Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||
Titolo: | Trattamento fiscale della famiglia e quoziente familiare - AA.CC. 492, 1867, 2297 e 2299 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 133 | ||||
Data: | 28/03/2007 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VI-Finanze |
Camera dei deputati
XV LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Progetti di legge
Trattamento fiscale
della famiglia
e quoziente familiare
AA.CC. 492, 1867, 2297 e 2299
n. 133
28 marzo 2007
Dipartimento Finanze SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: FI0093.doc
INDICE Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa Elementi per l’istruttoria legislativa § Necessità dell’intervento con legge § Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite § Rispetto degli altri princìpi costituzionali § Incidenza sull’ordinamento giuridico § Proposta di legge Armani e altri (A.C. 2297) “Misure tributarie a sostegno della famiglia”
A.C. 2297 - Misure tributarie a sostegno della famiglia
§ Sentenza della Corte Costituzionale n. 76 del 24 marzo 1983 § Codice civile (art. 433) § Cost. 27 dicembre 1947 Costituzione della Repubblica italiana (artt. 3, 29, 31, 35) § L. 9 ottobre 1971, n. 825 Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria (art. 17) § D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (artt. 3, 4, 10-13, 15-22) § L. 29 dicembre 1987, n. 550 Nuovo termine per l'emanazione dei testi unici previsti dall'articolo 17 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, e successive modificazioni ed integrazioni (art. 1) § L. 29 dicembre 1990, n. 408 Disposizioni tributarie in materia di rivalutazione di beni delle imprese e di smobilizzo di riserve e fondi in sospensione di imposta, nonché disposizioni di razionalizzazione e semplificazione. Deleghe al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia e delle rendite finanziarie e per la revisione delle agevolazioni tributarie (art. 19) § L. 27 dicembre 1997, n. 449 Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica (art. 1) § L. 5 febbraio 1992, n. 104 Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (art. 3) § D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109 Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449
ContenutoLa proposta di legge n. 492 prevede l’applicazione del quoziente familiare alle famiglie monoreddito. Il reddito imponibile dovrà essere diviso per il numero dei componenti il nucleo familiare, aumentati di uno. La proposta di legge n. 1867 conferisce al Governo una delega per l’emanazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge, di un decreto legislativo concernente la revisione del trattamento tributario del reddito della famiglia, secondo il metodo del quoziente familiare, con previsione di coefficienti differenziati per i diversi membri della famiglia. Gli articoli da 2 a 11 contengono i principi e criteri direttivi ai quali si dovrà attenere il Governo nell’esercizio della delega, mentre l’articolo 12 disciplina il procedimento per l’emanazione del decreto legislativo. La proposta di legge n. 2297 prevede l’applicazione di misure fiscali a sostegno della famiglia riguardanti l’introduzione del quoziente familiare ai fini IRPEF, l’esenzione dal pagamento dell’ICI per l’abitazione principale, la totale deducibilità, ai fini IRPEF, delle tasse, contribuzioni e rette per l’istruzione dei figli e la deducibilità, sempre ai fini IRPEF, delle spese per assistenza e cure sanitarie dei componenti del nucleo familiare. La proposta di legge n. 2299 contiene, all’articolo 1, una delega al Governo per l’emanazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge, di uno o più decreti legislativi per l’introduzione del quoziente familiare ai fini IRPEF e la revisione delle detrazioni per carichi di famiglia. Il reddito familiare dovrà essere diviso per il numero dei componenti il nucleo familiare. L’articolo 2 apporta parziali modifiche all’attuale disciplina delle detrazioni per carichi di famiglia e delle detrazioni per oneri connessi all’istruzione. L’articolo 3 introduce una riduzione delle aliquote IRPEF per i giovani sposi nei primi tre anni di matrimonio. L’articolo 4 conferisce una delega al Governo per il coordinamento normativo tra il proposto nuovo regime fiscale della famiglia e la normativa vigente in materia di dichiarazione dei redditi. La delega dovrà essere esercitata mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge.
Relazioni allegateA tutte le proposte di legge sono allegate le relazioni illustrative dei proponenti.
Necessità dell’intervento con leggeLa necessità di intervenire in via legislativa nelle materie contemplate dal provvedimento si giustifica in considerazione della riserva di legge (sia pure relativa) posta sulla materia tributaria dall’articolo 23 della Costituzione, il quale prescrive che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIl provvedimento interviene sul sistema tributario statale, materia attribuita dall’articolo 117, comma 2, lettera e), alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Rispetto degli altri princìpi costituzionaliLe proposte di legge in esame sono finalizzate a introdurre l’istituto del quoziente familiare ai fini della tassazione sui redditi, per tener conto della minore capacità contributiva dei soggetti con familiari a carico. A tal proposito si ricorda che l’articolo 53, primo comma, della Costituzione prevede che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Dovrà essere valutata quale misura dei coefficienti proposti per la realizzazione del quoziente familiare sia maggiormente compatibile con il principio costituzionale della capacità contributiva. Incidenza sull’ordinamento giuridicoAttribuzione di poteri normativiL’articolo 1 della pdl n. 1867 conferisce al Governo il potere di emanare un decreto legislativo, recante la disciplina del quoziente familiare, nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge. L’articolo 1 della pdl n. 1867 conferisce al Governo il potere di emanare, nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge, uno o più decreti legislativi, contenenti la disciplina del quoziente familiare e la revisione della disciplina delle detrazioni per carichi di famiglia. L’articolo 4 della pdl n. 1867 conferisce una delega al Governo per il coordinamento normativo tra il nuovo regime fiscale della famiglia del quale si propone l’introduzione e la normativa vigente in materia di dichiarazione dei redditi. La delega dovrà essere esercitata mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge.
Coordinamento con la normativa vigenteL’attuazione delle deleghe contemplate dalle proposte di legge in esame comporterà modifiche alla vigente normativa fiscale, con particolare riferimento alla disciplina dell’imposta sui redditi delle persone fisiche – IRPEF, recata dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, “Testo unico delle imposte sui redditi” - TUIR.
Collegamento con lavori legislativi in corsoSi segnala che presso la Commissione finanze e tesoro del Senato è iniziato, il 26 ottobre 2006, l’esame dei seguenti disegni di legge: § A.S. n. 32, sen. Eufemi: Istituzione del quoziente familiare per la determinazione dell'imposta sul reddito e modificazioni alla disciplina delle detrazioni; § A.S. n. 843, sen. Costa: Istituzione del quoziente familiare per la determinazione dell'imposta sul reddito e modificazioni alla disciplina delle detrazioni.
A tali disegni di legge è stato abbinato, in data 13 febbraio 2007, il seguente: § A.S. n. 1129, sen. Curto: Disposizioni relative al regime fiscale del nucleo familiare. Formulazione del testoAlcune osservazioni sulla formulazione del testo sono contenute nelle schede di lettura delle singole proposte di legge.
Quadro normativo vigenteAttualmente i componenti del nucleo familiare sono soggetti a tassazione IRPEF su base individuale, con applicazione delle seguenti aliquote progressive per scaglioni di reddito[1]:
I carichi di famiglia danno diritto a detrazioni dall’imposta lorda, di importo differenziato in relazione al rapporto tra il contribuente e il soggetto a carico e in relazione al reddito percepito dal contribuente (l’importo delle detrazioni si riduce all’aumentare del reddito). Le detrazioni per carichi di famiglia sono disciplinate dall’articolo 12 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante “Testo unico delle imposte sui redditi ”– TUIR, il quale è stato recentemente modificato dall’articolo 1, comma 6, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), mediante sostituzione delle precedenti deduzioni per oneri di famiglia[2], con le attuali detrazioni. Si ricorda innanzitutto che per deduzioni s’intendono i valori che si possono sottrarre dal reddito complessivo, con un beneficio rapportato all'aliquota marginale raggiunta dal contribuente. Queste operano pertanto in modo diverso rispetto alle detrazioni, che invece abbattono l'imposta da pagare. Le deduzioni per oneri di famiglia vigenti sino al 31 dicembre 2006 erano le seguenti: a) 3.200 euro per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; b) 2.900 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile (persone obbligate agli alimenti) convivente con il contribuente o percipiente assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Tale somma doveva essere ripartita tra coloro che avevano diritto dalla deduzione; c) 3.450 euro, per ciascun figlio di età inferiore a tre anni, in alternativa alla deduzione di cui alla precedente lettera b); d) 3.700 euro, per ogni figlio portatore di handicap, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104; e) 3.200 euro, per il primo figlio, se l’altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o, se coniugato, si è successivamente legalmente ed effettivamente separato. Era infine prevista una deduzione, di importo massimo pari a 1.820 euro, per le spese documentate sostenute dal contribuente, in proprio favore o nell’interesse delle persone indicate nell'articolo 433 del codice civile, per gli addetti alla assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana [la corrispondente detrazione è ora disciplinata dall’articolo 15, comma 1, lettera i-septies) del TUIR, come novellato dall’articolo 1, comma 319, della citata legge n. 296 del 2006]. Il previgente articolo 12 del TUIR prevedeva un meccanismo in base al quale si determinava, in misura decrescente al crescere del reddito, l’importo delle deduzioni sopra indicate effettivamente spettante al contribuente[3].
Le attuali detrazioni per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato sono le seguenti: 1) se il reddito complessivo non supera 15.000 euro: 800 euro diminuiti del prodotto tra 110 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra reddito complessivo e 15.000 euro. 2) se il reddito complessivo è compreso tra 15.001 e 40.000 euro: 690 euro. La detrazione è aumentata di un importo compreso 10 e 30 euro nei casi in cui il reddito complessivo è compreso fra 29.001 e 35.200; 3) se il reddito complessivo è compreso tra 40.001 e 80.000 euro: 690 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.
