Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||||||||
Titolo: | Norme contro la violenza sessuale - AA.C. 950 e abb. - Seconda edizione | ||||||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 84 | ||||||||||
Data: | 20/02/2007 | ||||||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Norme contro la violenza sessuale AA.C. 950 e abb. |
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n. 84 |
II edizione |
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20 febbraio 2007 |
Dipartimento giustizia
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: gi0083.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
Il contenuto delle proposte di legge
§ A.C. 1819, (on. Lussana), Introduzione del delitto di molestia insistente
§ Codice penale (artt. 61, 98, 114, 133, 157, 215, 339, 361-366, 369, 371-bis-374, 378, 384, 528, 529, 571, 572-574, 575-594, 600-610, 612, 640, 660, 734-bis, 725)
§ Codice di procedura penale (artt. 91-95, 148-171, 190-bis, 266, 282-bis, 283, 285, 291, 380, 392, 393, 398, 444, 453-458, 472, 498, 656)
§ Codice civile (artt. 342-bis e 342-ter)
§ Codice di procedura civile (art. 736-bis)
§ L. 8 febbraio 1948, n. 47. Disposizioni sulla stampa. (artt. 14 e 15)
§ L. 20 febbraio 1958, n. 75. Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui
§ L. 17 luglio 1975, n. 355. Esclusione dei rivenditori professionali della stampa periodica e dei librai dalla responsabilità derivante dagli articoli 528 e 725 del codice penale e dagli articoli 14 e 15 della legge 8 febbraio 1948, n. 47.
§ L. 26 luglio 1975, n. 354. Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà. (artt. 4-bis, 13, 47-58-quater)
§ L. 13 ottobre 1975, n. 654. Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966
§ L. 14 marzo 1985, n. 132. Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979
§ L. 23 agosto 1988 n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)
§ L. 10 ottobre 1990 n. 287. Norme per la tutela della concorrenza e del mercato (art. 10)
§ D.L. 31 dicembre 1991 n. 419. Istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive (convertito con modificazioni dalla L. 18febbraio 1992, n. 172) (art. 7)
§ D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421 (art. 1)
§ D.L. 26 aprile 1993, n. 122. Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa (convertito con modificazioni dalla L. 25 giugno 1993, n. 205)
§ L. 15 gennaio 1994, n. 64. Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento, aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, e della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L'Aja il 25 ottobre 1980; norme di attuazione delle predette convenzioni, nonché della convenzione in materia di protezione dei minori, aperta alla firma a L'Aja il 5 ottobre 1961, e della convenzione in materia di rimpatrio dei minori, aperta alla firma a L'Aja il 28 maggio 1970.
§ D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297. Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (art. 284)
§ L. 15 febbraio 1996, n. 66. Norme contro la violenza sessuale.
§ D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)
§ D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. (artt. 15 e 18)
§ L. 3 agosto 1998 n. 269. Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù (art. 17)
§ L. 8 novembre 2000, n. 328. Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
§ L. 4 aprile 2001, n. 154. Misure contro la violenza nelle relazioni familiari.
§ D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 170. Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell'articolo 3 della L. 13 aprile 1999, n. 108. (art. 5)
§ Ministero Attività produttive, Circ. 28 dicembre 2001, n. 3538/C. Decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170. Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica a norma dell'articolo 3 della legge 13 aprile 1999, n. 108. Circolare esplicativa
§ L. 11 agosto 2003, n. 228. Misure contro la tratta di persone (artt. 12 e 13)
§ D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206. Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229 (art. 26)
§ L. 6 febbraio 2006, n. 38. Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet.
§ D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198. Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della L. 28 novembre 2005, n. 246 (art. 24)
Giurisprudenza
Corte Costituzionale
§ Sentenza 1° luglio – 9 luglio 1998, n. 262
§ Sentenza 13 gennaio – 29 gennaio 2005, n. 63
Atti comunitari
§ Decisione quadro del Consiglio 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003
§ Decisione n. 803/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 che istituisce un programma di azione comunitaria (2004-2008) per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (programma Daphne II)
§ Decisione n. 854/2005/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 che istituisce un programma comunitario pluriennale inteso a promuovere un uso più sicuro di Internet e delle nuove tecnologie online.
Atti internazionali
§ Nazioni Unite, Assemblea generale, Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, 1993
§ Nazioni Unite, Dichiarazione finale della Quarta conferenza mondiale sulla donna, Pechino 1995
§ Council of Europe, Recommendation Rec 30 april 2002, n. 5 of the Committee of Ministers to member states on the protection of women against violence
Documentazione
§ ISTAT, Statistiche giudiziarie penali - Anno 2004 (edizione 2006) estratto
Numero del progetto di legge |
950 |
Titolo |
Nuove disposizioni in materia di delitti contro la vita e l' incolumita' individuale |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
14 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
31 maggio 2006 |
§ annuncio |
3 luglio 2006 |
§ assegnazione |
3 luglio 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), XII Commissione (Affari sociali) |
Numero del progetto di legge |
1249 |
Titolo |
Nuove norme per il potenziamento della lotta contro la violenza sessuale |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
11 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
29 giugno 2006 |
§ annuncio |
3 luglio 2006 |
§ assegnazione |
2 ottobre 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), IV Commissione (Difesa), V Commissione (Bilancio), XII Commissione (Affari sociali), Quest. Reg. |
Numero del progetto di legge |
1256 |
Titolo |
Disposizioni per la tutela della morale pubblica e per la prevenzione delle molestie e delle aggressioni sessuali |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
4 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
30 giugno 2006 |
§ annuncio |
3 luglio 2006 |
§ assegnazione |
19 settembre 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), VII Commissione (Cultura), IX Commissione (Trasporti) |
Numero del progetto di legge |
1374 |
Titolo |
Modifiche al codice penale concernenti l' innalzamento dell' eta' del consenso nei rapporti sessuali |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
13 luglio 2006 |
§ annuncio |
17 luglio 2006 |
§ assegnazione |
31 luglio 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), XII Commissione (Affari sociali) |
Numero del progetto di legge |
1819 |
Titolo |
Modifiche al codice penale concernenti l'innalzamento dell'età del consenso nei rapporti sessuali |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
12 ottobre 2006 |
§ annuncio |
17 ottobre 2006 |
§ assegnazione |
27 novembre 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), V Commissione (Bilancio) e XII Commissione (Affari sociali) |
Numero del progetto di legge |
1823 |
Titolo |
Nuove disposizioni in materia di contrasto ai reati di violenza sessuale |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
3 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
12 ottobre 2006 |
§ annuncio |
17 ottobre 2006 |
§ assegnazione |
1° febbraio 2007 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), V Commissione (Bilancio) |
Numero del progetto di legge |
1901 |
Titolo |
Introduzione degli articoli 612-bis e 612-ter del codice penale in materia di molestie persistenti |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
8 novembre 2006 |
§ annuncio |
9 novembre 2006 |
§ assegnazione |
22 gennaio 2007 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), XII Commissione (Affari sociali) |
Numero del progetto di legge |
2033 |
Titolo |
Introduzione degli articoli 660-bis e 660-ter del codice penale in materia di molestie persistenti |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
6 dicembre 2006 |
§ annuncio |
11 dicembre 2006 |
§ assegnazione |
17 gennaio 2007 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), XII Commissione (Affari sociali) |
Numero del progetto di legge |
2101 |
Titolo |
Disposizioni in materia di reati in ambito familiare, di violenza sessuale e di molestie |
Iniziativa |
Parlamentare |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
15 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
21 dicembre 2006 |
§ annuncio |
28 dicembre 2006 |
§ assegnazione |
12 febbraio 2007 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), IV (Difesa), V (Bilancio), XII Commissione (Affari sociali) |
Numero del progetto di legge |
2169 |
Titolo |
Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonchè repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione |
Iniziativa |
Governo |
Settore d’intervento |
Diritto penale |
Iter al Senato |
no |
Numero di articoli |
22 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
25 gennaio 2007 |
§ annuncio |
29 gennaio 2007 |
§ assegnazione |
19 febbraio 2007 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), IIICommissione (Affari esteri), V Commissione (Bilancio), VIICommissione (Cultura), X Commissione (Attività produttive), XI Commissione (Lavoro) (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII Commissione (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali |
La proposta di legge A.C. 950 interviene sul codice penale con l’intento di apportare una sostanziale modifica alla disciplina della violenza sessuale volta a dare un segnale di intransigenza nei confronti dei colpevoli di reati di così grave natura. Oltre che per una nuova opzione sistematica (la materia della violenza sessuale ed i relativi illeciti non rientrerebbero più nei delitti contro la libertà personale, ma si troverebbero ad essere inseriti tra i delitti contro la vita e l'incolumità individuale, come l'omicidio e e lesioni personali), la proposta si caratterizza soprattutto per un maggior rigore sanzionatorio rispetto alla vigente dosciplina del codice. Inoltre, la p.d.l. contiene una previsione innovativa con cui viene introdotto il trattamento farmacologico di blocco androgenico totale per i soggetti condannati per i reati di violenza sessuale, di gruppo oppure a danno di minori.
La proposta di legge A.C. 1249 è diretta ad introdurre alcune specifiche misure, in parte anche novellando le disposizioni legislative vigenti, allo scopo di realizzare un potenziamento complessivo della lotta contro la violenza sessuale. In particolare, la proposta prevede misure dirette alla specializzazione delle Forze dell’ordine e della magistratura per il perseguimento dei reati inerenti le violenze e gli abusi sessuali e al coordinamento delle funzioni e azioni previste dalla legislazione vigente, disposizioni dirette a rafforzare la tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale nonché l’introduzione di una nuova fattispecie, il reato di molestie assillanti.
La proposta di legge A.C. 1256 si compone di quattro articoli ed introduce una normativa speciale volta alla prevenzione dei fenomeni di violenza ed aggressione a sfondo sessuale. Il provvedimento prevede in particolare, specifici divieti da imporre ai rivenditori di giornali, ai media ed agli operatori della rete Internet, i cui comportamenti - nel veicolare notizie ed immagini a sfondo sessuale - sono individuati come strumento di stimolo a comportamenti contrari alla morale pubblica.
La proposta di legge A.C. 1374, che consta di un solo articolo, mira a innalzare l’età del consenso sessuale da 14 a 16 anni.
La proposta di legge A.C. 1819 mira ad introdurre nell’ordinamento il delitto di molestia insistente.
La proposta di legge A.C. 1823, composta da tre articoli, prevede il gratuito patrocinio in favore delle vittime dei reati legati alla sfera delle violenze sessuali (artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale).
La medesima proposta novella il comma 1-bis dell'articolo 444 del codice di procedura penale, concernente l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle parti, al fine di aggiungere all'elenco dei reati rispetto ai quali non è consentito il ricorso al citato istituto processuale, anche la fattispecie penale disciplinata dall'articolo 609-quinquies, concernente la corruzione di minorenne.
La proposta di legge A.C. 1901, composta da due articoli, prevede l'introduzione nel codice penale degli articoli 612-bis e 612-ter in materia di molestie persistenti.
Analoga fattispecie penale è contemplata dalla proposta di legge A.C. 2033, sebbene con una diversa collocazione sistemazione.
La proposta di legge A.C. 2101 chesi compone di 15 articoli, oltre a prevedere l'istituzione di un apposito Osservatorio nazionale sui reati in ambito familiare e di violenza sessuale, si caratterizza, inoltre, per un maggior rigore sanzionatorio rispetto alla vigente disciplina concernente i reati legati alla sfera delle violenze sessuali.
Da ultimo, il disegno di legge A.C. 2169, di iniziativa governativa, prevede tre diversi livelli integrati di intervento in tutti i casi di violenza: si stabiliscono, infatti, misure di sensibilizzazione e di prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni; misure volte al riconoscimento di diritti alle vittime di violenza e un ampliamento in loro favore della tutela processuale penale e civile.
Tutte le proposte di legge in esame, compreso il disegno di legge A.C. 2169, di iniziativa legislativa, sono corredate della sola relazione illustrativa.
I provvedimenti in esame sono principalmente diretti a modificare le disposizioni contro la violenza sessuale contenute nel codice penale: si giustifica pertanto l’utilizzazione dello strumento legislativo anche in forza del principio di legalità di cui all’articolo 25, comma 2, della Costituzione.
I provvedimenti intervengono in campo penale; la base giuridica dei progetti di legge appare pertanto riconducibile all’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale).
L’art. 3 della p.d.l. C. 1249 e gli articoli 2 e 6 della p.d.l. C. 2101, attribuiscono al Ministro dell’interno, l’adozione del decreto di nomina dei componenti di un apposito Osservatorio per il contrasto alla violenza sessualela cui istituzione è contemplata dalle citate proposte. Ad analogo decreto del Ministro dell’interno è demandata, altresì, la determinazione dei compensi spettanti ai membri dell’Osservatorio.
L'articolo 1 della p.d.l. C. 1823 attribuisce al Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il compito di adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il regolamento di attuazione delle disposizioni riguardanti il gratuito patrocinio a carico dello Stato contemplato dal medesimo articolo 1 in favore delle vittime di specifici reati legati alla sfera delle violenze sessuali.
Ai sensi dell'articolo 6, comma 1 del disegno di legge c. 2169 Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, da adottare entro il 30 luglio 2007, nei limiti delle risorse derivanti dallo specifico gettito contributivo da determinare con il medesimo decreto, sono individuate, per le lavoratrici autonome prive di copertura assicurativa per i rischi da malattia e che si trovino impossibilitate a svolgere la loro attività perché vittime di alcuno dei reati di cui agli articoli 572, 609-bis e 609-octies del codice penale, le modalità di esonero dal versamento dei contributi e premi per un periodo fino a un massimo di sei mesi.
Ai sensi del successivo articolo 7, con decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità sono stabilite le procedure per l'iscrizione nel registro dei centri antiviolenza previsti dal medesimo articolo 7 comma 1.
Alcuni provvedimenti introducono modifiche al codice penale utilizzando la tecnica legislativa della novellazione; altri costituiscono leggi speciali.
Per l’esame delle osservazioni alla formulazione del testo si fa rinvio al contenuto delle schede di lettura.
Le fattispecie penali in tema di violenza sessuale sono state riformate recentemente dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), sbocco di un travagliato e sofferto iter parlamentare che ha attraversato varie legislature.
La prima rilevante differenza con la normativa previgente è, senza dubbio, di natura sistematica: mentre il reato di violenza sessuale era, prima del 1996, collocato fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume, con la riforma la sua collocazione è tra i delitti contro la libertà personale. Ciò testimonia un diverso apprezzamento della violenza sessuale, sintomo anche del mutamento della sensibilità sociale e culturale del Paese.
La nuova disciplina si caratterizza per una diversa configurazione delle fattispecie di reato, per i profili che attengono alla tutela della riservatezza e per alcune nuove norme di carattere processuale e di tutela per i minorenni.
L'art. 1 della legge n. 66/96 ha abrogato l'intero capo I del titolo IX del libro secondo del codice penale ed intaccato profondamente anche il successivo capo II che perde gli artt. 530, 539, 541, 542 e 543 (tale capo, peraltro, era già stato falcidiato dalla l. 20.2.1958, n. 75, recante norme sulla abolizione della regolamentazione della prostituzione).
Va ricordato che prima dell'approvazione della legge n. 66/1996 il codice penale distingueva tre ipotesi di reati di violenza sessuale:
- il delitto di violenza carnale, che sanzionava il comportamento violento consistente nella congiunzione carnale tra autore del reato e vittima ovvero comportamenti di violenza carnale presunta;
- il delitto di atti di libidine violenti, che puniva i comportamenti di violenza sessuale diversi da quello di congiunzione carnale (art. 521);
- la congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale (art. 520), che sanzionava la congiunzione carnale del pubblico ufficiale con persona da lui arrestata o detenuta o custodita.
La legge, in particolare, ha introdotto nel codice penale nuove fattispecie incriminatrici per le ipotesi di violenza sessuale, inserendole, come articoli aggiuntivi da 609-bis a 609-decies, tra i delitti contro la libertà personale[1].
La fattispecie di cui all’art. 609-bis – Violenza sessuale - punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringa taluno a compiere o subire atti sessuali (comma 1).
Alla stessa pena soggiace il soggetto che induce taluno a compiere o subire atti sessuali con le seguenti modalità (comma 2):
- abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto (n. 1)
- traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona (n. 2).
Per i casi di minore gravità, è prevista la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi (comma 3)[2].
Nella nuova fattispecie di violenza sessuale vengono parzialmente comprese sia le fattispecie di violenza carnale che di congiunzione carnale commessa da pubblico ufficiale, sia gli atti di libidine violenti, prescindendo dal criterio della congiunzione carnale o dalla qualità personale dell'autore del reato come elemento distintivo delle fattispecie.
Con riferimento alla nuova fattispecie si deve inoltre osservare che il legislatore non definisce il concetto di “atti sessuali”, rimettendo la specificazione della condotta all'interprete[3].
In merito, una larga corrente dottrinale ha ravvisato problemi di compatibilità dell'espressione «atti sessuali» con il principio di legalità, sotto il profilo della determinatezza. In merito la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata nel senso che la questione di legittimità costituzionale della disciplina relativa agli atti sessuali dovesse essere dichiarata manifestamente infondata, «poiché molte volte l'organo di giustizia costituzionale ha riconosciuto la legittimità del riferimento a condotte la cui illiceità è condizionata dall'evoluzione del costume sociale o da nozioni scientifiche ed i cui contenuti sono determinati dall'interpretazione giurisprudenziale» (così Cass., Sez. III, 27.4.1998). La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi dal Tribunale di Crema sulla legittimità costituzionale dell'art. 609 bis - che, nel ricorrere alla generica locuzione «atti sessuali» per individuare la condotta penalmente illecita, sarebbe in contrasto con il principio di tassatività che trova tutela costituzionale nell'art. 25, 2° co., Cost. - non ha definitivamente sciolto il nodo limitandosi a dichiarare manifestamente inammissibile, per carenza di motivazione sulla rilevanza, la menzionata eccezione di legittimità costituzionale (Corte cost., ord. n. 295 del 2000).
Dal punto di vista delle pene vi è un sensibile inasprimento dei limiti edittali della reclusione rispetto dalla disciplina previgente[4].
L'art. 609-ter disciplina alcune circostanze aggravanti del reato di violenza sessuale. E' disposto, infatti, che la pena è della reclusione da 6 a 12 anni nei seguenti casi:
- violenza sessuale su minore di 14 anni (n. 1);
- uso di armi o di sostanze alcooliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa (n. 2);
- fatto commesso da persona travisata o da persona che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio (n. 3);
- fatto commesso su persona sottoposta a limitazioni della libertà personale (n. 4);
- violenza sessuale commessa nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore (n. 5).
Una ulteriore circostanza aggravante è prevista dal secondo comma dell'art. 609-ter nel caso in cui la violenza sessuale sia compiuta nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 10; in questo caso la pena è della reclusione da 7 a 14 anni.
Per quanto riguarda il profilo inerente all’attività sessuale dei minorenni, l’art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne) prevede – al di fuori dei casi di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis - la non punibilità del minorenne che compia atti sessuali con personache abbia compiuto 13 anni, purché la differenza di età tra i soggetti non sia superiore a 3 anni (comma 3).
Al di fuori di questa ipotesi, viene mantenuto fermo il principio per il quale si presume che il minorenne sino a 14 anni non possa avere rapporti sessuali consensuali; qualora vi sia violenza, minaccia o abuso di autorità su persona minore di anni 14 si ha un'ipotesi di violenza sessuale aggravata, mentre se sussiste il consenso del minore di 14 anni si rientra nel reato di atti sessuali con minorenne, punito con le stesse pene previste dall'art. 609-bis.
In merito, l’art. 609-sexies aggiunge che quando i delitti di violenza sessuale sono commessi in danno di minore degli anni 14 il colpevole non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa[5].
Per quanto riguarda i minori di anni 16, la punibilità è limitata agli atti sessuali commessi da chi sia ascendente, genitore anche adottivo, tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore sia affidato o che abbia con il minore una relazione di convivenza (art. 609-quater, co. 2). Non sono, quindi, più punibili, gli atti sessuali con minore di 16 anni consenziente commessi da un soggetto “estraneo” al minore, ossia che non si trovi in quelle relazioni speciali per le quali l'art. 609-quater ritiene che vi sia uno stato di sudditanza psicologica tale da escludere valore al consenso prestato. L'effetto pertanto è quello, in linea generale, di escludere la rilevanza penale dei rapporti sessuali con i minori che abbiano compiuto i 14 anni, consenzienti. Costituisce, invece, violenza sessuale aggravata l'ipotesi in cui i fatti di cui all'articolo 609-bis, siano commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
Il comma 5 dell’art- 609-quater punisce, infine, con la reclusione da 7 a 14 anni (la stessa pena della violenza sessuale) chi compie atti sessuali con minore di anni 10.
Va ricordata poi l’introduzione della fattispecie di corruzione di minorenne(art. 609-quinquies), che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere.
Rispetto all’abrogato art. 530 c.p., che puniva la corruzione di minorenni, si è operato un intervento che presuppone, ai fini del delitto in questione, il dolo specifico ovvero la volontà di far assistere il minore, assente invece dall’art. 530: si esige, quindi, che - oltre alla coscienza e volontà del fatto materiale - il soggetto agisca per un fine particolare che è, per l'appunto, previsto come elemento soggettivo costitutivo della fattispecie legale[6].
Dal punto di vista processuale la riforma del 1996, inserendo l’art. 609-septies del codice penale ha previsto che i reati di violenza sessuale, anche aggravati, e gli atti sessuali con minorenne siano punibili a querela della parte offesa e che la querela, una volta proposta, sia irrevocabile.
Si procede, tuttavia, d'ufficio nei seguenti casi:
- se il fatto è commesso nei confronti di persona minore di anni quattordici (n. 1);
- se il fatto è commesso dal genitore, anche adottivo, dal convivente, dal tutore o da un soggetto cui il minore sia affidato per ragioni di custodia, cura, educazione, vigilanza, istruzione (n. 2);
- se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni (n.3);
- se il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio (n. 4);
- se il fatto è commesso nei confronti di minore di anni dieci consenziente (n.5);
- se si tratta di violenza sessuale di gruppo.
Il termine per la proposizione della querela viene ampliato a 6 mesi.
L’art. 609-octies introduce un apposito ed autonomo titolo di reato per la fattispecie di violenza sessuale di gruppo, definendola come partecipazione, da parte di più persone riunite[7], ad atti di violenza sessuale, così come definiti dall'art. 609-bis.
In passato, l'agire da parte di più persone riunite era penalmente rilevante in base alle comuni norme sul concorso di persone nel reato (artt. 110 ss.), naturalmente in relazione agli artt. 519, 520 e 521 c.p. Anzi, anche a prescindere dall'aggravante di cui all'art. 112, n. 1 (l'essere stati, i concorrenti, cinque o più), è evidente che il numero delle persone poteva influire sul disvalore complessivo del fatto, già ai sensi dell'art. 133 c.p.. Inoltre, poteva anche immaginarsi l'applicabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 5, ravvisandosi nella condotta di più persone contro una sola vittima un caso di minorata difesa. Pertanto, il delitto è nuovo perché eleva a titolo autonomo di reato una ipotesi, pur qualificata, di concorso di persone nel reato; la scelta è stata dunque quella di puntare sulla "visibilità" del delitto di violenza sessuale di gruppo e su un deciso inasprimento sanzionatorio.
L'elemento che caratterizza la violenza sessuale di gruppo è dunque dato dalla partecipazione di più persone riunite alla commissione degli atti di violenza sessuale: mentre è necessario che costoro partecipino all'esecuzione materiale del reato, non occorre che tutti compiano atti di violenza sessuale (Cass., Sez. III, 5.4.2000).
La pena è della reclusione da 6 a 12 anni ed è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti precedentemente descritte.
Sono, inoltre, previste, in relazione a questa nuova fattispecie di reato alcune circostanze attenuanti specifiche. Viene infatti stabilito che la pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell’articolo 112 c.p..
Innovazioni particolari sono introdotte anche con riferimento alle pene accessorie di cui tratta l’art. 609-nonies. E' previsto, infatti, che la condanna per uno dei reati di violenza sessuale introdotti dalla legge n. 66 comporti le seguenti pene accessorie:
- la perdita della potestà dei genitori, quando la qualità di genitore sia elemento costitutivo del reato (come nel caso degli atti sessuali con minorenne);
- l'interdizione perpetua dagli uffici di tutore e curatore; la perdita del diritto agli alimenti e l'incapacità successoria nei confronti della persona offesa.
Viene, inoltre, punita la divulgazione delle generalità o dell'immagine della persona offesa da atti di violenza sessuale senza il consenso di questa.
In relazione alle forme di pubblicità del processo è stabilito che il dibattimento si tenga a porte aperte, salvo il diritto della persona offesa di chiedere lo svolgimento a porte chiuse anche solo per una parte di esso (art. 472, comma 3, c.p.p.). Tale scelta è obbligatoria quando la parte offesa è un minorenne. La legge limita poi la possibilità di formulare domande circa la vita privata o la sessualità della persona offesa, salvo che siano necessarie alla ricostruzione del fatto.
Alcune disposizioni della legge n. 66 del 1996 sono dedicate alla tutela e all'assistenza dei minori offesi da delitti di violenza sessuale. Si prevede, in particolare, che nei procedimenti relativi a delitti di violenza sessuale il pubblico ministero o la persona sottoposta ad indagini possano chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza del minore di 16 anni, anche al di là delle ipotesi disciplinate dal codice di procedura penale (art. 398 c.p.p.).
E' sancito, inoltre, dall’art. 609-decies, che per i delitti commessi in danno di minorenni sia data comunicazione, a cura del procuratore della Repubblica, al tribunale dei minorenni. L'autorità giudiziaria procedente cura che il minore, in sede processuale, sia assistito, dal punto di vista affettivo e psicologico, dai genitori o da persona idonea indicata dal minore, ferma restando l'assistenza dei servizi minorili del Ministero della giustizia e degli enti locali.
Infine, l’art. 16 della legge n. 66 (come modificato dalla successiva legge sulla pedofilia[8]) prevede che l'imputato per i delitti di violenza sessuale e prostituzione minorile sia sottoposto ad accertamenti per l'individuazione di patologie sessualmente trasmissibili, qualora le modalità del fatto possano prospettare un rischio di trasmissione delle patologie medesime; l'accertamento è effettuato con le forme della perizia.
Risultano spesso puniti ai sensi dell'art. 660 c.p. i comportamenti che, non integrando alcun delitto specifico contro la libertà sessuale in quanto non idonei a coartare la volontà della vittima, risultino tuttavia molesti nei confronti di essa.
L’articolo 660 del codice penale prevede infatti il reato di molestia o disturbo alle persone. Si tratta di una contravvenzione nella quale incorre chiunque «in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo». La sanzione è l’arresto fino a sei mesi o l'ammenda fino a 516 euro.
La disposizione prevede che il reato possa essere commesso con il mezzo del telefono ma la Cassazione già nel 1978 ha equiparato al telefono, ai fini dell'applicazione dell'art. 660, anche la molestia e il disturbo recati con analoghi mezzi di comunicazione a distanza (Cass., Sez. VI, 5.5.1978). Quanto all’uso del telefono, la giurisprudenza ha specificato che integrano il reato le assillanti telefonate ad una persona con ossessivi riferimenti alle abitudini sessuali di questa (Cass., Sez. V, 11.12.1996); le proposte di appuntamenti galanti non gradite dalla interlocutrice chiamata da un anonimo per telefono (Cass., Sez. I, 30.6.1992); le continue telefonate di corteggiamento ad una donna accompagnate da insistenti pedinamenti (Cass., Sez. I, 28.1.1992); una chiamata telefonica cui segua bruscamente l'interruzione della comunicazione non appena il chiamato risponda, in quanto palesemente non motivata da intenti civili (Cass., Sez. I, 1.10.1991); lo squillo ripetuto dell'apparecchio telefonico, qualora la condotta sia tenuta nella consapevolezza di arrecare fastidio (Cass., Sez. VI, 4.9.2003); continue e inconcludenti telefonate, contenenti sempre le stesse domande e reiterate senza alcuna ragione (Cass., Sez. I, 30.3.2004).
L'interesse tutelato dall'art. 660 è tradizionalmente individuato nell'ordine pubblico, considerato nel suo particolare aspetto della pubblica tranquillità:nella dimensione generale dell'interesse tutelato trovano ragione la procedibilità d'ufficio per la contravvenzione e la conseguente attuazione della tutela penale a prescindere dalla volontà della persona molestata o disturbata.
Al reato di molestie previsto dall'articolo in esame viene di regola ricondotto il fenomeno che, con termine derivato dall'esperienza giuridica dei Paesi di common-law e recepito dalla nostra dottrina negli ultimi anni, viene denominato stalking, ovvero il comportamento assillante e invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato (minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche).
La proposta di legge A.C. 950 interviene sul codice penale proponendo un intervento globale di modifica della disciplina sulla violenza sessuale volto, si legge nella relazione alla p.d.l. - a “dare un segnale di forza e intransigenza nei confronti di chi si rende colpevoli di reati tanto infamanti….”:
Anzitutto, il provvedimento, che consta di 14 articoli, opta per una nuova collocazione sistematica dei delitti di violenza sessuale all’interno del codice penale. Infatti, l’attuale inquadramento tra i reati contro la libertà personale (opera della legge 66/1996, che in tale sede li aveva spostati dalla collocazione precedente, relativa ai delitti conto la moralità pubblica e il buon costume) non appare - secondo il presentatore della p.d.l. - consono alla gravità del delitto in questione, che incide sulla sfera psichica della vittima con danni spesso permanenti alla sua vita di relazione; da ciò, la necessità di inserire tali gravi illeciti tra i delitti contro la vita e l’incolumità individuale.
A tale scopo, mentre l’articolo 1 della proposta abroga gli artt. da 609-bis a 609-octies del codice penale, eliminando i corrispondenti illeciti dai reati contro la libertà personale, l’articolo 2 ricolloca le fattispecie in questione, integrandole, nel capo I del titolo XII del libro II del codice (Delitti contro la vita e l’incolumità individuale) con l’inserimento degli artt. da 586-bis a 586-nonies, introdotti dai seguenti artt. da 3 a 10 della proposta di legge.
Si ricorda che l’art. 609-bis punisce il reato di violenza sessuale; l‘art. 609-ter le sue circostanze aggravanti; l’art. 609-quater, gli atti sessuali con minorenne; l’art. 609-quinquies, la corruzione di minorenne; l’art. 609-sexies, l’ignoranza della persona offesa, l’art. 609-septies, la querela di parte; l’art 609-octies, la violenza sessuale di gruppo.
Caratteristica comune delle figure di reato, come ricollocate all’interno del codice, appare, in generale, l’accentuato rigore sanzionatorio.
L’attuale illecito principale di violenza sessuale (art. 609-bis) è sostituito da quello di cui all’art. 586-bis che, pur non modificando la fattispecie delittuosa, introduce alcune novità(articolo 3):
§ un incremento di 2 anni dei limiti di pena (alla reclusione da 5 a 10 anni è sostituita quella della reclusione da 7 a 12 anni) (art. 586-bis, comma 1);
§ la previsione della discrezionalità nella diminuzione della pena fino a 2/3 nei casi di minore gravità (art. 586-bis, comma 3);
§ la previsione di un aumento della pena fino alla metà per i recidivi (art. 586-bis, comma 4).
Si osserva, su quest’ultimo punto, che l’art. 99 c.p. (recidiva), come recentemente novellato dalla legge 251/2005[9], prevede che la pena può essere aumentata fino alla metà in caso di nuovo delitto non colposo della stessa indole (comma 2, lett. a); inoltre il comma 5 dello stesso art. 99:
- rende obbligatorio l'aumento della pena per i recidivi nelle ipotesi aggravate di violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, e violenza sessuale di gruppo;
- prevede che la recidiva in un delitto non colposo della stessa indole comporti un aumento minimo di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto (l’aumento sarà, quindi da un minimo di 1/3 al massimo della metà).
Quindi, sembra che l’effetto della previsione di cui al comma 4 del nuovo art. 586-bis abbia il solo effetto di rendere obbligatoria l’applicazione dell’aumento di pena (ora discrezionale) per chi incorra nella recidiva del reato di violenza sessuale di cui all’art. 586-bis.
L’articolo 4 della proposta di legge introduce nel codice penale l’art. 586-ter relativo alle circostanze aggravanti del reato di violenza sessuale.
Rispetto al vigente art. 609-ter si registrano numerose novità:
§ anzitutto, l’aumento di 2 anni dei limiti di penaper le aggravanti di cui al primo comma (si passa dalla reclusione da 6 a 12 anni a quella da 8 a 14 anni);
Le aggravanti in questione si riferiscono alla violenza sessuale commessa (art. 586-ter, primo comma): 1) nei confronti di minore di 16 anni; 2) con l'uso di armi, di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze in grado di ridurre, in tutto o in parte, la capacità di intendere o di volere della persona offesa; 3) da persona travisata o che simula la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; 4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale; 5) in presenza di una delle circostanze previste ai numeri 4), 5), 6), 8), 9) e 11) dell'articolo 61 (aggravanti comuni)[10].
§ l’ampliamento dell’ambito applicativo delle aggravanti di cui ai nn. 1 e 2 del comma 1;rispettivamente, è aumentato di 2 anni il limite di età della vittima della violenza sessuale (dai 14 anni si passa ai 16 anni) (n. 1) ed è precisato che le sostanze (alcoliche, narcotiche , stupefacenti, ecc.) usate nel commettere il reato possano ridurre in tutto o in parte la capacità volitive della vittima (attualmente, l’applicazione dell’aggravante di cui al n. 2 è giustificata dall’uso di sostanze “gravemente lesive della salute della vittima” (n. 2).
In relazione al vigente secondo comma dell’art. 609-ter, il corrispondente secondo comma dell’art. 586-ter prevede che la violenza sessuale su minore di anni 10 comporti un incremento dell’entità dei limiti di pena: agli attuali limiti minimi e massimi di 7 e 14 anni sono sostituiti i nuovi di 10 e 16 anni.
Identici limiti edittali sono previsti in relazione ad una nuova aggravante della violenza sessuale, ovvero la commissione del reato in presenza di due o più delle circostanze di cui al primo comma (art. 586-ter, secondo comma, n. 2).
Rispetto alla norma vigente sono, infine, aggiunti tre ulteriori commi che prevedono, rispettivamente:
§ la punibilità con l’ergastolo quando dal reato di violenza sessuale, per qualsiasi ragione, sia derivata la morte della persona offesa (terzo comma);
§ la reclusione minima, rispettivamente, di 8 e 10 anni quando dal reato sia derivata alla vittima una lesione personale grave o gravissima (quarto e quinto comma).
Il citato terzo comma (ergastolo, in caso di morte della persona offesa per qualsiasi ragione) introduce un’ipotesi di reato aggravato dall’evento, ponendo in capo all’autore una responsabilità oggettiva in base ai principi generali di cui all’art. 42, terzo comma del codice penale. Tale ultima disposizione, prevede, infatti che sia la legge a determinare i casi nei quali l’evento è posto comunque a carico dell’agente come conseguenza della sua azione o omissione (l’art. 572 c.p. prevede, ad esempio, che nel caso di maltrattamenti in famiglia, sanzionati con la reclusione da 1 a 5 anni, se dal fatto derivi la morte della persona si applica la reclusione da 12 a 20 anni).
Va rilevata, però, nel caso specifico la possibile difficoltà nel dimostrare l’esistenza del nesso causale tra l’evento più grave, la morte della vittima e quello temporalmente antecedente, ovvero la violenza sessuale subita (si pensi ad un suicidio della vittima della violenza a distanza di tempo dal fatto).
Inoltre, l’uso della locuzione “per qualsiasi ragione” non sembra in linea con il principi generali in materia di diritto penale, con particolare riferimento al principio di legalità nel suo corollario della tassatività o sufficiente determinatezza della fattispecie penale.
L’articolo 5 della proposta in esame riguarda gli atti sessuali con minorenne, l’attuale art. 609-quater c.p. (recentemente novellato dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38)[11], ora sostituito dall’art. 586-quater.
Nonostante la relazione alla p.d.l. affermi che la nuova norma riproduca il contenuto dell’art. 609-quater, rispetto al testo vigente risulta tuttavia espunto il quinto comma, che attualmente prevede, in caso di atti sessuali con minore di anni 10, l’applicazione della reclusione da 7 a 14 anni, parificando sul piano sanzionatorio tale reato a quello di violenza sessuale.
Va osservato che l’indicata eliminazione del quinto comma sembra dovuta ad un semplice refuso.
Infatti, il successivo art. 9 della p.d.l. inserisce tra le ipotesi di procedibilità d’ufficio (art. 586-octies, quarto comma, n. 5) per il reato di atti sessuali con minorenne “il fatto commesso nell’ipotesi di cui all’articolo 586-quater, quarto comma” con ciò probabilmente riferendosi, non effettivamente al quarto comma (relativo alla diminuzione fino a 2/3 della pena nei casi di minor gravità), bensì, appunto, al quinto comma ovvero all’ipotesi di vittima del reato minore di anni 10, fattispecie che ben giustifica la procedibilità d’ufficio.
Mentre l’articolo 6,che inserisce l’art. 586-quinquies sulla corruzione di minorenne, riproduce integralmente il contenuto del vigente art. 609-quinquies, il successivo articolo 7 introduce nella materia in oggetto una nuova fattispecie penale consistente nelle “molestie sessuali”.
Il nuovo illecito penale si sostanzia nella costrizione ad assistere ad atti sessuali e rispetto al precedente art. 586-quinquies – fermo restando l’aspetto finalistico - si differenzia per l’estensione generalizzata della tutela (non solo, quindi, agli infraquattordicenni) nonché per le modalità della condotta che prevedono la coartazione dell’altrui volontà; la pena per le molestie sessuali è stabilita nella reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 5.000 euro.
Aggravanti di pena sono introdotte, poi, in relazione all’età della persona offesa (minore di 14 o di 10 anni).
L’articolo 586-septies, introdotto nel codice penale dall’articolo 8 della proposta di legge, come il vigente art. 609-sexies, ripropone la presunzione assoluta della conoscenza dell’età della persona offesa.
L’ignoranza dell’età della vittima (ovvero, la circostanza che essa non abbia compiuto i 14 anni) non potrà, quindi, essere invocata a propria scusa nei delitti di violenza sessuale sopracitati né in quello di violenza sessuale di gruppo. Tra i delitti inescusati ex art. 586-septies è ovviamente introdotto, per motivi di coordinamento, quello di molestie sessuali di cui al nuovo art. 586-sexies.
L’articolo 9 del provvedimento in esame introduce il nuovo art. 586-octies, riproducendo integralmente il contenuto del vigente art. 609-septies, relativo alla procedibilità a querela di parte per alcuni dei reati di natura sessuale (violenza sessuale e atti sessuale con minorenne). La norma, in particolare, conferma la modifica introdotta dalla citata legge 38 del 2006 che ha innalzato da 14 a 18 anni la soglia di età della vittima entro la quale si procede d’ufficio per il reato di violenza sessuale.
L’unica differenza apprezzabile rispetto al testo del vigente art. 609-septies è collegata al probabile refuso contenuto nell’art. 5 della proposta di legge che inserendo nel codice penale il nuovo art. 586-quater (atti sessuali con minorenne) ha omesso di riproporre il quinto ed ultimo comma del vigente art. 609-quater (vedi ante, osservazione sull’art. 5 della p.d.l.).
Una volta inserito nell’art. 586-quater il corrispondente quinto comma dell’attuale art. 609-quater, il riferimento fatto dall’art. 586-octies, n. 5, alla procedibilità d’ufficio “se il fatto è commesso nell’ipotesi di cui all’art. 586-quater, quarto comma” andrebbe, quindi, così riformulato: “se il fatto è commesso nell’ipotesi di cui all’art. 586-quater, ultimo comma”.
L’articolo 10 introduce il nuovo articolo 586-nonies relativo al reato più grave tra quelli di natura sessuale ovvero alla violenza sessuale di gruppo.
Rispetto alla formulazione del vigente art. 609-octies che andrebbe a sostituire si può, intanto, osservare che la nuova norma rinuncia ad una definizione della fattispecie. Non è, infatti, riproposto il contenuto del primo comma dell’art. 609-octies in base al quale “la violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione da parte di più persone riunite ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis”.
Il primo comma dell’art. 586-nonies punisce semplicemente la partecipazione alla violenza sessuale di gruppo, anzitutto, sanzionando più severamente, rispetto all’attuale, il reato-base, con la reclusione da 8 a 16 anni (oggi, reclusione da 6 a 12 anni).
Altra differenza rilevante con la disciplina vigente è l’eliminazione delle attenuanti (art. 609-octies, quarto comma) ora applicabili a chi assiste soltanto alla violenza sessuale non prendendovi attivamente parte (chi “abbia avuto minima importanza nella preparazione ed esecuzione del reato”) ovvero sia stato determinato alla commissione del reato (dal genitore esercente la potestà, in quanto soggetto ad autorità altrui, minorenne o in condizioni di infermità o deficienza psichiche).
Inoltre, mentre l’art. 609-octies prevede l’applicazione di un unico aumento di pena conseguente alle aggravanti di cui all’art. 609-ter, in base all’art. 586-nonies gli aumenti di pena sono ora graduati in relazione alla specificità delle aggravanti.
Infatti, la violenza sessuale di gruppo risulterebbe sanzionata:
§ con la reclusione da 10 a 20 anni, in presenza delle aggravanti di cui al primo comma dell’art. 586-ter (vedi ante, art. 4 della p.d.l.);
§ con la reclusione minima di 12 anni, se aggravata ex art. 586-ter, secondo comma (vittima minore di 10 anni o presenza di due o più delle circostanze previste dall’art. 586-ter, primo comma) o se alla vittima è derivata una lesione personale grave;
§ con la reclusione minima di 15 anni se dal fatto è derivata una lesione personale gravissima;
§ con l’aumento di metà della pena in caso di recidiva nel reato;
§ con l’ergastolo se alla violenza consegue “per qualsiasi ragione” la morte della persona offesa.
Tale ultima previsione appare coordinata con quella dell’aggravante di cui all’art. 586-ter, terzo comma. Anche in tal caso, valgono i rilievi formulati in occasione del commento alla disposizione citata (v. ante, art. 4 della p.d.l.). Sembra, inoltre opportuno, per ragioni sistematiche, una formulazione progressiva dei commi dell’art. 586-nonies in ragione della progressione dell’entità della pena inflitta (in particolare, il quarto comma – che prevede l’ergastolo come conseguenza della morte della vittima - potrebbe essere collocato come ultimo comma).
L’articolo 11 della proposta introduce disposizioni di natura procedurale prevedendo l’arresto obbligatorio ed il procedimento direttissimo nei confronti dei responsabili dei reati di natura sessuale sopraillustrati.
Si ricorda che l’arresto obbligatorio è, di regola, previsto dall’art. 380 c.p.p. in flagranza di delitto non colposo consumato o tentato per cui la legge stabilisce una pena non inferiore nel minimo a 5 anni e nel massimo a 20 anni. Vi sono poi, una serie di ipotesi che, anche al di fuori dei casi suddetti, prevedono l’arresto obbligatorio in ragione del particolare allarme sociale collegato alla gravità di alcuni delitti (delitti contro la personalità dello Stato, devastazione, strage e saccheggio, delitti di mafia, tratta di persone, in materia di stupefacenti, rapina ed estorsione, terrorismo, ecc.).
Il giudizio direttissimo è previsto dall’art. 449 c.p.p. in caso di persona arrestata in flagranza di reato. In tali casi, ad iniziativa del PM, il soggetto può essere presentato direttamente in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento, entro 48 ore dall’arresto, per la convalida ed il contestuale giudizio. Se l’arresto è convalidato si procede col giudizio; alla mancata convalida consegue, invece, la restituzione degli atti al PM; tuttavia, si procede ugualmente col rito direttissimo se quest’ultimo e l’imputato vi consentano. IL PM può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato presentando l’imputato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto. Analogamente, il PM può, col rito direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato libero (o in stato di custodia cautelare) è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato
L’articolo 11, inoltre, prevede per gli imputati dei reati sessuali in questione l’impossibilità di accedere al patteggiamento di cui all’art. 444 del codice di procedura penale. Tale condizione di imputato costituisce titolo ostativo anche per la concessione dei benefici penitenziari (affidamento al servizio sociale, semilibertà, liberazione anticipata, ecc.) di cui alla legge 25 luglio 1975, n. 354.
