Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Disposizioni in materia di accertamenti effettuati sulla base degli studi di settore A.C. 3087
Riferimenti:
AC n. 3087/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 290
Data: 14/11/2007
Organi della Camera: VI-Finanze


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Disposizioni in materia di accertamenti effettuati sulla base degli studi di settore

A.C. 3087

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 290

 

 

14 novembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Finanze

 

SIWEB

 

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File: FI0186.doc

 


INDICE

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto. 4

§      Contenuto. 4

§      Relazioni allegate. 4

Elementi per l’istruttoria legislativa. 5

§      Necessità dell’intervento con legge. 5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. 5

§      Compatibilità comunitaria. 5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico. 5

§      Impatto sui destinatari delle norme. 6

§      Formulazione del testo. 6

Schede di lettura

§      Premessa. 9

§      Articolo 1 (Applicazione degli studi di settore e delle successive revisioni)21

§      Articolo 2 (Accertamenti a mezzo di studi di settore ed esigenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi)23

§      Articolo 3 (Rilevanza del valore minimo dell'intervallo di confidenza)25

§      Articolo 4 (Valenza probatoria della contabilità ai fini dell'accertamento a mezzo di studi di settore).26

§      Articolo 5 (Valenza probatoria degli indicatori di normalità economica previsti per le successive revisioni)31

§      Articolo 6 (Criteri selettivi per l'accertamento a mezzo di studi di settore)35

Testo della proposta di legge (A.C. 3087)

Disposizioni in materia di accertamenti effettuati sulla base degli studi di settore  37

Normativa di riferimento

§      Cost. 27 dicembre 1947 Costituzione della Repubblica italiana (artt. 53 e 97)51

§      D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto (artt. 51, 52, 55)52

§      D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi (artt. 37, 39, 43)57

§      D.L. 30 agosto 1993, n. 331 Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie (62-bis)60

§      L. 28 dicembre 1995, n. 549 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica (art. 3, comma 181)61

§      D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570 Regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività d'impresa, arti e professioni62

§      L. 8 maggio 1998, n. 146 Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario (artt. 10, 10-bis)66

§      D.P.R. 31 maggio 1999, n. 195 Regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore (art. 1)70

§      L. 21 novembre 2000, n. 342 Misure in materia fiscale (art. 70)71

§      Corte cost. (Ord.) 24 aprile 2003, n. 141. 72


§      L. 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)74

§      D.L. 2 luglio 2007, n. 81 Disposizioni urgenti in materia finanziaria (art. 15)75

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 3087

Titolo

Disposizioni in materia di accertamenti effettuati sulla base degli studi di settore

Iniziativa

On. Ceccuzzi ed altri

Settore d’intervento

Fisco

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§      presentazione alla Camera

27 settembre 2007

§      annuncio

28 settembre 2007

§      assegnazione

26 ottobre 2007

Commissione competente

VI Finanze

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, V, X e XIV

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

L’articolo 1 stabilisce che gli studi di settore e le successive revisioni degli stessi trovano applicazione a decorrere dagli accertamenti relativi alperiodo d’imposta successivo a quello nel quale il relativo decreto di approvazione è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

L’articolo 2 interviene sulla disciplina vigente in materia di verifiche e controlli fiscali escludendo la possibilità di reiterare gli accertamenti, sulla stessa categoria di reddito e per la stessa annualità, a meno che non siano sopraggiunti nuovi elementi.

L’articolo 3 stabilisce che ai fini della congruità agli studi di settore deve essere considerato il valore minimo, in luogo del valore puntuale, dei ricavi individuato nell’ambito dell’intervallo di confidenza. Viene previsto, inoltre, che in caso di accertamento, al fine di determinare i tributi dovuti si fa riferimento al ricavo puntuale emergente dallo studio di settore applicato.

L’articolo 4 interviene sulla valenza probatoria della contabilità ai fini dell'accertamento a mezzo di studi di settore, stabilendo che nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria gli accertamenti basati sugli studi di settore trovano applicazione soltanto quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale.

L’articolo 5 introduce indici di normalità economica tesi ad evidenziare eventuali anomalie nei dati dichiarati in sede di applicazione degli studi di settore presi in considerazione esclusivamente ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento, e che costituiscono delle mere presunzioni semplici.

L’articolo 6 dispone che i criteri selettivi per l'attività di accertamento sono rivolti in via prioritaria nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese.

Relazioni allegate

Alla proposta di legge è allegata la relativa relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

La necessità di intervenire in via legislativa nelle materie contemplate dal provvedimento si giustifica in considerazione della riserva di legge (sia pure relativa) posta sulla materia tributaria dall’articolo 23 della Costituzione, il quale prescrive che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Il provvedimento tende a modificare disposizioni legislative vigenti.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento interviene sul sistema tributario statale, materia attribuita dall’articolo 117, comma 2, lettera e), alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Nulla da rilevare.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

La proposta di legge modifica il D.P.R. 31 maggio 1999, n. 195; la legge 28 dicembre 1995, n. 549; la legge 21 novembre 2000, n. 342; la legge 8 maggio 1998, n. 146; il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Impatto sui destinatari delle norme

La proposta di legge incide sui contribuenti interessati dall’applicazione del metodo di accertamento fiscale mediante studi di settore e sui relativi poteri dell’Amministrazione finanziaria.

Formulazione del testo

All’articolo 1, la norma introdotta attraverso l’inserimento del comma 1-bis all’articolo 1 del D.P.R. n. 195 del 1999 non risulta coordinata con la disposizione contenuta nel comma 1 del medesimo articolo. Infatti, mentre il comma 1 dispone l’applicazione dello studio nell’anno in cui lo stesso viene approvato purché sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo dell’anno successivo, il comma 1-bis prevede che lo studio di settore si applichi il periodo d’imposta successivo a quello di pubblicazione.

All’articolo 4, comma 1, si rileva che il comma 1-bis dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146 prevede l’emanazione di un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, e non di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, come invece viene richiamato dalla norma.

La lettera dell’articolo 5 dispone che “il comma 2 è sostituito” dai commi 2-bis e 2-ter: si dovrebbe pertanto chiarire se si tratta di un refuso, volendo lasciare in vita il comma 2, ovvero se si vuole sopprimere il comma 2 e sostituirlo con un nuovo comma 2 e un nuovo comma 2-bis.

 


Schede di lettura

 


Premessa

Il quadro normativo di riferimento

Gli studi di settore, introdotti nell’ordinamento dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.

L’articolo 62-bis ha infatti previsto che gli uffici del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, sentite le associazioni professionali e di categoria, elaborassero, entro il 31 dicembre 1995, in relazione ai vari settori economici, appositi studi di settore al fine di rendere più efficace l'azione accertatrice e di consentire una più articolata determinazione dei coefficienti presuntivi previsti dall'articolo 11 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69 , convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, e successive modificazioni. A tal fine gli stessi uffici hanno identificato campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori da sottoporre a controllo allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l'attività esercitata. Gli studi di settore approvati con decreti del Ministro delle finanze e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 1995, possono essere soggetti a revisione ed avrebbero dovuto avere validità ai fini dell'accertamento a decorrere dal periodo di imposta 1995, termine poi prorogato al 31 dicembre 1998.

Gli Studi di settore valutano la capacità di produrre ricavi o conseguire compensi dalle singole attività economiche e si avvalgono di un metodo informatizzato, elaborato su base statistica, che consente ai contribuenti il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dall’attività di ogni singola impresa o professionista (c.d. procedura di calcolo). Tali studi sono peraltro anche un ausilio all’attività di accertamento, in quanto l’articolo 10, comma 1 della legge n. 146 del 1998 (“Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell’Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario”), ha previsto espressamente che l’Amministrazione finanziaria possa effettuare accertamenti basati sugli studi di settore. Si tratta pertanto di una tipologia di accertamento ulteriore, che si aggiunge a quelle già previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, relativo all’accertamento delle imposte sui redditi e che con esse si raccorda (in particolare con l’art. 39).

Gli studi sono realizzati tramite la raccolta sistematica di dati: sia quelli di carattere fiscale, che quelli di tipo “strutturale”, che caratterizzano l’attività e il contesto economico in cui questa si svolge. In particolare, essi sono realizzati rilevando, per ogni singola attività economica, le relazioni esistenti tra le variabili contabili e quelle strutturali, sia interne (processo produttivo, area di vendita, ecc.) che esterne all’azienda o all’attività professionale. Essi tengono infatti conto delle caratteristiche dell’area territoriale (livello dei prezzi, infrastrutture esistenti e utilizzabili, capacità di spesa, tipologia dei fabbisogni) e del contesto economico in cui opera l’azienda (grado di concorrenza, etc.).

