduta dal professor Adelmo Manna, la quale produsse una bozza di articolato volto ad introdurre nel libro secondo del codice penale il titolo VI-bis, rubricato «Delitti contro l'ambiente»; un tentativo di codificazione venne altresì effettuato nell'ambito della Commissione per la riforma del codice penale presieduta dal dottor Carlo Nordio, così come sin dalla XIV legislatura sono stati presentati in Parlamento numerosi progetti di legge in proposito.

La predisposizione di una disciplina sanzionatoria complessiva, in grado di assicurare una specifica tutela penale per l'ambiente attraverso novelle al codice penale, si iscrive pertanto in una tendenza di sistema ormai consolidata.

In considerazione della molteplicità degli aspetti di cui il bene giuridico «ambiente» si compone, si è ritenuto di non fornire una definizione del bene tutelato valida ai fini penali, così come non si è ritenuto di definire la nozione di «ecosistema». Con tale locuzione si definisce, in genere, un ambito più circoscritto rispetto al concetto di ambiente, per indicare una situazione di equilibrio naturale autonomo rispetto ad altri ecosistemi; l'ambiente, invece, ricomprende, secondo la definizione più accreditata, non solo il complesso delle situazioni di naturalità, ma anche il complesso costruito dall'uomo, suscettibile di tutela non solo per i suoi aspetti naturali ed economici, ma in quanto elemento qualificante la realizzazione di un cosiddetto «sviluppo sostenibile».

Peraltro, occorre precisare che si è optato di non disciplinare, in questa sede, le condotte illecite che possano arrecare danno o pericolo concreto al paesaggio o ai beni culturali in considerazione dell'autonomia sistematica di tali beni pur nell'ambito del bene «ambiente», come ha evidenziato la predisposizione, prima di un apposito testo unico, il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e, successivamente, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; essi potranno comunque costituire oggetto di un successivo autonomo e sistematico intervento legislativo.

Nella redazione del presente disegno di legge sono state seguite linee guida mutuate in larga parte dagli strumenti normativi comunitari e sovranazionali.

In primo luogo, si è scelto di non riservare la tutela penale dell'ambiente al solo ambito codicistico. È stato ritenuto, infatti, che le contravvenzioni meramente «formali» (mancanza di autorizzazione o violazione delle prescrizioni contenute nella stessa), nonché i reati di cosiddetto «pericolo astratto» (superamento di soglie di inquinamento predeterminate dalla legge), debbano continuare, per la loro stretta prossimità con la normativa di carattere tecnico, a essere disciplinate dalla normativa extracodicistica in materia di ambiente e segnatamente dal cosiddetto «codice dell'ambiente» (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), riservandosi al codice penale la materia dei delitti, colposi o dolosi, di pericolo concreto o di danno. Questa soluzione appare in maggiore sintonia con un codice penale incentrato sul rigoroso rispetto del principio di offensività del reato e coerente con le indicazioni provenienti dall'Unione europea.

In secondo luogo, si è optato di strutturare i reati in ragione del crescente grado di offesa al bene giuridico tutelato: dal pericolo concreto al danno, fino al «disastro ambientale».

In terzo luogo, si è scelto di riconoscere ai delitti introdotti natura dolosa, prevedendo poi la punibilità di talune fattispecie di reato a titolo di colpa, per coprire le varie realtà fenomeniche.

Sul punto, occorre sottolineare come la citata proposta di direttiva imponga la punibilità almeno della «colpa grave», ferma restando la possibilità per gli Stati membri di perseguire penalmente anche i reati commessi per semplice negligenza.

Il nostro ordinamento penale ignora il concetto di «colpa grave» come limite interno per la punibilità di determinate condotte: l'unica norma che allo stato consente una valutazione «dosimetrica» della colpa è l'articolo 133 del codice penale, secondo il quale, nell'irrogare la pena in concreto, il giudice deve tenere conto «dell'intensità del dolo e del grado della colpa», operazione in cui si potrà tenere conto anche del livello di «scienza ed esperienza» specifiche dell'autore del reato. Del resto, l'opportunità di inserire nel codice una definizione di colpa grave e la difficoltà di un'enucleazione dei suoi contenuti concreti hanno costituito oggetto di lungo dibattito in seno alla Commissione di riforma del codice penale presieduta dal professor Giuliano Pisapia, proprio per l'estrema delicatezza della tematica. Si ritiene pertanto che, in assenza di una definizione espressa della stessa da parte del legislatore, non sia possibile, allo stato, prevedere la punibilità a titolo di colpa grave.

Si è infine ritenuto di introdurre, all'interno del libro secondo, titolo VIII, capo I, del codice penale, l'articolo 498-bis, norma che tutela l'ambiente non già sotto il profilo squisitamente naturalistico, ma come bene economico, la cui compromissione ne impedisce la fruizione da parte della collettività.

Da ultimo, la responsabilità delle persone giuridiche, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, è stata ampliata anche con riferimento ai delitti in materia di ambiente.

Per le fattispecie contravvenzionali previste, in primo luogo, dal citato codice dell'ambiente, si prevede (conferendo a tale fine apposita delega al Governo) la possibilità di definizione anticipata secondo il meccanismo prescrizioni/pagamento in misura ridotta, sperimentato con successo dal decreto legislativo n. 758 del 1994, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, prevedendosi peraltro l'esclusione dalla procedura per le contravvenzioni aventi ad oggetto sostanze pericolose ovvero connotate da maggiore pericolosità.

