Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Modifiche alla disciplina delle intercettazioni - A.C. 1638 e abb. - 2^ edizione
Riferimenti:
AC n. 1344/XV   AC n. 1638/XV
AC n. 1164/XV   AC n. 1165/XV
AC n. 1170/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 36
Data: 19/09/2006
Descrittori:
INTERCETTAZIONI TELEFONICHE     
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Modifiche alla disciplina

delle intercettazioni

A.C. 1638 e abb.

 

 

 

 

 

 

n. 36

2^ edizione

 

19 settembre 2006

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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File: gi0036.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  8

§      Contenuto  8

§      Relazioni allegate  8

Elementi per l’istruttoria legislativa  9

§      Necessità dell’intervento con legge  9

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  9

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  9

§      Formulazione del testo  10

Schede di lettura

§      Il quadro normativo in materia di intercettazioni13

§      Il contenuto dei progetti di legge  28

Progetti di legge

§      A.C. 1638, (Governo), Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine  79

§      A.C. 1164, (on. Migliore ed altri), Modifiche alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni113

§      A.C. 1165, (on. Fabris ed altri), Nuove norme in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti dei procedimenti penali125

§      A.C. 1170, (on. Craxi), Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni141

§      A.C. 1344, (on. Mazzoni e Fromisano), Disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti del procedimento penale  147

Riferimenti normativi

§      Costituzione della Repubblica italiana  (artt. 13, 15 e 111)163

§      Codice penale (artt. 57-bis, 268, 326, 379-bis, 407, 600-ter, 600-quinquies, 616-623-bis e 684)167

§      Codice di procedura penale (artt. 51, 114, 127, 266-271, 273, 292, 291, 293, 295, 329, 359, 360, 391-quinquies, 407, 409, 431)181

§      Codice di procedura civile  (art. 700)202

§      L. 8 febbraio 1948, n. 47. Disposizioni sulla stampa (art. 8)203

§      L. 4 agosto 1955, n. 848.  Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952  (artt. 8 e 10)205

§      L. 8 aprile 1974, n. 98. Tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni.207

§      L. 24 novembre 1981, n. 689. Modifiche al sistema penale (art. 18)208

§      D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271. Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.210

§      D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (art. 73)212

§      D.L. 13 maggio 1991, n. 152. (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, co. 1, L. 12 luglio 1991, n. 203) Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa.215

§      L. 23 dicembre 1993, n. 547. Modificazioni ed integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica. (art. 11)233

§      D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.234

§      D.Lgs. 9 maggio 2001, n. 269. Attuazione della direttiva 1999/5/CE riguardante le apparecchiature radio, le apparecchiature terminali di telecomunicazione ed il reciproco riconoscimento della loro conformità.242

§      D.L. 18 ottobre 2001, n. 374. Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale. (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 15 dicembre 2001, n. 438) (art.3)259

§      D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. Codice in materia di protezione dei dati personali. (artt. 11, 136, 137, 139 e 165)260

§      D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Testo unico della radiotelevisione. (artt. 21 e 32)263

Giurisprudenza costituzionale

§      Sentenza n. 463 del 1994  267

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1638

Titolo

Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Processo penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

15

Date

 

§    presentazione alla Camera

14 settembre 2006

§    annuncio

19 settembre 2006

§    assegnazione

19 settembre 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali), V Commissione (Bilancio), VII Commissione (Cultura) e IX Commissione (Trasporti)

 


 

Numero del progetto di legge

1164

Titolo

Modifiche alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Processo penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

9

Date

 

§    presentazione alla Camera

20 giugno 2006

§    annuncio

27 giugno 2006

§    assegnazione

11 luglio 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali) V Commissione (Bilancio) e VII Commissione (Cultura)

 


 

 


Numero del progetto di legge

1165

Titolo

Nuove norme in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti dei procedimenti penali

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Processo penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

11

Date

 

§    presentazione alla Camera

20 giugno 2006

§    annuncio

27 giugno 2006

§    assegnazione

11 luglio 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

 


 

Numero del progetto di legge

1170

Titolo

Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Processo penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

10

Date

 

§    presentazione alla Camera

21 giugno 2006

§    annuncio

27 giugno 2006

§    assegnazione

12 luglio 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

 


 

 

 

 

Numero del progetto di legge

1344

Titolo

Disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti del procedimento penale

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Processo penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

11

Date

 

§    presentazione alla Camera

11 luglio 2006

§    annuncio

12 luglio 2006

§    assegnazione

2 agosto 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

 

 

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

I progetti di legge A.C 1638 (di iniziativa governativa) e A.C. 1164, A.C. 1165, A.C. 1170 e A.C. 1344 (di iniziativa parlamentare) sono diretti a modificare le disposizioni del codice di procedura penale in tema di intercettazioni, rendendone più stringente l’utilizzazione e la disciplina, intervenendo al contempo sul codice penale, sia attraverso l’introduzione di nuove fattispecie in tale ambito, che mediante l’aggravamento delle sanzioni applicabili.

Relazioni allegate

Il disegno di legge del Governo A.C. 1638 è corredato, oltre che della relazione illustrativa, anche dell’analisi tecnico normativa, dell’analisi dell’impatto della regolamentazione e della relazione tecnica.

Le proposte di legge A.C. 1164, 1165, 1170, 1344, essendo di iniziativa parlamentare, sono corredate della sola relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

I provvedimenti intervengono a modificare disposizioni contenute nel codice penale e di procedura penale: si giustifica pertanto l’utilizzazione dello strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

I provvedimenti intervengono, in particolare, sulla disciplina processual-penalistica delle intercettazioni telefoniche ed ambientali. La base giuridica dei progetti di legge appare pertanto riconducibile all’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale;).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

I progetti di legge modificano o introducono nuove disposizioni nel codice di procedura penale e nel codice penale: la tecnica utilizzata è pertanto quella della novellazione.

Si segnala che l’articolo 8 del progetto di legge A.C. 1164, nel riformulare l’articolo 684 del codice penale, prevede una fattispecie punibile “con la sanzione amministrativa della multa”. In tale ipotesi, sembrerebbe opportuno un chiarimento sull’esatta qualificazione di tale sanzione, anche alla luce dell’inserimento della norma nel Libro III del codice penale dedicato alle contravvenzioni, per le quali il codice medesimo prevede la pena pecuniaria dell’ammenda.

Analoga considerazione può essere fatta per l’art. 3, comma 2, della p.d.l. A.C. 1165 che interviene anch’esso sull’art. 684 del codice penale, prevedendo una fattispecie punita con sanzione amministrativa pecuniaria.

Allo stesso modo, l’articolo 10 della proposta di legge A.C. 1170 aggiunge un ulteriore comma al citato articolo 684, introducendo nel codice penale una nuova fattispecie cui è comminata una sanzione di natura amministrativa.

Formulazione del testo

Si osserva come l’art. 3, comma 1, della p.d.l. A.C. 1165 e l’art. 10, comma 1 della p.d.l. A.C. 1344 aggiungano all’art. 326 c.p. due nuovi commi, dopo il primo ed il terzo, senza numerarli.

In base alle disposizioni contenute nella circolare del Presidente della Camera 20 aprile 2001 (sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi normativi)[1], quando una novella introduce nuovi commi, questi vanno contrassegnati con lo stesso numero cardinale del comma dopo il quale sono inseriti, integrato con l’avverbio numerale latino bis, ter, quater, ecc.

Si segnala, inoltre, che l’art. 1 della proposta di legge A.C. 1170 introduce un nuovo comma 7-bis all’articolo 114 del codice di procedura penale, operando un generico riferimento ai termini indicati nello stesso articolo 114 (“anche dopo la scadenza dei termini indicati dal presente articolo”). Poiché i termini in questione riguardano fasi e modalità diverse del procedimento penale, parrebbe opportuno chiarire a quali dei sopracitati termini la disposizione intenda far riferimento. 

 

 


Schede di lettura

 


Il quadro normativo in materia di intercettazioni

La tutela costituzionale della libertà e segretezza delle comunicazioni.

Nel nostro ordinamento il principio della libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione è sancito all'art. 15, comma 1, della Costituzione, per effetto del quale «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili».[2].

La disposizione costituzionale citata, unitamente a quella di cui all'art. 14, comma 1, Cost. ("Il domicilio è inviolabile") integra il disposto dell'art. 13, comma 1, Cost. ("La libertà personale è inviolabile"), concorrendo in tal modo alla definizione del più generale principio della inviolabilità della persona umana.

Tale ravvisata strumentalità della libertà e segretezza delle comunicazioni ai fini di una effettiva tutela della libertà personale ha indotto la dottrina prevalente (Fois, Pace, Barile) ad escludere che il precetto costituzionale in questione sia esclusivamente riconducibile nell'ambito della libertà di manifestazione del pensiero della quale, secondo altri (Esposito) costituirebbe sostanzialmente una sottospecie. Sotto questo profilo, la dottrina ha evidenziato che la garanzia di libertà e segretezza delle comunicazioni di cui all'art. 15 Cost, è volta a tutelare l'estrinsecazione del pensiero nell'ambito delle comunicazioni private, mentre le disposizioni dell'art. 21 Cost. tutelano e disciplinano quelle estrinsecazioni che si intende, invece, rendere pubbliche.

Si osserva, inoltre, che la portata della garanzia di cui al citato art. 15, comma 1, della Costituzione è assoluta e non implica alcun riferimento a qualsivoglia forma di comunicazione e copre, pertanto, ogni ulteriore forma di comunicazione che dovesse essere resa possibile dal progresso tecnologico.

La segretezza delle comunicazioni entra poi a far parte di una più ampia area di protezione dell'insieme di dati e notizie attinenti alla sfera di intimità personale e privata delle persone fisiche, delle formazioni sociali e delle persone giuridiche, riconducibile a quella coperta dal cosiddetto diritto alla riservatezza, cui viene generalmente riconosciuto rilievo costituzionale, variamente individuandone il fondamento negli articoli 2 e 3 ovvero nell'art. 15 citato (isolatamente o in connessione con l'art. 21, comma 8, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo) ovvero negli articoli 13, 14 e 15 della Costituzione nel loro combinato disposto con altre norme costituzionali.

La limitazione del principio della libertà ed inviolabilità delle diverse forme di comunicazione «può avvenire - ai sensi dell'art. 15, comma 2, della Costituzione - soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».

Tale norma pone dunque a garanzia della libertà e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione:

a) sia una riserva di giurisdizione, attraverso la espressa previsione che solo l'autorità giudiziaria (e non altri) può porre in essere atti limitativi della libertà in questione, riserva rinforzata peraltro dall'indicato obbligo per l'autorità giudiziaria di motivazione dell'atto limitativo emanato;

b) sia una riserva di leggecon le garanzie stabilite dalla legge»), cosicché, mentre, da un lato, nessuna fonte normativa di grado inferiore alla legge ordinaria può disciplinare la materia, dall'altro, è fatto obbligo al legislatore di disciplinare, a garanzia della libertà del cittadino, l'area del legittimo intervento limitativo dell'autorità giudiziaria.

La tutela dei principi sopra richiamati è affidata anzitutto alle norme che sanzionano penalmente i delitti di cognizione, rivelazione e divulgazione del contenuto della corrispondenza e di comunicazioni telefoniche, informatiche o telematiche ad opera di estranei (articoli da 615-bis a 623-bis del codice penale).

Ma a parte la disciplina che opera sul piano amministrativo (si pensi ad esempio alle disposizioni sul corretto svolgimento del servizio postale, telefonico e telegrafico di cui al D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156[3]e a quellein materia di tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni previste dal D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali[4]), un’articolata tutela opera sul piano più strettamente processuale.

All’approfondimento di tale disciplina – da sempre all’attenzione degli operatori del diritto - è dedicato il successivo paragrafo.

La disciplina delle intercettazioni nel diritto processuale penale

Per intercettazione si intende, generalmente, la captazione, ad opera di terzi, di comunicazioni o conversazioni riservate mediante l’ascolto diretto e segreto attuato con l’ausilio di strumenti meccanici o elettronici idonei a superare le naturali capacità dei sensi.

Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni costituiscono una tipica attività che trova la sua naturale collocazione temporale nel corso delle indagini preliminari e, all’interno del codice di rito penale, in quanto mezzo di ricerca della prova, negli articoli da 266 a 271 c.p.p., norme di chiusura del titolo III del libro III.

La legge delega 81/1987[5] per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale, in considerazione della delicatezza della materia, aveva stabilito principi particolarmente dettagliati sia in ordine alla competenza a disporre le intercettazioni che in relazione alle regole di garanzia a cui il legislatore delegato si sarebbe dovuto attenere.

In quanto alla legittimazione, la legge delega ha previsto il potere del pubblico ministero……di disporre perquisizioni, sequestri e, previa autorizzazione del giudice, intercettazioni di conversazioni e di altre forme di comunicazione; possibilità che il pubblico ministero, nei casi di urgenza, disponga direttamente l'intercettazione, che deve essere convalidata entro quarantotto ore dal provvedimento del pubblico ministero; divieto a pena di nullità insanabile di utilizzazione di intercettazioni compiute in mancanza di provvedimento convalidato (art. 2, n. 37)

I principi di garanzia individuati dalla legge delega sono stati, invece, i seguenti,

a) predeterminazione dei reati per i quali sono ammesse le intercettazioni e di quelli per i quali sono utilizzabili le intercettazioni effettuate in un diverso processo;

b) predeterminazione della durata e delle modalità delle intercettazioni disposte;

c) annotazione in apposito registro dei decreti motivati che dispongono o prorogano le intercettazioni;

d) individuazione degli impianti presso cui le intercettazioni telefoniche possono essere effettuate;

e) conservazione obbligatoria presso la stessa autorità che ha disposto l'intercettazione, della documentazione integrale, delle conversazioni e delle altre forme di comunicazioni intercettate; determinazione dei casi nei quali, a garanzia del diritto alla riservatezza, tale documentazione deve essere distrutta;

f) previsione di sanzioni processuali in caso di intercettazioni compiute in violazione della disciplina di cui alle lettere precedenti.

Investendo un diritto costituzionalmente protetto, il legislatore ha previsto che l’intercettazione, ammissibile entro specifici limiti, richieda due distinti procedimenti: uno finalizzato all’iniziativa, l’altro al controllo; il primo vede protagonista il pubblico ministero, l’altro il giudice delle indagini preliminari.

I presupposti dell’intercettazione sono indicati dall’art. 267 c.p.p, il quale dispone che l'autorizzazione per le operazioni è concessa dal G.I.P. con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero

a) in presenza digravi indizi di reato”;

b) quando siaassolutamente indispensabileper la prosecuzione delle indagini ovvero, in forza dell’art. 295 c.p.p. (Verbale di vane ricerche), sia necessaria per “agevolare la ricerca del latitante”.

In relazione a tale ultima ipotesi, si ricorda che l’articolo unico della legge 14 febbraio 2006, n. 56[6]aggiunge un comma 3-ter all’articolo 295 c.p.p., allo scopo di rendere più facilmente praticabile il ricorso allo strumento delle intercettazioni nella ricerca del latitante, con specifico riferimento ai procedimenti di competenza della corte d’assise, come individuati dall’articolo 5 c.p.p. La norma introdotta attribuisce al presidente della corte d’assise, e non all’organo giudicante nella sua composizione collegiale, la competenza ad autorizzare le intercettazioni.

 

Tale scelta si giustifica con la considerazione che l’organo nella sua composizione collegiale può non essere sempre costituito o in sessione, e trae spunto dalla soluzione adottata nell’articolo 467 del codice che attribuisce al presidente del tribunale e della corte d’assise la competenza a provvedere all’assunzione delle prove non rinviabili.

In ogni caso spetta comunque all’organo collegiale la competenza a dichiarare lo stato di latitanza di cui all’articolo 295 secondo comma.

La disposizione introdotta, pur facendo specifico riferimento alla sola ipotesi del giudizio di primo grado – menzionando solo il presidente della corte d’assise – è destinata a trovare applicazione anche nel giudizio davanti alla corte d’assise d’appello per effetto della disposizione di carattere generale contenuta nell’articolo 598 c.p.p. circa l’applicabilità in appello delle disposizioni relative al giudizio di primo grado.

 

Se, nelle ipotesi ordinarie, è il GIP - quale organo garante delle libertà individuali - ad autorizzare le intercettazioni, nei casi di urgenza, il P.M. dispone direttamente l'intercettazione con decreto motivato, che va comunque convalidato dallo stesso GIP (art. 267, secondo comma).

L’urgenza, nello specifico, risiede nel possibile grave pregiudizio alle indagini che potrebbe derivare dal ritardo nell’intercettazione.

Il PM comunica immediatamente e, in ogni caso, non oltre 24 ore, al GIP l’adozione del provvedimento, la cui convalida da parte del giudice deve comunque avvenire non oltre 48 ore (dal decreto del PM). Alla mancata convalida, consegue l’impossibilità di proseguire l’intercettazione e l’inutilizzabilità probatoria dei risultati ottenuti.

 

A tale disciplina autorizzatoria non sono, invece, soggette le acquisizioni da parte del PM dei tabulati del traffico telefonico relativi ad una determinata utenza. Dopo che la Cassazione aveva avallato una interpretazione difforme (Cass, Sezioni Unite, 24 settembre 1998, n. 21) (c.c. 13 luglio 1998), la Corte costituzionale (Ordinanza 17 luglio 1998, n. 271) ha precisato che la disciplina di cui agli artt. 266 e 267 c.p.p. è modellata con esclusivo riferimento all’intercettazione di comunicazioni e non va estesa ad istituti diversi, come “l’acquisizione a fini probatori di notizie riguardanti il mero fatto storico della avvenuta comunicazione telefonica.

Della stessa opinione si è poi manifestata Cass., Sezioni Unite, 8 maggio 2000, n. 6, affermando che la non estensione del controllo da parte del GIP deriva dal diverso livello di intrusione nella sfera della riservatezza che deriva dalla acquisizione dei tabulati. Analogamente, Cass., Sezioni Unite, 30 giugno 2000, n. 16, precisando che “anche se manca la previsione di un immediato controllo giurisdizionale di detto decreto motivato, tuttavia il recupero di tale controllo, che attiene a un mezzo di ricerca della prova, avviene attraverso la rilevabilita', anche di ufficio, dell'eventuale relativa inutilizzabilita', in ogni stato e grado del procedimento, cosi' nelle indagini preliminari nel contesto incidentale relativo all'applicazione di una misura cautelare, come nell'udienza preliminare, ovvero nel dibattimento o nel giudizio di impugnazione”.

 

L'art. 266 c.p.p. definisce i limiti oggettivi di ammissibilità delle intercettazioni, elencando tassativamente quali sono i reati per le quali è ammesso questo mezzo di ricerca della prova e distinguendo poi, l'”intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazioni” dalla “intercettazione di comunicazioni tra presenti”.

Le intercettazioni sono ammissibili nel corso delle indagini nei procedimenti relativi ai seguenti reati: a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a 5 anni; b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni; c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive; e) delitti di contrabbando; f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono; f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, c.p. ovvero divulgazione, distribuzione e pubblicizzazione anche per via telematica, di pornografia minorile o di notizie finalizzate alla pedofilia (fuori delle ipotesi di commercio di materiale pornografico minorile e di sfruttamento di minori a fini di esibizione pornografica o di produzione di materiale pornografico) anche se relativi a materiale pornografico cd. virtuale[7] (art. 600-quater1, cp.)..

Per le intercettazioni tra persone presenti (cd. intercettazioni ambientali), è prevista un'ulteriore limitazione: nei luoghi indicati dall'art. 614 c.p. (domicilio o altro luogo di privata dimora) esse sono infatti consentite solo se vi è fondato motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa.

Con l’introduzione, ad opera della legge 547/1993[8], dell’art. 266-bis c.p.p. è sempre consentita anche l’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ogni volta che si proceda per uno dei reati elencati dall’art. 266 o per i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche.

 

Alcuni provvedimenti in materia di lotta alla criminalità organizzata e di terrorismo hanno disposto un progressivo ampliamento delle ipotesi nelle quali è consentito il ricorso alle intercettazioni.

In particolare, l'articolo 13 del D.L. 152/1991[9], nel testo risultante dalla legge di conversione (L. 203/1991), ha introdotto una deroga alla disciplina contenuta nell'art. 267 c.p.p., stabilendo sostanzialmente un allargamento delle possibilità di ricorso alle intercettazioni per indagini relative a delitti di criminalità organizzata o di minaccia con il mezzo del telefono.

A seguito dell’intervento del D.L. 374/2001 (L. 438/2001)[10] analoga deroga riguarda ora le intercettazioni per i reati di terrorismo (ipotesi di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), n. 4, c.p.p.) e di assistenza, fuori del concorso, ad associati ad organizzazioni terroristiche, anche internazionali (art. 270-ter c.p.) .

In questo caso, infatti, l'autorizzazione all’intercettazione è soggetta a limiti meno stringenti, potendo essere concessa:

a) quando sussistono "sufficienti indizi" di reato;

b) quando è "necessaria per lo svolgimento delle indagini".

La relativa durata è di 40 giorni, prorogabile per periodi successivi di 20 giorni.

 

Inoltre, il comma 3-bis all'art. 295 c.p.p., aggiunto dal decreto antimafia cd. Scotti Martelli (D.L. 306/1992, convertito dalla L. 356/1992)ed integrato dal citato D.L. 374/2001, ha dettato rilevanti modifiche alle disposizioni in tema di intercettazioni ambientali,più recentemente novellate dalla citata legge 56/2006 (v. ante).

Alle possibili intercettazioni telefoniche o di altro strumento di telecomunicazione finalizzate alla ricerca del latitante ed autorizzate secondo le modalità ordinarie (artt. 266 e 267 c.p.p.), il comma 3-bis affianca la possibilità di intercettazioni tra presenti per agevolare le ricerche di latitanti per reati di criminalità organizzata e terrorismo.

Sempre in relazione all'uso delle intercettazioni ambientali nelle indagini relative a reati di criminalità organizzata quale mezzo di ricerca della prova, il D.L. 306/1992, integrando l’art. 13 del D.L. 152/1991 (L. 203/1991), ha stabilito che l'intercettazione di comunicazioni tra presenti in un procedimento relativo a tali delitti che avvenga in luoghi di privata dimora è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa.

 

Per quel che riguarda gli aspetti esecutivi delle operazioni, il legislatore ha voluto che il decreto del PM che dispone l’intercettazione ne indicasse le modalità (precisando, ad es., le utenze telefoniche da controllare) e la durata. Quest’ultima, in ogni caso non può essere superiore a 15 giorni, salvo motivata proroga con decreto del GIP per periodi successivi di 15 giorni, purchè permangano i requisiti richiesti ab origine (art. 267, terzo comma).

Il codice non prevede un termine di durata massima delle intercettazioni, che possono essere quindi teoricamente disposte durante tutto il periodo di durata delle indagini preliminari (tale periodo, nelle ipotesi di cui all’art. 407 c.p.p., può essere anche di due anni).

L’art. 267 prevede che sia il PM a procedere personalmente alle operazioni avvalendosi, altrimenti, di un ufficiale di polizia giudiziaria; quest’ultima è la prassi ordinaria (quarto comma).

 

Ai sensi dell’art. 268 c.p.p. (Esecuzione delle operazioni), le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni viene redatto verbale, anche in forma sommaria, rispettando sempre le modalità esecutive di cui all’art. 89 disp. att. c.p.p. (Verbale e nastri registrati delle intercettazioni).

 

L’art. 89 delle disp. att. del c.p.p. (D.Lgs 271/1989) prevede che il verbale delle operazioni contiene l'indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l'intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l'annotazione del giorno e dell'ora di inizio e di cessazione della intercettazione nonché i nominativi delle persone che hanno preso parte alle operazioni.

I nastri contenenti le registrazioni, racchiusi in apposite custodie numerate e sigillate, sono collocati in un involucro sul quale sono indicati il numero delle registrazioni contenute, il numero dell'apparecchio controllato, i nomi, se possibile, delle persone le cui conversazioni sono state sottoposte ad ascolto e il numero che, con riferimento alla registrazione consentita, risulta dal registro delle intercettazioni previsto dall'articolo 267 comma 5 del codice

 

Il citato art. 268 scandisce le ulteriori fasi procedimentali con i necessari adempimenti a garanzia dell’acquisizione della prova e dei diritti della difesa.

Così, i verbali delle intercettazioni delle conversazioni e dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche sono immediatamente trasmessi al PM e da questi depositati in segreteria entro 5 giorni dal termine delle operazioni (salvo il ritardato deposito, autorizzato dal GIP, non oltre la chiusura delle indagini preliminari, quando dal deposito possa derivare “grave pregiudizio” alle indagini).

Effettuato il deposito, ne è data immediatamente comunicazione ai difensori che hanno facoltà di esaminare gli atti e di ascoltare le registrazioni entro il termine stabilito dal PM (salva proroga del giudice).

Il mancato avviso aldifensore non determina, secondo la giurisprudenza (v. Cass., sez. V, 15 aprile 1998, n. 4408), l'inutilizzabilità delle intercettazioni, ma può tuttavia dar luogo a nullità di ordine generale ex. art. 178 lett. c) c.p.p., in quanto costituisce violazione del diritto di difesa.

Dal momento del deposito cade il segreto sui verbali di intercettazione ai sensi dell'art. 329 c.p.p. (ex segreto istruttorio).

L’art. 329 c.p.p. stabilisce l’obbligo del segreto investigativo (o d’indagine) stabilendo che gli atti d’indagine compiuti dal PM e della polizia giudiziaria sono coperti dal segreto, fino a quando l'imputato (quindi, ex art. 61 c.p.p., anche l’indagato) non ne possa avere conoscenza (perché questi o il suo difensore possono presenziare al compimento dell’atto o visionare il relativo verbale) e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari (fissata, ex art. 405 c.p.p., dalla richiesta di azione penale o di archiviazione). In assenza di specifica previsione da parte della norma, sono tenuti al segreto oltre, ovviamente, il PM e gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che hanno compiuto gli atti d’indagine, tutte le altre persone che ne siano a conoscenza. Sempre in base all'art. 329, il PM - in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini - può comunque disporre con decreto motivato che il segreto si continui ad applicare anche oltre la chiusura delle indagini preliminari per singoli atti, quando l'imputato lo consenta o quando la conoscenza dell'atto possa ostacolare le indagini su altre persone. Il pubblico ministero può, inoltre, vietare la pubblicazione del contenuto di singoli atti o notizie relative a determinate operazioni, comprese le intercettazioni. Al contrario, lo stesso PM può, durante le indagini preliminari, consentire con decreto motivato la pubblicazione di uno o più atti (cd. desecretazione) quando ciò risulti necessario per la prosecuzione delle indagini (si pensi ad un identikit di un indiziato).

 

Dall’obbligo del segreto sull’esistenza stessa dell’atto di indagine va tenuta distinta la disciplina della pubblicazione a mezzo stampa (o altre forme di comunicazione) delle intercettazioni ed altri atti di indagine. Si tratta di un tema di particolare delicatezza che investe diversi aspetti giuridicamente rilevanti: oltre al citato segreto investigativo, la libertà d’informazione e la tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni.

L’art. 114 c.p.p consentendo la pubblicazione dei soli atti non coperti dal segreto (comma 7), delinea, peraltro, un sistema di limiti alla pubblicazionedi atti (e immagini) del procedimento penale, la cui violazione è variamente sanzionata.

La norma prevede anzitutto un diverso trattamento a seconda che oggetto della pubblicazione sia l’atto nella sua originalità (atto-documento, ad es., i verbali delle intercettazioni) oppure il suo contenuto (cioè, l’evento documentato nell’atto, come i riassunti dei verbali).

Così, l’art. 114, comma 1, per le intercettazioni e gli altri atti d’indagine, vieta ogni pubblicazione anche parziale o per riassunto, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto. La violazione del divieto integra:

a)              l’illecito disciplinaredi cui all’art. 115 c.p.p., se commesso da pubblici impiegati o persone che esercitino una professione per la quale è necessaria una speciale abilitazione dello Stato; la categoria di persone così individuata comprende sia i giornalisti che i magistrati e la polizia giudiziaria come il personale degli uffici giudiziari, gli avvocati ecc.

b)              la contravvenzione di cui all’art. 684 c.p. che punisce con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da 51 a 258 euro chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione.

La sanzione disciplinare concorre con quella penale, salvo l’esclusività della prima in determinate ipotesi (ad es., nel caso di una successiva segretazione, da parte del PM o dal giudice, di intercettazioni già pubblicate).

Identico divieto di pubblicazione, anche parziale e per riassunto, riguarda gli “atti non più coperti dal segreto” fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino alla chiusura dell’udienza preliminare (art. 114, comma 2).

Diverso trattamento è previsto dal comma 7 dell’art. 114 per il contenuto degli atti non più coperti dal segreto (come i riassunti dei verbali di intercettazione), di cui, al contrario, è sempre consentita la pubblicazione.

 

Sulla annosa questione dei limiti del diritto di cronaca in relazione alla tutela del diritto alla riservatezza delle persone coinvolte nelle intercettazioni telefoniche è, di recente, intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali (provvedimento 21 giugno 2006). Il Garante prescrive a tutti gli editori e ai titolari del trattamento in ambito giornalistico di conformare con effetto immediato i trattamenti di dati personali relativi alla pubblicazione di trascrizioni di intercettazioni telefoniche ai principi previsti nel decreto legislativo n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e nell'allegato 1 (Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica'. Quindi: - garantire al giornalista il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico; - considerare legittima la divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale solo quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile per l'originalità dei fatti, o per la qualificazione dei protagonisti o per la descrizione dei modi particolari in cui sono avvenuti; - evitare riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti; - esigere il pieno rispetto della dignità della persona; - tutelare la sfera sessuale delle persone, e, quando si tratta di persone che rivestono una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica, rispettare comunque sia il principio dell'essenzialità dell'informazione, sia la dignità delle persone.

 

Una volta scaduto il termine per l'esame degli atti da parte dei difensori, parte l’apposito procedimento incidentale finalizzato alla cernita ed alla selezione del materiale probatorio nell’ambito di una apposita udienza camerale.

Il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o delle comunicazioni informatiche o telematiche indicate dalle parti che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo, anche d'ufficio, allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l’utilizzazione ex art. 271; alle operazioni di stralcio possono partecipare sia il PM che i difensori. Questi ultimi possono estrarre copia delle trascrizioni integrali delle registrazioni disposte dal giudice e possono far eseguire la loro trasposizione su nastro magnetico o supporto informatico o avere copia della stampa delle informazioni contenute nei flussi informatici o telematici intercettati.

Le trascrizioni delle intercettazioni, depurate delle sue parti irrilevanti e inutilizzabili (v. ultra), in quanto espressive di atti per loro natura “irripetibili” sono inserite nel fascicolo del dibattimento di cui all’art. 431 c.p.p..

In ossequio ai principi della legge delega del nuovo c.p.p. ((art. 2, n. 41, lett. e) è previsto, a fini di garanzia;

-          l’inutilizzabilità delle intercettazioni assunte in violazione delle norme del codice e di quelle provenienti da persone che godono del segreto professionale di cui all’art. 200 c.p.p. (con particolare riferimento alle previsioni dell’art. 103 c.p.p., che vieta le intercettazioni del difensore, dell’investigatore autorizzato e del consulente tecnico) (art. 271 c.p.p.);

-          il diritto della parte a chiedere al GIP la distruzione delle intercettazioni quando non siano più necessarie al procedimento (salvo costituiscano corpo del reato) (art. 269 c.p.p.).

In ogni caso, regola generale è che una volta acquisiti, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni (salvo l’accennata possibilità di distruzione) siano conservati integralmente presso il PM fino alla sentenza irrevocabile, salva la distruzione di atti non utilizzabili ex art. 271 (art. 269 c.p.p.).

Il giudice, se dispone la distruzione del materiale, ne controlla l'operazione, della quale è redatto verbale. La decisione circa la distruzione deve essere adottata con rito camerale ex art. 127 c.p.p., anche quando la relativa richiesta provenga dal PM congiuntamente alla richiesta di archiviazione; il contraddittorio camerale di cui all'art. 127 si rende necessario proprio a garanzia del diritto alla riservatezza sul quale tali decisioni vanno comunque ad incidere.

Ad analoghe finalità garantistiche rispondono altre due previsioni: la prima (art. 267, comma 5) sancisce l’obbligo per il PM, di annotare in ordine cronologico su apposito registro riservato i decreti di disposizione, autorizzazione, convalida o proroga delle intercettazioni, precisando, inoltre, la data di inizio e cessazione di ogni operazione; la seconda (art. 268, commi 3 e 3-bis) secondo cui le intercettazioni devono esser compiute utilizzando impianti in dotazione alle Procure della Repubblica. Nei casi in cui siano necessari ulteriori mezzi tecnici o esistano eccezionali ragioni d’urgenza, il P.M., con decreto motivato, può disporre il compimento d’operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.

La motivazione del decreto che dispone l’intercettazione con impianti diversi da quelli della Procura viene correttamente assolta con il semplice riferimento alla insufficiente idoneità di questi ultimi, non essendo esigibile anche la specifica indicazione delle ragioni di tali carenze (Cass., sez.II, sent. 5 maggio 2000, n. 2539). Il vizio di motivazione del provvedimento del P.M. che dispone l’esecuzione delle operazioni d’intercettazione, mediante apparati diversi da quelli esistenti presso la Procura, è rilevante sotto il profilo della nullità delle intercettazioni, quale effetto del vizio del decreto autorizzativo, e non della loro inutilizzabilità, sicché la relativa denuncia soggiace ai limiti di deducibilità di cui all’art. 182, c.p.p. (Cass., sez.II, sent. 5 maggio 2000, n. 2539). Detto vizio di motivazione è sanabile dallo stesso PM con un successivo provvedimento integrativo, purchè anteriore all’utilizzo delle risultanze delle operazioni, onde consentire al giudice il controllo della legittimità della deroga ed all’interessato di conoscere le cause che l’hanno giustificata (Cass., sez. VI, 13 maggio 2005, n. 10104).

 

Quanto al profilo della utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state autorizzate, in deroga alla disciplina generale dell’art. 238 (Verbali di prove di altri procedimenti), essa è consentita dall’art. 270 c.p.p. soltanto se tale utilizzabilità è indispensabile per l’accertamento dei più gravi delitti per i quali sia obbligatorio l’arresto in flagranza.

Ai sensi dell’art. 380 c.p.p., è obbligatorio l'arresto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni (comma 1).

Fuori di tali casi, è obbligatorio l’arresto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati: a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni; b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall'articolo 419 del codice penale;  c) delitti contro l'incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni; d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale; delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 quella prevista dall'articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in quest'ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale; e-bis) delitti di furto previsti dall'articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale); f) delitto di rapina previsto dall'articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall'articolo 629 del codice penale; g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110; h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo;i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni; l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis comma 2 del codice penale] (7), delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3, comma 3, della L. 13 ottobre 1975, n. 654; l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis del codice penale; m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall'articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale, se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma (comma 2).