Gli studi di settore sono nati pertanto con l’intento di valutare la posizione fiscale effettiva del singolo contribuente in relazione alle caratteristiche oggettive della sua attività, superando il precedente sistema basato sulla principalmente sulla regolarità formale della contabilità, regolarità che metteva al riparo i contribuenti dagli accertamenti c.d. induttivi dell’Amministrazione finanziaria.

Con D.P.R. 31-5-1999 n. 195 è stato emanato il Regolamento recante i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore.

L’elaborazione e la revisione degli studi di settore

Per l’elaborazione degli studi di settore sono state utilizzate tecniche statistico-matematiche che, nella fase iniziale, si sono avvalse di dati contenuti in questionari inviati ai contribuenti e che i contribuenti stessi hanno restituito all'Amministrazione finanziaria. Anche le organizzazioni di categoria hanno partecipato alla predisposizione di questionari per la raccolta delle informazioni necessarie all’elaborazione degli studi di settore e alla validazione degli stessi.

Gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica. E’ infatti previsto un monitoraggio continuo degli studi di settore già approvati, in modo da verificarne la validità nel tempo. A seguito di queste verifiche sono stati realizzati vari interventi di “revisione” degli studi.

L’articolo 10, comma 7 della legge n. 146 del 1988 ha previsto l’istituzione, con decreto del Ministro delle finanze, di una commissione di esperti, designati dallo stesso Ministro tenuto anche conto delle segnalazioni delle organizzazioni economiche di categoria e degli ordini professionali. La commissione, prima dell'approvazione e della pubblicazione dei singoli studi di settore, esprime un parere in merito alla idoneità degli studi stessi a rappresentare la realtà cui si riferiscono. Non è previsto alcun compenso per l'attività consultiva dei componenti della commissione.

La Commissione è stata istituita con decreto ministeriale 10 novembre 1998. La Commissione inoltre raccoglie ed esamina le osservazioni fornite dagli Osservatori provinciali. La collaborazione per l’elaborazione degli studi avviene infatti all’interno di appositi Osservatori che sono stati costituiti per ciascuna Provincia, con provvedimento del Direttore Regionale delle Entrate, in base al decreto del Direttore Generale del Dipartimento delle Entrate del 15 aprile 1999.

Fanno parte degli Osservatori provinciali:

un dirigente della Direzione Regionale delle Entrate con funzioni di presidente;

due funzionari degli uffici dell’Agenzia delle Entrate presenti sul territorio provinciale;

due rappresentanti delle associazioni di categoria più rappresentative in sede provinciale in ciascuno dei settori produttivi dell’industria, del commercio e dell’artigianato;

un rappresentante degli ordini professionali degli esercenti arti e professioni in ciascuno dei seguenti quattro settori: economico, giuridico, tecnico e sanitario.

 

Il comma 399 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), disciplinava la revisione quadriennale degli studi di settore. Esso è stato abrogato dal comma 15 dell’articolo 1 legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) ed il nuovo articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, introdotto dall’articolo 1, comma 13, della citata legge finanziaria 2007, ha ridisciplinato le modalità di revisione e di aggiornamento degli studi di settore.

In particolare, il comma 1 stabilisce che gli studi di settore sono soggetti a revisione al massimo ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore stesso ovvero della sua ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti designati dal Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 10, comma 7, della medesima legge, tenendo anche conto delle segnalazioni delle organizzazioni economiche di categoria e degli ordini professionali.

La norma prevede inoltre che nella fase di revisione degli studi di settore si tenga anche conto dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.

Il programma delle revisioni degli studi di settore è stato approvato, per il 2007, con Provvedimento 14 febbraio 2007[1] .

 

Gli studi di settore vigenti sono complessivamente (per il periodo d’imposta 2006) 206, così suddivisi:

-          Servizi: 61;

-          Commercio: 70;

-          Manifatture: 51;

-          Professionisti: 24.

 

Recentemente, con decreti del Ministero dell'Economia e delle finanze del 20 marzo 2007, sono stati approvati 56 studi di settore, in vigore dal periodo d'imposta 2006. Di questi:

-        44 studi derivano dalla prima revisione di 45 studi precedentemente in vigore;

-        7 studi derivano dalla seconda revisione di altrettanti studi precedentemente in vigore;

-        5 studi sono completamente nuovi, in quanto attinenti ad attività precedentemente non interessate dagli studi di settore.

Gli indicatori di normalità economica

Il comma 14 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 ha disposto, in via transitoria, che fino all’elaborazione e revisione degli studi di settore, mediante l’impiego degli indicatori di coerenza previsti dal comma 2 dell’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, per l’applicazione degli studi esistenti si tenga anche conto di specifici indicatori di normalità economica idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da esso svolta. Tali indicatori debbono essere forniti di significativa rilevanza. Si applica a questo riguardo il comma 4-bis dell’articolo 10 della medesima legge n. 146 del 1998 (inserito dal successivo comma 17 dell’articolo 1).

 

Il comma 2 dell’articolo 10-bis, stabilisce che per l’elaborazione e la revisione degli studi di settore deve anche tenersi conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.

Nell’applicazione degli studi di settore a fine di accertamento, l’analisi della coerenza – sulla base di indici (ad esempio: produttività per addetto, rotazione di magazzino) determinati in relazione alle singole aree economiche – costituisce una fase fondamentale per individuare anomalie nei dati comunicati dal contribuente, anche in presenza di ricavi dichiarati congrui rispetto agli importi presunti in base al pertinente studio di settore. Gli indici di coerenza fanno riferimento a comportamenti ritenuto “normali” nel settore economico considerato. Lo scostamento rispetto ad essi consente di riconoscere elementi critici, ad esempio in relazione all’impiego di personale irregolare, a situazioni anomale di magazzino o di area acquisti ovvero a irregolarità di natura contabile.

 

Gli indicatori di normalità economica sono stati approvati con DM 2 marzo 2007 (G.U. 31 marzo 2007, S.O. n. 90). In particolare con il suddetto D.M. sono stati determinati i valori soglia di alcuni parametri delle attività economiche ricomprese nei vigenti studi di settore

A tal fine, gli indicatori di normalità economica per i contribuenti esercenti attività di impresa cui si rendono applicabili gli studi di settore si riferiscono a:

a)      rapporto tra costi di disponibilità dei beni mobili strumentali e valore degli stessi;

b)      rotazione del magazzino;

c)      durata delle scorte;

d)      valore aggiunto per addetto;

e)      redditività dei beni mobili strumentali.

 

Gli specifici indicatori di normalità economica per i contribuenti che esercitano due o più attività di impresa ovvero una o più attività di impresa in diverse unità di produzione o di vendita, cui si rendono applicabili gli studi di settore sono:

a)      valore aggiunto per addetto;

b)      redditività dei beni strumentali mobili.

Gli specifici indicatori di normalità economica per i contribuenti esercenti attività di lavoro autonomo cui si rendono applicabili gli studi di settore, sono:

a)      rapporto tra ammortamenti dei beni mobili strumentali e valore degli stessi;

b)      resa oraria per addetto;

c)      resa oraria del professionista.

 

La legge finanziaria 2007 inoltre , con il comma 19 dell’articolo 1, allo scopo di orientare le attività di controllo nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo cui non sono applicabili gli studi di settore, ha previsto la determinazione di specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare.

Ai medesimi fini, nelle ipotesi di cessazione dell’attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell’attività (che costituiscono ordinariamente causa di esclusione dell’applicabilità degli studi), si stabilisce che possa venire richiesta la compilazione del modello, allegato alla dichiarazione, previsto per i soggetti cui si applicano gli studi di settore. Si tratta del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, da allegarsi alla dichiarazione dei redditi.

Il comma 20 ha prescritto altresì la determinazione di appositi indicatori di coerenza per l’individuazione dei requisiti minimi di continuità dell’attività, con riferimento al primo periodo d’imposta in cui essa viene esercitata, relativamente ai soggetti indicati dall’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (società di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione), esclusi dall’applicazione degli studi di settore. Tali indicatori sono definiti tenendo conto delle caratteristiche e delle modalità di svolgimento dell’attività medesima.

La relazione governativa indicava, a questo riguardo, l’esistenza di “una quota significativa di società di capitali (15-20%) che risultano fiscalmente inattive dopo periodi brevissimi (anche meno di un anno) dall’inizio dell’attività”, rilevando che “queste società dichiarano sovente livelli di ricavi relativamente inferiori rispetto a quelli medi dichiarati dalle società appartenenti a settori economicamente omogenei che iniziano l’attività e la proseguono per periodi più lunghi”. La stessa relazione chiariva che gli indici di coerenza dovranno essere definiti partendo dagli analoghi indicatori degli studi di settore, con gli adeguamenti necessari per tener conto dei fenomeni specifici rilevati nell’analisi della particolare fattispecie.

L’approvazione degli indicatori è rimessa ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro il 28 febbraio 2007. Tali indicatori potranno essere elaborati anche per settori economicamente omogenei, e dovranno trovare applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006.