Per quanto riguarda i rapporti tra i reati oggetto del presente disegno di legge e il preesistente quadro normativo, è stata prevista una delega al Governo per coordinare le nuove sanzioni con le precedenti, con l'abrogazione delle norme incompatibili previgenti e apportando, ove necessario, i necessari aggiustamenti alle fattispecie penali introdotte.

È chiara peraltro la scelta secondo la quale quando il medesimo fatto sarà punito in via contravvenzionale in ragione del pericolo astratto cagionato e come fattispecie delittuosa (come reato di pericolo concreto o di danno), si applicherà solo la seconda disposizione in ragione del principio cosiddetto di «assorbimento».

Si prevede inoltre, quale principio di delega, che non si applichi ai delitti introdotti il principio di specialità delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Il testo proposto si compone di cinque articoli.

L'articolo 1, comma 1, reca modifiche al codice penale.

La lettera a) prevede l'introduzione nel libro secondo del codice penale del titolo VI-bis, rubricato «Dei delitti contro l'ambiente», costituito dagli articoli da 452-bis a 452-sexies decies, recanti le nuove fattispecie criminose.

L'articolo 452-bis, rubricato «Inquinamento ambientale», punisce con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro chiunque illegittimamente immette nell'ambiente sostanze o energie cagionando o contribuendo a cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

1) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) per la flora o per la fauna selvatica.

Nella formulazione della norma si è ritenuto opportuno distinguere le varie componenti di cui il bene ambiente si compone, onde evitare sovrapposizioni e confusioni normative. La locuzione «illegittimamente» esprime in modo sintetico tutti i casi in cui l'emissione non sia consentita dalla normativa o da provvedimenti dell'autorità (la citata proposta di direttiva utilizza la locuzione «illecitamente» per indicare «la violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o decisioni della Comunità, degli Stati membri o di un'autorità competente finalizzate alla protezione dell'ambiente»).

Il successivo articolo 452-ter, rubricato «Danno ambientale. Pericolo per la vita o per l'incolumità personale», punisce l'autore del fatto di cui all'articolo 452-bis con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da 20.000 a 60.000 euro, se la compromissione durevole o rilevante si verifica. La citata proposta di direttiva non definisce la nozione di compromissione (il termine ivi utilizzato è quello di «deterioramento») rilevante, lasciando agli Stati membri il compito di definire l'ambito della «rilevanza». Nel testo si riprende sostanzialmente la definizione contenuta nel ricordato «progetto Nordio», incentrata non tanto sull'attività in sé quanto sugli effetti della stessa sull'ambiente. La compromissione, quindi, si definisce rilevante «quando la sua eliminazione risulta di particolare complessità sotto il profilo tecnico ovvero particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti eccezionali».

Si prevede inoltre che, se dall'illegittima immissione deriva il pericolo concreto per la vita o per l'incolumità delle persone, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a sette anni.

Il successivo articolo 452-quater (Disastro ambientale) prevede che chiunque illegittimamente immette nell'ambiente sostanze o energie cagionando o contribuendo a cagionare un disastro ambientale è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 30.000 a 250.000 euro.

Si definisce disastro ambientale il fatto che, «in ragione della rilevanza oggettiva o dell'estensione della compromissione ovvero del numero delle persone offese o esposte a pericolo, offende la pubblica incolumità».

La definizione proposta accoglie il contributo fornito dalla giurisprudenza. La Corte di cassazione, sezione III, sentenza n. 19505 del 27 aprile 2004 (cosiddetta «sentenza Porto Marghera»), ha infatti chiarito come il concetto di disastro «non può ridursi ad un concetto che racchiuda solo eventi di vasta portata o tragici. Che così non è risulta dalla complessità della questione poiché il disastro è un elemento dei reati di danno ma connota anche i reati di pericolo ed in quest'ultimo caso la mancanza dell'evento-danno e l'assunzione della sola sua possibilità/probabilità come fattispecie costitutiva evidenzia il limite della "imponenza" e "tragicità" quale misura del disastro giuridicamente inteso. Anzi, proprio la qualità del bene giuridico tutelato (la pubblica incolumità) e la diffusa scelta della punibilità delle condotte generatrici anche del solo pericolo, che quindi anticipano la soglia della punibilità stessa fanno sussumere sotto la stessa norma situazioni di fatto tra loro molto diverse (...)».

Anche la giurisprudenza di merito ha trattato specificamente il tema del disastro ambientale, fornendo indicazioni ermenutiche preziose. Secondo il tribunale di Venezia, sezione 01, sentenza 29 maggio 2002, «elementi costitutivi del reato di disastro innominato doloso (articolo 434 codice penale) sono la gravità e la diffusività degli eventi nell'ambito di una comunità, tali da porre concretamente in pericolo la pubblica incolumità, realizzati con comportamenti anche protratti nel tempo che hanno, ciascuno con efficienza causale, determinato la situazione di rischio». Per il tribunale di Massa, sentenza 20 maggio 1993, «circa la configurabilità della specifica nozione di disastro, ed il relativo elemento psicologico del reato, devesi ritenere sufficiente una condotta colposa - sia commissiva che omissiva - che si ponga in rapporto di causalità efficiente, o anche di mera concausalità, con un "evento di danno" che colpisca collettivamente - con effetti eccezionalmente gravi, o complessi ed estesi - cose e persone, ingenerando pubblica apprensione; non è altresì da ritenere necessario che dal disastro sia conseguito un effettivo danno alla pubblica incolumità, in quanto il pericolo corso dalla stessa collettività, quale conseguenza di un disastro, appare circostanza sufficiente ai fini di integrare il delitto».

