Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del c.p.p. in tema di rimessione del processo A.C. 1573 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC n. 1573/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 129
Data: 26/03/2007
Descrittori:
PROCESSO PENALE   RIMESSIONE DI PROCEDIMENTI PENALI
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del c.p.p.
in tema di rimessione del processo

A.C. 1573

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 129

 

 

26 marzo 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

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File: GI0118.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali6

§      Impatto sui destinatari delle norme  7

§      Formulazione del testo  7

Schede di lettura

Quadro normativo  11

Contenuto della proposta di legge  16

§      Art. 1.16

§      Art. 2.19

§      Art. 3.20

§      Art. 4.21

§      Art. 5.22

§      Art. 6.23

§      Art. 7.24

Testo a fronte  25

Progetto di legge

§      A.C. 1573, (on. Maran ed altri), Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale e abrogazione della legge 7 novembre 2002, n. 248  31

§      Codice penale (artt. 2, 157-161)43

§      Codice di procedura penale (artt. 8-11, 45-49, 127, 610)49

§      L. 3 aprile 1974, n. 108. Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale. (art. 2, comma 1, n. 15)58

§      L. 16 febbraio 1987, n. 81. Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale (art. 2, comma 1, n. 17)59

§      D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271. Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale  (tabella A)60

§      L. 7 novembre 2002, n. 248. Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale.61

Documentazione

§      Relazione al progetto preliminare del 1978 del nuovo codice di procedura penale e parere della Commissione parlamentare consultiva (stralci)65

§      Lavori preparatori relativi alla direttiva n. 17 della legge delega n. 81 del 1987  67

§      Relazioni al progetto preliminare e al testo definitivo del nuovo codice di procedura penale del 1988 (stralci)84

§      Pareri della Commissione parlamentare per il parere al Governo sulle norme delegate relative al nuovo codice di procedura penale del 1988 (stralci)92

§      Parere della Corte di Cassazione sul progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale del 1988 (stralci)99

§      Parere del Consiglio superiore della magistratura sul progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale del 1988 (stralci)100

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1573

Titolo

Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale e abrogazione della legge 7 novembre 2002, n. 248

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

No

Numero di articoli

7

Date

 

§       presentazione alla Camera

2 agosto 2006

§       annuncio

2 agosto 2006

§       assegnazione

4 ottobre 2006

Commissione competente

II commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I commissione (Affari costituzionali)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge A.C. 1573, composta da 7 articoli, novella gli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale, riguardanti l'istituto della rimessione del processo penale, al fine di reintrodurre nel nostro ordinamento giuridico la disciplina del citato istituto vigente precedentemente all'entrata in vigore della legge 7 novembre 2002, n. 248 (c.d." legge Cirami")[1].

 

In particolare, l'articolo 1 del provvedimento interviene sull'articolo 45 c.p.p., rubricato “Casi di rimessione”, allo scopo di escludere dalle ipotesi che legittimano la richiesta di rimessione del processo quella giustificata da "motivi di legittimo sospetto".

 

I successivi articoli 2 e 3 della proposta in esame, intervenendo, rispettivamente, sugli articoli, 47 e  48 c.p.p., disciplinano le vicende procedurali conseguenti alla presentazione della richiesta di rimessione, con particolare riferimento ai suoi effetti nel processo in corso e alla relativa decisione.

 

L'articolo 4 novella, invece, l'articolo 49 c.p.p. riguardante le nuove richieste di rimessione.

 

I successivi articoli 5 e 6 provvedono, poi, all'espressa abrogazione della citata legge n. 248 del 2002 ed in materia di diritto intertemporale, con la previsione dell’applicabilità della nuova normativa ai processi in corso.

 

Da ultimo, l'articolo 7 dispone l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 

Relazioni allegate

Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare corredata, pertanto, della sola relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il provvedimento in esame interviene su specifici articoli del codice di procedura penale: si giustifica, pertanto, l’utilizzo dello strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La base giuridica del provvedimento che, come accennato, interviene su norme processuali contenute nel codice di procedura penale, è ravvisabile nell’articolo 117, comma 2, lettera l) (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa). Si tratta, pertanto, di materia rientrante nella potestà legislativa esclusiva dello Stato.

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L'istituto della rimessione del processo coinvolge una pluralità di interessi costituzionalmente garantiti in quanto accanto al principio previsto dall'articolo 111 della Costituzione a garanzia dell'indipendenza e dell'imparzialità del giudice, di cui l'istituto in esame rappresenta un'attuazione, rileva, altresì, il principio di cui all’articolo 25, comma 1, della stessa Costituzione, in base al quale nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge (cfr.quadro normativo).

 

Coordinamento con la normativa vigente

La tecnica utilizzata per effettuare il coordinamento con la normativa vigente è quella della “novellazione”: la proposta di legge, infatti, sostituisce alcuni articoli contenuti nel codice di procedura penale.

 

Impatto sui destinatari delle norme

In via generale, destinatari del possibile impatto della disciplina recata dal provvedimento in esame sono gli organi della giurisdizione penale e le stesse parti nei processi oggetto di rimessione.

 

Formulazione del testo

In relazione alla formulazione dell'articolo 6, si osserva che da una interpretazione meramente letterale di tale disposizione sembra evincersi che tutte le richieste di rimessione pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della presente legge, debbano essere dichiarate inammissibili dalla Corte, qualunque ne sia il fondamento.