Il procedimento speciale denominato applicazione della pena su richiesta delle parti (o patteggiamento) – come riformato dalla legge 134 del 2003 – è disciplinato dagli artt. 444 e ss. c.p.p. e presuppone un accordo sulla entità della pena da irrogare ed implicitamente (anche se non può essere equiparato a confessione della propria colpa) la sostanziale accettazione della responsabilità penale.
La deflazione processuale conseguente al patteggiamento (il risparmio di attività processuale è variabile a seconda del momento del procedimento in cui si verifica l’accordo) rende meritevole l’imputato di uno sconto di pena, fino al limite di un terzo.
Condizioni per addivenire al patteggiamento sono:
§ l’accordo dell’imputato e del P.M. sulla pena da applicare (proposta di una delle parti, consenso dell’altra);
§ che non si tratti di procedimento per una serie specifica di reati di particolare gravità (art. 444, co. 1-bis) e l’imputato non sia delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero recidivo, quando la pena superi il limite di 2 anni;
§ quantità di pena detentiva astrattamente applicabile (considerate le circostanze e diminuita fino ad 1/3) non superiore a 5 anni (art. 444, comma 1);
§ accoglimento della richiesta da parte del giudice.
Il giudice, tuttavia, può decidere solo sull’accoglimento od il rigetto della richiesta: egli può ratificare o meno l’accordo ma non può modificarlo, né integrarlo, né basarsi su atti diversi da quelli già acquisiti nel fascicolo del p.m. La sentenza di applicazione del patteggiamento non ha natura giuridica di sentenza di condanna, in quanto non contiene un’affermazione esplicita della responsabilità penale dell’imputato in ordine al fatto reato contestatogli. L’art. 445, co. 1-bis, tuttavia, stabilisce che “salvo diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata ad una pronuncia di condanna”.
Quando non ecceda i 2 anni, la sentenza comporta per l’imputato rilevanti benefici (art. 445 c.p.p.) oltre lo sconto di pena, consistenti: nell’esclusione del pagamento delle spese processuali, dell’applicazione di pene accessorie e i misure di sicurezza, fatta eccezione per la confisca obbligatoria (art. 240, co. 2, c.p.); nella previsione di estinzione del reato e di ogni altro effetto penale (ad es. per la recidiva) dopo il decorso di un certo intervallo di tempo dalla pronuncia della sentenza sul patteggiamento (5 anni se la sentenza concerne un delitto, 2 se concerne una contravvenzione se in tale spatium temporis l’imputato non commetta un reato della stessa indole); nella inefficacia della sentenza nei giudizi civili e amministrativi, fatta eccezione per la disciplina dell’art. 653 c.p.p. (efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare).
Va ricordato, inoltre, che le parti possono inserire, nel quadro del loro accordo, la concessione della sospensione della pena; la sospensione può essere apposta come condizione essenziale, dirimente dell’accordo, sicché se il giudice riterrà inaccoglibile tale punto dell’accordo verrà meno la stessa efficacia del patteggiamento (art. 445, co. 3).
La sentenza di patteggiamento è inappellabile (l’appello per il PM. è ammesso solo nel caso in cui la sentenza sia stata emessa nonostante il suo dissenso) e ricorribile in Cassazione (art. 448, comma 2); ex art. 629 c.p.p., può però essere oggetto di richiesta di revisione.
L’articolo 12 della proposta di legge introduce un’ipotesi di espulsione a titolo di misura di sicurezza dello straniero condannato per i delitti di natura sessuale di cui agli artt. 586-bis e seguenti del codice penale.
Si osserva che, nonostante l’art. 12 si riferisca alla espulsione come “sanzione accessoria”, tale termine sembra formulato in senso atecnico, essendo questo tipo di espulsione già prevista a titolo di misura di sicurezza sia dall’art. 215 c.p. che dalla legge sull’immigrazione (art. 15, TU 286/1998).
L’art. 15 del D.Lgs 286/1998 stabilisce che, fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l'espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale (reati in flagranza dei quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto) per i quali, sempre che risulti socialmente pericoloso. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l'esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione.
L’articolo 13 introduce una delle novità di maggior rilievo del provvedimento, con la previsione di un possibile trattamento sanitario cui sottoporre i condannati per i reati sessuali.
Si tratta del “trattamento farmacologico di blocco androgenico totale” che il giudice può disporre previa valutazione della pericolosità sociale, della personalità del soggetto e dei suoi rapporti con la vittima del reato. La misura è inserita nell’ambito di un programma terapeutico di recupero di competenza dell’amministrazione penitenziaria che si avvale di centri convenzionati e specialisti in psichiatria e psicoterapia
Se, in linea generale, l’opportunità del trattamento è affidata alla discrezionalità del giudice, l’art. 13 ne prevede invece l’obbligatorietà nelle ipotesi di recidiva nel reato oppure quando la vittima sia un minore.
Il citato trattamento farmacologico, associato ad idoneo periodo di terapia psicoterapica, è inserito dall’articolo 14 della proposta di legge tra le misure di sicurezza non detentive all’uopo integrando il terzo comma dell’articolo 215 del codice penale.
Il vigente art. 215 c.p. prevede le seguenti misure di sicurezza non detentive: la libertà vigilata; il divieto di soggiorno; il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche; l’espulsione dello straniero dallo Stato.
In merito, si ricorda che per i trattamenti sanitari obbligatori, l’articolo 32, comma 2, della Costituzione, prevede una riserva di legge qualificata unanimemente dalla dottrina come relativa e riferita alla sola legge statale.
Quanto ai limiti che la legge incontra nel prevedere trattamenti siffatti vi è un’indicazione maggioritaria della dottrina circa la necessità della sussistenza contemporanea dei due requisiti della finalizzazione del trattamento sanitario alla salute del singolo sottoposto e alla salute collettiva. Pertanto la norma in esame può ritenersi conforme al dettato costituzionale nella misura in cui il trattamento farmacologico suddetto possa considerarsi finalizzato anche alla salute del singolo.
La proposta di legge A.C. 1249 (Bianchi ed altri), partendo dal presupposto che nell’ordinamento giuridico italiano non sia riscontrabile tanto la mancanza di previsioni legislative idonee a combattere i fenomeni di violenza sessuale, quanto la carenza di azioni, iniziative concrete ed adattamenti necessari per rendere più efficaci le azioni di contrasto, è diretta ad introdurre alcune specifiche misure, in parte anche parzialmente modificando le disposizioni legislative vigenti, allo scopo di realizzare un potenziamento complessivo della lotta contro la violenza citata.
La proposta si compone di 11 articoli.
Le finalità del provvedimento sono indicate nell’articolo 1, e riguardano l’introduzione di norme finalizzate al potenziamento della lotta contro la violenza sessuale, di misure dirette alla specializzazione delle Forze dell’ordine e della magistratura per il perseguimento dei reati inerenti le violenze e gli abusi sessuali e al coordinamento delle funzioni e azioni previste dalla legislazione vigente in materia, di disposizioni dirette a rafforzare la tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale compresa la nuova fattispecie di molestie assillanti introdotta dall’articolo 7 del progetto di legge.
L’articolo 2 dispone l’istituzione (comma 1) presso le procure della Repubblica, per la miglior realizzazione delle finalità indicate all’articolo 1, di strutture specializzate (denominate pool) sui reati inerenti la sfera della violenza sessuale. Vengono poi previsti (comma 2) corsi di aggiornamento professionale e di aggiornamento in tema di abusi, maltrattamenti e violenze sessuali allo scopo di potenziare le unità specializzate di polizia giudiziaria costituite presso le squadre mobili di ogni questura e di favorire il coordinamento con le attività delle strutture specializzate di cui al comma precedente.
Viene infine istituito (comma 3) presso ogni questura uno sportello per dare assistenza e sostegno ai cittadini in relazione ai fenomeni di abusi, ai maltrattamenti ed ai reati inerenti le violenze sessuali, che deve prevedere nella propria dotazione organica almeno uno psicologo e un assistente sociale.
Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle citate disposizioni provvede il comma 1 dell’articolo 10.
L’articolo 3 prevede l’istituzione di un Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale presso il Ministero dell’interno, con il compito di coordinare le attività di prevenzione e contrasto dei reati inerenti le violenze sessuali e di monitorare il fenomeno sul territorio nazionale.
La nomina dei componenti dell’Osservatorio è disposta con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro della solidarietà sociale, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie laocali (di cui all’art. 8 del D.Lgs 281/1997[12]), entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame. Il medesimo decreto dovrà contenere altresì disposizioni sull’organizzazione e il funzionamento dell’Osservatorio.
L’Osservatorio è composto da:
§ un rappresentante della Polizia di Stato, proposto dal Capo della Polizia;
§ un rappresentante dell’Arma dei Carabinieri, proposto dal Comandante generale dell’Arma;
§ un rappresentante della Guardia di Finanza, proposto dal Generale del Corpo;
§ un rappresentante del Ministero dell’interno e da uno del Ministero della solidarietà sociale, indicati dai ministri competenti;
§ tre esponenti delle Regioni proposti dalla Conferenza unificata, rappresentanti rispettivamente le aree del nord, del centro e del sud del territorio nazionale;
§ due rappresentanti delle associazioni dei centri antiviolenza, designati dal Coordinamento nazionale dei centri antiviolenza.
I compensi dei componenti dell’osservatorio sono da stabilirsi con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, nei limiti dell’autorizzazione di spesa per il funzionamento dell’Osservatorio pari a 500 mila euro annui per il triennio 2006-2008.
I Centri antiviolenza, nati nella metà degli anni ’80, sono espressione del movimento delle donne ed in moltissimi casi sono nati con l’ausilio delle maggiori associazioni delle donne (Unione Donne Italiane, Centro Documentazione Donne di Bologna, etc.).
La Rete nazionale è luogo di confronto e di sintesi delle diverse esperienze dei Centri e delle Case delle donne, che nel tempo vi hanno aderito. Attualmente, i Centri sono luogo di elaborazione politica, di prevenzione e di contrasto diretto alla violenza contro le donne, di ricerca e di messa a punto di modelli di intervento, attraverso progetti, servizi e attività di formazione rivolte a tutti i soggetti operanti nel settore sociale, educativo, sanitario, della protezione e della giustizia.
Nell’ambito delle azioni di monitoraggio, studio e ricerca del fenomeno della violenza sessuale ricordiamo inoltre il progetto pilota Rete antiviolenza tra le città Urban Italia, ideato e coordinato a livello nazionale dal Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità. Nato nel 1998 nell'ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban Italia 1994 – 1999, il progetto è stato finanziato con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) a titolarità del Ministero delle Infrastrutture.
Nel 2001, il Dipartimento Pari Opportunità ha previsto l’estensione della Rete antiviolenza – avviata in 8 città italiane – a 18 nuove città e il progetto è stato finanziato in parte con il Fondo Sociale Europeo (FSE), in parte con le Azioni di sistema del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. La principale caratteristica del progetto è stata inizialmente la destinazione dei fondi di un Programma europeo, rivolto alle aree urbane disagiate, alla realizzazione di politiche multisettoriali
Il progetto Rete antiviolenza tra le città Urban Italia ha lo scopo di indagare il contesto sociale, culturale ed istituzionale nel quale sorge e si sviluppa il fenomeno della violenza contro le donne e la percezione che di esso ha l’ambiente contiguo, con la duplice finalità di costruire un possibile modello di intervento trasferibile nel tempo anche in altri contesti sostenendo al contempo i Comuni nel programmare interventi per contrastare la violenza contro le donne.
L’Osservatorio ha il compito di:
§ raccogliere, con cadenza mensile, i dati su base nazionale relativi agli atti di violenza sessuale elaborandoli al fine di predisporre una carta delle maggiori aree a rischio;
§ redigere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione al Parlamento contenente i dati forniti dalle forze di polizia e dai pool previsti dal precedente art. 2, sui reati di violenza sessuale, con l’obiettivo di delineare un quadro delle fenomenologie criminali attinenti a tale tipo di reato proponendo nuovi strumenti di tutela per le vittime dei reati sessuali;
§ individuare gli interventi prioritari di prevenzione e di lotta in materia anche mediante l’utilizzazione di strumenti ad alta tecnologia;
§ predisporre e coordinare campagne di educazione e comunicazione, dedicando particolare attenzione ai cittadini extracomunitari promuovendo la conoscenza della cultura e dei costumi nazionali.
Gli interventi sopra illustrati confluiranno in un programma, approvato dal ministro dell’interno di concerto con il ministro della solidarietà sociale, per il quale è autorizzata la spesa di 200 milioni di euro per il 2006, 300 milioni di euro per il 2007 e 700 milioni di euro per il 2008.
L’articolo 4 è diretto a sostituire il comma 1 dell’articolo 609 bis che delinea la fattispecie del reato di violenza sessuale.
Attualmente il citato comma 1 prevede che chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
La nuova formulazione del comma citato punendo con la reclusione da cinque a dieci anni il comportamento di chiunque costringa taluno a compiere o subire atti sessuali senza il suo consenso, è diretta a superare l’attuale formulazione che richiede il requisito della costrizione della vittima ai fini dell’imputazione, in favore di quella basata sulla “mera mancanza di consenso” all’atto sessuale, onde tutelare pienamente il diritto di libertà sessuale.
Come evidenziato nella relazione illustrativa alla proposta di legge, infatti, la formulazione attuale della disposizione, richiedendo una condotta coartativa della volontà della vittima, attuata attraverso “violenza o minaccia o mediante abuso d’autorità” al compimento dell’atto, richiede una sorta di onere di resistenza in capo alla vittima come presupposto dell’accesso alla tutela penale. Poiché però, spesso, l’aggredito è una persona che non reagisce, perché, ad esempio, terrorizzata, oppure perché ritiene così di evitare un male ancora peggiore, oppure in quanto la violenza è perpetrata in ambito familiare, la modifica proposta sembra rispondere a nuove esigenze di tutela e rispettare contemporaneamente il principio costituzionale di sufficiente determinazione della fattispecie di cui all’articolo 25 della Costituzione.
L’articolo 5, aggiungendo il numero 5-bis al comma 1 dell’articolo 609-ter del codice penale introduce, tra le circostanze aggravanti dei reati di violenza sessuale, quella del fatto commesso su persona in stato di gravidanza. Come evidenziato nella relazione illustrativa, tale previsione aggiuntiva mira a sopperire ad una grave dimenticanza del legislatore del 1966.
L’articolo 6, inserendo una lettera aggiuntiva (c-bis) al comma 9 dell’articolo 656 c.p.p. (Esecuzione delle pene detentive), condiziona la concessione della sospensione dell’esecuzione della pena detentiva ai condannati per i delitti di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), anche aggravata (art. 609-ter), di atti sessuali con minorenne (art. 609-quater), di corruzione di minorenne (art. 609-quinquies) e di violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies) alla sottoposizione dei responsabili ad un trattamento terapeutico-riabilitativo. Tale previsione, come evidenziato nella relazione illustrativa, si configura quale incentivo (non obbligo) nei confronti dei colpevoli di delitti sessuali, ad accettare la cura psichiatrica o il trattamento psicoterapeutico utili proprio nei casi di delitti sessuali e in particolare in quelli di pedofilia, la cui commissione, pur in presenza di una piena imputabilità, normalmente dipende da cause patologiche o disturbi della personalità.
L’articolo 7 è diretto ad introdurre nel codice penale, mediante l’inserimento dell’articolo 609-ter-1, il delitto di molestie assillanti, cosiddetto stalking, contemplato dalla legislazione americana fin dagli anni ’90. Tale fattispecie criminosa si caratterizza per una serie di azioni lesive ripetute nel tempo e dirette verso una specifica persona, quali seguire, telefonare ostinatamente, lasciare messaggi in segreteria, adottare comportamenti intrusivi di ogni tipo; tali azioni possono o meno essere accompagnate da minacce credibili a cui può far seguito una vera e propria aggressione o un omicidio, A tale proposito la relazione illustrativa rileva che oltre il 70 per cento delle donne che hanno subito maltrattamenti da parte del proprio compagno, continua a essere a rischio di subire violenza anche dopo la separazione, subendo minacce, riportando danni importanti a breve e a lungo termine che ledono la loro integrità psico-fisica con costi individuali e sociali altissimi.
La nuova fattispecie delittuosa, perseguibile a querela di parte, punisce, con la reclusione fino a due anni e con la multa di 20.000 euro, chiunque, con comportamenti intrusivi e reiterati di sorveglianza, controllo, ricerca di contatto e di momenti di intimità indesiderati, pone taluno in uno stato di soggezione, paura o disagio emotivo tali da ledere la altrui libertà morale o personale o la salute psicofisica.
Viene poi consentito alla persona che si ritiene offesa dai comportamenti sopra descritti di presentare all’autorità giudiziaria richiesta di diffida all’autore delle molestie. Qualora sussistano elementi che facciano ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato da parte delle persone denunciate, l’autorità di pubblica sicurezza, autorizzata in tal senso dal giudice che procede, diffida formalmente l’indagato dal compiere ulteriori atti di molestia assillante.
Viene infine consentito al giudice, qualora nonostante la diffida formale l’indagato compia nuovi atti di molestia assillante, di prescrivere all’indagato medesimo le misure cautelari dell’allontanamento della casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), del divieto e obbligo di dimora (art. 283 c.p.p.) e della custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.), nonché di adottare le misure (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) di cui agli articoli 342 bis e 342 ter c.c.
Dalla formulazione delle disposizioni sopra descritte non appare esattamente definito il rapporto tra la procedura di diffida e il procedimento penale avviato in relazione al delitto di molestia insistente.
L’articolo 8 prevede il gratuito patrocinio in favore delle vittime dei reati legati alla sfera delle violenze sessuali (artt. 609-bis, 609-ter, 609-ter.1, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale).
L’articolo 9 autorizza per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 la spesa di 200 milioni di euro necessaria all’espletamento delle attività della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri in relazione ai reati di violenza sessuale, al potenziamento delle attività dei pool e delle unità specializzate di polizia giudiziaria, alla formazione e all’aggiornamento professionali degli addetti previsti dalla legge.
L’articolo 10 detta le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento mentre l’articolo 11 dispone l’entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Il provvedimento in esame si compone di quattro articoli e, nelle intenzioni del presentatore, mira alla prevenzione dei numerosi fenomeni di violenza ed aggressione a sfondo sessuale registratesi nell’ultimo periodo.
Dal punto di vista sistematico, la proposta di legge in esame appare estranea al contenuto dei precedenti provvedimenti che, o intervengono con novelle sulla disciplina codicistica, ovvero introducono specifici delitti di natura sessuale.
Il provvedimento prevede in particolare, specifici divieti da imporre ai rivenditori di giornali, ai media ed agli operatori della rete Internet, i cui comportamenti nel veicolare notizie ed immagini sono individuati come strumento di stimolo a comportamenti contrari alla morale pubblica.
Tali comportamenti - si legge nella relazione di accompagnamento alla proposta - “pericolosi per la tutela personale e sessuale dell’individuo” possono essere stimolati dalla facilità con cui sono attualmente accessibili “notizie, immagini od ogni altro dato, suscettibile di colpire in modo “perverso” l’opinione pubblica” ed influenzare pericolosamente le azioni dei soggetti predisposti ad illeciti di tipo sessuale.
L’articolo 1 impone il divieto di pubblica esposizione di giornali, periodici, riviste che riproducano fotografie o immagini che possono essere di turbamento della morale pubblica.
La norma appare, quindi, rivolta a coloro - edicolanti, in primis - che a qualsiasi titolo, espongano al pubblico giornali e riviste a scopo di vendita.
Sul punto va ricordato che l’art. 528 c.p. (Pubblicazioni e spettacoli osceni) prevede che chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire 103 euro. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente. Tale pena si applica inoltre a chi:
1. adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte dell’articolo;
2. dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità.
Nel caso preveduto dal n. 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto dell'autorità.
Inoltre, l’art. 725 c.p. (Commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica decenza) prevede sia punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 619 euro chiunque espone alla pubblica vista o, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offre in vendita o distribuisce scritti, disegni o qualsiasi altro oggetto figurato, che offenda la pubblica decenza.
L’art. 14 della legge sulla stampa (L: 8 febbraio 1948, n. 47) stabilisce che le disposizioni dell'art. 528 c.p. si applicano anche alle pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti, quando, per la sensibilità e impressionabilità ad essi proprie, siano comunque idonee a offendere il loro sentimento morale od a costituire per essi incitamento alla corruzione, al delitto o al suicidio. Le pene in tali casi sono aumentate. Le medesime disposizioni si applicano a quei giornali e periodici destinati all'infanzia, nei quali la descrizione o l'illustrazione di vicende poliziesche e di avventure sia fatta, sistematicamente o ripetutamente, in modo da favorire il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina sociale. Nei casi in cui il reato previsto dall'articolo 528 del codice penale sia commesso da un editore di libri o stampa periodica si applica la pena della reclusione da uno a tre anni e della multa non inferiore a 413 euro.
In base al successivo art. 15 è stabilita l’applicabilità delle disposizioni dell'art. 528 c.p. anche nel caso di stampati i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale o l'ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti
L’articolo unico della legge 17 luglio 1975, n. 355 prevede, però, la non punibilità per i reati previsti dagli articoli 528 e 725 del codice penale e dagli articoli 14 e 15 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 dei titolari e gli addetti a rivendita di giornali e di riviste per il solo fatto di detenere, rivendere, o esporre, nell'esercizio normale della loro attività, pubblicazioni ricevute dagli editori e distributori autorizzati ai sensi delle vigenti disposizioni. La stessa disposizione si applica ai titolari ed agli addetti a negozi di vendita di libri e pubblicazioni non periodiche, salvo il caso che essi operino di concerto con gli editori ovvero con i distributori al fine specifico di diffondere stampa oscena.
Peraltro, le citate disposizioni di esonero di responsabilità non si applicano quando siano esposte, in modo da renderle immediatamente visibili al pubblico, parti palesemente oscene delle pubblicazioni o quando dette pubblicazioni siano vendute ai minori di anni sedici. In tale caso la pena è della reclusione sino ad un anno.
Va ricordato, inoltre, che il D.Lgs. 24 aprile 2001 n. 170 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell'articolo 3 della L. 13 aprile 1999, n. 108) dettando i principi per la disciplina, da parte delle regioni, delle modalità e delle condizioni di vendita della stampa quotidiana e periodica, stabilisce che “è comunque vietata l'esposizione al pubblico di giornali, riviste e materiale pornografico” (art. 5).
Sul punto la circolare 28 dicembre 2001, n. 3538/C del Ministero delle attività produttive ha, peraltro, affermato che “risulta evidente come il divieto discenda direttamente dalla tipologia del prodotto tipografico a prescindere dal contenuto più o meno osceno della copertina” (art. 4).
Tali soggetti dovranno esporre tale materiale in un locale separato riservandone l’accesso ad una clientela adulta (si presume, tramite la richiesta di un valido documento d’identità). La norma precisa, infine che, in carenza di tale locale separato, il rivenditore potrà mostrare all’adulto le pubblicazioni dietro specifica richiesta, fermo restando il divieto di esposizione al pubblico.
In relazione a tale precisazione, si osserva che la ripetizione del “divieto di esposizione al pubblico” (già esplicitato al comma 1) possa essere collegato alla riservatezza con cui il materiale deve essere mostrato al cliente che ne faccia richiesta.
L’articolo 2 della proposta di legge vieta il libero accesso ai siti INTERNET che riproducono contenuti a sfondo sessuale e divulgano immagini o notizie volte “a promuovere o a suscitare fantasie di tipo sessuale”
Il sistema che il provvedimento prevede per l’accesso a tali siti – di cui la norma prevede il divieto di pubblicizzazione - si basa su due fattori:
a) l’espressa richiesta in tal senso;
b) l’autocertificazione della propria maggiore età.
In riferimento al cd. uso sicuro di Internet si ricorda il piano d'azione comunitario "Safer Internet" – adottato con la Decisione n. 276/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 gennaio 1999, che ha adottato un piano pluriennale per promuovere l'uso sicuro di Internet attraverso la lotta alle informazioni di contenuto illegale e nocivo diffuse attraverso le reti globali.
Il programma, inizialmente modificato dalla Dec .n. 1151/2003/CE, è ora sostituito dalla Dec. n. 854/2005/CE dell’11 maggio 2005, che istituisce "Safer Internet plus", un programma comunitario per il triennio 2005-2008 inteso a promuovere un uso più sicuro di Internet e delle nuove tecnologie online. Esso si articola su diversi piani:
- creare un ambiente più sicuro per il tramite di una rete europea di linee dirette ("hot line") e promuovere l'autodisciplina e i codici di comportamento;
- sviluppare i sistemi di filtraggio e di classificazione, in particolare dimostrando i vantaggi di tali sistemi e promuovendo un accordo internazionale sulla realizzazione di un sistema di classificazione;
- incoraggiare le azioni di sensibilizzazione a tutti i livelli per meglio informare i genitori e quanti si occupano di bambini (insegnanti, assistenti sociali, ecc.) circa il modo migliore di proteggere i minori dall'esposizione a contenuti che potrebbe risultare nocivi al loro sviluppo;
- azioni di sostegno attraverso la valutazione delle implicazioni giuridiche, coordinandole con le iniziative internazionali analoghe e valutando l'impatto delle misure comunitarie.
In riferimento al divieto di accesso al sito, la norma prefigura un reato omissivo che si sostanzia nel mancato controllo. La disposizione non indica il soggetto cui sarebbe imputabile l’illecito ma sembra ci si voglia riferire:
- alla responsabilità degli internet-providers
- ovvero, direttamente, a quella dei gestori dei singoli siti a contenuto pornografico.
Si segnala, in tal caso, che si farebbe in tal modo carico ad entrambi i soggetti di un ruolo pubblicistico (controllo dell’autocertificazione) che dovrebbe essere estraneo allo svolgimento di un’attività d’impresa.
Inoltre (e soprattutto), l’essenza immateriale e transnazionale di Internet e dei suoi attori costituisce il maggior ostacolo per una sua regolamentazione a livello di singola legislazione nazionale. La natura tecnologica del sistema consente, infatti, di aggirare, più o meno facilmente, qualsiasi limitazione che possa essere introdotta da un singolo paese.
Questo aspetto, connaturale alla rete, è il presupposto ineludibile di ogni considerazione che attenga agli aspetti penalistici connessi all’utilizzo della rete.
L’articolo 3 impone ai mass media (giornali, TV, radio, ecc) il divieto di diffondere notizie che, raccontando il fatto (di cronaca) descrivano dettagli e particolari che possano stimolare fantasie sessuali o comunque siano contrari alla morale pubblica e alla dignità personale.
Sembra trattarsi di voler estendere ai media- mutatis mutandis - la disciplina di cui al sopracitato art. 15 della legge sulla stampa, che a sua volta richiama l’applicabilità dell’art. 628 del codice penale (v. ante, commento art. 1 della p.d.l.).
L’articolo 4, infine, prevede l’apparato sanzionatorio per le violazioni delle disposizioni della legge in esame.
In particolare, la violazione del divieto di esposizione al pubblico di pubblicazioni oscene (art. 1) e la illecita diffusione di particolari o dettagli pruriginosi (art. 3) sono punite a titolo contravvenzionale con l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
L’illecito previsto dall’art. 2 della proposta di legge (violazione delle norme sull’accesso ai siti INTERNET e sul divieto di pubblicità) è, invece, punito a titolo di delitto, con la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro.
La proposta di legge, che consta di un solo articolo, mira a innalzare l’età del consenso sessuale da 14 a 16 anni.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 1, intervenendo sull’art. 609-ter c.p., prevede la reclusione da 6 a 12 anni se la violenza sessuale è commessa nei confronti di persona che non ha ancora compiuto sedici anni (in luogo degli attuali quattordici).
Il comma 2, intervenendo sull’art. 609-quater, prevede la reclusione da 5 a 10 anni per chiunque compia atti sessuali con persona che al momento del fatto non ha compiuto sedici anni (in luogo degli attuali quattordici), ovvero con persona che non ha compiuto i diciotto anni (in luogo degli attuali sedici) quando il colpevole sia ascendente, genitore anche adottivo, tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore sia affidato o che abbia con il minore una relazione di convivenza.
Il comma 3 interviene sull’art. 609-quinquies prevedendo il delitto di corruzione di minorenne per chiunque compia atti sessuali in presenza di persona minore di anni sedici (in luogo degli attuali quattordici), al fine di farla assistere.
Infine, il comma 4 modifica l’art. 609-sexies nel senso di escludere la rilevanza dell’ignoranza dell’età della persona offesa quando i delitti sessuali siano commessi in danno di minore degli anni sedici (in luogo degli attuali anni quattordici).
La proposta di legge – che si compone di due articoli – mira ad introdurre nell’ordinamento il delitto di molestia insistente.
L’articolo 1 prevede la reclusione fino a 2 anni per chiunque ponga in essere un «intenzionale, malevolo e persistente comportamento finalizzato a seguire o a molestare un'altra persona con attività che allarmano o suscitano una ragionevole paura o disagio emotivo, che ledono la libertà morale o personale o la salute psicofisica della persona offesa» (comma 1).
Chiunque si ritenga offeso da siffatta condotta può anzitutto rivolgersi all’autorità giudiziaria presentando una richiesta di diffida per l’autore dei comportamenti lesivi. L’autorità giudiziaria autorizzerà l’autorità di pubblica sicurezza a diffidare formalmente l’indagato dal compiere ulteriori atti di molestia (comma 3). Peraltro, il comma 2 dell’art. 1 prevede che – nelle more del procedimento penale - il giudice possa prescrivere all'indagato di non avvicinarsi al domicilio o ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, o al domicilio di parenti, di affini o di conoscenti della stessa.
Laddove la diffida venga violata o il delitto reiterato la pena è aumentata fino a un massimo di 4 anni (comma 4).
Si osserva che la proposta di legge non specifica la perseguibilità a querela della persona offesa del delitto di molestia insistente. Inoltre, come già rilevato sulla proposta di legge A.C. 1249, in relazione alla formulazione dei commi 2 e 3, si osserva che non appare esattamente definito il rapporto tra la procedura di diffida, ivi descritta, e il procedimento penale avviato in relazione al delitto di molestia insistente.
L’articolo 2 istituisce presso ogni questura uno specifico sportello – con la presenza di psicologi, psichiatri e assistenti sociali - per assistere coloro che si ritengano vittime di molestie insistenti (comma 1). Al tempo stesso è istituito, a cura del Ministero della giustizia, un numero verde nazionale per fornire una prima assistenza alle vittime del delitto e indirizzarle agli sportelli presso le questure (comma 2).
La proposta di legge in esame, composta da tre articoli, prevede in primo luogo, il gratuito patrocinio in favore delle vittime dei reati legati alla sfera delle violenze sessuali (artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale: per l'esame dei citati articoli del codice penale si rinvia al paragrafo concernente il quadro normativo).
In particolare, l'articolo 1 del provvedimento, stabilisce che, fermo restando il principio in base al quale compete all'autorità giudiziaria definire l'onorario e le spese spettanti al difensore per i delitti ammessi al patrocinio dello Stato, spetta al Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il regolamento di attuazione della disposizione in esame (art. 1, comma 1).
Si ricorda che ai sensi del primo comma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
L'articolo 2 della proposta di legge novella il comma 1-bis dell'articolo 444 del codice di procedura penale, concernente l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle parti, al fine di aggiungere all'elenco dei reati rispetto ai quali non è consentito il ricorso al citato istituto processuale, anche la fattispecie penale disciplinata dall'articolo 609-quinquies, concernente la corruzione di minorenne.
Si ricorda che la legge n. 134 del 2003 che ha modificato in maniera rilevante l'istituto del patteggiamento, ha introdotto una serie di cause di esclusione, di natura oggettiva e soggettiva, la cui presenza - nel caso di pena detentiva superiore a due anni - preclude l’accesso al possibile accordo tra le parti su una pena ridotta.
Le prime, cause oggettive, escludono dall’accesso al patteggiamento i procedimenti per delitti di particolare allarme sociale.
Tra questi, l'attuale formulazione del comma 1-bis dell'articolo 444 c.p.p. prevede espressamente, tra gli altri, i delitti di cui 609-bis (violenza sessuale), 609-ter (circostanze aggravanti), 609-quater (atti sessuali con minorenne), e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, non ricomprendendo, quindi, la fattispecie di cui all'articolo 609-quinquies (corruzione di minorenni)
L'articolo 3 della proposta di legge reca la copertura finanziaria del provvedimento.
In particolare, il comma 1 di tale articolo prevede che all'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni concernenti il patrocinio a carico dello Stato di cui all'articolo 1 della pdl e valutato in 200 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
In relazione alla formulazione di questa disposizione si segnala che occorre far riferimento al bilancio triennale 2007-2009.
La proposta di legge C. 1901, composta da due articoli, prevede l'introduzione nel codice penale degli articoli 612-bis e 612-ter in materia di molestie persistenti.
Analogamente a quanto previsto dalle proposte di legge Lussana C. 1819 e Brugger, C 2033, la proposta in esame, sanziona chiunque ponga in essere un comportamento intenzionale, malevolo e ripetuto nel tempo, finalizzato a molestare un'altra persona con attività che procurano allarme o suscitano una ragionevole paura o disagio emotivo, ovvero che ledono la altrui libertà morale o personale o la altrui salute psico-fisica .
Come già rilevato, una disposizione simile è prevista altresì dall'articolo 7 della proposta di legge Bianchi C.1249 e dall'articolo 12 della proposta di legge Mura, C. 2101.
La nuova fattispecie penale è punita a querela della persona offesa con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 10.000.
Il nuovo articolo 612-ter, prevede, inoltre, la possibilità da parte del giudice di prescrivere all'indagato di non avvicinarsi al domicilio o ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai suoi congiunti o conoscenti qualora tale allontanamento sia necessario al fine di tutelare la loro incolumità fisica o psicologica.
Il medesimo giudice, può inoltre, stabilire le modalità di frequentazione dei citati luoghi nel caso in cui tale frequentazione risulti necessaria all'indagato per motivi di lavoro o di cura.
Il successivo articolo 612-ter c.p., il cui inserimento nel codice penale è anch'esso previsto dall'articolo 1 della proposta di legge in esame, è volto ad attribuire alla persona che si ritiene offesa da una condotta che può presentare gli elementi del reato di cui all'articolo 612-bis la possibilità di chiedere all'autorità giudiziaria competente di diffidare l'indagato dal commette nuovi atti di molestia persistente.
Analogamente a quanto previsto dalla proposta di legge C. 2033, nel caso in cui nonostante la diffida si reiteri la condotta molesta, il reato in esame diventa perseguibile d'ufficio, la pena della reclusione viene raddoppiata fino a quattro anni e quella della multa aumentata fino a 40.000 euro.
Ai sensi del nuovo articolo 612-ter del codice penale, è prevista la possibilità, da parte dell'autorità giudiziaria, di inserire le persone condannate per il reato di cui al nuovo articolo 66-bis, in programmi di recupero attuati presso strutture specializzate.
L'articolo 2 stabilisce, infine, che l'entrata in vigore della legge avvenga il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Analogamente alla proposta di legge Lussana C. 1819 e alla proposta di legge CodurelliC.1901, la proposta di legge Brugger, C 2033, composta da due articoli è volta a prevedere il nuovo delitto di molestie persistenti.
Una disposizione di analogo contenuto è prevista, altresì, dall'articolo 7 della proposta di legge Bianchi C.1249 e dall'articolo 12 della proposta di legge Mura, C. 2101.
In particolare, l'articolo 1 del provvedimento in esame prevede l'inserimento nel codice penale del nuovo articolo 660-bis volto a sanzionare il comportamento intenzionale, malevolo e persistente posto in essere da chiunque intenda seguire o molestare un'altra persona che da ciò risulta infastidita e preoccupata e associa a tale comportamento un senso di minaccia e di paura.
Per tale reato il nuovo articolo 660-bis c.p.prevede la pena della reclusione fino a due anni e la multa fino a 20.000 euro.
Il successivo articolo 660-ter c.p., il cui inserimento nel codice penale è anch'esso previsto dall'articolo 1 della proposta di legge in esame, stabilisce che qualora ricorra il fondato pericolo di reiterazione del reato da parte di un molestatore già denunciato per il reato di cui all'articolo 660-bis, la vittima delle molestie persistenti può chiedere all'autorità competente la diffida formale dell'indagato che dovrà essere notificata a norma degli articoli da 148 a 171 del codice di procedura penale.
Nel caso in cui nonostante la diffida si reiteri la condotta molesta, il medesimo articolo 660-ter prevede che il reato sia perseguibile d'ufficio, la pena della reclusione raddoppiata fino a quattro anni e quella della multa aumentata fino a 40.000 euro.
Da ultimo, l'articolo 1 della proposta di legge in esame prevede la possibilità, da parte dell'autorità giudiziaria, di inserire le persone condannate per il reato di cui al nuovo articolo 66-bis, in programmi di recupero attuati presso strutture specializzate.
In relazione all'articolo in esame, da un punto di vista sistematico, andrebbe valutata l'opportunità di inserire la nuova fattispecie penale, configurata in termini di "delitto", nell'ambito del Libro terzo, titolo primo, Capo primo del codice penale in materia di contravvenzioni (in particolare, concernenti la l'inosservanza dei provvedimenti di polizia e le manifestazioni sediziose e pericolose).
Al riguardo, si ricorda che ai sensi dell’articolo 17 del codice penale le pene principali previste per i delitti sono la reclusione e la multa; le pene principali previste per le contravvenzioni sono l'arresto e l'ammenda.
L'articolo 2 stabilisce, infine, che l'entrata in vigore della legge avvenga il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La proposta di legge in esame che si compone di 15 articoli, contiene disposizioni in materia di reati in ambito familiare, di violenza sessuale e di molestie.
Nello specifico, l'articolo 1 prevede la realizzazione di appositi corsi di formazione e aggiornamento per gli appartenenti alle Forze di polizia, con particolare riferimento alla Polizia giudiziaria, al fine di consentire una maggior efficacia delle azioni di contrasto dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale.
Sempre con riferimento alla medesima finalità di contrasto dei citati reati l'articolo 2 prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, di una apposito Osservatorio nazionale sui reati in ambito familiare e di violenza sessuale la cui nomina dei componenti e la definizione della relativa organizzazione e del relativo funzionamento sono delegate ad un apposito decreto del Ministro dell'interno adottato di concerto con i Ministri della giustizia e della solidarietà sociale.
Ai sensi dell'articolo 3 l'Osservatorio è composto da:
§ un rappresentante del Ministero dell'interno, designato dal Ministro dell'interno;
§ un rappresentante del Ministero della giustizia, designato dal Ministro della giustizia;
§ un rappresentante del Ministero della solidarietà sociale, designato dal Ministro della solidarietà sociale;
§ un rappresentante della Polizia di Stato, esperto nel settore dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, indicato dal Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza;
§ un rappresentante dell'Arma dei carabinieri, esperto nel settore dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, indicato dal Comandante generale dell'Arma;
§ tre rappresentanti designati dal coordinamento nazionale delle associazioni e dei centri antiviolenza.
Il successivo articolo 4 affida all'Osservatorio ha il compito di:
§ raccogliere i dati relativi ai reati in ambito familiare e di violenza sessuale commessi sul territorio nazionale e di elaborarli, anche al fine di individuare le zone che registrano una maggiore frequenza di tali reati, mettendo tale elaborazione a disposizione della magistratura, delle Forze dell'ordine, degli enti locali e delle sedi scientifiche, culturali ed operative;
§ individuare e proporre gli interventi prioritari di prevenzione e di contrasto dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale;
§ promuovere e coordinare campagne informative e campagne educative volte alla prevenzione dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, con particolare attenzione nei confronti delle scuole;
§ predisporre una relazione annuale sul fenomeno dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, che i Ministri dell'interno, della giustizia della solidarietà sociale dovranno illustrare alle competenti Commissioni parlamentari.
Gli interventi sopra indicati confluiranno, inoltre, in un apposito programma, approvato dal Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia della solidarietà sociale (articolo 5).
Da ultimo, l'articolo 6 della proposta di legge in esame autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per il funzionamento dell'Osservatorio. Il medesimo articolo 6, attribuisce, altresì, ad un apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di definire i compensi spettanti ai componenti dell'Osservatorio.
I successivi articoli da 7 a 11 incidono prevalentemente sulle pene attualmente previste in ordine ai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale.
Nello specifico, l'articolo 7 novella l'articolo609-bis, primo comma, del codice penale, concernente il delitto di violenza sessuale, al fine di incrementare l'entità dei limiti di pena: agli attuali limiti minimi e massimi di cinque e dieci anni sono sostituiti i nuovi di sette a tredici anni.
Analogo incremento di pena è previsto dal successivo articolo 8, concernente le circostanze aggravanti previste per il delitto di violenza sessuale.
Al riguardo, si prevede, infatti, che la pena della reclusione è da 8 a 14 anni, anziché da 6 a 12, come attualmente previsto, nel caso in cui ricorrano talune delle circostanze aggravanti previste dal medesimo articolo 609-ter.
Si tratta dei casi in cui il delitto di violenza sessuale sia commesso su minore di 14 anni, ovvero con l'uso di armi o di sostanze alcooliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa, ovvero da persona travisata o da persona che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, da persona sottoposta a limitazioni della libertà personale, ovvero, ancora nel caso di violenza sessuale commessa nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
L'articolo 8 della proposta di legge in esame interviene, altresì, sulla ulteriore circostanza aggravante prevista dall'art. 609-ter, secondo comma, c.p.p., riguardante il caso in cui la violenza sessuale sia compiuta nei confronti di persona di età inferiore agli anni 10.
Al riguardo, agli attuali limiti minimi e massimi di sette e quattordici anni sono sostituiti i nuovi di dieci e quindici anni.
Il successivo articolo 9 del provvedimento in esame prevede la soppressione del secondo comma dell'articolo 609-quater c.p.p, concernente gli "atti sessuali con minorenne".
Si ricorda che la fattispecie di cui all’articolo 609-quater esclude espressamente le ipotesi di cui all’articolo 609-bis: essa è infatti integrata da atti sessuali compiuti, senza costrizione, con un minorenne, il cui consenso è però «viziato» dalla circostanza che il minore non ha compiuto quattordici anni ovvero non ha compiuto gli anni sedici quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza.
Il secondo comma dell'articolo 609-quater, oggetto di abrogazione da parte dell'articolo 9 della pdl in esame, prevede la pena della reclusione da tre a sei anni , nei confronti di chi compia atti sessuali con persona che ha compiuto gli anni sedici, purché il colpevole sia quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo o il di lui convivente, il tutore, ed abbia agito abusando della posizione di fiducia, autorità od influenza che ha rispetto al minore.
Gli articoli 10 e 11 della proposta di legge in esame novellano gli articoli 609-quinquies e 609-octies del codice penale concernenti, rispettivamente i delitti di corruzione di minorenni e violenza sessuale di gruppo prevedendo anche in questo caso un innalzamento delle pene detentive attualmente previste.
Nello specifico, in relazione al delitto di corruzione di minorenni,agli attuali limiti minimi e massimi di sei mesi e tre anni sono sostituiti i nuovi limiti di uno e quattro anni (articolo 10).
Con riferimento, poi, alla violenza sessuale di gruppo agli attuali limiti minimi e massimi di sei e dodici anni sono sostituiti i nuovi limiti di otto e quindici anni (articolo 11)
L'articolo 12 della proposta di legge in esame è volta, poi, a prevedere una nuova figura di delitto consistente nel comportamento di colui che indebitamente pone in essere con continuità atti volti alla sorveglianza, alla molestia, all'intrusione nella vita privata e pubblica o al contatto fisico indesiderato, infliggendo ad un'altra persona un grave stato di disagio emotivo, di paura o di soggezione, tale da ledere la libertà morale o personale o la salute psicofisica della persona medesima
La pena prevista per questa nuova fattispecie penale, analoga al delitto di "molestie insistenti" di cui alle proposte di legge C. 1819. C. 2033, C. 1901, C. 1249 (articolo 7 ), è quella della reclusione fino a due anni.
Ai sensi del successivo articolo 13, la persona che si ritiene vittima delle molestie in esame può chiedere all'autorità giudiziaria competente richiesta di diffidare l'autore delle stesse (comma 1).