Come appare evidente, ciò che contraddistingue il reato di disastro non è la sola imponenza del fenomeno, quanto gli effetti di tale imponenza sulla pubblica incolumità, che dalla portata dello stesso risulta offesa, ciò che giustifica anche la punizione di situazioni di rischio.

Accanto alla nozione «generalpreventiva» di disastro, si è tuttavia ritenuto di prevedere, quale autonoma e alternativa conseguenza, una definizione più propriamente riferita all'ambiente naturale, prevedendosi che «La stessa pena si applica se il fatto cagiona un'alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema» (articolo 452-quater, terzo comma), e ciò indipendentemente dal verificarsi di una lesione per la pubblica incolumità.

Il successivo articolo 452-quinquies (Alterazione del patrimonio naturale, della flora o della fauna selvatica) sanziona condotte diverse da quelle di immissione, che pur tuttavia si connotano per la lesione del bene giuridico ambiente.

Si prevede quindi che sia punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 2.000 a 20.000 euro chiunque illegittimamente:

1) sottrae o danneggia minerali o vegetali cagionando o contribuendo a cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante per la flora o per il patrimonio naturale;

2) sottrae animali ovvero li sottopone a condizioni o a trattamenti tali da cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante per la fauna selvatica.

Nei casi previsti dal primo comma, se la compromissione si realizza le pene sono aumentate di un terzo.

L'articolo 452-sexies contiene due circostanze aggravanti, prevedendo che nei casi previsti dagli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quater e 452-quinquies la pena è aumentata di un terzo se la compromissione o il pericolo di compromissione dell'ambiente:

1) ha per oggetto aree naturali protette o beni sottoposti a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico;

2) deriva dall'immissione di radiazioni ionizzanti.

Il successivo articolo 452-septies (Traffico illecito di rifiuti) punisce con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 10.000 a 30.000 euro chiunque illegittimamente, con una o più operazioni, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, tratta, abbandona o smaltisce ingenti quantitativi di rifiuti.

Se la condotta di cui al primo comma ha per oggetto rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da 20.000 a 50.000 euro.

Se la condotta di cui al primo comma ha per oggetto rifiuti radioattivi, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a otto anni e della multa da 50.000 a 200.000 euro.

Le pene di cui ai commi primo, secondo e terzo sono aumentate di un terzo se dal fatto deriva il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

1) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) per la flora o per la fauna selvatica.

Se dal fatto deriva il pericolo concreto per la vita o per l'incolumità delle persone, le pene previste dal primo, secondo e terzo comma sono aumentate fino alla metà e l'aumento non può essere comunque inferiore a un terzo.

L'articolo 452-octies sanziona il traffico di materiale radioattivo o nucleare e l'abbandono di materiale radioattivo o nucleare. Si prevede infatti che sia punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 50.000 a 250.000 euro chiunque illegittimamente cede, acquista, trasferisce, importa o esporta sorgenti radioattive o materiale nucleare. Alla stessa pena soggiace il detentore che si disfa illegittimamente di una sorgente radioattiva.

La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se dal fatto deriva il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

1) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) per la flora o per la fauna selvatica.

Se dal fatto deriva il pericolo concreto per la vita o per l'incolumità delle persone, si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni e della multa da 15.000 a 100.000 euro.

L'articolo 452-novies (Delitti ambientali in forma organizzata) mira a punire le cosiddette «ecomafie». Esso si compone di due commi. Il primo è volto ad aggravare di un terzo le pene per l'associazione per delinquere «semplice» (416 del codice penale) quando essa è diretta, anche in via non esclusiva o prevalente, allo scopo di commettere taluno dei reati di cui al presente titolo.

Il secondo, invece, prevede che quando taluno dei reati previsti dal nuovo titolo è commesso avvalendosi delle condizioni di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis ovvero avvalendosi dell'associazione di cui al medesimo articolo 416-bis del codice penale, le pene previste per ciascun reato sono aumentate fino alla metà e l'aumento non può comunque essere inferiore a un terzo.

L'articolo 452-decies (Frode in materia ambientale) prevede che chiunque, al fine di commettere taluno dei delitti previsti nel nuovo titolo, ovvero di conseguirne l'impunità, falsifica in tutto o in parte, materialmente o nel contenuto, la documentazione prescritta ovvero fa uso di documentazione falsa è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa fino a 10.000 euro.

Se la falsificazione concerne la natura o la classificazione di rifiuti, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 5.000 a 20.000 euro.

L'articolo 452-undecies (Impedimento al controllo) prevede che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il titolare o il gestore di un impianto che, negando l'accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stati dei luoghi, impedisce o intralcia l'attività di controllo degli insediamenti o di parte di essi ai soggetti legittimati è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

L'articolo 452-duodecies (Delitti colposi contro l'ambiente) prevede che, se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quater, 452-quinquies, 452-septies e 452-octies è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite della metà.