Al riguardo, appare opportuno verificare se l'intenzione dei proponenti la proposta di legge in oggetto non sia, diversamente, quella di limitare l'inammissibilità alle sole richieste avanzate sulla base del c.d. "legittimo sospetto", oggetto della novella introdotta dalla legge n. 248 del 2002 ed eliminata dall’intervento legislativo  in esame.

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

 

La legge 7 novembre 2002, n. 248, Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale, approvata nel corso della XIV legislatura ed originata dalla presentazione presso il Senato di un disegno di legge a firma del senatore Cirami, ha modificato la disciplina dell'istituto della rimessione del processo penale (artt. 45 e ss. c.p.p.), intervenendo sui presupposti e sugli effetti della richiesta, sulla relativa decisione e sulla disciplina transitoria.

 

L’istituto della rimessione del processo ha carattere eccezionale e, con l’astensione e la ricusazione, costituisce uno degli strumenti attraverso i quali l’ordinamento processuale penale mira ad assicurare l’imparzialità e l’indipendenza del giudice e l’inviolabilità dei diritti della difesa.

Come è noto, mentre l’astensione e la ricusazione presuppongono situazioni di incompatibilità direttamente riferibili alla persona fisica del magistrato (anche quando interessi una pluralità di essi o addirittura tutti i giudici facente parte dell’organo collegiale), al contrario, la rimessione trova fondamento in situazioni di incompatibilità che coinvolgono direttamente l’organo giudicante considerato nella sua collegialità. In particolare, la translatio judicii, che si giustifica con l’accertata inidoneità (per cause di natura “ambientale”) di un intero ufficio giudiziario ad esercitare le proprie funzioni giudicanti in un determinato processo, comporta l’attribuzione della cognizione del processo ad un giudice diverso da quello territorialmente competente ex art. 8 c.p.p .

 

In sintesi, l’attuale formulazione dell’articolo 45 c.p.p., frutto dell’approvazione della c.d. legge Cirami, prevede il legittimo sospetto tra le cause di rimessione del processo. Più precisamente, viene sancito che la Corte di cassazione può rimettere il processo ad altro giudice, in ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili comportino una delle tre seguenti conseguenze:

 

§      il pregiudizio per la libera determinazione delle persone che partecipano al processo;

§      il pregiudizio per la sicurezza o l’incolumità pubblica;

§      il verificarsi di motivi di legittimo sospetto.

 

Chiamata a confrontarsi con il testo dell’art. 45 c.p.p. come modificato dalla legge n. 248 e quindi sul verificarsi di motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione ha affermato che «l’istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessità di un'interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la "translatio iudicii". Ne consegue che, da un lato, per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice (inteso come l'ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall'altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa» (cfr. Cass. SS.UU. penali, ordinanza n. 13687 del 2003; Cass. Pen., sez. II, sent. n. 17519 del 2004[2]).

 

La richiesta di rimessione alla Corte di cassazione deve essere motivata e può essere presentata da:

§      il procuratore generale presso la Corte d'appello;

§      il pubblico ministero presso il giudice che procede;

§      l'imputato.

 

In tali casi la Suprema Corte rimette il processo ad altro giudice secondo la disciplina relativa ai procedimenti riguardanti i magistrati (articolo 11 del codice di procedura penale).

 

Ai sensi dell'articolo 11 c.p.p., comma 1, i procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, che secondo le norme del capo primo del medesimo c.p.p.( giurisdizione) sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d'appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni o le esercitava al momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello determinato dalla legge

Ai sensi del successivo comma 2, se nel distretto determinato ai sensi del citato comma 1 il magistrato stesso è venuto ad esercitare le proprie funzioni in un momento successivo a quello del fatto, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d'appello determinato ai sensi del medesimo comma 1.

Il successivo comma 3, da ultimo, prevede che i procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato sono di competenza del medesimo giudice individuato a norma del  precedente comma 1 .

 

 

Quanto agli effetti della richiesta di rimessione, l’articolo 47 c.p.p., come sostituito dall’articolo 1, comma 2, della legge n. 248/2002, prevede anzitutto la sospensione del processo.

 

Tale sospensione è

§      obbligatoria: il giudice deve sempre sospendere il processo quando il processo stesso giunge alla fase delle conclusioni e dunque prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione; il decreto che dispone il giudizio o la sentenza non possono comunque essere pronunciati quando la richiesta di rimessione ha superato il primo vaglio di ammissibilità essendo stata assegnata alle sezioni Unite o a sezione diversa da quella prevista dall'articolo 610 c.p.p. (v. infra)[3];

§      facoltativa: in tutti gli altri casi il giudice può disporre la sospensione del processo, con un’ordinanza, fino a che non interviene l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. La Corte di cassazione può sempre disporre con ordinanza la sospensione;

§      esclusa: quando la richiesta non è fondata su elementi nuovi rispetto a quelli previsti in altra richiesta già rigettata o dichiarata inammissibile.

 

Laddove sia disposta la sospensione del processo, questa ha effetto fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile la richiesta (art. 47, comma 1).

 

Ai sensi del comma 4 dell'articolo 47, la sospensione del processo comporta che anche il corso della prescrizione rimane sospeso (ai sensi dell’art. 159 c.p.) e se la richiesta è stata proposta dall'imputato sono inoltre sospesi i termini di durata massima della custodia cautelare (di cui all’art. 303, comma 1, c.p.p.).