 

Opportunamente, ad evitare una trasmissione parziale degli atti nel diverso procedimento, è stabilita la facoltà per il PM ed i difensori delle parti di esaminare l’intera documentazione inerente le intercettazioni, compresi le parti stralciate.

 

Pur ponendosi al di fuori della tematica processuale, va inoltre ricordata la possibilità di intercettazioni preventive di comunicazioni o conversazioni, comprese quelle ambientali.

Infatti, l'art. 226 disp. att. c.p.p. (come sostituito dal più volte citato D.L. antiterrorismo n. 374/2001) consente intercettazioni preventive, anche per via telematica o ambientali (anche in abitazioni o altri luoghi di privata dimora) quando le stesse siano necessarie per acquisire le notizie concernenti la prevenzione dei gravi delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis (associazione mafiosa o finalizzata al traffico di stupefacenti, strage, sequestro di persona a scopo di estorsione, ecc.) e 407, comma 2, lett. a, n. 4 (terrorismo, anche internazionale) del codice di procedura penale. L’iniziativa delle intercettazioni è del Ministro dell’interno o di autorità da lui delegate, come il direttore della Direzione Investigativa Antimafia (solo per i delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis c.p.p.), i responsabili dei Servizi centrali dellaPolizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, il questore o il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di finanza.

Le operazioni sono autorizzate dal procuratore della Repubblica del distretto (in presenza di elementi investigativi o quando lo ritenga necessario) e non possono superare i 40 giorni, prorogabili per altri 20, sempre previa autorizzazione del PM. E’ redatto un verbale sintetico (delle operazioni svolte e del contenuto delle intercettazioni) che va depositato con i supporti delle registrazioni entro 5 gg dal termine delle operazioni presso il magistrato che ha autorizzato le operazioni; quest’ultimo provvederà immediatamente alla distruzione sia del verbale  che dei supporti non appena verificata la regolarità delle operazioni.

Gli elementi raccolti con le intercettazioni, utilizzabili a fini investigativi, sono comunque privi di valore nel processo; non sono, inoltre, menzionabili in atti d’indagine né essere oggetto di deposizione e divulgazione.

Analoga disposizione, in relazione alle intercettazioni preventive sui delitti di cui all’art. 51 comma 3-bis, del codice di procedura penale è contenuta nell’art. 25-ter del D.L. 306/1992 (L. 356/1992).

 

Si ricorda, infine, che il recente D.L. 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale) convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, ha previsto una specifica disposizione in materia di intercettazioni preventive (art. 4), volta al potenziamento dell’attività di intelligence antiterrorismo.

La norma deroga alla ricordata disciplina generale dell’art. 226 delle disposizioni di attuazione del c.p.p., sia in ordine alla competenza alla richiesta di intercettazione (Ministro dell’interno o suoi delegati) che in relazione all’autorizzazione alle operazioni (Procuratore della Repubblica presso il tribunale del distretto).

L’art. 4 del D.L. 144/2005 stabilisce, infatti, che il Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione ad indagini sul terrorismo, possa delegare i direttori del SISMI e del SISDE a richiedere l’autorizzazione ad effettuare le intercettazioni e i controlli preventivi sulle comunicazioni di cui all’art. 226 disp. att. al Procuratore generale presso la Corte d’appello del distretto dove si trova la persona da sottoporre al controllo (ovvero del distretto in cui sono emerse le esigenze di prevenzione).

Per i restanti profili, le disposizioni dell’articolo 226 sono dichiarate applicabili, in quanto compatibili; si fa riferimento, in particolare:

§         alla durata massima delle intercettazioni, fissata in 40 giorni, prorogabile per periodi successivi di 20 giorni;

§         all’obbligo di redigere sintetico verbale delle operazioni svolte e di depositarlo entro 5 giorni presso l’autorità giudiziaria che ha autorizzato le intercettazioni; quest’ultima, verificata la corrispondenza tra la autorizzazione e le attività compiute, dispone la immediata distruzione dei supporti e dei verbali ;

§         alla inutilizzabilità nell’ambito del procedimento penale, se non a fini investigativi, degli elementi acquisiti.

Le intercettazioni riguardanti membri del Parlamento.

Un ulteriore delicato capitolo della complessa disciplina in questione riguarda le intercettazioni di conversazioni di membri del Parlamento recentemente oggetto di riforma da parte della legge 140/2003[11] di attuazione dell’art. 68 Cost.

L’articolo 4 della legge disciplina, nell’ambito degli atti privativi o restrittivi della libertà personale (perquisizioni personali, ispezioni, misure cautelari etc.), il caso dell’esecuzione di intercettazioni (e di acquisizione di tabulati di comunicazioni)  nei confronti di parlamentari. Si tratta della ipotesi di intercettazioni dirette di comunicazioni e conversazioni (in qualsiasi forma effettuate) nei confronti del parlamentare ovvero di intercettazioni disposte sulle utenze telefoniche intestate al parlamentare stesso o comunque nella sua disponibilità.

Si prevede, in tal caso, la richiesta di autorizzazione preventiva alla Camera a cui il soggetto appartiene da parte dell’’autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento da eseguire; nelle more della deliberazione parlamentare, l’esecuzione del provvedimento è sospesa.

In conformità al dettato del secondo comma dell’art. 68 Cost., l’autorizzazione non è richiesta quando il parlamentare sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, ovvero la misura sia adottata in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna. Nel caso di scioglimento della Camera, tra la presentazione della richiesta di autorizzazione e la deliberazione parlamentare, la richiesta perde efficacia dall’inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all’inizio della legislatura stessa.

L’articolo 6 della legge 140/2003 riguarda, invece, l’utilizzabilità in sede processuale nonchè la divulgabilità delle “intercettazioni indirette” (ossia le intercettazioni disposte nel corso di procedimenti riguardanti terzi e nelle quali membri del Parlamento siano coinvolti o nel corso delle quali di essi sia fatta menzione) e dei tabulati delle comunicazioni, le quali esulano, pertanto, dall’ambito di applicazione del citato art. 4.

La questione maggiormente dibattuta nel corso dell’iter della legge 140/2003 è stata, in materia di intercettazioni indirette, la estensione del regime autorizzatorio anche per le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni nelle quali sia fatta menzione di membri del Parlamento, soprattutto in relazione al possibile rischio di un uso strumentale della suddetta previsione. La soluzione adottata dall’art. 6 della legge (che prevede l’autorizzazione “postuma”) e` volta a contemperare l’esigenza di assicurare la guarentigia sottostante al principio sancito dall’articolo 68 della Costituzione, con quella di evitare, da un lato, la necessita` di acquisire in ogni caso l’autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare ai fini dell’utilizzo delle predette intercettazioni e, dall’altro, la distruzione dell’intero testo di quelle nelle quali sia fatta menzione di un parlamentare, qualora ne sia accertata dal giudice l’irrilevanza ai fini processuali.

L’art. 6 prevede, così, che il GIP – anche su istanza di una delle parti o del parlamentare interessato – nei casi in cui ritenga che le intercettazioni indirette del parlamentare siano in tutto o in parte irrilevanti ai fini della definizione dello stesso, ne decide, a tutela della riservatezza, la distruzione integrale o parziale ai sensi dell’art. 269, commi 2 e 3, c.p.p.; la decisione è presa in camera di consiglio, sentite le parti.

Qualora il GIP, su istanza di parte, ritenga invece rilevanti per il processo le intercettazioni o i tabulati, può decidere con ordinanza la loro utilizzazione e richiedere, nei 10 giorni successivi, l’autorizzazione alla Camera cui il parlamentare appartiene o apparteneva al tempo dell’intercettazione. La richiesta di autorizzazione all’utilizzazione in sede processuale delle intercettazioni effettuate deve essere trasmessa direttamente alla Camera competente; tale richiesta deve contenere l’enunciazione del fatto per il quale è in corso il procedimento, l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate e deve essere corredata dei verbali delle intercettazioni, delle relative registrazioni e degli altri elementi sui quali la richiesta è fondata.

In caso di scioglimento della Camera cui il parlamentare appartiene, la richiesta perde efficacia a decorrere dall’inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata all’inizio della legislatura stessa.

Viene così confermata l’attuale prassi parlamentare, secondo la quale le Camere si pronunciano sulle richieste di autorizzazione previste dal secondo e dal terzo comma dell’articolo 68 della Costituzione anche in regime di prorogatio.

Nel caso di diniego dell’autorizzazione, la documentazione delle intercettazioni è distrutta immediatamente, e comunque non oltre 10 giorni dalla comunicazione del diniego della richiesta. Tutte le comunicazioni e i dati acquisiti in difformità da quanto previsto dallo stesso articolo devono essere dichiarate inutilizzabili dal giudice in ogni stato e grado del procedimento.

 


Il contenuto dei progetti di legge

Il disegno di legge di legge del Governo A.C 1638

Il disegno di legge del Governo A.C 1638 (Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine), presentato il 14 settembre 2006, si compone di 15 articoli diretti ad introdurre modifiche alla disciplina delle intercettazioni contenuta nel codice di procedura penale, nonché ad intervenire conseguentemente su alcune disposizioni delle norme di attuazione del c.p.p., del codice penale e del Codice in materia di protezione dei dati personali (Dl.gs 30 giugno 2003, n. 196).

Obbiettivo della riforma, come evidenziato nella relazione di accompagnamento al provvedimento, è quello di contemperare le necessità investigative, le esigenze di pubblica informazione in occasione di vicende giudiziarie di pubblico interesse, il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento: infatti, il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee costituiscono valori tutelati, oltre che dalla Costituzione (artt. 13 e 15), anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (artt. 8 e 10).

 

Come già ricordato il provvedimento si compone di 15 articoli.

 

L’articolo 1 interviene a modificare l’articolo 114 c.p.p., relativo al divieto di pubblicazione di atti e di immagini. Le disposizioni contenute in tale norma sono completate da quelle di cui all’articolo 329 c.p.p., non toccate dal disegno di legge in esame e disciplinanti il c.d. segreto istruttorio, e da quelle di cui all’articolo 329 bis, introdotto dall’articolo 8 del disegno di legge e disciplinante, in particolare, l’obbligo del segreto per le intercettazioni (c.f.r. infra).

La lettera a) dell’articolo in esame sostituisce il comma 2 del citato articolo 114.

Viene disposto il divieto di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive, anche se non più coperti da segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. Pertanto, oltre a prevedere anche il divieto di pubblicazione “per riassunto”, la nuova formulazione del comma 2 contempla, accanto agli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, quelli contenuti nel fascicolo delle indagini difensive.

Inoltre, introducendo una previsione innovativa rispetto all’attuale formulazione del comma 2 dell’articolo 114, viene stabilito un divieto assoluto di pubblicazione (anche parziale, o per riassunto, o nel contenuto) degli atti contenuti nei due fascicoli citati in presenza di archiviazione del procedimento.

 

La lettera b)  inserisce i nuovi commi 2-bis e 2- ter dopo il comma 2.

Il nuovo comma 2 bis dell’articolo 114 stabilisce un divieto di pubblicazione più stringente, esteso anche al contenuto (oltre che alla pubblicazione parziale o per riassunto), della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, anche se non più coperti da segreto. Anche in tal caso il divieto di pubblicazione vige fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare e riguarda anche la documentazione gli atti e i contenuti non più coperti da segreto.  Come evidenziato nella relazione illustrativa il carattere più stringente del divieto si giustifica poiché le conversazioni intercettate rappresentano la fonte principale di propalazione di notizie e circostanze afferenti la vita privata di soggetti spesso accidentalmente coinvolti.

Il nuovo comma 2 ter stabilisce poi un divieto assoluto di pubblicazione (parziale, per riassunto, o nel contenuto)  dei provvedimenti emessi in materia di misure cautelari, consentendone tuttavia la pubblicazione soltanto nel contenuto, dopo che l’indagato o il suo difensore ne abbiano avuto conoscenza.

In tal caso il divieto di pubblicazione non riguarda atti di indagine bensì provvedimenti diretti a limitare la libertà personale del soggetto; come evidenziato nella relazione illustrativa, la facoltà di pubblicazione (nel contenuto) dei citati provvedimenti dopo che l’indagato o il difensore ne abbiano avuto conoscenza, appare finalizzata a rendere effettivo il controllo, anche della pubblica opinione, sulle ragioni dell’esercizio del potere di privazione della libertà personale ovvero di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria.

La lettera c) dell’articolo in esame è diretta a sostituire il comma 3  dell’articolo 114 c.p.p., conformandone la formulazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 59 del 1995.

Va infatti ricordato che il giudice costituzionale nella citata sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’articolo 114 nella parte in cui non consente la pubblicazione degli atti del fascicolo per il dibattimento anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado, ritenendo tale previsione non conforme a quanto contemplato nella direttiva n. 71 della legge di delega al Governo per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale (legge 16 febbraio 1987, n. 81) che sembra limitare tale divieto al fascicolo del pubblico ministero oltre che agli altri casi analiticamente contemplati (tra i quali non rientrano gli atti del fascicolo per il dibattimento).

Pertanto, la nuova formulazione del comma 3 si limita a vietare la pubblicazione, anche parziale, qualora si proceda al dibattimento, degli atti del fascicolo del pubblico ministero se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello, oltre a confermare la facoltà di pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni.

Infine la lettera d), riproduce sostanzialmente il contenuto del comma 7 dell’articolo 114 - diretta a consentire in ogni caso la pubblicazione del contenuto di atti non coperti da segreto -, aggiornandone la formulazione alle eccezioni ed ai divieti introdotti nei nuovi commi 1, 2, 2 bis e 2 ter.

 

L’articolo 2 interviene sull’articolo 267 c.p.p. relativo ai presupposti ed alle forme del provvedimento di intercettazione di conversazioni o comunicazioni.

La lettera a), diretta a sostituire il comma 1 del citato articolo, riferisce espressamente alla richiesta dell’autorizzazione a disporre le intercettazioni del p.m. al  g.i.p. il presupposto della sussistenza dei gravi indizi di reato e della assoluta indispensabilità delle intercettazioni per la prosecuzione delle indagini, che l’attuale formulazione della citata disposizione riferisce soltanto al decreto del giudice. 

La lettera b) riproduce sostanzialmente, con piccole modifiche di formulazione, il comma 2 dell’articolo 267.

Maggior rilievo presentano le modifiche al comma 3 disposte dalla lettera c) dell’articolo in esame, che provvede altresì ad inserire due nuovi commi, il 3-bis ed il 3 -ter.

La nuova formulazione del comma 3, pur mantenendoa quindici giorni l’ordinaria durata delle operazioni di intercettazione, prorogabile dal giudice con decreto motivato in pari misura, stabilisce comunque una durata complessiva massima di tre mesi delle operazioni medesime. Tale limite potrà essere superato soltanto in presenza di nuovi elementi investigativi in relazione ai presupposti dei gravi indizi di reato e dell’assoluta indispensabilità delle intercettazioni, elementi che possono essere desunti anche dal contenuto delle conversazioni intercettate, e che dovranno essere specificamente indicati nel provvedimento di proroga insieme ai presupposti sopra citati.

Limitatamente poi alle intercettazioni di comunicazioni tra presenti nelle abitazioni, nei luoghi di privata dimora nelle appartenenze di essi, il nuovo comma 3-bis stabilisce un limite massimo di due proroghe, superabile qualora ricorrano le medesime circostanze di cui al comma 3.

Infine il nuovo comma 3-ter fa espressamente salve le particolari disposizioni che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, sono stabilite dall’articolo 13 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa), convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, e dall’articolo 3 del decreto legge 18 ottobre 2001, n. 374 (Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale), convertito nella legge 15 dicembre 2001, n. 438.           

L’articolo 3 detta alcune modifiche all’articolo 268 c.p.p., concernente le modalità di esecuzione delle operazioni.

In particolare la lettera a) dell’articolo in esame, mediante la sostituzione del comma 3 dell’articolo 268, opera una profonda innovazione circa gli impianti da utilizzarsi per lo svolgimento delle operazioni, stabilendo che le registrazioni siano compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati e custoditi in appositi centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte d’appello; le operazioni di ascolto delle conversazioni intercettate, invece, saranno compiute mediante impianti installati presso la competente procura della repubblica o anche, salva in questo caso l’espressa autorizzazione del pubblico ministero,  presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini.

Come evidenziato nella relazione illustrativa tale disciplina è volta a concentrare le operazioni di captazione ed ascolto nel minor numero di strutture possibile, onde ridurre i soggetti che possano avere accesso alle informazioni riservate da esse emergenti e garantire il miglior livello di sicurezza nella acquisizione e nel trattamento dei dati.

Viene mantenuto invariato il comma 3 bis che consente al pubblico ministero di disporre, quando si procede ad intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche, che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati.

Le lettera b) e c) dell’articolo 3, rispettivamente, inseriscono 2 nuovi commi nell’articolo 268, il 3-ter ed il 3-quater, che dispongono in merito alla trasmissione ed alla custodia dei verbali e delle registrazioni, stabilendo contestualmente l’abrogazione dei commi da 4 a 8 del medesimo articolo che attualmente disciplinano il deposito, l’acquisizione, la trascrizione delle registrazioni: la nuova disciplina di tali aspetti viene infatti dettata dagli articoli aggiuntivi inseriti dal successivo articolo 4 del provvedimento.

L’articolo 268, quarto comma, c.p.p., prevede attualmente che i verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga   

Il nuovo comma 3-ter dispone l’immediata trasmissione - in ogni caso mai successiva alla scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione - al pubblico ministero dei verbali e delle registrazioni e la custodia degli stessi nell’archivio riservato istituito, presso la procura della Repubblica, dal successivo articolo 10 del disegno di legge.      

Il nuovo comma 3-quater attribuisce poi ai procuratori generali presso la corte d’appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, dei centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3.

 

L’articolo 4 inserisce, dopo l’articolo 268, cinque nuovi articoli, vale a dire  gli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater, 268-quinquies e 268-sexies.

L’articolo 268-bis, inserito dalla lettera a) dell’articolo in esame, detta una nuova disciplina del deposito e della acquisizione dei verbali e delle registrazioni. Come evidenziato nella relazione illustrativa l’obbiettivo perseguito è quello di assicurare la riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni; viene attribuito prima al pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di selezionare le intercettazioni da acquisire, delineata una procedura più snella, garantito il diritto di difesa.

In particolare, nel termine di cinque giorni (termine che può essere posticipato dal giudice fino alla chiusura delle indagini preliminari nel caso in cui possa derivare pregiudizio alle indagini medesime)  dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero deposita presso la segreteria i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni ritenute rilevanti, motivando sulla rilevanza, unitamente ai decreti di autorizzazione e di proroga delle intercettazioni.

Confluiscono invece nell’archivio riservato (cfr. art. 89 bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p. inserito dall’articolo 10 del d.d.l.) gli atti relativi a conversazioni di cui è vietata l’utilizzazione e a quelle non rilevanti perché riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini.  

Ai difensori delle parti, immediatamente avvisati, sono concesse le facoltà di esaminare gli atti depositati e custoditi, di ascoltare le registrazioni, di indicare specificamente al giudice sia le conversazioni non depositate delle quali chiedono l’acquisizione, motivando sulla loro rilevanza, che quelle depositate che ritengono irrilevanti o di cui è vietata l’utilizzazione.

Scaduto il termine durante il quale gli atti rimangono depositati (termine stabilito dal p.m. e prorogabile dal giudice), il giudice dispone con ordinanza non impugnabile l’acquisizione delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l’utilizzazione. Non si prevede in relazione a tale provvedimento un’apposita udienza ma è concessa al giudice una semplice facoltà di sentire le parti, ove necessario, senza formalità. Al giudice è poi sempre concessa la facoltà di esaminare, qualora lo ritenga necessario, gli atti custoditi nell’archivio riservato di cui all’articolo 89 bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p.

Viene inoltre custodita nell’archivio riservato anche la documentazione depositata di cui il giudice non ha disposto l’acquisizione, restituita al p.m.

Si prevede poi un richiamo, nei limiti della compatibilità, delle citate disposizioni ai dati relativi al traffico telefonico (comma 7) e si autorizzano espressamente (comma 8) i difensori delle parti ad estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l’acquisizione.

Quanto alla ratio delle nuove disposizioni introdotte dall’articolo 268-bis la relazione di accompagnamento al disegno di legge evidenzia che la selezione preventiva della documentazione rilevante, prima ad opera del p.m. e successivamente ad opera del giudice, riduce i rischi di divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, senza abbassare il livello di tutela del diritto di difesa dell’imputato,al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione di tutta la documentazione, compreso quella che il pubblico ministero ha ritenuto non rilevante e di indicare al giudice le conversazioni in relazione alle quali reputi necessaria l’acquisizione.

 

L’articolo 268 ter, inserito dalla lettera b) dell’articolo 4, disciplina la trascrizione delle registrazioni, stabilendo che il giudice disponga perizia in tal senso oppure la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, e disponendo che, appena concluse le operazioni, i verbali e le registrazioni siano immediatamente ricollocati nell’archivio riservato, mentre le trascrizioni confluiranno nel fascicolo per il dibattimento. Viene in ogni caso stabilito il divieto di trascrizione di quelle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini, e viene previsto che il giudice disponga che i nominativi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio all’accertamento dei fatti per cui si procede. Anche in tale ipotesi viene consentito ai difensori di estrarre copia delle trascrizioni e delle stampe, anche su supporto informatico.      

 

La perizia è un mezzo di prova disciplinato dal Capo VI (Perizia) del Titolo II (Mezzi di prova) del Libro III (Prove) della Parte I del codice di procedura penale (articoli 220-232). A norma dell’articolo 220, primo comma, del codice di procedura penale, l’accertamento peritale è ammesso quando “occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche”.

Per quanto riguarda le garanzie della perizia, l’articolo 221 del codice di procedura penale e l’articolo 67 delle relative disposizioni attuative, assicurano la competenza del perito, statuendo che sia nominato tra gli iscritti negli appositi albi istituiti presso ogni tribunale o tra persone fornite di particolare competenza. Una puntuale disciplina è dettata, inoltre, in materia di astensione e ricusazione (articolo 223), di incapacità (per mancanza dei requisiti soggettivi) nonché di incompatibilità del perito (per l’inconciliabilità con altri incarichi), cui consegue la nullità della perizia (articolo 222). Sono stabilite, poi, norme a tutela del contraddittorio: l’articolo 229 del codice di procedura penale stabilisce, in particolare, che il perito indica alle parti il giorno, l’ora e il luogo in cui avranno inizio le operazioni ed ogni successiva variazione.

Per quanto attiene alle forme della perizia, il codice di procedura penale stabilisce che, di norma, il parere peritale è espresso in forma orale e raccolto a verbale; in casi particolari, il perito può essere autorizzato a fornire il parere entro un termine fissato dal giudice o a depositare una relazione scritta (articolo 227).

Una peculiare disciplina è dettata dall’articolo 508 del codice di procedura penale in materia di ammissione della perizia nel dibattimento[12].

 

L’articolo 268 quater, introdotto dalla lettera c), disciplina l’ipotesi in cui, anche prima della chiusura delle indagini preliminari, sorga la necessità di utilizzare le intercettazioni realizzate. Infatti il pubblico ministero, al fine di presentare le sue richieste (p.e. di provvedimenti cautelari) può disporre la trascrizione delle conversazioni che ritiene rilevanti: anche in tale ipotesi viene tuttavia espressamente fatta salva la riservatezza dei soggetti terzi, mediante il divieto di trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini, i cui nominativi o riferimenti identificativi possono essere espunti dalle trascrizioni medesime.

Nel caso poi in cui il giudice debba adottare una decisione prima del momento del deposito e della formale acquisizione delle intercettazioni di cui all’articolo 268-bis, il pubblico ministero trasmetterà i verbali e le registrazioni delle conversazioni da lui ritenute rilevanti: il giudice dispone l’acquisizione nel fascicolo degli atti di indagini delle conversazioni rilevanti per la decisione, restituendole altre al pubblico ministero che le custodirà nell’archivio riservato di cui all’articolo 89 bis c.p.p.

Si prevede altresì che dopo che la persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore abbiano avuto conoscenza del provvedimento, si applichi la disposizione dell’articolo 268 bis, che consente ai difensori di estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l’acquisizione. Sono comunque sottoposte ad autorizzazione del pubblico ministero la stampa dei dati relativi alle intercettazioni e la trasmissione dei dati relativi alle intercettazioni su supporti informatici e cartacei o per via telematica.

 

L’articolo 268-quinquies, introdotto dall’articolo d) dell’articolo in esame, disciplina le ipotesi in cui l’ascolto e l’acquisizione delle conversazioni vengano disposte dal giudice dopo la conclusione delle indagini preliminari. Dopo la chiusura di queste ultime e nel corso dell’udienza preliminare al giudice è comunque riconosciuta la facoltà di disporre, anche d’ufficio, l’esame dei verbali e l’ascolto delle registrazioni custodite nell’archivio riservato, e di disporre, all’esito, con ordinanza, l’acquisizione delle intercettazioni ritenute in precedenza prive di rilevanza. Tale facoltà di acquisizione è riconosciuta al giudice anche nel corso del dibattimento, soltanto però quando sia stata avanzata richiesta delle parti specificamente motivata.

 

Infine, il nuovo articolo 268-sexies, disciplina l’avviso a persone non indagate, disponendo che, dopo la chiusura delle indagini preliminari il pubblico ministero dia avviso dell’avvenuta intercettazione, in piego chiuso, e secondo particolari modalità precisamente stabilite, ai soggetti titolari delle utenze in ordine alle quali è stata disposta intercettazione, diversi da quelli nei cui confronti si procede e non indagati in procedimenti connessi o collegati.

A tale regola vengono tuttavia stabilite alcune eccezioni (ricorrendo le quali l’avviso non viene inviato) relative ai casi in cui si proceda per alcuni reati particolarmente gravi (art. 51 comma 3-bis, 3-quater e 407, comma 2, lettera a) c.p.p., nonché 600-ter e 600-quinquies del codice penale),qualora dagli atti di indagine risulti che l’utenza è stata comunque utilizzata da persone indagate nel procedimento o in procedimenti connessi o collegati, se taluna delle conversazioni intercettate sulle utenze sia stata acquisita al procedimento.    

 

L’articolo 5 interviene a modificare l’articolo 269 c.p.p., relativo alla conservazione della documentazione.

La lettera a) sostituisce il comma 1 dell’articolo citato disponendo che i verbali ed i supporti contenenti le registrazioni siano conservati integralmente nell’archivio riservato sopraccitato.

Inoltre, ai sensi del nuovo comma 2, introdotto dalla lettera b) dell’articolo in esame, viene stabilito che - salvo i casi di intercettazioni che non possono essere utilizzate - il giudice possa disporre la distruzione della documentazione contenuta nell’archivio soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza o dopo che siano trascorsi cinque anni dal deposito del decreto di archiviazione.

Viene tuttavia concessa agli interessati la facoltà di chiedere la distruzione della documentazione, sempre che la stessa non sia rilevante per il procedimento, anche prima del decorso dei citati termini, a tutela della riservatezza.  Il giudice decide sull’istanza con decreto motivato: in questa ipotesi dovrà comunque acquisire il consenso delle parti.

 

Gli articoli 6 e 7, dettando rispettivamente alcune modifiche al comma 2 dell’articolo 270 (Utilizzazione in altri procedimenti) e al comma 3 dell’articolo  295 (verbale di vane ricerche) adeguano alla nuova disciplina (mediante un richiamo delle relative disposizioni) l’ipotesi di trasmissione ad altra autorità giudiziaria delle intercettazioni per l’utilizzabilità in altro procedimento e la normativa in tema di intercettazioni finalizzate alla ricerca dei latitanti.

 

L’articolo 8 introduce nel codice di procedura penale un articolo aggiuntivo, il 329 bis, diretto a sancire uno specifico obbligo di segretezza relativamente alla documentazione custodita nell’archivio riservato. Viene infatti stabilito che i verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell’archivio riservato e non acquisiti, nonché la documentazioni ad essi inerente sono sempre coperti da segreto.

Come evidenziato nella relazione illustrativa si è ritenuto di prevedere tale disciplina con norma autonoma rispetto a quella dell’articolo 329 c.p.p., disciplinante il segreto in corso di indagine per meglio evidenziare la differente natura del segreto inerente gli atti contenuti nell’archivio riservato (volto a tutelare la riservatezza dei soggetti intercettati) rispetto al segreto di indagine (volto invece a tutelare il corretto andamento delle attività investigative). Peraltro tale diversità si evidenzia anche nella maggiore durata del segreto posto a tutela della riservatezze (cfr. art. 5) il quale si protrae anche oltre il termine delle indagini preliminare copre l’intera permanenza della suddetta documentazione all’interno dell’archivio riservato.     

 

L’articolo 9 del disegno di legge è costituito da un unico comma che apporta modificazioni all'articolo 89 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, contenente “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale”.

La lettera a) dell’articolo 9 del disegno di legge modifica il comma 2 del suddetto articolo 89, sostituendo alle parole “i nastri contenenti le registrazioni” la più ampia formulazione “i supporti contenenti le registrazioni ed i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche”.

La lettera b) introduce, inoltre, dopo il comma 2, i commi 2-bis e 2-ter.

Il comma 2-bis istituisce la figura del funzionario responsabile del servizio di intercettazione, il quale, designato dal procuratore della Repubblica, cura la tenuta del registro riservato delle intercettazioni e dell'archivio riservato nel quale sono custoditi i verbali ed i supporti di cui al nuovo articolo 89-bis delle disposizioni attuative del codice di procedura penale.

Il comma 2-ter stabilisce che il funzionario responsabile del servizio di intercettazione comunica al procuratore della Repubblica, con periodicità bimestrale, l'elenco delle operazioni che si protraggono da oltre tre mesi, con la finalità, evidenziata anche nella relazione illustrativa, di rendere costantemente edotto il capo dell’ufficio giudiziario in ordine al volume delle intercettazioni in corso presso la struttura da lui diretta e di agevolare le relative attività di vigilanza.

 

L’articolo 10 inserisce, dopo il già richiamato articolo 89 del decreto legislativo n. 271/1989, l’articolo 89-bis che prevede l’istituzione, presso la procura della Repubblica, dell'archivio riservato per le intercettazioni (comma 1).

Tale archivio è tenuto sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza del procuratore della Repubblica con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione in esso contenuta (comma 2).

Il comma 3 prevede che l’accesso all’archivio sia consentito, oltre agli ausiliari autorizzati dal procuratore della Repubblica, anche al giudice ed ai difensori, nei casi stabiliti dalla legge. Ogni accesso all’archivio è annotato in apposito registro, con l'indicazione della data, dell'ora iniziale e finale dell'accesso e degli atti di cui è stata presa conoscenza.

Al difensore, nei casi previsti dalla legge, è consentito ascoltare le registrazioni utilizzando esclusivamente gli apparecchi a disposizione dell'archivio (comma 4).

 

L’articolo 11 apporta alcune modifiche ed integrazioni al codice penale, introducendo, tra l’altro, una nuova fattispecie di reato.

In particolare, la lettera a) riscrive l’articolo 379-bis dettando una peculiare disciplina per la rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale.

 

L’articolo 379-bis è inserito nelCapo I (Dei delitti contro l'attività giudiziaria) del Titolo III (Dei delitti contro l'amministrazione della giustizia Codice penale) del Libro II (Dei delitti in particolare) del codice penale.

    Il testo vigente di tale articolo (Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale) prevede che sia punito con la reclusione fino a un anno, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso. Tale pena si applica anche alla persona che, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale.

 

Alla luce della rielaborazione contenuta nel disegno di legge, il delitto di rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale è commesso da chiunque rivela indebitamente notizie inerenti atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza.

La norma, che commina la reclusione da sei mesi a tre anni, prevede quindi come condotte delittuose sia la rivelazione indebita di notizie inerenti ad atti del procedimento penale coperti da segreto, sia l’agevolazione in qualsiasi modo di tale conoscenza (comma 1).

Secondo la relazione illustrativa, “in tal modo, si è approntata una tutela penale fondata sull'accesso “qualificato” ad atti del procedimento penale, configurando pertanto il reato in esame come reato “proprio” (ad esempio anche del difensore o dell'investigatore privato incaricato delle investigazioni difensive)”.

 

Qualora il fatto sia colposo, la pena edittale è ridotta, applicandosi la reclusione fino ad un anno (comma 2).

Viceversa, ove il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, si prevede un aggravio della pena. La norma, infatti, commina la reclusione da uno a cinque anni, nell’ipotesi in cui l’autore del reato sia un pubblico ufficiale, e da sei mesi a due anni, ove il delitto sia commesso dall’incaricato di un pubblico servizio (comma 3).

Analogamente a quanto previsto dal testo vigente, il delitto può essere commesso anche da chi, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale. In tal caso, la pena comminata è la reclusione da uno a tre anni (comma 4).

 

L’articolo 391-quinquies sopra richiamato disciplina il potere di segretazione del pubblico ministero, prevedendo che, ove sussistano specifiche esigenze relative all'attività di indagine, il pubblico ministero possa, con decreto motivato e per un periodo non superiore a due mesi, vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza (comma 1).

Il pubblico ministero, nel comunicare tale divieto alle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali derivanti dall’indebita rivelazione (comma 2).

 

La lettera b) inserisce dopo l'articolo 617-sexies del codice penale, il nuovo articolo 617-septies, che prevede il delitto di accesso abusivo ad atti del procedimento penale.

La fattispecie criminosa contemplata all’articolo 617-septies viene collocata nella Sezione V (Dei delitti contro la inviolabilità dei segreti) del Capo III (Dei delitti contro la libertà individuale) delTitolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro II (Dei delitti in particolare) del codice penale.

Il delitto si perfeziona allorquando l’agente, in modo illecito, prenda diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto.

Al riguardo, la relazione illustrativa chiarisce la portata della norma, precisando che “tale formulazione consente di escludere la responsabilità penale di chi si sia limitato a ricevere gli atti di cui sopra, senza concorrere nell'accesso illecito ai luoghi ove gli stessi vengono custoditi”.

 

La nuova fattispecie criminosa, che può essere commessa da chiunque (configurandosi quindi come reato comune), è punita con la reclusione da uno a tre anni.

La lettera c) e la lettera d) dell’articolo in commento modificano il testo dell’articolo 684 del codice penale, concernente il reato contravvenzionale di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale[13].

