Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori - A.C. 528
Riferimenti:
AC n. 528/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 33
Data: 27/07/2006
Descrittori:
DETENUTI   DONNE
FIGLI   MINORI
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

A.C. 528

 

 

 

 

 

 

n. 33

 

 

27 luglio 2006

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

File: GI0039.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Necessità dell’intervento con legge  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

Schede di lettura

§      Quadro normativo  9

§      Il contenuto della proposta di legge  10

Progetto di legge

§      A.C. 528, (on. Buemi ed altri), Disposizioni per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori17

Lavori parlamentari nella XIV legislatura

Camera dei deputati

Progetto di legge

§      A.C. 6006, (on. Buemi ed altri), Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori29

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 18 ottobre 2005  37

Seduta del 10 novembre 2005  39

Seduta del 29 novembre 2005  41

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 19 gennaio 2006  45

-       V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione)

Seduta del 17 gennaio 2006  47

-       XII Commissione (Affari sociali)

Seduta del 17 gennaio 2006  49

Normativa di riferimento

§      Codice penale  (artt. 146, 147, 385)53

§      Codice di procedura penale  (artt. 274, 275, 285, 295, 657, 684)55

§      Codice civile  (art. 330)59

§      Legge 4 agosto 1955, n. 848.  Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952   (artt. 8 e 12 della Convenzione - testo in francese)60

§      L. 26 luglio 1975, n. 354.  Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà  (artt. 4-bis, 11, 21-bis, 47, 47-ter,47-quinquies)66

§      Legge 25 ottobre 1977, n. 881.  Ratifica ed esecuzione del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati e aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966  (art. 23 del Patto relativo ai diritti civili)73

§      L. 27 maggio 1991, n. 176.  Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989  (artt. 9 e 10)75

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.  Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero  (artt. 16, 28, 29, 30)78

§      D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.  Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà  (art. 19)83

§      Legge 8 marzo 2001, n. 40.  Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori84

 

 

 


Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

AC  528

Titolo

Disposizioni per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Diritto penale; diritto processuale penale; ordinamento penitenziario

Iter al Senato

No

Numero di articoli

7

Date

 

§         presentazione alla Camera

8 maggio 2006

§         annuncio

18 maggio 2006

§         assegnazione

15 giugno 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni 1ª (Aff. costit.), 5ª (Bilancio), 12ª (Aff. sociali)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge in commento modifica talune disposizioni del codice penale, del codice di procedura penale, della legge 26 luglio 1975, n. 354, (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), perseguendo la finalità di assicurare piena tutela ai minori figli di detenute madri, garantendo, nei primi anni di vita del bambino, la convivenza in stato di libertà con la madre detenuta. La proposta di legge provvede, pertanto, a rimuovere dall’ordinamento specifiche rigidità che, di fatto, hanno reso difficoltosa la concessione di benefici nei confronti delle detenute madri, e istituisce le case-famiglia protette quali strutture alternative al carcere destinate alla coabitazione tra madri in espiazione di pena e figli.

 

Il provvedimento si compone di sette articoli.

L’articolo 1 dispone l’abrogazione dell’ultimo comma dell’art. 147 del codice penale, che, in materia di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena, individua nel “concreto pericolo della commissione di delitti” il presupposto per la revoca del rinvio, anche nei confronti di madre di minore di età inferiore ai tre anni, rendendo di fatto l’istituto di difficile applicazione nei conforti delle detenute madri.

L’articolo 2 interviene sulla disciplina codicistica della custodia cautelare alla luce della istituzione delle case-famiglia protette di cui al successivo articolo 5 della proposta di legge.

Gli articoli 3, 4 e 5 della proposta di legge – sempre nell’ottica di assicurare al minore l’assistenza materna e di evitare, comunque, la coabitazione di madre e figlio in carcere - intervengono con modifiche ed integrazioni sulla disciplina della citata legge 354/1975.

In particolare, l’articolo 3 mira ad evitare l’interruzione della vicinanza ed assistenza materna in presenza di necessità di ricovero del minore.

Con l’articolo 4 si vuole evitare – come già per il differimento facoltativo della pena di cui all’art. 147 c.p., ultimo comma, – che la rigidità dei presupposti applicativi possa essere di ostacolo ad una più frequente concessione sia della detenzione domiciliare ordinaria che di quella speciale, rispettivamente previste dagli artt. 47-ter e 47-quinquies dell’ordinamento penitenziario.

L’articolo 5 della proposta di legge introduce nell’ordinamento penitenziario la previsione del regime di detenzione in case-famiglia protette per le madri di prole di età non superiore ai dieci anni che debbano espiare la propria pena, qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole. La disposizione individua altresì le modalità di realizzazione delle case-famiglia protette.

L’articolo 6 reca modifiche al testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 286/1998, come modificato dalla legge 189/2002, al fine di scongiurare ogni eventuale automatismo tra la condanna alla espiazione della pena detentiva e il decreto di espulsione dello straniero. La disposizione prevede specifiche ipotesi di revoca del decreto di espulsione, tra le quali è incluso il caso della madre detenuta straniera con figli minori, nonché casi di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari a tutela dei minori di madre straniera detenuta.

Infine, l’articolo 7 estende l’ambito di applicazione della legge in esame anche alle madri straniere i cui figli si trovano nel Paese di origine e per i quali è disposta, in ossequio al principio dell’unità familiare, la concessione di un apposito permesso di soggiorno.

 

Relazioni allegate

Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, corredata pertanto della sola relazione illustrativa.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

La proposta di legge in commento novella talune disposizioni del codice penale, del codice di procedura penale, della legge n. 354 del 1975 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nonché del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero); si giustifica pertanto l’utilizzo dello strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La base giuridica del provvedimento sembra riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato sotto molteplici profili.

In primo luogo, poiché la proposta interviene  a modificare disposizioni del codice penale, di procedura penale, della legge 354/75 e del Decreto legislativo 286/98, il provvedimento appare riconducibile alla materia di cui all’articolo 117, comma 2, lettera l (giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale e giustizia amministrativa). Vengono inoltre in rilievo le materie di cui all’articolo 117, comma 2, lettera a) (diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea), b) (immigrazione) trattate in particolare agli articoli 6 e 7 della proposta, diretti a novellare il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Coordinamento con la normativa vigente

La proposta di legge, oltre ad abrogare disposizioni del codice penale vigente, introduce nuove norme di modifica del codice di procedura penale, della legge n. 354 del 1975, nonché del decreto legislativo n. 286 del 1998. La tecnica utilizzata è pertanto quella della novellazione.

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

Sia il codice penale che la legge 354/1975 sull’ordinamento penitenziario prevedono una disciplina di favore per le madri con figli minori condannate a pena detentiva o già in espiazione di pena.

Ulteriori miglioramenti in tale direzione sono stati, in particolare, introdotti dalla legge 8 marzo 2001, n. 40,Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli  minori.

La legge 40/2001, anche in attuazione del principio di cui all'art. 31 della Costituzione[1], ha inteso perseguire l’obiettivo di assicurare al bambino un sano sviluppo psicofisico permettendo alla madre di vivere i primi anni dell’infanzia del minore ad di fuori delle mura carcerarie.

Partendo dall’esperienza acquisita (l’ordinamento penitenziario prevede, infatti, che le madri possano tenere presso di sè i figli fino al compimento dei tre anni di età, v. ultra), il legislatore ha voluto, in definitiva, evitare situazioni nelle quali a detenute-madri si aggiungono detenuti-bambini. Si è, infatti, appurato che l’ingresso in carcere del minore non solo non fa che differire il distacco dalla madre (rendendolo semmai ancor più traumatico), ma, nella maggior parte dei casi, è di danno al suo corretto sviluppo psicofisico.

Sulla base di tale presupposti, la citata legge 40 ha inteso ampliare la possibilità per le madri condannate o detenute di assicurare ai figli un’assistenza in un vero ambiente familiare, estendendo, in particolare, l'ambito di operatività degli istituti del differimento dell'esecuzione pena e della detenzione domiciliare.