 

Il medesimo comma 4 stabilisce, inoltre, che la prescrizione e i termini di custodia cautelare riprendono il loro corso quando la Cassazione rigetta la richiesta o, una volta accolta, il giorno in cui il processo davanti al giudice designato dalla Corte perviene al medesimo stato in cui si trovava al momento della sospensione. Ai sensi del comma 3 dell’art. 47 c.p.p. la sospensione non impedisce, comunque, il compimento degli atti urgenti.

 

L’attuale formulazione dell’articolo 48 c.p.p., relativo alla procedura che concerne la decisione sulla richiesta di rimessione, prevede un filtro preliminare operato dal Presidente della Corte di cassazione, il quale, se ravvisa una causa d'inammissibilità della richiesta, assegna la richiesta stessa all'apposita sezione prevista dall'articolo 610 c.p.p. (cioè alla sezione alla quale il Presidente assegna i ricorsi rispetto ai quali rilevi una causa di inammissibilità).

In tutti gli altri casi, l’assegnazione della richiesta di rimessione alle sezioni Unite o a sezione diversa da quella di cui all’art. 610, co. 1, c.p.p. deve quindi essere comunicata immediatamente al giudice che procede. In questi casi l’assoluta tempestività della comunicazione è giustificata dal fatto che solo la devoluzione alla sezione diversa da quella di cui al citato articolo 610, comma 1, appare destinata a produrre l'obbligatorio effetto sospensivo disciplinato dall'articolo 47 c.p.p. (v. sopra).

 

Quanto alla decisione in senso stretto, questa viene assunta dalla Cassazione in camera di consiglio, dopo aver acquisito le opportune informazioni.

In caso di accoglimento della richiesta, la relativa ordinanza dovrà essere comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice procedente dovrà:

 

§      trasmettere gli atti del processo al giudice designato;

§      disporre che l'ordinanza della Cassazione sia comunicata per estratto al pubblico ministero;

§      disporre che l’ordinanza della Cassazione sia notificata alle parti.

 

Nel nuovo processo, che si aprirà a seguito dell’accoglimento dell’istanza di rimessione, il giudice designato procederà alla rinnovazione degli atti compiuti nel precedente processo, prima dell’accoglimento dell’istanza di rimessione, soltanto quando vi sia la richiesta in tal senso di una delle parti e non si tratti di atti dei quali sia divenuta impossibile la ripetizione.

In caso di rigetto della richiesta presentata dall’imputato, questi, tramite ordinanza, potrà essere condannato pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro.

 

L’articolo 1, comma 4, della c.d. legge Cirami ha sostituito l’articolo 49 c.p.p., relativo ad una nuova richiesta di rimessione e dispone che:

 

§      in caso di accoglimento della richiesta di rimessione, l’imputato e il pubblico ministero possono comunque proporre una nuova istanza volta alla revoca del primo provvedimento o alla designazione di un nuovo giudice;

§      in caso di rigetto della richiesta di rimessione ovvero di dichiarazione d’inammissibilità della stessa (per manifesta infondatezza o per motivi diversi), sarà sempre possibile proporre nuovamente l’istanza, purché fondata su elementi nuovi.

 

Infine, la legge n. 248 del 2002 ha disciplinato il regime transitorio stabilendo che la nuova disciplina dovesse applicarsi anche ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore (8 novembre 2002) e che le richieste di rimessione già presentate alla medesima data conservassero efficacia.


Contenuto della proposta di legge

Art. 1.


1. L'articolo 45 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 45. - (Casi di rimessione). - 1. In ogni stato e grado del processo di merito, quando la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell'articolo 11».

 


 

 

La proposta di legge in commento mira ad abrogare la legge n. 248 del 2002 (c.d. legge Cirami) e a reintrodurre la disciplina della rimessione del processo penale in vigore fino alla data del 7 novembre 2002.

 

In particolare, l’articolo 1, sostituisce l’articolo 45 c.p.p., rubricato “Casi di rimessione”, ripristinando la formulazione vigente prima dell’entrata in vigore della citata legge n. 248 del 2002.

La disposizione prevede che in ogni stato e grado del processo di merito, quando la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle personeche partecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato (l’istanza, quindi, non può essere richiesta d’ufficio dal giudice), rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell'articolo 11 (ovvero al giudice ugualmente competente per materia che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d’appello più vicino, individuato in base alla tabella A allegata alle norme di attuazione del codice).

 

I presupposti della rimessione tornano dunque ad essere le gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili che possono comportare una delle due seguenti conseguenze:

 

§      il pregiudizio per la libera determinazione delle persone che partecipano al processo;

§      il pregiudizio per la sicurezza o l’incolumità pubblica.

Rispetto al testo attualmente in vigore viene espunto il riferimento letterale all’ipotesi di rimessione per motivi di legittimo sospetto.

 

In presenza dei presupposti indicati dall’art. 45, i soggetti legittimati (il procuratore generale presso la corte d’appello, il pubblico ministero presso il giudice procedente o l’imputato) possono rivolgere richiesta di rimessione con domanda (corredata dei relativi documenti) depositata presso la cancelleria del giudice, da notificare entro sette giorni alle altre parti (ai sensi dell’articolo 46 c.p.p., che non è oggetto di intervento normativo).