Le attuali detrazioni per i figli a carico sono le seguenti: § 800 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, di età superiore a tre anni; § l’importo è aumentato a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni; § per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo; § l’importo base della detrazione è aumentato di 220 euro per ogni figlio portatore di handicap. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro; in presenza di più figli l'importo di 95.000 euro è aumentato, per tutti, di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo[4]. La detrazione per i figli a carico è ripartita tra i genitori, non legalmente ed effettivamente separati, nella misura del 50 per cento ciascuno.[5] E’ consentito, sulla base di un accordo tra i genitori, attribuire interamente la detrazione al genitore con un reddito complessivo di ammontare più elevato, in modo da permettere, in caso di incapienza di uno dei genitori, il godimento per intero delle detrazioni da parte del genitore fiscalmente capiente. Nel caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione, in mancanza di accordo, spetta al genitore affidatario del (o dei) figlio (figli). Nell’eventualità di un affidamento congiunto o condiviso, la detrazione è ripartita tra i genitori nella misura del 50 per cento ciascuno, in mancanza di diverso accordo. E’ inoltre previsto, nell’ipotesi in cui il genitore affidatario o, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari, non possa usufruire, in tutto o in parte, della detrazione, per limiti di reddito, che la detrazione stessa è assegnata per intero all’altro genitore, il quale è tenuto a riversare al genitore affidatario l’intera detrazione o, in caso di affidamento congiunto, il cinquanta per cento, salvo diverso accordo. Nel caso in cui un coniuge sia fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione spetta a quest’ultimo per l’intero ammontare. Infine, è statuito che per il primo figlio si applichino, se più convenienti, le detrazioni per il coniuge a carico non legalmente ed effettivamente separato, nei seguenti casi: § qualora l’altro genitore manchi o non abbia riconosciuto i figli naturali e il contribuente non sia coniugato o, se coniugato, si sia in seguito legalmente ed effettivamente separato; § qualora vi siano figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente legalmente ed effettivamente separato. Tale misura, già prevista dalla disciplina previgente, costituisce dunque un’agevolazione per le famiglie monoparentali.
E’ inoltre riconosciuta una detrazione di 750 euro, da ripartire pro quota tra coloro che ne hanno diritto, per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile[6](persone obbligate agli alimenti) che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.
Il comma 2 dell’articolo 12 del TUIR prevede che le detrazioni sopra indicate, come le precedenti deduzioni, spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Le detrazioni sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate al mese in cui sono cessate le condizioni richieste (comma 3 dell’articolo 12).
Il comma 4 dell’articolo 12 del TUIR stabilisce che le detrazioni per carichi di famiglia spettano esclusivamente quando i rapporti contemplati nelle varie ipotesi sono numeri maggiori di zero e minori di uno. Se il rapporto è pari a zero, minore di zero o pari a uno le detrazioni non spettano. Proposta di legge Ronconi (A.C. 492)
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputato RONCONI ¾ |
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Modifica
all'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi, |
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Presentata il 4 maggio 2006
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Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di un trattamento fiscale dei redditi dei componenti della famiglia ispirato a criteri di maggiore equità e giustizia è stata considerata nelle legislazioni vigenti in diversi Stati ed è stata anche avvertita molte volte nel nostro ordinamento.
Già la riforma del diritto di famiglia, introdotta con la legge 19 maggio 1975, n. 151, aveva stabilito che il reddito dell'impresa familiare deve imputarsi a ciascuno dei soggetti percepienti, ivi compresi i familiari che prestano lavoro domestico; anche se successivamente ciò è stato limitato a una quota percentuale dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 179 del 15 luglio 1976, dichiarò l'illegittimità delle disposizioni che prevedevano il cumulo dei redditi della moglie con quelli del marito ai fini dell'applicazione dell'aliquota complessiva poichè in contrasto con gli articoli 3, 29, 31 e 53 della Costituzione.
Con la stessa sentenza si rilevava altresì il rischio relativo alla tassazione della famiglia monoreddito in cui: «non è solo il marito a poterne disporre (del reddito) ma lo sono entrambi i coniugi» e si auspicava una più adeguata disciplina in materia, invitando, già all'epoca, il legislatore ad attuare un sistema tributario «che agevoli la formazione e lo sviluppo della famiglia e consideri la posizione della donna casalinga e lavoratrice».
Successivamente la Corte costituzionale si pronunciò di nuovo in materia. La sentenza n. 76 del 24 marzo 1983 dichiarò inammissibile una serie di questioni di legittimità costituzionale, tra le quali quella riguardante le norme che prescrivono l'imputabilità del reddito interamente al soggetto che lo produce senza separazione della parte di esso destinata ad altri membri della famiglia o senza deduzione di tutti gli oneri sopportati nell'interesse di questa. La richiamata sentenza rinnovò tuttavia l'invito al legislatore al fine di «apprestare rimedio alle sperequazioni che da tale sistema, rigidamente applicato, potrebbero derivare in danno della famiglia nella quale uno solo dei coniugi possegga reddito, pari nel complessivo ammontare a quello della famiglia monoreddito, ma soggetto a tassazione separata, con aliquote lievi per i due componenti».
Dagli atti parlamentari si evince che, pur non disconoscendo i sistemi del cumulo facoltativo del quoziente familiare e dello splitting come strumenti più adeguati alla tassazione dei redditi familiari, non si è fatto nulla per realizzare un sistema più equo e rispondente alle esigenze della famiglia.
Dopo questo secondo invito della giurisprudenza costituzionale il legislatore, con l'articolo 19 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, delegò il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 1992, uno o più decreti legislativi concernenti la revisione del trattamento tributario dei redditi della famiglia secondo una lunga indicazione di princìpi e criteri direttivi. Fra questi si prevedeva la «commisurazione dell'imposta alla capacità contributiva del nucleo familiare tenendo conto del numero delle persone che lo compongono e dei redditi da esse posseduti» e la determinazione dell'imposta mediante applicazione dell'aliquota media corrispondente al reddito complessivo diviso per il numero dei componenti del nucleo. Nonostante l'attesa di quasi quindici anni e trascorsi trenta anni dalla prima sentenza della Corte, i problemi della famiglia in Italia sono ancora presenti e hanno bisogno di un solerte intervento da parte del legislatore che ormai non può più rinviare il suo impegno se veramente sente il dovere di tutelare la famiglia come un bene di fondamentale importanza per il vivere sociale.
Non si può, infatti, ignorare che dai calcoli tributari si constata senza dubbio che l'attuale trattamento fiscale della famiglia penalizza i nuclei monoreddito e le famiglie che non producono o che svolgono lavoro casalingo.
Queste famiglie, infatti, che dovrebbero essere agevolate a norma dell'articolo 31 della Costituzione, sono tenute a corrispondere un'imposta sui redditi delle persone fisiche notevolmente superiore rispetto ad altri nuclei familiari composti dallo stesso numero di componenti e con lo stesso reddito, ma percepito da più di uno dei suoi membri.
Ed è proprio in questa prospettiva che la presente proposta di legge intende attuare un sistema di agevolazione fiscale per le famiglie monoreddito prevedendo che l'imputazione del reddito venga suddivisa tra tutti i componenti a carico del nucleo familiare. Si prevede, altresì, che al numero reale dei componenti della famiglia si aggiunga un correttivo pari ad uno, per fornire un'ulteriore agevolazione.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1
1. All'articolo 3 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3-bis. Per i nuclei familiari monoreddito composti da almeno due persone, l'imposta è applicata, a richiesta, dividendo il reddito imponibile per il numero dei componenti della famiglia aumentato di uno. In tale caso non si applicano le deduzioni di cui all'articolo 12. Per nuclei familiari monoreddito si intendono quei nuclei nei quali uno solo dei soggetti possiede un reddito superiore al limite previsto dal citato articolo 12, comma 3».
Art. 2
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |
N. 1867
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati VICHI, FLUVI, BRESSA, SERENI, AMENDOLA, BARATELLA, BIANCHI, BIANCO, CALGARO, CARBONELLA, CARRA, CHICCHI, CRISCI, D'ANTONA, GIANNI FARINA, FARINONE, FILIPPESCHI, FINCATO, FOGLIARDI, FRIGATO, FRONER, GALEAZZI, GAROFANI, GRASSI, LARATTA, MARGIOTTA, GIORGIO MERLO, MISIANI, MOTTA, OTTONE, PEDULLI, PERTOLDI, QUARTIANI, RIGONI, NICOLA ROSSI, RUGGERI, SAMPERI, STRIZZOLO, TESSITORE, TOLOTTI, VANNUCCI, VICO, VILLARI ¾-
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Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare |
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Presentata il 27 ottobre 2006
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Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge ci proponiamo di modificare il sistema fiscale che, con la normativa vigente, penalizza la famiglia monoreddito con figli a carico.
Già la Corte costituzionale, con sentenza 15 luglio 1976, n. 179, aveva invitato il Parlamento a correggere questa distorsione, ma, nonostante la reiterazione della sollecitazione, la situazione è rimasta invariata; anche se il Parlamento con l'articolo 19 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, aveva delegato il Governo a predisporre appositi decreti legislativi il cui iter, tuttavia, pur iniziato, non si è concluso. Ha pesato probabilmente sulle «inadempienze» la considerazione che l'introduzione del quoziente familiare avrebbe comportato una forte diminuzione delle entrate.
Nella scorsa legislatura, poi, la maggioranza ha scelto di puntare sulla sostanziale eliminazione del carattere progressivo dell'imposizione fiscale, verso due sole aliquote (23 per cento e 33 per cento), eliminazione che renderebbe meno incisiva la valorizzazione del reddito familiare. Giova ricordare però che la «riforma Tremonti» è stata accompagnata da un aspro dibattito, sostenendo alcuni partiti della sua stessa maggioranza che sarebbe stato meglio utilizzare per le imprese e per le famiglie le risorse che si stavano destinando ai redditi più alti.
Oggi si conviene che ogni politica fiscale debba partire dal recupero dell'evasione e che le risorse recuperate possono essere utilizzate anche per un abbassamento della pressione fiscale nel nostro Paese. La nostra proposta si colloca in questa prospettiva, utilizzando parte delle risorse recuperate per correggere l'iniqua penalizzazione della famiglia. Ciò è possibile introducendo nel nostro sistema il quoziente familiare, uno dei possibili strumenti, non l'unico, ma il più equo anche in riferimento a deduzioni e detrazioni.
Tutta la letteratura specifica, ivi comprese le numerose indagini del Parlamento, concorda nel ritenere il sistema fiscale francese (appunto a quoziente familiare) il più giusto ed il più efficace per la famiglia. Mentre quello italiano si caratterizza per una singolare contraddizione: si fonda sulla tassazione a base individuale (che a parità di reddito penalizza le famiglie monoreddito) e contemporaneamente determina le tariffe sulla base del reddito familiare, se non addirittura sul patrimonio della famiglia.