Inoltre, il medesimo articolo 13, comma 2, stabilisce che al fine di tutelare l'incolumità fisica o psicologica della persona offesa, il giudice può rivolgere all'indagato ogni opportuna prescrizione, compresi i divieti di avvicinarsi al domicilio e ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai suoi familiari, nonché di contattarla attraverso il mezzo telefonico o un altro strumento di comunicazione elettronica.
Nel caso in cui nonostante la diffida si reiteri la condotta molesta, il medesimo articolo 13, comma 3,prevede che la pena della reclusione è aumentata da uno a cinque anni.
L'articolo 14 della proposta di legge in esame riguarda la copertura finanziaria del provvedimento, relativamente alle spese per la realizzazione dei programmi di formazione della polizia di cui all'articolo 1 della medesima proposta di legge e alle spese per gli interventi e il funzionamento dell' Osservatorio nazionale sui reati in ambito familiare e di violenza sessuale
L'articolo 15 stabilisce, infine, che l'entrata in vigore della legge avvenga il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il disegno di legge C. 2169, di iniziativa governativa, contiene Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione.
Come si legge nella relativa relazione illustrativa, "il disegno di legge propone tre livelli integrati di intervento in tutti i casi di violenza”:
§ misure di sensibilizzazione e prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni;
§ riconoscimento di diritti alle vittime di violenza;
§ tutela penale delle vittime di violenza, ampliamento della tutela processuale, sia penale che civile.
Nello specifico, nel capo I sono contenute le norme concernenti le campagne di informazione e di sensibilizzazione sul problema della violenza di genere, gli interventi programmati sul sistema educativo, sul sistema sanitario e sul sistema comunicativo.
Il capo II comprende una sorta di carta dei diritti delle persone e delle famiglie vittime di fenomeni di violenza.
Nel capo III, intitolato «Delitti contro la persona e la famiglia», si concentrano tutte le norme che, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, "innovando il codice penale, il codice di procedura penale, alcune leggi speciali e l'ordinamento penitenziario, rappresentano l'immediata realizzazione della tutela contro forme di violenza e prevaricazione finora trascurate, sottovalutate, dimenticate".
In relazione all'articolato del provvedimento in esame, l'articolo 1 prevede che le amministrazioni statali, ciascuno per le proprie competenze, realizzino campagne periodiche di informazione e di sensibilizzazione al fine di prevenire la violenza in famiglia, di genere e le discriminazioni.
L'articolo 2 inserisce tra le finalità del sistema formativo – inteso, come si legge nella relazione illustrativa, nel suo complesso, sia con riguardo alla formazione scolastica, sia con riguardo alla formazione universitaria e post-universitaria, sia per quello che riguarda i corsi di specializzazione e di aggiornamento professionali - la valorizzazione della pari dignità sociale e di fronte alla legge di ogni persona, senza discriminazioni di nessun genere.
Il successivo comma 2 novella l'articolo 284 del testo unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, al fine di prevedere che tra le iniziative formative rivolte ai docenti sia data priorità a quelle volte ad approfondire le tematiche del rispetto del principio di uguaglianza tra i sessi costituzionalmente garantito e della dignità della donna.
L’articolo 3, introduce alcune modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[13], di riordino della disciplina in materia sanitaria (comma 1) nonché al codice delle pari opportunità tra uomo e donna di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (commi due e tre).
Più in particolare, il comma 1 dell’articolo in esame, interviene a modificare il comma 2 dell’articolo 1 (Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza) del citato decreto legislativo 502/1992 (adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421[14]), mediante l’inserimento di un riferimento alla necessità di evitare qualsiasi discriminazione fondata sulla razza, la nazionalità, la religione, l’età, il sesso o l’orientamento sessuale. Come evidenziato nella relazione di accompagnamento al provvedimento, questo intervento responsabilizza l’amministrazione sanitaria alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono la piena uguaglianza di uomini e donne, nel rispetto e nella valorizzazione della differenza di genere.
Il comma 2 dell’articolo 1 del dlgs 502/1992 statuisce che il Servizio sanitario nazionale assicuri, attraverso le risorse finanziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3 e in coerenza con i princìpi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei princìpi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell'economicità nell'impiego delle risorse.
I commi 2 e 3 dell’articolo in commento introducono limitate modifiche al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246[15]).
Il comma 2 sostituisce la rubrica del titolo II (Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari) del Libro II (Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico-sociali) del citato Codice con una nuova rubrica dal titolo più ampio, comprensiva anche del riferimento al sostegno alle vittime della violenza attraverso misure di tipo sanitario, previdenziale e di comunicazione.
Contestualmente il comma 3 inserisce, nell’ambito del citato titolo II del libro II del Codice, un nuovo articolo (24-bis), rubricato Sistema sanitario, relativo alla promozione di programmi di sensibilizzazione e di formazione specifica sui temi della violenza.
Più in particolare le nuove disposizioni prevedono che il Ministro della salute, di concerto con i Ministri per i diritti e le pari opportunità, delle politiche per la famiglia e dell’università e della ricerca e di intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, promuova programmi di sensibilizzazione e formazione del personale sanitario, nei limiti delle risorse disponibili, anche mediante un’integrazione dei programmi di studio dei diplomi universitari e di specializzazione delle professioni socio-sanitarie: il contenuto dei programmi di formazione riguarda la prevenzione e la diagnosi precoce della violenza, nonché l’intervento e il sostegno alle vittime di violenze familiari determinate anche da conflitti culturali e intergenerazionali. Come evidenziato nella relazione illustrativa al disegno di legge, l’obbiettivo perseguito è quello di fare in modo che chi per primo ha il contatto con la vittima della violenza sia in grado di riconoscere il problema con immediatezza e fornire alla vittima l’assistenza più idonea, anche di tipo psicologico.
L’articolo 4 introduce l’articolo 24-bis del decreto legislativo n.198 del 2006 (Codice delle pari opportunità), al fine di vietare e sanzionare l’utilizzo vessatorio o discriminatorio, nei messaggi pubblicitari, dell’immagine della donna e dei riferimenti all’orientamento sessuale o alla identità di genere.
In particolare, la norma prevede che il Ministro per i diritti e le pari opportunità, anche su denuncia del pubblico o di associazioni che abbiano per scopo istituzionale la tutela dei principi di uguaglianza e non discriminazione, nonché di ogni PA che vi abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali, possa chiedere all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di inibire la prosecuzione della trasmissione illecita e di rimuovere gli effetti dannosi eventualmente prodottisi, applicando, ove compatibili, le norme dell’articolo 26 del Codice del consumo.
La materia della pubblicità e comunicazione commerciale è disciplinata dal Titolo III del decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206 (Codice del consumo).
Ai sensi dell’articolo 20 per pubblicità si intende qualunque forma di messaggio che sia diffuso, nell’esercizio di una attività economica, allo scopo di promuovere la vendita o il trasferimento di beni mobili o immobili, oppure la prestazione di opere e servizi. La pubblicità deve essere “palese, veritiera e corretta” (articolo 19) e “chiaramente riconoscibile” come tale (articolo 23).
Per quanto concerne, specificamente, l’articolo 26, relativo alla tutela contro la pubblicità ingannevole e comparativa illecite, i concorrenti, i consumatori, le loro associazioni ed organizzazioni, il Ministro dello sviluppo economico, nonché ogni altra pubblica amministrazione che ne abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali, anche su denuncia del pubblico, possono chiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato che siano inibiti gli atti di pubblicità ingannevole o di pubblicità comparativa ritenuta illecita, che sia inibita la loro continuazione e che ne siano eliminati gli effetti. L'Autorità può disporre con provvedimento motivato la sospensione provvisoria della pubblicità ingannevole o della pubblicità comparativa ritenuta illecita, in caso di particolare urgenza. In ogni caso, comunica l'apertura dell'istruttoria all'operatore pubblicitario e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso il messaggio pubblicitario ogni informazione idonea ad identificarlo. L'Autorità può inoltre richiedere all'operatore pubblicitario, ovvero al proprietario del mezzo che ha diffuso il messaggio pubblicitario, di esibire copia del messaggio pubblicitario ritenuto ingannevole o illecito. L'Autorità può disporre che l'operatore pubblicitario fornisca prove sull'esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità se, tenuto conto dei diritti o interessi legittimi dell'operatore pubblicitario e di qualsiasi altra parte nella procedura, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico. Se tale prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto dovranno essere considerati inesatti. Quando il messaggio pubblicitario è stato o deve essere diffuso attraverso la stampa periodica o quotidiana ovvero per via radiofonica o televisiva o altro mezzo di telecomunicazione, l'Autorità, prima di provvedere, richiede il parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. L'Autorità provvede con decisione motivata. Se ritiene la pubblicità ingannevole o il messaggio di pubblicità comparativa illecito accoglie il ricorso vietando la pubblicità non ancora portata a conoscenza del pubblico o la continuazione di quella già iniziata. Con la decisione di accoglimento può essere disposta la pubblicazione della pronuncia, anche per estratto, nonché, eventualmente, di un'apposita dichiarazione rettificativa in modo da impedire che la pubblicità ingannevole o il messaggio di pubblicità comparativa ritenuto illecito, continuino a produrre effetti. Con la decisione che accoglie il ricorso l'Autorità dispone inoltre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 100.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. In caso di inottemperanza ai provvedimenti d'urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Autorità può disporre la sospensione dell'attività di impresa per un periodo non superiore a trenta giorni. In caso di inottemperanza alle richieste di fornire le informazioni o la documentazione, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 20.000 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro. I ricorsi avverso le decisioni adottate dall'Autorità rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il pagamento delle sanzioni amministrative deve essere effettuato entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento dell'Autorità.
L’articolo 5 inserisce un ulteriore articolo aggiuntivo (24-quater) nel citato titolo II (Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari) del Libro II (Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico-sociali) del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, rubricato Statistiche sulla violenza.
Le nuove disposizioni prevedono che L’Istat, nell’ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, ai fini della progettazione e realizzazione di politiche di contrasto alla violenza in famiglia e contro le donne nonché ai fini del monitoraggio delle politiche di prevenzione, assicuri lo svolgimento, con cadenza almeno quadriennale, di una rilevazione statistica sulla violenza e sui maltrattamenti che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio.
L’articolo 6 introducendo l’articolo 24-quinquies al D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198[16], reca disposizioni volte alla tutela, in ambito previdenziale, delle lavoratrici autonome vittime di determinati reati.
Più specificamente, il nuovo articolo 24-quinquies del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna riconosce alle lavoratrici autonome vittime dei reati di cui agli articoli 572, 609-bis e 609-octies del codice penale, che per questo si trovino impossibilitate a svolgere la propria attività e che allo stesso periodo siano prive di copertura assicurativa per i rischi da malattia, un beneficio previdenziale consistente nell’esonero dal versamento dei contributi e premi dovuti con conseguente accredito figurativo per un periodo massimo di sei mesi, calcolato sulla media delle quote versate durante i sei mesi precedenti al periodo di esonero.
In sostanza, la norma estenderebbe al caso in esame il riconoscimento della contribuzione figurativa ammessa per i lavoratori autonomi in determinati casi.
In generale, i contributi figurativi sono riconosciuti agli assicurati per i periodi durante i quali il rapporto di lavoro è rimasto sospeso, per cui non ha avuto luogo effettivamente il versamento dei contributi obbligatori. Per determinati eventi, la normativa dispone che tali periodi debbano essere considerati utili ai fini del diritto alle prestazioni previdenziali e/o della determinazione della loro misura.
Per quanto attiene ai lavoratori autonomi, nel caso in cui tali soggetti non possano svolgere o debbano interrompere l’attività lavorativa per cause non dipendenti dalla propria volontà, si verifica un vuoto contributivo: alcuni di questi periodi, espressamente previsti, sono coperti da contribuzione figurativa. Quest’ultima, una volta accreditata, è utile, come accennato in precedenza, ai fini del diritto e/o della misura della pensione, mentre è irrilevante per il diritto alla prosecuzione volontaria dei contributi (cioè quella a proprio carico), per i quali valgono solamente i contributi obbligatori e da riscatto. L’accreditamento figurativo è previsto per i periodi (non coperti da contribuzione obbligatoria e da riscatto) di servizio militare e assimilati, di malattia e di assistenza per TBC. Per i trattamenti pensionistici liquidati con il sistema contributivo sono riconosciuti anche i periodi dedicati all’educazione o all’assistenza ai figli o ai familiari conviventi.
Si ricorda che l’art. 1, comma 788, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, una copertura assicurativa in caso di malattia anche per i lavoratori a progetto e le categorie assimilate iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
In particolare si prevede la corresponsione di un’indennità giornaliera di malattia, a carico dell’INPS, entro il limite massimo di giorni pari a un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a 20 giorni durante l’anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a quattro giorni. Ai fini del riconoscimento di tale indennità trovano applicazione i requisiti contributivi e reddituali previsti per la corresponsione dell’indennità di degenza ospedaliera a favore dei lavoratori iscritti alla gestione separata[17].
La misura della prestazione è stabilita in misura pari al 50 per cento dell’importo corrisposto a titolo di indennità per degenza ospedaliera richiamato in precedenza, restando fermo, in caso di degenza ospedaliera, il limite massimo indennizzabile di centottanta giorni nell’arco dell’anno solare[18].
Le modalità di esonero dalla contribuzione sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, da adottare entro il 30 luglio 2007. L’esonero dalla contribuzione spetta nei limiti delle risorse derivanti dallo specifico gettito contributivo da determinare con il medesimo decreto.
Andrebbe chiarito se i benefici previsti dalla disposizione in esame spettino solamente alle lavoratrici autonome prive completamente di una forma di copertura assicurativa per l’evento della malattia o se, invece, possano usufruirne anche le lavoratrici autonome che possiedono una copertura di durata inferiore ai sei mesi, per la differenza di durata.
Inoltre, ai fini della determinazione dell’accredito figurativo - per la quale la disposizione sembra far riferimento al versamento effettuato durante i sei mesi precedenti al periodo di esonero - sarebbe opportuno considerare le modalità temporali di versamento dei contributi previste per le diverse gestioni assicurative dei lavoratori autonomi.
Al riguardo, si ricorda che l’articolo 572 c.p. dispone che chiunque, al di fuori dei casi di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina indicati nell'articolo 571 c.p., maltratti una persona della famiglia, o un minore di 14 anni, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.
In caso di lesione personale grave, la reclusione va da 4 a 8 anni; in caso di lesione gravissima, la reclusione va da 7 a 15; in caso di morte, la reclusione va da 12 a 20 anni.
L’articolo 609-bis prevede che chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da 5 a 10 anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi
Infine, l’articolo 609-octies punisce la violenza sessuale di gruppo, consistente nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui al precedente articolo 609-bis.
In particolare, si prevede che chiunque commetta atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da 6 a 12 anni, pena aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 609-ter (reato commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici; reato commesso con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa; reato commesso da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; reato commesso su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale; reato commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore. Inoltre, la pena è della reclusione da 7 a 14 anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto dieci anni).
Sono inoltre previste alcune diminuzioni di pena per specifiche situazioni.
Il Capo II, che concerne i diritti delle vittime dei reati, delinea, secondo la relazione illustrativa, “una sorta di carta dei diritti delle persone e delle famiglie vittime di fenomeni di violenza”.
L’articolo 7 istituisce il Registro dei Centri antiviolenza presso la Presidenza del Consiglio, Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, allo scopo di monitorare la presenza dei Centri antiviolenza sul territorio nazionale, contribuendo al contempo a garantirne livelli omogenei di prestazione e di orientarne politiche comuni di intervento.
Come già evidenziato, i Centri antiviolenza, nati nella metà degli anni ’80 come espressione del movimento delle donne (Unione Donne Italiane, Centro Documentazione Donne di Bologna, etc.), sono attualmente luogo di elaborazione politica, di prevenzione e di contrasto diretto alla violenza contro le donne, di ricerca e di messa a punto di modelli di intervento, attraverso progetti, servizi e attività di formazione rivolte a tutti i soggetti operanti nel settore sociale, educativo, sanitario, della protezione e della giustizia.
I Centri antiviolenza, presenti in maniera non omogenea su tutto il territorio nazionale, e gestiti da associazioni, cooperative o gruppi di lavoro diversamente caratterizzati, hanno tipologie di risorse e di interventi profondamente diversi da regione a regione e perfino da comune a comune. Attualmente, circa quaranta centri sono dotati di strutture di ospitalità in grado di garantire alle donne e ai soggetti vittime di violenze sessuali quelle forme di supporto temporaneo necessarie per la protezione e l’autonomia.
I Centri hanno costituito, insieme alle Case delle donne, una Rete nazionale antiviolenza che, in seguito ad un incontro tenutosi a Mestre il 21 e il 22 ottobre 2006, ha redatto un documento (“La Carta della Rete Nazionale dei Centri antiviolenza e della Casa delle Donne”[19]) in cui sono espresse proposte e linee di intervento comuni a 48 Centri antiviolenza.
L’articolo prevede che nel Registro siano iscritti i centri antiviolenza attivi in ambito sovraregionale, o che facciano parte di una rete con dimensione sovraregionale, con la finalità di prestare assistenza alle vittime della violenza di genere o per ragioni di orientamento sessuale.
L’iscrizione nel registro avviene tramite procedure e modalità atte a documentare il possesso dei requisiti necessari, stabilite con decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità. L’iscrizione viene aggiornata annualmente anche con la cancellazione dei centri per i quali siano venuti meno i requisiti necessari.
I requisiti per l’iscrizione includono:
§ l’avvenuta costituzione con statuto, per atto pubblico o scrittura privata, da almeno un anno;
§ la democraticità interna e scopi statutari definiti esclusivamente o preminentemente dalla tutela e assistenza, senza fini di lucro, delle vittime di violenza;
§ la tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente, con le quote versate dagli stessi;
§ la tenuta di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite e dei libri contabili in conformità alle norme in materia di contabilità delle organizzazioni non lucrative a carattere sociale;
§ lo svolgimento di un attività continuativa nell’anno precedente a quello della presentazione della domanda di iscrizione;
§ requisiti di moralità per i rappresentanti legali che non devono inoltre risultare amministratori di imprese di produzione e servizi attive negli stessi settori in cui opera il Centro.
L’articolo 8, costituito da un unico comma, definisce i livelli essenziali delle prestazioni socioassistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime di reati.
In particolare, è previsto che i livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime dei delitti di cui agli articoli 572 (Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli)[20], 600-bis (Prostituzione minorile)[21], 600-ter (Pornografia minorile)[22], 609-bis (Violenza sessuale)[23], 609-quater (Atti sessuali con minorenne)[24], 609-quinquies (Corruzione di minorenne)[25] e 609-octies (Violenza sessuale di gruppo)[26] del codice penale, siano determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche per la famiglia, del Ministro della solidarietà sociale e del Ministro per i diritti e le pari opportunità, di intesa con la Conferenza unificata, nell’ambito delle seguenti finalità:
a) assicurare l’informazione sulle misure concernenti la protezione, la sicurezza ed i diritti di assistenza e di soccorso delle vittime di violenza[27];
b) garantire servizi con precise competenze socio-assistenziali, dotati di personale specializzato, facilmente individuabili e raggiungibili dall’utenza;
c) prevedere che tali servizi svolgano funzioni di pronto intervento ,anche psicologico, e di gestione delle situazioni a medio termine, con particolare riferimento alla ricomposizione familiare;
d) promuovere l’integrazione tra i servizi[28], qualora ne esistano diversi con competenze ripartite;
e) assicurare la stabilità e continuità dei medesimi servizi, pubblici o privati convenzionati, accreditati o comunque riconosciuti dalle regioni;
f) definire azioni di sostegno sociale, di protezione, di supporto all’istruzione, alla formazione e all’inserimento professionali;
g) garantire, nei casi più gravi, ove sia pregiudizievole la permanenza in famiglia, l’inserimento delle vittime in comunità di tipo familiare per un periodo adeguato al reinserimento sociale (si tratta, come chiarito nella relazione illustrativa, dei “casi di violenza perpetrata in ambito familiare, laddove la rottura dei rapporti, derivata dalla presa di coscienza della vittima che infine decide di denunciare il familiare o il convivente, comporta la necessità di trovare una diversa sistemazione abitativa, spesso senza i mezzi economici per farlo”).
I livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali (cosiddetti LIVEAS) indicano quei diritti che devono essere garantiti all’individuo per assicurare una adeguata rete di protezione e di interventi in ambito sociale.
L’articolo 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), che ha rafforzato il ruolo dei comuni quali titolari delle funzioni amministrative concernenti l’ambito dei servizi sociali[29], individua gli interventi che costituiscono “il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi”, secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Si tratta di misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito, di misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti, di interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, di misure per il sostegno delle responsabilità familiari, di misure di sostegno alle donne in difficoltà, di interventi per la piena integrazione delle persone disabili, di interventi per le persone anziane e non autosufficienti, di prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare le dipendenze, di informazione e consulenza per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto. Ai sensi del comma 4 dello stesso articolo 22, le leggi regionali prevedono, per ogni àmbito territoriale, comunque l'erogazione delle seguenti prestazioni: servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; servizio di pronto intervento sociale; assistenza domiciliare; strutture residenziali; centri di accoglienza.
Va rilevato, peraltro, che, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), è stata assegnata alla piena potestà legislativa regionale la competenza legislativa in materia di assistenza sociale. L’esigenza di garantire un livello uniforme di trattamento sul territorio nazionale trova tuttavia riconoscimento – nel nuovo testo costituzionale – nelle previsioni di cui alla lettera m) del secondo comma dell’articolo 117, quale competenza esclusiva dello Stato[30].
L’articolo 9 prevede che le regioni, gli enti locali e i centri antiviolenza iscritti al Registro di cui all’art. 7, possano presentare progetti concernenti programmi di protezione sociale e di reinserimento delle vittime della violenza per ragioni di genere ovvero di orientamento sessuale con problemi e difficoltà di reinserimento sociale e lavorativo.
Il finanziamento concesso dallo Stato andrà a valere sull’apposito Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, istituito presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità.
Il D.L. 223/2006[31], conv. in L. 248/2006, ha disposto al co. 3 dell’art. 19 l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo denominato Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Il fondo, destinato a promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, prevedeva l’assegnazione di una somma di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di dieci milioni di euro annui a decorrere dal 2007.
Il co.1261 dell’art.1 della L. 296/2006[32] ha incrementato la dotazione del Fondo, prevedendo un aumento di 40 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009. Il comma dispone che una quota parte dell’incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità sia destinata al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere, fondo che al momento non risulta ancora istituito. Successivamente il ministro per i diritti e le pari opportunità, con decreto emanato di concerto con i ministri delle politiche sociali, del lavoro, della salute e della famiglia, stabilirà i criteri di ripartizione del Fondo, una quota parte del quale sarà destinata all’istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere e una quota parte al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere. Il comma non prevede con quale atto dovrà essere istituito l’Osservatorio né specifica la natura, la composizione e le competenze dello stesso.
I programmi di protezione sociale e di inserimento potranno riguardare il soddisfacimento delle esigenze abitative della vittima, almeno nel periodo relativo allo svolgimento del procedimento penale, il reinserimento professionale, nonché le esigenze relative alla cura e al sostegno dei figli a carico.
I centri antiviolenza, come indicato dalla relazione al disegno di legge, potranno presentare progetti destinati a sostenere le vittime nelle delicate fasi del reinserimento sociale e lavorativo fornendo al contempo cura e sostegno ai figli a carico della vittima.
La norma in esame introduce una procedura che presenta molte analogie con quanto previsto dall’art. 18 (Soggiorno per motivi di protezione sociale) del testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998[33]), ove dispone il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero, vittima di tratta, violenza o grave sfruttamento, di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti di soggetti dediti al traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale, assicurandogli al contempo un percorso di assistenza e protezione.
L’art. 18 del Testo unico rimanda per la sua attuazione al D.P.R. 394/1999[34], che dispone agli artt. 25 e 26 che i programmi di assistenza ed integrazione sociale, realizzati a cura degli enti locali o dei soggetti privati convenzionati, siano finanziati dallo Stato nella misura del 70 per cento, a valere sulle risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità, e dall'ente locale, nella misura del trenta per cento, a valere sulle risorse relative all'assistenza. Il contributo dello Stato è disposto dal Ministro per le pari opportunità previa valutazione, da parte di una Commissione interministeriale per l’attuazione dell’art. 18, dei programmi elaborati dai comuni interessati o dai soggetti privati convenzionati con questi ultimi dietro presentazione di progetti di fattibilità indicanti i tempi, le modalità e gli obiettivi che si intendono conseguire, nonché le strutture organizzative e logistiche specificamente destinate.
Peraltro, anche in questo caso è previsto dall’art. 26 che i soggetti privati che intendano svolgere attività di assistenza ed integrazione sociale debbano risultare iscritti nell’apposita sezione del registro delle associazioni, degli enti e degli altri organismi privati, che svolgono attività a favore degli stranieri immigrati, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
All’articolo richiamato si riferiscono anche gli artt. 12 (Fondo per le misure anti-tratta) e 13 (Istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale) della L. 228/2003[35], che completano le norme sopra citate prevedendo l’istituzione di un Fondo destinato al finanziamento dei programmi di assistenza e di integrazione sociale in favore delle vittime della tratta, nonché delle altre finalità di protezione sociale previste dal ricordato articolo 18 del testo unico.
L’articolo in esame stabilisce infine che le procedure e i criteri per l’assegnazione dei finanziamenti dei programmi di protezione sociale e di reinserimento sono da determinarsi previa apposita intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali, come previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 281/1997[36].
Il Capo III del disegno di legge, rubricato “Delitti contro la persona e la famiglia” interviene su alcune fattispecie penali (artt. 10-15, art. 18), sul rito penale (artt. 16-17, 19-20) e sull’ordinamento penitenziario (art. 21).
In particolare, l’articolo 10 del d.d.l. sostituisce l’articolo 572 del codice penale.
L’articolo 572, rubricato Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli si inserisce all’interno del titolo XI del codice penale, dedicato ai delitti contro la famiglia.
Il comma 1 disciplina la fattispecie base del delitto di maltrattamenti, prevedendo espressamente la pena della reclusione da uno a cinque anni per coloro che, fuori dai casi di abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.), pongano in essere ripetuti atti di maltrattamento nei confronti dei soggetti a loro legati da vincoli di affetto o di soggezione (nei confronti di una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte).
Il comma 2 dell'art. 572, prevede un aggravamento della pena, per i casi in cui, dai maltrattamenti derivi una lesione personale grave o gravissima o la morte del soggetto passivo, così rapportato: reclusione da quattro a otto anni in caso di lesioni gravi; da sette a quindici anni in caso di lesioni gravissime; da dodici a vent'anni in caso di morte.
La nuova formulazione della fattispecie penale proposta dal Governo ricalca sostanzialmente l’attuale disposizione; si segnalano pertanto solo gli elementi innovativi:
- il delitto è rubricato “Maltrattamenti contro familiari e conviventi” e, al primo comma, si specifica che il reato è commesso nei confronti di una persona della famiglia o comunque convivente. Il Governo mira così a recepire un orientamento già affermatosi in giurisprudenza anche sotto l’attuale vigenza dell’art. 572.
In giurisprudenza appare infatti consolidato quel filone giurisprudenziale che, ritenendo la famiglia un consorzio di persone legate da vincoli di solidarietà fondati sul legame affettivo, ha ritenuto irrilevante, ai fini del delitto di maltrattamenti, la natura giuridica o non del legame, giungendo ad affermare la configurabilità del delitto di maltrattamenti anche nei confronti di persona convivente more uxorio[37].
- la sanzione prevista per la fattispecie base del delitto è inasprita: dall’attuale reclusione da 1 a 5 anni si passa alla reclusione da 2 a 6 anni (comma 1);
- la commissione del reato nei confronti di persona minore di 14 anni costituisce una circostanza aggravante, che comporta un generico aumento di pena (comma 2);
- la sanzione prevista per una delle ipotesi aggravate (che, in generale, non vengono modificate) è inasprita: se dal fatto derivano lesioni personali gravi si applica la reclusione da 4 a 9 anni (attualmente reclusione da 4 a 8 anni).
Si segnala che sia con riferimento all'articolo in esame, sia in relazione all’art. 12, comma 5 e all’art. 15, lett. b) la portata innovativa di tali disposizioni consiste nell'estendere alla famiglia di fatto (convivenza) alcune disposizioni che, attualmente, si applicano esclusivamente ai rapporti coniugali.
L’articolo 11 del disegno di legge in commento aggiunge, in coda al titolo XI del codice penale (Delitti contro la famiglia), l’articolo 574-bis, rubricato “Sottrazione e trattenimento di minore all’estero”.
Attualmente il codice penale contempla due diverse fattispecie relative alla sottrazione di minore: l’art. 573 (Sottrazione consensuale di minorenni) e l’art. 574 (Sottrazione di persone incapaci).
La prima disposizione (art. 573) punisce con la reclusione fino a due anni la condotta di chiunque trattenga con il suo consenso, ma contro la volontà dei genitori esercenti su di lui la potestà genitoriale o del tutore, un minore di età tra i quattordici e i diciotto anni (comma 1). Si tratta di un reato procedibile a querela.
L’art. 574, invece, punisce con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque trattenga o sottragga al genitore esercente la potestà, al tutore, al curatore o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente. Anche in questo caso è richiesta la querela (comma 1). La stessa pena è prevista per colui che trattiene o sottrae un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il suo consenso, e per un fine diverso da quello di libidine o di matrimonio.
La nuova fattispecie penale contiene elementi propri sia dell’art. 573 che dell’art. 574, ma si caratterizza per il fatto che la sottrazione del minore (infra o ultra quattordicenne) è accompagnata dal trattenimento del minore all’estero.
In particolare, l’articolo 574-bis sanziona con la reclusione da 1 a 6 anni chiunque sottragga un minore al genitore esercente la potestà o al tutore, conducendolo all’estero o (se già all’estero) non facendolo rientrare in Italia. Il delitto è procedibile a querela del genitore o del tutore (comma1).
Se il minore è ultraquattordicenne ed ha acconsentito, si applica la reclusione da 6 mesi a 4 anni (comma 2).
Se il fatto è commesso da uno dei genitori, la condanna (o il patteggiamento della pena), comporta la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori (comma 3).
L’articolo 12 del disegno di legge novella alcuni articoli del codice penale e ne introduce di nuovi.
In particolare, il comma 1 inserisce l’articolo 604-bis, rubricato Ignoranza dell’età della persona offesa. La disposizione prevede che il colpevole di alcuni reati espressamente indicati non possa invocare l’ignoranza dell’età della persona offesa, quando la stessa sia minore di anni quattordici. Le fattispecie di reato richiamate sono le seguenti:
- art. 600, Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù;
- art. 600-bis, Prostituzione minorile;
- art. 600-ter, Pornografia minorile;
- art. 601, Tratta di persone;
- art. 602, Acquisto e alienazione di schiavi.
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In merito si osserva che mentre per gli artt. 600-bis e 600-ter l’aver commesso il fatto in danno di minore degli anni quattordici costituisce una circostanza aggravante, che comporta un aumento di pena da un terzo alla metà[38], le fattispecie di cui agli articoli 600, 601 e 602 dispongono che la pena sia aumentata da un terzo alla metà se la persona offesa è minore degli anni diciotto[39].
Il comma 2 interviene sull’art. 609-bisdel codice penale relativo al delitto di violenza sessuale (v. sopra) per sostituirne il comma 3.
La riformulazione proposta conferma la previsione attuale in forza della quale è prevista la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi per i casi di minore gravità; precisa però che ai fini della concedibilità dell'attenuante il giudicedeve valutare:
- intensità del dolo;
- materialità del fatto;
- modalità della condotta criminosa;
- danno arrecato alla parte offesa;
- condizioni psicofisiche della vittima.
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In relazione alla formulazione di questo comma, al fine di evitare eventuali dubbi interpretativi andrebbe valutata l'opportunità di definire meglio il riferimento alla "materialità del fatto".
I commi da 3 a 5 intervengono sull’art. 609-ter, relativo alle circostanze aggravanti del delitto di violenza sessuale (v. sopra); in particolare:
- il comma 3 specifica che la circostanza aggravante del delitto di violenza sessuale ricorre non solo se i fatti sono commessi con l'uso di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti, ma anche quando si tratta di sostanze comunque idonee a ridurre la capacità di determinarsi della persona offesa;
- il comma 4 elimina dall’aggravante di cui al n. 5) - violenza sessuale commessa nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore – il riferimento agli anni 16;
- il comma 5 aggiunge tre ulteriori circostanze aggravanti. In particolare, inserendo il n. 5-bis, si prevede che il delitto di violenza sessuale sia aggravato quando la violenza è commessa in danno del coniuge, del convivente o anche della persona che – a prescindere dalla convivenza – sia legata da una stabile relazione affettiva con l’autore del reato; il n. 5-ter prevede l’aggravio di pena quando il reato sia commesso in danno di minorenne e il colpevole sia persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza; il n. 5-quater prevede il reato aggravato quando il fatto sia commesso in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il comma 6 interviene sull’art. 609-quater(Atti sessuali con minorenne) e – analogamente a quanto disposto dal comma 2 in relazione al delitto di violenza sessuale – sostituisce il comma 4 prevedendo la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi per i casi di minore gravità e precisando che, ai fini della concedibilità dell'attenuante, il giudicedeve valutare l’intensità del dolo, la materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima.
Il comma 7 aggiunge due ulteriori commi all’art. 609-quinquiesdel codice penale, relativo all’ipotesi di corruzione di minorenne (v. sopra). Con l’inserimento del comma 2 si configura il delitto anche in relazione alla condotta di colui che mostri materiale pornografico ad un minore di anni 14, al fine di (dolo specifico) indurlo a compiere o a subire atti sessuali.
Con il comma 3 si prevede un aumento di pena per l’ipotesi in cui il colpevole sia «l'ascendente, il genitore anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di stabile convivenza».
Il comma 8 inserisce, in chiusura della Sezione II, dedicata ai delitti contro la libertà personale, due ulteriori fattispecie.
L’articolo 609-undecies, rubricato “Adescamento di minorenne”, sanziona con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque intrattiene una relazione con un minore di anni 16 tale da carpirne la fiducia, allo scopo di (dolo specifico) sedurlo, abusarne o sfruttarlo sessualmente. La relazione può svilupparsi anche attraverso l'utilizzazione di INTERNET o di altre reti o mezzi di comunicazione.
L’articolo 609-duodecies chiarisce le modalità di computo delle circostanze.
In particolare, si prevede che quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 609-ter, 609-quater, quinto comma, 609-quinquies, terzo comma, e 609-octies, terzo comma, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle predette aggravanti e le diminuzioni di pena si operano sulla pena risultante dall'aumento conseguente alle medesime aggravanti.
Si ricorda che le circostanze aggravanti richiamate dal comma in esame sono le seguenti:
- art. 609-ter: violenza sessuale su minore di anni 10; su minore di anni 14; su minore di anni 16 della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore; violenza sessuale commessa con uso di armi o di sostanze gravemente lesive della salute della persona offesa o idonee a ridurre la capacità di determinarsi della persona offesa (v. art. 609-ter come modificato dall’art. 12, co. 3, d.d.l.); commessa da persona travisata o da persona che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; violenza sessuale su persona sottoposta a limitazioni della libertà personale (art. 609-ter);
- art. 609-quater, comma 5: atti sessuali con minore di anni 10;
- art. 609-quinquies, comma 3 (inserito dall’art. 12, comma 7, d.d.l.): corruzione di minorenne da parte di un ascendente, genitore anche adottivo, o di lui convivente, tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore sia affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di stabile convivenza;
- art. 609-octies, comma 3: violenza sessuale di gruppo aggravata,
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 98 c.p. prevede un’attenuante per la minore età del colpevole mentre l’art. 114 c.p. prevede che il giudice possa diminuire la pena: a) se ritiene che l'opera prestata da talune delle persone che sono concorse nel reato abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato stesso; b) per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato da qualcuno che esercitava nei suoi confronti un’autorità o una vigilanza; c) per la persona in stato di infermità o deficienza psichica; d) b) per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato da un genitore.
L’articolo 13 del disegno di legge inserisce nel codice penale l’articolo 612-bis, rubricato Atti persecutori.
Ai sensi del comma 1 integra la fattispecie di delitto la condotta di chiunque ripetutamente molesti o minacci un'altra persona, così da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porla in uno stato di soggezione o di grave disagio fisico o psichico, ovvero così da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o per la sicurezza di un’altra persona alla prima legata da un legame affettivo stabile.
La sanzione è la reclusione fino a quattro anni.
Per il delitto è prevista la procedibilità a querela della persona offesa.
Ai sensi del comma 2 (che richiama l’art. 339 c.p.) il delitto di atti persecutori è aggravato – e si procede d’ufficio - se la minaccia è commessa con una delle seguenti modalità:
- con armi;
- da persona travisata;
- da più persone riunite;
- con scritto anonimo;
- in modo simbolico;
- valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
Ai sensi del comma 3, infine, si procede d’ufficio anche quando il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio.
L’articolo 14 del disegno di legge modifica l’art. 640 del codice penale,relativo al delitto di truffa, delitto attualmente inserito nel capo II del libro secondo del codice penale concernente i delitti contro il patrimonio.
Ai sensi dell’art. 640 c.p. comma 1 è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 51 a 1.032 euro chi, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. La truffa è perseguibile a querela della persona offesa, ma si procede d'ufficio se ricorre una circostanza aggravante specifica o una qualsiasi aggravante. La truffa deve essere commessa con dolo, cioè con coscienza e volontà di tutti gli elementi previsti dalla norma. Perché il reato sia perfetto è necessario che l'inganno provochi una disposizione patrimoniale che si risolva in un ingiusto profitto per l'agente o per altri e in un danno (diminuzione patrimoniale) per la vittima.
Il codice prevede che la truffa sia punita da 1 a 5 anni e con la multa da 309 a 1.549 euro se è commessa (comma 2):
1) ai danni dello Stato o di altro ente pubblico o con il pretesto di far esentare qualcuno dal servizio militare;
2) facendo sorgere nella vittima il timore di un pericolo inesistente o facendole credere di dover eseguire un ordine dell'autorità.
Le modifiche proposte con il disegno di legge in esame consistono nella previsione di una ulteriore aggravante per il delitto di truffa: inserendo il n. 1-bis al comma 2 dell'articolo 640 del codice penale si prevede infatti la pena della reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 309 a 1.549 euro quando il fatto è commesso approfittando di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (ex art. 61, co. 1, n. 5) c.p.).
Il Governo richiama una aggravante comune già prevista dall’art. 61 del codice penale. In relazione a tale previsione, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire come l'aggravante della minorata difesa pubblica o privata abbia carattere obiettivo e ricorra anche quando la situazione che ostacola la difesa sia insorta occasionalmente e comunque indipendentemente dalla volontà dell'agente, essendo, pertanto, sufficiente che ricorrano quelle condizioni tali da facilitare l'azione delittuosa intrapresa (cfr. Cass. Pen., sez. I, sent. 9 ottobre 1996). E’ comunque necessario che le condizioni di tempo, luogo o persona abbiano ostacolato la pubblica o privata difesa in concreto, non bastando cioè l'idoneità astratta di quelle condizioni a favorire la commissione del reato (cfr. Cass. pen., sez. I, sent. 21.10.1985) così, per esempio, nel caso in cui l'agente abbia approfittato di circostanze a lui favorevoli di tempo, di luogo o di persona, da lui conosciute e che abbiano, in relazione alla situazione esistente, agevolato in concreto la commissione del reato. Per il caso specifico delle circostanze di persona, esse vanno riferite alla debolezza fisica o psichica del soggetto passivo, non alla maggiore prestanza fisica dell'agente, salvo che si tratti di una particolare ed eccezionale condizione: non è necessario, però, che la situazione di minorata difesa sia stata ad arte ricercata od indotta, basta che il colpevole tragga coscientemente ed obiettivamente vantaggio dalle circostanze favorevoli all'incontrastato sviluppo della propria condotta illecita).
L’articolo 15 novella alcune disposizioni del codice penale.
In particolare, con la lettera a) si modifica il comma 6 dell’art. 157 c.p. relativo al termine di prescrizione del reato, così da prevedere, per una serie di nuovi delitti, il raddoppio dei termini ordinari.
Ai delitti già attualmente previsti – l’art. 157 richiama gli articoli 449 (Delitti colposi di danno); 589, co. 2 e co. 3 (Omicidio colposo commesso in violazione di norme sulla circolazione stradale; omicidio colposo plurimo) e tutti i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale[40] - vanno ora aggiunti i seguenti:
- art. 572 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi), come modificato dall’art. 10 d.d.l.;
- art. 600-bis (Prostituzione minorile);
- art. 600-ter (Pornografia minorile);
- art. 609-bis (Violenza sessuale) aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 609-ter, comma 1, numeri 1), 5) e 5-bis) (v. quadro normativo e commento art. 12 d.d.l.);
- art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne);
- art. 609-octies (Violenza sessuale di gruppo);
- art. 609-undecies (Adescamento di minorenne), come introdotto dall’art. 12, co. 8 d.d.l.
La lettera b) interviene sull’art. 384 c.p., Casi di non punibilità, sostituendo il comma 1.
Il comma 1 dell’art. 384 prevede, in riferimento ad alcuni delitti, un’esclusione della punibilità per colui che abbia commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore.
Rispetto alla formulazione attuale, il disegno di legge prevede la non punibilità anche quando il delitto sia stato commesso per la necessità di salvare una persona con cui, pur senza esserne coniuge, l’autore del fatto conviva.
Per quanto riguarda la formulazione attuale dell’esimente, in giurisprudenza si sono sostenute tanto le ragioni di una assimilazione del “prossimo congiunto” al convivente more uxorio (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 22398 del 2004: «Anche la stabile convivenza "more uxorio" può dar luogo per analogia al riconoscimento della scriminante prevista dall'art. 384 c.p. Fattispecie relativa ad imputata la quale invocava la non punibilità per il favoreggiamento personale commesso per aiutare il convivente»), quanto le ragioni di una irriducibile differenza (cfr. Cass. Pen., sez. VI, sent. n. 6365 del 1988: «In tema di casi di non punibilità del reato di favoreggiamento personale commesso in favore di prossimo congiunto, tale non può ritenersi il convivente "more uxorio"», conformi: Cass. Pen., sez. I, sent. n. 9475 del 1989; Cass. Pen., sez. VI, ord. n. 132 del 1991).
Con la lettera c) è sostituito il n. 5 del comma 1 dell’art. 576 c.p. che attualmente prevede per il reato di omicidio una specifica aggravante quando l’omicidio avvenga nell’atto di commettere delitti di violenza sessuale.
La norma vigente fa, però, ancora riferimento agli ormai abrogati artt. 519, 520 e 521 del codice penale, anteriori alla riforma del 1996 (legge 6/1996) ed è quindi opportuno il coordinamento ditale disposizione con il nuovo quadro normativo.
La disposizione sostituitaprevede, quindi, l’aggravante di omicidio in relazione ai delitti di cui agli articoli 609-bis (Violenza sessuale), 609-quater (Atti sessuali con minorenne) e 609-octies (Violenza sessuale di gruppo).
La lettera d) - a fini sistematici - provvede ad eliminare dal codice penale il riferimento all’art. 609-ter (forme aggravate del reato di violenza sessuale) come fattispecie autonoma di reato. La soppressione riguarda gli artt. 604 (Fatto commesso all’estero), 609-sexies (Ignoranza dell’età della persona offesa), 609-septies (Querela di parte), 609-nonies (Pene accessorie ed altri effetti penali), 609-decies (comunicazione al tribunale dei minori) e 734-bis (Divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale).
L’articolo 16 introduce una lunga serie di modifiche a disposizioni del codice processuale penale (comma 1) aventi in parte natura di coordinamento con le novelle introdotte al codice penale dal disegno di legge in esame.
La lettera a), intervenendo sull’art. 266 c.p.p (Limiti di ammissibilità), integra l’elenco dei reati (comma 1, lett. f) per i quali è consentito l’uso delle intercettazioni:
L’art. 266 c.p.p. consente l’uso delle intercettazioni nei seguenti casi:
a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni; b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni; c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive; e) delitti di contrabbando; f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono; f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale (divulgazione, distribuzione con qualsiasi mezzo di materiale pornografico minorile) anche se relativi alle immagini pornografiche virtuali di cui all'articolo 600-quater.1 (Pornografia virtuale) del medesimo codice.