 

Si segnala che l’istituto della rimessione era previsto anche al codice di procedura penale del 1930.

L’art. 55 c.p.p. previgente stabiliva infatti (primo comma) che “in ogni stato e grado del procedimento di merito, per gravi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto sulla richiesta del procuratore generale presso la corte d’appello o presso la corte di cassazione questa può rimettere l’istruzione o il giudizio da uno ad altro giudice di sede diversa. L’imputato può proporre istanza di rimessione soltanto per legittimo sospetto; questa facoltà non compete alle parti private” (secondo comma).

La direttiva n. 15 (art. 2, comma 1) della legge 3 aprile 1974, n. 108, di delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, confermava quasi integralmente la formulazione dell’art. 55, disponendo che il Governo ammettesse la rimessione anche su richiesta dell’imputato “per gravi ed oggettivi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto”.

Nel relativo progetto preliminare del 1978 (art. 52), poi rapidamente tramontato, la Commissione redigente ministeriale (Commissione Conso-Pisapia) collegava però la rimessione non al legittimo sospetto, ma a “gravi situazioni locali idonee a turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, quando fossero pregiudicate la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo”. Sul testo dell’art. 52, la Commissione consultiva parlamentaremanifestava, però, la propria contrarietà ad una interpretazione della direttiva n. 15 che escludesse ogni riferimento al legittimo sospetto, ritenendo più opportuno utilizzare gli stessi termini della legge di delega, ritenuti sufficientemente chiari. Concludeva la Commissione, affermando l’indispensabilità “in una materia di così vasto rilievo costituzionale e politico” di “evitare ogni possibile dubbio sull’esatta corrispondenza tra il testo del codice e le direttive della delega”.

Successivamente, la legge 16 febbraio 1987, n. 81, di delega al Governo per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale, ripetendo quasi integralmente il testo dell'indicato articolo 55 aveva espressamente previsto, tra i principi alla base della delega, la rimessione del processo “per gravi e oggettivi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto” (art. 2, comma 1, n. 17).

Nella Relazione al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale, la Commissione ministeriale incaricata della redazione del testo (cd. Commissione Pisapia) riferiva di avere "ampiamente dibattuto sulla disposizione in esame", in particolare valutando “l'opportunità di adottare la formulazione della direttiva n. 17 della legge-delega già suggerita dalla Commissione consultiva (con riferimento all'articolo 52 del progetto del 1978 ed alla direttiva 15 della legge delega del 1974) «per evitare il pericolo di possibili contrasti o dubbi interpretativi nei rapporti tra legge delega e normativa delegata» in una materia di alto rilievo politico e costituzionale". Tuttavia, la Commissione aveva ritenuto di confermare il testo del progetto del 1978 per ovviare agli inconvenienti, segnalati anche durante i lavori parlamentari della delega del 1974 “e discendenti dall’adozione di formule generiche come quella dell’art. 55 c.p.p.”

Mentre la Commissione consultiva parlamentare (Commissione Gallo) nel proprio parere sul progetto preliminare del nuovo c.c.p. nulla obiettava quanto alla norma delegata sui casi di rimessione, la Corte di cassazione, nell’analogo parere trasmesso al Ministro di grazia e giustizia l’8 aprile 1988, affermava, quanto alle ipotesi di rimessione indicate nell’art. 46 (art. 45 nel progetto definitivo), che la formulazione della norma, eliminando qualsiasi riferimento al legittimo sospetto, sembrasse porsi in contrasto con la direttiva 17 della legge delega che, invece, espressamente la prevedeva. La Suprema Corte, in conclusione, riteneva che “all’adozione di una formula con specifiche indicazioni, che in definitiva può risultare anche riduttiva con esclusione di casi che invece vanno contemplati, sembra preferibile l’adozione delle espressioni tradizionali, ormai ampiamente elaborate dalla giurisprudenza, semmai rendendo esplicito qualche concetto, come quello di ordine processuale e in tal modo verrebbe rispettata la direttiva 17 della legge delega”.

Anche il Consiglio superiore della magistratura in sede di parere sullo stesso progetto preliminare del nuovo c.p.p. (seduta del 19 luglio 1988) valutava come “del tutto esatti” i rilievi formulati sul punto dalla Cassazione.

Tali rilievi, affermava il C.S.M., “si incentrano sulla assai discutibile interpretazione riduttiva che il legislatore delegato ha fatto del disposto della direttiva n. 17 della legge delega che fa riferimento a «gravi ed oggettivi motivi di ordine pubblico» e a motivi di «legittimo sospetto»: formule la cui ampiezza invero mal si concilia con la tipizzazione operata dal legislatore delegato”.

Nella Relazione al testo definitivo del nuovo codice di procedura penale., la Commissione Pisapia concludeva sulla questione in oggetto affermando che “è rimasta immutata la previsione dei casi di rimessione, disattendendosi i rilievi formulati dalla Corte di cassazione che aveva ravvisato una violazione della delega nella eliminazione di «qualsiasi riferimento al legittimo sospetto». Si è ritenuto, infatti, che la formulazione adottata – risultante da una meditata scelta del legislatore delegato – recuperasse integralmente ed espressamente tutti i criteri elaborati dalla giurisprudenza nell’interpretazione dell’articolo 55 del codice vigente e segnalati dalla Cassazione nel suo parere”.

 

 


 

Art. 2.