La nostra proposta ha indubbiamente un possibile effetto indotto di politica demografica; non dimentichiamo però che la famiglia è prima di tutto, e sempre, una vocazione, una scelta di vita.
Ci muoviamo su due binari paralleli, del quoziente familiare che è riferito ai diritti della famiglia, e delle deduzioni e delle detrazioni che attengono ai diritti dell'individuo; è demandata poi al decreto delegato l'armonizzazione dei diversi strumenti, la cui combinazione non è neutra, poiché dipende dal valore sociale che si annette all'investimento nelle generazioni future, al contrasto delle povertà e agli obiettivi di carattere demografico.
Questi obiettivi oggi sono affrontati con un sistema di deduzioni/detrazioni, in una specie di «scala di corrispondenza» opportunamente graduata in funzione del reddito.
Non si riesce però a risolvere alcune contraddizioni, in primo luogo la cosiddetta «trappola della povertà» per gli incapienti; in secondo luogo il fatto che vi sia un livello in cui all'aumento del reddito lordo corrisponde una diminuzione del reddito netto. E il fatto incontestabile che le famiglie monoreddito siano penalizzate.
Aggiungiamo che il sistema delle deduzioni/detrazioni è sostanzialmente rigido e che la migliore delle scale di corrispondenza non è neutra rispetto alle possibili scelte delle famiglie. Un problema che non è risolto neppure con un incremento dei servizi; rimane al fondo il problema di riconoscere che le famiglie sono il luogo delle decisioni di consumo, della loro libertà di scelta; un problema che si affronta meglio con il quoziente familiare.
La nostra proposta ha ovviamente delle conseguenze sul versante delle entrate, di cui parleremo più avanti. Ci preme scansare, prima di tutto, una possibile contrarietà di carattere ideologico, pregiudiziale: alcuni pensano che il quoziente familiare comporterebbe una minore tensione al lavoro da parte del coniuge, in particolare delle donne.
Questa preoccupazione però non ha riscontro nei Paesi in cui il quoziente familiare è già in vigore, Paesi che hanno tassi di occupazione femminile molto più alti del nostro; perché lo stato di disoccupazione molto raramente è frutto di scelte personali, quasi sempre è determinato dal mercato. Bisogna ricordare poi che, nelle nuove condizioni di instabilità familiare, la scelta lavorativa di tutti e due i coniugi è condizionata anche dall'esigenza di garantirsi sicurezza e previdenza per il futuro, di indipendenza e di dignità personale, indipendentemente dalle decisioni di paternità e maternità.
La scelta di avere figli, sostenuta dal quoziente familiare e da una migliore rete dei servizi, pone semmai l'esigenza di rafforzare le politiche di sostegno del congedo, del part time, del reingresso nel mondo del lavoro.
Consideriamo più fondata invece l'osservazione che la famiglia con due percettori di reddito gode di un livello di benessere «sociale» inferiore rispetto a quella con un solo reddito. In sostanza lavorare comporta costi maggiori di gestione familiare, mentre c'è un'economia nella presenza continua in famiglia di uno dei due coniugi; vi è cioè un deficit di benessere che vuole una compensazione e che, a seconda del reddito, può variare dall'1 al 30 per cento.
Generalmente questo problema è risolto attribuendo al coniuge a carico un coefficiente inferiore ad 1 (fra lo 0,5 e lo 0,67); nella presente relazione sono contenute delle tabelle che illustrano la nostra scelta. Si vedrà che il coefficiente assegnato al coniuge è inferiore ad 1 e che la somma dei coefficienti che noi proponiamo è inferiore a quella della stessa scala di equivalenza, proprio per tener conto dei bonus.
Alle considerazioni fin qui svolte, e che noi riteniamo di facile evidenza, crediamo utile aggiungerne alcune altre fondanti, discriminanti, perché altrimenti sarebbe difficile sfuggire al dilemma quoziente familiare-deduzioni e detrazioni.
Partiamo ovviamente dal presupposto che le famiglie numerose abbiano minore capacità di spesa, e che i bisogni aumentino con l'ampliamento del nucleo, anche se in misura meno che proporzionale. E dal presupposto che la scala di equivalenza si può sostenere solo fino ad un certo reddito, al di sopra la scelta di avere figli non è correlata al sistema fiscale. Poniamo quindi un limite all'applicazione del quoziente familiare; per esigenze di bilancio, poi, saremo costretti ad affidare alle leggi finanziarie l'indicazione di limiti intermedi di reddito.
La vera differenza, di fondo, è che nel sistema vigente la casalinga e gli altri familiari sono considerati «carichi detraibili», e i figli sono una semplice scelta individuale; mentre nella nostra proposta casalinghe e figli sono soggetti che partecipano al possesso del reddito familiare, e i figli sono un investimento che si trasferisce, come bene, all'intera società. E per questo è inevitabile che l'unità impositiva più opportuna sia la famiglia e non l'individuo, perché oggi più che mai è decisiva la struttura del consumo.
Ritorniamo ad una questione che abbiamo accantonato; si dice che il problema sia la fornitura di servizi. Rispondiamo che sì, ci vogliono più servizi; ma il quoziente familiare non è un sussidio paragonabile ad un servizio, è uno strumento per una fiscalità più giusta e più equa. Esso non è contrattabile con un doveroso, ineliminabile incremento dei servizi, con una migliore qualificazione degli stessi, con una maggiore flessibilità del lavoro, con obbligatori piani regolatori degli orari della città.
L'introduzione del quoziente familiare (divisione di tutto il reddito familiare per la somma dei coefficienti attribuiti ai suoi componenti: 1 al primo percettore di reddito, 0,65 al coniuge, 0,5 al primo figlio, 1 al secondo e al terzo, 0,5 agli altri e ai non autosufficienti; applicazione a questo risultato delle aliquote vigenti e somma del numero delle parti) comporta un risparmio cospicuo per la famiglie ed una contrazione delle entrate dello Stato.
Non è pensabile che ci possa essere una compensazione aumentando le aliquote per tutti i contribuenti. La pressione fiscale media rimarrebbe invariata, ma non vediamo le condizioni politiche di un ritocco compensativo. Come dire che non ci sono le condizioni per eliminare l'imposta implicita che grava sulla famiglia con un'altra imposta.
La soluzione la dobbiamo cercare nella lotta all'evasione e all'elusione, destinando le risorse recuperate al risanamento del bilancio, al sostegno del sistema produttivo, alla diminuzione della pressione fiscale. L'introduzione del quoziente familiare si colloca in questa prospettiva, da portare a termine nell'arco di una legislatura.
La modifica di sistema che noi proponiamo avrebbe effetti più contenuti ove si abolisse di fatto, con la sostanziale riduzione ad una delle aliquote, il carattere progressivo dell'imposizione fiscale. Rimarrebbe in ogni caso la necessità di dare giustizia alle famiglie monoreddito, per le quali la detrazione per produzione di reddito si applica una sola volta e non due.
Quanto costerà, a regime, questa riforma? Sebbene si tratti di una questione centrale, possiamo cambiare il tipo di approccio e partire dalle risorse che riusciremo a mettere a disposizione ogni anno; il problema diventa quindi quanti anni ci vorranno per andare a regime. Il costo è legato poi a molti altri fattori:
- l'ammontare del reddito familiare a cui applicare il quoziente familiare;
- la definizione dello stesso reddito familiare;
- l'ammontare dei coefficienti;
- eventuali clausole di salvaguardia.
La nostra proposta è per una legge delega che fissi gli obiettivi da raggiungere, rimandando la verifica delle risorse alle leggi finanziarie.
Devono concorrere, a nostro parere, al reddito familiare tutti i redditi da lavoro dipendente o autonomo, di impresa o da attività finanziaria, dei coniugi, dei figli fino alla maggiore età (elevata secondo le norme vigenti), dei familiari perennemente inabili al lavoro, delle altre persone indicate nell'articolo 433 del codice civile purché conviventi e a condizione che non posseggano redditi propri di importo superiore all'assegno sociale. Sono quindi esclusi i figli maggiorenni che rimangono nel nucleo originario oltre la maggiore età, calcolata con i criteri ricordati; perché non si deve penalizzare la famiglia, ma non si deve neppure dare un vantaggio a coloro che, per vocazione o convenienza, rinunciano alla formazione di una coppia.
Concorrono in ogni caso alla determinazione del reddito familiare tutti i cespiti che sono inseriti nella tassazione a base individuale.
Il quoziente familiare si applica al reddito familiare fino al triplo della media dei redditi dichiarati nell'ultimo anno, rispettivamente dai lavoratori dipendenti e dai lavoratori autonomi. La scelta di arrivare fino a tre volte il reddito medio è tesa a non realizzare un eccessivo appiattimento e a non penalizzare la tensione a migliorare la propria condizione. Proponiamo di raggiungere il livello delle tre volte il reddito medio di cui sopra in maniera progressiva, compatibilmente con le risorse disponibili, nell'arco di una legislatura. Nulla impedisce naturalmente che in futuro il limite di reddito possa essere elevato.
Sono state fatte molte proiezioni sugli effetti prodotti dalla tassazione a base familiare, combinata con deduzioni e detrazioni; e si sono anche indicate alcune possibili contraddizioni marginali. Proponiamo che sia prevista una clausola di salvaguardia, una norma transitoria, che permetta agli interessati di rimanere ancorati ad una tassazione a base individuale ed alla amministrazione di fare i necessari aggiustamenti.
Infine quali coefficienti applicare? Li abbiamo già indicati, qui possiamo accennare anche a un'altra opzione possibile, nella considerazione che coefficienti e tempi di attuazione sono legati. Atteso che noi facciamo nostra la scala di equivalenza di cui all'allegato n. 1, potremmo anche considerare la proposta di un abbassamento dei coefficienti per tener conto delle difficoltà finanziarie. Noi preferiamo agire non sui coefficienti, ma sui livello di reddito familiare interessato dal nuovo trattamento fiscale, livello da innalzare gradualmente fino al limite già indicato.
