Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||
Titolo: | Azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori - A.C. 1495 e abb. - Parte prima | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 65 | ||||
Data: | 03/11/2006 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XV LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori A.C. 1495 e abb. |
Schede di lettura |
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n. 65 |
Parte I |
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3 novembre 2006 |
Dipartimento giustizia
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
file: File: GI0053.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Necessità dell’intervento con legge
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Impatto sui destinatari delle norme
§ L’esperienza americana delle class actions
§ Il contenuto dei progetti di legge
§ La proposte di legge AC 1289 (Maran ed altri) e AC 1662 (Buemi ed altri)
§ Le proposte di legge AC 1330 (Fabris ed altri) e AC 1443 (Poretti, Capezzone)
§ A.C. 1495, (Governo), Introduzione dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori
§ A.C. 1330, (on. Fabris ed altri), Nuove norme in materia di azione collettiva
§ A.C. 1443, (on. Poretti, Capezzone), Disciplina dell'azione giudiziaria collettiva
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
§ Codice civile (artt. 1223, 1342, 1469-bis, 2945)
§ Codice di procedura civile (artt. 39, 125, 137-144-bis, 163, 633-634)
§ Legge 30 luglio 1998 n. 281. Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti (art. 3)
§ D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5. Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366. (artt. 2, 19, 38, 39 e 40)
§ D.L. 8 febbraio 2003, n. 18. Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità.
§ D.M. 23 luglio 2004, n. 222. Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione nonché di tenuta del registro degli organismi di conciliazione di cui all'articolo 38 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.
§ D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206. Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229. (artt. 33-37, 139-142)
Normativa comunitaria
§ Trattato che istituisce la comunità europea (art. 153)
§ Dir. 98/27/CE del 19 maggio 1998. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori.
Dottrina
§ C. Consolo, Class actions fuori dagli U.S.A.? (Un’indagine preliminare sul versante della tutela dei crediti di massa: funzione sostanziale e struttura processuale minima), in Rivista di diritto civile, n. 5/1993
§ A. Giussani, La transazione collettiva per i danni futuri: economia processuale, conflitti d’interesse e deterrenza delle condotte illecite nella disciplina delle
§ P. Rescigno, Sulla compatibilità tra il modello processuale della class action ed i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, in Giurisprudenza italiana, n. 11/2000
Numero del progetto di legge |
1495 |
Titolo |
Introduzione dell' azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori |
Iniziativa |
Governo |
Settore d’intervento |
Tutela dei consumatori; diritto processuale civile. |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
27 luglio 2006 |
§ annuncio |
31 luglio 2006 |
§ assegnazione |
2 agosto 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), X Commissione (Attività produttive) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), XIV (Politiche comunitarie) |
Numero del progetto di legge |
1289 |
Titolo |
Modifiche all' articolo 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, per l' introduzione dell' azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti |
Iniziativa |
On. Maran ed altri |
Settore d’intervento |
Tutela dei consumatori; diritto processuale civile. |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
5 luglio 2006 |
§ annuncio |
6 luglio 2006 |
§ assegnazione |
2 agosto 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), V Commissione (Bilancio), VI Commissione (Finanze), X Commissione (Attività produttive) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), XIV (Politiche comunitarie) |
Numero del progetto di legge |
1330 |
Titolo |
Nuove norme in materia di azione collettiva |
Iniziativa |
On. Fabris ed altri |
Settore d’intervento |
Tutela dei consumatori; diritto processuale civile. |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
17 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
10 luglio 2006 |
§ annuncio |
11 luglio 2006 |
§ assegnazione |
19 settembre 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), V Commissione (Bilancio), VI Commissione (Finanze) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), X Commissione (Attività produttive) |
Numero del progetto di legge |
1443 |
Titolo |
Disciplina dell' azione giudiziaria collettiva |
Iniziativa |
On. Poretti e On. Capezzone |
Settore d’intervento |
Tutela dei consumatori; diritto processuale civile. |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
17 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
21 luglio 2006 |
§ annuncio |
24 luglio 2006 |
§ assegnazione |
2 ottobre 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
1ª (Affari costituzionali), 5ª (Bilancio), 10ª (Attività produttive) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 14ª (Politiche comunitarie) |
Numero del progetto di legge |
1662 |
Titolo |
Introduzione dell' articolo 141-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di " class action " |
Iniziativa |
On. Buemi ed altri |
Settore d’intervento |
Tutela dei consumatori; diritto processuale civile. |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
1 |
Date |
|
§ presentazione alla Camera |
19 giugno 2006 |
§ annuncio |
20 settembre 2006 |
§ assegnazione |
2 ottobre 2006 |
Commissione competente |
II Commissione (Giustizia) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali), VI Commissione (Finanze), X Commissione (Attività produttive) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), XIV (Politiche comunitarie) |
I progetti di legge in esame, riprendendo in parte i contenuti del testo unificato (A.C. 3838 e 3839) che nella trascorsa legislatura è stato approvato soltanto da questo ramo del Parlamento (l’iter dello stesso si è infatti arrestato presso il Senato), sono diretti ad introdurre nel nostro ordinamento un nuovo istituto, ovvero un’azione collettiva giudiziale volta al risarcimento dei danni patiti dai consumatori a seguito di comportamenti illeciti.
Tutti i progetti di legge sono corredati della sola relazione illustrativa; la relazione di accompagnamento al disegno di legge del Governo, A.C. 1495, chiarisce tuttavia che dal provvedimento non derivano nuovi oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.
Si tratta di provvedimenti che intervengono a modificare disposizioni contenute in un atto con valore legislativo, e comunque a disciplinare strumenti di tutela dei diritti dei consumatori: si giustifica pertanto l'utilizzazione dello strumento legislativo.
Si tratta di proposte di legge dirette ad introdurre una tutela giudiziaria e processuale degli interessi dei consumatori. La materia sembra pertanto riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa).
In linea generale la protezione degli interessi dei consumatori - non contemplata in via diretta dalla nostra Costituzione - trova riconoscimento nell’art. 153 par. 1 del Trattato di Roma, istitutivo della Comunità economica europea, che ha previsto a tal fine che “…la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi”.
Tuttavia, pur essendosi succeduti nel corso degli anni una serie di interventi del legislatore comunitario sul tema generale della tutela degli interessi dei consumatori, nei suoi diversi aspetti, non è stato trattato, in tale sede, il tema delle "azioni di gruppo o di classe", trattandosi di ambiti più strettamente connessi all'ordinamento interno del singolo Stato e al sistema processuale in esso adottato.
La tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, nei suoi diversi e poliedrici aspetti, ha costituito, soprattutto negli ultimi anni, uno dei punti focali della normazione comunitaria. La disciplina nazionale è dunque costituita, in buona parte, da una serie di disposizioni legislative volte a dare attuazione alle numerose direttive comunitarie sulla materia.
Nel nostro ordinamento, un primo significativo intervento volto a tutelare in via giudiziale gli interessi dei consumatori si ha con l’approvazione della legge comunitaria per il 1994 (legge 6 febbraio 1996, n. 52). L’articolo 25, dando attuazione alla direttiva CEE n. 93/13 del Consiglio in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, era intervenuto sulla normativa concernente i contratti per adesione, novellando il codice civile mediante l’aggiunta al capo XIV, del titolo II, del libro IV, di un capo XIV-bis, rubricato “Dei contratti del consumatore” (articoli 1469-bis-1469-sexies). Con la nuova disciplina viene modificata radicalmente la disciplina dei contratti standardizzati, cioè di tutti quei contratti che vengono presentati al consumatore sotto forma di moduli prestampati in cui le condizioni generali del contratto sono state predisposte unilateralmente dal venditore o professionista[1].
Successivamente, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti) ha introdotto, in armonia con i principi consolidati a livello comunitario, una disciplina organica della tutela degli interessi dei consumatori riconoscendo il potere inibitorio delle associazioni dei consumatori (la legittimazione ad agire).
La nuova disciplina ha previsto l'attribuzione alle associazioni dei consumatori iscritte nell'apposito elenco istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi, indipendentemente dalla segnalazione di un cittadino e dunque dall'esigenza di tutelare una singola posizione individuale.
In particolare, l’art. 3 della legge 218/1998 introduceva una forma di tutela processuale collettiva degli interessi dei consumatori modellata su quella dell’art. 1469-sexies, basata quindi sulla inibitoria.
Sia la disciplina prevista dal codice civile che quella di cui alla successiva legge 281/1998 sono ora pressoché integralmente abrogate a seguito del loro assorbimento all’interno del cd. Codice del consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206). Nel Codice del consumo, entrato in vigore il 23 ottobre 2005, sono infatti confluite tutte le disposizioni in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.
Il 12 settembre 2002 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa all’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito ai consumatori (COM(2002)443).
Nel documento la Commissione prospetta una serie di modifiche alle vigenti direttive relative al credito al consumo al fine di realizzare una maggiore armonizzazione delle discipline nazionali in materia. Le relazioni presentate dalla Commissione sull’applicazione della normativa comunitaria nel settore in oggetto, infatti, hanno evidenziato il persistere di considerevoli disparità fra le legislazioni dei diversi Stati membri. Il campo di applicazione della proposta riguarda tutti i tipi di credito offerti ai consumatori, ad eccezione del credito immobiliare.
Il 24 aprile 2004, il Parlamento europeo ha esaminato la proposta, nell’ambito della procedura di codecisione, approvando emendamenti. Il 28 ottobre 2004 la Commissione ha presentato una proposta modificata e un’ulteriore proposta modificata è stata presentata il 7 ottobre 2005 (COM(2005)483). In quest’ultimo documento, la Commissione, rinunciando all’idea di un’armonizzazione piena della materia, propone modifiche alla legislazione vigente volte a rendere omogenee le norme a livello nazionale in materia di informazioni e pratiche preliminari alla formazione e conclusione di contratti di credito, di informative sull’accesso alle banche dati e di informazioni da inserire nei contratti di credito (come per es. le informazioni sull’accesso a procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie e la precisazione di quali formalità debbano essere seguite per il ricorso a tali procedure).
Su quest’ultima proposta di direttiva modificata, il Consiglio ha iniziato la discussione il 29 maggio 2006.
Il 6 aprile 2005, la Commissione europea ha presentato una comunicazione dal titolo “Migliorare la salute, la sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei consumatori” ed una proposta di decisione che istituisce il programma comunitario per la salute e la protezione dei consumatori per gli anni 2007-2013 (COM(2005)115). Rispetto al passato, l’iniziativa unifica i due settori di attività fino ad oggi separati e amplia i programmi attuali in materia di salute pubblica e tutela dei consumatori, individuando le azioni nei diversi settori di intervento previsti. Sulla tutela dei consumatori, la comunicazione riconosce che per garantire la crescita e la competitività del mercato occorre riconoscere l’importanza della fiducia dei consumatori e che il miglior mezzo per incrementare tale fiducia è assicurare ai consumatori una protezione adeguata; a tal fine, il documento individua quattro linee d’azione che corrispondono ad una migliore comprensione dei consumatori e dei mercati, ad una migliore regolamentazione della protezione dei consumatori, ad una migliore informazione ed educazione dei consumatori e ad un miglioramento dell’applicazione della legislazione, del controllo e della protezione giuridica; quest’ultimo modulo consisterà nel migliorare gli strumenti di ricorso di cui dispongono i consumatori, in particolare nelle controversie transfrontaliere, migliorando l’accesso alla risoluzione alternativa extragiudiziale delle controversie, e nello sviluppo della rete dei Centri europei dei consumatori0.
Il 16 marzo 2006 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta di decisione, nell’ambito della procedura di codecisione, approvando diversi emendamenti tra cui alcuni che non corrispondono all’impostazione della Commissione sulla unificazione dei due settori.
Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato due nuove proposte di decisione modificate.
La prima proposta di decisione modificata (COM(2006)234) è relativa ad un programma d’azione per la salute, con una dotazione finanziaria di 365,6 milioni di euro per il periodo di programmazione 2007-2013.
La seconda proposta di decisione modificata (COM(2006)235) istituisce un programma di azione comunitaria in materia di protezione dei consumatori per il periodo di programmazione 2007-2013, con una dotazione di 156,8 milioni di euro. In quest’ultimo documento vengono ridefiniti più concisamente rispetto alla proposta iniziale della Commissione, e limitati a due, gli obiettivi in materia di tutela dei consumatori, così come viene ridotto da 20 ad 11 il numero delle azioni previste. Tra le azioni mantenute dalla proposta modificata rientrano, tra l’altro, le azioni riguardanti l’informazione, la consulenza e gli strumenti di ricorso. Sono richiamati tra gli strumenti di ricorso: il monitoraggio del funzionamento e la valutazione dell’impatto dei sistemi alternativi per la risoluzione delle controversie, le azioni congiunte condotte con enti pubblici, senza scopo di lucro, facenti parte di reti comunitarie che forniscono informazioni ai consumatori per aiutarli ad esercitare i loro diritti e ottenere accesso a mezzi appropriati di risoluzione delle controversie (la rete dei centri europei dei consumatori). Nella proposta modificata, infine, la Commissione sottolinea di volere presentare entro la fine del 2006 un documento politico distinto, relativo ad una strategia in materia di politica dei consumatori per il periodo 2007-2013.
Sulla proposta di decisione modificata relativa al programma di azione comunitaria in materia di protezione dei consumatori 2007-20013, il Consiglio competitività ha raggiunto un accordo politico sulla posizione comune il 25 settembre 2006, accordo politico che verrà formalmente adottato in una delle prossime riunioni.
Le proposte di legge A.C. 1330 e A.C. 1443 demandano ad un decreto del Ministro della giustizia l’adozione di un regolamento di attuazione della nuova disciplina per la specifica definizione di alcuni aspetti espressamente elencati.
Mentre il disegno di legge del Governo A.C. 1495 e le due proposte di legge A.C. 1289 e A.C. 1662 intervengono a modificare la disciplina contenuta nel “Codice del consumo” di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, le proposte di legge A.C. 1330 e A.C. 1443 dettano un’autonoma regolamentazione dell’azione collettiva non inserendola in un preesistente atto normativo.
Le proposte di legge in esame sono finalizzate a realizzare un ampliamento della tutela riconosciuta alla categoria dei consumatori, introducendo meccanismi processuali idonei a soddisfare in maniera più agile e rapida gli interessi di questi ultimi.
Per un esame delle osservazioni alla formulazione del testo si fa rinvio al contenuto delle schede di lettura.
La protezione degli interessi dei consumatori - non contemplata in via diretta dalla nostra Costituzione - trova riconoscimento nell’art. 153 par. 1 del Trattato di Roma, istitutivo della Comunità economica europea, che ha previsto a tal fine che “…la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi”. Analoga disposizione è stata adottata dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa(art. III-235).
Nel nostro ordinamento, un primo significativo intervento volto a tutelare in via giudiziale gli interessi dei consumatori si ha con l’approvazione della legge comunitaria per il 1994 (legge 6 febbraio 1996, n. 52). L’articolo 25, dando attuazione alla direttiva CEE n. 93/13 del Consiglio in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, era intervenuto sulla normativa concernente i contratti per adesione, novellando il codice civile mediante l’aggiunta al capo XIV, del titolo II, del libro IV, di un capo XIV-bis, rubricato “Dei contratti del consumatore” (articoli 1469-bis-1469-sexies). Con la nuova disciplina viene modificata radicalmente la disciplina dei contratti standardizzati, cioè di tutti quei contratti che vengono presentati al consumatore sotto forma di moduli prestampati in cui le condizioni generali del contratto sono state predisposte unilateralmente dal venditore o professionista[2]: In particolare, per regola generale, si definivano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, “determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” (art. 1469-bis); inoltre, le clausole contrattuali (principali e accessorie, vessatorie o meno) dovevano essere redatte in maniera chiara e comprensibile e, in caso di dubbio circa il senso di una clausola, il contratto verrà interpretato nel senso più favorevole al consumatore (art. 1469-quater);
La normativa civilistica - da applicarsi in presenza di clausole vessatorie contenute in contratti stipulati tra un professionista (commercianti, aziende, la pubblica amministrazione quando agisce secondo il diritto privato) e un consumatore[3] (articolo 1469-bis) e quando le stesse non fossero state "oggetto di negoziato individuale" (articolo 1469-ter) - introduceva due ordini di rimedi a tutela del consumatore:
a) il giudice, accertata la vessatorietà della clausola, ne dichiara l'inefficacia, facendo salvo il resto del testo contrattuale (articolo 1469-quinquies). Si interveniva, quindi, dopo la conclusione del contratto andando a tutelare la posizione del singolo consumatore;
b) il giudice, dietro richiesta delle associazioni dei consumatori o dei professionisti e delle camere di commercio, poteva concedere una inibitoria dell’uso attuale e futuro delle condizioni di cui si sia accertata la vessatorietà (articolo 1469-sexies); un rimedio, quindi di tipo preventivo e generale.
Successivamente, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti) ha introdotto, in armonia con i principi consolidati a livello comunitario, una disciplina organica della tutela degli interessi dei consumatori riconoscendo il potere inibitorio delle associazioni dei consumatori (la legittimazione ad agire).
La nuova disciplina ha previsto l'attribuzione alle associazioni dei consumatori iscritte nell'apposito elenco istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi, indipendentemente dalla segnalazione di un cittadino e dunque dall'esigenza di tutelare una singola posizione individuale.
In particolare, l’art. 3 della legge 218/1998 introduceva una forma di tutela processuale collettiva degli interessi dei consumatori modellata su quella dell’art. 1469-sexies, basata quindi sulla inibitoria.
Sia la disciplina prevista dal codice civile che quella di cui alla successiva legge 281/1998 sono ora pressoché integralmente abrogate a seguito del loro assorbimento all’interno del cd. Codice del consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206).
Il Codice fa assumere un autonomo rilievo al diritto dei consumatori nell’ambito dell’ordinamento civile, con la finalità di unificare in un unico testo, coordinare e semplificare numerose disposizioni che la stratificazione normativa aveva reso poco leggibili ed efficaci. Nell’ambito dell’armonizzazione con le direttive comunitarie in materia, il Codice ha provveduto a rivedere taluni aspetti problematici, disciplinando molteplici settori: l’etichettatura, la sicurezza generale dei prodotti, la pubblicità ingannevole e le clausole abusive, le vendite a domicilio, le vendite a distanza, i contratti turistici e la multiproprietà, le garanzie dei beni di consumo e la tutela giudiziale.
Nel Codice del consumo, entrato in vigore il 23 ottobre 2005, sono infatti confluite tutte le disposizioni in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.
La residua disciplina dei contratti del consumatore all’interno del codice civile si limita attualmente al solo articolo 1469-bis, che precisa l’applicabilità ai contratti del consumatore delle norme generali sui contratti, ove non derogate dal codice del consumo a da altre più favorevoli per il consumatore[4].
Per quel che qui interessa, mentre gli artt. 33-38 del Codice del consumo riprendono sostanzialmente le corrispondenti abrogate norme del codice civile relative ai contratti del consumatore ed alla inibitoria per clausole vessatorie (art. 37), assume particolare rilievo la disciplina dettata dalla Parte V del Codice (Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia, artt. 136-141).
Il D.Lgs 206/2005 conferma (Titolo I) l’istituzione presso il Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti nonché dell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale,l’iscrizione nel quale è subordinata a specifici requisiti formali e di rappresentatività (artt. 136 e 137)[5].
Il titolo II (Azioni inibitorie e accesso alla giustizia) riguarda più specificamente la tutela giudiziale del consumatore, all’interno della quale non trova tuttavia ancora posto una tutela di tipo risarcitorio.
Il Codice riprende, infatti, sostanzialmente, pur novellandola in alcuni punti, il contenuto della legge 281/1998 (art. 3) che già prevedeva la sola tutela di tipo preventivo-inibitorio.
Ai sensi dell’articolo 139, la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi è riservata soltanto alle associazioni dei consumatori e degli utenti “ufficiali” cioè quelle che, in possesso dei requisiti previsti, siano inserite nel citato elenco presso il ministero[6].
Peraltro, il successivo articolo 140 non preclude il diritto ad azioni individuali dei consumatori (comma 9) danneggiati dalle violazioni ma, con la finalità di evitare contrasti di giudicati, opportunamente fa salva la disciplina sulla litispendenza, sulla continenza, sulla connessione e sulla riunione dei procedimenti: tenendo presente la miriade di soggetti che possono trovarsi nella medesima situazione, tale richiamo serve ad evitare che, almeno in concomitanza, possano venirsi a creare opposti precedenti nelle identiche questioni
Si rileva come l’azione individuale (oltre a non prevedere l’azione eventuale degli “utenti”[7], ma solo dei consumatori) sia possibile solo a danno sofferto, escludendo quindi una tutela preventiva di tipo cautelare.