Un primo intervento della legge ha riguardato l'articolo 146 del codice penale, sul rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena, che adesso prevede il rinvio dell’esecuzione della pena - oltre che per la donna incinta - per la madre fino al compimento di un anno d’età del bambino[2]. Con la stessa norma sono state ampliate anche le ipotesi di rinvio per gravi malattie (non solo per chi è affetto da AIDS, ma anche per chi sia colpito da gravi deficienze immunitarie o da altre malattie particolarmente gravi) che rendano lo stato di detenzione incompatibile con le condizioni di salute del condannato (si pensi, ad esempio, alla fase terminale di malattie come i tumori).

Con il nuovo art. 146 c.p. sono, però, state aumentate le ipotesi di revoca del rinvio, che ora ha luogo non solo nel caso di morte del figlio o di affidamento a persona diversa dalla madre, ma anche ove la madre abbia abbandonato il figlio o sia stata dichiarata decaduta dalla patria potestà per aver violato o trascurato i doveri ad essa inerenti.

La legge 40/2001 ha, poi, novellato l'articolo 147 del codice penale che prevede ora la possibilità del differimento della pena restrittiva della libertà personale per la madre con un figlio di età inferiore a tre anni[3] (art. 147, comma 1, n. 3). Il differimento non può, però, essere adottato o, se adottato, è revocato in presenza degli stessi motivi di cui all'articolo 146, ultimo comma, o “se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti” (art. 147 c.p., ultimo comma).

Sia il differimento obbligatorio che quello facoltativo dell’esecuzione della pena sono di competenza del tribunale di sorveglianza[4] (art. 684 c.p.p.).

 

Quanto all’ordinamento penitenziario, la legge 40/2001 ha introdotto due nuovi istituti nella legge 354/1975: la detenzione domiciliare speciale e l’assistenza all’esterno dei figli minori.

Si ricorda che l’art. 11, comma 9, della legge 354/75 prevede che alle detenute madri sia consentito di tenere presso di sé i figli fino all'età di tre anni e che, per la loro cura e assistenza, l'Amministrazione penitenziaria debba organizzare appositi asili nido[5].

L’art. 19, commi 5, 6 e 7, del relativo Regolamento di esecuzione (D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230) stabilisce, in particolare, che le camere dove sono ospitate le madri con i figli debbono rimanere aperte, permettendo lo spostamento dei bambini all’interno del reparto e della sezione, pur con il limite di non turbare l’ordinato svolgimento della vita dei medesimi. Ai minori sono assicurate attività ricreative e formative e, con il consenso della madre, possono essere accompagnati all’esterno per lo svolgimento di tali attività, anche presso asili nidi sul territorio. Al compimento dei tre anni di età, se il minore non può essere affidato a parenti o altre persone, la direzione del carcere segnala il caso, in tempo utile, agli enti di assistenza all’infanzia sul territorio ed al centro di servizio sociale; quest’ultimo dovrà garantire, in ogni caso, il mantenimento dei rapporti tra madre e bambino.

L’ordinamento penitenziario prevede, inoltre, l’istituto della detenzione domiciliare (art. 47-ter) ovvero la possibilità di scontare la reclusione nella propria abitazione o altro luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza. Tra gli altri, possono beneficiare della detenzione domiciliare le donne in stato di gravidanza e le madri di minori di età inferiore a dieci anni, con loro conviventi[6]; presupposti dell’applicazione del beneficio disposto dal tribunale di sorveglianza sono l’arresto o una pena inflitta fino ad un massimo di quattro anni, anche se residuo di pena maggiore (comma 1). Quando poi potrebbe essere disposta dal tribunale di sorveglianza la sospensione della pena ex art. 146 o 147 c.p., lo stesso tribunale, anche se la pena inflitta è superiore a quattro anni, può disporre la detenzione domiciliare stabilendone un termine di durata, comunque prorogabile.

Indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1, in presenza di determinati presupposti (assenza dei requisiti per l’affidamento al servizio sociale ed idoneità della misura a prevenire la commissione di nuovi reati) chiunque – con esclusione dei condannati per i reati di particolare gravità di cui all’art. 4-bis O.P. - può beneficiare della detenzione domiciliare per l’espiazione della pena inferiore a due anni (anche se residuo di maggior pena) (comma 1-bis). Ad esecuzione della pena iniziata, spetta al magistrato d sorveglianza, in presenza dei requisiti, disporre in via provvisoria l’applicazione del beneficio.

La detenzione domiciliare speciale è volta a permettere l’assistenza familiare ai figli di età non superiore a dieci anni da parte delle madri condannate quando non sia possibile l’applicazione della citata detenzione domiciliare ordinaria (art. 47-quinquies, O.P.)

Le condizioni per accedere al beneficio sono le seguenti:

§         avvenuta espiazione di almeno 1/3 della pena (15 anni in caso di ergastolo);

§         insussistenza di un reale pericolo di commissione di nuovi reati;

§         possibilità di ripristinare la convivenza con i figli.

La misura – sempre di competenza del tribunale di sorveglianza - è applicabile al padre detenuto in caso di morte della madre o di impossibilità della stessa ad assistere il figlio e non vi sia altri che il padre cui affidare il minore.

Anche le modalità attuative della detenzione domiciliare speciale, nonché le prescrizioni inerenti l’intervento del servizio sociale sono stabilite dal tribunale di sorveglianza e sono modificabili dal magistrato di sorveglianza competente; al servizio sociale sono assegnati i controlli sulla condotta delle persone in detenzione domiciliare speciale nonché gli oneri di assistenza alle stesse nel reinserimento nella vita sociale; quando i periodici rapporti consegnati dallo stesso servizio sociale al magistrato rileveranno una condotta incompatibile con la prosecuzione della misura, la stessa dovrà essere revocata.

Quando, al compimento dei dieci anni di età del bambino, sussistano i requisiti per la concessione della semilibertà, il beneficio della detenzione domiciliare speciale potrà essere prorogato dallo stesso tribunale; in caso contrario, si potrà disporre l’assistenza all’esterno dei figli minori (v. infra).

L'allontanamento ingiustificato dal domicilio per un tempo inferiore a dodici ore può provocare la proposta di revoca della misura alternativa da parte del magistrato di sorveglianza; per un’assenza superiore sussistono, invece, le condizioni per la punibilità ai sensi del reato di evasione (art. 385, comma 1, c.p.) cui, dopo la condanna, consegue ex lege la revoca della misura alternativa (art. 4, che introduce l’art. 47-sexies, O.P.).

 

Laddove non sussistano i presupposti per la detenzione domiciliare speciale, l’art. 21-bis dell’ordinamento penitenziario – introdotto dalla legge 40/2001 - ha introdotto una nuova misura, l’assistenza all’esterno dei figli minori,che permette comunque la cura e l’assistenza extracarceraria dei figli di età non superiore ai dieci anni. La collocazione sistematica nella legge 354/75 indica l’equiparazione della misura al lavoro esterno, di cui si applicano le disposizioni compatibili, a partire dai presupposti per la concessione. La misura è quindi disposta dalla direzione dell’istituto carcerario e diviene esecutiva dopo l’approvazione da parte del magistrato di sorveglianza.

 

La legge 40/2001 ha previsto, oltre a quelli indicati, ulteriori limiti di applicabilità dei due istituti testé descritti: i benefici non potranno, infatti, essere goduti dalla madre decaduta dalla potestà genitoriale ai sensi dell’art. 330 c.c. (se già concessa, la misura è revocata); laddove invece la decadenza sia disposta a titolo di pena accessoria, quest’ultima resterà sospesa consentendo l’applicazione delle misure di favore.

Il contenuto della proposta di legge

 

La proposta di legge A.C. 528 (Buemi ed altri) riproduce il contenuto della proposta di legge A.C. 6006 di cui, sul finire della XIV legislatura, la II commissione ha avviato ma non concluso l’esame in sede referente.

Il provvedimento in esame trae origine dalla necessità di porre rimedio a taluni inconvenienti insorti durante l’applicazione della legge 40/2001.

La legge, come ricordato, ha modificato il codice penale e l’ordinamento penitenziario, introducendo una disciplina di favore volta a garantire al bambino, nei primi anni di vita, la convivenza nello stato di libertà con la madre detenuta.