Dobbiamo ricordare che c'è una vasta letteratura sulla materia, quasi tutta convergente sui valori che noi abbiamo fatti nostri. Si discute ancora sul valore del coefficiente da attribuire al coniuge, assai meno se fissare il coefficiente 1 a cominciare dal secondo o dal terzo figlio.
Cominciamo dal coefficiente da attribuire ai figli, perché queste norme sono anche correlate alla volontà di sostenere il tasso di natalità nel nostro Paese; avvertiti sempre, tuttavia, che la scelta di maternità e paternità è prima di tutto una vocazione, un atto di donazione. Considerato che il tasso di natalità nel nostro Paese è oggi di 1,23 per donna fertile, riteniamo di fissare il coefficiente 1 fin dal secondo figlio, 1 per il terzo, 0,5 per i successivi e gli altri familiari a carico, escluso ovviamente il coniuge.
Per il coniuge, fissare un coefficiente pari ad 1, come parrebbe logico ad un primo impatto, significherebbe non tener conto del reddito figurativo rappresentato dal coniuge impegnato totalmente in ambito familiare; gli studi fissano in una forbice 0,50- 0,65 la scelta più giusta. Noi scegliamo l'ipotesi 0,65 perché più fondata nelle indagini; per il primo percettore di reddito il coefficiente, ovviamente, non può che essere uguale ad 1.
Il quoziente familiare naturalmente non cancella, ma ridefinisce il sistema delle deduzioni e detrazioni, che dovrà essere combinato in sede di decreto legislativo.
Allegato 1
Stime della povertà e scale di equivalenza.
Il costo di mantenimento di un bambino.
F. Perali. Stime della povertà e scale di equivalenza. Il costo di mantenimento di un bambino, Paper presentato al convegno della Commissione di indagine sull'esclusione sociale «Misure della povertà e politiche per l'inclusione sociale», Milano, 19-20 novembre 2004.
Le scale di equivalenza rispondono al quesito «qual è il livello di reddito aggiuntivo di cui una famiglia composta da due adulti ed un bambino ha bisogno rispetto ad una famiglia senza bambini, al fine di godere dello stesso livello di benessere economico».
La stima delle scale di equivalenza assume una rilevanza particolare nei sistemi fiscali in cui l'unità impositiva dell'imposta personale sul reddito è la famiglia e la tassazione del reddito familiare viene effettuata per parti attraverso il calcolo del quoziente. L'aliquota viene calcolata sul reddito equivalente che è il reddito familiare diviso per la scala di equivalenza familiare. Questo metodo incorpora il criterio di equità orizzontale che riconosce, a parità di reddito, che la famiglia più numerosa è relativamente più povera e corregge la distorsione implicita nei regimi a tassazione separata che penalizza i contribuenti con familiari a carico e le famiglie monoreddito.
Il calcolo del costo del bambino si riferisce in genere al solo costo di mantenimento deducibile dalle spese per beni necessari quali le spese per l'alimentazione, la casa, i vestiti. È però importante riconoscere che il costo di mantenimento di un bambino è molto diverso dal costo contabile associato all'accrescimento del bambino o costo di produzione. Questo tiene conto anche del valore del tempo investito dai genitori, dell'investimento sulla qualità dei figli e di altri costi relativi a spese non necessarie per i figli. Per questo motivo è naturale pensare che il costo di accrescimento di un figlio vari significativamente al variare del reddito. Mentre le stime del costo di mantenimento del bambino servono per operare confronti interpersonali e correggere stime di povertà ed ineguaglianza, le stime del costo di produzione del bambino possono essere impiegate per spiegare le scelte di fertilità.
La ricerca - che si propone di dare un contributo all'aggiornamento della stima del costo di mantenimento dei figli attualmente adottata nella costruzione dell'Indicatore delle condizioni socio-economiche che risale al 1985 - utilizza un concetto esteso di scale di equivalenza in quanto la sua misurazione tiene conto della grande eterogeneità tra famiglie in termini anche di stili di vita, delle diverse tecnologie familiari adottate per catturare le economie di scala e, almeno in linea teorica, delle diverse modalità di allocazione delle risorse all'interno della famiglia.
Le scale in uso non riconoscono un peso diverso, in termini di necessità, alle diverse componenti familiari come, per esempio, la differenza in età dei bambini; un secondo limite sta nell'assunzione di una divisione equa delle risorse familiari monetarie e di tempo tra i membri. Questo implica che i livelli di benessere, e conseguentemente della povertà, siano gli stessi per ogni componente. I livelli di benessere individuali sono stimabili a condizione che si conosca come sono distribuite le risorse all'interno della famiglia, vale a dire, nel nostro caso, quanto viene speso per la componente adulta e quanto per i bambini. Possono di fatto verificarsi situazioni in cui esistono bambini «poveri» in famiglie ricche e bambini «ricchi» in famiglie povere. Se non si tiene conto delle modalità di condivisione delle risorse all'interno della famiglia si corre il rischio di escludere da forme di aiuto bambini che dovrebbero di fatto essere inclusi. Per esempio, la povertà dei bambini si misura tradizionalmente calcolando la proporzione di famiglie con bambini che sono al di sotto della linea di povertà, senza tener conto dell'effettivo livello di benessere del bambino. Lo studio cerca di risolvere entrambi questi limiti stimando sia scale di equivalenza specifiche a ogni componente della famiglia in modo da incorporare la differenze tra famiglie in modo più appropriato e di ottenere una più precisa misurazione della povertà e della ineguaglianza; sia la regola di condivisione delle risorse familiari (utilizzando un sistema di domanda completo basato sulla teoria collettiva e l'informazione relativa al consumo di beni esclusivi quali il vestiario per adulti e per bambini). Data la conoscenza della regola di condivisione è possibile derivare sia una stima approssimativa del costo di accrescimento del bambino, sia i livelli di benessere e di povertà individuali.
Utilizzando i bilanci familiari ISTAT relativi al 2002, la ricerca stima i costi dei singoli componenti della famiglia allo scopo di rendere i livelli di reddito comparabili tra famiglie di diversa composizione e consentire analisi di povertà ed ineguaglianze più accurate.
Gli indici del costo della caratteristica «presenza di uno o più bambini» sono stati calcolati per le tre classi di età 0-5, 6-13, 14-18, e per Italia, Nord, Centro e Sud. La famiglia di riferimento è la coppia senza figli. Le famiglie costituite da due genitori e da un bambino 0-6 anni richiedono 1,27 volte la spesa totale della coppia senza figli di riferimento per avere lo stesso livello di benessere. Un bambino di età inferiore ai 6 anni accresce i costi di una coppia di circa il 27 per cento e costituisce circa il 53 per cento del costo di un adulto equivalente. Un bambino di età compresa fa i 6 ed i 13 anni aumenta i costi di una coppia senza figli di circa il 30 per cento, mentre un bambino della classe di età superiore li accresce del 17 per cento, che corrisponde al 35 per cento rispetto ad un adulto equivalente.
È interessante notare che tra le diverse regioni le differenze nelle scale non sono economicamente significative ad eccezione del costo di un bambino di età inferiore ai 6 anni nel Sud Italia che è superiore rispetto alle altre macro regioni italiane.
Allegato 2
L'applicazione del quoziente familiare ha lo scopo di ristabilire una equità orizzontale attraverso il riconoscimento e la non imponibilità delle spese sostenute dalla famiglia per il mantenimento del coniuge e dei figli, dando attuazione al precetto costituzionale di riconoscimento della famiglia.
Il rapporto della Commissione di indagine sull'esclusione sociale riporta, tra i contributi presentati al convegno del 19-20 novembre 2004 (F. Perali, Stime della povertà e scale di equivalenza: il costo di mantenimento di un bambino), le scale di equivalenza con il metodo di Engel allo scopo di rendere i livelli di reddito comparabili proponendo, con una elaborazione che riguarda i bilanci familiari ISTAT 2002, la prima tabella (partendo dalla coppia senza figli posta al parametro 2,00) e considerando il numero dei figli, proponendo risultati coerenti con le evidenze empiriche e con le esperienze di altri paesi.
N. figli minori |
Quoziente di equivalenza |
0 |
2,00 |
1 |
2,499 |
2 |
3,122 |
3 |
3,902 |
Noi nella nostra elaborazione calcoliamo il coniuge pari a 0,65, e quindi la tabella di equivalenza andrebbe rideterminata con i seguenti valori.
N. figli minori |
Quoziente di equivalenza |
0 |
1,65 |
1 |
2,149 |
2 |
2,772 |
3 |
3,552 |
L'applicazione delle scale di equivalenza porterebbe ad una riduzione rilevante del gettito e quindi si pone il problema della sua messa a regime nel periodo medio. Nell'articolato abbiamo scelto di demandare al decreto delegato l'individuazione della necessaria gradualità. Si può operare partendo da limiti di reddito più bassi per raggiungere il limite massimo individuato nel medio periodo; si privilegerebbe cioè una estensione graduale iniziando dai redditi minori. O rifacendosi alla proposta Acli-Campiglio.
Questa proposta, sempre in considerazione del costo della riforma, punta a dare in una prima fase un peso ridotto ai quozienti familiari: 0,5 per il coniuge (e non 0,65), 0,25 per il figlio a carico (in luogo di 0,5-1). In questo caso sarebbero immediatamente interessate tutte le famiglie che rientrano nei limiti di reddito familiare, e la messa a regime sarebbe affidata all'innalzamento graduale dei coefficienti.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1.
1. Il Governo è delegato ad adottare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche per la famiglia, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo concernente la revisione del trattamento tributario del reddito della famiglia, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui alla presente legge.
Art. 2.
1. Il reddito familiare, determinato secondo il metodo del quoziente familiare, è ottenuto sommando i redditi prodotti dai coniugi, non legalmente o effettivamente separati, dai figli legittimi o legittimati, naturali riconosciuti, adottivi, affiliati ed affidati, minori di età o perennemente invalidi al lavoro, e quelli di età non superiore a ventisei anni dediti agli studi o a tirocinio gratuito, nonché delle altre persone indicate nell'articolo 433 del codice civile purché conviventi e a condizione che non posseggano redditi propri di importo superiore a quello dell'assegno sociale vigente nell'anno di produzione del reddito. Non si considerano i redditi esclusi nella valutazione del diritto all'assegno sociale.