I delitti in questione sono la sottrazione consensuale di minori e di incapaci (artt. 573 e 574 c.p.), la sottrazione e mantenimento all’estero di minore di 14 anni consenziente (nuovo art. 574-bis, comma 2, c.p., v. art 11 d.d.l.) nonché quello di atti persecutori (nuovo art. 612-bis c.p., v. art. 13 d.d.l.).
Per quanto riguarda il nuovo delitto di “Sottrazione e trattenimento di minore all’estero (574-bis)”, previsto dall'articolo 11 del disegno di legge in esame, si segnala che il riferimento operato dal comma in esame alla sola ipotesi di cui al comma 2 dell'articolo 574-bis, concernente la sottrazione e il mantenimento all’estero di minore di 14 anni consenziente, si giustifica in quanto l’entità della pena detentiva del reato di cui al comma 1 – limite massimo di 6 anni - già giustifica l’uso delle intercettazioni ai sensi della lettera a), comma 1 del citato articolo 266 del c.p.p.
La lettera b) aggiunge un comma 6-bis all’art. 282-bis c.p.p., relativo alla misura coercitiva dell’allontanamento della casa familiare, al fine di prevedere che i relativi provvedimenti adottati dal giudice vengano comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.
La legge 4 aprile 2001, n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) ha introdotto un sistema di tutela contro il fenomeno della violenza domestica basato sull’impiego di strumenti penalistici e civilistici. In sede penale, la legge 154/2001 ha previsto la citata misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), mentre, in sede civile, sono stati introdotti nel codice gli articoli 342-bis (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) e 342-ter (Contenuto degli ordini di protezione) per ottenere la tutela della vittima anche quando sussista soltanto una accertata situazione di tensione e non necessariamente un reato (v. ultra, art. 22 del d.d.l.). L’art. 282-bis c.p.p. stabilisce che il giudice, con il provvedimento che dispone l'allontanamento, prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede; l'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita (comma 1). Il giudice, in presenza di esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato il divieto di avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro; in tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni (comma 2).
La lettera c) prevede l’introduzione di una ulteriore misura coercitiva che dovrebbe aggiungersi ed integrare quella prevista dall’art. 282-bis, comma 2, c.p.p. ovvero il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e dai loro prossimi congiunti.
Tale misura, la cui adozione da parte del giudice è prevista attualmente solo in via eventuale dall’art. 282-bis, comma 2 sarebbe, invece, ora sempre disposta a seguito dell’emissione del decreto che dispone il divieto di avvicinamento.
A fronte di specifiche esigenze, il giudice può, poi, estendere detta tutela anche ai prossimi congiunti, disposizione questa già prevista dal comma 2 del citato articolo 282-bis, secondo comma, sebbene la disposizione in esame ampli l'ambito della tutela anche ai conviventi.
Anche dall’adozione di tali misure discendono, infine, gli obblighi di comunicazione già previsti per l’allontanamento della casa familiare (cfr. ante, lett. b).
La lettera d) integra il contenuto dell’art. 380 c.p.p. (comma 1, nuova lett. d-bis) aggiungendo ai reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza la violenza sessuale e gli atti sessuali con minorenne, qualora ricorrano ipotesi aggravate, nonché la violenza sessuale di gruppo.
La lettera e) propone una nuova formulazione del comma 1-bis dell’art. 392 c.p.p. al fine di estendere i casi in cui durante le indagini preliminari, il PM o l’indagato possono chiedere di procedere con incidente probatorio all’assunzione di testimonianza.
L’art. 392 c.p.p. prevede che durante le indagini il PM o l’indagato possano chiedere al giudice di procedere con incidente probatorio: a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento; b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso; c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri; d) all'esame delle persone indicate nell'articolo 210 (imputati in procedimento connesso); e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b); f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile; g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento.
Il successivo comma 1-bis dell’art- 392 prevede attualmente la possibilità di procedere con incidente probatorio per la testimonianza di minori di 16 anni – fuori dei casi ordinari di cui al comma 1 - nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600 (riduzione-mantenimento in schiavitù e servitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), anche se relativa al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 (pornografia virtuale), 600-quinquies (turismo sessuale), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis e 609-ter (violenza sessuale semplice e aggravata), 609-quater (atti sessuali con minore), 609-quinquies (corruzione di minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale.
Il nuovo comma 1-bis, in particolare, prevede l’assunzione della possibile testimonianza con incidente probatorio:
a) della persona minorenne (quindi, anche minore ultrasedicenne) ovvero della persona offesa maggiorenne anche fuori delle ipotesi ordinarie di cui al comma 1 dell’art. 392;
b) per i reati di maltrattamento in famiglia o verso i fanciulli (art. 572 c.p.), adescamento di minorenne (nuovo art. 609-undecies, c.p., v. art. 12 d.d.l.) e atti persecutori (nuovo art. 612-bis c.p., v. art. 13 d.d.l.); in coerenza con quanto stabilito dall’art. 15, comma 1, lett. d), viene, invece espunta dall’elenco dei reati la violenza sessuale aggravata (art. 609-ter).
La lettera f) elimina l’obbligo per il PM di depositare, con la richiesta di incidente probatorio avanzata ai sensi dell’illustrato comma 1-bis dell’art. 392, tutti gli atti di indagine compiuti in relazione ai reati di natura sessuale di cui all’art. 609-bis e seguenti del codice penale. Tale risultato, conseguito con l’abrogazione del comma 2-bis dell’art. 393 c.p.p. – come rilevato dalla relazione al provvedimento - solleva il PM dalla scelta tra l’acquisizione immediata della testimonianza della persona offesa (e conseguente disvelamento della carte processuali) e l’opzione opposta, di tener riservate le indagini e ascoltare successivamente il minore.
La lettera g) novella il comma 5-bis dell’art. 398 c.p.p. relativo all’opportunità di procedere con particolari cautele all’incidente probatorio.
Il citato art. 398, comma 5-bis, c.p.p. prevede che il giudice, nel caso di indagini che riguardino ipotesi di reato previste dagli articoli 600 (riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), anche se relativo al materiale pornografico cd. virtuale di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies (turismo sessuale), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e vendita di schiavi), 609-bis e 609-ter (violenza sessuale semplice e aggravata), 609-quater (atti sessuali con minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, con l'ordinanza che accoglie la richiesta d’incidente probatorio, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio quando le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l'udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l'abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell'interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti.
La nuova norma estende la possibilità per il giudice di ricorrere a tale modalità protette di incidente probatorio sia in relazione a nuove tipologie di reato sia in relazione alle persone interessate all'assunzione della prova.
Al riguardo, anche in relazione a quanto disposto dalla sentenza n. 63 del 2005 della Corte costituzionale, il comma in esame prevede il ricorso all'utilizzo delle "modalità protette" di cui al comma 5-bis dell'articolo 398, anche nel caso in cui la persona offesa sia maggiorenne; dal punto di vista oggettivo, all’elenco dei reati sono aggiunti il maltrattamento in famiglia o verso i fanciulli, l’adescamento di minorenne, la corruzione di minorenne (in relazione al contenuto della sent. C. cost., n. 262/1998) e il reato di atti persecutori.
Si ricorda che la sentenza n. 63/2005 della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che il giudice possa provvedere nei modi ivi previsti all’assunzione della prova ove fra le persone interessate ad essa vi sia un maggiorenne infermo di mente, quando le esigenze di questi lo rendano necessario od opportuno. Analogamente, è stato dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 498, comma 4-ter, c.p.p. nella parte in cui non prevede che l’esame del maggiorenne infermo di mente vittima del reato sia effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico.
La lettera h) - novellando il comma 4-ter dell’art. 498 c.p.p. - costituisce coordinamento normativo con le modifiche introdotte all’art. 398 c.p.p. (v. ante, lett. g) nonché adeguamento al citato dettato costituzionale.
La lettera i) persegue, infine, identiche finalità di coordinamento con le modifiche in precedenza introdotte. In coerenza con le previsioni della lett. d) dell’art. 15, comma 1, del d.d.l. in esame, è, infatti, eliminato dagli artt. 190-bis (Requisiti della prova in casi particolari), 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare), 398 (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio), 444 (Applicazione della pena su richiesta), 472 (Casi in cui si procede a porte chiuse) e 498 (Esame diretto e controesame dei testimoni) del codice processuale penale il riferimento all’art. 609-ter c.p. (violenza sessuale aggravata) come autonoma ipotesi di reato.
L’articolo 17 del provvedimento prevede il ricorso obbligatorio al giudizio immediato, in presenza dei presupposti, per i procedimenti per i reati di natura sessuale di cui agli artt. 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con minorenne), 609-quinquies (corruzione di minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo).
Il giudizio immediato (artt. 453-458 c.p.p.) è caratterizzato dall’assenza dell’udienza preliminare: al dibattimento si perviene appena conclusa la fase dell’indagine preliminare. Le modalità del rito divergono in ragione del soggetto richiedente, ovvero il PM o l’imputato. L’art. 453 prevede come prima condizione della richiesta del PM l’evidenza della prova; l’imputato, inoltre, deve essere stato interrogato sui fatti da cui emerge l’evidenza della prova. La sussistenza di entrambi gli elementi deve così giustificare l’omissione dell’udienza preliminare. La richiesta di giudizio immediato deve essere trasmessa dal PM alla cancelleria del GIP – con il fascicolo, i verbali, la documentazione delle indagini, nonché, se del caso il corpo del reato - entro 90 gg. dall’iscrizione della notizia dell’illecito nel registro delle notizie di reato. (art. 454). Entro 5 gg. il GIP decide, senza contraddittorio, sulla richiesta del PM disponendo con decreto il giudizio immediato ovvero rigettando la richiesta e trasmettendo gli atti al PM (art. 455).
L’imputato, invece - se il PM ha formulato l’imputazione e chiesto il rinvio a giudizio nelle forme ordinarie e se gli sia stato notificato il decreto di fissazione dell’udienza preliminare – può chiedere il rito immediato con dichiarazione presentata in cancelleria personalmente o tramite procuratore speciale almeno 3 giorni prima della data dell’udienza; l’atto di rinuncia all’udienza preliminare è notificato al PM e alla persona offesa dal reato a cura dello stesso imputato.
Rispetto ai procedimenti per altri reati, il termine di richiesta di giudizio immediato alla cancelleria da parte del PM (previsto in 90 giorni dalla data di iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro) è,in tali ipotesi, aumentato a 120 giorni.
L’articolo 18 interviene su alcune disposizioni contenute nella legge 654/1975 (Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966) e nella cd. legge Mancino (DL 122/1993, convertito dalla L. 205/1993, Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa) integrandone il contenuto sanzionatorio con il riferimento anche alle forme di discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
E’ così modificato il contenuto dell’art. 3 della legge 654/1975 (comma 1) al fine di sanzionare anche l’istigazione o la commissione di atti discriminatori o di violenza o atti di provocazione alla violenza fondati su tale orientamento (comma 1, lett. a e b). Analogo intervento è operato sul comma 3 che così vieta anche ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi religiosi o fondati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
I commi 2, 3 dell’art. 18 integrano poi, con identiche finalità, sia la rubrica dell’art. 1 che il contenuto dell’art. 3, comma 1 della citata legge Mancino. E’, quindi, estesa la circostanza aggravante (aumento della pena fino alla metà) anche per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio motivato da orientamento sessuale o dall’identità di genere, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità.
Il comma 4 dell’articolo in esame, esclude, infine, la procedibilità d’ufficio per i delitti di violenza sessuale aggravati dalla indicata circostanza di cui all'articolo 3, comma 1 del DL 122/1993 (L. 205/1993). L’intervento, si legge nella relazione governativa, appare coerente col principio della perseguibilità a querela di parte di cui all'articolo 609-septies del codice penale.
L’articolo 19 del d.d.l. ammette l’intervento in giudizio, ai sensi dell’art. 91 del c.p.p., di soggetti pubblici e privati che abbiano in qualche modo assistito la persona offesa.
L’art. 91 c.p.p. e ss. prevedono che gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato. Sono, quindi, soggetti accessori ed eventuali ma non parte del processo e l’esercizio dei poteri d’impulso probatori e processuali (in posizione comunque subordinata alla persona offesa) è condizionato dal consenso di quest’ultima Tale consenso – comunque sempre revocabile - deve risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più di uno degli enti o delle associazioni (art. 92 c.p.p.). L’atto d’intervento, il cui contenuto è specificato dall’art. 93, è soggetto allo sbarramento temporale preclusivo costituito dall’apertura del dibattimento di cui all’art. 484 (art. 94 c.p.p.). L’intervento in giudizio degli enti prelude ad una fase di controllo della sua ammissibilità con una diversa procedura se l’intervento è avvenuto in udienza o fuori da essa. Le parti possono ovviamente opporsi all’intervento e sarà il giudice a provvedere con ordinanza, fermo restando che lo stesso giudice può in ogni stato e grado del processo escludere l’ente quando verifichi l’insussistenza dei requisiti richiesti (art. 95 c.p.p.).
Il comma 1 dell’art. 19 ammette l’intervento in giudizio dell’ente locale e del centro antiviolenza che presta assistenza alla parte offesa nei procedimenti penali per maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), atti sessuali con minore (art. 609-quater), violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies) e atti persecutori (nuovo art. 612-bis c.p.p, introdotto dall’art. 13 del d.d.l.).
Analogo intervento in giudizio è ammesso:
- per la Presidenza del consiglio dei ministri, anche per il tramite dell’Osservatorio per il contrasto alla pedopornografia, quando i delitti citati sono commessi in famiglia o vedono vittima i minori (comma 2) nonché siano caratterizzati da violenza di genere o altra finalità discriminatoria (comma 3).
L’articolo 20 della legge 6 febbraio 2006, n. 38 – novellando l’art. 17 della legge 269/1998 - ha istituzionalizzato l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, già attivo presso il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, con compiti di monitoraggio in merito all’attività svolta da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione e repressione dei fenomeni di pedofilia.
- per l’ente locale o il soggetto privato che, nell’ambito di specifici programmi di assistenza e integrazione sociale previsti dalla legge, abbia assistito la persona offesa nei procedimenti per i delitti connessi allo sfruttamento della prostituzione (art. 3, L. 75/1958) e nei delitti di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile e turismo sessuale (art. 380, comma 2, lett. d, c.p.p.).
L’articolo 20 prevede la possibile costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei ministri nei procedimenti per delitti qualificati dalla discriminazione o aggravarti da detta finalità.
La costituzione di parte civile nel processo penale ha carattere facoltativo, atteso che la pretesa può essere tutelata autonomamente mediante l’esercizio dell’azione ordinaria di danno in sede civile. Con l’inserimento di essa nel processo penale, l’ordinamento persegue esclusivamente esigenze di economia dei giudizi, intendendo evitare che, concluso l’accertamento penale, si instauri un ulteriore giudizio in sede civile.
La dichiarazione di costituzione di parte civile va fatta personalmente o a mezzo di un procuratore speciale e depositata nella cancelleria del giudice che inizierà il giudizio, o portata all'udienza preliminare (art. 78 c.p.p.). Quando siano presenti una o più parti lese, il giudice, al momento della sentenza, deve anche stabilire (se l'imputato è stato riconosciuto colpevole) il risarcimento dei danni. In veste di parte civile, la vittima del reato può curare solo la pretesa civilistica alle restituzioni o al risarcimento del danno.
Il codice di procedura penale dispone che la parte civile: sta in giudizio col ministero di un difensore (art. 100 c.p.p.), presso il quale riceve le notificazioni (art. 154 cp.p.); può fare richiesta o acconsentire all’esame, sempre che non debba essere sentita come testimone (art. 208 c.p.p.); può chiedere che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti (artt. 262 e 323 c.p.p.); può chiedere il sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.); partecipa alla discussione nell’ambito dell’udienza preliminare (art. 421 c.p.p.) e può ricorrere in Corte di cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere (art. 428 c.p.p.); può non accettare il rito abbreviato; se però la costituzione di parte civile avviene dopo la conoscenza dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, ciò vale da accettazione del rito (art. 441 c.p.p.); nel giudizio direttissimo può presentare in dibattimento testimoni senza citazione (art. 451 c.p.p.) nel rito ordinario, in dibattimento, può indicare i fatti che intende provare e chiedere l’ammissione delle prove (art. 493 c.p.p.); può esaminare le parti (art. 503 c.p.p.) e partecipare alla discussione finale illustrando le proprie conclusioni scritte che devono comprendere, quando sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammontare (art. 523 c.p.p.); può chiedere al PM di proporre impugnazione a ogni effetto penale obbligandolo – laddove non intenda procedere in tal senso – a pronunciarsi con un decreto motivato (art. 572 c.p.p.); può proporre impugnazione, contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio; può altresì proporre impugnazione contro la sentenza pronunciata a seguito di rito abbreviato, quando ha consentito al rito stesso (art. 576 c.p.p.).
L’articolo 21 – novellando l’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354) - introduce uno specifico filtro alla possibilità di concessione di benefici penitenziari (permessi, lavoro esterno, misure alternative) ai detenuti per i reati di prostituzione minorile, pornografia minorile, violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo, se commessi in danno di minori e atti sessuali con minorenne.
Il magistrato di sorveglianza dovrà, infatti, valutare ai fini del riconoscimento di eventuali benefici anche la positiva partecipazione del reo ad uno specifico programma riabilitativo (comma 1).
Il comma 2 dell'articolo 21 prevede che alla disciplina dei citati programmi di riabilitazione provveda un decreto del Ministro della giustizia, di concerto col Ministro delle politiche della famiglia e quello dell’economia e delle finanze (comma 2).
Il capo IV del d.d.l. (rubricato Modifiche al codice civile), composto dal solo articolo 22, prevede la sostituzione con due commi dell’attuale quarto comma dell’art. 342-ter del codice civile in materia di contenuto degli ordini di protezione contro gli abusi familiari.
Come già ricordato, la legge 154/2001 ha introdotto misure sia di natura penale che civile volte a prevenire violenze e maltrattamenti in ambito familiare. Mentre in sede penale, la legge ha previsto la citata misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.c.), in sede civile, sono stati introdotti nel codice gli articoli 342-bis (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) e 342-ter (Contenuto degli ordini di protezione) per ottenere una forma di tutela della vittima anche in assenza di un vero e proprio reato. Diversamente dalla misura penalistica, le cui condizioni di applicabilità sono fissate in via generale per tutte le misure cautelari, il presupposto positivo che legittima l’adozione dell’ordine in sede civile consiste nel “grave pregiudizio all’integrità fisica e morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente”. L'ordine di protezione è un provvedimento d’urgenza che il giudice adotta con decreto su istanza di parte, per una durata massima di 6 mesi prorogabili in presenza di gravi motivi, con cui sono ordinati la cessazione della condotta pregiudizievole e l'allontanamento dalla casa familiare con eventuale ordine di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante; sono altresì dettate le specifiche modalità di adempimento ed è eventualmente disposto l'intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare nonché il pagamento periodico di un assegno (art. 342-ter c.c.). Con il medesimo decreto, il giudice determina le modalità attuative della misura; in caso di difficoltà può provvedere all’emanazione dei provvedimenti più opportuni per l’attuazione, compreso l’utilizzo della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario (comma 4).
Chiunque violi l’ordine di protezione (ma anche analoghi provvedimenti assunti nei procedimenti di separazione e di divorzio) è punito, ai sensi delkl’art. 388 c.p., con la reclusione fino a 3 anni o con la multa da 103 a 1.032 euro (art.
Le nuove disposizioni mirano ad evitare che la resistenza del destinatario alla esecuzione della misura contenuta nel decreto possa esporre la vittima del maltrattamento ad una situazione di ulteriore difficoltà. A tal fine, il nuovo comma 3 dell’art. 342-ter c.c. stabilisce l’immediato ricorso alla forza pubblica per rendere esecutivo l’allontanamento dalla casa familiare del maltrattante che non adempia volontariamente.
Il nuovo comma 4 prevede, infine, che a seguito della comunicazione dell’adozione dell’ordine di protezione, l’autorità di P.S. possa valutare eventuali provvedimenti limitativi del possesso di armi e munizioni; analoga comunicazione è fatta ai servizi sociali territoriali.
N. 950
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato LUSSANA ¾ |
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Nuove disposizioni in materia di delitti contro la vita e l'incolumità individuale |
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Presentata il 31 maggio 2006
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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è diretta a introdurre una nuova disciplina dei reati di violenza sessuale, sia delineando un nuovo inquadramento sistematico della relativa categoria, sia inasprendo le pene previste dal vigente codice penale nonché dettando specifiche disposizioni processuali e sanzionatorie.
Lo scopo principale di questo intervento è legato alla necessità di dare un segnale di forza e intransigenza nei confronti di chi si rende colpevole di reati tanto infamanti, anche in considerazione dell'aumento degli episodi di violenza commessi in danno delle vittime e, sempre più spesso, delle donne.
Peraltro questi reati, oltre a provocare seri danni alla incolumità individuale, incidono anche sulla integrità psicologica della vittima rischiando di provocare un danno permanente alla sua vita. In ragione di questo, sembra giusto e doveroso parlare di una vera e propria «morte psicologica» della vittima, che difficilmente riuscirà a tornare alla sua vita normale dopo aver subìto violenza.
Tali considerazioni di fondo hanno portato a compiere una scelta sistematica di notevole rilievo, con l'abrogazione delle figure di reato attualmente contenute nella sezione II del capo III del titolo XII (concernente i delitti contro la libertà individuale) e il contestuale inserimento delle fattispecie di reato in esame nel capo I (concernente i delitti contro la vita e l'incolumità individuale) del medesimo titolo XII del libro II del codice penale (delitti contro la persona).
In tal modo la materia della violenza sessuale non rientrerebbe più nei delitti contro la libertà personale, ma si troverebbe ad essere inserita tra i delitti contro la vita e l'incolumità individuale, al pari dell'omicidio e delle lesioni personali.
La proposta di legge, oltre alla nuova configurazione sistematica, incide sulle pene oggi previste, innalzandole in nome di una finalità retributiva della pena troppo spesso dimenticata e nella convinzione che siano necessarie punizioni severe nei confronti di chi si rende colpevole di reati tanto infamanti.
Infine, la proposta di legge contiene una previsione innovativa per la ritenuta necessità di intervenire con strumenti efficaci che vadano ben oltre la severità punitiva e siano in grado di rimuovere una piaga sociale che rappresenta un costante pericolo a danno della vita e dell'incolumità individuale, oltre che della libertà fisica e psichica delle persone. Per tale motivo, viene introdotto il trattamento farmacologico di blocco androgenico totale per i soggetti condannati per i reati di violenza sessuale, di gruppo oppure a danno di minori.
Passando all'esame delle singole disposizioni, l'articolo 1 abroga gli articoli 609-bis e seguenti del codice penale, mentre l'articolo 2 provvede al nuovo inquadramento sistematico dei reati di violenza sessuale nel capo I del titolo XII del libro II del codice penale, subito dopo l'articolo 586 (Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto).
In generale, sono state aumentate le pene attualmente previste e contestualmente ridotti gli effetti di talune circostanze attenuanti, in modo da precludere l'accesso a forme di premialità previste dal codice penale o il ricorso alle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi.
In particolare l'articolo 3, introducendo l'articolo 586-bis del codice penale, disciplina il reato di violenza sessuale attualmente previsto dall'articolo 609-bis, con l'aumento nel minimo e nel massimo della pena irrogata e la previsione di una maggiore discrezionalità del giudice nella concessione delle attenuanti, nonché con l'aumento della pena fino alla metà in caso di recidiva.
L'articolo 4, introducendo l'articolo 586-ter del codice penale, modifica parzialmente la disciplina delle circostanze aggravanti di questo reato prevedendo un aumento delle pene di base e delle pene minime per casi di particolare gravità (Lesioni gravi o gravissime).
L'articolo 5 introduce l'articolo 586-quater del codice penale e riproduce il contenuto dell'articolo 609-quater (Atti sessuali con minorenne), come recentemente modificato dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38 (Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo INTERNET), che ha ampliato la categoria dei soggetti che compiono atti sessuali con minori di sedici anni per colpire tutta la gamma possibile di coloro che possono abusare della loro posizione di fiducia, autorità e influenza nei confronti del minore.
L'articolo 6 riproduce, con la nuova numerazione di articolo 586-quinquies, il contenuto dell'articolo 609-quinquies (Corruzione di minorenne) del codice penale.
L'articolo 7 introduce una nuova disposizione, l'articolo 586-sexies del codice penale, in tema di «molestie sessuali», diretta a colpire chiunque costringe taluno ad assistere ad atti sessuali e a sancire una pena aggravata nel caso la persona offesa abbia una età inferiore ai quattordici o ai dieci anni.
L'articolo 8 introduce l'articolo 586-septies del codice penale in tema di «ignoranza dell'età della persona offesa», inserendolo tra i reati per i quali il colpevole non può invocare, a propria scusa, l'ignoranza dell'età della persona offesa.
L'articolo 9, introducendo l'articolo 586-octies del codice penale, riprende il contenuto della modifica attuata con la citata legge n. 38 del 2006 che, sulla procedibilità d'ufficio per reati sessuali su minori, ne ha ampliato le ipotesi ai casi in cui la violenza sia commessa su minore di anni diciotto anziché di quattordici, come era previsto prima della riforma.
L'articolo 10, introducendo l'articolo 586-nonies del codice penale, inasprisce le pene della violenza sessuale di gruppo, oggi prevista dall'articolo 609-octies, fino alla previsione dell'ergastolo nel caso di morte della vittima.
Le principali differenze con la disciplina attuale attengono all'assenza della espressa definizione delle fattispecie di violenza sessuale di gruppo (attualmente qualificata come «partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis») e all'eliminazione della diminuzione di pena oggi prevista per i semplici partecipanti, che ha rappresentato troppo spesso una efficace via di fuga per coloro che si sono trincerati dietro di essa, adducendo di essersi limitati ad assistere allo stupro perpetrato da altri. Si ritiene che tale linea di difesa non possa essere tollerata oltre e sia compito del legislatore dare un segnale preciso in tale senso.
Dal punto di vista procedurale, l'articolo 11 prevede l'arresto obbligatorio per tutti i casi di violenza sessuale, sia quando viene commessa nelle forme aggravate sia quando viene commessa a danno di minori oppure dal «branco».
Inoltre, in ragione della esigenza di celebrare nel più breve tempo possibile i relativi processi, si prevede l'applicazione del rito direttissimo. Tale rito, infatti, non riveste carattere premiale ed è azionabile unilateralmente e unicamente dal pubblico ministero. Esso, come il giudizio immediato, salta l'udienza preliminare, con economia di tempo e di attività processuali, e affluisce direttamente innanzi al giudice dibattimentale. In presenza dei reati di violenza sessuale, si reputa che la scelta di questo rito rappresenti un valido ausilio non solo nei confronti delle vittime, evitando loro il trauma di dover rivivere a distanza di tanto tempo drammatiche esperienze, ma soprattutto sia utile sotto il profilo della difesa sociale per evitare che i colpevoli possano nuocere ulteriormente.
I commi 2 e 3 del medesimo articolo 11 prevedono l'esclusione della possibilità di chiedere il patteggiamento e l'inapplicabilità dei benefìci previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, allo scopo di far scontare interamente le pene inflitte con sentenza definitiva per tali reati senza possibilità di usufruire di benefìci quali l'affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà o la liberazione anticipata.
L'articolo 12 dispone che al cittadino straniero, in caso di condanna per i delitti in oggetto, si applichi la sanzione accessoria dell'espulsione dal territorio dello Stato prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Da ultimo, l'articolo 13 prevede che i soggetti resisi responsabili dei reati di violenza sessuale siano sottoposti al trattamento del blocco androgenico totale, con la somministrazione di farmaci adeguati, previa valutazione del giudice che tenga conto della personalità e della pericolosità sociale del reo oppure dei suoi rapporti con la vittima del reato.
Naturalmente il trattamento del blocco androgenico totale dovrà essere inserito in un programma di recupero psicoterapeutico, svolto a cura dell'amministrazione penitenziaria, che si dovrà avvalere dell'ausilio di centri convenzionati, pubblici e privati, che dispongono di professionisti specializzati in psicoterapia e in psichiatria.
In chiusura, l'articolo 14, qualificando il suddetto trattamento farmacologico come misura di sicurezza detentiva, dispone che venga associato a una terapia di recupero psicoterapeutico per un equivalente periodo di tempo.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1. 1. Gli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-sexies, 609-septies e 609-octies del codice penale sono abrogati.
Art. 2. 1. Nel capo I del titolo XII del libro II del codice penale, dopo l'articolo 586 sono inseriti gli articoli da 586-bis a 586-nonies, introdotti dagli articoli da 3 a 10 della presente legge.
Art. 3. 1. Dopo l'articolo 586 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-bis. (Violenza sessuale). - Chiunque con violenza, minaccia o abuso di autorità costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da sette a dodici anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o a subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità la pena può essere diminuita in misura non eccedente i due terzi. La pena è aumentata fino alla metà in caso di recidiva».
Art. 4. 1. Dopo l'articolo 586-bis del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-ter. (Circostanze aggravanti). - La pena è della reclusione da otto a quattordici anni se i fatti di cui all'articolo 586-bis sono commessi: 1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici; 2) con l'uso di armi, di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze in grado di ridurre, in tutto o in parte, la capacità di intendere o di volere della persona offesa; 3) da persona travisata o che simula la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; 4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale; 5) in presenza di una delle circostanze previste ai numeri 4), 5), 6), 8), 9) e 11) dell'articolo 61. La pena è della reclusione da dieci a sedici anni se il fatto è commesso: 1) in danno di una persona che non ha compiuto gli anni dieci; 2) in presenza di due o più delle circostanze indicate nel primo comma. La pena è dell'ergastolo se dal fatto è derivata, per qualsiasi ragione, la morte della persona offesa. La pena non può comunque essere inferiore a otto anni se dal fatto è derivata alla persona offesa una lesione personale grave. La pena non può comunque essere inferiore a dieci anni se dal fatto è derivata alla persona offesa una lesione personale gravissima».
Art. 5. 1. Dopo l'articolo 586-ter del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-quater. (Atti sessuali con minorenne). - Soggiace alla pena stabilita dall'articolo 586-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel medesimo articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza. Al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 586-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici è punito con la reclusione da tre a sei anni. Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 586-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi».
Art. 6. 1. Dopo l'articolo 586-quater del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-quinquies. (Corruzione di minorenne). - Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore degli anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Art. 7. 1. Dopo l'articolo 586-quinquies del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-sexies. (Molestie sessuali). - Chiunque costringe taluno ad assistere ad atti sessuali è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 5.000 euro. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa di 10.000 euro se la persona offesa non ha compiuto gli anni quattordici al momento del fatto. La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa di 15.000 euro se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci al momento del fatto».
Art. 8. 1. Dopo l'articolo 586-sexies del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-septies. (Ignoranza dell'età della persona offesa). - Quando i delitti previsti negli articoli 586-bis, 586-ter, 586-quater, 586-sexies e 586-nonies sono commessi in danno di persona minore di anni quattordici, nonché nel caso del delitto di cui all'articolo 586-quinquies, il colpevole non può invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età della persona offesa».
Art. 9. 1. Dopo l'articolo 586-septies del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-octies. (Querela di parte). - I delitti previsti dagli articoli 586-bis, 586-ter e 586-quater sono punibili a querela della persona offesa. Salvo quanto previsto dall'articolo 597, terzo comma, il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La querela proposta è irrevocabile. Si procede tuttavia d'ufficio: 1) se il fatto di cui all'articolo 586-bis è commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto; 2) se il fatto è commesso dall'ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza; 3) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni; 4) se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio; 5) se il fatto è commesso nell'ipotesi di cui all'articolo 586-quater, quarto comma».
Art. 10. 1. Dopo l'articolo 586-octies del codice penale è inserito il seguente: «Art. 586-nonies. (Violenza sessuale di gruppo). - Chiunque partecipa ad atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da otto a sedici anni. La pena è della reclusione da dieci a venti anni se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 586-ter, primo comma. La pena è della reclusione non inferiore a dodici anni se il fatto è commesso: 1) in danno di persona che non ha compiuto gli anni dieci; 2) in presenza di due o più delle circostanze indicate nel secondo comma. La pena è dell'ergastolo se dal fatto è derivata, per qualsiasi ragione, la morte della persona offesa. La pena non può essere inferiore a dodici anni se dal fatto è derivata alla persona offesa una lesione personale grave. La pena non può essere inferiore a quindici anni se dal fatto è derivata alla persona offesa una lesione personale gravissima. La pena è aumentata fino alla metà in caso di recidiva». Art. 11. 1. Per i responsabili dei reati di cui agli articoli 586-bis, 586-ter, 586-quater, 586-quinquies, 586-sexies, 586-nonies del codice penale, introdotti dalla presente legge, è previsto l'arresto obbligatorio e si procede con giudizio direttissimo. 2. Agli imputati per i reati previsti dal comma 1 non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale. 3. I condannati per i delitti di cui al comma 1 sono esclusi dalla concessione dei benefìci di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.
Art. 12. 1. In caso di condanna per i delitti di cui agli articoli 586-bis, 586-ter, 586-quater, 586-quinquies, 586-sexies e 586-nonies del codice penale, introdotti dalla presente legge, al cittadino straniero si applica la sanzione accessoria dell'espulsione dal territorio dello Stato, ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 285, e successive modificazioni.
Art. 13. 1. I condannati alla reclusione per i reati di cui agli articoli 586-bis, 586-ter, 586-quater, 586-quinquies, 586-sexies e 586-nonies del codice penale, introdotti dalla presente legge, possono essere sottoposti al trattamento farmacologico di blocco androgenico totale, previa valutazione del giudice della pericolosità sociale e della personalità del reo, nonché dei rapporti con la vittima del reato. 2. Il trattamento farmacologico di blocco androgenico totale deve essere adottato nei seguenti casi: a) recidiva; b) qualora i reati di cui al comma 1 siano commessi su minori. 3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2 il trattamento farmacologico di blocco androgenico totale è inserito in un programma di recupero psicoterapeutico, svolto a cura dell'amministrazione penitenziaria, che a tale fine si avvale dell'ausilio di centri convenzionati, pubblici e privati, che dispongono di professionisti specializzati in psicoterapia e in psichiatria.
Art. 14. 1. Dopo il numero 4) del terzo comma dell'articolo 215 del codice penale, è aggiunto il seguente: «4-bis) il trattamento farmacologico di blocco androgenico totale associato, per un equivalente periodo di tempo, a terapia di recupero psicoterapeutico». |
N. 1249
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato BIANCHI, SUPPA, BUCCHINO, BURTONE, CANCRINI, D'ANTONA, FINCATO, GHIZZONI, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, OTTONE, PELLEGRINO, SAMPERI, SERVODIO, SQUEGLIA ¾ |
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Nuove norme per il potenziamento della lotta contro la violenza sessuale |
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Presentata il 29 giugno 2006
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Onorevoli Colleghi! - La violenza contro le donne è forse, tra le violazioni dei diritti umani, quella più vergognosa.
«Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace» (Kofi Annan, Segretario generale delle Nazioni Unite, 25 novembre 2000). Ancora oggi queste parole risultano più che mai attuali.
L'Italia, grazie a una lunga battaglia delle donne, si è dotata soltanto da pochi anni di una legislazione per il perseguimento dei reati di violenza sessuale. La legge 15 febbraio 1996, n. 66, ha rappresentato un passaggio fondamentale di questo percorso: riconoscendo che la sessualità è uno dei «veicoli» attraverso i quali si esprime la personalità umana, una modalità di «comunicazione» interpersonale, essa attribuisce alla violenza sessuale la gravità e la «dignità» di reato contro la persona.
Mentre, infatti, i «delitti sessuali» nell'originario codice Rocco rientravano tra i «delitti contro la moralità pubblica e il buon costume», è solo con la legge n. 66 del 1996 che essi ottengono l'attuale collocazione, all'interno del libro secondo del codice penale, nell'ambito del titolo XII dedicato ai «delitti contro la persona», al capo III recante «dei delitti contro la libertà individuale». La violenza sessuale non è più vista come una lesione ad «inafferrabili e vaghi interessi pubblici e sociali sovrastanti quelli delle persone offese dalle violenze sessuali» (Coppi F., «I reati sessuali», Torino, 2000), ma come un'offesa diretta ed immediata a diritti fondamentali ed esclusivi dell'individuo. Non è la moralità pubblica ad essere offesa, ma la persona e ad essere violato è il diritto di ognuno di determinarsi con assoluta libertà in campo sessuale.
La legge n. 66 del 1996 ha costituito una grande conquista di civiltà per il nostro Paese permettendo di far emergere il fenomeno e, incoraggiando la denuncia da parte delle donne, ha reso possibile il diffondersi di centri e di case antiviolenza su gran parte del territorio nazionale, associazioni di donne che svolgono un'importante funzione di accoglienza, soccorso e assistenza delle vittime, anche durante i processi.
Tuttavia, nonostante i passi in avanti compiuti, continuano ad allarmare i fatti di cronaca, anche recenti, che evidenziano come la violenza sessuale sia tuttora diffusa, anche nelle odiose ed efferate forme del «branco».
«I reati sessuali costituiscono un problema molto serio nelle società occidentali (...) mentre vi sono difficoltà nello stimare la diffusione degli abusi sessuali, è dimostrato quanto sia grave l'incidenza di queste aggressioni sull'intera vita delle vittime e delle loro famiglie», così si esprimono Marshall e Anderson, medici canadesi fautori di un programma clinico per il trattamento degli aggressori sessuali in ambiente comunitario e carcerario (Marshall W.L.-Anderson D.-Fernandez Y., in «Trattamento cognitivo comportamentale degli aggressori sessuali», Centro Scientifico, 2001).
Il reale livello di incidenza di tale tipologia di reati è a tutt'oggi difficile da stimare, perché frequentemente non vengono denunciati, soprattutto nei casi di molestia o violenza su minori e in quelli di stupro, dove si riscontra una «cifra nera» maggiore che non in altri settori.
Ciononostante, a decorrere dagli anni novanta, studi statistici rilevano un incremento del numero delle denunce di reati di violenza sessuale (dalle circa 1.000 unità annue degli anni settanta e ottanta, alle circa 1.500 unità degli anni novanta); «l'aumento delle denunce rappresenta il prezzo che la donna paga per il raggiungimento della libertà sessuale» (Traverso-Manna, «Analisi statistica e considerazioni criminologiche sulle denunce di violenza carnale in Italia nel periodo 1982-1987», in «Rassegna italiana di criminologia», 1991).
Quando il reato sessuale viene perpetrato da un aggressore non conosciuto dalla vittima, studi statistico-criminologici descrivono il profilo del delinquente sessuale come quello del maschio celibe di età intorno ai trentacinque anni, spesso con basso livello di scolarizzazione. Il non esser mai stato sposato può essere un'importante variabile nella prognosi di recidiva, in quanto il soggetto ha spesso scarso interesse a sviluppare relazioni permanenti con una donna.
Nei reati sessuali, una forte causalità è spesso attribuibile anche a «fattori di stato» (e non «di tratti») quali la rabbia, la poca autostima e la scarsa empatia per la vittima, fattori purtroppo «pressoché invisibili alle abituali rilevazioni attuabili» (Ferracuti S., «Il delinquente persistente», in «Rassegna italiana di criminologia», vol. XI-XII, 2000-2001).
Mentre la medicina si interessa di approfondire e scandagliare gli «impulsi» appartenenti alla sfera istintiva e difficilmente controllabili dalla funzione volitiva, la giurisprudenza è ferma all'esame delle funzioni superiori dell'intelletto: intelletto e volontà.
Approcci interdisciplinari evidenziano come «agire sulla prevenzione e/o riduzione della recidiva e sulla tutela della vittima non possa prescindere dall'approfondita conoscenza dei fattori che identificano situazioni di rischio favorevoli alla reiterazione del comportamento abusante» (De Leo G.-Cuzzocrea V.-Di Tullio D'Elisiis M.S.-Lepri G.L., «L'abuso sessuale sui minori», in «Rassegna penitenziaria e criminologia», 2001).
Nella categoria criminale rientrano anche alcuni serial killer che uccidono più persone in momenti successivi, individui nei quali si manifesta con particolare evidenza la pochezza del piacere sessuale nell'atto perverso, poiché a predominare è una violenza carica di odio e di rabbia, il ripetersi nell'individuo di una motivazione costruita da una sadica e distruttiva associazione di sesso e morte (Introna F., «Sexuals offenders: spunti di criminologia e di psicopatologia forense», in «Rivista italiana di medicina legale», 2002).
In generale, rispetto ad autori di altri tipi di reato, in chi ha scontato la condanna per un reato sessuale si riscontra una minore percentuale di recidiva.
Tuttavia, quando la reiterazione avviene, essa riguarda un numero di individui non numerosi ma normalmente plurirecidivi e le violenze, in tali situazioni, avvengono per lo più in ambito domestico e nei rapporti di coniugio.
Incentrandosi la tutela penale attorno al concetto di libertà sessuale come diritto della persona, è evidente come tale diritto non venga degradato in presenza di un rapporto coniugale.
La gran parte della letteratura internazionale e alcuni recenti progetti europei in tema di maltrattamenti, abusi e violenza sessuale, mettono in luce come il fenomeno persista in determinate forme e tipologie: l'incremento riguarda in particolare i maltrattamenti domestici e in ambito familiare, ed è in crescita un aspetto «inedito» di vessazione, il cosiddetto «stalking».
Da una ricerca curata dall'associazione Differenza Donna - effettuata su un campione di 68 donne della provincia e del comune di Roma che si sono rivolte ai centri antiviolenza nel periodo compreso fra giugno 1999 e dicembre 2000 - si evince che: con riferimento alle donne che hanno subìto violenza, per il 36,8 per cento dei casi l'autore della persecuzione è l'ex-convivente o fidanzato, negli altri 63,2 per cento dei casi l'ex-marito; quindi la persecuzione, fisica, verbale o psicologica, avviene nella maggior parte dei casi da parte dell'ex-partner anche dopo la separazione.
Secondo una ricerca dell'Istituto nazionale di statistica presentata nel novembre 2005 da Laura Linda Sabbadini, sugli abusi sessuali sulle donne in Italia, solo un quarto degli stupri avviene per strada e solo nel 18 per cento dei casi il violentatore è sconosciuto alla vittima. La violenza sessuale sulle donne ha per complice le mura domestiche. A essere oggetto di uno stupro o un tentato stupro è il 2,6 per cento delle donne fra 14 e 59 anni di età. La strada è il luogo delle violenze nel 27 per cento dei casi. In tre casi su quattro l'abuso sessuale, tentato o realizzato, ha per protagonista un familiare, un amico, un parente. Il 3,1 per cento delle donne nel corso della vita lavorativa è stato sottoposto a ricatti sessuali sul posto di lavoro: l'1,8 per cento per essere assunto e l'1,8 per cento per mantenere il posto di lavoro o avanzare di carriera. Il 55,6 per cento ha finito con il cambiare lavoro volontariamente, solo il 4,4 per cento ha continuato a lavorare, il 3,5 per cento è stato licenziato. Sono per lo più le donne con titolo di studio elevato a essere vittime di ricatti sessuali nel corso della vita: le donne che presentano il tasso di vittimizzazione più basso hanno infatti al massimo la licenza elementare (1,3 per cento). Il nord-est e le isole presentano il minore numero di vittime, così come i comuni più piccoli e medio-piccoli. Inoltre, quando una donna subisce un ricatto sessuale, nel 77,1 per cento dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro.
Anche l'Osservatorio di Telefono rosa rivela, su un campione di segnalazioni del 2005, che la violenza sulle donne è soprattutto un fenomeno casalingo e che l'aumento della violenza tra le mura domestiche è legato anche all'aumento di uso di alcol (11,2 per cento) e di droghe (4,8 per cento). La donna risulta più esposta a situazioni a rischio, anche a causa delle difficoltà economiche che la vedono in svantaggio e della carenza dei servizi sociali. Quanto al profilo della vittima della violenza, il più tipico è quello della donna coniugata tra i 35 e i 54 anni di età, con figli, casalinga (24,7 per cento) o impiegata (20,7 per cento) o appunto disoccupata (14,9 per cento), e con un diploma di scuola media superiore.