Purtroppo, le statistiche penitenziarie testimoniano come i rigidi limiti applicativi previsti dalla legge abbiano impedito alla magistratura una larga concessione dei benefici previsti dalla legge alle detenute madri.

La tabella che segue dimostra come, sostanzialmente, dall’entrata in vigore della legge 40 (marzo 2001) non si sono registrate, nelle carceri, significative diminuzioni delle presenze di detenute madri con figli minori di tre anni conviventi.


 

Asili nido e detenute madri con figli di età inferiore a 3 anni conviventi*

 

Data di
rilevazione

Asili nido funzionanti

Detenute madri con figli in istituto

Bambini minori di 3 anni in istituto

30/6/2000

13

56

58

31/12/2000

15

70

78

30/6/2001

17

79

83

31/12/2001

18

61

63

30/06/2002

16

57

60

31/12/2002

15

56

60

30/06/2003

15

43

47

31/12/2003

15

53

56

31/12/2004

15

56

60

* Fonte: Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria

 

L’intervento in esame è, quindi, anzitutto volto alla rimozione di quei paletti normativi che – come recita la relazione illustrativa della proposta di legge – “hanno tagliato fuori (dai benefici, n.d.r.) un numero di detenute numericamente rilevante, lasciando la situazione del tutto inalterata”.

 

A tal fine, l’articolo 1 del provvedimento prevede l’abrogazione dell’ultimo comma dell’art. 147 del codice penale.

L’art. 147 c.p., come già detto, contempla tra le ipotesi di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena il caso di pena restrittiva della libertà personale che debba eseguirsi nei confronti di madre di minore di età inferiore a tre anni.

L’ultimo comma della norma condiziona la concessione del beneficio alla sussistenza o meno del“concreto pericolo della commissione di delitti”.

Trattandosi, per lo più, di condanne a carico di donne recidive, in particolare per reati connessi allo spaccio di stupefacenti e contro il patrimonio, ben difficilmente il rinvio dell’esecuzione della pena può – in base a tale criterio - essere disposto, apparendo tale pericolo quasi sempre sussistente.

L’intervento abrogativo è, quindi, chiaramente volto a rendere più agevole la concessione del beneficio da parte del tribunale di sorveglianza nei confronti delle detenute madri.

 

L’articolo 2 della proposta di legge interviene invece, sulla disciplina codicistica della custodia cautelare.

Le disposizioni introdotte appaiono collegate all’altra rilevante novità proposta dal provvedimento in esame (v. ultra, art. 5), ovvero la istituzione di case-famiglia protette, per la coabitazione di madri detenute in espiazione di pena e figli minori di 10 anni, da realizzare all’esterno degli istituti carcerari.

Il comma 1 dell’art. 2, infatti, riformula il quarto comma dell’art. 275 c.p.p. (Criteri di scelta delle misure) che prevede attualmente – a meno della sussistenza di esigenze cautelari eccezionalmente rilevanti -  l’impossibilità per il giudice di disporre la custodia cautelare in carcere, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente (ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni

La modifica apportata al comma 4 dell’art. 275 c.p.p. consiste, nella sostanza, nel prevedere che le indicate esigenze cautelari autorizzino il magistrato a disporrela custodia cautelare della madre, anzichè in carcere, presso le citate case-famiglia protette.

 

L’ulteriore modifica, apportata dal comma 2 dell’art. 2 della proposta di legge, al primo comma dell’art. 285 c.p.p. (Custodia cautelare in carcere) riveste carattere di coordinamento con l’introduzione del nuovo art. 285-bis c.p.p..

Tale ultima norma, inserita nel codice dal successivo comma 3 dell’art. 2 della proposta, prevede, infatti, la custodia cautelare nelle case-famiglia protette (anziché la custodia in carcere) quando la persona da sottoporre alla misura sia una madre (ovvero padre nelle ipotesi di cui all’art. 275, quarto comma, c.p.p.) con figlio convivente di età inferiore a dieci anni.

Da qui, la necessità di conformare a tale nuova previsione il contenuto dell’art. 285 c.p.p. che stabilisce, attualmente, che con l’ordinanza di custodia cautelare, il giudice ordini agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria la cattura dell’'imputato e la sua immediata traduzione in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell'autorità giudiziaria.

Il comma 2 dell’art. 2 della p.d.l. integra, quindi, il contenuto del primo comma dell’art. 285 prevedendo che l’imputata da assoggettare a custodia cautelare che sia madre di un figlio di età minore di dieci anni con lei convivente non debba essere condotta in carcere bensì presso una casa-famiglia protetta.

 

I successivi articoli 3, 4 e 5 della proposta di legge – sempre nell’ottica di assicurare al minore l’assistenza materna e di evitare, comunque, la coabitazione di madre e figlio in carcere - intervengono con modifiche ed integrazioni sulla disciplina della legge 354/1975 sull’ordinamento penitenziario.

 

L’articolo 3 mira ad evitare l’interruzione della vicinanza ed assistenza materna in presenza di necessità di ricovero del minore.

Può infatti accadere che, in tale ipotesi, il bambino sia necessariamente separato dalla madre detenuta, rimanendo in ospedale privo del conforto parentale; proprio perché in tali situazioni si riconosce che l’assistenza da parte della madre riveste importanza fondamentale, è stabilito dal nuovo art. 30-quinquies dell’ordinamento penitenziario, introdotto dall’articolo 3 della proposta di legge, che la madre debba essere autorizzata, con provvedimento urgente, ad accompagnare il figlio e a soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il tempo necessario.

La norma precisa, nei casi di urgenza, la competenza all’adozione del provvedimento da parte del direttore del carcere, fatta salva la necessità di convalida del magistrato di sorveglianza.

 

Con l’articolo 4 si vuole evitare – come già per il differimento facoltativo della pena di cui all’art. 147 c.p., ultimo comma, – che la rigidità dei presupposti applicativi possa essere di ostacolo ad una più frequente concessione sia della detenzione domiciliare ordinaria che di quella speciale, rispettivamente previste dagli artt. 47-ter e 47-quinquies dell’ordinamento penitenziario.

 

Il comma 1 dell’art. 4 in esame, ferma restando la necessità dell’assenza dei requisiti per l’affidamento al servizio sociale, dispone l’abrogazione del periodo del comma 1-bis dell’art. 47-ter O.P. (v. ante) che condiziona la concessione della detenzione domiciliare al vincolo dell’idoneità della misura a prevenire la recidiva del condannato.

Analogo intervento è effettuato dal comma 2 dell’art. 4 sul comma 1 dell’art. 47-quinquies O.P. con la soppressione del periodo che impedisce l’accesso al beneficio in caso di sussistenza del concreto pericolo di recidiva e di impossibilità di ripristino della convivenza con i figli.

L’unico presupposto per la concessione della detenzione domiciliare speciale rimarrebbe, quindi, l’espiazione di almeno 1/3 della pena (15 anni in caso di ergastolo).

 

L’articolo 5 della proposta di legge introduce nella legge 354/1975 un nuovo articolo 47-septies, relativo alla detenzione in case-famiglia protette, che dispone che le madri di prole di età non superiore ai dieci anni debbono espiare la propria pena nelle citate strutture qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole. La disposizione inserisce all’interno delle norme sull’ordinamento penitenziario un ulteriore nuovo articolo 67-bis sulle modalità di realizzazione delle case-famiglia protette, che devono essere predisposte fuori dagli istituti penitenziari e organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza da adottare, tengano conto principalmente delle esigenze psico-fisiche dei minori.

Le disposizioni recate dall’articolo 5 si inquadrano nella finalità generale, perseguita dalla proposta di legge, di provvedere in modo prioritario alla tutela del minore e rappresentano l’elemento centrale del provvedimento in quanto, sia in caso di custodia cautelare (articolo 2) che di espiazione della pena (articolo 5), come sottolineato dalla relazione che accompagna il provvedimento, laddove non possa essere per vincoli di carattere giuridico, disposta una forma di detenzione più favorevole per la madre e per il figli, non si può lasciare crescere un bambino piccolo in una struttura, che per natura è più orientata a dare una risposta puntuale a esigenze di sicurezza che a prestare attenzione alla crescita del minore.