Art. 3.
1. Il reddito familiare, determinato ai sensi dell'articolo 2, è diviso per la somma dei coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia nelle seguenti misure: a) 1 per il primo percettore di reddito; b) 0,65 per il coniuge; c) 0,5 per il primo figlio; d) 1 per il secondo e il terzo figlio; e) 0,5 per i figli seguenti e per le altre persone di cui all'articolo 433 del codice civile. 2. L'imposta familiare è calcolata applicando, al reddito determinato in base al comma 1, le aliquote vigenti, comprese le detrazioni, e moltiplicando l'importo ottenuto per la somma dei coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia.
Art. 4.
1. Il trattamento fiscale determinato secondo il modello del quoziente familiare si applica a tutti i redditi familiari fino a un ammontare pari a tre volte il reddito medio complessivo, rispettivamente dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi. Oltre tale importo si applicano le modalità della tassazione su base individuale.
Art. 5.
1. I contribuenti hanno facoltà di optare, per ogni dichiarazione dei redditi, per la tassazione a base individuale, purché entrambi i coniugi vi consentano. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 può stabilire un limite temporale per esercizio della predetta facoltà. 2. I lavoratori dipendenti che intendono avvalersi della tassazione a base familiare, i cui redditi sono tassati invece tramite ritenuta alla fonte, da parte del datore di lavoro, su base individuale, recuperano le somme a credito in sede di dichiarazione dei redditi.
Art. 6.
1. La completa attuazione della disciplina relativa al trattamento tributario sulla base del quoziente familiare deve essere portata a compimento in un arco temporale di cinque anni. Ai fini della progressiva attuazione della predetta disciplina, la legge finanziaria indica annualmente il livello massimo di reddito familiare cui applicare il trattamento del quoziente familiare e individua le risorse stanziate a questo fine.
Art. 7.
1. Il reddito familiare, determinato ai sensi dell'articolo 2, è preso a riferimento per la determinazione delle tariffe dei servizi dalle amministrazioni pubbliche. A questo reddito possono aggiungersi le valutazioni sul patrimonio. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 provvede all'armonizzazione delle norme di cui alla presente legge con quelle del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.
Art. 8.
1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 reca le disposizioni necessarie per il coordinamento con la disciplina degli oneri deducibili e delle detrazioni di imposta, nonché per il coordinamento delle norme in vigore relative all'accreditamento, alla riscossione, alle sanzioni, al contenzioso e ad ogni altro adempimento connesso all'introduzione dell'imposizione secondo il metodo del quoziente familiare sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) dal reddito complessivo di ciascun componente della famiglia si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, gli oneri di cui all'articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ad eccezione di quanto indicato nel comma 2, terzo periodo, del medesimo articolo; b) dall'imposta lorda complessiva della famiglia si detrae un importo pari al 19 per cento degli oneri sostenuti dalla stessa, come previsti dall'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. Si operano inoltre le detrazioni previste dall'articolo 16 del medesimo testo unico, che devono essere rideterminate tenendo conto dei livelli di reddito della famiglia, e quelle relative al recupero del patrimonio edilizio, di cui alla legge 27 dicembre 1987, n. 449, e successive modificazioni, nonché le altre detrazioni stabilite da norme di legge non afferenti carichi di famiglia. 2. L'articolo 4, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è soppresso. 3. All'articolo 10, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, le parole: «fiscalmente a carico» sono sostituite dalle seguenti: «appartenenti al nucleo familiare».
Art. 9.
1. Con il decreto legislativo di cui all'articolo 1 si provvede a introdurre le seguenti nuove tipologie di detrazioni: a) per l'acquisto dei libri di testo per gli alunni delle scuole medie, nei limiti della spesa indicata dal Ministro della pubblica istruzione; b) per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, per una detrazione complessiva non superiore a 632 euro annui per ogni figlio ospitato negli stessi asili nido.
Art. 10.
1. Con il decreto legislativo di cui all'articolo 1 si provvede a introdurre specifiche modalità di attribuzione ai nuclei familiari numerosi di crediti in relazione alla partecipazione al nucleo familiare dei seguenti soggetti, per i quali non deve sussistere il possesso di redditi di importo superiore a quello dell'assegno sociale: a) coniuge; b) figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati e gli affiliati; c) ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
Art. 11. 1. Nel caso in cui i crediti e le detrazioni complessivamente spettanti alla famiglia siano superiori all'imposta lorda calcolata in base alle disposizioni del decreto legislativo di cui all'articolo 1, alla famiglia è riconosciuto un credito pari al massimo dell'importo relativo ai crediti per carichi familiari e altri eventuali crediti spettanti. Alla corresponsione dei crediti si provvede in sede di dichiarazione dei redditi.
Art. 12. 1. Il Governo trasmette, per il parere, lo schema di decreto legislativo di cui all'articolo 1 alla Commissione parlamentare di cui all'articolo 17, terzo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, nella composizione stabilita dall'articolo 1, comma 4, della legge 29 dicembre 1987, n. 550. La Commissione esprime il proprio parere entro due mesi dalla ricezione dello schema, indicando specificatamente le eventuali disposizioni che non ritiene rispondenti ai princìpi e ai criteri direttivi della presente legge. Il Governo, nel mese successivo, esaminato il parere, trasmette nuovamente, con le osservazioni e le eventuali modificazioni, lo schema alla Commissione per il parere definitivo, che deve essere espresso entro un mese. 2. Le disposizioni del decreto legislativo hanno effetto a decorrere dal 1o gennaio 2008. |
N. 2297
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa dei deputati ARMANI, LA RUSSA, PEDRIZZI, LAMORTE, PROIETTI COSIMI, ANTONIO PEPE, MENIA, AIRAGHI, ALEMANNO, AMORUSO, ANGELI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BONGIORNO, BONO, BRIGUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, CASTELLANI, CASTIELLO, CATANOSO, CICCIOLI, CIRIELLI, CONSOLO, GIORGIO CONTE, CONTENTO, GIULIO CONTI, COSENZA, DE CORATO, FILIPPONIO TATARELLA, GIANFRANCO FINI, FOTI, FRASSINETTI, GAMBA, GARNERO SANTANCHÈ, GASPARRI, GERMONTANI, ALBERTO GIORGETTI, HOLZMANN, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, MANCUSO, MARTINELLI, MAZZOCCHI, MELONI, MIGLIORI, MINASSO, MOFFA, MURGIA, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PATARINO, PERINA, PEZZELLA, PORCU, RAISI, RAMPELLI, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SALERNO, SCALIA, SILIQUINI, TAGLIALATELA, TREMAGLIA, ULIVI, URSO, ZACCHERA ¾ |
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Misure tributarie a sostegno della famiglia |
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Presentata il 22 febbraio 2007
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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 29 della Costituzione, nel prescrivere che la Repubblica riconosce la «famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», garantisce alla stessa un regime preferenziale, diverso da quello che l'ordinamento assicura alle altre comunità intermedie.
La famiglia, infatti, in quanto cellula creatrice della vita sociale, è destinataria, in ragione dell'infungibile funzione svolta nella società, di una tutela di rango costituzionale che la eleva a stabile istituzione sovraindividuale.
Al riguardo, tuttavia, occorre rilevare come, in Italia, le esigenze della famiglia non sempre abbiano trovato adeguata rispondenza nelle iniziative del legislatore, nonostante nel nostro Paese si registri uno dei più bassi tassi di natalità dei Paesi che aderiscono all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Si preferisce, al contrario, come dimostra il disegno di legge del Governo Prodi in materia di riconoscimento dei «diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi» (atto Senato n. 1339), accordare tutele improprie a soggetti che, per una semplice scelta di comodo, hanno deciso liberamente di non sposarsi.
È alla famiglia, invece, prima ancora che alle altre formazioni sociali, che sono demandati i compiti dell'educazione, della tutela e della cura della persona. In essa sono definiti i modelli di comportamento e gli stili di vita e si realizzano i più stretti rapporti affettivi, nonché i più importanti processi di solidarietà tra generazioni. Inoltre, la famiglia costituisce una unità produttiva di servizi primari indispensabili per coloro che la compongono.
Da qui la necessità di dare concreta attuazione al dettato costituzionale che impone allo Stato di agevolare, con misure economiche e con altre provvidenze, la formazione della famiglia e l'adempimento dei relativi obblighi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Per tali ragioni, la presente proposta di legge si prefigge di adottare misure strutturali, permanenti e consistenti a sostegno della famiglia, volte, in primo luogo, a modificare il criterio della tassazione dei redditi familiari. A tale scopo, si intende introdurre il «quoziente familiare», che consentirà di sottoporre a tassazione il reddito complessivo del nucleo familiare, diviso per il numero dei componenti, e di applicare al valore del reddito così ottenuto le aliquote riferite ai diversi scaglioni.
Si ritiene, altresì, doveroso agevolare fiscalmente i tre bisogni primari delle famiglie, quali la casa, l'istruzione dei figli e le spese assistenziali e sanitarie sostenute per i parenti a carico. Al riguardo, si è disposto che il nucleo familiare sia esentato dal pagamento dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) sulla prima casa e che lo stesso nucleo possa beneficiare sia della totale deducibilità delle spese sostenute per garantire ai propri figli un adeguato livello di istruzione presso le scuole di ogni ordine e grado, sia della possibilità di dedurre le spese assistenziali e sanitarie sostenute per gli eventuali parenti a carico.
In definitiva, attraverso il «quoziente familiare» si vuole dare concreta attuazione al principio della sussidiarietà orizzontale, lasciando alle famiglie una maggiore disponibilità di reddito. Attualmente, la legislazione vigente in materia fiscale, con l'esoso carico di oneri e di tributi, penalizza la famiglia e le impedisce di fatto di rispondere ai propri bisogni fondamentali. Con la presente proposta di legge si vuole, invece, offrire un qualche stimolo alla ripresa della natalità in Italia, sull'esempio di quanto si sta facendo in altri Stati membri dell'Unione europea.