Il comma 22 prescrive che venga programmata, sulla base di appositi criteri selettivi, una specifica attività di controllo nei confronti dei soggetti che risultano incoerenti per effetto dell’applicazione degli indicatori introdotti a norma del comma 7.

Le modificazioni operate dal comma 23, limitatamente a quanto stabilito dalla lettera a) - relativamente ai contribuenti con periodo d’imposta inferiore a dodici mesi - hanno effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2007.

 

In sede di applicazione degli indicatori di normalità economica, le categorie di settore hanno evidenziato problemi con particolare riferimento al collegamento con la congruità degli studi di settore.

Pertanto, in sede di conversione del decreto legge n. 81 del 2007, è stato inserito il comma 3-bis all’articolo 15 ai sensi del quale gli indicatori di normalità economica hanno natura sperimentale e i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi da essi desumibili costituiscono presunzioni semplici.

Studi di settore e accertamento

L’articolo 10 della legge n. 146 del 1998 dispone che gli accertamenti basati sugli studi di settore siano effettuati nei confronti dei contribuenti quando l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi. L'ufficio peraltro, prima della notifica dell'avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Le modalità di effettuazione dell’accertamento sono disciplinate dallo stesso articolo 10.

I casi di non applicazione dell’accertamento basato sugli studi di settore

L’articolo 1, comma 16 della legge finanziaria 2007 ha ridefinito le fattispecie alle quali non si applicano gli studi di settore ai fini dell’accertamento, sostituendo il comma 4 dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che le disciplinava[2].

In particolare, gli accertamenti basati sugli studi di settore non si applicano ai soggetti che:

a)      hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi[3], di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro;

b)      hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. Non si applicano comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;

c)      si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività.

Utilizzazione degli studi di settore ai fini dell’accertamento

Il comma 17 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 ha introdotto un nuovo comma 4-bis nell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, il quale ridisciplina le modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento.

Per effetto di tale novella, in sede di rettifica del reddito d’impresa o dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione, è precluso l’utilizzo di presunzioni semplici[4] - anche se gravi, precise e concordanti - qualora il contribuente destinatario dell’accertamento abbia dichiarato, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello di congruità rilevante ai fini dell’applicazione degli studi di settore, anche tenendo conto degli specifici indicatori definiti a norma del comma 2 dell’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998

La preclusione opera a condizione che l’ammontare delle attività non dichiarate non sia superiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati. In ogni caso, la preclusione non si applica se l’ammontare delle attività non dichiarate supera la soglia dei 50 mila euro.

In altri termini, se il contribuente risulta congruo rispetto agli studi di settore, l’amministrazione finanziaria non potrà esperire nei suoi confronti rettifiche di tipo analitico-induttivo, basate su presunzioni semplici, fino al 40 per cento dei ricavi o dei compensi dichiarati dal contribuente medesimo ed entro il limite massimo di 50 mila euro.

Ai fini dell’applicazione della disposizione, per attività, ricavi o compensi si intendono quelli indicati dalla lettera a) del comma 4 dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, come sostituito dal comma 16 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007.

Trattasi rispettivamente dei ricavi indicati all’articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e)[5], e dei compensi[6] indicati all’articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), emanato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

L’avviso di accertamento deve esprimere i motivi che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore, in quanto ritenute inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.

L’illustrata disposizione si applica a condizione che le informazioni inserite dal contribuente nei modelli predisposti per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore non siano viziate da irregolarità tali da rendere applicabili le sanzioni introdotte, rispettivamente, nei decreti legislativi n. 446 e n. 471 del 1997 dai commi 25, 26 e 27 del presente articolo 1.

 

La preclusione introdotta dalla disposizione testé descritta si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007.

 

Il comma 18 dell’articolo 1 ha regolato altresì l’efficacia delle nuove norme introdotte dai commi 16 e 17, stabilendo che esse abbiano applicazione dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007.

Tuttavia, relativamente al disposto della lettera b) del comma 4 dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998 (come sostituito dal comma 16, relativo ai contribuenti che abbiano iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta) si prevede che abbia effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006.

Si tratta della disposizione esclude dall’accertamento sulla base degli studi di settore i contribuenti che hanno iniziato o cessato l’attività nel periodo d’imposta, salvo il caso di cessazione e inizio nel periodo di sei mesi da parte dello stesso soggetto, ovvero quando l’attività iniziata costituisca la mera prosecuzione di quella precedentemente svolta da altri soggetti.

Il sistema Gerico

Il prodotto software di applicazione degli studi di settore, mediante il quale è possibile conoscere i ricavi o i compensi presunti in base agli studi stessi, è denominato “Gerico”(Gestione dei Ricavi o Compensi). L’applicazione Gerico, è resa disponibile gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate, ed è prelevabile dal sito Internet dell’Agenzia.

L’applicazione Gerico mediante l’inserimento dei valori delle variabili contabili ed extra contabili richieste, consente al contribuente di verificare la sua posizione in ordine a due distinti aspetti della sua “normalità statistica”:

§       i ricavi o i compensi dichiarati (c.d. congruità);

§       i principali indicatori economici (c.d. coerenza).

 

Gerico attesta anzitutto se i ricavi o i compensi del contribuente sono “congrui”, cioè pari almeno al valore puntuale di riferimento calcolato con il software per lo specifico contribuente. In caso contrario, Gerico indica il valore puntuale atteso, ed inoltre indica i ricavi o i compensi minimi ammissibili che segna la soglia inferiore di quel margine di oscillazione (chiamato intervallo di confidenza) entro il quale lo scostamento è ritenuto “possibile.

La circolare n. 110/E del 21 maggio 1999 ha precisato che i contribuenti i quali si avvalgono della possibilità di adeguare i propri ricavi o compensi alle risultanze della applicazione degli studi di settore, in sede di dichiarazione dei redditi devono effettuare l’adeguamento tenendo conto del valore che nella applicazione Gerico viene indicato quale valore di riferimento puntuale. Ai contribuenti che ritengono ve ne sia motivo è, peraltro, consentito collocarsi anche in caso di adeguamento, all’interno dell’intervallo di confidenza e quindi anche al livello del valore minimo.

In sede di controllo della applicazione degli studi di settore l’Agenzia delle Entrate:

§       in caso di adeguamento al valore puntuale considererà corretta la posizione del contribuente e potrà procedere ad accertamento sulla base degli studi di settore solo nei casi in cui sulla scorta di elementi documentali, sarà in grado di rettificare i dati presi a base per l’applicazione degli studi di settore;

§       in caso di adeguamento all’interno dell’intervallo tra valore minimo e valore puntuale, fermo restando che si tratta, comunque, di ricavi o compensi "possibili", potrà verificare e quindi chiedere al contribuente di giustificare per quali motivi abbia ritenuto di adeguarsi a un valore inferiore a quello di riferimento puntuale (circolare 148/E del 5 luglio 1999).

Per quanto riguarda la coerenza degli indicatori economici, aspetto che viene valutato dal sistema Gerico indipendentemente dalla valutazione della congruità, il sistema è in grado di verificare la regolarità dei principali indicatori economici caratterizzanti l’attività svolta dal contribuente (i quali sono predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore approvato). La regolarità di tali indicatori viene valutata rispetto ai valori minimi e massimi assumibili con riferimento a comportamenti normali degli operatori del settore che svolgono l’attività con analoghe caratteristiche. Le anomalie riscontrate negli indici di coerenza potranno essere utilizzate dall’Amministrazione finanziaria per la selezione delle posizioni da sottoporre a controllo, pur in presenza di ricavi o compensi congrui., utilizzando pertanto in tali casi metodi di accertamento diversi da quello basato sugli studi di settore.

A differenza degli indici di congruità, le eventuali anomalie riscontrate negli indici di coerenza non possono dar luogo ad “adeguamento” da parte del contribuente.

Le sanzioni

I commi25, 26 e 27 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 prevedono – in termini sostanzialmente identici per le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP – l’incremento della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, qualora il maggior reddito d’impresa, arte o professione accertato ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato.

In particolare, il comma 25 integra con un nuovo comma 2-bis l’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (“Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi”).

L’articolo trova applicazione con riferimento alle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi.

Tale nuovo comma 2-bis prevede che la misura della sanzione minima e massima indicata al comma 2 (ossia la sanzione dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito, stabilita per la dichiarazione di reddito imponibile inferiore a quello accertato o comunque di imposta inferiore a quella dovuta o credito superiore a quello spettante, nonché per esposizione di indebite detrazioni d’imposta o indebite deduzioni dall’imponibile) sia elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.

 

Si escludono dalla fattispecie sanzionabile i casi di inesatta indicazione dei medesimi dati. L’incremento della sanzione non si applica se il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato. Si fa riferimento al reddito di lavoro autonomo, conseguente al precedente richiamo del reddito di arte o professione.