In questo quadro, le case-famiglia protette costituirebbero strutture, contemplate sia dal codice penale che dall’ordinamento penitenziario, alle quali si dovrebbe ricorrere quale extrema ratio per conciliare la necessità del regime detentivo con la tutela del diritto del minore a condizioni di vita conformi alle sue esigenze psico-fisiche.

 

L’articolo 6 della proposta di legge reca modifiche al testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero (D.L.gs 286/1998).

Le disposizioni, che il provvedimento in commento intenderebbe introdurre nell’ordinamento, sono volte a correggere l’automatica espulsione dello straniero al termine della espiazione della pena detentiva: secondo i proponenti, considerato che l’espulsione dello straniero viene attualmente disposta dal giudice in modo pressoché automatico con decreto contestuale alla condanna alla pena detentiva o immediatamente successivo alla conclusione dell’espiazione della pena, non vi sarebbe alcun margine per una valutazione dell’eventuale percorso di risocializzazione compiuto dal condannato, e della possibilità di un suo inserimento nella società e nel mondo del lavoro. Tale situazione appare particolarmente penalizzante nel caso delle detenute madri straniere i cui figli, a causa della permanenza in carcere, non abbiamo avuto concreta occasione di integrarsi nella società italiana. L’articolo 6 mira, pertanto, a prevedere una valutazione caso per caso in ordine alla opportunità della espulsione dello straniero, valutazione da svolgere nel corso o al termine delle espiazione della pena, anche al fine di considerare l’eventuale avvio dell’iter per l’ottenimento del permesso di soggiorno.

La norma mira altresì a consentire ai figli stranieri, residenti all’estero, di madri detenute in Italia, la possibilità di ottenere il ricongiungimento in ottemperanza del principio, riconosciuto dalla Costituzione e dal diritto internazionale, di garanzia dell’unità familiare.

 

In linea con tali considerazioni, il primo comma dell’articolo 6, inserendo un nuovo articolo 9-bis nel D.Lgs 286/1998, stabilisce che lo straniero detenuto può, al verificarsi delle condizioni richieste dal testo unico, fare richiesta del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno anche all'istituto penitenziario.

Il secondo comma prevede l’inserimento di un nuovo comma all’articolo 16 del testo unico per prevedere che, al di là dei casi previsti dallo stesso articolo, l'espulsione non può mai essere disposta quale pena accessoria alla condanna.

Il terzo comma riguarda l’inserimento di una nuova disposizione con l’articolo 16-bis su particolari casi di revoca del decreto di espulsione:

§         nell'ipotesi in cui l'espulsione sia disposta o debba essere eseguita al termine dell'espiazione di una pena detentiva, il giudice, su ricorso di parte o in sede di convalida, fuori dai termini previsti per l'impugnazione, può disporre la revoca del decreto qualora accerti il reinserimento sociale a seguito di lavoro di recupero effettuato durante la detenzione o vi sia una promessa di contratto di lavoro, anche temporaneo (primo comma);

§         il giudice adito, qualora l'espulsione riguardi madre con figli minori ovvero padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, può comunque disporre la revoca del decreto di espulsione ogniqualvolta accerti che corrisponda all'interesse precipuo del minore. In tal caso il provvedimento di espulsione rimane sospeso fino alla decisione del giudice adìto (secondo e terzo comma).

Il quarto comma della nuova disposizione aggiunge all’elenco dei casi di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, contenuto nell’articolo 16 del citato decreto legislativo del 1998 (lettere a)-d)), una nuova lettera d-bis. E’, in tal modo previsto il rilascio del permesso di soggiorno al figlio minore della madre straniera (ovvero del padre, nei casi sopradescritti), quando la madre sia sottoposta a misura cautelare o la stessa debba espiare una pena detentiva o una misura alternativa, per potere garantire l'unità familiare. Il permesso di soggiorno è rilasciato per una durata pari a quella della misura cautelare o detentiva o alternativa.

Infine, l’articolo 7 estende l’ambito di applicazione della legge in esame anche alle madri straniere i cui figli si trovano nel Paese di origine e per i quali è disposta, in ossequio al principio dell’unità familiare, la concessione di un apposito permesso di soggiorno.

 

 


Progetto di legge

 


 

N. 528

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati BUEMI, CAPEZZONE, TURCI, PORETTI, BELTRANDI, DI GIOIA, TURCO, D'ELIA, BUGLIO, MANCINI, BOSELLI, CREMA, ANTINUCCI, SCHIETROMA, ANGELO PIAZZA

¾

 

Disposizioni per la tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata l'8 maggio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾


Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge di seguito illustrata si pone lo scopo precipuo di dare una risposta concreta alle problematiche legate alla condizione delle detenute madri con figli minori. In particolare, si è partiti dall'esame della legge n. 40 del 2001, nota con il nome dell'onorevole Finocchiaro, che, seppure di portata innovativa, di fatto ha avuto scarsissima applicazione. Si è, infatti, potuto constatare che le norme, come congegnate, hanno tagliato fuori un numero di detenute numericamente rilevante, lasciando la situazione del tutto inalterata.

      Per questo motivo l'articolo 1 della proposta di legge incide sulla normativa già novellata dalla «legge Finocchiaro», togliendo quel vincolo («concreto pericolo della commissione di delitti») di cui all'articolo 147 del codice penale che rende di difficile applicazione il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena. Infatti, spesso la detenuta madre tipo è una donna proveniente da ceti molto poveri o comunque immersa in una cultura di microcriminalità che ha, seppure giovane, nel suo curriculum più di una condanna penale. Impedire concretamente a una grande maggioranza di madri la possibilità di vivere la propria maternità fuori dalle mura degli istituti penitenziari significa, da una parte, ostacolare un processo di riabilitazione per la donna e, dall'altra, opporsi a che i bambini vivano la loro età in un ambiente sicuramente più confortevole rispetto a quello carcerario e più idoneo per la loro crescita psico-fisica.

 Conseguente a tale scelta è l'articolo 4 della proposta di legge, recante modifiche agli articoli 47-ter e 47-quinquies della legge sull'ordinamento penitenziario, legge n. 354 del 1975, che si prefigge di eliminare gli ostacoli che impediscono la possibilità alle donne madri, per le ragioni esposte, di espiare la propria pena o presso il proprio domicilio o in altro luogo.

 Come detto, però, la «legge Finocchiaro» è stata solo il punto di partenza: partendo dall'esame della realtà carceraria si sono volute poi affrontare problematiche nuove.

Il punto centrale della proposta di legge è sicuramente rappresentato dalla ideazione e dalla realizzazione di case-famiglia protette. Infatti, tanto in caso di custodia cautelare (articolo 2) che nell'ipotesi di espiazione della pena (articolo 5) ci si rende conto che, laddove non possa essere disposta per vincoli di carattere giuridico una forma di detenzione più favorevole per la madre e per il figlio, non si può lasciare crescere un bimbo piccolo in una struttura che per natura è più orientata a dare una risposta puntuale a esigenze di sicurezza che a prestare attenzione alla crescita del minore. Con questa proposta di legge si intendono creare, pertanto, delle strutture che, a fianco della sicurezza, prendano in esame anche le necessità dei bambini e che ne garantiscano un sano sviluppo (articolo 5). Si vuole inserire tanto nel codice penale quanto nell'ordinamento penitenziario un nuovo modo di regolare il regime detentivo della donna madre con figlio che, seppure sempre considerato quale extrema ratio, sia più «umano».

 In questa logica si iscrive anche la necessità di garantire alla madre detenuta di poter accompagnare il figlio qualora questo abbia l'esigenza di essere portato al pronto soccorso o in caso di ricovero (articolo 3): è inimmaginabile pensare che un bambino piccolo possa «affrontare» da solo un ospedale ed essere, di fatto, abbandonato a se stesso.