1. L'articolo 47 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 47. - (Effetti della richiesta). - 1. La richiesta di rimessione non sospende il processo.

2. La Corte di cassazione può disporre con ordinanza la sospensione del processo. La sospensione non impedisce il compimento degli atti urgenti».

 

 


 

 

L’articolo 2 sostituisce l’articolo 47 c.p.p., relativo agli effetti della richiesta di rimessione, anche in questo caso ripristinando il testo in vigore prima della c.d. Legge Cirami.

 

Si stabilisce, infatti, che la richiesta di rimessione non è causa di sospensione del processo (comma 1); la sospensione potrà essere disposta con ordinanza dalla Corte di cassazione (evidentemente, in presenza di un fumus favorevole alla richiesta), senza che ciò sia motivo di impossibilità al compimento degli atti urgenti (comma 2).

 

Si ricorda, per completezza, che la disposizione formalmente in vigore fino al 7 novembre 2002 vietava la pronuncia della sentenza da parte del giudice fino all’emissione dell’ordinanza della Cassazione che rigettava o dichiarava inammissibile la richiesta di rimessione; sul punto era però già intervenuta la Corte costituzionale che, con sentenza 22 ottobre 1996, n. 353, aveva dichiarato illegittima tale disposizione in quanto, permettendo all’imputato di reiterare più volte la richiesta, gli consentiva di impedire ad libitum la definizione del processo.


 

Art. 3.


1. L'articolo 48 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 48. - (Decisione). - 1. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.

2. L'ordinanza che accoglie la richiesta è comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette immediatamente gli atti del processo al giudice designato e dispone che l'ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti private.

3. Il giudice designato dalla Corte di cassazione dichiara, con ordinanza, se e in quale parte gli atti già compiuti conservano efficacia. Nel processo davanti a tale giudice le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente.

4. Se la corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta dell'imputato, questi con la stessa ordinanza può essere condannato al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro duecentocinquanta a euro millecinquecento».


 

 

L’articolo 3 novella l’articolo 48 c.p.p. stabilendo che la decisione sull’eventuale spostamento del processo è di competenza della Corte di cassazione, che delibera in camera di consiglio dopo aver assunto, se necessario le opportune informazioni (comma 1).

 

La decisione, assunta con ordinanza, in caso di accoglimento della richiesta è comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice originariamente investito del processo trasmette immediatamente gli atti ad esso relativi al nuovo giudice, disponendo che l’estratto dell'ordinanza della Suprema Corte sia comunicata al PM e notificata alle parti private (comma 2).

 

Spetta al nuovo giudice individuato dalla Cassazione ai sensi dell’art. 11 c.p.p dichiarare, con ordinanza, l’eventuale efficacia (totale o parziale) degli atti processuali già compiuti. Nel nuovo processo le parti esercitano gli stessi diritti e le stesse facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente (comma 3).

Nel caso, invece, in cui la Corte rigetti o dichiari inammissibile la richiesta di rimessione proposta dall'imputato, questi, con la stessa ordinanza, può essere condannato al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da € 250 a € 1.500 (comma 4).

 

Nella formulazione in vigore prima della riforma introdotta dalla legge 7 novembre 2002, n. 248, la sanzione amministrativa era fissata in una somma da € 258 a € 1.549.


 

Art. 4.


1. L'articolo 49 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 49. - (Nuova richiesta di rimessione). - 1. Anche quando la richiesta di rimessione è stata accolta, il pubblico ministero o l'imputato può chiedere un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice. Si osservano le disposizioni dell'articolo 47.

2. L'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta purché sia fondata su elementi nuovi. La richiesta dichiarata inammissibile per altri motivi può essere sempre riproposta».


 

 

L’articolo 4 sostituisce l’articolo 49, relativo ad una nuova richiesta di rimessione.

 

La disposizione – identica a quella in vigore fino al novembre 2002 – prevede che l’accoglimento dell’istanza non impedisce la riproposizione di una nuova richiesta di rimessione da parte del pubblico ministero o dell’imputato (ma non del procuratore generale presso la Corte d’appello), finalizzata alla revoca del provvedimento precedente ovvero alla designazione di un nuovo, ulteriore giudice. Per ovviare a possibili finalità dilatorie delle reiterate richieste, la norma prevede l’applicabilità delle disposizioni dell’art. 47 relative alla sospensione del processo principale (comma 1).

 

L’eventualità, invece, che l’ordinanza della Cassazione rigetti o dichiari la inammissibilità della richiesta per manifesta infondatezza non ne impedisce una ulteriore riproposizione sebbene “fondata su elementi nuovi” in omaggio al principio del ne bis in idem. Se invece l’ordinanza dichiara inammissibile la richiesta di rimessione per motivi diversi dalla manifesta infondatezza, questa può sempre essere riproposta (comma 2).

 


Art. 5.

1. La legge 7 novembre 2002, n. 248, è abrogata.

 

L’articolo 5 abroga la legge 7 novembre 2002, n. 248.

 

Al riguardo, si ricorda che la legge n. 248 del 2002 è costituita da un solo articolo, a sua volta ripartito in sei commi.

Di questi, i primi quattro intervengono sugli artt. 45, 47, 48 e 49 del codice di rito, che la proposta di legge in commento sostituisce integralmente.