Analogamente, il comma 27 della legge finanziaria 2007 ha aggiunto, nell’articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (“Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”), un nuovo comma 2-bis, da applicarsi alle dichiarazioni relative all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Pertanto, la misura della sanzione minima e massima prevista dal comma 2 (rispettivamente, una e due volte l’ammontare della maggiore imposta dovuta in caso di dichiarazione di imponibile inferiore a quello accertato o imposta inferiore al dovuto) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento della sanzione non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata.

Si escludono anche qui dalla fattispecie sanzionabile i casi di inesatta indicazione dei medesimi dati.


Articolo 1
(Applicazione degli studi di settore e delle successive revisioni)

 


1. All'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Gli studi di settore e le succes­sive revisioni dei medesimi si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta successivo a quello nel quale il relativo decreto di approvazione è pubbli­cato nella Gazzetta Ufficiale».


 

 

L’articolo 1, introducendo il comma 1-bis all’articolo 1 del D.P.R. n. 195 del 1999, reca disposizioni in materia di accertamenti fiscali basati sugli studi di settore[7] con particolare riferimento al periodo d’imposta a decorrere dal quale i nuovi studi approvati o le revisioni degli studi già esistenti entrano in vigore.

 

Il D.P.R. n. 195 del 1999 (Regolamento recante i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore) dispone, all’articolo 1, comma 1, che gli accertamenti basati sugli studi di settore, se pubblicati entro il 31 marzo, si applicano a decorrere dal periodo d’imposta precedente la pubblicazione. Qualora gli studi di settore siano pubblicati dopo tale data essi si applicheranno a decorrere dal periodo d’imposta in corso.

 

La norma in esame stabilisce che gli studi di settore e le successive revisioni degli stessi trovano applicazione a decorrere dagli accertamenti relativi al periodo d’imposta successivo a quello nel quale il relativo decreto di approvazione è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

 

Secondo quanto indicato nella relazione illustrativa, poiché lo studio di settore revisionato “può essere applicato anche al periodo d’imposta antecedente a quello in cui viene pubblicato”, il contribuente non può verificare “tempestivamente la congruità della sua posizione fiscale rispetto alle attese dell’erario”.

Rispetto alla vigente normativa, la norma comporta uno slittamento dell’applicazione degli studi di settore di un anno per quelli pubblicati dopo il 31 marzo di ciascun anno, e di due anni per quelli pubblicati prima di tale data.

Al riguardo si ricorda come l’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge n. 212/2000) sancisca il principio di irretroattività delle disposizioni di natura tributaria, disponendo in particolare che le modifiche normative relative ai tributi periodici si applichino solo a partire dalla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono. Peraltro, si segnala come la normativa relativa agli studi di settore afferisca a profili procedimentali relativi all’azione di accertamento dell’Amministrazione finanziaria.

 

La norma introdotta attraverso l’inserimento del comma 1-bis all’articolo 1 del DPR n. 195 del 1999 non risulta coordinata con la disposizione contenuta nel comma 1 del medesimo articolo. Infatti, mentre il comma 1 dispone l’applicazione dello studio nell’anno in cui lo stesso viene approvato purché sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo dell’anno successivo, il comma 1-bis prevede che lo studio di settore si applichi il periodo d’imposta successivo a quello di pubblicazione.

 


Articolo 2
(Accertamenti a mezzo di studi di settore ed esigenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi)

 


1. Al primo periodo dell'alinea del comma 181 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, dopo le parole: «con riferi­mento alle medesime» sono inserite le seguenti: «qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi,».

2. All'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «con riferimento alle medesime» sono inserite le seguenti: «, qualora sopravvenga la cono­scenza di nuovi elementi,»;

b) al comma 2, le parole: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza» sono sostituite dalle seguenti: «qualora sopravvenga la cono­scenza» e le parole: «e dai limiti» sono sostituite dalle seguenti: «e nei limiti».


 

 

L’articolo 2 interviene sulla disciplina vigente in materia di verifiche e controlli fiscali escludendo la possibilità di reiterare gli accertamenti, sulla stessa categoria di reddito e per la stessa annualità, a meno che non siano sopraggiunti nuovi elementi.

A tal fine la norma in esame apporta modifiche all’articolo 3, comma 181, della legge n. 549/1995 (legge finanziaria per il 2006) e all’articolo 70 della legge n. 342/2000 (recante “Misure in materia fiscale”).

 

La disciplina generale relativa agli accertamenti tributari, non basati sugli studi di settore o sui parametri, è disciplinata dal DPR n. 600/1973 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi). In particolare, ai sensi dell’articolo 39, primo comma, lettera d), l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati può risultare dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 dello stesso D.P.R. n. 600, ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'articolo 32. L'esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

Per quanto riguarda il coordinamento tra la citata disciplina generale e quella dell’accertamento basato sugli studi di settore o sui parametri la normativa vigente afferma il principio generale in base al quale un tipo di accertamento non preclude l’altra tipologia di accertamento.

In particolare, l’articolo 3, comma 181, della legge n. 549/1995 (finanziaria 2006) stabilisce che qualora siano stati eseguiti accertamenti fiscali ai sensi dell'articolo 39, primo comma, lettera d), del D.P.R. n. 600/1973 prima dell’approvazione di uno specifico studio di settore, non è pregiudicata la successiva attività di accertamento basata sull’applicazione degli studi di settore o dei parametri.

L’articolo 70 della legge n. 342/2000 dispone che gli accertamenti basati sugli studi di settore non pregiudicano l’ulteriore azione accertatrice anche se riferita ai redditi sui quali sono stati applicati gli studi di settore. In altre parole, l’adeguamento del contribuente agli studi di settore non esclude la possibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di eseguire ulteriori controlli fiscali anche con riferimento ai medesimi redditi. In particolare, il comma 1 dell’articolo 70 si riferisce agli accertamenti basati sugli studi di settore di cui all’articolo 10 della legge n. 146/1998 (Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario) ossia alla determinazione dell’ammontare minimo dei ricavi o compensi determinabile in base allo studio di settore. Il comma 2 dell’articolo 70 si riferisce agli accertamenti basati sugli studi di settore ai sensi degli articoli 2 e 15 del decreto legislativo n. 218/1997 recante disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

 

Il comma 1 modifica il comma 181 dell’articolo 3 della legge n. 549 del 1995 prevedendo che gli accertamenti basati sugli studi di settore, dopo la loro approvazione, possono essere eseguiti su redditi già accertati ai sensi dell’articolo 39 del DPR n. 600/1973 solo in presenza di sopravvenute conoscenze di nuovi elementi. Pertanto, in assenza di nuovi elementi è inibita l’applicazione degli studi di settori sui redditi e per i periodo d’imposta già accertati ai sensi del DPR n. 600/1973.

 

Il comma 2 modifica l’articolo 70 della legge n. 342/2000 prevedendo che gli accertamenti tributari eseguiti ai sensi dell’articolo 39 del DPR n. 600/1973 non consentono l’applicazione, sui medesimi redditi e per i medesimi periodi d’imposta, degli studi di settore successivamente approvati, a meno che non sopraggiunga conoscenza di nuovi elementi.

 

La relazione illustrativa allegata al provvedimento chiarisce che la norma intende eliminare il principio della reiterazione degli accertamenti per la stessa categoria di reddito e per la stessa annualità a meno che ciò non sia dovuto alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. In proposito viene richiamata l’ordinanza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2003 (depositata il 24 aprile 2003) n. 141 nella quale la Corte dichiara la impossibilità di correggere un accertamento passato in giudicato in fase pre-contenziosa (accertamento con adesione, definizione agevolata o acquiescenza) con una successiva attività di accertamento basata sugli studi di settore in quanto le integrazioni o modifiche di precedenti accertamenti sono consentite solo in base alla sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi.

 


Articolo 3
(Rilevanza del valore minimo dell'intervallo di confidenza)

 


1. Al comma 1 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, e successive modificazioni, le parole: «risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi» sono sostituite dalle seguenti: «risulta inferiore al valore minimo dei ricavi determinato sulla base dell'intervallo di confidenza come individuato in sede di applicazione dei singoli studi di settore; tuttavia, in caso di accertamento, al fine di determinare i tributi dovuti si fa riferimento al ricavo puntuale emergente dagli studi stessi».


 

 

L’articolo 3 interviene sulla disciplina degli studi di settore prevedendo, in sostanza, la riduzione dell’importo dei ricavi o compensi di riferimento ai fini della determinazione della congruità dei redditi dichiarati dal contribuente a quello individuato dall’applicazione del relativo studio di settore.

 

Si ricorda che lo studio di settore, attraverso una specifica funzione di ricavo per ciascuno dei cluster definiti dallo studio di settore stesso, determina i livelli minimi e i livelli puntuali di ricavi o compensi. Ai fini della congruità il reddito dichiarato dal contribuente deve essere non inferiore all’importo corrispondente al livello puntuale, ossia ad un valore medio contenuto in un intervallo di confidenza stabilito dall’applicazione dello studio di settore.

