Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Espulsioni e allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza D.L. 249/2007 - A.C. 3325
Riferimenti:
AC n. 3325/XV   DL n. 249 del 29-DIC-07
Serie: Progetti di legge    Numero: 299
Data: 08/01/2008
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Espulsioni e allontanamenti per terrorismo
e per motivi imperativi di pubblica sicurezza

D.L. 249/2007 - A.C. 3325

 

 

 

 

 

n. 299

 

 

8 gennaio 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

Hanno partecipato alla redazione del dossier il Dipartimento Giustizia e l’Ufficio Rapporti con l’Unione europea

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D07249.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

§      Precedenti decreti-legge sulla stessa materia  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Motivazioni della necessità ed urgenza  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Specificità ed omogeneità delle disposizioni8

§      Compatibilità comunitaria  8

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  9

§      Formulazione del testo  9

Schede di lettura

Contenuto del decreto-legge  13

§      Articolo 1 (Misure in tema di espulsione dal territorio nazionale per motivi di prevenzione del terrorismo)14

§      Articolo 2 (Autorità giudiziaria competente in tema di espulsione di stranieri e di allontanamento di cittadini dell'Unione europea)18

§      Articolo 3 (Allontanamento dei cittadini dell'Unione europea per motivi di prevenzione del terrorismo)21

§      Articolo 4 (Allontanamento immediato dei cittadini dell'Unione europea per motivi imperativi di pubblica sicurezza)24

§      Articolo 5 (Sanzioni per la violazione del divieto di reingresso conseguente all'allontanamento)28

§      Articolo 6 (Procedimento penale pendente a carico del destinatario del provvedimento di allontanamento)29

§      Articolo 7 (Tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti di allontanamento)35

§      Articolo 8 (Disposizione finanziaria)37

§      Articolo 9 (Entrata in vigore)39

Quadro normativo  40

§      L’espulsione di cittadini stranieri dal territorio nazionale per motivi di prevenzione del terrorismo (articolo 3 del decreto-legge 144/2005)40

§      La direttiva 2004/38/CE sul diritto di circolazione e soggiorno negli Stati membri dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari44

§      Il decreto legislativo 30/2007, di recepimento della direttiva 2004/38/CE   50

La reiterazione dei decreti-legge  57

§      Premessa: il decreto-legge 181/2007  57

§      La reiterazione dei decreti-legge nella prassi e nella giurisprudenza costituzionale  58

§      La sindacabilità costituzionale dei decreti-legge successivamente alla loro conversione  60

§      La prassi successiva alla sentenza n. 360 del 1996  63

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)65

§      Lotta al terrorismo  65

§      Libertà di circolazione  72

Progetto di legge

§      A.C. 3325, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 249, recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza  77

§      Codice di Procedura Civile (art. 737)111

§      Codice di procedura penale (artt. 380 e 444)112

§      L. 27 dicembre 1956 n. 1423. Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità (art. 1)117

§      L. 31 maggio 1965 n. 575. Disposizioni contro la mafia (art. 1)118

§      L. 22 maggio 1975 n. 152. Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico (art. 18)119

§      L. 5 agosto 1978 n. 468. Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (artt. 7 e 11-ter)120

§      L. 23 agosto 1988 n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 15)124

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.126

§      L. 22 aprile 2005 n. 69. Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (art. 8)223

§      D.L. 27 luglio 2005 n. 144. Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 31 luglio 2005, n. 155) (art. 3)227

§      D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30. ttuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.229

§      D.L. 1 novembre 2007, n. 181. Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza. (decaduto per mancata conversione entro il termine di 60 giorni dalla sua pubblicazione)244

Normativa comunitaria

§      Dir. 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.251

Giurisprudenza

Corte costituzionale

§      Sentenza n. 360 del 1996  285

§      Sentenza n. 222 del 2004  292

§      Sentenza n. 171 del 2007  306

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 3325

Numero del decreto-legge

249/2007

Titolo del decreto-legge

Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza

Settore d’intervento

Diritti e libertà fondamentali; Unione europea; immigrazione; ordine pubblico e sicurezza

Iter al Senato

No

Numero di articoli

 

§       testo originario

9

§       testo approvato dal Senato

-

Date

 

§       emanazione

29 dicembre 2007

§       pubblicazione in Gazzetta ufficiale

2 gennaio 2008

§       approvazione del Senato

-

§       assegnazione

2 gennaio 2008

§       scadenza

2 marzo 2008

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Pareri previsti

Commissioni II (Giustizia, ex art. 73, co. 1-bis, reg.), III (Affari esteri), V (Bilancio), XII (Affari sociali) e XIV (Politiche dell’Unione europea)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il decreto-legge 249/2007 consta di nove articoli.

L’articolo 1 novella l’art. 3 del D.L. 144/2005 (c.d. “decreto Pisanu”) recante Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, modificando la disciplina ivi prevista dell’espulsione di stranieri non appartenenti all’Unione europea (o di apolidi) per motivi di prevenzione del terrorismo. In particolare, viene soppressa la deroga alle disposizioni del testo unico in materia di immigrazione che consentiva (sino al 31 dicembre 2007) di prescindere sia dal nulla osta dell’autorità giudiziaria richiesto per l’esecuzione dell’espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale, sia dal procedimento giurisdizionale di convalida dell’esecuzione.

L’articolo 2 novella il testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998) trasferendo al tribunale ordinario in composizione monocratica le competenze in materia di espulsioni attualmente riconosciute al giudice di pace dagli artt. 13, 13-bis e 14.

L’articolo 3 estende ai cittadini di Stati membri dell’Unione europea e ai loro familiari (qualificandola “allontanamento”) la fattispecie di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo di cui all’art. 3 del D.L. 144/2005, come ridisciplinata dal precedente articolo 1.

L’articolo 4 introduce, accanto alla disciplina dell’allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini di (altri) Stati membri dell’Unione europea per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, di cui all’art. 20 del D.Lgs. 30/2007, l’ulteriore fattispecie dell’allontanamento immediato per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

L’articolo 5 sanziona penalmente il caso in cui il destinatario dei provvedimenti di allontanamento ai sensi del decreto-legge in commento rientri nel territorio dello Stato in violazione del divieto di reingresso.

L’articolo 6 disciplina l’allontanamento del cittadino dell’Unione o di un suo familiare che sia sottoposto a procedimento penale.

L’articolo 7 prevede i mezzi di tutela avverso i provvedimenti di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo o per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

L’articolo 8 reca la quantificazione e la copertura degli oneri finanziari derivanti dal provvedimento.

L’articolo 9 dispone in ordine all’immediata entrata in vigore del decreto-legge.

Relazioni allegate

Il disegno di legge di conversione è corredato, oltre che della relazione tecnica sugli effetti finanziari del provvedimento, di due sommarie relazioni sull’analisi tecnico-normativa (ATN) e sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR).

Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

Talune disposizioni del decreto-legge in esame riprendono nella sostanza, con formulazione in parte diversa, disposizioni che erano contenute nel D.L. 181/2007[1], decaduto per decorrenza dei termini di conversione, ovvero erano state inserite nel testo di detto decreto a seguito dell’esame del disegno di legge di conversione al Senato.

 

Il D.L. 181/2007 era stato presentato per la conversione in legge al Senato della Repubblica (A.S. 1872) e approvato, con modificazioni, da tale ramo del Parlamento. Il 17 dicembre 2007 le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) della Camera concludevano l’esame del provvedimento (A.C. 3292), conferendo ai relatori il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole sul testo del provvedimento approvato dal Senato[2]. Il 19 dicembre, mentre in Assemblea era in corso la discussione sulle linee generali del provvedimento, il Governo ha annunciato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo la decisione di non insistere per la conversione in legge del decreto[3]. Il seguito dell'esame del provvedimento non ha pertanto avuto luogo ed i termini per la conversione del decreto-legge sono scaduti il 1° gennaio 2008[4].

 

Al riguardo si segnalano, in particolare:

§         le disposizioni dell’articolo 2 del decreto, che sono sostanzialmente identiche a quelle recate dall’art. 1-ter introdotto dal Senato nel D.L. 181/2007;

§         gli articoli 4 e 5 del decreto, che recano disposizioni che ripropongono o presentano sovrapposizioni con il contenuto di alcune delle novelle introdotte nel D.Lgs. 30/2007[5] dall’art. 1, co. 1, del D.L. 181/2007;

§         l’articolo 6, commi 1-4, del decreto, che riprende il contenuto dell’art. 1, co. 2, del D.L. 181/2007, come modificato nel corso dell’esame al Senato, che inseriva un art. 20-bis nel D.Lgs. 30/2007;

§         l’articolo 7, comma 5, del decreto, che ripropone nella sostanza il contenuto dell’art. 1, co. 4, lett. d), del D.L. 181/2007, come modificato dal Senato, nella parte in cui riformulava il co. 8 dell’art. 22 del D.Lgs. 30/2007.

In proposito si segnala, peraltro, che nella premessa al decreto si afferma che “le disposizioni del presente provvedimento innovano sostanzialmente quelle del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, e sono fondate su autonomi presupposti di necessità e urgenza”.

 

Per un’illustrazione della giurisprudenza costituzionale in materia di reiterazione dei decreti-legge, si rinvia alla relativa scheda di lettura.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

Il preambolo del decreto-legge fa riferimento alla straordinaria necessità ed urgenza di:

§         “integrare gli strumenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale” con particolare riguardo alla disciplina delle espulsioni per motivi di prevenzione del terrorismo di cui all'art. 3 del D.L. 144/2005, al fine sia di assicurarne l'effettività nel rispetto delle garanzie costituzionali, sia di disciplinare l'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi di prevenzione del terrorismo;

§         “disciplinare parimenti l'immediata esecuzione dei provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini dell'Unione europea adottati per motivi imperativi di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alla specifica individuazione dei motivi che ne legittimano l'adozione, considerando che il recente ampliamento dello spazio di applicazione degli accordi di Schengen rafforza l'esigenza di una immediata risposta operativa nei casi di particolare gravità”;

§         “realizzare un quadro normativo volto a dare completa e puntuale applicazione ai meccanismi di tutela per le limitazioni alla libertà personale conseguenti all'esecuzione dei provvedimenti di espulsione e di allontanamento, così da assicurare un più intenso e complessivo sistema di garanzie giurisdizionali, con la specifica individuazione del giudice competente, fin dalla fase di immediata applicazione dei provvedimenti”.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Si ricorda che, in base all’articolo 117, comma primo della Costituzione, la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo stesso articolo 117 Cost., al comma secondo, attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di: “immigrazione”, “ordine pubblico e sicurezza”, “norme processuali”, “ordinamento penale”, “giustizia amministrativa”.

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Le disposizioni recate dal provvedimento incidono sul diritto di circolazione e soggiorno dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, nonché dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari, con particolare riferimento a determinate fattispecie di espulsione amministrativa o, rispettivamente, di allontanamento dal territorio nazionale.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Le disposizioni contenute negli articoli da 3 a 7 (e, indirettamente, quelle di cui all’articolo 2) del decreto-legge integrano la disciplina legislativa di recepimento di normativa comunitaria: segnatamente, della direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (recepita con D.Lgs. 30/2007).

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[6] ex art. 226 del TCE[7] per mancata attuazione della direttiva 2004/38/CE, il cui termine di recepimento scadeva il 24 aprile 2006.

La procedura di infrazione risulta in fase di archiviazione in seguito all’adozione del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva in questione.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si rinvia all’apposita scheda di lettura analitica.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Con particolare riguardo agli articoli da 3 a 7, che integrano la disciplina recata dal D.Lgs. 30/2007, si segnala l’opportunità di una riformulazione delle relative disposizioni in termini di novella al citato decreto legislativo.

Collegamento con lavori legislativi in corso

È tuttora aperta la delega per l’adozione di interventi integrativi e correttivi al D.Lgs. 30/2007, di recepimento delle norme comunitarie sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, prevista dalla legge comunitaria 2004 (L. 62/2005, art. 1, co. 5), che aveva incluso la direttiva stessa nell’allegato B. Tale delega scadrà il 10 ottobre 2008 (18 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 30/2007, ovvero dal 10 aprile 2007).

Nella riunione del 28 dicembre 2007 il Consiglio dei ministri, oltre al decreto-legge in esame, ha approvato uno schema di decreto legislativo di modifica del citato D.Lgs. 30/2007.

 

Le modifiche (precisa il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri) si sono rese necessarie al fine di adeguare la normativa sugli allontanamenti di cittadini comunitari alle esigenze di celerità ed effettività della loro esecuzione in caso di comportamenti gravi e per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Tra le disposizioni modificate vi è la disciplina relativa alla dichiarazione di presenza sul territorio nazionale, la necessità che le fonti di reddito siano dimostrabili e, ovviamente, lecite, la cancellazione anagrafica in caso di allontanamento per motivi di sicurezza, l’obbligo di consegna di un attestato di ottemperanza all’ingiunzione di lasciare il territorio nazionale.

 

Lo schema di decreto legislativo sarà sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti.

Si ricorda inoltre che presso la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera è in corso l’esame in sede referente del d.d.l. governativo A.C. 2976, recante Delega al Governo per la modifica della disciplina dell'immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero, e delle abbinate proposte di legge di iniziativa parlamentare.

Formulazione del testo

Al comma 2 dell’articolo 6, ove si dà facoltà al questore di disporre, nei confronti del destinatario del provvedimento di allontanamento di cui al precedente comma 1, il “trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea”, potrebbe risultare opportuna una formulazione più esplicita, idonea ad evitare incertezze sull’individuazione di tali strutture.

Per ulteriori osservazioni su aspetti specifici del testo, si rinvia alle schede di lettura.


Schede di lettura

 


Contenuto del decreto-legge

Il decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 249, recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2008. Scadrà pertanto il 2 marzo 2008.

 

Il decreto-legge consta di nove articoli.


Articolo 1
(Misure in tema di espulsione dal territorio nazionale per motivi di prevenzione del terrorismo)

 


1. All'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. Nei casi di cui al comma 1, il decreto di espulsione è immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. L'esecuzione del provvedimento è disposta dal questore ed è sottoposta alla convalida da parte del tribunale in composizione monocratica secondo le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998.

2-bis. Se il destinatario del provvedimento è sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies del decreto legislativo n. 286 del 1998.»;

b) i commi 5 e 6 sono abrogati.


 

 

L’articolo 1 novella l’art. 3 del D.L. 144/2005[8] (conv. in L. 155/2005), modificando la disciplina, ivi prevista, dell’espulsione di stranieri non appartenenti all’Unione europea (o di apolidi) per motivi di prevenzione del terrorismo.

 

Il D.L. 144/2005 (c.d. “decreto Pisanu”, emanato all’indomani dei gravi attentati terroristici di Londra del luglio 2005 e convertito in legge dalle due Camere nel giro di appena quattro giorni) reca misure di varia natura finalizzate al contrasto del terrorismo internazionale. Alcune tra queste sono specificamente rivolte ai cittadini stranieri e incidono direttamente sulla disciplina dell’immigrazione: si tratta sia di misure premiali (come il “permesso di soggiorno a fini investigativi” previsto all’art. 2) sia restrittive (come l’espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo di cui all’art. 3).

 

L’art. 3 del D.L. 144/2007 ha introdotto la nuova fattispecie di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo, disposta dal ministro dell’interno, o, su sua delega, dal prefetto e sottoposta in parte ad un regime diverso dalle altre forme di espulsione amministrativa.

Secondo il testo previgente dell’articolo, l’espulsione è eseguita immediatamente, salvo che si tratti di persona detenuta, anche in deroga all’art. 13, co. 3 e 5-bis, del T.U., prescindendo cioè sia dal nulla osta dell’autorità giudiziaria richiesto per l’esecuzione dell’espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale, sia dal procedimento giurisdizionale di convalida.

L’eventuale ricorso al TAR avverso il provvedimento non ne sospende l’efficacia. Tali norme hanno tuttavia un’efficacia limitata al 31 dicembre 2007.

Lo stesso articolo consente di converso al prefetto di omettere, sospendere o revocare il provvedimento di espulsione che dovrebbe adottare secondo la disciplina vigente, in presenza di esigenze connesse alla prosecuzione delle indagini o delle attività informative dirette alla individuazione o alla cattura dei responsabili dei delitti commessi con finalità di terrorismo[9].

 

L’articolo 1 del D.L. in esame modifica la disciplina illustrata nei termini che seguono.

 

D.L. 144/2005
testo previgente

D.L. 144/2005
testo modificato dal D.L. 249/2007

[…]

[…]

Art. 3.
(Nuove norme in materia di espulsioni degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo)

Art. 3.
(Nuove norme in materia di espulsioni degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo)

1. Oltre a quanto previsto dagli articoli 9, comma 5, e 13, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998 il Ministro dell'interno o, su sua delega, il prefetto può disporre l'espulsione dello straniero appartenente ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

1. [Identico].

2. Nei casi di cui al comma 1, l'espulsione è eseguita immediatamente, salvo che si tratti di persona detenuta, anche in deroga alle disposizioni del comma 3 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, concernenti l'esecuzione dell'espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale, e di quelle di cui al comma 5-bis del medesimo articolo 13. Ugualmente si procede nei casi di espulsione di cui al comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998.

2. Nei casi di cui al comma 1, il decreto di espulsione è immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. L'esecuzione del provvedimento è disposta dal questore ed è sottoposta alla convalida da parte del tribunale in composizione monocratica secondo le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998.

 

2-bis. Se il destinatario del provvedimento è sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies del decreto legislativo n. 286 del 1998.

3. Il prefetto può altresì omettere, sospendere o revocare il provvedimento di espulsione di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 286 del 1998, informando preventivamente il Ministro dell'interno, quando sussistono le condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno di cui all'articolo 2 del presente decreto, ovvero quando sia necessario per l'acquisizione di notizie concernenti la prevenzione di attività terroristiche, ovvero per la prosecuzione delle indagini o delle attività informative dirette alla individuazione o alla cattura dei responsabili dei delitti commessi con finalità di terrorismo.

3. [Identico].

4. Contro i decreti di espulsione di cui al comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo competente per territorio. Il ricorso giurisdizionale in nessun caso può sospendere l'esecuzione del provvedimento.

4. [Identico].

4-bis. Nei confronti dei provvedimenti di espulsione, di cui al comma 1, adottati dal Ministro dell'interno, o su sua delega, non è ammessa la sospensione dell'esecuzione in sede giurisdizionale ai sensi dell'articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, o dell'articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 .

4-bis. [Identico].

5. Quando nel corso dell'esame dei ricorsi di cui al comma 4 e di quelli di cui all'articolo 13, comma 11, del decreto legislativo n. 286 del 1998 la decisione dipende dalla cognizione di atti per i quali sussiste il segreto d'indagine o il segreto di Stato, il procedimento è sospeso fino a quando l'atto o i contenuti essenziali dello stesso non possono essere comunicati al tribunale amministrativo. Qualora la sospensione si protragga per un tempo superiore a due anni, il tribunale amministrativo può fissare un termine entro il quale l'amministrazione è tenuta a produrre nuovi elementi per la decisione o a revocare il provvedimento impugnato. Decorso il predetto termine, il tribunale amministrativo decide allo stato degli atti.

5. [Abrogato].

6. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 5 si applicano fino al 31 dicembre 2007.

6. [Abrogato].

7. All'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, il comma 3-sexies è abrogato.

7. [Identico].

[…]

[…]

 

Come si può notare, è stata interamente riformulata la disciplina di cui al co. 2 dell’articolo, concernente le modalità di esecuzione dell’espulsione. In virtù del nuovo testo, viene meno la deroga alle disposizioni del T.U., che consentiva di prescindere sia dal nulla osta dell’autorità giudiziaria richiesto per l’esecuzione dell’espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale, sia dal procedimento giurisdizionale di convalida. A conferma di ciò, il comma richiama espressamente il giudizio di convalida di cui all’art. 13, co. 5-bis del testo unico, e il successivo co. 2-bis, di nuova introduzione, ribadisce l’applicabilità della disciplina prevista in via generale (art. 13, co. da 3 a 3-quinquies) per i casi in cui il destinatario del provvedimento di espulsione sia sottoposto a procedimento penale.

Le nuove disposizioni intendono disciplinare a regime l’istituto, come dimostra la soppressione del termine di cui al co. 6 dell’art. 3.

 

Come sostiene il Governo nella relazione illustrativa che accompagna il d.d.l. di conversione, è la scadenza del termine di efficacia delle disposizioni attinenti all’immediata esecutività del provvedimento di espulsione ad imporre “la necessità di colmare il vuoto di disciplina che ne consegue, nel rispetto delle garanzie costituzionali che accompagnano l'esecuzione di provvedimenti, per le limitazioni provvisorie della libertà personale connesse a tali esecuzioni, assicurando, al contempo l'effettività dell'espulsione”.

 

L’abrogazione del co. 5 non sembra, dal suo canto, produrre un particolare effetto normativo, considerato che l’efficacia della disposizione è venuta meno il 31 dicembre 2007; essa risponde probabilmente a un’esigenza di coordinamento, correlata alla scelta di sopprimere l’intero co. 6.


Articolo 2
(Autorità giudiziaria competente in tema di espulsione di stranieri e di allontanamento di cittadini dell'Unione europea)

 


1. Agli articoli 13, 13-bis e 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato: «decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286», le parole: «giudice di pace», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «tribunale ordinario in composizione monocratica».


 

 

 

L’articolo 2 trasferisce al tribunale ordinario in composizione monocratica le competenze in materia di espulsioni attualmente riconosciute al giudice di pace dagli artt. 13, 13-bis e 14 del testo unico sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998)[10].

 

La disciplina recata dal D.Lgs. 286/1998 si applica ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi che facciano ingresso o siano presenti sul territorio nazionale. Non trova applicazione, dunque, per i cittadini dell’Unione, fatti salvi tuttavia gli espliciti richiami a singole disposizioni, operati dal decreto-legge in esame (agli artt. 3, co. 2; 4, co. 4; 5, co. 1; 6, co. 1: v. infra), i quali giustificano il tenore della rubrica dell’articolo in esame.

La disposizione è sostanzialmente identica a quella recata dall’art. 1-ter introdotto dal Senato nel D.L. 181/2007 (in seguito decaduto[11]) nel corso dell’esame del d.d.l. di conversione.

 

L’art. 13 del T.U., oltre all’espulsione amministrativadello straniero disposta dal Ministro dell’Interno, “per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato” (avverso cui è ammesso ricorso al TAR del Lazio, sede di Roma), prevede – in presenza di determinati presupposti – un’espulsione amministrativa disposta dal prefetto nei confronti di stranieri clandestini o irregolari.

L’espulsione ordinata dal prefetto (con decreto motivato immediatamente esecutivo) è di regola eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Il comma 5-bis dell’art. 13 prevede che il questore debba comunicare immediatamente e, comunque, entro 48 ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza per la convalida del provvedimento si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Il giudice di pace provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto. Avverso il decreto di convalida da parte del giudice di pace è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria.