La procedura dell’azione inibitoria, illustrata dallo stesso articolo 140, stabilisce che quest’ultima può essere, anzitutto, proposta solo dopo che siano trascorsi 15 giorni dalla richiesta - da parte delle associazioni, a mezzo di raccomandata A/R - al soggetto ritenuto responsabile, di cessazione del comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e degli utenti (comma 5).
Peraltro, il comma 2, con chiaro intento deflattivo della giustizia, prevede un tentativo di conciliazione precontenzioso che le associazioni legittimate possono esperire presso la camera di commercio; questo procedimento deve comunque definirsi entro sessanta giorni[8].
Per quanto riguarda le azioni esperibili, esclusa, come accennato, la possibilità di avviare un’azione risarcitoria di qualsiasi tipo, il D.Lgs 206/2005 estende, come già la legge 281/1998, la procedura inibitoria per clausole vessatorie già delineata dal previgente art. 1469-sexies del codice civile (ed ora dettata dall’art. 37 del Codice del consumo).
In base alla nuova disciplina, la tutela non viene più concessa soltanto per specifiche violazioni, ma ogni qual volta i diritti fondamentali (specificati all’articolo 2 del Codice) vengano violati, o semplicemente se ne teme la violazione (non a caso il comma 8 dell’articolo 140 prevede, nei casi di urgenza, un ricorso in sede cautelare ex artt. 669-bis-669-quaterdecies, c.p.c., cui corrisponde nel merito, l’avvio di un procedimento ordinario di cognizione).
Vengono quindi tipizzati i rimedi che possono essere chiesti al giudice (art. 140, comma 1):
a) l’azione inibitoria viene ammessa in linea generale e non soltanto nei confronti di atti, ma anche di comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;
b) il giudice può anche adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate. A un giudizio di accertamento si affianca dunque e si aggiunge un provvedimento di condanna;
c) il giudice - nei casi in cui tale pubblicità possa contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate - può quindi ordinare la pubblicazione del provvedimento.
Con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice fissa un termine per adempiere agli obblighi stabiliti, disponendo, in caso di inadempimento, il pagamento a favore del bilancio dello Stato di una somma da 516 a 1.032 euro per ogni giorno di ritardo. Innovando rispetto a quanto previsto dalla legge 281/1998, viene ora previsto, in caso di mancata soddisfazione deglli obblighi assunti col verbale di conciliazione, che le parti possano rivolgersi al tribunale che, con procedimento camerale, accerta l’inadempimento disponendo il pagamento delle dette somme di denaro. (comma 7).
Il comma 10 dell’art. 140 chiarisce che l’azione inibitoria proponibile, per vessatorietà delle clausole (art. 37) dalle associazioni dei consumatori di cui all’art. 137 del Codice (le sole associazioni dei consumatori ed utenti iscritte nell’elenco presso il ministero), si esercita ai sensi dello stesso art. 140 sia con riguardo alla procedura che all’ambito dei provvedimenti ottenibili (non solo propriamente inibitori, ma anche ripristinatori, oltre che l’applicazione delle misure coercitive e la già prevista pubblicazione del provvedimento).
Il comma 11 dell’art. 140 fa, comunque, salva la giurisdizione del giudice amministrativo nelle controversie in materia di servizi pubblici; analoga salvaguardia è apprestata dal comma 12 in relazione alla competenza esclusiva dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per le procedure di conciliazione obbligatoria previste dalla legge 249/1997.
L’art. 1, comma 1,della legge 249/1997 stabilisce che per le controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro, individuate con provvedimenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione.
L’articolo 141 del D .Lgs 206/2005 prevede, infine, la possibilità di attivare forme di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, tra professionista e consumatore (anche per via telematica), allo scopo di deflazionare il carico di contenzioso pendente ed agevolare la rapida soluzione delle controversie.
Rimane fermo che, qualunque sia l’esito della risoluzione extragiudiziale, il singolo consumatore può comunque adire il giudice competente (comma 5).
Va segnalato come tale disposizione abbia dato luogo a non pochi dubbi in relazione alla possibilità, in tal modo, di rendere vana la portata processuale dell’omologazione ed esecutività del verbale di conciliazione nonché la stessa procedura stragiudiziale.
Nell’ordinamento italiano non è prevista una tutela collettiva dei diritti dei consumatori che, mediante un’azione di gruppo, possa comportare, come nelle class actions americane, un diritto al risarcimento del danno subito in capo ai singoli appartenenti al gruppo.
La particolarità del citato modello statunitense di tutela dei consumatori si incentra soprattutto su due aspetti: la possibilità di ricorrere ad una azione collettiva a fini risarcitori e quella di ottenere i cosiddetti danni punitivi.
Negli Stati Uniti, un gruppo di cittadini può eleggersi a tutela di un interesse collettivo agendo in giudizio presso una Corte federale con una azione giudiziale di gruppo denominata class action.
L’azione è ammessa quando gli individui che si riconoscono in un gruppo (la class) si considerano violate in un diritto primario e personale; la class è quindi formata da un gruppo di persone che condividono alcune caratteristiche da cui sorge un comune interesse, contrapposto a quello di un determinato soggetto, interesse che - invece che in tanti singoli processi - può essere più facilmente esaminato dall’autorità giudiziaria in un singolo procedimento.
Nella sostanza tali azioni di gruppo possono avere finalità risarcitorie (damages class actions) o inibitorie (injunctive class actions); mentre le prime, mirano ad ottenere dalla controparte un ristoro economico in favore degli appartenenti alla class nei torts mass cases, le seconde possono avere funzione risarcitoria solo in via subordinata, essendo volte per lo più ad ottenere dal giudice la cessazione di comportamenti illeciti.
L’azione presso la Corte, essendo la class potenzialmente composta da un grandissimo numero di soggetti, è esperita da un solo rappresentante (named o class representative) per conto del gruppo, che solitamente è la prima persona che esperisce l’azione.
La Federal Rules of Civil Procedure (FRCP) prende in considerazione (rule 23) le ragioni di una class se sussistono le seguenti condizioni:
· il gruppo deve essere così ampio da ricomprendere tutti i portatori dell’interesse della class (numerosity);
· il gruppo deve essere portatore di una questione comune sia in fatto che in diritto (commonality);
· i rappresentanti devono presentare domande (o difese) omogenee per il gruppo rappresentate (typicality);
· i rappresentanti devono adeguatamente e correttamente rappresentare la class (adeguacy); ad esempio, va verificata l’assenza di situazioni di conflitto d’interesse tra rappresentante e rappresentati; va accertato che l’azione del rappresentante non si svolga in modo inaccurato o addirittura collusivo con la controparte, ecc.
Il giudice deve quindi preliminarmente ammettere come tale la class action e ciò avviene positivamente mediante la cd. certification ovvero un’omologa dell’azione collettiva che va adeguatamente pubblicizzata, a cura del giudice, per permettere l’eventuale opt-out dei membri della class. L’opt-out rappresenta un atto di particolare rilevanza in quanto permette al singolo appartenente alla class di non subire le conseguenze del giudicato mantenendo, quindi, la possibilità di agire in giudizio autonomamente.
La FRCP considera tre diversi tipi di class actions a seconda della ratio che ispira l’azione collettiva:
1) il pericolo che trattazioni separate della stessa questione in processi diversi porti a decisioni diseguali;
2) la necessità di emanare un provvedimento urgente inibitorio di un comportamento pregiudizievole per la class;
3) la convenienza di trattazioni collettive di questioni simili sia in fatto che in diritto in un unico foro e secondo la stessa legge.
I partecipanti alla class action possono presentare istanze volte al controllo (e alla eventuale rimozione) dell’azione del named representative ed essere sentiti in udienza per esprimere le loro considerazioni sulla causa e sulla sua gestione, ovvero autoescludersi dalla class action (opt-out) entro un termine stabilito dalla stessa certification.
Un’azione collettiva di tale tipo comporta però seri problemi di regolarità del contraddittorio nei confronti dei singoli membri della class, portatori dei singoli interessi presunti lesi; per ovviare a tale problema, la FRCP prescrive notificazioni personali ai membri del gruppo o, in difetto, adeguate forme di pubblicità attraverso giornali e televisioni.
La sentenza resa sulla class action ha efficacia nei confronti di tutti i membri della class (con esclusione di quelli che abbiano usufruito dell’opt-out); è ammessa la possibilità di raggiungere una transazione tra il named representative ed il rappresentante della parte citata (individual defendant) se questa viene notificata ai membri della class e viene approvata dalla Corte.
A seguito della sentenza che ammette le ragioni della class action, tutti coloro che rientrano nella definizione di parte lesa adottata giudizialmente con la certification possono beneficiare del risarcimento stabilito ovvero impugnare la sentenza emessa (specialmente dimostrando l’inadeguatezza del modo in cui sono stati fatti valere i loro diritti).
L’effetto principale della class action vittoriosa è quindi l’estensibilità del giudicato anche a coloro che non sono state parti dell’azione, semplicemente per il fatto di avere i requisiti di appartenenza alla class[9].
Affiancato alla promozione delle class actions, la possibilità di ricorrere ai danni punitivi (punitive damages) completa lo strumento istituzionale di tutela e lo rende particolarmente efficace.
Nei casi in cui la condotta di un soggetto possa essere qualificata come dolosa o gravemente negligente, questi, oltre al risarcimento a seguito della class action, può infatti essere condannato al pagamento dei danni punitivi, inflitti - secondo la giurisprudenza delle corti statunitense - in presenza di un atteggiamento psicologico particolarmente riprovevole da un punto di vista morale (ad es., in caso di occultamento delle prove).
L’assunto da cui parte la dottrina americana dei danni punitivi è fondamentalmente di tipo economico: un operatore rinuncerà ad intraprendere una data attività illecita quando risulti potenzialmente troppo onerosa economicamente. Spesso la condanna al solo risarcimento del danno in funzione risarcitoria appare come prospettiva troppo debole per controbilanciare i vantaggi che spesso comporta una condotta illecita o contraria alla buona fede. In tal caso, il solo risarcimento appare quindi inadeguato alla prevenzione di una futura commissione dell’illecito; i danni punitivi, quali surplus della compensazione risarcitoria, hanno proprio l’effetto di riportare il tasso di rischio del comportamento illecito ad un livello tale da renderlo economicamente inefficiente e quindi scoraggiarlo. Il favore verso i danni punitivi dimostrato dalle corti americane - anche per l’astronomicità delle cifre - ha sollevato roventi polemiche e fatto sorgere seri dubbi di costituzionalità sia in relazione alla sproporzione dei danni punitivi rispetto alla riprovevolezza della condotta sia rispetto all’entità del danno risarcito con la class action.
Una particolarità del sistema nordamericano è la possibilità per gli avvocati di farsi pagare gli onorari oltre che sulla base della determinazione del giudice (che valuta le ore di lavoro, le spese sostenute rapportandole alle possibilità di insuccesso e al rilievo economico della causa) anche mediante il cd. patto di quota-lite (contingent fee). In pratica, l’avvocato potrà ricevere una percentuale rapportata al valore complessivo della lite, prelevata sul patrimonio del convenuto. Ciò spiega anche i forti risvolti economici delle class actions che vedono spesso l’avvocato della class, come il vero antagonista del convenuto, un vero e proprio imprenditore che di fronte alla possibilità di cospicui futuri compensi, è spesso l’ispiratore dell’azione e colui che ne sopporta in prima persona i costi processuali.
Per una analisi più approfondita del fenomeno della class action e della sua compatibilità o meno con i principi dell’ordinamento italiano si rinvia ai contributi dottrinari contenuti nel dossier.
I cinque progettiin esame mirano ad introdurre nell’ordinamento nazionale l’istituto processuale della cd. class action ovvero un’azione collettiva di tipo risarcitorio attivabile dalle associazioni rappresentative dei consumatori ed utenti nei confronti dell’impresa e dei cui effetti possano giovarsi tutti gli appartenenti alla stessa categoria di soggetti.
Di seguito viene data sintetica illustrazione dei provvedimenti in esame, a partire da quello presentato dal Governo (AC 1495); sarà, successivamente dato conto delle due proposte abbinate (AC 1289 e AC 1662) il cui contenuto risulta più affine a quello del d.d.l. governativo; infine, sono illustrate le proposte di legge AC 1330 e AC 1443, che delineano un tipo di class action modellato su quello anglosassone.
L’articolo unico del disegno di legge istituisce l’azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori (comma 1).
Il provvedimento del Governo prevede, ai fini dell’introduzione della class action, l’adozione di un meccanismo processuale che ripropone sostanzialmente quello previsto nel testo unificato approvato dalla Camera nella scorsa legislatura (A.C. 3838 e 3839, di iniziativa parlamentare) e che, trasmesso al Senato (AS 3058) nel luglio 2004 e assegnato alle commissioni riunite 2° e 10°, non è stato poi esaminato da quel ramo del Parlamento.
Di regola, vi è una sola azione giudiziale, quella “collettiva” intrapresa dalle associazioni di consumatori; il secondo giudizio, azionato dal singolo consumatore nei confronti del danneggiante sarà solo eventuale ed avverrà solo in quanto le citate parti non trovino un accordo sul quantum da risarcire nella seconda fase del procedimento, quella conciliativa, tenuto conto della sentenza di condanna ottenuta in prima battuta dall’ente esponenziale della categoria.
Mentre il comma 1 dell’articolo unico del disegno di legge dichiara la finalità del provvedimento (istituzione e disciplina della class action), il comma 2 integra la disciplina della legittimazione ad agire giudizialmente a tutela degli interessi collettivi stabilita dagli artt. 139 e 140 del Codice del consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206).
A tale scopo, nello stesso Codice è introdotto un articolo aggiuntivo (art. 140-bis) che disciplina e scandisce le diverse fasi dell’azione collettiva, mirante ad ottenere dal giudice una pronuncia che, accertando la lesione degli interessi di una determinata categoria di persone, condanni il convenuto ad un risarcimento. Le fasi del procedimento, necessarie ed eventuali, sono le seguenti:
§ le associazioni dei consumatori e utenti rappresentative a livello nazionale, le associazioni dei professionisti e le camere di commercio chiedono al tribunale competente il risarcimento e la restituzione di somme dovute direttamente a singoli consumatori per atti illeciti commessi in ambito contrattuale o extracontrattuale, comportamenti anticoncorrenziali e pratiche commerciali illecite (questa è l’azione collettiva in senso stretto, in cui si cerca solo di dimostrare la lesione della posizione giuridica di appartenenti ad una medesima categoria di persone); si segnala, sul punto, l’ampliamento dell’ambito dell’azione collettiva rispetto alle previsioni del citato AS 3058[10]. La promozione dell’azione collettiva interrompe il corso della prescrizione anche in relazione alle possibili azioni individuali dei consumatori.
§ già prima della eventuale sentenza di condannale parti possono cercare una conciliazione per arrivare ad un accordo transattivo davanti al giudice;
§ se la transazione ha successo, una volta esecutivo il verbale di conciliazione o, in caso contrario, dopo la pubblicazione della sentenza di condanna - che stabilisce, se possibile, i criteri di liquidazione ovvero l’importo minimo da liquidare ai singoli utenti[11] (comma 3) - si prefigurano due scenari anch’essi di natura conciliativa:
con il primo, le parti (ovvero le associazioni rappresentative e il convenuto) ricorrono alle camere di conciliazione presso il tribunale[12] per promuovere la composizione amichevole delle azioni potenzialmente esercitabili dai singoli consumatori. La conciliazione si conclude con un verbale che riproduce i modi, i termini e l’entità del risarcimento; alla sottoscrizione del verbale ad opera delle parti consegue l’improcedibilità delle singole azioni risarcitorie eventualmente avviate prima dello spirare del termine stabilito per l’esecuzione della prestazione.
un secondo scenario prevede, in alternativa e per le stesse finalità, il ricorso delle parti agli organismi di conciliazione di cui all’art. 38 del D.Lgs 5/2003[13] costituiti per le controversie societarie. Si tratta di organismi istituiti presso enti pubblici o privati che diano garanzie di serietà ed efficienza, iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia. Anche in tal caso, sottoscritto il verbale di conciliazione, le singole azioni dei consumatori sono improcedibili per il tempo stabilito dallo stesso verbale per l’esecuzione della prestazione. Alla previsione dell’applicabilità, in quanto compatibili, degli artt. 39 e 40 del D.Lgs 5 del 2003, sembra conseguire l’esenzione fiscale degli atti relativi alla conciliazione nonché la previsione, in caso di fallimento del tentativo, di un verbale di fallita conciliazione nel quale ciascuna delle parti indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare.
§ in caso di fallimento dei tentativi di conciliazione, si prevede, a fini di tutela del singolo consumatore o utente, una seconda fase giudiziale, "di accertamento", stavolta riservata non all’associazione ma al singolo consumatore danneggiato; questi potrà, infatti, potrà instaurare un giudizio avente ad oggetto, in contraddittorio, il mero accertamento - in capo a se stesso, consumatore o utente – dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna derivante dalla class action nonché la precisa determinazione dell’ammontare del risarcimento dei danni genericamente riconosciuto dalla stessa sentenza (comma 7). L’individuazione del quantum da liquidare sarà favorito dalla eventuale sentenza di condanna che abbia già definito i criteri di risarcimento (cfr comma 3) La sentenza di accertamento costituisce titolo esecutivo nei confronti del responsabile; è inibito alle associazioni l’intervento in tali giudizi.
Alla sentenza di condanna (comma 3) ed all’accertamento della qualità di creditore (in sede conciliativa, ex commi 4 e 5, o giudiziale ovvero nel giudizio di accertamento di cui al comma 7), consegue il diritto del singolo consumatore e utente di chiedere al giudice l’emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti del debitore.
Il procedimento d’ingiunzioneappartiene alla categoria dei procedimenti sommari, caratterizzati, appunto, dalla sommarietà della cognizione. E’ finalizzato ad ottenere la rapida formazione di un titolo esecutivo nei confronti del debitore, consistente nella ingiunzione di pagamento o consegna che il giudice adito può pronunciare nei casi previsti dall’art. 633 c.p.c.
Se il richiedente è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili o ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente (giudice di pace o tribunale in composizione monocratica), infatti, pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna:
1. se del diritto fatto valere si dà prova scritta;
2. se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo;
3. se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata.
In presenza delle condizioni di ammissibilità previste nell'articolo 633, il giudice, con decreto motivato (art. 641 c.p.c.) ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste (o, invece di queste, la somma che il ricorrente è disposto ad accettare) nel termine di quaranta giorni, con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione e che, in mancanza di questa, si procederà a esecuzione forzata. Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta (comma 2). Nel decreto, eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno già efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni, il giudice liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento.
La fase (eventuale) di opposizione è poi disciplinata dall’articolo 645, che stabilisce che essa si proponga davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione; in seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva (653). Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta.
Entrambe le proposte di legge, rifacendosi al contenuto del provvedimento sulla class action approvato dalla Camera nella scorsa legislatura (AS 3058, cit.), ricalcano in gran parte il contenuto del disegno di legge del Governo AC 1495 sopra illustrato.
Qui di seguito, pertanto, si procederà ad un’illustrazione dei principali aspetti in cui i testi delle due proposte di legge si differenziano dal testo governativo:
§ una prima differenza è di carattere formale: tutte e tre i provvedimenti intervengono sul Codice del consumo, ma mentre l’AC 1289 integra (con l’aggiunta di 8 commi, da 8-bis a 8-nonies) l’art. 140 dello stesso Codice, sia il d.d.l. del Governo che l’AC 1662 aggiungono un autonomo articolo (rispettivamen.te 140-bis e 141-bis);
§ di natura sostanziale invece le differenze relative all’ambito oggettivo di applicazione della class-action, ambito che nel d.d.l. governativo appare più ampio. Le proposte 1289 e 1662 fanno, infatti, riferimento ad illeciti plurioffensivi commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti (cd. di massa o per adesione) conclusi secondo le modalita` previste dall’articolo 1342 del codice civile (moduli o formulari), inclusi in ogni caso quelli in materia di credito al consumo di rapporti bancari e assicurativi, di strumenti finanziari, nonche´ di servizi di investimento e gestione collettiva dei risparmio, sempre che ledano i diritti di una pluralita` di consumatori o di utenti. Il d.d.l. del Governo AC 1495 richiama, invece, tutti gli illeciti che ledano diritti di una pluralità di consumatori e utenti commessi in ambito contrattuale, gli illeciti extracontrattuali, le pratiche commerciali illecite, e i comportamenti anticoncorrenziali.
§ Altro elemento di differenza, contenuto soltanto nella p.d.l. A.C. 1289, riguarda la previsione (non contenuta nel disegno di legge del Governo) che esclude la legittimazione al ricorso alla class action in quei settori in cui sono stabilite (dalla legge) forme di arbitrato davanti ad autorità amministrative indipendenti.