Considerato l'andamento strutturale favorevole delle entrate fiscali per l'anno 2006 (nel quale la pressione fiscale complessiva si è attestata sul 42,3 per cento del PIL: un livello altissimo), questa riduzione mirata dei carichi fiscali sulle famiglie trova oggi ampia e solida copertura proprio nel maggiore gettito formalmente certificato dai dati consuntivi del medesimo anno 2006 (+ 37,1 miliardi di euro rispetto all'anno 2005) che non sono stati correttamente riportati nei dati di previsione dell'anno 2007 e degli anni successivi.
Infatti, queste maggiori entrate risultano per 7,5 miliardi di euro a carattere di una tantum e per circa 30 miliardi di euro di tipo strutturale e permanente.
Rispetto a queste maggiori entrate (non correttamente riportate nei conti ufficiali dello Stato per l'anno 2007), si è venuta a determinare una condizione di vero e proprio falso di bilancio. È sufficiente ricordare i dati forniti formalmente dal Governo in sede di approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2007-2011, contenuti nella relazione previsionale e programmatica dello scorso mese di settembre e incorporati nelle ultime leggi finanziaria e di bilancio di previsione dello Stato (leggi n. 296 e n. 298 del 2006).
Durante la passata sessione di bilancio, il Governo si è rifiutato di produrre una nota di aggiornamento che tenesse conto del maggiore andamento delle entrate per l'anno 2006 e lo proiettasse correttamente nell'anno 2007, adducendo ragioni prudenziali, non essendo al momento disponibili i dati consuntivi finali al 31 dicembre 2006. Infatti, il Ministro dell'economia e delle finanze affermò in Parlamento che le previsioni prodotte in settembre nella relazione previsionale e programmatica avevano già incorporato ogni migliore andamento delle entrate. Ma tale affermazione è stata successivamente smentita sia dalle dichiarazioni rese al Senato della Repubblica dal viceministro Visco, sia dai dati relativi al consuntivo dell'intero anno 2006 e resi noti in data 30 gennaio 2007. Venendo meno le fragili ragioni prudenziali indicate dal Governo, emerge un quadro preoccupante caratterizzato da una non corretta contabilizzazione delle poste del bilancio di previsione per l'anno 2007.
Infatti, anche escludendo i 7,5 miliardi di euro di entrate dell'anno 2006 a carattere una tantum, il totale delle entrate tributarie dello scorso anno ammonta a 437,3 miliardi di euro, al quale si aggiungono 188,9 miliardi di euro di contributi sociali. Se, come ha detto e fatto lo stesso Governo, si applica a questi valori una elasticità pari all'1,1 per cento rispetto alla crescita del PIL, pari al 3,6 per cento (1,4 per cento reale e 2,2 per cento come deflatore indicato dal Governo), si ottiene un totale di previsione delle entrate tributarie per l'anno 2007 pari a 454,8 miliardi di euro e un totale di contributi sociali pari a 196,5 miliardi di euro.
Rispetto a queste cifre, correttamente valutate dallo stesso Governo (e recentemente confermate dai dati ISTAT: con un incremento nel 2006 del PIL reale dell'1,9 per cento e un rapporto tra disavanzo pubblico e PIL del 2,4 per cento, al netto dai rimborsi IVA una tantum sulle auto aziendali contabilizzati sul solo bilancio dello scorso anno), i dati riportati nelle citate leggi di bilancio e finanziaria sono, invece, stati pari rispettivamente a 434 miliardi di euro e a 194 miliardi di euro.
Ne consegue, quindi, che, i dati per l'anno 2007 difettano di 22,5 miliardi di euro.
Dovendo tale importo essere incorporato formalmente in sede di bilancio di assestamento nel prossimo mese di giugno e ammontando ad una cifra considerevole rispetto all'onere derivante dagli sgravi fiscali introdotti con il «quoziente familiare», esso consentirà di garantire una adeguata copertura che non determinerà alcuna modifica in termini di saldo di bilancio.
Inoltre, la totale corretta contabilizzazione delle maggiori entrate per 22,5 miliardi di euro determinerebbe un miglioramento del saldo di bilancio, al netto della copertura della presente proposta di legge.
In conclusione, con questa iniziativa legislativa:
a) si viene a sanare il falso nel bilancio di previsione dello Stato per l'anno 2007 e per gli anni seguenti, prendendo atto delle maggiori entrate oggettivamente e formalmente disponibili;
b) si propone un uso mirato, corretto ed efficace di tali risorse, sia sul piano dei maggiori gradi di libertà dalle tasse per le famiglie, sia sul piano del sostegno e del rilancio dei consumi e della crescita economica, sia, infine, e soprattutto, sul piano di una vera e concreta giustizia sociale.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Interventi in materia di IRPEF e di ICI).
1. A decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, è prevista l'applicazione delle seguenti misure a sostegno della famiglia, riconosciuta ai sensi dell'articolo 29 della Costituzione: a) introduzione del «quoziente familiare», mediante l'applicazione delle aliquote vigenti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) al totale del reddito del nucleo familiare diviso per il numero dei componenti; b) esenzione dal pagamento dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale; c) totale deducibilità, ai fini dell'IRPEF, delle tasse, delle contribuzioni e delle rette relative all'istruzione dei figli, nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado; d) deducibilità, ai fini dell'IRPEF, delle spese per assistenza e per cure sanitarie sostenute dalla famiglia per le persone conviventi nel nucleo familiare e poste a totale o a parziale carico del nucleo stesso.
Art. 2. (Copertura finanziaria). 1. Il minore gettito derivante dall'attuazione dell'articolo 1, comma 1, lettera a), pari a 12,7 miliardi di euro, lettera b), pari a 2,3 miliardi di euro, lettera c), pari a 2 miliardi di euro, e lettera d), pari a 2 miliardi di euro, è compensato dalle maggiori entrate fiscali, strutturali e permanenti, certificate dai dati consuntivi dell'anno 2006 e non riportate nei dati di previsione dell'anno 2007 per 22,5 miliardi di euro, che devono essere regolarmente contabilizzate nel bilancio di assestamento entro il mese di giugno 2007. |
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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PROPOSTA DI LEGGE |
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d’iniziativa del deputati ANTONIO PEPE, PATARINO, AMORUSO, ASCIERTO, BELLOTTI, CERONI, GIANFRANCO CONTE, GIULIO CONTI, COSENZA, FRASSINETTI, GERMONTANI, LAMORTE, LEO, LEONE, LO PRESTI, MAZZOCCHI, MOFFA, ANGELA NAPOLI, PEDRIZZI, PORCU, PROIETTI COSIMI, RAVETTO, SILIQUINI, VERRO, ZORZATO ¾ |
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Delega al Governo per l'introduzione dell'istituto del quoziente familiare e altre agevolazioni fiscali in favore delle famiglie |
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Presentata il 26 febbraio 2007
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Onorevoli Colleghi! - La famiglia svolge, nella nostra società, una importantissima funzione sociale, peraltro confermata dal rilievo che ad essa viene attribuito dalla Costituzione.
Ciononostante, occorre ammettere che, in Italia, la funzione storica e sociale della famiglia non sempre ha ottenuto la necessaria attenzione da parte del legislatore. A fronte delle affermazioni pressoché unanimi, almeno in linea di principio, circa la centralità della famiglia, intesa come istituzione su cui si fonda la società e attraverso la quale è assicurata la trasmissione dei valori, si deve registrare una perdurante incapacità nel trasformare in norme questi princìpi. Si ritiene, invece, che la famiglia debba ricevere il riconoscimento che le spetta, non soltanto sul piano astratto delle affermazioni programmatiche, ma soprattutto in termini concreti, in primo luogo per quanto concerne l'assetto dell'ordinamento giuridico.
È alla famiglia, infatti, prima ancora che alle altre formazioni sociali, che sono demandati i compiti dell'educazione, della tutela e della cura della persona; è nella famiglia che vengono definiti modelli di comportamento e stili di vita; infine, è nella famiglia che si realizzano i più stretti rapporti affettivi e importanti processi di solidarietà tra generazioni. Inoltre, la famiglia costituisce una unità produttiva di servizi primari indispensabili per coloro che la compongono.
Da una attenta valutazione della normativa vigente, si deve tuttavia rilevare che, nel nostro Paese, manca una seria politica a sostegno della famiglia. Infatti, nei vari provvedimenti legislativi adottati nel corso degli anni si è privilegiato il singolo individuo, l'individuo isolato. D'altra parte, le politiche sociali hanno operato offrendo protezione a singole categorie «deboli» senza mai considerare come elemento qualificante l'appartenenza alla famiglia; in altri termini, sino ad ora è stata trascurata la funzione propria della famiglia, al di là delle esigenze specifiche dei singoli componenti. Occorre, invece, considerare che, come scriveva Giovanni Paolo II nella sua lettera apostolica in occasione dell'anno della famiglia, «i diritti della famiglia non sono semplicemente la somma matematica di quelli della persona, essendo la famiglia qualcosa di più della somma dei suoi membri presi singolarmente. Essa è comunità di genitori e figli; a volte comunità di diverse generazioni: per questo la sua soggettività (...) fonda ed esige diritti propri e specifici».
Se cominciamo ad intendere la famiglia come un soggetto destinatario di autonomi e specifici diritti, dobbiamo anche verificare se il trattamento che il fisco riserva ad essa sia adeguato al ruolo che la famiglia concretamente svolge nella società. Sotto questo profilo, anche da un'analisi superficiale, risulta chiaramente come l'attuale ordinamento tributario sia strutturato assumendo come elemento di riferimento il contribuente come singolo. La presenza di detrazioni per i carichi familiari, al di là della loro esiguità, cerca solo di correggere questa impostazione che rimane però incontestata. Il problema non è quello di rivendicare generiche agevolazioni, ma quello di adeguare l'ordinamento tributario alla concreta configurazione del sistema nel quale la famiglia svolge il ruolo di cellula fondamentale dei processi economici e sociali.