 La lettera c) emenda il primo comma dell'articolo 684, sostituendo le parole “o a guisa di informazione”, con le parole: “o nel contenuto”, in modo da armonizzare il testo dello stesso articolo 684 con la nuova formulazione dell’articolo 114 del codice di procedura penale di cui all’articolo 1 del disegno di legge.

La lettera d), nell’inserire un ulteriore comma dopo il primo, prevede che al reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale possa applicarsi la pena accessoria della pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 36 del codice penale.

 

L’articolo 36 del codice penale contempla la pena accessoria della pubblicazione della sentenza penale di condanna. In particolare, il primo comma precisa che la sentenza di condanna alla pena di morte[14] o all'ergastolo è pubblicata mediante affissione nel comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l'ultima residenza (comma 1).

La sentenza di condanna è inoltre pubblicata, per una sola volta, in uno o più giornali designati dal giudice (comma 2).

Tale pubblicazione, che è eseguita d'ufficio e a spese del condannato, è fatta per estratto, salvo che il giudice disponga diversamente (comma 3).

Il comma 4 stabilisce, infine, che la legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata. In tali casi, la pubblicazione ha luogo nei modi sopra descritti.

 

L’articolo 12 apporta modificazioni ed integrazioni al testo del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 recante il codice in materia di protezione dei dati personali.

In particolare, la lettera a) inserisce, dopo l'articolo 164, il nuovo articolo 164-bis, che disciplina gli illeciti per finalità giornalistiche.

Il nuovo articolo introdotto dal disegno di legge commina una sanzione amministrativa in caso di diffusione o comunicazione di dati per le finalità di cui all'articolo 136, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 ovvero del codice di deontologia adottato ai sensi dell'articolo 139 comma 1.

 

L’articolo 136 del decreto legislativo n. 196/2003 disciplina il trattamento dei dati personali per finalità giornalistiche ed altre manifestazioni del pensiero, statuendo che le disposizioni del Titolo XII (Giornalismo ed espressione letteraria ed artistica) del codice in materia di protezione dei dati personali si applicano ai seguenti casi:

a) trattamento effettuato nell'esercizio della professione di giornalista e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità;

b) trattamento effettuato dai soggetti iscritti nell'elenco dei pubblicisti o nel registro dei praticanti di cui agli articoli 26 e 33 della legge 3 febbraio 1963, n. 69;

c) trattamento temporaneo finalizzato esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell'espressione artistica.

L’articolo 137, richiamato dal disegno di legge, prevede che ai trattamenti indicati nel menzionato articolo 136 non si applicano le disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali relative:

a) all'autorizzazione del Garante prevista dall'articolo 26;

b) alle garanzie previste dall'articolo 27 per i dati giudiziari;

c) al trasferimento dei dati all'estero, contenute nel Titolo VII della Parte I (comma 1).

Il comma 2 stabilisce, inoltre, che il trattamento di tali dati è effettuato anche senza il consenso dell'interessato previsto dagli articoli 23 e 26.

Infine, in caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all'articolo 136 restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all'articolo 2[15] e, in particolare, quello dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico (comma 3).

L’articolo 11 del già citato decreto legislativo n. 196/2003 (inserito nel Titolo III, tra le disposizioni che dettanoregole generali per il trattamento dei dati) definisce, in linea generale, le modalità del trattamento ed i requisiti dei dati. In particolare, secondo il comma 1, i dati personali oggetto di trattamento sono:

a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;

b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;

c) esatti e, se necessario, aggiornati;

d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;

e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

Il comma 2 prescrive, altresì, che i dati personali trattati in violazione della normativa vigente in materia non possono essere utilizzati.

L’articolo 139 del medesimo decreto legislativo prevede l’adozione del codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche. In particolare, il comma 1 stabilisce che il Garante promuove, ai sensi dell'articolo 12, l'adozione da parte del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti di un codice di deontologia relativo al trattamento dei dati di cui all'articolo 136, che prevede misure ed accorgimenti a garanzia degli interessati rapportate alla natura dei dati, in particolare per quanto riguarda quelli idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Il codice può anche prevedere forme semplificate per le informative di cui all'articolo 13.

 

La sanzione prevista in caso di commissione dell’illecito di cui all’articolo 164-bis consiste nel pagamento di una somma da tremila a diciottomila euro o, se si tratta di dati sensibili o riguardanti minori o se la violazione è reiterata o comunque di particolare gravità, da diecimila a sessantamila euro.

Al di fuori delle ipotesi di concorso, il direttore o vice-direttore responsabile rispondono della violazione commessa, in caso di omissione del controllo necessario ad impedirla (comma 1).

Nelle ipotesi previste al comma 1, il Consiglio nazionale e il competente Consiglio dell'ordine dei giornalisti, nonché, ove ritengano, le associazioni rappresentative di editori, possono far pervenire documenti e chiedere di essere sentiti ai sensi dell'articolo 18, comma 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (comma 2).

 

L’articolo 18 della legge 689/1981 (contenente modifiche al sistema penale) disciplina la procedura di adozione dell’ordinanza-ingiunzione in caso diaccertamento di illeciti amministrativi da parte dell’autorità competente.

In particolare, il comma 1 cui fa riferimento il disegno di legge stabilisce che, entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'articolo 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

 

Il comma 3 prevede la possibilità di applicare la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell'ordinanza-ingiunzione di cui all'articolo 165 del decreto legislativo 196/2003 ai casi indicati al comma 1, primo periodo, dell’articolo in commento. Tale sanzione accessoria è in ogni caso applicata se la violazione riguarda dati sensibili o minori o è reiterata o, comunque, di particolare gravità.

Al riguardo, si segnala che l’articolo 12 del disegno di legge, alla lettera c), modifica il testo del citato articolo 165, aggiungendovi il riferimento al nuovo articolo 164-bis. Per il dettaglio di tali modifiche si rinvia a quanto di seguito riportato.

 

La lettera b) dell’articolo 12 del disegno di legge modifica il comma 5 dell'articolo 139 del citato decreto legislativo n. 196/2003, coordinandone il testo con le previsioni del nuovo articolo 164-bis.

 

Il testo vigente del comma 5 del predetto articolo 139 prevede che, in caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia, il Garante può vietare il trattamento ai sensi dell'articolo 143, comma 1, lettera c)[16].

 

Dopo le parole “codice di deontologia,” è quindi inserito l’inciso “ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 164-bis,” in modo da garantire l’applicazione delle nuove misure sanzionatorie anche nell’ipotesi in cui il Garante vieti il trattamento dei dati.

Analogamente, la lettera c) interviene a modificare il testo dell'articolo 165, comma 1, del codice in materia di protezione dei dati personali, inserendo, tra i casi in cui può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento del Garante, anche quelli previsti dal nuovo articolo 164-bis.

 

Il testo vigente del sopraccitato articolo 165, comma 1, prevede che, nei casi di cui agli articoli 161, 162 e 164, può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell'ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, in uno o più giornali indicati nel provvedimento medesimo. Le ipotesi in cui tale sanzione può trovare applicazione possono essere, quindi, così sintetizzate:

·         omessa o inidonea informativa all'interessato (articolo 161);

·         cessione dei dati in violazione di quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, lettera b) (in base al quale, in caso di cessazione, per qualsiasi causa, di un trattamento, i dati sono ceduti ad altro titolare, purché destinati ad un trattamento in termini compatibili agli scopi per i quali i dati sono raccolti) o di altre disposizioni in materia di disciplina del trattamento dei dati personali (articolo 162, comma 1);

·         violazione della disposizione di cui all'articolo 84, comma 1[17], concernente la comunicazione all'interessato di dati personali idonei a rivelare lo stato di salute (articolo 162, comma 2);

·         omessa informazione o esibizione di documenti al Garante (articolo 164).

 

 L’articolo 13 abroga l'articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98, concernente la tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni.

 

L’articolo 9 della legge 98/1974 prevede che il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, di concerto con il Ministro per l'interno, e con quello per l'industria, il commercio e l'artigianato, individua con propri decreti gli apparecchi o strumenti e le parti di apparecchi o strumenti, idonei in modo non equivoco ad operare le riprese di immagini o le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni di cui agli articoli 615-bis e 617 del codice penale (comma 1).

L’elencazione degli apparecchi e strumenti di dotazione delle forze armate e delle forze di polizia è effettuata dai Ministri competenti (comma 2).

Chiunque, senza licenza del Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da concedersi sentito il parere del Ministro per l'interno, fabbrica, importa, acquista, vende, trasporta, noleggia od in qualsiasi altro modo mette in circolazione gli apparecchi o strumenti sopra indicati, o parti di essi, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da lire 2.000.000 a lire 10.000.000(comma 3).

 

Secondo la relazione illustrativa, l’abrogazione dell’articolo 9 della legge 98/1974 si giustifica in quanto tale norma “appare in contrasto con i principi comunitari di libera circolazione delle merci nonché con la specifica normativa del settore degli apparati radio e terminali di telecomunicazione” dettata dal decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269, che recepisce la direttiva 1999/5/CE riguardante le apparecchiature radio, le apparecchiature terminali di telecomunicazione ed il reciproco riconoscimento della loro conformità.

 

L’articolo 14 detta alcune disposizioni relative al regime transitorio

Il comma 1 precisa che le disposizioni contenute nel disegno di legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore.

Con riferimento alla riformulazione del comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, il comma 2 prevede che le nuove disposizioni troveranno applicazione decorsi novanta giorni dalla pubblicazione del decreto del Ministro della giustizia che dispone l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica istituiti presso i distretti di Corte d’appello. Fino a tale data, resta in vigore la disposizione precedente (è da ritenersi quindi che trovi applicazione il testo nella formulazione attualmente vigente).

 

L’articolo 15 definisce la copertura finanziaria del disegno di legge.

In particolare, il comma 1 prevede che agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3 del disegno di legge, stimati in euro 820.000 per l'anno 2007, si faccia fronte mediante l’impiego delle proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo.

Si attribuisce, inoltre, al Ministro dell'economia e delle finanze la facoltà di apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio (comma 2).

Il dettaglio specifico degli oneri relativi alle diverse spese è illustrato nella relazione tecnica allegata al provvedimento.

 

La proposta di legge A.C. 1164

La proposta di legge A.C. 1164 (Migliore ed altri) presenta numerose affinità con il disegno di legge del Governo sopra illustrato.

Mediante l’introduzione di alcune modifiche al codice di procedura penale ed al codice penale, essa interviene sulla disciplina delle intercettazione di conversazioni o comunicazioni, allo scopo di individuare un punto di equilibrio tra diverse e contrapposte esigenze quali le necessità investigative, la libertà di stampa, il diritto-dovere di informare e di essere informati, e il diritto alla privacy dei cittadini.

Viene pertanto considerato necessario, e non più procrastinabile, un limitato intervento legislativo che, senza incidere sulle effettive necessità investigative, tuteli anche la privacy dei singoli, soprattutto se non indagati o allorché le intercettazioni riguardino comunicazioni irrilevanti per le indagini e del tutto personali. I proponenti richiamano tra l’altro alcuni dati dell’Eurispes, secondo i quali, nel decennio 1994-2004, in Italia, sarebbero state intercettate circa 30 milioni di persone, con una spesa di circa 300 milioni di euro, e secondo i quali nell’ultimo biennio le cifre del numero delle intercettazioni e della relativa spesa sarebbero aumentate.

 

La proposta di legge si compone di 9 articoli.

 

L’articolo 1 inserisce alcune modifiche all’articolo 267 c.p.p., riguardante i presupposti e le forme del provvedimento di intercettazione. Vengono sostituiti i commi 1 e 2 ed inserito un nuovo comma 3 bis dopo il comma 3.

In base alla nuova formulazione del comma 1, affinché il pubblico ministero possa richiedere al giudice delle indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione, è necessario che ritenga sussistenti gravi indizi di reato e che l’intercettazione sia assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini.

Viene in questo modo circostanziata anche la richiesta del pubblico ministero – oltre che, come già previsto, il decreto di autorizzazione del giudice delle indagini preliminari -, che è da ritenersi debba essere espressamente motivata sul punto.

In riferimento al decreto motivato con cui il giudice autorizza le intercettazioni, viene esplicitamente collegata la motivazione agli stessi elementi che circostanziano la richiesta del pubblico ministero, e il rispetto di tali modalità viene stabilito a pena di inutilizzabilità delle conversazioni intercettate (lettera a).

 

In linea generale l’inutilizzabilità di un atto consiste nella sua inidoneità all’uso a fini probatori.

Tale sanzione è prevista dall’ordinamento per la violazione di un divieto probatorio oppure in conseguenza del mancato rispetto delle modalità stabilite per l’assunzione dei mezzi di prova. L'inutilizzabilità, non essendo sanabile, comporta l'eliminazione definitiva della prova dall’ambito processuale.

Il codice di procedura penale, oltre a prevedere singole ipotesi di inutilizzabilità, disciplina  tale istituto, in linea generale, agli articoli 191 (Prove illegittimamente acquisite) e 526 (Prove utilizzabili ai fini della deliberazione). La prima disposizione prevede l’inutilizzabilità, rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, in caso di acquisizione di prove in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. L'art. 526, invece, statuisce che il giudice non può utilizzare, ai fini della deliberazione, prove diverse da quelle legittimamente acquisite in sede dibattimentale, al fine di tutelare i principi della separazione delle fasi  e dell’assunzione della prova nel dibattimento.

 

Limitate sono le modifiche apportate al comma 2, riguardante la disciplina  delle intercettazioni nei casi di urgenza, relative alla formulazione espressa del dovere di comunicare al giudice il decreto motivato con cui il pubblico ministero ha disposto l’intercettazione (deve essere comunicato anziché va comunicato). Si prevede, inoltre, che il decreto con il quale il giudice decide sulla convalida sia motivato ai sensi del comma 1, realizzando così un collegamento esplicito della motivazione di tale decreto alla sussistenza di gravi indizi di reato e all’indispensabilità dell’intercettazione per la prosecuzione delle indagini (lettera b).

Infine, in relazione alla proroga della durata delle intercettazioni ambientali, la lettera c) dell’articolo in esame introduce il limite massimo di due proroghe, salvo che siano emersi nuovi elementi che rendano l’intercettazione assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini (art. 267, comma 3-bis).

 

L’articolo 2 della p.d.l. sostituisce il quarto comma dell’articolo 268 c.p.p. relativo alla trasmissione e deposito presso il PM (da parte della polizia giudiziaria) dei verbali delle intercettazioni. Esso, (di contenuto identico a quello dell’art. 7 della p.d.l. 1165) riformulando il citato quarto comma, integra la vigente formulazione con la precisazione che la trasmissione debba comunque avvenire non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione.

Spetterà al PM la custodia dei citati atti nell’apposito archivio riservato costituito presso di sé, di cui al primo comma dell’articolo 269 (vedi. art. 4 della proposta in esame).

Le successive abrogazioni dei commi 5, 6, 7 e 8 dell’articolo 268 sono conseguenza dell’introduzione - ad opera del successivo art. 3 della p.d.l. in esame - dei nuovi artt. da 268-bis a 268-quinquies c.p.p., che definiscono una nuova disciplinain tema di trasmissione e deposito dei verbali presso il GIP, di acquisizione delle conversazioni, di trascrizione delle registrazioni, di uso delle intercettazioni nelle indagini preliminari ed ascolto delle medesime al termine delle indagini.

 

L’articolo 3, come sopra ricordato, inserisce quattro nuovi articoli aggiuntivi dopo l’articolo 268 c.p.p. La finalità delle nuove disposizioni appare, in particolare, quella di garantire i diritti della difesa nella fase di acquisizione delle intercettazioni, di meglio definire ed individuare gli adempimenti da parte della polizia giudiziaria, del PM e del GIP ed, in generale, la sequenza procedimentale successiva all’esecuzione delle intercettazioni.

Il nuovo articolo 268 bis disciplina la trasmissione ed il deposito dei verbali.

Il pubblico ministero è tenuto a trasmettere al GIP entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni i verbali relativi alle conversazioni o a parti di esse che ritiene rilevanti motivando in merito alla rilevanza, unitamente ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione. Sono invece custoditi nell’archivio riservato di cui al nuovo comma 1 dell’articolo 269 gli atti relativi a conversazioni non utilizzabili e irrilevanti in quanto riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini (primo comma).

Il pubblico ministero può tuttavia essere autorizzato dal giudice delle indagini preliminari a ritardare la trasmissione dei verbali, in ogni caso non oltre la chiusura delle indagini preliminari, qualora possa derivare irreparabile pregiudizio per le indagini[18] (secondo comma).

Anche per l’emanazione del decreto di competenza del giudice delle indagini – con cui viene disposto il deposito dei verbali delle conversazioni ritenute rilevanti e utilizzabili nonché dei decreti trasmessi dal pubblico ministero – il nuovo articolo 268-bis in esame stabilisce un termine di dieci giorni decorrenti dalla trasmissione effettuata dal pubblico ministero, stabilendo contestualmente la restituzione al pubblico ministero – che li custodisce nell’archivio riservato - dei verbali delle conversazioni non depositati (terzo comma).

Vengono infine enunciati espressamente, in tale ambito, i diritti dei difensori (quarto comma): da un lato, ad essi è dato immediato avviso della facoltà di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell’archivio riservato, e di ascoltare le registrazioni, dall’altro ad essi è attribuita la facoltà di indicare specificamente le conversazioni, o parti di esse, non depositate, allo scopo di chiederne l’acquisizione enunciando le ragioni della loro rilevanza.

 

Il nuovo articolo 268-ter disciplina l’udienza di acquisizione delle conversazioni.

Il giudice provvederà con ordinanza motivata, sentite le parti, a disporre l’acquisizione delle conversazioni rilevanti ed utilizzabili, esaminando, qualora lo ritenga necessario, anche gli atti custoditi nell’archivio riservato di cui all’articolo 269, comma 1. In ogni caso la documentazione depositata ma non acquisita è restituita al pubblico ministero e custodita nel medesimo archivio riservato (comma 1).

Il comma 2 sancisce la facoltà dei difensori delle parti di estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l’acquisizione (comma 2).

In base al comma 3, inoltre, i verbali e le registrazioni non acquisiti sono coperti dal segreto (comma 3).

Ai sensi del comma 4, su provvedimento del giudice si procede a perizia per la trascrizione delle registrazioni o per la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche che siano state acquisite.

Le trascrizioni e le stampe sono acquisite al fascicolo degli atti di indagine e al fascicolo del dibattimento a norma dell’articolo 431.

 

L’articolo 431 (Fascicolo per il dibattimento) del codice di procedura penale contiene le disposizioni relative alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione di tale fascicolo immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio[19].

Le disposizioni relative alla formazione del fascicolo degli atti di indagine sono contenute, invece, all’articolo 373 del codice di rito.

 

Il comma 6 prevede il diritto dei difensori di estrarre copia delle trascrizioni e degli stampati.

Il comma 7, infine, contempla l’ipotesi in cui prima della conclusione delle operazioni di trascrizione delle registrazioni, sia stata presentata la richiesta di rinvio a giudizio. In tal caso, il giudice può fissare l’udienza preliminare e procedere alle deliberazioni del caso, quando per la decisione non è necessario attendere l’esito delle operazioni peritali.

 

Il nuovo articolo 268-quater, si compone di un unico comma finalizzato a disciplinare l’uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari.

In particolare, esso prevede l’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad adottare una decisione prima del deposito dei verbali delle conversazioni e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato le stesse intercettazioni, ai sensi dell’articolo 268-bis, comma 3. In tali casi, il pubblico ministero può presentare i risultati delle intercettazioni che ritiene rilevanti, anche a favore dell’indagato, e di cui non è vietata l’utilizzazione.

Il giudice, inoltre, dispone l’acquisizione, nel fascicolo degli atti di indagine, delle conversazioni rilevanti per la decisione, mentre gli atti relativi alle altre intercettazioni sono restituiti al pubblico ministero e custodite nell’archivio riservato previsto dall’articolo 269, comma 1, del codice di procedura penale, come riformulato dalla proposta di legge.

 

L’articolo 268-quinquiesè strutturato in 4 commi che disciplinano l’ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice.

Ai sensi del comma 1, dopo la chiusura delle indagini preliminari, il giudice, ove necessario ai fini della decisione, dispone, anche di ufficio, l’esame dei verbali e l’ascolto delle registrazioni custodite nell’archivio riservato di cui al citato articolo 269, comma 1.

 

La chiusura delle indagini preliminari è regolamentata nel Titolo VIII, del Libro V (Indagini preliminari e udienza preliminare) della Parte II del codice di procedura penale.

In particolare, l’articolo 405 (Inizio dell'azione penale. Forme e termini) stabilisce, al primo comma, che “il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio”. Al secondo comma, prevede, inoltre, che, “salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407 comma 2 lettera a)”[20].

La disciplina della durata delle indagini preliminari è fissata dall’articolo 407 del codice di procedura penale, il quale prevede che, in linea generale, tale durata non possa eccedere i diciotto mesi.

 

Ove sia richiesta l’archiviazione, il giudice, se provvede a norma dell’articolo 409, commi 4 e 5, indica al pubblico ministero le conversazioni rilevanti, fissando, ove occorra, l’udienza di acquisizione delle stesse (comma 2).

 

Per quanto concerne la richiesta di archiviazione, l’ipotesi più frequente in cui il pubblico ministero chiede al giudice delle indagini preliminari l’emanazione del relativo decreto è quella dell’infondatezza della notizia di reato.

La richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato è disciplinata dall’articolo 408 (Archiviazione per infondatezza della notizia di reato) del codice di procedura penale, il quale prevede, al primo comma, che “entro i termini previsti dagli articoli precedenti (ossia quelli relativi alla durata delle indagini preliminari), il pubblico ministero, se la notizia di reato è infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari”.

L’articolo 409 del codice di procedura penale disciplina, invece, i provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione.

Fuori dei casi in cui sia presentata opposizione alla richiesta di archiviazione, il giudice, ove ritenga di accogliere tale richiesta, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Tale provvedimento è notificato alla persona sottoposta alle indagini nei cui confronti, nel corso del procedimento, sia stata applicata la misura della custodia cautelare (comma 1). Nel caso in cui non accolga la richiesta, il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127 (ossia in camera di consiglio). Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia (comma 2). La fissazione dell'udienza è inoltre comunicata al procuratore generale presso la corte di appello (comma 3).

 

I commi 4 e 5 dell’articolo 409, cui fa riferimento la proposta di legge, dettano alcune disposizioni in merito ai provvedimenti che possono essere adottati dal giudice a seguito della richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero.

In particolare, il comma 4 del codice di procedura penale prevede che, a seguito dell'udienza di cui al comma 2 dello stesso articolo, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, indica, con ordinanza, tale adempimento al pubblico ministero, fissando contestualmente il termine indispensabile per provvedervi.

Il comma 5 prevede, invece, che, “fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l'udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419”.

Il comma 3 del nuovo articolo 268-quinquies, introdotto dalla proposta di legge, prevede che, nel corso dell’udienza preliminare, il giudice dispone, anche di ufficio, con ordinanza motivata, l’acquisizione delle conversazioni rilevanti.

 

La disciplina dell’udienza preliminare è contenuta nel Titolo IX (Udienza preliminare) del citato Libro V della Parte II del codice di procedura penale (articoli 416-433).

In particolare, secondo l’articolo 418, primo comma, il giudice, entro cinque giorni dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio, fissa con decreto il giorno, l’ora e il luogo dell’udienza in camera di consiglio, provvedendo a norma dell’art. 97 (relativo alla nomina di un difensore d’ufficio) quando l’imputato è privo di difensore di fiducia.

 

Il comma 4 precisa, infine, che, nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su specifica e motivata richiesta delle parti, l’acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza e che per la relativa trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.

 

L’articolo 4 novella l’art. 269 c.p.p., relativo alle modalità di conservazione della documentazione ovvero dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni.

 

Il vigente art. 269 prevede la conservazione integrale dei verbali e delle registrazioni presso il pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione (comma 1).

Salvo la possibile distruzione disposta dal giudice, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza irrevocabile. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio (comma 2). La distruzione, nei casi in cui è prevista, viene eseguita sotto controllo del giudice. Dell'operazione è redatto verbale (comma 3).

 

Il nuovo comma 1 dell’articolo 269 prevede la conservazione integrale della citata documentazione in uno speciale archivio riservato presso gli uffici del pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione; la norma vigente prevede, invece, genericamente, la conservazione presso il PM dei verbali e delle registrazioni.

Una ulteriore modifica prevede la sostituzione del secondo e terzo periodo del secondo comma dell’art. 269: le nuove disposizioni stabiliscono che la documentazione non necessaria (la formulazione sembra riferirsi a quella non rilevante) sia segretata fino alla definizione del procedimento; successivamente, il PM o la parte interessata possono chiederne la distruzione al GIP che decide con decreto all’esito di apposita udienza camerale.

 

L’articolo 5 della p.d.l. 1164 modifica l’art. 270 c.p.p., riguardante l’utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti.

Mentre la sostituzione del secondo comma dell’art. 270 ha natura di semplice coordinamento con le novità introdotte dall’art. 3 della proposta di legge, aggiornando semplicemente i riferimenti normativi, una ulteriore novità è costituita dal comma aggiuntivo 3-bis. La nuova disposizione prevede che copia della documentazione relativa alle intercettazioni depositata presso l’archivio riservato del PM che ha disposto l’intercettazione (cfr. art. 4 p.d.l.) venga trasmessa in copia al PM competente per il procedimento diverso, che provvede alla conservazione presso analogo archivio istituito presso i propri uffici.

 

L’articolo 6 della proposta di legge è finalizzato ad introdurre, dopo l’articolo 617-sexies del codice penale, il nuovo articolo 617-septies.

Tale articolo, inserito nella sezione V (Dei delitti contro la inviolabilità dei segreti) del Capo III (Dei delitti contro la libertà individuale) del Titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro II (Dei delitti in particolare), è diretto ad introdurre nel codice penale il delitto di rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazioni intercettate nel procedimento penale.

La nuova fattispecie delittuosa prevista dall’articolo 617-septies si perfeziona allorché l’agente riveli indebitamente il contenuto di conversazioni o comunicazioni intercettate e coperte dal segreto, delle quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza (primo comma).

La norma incriminatrice, nel tutelare l’interesse alla segretezza delle conversazioni o comunicazioni intercettate, prevede che la condotta criminosa possa consistere tanto nell’indebita rivelazione del contenuto di tali conversazioni o comunicazioni, quanto nell’agevolazione in qualsiasi modo di tale conoscenza.

Per quanto riguarda il soggetto attivo del reato, la disposizione prevede che la condotta delittuosa possa essere commessa da chiunque abbia acquisito conoscenza delle predette conversazioni o comunicazioni, in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale.

La pena prevista per la commissione del reato è la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Il secondo comma prevede, tuttavia, una riduzione della pena edittale ove l’agevolazione sia soltanto colposa. In tale circostanza, è comminata la reclusione fino ad un anno.

Il terzo comma disciplina, infine, l’ipotesi in cui il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio. In tal caso, trattandosi di una fattispecie aggravata, la norma prevede che il delitto sia sanzionato con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi previsti dal primo comma (fatto doloso), e con la reclusione da due mesi a due anni, nei casi previsti dal secondo comma (agevolazione colposa del reato).

 

Ai sensi dell'art. 357, comma 1, del codice penale sono pubblici ufficiali coloro che esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Il secondo comma dello stesso articolo chiarisce che è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.

L'articolo 358 del codice penale definisce invece la figura degli incaricati di pubblico servizio. Agli effetti della legge penale, rientrano in tale categoria coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, ossia un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima (poteri autoritativi e di certificazione). Non rientrano, invece, in tale categoria lo svolgimento di semplici mansioni d’ordine e la prestazione di opera meramente materiale.

 

L’articolo 7 della proposta di legge è, infine, dedicato a disposizioni di dettaglio relative al più volte citato archivio riservato delle intercettazioni, istituito presso il PM che le ha disposte.

A tal fine, viene introdotto un nuovo art. 89-bis nelle norme di attuazione al codice di rito penale (DPR 271/1989) il quale specifica che detto archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del PM con modalità tali da assicurare la riservatezza del loro contenuto. La norma precisa che i titolari del diritto di accesso ai materiali probatori contenuti nell’archivio, oltre, ovviamente, al PM, sono gli ausiliari dello stesso procuratore e, nei casi previsti dalla legge, il giudice ed i difensori.

In un apposito registro sarà annotato ogni accesso alla documentazione, con l’indicazione della persona interessata, della data dell’ora iniziale e finale della consultazione e degli atti dell’archivio di cui si è preso conoscenza. E’ ammesso l’ascolto delle intercettazioni da parte del difensore ma non la possibilità per quest’ultimo di ottenerne copia.

 

L’articolo 8 della proposta di legge è diretto a riformulare l’articolo 684 del codice penale.

L’articolo 684, inserito nel Paragrafo 1 (Delle contravvenzioni concernenti la tutela preventiva dei segreti) nella Sezione III (Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione di talune specie di reati), del Capo I (Delle contravvenzioni concernenti la polizia di sicurezza), del Titolo I (Delle contravvenzioni di polizia), del Libro III (Delle contravvenzioni in particolare) del codice penale, prevede un reato contravvenzionale concernente la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.

Secondo la formulazione vigente di tale articolo, chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d’informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione è punito con l’arresto fino a 30 giorni o con l’ammenda da euro 51 ad euro 258.

A seguito della riformulazione, l’articolo 684 prevede che, in caso di pubblicazione, integrale o parziale, anche per riassunto o a guisa d’informazione, di atti di indagine di un procedimento penale, o del loro contenuto, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, l’editore sia punito con la sanzione amministrativa della multa da euro ventimila a euro centomila (primo periodo).

A differenza del testo vigente, che configura un reato comune (realizzabile da “chiunque”), la nuova norma sembrerebbe individuare quale soggetto attivo della fattispecie l’editore responsabile della pubblicazione.

Si segnala, inoltre, che, mentre il testo vigente dell’articolo 684 prevede che la pubblicazione arbitraria abbia ad oggetto atti o documenti di un procedimento penale, la nuova formulazione specifica che oggetto della pubblicazione sono gli atti di indagine di un procedimento penale.

Per quanto concerne gli aspetti sanzionatori, parrebbe opportuno chiarire se la nuova disposizione intenda irrogare una mera sanzione amministrativa ovvero comminare la pena della multa. Nel primo caso (cui conseguirebbe la qualificazione della fattispecie come illecito amministrativo, qualificazione che sembrerebbe dedursi anche dal riferimento al Garante dei dati personali quale autorità competente ad irrogare la sanzione) sarebbe opportuno non inserire tale previsione nell’impianto del codice penale. Nella seconda ipotesi (cui conseguirebbe la qualificazione della fattispecie come delitto), invece, potrebbe risultare improprio inserire la norma incriminatrice nel Libro III del codice penale dedicato alle contravvenzioni (per le quali la pena pecuniaria è rappresentata dall’ammenda).

Come già indicato, il progetto di legge prevede che l’Autorità competente ad irrogare la sanzione sia il Garante per la protezione dei dati personali, il quale quantifica la sanzione stessa sulla base della gravità del fatto e della diffusione del mezzo di comunicazione (secondo periodo).

 

Per completezza, appare opportuno ricordare che, in materia di reati commessi a mezzo della stampa periodica, l’articolo 57 del codice penale prevede che “Salva la responsabilità  dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione  siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo”.

Ai sensi dell’articolo 57-bis, ove si tratti di stampa non periodica, le disposizioni del succitato articolo 57 si applicano all’editore, se l’autore è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile.

 

L’articolo 9, suddiviso nelle lettere a) e b),apporta modificazioni all’articolo 114 del codice di procedura penale, prevedendo ulteriori limitazioni alla pubblicazione di atti del procedimento penale.

L’articolo 114 (Divieto di pubblicazione di atti e di immagini), situato nel Titolo I (Disposizioni generali) del Libro II (Atti) della Parte I del codice di procedura penale, reca un’articolata disciplina del divieto di pubblicazione degli atti coperti dal segreto.

La lettera a) dell’articolo in esame sostituisce il comma 2 del citato articolo 114, statuendo il divieto di pubblicazione, anche parziale, di atti di indagine o del loro contenuto fino a che non siano concluse le indagini preliminari.

Il testo vigente di tale comma prevede, invece, che è vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.

Dal raffronto delle due disposizioni, si evince che mentre il testo originario del citato comma 2 dell’art. 114 prevede che il medesimo divieto attenga ai soli atti non più coperti dal segreto (in quanto conosciuti dall’indagato e dal suo difensore), quello riformulato risulta più restrittivo, stabilendo che oggetto del divieto di pubblicazione sono tutti gli atti di indagine o il loro contenuto (es. i riassunti delle intercettazioni). Per quanto concerne i termini del divieto di pubblicazione, il nuovo testo precisa che il divieto si applica fino alla conclusione delle indagini preliminari, mentre il testo vigente stabilisce che il divieto si estende fino alla conclusione delle indagini preliminari o al termine dell’udienza preliminare.

La lettera b) ha natura di coordinamento con la nuova formulazione del comma 2 dell’art. 114, abrogando, infatti, il comma 7 del citato articolo 114, in base al quale è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.

Si segnala che sull’art. 114 c.p.p. sono intervenuti anche gli articoli 2 della p.d.l. 1165, ed 1 della p.d.l. 1170 e della p.d.l. 1344.

La proposta di legge A.C. 1165

La proposta A.C. 1165 (Fabris ed altri) si compone di 11 articoli che intervengono, in particolare, sulla disciplina dettata dal codice processuale penale in materia di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni nonchè sulla sanzionabilità penale degli illeciti collegati, con la principale finalità – manifestata dalla stessa relazione al provvedimento - di rendere “più rigido il divieto di pubblicazione dei relativi atti”.

L’articolo 1 modifica l’art. 329 del codice di rito penale, relativo all’obbligo del segreto d’indagine.

 

Attualmente, ai sensi del vigente primo comma dell’art. 329 c.p.p., tale segreto copre gli atti di indagine compiuti dal PM e dalla polizia giudiziaria fino a quando l’imputato non ne abbia conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari (sancita dalla richiesta di archiviazione o dall’esercizio dell’azione penale).

 

Con la novella introdotta dall’art. 1 della p.d.l., il vincolo del segreto (nonché il divieto di pubblicazione) diventa più stringente, coprendo tutti gli atti di indagine compiuti nel corso delle indagini preliminari nonchè ogni altro atto presupposto (es. l’informazione di garanzia di cui all’art. 369 c.p.p.). Ricadrebbero, in particolare, nel segreto anche gli atti di cui la persona sottoposta alle indagini (o il suo difensore) sia già a conoscenza.