Il decreto motivato di espulsione è ricorribile entro 60 giorni dalla data di comunicazione del provvedimento davanti al giudice di pace del luogo in cui ha sede l’autorità che lo ha disposta (art. 13, co. 8). Come accennato, l’impugnazione non sospende l’efficacia del decreto, che è immediatamente esecutivo.

Il giudice di paceaccoglie o rigetta il ricorso entro 20 giorni dalla data di deposito dell’impugnazione.

 

L’art. 13-bis del T.U. prevede che il giudice di pace fissa l’udienza in camera di consiglio con decreto, steso in calce al ricorso; quest’ultimo, con in calce il provvedimento del giudice, è notificato al prefetto, a cura della cancelleria.

La decisione del giudice di pace non è reclamabile ma impugnabile per cassazione.

 

L’art. 14 del T.U., in sede di esecuzione dell’espulsione, attribuisce allo stesso giudice di pace la competenza al controllo giurisdizionale sulla decisione del questore che, non potendo dare immediato seguito alla espulsione[12], dispone il trattenimento dello straniero presso il centro di permanenza temporanea ed assistenza (CPTA) più vicino. Il questore trasmette, infatti, copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, per la convalida, al massimo entro 48 ore dall'adozione del provvedimento. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore e dell’interessato. Il giudice di pace – in presenza dei presupposti – provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le 48 ore successive. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La convalida comporta la permanenza nel CPTA per 30 giorni, prorogabile per analogo periodo, su richiesta del questore, qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice di pace.

 

In particolare, la disposizione novella il testo unico sull’immigrazione disponendo che, agli articoli 13, 13-bis e 14 del medesimo, ogni riferimento al giudice di pace sia sostituito con la competenza del tribunale in composizione monocratica.


Articolo 3
(Allontanamento dei cittadini dell'Unione europea per motivi di prevenzione del terrorismo)


1. Oltre a quanto previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, il Ministro dell'interno può disporre, con atto motivato, l'allontanamento del cittadino dell'Unione europea o dei suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, nelle circostanze di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. Il provvedimento è adottato nel rispetto del principio di proporzionalità e non può essere motivato da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato. L'esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di tali provvedimenti.

2. Il provvedimento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere inferiore a cinque anni e superiore a dieci anni. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una sintesi del suo contenuto, anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati, redatti in una lingua a lui comprensibile o comunque in una delle lingue francese, inglese, spagnolo o tedesco, secondo la preferenza indicata dall'interessato. L'allontanamento è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

3. Il destinatario del provvedimento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietare il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, entro sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

 


 

 

L’articolo 3 estende ai cittadini di Stati membri dell’Unione europea e ai loro familiari la fattispecie di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo disciplinata dall’art. 3 del D.L. 144/2005, della quale si è detto con riguardo al precedente articolo 1 (v. supra).

Fermi restando i presupposti che possono dar luogo al provvedimento, l’oggetto di questo (allontanamento anziché espulsione) e la relativa disciplina sono adattati alla disciplina comunitaria in materia di circolazione e soggiorno negli Stati membri dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari, recata dalla direttiva 2004/38/CE[13] e recepita nell’ordinamento interno dal D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30[14] (per una descrizione della direttiva e del decreto legislativo di recepimento, si rinvia alla scheda di lettura Quadro normativo).

 

Con riguardo sia all’articolo 3 in commento, sia ai successivi articoli 4, 5, 6 e 7, che integrano la disciplina recata dal D.Lgs. 30/2007, si segnala l’opportunità di una riformulazione delle disposizioni in termini di novella al citato decreto legislativo.

 

Va in primo luogo sottolineato che l’articolo in commento, al comma 1, rimette la competenza a disporre l’allontanamento al ministro dell’interno – analogamente a quanto previsto dall’art. 20 del D.Lgs. 30/2007, che disciplina le ipotesi di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza – senza menzionare la possibilità (prevista dall’art. 3 del D.L. 144/2005) di delegare tale competenza al prefetto.

L’allontanamento è sempre disposto dal ministro con proprio atto motivato, a differenza del provvedimento di allontanamento disposto ex art. 20. co. 7, D.Lgs. 30/2007, che può essere apodittico, ove alla motivazione ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato.

L’atto deve rispettare – si precisa – il principio di proporzionalità, e non può essere motivato da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato; né l'esistenza di condanne penali ne giustifica automaticamente l'adozione. Tale formulazione riprende quasi testualmente il disposto dell’art. 20, co. 2, del D.Lgs. 30/2007, che a sua volta recepisce il principio posto dall’art. 27, par. 2, della direttiva 2004/38/CE.

Il comma 2 disciplina le modalità di adozione del provvedimento di allontanamento, che è notificato all’interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso nel territorio nazionale. A differenza di quanto disposto in generale dall’art. 20, co. 7, del D.Lgs. 30/2007:

§         il divieto di reingresso ha una durata compresa tra un minimo di cinque e un massimo di dieci anni (il D.Lgs. 30/2007 prevede una durata massima pari a tre anni);

§         il provvedimento è accompagnato se necessario da una sintesi del contenuto, “anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati”, redatta in una lingua comprensibile al destinatario o almeno in francese, inglese, spagnolo o tedesco, secondo preferenza di questo. La disciplina generale prevede invece che l’atto sia (interamente) “tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese”;

§         l’allontanamento è immediatamente eseguito dal questore. Ai sensi dell’art. 20, co. 7 e 9, del D.Lgs. 30/2007, l’allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza è invece di norma eseguito mediante intimazione a lasciare il territorio nazionale entro un certo termine; l’esecuzione immediata da parte del questore è disposta solo quando il provvedimento è fondato su motivi di pubblica sicurezza che mettono a repentaglio la sicurezza dello Stato ovvero quando il destinatario si è trattenuto sul territorio dello Stato oltre il termine fissato dal provvedimento.

Il testo non chiarisce con quali modalità il questore debba provvedere all’esecuzione dell’allontanamento. L’art. 13, co. 4, del D.Lgs. 286/1998 (che nel silenzio potrebbe ritenersi applicabile), precisa come l’espulsione dello straniero non appartenente all’Unione europea debba essere eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

Il testo prevede espressamente, tramite rinvio all'art. 13, co. 5-bis, del D.Lgs. 286/1998, che il rimedio giurisdizionale esperibile è il medesimo previsto per gli stranieri cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea.

Il comma 3introduce una procedura che consente al cittadino dell’Unione destinatario del provvedimento di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo di chiedere la revoca del divieto di reingresso, qualora ritenga di poter dimostrare l’avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione, purché sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, o comunque almeno tre anni, dall’esecuzione del provvedimento. Sulla domanda decide entro sei mesi con atto motivato l’autorità che ha emanato il provvedimento. Durante l’esame della domanda l’interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

 

La direttiva 2004/38/CE (art. 32) prevede che la persona nei cui confronti sia stato adottato un provvedimento di divieto d'ingresso nel territorio per motivi d'ordine pubblico o pubblica sicurezza possa presentare una domanda di revoca del divieto d'ingresso nel territorio nazionale dopo il decorso di un congruo periodo, determinato in funzione delle circostanze e in ogni modo dopo tre anni a decorrere dall'esecuzione del provvedimento definitivo di divieto validamente adottato ai sensi del diritto comunitario, nella quale essa deve addurre argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne l'ingresso nel territorio. Lo Stato membro interessato si pronuncia in merito a tale nuova domanda entro sei mesi dalla data di presentazione della stessa. La persona interessata non ha diritto d'ingresso nel territorio dello Stato membro durante l'esame della sua domanda.

 


Articolo 4
(Allontanamento immediato dei cittadini dell'Unione europea per motivi imperativi di pubblica sicurezza)

 


1. Il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi imperativi di pubblica sicurezza nei confronti del cittadino dell'Unione europea o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, è adottato nel rispetto del principio di proporzionalità e non può essere motivato da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale alla pubblica sicurezza. L'esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di tali provvedimenti.

2. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare, sia essa cittadino dell'Unione europea o familiare di cittadino dell'Unione europea che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro, abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza.

3. Ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione disposte da autorità straniere o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

4. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato con atto motivato dal prefetto territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, ovvero dal Ministro dell'interno qualora il destinatario abbia soggiornato nel territorio nazionale nei dieci anni precedenti o sia minorenne. Per le modalità di adozione del provvedimento e di comunicazione al destinatario si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, ma il divieto di reingresso non può avere durata superiore ai cinque anni.

5. Per la revoca del divieto di reingresso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3.


 

 

 

L’articolo 4 integra la disciplina dell’allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini di (altri) Stati membri dell’Unione europea (e dei loro familiari che non abbiano la cittadinanza di uno Stato membro) per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, attualmente recata dall’art. 20 del D.Lgs. 30/2007[15], con una ulteriore fattispecie, che si aggiunge a quella introdotta dal precedente art. 3 (v. supra): l’allontanamento immediato per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

L’introduzione nel D.Lgs. 30/2007 di una fattispecie di allontanamento dal territorio nazionale per motivi imperativi di pubblica sicurezza era stata disposta, pur se con formulazione diversa e nell’ambito di una più ampia e articolata revisione della disciplina recata dal decreto legislativo, dal recente D.L. 181/2007, decaduto per decorrenza dei termini di conversione. Nella premessa al D.L. in esame si afferma peraltro che “le disposizioni  del  presente  provvedimento innovano sostanzialmente quelle del decreto-legge 1° novembre 2007, n. 181, e sono fondate su autonomi presupposti di necessità e di urgenza”.

Per un’illustrazione della giurisprudenza costituzionale in materia di reiterazione dei decreti-legge, si rinvia alla relativa scheda di lettura.

Come si è già segnalato con riguardo all’art. 3, sia questo sia i successivi articoli 5, 6 e 7 integrano la disciplina recata dal D.Lgs. 30/2007: risulterebbe pertanto opportuna una loro riformulazione in termini di novella al citato decreto legislativo.

 

Il comma 1 ripropone – analogamente al co. 1 dell’art. 3 – il principio posto dall’art. 27, par. 2, della direttiva 2004/38/CE e recepito in via generale dall’art. 20, co. 2, del D.Lgs. 30/2007, secondo il quale l’atto di allontanamento deve rispettare il principio di proporzionalità e non può essere motivato da ragioni estranee a comportamenti individuali dell'interessato che rappresentino – si precisa – una minaccia concreta e attuale alla pubblica sicurezza. L'esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'allontanamento.

Il comma 2 reca una definizione legislativa della nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza: essi ricorrono quando il cittadino dell'Unione o un suo familiare abbia tenuto “comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica, rendendo urgente l’allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza”.

Il comma 3 integra il precedente individuando una serie di elementi che devono essere presi in considerazione in sede di adozione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

La norma fa riferimento, in primo luogo, ad eventuali sentenze di condanna pronunciate da un giudice nazionale o straniero per uno o più delitti non colposi, anche tentati contro la vita o l'incolumità della persona, ovvero per taluni delitti corrispondenti a quelli previsti dall'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, anche nel caso in cui la pena inflitta per i citati reati sia stata oggetto di patteggiamento ai sensi dell'articolo 444 c.p.p..

 

La citata L. 69/2005 reca disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. In particolare, l'articolo 8, richiamato dal comma in esame,delimita il campo di applicazione obbligatoria del mandato di arresto europeo che prescinde dalla necessità di doppia punibilità (nel Paese emittente il mandato ed in quello ricevente) enucleando un elenco di 32 reati (per i quali la pena sia, nel Paese emittente, pari o superiore a 3 anni): tra essi, si segnalano la partecipazione ad un’associazione criminale, il terrorismo, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale e la pornografia minorile, lo stupro, numerose fattispecie di traffico illecito (droga, armi, materiali nucleari e radioattivi, organi e tessuti umani, veicoli rubati, sostanze ormonali), la corruzione, frode (anche a danno delle comunità europee) il riciclaggio, l’omicidio volontario, reati ambientali, il razzismo e la xenofobia.

 

Inoltre, dovrà essere tenuta in considerazione l'eventuale appartenenza della persona nei cui confronti si intenda disporre il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi imperativi di pubblica sicurezza a taluna delle categorie di persone nei cui confronti è possibile applicare una misura di prevenzione personale ai sensi dell'art. 1 della L. 1423/1956[16], e dell'art. 1 della L. 575/1965[17].

 

La L. 1423/1956 individua i seguenti destinatari delle misure di prevenzione personale:

§         coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano abitualmente dediti a traffici delittuosi;

§         coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

§         coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

A sua volta, la L. 575/1965 individua i destinatari delle misure di prevenzione “antimafia”, in coloro che siano “indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”.

 

Da ultimo, il citato comma 7-quater fa, altresì, riferimento all'eventuale applicazione di misure di prevenzione o di allontanamento disposte da autorità straniere.

 

Sia la definizione di cui al comma 2 sia gli elementi integrativi di cui al comma 3 appaiono nella sostanza identici a quelli introdotti dal Senato nell’art. 1 del citato D.L. 181/2007 (poi decaduto), nel corso dell’esame del d.d.l. di conversione.

 

Ai sensi del comma 4, l’allontanamento è disposto con atto motivato:

§         dal prefetto territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario[18];

§         ovvero dal ministro dell'interno, qualora il destinatario abbia soggiornato nel territorio nazionale nei dieci anni precedenti o sia minorenne.

Le modalità di adozione e di comunicazione del provvedimento non si discostano da quelle definite per l’allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo, di cui al comma 2 del precedente articolo 3 (per la descrizione delle quali si rinvia alla relativa scheda di lettura). Come precisa la relazione illustrativa, anche questa ipotesi di allontanamento è dunque immediatamente esecutiva, secondo quanto disposto dall’art. 3, co. 2, ultimo periodo.

Nell’espressione “modalità di adozione”, forse non del tutto propriamente, si intendono pertanto incluse anche le modalità di esecuzione del provvedimento.

La sola differenza è costituita dalla più breve durata del divieto di reingresso, che in questo caso non può superare i cinque anni.

È comunque possibile (comma 5) chiedere la revoca del divieto di reingresso, nei medesimi casi e con le stesse modalità di cui al comma 3 del precedente articolo 3 (v. supra).


Articolo 5
(Sanzioni per la violazione del divieto di reingresso conseguente all'allontanamento)

 


1. Il destinatario del provvedimento di allontanamento, adottato per motivi imperativi di pubblica sicurezza, che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso è punito con la reclusione fino a tre anni ed è nuovamente allontanato con esecuzione immediata, alla quale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Si applica la pena della reclusione fino a quattro anni, se il fatto avviene in violazione del provvedimento di allontanamento emesso a norma dell'articolo 3.


 

 

 

L’articolo 5 disciplina il caso in cui il destinatario del provvedimento di allontanamento ai sensi del decreto-legge in commento rientri nel territorio dello Stato in violazione del divieto di reingresso, configurandolo come un’ipotesi di delitto punito:

§         con la reclusione fino a tre anni, se in violazione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza (comma 1);

§         con la reclusione fino a quattro anni, se in violazione del provvedimento di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo (comma 2).

La disciplina sanzionatoria introdotta si affianca a quella prevista dal D.Lgs. 30/2007 (art. 20, co. 8), il quale prevede per la stessa condotta – in caso di violazione del provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica – una meno rigida fattispecie contravvenzionale, punita con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da euro 500 ad euro 5.000.

 

Si ricorda, quanto alle ulteriori conseguenze processuali della innovazione in esame, che possono essere disposte misure cautelari coercitive solo ove si proceda per delitti puniti con l’ergastolo o con la reclusione superiore nel massimo a tre anni. L’applicazione della custodia cautelare in carcere, peraltro, è possibile ove si proceda per un delitto punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni (art. 280 c.p.p.). Pertanto, l’introduzione della nuova ipotesi di delitto sembra comportare l’applicabilità di misure cautelari di tipo coercitivo nella sola fattispecie in cui sia violato il provvedimento di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo.

 

Anche in tali ipotesi è disposto l’allontanamento immediato dal territorio dello Stato. È comunque ribadita l'applicabilità del rimedio giurisdizionale (giudizio di convalida) previsto dall'art. 13, co. 5-bis, del testo unico in materia di immigrazione.


Articolo 6
(Procedimento penale pendente a carico del destinatario del provvedimento di allontanamento)

 


1. Qualora il destinatario del provvedimento di allontanamento di cui agli articoli 3 e 4 del presente decreto sia sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Nei casi di cui al comma 1, il questore può disporre il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea.

3. Non si dà luogo alla sentenza di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, qualora si proceda per i reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale.

4. Quando il procedimento penale pendente sia relativo ai reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale, si può procedere all'allontanamento solo nell'ipotesi in cui il soggetto non sia sottoposto a misura cautelare detentiva per qualsiasi causa.

5. In deroga alle disposizioni sul divieto di reingresso, il destinatario del provvedimento di allontanamento, sottoposto ad un procedimento penale ovvero parte offesa nello stesso, può essere autorizzato a rientrare nel territorio dello Stato, dopo l'esecuzione del provvedimento, per il tempo strettamente necessario all'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o di compiere atti per i quali è necessaria la sua presenza. Salvo che la presenza dell'interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica, l'autorizzazione è rilasciata dal questore, anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, su documentata richiesta del destinatario del provvedimento di allontanamento, o del suo difensore.


 

 

 

L’articolo 6 disciplina l’allontanamento del cittadino dell’Unione o di un suo familiare sottoposto a procedimento penale.

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo riproducono quasi testualmente l’art. 20-bis del D.Lgs. 30/2007 introdotto dall’art. 1, co. 2, del decaduto D.L. 181/2007, nel testo modificato nel corso dell’esame parlamentare del d.d.l. di conversione.

 

Il comma 1 prevede che, qualora il destinatario del provvedimento di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo o per motivi imperativi di pubblica sicurezza sia sottoposto a procedimento penale, si applichino le disposizioni di cui all’art. 13, co. 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies del testo unico sull'immigrazione, di cui al citato D.Lgs. 286/1998. In altri termini, si rinvia alla analoga disciplina già vigente per i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e per gli apolidi. Tale disciplina si basa sulla necessità di un nulla-osta da parte dell'autorità giudiziaria.

 

In particolare, il co. 3 del suddetto art. 13 afferma che quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali, valutate in relazione:

§         all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e

§         all'interesse della persona offesa.

In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali.

Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro 15 giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea.

Ai sensi del co. 3-bis, nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del co. 3.

Secondo il co. 3-ter, le disposizioni di cui al co. 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l'estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore.

Il co. 3-quater prevede che nei casi previsti dai commi precedenti, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell'art. 240 c.p. (cose che costituiscono il prezzo del reato e cose la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituiscono reato). Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14.

 

I commi 13, 13-bis, 13-ter e 14, richiamati dal comma 3-quater dell’art. 13 citato, contengono una disciplina del reingresso che differisce da quella di cui al presente decreto. Pertanto parrebbe che il rinvio al comma 3-quater non dovrebbe essere interpretato nel senso di ricomprendere anche l'ultimo periodo.

 

Infine, ai sensi dell'art. 3-quinquies, se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'art. 345 c.p.p.. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest'ultima è ripristinata a norma dell'art. 307 c.p.p..

 

Per i motivi suindicati, anche il rinvio al comma 3-quinquies sembrerebbe porre qualche problema di coordinamento con la disciplina del reingresso per i cittadini dell'Unione europea.

 

Il comma 2 dà facoltà al questore di disporre, nei casi di cui al comma 1, il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea.

La disposizione sembrerebbe voler far riferimento alle strutture preposte dalla legge alla permanenza temporanea degli stranieri.

Risulterebbe peraltro opportuna una formulazione meno generica, anche alla luce dei dubbi interpretativi sollevati intorno a una disposizione del tutto simile, nel corso dell’esame alla Camera del d.d.l. di conversione del citato D.L. 181/2007 (A.C. 3292[19]).

 

Ci si riferisce in particolare ad alcuni interventi svolti nella seduta del 17 dicembre 2007 presso le Commissioni riunite I e II in sede referente, in cui era stato sollevato il dubbio che la disposizione potesse riferirsi anche alle camere di sicurezza presenti presso le questure e i commissariati. In quell’occasione il sottosegretario di Stato per l'interno Lucidi precisava che il richiamo operato all'art. 13, co. 3 e seguenti, del testo unico in materia di immigrazione comportava la possibilità di trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, aggiungendo quanto alle camere di sicurezza che “il loro utilizzo non è da escludersi, ma sicuramente per un tempo limitato e compatibile con le garanzie costituzionali. Deve comunque trattarsi di strutture già qualificate come idonee alla temporanea permanenza”.

 

La normativa in materia di immigrazione prevede una pluralità di strutture destinate alla permanenza temporanea degli stranieri.

I centri di permanenza temporanea e accoglienza (CPTA) sono disciplinati dal testo unico nel quadro delle misure sanzionatorie disposte per la violazione delle norme sull’immigrazione (art. 14 T.U.). I centri, istituiti con decreto del ministro dell’interno, costituiscono lo strumento per trattenere lo straniero quando non è possibile, per motivi contingenti, eseguire immediatamente il respingimento alla frontiera o l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera. Il testo unico indica tassativamente i motivi che consentono il trattenimento:

§         necessità di prestare soccorso;

§         accertamento dell’identità o nazionalità dello straniero;

§         acquisizione dei documenti per il viaggio;

§         indisponibilità di un mezzo di trasporto idoneo per l’espulsione.

Il D.L. 241/2004 ha aggiunto una ulteriore ipotesi: lo straniero in attesa della definizione del procedimento di convalida del provvedimento del questore di esecuzione dell’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera deve essere trattenuto in uno dei centri, a meno che non si possa procedere immediatamente alla convalida (art. 13, co. 5-bis TU come modificato dal D.L. 241, art. 1, co. 1).

Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile, su richiesta del questore e solo in presenza di gravi difficoltà, di altri 30 giorni[20]. Anche questo atto, in quanto incidente sulla libertà di circolazione del cittadino straniero, è sottoposto a verifica giurisdizionale (convalida da parte del giudice di pace).

Attualmente sono operativi 11 centri di permanenza temporanea e assistenza localizzati a Torino, Milano, Bologna, Modena, Roma, Lecce, Lametia Terme, Caltanissetta, Agrigento, Lampedusa, Trapani.

I centri di prima assistenza (CPA) sono stati istituiti con la L. 563/1995 (la cosiddetta “legge Puglia”)[21] finalizzata a fronteggiare la massiccia affluenza nelle coste pugliesi di immigrati clandestini provenienti dall’Albania verificatisi nell’estate 2005.

I centri sono destinati a garantire un primo soccorso agli stranieri irregolari rintracciati sul territorio nazionale per assicurare interventi di aiuto e assistenza alla persona e, comunque, per il tempo necessario alla loro identificazione o espulsione.