 

La norma, modificando il comma 1 dell’articolo 10 della legge n. 146/1998, stabilisce che ai fini della congruità agli studi di settore deve essere considerato il valore minimo, in luogo del valore puntuale, dei ricavi individuato nell’ambito dell’intervallo di confidenza.

Viene previsto, inoltre, che in caso di accertamento, al fine di determinare i tributi dovuti si fa riferimento al ricavo puntuale emergente dallo studio di settore applicato.

 

La norma sembrerebbe ridurre l’efficacia automatica dell’accertamento basato sugli studi di settore. Infatti, il contribuente risulterà congruo in dichiarazione dei redditi adeguando i propri redditi al valore minimo dei ricavi o compensi determinato dallo studio di settore. Il riferimento al valore puntuale, attualmente automatico per il contribuente che intende adeguarsi, è possibile solo in presenza di una successiva attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Da un punto di vista formale, si segnala che la sostituzione delle parole disposta dalla norma in esame riporta esclusivamente il riferimento all’ammontare dei ricavi senza indicare il riferimento anche all’ammontare dei compensi.


Articolo 4
(Valenza probatoria della contabilità ai fini dell'accertamento a mezzo di studi di settore).

 


1. All'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, dopo il comma 1, come da ultimo modificato dall'articolo 3 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, la disposizione del comma 1 trova applica­zione quando emergono significative situa­zioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimo­niale, individuati con apposito provve­dimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7.

1-ter. Indipendentemente da quanto previsto dal comma 1-bis, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, l'ufficio procede ai sensi del comma 1 quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 52, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risulta motivata l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o l'irrego­larità delle scritture obbligatorie ovvero tra esse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 570».

2. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dal comma 1-bis dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.


 

 

L’articolo 4 in esame interviene sulla valenza probatoria della contabilità ai fini dell'accertamento a mezzo di studi di settore, stabilendo che nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria gli accertamenti basati sugli studi di settore trovano applicazione soltanto quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale.

 

La Relazione illustrativa spiega che “si intende sostituire la possibilità diretta dell'applicazione degli studi di settore per i soggetti che, per opzione o per obbligo, sono in contabilità ordinaria, con la possibilità comunque vincolata alla dimostrata inattendibilità della contabilità. Al fine di individuare i criteri per stabilire quando la contabilità è inattendibile si propone di integrare i criteri stabiliti con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1996, peraltro raramente applicato, con nuovi criteri di più immediata applicabilità, da individuare con uno strumento normativo più agile quale un decreto ministeriale. Si ritiene, infatti, che qualora si imponga o si scelga di adottare la contabilità ordinaria non si può poi prescindere totalmente da essa a meno che non si intenda eliminare totalmente la contabilità ai fini fiscali.”.

 

Nel dettaglio, l’articolo 4 in esame modifica l'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che reca le modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento.

 

Il comma 1 del richiamato articolo 10 della legge n. 146 del 1998 dispone che gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui all'art. 62-sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331 , convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le modalità di cui al presente articolo qualora l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi. Secondo il comma 3-bis, nelle ipotesi di cui al comma 1 l'ufficio, prima della notifica dell'avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell'articolo 5 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218. Ai sensi del comma 3-ter, in caso di mancato adeguamento ai ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore, possono essere attestate le cause che giustificano la non congruità dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a quelli derivanti dall'applicazione degli studi medesimi. Possono essere attestate, altresì, le cause che giustificano un'incoerenza rispetto agli indici economici individuati dai predetti studi. Tale attestazione è rilasciata, su richiesta dei contribuenti, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, dai responsabili dell'assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 32, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e dai dipendenti e funzionari delle associazioni di categoria abilitati all'assistenza tecnica di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

Il comma 4 stabilisce che la disposizione del comma 1 del presente articolo non si applica nei confronti dei contribuenti: a) che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro; b) che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti; c) che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività.

Secondo il comma 4-bis, le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell'applicazione degli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all'articolo 10-bis, comma 2, della presente legge, qualora l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati. Ai fini dell'applicazione della presente disposizione, per attività, ricavi o compensi si intendono quelli indicati al comma 4, lettera a). In caso di rettifica, nella motivazione dell'atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente. La presente disposizione si applica a condizione che non siano irrogabili le sanzioni di cui ai commi 2-bis e 4-bis rispettivamente degli articoli 1 e 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nonché al comma 2-bis dell'articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

Ai fini dell'IVA, secondo il comma 5, all'ammontare dei maggiori ricavi o compensi, determinato sulla base dei predetti studi di settore, si applica, tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali, l'aliquota media risultante dal rapporto tra l'imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d'affari dichiarato. Ai sensi del comma 6, i maggiori ricavi, compensi e corrispettivi, conseguenti all'applicazione degli accertamenti di cui al comma 1, ovvero dichiarati per effetto dell'adeguamento di cui all'articolo 2 del regolamento recante disposizioni concernenti i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, non rilevano ai fini dell'obbligo della trasmissione della notizia di reato ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale.

Il comma 7 demanda a decreto del Ministro delle finanze il compito di istituire una commissione di esperti, designati dallo stesso Ministro tenuto anche conto delle segnalazioni delle organizzazioni economiche di categoria e degli ordini professionali. La commissione, prima dell'approvazione e della pubblicazione dei singoli studi di settore, esprime un parere in merito alla idoneità degli studi stessi a rappresentare la realtà cui si riferiscono. Non è previsto alcun compenso per l'attività consultiva dei componenti della commissione.

Secondo il comma 8, con i decreti di approvazione degli studi di settore possono essere stabiliti criteri e modalità di annotazione separata dei componenti negativi e positivi di reddito rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi nei confronti dei soggetti che esercitano più attività. Ai sensi del comma 9, con i regolamenti previsti dall'art. 3, comma 136, L. 23 dicembre 1996, n. 662, sono disciplinati i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, anche in deroga al comma 10 del presente articolo ed al comma 125 dell'art. 3 della citata legge n. 662 del 1996.

Il comma 12 facultizza ad affidare l'elaborazione degli studi di settore, nonché ogni altra attività di studio e ricerca in materia tributaria, in concessione, ad una società a partecipazione pubblica. Essa è costituita sotto forma di società per azioni di cui il Ministero delle finanze detiene una quota di capitale sociale non inferiore al 51 per cento.

 

L’articolo 4, comma 1, in esame inserisce dopo il comma 1 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, i commi 1-bis e 1-ter.

Il nuovo comma 1-bis dispone che nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria la disposizione del comma 1 sui presupposti per procedere all’accertamento mediante gli studi di settore trova applicazione quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7. Ciò anche ove il regime di contabilità ordinaria sia stato effetto di opzione.

Il nuovo comma 1-ter specifica che, indipendentemente da quanto previsto dal comma 1-bis, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, l'ufficio procede all’accertamento mediante studi di settore quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 52, sesto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, risulta motivata:

a)      l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni;

b)      l'irregolarità delle scritture obbligatorie;

c)      ovvero l’irregolarità tra le scritture obbligatorie e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti dal regolamento di cui al D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570.

 

Il richiamato articolo 52, sesto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevede che di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia.

 

Il richiamato D.P.R. 16-9-1996 n. 570 reca il regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività d'impresa, arti e professioni.

 

Il comma 2 dell’articolo 4 in esame prevede che il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dal comma 1-bis dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sia adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si rileva che il comma 1-bis dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 1 dell’articolo 4, prevede l’emanazione di un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, e non di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 


Articolo 5
(Valenza probatoria degli indicatori di normalità economica previsti per le successive revisioni)

 


1. All'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2-bis. In sede di elaborazione o di revisione degli studi di settore sono introdotti indici di normalità economica tesi ad evidenziare eventuali anomalie nei dati dichiarati in sede di applicazione degli studi di settore.

2-ter. Gli indici di normalità economica di cui al comma 2-bis sono presi in considerazione esclusivamente ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento in sede di applicazione degli studi di settore e costituiscono delle mere presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui agli articoli 39, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 55 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. In caso di accertamento, spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova a sostegno degli scostamenti riscontrati».


 

 

L’articolo 5 in esame introduce indici di normalità economica tesi ad evidenziare eventuali anomalie nei dati dichiarati in sede di applicazione degli studi di settore presi in considerazione esclusivamente ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento, e che costituiscono delle mere presunzioni semplici.

 

La Relazione illustrativa spiega al riguardo che “si intende modificare la valenza probatoria degli indicatori di normalità da inserire a regime nei successivi studi di settore o nelle prossime revisioni degli studi di settore già approvati. In primo luogo si intende evitare che gli indicatori di normalità economica partecipino direttamente alla formazione del ricavo di congruità. Essi devono essere utilizzati solamente come campanelli d'allarme utili per selezionare i contribuenti da sottoporre ad accertamento a mezzo di studi di settore. La disposizione che si intende inserire prevede poi che l'utilizzo degli indicatori in sede di accertamento deve essere corroborato di ulteriori elementi probatori tesi ad evidenziare la concretezza dell'anomalia riscontrata. I volumi di ricavi che emergono dall'applicazione degli indicatori di normalità non devono entrare nella formazione del ricavo di congruità”.