 

L’articolo 2 del provvedimento in esame interviene sul secondo e settimo comma dell’art. 114 c.p.p (Divieto di pubblicazione di atti e di immagini). Interventi di diversa natura sono stati apportati allo stesso art. 114 c.p.p.  da parte, rispettivamente, dell’articolo 9 della p.d.l. 1164,  dell’art. 1 della p.d.l. 1170 e dell’art. 1 della p.d.l. 1344..

Il vigente art. 114 c.p.p. prevede sia vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto (primo comma).

Il secondo comma stabilisce, invece, il divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.

Mentre la modifica al secondo comma dell’art. 114 riveste valore di semplice coordinamento con la novella introdotta all’art. 329 dall’art. 1 della p.d.l., con la riformulazione del settimo comma si introducono specifici ulteriori divieti di pubblicazione in tema di intercettazioni.

Se l’attuale art. 114, settimo comma, consente sempre la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto, la nuova norma include nel divieto di pubblicazione:

§      le intercettazioni di cui sia stata ordinata la distruzione da parte del GIP (ovvero quelle che non siano più necessarie al procedimento);

§      le intercettazioni che non rispondano:

-       ad una utilità sociale dell’informazione;

-        ad un reale interesse pubblico ovvero che riguardino la sfera privata di persone estranee al procedimento penale.

 

L’articolo 3 modifica gli articoli 326 e 684 del codice penale in materia, rispettivamente, di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio e di pubblicazione arbitrata di atti di un procedimento penale.

 

Il vigente art. 326 c.p. (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio) stabilisce che il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d'ufficio che debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (primo comma). Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno (secondo comma).

Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d'ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni (terzo comma).

 

Il comma 1 dell’art. 3 della proposta di legge novella l’art. 326 c.p. Con una prima modifica è introdotto dopo il comma 1 un comma aggiuntivo con cui è sanzionata più severamente la violazione del segreto d’ufficio da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio quando l’illecito abbia ad oggetto intercettazioni o il loro contenuto; la pena prevista è, in tal caso, la reclusione da uno a quattro anni (nuovo comma 1-bis, v. ultra).

Con l’introduzione di un ultimo comma nello stesso art. 326 si precisa, poi, che quando l’utilizzazione del segreto d’ufficio (“il fatto di cui al terzo comma”) ”riguarda le ipotesi previste dal secondo comma” (ovvero la violazione del segreto sulle intercettazioni) si applica la pena della reclusione fino a due anni.

 

Si osserva come il citato riferimento fatto dall’art. 3, comma 1, lett. b) della p.d.l. alle “ipotesi previste dal secondo comma” (dell’art. 326) ovvero la violazione di segreto in tema di intercettazioni, non sembrerebbe corretto. Si ricorda, infatti, in base alle prescrizioni contenute nella circolare del Presidente della Camera 20 aprile 2001 (sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi normativi)[21], quando una novella introduce nuovi commi, questi vanno contrassegnati con lo stesso numero cardinale del comma dopo il quale sono inseriti integrato con l’avverbio numerale latino bis, ter, quater, ecc. (come, correttamente, fatto dagli artt. 5, 6 e 10 della p.dl.).

Il riferimento corretto dovrebbe essere, quindi, non alle ipotesi previste dal secondo comma bensì alle “ipotesi previste dal comma 1-bis”.

 

Il comma 2 dell’art. 3 novella l’art. 684 del codice penale che sanziona attualmente a titolo di contravvenzione (quindi penalmente) la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.

Sulla stessa norma intervengono sia l’art. 8 della p.d.l. 1164 che gli artt. 10 della p.d.l. 1170 e 10 della p.d.l. 1344.

 

Il vigente art. 684 c.p. punisce con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da 51 a 258 euro chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione.

Il comma 2 introduce, per il reato di cui all’art. 684 c.p., in sostituzione dell’ammenda, la previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 20.000 euro.

 

Va osservato che la sola pena pecuniaria prevista per le contravvenzioni è costituita dall’ammenda (art. 17 c.p.), sanzione avente natura penale. La punibilità con sanzione amministrativa pecuniaria (peraltro non irrogabile in alternativa all’arresto, come l’art. 684 novellato prevedrebbe) è possibile solo a fronte di una depenalizzazione dell’illecito in oggetto.

 

L’articolo 4 aggiunge un art. 25-septies al D.Lgs 231/2001 (sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche)[22] che prevede la sanzionabilità della persona giuridica, proprietaria di mezzi di informazione che pubblichi arbitrariamente atti di un procedimento penale (art. 684 c.p.); la pena prevista è quella amministrativa pecuniaria da cento a centocinquanta quote.

 

L’art. 10 del D.Lgs 231/2001 prevede che per l'illecito amministrativo della persona giuridica dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria. Quest’ultima, per cui non è ammesso il pagamento in misura ridotta, viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento nè superiore a mille.

L'importo di una quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.

Ai sensi del successivo art. 11, la commisurazione della sanzione pecuniaria è opera del giudice che determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.

L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

 

L’articolo 5 della p.d.l. integra con un comma aggiuntivo il contenuto dell’art, 266-bis c.p.p., norma che consente l’intercettazione di comunicazioni che avvengano attraverso sistemi informatici e telematici.

Il nuovo comma 1-bis precisa che anche tale tipo di intercettazioni sono, di regola, soggette alla disciplina codicistica in materia di intercettazioni telefoniche. Come affermato dalla stessa relazione alla proposta di legge, si tratta di una norma di carattere tecnico volta ad evitare che in tutte le disposizioni di settore debba farsi necessariamente riferimento anche ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

 

L’articolo 6 interviene sulla disciplina delle cd. intercettazioni ambientali ovvero le intercettazioni tra presenti di cui all’art. 266, secondo comma, c.p.p.. In base alla norma da ultimo citata, tale tipo di atti di indagine sono ammessi negli stessi limiti previsti per le intercettazioni telefoniche (reati di cui all’art. 266, primo comma e durata massima di quindici giorni, prorogabile più volte), salvo quando  avvenga nei luoghi di privato domicilio dell’intercettato (tra essi, è compresa l’automobile); in tali ipotesi, infatti, la legittimità dell’intercettazione ambientale deriva da un fondato motivo che in tali luoghi si stia svolgendo l’attività criminosa.

L’articolo 6 della p.d.l. aggiunge un comma 3-bis all’art. 267 c.p.p. (Presupposti e forme del provvedimento) con cui si introducono precisi limiti temporali alle intercettazioni ambientali: a differenza delle intercettazioni “ordinarie”, quelle tra presenti non potranno, infatti, eccedere i quarantacinque giorni (in tal senso, la norma precisa un massimo di due sole proroghe del periodo iniziale di quindici giorni).

Il comma 3-bis introduce, inoltre, ulteriori limiti alla richiesta (del PM) di una nuova intercettazione ambientale nello stesso luogo. Sarà, infatti, necessario ( e la valutazione in tal senso spetta al GIP):

§      che vi siano nuovi elementi che rendano assolutamente indispensabile l’intercettazione ai fini del proseguimento dell’indagine;

§      che il decreto di autorizzazione sia emesso dal GIP per effettive e gravi esigenze di giustizia

 

L’articolo 7 della proposta in esame, che sostituisce il quarto comma dell’art. 268 c.p.p., è di contenuto identico a quello dell’art. 2 della p.d.l. AC 1164, alla cui illustrazione si fa rinvio;

 

Come accennato, l’articolo 8 inserisce cinque nuovi articoli aggiuntivi dopo l’articolo 268 c.p.p.

Il nuovo articolo 268 bis disciplina la trasmissione ed il deposito presso il GIP dei verbali delle intercettazioni.

Il primo comma di tale articolo riproduce il contenuto dell’analogo comma 1 dell’art. 268-bis, introdotto dall’art. 3 della p.dl. 1164. La nuova norma impone al PM una preliminare selezione del materiale probatorio, dovendo egli trasmettere al GIP con decreto - entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni – iverbali che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, motivando in merito alla rilevanza, unitamente ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione. Rimangono invece custoditi nell’archivio riservato del PM di cui al nuovo comma 1 dell’articolo 269 gli atti relativi a conversazioni non utilizzabili e irrilevanti in quanto riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini (primo comma).

Il PM può tuttavia essere autorizzato dal giudice delle indagini preliminari a ritardare la trasmissione dei verbali, in ogni caso non oltre la chiusura delle indagini preliminari, qualora possa derivare grave pregiudizio per le indagini (secondo comma).

Si ricorda che l’identica norma prevista dall’art. 3 della p.d.l. AC 1164  fa riferimento alla “semplice” gravità del pregiudizio.

Anche per l’emanazione del decreto di competenza del GIP – con cui viene disposto il deposito dei verbali delle conversazioni ritenute rilevanti e utilizzabili nonché dei decreti trasmessi dal pubblico ministero – il nuovo articolo 268 bis in esame stabilisce un termine di dieci giorni decorrenti dalla trasmissione effettuata dal pubblico ministero, stabilendo contestualmente la restituzione al pubblico ministero – che li custodisce nell’archivio riservato - dei verbali delle conversazioni non depositati (terzo comma).

Anche in questo caso il contenuto del comma illustrato coincide con quello del corrispondente terzo comma dell’art. 268-bis, di cui all’art. 3 della p.d.l. 1164.

Il citato decreto fisserà anche l’udienza camerale (di cui al successivo art. 268-ter) per l’acquisizione delle conversazioni, di cui è dato avviso alle parti e al PM.

Vengono infine enunciati espressamente, in tale ambito, i diritti dei difensori: da un lato, ad essi è dato immediato avviso della facoltà di esaminare tutti gli atti (sia quelli depositati, cioè quelli valutati rilevanti, che quelli custoditi nell’archivio riservato) e di ascoltare le registrazioni, dall’altro ad essi è attribuita la facoltà – entro cinque giorni prima dell’udienza - di indicare specificamente le intercettazioni (o le parti di esse) non depositate allo scopo di chiederne l’acquisizione enunciando le ragioni della loro rilevanza.

 

Il nuovo articolo 268-ter disciplina la citata udienza di acquisizione delle conversazioni.

Il giudice provvederà con ordinanza motivata, sentite le parti, a disporre l’acquisizione delle conversazioni rilevanti ed utilizzabili, esaminando, qualora lo ritenga necessario, anche gli atti custoditi nell’archivio riservato del PM di cui all’articolo 269, comma 1 (v. ultra, art. 9 p.d.l.). In ogni caso la documentazione depositata ma non acquisita è restituita al pubblico ministero e custodita nel medesimo archivio riservato (comma 1).

Il comma 2 conferma la facoltà dei difensori delle parti di estrarre copia delle conversazioni “acquisite” (in quanto rilevanti) mentre i verbali e le registrazioni non acquisiti sono coperti dal segreto (comma 3).

Ai sensi del comma 4, su provvedimento del giudice si procede mediante perizia (v. ultra, art. 268-quater, primo comma) alla trascrizione delle registrazioni o alla stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche che siano state acquisite. Tale documentazione, ai sensi del secondo comma del successivo nuovo art. 268-quater, viene acquisita al fascicolo degli atti di indagine e al fascicolo del dibattimento.

 

L’articolo 268-quater,oltre a quello appena citato, si compone di ulteriori tre commi relativi alle trascrizioni delle registrazioni.

Il primo comma prevede, a fini di garanzia, l’osservanza delle forme della perizia per le operazioni di trascrizione; il terzo comma sancisce il diritto dei difensori ad estrarre copia di trascrizioni e stampe delle registrazioni

Il quarto comma contempla l’ipotesi in cui prima della conclusione delle operazioni di trascrizione delle registrazioni, sia stata presentata la richiesta di rinvio a giudizio da parte del PM; in tal caso, il giudice può fissare l’udienza preliminare e procedere alle deliberazioni del caso, quando per la decisione sia superfluo aspettare l’esito della perizia.

I commi 3 e 4 dell’art. 268-quater riproducono il contenuto, rispettivamente, dei commi 6 e 7 dell’art. 268-ter, di cui all’art. 3 della p.d.l. 1164.

 

L’articolo 268-quinquies prevede l’ipotesi in cui il PM voglia utilizzare il risultato delle intercettazioni durante le indagini. In tal caso, in cui il giudice può quindi venir chiamato ad adottare una decisione prima del deposito dei verbali delle conversazioni ritenute rilevanti (art. 268-bis, terzo comma), si stabilisce che il pubblico ministero può presentare i soli risultati delle intercettazioni che ritiene rilevanti, anche a favore dell’indagato, e di cui non è vietata l’utilizzazione.

Il giudice dispone l’acquisizione nel fascicolo degli atti di indagine delle conversazioni da lui ritenute rilevanti per la decisione, mentre gli atti relativi alle altre intercettazioni sono restituiti al pubblico ministero e custodite nell’archivio riservato previsto dal nuovo articolo 269, comma 1, del codice di procedura penale. Si avrà in tal caso, a fini di tutela della riservatezza ed anche in assenza del decreto di acquisizione da parte del GIP, una doppia selezione del materiale probatorio: la prima da parte del PM, la seconda ad opera del giudice.

 

I quattro commi del successivo articolo 268-sexiesdisciplinano l’ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice.

Il contenuto di tali disposizioni risulta identico a quello dell’art. 268-quinquies introdotto dall’art. 3 della p.d.l. 1164, cui si fa rinvio.

 

L’articolo 9 novella l’art. 269 c.p.p., relativo alle modalità di conservazione della documentazione ovvero dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni.

Il nuovo comma 1 dell’articolo 269, prevede la conservazione integrale della citata documentazione in uno speciale archivio riservato presso gli uffici del pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione; la norma vigente prevede, invece, genericamente, la conservazione presso il PM dei verbali e delle registrazioni. Tale norma risulta di formulazione identica a quella del comma 1 dell’art. 269, come riformulato dall’art. 4 della p.d.l. 1164.

Un’ulteriore novità riguarda il secondo comma dell’art. 269, nella parte relativa alla possibile distruzione della documentazione.

A parte la regola generale dell’obbligo di conservazione delle registrazioni fino alla sentenza irrevocabile, il vigente comma 2 dell’art. 269 prevede che, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, gli interessati possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione; quest’ultimo decide con procedimento camerale ex art. 127 c.p.p..

La nuova formulazione del comma 2 prevede che oltre che su impulso degli interessati, la distruzione possa essere richiesta anche dal PM; è, inoltre, stabilito che la relativa decisione del giudice sia assunta con procedimento in camera di consiglio anche quando la distruzione è chiesta contestualmente alla richiesta di archiviazione del procedimento. La novità del rito camerale risponde all’esigenza di garantire il contraddittorio, così recependo anche le indicazioni della Corte costituzionale (sent. 30 dicembre 1994, n. 463).

 

Il contenuto dell’articolo 10 della p.d.l. in esame, relativo a modifiche dell’art. 270 c.p.p. in tema di utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti, è di contenuto identico a quello dell’articolo 5 dell’illustrata proposta di legge AC 1164, cui si fa rinvio.

 

Analogamente, l’articolo 11 riproduce il contenuto dell’articolo 7 della p.d.l. 1164 (alla cui illustrazione si fa rinvio), relativo alla introduzione nelle norme di attuazione al c.p.p. di un nuovo art. 89-bis, in materia di disciplina dell’archivio riservato del PM.

 

La proposta di legge A.C. 1170

La proposta di legge A.C. 1170 (Craxi) si compone di dieci articoli diretti ad introdurre nel codice penale ed in quello di procedura penale alcune disposizioni in ordine alle intercettazioni di conversazioni o di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

Come sottolineato dalla relazione illustrativa, la proposta di legge in esame è diretta ad introdurre limitazioni all’uso indiscriminato delle intercettazioni ed a tutelare la privacy dei cittadini e dei personaggi pubblici. Le disposizioni contenute nel progetto di legge sono finalizzate, altresì, a prevenire l’indiscriminata pubblicazione degli atti e delle indagini preliminari a discapito del principio di non colpevolezza fino all’eventuale condanna definitiva e del diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti, senza che ciò comporti la compressione dei poteri d’indagine del pubblico ministero e la violazione delle prerogative di tale ufficio rispetto alla direzione delle indagini preliminari.

 

L’articolo 1 della proposta di legge prevede l’inserimento di un comma 7-bis all’articolo 114 del codice di procedura penale, in materia di divieto di pubblicazione di atti ed immagini.

 

Come già ricordato, l’articolo 114 del codice di procedura penale statuisce il divieto di pubblicazione degli atti coperti dal segreto. In particolare, esso vieta la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto (comma 1).

 

Il nuovo comma 7-bis, introdotto dal progetto di legge, estende la portata del suddetto divieto di pubblicazione. In particolare, esso stabilisce che, anche dopo la scadenza dei termini indicati nell’articolo 114, è comunque vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e dei dati relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stata ordinato lo stralcio o la distruzione ai sensi degli articoli 268, 269 e 271.

In proposito va osservato che, poiché il suddetto articolo 114 fa riferimento a termini riguardanti fasi e modalità diverse del procedimento penale sarebbe opportuno chiarire a quali dei sopraccitati termini la disposizione intende far riferimento. 

 

In proposito, il secondo comma del suddetto articolo 114 prescrive cheè vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”.

Il terzo comma, primo periodo, prevede, inoltre, che, “se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello”.

Ai sensi del quarto comma, “è vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall’art. 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia”.

Infine, il sesto comma, primo periodo, stabilisce che “è vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni”.

 

Il divieto di pubblicazione di cui al comma 7-bis ha ad oggetto la documentazione ed i dati relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stato ordinato lo stralcio o la distruzione ai sensi degli articoli 268, 269 e 271.

 

Al riguardo, va ricordato che lo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l’utilizzazione ai sensi dell’articolo 271 del codice di procedura penale è effettuato anche d’ufficio dal giudice, una volta scaduto il termine per l’esame degli atti da parte dei difensori (articolo 268, sesto comma, c.p.p.).

Fermo restando che le registrazioni sono comunque conservate fino a sentenza non più impugnabile, gli interessati possono chiedere la distruzione della documentazione non necessaria per il procedimento, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l’intercettazione (articolo 269, secondo comma,  c.p.p.).

La distruzione della documentazione di cui è vietata l’utilizzazione è, peraltro, disposta dal giudice in ogni stato e grado del processo, salvo che costituisca corpo del reato (articolo 271, terzo comma, c.p.p.).

Per un’esposizione più dettagliata del contenuto degli articoli 268, 269 e 271 si rinvia al quadro normativo sopra riportato.

 

L’articolo 2 della proposta di legge è costituito da un unico comma, che modifica il testo del terzo comma dell’articolo 268 del codice di procedura penale.

 

Il citato articolo 268, concernente l’esecuzione delle operazioni finalizzate all’intercettazione delle comunicazioni, prevede, al terzo comma, che tali operazioni siano compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, ove tali impianti siano insufficienti o inidonei ed esistano eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, che siano utilizzati impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.

 

A seguito della modifica apportata dall’articolo 2 del progetto di legge, la nuova formulazione del terzo comma, secondo periodo, dell’articolo 268 del codice di procedura penale risulterebbe la seguente: “Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, a pena di nullità, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria”.

Innovando il testo attualmente in vigore, la disposizione prevede la sanzione della nullità dei provvedimenti adottati, nell’ipotesi in cui le operazioni relative alle intercettazioni siano state effettuate mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria, in assenza di un provvedimento motivato del pubblico ministero.

 

L’articolo 3 del progetto di legge è diretto ad introdurre il comma 4-bis, all’articolo 268 del codice di procedura penale.

In particolare, ai sensi del nuovo comma 4-bis, sono depositati in segreteria esclusivamente i verbali e le registrazioni delle comunicazioni citate nei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione.

 

La disposizione in esame richiama quanto previsto al comma 4 del già citato articolo 268 del codice di procedura penale, il quale stabilisce che “i verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga”.

 

La disposizione di cui al comma 4-bis appare pertanto finalizzata a limitare il deposito in segreteria ai verbali ed alle registrazioni delle comunicazioni citate nei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano l’intercettazione.

 

L’articolo 4 dellaproposta di leggeriformula il comma 6 del citato articolo 268 del codice di procedura penale, che disciplina l’acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazione informatiche o telematiche, nonché lo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata la divulgazione.

 

Secondo la relazione illustrativa, la proposta di legge in esame si prefigge, tra l’altro, “la modifica dell’attuale procedimento “di stralcio” delle registrazioni e dei verbali dei quali è vietata l’utilizzazione, attraverso la previsione di un’udienza in camera di consiglio in cui si realizzi un effettivo confronto tra accusa e difesa […] nella selezione del materiale oggetto di intercettazione destinato ad essere acquisito al fascicolo del pubblico ministero e utilizzato nel procedimento”. La Relazione precisa, altresì, che “fin dalla fase delle indagini preliminari verrebbe così consentita una prima “scrematura” del materiale trasmesso dagli operatori al pubblico ministero e da questi depositato, con la conseguente eliminazione di quanto acquisito in violazione di legge ovvero manifestamente estraneo all’oggetto del procedimento”.

 

Le novità introdotte dal nuovo testo del predetto comma 6 riguardano il termine di preavviso delle operazioni di stralcio ai difensori ed al pubblico ministero, nonché la conservazione e custodia degli atti non acquisiti relativi alle intercettazioni.

Per quanto concerne il primo aspetto, il terzo periodo del nuovo comma 6 prevede che il pubblico ministero e i difensori siano avvisati delle operazioni di stralcio delle registrazioni e dei verbali dei quali è vietata l’utilizzazione almeno cinque giorni prima. Il testo vigente del medesimo comma 6 stabilisce, invece, che l’avviso sia dato almeno ventiquattro ore prima.

L’A.C. 1170 introduce, inoltre, una peculiare disciplina in ordine alle modalità di conservazione e custodia degli atti non acquisiti. In particolare, secondo l’ultimo periodo del nuovo comma 6, il giudice dispone che la documentazione e gli atti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche non acquisiti siano conservati in un fascicolo sigillato e custodito in un apposito ufficio presso la procura della Repubblica.

 

L’articolo 5 si articola in due commi diretti ad apportare alcune modifiche all’articolo 269 del codice di procedura penale che disciplina la conservazione della documentazione relativa alle intercettazioni.

Il primo comma dell’articolo in esame modifica il comma 1 dell’articolo 269, il quale, a seguito della riformulazione, avrebbe, pertanto, il seguente tenore: “I verbali e le registrazioni, acquisiti a norma dell’articolo 268, comma 6, sono conservati integralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione”. Rispetto al testo vigente, la nuova formulazione del comma 1 dell’articolo 269 contiene un esplicito richiamo alla procedura di acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui all’articolo 268, comma 6 del codice di procedura penale.

Il secondo comma dell’articolo in commento modifica, invece, il secondo periodo del comma 2 del citato articolo 269 del codice di procedura penale. Per effetto di tale modifica, la disposizione risulterebbe riformulata nel seguente modo: “Tuttavia, in ogni stato e grado del procedimento, gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione”. In tal caso, la novità introdotta riguarderebbe la possibilità degli interessati di chiedere al giudice, in ogni stato e grado del procedimento, la distruzione della documentazione non necessaria, a tutela della riservatezza. 

La ratio di tali disposizioni è chiarita dalla Relazione illustrativa, secondo la quale la disciplina dettata dal progetto di legge A.C. 1170 consentirebbe “la distruzione del materiale manifestamente inconferente ai fini del procedimento, con la conseguente riduzione del rischio di illegittima diffusione dei loro contenuti”.

 

L’articolo 6 è diretto ad introdurre il comma 2-quater all’articolo 292 del codice di procedura penale.

L’articolo 292 (Ordinanza del giudice), inserito nel Capo IV (Forma ed esecuzione dei provvedimenti) del Titolo I (Misure cautelari personali) del libro IV (Misure cautelari) della Parte I del codice di procedura penale, definisce il contenuto ed i requisiti dell’ordinanza con la quale il giudice dispone le misure cautelari.

Il nuovo comma 2-quater stabilisce limiti alla riproduzione delle comunicazioni intercettate nelle ordinanze che dispongono misure cautelari. In particolare, tali ordinanze non possono riprodurre il contenuto di intercettazioni telefoniche e, qualora le intercettazioni costituiscano indizi gravi, il giudice ne indica soltanto la rilevanza unitamente agli elementi necessari per la loro individuazione negli atti del processo.

 

L’articolo 7 aggiunge un nuovo periodo, dopo il primo, al comma 3 dell’articolo 293 del codice di procedura penale.

L’articolo 293 del codice di procedura penale disciplina gli adempimenti esecutivi concernenti le ordinanze che dispongono misure cautelari. In particolare, il primo periodo del terzo comma di tale articolo stabilisce che le ordinanze che dispongono la custodia cautelare ovvero misure cautelari diverse dalla custodia, dopo la notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa.

Il nuovo periodo, inserito dalla proposta di legge, prevede che siano depositati presso la cancelleria esclusivamente i verbali delle intercettazioni espressamente indicate nella richiesta del pubblico ministero.

 

L’articolo 8 della proposta di legge inserisce, dopo il comma 1 dell’articolo 329 del codice di procedura penale, il comma 1-bis, finalizzato a disciplinare il segreto sull’intercettazione di conversazioni o di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

L’articolo 329 (Obbligo del segreto), inserito nel Titolo I (Disposizioni generali) del Libro V (Indagini preliminari e udienza preliminare) della Parte II del codice di procedura penale, disciplina il segreto (investigativo) sugli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria. Al riguardo, il primo comma prevede che tali atti siano coperti dal segreto “fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari”.

Il nuovo comma 1-bis dell’articolo 329 precisa che gli atti relativi all’intercettazione di conversazioni o di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche sono coperti dal segreto fino alla conclusione dell’udienza di cui all’articolo 268, comma 6.

La finalità della disposizione è chiarita, ancora una volta, dalla relazione illustrativa, secondo la quale “fino a tale momento (ossia l’udienza di cui all’articolo 268, comma 6), anche se successivo alla conclusione delle indagini preliminari, tali atti resterebbero non pubblicabili ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 329 del codice di procedura penale e, al contempo, permarrebbe, in caso di illegittima divulgazione, la responsabilità dell’ufficio tenuto alla conservazione e al mantenimento del segreto”.

 

L’articolo 9 è volto a modificare il primo comma dell’articolo 326 del codice penale.

Il suddetto articolo 326, inserito nel Capo I (Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) Titolo II (Dei delitti contro la pubblica amministrazione) del Libro II (Dei delitti in particolare) del codice penale, prevede il delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio. In particolare, il testo vigente del primo comma, stabilisce che, “il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d'ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

La modifica introdotta dall’articolo 9 del progetto di legge comporta, per tale fattispecie di reato, l’incremento del minimo edittale della pena da sei mesi ad un anno.

 

L’articolo 10 del progetto di legge è diretto a modificare l’articolo 684 del codice penale, elevando le pene stabiliteper l’ipotesi di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale ed introducendo una sanzione amministrativa per l’editore responsabile della pubblicazione di atti o documenti di cui per legge è vietata la pubblicazione.

L’articolo 10 della proposta di legge prevede che l’ammenda stabilita per la commissione dell’illecito contravvenzionale, compresa tra 51 e 258 euro, sia sostituita da un’ammenda più elevata da 125 a 375 euro.

L’articolo in esame aggiunge, altresì, un nuovo comma all’articolo 684 del codice penale. Tale comma aggiuntivo stabilisce che, nel caso in cui siano pubblicati, in tutto o in parte, atti o documenti di un procedimento penale, di cui è vietata per legge la pubblicazione, l’editore sia punito con la sanzione amministrativa da euro centomila a euro un milione.

Sulla stessa norma intervengono sia l’art. 8 della p.d.l. 1164 che l’art. 3 della p.dl. 1165.

 

Al riguardo, si segnala che, poiché tale disposizione è finalizzata a comminare solo una sanzione amministrativa, apparirebbe più opportuno non includerla nell’ambito del codice penale.

Come già ricordato, in base all’articolo 17, secondo comma, del codice penale, la pena pecuniaria stabilita per le contravvenzioni è l’ammenda.

La proposta di legge A.C. 1344

Anche la proposta in esame intende introdurre una disciplina più restrittiva in materia di intercettazioni che, nel rispetto delle esigenze investigative, tuteli più efficacemente la riservatezza dei cittadini con particolare riferimento alla illecita divulgazione del contenuto delle conversazioni e, più in generale, degli atti del procedimento penale nella fase delle indagini preliminari.

Secondo la relazione al provvedimento, gli undici articoli della p.dl. “mantengono inalterata l’importanza e l’utilita` dello strumento operativo delle intercettazioni, consentendone un incisivo uso per la repressione delle piu` gravi forme di reato e assicurando in ogni caso un alto livello di garanzia alle esigenze di sicurezza della collettivita`”.

 

L’articolo 1 novella l’art. 114 c.p.p., in materia di divieto di pubblicazione di atti di indagine.

La lett. a) sostituisce il comma 2 del citato art. 114 stabilendo il divieto di pubblicazione, anche parziale, di atti di indagine non più coperti dal segreto o del loro contenuto fino al termine delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.

Rispetto al vigente comma 2 oltre alla precisazione che il divieto riguarda gli atti di indagine, la nuova disposizione include nel divieto di pubblicazione non solo gli atti ma anche il loro contenuto (ovvero i riassunti degli stessi).

La lett. b), con l’abrogazione del comma 7 dell’art. 114, ha natura di coordinamento, essendo ora non più consentita, ai sensi del nuovo comma 2, la pubblicazione del contenuto degli atti non coperti dal segreto.

 

L’articolo 2 della proposta di legge aggiunge un comma 1-bis all’art. 266 c.p.p., estendendo la novellata disciplina sulle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni alle intercettazioni di comunicazioni  informatiche o telematiche.

 

L’articolo 3 novella profondamente la disciplina di cui all’art. 267 del codice di procedura penale, relativa ai presupposti e forme del provvedimento del GIP che ammette l’intercettazione(comma 1, lettere da a) a f)).

L’intervento (che riproduce pressoché integralmente quello previsto dall’art. 4 del disegno di legge sulle intercettazioni, A.S. 3612, presentato nel corso della XIV legislatura)[23] tocca cinque dei sei commi dell’art. 267 al quale sono, inoltre, apportate ulteriori integrazioni.

In particolare, rispetto alla normativa vigente vanno segnalate le seguenti principali novità, tutte, in ogni caso, volte a rendere più stringenti i limiti di ammissibilità delle intercettazioni, di cui è ora stabilita una durata massima:

§      viene, anzitutto, precisata la contestualità, immodificabilità ed insostituibilità del decreto motivato di autorizzazione del giudice (art. 267, primo comma);

§      sono resi più rigidi i presupposti del decreto; oltre alla attuale necessità dei gravi indizi di reato e all’assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini, devono sussistere (ed essere specificate) inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede.

Il decreto dovrà espressamente ed analiticamente indicare gli elementi su cui dette esigenze sono fondate; tali elementi non potranno essere limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nello stesso procedimento (art. 267, primo comma).

 

Mentre le modifiche al comma 2 dell’art. 267 c.p.p. hanno valore di coordinamento con i nuovo requisiti del decreto di autorizzazione del GIP, quelle relative al terzo comma appaiono di particolare rilievo. La nuova formulazione della norma stabilisce, diversamente da quella vigente - fermo restando il periodo iniziale di autorizzazione pari a 15 gg. (prorogabile per pari periodo) -

§      una durata complessiva massima delle operazioni di intercettazione pari a tre mesi

Il nuovo terzo comma non fa cenno, però, alla necessità della permanenza dei presupposti di cui al primo comma.

Fanno eccezione le indagini per i gravi delitti di criminalità organizzata, terrorismo e minaccia col mezzo del telefono, la cui durata è stabilita in quaranta giorni, prorogabili per periodi di venti giorni (in presenza dei presupposti previsti dal primo comma) per i quali non si prevede un limite temporale massimo e per i quali l’autorizzazione alle intercettazioni è data dal GIP in presenza di “sufficienti indizi” (art., 267, nuovo comma 3-bis). L’integrazione apportata al quarto comma dell’art. 267 consente, inoltre, che, nelle citate ipotesi di illecito di cui al comma 3-bis, non solo gli ufficiali ma anche gli agenti di polizia giudiziaria possano coadiuvare il PM nelle operazioni di intercettazione.

Il nuovo comma 3-bis riproduce parzialmente il contenuto del comma 13 del D.L. 152/1991 (L. 203/1991), disposizione che viene integralmente abrogata dal comma 2 dell’articolo 3 della proposta di legge in esame.

All’abrogazione conseguirebbe, peraltro, l’impossibilità per il futuro – in relazione a procedimenti per i suddetti gravi reati .- di autorizzare intercettazioni ambientali in luoghi di privata dimora “anche se non vi è motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa” (ipotesi attualmente prevista dal comma 1, secondo periodo dell’art. 13 del D.L. 152/1991, L. 203/1991).

 

§      Infine, il riformulato comma 5 dell’art. 267 rende più dettagliata la disciplina dell’archivio riservato, ove, si ricorda, devono essere annotati i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni. Rispetto alla vigente disciplina dovrà annotarsi nel registro anche la data e l’ora di emissione nonché la data e l’ora del deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti relativi alle intercettazioni. Un’ulteriore novità riguarda il luogo di tenuta dello stesso registro riservato: mentre l’attuale comma 5 ne prevede la conservazione presso l’ufficio del pubblico ministero, la nuova formulazione ne stabilisce la tenuta “presso ogni procura della Repubblica”.

 

L’articolo 4 della p.d.l. sostituisce l’art. 268 del codice di rito penale introducendo una nuova disciplina dell’esecuzione delle operazioni di intercettazione.

Rispetto alla normativa vigente, si prevede l’obbligo del deposito dei verbali - redatti ora in maniera più rigorosa (annotazione puntuale dei riferimenti temporali dell’intercettazione e delle persone che hanno annotato le comunicazioni intercettate) - in un archivio riservato presso l’ufficio del pubblico ministero (archivio previsto dal successivo art. 6 della p.d.l.).

E’ confermata la regola dell’uso degli impianti presso la Procura; tuttavia l’uso l’insufficienza o inidoneità degli stessi che permette, per le intercettazioni, l’uso di impianti di pubblico servizio, in dotazione alla polizia giudiziaria o privati, dovrà essere attestato da un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, figura, questa, introdotta ex novo nel codice.

Sarà quest’ultimo, ora, a dover trasmettere immediatamente al pubblico ministero i verbali e le registrazioni. A fini di tutela della riservatezza dei cittadini, è previsto che il PM richieda al GIP l’immediato stralcio delle registrazioni e dei verbali non utilizzabili o relativi a fatti irrilevanti o non riferibili a quelli per i quali si procede ovvero relativi a soggetti estranei alle indagini. La nuova norma  assegna, perciò, al PM , la possibilità di filtrare anticipatamente il materiale probatorio mediante la richiesta di stralcio (attualmente lo stralcio è previsto dal comma 6 dell’art. 268, solo successivamente, in fase di acquisizione delle intercettazioni da parte del GIP).