Inizialmente istituiti nella sola regione Puglia, sono stati in seguito costituiti anche in altre zone del Sud. Attualmente i CPA sono 5: Bari-Palese, Crotone, Caltanissetta, Foggia e Siracusa. Uno status particolare è stato assunto dal centro di Lampedusa che da centro di permanenza temporanea è stato trasformato in centro di primo soccorso e assistenza volto a ospitare gli stranieri per breve tempo prima del loro trasferimento, dopo una permanenza di 24-48 ore, presso un CPTA o un CID[22].

I centri di identificazione (CID) sono destinati al trattenimento dei richiedenti asilo per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato. Tale tipologia di centri è stata prevista dalla legge 189/2002 attraverso l’introduzione dell’art. 1-bis del D.L. 416/1990).

Il provvedimento di trattenimento, disposto dal questore, è facoltativo nei seguenti casi:

§         per verificare la nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d’identità;

§         per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo;

§         in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.

Il trattenimento è, invece, disposto in via obbligatoria:

§         a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;

§         a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.

In quest’ultimo caso lo straniero viene trattenuto nei centri di permanenza temporanea e assistenza.

Nei casi di trattenimento non viene rilasciato il permesso di soggiorno temporaneo.

I centri attualmente operativi sono 4: Milano, Crotone, Foggia e Trapani.

 

Il comma 3 prevede che, contrariamente a quanto previsto dal suddetto comma 3-quater dell'art. 13 del Testo unico sull'immigrazione, nell'ipotesi di reati di cui all'art. 380 c.p.p. il giudice non pronuncia la sentenza di non luogo a procedere una volta avvenuta l'espulsione.

Alla luce di tale disposizione sembrerebbe dunque esservi una diversità tra la situazione del cittadino extracomunitario, nei cui confronti viene pronunciato il non luogo a procedere, e quello dell'Unione, nei confronti del quale, in alcuni casi, ciò non avviene.

 

Ai sensi dell'art. 380 c.p., gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto (arresto obbligatorio in flagranza) di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.

Anche fuori dei casi predetti, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:

a) delitti contro la personalità dello Stato per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni o nel massimo a 10 anni;

b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall'art. 419 c.p.;

c) delitti contro l'incolumità pubblica per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 3 anni o nel massimo a 10 anni;

d) riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art. 600-bis , primo comma, c.p.); pornografia minorile (art. 600-ter, commi primo e secondo, c.p.) anche se relativo al materiale pornografico di cui all'art. 600-quater.1, e iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.);

e) furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art. 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 quella prevista dall'art. 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, c.p., salvo che, in quest'ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, primo comma, numero 4), c.p.;

e-bis) delitti di furto previsti dall'art. 624-bis c.p., salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, primo comma, numero 4), c.p.;

f) rapina (art. 628 c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.);

g) illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;

h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo;

i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 4 anni o nel massimo a 10 anni;

l) promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'art. 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, delle associazioni di carattere militare previste dall'art. 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli artt, 1 e 2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3, comma 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654;

l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall'art. 416-bis c.p.;

m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall'art. 416, commi 1 e 3, c.p., se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle suddette lettere a), b), c), d), f), g), i).

 

Il comma 4 stabilisce che, per i suddetti reati di cui all'art. 380 c.p.p., può procedersi all’allontanamento solo nell’ipotesi in cui il soggetto, per qualsiasi causa, non sia sottoposto a misura cautelare detentiva (e non solo, dunque, nel caso in cui esso non si trovi in stato di custodia cautelare in carcere, come previsto dall'art. 13, co. 3, del D.Lgs. 286/1998).

 

Il comma 5 reca una misura derogatoria alle disposizioni sul divieto di reingresso, volta a consentire al destinatario del provvedimento di allontanamento che sia parte in un procedimento penale l'esercizio del diritto di difesa.

Tale soggetto può essere autorizzato dal questore al reingresso per il tempo strettamente necessario a partecipare al giudizio o a compiere atti per i quali è necessaria la sua presenza, salvo che la sua presenza nel territorio nazionale possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.


Articolo 7
(Tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti di allontanamento)

 


1. Avverso i provvedimenti di allontanamento adottati dal Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 3, può essere presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.

2. Avverso i provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza può essere presentato ricorso entro venti giorni dalla notifica, a pena di inammissibilità, al tribunale in composizione monocratica in cui ha sede l'autorità che lo ha adottato. Il tribunale decide a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

3. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2, sottoscritti personalmente dall'interessato, possono essere presentati anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana; in tale caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza. La procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti all'autorità consolare presso cui sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.

4. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2 possono essere accompagnati da una istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento di allontanamento; la presentazione dell'istanza non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

5. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento è consentito, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare al procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana su documentata richiesta dell'interessato.


 

 

 

L’articolo 7 prevede i mezzi di tutela avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo, adottato dal ministro ai sensi dell’articolo 3, o avverso il provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza, adottato dal prefetto ai sensi dell’articolo 4.

La disciplina riproduce nelle linee essenziali quella posta in via generale dall’art. 22 del D.Lgs. 30/2007:

§         il ricorso avverso il provvedimento del ministro è presentato al T.A.R. del Lazio;

§         il provvedimento di allontanamento adottato dal prefetto è invece ricorribile avanti al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l’autorità che lo ha adottato; il ricorso deve essere presentato, a pena d’inammissibilità, entro venti giorni dalla notifica e deciso nei successivi trenta giorni. Il tribunale provvede in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 737 ss. c.p.c..

In entrambi i casi il ricorso può essere presentato anche dall’estero e può contenere l’istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento; la presentazione dell’istanza non ha tuttavia effetto sospensivo. Al cittadino comunitario o al suo familiare cui sia stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento è comunque consentito – su documentata richiesta – l'ingresso e il soggiorno in Italia per partecipare al procedimento, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine e alla sicurezza pubblica.


Articolo 8
(Disposizione finanziaria)


1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 1, comma 1, lettera a), valutati in euro 30.000 annui a decorrere dal 2008, e dall'attuazione dell'articolo 3, comma 2, valutati in euro 120.000 per l'anno 2008, euro 108.000 per l'anno 2009 ed euro 96.000 a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'unità previsionale di base «Oneri comuni di parte corrente», istituita nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali», dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.

2. Il Ministro dell'interno provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1, informando tempestivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.


 

 

 

L’articolo 8 quantifica gli oneri finanziari recati dal provvedimento e dispone in ordine alla loro copertura.

 

Il comma 1 individua le seguenti disposizioni del decreto-legge come recanti maggiori oneri finanziari:

 

Estremi

Oggetto

Quantificazione

art. 1, co. 1, lett. a)

Esecuzione del decreto di espulsione di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o di apolidi per motivi di prevenzione del terrorismo

euro 30.000 annui a decorrere dal 2008

art. 3, co. 2
(al quale fa altresì rinvio l’art. 4, co. 4)

Adozione e comunicazione del provvedimento di allontanamento di cittadini dell’Unione europea per motivi di prevenzione del terrorismo o o per motivi imperativi di pubblica sicurezza

euro 120.000 per l'anno 2008;

euro 108.000 per l'anno 2009;

euro 96.000 annui a decorrere dal 2010

 

Lo stesso comma dispone che la copertura sia operata attingendo all'accantonamento relativo al Ministero dell'interno nell’ambito dello stanziamento per “Fondi di riserva e speciali” iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 2 reca una clausola di salvaguardia finanziaria, affidando al ministro dell’interno il monitoraggio degli oneri derivanti dal provvedimento, anche ai fini dell’adozione, da parte del ministro dell’economia e delle finanze, dei provvedimenti correttivi di cui all’art. 11-ter, co. 7, della legge di contabilità (L. 468/1978).

 

L’art. 11-ter, co. 7, della L. 468/1978, come modificato dal D.L. 194/2002 (cd. decreto-legge “tagliaspese”), impegna i ministri di settore ad informare tempestivamente il Ministro dell’economia e delle finanze degli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di spesa che si verifichino nel corso dell’attuazione di provvedimenti legislativi. Il Ministro dell’economia è quindi tenuto a riferire al Parlamento con una propria relazione, che individui le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini di eventuali conseguenti iniziative legislative. Il Ministro dell'economia e delle finanze può promuovere la procedura suddetta allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

 

È prevista, inoltre, sempre a fini di salvaguardia, la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’art. 7, co. 2°, n. 2), della L. 468/1978. Si tratta dei decreti mediante i quali il Ministro dell’economia e finanze provvede ad aumentare gli stanziamenti di capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio, con risorse prelevate a valere sul Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d'ordine[23].


Articolo 9
(Entrata in vigore)

 


1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.


 

 

 

L’articolo si limita a prevedere che il decreto-legge entri in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 


Quadro normativo

L’espulsione di cittadini stranieri dal territorio nazionale per motivi di prevenzione del terrorismo (articolo 3 del decreto-legge 144/2005)

Premessa: le linee generali dell’espulsione amministrativa

L’articolo 3 del D.L. 144/2005[24] ha introdotto disposizioni volte a integrare quelle previgenti in materia di espulsione amministrativa dello straniero non comunitario, recate dal testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998[25])

Tale tipo di espulsione, in base al vigente art. 13 del testo unico, può essere disposta:

§         dal ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato;

§         dal prefetto, nei casi di ingresso o permanenza illegittimi nel territorio italiano e per i soggetti socialmente pericolosi.

In entrambi i casi, l'espulsione è disposta con decreto motivato immediatamente esecutivo, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria qualora lo straniero sia sottoposto a procedimento penale e non sussistano inderogabili esigenze processuali.

Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Contro il decreto di espulsione disposto dal ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

L'espulsione è di norma eseguita dal questore mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è peraltro sospesa fino alla decisione sulla convalida, rimessa al giudice di pace territorialmente competente. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore. La convalida è disposta con decreto motivato entro le 48 ore successive.

All'espulsione si accompagna il divieto di rientrare nel territorio dello Stato, salva speciale autorizzazione del ministro dell'interno, per un periodo che di norma è pari a 10 anni, ma che può essere di misura inferiore, sino a un minimo di cinque anni. La trasgressione di tale divieto è sanzionata penalmente.

Il provvedimento di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo e i suoi presupposti

L’art. 3, co. 1 del D.L. 144/2005 ha introdotto una nuova ipotesi di espulsione amministrativa. Essa può essere disposta dal ministro dell’interno, o, su sua delega, dal prefetto nei confronti dello straniero qualora ricorra una delle seguenti condizioni:

§         il destinatario appartenga ad una delle categorie di cui all'art. 18 della L. 152/1975[26];

§         vi siano fondati motivi di ritenere che la permanenza del destinatario nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

 

Le categorie di cui all'art. 18 della L. 152/1975[27] comprendono coloro che:

1.    operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei delitti elencati dal citato art. 18[28], nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale;

2.    abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della L. 645/1952[29] (concernente la riorganizzazione del disciolto partito fascista) e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

3.    compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'art. 1 della citata L. 645/1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza;

4.    fuori dei casi sin qui indicati, siano stati condannati per uno dei delitti in materia di armi previsti nella L. 895/1967[30] e negli artt. 8 e seguenti della L. 497/1974[31], quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato nel precedente n. 1.

Agli appartenenti alle categorie sin qui illustrate sono equiparati i relativi istigatori, mandanti e finanziatori (è definito finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo a cui sono destinati).

Le modalità di esecuzione dell’espulsione

Il co. 2 dell’art. 3 dispone che l'espulsione sia eseguita immediatamente, salvo che si tratti di persona detenuta, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 13, co. 3 e 5-bis, del T.U. in materia di immigrazione, prescindendo cioè sia dal nulla osta dell’autorità giudiziaria richiesto per l’esecuzione dell’espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale, sia dal procedimento giurisdizionale di convalida (di competenza del giudice di pace) al quale è di norma condizionata l’esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale mediante accompagnamento alla frontiera.

Ai sensi del medesimo comma, la disciplina testé illustrata si applica anche nei casi in cui l’espulsione è disposta dal ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 del T.U..

 

A tale riguardo si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 222 del 2004, aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del co. 5-bis nel testo originario, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida dovesse svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa. In esito a tale sentenza, la disciplina di cui al co. 5-bis è stata modificata ad opera del D.L. 241/2004[32], con l’attribuzione – tra l’altro – al giudice di pace della competenza sul giudizio di convalida.

 

Ai sensi del successivo co. 6, le disposizioni di cui all’illustrato co. 2 hanno tuttavia un’efficacia limitata al 31 dicembre 2007.

L’omissione, sospensione o revoca dell’espulsione

Il successivo co. 3 consente al prefetto di omettere, sospendere o revocare il provvedimento di espulsione previsto in caso di ingresso o permanenza irregolare dello straniero nel territorio nazionale e nelle altre fattispecie di cui all'art. 13, co. 2, del T.U.:

§         quando sussistono le condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno a fini investigativi, introdotto dall’art. 2 del medesimo D.L. 144/2005, ovvero

§         quando sia necessario per l'acquisizione di notizie concernenti la prevenzione di attività terroristiche, ovvero per la prosecuzione delle indagini o delle attività informative dirette alla individuazione o alla cattura dei responsabili dei delitti commessi con finalità di terrorismo.

Anche in questo caso, il prefetto informa preventivamente il ministro dell'interno.

I rimedi giurisdizionali e altre disposizioni

Ai sensi del co. 4, contro i decreti di espulsione di cui al co. 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo competente per territorio. È espressamente escluso (co. 4-bis) che il ricorso giurisdizionale sospenda l’esecuzione del provvedimento di espulsione o che in sede giurisdizionale (sia dinanzi al TAR, sia dinanzi al Consiglio di Stato) possa comunque disporsi la sospensione dell’esecuzione in via cautelare.

L’art. 3, co. 5 prevede invece che il procedimento dinanzi al TAR sia sospeso quando la decisione dipenda dalla cognizione di atti per i quali sussiste il segreto d'indagine o il segreto di Stato; la sospensione dura fino a quando l'atto o i contenuti essenziali dello stesso non possono essere comunicati al tribunale amministrativo. Se la sospensione si protrae per più di due anni, il TAR può tuttavia fissare un termine entro il quale l'amministrazione è tenuta a produrre nuovi elementi per la decisione o a revocare il provvedimento impugnato. Decorso il termine, il TAR decide allo stato degli atti.

La medesima procedura è estesa al giudizio amministrativo dinanzi al TAR del Lazio su ricorso contro il decreto di espulsione disposto dal ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ex art. 13, co. 1 del T.U..

Il co. 6 pone peraltro un termine finale di efficacia alle disposizioni di cui ai commi 2 e 5 dell’articolo in esame, testé illustrate, disponendo che esse trovano applicazione sino al 31 dicembre 2007.

Il co. 7 dell’art. 3 ha infine soppresso il comma 3-sexies dell'art. 13 del T.U. sull’immigrazione, che vietava la concessione del nulla osta all'espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale qualora si proceda per delitti previsti dall'art. 407, co. 2, lett. a), c.p.p.[33], nonché per i delitti concernenti le immigrazioni clandestine di cui all'art. 12 del T.U. medesimo.


La direttiva 2004/38/CE sul diritto di circolazione e soggiorno negli Stati membri dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari

Disposizioni generali

La direttiva 2004/38/CE[34] ha come obiettivi quelli di

§      agevolare i cittadini dell’Unione nell’esercizio del diritto a circolare e a soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;

§      ridurre allo stretto necessario le formalità amministrative;

§      definire meglio lo status dei familiari;

§      circoscrivere le possibilità di rifiuto o revoca del diritto di soggiorno.

 

Il diritto d’ingresso e soggiorno dei cittadini dell’Unione nel territorio degli Stati membri era disciplinato da un corpus legislativo formato da due regolamenti e nove direttive. La presente direttiva modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68[35] ed abroga le direttive 64/221/CEE[36], 68/360/CEE[37], 72/194/CEE[38], 73/148/CEE[39], 75/34/CEE[40], 75/35/CEE[41], 90/364/CEE[42], 90/365/CEE[43] e 93/96/CEE[44].

 

La direttiva disciplina:

§         le modalità d'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari;

§         il diritto di soggiorno permanente;

§         le restrizioni ai diritti sopra menzionati per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica.

Occorre sottolineare che ai fini dell’art. 2 della direttiva, la definizione di “familiare” deve altresì includere il partner, definito come colui che ha contratto con il cittadino dell'Unione un’“unione registrata” sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio.

Il successivo art. 3, inoltre, prescrive che lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevoli l’ingresso e il soggiorno di altre categorie di familiari (a carico o conviventi) non comprese tra quelli (titolari di un diritto soggettivo all’ingresso e soggiorno) di cui al punto 2 dell’art. 2, nonché del “partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata”. Per tali soggetti, l'eventuale rifiuto del loro ingresso o soggiorno deve seguire un esame approfondito della situazione personale, e dev’essere giustificato dallo Stato membro ospitante.

 

Il punto 6) della premessa alla direttiva precisa al riguardo che “per preservare l'unità della famiglia in senso più ampio senza discriminazione in base alla nazionalità, la situazione delle persone che non rientrano nella definizione di familiari ai sensi della presente direttiva, e che pertanto non godono di un diritto automatico di ingresso e di soggiorno nello Stato membro ospitante, dovrebbe essere esaminata dallo Stato membro ospitante sulla base della propria legislazione nazionale, al fine di decidere se l'ingresso e il soggiorno possano essere concessi a tali persone, tenendo conto della loro relazione con il cittadino dell'Unione o di qualsiasi altra circostanza, quali la dipendenza finanziaria o fisica dal cittadino dell'Unione”.

Diritto di circolazione e soggiorno fino a tre mesi

Qualsiasi cittadino dell'Unione ha il diritto di recarsi in uno Stato membro munito di una carta d'identità o di un passaporto validi. In ogni caso, non può essere imposto alcun visto di uscita o di ingresso. Se il cittadino in questione non dispone di documenti di viaggio, lo Stato membro ospitante gli concede ogni agevolazione affinché egli ottenga o faccia pervenire i documenti richiesti. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, dotati di passaporto, beneficiano dello stesso diritto del cittadino che accompagnano. Ai fini di rendere appieno operante il principio della libera circolazione dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, coloro che hanno già ottenuto la carta di soggiorno (vedi infra) potranno essere esentati dall’obbligo di munirsi di visto d’ingresso a norma del regolamento (CE) n. 539/2001[45] o, infine, a norma della legislazione nazionale applicabile. Il permesso di soggiorno è considerato equivalente al visto di breve durata.

Per i soggiorni inferiori a tre mesi, la sola formalità imposta al cittadino dell'Unione è il possesso di un documento d'identità o di un passaporto valido (artt. 4, 5, 6). Lo Stato membro ospitante può prescrivere all'interessato di dichiarare la sua presenza sul territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio. L’inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni proporzionate e non discriminatorie.

Diritto di soggiorno per una durata superiore a tre mesi

Il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi resta soggetto ad alcune condizioni:

§         esercitare un'attività in qualità di lavoratore subordinato o autonomo; o

§         disporre di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione malattia al fine di non divenire un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno. A questo proposito, gli Stati dell'Unione possono fissare l'ammontare delle risorse considerate sufficienti; o

§         seguire un corso di studi o di formazione professionale in qualità di studente, disponendo di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione malattia al fine di non divenire un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante;

§         essere un familiare di un cittadino dell'Unione facente parte di una delle categorie sopra menzionate.

Il permesso di soggiorno per i cittadini dell'Unione è soppresso. Tuttavia, lo Stato membro ospitante può chiedere al cittadino l'iscrizione presso le autorità competenti entro un periodo che non può essere inferiore a tre mesi dal suo ingresso. L'attestato di iscrizione viene immediatamente rilasciato dietro presentazione:

§         di una carta di identità o un passaporto validi;

§         di una dichiarazione o qualsiasi altro mezzo, a scelta del cittadino, comprovante che egli soddisfa le condizioni sopraelencate;

I familiari di un cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro devono chiedere una “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione”, che ha di norma validità di cinque anni (artt. 7, 8, 9, 10, 11). Il decesso, la partenza dal territorio dello Stato membro ospitante del cittadino dell'Unione così come il divorzio, l'annullamento del matrimonio o lo scioglimento della unione registrata non pregiudicano il diritto di soggiorno dei familiari, qualora ricorrano le condizioni stabilite dagli artt. 12 e 13.

Diritto di soggiorno permanente

Qualsiasi cittadino dell'Unione acquisisce il diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante dopo avervi risieduto legalmente e in via continuativa per un periodo di cinque anni. La continuità della residenza non è pregiudicata da assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all’anno né da assenze superiori per l’assolvimento degli obblighi militari, né da un’assenza di dodici mesi complessivi dovuta a motivi rilevanti (gravidanza, malattia, formazione, distacco per motivi di lavoro presso un altro Stato membro). Tale diritto non è più soggetto ad alcuna condizione, se non quella relativa ad assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi. Le stesse disposizioni si applicano ai familiari dell'interessato, non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che hanno legalmente risieduto cinque anni con il suddetto nello Stato in questione.

La direttiva riconosce ai cittadini dell'Unione che svolgono un'attività di lavoro subordinato o autonomo e ai loro familiari il diritto di soggiorno permanente prima dello scadere dei cinque anni consecutivi di residenza se determinate condizioni si verificano (art. 17). Il documento che attesta il soggiorno permanente ha durata illimitata. Esso è rilasciato, su domanda, al cittadino dell’Unione nel più breve tempo possibile (art. 19), mentre ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e che siano titolari del diritto di soggiorno permanente, entro sei mesi a partire dalla presentazione della domanda, la carta di soggiorno permanente, rinnovabile di diritto ogni dieci anni (art. 20). Il cittadino può provare la continuità della sua residenza con qualsiasi mezzo ammesso dallo Stato membro ospitante (art. 21).

Disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente

Qualsiasi cittadino dell'Unione titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, così come i familiari, gode di pari trattamento rispetto ai cittadini nazionali nel campo d'applicazione del trattato. Tuttavia, prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad accordare il diritto a prestazioni di assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno alle persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi o ai loro familiari né il diritto ad una borsa di mantenimento ai titolari del diritto di soggiorno recatisi nel territorio nazionale per motivi di studio (art. 24). I familiari, indipendentemente dalla loro cittadinanza, se titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente potranno esercitare un'attività come lavoratori subordinati o autonomi (art. 23).

Restrizioni al diritto di ingresso e di soggiorno per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza o di sanità pubblica

Le limitazioni alla libertà di circolazione di un cittadino dell'Unione o di un suo familiare, incluso l’Allontanamento dal territorio dello Stato membro, possono essere motivate da ragioni di ordine pubblico, sicurezza pubblica o sanità pubblica. In nessun caso, la decisione può essere dettata da ragioni economiche. Tutti i provvedimenti relativi alla libertà di circolazione e di soggiorno devono basarsi sul comportamento personale dell'interessato. L'esistenza di condanne penali non può automaticamente giustificare tali provvedimenti. Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Al fine di verificare se l’interessato costituisca veramente un pericolo, lo Stato membro ospitante può chiedere informazioni allo Stato membro di origine ed eventualmente ad altri Stati membri. La scadenza del documento che ha consentito al cittadino l'ingresso nel paese non costituisce motivo sufficiente a giustificarne l'allontanamento (art. 27).