La norma sembra riferirsi alle funzioni di arbitrato presso Autorità per i servizi di pubblica utilità (previste dall'art. 2, comma 24, lettera b, della legge n. 481/95); si pensi, tra gli altri, all’Autorità per il gas e l’energia e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio, o alle funzioni di conciliazione della CONSOB nelle controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori (esclusi gli investitori professionali) circa l’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela,
In proposito va ricordato che il Codice del consumo (art. 140, comma 12) già prevede, in ogni caso, tale competenza esclusiva per le procedure di conciliazione delle controversie davanti all’Autorità delle comunicazioni.
§ Le proposte di legge A.C. nn. 1289 e 1662, contrariamente al d.d.l governativo, non prevedono che la condanna a seguito dell’azione collettiva definisca anche l’importo minimo del risarcimento al singolo danneggiato;
§ La sola proposta di legge A.C. 1662 prevede di sottoporre, a pena di improcedibilità le domande giudiziali delle associazioni di consumatori ad un tentativo preventivo obbligatorio di conciliazione davanti agli organismi di conciliazione delle controversie societarie, di cui all’art. 38 del D.Lgs 5/2003;
§ La p.d.l. A.C. 1662, in caso di obiezione alla citata conciliazione, stabilisce sia per il singolo consumatore che per le associazioni la possibilità di agire in giudizio singolarmente o collettivamente per ottenere la condanna del danneggiante; l’azione non può proporsi prima di 180 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo;
Si osserva come tale possibilità sembri vanificare la finalità del tentativo obbligatorio di conciliazione che, anche in caso di esito positivo, può venir disconosciuto sia dai singoli consumatori che dalle associazioni (non appare peraltro chiaro se il riferimento riguardi altre associazioni di cui all’art. 139, diverse da quelle che hanno sottoscritto i termini dell’accordo conciliativo). Va, inoltre, precisato il raccordo tra la previsione del sopraindicato termine di 180 giorni e quella di cui al comma 1 del nuovo art. 141-bis che inibisce l’azione individuale per il periodo stabilito per l’esecuzione della prestazione indicato nel verbale di conciliazione.
§ La sola p.d.l. 1662 prevede che gli effetti della pronuncia del giudice o l’accordo risultante dalla conciliazione della lite si producono solo nei confronti dei consumatori e utenti intervenuti nel giudizio o alla conciliazione (art. 141-bis, comma 7).
§ Mentre le proposte di legge 1289 e 1662 prevedono che la sola sentenza di condanna emessa a favore dell’associazione dei consumatori costituisca prova scritta per la pronuncia da parte del giudice del decreto ingiuntivo di pagamento in favore del singolo danneggiato, il d.d.l. del Governo 1495 richiede, agli stessi fini, l’ulteriore accertamento della qualità di creditore in capo al singolo consumatore.
§ La sola p.d.l. 1289 (art. 2) – con integrazione dell’art. 10 del DPR 115/2002 (TU spese di giustizia) – stabilisce, infine, l’esenzione dal contributo unificato dei procedimenti relativi alla class action ed all’azione individuale di risarcimento nonchè alla richiesta di ingiunzione di pagamento da parte del singolo consumatore o utente.
L’impostazione delle due proposte in esame, pur riconducibile alle identiche finalità di introduzione di una tutela collettiva risarcitoria a favore dei consumatori, appare radicalmente diversa rispetto a quelle fin qui illustrate.
Ciò, in particolare, in relazione ai seguenti principali profili, assenti nelle precedenti proposte di legge:
§ legittimazione ad agire; qui la legittimazione è di “chiunque vi abbia interesse”, ma quella delle associazioni dei consumatori esiste solo in quanto l’azione sia affiancata da almeno un altro soggetto che vi abbia interesse;
§ incentivazione all’azione, con l’assunzione al gratuito patrocinio delle spese in caso di soccombenza del promotore della classe;
§ rafforzamento del ruolo del giudice (valutazione preventiva di un fumus boni iuris dell’azione, ammissione eventuale di quest’ultima con decreto, scelta del cd. promotore della classe; approvazione definitiva della transazione);
§ possibilità dei cd. danni punitivi;
§ previsione di un curatore amministrativo con compiti esecutivi della sentenza;
§ adozione del rito del processo societario;
§ effetti estensivi automatici delle condanne per pubblicità ingannevole.
Per il contenuto pressochè identico delle proposte di legge 1330 e 1443, ne sarà data illustrazione congiunta (vi è completa rispondenza di numerazione dei 17 articoli), evidenziando peraltro i pochi, marginali punti di divergenza.
Le proposte in commento mirano, come le altre abbinate, a superare la tutela inibitoria attualmente prevista dal Codice del consumo per introdurre, attraverso un’azione collettiva, una tutela collettiva risarcitoria per quanti abbiano riportato danni da un comportamento illecito plurioffensivo, anche al fine di disincentivare condotte analoghe (articolo 1).
In particolare, nell’articolo 2 (che fornisce le definizioni dei termini e soggetti indicati nella p.d.l.), l’azione collettiva è definita una “azione giudiziaria finalizzata all’accertamento di responsabilità contrattuali o extracontrattuali e alla condanna al risarcimento del danno o alla restituzione di somme di denaro ad una pluralità di soggetti”
Il procedimento giudiziale delineato dal provvedimento parte con l’istanza di ammissione dell’azione collettiva (artt. 3 e 4) che consiste nella richiesta rivolta al Tribunale (la competenza è radicata dalla residenza del convenuto) di condannare soggetti pubblici o privati, autori di illeciti plurioffensivi, al risarcimento dei danni subiti e alla restituzione delle somme dovute ai singoli appartenenti alla c.d. classe. Per classe, ai sensi dell’art 2, co. 1, lett. b) della proposta in commento si intende “l’insieme dei soggetti danneggiati univocamente identificabili attraverso la definizione della classe con decreto del giudice, e iscritti nell’apposito elenco tenuto dal curatore amministrativo”.
Legittimato a presentare l’istanza è chiunque vi abbia interesse; anche i comitati e le associazioni che tutelano gli interessi della classe possono promuovere l’azione, purché lo facciano congiuntamente ad un singolo interessato. Colui che, pur potenziale componente della classe, non intende aderire all’azione, può presentare autonoma domanda giudiziaria contro il medesimo convenuto e per gli stessi fatti, senza che questo dia luogo a litispendenza (art. ex art. 39 c.p.c.): la sua domanda seguirà quindi una strada diversa rispetto a quella percorsa dall’azione collettiva (art. 3).
L’art. 4 delle proposte indica i requisiti dell’istanza di ammissione, che oltre a contenere la trascrizione integrale della citazione da notificare al convenuto, deve specificare: il tribunale competente, i dati anagrafici dell’istante, persona fisica o giuridica, che si candidi come promotore della classe nonché i dati di identificazione del convenuto; il recapito fax o e-mail del difensore, la proposta di definizione della classe ed i criteri di identificazione degli appartenenti ad essa; oltre ai requisiti della citazione di cui all’art. 163 c.p.c., l’esposizione sommaria dei fatti e degli elementi di diritto alla base della domanda (si osserva, come in base alla formulazione della lettera f) del comma 1 dell’art. 4 delle due proposte di legge, il contenuto della successiva lett. g) possa apparire ultroneo), la domanda di risarcimento danni (o di restituzione di una somma precisa) ovvero i criteri da utilizzare per la determinazione del quantum da risarcire; l’elenco dei soggetti appartenenti alla classe che appoggiano il promotore e ne sono rappresentati; le singole domande di tali soggetti e la documentazione comprovante il danno sofferto. L’istanza produce gli effetti interruttivi della prescrizione, anche in riferimento ai diritti di tutti i consumatori inseriti nel sopracitato elenco degli appartenenti alla classe; la sola p.d.l. 1443 estende questo effetto anche ai diritti dei soggetti “comunque identificabili sulla base dei criteri indicati nell’istanza stessa”.
Le regole procedurali prevedono che una volta consegnata l’istanza all’ufficiale giudiziario, questi la notifichi alle parti convenute; entro i 10 giorni dalla notifica l’istanza va depositata in cancelleria (nella sola p.d.l. 1443, unitamente alla relativa documentazione ed alla richiesta di iscrizione a ruolo) Nello stesso termine, un estratto dell’istanza con tutti gli elementi utili all’identificazione dell’azione, del giudice competente nonché del termine utile per proporre eventuali istanze concorrenti, viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale a cura del procedente ed a spese dello Stato.
Dal momento della notifica, il convenuto avrà 60 giorni di tempo per proporre opposizione all’istanza di ammissione dell’azione collettiva (articolo 5)
L’articolo 6 è volto a disciplinare l’ipotesi sopraccennata di istanze concorrenti.
Avuta notizia dell’avvenuto deposito di un’istanza di azione collettiva, ciascun interessato può presentare, presso il medesimo tribunale, un’ulteriore istanza corredata degli elementi di cui all’articolo 4, al fine di supportare la prima istanza di azione collettiva e chiedere di essere nominato promotore della classe in luogo del primo promotore. Nel caso in cui contro il medesimo convenuto siano proposte una pluralità di istanze di azioni collettive in relazione ai medesimi fatti, la nomina del promotore della classe è effettuata solo con riferimento alle istanze depositate in cancelleria entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’estratto di cui all’articolo 4, comma 4.
Entro novanta giorni dal deposito della prima istanza di azione collettiva, chiunque vi abbia interesse può depositare una memoria integrativa, con particolare riferimento alla sussistenza di conflitti d’interesse che potrebbero essere ostativi alla scelta di uno o più promotori della classe.
Il giudice sceglie il promotore della classe che ritiene maggiormente rappresentativo, sulla base degli elementi sopraindicati e della qualità delle argomentazioni sostenute.
L’articolo 7 è diretto a definire il contenuto ed il procedimento finalizzato all’emanazione del decreto sull’ammissibilità dell’azione collettiva.
Si prevede che il giudice, nel decidere sull’ammissibilità dell’azione collettiva, è chiamato a valutare diversi elementi: la sussistenza del fumus boni juris, sulla base delle argomentazioni contenute nell’atto introduttivo; la meritevolezza dell’azione, anche in relazione alla sussistenza di un interesse diffuso; la possibilità di determinare in modo oggettivo i componenti della classe, a cui si possono riferire le medesime argomentazioni in fatto e in diritto sostenute nell’atto introduttivo, attraverso una mera verifica documentale. In caso di ammissione dell’azione collettiva, il giudice nomina il promotore della classe e il curatore amministrativo e ammette il promotore della classe e la classe medesima al gratuito patrocinio nei limiti di cui all’articolo 15 (concernente la ripartizione delle spese).
Decorsi novanta giorni dal deposito della prima istanza di azione collettiva contro il medesimo convenuto, il cancelliere, nei dieci giorni successivi, forma il fascicolo del procedimento, in cui confluiscono tutte le istanze di azione collettiva contro il medesimo convenuto.
Il presidente del tribunale, entro il secondo giorno successivo alla presentazione del citato fascicolo, designa il giudice relatore, il quale, entro sessanta giorni dalla designazione, presenta al collegio le proprie osservazioni. Nei cinque giorni successivi alla presentazione delle osservazioni, il tribunale, in composizione collegiale, emette e deposita in cancelleria il decreto con il quale ammette o respinge l’azione collettiva e nomina il promotore della classe. Ove ricorrano comprovate ragioni, il presidente può prorogare il termine ai sensi dell’articolo 154 del codice di procedura civile (il termine che può essere prorogato sembrerebbe essere quello relativo all’emanazione e al deposito in cancelleria del decreto che ammette o rigetta l’azione collettiva).
L’articolo 154 del codice di procedura civile (Prorogabilità del termine ordinatorio) prevede che il giudice, prima della scadenza, possa abbreviare o prorogare, anche d'ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato.
Il comma 4 definisce il contenuto del decreto di ammissione dell’azione collettiva. In particolare, tale decreto deve recare:
· l’indicazione del promotore della classe scelto per l’azione collettiva; nel caso di una pluralità di istanze, la scelta del giudice deve essere motivata indicando i criteri utilizzati;
· la definizione della classe tale da identificare in modo univoco i soggetti che vi appartengono ed i soggetti esclusi, precisando i requisiti oggettivi e soggettivi di appartenenza e la documentazione atta ad attestarne il possesso, che deve essere prodotta anche al curatore amministrativo;
· la nomina del curatore amministrativo dell’azione collettiva;
· i termini al promotore della classe per la presentazione dell’atto di citazione di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni;
Il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 definisce i procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.
L’articolo 2 del citato decreto definisce il contenuto dell'atto di citazione, con il quale si introduce il processo di cognizione davanti al tribunale per i procedimenti sopra indicati.
La citazione contiene, in particolare: le indicazioni di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 163 del codice di procedura civile; l'indicazione del numero di fax o dell'indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento; la fissazione di termine al convenuto, non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, per la notifica al difensore dell'attore della comparsa di risposta. In difetto di fissazione da parte dell'attore, o in caso di insufficienza, il termine è di sessanta giorni (comma 1).
In base al comma 2, i termini del procedimento possono essere ridotti alla metà con provvedimento reso a norma dell'articolo 163-bis, comma 2, del codice di procedura civile.
Il comma 3 prevede, invece, che i termini sono ridotti alla metà nel caso di opposizione a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile. Ciascuna delle parti, al momento della costituzione, ovvero successivamente, può chiedere con ricorso che sia designato il magistrato per l'adozione, previa convocazione delle parti, dei provvedimenti di cui agli articoli 648 (Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione) e 649 (Sospensione dell'esecuzione provvisoria) del codice di procedura civile.
· il decreto di ammissione al gratuito patrocinio.
Alcune differenze sussistono tra le due proposte in esame in relazione alla comunicazione del decreto: mentre l’AC 1443 prevede semplicemente la comunicazione del decreto al convenuto ed a tutti i candidati promotori della classe presso i rispettivi difensori, l’omologa disciplina della AC 1330 appare più articolata: qui, è infatti stabilito che la comunicazione del provvedimento avvenga ”anche a mezzo posta elettronica o telefax”, e che i difensori siano tenuti a trasmettere immediatamente alla cancelleria stessa una copia del decreto con attestazione di ricevuta”.
L’articolo 8 disciplina le attività di pertinenza del curatore amministrativo.
Si assegna al curatore amministrativo nominato dal giudice il compito di tenere un elenco informatico di tutte le domande di partecipazione alla classe, di indire la votazione sulla proposta transattiva da sottoporre al giudizio della classe, nonché di ripartire le somme eventualmente conseguite dalla classe fra i partecipanti alla stessa in proporzione al danno da ciascuno documentato.
Il curatore ha, altresì, il potere di rappresentare la classe davanti all’autorità giudiziaria ai fini dell’esecuzione della sentenza o dell’atto transattivo stragiudiziale con i quali si è conclusa l’azione collettiva. E’, poi, prevista la possibilità delle parti e di ciascun partecipante alla classe di nominare, a proprie spese, un consulente che controlli l’operato del curatore amministrativo.
Il curatore amministrativo è tenuto, comunque, a fornire ai partecipanti alla classe ogni elemento utile, anche attraverso dispositivi telematici, affinché essi siano sempre informati in ordine allo svolgimento del processo e ai propri diritti.
L’articolo 9 disciplina la tenuta dell’elenco dei partecipanti all’azione collettiva.
In particolare, è previsto che il curatore amministrativo tenga un elenco dei soggetti appartenenti alla classe, secondo la definizione contenuta nel decreto di ammissione dell’azione collettiva di cui all’articolo 7.
Coloro che intendono partecipare all’azione collettiva, eccetto il promotore della classe che vi è iscritto di diritto, devono presentare un’istanza scritta al curatore amministrativo, il quale ne definisce le modalità.
La decisione di esclusione dalla classe è assunta dal curatore amministrativo, con atto motivato impugnabile davanti al giudice che ha emanato il decreto di ammissione dell’azione collettiva di cui all’articolo 7.
Entro centottanta giorni dalla pubblicazione della sentenza, è possibile chiedere al curatore amministrativo di essere cancellati dall’elenco dei partecipanti all’azione collettiva.
L’articolo 10 detta disposizioni in materia di svolgimento del processo.
Il processo si svolge secondo il rito societario ordinario e collegiale previsto dal citato decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 e successive modificazioni.
Qualora vi siano i presupposti previsti dall’articolo 19 del medesimo decreto legislativo, il promotore della classe può richiedere al giudice l’applicazione del rito di cognizione sommaria.
L’articolo 19 del decreto legislativo n. 5 del 2003 prevede che, fatta eccezione per le azioni di responsabilità, le controversie di cui all'articolo 1 (rapporti societari; negozi aventi ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti; patti parasociali e accordi di collaborazione; rapporti in materia di intermediazione mobiliare; materie di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio; credito per le opere pubbliche) che abbiano ad oggetto il pagamento di una somma di danaro, anche se non liquida, ovvero la consegna di cosa mobile determinata, possono essere proposte, in alternativa alle forme di cui agli articoli 2 e seguenti (cioè, con atto di citazione), con ricorso da depositarsi nella cancelleria del tribunale competente, in composizione monocratica.
Il giudice designato fissa, entro sessanta giorni, la data di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, va notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data di udienza.
Al termine dell'udienza il giudice, ove ritenga sussistenti i fatti costitutivi della domanda e manifestamente infondata la contestazione del convenuto, pronuncia ordinanza di condanna immediatamente esecutiva, che costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale, e decide sulle spese ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. Il giudice, se ritiene che l'oggetto della causa o le difese svolte dal convenuto richiedano una cognizione non sommaria ovvero in ogni altro caso in cui non dispone a norma del comma 2-bis, assegna all'attore i termini di cui all'articolo 6 – ossia i termini previsti per la presentazione di memorie di replica.
Avverso l'ordinanza di condanna può essere proposta esclusivamente impugnazione davanti alla corte di appello nelle forme di cui all'articolo 20 (ossia con atto di citazione e nelle forme previste dal codice di procedura civile).
All'ordinanza non impugnata non conseguono gli effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile, cioè quelli tipici della sentenza passata in giudicato.
L’articolo 11 disciplina la conclusione di transazioni in corso di causa.
Si prevede, anzitutto, che la validità dell’accordo transattivo raggiunto dalle parti sia subordinato all’approvazione da parte della maggioranza dei partecipanti alla votazione indetta dal curatore amministrativo dell’azione collettiva; le parti informano il giudice e il curatore amministrativo dell’accordo raggiunto.
Conseguentemente, il curatore amministrativo, nel caso in cui risultino istanze pendenti di partecipazione alla classe, le analizza prima di indire la votazione e rende a tutti i partecipanti alla classe stessa una comunicazione con l’illustrazione dell’accordo raggiunto fra le parti e le modalità per esprimere il voto in conformità a quanto indicato dal regolamento di cui al successivo articolo 17.
Per quanto riguarda il quorum per la validità delle votazioni, la prima votazione è valida solo se vi ha preso parte almeno un terzo degli aventi diritto; la seconda votazione è invece priva di soglia minima di partecipazione.
In caso di accordo transattivo, che deve includere anche la definizione delle spese del procedimento, nessun onere può essere addebitato al gratuito patrocinio.
Si prevede, infine, che, acquisito il voto favorevole dei partecipanti alla classe, il curatore amministrativo sottopone l’accordo transattivo al giudice il quale, previa verifica della sua meritevolezza, lo approva definitivamente e lo trasmette al collegio che emette sentenza nei termini stabiliti dall’accordo stesso.
L’articolo 12 introduce, al fine di scoraggiare gli illeciti plurioffensivi e rendere il danno risarcibile superiore al vantaggio ricavato dal danneggiante, l’istituto (già previsto in altri ordinamenti, specialmente quelli anglosassoni) del cosiddetto danno punitivo.
In particolare, su richiesta del promotore della classe, il giudice, accertato che il vantaggio economico ottenuto dal convenuto in relazione agli illeciti plurioffensivi, risulta maggiore del risarcimento del danno quantificato ai sensi dell’articolo 1223 del codice civile, stabilisce un risarcimento a favore della classe pari al vantaggio economico derivante dagli illeciti plurioffensivi accertati.
Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 1223 di cui al Libro IV (Delle obbligazioni) del Titolo I (Delle obbligazioni in generale) del Capo III (Dell’inadempimento delle obbligazioni) del codice civile, il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere tanto la perdita subita dal creditore (danno emergente) quanto il mancato guadagno (lucro cessante), in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.
L’articolo 13 detta disposizioni in materia di pubblicità ingannevole.
Nel caso di azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti mediante contratti conclusi con le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile, ove sia accertata dall’autorità competente la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, si prevede la nullità del contratto nei confronti di tutti i soggetti appartenenti alla classe che lo hanno sottoscritto nel periodo di diffusione del messaggio stesso. La nullità può essere fatta valere solo dal promotore della classe.