 

Nel dettaglio, l’articolo 5 in commento aggiunge all’articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, i commi 2-bis e 2-ter.

 

La lettera dell’articolo 5 in commento dispone precisamente che “il comma 2 è sostituito” dai commi 2-bis e 2-ter: si dovrebbe pertanto chiarire se si tratta di un refuso, volendo lasciare in vita il comma 2, ovvero se si vuole sopprimere il comma 2 e sostituirlo con un nuovo comma 2 e un nuovo comma 2-bis.

 

Il richiamato articolo 10-bis, recante modalità di revisione ed aggiornamento degli studi di settore, stabilisce al comma 1 che gli studi di settore previsti all'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, sono soggetti a revisione, al massimo, ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell'ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti di cui all'articolo 10, comma 7. Nella fase di revisione degli studi di settore si tiene anche conto dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno. Il comma 2 prevede che ai fini dell'elaborazione e della revisione degli studi di settore si tiene anche conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.

 

Il nuovo comma 2-bis prevede che in sede di elaborazione o di revisione degli studi di settore sono introdotti indici di normalità economica.

La funzione di tali indici è quella di evidenziare eventuali anomalie nei dati dichiarati in sede di applicazione degli studi di settore.

Il nuovo comma 2-ter dispone che gli indici di normalità economica di cui al comma 2-bis sono presi in considerazione esclusivamente ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento in sede di applicazione degli studi di settore.

Essi costituiscono delle mere presunzioni semplici; in quanto tali esse sono prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui agli articoli 39, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 55 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Il richiamato articolo 39, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in materia di accertamento e redditi determinati in base alle scritture contabili, prevede che l'ufficio delle imposte determina il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:

a)       quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

b)       quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più scritture contabili prescritte dall'art. 14, ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

c)       quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell'art. 14 del presente decreto;

d)       d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Il richiamato articolo 55 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di accertamento induttivo IVA, stabilisce che se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale l'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso all'accertamento dell'imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l'ammontare imponibile complessivo e l'aliquota applicabile sono determinati induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio e sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell'art. 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33.

Le disposizioni del precedente comma si applicano anche se la dichiarazione reca le indicazioni di cui ai numeri 1) e 3) dell'art. 28 senza le distinzioni e specificazioni ivi richieste, sempreché le indicazioni stesse non siano state regolarizzate entro il mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Le disposizioni stesse si applicano, in deroga alle disposizioni dell'art. 54, anche nelle seguenti ipotesi:

1)       quando risulta, attraverso il verbale di ispezione redatto ai sensi dell'art. 52, che il contribuente non ha tenuto, o ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all'ispezione i registri previsti dal presente decreto e le altre scritture contabili obbligatorie a norma del primo comma dell'art. 2214 del codice civile e delle leggi in materia di imposte sui redditi, o anche soltanto alcuni di tali registri e scritture;

2)       quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha emesso le fatture per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha conservato, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all'ispezione, totalmente o per una parte rilevante, le fatture emesse;

3)       quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell'art. 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.

Se vi è pericolo per la riscossione dell'imposta l'ufficio può procedere all'accertamento induttivo, per la frazione di anno solare già decorsa, senza attendere la scadenza del termine stabilito per la dichiarazione annuale e con riferimento alle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33.

 

Si prevede, infine, che in caso di accertamento, spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova a sostegno degli scostamenti riscontrati.

 


Articolo 6
(Criteri selettivi per l'accertamento a mezzo di studi di settore)

 


1. Al primo comma dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I criteri selettivi per l'attività di accertamento di cui al periodo precedente, compresa quella a mezzo di studi di settore, sono rivolti prioritariamente nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese».

2. Al primo comma dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I criteri selettivi per l'attività di accertamento di cui al periodo precedente, compresa quella a mezzo di studi di settore, sono rivolti prioritariamente nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese».


 

 

L’articolo 6 in esame dispone che i criteri selettivi per l'attività di accertamento sono rivolti in via prioritaria nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese.

 

La Relazione illustrativa spiega al riguardo che “si vuole prendere atto di un fatto ormai riscontrato nella realtà, e cioè che i soggetti che lavorano in prevalenza con altre imprese, hanno scarse possibilità di occultare i corrispettivi. Si tratta, pertanto, di inserire a sistema la considerazione precisa di questa eventualità nelle disposizioni programmatiche che rinviano al noto decreto che fissa i criteri per la selezione delle posizioni fiscali da sottoporre a verifica.”.

 

Nel dettaglio, l’articolo 6 in esame modifica il primo comma dell’articolo 37 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e il primo comma dell’articolo 51 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di IVA.

 

Il richiamato articolo 37 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 stabilisce al primo comma, con riguardo al controllo delle dichiarazioni, che gli uffici delle imposte procedono, sulla base di criteri selettivi fissati annualmente dal Ministro delle finanze tenendo anche conto delle loro capacità operative, al controllo delle dichiarazioni e alla individuazione dei soggetti che ne hanno omesso la presentazione sulla scorta dei dati e delle notizie acquisiti ai sensi dei precedenti articoli e attraverso le dichiarazioni previste negli articoli 6 e 7, di quelli raccolti e comunicati dall'anagrafe tributaria e delle informazioni di cui siano comunque in possesso.

 

Il richiamato primo comma dell’articolo 51 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di attribuzioni e poteri degli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, stabilisce che gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto controllano le dichiarazioni presentate e i versamenti eseguiti dai contribuenti, ne rilevano l'eventuale omissione e provvedono all'accertamento e alla riscossione delle imposte o maggiori imposte dovute; vigilano sull'osservanza degli obblighi relativi alla fatturazione e registrazione delle operazioni e alla tenuta della contabilità e degli altri obblighi stabiliti dal presente decreto; provvedono alla irrogazione delle pene pecuniarie e delle soprattasse e alla presentazione del rapporto all'autorità giudiziaria per le violazioni sanzionate penalmente. Il controllo delle dichiarazioni presentate e l'individuazione dei soggetti che ne hanno omesso la presentazione sono effettuati sulla base di criteri selettivi fissati annualmente dal Ministro delle finanze che tengano anche conto della capacità operativa degli uffici stessi.

 

L’articolo 6 in esame aggiunge ad entrambe le sopra richiamate disposizioni un identico periodo a mente del quale i criteri selettivi indicati per l'attività di accertamento devono essere rivolti in via prioritaria nei confronti dei soggetti - diversi dalle imprese manifatturiere - che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese.

Si specifica che nell’attività di accertamento ivi considerata è compresa quella espletata a mezzo di studi di settore.

 


Testo della proposta di legge
(A.C. 3087)

 


 

N. 3087

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

CECCUZZI, TOLOTTI, LULLI, SANGA, DEL MESE, AMENDOLA, FIANO, FOGLIARDI, NANNICINI, STRIZZOLO, VICHI, VICO,

FRANCI, SAMPERI, CARRA, RUGGHIA, CRISCI, RUSCONI,

RAZZI, VILLARI, ZACCHERA, VANNUCCI, MARANTELLI,

VELO, INCOSTANTE, OSSORIO, FILIPPESCHI, SERVODIO,

CARTA, MISIANI, DE BRASI, FERRIGNO, RUGGERI, DEL-

BONO, MIGLIOLI, FEDI, TOMASELLI, ZELLER, D'IPPOLITO

VITALE, SPINI, BRUGGER, OTTONE, PEDULLI, BENZONI,

LENZI, MARIANI, FARINONE, DE BIASI, MANTINI, FERRARI

¾

 

Disposizioni in materia di accertamenti effettuati

sulla base degli studi di settore

 

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Presentata il 27 settembre 2007

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Onorevoli Colleghi! - La disciplina degli studi di settore è stata introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

Nel corso degli anni la normativa vigente è stata modificata più volte: in particolare la legge 8 maggio 1998, n. 146, reca disposizioni in materia di accertamento, di riscossione, di contrasto all'evasione fiscale e di funzionamento dell'amministrazione finanziaria; il decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha innovato la disciplina delle modalità di accertamento dei redditi basata sugli studi di settore; la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), con il comma 13 dell'articolo 1, ha previsto la revisione degli studi di settore da effettuare al massimo ogni tre anni, e con il comma 14 ha introdotto, in via sperimentale, gli indicatori di normalità economica.