Il rispetto del principio costituzionale della capacità contributiva non può prescindere da un'attenta considerazione delle condizioni effettive nelle quali si trova il contribuente: trattare in maniera eguale situazioni che sono profondamente differenti sul piano sostanziale, oltre a porsi in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all'articolo 53 della Costituzione, costituisce, altresì, violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della medesima Carta. È, infatti, evidente che la capacità economica di un soggetto che guadagna 15.000 euro e che non ha figli o, comunque, familiari da mantenere, è di fatto diversa da quella del soggetto che, pur percependo lo stesso reddito, è l'unico a lavorare nell'ambito di una famiglia numerosa. A fronte di questa oggettiva differenza, nessuna persona ragionevole giustificherebbe l'applicazione dello stesso trattamento fiscale: ciò apparirebbe, infatti, assolutamente ingiusto. Eppure, di fatto, questo è quello che avviene attualmente, in quanto l'ordinamento tributario non apprezza in maniera adeguata le condizioni specifiche delle famiglie numerose, soprattutto se monoreddito.
Un padre di famiglia unico percettore di reddito, il quale abbia a carico figli che non riescono a trovare lavoro, è penalizzato due volte: in primo luogo, in quanto condivide la condizione di disagio dei propri figli costretti alla disoccupazione, e, in secondo luogo, perché finisce per sopportare un maggiore carico fiscale, in considerazione della tassazione indiretta che grava sui consumi effettuati dai vari componenti la famiglia. In sostanza, non appare azzardato affermare che la legislazione vigente ha penalizzato la famiglia e ha contribuito con lo strumento fiscale a perseguire una politica demografica che disincentiva la crescita delle dimensioni dei nuclei familiari che, in media, attualmente non superano le tre unità.
Non si può, inoltre, trascurare il fatto che, in Italia, vivono milioni di famiglie indigenti, che si trovano a tutti gli effetti sotto la soglia di povertà e che dispongono di un bassissimo reddito pro capite annuo. Queste famiglie, spesso estromesse dal sistema economico, sono ai margini del contesto sociale e costituiscono un terreno fertile in cui si sviluppano il malessere di vivere, la delinquenza e la criminalità.
È, in particolare, a queste famiglie che dobbiamo con forza dare un segnale, lanciare un'ancora di salvataggio. Pertanto, coerentemente con quanto avviene in altri Paesi dell'Europa, occorre definire una politica di incentivazioni fiscali, prevedendo la facoltà di detrarre le spese per l'istruzione dei figli e per l'assistenza dei disabili.
Attualmente, il sistema fiscale italiano non risulta neutrale ed è certamente ingiusto verso la famiglia, specie, come già sottolineato, nei confronti di quelle monoreddito e numerose.
Nelle famiglie monoreddito, in particolare, l'unico soggetto lavoratore trasferisce parte del proprio reddito, in danaro o in natura, con il mantenimento, agli altri componenti della famiglia. Questi trasferimenti intrafamiliari, grazie ai quali si sostiene la capacità economica di una parte considerevole della popolazione, non godono di alcun riconoscimento sul piano del trattamento fiscale. Lo Stato non riconosce la funzione sociale di tali trasferimenti intrafamiliari, nel senso che sembra non considerare l'obbligo legale, che grava sul percettore di reddito, di mantenere quanti sono a suo carico; un obbligo che è penalmente sanzionato in caso di inadempimento, ma al cui adempimento non si accompagna alcun riconoscimento sotto il profilo tributario. Le distorsioni provocate dal sistema fiscale ai danni della famiglia sono state affrontate dagli altri ordinamenti civili, almeno nella maggior parte dei casi, con misure di riequilibrio tra le quali si possono includere sia l'istituto del cosiddetto «quoziente familiare», sia il sistema definito «basic income», secondo il quale il reddito imponibile si calcola sottraendo dal reddito percepito il reddito minimo necessario al mantenimento dei componenti il nucleo familiare. L'Italia, con il sistema delle detrazioni, stante la misura assai ridotta delle stesse, fra i Paesi europei è quello che concede l'esenzione minore, di fatto irrilevante.
L'esigenza di porre rimedio alla situazione testé descritta rappresenta la giustificazione fondamentale della presente proposta di legge, che si prefigge l'obiettivo di rafforzare la famiglia e di difendere il suo ruolo nella società, in considerazione del fatto che essa rappresenta un imprescindibile elemento di stabilità, di equilibrio e di solidarietà. Compito della politica deve essere quello di riconoscere una nuova centralità alla famiglia, quale depositaria di importanti compiti per la formazione, la cura e la tutela della persona, di definirla come un'istituzione basilare per garantire la convivenza nella nostra società. In questa ottica assume particolare importanza l'adozione di misure legislative dirette a favorire, dal punto di vista del trattamento fiscale, la famiglia.
È opportuno, al riguardo, ricordare che, già in passato, il legislatore aveva prospettato un primo intervento in questa direzione mediante l'approvazione della legge 29 dicembre 1990, n. 408. Infatti, l'articolo 19 di tale legge delegava il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la revisione del trattamento tributario dei redditi della famiglia. Le linee portanti della delega erano rappresentate sia dall'introduzione, sulla base dell'esperienza francese e di altri Paesi, dell'istituto del quoziente familiare (cosiddetto «splitting»), che avrebbe dovuto consentire rilevanti vantaggi fiscali per le famiglie monoreddito, sia dal riconoscimento del nucleo familiare come soggetto di imposta. Uno schema di decreto legislativo concernente la revisione del trattamento tributario dei redditi della famiglia, predisposto ai sensi del citato articolo 19 della legge n. 408 del 1990, fu, quindi, presentato dal Governo alla Commissione parlamentare competente per il parere sui testi unici concernenti la riforma tributaria (cosiddetta «Commissione dei trenta») nel settembre del 1992. Tuttavia, la Commissione non ha espresso il previsto parere sullo schema e il Governo non ha successivamente provveduto all'emanazione del relativo decreto; il termine per l'esercizio della delega è pertanto infruttuosamente decorso.
Da allora, non vi sono più stati significativi interventi in materia, se non alcune parziali modificazioni alle norme del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, relative alle detrazioni per carichi di famiglia, previste dall'articolo 12 del medesimo testo unico. Tali modificazioni sono state apportate già dalla legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002) e dalle successive leggi finanziarie, fino ad arrivare alla legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), ma, pur risultando significative, sono ancora insufficienti in termini quantitativi.
Per tali ragioni, la presente proposta di legge prevede una incisiva riforma dell'attuale regime di tassazione dei nuclei familiari, nonché una radicale modifica delle disposizioni vigenti in materia di detrazioni per carichi di famiglia.
In particolare, l'articolo 1 della presente proposta di legge detta disposizioni volte a consentire al Governo di adottare, sulla base di una specifica delega, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dell'opzione in favore di un regime di determinazione del reddito dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati attraverso l'istituto del quoziente familiare, parzialmente corretto rispetto al sistema adottato in molte legislazioni europee, ma comunque volto a configurare un sistema tributario che favorisce i coniugi.
Segnatamente, il reddito complessivo di ciascun coniuge viene sommato e, quindi, diviso per due, consentendo l'applicazione di una aliquota fiscale più favorevole, soprattutto nei casi in cui i singoli redditi di ciascun coniuge sono differenti per ammontare. In caso di famiglie con figli, anch'essi concorrono, fino al raggiungimento del ventiseiesimo anno di età, sia al calcolo complessivo del reddito familiare, sia alla ripartizione della base imponibile familiare.
Rispetto a un sistema fiscale fondato sulla tassazione individuale, la disposizione introduce facoltativamente il principio della tassazione congiunta, sancendo la rilevanza fiscale dell'istituto familiare in quanto soggetto passivo di imposta.
Con l'articolo 2 della presente proposta di legge si reca una modifica al sistema delle detrazioni per oneri, previste dall'articolo 15 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni, prevedendo norme per la detrazione delle spese sostenute dalle famiglie per l'istruzione secondaria e universitaria.
L'articolo 3 della presente proposta di legge introduce, altresì, una norma innovativa volta ad agevolare il passaggio economicamente più difficile della costituzione del nucleo familiare, la quale prevede che per i primi tre anni dalla data di celebrazione del matrimonio l'imposta lorda dei coniugi è determinata applicando al reddito complessivo di ciascun coniuge, ovvero al reddito familiare determinato ai sensi dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 1, le aliquote per scaglioni attualmente vigenti, ridotte rispettivamente di tre, due e un punto percentuale per il suddetto periodo.
Con l'articolo 4 della presente proposta di legge si conferisce al Governo una delega ad adottare uno o più decreti legislativi diretti a coordinare le disposizioni concernenti il regime fiscale dei nuclei familiari recate dalla legge con la normativa vigente in materia di dichiarazione dei redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; in particolare, i decreti legislativi dovranno prevedere per i contribuenti coniugati e non legalmente ed effettivamente separati la facoltà di presentare su un unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi. Al fine di ridurre la formazione di crediti d'imposta connessi al nuovo regime di determinazione del reddito familiare, si prevede, inoltre, per i lavoratori dipendenti la facoltà di chiedere al sostituto d'imposta, all'atto dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero prima dell'inizio del periodo d'imposta, l'applicazione delle ritenute di acconto sulla base dell'aliquota marginale applicata nella liquidazione dell'imposta dell'anno precedente.
In conclusione, è auspicabile che il Parlamento valuti positivamente i contenuti della presente proposta di legge, stante l'importanza della materia trattata e l'attenzione da tutti manifestata nei confronti delle problematiche relative alla tutela della famiglia.
proposta di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Regime fiscale della famiglia. Quoziente familiare).