Il nuovo art. 268 modifica anche la procedura per la messa a disposizione degli interessati della notizia dell’avvenuta intercettazione o dei risultati della stessa e prevede un udienza camerale in contraddittorio per l’acquisizione delle intercettazioni indicate dalle parti che non appaiono manifestamente irrilevanti

La trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, ad oggi obbligatoria, in base al nuovo comma 7 è disposta dal giudice solo quando lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere.

 

Il successivo articolo 5 introduce nel codice di procedura penale una norma di garanzia per i casi, assai frequenti nella pratica giudiziaria, di intercettazione di conversazioni di soggetti diversi (da quelli in relazione ai quali è aperto il procedimento penale) che non siano indagati in procedimenti connessi o collegati. Il nuovo art. 268-bis c.p.p. (Avviso a persone non indagate) prevede l’obbligo di avvisare tali soggetti dell’avvenuto deposito e dell’eventuale stralcio di intercettazioni che li riguardino.

Fanno eccezione a tale obbligo le intercettazioni avvenute nell’ambito di procedimenti per i gravi reati di cui all’art. 407, comma 2, letta. a) c.p.p. (delitti per i quali la durata massima delle indagini preliminari è di 2 anni, come strage, associazione mafiosa, terrorismo, sequestro di persona a scopo di estorsione,  tratta di persone, ecc.), pornografia minorile e turismo sessuale.

 

L’avviso (in plico chiuso con raccomandata A/R) contiene la semplice notizia dell’avvenuta intercettazione, la sua durata ed il numero d’identificazione dell’utenza intercettata (telefono, pc, ecc.). 

L’ultimo comma del nuovo art. 268-bis prevede che i non indagati possano richiedere (al giudice) la distruzione delle intercettazioni oggetto di stralcio, in quanti manifestamente irrilevanti per le indagini.

 

L’articolo 6 della p.d.l. novella i primi due commi dell’art. 269 c.p.p.

Il comma 1 prevede la conservazione integrale della documentazione (verbali e supporti informatici delle registrazioni) in un apposito archivio riservato ubicato presso l’ufficio del PM che ha disposto l’intercettazione. Degli stessi atti è, ora, vietata l’allegazione, anche parziale, al fascicolo del pubblico ministero.

 Il quid novum introdotto al comma 2 dell’art. 269 consiste nell’obbligo di distruzione delle intercettazioni (verbalizzata e sotto il controllo del giudice) dopo che la sentenza sia divenuta definitiva.

 

L’articolo 7 interviene sulla utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti cioè in procedimenti diversi rispetto a quelli per cui sono state disposte.

A tal fine è novellato l’art. 270 c.p.p., comma 1, che, come accennato, consente attualmente tale utilizzo solo quando risulti indispensabile per l’accertamento dei più gravi delitti per i quali sia obbligatorio l’arresto in flagranza, ex art. 380 del codice (v. ante, quadro normativo).

L’art. 7 sostituisce il comma 1 dell’art. 270 limitando, nella sostanza, l’utilizzabilità di dette intercettazioni: infatti, tale utilizzabilità viene consentita solo quando i risultati delle intercettazioni appaiano indispensabili per l’accertamento di una serie specifica di reati, certamente più limitata numericamente rispetto a quelli per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza, dettati dall’art. 380 c.p.p.: si tratta infatti dei soli delitti di cui agli articoli 51, comma 3-bis (associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, alla riduzione in schiavitù, al commercio di schiavi ed al traffico di droga e di sigarette, associazione mafiosa e reati connessi, sequestro di persona a scopo estorsivo) e comma 3-quater (delitti di natura terroristica), dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., di usura,  produzione, traffico e detenzione di stupefacenti,  turismo sessuale nonchè specifici illeciti in tema di pornografia minorile.

L’art. 7 aggiunge, poi, un comma 3-bis che stabilisce l’obbligo di trasmissione in copia al pubblico ministero competente della documentazione contenuta nell’archivio riservato del PM che ha disposto l’intercettazione da utilizzare.

Opportunamente, ad evitare una trasmissione parziale degli atti nel diverso procedimento, è stabilita la facoltà per il PM ed i difensori delle parti di esaminare l’intera documentazione inerente le intercettazioni, compresi le parti stralciate.

 

L’articolo 8 novella la disciplina relativa ai divieti di utilizzo delle intercettazioni di cui all’art. 271 del codice di rito penale.

 

Ai sensi del vigente art. 271 c.p.p., oltre che nei casi in cui siano state eseguite extra legem (art. 103: intercettazioni dei difensori, degli investigatori e dei consulenti tecnici; art- 266: quelle effettuate fuori dei limiti oggettivi di ammissibilità), le intercettazioni non possono essere utilizzate:

§       quando non siano osservate le disposizioni sui presupposti e forme del provvedimento (art. 267);

§       quando non siano registrate e verbalizzate e siano compiute in impianti non in dotazione alle procure, fuori i casi consentiti (art. 268, commi 1 e 3)

§       quando siano relative a conversazioni di soggetti tenuti al segreto professionale che hanno ad oggetto fatti conosciuti per ragioni di lavoro, ministero o professione (escluso i casi in cui essi abbiano deposto su tali fatti o li abbiano divulgati)

Salvo costituisca corpo del reato, il giudice dispone, in ogni stato e grado del processo, che le intercettazione acquisite nei modi sopraindicati siano distrutte.

 

L’art. 8 della p.d.l. integra il comma 1 dell’art. 271 ampliando l’ambito di inutilizzabilità delle intercettazioni, anche in relazione all’ampia novella dell’art. 268, introdotta dall’art. 4 della stessa proposta di legge.

Un nuovo comma 1-bis prevede, poi, detta inutilizzabilità anche quando la qualificazione giuridica del fatto-reato (quindi, il suo rientrare nei limiti di ammissibilità del citato art. 266 c.p.p.) muti nel corso del processo; sia quindi durante l’udienza preliminare (a giudizio del GUP) che nel corso del dibattimento (secondo il giudice competente).

 

L’articolo 9 completa - con l’introduzione di un nuovo articolo (89-bis) nelle norme di attuazione al c.p.p. (D.lgs 271/1989) - la disciplina dell’archivio riservato delle intercettazioni di cui all’art 269 (art. 6 della p.d.l.).

La norma riproponendo il contenuto degli articoli 7 ed 11, rispettivamente, delle proposte di legge 1164 e 1165 (cui si fa rinvio), precisa, in più, la facoltà dei difensori di consultare i verbali e i decreti di autorizzazione, convalida e proroga delle intercettazioni.

 

L’articolo 10 della p.d.l.1344 introduce modifiche al codice penale che apportano novità nella disciplina sanzionatoria dei reati di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio ed introducono ulteriori illeciti in materia di intercettazioni.

Il comma 1 dell’art. 10 novella l’art. 326, aggiungendo un comma 1-bis che riproduce parzialmente il contenuto dell’omologo comma 1-bis della stessa norma, introdotto dall’art. 3, comma 1, della p.d.l. 1165.

Anche in tal caso, infatti, se la rivelazione del segreto d’ufficio da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio riguarda le intercettazioni è prevista la pena della reclusione da uno a quattro a anni; è stabilita, in particolare, la pena fino a due anni quando la rivelazione delle intercettazioni è motivata dalla volontà di procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale.

A differenza dell’art. 10 della pd.l. 1165, è qui prevista dal nuovo terzo comma dell’art 326, la sanzionabilità penale del giudice o del PM che omettendo di distruggere le intercettazioni non utilizzabili (salvo che costituiscano corpo del reato), ne facciano uso nel processo; la pena prevista per tale reato è la reclusione da sei mesi a tre anni.

Identica sanzione è prevista a carico del PM e di ogni altra parte che utilizzi, a qualunque titolo, o comunque diffonda la documentazione sulle intercettazioni

Il comma 2 dell’art. 10 della proposta di legge inserisce nel codice penale un art. 617-septiesche sanziona con la reclusione da sei mesi a quattro anni la rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazioni intercettate nel procedimento penale da parte di persone che non rivestano la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Pena ridotta (reclusione fino ad un anno) in caso l’agevolazione alla conoscenza delle intercettazioni sia di natura colposa.

La stessa pena della reclusione per chi rivela il contenuto delle intercettazioni (da sei mesi a quattro anni) sanziona anche coloro che prendano abusivamente diretta conoscenza delle intercettazioni coperte dal segreto.

Il comma 3 dell’art. 10 della p.d.l., infine, incrementa l’entità dell’ammenda attualmente prevista per la contravvenzione prevista dall’art. 684 c.p. per la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, attualmente compresa tra 51 e 258 euro.

L’ammenda passa al limite minimo di 1.000 e a quello massimo di 5.000 euro.

 

L’articolo 11, l’ultimo della proposta in esame, novella profondamente l‘art. 8 della cd. legge sulla stampa (L. 8 febbraio 1948, n. 47 “Disposizioni sulla stampa), in materia di dichiarazioni e diritto di rettifica, sostanzialmente ampliando l’accessibilità al diritto in questione.

Il vigente art. 8 (Risposte e rettifiche) della legge 47/1948 prevede che il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale (comma 1).  Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono (comma 2).  Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce (comma 3).

Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate (comma 4).

Qualora, trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma, l'autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell'articolo 21, può chiedere al tribunale, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione (comma 5).

La mancata o incompleta ottemperanza all'obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000 (comma 6).

La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata (comma 7).

Le novità introdotte nell’art. 8 (che passa da sette a 11 commi) sono le seguenti:

§      al comma 2, viene precisato che le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate sul quotidiano “senza commento”;

§      è introdotto un nuovo comma 4 che prevede il diritto a dichiarazioni e rettifiche anche per le trasmissioni radiofoniche o televisive nonchè per i siti informatici: per le prime, dichiarazioni o rettifiche avvengono in base alla vigente disciplina per i giornali radio e i telegiornali di cui all’art. 32 del testo unico sulla radiotelevisione (D.Lgs 177/2005)[24]; per i siti informatici, dichiarazioni e rettifiche sono pubblicate entro 48 ore dalla richiesta “con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità delle notizie cui si riferiscono”;

§      è introdotto un nuovo comma 6 che prevede - per la stampa non periodica - la responsabilità diretta dell’autore dello scritto o dell’immagine (o se del caso, dell’editore o dello stampatore, art. 57-bis, c.p.) per cui si chiede la dichiarazione o la rettifica: il comma prevede (escluse le ipotesi di rilievo penale) una sanzione amministrativa consistente nell’obbligo dell’autore, su richiesta della persona offesa, di far pubblicare a proprie spese entro 7 giorni, su non più di due quotidiani nazionali (indicati dall’offeso) le dichiarazioni o le rettifiche delle persone di cui siano state pubblicate immagini ovvero siano stati attribuiti atti o fatti mendaci e comunque  ritenuti lesivi della propria reputazione;

§      mentre il comma 7 (attuale comma 5) ha natura di coordinamento normativo con le modifiche introdotte, il comma 8, inserito ex novo nell’art. 8, estende all’autore dello scritto o immagine offensiva il diritto di chiedere al giudice un provvedimento d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) quando il soggetto obbligato (direttore responsabile del periodico, del giornale o il responsabile della trasmissione radio o TV o del sito informatico) ometta la pubblicazione della dichiarazione o rettifica richiesta;

§      il nuovo comma 9 prevede, a seguito della segnalazione dell’offeso al titolare del potere disciplinare, l’irrogazione di una sanzione disciplinare (sospensione dall’attività fino a 3 mesi) a carico del responsabile della violazione dell’obbligo di pubblicazione della dichiarazione o della rettifica;

§      ai sensi del successivo comma 10 (attuale comma 6), è arrotondata l’entità della sanzione amministrativa per la mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di pubblicazione: i vigenti limiti minimi (7.746) e massimi (12.911 euro) passano, rispettivamente a 8.000 e 12.000 euro;

§      il comma 11 (attuale comma 7) riguarda la necessaria estensione della pubblicazione per estratto della sentenza di condanna alla citata sanzione amministrativa; la disposizione è integrata in relazione alla corrispondente estensione del diritto di rettifica introdotta dal comma 4: si prevede, infatti, anche la pubblicazione della sentenza sul sito Internet ovvero che di essa venga data notizia nella trasmissione radio o televisiva che ha riportato la notizia cui la rettifica si riferisce. La sentenza può anche disporre la pubblicazione della pubblicazione omessa.

 


Progetti di legge

 


N. 1638

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CAMERA DEI DEPUTATI

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DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

di concerto con il ministro dell'interno

(AMATO)

e con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

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Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine

 

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Presentato il 14 settembre 2006

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Onorevoli Deputati! - L'intervento normativo proposto interviene sulla delicata materia delle intercettazioni.

Obiettivo della riforma è quello di contemperare le necessità investigative, le esigenze di pubblica informazione in occasione di vicende giudiziarie di pubblico interesse, il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento. Il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee costituiscono infatti valori tutelati, oltre che dalla Carta costituzionale repubblicana (articoli 13 e 15), anche dagli articoli 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

Sotto il primo profilo, non vi è dubbio che lo strumento della captazione di conversazioni e comunicazioni, anche telematiche, costituisca uno dei cardini dell'attività investigativa.

 La maggior parte delle intercettazioni (telefoniche, ambientali e di altro genere) viene disposta nell'ambito di indagini di competenza delle direzioni distrettuali antimafia: lo strumento captativo è infatti indispensabile a fini di accertamento e repressione dei reati di maggiore gravità, quali quelli concernenti le organizzazioni mafiose o il terrorismo. Vero è che il ricorso a tale mezzo di ricerca della prova è assai più limitato negli altri Paesi a democrazia avanzata, ma è pur vero che essi non conoscono i fenomeni di diffusa pervasività e gravissima pericolosità delle organizzazioni di stampo mafioso che affliggono invece vaste zone dell'Italia.

Si è ritenuto pertanto, sotto questo versante, di limitare l'intervento normativo ad alcune modifiche volte in primis a rendere più pregnante l'obbligo di motivazione del decreto di proroga delle intercettazioni, ed in secondo luogo a disciplinare più dettagliatamente la loro durata e le modalità di esecuzione. Particolare rilevanza ha sotto tale aspetto la tendenziale limitazione a tre mesi delle proroghe delle intercettazioni, superabili solo in presenza di precisi requisiti.

Connessa a tale previsione è l'istituzione del funzionario responsabile delle intercettazioni, nominato dal procuratore della Repubblica. Il predetto funzionario deve periodicamente comunicare al capo dell'ufficio l'elenco delle intercettazioni che superano la durata di tre mesi, onde consentire allo stesso di essere costantemente al corrente della mole di intercettazioni in corso presso la struttura da egli diretta e di esercitare i compiti di vigilanza connessi alla sua funzione.

Sotto il profilo della tutela della riservatezza, garantita dalla Costituzione, si è ritenuto di intervenire su due fronti; si è, difatti, previsto che le operazioni di intercettazione avvengano presso centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di corte d'appello, laddove le operazioni di ascolto avverranno presso le competenti procure della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero procedente, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini. Tale modifica, che interviene sull'articolo 268, comma 3, del codice di procedura penale, consentirà inoltre un risparmio di spesa elevatissimo.

Sotto il medesimo profilo si è altresì ritenuto di dover diversamente regolamentare il regime dell'acquisizione al procedimento delle conversazioni intercettate, in guisa tale che le conversazioni intercettate non utili alle indagini rimangano coperte da segreto e non abbiano mai ingresso fra gli atti conoscibili. Detta tutela viene in particolare assicurata attraverso la progressiva «scrematura» (ad opera prima del pubblico ministero, poi del giudice per le indagini preliminari) delle conversazioni ritenute irrilevanti, che vengono custodite in apposito registro riservato e secretate.

In tema di pubblicità degli atti di indagine e delle intercettazioni telefoniche si è operato in modo da garantire il diritto dei cittadini ad essere informati e della libera stampa ad informare, senza che ciò si traduca in un pregiudizio per le indagini ovvero in una indebita propalazione di notizie riservate, soprattutto se relative a terzi estranei al procedimento penale.

In tale senso, si sono previste autonome fattispecie criminose per l'illecita divulgazione di notizie relative ad atti del procedimento penale coperti da segreto e l'accesso illecito ai medesimi atti; è stata, infine, prevista una specifica sanzione amministrativa per la pubblicazione di dati personali in violazione delle disposizioni previste dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (cosiddetto «codice della privacy») e dal codice di deontologia, la cui applicazione è rimessa al Garante per la protezione dei dati personali.

La riforma proposta si compone di quindici articoli.

L'articolo 1 apporta modifiche all'articolo 114 del codice di procedura penale. Esso va letto unitamente agli articoli 329 e 329-bis.

Con l'intervento proposto, il regime della riservatezza delle indagini risulta articolato come segue.

Le intercettazioni telefoniche non acquisite da parte del giudice sono sempre coperte da segreto (articolo 329-bis, come introdotto dall'articolo 8 del disegno di legge), così come gli atti di cui l'indagato o il suo difensore non abbiano conoscenza (articolo 329, comma 1).

Tale norma in realtà contempla una forma di segreto diversa da quella prevista dall'articolo 329. Quest'ultimo, infatti, concerne il cosiddetto «segreto istruttorio», mentre la norma introdotta prevede una forma di segreto volto a tutelare comunque la riservatezza dei soggetti, spesso incidentalmente coinvolti, anche oltre il termine di cessazione del segreto sugli atti del procedimento. A ciò consegue che, relativamente alle conversazioni irrilevanti, per effetto della disposizione di cui al comma 1 dell'articolo 114 (rimasta invariata), vige sempre il divieto di pubblicazione, anche parziale, per riassunto e nel contenuto.

L'articolo 1, comma 1, lettera a), sostituisce il comma 2 dell'articolo 114, disponendo che è fatto divieto di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ovvero delle investigazioni difensive, fino alla conclusione delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare. Resta la possibilità di pubblicazione degli atti di indagine nel loro contenuto. Rispetto all'attuale formulazione, si è ritenuto di rendere simmetrico il divieto di pubblicazione per le parti, estendendolo anche alle indagini difensive.

La lettera b) introduce un comma 2-bis all'articolo 114, e stabilisce che per tutte le conversazioni, anche non coperte da segreto, è fatto divieto di pubblicazione, anche nel contenuto, fino alla conclusione delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare. La norma rappresenta una novità volta a rendere più stringente il divieto di pubblicazione delle conversazioni intercettate rispetto alle altre attività di indagine, in quanto fonte principale di propalazione di notizie e circostanze afferenti la vita privata di soggetti spesso accidentalmente coinvolti.

Si introduce, altresì, un comma 2-ter nell'articolo 114, ove si precisa che è vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, dei provvedimenti emessi in materia di misure cautelari (che atti di indagine non sono); di tali provvedimenti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta ad indagini ovvero il suo difensore ne abbiano avuto conoscenza; ciò al fine di rendere effettivo il controllo, anche della pubblica opinione, sulle ragioni dell'esercizio del potere di privazione della libertà personale ovvero di sequestro da parte dell'autorità giudiziaria, ma solo dopo che la persona sottoposta ad indagini sia stata posta in grado di conoscere le accuse mosse a suo carico.

L'articolo 1, comma 1, lettera c), sostituisce l'attuale comma 3 dell'articolo 114, aggiornandolo alla luce dei contenuti della sentenza della Corte costituzionale n. 59 del 20-24 febbraio 2005; si prevede infatti che «se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni».

Per la parte sanzionatoria, si rinvia ai successivi articoli 11 e 12.

La lettera d) riproduce sostanzialmente il comma 7 dell'articolo 114, prevedendo una generale pubblicabilità nel contenuto degli atti non più coperti da segreto, salve le eccezioni dianzi evidenziate.

L'articolo 2 modifica l'articolo 267 del codice di rito, relativo ai presupposti e alle forme del provvedimento.

In particolare, la norma proposta prevede un tendenziale limite alle proroghe delle intercettazioni, fissato in tre mesi (ossia la metà del termine ordinario di durata delle indagini preliminari), superabile qualora siano emersi nuovi elementi di indagine anche desunti dai contenuti di conversazioni intercettate nel medesimo procedimento. Tali elementi debbono essere chiaramente indicati nel provvedimento di proroga.

Si prevede, poi, un tendenziale limite a due proroghe per le intercettazioni tra presenti, salvo che siano emersi nuovi elementi, anche desunti dai contenuti delle conversazioni intercettate, che rendano necessaria la prosecuzione delle operazioni.

L'articolo 3 modifica l'articolo 268 del codice, introducendo una profonda innovazione relativamente agli impianti da utilizzare per lo svolgimento delle operazioni di intercettazione ed armonizzando il residuo contenuto del testo con gli articoli successivi. In particolare, viene previsto dal novellato comma 3 che le operazioni di registrazione dovranno essere effettuate per mezzo di impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica da istituirsi presso ogni distretto di corte d'appello.

Le operazioni di ascolto delle conversazioni saranno invece compiute mediante gli impianti installati presso la procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero procedente, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini.

Tale disciplina è volta a concentrare le operazioni di captazione ed ascolto nel minor numero di strutture possibile, onde ridurre i soggetti che possano avere accesso alle informazioni riservate da esse emergenti e garantire il miglior livello di sicurezza nella acquisizione e nel trattamento dei dati.

Gli articoli 4 e 5 rispettivamente introducono gli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater, 268-quinquies, 268-sexies e riformulano l'articolo 269 del codice di procedura penale.

La riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni viene assicurata attraverso un intervento diretto sul procedimento delineato dall'articolo 268 del codice di procedura penale. La sequenza procedimentale del deposito e della eliminazione del materiale irrilevante viene modificata, attribuendo prima al pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di selezionare le intercettazioni da acquisire. La procedura prevista è la più snella possibile, non prevedendosi un'apposita udienza, che avrebbe comportato un inutile appesantimento ed allungamento dei tempi procedimentali (con violazione del precetto costituzionale della ragionevole durata del processo), bensì una facoltà del giudice di «sentire le parti, ove necessario, senza formalità».

Viene comunque adeguatamente garantito il diritto di difesa, attraverso la previsione dell'interlocuzione del difensore, che può chiedere al giudice l'integrazione delle acquisizioni.

In particolare, si prevede (articolo 4, comma 1, che introduce l'articolo 268-bis) che al termine delle operazioni (salvo che il giudice non autorizzi il cosiddetto «ritardo del deposito») il pubblico ministero debba depositare in segreteria, unitamente ai decreti di autorizzazione e proroga, i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, indicando le ragioni della rilevanza di essi; tutti gli altri atti relativi alle intercettazioni, ossia quelli irrilevanti in quanto «riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini», ovvero quelli di cui è vietata l'utilizzazione, devono invece confluire nell'archivio riservato.

Ai difensori delle parti è dato immediatamente avviso che, entro il termine stabilito, hanno facoltà:

a) di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell'archivio riservato;

b) di ascoltare le registrazioni, ivi comprese quelle custodite nell'archivio riservato;

c) di indicare specificamente al giudice le conversazioni non depositate delle quali chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza;

d) di indicare specificamente al giudice le conversazioni depositate che ritengono irrilevanti o inutilizzabili.

Scaduto il termine, il giudice dispone con ordinanza l'acquisizione delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione. Il giudice può sempre esaminare, se lo ritiene necessario, gli atti custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 89-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

La documentazione depositata della quale il giudice non ha disposto l'acquisizione è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato sopra indicato.

Si prevede poi l'applicazione, nei limiti della compatibilità, della anzidetta normativa ai dati relativi al traffico telefonico.

La selezione preventiva della documentazione rilevante, prima ad opera del pubblico ministero e successivamente ad opera del giudice, riduce i rischi di divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, senza abbassare il livello di tutela del diritto di difesa dell'imputato, al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione di tutta la documentazione, compresa quella che il pubblico ministero ha ritenuto non rilevante, e di indicare al giudice le conversazioni in relazione alle quali reputi necessaria l'acquisizione.

La nuova disciplina si caratterizza, inoltre, per l'istituzione di un apposito archivio riservato (articolo 89-bis delle norme di cui al citato decreto legislativo n. 271 del 1989, introdotto dall'articolo 10 del disegno di legge) nel quale il pubblico ministero deve custodire i verbali e le registrazioni ed il cui accesso è consentito ai difensori delle parti solo per la verifica della completezza del materiale acquisito e per la eventuale richiesta al giudice di integrazione.

La documentazione relativa alle intercettazioni non rilevanti è custodita nell'archivio riservato fino alla decisione non più soggetta ad impugnazione ed è coperta da segreto (articolo 329-bis), con conseguente divieto di pubblicazione (articolo 114, comma 1).

Nel medesimo archivio sono destinati a confluire anche i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni rilevanti, una volta effettuata la trascrizione. È stata infatti ridisegnata la procedura di trascrizione delle conversazioni nelle forme della perizia (articolo 268-ter, come introdotto dall'articolo 4, comma 1), prevedendosi che, appena concluse le operazioni, i verbali e le registrazioni siano immediatamente ricollocati nell'archivio riservato, mentre le trascrizioni confluiranno nel fascicolo per il dibattimento. Si prevede altresì (e ciò vale anche per le trascrizioni effettuate dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari al fine di presentare le proprie richieste al giudice, ex articolo 268-quater) il divieto di trascrizione di quelle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini, e che il giudice disponga che i nominativi e i riferimenti identificativi, di soggetti estranei alle indagini, siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede.

È stato regolamentato (articolo 268-quater, come introdotto dal comma 1 dell'articolo 4) in forma analoga al meccanismo procedurale dell'acquisizione delle intercettazioni fin qui descritto, il caso in cui il pubblico ministero richieda al giudice provvedimenti cautelari nel corso delle indagini preliminari, precedentemente, cioè, alla formale acquisizione dei risultati delle intercettazioni.

Si è previsto che il pubblico ministero possa presentare al giudice solo le conversazioni che considera rilevanti, e che il giudice debba restituire quelle ritenute non rilevanti. Si prevede, altresì, che dopo che la persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore abbiano avuto conoscenza del provvedimento, si applica la disposizione di cui al comma 8 dell'articolo 268-bis, che consente ai difensori di estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l'acquisizione.

È stata, infine, prevista e disciplinata la facoltà di accesso all'archivio riservato da parte del giudice, d'ufficio ovvero a richiesta di parte, anche nel corso dell'udienza preliminare e successivamente alla chiusura delle indagini preliminari.

L'articolo 268-quinquies (comma 1 dell'articolo 4) disciplina le ipotesi in cui l'ascolto e l'acquisizione delle conversazioni vengano disposte dal giudice dopo la conclusione delle indagini preliminari.

Si prevede che dopo la chiusura delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare il giudice, ai fini della decisione da adottare, può sempre disporre anche d'ufficio l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custodite nell'archivio riservato previsto dall'articolo 89-bis delle norme di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. All'esito può disporre con ordinanza motivata l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.

Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su specifica e motivata richiesta delle parti, l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.

L'articolo 268-sexies (comma 1 dell'articolo 4) prevede, infine, che dopo la chiusura delle indagini preliminari debba essere dato avviso in piego chiuso ai soggetti titolari delle utenze sulle quali sia stato emesso decreto di intercettazione, se diversi da quelli nei confronti dei quali si procede, dell'avvenuta esecuzione nei loro confronti delle operazioni di intercettazione. Tale norma consente ai menzionati soggetti di avere contezza di ogni intercettazione effettuata a proprio carico, anche qualora alla stessa consegua l'emissione di un decreto di archiviazione.

L'avviso non viene inviato nei seguenti casi (comma 3):

a) nei casi in cui si procede per i reati indicati agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché agli articoli 600-ter e 600-quinquies del codice penale;

b) se dagli atti di indagine risulti che l'utenza è stata comunque utilizzata da persone sottoposte ad indagine ovvero da indagati in procedimenti connessi o collegati;

c) se taluna delle conversazioni intercettate sulle utenze di cui al comma 1 sia stata acquisita al procedimento.

L'articolo 5, nel riformulare l'articolo 269 del codice di procedura penale, prevede che il giudice disponga la distruzione della documentazione custodita nell'archivio riservato successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, ovvero decorsi cinque anni dal deposito del decreto di archiviazione (comma 1).

Si prevede inoltre (comma 2) che, anche prima del decorso dei termini anzidetti, gli interessati possano chiedere la distruzione della documentazione non rilevante per il procedimento. In tale caso il giudice, prima di decidere, deve acquisire il consenso delle parti.

Gli articoli 6 e 7 adeguano alla nuova disciplina, rispettivamente, l'ipotesi di trasmissione ad altra autorità giudiziaria delle intercettazioni per l'utilizzabilità in altro procedimento (articolo 270) e la normativa in tema di intercettazioni finalizzate alla ricerca dei latitanti prevista dall'articolo 295 del codice di procedura penale.

L'articolo 8 prevede che i verbali, le registrazioni e tutta la documentazione custodita nell'archivio riservato e non acquisita al procedimento siano sempre assoggettati al segreto. Si è ritenuto di prevedere tale disciplina con norma autonoma rispetto a quella dell'articolo 329 del codice di procedura penale, già disciplinante la materia del segreto in corso di indagine; ed invero tale scelta è apparsa più opportuna per meglio evidenziare la differente natura del segreto inerente gli atti contenuti nell'archivio riservato (volto a tutelare la riservatezza dei soggetti intercettati) rispetto al segreto di indagine (volto invece a tutelare il corretto andamento delle attività investigative). Tale diversità si evidenzia, poi, nella maggiore durata del segreto posto a tutela della riservatezza, il quale si protrae anche oltre il termine delle indagini preliminari e copre l'intera permanenza della suddetta documentazione all'interno dell'archivio riservato.

Gli articoli 9 e 10 recano modifiche all'articolo 89 delle norme di attuazione del codice di procedura penale (decreto legislativo n. 271 del 1989) e vi introducono l'articolo 89-bis. Le due disposizioni disciplinano l'istituzione e la tenuta dell'archivio

 

riservato delle intercettazioni, nonché la figura del funzionario responsabile delle intercettazioni, nominato dal procuratore della Repubblica; è previsto, inoltre, che l'archivio in questione venga tenuto sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza del procuratore della Repubblica, con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione in esso contenuta.

In particolare, il funzionario responsabile dovrà comunicare ogni due mesi al procuratore della Repubblica l'elenco delle operazioni che si protraggono da oltre tre mesi; tale disposizione è stata prevista per consentire al capo dell'ufficio giudiziario di essere costantemente al corrente della mole di intercettazioni in corso presso la struttura da egli diretta e rendere attuabile il suo consapevole controllo sulle predette attività, anche sotto il profilo delle spese affrontate per realizzarle.

L'articolo 11, comma 1, lettera a), riformula l'articolo 379-bis del codice penale («Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale»); la nuova formulazione della norma sanziona con la reclusione da sei mesi a tre anni la condotta di «chiunque riveli indebitamente notizie inerenti atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità, o ne agevoli in qualsiasi modo la conoscenza».

Ove l'agevolazione sia soltanto colposa, le pene sono considerevolmente diminuite, mentre se la condotta è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio le pene sono aumentate.

In tale modo, si è approntata una tutela penale fondata sull'accesso «qualificato» ad atti del procedimento penale, configurando pertanto il reato in esame come reato «proprio» (ad esempio anche del difensore o dell'investigatore privato incaricato delle investigazioni difensive); la previsione della circostanza aggravante a carico del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio (magistrato, suoi ausiliari, agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, perito), che impone un trattamento sanzionatorio più grave in ragione della violazione dell'obbligo di fedeltà del pubblico dipendente, pone la norma in esame in termini di specialità rispetto alla norma generale di cui all'articolo 326, in quanto limitata ai soli atti delle indagini preliminari.

Il quarto comma del medesimo articolo riproduce il secondo comma della vecchia formulazione della norma, che sanziona l'inottemperanza all'ordine di non divulgare notizie del procedimento penale impartito al sommario informatore dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale, anche se la sanzione (prevista prima fino a un anno di reclusione) è stata elevata da uno a tre anni.

La lettera b) dell'articolo in esame introduce, poi, una ulteriore fattispecie di reato (articolo 617-septies del codice penale) volta a sanzionare chiunque prenda illecitamente diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto; tale formulazione consente di escludere la responsabilità penale di chi si sia limitato a ricevere gli atti di cui sopra, senza concorrere nell'accesso illecito ai luoghi ove gli stessi vengono custoditi.

In relazione all'articolo 684 del codice penale [il cui testo, con la lettera c), viene armonizzato con i nuovi contenuti dell'articolo 114 del codice di procedura penale] viene, poi, prevista la pena accessoria della pubblicazione della sentenza [lettera d)].

L'articolo 12 introduce, infine, una specifica sanzione amministrativa (articolo 164-bis del «codice della privacy», di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003) per le condotte di pubblicazione a fini di informazione giornalistica di dati personali in violazione delle disposizioni previste dal codice medesimo e dal codice di deontologia; la sanzione predetta, consistente nel pagamento di una somma da tremila a diciottomila euro, dovrà essere irrogata nei confronti dell'autore della pubblicazione ovvero del direttore o vice-direttore responsabile da parte del Garante per la protezione dei dati personali nell'ambito delle proprie attività istituzionali e potrà anche essere corredata dalla sanzione accessoria della pubblicazione della decisione, resa obbligatoria nelle ipotesi più gravi. In tali ultimi casi - ovvero quando la comunicazione abbia ad oggetto dati sensibili o riguardanti minori, ovvero risulti reiterata o comunque di particolare gravità - è applicabile nei confronti dei medesimi soggetti la sanzione del pagamento di una somma da diecimila a sessantamila euro.

Viene, pertanto, approntato un completo apparato sanzionatorio contro le ingiustificate aggressioni alla riservatezza delle notizie custodite nell'archivio riservato più volte menzionato, provenienti sia dall'intraneus sia dall'extraneus, imponendo al contempo sanzioni più efficaci anche nei confronti dell'autore e del responsabile della pubblicazione di dati personali effettuata in violazione delle norme del «codice della privacy».

L'articolo 13, quindi, prevede l'abrogazione dell'articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98. Detta norma, infatti, indica una particolare procedura per l'individuazione di apparecchi o strumenti idonei ad operare intercettazioni di comunicazioni ai sensi del vigente codice di rito ed appare in contrasto con i princìpi comunitari di libera circolazione delle merci, nonché con la specifica normativa del settore degli apparati radio e terminali di telecomunicazione (direttiva 1999/5/CE recepita con il decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269).

L'articolo 14, poi, chiarisce che le disposizioni processuali introdotte dalla legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore, e che il novellato articolo 268, comma 3, potrà trovare applicazione soltanto decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro della giustizia disciplinante l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo articolo 268; l'articolo 15, infine, prevede le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento.


 

 


 

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

 

 

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.