Il predetto articolo 1342 disciplina la conclusione di contratti mediante moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali
In tale ipotesi, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate (comma 1).
Trova, inoltre, applicazione la disposizione del secondo comma dell'articolo 1341. Pertanto, non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria (comma 2).
L’articolo 14 concerne l’esecuzione della sentenza e il riparto del risarcimento.
La sentenza è emessa dal tribunale in composizione collegiale. In caso di condanna del convenuto, il tribunale stabilisce nella sentenza i criteri in base ai quali deve essere determinato l’importo da liquidare in favore dei singoli componenti della classe, prevedendo altresì che le motivazioni e il dispositivo della sentenza stessa siano pubblicati, a spese del convenuto, in almeno due quotidiani a tiratura nazionale.
Entro centottanta giorni dalla pubblicazione della sentenza o dall’approvazione della transazione, coloro che possiedono i requisiti per partecipare all’azione collettiva e non l’hanno ancora fatto, possono inoltrare al curatore amministrativo l’istanza di cui all’articolo 9, comma 2.
Nei trenta giorni successivi al decorso del termine suindicato, il curatore amministrativo deposita in cancelleria una relazione con la quantificazione della somma necessaria a risarcire tutti gli iscritti all’azione collettiva secondo i criteri indicati nella sentenza di condanna. Entro trenta giorni dal deposito della relazione, ciascuna parte che vi abbia interesse può proporre, a propria cura e spese, osservazioni sulla quantificazione.
Sulla base della citata relazione, il giudice relatore emette, entro venti giorni dalla scadenza del termine previsto per le osservazioni, un decreto con il quale condanna il convenuto a pagare al curatore amministrativo la somma necessaria all’esecuzione della sentenza di condanna comprensiva delle spese di lite, degli importi destinati alla classe ed a ciascuno dei suoi partecipanti, dell’eventuale danno punitivo di cui all’articolo 12 e delle spese per il curatore amministrativo.
Il curatore amministrativo deve esperire tutti gli atti necessari per l’esecuzione del decreto di condanna al pagamento; in caso di mancata esecuzione spontanea da parte del convenuto, il curatore si avvale del legale che ha curato l’azione collettiva. L’azione esecutiva è esente da spese per bolli, contributo unificato e notifiche; al legale competono gli onorari e i diritti pari ai valori minimi stabiliti dalla tariffa forense (tale ultima previsione è assente nella p.d.l. 1443).
In proposito, va ricordato che il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, prevede, all’articolo 2 (Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali), comma 1, lettera a), l’abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime.
Il comma 2 precisa, altresì, che, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali sulla base della tariffa professionale.
Ottenuta l’esecuzione del decreto, il curatore amministrativo procede senza indugio alla liquidazione degli importi dovuti ai singoli componenti della classe, procedendo in ordine cronologico di iscrizione. L’eventuale danno punitivo è ripartito in misura percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe.
Analogamente, si procede per quanto concerne il riparto del risarcimento conseguente ad atto transattivo approvato ai sensi dell’articolo 11: in tal caso, infatti, il curatore amministrativo provvede al riparto in misura percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe.
L’articolo 15 detta disposizioni in materia di spese per l’azione collettiva.
In particolare, si statuisce che, in caso di soccombenza del promotore della classe, il giudice liquida, in ogni caso, a carico del gratuito patrocinio la parcella del difensore del convenuto stabilita dal giudice, la parcella del curatore amministrativo, in base al tariffario minimo dei curatori fallimentari diminuito del 30 per cento e le altre spese legali, eccetto la parcella del difensore del promotore della classe al quale nulla è dovuto (il riferimento al tariffario minimo dei curatori è assente nella p.d.l. 1443..
In caso di soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato al pagamento delle spese legali, incluse le spese per i difensori del promotore della classe calcolate ai sensi del successivo articolo 16.
L’articolo 16 è composto da un solo comma diretto a derogare al tariffario forense, in ordine alla parcella dei difensori del promotore della classe. Tale parcella, infatti, è calcolata in percentuale sui risarcimenti conseguiti dall’azione collettiva nella misura minima del 2,5 per cento e massima del 10 per cento, in relazione alla complessità della controversia, al risultato raggiunto e all’attività svolta dai difensori. Si osserva che la p.d.l. 1443 non prevede alcuna misura minima da calcolare sulla percentuale dei risarcimenti ma solo la misura massima 10 per cento.
L’articolo 17 prevede, infine, l’adozione di un regolamento di attuazione riguardante i curatori amministrativi.
Entro sei mesi della data di entrata in vigore della proposta di legge, il Ministro
della giustizia, adotta, con proprio decreto, un regolamento con il quale, in particolare, sono definiti:
a) i soggetti che possono essere nominati curatori amministrativi e i requisiti di onorabilità e professionalità necessari per la nomina;
b) le modalità attraverso le quali i curatori amministrativi devono svolgere le loro funzioni, con particolare riferimento: alle modalità di tenuta dell’elenco dei soggetti appartenenti alla classe; alle procedure per la verifica dell’ammissibilità della domanda di iscrizione alla classe; alle procedure per le comunicazioni delle informazioni ai soggetti appartenenti alla classe da parte del curatore amministrativo e per l’assolvimento degli obblighi informativi di cui all’articolo 8, alle procedure per lo svolgimento delle votazioni di cui all’articolo 11; alle procedure per il riparto del risarcimento ottenuto a seguito dell’azione collettiva.
N. 1495
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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presentato dal
ministro dello sviluppo economico di concerto con
il ministro della giustizia e con il
ministro dell'economia e delle finanze ¾ |
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Introduzione dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori |
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Presentata il 27 luglio 2006
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Onorevoli Deputati! - L'introduzione di un meccanismo processuale che consenta di estendere i rimedi concessi a chi abbia agito in giudizio ed abbia ottenuto riconoscimento delle proprie pretese a tutti gli appartenenti alla medesima categoria di soggetti che non si siano attivati è proposta da tempo all'attenzione del legislatore, quanto meno dall'inizio degli anni settanta, proprio agli albori del consumerismo. In generale si avverte, dunque, l'esigenza di consentire - per ragioni di giustizia, di economia processuale, di protezione dei diritti conculcati - a chi si trovi in una determinata situazione di beneficiare dei rimedi che altri, avendo agito in giudizio ed essendo risultati vittoriosi, possono esercitare nei confronti del convenuto.
L'articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281 (i cui contenuti sono ora confluiti negli articoli 139 e 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), riprendendo quanto disposto dal previgente articolo 1469-sexies del codice civile in materia di clausole abusive nei contratti dei consumatori, ha introdotto un meccanismo processuale che costituisce l'avvio di una forma di tutela collettiva degli interessi dei consumatori.
Il meccanismo dell'articolo 140 del citato codice del consumo consente alle associazioni dei consumatori e degli utenti (e ad altri soggetti collettivi legittimati ad agire negli altri Stati dell'Unione europea) di convenire in giudizio l'impresa e di ottenere dal giudice un provvedimento che inibisca l'uso della clausola di cui si sia accertata l'abusività. Si tratta quindi di provvedimenti di accertamento e di natura preventiva.
Nonostante il clamore suscitato e i gravi danni causati a migliaia di risparmiatori dai crac finanziari verificatisi negli ultimi tre anni, non si è tuttora riconosciuto alle associazioni dei consumatori e degli utenti e ad altri soggetti collettivi il diritto di promuovere azioni di condanna di tipo risarcitorio.
Il presente disegno di legge riprende la proposta di legge atto Senato n. 3058, recante «Disposizioni per l'introduzione dell'azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti», della precedente legislatura, rimasto all'esame del Senato della Repubblica dopo essere stato approvato dalla Camera dei deputati il 21 luglio 2004. Esso disciplina l'azione collettiva risarcitoria (meglio nota come «class action») a tutela dei consumatori e degli utenti, introducendo, nel nostro ordinamento, uno strumento processuale analogo a quello già sperimentato, con successo, in altri Paesi.
Le uniche modifiche sostanziali, rispetto al testo della citata proposta di legge atto Senato n. 3058, riguardano l'ambito di applicazione, che è apparso troppo limitativo, in quanto escludeva diverse fattispecie e alcuni settori economici assai rilevanti per gli interessi dei consumatori, e la previsione che il giudice possa stabilire anche l'importo minimo della somma da liquidare ai singoli danneggiati (e non soltanto i criteri di base).
La «class action» costituisce un mezzo indispensabile per garantire una effettiva protezione di situazioni e di interessi comuni a diverse categorie di soggetti, concentrando, in un unico contesto processuale, l'accertamento di illeciti idonei a provocare un danno diffuso nella collettività.
L'illegittimità e l'illiceità delle condotte lesive dell'integrità patrimoniale dei consumatori e degli utenti sono accertate attraverso un'iniziativa processuale affidata ad enti esponenziali della categoria.
L'intervento normativo è operato integrando la normativa sulla legittimazione ad agire in giudizio a tutela di interessi collettivi disciplinata dagli articoli 139 e 140 del citato codice del consumo. La legittimazione all'azione è attribuita a tutte le associazioni dei consumatori e degli utenti, riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico secondo le procedure definite dal medesimo codice del consumo, nonché alle associazioni dei professionisti e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
L'azione mira ad ottenere una pronuncia di accertamento della lesione della posizione giuridica degli appartenenti ad una determinata categoria. La sentenza di accoglimento può avere anche un ulteriore contenuto, consistente nella condanna generica del responsabile al risarcimento del danno, accompagnata, eventualmente, dalla definizione dei criteri di liquidazione dei risarcimenti spettanti ai singoli consumatori o utenti o dell'importo minimo da liquidare.
Sulla base della sentenza di accoglimento dell'azione collettiva o del verbale di conciliazione, l'interessato può ottenere la condanna al pagamento della quota di risarcimento correlata alla effettiva lesione subita.
Mentre l'azione collettiva in senso stretto è diretta ad individuare gli elementi dell'illecito e le connesse responsabilità, l'azione individuale conseguente è volta alla specifica liquidazione del danno patito dal singolo. In questo secondo giudizio, l'onere della prova del danneggiato è riferito alla misura del danno subìto. In ogni caso, l'onere probatorio è agevolato dalla definizione dei criteri di risarcimento eventualmente stabiliti dalla sentenza pronunciata in esito all'azione collettiva.
Per assicurare una pronta definizione di controversie di così elevata rilevanza sociale ed economica, il giudizio è regolato dalle disposizioni acceleratorie previste per le controversie societarie dal decreto legislativo n. 5 del 2003.
In ogni caso, ad ulteriore tutela degli interessi dell'intera categoria, la proposizione dell'azione collettiva produce l'effetto interruttivo della prescrizione dei crediti riguardanti il risarcimento del danno, anche nei confronti dei singoli consumatori o utenti.
Dal presente provvedimento non derivano nuovi oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica, essendo previste misure che non comportano nuovi o maggiori attività amministrative né richiedono l'istituzione di nuovi organi o competenze, e non essendo previsti né incentivi di alcun tipo né misure fiscali.
disegno di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. La presente legge istituisce e disciplina l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori, quale nuovo strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, conformemente ai princìpi stabiliti dalla normativa comunitaria volti ad innalzare i livelli di tutela. 2. Dopo l'articolo 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è inserito il seguente: «Art. 140-bis. - (Azione collettiva risarcitoria). - 1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti di cui al comma 1 dell'articolo 139, le associazioni dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono richiedere al tribunale del luogo ove ha la residenza o la sede il convenuto la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori o utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti commessi nell'ambito di rapporti giuridici relativi a contratti, di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali illecite o di comportamenti anticoncorrenziali, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti. 2. L'atto con cui il soggetto abilitato promuove l'azione di gruppo di cui al comma 1 produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione. 3. Con la sentenza di condanna il giudice determina, quando le risultanze del processo lo consentono, i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti ovvero stabilisce l'importo minimo da liquidare ai singoli danneggiati. 4. In relazione alle controversie di cui al comma 1, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale. 5. A seguito della pubblicazione della sentenza di condanna di cui al comma 3 ovvero della dichiarazione di esecutività del verbale di conciliazione, le parti promuovono la composizione non contenziosa delle controversie azionabili da parte dei singoli consumatori o utenti presso la camera di conciliazione istituita presso il tribunale che ha pronunciato la sentenza. La camera di conciliazione è costituita dai difensori delle parti ed è presieduta da un conciliatore di provata esperienza professionale iscritto nell'albo speciale per le giurisdizioni superiori ed indicato dal consiglio dell'Ordine degli avvocati. Essa definisce, con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i modi, i termini e l'ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizione del verbale, opportunamente pubblicizzata a cura e spese della parte convenuta nel precedente giudizio, rende improcedibile l'azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito nel verbale per l'esecuzione della prestazione dovuta. 6. In alternativa al ricorso alle camere di conciliazione di cui al comma 5, le parti possono promuovere la composizione non contenziosa presso uno degli organismi di conciliazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni dell'ultimo periodo del medesimo comma 5 del presente articolo e, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo n. 5 del 2003, e successive modificazioni. 7. In caso di inutile esperimento della composizione non contenziosa di cui ai commi 5 e 6, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l'accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 3 e la determinazione precisa dell'ammontare del risarcimento dei danni riconosciuto ai sensi della medesima sentenza. La pronuncia costituisce titolo esecutivo nei confronti del responsabile. Le associazioni di cui al comma 1 e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura non sono legittimate ad intervenire nei giudizi previsti dal presente comma. 8. La sentenza di condanna di cui al comma 3, unitamente all'accertamento della qualità di creditore ai sensi dei commi 5, 6 e 7, costituisce, ai sensi dell'articolo 634 del codice di procedura civile, titolo per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del medesimo codice di procedura civile, richiesta dal singolo consumatore o utente». |
N. 1289
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati MARAN, LEONI, MANTINI, SUPPA, TENAGLIA ¾ |
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Modifiche all'articolo 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, per l'introduzione dell'azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti |
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Presentata il 5 luglio 2006
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Onorevoli Colleghi! - Nel corso della XIV legislatura la Camera dei deputati ha approvato un testo unificato di due diverse proposte di legge (atto Camera n. 3838, Bonito ed altri, e atto Camera n. 3839, Lettieri ed altri), volto all'inserimento nel nostro ordinamento dell'azione collettiva a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti. Quel testo, trasmesso al Senato della Repubblica, ma mai esaminato, è recepito nella presente proposta di legge, sia perché riteniamo più che mai urgente predisporre strumenti idonei al fine di tutelare i diritti dei consumatori, sia perché non vogliamo che vada disperso l'impegno profuso su tali tematiche in questi anni.
Attualmente, l'unica forma di azione collettiva in materia di tutela dei consumatori prevista nel nostro sistema giuridico è quella delle azioni inibitorie di cui agli articoli 37, 139 e 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, esperibile in tutti i casi in cui sia leso l'interesse collettivo dei consumatori o degli utenti, azione che, peraltro, ha uno scopo assai limitato, e cioè quello esclusivamente preventivo di far cessare i comportamenti illeciti e/o pregiudiziali per gli interessi dei consumatori o degli utenti. Questa, pertanto, non può essere utilizzata per conseguire la riparazione ovvero il risarcimento dei danni individuali.
I vantaggi della «azione di gruppo» riparatoria e risarcitoria appaiono di tutta evidenza sia con riferimento al tempi del processo, sia con riferimento alla certezza del diritto, sia con riferimento alla efficacia e alla equità del risultato.
Quanto alla durata dei giudizi, infatti, giova osservare che con un solo giudizio il sistema di tutela assorbirebbe migliaia di controversie, con ciò riducendosi l'impatto sulla macchina giudiziaria e con conseguente abbattimento dei relativi oneri difensivi.
Quanto alla certezza del diritto è evidente che un'unica decisione in luogo di molte decisioni, ancorché originate da uno stesso fatto illecito, evita in radice la possibilità di pronunce diverse.
Quanto, infine, alla efficacia e alla equità del risultato, un'unica decisione valida per tutte le parti interessate in costanza di illecito assunto con effetti plurioffensivi corrisponde maggiormente agli interessi sia dei consumatori e degli utenti, sia delle imprese coinvolte.
Un esempio, divenuto ormai un classico per gli studiosi in materia di tutela collettiva dei consumatori e degli utenti, rende più chiare la potenzialità e l'efficacia di questo strumento in relazione alle controversie del consumo: in California, la Yellow Cab Co. (compagnia di taxi) aumentò le sue tariffe, modificando i tassametri, in violazione delle disposizioni amministrative. Un gran numero di passeggeri pagò un prezzo lievemente più alto di quello dovuto, consentendo alla compagnia di realizzare un beneficio enorme (circa un milione e mezzo di dollari). Attraverso una class action introdotta in nome di tutti i consumatori danneggiati, la cui identificazione non era in quel caso possibile, la Corte accolse la domanda adottando un criterio di fluid recovery: i taxisti furono condannati ad applicare una tariffa inferiore a quella normale fino a quando i loro profitti illeciti non fossero redistribuiti ai consumatori (caso «Daar versus Yellow Cab Co.»). L'interesse e gli studi sull'esperienza statunitense in materia di class action, sui necessari adattamenti di questo istituto alla realtà e alla cultura giuridica europea e, più in generale, sugli strumenti di tutela collettiva dei consumatori si sono moltiplicati negli anni recenti anche in Europa.
Nella scorsa legislatura il Parlamento si è occupato di una vicenda connessa a una pronuncia dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che sanzionò pesantemente alcune compagnie di assicurazioni dopo aver accertato che queste, sulla base di un accordo di cartello teso ad uniformare il prezzo delle polizze RC-auto, avevano applicato aumenti dei prezzi assicurativi dal 1995 al 2000 superiori a quelli che un regime di libera concorrenza in materia di tariffe avrebbe determinato. All'esito della pronuncia dell'Autorità garante e delle successive fasi processuali, gli utenti assicurati iniziarono una sede di processi civili al fine di ottenere la restituzione di quanto pagato illegittimamente ed in eccesso.
Rispetto alla presentazione di queste istanze di tutela, come è noto, il Governo di centro-destra rispose con un decreto-legge (decreto-legge n. 18 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2003) con il quale si modificò la competenza processuale e civilistica a conoscere quelle controversie e si stabilì il principio che non il giudice di pace con giudizio di equità dovesse risolvere quel contenzioso, bensì il tribunale con l'affermazione di una regola di diritto.
Come è noto, la disciplina per la tutela dei diritti dei consumatori prevede fin qui la possibilità, da parte delle associazioni più rappresentative dei consumatori e degli utenti, di rivolgersi al giudice per chiedere l'inibizione dei comportamenti plurioffensivi e l'adozione di misure idonee a correggere o a eliminare gli effetti dannosi delle violazioni: e qui la normativa si ferma, non prevedendo né disciplinando la fase del risarcimento del danno rispetto a quei comportamenti plurioffensivi, fase che è strutturale e connessa al concetto stesso di tutela del diritto. Con il presente progetto di legge - che consta di due articoli che modificano il citato codice del consumo e il testo unico delle disposizioni in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 - si intende intervenire in questa direzione per completare la disciplina legislativa a tutela dei consumatori, prevedendo anche la fase del ristoro e del risarcimento del danno. Dovendo, però, applicare questi concetti alla nostra realtà giuridica, alla nostra tradizione e alle vigenti codificazioni, si è pensato, anche con il supporto e l'aiuto di espressioni importanti del mondo accademico nel nostro Paese, di prevedere una duplice fase. Nella prima fase, i soggetti protagonisti sono le associazioni dei consumatori e degli utenti, che si rivolgono al magistrato denunciando comportamenti plurioffensivi e chiedendone non solo l'interdizione, ma altresì che venga dichiarato il diritto dei consumatori e degli utenti stessi a vedersi risarcire il danno connesso al comportamento plurioffensivo. Nella seconda fase, i singoli consumatori e utenti possono rivolgersi al magistrato al fine di avere definita con sentenza l'entità del danno ricevuto, con la dichiarazione della responsabilità e, contestualmente, la condanna al risarcimento del danno stesso.