Da ultimo, l'articolo 6 propone norme volte ad incidere fermamente sul testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (come modificato dalla legge n. 189 del 2002, cosiddetta «Bossi-Fini»): è ormai evidente a chi opera nel settore che vi è una sorta di automatismo del decreto di espulsione. Molti giudici ormai emanano questo provvedimento unitamente alla pena detentiva oppure esso viene emesso al termine dell'espiazione della pena. Nell'uno e nell'altro caso non si tiene in alcun modo conto di un eventuale percorso di risocializzazione estremamente positivo compiuto dal detenuto; della possibilità di collocare al lavoro lo straniero detenuto a fine pena o anche, semplicemente, se si tratta di detenute madri, che i loro bambini, nati in carcere o comunque che hanno trascorso nell'istituto gran parte della loro breve vita, conoscono solo la lingua e la cultura italiane. Si vuole pertanto ovviare a tutto questo prevedendo una valutazione ad personam sulla realtà al momento del termine della espiazione della pena, ma al contempo si vuole riconoscere la possibilità di avviare l'iter per l'ottenimento del permesso di soggiorno, al momento del verificarsi delle condizioni necessarie, anche dalle mura del carcere.

 Infine, per garantire l'unità familiare, principio riconosciuto non solo nella nostra Costituzione ma affermato anche da disposizioni di trattati internazionali - quali gli articoli 8 e 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848; l'articolo 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881; gli articoli 9 e 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176 - si vuole con la presente proposta di legge prevedere un permesso di soggiorno per i figli stranieri di detenute in Italia per poter ottenere il ricongiungimento e poter assicurare la continuità nella formazione psico-fisica del minore.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

(Rinvio facoltativo dell'esecuzione

della pena).

1. Il quarto comma dell'articolo 147 del codice penale è abrogato.

Art. 2.

(Misure cautelari).

1. Il comma 4 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; tuttavia, nell'ipotesi in cui sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, può essere disposta la custodia cautelare presso case-famiglia protette. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando l'imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni».

2. All'articolo 285, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «istituto di custodia» sono inserite le seguenti: «o, in caso di madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, presso una casa-famiglia protetta».

3. Dopo l'articolo 285 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«Art. 285-bis. (Custodia cautelare in casa-famiglia protetta). 1. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare è una madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente, ovvero un padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, il giudice, in luogo della custodia cautelare presso gli istituti penitenziari, dispone la custodia presso le case-famiglia protette».

Art. 3.

(Ricovero del minore).

1. Dopo l'articolo 30-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

«Art. 30-quinquies. (Ricovero ospedaliero di minore). 1. In caso di invio al pronto soccorso o di ricovero in una struttura ospedaliera di minore affidato alla madre detenuta, quest'ultima deve essere autorizzata, con provvedimento da adottare con urgenza, ad accompagnare il figlio nonché a soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il periodo del ricovero.

2. In ipotesi di necessità ed urgenza il provvedimento di cui al comma 1 può essere disposto dal direttore dell'istituto penitenziario e successivamente convalidato dal magistrato competente».

Art. 4.

(Detenzione domiciliare).

1. Al comma 1-bis dell'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: «e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati» sono soppresse.

2. Al comma 1 dell'articolo 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: «, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza dei figli,» sono soppresse.

Art. 5.

(Case-famiglia protette).

1. Dopo l'articolo 47-sexies della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

«Art. 47-septies. (Detenzione in case-famiglia protette). 1. Le madri di prole di età non superiore ad anni dieci devono espiare la propria pena, qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole, nelle case-famiglia protette».

2. Dopo l'articolo 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 67-bis (Case-famiglia protette). 1. Le case famiglia-protette devono essere realizzate fuori dagli istituti penitenziari e organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza da adottare, tengano conto principalmente delle esigenze psico-fisiche dei minori».

Art. 6.

(Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

1. Dopo l'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 9-bis. (Straniero detenuto). 1. Lo straniero detenuto, fuori dai termini previsti dal presente capo, può, al verificarsi delle condizioni richieste dal presente testo unico, fare richiesta del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno anche all'istituto penitenziario».

2. All'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«9-bis. Fuori dai casi previsti dal presente articolo, l'espulsione non può mai essere disposta quale pena accessoria alla condanna».

3. Dopo l'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come da ultimo modificato dal presente articolo, è inserito il seguente:

«Art. 16-bis. (Revoca dell'espulsione in casi particolari). 1. Nell'ipotesi in cui l'espulsione sia disposta o debba essere eseguita al termine dell'espiazione di una pena detentiva, il giudice competente, su ricorso di parte o in sede di convalida, fuori dai termini previsti per l'impugnazione, può disporre la revoca del decreto qualora accerti il reinserimento sociale a seguito di lavoro di recupero effettuato durante la detenzione o vi sia una promessa di contratto di lavoro, anche temporaneo.

2. Il giudice adito, fuori dai casi precedenti, qualora l'espulsione riguardi madre con figli minori ovvero padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, può comunque disporre la revoca del decreto di espulsione ogniqualvolta accerti che corrisponda all'interesse precipuo del minore.

3. Il provvedimento di espulsione rimane sospeso fino alla decisione del giudice adito ai sensi del comma 2».

4. Al comma 1 dell'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«d-bis) al figlio minore della madre straniera ovvero del padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, nei casi in cui nei confronti della stessa sia stata disposta una misura cautelare o la stessa debba espiare una pena detentiva o una misura alternativa, per potere garantire l'unità familiare. Il permesso di soggiorno è rilasciato per una durata pari a quella della misura cautelare o detentiva o alternativa».

Art. 7.

(Ambito di applicazione).

1. La presente legge si applica anche alle madri straniere i cui figli si trovano nel Paese di origine e per i quali è disposta, in ossequio al principio dell'unità familiare, la concessione di un apposito permesso di soggiorno.

 

 


 


Lavori parlamentari nella XIV legislatura

 


Camera dei deputati

 


Progetto di legge

 


 

N. 6006

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati BUEMI, LUCIDI, PISTONE, FINOCCHIARO, MASCIA, MAGNOLFI, FANFANI, ORICCHIO, DELBONO, MAZZUCA, CENTO, CIMA, MESSA, PERLINI

¾

 

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 20 luglio 2005

¾¾¾¾¾¾¾¾


Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge di seguito illustrata si pone lo scopo precipuo di dare una risposta concreta alle problematiche legate alla condizione delle detenute madri con figli minori. In particolare, si è partiti dall'esame della legge n. 40 del 2001, nota con il nome dell'onorevole Finocchiaro, che, seppure di portata innovativa, di fatto ha avuto scarsissima applicazione. Si è, infatti, potuto constatare che le norme, come congegnate, hanno tagliato fuori un numero di detenute numericamente rilevante, lasciando la situazione del tutto inalterata.

Per questo motivo l'articolo 1 della proposta di legge incide sulla normativa già novellata dalla «legge Finocchiaro», togliendo quel vincolo («concreto pericolo della commissione di delitti») di cui all'articolo 147 del codice penale che rende di difficile applicazione il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena. Infatti, spesso la detenuta madre tipo è una donna proveniente da ceti molto poveri o comunque immersa in una cultura di microcriminalità che ha, seppure giovane, nel suo curriculum più di una condanna penale. Impedire concretamente a una grande maggioranza di madri la possibilità di vivere la propria maternità fuori dalle mura degli istituti penitenziari significa, da una parte, ostacolare un processo di riabilitazione per la donna e, dall'altra, opporsi a che i bambini vivano la loro età in un ambiente sicuramente più confortevole rispetto a quello carcerario e più idoneo per la loro crescita psico-fisica. Conseguente a tale scelta è l'articolo 4 contenente la modifica degli articoli 47-ter e 47-quinquies della legge relativa all'ordinamento

 

penitenziario, legge n. 354 del 1975, che si pone di eliminare gli ostacoli che impediscono la possibilità alle donne madri, per le ragioni esposte, di espiare la propria pena o presso il proprio domicilio o in altro luogo.

Come detto, però, la legge Finocchiaro è stata solo il punto di partenza: dall'esame della realtà carceraria si è voluto affrontare problematiche nuove.