In ogni caso, prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio, lo Stato membro deve valutare alcuni elementi quali la durata della residenza nel suo territorio dell'interessato, l'età di quest'ultimo, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e il grado di integrazione sociale nel paese che lo ha accolto così come i suoi legami con il paese d'origine.

Il soggetto che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente non può essere allontanato se non per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Solo in casi eccezionali, per “motivi imperativi di pubblica sicurezza”, può essere disposto l’allontanamento di un cittadino dell'Unione che abbia soggiornato nei dieci anni precedenti nello Stato ospitante o che sia minorenne (salvo che l'allontanamento sia necessario nell'interesse del bambino: art. 28).

Dal punto di vista della sanità pubblica, le sole malattie che possono giustificare misure restrittive della libertà di circolazione sono quelle con potenziale epidemico, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose (art. 29).

Il provvedimento di rifiuto dell'ingresso o di allontanamento dal territorio deve essere notificato all'interessato, deve essere motivato e i mezzi di ricorso disponibili ed i termini entro cui agire devono esservi indicati. Fatta eccezione per casi urgenti, il termine ultimo per lasciare il territorio non può essere inferiore a un mese a decorrere dalla data di notifica (art. 30). La direttiva prevede il diritto dell’interessato ad accedere ai mezzi di impugnazione giurisprudenziale e, all’occorrenza, amministrativa e reca una serie di garanzie procedurali (art. 31). Il provvedimento di divieto di ingresso può essere revocato su domanda; l'interessato può presentare una domanda di riesame della sua situazione decorso un congruo periodo, e comunque dopo tre anni (art. 32).

Disposizioni finali

Tra le disposizioni finali recate dalla direttiva si segnalano le seguenti:

§         art. 35: gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare un diritto conferito dalla presente direttiva, in caso di abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio fittizio;

§         art. 36: gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate in attuazione della direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione;

§         art. 37: le disposizioni della direttiva non pregiudicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di diritto interno più favorevoli ai beneficiari del testo;

§         art. 39: entro il 30 aprile 2008 la Commissione presenta al Parlamento e al Consiglio una relazione relativa all'applicazione della presente direttiva e, all'occorrenza, ogni opportuna nuova proposta;

§         art. 40: il termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri è fissato al 30 aprile 2006.


Il decreto legislativo 30/2007, di recepimento della direttiva 2004/38/CE

Premessa

Il decreto legislativo 30/2007 reca attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Esso è stato adottato in virtù della norma di delega conferita al governo nell’art. 1, commi 1 e 3, della L. 62/2005 (legge comunitaria 2004)[46].

Il decreto, in conformità all’atto normativo europeo, prevede la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari, stabilendo pertanto la normativa diretta a sostituire interamente la precedente disciplina adottata con il D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 54, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea.

Disposizioni generali

Il provvedimento (articolo 1) disciplina le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell'Unione europea e dei familiari che li accompagnano o li raggiungono, i presupposti del diritto di soggiorno permanente, nonché le limitazioni ai predetti diritti per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.

 

Un particolare rilievo assume il recepimento degli articoli 2 e 3 della direttiva.

Come si è già accennato nella relativa scheda di lettura, tali articoli – recanti, rispettivamente, le definizioni dei termini usati nel testo e l’individuazione dei titolari del diritto di ingresso e soggiorno – individuano, nell’ambito dei familiari destinatari della direttiva medesima, il partner del cittadino dell’Unione europea.

La direttiva configura un vero e proprio diritto soggettivo all’ingresso e soggiorno per coloro che soddisfano le caratteristiche necessarie per essere definiti partner ai sensi dell’art. 2, lettera b), punto 2: tale condizione deve tuttavia risultare da un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro e diviene vincolante solo qualora lo Stato membro ospitante abbia una legislazione che equipari l’unione registrata al matrimonio, nel rispetto delle condizioni previste da tale legislazione.

In Italia tale previsione normativa non appare oggi applicabile, poiché manca nel nostro ordinamento una specifica disciplina giuridica delle “unioni di fatto” ed un riconoscimento giuridico delle “unioni civili” previste dagli ordinamenti di alcuni Paesi dell’Unione europea.

Peraltro, il comma 2, lett. b), dell’articolo 3 della direttiva, riferendosi alla (diversa) figura del “partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata”, pur non configurando per essa un diritto soggettivo pieno, prevede che lo Stato membro ospitante – conformemente alla sua legislazione nazionale, ne agevoli l’ingresso e il soggiorno.

Con riguardo a tale questione, come sottolinea la relazione illustrativa che accompagna lo schema di decreto presentato alle Camere per il prescritto parere, la scelta operata è stata quella di utilizzare quale modalità di recepimento l’integrale e testuale riproposizione degli artt. 2 e 3 della direttiva 2004/38/CE nei corrispondenti articoli 2 e 3 del decreto: ciò – precisa la relazione, “al fine di evitare che con il provvedimento venissero introdotti istituti non previsti dal nostro ordinamento”.

Diritto di circolazione e soggiorno fino a tre mesi

Gli articoli 4, 5 e 6 disciplinano il diritto di libera circolazione nell’ambito dell’Unione Europea a favore del cittadino dell’Unione europea e dei suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza. Il diritto è condizionato esclusivamente al possesso di un documento d’identità valido per l’espatrio, per il cittadino europeo, ovvero al possesso del passaporto valido, per il suo familiare extracomunitario. Per questi ultimi è anche richiesto il visto d’ingresso, quando previsto dalla normativa vigente. Il visto non è richiesto nei casi in cui il familiare, non cittadino europeo, sia in possesso della carta di soggiorno.

Diritto di soggiorno per una durata superiore a tre mesi

L’articolo 7 riconosce il diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi al cittadino dell’Unione che sia lavoratore subordinato o autonomo, ovvero quando l’interessato disponga per sé e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti per il periodo del soggiorno non divenendo un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato e di una assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo che copra tutti i rischi. Analogo diritto è riconosciuto anche a chi frequenti un corso di studi o di formazione professionale presso un istituto pubblico o privato. Anche in tal caso il diritto di soggiorno è subordinato alla titolarità di una assicurazione sanitaria e alla dimostrazione di disporre di risorse economiche sufficienti per il periodo del soggiorno. Infine il diritto di soggiorno è riconosciuto al familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che accompagna o raggiunge il cittadino dell’Unione cui è riconosciuto il diritto di soggiorno. E’ prevista la conservazione del diritto di soggiorno a favore del cittadino comunitario, già lavoratore subordinato o autonomo, nei casi d’inabilità temporanea al lavoro per malattia o infortunio ovvero in stato di disoccupazione involontaria, dopo aver lavorato nello Stato per oltre un anno. Nell’eventualità, invece, in cui la disoccupazione involontaria si è verificata durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, il cittadino dell’Unione conserva il diritto di soggiorno per un solo anno.

A tutela dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, nei casi di rifiuto o revoca del diritto di ingresso e soggiorno è ammesso ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui dimora lo straniero il quale provvede sentito l’interessato pronunciandosi in camera di consiglio ai sensi dell’art. 737 del codice di procedura civile (articolo 8).

L’iscrizione anagrafica del cittadino dell’Unione e dei suoi familiari rinviano alla normativa generale in materia[47]. Trascorsi tre mesi, dall’ingresso nel territorio nazionale, l’interessato deve chiedere l’iscrizione al comune. Per l’iscrizione, oltre l’ordinaria documentazione prevista dalla normativa vigente per i cittadini italiani, è anche richiesta una documentazione specifica secondo le condizioni cui è collegato il diritto di soggiorno (articolo 9).

L’articolo 10 disciplina la carta di soggiorno per il familiare del cittadino dell’Unione con cittadinanza di Stato extracomunitario: trascorsi tre mesi dall’ingresso nel territorio nazionale, il familiare interessato deve fare richiesta alla questura del luogo di residenza per il rilascio della carta di soggiorno.

La carta di soggiorno ha validità quinquennale anche nell’eventualità di assenze temporanee non superiori a sei mesi e, nel caso di periodi maggiori, quando l’assenza è dovuta all’assolvimento di obblighi militari o è dovuta a rilevanti motivi quali gravidanza e maternità o malattia grave.

Nel caso di decesso o partenza dallo Stato del cittadino dell’Unione,  l’articolo 11 garantisce la conservazione del diritto di soggiorno a favore dei suoi familiari, cittadini di Stati membri dell’Unione europea, purché questi abbiano acquisito il “diritto di soggiorno permanente” (vedi infra) oppure abbiano i requisiti che consentono il riconoscimento del diritto di soggiorno autonomo (attività lavorativa ovvero polizza assicurativa e disponibilità di risorse economiche, etc.).

Per i familiari non cittadini dell’Unione, la conservazione del diritto di soggiorno è consentita a condizione di aver soggiornato nel territorio nazionale per almeno un anno e purché i familiari abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente o esercitino una attività lavorativa o dimostrino di possedere risorse economiche sufficienti e una polizza assicurativa sanitaria.

Nell’eventualità che non si sia verificata la condizione del soggiorno per almeno un anno, lo schema di decreto rinvia all’applicazione della disposizione di cui all’articolo 30, comma 5, del testo unico n. 286/1998 che, con disposizione valevole in via generale per i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea regolarmente soggiornanti, prevede, nelle medesime ipotesi, il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo o per studio purché ne ricorrano le condizioni. Si è ritenuto necessario estendere tale disposizione anche ai familiari di cittadini comunitari in quanto, in assenza di tale specifica previsione, per il caso in esame sarebbe stata prevista una normativa più favorevole ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea rispetto alla regolamentazione prevista per i comunitari.

Specifiche disposizioni sono previste in caso di divorzio o annullamento del matrimonio del cittadino dell’Unione europea (articolo 12).

Il diritto di soggiorno è conservato ai sensi della disposizione in esame fino a quando gli interessati hanno le risorse economiche stabilite in modo da non diventare un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato o fin quando non costituiscano un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica (articolo 13).

Diritto di soggiorno permanente

Qualsiasi cittadino dell’Unione europea, così come i suoi familiari, che abbia soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nello Stato, gode del  diritto di soggiorno permanente.

Gli articoli 14 e 15, che contengono le previsioni al riguardo, accolgono quanto stabilito in materia dalla direttiva 2004/38/CE. Relativamente all’attestazione della titolarità, l’articolo 16 prevede che la richiesta dell’interessato, accompagnata dalla documentazione attestante le condizioni stabilite, venga inoltrata al  Comune di residenza che rilascia, entro trenta giorni, l’attestato che certifica la titolarità del diritto di soggiorno permanente. E’ poi stabilito che l’attestato potrà essere sostituito da una istruzione contenuta nel microchip della carta d’identità elettronica ai sensi del decreto legislativo n. 82/2005[48].

I familiari extracomunitari del cittadino dell’Unione europea possono presentare richiesta alla questura competente che entro 90 giorni rilascia una  “Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei” (articolo 17).

Disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente

Lo schema di decreto rinvia alla legislazione vigente in ordine ai mezzi di prova per i requisiti richiesti per il mantenimento del soggiorno e per le deroghe relative al diritto di soggiorno permanente. La continuità del soggiorno è comunque interrotta dal provvedimento di allontanamento adottato nei confronti dell’interessato (articolo 18). Conformemente alla normativa in vigore, ai cittadini dell’Unione ed ai loro familiari, indipendentemente dalla loro cittadinanza, è consentito lo svolgimento di qualsiasi attività economica autonoma o subordinata escluse quelle attività che la legge, conformemente ai Trattati dell’Unione europea ed alla normativa comunitaria, riserva ai cittadini italiani. In linea con quanto disposto dalla direttiva 2004/38/CE, lo schema di decreto stabilisce che  per i primi tre mesi di soggiorno i cittadini comunitari e i loro familiari non godono del diritto a prestazioni d’assistenza sociale (articolo 19).

Restrizioni al diritto di ingresso e soggiorno per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza

I provvedimenti restrittivi in questione sono adottati nel rispetto del principio della proporzionalità ed in relazione ai comportamenti della persona che comunque devono rappresentare una minaccia reale ed attuale tale da pregiudicare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica. La valutazione è fatta con riferimento a comportamenti concreti e non è di per sé sufficiente l’esistenza di condanne penali. Nell’adottare il provvedimento di allontanamento, deve comunque tenersi conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione sociale e culturale in Italia e dell’importanza dei suoi legami con il paese di origine. Per i cittadini comunitari ed i loro familiari che hanno acquisito il diritto di soggiorno permanente, l’allontanamento è disposto esclusivamente per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica. Invece l’allontanamento di coloro che hanno soggiornato nel territorio dello Stato per oltre dieci anni e per i minorenni può essere disposto esclusivamente per quei motivi di pubblica sicurezza che mettano a repentaglio la sicurezza dello Stato. Salva la possibilità, per i minorenni, di adottare l’allontanamento nel caso in cui questo è necessario nell’interesse del minore stesso come previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite del fanciullo.

L’allontanamento previsto dalla disposizione è adottato con provvedimento del Ministro dell’interno. Il provvedimento deve essere motivato, ed è prevista la notificazione con l’indicazione dei mezzi di impugnazione e della durata del divieto di reingresso per un periodo massimo di tre anni. Sempre nel provvedimento deve essere indicato il termine, non inferiore ad un mese, entro il quale lasciare il territorio nazionale, salvo i casi di comprovata urgenza.  La violazione del divieto di reingresso è sanzionata con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda de 500 a 5.000 euro, prevedendo in tale ipotesi anche l’allontanamento immediato. L’esecuzione immediata dell’allontanamento da parte del questore è altresì disposta nel caso in cui il provvedimento è fondato su motivi di pubblica sicurezza che mettono a repentaglio la sicurezza dello Stato ovvero quando il destinatario si è trattenuto sul territorio dello Stato oltre il termine fissato dal provvedimento (articolo 20).

L’allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno (articolo 21) è invece previsto, per il cittadino dell’Unione e i suoi familiari, indipendentemente dalla loro nazionalità, nei casi in cui vengono a mancare le condizioni che hanno determinato il diritto di soggiorno. In tali ipotesi, l’allontanamento è disposto con provvedimento motivato del prefetto notificato all’interessato. Nell’adottare il provvedimento si deve tener conto della durata del soggiorno in Italia dell’interessato, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione sociale e culturale in Italia e dell’importanza dei suoi legami con il paese di origine. Per queste ipotesi di allontanamento il provvedimento non può prevedere un divieto di reingresso.

L’articolo 22 dello schema di decreto prevede i mezzi di tutela avverso il provvedimento di allontanamento adottato dal Ministro (articolo 20) o dal prefetto (articolo 21). Per il provvedimento del Ministro, basato sui motivi di ordine e sicurezza pubblica, il ricorso può essere presentato al T.A.R. del Lazio. Con la disposizione si è voluto ribadire quanto già previsto per le espulsioni adottate con provvedimento del Ministro. Il ricorso può essere presentato anche dall’estero e può contenere l’istanza di sospensione dell’efficacia del provvedimento. Il provvedimento di allontanamento adottato dal prefetto è invece ricorribile avanti al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l’autorità che lo ha adottato.

Il ricorso deve essere presentato, a pena d’inammissibilità, entro venti giorni dalla notifica e deciso nei successivi trenta giorni.

Unitamente al ricorso può essere presentata anche l’istanza di sospensione dell’allontanamento. In tal caso l’efficacia dell’allontanamento è sospesa fino alla decisione della relativa istanza, salvo che il provvedimento di allontanamento si basi su una precedente decisione giudiziale. Il tribunale provvede in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 737 ss. c.p.c..

Disposizioni finali

L’articolo 23 estende l’applicabilità delle norme contenute nel decreto legislativo, se più favorevoli, ai familiari di cittadini italiani di diversa cittadinanza.

L’articolo 24 prevede la norma di copertura finanziaria con un onere derivante valutato in 14,5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2007, a carico della disponibilità del Fondo di rotazione di cui alla legge 183/1987[49] cui risorse sono assegnate all’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS) e al Fondo sanitario nazionale.

L’articolo 25 reca le norme finali e dispone l’abrogazione delle disposizioni già vigenti in materia, in particolar modo quelle recate dal testo unico approvato con D.P.R. 54/2002.

 


La reiterazione dei decreti-legge

Premessa: il decreto-legge 181/2007

Talune disposizioni del decreto-legge in esame riprendono nella sostanza, pur se con formulazione in parte diversa, disposizioni che erano contenute nel D.L. 181/2007[50], decaduto per decorrenza dei termini di conversione, ovvero erano state inserite nel testo di detto decreto a seguito dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento.

 

Il D.L. 181/2007 recava diverse modifiche testuali al D.Lgs. 30/2007, principalmente volte a ridefinire i presupposti e le modalità di esecuzione degli allontanamenti dal territorio nazionale dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari, quando tali provvedimenti sono adottati per motivi di pubblica sicurezza, introducendo tra l’altro la nozione di “motivi imperativi di pubblica sicurezza”.

Il decreto-legge, presentato per la conversione in legge al Senato della Repubblica (A.S. 1872), era stato approvato, con modificazioni, da tale ramo del Parlamento il 6 dicembre 2007. Il 17 dicembre le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) della Camera concludevano l’esame del disegno di legge di conversione (A.C. 3292), conferendo ai relatori il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole sul testo approvato dal Senato[51]. Il 19 dicembre, mentre in Assemblea era in corso la discussione sulle linee generali, il Governo ha annunciato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo la decisione di non insistere per la conversione in legge del decreto[52]. Il seguito dell'esame del provvedimento non ha pertanto avuto luogo ed i termini per la conversione del decreto-legge sono scaduti il 1° gennaio 2008[53].

 

Al riguardo si segnalano, in particolare:

§         le disposizioni dell’articolo 2 del decreto, che sono sostanzialmente identiche a quelle recate dall’art. 1-ter introdotto dal Senato nel D.L. 181/2007;

§         gli articoli 4 e 5 del decreto, che recano disposizioni che ripropongono o presentano sovrapposizioni con il contenuto di alcune delle novelle introdotte nel D.Lgs. 30/2007[54] dall’art. 1, co. 1, del D.L. 181/2007;

§         l’articolo 6, commi 1-4, del decreto, che riprende il contenuto dell’art. 1, co. 2, del D.L. 181/2007, come modificato nel corso dell’esame al Senato, che inseriva un art. 20-bis nel D.Lgs. 30/2007;

§         l’articolo 7, comma 5, del decreto, che ripropone nella sostanza il contenuto dell’art. 1, co. 4, lett. d), del D.L. 181/2007, come modificato dal Senato, nella parte in cui riformulava il co. 8 dell’art. 22 del D.Lgs. 30/2007.

In proposito si segnala, peraltro, che nella premessa al decreto si evidenzia che “le disposizioni del presente provvedimento innovano sostanzialmente quelle del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, e sono fondate su autonomi presupposti di necessità e urgenza”.

La reiterazione dei decreti-legge nella prassi e nella giurisprudenza costituzionale

Il tema dell’iterazione (o reiterazione) dei decreti-legge è stato a lungo al centro della discussione della dottrina costituzionalistica, anche alla luce del diffondersi della prassi di riprodurre in un successivo decreto-legge il contenuto sostanziale di disposizioni recate da precedenti decreti non convertiti dalle Camere.

 

Detta prassi, che era rimasta sostanzialmente sconosciuta nelle prime legislature, ha cominciato ad affermarsi nel corso della VII legislatura, per poi accentuarsi nel corso dell’VIII legislatura e ulteriormente rafforzarsi nel corso della IX legislatura. Dopo una lieve flessione nel corso della X e dell’XI legislatura, i casi di reiterazione si sono ulteriormente accresciuti nel corso della XII legislatura, quando furono reiterati 546 decreti a fronte di 558 decreti decaduti.

Nella pratica, con sempre maggiore frequenza, i decreti venivano riproposti più volte prima di giungere a conversione, in modo da formare una vera e propria “catena”, in cui ciascun decreto-legge faceva salvi gli effetti dei precedenti decreti[55].

In questo quadro – come affermato dalla Corte Costituzionale[56] – la prassi della reiterazione era andata sempre più degenerando e aveva “condotto ad oscurare principi costituzionali di rilevanza primaria quali quelli enunciati nell'art. 77 della Costituzione, principi la cui violazione o elusione è suscettibile di incidere non soltanto sul corretto svolgimento dei processi di produzione normativa, ma anche sugli equilibri fondamentali della forma di governo”.

 

Anche a fronte del consolidarsi di tale prassi, la legge n. 400 del 1988[57], nel porre limiti all’esercizio del potere di decretazione di urgenza da parte del Governo, ha espressamente posto il divieto di rinnovare attraverso un decreto-legge le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere (art. 15, comma 2, lett. c)), senza peraltro prevedere un esplicito divieto di rinnovare disposizioni recate da decreti che invece fossero decaduti per effetto del decorso del termine per la loro conversione.

Successivamente, la Corte Costituzionale – nella sentenza n. 360 del 1996 (c.d. sentenza Cheli) – ha peraltro evidenziato come nel disegno costituzionale esista un implicito divieto di iterazione e di reiterazione dei decreti-legge, in base al quale al Governo è preclusa, in caso di mancata conversione di un decreto-legge, la possibilità di riprodurre, con un nuovo decreto, il contenuto normativo dell'intero testo o di singole disposizioni del decreto non convertito[58].

 

Nella sentenza la Corte, prendendo le mosse da un’analisi della formulazione testuale dell'art. 77, commi 2° e 3°, della Costituzione ha infatti sottolineato come “il decreto-legge iterato o reiterato – per il fatto di riprodurre (nel suo complesso o in singole disposizioni) il contenuto di un decreto-legge non convertito, senza introdurre variazioni sostanziali – lede la previsione costituzionale sotto più profili: perché altera la natura provvisoria della decretazione d'urgenza procrastinando, di fatto, il termine invalicabile previsto dalla Costituzione per la conversione in legge; perché toglie valore al carattere ‘straordinario’ dei requisiti della necessità e dell'urgenza, dal momento che la reiterazione viene a stabilizzare e a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi già posti a fondamento del primo decreto; perché attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito, venendo il ricorso ripetuto alla reiterazione a suscitare nell'ordinamento un'aspettativa circa la possibilità di consolidare gli effetti determinati dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale della disciplina reiterata”.

Su un piano generale, secondo la Corte, la prassi della reiterazione, tanto più se diffusa e prolungata nel tempo, appare suscettibile di incidere negli equilibri istituzionali, alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento, nonché di intaccare anche la certezza del diritto nei rapporti intersoggettivi, a causa dell'impossibilità di prevedere sia la durata nel tempo delle norme reiterate sia l'esito finale del processo di conversione.