L'articolo 452-ter decies (Pene accessorie. Confisca) prevede che la condanna per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quater, 452-quinquies, 452-septies e 452-octies comporta, per tutta la durata della pena principale:

1) l'interdizione temporanea dai pubblici uffici;

2) l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

3) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

La condanna per alcuno dei delitti previsti dal nuovo titolo, ad eccezione degli articoli 452-decies e 452-quater decies, terzo comma, comporta la pena accessoria della pubblicazione della sentenza penale di condanna.

Alla condanna ovvero all'applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui all'articolo 452-septies consegue in ogni caso la confisca dei mezzi e degli strumenti utilizzati, ai sensi dell'articolo 240, secondo comma.

Alla condanna ovvero all'applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui all'articolo 452-octies consegue in ogni caso la confisca della sorgente radioattiva o del materiale nucleare. La sorgente o il materiale nucleare confiscati sono conferiti all'operatore nazionale ovvero al gestore di un impianto riconosciuto secondo le modalità definite dalla normativa tecnica nazionale.

L'articolo 452-quater decies (Bonifica e ripristino dello stato dei luoghi) dispone che, in caso di condanna ovvero di applicazione della pena ai sensi dall'articolo 444 del codice di procedura penale, il giudice ordina la bonifica, il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l'esecuzione a carico del condannato e dei soggetti di cui all'articolo 197.

L'eventuale concessione della sospensione condizionale della pena è in ogni caso subordinata all'adempimento degli obblighi di cui al primo comma.

Il terzo comma prevede una specifica sanzione penale (reclusione da uno a quattro anni) nei confronti di chi non ottempera alle prescrizioni imposte dalla legge, dal giudice ovvero da un ordine dell'autorità per il ripristino, il recupero o la bonifica dell'aria, delle acque, del suolo, del sottosuolo e delle altre risorse ambientali inquinate.

Il rigore sanzionatorio che ispira tutta l'iniziativa legislativa è temperato da due disposizioni.

L'articolo 452-quinquies decies (Ravvedimento operoso) prevede che le pene stabilite per i delitti previsti dal nuovo titolo sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, nell'individuazione o nella cattura di uno o più autori di reati, nell'evitare la commissione di ulteriori reati e nel consentire la sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di delitti.

L'articolo 452-sexies decies (Causa di non punibilità) prevede una specifica causa di non punibilità per l'autore di taluno dei fatti previsti dal nuovo titolo che volontariamente rimuova il pericolo ovvero elimini il danno da lui provocato prima che sia esercitata l'azione penale.

La lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 introduce nel libro secondo, titolo VIII, capo I, del codice penale, l'articolo 498-bis (Danneggiamento delle risorse economiche ambientali), il quale tutela il bene ambiente inteso in senso economico, punendo con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 20.000 a 50.000 euro la condotta di chi offende le risorse ambientali in modo tale da pregiudicarne l'utilizzo da parte della collettività, degli enti pubblici o di imprese di rilevante interesse.

L'articolo 2 reca modificazioni al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, introducendo l'articolo 25-quinquies.1 (Reati ambientali).

Si prevede che, in relazione alla commissione di taluno dei delitti previsti dal titolo VI-bis del libro secondo del codice penale, si applichino all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quinquies, 452-septies, primo e secondo comma, e 452-octies, primo comma, la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote;

b) per i delitti di cui agli articoli 452-quater, 452-septies, terzo, quarto e quinto comma, e 452-octies, secondo e terzo comma, la sanzione pecuniaria da trecento a mille quote.

Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettera b), si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, dello stesso decreto legislativo n. 231 del 2001, per una durata non inferiore a un anno.

Al comma 3 si dispone che, se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o di agevolare la commissione dei reati di cui agli articoli 452-septies e 452-octies del codice penale, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3, del medesimo decreto legislativo.

L'articolo 3 conferisce delega al Governo ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un decreto legislativo concernente il riordino, il coordinamento e l'integrazione delle disposizioni legislative concernenti illeciti penali e amministrativi in materia di difesa dell'ambiente e del territorio, nonché la previsione di una procedura di estinzione agevolata delle violazioni contravvenzionali e amministrative in materia di ambiente. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel  ispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla legge, il Governo può emanare disposizioni integrative o correttive del decreto legislativo.

Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) abrogazione esplicita di tutte le norme incompatibili con quelle introdotte;

b) disciplina del principio di specialità tra le sanzioni amministrative e le sanzioni penali introdotte dalla legge, nel senso che ai fatti puniti ai sensi del titolo VI-bis del libro secondo del codice penale si applichino soltanto le disposizioni penali, anche quando i fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di ambiente;

c) previsione di una procedura di estinzione delle contravvenzioni e delle violazioni amministrative previste dalla normativa speciale in materia ambientale, fra cui le violazioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, da disciplinare in modo sostanzialmente analogo a quella degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, con esclusione delle violazioni relative a sostanze pericolose ovvero delle fattispecie connotate da maggiore pericolosità.