A) Necessità dell'intervento normativo.

L'intervento normativo proposto incide sulla delicata materia delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, al precipuo fine di contemperare in maniera più adeguata rispetto alla attuale disciplina le necessità investigative, la libertà dei cittadini di essere informati in ordine a vicende giudiziarie di pubblico interesse nonché il diritto degli stessi a vedere tutelata la loro riservatezza.

Il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee costituiscono infatti valori tutelati, oltre che dalla Carta costituzionale repubblicana (articoli 13 e 15), anche dagli articoli 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

B) Analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti.

Il presente disegno di legge incide sull'attuale legislazione sostanziale e di rito operando su tre fronti:

1) sono state ridefinite le norme (articolo 267, commi 1 e 2) relative ai presupposti per prorogare le operazioni di intercettazione per reati non di competenza delle direzioni distrettuali antimafia, rafforzandosi l'obbligo di motivazione del provvedimento autorizzativo e prevedendosi un tendenziale limite di tre mesi alle proroghe delle operazioni, superabile qualora siano emersi nuovi elementi di indagine anche desunti dai contenuti di conversazioni intercettate nel medesimo procedimento. Tali elementi debbono essere chiaramente indicati nel provvedimento di proroga. Si prevede, poi, un tendenziale limite a due proroghe per le intercettazioni tra presenti, salvo che siano emersi nuovi elementi, anche desunti dai contenuti delle conversazioni intercettate, che rendano necessaria la prosecuzione delle operazioni;

2) è stata in secondo luogo prevista la costituzione, presso ciascun ufficio di procura, di un apposito «archivio riservato» per la conservazione dei dati non immediatamente rilevanti, cui è preposto un funzionario appositamente individuato dal procuratore della Repubblica. L'archivio è tenuto sotto la responsabilità, sorveglianza e direzione del medesimo procuratore della Repubblica;

3) è stata, inoltre, rivista la disciplina del «segreto» e dei «divieti di pubblicazione» degli atti di indagine, assicurando particolare tutela ai dati custoditi nell'archivio riservato; è stata conseguentemente rimodulata la fattispecie di cui all'articolo 379-bis del codice penale onde poter sanzionare ogni rivelazione di notizie concernenti atti coperti da segreto ed è stata prevista l'introduzione nel medesimo codice di una specifica fattispecie di reato per sanzionare la condotta di chiunque prenda illecitamente diretta conoscenza dei medesimi dati.

È prevista, inoltre, l'introduzione nel dettato del cosiddetto «codice della privacy», di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dell'articolo 164-bis, che commina rilevanti sanzioni amministrative a carico del redattore e del direttore responsabile dell'organo di informazione che riveli o diffonda dati per finalità giornalistiche in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 del medesimo codice della privacy ovvero del codice di deontologia, adottato ai sensi dell'articolo 139, comma 1, dello stesso codice, mentre è stata ridisegnata la contravvenzione di cui all'articolo 684 del codice penale, coordinandola con il nuovo testo dell'articolo 114 del codice di procedura penale.

Al fine di individuare con precisione la fonte di eventuali fughe di notizie e di circoscrivere la relativa responsabilità, evitando di scivolare verso forme di responsabilità oggettiva incompatibili con l'ordinamento costituzionale, è stato inoltre radicalmente riformato l'articolo 268, comma 3, del codice di procedura penale: si prevede infatti che le operazioni di registrazione dovranno essere effettuate per mezzo di impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica (CIT) da istituire su base distrettuale. Le operazioni di ascolto delle conversazioni saranno invece compiute mediante gli impianti installati presso la procura della Repubblica (cosiddetti «punti di ascolto») ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero procedente, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini.

C) Analisi della compatibilità con l'ordinamento comunitario.

Il disegno di legge non presenta alcun possibile profilo di incompatibilità con l'ordinamento comunitario.

D) Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

Il provvedimento non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materia, quella penale, riservata alla potestà legislativa dello Stato.

E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

Il disegno di legge, come sopra già evidenziato, non coinvolge le funzioni delle regioni e degli enti locali.

F) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

Il disegno di legge ha ad oggetto materie assistite da riserva di legge, non suscettibili di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

A) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità e della loro coerenza con quelle già in uso.

L'intervento introduce per la prima volta nell'ordinamento l'istituto dell'«archivio riservato», destinato a custodire verbali e registrazioni di non immediato interesse per lo svolgimento delle indagini, il cui contenuto è sempre coperto dal segreto. Tale istituto si reputa assolutamente necessario, in uno con le sanzioni per la diffusione delle notizie ivi contenute, per la compiuta tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti nelle attività di intercettazione; la compatibilità con il sistema processuale vigente è garantita dalla facoltà di accesso all'archivio da parte dei difensori di indagati ed imputati e dalla conseguente facoltà di richiedere al giudice l'acquisizione delle conversazioni ivi contenute e non precedentemente acquisite.

È stato, altresì, introdotto il concetto di intercettazione avente ad oggetto conversazioni «irrilevanti», intendendosi con tale locuzione quelle «riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini».

L'introduzione delle suddette definizioni normative si rende necessaria al fine di garantire una rigorosa selezione del materiale qualificato in termini di rilevanza, destinandosi all'archivio riservato quanto non dotato di tale caratteristica.

Infine, la modifica apportata all'articolo 268, comma 3, introduce la locuzione dei «centri di intercettazione».

B) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

I riferimenti normativi che figurano nel provvedimento sono corretti.

C) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

Le modifiche alla legislazione vigente (codice di procedura penale, codice penale e legislazione complementare) sono state introdotte con la tecnica della novella legislativa.

D) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

L'intervento normativo comporta l'abrogazione espressa dell'articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98, nonché dei commi da 4 a 8 dell'articolo 268 del codice di procedura penale.

La modifica normativa proposta prevede anche la sostituzione del testo del comma 3 dell'articolo 268. Tale modifica, tuttavia, entrerà in vigore decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro della giustizia che dispone l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo articolo. Fino a tale data, restano in vigore le disposizioni precedenti.

L'intervento non comporta, altresì, alcuna abrogazione implicita, in quanto non ridisciplina l'intera materia delle intercettazioni telefoniche, bensì solo alcuni aspetti di essa.


 

 

ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

 

A) Ambito dell'intervento, con particolare riguardo all'individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

L'intervento coinvolge gli uffici giudiziari di ogni stato e grado, le Forze di polizia, gli avvocati, gli investigatori privati, i giornalisti e i direttori e vicedirettori delle testate, che sono i destinatari «diretti» delle norme introdotte o modificate.

Destinatari «indiretti» dell'intervento sono i soggetti intercettati, le cui conversazioni verranno «filtrate» dall'autorità giudiziaria in ragione della rilevanza delle conversazioni.

B) Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

Si rinvia a quanto già evidenziato nella relazione illustrativa e nell'analisi tecnico-normativa.

C) Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

L'obiettivo manifesto è quello di contemperare le esigenze investigative con il diritto alla riservatezza di soggetti estranei alle indagini e degli stessi indagati, con riferimento alle conversazioni telefoniche intercettate, di contenuto strettamente personale e assolutamente irrilevante ai fini investigativi. L'individuazione di precise modalità di selezione delle conversazioni rilevanti, nonché la predisposizione di un articolato apparato sanzionatorio dovrebbe, nel medio-lungo periodo, venire a creare un «circuito virtuoso» tra operatori giudiziari e stampa, tale da garantire la libera espressione della libertà di cronaca senza che ciò si traduca in una indebita interferenza nella vita privata dei cittadini sottoposti ad intercettazione.

D) Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

Sotto l'aspetto organizzativo e sociale, l'impatto maggiore dell'intervento normativo riguarda diversi soggetti:

1) in primo luogo il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari, chiamati a verificare la rilevanza delle conversazioni intercettate;

2) in secondo luogo, la polizia giudiziaria e gli ausiliari del pubblico ministero e del giudice, chiamati i primi ad una maggiore accortezza nella gestione dei flussi informativi, i secondi (soprattutto il funzionario responsabile dell'ufficio intercettazione) ad una maggiore diligenza nella conservazione del materiale custodito nell'archivio riservato;

3) in terzo luogo, tutti coloro che hanno accesso «qualificato» agli atti del procedimento, quali (oltre ai magistrati, loro ausiliari e polizia giudiziaria) gli avvocati, gli investigatori privati incaricati dello svolgimento delle investigazioni difensive, i consulenti tecnici del pubblico ministero e i periti nominati dal giudice per la trascrizione delle conversazioni, chiamati ad un pressante divieto di propalazione delle conversazioni «segrete» ai sensi dell'articolo 379-bis del codice di procedura penale;

4) da ultimo, giornalisti e direttori responsabili, chiamati ad operare i debiti riscontri prima di pubblicare il contenuto di atti di indagine in ordine alla loro ostensibilità.

Per i profili strettamente finanziari, si rimanda ai contenuti della relazione tecnica.

E) Aree di criticità.

Gli unici aspetti di criticità sono costituiti dall'impossibilità di aumentare l'organico e le dotazioni amministrative degli uffici giudiziari per fare fronte alle novità introdotte dalla novella.

F) Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie; valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

Rispetto all'intervento normativo proposto, altri progetti di legge contenevano soluzioni alternative.

Alcuni progetti di legge contenevano norme volte a limitare l'ammissibilità delle operazioni di intercettazione ovvero di proroga delle medesime ai reati più gravi. Non si è ritenuto di seguire tale strada in quanto il fenomeno captativo costituisce oggi, nel mondo della comunicazione globale, il mezzo di ricerca della prova più importante, anche se di certo non esclusivo.

Altri progetti di legge prevedevano una serie di istituti volti a rafforzare la tutela della riservatezza; alcuni di essi proponevano di differenziare la disciplina delle intercettazioni nell'ipotesi in cui le stesse fossero direttamente indirizzate alle persone sottoposte ad indagine ovvero a terzi, ovvero prevedevano un obbligo di comunicazione a «tutti» i soggetti intercettati (ciò sia nel caso di intercettazioni cosiddette «dirette» che «indirette») dell'avvenuta captazione, ad indagini concluse. Altri prevedevano l'introduzione di una apposita udienza in contraddittorio per l'acquisizione delle conversazioni rilevanti.

Nella riforma proposta non si è ritenuto di seguire tali linee guida in modo rigido. Infatti, l'intervento normativo tiene conto anche di un elemento pratico fondamentale, costituito dalla effettiva «sostenibilità» della riforma da parte degli uffici giudiziari. Interventi più pregnanti, sia pur ispirati a lodevoli propositi, determinerebbero, in termini di impegno di risorse umane e di spesa, incrementi non sostenibili senza incrementi di organico.

Un onere di informativa generalizzato, di fatto, paralizzerebbe gli uffici giudiziari ovvero renderebbe necessario attingere a risorse, per garantire un adeguato potenziamento degli uffici, non facilmente reperibili. Si è pertanto limitato l'intervento ai terzi intercettati «direttamente» e che «effettivamente» utilizzino l'utenza intercettata, con esclusione quindi dei meri «prestanome».

Parallelamente, una eccessiva «ingessatura» della procedura di intercettazione dei soggetti non indagati, così come l'obbligo dell'udienza di selezione delle conversazioni, appesantirebbe il lavoro degli uffici del giudice per le indagini preliminari e determinerebbe un sensibile allungamento dei tempi processuali incompatibile con il principio della ragionevole durata del processo.

Sul versante sanzionatorio, a carico degli enti responsabili della pubblicazione di notizie riservate, alcuni progetti di legge presentati nella scorsa e nella presente legislatura prevedevano l'introduzione in seno al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche), di una norma che comminasse, in relazione al reato previsto dall'articolo 684 del codice penale, una pesante sanzione pecuniaria.

Si è preferito non percorrere tale strada in ragione della dilatazione dei tempi necessari per la definitiva irrogazione della sanzione: ed infatti, il decreto legislativo n. 231 del 2001 prevede una giurisdizionalizzazione della procedura, da svolgere dinanzi alla autorità giudiziaria ordinaria, tale da non consentire la definizione in tempi brevi del contenzioso, laddove la violazione dei divieti di pubblicazione, posta la portata spesso «esplosiva» delle notizie divulgate, necessita di pronta ed efficace risposta.

G) Strumento tecnico-normativo eventualmente più appropriato.

Il disegno di legge ordinario è lo strumento tecnico-normativo preferibile.

In particolare, esclusa a priori la possibilità del ricorso a strumenti normativi di rango secondario, sembrano difettare quei requisiti di indifferibilità e urgenza che consentono il ricorso al decreto-legge, mentre il ricorso ad una legge delega appare sconsigliabile in ragione della delicatezza della materia oggetto dell'intervento.

 


 

RELAZIONE TECNICA

 

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).

 

 

La presente relazione tecnica è volta a quantificare gli oneri derivanti dal disegno di legge in oggetto.

Sotto l'aspetto strettamente finanziario, il provvedimento in esame configura alcune disposizioni tendenti a migliorare il servizio di telecomunicazioni attraverso l'introduzione di sistemi informatizzati e la strutturale riduzione dei costi connessi principalmente al noleggio degli apparati.

L'attuale sistema delle intercettazioni prevede il coinvolgimento di 166 uffici di procura e presenta, dal lato dei costi, aspetti estremamente variabili in relazione alle tecnologie utilizzate e all'incidenza del costo di noleggio degli apparati.

Il costo del noleggio degli attuali apparati di intercettazione grava sul capitolo 1360 (Spese di giustizia) dello stato di previsione del Ministero della giustizia; gli apparati noleggiati sono attualmente, secondo le ultime rilevazioni, circa 6.000, cui se ne aggiungono altri 4.000 di proprietà dell'Amministrazione.

Lo stanziamento complessivo del capitolo 1360 per l'anno 2006 ammonta a 684.800.695 euro.

Il nuovo sistema delineato dal provvedimento in esame prevede, all'articolo 3, l'istituzione di centri di intercettazione su base distrettuale con un massimo di 26 strutture.

Le operazioni di ascolto, invece, possono essere compiute mediante impianti installati presso le competenti procure della Repubblica ovvero presso i servizi di polizia giudiziaria delegati.

Allo stato risultano già informatizzati 71 uffici di procura con la copertura del 60 per cento dei bersagli.

L'istituzione dei centri di intercettazione comporta necessariamente la preliminare acquisizione di idonei locali all'interno dei quali installare le occorrenti attrezzature informatiche.

In tale senso è stata prevista una struttura di dimensioni pari a mq 100 entro cui allocare una sala server.

Occorre, altresì, prevedere adeguate misure fisiche di sicurezza dei locali attraverso la predisposizione di apposite porte e finestre blindate e sensorizzate, di armadi ignifughi, di adeguato sistema di condizionamento, di pavimento flottante e di punti di accesso adeguatamente controllati.

Il canone di locazione per l'acquisizione della struttura è stato stimato in 18.000 euro annui.

Il costo delle misure di sicurezza dei locali è stato quantificato in 20.000 euro.

L'installazione delle attrezzature informatiche per ciascuna struttura determina le seguenti voci di spesa:

acquisizione del server attraverso lo strumento della locazione finanziaria (durata 5 anni), canone annuo: 200.000 euro;

manutenzione, canone annuo: 300.000 euro.

In relazione alla remotizzazione degli ascolti presso gli uffici di procura non ancora informatizzati è stato previsto il solo costo relativo all'acquisizione delle postazioni informatiche attraverso lo strumento della locazione finanziaria, il cui canone annuo è pari a 300 euro per un numero di 95 uffici.

L'introduzione di un sistema informatizzato presuppone necessariamente l'acquisizione di un adeguato pacchetto software che consenta di soddisfare il grado di complessità del sistema di acquisizione e di distribuzione dei dati, nonché di controllare l'accesso ai sistemi informativi e protegga, nel contempo, i dati stessi attraverso appositi sistemi di crittografia e cifratura. Il costo complessivo è stato stimato in 4.500.000 euro.

Il sistema di cablaggio tra i centri di intercettazione e i centri di ascolto comporta infine un onere stimato in 300.000 euro.

 

DETTAGLIO ONERI

 

Spese di investimento

Misure di sicurezza locali

20.000 \x 26 = 520.000,00 euro

Cablaggio (costo complessivo) 300.000,00 euro

TOTALE 820.000,00 euro

 

Spese correnti

Canone annuo server posticipato

200.000 \x 26 = 5.200.000,00 euro

Postazioni informatiche (presso uffici di procura)

300 \x 95 = 28.500,00 euro

Acquisto software (costo complessivo)4.500.000,00 euro

Canoni di locazione locali

18.000 \x 26 =468.000,00 euro

Manutenzione

300.000 \x 26 = 7.800.000,00 euro

Spese di funzionamento strutture

50.000 \x 26 = 1.300.000,00 euro

TOTALE 19.296.500,00 euro

La riorganizzazione del sistema delle intercettazioni determina risparmi estremamente significativi rispetto all'attuale spesa complessiva annua, in quanto, eliminando il ricorso al noleggio degli attuali apparati di intercettazione, la spesa verrebbe ridotta in maniera sensibile per un importo di gran lunga superiore ai suindicati oneri di parte corrente.

Gli oneri di parte corrente sono quindi ampiamente compensati dai risparmi di spesa derivanti dal mancato costo del noleggio degli attuali apparati di intercettazione.

Lo stanziamento del citato capitolo in sostanza rimane invariato, posto che i maggiori risparmi eccedenti rispetto agli oneri correnti sopra elencati verranno rilevati in sede di consuntivo.

Considerato che è prevedibile una decorrenza del provvedimento non anteriore al 1o marzo 2007, si determineranno per l'anno finanziario 2007 i seguenti costi:

Spese di investimento una tantum 820.000,00 euro

Spese correnti (10/12 di 19.296.500,00)16.080.417,00 euro

Per l'anno finanziario 2008 e a regime:

Spese correnti 14.796.500,00 euro

In considerazione di quanto sopra, si procede quindi alla sola copertura delle spese di investimento pari a euro 820.000, mediante utilizzo dell'accantonamento di conto capitale relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.


 

 


 


 disegno di legge

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Art. 1.

(Modifiche all'articolo 114 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare. Qualora venga disposta l'archiviazione del procedimento, è vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive»;

b) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, anche se non più coperti da segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.

2-ter. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, dei provvedimenti emessi in materia di misure cautelari; di tali provvedimenti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta ad indagini ovvero il suo difensore ne abbiano avuto conoscenza»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni»;

d) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. Salvo quanto previsto dai commi 1, 2, 2-bis e 2-ter, è consentita la pubblicazione del contenuto degli atti non coperti da segreto».

 

Art. 2.

(Modifiche all'articolo 267 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 quando ritiene sussistenti gravi indizi di reato e l'intercettazione sia assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. L'autorizzazione è data con decreto motivato»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l'intercettazione con decreto motivato che deve essere comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice per le indagini preliminari. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato ai sensi del comma 1. Se il decreto del pubblico ministero non è convalidato nel termine stabilito, l'intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di quindici giorni, prorogabile dal giudice con decreto motivato in pari misura e per una durata complessiva massima non superiore a tre mesi. Tale durata può essere superata solo qualora siano emersi nuovi elementi investigativi in relazione ai presupposti di cui al comma 1, desunti anche dai contenuti delle conversazioni intercettate. Tali elementi devono essere specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai presupposti indicati nel comma 1»;

d) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:

«3-bis. La durata dell'intercettazione di comunicazioni tra presenti eseguite nei luoghi di cui all'articolo 614 non può essere prorogata più di due volte, salvo che siano emersi nuovi elementi investigativi in relazione ai presupposti di cui al comma 1, desunti anche dai contenuti delle conversazioni intercettate. Tali elementi devono essere specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai presupposti indicati nel comma1.

3-ter. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, e dall'articolo 3 del decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438, e successive modificazioni».

 

Art. 3.

(Modifiche all'articolo 268 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo degli impianti installati e custoditi nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte d'appello. Le operazioni di ascolto delle conversazioni intercettate sono compiute mediante impianti installati nei punti di ascolto istituiti presso la competente procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini»;

b) dopo il comma 3-bis sono inseriti i seguenti:

«3-ter. I verbali e le registrazioni sono trasmessi immediatamente e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione al pubblico ministero. Essi sono custoditi in un apposito archivio riservato.

3-quater. Ai procuratori generali presso la corte d'appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti sono attribuiti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, dei centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3»;

c) i commi da 4 a 8 sono abrogati.

Art. 4.

(Introduzione degli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater, 268-quinquies e 268-sexies del codice di procedura penale).

1. Dopo l'articolo 268 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

«Art. 268-bis. - (Deposito e acquisizione dei verbali e delle registrazioni). - 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero deposita presso la segreteria i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, indicando le ragioni della rilevanza. Sono contestualmente depositati anche i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. Gli atti relativi a conversazioni di cui è vietata l'utilizzazione e a quelle prive di rilevanza, in quanto riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini, restano custoditi nell'archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell'articolo 268.

2. Gli atti rimangono depositati per il tempo stabilito dal pubblico ministero, salvo che il giudice riconosca necessaria una proroga.

3. Il giudice può autorizzare il pubblico ministero a ritardare il deposito di cui al comma 1, non oltre la chiusura delle indagini preliminari, qualora dal deposito possa derivare grave pregiudizio per le indagini.

4. Ai difensori delle parti è dato immediatamente avviso che, entro il termine di cui ai commi 2 e 3, hanno facoltà:

a) di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell'archivio riservato;

b) di ascoltare le registrazioni, ivi comprese quelle custodite nell'archivio riservato;

c) di indicare specificamente al giudice le conversazioni non depositate delle quali chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza;

d) di indicare specificamente al giudice le conversazioni depositate che ritengono irrilevanti o di cui è vietata l'utilizzazione.

5. Scaduto il termine di cui al comma 2, il giudice, sentite ove necessario le parti senza formalità, dispone con ordinanza non impugnabile l'acquisizione delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione. Il giudice può sempre esaminare, se lo ritiene necessario, gli atti custoditi nell'archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell'articolo 268.

6. La documentazione depositata della quale il giudice non ha disposto l'acquisizione è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato.

7. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 si applicano, in quanto compatibili, anche ai dati relativi al traffico telefonico.

8. I difensori delle parti possono estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l'acquisizione.

Art. 268-ter. - (Trascrizione delle registrazioni). - 1. Il giudice dispone perizia per la trascrizione delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite. Al termine delle operazioni i verbali e le registrazioni utilizzate per lo svolgimento dell'incarico sono immediatamente restituiti al pubblico ministero e sono custoditi nell'archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell'articolo 268. È vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini. Il giudice dispone che i nominativi o riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede.

2. Le trascrizioni delle registrazioni e le stampe sono inserite nel fascicolo del dibattimento a norma dell'articolo 431.

3. Delle trascrizioni e delle stampe i difensori possono estrarre copia, anche su supporto informatico.

Art. 268-quater. - (Utilizzo delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari). - 1. Il pubblico ministero, anche prima della chiusura delle indagini preliminari, al fine di presentare le sue richieste al giudice, può disporre la trascrizione delle conversazioni che ritiene rilevanti, anche per riassunto, ad opera della polizia giudiziaria o del consulente tecnico nominato ai sensi degli articoli 359 e 360. È vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini. Il pubblico ministero dispone che i nominativi o riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede.

2. Quando il giudice deve adottare una decisione prima del deposito previsto dall'articolo 268-bis, comma 1, il pubblico ministero trasmette i verbali e le registrazioni delle conversazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della persona sottoposta alle indagini, e di cui non è vietata l'utilizzazione.

3. Il giudice dispone l'acquisizione nel fascicolo degli atti di indagine delle conversazioni rilevanti per la decisione e restituisce le altre al pubblico ministero. Esse sono custodite nell'archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell'articolo 268. Dopo che la persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore abbiano avuto conoscenza del provvedimento, si applica la disposizione di cui al comma 8 dell'articolo 268-bis.

4. Sono soggette ad autorizzazione del pubblico ministero le seguenti attività:

a) la stampa dei dati relativi alle intercettazioni, che deve essere in ogni caso corredata dall'annotazione del numero delle pagine stampate;

b) la trasmissione dei dati relativi alle intercettazioni su supporti informatici e cartacei o per via telematica, che deve essere in ogni caso corredata dall'annotazione degli estremi della destinazione, degli utenti, del giorno e dell'ora di trasmissione e ricezione.

Art. 268-quinquies. - (Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice). - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare il giudice, ai fini della decisione da adottare, può sempre disporre anche d'ufficio l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custodite nell'archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell'articolo 268. All'esito può disporre con ordinanza l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.

2. Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su richiesta specificamente motivata delle parti, l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si applicano le disposizioni di cui all'articolo 268-ter.

Art. 268-sexies. - (Avviso a persone non indagate). - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il pubblico ministero dà avviso in piego chiuso ai soggetti titolari delle utenze in ordine alle quali è stata disposta intercettazione delle comunicazioni telefoniche o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, diversi da quelli nei confronti dei quali si procede e che non risultino indagati in procedimenti connessi o collegati, dell'avvenuta intercettazione.

2. L'avviso contiene la mera notizia dell'avvenuta intercettazione, la durata e il numero della utenza intercettata, nonché l'indicazione della facoltà di chiedere la distruzione anticipata delle registrazioni ai sensi dell'articolo 269, comma 2.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano:

a) nei casi in cui si procede per i reati indicati agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del presente codice, nonché per i reati di cui agli articoli 600-ter e 600-quinquies del codice penale;

b) se dagli atti di indagine risulti che l'utenza è stata comunque utilizzata da persone sottoposte ad indagine ovvero da indagati in procedimenti connessi o collegati;

c) se taluna delle conversazioni intercettate sulle utenze di cui al comma 1 sia stata acquisita al procedimento».

 

 

Art. 5.

(Modifiche all'articolo 269 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente nell'archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell'articolo 268»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Salvo quanto previsto dall'articolo 271, comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione o fino a che non siano decorsi cinque anni dalla data di deposito del decreto di archiviazione. Decorsi tali termini, il giudice dispone la distruzione della documentazione di cui al comma 1. Tuttavia, quando la documentazione non è rilevante per il procedimento, gli interessati possono chiederne la distruzione anticipata al giudice che procede, a tutela della riservatezza. Sull'istanza il giudice decide con decreto motivato. La distruzione anticipata non può essere disposta senza il consenso delle parti».

 

Art. 6.

(Modifica all'articolo 270 del codice di procedura penale).

1. Il comma 2 dell'articolo 270 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi all'autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater e 268-quinquies».

 

Art. 7.

(Modifica all'articolo 295 del codice di procedura penale).

1. Il comma 3 dell'articolo 295 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«3. Al fine di agevolare le ricerche del latitante, il giudice o il pubblico ministero, nei limiti e con le modalità previsti dagli articoli 266 e 267, può disporre l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 268, 268-bis, 268-ter, 268-quater, 268-quinquies, 269 e 270».

 

Art. 8.

(Introduzione dell'articolo 329-bis del codice di procedura penale).

1. Dopo l'articolo 329 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«Art. 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni). - 1. I verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell'archivio riservato previsto dal comma 3-ter dell'articolo 268, non acquisiti ai sensi degli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater e 268-quinquies, nonché la documentazione comunque ad essi inerente, sono sempre coperti da segreto».

 

Art. 9.

(Modifiche all'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

1. All'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le parole: «i nastri contenenti le registrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «i supporti contenenti le registrazioni e i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche»;

b) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Il procuratore della Repubblica designa un funzionario responsabile del servizio di intercettazione e della tenuta del registro riservato delle intercettazioni, di cui all'articolo 267, comma 5, del codice, e dell'archivio riservato, di cui al comma 1 dell'articolo 89-bis, nel quale sono custoditi i verbali e i supporti.

2-ter. Il funzionario di cui al comma 2-bis comunica al procuratore della Repubblica ogni due mesi l'elenco delle operazioni che si protraggono da oltre tre mesi».

Art. 10.

(Introduzione dell'articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, del codice di procedura penale).

1. Dopo l'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

«Art. 89-bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni). - 1. Presso la procura della Repubblica è istituito l'archivio riservato per le intercettazioni.

2. L'archivio è tenuto sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza del procuratore della Repubblica con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione in esso contenuta.

3. Oltre agli ausiliari autorizzati dal procuratore della Repubblica, all'archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso è annotato in apposito registro, con l'indicazione della data, dell'ora iniziale e finale dell'accesso e degli atti contenuti nell'archivio di cui è stata presa conoscenza.

4. Nei casi previsti dalla legge, il difensore può ascoltare le registrazioni esclusivamente con apparecchi a disposizione dell'archivio».

 

Art. 11.

(Modifiche al codice penale).

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 379-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). - Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.

Se il fatto di cui ai commi primo e secondo è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da sei mesi a due anni.

Chiunque, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale, è punito con la reclusione da uno a tre anni»;

b) dopo l'articolo 617-sexies è inserito il seguente:

«Art. 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). - Chiunque illecitamente prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni»;

c) al primo comma dell'articolo 684, le parole: «o a guisa d'informazione» sono sostituite dalle seguenti: «o nel contenuto»;

d) dopo il primo comma dell'articolo 684 è aggiunto il seguente:

«La condanna importa la pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 36».

 

Art. 12.

(Modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196).

1. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l'articolo 164 è inserito il seguente:

«Art. 164-bis. - (Illeciti per finalità giornalistiche). - 1. In caso di diffusione o comunicazione di dati per le finalità di cui all'articolo 136, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 ovvero del codice di deontologia adottato ai sensi dell'articolo 139, comma 1, all'autore della violazione si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da tremila a diciottomila euro o, se si tratta di dati sensibili o riguardanti minori o se la violazione è reiterata o comunque di particolare gravità, da diecimila a sessantamila euro. Fuori dalle ipotesi di concorso, il direttore o vicedirettore responsabile risponde della violazione nei casi in cui omette di esercitare il controllo necessario a impedirla.

2. Nei casi di cui al comma 1, il Consiglio nazionale e il competente consiglio dell'Ordine dei giornalisti, nonché, ove lo ritengano, le associazioni rappresentative di editori, possono far pervenire documenti e la richiesta di essere sentiti ai sensi dell'articolo 18, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

3. La sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell'ordinanza-ingiunzione di cui all'articolo 165 può essere applicata nei casi di cui al comma 1, primo periodo, del presente articolo ed è in ogni caso applicata se la violazione riguarda dati sensibili o concernenti minori o è reiterata o se, comunque, è di particolare gravità»;

b) all'articolo 139, comma 5, dopo le parole: «codice di deontologia,» sono inserite le seguenti: «ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 164-bis,»;

c) all'articolo 165, comma 1, le parole: «162 e 164» sono sostituite dalle seguenti: «162, 164 e 164-bis».

 

Art. 13.

(Abrogazione dell'articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98).

1. L'articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98, è abrogato.

 

Art. 14.

(Regime transitorio).

1. Le disposizioni della presente legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore.

2. Le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 3 della presente legge, si applicano decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione di apposito decreto del Ministro della giustizia che dispone l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo comma 3. Fino a tale data, continuano a trovare applicazione le disposizioni del comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 15.

(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 268 del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 3 della presente legge, pari a 820.000 euro per l'anno 2007, si provvede mediante utilizzazione della proiezione per il medesimo anno dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

 

 


 

N. 1164

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

MIGLIORE, FORGIONE, MASCIA, DANIELE FARINA

¾

 

Modifiche alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni

 

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Presentata il 20 giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge interviene sulla delicata materia delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni e si pone come obiettivo quello di contemperare le necessità investigative, la libertà di stampa, il diritto-dovere di informare e di essere informati, e il diritto alla privacy dei cittadini. Se, infatti, è incontestabile l'utilità di tale mezzo di ricerca della prova, è altrettanto incontestabile che l'uso di tale delicato strumento di indagine debba avvenire con la massima cautela. L'articolo 15 della Costituzione sancisce l'inviolabilità della libertà e della segretezza di ogni forma di comunicazione e prevede espressamente che «La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Proprio per conciliare tali princìpi, il codice di procedura penale ha previsto che le intercettazioni (telefoniche, ambientali, eccetera) possano essere disposte - salvo i casi d'urgenza, e allorché vi sia fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini - da un giudice, in presenza di «gravi indizi di reato» e allorché assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini (deroghe sono state introdotte dal decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per reati di particolare gravità).

Il legislatore, dunque, ha ritenuto possibile l'intercettazione di conversazioni private solo in presenza di indizi gravi, di una situazione di «assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini», ed esclusivamente in procedimenti per reati di particolare gravità; ha inoltre previsto espressamente che il provvedimento autorizzativo fosse motivato.

Malgrado le precise e tassative disposizioni codicistiche (articolo 266 e seguenti del codice di procedura penale), si è instaurata però una prassi che contrasta con la lettera e la ratio della legge (anche senza violazioni tali da determinare nullità o inutilizzabilità): non sono infrequenti, infatti, i provvedimenti autorizzativi, o di proroga, motivati con formule di stile ovvero con motivazioni tautologiche o generiche. I dati più recenti confermano che tale strumento di indagine, da «eccezionale», si è trasformato in «ordinario».

Secondo l'Eurispes, nel decennio 1994-2004, in Italia, sarebbero state intercettate circa 30 milioni di persone, con una spesa che ha toccato i 300 milioni di euro; nell'ultimo biennio le cifre del numero delle intercettazioni e della relativa spesa sono addirittura aumentate, come le recenti vicende di cronaca testimoniano. Considerati i tempi medi delle intercettazioni (circa 45 giorni) ogni anno sarebbero intercettate oltre un milione e mezzo di persone. Si rende necessario, quindi, e non più procrastinabile, un limitato intervento legislativo che, senza incidere sulle effettive necessità investigative, tuteli anche la privacy dei singoli, soprattutto se non indagati o allorché le intercettazioni riguardino comunicazioni irrilevanti per le indagini e del tutto personali. È indispensabile prevedere una disciplina più rigorosa non solo in relazione alla motivazione del provvedimento che dispone le intercettazioni, ma anche in relazione alla successiva attività di utilizzazione processuale delle conversazioni intercettate, in modo che sia ridotto al minimo il sacrificio del diritto alla riservatezza (che non viene meno per il solo fatto che l'intercettazione sia stata legittimamente autorizzata) e, soprattutto, che sia limitato il più possibile il rischio della loro divulgazione e pubblicazione, quando coperte dal segreto o irrilevanti ai fini di una corretta informazione. Il sistema vigente, infatti, non si è rivelato idoneo a tutelare il diritto alla riservatezza dei cittadini allorché questo sia prevalente rispetto al diritto-dovere di informare (soprattutto con riferimento ai terzi estranei al processo): ciò in quanto il meccanismo procedimentale rende conoscibili alle parti - e non solo a loro - tutte le conversazioni intercettate e riportate sommariamente nei «brogliacci» della polizia giudiziaria, mancando - come noto - una preventiva selezione della documentazione rilevante.