 

La Corte ha, peraltro, precisato che il divieto di iterazione e di reiterazione non sussiste ove il nuovo decreto-legge risulti fondato su autonomi (e, pur sempre, straordinari)[59] motivi di necessità ed urgenza, che non dovranno esaurirsi nella sola esigenza di far fronte al ritardo conseguente dalla mancata conversione del precedente decreto. Ciò in quanto il Governo, in caso di mancata conversione, non risulta spogliato del potere di intervenire nella stessa materia con lo strumento della decretazione d'urgenza, ma – per poter rispettare i limiti della straordinarietà e della provvisorietà fissati dall'art. 77 della Costituzione – non potrà adottare provvedimenti che si pongano in un rapporto di continuità sostanziale con il decreto non convertito (come accade con l'iterazione e con la reiterazione).

In sostanza, come evidenziato in dottrina, ai fini della sussistenza del “vizio da reiterazione” di decreti-legge, si richiede l’effettuazione di due ordini di verifiche, volte a riscontrare se:

§         le disposizioni del nuovo decreto riproducano, nel loro complesso o in singole disposizioni, il contenuto di un decreto-legge non convertito, senza introdurre variazioni sostanziali;

§         il nuovo decreto non risulti fondato su autonomi, straordinari e sopravvenuti motivi di necessità e urgenza rispetto a quelli sui quali si fondava il decreto non convertito.

La sindacabilità costituzionale dei decreti-legge successivamente alla loro conversione

Quanto alla censurabilità da parte della Corte Costituzionale di disposizioni che ripropongano il contenuto di disposizioni contenute in precedenti decreti-legge non convertiti dalle Camere, si segnala che la sentenza n. 360 del 1996, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dei decreti-legge iterati o reiterati, ebbe a precisare che restavano, tuttavia, salvi gli effetti dei decreti-legge iterati o reiterati già convertiti in legge o la cui conversione risultasse in corso, ove la stessa intervenisse nel termine fissato dalla Costituzione.

A questo proposito, infatti, la Corte sottolineò come “il vizio di costituzionalità derivante dall'iterazione o dalla reiterazione attiene, in senso lato, al procedimento di formazione del decreto-legge in quanto provvedimento provvisorio fondato su presupposti straordinari di necessità ed urgenza: la conseguenza è che tale vizio può ritenersi sanato quando le Camere, attraverso la legge di conversione (o di sanatoria), abbiano assunto come propri i contenuti o gli effetti della disciplina adottata dal Governo in sede di decretazione d'urgenza”.

La questione della sindacabilità della reiterazione dei decreti-legge successivamente alla loro conversione può inserirsi nella più ampia tematica dei limiti del controllo di costituzionalità sui decreti convertiti in legge, che nella giurisprudenza della Corte è stata prevalentemente affrontata con riferimento alla verifica della sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza, di cui all’articolo 77, comma 2°, della Costituzione, e ha dato vita a due indirizzi interpretativi prevalenti.

 

Secondo un orientamento più risalente deve negarsi la possibilità di sindacare la sussistenza dei presupposti costituzionali della decretazionequando le Camere abbiano effettuato la conversione in legge, in quanto quest’ultima va configurata come vera e propria “novazione” della fonte (si vedano, al riguardo, le sentenze n. 108 del 1986, n. 243 del 1987, nn. 808, 810, 1033, 1035 e 1060 del 1988, n. 263 del 1994).

In altri termini, alla stregua di tale indirizzo, l’avvenuta conversione in legge determina la sostituzione, con efficacia ex tunc, della legge di conversione al decreto impugnato, ciò che fa venir meno “sin dall'inizio” l'atto oggetto delle censure ex articolo 77 della Costituzione, che divengono così inammissibili.

In base ad un diverso orientamento, inaugurato dalla sentenza n. 29 del 1995, il controllo sulla sussistenza dei presupposti spetta alla Corte anche in caso di conversione del decreto-legge, ancorché nel limite della “evidente” mancanza del presupposto della straordinaria necessità e urgenza. Alla base di tale impostazione, tesa a negare effetti sananti alla conversione, vi è la considerazione che il difetto della straordinaria necessità ed urgenza costituisce vizio formale, attinente al procedimento di conversione e come tale trasmissibile all’atto parlamentare di conversione; ove macroscopica, la mancanza dei presupposti è quindi sindacabile dalla Corte (anche) come vitium in procedendo della legge di conversione.

Tale ultimo orientamento ritiene pertanto, nei limiti detti, censurabile dalla Corte il difetto dei presupposti sia con riguardo ai decreti-legge ancora in corso di conversione (cfr. sent. n. 161 del 1995 e n. 270 del 1996) sia rispetto a decreti-legge convertiti in legge (cfr. sent. n. 330 del 1996), mentre esclude lo scrutinio in relazione alle disposizioni aggiunte dalle Camere in sede di conversione (cfr. sent. n. 391 del 1995)[60].

I due citati indirizzi hanno convissuto nella successiva giurisprudenza della Corte costituzionale.

Anche recentemente, infatti, vi sono state pronunce che hanno fatto propria la tesi dell’efficacia sanante della legge di conversione, con i relativi corollari (cfr. sentt. n. 419 del 2000, n. 376 del 2001 e n. 16 e 29 del 2002)[61].

In altre occasioni, peraltro, la Consulta è tornata ad affermare la possibilità del sindacato sui presupposti di necessità e urgenza del decreto-legge - ancorché solo nei limiti dell’ “evidente mancanza”- anche dopo la conversione in legge (cfr. sent. n. 341 del 2003; n. 6, 178, 196, 285 e 299 del 2004; n. 2, 62 e 272 del 2005).

 

Sulla questione è intervenuta, da ultimo, la sentenza n. 171 del 2007, con la quale la Corte, richiamando espressamente quanto già affermato nelle sentenze n. 29 del 1995, n. 341 del 2003, e n. 178 e 196 del 2004, nega – superando il diverso orientamento espresso in altre precedenti sentenze – l'efficacia sanante della legge di conversione rispetto ai vizi del decreto, in quanto ciò “significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie[62]”.

 

D’altronde, la Corte rileva che “le disposizioni della legge di conversione in quanto tali – nei limiti, cioè, in cui non incidano in modo sostanziale sul contenuto normativo delle disposizioni del decreto […] – non possono essere valutate, sotto il profilo della legittimità costituzionale, autonomamente da quelle del decreto stesso”.

In questo quadro, la Corte ribadisce quindi il principio secondo cui il difetto dei requisiti del “caso straordinario di necessità e d’urgenza”, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge.

 

Quanto al rapporto tra le affermazioni contenute nella sentenza n. 360 del 1996, in merito alla sanatoria dei “vizi da reiterazione” per effetto dell’intervento della legge di conversione del decreto-legge e la giurisprudenza in materia di verifica della sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza, la prevalente dottrina ha ricostruito l’orientamento della Corte evidenziando come essa sembra aver proposto una distinzione tra il fenomeno della decretazione in assenza dei presupposti costituzionali e quello, analogo ma non identico, della reiterazione. Nel primo caso il Governo agirebbe in vera e propria carenza di potere “in concreto”, mentre nel secondo esso farebbe un “cattivo uso” di un potere legittimamente attivato. Pertanto, solo in quest’ultima fattispecie la conversione potrebbe far ritenere sanati i vizi determinati dalla reiterazione[63].

Tale ricostruzione dottrinale e giurisprudenziale deve ora essere valutata alla luce della sentenza n. 171 del 2007, che – pur non affrontando la questione della sindacabilità di un decreto-legge reiterato successivamente alla sua conversione – ritiene non debba accogliersi l’orientamento adottato in materia di efficacia sanante della legge di conversione con la sentenza n. 360 del 1996[64].

La prassi successiva alla sentenza n. 360 del 1996

La sentenza n. 360 del 1996 ha determinato un evidente, drastico declino della prassi della reiterazione di decreti-legge non convertiti. Si sono tuttavia riscontrati negli ultimi anni alcuni casi di riproposizione in nuovi decreti di disposizioni contenute in decreti-legge decaduti per lo spirare del termine costituzionale di conversione, nonché in decreti-legge in corso di conversione e in decreti-legge ai quali era stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere.

In diversi casi, peraltro, la riproposizione ha avuto ad oggetto (anche) disposizioni inserite nel corso dell’esame parlamentare del decreto-legge non convertito: in questo caso non sembrerebbe trattarsi di una vera e propria reiterazione, dal momento che si tratta di disposizioni mai entrate in vigore.

 

Con riferimento alle diverse fattispecie si segnalano, in particolare, le disposizioni contenute nei seguenti decreti.

I commi 1 e 2 dell'articolo 3 del D.L. 23/1998[65], come evidenziato anche nel parere del Comitato per la legislazione[66], costituiscono sostanzialmente una reiterazione dell'articolo 2 del decreto-legge n. 161 del 25 marzo 1996 e dell'articolo 2 del decreto-legge n. 291 del 27 maggio 1996, entrambi non convertiti in legge[67].

Il D.L. 68/2002[68]ha riproposto disposizioni sostanzialmente coincidenti con quelle contenutenel D.L. 4/2002[69], la cui legge di conversione fu rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica e che, successivamente, è decaduto per la decorrenza dei termini di conversione (v. in particolare l’art. 1, comma 10, del D.L. 68/2002, che ha riproposto i contenuti dell’art. 2 del D.L. 4/2002).

Il D.L. 158/2003[70] è stato reiterato e integrato – prima della scadenza del termine per la sua conversione – dal D.L. 239/2003[71]. Nella relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione (A.S. 2474) si evidenziava, in particolare, come il ricorso ad una nuovo decreto derivasse dal “sopraggiungere di ulteriori fattori critici, destinati a colpire, negativamente, la sicurezza delle forniture energetiche, spingendo al tempo stesso al rialzo i consumi delle famiglie e delle imprese. In questo senso, si ritiene che, anche nella eventualità della mancata conversione del citato decreto-legge n. 158 del 2003, il presente provvedimento rispetti scrupolosamente le prescrizioni stabilite dalla Corte costituzionale con la nota ‘sentenza Cheli’ (24 ottobre 1996, n. 360), concernente i limiti istituzionali della decretazione di urgenza, in quanto sono nel frattempo sopravvenute esigenze nuove e non prevedibili all’epoca della predisposizione del decreto-legge n. 158 del 2003 quali, in primo luogo, il perdurare delle eccezionali condizioni climatiche e, soprattutto, l’estendersi delle alte temperature a tutto il continente europeo, circostanza che ha limitato l’approvvigionamento da parte di alcuni Paesi fornitori, in primo luogo la Francia”.

Il D.L. 81/2004[72] (A.C. 4978, già approvato dal Senato) ripropone nella sostanza l’oggetto del precedente D.L. 21 gennaio 2004, n. 10, modificato al Senato durante il procedimento di conversione e successivamente respinto dalla Camera con l'approvazione di questioni pregiudiziali di costituzionalità. Al riguardo, nel parere del Comitato per la legislazione[73] si è rilevato come la parziale coincidenza di contenuto tra i due provvedimenti “solleva dubbi in ordine alla compatibilità di tali contenuti con i limiti fissati dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 (ed in particolare con la norma secondo cui il Governo non può, mediante decreti legge, ‘rinnovare le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere’)”.

Nel suo parere sul disegno di legge A.C. 6362, di conversione del D.L. 68/2006[74], il Comitato per la legislazione[75] ha rilevato la presenza di una disposizione sostanzialmente coincidente con altra originariamente contenuta nel precedente D.L. 4/2006[76] e soppressa dalle Camere in sede di conversione; “tale circostanza – osserva il Comitato – è suscettibile di ingenerare perplessità in ordine alla coerenza con quanto statuito dall’articolo 15, comma 2, lettera c) della legge n. 400 del 1988”.

 


Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Lotta al terrorismo

La prevenzione e il contrasto del terrorismo sono considerati elementi chiave del programma dell’Aja. Nel dicembre 2005, il Consiglio europeo ha adottato la Strategia antiterrorismo[77], che ha fornito le linee guida per l’intervento dell’UE in questo settore. Il Piano d’azione di lotta al terrorismo[78] , riveduto, da ultimo, nel marzo 2007[79], ricalca il modello delineato nella Strategia, ordinando gli interventi previsti in quattro campi: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta.

In questo quadro, il 6 novembre 2007 la Commissione ha presentato un pacchetto di misure comprendenti:

§         una comunicazione sull’intensificazione della lotta al terrorismo (COM(2007)649);

 

La comunicazione costituisce una presentazione del pacchetto di proposte, volta a chiarirne la funzione di strumenti rafforzativi della lotta al terrorismo. La Commissione ribadisce inoltre la necessità di un impegno congiunto degli Stati membri e delle istituzioni dell’Unione europea nella lotta al terrorismo, ricorda le azioni già intraprese nei vari settori: contrasto alla radicalizzazione violenta; protezione delle infrastrutture; miglioramento nello scambio delle informazioni tra le autorità nazionali; capacità di reazione a minacce non convenzionali (armi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari); miglioramento della rilevazione delle situazioni di pericolo; sostegno alle vittime; contrasto ai canali di finanziamento del terrorismo, ricerca e sviluppo tecnologico.

 

§         una proposta di decisione quadro che modifica la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta al terrorismo (COM(2007)650);

 

La proposta è volta ad armonizzare le disposizioni nazionali sull’incitamento a commettere atti terroristici e sul reclutamento e l’addestramento a fini terroristici, affinché tali comportamenti siano penalmente perseguibili e soggetti a sanzioni, anche quando commessi attraverso Internet. In particolare con il termine addestramento a fini terroristici, la proposta di decisione quadro intende la comunicazione di istruzione per la fabbricazione di esplosivi, armi da fuoco e altre armi o di sostanze nocive o pericolose, o di altri specifici metodi e tecniche al fine di commettere crimini terroristici come definiti dall’articolo 1, paragrafo 1 della decisione quadro 2002/475/GAI.

 

Il Consiglio giustizia e affari interni del 6-7 dicembre 2007 ha tenuto un primo dibattito orientativo sulla proposta, approvandone largamente i contenuti. Il Consiglio, in particolare,  ha sottolineando l’importanza di considerare reati terroristici l’incitamento pubblico, il reclutamento e l’addestramento, nello spirito della Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, di cui il Consiglio ha nel contempo sollecitato  la rapida ratifica da parte di tutti gli Stati membri. Il Consiglio ha altresì rilevato che il testo della proposta stabilisce un giusto equilibrio nei confronti del diritto alla libertà di espressione, del diritto di riunione e associazione e del diritto al rispetto della vita familiare.

 

§         una comunicazione sul rafforzamento della sicurezza degli esplosivi (COM(2007)561);

 

La comunicazione contiene un “Piano d’azione sul rafforzamento della sicurezza degli esplosivi” basato estensivamente sulla cooperazione pubblico-privato, in linea con la comunicazione sul dialogo pubblico-privato nella ricerca e innovazione in materia di sicurezza, presentata dalla Commissione l’11 settembre scorso[80]. Obiettivo del Piano d’azione è contrastare l’uso di esplosivi da parte dei terroristi, tenendo conto dell’esistenza di numerosi settori di attività economica in cui gli esplosivi e i loro precursori sono utilizzati per scopi pacifici e utili alla comunità. Il Piano d’azione prevede 47 azioni specifiche, raggruppate in misure orizzontali, di prevenzione, di rilevazione e di risposta, e le date per la loro presentazione, tra la fine del 2007 e il 2009. Prioritaria è giudicata la creazione di: una rete europea di eliminazione degli ordigni esplosivi; un sistema di allerta precoce; una banca dati europea sugli attentati dinamitardi; un comitato permanente di esperti di precursori; un gruppo di lavoro sulla rilevazione degli esplosivi.

 

Il Consiglio giustizia e affari interni del 6-7 dicembre 2007 ha accolto con favore la comunicazione, adottando gli orientamenti strategici e il piano d’azione in essa previsti.

 

§         una proposta di decisione quadro sull'uso dei dati del codice di prenotazione (Passenger Name Record, PNR) nelle attività di contrasto (COM(2007)654).

 

La proposta di decisione quadro prevede che i vettori aerei mettano a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri i dati PNR riguardanti i passeggeri che si trovino su voli internazionali, al fine di prevenire e combattere i reati terroristici e la criminalità organizzata. Le informazioni PNR sono costituite da un insieme di 19 dati, elencati in allegato alla proposta, che permettono il controllo e il trattamento delle prenotazioni da parte delle compagnie aeree. Si tratta in particolare di: codice relativo al dossier del passeggero (codice PNR); data della prenotazione o dell’emissione del biglietto; data prevista del viaggio; nome del passeggero; indirizzo e recapiti del passeggero; mezzi di pagamento, compreso l’indirizzo di fatturazione; itinerario completo del PNR in questione; profilo del cliente fedele; agenzia di viaggio; statuto del passeggero (conferma, check–in, mancata presentazione, assenza di prenotazione); dossier PNR scissi o divisi; osservazioni generali (escluse informazioni sensibili); dati relativi al biglietto (numero, data etc.); numero del posto e altre informazioni a riguardo; condivisione dei codici; bagagli; numero e nomi di altri passeggeri eventualmente figuranti nel dossier PNR; informazioni API; ogni modificazione dei dati finora elencati.

In base all’articolo 3 della proposta di decisione quadro, ogni Stato membro è tenuto a designare una Unità informazioni passeggeri incaricata di raccogliere i dati trasmessi, in base alla tecnologia push[81], dalle compagnie aeree, e di distruggere immediatamente le informazioni che eventualmente eccedano quelle previste dall’elenco PNR, o che siano tali da rivelare la razza, l’origine etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale o, ancora, che attengano allo stato di salute o alla vita sessuale del passeggero. L’Unità di informazione passeggeri è incaricata poi di procedere all’analisi dei dati PNR e di elaborare profili di rischio dei passeggeri, al fine di identificare le persone che necessitino di un esame più approfondito edi trasmetterne i dati alle autorità competenti[82].

 

Nella stessa data la Commissione ha inoltre presentato la seconda relazione[83] relativa all’attuazione della decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta al terrorismo (COM (2007)681.

 

La Commissione rileva che la maggior parte degli Stati membri valutati per la prima volta[84] ha trasposto le principali disposizioni della decisione quadro in modo soddisfacente. Tuttavia, permangono irrisolte alcune questioni importanti. Quanto agli Stati membri valutati per la seconda volta (tra i quali, l’Italia), le informazioni supplementari da essi trasmesse hanno permesso alla Commissione di rilevare, in linea generale, un maggior grado di conformità. Tuttavia, la maggioranza delle carenze identificate nella prima relazione di valutazione permangono invariate.

I principali motivi di preoccupazione della Commissione sono i seguenti:

§         l'insufficiente trasposizione dell'articolo 1 (reati terroristici e diritti e principi giuridici fondamentali) in Germania, Italia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Slovenia e Regno Unito. La Commissione ritiene che questa disposizione sia di cruciale importanza ai fini non solo della decisione quadro ma della politica di lotta contro il terrorismo in generale e sottolinea che una definizione comune del terrorismo costituisce il fondamento di tutte le altre disposizioni della decisione quadro e consente l'applicazione degli strumenti di cooperazione tra autorità di contrasto;

§         l'insufficiente trasposizione dell'articolo 5, paragrafo 3 (armonizzazione delle sanzioni per i reati riconducibili a un'organizzazione terroristica) in Danimarca, Germania, Ungheria, Italia, Slovenia e Svezia, in quanto la Commissione ritiene si tratti – anche in questo caso - di un aspetto determinante della decisione quadro;

§         l'insufficiente trasposizione dell'articolo 7 (responsabilità delle persone giuridiche) in Repubblica Ceca, Lettonia, Slovacchia, Spagna e Regno Unito, a proposito del quale, la Commissione ribadisce che la responsabilità penale armonizzata delle persone giuridiche per i reati terroristici riveste importanza fondamentale nella lotta contro il terrorismo.

 

Il 12 dicembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla lotta al terrorismo, nella quale accoglie con grande soddisfazione l'adozione del nuovo Trattato di Lisbona e invita gli Stati membri a ratificarlo in modo da rendere vincolante la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che costituisce un necessario complemento alla strategia dell'Unione europea di lotta al terrorismo. Il Parlamento europeo ritiene inoltre opportuno, subito dopo la firma del Trattato di Lisbona, avviare insieme ai Parlamenti nazionali, un esercizio comune di valutazione della Strategia europea antiterrorismo, al fine di preparare una nuova forma di "dialogo ad alto livello" in tale ambito, associando i rappresentanti dei cittadini a livello dell'Unione europea e nazionale.

 

In particolare, per quanto riguarda il “perseguimento” del terrorismo, il Parlamento europeo, tra le altre cose:

§         sollecita gli Stati membri ad abbandonare le esitazioni e a rafforzare la cooperazione di polizia e giudiziaria a livello dell'Unione europea nella lotta contro il terrorismo; chiede di essere informato senza indugio sull'efficacia dell'attuale cooperazione e quali risultati siano stati ottenuti dal meccanismo di valutazione reciproca fra gli Stati membri e le Istituzioni dell'Unione europea;

§         sottolinea l'esigenza di rafforzare il coordinamento e il ruolo operativo di Eurojust e di Europol che sono strumenti essenziali per un'autentica ed efficace cooperazione nel perseguimento e nell'azione penale a livello dell'Unione europea; ribadisce nel contempo l'esigenza di garantire un pieno controllo democratico a livello dell'Unione europea;

§         ribadisce fermamente l'urgente esigenza di adottare una decisione quadro sulla protezione dei dati nel terzo pilastro la quale assicuri un elevato livello di garanzie per i cittadini UE che ora manca a livello UE;

§         prende atto dell'adozione da parte della Commissione di nuove misure concernenti, in particolare una modifica della decisione quadro sul terrorismo e una proposta relativa ad un sistema PNR dell'Unione europea; esprime il proprio desiderio di esaminare attentamente tali misure e ribadisce le proprie preoccupazioni sulla proposta per un sistema PNR dell'Unione europea, soprattutto per quanto riguarda la necessità e la proporzionalità del previsto regime di profiling[85] sul quale sembra essere basata;

§         ribadisce l'importanza della cooperazione con i paesi terzi nella prevenzione e nella lotta contro il terrorismo ed evidenzia che gli Stati Uniti sono partner essenziali in questo campo; ritiene che un quadro giuridico comune per la cooperazione giudiziaria e di polizia, con speciale accento sulla protezione dei diritti fondamentali, soprattutto dei dati personali, dovrebbe essere definito tra l'Unione europea e gli Stati Uniti attraverso un accordo internazionale che garantisca un idoneo controllo democratico e parlamentare a livello nazionale e dell'Unione europea;

§         è preoccupato per la reazione impulsiva degli Stati membri nella legislazione antiterrorismo, nell'ambito del quale il desiderio di inviare un messaggio politico spesso assume priorità rispetto ad un attento e scrupoloso esame dei limiti del possibile e dell'utile, il che comprende la crescente e inadeguata considerazione dei principi dello stato di diritto, come il principio di proporzionalità e la presunzione di innocenza;

Per quanto riguarda la "risposta", il Parlamento europeo:

§         ritiene estremamente importante che, nel caso di un attacco terroristico, gli Stati membri diano prova di un reale spirito di solidarietà, gestendo e riducendo al minimo le conseguenze di detto attacco, segnatamente per i paesi dell'Unione europea che non dispongono di risorse umane, finanziarie o tecnologiche sufficienti per gestire gli strascichi, coordinare le risposte e aiutare le vittime;

§         ricorda l'importanza dell'unità fra tutte le forze democratiche nella lotta contro il terrorismo;

§         ritiene che sia fondamentale, nella risposta agli attacchi terroristici, mettere in atto gli strumenti necessari, efficaci e proporzionati per sostenere la lotta globale contro il terrorismo e ritiene ugualmente importante tutelare tutti gli aspetti dello stato di diritto, i diritti civili dei cittadini, le garanzie giuridiche e legali dei sospetti e il controllo e il monitoraggio democratico su tutta la legislazione varata, sia a livello dell'Unione europea che nelle relazioni con i paesi terzi;

§         esorta la Commissione ad avanzare una proposta per garantire il controllo parlamentare sulle attività di intelligence congiunte e coordinate a livello dell'Unione europea.