Nell'esercizio della delega, il Governo viene altresì autorizzato ad apportare alle fattispecie introdotte dagli articoli 1 e 2 della legge tutte le modifiche necessarie a coordinare l'intervento legislativo proposto con l'assetto normativo previgente al fine di evitare duplicazioni, lacune e sovrabbondanze, anche in conformità alla normativa europea eventualmente introdotta in materia di tutela penale dell'ambiente nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge e la data o le date di entrata in vigore del decreto o dei decreti legislativi.

L'articolo 4 reca la cosiddetta «clausola di invarianza» della spesa, e pertanto non è stata redatta la relazione tecnica.

L'articolo 5, comma 1, prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, mentre il successivo comma 2 precisa che le disposizioni contenute negli articoli 1 e 2 acquistano efficacia alla data di entrata in vigore del decreto legislativo emanato ai sensi dell'articolo 3, comma 1.


 


ANALISI TECNICO-NORMATIVA

 

1. Aspetti tecnico-normativi.

A) Necessità dell'intervento normativo.

Il presente disegno di legge intende dare attuazione alle indicazioni provenienti dalla normativa europea, volte all'introduzione di un sistema armonico di delitti contro l'ambiente.

Il presente disegno di legge propone, dunque, un intervento «di sistema» volto a inserire all'interno del codice penale una serie di delitti - previsti ordinariamente in forma dolosa e solo in taluni casi in forma colposa - in grado di fornire una risposta dell'ordinamento ai più gravi attentati al bene ambiente, nella sua più ampia accezione.

La scelta di modificare il codice penale trova solido appoggio nella tendenza della legislazione verso una nuova spinta codicistica, in cui il codice penale sostanziale risulti il fulcro del sistema degli illeciti, sulla falsariga del modello francese, in cui il principio della tendenziale «riserva di codice» viene ancorato al principio di chiarezza e conoscibilità della legge e, in ultimo, allo stesso principio di legalità in materia penale.

B)Analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti.

Il presente disegno di legge interviene su aspetti della normazione in materia ambientale (soprattutto quella introdotta con il decreto legislativo n. 152 del 2006, di natura prevalentemente contravvenzionale). Al fine di assicurare l'opportuno coordinamento, si prevede il conferimento di un'apposita delega al Governo.

C) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.

Il disegno di legge non presenta alcun possibile profilo di incompatibilità con l'ordinamento comunitario o internazionale. Al contrario, viene data specifica attuazione alla Convenzione (mai ratificata dall'Italia) sulla protezione dell'ambiente attraverso la legge penale, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 4 novembre 1998.

L'intervento anticipa inoltre i contenuti della proposta di direttiva dell'Unione europea in materia di tutela penale dell'ambiente, a sua volta derivante dalla decisione quadro 2003/80/GAI del Consiglio, del 27 gennaio 2003 (annullata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee il 13 settembre 2005 - causa C-176/03 - perché la materia della protezione dell'ambiente è stata ritenuta di competenza comunitaria e non di «terzo pilastro»).

D) Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su una materia, quella penale, riservata alla potestà legislativa dello Stato.

E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

Il provvedimento, come già evidenziato, non coinvolge le funzioni delle regioni e degli enti locali.

F)Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

Il disegno di legge ha ad oggetto materie assistite da riserva di legge, non suscettibili di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

A) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

In assoluta coerenza con le definizioni e con gli istituti in uso, sono stati introdotti nuovi istituti e nuove definizioni normative:

1) articolo 452-bis del codice penale («Inquinamento ambientale»);

2) articolo 452-ter del codice penale («Danno ambientale. Pericolo per la vita o per l'incolumità personale»);

3) articolo 452-quater del codice penale («Disastro ambientale»);

4) articolo 452-quinquies del codice penale («Alterazione del patrimonio naturale, della flora e della fauna selvatica»);

5) articolo 452-octies del codice penale («Traffico di materiale radioattivo o nucleare. Abbandono di materiale radioattivo o nucleare»);

6) articolo 452-novies del codice penale («Delitti ambientali in forma organizzata»);

7) articolo 452-decies del codice penale («Frode in materia ambientale»);

8) articolo 452-undecies del codice penale («Impedimento al controllo»);

9) articolo 452-quater decies del codice penale («Bonifica e ripristino dello stato dei luoghi»);

10) articolo 452-quinquies decies del codice penale («Ravvedimento operoso»);

11) articolo 452-sexies decies del codice penale («Causa di non punibilità»);

12) articolo 498-bis del codice penale («Danneggiamento delle risorse economiche ambientali»);

13) articolo 25-quinquies. 1 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 («Reati ambientali»).

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

I riferimenti normativi che figurano nel disegno di legge sono corretti.

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

Si è fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa, in quanto sono state apportate modifiche al codice penale e alle norme complementari.

Si è inoltre fatto ricorso alla delega al Governo al fine di consentire l'opportuno coordinamento con la normativa previgente, nonché al fine di prevedere una procedura di estinzione delle contravvenzioni previste dalla normativa speciale in materia ambientale, ricalcata sostanzialmente su quella degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (con l'esclusione dalla procedura di estinzione delle violazioni contravvenzionali relative a sostanze pericolose ovvero delle fattispecie connotate da maggiore pericolosità).

D) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

La delega al Governo impone l'abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con l'intervento proposto.

Il disegno di legge non presenta effetti abrogativi impliciti.


ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

 

A)Ambito dell'intervento, con particolare riguardo all'individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

Il disegno di legge coinvolge tutti gli uffici giudiziari nonché tutti gli appartenenti al sistema giustizia e gli utenti dello stesso.

B)Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

Si rinvia a quanto già evidenziato nella relazione illustrativa e nell'analisi tecnico normativa.

C)Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

Obiettivo del disegno di legge è quello di assicurare nell'immediato una tutela penale dell'ambiente effettiva e rapida. Nel medio/lungo periodo, si ritiene che la predisposizione di un sistema sanzionatorio ampio ed efficace, possa conseguire effetti generalpreventivi importanti, in termini di diminuzione del numero dei reati commessi a danno dell'ambiente (come previsto dalla proposta di direttiva dell'Unione europea).

D)Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

L'impatto maggiore del disegno di legge riguarda prevalentemente la polizia giudiziaria e gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado, deputati all'applicazione delle nuove norme penali sostanziali, ma non comporta effetti diretti nell'organizzazione degli uffici.

E) Aree di criticità.

Non sussistono aree di criticità.

F)Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie, valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

L'ampiezza dei campi all'interno dei quali opera il disegno di legge si riflette necessariamente sulla molteplicità delle soluzioni di volta in volta possibili; si rinvia alla relazione illustrativa per la disamina approfondita delle singole modifiche normative.

La delicatezza dell'intervento - avente ad oggetto materie assistite da riserva di legge - ha, poi, consigliato, per le parti sostanziali, il ricorso allo strumento dell'intervento diretto piuttosto che a quello della legge delega, al precipuo fine di consentire il pieno confronto parlamentare sulle diverse problematiche messe in luce dalla normativa proposta.

Viceversa, lo strumento della delega è apparso preferibile per le finalità di coordinamento e per l'introduzione della fattispecie di definizione agevolata, in ragione della natura prevalentemente tecnica dell'oggetto dell'intervento, in parte qua.

G) Strumento tecnico-normativo eventualmente più appropriato.

Il disegno di legge è l'unico strumento tecnico-normativo possibile tenuto conto della materia, riservata alla legge, oggetto dell'intervento e dell'assenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che consentono il ricorso al decreto-legge.


 


disegno di legge

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Art. 1.

(Modifiche al codice penale).

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il titolo VI del libro secondo è inserito il seguente:

«TITOLO VI-bis

DEI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE

Art. 452-bis. - (Inquinamento ambientale). - È punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 5.000 euro a 30.000 euro chiunque illegittimamente immette nell'ambiente sostanze o energie cagionando o contribuendo a cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

1) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) per la flora o per la fauna selvatica.

Art. 452-ter. - (Danno ambientale. Pericolo per la vita o per l'incolumità personale). - Nei casi previsti dall'articolo 452-bis, se la compromissione durevole o rilevante si verifica si applica la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da 20.000 euro a 60.000 euro. La compromissione si considera rilevante quando la sua eliminazione risulta di particolare complessità sotto il profilo tecnico ovvero particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti eccezionali.

Se dall'illegittima immissione deriva il pericolo concreto per la vita o per l'incolumità delle persone, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a sette anni.

 

Art. 452-quater. - (Disastro ambientale). - Chiunque illegittimamente immette nell'ambiente sostanze o energie cagionando o contribuendo a cagionare un disastro ambientale è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da 30.000 euro a 250.000 euro.

Si ha disastro ambientale quando il fatto, in ragione della rilevanza oggettiva o dell'estensione della compromissione ovvero del numero delle persone offese o esposte a pericolo, offende la pubblica incolumità.

La stessa pena si applica se il fatto cagiona un'alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema.

Art. 452-quinquies. - (Alterazione del patrimonio naturale, della flora o della fauna selvatica). - Fuori dai casi previsti dagli articoli 452-bis, 452-ter e 452-quater, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 2.000 euro a 20.000 euro chiunque illegittimamente:

1) sottrae o danneggia minerali o vegetali cagionando o contribuendo a cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante per la flora o per il patrimonio naturale;

2) sottrae animali ovvero li sottopone a condizioni o a trattamenti tali da cagionare il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante per la fauna selvatica.

Nei casi previsti dal primo comma, se la compromissione si realizza, le pene sono aumentate di un terzo.

Art. 452-sexies. - (Circostanze aggravanti). - Nei casi previsti dagli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quater e 452-quinquies, la pena è aumentata di un terzo se la compromissione o il pericolo di compromissione dell'ambiente:

1) ha per oggetto aree naturali protette o beni sottoposti a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico;

 

2) deriva dall'immissione di radiazioni ionizzanti.

Art. 452-septies. - (Traffico illecito di rifiuti). - Chiunque illegittimamente, con una o più operazioni, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, tratta, abbandona o smaltisce ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 10.000 euro a 30.000 euro.

Se la condotta di cui al primo comma ha per oggetto rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da 20.000 euro a 50.000 euro.

Se la condotta di cui al primo comma ha per oggetto rifiuti radioattivi, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a otto anni e della multa da 50.000 euro a 200.000 euro.

Le pene di cui ai commi primo, secondo e terzo sono aumentate di un terzo se dal fatto deriva il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

1) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) per la flora o per la fauna selvatica.