Il punto centrale della proposta di legge è sicuramente rappresentato dalla ideazione e dalla realizzazione di case-famiglia protette. Infatti, tanto in caso di custodia cautelare (articolo 2) che nell'ipotesi di espiazione della pena (articolo 5) ci si rende conto che, laddove non possa essere per vincoli di carattere giuridico disposta una forma di detenzione più favorevole per la madre e per il figlio, non si può lasciare crescere un bimbo piccolo in una struttura che per natura è più orientata a dare una risposta puntuale a esigenze di sicurezza che a prestare attenzione alla crescita del minore. Con questa proposta di legge si intendono creare, pertanto, delle strutture che, a fianco della sicurezza, prendano in esame anche le necessità dei bambini e che ne garantiscano un sano sviluppo (articolo 5). Si vuole inserire tanto nel codice penale quanto nell'ordinamento penitenziario un nuovo modo di regolare il regime detentivo della donna madre con figlio che, seppure sempre considerato quale extrema ratio, sia più «umano».

In questa logica si iscrive anche la necessità di garantire alla madre detenuta di poter accompagnare il figlio qualora questo abbia la esigenza di essere portato al pronto soccorso o in caso di ricovero (articolo 3): è inimmaginabile pensare che un bambino piccolo possa «affrontare» da solo un ospedale ed essere, di fatto, abbandonato a se stesso.

Da ultimo, l'articolo 6 propone norme volte ad incidere fermamente sul testo unico dell'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (come modificato dalla legge n. 189 del 2002, cosiddetta «Bossi-Fini»): è ormai evidente a chi opera nel settore che vi è una sorta di automatismo del decreto di espulsione. Molti giudici ormai emanano questo provvedimento unitamente alla pena detentiva oppure esso viene emesso al termine dell'espiazione della pena. Nell'uno e nell'altro caso non si tiene in alcun modo conto di un eventuale percorso di risocializzazione estremamente positivo compiuto dal detenuto; della possibilità di collocare al lavoro lo straniero detenuto a fine pena o anche, semplicemente, se si tratta di detenute madri, che i loro bambini, nati in carcere o comunque che hanno trascorso nell'istituto gran parte della loro breve vita, conoscono solo la lingua e la cultura italiane. Si vuole pertanto ovviare a tutto questo prevedendo una valutazione ad personam sulla realtà al momento del termine della espiazione della pena, ma al contempo si vuole riconoscere la possibilità di avviare l'iter per l'ottenimento del permesso di soggiorno, al momento del verificarsi delle condizioni necessarie, anche dalle mura del carcere.

Infine, per garantire l'unità familiare, principio riconosciuto non solo nella nostra Costituzione ma affermato anche da disposizioni di trattati internazionali - quali gli articoli 8 e 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848; l'articolo 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881; gli articoli 9 e 10 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176 - si vuole con la presente proposta di legge prevedere un permesso di soggiorno per i figli stranieri di detenute in Italia per poter ottenere il ricongiungimento e poter assicurare la continuità nella formazione psico-fisica del minore.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

(Rinvio facoltativo dell'esecuzione

della pena).

1. L'ultimo comma dell'articolo 147 del codice penale è abrogato.

 

Art. 2.

(Misure cautelari).

1. Il comma 4 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; tuttavia, nell'ipotesi in cui sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, può essere disposta la custodia cautelare presso case-famiglia protette. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando l'imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni».

2. All'articolo 285, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: «istituto di custodia» sono inserite le seguenti: «o, in caso di madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, presso una casa-famiglia protetta».

3. Dopo l'articolo 285 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«Art. 285-bis. (Custodia cautelare in casa-famiglia protetta). 1. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare è una madre con prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente ovvero un padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, il giudice, in luogo della custodia cautelare presso gli istituti penitenziari, dispone la custodia presso le case-famiglia protette».

 

Art. 3.

(Ricovero del minore).

1. Dopo l'articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 30-quater. (Ricovero ospedaliero di minore). 1. In caso di invio al pronto soccorso o di ricovero in una struttura ospedaliera di minore affidato alla madre detenuta, quest'ultima deve essere autorizzata, con provvedimento da adottare con urgenza, ad accompagnare il figlio nonché a soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il periodo del ricovero.

2. In ipotesi di necessità ed urgenza il provvedimento di cui al comma 1 può essere disposto dal direttore dell'istituto penitenziario e successivamente convalidato dal magistrato competente».

Art. 4.

(Detenzione domiciliare).

1. Al comma 1-bis dell'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: «e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati» sono soppresse.

2. Al comma 1 dell'articolo 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni, le parole: «, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza dei figli,» sono soppresse.

 

Art. 5.

(Case-famiglia protette).

1. Dopo l'articolo 47-sexies della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 47-septies. (Detenzione in case-famiglia protette). 1. Le madri di prole di età non superiore ad anni dieci devono espiare la propria pena, qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole, nelle case-famiglia protette».

2. Dopo l'articolo 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 67-bis (Case-famiglia protette). 1. Le case famiglia-protette devono essere realizzate fuori dagli istituti penitenziari e organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza da adottare, tengano conto principalmente delle esigenze psico-fisiche dei minori».

 

Art. 6.

(Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

1. Dopo l'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 9-bis. (Straniero detenuto). 1. Lo straniero detenuto, fuori dai termini previsti dal presente capo, può, al verificarsi delle condizioni richieste dal presente testo unico, fare richiesta del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno anche all'istituto penitenziario».

2. All'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«9-bis. Fuori dai casi previsti dal presente articolo, l'espulsione non può mai essere disposta quale pena accessoria alla condanna».

3. Dopo l'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come da ultimo modificato dal presente articolo, è inserito il seguente:

«Art. 16-bis. (Revoca in casi particolari). 1. Nell'ipotesi in cui l'espulsione sia disposta o debba essere eseguita al termine dell'espiazione di una pena detentiva, il giudice competente, su ricorso di parte o in sede di convalida, fuori dai termini previsti per l'impugnazione, può disporre la revoca del decreto qualora accerti il reinserimento sociale a seguito di lavoro di recupero effettuato durante la detenzione o vi sia una promessa di contratto di lavoro, anche temporaneo.

2. Il giudice adito, fuori dai casi precedenti, qualora l'espulsione riguardi madre con figli minori ovvero padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, può comunque disporre la revoca del decreto di espulsione ogniqualvolta accerti che corrisponda all'interesse precipuo del minore.

3. Il provvedimento di espulsione rimane sospeso fino alla decisione del giudice adito ai sensi del comma 2».

4. Al comma 1 dell'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«d-bis) al figlio minore della madre straniera ovvero del padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, nei casi in cui nei confronti della stessa sia stata disposta una misura cautelare o la stessa debba espiare una pena detentiva o una misura alternativa, per potere garantire l'unità familiare. Il permesso di soggiorno è rilasciato per una durata pari a quella della misura cautelare o detentiva o alternativa».

Art. 7.

(Ambito di applicazione).

1. La presente legge si applica anche alle madri straniere i cui figli si trovano nel Paese di origine e per i quali è disposta in ossequio al principio dell'unità familiare, la concessione di un apposito permesso di soggiorno.

 

 


Esame in sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


SEDE REFERENTE

Martedì 18 ottobre 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Michele Saponara ed il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 12.55.

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.

C. 6006.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gaetano PECORELLA, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare ai lavori della Commissione, osserva che la proposta di legge in esame modifica talune disposizioni del codice penale, del codice di procedura penale, della legge 26 luglio 1975, n. 354, (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), perseguendo la finalità di assicurare piena tutela ai minori figli di detenute madri, garantendo, nei primi anni di vita del bambino, la convivenza in stato di libertà con la madre detenuta. La proposta di legge provvede, pertanto, a rimuovere dall'ordinamento specifiche rigidità che, di fatto, hanno reso difficoltosa la concessione di benefici nei confronti delle detenute madri, e istituisce le case-famiglia protette quali strutture alternative al carcere destinate alla coabitazione tra madri in espiazione di pena e figli.

Il provvedimento si compone di sette articoli.

L'articolo 1 dispone l'abrogazione dell'ultimo comma dell'articolo 147 del codice penale, che, in materia di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena, individua nel «concreto pericolo della commissione di delitti» il presupposto per la revoca del rinvio, anche nei confronti di madre di minore di età inferiore ai tre anni, rendendo di fatto l'istituto di difficile applicazione nei conforti delle detenute madri.

L'articolo 2 interviene sulla disciplina codicistica della custodia cautelare alla luce della istituzione delle case-famiglia protette di cui al successivo articolo 5 della proposta di legge.