Il comma 5 contiene la disciplina transitoria, da applicare alle richieste di rimessione che risultassero già presentate al momento di entrata in vigore della legge (8 novembre 2002).

Da ultimo, il comma 6 disciplina unicamente l’entrata in vigore della legge.

 

!


 

Art. 6.


1. La presente legge si applica anche ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore. Le richieste di rimessione pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della presente legge, per le quali non sia ancora intervenuta pronuncia di accoglimento, di rigetto o di inammissibilità, sono dichiarate inammissibili dalla stessa Corte, in camera di consiglio, a norma dell'articolo 127 del codice di procedura penale, con ordinanza non impugnabile.


 

 

 

L’articolo 6 riguarda la disciplina transitoria del provvedimento in esame.

 

E’, in primo luogo, precisata l’applicabilità della nuova disciplina della rimessione ai processi in corso alla data di entrata in vigore della legge.

 

In relazione, invece, alle richieste di rimessione pendenti, alla stessa data, davanti alla Corte di cassazione, il provvedimento precisa che la Corte di cassazione dovrà dichiararne l’inammissibilità con ordinanza non impugnabile pronunciata in camera di consiglio.

 

In relazione alla formulazione di questo articolo si osserva che da una interpretazione meramente letterale della disposizione sembra evincersi che tutte le richieste di rimessione pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della presente legge debbano essere dichiarate inammissibili dalla Corte, qualunque ne sia il fondamento.

Al riguardo, appare opportuno verificare se l'intenzione dei proponenti la proposta di legge in oggetto non sia, diversamente, quella di limitare l'inammissibilità alle sole richieste avanzate in base al c.d. legittimo sospetto, oggetto della novella introdotta dalla legge n. 248 del 2002 ed eliminata dall’intervento legislativo in esame.

 


 

Art. 7.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

L'articolo 7 della proposta di legge dispone l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.


Testo a fronte

Normativa vigente

P.d.l. AC. 1573

 

 

Codice di procedura penale

 

Capo VIII

 

Rimessione del processo

 

 

 

Art. 45

Art. 45

Casi di rimessione

Casi di rimessione

1. In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell'articolo 11.

1. In ogni stato e grado del processo di merito, quando la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell'articolo 11

 

 

 

 

Art. 47

Art. 47

Effetti della richiesta

Effetti della richiesta

1. In seguito alla presentazione della richiesta di rimessione il giudice può disporre con ordinanza la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. La Corte di cassazione può sempre disporre con ordinanza la sospensione del processo.

1. La richiesta di rimessione non sospende il processo.

 

 

2. La Corte di cassazione può disporre con ordinanza la sospensione del processo. La sospensione non impedisce il compimento degli atti urgenti.

2. Il giudice deve comunque sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione e non possono essere pronunciati il decreto che dispone il giudizio o la sentenza quando ha avuto notizia dalla Corte di cassazione che la richiesta di rimessione è stata assegnata alle sezioni unite ovvero a sezione diversa dall'apposita sezione di cui all'articolo 610, comma 1. Il giudice non dispone la sospensione quando la richiesta non è fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di altra già rigettata o dichiarata inammissibile.

 

3. La sospensione del processo ha effetto fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile la richiesta e non impedisce il compimento degli atti urgenti.

 

4. In caso di sospensione del processo si applica l'articolo 159 del codice penale e, se la richiesta è stata proposta dall'imputato, sono sospesi i termini di cui all'articolo 303, comma 1. La prescrizione e i termini di custodia cautelare riprendono il loro corso dal giorno in cui la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta ovvero, in caso di suo accoglimento, dal giorno in cui il processo dinanzi al giudice designato perviene al medesimo stato in cui si trovava al momento della sospensione. Si osservano in quanto compatibili le disposizioni dell'articolo 304.

 

 

 

 

 

Art. 48

Art. 48

Decisione

Decisione

1. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.

1. Identico.

2. Il Presidente della Corte di cassazione, se rileva una causa d'inammissibilità della richiesta, dispone che per essa si proceda a norma dell'articolo 610, comma 1.

 

3. L'avvenuta assegnazione della richiesta di rimessione alle sezioni unite o a sezione diversa dall'apposita sezione prevista dall'articolo 610, comma 1, è immediatamente comunicata al giudice che procede.

 

4. L'ordinanza che accoglie la richiesta è comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette immediatamente gli atti del processo al giudice designato e dispone che l'ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti private.

2. Identico.

5. Fermo quanto disposto dall'articolo 190-bis, il giudice designato dalla Corte di cassazione procede alla rinnovazione degli atti compiuti anteriormente al provvedimento che ha accolto la richiesta di rimessione, quando ne è richiesto da una delle parti e non si tratta di atti di cui è divenuta impossibile la ripetizione. Nel processo davanti a tale giudice, le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente.

3. Il giudice designato dalla Corte di cassazione dichiara, con ordinanza, se e in quale parte gli atti già compiuti conservano efficacia. Nel processo davanti a tale giudice le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente.

 

6. Se la Corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private queste con la stessa ordinanza possono essere condannate al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.

4. Se la corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta dell'imputato, questi con la stessa ordinanza può essere condannato al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 250 a euro 1.500.

 

 

 

 

Art. 49

Art. 49

Nuova richiesta di rimessione

Nuova richiesta di rimessione

1. Anche quando la richiesta è stata accolta, il pubblico ministero o l'imputato può chiedere un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice.