In relazione a questo complesso fenomeno è utile avere a mente il quadro legislativo e l'evoluzione normativa in materia di maltrattamenti in Italia. Tra i reati, previsti dal codice penale, riconducibili a casi di maltrattamenti:
percosse (articolo 581 del codice penale), reato punibile con una pena fino a sei mesi di reclusione;
lesione personale (articolo 582 del codice penale), reato punibile da tre mesi a tre anni di reclusione e procedibile a querela di parte se la malattia ha una durata non superiore a venti giorni;
lesione personale grave (articolo 583, primo comma, del codice penale), reato procedibile d'ufficio e punito con la reclusione da tre a sette anni;
lesione personale gravissima (articolo 583, secondo comma, del codice penale), reato procedibile d'ufficio e punito fino a dodici anni di reclusione;
omicidio preterintenzionale (articolo 584 del codice penale), reato punibile con la reclusione da dieci a diciotto anni;
omicidio con dolo (articolo 575 del codice penale), reato punibile con anni di reclusione non inferiori a ventuno;
ingiuria (articolo 594 del codice penale), reato procedibile a querela di parte;
violenza privata (articolo 610 del codice penale), reato procedibile d'ufficio e punibile fino ad anni quattro di reclusione;
minaccia (articolo 612 del codice penale), reato a querela di parte o procedibile d'ufficio a seconda della modalità della minaccia (ad esempio con armi);
maltrattamenti in famiglia (articolo 572 del codice penale), reato sanzionato con la reclusione da uno a cinque anni. Il reato può manifestarsi con qualsiasi comportamento commissivo od omissivo tendente a infliggere sofferenze (Cassazione penale, sezione VI, 16 maggio 1996; Manente, 2002) ed è costituito da una molteplicità di comportamenti per ognuno dei quali sia presente nell'aggressore la volontà di maltrattare la vittima dal punto di vista fisico, psicologico, morale o sessuale.
Con l'approvazione della legge 4 aprile 2001, n. 154, recante «Misure contro la violenza nelle relazioni familiari», sono stati introdotti nel nostro ordinamento civile e penale strumenti innovativi volti a contrastare il problema della violenza familiare e garantire una rapida, anche se temporanea, tutela di chi subisce violenza all'interno delle mura domestiche. Tale legge prevede che sia l'autore della violenza a doversi allontanare dal domicilio familiare, evitando così che sia la vittima a doversi rifugiare in un luogo sicuro e protetto per sottrarsi alle condotte violente del partner e salvaguardare se stessa e i suoi eventuali figli. Prima dell'entrata in vigore della legge n. 154 del 2001, in ambito penale l'esigenza di tutela poteva essere garantita dall'applicazione di alcune misure cautelari come il divieto o l'obbligo di dimora (articolo 283 del codice di procedura penale) o la custodia cautelare in carcere (articolo 285 del codice di procedura penale), mentre in sede civile l'unico percorso per ottenere l'allontanamento del coniuge violento era quello della separazione. Ma in tale caso l'adozione da parte del giudice civile di provvedimenti provvisori e urgenti (fra cui l'assegnazione della casa e l'eventuale mantenimento) prevedeva tempi spesso troppo lunghi; rimanevano inoltre escluse dall'applicazione di tali provvedimenti tutte le coppie di fatto.
Sotto il profilo penale è stata introdotta una nuova misura cautelare (allontanamento dalla casa familiare, articolo 1 della citata legge n. 154 del 2001, che introduce l'articolo 282-bis del codice di procedura penale), consistente nell'obbligo di «lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza alcuna autorizzazione del giudice che procede». All'interno di queste disposizioni il giudice penale può poi impartire anche specifiche prescrizioni, «qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti» (comma 2 del citato articolo 282-bis), come ad esempio il divieto di avvicinarsi a luoghi determinati ovvero «a luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti».
Sotto il profilo civile, invece, è stata istituita una nuova azione avente ad oggetto l'«ordine di protezione contro gli abusi familiari» (articolo 2 della citata legge n. 154 del 2001, che introduce gli articoli 342-bis e 342-ter del codice civile) nei casi in cui la condotta del coniuge o del convivente «è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente». Sulla base dell'articolo 3 della legge in oggetto, che introduce l'articolo 736-bis del codice di procedura civile, possono essere impartiti diversi ordini di protezione, fra cui quello dell'allontanamento dalla casa familiare nei casi e nelle modalità previsti per l'azione penale, l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare o di altre associazioni che abbiano come forma statutaria il sostegno e l'accoglienza dei soggetti vittime di abusi e maltrattamenti, l'obbligo da parte della persona allontanata di versare un assegno periodico a favore delle persone conviventi che a seguito dell'allontanamento rimangono prive di mezzi adeguati (anche direttamente dal datore di lavoro, ove previsto dalla legge).
Tale legge costituisce una valida risposta per quelle donne che per sfuggire alla violenza sono costrette ad andare via di casa con i figli. Le associazioni non governative che gestiscono i centri antiviolenza e, in particolar modo, gli uffici legali dei centri fanno ampiamente ricorso a questa legge che viene recepita e applicata da giudici civili e penali con riscontri positivi di tutela, anche se temporanea, dei soggetti maltrattati.
Dal quadro esaminato emerge non tanto la mancanza di strumenti legislativi quanto la necessità, da un lato, di intervenire per dare effettiva attuazione alle leggi vigenti; dall'altro, appare opportuno introdurre alcune modifiche e disposizioni integrative alla legislazione in tema di violenza sessuale, al fine di rafforzare le strategie di contrasto, di riduzione e di prevenzione di un fenomeno in preoccupante crescita.
A tal fine, la presente proposta di legge mira a un potenziamento complessivo della lotta contro la violenza sessuale, mediante l'introduzione delle seguenti misure:
1) istituzione di un «pool» specializzato di magistrati per tutti i reati legati alla sfera delle violenze, degli abusi sessuali, del maltrattamento e tentato omicidio in ambito familiare, presso le procure della Repubblica, affinché tale attività sia effettuata e coordinata da personale altamente specializzato (articolo 2, comma1);
2) potenziamento delle unità specializzate di polizia giudiziaria presso le questure, affinché il personale sia dotato di appropriata formazione e numericamente adeguato all'ambito territoriale in cui opera (articolo 2, comma 2);
3) predisposizione di sportelli, presso le questure, al servizio del cittadino. Tale previsione contempla l'accoglimento, da parte di psicologi ed assistenti sociali preparati ad hoc, delle vittime di abusi, maltrattamenti e violenze sessuali; ciò potrebbe facilitare la persona offesa dal reato a trovare il coraggio di raccontare la violenza subita - accantonando paure e vergogne che potrebbero sorgere dinanzi a personale delle Forze dell'ordine - e a decidere di denunciare il delitto perpetrato a suo danno (articolo 2, comma 3);
4) istituzione di un Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale, presso il Ministero dell'interno, con compiti di coordinamento delle attività di prevenzione e contrasto e di monitoraggio del fenomeno a livello nazionale (articolo 3);
5) previsione di modifica dell'attuale articolo 609-bis del codice penale, concernente il reato di violenza sessuale. Appare utile superare l'attuale formulazione che richiede il requisito della «costrizione» della vittima ai fini dell'imputazione, in favore di quella basata sulla «mera mancanza di consenso» all'atto sessuale, onde tutelare pienamente il diritto di libertà sessuale. La vigente disposizione richiede infatti una condotta coartativa della volontà della vittima, attuata attraverso «violenza o minaccia o mediante abuso di autorità» al compimento dell'atto: si richiede una sorta di «onere di resistenza» in capo alla vittima come presupposto dell'accesso alla tutela penale. Spesso, però, l'aggredito è persona che non reagisce, ad esempio perché terrorizzata, oppure perché ritiene così di evitare un male ancora peggiore, oppure in quanto la violenza è perpetrata in ambito familiare. La modifica proposta - di introduzione della mera mancanza di consenso ai fini dell'imputazione del reato - ci sembra un'opzione che, per quanto delicata, risponda a nuove esigenze di tutela, e che rispetti, al contempo, il principio costituzionale di sufficiente determinatezza della fattispecie penale, di cui all'articolo 25 della Costituzione (articolo 4);
6) introduzione tra le circostanze aggravanti dei reati di violenza sessuale - tassativamente indicate all'articolo 609-ter del codice penale - quella del fatto commesso su persona in stato di gravidanza. Tale previsione aggiuntiva, tra l'altro prevista in alcune legislazioni europee, tra cui quella francese, mira a sopperire a una grave dimenticanza del legislatore del 1996 (articolo 5);
7) introduzione della possibilità di concedere, in sede di condanna, la sospensione condizionale della pena, a condizione che il condannato decida di sottoporsi a un trattamento terapeutico o riabilitativo. L'aggiunta della suddetta ipotesi, mediante lettera aggiuntiva al comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale, concernente l'esecuzione delle pene detentive, si configura quale incentivo (non obbligo) nei confronti dei colpevoli di delitti sessuali, ad accettare la cura psichiatrica o il trattamento psicoterapeutico. La necessità di fornire l'occasione della cura accanto all'applicazione della sanzione appare utile proprio nei casi di delitti sessuali e in particolare in quelli di pedofilia, la cui commissione, pur in presenza di una piena imputabilità, normalmente dipende da cause patologiche o disturbi della personalità (articolo 6);
8) introduzione nel nostro codice penale di una nuova fattispecie di reato, l'articolo 609-ter.1, recante misure per contrastare in modo specifico il fenomeno delle «molestie assillanti», cosiddetto «stalking». In Italia non esiste ancora una fattispecie penale e ancora si conosce poco del fenomeno, anche se indagini effettuate dai centri antiviolenza indicano che le molestie assillanti possono avere conseguenze spesso letali. Numerosi studi internazionali indicano come oltre il 70 per cento delle donne che hanno subìto maltrattamenti da parte del proprio compagno continua a essere a rischio di subire violenza anche dopo la separazione. Le donne spesso, anche dopo essersi liberate dall'uomo violento separandosi, continuano a essere minacciate, riportando danni importanti a breve e a lungo termine che ledono la loro integrità psico-fisica, con costi individuali e sociali altissimi. Una legge contro lo «stalking» è stata introdotta per la prima volta negli Stati Uniti, in California nel 1990. Lo «stalking» si caratterizza per una serie di azioni lesive ripetute nel tempo e dirette verso una specifica persona; si attua con atteggiamenti come seguire, telefonare ostinatamente, lasciare messaggi in segreteria, inviare lettere, fare regali, andare sul posto di lavoro, danneggiare oggetti di proprietà della vittima, appostarsi, inseguire. Queste azioni possono o meno essere accompagnate da minacce credibili a cui può fare seguito una vera e propria aggressione o un omicidio. Per questi motivi è necessario introdurre nuove disposizioni che permettano di intervenire per contrastare il fenomeno dello «stalking», graduando l'intervento, dapprima con misure dissuasive, successivamente con misure cautelari e punitive nel caso di reiterazione della condotta, nei confronti degli autori della molestia assillante (articolo 7);
9) previsione del gratuito patrocinio in favore delle vittime dei reati di violenza sessuale, disposizione che, inquadrandosi nella logica solidaristica dello Stato moderno, predispone le condizioni sociali per un'effettiva tutela della persona (articolo 8);
10) previsione di risorse finanziarie aggiuntive per incentivare la creazione dei pool, potenziare l'organico degli addetti alle attività di investigazione e di contrasto del fenomeno e favorire programmi di aggiornamento e di formazione professionale adeguati agli scopi previsti dalla presente proposta di legge (articoli 9 e 10).
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Finalità). 1. La presente legge reca norme finalizzate al potenziamento della lotta contro la violenza sessuale, nonché misure volte alla specializzazione delle Forze dell'ordine e della magistratura per il perseguimento dei reati inerenti le violenze e gli abusi sessuali, al coordinamento delle funzioni e delle azioni previste dalla legislazione vigente in materia, nonché disposizioni volte al rafforzamento della tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale, inclusi quelli di molestie assillanti disciplinati dall'articolo 609-ter.1 del codice penale, introdotto dall'articolo 7 della presente legge. Art. 2. (Istituzione di pool sui reati di violenza sessuale, presso le procure della Repubblica, istituzione di sportelli di sostegno al cittadino presso le questure e potenziamento delle unità specializzate di polizia giudiziaria). 1. Per le finalità di cui all'articolo 1 e allo scopo di consentire lo svolgimento coordinato delle funzioni previste dalla legislazione vigente in materia di violenza sessuale sono istituite, presso le procure della Repubblica, strutture specializzate sui reati inerenti la sfera della violenza sessuale, denominate «pool». 2. Al fine di potenziare le unità specializzate di polizia giudiziaria costituite presso le squadre mobili di ogni questura e di favorire il coordinamento con le attività dei pool di cui al comma 1, sono previsti corsi di formazione professionale e di aggiornamento in materia di abusi, maltrattamenti e violenze sessuali. 3. Presso ogni questura è istituito uno sportello al fine di dare sostegno e assistenza ai cittadini, in relazione ai fenomeni di abusi, ai maltrattamenti e ai reati inerenti le violenze sessuali. A tale scopo, ogni sportello deve prevedere nella propria dotazione organica almeno uno psicologo e un assistente sociale. Art. 3. (Istituzione dell'Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale). 1. Per il coordinamento delle attività di prevenzione e contrasto dei reati inerenti le violenze sessuali e per il monitoraggio del fenomeno sul territorio nazionale è istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale, di seguito denominato «Osservatorio». La nomina dei componenti dell'Osservatorio è disposta con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale. 2. Il decreto di cui al comma 1, recante, altresì, disposizioni sull'organizzazione e sul funzionamento dell'Osservatorio, è emanato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e previa intesa acquisita in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata», entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. 3. Con successivo decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 7, i compensi spettanti ai componenti dell'Osservatorio. 4. L'Osservatorio è composto da: a) un rappresentante della Polizia di Stato, proposto dal Capo della Polizia; b) un rappresentante dell'Arma dei carabinieri, proposto dal Comandante generale dell'Arma; c) un rappresentante del Corpo della guardia di finanza, proposto dal Comandante generale del Corpo; d) un rappresentante del Ministero dell'interno e un rappresentante del Ministero della solidarietà sociale, indicati, rispettivamente, dal Ministro dell'interno e dal Ministro della solidarietà sociale; e) tre membri delle regioni proposti dalla Conferenza unificata, rappresentanti rispettivamente le aree del nord, del centro e del sud del territorio nazionale; f) due rappresentanti delle associazioni dei centri antiviolenza, designati dal Coordinamento nazionale dei centri antiviolenza. 5. L'Osservatorio svolge i seguenti compiti: a) raccoglie, con cadenza mensile, dati sugli atti di violenza sessuale perpetrati nel territorio nazionale e li elabora al fine di predisporre una carta delle maggiori aree a rischio. Tale elaborazione è finalizzata al potenziamento degli interventi da parte delle Forze dell'ordine; b) redige annualmente, entro il 31 dicembre, sulla base dei dati forniti dalla Polizia dello Stato, dall'Arma dei carabinieri, dal Corpo della guardia di finanza e dai pool sui reati di violenza sessuale di cui all'articolo 2, una relazione al Parlamento in cui delinea il quadro evolutivo delle fenomenologie criminali attinenti ai reati di violenza sessuale, presenta l'elenco delle aree del territorio nazionale ritenute più a rischio e propone nuovi strumenti di tutela delle vittime di reati a sfondo sessuale; c) individua, sulla base degli elaborati e delle informazioni di cui alle lettere a) e b), gli interventi prioritari di prevenzione e di lotta ai reati di violenza sessuale; d) individua nuove modalità di intervento, anche mediante l'utilizzazione di strumenti ad alta tecnologia; e) predispone e coordina campagne di educazione e di comunicazione sui reati di violenza sessuale dedicando particolare attenzione a specifiche campagne di comunicazione rivolte ai cittadini extracomunitari, anche al fine di promuovere la conoscenza della cultura e dei costumi nazionali nonché delle pene previste per i reati di violenza sessuale. 6. Gli interventi di cui al comma 5 confluiscono in un programma, approvato dal Ministro dell'interno di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, per la realizzazione del quale è autorizzata la spesa di 200 milioni di euro per l'anno 2006, di 300 milioni di euro per l'anno 2007 e di 700 milioni di euro per l'anno 2008. 7. Per il funzionamento dell'Osservatorio è autorizzata la spesa di 500 mila euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. Art. 4. (Modifica all'articolo 609-bis del codice penale, concernente il reato di violenza sessuale). 1. Il primo comma dell'articolo 609-bis del codice penale è sostituito dal seguente: «Chiunque costringe taluno a compiere o subire atti sessuali senza il suo consenso, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni». Art. 5. (Modifica all'articolo 609-ter del codice penale, concernente le circostanze aggravanti il reato di violenza sessuale). 1. Al primo comma dell'articolo 609-ter del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente numero: «5-bis) nei confronti di persona in stato di gravidanza». Art. 6. (Modifica all'articolo 656 del codice di procedura penale, concernente l'esecuzione delle pene detentive). 1. Dopo la lettera c) del comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale è inserita la seguente: «c-bis) nei confronti dei condannati per i delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, che non si sottopongano ad un trattamento terapeutico-riabilitativo». Art. 7. (Introduzione dell'articolo 609-ter.1 del codice penale, concernente il reato di molestie assillanti). 1. Dopo l'articolo 609-ter del codice penale è inserito il seguente: «609-ter.1 - (Molestie assillanti) - Chiunque, con comportamenti intrusivi e reiterati di sorveglianza, controllo, ricerca di contatto e di momenti di intimità indesiderati, pone taluno in uno stato di soggezione, paura o disagio emotivo, tali da ledere la altrui libertà morale o personale o la salute psicofisica, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa di 20.000 euro. Il delitto di cui al primo comma è perseguibile a querela della persona offesa. La persona che si ritiene offesa dalle condotte di cui al primo comma può presentare all'autorità giudiziaria competente richiesta di diffida all'autore delle stesse. In presenza di specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato da parte delle persone denunciate, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del giudice che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia assillante. Se nonostante la diffida formale l'indagato compie nuovi atti di molestia assillante il giudice può prescrivere all'indagato le misure cautelari di cui agli articoli 282-bis, 283 e 285 del codice di procedura penale, nonché ordinare le misure previste dagli articoli 342-bis e 342-ter del codice civile». Art. 8. (Gratuito patrocinio per le vittime 1. Il patrocinio delle vittime di reati legati alla sfera delle violenze sessuali di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-ter.1, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale è a totale carico dello Stato. Art. 9. (Risorse finanziarie finalizzate al potenziamento dell'attività di prevenzione, vigilanza e repressione dei reati di violenza sessuale). 1. Per l'espletamento delle attività della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri di prevenzione, vigilanza e repressione dei reati di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-ter.1, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, nonché per il potenziamento delle attività dei pool e delle unità specializzate di polizia giudiziaria, per la formazione e l'aggiornamento professionali degli addetti di cui alla presente legge, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, la spesa di 200 milioni di euro. Art. 10. (Copertura finanziaria). 1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2 e dell'articolo 3, comma 7, valutato in 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 3, comma 6, valutato in 200 milioni di euro per l'anno 2006, in 300 milioni di euro per l'anno 2007 e in 700 milioni di euro per l'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 3. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 8, valutato in 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede, per gli anni 2006, 2007 e 2008, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 4. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 9, valutato in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 11. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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N. 1256
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato NAN ¾ |
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Disposizioni per la tutela della morale pubblica e per la prevenzione delle molestie e delle aggressioni sessuali |
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Presentata il 30 giugno 2006
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Onorevoli Colleghi! - Le notizie di questi ultimi tempi sono purtroppo sempre più ricche di episodi a sfondo sessuale.
L'aumento vertiginoso di molestie, di aggressioni e di stupri impone una presa di posizione per cercare di contenere il fenomeno.
Il legislatore ha già provveduto ad aggravare le sanzioni penali per questo tipo di reato, ma ciononostante il fenomeno è in aumento.
Occorre pertanto cercare di andare a colpire questi comportamenti non soltanto con delle sanzioni più gravi, ma limitando e sopprimendo tutto ciò che possa stimolare tali condotte.
In particolare, va rilevato che le rivendite di giornali autorizzate vendono, senza alcuna discrezione, giornali e riviste che sono esposti in modo da colpire l'attenzione senza alcuna remora per la pubblica decenza.
Minorenni e minorati si trovano così involontariamente colpiti nelle loro curiosità da fotografie che stimolano spesso interessi morbosi.
Con troppa facilità e senza alcuna discrezione la stessa cosa avviene attraverso quasi tutti i portali di ricerca della rete INTERNET, utilizzata, è noto, soprattutto da giovani.
Inoltre, tragiche vicende di stupri collettivi, che giungono addirittura all'omicidio, diventano argomento di cronache che travalicano le esigenze di informazione e divengono, descrivendo raccapriccianti dettagli, racconti che possono essere dannosi per l'immaginario di chi è predisposto a tali azioni.
La presente proposta di legge si prefigge pertanto di prevenire tali fenomeni, impedendo che notizie, immagini od ogni altro dato suscettibile di colpire in modo «perverso» l'opinione pubblica sia facilmente accessibile e possa, pertanto, stimolare comportamenti contrari alla morale pubblica e pericolosi per la tutela personale e sessuale dell'individuo.
La proposta di legge è composta da quattro articoli.
L'articolo 1 è riferito alle rivendite pubbliche di giornali quotidiani, di periodici, di riviste e dei materiali pubblicitari che possono turbare la morale pubblica.
L'articolo 2 è riferito ai siti INTERNET con contenuti a sfondo sessuale.
L'articolo 3 è finalizzato a contenere la descrizione dei «particolari» che, nel contesto di una notizia, possono stimolare fantasie morbose o atti di molestia sessuale, contrari alla morale pubblica e alla dignità personale.
L'articolo 4 prevede le sanzioni da applicare in caso di violazione della legge.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. È vietata la pubblica esposizione di giornali quotidiani, di periodici, di riviste e di materiali pubblicitari che riproducono fotografie o altre immagini che possono turbare la morale pubblica. 2. Il materiale di cui al comma 1 può essere esposto in un settore riservato del locale di vendita, fermo restando l'obbligo di imporre il divieto di accesso per i minorenni. 3. In caso di mancanza di una apposita area di vendita da adibire ai sensi del comma 2, il materiale di cui al comma 1 può essere mostrato su sua richiesta espressa, dell'acquirente, fermo restando il divieto di esposizione al pubblico. Art. 2. 1. È vietato consentire il libero accesso ai siti INTERNET che riproducono contenuti a sfondo sessuale e che divulgano immagini o notizie finalizzate a promuovere o a suscitare fantasie di tipo sessuale. 2. Ai siti di cui al comma 1 si può accedere solo dopo avere autocertificato la propria maggiore età e avere fatto espressa richiesta di accesso. 3. I siti di cui al comma 1 non possono essere pubblicizzati. Art. 3. 1. Gli organi della stampa quotidiana e periodica, nonché delle reti televisive e radiofoniche, pubbliche e private, sono tenuti, nella diffusione delle notizie, a evitare il racconto e la descrizione di dettagli e di particolari che possono stimolare fantasie sessuali o che sono comunque contrari alla morale pubblica e alla dignità personale. Art. 4. 1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 1 e all'articolo 3 è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da euro 1.000 a euro 10.000. 2. Chiunque vìola le disposizioni di cui all'articolo 2 è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.
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N. 1374
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati CAPARINI, ALLASIA, FILIPPI, GOISIS, MONTANI, PINI ¾ |
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Modifiche al codice
penale concernenti l'innalzamento |
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Presentata il 13 luglio 2006
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Onorevoli Colleghi! - Nel 1833 con l'English Factories Act, il primo intervento legislativo a favore dell'infanzia, veniva vietato nel Regno Unito il lavoro in fabbrica ai bambini di età inferiore ai nove anni. Nel 1924 con la Dichiarazione dei diritti del fanciullo c'è il primo riconoscimento ufficiale dei diritti cosiddetti «primari» dei bambini e degli adolescenti: diritto di essere nutriti, curati, accolti, soccorsi se orfani o abbandonati, di ricevere aiuto e di essere protetti. Questa dichiarazione verrà poi ampliata e aggiornata nel 1959 e poi nel 1989, quando verrà riconosciuto al bambino il diritto alla famiglia, all'educazione, allo sviluppo fisico, intellettuale, morale, sociale e spirituale. Kempe, pediatra nordamericano, è stato uno dei primi studiosi a occuparsi degli abusi sui bambini, non solo dello sfruttamento lavorativo, ma anche del maltrattamento psicologico, dell'incuria, dell'abbandono, della trascuratezza alimentare, scolastica e sanitaria e dell'abuso sessuale nei casi di pedofilia, di pornografia, di atti di libidine, di prostituzione, di rapporti sessuali devianti. Al V Congresso internazionale sull'infanzia maltrattata e abbandonata, tenutosi a Montreal nel 1984, ha sostenuto che «è definito abuso ogni atto omissivo o autoritario che mette in pericolo o danneggia la salute o lo sviluppo emotivo di un bambino, comprendendovi anche la violenza fisica e le punizioni corporali irragionevolmente severe, gli atti sessuali, lo sfruttamento in ambito lavorativo e la mancanza di rispetto dell'emotività del fanciullo».
Questo punto è essenziale per comprendere il cambiamento della filosofia di pensiero, in quanto chiarisce in maniera ufficiale e definitiva che il bambino è un individuo con la sua personalità, la sua emotività, la sua dignità e come tale deve essere rispettato. Inoltre, viene definito l'abuso sessuale come «il coinvolgimento di bambini e adolescenti in attività sessuali che essi non comprendono ancora completamente, alle quali non sono in grado di acconsentire con piena consapevolezza o che sono tali da violare i tabù di una particolare società».
In Italia il 15 febbraio 1996 è stata approvata una legge che definisce la violenza sessuale un reato contro la persona e non più contro la morale pubblica. In questo modo la violenza è tale anche senza atti sessuali completi. Ciò che è importante è l'atto in sé, l'intenzione. Con la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù» sono state apportate modifiche al codice penale per inasprire la lotta alla pedofilia, allo sfruttamento sessuale, alla pornografia e al traffico di minori. La fattispecie degli atti sessuali con minorenne è disciplinata dall'articolo 609-quater che sancisce la soglia del compimento del quattordicesimo anno di età per delimitare il confine penale tra lecito ed illecito nel compimento degli atti sessuali consensuali con i minorenni.
Il codice individua nell'età dei quattordici anni il limite di «intoccabilità» del minore, salva la previsione dell'età minima di sedici anni quando ricorre uno dei particolari rapporti tassativamente elencati dalla norma. In particolare, trattasi dell'ascendente, del genitore (anche adottivo), del tutore o di altra persona con cui, per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia il minore di sedici anni abbia una relazione di convivenza ovvero sia affidato. In queste ipotesi la legge tutela il minore che ha compiuto gli anni quattordici ma non ancora i sedici, sulla base della presunzione di una sorta di «vizio» della volontà del minore medesimo. Entro certi limiti, la non punibilità del compimento di atti sessuali tra minori è prevista al secondo comma dell'articolo 609-quater per il minorenne che compia atti sessuali con altro minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, purché la differenza di età tra i soggetti non sia superiore a tre anni (al di fuori dalle ipotesi di cui all'articolo 609-bis riguardante la violenza sessuale).
Nella «Dichiarazione di consenso in tema di abuso sessuale all'infanzia», redatta e approvata nel 1998 dal Coordinamento nazionale dei centri e dei servizi di prevenzione e trattamento dell'abuso in danno di minori, documento che vuole essere una guida per gli interventi da parte degli operatori del settore, l'abuso è definito come il coinvolgimento di un minore in attività sessuali (non necessariamente caratterizzate da violenza esplicita), effettuato da un partner preminente; nel documento si sottolinea poi come quello degli abusi sia un fenomeno diffuso, l'esperienza del quale resta non verbalizzata e non elaborata, caratterizzato da un forte legame di dipendenza fisica e affettiva della vittima dall'abusante.
L'esistenza del minore abusato viene profondamente scossa nell'equilibrio psichico, facendogli perdere, oltre ai riferimenti esterni, anche il senso della propria identità e della sicurezza. E con queste la libertà. Il bambino, proiettato violentemente in una realtà che non gli appartiene perché non è propria della sua età biologica, viene violentato anche nella sua dignità di essere umano. Non considerato più come persona, ma come oggetto, rimane paralizzato nella violenza che poi lo accompagnerà nella crescita e nello sviluppo della personalità con conseguenze nella socializzazione.
Per questo è di fondamentale importanza intervenire con leggi ancora più severe per coloro che abusano, ma anche individuare preventivamente quelle situazioni a rischio e creare i presupposti affinché lo sviluppo del minore possa essere garantito nella sua integrità. Ad avviso del proponente, dovrebbe essere innalzata da quattordici a sedici anni l'età del consenso sessuale. Infatti, la ragione della tutela del minore di sedici anni risiede nell'immaturità, anche sessuale, e nel rispetto dovuto all'infanzia e alla prima adolescenza, unitamente al rilievo del difetto del riconoscimento di una «libertà sessuale» come diritto di scelta e di libera esplicazione delle proprie qualità e facoltà sessuali. Di conseguenza, dove il fondamento della tutela del minore di sedici anni in relazione a determinate persone è ravvisabile nella soggezione, anche morale, in cui il minore viene a trovarsi, il limite dei sedici anni dovrebbe essere innalzato alla maggiore età, anche in ragione della particolare influenza che tali persone possono esercitare sul minore. In tali casi si ritiene che anche nell'età compresa tra i sedici e i diciotto anni gli atti sessuali con il minore abusano della sua inesperienza o del vincolo di sangue. Tale scelta, oltretutto, si pone in linea con quanto stabilito dalla decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio, del 22 dicembre 2003, che, tra le sue linee guida, prevede l'estensione della protezione accordata al minore fino al compimento del diciottesimo anno di età.
Le ulteriori modifiche proposte agli articoli 609-ter, 609-quinquies e 609-sexies del codice penale sono conseguenti alla proposta di innalzare a sedici anni l'età del consenso sessuale. Infatti, se si ritiene che il soggetto minore di sedici anni non sia in grado di comprendere e di esplicare liberamente le proprie facoltà sessuali - e, come tale, debba essere tutelato dalla legge - a maggior ragione si giudica doveroso elevare a diciotto anni l'età fino alla quale deve essere accordata tutela alla vittima degli altri reati contro la libertà sessuale.
Tale scelta, quindi, si impone per l'articolo 609-ter, primo comma, numero 1), che prevede la violenza sessuale aggravata nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici; per l'articolo 609-quinquies in tema di corruzione di minorenne, che incrimina il compimento di atti sessuali se compiuti in presenza del minore di anni quattordici; e per l'articolo 609-sexies, che considera ininfluente l'ignoranza dell'età della persona offesa qualora la violenza sessuale, gli atti sessuali con minorenne, la corruzione di minorenne, la violenza sessuale di gruppo, siano commessi in danno di minore di anni quattordici. Oltretutto, l'estensione della protezione accordata al minore sino al compimento del diciottesimo anno di età è coerente anche con quanto recentemente previsto dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo INTERNET, che, nell'incriminare la prostituzione, la pornografia, la pornografia virtuale e simili, innalza a diciotto anni l'età della vittima in luogo degli attuali sedici e quattordici anni.
Per le ragioni esposte, si augura una rapida approvazione della presente proposta di legge.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. All'articolo 609-ter, primo comma, numero 1), del codice penale la parola: «quattordici» è sostituita dalla seguente: «sedici». 2. All'articolo 609-quater, primo comma, del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al numero 1), la parola: «quattordici» è sostituita dalla seguente: «sedici»; b) al numero 2), la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «diciotto». 3. All'articolo 609-quinquies del codice penale la parola: «quattordici» è sostituita dalla seguente: «sedici». 4. All'articolo 609-sexies del codice penale la parola: «quattordici» è sostituita dalla seguente: «sedici». |
N. 1819
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato LUSSANA ¾ |
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Introduzione del delitto di molestia insistente |
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Presentata il 12 ottobre 2006
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Onorevoli Colleghi! - Nel nostro Paese si stanno verificando con sempre maggiore frequenza gravi episodi di cronaca nera che impongono una maggiore attenzione da parte della nostra legislazione nei confronti delle molestie e delle minacce messe in atto da molestatori assillanti, in grado di procurare - secondo la definizione che ne forniscono gli psichiatri - una vera e propria «sindrome da molestie assillanti». Si tratta di qualcosa di molto più grave della molestia o del disturbo alle persone, sanzionati dal nostro codice penale con l'arresto fino a sei mesi. Secondo la terminologia mutuata dal mondo anglosassone, lo «stalking» consiste in una persecuzione asfissiante che finisce per sconvolgere l'esistenza della vittima, costringendola a vivere in una condizione di perenne attenzione, se non addirittura di terrore. Oltre l'80 per cento delle vittime sono donne e il fenomeno è in paurosa ascesa, tanto da non poter essere ulteriormente ignorato, visto che oltre il 5 per cento degli omicidi in Italia è stato preceduto da atti di «stalking». Questi episodi di minaccia e di molestie continue sono considerati penalmente rilevanti nel nostro Paese solo quando integrano la fattispecie prevista dall'articolo 660 del codice penale, norma che punisce la molestia o il disturbo alle persone. Tuttavia la «molestia assillante» non si ascrive all'interno di questo reato, che si manifesta al massimo come semplice contravvenzione fino al comprovato atto della molestia stessa (un esempio rientrante in questi casi è la violenza fisica). Circostanza, questa che comprova come, oltre un certo limite, le attuali norme sanzionatorie - quali quelle dell'articolo 610 del codice penale sulla violenza privata o dell'articolo 612 del codice penale che punisce le minacce - siano chiaramente insufficienti mentre occorrerebbe, invece, individuare una nuova e specifica figura di reato che consenta di punire coloro che in modo intenzionale e persistente seguono, molestano o minacciano un'altra persona, prima che tali comportamenti sfocino in ben più gravi episodi di omicidio. In ragione di quanto illustrato si è fermamente convinti della necessità di prevedere una nuova e più grave fattispecie di reato, che assorbe e unifica, aggiungendovi il requisito della ripetitività nel tempo, reati quali quelli di minaccia, di percosse e di violenza privata nei confronti del medesimo soggetto.
La presente proposta di legge, pertanto, definisce la fattispecie prevedendo che commette il delitto di molestia insistente chiunque pone in essere intenzionalmente, in modo malevolo e persistente, un comportamento finalizzato a seguire o a molestare un'altra persona con attività che allarmano o suscitano una ragionevole paura o disagio emotivo, che ledono la libertà morale o personale o la salute psicofisica della persona offesa. Tale fattispecie viene punita con una pena superiore a quella prevista per la semplice molestia, ma inferiore rispetto a quella stabilita per la violenza privata; mentre la pena della reclusione viene innalzata fino a quattro anni nel caso di reiterazione del reato o se il reato è commesso dopo specifica diffida formale da parte dell'autorità giudiziaria richiesta dalla persona perseguitata. Quest'ultima previsione è necessaria per evitare che i comportamenti persecutori possano degenerare in fatti ben più gravi se non vengono tempestivamente controllati e ridimensionati.
La modulazione della pena risponde a una precisa scelta, ovvero quella di rendere possibile nei confronti del persecutore l'applicazione di misure coercitive, quali il divieto di frequentare i luoghi in cui vive e lavora la vittima, per le ipotesi più lievi, o la custodia in carcere, per i casi più gravi.
È inoltre prevista l'istituzione di uno sportello aperto al pubblico presso ogni questura e di un numero verde nazionale allo scopo di dare sostegno alle persone che si ritengono vittime di molestie insistenti e agli operatori della sicurezza che si occupano delle segnalazioni delle presunte vittime.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Delitto molestia insistente). 1. Chiunque pone in essere un intenzionale, malevolo e persistente comportamento finalizzato a seguire o a molestare un'altra persona con attività che allarmano o suscitano una ragionevole paura o disagio emotivo, che ledono la libertà morale o personale o la salute psicofisica della persona offesa, è punito con la reclusione fino a due anni. 2. Al fine di tutelare l'incolumità fisica o psicologica o la libertà personale o morale della persona offesa, dei suoi congiunti o di suoi conoscenti, il giudice può prescrivere all'indagato di non avvicinarsi al domicilio o ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, o al domicilio di parenti, di affini o di conoscenti della stessa. 3. La persona che si ritiene offesa dalle condotte di cui al comma 1 può presentare all'autorità giudiziaria competente formale richiesta di diffida all'autore delle stesse. L'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del giudice, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia insistente. 4. Se il reato è reiterato o commesso dopo specifica diffida da parte dell'autorità di pubblica sicurezza, irrogata ai sensi del comma 3, la pena è aumentata fino a quattro anni. Art. 2. (Istituzione dello sportello aperto al pubblico e del numero verde nazionale). 1. Presso ogni questura è istituito uno sportello aperto al pubblico a tutela delle persone che sono fatte oggetto di molestie insistenti, individuate ai sensi dell'articolo 1. Ogni sportello deve prevedere la presenza di uno psicologo, di uno psichiatra e di un assistente sociale. È compito dello sportello prestare assistenza e sostegno alle persone che si ritengono vittime di molestie insistenti. 2. È istituito un numero verde nazionale a favore delle vittime di molestie insistenti, con il compito di fornire una prima assistenza psicologica e giuridica, e, in particolare, di indirizzare le vittime presso gli sportelli di cui al comma 1. Il numero verde nazionale è attivo 24 ore su 24 e il personale ad esso adibito è scelto, nell'ambito dell'organico del Ministero della giustizia, tra soggetti in possesso di adeguate competenze in campo giuridico e psicologico. |
N. 1823
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati PRESTIGIACOMO, ANGELI, ARMOSINO, ASCIERTO, BIANCOFIORE, BONIVER, BONO, BRIGANDÌ, CICCIOLI, GIULIO CONTI, COSENZA, FILIPPONIO TATARELLA, FRASSINETTI, GERMONTANI, GOISIS, LA LOGGIA, LISI, LO MONTE, MARRAS, MELE, RICARDO ANTONIO MERLO, MURGIA, NESPOLI, ANTONIO PEPE, RAISI, PAOLO RUSSO, RUVOLO, SANTELLI, STRADELLA, TONDO, TUCCI, ULIVI ¾ |
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Nuove disposizioni in materia di contrasto ai reati di violenza sessuale |
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Presentata il 12 ottobre 2006
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Onorevoli Colleghi! - Con questa proposta di legge si vuole integrare l'attuale sistema normativo, relativo al contrasto del fenomeno della violenza sessuale, con due disposizioni finalizzate a due precisi obiettivi.
In primo luogo, si intende rafforzare la presenza e il sostegno delle istituzioni in favore delle vittime di reati così efferati; in secondo luogo, ci si propone di intensificare le misure repressive attualmente previste nei confronti dei colpevoli, escludendo anche per coloro che hanno commesso il delitto di «corruzione di minorenne» (articolo 609-quinquies del codice penale) la possibilità di ricorrere al beneficio processuale dell'applicazione della pena su richiesta (comunemente noto come «patteggiamento»).
Passando a un esame più dettagliato, l'articolo 1 del provvedimento pone a carico dello Stato le spese processuali sostenute dalle vittime dei delitti.
Questo rappresenta un segnale di riconoscimento e di attenzione, forte e tangibile, per la posizione della persona offesa, meritevole di una tutela più incisiva e concreta rispetto a quella accordatale attualmente dal sistema.
Il beneficio del gratuito patrocino, naturalmente concepito per contribuire al riequilibrio della parità delle parti nel processo accusatorio, verrebbe esteso - a prescindere da ogni valutazione di carattere economico e, comunque, con condizioni e meccanismi da stabilire con un successivo regolamento - a quelle vittime che sono state lese e offese nei valori più intimi.
L'articolo 2 presta, invece, particolare attenzione alla posizione processuale dell'autore del reato, escludendo la possibilità di ricorrere al patteggiamento allargato per il delitto di cui al citato articolo 609-quinquies del codice penale. Come è noto la legge 6 febbraio 2006, n. 38, recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo internet, all'articolo 11, era già intervenuta in tale materia, ma aveva omesso di escludere il meccanismo del patteggiamento per il reato in oggetto.
L'articolo 3, infine, contiene la copertura finanziaria del provvedimento.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Gratuito patrocinio per le vittime di reati di violenza sessuale). 1. Il patrocinio delle vittime dei delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale è posto a carico dello Stato. 2. L'onorario e le spese spettanti al difensore per i delitti di cui al comma 1 sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale relativa ad onorari, diritti e indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa. Il decreto di pagamento è comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero. 3. Il Governo adotta, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il regolamento di attuazione del presente articolo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Art. 2. (Esclusione dall'applicazione della pena su richiesta di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale). 1. All'articolo 444, comma 1-bis, del codice di procedura penale, dopo le parole: «609-quater» sono inserite le seguenti: «, 609-quinquies». Art. 3. (Copertura finanziaria). 1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1, valutato in 200 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |
N. 1901
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati CODURELLI, RUSCONI, DE BIASI, INCOSTANTE, CINZIA MARIA FONTANA, DI SALVO, SAMPERI, CORDONI, INTRIERI, MOTTA, BENZONI, CASSOLA, TREPICCIONE, LARATTA, PELLEGRINO, CARTA, FIANO, BURTONE, FOGLIARDI, BARANI, FASCIANI, OTTONE, RAMPI, MIGLIOLI, MARIANI, GHIZZONI, MARINO, SCHIRRU, CRISCI, CECCUZZI, ROSSI GASPARRINI, FEDI, POLETTI ¾ |
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Introduzione degli
articoli 612-bis e 612-ter del codice penale |
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Presentata l’8 novembre 2006
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Onorevoli Colleghi! - Il fenomeno cosiddetto dello «stalking» (derivante dal verbo inglese to stalk, che possiamo tradurre in italiano come inseguire, pedinare, fare la posta), configura quell'insieme di «comportamenti ripetuti ed intrusivi di sorveglianza e controllo, di ricerca di contatto e comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni e comportamenti non graditi», per usare la definizione datane nello studio «Sindrome del molestatore assillante (stalking): una rassegna»; condotto dal professor Paolo Curci e dal dottor Gian Maria Galeazzi del dipartimento di patologia neuropsicosensoriale dell'università di Modena e Reggio Emilia.
L'interesse che si sta concentrando verso questo fenomeno è nato in seguito a casi di molestie che hanno avuto come vittime personalità dello spettacolo e ad aggressioni nei loro confronti, prima delle quali il colpevole aveva adottato questa forma di persecuzione. Ma, al di là di questi episodi «clamorosi», recenti studi epidemiologici hanno mostrato che i casi di stalking che risultano di gran lunga prevalenti si verificano nel contesto della violenza domestica. Secondo una classificazione del professor Curci e del dottor Galeazzi ricavata dagli studi maggiormente qualificati su questo tema (per esempio: Mullen P.E., Pathè M., Purcell R., Stuart G.W. «Study of stalkers», Am J Psychiatry, 1999), gli stalker agiscono tipicamente attraverso:
a) comunicazioni intrusive, distinte secondo il mezzo usato (telefoniche, per posta, e-mail, facsimile o altro, ad esempio messaggi lasciati sulla macchina o sulla porta di casa del molestato);
b) contatti, distinti in comportamento di controllo indiretto (seguire, spiare, mantenere la sorveglianza attorno l'abitazione) oppure di approccio diretto al molestato, in pubblico, sul luogo di lavoro;
c) comportamenti associati, come ordinare beni per conto del molestato, inviare doni, far trovare oggetti (per esempio, animali o parti di animali morti), vandalizzare le proprietà del molestato (per esempio tagliare le gomme dell'automobile), uccidere gli animali domestici della vittima.
Strumento per eccellenza dello stalker rimane comunque il telefono, con cui iniziano, nella maggior parte dei casi, le «campagne di stalking»: del resto, i mezzi indiretti di comunicazione, come appunto il telefono, appaiono i più utili e semplici, affinché il molestatore assillante possa raggiungere la propria vittima. Il telefono, e di recente anche i brevi messaggi da cellulare (gli sms), divengono un vero e proprio mezzo di persecuzione, consentendo di superare distanze geografiche e convenzioni sociali.
Per i medesimi motivi, anche attraverso la rete INTERNET, con la diffusione del suo utilizzo da parte di milioni di persone in ogni parte del mondo, vengono posti in essere comportamenti di stalking (attuati tramite i servizi classici della rete, e-mail e chat) dando vita al cosiddetto cyberstalking.