Se dal fatto deriva il pericolo concreto per la vita o per l'incolumità delle persone, le pene previste dal primo, secondo e terzo comma sono aumentate da un terzo alla metà.

Art. 452-octies. - (Traffico di materiale radioattivo o nucleare. Abbandono di materiale radioattivo o nucleare). - È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 50.000 euro a 250.000 euro chiunque illegittimamente cede, acquista, trasferisce, importa o esporta sorgenti radioattive o materiale nucleare. Alla stessa pena soggiace il detentore che si disfa illegittimamente di una sorgente radioattiva.

La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se dal fatto deriva il pericolo concreto di una compromissione durevole o rilevante:

1) delle originarie o preesistenti qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) per la flora o per la fauna selvatica.

Se dal fatto deriva il pericolo concreto per la vita o per l'incolumità delle persone, si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni e della multa da 15.000 euro a 100.000 euro.

Art. 452-novies. - (Delitti ambientali in forma organizzata). - Quando l'associazione di cui all'articolo 416 è diretta, anche in via non esclusiva o prevalente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate di un terzo.

Quando taluno dei delitti previsti dal presente titolo è commesso avvalendosi delle condizioni di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis ovvero avvalendosi dell'associazione di cui al medesimo articolo 416-bis, le pene previste per ciascun reato sono aumentate da un terzo alla metà.

Art. 452-decies. - (Frode in materia ambientale). - Chiunque, al fine di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, ovvero di conseguirne l'impunità, falsifica in tutto o in parte, materialmente o nel contenuto, la documentazione prescritta, ovvero fa uso di documentazione falsa, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa fino a 10.000 euro.

Se la falsificazione concerne la natura o la classificazione di rifiuti, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 5.000 euro a 20.000 euro.

Art. 452-undecies. - (Impedimento al controllo). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il titolare o il gestore di un impianto che, negando l'accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stati dei luoghi, impedisce o intralcia l'attività di controllo degli insediamenti o di parte di essi ai soggetti legittimati è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 452-duodecies. - (Delitti colposi contro l'ambiente). - Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quater, 452-quinquies, 452-septies e 452-octies è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite della metà.

Art. 452-ter decies. - (Pene accessorie. Confisca). - La condanna per taluno dei delitti previsti dagli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quater, 452-quinquies, 452-septies e 452-octies comporta, per tutta la durata della pena principale:

1) l'interdizione temporanea dai pubblici uffici;

2) l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

3) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

La condanna per taluno dei delitti previsti dal presente titolo, ad eccezione degli articoli 452-decies, 452-undecies e 452-quater decies, terzo comma, comporta la pena accessoria della pubblicazione della sentenza penale di condanna.

Alla condanna ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui all'articolo 452-septies consegue in ogni caso la confisca dei mezzi e degli strumenti utilizzati, ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del presente codice.

Alla condanna ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui all'articolo 452-octies consegue in ogni caso la confisca della sorgente radioattiva o del materiale nucleare. La sorgente o il materiale nucleare confiscati sono conferiti all'operatore nazionale ovvero al gestore di un impianto riconosciuto secondo le modalità stabilite dalla normativa tecnica nazionale.

Art. 452-quater decies. - (Bonifica e ripristino dello stato dei luoghi). - Quando pronuncia sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dall'articolo 444 del codice di procedura penale, il giudice ordina la bonifica, il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l'esecuzione a carico del condannato e dei soggetti di cui all'articolo 197 del presente codice.

L'eventuale concessione della sospensione condizionale della pena è in ogni caso subordinata all'adempimento degli obblighi di cui al primo comma.

Chiunque non ottempera alle prescrizioni imposte dalla legge, dal giudice ovvero da un ordine dell'autorità per il ripristino, il recupero o la bonifica dell'aria, delle acque, del suolo, del sottosuolo e delle altre risorse ambientali inquinate è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Art. 452-quinquies decies. - (Ravvedimento operoso). - Le pene stabilite per i delitti previsti dal presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, nell'individuazione o nella cattura di uno o più autori di reati, nell'evitare la commissione di ulteriori reati e nel consentire la sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di delitti.

Art. 452-sexies decies. - (Causa di non punibilità). - Non è punibile l'autore di taluno dei fatti previsti dal presente titolo che volontariamente rimuove il pericolo ovvero elimina il danno da lui provocati prima che sia esercitata l'azione penale»;

 

b) nel libro secondo, titolo VIII, capo I, del codice penale, prima dell'articolo 499 è inserito il seguente:

«Art. 498-bis. - (Danneggiamento delle risorse economiche ambientali). - Chiunque offende le risorse ambientali in modo tale da pregiudicarne l'utilizzo da parte della collettività, degli enti pubblici o di imprese di rilevante interesse è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 20.000 euro a 50.000 euro».

Art. 2.

(Introduzione dell'articolo 25-quinquies.1 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

1. Dopo l'articolo 25-quinquies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 25-quinquies.1. - (Reati ambientali). - 1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti previsti dal titolo VI-bis del libro secondo del codice penale si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-ter, 452-quinquies, 452-septies, primo e secondo comma, e 452-octies, primo comma, la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote;

b) per i delitti di cui agli articoli 452-quater, 452-septies, terzo, quarto e quinto comma, e 452-octies, secondo e terzo comma, la sanzione pecuniaria da trecento a mille quote.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1, lettera b), del presente articolo si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.