Tra la prima e la seconda fase della proposta è prevista una ulteriore fase conciliativa riguardante la problematica connessa alle camere di conciliazione, ai filtri precontenziosi e agli strumenti idonei a filtrare la domanda giudiziale delle sentenze dei magistrati
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Dopo il comma 8 dell'articolo 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono inseriti i seguenti: «8-bis. I soggetti di cui all'articolo 139 possono altresì richiedere al tribunale del luogo ove ha la residenza o la sede il convenuto la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori o utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi nell'ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall'articolo 1342 del codice civile, ivi compresi quelli in materia di credito al consumo, rapporti bancari e assicurativi, strumenti finanziari, servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti. La legittimazione di cui al periodo precedente è esclusa nei settori in cui sono previste procedure di conciliazione o arbitrali per la risoluzione delle medesime controversie davanti ad autorità amministrative indipendenti. 8-ter. L'atto con cui il soggetto abilitato promuove l'azione di gruppo di cui al comma 8-bis produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti iscritti alle associazioni di cui al medesimo comma 8-bis. 8-quater. Con la sentenza di condanna il giudice determina, quando le risultanze del processo lo consentono, i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti. 8-quinquies. In relazione alle controversie di cui al comma 8-bis, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale. 8-sexies. A seguito della pubblicazione della sentenza di condanna di cui al comma 8-quater ovvero della dichiarazione di esecutività del verbale di conciliazione, le parti promuovono la composizione non contenziosa delle controversie azionabili da parte dei singoli consumatori o utenti presso la camera di conciliazione istituita presso il tribunale che ha pronunciato la sentenza. La camera di conciliazione è costituita dai difensori delle parti ed è presieduta da un conciliatore di provata esperienza professionale iscritto all'albo speciale per le giurisdizioni superiori e indicato dal competente consiglio dell'Ordine degli avvocati. Essa definisce, con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i modi, i termini e l'ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizione del verbale, opportunamente pubblicizzata a cura e spese della parte convenuta nel precedente giudizio, rende improcedibile l'azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito nel verbale per l'esecuzione della prestazione dovuta. 8-septies. In alternativa al ricorso alle camere di conciliazione di cui al comma 8-sexies, le parti possono promuovere la composizione non contenziosa presso uno degli organismi di conciliazione previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni dell'ultimo periodo del citato comma 8-sexies e, in quanto compatibili, quelle degli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo n. 5 del 2003, e successive modificazioni. 8-octies. In caso di inutile esperimento della composizione non contenziosa di cui ai commi 8-sexies e 8-septies, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l'accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 8-quater e la determinazione precisa dell'ammontare del risarcimento dei danni o dell'indennità, riconosciuti ai sensi della medesima sentenza. La pronuncia costituisce titolo esecutivo nei confronti del comune contraddittore. Le associazioni di cui al comma 8-bis non sono legittimate ad intervenire nei giudizi previsti dal presente comma. 8-nonies. La sentenza di condanna di cui al comma 8-quater, emessa a favore dell'associazione cui appartiene l'iscritto, costituisce, ai sensi dell'articolo 634 del codice di procedura civile, prova scritta, per quanto in essa contenuto, per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del medesimo codice, richiesta dal singolo consumatore o utente».
Art. 2. 1. All'articolo 10, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i procedimenti previsti dall'articolo 140, commi 8-bis, 8-octies e 8-nonies, del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206».
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N. 1330
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati FABRIS, SATTA, ROCCO PIGNATARO, ADENTI, AFFRONTI, CAPOTOSTI, CIOFFI, DEL MESE, D'ELPIDIO, GIUDITTA, LI CAUSI, MORRONE, PICANO, PISACANE ¾ |
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Nuove norme in materia di azione collettiva |
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Presentata il10 luglio 2006
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Onorevoli Colleghi! - Attualmente il nostro sistema giuridico prevede un'unica forma di azione collettiva in materia di tutela dei consumatori, l'azione inibitoria disciplinata dagli articoli 37 e 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in grado di prevenire e di fare cessare la lesione di interessi «di gruppo» ma non di riparare o risarcire i danni individuali.
La presente proposta di legge introduce un nuovo strumento giudiziario, l'azione collettiva (mutuata dall'espressione anglosassone «class action») che non soltanto ha effetto risarcitorio, ma consente l'ottenimento di una sentenza che potrà essere fatta valere anche da quanti abbiano subìto gli stessi danni.
Attraverso un unico procedimento giudiziario potrà essere data risposta a tutte le domande originate dallo stesso atto illecito plurioffensivo, con immediato beneficio rispetto ai tempi processuali.
È garantita così l'uniformità della tutela ma anche la certezza del diritto, l'efficacia e l'equità del risultato. Chiunque abbia interesse (compresi comitati e associazioni che tutelano gli interessi della classe) può chiedere al tribunale l'accertamento di responsabilità contrattuali o extracontrattuali in capo a soggetti sia pubblici che privati, nonché la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute. Qualora un potenziale componente della classe non intenda prendere parte all'azione collettiva, può avviare autonomamente un'azione giudiziaria contro il medesimo convenuto per i medesimi fatti (la pendenza di un'azione collettiva non costituisce litispendenza ai fini dell'articolo 39 del codice di procedura civile - litispendenza e continenza di cause - per i soggetti che non hanno espressamente aderito all'azione collettiva). L'istanza di ammissione dell'azione, completa di tutti i suoi elementi, produce gli effetti interruttivi della prescrizione di cui all'articolo 2945 del codice civile, e l'estratto deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Il giudice deve valutare l'ammissione dell'azione collettiva in base alla sussistenza dei seguenti requisiti:
a) il fumus boni juris;
b) la meritevolezza dell'azione anche in relazione alla sussistenza di un interesse diffuso;
c) i criteri per determinare in modo oggettivo i componenti della classe.
In caso di ammissione dell'azione collettiva, il giudice emette un decreto contenente la nomina del promotore di classe maggiormente rappresentativo, la nomina del curatore amministrativo, la definizione di classe in grado di identificare in modo univoco i soggetti che vi appartengono, nonché l'ammissione al gratuito patrocinio. Chiunque desideri partecipare all'azione deve fare apposita istanza scritta al curatore amministrativo. Il processo si svolge secondo il rito ordinario o secondo il rito di cognizione sommaria in caso di richiesta da parte del promotore di classe. In corso di causa le parti possono raggiungere un accordo transattivo che deve essere approvato dalla maggioranza dei partecipanti alla votazione indetta dal curatore amministrativo, e sottoposto al controllo di meritevolezza da parte del giudice. Se l'accordo è approvato, nessuna spesa può essere addebitata al gratuito patrocinio, e il collegio emetterà la sentenza. In caso di sentenza di condanna, il tribunale determina i criteri in base ai quali dovrà essere calcolata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli componenti della classe. Sia il dispositivo della sentenza che le motivazioni vengono poi pubblicati, a spese del convenuto, in almeno due quotidiani a tiratura nazionale. È compito del curatore amministrativo esperire tutti gli atti necessari per la materiale esecuzione del decreto emesso dal giudice, con il quale condanna il convenuto a pagare al curatore la somma necessaria all'esecuzione della sentenza di condanna comprensiva delle spese di lite, degli importi destinati alla classe e a ciascuno dei suoi membri, e dell'eventuale danno punitivo. A tale riguardo è previsto infatti che su richiesta del promotore, il giudice, qualora stabilisca che il vantaggio economico ottenuto dal convenuto conseguente agli illeciti plurioffensivi è maggiore del risarcimento del danno, determini un risarcimento a favore della classe pari al vantaggio economico derivante dagli illeciti plurioffensivi accertati. Nel caso di soccombenza del promotore della classe, il giudice liquiderà in ogni caso a carico del gratuito patrocinio:
a) la parcella del difensore del convenuto e quella del curatore amministrativo;
b) le altre spese legali, ad esclusione della parcella del difensore del promotore.
Nel caso di soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato al pagamento delle spese legali comprensive delle spese per i difensori del promotore della classe.
In particolare, la presente proposta di legge, all'articolo 1, introduce l'azione collettiva nel sistema giuridico italiano con lo scopo di tutelare i diritti dei soggetti coinvolti da illeciti plurioffensivi e disincentivare il compimento degli stessi.
All'articolo 2, comma 1, la lettera a) definisce l'azione collettiva come azione giudiziaria finalizzata all'accertamento di responsabilità contrattuali o extracontrattuali e alla condanna risarcitoria o restitutoria; la lettera b) definisce la classe come l'insieme dei soggetti danneggiati, univocamente identificabili attraverso la definizione della classe con decreto del giudice e iscritti nell'elenco tenuto dal curatore amministrativo; la lettera c) definisce il promotore della classe come il soggetto la cui istanza di azione collettiva è stata selezionata dal giudice in rappresentanza della classe stessa; la lettera d) definisce il curatore amministrativo come il consulente nominato dal tribunale con il compito di raccogliere le istanze di iscrizione alla classe e di ripartire il risarcimento conseguente all'azione collettiva; la lettera e) definisce l'illecito plurioffensivo come atto o fatto illecito, omissione, inadempimento contemporaneamente lesivo di diritti o interessi di una pluralità di soggetti o ripetuto nei confronti di una pluralità di soggetti.
L'articolo 3, comma 1, legittima chiunque abbia interesse a richiedere al tribunale ove ha sede il convenuto la condanna al risarcimento dei danni e alla restituzione di somme dovute direttamente ai singoli appartenenti alla classe, come conseguenza di illeciti plurioffensivi commessi da soggetti pubblici o privati.
Il comma 2 legittima comitati e associazioni che tutelano gli interessi della classe a promuovere azioni collettive purché lo facciano congiuntamente ad almeno un soggetto che vi abbia interesse.
Il comma 3 consente ai potenziali componenti della classe che non intendono partecipare all'azione collettiva di avviare un'azione giudiziaria contro il medesimo convenuto per i medesimi fatti e prevede che la pendenza di una azione collettiva non costituisce litispendenza ai fini dell'articolo 39 del codice di procedura civile per i soggetti che hanno, al momento dell'avvio dell'azione individuale, espressamente aderito all'azione collettiva.
L'articolo 4, comma 1, elenca i requisiti dell'istanza per l'ammissione dell'azione collettiva. Essa deve contenere, oltre alla trascrizione integrale della citazione da notificare al convenuto:
1) l'indicazione del tribunale davanti al quale è proposta la domanda;
2) nome, cognome, residenza, luogo e data di nascita del promotore della classe che si candida; cognome, residenza o domicilio del convenuto o dei convenuti; la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo che ne ha la rappresentanza in giudizio se il promotore o il convenuto sono persone giuridiche, associazioni o comitati;
3) l'indicazione del numero di telefax o dell'indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere comunicazioni e notificazioni;
4) la proposta di definizione di classe contenente i criteri per identificare univocamente i soggetti facenti parte della classe;
5) la domanda di risarcimento del danno o di restituzione di una somma di denaro almeno sommariamente indicata nel suo ammontare o con l'indicazione dei criteri per la sua determinazione;
6) una esposizione sommaria e riassuntiva dei fatti e degli elementi di diritto oggetto della domanda;
7) l'esposizione sommaria dei fatti e degli elementi di diritto oggetto della domanda (in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 163 del codice di procedura civile);
8) l'elenco dei soggetti appartenenti alla classe con il nome, il cognome, la residenza, il luogo e la data di nascita, nonché con l'indicazione del danno documentabile e la documentazione comprovante il danno lamentato da ciascun soggetto.
Il comma 2 prevede, inoltre, che l'istan- za debba essere sottoscritta a norma dell'articolo 125 del codice di procedura civile, consegnata dalla parte o dal procuratore all'ufficiale giudiziario il quale la notifica ai convenuti. Entro dieci giorni dalla notifica, l'istanza deve essere depositata in cancelleria e così si intende proposta.
Il comma 3 dispone che l'istanza produce gli effetti interruttivi della prescrizione (articolo 2945 del codice civile) anche rispetto ai diritti dei singoli consumatori o utenti contenuti nell'elenco di cui al comma 1, lettera h).
Un estratto dell'istanza deve essere pubblicato, entro dieci giorni dalla notifica ai convenuti, nella Gazzetta Ufficiale (comma 4).
L'articolo 5 prevede che il convenuto debba notificare alla controparte l'eventuale opposizione all'istanza di ammissione dell'azione entro sessanta giorni dalla notifica di cui all'articolo 4.
L'articolo 6 disciplina le istanze concorrenti. Il comma 1 prevede che ciascun soggetto che via abbia interesse può presentare un'istanza per supportare la prima istanza di azione collettiva e chiedere di essere nominato promotore della classe in vece del primo promotore. In caso di più azioni collettive in relazione ai medesimi fatti, ai fini della nomina del promotore della classe vengono valutate solo le istanze depositate in cancelleria entro sessanta giorni dall'avvenuta pubblicazione dell'estratto.
Il comma 2 dispone che entro i novanta giorni successivi al deposito della prima istanza, chiunque abbia interesse può depositare una memoria integrativa, con riferimento a possibili conflitti di interesse rispetto alla scelta di uno o più promotori della classe.
Infine, il comma 3 prevede che il giudice sceglie il promotore della classe che ritiene maggiormente rappresentativo.
L'articolo 7, comma 1, elenca i requisiti dell'azione collettiva per l'ammissibilità da parte del giudice:
1) la sussistenza del fumus boni juris;
2) la meritevolezza dell'azione anche in relazione alla sussistenza di un interesse diffuso;
3) la possibilità di determinare in modo oggettivo i componenti della classe a cui si possono riferire le medesime argomentazioni in fatto e in diritto. In caso di ammissione dell'azione, il giudice nomina il promotore della classe, il curatore amministrativo e ammette il promotore della classe e la classe medesima al gratuito patrocinio.
Il comma 2 prevede che, decorsi novanta giorni dal deposito della prima istanza contro il medesimo convenuto, il cancelliere formi il fascicolo contenente tutte le istanze contro il medesimo convenuto.
Il comma 3 dispone che il presidente del tribunale decorsi due giorni dalla presentazione del fascicolo, designa il giudice relatore che, entro sessanta giorni, presenta al collegio le proprie osservazioni. Entro cinque giorni dalla presentazione, il tribunale in composizione collegiale emette il decreto con il quale ammette o respinge l'azione collettiva e nomina il promotore della classe. Il presidente può prorogare il termine ai sensi dell'articolo 154 del codice di procedura civile.
Il comma 4 prevede che in caso di ammissione dell'azione il decreto deve contenere:
a) l'indicazione del promotore della classe; nel caso di una pluralità di istanze il giudice motiva la scelta indicando i criteri utilizzati;
b) la definizione della classe in grado di identificare in modo univoco i soggetti che vi appartengono e quelli che devono essere esclusi;
c) la nomina del curatore amministrativo;
d) i termini al promotore della classe per la presentazione dell'atto di citazione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n.5;
e) il decreto di ammissione al gratuito patrocinio.
Il comma 5 dispone che il decreto deve essere comunicato al convenuto e a tutti i candidati promotori della classe presso i difensori, i quali sono tenuti a trasmettere immediatamente alla cancelleria una copia del decreto con attestazione della sua ricevuta.
L'articolo 8, comma 1, elenca i compiti del curatore amministrativo:
a) deve tenere un elenco informatico di tutte le richieste di partecipazione alla classe;
b) in caso di proposta transattiva deve indire la votazione della stessa;
c) deve ripartire le somme eventualmente ottenute dalla classe fra i partecipanti alla stessa in proporzione al danno da ciascuno documentato.
Il comma 2 dispone che, una volta conclusa l'azione collettiva con sentenza o con atto transattivo stragiudiziale, il curatore amministrativo, ai fini dell'esecuzione della sentenza o dell'atto transattivo, ha il potere di rappresentare la classe davanti all'autorità giudiziaria.
Il comma 3 prevede che le parti e ciascun partecipante alla classe possono nominare a proprie spese un consulente che controlli lo svolgimento dei compiti del curatore amministrativo.
Infine, il comma 4 dispone che il curatore deve fornire tutte le informazioni utili ai partecipanti alla classe affinché siano sempre informati sullo svolgimento del processo e sui propri diritti.
L'articolo 9, comma 1, prevede che il curatore amministrativo deve tenere un elenco dei soggetti appartenenti alla classe in base alla definizione contenuta nel decreto di ammissione dell'azione collettiva di cui all'articolo 7.
Il comma 2 prevede che tutti coloro che desiderano partecipare all'azione collettiva (tranne il promotore che è iscritto di diritto) devono presentare un'apposita istanza scritta al curatore amministrativo secondo le modalità stabilite dallo stesso.
Nel comma 3 è previsto che, in caso di esclusione dalla classe, il curatore amministrativo deve motivare tale decisione con un atto che può essere impugnato davanti al giudice che ha emesso il decreto di ammissione all'azione collettiva.
Il comma 4 consente, entro centottanta giorni dalla pubblicazione della sentenza, di chiedere al curatore amministrativo di essere cancellati dall'elenco dei partecipanti all'azione collettiva.
L'articolo 10 stabilisce che il processo si svolge secondo il rito ordinario collegiale previsto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (comma 1); qualora vi siano i presupposti previsti dall'articolo 19 del medesimo decreto legislativo, il promotore della classe può richiedere al giudice l'applicazione del rito di cognizione sommaria (comma 2).
L'articolo 11, comma 1, prevede che qualora le parti raggiungano un accordo transattivo, lo stesso ha valore solo se approvato dalla maggioranza dei partecipanti alla votazione indetta dal curatore amministrativo.
Le parti devono informare il giudice e il curatore dell'accordo raggiunto (comma 2) e il curatore, prima di indire la votazione, deve analizzare le istanze di partecipazione alla classe pendenti.
Il comma 4 prevede che il curatore deve fornire a tutti i partecipanti alla classe una comunicazione con l'illustrazione dell'accordo raggiunto fra le parti e le modalità per esprimere il proprio voto ai sensi di quanto indicato nel regolamento di cui all'articolo 17.
Il comma 5 considera valida la prima votazione solo se vi ha preso parte almeno un terzo degli aventi diritto; in caso contrario è necessario indire una seconda votazione priva di soglia di partecipazione minima.
In caso di accordo transattivo nessuna spesa può essere addebitata al gratuito patrocinio e tutte le spese del procedimento devono essere oggetto di accordo tra le parti (comma 6).
Il comma 7 prevede che il curatore, una volta acquisito il voto favorevole dei partecipanti alla classe, deve sottoporre l'accordo al giudice, il quale lo sottopone al controllo di meritevolezza, lo approva definitivamente e lo trasmette al collegio, che emette la sentenza nei termini stabiliti dall'accordo stesso.
L'articolo 12 riguarda il danno punitivo: se il giudice rileva che il vantaggio economico ottenuto dal convenuto conseguente agli illeciti plurioffensivi è maggiore del risarcimento del danno quantificato ai sensi dell'articolo 1223 del codice civile, su richiesta del promotore della classe stabilisce un risarcimento a favore della classe pari al vantaggio economico derivante dagli illeciti plurioffensivi accertati.
L'articolo 13 prevede che nelle azioni aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, la diffusione di messaggi pubblicitari rende nullo il contratto nei confronti di tutti i soggetti appartenenti alla classe che lo hanno sottoscritto nel periodo di diffusione del messaggio ingannevole; la nullità può essere fatta valere solo dal promotore della classe.
L'articolo 14 riguarda l'esecuzione della sentenza e il riparto del risarcimento.
Il comma 1 prevede che se la sentenza (emessa dal tribunale in composizione collegiale) condanna il convenuto, il tribunale determina nella sentenza i criteri per fissare la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli componenti della classe. Motivazioni e dispositivo della sentenza devono essere pubblicati, a spese del convenuto, in almeno due quotidiani a tiratura nazionale.
Il comma 2 prevede che entro centottanta giorni dalla pubblicazione o dall'approvazione della transazione, quanti hanno i requisiti per partecipare all'azione collettiva, e non l'abbiano già fatto, possono inoltrare al curatore l'istanza di cui all'articolo 9, comma 1.
Il comma 3 dispone che, decorso il termine di cui al comma 2, il curatore, entro trenta giorni, deve depositare in cancelleria una relazione con la quantificazione della somma complessiva necessaria per il risarcimento degli iscritti all'azione. Entro trenta giorni dal deposito, le parti che vi hanno interesse possono proporre, a propria cura e spese, osservazioni sulla quantificazione. Il comma 4 prevede che, entro venti giorni dalla scadenza del termine per le osservazioni, il giudice relatore emette un decreto con il quale condanna il convenuto a pagare al curatore la somma necessaria per l'esecuzione della sentenza di condanna, comprensiva delle spese di lite, degli importi destinati alla classe e a ciascun partecipante, dell'eventuale danno punitivo e delle spese per il curatore amministrativo.
Il comma 5 affida al curatore amministrativo il compimento di tutti gli atti necessari per la materiale esecuzione del decreto di cui al comma 4. Se il convenuto non adempie spontaneamente all'esecuzione, il curatore può avvalersi dell'ausilio professionale del legale che ha curato l'azione collettiva. L'azione esecutiva è esente da oneri e spese per bolli, contributo unificato e notifiche.
Il comma 6 dispone che, una volta ottenuta l'esecuzione del decreto, il curatore deve procedere rapidamente e senza indugio alla liquidazione dei singoli componenti della classe, procedendo in ordine cronologico di iscrizione; l'eventuale danno punitivo deve essere ripartito in percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe.