Tuttavia, tali mezzi sono sempre più spesso solo l'inizio della campagna di stalking, cui vengono ad aggiungersi, in un momento successivo, i contatti indiretti dello stalker con la propria vittima (pedinamenti, appostamenti) o di approccio diretto.
Secondo quanto sostenuto dal dottor Marco Strano, direttore scientifico del Telematic Journal of Clinical Criminology (www.criminologia.org) alla luce delle ricerche più recenti, sviluppate in prevalenza nel mondo scientifico statunitense, è possibile sintetizzare una tipologia, semplificata, di persecutori:
1) soggetti che non riescono ad accettare l'abbandono del partner o di altre figure significative e attuano una vera e propria persecuzione nel tentativo maldestro di ristabilire il rapporto o semplicemente di vendicarsi dei torti subiti nel corso del distacco (la maggior parte dei casi). Sono i molestatori statisticamente più pericolosi per quanto riguarda la possibilità che lo stalking degeneri in atti di violenza fisica nei confronti della vittima;
2) soggetti che sfogano attraverso lo stalking un rancore dovuto a cause molteplici nei confronti di una persona con cui sono entrati in conflitto, al di fuori di un rapporto affettivo. Tipico il caso dell'ex collega di lavoro che si è comportato male con lui o del professionista (esempio dal un medico) che gli ha provocato un danno giudicato grave. Normalmente questi stalker presentano un livello di pericolosità contenuta per ipotesi di violenza fisica, rappresentata attraverso le molestie e gli insulti, ma difficilmente agìta;
3) molestatori sessuali abituali o conquistatori maldestri, che individuano l'oggetto del loro desiderio nella vittima (anche sconosciuta) ed effettuano una serie di tentativi di approccio. I soggetti appartenenti a questa categoria talvolta presentano modalità compulsive o possono giungere a vere e proprie forme di delirio. Per ciò che attiene agli indici di pericolosità, i molestatori sessuali possono divenire potenziali stupratori, mentre la categoria dei cosiddetti «conquistatori maldestri» normalmente è pressoché innocua.
Talvolta si rilevano soggetti che possono essere inseriti parzialmente in più di una delle tre categorie.
Il comportamento di stalking, così come descritto, presenta dunque numerose sfaccettature sia nelle modalità di attuazione della campagna persecutoria sia nella motivazione che porta all'ossessione-compulsione dello stalker nei confronti della propria vittima.
Tuttavia, benché tale fenomeno descriva una costellazione comportamentale, solo in alcuni casi è ascrivibile ad un conclamato disturbo psichiatrico con manifestazioni deliranti o con anomalie patologiche della personalità, rilevando nella prevalenza dei casi motivazioni razionali attinenti ad un desiderio di vendetta o all'incapacità di accettare e di elaborare cognitivamente l'abbandono di un partner o di un'altra figura significativa.
La ricerca psichiatrica sul fenomeno dello stalking si è spinta anche su un altro fondamentale campo, che riguarda l'impatto psicologico dello stalking sulle vittime. Del resto, l'impatto delle molestie è, in parte, implicito nella definizione stessa della sindrome.
Come sostenuto dal professor Curci e dal dottor Galeazzi, per definizione, infatti, nei casi di molestie assillanti le comunicazioni e la ricerca di contatto indiretto e/o diretto del molestatore risultano non solo sgradite e inopportune alla vittima, ma anche fonte di preoccupazione e paura per la propria sicurezza personale e/o di persone care, fino ad un vero senso di terrore.
Da un punto di vista pratico, l'impatto per le vittime di una campagna di stalking può essere estremamente gravoso: giornate di lavoro perse, necessità di aumentare il grado di protezione personale con conseguenti spese per la sicurezza, cambiamento di residenza eccetera.
A tutto ciò si accompagna una variabile frequenza ed intensità di sintomi correlati: tra i più diffusi, secondo uno studio condotto negli Stati Uniti (Pathè M., Mullen P.E., «The impact of stalkers on their victims», Br J Psychiatry, 1997), sono gli stati ansiosi, i disturbi del sonno e i ricordi intrusivi.
Dal medesimo studio emerge come la continua insistenza del molestatore e la sua capacità di penetrare nella vita privata della vittima, unitamente alla percezione che gli interventi legali sono inefficaci a fronteggiare i comportamenti molesti, provocano in quasi tutti i soggetti vessati un vero e proprio senso di impotenza e una percentuale rilevante di essi giunge a contemplare, e in alcuni casi anche tentare, il suicidio per sfuggire alla condizione di persecuzione cui è sistematicamente sottoposta.
Anche senza giungere a queste reazioni estreme, altri studi (tra cui ricordiamo, Hall D.M, «The victims of stalking», Meloy J.R., ed., The Psichology of stalking, San Diego, Academic Press, 1998) hanno evidenziato quanto una campagna persecutoria possa incidere sulla vittima fino a registrare un vero cambiamento di carattere. Infatti, si è verificato che in seguito alle molestie nel soggetto/vittima aumenta il grado di «timorosità», sospettosità, introversione e stato di allarme, ma anche il nervosismo e il senso di rabbia, e alcuni soggetti giungono alla depressione.
Di fronte a un fenomeno quale lo stalking, letteralmente capace di distruggere la vita della vittima designata, anche il mondo giuridico ha dovuto affrontare specificamente tale problema.
La giurisprudenza nordamericana è stata la prima a dare una definizione giuridica del fenomeno dello stalking e a porvi un rimedio. Nel 1994 tutti gli Stati degli USA avevano approvato una legislazione anti-stalking: ad essere punito è colui che, secondo una formula che si rinviene nella maggior parte delle leggi dei vari Stati, pone in essere un intenzionale, malevolo e persistente comportamento consistente nel seguire o nel molestare un'altra persona.
Anche il Canada ha una normativa, contenuta nel Criminal Code of Canada, che definisce il delitto di molestia criminale (criminal harassment), che si concretizza nel molestare intenzionalmente o imprudentemente un'altra persona in ciascuno di questi modi:
1) seguendo o comunicando direttamente o indirettamente con quella persona o con suoi conoscenti;
2) sorvegliando i luoghi dove quella persona o un suo conoscente risiede, lavora o si trova ad essere;
3) mettendo in atto condotte minacciose di qualsiasi tipo dirette a quella persona o ai suoi familiari, tali da indurre la persona stessa a temere ragionevolmente per la sua sicurezza.
Nel Regno Unito, al fine di affrontare in modo più preciso della precedente legislazione i comportamenti di stalking, è stato adottato il Protection from Harassment Act del 1997. Esso prevede che la persona non deve attuare una condotta che sa o dovrebbe sapere essere causa di molestia a un'altra. Se una persona ragionevole in possesso delle medesime informazioni pensa che la condotta dell'imputato corrisponde a molestia, ciò significa che il crimine è stato commesso.
Occorre peraltro dimostrare che l'imputato sapeva o avrebbe dovuto sapere che la sua condotta avrebbe causato timore di violenza nella vittima. In presenza di semplice abuso verbale, ai fini della punibilità è necessaria la ripetizione del comportamento molesto per due volte.
Anche la legislazione degli Stati della Federazione australiana prevede una disciplina volta a contrastare il fenomeno dello stalking, contemplando, tra l'altro, la possibilità di emanare provvedimenti inibitori (intervention/protettive or restraining order) che, qualora vengano trasgrediti dallo stalker, comportano l'aggravante del reato o l'esecuzione dell'arresto o la fine della sospensione condizionale della pena detentiva per stalking già giudicata, anche se il reato è consumato senza minacce esplicite o atti violenti.
In Italia a tutt'oggi non esiste una specifica legislazione per contrastare e punire colui che pone in essere un comportamento ripetitivo e assillante di molestie. Le condotte degli stalker sono considerate penalmente rilevanti quando integrano la fattispecie contravvenzionale di cui all'articolo 660 del codice penale, rubricato come «Molestia o disturbo alle persone». La ratio della norma in questione è volta alla tutela della tranquillità pubblica proprio per l'incidenza che il relativo turbamento può avere sull'ordine pubblico, stante la possibilità di reazione del molestato, mentre l'interesse della vittima riceve una protezione solo riflessa. Altre condotte, quali l'ingiuria, la minaccia semplice o aggravata, la violenza privata, il danneggiamento, sono punite autonomamente a titolo di delitto.
In considerazione della rapidità con cui il fenomeno dello stalking sta dilagando anche nel nostro Paese e delle conseguenze che tali campagne persecutorie creano in capo alle vittime, ci è apparso assolutamente necessario porre rimedio al mancato riconoscimento giuridico del fenomeno con la presente proposta di legge, la cui elaborazione non sarebbe stata possibile senza il fondamentale contributo della Commissione per le pari opportunità della provincia di Lecco.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Introduzione degli articoli 612-bis e 612-ter del codice penale). 1. Dopo l'articolo 612 del codice penale sono inseriti i seguenti: «Art. 612-bis. - (Molestie persistenti). - Chiunque ponga in essere un comportamento intenzionale, malevolo e ripetuto nel tempo, finalizzato a molestare un'altra persona con attività che procurano allarme o suscitano una ragionevole paura o disagio emotivo, ovvero che ledono la altrui libertà morale o personale o la altrui salute psico-fisica, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 10.000. Il giudice, al fine di tutelare l'incolumità fisica o psicologica o la libertà personale o morale della persona offesa, dei suoi congiunti o di suoi conoscenti, può prescrivere all'indagato di non avvicinarsi al domicilio o ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o da congiunti o conoscenti della stessa. Se la frequentazione dei luoghi di cui al secondo comma è necessaria all'indagato per motivi di lavoro o di cura, il giudice, quando lo ritiene opportuno, prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. Art. 612-ter. - (Diffida e pericolo di reiterazione). - La persona che si ritiene offesa da condotta che può presentare gli elementi del reato di cui all'articolo 612-bis può presentare all'autorità competente formale richiesta di diffida all'autore della stessa. Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato da parte delle persone denunciate per il reato di cui all'articolo 612-bis, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del pubblico ministero che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia persistente. La diffida è notificata all'indagato con le forme di cui agli articoli da 148 a 171 del codice di procedura penale. Se nonostante la diffida formale l'indagato commette nuovi atti di molestia persistente espressamente denunciati all'autorità, il reato è perseguibile d'ufficio e la pena detentiva prevista dal primo comma dell'articolo 612-bis è aumentata fino a quattro anni. I soggetti condannati per il reato di molestie persistenti possono essere ammessi, con decisione dell'autorità giudiziaria, alla sostituzione della pena detentiva con trattamenti di recupero presso strutture di rieducazione specializzate». Art. 2. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. |
N. 2033
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati BRUGGER, ZELLER, WIDMANN, BEZZI, NICCO ¾ |
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Introduzione degli articoli 660-bis e 660-ter del codice penale in materia di molestie persistenti |
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Presentata il 6 dicembre 2006
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Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge si intende introdurre anche in Italia il reato di molestie persistenti, comunemente denominato come fenomeno di «stalking» nei Paesi anglosassoni, ovvero «sindrome del molestatore assillante», intendendosi con esso un insieme di comportamenti che una persona compie in modo persistente nei confronti della propria vittima. Il nostro codice penale prevede, all'articolo 660, il reato di molestia o disturbo alle persone, punito con il carcere fino a sei mesi o una multa fino a 516 euro. La giurisprudenza dettata in materia dalla Corte di cassazione ha peraltro aggiunto che, affinché una condotta possa assumere rilievo, non è sufficiente la semplice molestia o il disturbo, ma è necessario che sia accompagnata da petulanza e da insistenza.
Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato che gli episodi di «stalking» avvengono con maggiore frequenza all'interno dell'ampia casistica della violenza domestica e solo quando colpiscono personaggi dello spettacolo assumono la dovuta rilevanza da parte dell'opinione pubblica. Inoltre va rilevato che i vari psichiatri che hanno studiato il fenomeno sono giunti alla conclusione che gli effetti di tali condotte sulle vittime arrivano a sconvolgerne l'esistenza, provocando disturbi d'ansia e del sonno, paura, terrore e stato perenne di allerta nei casi più comuni: il fenomeno viene considerato nella sua gravità solo nel momento in cui sfocia in un omicidio o in un suicidio.
A tal proposito si citano alcuni dati sulla portata del fenomeno per il quale è necessario configurare una specifica fattispecie di reato: oltre il 5 per cento degli omicidi in Italia ha avuto come prologo comportamenti di «stalking»; più dell'80 per cento delle vittime sono donne, di cui il 20 per cento ha un'età compresa tra i 18 e i 24 anni, il 7 per cento circa ha tra i 35 e i 44 anni e circa l'1,5 per cento ha più di 55 anni; solo a Roma è stato denunciato che il 21 per cento della popolazione è vittima di molestie assillanti almeno una volta nella vita.
Dai dati esposti si desume che esistono sostanzialmente due tipologie di «stalker»: la prima è costituita da uomini che, nel 55 per cento dei casi, hanno un'età compresa tra i 18 e i 25 anni e molestano la vittima a causa di un abbandono o di un amore non corrisposto; la seconda categoria è sempre costituita da uomini la cui età sale a 55 anni e oltre se la causa del comportamento patologico è una separazione o un divorzio.
Sempre sulle basi degli studi psichiatrici effettuati sul fenomeno di «stalking», è stato rilevato che il semplice ricorso alle vie legali non serve a contenere gli episodi di molestie che determinano, quindi, un senso di impotenza nella vittima. La strategia migliore, allo stato attuale, sembra essere l'indifferenza: il molestatore infatti sembra alimentare la sua petulanza con la reazione manifesta della vittima, sia essa di paura, rabbia o altro.
Per tutti i motivi che sono stati spiegati è urgente un intervento legislativo anche in Italia, posto che tale fenomeno è esploso con l'avvento di INTERNET e che è entrato nei codici penali negli anni novanta: la prima è stata l'America, che nel 1994 aveva in tutti i suoi Stati una legge anti-stalking; il Regno Unito ha adottato il «Protection from Harassment Act» nel 1997. Nella legislazione di questi Paesi, per la configurazione del reato, sembra essere prevalso il consenso su ciò che una persona ragionevole giudicherebbe minaccioso, prescindendo dalla presenza di minacce: ciò ha determinato evidenti ripercussioni sulla difficoltà di classificare l'importanza e la gravità dei comportamenti molesti.
Per venire incontro alle tante vittime del fenomeno, dando loro una concreta possibilità di difesa, nonché per contenere e reprimere il diffondersi del fenomeno stesso, la presente proposta di legge prevede l'introduzione di due articoli nel codice penale, in materia di molestie persistenti e di reiterazione della condotta molesta. L'articolo 660-bis introduce la fattispecie del reato di molestie persistenti inteso quale «comportamento intenzionale malevolo e persistente finalizzato a seguire o a molestare un'altra persona» che da ciò risulta infastidita e preoccupata e associa a tale comportamento un senso di minaccia e di paura. Per tale reato si giudica più efficace, ai fini del contenimento degli atti molesti, una pena pecuniaria elevata, fino a 20.000 euro, che è raddoppiata in caso di reiterazione. Il successivo articolo 660-ter disciplina, invece, il caso della reiterazione della condotta molesta, inasprendo le pene della reclusione e della multa e prevedendo la possibilità di un recupero del molestatore attraverso il suo inserimento in strutture specializzate.
L'articolo 2 stabilisce, infine, che l'entrata in vigore della legge avvenga il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Introduzione degli articoli 660-bis e 660-ter del codice penale in materia di molestie persistenti). 1. Dopo l'articolo 660 del codice penale sono inseriti i seguenti: «Art. 660-bis. - (Molestie persistenti). - Chiunque pone in essere un comportamento intenzionale malevolo e persistente finalizzato a seguire o a molestare un'altra persona con atti ripetuti e intrusivi di sorveglianza che procurano alla vittima fastidi e preoccupazioni, suscitando in essa reazioni ragionevoli di paura o di disagio emotivo, ovvero che limitano la sua libertà personale o che incidono sulla sua salute psico-fisica, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20.000 euro. Art. 660-ter. - (Diffida e pericolo di reiterazione). - Qualora ricorra il fondato pericolo di reiterazione del reato da parte di un molestatore già denunciato per il reato di cui all'articolo 660-bis, la vittima delle molestie persistenti può chiedere all'autorità competente la diffida formale dell'indagato. La diffida formale è notificata all'indagato a norma degli articoli da 148 a 171 del codice di procedura penale. Se l'indagato commette nuovi atti di molestia, nonostante la diffida formale, il reato è perseguibile d'ufficio e, in questo caso, la pena della reclusione è raddoppiata a quattro anni e la multa è aumentata fino a 40.000 euro. I soggetti condannati per il reato di cui all'articolo 660-bis possono essere inseriti, su decisione dell'autorità giudiziaria competente, in programmi di recupero attuati presso strutture specializzate».
Art. 2. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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N. 2101
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati MURA, BELISARIO, OSSORIO, PALOMBA ¾ |
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Disposizioni in materia di reati in ambito familiare, di violenza sessuale e di molestie |
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Presentata il 21 dicembre 2006
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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si prefigge di combattere il fenomeno della violenza sessuale ponendo in essere una strategia articolata su più fronti. La violenza sessuale che, lo si sottolinea, nella grande maggioranza dei casi ha come vittime le donne. Le cronache dell'estate 2006 e dei primi mesi autunnali hanno mostrato come i reati di natura sessuale continuino a ripetersi con una frequenza preoccupante. Le statistiche rilevano che molti di questi reati si consumano all'interno delle mura domestiche e hanno come protagonisti familiari o conoscenti delle vittime. Anche le aggressioni che si verificano all'aperto non sono poche, e di volta in volta divengono sempre più feroci e sempre più sfrontate. Le vittime vengono aggredite in pieno giorno mentre stanno attendendo l'autobus, mentre si recano sul posto di lavoro o mentre stanno andando a fare la spesa. L'aggressione si verifica anche in ore in cui sul luogo sono presenti molte persone che non intervengono per paura o perché non si accorgono di quanto sta accadendo oppure, purtroppo, fingono di non accorgersene.
I reati di violenza sessuale si caratterizzano per una particolare efferatezza e per i danni, spesso permanenti, di natura fisica e psicologica che provocano sulle vittime. Chi ha subìto una violenza sessuale, oltre alla sofferenza fisica, subisce un'estrema umiliazione da parte dell'aggressore che provoca danni ingenti alla psiche e alla personalità tali da non consentire per anni o per sempre una vita normale.
Oltre alla violenza fisica, posta in essere in maniera esplicita, si verifica sovente un'altra forma di violenza che influisce sulla libertà e sulla psiche della vittima che la subisce. Tale violenza si configura come una molestia insistente e ripetuta nel tempo finalizzata a porre in essere contatti fisici e momenti di intimità in maniera totalmente unilaterale. Per questo genere di violenza che, proprio perché ripetuta a lungo nel tempo, provoca seri danni alla vittima, non è ancora prevista una specifica forma di reato, e la presente proposta di legge provvede ad introdurla prevedendo la relativa sanzione penale.
L'articolo 1 della presente proposta di legge, al fine di consentire una maggiore efficacia alle azioni di contrasto dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, istituisce corsi di formazione e aggiornamento professionali in materia di violenze sessuali, maltrattamenti ed abusi per le Forze di polizia, con particolare riferimento alla polizia giudiziaria.
L'articolo 2 della presente proposta di legge stabilisce che presso il Ministero dell'interno è istituito l'Osservatorio nazionale sui reati in ambito familiare e di violenza sessuale, con il fine di analizzare, prevenire e contrastare i medesimi reati. La nomina dei componenti e le disposizioni sull'organizzazione e il funzionamento dell'Osservatorio sono disposte con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia e della solidarietà sociale.
L'articolo 3 della presente proposta di legge stabilisce che l'Osservatorio è composto da un rappresentante del Ministero dell'interno, designato dal Ministro dell'interno, che lo presiede; un rappresentante del Ministero della giustizia, designato dal Ministro della giustizia; un rappresentante del Ministero della solidarietà sociale, designato dal Ministro della solidarietà sociale; un rappresentante della Polizia di Stato, esperto nel settore dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, designato dal Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza; un rappresentante dell'Arma dei carabinieri, esperto nel settore dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, designato dal Comandante generale dell'Arma; tre rappresentanti, designati dal coordinamento nazionale delle associazioni e dei centri antiviolenza.
L'articolo 4 della presente proposta di legge stabilisce che l'Osservatorio svolge le seguenti funzioni:
a) raccoglie i dati relativi ai reati in ambito familiare e di violenza sessuale commessi su tutto il territorio nazionale, e li elabora con riguardo a modalità, contesti e territori cui fanno riferimento, anche al fine di individuare le zone dove si verifica una maggiore frequenza di tali reati, mettendo tale elaborazione a disposizione della magistratura, delle Forze dell'ordine, degli enti locali e delle sedi scientifiche, culturali ed operative;
b) individua e propone gli interventi prioritari di prevenzione e di contrasto dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale;
c) promuove e coordina campagne informative e campagne educative volte alla prevenzione dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, con particolare attenzione nei confronti delle scuole;
d) predispone una relazione annuale sul fenomeno dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, che i Ministri dell'interno, della giustizia e della solidarietà sociale illustrano alle competenti Commissioni parlamentari.
L'articolo 5 della presente proposta di legge stabilisce che gli interventi di cui all'articolo 4 confluiscono in un programma, approvato dal Ministro dell'interno di concerto con i Ministri della giustizia e della solidarietà sociale, per la realizzazione del quale è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2007, di 200 milioni di euro per l'anno 2008 e di 500 milioni per l'anno 2009.
L'articolo 6 della presente proposta di legge, al comma 1, stabilisce che per il funzionamento dell'Osservatorio è autorizzata la spesa di 400.000 per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il comma 2 del medesimo articolo 6 stabilisce che con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 1, i compensi spettanti ai componenti dell'Osservatorio.
L'articolo 7 della presente proposta di legge reca una modifica all'articolo 609-bis primo comma, del codice penale, prevedendo che le parole: «da cinque a dieci anni» siano sostituite dalle seguenti: «da sette a tredici anni».
L'articolo 8 della presente proposta di legge reca modifiche all'articolo 609-ter del codice penale, prevedendo che, al primo comma, alinea, le parole: «da sei a dodici anni» siano sostituite dalle seguenti: «da otto a quattordici anni» e che, al secondo comma, le parole: «da sette a quattordici anni» siano sostituite dalle seguenti: «da dieci a quindici anni».
L'articolo 9 della presente proposta di legge prevede l'abrogazione del secondo comma dell'articolo 609-quater del codice penale.
L'articolo 10 della presente proposta di legge reca una modifica all'articolo 609-quinquies del codice penale, prevedendo che le parole: «da sei mesi a tre anni» siano sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni».
L'articolo 11 della presente proposta di legge reca modifiche all'articolo 609-octies del codice penale, prevedendo che, al secondo comma, le parole: «da sei a dodici anni» siano sostituite dalle seguenti: «da otto a quindici anni» e che il quarto comma del medesimo articolo 609-octies sia abrogato.
L'articolo 12 della presente proposta di legge dispone che chiunque, indebitamente ponendo in essere con continuità atti volti alla sorveglianza, alla molestia, all'intrusione nella vita privata e pubblica o al contatto fisico indesiderato, infligge a un'altra persona un grave stato di disagio emotivo, di paura o di soggezione, tale da ledere la libertà morale o personale o la salute psicofisica della persona medesima, è punito con la reclusione fino a due anni.
L'articolo 13, comma 1, della presente proposta di legge dispone che la persona che si ritiene vittima di taluna delle condotte di cui all'articolo 12 può presentare all'autorità giudiziaria competente richiesta di diffida dell'autore delle stesse. L'autorità di pubblica sicurezza, previa autorizzazione del giudice, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia reiterata.
Il comma 2 dell'articolo 13 dispone che, per tutelare l'incolumità fisica o psicologica della persona offesa, il giudice può rivolgere all'indagato ogni opportuna prescrizione, compresi i divieti di avvicinarsi al domicilio e ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai suoi familiari, nonché di contattarla attraverso il mezzo telefonico o altro strumento di comunicazione elettronica.
Il comma 3 dell'articolo 13 dispone che se, nonostante la diffida formale, l'indagato compie nuovi atti di molestia reiterata la pena della reclusione è aumentata da uno a cinque anni.
L'articolo 14, comma 1, della presente proposta di legge prevede che all'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1 e dell'articolo 6, valutato in 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Il comma 2 dell'articolo 14 prevede che all'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 5, valutato in 100.000.000 di euro per l'anno 2007, in 200.000.000 di euro per l'amo 2008 e in 500.000.000 di euro per l'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando 1'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
L'articolo 15 della presente proposta di legge dispone che la legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Al fine di consentire una maggior efficacia delle azioni di contrasto dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, sono istituiti corsi di formazione e aggiornamento professionali, in materia di violenze sessuali, maltrattamenti e abusi, per le Forze di polizia, con particolare riferimento alla polizia giudiziaria. Art. 2. 1. Presso il Ministero dell'interno è istituito l'Osservatorio nazionale sui reati in ambito familiare e di violenza sessuale, di seguito denominato «Osservatorio», con il fine di analizzare, prevenire e contrastare i medesimi reati. La nomina dei componenti, nonché le disposizioni sull'organizzazione e sul funzionamento dell'Osservatorio, sono disposte con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia e della solidarietà sociale. Art. 3. 1. L'Osservatorio è composto da: a) un rappresentante del Ministero dell'interno, designato dal Ministro dell'interno; b) un rappresentante del Ministero della giustizia, designato dal Ministro della giustizia; c) un rappresentante del Ministero della solidarietà sociale, designato dal Ministro della solidarietà sociale; d) un rappresentante della Polizia di Stato, esperto nel settore dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, indicato dal Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza; e) un rappresentante dell'Arma dei carabinieri, esperto nel settore dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, indicato dal Comandante generale dell'Arma; f) tre rappresentanti designati dal coordinamento nazionale delle associazioni e dei centri antiviolenza. Art. 4. 1. L'Osservatorio svolge le seguenti funzioni: a) raccoglie i dati relativi ai reati in ambito familiare e di violenza sessuale commessi sul territorio nazionale e li elabora con riguardo alle modalità, ai contesti e ai territori cui fanno riferimento, anche al fine di individuare le zone che registrano una maggiore frequenza di tali reati, mettendo tale elaborazione a disposizione della magistratura, delle Forze dell'ordine, degli enti locali e delle sedi scientifiche, culturali ed operative; b) individua e propone gli interventi prioritari di prevenzione e di contrasto dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale; c) promuove e coordina campagne informative e campagne educative volte alla prevenzione dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, con particolare attenzione nei confronti delle scuole; d) predispone una relazione annuale sul fenomeno dei reati in ambito familiare e di violenza sessuale, che i Ministri dell'interno, della giustizia della solidarietà sociale illustrano alle competenti Commissioni parlamentari. Art. 5. 1. Gli interventi di cui all'articolo 4 sono illustrati in un programma, approvato dal Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia della solidarietà sociale, per la realizzazione del quale è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2007, di 200 milioni di euro per l'anno 2008 e di 500 milioni di euro per l'anno 2009. Art. 6. 1. Per il funzionamento dell'Osservatorio è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. 2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 1, i compensi spettanti ai componenti dell'Osservatorio. Art. 7. 1. All'articolo 609-bis, primo comma, del codice penale, le parole: «da cinque a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sette a tredici anni». Art. 8. 1. All'articolo 609-ter del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «da sei a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da otto a quattordici anni»; b) al secondo comma, le parole: «da sette a quattordici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da dieci a quindici anni». Art. 9. 1. Il secondo comma dell'articolo 609-quater del codice penale è abrogato. Art. 10. 1. All'articolo 609-quinquies del codice penale, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni». Art. 11. 1. All'articolo 609-octies del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al secondo comma, le parole: «da sei a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da otto a quindici anni»; b) il quarto comma è abrogato.
Art. 12. 1. Chiunque, indebitamente ponendo in essere con continuità atti volti alla sorveglianza, alla molestia, all'intrusione nella vita privata e pubblica o al contatto fisico indesiderato, infligge a un'altra persona un grave stato di disagio emotivo, di paura o di soggezione, tale da ledere la libertà morale o personale o la salute psicofisica della persona medesima, è punito con la reclusione fino a due anni. Art. 13. 1. La persona che si ritiene vittima delle condotte di cui all'articolo 12 può presentare all'autorità giudiziaria competente richiesta di diffida dell'autore delle stesse. L'autorità di pubblica sicurezza, previa autorizzazione del giudice, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia reiterata. 2. Per tutelare l'incolumità fisica o psicologica della persona offesa, il giudice può rivolgere all'indagato ogni opportuna prescrizione, compresi i divieti di avvicinarsi al domicilio e ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai suoi familiari, nonché di contattarla attraverso il mezzo telefonico o un altro strumento di comunicazione elettronica. 3. Se nonostante la diffida formale irrogata ai sensi del comma 1 l'indagato compie nuovi atti di molestia reiterata, la pena della reclusione è aumentata da uno a cinque anni. Art. 14. 1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1 e dell'articolo 6, valutato in 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 5, valutato in 100.000.000 di euro per l'anno 2007, in 200.000.000 di euro per l'anno 2008 e in 500.000.000 di euro per l'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 15. 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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N. 2169
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CAMERA DEI DEPUTATI ______________________________ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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presentato dal ministro per i diritti e le pari opportunità (POLLASTRINI) dal ministro della giustizia (MASTELLA) dal ministro delle politiche per la famiglia (BINDI) di concerto con il ministro dell'interno (AMATO) con il ministro della pubblica istruzione (FIORONI) con il ministro della solidarietà sociale (FERRERO) con il ministro dell'università e della ricerca (MUSSI) con il ministro della salute (TURCO) con il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali (LANZILLOTTA) con il ministro dell'economia e delle finanze (PADOA SCHIOPPA) e con il ministro del lavoro e della previdenza sociale (DAMIANO) ¾ |
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Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione |
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Presentata il 25 gennaio 2007
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Onorevoli Deputati! - Il presente disegno di legge è stato predisposto e proposto congiuntamente dal Ministro per i diritti e le pari opportunità, dal Ministro della giustizia e dal Ministro delle politiche per la famiglia, a testimonianza del fatto che il Governo intende affrontare il tema della violenza contro le persone che più vi sono esposte, quali i minori, gli anziani e le donne, in modo integrato, affrontando anche i delicati temi della violenza in famiglia o della violenza facilitata da relazioni di tipo affettivo o familiare. L'approccio integrato non riguarda solo i soggetti proponenti, ma anche gli interventi disciplinati, che vanno dalle misure di sensibilizzazione e prevenzione, a modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e del codice civile, al fine di assicurare riconoscimento e tutela, sostanziale e processuale, alle vittime di delitti accomunati dalla caratteristica dello squilibrio di forza tra l'aggressore e la parte offesa.
In questo quadro si iscrivono anche le disposizioni relative alla violenza cosiddetta «di genere», dovendosi con tale espressione intendere tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o riduzione dell'autonomia e della libertà personali, anche in relazione all'orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni. In quanto mette in discussione il principio di uguaglianza e l'universalità dei diritti umani, la violenza di genere non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza. Una normativa che la contrasti e la reprima rientra pertanto a pieno titolo tra gli obiettivi prioritari di un sistema democratico.
Non è peraltro solo un problema di repressione o di ordine pubblico. L'eredità sociale e culturale che affiora dietro le cifre delle statistiche dimostra che esiste un'emergenza sociale. In Italia una donna su due è vittima di una o più molestie a sfondo sessuale nell'arco della vita; un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche; il 70 per cento delle vittime è donna; ogni tre morti violente una riguarda donne uccise dal marito, dal convivente o dal fidanzato; oltre il 90 per cento delle vittime di violenza o di molestie non denuncia il fatto.
La maggiore consapevolezza della gravità di tali fenomeni e della necessità di affrontarli in tutti i loro aspetti è anche il frutto dell'azione di organizzazioni e associazioni femminili che da molti anni sono impegnate contro ogni forma di violenza di genere e suggeriscono un approccio multidimensionale che non si limita alla repressione del reato, ma affronta in modo integrato i diversi aspetti sociali, relazionali e soggettivi del problema.
Esclusivamente di carattere repressivo non può e non deve in particolare risultare l'approccio alle violenze che si manifestano nell'ambito familiare coinvolgendone le relative dinamiche. Occorre, al contrario, promuovere una nuova consapevolezza culturale e soprattutto garantire risposte di natura sociale che assicurino la presa in carico dell'intero nucleo familiare senza escludere gli autori degli atti di violenza.
Il disegno di legge si propone sia di dare una risposta concreta a tale impegno, sia di compiere un ulteriore passo avanti nell'attuazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione, sia di rispondere alle molteplici sollecitazioni internazionali, contenute nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna del 1979, nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro la donna del 1993, nelle risoluzioni della IV Conferenza mondiale sulla donna di Pechino (1995). E ancora: nel Rapporto del Parlamento europeo del luglio 1997, nella risoluzione della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite del 1997 e nella Dichiarazione del 1999, Anno europeo della lotta contro la violenza di genere. Più recentemente, la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa (2002)5 e la decisione n. 803/2004/CE del Parlamento europeo, del 21 aprile 2004, con la quale è stato approvato un programma di azione comunitaria (2004-2008) per prevenire e combattere la violenza esercitata contro l'infanzia, i giovani e le donne e proteggere le vittime e i gruppi a rischio. Ultimo, in ordine di tempo, il Piano 2006 del Consiglio d'Europa contro la violenza alle donne, con particolare riferimento alla violenza domestica.
Il disegno di legge propone tre livelli integrati di intervento in tutti i casi di violenza: misure di sensibilizzazione e prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni; riconoscimento di diritti alle vittime di violenza; tutela penale delle vittime di violenza, ampliamento della tutela processuale, sia penale che civile.
Le misure di sensibilizzazione e prevenzione consistono innanzitutto nella previsione di interventi di informazione; di formazione scolastica e universitaria; di formazione specifica del personale sanitario; di divieto dei messaggi pubblicitari offensivi e discriminatori in relazione al genere; di monitoraggio statistico costante del fenomeno della violenza in famiglia e di genere, funzionale alla progettazione di nuove politiche di contrasto.
Il provvedimento introduce poi una vera e propria «carta dei diritti» della vittima di violenze, volta a garantire, per la prima volta, un supporto psicologico ma anche sociale, economico, familiare e previdenziale. L'aiuto alle vittime è strutturato in modo tale da assicurare loro un pronto intervento relativo all'intero nucleo familiare ed un sostegno a medio termine volto alla ricostruzione della loro piena autonomia. Si prevede che le vittime possano contare su una rete di servizi territoriali tra loro integrati, efficacemente operanti nell'ambito dei servizi sociali garantiti dalla fondamentale riforma del 2000, dotati di personale specializzato e in grado di affrontare sia problemi immediati che problemi di medio e lungo termine. L'intervento dei servizi socio-assistenziali sarà peraltro facilitato dalla previsione di un obbligo di comunicazione che il disegno di legge pone a carico dell'autorità giudiziaria investita dei singoli casi.
A livello centrale si prevede che siano finanziati programmi di reinserimento lavorativo, assimilabili a quelli già operanti in materia di tratta. La vittima di violenze che denuncia l'aggressione sofferta spesso è per ciò solo privata pure della possibilità di sostentamento per sé e per i propri figli, dipendendo anche economicamente dall'autore della violenza per essere questi coniuge o convivente, ovvero datore di lavoro. Il programma di protezione aiuta la donna vittima di violenze a reinserirsi socialmente e professionalmente riconoscendole nuovi spazi e possibilità anche economiche di mantenersi autonomamente.
Si prevedono anche interventi in favore dei minori affidati alla cura della vittima di violenze, per evitare che gli stessi subiscano in seconda battuta gli effetti del comportamento delittuoso già sofferti dalla madre.
L'intervento nella materia penale opera a vari livelli.
Quanto agli interventi in tema di violenza sessuale, il disegno di legge opera sulla descrizione delle aggravanti previste dall'articolo 609-ter del codice penale, sottolineando la gravità del fatto commesso da chi abbia con la vittima un rapporto privilegiato anche e soprattutto di tipo familiare, perché tale condizione normalmente crea un affidamento e un conseguente abbassamento del livello di guardia nella vittima, e individuando situazioni di particolare e deprecabile prevaricazione sulla parte offesa; amplia il novero delle condotte tipiche dei reati di corruzione di minorenne, estendendola al caso di esibizione di materiale pornografico, attualmente estranea alla descrizione della condotta tipica contenuta nell'articolo 609-quinquies del medesimo codice penale; estende il principio dell'inescusabilità dell'ignoranza dell'età minore di quattordici anni della parte offesa anche ai delitti contro la libertà individuale.
Si segnala in particolare la nuova fattispecie delittuosa dell'adescamento di minorenni, che mira a reprimere quelle forme di approfittamento della fiducia di un minore degli anni sedici, realizzate mediante l'instaurazione di relazioni amichevoli, anche attraverso forme di comunicazione a distanza (telefono, sms, chat line, eccetera), in funzione del compimento di delitti sessuali. In tal modo si è inteso approntare uno strumento, noto e sperimentato dalle legislazioni di altri Stati europei, volto a prevenire i reati di sfruttamento sessuale ed abuso dei minori la cui commissione risulta spesso agevolata proprio dalle relazioni stabilitesi tra il reo e la vittima.
Il disegno di legge incide anche sui meccanismi di computo della pena relativa ai reati di violenza sessuale, escludendo il bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti, con l'effetto di comportare un inasprimento delle sanzioni applicabili. Peraltro, considerando che l'attuale assetto normativo prevede già ora pene consistenti, non si è ritenuto di prevedere ulteriori specifici aggravamenti.
Il disegno di legge interviene sulla fattispecie del delitto di maltrattamenti in famiglia, aumentando le pene detentive previste per le varie ipotesi e trasformando in aggravante l'essere la vittima persona di età inferiore ai quattordici anni.
Di particolare interesse è la nuova fattispecie delittuosa degli atti persecutori, finalizzata ad assicurare un più efficace intervento repressivo rispetto a comportamenti vessatori, perduranti nel tempo e sovente precursori di più efferate aggressioni. Per tale delitto, tra l'altro, è proposto un regime sanzionatorio che consente l'applicazione di misure cautelari, ciò che potrà in molti casi contribuire ad evitare che si giunga ai drammatici epiloghi di cui ormai troppo spesso narra la cronaca.
Il disegno di legge prevede inoltre nuove figure delittuose idonee a sanzionare adeguatamente la sottrazione di minorenni, consensuale o no, allorché il minore sia condotto o trattenuto all'estero. Con ciò si intende dare una risposta sanzionatoria più appropriata in particolare a quei casi in cui la sottrazione dei minori avviene, direttamente o indirettamente, ad opera di uno dei genitori, specie quando si tratta di figli nati da coppie di cui uno dei genitori sia cittadino straniero. Attualmente, se uno dei genitori - direttamente o indirettamente - sottrae il figlio, trasferendolo lecitamente o illecitamente all'estero e qui trattenendolo, spesso impedendo ogni forma di contatto, anche epistolare e telefonico, con l'altro genitore, il regime penale, qualora non sia ravvisabile un'ipotesi di sequestro di persona, è tale da comportare sanzioni di fatto lievi, e quindi di scarsa efficacia dissuasiva, e tali da non consentire il ricorso a strumenti investigativi, quali ad esempio le intercettazioni telefoniche, che spesso sarebbero indispensabili a fini della localizzazione del minore.
Nei fatti, e specie se il genitore che opera la sottrazione è straniero e porta il figlio all'estero, si tratta di situazioni difficilmente reversibili, che danneggiano gravemente la personalità del minore, sradicato dal suo ambiente di vita e dalle sue relazioni affettive.
Apprestare più penetrante tutela penale e consentire il ricorso a strumenti investigativi più efficaci può contribuire a scoraggiare comportamenti antigiuridici che spesso rimangono privi di effettiva sanzione. Si consideri che, nei fatti, la soluzione dei casi che coinvolgono cittadini stranieri è attualmente affidata per lo più ai canali diplomatici, dal momento che la Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 15 gennaio 1994, n. 64, non è stata ratificata da alcuno Stato nord-africano o medio-orientale, ad eccezione della Turchia e di Israele.
Per queste situazioni, il disegno di legge propone dunque una fattispecie autonoma di reato, punita con pene più gravi di quelle stabilite dagli articoli 573 e 574 del codice penale, commisurate al grado di allarme sociale e proporzionate alla gravità dell'offesa inflitta.
In una più complessiva ottica di tutela dei soggetti deboli, si è ritenuto fosse questa la sede opportuna per introdurre una modifica anche all'attuale disciplina del delitto di truffa, con riferimento all'ingravescente fenomeno delle truffe ai danni di persone anziane. In tali situazioni, cui vanno aggiunte quelle in cui il truffatore sfrutta le caratteristiche di personalità della vittima o delle condizioni di fatto sfavorevoli rispetto ad una corretta valutazione del contesto, si verifica un approfittamento particolarmente spregevole della credulità della vittima, spesso cagionando un danno non solo economico, ma anche morale, sia sotto il profilo del conseguente sentimento di profonda vergogna e disistima personale della vittima, sia sotto il profilo dell'angoscia per avere perso risorse economiche non di rado essenziali. Ciò comporta grave allarme sociale, cui non corrisponde, attualmente, un'adeguata risposta sanzionatoria.
Si prevede pertanto l'introduzione di una specifica aggravante al secondo comma dell'articolo 640 del codice penale, con l'effetto non solo di rendere più adeguata la pena irrogabile rispetto all'effettiva gravità del reato ed all'allarme sociale suscitato, ma di consentire altresì interventi idonei anche in sede cautelare.
Il disegno di legge, inoltre, apporta alcune integrazioni alle norme che reprimono le forme di discriminazione razziale, etnica e religiosa: viene introdotto anche il riferimento alle forme di discriminazione fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere; ciò consente, tra l'altro, di rendere operante in generale, ma più specificamente nella materia dei reati di violenza sessuale, l'aggravante prevista dall'articolo 3 della cosiddetta «legge Mancino» (decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993).
In particolare, e con riferimento ai reati previsti dall'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, è prevista la possibilità che la Presidenza del Consiglio dei ministri si costituisca parte civile nel processo per ottenere il risarcimento dei danni causati allo Stato da tali delitti.
Nella materia processuale, le innovazioni elaborate mirano a rendere più veloce e più efficace il processo e ad assicurare alla vittima, con particolare riferimento ai delitti di violenza sessuale, protezione e sostegno più intensi, congrui alla gravità dell'offesa subita e alle sue conseguenze traumatiche.
L'esigenza della celerità dei processi motiva la scelta di prevedere, come doveroso, il ricorso al rito immediato, ampliando peraltro il termine entro cui esso può essere chiesto.
Ancora, il disegno di legge prevede la possibilità per i soggetti istituzionalmente preposti all'assistenza alle vittime dei delitti di violenza sessuale o commessi nell'ambito familiare, e in particolare per gli enti locali e i centri antiviolenza, di intervenire nel processo, offrendo così alla vittima un significativo, solidale affiancamento nel corso del processo.
Di particolare importanza è la disposizione che riconosce all'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, attribuito alla responsabilità del Ministro delle politiche per la famiglia, la possibilità di intervenire in giudizio a sostegno dei minori vittime di abusi.
Analoga facoltà è prevista a favore della Presidenza del Consiglio dei ministri rispetto ai procedimenti per delitti di violenza di genere o per ragioni discriminatorie.
Il disegno di legge prevede, inoltre, l'introduzione di precauzioni nella concessione di benefìci ai detenuti condannati per delitti in materia sessuale ai danni di minorenni. In particolare si prevede che tali benefìci debbano essere subordinati ad una positiva partecipazione a specifici programmi di riabilitazione.
Infine, si prevedono misure finalizzate a conferire maggiore efficacia agli ordini di protezione in materia civile.
Il disegno di legge è ripartito in quattro capi.
Nel capo I, denominato «Misure di sensibilizzazione e di prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni», sono contenute le norme concernenti le campagne di informazione e di sensibilizzazione sul problema della violenza di genere, gli interventi programmati sul sistema educativo, sul sistema sanitario e sul sistema comunicativo.
L'articolo 1 (Campagne di informazione e di sensibilizzazione) prevede che i poteri pubblici, ciascuno per le proprie competenze, realizzino campagne periodiche di informazione e di sensibilizzazione al fine di prevenire la violenza in famiglia, di genere e le discriminazioni, anche acquisendo il parere dell'Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale, di genere e per ragioni di orientamento sessuale.