3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o di agevolare la commissione dei reati di cui agli articoli 452-septies e 452-octies del codice penale, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3, del presente decreto legislativo».

 

Art. 3.

(Delega al Governo).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della giustizia, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un decreto legislativo concernente il riordino, il coordinamento e l'integrazione delle disposizioni legislative concernenti illeciti penali e amministrativi in materia di difesa dell'ambiente e del territorio, nonché la previsione di una procedura di estinzione agevolata delle violazioni contravvenzionali e amministrative in materia di ambiente.

2. Almeno due mesi prima della scadenza del termine di cui al comma 1, il Governo trasmette alle Camere lo schema del decreto legislativo di cui al medesimo comma 1 per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Ciascuna Commissione esprime il proprio parere entro un mese dalla data di assegnazione dello schema del decreto legislativo. Decorso inutilmente tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.

3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) abrogazione esplicita di tutte le norme incompatibili con quelle introdotte;

b) disciplina del principio di specialità tra le sanzioni amministrative e le sanzioni penali introdotte dalla presente legge, nel senso che ai fatti puniti ai sensi del titolo VI-bis del libro secondo del codice penale si applichino soltanto le disposizioni penali, anche quando per i fatti stessi sono disposte sanzioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di ambiente;

c) previsione di una disciplina relativa all'estinzione delle contravvenzioni e delle violazioni amministrative previste dalla normativa speciale in materia ambientale, fra cui le violazioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, analoga a quella prevista dagli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, con esclusione delle violazioni relative a sostanze pericolose ovvero delle fattispecie connotate da maggiore pericolosità.

4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo, il Governo può adottare disposizioni integrative o correttive del medesimo decreto legislativo.

5. Nell'esercizio della delega di cui al presente articolo, il Governo è altresì autorizzato ad apportare alle fattispecie introdotte dagli articoli 1 e 2 le modifiche necessarie a coordinare il presente intervento legislativo con l'assetto normativo previgente, al fine di evitare duplicazioni, lacune e sovrabbondanze, anche in conformità alla normativa europea eventualmente introdotta in materia di tutela penale dell'ambiente nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della presente legge e la data o le date di entrata in vigore del decreto o dei decreti legislativi di cui al presente articolo.

 

Art. 4.

(Clausola di invarianza).

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 5.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Le disposizioni introdotte dagli articoli 1 e 2 acquistano efficacia alla data di entrata in vigore del decreto legislativo emanato ai sensi dell'articolo 3, comma 1.

 

 

 


 



[1]    Legge 6 luglio 2002, n. 137, recante Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici.

[2]    D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, recante Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352.

[3]    Recante: Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali.

[4]    Recante: Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio.

[5]    Fanno eccezione, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs.156/2006, le raccolte delle biblioteche di enti locali destinate alla lettura (l’art. 10, comma 1, lett. c), fa riferimento alle biblioteche popolari di cui all’art. 47 comma 2 del DPR 616/1977).

[6]    Decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici".

[7]    La presentazione del ricorso comporta la sospensione automatica dell’efficacia del provvedimento impugnato, salva l’applicazione delle misure cautelari.

[8]    Con riguardo alle opere di architettura contemporanea si segnala che l’articolo 37, comma 4, prevede la possibilità per i proprietari di ricevere un contributo in conto interessi nel caso in cui il soprintendente ne abbia riconosciuto il particolare valore artistico.

[9]     Si ricorda, al riguardo, che la tutela del patrimonio artistico delle Prima guerra mondiale è stata oggetto della legge 7 marzo 2001, n. 78.

[10]   Tale ultima precisazione è stata introdotta dal D.Lgs. n. 156/2006.

[11]   Tale Convenzione definisce regole comuni per la protezione, la pianificazione e la gestione dei paesaggi nel diritto internazionale. L'importanza della Convenzione sta anche nell'obbligo, per i Paesi aderenti al Consiglio d'Europa che la sottoscrivono, di adeguare le proprie leggi alle direttive previste.

[12] L’accordo (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2001) rappresenta un documento programmatico in cui lo Stato, da un lato, e gli enti territoriali, dall’altro, individuano le rispettive competenze in materia di pianificazione paesaggistica. Esso individua i criteri e le modalità per la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali aventi le medesime finalità di salvaguardia dei valori paesistici e ambientali. Prevede altresì che vengano individuati gli ambiti di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio, cui corrispondono specifici obiettivi di qualità paesistica.

[13]   La ricostruzione del sistema sanzionatorio è sostanzialmente tratta dal Dossier mensile di Guida al diritto n. 4 dell’aprile 2004.

[14]    Disposizioni di analogo tenore erano già contenute nelle precedenti leggi finanziarie: tuttavia, rispetto alle precedenti discipline, il “blocco del turn over” disposto dalla L. 311/2004 riguarda non un solo anno, ma un triennio (2005-2007).

[15]   Gli enti di cui al citato articolo 70, comma 4, sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[16]   Per specifiche amministrazioni, tra le quali rientra anche il Ministero per i beni e le attività culturali, in attuazione del comma 104 è stato emanato, da ultimo, il D.P.C.M. 16 gennaio 2007.

[17]   “Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti”.

[18]   “Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144”.