Gli articoli 3, 4 e 5 della proposta di legge - sempre nell'ottica di assicurare al minore l'assistenza materna e di evitare, comunque, la coabitazione di madre e figlio in carcere - intervengono con modifiche ed integrazioni sulla disciplina della citata legge n. 354 del 1975.

In particolare, l'articolo 3 mira ad evitare l'interruzione della vicinanza ed assistenza materna in presenza di necessità di ricovero del minore.

Con l'articolo 4 si vuole evitare - come già per il differimento facoltativo della pena di cui all'articolo 147 del codice penale, ultimo comma, - che la rigidità dei presupposti applicativi possa essere di ostacolo ad una più frequente concessione sia della detenzione domiciliare ordinaria che di quella speciale, rispettivamente previste dagli artt. 47-ter e 47-quinquies dell'ordinamento penitenziario.

L'articolo 5 della proposta di legge introduce nell'ordinamento penitenziario la previsione del regime di detenzione in case-famiglia protette per le madri di prole di età non superiore ai dieci anni che debbano espiare la propria pena, qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole. La disposizione individua altresì le modalità di realizzazione delle case-famiglia protette.

L'articolo 6 reca modifiche al testo unico sull'immigrazione e sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dalla legge n. 189 del 2002, al fine di scongiurare ogni eventuale automatismo tra la condanna alla espiazione della pena detentiva e il decreto di espulsione dello straniero. La disposizione prevede specifiche ipotesi di revoca del decreto di espulsione, tra le quali è incluso il caso della madre detenuta straniera con figli minori, nonché casi di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari a tutela dei minori di madre straniera detenuta.

Rileva infine come non sia presente alcuna forma di copertura delle spese che deriverebbero dall'approvazione della proposta di legge in esame.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) evidenzia che questa proposta di legge, predisposta dal deputato Buemi e da lei stessa sottoscritta è finalizzata a colmare una lacuna del sistema carcerario laddove si impedisce alle detenute madri di trascorrere il periodo di detenzione con i relativi figli minori in strutture diverse da quelle carcerarie. Si tratta di casi rari, concentrati in realtà carcerarie ben individuate per lo più all'interno di grandi istituti in grandi città dove organizzazioni di volontariato sociale già collaborano attivamente per aiutare la fase della crescita di minori in tenerissima età.

Rileva inoltre che, trattandosi per lo più di casi relativi a detenute straniere prive di una dimora che possa assicurare la sicurezza minima della loro detenzione, la disciplina attualmente vigente non ha funzionato adeguatamente. Sottolinea infatti che per poter consentire alle detenute madri di scontare periodi di detenzione in luoghi diversi dal carcere è necessario che queste forniscano alle competenti autorità la prova di disporre di un domicilio che garantisca congrui margini di sicurezza.

Osserva che l'istituzione di apposite case protette, richieste da numerose associazioni di volontariato, costituisca una iniziativa che ha trovato d'accordo molti comuni d'Italia anche in considerazione del basso numero delle relative esigenze.

Comprende l'osservazione svolta dal Presidente sulla mancanza di copertura finanziaria ritenendo però che il problema potrebbe essere ovviato grazie alla cooperazione dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia che ha già manifestato la propria disponibilità ad individuare sedi idonee nei vari comuni interessati per assicurare una soluzione adeguata.

Osserva poi che un'altra questione problematica riguarda i casi in cui il minore, che si trova all'interno di una struttura carceraria con la madre, debba essere ricoverato presso una struttura ospedaliera. In simili circostanze ritiene che si debbano garantire i diritti del minore ad avere la propria madre a fianco, sia pure nel rispetto delle esigenze di sicurezza, non solo in ordine a considerazioni di opportunità ma anche per esigenze di democrazia del nostro sistema.

Rileva inoltre che un ulteriore aspetto problematico riguarda i casi dei figli minori di detenute che, al termine del periodo di detenzione, saranno espulsi ovvero affidati ad altre famiglie. In questi casi ritiene che si debba in qualche modo assicurare, sul modello di quanto già previsto dalla legislazione vigente sull'immigrazione in materia di ricongiungimento al coniuge, che al minore ed alla relativa madre possa essere assicurata la possibilità di un soggiorno sul territorio nazionale anche solo per un periodo prestabilito.

Ricorda che da parte delle strutture dell'Amministrazione penitenziaria sia stata a più riprese manifestato un intento di collaborazione in ordine ai tentativi di soluzione delle varie questioni problematiche. Chiede pertanto che si possa dare luogo ad un'audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia, dei magistrati minorili, dei magistrati di sorveglianza e del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria al fine di verificare se il testo della proposta di legge in esame sia congruo al fine di ovviare ai problemi evidenziati.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che l'approvazione della proposta di legge in esame è condizionata dalla mancanza di un'adeguata copertura finanziaria.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) sottolinea che il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non ritiene necessaria la creazione di istituti ad hoc, essendo invece solo necessario che la detenuta madre possa scontare la pena in un domicilio privato. Osserva al riguardo che basterebbe che i comuni, come sta recentemente accadendo a Roma, mettessero a disposizione appositi appartamenti.

Il sottosegretario Giuseppe VALENTINO rileva che il ruolo svolto dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria risulta superato alla luce delle osservazioni svolte dal deputato Finocchiaro.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che si possa chiedere al rappresentante del Governo di fornire i dati del fenomeno in esame. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta, nella quale il relatore ha preannunciato di intervenire in ordine alle questioni più rilevanti.

La seduta termina alle 14.50.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

 



SEDE REFERENTE

Giovedì 10 novembre 2005. - Presidenza del vicepresidente Nino MORMINO. - Intevengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Vitali e Pasquale Giuliano.

La seduta comincia alle 14.15.

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.

C. 6006 Buemi.

 

(Rinvio del seguito dell'esame).

 

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 18 ottobre 2005.

Nino MORMINO, presidente, dopo avere constatato l'assenza del relatore, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.25


 


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


SEDE REFERENTE

Martedì 29 novembre 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Jole Santelli.

La seduta comincia alle 13.50.

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.

C. 6006 Buemi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 10 novembre 2005.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che era stata avanzata da parte di alcuni membri della Commissione la richiesta di dare corso ad alcune audizioni. Rileva tuttavia che, approssimandosi la fine della legislatura, sarebbe più opportuno fissare un termine per la presentazione degli emendamenti al fine di accelerare il corso dell'esame.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) ritiene che lo svolgimento delle audizioni complicherebbe l'esame del provvedimento e condivide pertanto la proposta del Presidente di fissare un termine per la presentazione degli emendamenti.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara chiuso l'esame preliminare e fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle 12 di martedì 13 dicembre 2005. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.55.


 

 


Esame in sede consultiva

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

TESTO AGGIORNATO AL 23 GENNAIO 2006

 

 

 


COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Giovedì 19 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.

La seduta comincia alle 9.10.

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.

C. 6006 Buemi.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame.

Pierantonio ZANETTIN (FI), presidente e relatore, illustra i contenuti del nuovo testo della proposta di legge all'esame del Comitato, facendo presente che le disposizioni dalla stessa recate appaiono principalmente riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale e giustizia amministrativa», che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Fa presente, inoltre, che, essendo gli articoli 6 e 7 volti a novellare il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, assumono, quindi, rilievo anche le materie «diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea» e «immigrazione», anch'esse ricomprese nell'ambito della competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere a) e b) della Costituzione.

Ritenuto, infine, che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere favorevole del relatore (vedi allegato 2).

La seduta termina alle 14.15


 


ALLEGATO 2

 

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori (C. 6006 Buemi).

PARERE APPROVATO

 

 


Il Comitato permanente per i pareri,

esaminato il testo della proposta di legge C. 6006 Buemi, recante «Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori»,

ritenuto che le disposizioni dalla stessa recate appaiono principalmente riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale e giustizia amministrativa», che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,

rilevato altresì che, essendo gli articoli 6 e 7 volti a novellare il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, assumono, quindi, rilievo anche le materie «diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea» e «immigrazione», anch'esse ricomprese nell'ambito della competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere a) e b) della Costituzione,

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE.