Si tratta di una norma di principio che responsabilizza i poteri pubblici alla prevenzione del fenomeno della violenza e delle discriminazioni.
Come si è detto nella parte generale della presente relazione, il problema non riguarda infatti solo i protagonisti delle singole vicende, ma la società nel suo complesso.
L'articolo 2 (Princìpi e strumenti nel sistema dell'istruzione e della formazione) inserisce tra le finalità del sistema formativo - inteso nel suo complesso, sia con riguardo alla formazione scolastica, sia con riguardo alla formazione universitaria e post-universitaria, sia per quello che riguarda i corsi di specializzazione e di aggiornamento professionali - la valorizzazione della pari dignità sociale e di fronte alla legge di ogni persona, senza discriminazioni di nessun genere. La norma costituisce attuazione del principio di eguaglianza contenuto all'articolo 3 della Costituzione poiché, nell'imporre come obiettivo ultimo la rimozione dei pregiudizi nei confronti dei portatori di differenze, coinvolge tutto il sistema dell'istruzione scolastica, universitaria e post-universitaria nella rimozione degli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale che impediscono la piena uguaglianza di uomini e donne.
Al comma 2 l'articolo prevede che tra le iniziative formative rivolte ai docenti sia data priorità a quelle volte ad approfondire le tematiche del rispetto del principio di uguaglianza tra i sessi costituzionalmente garantito e della dignità della donna.
L'articolo 3 (Princìpi e strumenti nel sistema sanitario) al comma 1 detta una disposizione di principio - che novella il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 - volta a confermare nel sistema sanitario le finalità di valorizzazione della pari dignità sociale di ogni persona, senza discriminazione alcuna. Anche questo intervento, così come quello in ambito formativo, nel dare attuazione all'articolo 3 della Costituzione, responsabilizza l'amministrazione sanitaria alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono la piena uguaglianza di uomini e donne, nel rispetto e nella valorizzazione della differenza di genere.
Il comma 2 arricchisce il contenuto del titolo II del libro II del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, che, nel medesimo titolo II, denominato «Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari», prevede solo una norma di rinvio alla disciplina introdotta con la legge n. 154 del 2001. Il titolo II è pertanto modificato nella denominazione e reintitolato «Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari e sostegno alle vittime attraverso misure di tipo sanitario, previdenziale e di comunicazione».
Il comma 3 prevede che nell'ambito delle iniziative di formazione professionale del personale sanitario siano promossi programmi di sensibilizzazione e di formazione specifica sui temi della violenza: chi per primo ha il contatto con la vittima della violenza deve infatti essere in grado di riconoscere il problema con immediatezza e di fornire alla vittima l'assistenza più idonea, anche di tipo psicologico.
L'articolo 4 (Sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria) introduce, nel contesto della prevenzione dei fenomeni di violenza di genere, accanto alle campagne di sensibilizzazione e di formazione a carico dei pubblici poteri, un intervento specifico sui messaggi mediatici e pubblicitari. Si proibisce a tutti i mass media di utilizzare a fini pubblicitari l'immagine della donna o i riferimenti all'orientamento sessuale della persona o alla identità di genere in modo vessatorio o discriminatorio.
Analogamente a quanto già avviene in materia di pubblicità ingannevole, si introduce la possibilità di ricorso, su istanza del Ministro per i diritti e le pari opportunità e di tutte le amministrazioni interessate in ragione dei propri compiti istituzionali, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Tale Autorità ha facoltà di inibire la prosecuzione della trasmissione illecita ed anche di rimuovere gli effetti dannosi che nelle more si siano prodotti.
Al fine di rafforzare la possibilità di verifica del prodursi di situazioni vietate dalla norma in commento, si prevede che l'iniziativa del Ministro per i diritti e le pari opportunità possa essere assunta anche su sollecitazione del pubblico degli spettatori, così come di associazioni e organizzazioni che abbiano per scopo istituzionale la tutela dei princìpi di eguaglianza e non discriminazione
L'articolo 5 (Statistiche sulla violenza), al fine di individuare le tipologie di intervento più utili per il contrasto dei fenomeni di violenza in famiglia e di genere e di valutare tramite un'adeguata attività di monitoraggio l'effetto delle politiche di prevenzione attuate, prevede che l'Istituto nazionale di statistica realizzi rilevazioni statistiche su violenza e maltrattamenti, che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio, con cadenza almeno quadriennale. Solo un costante monitoraggio del fenomeno della violenza, dei soggetti maggiormente a rischio e dell'esito degli interventi già operati consentirà infatti ai poteri pubblici di comprendere come meglio orientare i successivi interventi al fine di adeguarli alle mutate esigenze che provengono dall'analisi del sociale.
L'articolo 6 (Sistema previdenziale) opera in ambito previdenziale e consente alle lavoratrici autonome, che siano state vittime dei reati di cui agli articoli 572, 609-bis e 609-octies del codice penale, che per questo si trovino impossibilitate a svolgere la propria attività e che siano prive di copertura assicurativa per i rischi da malattia, di essere esonerate, secondo modalità che verranno stabilite con successivo decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, dal versamento di contributi e premi per un periodo massimo di sei mesi, durante il quale è riconosciuto un accredito figurativo.
L'articolo 7 (Registro dei centri antiviolenza) prevede l'istituzione di un registro in cui sono iscritti i centri antiviolenza che agiscono in ambito sovraregionale, ovvero che operano nell'ambito di una rete con dimensione sovraregionale, e che svolgono compiti di assistenza alle vittime della violenza. Tale registro è collocato presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri con lo scopo di monitorare l'esistenza e l'operatività dei centri antiviolenza, di garantire livelli minimi di prestazione il più possibile omogenei su tutto il territorio nazionale e di orientare eventuali politiche di intervento. L'iscrizione nel registro, aggiornata con periodicità annuale, avviene tramite procedure stabilite con decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità, che definisce anche le modalità per documentare il possesso dei requisiti prescritti dallo stesso articolo.
Il possesso dei requisiti richiesti rappresenta un filtro necessario a selezionare i centri antiviolenza effettivamente operativi sul territorio secondo criteri di continuità, professionalità e trasparenza. È richiesto ai centri di documentare l'avvenuta costituzione da almeno un anno con statuto, la loro democraticità interna, lo scopo sociale di tutela delle vittime di violenza e l'assenza di fini di lucro. Sono inoltre richiesti la tenuta di un elenco aggiornato degli iscritti, con indicazione delle quote versate dagli stessi, la tenuta di libri contabili e la redazione di un bilancio annuale, in conformità alle norme in materia di contabilità delle organizzazioni non lucrative a carattere sociale. Sono richiesti altresì requisiti di moralità per i legali rappresentanti, oltre all'assenza di eventuali conflitti di interesse.
Il capo II comprende una sorta di carta dei diritti delle persone e delle famiglie vittime di fenomeni di violenza.
L'articolo 8 (Livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime di reati) disciplina i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere assicurate alle vittime dei reati di violenza sessuale, di induzione e sfruttamento alla prostituzione minorile, di maltrattamento, di corruzione di minorenne e di atti sessuali con minorenne, nonché di violenza sessuale di gruppo.
In primo luogo viene in rilievo la necessità dell'informazione delle vittime sulle misure previste dalla legge riguardo alla loro protezione e alla loro sicurezza e riguardo ai diritti di assistenza e soccorso. Il diritto di informazione è un diritto «strumentale» all'esercizio degli altri diritti pure riconosciuti in questa disposizione.
Viene poi in rilievo il livello di assistenza sociale integrata che deve essere assicurata alla vittima. La normazione proposta attua un concetto di assistenza sociale piuttosto ampio, comprensivo del primo soccorso, dell'accoglienza e del recupero integrale. Le vittime della violenza hanno infatti una pluralità di esigenze che vanno dalle prime cure per gli effetti fisici della lesione sofferta, alla necessità di essere inserite in un contesto sicuro per evitare il possibile perpetrarsi di ulteriori violenze, alla necessità di un aiuto concreto per il reinserimento a livello sociale. Questo ultimo fenomeno è particolarmente sentito nei casi di violenza perpetrata in ambito familiare, laddove la rottura dei rapporti, derivata dalla presa di coscienza della vittima che infine decide di denunciare il familiare o il convivente, comporta la necessità di trovare una diversa sistemazione abitativa, spesso senza i mezzi economici per farlo.
L'assistenza alla vittima si sviluppa nella prestazione di assistenza psicologica, nel sostegno sociale, nell'appoggio in materia di formazione e di inserimento professionale. La disposizione, sulla scorta di quanto già previsto dalla legge quadro sui servizi sociali (legge n. 328 del 2000), prevede che i servizi che assistono le vittime debbano integrarsi tra loro e, quel che più conta, che debbano essere facilmente individuabili e fornire un'assistenza anche a medio termine potenzialmente rivolta all'intero nucleo familiare.
L'articolo 9 (Programmi di protezione della vittima di violenza) prevede che le regioni, gli enti locali e i centri antiviolenza possano presentare, per il finanziamento statale a valere sull'apposito Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità istituito presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, progetti concernenti programmi di protezione sociale e di reinserimento delle vittime di violenza per ragioni di genere o di orientamento sessuale che, per effetto della violenza subita, manifestano difficoltà di reinserimento a livello sociale e lavorativo. I programmi di protezione sociale e di reinserimento potranno riguardare il soddisfacimento delle esigenze abitative della vittima, quanto meno con riferimento alla durata del processo penale, il reinserimento professionale, le esigenze di cura e sostegno dei figli a carico. Le procedure e i criteri per l'assegnazione dei finanziamenti per la realizzazione dei programmi di protezione sociale e di reinserimento sono stabiliti con apposita intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
La norma introduce una procedura che ricalca quella già attuata con successo per la protezione delle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento dall'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché dagli articoli 12 e 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228. I centri antiviolenza potranno presentare progetti destinati a sostenere la vittima di violenza nella fase di reinserimento sociale e lavorativo; tali progetti potranno farsi carico delle esigenze di cura e sostegno dei figli a carico, al fine di evitare che si creino delle vittime ulteriori in coloro che già subiscono il trauma di assistere alla violenza perpetrata su una persona amata. Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità istituito presso il Dipartimento sarà destinato in parte al soddisfacimento di siffatte istanze di finanziamento.
Nel capo III, intitolato «Delitti contro la persona e la famiglia», si concentrano tutte le norme che, innovando il codice penale, il codice di procedura penale, alcune leggi speciali e l'ordinamento penitenziario, rappresentano l'immediata realizzazione della tutela contro forme di violenza e prevaricazione finora trascurate, sottovalutate, dimenticate.
L'articolo 10 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi) interviene sull'articolo 572 del codice penale, aggravando le pene in esso previste sia per la fattispecie base, sia per la prima delle ipotesi aggravate. Inoltre, la commissione del reato ai danni di persona minore degli anni quattordici, legata all'autore del reato dalle relazioni elencate nel primo comma della norma, viene a costituire ipotesi aggravata del reato medesimo.
L'articolo 11 (Sottrazione e trattenimento di minore all'estero) introduce nel codice penale l'articolo 574-bis, relativo alla sottrazione del minorenne al genitore esercente la potestà genitoriale o al tutore, allorché il minore sia condotto o trattenuto all'estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore. Attualmente, una simile condotta non può che rientrare, a seconda dell'età del minore e della presenza o meno del suo consenso, nell'ambito di applicazione degli articoli 573 o 574 del codice penale, che prevedono la pena della reclusione fino, rispettivamente, a due o tre anni. Le nuove disposizioni comminano la pena della reclusione da uno a sei anni nel caso in cui un minore di quattordici anni o ultraquattordicenne, se dissenziente, sia condotto all'estero ovvero non riaccompagnato in Italia; la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni nel caso in cui il minore condotto ovvero trattenuto all'estero sia di età superiore ai quattordici anni e consenziente.
Così come configurato, il delitto rientra nella giurisdizione del giudice italiano anche allorché la condotta criminosa sia iniziata all'estero (come nel caso in cui il minore sia condotto all'estero in vacanza con il consenso del genitore esercente la potestà genitoriale, e poi non più fatto rientrare in Italia, infrangendo l'accordo iniziale). In tal modo, si tutelano tutte le situazioni familiari consolidate nel territorio italiano, a prescindere dalla nazionalità dei soggetti coinvolti. Il terzo comma, infine, prevede la pena accessoria della sospensione dall'esercizio della potestà genitoriale a carico dell'autore del reato che sia genitore del minore sottratto.
L'articolo 12 (Modifiche alle norme sui delitti contro la personalità individuale e la libertà personale) prevede una serie di interventi sostanziali sugli articoli contenuti nella sezione I e, più massicciamente, nella sezione II del capo III del titolo XII del libro II del codice penale, intitolate la prima ai delitti contro la personalità individuale e la seconda ai delitti contro la libertà personale.
Comma 1. La norma estende ai delitti contenuti nella sezione I, se commessi contro persone minorenni, la regola dell'inescusabilità dell'ignoranza dell'età della persona offesa, inferiore ai quattordici anni, sancita dall'articolo 609-sexies a proposito dei delitti contro la libertà personale. L'attuale lacuna può infatti rendere inoperante l'aggravante specifica contemplata da alcuni articoli della sezione I e consentire addirittura che gli autori di gravissimi reati, quali la pornografia minorile ovvero la prostituzione minorile, restino impuniti.
Comma 2. La precisazione così introdotta all'articolo 609-bis, che costituisce una specificazione dell'articolo 133 del medesimo codice, vuole portare ad una particolare attenzione nell'individuazione dei casi di minore gravità del delitto di violenza sessuale.
Comma 3. La previsione specifica l'aggravante di cui all'articolo 609-ter, primo comma, numero 2), ampliando l'elencazione dei mezzi di interferenza con la volontà della vittima a tutti quelli, ancorché non classificabili come sostanze narcotiche o stupefacenti, comunque capaci di ridurre la capacità della vittima a determinarsi liberamente.
Commi 4 e 5. Sempre nell'ambito delle aggravanti previste dall'articolo 609-ter, primo comma, il numero 5), che attualmente si limita a stabilire l'aggravante relativa alla commissione del delitto ai danni di minore degli anni sedici da parte del genitore anche adottivo, dell'ascendente o del tutore, viene ampliato a ricomprendere l'ipotesi di delitto commesso ai danni di persona anche maggiorenne da parte delle categorie di persone già menzionate.
Viene poi introdotto il numero 5-bis), che aggrava il delitto commesso dal coniuge o dal convivente, ovvero da persona cui la vittima comunque sia o sia stata legata da relazione affettiva: si vogliono così sottolineare la gravità e la spregevolezza dell'approfittamento di una situazione di consuetudine nelle relazioni intime.
Il numero 5-ter) dispone poi l'aggravante anche relativamente al caso di violenza sessuale ai danni di minorenne, senza ulteriori specificazioni, perpetrata da chi con il minorenne medesimo abbia una relazione di convivenza ovvero di affidamento per qualsiasi ragione.
Infine, il numero 5-quater) qualifica come specifica aggravante la commissione del reato di violenza sessuale ai danni di donna in stato di gravidanza.
Comma 6. Si applica anche al delitto di atti sessuali con minorenne il criterio valutativo chiarito descrivendo il comma 2.
Comma 7. L'articolo 609-quinquies, che prevede il reato di corruzione di minorenne, attualmente punisce chi compie atti sessuali alla presenza di persona minore dei quattordici anni, al fine di farla assistere. Si prevedono due integrazioni:
a) la prima individua come condotta punibile, rientrante nel concetto di corruzione di minorenne, anche l'esibizione di materiale pornografico qualificata dall'intendimento di indurre il minorenne a compiere o a subire atti sessuali;
b) la seconda introduce anche per questo reato, nelle due ipotesi previste, l'aggravante relativa al rapporto di parentela, vigilanza o convivenza.
Comma 8. Si introducono due nuovi articoli. L'articolo 609-undecies prevede il reato di adescamento di minorenni. Il fenomeno, conosciuto all'estero come «grooming», è un metodo usato per indebolire la volontà del minore in modo da ottenerne il massimo controllo. In questo processo, ancora scarsamente studiato in Italia, colui che abusa «cura» (grooms) la vittima, inducendola gradualmente a superare le resistenze attraverso tecniche di manipolazione psicologica. Il metodo può essere diverso: ad esempio mediante una subdola opera di convincimento effettuata attraverso una normale comunicazione (ad esempio, chat) o supportando questa attività con l'invio di immagini pedopornografiche al minore. Il fine è sempre lo stesso: cioè quello di convincere la potenziale vittima della normalità dei rapporti sessuali tra adulti e minori.
Questa tipologia di adescamento, proprio perché svolta in maniera «amichevole», è in realtà molto insidiosa ed è utilizzata soprattutto in INTERNET e attraverso lo scambio di sms.
Il dibattito circa la possibilità di inserire il «grooming» come una vera e propria fattispecie di reato nella legislazione penale degli Stati membri dell'Unione europea è alquanto recente: il Comitato per la Convenzione sul Cyber Crime del Consiglio d'Europa in un suo rapporto ha messo in guardia i Paesi interessati circa il rischio del «grooming» effettuato attraverso INTERNET ed i telefoni cellulari. In effetti se ne parla molto però, specialmente in Europa, la legislazione nazionale dei Paesi è alquanto carente. Infatti l'unico Stato che ha recentemente introdotto la previsione del «grooming» come fattispecie di reato è il Regno Unito specificando che: «è reato ogni condotta tesa ad organizzare un incontro, per se stessi o per conto di terzi, con un minore al fine di abusarne sessualmente». Altri Paesi che hanno introdotto una ancora più specifica fattispecie di reato relativa al «grooming» sono l'Australia, il Canada e alcuni Stati degli USA, i quali hanno previsto sanzioni penali per il solo fatto di instaurare una comunicazione (attraverso INTERNET) al fine di sedurre un minore per poi abusarne sessualmente.
Ai sensi della citata Convenzione, allo stato attuale, per «grooming» si intende la condotta dell'adulto che comunica con il minore o compie altre azioni finalizzate ad incontrarlo, con l'intento di commettere reati quali l'abuso sessuale, la prostituzione o per organizzare performance pornografiche.
Il limite di età della vittima, entro il quale si configura il reato in oggetto, è stato individuato tenendo in conto l'influenzabilità che normalmente caratterizza i soggetti minorenni appartenenti a tale fascia.
L'articolo 609-duodecies prevede uno specifico meccanismo di valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti, già utilizzato da una serie di norme che hanno inteso sottolineare la gravità dei reati di cui si occupano (inter alia, si veda l'articolo 7 del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172; l'articolo 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205). In sostanza, si esclude che il giudizio di bilanciamento tra aggravanti e attenuanti possa portare alla prevalenza delle attenuanti o all'equivalenza. Pertanto, l'applicazione di eventuali attenuanti opererà solo sulla pena già risultante dall'applicazione delle aggravanti. L'effetto è che le pene in concreto applicabili risulteranno più alte.
L'articolo 13 (Atti persecutori) individua la nuova fattispecie delittuosa degli atti persecutori, che ricomprendono sia le molestie persecutorie, sia le minacce persecutorie. Si vuole così dare adeguato inquadramento e punizione a condotte concrete ormai frequenti, ma allo stato non classificabili in ipotesi di reato che ne rispecchino l'effettiva offensività e pericolosità.
Secondo la descrizione della condotta che si propone, gli atti persecutori consistono nella ripetizione assillante di molestie oppure di minacce, tali da sconvolgere la qualità di vita della parte offesa, ovvero da porla in stato di grave disagio fisico o psichico, soggezione o paura per la sicurezza personale propria e dei propri cari.
Come già sopra evidenziato, sono stati fissati limiti di pena più congrui alla gravità dell'offesa arrecata, e tali altresì da consentire l'applicazione di misure cautelari, in modo da assicurare le eventuali connesse esigenze di tutela sociale. Per i casi più gravi, infine, si prevede la perseguibilità d'ufficio.
Si sottolinea qui che tale nuova fattispecie criminosa assicura un'efficace repressione anche di quei comportamenti vessatori perduranti nel tempo classificati come atti di «bullismo».
L'articolo 14 (Modifica all'articolo 640 del codice penale) introduce nell'articolo 640 del codice penale, relativo al delitto di truffa, una specifica ipotesi aggravata, richiamando il contenuto dell'articolo 61, numero 5), del medesimo codice, e cioè i casi in cui il fatto sia commesso profittando di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Con questa innovazione si produce l'effetto di innalzare la pena fino a cinque anni di reclusione e di rendere possibile, se ne ricorrano le esigenze previste dalla legge, l'applicazione di misure cautelari.
L'articolo 15 (Modifiche al codice penale), al comma 1, lettera a), integra l'articolo 157 del codice penale, in tema di prescrizione dei reati, nella parte in cui elenca i reati per i quali il normale termine prescrizionale è raddoppiato. I delitti per i quali viene quindi ad operare questo meccanismo sono caratterizzati da una particolare condizione di soggezione o comunque di debolezza nei confronti dell'autore del reato, di talché è verosimile una concreta difficoltà di emersione dei fatti.
Il comma 1, lettera b), estende i casi di non punibilità previsti dall'articolo 384 del codice penale, che si riferisce ai precedenti delitti contro l'attività giudiziaria, attualmente limitati alle ipotesi in cui la commissione del reato sia da ricollegare alla necessità di salvare se stessi ovvero un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore, al caso di rapporto di convivenza more uxorio.
Il comma 1, lettera c), modifica l'articolo 576, primo comma, numero 5), che, in relazione al delitto di omicidio volontario, prevede una specifica aggravante per il caso in cui l'omicidio avvenga nell'atto della commissione di reati di violenza sessuale. L'attuale testo della norma citata fa ancora riferimento agli articoli di legge, ormai abrogati, precedenti alla riforma attuata con la legge n. 66 del 1996. È quindi necessario aggiornarne il testo, non senza aver precisato che l'attuale articolo 576, primo comma, numero 5), nelle more, è comunque sempre stato interpretato dalla giurisprudenza in senso conforme alla correzione oggi proposta.
Il comma 1, lettera d), interviene ad eliminare da una serie di articoli del codice penale il riferimento all'articolo 609-ter, la cui citazione appare impropria, essendo escluso che tale norma sia classificabile fra quelle che definiscono fattispecie autonome di reato, trattando invece delle forme aggravate del reato di cui all'articolo 609-bis. Si tratta pertanto di un mero intervento di correzione sistematica.
L'articolo 16 (Modifiche al codice di procedura penale), al comma 1, lettera a), aggiunge la fattispecie degli atti persecutori all'elenco dei reati per i quali l'articolo 266 del codice di procedura penale consente il ricorso alle intercettazioni. Tale previsione è in linea con quanto già previsto nel caso delle ipotesi «minori» di minaccia e di molestie: identiche essendo le modalità commissive, analogo deve essere il ricorso ai mezzi di prova già specialmente previsti per tali reati. Si provvede inoltre ad inserire, nel novero delle ipotesi in ordine alle quali è comunque consentito il ricorso alle intercettazioni, i reati previsti dagli articoli 573 e 574, nonché 574-bis, con riferimento al secondo comma, del codice penale, trattandosi di delitti che condividono natura, caratteristiche e necessità di indagine con la fattispecie di cui all'articolo 574-bis, primo comma, introdotto dal presente disegno di legge, per il quale il ricorso alle intercettazioni è consentito a cagione della pena edittale prevista. In tutti i suddetti casi, lo strumento intercettativo appare infatti decisivo, specie per consentire di rintracciare il minore sottratto.
Il comma 1, lettera b), prevede che i provvedimenti con i quali il giudice dispone l'allontanamento dell'imputato dalla casa familiare siano comunicati all'autorità di pubblica sicurezza, in modo che la medesima possa valutare l'eventuale adozione di misure in tema di armi.
Il comma 1, lettera c), introduce una nuova speciale misura coercitiva, che completa quella di cui all'articolo 282-bis del codice di procedura penale, consistente nel divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ovvero dai suoi prossimi congiunti o conviventi. Trattasi di misura particolarmente significativa e opportuna, anche in relazione al reato - di nuova introduzione - di atti persecutori. Con tale previsione sarà infatti possibile impedire che l'aggressore prosegua nell'opera di molestia o minaccia della vittima e dei suoi familiari, con effetto preventivo di sicura efficacia. Anche in relazione a questa categoria di misure è stabilito l'obbligo di comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza.
Il comma 1, lettera d), prevede una modifica all'articolo 380 del codice di procedura penale e rende obbligatorio l'arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale di gruppo, di violenza sessuale aggravata e di atti sessuali con minorenne.
Questa previsione, fra l'altro, spiega i suoi effetti anche sull'articolo 15 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, in materia di immigrazione, consentendo l'espulsione dello straniero condannato per tali reati, quale misura di sicurezza.
Il comma 1, lettera e), prevede una modifica all'articolo 392 del codice di procedura penale, che individua i casi in cui è possibile svolgere l'incidente probatorio.
Attualmente, la norma permette, nei procedimenti per i delitti di violenza e abuso sessuale, nonché per i delitti di cui agli articoli 600-bis e seguenti del codice penale (prostituzione e pornografia minorile), l'assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche qualora non ricorrano le altre condizioni previste in generale dalla legge. Sostanzialmente, la previsione mira ad estromettere quanto prima il minore degli anni sedici dal processo penale, evitandogli nei limiti del possibile ulteriori turbamenti e traumi.
L'innovazione rende possibile effettuare con incidente probatorio, sempre con riferimento ai reati citati, l'assunzione della testimonianza del minore ultrasedicenne, nonché della parte offesa anche maggiorenne, trattandosi di delitti portatori di conseguenze psicologicamente distruttive anche nei confronti dei soggetti adulti o quasi adulti. Si giustifica pertanto anche nei loro confronti l'esigenza di limitare quanto possibile la reiterazione del confronto in sede giudiziaria con la ricostruzione di esperienze drammatiche e dolorosamente umilianti.
Il comma 1, lettera f), sempre nell'ambito della disciplina dell'incidente probatorio relativa ai reati di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale, intende abrogare il comma 2-bis dell'articolo 393 del codice di procedura penale, che attualmente impone al pubblico ministero, in tali casi, di depositare tutti gli atti di indagine compiuti, assegnando perciò a tale incombente una disciplina più gravosa - e pregiudizievole rispetto alle indagini ancora in corso - rispetto a quanto invece non sia previsto a proposito di tutte le altre ipotesi di reato. Il pubblico ministero, pertanto, attualmente si trova a dover scegliere se acquisire subito le dichiarazioni della parte offesa minorenne utilizzabili nel dibattimento e «scoprire» tutte le proprie carte, ovvero continuare a tenere riservate le proprie indagini, ma sacrificare i vantaggi (oggettivi e soggettivi) dell'audizione della parte offesa minorenne in epoca prossima alla commissione del reato.
Il comma 1, lettera g), si pone sulla scia di una recente sentenza della Corte costituzionale (n. 63 del 2005) ed estende il ricorso a modalità protette all'audizione del minore ultrasedicenne e della parte offesa maggiorenne, allorché il giudice ne ravvisi la necessità o l'opportunità in relazione alle esigenze di tutela delle persone coinvolte. Resta ovviamente la necessità di conservare la tutela anche nei confronti dell'adulto infermo di mente, che sia testimone e non anche parte offesa del reato, in ossequio al citato intervento della Corte costituzionale.
Conseguentemente, l'udienza dedicata all'audizione della persona potrà svolgersi presso l'abitazione della persona medesima, sia essa maggiorenne o minorenne.
Inoltre, il novero dei delitti per i quali è possibile il ricorso a questa modalità protetta di audizione è esteso alle fattispecie di cui agli articoli 572, 609-quinquies (in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 262 del 1998) e 612-bis (introdotto dal presente disegno di legge) del codice penale.
Il comma 1, lettera h), sulla scia delle innovazioni introdotte all'articolo 398, comma 5-bis, del codice procedura penale, interviene sull'articolo 498, comma 4-ter, del medesimo codice, nella parte in cui prevede e disciplina l'utilizzo dello specchio unidirezionale e dell'impianto citofonico, integrando l'elenco dei delitti per i quali opera l'innovazione procedimentale ed ampliando alla vittima maggiorenne inferma di mente la possibilità di usufruirne, anche qui con riferimento alla sentenza n. 63 del 2005 della Corte costituzionale.
Va altresì osservato che il richiamo, operato già ora dal comma 4-bis dell'articolo 498 all'articolo 398, comma 5-bis, estende anche alla fase dibattimentale le modalità protette di audizione delle persone vittime e testimoni dei reati indicati, nella nuova estensione stabilita con l'intervento operato sull'articolo 398 medesimo.
Il comma 1, lettera i), analogamente all'articolo 15, comma 1, lettera d), interviene ad eliminare dal codice di procedura penale il riferimento all'articolo 609-ter del codice penale quale autonoma ipotesi di reato.
L'articolo 17 (Giudizio immediato) prevede il ricorso doveroso al giudizio immediato, sempre che ne sussistano in concreto i presupposti fissati dal codice di procedura penale, allorché il pubblico ministero procede per i reati di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale. La disposizione proposta, che non modifica l'istituto del rito immediato, intende imprimere velocità ai processi per tali delitti, senza tuttavia pregiudicare le esigenze relative alla raccolta delle prove.
Al fine di agevolare il ricorso al rito speciale, ed in considerazione della frequente possibilità che, specie nel caso di effettuazione di incidente probatorio, non sia possibile completare le indagini nel termine di novanta giorni, si prevede di elevare a centoventi giorni dall'iscrizione della notizia di reato il termine entro il quale i pubblico ministero deve trasmettere la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice.
L'articolo 18 (Delitti motivati da odio o discriminazione fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere) interviene su una serie di disposizioni (contenute nella legge 13 ottobre 1975, n. 654, e nel decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205) che reprimono le forme di discriminazione razziale, etnica e religiosa, integrandole mediante il riferimento anche alle forme di discriminazione fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere.
In particolare, si estende il delitto di istigazione al compimento di atti discriminatori o al compimento di atti di violenza determinati da motivi discriminatori anche alle motivazioni fondate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere. Del pari si estende il divieto di ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione di genere, della partecipazione a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, della prestazione di assistenza alla loro attività. L'intervento sulla cosiddetta «legge Mancino» (citato decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205), oltre all'integrazione della rubrica dell'articolo 1, molto più significativamente amplia la circostanza aggravante prevista dall'articolo 3 estendendone la configurabilità alla finalità di discriminazione o di odio motivato dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere.
Si è ritenuto peraltro necessario, in ossequio al generale principio stabilito dall'articolo 609-septies del codice penale, di escludere la perseguibilità d'ufficio, ricollegata dall'articolo 6 della cosiddetta «legge Mancino» alla configurabilità dell'aggravante di cui all'articolo 3, per il delitto di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis del codice penale.
L'articolo 19 (Intervento in giudizio), ai commi 1 e 2, consente ai soggetti pubblici o privati che abbiano prestato assistenza istituzionale alle vittime di reati di maltrattamento in famiglia, violenza sessuale, anche di gruppo, atti sessuali con minorenni, atti persecutori, di affiancare la vittima stessa anche nel corso del processo, assicurandole un significativo e solidale sostegno. Qualora tali delitti siano commessi ai danni di minorenni o nell'ambito familiare, la norma consente l'intervento in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri, e in particolare dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, operante presso il Ministro delle politiche per la famiglia, palesandosi così la rilevanza etica e sociale dei valori tutelati dalle norme incriminatrici. Analoga facoltà (comma 3) è prevista a riguardo dei procedimenti per i medesimi delitti che coinvolgano profili discriminatori o collegati alla violenza di genere. Il richiamo anche alle norme successive all'articolo 91 del codice di procedura penale chiarisce la necessità che simili interventi abbiano il consenso della parte offesa.
Il comma 4 prevede, infine, analoga possibilità di intervento a favore dell'ente locale o del soggetto privato che presta assistenza alla vittima di una serie specifica di reati, tra cui quelli previsti dalla legge 20 febbraio 1958, n. 75, e dall'articolo 380, comma 2, lettera d), del codice di procedura penale, nell'ambito di particolari programmi di assistenza, reinserimento e protezione, previsti da leggi speciali.
L'articolo 20 (Costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei ministri nei procedimenti per delitti qualificati dalla discriminazione) prevede che nei procedimenti per i delitti commessi per finalità di discriminazione, motivati da ragioni di discriminazione o aggravati da tale finalità, la Presidenza del Consiglio dei ministri può costituirsi parte civile.
La norma esprime la convinzione che l'odio discriminatorio che caratterizza tali delitti, comunque sia motivato, si ripercuote sull'ordine sociale, fomentando la violenza e l'astio e arrecando allo Stato un danno del quale è così possibile chiedere il risarcimento.
L'articolo 21 (Modifica all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354) arricchisce della previsione di specifici programmi di riabilitazione rivolti ai detenuti e agli internati condannati per delitti qualificati dalla violenza o dallo sfruttamento di natura sessuale ai danni di minorenni la materia relativa ai permessi premio, alle misure alternative alla detenzione e all'assegnazione al lavoro all'esterno, già dettagliatamente disciplinata dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario. Con ciò si confida che le autorità preposte all'applicazione dei benefìci indaghino in modo approfondito sulla propensione dei detenuti a delinquere ulteriormente, valorizzando specifici percorsi riabilitativi. Per la definizione di tali percorsi si rimanda peraltro a un successivo decreto adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle politiche per la famiglia e con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Il capo IV, intitolato «Modifiche al codice civile», intende completare il sistema già innovato dalla legge 4 aprile 2001, n. 154.
L'articolo 22 (Modifiche all'articolo 342-ter del codice civile) intende dare maggiore efficacia e cogenza agli ordini di protezione che il giudice può impartire ai sensi dell'articolo 342-bis del codice civile nelle situazioni in cui la condotta del coniuge o del convivente sia causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale, ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente. La misura che costituisce generalmente il contenuto dell'ordine di protezione, e cioè l'allontanamento del maltrattante, può essere vanificata dalla sua resistenza nella prima fase esecutiva, ciò che pone in una situazione di ulteriore pericolo la parte lesa - e sovente l'intero nucleo familiare al quale il reo appartiene - esposta a prevedibili e pericolose rappresaglie. Con questa innovazione normativa, il giudice autorizza immediatamente il ricorso alla forza pubblica per l'esecuzione dell'allontanamento e, in ogni caso, gli ordini medesimi saranno comunicati all'autorità di pubblica sicurezza, in modo che la medesima possa valutare l'eventuale adozione di misure in tema di armi. Analogamente a quanto previsto al riguardo delle misure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter (introdotto dal presente disegno di legge) del codice di procedura penale.
disegno di legge ¾¾¾
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Capo I MISURE DI SENSIBILIZZAZIONE E DI PREVENZIONE CONTRO LA VIOLENZA IN FAMIGLIA, DI GENERE E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI Art. 1. (Campagne di informazione e di sensibilizzazione).
1. Le amministrazioni statali, nell'ambito delle proprie risorse e competenze e avuto riguardo al Piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale, di genere e per ragioni di orientamento sessuale, realizzano interventi di informazione e di sensibilizzazione, anche acquisendo il parere dell'Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale, di genere e per ragioni di orientamento sessuale, al fine di prevenire la violenza in famiglia, di genere e le discriminazioni. Art. 2. (Princìpi e strumenti nel sistema dell'istruzione e della formazione). 1. Il sistema dell'istruzione e della formazione della Repubblica comprende tra le sue finalità la valorizzazione dell'uguaglianza e della pari dignità sociale di ogni persona di fronte alla legge, senza discriminazioni fondate sulla razza, nazionalità, religione, condizioni personali, opinioni, età, sesso od orientamento sessuale e si impegna per la rimozione degli ostacoli che impediscono la realizzazione di tali valori. 2. Al comma 2 dell'articolo 284 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché, di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, alle iniziative sul rispetto del principio di uguaglianza tra i sessi costituzionalmente garantito nonché della dignità della donna». Art. 3. (Princìpi e strumenti nel sistema sanitario). 1. Al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, senza alcuna distinzione di razza, nazionalità, religione, età, sesso od orientamento sessuale». 2. La rubrica del titolo II del libro II del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, è sostituita dalla seguente: «Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari e sostegno alle vittime attraverso misure di tipo sanitario, previdenziale e di comunicazione». 3. Nel titolo II del libro II del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, dopo l'articolo 24 è aggiunto il seguente: «Art. 24-bis. - (Sistema sanitario). - 1. Il Ministro della salute, di concerto con i Ministri per i diritti e le pari opportunità, delle politiche per la famiglia e dell'università e della ricerca e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di tutelare le vittime di violenza, promuove, nei limiti delle risorse disponibili, programmi di sensibilizzazione e di formazione del personale sanitario anche attraverso l'integrazione dei programmi di studio dei diplomi universitari e dei programmi di specializzazione delle professioni socio-sanitarie con contenuti concernenti la prevenzione e la diagnosi precoce della violenza, nonché l'intervento e il sostegno alle vittime di violenze familiari determinate anche da conflitti culturali e intergenerazionali».
Art. 4. (Sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria). 1. Nel titolo II del libro II del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, dopo l'articolo 24-bis, introdotto dall'articolo 3 della presente legge, è aggiunto il seguente: «Art. 24-ter. - (Sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria). - 1. I mezzi di comunicazione promuovono la protezione e la tutela dell'uguaglianza tra uomini e donne ed evitano ogni discriminazione tra loro. 2. È vietato utilizzare in modo vessatorio o discriminatorio a fini pubblicitari l'immagine della donna o i riferimenti all'orientamento sessuale della persona o alla identità di genere. 3. Il Ministro per i diritti e le pari opportunità, anche su denuncia del pubblico, di associazioni ed organizzazioni, nonché ogni altra pubblica amministrazione che vi abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali, possono chiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato che siano inibiti gli atti di pubblicità in contrasto con il divieto di cui al comma 2, che sia inibita la loro continuazione e che ne siano eliminati gli effetti. 4. Per l'esercizio delle funzioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'ambito della tutela dalla pubblicità discriminatoria e per le relative sanzioni si applica, in quanto compatibile, l'articolo 26 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206». Art. 5. (Statistiche sulla violenza). 1. Nel titolo II del libro II del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, dopo l'articolo 24-ter, introdotto dall'articolo 4 della presente legge, è aggiunto il seguente: «Art. 24-quater. - (Statistiche sulla violenza). - 1. Ai fini della progettazione e della realizzazione di politiche di contrasto alla violenza in famiglia e contro le donne e del monitoraggio delle politiche di prevenzione, l'Istituto nazionale di statistica, nell'ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, assicura lo svolgimento di una rilevazione statistica sulla violenza e sui maltrattamenti che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio con cadenza almeno quadriennale». Art. 6. (Sistema previdenziale). 1. Nel titolo II del libro II del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, dopo l'articolo 24-quater, introdotto dall'articolo 5 della presente legge, è aggiunto il seguente: «Art. 24-quinquies. - (Sistema previdenziale). - 1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, da adottare entro il 30 luglio 2007, nei limiti delle risorse derivanti dallo specifico gettito contributivo da determinare con il medesimo decreto, sono individuate, per le lavoratrici autonome prive di copertura assicurativa per i rischi da malattia e che si trovino impossibilitate a svolgere la loro attività perché vittime di alcuno dei reati di cui agli articoli 572, 609-bis e 609-octies del codice penale, le modalità di esonero dal versamento dei contributi e premi per un periodo fino a un massimo di sei mesi. Durante tale periodo è riconosciuto un accredito figurativo calcolato sulla media delle quote versate durante i sei mesi precedenti al periodo di esonero».
Art. 7. (Registro dei centri antiviolenza). 1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito, nell'ambito delle strutture di competenza e senza nuovi o ulteriori oneri per la finanza pubblica, un registro in cui sono iscritti i centri antiviolenza che agiscono in ambito sovraregionale ovvero che operano nell'ambito di una rete con dimensione sovraregionale, con lo scopo di prestare assistenza alle vittime della violenza di genere o per ragioni di orientamento sessuale. 2. Con decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità sono stabilite le procedure per l'iscrizione nel registro e le modalità per documentare il possesso dei seguenti requisiti: a) avvenuta costituzione, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, da almeno un anno e possesso di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo o preminente la tutela delle vittime di violenza, senza fine di lucro; b) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente, con l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari; c) predisposizione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite, con indicazione delle quote versate dagli associati e delle altre entrate; tenuta dei libri contabili conformemente alle norme vigenti in materia di contabilità delle associazioni non riconosciute; d) svolgimento di un'attività continuativa nell'anno precedente a quello di presentazione della domanda di iscrizione nel registro; e) non avere i suoi rappresentanti legali subìto alcuna condanna, passata in giudicato, in relazione all'attività dell'associazione medesima, e non rivestire i medesimi rappresentanti la qualifica di imprenditori o di amministratori di imprese di produzione e servizi, in qualsiasi forma costituite, per gli stessi settori in cui opera l'associazione. 3. Il registro è aggiornato annualmente, anche con la cancellazione dei centri antiviolenza per i quali siano venuti meno i requisiti necessari per l'iscrizione.