Infine, il comma 7 prevede che, in caso di riparto del risarcimento successivo all'atto transattivo approvato ai sensi dell'articolo 11, il curatore deve ripartire il risarcimento stabilito nell'atto transattivo approvato in percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe.
L'articolo 15, comma 1, prevede che, in caso di soccombenza del promotore della classe, il giudice deve liquidare in ogni caso a carico del gratuito patrocinio:
a) la parcella del difensore del convenuto;
b) la parcella del curatore amministrativo;
c) le altre spese legali, ad esclusione della parcella del difensore del promotore della classe, al quale nulla è dovuto.
Il comma 2 condanna il convenuto, in caso di soccombenza anche parziale, al pagamento delle spese legali, comprensive delle spese per i difensori del promotore della classe, in base a quanto previsto dall'articolo 16.
L'articolo 16 dispone la deroga al tariffario forense: la parcella dei difensori del promotore della classe deve essere calcolata in percentuale sui risarcimenti ottenuti dall'azione collettiva nella misura minima del 2,5 per cento e massima del 10 per cento in relazione alla complessità della controversia, al risultato raggiunto e all'attività svolta.
L'articolo 17 riguarda le norme di attuazione, e prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro della giustizia adotta un regolamento con il quale indica:
a) i soggetti che possono essere nominati curatori amministrativi e i requisiti di onorabilità e di professionalità necessari per la nomina;
b) le modalità con cui i curatori devono svolgere le loro funzioni, e in particolare:
1) le modalità di tenuta dell'elenco dei soggetti appartenenti alla classe;
2) le procedure per la verifica dell'ammissibilità della domanda di iscrizione alla classe;
3) le procedure per le comunicazioni delle informazioni ai soggetti appartenenti alla classe e per l'assolvimento degli obblighi informativi di cui all'articolo 8, comma 4;
4) le procedure per lo svolgimento delle votazioni di cui all'articolo 11;
5) le procedure per il riparto del risarcimento ottenuto dall'azione.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Finalità). 1. La presente legge disciplina l'azione collettiva quale strumento processuale al fine di tutelare i diritti dei soggetti coinvolti da illeciti plurioffensivi e disincentivare la progettazione ed il compimento degli stessi illeciti. Art. 2. (Definizioni). 1. Ai fini della presente legge, si intendono per: a) «azione collettiva»: l'azione giudiziaria finalizzata all'accertamento di responsabilità contrattuali o extracontrattuali e alla condanna al risarcimento del danno o alla restituzione di somme di denaro ad una pluralità di soggetti; b) «classe»: l'insieme dei soggetti danneggiati univocamente identificabili attraverso la definizione della classe con decreto del giudice, e iscritti nell'apposito elenco tenuto dal curatore amministrativo; c) «promotore della classe»: il soggetto la cui istanza di azione collettiva è stata selezionata dal giudice in rappresentanza della classe; d) «curatore amministrativo»: il consulente nominato dal tribunale che ha il compito di raccogliere tutte le istanze di iscrizione alla classe e di procedere al riparto dell'eventuale risarcimento ottenuto a seguito dell'azione collettiva; e) «illecito plurioffensivo»: l'atto o il fatto illecito, l'omissione, l'inadempimento contrattuale o extracontrattuale lesivo di un diritto soggettivo o di un interesse meritevole di tutela giuridica di una pluralità di soggetti. L'illecito è plurioffensivo quando il medesimo atto, fatto, omissione o inadempimento lede contemporaneamente diritti o interessi di una pluralità di soggetti ovvero sia ripetuto, con modalità simili, nei confronti di una pluralità di soggetti.
Art. 3. (Legittimazione ad agire). 1. Chiunque vi abbia interesse può richiedere al tribunale del luogo ove ha sede il convenuto, o uno dei convenuti, la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli appartenenti alla classe, in conseguenza di illeciti plurioffensivi commessi da soggetti pubblici o privati. 2. I comitati e le associazioni che tutelano gli interessi della classe sono altresì legittimati a promuovere le azioni collettive purché lo facciano congiuntamente ad almeno un soggetto che vi abbia interesse. 3. Ciascun potenziale componente della classe che non intenda partecipare all'azione collettiva, o che ha chiesto di essere escluso ai sensi dell'articolo 9 comma 4, può avviare un'azione giudiziaria contro il medesimo convenuto per i medesimi fatti; la pendenza di un'azione collettiva non costituisce litispendenza ai fini dell'articolo 39 del codice di procedura civile per i soggetti che non hanno, al momento dell'avvio dell'azione individuale, espressamente aderito all'azione collettiva. Art. 4. (Istanza di ammissione). 1. L'istanza per l'ammissione dell'azione collettiva deve contenere oltre alla trascrizione integrale della citazione che si intende notificare al convenuto o ai convenuti, completa di tutti gli elementi di cui all'articolo 163 del codice di procedura civile: a) l'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta; b) il nome, il cognome, la residenza, il luogo e la data di nascita del promotore della classe che intende candidarsi; il cognome e la residenza, ovvero il domicilio o la dimora, del convenuto o dei convenuti. Se il promotore della classe o il convenuto sono una persona giuridica, un'associazione o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o dell'ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio; c) l'indicazione del numero di telefax o dell'indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento; d) la proposta di definizione di classe contenente i criteri per identificare univocamente i soggetti facenti parte della classe a cui si riferiscono le medesime argomentazioni in fatto e in diritto; e) la domanda di risarcimento del danno o di restituzione di una somma di denaro sommariamente indicata nel suo ammontare o con l'indicazione dei criteri per la sua determinazione o determinabilità; f) oltre a quanto previsto all'articolo 163 del codice di procedura civile, una esposizione sommaria e riassuntiva dei fatti e degli elementi di diritto oggetto della domanda nonché delle domande proposte; g) l'esposizione sommaria dei fatti e degli elementi di diritto oggetto della domanda; h) l'elenco dei soggetti appartenenti alla classe che si richiede possano essere rappresentanti dal promotore della classe indicato alla lettera b); tale elenco deve contenere, per ciascun soggetto, il nome, il cognome, la residenza, il luogo, la data di nascita e il danno documentabile; i) per ciascun soggetto indicato nell'elenco di cui alla lettera h), un'apposita domanda con allegata la documentazione comprovante il danno lamentato. 2. L'istanza, sottoscritta ai sensi dell'articolo 125 del codice di procedura civile, è consegnata dalla parte o dal procuratore all'ufficiale giudiziario, il quale la notifica alle parti convenute, ai sensi degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile. Entro dieci giorni dall'avvenuta notifica, l'istanza deve essere depositata in cancelleria; la stessa si intende proposta il giorno del deposito. 3. L'istanza produce gli effetti interruttivi della prescrizione, ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti contenuti nell'elenco di cui al comma 1, lettera h). 4. Un estratto dell'istanza introduttiva contenente la sommaria indicazione degli elementi di fatto e di diritto, l'indicazione delle domande, del tribunale avanti il quale si procede, delle parti e del termine entro il quale sono ammesse eventuali istanze concorrenti, deve essere pubblicato, entro dieci giorni dall'avvenuta notifica ai convenuti, nella Gazzetta Ufficiale; la pubblicazione avviene a cura del procedente e a spese dello Stato. Art. 5. (Opposizione all'istanza di ammissione dell'azione collettiva). 1. Il convenuto deve notificare alla controparte e depositare presso la cancelleria del tribunale, entro sessanta giorni dalla notifica di cui all'articolo 4, comma 2, l'eventuale opposizione all'istanza di ammissione dell'azione collettiva, con riferimento, in particolare, ai requisiti di ammissibilità della stessa.
Art. 6. (Istanze concorrenti). 1. Avuta notizia dell'avvenuto deposito di un'istanza di azione collettiva, ciascun soggetto che vi abbia interesse può presentare, presso il medesimo tribunale, un'istanza contenente tutti gli elementi di cui all'articolo 4, al fine di supportare la prima istanza di azione collettiva e chiedere di essere nominato promotore della classe in vece del primo promotore. Nel caso in cui contro il medesimo convenuto vengano proposte una pluralità di istanze di azioni collettive in relazione ai medesimi fatti, vengono valutate, ai fini della nomina del promotore della classe, solo le istanze depositate in cancelleria entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'estratto di cui all'articolo 4, comma 4. 2. Entro novanta giorni dal deposito della prima istanza di azione collettiva, chiunque vi abbia interesse può depositare una memoria integrativa, con particolare riferimento a possibili conflitti d'interesse che potrebbero essere ostativi alla scelta di uno o più promotori della classe. 3. Il giudice sceglie il promotore della classe che ritiene maggiormente rappresentativo, tenuto conto degli elementi di cui al comma 2 e della qualità delle argomentazioni sostenute.
Art. 7. (Decreto sull'ammissibilità dell'azione collettiva). 1. Ai fini dell'ammissibilità dell'azione collettiva il giudice valuta: la sussistenza del fumus boni juris sulla base delle argomentazioni contenute nell'atto introduttivo; la meritevolezza dell'azione anche in relazione alla sussistenza di un interesse diffuso; la possibilità di determinare in modo oggettivo i componenti della classe, a cui si possono riferire le medesime argomentazioni in fatto e in diritto sostenute nell'atto introduttivo, attraverso una mera verifica documentale. In caso di ammissione dell'azione collettiva, il giudice nomina il promotore della classe, il curatore amministrativo e ammette il promotore della classe e la classe medesima al gratuito patrocinio nei limiti di cui all'articolo 15. 2. Decorsi novanta giorni dal deposito della prima istanza di azione collettiva contro il medesimo convenuto, il cancelliere, nei dieci giorni successivi, forma il fascicolo contenente tutte le istanze di azione collettiva contro il medesimo convenuto. 3. Il presidente del tribunale, entro il secondo giorno successivo alla presentazione del fascicolo di cui al comma 2, designa il giudice relatore. Questi, entro sessanta giorni dalla designazione, presenta al collegio le proprie osservazioni; entro cinque giorni dalla presentazione, il tribunale in composizione collegiale emette e deposita in cancelleria il decreto con il quale ammette o respinge l'azione collettiva e nomina il promotore della classe. Per comprovate ragioni, il presidente può prorogare il termine ai sensi dell'articolo 154 del codice di procedura civile. 4. In caso di ammissione dell'azione collettiva, il decreto deve contenere: a) l'indicazione del promotore della classe scelto per l'azione collettiva; nel caso di una pluralità di istanze, il giudice motiva la scelta indicando i criteri utilizzati; b) la definizione della classe in grado di identificare in modo univoco, attraverso l'esame della documentazione necessaria, i soggetti che vi appartengono ed i soggetti che devono essere esclusi, precisando i requisiti di appartenenza, oggettivi e soggettivi, e la documentazione atta ad attestarne il possesso, che deve essere prodotta anche al curatore amministrativo; c) la nomina del curatore amministrativo dell'azione collettiva; d) i termini al promotore della classe per la presentazione dell'atto di citazione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni; e) il decreto di ammissione al gratuito patrocinio. 5. Il decreto è comunicato, anche a mezzo posta elettronica o telefax, al convenuto e a tutti i candidati promotori della classe presso i difensori, i quali sono tenuti a trasmettere immediatamente alla cancelleria stessa una copia del decreto con attestazione di ricevuta. Art. 8. (Curatore amministrativo). 1. Il curatore amministrativo nominato dal giudice deve: a) tenere un elenco informatico di tutte le richieste di partecipazione alla classe; b) indire, in caso di proposta transattiva da sottoporre al giudizio della classe, la votazione della stessa; c) procedere al riparto delle somme eventualmente ottenute dalla classe fra i partecipanti alla stessa in proporzione al danno da ciascuno documentato. 2. Una volta conclusa l'azione collettiva, con sentenza o con atto transattivo stragiudiziale, il curatore amministrativo, ai fini dell'esecuzione della sentenza o dell'atto transattivo, ha il potere di rappresentare la classe davanti all'autorità giudiziaria. 3. Le parti, e ciascun partecipante alla classe, possono nominare, a proprie spese, un consulente di parte che controlli lo svolgimento dei compiti del curatore amministrativo. 4. Il curatore amministrativo deve fornire tutte le informazioni utili ai partecipanti alla classe affinché siano sempre informati sullo svolgimento del processo e sui propri diritti. Tali informazioni possono essere fornite anche attraverso dispositivi telematici.
Art. 9. (Elenco dei partecipanti all'azione collettiva). 1. Il curatore amministrativo tiene un elenco dei soggetti appartenenti alla classe in base alla definizione contenuta nel decreto di ammissione dell'azione collettiva cui all'articolo 7. 2. Tutti coloro che desiderano partecipare all'azione collettiva, ad esclusione del promotore della classe che è iscritto di diritto, devono presentare un'apposita istanza scritta al curatore amministrativo secondo le modalità stabilite dallo stesso. 3. In caso di esclusione dalla classe, il curatore amministrativo deve motivare tale decisione con atto che può essere impugnato davanti al giudice che ha emesso il decreto di ammissione dell'azione collettiva di cui all'articolo 7. 4. Entro centottanta giorni dalla pubblicazione della sentenza, è possibile chiedere al curatore amministrativo di essere cancellati dall'elenco dei partecipanti all'azione collettiva. Art. 10. (Svolgimento del processo). 1. Il processo si svolge secondo il rito ordinario collegiale previsto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni. 2. Qualora vi siano i presupposti previsti dall'articolo 19 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni, il promotore della classe può richiedere al giudice l'applicazione del rito di cognizione sommaria.
Art. 11. (Transazioni in corso di causa). 1. Qualora le parti raggiungano un accordo transattivo, lo stesso ha valore solo nel caso in cui esso venga approvato dalla maggioranza dei partecipanti alla votazione indetta al riguardo dal curatore amministrativo dell'azione collettiva. 2. Le parti informano il giudice e il curatore amministrativo dell'accordo raggiunto ai sensi del comma 1. 3. Il curatore amministrativo, nel caso in cui risultino istanze di partecipazione alla classe pendenti, le analizza prima di indire la votazione. 4. Il curatore amministrativo fornisce a tutti i partecipanti alla classe una comunicazione con l'illustrazione dell'accordo raggiunto fra le parti e le modalità per esprimere il proprio voto secondo le modalità indicate dal regolamento di cui all'articolo 17. 5. La prima votazione è valida solo se vi ha preso parte almeno un terzo degli aventi diritto; in caso contrario è indetta una seconda votazione priva di soglia di partecipazione minima. 6. In caso di accordo transattivo, nessuna spesa può essere addebitata al gratuito patrocino. Tutte le spese del procedimento devono essere oggetto di accordo tra le parti. 7. Una volta acquisito il voto favorevole dei partecipanti alla classe, il curatore amministrativo sottopone l'accordo medesimo al giudice il quale, previa verifica della sua meritevolezza, lo approva definitivamente e lo trasmette al collegio che emette sentenza nei termini stabiliti dall'accordo stesso.
Art. 12. (Danno punitivo). 1. Su richiesta del promotore della classe, il giudice, qualora verifichi che il vantaggio economico ottenuto dal convenuto conseguente agli illeciti plurioffensivi è maggiore del risarcimento del danno quantificato ai sensi dell'articolo 1223 del codice civile, stabilisce un risarcimento a favore della classe pari al vantaggio economico derivante dagli illeciti plurioffensivi accertati.
Art. 13. (Pubblicità ingannevole). 1. Nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti conclusi secondo le modalità previste dall'articolo 1342 del codice civile, la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, accertata dall'autorità competente, rende nullo il contratto nei confronti di tutti i soggetti appartenenti alla classe che lo hanno sottoscritto nel periodo di diffusione del messaggio stesso. La nullità può essere fatta valere solo dal promotore della classe. Art. 14. (Esecuzione della sentenza e riparto del risarcimento). 1. La sentenza è emessa dal tribunale in composizione collegiale. In caso di condanna del convenuto, il tribunale determina nella sentenza i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli componenti della classe ed impone che le motivazioni e il dispositivo della sentenza siano pubblicati, a spese del convenuto, in almeno due quotidiani a tiratura nazionale. 2. Entro centottanta giorni dalla pubblicazione della sentenza o dall'approvazione della transazione, tutti coloro che hanno i requisiti per partecipare all'azione collettiva e che non l'hanno ancora fatto, possono inoltrare al curatore amministrativo l'istanza di cui all'articolo 9, comma 2. 3. Decorso il termine di cui al comma 2, il curatore amministrativo, entro trenta giorni, deposita in cancelleria una relazione con la quantificazione della somma complessiva necessaria per il risarcimento di tutti gli iscritti all'azione collettiva secondo i criteri indicati nella sentenza di condanna. Entro trenta giorni dal deposito della relazione, ciascuna parte che vi abbia interesse può proporre, a propria cura e spese, osservazioni sulla quantificazione. 4. A seguito della relazione di cui al comma 3, il giudice relatore emette, entro venti giorni dalla scadenza del termine per le osservazioni, un decreto con il quale condanna il convenuto a pagare al curatore amministrativo la somma necessaria all'esecuzione della sentenza di condanna comprensiva delle spese di lite, degli importi destinati alla classe ed a ciascuno dei suoi partecipanti, dell'eventuale danno punitivo di cui all'articolo 12 e delle spese per il curatore amministrativo. 5. Il curatore amministrativo deve esperire tutti gli atti necessari per l'esecuzione del decreto di cui al comma 4; in caso di mancata esecuzione spontanea da parte del convenuto, il curatore amministrativo deve avvalersi dell'ausilio professionale del legale che ha curato l'azione collettiva. L'azione esecutiva è esente da oneri e da spese per bolli, contributo unificato e notifiche; al legale competono gli onorari e i diritti pari ai valori minimi stabiliti dalla tariffa forense. 6. Ottenuta l'esecuzione del decreto di cui al comma 4, il curatore amministrativo procede rapidamente e senza indugio alla liquidazione dei singoli componenti della classe procedendo in ordine cronologico di iscrizione. L'eventuale danno punitivo è ripartito in percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe. 7. In caso di riparto del risarcimento successivo ad atto transattivo approvato ai sensi dell'articolo 11, il curatore amministrativo ripartisce il risarcimento stabilito nell'atto transattivo approvato in percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe. Art. 15. (Spese per l'azione collettiva). 1. In caso di soccombenza del promotore della classe, il giudice liquida in ogni caso a carico del gratuito patrocinio: a) la parcella del difensore del convenuto stabilita dal giudice; b) la parcella del curatore amministrativo, in base al tariffario minimo dei curatori fallimentari diminuito del 30 per cento; c) le altre spese legali, ad esclusione della parcella del difensore del promotore della classe al quale nulla è dovuto. 2. In caso di soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato al pagamento delle spese legali che sono comprensive delle spese per i difensori del promotore della classe calcolate ai sensi dell'articolo 16.
Art. 16. (Deroga al tariffario forense). 1. La parcella dei difensori del promotore della classe è calcolata in percentuale sui risarcimenti ottenuti dall'azione collettiva nella misura minima del 2,5 per cento e massima del 10 per cento in relazione alla complessità della controversia, al risultato raggiunto e all'attività svolta.
Art. 17. (Regolamento di attuazione). 1. Entro sei mesi della data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, adotta, con proprio decreto, il relativo regolamento di attuazione con il quale, in particolare, sono definiti: a) i soggetti che possono essere nominati curatori amministrativi e i requisiti di onorabilità e professionalità necessari per la nomina; b) le modalità attraverso le quali i curatori amministrativi devono svolgere le loro funzioni, con particolare riferimento a: 1) le modalità di tenuta dell'elenco dei soggetti appartenenti alla classe; 2) le procedure per la verifica dell'ammissibilità della domanda di iscrizione alla classe; 3) le procedure per le comunicazioni delle informazioni ai soggetti appartenenti alla classe da parte del curatore amministrativo e per l'assolvimento degli obblighi informativi di cui all'articolo 8, comma 4; 4) le procedure per lo svolgimento delle votazioni di cui all'articolo 11; 5) le procedure per il riparto del risarcimento ottenuto a seguito dell'azione collettiva. |
N. 1443
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato PORETTI, CAPEZZONE ¾ |
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Disciplina dell'azione giudiziaria collettiva |
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Presentata il 21 luglio 2006
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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, elaborata in collaborazione con l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC), vuole introdurre l'azione giudiziaria collettiva, così da tutelare i diritti dei soggetti coinvolti da illeciti plurioffensivi (articolo 1), traendo spunto dall'esperienza dei Paesi di common law (la cosiddetta «class action») e rendere lo strumento compatibile con i princìpi del nostro ordinamento giuridico.
Per introdurre il tema è opportuna una premessa di ordine generale sulle politiche del diritto che si sono sviluppate in questi anni.