In particolare, il citato comma 14 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 ha disposto, in via transitoria, che fino all'elaborazione e alla revisione degli studi di settore, mediante l'impiego degli indicatori di coerenza previsti dal comma 2 dell'articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, per l'applicazione degli studi esistenti si tenga anche conto di specifici indicatori di normalità economica idonei all'individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da esso svolta. Tali indicatori devono essere forniti di significativa rilevanza. Si applica a questo riguardo il comma 4-bis dell'articolo 10 della medesima legge n. 146 del 1998 (inserito dal comma 17 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006).

Il comma 2 dell'articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, stabilisce inoltre che per l'elaborazione e la revisione degli studi di settore si deve anche tenere conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.

Gli indicatori di normalità economica sono stati approvati con decreto del Vice Ministro dell'economia e delle finanze 20 marzo 2007 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 2007, n. 76 - supplemento ordinario). In particolare con il suddetto decreto sono stati determinati i valori soglia di alcuni parametri delle attività economiche ricomprese nei vigenti studi di settore.

Va ricordato però che il 14 dicembre 2006 era stato sottoscritto un protocollo d'intesa sugli studi di settore tra le associazioni di categoria, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero dello sviluppo economico. Il protocollo ritiene prioritaria l'esigenza di migliorare la capacità d'intervento selettivo degli studi di settore e, quindi, riconferma la volontà di non modificarne la natura per evitare di trasformarli in uno strumento automatico con azione indiscriminata; conferma la necessità di proseguire nell'attuazione del processo - iniziato a seguito della sottoscrizione del protocollo firmato nel 1996 - per portare il sistema fiscale italiano a costituire una componente sempre più funzionale allo sviluppo del sistema produttivo, distributivo e dei servizi, agevolando i processi di riorganizzazione e ristrutturazione delle imprese.

Il documento prevede poi l'applicazione e la valorizzazione di specifici indici di coerenza nell'ambito della metodologia di elaborazione e revisione degli studi, con la partecipazione degli esperti delle categorie interessate, al fine di consentire loro di esprimere un proprio parere tramite l'apposita commissione. Va poi aggiunto che il protocollo riconosce l'assoluta opportunità di riequilibrare il prelievo fiscale, attraverso una progressiva riduzione dello stesso in misura proporzionale alla emersione di base imponibile, in modo da migliorare l'equità del sistema.

Tale protocollo riconosce poi l'assoluta esigenza di confermare la metodologia seguita che vede la partecipazione degli esperti delle organizzazioni di categoria, nelle diverse fasi di costruzione ed evoluzione degli studi, come momento di confronto imprescindibile per la manifestazione di un parere sulle capacità dei singoli studi di rappresentare la realtà a cui si riferiscono. Il documento prevede inoltre criteri di affinamento degli indici di territorialità e rivisitazione del sistema di operatività degli osservatori, per rendere i risultati degli studi di settore ancora più aderenti alla realtà mediante una nuova articolazione territoriale degli osservatori stessi e l'attribuzione di nuove funzioni.

Nel mese di aprile 2007, allorquando i contribuenti hanno iniziato ad applicare i nuovi strumenti sugli indici di normalità economica, si è verificato un impatto rilevante sui casi concreti, avendo riscontrato un numero di soggetti che, a causa dell'introduzione di nuovi indicatori, venivano a perdere la congruità.

Con gli studi del 2005, circa il 70 per cento dei soggetti interessati era congruo, anche a seguito del regolamento spontaneo; con gli studi del 2006, pur non disponendo di dati certi, si stima che il numero dei soggetti congrui sia non superiore al 50 per cento.

A seguito di queste prime elaborazioni e di queste risultanze, è stato avviato un confronto fra le associazioni firmatarie dei suddetto protocollo 2006 e il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di discutere l'applicazione dei protocollo ed i problemi emergenti dall'introduzione dei nuovi indicatori di normalità economica. Un confronto che è proseguito per alcuni mesi e che ha raccolto l'interesse di numerosi parlamentari sia alla Camera dei deputati che al Senato e l'approvazione di una risoluzione da parte della VI Commissione della Camera dei deputati a cui ha fatto seguito un ordine del giorno da parte dell'Assemblea del Senato.

Questi rilievi hanno indotto il legislatore ad apportare alcune modifiche alla disciplina degli studi di settore: il comma 3-bis dell'articolo 15 del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, stabilisce infatti che gli indicatori di normalità economica, per l'anno 2006, hanno natura sperimentale. Rimangono comunque in vigore le norme previste dalla legge finanziaria 2007 per gli anni 2008 (relative ai redditi 2007) e 2009 (relative ai redditi 2008).

In relazione a quanto esposto si rende pertanto necessario prevedere alcuni aggiustamenti alla disciplina degli studi di settore in sede di accertamento e per la gestione del contraddittorio, atti ad aumentare le garanzie dei contribuenti in regola in ordine alla possibilità di far valere le proprie ragioni, anche tramite una modulazione dei poteri dell'amministrazione finanziaria, confermando, comunque, l'esigenza di rendere lo strumento più affidabile in sé.

Gli studi di settore devono rappresentare, infatti, il risultato concertato dell'accordo di reciproca collaborazione tra l'amministrazione finanziaria, le associazioni di categoria e gli ordini professionali, introducendo nel rapporto tra fisco e contribuente elementi di certezza, di trasparenza e di perequazione del prelievo. Solo in questo contesto gli studi potranno consentire al «sistema-Paese» di disporre di uno strumento per monitorare le attività presenti sul territorio, distintamente per settori e localizzazione, da utilizzare nelle scelte di programmazione economica da parte degli organi di governo.

Gli studi di settore, del resto, sono stati introdotti dal legislatore proprio quali strumenti atti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d'impresa e da lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.

L'amministrazione finanziaria ha sempre ribadito la volontà di non voler cambiare, in alcun modo, la filosofia degli studi di settore, di non considerarli in alcun modo una minimum tax e di considerarli uno strumento generalmente apprezzato come misura di contrasto all'evasione fiscale.

La presente proposta di legge riconosce pertanto la piena validità dello strumento degli studi di settore e, nel proporsi di rafforzare il rapporto di fiducia tra lo Stato e i cittadini, tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente, si pone l'obiettivo di perfezionare lo strumento degli studi di settore proprio nell'ottica dell'equità e della perequazione.

Vediamo ora nel dettaglio i contenuti e le finalità dell'articolato della presente proposta di legge.

Con l'articolo 1 si intende rispondere ad una forte esigenza di equità maturata nell'esperienza applicativa degli studi di settore. Attualmente, infatti, lo studio di settore revisionato può essere applicato anche al periodo d'imposta antecedente a quello in cui viene pubblicato. Il contribuente, di conseguenza, si trova nell'impossibilità di poter verificare tempestivamente la congruità della sua posizione fiscale rispetto alle attese dell'erario. Si tratta, allora, di ristabilire un principio di civiltà fiscale coerente con la filosofia che ha guidato il legislatore nella redazione dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000).

Con l'articolo 2 si intende abrogare la disposizione introdotta dall'articolo 34 della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005), con la quale si è data facoltà all'amministrazione finanziaria di reiterare l'accertamento, per la stessa categoria di reddito e per la stessa annualità, «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi», dopo l'applicazione dell'accertamento a mezzo di studi di settore o parametri per il medesimo anno.

La disposizione introdotta dall'articolo 2 della proposta di legge intende pertanto eliminare questo principio, visto come antigiuridico anche dalla stessa Avvocatura generale dello Stato, espressasi nell'ordinanza della Corte costituzionale del 24 aprile 2003, n. 141, e cioè della possibilità che una volta che si sia formato il giudicato in fase pre-contenziosa (accertamento con adesione, definizione agevolata o acquiescenza) sia possibile correggere un accertamento (basato sugli studi di settore) senza che siano emersi ulteriori elementi.

In assenza di ulteriori elementi, la rettifica di un accertamento già effettuato può essere determinata solamente da un errore di applicazione dello studio di settore o di valutazione degli elementi rilevanti ai fini dell'applicazione dello studio stesso, da parte del soggetto che ha effettuato il controllo. Errore di valutazione che non può essere opposto al contribuente, ma solamente all'amministrazione finanziaria stessa che dovrà provvedere nei confronti del proprio funzionario. Tale principio giuridico è ora espressamente attuato dall'articolo 43, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, secondo il quale non è possibile integrare (in aumento) un avviso di accertamento se non nel caso in cui siano sopravvenuti nuovi elementi, peraltro non conoscibili al momento del primo accertamento (si vedano Cass. 17 gennaio 2002, n. 451, e Cass. 11 aprile 1995, n. 4164) i quali devono essere specificati nel nuovo avviso di accertamento.

L'Avvocatura generale dello Stato nell'ordinanza della Corte costituzionale citata, sebbene affrontando un caso che non poteva ricondursi nell'ambito di applicazione dell'articolo 43, quarto comma, indica chiaramente che la costituzionalità di questo ultimo articolo, tenendo conto degli articoli 53 (capacità contributiva) e 97 (imparzialità degli atti amministrativi) della Costituzione, è legata strettamente:

a) alla necessità di rispettare comunque il termine di prescrizione dell'accertamento;

b) al vincolo di indicazione dei nuovi elementi non conoscibili al momento di effettuazione del primo accertamento.