Capo II DIRITTI DELLE VITTIME DI REATI Art. 8. (Livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime di reati). 1. Costituiscono livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime dei delitti di cui agli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, da determinare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche per la famiglia, del Ministro della solidarietà sociale e del Ministro per i diritti e le pari opportunità, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281: a) l'informazione sulle misure previste dalla legislazione vigente riguardo la protezione, la sicurezza ed i diritti di assistenza e di soccorso delle vittime di violenza; b) l'esistenza di servizi cui siano chiaramente attribuite le relative competenze socio-assistenziali, dotati di personale specializzato, facilmente individuabili e raggiungibili dall'utenza; c) la previsione che i servizi siano in grado di svolgere funzioni di pronto intervento anche psicologico e di successiva presa in carico delle situazioni a medio termine, anche a fini di ricomposizione familiare; d) l'integrazione tra i servizi, qualora ne esistano diversi con competenze ripartite; e) la stabilità e la continuità dei servizi, siano essi pubblici o privati convenzionati, accreditati o comunque riconosciuti dalle regioni; f) la previsione di azioni di sostegno sociale, di protezione, di supporto all'istruzione, alla formazione e all'inserimento professionali; g) nei casi più gravi, nei quali sia nociva la permanenza in famiglia, l'inserimento delle vittime in comunità di tipo familiare per un periodo sufficiente a realizzare un progetto di reinserimento sociale. Art. 9. (Programmi di protezione della vittima di violenza). 1. Le regioni, gli enti locali e i centri antiviolenza iscritti nel registro di cui all'articolo 7 possono presentare, per il finanziamento da parte dello Stato a valere sulle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, progetti concernenti programmi di protezione sociale e di reinserimento delle vittime della violenza per ragioni di genere ovvero di orientamento sessuale che, per effetto della violenza subita, manifestano difficoltà di reinserimento a livello sociale e lavorativo. 2. I programmi di protezione sociale e di reinserimento possono riguardare il soddisfacimento delle esigenze alloggiative della vittima, almeno per il periodo di durata del processo penale, il reinserimento professionale e le esigenze di cura e di sostegno dei figli a carico. 3. Le procedure e i criteri per l'assegnazione dei finanziamenti dei programmi di protezione sociale e di reinserimento sono determinati con apposita intesa da adottare in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Capo III DELITTI CONTRO LA PERSONA E LA FAMIGLIA Art. 10. (Maltrattamenti contro familiari e conviventi). 1. L'articolo 572 del codice penale è sostituito dal seguente: «Art. 572. - (Maltrattamenti contro familiari e conviventi). - Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 571, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni». Art. 11. (Sottrazione e trattenimento di minore all'estero). 1. Nel libro II, titolo XI, capo IV, del codice penale, dopo l'articolo 574 è aggiunto il seguente: «Art. 574-bis. - (Sottrazione e trattenimento di minore all'estero). - Chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo all'estero ovvero omettendo di farlo rientrare in Italia, contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione da uno a sei anni. Se il fatto è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni. Se il fatto è commesso da uno dei genitori, la condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per alcuno dei delitti previsti dal presente articolo comporta la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori». Art. 12. (Modifiche alle norme sui delitti contro la personalità individuale e la libertà personale). 1. Nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, dopo l'articolo 604 è aggiunto il seguente: «Art. 604-bis. - (Ignoranza dell'età della persona offesa). - Quando i delitti previsti negli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 601 e 602 sono commessi in danno di persona minore di anni quattordici, il colpevole non può invocare, a propria scusa, l'ignoranza dell'età della persona». 2. All'articolo 609-bis del codice penale, il terzo comma è sostituito dal seguente: «Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Ai fini della concedibilità dell'attenuante il giudice valuta, oltre all'intensità del dolo e alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima». 3. All'articolo 609-ter, primo comma, numero 2), del codice penale, dopo le parole: «stupefacenti o» sono inserite le seguenti: «comunque idonee a ridurne la capacità di determinarsi, o». 4. All'articolo 609-ter, primo comma, del codice penale, il numero 5) è sostituito dal seguente: «5) nei confronti di persona della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore». 5. All'articolo 609-ter, primo comma, del codice penale, dopo il numero 5) sono aggiunti i seguenti: «5-bis) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o comunque la persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza; 5-ter) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, quando il colpevole sia persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza; 5-quater) nei confronti di donna in stato di gravidanza». 6. All'articolo 609-quater del codice penale, il quarto comma è sostituito dal seguente: «Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Ai fini della concedibilità dell'attenuante il giudice valuta, oltre all'intensità del dolo e alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima». 7. All'articolo 609-quinquies del codice penale sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Alla stessa pena soggiace chiunque mostra materiale pornografico a persona minore degli anni quattordici, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali. La pena è aumentata fino alla metà quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di stabile convivenza». 8. Nel libro II, titolo XII, capo III, sezione II, del codice penale, dopo l'articolo 609-decies sono aggiunti i seguenti: «Art. 609-undecies. - (Adescamento di minorenne). - Chiunque, allo scopo di sedurre, abusare o sfruttare sessualmente un minore di anni sedici, intrattiene con lui, anche attraverso l'utilizzazione della rete INTERNET o di altre reti o mezzi di comunicazione, una relazione tale da carpire la fiducia del minore medesimo è punito con la reclusione da uno a tre anni. Art. 609-duodecies. - (Computo delle circostanze). - Quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 609-ter, 609-quater, quinto comma, 609-quinquies, terzo comma, e 609-octies, terzo comma, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle predette aggravanti e le diminuzioni di pena si operano sulla pena risultante dall'aumento conseguente alle medesime aggravanti». Art. 13. (Atti persecutori). 1. Dopo l'articolo 612 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 612-bis. - (Atti persecutori). - Chiunque ripetutamente molesta o minaccia taluno in modo tale da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porlo in uno stato di soggezione o di grave disagio fisico o psichico, ovvero in modo tale da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di persona ad esso legata da stabile legame affettivo, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata fino alla metà e si procede d'ufficio se ricorre una delle condizioni previste dall'articolo 339. Si procede altresì d'ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio». Art. 14. (Modifica all'articolo 640 del codice penale). 1. All'articolo 640, secondo comma, del codice penale, dopo il numero 1) è inserito il seguente: «1-bis) se ricorre l'aggravante di cui all'articolo 61, numero 5)». Art. 15. (Modifiche al codice penale). 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 157, sesto comma, le parole: «e 589, secondo e terzo comma,» sono sostituite dalle seguenti: «, 572, 589, secondo e terzo comma, 600-bis, 600-ter, 609-bis aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 609-ter, primo comma, numeri 1), 5) e 5-bis), 609-quater, 609-octies e 609-undecies,»; b) all'articolo 384, il primo comma è sostituito dal seguente: «Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto, ovvero persona con cui, pur senza esserne coniuge, come tale conviva, da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore»; c) al primo comma dell'articolo 576, il numero 5) è sostituito dal seguente: «5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies»; d) agli articoli 604, 609-sexies, 609-septies, primo comma, 609-nonies, commi primo e secondo, 609-decies, primo comma, e 734-bis, le parole: «, 609-ter» sono soppresse.
Art. 16. (Modifiche al codice di procedura penale). 1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 266, comma 1, lettera f), dopo le parole: «reati di» sono inserite le seguenti: «sottrazione consensuale di minorenne, sottrazione di persone incapaci, sottrazione e trattenimento di minore all'estero,» e dopo la parola: «minaccia,» sono inserite le seguenti: «atti persecutori,»; b) all'articolo 282-bis, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente: «6-bis. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio»; c) dopo l'articolo 282-bis è inserito il seguente: «Art. 282-ter. - (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa. 2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi. 3. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. 4. I provvedimenti di cui al presente articolo sono comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio»; d) al comma 2 dell'articolo 380, dopo la lettera d) è inserita la seguente: «d-bis) delitti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis e di atti sessuali con minorenne di cui all'articolo 609-quater del codice penale, qualora ricorra una o più circostanze tra quelle indicate all'articolo 609-ter del medesimo codice, nonché delitto di violenza sessuale di gruppo di cui all'articolo 609-octies del citato codice penale»; e) all'articolo 392, il comma 1-bis è sostituito dal seguente: «1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1»; f) all'articolo 393, il comma 2-bis è abrogato; g) al comma 5-bis dell'articolo 398 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) dopo le parole: «dagli articoli» è inserita la seguente: «572,»; 2) le parole: «e 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis»; 3) le parole: «vi siano minori di anni sedici» sono sostituite dalle seguenti: «vi siano minorenni ovvero persone offese anche maggiorenni»; 4) le parole: «quando le esigenze del minore» sono sostituite dalle seguenti: «quando le esigenze di tutela delle persone»; 5) le parole: «l'abitazione dello stesso minore» sono sostituite dalle seguenti: «l'abitazione della persona interessata all'assunzione della prova»; h) al comma 4-ter dell'articolo 498 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) dopo le parole: «di cui agli articoli» è inserita la seguente: «572,»; 2) le parole: «e 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis»; 3) dopo le parole: «l'esame del minore vittima del reato» sono inserite le seguenti: «ovvero del maggiorenne infermo di mente vittima del reato»; i) negli articoli 190-bis, comma 1-bis, 282-bis, comma 6, 398, comma 5-bis, 444, comma 1-bis, 472, comma 3-bis, e 498, comma 4-bis, le parole: «, 609-ter» sono soppresse. Art. 17. (Giudizio immediato). 1. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, se ricorrono le condizioni previste dagli articoli 453 e seguenti del codice di procedura penale, il pubblico ministero procede con le forme del giudizio immediato. In tale caso, il termine di cui al comma 1 dell'articolo 454 del codice di procedura penale è di centoventi giorni. Art. 18. (Delitti motivati da odio o discriminazione fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere). 1. All'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, lettera a), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere»; b) al comma 1, lettera b), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere»; c) al comma 3, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere». 2. La rubrica dell'articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituita dalla seguente: «Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere». 3. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o motivato dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere». 4. All'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, dopo le parole «comma 1,» sono inserite le seguenti: «ad eccezione di quelli previsti dall'articolo 609-bis del codice penale,».
Art. 19. (Intervento in giudizio). 1. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis del codice penale, l'ente locale impegnato direttamente o tramite servizi per l'assistenza della persona offesa e il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa possono intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale. 2. Nei procedimenti per i delitti di cui al comma 1, se commessi in danno di minori o nell'ambito familiare, la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche attraverso l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all'articolo 17, comma 1-bis, della legge 3 agosto 1998, n. 269, può intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale. 3. La Presidenza del Consiglio dei ministri può altresì intervenire ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale nei procedimenti per i delitti di cui al comma 1 del presente articolo, caratterizzati da violenza di genere o altra finalità discriminatoria. 4. Nei procedimenti per i delitti previsti dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e per i delitti previsti dall'articolo 380, comma 2, lettera d), del codice di procedura penale, nei quali la persona offesa sia stata destinataria di un programma di assistenza ed integrazione sociale ai sensi dell'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero di interventi nell'ambito del programma speciale di assistenza di cui all'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, l'ente locale o il soggetto privato che ha prestato assistenza alla persona offesa nell'ambito dei suddetti programmi può intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale. Art. 20. (Costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei ministri nei procedimenti per delitti qualificati dalla discriminazione). 1. Nei procedimenti per i delitti commessi per finalità di discriminazione, motivati da ragioni di discriminazione o aggravati da tale finalità, la Presidenza del Consiglio dei ministri può costituirsi parte civile. Art. 21. (Modifica all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354). 1. All'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Salvo quanto previsto dal comma 1, ai fini della concessione dei benefìci ai detenuti e agli internati per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 609-bis e 609-octies, se commessi in danno di persona minorenne, e 609-quater del codice penale, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza valuta la positiva partecipazione a un programma di riabilitazione specifica». 2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle politiche per la famiglia e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinati programmi di riabilitazione, ai fini di cui all'articolo 13 della legge 26 luglio 1975, n. 354, con specifico riferimento a quanto previsto dal comma 1-bis dell'articolo 4-bis della medesima legge n. 354 del 1975, introdotto dal comma 1 del presente articolo. Capo IV MODIFICHE AL CODICE CIVILE Art. 22. (Modifiche all'articolo 342-ter del codice civile). 1. Il quarto comma dell'articolo 342-ter del codice civile è sostituito dai seguenti: «Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Qualora disponga l'allontanamento dalla casa familiare, il giudice prevede l'ausilio della forza pubblica e l'allontanamento coattivo del destinatario dell'ordine che non provveda spontaneamente a tale adempimento. Il giudice può altresì indicare le misure idonee a prevenire violazioni successive del predetto provvedimento. Il decreto emesso ai sensi dell'articolo 342-bis è sempre comunicato all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio».
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SEDE REFERENTE
Mercoledì 20 dicembre 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.
La seduta comincia alle 9.35.
Disposizioni in materia di violenza sessuale di introduzione nell'ordinamento del delitto di molestia insistente.
C. 950 Lussana, C. 1249 Bianchi, C. 1256 Nan, C. 1374 Caparini e C. 1819 Lussana.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Pino PISICCHIO, presidente, relatore, preannunciando che il Governo sta per varare un disegno di legge sulla stessa materia, osserva che le proposte di legge C. 950 Lussana, C. 1249 Bianchi, C. 1256 Nan e C. 1374 Caparini intervengono, sotto diversi profili, nella materia di reati di violenza sessuale, mentre la proposta di legge C. 1819 Lussana è diretta esclusivamente ad introdurre nell'ordinamento il delitto di molestia insistente. Per quanto il delitto di molestia insistente non sia necessariamente connesso ad episodi di violenza sessuale, si è ritenuto opportuno abbinare la proposta che lo introduce alle proposte che hanno per oggetto la materia della violenza sessuale non solo per la ragione che la proposta C. 1249 Bianchi comunque reca una disposizione anch'essa volta a prevedere tale delitto, quanto piuttosto per la considerazione che spesso le molestie insistenti sono sorrette da una spinta psicologica riconducibile in ambito sessuale. L'abbinamento, in sostanza, si giustifica con l'esigenza di predisporre in materia di violenza sessuale una protezione delle potenziali vittime che punisca anche i comportamenti che potrebbero essere considerati come prodromi agli episodi di violenza sessuale.
Tra le proposte in esame, la proposta C. 950 Lussana è quella che più presenta un impianto sistematico di riforma della disciplina vigente in materia di reati di violenza sessuale. Essa, infatti, è diretta ad introdurre una nuova disciplina dei reati di violenza sessuale, sia delineando un nuovo inquadramento della relativa categoria, sia inasprendo le pene previste dal vigente codice penale nonché dettando specifiche disposizioni processuali e sanzionatorie. Lo scopo, come evidenziato dalla relazione illustrativa, è quello di dare un segnale di forza e di intransigenza nei confronti di chi si rende colpevole di reati tanto infamanti, anche in considerazione dell'aumento degli episodi di violenza siffatta che negli ultimi tempi si sono verificati nei confronti di giovani donne. La ratio del provvedimento può essere ravvisata nella considerazione che i reati di violenza sessuale incidono anche sull'integrità psicologica della vittima, provocando nella quasi totalità dei casi un danno psicologico permanente che segna la persona. Più in particolare, mentre gli articoli da 1 a 10 incidono sulla configurazione sistematica e sulle pene principali applicabili ai reati in esame, gli articoli da 11 a 12 dettano disposizioni processuali e in materia di sanzioni accessorie.
Gli articoli 1 e 2 inseriscono le fattispecie di reato in esame nel Capo I del Titolo XII del codice penale (Dei delitti contro la persona), concernente i delitti contro la vita e l'incolumità individuale provvedendo, contestualmente, all'abrogazione delle corrispondenti figure di reato attualmente contenute nella Sezione II (concernente i delitti contro la libertà personale) del Capo III (Dei delitti contro la libertà individuale) del medesimo Titolo XII. Si ricorda che le fattispecie penali in tema di violenza sessuale sono state riformate nella XII legislatura dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), approvata come sbocco di un travagliato e sofferto iter parlamentare che aveva attraversato varie legislature. La prima rilevante differenza con la normativa previgente era, senza dubbio, proprio di natura sistematica: mentre il reato di violenza sessuale era, prima del 1996, collocato fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume, con la riforma la sua collocazione è tra i delitti contro la libertà personale. Ciò testimonia un diverso apprezzamento della violenza sessuale, sintomo anche del mutamento della sensibilità sociale e culturale del Paese. Con la proposta di legge in esame, pertanto, si interviene nuovamente sulla questione sistematica dei delitti di violenza sessuale. Nella relazione di accompagnamento il presentatore della proposta osserva, a tale proposito, che i reati di violenza sessuale, «oltre a provocare seri danni alla incolumità individuale, incidono anche sulla integrità psicologica della vittima rischiando di provocare un danno permanente alla sua vita. In ragione di questo, sembra giusto e doveroso parlare di una vera e propria «morte psicologica» della vittima, che difficilmente riuscirà a tornare alla sua vita normale dopo aver subìto violenza».
Caratteristica comune delle figure di reato, come ricollocate all'interno del codice, appare, in generale, l'accentuato rigore sanzionatorio. L'attuale illecito principale di violenza sessuale (articolo 609-bis) è sostituito all'articolo 3 da quello di cui all'articolo 586-bis che, pur non modificando la fattispecie delittuosa, introduce alcune novità, quali: un incremento di 2 anni dei limiti di pena (alla reclusione da 5 a 10 anni è sostituita quella da 7 a 12 anni - articolo 586-bis, comma 1); la previsione della discrezionalità nella diminuzione della pena fino a 2/3 nei casi di minore gravità; la previsione di un aumento della pena fino alla metà per i recidivi. Quest'ultima disposizione deve essere coordinata con le modifiche alla disciplina della recidiva introdotte dalla legge n. 251 del 2005, che ha reso obbligatorio l'aumento della pena per i recidivi nelle ipotesi aggravate di violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, e violenza sessuale di gruppo. L'articolo 4, inserendo l'articolo 586-ter, modifica parzialmente la disciplina delle circostanze aggravanti di cui all'attuale articolo 609-ter. Rispetto al vigente articolo 609-ter si registrano numerose novità: anzitutto, l'aumento di 2 anni dei limiti di pena per le aggravanti di cui al primo comma (si passa dalla reclusione da 6 a 12 anni a quella da 8 a 14 anni); l'ampliamento dell'ambito applicativo delle aggravanti di cui ai numeri 1 e 2 del comma 1; rispettivamente, è aumentato di 2 anni il limite di età della vittima della violenza sessuale (dai 14 anni si passa ai 16 anni) ed è precisato che le sostanze (alcoliche, narcotiche, stupefacenti, eccetera) usate nel commettere il reato possano ridurre in tutto o in parte la capacità volitive della vittima (attualmente, l'applicazione dell'aggravante è giustificata dall'uso di sostanze «gravemente lesive della salute della vittima»). In relazione al vigente secondo comma dell'articolo 609-ter, il corrispondente secondo comma dell'articolo 586-ter prevede che la violenza sessuale su minore di anni 10 comporti un incremento dell'entità dei limiti di pena: agli attuali limiti minimi e massimi di 7 e 14 anni sono sostituiti i nuovi di 10 e 16 anni. Identici limiti edittali sono previsti in relazione ad una nuova aggravante della violenza sessuale, ovvero la commissione del reato in presenza di due o più delle circostanze di cui al primo comma (articolo 586-ter, secondo comma, numero 2). Rispetto alla norma vigente sono, infine, aggiunti tre ulteriori commi che prevedono rispettivamente: la punibilità con l'ergastolo quando dal reato di violenza sessuale, per qualsiasi ragione, sia derivata la morte della persona offesa (terzo comma); la reclusione minima, rispettivamente, di 8 e 10 anni quando dal reato sia derivata alla vittima una lesione personale grave o gravissima (quarto e quinto comma).
L'articolo 5 della proposta in esame riguarda gli atti sessuali con minorenne, di cui all'attuale articolo 609-quater del codice penale (recentemente novellato dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38), ora sostituito dall'articolo 586-quater. Nonostante la relazione alla proposta di legge affermi che la nuova norma riproduce il contenuto dell'articolo 609-quater, rispetto al testo vigente risulta tuttavia espunto (è da ritenere che si tratti di un refuso) il quinto comma, che attualmente prevede, in caso di atti sessuali con minore di anni 10, l'applicazione della reclusione da 7 a 14 anni, parificando sul piano sanzionatorio tale reato a quello di violenza sessuale. Mentre l'articolo 6, che inserisce l'articolo 586-quinquies sulla corruzione di minorenne, riproduce integralmente il contenuto del vigente articolo 609-quinquies, il successivo articolo 7 introduce nella materia in oggetto una nuova fattispecie penale consistente nelle «molestie sessuali». Il nuovo illecito penale si sostanzia nella costrizione ad assistere ad atti sessuali e rispetto al precedente articolo 586-quinquies - fermo restando l'aspetto finalistico - si differenzia per l'estensione generalizzata della tutela (non solo, quindi, agli infraquattordicenni) nonché per le modalità della condotta che prevedono la coartazione dell'altrui volontà; la pena per le molestie sessuali è poi stabilita nella reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 5.000 euro. Aggravanti di pena sono introdotte in relazione all'età della persona offesa (minore di 14 o di 10 anni). L'articolo 586-septies, introdotto nel codice penale dall'articolo 8 della proposta di legge, come il vigente articolo 609-sexies, ripropone la presunzione assoluta della conoscenza dell'età della persona offesa. L'ignoranza dell'età della vittima (ovvero, la circostanza che essa non abbia compiuto i 14 anni) non potrà, quindi, essere invocata a propria scusa nei delitti di violenza sessuale sopracitati né in quello di violenza sessuale di gruppo. Tra i delitti inescusati ex articolo 586-septies è ovviamente introdotto, per motivi di coordinamento, quello di molestie sessuali di cui al nuovo articolo 586-sexies.
L'articolo 9 del provvedimento in esame introduce il nuovo articolo 586-octies, riproducendo integralmente il contenuto del vigente articolo 609-septies, relativo alla procedibilità a querela di parte per alcuni dei reati di natura sessuale (violenza sessuale e atti sessuali con minorenne). La norma, in particolare, conferma la modifica introdotta dalla citata legge 38 del 2006 che ha innalzato da 14 a 18 anni la soglia di età della vittima entro la quale si procede d'ufficio per il reato di violenza sessuale. L'articolo 10, inserendo l'articolo 586-septies, modifica parzialmente la disciplina della fattispecie di violenza sessuale di gruppo, attualmente contenuta nell'articolo 609-octies. Rispetto alla vigente disciplina, le differenze attengono: all'assenza dell'espressa definizione della fattispecie di violenza sessuale di gruppo (attualmente qualificata come partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis); all'aumento, nel minimo e nel massimo, della pena irrogata (da 8 a 16 anni, anziché da 6 a 12); alla determinazione dell'aumento di pena da applicare - reclusione da 10 a 20 anni - nel caso in cui concorra una delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 586-ter, primo comma; alla irrogazione della pena della reclusione non inferiore a 12 anni qualora il fatto sia commesso in danno di persona che non ha compiuto gli anni 10 o in presenza di due o più delle circostanze di cui al citato articolo 586-ter, primo comma; all'applicazione della pena dell'ergastolo qualora dal fatto sia derivata, per qualsiasi ragione, la morte della persona offesa; alla previsione di una pena non inferiore, rispettivamente, a 12 o a 15 anni, se dal fatto è derivata alla persona offesa una lesione personale grave o gravissima; all'aumento della pena fino alla metà in caso di recidiva.
L'articolo 11 detta alcune disposizioni di carattere procedurale applicabili ai reati in esame. Per i responsabili di questi reati si prevede l'arresto obbligatorio ed il giudizio direttissimo. I commi 2 e 3 prevedono l'inapplicabilità, rispettivamente agli imputati e ai condannati per i reati di cui al comma 1, del cosiddetto patteggiamento e dei benefici previsti dall'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354). L'articolo 12 prevede che, in caso di condanna per i delitti sopra citati, al cittadino straniero si applichi la sanzione accessoria dell'espulsione dal territorio dello Stato di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, articolo 13). Si osserva che, nonostante l'articolo 12 si riferisca alla espulsione come «sanzione accessoria», tale termine sembra formulato in senso atecnico, essendo questo tipo di espulsione già prevista a titolo di misura di sicurezza sia dall'articolo 215 del codice penale che dalla legge sull'immigrazione (articolo 15 del citato testo unico). L'articolo 13 dispone che i condannati alla reclusione per i delitti sopra menzionati possono essere sottoposti al trattamento farmacologico di blocco androgenico totale, previa valutazione del giudice della pericolosità sociale e della personalità del reo, nonché dei rapporti con la vittima del reato (comma 1). Tale trattamento diviene tuttavia obbligatorio nei casi di recidiva ovvero quando vittima dei reati siano minori (comma 2). È comunque stabilito che, sia nei casi in cui il trattamento viene adottato discrezionalmente dal giudice (comma 1) che in quelli in cui sia la legge ad imporlo (comma 2), esso viene inserito in un programma di recupero psicoterapeutico, svolto a cura dell'amministrazione penitenziaria che a tal fine si avvale dell'ausilio di centri convenzionati, pubblici e privati, che dispongono di professionisti specializzati in psicoterapia e psichiatria. In merito, si ricorda che per i trattamenti sanitari obbligatori, l'articolo 32, comma 2, della Costituzione, prevede una riserva di legge qualificata unanimemente dalla dottrina come relativa e riferita alla sola legge statale. L'articolo 14, infine, qualificando implicitamente il trattamento farmacologico sopra citato, associato per un equivalente periodo di tempo a terapia di recupero psicoterapeutico, come una misura di sicurezza detentiva, inserisce un numero 4-bis nel primo comma dell'articolo 215 del codice penale, relativo alla classificazione delle misure di sicurezza.
La proposta di legge C. 1249 Bianchi, partendo dal presupposto che nell'ordinamento giuridico italiano non sia riscontrabile tanto la mancanza di previsioni legislative idonee a combattere i fenomeni di violenza sessuale, quanto la carenza di azioni, iniziative concrete ed adattamenti necessari per rendere più efficaci le azioni di contrasto, è diretta ad introdurre alcune specifiche misure, in parte anche parzialmente modificando le disposizioni legislative vigenti, allo scopo di realizzare un potenziamento complessivo della lotta contro la violenza citata. Le finalità del provvedimento sono indicate nell'articolo 1, e riguardano l'introduzione di norme finalizzate al potenziamento della lotta contro la violenza sessuale, di misure dirette alla specializzazione delle Forze dell'ordine e della magistratura per il perseguimento dei reati inerenti le violenze e gli abusi sessuali e al coordinamento delle funzioni e azioni previste dalla legislazione vigente in materia, di disposizioni dirette a rafforzare la tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale compresa la nuova fattispecie di molestie assillanti introdotta dall'articolo 7 del progetto di legge.
Una delle novità più rilevanti della proposta di legge è, all'articolo 2, l'istituzione presso le procure della Repubblica, per la miglior realizzazione delle finalità indicate all'articolo 1, di strutture specializzate (denominate pool) sui reati inerenti la sfera della violenza sessuale. Vengono poi previsti (comma 2) corsi di aggiornamento in tema di abusi, maltrattamenti e violenze sessuali allo scopo di potenziare le unità specializzate di polizia giudiziaria costituite presso le squadre mobili di ogni questura e di favorire il coordinamento con le attività delle strutture specializzate di cui al comma precedente. Viene infine istituito (comma 3) presso ogni questura uno sportello per dare assistenza e sostegno ai cittadini in relazione ai fenomeni di abusi, ai maltrattamenti ed ai reati inerenti le violenze sessuali, che deve prevedere nella propria dotazione organica almeno uno psicologo e un assistente sociale.
L'articolo 3 prevede l'istituzione di un Osservatorio per il coordinamento delle azioni di lotta alla violenza sessuale presso il Ministero dell'interno, con il compito di coordinare le attività di prevenzione e contrasto dei reati inerenti le violenze sessuali e di monitorare il fenomeno sul territorio nazionale.
L'articolo 4 è diretto a sostituire il comma 1 dell'articolo 609-bis che delinea la fattispecie del reato di violenza sessuale. La nuova formulazione del comma citato, punendo con la reclusione da cinque a dieci anni il comportamento di chiunque costringa taluno a compiere o subire atti sessuali senza il suo consenso, è diretta a superare l'attuale formulazione che richiede il requisito della costrizione della vittima ai fini dell'imputazione, in favore di quella basata sulla «mera mancanza di consenso» all'atto sessuale, onde tutelare pienamente il diritto di libertà sessuale. L'articolo 5, aggiungendo il numero 5-bis al comma 1 dell'articolo 609-ter del codice penale introduce, tra le circostanze aggravanti dei reati di violenza sessuale, quella del fatto commesso su persona in stato di gravidanza. Come evidenziato nella relazione illustrativa, tale previsione aggiuntiva mira a sopperire ad una grave dimenticanza del legislatore del 1996. L'articolo 6, inserendo una lettera aggiuntiva c)-bis al comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale (Esecuzione delle pene detentive), condiziona la concessione della sospensione dell'esecuzione della pena detentiva ai condannati per i delitti di violenza sessuale (articolo 609-bis del codice penale), anche aggravata (articolo 609-ter), di atti sessuali con minorenne (articolo 609-quater), di corruzione di minorenne (articolo 609-quinquies) e di violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies) alla sottoposizione dei responsabili ad un trattamento terapeutico-riabilitativo. Tale previsione, come evidenziato nella relazione illustrativa, si configura quale incentivo (non obbligo), nei confronti dei colpevoli di delitti sessuali, ad accettare la cura psichiatrica o il trattamento psicoterapeutico, utili proprio nei casi di delitti sessuali e in particolare in quelli di pedofilia, la cui commissione, pur in presenza di una piena imputabilità, normalmente dipende da cause patologiche o disturbi della personalità.
L'articolo 7 è diretto ad introdurre nel codice penale, mediante l'inserimento dell'articolo 609-ter-1, il delitto di molestie assillanti, cosiddetto stalking, contemplato dalla legislazione statunitense fin dagli anni '90, che costituisce l'oggetto esclusivo della proposta di legge C. 1819 Lussana. Tale fattispecie criminosa si caratterizza per una serie di azioni lesive ripetute nel tempo e dirette verso una specifica persona, come seguire, telefonare ostinatamente, lasciare messaggi in segreteria, adottare comportamenti intrusivi di ogni tipo; tali azioni possono o meno essere accompagnate da minacce credibili a cui può far seguito una vera e propria aggressione o un omicidio. A tale proposito, la relazione illustrativa rileva che oltre il 70 per cento delle donne che hanno subìto maltrattamenti da parte del proprio compagno continua a essere a rischio di subire violenza anche dopo la separazione, ricevendo minacce, riportando danni importanti a breve e a lungo termine che ledono l'integrità psico-fisica con costi individuali e sociali altissimi. La nuova fattispecie delittuosa, perseguibile a querela di parte, punisce, con la reclusione fino a due anni e con la multa di 20.000 euro, chiunque, con comportamenti intrusivi e reiterati di sorveglianza, controllo, ricerca di contatto e di momenti di intimità indesiderati, pone taluno in uno stato di soggezione, paura o disagio emotivo tali da ledere la altrui libertà morale o personale o la salute psicofisica. Viene poi consentito alla persona che si ritiene offesa dai comportamenti sopra descritti di presentare all'autorità giudiziaria richiesta di diffida all'autore delle molestie. Qualora sussistano elementi che facciano ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato da parte delle persone denunciate, l'autorità di pubblica sicurezza, autorizzata in tal senso dal giudice che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia assillante. Viene infine consentito al giudice, qualora nonostante la diffida formale l'indagato compia nuovi atti di molestia assillante, di prescrivere all'indagato medesimo le misure cautelari dell'allontanamento della casa familiare (articolo 282-bis del codice di procedura penale), del divieto e obbligo di dimora (articolo 283) e della custodia cautelare in carcere (articolo 285), nonché di adottare le misure, ovvero gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, di cui agli articoli 342-bis e 342-ter del codice civile.
L'articolo 8 prevede il gratuito patrocinio in favore delle vittime dei reati legati alla sfera delle violenze sessuali (articoli 609-bis, 609-ter, 609-ter.1, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale). Gli articoli 9 e 10 dettano le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento, mentre l'articolo 11 dispone l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
La proposta di legge C. 1374 Caparini, che consta di un solo articolo, mira a innalzare l'età del consenso sessuale da 14 a 16 anni, prevedendo la reclusione da 6 a 12 anni se la violenza sessuale è commessa nei confronti di persona che non ha ancora compiuto sedici anni (in luogo degli attuali quattordici). La reclusione è da 5 a 10 anni per chiunque compia atti sessuali con persona che al momento del fatto non ha compiuto sedici anni (in luogo degli attuali quattordici), ovvero con persona che non ha compiuto i diciotto anni (in luogo degli attuali sedici) quando il colpevole sia ascendente, genitore anche adottivo, tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore sia affidato o che abbia con il minore una relazione di convivenza. Il comma 3 interviene sull'articolo 609-quinquies prevedendo il delitto di corruzione di minorenne per chiunque compia atti sessuali in presenza di persona minore di anni sedici (in luogo degli attuali quattordici), al fine di farla assistere. Infine, il comma 4 modifica l'articolo 609-sexies nel senso di escludere la rilevanza dell'ignoranza dell'età della persona offesa quando i delitti sessuali siano commessi in danno di minore degli anni sedici (in luogo degli attuali anni quattordici).
La proposta di legge C. 1256 Nan, nelle intenzioni del presentatore, mira alla prevenzione dei numerosi fenomeni di violenza ed aggressione a sfondo sessuale registratisi nell'ultimo periodo. Dal punto di vista sistematico, la proposta di legge in esame appare estranea al contenuto dei precedenti provvedimenti che, o intervengono con novelle sulla disciplina codicistica, ovvero introducono specifici delitti di natura sessuale. Il provvedimento prevede in particolare, specifici divieti da imporre ai rivenditori di giornali, ai media ed agli operatori Internet, i cui comportamenti nel veicolare notizie ed immagini sono individuati come strumento di stimolo a comportamenti contrari alla morale pubblica. L'articolo 1 impone il divieto di pubblica esposizione di giornali, periodici, riviste che riproducano fotografie o immagini che possono essere di turbamento della morale pubblica. Tale materiale dovrà essere esposto in un locale separato riservandone l'accesso ad una clientela adulta (si presume, tramite la richiesta di un valido documento d'identità). La norma precisa, infine che, in carenza di tale locale separato, il rivenditore potrà mostrare all'adulto le pubblicazioni dietro specifica richiesta, fermo restando il divieto di esposizione al pubblico. La norma appare, quindi, rivolta a coloro che a qualsiasi titolo, espongano al pubblico giornali e riviste a scopo di vendita e deve essere coordinata con l'articolo 528 del codice penale che ha per oggetto le pubblicazioni e spettacoli osceni, l'articolo 725 dello stesso codice relativo al commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica decenza, gli articoli 14 e 15 della legge sulla stampa, 8 febbraio 1948, n. 47, l'articolo unico della legge 17 luglio 1975, n. 355 che prevede, però, la non punibilità per i reati previsti dagli articoli 528 e 725 del codice penale e dagli articoli 14 e 15 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 dei titolari e degli addetti a rivendita di giornali e di riviste per il solo fatto di detenere, rivendere, o esporre, nell'esercizio normale della loro attività, pubblicazioni ricevute dagli editori e distributori autorizzati ai sensi delle vigenti disposizioni, nonché con l'articolo 5 del decreto legislativo 24 aprile 2001 n. 170 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell'articolo 3 della legge 13 aprile 1999, n. 108).
L'articolo 2 della proposta di legge vieta il libero accesso ai siti INTERNET che riproducono contenuti a sfondo sessuale e divulgano immagini o notizie volte «a promuovere o a suscitare fantasie di tipo sessuale». Il sistema che il provvedimento prevede per l'accesso a tali siti - di cui la norma prevede il divieto di pubblicizzazione - si basa su due fattori, quali: l'espressa richiesta in tal senso e l'autocertificazione della propria maggiore età. L'articolo 3 impone ai mass media (giornali, TV, radio, ecc.) il divieto di diffondere notizie che, raccontando il fatto (di cronaca), descrivano dettagli e particolari che possano stimolare fantasie sessuali o comunque siano contrari alla morale pubblica e alla dignità personale. L'articolo 4, infine, prevede l'apparato sanzionatorio per le violazioni delle disposizioni della legge in esame. In particolare, la violazione del divieto di esposizione al pubblico di pubblicazioni oscene (articolo 1) e la illecita diffusione di particolari o dettagli pruriginosi (articolo 3) sono punite a titolo contravvenzionale con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. L'illecito previsto dall'articolo 2 della proposta di legge (violazione delle norme sull'accesso ai siti INTERNET e sul divieto di pubblicità) è, invece, punito a titolo di delitto, con la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro.
Infine, la proposta di legge C. 1819 Lussana mira ad introdurre nell'ordinamento il delitto di molestia insistente. L'articolo 1 prevede la reclusione fino a 2 anni per chiunque ponga in essere un «intenzionale, malevolo e persistente comportamento finalizzato a seguire o a molestare un'altra persona con attività che allarmano o suscitano una ragionevole paura o disagio emotivo, che ledono la libertà morale o personale o la salute psicofisica della persona offesa» (comma 1). Chiunque si ritenga offeso da siffatta condotta può anzitutto rivolgersi all'autorità giudiziaria presentando una richiesta di diffida per l'autore dei comportamenti lesivi. L'autorità giudiziaria autorizzerà l'autorità di pubblica sicurezza a diffidare formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti di molestia (comma 3). Peraltro, il comma 2 dell'articolo 1 prevede che - nelle more del procedimento penale - il giudice possa prescrivere all'indagato di non avvicinarsi al domicilio o ad altri luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, o al domicilio di parenti, di affini o di conoscenti della stessa. Laddove la diffida venga violata o il delitto reiterato, la pena è aumentata fino a un massimo di 4 anni (comma 4). Si osserva che la proposta di legge non specifica la perseguibilità, a querela della persona offesa, del delitto di molestia insistente. L'articolo 2 istituisce presso ogni questura uno specifico sportello - con la presenza di psicologi, psichiatri e assistenti sociali - per assistere coloro che si ritengano vittime di molestie insistenti (comma 1). Al tempo stesso è istituito, a cura del Ministero della giustizia, un numero verde nazionale per fornire una prima assistenza alle vittime del delitto e indirizzarle agli sportelli presso le questure (comma 2).
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 11.
[1] Conseguentemente sono stati abrogati, nel titolo IX del codice penale relativo ai delitti contro la moralità pubblica e il buon costume, l'intero capo I intitolato ai delitti contro la libertà sessuale (fattispecie di violenza carnale, congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale, atti di libidine violenti, fattispecie di ratto a fine di matrimonio, di libidine e di minore o infermo e di seduzione di matrimonio commessa da coniugato), nonché gli artt. 530, 539, 541, 542 e 543 (reato di corruzione di minorenni e le norme comuni all'intero titolo IX).
[2] In giurisprudenza si è affermato che tra i casi di minore gravità di cui all'art. 609 bis, ult. co., potranno annoverarsi comportamenti di molestia sessuale consistenti in atti concludenti, mentre ne resteranno esclusi quei comportamenti che si risolvono, ad esempio, in ossessivi corteggiamenti o in assillanti proposte, ove "lo sfondo sessuale" costituisce soltanto un motivo e non un elemento della condotta (cfr. Cass., Sez. III, 15.11.1996).
[3] Al momento, in giurisprudenza, si è affermato l’orientamento per il quale il concetto di atti sessuali è semplicemente la somma dei concetti previgenti di congiunzione carnale e atti di libidine (cfr. Cass., Sez. III, 2.7.2004; Cass., Sez. III, 12.2.2004; Cass., Sez. III, 22.12.1999; Cass., Sez. III, 28.9.1999).
[4] Mentre precedentemente l’art. 519 c.p. prevedeva la detenzione da 3 a 10 anni, l’art. 520 da 1 a 5 anni e l’art. 521 le pene dei due articoli precedenti ridotte di un terzo, attualmente l’art. 609-bis prevede limiti edittali da 5 a 10 anni, salva la riduzione in misura non eccedente i due terzi nei casi di minore gravità.
[5] L'art. 609 sexies, introdotto dall'art. 7 della legge n. 66/1996, sancisce l'irrilevanza dell'ignoranza dell'età della persona offesa (se minore degli anni quattordici). Tale principio, per espresso richiamo, si applica alle ipotesi previste dagli artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies: cioè, in effetti, a tutte le incriminazioni introdotte dalla nuova legge contro la violenza sessuale, abbiano esse natura di titolo autonomo oppure di circostanza aggravante. L'articolo in esame ribadisce così una disciplina notoriamente già fissata dall'abrogato art. 539: evidentemente, il legislatore del 1996 ha inteso confermare una disposizione che in certo senso contribuisce "oggettivamente" a salvaguardare il minore.
[6] In giurisprudenza si è affermato che mediante la locuzione «al fine di farla assistere» si è operato un intervento che presuppone, ai fini del delitto in questione, il dolo specifico; dunque, si esige che - oltre alla coscienza e volontà del fatto materiale - il soggetto agisca per un fine particolare che è, per l'appunto, previsto come elemento soggettivo costitutivo della fattispecie legale (cfr. Cass., Sez. III, 28.4.1997).
[7] In giurisprudenza si è affermato che, nel reato di cui all'art. 609-octies, ad integrare il concetto di gruppo sarebbero sufficienti due persone (cfr. Cass., Sez. III, 9.9.1996; (Cass., Sez. III, 13.11.2003; Cass., Sez. I, 5.6.2001).
[8] Legge 3 agosto 1998, n. 269, Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.
[9] Si tratta della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cd. ex Cirielli), Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione.
[10] Si tratta delle aggravanti consistenti nell’avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone (n. 4); nell'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (n. 5); nell’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione spedito per un precedente reato (n. 6); l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso (n. 8); l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto (n. 9); l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità (n. 11).
[11] La legge reca: Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo INTERNET.
[12] D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
[13]Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
[14] Delega al Governo per la razionalizzazione in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e finanza territoriale.
[15] Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005.
[16] “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della L. 28 novembre 2005, n. 246”.
[17] Si consideri, in proposito, che l'articolo 59, comma 16, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), ha previsto uno specifico contributo, pari allo 0,5 per cento ed a carico dei predetti lavoratori, per la tutela della maternità e per gli assegni per il nucleo familiare; in seguito, l'articolo 51, comma 1, della L. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000), ha previsto, tra l'altro, l'estensione, agli iscritti alla predetta gestione, della tutela contro il rischio di malattia in caso di degenza ospedaliera, nei limiti delle risorse derivanti dal citato contributo ed in relazione al reddito individuale.
[18] Ai fini della certificazione e dell’attestazione dello stato di malattia per la fruizione alla relativa indennità trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 2 del decreto-legge 30- dicembre 1979, n. 663, convertito dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33. E’ prevista, infine, l’applicabilità delle disposizioni in materia di fasce orarie di reperibilità e di controllo dello stato di malattia di cui all’articolo 5, comma 14, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla L. 11 novembre 1983, n. 638.
[19] Proposito della "Carta" è quello di creare un insieme di principi in cui tutti i Centri e le Case si possano riconoscere nel rispetto delle differenze, delle realtà locali, della propria storia politica e di nascita. Il documento è disponibile in:
www.women.it/centriantiviolenza/carta_atti/carta_della_rete_nazionale_dei_centri_antiviolenza.pdf
[20] Ai sensi dell’articolo 572, primo comma , del codice penale, chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente (Abuso di mezzi di correzione e di disciplina), maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
[21] La disposizione citata prevede che chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento milioni (primo comma). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164 (secondo comma). Nel caso in cui il fatto di cui al secondo comma sia commesso nei confronti di persona che non abbia compiuto gli anni sedici, si applica la pena della reclusione da due a cinque anni (terzo comma). Se l'autore del fatto di cui al secondo comma è persona minore di anni diciotto si applica la pena della reclusione o della multa, ridotta da un terzo a due terzi (quarto comma).
[22] Il suddetto articolo 600-ter stabilisce che chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228 (primo comma). Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del citato materiale pornografico (secondo comma). Chiunque, al di fuori delle summenzionate ipotesi, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza materiale pornografico, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cento milioni (terzo comma). Al di fuori delle ipotesi di cui ai commi precedenti, chiunque offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, materiale pornografico, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164 (quarto comma). Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.
[23] La norma sopra citata prevede che chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni (primo comma ). Ai sensi del secondo comma, alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali, abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; ovvero traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona (secondo comma). Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi (terzo comma).
[24] Ai sensi dell’articolo 609-quater, commette il delitto di atti sessuali con minorenne chiunque compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto non ha compiuto gli anni quattordici, ovvero non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza (comma 1). Al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni (secondo comma). Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni (terzo comma). Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi (quarto comma). Si applica la pena di cui all'articolo 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci (quinto comma).
[25] La citata disposizione stabilisce che chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
[26] Ai sensi del suddetto articolo 609-octies, la violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis (primo comma) ed è punita con la reclusione da sei a dodici anni (secondo comma). La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 609-ter (terzo comma). La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato e per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell'articolo 112 (quarto comma).
[27] Secondo la relazione illustrativa, “Il diritto di informazione è un diritto «strumentale» all'esercizio degli altri diritti pure riconosciuti in questa disposizione”.
[28] Con riferimento all’esigenza di integrazione delle strutture socio-assistenziali, la stessa relazione di accompagnamento al disegno di legge chiarisce che “La normazione proposta attua un concetto di assistenza sociale piuttosto ampio, comprensivo del primo soccorso, dell'accoglienza e del recupero integrale. Le vittime della violenza hanno infatti una pluralità di esigenze che vanno dalle prime cure per gli effetti fisici della lesione sofferta, alla necessità di essere inserite in un contesto sicuro per evitare il possibile perpetrarsi di ulteriori violenze, alla necessità di un aiuto concreto per il reinserimento a livello sociale”.
[29] Cfr. l’articolo 6 della citata legge n. 328 del 2001.
[30] Alla legge nazionale (in via esclusiva) spetta, infatti, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
[31] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, conv., con mod., dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.
[32] L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[33] D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[34] D.P.R. 31agosto1999, n. 394, Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
[35] L. 11 agosto 2003, n. 228, Misure contro la tratta di persone.
[36] D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
[37] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, sent. n. 12545 del 2000 (In tema di maltrattamenti in famiglia, il reato di cui all'art. 572 c.p. è configurabile anche al di fuori della famiglia legittima in presenza di un rapporto di stabile convivenza, in quanto suscettibile di determinare obblighi di solidarietà e di mutua assistenza); Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 8953 del 1997 (Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 572 c.p., deve considerarsi "famiglia" ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà, senza la necessità della convivenza e della coabitazione. E' sufficiente un regime di vita improntato a rapporti di umana solidarietà ed a strette relazioni, dovute a diversi motivi anche assistenziali); Cass. pen., Sez. III, sent. 1691 del 1986 (Il reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c. p. non presuppone necessariamente l'esistenza di vincoli di parentela civili o naturali, ma sussiste anche nei riguardi di una persona convivente more uxorio, perché anche in tal caso viene tra le parti a crearsi quel rapporto stabile di comunità familiare che il legislatore ha ritenuto di dover tutelare).
[38] L’articolo 600-sexies c.p. Circostanze aggravanti ed attenuanti dispone infatti che “Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, primo comma, e 600-quinquies, nonché dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici (comma 1).
[39] Cfr. art. 60, comma 3; art. 601, comma 2; art. 602, comma 2.
[40] Codice di procedura penale, art. 51, comma 3-bis «Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente».
Art. 51, comma 3-quater «Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Si applicano le disposizioni del comma 3-ter».