Con il deposito presso la segreteria del pubblico ministero, ai sensi dell'articolo 268, comma 4, del codice di procedura penale, ovvero nei casi in cui è applicata una misura custodiale, le intercettazioni perdono il carattere della segretezza (articolo 329, comma 1, del codice di procedura penale). Per quanto concerne la pubblicazione, l'articolo 114 del codice di procedura penale prevede, da un lato, che sia vietata «la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare» (il relativo reato è oblabile con il pagamento di 127 euro); ma, dall'altro, consente «la pubblicazione del contenuto di atti non più coperti dal segreto» (articolo 114, commi 2 e 7, del codice di procedura penale).

Nella presente proposta di legge non sono state modificate le condizioni che legittimano il ricorso alle intercettazioni, anche se si rende più «stringente» l'obbligo di motivazione del provvedimento autorizzativo: la disciplina vigente appare sufficientemente rigorosa nell'individuare i limiti, che possono essere ricondotti, come quelli previsti dalle misure cautelari, ai princìpi di «proporzionalità e adeguatezza». L'intercettazione, infatti, deve costituire l'unico mezzo di prova adeguato a soddisfare l'esigenza investigativa in una situazione in cui l'indagine non possa essere diversamente sviluppata. Si è ritenuto invece necessario intervenire in relazione alla riservatezza del terzo e alla pubblicazione di comunicazioni intercettate dei soggetti, non indagati né coinvolti nelle indagini, ma di cui pure siano stati intercettati i colloqui, attraverso un intervento diretto sul procedimento delineato dall'articolo 268 del codice di procedura penale. La sequenza procedimentale del deposito e della secretazione del materiale irrilevante viene modificata, attribuendo prima al pubblico ministero, e poi al giudice, il potere di selezionare le intercettazioni da acquisire e di disporre la secretazione di quelle ritenute irrilevanti (si è preferito proporre la secretazione delle intercettazioni irrilevanti, e non la distruzione, in quanto non è raro il caso di intercettazioni che possono apparire irrilevanti in una determinata fase delle indagini e che, successivamente, si dimostrano decisive per l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato). La selezione preventiva della documentazione rilevante riduce i rischi di divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, senza abbassare il livello di tutela del diritto di difesa dell'imputato, al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione della documentazione che il pubblico ministero ha ritenuto non rilevante. La nuova disciplina si caratterizza, inoltre, per l'istituzione di un apposito archivio riservato nel quale il pubblico ministero deve custodire i verbali e le registrazioni, l'accesso al quale è consentito ai difensori delle parti solo per la verifica della completezza del materiale acquisito e per la eventuale richiesta di integrazione al giudice. La documentazione è custodita nell'archivio riservato fino alla decisione non più soggetta a impugnazioni.

La rivelazione delle conversazioni intercettate ma non acquisite, e che quindi dovrebbero rimanere segrete, è punita in maniera autonoma al pari dei delitti contro la inviolabilità dei segreti che attengono alla sfera privata (articoli 616 e seguenti del codice penale). La presente proposta di legge introduce nel nostro ordinamento una nuova fattispecie penale che di fatto amplia le ipotesi di lesione del diritto alla riservatezza in conseguenza di condotte che si estrinsecano nella indebita rivelazione del contenuto delle registrazioni ritenute irrilevanti. La proposta di legge interviene poi in materia di «pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale» (articolo 684 del codice penale): una norma posta a tutela non solo del diritto alla riservatezza dei cittadini, ma anche a tutela delle indagini e dell'accertamento della verità. Chi pubblica arbitrariamente atti di un procedimento penale è attualmente punito con l'arresto fino a trenta giorni o l'ammenda da 51 a 258 euro (reato che si può estinguere pagando un'oblazione di 127 euro). La presente proposta di legge, rispetto alla quale si auspica un ampio e approfondito confronto in Parlamento e nel Paese, intende distinguere, rispetto alla pubblicazione, tra atti processuali e atti di indagine: mentre il contenuto dei primi (ad esempio ordinanza di custodia cautelare, provvedimenti del tribunale del riesame, eccetera) è pubblicabile allorché non più coperto dal segreto, gli atti di indagine, e il loro contenuto (a meno che non sia riportato in altri atti processuali), non sono pubblicabili fino al termine delle indagini preliminari; ciò a tutela delle indagini, degli indagati e dei terzi estranei al procedimento penale. Si è ritenuto di proporre questa distinzione, che deve essere evidentemente approfondita, in quanto si ritiene che, allorché venga data la notizia di un provvedimento cautelare, o di altri provvedimenti analoghi, rientri nel diritto di informare e di essere informati conoscerne le motivazioni: in tali casi, gli organi di informazione ben possono (o, meglio, dovrebbero) riportare, nell'ambito di una corretta informazione, anche le considerazioni dell'indagato e/o dei suoi difensori. Diverso, evidentemente, è il caso della pubblicazione del contenuto di indagini (testimonianza, intercettazioni, ricognizioni, eccetera) prima che le stesse siano completate, in conseguenza della quale si rischierebbe non solo di fornire una informazione parziale, ma anche di incidere negativamente sulla possibilità di accertare singole responsabilità. Proprio per questo si propone di modificare non solo l'articolo 114 del codice di procedura penale, ma anche l'articolo 684 del codice penale (pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale). Si è ritenuto di non prevedere sanzioni, neppure di carattere pecuniario (e, quindi, tanto meno detentivo) per il giornalista, lasciando ogni valutazione di carattere deontologico al consiglio dell'ordine, e di depenalizzare il reato, con significative sanzioni amministrative pecuniarie, rapportate alla diffusione del mezzo di informazione e alla gravità del fatto, per la proprietà della testata. Competente a irrogare tale sanzione dovrebbe essere il Garante per la protezione dei dati personali.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 quando ritiene sussistenti gravi indizi di reato e l'intercettazione sia assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. L'autorizzazione è data, a pena di inutilizzabilità, con decreto motivato sia in relazione alla sussistenza di gravi indizi di reato, sia in relazione alla assoluta indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l'intercettazione con decreto motivato che deve essere comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice indicato al comma 1. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato ai sensi del comma 1. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, l'intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati»;

c) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali, la durata dell'intercettazione di comunicazioni tra presenti non può essere prorogata per più di due volte, salvo che siano emersi nuovi elementi che rendano assolutamente indispensabile l'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini».

Art. 2.

1. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. I verbali e le registrazioni sono trasmessi immediatamente e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione al pubblico ministero, che li custodisce nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1»;

b) i commi 5, 6, 7 e 8 sono abrogati.

Art. 3.

1. Dopo l'articolo 268 del codice di procedura penale, come da ultimo modificato dall'articolo 2 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

«Art. 268-bis. - (Trasmissione e deposito dei verbali). - 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero trasmette al giudice per le indagini preliminari i verbali relativi alle conversazioni, o a parti di esse, che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, enunciando le ragioni della rilevanza. Con i verbali sono trasmessi anche i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. Gli atti relativi a conversazioni di cui è vietata l'utilizzazione e a quelle prive di rilevanza perché riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini restano custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.

2. Il giudice può autorizzare il pubblico ministero a ritardare la trasmissione dei verbali non oltre la chiusura delle indagini preliminari qualora possa derivare irreparabile pregiudizio per le indagini.

 

3. Entro dieci giorni dalla trasmissione, il giudice dispone con decreto il deposito dei verbali delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione, nonché dei decreti trasmessi. I verbali delle conversazioni non depositati sono restituiti al pubblico ministero che li custodisce nell'archivio riservato.

4. Ai difensori è dato immediato avviso della facoltà di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell'archivio riservato e di ascoltare le registrazioni. I difensori delle parti possono indicare specificamente le conversazioni, o parti di esse, non depositate, delle quali chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza.

Art. 268-ter. - (Udienza di acquisizione delle conversazioni). - 1. Il giudice, sentite le parti, dispone con ordinanza motivata l'acquisizione delle conversazioni rilevanti di cui non è vietata l'utilizzazione, esaminando, se lo ritiene necessario, anche gli atti custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1. La documentazione depositata ma non acquisita è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato.

2. I difensori delle parti possono estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l'acquisizione.

3. I verbali e le registrazioni non acquisiti sono coperti da segreto.

4. Il giudice dispone perizia per la trascrizione delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite.

5. Le trascrizioni delle registrazioni e le stampe sono inserite nel fascicolo degli atti di indagine e poi nel fascicolo del dibattimento a norma dell'articolo 431.

6. Delle trascrizioni e delle stampe i difensori possono estrarre copia.

7. Se, prima della conclusione delle operazioni di trascrizione, è presentata la richiesta di rinvio a giudizio, il giudice può fissare l'udienza preliminare e procedere alle deliberazioni quando per la decisione non è necessario attendere l'esito delle operazioni peritali.

Art. 268-quater. - (Uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari). - 1. Quando il giudice deve adottare una decisione prima del deposito previsto dall'articolo 268-bis, comma 3, il pubblico ministero può presentare i risultati delle intercettazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della persona sottoposta alle indagini, e di cui non è vietata l'utilizzazione. Il giudice dispone l'acquisizione nel fascicolo degli atti di indagine delle conversazioni rilevanti per la decisione e restituisce le altre al pubblico ministero affinché le custodisca nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.

Art. 268-quinquies. - (Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice). - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, ai fini della decisione da adottare, può disporre, anche di ufficio, l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custodite nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.

2. Quando è richiesta l'archiviazione, il giudice, se provvede a norma dell'articolo 409, commi 4 e 5, indica al pubblico ministero le conversazioni rilevanti, fissando, ove occorra, l'udienza di acquisizione delle stesse.

3. Nell'udienza preliminare, il giudice dispone, anche di ufficio, con ordinanza motivata, l'acquisizione delle conversazioni rilevanti.

4. Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su specifica e motivata richiesta delle parti, l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia».

Art. 4.

1. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente in apposito archivio

riservato del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione»;

b) il secondo e il terzo periodo del comma 2 sono sostituiti dai seguenti: «La documentazione non necessaria per il procedimento è secretata fino alla definizione del procedimento. Successivamente, a richiesta del pubblico ministero o della parte interessata, può esserne chiesta al giudice la distruzione. Il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e, sentite le parti, decide sulla richiesta con decreto motivato».

Art. 5.

1. All'articolo 270 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi all'autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 268-bis, 268-ter e 268-quater»;

b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. La documentazione contenuta nell'archivio riservato di cui all'articolo 269, comma 1, è trasmessa in copia al pubblico ministero competente che provvede a custodirla nell'archivio istituito presso il proprio ufficio».

Art. 6.

1. Dopo l'articolo 617-sexies del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 617-septies. - (Rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazioni intercettate nel procedimento penale). - Chiunque rivela indebitamente il contenuto di conversazioni o comunicazioni intercettate e coperte dal segreto, delle quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Se l'agevolazione è soltanto colposa, la pena è della reclusione fino ad un anno.

Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, la pena è della reclusione da uno a cinque anni, nei casi previsti dal primo comma, e della reclusione da due mesi a due anni, nei casi previsti dal secondo comma».

Art. 7.

1. Dopo l'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

«Art. 89-bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni). - 1. Presso l'ufficio del pubblico ministero è istituito l'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, del codice, in cui sono custoditi i verbali e le registrazioni delle intercettazioni.

2. L'archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del pubblico ministero con modalità tali da assicurare la riservatezza della documentazione in esso contenuta.

3. Oltre agli ausiliari autorizzati dal pubblico ministero, all'archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso è annotato in apposito registro, con l'indicazione della data, dell'ora iniziale e finale dell'accesso e degli atti contenuti nell'archivio di cui è stata presa conoscenza.

4. Il difensore può ascoltare le registrazioni con apparecchi a disposizione dell'archivio, ma non può ottenere copia delle registrazioni e degli atti di cui ha preso conoscenza».

Art. 8.

1. L'articolo 684 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 684. - (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale). - In caso di pubblicazione, integrale o parziale, anche per riassunto o a guisa d'informazione, di atti di indagine di un procedimento penale, o del loro contenuto, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, l'editore è punito con la sanzione amministrativa della multa da euro 20.000 a euro 100.000. Competente a irrogare la sanzione è il Garante per la protezione dei dati personali, che la quantifica tenendo conto della gravità del fatto e della diffusione del mezzo di comunicazione».

Art. 9.

1. All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, di atti di indagine o del loro contenuto fino a che non siano concluse le indagini preliminari»;

b) il comma 7 è abrogato.

 


N. 1165

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati FABRIS, CAPOTOSTI, SATTA, ROCCO PIGNATARO, PISACANE, MORRONE, ADENTI, AFFRONTI, CIOFFI, DEL MESE, GIUDITTA, D'ELPIDIO, LI CAUSI, PICANO

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Nuove norme in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti dei procedimenti penali

 

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Presentata il 20 giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - Le disposizioni della presente proposta di legge disciplinano in modo stringente la materia delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, rendendo più rigido il divieto di pubblicazione dei relativi atti.

L'articolo 1 prevede una modifica all'articolo 329 del codice di procedura penale, stabilendo che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria e ogni altro atto presupposto siano coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari.

L'articolo 2, in materia di divieto di pubblicazione di atti, modifica l'articolo 114 del codice di procedura penale stabilendo il divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, e il divieto di pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche non rispondenti ad uno scopo di utilità sociale dell'informazione o a un reale interesse pubblico ovvero che coinvolgano la sfera privata di soggetti estranei al procedimento penale.

L'articolo 3, in materia di rivelazione di segreti di ufficio e di pubblicazione arbitraria di atti del procedimento penale, reca modifiche all'articolo 326 del codice penale; il nuovo comma introdotto stabilisce che, se la rivelazione o la utilizzazione del segreto di ufficio riguarda intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni

 

o il contenuto di queste, la pena per il pubblico ufficiale o la persona incaricata del pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è quella della reclusione da uno a quattro anni; l'ulteriore comma introdotto dopo il terzo, prevede che se l'agevolazione della conoscenza di intercettazioni di comunicazioni è soltanto colposa si applica la pena della reclusione fino a due anni. Sempre l'articolo 3 della presente proposta di legge modifica in modo significativo anche l'articolo 684 del codice penale, in materia di pubblicazione arbitraria degli atti del procedimento penale, e, facendo riferimento anche all'abusiva pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, stabilisce, al posto dell'ammenda, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 20.000.

L'articolo 4 riguarda invece un inasprimento delle sanzioni comminate alle persone giuridiche proprietarie dei mezzi di informazione e di diffusione che pubblicano arbitrariamente gli atti di un procedimento penale in violazione dell'articolo 684 del codice penale. Oltre alle ipotesi di reato già indicate dagli articoli 24 e seguenti del decreto legislativo n. 231 del 2001, è introdotto l'articolo 25-septies, che prevede, in caso di commissione del reato di cui all'articolo 684 del codice penale, l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da cento a centocinquanta quote.

Gli articoli successivi, con le opportune modifiche e integrazioni, riprendono in parte il disegno di legge presentato alla Camera dei deputati nella XIII legislatura, su proposta dell'allora Ministro di grazia e giustizia Giovanni Maria Flick (atto Camera n. 2773).

L'articolo 5 della presente proposta di legge, che introduce un comma all'articolo 266-bis del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo 11 della legge 23 dicembre 1993, n. 547, in tema di criminalità informatica, chiarisce che tutte le disposizioni relative alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche si applicano anche alle comunicazioni relative a sistemi informatici o telematici, salvo che sia diversamente stabilito. Si tratta di una modifica di carattere tecnico, volta a migliorare la formulazione delle norme successive evitando di dover fare continuo riferimento, nelle singole disposizioni anche ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

L'articolo 6 contiene l'unica norma che in qualche modo interviene sulla disciplina generale delle intercettazioni, introducendo una limitazione nella durata delle intercettazioni tra presenti. Nonostante le differenti modalità operative e la maggiore potenzialità intrusiva di questo tipo di intercettazione, il codice di procedura penale, salvo che per quelle che avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, sottopone tali forme di captazione alle medesime modalità esecutive e alla stessa durata previste per l'intercettazione delle telecomunicazioni. Tale impostazione non viene sconfessata nella proposta di legge; tuttavia, si è ritenuto necessario procedere a una differenziazione della disciplina con riferimento alla durata, scelta che si giustifica per le caratteristiche del mezzo, indubbiamente più «invasivo» rispetto alle intercettazioni telefoniche. Si è così stabilito un termine massimo per l'espletamento dell'intercettazione di cui all'articolo 266, comma 2, del codice di procedura penale, prevedendo un periodo di quindici giorni prorogabili al massimo due volte. Per effetto di questa modifica le intercettazioni cosiddette «ambientali» non potranno avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni. Una disciplina di questo tipo era prevista, con riferimento a tutte le intercettazioni, dall'articolo 226-ter del codice di procedura penale del 1930, ed era appunto finalizzata ad evitare una «ricerca a tappeto» degli elementi incriminanti. L'articolo 6 esclude da tale limitazione le intercettazioni inter praesentes previste da disposizioni speciali, quali le intercettazioni disciplinate dall'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, in materia di criminalità organizzata, o quelle finalizzate ad agevolare le ricerche dei latitanti (articolo 295, comma 3, del codice di procedura penale), per le quali il limite di durata potrebbe rivelarsi, sotto vari profili, ingiustificatamente restrittivo. Si è, inoltre, introdotta una disciplina particolare relativa alle nuove richieste di intercettazioni tra presenti, proposte nell'ambito dello stesso procedimento, prevedendo che l'intercettazione possa riguardare lo stesso luogo solo quando sopravvengono nuovi elementi che rendono assolutamente indispensabile l'intercettazione stessa ai fini della prosecuzione delle indagini o quando l'intervento dell'organo giurisdizionale costituisce l'ineludibile garanzia che il provvedimento sia emesso per effettive e gravi esigenze di giustizia che impongono il sacrificio del diritto costituzionalmente garantito alla riservatezza delle comunicazioni.

Gli articoli 7 e 8 della presente proposta di legge recano, rispettivamente, modifiche all'articolo 268 del codice di procedura penale e l'introduzione degli articoli da 268-bis a 268-sexies del medesimo codice, proponendo una disciplina più ampia e dettagliata della materia e intervenendo espressamente anche sull'uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari. Sono state integralmente confermate le disposizioni che impongono l'obbligo della registrazione delle intercettazioni e che individuano negli impianti installati nella procura della Repubblica (o, in caso di eccezionali ragioni di urgenza, in quelli in dotazione alla polizia giudiziaria) il luogo ove possono essere compiute le operazioni di intercettazione, collegando l'inosservanza di tali disposizioni all'inutilizzabilità dei risultati delle stesse intercettazioni (articolo 271, comma 1, del codice di procedura penale). Identica è rimasta anche la norma sulla localizzazione degli impianti quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche. Viene ribadita infine la necessità di un verbale in cui dare conto dello svolgimento delle operazioni e dal quale risulti anche il contenuto delle comunicazioni intercettate.

L'articolo 7, comma 1, lettera a), sostituisce il comma 4 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, prevedendo che, a conclusione delle operazioni di intercettazione, i verbali e le registrazioni siano trasmessi al pubblico ministero. La trasmissione deve avvenire immediatamente e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione. Secondo l'attuale disciplina, alla trasmissione dei verbali e delle registrazioni segue il deposito a cura del pubblico ministero, aprendosi così la fase della verifica del materiale intercettato da trascrivere per essere utilizzato nel processo. Il nuovo procedimento, invece, non prevede a questo punto alcun deposito; i verbali e le registrazioni, completate le operazioni, vengono custoditi dal pubblico ministero in un apposito archivio riservato e segreto, al quale tuttavia i difensori hanno facoltà di accesso per esercitare il controllo su ciò che deve essere acquisito. La previsione dell'archivio riservato del pubblico ministero costituisce una delle novità del sistema che si vuole introdurre ed è diretta a evitare che, attraverso il deposito dei verbali e delle registrazioni, si realizzino diffusioni indebite di notizie pregiudizievoli alla riservatezza dei terzi e dello stesso imputato. I documenti fonici e i verbali conservano intatta la loro potenziale valenza probatoria, ma a tutela del diritto alla riservatezza si prevede che debbano rimanere segreti e conservati nell'archivio del pubblico ministero, senza che questo sistema intacchi minimamente il diritto di difesa.

L'articolo 7, comma 1, lettera b), abroga i commi 5, 6, 7 e 8 del citato articolo 268, che disciplinano il deposito, l'acquisizione e la trascrizione delle intercettazioni, istituti che vengono disciplinati negli articoli successivi.

L'articolo 8 introduce le nuove disposizioni dirette a disciplinare la trasmissione e il deposito dei verbali (articolo 268-bis), l'udienza di acquisizione (articolo 268-ter), la trascrizione delle registrazioni (articolo 268-quater), l'uso delle intercettazioni nel corso delle indagini (articolo 268-quinquies) e le acquisizioni ufficiose delle conversazioni disposte dal giudice (articolo 268-sexies).

L'articolo 268-bis impone l'individuazione delle conversazioni intercettate rilevanti e rispetto alle quali dovrà esercitarsi il potere di acquisizione del giudice. Il comma 1 dell'articolo 268-bis prevede che il pubblico ministero trasmetta al giudice i verbali delle intercettazioni che ritiene «rilevanti ai fini delle indagini, enunciando le ragioni della rilevanza». Non è da revocare in dubbio che l'individuazione delle conversazioni «rilevanti» è un'attività propria del pubblico ministero, che questi ha il dovere di svolgere con la cautela richiesta per assicurare la riservatezza del terzo e, in genere, dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni, in modo da presentare al giudice una «riproduzione» scritta delle intercettazioni caratterizzata dalla completezza, nel senso che deve riportare anche fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini, e al contempo dalla continenza rispetto al tema di indagine. La «preliminare individuazione delle conversazioni rilevanti» costituisce un'attività di documentazione tendenzialmente diversa rispetto al verbale, comunemente denominato «brogliaccio», che la polizia giudiziaria redige e trasmette al pubblico ministero e che, secondo la vigente disciplina, è utilizzato integralmente nella fase delle indagini ed è depositato in segreteria, unitamente alle registrazioni, per essere esaminato dai difensori. La diversità è ancora più accentuata dal fatto che l'individuazione deve essere disposta dal pubblico ministero con provvedimento che deve contenere l'enunciazione delle ragioni della rilevanza. Il dovere di motivare rende inequivoco che la selezione delle conversazioni da trasmettere deve essere riferita a quelle che abbiano ad oggetto fatti e circostanze la cui rilevanza, quando non risulti prima facie, deve essere adeguatamente argomentata dal pubblico ministero. La sequenza procedimentale, che i successivi commi delineano, se da un lato assicura la privacy delle persone le cui conversazioni o comunicazioni siano estranee al tema delle indagini, dall'altro garantisce il diritto di difesa dell'imputato, al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione della documentazione non trasmessa dal pubblico ministero perché non rilevante. La regola generale è quella della trasmissione al giudice dei verbali delle conversazioni rilevanti entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni.

Il comma 2 dell'articolo 268-bis prevede che il pubblico ministero possa essere autorizzato dal giudice a ritardare la trasmissione dei verbali non oltre la chiusura delle indagini. Il giudice, prima di fissare l'udienza di acquisizione e ordinare il deposito degli atti trasmessi, deve effettuare una prima valutazione della «rilevanza» dei verbali selezionati dal pubblico ministero. Ciò rende evidente l'utilità della motivazione del provvedimento di individuazione delle parti dei verbali da trasmettere, perché in tale modo il pubblico ministero è messo in condizione di anticipare le ragioni per le quali determinati fatti e circostanze emersi dalle intercettazioni siano rilevanti per il processo. Affinché vi sia il tempo per svolgere questa prima verifica si è previsto che, entro dieci giorni dalla richiesta, il giudice dispone il deposito dei verbali delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione, restituisce al pubblico ministero quelli non depositati e fissa il giorno, l'ora e il luogo dell'udienza di acquisizione. Il materiale non acquisito resta, dunque, coperto da segreto e il giudice lo restituisce al pubblico ministero affinché lo custodisca nell'archivio riservato. Effettuato tale deposito, si prevede che i difensori delle parti siano avvisati della facoltà di esaminare i verbali di conversazioni acquisiti dal giudice e gli atti relativi alla disposta intercettazione, nonché di prendere conoscenza, anche mediante ascolto delle registrazioni, del materiale custodito nell'archivio riservato del pubblico ministero. In tale modo si stabiliscono le premesse per consentire ai difensori di richiedere al giudice l'integrazione delle conversazioni selezionate.

I commi 3 e 4 dell'articolo 268-bis procedimentalizzano l'esercizio di tale facoltà: gli avvisi sono notificati ai difensori e comunicati al pubblico ministero almeno quindici giorni prima della data dell'udienza; i difensori delle parti hanno facoltà di esaminare la documentazione e di prendere cognizione delle registrazioni custodite nell'archivio riservato; almeno cinque giorni prima dell'udienza di acquisizione, possono indicare specificamente le conversazioni di cui chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza. La nuova disciplina, dunque, si caratterizza - oltre che per l'istituzione di un apposito archivio riservato nel quale il pubblico ministero deve custodire i verbali e le registrazioni e il cui accesso è consentito ai difensori delle parti, solo per la verifica della completezza della selezione effettuata dal pubblico ministero e per la eventuale richiesta al giudice di acquisizione integrativa - per la preventiva valutazione da parte del pubblico ministero dei verbali da depositare.

L'articolo 268-ter disciplina l'udienza di acquisizione delle conversazioni intercettate. L'acquisizione è disposta con ordinanza motivata, adottata a seguito di contraddittorio tra le parti e ha ad oggetto le conversazioni rilevanti e non più quelle, come previsto dalla vigente normativa, manifestamente non irrilevanti. Tutto ciò che non è acquisito è immediatamente restituito al pubblico ministero e custodito nell'archivio riservato.

Allo scopo di evitare che i tempi lunghi delle trascrizioni, da effettuare osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie, possano comportare la scadenza di termini collegati alla chiusura delle indagini preliminari, con l'articolo 268-quater si è espressamente previsto che il giudice, sebbene non ancora concluse le operazioni peritali, possa ugualmente deliberare (con il proscioglimento o con il rinvio a giudizio, ovvero con il dare corso ai riti alternativi), quando i verbali delle intercettazioni delle quali ha disposto l'acquisizione siano di per sé idonei alla formazione del proprio convincimento. La prosecuzione delle operazioni peritali dopo il rinvio a giudizio occuperà i tempi cosiddetti «morti» della fase degli atti preliminari al dibattimento.

L'articolo 268-quinquies disciplina l'uso investigativo delle intercettazioni. Per l'impiego a fini probatori dei risultati delle intercettazioni occorre che sia esaurito il procedimento di acquisizione del materiale; tuttavia è ammessa l'utilizzazione «anticipata» delle notizie emerse nel corso di una intercettazione. La giurisprudenza, infatti, ritiene che le intercettazioni sono utilizzabili nella fase delle indagini preliminari purché siano state autorizzate (Cassazione, sezione VI, sentenza n. 3055 del 18 agosto 1992). In particolare, ai fini della valutazione dei gravi indizi, viene ritenuta legittima l'adozione di provvedimenti cautelari sulla base di trascrizioni parziali e di riferimenti riassuntivi delle trascrizioni (Cassazione, sezione I, sentenza n. 4579 del 9 novembre 1992). Questo impiego preacquisitivo delle intercettazioni presuppone, in ogni caso, una trasposizione scritta delle comunicazioni, al fine di poter sottoporre il contenuto all'esame del giudice. L'orientamento prevalente è nel senso di non imporre al pubblico ministero l'onere della totale discovery del materiale intercettato, anche laddove ciò può comportare una riduzione degli spazi del contraddittorio. Indubbiamente, la unilaterale provenienza del materiale sottoposto alla valutazione del giudice può comportare un rischio nella verifica delle condizioni richieste per l'adozione del provvedimento. Inoltre, la mancanza di una reale selezione del materiale posto a base della richiesta può determinare, e spesso ha determinato, l'anticipata diffusione di notizie atte a ledere il diritto alla riservatezza di terze persone. In questi casi, infatti, è del tutto carente la fase del deposito e dello stralcio del materiale inutilizzabile o irrilevante; peraltro, la scelta di ciò che deve essere esibito è interamente rimessa al pubblico ministero, senza che il giudice possa operare alcun controllo.

L'articolo 268-quinquies estende, in parte, anche all'uso investigativo delle intercettazioni la disciplina prevista dalla norma base (articolo 268-bis). Si stabilisce che il pubblico ministero, quando intende utilizzare i risultati delle intercettazioni nel corso delle indagini, deve presentare al giudice solo quelle parti delle conversazioni che ritiene rilevanti, con esclusione di quelle di cui è vietata l'utilizzazione. Viene anzi espressamente richiesto che debba produrre anche gli elementi contenuti nella intercettazione che siano a favore della persona sottoposta alle indagini. A questa prima selezione, operata dallo stesso pubblico ministero, si aggiunge il controllo effettuato dal giudice, che può espungere dal materiale prodotto i verbali che non ritiene rilevanti per la decisione da assumere. In questo caso, i verbali sono restituiti al pubblico ministero che provvede a custodirli nell'archivio riservato. Nell'ipotesi in cui le ritenga rilevanti per la decisione, il giudice ne dispone l'acquisizione. Dopo la decisione, tali trascrizioni saranno inserite nel fascicolo degli atti di indagine. La nuova disciplina è volta a tutelare in maniera più efficace il diritto alla riservatezza delle persone coinvolte nelle intercettazioni, introducendo un meccanismo di selezione obbligatoria del materiale intercettato anche in assenza del provvedimento di acquisizione. Inoltre, tenuto conto che l'uso investigativo delle intercettazioni si manifesta prevalentemente nelle richieste di misure cautelari, il procedimento delineato dall'articolo 268-quinquies appare funzionale a una migliore tutela dell'imputato, laddove viene ribadita la regola, prevista dall'articolo 291, comma 1, del codice di procedura penale, secondo cui il pubblico ministero deve presentare anche gli elementi a favore dell'imputato.

Nell'articolo 268-sexies vengono attribuiti al giudice poteri ufficiosi di controllo e verifica, dopo la chiusura delle indagini preliminari, della documentazione intercettata. La disposizione contenuta nel comma 1 riconosce al giudice la possibilità, prima di assumere qualunque decisione, di esaminare i verbali e le registrazioni custoditi nell'archivio riservato del pubblico ministero. Tale potere può essere diretto sia a verificare, anche su sollecitazione di parte, la completezza delle acquisizioni disposte, sia ad acquisire altre conversazioni rilevanti. Il comma 2 disciplina il caso in cui, dinanzi alla richiesta di archiviazione, il giudice proceda ai sensi dell'articolo 409, commi 4 e 5, del codice di procedura penale, indicando nuove indagini al pubblico ministero oppure ordinando l'imputazione coattiva. In entrambi i casi, il giudice indica al pubblico ministero le conversazioni utili per le decisioni da adottare. Nell'udienza preliminare è previsto, inoltre, che il giudice possa, anche di ufficio, disporre la diretta acquisizione del materiale intercettato custodito nell'archivio riservato. Lo stesso materiale può essere recuperato, anche nel corso del dibattimento, su specifica e motivata richiesta delle parti. In entrambi i casi si tratterà di conversazioni mai acquisite perché ritenute irrilevanti dal pubblico ministero in precedenza o dal giudice nell'udienza di acquisizione.

Con l'articolo 9, il comma 1 dell'articolo 269 del codice di procedura penale viene sostituito, prevedendo che i verbali e le registrazioni siano conservati, integralmente, in apposito archivio del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione. Il limite temporale per la conservazione obbligatoria della documentazione resta comunque individuato nella sentenza irrevocabile. La distruzione è consentita anche prima su richiesta dei soggetti che abbiano interesse ad evitare una inutile pubblicità purché si tratti di documentazione non necessaria al procedimento. Rispetto alla disciplina attuale si è aggiunto un espresso riferimento al pubblico ministero che potrà anche far valere il diritto alla tutela della riservatezza di un terzo. Infine, recependo la sentenza della Corte costituzionale n. 463 del 30 dicembre 1994, si è previsto che sulla richiesta di distruzione il giudice debba sempre decidere in camera di consiglio nel contraddittorio delle parti, anche nel caso in cui la distruzione sia richiesta unitamente all'archiviazione.

L'articolo 10 riproduce integralmente il vigente comma 2 dell'articolo 270 del codice di procedura penale, modificando solo i riferimenti normativi. Inoltre, si prevede la trasmissione della documentazione contenuta nell'archivio riservato al pubblico ministero competente nel diverso procedimento in cui le intercettazioni devono essere utilizzate. Tale documentazione dovrà continuare a essere custodita in apposito archivio riservato.

L'articolo 11 introduce nell'ambito delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale una nuova disposizione che regolamenta il nuovo archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, del medesimo codice. È previsto che l'archivio sia tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del pubblico ministero, secondo modalità che assicurino la riservatezza della documentazione conservata; si stabilisce, inoltre, che ogni accesso all'archivio di persone cui la legge non riconosca tale facoltà debba essere autorizzato dal pubblico ministero e che in ogni caso vengano annotati in apposito registro la data, l'ora iniziale e finale dell'accesso e gli atti di cui è stata presa cognizione; è, infine, escluso che i difensori, che possono ascoltare le registrazioni utilizzando apparecchi a disposizione dell'archivio, abbiano diritto ad ottenere copia delle registrazioni e degli atti consultati.




 


proposta di legge

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Art. 1.

(Obbligo del segreto).

1. Il comma 1 dell'articolo 329 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«1. Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria e ogni altro atto presupposto sono coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari».

 

Art. 2.

(Divieto di pubblicazione di atti).

1. All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare»;

b) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. È in ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stata ordinata la distruzione. È altresì vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche non rispondenti a una utilità sociale dell'informazione o ad un reale interesse pubblico ovvero che coinvolgono la sfera privata di soggetti estranei al procedimento penale».

 

 

Art. 3.

(Modifiche al codice penale).

1. All'articolo 326 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Se la rivelazione o l'utilizzazione riguarda intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni o il contenuto di queste, la pena è da uno a quattro anni di reclusione»;

b) dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:

Se il fatto di cui al terzo comma riguarda le ipotesi previste dal secondo comma, si applica la reclusione fino a due anni».

2. All'articolo 684 del codice penale, le parole: «o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila» sono sostituite dalle seguenti: «o con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 20.000».

 

Art. 4.

(Responsabilità degli enti).

1. Dopo l'articolo 25-sexies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:

«Art. 25-septies. - (Responsabilità per il reato di cui all'articolo 684 del codice penale). - 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall'articolo 684 del codice penale, si applica all'ente la sanzione amministrativa pecuniaria da cento a centocinquanta quote».