I teorici e i pratici del diritto si interrogano su come organizzare e disciplinare in una moderna democrazia modelli giurisdizionali equi ed efficienti. La tradizione segna il passo e ha spesso limiti rispetto a modelli che richiedono invece maggiore funzionalità. Abbiamo ereditato una tutela giurisdizionale incentrata sulla materia penale e poco diffusa in materia civilistica. Da qui l'esigenza, a fini di funzionalità, di rivedere tali equilibri della tutela giudiziaria, così da rendere più contenuta e razionale la risposta penalistica e, viceversa, arricchire la tutela sul fronte civilistico: la democrazia di una società cresce implementando e incrementando i diritti dei cittadini.
Le azioni giudiziarie collettive cercano di corrispondere a queste esigenze teoriche e di politica del diritto. Per un verso intendono arricchire i diritti; per altro verso inseriscono, nell'ambito delle tutele di questi diritti, uno strumento nuovo e incisivo. Queste azioni, inoltre, possono essere strumenti di deterrenza e di prevenzione degli illeciti plurioffensivi. L'azione giudiziaria collettiva, oltre a diminuire i costi della giustizia, riduce il contenzioso, contribuendo alla certezza del diritto.
L'articolo 2 definisce i termini specifici relativi all'azione collettiva:
a) «azione collettiva»: è attività giudiziaria finalizzata all'accertamento delle responsabilità che provocano un danno e al conseguente risarcimento;
b) «classe»: l'insieme dei soggetti danneggiati;
c) «promotore della classe»: il rappresentante della classe;
d) «curatore amministrativo»: il consulente nominato dal tribunale, che ha il compito di raccogliere le istanze e di procedere al riparto del risarcimento;
e) «illecito plurioffensivo»: l'atto illecito lesivo di un diritto di una pluralità di soggetti.
Affinché le azioni collettive possano dispiegare i loro effetti sono essenziali alcuni presupposti:
1) la legittimità ad agire deve essere concessa ad ogni soggetto che abbia interesse a farlo (articolo 3); limitarne la possibilità a un ristretto numero significherebbe diminuire quel controllo diffuso che funge da deterrente;
2) l'introduzione del concetto di «danno punitivo» (previsto dall'articolo 12), attraverso il quale si restituisce ai danneggiati da un illecito plurioffensivo, non solo il danno emergente e il lucro cessante, ma anche l'eventuale maggiore profitto realizzato attraverso l'illecito. Il «danno punitivo» ha la duplice funzione di riequilibrare quanto causato dagli illeciti plurioffensivi e di rendere non convenienti questi atti;
3) incentivare anche sul piano economico l'utilizzo dello strumento: per questo è necessario eliminare qualunque rischio legale per i cittadini che aderiscono all'azione collettiva. Per i professionisti che seguiranno queste azioni giudiziarie è bene che sia disincentivato l'avvio pretestuoso e, al contempo, che siano incentivate - anche economicamente - quelle meritevoli. Tali concetti sono disciplinati dagli articoli 15 e 16;
4) l'automatismo fra sentenza e risarcimento del danno. Viene istituito il «curatore amministrativo», nominato dal giudice, il quale ha il compito - fra l'altro - di procedere all'esecuzione materiale della sentenza rimborsando direttamente i cittadini iscritti alla classe (articoli 8 e 14);
5) la normazione di eventuali abusi. Nell'articolo 7 si prevede un filtro sull'ammissibilità di tali azioni. Il giudice dovrà valutare e accertare (come già nei provvedimenti cautelari) la sussistenza del fumus boni iuris prima di avviare il procedimento.
La quasi totalità delle class action negli Usa (Paese in cui è molto usato questo tipo di procedimento) si concludono con una transazione che, talvolta, è progettata più a misura degli studi legali che non a beneficio della classe. Per ovviare a tale inconveniente, il presente progetto di legge prevede che la transazione, affinché sia efficace, debba essere sottoposta a votazione di tutti i membri della classe, indetta dal curatore amministrativo (articolo 11). Questo passaggio obbligherà i soggetti che gestiranno le transazioni all'interno delle azioni collettive a proporre forme di mediazione più favorevoli per la classe.
Sul piano più strettamente processuale l'azione collettiva è avviata da un'istanza (articolo 4) presentata da chiunque ne abbia interesse (o da associazioni rappresentative congiuntamente con almeno un avente diritto). Nel caso in cui più soggetti desiderino proporsi come promotori dell'azione collettiva (articolo 6), il giudice potrà scegliere il promotore più rappresentativo anche tenendo conto di possibili conflitti d'interesse e della qualità degli atti presentati a tutela degli interessi della classe.
Si prevedono due passaggi innovativi rispetto alla procedura civilistica tradizionale. Il primo è il decreto con il quale il giudice ammette o rifiuta l'azione stessa (articolo 7). Il giudice vi dispone una serie di atti provenienti sia dal convenuto (articolo 5) che dai candidati promotori della classe che gli consentono di esperire un primo, sommario, giudizio.
In caso di ammissione, il giudice stabilisce, nello stesso decreto, gli elementi per il prosieguo dell'azione (primi fra tutti: il promotore della classe scelto e la stessa definizione di classe).
A seguito dell'eventuale decreto di ammissione, gli appartenenti alla classe possono iniziare a chiedere al curatore amministrativo di essere inseriti nell'elenco dei partecipanti all'azione stessa (articolo 9). La scelta è libera e non viene precluso il diritto di ciascun cittadino di tutelare direttamente i propri diritti.
Il procedimento prosegue secondo i criteri del rito societario (articolo 10) fino ad arrivare, qualora le parti non addivengano a una transazione (articolo 11), al pronunciamento della sentenza.
Il secondo passaggio riguarda la modalità di esecuzione della sentenza. Quest'ultima disciplina le modalità con le quali il curatore amministrativo deve provvedere al risarcimento di ogni componente della classe (articolo 14).
Entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza o dell'approvazione della transazione, ogni potenziale appartenente alla classe potrà richiedere di essere inserito nella classe stessa e ottenere così il risarcimento.
Una volta completata la lista degli aventi diritto, il curatore amministrativo consegna una relazione al giudice con la quantificazione della somma necessaria a risarcire gli iscritti. Il giudice emette un decreto di condanna al pagamento della somma necessaria per dare esecuzione alla sentenza.
Infine, il presente progetto di legge interviene sulla questione della pubblicità ingannevole, problema strettamente connesso con le azioni collettive. Per le grandi aziende, spesso, è più conveniente realizzare messaggi pubblicitari ingannevoli, grazie ai quali, pur pagando le relative sanzioni, incrementano le vendite dei loro prodotti. I consumatori che fanno un contratto sulla base di queste pubblicità, di fatto, non hanno strumenti per una adeguata tutela: rivolgersi singolarmente davanti al giudice sarebbe oneroso, sia per gli elevati costi, sia per l'onere di dimostrare che la pubblicità ingannevole li ha indotti in errore. L'articolo 13 del presente progetto di legge consente di avviare azioni collettive contro i produttori di beni e di servizi pubblicizzati ingannevolmente e di chiedere la nullità dei contratti sottoscritti dopo la diffusione dei messaggi sanzionati dall'autorità competente. La condanna di pubblicità ingannevole avrebbe così effetti per tutti i consumatori di questi beni e servizi.
L'articolo 17 riguarda il regolamento di attuazione: è dato mandato al Ministro della giustizia di adottare, con proprio decreto, un regolamento che indichi in particolare, i soggetti che possono essere nominati curatori amministrativi, stabilendone le relative funzioni.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Finalità). 1. La presente legge disciplina l'azione collettiva quale strumento processuale al fine di tutelare i diritti dei soggetti coinvolti da illeciti plurioffensivi e disincentivare la progettazione e il compimento degli stessi illeciti. Art. 2. (Definizioni). 1. Ai fini della presente legge si intendono per: a) «azione collettiva»: l'azione giudiziaria finalizzata all'accertamento di responsabilità contrattuali o extracontrattuali e alla condanna al risarcimento del danno o alla restituzione di somme di denaro a una pluralità di soggetti; b) «classe»: l'insieme dei soggetti danneggiati univocamente identificabili attraverso la definizione della classe decretata dal giudice e iscritti nell'apposito elenco tenuto dal curatore amministrativo; c) «promotore della classe»: il soggetto la cui istanza di azione collettiva è stata selezionata dal giudice in rappresentanza della classe; d) «curatore amministrativo»: il consulente nominato dal tribunale che ha il compito di raccogliere tutte le istanze di iscrizione alla classe e di procedere al riparto dell'eventuale risarcimento ottenuto a seguito dell'azione collettiva; e) «illecito plurioffensivo»: l'atto o il fatto illecito, l'omissione, l'inadempimento contrattuale o extracontrattuale lesivo di un diritto soggettivo o di un interesse meritevole di tutela giuridica di una pluralità di soggetti. L'illecito è plurioffensivo quando il medesimo atto, fatto, omissione o inadempimento lede contemporaneamente diritti o interessi di una pluralità di soggetti ovvero è ripetuto, con modalità simili, nei confronti di una pluralità di soggetti. Art. 3. (Legittimazione ad agire). 1. Chiunque vi abbia interesse può richiedere al tribunale del luogo ove ha sede il convenuto, o uno dei convenuti, la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli appartenenti alla classe, in conseguenza di illeciti plurioffensivi commessi da soggetti pubblici o privati. 2. I comitati e le associazioni che tutelano gli interessi della classe sono altresì legittimati a promuovere le azioni collettive purché lo facciano congiuntamente ad almeno un soggetto che vi abbia interesse. 3. Ciascun potenziale componente della classe che non intende partecipare all'azione collettiva, o che ha richiesto di essere escluso, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, può avviare un'azione giudiziaria contro il medesimo convenuto per i medesimi fatti. La pendenza di un'azione collettiva non costituisce litispendenza, ai fini dell'articolo 39 del codice di procedura civile, per i soggetti che non hanno, al momento dell'avvio dell'azione individuale, espressamente aderito all'azione collettiva. Art. 4. (Istanza di ammissione). 1. L'istanza per l'ammissione dell'azione collettiva deve contenere, oltre alla trascrizione integrale della citazione che si intende notificare al convenuto o ai convenuti, completa di tutti gli elementi di cui all'articolo 163 del codice di procedura civile: a) l'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta; b) il nome, il cognome, la residenza, il luogo e la data di nascita del promotore della classe che si candida; il nome, il cognome e la residenza, ovvero il domicilio o la dimora, del convenuto o dei convenuti. Se il promotore della classe o il convenuto sono una persona giuridica, un'associazione o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o dell'ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio; c) l'indicazione del numero di telefax o dell'indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento; d) la proposta di definizione di classe contenente i criteri per identificare univocamente i soggetti facenti parte della classe a cui si riferiscono le medesime argomentazioni in fatto e in diritto; e) la domanda di risarcimento del danno o di restituzione di una somma di denaro almeno sommariamente indicata nel suo ammontare o con l'indicazione dei criteri per la sua determinazione o determinabilità; f) oltre a quanto previsto all'articolo 163 del codice di procedura civile, una esposizione sommaria e riassuntiva dei fatti e degli elementi di diritto oggetto della domanda nonché delle domande proposte; g) l'esposizione sommaria dei fatti e degli elementi di diritto oggetto della domanda; h) l'elenco dei soggetti appartenenti alla classe che si richiede possano essere rappresentati dal promotore della classe indicato alla lettera b); tale elenco deve contenere il nome, il cognome la residenza, il luogo, la data di nascita e il danno documentabile; i) per ciascun soggetto nominativamente indicato nell'elenco di cui alla lettera h), un'apposita domanda con la documentazione comprovante il danno lamentato. 2. L'istanza, sottoscritta ai sensi dell'articolo 125 del codice di procedura civile, è consegnata dalla parte o dal procuratore all'ufficiale giudiziario, il quale la notifica alle parti convenute ai sensi degli articoli 137 e seguenti del medesimo codice di procedura civile. Entro dieci giorni dall'avvenuta notifica, l'istanza deve essere depositata in cancelleria insieme alla relativa documentazione e alla richiesta di iscrizione a ruolo; la stessa si intende proposta il giorno del deposito per la notifica. 3. L'istanza produce gli effetti interruttivi della prescrizione, ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti contenuti nell'elenco di cui al comma 1, lettera h), o comunque identificabili sulla base dei criteri indicati nell'istanza stessa. 4. Un estratto dell'istanza introduttiva, contenente la sommaria indicazione degli elementi di fatto e di diritto, l'indicazione delle domande, del tribunale davanti il quale si procede, delle parti e del termine entro il quale sono ammesse eventuali istanze concorrenti, deve essere pubblicato, entro dieci giorni dall'avvenuta notifica ai convenuti, nella Gazzetta Ufficiale; la pubblicazione avviene a cura del procedente ma a spese dello Stato. Art. 5. (Opposizione all'istanza di ammissione dell'azione collettiva). 1. Il convenuto deve notificare alla controparte e depositare presso la cancelleria del tribunale, entro due mesi dalla notifica di cui all'articolo 4, comma 2, l'eventuale opposizione all'istanza di ammissione dell'azione collettiva, in riferimento in particolare, ai requisiti di ammissibilità della stessa. Art. 6. (Istanze concorrenti). 1. Avuta notizia dell'avvenuto deposito di un'istanza di azione collettiva, ciascun soggetto che vi abbia interesse può presentare, presso il medesimo tribunale, una istanza contenente tutti gli elementi di cui all'articolo 4, al fine di supportare la prima istanza di azione collettiva e chiedere di essere nominato promotore della classe in vece del primo promotore. Nel caso in cui contro il medesimo convenuto vengano proposte una pluralità di istanze di azioni collettive in relazione ai medesimi fatti, sono valutate, ai fini della nomina del promotore della classe, solo le istanze depositate in cancelleria entro due mesi dalla data di pubblicazione dell'estratto di cui all'articolo 4, comma 4. 2. Entro tre mesi dal deposito della prima istanza di azione collettiva, chiunque vi abbia interesse può depositare una memoria integrativa, con particolare riferimento a possibili conflitti d'interesse che potrebbero essere ostativi alla scelta di uno o più promotori della classe. 3. Il giudice sceglie il promotore della classe che ritiene maggiormente rappresentativo, tenuto conto degli elementi di cui al comma 2 e della qualità delle argomentazioni sostenute. Art. 7. (Decreto sull'ammissibilità dell'azione collettiva). 1. Ai fini dell'ammissibilità dell'azione collettiva il giudice valuta la sussistenza del fumus boni juris sulla base delle argomentazioni contenute nell'atto introduttivo; la meritevolezza dell'azione anche in relazione alla sussistenza di un interesse diffuso; la possibilità di determinare in modo oggettivo i componenti della classe, a cui si possono riferire le medesime argomentazioni in fatto e in diritto sostenute nell'atto introduttivo, attraverso una verifica documentale. In caso di ammissione dell'azione collettiva il giudice nomina il promotore della classe, il curatore amministrativo e ammette il promotore della classe e la classe medesima al gratuito patrocinio nei limiti di cui all'articolo 15. 2. Decorsi tre mesi dal deposito della prima istanza di azione collettiva contro il medesimo convenuto, il cancelliere, nei dieci giorni successivi, forma il fascicolo contenente tutte le istanze di azione collettiva contro il medesimo convenuto. 3. Il presidente del tribunale, entro il secondo giorno successivo alla presentazione del fascicolo di cui al comma 2, designa il giudice relatore. Questi, entro due mesi dalla designazione, presenta al collegio le proprie osservazioni; entro cinque giorni dalla presentazione, il tribunale in composizione collegiale emette e deposita in cancelleria il decreto con il quale ammette o respinge l'azione collettiva e nomina il promotore della classe. Per comprovate ragioni, il presidente può prorogare il termine ai sensi dell'articolo 154 del codice di procedura civile. 4. In caso di ammissione dell'azione collettiva, il decreto deve contenere: a) l'indicazione del promotore della classe scelto per l'azione collettiva; nel caso di una pluralità di istanze, il giudice motiva la scelta indicando i criteri utilizzati; b) la definizione della classe in grado di identificare in modo univoco, attraverso l'esame della documentazione, i soggetti che vi appartengono e i soggetti che devono essere esclusi, precisando i requisiti di appartenenza, oggettivi e soggettivi, e la documentazione atta ad attestarne il possesso, che deve altresì essere prodotta anche al curatore amministrativo; c) la nomina del curatore amministrativo dell'azione collettiva; d) i termini al promotore della classe per la presentazione dell'atto di citazione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni; e) il decreto di ammissione al gratuito patrocinio. 5. Il decreto è comunicato al convenuto e a tutti i candidati promotori della classe presso i rispettivi difensori. Art. 8. (Curatore amministrativo). 1. Il curatore amministrativo nominato dal giudice deve: a) tenere un elenco informatico di tutte le richieste di partecipazione alla classe; b) indire, in caso di proposta transattiva da sottoporre al giudizio della classe, la votazione della stessa; c) procedere al riparto delle somme eventualmente ottenute dalla classe fra i partecipanti alla stessa, in proporzione al danno da ciascuno documentato. 2. Una volta conclusa l'azione collettiva, con sentenza o con atto transattivo stragiudiziale, il curatore amministrativo, ai fini dell'esecuzione della sentenza o dell'atto transattivo, ha il potere di rappresentare la classe davanti all'autorità giudiziaria. 3. Le parti, e ciascun partecipante alla classe, possono nominare, a proprie spese, un consulente di parte che controlli lo svolgimento dei compiti del curatore amministrativo. 4. Il curatore amministrativo deve fornire tutte le informazioni utili ai partecipanti alla classe affinché siano informati sullo svolgimento del processo e sui propri diritti. Tali informazioni possono essere fornite anche attraverso dispositivi telematici. Art. 9. (Elenco dei partecipanti all'azione collettiva). 1. Il curatore amministrativo tiene un elenco dei soggetti appartenenti alla classe in base alla definizione contenuta nel decreto di ammissione dell'azione collettiva cui all'articolo 7. 2. Tutti coloro che desiderano partecipare all'azione collettiva, ad esclusione del promotore della classe che è iscritto di diritto, devono presentare un'apposita istanza scritta al curatore amministrativo secondo le modalità stabilite dallo stesso. 3. In caso di esclusione dalla classe, il curatore amministrativo deve motivare tale decisione con atto che può essere impugnato davanti al giudice che ha emesso il decreto di ammissione dell'azione collettiva di cui all'articolo 7. 4. Entro sei mesi dalla data della pubblicazione della sentenza, è possibile chiedere al curatore amministrativo di essere cancellati dall'elenco dei partecipanti all'azione collettiva. Art. 10. (Svolgimento del processo). 1. Il processo si svolge secondo il rito ordinario collegiale previsto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni. 2. Qualora vi siano i presupposti previsti dall'articolo 19 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni, il promotore della classe può richiedere al giudice l'applicazione del rito di cognizione sommaria. Art. 11. (Transazioni in corso di causa). 1. Qualora le parti raggiungano un accordo transattivo, lo stesso ha valore solo nel caso in cui esso venga approvato dalla maggioranza dei partecipanti alla votazione indetta dal curatore amministrativo dell'azione collettiva. 2. Le parti informano il giudice e il curatore amministrativo dell'accordo raggiunto ai sensi del comma 1. 3. Il curatore amministrativo, nel caso in cui abbia istanze di partecipazione alla classe pendenti, le analizza prima di indire la votazione. 4. Il curatore amministrativo fornisce a tutti i partecipanti alla classe una comunicazione con l'illustrazione dell'accordo raggiunto fra le parti e le modalità per esprimere il proprio voto, secondo le modalità indicate dal regolamento di cui all'articolo 17. 5. La prima votazione è valida solo se vi ha preso parte almeno un terzo degli aventi diritto; in caso contrario è indetta una seconda votazione priva di soglia di partecipazione minima. 6. In caso di accordo transattivo, nessuna spesa può essere addebitata al gratuito patrocino. Tutte le spese del procedimento devono essere oggetto di accordo tra le parti. 7. Una volta acquisito il voto favorevole dei partecipanti alla classe, il curatore sottopone l'accordo medesimo al giudice il quale, previa verifica della sua meritevolezza, lo approva definitivamente e lo trasmette al collegio che emette sentenza nei termini stabiliti dall'accordo stesso. Art. 12. (Danno punitivo). 1. Su richiesta del promotore della classe, qualora il giudice verifichi che il vantaggio economico ottenuto dal convenuto, conseguente agli illeciti plurioffensivi, è maggiore del risarcimento del danno quantificato ai sensi dell'articolo 1223 del codice civile, stabilisce un risarcimento a favore della classe pari al vantaggio economico derivante dagli illeciti plurioffensivi accertati. Art. 13. (Pubblicità ingannevole). 1. Nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti conclusi secondo le modalità previste dall'articolo 1342 del codice civile, la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, accertata dall'autorità competente, rende nullo il contratto nei confronti di tutti i soggetti appartenenti alla classe che lo hanno sottoscritto nel periodo di diffusione del messaggio pubblicitario ingannevole. La nullità può essere fatta valere solo dal promotore della classe. Art. 14. (Esecuzione della sentenza e riparto del risarcimento). 1. La sentenza è emessa dal tribunale in composizione collegiale. In caso di condanna del convenuto, il tribunale determina nella sentenza i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli componenti della classe e impone che le motivazioni e il dispositivo della sentenza siano pubblicati, a spese del convenuto, in almeno due quotidiani a tiratura nazionale. 2. Entro sei mesi dalla data della pubblicazione della sentenza o dall'approvazione della transazione, tutti coloro che hanno i requisiti per partecipare all'azione collettiva e che non l'hanno ancora fatto possono inoltrare al curatore amministrativo l'istanza di cui all'articolo 9, comma 2. 3. Decorso il termine di cui al comma 2, il curatore amministrativo, entro un mese, deposita in cancelleria una relazione con la quantificazione della somma complessiva necessaria per il risarcimento di tutti gli iscritti all'azione collettiva secondo i criteri indicati nella sentenza di condanna. Entro un mese dal deposito della relazione, ciascuna parte che vi abbia interesse può proporre, a propria cura e spese, osservazioni sulla quantificazione. 4. A seguito della relazione di cui al comma 3, il giudice relatore emette, nel termine di venti giorni dalla scadenza del termine per le osservazioni, un decreto con il quale condanna il convenuto a pagare al curatore amministrativo la somma necessaria all'esecuzione della sentenza di condanna, comprensiva delle spese di lite, degli importi destinati alla classe e a ciascuno dei suoi partecipanti, dell'eventuale danno punitivo di cui all'articolo 12 e delle spese per il curatore amministrativo. 5. Il curatore amministrativo deve esperire tutti gli atti necessari per l'esecuzione del decreto di cui al comma 4; in caso di mancata esecuzione spontanea da parte del convenuto, il curatore deve avvalersi dell'ausilio professionale del legale che ha curato l'azione collettiva. L'azione esecutiva è esente da oneri e da spese per bolli, contributo unificato e notifiche. 6. Ottenuta l'esecuzione del decreto di cui al comma 4, il curatore amministrativo procede rapidamente e senza indugio alla liquidazione di quanto dovuto ai singoli componenti della classe, seguendo l'ordine cronologico di iscrizione. L'eventuale danno punitivo è ripartito in percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe. 7. In caso di riparto del risarcimento successivo ad atto transattivo approvato ai sensi dell'articolo 11, il curatore amministrativo ripartisce il risarcimento stabilito nell'atto transattivo approvato in percentuale al danno emergente documentato da ciascun partecipante alla classe. Art. 15. (Spese per l'azione collettiva). 1. In caso di soccombenza del promotore della classe, il giudice liquida, in ogni caso, a carico del gratuito patrocinio: a) la parcella del difensore del convenuto stabilita dal giudice; b) la parcella del curatore amministrativo; c) le altre spese legali, ad esclusione della parcella del difensore del promotore della classe al quale nulla è dovuto. 2. In caso di soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato al pagamento delle spese legali comprensive delle spese per i difensori del promotore della classe calcolate ai sensi dell'articolo 16. Art. 16. (Parcella dei difensori). 1. La parcella dei difensori del promotore della classe è calcolata in percentuale sui risarcimenti ottenuti dall'azione collettiva nella misura massima del 10 per cento in relazione alla complessità della controversia, al risultato raggiunto e all'attività svolta. Art. 17. (Regolamento di attuazione). 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia adotta, con proprio decreto, il relativo regolamento di attuazione, con il quale, in particolare, sono definiti: a) i soggetti che possono essere nominati curatori amministrativi e i requisiti di onorabilità e professionalità necessari per la nomina; b) le modalità attraverso le quali i curatori amministrativi devono svolgere le loro funzioni, con particolare riferimento a: 1) le modalità di tenuta dell'elenco dei soggetti appartenenti alla classe; 2) le procedure per la verifica dell'ammissibilità della domanda di iscrizione alla classe; 3) le procedure per le comunicazioni delle informazioni ai soggetti appartenenti alla classe da parte del curatore amministrativo e per l'assolvimento degli obblighi informativi di cui all'articolo 8, comma 4; 4) le procedure per lo svolgimento delle votazioni di cui all'articolo 11; 5) le procedure per il riparto del risarcimento ottenuto a seguito dell'azione collettiva.