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina del regime del quoziente familiare, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) in sede di dichiarazione dei redditi, i contribuenti coniugati e non effettivamente separati possono optare per l'applicazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche con riferimento al reddito familiare; b) in caso di opzione ai sensi della lettera a): 1) la base imponibile è costituita dalla somma dei redditi imponibili dei due coniugi e dei figli, facenti parte del nucleo familiare, di età inferiore a ventisei anni, ovvero anche di età superiore, ove siano affetti da minorazione avente connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al netto degli oneri deducibili; 2) il quoziente familiare è determinato dividendo la base imponibile per il numero dei componenti del nucleo familiare indicati al numero 1); 3) l'imposta lorda è determinata applicando al quoziente, determinato a norma del numero 2), le aliquote vigenti e moltiplicando l'importo così ottenuto per il numero dei componenti del nucleo familiare indicati al numero 1); 4) l'imposta netta è determinata operando sull'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, le detrazioni previste negli articoli 12, 13, 15 e 16 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, nonché in altre disposizioni di legge, secondo quanto indicato nella lettera c) del presente comma; c) in caso di opzione ai sensi della lettera a): 1) le detrazioni previste negli articoli 12, comma 1, lettere a) e b), 13 e 15, comma 1, lettera i-septies), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, si applicano con riferimento all'importo del quoziente familiare, determinato a norma della lettera b), numero 2), del presente comma; 2) le detrazioni previste nell'articolo 12, comma 1, lettere c) e d), del medesimo testo unico si applicano, alle condizioni ivi stabilite, assumendo quale reddito complessivo, agli effetti del computo, l'importo del quoziente familiare, determinato a norma della lettera b), numero 2), del presente comma; 3) salvo quanto stabilito dai numeri 1) e 4) del presente comma, le detrazioni previste nell'articolo 15 del medesimo testo unico si applicano nella misura spettante a ciascuno dei componenti del nucleo familiare indicati alla lettera b), numero 1), del presente comma, in relazione agli oneri da esso sostenuti; 4) le detrazioni previste negli articoli 15, comma 1, lettera i), e 16 del medesimo testo unico si applicano con riferimento al reddito familiare, determinato a norma della lettera b), numero 1), del presente comma; d) nelle ipotesi di tassazione separata previste dagli articoli 17 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, per il calcolo dell'aliquota media si considerano anche i periodi d'im posta per i quali sia stata esercitata l'opzione ai sensi della lettera a) del presente comma. 2. Con i decreti legislativi adottati ai sensi del comma 1, si provvede altresì al coordinamento fra la disciplina del quoziente familiare e quella delle detrazioni per carichi di famiglia, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) revisione del regime delle detrazioni per carichi di famiglia, con concentrazione dei benefìci in favore dei contribuenti con reddito familiare complessivo inferiore a 80.000 euro; b) definizione di una clausola di salvaguardia, diretta ad evitare che l'applicazione del nuovo regime fiscale determini, nei confronti di singoli contribuenti, un aggravio di imposta.
Art. 2. (Detrazioni per carichi di famiglia e per spese scolastiche).
1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 12, comma 1: 1) alla lettera c), secondo periodo, le parole: «220 euro» sono sostituite dalle seguenti: «300 euro»; 2) alla lettera d), dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «La predetta detrazione è aumentata di un importo pari a 250 euro, qualora la persona sia affetta da minorazione avente connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104»; b) all'articolo 15, comma 1, la lettera e) è sostituita dalla seguente: «e) le spese per frequenza, comprese quelle relative all'acquisto dei testi scolastici, di corsi di istruzione secondaria e universitaria, anche presso istituti privati, in misura non superiore a 5.165 euro».
Art. 3. (Agevolazioni per i primi anni di matrimonio).
1. Per l'anno in corso alla data di celebrazione del matrimonio e per i due anni successivi, l'imposta lorda dei coniugi è determinata applicando al reddito complessivo di ciascun coniuge, ovvero al reddito familiare determinato ai sensi dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 1 della presente legge, le aliquote per scaglioni di reddito previste dal comma 1 dell'articolo 11 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ridotte nelle seguenti misure: a) per il primo anno: -3 per cento; b) per il secondo anno: -2 per cento; c) per il terzo anno: -1 per cento. 2. L'agevolazione prevista dal comma 1 spetta a condizione che nessuno dei coniugi abbia superato i trentacinque anni di età e abbia già usufruito della medesima agevolazione.
Art. 4. (Delega per il coordinamento normativo).
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e secondo i princìpi e criteri direttivi stabiliti dal comma 2, il Governo è delegato ad adottare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi diretti a coordinare le disposizioni concernenti il regime fiscale dei nuclei familiari previste dalla presente legge, con la normativa vigente in materia di dichiarazione dei redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. 2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) facoltà per i contribuenti coniugati e non legalmente ed effettivamente separati di presentare su un unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi; b) facoltà per i contribuenti di chiedere al sostituto di imposta, all'atto dell'instaurazione del rapporto di lavoro, ovvero prima dell'inizio del periodo di imposta, l'effettuazione delle ritenute di acconto sulla base dell'aliquota marginale applicata in sede di liquidazione dell'imposta dell'anno precedente. Tale facoltà non è riconosciuta nel caso in cui il contribuente non abbia presentato dichiarazione dei redditi nell'anno precedente.
Art. 5. (Disposizioni attuative e finanziarie).
1. I decreti legislativi adottati in attuazione delle deleghe recate dalla presente legge prevedono l'applicazione del nuovo regime fiscale della famiglia a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1o gennaio 2008. 2. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante integrale destinazione delle maggiori entrate tributarie registrate nel corso dell'anno 2007.
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[1] Le aliquote IRPEF e gli scaglioni di reddito, disciplinati dall’articolo 11 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante “Testo unico delle imposte sui redditi” - TUIR, sono stati recentemente modificati dall’articolo 1, comma 6, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che trova applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2007.
[2] Le deduzioni per oneri di famiglia erano state introdotte dall’articolo 1, comma 349, lettera b), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), in luogo delle precedenti detrazioni.
[3] Le deduzioni spettavano per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare di 78.000 euro, a cui occorreva aggiungere l'importo delle deduzioni e degli oneri deducibili, e quindi sottrarre il reddito complessivo, e l’importo di 78.000 euro. Se il rapporto era maggiore o uguale a 1, la deduzione competeva per intero; se il rapporto era pari a zero o minore, la deduzione non competeva; se il rapporto era compreso tra zero ed 1, la deduzione spettava in misura proporzionale a tale rapporto.
[4] In altri termini, in caso di due figli, l’importo base di 95.000 euro diviene di 110.000 per entrambi i figli; nel caso di tre figli, l’importo su cui calcolare la detrazione diviene di 125.000 euro per tutti e tre i figli.
[5] La deduzione previgente poteva essere ripartita fra i soggetti che vi avevano diritto, nella misura da essi scelta: ciò consentiva ai contribuenti di adottare la proporzione più conveniente in ragione del livello di reddito di ciascuno.
[6] L'articolo 433 del codice civile prevede che all'obbligo di prestare gli alimenti siano tenuti nell'ordine:
1) il coniuge;
2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
[7] La norma in commento si riferisce alle deduzioni per oneri di famiglia di cui all’articolo 12 del TUIR, nella versione precedente alle modifiche introdotte dall’articolo 1, comma 6, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007). Tali deduzioni sono state sostituite dalle detrazioni per carichi di famiglia, di cui al vigente articolo 12 del TUIR.
[8] In seguito alle modifiche apportate all’articolo 12 del TUIR dall’articolo 1, comma 6, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), il limite di reddito in commento è contenuto nel comma 2, anziché 3, del suddetto articolo 12.
[9] I soggetti di cui all’articolo 433 cod. civ. sono:
1) il coniuge;
2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali;
3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;
4) i generi e le nuore;
5) il suocero e la suocera;
6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali.
[10] Per l’individuazione dei soggetti di cui all’articolo 433 cod. civ. si rinvia alla nota contenuta nel commento alla pdl n. 492.
[11] Per il 2007 l’importo mensile dell’assegno sociale è di 389,36 euro, corrispondente ad un importo annuo di 5.061,68 euro.
[12] Si vedano in proposito i commi 6 e 7 dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, recante “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare” (c.d. riforma Dini).
[13] Stime della povertà e scale di equivalenza: il costo di mantenimento di un bambino.
[14] Per la determinazione del patrimonio immobiliare è riconosciuta la detrazione dell'ammontare del debito residuo dei mutui contratti per l'acquisto degli immobili, fino a concorrenza del loro valore. Per i nuclei familiari residenti in abitazione di proprietà, in alternativa alla detrazione per il debito residuo, è detratto, se più favorevole e fino a concorrenza, il valore della casa di abitazione, nel limite di 51.645,69 euro. La detrazione spettante in caso di proprietà dell'abitazione di residenza è alternativa a quella per il canone di locazione.
[15] Per la corresponsione degli importi risultanti a credito dei contribuenti si veda il successivo articolo 11 della pdl in esame.
[16] La possibilità di detrarre le spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio è stata confermata, per l’anno 2007, dall’articolo 1, commi 387-388, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).
[17] Si tratta dei contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi, e dei contributi versati al “Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari”. Sono inoltre deducibili, nel limite complessivo di 1.032,91 euro annui, i contributi versati dagli appartenenti alle Comunità ebraiche italiane e le erogazioni liberali in denaro eseguite in favore dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane ovvero delle Comunità ebraiche italiane.
[18] In base ai poteri conferiti dalla citata legge n. 825 del 1971 sono stati emanati, tra gli altri, il D.P.R. n. 633 del 1972 (imposta sul valore aggiunto - IVA), il D.P.R. n. 597 del 1973 (imposta sui redditi delle persone fisiche - IRPEF) e il D.P.R. n. 598 del 1973 (imposta sui redditi delle persone giuridiche – IRPEG).
[19] Tale termine è stato più volte prorogato. L’ultima proroga è stata fissata al 30 giugno 1994 dall'articolo 3 della legge 24 marzo 1993, n. 75.
[20] Si ritiene che i figli facciano parte del nucleo familiare quando sono conviventi con uno o entrambi i genitori.
[21] Per l’individuazione dei soggetti di cui all’articolo 433 cod. civ. si rinvia alla nota contenuta nel commento alla pdl n. 492.
[22] Nel TUIR è previsto che alcuni redditi, che vengono percepiti una tantum, anche se sono stati maturati in lunghi periodi temporali, come ad esempio il trattamento di fine rapporto, sono tassati ai fini IRPEF applicando l’aliquota media di tassazione relativa a un determinato numero di periodi di imposta, anziché l’aliquota marginale che si applicherebbe se si sommassero tali redditi al reddito complessivo.
[23] Recante “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
[24] Il sopra citato comma 3 stabilisce che la situazione assume connotazione di gravità quando la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.
[25] Il citato articolo 15 del TUIR elenca una serie di oneri sostenuti dal contribuente che possono essere detratti, nella misura del 19 per cento, dall’imposta lorda, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. Con particolare riferimento alle spese di istruzione, si segnala che le stesse possono essere detratte anche se sostenute nell'interesse di familiari a carico.