Si ritiene, pertanto, che qualsiasi norma, come quella che si intende emendare, che dia la possibilità di reiterare accertamenti sullo stesso periodo d'imposta e sulla stessa categoria di reddito per il medesimo soggetto, potrebbe incorrere in una censura di incostituzionalità, perché contraria ai predetti articoli 53 e 97 della Costituzione.

Con l'articolo 3 si intende riconoscere la congruità a coloro che dichiarano un volume di ricavi di importo superiore al ricavo minimo che emerge dall'intervallo di confidenza stabilito dall'applicazione degli studi di settore. Si vuole prendere atto che gli studi di settore non stimano un solo valore di congruità che può essere attribuito all'impresa con una precisione intorno al 99 per cento, ma una fascia di valori, appunto rappresentata dall'intervallo di confidenza. Si pensa, pertanto, che il ricavo cui il contribuente deve fare riferimento per raggiungere la congruità sia quello individuato come ricavo minimo dall'intervallo di confidenza. È evidente che, qualora il contribuente non intende adeguarsi a tale valore in sede di presentazione della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria in ipotesi di accertamento potrà fare riferimento al ricavo cosiddetto puntuale individuato dallo studio di settore, qualora, ovviamente, lo ritenesse rappresentativo della posizione fiscale del contribuente.

Con l'articolo 4 si intende sostituire la possibilità diretta dell'applicazione degli studi di settore per i soggetti che, per opzione o per obbligo, sono in contabilità ordinaria, con la possibilità comunque vincolata alla dimostrata inattendibilità della contabilità. Al fine di individuare i criteri per stabilire quando la contabilità è inattendibile si propone di integrare i criteri stabiliti con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1996, peraltro raramente applicato, con nuovi criteri di più immediata applicabilità, da individuare con uno strumento normativo più agile quale un decreto ministeriale. Si ritiene, infatti, che qualora si imponga o si scelga di adottare la contabilità ordinaria non si può poi prescindere totalmente da essa a meno che non si intenda eliminare totalmente la contabilità ai fini fiscali.

Con l'articolo 5 si intende modificare la valenza probatoria degli indicatori di normalità da inserire a regime nei successivi studi di settore o nelle prossime revisioni degli studi di settore già approvati. In primo luogo si intende evitare che gli indicatori di normalità economica partecipino direttamente alla formazione del ricavo di congruità. Essi devono essere utilizzati solamente come campanelli d'allarme utili per selezionare i contribuenti da sottoporre ad accertamento a mezzo di studi di settore.

La disposizione che si intende inserire prevede poi che l'utilizzo degli indicatori in sede di accertamento deve essere corroborato di ulteriori elementi probatori tesi ad evidenziare la concretezza dell'anomalia riscontrata. I volumi di ricavi che emergono dall'applicazione degli indicatori di normalità non devono entrare nella formazione del ricavo di congruità.

Da ultimo, con l'articolo 6 si vuole prendere atto di un fatto ormai riscontrato nella realtà, e cioè che i soggetti che lavorano in prevalenza con altre imprese, hanno scarse possibilità di occultare i corrispettivi. Si tratta, pertanto, di inserire a sistema la considerazione precisa di questa eventualità nelle disposizioni programmatiche che rinviano al noto decreto che fissa i criteri per la selezione delle posizioni fiscali da sottoporre a verifica.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Applicazione degli studi di settore e delle successive revisioni).

 

1. All'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Gli studi di settore e le successive revisioni dei medesimi si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta successivo a quello nel quale il relativo decreto di approvazione è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale».

 

 

Art. 2.

(Accertamenti a mezzo di studi di settore ed esigenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi).

 

1. Al primo periodo dell'alinea del comma 181 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, dopo le parole: «con riferimento alle medesime» sono inserite le seguenti: «qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi,».

2. All'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «con riferimento alle medesime» sono inserite le seguenti: «, qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi,»;

b) al comma 2, le parole: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza» sono sostituite dalle seguenti: «qualora sopravvenga la conoscenza» e le parole: «e dai limiti» sono sostituite dalle seguenti: «e nei limiti».

 

 

Art. 3.

(Rilevanza del valore minimo dell'intervallo di confidenza).

 

1. Al comma 1 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, e successive modificazioni, le parole: «risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi» sono sostituite dalle seguenti: «risulta inferiore al valore minimo dei ricavi determinato sulla base dell'intervallo di confidenza come individuato in sede di applicazione dei singoli studi di settore; tuttavia, in caso di accertamento, al fine di determinare i tributi dovuti si fa riferimento al ricavo puntuale emergente dagli studi stessi».

 

 

Art. 4.

(Valenza probatoria della contabilità ai fini dell'accertamento a mezzo di studi di settore).

 

1. All'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, dopo il comma 1, come da ultimo modificato dall'articolo 3 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7.

1-ter. Indipendentemente da quanto previsto dal comma 1-bis, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, l'ufficio procede ai sensi del comma 1 quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 52, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risulta motivata l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o l'irregolarità delle scritture obbligatorie ovvero tra esse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 570».

2. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dal comma 1-bis dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

Art. 5.

(Valenza probatoria degli indicatori di normalità economica previsti per le successive revisioni).

 

1. All'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2-bis. In sede di elaborazione o di revisione degli studi di settore sono introdotti indici di normalità economica tesi ad evidenziare eventuali anomalie nei dati dichiarati in sede di applicazione degli studi di settore.

2-ter. Gli indici di normalità economica di cui al comma 2-bis sono presi in considerazione esclusivamente ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento in sede di applicazione degli studi di settore e costituiscono delle mere presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui agli articoli 39, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 55 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. In caso di accertamento, spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova a sostegno degli scostamenti riscontrati».

 

 

 

 

Art. 6.

(Criteri selettivi per l'accertamento a mezzo di studi di settore).

 

1. Al primo comma dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I criteri selettivi per l'attività di accertamento di cui al periodo precedente, compresa quella a mezzo di studi di settore, sono rivolti prioritariamente nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese».

2. Al primo comma dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I criteri selettivi per l'attività di accertamento di cui al periodo precedente, compresa quella a mezzo di studi di settore, sono rivolti prioritariamente nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese».




[1]     Gazz. Uff. 23 febbraio 2007, n. 45.

[2]     La nuova formulazione adegua i riferimenti al Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), in conseguenza delle modificazioni apportate (anche alla numerazione degli articoli) dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344 (“Riforma dell’imposizione sul reddito delle società”).

[3]     Il comma 1 dell’articolo 54 del TUIR stabilisce che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell'arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.

      Il riferimento all’articolo 85 (corrispondente al vecchio articolo 53), comma 1, lettera c), del medesimo TUIR è integrato dall’aggiunta delle lettere d) ed e), di nuova introduzione, che disciplinano affini tipologie di ricavo, alle quali è dunque estesa l’esclusione, e che quindi non concorrono al raggiungimento del limite per l’applicabilità degli studi di settore.

      L’articolo 85, comma 1, del TUIR definisce la nozione di ricavo.

      La lettera c) riguarda i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l’esenzione prevista dall’articolo 87 (“Plusvalenze esenti”), anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.

      La lettera d) si riferisce ai corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell’articolo 44 emessi da società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l’esenzione prevista dall’articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.

      La lettera e) riguarda, infine, i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, diversi da quelli indicati alla lettere c) e d), che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.

[4]     Le presunzioni sono le conseguenze che la legge (presunzioni legali) o il giudice (presunzioni semplici) trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Le presunzioni semplici – per avere valenza probatoria – devono essere gravi, precise e concordanti.

[5]     Si rinvia ai corrispettivi derivanti dalla cessione di azioni o quote di partecipazioni al capitale di società ed enti sottoposti ad IRES, dalla cessione di strumenti finanziari emessi da società ed enti sottoposti ad IRES, nonché dalla cessione di obbligazioni e di differenti titoli in serie o di massa che non costituiscano immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientranti fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.

[6]     Trattasi dei compensi in denaro o in natura derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

[7]     Gli accertamenti basati sugli studi di settore sono previsti dall’art. 10 della legge n. 146/98 (Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell’Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario).

      L’importo determinato in base agli studi di settore ha valore di presunzione relativa e il contribuente può, in sede di contradditorio, opporre circostanze specifiche o elementi che non sono presi in considerazione dallo studio di settore oppure può rappresentare situazioni peculiari che hanno compromesso il normale svolgimento dell’attività.

      Si tratta, in ogni caso, di una tipologia di accertamento ulteriore, che si aggiunge a quelle già previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, relativo all’accertamento delle imposte sui redditi e che con esse si raccorda (in particolare con l’art. 39).