Per quanto riguarda, in particolare la “prevenzione”, il Parlamento europeo, tra le altre cose:

§         ritiene che l'Unione europea debba sostenere le azioni intraprese a livello dell'Unione europea, nazionale e locale per prevenire la radicalizzazione violenta, favorendo l'integrazione delle persone attraverso il dialogo interculturale e la promozione della democrazia e dei diritti umani quali valori universali su cui poggia la nostra società, evitando l'esclusione sociale; ritiene altresì necessario lottare contro la radicalizzazione violenta, compreso l'incitamento a commettere atti violenti;

§         chiede un divieto a livello europeo dell'apologia del terrorismo in tutte le varianti;

§         è convinto, inoltre, che un importante elemento della prevenzione del terrorismo consista in una politica di aiuto allo sviluppo dell'Unione europea e degli Stati membri che funzioni anche come politica di sicurezza; ritiene che promuovere la società civile e contribuire a raggiungere la pace sociale e la prosperità costituiscano strumenti adeguati per mostrare alle persone le loro opportunità e limitare la diffusione delle ideologie fondamentaliste; è convinto pertanto che sia necessario, nel quadro della politica di aiuto allo sviluppo, accordare una priorità molto maggiore che in passato allo sviluppo dei sistemi di istruzione, sanitari e di sicurezza sociale nei paesi spesso identificati come paesi di origine di attività terroristiche;

§         è convinto che casi come quello della recente decisione della Corte suprema statunitense di respingere il ricorso per tortura di Khalid Al-Masri tendano a rafforzare l'impressione, in particolare tra le minoranze musulmane nell'Unione europea, che le misure antiterrorismo applichino il principio di due pesi e due misure; invita pertanto l'Unione europea ad impegnarsi con maggiore energia nella lotta volta a sostenere lo Stato di diritto all'interno dell'Unione europea e a livello internazionale, in particolare tutelando i propri cittadini nell'ambito di procedimenti giudiziari in paesi terzi in cui sono coinvolti in modo sproporzionato cittadini di origine musulmana;

§         ritiene che la prevenzione del terrorismo richieda una politica estera dell'Unione europea che promuova la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani nei paesi vicini e altre;

§         chiede alla Commissione e al Consiglio di lanciare un'iniziativa a livello europeo e internazionale per il reinsediamento dei prigionieri di Guantanamo provenienti da paesi terzi che non possono fare ritorno in patria perché rischiano di essere perseguitati o torturati;

§         ribadisce l'importanza della cooperazione giudiziaria e di polizia a livello dell'Unione europea, in particolare per quanto riguarda lo scambio di informazioni e di analisi, e invita gli Stati membri a rafforzare la loro cooperazione con il coordinamento e il sostegno di Europol;

§         chiede di rafforzare il ruolo di Europol e ribadisce che, nella lotta contro il terrorismo, Europol necessita di una propria competenza investigativa; chiede inoltre, in tale contesto, che Europol crei una propria task force antiterrorismo formata da esperti nazionali;

§         ritiene che, al fine di aumentare l'efficacia dell'Unione europea nella lotta contro il terrorismo, la Commissione e gli Stati membri debbano istituire una rete permanente per lo scambio di informazioni tra i centri antiterrorismo dell'Unione europea;

§         riafferma l'importanza di condividere le informazioni dei servizi di intelligence, tanto a livello dell'Unione europea quanto tra i servizi degli Stati membri, e ribadisce l'esigenza di norme uniformi a livello dell'Unione europea per garantire il debito controllo democratico e parlamentare;

Sul versante della “protezione”, il Parlamento europeo:

§         sottolinea che un eventuale monitoraggio di Internet volto a prevenire gli attacchi terroristici non deve assolutamente comportare restrizioni alla libertà di parola che non sia intesa ad istigare atti terroristici e non possa in sé ragionevolmente condurre a tali azioni;

§         esorta il Consiglio ad adottare la decisione quadro sulla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, prevedendo un adeguato livello di protezione dei dati, nonché la decisione quadro in materia di determinati diritti processuali in procedimenti penali nel territorio dell'Unione europea, prima di varare ulteriori misure di lotta contro il terrorismo;

§         invita la propria commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni a promuovere un'audizione prima di giugno 2008 sulle misure proposte e adottate a livello dell'Unione europea nel quadro della lotta al terrorismo e sulla loro applicazione ed efficacia, in collaborazione con i parlamenti nazionali;

§         ritiene che ogni forma di "profiling" nelle misure antiterroristiche sia inaccettabile; ritiene inaccettabile definire un sistema dell'Unione europea in materia di PNR senza una completa valutazione degli accordi PNR UE/USA e UE/Canada[86], in particolare il loro impatto sulla riduzione della minaccia e il rafforzamento della sicurezza, nonché l'impatto sulla privacy e le libertà civili;

§         esprime preoccupazione per il fatto che l'accesso alla banca dati Eurodac[87] da parte dei servizi di polizia e di contrasto nonchè di Europol potrebbe ridurre l'efficacia dell'obiettivo principale della banca dati Eurodac;

§         esorta la Commissione ad avanzare una proposta per garantire il controllo parlamentare sulle attività di intelligence congiunte e coordinate a livello dell'Unione europea.

 

Si ricorda inoltre che, il 29 giugno 2007 il Consiglio ha provveduto alla revisione delle liste di persone, gruppi ed entità cui si applicano misure restrittive per combattere il terrorismo, aggiornando l’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC (posizione comune 2007/448/PESC) e la lista prevista dal regolamento (CE) n. 2580/2001 (decisione 2007/45/CE).

Libertà di circolazione

Il 15 novembre 2007, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’applicazione della direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, anche in riferimento ai recenti avvenimenti italiani.

 

In particolare, il Parlamento,

§         esprime il proprio dolore per l'assassinio della signora Giovanna Reggiani, avvenuto a Roma il 31 ottobre scorso 2007, e presenta sentite condoglianze ai suoi familiari;

§         ribadisce il valore della libertà di circolazione delle persone quale principio fondamentale dell'Unione, parte costitutiva della cittadinanza europea ed elemento fondamentale del mercato interno;

§         riafferma l'obiettivo di fare dell'Unione e delle collettività uno spazio in cui ogni persona possa vivere vedendosi garantito un elevato livello di sicurezza, libertà e giustizia;

§         osserva che la direttiva 2004/38/CE circoscrive la possibilità di espellere un cittadino dell’Unione entro limiti molto ben definiti, specificando in particolare che:

-          in base all’articolo 27, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione e di residenza solo per motivi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica e tali motivi non possono essere invocati per fini economici, ogni misura presa deve rispettare il principio di proporzionalità e deve essere adottata esclusivamente in relazione al comportamento della persona nei riguardi della quale è applicata e non basarsi su considerazioni di prevenzione generale.

-          in base all’articolo 28, ogni espulsione deve essere preceduta da una valutazione della situazione personale dell’interessato, tenendo conto di elementi quali la durata del suo soggiorno nel territorio dello Stato membro, la sua età, il suo stato di salute, la sua situazione familiare ed economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante;

-          in base all’articolo 30, il provvedimento di espulsione deve essere notificato per iscritto alla persona interessata secondo modalità che gli consentano di comprenderne il contenuto e le conseguenze. L’interessato deve essere informato in modo preciso e completo circa i motivi della decisione, l’organo giudiziario o l’autorità amministrativa dinanzi al quale può opporre ricorso e il temine entro il quale deve agire e, all’occorrenza, il termine impartito per lasciare il territorio, in ogni caso non inferiore ad un mese dalla data di notificazione;

-          in base all’articolo 31, la persona interessata deve avere accesso ai mezzi di impugnazione giurisdizionali e, all’occorrenza, amministrativi nello Stato membro ospitante e deve avere il diritto di richiedere un’ordinanza provvisoria di sospensione dell’esecuzione, che deve essere garantita, salvo nei casi specificamente definiti;

-          in base all’articolo 36, le sanzioni determinate dagli Stati membri devono essere effettive e proporzionate;

-          in base al punto 16 del preambolo e all’articolo 14, i cittadini possono essere allontanati qualora diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, a condizione tuttavia che ogni caso individuale sia esaminato approfonditamente. Inoltre, l’onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale non è di per sé condizione sufficiente a giustificare un’ espulsione automatica.

§         ribadisce che qualsiasi legislazione nazionale deve rispettare rigorosamente tali limiti e garanzie, compreso l'accesso a un ricorso alle vie legali contro l'allontanamento e all'esercizio dei diritti della difesa e che qualsiasi eccezione definita dalla direttiva 2004/38/CE deve essere interpretata in modo restrittivo; ricorda che le espulsioni collettive sono proibite dalla Carta dei diritti fondamentali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

§         si compiace della visita effettuata dal Primo ministro rumeno in Italia e della dichiarazione congiunta di Romano Prodi e Călin Popescu-Tăriceanu; manifesta il proprio appoggio all'appello del Presidente del Consiglio e del Primo ministro per l'impegno dell'Unione a favore dell'integrazione sociale delle popolazioni meno avvantaggiate e della cooperazione fra gli Stati membri in termini di gestione dei movimenti della loro popolazione, in particolare mediante programmi di sviluppo e di aiuto sociale inclusi nei Fondi strutturali;

§         invita la Commissione a presentare senza ritardi una valutazione esauriente dell'attuazione e del corretto recepimento, da parte degli Stati membri, della direttiva 2004/38/CE nonché a presentare proposte, a norma dell'articolo 39 di tale direttiva;

§         fatte salve le competenze della Commissione, incarica la propria commissione parlamentare competente di effettuare entro il 1°giugno 2008, in collaborazione con i parlamenti nazionali, una valutazione dei problemi di recepimento di tale direttiva in modo da mettere in evidenza le migliori prassi nonché le misure che potrebbero portare a discriminazioni tra i cittadini europei;

§         invita gli Stati membri a superare qualsiasi esitazione e a procedere più rapidamente al rafforzamento degli strumenti di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale a livello dell'Unione per garantire una lotta efficace contro la criminalità organizzata e la tratta degli esseri umani, fenomeni di dimensione transnazionale, garantendo, al contempo, un quadro uniforme di garanzie procedurali;

§         respinge il principio della responsabilità collettiva e ribadisce con forza la necessità di lottare contro qualsiasi forma di razzismo e xenofobia e qualsiasi forma di discriminazione e stigmatizzazione basate sulla nazionalità e sull'origine etnica, come previsto dalla Carta dei diritti fondamentali;

§         ricorda alla Commissione che è urgente presentare una proposta di direttiva orizzontale contro tutte le discriminazioni menzionate all'articolo 13 Trattato CE[88], prevista nel programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2008;

§         ritiene che la protezione dei diritti dei Rom e la loro integrazione costituiscano una sfida per l'Unione nel suo complesso e invita la Commissione ad agire senza indugio elaborando una strategia globale per l'inclusione sociale dei Rom, facendo ricorso, segnatamente, alle linee di bilancio disponibili nonché ai Fondi strutturali per sostenere le autorità nazionali, regionali e locali nei loro sforzi atti a garantire l'inclusione sociale dei Rom;

§         propone l'istituzione di una rete di organizzazioni che si occupino dell'integrazione sociale dei Rom nonché la promozione di strumenti volti ad aumentare la consapevolezza in materia di diritti e doveri dei Rom, ivi compreso lo scambio di migliori prassi; considera, a questo proposito, molto importante una collaborazione intensa e strutturata con il Consiglio d'Europa;

§         ritiene che le recenti dichiarazioni rilasciate alla stampa italiana da Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione, in occasione dei gravi episodi verificatisi a Roma, siano contrarie allo spirito e alla lettera della direttiva 2004/38/CE, direttiva che gli si chiede di rispettare pienamente.


Progetto di legge

 


N. 3325

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(PRODI)

dal ministro dell'interno

(AMATO)

e dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

di concerto con il ministro degli affari esteri

(D'ALEMA)

e con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

¾

 

Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 249, recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza

 

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Presentato il 2 gennaio 2008

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Onorevoli Deputati! - Il presente intervento normativo d'urgenza mira a perfezionare e completare la disciplina dell'ipotesi di espulsione amministrativa per motivi di prevenzione del terrorismo introdotta nell'ordinamento dall'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, che può essere disposta dal Ministro dell'interno, o, su sua delega, dal prefetto, nei confronti dello straniero appartenente ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

La necessità e l'urgenza del provvedimento si fondano sulla presenza, all'interno del citato articolo 3, di disposizioni la cui validità è limitata nel tempo (al 31 dicembre 2007). Le disposizioni consentono l'esecuzione immediata, con accompagnamento alla frontiera, del decreto di espulsione da parte dal questore, salvo che si tratti di persona detenuta, anche in deroga alle norme del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato «testo unico», che prevedono il nulla osta dell'autorità giudiziaria per lo straniero sottoposto a procedimento penale, ma non in stato di custodia cautelare in carcere (articolo 13, comma 3, del testo unico), e la convalida, da parte del giudice di pace, del provvedimento di accompagnamento alla frontiera emesso dal questore (articolo 13, comma 5-bis, del testo unico). Il medesimo articolo 3 prevede che si proceda nello stesso modo, ossia in deroga alle citate disposizioni su nulla osta e convalida, nei casi di espulsione adottata dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, previsti dall'articolo 13, comma 1, del medesimo testo unico.

L'imminente scadenza del termine di efficacia delle disposizioni in parola, che attengono alla immediata esecutività del provvedimento di espulsione di cui si tratta, impone la necessità di colmare il vuoto di disciplina che ne consegue, nel rispetto delle garanzie costituzionali che accompagnano l'esecuzione di provvedimenti, per le limitazioni provvisorie della libertà personale connesse a tali esecuzioni, assicurando, al contempo l'effettività dell'espulsione.

I motivi di espulsione per prevenzione del terrorismo descritti dal decreto-legge n. 144 del 2005 vengono, peraltro, estesi alle misure di allontanamento adottabili nei confronti di cittadini dell'Unione europea o di loro familiari, aggiungendosi alle ipotesi di allontanamento dei cittadini comunitari per motivi di ordine e di sicurezza pubbliga già disciplinate dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Al fine di delineare un quadro normativo complessivo e unitario, oltre che rispettoso delle garanzie costituzionali, della disciplina dell'esecuzione immediata degli allontanamenti di cittadini comunitari, si rende necessario e urgente disciplinare compiutamente anche gli allontanamenti immediati di cittadini comunitari, o di loro familiari, giustificati da esigenze imperative di pubblica sicurezza, fornendo, al contempo, una definizione dei motivi che ne legittimano l'adozione.

Ha natura, infatti, straordinaria e urgente la perdurante esigenza di garantire in maniera continuativa la sicurezza dei cittadini di fronte a coloro, stranieri o comunitari, che si rendano responsabili di comportamenti che compromettono la civile e sicura convivenza e per i quali, pertanto, si rende necessario e indifferibile l'allontanamento dal territorio nazionale.

Il provvedimento si compone di nove articoli che, di seguito, si illustrano.

Articolo 1

Il comma 1 dell'articolo 1 novella l'articolo 3 del citato decreto-legge n. 144 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 155 del 2005, riformulandone il comma 2 e introducendovi un nuovo comma 2-bis.

In particolare, il comma 2 del predetto articolo 3 viene riformulato, in conseguenza della decadenza delle disposizioni derogatorie già illustrate, prevedendo, nel rispetto dei princìpi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 222 del 2004, la convalida del tribunale in composizione monocratica sull'esecuzione immediata dell'espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo prevista dal medesimo articolo, nonché sull'espulsione dei cittadini extracomunitari per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato prevista dall'articolo 13, comma 1, del testo unico, con un rinvio alla disposizione del comma 5-bis del medesimo articolo 13 che prevede tale convalida. Per l'ipotesi in cui il destinatario del provvedimento sia sottoposto a procedimento penale, nel nuovo comma 2-bis si prevede la necessità del rilascio del nulla osta del giudice competente per il procedimento penale, anche in questo caso con un rinvio alla disciplina del testo unico. Sono, poi, abrogate le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo 3. Tali disposizioni contengono la limitazione temporale della disciplina derogatoria sostituita e la disciplina, anch'essa a termine, che prevede una specifica causa di sospensione del ricorso al tribunale amministrativo regionale, esperibile avverso il decreto di espulsione quando la decisione dipenda dalla cognizione di atti coperti dal segreto di indagine o dal segreto di Stato.

Articolo 2

L'articolo 2 attribuisce la competenza sulla convalida dell'esecuzione dei provvedimenti di espulsione e di allontanamento al tribunale ordinario in composizione monocratica in luogo del giudice di pace attualmente competente. Il trasferimento di competenza, realizzato attraverso la modifica delle corrispondenti disposizioni del testo unico, è effettuato anche con riguardo alle ulteriori competenze dell'autorità giudiziaria in materia di trattenimento e di ricorso avverso i decreti di espulsione.

Articolo 3

L'articolo 3 estende alle misure di allontanamento dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari i motivi di prevenzione del terrorismo già previsti dal citato decreto-legge n. 144 del 2005.

In armonia con la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, si stabilisce che il provvedimento deve essere motivato con riferimento ai comportamenti individuali dell'interessato e che l'esistenza di condanne penali non è sufficiente ai fini dell'adozione del provvedimento stesso.

Il provvedimento notificato deve riportare le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso, che non può essere inferiore a cinque anni né superiore a dieci. Nell'eventualità in cui il destinatario non comprenda la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una sintesi del contenuto, anche contenuta in appositi formulari redatti in una lingua a lui comprensibile o comunque in una delle lingue francese, inglese, tedesca o spagnola, secondo la preferenza indicata dal destinatario.

L'allontanamento è immediatamente eseguito dal questore e si procede alla convalida del provvedimento esecutivo ai sensi dell'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico.

Può essere chiesta, motivatamente, la revoca del divieto di reingresso quando è trascorsa almeno la metà del periodo di durata del divieto medesimo o comunque dopo tre anni.

Articolo 4

L'articolo 4 disciplina l'allontanamento dei cittadini comunitari o dei loro familiari per motivi imperativi di pubblica sicurezza, di competenza del prefetto, salvo che i destinatari siano minorenni ovvero abbiano soggiornato nel territorio dello Stato nei dieci anni precedenti: in tali casi, infatti, la competenza è attribuita al Ministro dell'interno.

L'articolo definisce, inoltre, i motivi imperativi di pubblica sicurezza che rendono urgente l'allontanamento del cittadino comunitario dal territorio nazionale poiché la sua permanenza è incompatibile con la civile e sicura convivenza, giustificando l'immediatezza dell'esecuzione del provvedimento.

Premesso che l'esistenza di condanne penali, conformemente alla direttiva europea che disciplina le condizioni di esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini comunitari, non giustifica automaticamente l'adozione di provvedimenti di allontanamento, l'articolo individua alcune ipotesi di condanne penali (si tratta di condanne per delitti corrispondenti a quelli per i quali si procede alla consegna in base al mandato d'arresto europeo, anche a prescindere dalla doppia incriminazione), anche adottate da un giudice straniero, che possono valere ad orientare il giudizio di pericolosità per la pubblica sicurezza del cittadino comunitario, i cui comportamenti debbono rappresentare una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica. Ugualmente, può valere ad orientare il giudizio di pericolosità in questione l'appartenenza alle categorie di persone individuate dalla normativa nazionale in materia di misure di prevenzione personale, semplici o antimafia, così come l'esistenza di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

Anche in questa ipotesi, il provvedimento di allontanamento è immediatamente esecutivo e dunque assistito dalla garanzia della convalida dell'esecuzione da parte dell'autorità giudiziaria. Ad esso consegue un divieto di reingresso nel territorio nazionale fino a cinque anni, di cui, tuttavia, può essere chiesta, motivatamente, la revoca quando è trascorsa almeno la metà del periodo di durata del divieto o comunque dopo tre anni.

Articolo 5

L'articolo 5 stabilisce le sanzioni in caso di violazione del divieto di reingresso. Il trasgressore è punito con la reclusione fino a tre anni ed è nuovamente allontanato con esecuzione immediata, anch'essa, naturalmente, assistita dalla convalida dell'autorità giudiziaria. La sanzione è quella della reclusione fino a quattro anni per la violazione del divieto di reingresso collegato al provvedimento di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo.

Articolo 6

L'articolo 6 disciplina l'ipotesi in cui il destinatario del provvedimento di allontanamento immediato per motivi di prevenzione del terrorismo o per motivi imperativi di pubblica sicurezza è sottoposto a procedimento penale, rinviando alle disposizioni del testo unico che disciplinano il rilascio del nulla osta da parte del giudice competente per il procedimento penale, con esclusione, tuttavia, della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere (ex articolo 13-quater del testo unico) quando si tratti di reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza ai sensi dell'articolo 380 del codice di procedura penale. Negli stessi casi non si procede all'allontanamento se il destinatario è sottoposto a misura cautelare detentiva per qualsiasi causa.

In attesa del rilascio del nulla osta, il questore può disporre il trattenimento del destinatario del provvedimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea.

Infine, viene previsto e disciplinato il reingresso, in deroga al relativo divieto, del sogetto comunitario, o del suo familiare, già allontanato, per partecipare al processo penale a suo carico ovvero a quello in cui è parte offesa, per il tempo strettamente necessario a tali fini. La relativa autorizzazione è rilasciata dal questore, anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, salvo che il suo reingresso possa provocare gravi turbative dell'ordine pubblico o della sicurezza pubblica.