 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, Tesoro e programmazione)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE CONSULTIVA

Martedì 17 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Gianfranco Conte e per l'interno Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 14.45.

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. C. 6006.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e rinvio - Richiesta di relazione tecnica ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 3, della legge n. 468 del 1978).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Daniela GARNERO SANTANCHÈ (AN), relatore, osserva che gli articoli da 2 a 5 dispongono, tra l'altro, la possibilità di disporre la custodia cautelare presso case famiglia protette quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni (articolo 2) e la realizzazione, fuori dagli istituti penitenziari, di case famiglia protette dove possano espiare la pena le madri di prole di età non superiore a dieci anni. Tali strutture devono essere organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza, tengano conto principalmente delle esigenze psico-fisiche dei minori. Al riguardo osserva che la realizzazione e il funzionamento delle strutture in esame appaiono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri, di cui appare necessaria la quantificazione e la corrispondente copertura. Gli articoli 6 e 7, modificando il decreto legislativo n. 286 del 1998, dispongono la possibilità per lo straniero detenuto di richiedere, fuori dai termini previsti dalla normativa vigente, il permesso di soggiorno o la carta di soggiorno, anche all'istituto penitenziario (comma 1); la possibilità di revoca del provvedimento di espulsione dello straniero detenuto qualora il giudice accerti il suo reinserimento sociale oppure qualora l'espulsione riguardi madre con figli minori (comma 2); l'estensione del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari ai figli minori di madre straniera in stato di detenzione (comma 3); l'estensione delle disposizioni del provvedimento in esame anche alle madri straniere i cui figli si trovano nel Paese di origine e per i quali è disposta la concessione di un apposito permesso di soggiorno (articolo 7). Al riguardo, osserva che le disposizioni potrebbero risultare suscettibili di recare maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dal momento che la concessione del permesso o della carta di soggiorno permette all'interessato l'accesso a tutti i servizi erogati dalla pubblica amministrazione, tra i quali, a titolo di esempio, si segnala l'assistenza sanitaria.

Il sottosegretario Gianfranco CONTE concorda con i profili problematici evidenziati dal relatore per quel che concerne la quantificazione degli oneri.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, ritiene opportuno procedere alla predisposizione della relazione tecnica del provvedimento. Propone pertanto, ove la Commissione concordi, di richiedere al Governo la predisposizione di una relazione  tecnica sul provvedimento ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 3, della legge n. 468 del 1978.

La Commissione approva la proposta.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, raccomanda la trasmissione in tempi rapidi della relazione tecnica al fine di consentire alla Commissione di proseguire l'esame del provvedimento.

La seduta termina alle 15.


 

 

 


XII COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari sociali)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

TESTO AGGIORNATO AL 18 GENNAIO 2006

 

 


SEDE CONSULTIVA

Martedì 17 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Domenico Di Virgilio.

La seduta comincia alle 14.50.

 

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.

C. 6006 Buemi.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

La Commissione inizia l'esame.

Francesca MARTINI (LNFP), relatore, sottolinea che il provvedimento in esame è finalizzata a colmare una lacuna del sistema carcerario laddove si impedisce alle detenute madri di trascorrere il periodo di detenzione con i relativi figli minori in strutture diverse da quelle carcerarie. In particolare vengono modificate alcune norme del codice penale, del codice di procedura penale, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), del decreto 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), per assicurare tutela ai figli minori di detenute madri e garantire nei primi anni di vita dei bambini la convivenza in stato di libertà con la madre detenuta.

Rileva poi che con la proposta di legge in esame si tende a rimuovere dall'ordinamento specifiche rigidità che, di fatto, hanno reso difficoltosa la concessione di benefici nei confronti delle detenute madri e, al contempo, si istituiscono le cosiddette «case-famiglia protette» quali strutture alternative al carcere destinate alla coabitazione tra madri in espiazione di pena e figli. In particolare le suddette case-famiglia protette vengono previste per le detenute madri incinte o con figli minori, quale alternativa all'espiazione della pena o della custodia cautelare negli istituti penitenziari, dove le condizioni di vita non garantiscono un ambiente confortevole ed idoneo alla crescita psico-fisica dei bambini.

Per quanto concerne poi gli aspetti di stretta competenza della Commissione affari sociali, richiama l'attenzione sugli  articoli 3, 4 e 5 del testo. L'articolo 3 è diretto a consentire alla detenuta madre di accompagnare e soggiornare presso la struttura ospedaliera dove è stato ricoverato il figlio, onde evitare l'interruzione della vicinanza ed assistenza materna. L'articolo 4 è finalizzato a rimuovere alcune rigidità che oggi la legge pone per la concessione della detenzione domiciliare ordinaria e speciale alle detenute madri con prole sotto i dieci anni. L'articolo 5, infine, introduce nell'ordinamento penitenziario la previsione del regime di detenzione in case-famiglia protette per le madri di prole di età inferiore ai dieci anni che debbano espiare la propria pena, qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole, individuando altresì le modalità di realizzazione delle case-famiglia protette.

Per quanto riguarda l'articolo 6, esso reca alcune modifiche in tema di immigrazione e condizione dello straniero, come previsto dal testo unico n. 286 del 1998 e modificato dalla legge n. 189 del 2002, prevedendo specifiche ipotesi di revoca del decreto di espulsione, tra le quali è incluso il caso della madre straniera detenuta con figli minori, nonché casi di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari a tutela dei minori di madre straniera detenuta.

In conclusione, ritiene che il testo si faccia apprezzare per la finalità di voler assicurare piena tutela ai minori figli di detenute madri, garantendo che gli stessi possano vivere la loro età in un ambiente più confortevole di quello carcerario e sicuro per la loro crescita.

Formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 4).

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 15.05.



ALLEGATO 4

 

Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. C. 6006 Buemi.

 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 


 

La XII Commissione,

esaminato il testo della proposta di legge C. 6006 Buemi ed altri: «Misure a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori»,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere l'emanazione, da parte del Ministro della giustizia, di un regolamento che stabilisca in maniera dettagliata le modalità organizzative e di funzionamento delle strutture alternative al carcere, ossia delle case-famiglia protette, al fine di garantire un ambiente adatto alla crescita psico-fisica dei minori e, al contempo, di assicurare le condizioni di sicurezza carceraria al fine di espiazione della pena;

b) valuti, altresì, la Commissione di merito l'opportunità di prevedere restrizioni all'accesso alle case-famiglia protette, limitandolo nei casi di palese utilizzo strumentale dello stato di gravidanza da parte delle detenute, al fine di voler evitare la pena detentiva;

c) si ritiene opportuno espungere dal testo le novelle apportate dall'articolo 6 del provvedimento al Testo Unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, non essendo strettamente legate alle esigenze che hanno ispirato il provvedimento medesimo; in particolar modo, non si ritengono condivisibili le previsioni contenute ai commi 3 e 4 dell'articolo 6.


 

 




[1] “(La Repubblica) protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tal scopo”.

[2] Nella precedente formulazione l’art. 146 c.p. limitava il rinvio obbligatorio al caso di donna incinta o che avesse partorito da meno di sei mesi.

[3]     L’art. 147 c.p., nella versione precedente alle modifiche, prevedeva la possibilità di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena restrittiva della libertà personale quando questa doveva “essere eseguita contro donna che ha partorito da più di sei mesi ma da meno di un anno, e non vi è modo di affidare il figlio ad altri che alla madre”.

[4]    Fa eccezione l’ipotesi di cui al n. 1 del comma 1 dell’art. 147 che in caso di presentazione di domanda di grazia, affida la competenza per il rinvio facoltativo al ministro della giustizia.

[5]    Va rilevato come tale norma risulti largamente inapplicata. Alla data del 31 dicembre 2004, all’interno degli istituti penitenziari italiani risultavano funzionanti soltanto 15 asili nido.

[6]    Le altre ipotesi di detenzione domiciliare sono previste: in favore del padre convivente del minore di 10 anni,  se la madre è deceduta o impossibilitata ad assistere il bambino; di persona in condizioni di salute di particolare gravità; degli ultrasessantenni, anche parzialmente inabili; dei minori  di 21 anni per motivi di salute, studio, lavoro e famiglia.