 

Art. 5.

(Modifica all'articolo 266-bis del codice di procedura penale).

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 266-bis del codice di procedura penale, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Alle intercettazioni di cui al comma 1 si applicano le disposizioni relative alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, salvo che sia diversamente stabilito».

 

Art. 6.

(Modifica all'articolo 267 del codice di procedura penale).

1. Dopo il comma 3 dell'articolo 267 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:

«3-bis. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, la durata dell'intercettazione di comunicazioni tra presenti non può essere prorogata più di due volte. Nel corso dello stesso procedimento, il pubblico ministero può richiedere una nuova intercettazione di comunicazioni tra presenti nello stesso luogo solo quando sopravvengono nuovi elementi che rendono assolutamente indispensabile l'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini o quando l'intervento dell'organo giurisdizionale costituisce l'ineludibile garanzia che il provvedimento è emesso per effettive e gravi esigenze di giustizia che impongono il sacrificio del diritto costituzionalmente garantito alla riservatezza delle comunicazioni».

 

 

Art. 7.

(Modifiche all'articolo 268 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. I verbali e le registrazioni sono trasmessi immediatamente e comunque non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione al pubblico ministero, che li custodisce nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1»;

b) i commi 5, 6, 7 e 8 sono abrogati.

 

Art. 8.

(Introduzione degli articoli da 268-bis a 268-sexies del codice di procedura penale).

1. Dopo l'articolo 268 del codice di procedura penale, coma modificato dall'articolo 7 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

«Art. 268-bis. - (Trasmissione e deposito dei verbali). - 1. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, il pubblico ministero trasmette al giudice per le indagini preliminari i verbali relativi alle conversazioni, o a parti di esse, che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, enunciando le ragioni della rilevanza. Con i verbali sono trasmessi anche i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. Gli atti relativi a conversazioni di cui è vietata l'utilizzazione e a quelle prive di rilevanza perché riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini restano custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.

2. Il giudice può autorizzare il pubblico ministero a ritardare la trasmissione dei verbali non oltre la chiusura delle indagini preliminari qualora possa derivare grave pregiudizio per le indagini.

3. Entro dieci giorni dalla trasmissione, il giudice dispone con decreto il deposito dei verbali delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione, nonché dei decreti trasmessi. I verbali delle conversazioni non depositati sono restituiti al pubblico ministero che li custodisce nell'archivio riservato.

4. Con lo stesso decreto indicato nel comma 3, il giudice fissa apposita udienza in camera di consiglio per l'acquisizione delle conversazioni, dandone avviso al pubblico ministero e ai difensori delle parti. Ai difensori è anche dato avviso della facoltà di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell'archivio riservato e di ascoltare le registrazioni. Gli avvisi sono comunicati ai difensori almeno quindici giorni prima dell'udienza.

5. Almeno cinque giorni prima dell'udienza, i difensori delle parti possono indicare specificamente le conversazioni, o parti di esse, non depositate, delle quali chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza.

Art. 268-ter. - (Udienza di acquisizione delle conversazioni). - 1. Nell'udienza il giudice, sentite le parti, dispone con ordinanza motivata l'acquisizione delle conversazioni rilevanti di cui non è vietata l'utilizzazione, esaminando, se lo ritiene necessario, anche gli atti custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1. La documentazione depositata ma non acquisita è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato.

2. I difensori delle parti possono estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l'acquisizione.

3. I verbali e le registrazioni non acquisiti sono coperti da segreto.

4. Il giudice dispone la trascrizione delle registrazioni ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite.

Art. 268-quater. - (Trascrizione delle registrazioni). - 1. Per le operazioni di trascrizione si osservano le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie.

2. Le trascrizioni delle registrazioni e le stampe sono inserite nel fascicolo degli atti di indagine e, successivamente, nel fascicolo del dibattimento a norma dell'articolo 431.

3. Delle trascrizioni e delle stampe i difensori possono estrarre copia.

4. Se prima della conclusione delle operazioni di trascrizione è presentata la richiesta di rinvio a giudizio, il giudice può fissare l'udienza preliminare e procedere alle deliberazioni quando per la decisione non è necessario attendere l'esito delle operazioni peritali.

Art. 268-quinquies. - (Uso delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari). - 1. Quando il giudice deve adottare una decisione prima del deposito previsto dall'articolo 268-bis, comma 3, il pubblico ministero può presentare i risultati delle intercettazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della persona sottoposta alle indagini, e di cui non è vietata l'utilizzazione. Il giudice dispone l'acquisizione nel fascicolo degli atti di indagine delle conversazioni rilevanti per la decisione e restituisce le altre al pubblico ministero affinché le custodisca nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1.

Art. 268-sexies. - (Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice). - 1. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, ai fini della decisione da adottare, può disporre, anche di ufficio, l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custoditi nell'archivio riservato, previsto dall'articolo 269, comma 1.

2. Quando è richiesta l'archiviazione, il giudice, se provvede a norma dell'articolo 409, commi 4 e 5, indica al pubblico ministero le conversazioni rilevanti, fissando, ove occorra, l'udienza di acquisizione delle stesse.

3. Nell'udienza preliminare, il giudice dispone, anche di ufficio, con ordinanza motivata l'acquisizione delle conversazioni rilevanti.

4. Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre su specifica e motivata richiesta delle parti l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia».

Art. 9.

(Modifiche all'articolo 269 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente in apposito archivio riservato del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione»;

b) il secondo e il terzo periodo del comma 2 sono sostituiti dai seguenti: «Tuttavia gli interessati o il pubblico ministero, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127 anche quando la distruzione è chiesta contestualmente all'archiviazione».

Art. 10.

(Modifiche all'articolo 270 del codice di procedura penale).

1. All'articolo 270 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi all'autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 268-bis, 268-ter e 268-quater»;

b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. La documentazione contenuta nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, è trasmessa in copia al pubblico ministero competente che provvede a custodirla nell'archivio istituito presso il proprio ufficio».

Art. 11.

(Introduzione dell'articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

1. Dopo l'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

«Art. 89-bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni). - 1. Presso l'ufficio del pubblico ministero è istituito l'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, del codice, nel quale sono custoditi i verbali e le registrazioni delle intercettazioni.

2. L'archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del pubblico ministero con modalità tali da assicurare la riservatezza della documentazione in esso contenuta.

3. Oltre agli ausiliari autorizzati dal pubblico ministero, all'archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso è annotato in apposito registro, con l'indicazione della data, dell'ora iniziale e finale dell'accesso e degli atti contenuti nell'archivio di cui è stata presa conoscenza.

4. Il difensore può ascoltare le registrazioni con apparecchi a disposizione dell'archivio ma non può ottenere copia delle registrazioni e degli atti di cui ha preso conoscenza».

 

 


N. 1170

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato Craxi

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Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni

 

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Presentata il 21 giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - In questi ultimi tempi la carta stampata si è occupata di portare a conoscenza dell'opinione pubblica in modo ripetuto conversazioni telefoniche avvenute tra personaggi coinvolti anche solo come testimoni in vicende sulle quali dovrebbe esistere il segreto istruttorio. È proprio di questi giorni la vicenda dell'arresto di alcuni imprenditori e personaggi pubblici con la pubblicazione delle loro conversazioni telefoniche. La vicenda di questi giorni riguarda l'arresto del Principe Vittorio Emanuele di Savoia e di altri personaggi pubblici, ma ancora prima, con l'indagine sul mondo del calcio, erano state divulgate conversazioni tra i personaggi in essa coinvolti. È necessario, pertanto, introdurre nel nostro ordinamento delle limitazioni a questo uso indiscriminato delle intercettazioni, e tutelare la privacy dei cittadini e dei personaggi pubblici. Infatti, la pubblicazione indiscriminata di atti giudiziari, che riguardano personaggi pubblici e cittadini comuni, è devastante per l'intero sistema giudiziario e può influire sul soggetto coinvolto in misura tale da causare forti ripercussioni negative sulla sua vita di relazione e sui suoi comportamenti. Il nostro ordinamento giudiziario è improntato al principio della non colpevolezza fino all'esaurimento dei tre gradi di giudizio e pertanto un moderno Stato di diritto, come è il nostro, deve impedire questo genere di fenomeni che alimentano forti tensioni e, come già detto, si ripercuotono in modo grave e ingiusto sui cittadini. Il rispetto della privacy deve essere alla base di ogni indagine giudiziaria. I magistrati devono rispettare con estrema cautela questo principio cardine del nostro ordinamento e del vivere civile. La presente proposta di legge parte, quindi, dalla consapevolezza che occorre prevenire l'indiscriminata pubblicazione degli atti e delle indagini preliminari a discapito del principio di non colpevolezza fino all'eventuale condanna definitiva e del diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti, senza che ciò comporti la compressione dei poteri d'indagine del pubblico ministero e la violazione delle prerogative di tale ufficio rispetto alla direzione delle indagini preliminari.

La presente proposta di legge si prefigge, inoltre, la modifica dell'attuale procedimento «di stralcio» delle registrazioni e dei verbali dei quali è vietata l'utilizzazione, attraverso la previsione di un'udienza in camera di consiglio in cui si realizzi un effettivo confronto tra accusa e difesa, in ossequio al nostro processo penale che garantisce la parità tra accusa e difesa, nella selezione del materiale oggetto di intercettazione destinato ad essere acquisito al fascicolo del pubblico ministero e utilizzato nel procedimento. Fin dalla fase delle indagini preliminari verrebbe così consentita una prima «scrematura» del materiale trasmesso dagli operatori al pubblico ministero e da questi depositato, con la conseguente eliminazione di quanto acquisito in violazione di legge ovvero manifestamente estraneo all'oggetto del procedimento. La possibilità per le parti di interloquire in contraddittorio sulla rilevanza di tutte le conversazioni e le comunicazioni intercettate e depositate, nonché sulla legittimità delle operazioni compiute, immediatamente dopo il deposito da parte del pubblico ministero dei relativi verbali e delle registrazioni consentirebbe la distruzione del materiale manifestamente inconferente ai fini del procedimento, con la conseguente riduzione del rischio di illegittima diffusione dei loro contenuti.

Con la modifica all'articolo 329 del codice di procedura penale, che introduce il comma 1-bis (articolo 8 della proposta di legge), si propone di sottoporre gli atti al segreto istruttorio fino alla conclusione dell'udienza camerale. Con la conseguenza che fino a tale momento, anche se successivo alla conclusione delle indagini preliminari, tali atti resterebbero non pubblicabili ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 329 del codice di procedura penale e, al contempo, permarrebbe, in caso di illegittima divulgazione, la responsabilità dell'ufficio tenuto alla conservazione e al mantenimento del segreto. Con l'articolo 10 si elevano le sanzioni per chi rivela e utilizza i segreti d'ufficio e per chi pubblica arbitrariamente gli atti di un procedimento penale. In particolare, di grande rilievo è la norma con cui si introduce un nuovo comma nell'articolo 684 del codice penale, prevedendo una forte sanzione pecuniaria (da 100.000 euro a 1 milione di euro) per l'editore responsabile della pubblicazione di atti o documenti di cui, per legge, è vietata la pubblicazione.

È necessario, quindi, approvare tempestivamente la presente proposta di legge, la cui impronta è sicuramente garantista, ma che obbedisce ad alcuni dei princìpi cardine della nostra Costituzione e in particolare all'articolo 111 sul «giusto processo».



 


proposta di legge

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Art. 1.

1. All'articolo 114 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«7-bis. Anche dopo la scadenza dei termini indicati dal presente articolo è comunque vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e dei dati relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stata ordinato lo stralcio o la distruzione ai sensi degli articoli 268, 269 e 271».

Art. 2.

1. Al comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, dopo le parole: «con provvedimento motivato,» sono inserite le seguenti: «a pena di nullità,».

Art. 3.

1. Dopo il comma 4 dell'articolo 268 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«4-bis. Sono depositati in segreteria solo i verbali e le registrazioni delle comunicazioni citate nei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione».

Art. 4.

1. Il comma 6 dell'articolo 268 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, indicate dalle parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti, procedendo anche d'ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali dei quali è vietata l'utilizzazione. Il pubblico ministero e i difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno cinque giorni prima. Il giudice dispone, altresì, che la documentazione e gli atti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche non acquisiti siano conservati in un fascicolo sigillato e custodito in un apposito ufficio presso la procura della Repubblica».

Art. 5.

1. Al comma 1 dell'articolo 269 del codice di procedura penale, dopo la parola: «registrazioni» sono inserite le seguenti: «acquisiti a norma dell'articolo 268, comma 6,».

2. Al secondo periodo del comma 2 dell'articolo 269 del codice di procedura penale, dopo la parola: «tuttavia» sono inserite le seguenti: «, in ogni stato e grado del procedimento,».

Art. 6.

1. Dopo il comma 2-ter dell'articolo 292 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«2-quater. L'ordinanza non può riprodurre il contenuto di intercettazioni telefoniche. Se le stesse costituiscono indizi gravi il giudice ne indica soltanto la rilevanza e tutti gli elementi necessari per la loro individuazione negli atti del processo».

Art. 7.

1. Dopo il primo periodo del comma 3 dell'articolo 293 del codice di procedura penale, è inserito il seguente: «Sono depositati soltanto i verbali delle intercettazioni espressamente indicate nella richiesta del pubblico ministero».

Art. 8.

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 329 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«1-bis. Gli atti relativi all'intercettazione di conversazioni o di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche si considerano coperti dal segreto fino alla conclusione dell'udienza di cui all'articolo 268, comma 6».

Art. 9.

1. Al primo comma dell'articolo 326 del codice penale, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «un anno».

Art. 10.

1. All'articolo 684 del codice penale, le parole: «da lire centomila a lire cinquecentomila» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 125 a euro 375» ed è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Nel caso in cui siano pubblicati in tutto o in parte atti o documenti di un procedimento penale, di cui è vietata per legge la pubblicazione, l'editore è punito con la sanzione amministrativa da euro centomila a euro un milione».

 


N. 1344

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati MAZZONI, FORMISANO

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Disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti del procedimento penale

 

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Presentata l’11 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - Scopo della presente proposta di legge è di introdurre nuove regole in materia di tutela della riservatezza dei cittadini in relazione alle acquisizioni di notizie manifestamente irrilevanti ai fini investigativi e di sanzionare, in modo severo, ogni abuso che si realizzi nella fase delle indagini preliminari. Troppo spesso, infatti, si assiste alla divulgazione strumentale e illecita di tali notizie, acquisite del tutto occasionalmente nel corso di intercettazioni disposte dall'autorità giudiziaria. Le disposizioni del presente testo mantengono inalterata l'importanza e l'utilità dello strumento operativo delle intercettazioni, consentendone un incisivo uso per la repressione delle più gravi forme di reato e assicurando in ogni caso un alto livello di garanzia alle esigenze di sicurezza della collettività.

In tale ottica, all'articolo 1, si prevede il divieto della pubblicazione, anche parziale, di atti di indagine o del loro contenuto fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, e l'abrogazione delle disposizioni che consentono la pubblicazione del contenuto di atti non più coperti dal segreto.

Con l'articolo 2 si estende l'applicazione delle nuove disposizioni alle intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche. L'articolo 3 modifica la disciplina contenuta nell'articolo 267 del codice di procedura penale, introducendo criteri più stringenti ai fini dell'autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni.

L'articolo 4 sostituisce l'articolo 268 del codice di procedura penale, introducendo una nuova disciplina in materia di esecuzione delle operazioni. Si prevede l'obbligo del deposito dei verbali, redatti secondo nuovi e più puntuali criteri, in un archivio riservato presso l'ufficio del pubblico ministero e, al fine di tutelare il diritto alla riservatezza dei cittadini, l'immediato stralcio delle registrazioni e dei verbali non utilizzabili o relativi a fatti irrilevanti o non riferibili a quelli per i quali si procede ovvero relativi a soggetti estranei alle indagini. La norma modifica anche la procedura per la messa a disposizione degli interessati della notizia dell'avvenuta intercettazione o dei risultati della stessa e prevede un procedimento camerale nel quale è garantito, il contraddittorio e la parità delle parti innanzi al giudice.

Con l'articolo 5 si introduce l'articolo 268-bis del codice di procedura penale che, sempre nell'ottica della tutela dei diritti di libertà dei cittadini, prevede l'obbligo dell'avviso del deposito di ogni eventuale provvedimento di stralcio delle registrazioni e dei verbali, per le parti che li riguardano, ai soggetti diversi da quelli nei confronti dei quali si procede, che non risultino essere indagati in procedimenti connessi o collegati, sottoposti alle intercettazioni delle comunicazioni telefoniche o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

L'articolo 6 modifica l'articolo 269 del codice di procedura penale, nel senso di prevedere le procedure per la conservazione della documentazione in un apposito archivio riservato, presso l'ufficio del pubblico ministero, ove saranno tenuti i verbali e i supporti contenenti le registrazioni.

L'articolo 7 modifica l'articolo 270 del codice di procedura penale, limitando la possibilità di utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti solo nel caso in cui risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del medesimo codice ovvero dei delitti di usura o di quelli previsti dall'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dagli articoli 600-ter, commi secondo e terzo, e 600-quinquies del codice penale.

L'articolo 8 novella la disciplina di cui all'articolo 271 del codice di procedura penale (divieti di utilizzazione), stabilendo, in particolare, il divieto di utilizzo dell'intercettazione quando la qualificazione giuridica del fatto ritenuto dal giudice all'udienza preliminare o al dibattimento non corrisponda ai limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 del codice di procedura penale.

Con una modifica delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, viene istituito l'archivio riservato delle intercettazioni presso l'ufficio del pubblico ministero (articolo 9).

Con l'articolo 10 vengono, altresì, apportate modifiche alla disciplina sanzionatoria prevista dall'articolo 326 (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio) e dall'articolo 684 (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale) del codice penale. Si introduce altresì un nuovo articolo 617-septies del codice penale, recante sanzioni nei confronti di chiunque riveli il contenuto di conversazioni o comunicazioni intercettate.

Infine, l'articolo 11 interviene in materia di dichiarazioni e rettifiche, con una modifica all'articolo 8 della «legge sulla stampa» (legge 8 febbraio 1948, n. 47), rafforzando il diritto dei soggetti che si reputano offesi per la divulgazione di fatti, notizie o immagini contrari a verità o lesivi della loro reputazione ad ottenere la pubblicazione della rettifica, e introducendo, altresì, apposite sanzioni disciplinari e amministrative contro l'autore della violazione dell'obbligo di pubblicazione.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Divieto di pubblicazione di atti di indagine).

1. All'articolo 114 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. È vietata la pubblicazione, anche parziale, di atti di indagine non più coperti dal segreto o del loro contenuto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare»;

b) il comma 7 è abrogato.

Art. 2.

(Intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche).

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 266-bis del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:

«1-bis. Alle intercettazioni di cui al comma 1 si applicano le disposizioni relative alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche».

Art. 3.

(Presupposti e forme del provvedimento).

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266. L'autorizzazione è data con decreto motivato, contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile, quando sussistono gravi indizi di reato e l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini e sussistono altresì specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento».

b) al comma 2, dopo le parole: «con decreto motivato», ovunque ricorrono, sono inserite le seguenti: «, contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di quindici giorni, prorogabile dal giudice per un uguale periodo di tempo e per una durata complessiva massima non superiore a tre mesi. Nei casi di cui al comma 3-bis, la durata delle operazioni non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero ai sensi del comma 2»;

d) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Se l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento di indagini in relazione a un delitto di criminalità organizzata, di terrorismo o di minaccia a mezzo del telefono, l'autorizzazione a disporre le operazioni è data in base alla sussistenza di sufficienti indizi, valutati ai sensi dell'articolo 273»;

e) al comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di cui al comma 3-bis, il pubblico ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria»;

f) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. In apposito registro riservato tenuto presso ogni procura della Repubblica sono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e l'ora di emissione e la data e l'ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni».

2. L'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 4.

(Esecuzione delle operazioni).

1. L'articolo 268 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

«Art. 268. - (Esecuzione delle operazioni) - 1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. I verbali e i supporti delle registrazioni sono custoditi nell'archivio riservato di cui all'articolo 269.

2. Nel verbale di cui al comma 1 sono annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all'ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione.

3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei, come da attestazione del funzionario responsabile del servizio di intercettazione, ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria. Quando si procede a intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche, il pubblico ministero può disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati.

4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi dal funzionario responsabile di cui al comma 3 al pubblico ministero, che entro cinque giorni deve procedere al deposito delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione nonché di quelli relativi a fatti irrilevanti o non riferibili a quelli per i quali si procede ovvero relativi a soggetti estranei alle indagini, richiedendone al giudice, che vi provvede con apposito decreto, lo stralcio. Successivamente, e comunque non oltre cinque giorni dal decreto che ha disposto lo stralcio di cui al primo periodo, è dato avviso ai difensori delle parti dell'avvenuto deposito presso l'ufficio del pubblico ministero e della facoltà di prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato, prorogato o stralciato l'intercettazione, di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. È vietato il rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti di cui al presente comma.

5. Se dal deposito di cui al comma 4 può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la data di emissione di avviso della conclusione delle

indagini preliminari.

6. Scaduto il termine, il pubblico ministero, salvo che il giudice, su istanza delle parti, tenuto conto del loro numero, nonché del numero e della complessità delle intercettazioni, abbia concesso una proroga, trasmette immediatamente i decreti, i verbali e le registrazioni al giudice, il quale fissa la data dell'udienza in camera di consiglio per l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127.

7. Il giudice, qualora lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni acquisite ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.

8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7».

Art. 5.

(Avviso a persone non indagate).

1. Dopo l'articolo 268 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«Art. 268-bis. - (Avviso a persone non indagate). - 1. Il pubblico ministero, fatta eccezione per i reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), nonché 600-ter e 600-quinquies del codice penale, dà avviso con piego chiuso e raccomandato con ricevuta di ritorno dell'avvenuto deposito di cui all'articolo 268, comma 4, nonché di ogni eventuale provvedimento di stralcio delle registrazioni e dei verbali, per le parti che li riguardano, ai soggetti diversi da quelli nei confronti dei quali si procede, che non risultino essere indagati in procedimenti connessi o collegati, sottoposti alle intercettazioni delle comunicazioni telefoniche o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche.

2. L'avviso contiene la mera notizia dell'avvenuta intercettazione, la sua durata e i riferimenti identificativi della utenza intercettata.

3. I soggetti di cui al comma 1 possono richiedere la distruzione delle intercettazioni delle comunicazioni telefoniche o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche stralciate in quanto manifestamente irrilevanti ai fini delle indagini».

Art. 6.

(Conservazione della documentazione).

1. All'articolo 269 del codice di procedura penate sono apportate te seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente in apposito archivio riservato tenuto presso l'ufficio del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione, con divieto di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo»;

b) al comma 2, primo periodo, dopo le parole: «non più soggetta a impugnazione» sono aggiunte le seguenti: «e delle stesse è disposta la distruzione nelle forme di cui al comma 3».

Art. 7.

(Utilizzazione in altri procedimenti).

1. All'articolo 270 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), ovvero dei delitti di usura o di quelli previsti dall'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, e dagli articoli 600-ter, commi secondo e terzo, e 600-quinquies dei codice penale»;

b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. La documentazione contenuta nell'archivio riservato di cui all'articolo 269 è trasmessa in copia al pubblico ministero competente che provvede a custodirla nell'archivio istituito presso il proprio ufficio».

Art. 8.

(Divieti di utilizzazione).

1. All'articolo 271 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «commi 1 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1, 3, 6, 7 e 8»;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Non possono essere utilizzate le intercettazioni di cui al presente capo nell'ipotesi in cui la qualificazione giuridica del fatto ritenuto dal giudice all'udienza preliminare o al dibattimento non corrisponda ai limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266».

Art. 9.

(Archivio riservato delle intercettazioni).

1. Dopo l'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

«Art. 89-bis. - (Archivio riservato delle intercettazioni). - 1. Presso l'ufficio del pubblico ministero è istituito l'archivio riservato previsto dall'articolo 269, comma 1, del codice, nel quale sono custoditi i verbali e le registrazioni delle intercettazioni.

2. L'archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del pubblico ministero con modalità tali da assicurare la riservatezza della documentazione in esso contenuta.

3. Oltre agli ausiliari autorizzati dal pubblico ministero, all'archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso è annotato in apposito registro, con l'indicazione della data, dell'ora iniziale e finale dell'accesso e degli atti contenuti nell'archivio di cui è stata presa conoscenza.

4. Il difensore può prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione e ascoltare le registrazioni con apparecchi a disposizione dell'archivio ovvero prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. È vietato il rilascio di copia delle registrazioni e degli atti di cui il difensore ha preso conoscenza».

Art. 10.

(Modifiche al codice penale).

1. All'articolo 326 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Se il fatto di cui al primo comma riguarda intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni o il loro contenuto si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni»;

b) dopo il terzo comma sono aggiunti i seguenti:

«Se il fatto di cui al terzo comma riguarda le ipotesi di cui al secondo comma, si applica la reclusione fino a due anni.

Il giudice, o il pubblico ministero, il quale, fuori del caso previsto dall'articolo 271, comma 3, del codice di procedura penale, omettendo di disporre la distruzione della documentazione relativa ai risultati dell'intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra i presenti, telefoniche o in altra forma di telecomunicazione, non utilizzabili ai sensi dell'articolo 271, commi 1 e 2, del medesimo codice, ne faccia uso, in ogni stato e grado del processo, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Alla stessa pena soggiace il pubblico ministero o altra parte che, a qualunque titolo, utilizzi, in ogni stato e grado del processo, la documentazione di cui al presente comma, o comunque la diffonda».

2. Dopo l'articolo 617-sexies del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 617-septies. - (Rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazioni intercettate nel procedimento penale). - Chiunque, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 326, rivela indebitamente il contenuto di conversazioni o comunicazioni intercettate e coperte dal segreto, delle quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Se l'agevolazione è soltanto colposa, la pena è della reclusione fino ad un anno.

La pena prevista dal primo comma si applica anche a chi abusivamente prende diretta cognizione delle conversazioni o comunicazioni intercettate coperte dal segreto».

3. All'articolo 684 del codice penale, le parole: «o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila» sono sostituite dalle seguenti: «o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 5.000».

Art. 11.

(Modifica dell'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47).

1. L'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art 8. - (Dichiarazioni o rettifiche). - 1. Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.

2. Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma 1 sono pubblicate senza commento, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono.

3. Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferiscono.

4. Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell'articolo 32 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.

5. Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.

6. Per la stampa non periodica l'autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all'articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a propria cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione della dichiarazione o della rettifica deve essere effettuata entro sette giorni dalla richiesta con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l'ha determinata.

7. Qualora, trascorso il termine di cui ai commi 2, 3, 4 e 6, la rettifica o la dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal presente articolo, l'autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell'articolo 21, può chiedere al giudice, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione.

8. Della stessa procedura di cui al comma 7 può avvalersi l'autore dell'offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico ovvero il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche non pubblichi la dichiarazione o la rettifica richiesta.

9. Dell'avvenuta violazione dell'obbligo di pubblicazione di cui al presente articolo, la persona offesa dà notizia al titolare del potere disciplinare che, verificata la violazione e sentito il responsabile, ne ordina la sospensione dall'attività fino a tre mesi.

10. La mancata o incompleta ottemperanza all'obbligo di pubblicazione di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da euro 8.000 a euro 12.000.

11. La sentenza di condanna di cui al comma 10 è pubblicata per estratto nel quotidiano, nel periodico, nell'agenzia di stampa o nel sito informatico, ovvero ne è data notizia nella trasmissione radiofonica o televisiva che ha riportato la notizia cui la dichiarazione o la rettifica si riferisce. La sentenza può disporre che la pubblicazione omessa sia effettuata».

 




[1]    Identica disciplina è prevista dalla circolare 2 maggio 2001 n. 1/1.1.26/10888/9.92. (Guida alla redazione dei testi normativi).della Presidenza del Consiglio dei ministri.

[2]     Tale principio è affermato anche nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata dall'ONU il 10 dicembre 1948: all'art. 12 è statuito infatti che «nessun individuo potrà essere sottoposto a interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua casa» e che «ogni individuo ha diritto di essere tutelato dalla legge contro tali interferenze e lesioni».

      Ugualmente la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 4 novembre 1950 -resa esecutiva in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848- garantisce che «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio...» (art. 8).

[3]    Il D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni pone, ad esempio, agli addetti il divieto di dare a terzi informazioni scritte o verbali sull'esistenza o sul contenuto di corrispondenze, di comunicazioni o di messaggi nonché sulle operazioni richieste od eseguite, tranne che nei casi previsti dalla legge (art. 10, Segretezza della corrispondenza e di qualsiasi comunicazione od operazione postale).

[4]    Il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali, stabilisce (art. 32) l’obbligo del fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico di informare gli abbonati e, ove possibile, gli utenti, se sussiste un particolare rischio di violazione della sicurezza della rete Ne è un esempio, la possibilità di apprendere in modo non intenzionale il contenuto di comunicazioni o conversazioni da parte di soggetti ad esse estranei.

[5]    Legge 16 febbraio 1987 n. 81, Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale.

[6]    Legge 14 febbraio 2006, n. 56, Modifica all’articolo 295 del codice di procedura penale, in materia di intercettazioni per la ricerca del latitante.

[7]    Si tratta di materiale realizzato con immagini virtuali, cioè quelle realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate a situazioni reali la cui qualità di rappresentazione le fa però ritenere tali.

[8]   Legge 23 dicembre 1993, n. 547 “Modificazioni ed integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica”.

[9]     D.L. 13 maggio 1991, n. 152 "Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.

[10]   D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 “Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale” convertito, con, modificazioni dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438.

[11]   Legge 20 giugno 2003, n. 140 "Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato".

[12]  L’articolo 508 recita: “1. Se il giudice, di ufficio o su richiesta di parte, dispone una perizia, il perito è immediatamente citato a comparire e deve esporre il suo parere nello stesso dibattimento. Quando non è possibile provvedere in tale modo, il giudice pronuncia ordinanza con la quale, se è necessario, sospende il dibattimento e fissa la data della nuova udienza nel termine massimo di sessanta giorni.

2. Con l'ordinanza il giudice designa un componente del collegio per l'esercizio dei poteri previsti dall'articolo 228.

3. Nella nuova udienza il perito risponde ai quesiti ed è esaminato a norma dell'articolo 501”.

[13]   L’articolo 684 è inserito nel Paragrafo 1 (Delle contravvenzioni concernenti la tutela preventiva dei segreti) della Sezione III (Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione di talune specie di reati) del Capo I (Delle contravvenzioni concernenti la polizia di sicurezza) del Titolo I (Delle contravvenzioni di polizia) del Libro III (Delle contravvenzioni in particolare) del codice penale.

[14]   La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall'art. 1 del Decreto legislativo 10 agosto 1944, n. 224.

[15]   L’articolo 2 del decreto legislativo 196/2003 definisce le finalità del codice in materia di protezione dei dati personali, statuendo le seguenti disposizioni:

1. Il presente testo unico, di seguito denominato «codice», garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali.

2. Il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà di cui al comma 1 nel rispetto dei princìpi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per il loro esercizio da parte degli interessati, nonché per l'adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento”.

[16]   L’articolo 143 (Procedimento per i reclami) prevede, al comma 1, che “esaurita l'istruttoria preliminare, se il reclamo non è manifestamente infondato e sussistono i presupposti per adottare un provvedimento, il Garante, anche prima della definizione del procedimento:

a) (omissis);

b) (omissis);

c)      dispone il blocco o vieta, in tutto o in parte, il trattamento che risulta illecito o non corretto anche per effetto della mancata adozione delle misure necessarie di cui alla lettera b), oppure quando, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determinare, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per uno o più interessati;

d) (omissis)”.

[17]   L’articolo 84, comma 1, prevede che “i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute possono essere resi noti all'interessato o ai soggetti di cui all'articolo 82, comma 2, lettera a), da parte di esercenti le professioni sanitarie ed organismi sanitari, solo per il tramite di un medico designato dall'interessato o dal titolare. Il presente comma non si applica in riferimento ai dati personali forniti in precedenza dal medesimo interessato”.

[18]   Il possibile ritardo è, ad esempio, motivato dalla necessità di “coprire” per il tempo necessario le prove acquisite; infatti, all’esito delle intercettazioni, potrebbero essere chiesti al GIP provvedimenti restrittivi, a cui gli interessati - in caso di deposito delle intercettazioni nei termini ordinari - potrebbero sottrarsi, dandosi alla latitanza.

[19]   Ai sensi dell’articolo 431 c.p.p., nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti:

a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile;

b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria;

c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore;

d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;

e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio;

f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana;

g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell'articolo 236;

h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove (comma 1).

Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva (comma 2).

[20]   L’articolo 415-bis (Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari), comma 1, statuisce, inoltre, che: “prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari”.

Ai sensi del comma 2 dello stesso articolo “l’avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia”.

L'avviso avverte, altresì, che l'indagato, che, entro il termine di venti giorni, può esercitare la facoltà di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere il compimento di atti di indagine, nonché rilasciare dichiarazioni ovvero essere sottoposto ad interrogatorio (comma 3).

[21] Identica disciplina è prevista dalla circolare 2 maggio 2001 n. 1/1.1.26/10888/9.92. (Guida alla redazione dei testi normativi).della Presidenza del Consiglio dei ministri

[22]D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.

[23] Il disegno di legge assegnato alla Commissione giustizia del Senato non ha avuto alcun iter parlamentare.

[24]   L’art. 32 del TU 177/2005 sancisce il diritto di chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali o materiali da trasmissioni contrarie a verità di chiedere all'emittente, al fornitore di contenuti privato o alla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo ovvero alle persone da loro delegate al controllo della trasmissione che sia trasmessa apposita rettifica, purché questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali (comma 2). La rettifica è effettuata entro quarantotto ore dalla data di ricezione della relativa richiesta, in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi. Trascorso detto termine senza che la rettifica sia stata effettuata, l'interessato può trasmettere la richiesta all'Autorità, che provvede ai sensi del comma 4 (comma 3). Fatta salva la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria a tutela dei diritti soggettivi, nel caso in cui l'emittente, il fornitore di contenuti o la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo ritengano che non ricorrono le condizioni per la trasmissione della rettifica, sottopongono entro il giorno successivo alla richiesta la questione all'Autorità, che si pronuncia nel termine di cinque giorni. Se l'Autorità ritiene fondata la richiesta di rettifica, quest'ultima, preceduta dall'indicazione della pronuncia dell'Autorità stessa, deve essere trasmessa entro le ventiquattro ore successive alla pronuncia medesima (comma 4).