1. Anche quando la richiesta di rimessione è stata accolta, il pubblico ministero o l'imputato può chiedere un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice. Si osservano le disposizioni dell'articolo 47.

2. L'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta purché fondata su elementi nuovi.

2. L'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta purché sia fondata su elementi nuovi. La richiesta dichiarata inammissibile per altri motivi può essere sempre riproposta

 

3. È inammissibile per manifesta infondatezza anche la richiesta di rimessione non fondata su elementi nuovi rispetto a quelli già valutati in una ordinanza che ha rigettato o dichiarato inammissibile una richiesta proposta da altro imputato dello stesso procedimento o di un procedimento da esso separato.

 

4. La richiesta dichiarata inammissibile per motivi diversi dalla manifesta infondatezza può essere sempre riproposta.

 

 

 

 


Progetto di legge

 


N. 1573

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

MARAN, BALDUCCI, BUEMI, CESARIO, CRAPOLICCHIO, FORGIONE, GAMBESCIA, LEONI, MARONE, NACCARATO, PALOMBA, SAMPERI, SUPPA, TENAGLIA, VELO

¾

 

Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale e abrogazione della legge 7 novembre 2002, n. 248

 

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Presentata il 2 agosto 2006

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Onorevoli Colleghi! - La legge 7 novembre 2002, n. 248, comunemente nota come «legge Cirami», modifica quattro articoli del codice di procedura penale riguardanti la disciplina della rimessione (articoli 45, 47, 48, 49).

      La rimessione, istituto strettamente processuale di carattere eccezionale, è uno degli strumenti che, insieme alla ricusazione e all'astensione, mirano ad assicurare l'imparzialità e l'indipendenza del giudice e il diritto alla difesa. Mentre l'astensione e la ricusazione presuppongono situazioni di incompatibilità riferibili alla persona fisica del magistrato, la rimessione trova il fondamento in situazioni di incompatibilità che coinvolgono l'organo giudicante nella sua collegialità e la conseguente translatio judicii si giustifica con l'accertata inidoneità di un intero ufficio giudiziario ad esercitare le proprie funzioni giudicanti in un determinato processo per cause di natura «ambientale». Ciò comporta la rimessione del processo mediante ordinanza della Corte di cassazione e l'attribuzione della cognizione del processo stesso a un giudice diverso da quello territorialmente competente, sulla base della disciplina relativa ai procedimenti riguardanti i magistrati (articolo 11 del codice di procedura penale).

      Le modifiche apportate dalla legge Cirami in tema di rimessione si incentrano sui seguenti punti.

      1) Reintroduzione del «legittimo sospetto» tra le cause di trasferimento del processo (articolo 45), mutuando una formula del passato, superata con la riforma del codice di procedura penale del 1989. La scelta mediata da parte del legislatore delegato di non riprodurre tale formula era animata - con il conforto della giurisprudenza prevalente e di autorevole dottrina - dall'intento di applicare in senso restrittivo la rimessione e impedire che, sulla base di formulazioni vaghe e imprecise, fosse invocato troppo facilmente un istituto che si configura come un'eccezione del sistema. La legge Cirami è stata formalmente giustificata dal centrodestra come un intervento «necessario» sulla base di una mancata previsione nel codice di rito dell'ipotesi del legittimo sospetto, quale presupposto per la rimessione del processo penale, in contrasto con il criterio direttivo di cui all'articolo 2, comma 1, numero 17), della legge delega (legge n. 81 del 1987), che invece espressamente la prevedeva.

      A noi appare che la formula adottata dal legislatore delegato fosse la più confacente al contemperamento dell'esigenza di tutelare il principio del giudice naturale precostituito per legge e quella di essere assoggettati ad un giudice imparziale.

      La legge Cirami ha invece riprodotto una formula vaga e indistinta, già precedentemente «censurata» e senza, peraltro, collegarla all'elemento delle gravi situazioni locali, collegamento fra le due cause che avrebbe almeno circoscritto l'ambito della dizione ambigua di «sospetto».

      2) Quanto agli effetti della richiesta di rimessione (articolo 47), viene introdotta la sospensione obbligatoria: il giudice deve sempre sospendere il processo quando lo stesso giunge alla fase delle conclusioni e della discussione; il decreto che dispone la sentenza o il giudizio non possono comunque essere pronunciati quando la richiesta di rimessione ha superato il primo vaglio di ammissibilità da parte del presidente della Corte di cassazione. In tutti gli altri casi la sospensione è facoltativa. La sospensione del processo comporta anche la sospensione del corso della prescrizione, così come sono sospesi i termini della durata massima della custodia cautelare, fino al momento del pronunciamento della Corte. Tali sospensioni mitigano solo in parte l'interesse a strumentalizzare a fini dilatori la durata del processo, che sembra essere incoraggiata proprio dalla nuova previsione della sospensione obbligatoria, con il rischio di compromettere il bene costituzionale dell'efficienza del processo.

      3) Relativamente alla decisione sulla richiesta di rimessione (articolo 48), si introduce un filtro preliminare operato dal presidente della Corte di cassazione, il quale se ravvisa una causa d'inammissibilità assegna la richiesta all'apposita sezione prevista dall'articolo 610 del codice di procedura penale (quella alla quale il presidente assegna i ricorsi dei quali rilevi una causa di inammissibilità). Quanto alla decisione in senso stretto, questa viene assunta dalla Corte in camera di consiglio.