Articolo 7

L'articolo 7 disciplina il procedimento di ricorso avverso il provvedimento di allontanamento adottato dal Ministro dell'interno per motivi di prevenzione del terrorismo (in tal caso, il ricorso è proponibile innanzi al tribunale amministrativo per il Lazio, sede di Roma) e avverso il provvedimento adottato per motivi imperativi di pubblica sicurezza (in tal caso, il ricorso è proponibile al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente).

Contestualmente alla presentazione del ricorso può essere presentata istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento che, tuttavia, non ne sospende l'efficacia fino all'esito della decisione del giudice sull'istanza cautelare.

Il cittadino comunitario, o il suo familiare, allontanato, che non abbia ottenuto dal giudice la sospensione degli effetti del provvedimento, può essere autorizzato dal questore a rientrare per partecipare al procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa provocare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.

Articolo 8

L'articolo 8 contiene la disposizione finanziaria, per la quale si rinvia alla relazione tecnica.

Articolo 9

L'articolo 9 stabilisce l'entrata in vigore del provvedimento il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 



 

 

ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

A) Destinatari diretti e indiretti.

I destinatari del provvedimento sono i cittadini extracomunitari destinatari di decreti di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo nonché i cittadini di Paesi appartenenti all'Unione europea e i loro familiari destinatari di misure di allontanamento per motivi di prevenzione del terrorismo nonché per motivi imperativi di pubblica sicurezza, nonché le amministrazioni che intervengono nei relativi procedimenti.

B) Obiettivi e risultati attesi.

La ratio dell'intervento è quella di integrare la disciplina dell'espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo in considerazione della perdita di efficacia, al 31 dicembre 2007, delle disposizioni che ne disciplinano l'esecuzione e di disciplinare l'immediata esecuzione dei provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari quando tali provvedimenti sono adottati per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

C) Finalità del provvedimento, ambito dell'intervento e analisi dei mezzi e dei tempi individuati per il perseguimento degli obiettivi.

Il provvedimento modifica l'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, in materia di espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo. Estende, poi, i motivi di prevenzione del terrorismo agli allontanamenti di cittadini comunitari, che si aggiungono a quelli già previsti dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Il decreto disciplina altresì l'allontanamento immediato dei cittadini comunitari e dei loro familiari per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Infine, incide sul decreto legislativo n. 286 del 1998 (recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), trasferendo la competenza sulla convalida dell'esecuzione coatta dei decreti di espulsione nonché del trattenimento e sul ricorso avverso il decreto di espulsione dal giudice di pace al tribunale ordinario in composizione monocratica.

D) Verifica dell'esistenza di oneri finanziari.

Si rinvia alla relazione tecnica.

 


 

 

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.

A) Analisi dell'impatto normativo delle norme proposte sulla legislazione vigente.

L'articolo 1 del decreto-legge modifica l'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, che prevede un'ipotesi di espulsione disposta dal Ministro dell'interno, o, su sua delega, dal prefetto, per motivi di prevenzione del terrorismo, sostituendo alla disciplina, con validità temporale limitata al 31 dicembre 2007, dell'esecuzione immediata di tali provvedimenti una nuova disciplina assistita da garanzie analoghe a quelle previste per le espulsioni disciplinate dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). L'articolo 3 del decreto in esame estende all'allontanamento dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari i motivi di prevenzione del terrorismo, aggiungendo una nuova ipotesi di allontanamento a quelle già previste e disciplinate dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Viene, altresì, fornita, all'articolo 4, la definizione dei motivi imperativi di pubblica sicurezza che giustificano l'esecuzione immediata dei provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari, dettando la disciplina di tale esecuzione, del divieto di reingresso che consegue all'allontanamento e del procedimento di ricorso giurisdizionale. Il decreto-legge modifica, all'articolo 2, il citato decreto legislativo n. 286 del 1998 trasferendo dal giudice di pace al tribunale ordinario in composizione monocratica la competenza in materia di convalida dell'esecuzione coatta dei provvedimenti di espulsione nonché di trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza e di ricorso avverso i decreti di espulsione.

B) Analisi del quadro normativo e delle situazioni di fatto che giustificano l'innovazione della legislazione vigente; accertamento dell'esistenza nella materia oggetto di intervento di riserva assoluta o relativa di legge o di precedenti norme di delegificazione.

L'intervento normativo mira a completare la disciplina dell'espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo, nella parte in cui essa è disciplinata da norme con validità temporalmente limitata, la cui efficacia è di imminente scadenza, nel rispetto delle garanzie costituzionali in materia di provvedimenti limitativi della libertà personale. Le medesime garanzie sono estese ai provvedimenti di allontanamento di cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

 C) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento comunitario.

 L'intervento normativo è conforme alla normativa europea.

D) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

Non si ravvisano elementi di contrasto al riguardo.

E) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

Le disposizioni del provvedimento non inficiano l'autonomia degli enti locali né si pongono in contrasto con le fonti primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

2. Valutazione dell'impatto amministrativo.

A) Ricognizione degli obiettivi del progetto e analisi dei tempi e mezzi individuati per il perseguimento.

Obiettivo dell'intervento è l'integrazione immediata della normativa sull'esecuzione delle espulsioni per motivi di prevenzione del terrorismo e la disciplina dell'esecuzione immediata degli allontanamenti di cittadini comunitari o loro familiari al fine di garantire l'effettività dei relativi provvedimenti nel rispetto dei princìpi costituzionali, in conformità alla direttiva europea che prevede le condizioni di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno degli stessi.

B) Valutazione dell'esistenza di oneri organizzativi a carico delle pubbliche amministrazioni.

Il provvedimento non comporta nuovi oneri organizzativi a carico delle pubbliche amministrazioni.

C) Valutazione dell'eventuale previsione della creazione di nuove strutture amministrative.

Non è prevista la creazione di nuove strutture amministrative.

D) Verifica dell'esistenza a carico di cittadini e imprese di oneri finanziari o organizzativi e di adempimenti burocratici.

Il provvedimento non comporta oneri a carico dei cittadini o delle imprese.

3. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

Il provvedimento contiene riferimenti legislativi corretti, introduce la definizione normativa di motivi imperativi di pubblica sicurezza e non reca abrogazioni implicite di norme vigenti.


 

RELAZIONE TECNICA

 

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).

 

Si illustrano di seguito le norme del decreto-legge suscettibili di apportare nuovi o ulteriori oneri finanziari.

Il nuovo comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, prevede che per le espulsioni per motivi di prevenzione del terrorismo e per quelle di cui al comma 1 dell'articolo 13 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (di seguito denominato «testo unico»), si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi da 3 a 3-quinquies e 5-bis del testo unico.

Tali disposizioni prevedono che, nel caso di espulsione di un soggetto sottoposto a procedimento penale, l'espulsione è sospesa fino al nulla osta dell'autorità giudiziaria, che deve provvedere entro quindici giorni dalla richiesta del questore; in caso contrario il nulla osta si intende concesso (comma 3 dell'articolo 13). Nelle more lo straniero è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui all'articolo 14 del testo unico per un periodo massimo di 15 giorni.

Si precisa, inoltre, che il comma 5-bis dell'articolo 13 del testo unico prevede che in caso di accompagnamento coattivo alla frontiera il questore chiede entro 48 ore la convalida del provvedimento al giudice di pace (ora tribunale in composizione monocratica), che provvede nelle successive 48 ore. Nelle more della decisione, il soggetto da espellere è trattenuto in un centro di permanenza temporanea e assistenza, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento, come spesso avviene.

Si tratta quindi sostanzialmente di nuove ipotesi di trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza non precedentemente disciplinate.

Per queste ipotesi è quindi ipotizzabile un onere ulteriore per l'accoglienza presso i centri di permanenza temporanea e assistenza per 4 giorni per la convalida e per 15 giorni per il nulla osta.

Le espulsioni per terrorismo e quelle di cui all'articolo 13, comma 1, del testo unico, riguardando comunque casi eccezionali e straordinari, si possono quantificare complessivamente in poche unità l'anno, che possono stimarsi prudentemente per eccesso in 20 l'anno.

Per la convalida, i giorni di trattenimento nei centri sarebbero pertanto pari a 80 (20 x 4).

Per quanto concerne il trattenimento ai fini del nulla osta da parte dell'autorità giudiziaria procedente, sempre secondo una stima prudenziale per eccesso, si possono indicare nel medesimo numero indicato per la convalida (20) i soggetti eventualmente interessati. In questo caso i giorni in trattenimento sarebbero pari a 300 (20 x 15) (sempre calcolando per ognuno il tempo massimo di 15 giorni previsto per il rilascio del nulla osta).

Il costo medio, pro capite pro die, per il trattenimento in un centro risulta essere, sulla base delle recenti elaborazioni, pari a euro 61,4 (vi è stata quindi una diminuzione dei costi rispetto ai 66,11 euro pro die pro capite stabilita nella relazione tecnica alla legge 30 luglio 2002, n. 189).

Il costo complessivo risulta dai giorni di accoglienza sopraindicati (80 + 300, arrotondati prudenzialmente a 400) per la spesa pro die pro capite (euro 61,4, arrotondato prudenzialmente a 62), pari complessivamente a euro 23.560, arrotondati a euro 30.000.

Per quanto concerne gli allontanamenti per motivi di terrorismo per i cittadini comunitari, previsti all'articolo 3, i cui numeri sono da presumere assolutamente trascurabili, si rinvia a quanto si dirà a seguito degli allontanamenti per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

L'articolo 4 del decreto-legge prevede che gli allontanamenti dei cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza sono immediatamente eseguiti dal questore e ne prevede la convalida da parte del tribunale in composizione monocratica, con eventuale trattenimento in un centro di permanenza temporanea e assistenza del destinatario del provvedimento in attesa della convalida, secondo il procedimento disciplinato dall'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico, a cui il decreto-legge fa espresso rinvio.

Al riguardo, come già osservato, il soggetto da allontanare è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea e assistenza per un periodo massimo di 4 giorni, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento, come spesso avviene.

Dai dati pubblicati nel rapporto sulla criminalità del Ministero dell'interno, presentato nel giugno 2007, si evidenzia che fino al 2006 al primo posto nella graduatoria delle nazionalità degli espulsi per irregolarità del soggiorno vi erano i cittadini della Romania. Tale Stato, come è noto, è entrato a far parte dell'Unione europea a decorrere dal 1o gennaio 2007, unitamente alla Bulgaria.

I dati indicano che nel 2004 i romeni espulsi sono stati 11.628, nel 2005 sono stati 10.702 e nel 2006 sono stati 7.926. Tra questi risultano transitati nei centri di permanenza temporanea e assistenza 3.554 persone nel 2004, 4.980 nel 2005 e 4.175 nel 2006.

I cittadini bulgari espulsi nell'ultimo triennio risultano essere 841 nel 2004, 514 nel 2005 e 329 nel 2006. Tra questi risultano transitati nei centri 343 persone nel 2004, 273 nel 2005 e 223 nel 2006.

Si sottolinea che il numero delle esecuzioni degli allontanamenti dei cittadini dell'Unione è da stimarsi in misura notevolmente inferiore rispetto ai numeri di espulsioni precedentemente indicate, essendo diverse le condizioni che giustificano i provvedimenti di allontanamento da quelle che giustificano le espulsioni. Gli allontanamenti per motivi imperativi di pubblica sicurezza sono immediatamente esecutivi, mentre le espulsioni di cittadini extracomunitari sono di regola eseguite con accompagnamento coattivo alla frontiera nei meri casi di irregolarità del soggiorno.

 Analoghe considerazioni valgono per gli oneri collegati al trattenimento in attesa del nulla osta da parte del giudice previsto per il cittadino dell'Unione da allontanare sottoposto a procedimento penale (articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, del testo unico).

Tali disposizioni, come già detto, prevedono che, nel caso di espulsione di un soggetto sottoposto a procedimento penale, l'espulsione è sospesa fino al nulla osta dell'autorità giudiziaria, che deve provvedere entro 15 giorni dalla richiesta del questore; in caso contrario il nulla osta si intende concesso (comma 3 dell'articolo 13). Nelle more lo straniero è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea e assistenza per un periodo massimo di 15 giorni. Anche per questa ipotesi valgono le considerazioni sopra riportate in ordine alla diminuzione del numero di allontanamenti (e quindi della percentuale di esso che può riguardare persone con procedimenti penali in corso), conseguente alla nuova condizione giuridica di una parte consistente dei cittadini stranieri espulsi per irregolarità del soggiorno fino al 1o gennaio 2006, atteso che la procedura, in caso di pendenza di procedimento penale a carico del cittadino comunitario, è analoga a quella valevole per il cittadino extracomunitario a cui il decreto fa espresso rinvio.

L'articolo 5 prevede, inoltre, che l'allontanamento è immediatamente eseguito anche nei casi di violazione del divieto di reingresso. Per queste ipotesi è prevista la convalida del provvedimento di esecuzione del questore con possibilità di trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza per il solito periodo massimo di 4 giorni.

Il numero di questi casi è trascurabile e può ritenersi compreso negli arrotondamenti che si andranno ad effettuare nella stima degli allontanamenti annui.

A conferma che gli oneri del provvedimento in questione trovano copertura negli stanziamenti già utilizzati per le espulsioni degli extracomunitari si rileva, infine, che il periodo massimo di trattenimento di un cittadino extracomunitario, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, del testo unico, è stabilito in 30 giorni, prorogabili dal giudice su richiesta del questore per ulteriori 30 giorni, quando «l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà». Gli stanziamenti in parola, pertanto, sono stati dimensionati in relazione a tale periodo massimo di trattenimento, laddove per i cittadini comunitari il termine massimo non può superare i 19 giorni (15 per il nulla osta, se richiesto, più 4 per la convalida dell'esecuzione), atteso che l'allontanamento ai sensi del decreto in esame non può che presupporre la certezza dell'identità e della nazionalità comunitaria della persona da allontanare.

Si fa presente infatti che gli allontanamenti per motivi imperativi di pubblica sicurezza adottati in applicazione del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, sono stati 181 in circa due mesi di attuazione della disciplina.

È presumibile quindi, secondo una stima prudenziale per eccesso, che in un anno tali allontanamenti potranno essere circa 1.200.

 Le risorse destinate ai rimpatri e al trattenimento sono imputabili al piano gestione rimpatri, che ora è il 2536/25 (precedente 2624/25 del centro di responsabilità Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza) e 2351.2 del centro di responsabilità Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, la cui dotazione per l'anno 2007 è stata pari, rispettivamente, a euro 10.439.009 e a euro 122.226.553.

In merito a tali dotazioni si fa presente che lo stanziamento relativo alla gestione dei centri di permanenza ha avuto uguale dotazione anche nell'anno 2006 e identico stanziamento è previsto per l'anno 2008.

Per i rimpatri, invece, lo stanziamento è stato nell'anno 2006 di 12.456.000 euro, nell'anno 2007 di euro 10.439.000 e nell'anno 2008, a seguito di nota variazione di bilancio, è previsto nella misura di euro 8.490.350. Nonostante tale diminuzione prevista per l'anno 2008, lo stanziamento è sufficiente alla copertura delle spese per gli allontanamenti dei cittadini comunitari.

Come precedentemente osservato, infatti, le espulsioni nel 2006 dei cittadini degli Stati che hanno fatto ingresso nell'Unione europea nel 2007 (rumeni 7.926, bulgari 329 = totale 8.255) hanno rappresentato, in percentuale, il 36,25 per cento del numero complessivo degli espulsi, che è stato pari a 22.770.

La stima dei cittadini comunitari allontanati con esecuzione immediata è pari a 1.200. Tale numero rappresenta meno del 15 per cento del numero delle espulsioni precedentemente eseguite nei confronti dei soggetti delle medesime nazionalità.

Si sottolinea, inoltre, che eventuali maggiori occorrenze per i rimpatri potranno comunque essere fronteggiate mediante variazioni compensative da effettuarsi all'interno dello stesso capitolo 2356, che presenta uno stanziamento di competenza 229.738.404 euro.

Rimane quindi confermata la sufficienza degli attuali stanziamenti.

È da ribadire, infatti, che il numero degli allontanamenti con esecuzione immediata dei cittadini dell'Unione (motivi di terrorismo e imperativi di pubblica sicurezza), considerati i gravi motivi che ne consentono l'adozione, non può che essere stimato, infatti, in un numero notevolmente inferiore rispetto al passato.

Il medesimo articolo 3 obbliga l'amministrazione a predisporre formulari che contengono i contenuti essenziali del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi almeno nelle 23 lingue ufficiali della Unione europea. Detti formulari dovranno comunque essere completati per gli elementi essenziali con riferimento al singolo caso. Nel caso di mancanza di interpreti al momento disponibili per la lingua compresa dal destinatario sarà comunque necessario comunicare il modulo in una delle 4 lingue indicate (francese, inglese, tedesco, spagnolo).

La spesa che si stima è calcolata sui seguenti elementi.

In applicazione del citato decreto-legge n. 181 del 2007, come sopra evidenziato, sono stati adottati, in due mesi di operatività della sua disciplina,181 allontanamenti. Pertanto, secondo una stima prudenziale per eccesso, si calcola che ogni anno verranno adottati circa 1.200 provvedimenti.

 Il costo stimato per l'attività interpretativa relativa alla predisposizione dei formulari e dell'inserimento, con traduzione, degli elementi specifici e particolari relativi al singolo caso è stimato in 100 euro a documento. Tale costo è basato sull'attività attualmente svolta anche per la traduzione di documenti in materia di asilo, come indicato nella relazione tecnica al decreto legislativo di recepimento della direttiva 2005/85/CE, in corso di pubblicazione.

La spesa stimata è pari a 120.000 euro (1.200 x 100).

Per gli anni successivi si ritiene che i formulari dovranno essere predisposti anche per alcune lingue, quelle maggiormente diffuse, non dell'Unione europea. Ciò per estendere la norma anche ai familiari non cittadini dell'Unione. Si ritiene, comunque, che il numero dei modelli di formulari da predisporre possa subire negli anni successivi una diminuzione, rimanendo, comunque, invece invariata l'attività di traduzione per quelle parti specifiche, non inserite nel formulario, relative al caso concreto che giustificano l'allontanamento. La spesa per singolo provvedimento potrebbe, quindi, ridursi negli anni successivi, tenendo presente anche la rivalutazione monetaria, in meno 10 euro l'anno, rimanendo fissato a regime al terzo anno un costo medio stimato prudentemente in euro 80 a documento.

Per l'anno 2009 pertanto la spesa stimata è pari a euro 108.000 (1.200 x 90) e a decorrere dal 2010 è pari a 96.000 (1.200 x 80).


 

Allegato

(Previsto dall'articolo 17, comma 30,

della legge 15 maggio 1997, n. 127)

 

TESTO INTEGRALE DELLE NORME ESPRESSAMENTE MODIFICATE O ABROGATE DAL DECRETO-LEGGE

 

Decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155.

Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale.

(omissis)

Art. 3.

(Nuove norme in materia di espulsioni degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo).

(omissis)

2. Nei casi di cui al comma 1, l'espulsione è eseguita immediatamente, salvo che si tratti di persona detenuta, anche in deroga alle disposizioni del comma 3 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, concernenti l'esecuzione dell'espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale, e di quelle di cui al comma 5-bis del medesimo articolo 13. Ugualmente si procede nei casi di espulsione di cui al comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998.

(omissis)

5. Quando nel corso dell'esame dei ricorsi di cui al comma 4 e di quelli di cui all'articolo 13, comma 11, del decreto legislativo n. 286 del 1998 la decisione dipende dalla cognizione di atti per i quali sussiste il segreto d'indagine o il segreto di Stato, il procedimento è sospeso fino a quando l'atto o i contenuti essenziali dello stesso non possono essere comunicati al tribunale amministrativo. Qualora la sospensione si protragga per un tempo superiore a due anni, il tribunale amministrativo può fissare un termine entro il quale l'amministrazione è tenuta a produrre nuovi elementi per la decisione o a revocare il provvedimento impugnato. Decorso il predetto termine, il tribunale amministrativo decide allo stato degli atti.

6. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 5 si applicano fino al 31 dicembre 2007.

(omissis)

 

Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

(omissis)

Art. 13.

(Espulsione amministrativa. Legge 6 marzo 1998, n. 40, articolo 11).

1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri.

2. L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:

a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10;

b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'articolo 27, comma 1-bis, o senza aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo;

c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.

2-bis. Nell'adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine.

3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa. In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell'articolo 14.

3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3.

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l'estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore.

3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell'articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14.

3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest'ultima è ripristinata a norma dell'articolo 307 del codice di procedura penale.

3-sexies. (abrogato).

4. L'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5.

5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento.

5-bis. Nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8, in quanto compatibili. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto. Avverso il decreto di convalida è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria.

5-ter. Al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo.

6. (abrogato).

7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 14, nonché ogni altro atto concernente l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, sono comunicati all'interessato unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.

8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il giudice di pace accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all'autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete.

 9. (abrogato).

10. (abrogato).

11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.

13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti dello straniero già espulso ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e b), per il quale è stato autorizzato il ricongiungimento, ai sensi dell'articolo 29.

13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni.

13-ter. Per i reati previsti dai commi 13 e 13-bis è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo.

14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel periodo di permanenza in Italia.

15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1.

16. L'onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998.

Art. 13-bis.

(Partecipazione dell'amministrazione nei procedimenti in camera di consiglio).

1. Se il ricorso di cui all'articolo 13 è tempestivamente proposto, il giudice di pace fissa l'udienza in camera di consiglio con decreto, steso in calce al ricorso. Il ricorso presentato fuori dei termini è inammissibile. Il ricorso con in calce il provvedimento del giudice è notificato, a cura della cancelleria, all'autorità che ha emesso il provvedimento.

2. L'autorità che ha emesso il decreto di espulsione può stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati. La stessa facoltà può essere esercitata nel procedimento di cui all'articolo 14, comma 4.

3. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.

4. La decisione non è reclamabile, ma è impugnabile per Cassazione.

Art. 14.

(Esecuzione dell'espulsione. Legge 6 marzo 1998, n. 40, articolo 12).

1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno.

3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, per la convalida, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall'adozione del provvedimento.

4. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8 dell'articolo 13. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo, escluso il requisito della vicinanza del centro permanenza temporanea ed assistenza di cui al comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La convalida può essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, nonché in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione.

5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice.

5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione.

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione è stata disposta per ingresso illegale sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato. Si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo. In ogni caso si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

5-quater. Lo straniero già espulso ai sensi del comma 5-ter, primo periodo, che viene trovato, in violazione delle norme del presente testo unico, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se l'ipotesi riguarda lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter, secondo periodo, la pena è la reclusione da uno a quattro anni.

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione, il questore dispone i provvedimenti di cui al comma 1. Per i reati previsti dai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto.

6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione della misura.

7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinché lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa venga violata.

8. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività di assistenza per stranieri.

9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri.

(omissis)


 


 

 disegno di legge

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Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 249, recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


 

Decreto-legge 29 dicembre 2007, n. 249, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2008.