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N. 1662
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati BUEMI, VILLETTI, SCHIETROMA, TURCI, CRISCI, FLUVI, NANNICINI, TOLOTTI ¾ |
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Introduzione dell'articolo 141-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di «class action» |
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Presentata il19 settembre 2006
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Onorevoli Colleghi! - Si ripropone in questa sede, con aggiornamenti e approfondimenti, il testo unificato «bipartisan» della scorsa legislatura, licenziato dalla Camera dei deputati il 21 luglio 2004 in esito a un esauriente dibattito, ma non esaminato dall'altro ramo del Parlamento (atto Senato n. 3058, XIV legislatura).
Aggiustamenti sono in ogni caso resi necessari dalla circostanza che nel frattempo è stato adottato il codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e pertanto le nuove disposizioni devono andare oggi ad inserirsi nella parte V (Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia), di quest'ultimo provvedimento, che ha fra l'altro abrogato, pressoché integralmente, la vigente legge 30 luglio 1998, n. 281.
Esigenze di aggiornamento derivano inoltre dall'intervenuta entrata a regime delle procedure di conciliazione stragiudiziale introdotte dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, grazie all'adozione del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222, sulla formazione del registro degli organismi di conciliazione.
Si rammenta che la «class action» (strumento giuridico ormai diffuso in Paesi sia di common law che di civil law) rende possibile la gestione collettiva di interessi di natura individuale. Quando un rilevante numero di persone risulta danneggiato finanziariamente o fisicamente da un medesimo evento, il ricorso individuale alla giustizia condurrebbe all'instaurarsi di un grande e corrispondente numero di processi, con conseguente uso inefficiente delle risorse giudiziarie, con spese processuali in alcuni casi improponibili per il singolo attore e con sentenze anche tra loro contraddittorie per l'instaurarsi dei diversi processi in tribunali diversi. Con la «class action», invece, tutti i consumatori colpiti da uno stesso fatto illecito possono riunire le loro azioni legali in un'unica causa.
Gli episodi dannosi di massa si sono verificati in modo sempre più frequente negli ultimi anni a tale punto da richiamare, con forza progressivamente crescente, l'attenzione della comunità sociale ancora prima che quella degli interpreti del diritto. Senza pretese di completezza, possono essere qui ricordati specialmente i danni collegati all'esercizio di attività finanziaria, i danni da interruzione del servizio elettrico (i danni cosiddetti da «blackout» conseguenti all'interruzione dell'energia nazionale del 28 settembre 2003, per i quali si ha notizia di oltre 15.000 cause in cui il petitum richiesto mediamente non supera i 500 euro), i danni da fumo (o, più in generale, da sostanze tossiche) e, infine, i danni cagionati da crack finanziari quali quelli Cirio, Giacomelli, Parmalat, bond argentini e altri.
In primo luogo, si vuole evitare la tradizionale patologia collegata all'effetto «floodgate»: si intende impedire o limitare il congestionamento dei tribunali, già gravati da un incredibile carico di arretrati. Si tratta, in altri termini, di promuovere, anche per tale aspetto, un preciso obiettivo di efficienza economica, sostituendo alla consueta gestione individuale della controversia una modalità di tutela collettiva.
In secondo luogo, la sottrazione di queste ipotesi alle ordinarie regole di accertamento del responsabile e di determinazione dell'ammontare del risarcimento, imperniato sull'applicazione del principio di una integrale riparazione del danno alla specifica persona, è giustificata dal favor riconosciuto ai soggetti che svolgono un'attività giudicata meritevole di una specifica considerazione e di una sicura difesa nella comunità sociale.
Di qui un rinnovato interesse verso sistemi alternativi di accertamento e di determinazione del danno, considerando che, se si intende fornire uno strumento di tutela ai consumatori attraverso le azioni collettive, bisogna anzitutto tenere presente che il giudizio che ne scaturisce deve essere rapido e con costi contenuti.
In questo senso è senz'altro apprezzabile l'utilizzo delle forme di conciliazione; le forme alternative di risoluzione delle liti devono essere sostenute, e non soltanto perché tutto quello che contribuisce a togliere lavoro alle aule giudiziarie è il benvenuto. Occorre anche ricordare che ci sono settori del mercato che impongono un certo tipo di risoluzione delle controversie.
Gli istituti della «class action» e della conciliazione di massa rappresentano due aspetti diversi ma concorrenti del fenomeno di accesso alla giustizia, in quanto perseguono il medesimo obbiettivo di creare nuovi spazi per diritti e interessi collettivi diversamente destinati a restare privi di tutela. Oggi si sta facendo sempre più strada, tra le difficoltà connesse alla rigidità del nostro sistema giurisdizionale, la convinzione che si renda necessario e opportuno incrementare, attraverso apposite regolamentazioni legislative, forme alternative di risoluzione delle controversie. Ciò non tanto per sopperire all'aggravamento del «problema giustizia» da tutti avvertito, quanto per dare spazio alla negoziazione dei diritti rimettendo alle parti stesse la facoltà di trovare una rapida e soddisfacente composizione dei rispettivi interessi attraverso agili strumenti alternativi, non solo con riguardo alle controversie individuali ma anche, appunto, alle vertenze collettive.
In questi casi, la mediazione conciliativa presenta certamente numerosi vantaggi rispetto alla soluzione giudiziaria.
Si pensi alla possibilità di mettere insieme tutti i protagonisti della vicenda, in modo assolutamente informale, evitando le difficoltà legate alla riunione di cause diverse, dinanzi a giudici diversi, con tutti i problemi di competenza che ne possono derivare, e talvolta anche davanti a giurisdizioni diverse.
Si pensi ancora alle possibilità che una simile trattazione contestuale offre a tutte le parti di calcolare e di gestire le conseguenze che una scelta può produrre sulle situazioni collegate, permettendo anche una soluzione, altrettanto contemporanea e collegata, dei diversi conflitti.
Sul piano comparativistico, si rileva che anche nell'Europa continentale si va facendo strada una disciplina simile a quella nordamericana, con l'obiettivo sostanziale di superare il vincolo che anche il contenzioso di massa debba finire per tradursi incongruamente in una molteplicità di azioni individuali.
Si ricorda, per esempio, il caso della Germania, ove dal luglio 2005 è stata introdotta una particolare «azione di classe» per le cause nascenti dal mercato finanziario (Kapitalanleger-Musterverfahrensgesetz). Ciò riguarda, da una parte, le azioni di risarcimento per i danni causati da ingannevoli informazioni relative al mercato dei capitali e, dall'altra, il rispetto degli adempimenti derivanti da un'offerta di acquisto o di trasferimento di azioni.
Tuttavia, anche in altri Paesi l'esigenza di tutelare gli interessi collettivi ha portato all'introduzione di istituti in qualche modo simili, ossia «le azioni di gruppo» o «le azioni o procedimenti rappresentativi»: questi ultimi sono utilizzati in Inghilterra e in tutto il Regno Unito da più di due secoli.
I procedimenti rappresentativi prevedono che «una persona agisca in giudizio in nome e per conto di un gruppo di persone che contestano le stesse questioni nascenti dal medesimo interesse leso da un comune convenuto». Tali procedimenti possono essere iniziati senza il permesso del tribunale e il rappresentante non deve essere nominato o eletto dal gruppo. La supervisione del tribunale è nel complesso minore rispetto a quella operata nel sistema nordamericano e il tribunale non deve approvare gli accordi tra le parti volti a risolvere definitivamente la lite.
Le azioni di gruppo, a loro volta, guadagnano sempre maggiore popolarità in tutta Europa. La direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e dei Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, stabilisce che «enti legittimati», quali ad esempio associazioni dei consumatori o autorità pubbliche indipendenti, sono autorizzati ad agire in giudizio per conto di un gruppo di persone danneggiate dalla condotta del convenuto.
Negli ultimi anni, in ogni caso, altri Paesi dell'Unione europea hanno introdotto norme sulla «class action» per facilitare le cause collettive. Nell'ordine: Paesi Bassi (1994); Portogallo (1995); Inghilterra e Galles (2000); Spagna (2001); Svezia (2002).
In Francia, infine, sono state introdotte nel 1992 alcune norme specifiche che autorizzano le associazioni di consumatori, in seguito a ricevimento di un mandato, ad agire in nome di molteplici consumatori che hanno subìto un danno avente le medesima origine (articolo L 422-1 del code de la consommation) o ad intentare un'azione collettiva indirizzata alla cessazione degli atti illeciti (articolo L 421-6 del code de la consommation). Per il momento queste norme sono rimaste poco efficaci, in quanto richiedono a ciascun consumatore l'invio di un mandato scritto alle associazioni e vietano forme più efficaci di pubblicizzazione del ricorso. Tuttavia, nel 2005, a seguito della proposta del Presidente Chirac di «dotare i consumatori e le loro associazioni di un'azione collettiva contro le pratiche abusive presenti in alcuni mercati», è stato creato un gruppo di lavoro per la predisposizione di una legge sulla «class action». Il rapporto consegnato ai Ministri francesi lo scorso dicembre, dopo una fase di consultazione, sarà sottoposto alle eventuali necessarie modifiche con l'obbiettivo di approvare la legge prima della fine del 2006.
Onorevoli Colleghi, l'approfondito esame tecnico-sistematico già condotto nella XIV legislatura sul tema della «class action» esime dal dovervi tornare in questa fase.
L'auspicio dei proponenti è che la presente proposta di legge valga, per così dire, da innesco per affrontare e per risolvere il problema. Lo richiedono senza ulteriori ritardi esigenze di razionalizzazione della strumentazione giurisdizionale e di sensibilità sociale a sostegno delle parti organicamente deboli dei contratti di massa, vale a dire consumatori, risparmiatori e utenti.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. 1. Al titolo II della parte V del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, dopo l'articolo 141 è aggiunto il seguente: «Art. 141-bis. - (Class action). - 1. I soggetti di cui all'articolo 139 sono altresì legittimati a richiedere al tribunale del luogo ove ha la residenza o la sede il convenuto la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori e utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi nell'ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall'articolo 1342 del codice civile, inclusi in ogni caso quelli in materia di credito al consumo di rapporti bancari e assicurativi, di strumenti finanziari, nonché di servizi di investimento e gestione collettiva dei risparmio, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti. A pena di improcedibilità le relative domande giudiziali sono sottoposte a tentativo preventivo obbligatorio di conciliazione davanti ad uno degli organismi di conciliazione previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e successive modificazioni, iscritti nel registro istituito dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222; si applicano gli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo n. 5 del 2003, e successive modificazioni. Il relativo verbale di conciliazione, opportunamente pubblicizzato a spese della parte convenuta in giudizio, rende improcedibile l'azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito nel verbale per l'esecuzione della prestazione dovuta. 2. Gli atti di cui al comma 1 producono gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione. 3. Con la sentenza di condanna il giudice determina, quando le risultanze del processo lo consentono, i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti nonché i modi e i termini di erogazione dell'importo stesso. 4. In relazione alle controversie di cui al comma 1, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale, nel quale sono altresì indicati i criteri determinati ai sensi del comma 3. 5. A seguito della sentenza di condanna di cui al comma 3, nell'ipotesi in cui il giudice non determini i criteri in base ai quali definire i modi, i termini e l'ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro pretesa, le parti sono tenute ad esperire in proposito, nel termine di sessanta giorni, un procedimento di conciliazione presso gli organismi di conciliazione e secondo le procedure e con gli effetti previsti dal secondo e terzo periodo del comma 1. 6. In caso di inutile esperimento della conciliazione di cui al comma 5 o di obiezione all'accordo risultante dalla conciliazione, nel termine di novanta giorni dalla pubblicizzazione del relativo verbale con mezzi idonei, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l'accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 3 e la determinazione dell'ammontare del risarcimento dei danni o dell'indennità, riconosciuti ai sensi della medesima sentenza. La pronuncia costituisce titolo esecutivo nei confronti del comune contraddittore. I soggetti di cui al comma 1 non sono legittimati a intervenire nei giudizi previsti dal presente comma. Il singolo consumatore o utente o uno dei soggetti di cui all'articolo 139, in caso di obiezione all'accordo risultante dal verbale redatto ai sensi del comma 1, possono agire in giudizio singolarmente o collettivamente per l'ottenimento della sentenza di condanna di cui al comma 3, nel termine di centottanta giorni dalla sottoscrizione dell'accordo. 7. La pronuncia del giudice o l'accordo risultante dalla conciliazione della lite non hanno efficacia nei confronti dei consumatori o utenti che non sono intervenuti nel giudizio o alla conciliazione. La sentenza di condanna di cui al comma 3 costituisce, ai sensi dell'articolo 634 del codice di procedura civile, prova scritta, per quanto in essa contenuto, ai fini della pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile, richiesta dal singolo consumatore o utente». |
[1] Rientrano in tale tipologia: contratti bancari, contratti assicurativi, contratti di somministrazione (elettricità, acqua, telefono,gas...), contratti di prestazione d'opera (conferimento d'incarico a un mediatore, trattamenti terapeutici..), contratti per l'acquisto di beni (acquisto di auto, arredi, vendite a domicilio di libri…) contratti per la fornitura di servizi (iscrizione a corsi, deposito e custodia di beni...)
[2] Rientrano in tale tipologia: contratti bancari, contratti assicurativi, contratti di somministrazione (elettricità, acqua, telefono,gas...), contratti di prestazione d'opera (conferimento d'incarico a un mediatore, trattamenti terapeutici..), contratti per l'acquisto di beni (acquisto di auto, arredi, vendite a domicilio di libri…) contratti per la fornitura di servizi (iscrizione a corsi, deposito e custodia di beni...)
[3] Il professionista è definito come la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che concluda il contratto col consumatore nel quadro della sua attività professionale o imprenditoriale. Il consumatore viene definito la persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
[4] Della legge 281/1998 sono fatte salve le sole disposizioni di cui all'articolo 7, con riferimento alle attività promozionali del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti di cui all'articolo 136 e alle agevolazioni di cui all'articolo 138.
[5] L'articolo 137 fissa i seguenti requisiti di iscrizione all’elenco presso il ministero:
a) avvenuta costituzione, per atto pubblico, da almeno tre anni e possesso di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo la tutela dei consumatori e degli utenti, senza fine di lucro;
b) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l’indicazione delle quote versate direttamente all’associazione per gli scopi statutari;
c) numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille della popolazione nazionale e presenza sul territorio di almeno cinque regioni o province autonome, con un numero di iscritti non inferiore allo 0,2 per mille degli abitanti di ciascuna di esse;
d) elaborazione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite con indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei libri contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilità delle associazioni non riconosciute;
e) svolgimento di un'attività continuativa nei tre anni precedenti;
f) assenza di condanne, passate in giudicato, subite dai suoi rappresentanti legali in relazione all’attività dell’associazione medesima.
g) Il Ministro dell’industria provvede annualmente all’aggiornamento dell’elenco ed a comunicarlo alla Commissione europea.
[6] Inoltre, il comma 2 dell’articolo 139 consente l’azione a tutela degli interessi collettivi anche agli organismi pubblici indipendenti e alle organizzazioni riconosciuti in un altro Stato dell’Unione europea.
[7] Se non si tratta di una svista del legislatore, rimediabile in via interpretativa, la norma può risultare preclusiva del diritto dell’utente di ricevere servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.
[8] Ove la conciliazione riesca, il relativo verbale, con le sottoscrizioni di cui al comma 3 dell'articolo 3, sarà esecutivo dopo l'omologazione da parte del tribunale in composizione monocratica.
[9] Tale effetto, nel nostro ordinamento, sembra in contrasto in particolare con le previsioni dell’art. 2909 c.c. (l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e aventi causa) e soprattutto dell’art. 24 Cost., in base al quale tutti possono agire in giudizio per la tutela dei loro diritti ed interessi legittimi.
[10] L’AS 3058 prevedeva l’azione giudiziale in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile (contratti per adesione), ivi compresi quelli in materia di credito al consumo, rapporti bancari e assicurativi, strumenti finanziari, servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio, sempre che avessero lesi i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti. La legittimazione era esclusa nei settori in cui fossero previste procedure di conciliazione o arbitrali per la risoluzione delle medesime controversie innanzi ad autorità amministrative indipendenti.
[11] Il provvedimento approvato dalla Camera nella XIV leg. (AS 3058) prevedeva soltanto l‘individuazione di criteri di liquidazione ma nessun importo minimo del risarcimento.
[12] Tali camere di conciliazione sono composte dai difensori delle parti e sono presiedute da un avvocato-conciliatore indicato dall’ordine forense ed iscritto nell’albo degli avvocati abilitati alle giurisdizioni superiori.
[13] D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366.