      Se la richiesta di rimessione viene accolta la relativa ordinanza dovrà essere comunicata al giudice procedente e a quello designato. Nel nuovo processo il giudice designato procederà alla rinnovazione degli atti compiuti nel precedente processo soltanto quando vi sia la richiesta in tal senso di una delle parti e non si tratti di atti dei quali sia divenuta impossibile la ripetizione. Nella disciplina previgente era invece il giudice designato dalla Corte di cassazione a stabilire in che misura gli atti pregressi rispetto all'accoglimento dell'istanza conservassero efficacia.

      In caso di rigetto della richiesta della parte privata, questa, tramite ordinanza, potrà essere condannata a pagare una somma da 1.000 a 5.000 euro.

      Quanto alla nuova richiesta di rimessione (articolo 49), si prevede che, anche quando essa sia stata accolta, si possa comunque proporre una nuova istanza di rimessione volta alla revoca o alla designazione di un nuovo giudice e che, in caso di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità, sarà sempre possibile proporre nuovamente l'istanza, anche quella già dichiarata inammissibile per manifesta infondatezza, purché fondata su elementi nuovi.

      4) Il regime transitorio della legge Cirami ne ha stabilito l'applicazione anche ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore, conservando efficacia per le richieste presentate alla medesima data.

      La legge Cirami è stata una delle prime leggi ad personam del Governo Berlusconi e della sua maggioranza parlamentare, pensata al solo scopo di sottrarre imputati eccellenti agli esiti processuali. Pur essendo venuto meno il suo vero movente (la Corte di cassazione aveva respinto la richiesta dei legali di Berlusconi e Previti di spostare da Milano i processi IMI-SIR/Lodo Mondadori e SME), molte sono state le richieste di applicazione della legge Cirami all'indomani della sua entrata in vigore. Il «legittimo sospetto» è stato invocato da imputati di associazione di stampo mafioso, con l'evidente rischio di alterare e deviare strumentalmente importanti vicende processuali.

      Per questi motivi, con la presente proposta di legge intendiamo cancellare l'intervento legislativo del centrodestra in tema di rimessione dei processi, abrogando la legge Cirami e ripristinando la normativa previgente. Inoltre, con l'articolo 6, per limitare i danni che potrebbero ancora prodursi nelle more nell'entrata in vigore della legge di ripristino della normativa previgente, si stabilisce la dichiarazione di inammissibilità, da parte della Corte di cassazione, delle cause pendenti alla medesima data. In tal modo sarebbero sterilizzati quegli effetti non voluti della legge ancora vigente. Quest'ultima soluzione rispetterebbe tanto il principio costituzionale dell'irretroattività della legge penale, facendo salve le ipotesi di passaggio in giudicato delle istanze di rimessione al momento dell'entrata in vigore della legge, di cui all'articolo 26 della Costituzione, quanto quello contenuto nel terzo comma dell'articolo 2 del codice penale.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

      1. L'articolo 45 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

          «Art. 45. - (Casi di rimessione). - 1. In ogni stato e grado del processo di merito, quando la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo sono pregiudicate da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell'articolo 11».

Art. 2.

      1. L'articolo 47 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

          «Art. 47. - (Effetti della richiesta). - 1. La richiesta di rimessione non sospende il processo.

      2. La Corte di cassazione può disporre con ordinanza la sospensione del processo. La sospensione non impedisce il compimento degli atti urgenti».

Art. 3.

      1. L'articolo 48 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

          «Art. 48. - (Decisione). - 1. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.

      2. L'ordinanza che accoglie la richiesta è comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette immediatamente gli atti del processo al giudice designato e dispone che l'ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti private.

      3. Il giudice designato dalla Corte di cassazione dichiara, con ordinanza, se e in quale parte gli atti già compiuti conservano efficacia. Nel processo davanti a tale giudice le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente.

      4. Se la corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta dell'imputato, questi con la stessa ordinanza può essere condannato al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro duecentocinquanta a euro millecinquecento».

 

Art. 4.

      1. L'articolo 49 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

          «Art. 49. - (Nuova richiesta di rimessione). - 1. Anche quando la richiesta di rimessione è stata accolta, il pubblico ministero o l'imputato può chiedere un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice. Si osservano le disposizioni dell'articolo 47.

      2. L'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta purché sia fondata su elementi nuovi. La richiesta dichiarata inammissibile per altri motivi può essere sempre riproposta».

Art. 5.

      1. La legge 7 novembre 2002, n. 248, è abrogata.

 

Art. 6.

      1. La presente legge si applica anche ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore. Le richieste di rimessione pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data di entrata in vigore della presente legge, per le quali non sia ancora intervenuta pronuncia di accoglimento, di rigetto o di inammissibilità, sono dichiarate inammissibili dalla stessa Corte, in camera di consiglio, a norma dell'articolo 127 del codice di procedura penale, con ordinanza non impugnabile.

Art. 7.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 




[1] La legge reca: Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale. Per il relativo iter si veda il dossier della XIV Legislatura n. 234/1

[2] Le ordinanze n. 13687 e n. 17519 sono consultabili nel sito www.italgiure.giustizia.it

[3]    Si tratta delle sezione alla quale il Presidente della Corte di cassazione assegna i ricorsi rispetto ai quali rilevi una causa di inammissibilità.