 

Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Visto il decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale;

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di integrare gli strumenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale, con particolare riguardo a quelli di cui all'articolo 3 del predetto decreto-legge, introducendo disposizioni finalizzate sia ad assicurare l'effettività delle espulsioni ivi previste, nel rispetto delle garanzie costituzionali, sia a disciplinare, con i medesimi obiettivi di effettività e di rafforzamento delle garanzie, l'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi di prevenzione del terrorismo;

Ritenuta, altresì, la necessità e l'urgenza di disciplinare parimenti l'immediata esecuzione dei provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini dell'Unione europea adottati per motivi imperativi di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alla specifica individuazione dei motivi che ne legittimano l'adozione, considerando che il recente ampliamento dello spazio di applicazione degli accordi di Schengen rafforza l'esigenza di una immediata risposta operativa nei casi di particolare gravità;

Ritenuta, pertanto, la necessità e l'urgenza di realizzare un quadro normativo volto a dare completa e puntuale applicazione ai meccanismi di tutela per le limitazioni alla libertà personale conseguenti all'esecuzione dei provvedimenti di espulsione e di allontanamento, così da assicurare un più intenso e complessivo sistema di garanzie giurisdizionali, con la specifica individuazione del giudice competente, fin dalla fase di immediata applicazione dei provvedimenti;

Tenuto conto che le disposizioni del presente provvedimento innovano sostanzialmente quelle del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, e sono fondate su autonomi presupposti di necessità e urgenza;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 28 dicembre 2007;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e dell'economia e delle finanze;

emana

il seguente decreto-legge:

Articolo 1.

(Misure in tema di espulsione dal territorio nazionale per motivi di prevenzione del terrorismo).

1. All'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. Nei casi di cui al comma 1, il decreto di espulsione è immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. L'esecuzione del provvedimento è disposta dal questore ed è sottoposta alla convalida da parte del tribunale in composizione monocratica secondo le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998.

2-bis. Se il destinatario del provvedimento è sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies del decreto legislativo n. 286 del 1998»;

b) i commi 5 e 6 sono abrogati.

Articolo 2.

(Autorità giudiziaria competente in tema di espulsione di stranieri e di allontanamento di cittadini dell'Unione europea).

1. Agli articoli 13, 13-bis e 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato: «decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286», le parole: «giudice di pace», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «tribunale ordinario in composizione monocratica». 

Articolo 3.

(Allontanamento dei cittadini dell'Unione europea per motivi di prevenzione del terrorismo).

1. Oltre a quanto previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, il Ministro dell'interno può disporre, con atto motivato, l'allontanamento del cittadino dell'Unione europea o dei suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, nelle circostanze di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. Il provvedimento è adottato nel rispetto del principio di proporzionalità e non può essere motivato da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato. L'esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di tali provvedimenti.

2. Il provvedimento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e la durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere inferiore a cinque anni e superiore a dieci anni. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, il provvedimento è accompagnato da una sintesi del suo contenuto, anche mediante appositi formulari, sufficientemente dettagliati, redatti in una lingua a lui comprensibile o comunque in una delle lingue francese, inglese, spagnolo o tedesco, secondo la preferenza indicata dall'interessato. L'allontanamento è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

3. Il destinatario del provvedimento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni. Nella domanda devono essere addotti gli argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietare il reingresso nel territorio nazionale. Sulla domanda, entro sei mesi dalla sua presentazione, decide con atto motivato l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento. Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

Articolo 4.

(Allontanamento immediato dei cittadini dell'Unione europea per motivi imperativi di pubblica sicurezza).

1. Il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi imperativi di pubblica sicurezza nei confronti del cittadino dell'Unione europea o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, è adottato nel rispetto del principio di proporzionalità e non può essere motivato da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale alla pubblica sicurezza. L'esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di tali provvedimenti.

 2. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare, sia essa cittadino dell'Unione europea o familiare di cittadino dell'Unione europea che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro, abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza.

3. Ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti, ovvero dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione disposte da autorità straniere o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

4. Il provvedimento di cui al comma 1 è adottato con atto motivato dal prefetto territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, ovvero dal Ministro dell'interno qualora il destinatario abbia soggiornato nel territorio nazionale nei dieci anni precedenti o sia minorenne. Per le modalità di adozione del provvedimento e di comunicazione al destinatario si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, ma il divieto di reingresso non può avere durata superiore ai cinque anni.

5. Per la revoca del divieto di reingresso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3.

Articolo 5.

(Sanzioni per la violazione del divieto di reingresso conseguente all'allontanamento).

1. Il destinatario del provvedimento di allontanamento, adottato per motivi imperativi di pubblica sicurezza, che rientra nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso è punito con la reclusione fino a tre anni ed è nuovamente allontanato con esecuzione immediata, alla quale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Si applica la pena della reclusione fino a quattro anni, se il fatto avviene in violazione del provvedimento di allontanamento emesso a norma dell'articolo 3. 

Articolo 6.

(Procedimento penale pendente a carico del destinatario del provvedimento di allontanamento).

1. Qualora il destinatario del provvedimento di allontanamento di cui agli articoli 3 e 4 del presente decreto sia sottoposto a procedimento penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. Nei casi di cui al comma 1, il questore può disporre il trattenimento in strutture già destinate per legge alla permanenza temporanea.

3. Non si dà luogo alla sentenza di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, qualora si proceda per i reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale.

4. Quando il procedimento penale pendente sia relativo ai reati di cui all'articolo 380 del codice di procedura penale, si può procedere all'allontanamento solo nell'ipotesi in cui il soggetto non sia sottoposto a misura cautelare detentiva per qualsiasi causa.

5. In deroga alle disposizioni sul divieto di reingresso, il destinatario del provvedimento di allontanamento, sottoposto ad un procedimento penale ovvero parte offesa nello stesso, può essere autorizzato a rientrare nel territorio dello Stato, dopo l'esecuzione del provvedimento, per il tempo strettamente necessario all'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o di compiere atti per i quali è necessaria la sua presenza. Salvo che la presenza dell'interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica, l'autorizzazione è rilasciata dal questore, anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, su documentata richiesta del destinatario del provvedimento di allontanamento, o del suo difensore.

Articolo 7.

(Tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti di allontanamento).

1. Avverso i provvedimenti di allontanamento adottati dal Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 3, può essere presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.

2. Avverso i provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza può essere presentato ricorso entro venti giorni dalla notifica, a pena di inammissibilità, al tribunale in composizione monocratica in cui ha sede l'autorità che lo ha adottato. Il tribunale decide a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

3. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2, sottoscritti personalmente dall'interessato, possono essere presentati anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana; in tale caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza. La procura speciale al patrocinante legale è rilasciata avanti all'autorità consolare presso cui sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento.

4. I ricorsi di cui ai commi 1 e 2 possono essere accompagnati da una istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento di allontanamento; la presentazione dell'istanza non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

5. Al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cui è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento è consentito, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare al procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana su documentata richiesta dell'interessato.

Articolo 8.

(Disposizione finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 1, comma 1, lettera a), valutati in euro 30.000 annui a decorrere dal 2008, e dall'attuazione dell'articolo 3, comma 2, valutati in euro 120.000 per l'anno 2008, euro 108.000 per l'anno 2009 ed euro 96.000 a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'unità previsionale di base «Oneri comuni di parte corrente», istituita nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali», dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.

2. Il Ministro dell'interno provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1, informando tempestivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

Articolo 9.

(Entrata in vigore).

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 29 dicembre 2007.

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Amato, Ministro dell'interno.

Mastella, Ministro della giustizia.

D'Alema, Ministro degli affari esteri.

Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze.

Visto, il Guardasigilli: Mastella.

 

 




[1]    D.L. 1o novembre 2007, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.

[2]    Commissioni riunite I e II, resoconto sommario della seduta di lunedì 17 dicembre 2007.

[3]    Camera dei deputati – Resoconto stenografico dell'Assemblea. Seduta n. 261 di mercoledì 19 dicembre 2007.

[4]     Per un’illustrazione del contenuto del D.L. 181/2007, si rinvia al dossier Progetti di legge n. 298 (dicembre 2007) del Servizio studi. L’iter del relativo d.d.l. di conversione è raccolto nel dossier Progetti di legge n. 298/1.

[5]    D.Lgs. 6 febbraio 2007 n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[6]     Procedura di infrazione n.2006/46.

[7]     Il parere motivato rappresenta la seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario.

[8]     D.L. 27 luglio 2005, n. 144, Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155.

[9]     Per maggiori dettagli sulla disciplina, si rinvia alla scheda Quadro normativo.

[10]   D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[11]    Per un’illustrazione del contenuto del D.L. 181/2007, si rinvia al dossier Progetti di legge n. 298 (dicembre 2007) del Servizio studi. L’iter del relativo d.d.l. di conversione è raccolto nel dossier Progetti di legge n. 298/1.

[12]    Per necessità di soccorso allo straniero, perché occorrono accertamenti ulteriori sulla sua identità o nazionalità o devono essere acquisiti ulteriori documenti di viaggio o perché non sono al momento disponibili mezzi di trasporto idonei.

[13]    Dir. 29 aprile 2004, n. 2004/38/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.

[14]    D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30. Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[15]    Per un’illustrazione del quale, si rinvia alla scheda di lettura Quadro normativo.

[16]    Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità.

[17]    Legge 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[18]    In base al codice civile, per residenza s’intende il luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 43). Il concetto di dimora non è invece definito a livello codicistico; la dottrina ritiene che esso indichi il “luogo ove una persona si trova sia pure momentaneamente purché in via non passeggera” (Gazzoni).

[19]    Comma 1-bis dell'art. 20-bis del D.Lgs. 30/2007, introdotto dall’art. 1, co. 2, del decaduto D.L. 181/2007, come modificato nel corso dell’esame al Senato.

[20]    I termini di trattenimento, che nel testo unico previgente erano di 20 giorni, prorogabili di altri 10 giorni, sono stati elevati dalla L. 189/2002.

[21]    D.L. 30 ottobre 1995, n. 451, Disposizioni urgenti per l'ulteriore impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia, convertito in legge. 29 dicembre 1995, n. 563.

[22]    Decreto interministeriale 16 febbraio 2006.

[23]    Si ricorda che allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e finanze è allegato l'elenco dei capitoli relativi a spese obbligatorie, per i quali è possibile l’utilizzo del Fondo di riserva delle spese obbligatorie e d’ordine.

[24]    D.L. 27 luglio 2005, n. 144, Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155.

[25]    D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[26]    L. 22 maggio 1975, n. 152, Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico.

[27]    Il citato art. 18 della L. 152/1975 ha esteso a tali categorie di soggetti la disciplina di cui alla L. 575/1965, recante disposizioni contro la mafia.

[28]    Si tratta dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II (delitti di comune pericolo mediante violenza) e dagli artt. 284 (Insurrezione armata contro i poteri dello Stato), 285 (Devastazione, saccheggio e strage), 286 (Guerra civile), 306 (Banda armata: formazione e partecipazione), 438 (Epidemia), 439 (Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari), 605 (Sequestro di persona) e 630 (Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione) del codice penale.

[29]    L. 20 giugno 1952, n. 645, Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione.

[30]    L. 2 ottobre 1967, n. 895, Disposizioni per il controllo delle armi.

[31]    L. 14 ottobre 1974, n. 497, Nuove norme contro la criminalità.

[32]    D.L. 14 settembre 2004, n. 241, Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, convertito, con modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271.

[33]   Si tratta delle seguenti fattispecie:

      1) delitti di cui agli artt. 285, 286, 416-bis e 422 c.p.;

      2) delitti consumati o tentati di cui agli artt. 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 c.p.;

      3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo;

      4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli artt. 270, terzo comma e 306, secondo comma, c.p.;

      5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della L. 110/1975;

      6) delitti di cui agli artt. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, co. 2, e 74 del T.U. sugli stupefacenti (D.P.R. 309/1990), e successive modificazioni;

      7) delitto di cui all'art. 416 c.p. nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza;

      7-bis) delitti previsti dagli artt. 600, 600-bis, co. 1, 600-ter, co. 1, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'art. 609-ter, 609-quater, 609-octies c.p..

[34]    Dir. 2004/38/CE del 29 aprile 2004, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri,che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.

[35]    Reg. (CEE) n. 1612/68, del 15 ottobre 1968, Regolamento del Consiglio relativo alla libera  circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità.

[36]    Dir. 64/221/CEE del 25 febbraio 1964, Direttiva del Consiglio per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

[37]    Dir. 68/360/CEE del 15 ottobre 1968, Direttiva del Consiglio relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità.

[38]    Dir. 72/194 CEE del 18 maggio 1972, Direttiva del Consiglio che estende il campo di applicazione della direttiva del 25 febbraio 1964 (64/221/CEE) per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, ai lavoratori che esercitano il diritto di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego.

[39]    Dir. 73/148/CEE del 21 maggio 1973, Direttiva del Consiglio relativa alla soppressione delle   restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi.

[40]    Dir. 75/34/CEE del 17 dicembre 1974, Direttiva del Consiglio relativa al diritto di un cittadino di uno Stato membro di rimanere sul territorio di un altro Stato membro dopo avervi svolto un'attività non salariata.

[41]  Dir. 75/35/CEE del 17 dicembre 1974, Direttiva del Consiglio che estende il campo di applicazione della direttiva 64/221/CEE per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, ai cittadini di uno Stato membro che esercitano il diritto di rimanere nel territorio di un altro Stato membro dopo avervi svolto un'attività non salariata.

[42]    Dir. 90/364/CEE del 28 giugno 1990, Direttiva del Consiglio relativa al diritto di soggiorno.

[43]    Dir. 90/365/CEE del Consiglio del 28 giugno 1990, Direttiva relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la loro attività professionale.

[44]    Dir. 93/96/CEE del 29 ottobre 1993, Direttiva del Consiglio relativa al diritto di soggiorno degli studenti.

[45]    Regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (modificato da ultimo dal Regolamento (CE) n. 851/2005 del Consiglio, del 2 giugno 2005).

[46]    L. 18 aprile 2005, n. 62, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea – Legge comunitaria 2004.

[47]    D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente.

[48]    D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[49]    L. 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[50]   D.L. 1o novembre 2007, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.

[51]   Commissioni riunite I e II, resoconto sommario della seduta di lunedì 17 dicembre 2007.

[52]   Camera dei deputati – Resoconto stenografico dell'Assemblea. Seduta n. 261 di mercoledì 19 dicembre 2007.

[53]    Per un’illustrazione del contenuto del D.L. 181/2007, si rinvia al dossier Progetti di legge n. 298 (dicembre 2007) del Servizio studi. L’iter del relativo d.d.l. di conversione è raccolto nel dossier Progetti di legge n. 298/1.

[54]   D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[55]   Successivamente all’entrata in vigore dell’articolo 15, comma 2, lett. d) della L. 400/1988, che ha posto un divieto di regolare mediante decreto i rapporti giuridici sorti sulla base di decreti non convertiti, era invece divenuto abituale collocare la sanatoria degli effetti dei precedenti decreti nell’ambito del disegno di legge di conversione, il quale – peraltro – non spiegava effetti giuridici fino all’entrata in vigore della legge stessa.

[56]   Sentenza n. 360 del 1996 (per la quale v. subito infra).

[57]   L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[58]Già nella sentenza n. 302 del 1988 la Corte aveva evidenziato come, in via di principio, la reiterazione dei decreti-legge suscitasse gravi dubbi relativamente agli equilibri istituzionali e ai principi costituzionali, tanto più gravi allorché gli effetti sorti in base al decreto reiterato sono praticamente irreversibili (come, ad esempio, quando incidono sulla libertà personale dei cittadini) o allorché gli stessi effetti sono fatti salvi, nonostante l'intervenuta decadenza, ad opera dei decreti successivamente riprodotti.

[59]   Nel punto n. 6 del Considerato in diritto la Corte evidenzia, invece, la necessità di “nuovi (e sopravvenuti) presupposti straordinari di necessità ed urgenza”.

[60]   La Corte ha, al riguardo, statuito che “La valutazione preliminare dei presupposti della necessità e dell'urgenza investe, infatti, secondo il disposto costituzionale, soltanto la fase della decretazione di urgenza esercitata dal Governo, né può estendersi alle norme che le Camere, in sede di conversione del decreto-legge, possano avere introdotto come disciplina "aggiunta" a quella dello stesso decreto: disciplina imputabile esclusivamente al Parlamento e che - a differenza di quella espressa con la decretazione d'urgenza del Governo - non dispone di una forza provvisoria, ma viene ad assumere la propria efficacia solo al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione”.

[61]   Nell’ultima delle sentenze citate, ad esempio, la Corte afferma che “eventuali vizi attinenti ai presupposti della decretazione d’urgenza devono ritenersi sanati in linea di principio dalla conversione”.

[62]   Con tale sentenza la Corte costituzionale ha, per la prima volta,dichiarato incostituzionale una disposizione contenuta in un decreto-legge per mancanza dei presupposti di necessità e di urgenza.

[63]   Al riguardo, si ricorda in particolare la sentenza n. 398 del 1998, relativa ad una “catena” di decreti-legge in materia di quote-latte, convertita in legge dopo alcune reiterazioni. Come si è evidenziato in dottrina, in tale sentenza la Corte ha infatti esaminato la censura relativa alla carenza dei presupposti di necessità e di urgenza, pur trattandosi di decreti convertiti, mentre ha rigettato le censure relative alla reiterazione proprio in quanto era intervenuta la legge di conversione.

[64]   Considerato in diritto n. 5.

[65]   D.L. 17 febbraio 1998, n. 23, Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria.

[66]   Parere del Comitato della legislazione del 24 marzo 1998.

[67]   Il primo decreto decadde per il decorso dei termini per la sua conversione, mentre al secondo era stata negata la conversione dal Senato della Repubblica.

[68]   D.L. 19 aprile 2002, n. 68, Disposizioni urgenti per il settore zootecnico e per la lotta agli incendi boschivi.

[69]   D.L. 25 gennaio 2002, n. 4, Disposizioni urgenti finalizzate a superare lo stato di crisi per il settore zootecnico, per la pesca e per l’agricoltura.

[70]   D.L. 3 luglio 2003, n. 158, Disposizioni urgenti per garantire la continuità delle forniture di energia elettrica in condizioni di sicurezza.

[71]   D.L. 29-8-2003, n. 239, Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica.

[72]   D.L. 29 marzo 2004, n. 81, Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica.

[73]   Seduta del 12 maggio 2004.

[74]    D.L. 6 marzo 2006, n. 68, Misure urgenti per il reimpiego di lavoratori ultracinquantenni e proroga dei contratti di solidarietà, nonché disposizioni finanziarie.

[75]   Seduta dell’8 marzo 2006.

[76]    D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione.

[77]    Registro del Consiglio, documento n. 14469/4/05.

[78]    Registro del Consiglio, documento n. 7233/1/07.

[79]La prima versione del Piano d’azione sulla lotta al terrorismo fu adottata dal Consiglio europeo del 17-18 giugno 2004.

[80]    COM(2007)511. La comunicazione dà inoltre conto dell’inaugurazione di uno specifico Forum in materia (European Security Research and Innovation Forum - ESRIF).

[81]La tecnologia push prevede che il vettore aereo trasmetta i dati PNR richiesti alla banca dati richiedente e si contrappone alla tecnologia pull, la quale, invece, permette all’autorità richiedente  di avere accesso al sistema di prenotazione del vettore aereo e copiare I dati richiesti nella propria banca dati.

[82]    L’articolo 4 della proposta stabilisce che ogni Stato membro adotti una lista di autorità competenti, tra quelle incaricate della lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, abilitate a ricevere i dati PNR dalle Unità informazioni passeggeri e a trattarli.

[83]    La prima relazione è stata presentata l’8 giugno 2004 (COM(2004)409).

[84]    Stati entrati a far parte dell’UE il 1° maggio 2004, più Grecia, Lussemburgo e Paesi Bassi.

[85]    Vedi supra, proposta di decisione quadro COM(2007)654

[86]    In seguito agli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno adottato una normativa in base alla quale i vettori aerei che assicurano collegamenti con gli USA sono tenuti a fornire alle autorità doganali di questo paese un accesso ai dati contenuti nel loro sistema automatico di prenotazione e di controllo delle partenze (Passenger Name Records” (PNR)). La Commissione ha avviato dei negoziati con le autorità americane che sono sfociati nella conclusione di un accordo il 28 maggio 2004. L’accordo si è concretizzato in due atti giuridici: la decisione 2004/496/CE, riguardante la conclusione dell’accordo sul trasferimento alle autorità USA, da parte delle compagnie aeree europee, dei dati dei passeggeri che esse trasportano sul territorio americano, e la decisione 2004/535/CE,relativa al livello di protezione adeguato di tali dati. ll 30 maggio 2006 la Corte di giustizia ha annullato le due decisioni, in quanto fondate su una base giuridica inadeguata. Un nuovo accordo di lungo termine UE-USA sulla trasmissione dei dati PNR è stata raggiunto il 28 giugno 2007 e approvato il 23 luglio 2007 nel corso della riunione del Consiglio Affari generali e relazioni esterne (decisione del Consiglio 2007/551/PESC/GAI).

    L’accordo, valido per sette anni, si compone di tre documenti:

-    un accordo siglato dalle due parti;

-    una lettera degli Stati Uniti all’Unione europea, contenente gli impegni che gli Stati Uniti si assumono in materia di futuro trattamento dei dati PNR europei;

-    una lettera dell’Unione europea agli Stati Uniti, con la quale l’Unione europea comunica la ricezione delle dichiarazioni di impegno degli Stati Uniti, dichiarando adeguato il livello di protezione dei dati PNR in esse assicurato.

    Il testo dell’accordo stabilisce che in base alle garanzie di salvaguardia del PNR illustrate nella lettera del Department of homeland security (Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti-DHS), l’Unione europea garantirà che i vettori aerei, che effettuano voli passeggeri nell’ambito di un servizio esterno di trasporto aereo da e per gli Stati Uniti d’America, mettano a disposizione i dati PNR contenuti nei loro sistemi di prenotazione, come richiesto dal DHS. Esso stabilisce, inoltre, le modalità tecniche di trasmissione dati, i principi di diritto alla base del trattamento di dati, l’impegno ad una verifica periodica dei sistemi in termini di funzionamento e di tutela della vita privata e ulteriori obblighi reciproci delle parti.

    L’accordo sul trattamento dei dati PNR/API tra l’Unione europea e il Canada è stato siglato il 18 luglio 2005 (decisione del Consiglio 2006/230/CE).

[87]Eurodac è la banca dati (istituita con il regolamento Regolamento (CE) n. 2725/2000) che permette il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino, relativa alla determinazione dello Stato competente per l'esame delle domande d'asilo presentate in uno degli Stati membri dell'UE, firmata il 15 giugno 1990.

[88]    L’art. 13 TCE stabilisce che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.